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La grammatica della lingua sanscrita possiede un complesso sistema verbale, un sistema di declinazione dei sostantivi e aggettivi e conosce inoltre un ampio utilizzo di sostantivi composti. Essa fu studiata e codificata da grammatici indiani a partire dal tardo periodo dei veda (ottavo secolo avanti Cristo circa), culminando nella grammatica redatta redatta dal grande grammatico indiano Pāṇini attorno al quarto secolo avanti Cristo.
Indice 1 Tradizi radizione one grammat grammatica icale le 2 Verbi 2.1 Classi Classific ficazi azione one dei verbi verbi 2.2 Sistema Sistema dei temi dei tempi tempi verbali verbali 2.2.1 Sistema Sistema del tema del presen presente te 2.2.2 Sistema Sistema del tema del perfet perfetto to 2.2.3 Sistema Sistema del del tema tema dell'aoristo dell'aoristo 2.2.4 Sistema Sistema del tema del futuro futuro 2.3 2.3 Part Partic icip ipii 2.3.1 2.3.1 Partic Participio ipio pres presente ente 2.3.2 2.3.2 Partic Participi ipi passat passatii attivi attivi 2.3.3 2.3.3 Partic Participi ipi passati passati passivi passivi 2.3.4 2.3.4 Partic Participio ipio perfe perfetto tto 2.3.5 2.3.5 Partic Participio ipio aoristo aoristo 2.3.6 2.3.6 Partic Participio ipio futuro futuro 2.4 2.4 Geru Gerund ndiv ivoo 2.5 Coniug Coniugazi azione one verba verbale le 2.6 Terminazioni erminazioni delle coniugazioni coniugazioni 3 Flessio Flessione ne del del sostanti sostantivo vo 3.1 Declinazion Declinazionee del sostantivo sostantivo e dell'agg dell'aggettivo ettivo 3.1.1 3.1.1 Temi emi in A3.1.2 3.1.2 Temi emi in I ed ed U 3.1.3 3.1.3 Temi emi in vocale vocale lunga lunga 3.1.4 3.1.4 Temi emi iinn ṛ 3.2 3.2 Nume Numera rali li 4 Pronomi Pronomi persona personali li e determinativi determinativi samāsa) 5 Termini ermini compos composti ti ( samāsa 5.1 5.1 Amre Amreḍi ḍita ta 5.2 5.2 Avyayi vyayibhā bhāva va 5.3 Tatpuruṣa atpuruṣa (composti (composti determinativ determinativi) i) 5.4 Karmadhāra Karmadhāraya ya (composti (composti descrittivi) descrittivi) 5.5 Dvigu igu 5.6 Dvandva Dvandva (compo (composti sti coordin coordinativi) ativi) 5.7 Bahuvrīhi Bahuvrīhi (compo (composti sti esocen esocentrici) trici) 5.8 Madhyama-p Madhyama-pada-l ada-lopī-sam opī-samāsa āsa 5.9 Upapad Upapada-s a-sam amāsa āsa 5.10 5.10 AlukAluk-sa samā māsa sa 6 Sint Sintas assi si 7 Bibli Bibliog ogra rafi fiaa 8 Voci correl correlate ate 9 Colleg Collegame amenti nti estern esternii 10 Rife Riferi rime ment ntii
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Tradizione grammaticale La tradizione grammaticale del sanscrito (vyākarana, una delle sei discipline del cosiddetto Vedāṅga) iniziò nel tardo periodo vedico indiano e trovò il proprio punto di massima espressione intellettuale con la codificazione grammaticale dell'Aṣṭādhyāyī da parte del grammatico Pānini, un'opera consistente di 3990 aforismi. L'autore sanscrito Kātyāyana compose i Vārtikas (le spiegazioni) di Pānini. Patañjali, vissuto tre secoli dopo Pānini, scrisse il Mahābhāshya, il "Grande Commentario" sull'Aṣṭādhyāyī e sui Vārtikas. È grazie all'opera di questi tre antichi grammatici del sanscrito che la tradizione grammaticale di questa lingua in tale epoca prende il nome di Trimuni Vyākarana o "Grammatica dei tre saggi". In ultimo, al fine di spiegare ulteriormente il significato dei suddetti sutras, gli autori Jayaditya e Vāmana scrissero nel sesto secolo dopo Cristo il commentario Kāsikā. La grammatica pāniniana trova uno dei propri fondamenti nei cosiddetti 14 Shiva sutras o Maheshvara Sutras. Essi espongono sinteticamente l'organizzazione dei fonemi della lingua sanscrita. Degna di nota per lo sviluppo della riflessione grammaticale sulla lingua sanscrita fu nel dodicesimo secolo l'opera del grammatico Kaiyata che scrisse un commentario al Mahābhāshya di Patañjali. Maggiormente influente fu il Rupāvatāra, ad opera di Dharmakīrti, il quale divulgò versioni più semplici della grammatica sanscrita. Durante il diciassettesimo secolo l'opera di grammatica sanscrita più importante fu il Siddhānta Kaumudi di Bhattoji Dīkshita, assieme alla quale esistono versioni derivate ad opera del grammatico Varadarāja. Lo studio del sanscrito da parte di studiosi europei comincia nel diciottesimo secolo con Jean François Pons ed altri studiosi minori. Bisognerà attendere il diciannovesimo secolo per opere esaustive. Fra i più importanti studiosi europei del periodo ci sono Otto Boehtlingk, William Dwight Whitney e Jacob Wackernagel. Tradizionalmente il sanscrito utilizza la scrittura devanagari:
अ आ इ ई उ ऊ ऋ ಎ ए ऐ ಒ ओ औ अं अं अः a ā i ī u ū ṛ e ē ai o ō au aṃ aḥ
क ख ग घ ङ च छ ज झ ञ ka kha ga gha ṅa ca cha ja jha ña
ट ठ ड ढ ण त थ द ध न ṭa ṭha ḍa ḍha ṇa ta tha da dha na
प फ ब भ म য ழ ಳ റ ன pa pha ba bha ma ẏa ḻa ḷa ṟa ṉa
य र ल व श ष स ह ya ra la va śa ṣa sa ha
