ROBERTO D’ALOISIO
I SEGRETI DEL TELEMARKETING
Strumenti e Strategie Segrete per un Perfetto Telemarketing 2
Titolo “I SEGRETI DEL TELEMARKETING”
Autore Roberto D’Aloisio
Editore Bruno Editore
Sito internet www.BrunoEditore.it
ATTENZIONE: questo ebook contiene i dati criptati al fine di un riconoscimento in caso di pirateria. Tutti i diritti sono riservati a norma di legge. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con alcun mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Autore e dell’Editore. È espressamente vietato trasmettere ad altri il presente libro, né in formato cartaceo né elettronico, né per denaro né a titolo gratuito. Le strategie riportate in questo libro sono frutto di anni di studi e specializzazioni, quindi non è garantito il raggiungimento dei medesimi risultati di crescita personale o professionale. Il lettore si assume piena responsabilità delle proprie scelte, consapevole dei rischi connessi a qualsiasi forma di esercizio. Il libro ha esclusivamente scopo formativo e non sostituisce alcun tipo di trattamento medico o psicologico. Se sospetti o sei a conoscenza di avere dei problemi o disturbi fisici o psicologici dovrai affidarti a un appropriato trattamento medico. 3
Sommario
Introduzione
pag. 5
Fase 1: Le basi del telemarketing
pag. 10
Fase 2: L’autostima necessaria per questo lavoro
pag. 40
Fase 3: Come utilizzare la comunicazione para-verbale pag. 65 Fase 4: Come utilizzare la comunicazione verbale
pag. 98
Fase 5: Come impostare correttamente il tuo lavoro
pag. 147
Fase 6: Come telefonare usando il metodo ICF
pag. 204
Fase 7: Come gestire le telefonate in entrata
pag. 251
Fase 8: I segreti per riuscire nelle situazioni critiche
pag. 292
Conclusione
pag. 349
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INTRODUZIONE
Chi può dire di non aver mai utilizzato un telefono sul posto di lavoro? Chi di noi in ufficio, indipendentemente dal proprio ruolo, non ha avuto a che fare con tutte le difficoltà del caso, ad esempio per mantenere una partnership o un cliente, per non perderne uno potenziale o per guadagnarne uno nuovo? Spesso però non si raggiungono i risultati sperati... che fare allora?
Se ti trovi a leggere questo ebook è perché questa domanda te la sei posta varie volte, senza trovare la soluzione adatta alla tua mansione lavorativa!
Fai parte sicuramente di quella schiera di centralinisti, impiegati, datori di lavoro e venditori che pur formandosi nel corso della loro carriera, non hanno mai avuto modo di avere le informazioni giuste con un linguaggio fruibile e chiaro. Per questo ho scritto questo libro: per trasferire a TE tutte le mie conoscenze e la mia esperienza sul campo! Credimi: anch’io facevo parte di questa stessa squadra, quindi capisco bene in quali situazioni ci si può 5
trovare sul posto di lavoro se non si ha dimestichezza col telefono e non si ha l’attitudine ad avere una dialettica fluente.
Lascia che ti racconti brevemente come sia stato in grado di acquisire le mie competenze attuali, che mi hanno permesso di scrivere questo ebook. La mia “carriera” di telemarketer è cominciata nel modo più insolito e strano che si possa immaginare: era il 2003 quando ero arruolato nell’esercito e mi assegnarono un ruolo di “servizio”, cioè lavorare nel centralino dell’Accademia militare di Modena.
Era un ruolo veramente difficile perché, oltre a lavorare in un ambiente poco incentivante, il mio compito consisteva nel gestire tutte le telefonate in entrata e di smistarle nel minor tempo possibile.
Non prevedeva quindi sapere fare telefonate in uscita, né tantomeno dovevo convincere qualcuno, ma è stata una scuola formidabile. Finito il servizio militare, trovai lavoro come agente assicurativo e cominciai a sfruttare le mie conoscenze da centralinista: inizialmente non me la cavavo male, ma vennero
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subito fuori le lacune mai curate e cioè coinvolgere un cliente creando empatia, saperlo gestire accrescendo la fidelizzazione ecc.
Decisi così di investire su me stesso perché capii quanto fosse importante saper fare del buon telemarketing (visto che il mio ruolo di agente lo richiedeva), indipendentemente se avessi continuato quel lavoro o se in futuro avessi svolto un’altra professione.
Per più di un anno e mezzo lavorai sodo per acquisire conoscenze in materia, ma più studiavo, più mi rendevo conto che tutto quello che leggevo in merito era poco comprensibile, perché il linguaggio era di stampo puramente universitario.
Inoltre, riguardo a quei pochi manuali che erano abbastanza fruibili, seppure con essi imparavo a fare una telefonata, era altrettanto vero che non avevano nessuna logica di insegnamento, dando per scontato che certe situazioni (in cui la maggior parte dei telemarketer si ritrova), il lettore le conoscesse già. Poi, nell’attuale azienda per cui lavoro, ho conosciuto alcuni formatori
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di PNL, che mi hanno dato una grande mano nel modellare e perfezionare le mie conoscenze. Risultato?
Dopo poco tempo che ho applicato le giuste strategie, i miei risultati sono letteralmente migliorati arrivando, in alcuni periodi, perfino a triplicare quelli precedenti!
Ti ho raccontato questo per farti capire che non si nasce “geni” e che tutti possono diventare degli ottimi professionisti, a patto di metterci impegno e determinazione e avere la possibilità di imparare le giuste strategie da studiare e mettere in pratica da subito. Lo scopo per il quale ho scritto questo ebook è quello infatti di guidarti passo passo attraverso un percorso preciso, strutturato e logico, infatti non ti spiegherò soltanto come diventare “bravo con il telefono”, ma anche:
come ottenere l’autostima per svolgere questo lavoro;
come utilizzare tutte le forme di comunicazione necessarie;
come organizzare al meglio e mantenere in ordine la tua attività;
come essere capace di gestire le situazioni critiche. 8
Non credo di esagerare sostenendo che tu puoi diventare un grande professionista del telefono anche in poco tempo: dipende da te, dall’impegno profuso e da quanto tempo dedicherai nel mettere in pratica le strategie contenute in questo manuale pratico, studiate e modellate per un’attività telefonica vincente. Se sei un agente, prova a immaginare come sarebbe bello se le tue provvigioni aumentassero semplicemente perchè hai messo in pratica queste indicazioni!
Se sei il titolare della tua azienda o un direttore commerciale, pensa quali risultati potrà ottenere la tua forza vendite grazie a queste informazioni! Per non parlare del ritorno d’immagine che avrà la tua azienda, se sei un centralinista e applicherai tutte queste tecniche! Utilizza quindi le indicazioni di questa guida e vedrai che seguendo la logica indicata, assimilando i suoi contenuti e mettendoci il tuo miglior impegno, non solo raggiungerai il tuo obiettivo, ma i tuoi risultati saranno straordinari!
Buona lettura,
Roberto 9
FASE 1: Le basi del telemarketing
Prima di cominciare a studiare questa materia nel suo profondo e impararne tutti i segreti, è giusto dare una definizione approfondita del telemarketing. Spesso infatti, siamo tentati di arrivare subito al nocciolo della questione, senza capire le caratteristiche di un lavoro. Può sembrare secondario tutto questo, ma non lo è affatto: a che serve, ad esempio, saper conversare bene con le persone al telefono, se poi sei un centralinista che non sa per quale motivo la propria azienda ha deciso di puntare su questo strumento potentissimo per aumentare il proprio business? Non avrebbe senso! Quando ho cominciato a fare uso del telefono, infatti, non mi sono subito buttato a capofitto a capire come trovare clienti, ma ho cercato di capire, ad esempio, che vantaggi questo strumento poteva darmi nell’attività di agente. È un atteggiamento fondamentale per capire come orientarti in
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questa complessa materia e partire con i migliori presupposti. Se sai da dove parti infatti, sai anche dove puoi arrivare. Ad esempio io che sono agente di commercio, utilizzo il telemarketing da tempo, perchè mi aiuta a incrementare il mio volume d’affari. Questo manuale però è rivolto non solo a quelle categorie che abitualmente fanno telemarketing, come agenti di commercio, venditori di una rete di commerciale di un’azienda e centralinisti, ma è anche per tutti coloro che hanno visto finora questo strumento solo ad appannaggio delle categorie appena citate. Infatti, a seguito di questa convinzione limitante, molti non prendono
nemmeno
in
considerazione
di
utilizzare
il
telemarketing come “arma” per il proprio business. Tu invece non devi vederla così: questo particolare modo di fare marketing, infatti, va bene per tutti coloro che hanno da offrire un servizio o un prodotto a privati e/o aziende e vogliono usare il telefono come mezzo efficace per vendere! A tal proposito mi ricordo un aneddoto accaduto alla fine del 2006. Un giorno discutevo con mio zio su come gestire la sua
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nuova attività e tra i tanti aspetti da valutare, c’era quello comune a tutti gli imprenditori: farsi conoscere. Dopo aver sviscerato alcune soluzioni, io gli dissi: «Zio, perchè non studi il modo di fare una campagna telefonica per proporre le tue tende da casa? Invece di farti pubblicità sulle pagine gialle prova a prendere un elenco di indirizzi privati qui in città e telefonare, per vedere quante persone sono disposte a un appuntamento per vedere le tue tende da vicino, dopotutto sono molto belle, quindi non dovrebbe essere difficile convincere le persone a comprare da te! Poi per qualche dritta su come procedere nel telefonare, ti aiuto io, visto che lo faccio ogni giorno». Immediatamente lui mi rispose: «Roberto, ma sei pazzo? Al di là del tempo impiegato per mettere in piedi tutto questo, come faccio ad avere i tuoi risultati? Per te il telefono è uno degli “attrezzi del mestiere”, ma non hai sempre tempo per uno come me, che ha sempre fatto l’artigiano, per venire a casa a insegnarmi come si convincono le persone al telefono! Non ho mica una di quelle aziende che hanno cinquanta dipendenti e posso
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permettermi tre centraliniste che cercano clienti dalla mattina alla sera!»
È questa la mentalità diffusa. Considerare il telemarketing uno strumento promozionale come un’esclusiva di grandi aziende! Tutti, per farci pubblicità, pensiamo ai soliti canali: promozioni sui giornali locali, pubblicità sulle PagineBianche e PagineGialle, bigliettini da visita, cartelloni e per chi può permetterselo, pubblicità alla radio e alla televisione.
Ultimamente si è aggiunto uno strumento molto valido per pubblicizzarsi, sia in merito alla visibilità che alla misurabilità del ritorno dell’investimento: si tratta della pubblicità su internet e più precisamente quella testuale. L’esempio più famoso e lampante è rappresentato da Google AdWords!
Al di là delle singole capacità economiche di ognuno però, nessuno prende in esame di utilizzare anche il telemarketing. Questo perchè non si conoscono le sue caratteristiche: anche in questo caso, infatti, l’ignoranza porta ai luoghi comuni! Adesso analizzeremo
quali sono
le caratteristiche principali del
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telemarketing avvicinarsi
che,
alla
una
materia,
volta
conosciute,
scavalcando
permettono
questa
di
mentalità
limitativa: cos’è il telemarketing, la nascita e diffusione, le funzioni del telemarketing, perchè utilizzare il telemarketing e di cosa hai bisogno per un telemarketing ottimale. SEGRETO n. 1: il telemarketing può servire a tutti per promuovere il proprio prodotto/servizio e può essere utilizzato contemporaneamente alle altre forme pubblicitarie.
Si definiscono “telemarketing” tutte le attività di stampo commerciale attuate allo scopo di vendere servizi e/o prodotti attraverso l’ausilio dello strumento che tutti comunemente chiamiamo “telefono”. Per telefono appare ovvio che non si parli solo di quello fisso, ma anche di cellulari e palmari.
Esistono due grandi famiglie di marketing: il direct marketing e il marketing di massa. Le tecniche direct marketing si distinguono perché pubblicizzano il prodotto/servizio a un insieme di consumatori, con desideri e caratteristiche affini. Questi gruppi, possono essere definiti anche “target” di clienti, dove target sta a significare un determinato settore e/o categoria 14
di soggetti specifici. Di solito, per aumentare l’efficacia di queste campagne pubblicitarie, non vengono formulate proposte all’intera categoria, tutto in una volta, ma a ogni singolo appartenente alla categoria, perchè così facendo si aumenta significativamente il numero di acquirenti. Il marketing di massa, invece, ha un approccio totalmente opposto: invece di considerare gruppi di persone unite da gusti e preferenze in comune, si fa pubblicità alla “massa”, cioè a tutto il pubblico esistente. Questo approccio però, anche se ancora ampiamente utilizzato e produttivo, non raggiunge sicuramente le percentuali di realizzazione di una campagna di direct marketing, proprio perchè non si conoscono le priorità di un pubblico così vasto.
Fanno parte del direct marketing: il telemarketing, l’email marketing, il marketing via SMS e il press marketing (gli annunci che compaiono in categorie precise su giornali locali e le PagineGialle). Fanno parte invece del marketing di massa la maggior parte delle campagne pubblicitarie attuate tramite televisione e radio e, per le aziende che possono permetterselo, sponsorizzazioni di team ed eventi sportivi. Stesso discorso per 15
quanto riguarda le insegne e i cartelloni pubblicitari visibili in tutte le città.
Infine una nota a parte la merita internet: destinato (secondo vari studi) entro il 2012 a diventare il secondo veicolo pubblicitario al mondo (dopo la televisione) per gli investimenti, quest’ottimo strumento offre la possibilità a un’azienda di fare sia marketing di massa che direct marketing.
I primi anni la pubblicità sul web era basata sull’uso dei “banner”, cioè
spazi
visivi
che
pubblicizzavano
un
determinato
prodotto/servizio, ma erano usati praticamente su qualsiasi tipo di sito. Ora, con l’avvento della pubblicità contestuale tramite l’advertising (cioè un annuncio che pubblicizza un prodotto collegato a un sito web) è possibile fare anche e sopratutto direct marketing.
Il telemarketing fa parte della prima categoria, proprio perchè permette volta per volta, campagna per campagna, di individuare il target di clientela migliore per il proprio prodotto/servizio
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prima ancora di cominciare a telefonare: niente di meglio per massimizzare il ritorno dell’investimento!
Come la quasi totalità di nuove tipologie di marketing, anche questa ha avuto origine negli USA. Nata all’inizio degli anni Settanta, cominciò a essere utilizzata definitivamente in Italia un ventennio dopo, più precisamente tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Il telemarketing però non fu adottato subito in modo diffuso. I primi anni, infatti, in Italia veniva utilizzato in modo perseverante, sistematico e professionale solo dalle più grandi aziende. Questo per due motivi.
Il primo perchè visto il recente “sbarco” di questa tecnica nella nostra nazione, erano pochi gli operatori capaci di metterlo in pratica e i loro stipendi, molto alti, potevano permetterseli solo aziende di un certo livello. Questo accadeva anche perché, allo stesso modo, i formatori per i centralinisti o venditori tramite telemarketing erano a loro volta pochi e le loro conoscenze derivavano da studi effettuati in America: di conseguenza i compensi erano alle stelle. Il secondo motivo era il costo delle infrastrutture: al contrario di quanto si possa pensare, venti anni
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fa, i mezzi necessari per svolgere tale lavoro (meno evoluti di quelli che si possiedono adesso) erano un investimento cospicuo da parte di un’azienda e poche potevano permetterselo. Le uniche che hanno potuto sfruttare questa tecnica di marketing da subito sono state solo le grandi aziende editoriali e metalmeccaniche.
Per fortuna, nel corso degli anni, le cose sono molto cambiate e in senso positivo: infatti, al giorno d’oggi, pressoché tutte le aziende (anche artigiane) possono permettersi almeno una persona dedita a quest’attività e gli strumenti che servono per metterla in pratica. Ciò che sicuramente ha contribuito a renderla accessibile a quasi tutte le realtà aziendali è stato senza dubbio la diffusione prepotente dei computer (e il loro continuo ribasso in termini di costo) e l’ausilio non solo di telefoni fissi, ma anche, dal 1997 in poi, dei cellulari e negli ultimi anni dei palmari.
Senza dimenticare la diffusione di programmi informatici progettati e sviluppati per la gestione di tutta l’attività telefonica (liste clienti, dati ecc.) e dal 2004, la possibilità di utilizzare la connessione internet per trasmettere i segnali telefonici: la cosiddetta tecnologia VoIP (Voice over Internet Protocol), di cui
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Skype è il maggior rappresentante, che ha permesso (e lo farà ancor di più in futuro) di poter abbattere anche i costi delle telefonate tradizionali che rende l’investimento nel telemarketing ancor più conveniente!
SEGRETO n. 2: il telemarketing, venuto in Italia tra gli anni ‘80 e anni ‘90 è, grazie alla sua natura di direct marketing, un ottimo strumento di pubblicità e marketing per le aziende.
Nell’immaginario collettivo abbiamo constatato con che mentalità diffusa si scontri questa materia. C’è poco da fare: io stesso prima di conoscere le opportunità che offre questo strumento, pensavo che esso fosse un’esclusiva di poche realtà. In Italia esiste ancora, purtroppo, l’idea di collegare il termine telemarketing a un centralino. Quante volte mi è accaduto di essere frainteso riguardo al mio lavoro... Un giorno un amico di vecchia data mi chiese: «Roberto, ma che lavoro stai facendo adesso?» e io risposi: «Mi occupo di vendita e telemarketing...». Sai cosa mi disse?
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Ecco: «Allora lavori in un call-center!». Capito cosa intendo per mentalità limitante? Una volta conosciute le funzioni principali del telemarketing però, si cambia decisamente idea su quali cose si possano fare. Per funzioni intendo quali sono le modalità di applicazione. Di funzioni ne esistono precisamente quattro: 1.
Funzione di VENDITA;
2.
Funzione di FIDELIZZAZIONE CLIENTELA;
3.
Funzione di STATISTICA;
4.
Funzione di GESTIONE.
