PROGRAM MAZIONE NEURO-LINGUISTICA Richard Rich ard Bols Bolstad tad
LA PNL PER FACILITARE CAMBIAMENTI IMPORTANTI Come utilizzare il potente modello RESOLVE della Programmazione Neuro-Linguistica per aiutare i clienti ad estendere le proprie scelte e a cambiare efficacemente R ES O LV E
Introduzione Introd uzione all’edizione italiana di Alessio Roberti
Benvenuto Un caloroso benvenuto! Ti ringraziamo per l�interesse che hai dimostrato scaricando questo e-book. Nelle pagine che stai per leggere, oltre all�indice completo, troverai alcuni estratti significativi del libro, che contengono intuizioni utili da mettere subito in pratica. Potrai da un lato farti un�idea di massima del contenuto, e dall�altro testare immediatamente alcuni strumenti di crescita messi a tua disposizione dal testo. Siamo convinti che i libri siano come amici fidati: da loro possiamo imparare modi per mettere mettere a frutto frutto il nostro nostro talentalento e la nostra intelligenza. Se vuoi, aiutaci a diffonderli. Con un semplice “click”, condividi questo e-book con le persone che ti stanno a cuore. Promuovere la cultura è un atto di grande rispetto verso noi stessi e chi ci circonda. Buona lettura! Il team di NLP ITALY e Alessio Roberti Editore
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LA PNL
PER FACILITARE
CAMBIAMENTI IMPORTANTI IMPORTANTI Come utilizzare il i l potente modello mode llo RESOLVE RESOLVE della Programmazione Programmazione Neuro-Linguistica Neuro-Linguistica per aiutare i clienti ad estendere le proprie scelte e a cambiare efficacemente
RICHARD BOLSTAD
Alessio Roberti Editore
INDICE Introduzione all’edizione italiana
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L’autore Prefazione
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1. Come usare questo libro
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La necessità di modelli nuovi ed efficaci La PNL e il contesto della psicoterapia Quanto bene funziona la PNL? Il modello RESOLVE Scegliere come usare questo libro 2. Istruzioni per l’uso del cervello
L’uso della neurologia La percezione non è un processo diretto Colorare il mondo Modalità e submodalità Livelli più elevati di analisi Le immagini costruite e quelle ricordate utilizzano gli stessi percorsi neurali delle immagini percepite Correlazione tra le modalità Accesso sensoriale e segnali rappresentazionali Ricerche sul fenomeno dei movimenti oculari Strategie Il modello TOTE Meta-livelli nelle strategie Stati che determinano altri stati Come gli stati emozionali agiscono sul cervello Le reti neurali sono stato-dipendenti Il cervello e le strategie stato-dipendenti: una sintesi
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3. Scelte per il cambiamento
Una gamma di scelte di intervento con la PNL Ancorare Installare una nuova strategia Cambiare le submodalità Lavorare con la trance Integrare delle parti Cambiamenti in time-line Ristrutturazione linguistica Cambiare le dinamiche interpersonali Cambiare il contesto fisiologico Assegnare dei compiti 4. RESOLVE
Il modello RESOLVE e la relazione che si instaura durante il cambiamento terapeutico Come le persone cambiano autonomamente Il modello RESOLVE Sintesi del capitolo: utilizzare il modello RESOLVE
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Conclusione
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Bibliografia Indice analitico
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Risorse
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3 Scelte per il cambiamento
Una gamma di scelte di intervento con la PNL I casi di disturbi post-traumatici su cui ho lavorato in BosniaErzegovina forniscono un buon esempio dei problemi creati da strategie stato-dipendenti. Nelle persone con PTSD, i ricordi di un evento traumatico, quale ad esempio un incidente automobilistico, sono riattivati da qualsiasi altro evento successivo che abbia a che fare con le automobili o da qualunque altro evento che generi un alto livello di adrenalina nel corpo. La persona, ovviamente, ha avuto molte altre esperienze moderatamente negative che è riuscita a superare con successo nel passato (“reincorniciando” – “ristrutturando” – il significato dell’evento e prendendone le distanze quando se ne ricorda, per esempio). Tuttavia, nel caso del ricordo dell’incidente stradale, si scopre incapace di usare le proprie risorse positive. Questo avviene perché appena la persona inizia a rivivere l’evento traumatico, opera con una rete neurale che non ha connessioni adeguate con lo stato di “benessere”. Quando rivive l’incidente, non riesce a ricordare le proprie abilità consuete: è in grado quindi di attuare soltanto le strategie che erano associate alle reti neurali stabilitesi al momento dell’impatto. Usando tecniche basate sulla PNL abbiamo a disposizione numerose scelte per prendere le risorse là dove si trovano, in altre reti neurali della persona, e trasferirle nelle reti neurali in cui l’incidente è stato codificato. Il seguente elenco di questi meto-
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di, organizzato in categorie, non pretende di essere completo. La PNL è un campo vasto e in costante evoluzione, e questi sono solo alcuni dei modelli in uso in questo campo. Inoltre, le tecniche spiegate in questa sezione non sono semplicemente strumenti da prendere singolarmente e da “usare sugli esseri umani”. Queste tecniche funzionano quando vengono utilizzate nel contesto del modello RESOLVE, che verrà esaminato nel prossimo capitolo. Raggrupperò queste tecniche della PNL in dieci categorie di intervento: 1. Ancorare (per esempio, nei PTSD, far ricordare alla persona un’occasione in cui era rilassata, farle riprovare quelle sensazioni e associare il rilassamento con la situazione che si vuole sanare). 2. Installare una nuova strategia (insegnare alla persona una nuova sequenza di risposte da attivare ogni volta che prova disagio legato ai PTSD. 3. Cambiare le submodalità (portare la persona a modificare le qualità dei ricordi che provocano problemi; per esempio, distanziandosi visivamente da essi). 4. Lavorare con la trance (far rilassare la persona e chiedere al suo inconscio di gestire gli stati legati ai PTSD con maggiori risorse). 5. Integrare delle parti (mettere in comunicazione la parte della persona che cerca di proteggerla da pericoli futuri attraverso i flashback, con la parte della persona che vuole farla rilassare). 6. Cambiamenti in time-line (ritornare, nella memoria della persona, al momento in cui per la prima volta si è manifestato il problema e cambiare il modo in cui l’evento viene ricordato). Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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7. Ristrutturazione linguistica (cambiare il modo in cui la persona ha attribuito un significato agli eventi che ha affrontato, in maniera tale che essi non siano più causa di panico). 8. Cambiare le dinamiche interpersonali (insegnando abilità interpersonali per supportare e soddisfare i propri bisogni in maniere diverse nella vita quotidiana). 9. Cambiare il contesto fisiologico (cambiando la postura del corpo utilizzata nel ricordare gli eventi: per esempio, facendo richiamare l’evento mentre la persona compie rapidi spostamenti degli occhi da una parte all’altra, o mentre è impegnata in un’attività fisica piacevole ed intensa). 10. Assegnare dei compiti (assegnare al cliente un compito che deve completare in un tempo da lui stesso stabilito, in modo da produrre uno dei risultati sopradescritti). Per ciascun caso fornirò una base di studio reale sull’applicazione della procedura e farò alcuni collegamenti tra il modello PNL ed altri modelli terapeutici che impiegano questo tipo di tecniche. La maggioranza delle modalità terapeutiche presentano varianti di tutte e dieci le tecniche. Ricordate che la PNL non è tanto un nuovo modello di terapia, quanto un “Meta Modello” di come la terapia, in generale, funziona. I lettori più accorti saranno certamente in grado di riconoscere i modi in cui già impiegano queste tecniche, e potranno inoltre imparare ad usare queste specifiche procedure di PNL più facilmente dopo aver letto i casi studiati. Non è tuttavia mia intenzione insegnare qui tali procedure, che si possono apprendere durante un corso di PNL in virtù del quale si consegue il livello di specializzazione “Practitioner”. Il mio obiettivo è assicurarmi che possiate comprendere di cosa parlo quando mi riferisco a queste procedure più avanti nel libro. Nel presentare i diversi casi, fornirò degli esempi d’uso della procedura trattata in altri modelli di psicotera-
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pia. Ancora una volta, non intendo fornire una trattazione esaustiva: l’obiettivo è semplicemente quello di dare ai terapeuti che si sono formati con altri sistemi le indicazioni necessarie perché comincino a vedere la “PNL” in ciò che già fanno. Noterete anche, ne sono certo, che queste dieci tecniche non sono separate, per quanto attiene ai cambiamenti che producono; sono piuttosto dieci strade che conducono allo stesso cambiamento. Potrei addirittura affermare che sono dieci diverse prospettive di un unico cambiamento. Ancorare
Nel 1890 uno scienziato russo di nome Ivan Pavlov (18491936) stava studiando la digestione dei cani. Osservò che i cani iniziavano a salivare prima che venisse dato loro il cibo: bastava che vedessero la persona che li nutriva, o anche solo che ne udissero i passi. Pavlov scoprì che, suonando ogni volta un diapason immediatamente prima che i cani mangiassero, dopo alcuni pasti gli bastava suonarlo, perché i cani cominciassero a salivare. La salivazione avveniva perfino se non c’era cibo, poiché era “ancorata”, nelle loro menti, all’esperienza di udire il diapason (Pavlov, 1927). I cani non salivavano di proposito . La loro reazione inconscia era, in maniera altrettanto inconscia, associata, o ancorata , al suono del diapason. Noi tutti abbiamo avuto esperienze simili. Sentire alla radio una canzone che non sentivate da anni può ancorarvi al ricordo di quando l’avete ascoltata anni addietro. Cominciate a percepire le sensazioni che avevate allora. Lo stato in cui eravate allora vi ene completamente ri-creato dall’ancora musicale. Tutte le strategie usate a quel tempo vengono riattivate dall’ancora (per esempio, l’abilità che avete di eseguire un ballo e che non utilizzate dal tempo in cui avete ascoltato la musica ad esso associata). L’ancoraggio può avvenire per qualsiasi senso. Uno specifico Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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suono (auditivo), un’immagine (visivo), un sapore (gustativo), un odore (olfattivo) o un contatto fisico (cinestesico) possono ancorare lo stato originale ad essi associato. Il processo dell’ancoraggio fu “riscoperto” da Richard Bandler e John Grinder (1979, pp. 79-136). Si possono usare le tecniche di ancoraggio per prendere qualsiasi stato emozionale che una persona abbia sperimentato nella vita e “connetterlo” alle situazioni in cui la persona stessa vorrebbe avere accesso a quello specifico stato. In uno studio r ealizzato in condizioni di controllo e pubblicato in Germania (Reckert, 1994), Horst Reckert descrive come sia riuscito a rimuovere, in una sola seduta, l’ansia da esame di alcuni studenti, usando la semplice tecnica illustrata di seguito. In un altro studio, John Craldell discute l’uso dell’ancoraggio per accedere a uno “stato del prendersi cura di sé”, utile per figli adulti di alcolisti (Craldell, 1989); e in un terzo studio Mary Thalgott discute l’uso delle ancore per aiutare bambini con difficoltà di apprendimento (Thalgott, 1986). Perché un’ancora funzioni, sono necessari quattro elementi: 1. Stato: quando l’ancora (diciamo il diapason) viene attivata per la prima volta, la persona deve trovarsi nello stato che si desidera riprodurre più tardi. Se Pavlov avesse suonato il diapason per la prima volta in una situazione in cui i cani non erano realmente affamati, il suono non sarebbe stato associato ad uno stato sufficientemente forte. Suonando il diapason più tardi, sperando di ri-ancorare la salivazione, anche l’effetto non sarebbe dunque stato forte. Era necessario che Pavlov usasse l’ancora quando i cani erano davvero affamati. 2. Tempismo: in modo analogo, Pavlov doveva suonare il diapason per la prima volta esattamente quando i cani stavano salivando, non cinque minuti prima o dopo. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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3. Specificità: l’ancora deve essere specifica. Se i cani di Pavlov avessero sentito il diapason altre volte durante il giorno, lui avrebbe dovuto trovare un suono più singolare da utilizzare come ancora. 4. Ripetibilità: se volete riutilizzare un’ancora, dovete essere in grado di ricrearla. Immaginate se Pavlov avesse usato un enorme gong per produrre il suono: è un suono specifico e, per dimostrare la sua scoperta sui cani all’Accademia delle Scienze russa, Pavlov avrebbe dovuto portare con sé anche il gong. Ancorare: case study Poiché l’ancoraggio è un processo che ha continuamente luogo e non avviene in maniera conscia, molte persone hanno creato e mantengono ancore di cui sarebbe meglio facessero a meno. Nel mio lavoro di counselor ho assist ito molte persone nel cambiamento di alcune esperienze, usando la procedura di PNL definita “sovrapposizione di ancore” ( collapsing anchors). Ecco un esempio.
Tony mi chiese se potevo aiutarlo ad entrare in uno stato migliore durante le prove di matematica. Disse che la matematica lo rendeva terribilmente ansioso: la associava a molti brutti ricordi, a occasioni in cui era andato male in matematica da bambino. Ciò lo confondeva, poiché sapeva che c’erano alcune materie, come la biologia, in cui si sentiva completamente a proprio agio. Sapeva di essere abbastanza intelligente da apprendere la matematica, ma qualcosa “innescava” uno stato negativo. La matematica – anche solo osservare problemi matematici scritti – ancorava Tony ad uno stato in cui si sentiva spacciato. Tutte le sue
risorse, la sua sicurezza ed intelligenza, non erano disponibili quando si trovava di fronte ad una prova di matematica. Spiegai a Tony che avrei usato l’ancoraggio, facendo pressione sulle sue nocche per risolvere questo problema. La pressione su Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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una nocca sarebbe diventata un’ancora per “affrontare una prova di matematica” e la pressione esercitata su un’altra nocca avrebbe ancorato rilassamento e sicurezza di sé. Una volta stabilite le due ancore, applicando pressione su entrambi i punti contemporaneamente, avrei fatto sì che i due stati si ricollegassero nel suo cervello. In tal modo le risorse di sicurezza e rilassamento si sarebbero automaticamente e inconsciamente associate alla matematica. Tony era scettico, ma pronto a provare qualsiasi cosa. Cominciai ancorando risorse. Chiesi a Tony di ricordare una volta in cui si era sentito
davvero
rilassato, ad esempio in vacan-
za. Lo feci entrare nel suo corpo al tempo dell’esperienza, come se fosse stato lì, vedendo quello che aveva visto, ascoltando i suoni che aveva udito e qualsiasi cosa si fosse detto internamente. Lo osservai attentamente mentre riviveva l’esperienza. Quando entrò nello
stato
di rilassamento totale (e non nello stato di
“pensare” al rilassamento), si verificarono cambiamenti nella sua voce, postura, respirazione, colore della pelle, e così via. Avevo bisogno di vedere e ascoltare questi cambiamenti, per sapere se Tony si trovava pienamente nello
stato
che volevo. Ap-
pena ricordò nei particolari le cose che vedeva, feci pressione su una delle sue nocche. Quando ricordò le cose che udiva, feci pressione nuovamente. Quando ricordò le sensazioni del proprio corpo, premetti ancora. Nell’esperienza ricordata, Tony non aveva un dialogo interno. Avevo dunque ancorato uno stato di rilassamento con una specifica pressione sulla sua nocca. Gli chiesi di alzarsi e stiracchiarsi per “pulire lo schermo”. Poi seguii la stessa procedura con un’esperienza in cui Tony si era sentito enormemente sicuro di sé. Osservai i segnali non verbali per confermare che fosse in uno stato di sicurezza di sé prima di ancorare di nuovo sulla
stessa
nocca. Ora avevo “accumulato” due
stati di risorsa sulla nuova “ancora” posizionata sulla nocca. Dopo aver nuovamente “ripulito lo schermo”, chiesi a Tony di ricordare se stesso durante una prova di matematica. Tutto il Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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suo corpo si tese immediatamente e la sua voce divenne tremolante. Ancorai questo stato su un’ altra nocca e gli dissi di pulire lo schermo. Ora una nocca era collegata alle sue risorse e l’altra alla situazione problematica. Feci semplicemente pressione su entrambe le nocche contemporaneamente e attesi il cambiamento. Gli occhi di Tony si mossero e cominciai a vedere il suo corpo rilassarsi. Tenni attivata per qualche secondo in più l’ancora delle risorse. Poi chiesi a Tony: “Ora, cerca di pensare a quella prova di matematica”. Tony aggrottò le sopracciglia. “È buffo,” disse, “trovo difficile perfino ricordare come fosse. Ma sembra completamente diverso.” “Cerca di riprovare le sensazioni che eri abituato a provare”, suggerii. “No, non ci riesco”, disse dopo una pausa. “Eppure ci riuscivi così bene”, gli ricordai. “Vero, ma ora mi sento solo rilassato.” Chiesi a Tony di pensare alla sua prova di matematica nel futuro, e chiesi cosa gli succedeva nel farlo. “Beh,” sorrise “immagino che andrà bene. Ma non lo so. Te lo dirò lunedì.” Tuttavia il giorno dopo mi comunicò alcune importanti novità. “La notte scorsa” disse raggiante “stavo studiando per la prova di matematica. E ho pensato, sarà una fatica, perché ho sempre trovato difficile la matematica. Ma in qualche modo era del tutto facile. In effetti mi sono divertito così tanto che ho studiato tutti gli argomenti relativi alla prova e anche quelli relativi alla prova successiva.” Annuii. “Così ora sei convinto che venerdì la prova andrà bene.” “Beh, aspetterò e vedrò.” Non era una persona facile da convincere, eppure il lunedì dopo la prova Tony era finalmente pronto ad accettare il fatto. Annunciò con orgoglio: “Per la prima volta nella mia vita mi sono sentito completamente rilassato durante una prova”. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Per me, in quanto persona che aveva assistito Tony, la cosa più entusiasmante era che aveva superato il suo “problema” con le proprie risorse. Il suo cervello sapeva già come rilassarsi ed essere sicuro di sé. Aveva solo bisogno della connessione neurologica tra questo stato e la situazione della prova di matematica. Nonostante la sovrapposizione di ancore sia una delle tecniche più semplici della PNL, io e i miei colleghi l’abbiamo impiegata con successo per fobie, disturbi ossessivi, difficoltà di apprendimento, insonnia, depressione e numerose altre situazioni in cui le risorse delle persone hanno bisogno di essere riconnesse a nuove aree della loro vita.
L’ancoraggio in altri modelli di psicoterapia L’ancoraggio, essendo un’espressione diretta dell’apprendimento stato-dipendente, è alla base della maggior parte di ciò che accade in psicoterapia. In psicanalisi, per esempio, sia il transfert che il contro-transfert sono risposte ancorate. La relazione terapeutica ri-crea stimoli (ancore) che erano presenti nelle prime relazioni significative del cliente, portandolo ad accedere a quelle reti neurali e permettendo al terapeuta di esplorare e modificare ciò che in esse ha luogo (Kernberg, 1986). La rieducazione genitoriale nella scuola cathexis di analisi transazionale rappresenta un altro uso esplicito di un’esperienza ancorata dell’infanzia (Stewart e Joines, 1987). Infatti il processo di rieducazione genitoriale è la sovrapposizione dell’ancora positiva del supporto terapeutico all’ancora di uno stato problematico del passato. Nella terapia del corpo di tipo reichiano il terapeuta usa ancore cinestesiche e auditivo-digitali per accedere a potenti stati che vengono espressi in catarsi. Per esempio, un cliente può essere invitato ad allungare le braccia in avanti ed implorare “Mamma!”, usando quest’azione come ancora per accedere ad un potente stato dell’infanzia (Lowen e Lowen, 1977, p. 107). Nella psicologia analiInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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tica junghiana il potere dei simboli di evocare (cioè ancor are) intere risposte emozionali viene descritto come il potere della loro prodigiosità o “magia” (Jung, 1976, p. 83). Quando si è raggiunto l’accesso agli stati, molte forme di terapia ancorano tali stati a specifiche parti della stanza in cui la terapia ha luogo. Per esempio, nello psicodramma e nella terapia Gestalt, si può chiedere ad un cliente di sedersi su una particolare sedia e rivivere la forte sensazione di sicurezza di un’esperienza precedente. Lo stato di sicurezza sarà ancorato al fatto di sedere su quella sedia, e, se il terapeuta desidera che il cliente riacceda allo stato, lo farà sedere di nuovo là. “Preparare la scena” per uno psicodramma è un processo che stabilisce ancore “spaziali” pronte all’uso (Kipper, 1986). D’altro canto l’ipnoterapeuta Milton Erickson (1902-1980) descrive di aver notato come i clienti ancorassero la propria riluttanza a parlare da una particolare sedia. Facendoli sedere su un’altra sedia, la riluttanza a parlare rimaneva ancorata alla sedia su cui erano stati seduti precedentemente (Erickson, 1981, p. 9). L’attenzione da parte del terapeuta è essa stessa un’ancora. Se il terapeuta annuisce e sorride ogni volta che la persona parla della propria infanzia, questa tenderà a parlare della propria infanzia ogni volta che il terapeuta annuisce e sorride. In questo senso un terapeuta non può mai essere completamente “non-direttivo” (Ivey et al., 1996, p. 361). Naturalmente nella terapia comportamentale il modello stimolo-risposta pavloviano permette l’uso esplicito delle ancore per condizionare le risposte desiderate. La desensibilizzazione sistematica è un buon esempio dell’uso di un’ancora di rilassamento per risolvere l’ansia (Wolpe, 1958). Mary Anne Layden e i suoi colleghi ci hanno fornito molti esempi dell’uso di ancore con pazienti a cui erano stati diagnosticati disturbi della personalità di tipo borderline. Questi terapeuti fanno effettuare ai propri clienti la ristrutturazione cognitiva mentre “utilizzano stimoli non verbali che rappresentano Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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conforto e sicurezza per il paziente” (Layden et al., 1993, p. 94). Tra gli esempi che forniscono troviamo quello di un cliente che da bambino si sentiva bene e al sicuro quando la sua baby-sitter lo lavava e cospargeva di borotalco. Lui si lavava usando la stessa marca di shampoo e lo stesso talco prima della seduta di terapia cognitiva. Ad un’altra persona fu detto di ricordare le volte in cui sua madre la teneva in braccio e le diceva cose confortanti da bambina. La donna veniva invitata a stringersi con le proprie braccia e a dire a se stessa le cose positive che, ricordava, le diceva sua madre. Questo le permetteva di rielaborare più facilmente il significato di ricordi problematici. Roberto Assagioli, sviluppatore della psicosintesi (1888-1975), descrive un impiego decisivo della sovrapposizione di ancore decenni prima dello sviluppo della PNL. Nella prima seduta della sua tecnica suonava un brano musicale mentre il cliente parlava dei propri problemi. Durante la seduta successiva faceva parlare il cliente della soluzione ai propri problemi, mentre suonava un secondo brano musicale. Durante la terza sessione faceva ascoltare al cliente un brano musicale che combinava quelli delle due precedenti sedute (Assagioli, 1976, pp. 262-4).