Verbi Classificazione dei verbi Il sanscrito ha dieci classi verbali suddivise ulteriormente in due grandi categorie: i verbi tematici e atematici. Il primo gruppo aggiunge una a tra il tema e la desinenza, rendendo così i verbi più stabili; il secondo gruppo non aggiunge vocale tematica. Nel sanscrito vedico, oltre alle dieci classi verbali, ce n'è una in più: si chiama il Lata, da िलात lāti, traducibile in italiano con prendere, ricevere o attribuire. L'elemento base di un verbo sanscrito è la radice, alla cui base possono essere aggiunti altri elementi grammaticali che danno sfumature precise e particolari, come prefissi, suffissi, infissi, raddoppiamenti, etc... Molti termini sanscriti possono essere fatti risalire a una precisa radice verbale o a varie radici di uno stesso campo semantico. Questo fenomeno, sebbene più limitatamente, si presenta in molte altre lingue; in sanscrito, tuttavia, un'antica tradizione di codificazione grammaticale e riflessione filosofica sul linguaggio hanno consentito la circoscrizione di determinate aree di significato facendole discendere da un'unica radice vocalico-consonantica. Il sanscrito è in grado di fornire termini semanticamente analizzabili
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suddividendoli in fonemi portatori ciascuno di un particolare significato; il processo di formazione di una parola sanscrita tende alla regolarità e alla trasparenza, ed è peculiarità di questa lingua. Una parte significativa delle radici verbali sanscrite trova riscontro anche in altre lingue della famiglia indo-europea; ciò ha consentito uno studio comparato di molti termini presenti nelle diverse lingue, consentendo una ricostruzione del significato originario di alcuni suoni primitivi che poi hanno, per estensione e astrazione, generato altri termini con significato sempre più apparentemente distante. Alcuni esempi: la radice semantica tṝ , composta dal suono t dentale "t" e dalla r vocalica lunga "ṛ" (il sanscrito considera foneticamente la r anche con valore vocalico) è connessa al senso primario di passare attraverso, ma anche attraversare, raggiungere uno scopo, superare. La presenza di questo composto è rintracciabile anche in italiano, passando per il prefisso latino trans, al di là di, attraverso: per esempio at traversare (andare oltre), trasportare (portare attraverso), tramontare (andare oltre i monti). Il prefisso latino inter (in sanscrito antar ) significa "dentro, in mezzo", nel quale in indica l'intero e ter , da tr , lo stare in centro, in mezzo; per esempio internazionale (tra le nazioni), inter personale (tra le persone). Di seguito un esempio di verbo coniugato: si tratta della radice vad , che significa parlare, dire, coniugata nella sesta classe, ovvero all'indicativo presente, al singolare: Singolare Composizione Traduzione
1a vadami
vad-a-mi
io parlo
2a vadasi
vad-a-si
tu parli
3a vadati
vad-a-ti
egli parla
Sistema dei temi dei tempi verbali I tempi verbali del sanscrito sono organizzati in quattro sistemi basati sulle differenti forme del tema verbale utilizzate nella coniugazione del verbo stesso. I quattro sistemi dei temi dei tempi verbali sono i seguenti: Il presente, da cui si ricavano il presente e imperfetto indicativo, l'imperativo e l'ottativo, indica l'azione continuata; Il perfetto, da cui si ricavano perfetto e piuccheperfetto indicativo, e participio passato, indica l'azione compiuta; L'aoristo, da cui si ricavano aoristo indicativo, l'ottativo precativo e l'ingiuntivo, indica l'azione puntuale; Il futuro, da cui si ricavano futuro indicativo, condizionale e participio futuro, posiziona l'azione nel futuro. Sistema del tema del presente
Il tema del presente ci permette di ricavare il presente e l'imperfettivo indicativo, l'imperativo, l'ottativo e alcune antiche forme di congiuntivo. Il sistema del tema del presente può essere formato in vari modi, come i seguenti punti mostrano: Prima classe: utilizzo del suffisso della vocale tematica a con un rafforzamento apofonico finale; per esempio bháva, da bhū, essere. Seconda classe: nessuna modificazione; per esempio ad , da ad , mangiare; Terza classe: raddoppiamento premesso attraverso un prefisso alla radice verbale; per esempio juhu, da hu, sacrificare; Quarta classe: utilizzo del suffisso ya, per esempio dīvya, da div, "giocare Quinta classe: utilizzo del suffisso nu (guna, ovvero grado zero di no), per esempio sunu, da su, estrarre. Sesta classe: utilizzo del suffisso in vocale a con conseguente spostamento dell'accento su quest'ultima vocale, per esempio tudá, da tud , colpire, spingere. Settima classe: utilizzo dell'infisso na o n prima della consonante finale della radice (con gli opportuni cambiamenti dovuti alle regole del sandhi), per esempio rundh o runadh, da rudh, ostruire, bloccare. Ottava classe: utilizzo del suffisso u (guna, o grado zero, di o), ad esempio tanu, da tan, distendere. Nona classe: utilizzo del suffisso nā, ad esempio krīna o krīnī , da krī , ottenere, comprare. Decima classe: si forma con l'allungamento dell'ultima vocale del tema, l'aggiunta del suffisso ya e rafforzamento finale dato dall'aggiunta di un ulteriore suffisso; per esempio bhāvaya, da bhū, essere. (!) Oggigiorno, l'ottava classe è considerata come una sottoclasse della quinta. (!) La prima, la quarta e la sesta classe sono per i verbi tematici, le altre per i verbi atematici Sistema del tema del perfetto