La funzione di vendita è considerata logicamente la più conosciuta e utilizzata, ma non è così. Questo grazie a quello che abbiamo visto prima: molti imprenditori immaginano che questa funzione venga utilizzata da tutti i loro “colleghi”, magari concorrenti, ma loro stessi però non la utilizzano. Peccato che i colleghi fanno lo stesso ragionamento, con la conseguenza che al giorno d’oggi un numero considerevole di imprese non ha ancora adottato il telemarketing in modo sistematico per aumentare il business... Questo accade per due motivi: il primo perchè si crede che trovare persone competenti in materia, da poter impiegare per 20
questo scopo, sia difficile; il secondo, perchè esiste un dubbio di fondo che attanaglia ogni imprenditore e riguarda il tempo. Il primo motivo è assolutamente ingiustificato, perchè se è vero che dei bravi telemarketer non è semplice trovarli, non significa che non ci siano o, idea ancora più assurda, che occorra retribuirli al di sopra della media. Questo è falso, perchè in entrambi i modi in cui un’azienda retribuisce un telemarketer non ci rimetterà mai. Infatti se il telemarketer è pagato con uno stipendio deve essere inquadrato come la legge impone e cioè come impiegato commerciale, se viene pagato in base alla produzione (ad esempio per ogni appuntamento fissato) più produce il telemarketer, più l’azienda ha opportunità di guadagnare! Il secondo motivo, legato al tempo, è la conseguenza della scarsa informazione in merito e chi la pensa in questo modo, lo fa perchè non ha mai messo in atto una seria campagna promozionale del proprio prodotto/servizio attraverso il telemarketing. È un pensiero diffuso di molti imprenditori, infatti, che il telemarketing sia comunque un investimento con un ritorno lento. Cioè che il
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risultato dei soldi investiti si veda dopo un tempo abbastanza lungo e allora non ne valga la pena... Questa idea parte da un principio sbagliato e cioè che se il ritorno dell’investimento è lento, allora non è un buon investimento. È un principio non corretto perchè innanzitutto il telemarketing varia la sua incisività a seconda delle sue funzioni: infatti tra la funzione di vendita e le altre la differenza di tempo esiste, ma tra tutte e quattro loro quella di vendita è sicuramente la più veloce! A conferma di ciò ti posso assicurare che già nell’arco di una giornata si può calcolare il ritorno di un investimento: ad esempio se un telemarketer vende cinque confezioni di creme per il viso della sua azienda di cosmetici facendo cinquanta telefonate, intanto si sa quante vendite sono state fatte in una giornata, in base a un numero preciso di telefonate (così si può subito migliorare la percentuale di vendite) e poi, cosa più importante, le vendite sono state fatte... subito!!! La funzione di fidelizzazione della clientela è, nonostante il suo ruolo importante, la “responsabile” della mentalità prima citata nei confronti del tempo di ritorno dell’investimento. Infatti è a 22
causa dell’associazione tra le due prime funzioni che avviene questa confusione! Mettendole sullo stesso piano si dimentica il loro obiettivo: la prima ha il ruolo di vendere, la seconda ha sempre il ruolo di vendere, ma a clienti già acquisiti! Infatti raggiungere gli stessi risultati della vendita attraverso la fidelizzazione è possibile, ma occorre molto più tempo: questa è la funzione più lenta di tutte. Nei confronti dei clienti già acquisiti si intraprendono spesso azioni di cross selling e up selling: la prima significa vendere altri prodotti dell’azienda allo stesso cliente, la seconda aumentare il fatturato dell’azienda grazie a un cliente, facendo aumentare le vendite per lo stesso prodotto.
In questo contesto ecco che ci si può confondere: molti confondono
RAPIDITÀ
con
FACILITÀ.
Infatti
vendere
attraverso la fidelizzazione è facile perché si propongono prodotti o servizi a persone che hanno già acquistato da te e dalla tua azienda e quindi godi di un grado di fiducia maggiore. Peccato però che per arrivare a questo occorra acquistare la fiducia del cliente, che avviene però col tempo, non immediatamente: infatti la fidelizzazione aumenta proprio proporzionalmente col numero 23
di prodotti venduti alla stessa persona. Più quel cliente compra e più significa che godiamo di una sua sempre più crescente fiducia.
Questa funzione viene usata per aumentare il fatturato aziendale, però non viene usata mai sola, ma unita alla funzione di vendita: questo perchè nella funzione di fidelizzazione la facilità di vendita ai clienti viene, d’altro canto, compensata con la lunghezza del tempo per raggiungerla. In sintesi, la prima funzione è veloce, ma più difficile e la seconda è più semplice, ma più lunga. Ecco che dall’uso simultaneo delle due si è creata l’idea sbagliata che il telemarketing in generale sia un investimento con ritorno lento. In quanto a efficacia e incremento del business, occorre precisare che la prima funzione non prevale sull’altra e viceversa. Sono entrambe ottime e si equilibrano in termini di risultati, ed ecco perchè sono utilizzate contemporaneamente! La funzione di statistica è, rispetto alle prime due, molto più semplice da mettere in pratica. Si usa questa funzione del telemarketing quando un’azienda vuole svolgere o statistiche di mercato per vedere, ad esempio, in una determinata provincia, a 24
quante persone è già stato venduto un prodotto simile a quello che l’azienda propone, o svolgere sondaggi, per capire, sulla base di un determinato numero di persone, quali comprerebbero il nostro prodotto. Questi sono molto utili a un aspirante imprenditore, se non ha un’idea precisa dal punto di vista imprenditoriale: può svolgere ricerche di mercato per capire quali sono i prodotti o servizi più richiesti su cui puntare! Tra i prodotti più richiesti c’è la poltrona in pelle? Perfetto! Aprire un’azienda di produzione di poltrone in pelle sarà sicuramente un’ottima scelta in chiave futura, vista la grande richiesta di tale prodotto! L’ultima funzione del telemarketing, la funzione di gestione è, come dice la parola stessa, legata alla gestione delle telefonate, ma al contrario delle prime tre che riguardano le telefonate che si fanno, questa riguarda le telefonate che si ricevono. Il classico esempio di questa funzione si ha nei centralini con incarico di relazioni con il pubblico: basti pensare a quelli delle forze dell’ordine, ad esempio, oppure ai centralini dei servizi di pubblica assistenza come quelli del pronto soccorso ospedaliero. 25
Oppure a quelle aziende che hanno centralini, con l’esclusiva funzione di smistare le telefonare ricevute ai vari uffici. Senza dimenticare l’esempio più famoso: il numero verde! Infatti, grazie a questa strategia, le aziende si relazionano con tutti i clienti sparsi per la nazione con un unico numero per essere contattati: questo avvantaggia decisamente la gestione di tutte le telefonate (perchè non si ricevono chiamate da numeri diversi e quindi non si devono aprire centralini diversi) e la gestione risulta anche molto più veloce. Questa funzione è più facile da usare perchè non necessita di molte competenze, al contrario delle prime due, visto che bisogna solo gestire telefonate che si ricevono e non bisogna né vendere prodotti, né svolgere lunghe indagini di mercato, ma è la meno utilizzata per il telemarketing perchè pochi hanno questa necessità: enti pubblici e grandi aziende. SEGRETO n. 3: il telemarketing ha ben quattro applicazioni da poter utilizzare nei confronti del pubblico: vendita, fidelizzazione clienti, statistica e gestione telefonate ricevute.
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A questo punto è lecito chiedersi: perchè scegliere il telemarketing? Abbiamo visto finora che di forme pubblicitarie ne esistono molte: alcune conosciute, altre meno, alcune più usate e altre ancora meno. Quali sono i fattori determinanti nelle scelte delle forme di marketing da parte delle aziende?
Purtroppo in Italia, come abbiamo già visto, ci si scontra con mentalità davvero limitanti che non permettono di effettuare delle scelte oggettive e basate sui risultati. Questo discorso vale per tutte le forme di marketing: ancora oggi molte aziende (spesso di piccole e medie dimensioni o liberi professionisti) preferiscono, ad esempio, senza alcun motivo valido, investire denaro per uno spot nella radio locale che in una campagna pubblicitaria su internet.
Sicuramente è una scelta fatta senza fare le opportune considerazioni: uno spot di trenta secondi alle undici del mattino viene sicuramente ascoltato, ma da chi? Quante persone interessate, ad esempio alla consulenza aziendale, si trovano? Questo, come tanti episodi, ti fanno capire che tra il direct marketing e il marketing di massa, il primo è da preferire di gran
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lunga! Il telemarketing si inserisce esattamente in questa ottica e incarna alla perfezione i principi del direct marketing!
Gli aspetti che tutte le aziende prendono in considerazione per scegliere una strategia di marketing sono solo due: velocità ed entità dell’investimento! Questi fattori, seppur importanti, non sono sufficienti per fare una scelta corretta. In termini percentuali quelle che considerano solo questi due fattori sono l’85 – 86%, mentre quelle che valutano anche altri elementi solo il restante 14 – 15%...
I fattori che un’azienda deve valutare sono, in realtà, cinque: oltre alla velocità e all’entità dell’investimento, sono le funzioni di una forma di marketing, possibilità di targhetizzazione dei potenziali clienti e la misurabilità dell’investimento, che è quello più importante di tutti. Per quanto riguarda le funzioni e possibilità di applicazione, abbiamo già visto che il telemarketing ne possiede molteplici e riguardo
la
targhetizzazione,
come
già
approfondito
in
precedenza, ne dà piena possibilità proprio perchè è stato concepito per questo. 28
Sono d’accordo che la velocità sia un fattore importante e il telemarketing questo fattore lo possiede in pieno. Io rimasi sbalordito le prime volte che lo utilizzai: a parità di tempo, infatti, il numero di contatti fatti rispetto a una campagna commerciale in cui io andavo in determinate zone per vendere il mio prodotto era impressionante.
Pensa che il rapporto medio tra i contatti fatti fisicamente da un agente in modalità “carne ed ossa” (come facevo io un tempo) e una persona che fa telemarketing (come faccio io adesso) è di otto a uno! In pratica significa che se un agente fa in media dieci contatti al giorno, una telemarketer fa ottanta contatti in una giornata utilizzando il telefono. Ti rendi conto della differenza? Per questo lo utilizzo SISTEMATICAMENTE per le mie campagne di acquisizione di clienti.
Quindi mi sento sicuramente di dire a qualsiasi azienda che possiede una rete di vendita, che non esiste niente di meglio del telemarketing per sostenere i propri agenti in termini di contatti da acquisire! L’entità dell’investimento nel telemarketing, come in tutte le altre forme, è quantificabile a priori. Fin qui tutto
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normale. Il peggior errore che si possa fare però, è vedere questo dato come valore assoluto. Infatti se è vero che bisogna rispettare un tetto di spesa a seconda delle singole possibilità di investimento, bisogna anche valutare quale ritorno economico una campagna marketing può offrire! Infatti è la misurabilità dell’investimento il fattore più importante da valutare per rendersi conto di quale sia la forma pubblicitaria più vantaggiosa.
Vediamo un esempio concreto. Mettiamo che l’azienda Rossi stia prendendo in considerazione di investire in due forme di marketing diverse, perchè appunto vuole aumentare il suo business. Prende in considerazione la pubblicità sul giornale locale cittadino e una campagna di telemarketing.
Il giornale gli preventiva che per un annuncio visivo in prima pagina, della durata di un anno, occorrono 5000 euro. Poi, non avendo personale interno che fa telemarketing (se ne avesse avuto, l’investimento da considerare sarebbero stati i tredici stipendi di un centralinista in un anno), decide di affidarsi a una società esterna specializzata, che gli preventiva una spesa annua di 8000 euro.
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Mettiamo che, confrontando i preventivi, opti per l’annuncio sul giornale per un anno, considerando solo l’investimento iniziale. Crede di aver risparmiato, ma a fronte di una spesa di 5000 euro ha ottenuto quattrocento contatti in più, dei quali solo dieci hanno comprato i suoi tavoli per sale da pranzo da 1000 euro l’uno.
È finita che a fronte di un investimento di 5000 euro, ne ha incassati 10.000 nelle vendite e quindi ha guadagnato 5000 euro netti. Il ritorno dell’investimento quindi è pari al 100%, cioè il doppio.
Per il calcolo del ritorno dell’investimento basta calcolare il guadagno netto diviso l’investimento iniziale: cioè (10.000– 5000)/5000 che fa “1” e corrisponde al 100%. È un ritorno interessante, ma si può fare decisamente meglio a parità di tempo utilizzato.
Mettiamo che opti invece per la soluzione del telemarketing. La società di telemarketing in un anno gli procura esattamente (stima davvero
pessimistica),
2500
contatti.
La
percentuale
di
conversione, cioè le persone che comprano rispetto a quelle
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contattate, è superiore a quella di prima che era del 2,5% (dieci vendite su quattrocento contatti), perchè le telefonate sono state fatte dopo una ricerca di potenziali clienti targhetizzati, quindi già più predisposti a comprare. Supponiamo una percentuale realistica del doppio, cioè del 5%. Significa
che
su
duemilacinquecento
contatti,
ben
centoventicinque persone hanno comprato il tavolo da soggiorno dell’azienda. Moltiplichiamo 125 per il costo del tavolo e otteniamo 125.000 euro di incassi. In questo caso, a fronte di un investimento di 8000 euro, ne ha incassati 125.000 e quindi ha guadagnato 117.000 euro! Il ritorno in questo caso è pari al 1462%!!! Visto che risultati eccezionali?
Nella prima ipotesi si investivano 5000 euro e nella seconda 8000. Nella prima ipotesi c’era un guadagno netto di 5000 euro e nella seconda 117.000 euro. In questo caso il ragionamento di un imprenditore deve essere: anche se spendo 3000 euro in più, grazie a una campagna di telemarketing ottimale ottengo 112.000 euro in più di guadagno! Allora, visto che vale la pena valutare la misurabilità dell’investimento? In sintesi, hai potuto constatare
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che il telemarketing (al contrario di molte altre forme di marketing) possiede quindi tutti e cinque i fattori prima descritti! Ecco perchè CONVIENE adottare il telemarketing, se non come unica, perlomeno come una delle principali forme di marketing utilizzate da una qualsiasi realtà economica composta da una (in questo caso liberi professionisti e artigiani) o più persone (aziende e istituzioni varie)!
SEGRETO n. 4: il motivo per cui conviene investire nel telemarketing è perché esso possiede TUTTI e cinque i parametri
da
valutare
per
un’ottimale
campagna
promozionale.
Avrai sicuramente notato con sorpresa che finora ho posto molta attenzione sul fatto che il telemarketing è adatto non solo alle classiche categorie (imprenditori, centralinisti, agenti di vendita come me ecc.), ma anche a quelle che di solito non pongono molta attenzione a questa forma di
marketing (piccoli
imprenditori, artigiani, liberi professionisti ecc.), con la conseguenza di precludersi molte possibilità di promozione per la propria attività e quindi di successo economico. 33
Ritengo giusto precisare però, che per promuovere i propri prodotti/servizi attraverso il telemarketing è necessario possedere i mezzi necessari e se non li si possiede, bisogna cercare di dotarsi adeguatamente.
Sostanzialmente i mezzi di cui hai bisogno per un telemarketing ottimale e professionale si dividono in due categorie: risorse umane e risorse tecnologiche. Per quanto riguarda le risorse umane il discorso varia a seconda delle situazioni. Se si parla di un’azienda o comunque di una realtà composta da un gruppo di persone c’è bisogno di stabilire intanto quante persone si occupano a tempo pieno di telemarketing. Se si parla di un libero professionista o di un agente è ovvio che tutto è riferito alla singola persona.
Definito questo, le persone scelte e assunte devono avere o acquisire il prima possibile i requisiti necessari per fare quest’attività. I requisiti sono la formazione e la motivazione. Il motivo della prima è palese, perchè un telemarketer deve saper definire gli obiettivi della vendita (se non è l’azienda che li definisce) e soprattutto deve essere in grado di attuare la strategia
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più efficace per raggiungerli. Essere formati significa anche conoscere bene (almeno a livello base) il prodotto/servizio che si promuove al pubblico, perché sarebbe assurdo pubblicizzare, ad esempio, una crema solare senza sapere almeno le caratteristiche di base: in questo caso un telemarketer non deve sapere quali sostanze chimiche sono state usate per produrre la crema, ma almeno deve sapere per quali persone è adatta in base alle caratteristiche delle loro pelli, se è adatta ai bambini ecc. Non ultimo, chi svolge questo lavoro deve saper adoperare gli strumenti che l’attuale tecnologia ci offre: PC, software dedicati, cellulari, palmari, internet, VoIP ecc.
La motivazione è ancor più necessaria: la si può tranquillamente definire la “linfa” di questo lavoro, perché come viene a mancare, è dimostrato statisticamente che se anche una persona è preparata, non ottiene più i risultati raggiunti prima. Infatti per me non è stato raro vedere, durante gli ultimi anni, dei colleghi che erano davvero molto preparati, ma arrivati a un certo punto, non vedendo centrati gli obiettivi prefissati, hanno cambiato lavoro. Il modo di ottenere sempre motivazione lo vedremo in modo completo nei prossimi capitoli.
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Risorse umane formate e motivate sono un vero e proprio capitale per un’azienda. Stesso discorso per un singolo soggetto: formazione e motivazione sono da approfondire e coltivare in continuazione. Certamente però, senza risorse tecnologiche si fa poca strada: infatti è inutile saper utilizzare qualcosa che non si possiede... Sappiamo che al giorno d’oggi, rispetto agli albori del telemarketing in Italia, le tecnologie (come le competenze) sono più diffuse e quindi più economiche: quindi perché non dotarsene?
I mezzi davvero indispensabili per questa attività sono sicuramente un PC con dotazione dei software necessari: sicuramente un programma per attività generiche d’ufficio come scrivere documenti e comporre database (vedi Microsoft Office) e se si vuole aumentare l’incisività e la velocità del proprio lavoro, un programma gestionale che abbia tutte le funzioni per gestire grandi quantità di contatti da chiamare nel tempo.
Per reperire questi software al giorno d’oggi occorre contattare dei fornitori specializzati. Ovviamente come strumento non può mancare quello “principe” e cioè il telefono: per dei centralinisti
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va benissimo un telefono fisso, senza cornetta però, ma dotato di auricolari. In questo modo il telemarketer può concentrarsi di più sul lavoro e svolgere altre funzioni con il braccio senza tenere in mano la cornetta. Per le aziende, soprattutto quelle che adottano un numero verde, è praticamente d’obbligo dotarsi di più di una linea telefonica a seconda del numero degli addetti impiegati.
Per quanto riguarda gli agenti o comunque persone che si spostano spesso per lavoro, più che un semplice cellulare, consiglio un palmare perché oltre alle funzioni di telefono, proprio perché è un mini-computer, offre l’opportunità di consultare documenti, liste contatti, calendari e rubrica personale senza bisogno di avere un PC fisso.
Un consiglio finale: è davvero utile per chiunque investire non più nelle tecnologie telefoniche tradizionali, ma usando il nuovo protocollo di trasmissione dati su internet. Programmi come Skype ad esempio, permettono di telefonare sia a una linea fissa che mobile a tariffe davvero vantaggiose e addirittura gratis se chi viene chiamato utilizza questa nuovissima e fantastica tecnologia.
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Quindi non c’è via migliore di questa per risparmiare sull’investimento iniziale nel telemarketing!
SEGRETO n. 5: anche se il telemarketing può essere utilizzato da praticamente tutte le realtà economiche, occorrono i mezzi idonei. Questi sono: le risorse umane e le risorse tecnologiche.