Installare una nuova strategia In termini di PNL, qualunque esito generato da una persona può essere inteso come il risultato di una strategia – un ordine e sequenza di rappresentazioni interne (Dilts, Grinder, Bandler e DeLozier, 1980). Ogni strategia ha un inizio o “innesco”: uno stimolo che segnala che è il momento di dare inizio al processo. Poi la persona agisce in modo tale da cambiare le cose tanto da poter valutare se l’obiettivo sia stato raggiunto o meno attraverso la strategia. La sequenza (innesco o “trigger” – operazione – test – esci) spiega come siano organizzati i comportamenti complessi all’interno della persona meglio di quanto faccia una semplice reazione stimolo-risposta. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Naturalmente anche ogni “problema” che una persona è in grado di replicare nella propria vita (ad esempio la depressione, l’ansia o la dipendenza) avrà alla propria base una strategia. Nel caso di simili problemi la persona ricorre frequentemente ad una strategia che ha sviluppato in un momento in cui non era in grado di usarne altre più utili, un momento in cui non poteva accedere a stati-risorsa. Una delle mie opzioni, in termini di PNL, è quella di far effettivamente provare alle persone una strategia più funzionale nel contesto in cui avevano precedentemente messo in atto una strategia “generatrice di problemi”. Di solito alle persone basta provare una strategia solo poche volte, perché questa si “installi” e agisca automaticamente in maniera inconscia. Pensate all’apprendimento di una strategia come quella per la preparazione di un pasto con una nuova ricetta. La prima volta potreste aver bisogno di fare molta attenzione, ma dopo tre o quattro volte iniziate ad agire quasi automaticamente e vi sentite più sicuri di quello che fate. Dopo una dozzina di volte, la nuova strategia procede in maniera così inconscia che non potete nemmeno ricordarla a livello conscio: la sapete applicare nella situazione, “vi viene”. Ciò significa che la strategia è stata “ancorata” alla situazione in cui volete usarla. Spesso i numeri di telefono vengono ricordati così. Non ci si ricorda il numero di una persona finché non si ha la cornetta in mano e si sta per chiamare. A quel punto, la strategia funziona automaticamente. Le strategie possono anche essere provate immaginandosi di metterle in atto. Samuels e Samuels (1975) condussero un famoso esperimento con tre gruppi di giocatori di basket delle superiori che fecero allenare sui tiri liberi per venti giorni. Il primo gruppo si esercitò fisicamente ogni giorno, il secondo gruppo si esercitò a tirare solo il primo e il ventesimo giorno e il terzo gruppo si esercitò fisicamente il primo e il ventesimo giorno, ma durante gli altri giorni si esercitò a visualizzare dei tiri liberi perfetti. Al termine dell’esperimento, il miglioramento del terzo Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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gruppo (del 23%) fu essenzialmente lo stesso del primo gruppo (del 24%). Provare la strategia nell’immaginazione l’aveva installata con altrettanta efficacia di quanto lo avesse fatto provarla fisicamente. Da un punto di vista terapeutico le strategie possono essere provate direttamente o visualizzate, il che include perfino le visualizzazioni che avvengono quando le persone ascoltano la storia di qualcuno che applica con successo una nuova strategia. Una significativa ricerca sull’installazione di una strategia basata sulla PNL è il sopramenzionato studio sulla strategia del richiamo visivo nello spelling (Dilts e Epstein, 1995). In questo studio degli studenti provavano la nuova strategia apprendendola sullo schermo di un computer. Thomas Malloy dell’Università dello Utah ha dimostrato il successo dell’installazione sia della strategia dello spelling (Malloy, 1989) che di quella per il problem solving (Malloy et al., 1987). Nel secondo caso, tre gruppi di studenti ricevettero una serie di problemi cognitivi da risolvere. Al primo gruppo vennero forniti esempi di problemi analoghi prima di cominciare; al secondo gruppo vennero installate strategie di problem solving basate sulla PNL; il terzo era un gruppo di controllo. Il gruppo in cui avevano installato la strategia PNL non solo eseguì meglio i compiti assegnati, ma ebbe anche un punteggio superiore in un test successivo sul metodo Piaget di classificazione moltiplicativa (test che indicò come il cambiamento avesse prodotto ampi miglioramenti cognitivi). Nell’esempio seguente dimostrerò come usare questo procedimento per ottenere un semplice cambiamento terapeutico. Installare una nuova strategia: case study Jane venne da me perché “non ne poteva più di essere di essere povera”. Quando era piccola i suoi genitori le avevano spiegato che non era molto importante fare soldi per una ragazza, perché un marito si sarebbe occupato di lei. Inoltre le avevano detto: “Le persone ricche, di solito, sono egoiste e presuntuose”. Jane Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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era troppo giovane per capire che si meritava la felicità tanto quanto chiunque altro, e così credette ai propri genitori. Ora, da adulta, sapeva razionalmente di voler cambiare, ma in qualche modo non riusciva a fare le cose che le avrebbero permesso di fare più soldi. Questo ovviamente era il risultato di una strategia installata in profondità, ed ero curioso di sapere come funzionasse. Le chiesi cosa succedesse quando pensava a guadagnare denaro. Jane rispose che iniziava a pensarci sempre a partire dall’osservazione di quanto fosse povera. Si creava mentalmente delle immagini di quanto fosse brutta la sua vita e di quanto le cose fossero difficili. Poi gridava interiormente a se stessa in tono severo cose come: “Devi uscirne”, “Dovresti essere in grado di farcela”. A volte cercava di immaginare di fare un lavoro che le procurasse più denaro, ma vedeva immagini cupe e opprimenti e si vedeva bloccata in qualche lavoro pesante. Vedere queste immagini la faceva star male, specialmente quando ne visualizzava centinaia: una per ogni giornata che avrebbe dovuto affrontare. Alla fine si sentiva letteralmente oppressa e abbandonava l’idea. Non è sorprendente che non funzionasse. Come sarebbe stato possibile cambiare le cose? Prima del cambiamento, Jane si creava due tipi di rappresentazioni interne. Prima pensava a ciò che voleva evitare (essere povera). Questo avrebbe potuto essere un modo abbastanza efficace per prendere coscienza di cosa fosse sbagliato, ma più Jane pensava alla povertà, meno tempo le rimaneva per pensare a come creare la vita che desiderava. Jane procedeva nella vita come un guidatore che guardi esclusivamente nello specchietto retrovisore. Sapeva esattamente da cosa cercava di allontanarsi, ma non dava mai alla propria vettura istruzioni adeguate in merito a dove dirigersi. Inutile dire che faceva, inevitabilmente, molti incidenti. In secondo luogo Jane, quan do pensava a fare soldi, si vedeva bloccata a metà strada durante lo svolgimento di compiti Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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gravosi. Immaginate qualcuno che pensi alle proprie vacanze vedendosi bloccato mentre cerca di preparare i bagagli. O qualcuno che sia impaziente di andare ad una festa, che continua a farsi immagini mentali cupe, noiose e statiche di se stesso che stira la propria camicia. Non è così che il cervello crea aspettative e trepidazione. Feci immaginare a Jane se stessa che viveva la vita che voleva: un film, grande e luminoso, con la sua musica preferita ad ispirarla come colonna sonora (la trama di un film che adorava). Poi le dissi di parlare a se stessa, ma non nel modo in cui era abituata a fare. Invece di urlarsi bruschi “dovresti” e “devi”, scelse di usare un tono più invitante e coinvolgente per dire a se stessa: “Non sarebbe magnifico fare questo?” “Mi piacerebbe davvero avere questo.” “ Questa è la vita che voglio.” Poi visualizzò un film mentale di se stessa che faceva il passo successivo verso un nuovo lavoro, e vide quella pellicola fondersi con l’immagine della vita che sognava di vivere. Poteva vedere il film mentale e controllare come la facesse sentire! Questo semplice piccolo cambiamento le mostrò che era sulla strada giusta. Provò la nuova strategia più volte e notò che funzionava automaticamente. Questo sì che le dava una sensazione emozionante. Ma dunque, farlo sarebbe stato emozionante. Si dava il caso che fosse lo stesso processo che portava Jane a sentirsi piena d’entusiasmo all’inizio di una relazione, qualcosa che lei sapeva già fare bene. È stato proprio in quel contesto che ho individuato la struttura per questa “nuova” strategia. La sua strategia motivazionale di successo si potrebbe scrivere così in una notazione PNL: V c Ad Vc Vc/Vc K. →
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• Vedere l’obiettivo (immagini grandi e luminose). Dirsi quello che si vuole (lentamente, con calma e con voce “invitante”). Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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• Vedere il prossimo passo nel raggiungimento dell’obiettivo (immagini grandi, brillanti e in movimento). • Confrontare le immagini e osservare se corrispondono a quanto desiderato. • Sentirsi emozionati. Effettivamente ci si sentiva emozionati anche solo ascoltando il cambiamento positivo di Jane. Durante le settimane seguenti, Jane si scoprì a pensare al successo sempre più spesso. Ora ha un lavoro: non un lavoro qualsiasi, ma un’attività in cui è a contatto con i bambini (cosa che aveva sempre desiderato) e che le dà il tempo per andare in vacanza e fare le cose che ora si concede di sognare. Nel suo tempo libero usa la PNL per aiutare altre persone a scoprire il segreto dei loro futuri successi.
Una strategia di problem solving può essere installata in maniera molto più casuale, ovviamente, facendola provare alla persona attraverso una metafora. Joseph O’Connor ce ne fornisce un esempio affascinante (O’Connor e Seymour, 1994, p. 184). L’altro ieri sono andato dal giornalaio e ho incontrato un’anziana signora che, sconvolta, raccontava all’edicolante di come l’avessero appena derubata. Più proseguiva, più il racconto peggiorava. Ho atteso il mio momento, l’ho interrotta e le ho raccontato di come una mia amica fosse stata picchiata in casa propria e di come, a quanto pare, non riuscisse a dimenticare l’incidente. Poi, qualche settimana dopo, resasi conto di ciò che stava facendo, aveva detto: “È già abbastanza brutto essere stata picchiata, ma maledizione, non darò loro anche la soddisfazione di avermi rovinato la vita”. E aveva deciso di spostare l’incidente talmente lontano da sé, da farlo sembrare completamente dimenticato… “Mi dà il Guardian per favore?” L’anziana signora si è interrotta, i suoi occhi hanno guardato lontano, il suo stato è Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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cambiato ed è uscita, con calma, dall’edicola. La cosa inaspettata è che mentre mi allontanavo con il mio giornale, la persona dietro di me mi ha sorriso e ha detto due parole: “Ben fatto”.
Installare una strategia in altri modelli di psicoterapia La struttura della terapia è essa stessa una strategia, e, dagli inizi della psicoterapia, i professionisti hanno guidato i propri clienti attraverso svariate strategie di problem solving quali la libera associazione, la catarsi e il rinforzo positivo intermittente. In psicanalisi si forma un’alleanza terapeutica tra “l’ego professionale” del terapeuta e una parte dell’ego del cliente, che osserva il processo assieme al terapeuta e lo assiste nella risoluzione del problema. Il dottor Stanley Olinick spiega come questo “ego osservatore” si identifichi con l’analista e apprenda la strategia di analisi (Olinick, 1980, pp. 53-61). In alcune forme di terapia, ad esempio nell’analisi transazionale, questo apprendimento è ancora più esplicito: il terapeuta insegna il modello al cliente abbastanza in dettaglio e lo incoraggia ad usarlo per analizzare le proprie transazioni (Stewart e Joines, 1987, p. 8). Spesso la strategia insegnata deriva da uno specifico sistema sensoriale che viene molto valorizzato dal modello terapeutico. Alexander Lowen, terapeuta del corpo, afferma: “Tutte le percezioni hanno inizio con la percezione di sé, ossia del proprio corpo… Uno degli scopi principali di questi esercizi bioenergetici è quello di aiutare la persona a entrare in contatto con il proprio corpo, a percepirlo” (Lowen e Lowen, 1977, p. 46). Il terapeuta razionale emotivo Albert Ellis lamenta invece come in alcuni libri “la psicoterapia tenda ad essere profondamente confusa con la fisioterapia” (Ellis, 1972, p. 7). Ellis rivela (e così facendo fa provare) al cliente la strategia chiave del modello della terapia razionale emotiva (RET: Rational Emotive Therapy), nella quale alcuni stimoli (visivi, auditivi o cinestesici) conducono le persone a parlare a se stesse (auditivo-digitale). Il Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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risultato e il test di questa operazione A d consistono nella sensazione cinestesica che si prova alla fine. La terapia razionale emotiva insegna numerose strategie auditivo-digitali per risolvere i problemi. Infatti è nella psicologia cognitiva che l’installazione di strategie trova il proprio principale campo di applicazione, sotto nomi quali ristrutturazione cognitiva (Beck ed Emery, 1985, pp. 190-209) e recitazione comportamentale (Beck ed Emery, 1985, pp. 271-272). La nozione di strategia è facilmente individuabile all’interno di altri modelli che spiegano come le azioni abbiano luogo. Nello psicodramma il ruolo è definito da cinque elementi. Questi corrispondono in qualche modo al TOTE: così il Contesto corrisponde all’Innesco (Trigger); il Comportamento corrisponde all’Operazione (Operation); la Convinzione corrisponde al Test; e le Sensazioni e le Conseguenze corrispondono l’Uscita (Esci) (Williams, 1989, p. 58). Anche all’interno di sistemi centrati sul cliente i terapeuti insegnano strategie. Nella famosa sessione filmata in cui il dottor Carl Rogers (1902-1987) lavora con una cliente di nome Gloria, ha luogo chiaramente una svolta dopo che Rogers ha insegnato alla donna una strategia per risolvere i suoi problemi. Gloria chiede ripetutamente a Rogers di darle una soluzione; lui risponde, invece: “Ti chiedo una cosa: ‘Cosa vorresti che ti dicessi?’”. Gloria risponde: “Vorrei che mi dicessi: ‘Vai avanti e sii onesta’”. Questa diventa la sua soluzione, e lei userà con se stessa la medesima strategia chiedendosi più tardi, durante il colloquio orientato a chiarire cosa farà in futuro: “Cosa vorrei che mi dicesse il dottor Rogers?”. Cambiare le submodalità
Fornire istruzioni dirette per “sentirsi felici”, di solito, non conduce al cambiamento desiderato. Tuttavia, come osservato nella nostra esperienza con la PNL, si può insegnare facilmente alle persone come cambiare le submodalità delle esperienze. I risulInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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tati sono miracolosi quasi quanto lo sarebbe il semplice dire alle persone di “essere felici”. I clienti riescono ad accedere ad esperienze in cui vorrebbero essere felici e a rendere le immagini più brillanti, oppure a “uscire” dalle immagini per prendere le distanze da esse. I clienti che affermano di non poter semplicemente mettere a tacere le proprie voci critiche interne sono comunque in grado di modificarle facendole suonare come quelle dei personaggi dei cartoni animati e abbassandone il volume fino a trasformarle in un sussurro. I clienti che hanno il mal di testa, di solito, sono in grado di spostarlo di due centimetri sulla sinistra e di cambiarne l’area di estensione. Simili cambiamenti di submodalità hanno delle implicazioni fondamentali. Ricordate che le persone in una camera gialla sentiranno più caldo che in una blu, perfino se la temperatura è più bassa in quella gialla (Podolsky, 1938). Cambiare le qualità delle nostre rappresentazioni interne cambia il significato di queste ultime. Possiamo semplicemente istruire le persone a cambiare le submodalità, ma molte procedure di PNL raggiungono questo risultato in modo più creativo generando strategie completamente nuove, che “fissano al posto giusto” le submodalità desiderate. Due esempi di procedure di questo genere sono lo “swish pattern” [reso in italiano, nella maggior parte dei libri di PNL, con l’espressione “schema della scozzata”, NdT ] e la “cura veloce delle fobie” (Bandler, 1985). La tecnica dello swish pattern ha una vasta gamma di applicazioni. È stata usata con successo per risolvere comportamenti compulsivi quali il “mangiarsi le unghie” (onicofagia) (Wilhelm, 1991) e la violenza esplosiva (Masters et al., 1991), così come per gestire l’ansia (Andreas e Andreas, 1992). Questa tecnica implica il fatto di guidare le persone in una “visualizzazione” in cui le submodalità della situazione problematica vengono “ridotte” di intensità, mentre quelle dell’immaginarsi pieni di risorse vengono aumentate. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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La cura veloce delle fobie è la tecnica di PNL su cui sono state fatte più ricerche. Ne parlerò in dettaglio per la sua importanza nel processo terapeutico. Essa fu sviluppata negli anni ’70 in un modo molto interessante. Il co-creatore della PNL Richard Bandler, semplicemente, mise un annuncio sul giornale con cui cercava persone che avessero avuto delle fobie e che “se ne fossero liberate”. Bandler studiò il modo in cui queste persone richiamavano alla mente l’oggetto della loro fobia e lo confrontò con il modo in cui le persone che soffrivano ancora di fobie richiamavano alla mente l’oggetto del loro panico. La differenza era assolutamente evidente e costante. In ogni singolo caso di fobia superata, le persone passavano dal ricordare usando il sistema “visivo ricordato” al ricordare usando una costruzione visiva (visivo costruito). Quando ricordavano la situazione fobica si vedevano all’esterno dell’esperienza, piuttosto che all’interno di essa. Ai ricercatori di PNL divenne subito chiaro che il medesimo processo di cambiamento avrebbe funzionato per le fobie causate da disturbi post-traumatici (riscontrati in persone che erano sopravvissute alla guerra o ad altri disastri). La fobia è una risposta a un’esperienza traumatica (reale o immaginata). Che le persone reagiscano a un evento immaginario in cui ci sia un ragno o ad una reale violenza sessuale, è il modo in cui archiviano i loro ricordi, a generare i vari sintomi dei PTSD. Numerose ricerche hanno confermato il successo del metodo di Bandler. Ne menzionerò qui solo alcuni esempi. La psicologa Marla Beth Libermann (1984) dell’Università di St. Louis ha studiato dodici soggetti con specifiche fobie, usando un gruppo di controllo a cui veniva chiesto di immaginare scene piacevoli. I soggetti trattati con la PNL dimostrarono una riduzione della paura in generale e delle reazioni a paure specifiche, assieme alla diminuzione di una vasta gamma di sintomi problematici. Un test della suscettibilità ipnotica ha dimostrato come questo risultato non fosse correlato alla propensione all’ipnosi. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Nel 1988 presso la University of Miami Phobia and Anxiety Disorders Clinic (Clinica universitaria di Miami per lo studio delle fobie e dei disturbi d’ansia) venne confermato il valore della tecnica nel suo stadio di sviluppo finale (usata, in questo caso, in combinazione con l’ipnosi ericksoniana). Vennero studiati trentuno clienti con fobie specifiche, fobie sociali o agorafobia. Tutti compilarono il test sulla depressione di Beck ed il questionario di Mark sulle fobie. I questionari vennero somministrati prima e dopo una media di due o tre sessioni. I clienti mostrarono notevoli miglioramenti sia nei questionari relativi alle fobie che in quelli relativi ai sintomi depressivi (Einspruch e Forman, 1988). Nel suo libro The Trauma Trap il dottor David Muss documenta il suo vasto impiego dei processi di PNL per lavorare sui traumi riportati da vittime di PTSD. Un poliziotto coinvolto nella tragedia di Hillsborough del 1989 nel Nord dell’Inghilterra – quando durante una partita di calcio novantasei tifosi rimasero schiacciati nella ressa per entrare allo stadio – descrive come i suoi flashback (improvvisi e drammatici ricordi dell’evento traumatico), l’insonnia e l’abuso di alcol fossero scomparsi nel giro di due sessioni. Una paziente (Barbara Drake) racconta come una sola sessione con il dottor Muss sia stata in grado di risolvere completamente flashback e altri sintomi dovuti ad un’esperienza di abusi sessuali subiti. Questi ed altri casi documentati dal dottor Muss sono simili alle nostre esperienze in qualità di Trainer e Master Practitioner di PNL. Muss afferma: “So che ha funzionato con tutti i pazienti con cui ho lavorato finora, senza eccezioni”. (Muss, The Trauma Trap, 1991, p. 10). Muss effettuò uno studio pilota con settanta membri della polizia del West Midlands che erano stati testimoni di gravi disastri, quali l’incidente aereo di Lockerbie in Scozia nel 1988; tra questi, a diciannove erano stati diagnosticati PTSD. Il periodo di tempo intercorso fra il trauma ed il trattamento variava da sei settimane a dieci anni. Tutti i partecipanti studiati furono completamente liberati da riInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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cordi intrusivi e da altri sintomi di PTSD. I test di follow-up vennero effettuati da tre mesi a due anni dopo, e tutti i benefici della terapia erano rimasti nel tempo. La cura veloce delle fobie e dei traumi cambia svariate submodalità del ricordo traumatico. Tra queste notiamo, ad esempio, la distanza (o il cambiamento di posizione percettiva da “associata” a “dissociata”) e il colore. Di seguito presento una lista di alcune delle più comuni submodalità che un esperto di PNL può modificare in modo da alterare l’esperienza dei ricordi del cliente. Submodalità visive
Numero:
Una o più immagini?