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Il perfetto ci permette di ricavare perfetto e piuccheperfetto indicativo, e participio passato. Il sistema del perfetto possiede forme deboli e forti del verbo: la seconda è utilizzata con i verbi al singolare in forma attiva, la prima per tutte le altre forme. Sistema del tema dell'aoristo
aoristo indicativo, l'ottativo precativo e l'ingiuntivo Il sistema dell'aoristo include l'aoristo propriamente detto (con aspetto puntuale, il nostro passato remoto; es. abhūh, tu fosti) e alcune forme di una più antica forma di ottativo precativo e di ingiuntivo, utilizzato quasi esclusivamente con il prefisso "mā" nelle proibizioni, ad esempio mā bhūh, non essere!. Il sistema dell'aoristo conosce le tre seguenti diverse forme: L'aoristo radicale è formato direttamente dal tema della radice con l'aumento temporale, e le desinenze secondarie: es. (bhū- : a-bhū-t , egli fu). L'aoristo tematico comporta l'inserimento della vocale tematica a nel tema. L'aoristo sigmatico è formato per mezzo di un suffisso sibilante in "s" applicato al tema verbale. Sistema del tema del futuro
Il sistema del futuro è formato tramite l'uso del suffisso sya oppure iṣya (nel quadratino vi è una s con un puntino sotto: suono semi-retroflesso) più un cambiamento apofonico. Esso include il condizionale, formato dal tema del futuro. Il condizionale si riferisce ad azioni ipotetiche e trova un uso sporadico nel sanscrito classico. Come forma, il condizionale è una sorta di "imperfetto" costruito sul tema del futuro: infatti, si costruisce premettendo l'aumento temporale al tema del futuro e utilizzando le desinenze secondarie. es: kr "fare" (quinta classe), futuro "kariṣyami" farò, condizionale "akariṣyam" farei tap "riparare" (prima classe), futuro "tapsyami" riparerò, condizionale "atapsyam" riparerei
Participi Il sanscrito conosce un uso molto esteso dei participi. I participi passati vengono formati direttamente dalle radici verbali di molti verbi, ad eccezione dei verbi della decima classe, la cui forma viene presa dal tema del presente. Tutti i participi, tranne il presente, hanno un senso perfettivo, ovvero indicano l'azione compiuta, conclusa e possono liberamente sostituire le forme finite dei verbi coniugati al passato. Participio presente
Il participio presente è formato dal tema del presente ed è formato in modo differente a seconda che il verbo sia classificato come parasmaipada (diatesi attiva) o ãtmanepada (diatesi media). Il participio presente non può sostituire un verbo in forma finita. Il participio presente possiede un senso imperfettivo indicando un'azione colta nel suo svolgersi. Participi passati attivi
Sono formati in modo regolare tramite il suffisso -vant applicato al participio passato passivo. Modificano il soggetto del verbo dal quale sono formati. Participi passati passivi
Il participio passato passivo (ktãnta) è formato postponendo la sillaba -ta alla radice del verbo, in certi casi preceduta dalla vocale -i-. Per diversi verbi anche la radice stessa viene modificata. Ad esempio, la radice vac, parlare, dà origine al participio passato ukta. Participio perfetto
Il participio perfetto è un participio passato di senso attivo ed è raramente utilizzato nel sanscrito classico. Participio aoristo
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Il participio aoristo, usato nel sanscrito vedico, fu perso nel sanscrito classico. Participio futuro
Il participio futuro viene formato a partire dal tema del futuro nello stesso modo in cui il participio presente è formato dal tema del presente. Il participio futuro descrive un'azione non ancora successa ma che potrebbe accadere in un futuro ipotetico.
Gerundivo Il gerundivo (da non confondere con il gerundio) può essere pensato come un participio prescrittivo passivo futuro indicante il fatto che la parola modificata dovrebbe essere oggetto dell'azione da parte del participio. Il suo significato è simile al gerundivo latino, ovvero esprime l'idea di "dovere", o "necessità". Esempio: il latino "liber legendus" si tradurrà come "il libro da leggere", "il libro che deve essere letto". Si ottiene in sanscrito usando la radice con grado guṇa o vṛddhi più il suffisso -ya- , -tavya-, -itavya-, -anīya-; -tavya- e -anīya- si attaccano alla radice guṇata, mentre -ya- a radici vṛddhate, guṇate oppure deboli; alcune radici in vocale aggiunguno -tya-, ma solo nelle forme cosiddette deboli. Esempi: dalla radice kṛ (fare, produrre) si ottiene kartavya-, karaṇīya-, kārya-, kṛtya-, da farsi, da compiere. Dṛś- (vedere) dṛśya, da vedersi, degno di essere visto, che deve essere visto; ji- (vincere) jetavya oppure jeya-, destinato ad essere vinto.