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RIEPILOGO DELLA FASE 1: SEGRETO n. 1: il telemarketing può servire a tutti per promuovere il proprio prodotto/servizio e può essere utilizzato contemporaneamente alle altre forme pubblicitarie. SEGRETO n. 2: il telemarketing, venuto in Italia tra gli anni ‘80 e anni ‘90 è, grazie alla sua natura di direct marketing, un ottimo strumento di pubblicità e marketing per le aziende. SEGRETO n. 3: il telemarketing ha ben quattro applicazioni da poter
utilizzare
nei
confronti
del
pubblico:
vendita,
fidelizzazione clienti, statistica e gestione telefonate ricevute. SEGRETO n. 4: il motivo per cui conviene investire nel telemarketing è perché esso possiede TUTTI e cinque i parametri da valutare per un’ottimale campagna promozionale. SEGRETO n. 5: anche se il telemarketing può essere utilizzato da praticamente tutte le realtà economiche, occorrono i mezzi idonei. Questi sono: le risorse umane e le risorse tecnologiche.
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FASE 2: L’autostima necessaria per questo lavoro
Ora che conosci quali sono i vantaggi di questa particolare attività di vendita, sono sicuro che vuoi sapere quali sono i migliori metodi per saper telefonare e fare quindi bella figura in azienda se sei impiegato in un centralino e se sei un venditore, fare più clienti.
Prima di arrivare a questo, però, è necessario fermarsi un attimo e analizzare due elementi vitali, che è necessario conoscere adesso, prima ancora di imparare a telefonare: il primo elemento è l’analisi degli fattori che ti aiutano a eliminare tutti i classici timori iniziali e, di conseguenza, a raggiungere un sufficiente livello di AUTOSTIMA che ti permetta di affrontare questa professione con serenità! Solo così non ti creerai impedimenti di stampo psicologico, anche se non sei particolarmente portato per questa materia. Il secondo elemento invece è l’organizzazione del tuo lavoro antecedente alle tue telefonate, ma questo lo vedremo nel quinto capitolo, in modo approfondito. 40
Spesso la convinzione della maggior parte delle persone che si accingono a lavorare col telemarketing è quella di non essere adatti a questo tipo di lavoro e a causa di questo, lo abbandonano nel giro di pochi mesi dopo aver cominciato.
I motivi che spingono a pensare questo sono molteplici: c’è chi pensa di non essere in grado di stare concentrato a parlare al telefono per molte ore, c’è chi pensa che sia un lavoro logorante a prescindere dalla mansione specifica che potrebbe occupare, chi ha paura di ricevere dei “no” o di sentirsi troncare la chiamata da persone infastidite, chi non crede di poter raggiungere i propri obiettivi di vendita o addirittura prova ansia per questo lavoro ecc.
Insomma: i motivi possono essere davvero tanti. Probabilmente anche tu riconosci in uno dei motivi sopra citati quello che ti preoccupa di più o tende ad allontanarti da questa materia. Quello che sto per dirti probabilmente ti sorprenderà: tutti questi motivi, per quanto possono essere veritieri, capiti e condivisi NON POSSONO e NON DEVONO influenzare la tua decisione di lavorare come telemarketer! Infatti nessuno può negare che
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esistano persone più portate per questo tipo di lavoro, ma molti dimenticano che praticamente tutti possono avere ottimi risultati in questa area del marketing a patto di assumere il corretto atteggiamento e applicare il giusto metodo di lavoro! Inoltre occorre non scoraggiarsi di fronte ai primi insuccessi perché solo con un po’ di pratica costante possono arrivare i primi risultati! Adesso
analizzeremo
tutti
quei
fattori
determinanti
che
concorrono al raggiungimento della tua personale autostima, e che ti servono per avere un approccio totalmente nuovo e diventare un perfetto telemarketer. Questi fattori sono: la fiducia in te stesso, porsi degli obbiettivi raggiungibili, sconfiggere l’ansia del “no” e infine cercare di raggiungere quello che io chiamo l’equilibrio “necessario”.
SEGRETO n. 1: tutti, TU compreso, possono far bene in questa ottima ed efficace, seppur complessa, area di vendita. Grazie alla tua AUTOSTIMA raggiungerai i migliori risultati!
Uno dei fattori che influisce maggiormente al raggiungimento della soglia minima dell’autostima personale, sufficiente a farti 42
lavorare con il giusto atteggiamento, è la fiducia in sé stessi: persa questa, continuare è inutile. Infatti è necessaria per te che ogni mattina, prima di alzare la cornetta del telefono sulla tua scrivania, riesci a essere sempre sicuro di te stesso e che puoi fare affidamento sulle tue capacità.
Sono due i punti che contribuiscono a darti fiducia: il pensiero positivo e la conoscenza del prodotto/servizio di cui parli via etere. Questi due punti sono, al contrario di quanto tu possa pensare, strettamente legati tra di loro per il semplice fatto che chi ti ascolta recepisce subito il livello di considerazione e di immagine che tu hai di te stesso e del prodotto/servizio di cui parli e vendi. Secondo te, se tu non sei convinto di te stesso e delle tue capacità o non sei convinto della bontà del prodotto della tua azienda, come speri di convincere chi ti ascolta a darti fiducia e acquistare ciò che produce o fornisce l’azienda per cui tu lavori? Per questo il messaggio che deve arrivare da parte tua all’altra parte della cornetta deve essere di assoluta consapevolezza delle tue capacità e di grande convinzione della qualità di ciò che proponi. Il pensiero positivo in questo lavoro non deve mai mancare. Negli 43
ultimi anni, questo tema è addirittura oggetto di studi a livello universitario, ma ci soffermeremo solo su alcuni basilari aspetti applicabili al telemarketing.
Pensare positivamente può aiutarti infatti quando un cliente o potenziale tale oppone particolari resistenze ai tuoi discorsi. Infatti senza un atteggiamento positivo, soprattutto per chi è alle prime armi, è facile abbattersi. Quando si ha un po’ più di esperienza,
le
risposte
negative
infatti
(ne
parlerò
più
approfonditamente nei prossimi capitoli) tendono a essere subito dimenticate! Ti consiglio quindi, se sei agli esordi, di mettere subito in pratica questo mio consiglio, così sarai al riparo da facile demotivazione.
Altro motivo per essere sempre positivi è il fatto che spesso dovrai confrontarti con colleghi che svolgono questo stesso lavoro. I risultati eccezionali che ottengono i colleghi più esperti spesso portano il neo-telemarketer a formulare nella sua mente questa domanda: «Quando arriverò a ottenere i suoi stessi risultati?». Vista così è senz’altro un’affermazione che ha tutto, tranne che positività!
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Applicando però un atteggiamento positivo potrai invece guardare tutto sempre dal miglior lato: in questo caso poniti l’obiettivo raggiunto dal tuo collega come il tuo primo traguardo da raggiungere! Ad esempio, il tuo collega in una giornata ha fatto dieci clienti e tu solo sei? Che problema c’è? Il tuo prossimo obiettivo sarà di fare, nella giornata seguente, quattro clienti in più di quelli che hai già fatto! Problema sparito! Un ulteriore motivo per essere positivi è quello di creare un rapporto e un clima positivo con il cliente, duraturo nel tempo: io con molte persone, quindi non solo persone già di per sé simpatiche, ho creato, grazie a tante conversazioni telefoniche, un ottimo rapporto. A forza di percepire la mia positività durante le nostre conversazioni, molti clienti diventavano positivi anche loro, senza che io facessi ulteriori “sforzi”.
In seguito, quando venivo chiamato e, vuoi per tanti impegni da portare a termine o perché la giornata non era proprio delle migliori (questo infatti può capitare a tutti, me compreso), non avevo un atteggiamento positivo, i miei clienti esordivano sempre con un meraviglioso sorriso chiedendomi tutto ciò di cui avevano bisogno in modi estremamente gentili e cordiali. In questi casi 45
non ho fatto altro che constatare che erano loro a trasmettermi positività, ma sempre perché in passato avevo fatto un ottimo lavoro in questo senso nei loro confronti.
Un approccio positivo dunque ti serve non solo per garantirti una certa serenità professionale, ma anche l’aumento esponenziale delle possibilità di riuscita nel tuo lavoro e nel raggiungimento dei tuoi obiettivi, qualsiasi essi siano! Tutti ottimi motivi per essere positivi... Già, ma come si fa a tirarlo fuori e sfruttarlo alla massima potenza?
Esistono molte teorie in merito, che spiegano come guardare tutti gli aspetti della vita in modo positivo e applicare tutto questo non solo nella vita privata, ma anche in quella professionale. Tutte teorie sicuramente molto utili, ma allo stesso tempo molto complesse. Sia attraverso le mie esperienze in merito, che attraverso l’operato di altre persone che insegnano e svolgono questo lavoro, ho capito una cosa eccezionale: essere positivi e trasmettere tutto questo agli altri non ha bisogno di teorie molto complesse, ma basta essere il più naturale possibile, grazie a un comportamento che tutti noi abbiamo e viene percepito da tutti
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proprio per la sua spontaneità sia al telefono che dal vivo. Di cosa sto parlando? Del sorriso!
Ti sorprendi che sia il sorriso lo strumento ideale per trasmettere positività ai tuoi potenziali clienti? Allora perché quando vuoi tirare su il morale di un amico o del tuo partner, ad esempio, sorridi? Non credo che solo dicendo che tu sei felice lo risollevi... Stessa cosa accade anche con le persone che conosciamo in altri ambiti della vita, compreso l’ambito professionale! Quando parlo del sorriso non intendo il senso stretto del termine, ma tutto ciò che è legato a questa espressione del viso: il tono della tua voce che si fa particolarmente gradevole, il tuo stato d’animo che si allieta e ti fa stare bene dentro, la sensazione di benessere psico-fisico che si viene indubbiamente a creare ecc.
Per te che ti accingi a svolgere questo lavoro (o che lo stai già svolgendo da tempo) il sorriso deve essere considerato una vera e propria ARMA: al telefono, infatti, il tuo sorriso nessuno può vederlo, ma tutti possono sentirlo! Ed è questo meccanismo che devi sfruttare a tuo vantaggio perché tutti le posizioni del corpo che assumi e i tuoi gesti vengono recepiti nella tua voce: questo 47
accade perché il meccanismo naturale del cervello umano tende a decodificare ciò che sente e traduce tutto nell’atteggiamento che in quel momento stai assumendo. Attenzione però, tutto questo non può essere forzato, ma deve avvenire in modo naturale! Devi esercitarti a essere sempre più positivo e col tempo e la pratica vedrai che sarai così con tutti, sempre più spesso. Infatti è inutile all’inizio sforzarsi di “sorridere” se dentro di te non sei contento di ciò che fai e non sei sereno. A tal proposito, sappi che occorre fare una distinzione netta dei tipi di sorriso che in tutti noi, in maniera del tutto naturale, appaiono sul viso. Questa distinzione non è fine a se stessa, ma ti serve per capire quale sorriso utilizzare con il tuo interlocutore quando sei al telefono. Di sorrisi ne esistono di tre tipi: Il sorriso “DI SFOGO”. Questa tipologia è usata quando ci si trova particolarmente provati dal punto di vista emotivo. Come quando si ride in uno stato d’animo di rabbia, oppure in stati particolari di delirio o ancora quando si ride per qualcosa che è “andato storto”. Spesso questo sorriso si adopera anche quando vogliamo ingannare noi stessi da determinate delusioni, soprattutto affettive. 48
Il sorriso MASCHERATO. Questo sorriso lo utilizziamo in tutti quei casi in cui, al contrario di uno stato allegro, siamo distratti da molte cose e per “accontentare” qualcuno proviamo ad abbozzare un mezzo sorriso. Infatti, quasi sempre, questo sorriso lo si fa utilizzando solo una parte dei muscoli facciali e, per quanto riguarda la bocca, solo metà di essa: con metà ridiamo e con l’altra metà no. In pratica si può anche definire questo sorriso come “forzato”. Il sorriso SINCERO. Questo è il tipo di sorriso più classico, perché proviene da uno stato d’animo interiore basato sull’allegria e sulla felicità! È il sorriso per antonomasia, perché quando lo facciamo l’allegria che si trasmette è davvero sentita. Coinvolge tutti i muscoli facciali e si distingue dagli altri due perché coinvolge anche lo sguardo. In pratica è questo il sorriso che devi utilizzare come tua arma, per essere sempre fiducioso di te stesso. L’altro punto che contribuisce a darti fiducia, come abbiamo detto, è la conoscenza del tuo prodotto/servizio. Avere la perfetta conoscenza di ciò di cui si parla può rivelarsi determinante,
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soprattutto se fai telemarketing per vendere e sei quindi un venditore. Conoscere il tuo prodotto è importante perché ti mette al riparo da brutte figure con il cliente in caso di domande specifiche e la tua preparazione in materia è, credimi perché lo noto tutti i giorni, sempre molto gradita. Quindi quando stai per alzare la cornetta, se hai le dovute nozioni, non hai mai il timore di non saper rispondere a domande particolari. Al contrario, se sai di non sapere almeno le cose fondamentali, è inutile che ti accingi a telefonare perché lavorare con il timore di sbagliare non ha mai portato a nessun risultato! Inoltre la buona conoscenza di ciò che vuoi presentare (e vendere) ti dà anche un altro grande vantaggio: se stai facendo una campagna promozionale per vendere un aspirapolvere, ad esempio, sapere non solo qual è la sua potenza e suoi accessori, ma anche quali sono le sue funzioni più utili, può metterti nelle condizioni di elencare al cliente una serie di benefici facendo capire i vantaggi che avrà se acquista questo elettrodomestico.
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Per poter motivare un acquisto infatti dovrai sempre aver presente i vantaggi che può dare ciò che offri! Più avanti vedremo in quali occasioni i vantaggi ti servono per poter vendere il tuo prodotto/servizio, ma per adesso pensa a “studiare” le caratteristiche perché in futuro ti accorgerai che il tempo che ora impieghi per impararle è speso davvero bene!
SEGRETO n. 2: grazie alla fiducia in te stesso puoi raggiungere la soglia minima di autostima. I due elementi chiave per ottenerla sono la positività e lo studio dei tuoi prodotti/servizi.
Uno degli altri fattori che devi curare per accrescere la tua autostima sono gli obiettivi da raggiungere. Sono fondamentali, perché senza non riuscirai mai a PROGREDIRE nelle tue capacità e nei tuoi risultati. Perché a questo servono! Programmando il tuo lavoro per livelli da raggiungere man mano, vedrai infatti i tuoi miglioramenti e constatando ciò, ti accorgerai di quanto diventi bravo col passare del tempo rispetto ai primissimi giorni, quando non sai nemmeno da dove cominciare.
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Col tempo vedrai che l’ottenere ogni risultato prefissato porterà la tua autostima a crescere proporzionalmente con i tuoi risultati! Nel fissare i tuoi obiettivi devi tener presente due cose: la chiarezza, e porsi degli obiettivi raggiungibili. Il motivo della prima è intuibile: se non sai qual è il tuo punto di partenza, come fai a trovare il modo di raggiungere il punto d’arrivo? Un giorno, mi ricordo che un mio collega disse, quando venne in ufficio: «Oggi voglio fare una marea di contatti!». Interessante... E quanti sarebbero questa marea di contratti? Ben presto si accorse di non avere la percezione di ciò che aveva fatto per un’intera giornata, perché non fissando nessun parametro (minimo o massimo, non importa) non poteva dare un giudizio sul suo operato. Ti consiglio quindi di fissare sempre degli obiettivi minimi da cui partire, per capire la quantità del lavoro fatto nell’arco dell’intera giornata.
Porsi degli obiettivi raggiungibili è altrettanto, se non di più, importante: ti sconsiglio vivamente, soprattutto se sei agli inizi, di fare il “fenomeno” della situazione perché questo non ti giova, sia nei confronti dei tuoi colleghi, sia nei confronti del tuo datore di lavoro. Soprattutto non giova a te stesso: è importantissimo per te 52
e la tua motivazione raggiungere nel più breve tempo possibile i primi, anche piccoli, risultati. Parti, quindi, da una base abbastanza facile da raggiungere, per fissare così una soglia minima di clienti/contatti e durante i passaggi successivi non fare passi più lunghi della gamba: se ad esempio il primo mese hai come obiettivo giornaliero fare due clienti, non porti dal mese successivo l’obiettivo di farne venti, ma opta per qualcosa di più raggiungibile come quattro o cinque clienti al giorno. Infine ti consiglio di passare da un obiettivo all’altro con la stessa quantità, progressivamente: se sei arrivato a dieci clienti al giorno e vieni da una base di cinque dallo scorso mese, non cercare di farne cinquanta, ma di farne quindici, così da aumentare ogni mese di cinque clienti al giorno.
Uno dei maggiori problemi che deve affrontare un telemarketer, soprattutto alle prime armi, è il desiderio di raggiungere subito dei risultati soddisfacenti. Tieni conto di questo però: tutto ciò non devi considerarlo un problema in sé, perché questa volontà è del tutto NORMALE! Io stesso nei primi mesi che utilizzai lo 53
strumento telefonico per aumentare le mie vendite commerciali, ero impaziente di ottenere risultati.
Tutti purtroppo consigliano alle giovani leve (indipendentemente dall’età) di aspettare un bel po’ per vedere i primi risultati... Non dare retta a questi inutili “consigli”! Tutti coloro che la pensano in questo modo dimenticano un particolare: solo il raggiungimento dei primi risultati nel breve periodo dà quella spinta motivazionale necessaria per continuare! Per questo fai in modo che i tuoi primi obiettivi siano facili da raggiungere! Infatti, come ricorderai, nell’introduzione ho parlato proprio di questo per spiegare il motivo principale che mi ha spinto a scrivere un libro.
SEGRETO n. 3: la verifica continua dei tuoi progressi aumenterà costantemente la tua autostima. Poi, all’inizio, poniti sempre obiettivi chiari e facili da raggiungere. Esiste un altro elemento che può disturbare il senso di fiducia che hai acquisito nelle prime battute ed è quello che viene chiamato “l’ansia del NO”. Questo elemento non si verifica in tutte le persone e neanche nello stesso periodo. 54
Infatti, questa “sindrome” colpisce le persone particolarmente timide: non può essere altrimenti, perché se sei timido nell’approccio con una persona dal vivo lo sei anche con il telefono. Al contrario di quello che si può pensare, l’assenza di elementi visivi e della presenza fisica non aiuta una persona timida,
perché
essi
vengono
sostituiti
dalla
voce
dell’interlocutore. Per quanto riguarda il periodo varia da persona a persona in base alla sensibilità personale: ad alcuni colpisce subito, ancor prima di cominciare a telefonare, perché si immaginano già come sarà subire dei rifiuti.
Ad altri, invece, comincia ad apparire durante il lavoro, al momento dei primi segnali negativi da parte dei potenziali clienti.
Non cambia molto tra queste due situazioni, perché l’unica differenza sta nel fatto che la prima categoria di persona possiede più immaginazione della seconda nel pensare come ci si trova a “subire” situazioni simili.