Simultaneità /sequenzialità:
Se ci sono più immagini, vengono viste contemporaneamente?
Localizzazione:
Dove viene vista l’immagine nello spazio?
Distanza:
Quanto è lontana l’immagine?
Dimensioni:
Le dimensioni sono reali, più grandi o più piccole?
Contorni:
L’immagine ha o meno dei contorni?
Tipo di contorni:
Se ha dei contorni, sono chiari o sfumati?
Colore:
È a colori o in bianco e nero?
Tipo di colore:
Se è a colori, i colori sono tenui o vivaci?
Luminosità:
Quanto è luminosa o scura?
Messa a fuoco:
Quanto è a fuoco?
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SCELTE
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Variazione della messa a fuoco: Una parte (ad esempio il centro) è più a fuoco delle altre? Movimento:
L’immagine è ferma come una foto o in movimento come un film?
Associato/dissociato:
Viene vista attraverso i propri occhi, o si vede se stessi nell’immagine?
Profondità:
È a tre dimensioni o piatta come una fotografia?
Submodalità auditive esterne
Numero:
È un unico suono, o più di uno?
Localizzazione:
Da dove proviene il suono?
Volume:
Quanto è alto il volume?
Tempo:
I suoni sono lenti o veloci?
Ritmo:
I suoni sono ritmati o continui?
Estensione vocale (su toni alti o bassi):
I suoni hanno un tono alto o basso?
Chiarezza
Quanto sono chiari?
Submodalità auditive digitali (dialogo interno)
Numero:
C’è una sola voce interna o più di una (dialogo interno)?
Localizzazione:
Da dove proviene la voce?
Volume:
Quanto è alto il volume della voce interna?
Tempo:
È lenta o veloce?
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Ritmo:
È ritmata?
Tono:
Il tono è alto o basso?
Chiarezza:
Quanto è chiara la voce?
Submodalità cinestesiche
Localizzazione:
Dove avviene la percezione nel corpo?
Movimento:
La sensazione si muove o è ferma?
Ritmo del movimento:
Se la sensazione è in movimento, c’è un ritmo nel movimento?
Intensità:
Quanto è forte il movimento?
Temperatura:
La sensazione è di calore o di freddo?
Umidità:
È una sensazione di asciutto o di umido?
Consistenza:
È una sensazione di morbidezza/durezza/ruvidezza/levigatezza, etc…?
Submodalità olfattivo/gustative
Odore
All’esperienza è associato un odore?
Intensità dell’odore
Se sì, quanto è intenso?
Localizzazione dell’odore
Da dove proviene?
Gusto
All’esperienza è associato un gusto?
Intensità del gusto
Se sì, quanto è intenso?
Localizzazione del gusto
Dove viene percepito?
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Cambiare le submodalità: case study In un articolo introduttivo alla PNL, Steve e Connirae Andreas presentano una trascrizione del lavoro svolto con una donna di nome Kate che soffriva d’ansia da quando aveva assistito ad un incidente mortale (Andreas e Andreas, 1992, pp. 24-8). Kate disse che durante la giornata continuava a “zoomare” sull’immagine del volto dell’uomo morto. Lo schema della submodalità visiva (zoomare) avrebbe rappresentato il fulcro dell’intervento di Connirae. Per prima cosa aiutò Kate a creare un’immagine di una “Kate che gestiva molto bene quel genere di situazione… Una Kate con le risorse per gestirla con efficacia… Si vede dall’espressione del suo viso, dal modo in cui si muove, dalla respirazione e dai gesti, dal suono della sua voce, etc.”. Steve e Connirae spiegano: “Connirae sapeva cosa provocava il panico in Kate: il ricordo della zoomata sul volto dell’uomo. Lei aveva inoltre già aiutato Kate a creare un’immagine di se stessa con tutte le risorse necessarie… Il passo successivo consisteva nel collegare queste due immagini nella mente di Kate, in maniera tale che ogniqualvolta Kate avesse pensato al volto dell’uomo, questo si sarebbe trasformato automaticamente nell’immagine di se stessa con le risorse per gestire quel tipo di situazioni… la PNL insegna molti modi per collegare le immagini nella nostra mente e ciascuno di noi ha un modo unico e personale di ottenere il miglior risultato con uno o un altro di questi metodi. Connirae sapeva già che ‘zoomare’ aveva un forte impatto su Kate, così decise di usare questo elemento per collegare le due immagini. Prima cercò di scoprire se Kate si sentisse più attratta dalla ‘Kate del futuro piena di risorse’ portando l’immagine più vicina e zoomando su di essa. Quando Connirae provò questa procedura Kate sorrise e disse ‘Sì’. Poi Connirae le chiese di ripulire il suo schermo Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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visivo mentale per prepararsi a collegare le due immagini. ‘Ora guarda l’uomo privo di sensi da vicino e fai una zoomata sull’immagine. Appena lo vedi, guarda anche un’immagine molto piccola della Kate piena di risor se apparire all’orizzonte… Ora zooma rapidamente (ingrandendola) sull’immagine della Kate del futuro e, al tempo stesso, zooma all’indietro (allontanando e rimpicciolendo) l’immagine dell’uomo dell’incidente, portandola lontano fino a non poterla vedere più’”. Kate espresse dei dubbi sul fatto di star “realmente vedendo” quelle immagini e Connirae la rassicurò che bastava solo “far finta” di vederle. Continuò poi: “Ora pulisci e svuota il tuo schermo visivo interno e ripeti la stessa procedura altre cinque volte”. Dopo aver messo in atto questa procedura, detta “swish”, Connirae testò come si sentisse Kate: la donna si sentiva molto meglio quando pensava all’incidente, e fu addirittura in grado di guidare fino a casa passando per il luogo in cui esso era avvenuto senza venir presa dal panico di cui soffriva abitualmente. Sette anni più tardi, nella fase di follow-up, Kate riferì di non aver più avuto il problema. La tecnica dello swish cambia le submodalità dell’evento originale; in questo caso, lo fa spostando le immagini ricordate molto lontano. Lo swish pattern impiega inoltre la stessa submod alità, al contrario, per installare un immagine di sé come persona piena di “risorse”.
Un simile cambiamento di submodalità è impiegato nella cura veloce delle fobie/traumi con la PNL. Nell’esempio seguente, Margot Hamblett descrive il suo impiego della cura veloce delle fobie PNL con una cliente. Si noti come il procedimento insegni al cervello della cliente come cambiare la sua prospettiva sull’evento traumatico. La nuova prospettiva viene definita, nel Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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linguaggio della PNL, “dissociata”, e implica una presa di distanza dall’evento. Hamblett spiega: “Jane è madre di tre bambini che frequentano le elementari. Quattro anni fa il suo figlio più piccolo, che allora aveva due anni, subì un grave e doloroso incidente domestico mentre giocava. Da quel giorno, benché suo figlio fosse guarito completamente, Jane ha sofferto dei tipici sintomi di PTSD. Quando provò a descrivere quello che era successo a suo figlio, scoppiò a piangere e si turbò molto. La calmai e le dissi che poteva parlarmene più tardi. Mi riferì che era costantemente ansiosa riguardo alla propria famiglia, specialmente per i bambini, ma anche nei confronti di suo marito. Immaginava continuamente che accadessero loro le cose più terribili, era sempre in tensione e sentiva il bisogno di conoscere sempre tutti i loro movimenti. Riusciva rilassarsi solo se i bambini rimanevano fermi e tranquilli, così tendeva a bloccarli e a sgridarli se facevano qualunque normale attività rumorosa. I gridolini di un bambino intento a giocare le causavano il panico. Se uno dei suoi figli subiva il minimo piccolo infortunio o si procurava qualche taglio, lei rimaneva impietrita dal terrore e non riusciva ad essere d’aiuto. Era arrivata a pianificare la propria vita in modo che ci fosse sempre un altro adulto pronto a sostituirla quando il panico la paralizzava. Jane desiderava intensamente riuscire a rimanere rilassata con i propri bambini, a godere delle loro avventure e ad incoraggiarli a viverle, a portarli a sciare e anche a lasciare loro degli spazi. Le dissi di immaginare se stessa seduta comodamente a casa dove solitamente guardava la tv. ‘Rendi lo schermo della TV molto piccolo, quasi come un giocattolo. Ora, su quel piccolo schermo laggiù, visualizza una piccola immagine di te, proprio dove e come sei ora. Falla diventare in bianco e nero. È facile, giusto?’ Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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‘Sì.’ ‘Ottimo! Ora immagina di essere in piedi appena fuori casa; stai guardando attraverso la finestra. Puoi vederti seduta sul divano mentre guardi lo schermo… Dall’esterno ti accorgi di avere in mano il telecomando e di guardare semplicemente lei sul divano, mentre le fai vedere qualche filmato speciale. È a suo agio là? Puoi vedere la sua nuca?… Ottimo… Ora falle guardare un’immagine statica in bianco e nero di se stessa nel momento tranquillo e sicuro appena precedente l’incidente, mentre se ne sta rilassata e felice a casa… E ora sostituisci l’immagine per lei, fagliene vedere una di un momento tranquillo dopo l’incidente, un momento in cui sa che è di nuovo tutto a posto. Lei si può sentire serena, dal momento che è tutto finito. Ok?… Ora mostrale il video di quello che è accaduto, dalla prima immagine tranquilla all’ultima immagine tranquilla. Fai scorrere il video piuttosto velocemente, e osservala mentre guarda e impara ciò di cui ha bisogno per prendere distanza da tutto questo.’ Jane a volte mostrò un po’ di tensione durante la procedura, ma rimase abbastanza tranquilla e completò questa fase. ‘Com’è andata?’ ‘Non troppo male. Più facile di quanto pensassi.’ ‘Ottimo. Ora vorrei che immaginassi di poter fluttuare laggiù, prima sopra e poi dentro l’immagine finale di tranquillità, come se fossi all’interno dell’esperienza, vedendo attraverso i tuoi occhi, ascoltando con le tue orecchie… Mettici i colori. Ora vai molto rapidamente all’indietro lungo l’esperienza, come durante il riavvolgimento di una videocassetta, fino alla prima immagine di tranquillità. Mettici uno o due secondi. Zip! Poi ritorna ad essere in piedi fuori casa, mentre guardi ancora all’interno attraverso la finestra. Com’è andata?’ Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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‘Bene.’Annuì. La guidai ancora attraverso quest’ultima fase, poi le chiesi di ripeterla da sola, molto rapidamente, qualche volta ancora, fino a che l’immagine non fosse scomparsa o non si fosse disintegrata, così da non poter più ripetere il procedimento. Dopo alcuni istanti lei annuì: ‘Ok’. ‘Ottimo. Beh, a dire il vero, bene o male è quasi tutto qua.’ Jane rise, incredula. ‘Bene, vediamo. Ora cerca di ricordare l’incidente e scopri in che modo è diverso, adesso.’ ‘È andato a finire laggiù nel passato’ disse, facendo spallucce. ‘So che è successo, ma è semplicemente laggiù.’ ‘Puoi provare nuovamente le sensazioni che provavi? Prova davvero, e vedi se puoi o no.’ Rise e disse: ‘Non mi sono mai sentita così rilassata in vita mia’. Le chiesi di immaginare un bambino che urla mentre gioca. Lei fece nuovamente spallucce e disse: ‘È del tutto normale. Solo un bambino che gioca’. Mettendo alla prova i cambiamenti che aveva effettuato e confermandoli, Jane scoprì che riusciva facilmente ad immaginare se stessa mentre si occupava con serenità ed efficacia dei propri figli dopo che questi avevano riportato tagli o graffi; poteva ora anche godere dei loro giochi e dei loro sport più avventurosi. Provava emozione all’idea di un week-end rilassante con la famiglia. Si mise perfino a pensare a come avrebbe spiegato ai propri bambini quanto sarebbe stata diversa con loro adesso, ed era certa che si sarebbero meravigliati molto e si sarebbero chiesti cosa mai potesse esserle successo. ‘E quindi cosa accadde al tuo bambino?’ Le chiesi. Questa volta mi raccontò la storia, rimanendo calma. Quando ebbe terminato, disse che il racconto l’aveva resa un po’ triste, ma che comunque era a suo agio. Era veramente sorpresa di essere in grado di riparlarne e di sentirsi così calma e rilassata.”