Coniugazione verbale Ogni verbo possiede una voce grammaticale di senso attivo (diatesi attiva), una di senso passivo (diatesi passiva) ed una di senso medio (diatesi media). Il medio può essere inteso come un'azione che un soggetto compie per se stesso dando un'idea di riflessività. Senso attivo: il giocatore (soggetto) sistema (verbo in forma attiva) il pallone (oggetto) per battere la punizione. Senso passivo: il pallone (soggetto) viene sistemato (verbo in forma passiva) dal giocatore (agente) per battere la punizione. Senso medio: il giocatore (soggetto) si aggiusta (verbo in forma media) il pallone (oggetto) per battere la punizione. Esiste inoltre una voce impersonale che può essere descritta come una voce passiva dei verbi intransitivi. Il verbo sanscrito ha un modo indicativo, un ottativo e un imperativo. Anticamente era presente anche un modo congiuntivo caduto tuttavia in disuso con l'avvento del sanscrito classico. La tabella che segue è un prospetto parziale delle principali forme verbali che possono essere create a partire da una singola radice del verbo. Non tutte le radici prendono tutte le forme; alcune radici spesso sono limitate ad alcuni temi verbali. Le forme verbali della tabella sono tutte in terza persona singolare e possono essere coniugate in tre persone e tre numeri: singolare, duale e plurale. Radice: bhū (essere, diventare, essere in divenire), radice verbale della prima classe tematica. Tema del presente: bhavaTema passivo: bhūya- Tema del futuro: bhavishya-
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Primario
desidera essere
abhavat abhavata
abhāvayat abhāvayata
abubhū ṣat
Imperativo
bhavatu bhavatām
bhāvayatu bhāvayatām
bubhū ṣatu
bhavet bhaveta
bhāvayet bhāvayeta
Participio Presente
bhavant bhāvayant bhavamāna bhāvayamāna
Presente
bhūyate
bubhū ṣet
bhāvyate
bubhū ṣyate
Imperfetto abhũyata
abhāvyata
abubhū ṣyata
Imperativo bhũyatām
bhāvyatām
bubhū ṣyatām
Ottativo bhũyeta
bhāvyeta
Futuro
bhavi ṣyati
abobhot abobhūyata
bobhotu / bobhavītu bobhūyatām
bobhavyāt bobhūyeta
bobhavant bobhūyamāna
bubhū ṣyeta
Participio bhūyamāna bhāvyamāna Passato
Tema Futuro
bubhūṣant
Intensivo bobhoti / bobhavīti bobhūyate egli continua ad essere
bubhū ṣati egli
Imperfetto
Ottativo
Passivo
Desiderativo
bhavati egli bhāvayati egli fa è essere bhavate bhāvayate
Presente
Tema presente
Causativo
bubhūṣyamāṇa
bhāvayi ṣyati
bubhū ṣi ṣyati
bhāvayiṣyate
Condizionale abhavi ṣyat abhāvayi ṣyat
abubhūṣiṣyat
Participio bhāvayi ṣyant bubhūṣiṣyant bhavi ṣyant Futuro bhāvayiṣyamāṇa Futuro Perifrastico
Perfetto
bhavitā
bhāvayitā
babhūva
bhāvayām āsa
bubhū ṣitā
bubhū ṣām āsa
Aoristo abhūt Aoristo
Precativo bhūyāt Ingiuntivo
(mā) bhūt
Causativo
bhāvayati
Desiderativo
bubhū ṣati bibhāvayi ṣati
Intensivo
Participio Passato Gerundivo
bobhavīti
bhūta bhūtavant
bhāvita bhāvitavant
bubhūṣita bubhūṣitavant
bhavya, bhāvayitavya bhavitavya
Tenendo conto del fatto che ciascuna forma di participio è declinata in sette casi nominali, tre numeri e tre generi e ciascun verbo è coniugato anch'esso in tre persone, tre numeri, e poi in temi di forma primaria, causativa e desiderativa per questa radice quando considerati assieme i participi hanno oltre un migliaio di forme. Esempio di coniugazione atematica: Radice: dviṣ-, dvéṣ- (odiare)
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Indicativo Attivo Singolare Prima persona dvéṣmi Presente
Duale
Plurale
Singolare
Duale
Plurale
dviṣvás
dviṣmás
dviṣé
dviṣváhe
dviṣmáhe
dvékṣi
dviṣṭhás
dviṣṭhá
dvikṣé
dviṣā ́the
dviḍḍhvé
dvéṣṭi egli odia
dviṣṭás loro due odiano
dviṣánti essi odiano
dviṣṭé
dviṣā ́te
dviṣáte
ádviṣva
ádviṣma
ádviṣi
ádviṣvahi
ádviṣmahi
ádveṭ
ádviṣṭam
ádvisṭa
ádviṣṭhās ádviṣāthām ádviḍḍhvam
Terza persona ádveṭ
ádviṣṭām
ádviṣan
ádviṣṭa
Seconda persona Terza persona
Prima persona ádveṣam Imperfetto
Medio
Seconda persona
ádviṣātām ádviṣata
Ottativo Attivo Singolare Prima persona dviṣyā ́m Seconda persona dviṣyā ́s Terza persona dviṣyā ́t
Duale
Medio Plurale Singolare
Duale
dviṣyā ́va dviṣyā ́ma dviṣīyá dviṣīvahi dviṣīmahi dviṣyā ́tam dviṣyā ́ta dviṣīthās dviṣīyāthām dviṣīdhvam dviṣyā ́tām dviṣyus dviṣīta dviṣīyātām dviṣīran Imperativo Attivo
Medio
Singolare Duale Plurale Singolare
Duale
Prima persona dvéṣāṇi Seconda persona dviḍḍhí Terza persona dvéṣṭu
Plurale
Plurale
dvéṣāva dvéṣāma dvéṣāi
dvéṣāvahāi dvéṣāmahāi
dviṣṭám dviṣṭá
dviṣāthām dviḍḍhvám
dvikṣvá
dviṣṭā ́m dviṣántu dviṣṭā ́m
dviṣā ́tām
dviṣátām
Terminazioni delle coniugazioni Le terminazioni delle coniugazioni in sanscrito esprimono la persona, il numero e la voce. Le differenti forme delle terminazioni vengono usate in relazione a quale tempo e modo verbale sono attribuite. I temi verbali o le stesse terminazioni possono essere modificate o in qualche modo oscurate dalle regole del sandhi.
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Attiva
Media
Persona Singolare Duale Plurale Singolare Duale Primaria
Secondaria
Perfetto
Imperativo
Plurale
1
mi
vás
más
é
váhe
máhe
2
si
thás
thá
sé
dhvé
3
ti
tás
ánti, áti té
ā ́the ā ́te
ánte, áte
1
am
vá
má
í, á
váhi
máhi
2
s
tám
tá
3
t
án, ús
1
a
tā ́m vá
thā ́s tá
má
é
ā ́thām dhvám ā ́tām ánta, áta, rán váhe máhe
2
tha
áthus á
sé
3
a
átus
ús
é
1
āni
āva
āma
āi
2
dhí, hí, — tám
tá
svá
3
tu
ántu, átu tā ́m
tā ́m
ā ́the dhvé ā ́te ré āvahāi āmahāi ā ́thām dhvám ā ́tām ántām, átām
Le terminazioni primarie sono utilizzate con il presente indicativo e le forme del futuro. Le terminazioni secondarie sono usate con l'imperfetto, il condizionale, l'aoristo e l'ottativo. Le terminazioni del perfetto e dell'imperativo vengono usate rispettivamente con il perfetto e l'imperativo.