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Nel corso di mesi passati anche a osservare il lavoro dei colleghi più “anziani” di me, ho capito qual è l’unico modo per sconfiggere questa ansia. Ho sempre notato il fatto che ogni “no” ricevuto non avesse effetto su di loro. Mi sono chiesto: perché? Le loro risposte erano diverse: chi (e ci risiamo...) diceva che ci vuole esperienza per non abbattersi di fronte a risposte negative, chi diceva che non aveva senso preoccuparsi più del dovuto e chi addirittura mi diceva che a risposte negative rispondeva con altrettante risposte del genere. Tralasciando se siano giusti i diversi modi di agire e pensare di ognuno, ho notato che avevano un trucco in comune nell’affrontare queste situazioni. Trucco che ha aiutato anche me ad affrontare questa paura ed eliminarla da subito. La cosa più sorprendente è che questo, quasi sempre, non te lo insegna nessuno, ma lo impari solo sulla tua pelle dopo migliaia di “no”. Ora tu hai il vantaggio di sapere da subito la soluzione.
Di cosa sto parlando? Ecco di cosa si tratta: eliminare la paura di essere giudicati! Può sembrare strano che la soluzione sia così semplice, eppure non viene mai spiegata, probabilmente perché è considerato scontato il fatto che un telemarketer col tempo lo
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capisca da sé. In realtà, però, non si ha la paura del “no” del cliente, ma di essere giudicati.
Con l’unica differenza che se si lavora con questo timore, prima di cominciare a sconfiggerlo si perdono tantissimi clienti! Per superare questo ostacolo, devi pensare che tu stai facendo il tuo LAVORO! Non devi preoccuparti se qualcuno ti giudica, o peggio, tenta di farti sembrare pesante oppure di farti sentire in colpa! Se questo accade, devi stare tranquillo perché in questo lavoro si conoscono innumerevoli persone, ciascuna con il suo carattere, la sua personalità, il suo approccio e le sue esperienze in merito all’acquisto di prodotti e/o servizi. È normale che ti capiti qualcuno che è rimasto scottato da acquisti precedenti e se la prende con te, come è normale anche che trovi persone gentilissime che subito sono disponibili ad acquistare! Se questo succede nella vita normale di tutti i giorni, perché non dovrebbe accadere anche in questo lavoro?
Pensa ad esempio alla categoria dei giornalisti: quante volte si sentono respinti dai vip e politici di turno perché a tutti i costi cercano di completare il loro servizio! Eppure, nonostante 57
questo, vanno avanti per la loro strada, perché quello è il loro lavoro. Guarda ad esempio il comportamento di un calciatore: si lamenta ogni volta che subisce un fallo? La maggior parte dei giocatori si rialza immediatamente (a patto che, ovviamente, non abbia subito un brutto infortunio) continuando la propria partita e non perde tempo a pensare cosa possa accadere se subisce un infortunio. Ti ho fatto questi esempi per dirti che questo fa parte del tuo lavoro, ma non deve distoglierti dai tuoi obiettivi! Sai che succederà, ma non sarà certo questo a fermarti! Sicuramente potranno essere diversi i motivi che spingono i tuoi potenziali clienti ad avere atteggiamenti ostili nei tuoi confronti (diffidenza, repulsione, stizza, farti sentire in colpa ecc.), ma una cosa è certa: NON È COLPA TUA. Quindi tienilo presente prima di alzare la cornetta, per sconfiggere l’ansia. Prima abbiamo detto che questa “sindrome” può manifestarsi anche durante una telefonata e non subito. Per la maggior parte dei casi avviene quando un telemarketer sente un suono della voce poco gradevole da parte di chi risponde dall’altra parte della 58
cornetta. Qui si cade nel classico errore di esordire con: «Scusi se la disturbo...».
Per ovviare al problema della paura durante la telefonata occorrono fare due cose: pensare che, svolgendo il proprio lavoro si aiutano gli altri e non scusarsi. La prima questione l’abbiamo appena vista, solo che durante la telefonata, c’è un aspetto da aggiungere. Oltre a essere consapevole che si stai svolgendo il tuo lavoro, quando conversi con qualcuno al telefono, ricorda sempre che tu stai aiutando il potenziale cliente a migliorare in tutti i casi. Grazie a questa strategia, infatti, condizioni positivamente te stesso a non pensare come un venditore, ma come qualcuno che aiuta la persona interessata. Questo
stato
mentale
di
stampo
amichevole
verrà
immediatamente percepito da chi ti ascolta e abbasserà immediatamente la propria “difesa”, indipendentemente se poi voglia comprare da te oppure no. Così il tuo modo di lavorare migliorerà tantissimo grazie al fatto che sarai più calmo e rilassato. Per confermare questo stato anche con le parole, non tradirti scusandoti verbalmente con il tuo interlocutore in modo
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continuo, perché altrimenti potresti inconsciamente insospettirlo di nuovo in merito ai motivi per cui lo hai chiamato.
SEGRETO n. 4: per sconfiggere “l’ansia del no” devi pensare che, come fanno tutti, stai svolgendo il tuo lavoro e non devi scusarti perché stai aiutando il tuo interlocutore. L’ultimo aspetto che devi conoscere allo scopo di raggiungere il tuo livello ideale di autostima è poco conosciuto, non perché non venga vissuto dai telemarketer e non accada, ma perché viene raramente affrontato e studiato nei vari corsi relativi a questo lavoro! Quando mi è capitato di dover trovare una soluzione a questo problema mi sono chiesto: «Perché non ne parlano mai?». Alla luce di tutto ciò, ho ritenuto giusto quindi informarti. Il problema di cui ti sto parlando è quello che io chiamo “la difficoltà di trovare l’equilibrio necessario”. Prima o poi, svolgendo questo lavoro, ti ritroverai a seguire due direttive: la prima è quella di entrare in sintonia con il tuo cliente e la seconda è quella di vendere o comunque raggiungere il tuo
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obiettivo (che potrebbe essere, altrimenti, quello di fissare appuntamenti o altro). Da un lato c’è l’esigenza lavorativa di creare sintonia con le persone, con il rischio però di diventare troppo amichevoli e inconcludenti, dall’altro lato l’obiettivo di vendere, ma con il rischio di passare per dei venditori senza interesse vero per le persone o, peggio, senza scrupoli. È come stare tra il martello e l’incudine... Come venirne a capo? Quando ho visto che molti dei miei colleghi cercavano di risolvere questo problema, avevano un approccio radicale: o da una parte o dall’altra. I risultati però erano pessimi perché c’era chi spinto probabilmente dalla sua indole benevola tendeva a lasciare troppo spazio ai voleri dei potenziali clienti, facendo poche vendite per non irritarli. Altri invece non perdevano l’obiettivo di sempre, ma esercitavano troppa pressione sui loro interlocutori con la conseguenza che vendevano ciò che proponevano, ma in mancanza di sintonia, chi aveva comprato da loro per la prima volta, non comprava più. Questo approccio era ed è totalmente sbagliato in entrambi i casi, 61
ma, soprattutto, era deleterio per il loro morale perché non trovavano una soluzione!!! Avere la soluzione, quindi, fa sì che tu non incappi in questo stato d’animo e così facendo non intaccherai la tua autostima. La soluzione, fortunatamente, è più semplice di quanto si possa immaginare dal punto di vista logico.
Occorre partire dal fatto che sono necessari tutti e due i poli. Non si può sperare di fare questo lavoro puntando su uno solo, ma occorre usarli tutti e due. Come? In uguale misura, o meglio, significa che devi concepirli in modo diverso: non più due poli avversi, ma complementari. Devi considerarli due facce della stessa medaglia: complementari ed entrambi senza valenza in assenza dell’altro.
Ed eccoci arrivati al fatidico “equilibrio necessario” citato prima. Grazie a questo equilibrio, riesci a sfruttare le caratteristiche positive di entrambi. Non esiste che un unico modo per raggiungere
questo
equilibrio.
Trovare
un
atteggiamento
compatibile con gli stati d’animo che si vengono a creare con i
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due poli: troppo amichevole ed espansivo il primo, troppo cinico e distaccato il secondo. L’atteggiamento ideale è il seguente: non essere distaccati con il cliente al punto di essere considerati freddi e allo stesso tempo ricordare il proprio ruolo e i propri obiettivi. Solo così troverai la sintonia necessaria che devi raggiungere con i clienti e allo stesso tempo non toglierai l’attenzione dal tuo obiettivo principale. Ti do un consiglio per acquisire nel più breve tempo possibile questo atteggiamento: scomponi il tuo dialogo in due fasi: nella prima che coincide con l’approccio e la conoscenza della persona trova la giusta sintonia, ma non appena hai raggiunto questa, equilibra SUBITO il tuo atteggiamento ricordandoti dei tuoi obiettivi ed entra nella seconda fase che coincide con la ricerca di un accordo tra le parti, che quasi sempre o è una vendita o un appuntamento fissato. SEGRETO n. 5: la “mancanza di equilibrio” tra i due poli della vendita si supera assumendo un atteggiamento compatibile con gli stati d’animo provocati da entrambi i poli.
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RIEPILOGO DELLA FASE 2: SEGRETO n. 1: tutti, TU compreso, possono far bene in questa ottima ed efficace, seppur complessa, area di vendita. Grazie alla tua AUTOSTIMA raggiungerai i migliori risultati! SEGRETO n. 2: grazie alla fiducia in te stesso puoi raggiungere la soglia minima di autostima. I due elementi chiave per ottenerla sono la positività e lo studio dei tuoi prodotti/servizi. SEGRETO n. 3: la verifica continua dei tuoi progressi, aumenterà costantemente la tua autostima. Poi all’inizio, poniti sempre obiettivi chiari e facili da raggiungere. SEGRETO n. 4: per sconfiggere “l’ansia del no”, devi pensare che, come fanno tutti, stai svolgendo il tuo lavoro e non devi scusarti perché stai aiutando il tuo interlocutore. SEGRETO n. 5: la “mancanza di equilibrio” tra i due poli della vendita si supera assumendo un atteggiamento compatibile con gli stati d’animo provocati da entrambi i poli.
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FASE 3: Come utilizzare la comunicazione para-verbale
Tu, prima ancora di saper organizzare la tua attività, devi sapere come affrontare questo lavoro con serenità e i suggerimenti studiati nel capitolo precedente ti aiutano sicuramente in questo senso, nel migliorare il tuo atteggiamento. Prima abbiamo scoperto che la mente delle persone che ti ascoltano per telefono traduce ciò che sente e capisce il tuo stato d’animo e addirittura la tua postura. Avviene con tutti e anche la tua mente lo fa se ricevi una telefonata, quindi c’è poco da fare: devi abituarti a convivere con questa situazione.
Sembra uno svantaggio da subire vero? Qui arriva il bello: tutto questo lo puoi sfruttare a tuo vantaggio! Infatti un potenziale cliente deve percepire la tua autostima raggiunta grazie ai suggerimenti che prima abbiamo visto insieme! Parlando del sorriso come “arma”, abbiamo visto solo un elemento di quello 65
che puoi trasmettere per telefono: la positività. Da adesso devi imparare a usare la madre di tutte le armi per trasmettere tutto ciò che vuoi, ovvero la tua VOCE. Grazie ad essa infatti puoi trasmettere non solo positività, ma tante altre cose, come appunto (ed è la cosa principale da far percepire) la tua autostima. Sappi il modo con cui usi la voce determina l’immagine dell’azienda per cui lavori. Sì, proprio così! Infatti una voce squillante, gradevole, aggraziata e reattiva dà l’impressione di un’azienda attenta ai propri clienti, snella, efficiente e veloce! Sono queste, ad esempio, tante cose che puoi trasmettere tramite la voce. Pensaci un attimo: quante sono state le volte che non hai formulato il giudizio su un’azienda dopo che hai sentito la centralinista o il responsabile di turno? Impossibile che tu ne abbia soltanto una!
A questo punto ti sarai reso conto che per te (e la tua azienda) è fondamentale sapere come si usa la voce. Ora è venuto il momento che tu sappia quali sono le sue caratteristiche e quali sono quelle da usare a tuo vantaggio, in più tutte le strategie segrete correlate al loro uso. Prima però precisiamo una cosa. 66
Sicuramente ti avrà colpito il fatto che è il modo con cui si usa la propria voce a influenzare i potenziali clienti. E il contenuto? Si può dire ciò che si vuole al telefono, tanto basta sapere “come” dirlo per fare clienti? Non proprio. È ovvio che, ad esempio, non puoi parlare di sport se al telefono devi fissare un appuntamento o vendere un aspirapolvere...
La verità è che sono importanti sia i contenuti di ciò che dici e sia le modalità con cui trasmetti la tua voce. Vediamo meglio: esistono tre forme della comunicazione umana che tutti gli uomini usano in modo differente. Eccole: la comunicazione verbale (i contenuti); la comunicazione paraverbale (la voce, espressione del viso ecc.); la comunicazione non verbale (linguaggio visivo-corporeo).
Sicuramente ti stai già chiedendo quale delle tre è la più importante, nonostante servono tutte e tre. Le percentuali con cui tutte e tre influenzano l’incisività della comunicazione sono: il 7% la comunicazione verbale, il 40% la comunicazione paraverbale e ben il 53% la comunicazione non verbale. È 67
davvero sorprendente come i contenuti incidano così poco in questo lavoro! Prima di imparare e capire questo, infatti mi chiedevo sempre come mai in tutti i lavori di vendita che ho fatto nella mia vita, persone che conoscevano ben poco il prodotto che vendevano, avevano un grande successo. Ecco spiegato il perché! Ovviamente però, come abbiamo visto nel capitolo precedente, è importante
comunque
studiare
le
caratteristiche
del
prodotto/servizio che si vende anche perché col passare del tempo è ragionevole che tu arrivi a possedere una comunicazione completa: cioè l’uso corretto della tua voce e ricchezza di contenuti. In una situazione di assenza di stimoli visivi come in questo lavoro (cioè la mancanza della comunicazione non verbale) è necessario che sfrutti a tuo vantaggio le altre due forme. Tolto il linguaggio del corpo, l’incidenza dei contenuti e quindi della comunicazione verbale sale un po’, fino ad assestarsi su una percentuale che varia dal 15% al 18%. Ma è la comunicazione paraverbale ad avere un deciso rialzo: se dal vivo si assestava intorno al 40% ora è aumentata moltissimo fino a una percentuale che oscilla tra un 82% e un 85%!!! 68
Ecco perché è veramente importante per te conoscere le caratteristiche di questa comunicazione e tutti i suoi segreti, è fondamentale per far percepire la tua autostima. Solo così, grazie alla tua voce, puoi avere una comunicazione efficace. All’altro aspetto, necessario per arrivare a possedere una comunicazione completa, cioè il contenuto (comunicazione verbale), ho dedicato tutto il prossimo capitolo, nel quale studieremo esaurientemente tale aspetto. Per saper utilizzare la voce in modo corretto e a proprio vantaggio devi sapere che esistono tre aspetti sui quali devi lavorare: il primo è la dinamicità della voce, cioè la capacità di modulare il tono in modo da non essere statici e variare la tonalità vocale, il secondo aspetto è l’adattamento vocale necessario per fare centro nelle tue conversazioni e infine il terzo aspetto è l’efficacia della tua voce, che si raggiunge utilizzando a tempo dovuto tutti i quattro elementi della voce. SEGRETO n. 1: la comunicazione paraverbale, cioè quella legata alla tua voce, influisce sull’incisività della tua
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comunicazione
fino
all’85%.
Perciò
è
assolutamente
necessario saperla utilizzare!
Il TONO della tua voce è molto importante. Saperlo utilizzare a tuo favore è fondamentale. La funzione principale della voce è quella di trasmettere emozioni e solo dopo contenuti. L’esempio più lampante si ha quando si ascolta musica straniera: è davvero straordinario come persone che conoscono solo la lingua italiana si ricordano i motivi di una canzone e gli piaccia nonostante non sappiano una parola del testo musicale! Questo avviene perché il tono vocale del cantante che canta quella determinata canzone li ha emozionati e poco importa per loro se non hanno capito quello che diceva! Utilizzare il tono della tua voce può sembrare scontato e naturale, come usarlo a tuo favore, ma non è così. Questo perché bisogna eliminare le tendenze che tutti noi abbiamo nel parlare. Nel quotidiano infatti si usa la voce per parlare, certo, ma pochi sanno usare la voce con tutte le sue potenzialità. Questo spiega perché, ad esempio, due persone diverse che parlano dello stesso argomento hanno risultati differenti nel farsi capire, oppure nel 70
mostrare la validità di ciò che dicono: in pratica hanno un diverso risultato. Quindi vediamo subito qual è il modo migliore per utilizzare al meglio la voce. Da diversi anni, scienziati, soprattutto neurologi e antropologi, hanno cercato di capire se esiste un meccanismo comune per tutti gli uomini che spiega perché una determinata esperienza fa provare un’emozione. Sicuramente sono stati fatti molti passi in avanti, soprattutto per quanto riguarda la chimica neurale, ma di risposte ce ne sono ancora poche. Non si è ancora capito perché ad esempio la stessa esperienza ad alcuni provoca emozioni e ad altri no. Una delle poche cose che finora si sa sulla mente (in merito a questo tema) è che il cervello umano tende a rimuovere tutto ciò che accade regolarmente. E di conseguenza tende a dare poca importanza anche a quello che una determinata esperienza ricorrente può suscitare. A riguardo mi ricordo un episodio che a distanza di anni, ogni volta che ci ripenso, non fa che convincermi della validità di questa tesi. Quando ero piccolo, mi ricordo che a casa spesso ero 71
a contatto con animali di vari tipi: canarini, criceti, tartarughe e gli immancabili cani e gatti.
Notavo con mio grande stupore e sensibilità infantile che quando venivano a trovarmi dei parenti, mentre giocavo con i miei cugini, loro non erano indifferenti alla presenza di questi animali. E io mi chiedevo: «Perché tanta sorpresa?». A distanza di anni ho capito che le reazioni che avevano (sia positive, che negative) erano dovute al fatto che non avevano animali domestici. Perciò la loro mente non era abituata a questa situazione, al contrario della mia, per la quale era tutto normale! La mente umana possiede un particolare meccanismo istintivo che si attiva quando siamo di fronte a esperienze già avute. La mente, come un vero e proprio calcolatore, immagazzina informazioni di tutti i tipi attraverso i cinque sensi: movimenti del corpo, sapori, odori, sensazioni provocate dal contatto con qualcosa, immagini, suoni ecc. Nel fare questa continua azione di memorizzazione il cervello mette in atto un potente processo di selezione e, di fatto, scarta tutto ciò che già si sa o si è vissuto. Esperienze già vissute sono considerate quindi non degne di essere memorizzate, o più precisamente non degne di nota. Questo spiega, in parte, anche 72
quel comportamento umano che ci spinge ad apprezzare le cose che non possediamo e considerare “scontate” e normali le cose che già abbiamo: per esempio nonostante siamo consci che l’auto comprata un anno prima sia un modello desiderato ancora da molte persone, tendiamo a considerarla normale e a desiderare un’auto con caratteristiche diverse e, spesso, con costi ancora maggiori. Questo meccanismo, come accennato prima, entra in azione anche per quanto riguarda i suoni e tra le maggiori fonti di suoni che un uomo ascolta quotidianamente ci sono le voci delle persone con cui dialoga o che comunque gli sono vicino.