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Cambiamento di submodalità in altri modelli di psicoterapia
Le submodalità sono fondamentali funzioni del cervello che rendono possibili i vari meccanismi difensivi dell’ego di cui si occupa la letteratura psicanalitica. Ad esempio, la sostitu zione è un meccanismo di difesa mediante il quale l’oggetto desiderato viene rimpiazzato da un altro oggetto “simile”. A questo proposito, Freud potrebbe dire: “Una giovane donna, attratta fortemente dal proprio fratello alto, biondo e con occhi azzurri, può instaurare più rapidamente profondi legami sentimentali con ragazzi alti, biondi e con gli occhi azzurri” (Solomon e Patch, 1974, p. 503). La donna ottiene questo risultato classificando dei giovani con le stesse submodalità (colore, stazza etc…) del fratello. Un altro meccanismo di difesa facilmente riconoscibile come cambiamento di submodalità è l’identificazione . In questo caso, la persona vede attraverso gli occhi della persona con cui si identifica e percepisce l’esperienza dalla posizione occupata dal corpo di essa. È esattamente il contrario del cambiamento di submodalità operato dalla cura veloce delle fobie/traumi. Quando uno psicanalista dipana un meccanismo di difesa, mette in atto un cambiamento di submodalità. Nelle terapie attive quali lo psicodramma e la terapia Gestalt, le submodalità visive e cinestesiche possono essere sfruttate ed alterate grazie all’impiego dell’effettivo movimento del cliente. Fritz Perls (1893-1970) descrive come altera un piccolo movimento fatto dal cliente (che rappresenta una strategia limitata ed oscurata da submodalità ridotte). “Si chiede al paziente di esagerare ripetutamente il movimento, rendendone così solitamente più evidente il significato nascosto” (Levitsky e Perls, 1982, p. 152). Il campo della sociometria, nello psicodramma, comprende processi che suscitano e modificano submodalità quali la distanza, l’altezza e le dimensioni, usando degli attori Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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per rappresentare gli elementi dell’esperienza interna che viene studiata. Ai clienti viene chiesto di collocare gli attori ausiliari e se stessi in maniere che rivelino chiaramente la posizione delle loro submodalità interne (Starr, 1977, pp. 75-87). Nella psicologia cognitiva troviamo una gamma di suggerimenti ed idee per cambiare le submodalità negli altri sistemi sensoriali. Per esempio Beck ed Emery raccomandano di insegnare ai clienti a modificare le immagini visive che li disturbano. Suggeriscono di mettere fuori fuoco certe zone dell’immagine, di collocare quest’ultima su uno schermo televisivo e di modificarne la luminosità, o addirittura di “cambiare canale” o esagerare in maniera caricaturale gli elementi che la compongono (Beck ed Emery, 1985, pp. 222-4). Carl Rogers (1902-1987) notò che nella sua terapia centrata sul cliente avevano luogo alcuni caratteristici cambiamenti nelle percezioni dei clienti (in Shostrom, 1965). Per esempio, prima di lavorare con una cliente di nome Gloria, nel 1965, affermò: “Da uno stato di distacco dalla propria esperienza, distacco da ciò che accade dentro di lei, è possibile che evolva verso una maggiore immediatezza dell’esperienza… dal costruirsi la vita in schemi piuttosto rigidi e in bianco e nero, potrebbe passare a modi più espansivi e meno rigidi di creare la propria esperienza e di vederne il significato”. Questi sono cambiamenti di submodalità, e sono supportati dal modo in cui Rogers riformula le cose lavorando con Gloria. Non appena apre bocca, Gloria dimostra subito il suo modo di parlare “in bianco e nero” e un’attenzione concentrata sugli eventi passati. Dice di sua sorella: “Le ho mentito e da allora questo fatto mi torna sempre in mente, perché mi sento così colpevole ad averlo fatto; non lo faccio mai e voglio che lei si fidi di me”. Rogers replica suggerendole di concentrarsi su come si sente “ora” nella sua relazione attuale, e di essere meno rigida nel definire le cose (usando parole come “più o meno”, “una Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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sorta di”, etc…). Il terapeuta continua dicendo: “Il punto è la preoccupazione che hai riguardo a tua sorella e il fatto che tu non sei davvero bugiarda; è che questa relazione aperta è esistita tra di voi, ed ora senti che è come danneggiata”. “Sì” risponde lei, accettando i sottili cambiamenti di submodalità implicati nella riformulazione della frase. Lavorare con la trance
Il modello di “lavoro con la trance” usato in PNL è stato sviluppato dagli studi effettuati da Richard Bandler e John Grinder con Milton Erickson (1902-80; v. Bandler e Grinder, 1975). Erickson inizialmente riteneva che: Quello che l’ipnosi in effetti è può essere spiegato per ora solo in termini descrittivi. Può dunque essere definita come uno stato di suggestionabilità artificialmente indotto e somigliante al sonno, nel quale sembra avere luogo una normale dissociazione degli elementi “consci” della psiche da quelli inconsci. Questa dissociazione è limitata temporalmente ed in relazione allo stimolo e si manifesta in uno stato di quiescenza del conscio che stimola il sonno naturale, e in una delega all’inconscio del controllo soggettivo delle funzioni dell’individuo, normalmente gestito dalla mente conscia. (Erickson, 1980, Vol. III, p. 611)
Vaste ricerche dimostrano il potere terapeutico della comunicazione con “la mente incoscia” in uno stato di ipnosi o trance. Svariati studi dimostrano che l’ipnosi può superare quelle che altrimenti vengono considerate “condizioni congenite incurabili”. Per esempio il British Medical Journal pubblicò nel 1952 uno studio relativo ad un ragazzo di diciassette anni con ittiosi eritrodermica congenita. La sua pelle era coperta di strati cornei e suppurava fluidi dalle articolazioni. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Una settimana dopo l’intervento ipnotico piccole aree del corpo furono liberate da questo problema e il risultato si estese al resto del corpo durante la seconda settimana (Crasilneck e Hall, 1985, p. 376). Ernest Rossi sviluppò un modello di ipnosi basato sulle reti neurali stato-dipendenti. Rossi afferma che “Tutti i metodi di guarigione mente-corpo e l’ipnosi terapeutica operano accedendo e ristrutturando la memoria stato-dipendente ed i sistemi di apprendimento che codificano sintomi e problemi” (Rossi e Cheek, 1988, p. 111). Quindi le aree della mente note precedentemente come “subconsce” o “inconsce” vengono ora riconosciute da Rossi come semplici reti neurali dissociate dalla consapevolezza abituale a causa dello stato molto diverso da quello in cui sono state codificate abitualmente. La comunicazione con queste reti neurali può essere effettuata ristabilendo lo stato in cui sono state codificate (cioè creando uno stato alterato o di “trance”). Rossi sottolinea come queste reti neurali siano spesso scarsamente connesse alla corteccia e alle aree auditive-digitali (verbali) del cervello; suggerisce che è più facile comunicare con esse impiegando dei segnali dati da movimenti delle dita o altri simili movimenti del corpo. Simili sistemi di comunicazione con l’inconscio vengono chiamati, nella letteratura specialistica, segnali “ideomotori”, poiché le idee delle reti neurali vengono trasferite direttamente in risposte motorie prive di “pensiero conscio”. David Cheek, autore con Ernest Rossi di Mind-Body Therapy, ha svolto molte ricerche sui fenomeni ideomotori. Ha dimostrato, per esempio, che era in grado di suscitare movimenti delle mani corrispondenti al “sì” e al “no” in risposta alle sue domande in un migliaio di pazienti ospedalieri in anestesia generale (Cheek, 1981). Milton Erickson imparò per la prima volta a creare “segnali ideomotori” da Leslie Le Cron negli anni ’20. Impiegava diversi metodi: il movimento delle mani, il sollevarsi delle dita, Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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l’annuire e il movimento di un pendolo tenuto tra le dita (Erickson, 1981, pp. 111-80). Il metodo di Erickson per suggerire segnali psicomotori, così come il suo metodo di induzione di trance, era specifico per ogni singolo cliente. Descriveva le sue conversazioni coi clienti come un processo di “utilizzazione”. Gli specifici schemi linguistici da lui impiegati per facilitare la trance furono analizzati da Bandler e Grinder (1975) e definiti “Milton Model”. Gran parte del suo impiego del linguaggio era basato sulle presupposizioni. Per esempio, Erickson poteva dire a un cliente, “Sei in una trance più profonda della trance in cui sei entrato mentre ti addormentavi, o è una trance più leggera per adesso?”. Rispondendo alla domanda “sì” oppure “no” il cliente era costretto a presupporre di essere già in trance. Lavoro con la trance: case study Craig poteva a malapena camminare quando entrò nel mio ufficio per la sua prima seduta di ipnoterapia basata sulla PNL. Tre anni prima si era infortunato alla schiena ed era finito bloccato a letto, impossibilitato ad alzarsi per dodici mesi. Gradualmente si era riabilitato e aveva cambiato professione, passando da un lavoro manuale e pesante ad un’attività di counselor e trainer. Appena si sentì più sicuro, cominciò a frequentare una palestra e a sentire la sua forza che tornava. Poi un giorno fatidico, tre mesi prima di venire da me, si spinse troppo oltre. Mentre era in palestra ebbe un crollo: non riusciva più a muoversi e provava forti dolori. Durante questi tre mesi le sue condizioni non erano migliorate di molto, e temeva di dover affrontare un altro anno bloccato a letto, nell’attesa di riprendersi. Iniziai col chiedergli, come counselor, cosa pensava stesse accadendo alla sua schiena. Rispose: “Penso che la mia mente inconscia mi stia punendo perché mi sono sfo rzato troppo. E forse vuole dirmi che devo mantenere il mio nuovo lavoro e non tornare al lavoro manuale”. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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“Wow,” replicai stupito “avrei piuttosto detto che la tua mente inconscia ti sta proteggendo amorevolmente dagli infortuni. Ti invia messaggi di dolore per metterti in allerta quando sei prossimo a un incidente, e ti rende i muscoli flaccidi così da evitare che ti danneggi ulteriormente. Penso che prima di iniziare sarebbe bene rendersi conto di quanto ti ha aiutato e ringraziarla. Voglio che la tua mente inconscia sappia che capisco che ha un’intenzione positiva in quello che fa. E, naturalmente, potrebbe essere d’aiuto in ulteriori modi, se sapesse per certo di avere la tua disponibilità a cooperare. Sei d’accordo?” Craig assentì. È interessante come si sia rivelato poi facile invitarlo a rilassarsi e ad entrare in uno stato di profonda trance. Parlai in maniera sempre più lenta, ricordando a Craig esperienze che aveva avuto in passato, quando era stato pienamente rilassato. Sottolineai che la sua mente inconscia sapeva come farlo rilassare per permettergli di dormire ogni notte, cosa che non poteva certo fare mediante diretto controllo cosciente. Gli sollevai un braccio e suggerii che sarebbe rimasto sospeso dinnanzi a lui, mentre la sua mente inconscia lo sosteneva tendendo i muscoli da entrambi i lati e producendo così una “catalessi del braccio”. La reazione fu intensissima. Craig si rese conto, costernato, di non poter assolutamente muovere la mano. Io sottolineai: “Questo dimostra quanto facilmente la tua mente inconscia possa cambiare il tuo corpo quando le permetti di aiutarti”. Poi chiesi alla mente inconscia di Craig di sollevare un dito di quella mano quale segnale per il “sì” e l’indice si sollevò, mentre le altre dita rimanevano perfettamente immobili; un’impresa quasi impossibile consciamente, ma facile per la mente inconscia. Io ringraziai l’inconscio e gli chiesi di muovere un altro dito per il “no”. Questa volta il suo mignolo rispose sollevandosi verso un lato. Craig guardò verso di me divertito e confuso. Chiesi alla sua mente inconscia: “Ricordando come hai curato la schiena di Craig l’ultima volta che è successo, sai cosa Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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devi fare per metterlo nuovamente in condizioni di camminare e muoversi confortevolmente?”. Il dito del sì si alzò. “E sei disposta a farlo, premesso che Craig si impegna a svolgere la sua professione attuale e che eseguirà gli esercizi in palestra gradualmente entro i limiti che hai stabilito?”. Il dito del sì si mosse ancora. “Bene,” dissi “allora vorrei che iniziassi a farlo subito. Hai già iniziato a fare questi cambiamenti?” Un altro movimento affermativo mi portò a porre la mia domanda finale: “E completerai questo processo di guarigione in una settimana?”. Il dito del sì si mosse ancora. Ringraziai la mente inconscia di Craig, le suggerii di svegliarlo subito e le dissi di restituire a Craig la mobilità del braccio e della mano. Craig rilassò il braccio e lo lasciò cadere in grembo con un certo sollievo, poi inarcò la schiena per verificare come si sentisse. “La sento già molto migliorata” notò. I n effetti uscì dall’ufficio camminando con scioltezza, e dopo tre giorni fu in grado di riprendere la sua vita abituale e le sue attività. Un anno più tardi non aveva più avuto problemi.
Lavorare con la trance in altri modelli di psicoterapia Storicamente ci sono state numerosissime proposte di spiegazione di cosa siano la “trance” o l’“ipnosi”. Il guaritore francese Franz Anton Mesmer (1734-1815) credeva che il fenomeno fosse dovuto al “magnetismo animale”, energia elettrica che “induceva” i clienti in uno stato di empatia magnetica con il guaritore. Nel 1784 una commissione scientifica dichiarò di non aver trovato prove della presenza di elettromagnetismo nelle terapie carismatiche di Mesmer, e che i risultati da lui ottenuti erano dovuti “all’immaginazione”. Fu La Fontaine, un “magnetista” svizzero formatosi con Mesmer, che, nel 1841 a Manchester in Inghilterra, introdusse il dottor James Braid a questo tipo di pratiche. Braid (1795-1860) coniò il termine “ipnosi” per descrivere il fenomeno (dal greco hypnos, sonno). Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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In tutta Europa altri studiarono il lavoro di Braid e rifiutarono il modello di Mesmer per spiegare l’ipnosi a loro modo. In Francia il dottor August Liébeault (1823-1904) e il professor Hippolyte Bernheim (1837-1919) proposero che l’ordinaria “suggestione” fosse la spiegazione degli effetti che venivano attribuiti a questa sorta di speciale stato ipnotico. Il libro di Bernheim De la Suggestion, pubblicato nel 1884, sosteneva che la “trance” fosse semplicemente il nome attribuito ad un fenomeno del tutto normale. Contemporaneamente, all’Università di Salpêtrière, il dottor Jean-Martin Charcot prese la strada opposta, sostenendo che l’ipnosi era una nevrosi indotta artificialmente. Due giovani neurologi che avevano studiato sia con Charcot che con Bernheim pubblicarono nel 1895 una teoria integrativa dell’ipnosi nell’opera Studies on Hysteria. Erano Joseph Breuer (1842-1925) e Sigmund Freud (1856-1939). L’anno seguente Freud coniò il termine “psicanalisi” per la teoria e l’espressione “libere associazioni” per il modus operandi che aveva sviluppato dal suo originale metodo ipnoterapeutico. Continuò a descrivere lo stato che viene causato da questo metodo in termini di ipnosi. Diceva, ad esempio, che le libere associazioni “dissociano l’attenzione del paziente dalle sue ricerche e riflessioni consce” (in Rossi, 1996, p. 186). Raccomandava agli psicanalisti di rimanere in uno stato di trance, come si legge di seguito: L’esperienza ha presto dimostrato che l’attitudine che lo psicanalista poteva adottare con maggior vantaggio era quella di arrendersi alla propria attività mentale inconscia, entrando in uno stato di attenzione diffusamente sospesa, per evitare il più possibile riflessioni e la costruzione di aspettative consce, cercando di non fissare in maniera particolare nella propria memoria alcuna delle cose ascoltate, riuscendo così a cogliere il dipanarsi dell’inconscio del paziente per mezzo del proprio inconscio. (Freud, 1923, p. 239) Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Tutta la storia della psicoterapia occidentale si intreccia con l’evoluzione dei nuovi metodi ipnoterapeutici. Carl Jung (18751961), anch’egli esperto ipnoterapeuta, sviluppò un metodo per indurre uno stato ipnotico chiamato “immaginazione attiva” nel quale la persona instaurava un dialogo con un’immagine significativa di un sogno o di una fantasia (v. Rossi, 1996, p. 187). Simili compiti immaginativi, molto vicini ai dialoghi dell’ultima Gestalt (Levitsky e Perls, 1982, p. 149) e all’espressione di desideri infantili di tipo reichiano (Lowen e Lowen, 1977, p. 107), sono compiti che richiedono alla persona di dimostrare “fenomeni ipnotici” quali la regressione e l’allucinazione. Ernest Rossi sottolinea che questi metodi sono “leggeri rituali di induzione che evocano uno speciale stato di comunicazione e aspettativa terapeutica” (Rossi, 1996, p. 190). Jacob Moreno (1892-1974) sviluppa le applicazioni dell’ipnosi allo psicodramma (Moreno, 1950). Il suo lavoro è ricco di metodologie ipnoterapeutiche tradizionali. Per esempio, nella regia di uno psicodramma alla Prima Conferenza Internazionale di Psicodramma a Parigi, Moreno guida la protagonista all’interno di un sogno facendola distendere, mettendole la mano sulla fronte e dicendole ripetutamente: “Dormi, dormi profondamente, dormi profondamente, dormi profondamente, profondamente, sempre più profondamente, cerca di dormire…”. Questa, ovviamente, è un’induzione ipnotica classica. Nel presentare il filmato di questa sessione, Moreno descrive anche il pubblico dello psicodramma in questo modo: “… tutti coinvolti, erano praticamente ipnotizzati dalla procedura…” (Moreno, 1964). Lo studioso teorizza l’ipnosi come metodo per esercitarsi in un ruolo mentre si è in uno stato di rilassamento (Moreno, 1977, p. 160). Carl Rogers (1902-1987) studiò l’ipnosi mentre lavorava come psicologo clinico alla Rochester Society for Prevention of Cruelty to Children negli anni ’30 (in Suhd, 1995, p. 11). Come Freud, Rogers rifiutava l’ipnosi in sé in quanto temeva impliInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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casse il rischio della sostituzione dei sintomi (preoccupandosi che la mente inconscia della persona potesse fare resistenza all’ipnosi). Ma in un famoso filmato degli inizi degli anni ’60 Rogers spiega, a seguito della sua seduta di counseling, […] in genere non ricordo più di una o due affermazioni, né particolari del colloquio. So semplicemente che ero molto presente nella relazione e che la stavo vivendo nel momento del suo verificarsi; e mi rendo conto che dopo un po’ di tempo potrei cominciare a ricordarmene nuovamente; ma al momento ho un ricordo davvero non-specifico dell’intero colloquio. (in Shostrom, 1965)
Questo è lo stesso stato di trance terapeutica che Freud raccomanda, e la descrizione di Rogers coincide con le nostre esperienze di lavoro con la trance basato sulla PNL. La psicologia comportamentale spesso viene contrapposta alle psicoterapie “dinamiche” quali l’ipnosi. In effetti ipnosi e terapia comportamentale sono collegate da un rapporto di lunga data. Ivan Pavlov studiò gli stati ipnotici sia nei cani che negli uomini e propose che fossero il risultato di un’inibizione localizzata della corteccia, simile ma più ridotta di quella che ha luogo durante il sonno (in Crasilneck e Hall, 1985, pp. 26-7). Nel 1933 il comportamentista americano Clark Hull (da cui Milton Erickson apprese l’ipnoterapia) scrisse Hypnosis and Suggestibility , confutando il modello di Pavlov e argomentando che non fossero necessari stati speciali del cervello per ottenere le reazioni tipiche della trance basate sulle suggestioni. La terapia cognitivo-comportamentale ha accolto con maggiore riluttanza il metodo ipnotico, nonostante Beck ed Emery (1985, p. 249) siano concordi nell’affermare che il rilassamento ipnotico sia un’opzione molto utile per ridurre l’ansia. Ancora una volta, molte tecniche della terapia cognitiva sono, in effetti, ipnotiche. Il terapeuta ericksoniano Michael Yapko analizzò la Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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trascrizione di una sessione del terapeuta cognitivo Aaron Beck in questi termini e rilevò in essa la presenza di tutte le maggiori tecniche ipnoterapeutiche. Identificò l’uso, da parte di Beck, di suggestioni indirette, presupposizioni e visualizzazioni guidate del tipo di quelle impiegate nelle induzioni ipnotiche. Notò che Beck descriveva il successo della cliente come dimostrato dal fatto che fosse in grado di provare (ipnoticamente) l’attività desiderata e di “immaginarne le varie fasi senza alcuna interferenza cognitiva” (Yapko, 1992, pp. 61-74).