Flessione del sostantivo Il sanscrito è una lingua flessiva e per quanto riguarda il genere grammaticale distingue in femminile, maschile e neutro e suddivide in tre numeri (singolare, duale e plurale). Possiede otto casi: nominativo, vocativo, accusativo, strumentale, dativo, ablativo, genitivo e locativo. Il numero effettivo delle declinazioni è oggetto di dibattito. Pānini identifica sei cosiddetti kārakas corrispondenti ai casi nominativo, accusativo, dativo, strumentale, locativo e ablativo. Pānini stesso nella sua opera Ashtādhyāyi (I.4.24-54) li definisce come segue: 1 Apādāna (letteralmente "prendere il via"): è l'equivalente del caso ablativo, che indica un oggetto stazionario o fermo dal quale il movimento prende il via rispondendo alla domanda implicita "da chi?", "da cosa?", "da dove proviene l'azione espressa dal verbo?" 2 Sampradāna (donazione o cessione): è l'equivalente del caso dativo, che indica il destinatario o il ricevente in un'azione di dono o conferimento di qualcosa in senso concreto o astratto dando risposta alla domanda implicita "a chi?", a cosa?", "verso chi o cosa?". 3 Karaṇa ("strumento"): equivale al caso strumentale e indica il mezzo con cui si compie una determinata azione. 4 Adhikaraṇa ("ubicazione"): è il caso locativo e indica dove si trovi qualcuno o qualcosa rispondendo alla domanda "dove?". 5 Karman ("il fatto/"l'oggetto"): è il caso accusativo rispondente alla domanda implicita "chi è oggetto dell'azione?", "che cosa è oggetto nell'azione?". 6 Kartā (colui che agisce): è il nominativo, il caso che risponde alla domanda implicita "chi compie l'azione?", "cosa compie l'azione?". (On the basis of Scharfe, 1977: 94) I casi possessivo (Sambandha) e vocativo sono assenti nella grammatica redatta da Pānini. In questo articolo sono suddivisi in cinque declinazioni. La declinazione alla quale un nome appartiene è in buona parte determinata dalla forma del sostantivo medesimo.
Declinazione del sostantivo e dell'aggettivo 8
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Nella tabella che segue è dato lo schema fondamentale di utilizzo dei suffissi della declinazione validi per buona parte dei sostantivi e aggettivi. A seconda del genere grammaticale e della terminazione in consonante o vocale della radice non flessa del sostantivo o dell'aggettivo, esistono determinate regole dette del sandhi (armonia eufonica). Tra parentesi le terminazioni dei casi di genere neutro, le altre sono valide per i generi maschile e femminile. Vengono date anche le versioni in scrittura sillabica devanagari e la traslitterazione in IAST. Singolare Nominativo - स् -s ( Karta) (- म् -m)
Duale
Plurale
-औ -au (- ई -ī)
-अस् -as (- इ -i)
Accusativo -अम् -am -औ -au ( Karma) (- म् -m) (- ई -ī)
-अस् -as (- इ -i)
Strumentale ( Karana) -आ -ā
-ाम् -bhyām -ि भस् -bhis
Dativo - ए -e ( Sampradana) Ablativo ( Apadana)
-ाम् -bhyām -स् -bhyas
-अस् -as
-ाम् -bhyām -स् -bhyas
Genitivo ( Sambandha) -अस् -as
-ओस् -os
-आम् -ām
Locativo - इ -i ( Adhikarana)
-ओस् -os
- सु -su
-औ -au (- ई -ī)
-अस् -as (- इ -i)
- स् -s (- -)
Vocativo Temi in A-
I temi in "a"(/ə/ or /aː/) comprendono una vasta classe di sostantivi. Di norma i sostantivi appartenenti a questa classe, con tema non flesso terminante in A breve (/ə/), sono maschili o neutri. I sostantivi terminanti in A lunga (/aː/) sono in massima parte femminili. Gli aggettivi con tema in A prendono il genere maschile e neutro in A breve (/ə/), e quello femminile in A lunga (/aː/). Questa classe è così vasta perché comprende anche il tema in O- del protoindoeuropeo. Maschile (rāma-) Singolare
Duale
Nominativo rā ́mas Accusativo rā ́mam
rā ́māu rā ́māu
Strumentale rā ́mena Dativo rā ́māya
rā ́mābhyām rā ́mābhyām
Ablativo Genitivo Locativo Vocativo
Neutro (āsya- "bocca")
Plurale Singolare
rā ́mās rā ́mān
āsyàm
āsyè
āsyàm
āsyè
rā ́māt rā ́masya
rā ́māis āsyèna rā ́mebhyas āsyā ̀ya rā ́mābhyām rā ́mebhyas āsyā ̀t rā ́mayos rā ́mānām āsyàsya
rā ́me rā ́ma
rā ́mayos rā ́mau
rā ́meṣu rā ́mās
Duale
Femminile (kānta- "adorata")
Plurale Singolare
āsyā ̀ni āsyā ̀ni
Duale
Plurale
kāntā
kānte
kāntās
kāntām
kānte
kāntās