Allo stesso modo, a chi ti ascolta per telefono, accade la stessa cosa nella mente: parte il meccanismo di memorizzazione e di conseguente selezione. Parlare quindi con toni regolari, con cadenze sempre uguali e ripetitive rischia di farti etichettare dalla mente del tuo interlocutore come poco interessante e quindi non degno di nota! A questo punto capirai perché è importante la DINAMICITÀ della tua voce. Se non vari il tuo tono, hai già perso in partenza. 73
Le tonalità del suono della voce sono tutte composte da tre fasce di tono: basso, medio (quello più usato) e alto. Le tonalità che non devi usare sono:
La tonalità mono-fascia: questa tonalità si ha quando una
persona utilizza sempre lo stesso tono di voce. Si intuisce subito che questo modo di parlare è perdente: ne è un chiaro esempio quando ascoltando un presentatore di una trasmissione televisiva, tendiamo ad annoiarci ed estraniarci dal contenuto dei suoi discorsi.
La tonalità bi-fascia: questa, al contrario della tonalità
mono - fascia, utilizza due fasce di tono indistintamente, ma in modo ripetitivo e binario. Prima uno, poi l’altro e così finché dura la conversazione. Un esempio su tutti è la classica “ninna-nanna” ai neonati: il suono bi – fascia di questa non a caso tende ad addormentare i bambini!
La tonalità tri-fascia: Quest’ultima utilizza tutte e tre la
fasce di tono, ma in modo comunque ripetitivo e continuativo. È una tonalità piuttosto rara da sentire, perché effettivamente è difficile “annoiare” utilizzando sia il tono alto, basso e medio. Si 74
può ascoltare questo soprattutto nelle comunicazioni degli ipermercati: «Si avvisa il Sig. Rossi di recarsi al punto informazioni prego...» e poi di nuovo, «Si avvisa il Sig. Rossi di recarsi al punto informazioni prego...» e così via con almeno altre tre ripetizioni. Usando queste tonalità è praticamente certo il fallimento! La mente umana inquadra subito un andamento regolare e lo memorizza. Nel momento in cui la mente del tuo interlocutore comincerà a sentire da te lo stesso tipo di tonalità, sapendo già di cosa si tratta, non ha più motivo per catalizzare l’attenzione sulla tua voce e su di te e farà calare di conseguenza l’interesse su ciò che dici.
L’unico modo per ovviare a questo è usare l’unica tonalità che trasformi la tua voce da statica e fossilizzata sugli stessi andamenti di tono, a dinamica. Questa tonalità si chiama “tonalità variabile”. La tonalità variabile ha alcune cose in comune con la tonalità tri-fascia: questo perché utilizza anch’essa tutte e tre le fasce di tono. La differenza sostanziale però sta nell’uso dei toni. Non un uso alternato e ripetitivo, ma l’utilizzo di tutti e tre i toni, basso, medio e alto, in una sequenza non 75
ripetitiva e alternata, di conseguenza non prevedibile: in questo modo le tue conversazioni saranno molto più modulate. Il tuo ascoltatore sentendoti continuamente cambiare tono non si “annoierà” mai e il suo livello di attenzione non potrà mai calare!! Per farti capire in fondo la differenza tra questa tonalità e le altre diamo un numero ad ogni tono: il numero 1 al tono basso, il numero 2 al tono medio ed il numero 3 al tono alto. Ecco come risulterebbero tutti i tipi di tonalità utilizzando questi numeri.
Tonalità mono-fascia. Le sequenze risultano dominate da un solo numero che corrisponde a un tono. Ecco le tre possibilità: 1) sequenza solo bassa: 11111111111111111111111111; 2) sequenza solo media: 22222222222222222222222222; 3) sequenza solo alta: 33333333333333333333333333.
La tonalità bi-fascia. In questa tonalità che si distingue per l’utilizzo binario dei toni esistono sei combinazioni che comunque hanno lo stesso effetto di deconcentrare: 1) sequenze bassa-media: 121212121212 o 212121212121; 2) sequenze media-alta: 232323232323 o 323232323232; 3) sequenze bassa-alta: 131313131313 o 313131313131. 76
La tonalità tri-fascia. Questa tonalità, come sappiamo, utilizza tutti i toni insieme generando anch’essa ben sei combinazioni che però non portano a nessun risultato: 1) sequenza bassa-media-alta: 123123123123123123; 2) sequenza alta-media-bassa: 321321321321321321; 3) sequenza bassa-alta-media: 132132132132132132; 4) sequenza media-alta-bassa: 231231231231231231; 5) sequenza media-bassa-alta: 213213213213213213; 6) sequenza alta-bassa-media: 312312312312312312. Ti sembrano tante queste quindici combinazioni? Non lo sono. Inoltre non hanno nessun effetto utile sul tuo ascoltatore perché, come hai visto nelle sequenze, sono ripetitive. Vediamo invece la tonalità variabile: 1. prima sequenza infinita: 133321311132122132323132; 2. seconda sequenza infinita: 321321231232121232312213; 3. terza sequenza infinita: 213213213231322332213322. Andiamo avanti? Meglio di no, altrimenti questo libro non finirebbe più... Come hai potuto constatare, nella tonalità variabile le sequenze di utilizzo dei tre toni sono infinite... perciò sarà impossibile annoiare il tuo interlocutore. D’ora in poi, quindi, 77
utilizza tutti e tre i toni facendo leva su tutte le infinite possibilità di combinazione.
Un’ulteriore spinta per arrivare a possedere una voce dinamica da parte tua può arrivare utilizzando bene le pause: esse infatti possono contribuire a variare l’uso delle sequenze perché pur combinando tantissime combinazioni di tono, è intuibile che da parte tua ci sia ogni tanto una pausa (anche di un secondo). Parlare tutto d’un fiato, anche se usi tutte le combinazioni possibili, alla lunga tende a far calare la concentrazione al tuo potenziale cliente e inoltre può diventare deleterio per le corde vocali.
Una sana pausa anche di pochissimo tempo, dà il tempo di “respirare” e di memorizzare alla mente di chi ti ascolta, in modo che dopo la pausa è concentrato come e più di prima! SEGRETO n. 2: variare sempre il tuo tono di voce ti aiuta ad allenare la tua voce a essere DINAMICA. Grazie a questa caratteristica manterrai sempre alta l’attenzione del tuo ascoltatore! 78
Un altro aspetto importante su cui devi lavorare è l’adattamento vocale. Infatti puoi avere la voce più dinamica del mondo, ma se non sei capace di adattarla, specie in certe situazioni, è del tutto inutile. La prima volta che sentii parlare di questo aspetto applicato a un seminario sul telemarketing ero piuttosto scettico: infatti non reputavo affatto necessario dover adattare la mia voce alle varie situazioni che si sarebbero potuto presentare.
Dopotutto, pensavo, non avrebbe influito più di tanto questo aspetto sulle mie conversazioni! Inoltre per me era tempo sprecato soltanto mettermi a pensare di dover adattare la voce e il mio modo di parlare.
Così continuai tranquillo, senza preoccuparmi di tale aspetto. Dopo qualche settimana dal seminario non si verificò nessuna situazione ove fosse necessario il mio adattamento ed ero sempre più sicuro che tutto ciò fosse solo tempo perso dietro un’inutile preoccupazione! Ma mi sbagliavo...
Un giorno (che non dimenticherò mai) mi chiamò il direttore di uno stabilimento che chiedeva informazioni in merito a un
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preventivo per lo smaltimento di rifiuti tossici della sua azienda e voleva sapere in che modo la mia azienda potesse essergli d’aiuto. Io cominciai a parlargli secondo le procedure più indicate per affrontare una telefonata e soprattutto se si trattava di una richiesta diretta.
Sembrava andare tutto liscio, quando a un certo punto il direttore di stabilimento non seppe darmi un dato fondamentale per potergli formulare un preventivo. Mi mise un attimo in attesa e mi disse che mi avrebbe passato il titolare perché certe informazioni poteva saperle solo lui. Io ero entusiasta, perché parlando direttamente con il titolare avrei potuto addirittura andare ben oltre un solo preventivo.
Come rispose al telefono mi diede subito le informazioni richieste, ma in un modo che feci fatica a capire perché dette con una cadenza dialettale che risultò per me poco comprensibile. Subito richiesi le stesse informazioni, ma invece di essere più comprensibile, ripeté lentamente ciò che aveva detto credendo di aver parlato troppo veloce. Però non compresi comunque e gli chiesi esplicitamente di poter parlare un po’ più in “italiano” e…
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apriti cielo! Il titolare, che era un uomo anziano, mi rispose malissimo perché si era offeso dal fatto che il suo dialetto fosse stato così disprezzato da me! Non passarono nemmeno dieci minuti che telefonò nella direzione della mia azienda per chiedere del perché di tutto questo.
Quel giorno, rischiai quasi il licenziamento visto che era il titolare di un’azienda di centoventi dipendenti! Fortunatamente tutti capirono la “natura” del malinteso, e tutto finì con mio grande sollievo. Da quella volta capii quanto fosse importante adattare la propria voce nelle situazioni che lo richiedevano. Nell’esempio appena visto sarebbe stato opportuno adattare il mio tono di voce emulando quello del titolare di quell’azienda compreso l’accento caratteristico del suo dialetto.
Ora, anche se è vero che non si può imparare un dialetto, l’importante è cercare di parlare nel modo più simile al proprio interlocutore. Se anche tu ti troverai in questa situazione ad esempio, cerca di modulare la tua voce in modo simile a quello della persona che ti parla con il suo dialetto. Poi se conosci il suo dialetto o soltanto qualche parola, usale, tanto meglio!
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Ti ho fatto questo esempio preciso per farti capire che l’adattamento vocale e il suo modo di utilizzo hanno un unico scopo: la sintonia con il tuo interlocutore. Ovviamente la voce è solo uno dei tanti modi per raggiungerla, ma sicuramente è uno dei migliori.
La sintonia è importantissima perché una volta ottenuta ti permette di far abbassare la soglia psicologica di guardia del tuo interlocutore e parlare con più scioltezza e disinvoltura. Ti accorgi di averla raggiunta quando vedi che il tuo interlocutore si “apre” nei tuoi confronti, ammorbidendo il suo approccio con te. Te ne accorgi da solo, senza dover capire qualcosa in particolare.
Grazie alla tua voce puoi entrare in sintonia anche per recuperare conversazioni che stanno degenerando o particolarmente tese. Mi è capitato spesso, infatti, di essere riuscito a riprendere una brutta conversazione chiedendo semplicemente le stesse cose adattando la mia voce a quella di chi mi ascoltava! A riguardo della voce, ti farà piacere sapere che l’adattamento non ha bisogno di mettere in moto complicati meccanismi o strategie. Questo perché è un processo naturale che avviene sempre
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quando due o più persone si trovano a parlare tra loro. Quante volte, ad esempio, ti sei trovato a parlare con più persone in gruppo, e dopo qualche tempo hai usato lo stesso termine, per nominare qualcosa, di una persona vicino a te? Termine che non avevi mai utilizzato. Vero? Spesso infatti tendiamo ad assumere gli stessi atteggiamenti del “gruppo” (compresi quindi lo stesso timbro di voce e modo di parlare) per essere in sintonia con loro e come diretta conseguenza, sentirsi accettati. Infatti questo comportamento relativo a tutti gli uomini non è presente solo in età adolescenziale, ma in tutte le fasce d’età.
Quindi non elaborare chissà quali strategie per adattare la tua voce, ma piuttosto affina e velocizza questo processo che si innesca naturalmente applicandolo a questo lavoro. Ti trovi a parlare con qualcuno che parla in dialetto? Bene, parla anche tu in dialetto! Non conosci quel dialetto? Cerca comunque di parlare in un modo che gli somigli! Stai parlando con qualcuno che parla velocemente? Fai come lui! Stai ascoltando qualcuno che parla piano? Parla anche tu con lo stesso ritmo (senza superare certi limiti, ovviamente)! 83
SEGRETO n. 3: anche l’adattamento vocale è importante per l’utilizzo ottimale della tua voce. Usalo per entrare in sintonia con il tuo interlocutore!
L’ultimo aspetto da analizzare è l’efficacia della tua voce. La dinamicità e l’adattamento servono per mantenere alta la concentrazione del tuo interlocutore e per entrare in sintonia con lui, ma non rendono la tua voce efficace. Per migliorare l’efficacia della tua voce occorre sviluppare e potenziare l’uso dei quattro elementi cardine: la velocità, il volume, l’inflessione e gli intercalari. Vediamo uno per uno questi aspetti, per i quali basta solo un po’ più attenzione del solito, perché come l’adattamento, anch’essi sono caratteristiche vocali che quotidianamente caratterizzano
le
nostre
conversazioni
e
quindi
usiamo
naturalmente!
La velocità della voce è un elemento che difficilmente rimane inosservato. Chiunque ascoltando un amico, ad esempio, non può che notare la velocità con cui parla. Può sembrare strano per chi la prima volta sente parlare della velocità come di un elemento determinante della voce, ma è proprio così.
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Pensaci bene, quante volte infatti hai giudicato una persona anche per il modo di parlare veloce? O, al contrario, per il modo di parlare troppo lento? Una persona che parla veloce viene quasi sempre considerata frettolosa o impaziente di dire qualcosa, oppure, ancora peggio, agitata e nervosa.
Persone che parlano lentamente invece, tendiamo a considerarle o lente nel pensare e nell’agire oppure troppo meticolose e noiose. Se ti è capitato di guardare canali stranieri o comunque sentire persone parlare lingue di origine anglosassone come l’inglese, sicuramente ti sarai reso conto della loro velocità.
Quando ero ragazzino e studiavo le mie prime nozioni di inglese alle scuole medie rimasi subito impressionato dal fatto che questa lingua avesse tale caratteristica: sarà anche perché generalmente i termini inglesi sono più brevi di quelli italiani, ma la velocità con cui parlano le popolazioni di lingua inglese è impressionante. Te ne puoi rendere conto ascoltando le interviste di alcune star della musica su MTV, ad esempio. Mi ricordo che quando chiesi alla mia professoressa d’inglese del perché di questo mi disse: «Non c’è un motivo esatto, ma ti basta sapere che noi italiani, 85
per gli inglesi, siamo talmente lenti nel parlare che sembra che cantiamo tutto il giorno!»
Questo ti fa capire che ruolo ha la velocità della voce nei tuoi dialoghi. Il modo migliore per calibrare la propria voce al telefono è composta da due fasi: nella prima (che coincide con i primi momenti in cui senti il tuo interlocutore) assumi l’atteggiamento dell’adattamento, come detto in precedenza, per creare sintonia e cioè moduli la tua velocità come quella del tuo interlocutore. Solo dopo entri nella seconda fase, cioè quando riporti man mano la velocità a uno stato funzionale per i tuoi scopi.
Ovviamente nella scelta della velocità ottimale ci vuole un po’ di “tatto” e anche di buon senso: è ovvio infatti che parlare troppo velocemente potrebbe portare a non scandire bene le parole con la conseguenza di non farsi capire. Parlare troppo lentamente al contrario può deconcentrare e annoiare chi ti ascolta. Il mio consiglio è questo: cerca di trovare un equilibrio che vada bene per tutte le persone che conosci per telefono, poi è ovvio che a
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forza di ascoltare persone e parlare, la tua velocità sarà sempre più affinata.
Tra i due poli però (velocità o lentezza) opta sempre di orientarti verso la lentezza, ma in modo misurato, quindi cerca di parlare adagio. Parlando in questo modo sarai sia sufficientemente veloce da non annoiare e anche chiaro nello scandire i termini durante i tuoi discorsi.
Un altro elemento che concorre nell’efficacia della tua voce è il volume. Prima, quando abbiamo visto la dinamicità della voce abbiamo detto che le tonalità del suo suono sono tutte composte da tre fasce di tono. Ciò che determina se un tono è basso, medio o alto è il volume della voce.
Anche in questo caso, come nella velocità, occorre un po’ di buon senso. Partendo dal fatto che i toni della voce devono essere imprevedibili per tenere alta la concentrazione di chi ti ascolta, è ovvio che l’aumento o la diminuzione del volume non va fatto a caso. Se abbassi il volume della tua voce non devi farlo perché magari hai timore di rivelare il prezzo del prodotto che stai
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pubblicizzando. Semmai, come faccio anch’io, abbassa il volume solo quando vuoi far capire che una determinata offerta è da prendere al volo!
Credimi che ogni volta che abbasso il volume durante una frase nella quale voglio far intendere che la promozione in corso è un’occasione di cui approfittare, non fallisco quasi MAI. Questo perché il volume basso dà, alle parole dette, un senso di privilegio riservato a solo chi lo ascolta. Stesso discorso per quanto riguarda l’aumento di volume: non va fatto in modo sconsiderato perché potresti risultare una persona esaltata o aggressiva. Sai qual è l’unico momento in cui conviene alzare un po’ il volume? Quando, nei tuoi discorsi, sei arrivato nel momento fondamentale, topico, chiave: in questo modo dai la percezione della tua fermezza nell’affermare le tue tesi!
Come, e anche di più del volume, anche le inflessioni sono utili per dare valore a ciò che si dice. Le inflessioni sono quel particolare modo di enfatizzare un concetto espresso in modo diretto o subdolo all’interno di una frase, marcando pesantemente un vocabolo preciso. Analizziamo una frase nella quale
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marchiamo ogni termine di essa, così ti accorgerai come le inflessioni siano capaci di alterare a tuo piacimento e scopo il significato di una frase. Prendiamo questa frase: «Adesso posso sicuramente farti uno sconto!»
Adesso pensa di essere tu stesso al telefono e la pronunci marcando le parole in grassetto: «ADESSO posso sicuramente farti uno sconto!»
Marcando questa parola sicuramente poni l’attenzione sul fatto che in questo momento puoi fare uno sconto. Guarda adesso come cambia
il
messaggio
della
frase:
«Adesso
POSSO
SICURAMENTE farti uno sconto!» Ora l’accento è stato posto sul fatto che puoi dare la certezza dello sconto. Se invece cambiamo di nuovo diventa: «Adesso posso sicuramente FARTI uno sconto!»
In questo caso l’attenzione è spostata sul fatto che lo sconto lo fai in modo pressoché esclusivo, per lui! Infine se cambiamo di nuovo: «Adesso posso sicuramente farti UNO SCONTO!» Adesso l’attenzione è concentrata sul fatto che ciò che gli offri
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non è una fregatura o un aumento, ma un gradito sconto! Hai sicuramente capito che le inflessioni sono estremamente delicate da usare perché il minimo errore può stravolgere il senso delle frasi, ma d’altra parte sono un potente aiuto per l’efficacia della tua voce nei tuoi dialoghi. Se per la velocità la parola d’ordine è equilibrio, per le inflessioni la parola d’ordine è quindi attenzione nell’uso.