Integrare delle parti Descrivendo la trance, precedentemente, Milton Erickson aveva fatto una distinzione tra “mente conscia” e “mente inconscia”. Questo riconoscimento di due “sub-personalità” separate all’interno del cervello è uno specifico esempio di un modello più ampio, che descrive quelle che in PNL vengono definite “parti”. Ai nostri fini la parola “parte” si riferisce a qualsiasi rete neurale stato-dipendente tale da mettere in atto delle strategie senza venir controllata da parte del resto del cervello. In questo senso la “mente conscia” è una “parte” tanto quanto lo è l’inconscio. Il primo modello di lavoro sulle parti usato in PNL fu chiamato six-step reframing (ristrutturazione in sei fasi). Bandler e Grinder spiegarono gli assunti fondamentali di questa procedura in una delle loro prime dimostrazioni, scrivendo: Questo ha senso solo se avete un sistema di convinzioni che dice: “Guarda. Se avesse un controllo cosciente di questo comportamento, lo avrebbe già cambiato”. Dunque qualche parte di lui che non è conscia sta provocando questo schema di comportamento… Io presuppongo anche che la parte di voi che genera X – anche se consciamente X non vi piace – stia agendo così per fare qualcosa nel vostro interesse, qualcosa che vi è utile in qualche modo. (Bandler e Grinder, 1979, pp. 139-40) Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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La ristrutturazione in sei fasi implica che si instauri una comunicazione con la parte e che si chieda chi eda alla mente inconscia della persona di pensare a modi egualmente efficaci e più accettaaccett abili di raggiungere l’obiettivo positivo della parte. Questo metodo si è dimostrato efficace quanto l’allenamento al rilassamento nella cura di sintomi fisici di origine psicosomatica (quali, ad esempio, il mal di testa; v. v. Bacon, 1983). La ristrutturistrutt urazione in sei fasi, a differenza del rilassamento, non necessita di essere applicata consciamente e ripetutamente perché il problema non si ripresenti. Il metodo è stato applicato con successo a schemi comportamentali compulsivi e di dipendenza quali la bulimia (Glöser, 1991) e l’alcolismo (Sterman, 1990). Il modello di integrazione delle dell e parti di cui forniamo qui di seguito una dimostrazione è uno sviluppo della ristrutturazione in Bel iefss (Dilts, Hallbom sei fasi. Esso è stato descritto nel libro Belief e Smith, 1990, pp. 101-26, p. 165), nel quale l’autore Robert Dilts fornisce la trascrizione del suo utilizzo in occasione di un trattamento finalizzato all’eliminazione di un’allergia ai gatti e testato in aula immediatamente dopo la cura. Integrazione delle parti: case study Pam venne da me perché voleva migliorare la propria r elazione con i suoi due bambini che frequentavano le elementari. Si sorprendeva a gridare per la maggior parte del tempo in cui era con loro, e sapeva che questo era er a un metodo poco efficace per ottenere la loro cooperazione. Diceva: “Non so cosa mi prende, ma in quei momenti mi sento così furiosa!”. Era rattri stata per la distanza che questa situazione creava tra lei e loro. Suggerii a Pam che forse c’era una “parte” di lei che aveva una “ragione” per farla gridare con i suoi bambini. Le chiesi se voleva scoprire quale fosse questa ragione. Era curiosa. Le chiesi: “Se la parte di te che ti fa gridare dovesse stare sul palmo di una delle tue mani, su quale mano sarebbe?”. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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“Sulla mano destra.” Distese la mano destra, palmo in su, e io feci lo stesso con la mia mano sinistra, rispecchiando la sua. “Se la parte di cui abbiamo detto fosse sulla tua mano proprio ora, che aspetto avrebbe?” Pam rise guardando intensamente la propria mano. “Sono io con un’espressione feroce sul volto.” “E come la sentiresti? La mano è leggera o pesante, calda o fredda?” “È pesante e piuttosto calda.” “Ottimo. E se le chiedessi qual è il suo proposito proposi to nel farti gridare, cosa direbbe e che tipo di voce avrebbe?” Pam guardò di lato, vicina alle lacrime. “Per farli sentire dispiaciuti per quello che mi fanno; per fargli capire.” Disse con voce tremante. “Vorrei ringraziare quella parte per aver parlato con noi;” dissi, più alla mano che a Pam, “chiedile: se si sentissero didi spiaciuti, se si rendessero conto; se la parte raggiungesse completamente il proprio obiettivo, che vantaggio ancora più importante ne deriverebbe per te?”. Notando la sua confusione ripetei la domanda alla mente conscia di Pam. Lei ascoltò ascol tò internamente. “Mi sentirei rispettata e apprezzata.” “Eccellente. E se ti sentissi rispettata e apprezzata, quale altro risultato ancora più importante otterresti?” “Credo che saprei di essere un buon genitore.” “E qual è l’intenzione della parte nel cercare di ottenere questo? Quale effetto ancora più importante avrebbe per te il fatto di saperlo?” “Un senso di sicurezza interiore.” Sorrise, provando provando un po’ di quella sicurezza sicurezza interiore. SintetizSintetizzai: “Dunque questa parte vuole sicurezza interiore”. “Sì” assentì lei. “Mi sembra che sia così, ma la parte ha un modo bizzarro di cercare di ottenere ciò che vuole!” Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Poi chiesi a Pam: “Ora, c’è una parte di te che si è opposta fortefo rtemente alla parte che causa il gridare, e, se fosse sopra la tua mano sinistra, dove sarebbe la parte che vuole tu smetta di gridare?” Pam distese l’altra mano palmi in su e io la rispecchiai stendendo la mia mano destra. Ora le sue mani erano entrambe a palme in su, a circa 50 centimetri l’una dall’altra. “La parte che vuole smettere di gridare è al
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mano sinistra” spiegò Pam, e in risposta alla mia domanda aggiunse: “Sono io seduta con un’aria pacifica… la mia mano è fresca e leggera e vuole che io sia amorevo le e che sia amorevole con i bambini.” “Dunque, se questa parte potesse essere amorevole con loro e pronta ad accoglierli, quale altro risultato ancora più importante otterrebbe per te così facendo?” “Sarei più vicina alla mia famiglia.” “E questo cosa ti permetterebbe di avere?” “Wow.” Pam fissava lo spazio tra le proprie mani. “Se fossi più vicina alla mia famiglia avrei quella sensazione di sicurezza interiore.” Annuii: “Dunque, queste due parti si rendono conto di avere lo stesso fine ultimo?”. “Uhm.” “E questa parte (indicai la mano destra) si rende conto che questa parte (la mano sinistra) ha delle risorse che possono aiutarla a raggiungere il suo obiettivo?” Pam annuì. “Bene, questa parte (la mano sinistra) si rende r ende conto che questa parte (la mano destra) ha delle risorse che potrebbero aiutarla a raggiungere il suo obiettivo?” obiettivo?” Lei si spostò spostò un po’ all’indietro. “In un certo modo… ora lo sa.” C’erano di nuovo lacrime nei suoi occhi. “Così,” verificai “queste parti hanno lo stesso fine ultimo, e ora hanno compreso di essere parti di un insieme più grande… gr ande… e per loro va bene diventare un’unica parte, ora?” Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Appena lei guardò in basso annuendo e dicendo “Sì” le sue mani iniziarono a fluttuare lentamente, delicatamente, l’una verso l’altra. La seguii avvicinando le mie mani. “Richard, io non sto muovendo le mani. Com’è possibile che questo accada?” Chiese Pam, guardando incredula. “Il tuo inconscio” spiegai “è in movimento. Le mani sanno dove andare.” Una volta che le mani di Pam si furono unite, le feci sentire che avevano ora lo stesso peso e la stessa temperatura. Poteva vedere la sua nuova e integrata se stessa con tutte le risorse che ciascuna delle vecchie parti aveva avuto, la sentiva parlare con una voce sola. La invitai a sentire verso quale parte del suo corpo le sue mani si sentissero attratte, e gliele feci muovere assieme verso quel punto per “riportare quella ritrovata unità all’interno di lei e lasciare che si diffondesse in tutto il corpo”. Mentre la osservavo e continuavo a rispecchiare le sue azioni, potevo notare un cambiamento radicale nel suo aspetto. La sua pelle splendeva, il suo viso si era colorito e il suo respiro si era fatto pieno e profondo. La sua postura era più eretta. Quando parlò, la sua voce risuonava. “È fantastico.” concluse. “È stato potente,” assentii. “È da molto che aspetti di sanare questo problema.” Quando parlai con Pam qualche settimana più tardi, gridare era una cosa del passato: stava scoprendo nuovi modi per dare voce alla sua nuova sicurezza di sé, non solo con i bambini, ma in tutti gli ambiti della sua vita. L’integrazione delle parti in altri modelli di psicoterapia
Ciascun modello di psicoterapia ha dovuto fare i conti con l’attività delle reti neurali stato-dipendenti e sviluppare dei modelli per queste “parti” della mente. In ogni singolo caso le strutture vengono definite in maniera diversa, e la precisione di queste deInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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finizioni è spesso importante per lo sviluppo di tecniche all’interno di uno specifico tipo di terapia. In merito a ciò tenterò di rendere qui conto con precisione di alcune di queste distinzioni, e allo stesso tempo dirigerò l’attenzione sugli aspetti universalmente comuni del lavoro sulle parti in campo psicoterapeutico. L’idea delle “parti” ha la sua origine psicoterapeutica nel modello dinamico della psicanalisi. In esso, le principali parti della psiche considerate sono “id” (che Freud afferma essere basato su “passioni incontrollate”), “ego” (area basata su “ragione e circospezione”) e “superego” (che difende e mantiene le “norme comportamentali” morali richieste dalla società). Freud vede lo psicanalista come alleato con l’ego, con lo scopo di difenderlo dall’ansia ed estendere il suo “territorio”. Afferma che il suo scopo è “rafforzare l’ego, renderlo più indipendente dal superego, allargare il suo campo visivo e ampliare così il suo livello di organizzazione in maniera tale da permettergli di assorbire nuove parti dell’id. Là dove vi era id, ci sarà ego” (Freud, 1933). Freud sottolinea che il suo trattamento non ha tuttavia lo scopo di “eliminare” alcuni elementi. Egli afferma: “Il trattamento non consiste nell’estirpare qualcosa (la psicoterapia non è in grado di farlo, per il momento), ma nello sciogliere le resistenze e rendere così la circolazione in grado di raggiungere aree che fino ad allora ne erano state tagliate fuori” (Freud e Breuer, 1974, p. 377). Questa è una chiara descrizione del lavoro sulle parti. La moderna psicanalisi basata sulle relazioni oggettuali ha rivolto maggiore attenzione a certe scissioni all’interno dell’ego stesso – in particolare, scissioni che si manifestano in maniera patologica se l’ego affronta prove troppo dure durante i primi anni di vita. Un ego sano e maturo, afferma Otto Kernberg, è in grado di reprimere materiale indesiderato al di fuori della consapevolezza conscia, senza bisogno di creare una scissione completa. Kernberg afferma: “La scissione consiste nel mantenere attivamente separati sistemi di identificazione con valenze Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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opposte (sistemi di identificazione conflittuali), prescindendo dall’accesso alla coscienza o dal controllo motorio o percettivo” (Kernberg, 1976, p. 44). Ne risultano seri disturbi della personalità e quello che la PNL chiama “incongruenza sequenziale”: fare e desiderare una cosa in determinate occasioni e la cosa opposta in altre. La guarigione è un processo di “apprendimento di ‘abilità di gestione’ necessarie per poter comprendere se stessi, i propri limiti, i propri bisogni interni, il proprio ambiente ed i propri compiti nella vita” (Kernberg, 1976, p. 256). Questa funzione gestionale o coordinativa dell’ego sano è ciò a cui ci si riferisce in PNL parlando di lavoro sulle parti. L’analisi transazionale si concentra invece su divisioni funzionali sane all’interno dell’ego. Essa definisce tre fondamentali stati dell’ego, detti il “Genitore” (che imita le strategie usate dai genitori o da altre figure dalla funzione simile), l’“Adulto” (che impiega strategie sviluppate nella vita adulta come reazioni al qui-ed-ora), il “Bambino” (che usa strategie apprese durante l’infanzia), e ulteriori suddivisioni di tali stati. Ogni stato dell’ego è “un coerente schema di sensazioni ed esperienze direttamente correlate ad un corrispondente e persistente schema comportamentale” (Stewart e Joines, 1987, p. 15). In altre parole, ogni stato dell’ego è un insieme stato-dipendente di strategie. Lo scopo del lavoro con questi stati dell’ego in analisi transazionale è spesso quello di impedire ad uno stato di “contaminarne” un altro o di “lasciarlo inespresso”. Ancora una volta, si mira allo sviluppo di una situazione in cui ciascuno stato ha la possibilità di esprimersi in modi utili per la persona nella sua interezza, e ciò è esattamente quanto facciamo con il lavoro sulle parti in PNL. Nell’approccio di ri-decisione in analisi transazionale ci si concentra sui blocchi (conflitti irrisolti tra stati dell’ego). L’approccio con le due sedie della Gestalt viene utilizzato per risolvere questi conflitti tra parti (Stewart e Jones, 1987, p. 275). Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Nelle formulazioni che abbiamo finora discusso, si presuppone che le “parti” fondamentali presenti nell’essere umano siano in larga misura comuni ai vari individui. Con la teoria degli archetipi comuni all’inconscio collettivo dell’umanità Carl Gustav Jung fa un passo avanti in questo ragionamento. Descrive un archetipo come “una modalità di funzionamento psichico ereditata… In altre parole è uno ‘schema di comportamento’” (in Whitmont, 1991, p. 104). Jung descrive così elementi quali l’anima (il principio femminile interiore in un uomo) e l’animus (il principio maschile interiore in una donna), la persona (il nostro adattamento alle aspettative sociali) ed il sé (una sommatoria sovrapersonale della propria vita e del suo significato). Gli archetipi sono gli elementi centrali dei complessi. Jung spiega che ciascun complesso “appare come una formazione autonoma che si affaccia come intrusa sulla coscienza… Mentre i complessi devono la loro relativa autonomia alla loro natura emozionale, la loro espressione è sempre dipendente da una rete di associazioni raggruppate attorno ad un centro emotivamente carico” (in Whitmont, 1991, pp. 63-4). Ancora una volta abbiamo una definizione di strategie stato-dipendenti. Diversamente da Freud, Jung non vede tuttavia come compito dell’ego il rimpiazzare simili altri complessi; egli afferma: Conscio e inconscio non danno luogo ad un intero quando uno di essi viene soppresso e danneggiato dall’altro… Entrambi sono aspetti della vita… È il vecchio gioco dell’incudine e del martello; è tra questi due due che l’acciaio del paziente viene forgiato in un intero indistruttibile, un “individuo”. (in Whitmont, 1991, p. 18)
L’opera di Roberto Assagioli descrive il lavoro sulle parti in una prospettiva molto simile a quella usata in PNL. L’obiettivo, Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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in entrambi i casi, è l’integrazione di parti separate in un tutto unitario (un processo chiamato da Assagioli “psicosintesi”). Assagioli descrive il suo scopo come “la coordinazione e subordinazione delle varie energie e funzioni psicologiche, la creazione di una solida organizzazione della personalità” (Assagioli, 1976, p. 29). Nella psicosintesi, come in PNL, questo processo, in definitiva, viene riconosciuto come qualcosa che porta a stati trascendenti di pura consapevolezza, gioia, pace e amore, qualcosa che permette un’estensione al di là “dell’essere umano individuale” come viene normalmente inteso in occidente (Assagioli, 1976, p. 5). La metafora che Jacob Moreno impiega per le parti è presa dal mondo del teatro. Con “ruolo”, egli intende “la forma funzionale che l’individuo assume nello specifico momento in cui reagisce alla specifica situazione in cui altre persone o oggetti sono coinvolti” (Moreno, 1977, p. iv). Moreno puntualizza che il ruolo, con le sue strategie, i suoi stati emozionali etc. si evolve direttamente dall’interazione dell’individuo con il mondo, anche prima che la persona raggiunga ed abbia un senso unitario del “sé”. Il gioco di ruolo è anteriore all’emergere del sé. I ruoli non emergono dal sé, ma il sé può emergere dai ruoli… È possibile per l’individuo operare con numerosi alter ego, come vediamo in bambini e psicotici. (Moreno, 1977, p. 153)
Parte del compito della terapia consiste dunque nell’aiutare gli individui a ridurre i conflitti di ruolo, armonizzando la funzione dei ruoli e permettendo una transazione fluida da ruolo a ruolo a seconda di quanto richiesto dalla situazione. La capacità di produrre ruoli che rispondano adeguatamente e con efficacia a situazioni nuove (spontaneità) è un obiettivo molto importante del lavoro di Moreno (Moreno, 1977, pp. 85-9) ed è affine allo scopo del lavoro sulle parti in PNL. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Alexander Lowen descrive l’individuo sano dopo la psicoterapia orientata sul corpo, in termini fisiologici: È cosciente del proprio contatto con il suolo e si sente più radicato. Dice di sentirsi in connessione con il proprio corpo, la propria sessualità e con il terreno. Essere così connessi non è l’ideale della salute; secondo me è il minimo perché uno stato possa definirsi “di salute”. (Lowen, 1972, pp. 61-2)
Ciò che interrompe questa connessione, argomenta Lowen, è uno schema di tensione muscolare cronica che impedisce il contatto tra i vari strati del tessuto corporeo. Ogni strato, a suo parere, contiene uno stato e le strategie che lo esprimono. La tensione corporea è la maniera principale in cui le persone inibiscono l’attivazione di quelle che sono letteralmente “parti” importanti della loro esperienza. “Infatti l’area del corpo che dovrebbe essere coinvolta nell’espressione dell’impulso viene mortificata, relativamente parlando, dalla tensione muscolare cronica che si sviluppa come conseguenza del continuo schema di trattenimento.” (Lowen, 1972, p. 81.) Permettendo un pieno flusso respiratorio e di movimento il terapeuta del corpo crea accesso tra le varie “parti” della persona. Arthur Janov ha sviluppato un modello di Primal Therapy basato largamente sulle ricerche sul cervello. Janov afferma che lo scopo della sua terapia catartica è quello di liberare impulsi dolorosi rimasti imprigionati nei circuiti cerebrali di livello inferiore. Una volta che gli eventi originali sono stati ri-vissuti consciamente, la connessione tra questi ricordi e la mente conscia ha un profondo effetto curativo. Secondo Janov: La mancanza di coscienza rappresenta un crollo della capacità integrativa del cervello quale mediatore dei processi corporei; si verifica quando il sistema è sovraccarico e gli impulsi (risultanti Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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da potenziali di azione, mediati da sinapsi), che normalmente hanno una specifica connessione nervosa con la corteccia cerebrale che permette la coscienza, superano la portata delle facoltà integrative e fluiscono forzosamente in un percorso cerebrale diverso che ci rende, in quel senso, inconsci. (Janov, 1977, pp. 4-5) È la coscienza che in definitiva concettualizza ed interpreta questi profondi dolori e conferisce loro un significato. (Janov, 1977, p. 35)
Il concetto di parti, come viene usato in PNL, era direttamente presente sia nel lavoro di Fritz Perls che in quello di Virginia Satir. Perls spiega: Se alcuni dei nostri pensieri e sensazioni sono inaccettabili per noi, vogliamo rinnegarli. Io che voglio uccidere te? Così rinneghiamo il pensiero omicida e diciamo: “Quello non sono io: quella è una compulsione” o rimuoviamo l’uccidere, o lo reprimiamo e diveniamo ciechi ad esso. Ci sono molti modi come questo per rimanere integri, ma sempre a costo di rinnegare molte, molte parti valide di noi stessi… Tu non permetti a te stesso – o non ti è permesso – di essere completamente te stesso. (Perls, 1969, p. 11) Così quello che cerchiamo di fare in terapia è ri-appropriarci, passo dopo passo, delle parti rinnegate della personalità, finché la persona diventa forte abbastanza da facilitare la propria crescita… (Perls, 1969, p. 38)
La Satir gestiva questo problema attraverso un metodo psicodrammatico che chiamava “party delle parti” e spiegava: Noi tutti abbiamo una serie di parti diverse, ciascuna con aspettative di autorealizzazione. Queste parti spesso trovano difficile Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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andare d’accordo l’una con l’altra e possono avere influenze inibitorie reciproche… Il processo del party delle parti offre alle persone un’opportunità di osservare queste parti e apprendere come possano funzionare più armoniosamente quando cooperano invece di competere. (Satir e Baldwin, 1983)
Carl Rogers è molto più cauto nell’inferire che possano esistere “strutture” organizzate all’interno della psiche umana, ma è evidente che lavora con ciò che la PNL chiamerebbe parti, quando dice: Da un punto di vista descrittivo clinico… possiamo dire che le terapie efficaci sembrano implicare il portare alla consapevolezza, in una maniera adeguatamente differenziata e accuratamente resa in termini simbolici, quelle esperienze e sensazioni che nel momento presente contraddicono il concetto di sé del cliente. (Rogers, 1973, pp. 148-9)
Rogers sottolinea che un risultato centrale della terapia è un “aumento dell’integrazione e dell’unificazione della personalità” (Rogers, 1973, p. 178). La psicoterapia comportamentale iniziò evitando accuratamente qualsiasi speculazione circa le “strutture” interne della mente. Negli anni ’80 i comportamentisti cognitivisti svilupparono il concetto di schema per spiegare molti dei fenomeni che stiamo esaminando. Uno schema è definito in due modi: Da un lato il termine schema è stato usato per riferirsi ad una ipotetica struttura cognitiva, come un filtro mentale o un modello che guida il processo di informazione… Più regolarmente, tuttavia, usiamo il costrutto di schema riferendoci al contenuto delle fondamentali convinzioni di base : le regole
base che un individuo impiega per organizzare le prop rie perInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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cezioni del mondo, di sé e del futuro, e per adattars i alle sfide della vita. (Layden et al., 1993, pp. 11-12)
Simili schemi possono essere ristrutturati (creando un modo totalmente nuovo di reagire), modificati (alterandoli in maniera tale che certi schemi non vengano attivati in certe situazioni, ad esempio) o re-interpretati (re-interpretati come aventi un significato positivo piuttosto che limitante): tutti metodi chiaramente correlati al lavoro sulle parti in PNL (Layden et al., 1993, pp. 11-12). Cambiamenti in time-line