āsyā bhyām āsyāìs kāntayā kāntābhyām kāntābhis ̀ āsyā bhyām āsyèbhyas kāntāyai kāntābhyām kāntābhyās ̀
āsyè
āsyā bhyām āsyèbhyas kāntāyās kāntābhyām kāntābhyās ̀ āsyàyos āsyā ̀nām kāntāyās kāntayos kāntānām āsyàyos āsyèṣu kāntāyām kāntayos kāntāsu
ā ́sya
āsyè
āsyā ̀ni
kānte
kānte
kāntās
Temi in I ed U
9
15
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Temi in IMasc. and Fem. ( gáti- "passo, andatura") Singolare
Duale
Plurale
Nominativo gátis
gátī
gátayas
Accusativo gátim
gátī
gátīs
Strumentale gátyā
gátibhyām
gátibhis
Dativo
gátaye, gátyāi
gátibhyām
gátibhyas
Ablativo
gátes, gátyās
gátibhyām
gátibhyas
Genitivo
gátes, gátyās
gátyos
gátīnām
Locativo
gátāu, gátyām
gátyos
gátiṣu
Vocativo
gáte
gátī
gátayas
Temi in UMasc. and Fem. (śátru- "nemico") Singolare
Duale
Plurale
Neutro (vā ́ ri- "acqua") Singolare
Duale
Plurale
vā ́ri vā ́ri
vā ́riṇī vā ́riṇī
vā ́riṇā vā ́riṇe
vā ́ribhyām vā ́ribhis vā ́ribhyām vā ́ribhyas vā ́ribhyām vā ́ribhyas
vā ́riṇas vā ́riṇas
vā ́rīṇi vā ́rīṇi
vā ́riṇos vā ́riṇos
vā ́riṇām vā ́riṣu
vā ́riṇi vā ́ri, vā ́re vā ́riṇī
vā ́rīṇi
Neutro (mádhu- "miele") Singolare
Duale
Plurale
Nominativo śátrus
śátrū
śátravas
mádhu
mádhunī
mádhūni
Accusativo śátrum
śátrū
śátrūn
mádhu
mádhunī
mádhūni
Strumentale śátruṇā
śátrubhyām śátrubhis
mádhunā mádhubhyām mádhubhis
Dativo
śátrave
śátrubhyām śátrubhyas mádhune mádhubhyām mádhubhyas
Ablativo
śátros
śátrubhyām śátrubhyas mádhunas mádhubhyām mádhubhyas
Genitivo
śátros
śátrvos
śátrūṇām
mádhunas mádhunos
Locativo
śátrāu
śátrvos
śátruṣu
mádhuni mádhunos mádhuṣu
Vocativo
śátro
śátrū
śátravas
mádhu
mádhunī
mádhūnām mádhūni
Temi in vocale lunga Temi in ā ( jā- "progenie") Singolare
Duale
jāú
jā́s
dhī́s
́ Accusativo jām
jāú
jā́s, jás
dhíyam dhíyāu
Dativo
15
Plurale Singolare
Nominativo jāś
Strumentale jā́
10
Duale
Temi in ī (dhī- "pensiero")
jé
jā́ bhyām jā́bhis ́ hyām jā́bhyas jāb
Ablativo jás
́ hyām jā́bhyas jāb
Genitivo jás
jós
Locativo jí
jós
́ u jās
Vocativo jā ́s
jāú
jā́s
Temi in ū (bhū- "terra")
Plurale
dhíyas bhū́s
dhíyāu
dhíyas
bhúvāu
bhúvas
bhúvam bhúvāu
bhúvas
́ dhībhís dhiyā ́ dhībhyām dhiyé,
bhuvé,
dhiyāí
bhuvāí
dhiyás, dhiyāś
́ ām, dhiyás, jān dhiyāś ́ jām
dhiyí, ́ dhiyām dhī́s
́ dhībhyás dhībhyām ́ dhībhyás dhībhyām
dhiyós
bhuvā́
bhuvás, bhuvā́s
bhūbhyā́ m bhūbhís ́ bhūbhyás bhūbhyām ́ bhūbhyás bhūbhyām
́ , bhuvás, dhiyām bhuvós bhuvā́s ́ dhīnām
bhuví,
dhiyós
dhī ṣú
dhiyāu
dhíyas bhū́s
bhuvā́m
bhuvā́m, ́ bhūnām
bhuvós
bhūṣú
bhuvāu
bhúvas
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Temi in ṛ
I temi in ṛ sono prevalentemente derivati della terminazione che indica il concetto di agente come dātṛ "donatore", sebbene includano termini di parentela quali pitṛ́ "padre", mātṛ́ "madre", and svásṛ "sorella". Singolare
Duale
Plurale
Nominativo pitā ́ Accusativo pitáram
pitárāu
pitárah
pitárāu
pitrinṝ́n
Strumentale pitrā ́
pitṛ bhyām pitṛ bhi ́ ́
Dativo
pitré
pitṛ bhyām pitṛ bhyah ́ ́
Ablativo pitúr
pitṛ bhyām pitṛ bhyah ́ ́
Genitivo pitúr
pitrós
Locativo pitári
pitrós
pitṝṇā ́m pitṛ ́ṣu
Vocativo pítar
pitárāu
pitáras
Numerali I numeri da uno a dieci sono: 0 śunya (zero) 1 éka 2 dvá 3 trí 4 catúr 5 pañca 6 ṣáṣ 7 saptá, sápta 8 aṣṭá, áṣṭa 9 náva 10 dáśa I numeri dall'uno al quattro sono declinabili. Éka è declinato come un aggettivo pronominale, ovviamente mancante della forma duale. Dvá appare soltanto in forma duale. Trí e catúr vengono invece declinati in modo irregolare. Tre
Quattro
Maschile Neutro Femminile Maschile Neutro Femminile Nominativo tráyas trīṇ́ i Accusativo trīn
Strumentale tribhís Dativo
tribhyás
Ablativo
tribhyás
trīṇ́ i
tisrás
catvā ́ras catvā ́ri cátasras tisrás catúras catvā ́ri cátasras tisṛ ́bhis catúrbhis catasṛ ́bhis tisṛ ́bhyas catúrbhyas catasṛ ́bhyas tisṛ ́bhyas catúrbhyas catasṛ ́bhyas
Genitivo triyāṇā́m
tisṛṇā́m
́ caturṇām
́ catasṛṇām
Locativo
tisṛ ́ṣu
catúrṣu
catasṛ ́ṣu
triṣú
Pronomi personali e determinativi I pronomi di prima e seconda persona sono in buona misura declinati nello stesso modo. Nota: dove vengono date due forme, la seconda è enclitica e alternativa alla prima. Gli ablativi al singolare e al plurale possono essere estesi tramite la sillaba -tas; in tal modo si ottengono forme come mat o mattas, asmat o asmattas.