Prima ti avevo accennato che gli elementi che rendono efficace la tua voce non hanno bisogno di particolari applicazioni perché per usarli a favore non devi fare altro che potenziare e sviluppare ciò che già, con nostra inconsapevolezza, usiamo tutti i giorni. La naturalezza infatti è importante sia per te (perché altrimenti ti disorienti), che per il tuo cliente, in modo da risultare più familiare, più umano.
Ciò che ci rende più naturali sono i suoni intercalari, cioè quei suoni che tendono o a spezzare momentaneamente la tensione di un discorso o danno aiuto psicologico o, grazie a termini precisi, al contrario, mantengono stabile la percezione del tuo coinvolgimento, in chi ti ascolta, in quello che dici (degli
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intercalari, intesi come parole, ne parleremo nel prossimo capitolo). Nel loro uso non c’è niente di male dunque, ma non bisogna esagerare. Infatti troppi “mmm...”, “ehm...”, “aah” invece che un salutare allentamento della tensione finiscono per insospettire il tuo interlocutore sulla tua credibilità perché sminuisci addirittura la sua percezione del tuo grado di coinvolgimento nel discorso e della tua affidabilità!
Stesso discorso vale per quegli intercalari come “diciamo”, “no?”, “chiaramente”, “cioè”: se è vero che il loro uso dà un supporto psicologico alla nostra convinzione in quello che diciamo (io, tendo a usare spesso il “no?”), l’utilizzo continuo tende a complicare i tuoi discorsi rendendoli difficili da “digerire” sia per quanto riguarda l’attenzione che la comprensione. Quindi, in sintesi, va bene usare i suoni intercalari, ma con moderazione.
Se poi noti che utilizzi abitualmente uno dei suoni prima citati, esercitati (anche dal vivo) a rimpiazzarlo facendo delle pause: infatti le pause non solo danno il tempo di memorizzare ciò che dici al tuo interlocutore, ma ti aiutano a trovare quello spazio necessario durante il quale trovare la giusta convinzione.
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SEGRETO n. 4: per migliorare l’efficacia della tua voce devi potenziare l’uso dei quattro elementi cardine della voce che già usi, la velocità, il volume, l’inflessione e gli intercalari. Un discorso a parte merita la comunicazione non-verbale. Come abbiamo visto nel telemarketing, vista l’assenza di stimoli visivi, non si può utilizzare quella che è la comunicazione più potente e influente di tutte. Quindi, di conseguenza, dobbiamo optare per utilizzare al massimo la comunicazione para-verbale e quella verbale.
La percentuale d’influenza della comunicazione paraverbale sale tantissimo in assenza del linguaggio corporeo e abbiamo già visto percentuali che vanno dall’82% fino all’85%! Ma all’aumento di questa percentuale è proprio vero che concorre solo la mimetica facciale e la nostra voce? O c’è dell’altro? La risposta è sì, c’è dell’altro ed è proprio legato alla comunicazione non-verbale!
Già nel capitolo precedente, ho accennato a qualcosa riguardante la comunicazione non-verbale. Ti ricordi quando abbiamo studiato il “sorriso”? Abbiamo visto che il cervello umano, anche in assenza di immagini, traduce ciò che sente dalla tua voce: la
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tua postura, i tuoi gesti, i tuoi movimenti e perfino i tuoi stati d’animo. Alla luce di tutto questo, si può tranquillamente affermare che la comunicazione non-verbale è comunque utilizzabile a tuo vantaggio! Si può dire che essa è “dietro le quinte”, ma c’è eccome. Se la comunicazione para-verbale è così decisiva nel telemarketing è dovuto anche al fatto che quella nonverbale “sfoga” tutta la sua potenza attraverso di essa. Quindi sappi che nella tua voce viene percepita anche questa componente da parte di chi ti ascolta. Già, ma come utilizzare questa comunicazione a proprio favore? Le risposte potranno sembrarti scontate, ma non lo sono affatto! Spesso mi è capitato di vedere molti miei colleghi trascurare questo aspetto e i risultati poi si sono visti...
Intanto bisogna partire da questo presupposto: lo stato d’animo e la posizione del corpo sono strettamente legati tra di loro. Potrà sembrarti strano, ma è così! Infatti la posizione del corpo influisce sul tuo atteggiamento e sullo stato d’animo nel lavoro.
Non solo, ma pensa quando sei a casa e stai telefonando a un tuo amico: se sei in piedi la tua conversazione tende a essere più 93
veloce, la voce più alta di volume e il tuo stato d’animo teso e/o concentrato. Al contrario se sei sul salotto di casa tua o sul tuo letto, la conversazione è più lenta, la voce più bassa e il tuo stato d’animo più disteso e rilassato. Quante volte, ad esempio, quando sei al telefono e sei arrabbiato, sei in piedi? Sempre! Questo perché la posizione eretta favorisce la concentrazione! Stesso discorso se si ricevono telefonate durante la notte mentre si dorme: difficilmente, se la notizia ricevuta è negativa o comunque di grande impatto emotivo, si rimane sdraiati con la cornetta sull’orecchio, ma viene naturale balzare su dalla posizione sdraiata e almeno sedersi.
In ufficio valgono le stesse regole: se mentre telefoni, stai masticando un chewing-gum, incroci le braccia dietro la testa, distendi la schiena sullo schienale della sedia, la tua motivazione e voglia sul lavoro verranno a meno.
Il mio consiglio, è quello di assumere posizioni corporee che favoriscano appunto la concentrazione nel tuo lavoro e il maggior coinvolgimento nelle conversazioni. Intanto scarta subito l’ipotesi di vestire sportivo in ufficio, anche se ti è
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permesso: questo ti aiuta ad avere più controllo di quello che fai e più auto-considerazione professionale.
Quindi vestiti in maniera decorosa e professionale, perché vedendoti vestito così, prendi te stesso e il tuo lavoro più sul serio! Per quanto riguarda la posizione corporea rimani seduto. Poi se ritieni che alzandoti puoi favorire la concentrazione per telefonate importanti, fallo pure.
Tieni la schiena in posizione eretta e spalle dritte senza orientarti verso nessun lato, infatti così facendo non solo eviterai posizioni che tendono a “rilassarti” eccessivamente, ma favorirai tutti gli organi del tuo apparato vocale (corde vocali, polmoni, trachea ecc.) per lavorare nel miglior modo possibile.
Grazie a questi ulteriori accorgimenti sarai portato a lavorare sempre con la giusta concentrazione e la necessaria serietà e vedrai che tutto questo (positivo ed d’ausilio per te) trasparirà sempre dalla tua voce offrendo la miglior immagine professionale di te stesso ai tuoi ascoltatori!!
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SEGRETO n. 5: anche la comunicazione non-verbale influisce indirettamente sulla tua voce. Utilizzarla al meglio significa lavorare sempre seriamente e concentrato.
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RIEPILOGO DELLA FASE 3: SEGRETO n. 1: la comunicazione paraverbale, cioè quella legata alla tua voce, influisce sull’incisività della tua comunicazione fino all’85%. Perciò è assolutamente necessario saperla utilizzare! SEGRETO n. 2: variare sempre il tuo tono di voce ti aiuta ad allenare la tua voce a essere DINAMICA. Grazie a questa caratteristica manterrai sempre alta l’attenzione del tuo ascoltatore! SEGRETO n. 3: anche l’adattamento vocale è importante per l’utilizzo ottimale della tua voce. Usalo per entrare in sintonia con il tuo interlocutore! SEGRETO n. 4: per migliorare l’efficacia della tua voce devi potenziare l’uso dei quattro elementi cardine della voce che già usi; la velocità, il volume, l’inflessione e gli intercalari. SEGRETO n. 5: anche la comunicazione non-verbale influisce indirettamente sulla tua voce. Utilizzarla al meglio significa lavorare sempre seriamente e concentrato.
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FASE 4: Come utilizzare la comunicazione verbale
Ora sai che, quando parliamo di telemarketing, la comunicazione (come per tutti i tipi di vendita) è alla base di tutto. Anche se, pur conservando molte caratteristiche della comunicazione “face-toface”, cioè quella che intercorre tra persone fisicamente una di fronte all’altra, quella legata al telemarketing si differenzia per il semplice fatto che i mezzi da utilizzare per fare una telefonata che conquisti chiunque non sono uguali. Prima abbiamo visto che la comunicazione è basata su tre aree d’influenza: la comunicazione verbale, quella para-verbale e quella non verbale e abbiamo appurato come in mancanza della comunicazione non verbale (cioè quella visiva legata al linguaggio del corpo) sia importante quella para-verbale (quella legata al nostro tono di voce, volume, velocità ecc.).
È giunto il momento di analizzare la comunicazione verbale, cioè quella legata esclusivamente alle parole e ai contenuti dei tuoi 98
discorsi: abbiamo detto che questa influenza la riuscita di una telefonata con una percentuale che varia da un 15 ad un 18%.
Questa percentuale è relativamente bassa a confronto di quella della comunicazione para-verbale, ma non è da sottovalutare: infatti
anche se la dinamica vocale incide molto
più
profondamente è importante che tu sappia sfruttare anche questo 15-18%. Non credi?
Per utilizzare a proprio favore questo margine devi sapere quali sono le parole che all’orecchio del tuo ascoltatore risaltano il concetto che nei tuoi discorsi vuoi trasmettere.
Per fare ciò però devi assolutamente essere padrone della corretta terminologia in ogni situazione: ovviamente non sto parlando del vocabolario tecnico che devi conoscere se fai telemarketing per vendere un tuo prodotto o servizio, ma quei termini che fanno la differenza in ogni circostanza e con ogni persona che abbiamo dall’altra parte della cornetta.
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Per questo devi “studiare”, aumentando il tuo bagaglio terminologico. Ci sono termini (aggettivi, verbi o sostantivi che siano) che sanno trasmettere emozioni, che sanno dare una scossa a una situazione di stasi, che se utilizzati correttamente fanno “sciogliere” anche le persone più chiuse e introverse. Questo perché esse vanno a stimolare quel particolare meccanismo associativo della mente (che tutti noi possediamo) legato alle emozioni e ai sensi.
La mente umana infatti è “abituata” ad associare: ogni termine è collegato a un concetto che a sua volta risveglia il senso o l’emozione che il nostro cervello ha associato nelle nostre precedenti esperienze. Ti faccio due esempi, legati uno ai sensi e uno alle emozioni: perché quando prendi in mano una conchiglia e senti l’odore di salsedine ti viene in mente il mare?
Oppure perché quando senti una canzone di tempo fa subito ti vengono in mente i bei momenti passati con gli amici nel periodo in cui questa canzone si ascoltava? Per non parlare poi di quando si associa una canzone a una storia d’amore e quando la si sente non si fa altro che pensare alla persona amata. Pensa che io, ogni
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volta sento l’odore di candeggina, mi ricordo sempre dei primi giorni di scuola, perché è lo stesso odore sentito in quei momenti, dato dal detersivo usato dalle bidelle! Ogni parola produce il suo effetto, per cui saper quelle giuste e saperle utilizzare nel momento più adatto significa riuscire a comunicare tutte le tue idee!
Quindi evita di parlare al telefono con frasi e termini che utilizzano e sanno tutti (ricordi? È lo stesso concetto a riguardo della tonalità della voce in merito alla varietà!): differenziati dagli altri usando parole che trasmettono calore, entusiasmo e forza.
Parole capaci di far capire al tuo interlocutore anche la gioia che hai nel compiere il tuo lavoro, la passione che ci metti nello svolgerlo. Emoziona la persona con cui parli con fervore e slancio, con audacia e originalità usando le parole più belle e seducenti che ci siano, capaci di stimolare la mente di colui con cui parliamo, facendo riprodurre da essa le sensazioni ed emozioni migliori!!
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SEGRETO n. 1: per poter sfruttare a tuo vantaggio anche la comunicazione verbale devi fare leva sul meccanismo emotivo e sensoriale del cervello.
Ora ti chiederai: va bene Roberto, ho capito, ma quali sono i termini più efficaci da usare? Non ti preoccupare perché ho pensato anche a questo... Ora ti svelo quali sono i termini che destano interesse e generano sensazioni positive (sono divisi per aggettivi, verbi e sostantivi): AGGETTIVI (suddivisi per concetto): coinvolgente, appetibile, gradevole; convincente, irresistibile, affascinante; invitante, seducente, piacevole; preciso, attento, puntuale; chiaro, pulito, cristallino; ricercato, creativo, originale; fresco, rivitalizzante, energico; fedele, corretto, sincero; aggiornato, competente, professionale; geniale, straordinario, portentoso; 102
felice, contento, entusiasmante; comodo, leggero, rilassante; conveniente, vantaggioso, vincente; naturale, genuino, salutare; valido, appropriato, mirato; efficace, efficiente, incisivo; completo, totale, dominante; innovativo, avanzato, moderno; prestigioso, esclusivo, raffinato; potente, forte, veloce.
VERBI (suddivisi per concetto): promuovere, richiamare, esaltare; alimentare, aumentare, incrementare; investire, guadagnare, beneficiare; rafforzare, tonificare, potenziare; facilitare, sveltire, giovare; ampliare, allargare, espandere; motivare, suscitare, stimolare; valorizzare, migliorare, arricchire; estendere, conquistare, vincere; 103
attrarre, attirare, affascinare.
SOSTANTIVI (suddivisi per concetto): garanzia, sicurezza, fiducia; rendimento, guadagno, profitto; soluzione, beneficio, vantaggio; sollievo, consiglio; efficacia, incisività, efficienza; metodo, rigore, zelo; genio, prodigio, personalità; opportunità, occasione, eccezione; soddisfazione, piacere, bene; omaggio, regalo, sconto; sorpresa, meraviglia, effetto; amore, calore, passione; fiducia, fedeltà, fede; potere, prestigio, privilegio; bellezza, incanto, meraviglia. Ora, finalmente, conosci tutti i termini che ti servono per poter innescare il meccanismo associativo del cervello e poter sfruttare 104
a tuo vantaggio la possibilità di influire positivamente la persona con cui stai parlando.
Quindi mi raccomando: studia e assimila questi termini in modo che ogni volta che capirai i bisogni del tuo interlocutore saprai quale “categoria” di aggettivi, verbi e sostantivi utilizzare. Infatti, se ad esempio noti che un tuo potenziale cliente ha bisogno di fiducia nei suoi fornitori, le parole come garanzia e sicurezza saranno sicuramente vincenti!
SEGRETO n. 2: studia e utilizza i termini che suscitano interesse e trasmettono positività in ogni occasione in modo da garantirti ottime possibilità di successo nella telefonata.
Come hai notato, esistono vari termini e possibilità di uso degli stessi. Devi però fare attenzione in che modo li usi: ormai negli ultimi anni si è abusato con termini del genere con lo scopo di fare effetto, ma se prima funzionavano, ora le cose sono cambiate.
Ad esempio quante volte, mentre leggevi offerte di lavoro hai letto:
«Azienda
leader
del
105
settore
cerca
impiegato/a
specializzato/a in gestione posizioni IVA e contabilità con esperienza pluriennale», è vero? Poi magari hai scoperto che l’azienda in questione non era tanto “leader” del suo settore, e poi col turnover nel mondo del lavoro che c’è oggi chi può offrire tanta esperienza se persino manager e i proprietari stessi di un’azienda cambiano in continuazione?
Ho fatto questo breve esempio per farti capire che potrebbero presentarsi delle situazioni per cui l’uso di certi vocaboli non sempre ti farà raggiungere l’effetto desiderato: per prevenire tutto questo ti elenco una serie di accorgimenti necessari, in modo da saper “calibrare” le parole che fanno effetto. Credimi, usa tutti questi trucchi che ho imparato dai miei espedienti, altrimenti rischi davvero di fare delle brutte figure: Vocaboli positivi Proprio per il fatto che le parole che ti ho elencato prima, si inseriscono in un contesto positivo, devi ovviamente usare vocaboli positivi che non contengano richiami opposti e negativi: mi ricordo quando una volta un potenziale cliente dell’azienda di servizi per cui lavoro mi raccontò del suo attuale fornitore esprimendo tutta la sua insoddisfazione. 106
Allora io approfittai subito della situazione per portarlo dalla mia parte: elencai tutti i servizi di cui poteva usufruire facendoli addirittura i complimenti per il suo atteggiamento. Nel fare questo gli dissi che il suo comportamento era da persona “non negligente” per il fatto che si preoccupava della salute dei suoi dipendenti... Non l’avessi mai fatto!
Inizialmente sottovalutai questo errore, commettendolo addirittura con altre persone: il risultato è che quasi nessuno di essi divenne mio cliente. Così cambiai strategia: il “non negligente” lo sostituii con “scrupoloso” con il risultato di raddoppiare clienti a parità di tempo dedicato a telefonare usando i due termini diversi. Vista la differenza?
Parole pesanti Con percentuali che vanno dal 60% al 70% un telemarketer si trova a telefonare per trovare nuovi clienti o fidelizzare quelli attuali. Una delle leve sulle quali bisogna far meno affidamento, ti potrà sembrare strano, è quella del prezzo.
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Tutto questo fa parte delle regole della vendita e della negoziazione, ma ti posso assicurare che spesso molte persone o per superficialità o per mancanza di tempo prima di darti la possibilità di approfondire l’argomento ti chiedono il costo del prodotto/servizio che promuovi.
I vocaboli come “prezzo” o “costo” danno a tutti un senso di peso:
utilizza
parole
come
“quota”,
“abbonamento”
o
“investimento” e vedrai come tutti saranno molto più propensi ad ascoltarti, magari rimanendo al telefono molto di più dei cinque minuti che ti volevano dedicare. Questo succede perché hai usato le parole facendo in modo di suscitare il loro interesse!
Parole valorizzanti e invitanti Converrai con me che questa attività sfocia spesso col fissare un appuntamento
col
cliente
(o
potenziale
tale):
sia
che
all’appuntamento ci vada tu stesso come agente, sia che ci vada un altro e il tuo compito consista soltanto nel prendere appuntamenti per la rete di vendita, dovrai dare al tuo interlocutore il motivo per parlare con qualcuno della tua azienda.
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Il motivo al 99% dei casi è quello di valutare le varie proposte: invece di parlare appunto di una “proposta” o “offerta” utilizza termini come “assistenza”, “consulenza” o “progetto”.
Agendo in questo modo smonterai tutte le loro linee di difesa e i loro pregiudizi in merito. Stesso discorso vale se devi dire in anticipo chi si presenterà all’appuntamento: evita assolutamente di
pronunciare
parole
come
“agente”,
“venditore”
o
“commerciale”, ma parla di “consulente”, “esperto” o “assistente” e vedrai che quasi nessuno potrà resistere a telefonate di questo tipo, perché vengono a mancare i richiami relativi alla vendita.