Quello che chiamiamo “memoria” descrive in effetti una serie di diverse funzioni neurali. Da un punto di vista neurologico vi è una differenza tra ricordi procedurali ( es.: andare in bicicletta), che sono archiviati nella parte bassa del cervello e nel nucleo caudato profondo, e ricordi semantici (fatti e informazioni sul mondo, divisi per categorie come in un’enciclopedia), che sono archiviati nell’area superiore (corteccia) del cervello. Questi a loro volta sono diversi da quelli che i neurologi chiamano ricordi episodici: una sorta di film dei ricordi di eventi che abbiamo vissuto, che vengono codificati dall’ippocampo e archiviati per mezzo della corteccia (Carter, 1998, p. 286). Come menzionato precedentemente, alcuni di questi ricordi episodici sono associati a sofferenze traumatiche e quindi archiviati in reti neurali che potrebbero essere scarsamente connesse al resto del cervello. Il cervello ricorda la sequenza di questi ed altri “episodi” per mezzo di quella che in PNL viene chiamata “time-line”. Una time-line (linea del tempo) è una metafora spaziale nella quale gli eventi sono considerati come disposti nel loro accadere lungo una linea che si estende in una direzione verso il passato, e in un’altra verso il futuro. Esempi di questo modo di organizzare mentalmente gli eventi sono evidenziati nel linguaggio di Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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tutti i giorni: per esempio, quando diciamo: “Ora ho intenzione di lasciarmi quell’esperienza alle spalle”, oppure: “È arrivato il momento di guardare avanti”. Questo tipo di distinzioni nelle submodalità temporali venne descritto per la prima volta da Connirae e Steve Andreas (1987, pp. 1-24). Da allora, una serie di altri professionisti della PNL ha sviluppato diverse maniere di lavorare con la capacità di codificazione dei ricordi del cervello; tra queste il “reimprinting”, “il cambiamento della storia personale” (Dilts, Hallbom e Smith, 1990) e la terapia della time-line “Time Line Therapy” (James e Woodsmall, 1988). Queste tecniche, come l’integrazione delle parti, sembrano ottenere un effetto significativo sulle condizioni di salute: tendono a far vedere gli eventi traumatici originari da una prospettiva nuova e, nel contempo, a rendere accessibili risorse emozionali di altri ambiti della vita della persona. In Danimarca venne effettuato uno studio della durata di un anno (da maggio 1993 a maggio 1994) sul trattamento degli asmatici per mezzo della terapia della time-line. I risultati vennero presentati in numerose conferenze in Europa, tra cui la Danish Society of Allergology Conference (nell’agosto del 1994) e la European Repiratory Conference (Nizza, Francia, ottobre 1994). Lo studio fu condotto da Jorgen Lund, un medico generico, a da Hanne Lund, in possesso della certificazione in Master Practitioner in PNL e originaria di Herning, in Danimarca. I pazienti furono selezionati tra quelli di otto medici di base. Trenta furono utilizzati per il gruppo di intervento con la PNL e sedici per il gruppo di controllo. Tutti ricevevano assistenza medica di base e medicinali. La maggior parte dei soggetti non aveva mai sentito parlare di PNL prima e molti erano del tutto scettici a riguardo, o terrorizzati. Non erano solitamente motivati a provare la PNL. I componenti del gruppo di intervento parteciparono ad una giornata introduttiva alla PNL e alla terapia della time-line, e poi ricevettero interventi di Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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PNL per periodi di tempo che variarono dalle tre alle trentasei ore (con una media di tredici). La tipologia di intervento con la PNL non venne mirata principalmente al problema dell’asma: si incentrò soprattutto su come le persone vivessero la propria vita. I risultati ebbero effetto sia sulla vita delle persone coinvolte in generale, sia sul loro problema di asma. I pazienti tendevano a descrivere il loro cambiamento soggettivo come qualcosa che li aveva resi in grado di essere “più aperti” o aveva dato loro “forza colossale e sicurezza di sé”, “una vita nuova” e così via dicendo. La capacità polmonare degli asmatici adulti tende a decrescere, in media, di 50 ml all’anno. Questo ebbe regolarmente luogo nel gruppo di controllo. Nel frattempo il gruppo di intervento con la PNL aumentò la propria capacità polmonare di 200 ml in media (recuperando quattro anni di degenerazione in un solo anno!). Le variazioni quotidiane del flusso di picco (indicatore di funzioni polmonari instabili) si aggiravano inizialmente intorno al 30-40%. Nel gruppo di controllo si ridussero arrivando al 25%, mentre in quello di intervento con la PNL scesero a meno del 10%. I disturbi del sonno erano inizialmente presenti nel 70% dei soggetti del gruppo di controllo, e scesero al 30%. Nel gruppo di intervento con la PNL, dove erano inizialmente presenti nel 50% dei soggetti, scesero a zero. In quest’ultimo gruppo l’uso di inalatori per asmatici e l’uso di farmaci per episodi acuti diminuirono fin quasi a zero. Hanne Lund sottolineò che le implicazioni di questo progetto andavano ben oltre la gestione dell’asma, affermando quanto segue: Consideriamo i principi di questo lavoro integrato adatti al trattamento di pazienti con ogni tipo di afflizione o malattia, e il prossimo passo sarà istruire su questo modello lo staff medico. (Lund, 1995)
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Terapia della time-line: case study Nell’esempio che segue Margot Hamblett descrive il suo impiego della terapia della time-line. “Quando Jenny venne da me soffriva sia fisicamente che a livello emotivo. Disse che era sempre malata, che prendeva sempre l’influenza, che soffriva di emicrania e così via. Quando pensava alla propria vita, si sentiva depressa. Aveva una relazione di cui non era contenta e niente di bello a cui guardare nel futuro. Aveva subito abusi sessuali per la prima volta a sette anni, e poi aveva avuto altre esperienze simili fino all’età adulta. Quando pensava a quei terribili episodi, cosa che avveniva spesso, si sentiva ‘malata’ dentro. Questo era il problema che voleva risolvere per primo. La prima cosa che feci fu controllare dove fosse la sua time-line. Jenny aveva il passato dietro di sé e il futuro davanti. Il futuro era breve: non riusciva ad immaginarlo più in là di un anno. Poi le feci chiedere alla sua mente inconscia quando, nel suo modo di immagazzinare la memoria, la sensazione di ‘malattia’ era iniziata. Era importante non presumere che fosse cominciata a sette anni solo perché questa era l’età che la mente conscia di Jenny aveva richiamato alla mente. Il processo della terapia della time-line prevede che si domandi: ‘Qual è la causa alla radice del problema, il primo evento che, se venisse disconnesso, farebbe sparire il problema? Se lo sapessi, sarebbe prima, durante o dopo la tua nascita?’. Questo consente alla mente inconscia di svolgere un lavoro più facile. Jenny semplicemente controllò ciascuna delle tre possibilità per scoprire quale sentisse come vera. ‘Dopo’ confermò. ‘Ottimo. E se lo sapessi, a che età?’ ‘Due anni.’ ‘Molto bene. Vorrei ringraziare la tua mente inconscia per la cooperazione.’ Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Avendo scoperto quale momento fosse stato ‘la causa originaria’ dei problemi di Jenny, lei poteva ora rilassarsi e chiudere gli occhi. Poi, nella sua immaginazione, doveva fluttuare al di sopra del suo corpo, in modo da rimanere sospesa al di sopra della sua time-line. Da lì, chiesi all’inconscio di Jenny di fluttuare all’indietro sopra la sua time-line in modo da trovarsi esattamente al di sopra dell’evento vissuto a due anni di età, e le dissi di ‘fidarsi del suo inconscio, il quale sapeva esattamente dove portarla’. Una volta sopra l’evento, le suggerii: ‘Mentre guardi l’evento sotto di te, puoi vedere quali emozioni vi siano laggiù, che tu abbia o meno alcuna memoria conscia di quel tempo. E c’è qualcosa che hai appreso in quell’evento. Così, quello che vorrei che tu facessi è conservare tutti gli insegnamenti positivi, qualunque cosa ti sia utile avere appreso da questo evento, in quel posto speciale che riservi a tutti gli insegnamenti di questo tipo’. Si noti che Jenny non aveva bisogno di capire come il suo inconscio facesse tutto ciò. Le bastava semplicemente proseguire e immaginarlo. Una volta che ebbe la sensazione che tutti gli insegnamenti erano stati preservati, aggiunsi: ‘Ora vorrei che andassi ancora più all’indietro sulla tua time-line, così da trovarti almeno quindici minuti prima di qualsiasi accadimento che abbia portato all’evento in questione, e da stargli ben al di sopra . E da là, in alto e in anticipo, voltati e guarda il tempo
estendersi verso ciò che è ORA. E mentre osservi da dietro e dall’alto, diretta verso l’ora, la domanda è: adesso, dove sono le emozioni che erano in quell’evento?’. Jenny, incredula, rispose: ‘Non lo so; sono scomparse’. In centinaia di casi nella mia esperienza è andata così, da quando seguo il processo terapeutico della time-line così come è stato elaborato da Tad James. Andando all’indietro e sopra l’evento nella prospettiva di tutto ciò che è avvenuto da allora, conservando gli insegnamenti, l’inconscio semplicemente si libera delle emozioni. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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‘Ora’ continuai ‘vorrei che immaginassi un’infinita fonte d’amore e di guarigione sopra la tua testa, e che permettessi alla guarigione di scorrere giù fino al tuo cuore e poi fuori verso quella giovane te stessa nel ricordo sottostante. Continua semplicemente a far scorrere il benessere fino a che l’evento è completamente colmo di luce, del tutto guarito.’ Lei annuì: ‘Fatto’. ‘Ottimo. Ora vorrei che fluttuassi giù
dentro
all’evento sulla
time-line e che notassi che la sensazione associata è quella di essere guarita e di avere un equilibrio emotivo. Rimani là il tempo necessario per sapere con certezza che va tutto bene.’ Questa è una prova importante. Se Jenny avesse scoperto di sentirsi ancora male ad immaginare se stessa durante l’evento, avrebbe fatto meglio ad uscirne prima e ad eliminare più pienamente le emozioni negative. Ma tutto andava bene, e Jenny sorrise. ‘Dunque, la prossima cosa che vorrei tu facessi è fluttuare di nuovo al di sopra dell’evento. Tra un attimo fluttuerai lassù, e poi da quel momento fin sopra ad adesso. E mentre lo fai, nota che tutti gli eventi sottostanti che ti provocavano sensazioni simili a quelle dell’evento originario sono stati sanati nello stesso modo: l’insegnamento archiviato, i sentimenti liberati guardando da sopra e da prima di essi, gli eventi colmi di luce guaritrice, proprio n ello stesso modo, da allora fino ad adesso.’ Dopo un minuto circa Jenny ritornò sopra al presente. Prima che scendesse nel presente, le capitò di guardar e al futuro stupita: ‘Ehi! Il mio futuro ora si estende lunghissimo di fronte a me, ed è pieno di luce’ annunciò deliziata. Questo era solo il primo di molti cambiamenti. Un paio di settimane più tardi Jenny disse che ogni mattina, quando si svegliava, non vedeva l’ora di vivere la giornata. Si godeva di più la propria famiglia e chiedeva di più alla propria relazione. Si Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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sentiva meglio, fisicamente in buona salute. Aveva ripreso contatto con vecchi amici e si era iscritta ad alcuni corsi per apprendere nuove abilità. E cosa era successo agli eventi traumatici che la ossessionavano? Ora, spiegò, quando ci p ensava era come se si dicesse: ‘Beh, e con ciò?’.”
Cambiamenti in time-line in altri modelli di psicoterapia In un certo senso tutte le forme di psicoterapia hanno sempre avuto lo scopo di ricodificare i ricordi specifici associati ai problemi della vita. Nel 1885 Sigmund Freud pubblicò il “documento di fondazione” della psicoterapia occidentale: Studi sull’isteria. In esso annunciava la sua scoperta che i traumi infantili “causano” i problemi psichiatrici: Molto spesso è un evento dell’infanzia a determinare un sintomo più o meno grave che persiste negli anni. … Questi ricordi possono emergere vividi e non attenuati come in un’esperienza recente solamente rimettendoli in discussione sotto ipnosi. (Freud e Breuer, 1974, p. 393)
Freud nota che i ricordi del paziente sono “posti in sequenze lineari (come una pila di documenti, un pacchetto etc.)” (Freud e Breuer, 1974, p. 347). Il suo obiettivo nell’esplorare questi ricordi con il paziente non consiste nel “cambiare il passato”, ma nel cambiare il modo in cui la persona risponde ad esso. Le persone possono ancora rimpiangere il passato, ma non devono esserne tormentate. Possono “riuscire a trasformare la sofferenza isterica in una comune infelicità” (Freud e Breuer, 1974, p. 393). Carl Jung cercò di enfatizzare il concetto di come la semplice esplorazione del passato non fosse sufficiente a giovare alla vita di una persona:
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Il recupero dei ricordi dell’infanzia e la riproduzione di modalità archetipiche del comportamento psichico possono creare un orizzonte più ampio ed una più grande estensione della coscienza, a patto che si riesca ad assimilare ed integrare nella mente conscia i contenuti perduti e recuperati. (Jung, 1976, p. 90)
“Gli analisti junghiani riconosceranno nella terapia della time-line un rituale per integrazioni di questo tipo, un percorso metaforico analogo al viaggio interiore sciamanico” (Grof, 1998, pp. 164-6). L’analisi transazionale comincia con la comprensione degli stati dell’ego del Genitore e del Bambino in quanto formatisi con le esperienze dell’infanzia. Nel processo di ri-decisione il terapeuta AT guida la persona a: […] rientrare in contatto con le sensazioni del Bambino, che ha provato al tempo della prima decisione, concludere la faccenda esprimendo quelle sensazioni e sostituire la prima decisione con una nuova e più appropriata
ridecisione.
Questo si
può fare attraverso fantasie, sogni guidati, o con un “lavoro sulle scene iniziali”, in cui il cliente risale con la memoria ad una originaria scena traumatica e ne fa una nuova esperienza. (Stewart e Joines, 1987, p. 275)
Questo procedimento è un’evoluzione della originaria modalità di intervento in AT che consisteva nel dare al Bambino il “permesso” di godersi la vita e prendere buone decisioni. L’analogia con la terapia della time-line è evidente. Uno dei principi cardine della terapia Gestalt è il suo concentrarsi sull’“ora”. Questo significa forse che gli eventi relativi alla time-line non vengono affrontati? Assolutamente no. Significa che, come in PNL, essi vengono affrontati da una prospettiva temporale diversa dal solito. Sia la PNL che la Gestalt sostengono che il passato non va risolto guardandosi Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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indietro dalla posizione dell’ “ora”, ma cambiando la propria prospettiva. Fritz Perls spiega: Sarebbe inesatto dire che non c’è interesse ver so il passato ed il materiale storico. Questo materiale viene affrontato con cura quando è sentito come legato ad importanti temi della struttura della personalità presente. Tuttavia il modo più efficace di integrare materiale del passato nella personalità consiste nel portarlo – il più pienamente possibile – nel presente… “essere là” con la fantasia e affrontare il dramma in termini di “presente”. (Levitsky e Perls, 1982, pp. 144-5)
Questo modo di gestire il passato è in maniera evidente molto simile allo psicodramma e permette l’introduzione di un surplus di realtà (la creazione di storie alternative all’evento e l’esplorazione di esso da prospettive non possibili al tempo in cui ha avuto luogo; v. Blatner, 1988, pp. 83-5). Tecniche di PNL quali la terapia della time-line ed il reimpriting usano lo stesso principio. Nella terapia di Reich il processo di gestione del passato è simile ed enfatizza sia l’espressione fisiologica di eventi passati, sia il bisogno di risolvere conflitti ed emozioni allora presenti (v. Lowen, 1972, p. 44). Carl Rogers, nel suo approccio non-direttivo alla psicoterapia, non chiede direttamente al cliente di rivisitare esperienze precedenti. Rogers riconosce tuttavia quanto esse siano importanti per i clienti e afferma: “Il problema sembra essere lo stesso in tutti i casi; è il problema di assimilare esperienze negate all’interno di un sé riorganizzato” (Rogers, 1973, p. 104). Spesso, nota Rogers, questo fenomeno si realizza in larga parte perché il terapeuta assiste il cliente nel rivivere quelle esperienze in una nuova luce: la luce della “calma accettazione del cliente” da parte del terapeuta (Rogers, 1973, p. 194): ciò dà un nuovo significato all’esperienza. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Nel lavoro di Milton Erickson vediamo l’idea di ri-sviluppare i ricordi portata all’estremo con la storia dell’Uomo di Febbraio (Erickson e Rossi, 1989). Erickson lavora con Jane in una serie di sessioni; Jane dice che nella sua infanzia non è stata amata dai propri genitori e teme ora di essere incapace di essere, a sua volta, una buona madre. Con un lavoro di trance, Erickson “viaggia all’indietro nel tempo” con Jane fino alla sua infanzia e le fa visita ogni febbraio per darle un’amorevole supporto e ricontestualizzare le sue esperienze di bambina. Per esempio le spiega che, nonostante farsi male a un dito del piede sia stata un’esperienza dolorosa, “forse un giorno parlerai a una bambina di come ti sei fatta male al dito del piede. Tu vuoi davvero sapere cosa si sente per poterlo spiegare, non è vero?”(p. 47). Erickson spiega questo procedimento a Ernest Rossi: “Non si altera realmente l’esperienza originale; se ne altera la percezione, e questa diventa il ricordo della percezione” (p. 77). Jane ricorderà d’ora in poi questo momento “doloroso” dell’infanzia come un momento di apprendimento ad essere una buona madre. Superficialmente l’ipnosi ericksoniana può sembrare molto distante dall’approccio cognitivo-comportamentale. In termini di lavoro con il passato, tuttavia, le tecniche di “immaginazione” della CBT (terapia cognitivo-comportamentale) (Layden et al., 1993, pp. 86-92) sono chiaramente simili sia all’ipnosi di Erickson che alla visualizzazione della terapia della time-line. Mary Anne Layden e colleghi descrivono un simile processo di immaginazione come finalizzato ad esplorare “incidenti critici” del passato e ad alterarne l’interpretazione autolesiva da parte del cliente. Dopo un breve processo di rilassamento guidato (che Erickson o un professionista di PNL chiamerebbero “induzione ipnotica”), il terapeuta cognitivo fa ricordare alla persona la prima volta in cui ha provato le sensazioni ed emozioni che rappresentano un problema per il cliente. Mentre ricorda quella circostanza, viene chiesto al Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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cliente di descriverla, per scoprire cosa pensi di aver “appreso” sulla vita al tempo dell’esperienza e ri-decidere cosa sia davvero importante apprendere da quell’esperienza adesso. Poi si invita il cliente ad aggiungere all’esperienza una qualsiasi immagine di fantasia che aiuti a rendere positivo il ricordo: per esempio, introducendo una persona di supporto che lo conforti, o immaginandosi di usare delle abilità apprese in tempi successivi all’evento per gestirlo più adeguatamente.
Ristrutturazione linguistica Come il nome stesso suggerisce, la Programmazione NeuroLinguistica ebbe inizio con l’analisi linguistica della comunicazione impiegata da psicoterapeuti quali Virginia Satir, Milton Erickson e Gregory Bateson. John Grinder e Richard Bandler individuarono ed organizzarono in categorie gli schemi ricorrenti presenti nel modus operandi di questi terapeuti, impiegando etichette linguistiche riconosciute. Ne risultarono tre principali gruppi di schemi. Anche in questo caso, la mia intenzione non è insegnarli qui, ma fornire al lettore un’idea di ciò a cui mi riferisco con l’espressione “modelli linguistici”. Nella vera e propria applicazione in terapia, come spiegheremo più tardi, essi devono essere impiegati con notevole attenzione e abilità e nel momento appropriato, per poter essere più di semplici “intrusioni moralistiche”. 1. Il Meta Modello
Questo modello, basato sul lavoro di Virginia Satir, genera una serie di domande per suscitare descrizioni dell’esperienza del cliente più chiare e basate sulla realtà (Grinder e Bandler, 1975). La domanda appropriata è identificata in base alla categoria di affermazioni espresse dal cliente ( “lo schema del Meta Modello”); per esempio:
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Presupposizioni. Se il cliente dice: “Non so perché ho rovina-
to il mio matrimonio”, potrei mettere in discussione la presupposizione che la persona ha posto prima di porsi la domanda: quella di aver “rovinato” il proprio matrimonio. Potrei chiedere: “Come sai di aver rovinato il tuo matrimonio?”. Se il cliente dice: “So che mia moglie mi odia”, potrei chiedergli: “Cosa vedi o senti che ti fa pensare così?”. Lettura del pensiero.
(Quando viene espresso un giudizio senza identificare chi lo abbia espresso.) Se il cliente dice: “È sbagliato contraddire il proprio capo”, potrei chiedere: “Secondo chi è sbagliato?”. Performative perdute.
(Quando due cose sono descritte come equivalenti l’una all’altra.) Se il cliente dice: “Non ho passato l’esame, quindi sono un caso senza speranza”, potrei chiedere: “In quale maniera il non passare l’esame significa che, come persona, sei un caso senza speranza?”. Equivalenza complessa.
Quantificatori universali. Se il cliente dice: “ Niente di quello che faccio funziona mai ”, potrei chiedere: “Niente? Mai? C’è
stata un’unica volta in cui hai fatto qualcosa e ha funzionato?”. Operatori modali di impossibilità. Se il cliente dice: “ Non sono in grado di rilassarmi e avere fiducia in me stesso quando
sono al lavoro”, potrei domandare: “Cosa accadrebbe se lo facessi?” oppure: “Cosa te lo impedisce?”. Verbi non specificati. Se il cliente dice: “Mio padre mi ferisce
davvero”, potrei chiedere: “Come, specificamente, ti ferisce?”.
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Sostantivi non specificati. Se il cliente dice: “ La gente mi dice che devo ascoltare di più”, potrei chiedere: “Quali persone? Chi, specificamente, te l’ha detto?”. Cancellazioni semplici. Se il cliente dice: “Sono veramente infelice”, potrei chiedere: “Riguardo a cosa?”.
Il dottor Thomas Macroy dell’Università di Stato dello Utah condusse uno studio dettagliato sui componenti di trentuno famiglie, chiedendo loro di quantificare il proprio livello di soddisfazione riguardo al nucleo familiare di appartenenza. In seguito venne tenuta e audioregistrata una sessione di terapia familiare per ciascun nucleo familiare coinvolto. I nastri con le registrazioni furono analizzati in base al ricorrere di centocinquanta specifici schemi del Meta Modello. Nelle famiglie in cui la soddisfazione era più bassa, venivano impiegati in maniera sostanziale molti più schemi descritti dal Meta Modello, specialmente le cancellazioni ed i sostantivi non specificati. Questo studio supporta l’idea che mettere in discussione gli schemi del Meta Modello sia un modo importante per aumentare la capacità di raggiungere la soddisfazione sociale (Macroy, 1978). 2. Il Milton Model
Anche questo modello si basa sulle categorie linguistiche del Meta Modello precedentemente descritte. Invece di metterli in discussione, gli stessi modelli linguistici vengono utilizzati in maniera propositiva. Milton Erickson utilizzava queste categorie – in modo interessante – per creare suggestioni indirette finalizzate al cambiamento ipnoterapeutico. Erickson usava anche altre categorie di linguaggio già identificate quali il ricalco ( pacing, che consiste nell’osservare e confermare in parte quello che il cliente sta già facendo) e le metafore (Bandler e Grinder, 1975). Di seguito diamo un esempio di questo uso “costruttivo” di simili schemi linInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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guistici per suggerire cambiamenti in un modo “abilmente vago”. Le parole in grassetto nel paragrafo successivo andrebbero pronunciate con una tonalità leggermente diversa, per dare luogo a “comandi nascosti” (un altro schema del Milton Model), ma probabilmente avrete già capito quanto facilmente potete utilizzarli. Stai leggendo questo testo adesso (ricalco), e potresti essere molto interessato (lettura del pensiero) ad ascoltare una storia sul modo in cui Milton Erickson parlava (inizio dell’uso di una metafora). E il fatto che hai deciso di apprezzarlo proprio ora (presupposizione) è una buona cosa (performativa perduta), poiché anche solo leggere questo tipo di esempi significa che stai imparando molto sul modo in cui Milton parlerebbe alle persone (equivalenza complessa), e ogni volta (quantificatore universale) che rileggerai questa pagina, potrai scoprire che (operatore modale di possibilità) apprendi di più (verbo non specificato) sul tipo di cose che Milton diceva (sostantivo non specificato) e senza dubbio comprenderai che questo è il modo in cui Milton Erickson assisteva le persone nel fare cambiamenti (cancellazione semplice).