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Prima Persona Singolare
Duale
Seconda Persona Plurale
Singolare
Duale
Plurale
Nominativo aham
āvām
vayam
tvam
yuvām
yūyam
Accusativo mām, mā
āvām, nau
asmān, nas
tvām, tvā
yuvām, vām
yuṣmān, vas
Strumentale mayā
āvābhyām
asmābhis
tvayā
yuvābhyām
yuṣmābhis
Dativo
mahyam, me āvābhyām, nau asmabhyam, nas tubhyam, te yuvābhyām, vām yuṣmabhyam, vas
Ablativo
mat
āvābhyām
asmat
tvat
yuvābhyām
yuṣmat
Genitivo
mama, me
āvayos, nau
asmākam, nas
tava, te
yuvayos, vām
yuṣmākam, vas
Locativo
mayi
āvayos
asmāsu
tvayi
yuvayos
yuṣmāsu
Il dimostrativo "ta", declinato sotto, è usato anche come pronome di terza persona. Maschile
Neutro
Femminile
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale Nominativo sás
tāú
Accusativo tám
tāú
Strumentale téna
té
tát
tā ́n tát tā bhyām tāís téna ́ tā bhyām tébhyas tásmāi ́
tā ́ni té tā ́ni tā bhyām tāís ́ tā bhyām tébhyas ́
tā bhyām tébhyam tásyās ́ téṣām tásyās táyos
tā bhyām ́ táyos
tā bhyas ́ tā ́sām
táyos
táyos
tā ́su
Dativo
tásmāi
Ablativo
tásmāt
Genitivo
tásya
tā bhyām tébhyam tásmāt ́ téṣām tásya táyos
Locativo
tásmin
táyos
téṣu
tásmin
té
téṣu
sā ́ tā ́m táyā tásyāi
tásyām
té
tā ́s té tā ́s tā bhyām tā bhis ́ ́ tā bhyām tā bhyas ́ ́
Termini composti (samāsa) Un'altra caratteristica degna di nota della lingua sanscrita, ed in particolare del suo sistema nominale, è l'uso molto comune di parole composte, alcune delle quali possono arrivare ad essere formate da un numero considerevole di termini assemblati fra loro. I termini composti si presentano in diverse modalità di composizione dei termini. Ogni sostantivo o aggettivo si presenta nella sua forma tematica debole con solo l'ultimo elemento del termine composto a ricevere la flessione del caso grammaticale. Alcuni esempi di costruzione di termini composti sono:
Amreḍita Un termine composto consistente nella stessa parola ripetuta due volte, con la peculiarità di avere l'accento sul primo termine del termine composto. [1] (http://findarticles.com/p/articles/mi_go2081/is_200310/ai_n9761222) Gli amreditas vengono utilizzati per esprimere ripetitività; per esempio, da dív ( giorno) si ottiene divé-dive ("giorno dopo giorno", "quotidianamente") e da devá ("Dio") si ottiene deváṃ-devam oppure devó-devas ("Dio dopo Dio").[2] (http://www.utexas.edu/cola/centers/lrc/eieol/vedol-EI-X.html)
Avyayibhāva Il primo membro di questa tipologia di termine composto è indeclinabile; a questo viene aggiunto un secondo termine di norma declinabile, in modo tale da rendere il nuovo termine così composto, a sua volta nel suo complesso indeclinabile. Esempi: yathā+śakti, ecc. Nei termini composti avyayibhāva, il primo membro del termine composto ha un ruolo primario(pūrva-pada-pradhāna) e l'intera parola composta si comporta come un termine indeclinabile a causa della natura grammaticale della prima parte indeclinabile del composto nominale.
Tatpuruṣa (composti determinativi) Diversamente dai composti avyayibhāva, nei composti Tatpuruṣa il ruolo primario è detenuto non dal primo ma dal 12
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secondo membro del termine composto (uttara-pada-pradhāna). Esistono molti tatpuruṣas (uno per ciascun caso nominale, oltre ad alcuni altri). In un tatpuruṣa, il primo componente del termine composto è in una relazione logica con l'altro in un modo altrimenti esprimibile attraverso un consueto caso nominale esistente. Per esempio, un "parafango" in italiano è un composto ablativo, il parafango è infatti un oggetto che para (protegge) DAL fango.
Karmadhāraya (composti descrittivi) È una varietà di Tatpuruṣa considerato separatamente. La relazione tra il primo e l'ultimo membro di un termine composto è di apposizione, attributiva o avverbiale.
Dvigu In un composto karmadhāraya una parte si comporta come aggettivo per l'altra. Se la parte che si comporta come aggettivo è un numero si ha un termine composto dvigu. Il termine "dvigu" stesso è in realtà un termine composto: dvau+gāvau. Nei composti dvigu, la principale è la parte finale, esattamente come nei composti Tatpuruṣa.
Dvandva (composti coordinativi) Questi consistono di due o più temi del sostantivo connessi nel senso attraverso una congiunzione (come nella congiunzione italiana "e"). Esistono due tipologie di costruzione di "dvandva" in sanscrito. La prima è chiamata itaretara dvandva, una parola composta enumerativa il cui significato si riferisce in egual misura a tutti i membri del termine composto. Il termine composto che ne risulta è in numero duale o plurale e prende il genere grammaticale dell'ultimo membro della parola composta. Esempi: Rāma-Lakşmaņau – Rama e Lakshmana, oppure Rāma-Lakşmaņa-Bharata śatrughnāh – Rama, Lakshmana, Bharata e Satrughna. La seconda tipologia è chiamata samāhāra dvandva, una parola composta che ha valore collettivo, il cui significato si riferisce ad una collezione ovvero ad un insieme dei suoi membri costituenti. La parola composta che ne risulta è in numero singolare e sempre di genere neutro. Pāņipādam – "membra", letteralmente mani e piedi, da pāņi = mano e pāda = piede. Secondo alcuni grammatici esiste una terza tipologia di dvandva chiamata ekaśeşa dvandva o composto residuale. Essa prende le forme duale e plurale della sola parte finale del composto, ad esempio: pitarau per "mātā" + "pitā", madre+padre= genitori ("padri", includendo con tale termine duale sia il genitore maschio che quello femmina) In ogni caso secondo altri grammatici lo "ekaśeşa non è affatto un termine composto.