La coerenza Quando ti verrà chiesto di descrivere un tuo servizio o un tuo prodotto, una delle cose che più apprezzano le persone è la coerenza in quello che dici, quindi evita, ad esempio, aggettivi del tipo “inimitabile”, “insostituibile”, “unico” perché se così non è non solo perderai un cliente, ma ti farà una pessima pubblicità con chiunque si trovi a parlare.
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Ovviamente se sai per certo che ciò che proponi è davvero “unico”, il problema non sussiste.
Le parole che vertono sul prezzo Quando parli del tuo prodotto/servizio stai attento a utilizzare le parole che vertono sul prezzo come “economico”: invece di facilitarti il compito, te lo complica perché sminuisce il valore reale del tuo prodotto. Sostituiscilo con parole tipo “risparmio” o “conveniente”. Usa con giudizio le parole “gratis” e “gratuito”.
Non fossilizzarti Se è vero che col tempo imparerai a utilizzare le parole adatte a ogni situazione, non adoperarle ogni singolo momento: cerca di trasmettere la tua stessa idea con parole diverse. Evita le parole abituali cominciando a esercitarti al telefono, ma successivamente anche con gli amici, con i colleghi e con i famigliari: questo ti aiuterà a raggiungere prima la padronanza per fare il maggior numero di variazioni.
Ovviamente con tutti questi accorgimenti, ti stai già chiedendo quando potrai utilizzare le parole che hanno “effetto”: non ti
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preoccupare, perché questi trucchi li ho dovuto imparare anch’io e tutti gli altri che come me e te hanno deciso di imparare a usare meglio il telefono o a utilizzarlo come formidabile arma per fare marketing.
Il saper utilizzare parole rassicuranti, convincenti e attraenti con dimestichezza e padronanza non si acquisisce subito, ma sicuramente (questa volta è proprio così), facendo molta pratica e allenamento: quindi cerca di provare ogni giorno una parola nuova! Inoltre completa la tua formazione arricchendo il tuo lessico, aiutandoti con un dizionario di sinonimi, portandolo anche in ufficio e “studiandolo” prima di ogni telefonata.
Infine ci sono due aspetti che devi sempre tenere in considerazione, altrimenti tutto quello che hai imparato fino a ora non solo potrebbe non servirti, ma potrebbe addirittura risultare controproducente: l’uso di parole vincenti e positive non deve essere un obbligo a usarle sempre.
Non devi esprimerti sempre e solo con i termini che prima ti ho elencato,
perché
inserirli
forzatamente
111
in
ogni
frase
inflazionerebbe il loro uso a scapito della tua sincerità e credibilità, ma al contrario il loro utilizzo devi vederlo come un’arma da usare al momento giusto.
Per concludere, nonostante la potenza e l’effetto di queste parole, devi tenere comunque conto del tono con cui le pronunci: perché se è vero che puoi sfruttare la comunicazione verbale a tuo favore, è vero anche che senza l’utilizzo delle tecniche para-verbali annulli l’efficacia dei termini sopra indicati. Quindi cancella subito dalla tua mente l’idea di poter usare a tuo favore separatamente la comunicazione verbale e quella para-verbale perché esse, anche se incidono con percentuali diverse, sono sempre unite. SEGRETO n. 3: fai attenzione a come utilizzi i termini perché nonostante l’uso di vocaboli efficaci ogni situazione richiede degli accorgimenti necessari.
Ora abbiamo veramente molte informazioni da utilizzare, ma il passo successivo è quello di utilizzare parole positive per costruire frasi positive. Non è facile, anzi è difficile, perché la comunicazione via etere è ben diversa dalle altre, come la 112
comunicazione dal vivo, dove facciamo uso della nostra immagine per impressionare chi abbiamo di fronte e spesso (senza neanche accorgersi di questo) anche di gesti.
Oppure pensa a campi della comunicazione, dove tu puoi apprendere le informazioni anche in più momenti, quindi anche se non hai capito subito: è il caso di un libro come questo, dove, anche se non capisci un passaggio puoi andartelo a rileggere più e più volte. Stesso discorso dei videocorsi: al contrario di una lezione in aula, puoi andare sempre a rivedere il passaggio nel quale il formatore spiegava un argomento per te particolarmente interessante. Questo vale anche per la televisione nei confronti di un DVD o Blue-ray.
Con il telefono tutto questo non puoi farlo, non ci sono tutti questi supporti, ma devi utilizzare al massimo il linguaggio telefonico sopperendo alla mancanza di questi strumenti. Ora non voglio farti una lezione di analisi grammaticale, ma devi sapere che esiste un trucco per risolvere tutto questo, che è utilizzato solo da telemarketer esperti. Esso viene infatti utilizzato
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anche dai migliori speaker e dee-jay in circolazione: si tratta in pratica di ridurre all’essenziale le frasi.
Si tratta di semplificare il proprio linguaggio cadenzandolo ritmicamente, spezzando continuamente il dialogo con frasi molto pulite da tanti sostantivi e avverbi inutili e brevi. Questo è necessario perché la mente umana, in assenza di stimoli visivi, fa fatica a rimanere concentrata per più di due o tre minuti. Il miglior modo per fare ciò è quello di costruire discorsi utilizzando il soggetto, seguito da un verbo più il suo complemento. Una mattina, mentre ero in auto e mi dirigevo verso l’ufficio, stavo ascoltando come di consueto la radio e il presentatore dell’emittente esordiva così: «Ciao a tutti! Oggi c’è grigio. Lo so. Ma chi se ne importa. Noi di Radio Super siamo qui per questo no? Alla faccia della sindrome del lunedì... Per questo rispondo alla richiesta di Elena. Metto su la sua canzone! Siete pronti? Via, vai con la musica!»
Questo è il tipico esempio di dialogo ridotto all’essenziale. Pensa se invece avrebbe parlato così: «Buongiorno a tutti, beh, buongiorno mica tanto, visto il brutto tempo che impervia ormai
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da tre giorni su mezza Italia. Comunque se avete acceso la radio e vi siete sintonizzati con noi... ci sarà un motivo, non trovate? Quindi non date retta al maltempo, ma seguiteci qui su Radio Super!
Capisco cosa state pensando: non solo piove, ma oggi è pure lunedì... lo so, chi ha voglia di lavorare il lunedì? Però ragazzi, non ora pensiamoci più. Ne approfitto per rispondere a Elena: certo che metto su l’ultima di Cristina Aguilera! Quindi a tutti, buon inizio settimana e dimentichiamo il maltempo con questa canzone... Vi voglio tutti frizzanti! Ok? A dopo per la prossima richiesta!!!» Ti rendi conto della differenza? Essendo gli speaker dei professionisti, sanno per certo che non potrebbero tenere alta la concentrazione dei loro ascoltatori parlando normalmente, per cui devono per forza sfruttare questa tecnica: e questo devi farlo anche tu.
Usando il telefono, come ti dicevo anche prima, succede la stessa cosa: magari se stai descrivendo il tuo prodotto/servizio e percepisci che dopo un po’ il tuo ascoltatore non ti segue più
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comincia a dare un ritmo alle tue frasi alleggerendole spezzando ogni volta il discorso, in modo da non dilungarti troppo.
Ora analizziamo una delle tipiche frasi che tutti, me compreso, agli esordi con la cornetta, pronunciano: «Dott.ssa Lanfranchi, sono Cristina Neri dello studio Prattini. Si ricorda? Quello studio qui in centro a pochi passi da voi... Le telefonavo per sincerarmi della visione dell’e-mail che le ho mandato martedì scorso».
Solo un’altra frase e chiunque ti liquiderebbe con risposte certamente negative! Cosa c’è di superfluo? Vediamo: “Dott.ssa Lanfranchi”: è proprio necessario? Basta chiamarla Dott.ssa... Sa già che conosci il suo cognome. “Sono Cristina Neri”: se ti conosce già, è inutile identificarti in questo modo. Al massimo limitati a pronunciare il tuo cognome. “dello Studio Prattini”: stesso discorso, sa già che lavori in quello studio o determinata azienda. “Si ricorda?”: evita assolutamente di usare questo termine, perché, anche se implicitamente, stai dando dello smemorato a chi ti ascolta e, credimi, lui lo percepisce. 116
“Quello studio qui in centro a pochi passi da voi...”: inutile non solo perché continui a dare dello smemorato, ma anche perché ai fini della tua telefonata non ti serve. “Le telefonavo”: evita anche questo perché sa già che sei lì al telefono. “che le ho mandato”: se stai chiamando per saper se ha ricevuto la tua e-mail è scontato che l’hai mandata! “martedì scorso”: perché non due settimane fa? Non usare termini temporali perché passi per quella persona che fa “pesare” agli altri il tempo trascorso! Usa questi termini solo se ti viene specificamente richiesto.
Ora la frase, scremata da tutto ciò che non era necessario risulta: «Dott.ssa, ha ricevuto la mia mail?» Così devono essere tutti i tuoi discorsi: puliti, essenziali e diretti.
Quindi, d’ora in poi, ascolta bene il tuo interlocutore, semplifica il più possibile, togli tutto quello che è superfluo e cerca di dare un ritmo preciso alla tua comunicazione modellando i tuoi dialoghi con frasi semplici e corte.
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SEGRETO n. 4: costruisci frasi con termini positivi, ma fai in modo che i tuoi dialoghi siano fluidi e diretti. Solo così non toglierai la concentrazione a chi ti ascolta.
Se è importante riuscire a costruire frasi positive, non è da meno il corretto utilizzo dei verbi nei tuoi discorsi. Intanto il fatto che tu li sai usare bene e non incorri in errori di coniugazione, trasmette un indice di cultura personale e anche professionale che chi ti ascolta apprezza sempre. L’aspetto più importante però è che i verbi sono quasi sempre l’indice della nostra volontà e del nostro personale stato d’animo interiore. Alla luce di tutto questo è giusto che tu sappia quali categorie usare e quali sono quelle da evitare.
Il presente Il presente è sicuramente il tempo più utile per te e quello da utilizzare più di tutti: è quello che più esprime immediatezza, azione e volontà di fare! Per esempio tutte le volte che fanno una richiesta di preventivo rispondo sempre: «Va bene, Sig. Rossi, sviluppo il preventivo, a risentirci». Usa quindi il presente tutte le volte che puoi. 118
L’imperativo Questo tempo produce grandi effetti, ma solo con persone che lo sanno utilizzare: infatti molti, nel mettere molta enfasi in quello che dicono, rischiano di “aggredire” il loro interlocutore.
Tutto dipende come al solito dal tono che usi (visto in quante situazioni è importante il tono?): espressioni come: “Mi dica”, “Senta” oppure “Guardi” mi hanno sempre permesso di centrare l’obiettivo. Questo perché nonostante sia un invito a obbedire (tipico dell’imperativo), condisco il tutto con toni gentili e lusinghieri.
Il futuro Il futuro è come l’imperativo, perché se non sai dosare il tuo tono, anch’esso si trasforma in un’arma a doppio taglio. Dire “dopo controllerò” oppure “lo farò”, “poi te lo spiegherò” trasmettono soltanto voglia di accontentare momentaneamente, oppure nessuna voglia di fare. L’unico modo per usarlo a tuo favore è pronunciarlo con disinvoltura, mettendo dove è possibile il presente. Spesso infatti, mi capita, quando mi telefonano, di rispondere con frasi del tipo: 119
“Dopo lo guardo”, “Oggi lo rifarò” oppure “Appena lo finirò, lo invio”. Dicendo così trasmetterai sicuramente più sicurezza. Veniamo invece alle categorie da evitare.
Il passato L’uso del passato è sicuramente il sintomo più ricorrente di insicurezza. Tutto questo indipendentemente se dai del LEI o del TU. Quante volte hai telefonato e come ti hanno risposto hai detto frasi del tipo: «Salve Sig.ra Bianchini, le telefonavo per comunicarle...», oppure: «Ciao Fabio, ti volevo informare che...». Parlando così non fai che trasmettere sfiducia in una possibile riuscita nel tuo intento oppure, ancora peggio, paura di una brutta reazione. Questo avviene perché a livello inconscio sei a disagio e dandoti già per sconfitto, proietti la tua azione nel passato. Il congiuntivo Questo
tempo
verbale
ha
la
caratteristica
principale
dell’appesantire le frasi. Ed è proprio tutto il contrario di ciò che ti serve.
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Ovviamente è molto difficile eliminare i congiuntivi dal nostro parlare quotidiano: fai in modo però di non usarlo in modo smodato soprattutto nei momenti dove tutti lo usiamo spesso, cioè le seconde frasi. Frasi del tipo: “dato che dovrei andare via...”, “per cui se aumentiamo queste quote...” oppure “in quanto l’ultimo bilancio...” sono frasi destinate a rincorrere se stesse perché a forza di estenderle non arriviamo mai al punto prima che il nostro ascoltatore si distragga.
Per evitarlo sai già cosa fare, in base a quello che hai imparato in precedenza: spezza il tuo dialogo in più enunciati, più veloci e fluidi.
Il condizionale Se vuoi fare brutte figure, non esiste niente di meglio che usare il condizionale. Questo perché tale tempo verbale è da sempre sinonimo di incertezza. E tu non puoi assolutamente permetterti di trasmettere incertezza. Inoltre in questo modo dai al tuo interlocutore la possibilità di rifiutare un tuo invito/proposta o peggio ancora la libertà di risponderti in malo modo. Quindi fai 121
attenzione a distinguere la tua naturale propensione a essere garbato e cortese da un insensato e inutile servilismo. Espressioni come: “Avrei un comunicazione da farle”, “Passerei oggi...” oppure “Vorrei dirle che...” danno troppe possibilità al tuo interlocutore di ribattere. Trasforma invece queste frasi usando il presente (allora, è o non è il miglior tempo verbale?): “Ho una comunicazione da farle”, “Voglio dirle che” infine “Passo oggi...”. Così facendo non dai scampo a nessuno: semmai potrai dire «Passo oggi... tarda mattina o pomeriggio?»
SEGRETO n. 5: la corretta scelta dei tempi verbali e loro modalità d’utilizzo aumentano notevolmente l’efficacia della tua comunicazione via etere, quindi usali bene.
Spesso mi sono trovato in situazioni davvero particolari: durante varie telefonate avevo eseguito tutti gli accorgimenti spiegati fino a ora, ma esse non andavano a buon fine. Allora mi domandavo: «Cosa ho sbagliato?»
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La risposta, dopo aver analizzato le varie chiamate in tutte le loro fasi, me la sono data da solo: avevo semplicemente usato parole che, dopo aver portato il potenziale cliente dalla mia parte, avevano spezzato “l’incantesimo” che si era venuto a creare tra me e l’ascoltatore. Avevano rotto il rapport che io avevo faticosamente e sapientemente costruito. Di conseguenza decisi di fare una selezione dei termini che ogni telemarketer deve assolutamente evitare. Quindi anche TU, perché altrimenti sarebbe inutile mettere in pratica ciò che hai appreso finora senza sapere che la buona riuscita delle tue telefonate non dipende solo dal buon uso dei termini vincenti, ma anche dalla mancanza delle parole da evitare. Nel seguente elenco quindi ho racchiuso, dividendole per categoria, tutte queste parole: insomma, probabilmente, purtroppo, in effetti; un pochino, un po’, poco; ovviamente, naturalmente, logicamente; se capita, eventualmente, casualmente, occasionalmente; dubbio, forse, chissà; sfortunatamente, disgraziatamente; 123
non ricordo, può essere, può darsi; semmai, se; però, mai, ma; no, non so, non ricordo; comunque; male, meno male; sarebbe, tutto, tuttavia; abbastanza, quasi. Adesso studiamo le varie parole cercando di capire per quali motivi potrebbero farti trovare in difficoltà.
Purtroppo Questa parola, già di per sé non esprime niente di buono. Nella mente di tutti noi, ogni volta che la sentiamo, già suona un campanello d’allarme: infatti spesso tale vocabolo precede brutte notizie. È ovvio che, se ad esempio stai parlando al telefono dell’infortunio di un tuo collega, devi usarlo: non sarebbe naturale fare il contrario.
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Però, nel gergo italiano, capita di usarlo spesso e anche per telefonate con obiettivi di marketing con le ovvie conseguenze. Dato che questo vocabolo infonde passività di fronte alla realtà, inducendo ad accettarla così com’è, devi fare in modo di non utilizzarlo mai nelle tue telefonate durante le campagne marketing.
Una volta mi chiamò un cliente dell’azienda per cui lavoro, che io seguivo direttamente e chiese di un preventivo di cui avevamo parlato la settimana prima: «Ciao Roberto sono Christian, hai pronto il preventivo che abbiamo guardato la settimana scorsa?»
E io risposi: «Ciao Christian, purtroppo non l’ho ancora finito». Risultato? Cliente perso. Dopo questa lezione ricevetti altre telefonate di questo tipo e togliendo “purtroppo” risposi: «Ciao Katia, sto finendo il tuo preventivo proprio adesso, quando posso passare a portartelo?», oppure: «Francesco, non l’ho ancora finito anche perché mi sono accorto che mancano dei dati. A tal proposito stavo infatti per chiamarti...». Ti posso assicurare che da quel momento non ho mai perso più clienti dell’azienda per questo motivo.
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Se Il “se”, tutto sommato non ha niente di negativo, ma dà la possibilità al tuo interlocutore di poter scegliere. Quante volte mi è capitato di telefonare e dire: «Ciao Angelo, può andar bene se passo oggi pomeriggio?» Ma quale “se”! Devi chiudere ogni possibilità di ripensamento a colui con cui parli! In questo caso, tu dirai: «Angelo, passo oggi pomeriggio, ok?» Forse Usando il “forse” non fai altro che trasmettere indecisione. Indecisione che si trasmette al proprio ascoltatore facendo trasparire poca professionalità e soprattutto poca considerazione di ciò di cui parli. Se sei un agente nessuno mai comprerà da te un prodotto che “forse” vuoi vendergli o servizio che “forse” sarà attivo tra un mese... Ora mettiamo a confronto due agenti che ti chiamano con l’obiettivo di venderti un loro prodotto: il primo telefona dicendo: «Sono Bellei Davide, la chiamavo per dirle che ero in zona da lei domani, posso passare? Ho un bel prodotto e volevo farglielo vedere perché forse potrebbe interessarle»; il secondo invece: «Sono Andrea Forti, telefono per comunicarle che domani passo nella sua zona e dato che ho in promozione un nuovo prodotto, voglio farglielo vedere perché 126
sono sicuro che le interesserà». Tu con chi fisseresti un appuntamento? Vince per forza il secondo, perché la sua sicurezza nella qualità del prodotto l’ha trasmessa anche a te. Logicamente Prova a pensare a tutte le volte che qualcuno mentre parlava e soprattutto ragionava con te ha usato questo termine. Quando ne fai uso non fai altro che viziare la frase con termini che non danno nulla al tuo discorso rischiando per giunta, di trasmettere inconsciamente a chi ti ascolta la sensazione che ciò che dici non sia da prendere sul serio. Quindi evita termini come anche “giustamente”, “chiaramente” e “ovviamente”. Però Questa congiunzione (come anche “tuttavia” e “ma”), non fa altro che creare inutili preoccupazioni o sospetti alla persona con cui ti confronti. Infatti anche in frasi positive e costruite bene l’uso di questi termini porta a far sospettare di te e di quello che dici. Per esempio una frase che spesso dico quando sono in cerca di appuntamenti è: «Guardi, quando vengo da lei, le mostrerò il nostro progetto in poco tempo, però sicuramente abbastanza 127
per farle capire che...». Se per fare la dimostrazione ci vuole poco tempo perché inserire una parola negativa? Togliendo il però la frase diventa: «Guardi, quando vengo da lei, le mostrerò il nostro progetto in poco tempo, sicuramente abbastanza per farle capire che...». Visto come risulta più rassicurante e fluida?