Dato che il Milton Model è il contrario del tipo di comunicazione chiara che rende la cooperazione possibile, ha anche un diverso tipo di utilizzo. È il linguaggio dell’influenza. Erickson lo impiegava per suggerire dei cambiamenti. Donald Moine dell’Università dell’Oregon realizzò un’audiocasetta di 45 minuti, in cui registrò degli assicuratori durante le vendite. Il suo campione includeva sia i migliori venditori che i venditori “medi”. Gli assicuratori di grande successo usavano molti più comandi nascosti, equivalenze complesse, letture del pensiero, metafore, ricalchi e operatori modali di possibilità. Questo linguaggio abilmente vago e suggestivo faceva parte delle loro abilità nello spingere gli altri al cambiamento (Moines, 1981). Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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3. Gli schemi del modello sleight of mouth Chiamati anche schemi dell’utilizzazione dei criteri, sono una serie di maniere per “ristrutturare” (“reframe”, usando un’espressione di Gregory Bateson) l’esperienza di una persona. Furono codificati per la prima volta da Robert Dilts (Dilts, 1999). Gli schemi del modello sleight of mouth includono l’impiego del Meta Modello e del Milton Model così come di una serie di altri schemi che alterano intenzionalmente il senso che la persona attribuisce a uno specifico evento (modificano, cioè, l’“equivalenza complessa” psicologica dell’evento per la persona). Per esempio un cliente potrebbe dire: “Mia mamma era sempre depressa, così suppongo che anche io sarò sempre depresso”. Quest’affermazione è un’equivalenza complessa e ci dice che attualmente il significato dato dal cliente al fatto che la propria madre fosse sempre depressa è che anch’egli sarà sempre depresso (“Mia madre era sempre depressa” = “Io sarò sempre depresso”). Ci sono molte cose che si possono fare per annullare questa equivalenza (cioè “destrutturare” l’affermazione) o per crearne una nuova più funzionale (cioè “ristrutturarla”). Il sistema originario del modello sleight of mouth comprende più di venti schemi. Per esempio: Modello per destrutturare destrutturare. a) Uso delle domande del Meta Modello Potrei chiedere: “Era sempre depressa? C’è mai stato un singolo momento in cui non era depressa?”, oppure, “Come, specificamente, pianifichi di ‘essere sempre depresso’?”, oppure “In che maniera il suo essere depressa significa che tu dovrai esserlo?”. del Milton Milton Model Model per ristrutturare ristrutturare. Potrei racconb) Uso del tare la storia (metafora) di Ted Turner, il cui padre si era suicidato dopo una lunga vita di depressione; Ted amava la vita, trasformò la fallimentare agenzia pubblicitaria del padre nel gigante dei media CNN Time Warner, Warner, e fece poi la più generosa donazione di beneficenza mai fatta da un Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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singolo individuo. Mentre racconto questa storia potrei aggiungere suggestioni nascoste e nuove equivalenze complesse, per esempio citando che Ted diceva a se stesso: “Ted, “Ted, tu hai visto come si deprimeva tuo padre, p adre, e così sai più di chiunque altro come godere pienamente la vita”. c) Applicare il modo di pensare (e di esprimersi) della persona a se stessi. Ciò si può esemplificare dicendo al cliente: “C’è sempre della depressione nel momento in cui si cresce e ci si evolve nel modo migliore, non è vero?”. d) Identificare una questione che sia più importante. Potrei dire: “Invece di pensare a quello che è accaduto a te o a tua madre in passato, non è più importante pensare a come potresti diventare un modello positivo per i tuoi figli?”. e) Identificare l’intenzione che sta dietro alla frase della persona, e discuterla invece della frase stessa. Potrei sottolineare: “Immagino che la tua intenzione sia di proteggerti dalla delusione potenzialmente insita nel provare e fallire. Mi chiedo se hai notato che l’unico modo per proteggersi davvero dal senso di fallimento consiste nel fare del tuo meglio per vivere il tipo di vita che davvero vuoi vivere”. Un semplice schema linguistico come la ristrutturazione con i modelli sleight of mouth è sufficiente per cambiare un serio problema psichiatrico? psichiatrico? A volte lo è. è. Il dottor dottor Lewis Baxter (1994) dimostrò che i clienti con disturbi ossessivo-compulsivi presentano un’aumentata attività delle reti neurali all’interno dei nuclei caudati del cervello (dimostrato sulla base di scansioni PET del cervello). cervello). Medicinali Medicinali come come il Prozac Prozac fanno aumentare i livelli di serotonina riducendo così l’attività dei nuclei caudati. Baxter scoprì che quando i clienti ripetevano una semplice ristrutturazio ristrutturazione ne su se stessi, stessi, la scansione scansione PET dimoInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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strava la stessa crescita dei livelli di serotonina e lo stesso calo di attività nei nuclei caudati. Parole scelte con precisione hanno un effetto sulle reti neurali stato-dipendenti. Ristrutturazione linguistica: case study
Lucy venne a parlarmi durante una pausa mattutina durante un seminario. Mi spiegò che stava cercando di smettere di fumare e che aveva provato inutilmente numerose tecniche di PNL. Sapendo di avere a disposizione solo cinque minuti, decisi di usare uno schema del modello sleight of mouth. Le dissi: “Così, se hai provato molte cose e non hanno funzionato, significa che c’è una parte di te che non accetta l’idea che cambiare sia funzionale. Giusto?”. Lei annuì. “E se tu sapessi qual è l’intenzione di quella parte nel farti fumare? Cosa sta cercando di fare per te, facendoti continuare a fumare?” Ci pensò un momento e rispose: “Vuole aiutarmi a rilassarmi”. “Bene, ora vorrei che valutassi molto attentamente la mia prossima affermazione. Qualsiasi cosa, tranne smettere completamente di fumare e avere i polmoni sani, ti impedisce di rilassarti quanto meriti.” Lucy mi guardò disorientata. “So che hai detto qualcosa e ho seguito ogni parola, ma non sono riuscita ad ‘ascoltare’ ‘ascoltare’ la frase.” “Va bene,” spiegai, “perché il tuo cervello avrebbe bisogno di cambiare per poter elaborare pienamente la frase. La frase comincia ad agire parlando alla rete neurale, dove l’azione di fumare viene generata e si espande fino a contattare le tue intenzioni più alte. È una sorta di integrazione linguistica delle parti.” Ripetei la frase accuratamente quattro volte e Lucy disse solo di quasi fatta sentire “che il significato era importante e ce l’ aveva quasi a coglierlo”. Mi chiese di scriverle la frase, io le dissi di leggerla spesso a se stessa fino a comprenderla. La comprensione cosciente ci avrebbe messo del tempo ad emergere. Lucy qualche mese più tardi mi riferì che “non era riuscita” a fumare una sola Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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sigaretta da quando avevamo parlato. La ristrutturazione che impiegai è uno specifico schema sviluppato da Tad James e chiamato “linguistica quantica” (James, 1996).
Ristrutturazione linguistica in altri modelli di psicoterapia Fin dai suoi albori, la psicoterapia ha prestato grande attenzione al linguaggio impiegato dai terapeuti. Quando uno psicanalista fa un’interpretazione standard quale “Tu vuoi da me quello che volevi da tua madre” (Olinick, 1980, p. 19), fornisce un significato nuovo relativamente a un comportamento. Un comportamento che avrebbe potuto essere precedentemente definito come pieno di pretese, fastidioso o malato, viene ridefinito come una strategia che è stata utile nella storia della persona, ma che viene ora applicata impropriamente in una situazione nuova. In generale, ogni forma di terapia ha i propri modelli di comprensione degli eventi umani. Ogni terapeuta fornisce delle nuove cornici interpretative che innanzitutto propongono un significato per i dilemmi del cliente in questi termini e, in secondo luogo, dimostrano come il processo terapeutico li possa risolvere. In un libro curato da Carl Jung (1976, pp. 329-35), la psicanalista Jolanda Jacobi racconta di un caso in cui il suo cliente sognava una giovane donna – un’attrice che indossava una lunga veste fluttuante. Il cliente non aveva un ruolo nella scena, ma era colpito dal ruolo della donna. Jacobi sottolinea che la donna rappresenta sia la madre del cliente che la sua (del cliente) parte femminile inconscia. Il cliente, suggerisce Jacobi, sta evitando di partecipare attivamente alla messa in scena della vita, come vorrebbe il suo lato femminile più emotivo. Ancora una volta, questa ri contestualizzazione dell’esperienza trasforma un semplice messaggio misterioso in un’opportunità di apprendere nuove strategie e riappropriarsi di “parti” dell’esperienza. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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In alcune forme di psicoterapia non vengono offerte interpretazioni dirette. Nella terapia Gestalt, se il terapeuta identifica un altro significato relativamente a una situazione, dice per esempio: “Posso suggerirti una frase?” e chiede alla persona di formulare un’asserzione che approfondisca il significato attribuito alla sua esperienza. Fritz Perls riconosce che questa è una manovra interpretativa (Levitsky e Perls, 1982, p. 153), ma mette in evidenza il fatto che lascia al cliente la possibilità di scoprire un nuovo significato correlato o di respingere questa opzione. Nelle terapie corporeee le interpretazioni si concentrano sulla struttura fisica. Alexander Lowen dice che un buon terapeuta bioenergetico deve saper “leggere caratterialmente il corpo” (Lowen, 1971, pp. 5-7). Spiegando il significato degli schemi corporei si dà ancora una volta un nuovo “senso” ai problemi della persona e li si contestualizza come qualcosa che può essere cambiato (con gli esercizi bioenergetici). Mentre molti modelli terapeutici contemplavano esplicitamente tra gli obiettivi l’attribuzione di un nuovo significato, o “ristrutturazione”, lo scopo dichiarato di Carl Rogers era di attenersi al significato attribuito dal cliente. È tuttavia importante notare che ogni volta che un terapeuta pronuncia un’affermazione empatica con i propri clienti, lo fa impiegando i propri schemi di riferimento. Se un cliente dice: “Mia madre blocca sempre i miei progressi” e il terapeuta risponde: “Ti senti frustrato dalle cose che fa”, questa è una ristrutturazione radicale. Il cliente ha affermato che la madre è il soggetto attivo nella vicenda; il terapeuta ha focalizzato l’attenzione su quali sono le sensazioni della persona a riguardo, considerando questo come l’elemento chiave. Come nota Rogers, il fatto che i terapeuti centrati sul cliente focalizzino l’attenzione del cliente sulle sue emozioni, percezioni e valutazioni determina un cambiamento in ciò su cui l’attenzione del cliente si concentra (Rogers, 1973, p. 135). E questa è ristrutturazione. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Cambiare le dinamiche interpersonali Uno dei primi libri di PNL fu Changing with Families, scritto dai co-fondatori della PNL e da Virginia Satir (Bandler, Grinder e Satir, 1976). In esso vengono introdotti gli elementi centrali di un approccio PNL alla costruzione cooperativa di relazioni interpersonali. Tra detti elementi spiccano un modello per la creazione del rapport, un modello delle differenze di personalità e un modello per la risoluzione dei conflitti. In PNL vengono fatte due distinzioni a livello di personalità. La prima è quella che riguarda i criteri usati per le strategie di priorità della persona: i “valori”. I valori sono solitamente descritti in termini generalizzanti, e sono i criteri in base ai quali prendiamo decisioni e valutiamo le nostre azioni. Per esempio, uno dei miei valori è l’“onestà”, prendo decisioni su cosa dire e fare in base a questo criterio, e verifico se sono soddisfatto delle mie azioni applicando lo stesso principio. Le persone tendono ad avere una “gerarchia dei valori”. Per esempio, potrei avere il valore dell’“onestà” e anche quello di “non ferire i sentimenti delle persone”. Quando i miei amici mi chiedono se mi piacciono i loro nuovi vestiti, e non mi piacciono, la mia risposta sarà basata sulla gerarchia di questi miei due valori (ossia su quale dei due sia più importante). Se è gerarchicamente più importante l’onestà, probabilmente dirò loro, con gentilezza, la verità; se non ferire i sentimenti delle persone è un valore gerarchicamente più importante, potrei “educatamente” fare loro dei complimenti. Il secondo tipo di distinzioni in termini di personalità descritto in PNL è quello che riguarda le strategie di alto livello che le persone usano per catalogare le proprie esperienze. Si tratta di differenze nelle meta-strategie, o “meta-programmi”, delle persone. Per esempio, quando le persone studiano un argomento (come la PNL), possono essere più interessate alla panoramica complessiva e alle idee generali, oppure ai fatti dettagliati e ai dati sperimentali. In PNL chiamiamo questo meta-programma Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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“chunk size” [dall’inglese, “chunk”, pezzo; “size”, dimensioni, NdT ]. La preferenza individuale per un “chunk up” che va dal particolare al generale o per un “chunk down” che procede verso lo specifico è una strategia che applichiamo in una vasta gamma di situazioni e in base alla quale decidiamo persino quali altre strategie attuare. Un altro esempio di differenza a livello di meta-programma che abbiamo già discusso in questo libro è la preferenza sensoriale (se cioè si preferisca elaborare le informazioni con la modalità visiva, auditiva o cinestesica). Questa preferenza determina quali altre strategie verranno selezionate e attuate. Le tipologie di personalità identificate da Carl Jung (introverso/estroverso, riflessivo/emotivo, intuitivo/percettivo) sono considerate in PNL come meta-programmi. Creare relazioni basate sulla cooperazione significa anche aiutare le persone a comprendere differenze quali quelle a livello di valori e di meta-programmi; significa anche aiutare le persone ad allinearsi alle diverse personalità e dare loro una cornice di riferimento all’interno della quale trovare soluzioni quando le differenze creano conflitti. Un semplice esempio di allineamento di meta-programmi è il counseling, in cui generalmente il counselor impiega l’ascolto riflessivo per creare empatia con i clienti. Uno studio di William Brockman rivela che questo processo migliora fortemente se il counselor ricalca il sistema sensoriale con cui il cliente si esprime (ad esempio dicendo “Il modo in cui vedi questa cosa…” se il cliente parla della propria esperienza in maniera visiva; dicendo “Lo senti come…” se la persona parla cinestesicamente; dicendo “Mi suona come qualcosa che…” se la persona parla auditivamente). Nello studio di Brockman i counselor che ricalcavano il meta-programma sensoriale dei clienti vennero preferiti con un rapporto di tre ad uno. Cambiare il modo in cui le persone si relazionano a livello interpersonale ha sia l’effetto immediato di cambiare la relazione trattata, sia effetti di riverbero sulle persone coinvolte e sulle loro altre relazioni. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Durante una ricerca presso una scuola superiore in Nuova Zelanda, la mia collega Margot Hamblett ed io abbiamo tenuto un corso di 24 ore in abilità di comunicazione PNL a dieci insegnanti. Il corso era basato sul nostro libro Transforming Communication (Bolstad e Hamblett, 1998). Studiammo sette classi (200 studenti), tre delle quali avevano per più di metà delle loro lezioni i professori che avevamo formato. Al follow-up di controllo, sei mesi più tardi, fummo in grado di notare notevoli differenze tra le classi con i professori che avevano ricevuto una preparazione in PNL e le altre (Bolstad e Hamblett, Settembre, 2000). In primo luogo l’atteggiamento degli studenti nei confronti della scuola era cambiato. I professori formatisi in PNL ci dissero che il loro problema maggiore, la scarsa motivazione, era semplicemente scomparso dalle loro classi. I loro studenti concordarono: il numero di coloro che si valutavano come “per nulla” disposti a cooperare a scuola era sceso dal 6% al 4% nelle altre classi, e dal 6% a zero nelle classi con professori formati in PNL. Il numero di studenti che diceva di fare domande in classe “ad ogni occasione possibile” nel gruppo di controllo scese dal 12% al 3%: essi diventarono meno motivati di quanto erano stati l’anno precedente. Nel gruppo con professori addestrati in PNL, la percentuale salì al 13%. Ma l’informazione più interessante non riguardava la relazione tra studenti e professori, bensì quelle tra gli studenti stessi. Molta preoccupazione era stata destata, all’interno della scuola, dal problema della violenza di studenti su altri studenti (bullismo) ed era stato avviato un programma per ridurre il fenomeno. Chiedemmo agli studenti quanto spesso avessero visto uno studente minacciare, colpire o ferire un altro studente durante la settimana appena trascorsa. Il numero di coloro che non erano stati testimoni di simili episodi rimase stabile al 40% nel gruppo di controllo, ma salì al 64% nei gruppi con professori addestrati in PNL. Questo ed altri simili risultati supportarono Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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fortemente la nostra teoria che gli studenti avrebbero modellato le abilità per una più efficace comunicazione dai loro professori. Lo stesso corso basato sulla PNL viene somministrato ai dirigenti della Bank of New Zealand, a coppie, genitori, professionisti della salute, sacerdoti e counselor. In tutti questi casi gli effetti di riverbero si allargano ai “clienti” di queste categorie. Cambiare le relazioni cambia il loro mondo psicologico. Cambiare le dinamiche interpersonali: case study Sally ed Andrew vennero a consultarmi a causa dei continui conflitti nel loro matrimonio. Guardando il soffitto, Andrew spiegò: “Una delle cose che vedo circa la nostra relazione è la mancanza di attenzione nei miei confronti. A volte torno a casa e la cucina è un totale caos… le cose che avevo messo in ordine in ingresso sono sparpagliate sul pavimento. A volte sembra che lei non si spazzoli nemmeno capelli!”. Sally sospirò e guardò in basso, verso il pavimento. “Beh, quando arrivi a casa sei sempre così di fretta, comunque. Sento che non abbiamo un contatto. E suppongo che sia vero che lascio le cose in giro. Investo le mie energie nell’assicurarmi che la casa dia una sensazione di comodità ai bambini… e a noi, così credo di non essere consapevole di dove siano le cose tanto quanto lo sei tu. Ma comunque ho la sensazione che tu in ogni caso non voglia realmente essere là con noi.” Fin dall’inizio potevo sentire dai loro discorsi che queste due persone si amavano, ma non parlavano la stessa lingua. In termini di PNL, Sally si concentrava sulle informazioni cinestesiche per verificare se Andrew l’amasse; Andrew, invece, si basava sui segnali visivi. Erano sintonizzati su canali diversi. Anche solo ascoltare questa spiegazione fu una profonda rivelazione per entrambi. La mia spiegazione relativa ai sistemi sensoriali era, in termini di PNL, una “ristrutturazione”. Entrambi avevano dato per scontato che il conflitto significasse Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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che l’altro stava sbagliando. C’erano lacrime negli occhi di entrambi quando parlarono di come fossero diversi, e non più di come uno dei due avesse “torto” o “ragione”. Mentre la nostra discussione continuava, ricorsi a diversi schemi linguistici della PNL per guidare Sally ed Andrew nella scoperta del loro stile di relazione, e per modificarlo creando la possibilità di sviluppare i livelli di gratificazione che volevano nel loro rapporto. Di seguito, un altro esempio estratto dallo stesso colloquio: ANDREW (a Sally): Tu semplicemente non vuoi vedere le cose dal mio punto di vista. Ecco cosa vedo! RICHARD: Così, questo è il punto. Posso verificare come specificamente fai a sapere che lei non vuole vederle? ANDREW: Beh, potevo vedere che non mi stava ascoltando quando le dicevo quelle cose. RICHARD: Oh, così hai avuto l’impressione che non ti stesse ascoltando. (A Sally) Lo ascoltavi? SALLY : Certo che ascoltavo. Ho ascoltato ogni singola parola. Tu mi insulti sempre in questo modo. RICHARD: Così, per quanto ti riguarda tu stavi ascoltando. (Ad Andrew) E per quanto ti riguarda, lei non ascoltava. Cosa dovresti vedere per essere sicuro che ti stia ascoltando? ANDREW: Beh, se mi guardasse ovviamente mi starebbe ascoltando. RICHARD (a Sally): Sapevi che questo è ciò di cui lui ha bisogno per sentirsi ascoltato? SALLY: No. RICHARD: Così questo probabilmente è successo molte volte, e quando lui se ne lamentava tu ti sentivi insultata. Non è così? SALLY: Sì. E credo che, una volta che mi sento in questo modo, effettivamente ascolto meno. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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ANDREW: Esattamente. E allora come faccio a sapere se mi ascolti, se non mi guardi nemmeno? RICHARD: È proprio questo che stiamo cercando, non è così? Un modo perché tu possa sapere realmente se ti sta ascoltando. E una soluzione potrebbe essere che lei ti guardi. Un’altra cosa che potrei aggiungere è: ti senti ascoltato da me? ANDREW: Certo. RICHARD: È perché so che una delle cose che sto facendo consiste nel controllare se ho capito quello che mi vuoi far vedere prima di risponderti ogni volta. È come se riflettessi l’immagine che mi trasmetti per vedere se ho ricevuto quella giusta. E questo fornisce ad entrambi feedback per constatare se ti ho capito. I miei commenti qui riportati ricorrono al Meta Modello (per verificare cosa succede specificamente e per mettere in discussione la lettura del pensiero) e al ricalco verbale (ascolto riflessivo/riaffermazione di ciò che è stato detto). Sto anche insegnando esplicitamente le abilità di comunicazione della PNL. Il mio obiettivo non è solo risolvere i loro problemi attuali, ma anche rendere i due capaci sia di risolvere sfide future, sia di creare una relazione più collaborativa. Mentre insegno, tuttavia, utilizzo le nostre interazioni come un modello di quello che sto raccomandando loro di fare. Sto in effetti contemporaneamente insegnando come risolvere i conflitti. In questo caso il conflitto riguarda la maniera di parlare e ascoltare. Identifichiamo un disaccordo su questo punto quando due persone hanno dimostrato diversi modi di reagire. Invece di cercare di scoprire chi ha “ragione” e chi ha “torto”, dirigo la conversazione verso la creazione di soluzioni che soddisferanno gli interessi di entrambi. Lavorare con le coppie è veramente molto gratificante. Durante quattro sessioni di un’ora ciascuna, Andrew e Sally hanno appreso ad usare le distinzioni della PNL per spiegare le loro preferenze e ad usare le abilità comunicative di base per risolvere i conflitti in una maniera soddisfacente per entrambi. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Questa relazione, apparentemente impossibile per entrambi, era, in effetti, ricca di intenzioni positive e di possibilità.