Bahuvrīhi (composti esocentrici) Bahuvrīhi, o letteralmente "molto-riso", indica una persona ricca —qualcuno che possiede molto riso o usando una metafora nota della lingua italiana: qualcuno che ha molto "grano". I composti di tipologia Bahuvrīhi si riferiscono ad un sostantivo composto nel quale non sia dato conoscere il possessore; in altri termini, un nome composto che si riferisce a qualcosa che non è in se stessa parte del termine composto. Ad esempio, "senzatetto" (in italiano nel senso di persona senza fissa dimora). Dal momento che nel termine composto "senza-tetto" non è presente il soggetto che è privo del tetto (esattamente come il termine sanscrito molto-riso non indica una specie di riso ma la natura di chi ne possiede molto) e il termine non indica un tipo di tetto, si può parlare in questo caso di termine composto di tipologia Bahuvrīhi. I termini composti Bahurvrīhis possono spesso essere resi in italiano attraverso un participio presente oppure una forma perifrastica del tipo "(colei/colui che possiede..." per esempio "possidente molto riso", piuttosto che "colei/colui che possiede molto riso".
Madhyama-pada-lopī-samāsa È una varietà di composto Karmadhāraya Tatpuruṣa nel quale la parte mediana o centrale scompare. Esempio: devapūjakaḥ+brāhamaṇaḥ = devabrāhamaṇaḥ; Śrīyukta+Rāmaḥ = Śrīrāmaḥ
Upapada-samāsa Si tratta di una varietà di composto Tatpuruṣa nella quale i sostantivi si fondono con dei verbi come in Kumbham+karoti = kumbhakāraḥ. 13
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Aluk-samāsa Caso nel quale la terminazione non scompare: ātmane+ padam = ātmanepadam.
Sintassi Grazie al complesso sistema di declinazioni l'ordine delle parole nella frase è piuttosto libera nel sanscrito, sebbene sia presente una tendenza ad organizzare la frase sul modello SOV. Esistono inoltre alcune regole sintattiche al fine di ridurre le possibili ambiguità in una qualsiasi proposizione.
Bibliografia A Sanskrit Grammar for Students – A. A. Macdonell – ISBN 81-246-0094-5 Grammatica sanscrita elementare- Traduzione in italiano dell'opera originale "A Sanskrit Grammar for Students" di A. A. Macdonell a cura di G. Bechis - ISBN 88-555-0687-0 Corso di sanscrito - Carlo Della Casa con una introduzione di A. Passi - ISBN 88-400-0700-8 Grammatica sanscrita - Saverio Sani- con comparazione indoeuropea- ISBN 88-814-7361-5 Dizionario sanscrito - sanscrito–italiano, italiano–sanscrito - Tiziana Pontillo - ISBN 88-119-4152-0 Devavāṇīpraveśikā: An Introduction to the Sanskrit Language – Robert P. Goldman – ISBN 0-944613-40-3 Massimo Morroni, Sanscrito semplice. Introduzione allo studio, Roma, Gruppo Editoriale L'Espresso, 2012. - ISBN 978-88-91037-04-6
Voci correlate Devanagari IAST Lingua sanscrita Pāṇini protoindoeuropeo Sanscritizzazione
Collegamenti esterni http://omero.humnet.unipi.it/matdid/68/La%20lingua%20sanscrita.pdf (in italiano in formato pdf) http://warnemyr.com/skrgram/grammar/toc.html (in inglese) http://chitrapurmath.net/sanskrit/step-by-step.htm (in inglese) http://www.scribd.com/doc/10528654/Sanskrit-Grammar (piccola grammatica in forma di libro online in inglese) http://spokensanskrit.de/ (dizionario online inglese sanscrito, sanscrito inglese)
Riferimenti W. D. Whitney, Sanskrit Grammar: Including both the Classical Language and the Older Dialects W. D. Whitney, The Roots, Verb-Forms and Primary Derivatives of the Sanskrit Language (A Supplement to His Sanskrit Grammar) Jacob Wackernagel, Albert Debrunner, Altindische Grammatik , Göttingen. vol. I. phonology [3] (http://books.google.com/books?vid=ISBN1421247127&id=mWaIUMIoUvkC& dq=Altindische) Jacob Wackernagel (1896) vol. II.1. introduction to morphology, nominal composition, Wackernagel (1905) [4] (http://books.google.com /books?vid=ISBN1421247100&id=qql6RRqTAuIC&dq=Altindische) vol. II.2. nominal suffixes, J. Wackernagel and Albert Debrunner (1954) vol. III. nominal inflection, numerals, pronouns, Wackernagel and Debrunner (1930) B. Delbrück, Altindische Tempuslehre (1876) [5] (http://books.google.com/books?vid=ISBN1421246880& id=_-9K_xT8OBAC&dq=Altindische) Topics in Sanskrit morphology and syntax
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Frits Staal, Word order in Sanskrit and Universal Grammar , Foundations of Language, supplementary series 5, Springer (1967), ISBN 978-9027705495.
Estratto da "https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Grammatica_sanscrita&oldid=83452396" Categorie: Sanscrito Grammatiche per lingua | [altre] Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 25 set 2016 alle 13:45. Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo; possono applicarsi condizioni ulteriori. Vedi le Condizioni d'uso per i dettagli. Wikipedia® è un marchio registrato della Wikimedia Foundation, Inc.
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