Cambiare le dinamiche interpersonali in altri modelli di psicoterapia Riconoscendo il transfert (la risposta interpersonale del cliente al terapeuta, basata su precedenti relazioni) come proprio contenuto fondante, la psicanalisi confermò il ruolo chiave delle dinamiche interpersonali nel campo del cambiamento umano (Olinick, 1980, p. 198). Al tempo in cui la PNL venne sviluppata, l’importanza delle dinamiche interpersonali in psicoterapia era già largamente riconosciuta e compresa. Si stava perfino sviluppando, seppur in maniera piuttosto confusa, un gergo tecnico condiviso per la psicoterapia interpersonale. Per esempio la parola “gioco” viene usata nella terapia Gestalt per descrivere qualsiasi interazione giocosa strutturata (Levitsky e Perls, 1982, p. 149), mentre la stessa parola viene usata in AT per descrivere certe spiacevoli transazioni di stato dell’ego Bambino-Bambino con inaspettati cambiamenti (Stewart e Joines, 1987, pp. 231-58). Il termine “gioco” rimpiazzò in larga misura parole come “trasfert”, che è evidentemente un termine ad esso correlato. La PNL si è sviluppata in un contesto in cui la terapia aveva luogo soprattutto in situazioni di gruppo. Virginia Satir lavorava usando un modello di psicodramma nella terapia familiare (Satir e Baldwin, 1983); Fritz Perls sosteneva che la terapia individuale fosse obsoleta (Perls, 1969, p. 73); e Carl Rogers affermò che la sua completa attenzione nella terapia centrata sul cliente si era spostata sul lavoro con grosse organizzazioni e gruppi di incontro (Rogers, 1974, p. 7). L’analisi transazionale era per definizione l’analisi delle transazioni tra persone (Stewart e Joines, 1987, pp. 3-4), e Milton Erickson assegnava ai suoi clienti compiti di interazione con altre persone piuttosto che esercizi meramente introspettivi (Walters e Havens, 1994, pp. 173-6). La terapia comportamentale si concentrava sul modellaInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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mento e sul rinforzo sociale (Krumboltz e Thoreson, 1976, pp. 224), e la terapia junghiana esplorava l’interazione tra persone appartenenti a diversi tipi psicologici e l’importanza del “lato oscuro” nelle relazioni sociali (Whitmont, 1991, pp. 138-55; p. 168). Wilhelm Reich, principale iniziatore del campo della terapia del corpo, sostenne addirittura che la causa di tutte le nevrosi fosse la repressione sessuale imposta dalle società gerarchicamente organizzate, e vedeva se stesso come un rivoluzionario sociale (Reich, 1971). In qualche modo, ciascuna forma di terapia ha scoperto una maniera per riconoscere l’importanza delle relazioni per la salute e la guarigione.
Cambiare il contesto fisiologico * La maggior parte dei processi di cambiamento nella PNL richiede relativamente pochi effettivi movimenti del corpo per la propria attuazione. Tuttavia la PNL impiega tecniche psicodrammatiche per creare “ancore spaziali” (v. Grinder e Bandler, 1976, p. 67) e ha sempre riconosciuto l’importanza della fisiologia (movimenti del corpo e postura) nel determinare gli stati mentali ed altri risultati psicologici (O’Connor e Seymour, 1990, pp. 63-5). Nelle prime fasi dello sviluppo della PNL, John Grinder presentò un processo di cambiamento, definito a volte “editing” e a volte “pulizia dei circuiti”, basato sull’idea di elaborare un problema psicologico mentre si è impegnati in un compito fisico che richiede movimenti bilaterali; un esempio da lui descritto consisteva nell’uso di esercizi da giocoliere (v. DeLozier e Grinder, 1987, pp. 162-3; 247-8; 371-2). Steve e Connirae Andreas insegnavano questo processo come la “tecnica delle dita in PNL” e
* In questo volume, se non diversamente specificato come nel caso di "fisiologia della visione", si intenderanno "fisiologici" e "relativi alla fisiologia" tutti i movimenti e i fenomeni che riguardano la postura, la gestualità, la mimica e le posizioni corporee.
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poi come “Eye Movement Integrator” (Andreas, 1992, pp. 9-10). In questo esercizio si fa seguire ai clienti il dito del professionista che si muove di fronte ai loro occhi, da un lato all’altro, su e giù e da un angolo all’altro, mentre essi mantengono in mente il problema che vogliono risolvere. Al di fuori del campo ufficiale della PNL, la dottoressa Francine Shapiro ha sviluppato una variante dell’Eye Movement Integrator chiamata EMDR (Eye Movement Desensitisation and Reprocessing – desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari). Un vasto corpo di r icerche ha supportato l’uso di questo metodo, specialmente per i PTSD (Shapiro, 1995, pp. 328-41). In questi studi, l’EMDR riesce ad ottenere risultati di gran lunga migliori del training autogeno, del biofeedback, del counseling tradizionale, della desensibilizzazione sistematica e di altri programmi di trattamento dei pazienti. Il modo della Shapiro di spiegare questo successo, l’elaborazione accelerata di informazioni, è essenzialmente lo stesso che è stato presentato nel capitolo precedente (Shapiro, 1995, pp. 28-54). La studiosa suggerisce che mantenendo “il ricordo da trattare” nello spettro dell’attenzione conscia, la persona attiva la rete neurale dove esso è archiviato. Il movimento rapido degli occhi attiva poi il normale sistema di elaborazione delle informazioni della persona e muta quindi l’organizzazione delle informazioni fino ad ottenere il contatto con la rete neurale dove vengono archiviate le nuove risorse. Shapiro nota che, come altre tecniche di PNL, l’EMDR porta al cambiamento di convinzioni, risposte emozionali e submodalità nei ricordi di eventi significativi per la persona (es.: vedere l’immagine ricordata di un aggressore ridursi di dimensioni). Anche se Francine Shapiro riconosce i propri legami con le terapie ericksoniana e cognitivo-comportamentale, non vede il modello EMDR come un pr ocesso di PNL. Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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Il dottor Roger Callahan è uno psicologo formatosi in PNL, agopuntura e kinesiologia applicata. Basandosi su intuizioni in questi tre campi ha sviluppato la Thought Field Therapy (TFT) (Callahan, 2001), un altro modello di cura rapida basato sul tenere a mente la situazione problematica mentre si attua un intervento di carattere fisiologico. Nel caso della TFT, il terapeuta applica una pressione con le dita su certi punti dell’agopuntura sulla testa, sul dorso della mano e sul torace della persona. A volte queste pressioni vengono applicate in concomitanza con movimenti oculari simili a quelli dell’EMDR o della PNL. Callahan fa anche ripetere ai clienti alcune affermazioni a se stessi mentre vengono loro applicate le procedure TFT. Degli algoritmi prevedono una specifica sequenza per ciascun tipo di problema emozionale. La Thought Field Therapy è basata su un modello energetico del corpo umano piuttosto vicino a quello dell’agopuntura tradizionale. Studi presso la Florida State University hanno confrontato l’EMDR, la TFT e la cura delle fobie in PNL, nel trattamento di fobie e PTSD. Tutte e tre le forme terapeutiche si sono rivelate efficaci; la TFT ha prodotto i benefici più rapidi e intensi, stando l’autovalutazione soggettiva dei clienti (Callahan, 2001, p. 42). Cambiare il contesto fisiologico: case study In una dimostrazione videoregistrata alla Conferenza sulla terapia breve del 1993 della Fondazione Milton Er ickson, Steve Andreas lavora con J., un reduce dal Vietnam che soffre di PTSD da 24 anni. Steve usa la sua versione dell’Eye Movement Integrator della PNL. All’inizio della sessione Steve chiede a J. di portare il suo livello di malessere al 100%; questo significa: esperienze di battito cardiaco accelerato, sensazioni di tensione fisica e immagini ricordate del Vietnam. Fissato questo parametro massimo, J. Deve descrivere qualsiasi cambiamento, sia in peggio che in meglio, in termini di Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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percentuale. Steve spiega che probabilmente la qualità delle sensazioni cambierà, e che anche i ricordi di J. muteranno durante la sessione. Dopo circa dieci minuti, J. scopre di essere in grado di richiamare l’intera scena della guerra che così tanto lo disturba (prima riusciva a vedere solo dei flash-back dell’inizio della scena). A questo punto misura il proprio malessere ad un livello del 150% – più alto di quando avevano iniziato – e le sue mani sudano copiosamente. Dopo altri cinque minuti anche questa scena diventa gestibile e il malessere scende al 60%. Presto J. nota che la “scena” mentale originaria si è spostata in avanti ad alcuni metri di distanza da lui e che la percentuale scende al 20/30%. Solo alcuni rumori del ricordo denotano ancora un certo potenziale di disturbo. Infine, J. Dice: “Sento che dovrei essere nervoso…ma non lo sono!”. Steve chiede: “È possibile far tornare quelle immagini?”. J. dice che, anche se può ancora vedere alcune delle immagini, queste non gli suscitano più nessuna delle sensazioni che erano solite causare, e in effetti è perfino in grado di apprezzare il colore dei “traccianti” sparati nel cielo nella scena. Dopo quaranta minuti l’esperienza che lo aveva ossessionato disturbandolo per un quarto di secolo è scomparsa. J. completa la sessione raccontando al pubblico la storia del conflitto a fuoco che precedentemente lo disturbava e notando quanto ora lo lasci molto calmo. Cambiare il contesto fisiologico in altri modelli di psicoterapia
Anche se non essenziali in quei modelli, processi fisiologici simili erano conosciuti sin dall’inizio della psicoterapia. Infatti la respirazione eseguita alternando la narice destra e quella sinistra usata nello yoga (Rossi, 1986, pp. 121-4), è una forma di “editing” simile agli esercizi da giocoliere o ai movimenti oculari integrativi. Sigmund Freud parla di una Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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tecnica in cui applica una pressione sulla fronte del cliente e la mantiene mentre chiede alla persona cosa l e viene in mente (Freud e Breuer, 1974, pp. 354-63). Immagini, intuizioni e cambiamenti spesso fluivano nella mente della persona mentre Freud seguiva questa procedura. Nella storia della terapia ci si è imbattuti ripetutamente in processi simili, spesso quasi per caso. Alexander Lowen (Lowen e Lowen, 1977, pp. 96-7) descrive il processo dei movimenti oculari integrativi come un esercizio bioenergetico (muovendo gli occhi da un lato all’altro, su e giù e in cerchio) circa un decennio prima che la PNL o l’EMDR lo formalizzassero. Molti esercizi bioenergetici sono chiaramente basati su questo principio. Cambiare lo stato semplicemente usando il corpo in modo diverso è di per sé un intervento molto potente. Ciò si rileva particolarmente nei casi di depressione, che causano un rallentamento del movimento corporeo. Thayer (1996, p. 191) cita uno studio in cui a donne depresse venne assegnato il compito di camminare rapidamente per quindici minuti al giorno. Quelle che portarono a termine il compito migliorarono il proprio umore, ma solo il 50% di esse lo fece. Il dottor Robert Holden (1993), che dirige la Laughter Clinic al West Birmingham Health Authority in Inghilterra, cita l’intuizione di William James: “Noi non ridiamo perché siamo felici. Siamo felici perché ridiamo”. Holden cita prove materiali del fatto che ridere alza il livello di immunoglobulina, restituisce energia, abbassa la pressione sanguigna, massaggia il cuore e riduce lo stress (1993, pp. 33-42). Un centinaio di risate al giorno sono l’equivalente di dieci minuti di jogging. D’altro canto la fisiologia offre molti modi diversi di rilassarsi alle persone ansiose: ad esempio si può dimostrare loro come interrompere la contrazione dei vari gruppi muscolari, prestare attenzione all’espirazione piuttosto che all’inspiraInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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zione, respirare dalla narice non dominante (Rossi, 1996, pp. 171-2) e orientarsi veso immagini interne piacevol i. L’obiettivo è insegnare alle persone ad andare in trance da sole, usando ancore sotto il loro control lo. Ernest Rossi sottolinea (Rossi, 1996, pp. 279-313) che i clienti traggono beneficio dal fare ciò più volte al giorno, così da ristabilire un naturale ciclo di riposo ultradiano. Come Rossi, anche noi abbiamo notato che molti clienti ansiosi non avranno più problemi se riusciranno a riposare per dieci minuti ogni novanta, stendendosi sul proprio lato dominante (quindi aprendo la narice non dominante).
Assegnare dei compiti Assegnare dei compiti sposta il fulcro del cambiamento dalla sessione terapeutica alla vita quotidiana del cliente. Ciò significa assegnare alla persona un’attività funzionale dal punto di vista terapeutico da svolgere nella vita quotidiana, tra una sessione terapeutica e l’altra. Potrebbe essere semplice come la “formula del compito della prima sessione” prescritta dalle terapie centrate sulla soluzione, ossia: “Nel periodo che va da ora alla prossima volta in cui ci incontreremo, vorrei che osservassi, in modo da descrivermelo la prossima volta, ciò che accade nella tua (famiglia, vita, matrimonio, relazione) e che vuoi continui ad accadere” (Miller et al., 1996, pp. 256-8). Questo compito richiede che la persona pratichi un nuovo meta-programma (strategia personale): passare in rassegna le esperienze e identificare quelle che si desiderano in quantità maggiore. Le ricerche suggeriscono che i clienti a cui viene assegnato questo compito hanno maggiori probabilità di riferire che i loro problemi stanno diminuendo, e di avere sensazioni positive riguardo all’andamento della terapia. Milton Erickson raggiungeva molti dei sui successi clinici ricorrendo a compiti accuratamente progettati per il cliente. I Internet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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compiti assegnati da Erickson assumevano le forme più svariate e consistevano in: • Compiti che facciano mettere in pratica al cliente una nuova strategia funzionale, che risulti ovviamente utile per il raggiungimento dei suoi obiettivi (per esempio in un processo di counseling relativo ad un matrimonio, potrei dire alla persona: “Devi dire ogni giorno a tua moglie una cosa che apprezzi sinceramente del suo comportamento”). • Compiti che facciano mettere in pratica ai clienti una strategia che affronta il problema fondamentale che il terapeuta sospetta abbia impedito il cambiamento (per esempio, nella stessa situazione di cui sopra, se pensassi che l’uomo non fa complimenti alla compagna perché ha scarsa stima di se stesso, potrei prescrivergli: “Scopri una cosa al giorno che apprezzi di te stesso, e fatti un complimento guardandoti allo specchio e dicendoti quanto apprezzi questa cosa”). • Compiti che facciano mettere in pratica al cliente una funzione ambigua e metaforica (per esempio, nella solita situazione, potrei dire all’uomo: “Acquista una pianta in vaso, e ogni giorno della prossima settimana cambiane la posizione, così potrai apprezzarla guardandola da una nuova prospettiva; considera poi che effetto quest’azione potrebbe avere sulla crescita della pianta e sulla sua bellezza”). • Compiti che prescrivano il problema (per esempio, potrei suggerire alla persona: “Evita ogni osservazione che tua moglie possa intendere come un complimento, con l’eccezione di un commento al giorno; scegli quel commento con cura e assicurati di non dire niente su qualsiasi altro comportamento o qualità di tua moglie che noti e che ti faccia sentire bene”).
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Assegnare dei compiti: case study La storia seguente è tratta dal lavoro di Milton Erickson descritto nel libro di David Gordon e Maribeth Meyers-Anderson Phoenix (1981, pp. 44-6). Essa esemplifica una varietà di compiti. Alcuni anni fa ricevetti una telefonata da Los Angeles da un giovane che mi disse: “Sto lavorando su una nave come marinaio e sono terribilmente preoccupato di essere sul punto di andare in orbita”. Gli risposi che pensavo che non fosse consigliabile continuare a lavorare a bordo di quella nave. Così iniziò a lavorare in una miniera. E scoprì che anche se era due chilometri sottoterra, era ancora ossessionato dalla paura di entrare in orbita. Venne a Phoenix per consultarmi. Non so come avesse avuto il mio nome, o perché mi avesse scelto, ma sapevo per certo che aveva già visto NUMEROSI psichiatri e tutti volevano fargli una terapia shock – la terapia dell’elettroshock – a causa dell’idea fissa che aveva di andare in orbita. Ora, non pensavo che avesse bisogno di una terapia shock. Gli feci trovare un lavoro in un magazzino. E lui continuava ad avere la stessa paura. Questa fissazione era tanto intensa che non sarebbe stato in grado di contare fino a dieci senza fermarsi per assicurarsi di non essere ANCORA in orbita. Aveva il diritto di sudare per via del calore, ma non di sudare così TANTO. Era così terrorizzato all’idea di andare in orbita... Provai a distrarlo chiedendogli di contare i passi mentre camminava e di memorizzare i nomi delle strade, ma quel “sto per andare in orbita, sto per andare in orbita” lo ossessionava… creava un’interferenza. Non riusciva a dormire a sufficienza perché temeva di andare in orbita, e infine realizzai che non avrei potuto fare niente ad eccezione di sedermi con lui e SPIEGARGLI: “Ora, apparentemente il tuo destino è di andare in orbita. Gli astronauti vanno in orbita e c’è sempre una fine all’essere in orbita… ritornano nuovamente sulla terra. E, poiché devi andare in orbita, perché non lo fai UNA VOLTA PER TUTInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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TE??”. Così gli feci prendere delle pillole saline e delle borracce d’acqua e gli dissi di camminare per quattordici ore al giorno in cima alle MONTAGNE dei dintorni, e di tornare alle 10.30 di sera per fare un resoconto del fatto di non essere ancora andato in orbita. Dormì meglio, andando in montagna con una borraccia e camminando per quattordici ore al giorno, e finalmente iniziò a diventare un po’ incerto sul fatto di andare in orbita. Poi sua sorella venne a chiedermi se lui potesse andare in California, dove lei abitava. Disse che suo marito aveva un lavoro, ma non voleva o non poteva sistemare le cose attorno alla casa. Lei aveva una staccionata che richiedeva di essere verniciata, un cancello che aveva bisogno di essere riparato e voleva far costruire degli scaffali; dissi dunque alla donna che lui sarebbe potuto andare in California, perché sarebbe stato vicino alle montagne. Portando con sé borraccia e pillole saline, sarebbe potuto andare in cima alle montagne, se avesse avuto l’improvvisa sensazione di essere destinato ad andare in orbita. Qualche mese più tardi l’uomo tornò e disse: “Era un’idea psicotica e illusioria”, e non si r endeva conto di come potesse essere stato così folle, e sentiva che senza il mio contributo sarebbe stato rinchiuso all’ospedale; e decise che, dal momento che non mi aveva pagato per i servizi che gli avevo reso, mi avrebbe regalato un letto ad acqua portatile.
Assegnare dei compiti in altri modelli di terapia Anche se la psicanalisi iniziò come un processo che si svolgeva eminentemente intorno alle sessioni, Freud trovava a volte utile che i clienti studiassero letteratura psicanalitica tra una sessione e l’altra (Freud, 1982, p. 12). La concentrazione sull’analisi dei sogni nel lavoro di Freud, di Jung e di altri terapeuti psicodinamici rende l’esperienza onirica ed il ricordarla un importante compito a casa (Jolande Jacobi in Jung, 1976, pp. 32374). Inizialmente furono i modelli di psicoterapia che supportaInternet: www.pnl.info - Copyright 2008 Alessio Roberti Editore Srl
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