Comunque Questo vocabolo fa percepire, senza ombra di dubbio, la tua sconfitta e rassegnazione di fronte a una risposta negativa. Peccato che tu devi solo VINCERE, quindi cancella “comunque” dal tuo lessico: solo in questo modo non darai mai l’impressione di aver mollato la preda ancora prima di averla catturata. Mi ricordo che quando lavoravo come agente assicurativo un mio collega chiamò una persona che aveva chiesto il giorno prima informazioni su una polizza vita e gli disse: «Questa polizza vita è buona, comunque ci sarebbero da valutare alcuni aspetti...».
In pratica pensando soltanto alle clausole di quel contratto credeva già in partenza che il cliente non avrebbe firmato niente: il potenziale acquirente stava già tentennando quando capendo 128
cosa stava succedendo feci cenno al mio collega di passarmi la cornetta e dissi «Guardi questa polizza è una garanzia per lei e a tal proposito la invitavo in ufficio per valutare il tutto nei minimi particolari». A questo seguì un bell’incontro grazie al quale fu anche firmato il contratto.
Male Questa è la parola che più di tutti dà sensazioni negative (e non potrebbe essere altrimenti). Quindi non utilizzarla per nessun motivo, anche in situazioni benevole, in modi di dire come ad esempio: “Meno male”, “Niente male”, “Niente paura”, “Poco male”, “Mica male”. Infatti che senso ha usare termini che, girali come vuoi, sono pur sempre negativi in una frase positiva? Abbastanza Questo termine non ha niente di negativo in sé, ma è consigliato evitarlo perché tende a sminuire il potere influenzante dell’aggettivo che quasi sempre lo segue.
A volte, per scarsa convinzione mi sono sbilanciato a dire: «Ciao Mirko, ho finito di prepararti il capitolato, voglio vederla insieme a te perché è abbastanza interessante...». 129
Parlando così non si fa altro che trasmettere insicurezza perché dare un attributo positivo per poi smorzarne l’effetto con “abbastanza” vuol dire che non si è poi così sicuri della bontà della propria proposta... Qualsiasi cosa tu offra deve essere invece TOTALMENTE interessante, e non abbastanza (quindi parzialmente) interessante! Evita quindi di usare “abbastanza” perché è un termine inutile per il fine che ti sei proposto, cioè di comunicare telefonicamente quello che vuoi e in modo efficace. SEGRETO n. 6: la buona riuscita di una telefonata dipende anche dall’assenza di quei termini negativi e inutili che vanno a rompere il “rapport”, quindi evita di usarli.
Ora che sai quali sono le parole che risultano inutili o negative devi sapere che non sono le uniche che potrebbero infastidire il tuo ascoltatore o peggio ancora sfiduciarlo: infatti esistono dei termini che tendono o a estraniare dal contesto della frase oppure sembrano messe lì per cercare di imbrogliare creando dei pregiudizi in chi ti ascolta. Facciamo di conseguenza un’analisi di questo gruppo di termini da evitare. 130
Le “mega” parole Fare telemarketing, come abbiamo visto in precedenza, comporta arricchire per forza il proprio lessico. Se è vero che per fare “colpo” bisogna usare termini originali, positivi e convincenti, non bisogna però forzare questo meccanismo perché si rischia di inflazionare i propri discorsi: questo è immediatamente avvertito dalla persona che è dall’altra parte della cornetta. Infatti si ha lo stesso effetto di quando studi un testo: tu sottolinei le parti più importanti in quanto ti servono per studiare, ma a forza di sottolineare tutto, rimani disorientato perché non sai più quali sono le parti importanti davvero.
La stessa cosa accade al telefono: quindi evita di usare sempre parole variegate e inaspettate, ma usale trovando un equilibrio capendo quando è il momento giusto in cui possono aiutarti, oppure no.
I diminutivi I termini diminutivi, in chiara contrapposizione con i superlativi, hanno la loro caratteristica principale nel diminuire e ridurre il significato di un’espressione. Anche questi spesso li usiamo per 131
mancanza di fiducia nei nostri confronti e ci nascondiamo dietro una falsa modestia (la stessa cosa vale per “abbastanza”, ricordi?). Pensa se dopo aver commissionato a un architetto il progetto della tua casa, lui ti chiama dicendo: «Ciao, ho qui il progettino della tua casa...». Il progettino? Visto come suona? Sembra quasi una scusa per non farti vedere niente e rimandare il tuo incontro con lui perché probabilmente non lo ha finito! E tu lo vorresti pagare per farti fare un “progettino”? Non credo proprio... Io, nel mio lavoro infatti, quando voglio valorizzare un particolare o una personalizzazione del servizio che offro, non uso mai i diminutivi. Spesso con molte persone mi capita di dire: «Guarda, ti ho fatto proprio un bel regalo facendoti questo sconto.», invece, guarda come diventa la frase usando un diminutivo: «Guarda, ti ho fatto proprio un bello sconticino...». Chiunque dopo una risposta di questo tipo non si sente a suo agio perché uno “sconticino” rimane come una cosa a metà mentre lui si aspetta un regalo tutto intero! Stessa cosa accade quando sei al telefono, quindi non dare l’impressione di aver chiamato soltanto per dovere professionale, ma per dare o fare per qualcuno qualcosa di vantaggioso! 132
Le parole non familiari Spesso sarà capitato anche a te di fare uso di un linguaggio diverso a seconda dell’ambiente in cui ti trovi. Questo vale quando se sei a casa, sei in ufficio oppure quando passi una bella serata con i tuoi amici: il salto che si compie dal lavoro alla vita privata infatti è notevole e sul lavoro usiamo termini talmente tecnici e ricercati che a casa o con gli amici non ci sogniamo neanche di utilizzare.
Tutto ciò è normale però, da diverso tempo ho notato che esiste un’altra distinzione, di cui pochi si sono accorti: e cioè quella che passa tra la nostra visione di esperti nel settore in cui lavoriamo e quella dei “non addetti ai lavori”. Mi spiego meglio: spesso tra colleghi si usano termini tecnici relativi al proprio lavoro, ma poi accade che lo stesso linguaggio si usi quando ci si relaziona con qualcuno all’esterno. Che esso sia un privato, che sia un potenziale cliente o che sia un fornitore, il discorso non cambia. Non c’è niente di più sbagliato perché questo comportamento produce un duplice effetto negativo: confondendo le idee di chi ti ascolta vai totalmente nella direzione opposta a quella che devi
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percorrere, perché tu non devi confondere il tuo interlocutore, ma devi trasmettere ciò che dici e comunicare quello che vuoi. Poi questo atteggiamento potrebbe far nascere dei disagi, perché una persona non si sentirà alla tua altezza sentendoti parlare con termini che lui non ha mai sentito. Non solo, perché spesso a seguito di questo, i non addetti ai lavori o tentano di capire il termine mai sentito mentre parli e quindi non ti ascoltano o peggio ancora faranno finta di aver capito ciò di cui parli col rischio di creare dei spiacevoli equivoci. Quindi adesso che lo sai, parla con gergo tecnico ed esperto solo con persone che sono alla pari per quanto riguarda il lavoro che svolgi e che conoscono i vocaboli che usi.
SEGRETO n. 7: non sono solo le parole inutili e negative quelle da non usare, ma evita pure quelle che tendono a infastidire o a sfiduciare l’ascoltatore nei tuoi confronti.
Dopo averti elencato tutta questa serie di accorgimenti per quanto riguarda i termini di cui non devi farne uso, esiste un’ultima serie di situazioni nelle quali devi fare in modo di non trovarti o per meglio dire, non devi creartele. Sono le classiche situazioni nelle 134
quali si trova chi è alle prime armi e cioè per esempio l’imbarazzo che si viene a creare quando si fa un cattivo uso degli intercalari, oppure quando si usano delle parole solo per convenienza o frasi di circostanza. Quante volte i primi tempi che mi accingevo a fare per conto mio campagne di telemarketing sono incappato in errori che oggi farebbero solo ridere! Tutto questo si riflette anche nella vita quotidiana, anche perché, pensandoci bene, molti di questi errori che si commettono al telefono li “ereditiamo” dal nostro parlare quotidiano: spesso li usiamo perché ci offrono una sorta di appoggio psicologico dandoci conforto e quella certezza di riuscire a trasmettere le nostre idee e i nostri messaggi alla persona che ci sta ascoltando. Dato che l’uso di questi termini o espressioni chiamati intercalari avviene nella vita di tutti i giorni, ci viene naturale usarli anche quando siamo al telefono. Comunque l’uso di questi, non costituisce un problema in sé, ma senza la frase assume una miglior fluidità.
Per esempio tempo fa, spesso, usavo intercalari tipo “no?” oppure “diciamo” o l’immancabile “mi spiego” per non parlare poi degli interminabili attimi degli “emmm...”, “aaah”, “mmm” e i miei 135
dialoghi erano di questo tipo: «Ciao Luca, in buona sostanza ho quasi finito quello che mi avevi chiesto, infatti non ti nascondo che mi manca una giornata di lavoro. Chiaramente te lo invio per mail dopodomani».
Come puoi notare la frase è priva di termini “nocivi” e in sé va bene. Oggi, che ho ridotto di molto l’uso degli intercalari, pronuncerei questa frase così: «Ciao Luca, ho quasi finito quello che mi avevi chiesto, infatti mi manca una giornata di lavoro. Te lo invio per mail dopodomani». Cos’è cambiato rispetto a prima per quanto riguarda il concetto da trasmettere? Niente. Però eliminando queste espressioni superflue, hai visto quanta fluidità guadagna la frase? In questo modo sarai anche più diretto nei tuoi discorsi, perché togli uno degli elementi che possono far calare l’attenzione del tuo ascoltatore. Quindi d’ora in poi esercitati (occorre infatti un po’ di esercizio per ridurre quest’uso, dato che si va a combattere una brutta abitudine) a eliminare qualsiasi intercalare dalle tue frasi facendo spesso autocritica e analizzando i tuoi discorsi volta per volta. Un’altra delle spiacevoli situazioni che fanno allontanare il proprio interlocutore quando si è all’inizio di questa professione è l’uso inconsapevole 136
delle parole di circostanza: queste spesso nascono dalla nostra mente, quando in quello che diciamo o pensiamo abbiamo scarso interesse o gli diamo poca importanza. Sono espressioni prive di ogni significato perché ideate in passato, ma visto il loro continuo uso oramai sono state svuotate dal loro senso originario.
Nell’ambito della comunicazione in generale ce ne sono davvero tantissime, ma nel telemarketing visto che si vengono a creare più o meno le stesse situazioni le parole di circostanza sono sempre quelle, indipendentemente che tu dia del “tu” o del “lei” (nei seguenti esempi, mi riferisco a quando si dà del “tu”) eccole: «lo faccio per te»; «non ti preoccupare», «stai tranquillo», «fidati di me»; «è stato un piacere»; «mi dispiace», «sono desolato»; «figurati!», «ma scherzi?»; «non voglio venderti niente». Adesso vediamo perché devi eliminarle dal tuo vocabolario.
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Spesso dopo aver telefonato alla stessa persona mi viene naturale dargli del tu e prima o poi si entra in confidenza. Non c’è niente di male anzi, ma questo tipo di approccio se non è usato nel giusto modo è controproducente per due motivi: il primo perché mi è capitato spesso che una volta che accade questo comincia a nascere un’amicizia tra me e l’ascoltatore che fa passare me per “l’amicone” da chiamare per qualsiasi motivo, il secondo perché di conseguenza anche tu puoi finire per considerare questa sorta di amicizia una buona scusa per non dirgli qual è il vero motivo della tua telefonata. Allora perdendo di vista il proprio obiettivo, saltano fuori i “lo faccio per te”. Peccato che tu lavori per te stesso e non per lui o gli altri. Quindi cerca di mantenere un certo equilibrio con le persone che contatti più frequentemente per non creare queste situazioni.
Quando tutto va bene e cioè il nostro interlocutore accetta di fissarci un appuntamento, oppure di provare un nostro prodotto/servizio, capita sovente di usare espressioni tipo “fidati di me” o “non ti preoccupare” con il risultato opposto di quello che ci eravamo prefissati. 138
Infatti facciamo uso di queste parole per essere ulteriormente sicuri della buona riuscita della chiamata. Invece è sbagliato perché se abbiamo già raggiunto il nostro obiettivo quale motivo c’è di pronunciarle? I richiami alla fiducia e alla preoccupazione sono molto delicati da usare perché richiedono la conoscenza della persona che ti sta ascoltando, ma se questa è la prima volta che ti conosce è già tanto che abbia fissato un appuntamento! Anzi facendo così insinui solo dei dubbi: infatti perché dovrebbe preoccuparsi? Esiste un motivo segreto per esserlo? Quindi rinuncia al loro uso, tranne nel caso di una sufficiente conoscenza personale di chi hai chiamato.
Quante volte sul finire di una conversazione telefonica, ti viene spontaneo dire «è stato un piacere averti sentito», vero? Tutto ciò è molto naturale, ma la sua spontaneità viene percepita grazie al tono della voce (visto quante volte torniamo allo stesso punto?), quindi cerca di trasmettere tutta la tua sincerità quando usi questa espressione altrimenti sembra che per te sia sempre solo una pura formalità.
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Inoltre non usare mai il passato in questi casi perché fai capire al tuo interlocutore che la tua telefonata è già qualcosa di “andato”, ma per ovviare a ciò e far risultare il tuo operato sempre attuale, utilizza il presente: «Mi fa piacere averti sentito», oppure: «È un piacere averti conosciuto!»
Quasi sempre nelle telefonate che si ricevono, vengono a crearsi delle spiacevoli situazioni che spesso non sono dipese nemmeno da noi. Viene di conseguenza naturale dire: «Sono desolato», oppure: «Mi dispiace». Devi sapere che non esistono frasi di circostanza più di queste, perché sono talmente usate di frequente nella lingua italiana che neanche ci accorgiamo di quante volte le pronunciamo. Di conseguenza risultano sterili per chi ti ascolta. Puoi ovviare cercando di trovare un piccolo rimedio per chi ti ascolta.
Per esempio invece di dire: «Mi dispiace, l’Avvocato non c’è adesso...», rimedia dicendo: «L’Avvocato non c’è, la faccio richiamare?», oppure in caso di: «Sono desolato perché non è ancora pronto il rogito...», formula un: «Il rogito non è pronto, ma entro domani può venire in ufficio per vederlo insieme...». 140
In pratica la vera abilità in questi momenti sta nell’evitare di pronunciare frasi che inducono alla rassegnazione per poi usare espressioni che, proponendo qualcosa di costruttivo, danno una grande rassicurazione. Se sei un agente o un venditore che fai uso del telemarketing per proporre i tuoi prodotti/servizi se non ti è già capitato, ti capiterà sicuramente di ricevere i ringraziamenti da parte di clienti soddisfatti.
Quando accade evita i soliti «ma scherzi?» o «figurati», perché queste espressioni denotano il tuo distacco da chi ti ringrazia e non fa affatto piacere perché sembra che tu abbia venduto a un numero da aggiungere alla tua tabella di marcia delle provvigioni.
Queste cui ti rivolgi però sono persone e non numeri: quindi migliora le tue risposte magari con qualche gratificante personalizzazione per ognuno di loro, tipo: «Sono contento Lucia che hai risolto il tuo problema di polvere a casa grazie al mio aspirapolvere!», oppure: «Ti ho aiutato volentieri Matteo a risolvere la tua questione con il fornitore». In questo modo non solo non dai l’opportunità di allontanare da te il cliente acquisito, ma lo fidelizzerai facendo sì che non appena si 141
ripresenterà lo stesso problema, il primo che chiameranno sarai tu!
«Non voglio venderti niente» è un’espressione da usare col contagocce (infatti anch’io aspetto prima di usarla) perché bisogna utilizzarla con attenzione. Chi fa telemarketing spesso deve “urtare” contro uno scoglio che è una delle cose più difficili da superare: cioè “il complesso della vendita”.
Quest’espressione,
coniata
nel
mondo
della
vendita
e
negoziazione (ma che difatti si riflette anche sul telemarketing), sta a significare quell’atteggiamento che tutti noi abbiamo nei confronti dei venditori, perché pieni di pregiudizi etichettiamo l’agente di turno come colui che vuole imbrogliarci.
Per superare questo ostacolo molti consigliano di pronunciare sempre questa frase. Io però non sono totalmente d’accordo: infatti questa va usata con una giusta dose di esperienza. Mi spiego: se telefoni a qualcuno esordendo in questo modo, ovviamente lo rassicuri, ma non appena torni a parlare di una qualsiasi proposta, l’ascoltatore se ne accorge subito per cui
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sentendosi preso in giro non vuole sentire più niente. Questo succede perché il passaggio dalla fase amichevole a quella prettamente di “vendita” è troppo drastico, se non hai esperienza. Per passare da una fase all’altra occorre tempo e solo così gradualmente si può compiere il “grande salto”. Io l’ho capito solo dopo un bel po’ di tempo, quindi il mio consiglio è questo: usa pure quest’espressione da subito, però per passare da una fase all’altra puoi usare due strategie.
O stai al telefono per tutto il tempo che ci vuole, ma questo non è molto produttivo, anche se hai una giornata intera a tua disposizione, oppure “dividi” queste lunghe telefonate in due o anche tre telefonate brevi, che si susseguono nell’arco di una o due settimane.
A tal proposito ti racconto un episodio che ti farà capire. Stavo telefonando a un certo settore di aziende (settore metalmeccanico) catalogate in un database che ho in ufficio. Dopo circa trenta telefonate da buttar via (e mezza giornata persa) a utilizzare la prima strategia telefonai a un’azienda dicendo: «...senta io non voglio venderle niente, infatti sto telefonando a puro titolo 143
informativo, per metterla a corrente di una novità legislativa per il suo settore...» e raccolsi tutte le impressioni e i dati che mi servivano e mi fermai dicendo che avrei potuto richiamare. Tre giorni dopo chiamai di nuovo dicendo: «Salve sono sempre dello studio ... e ho richiamato perché analizzando la vostra situazione avreste bisogno di qualcuno per aggiornare i vostri documenti...» e mi risposero: «La ringraziamo, perché proprio ieri abbiamo sentito il nostro commercialista e ci ha confermato quanto lei ci ha detto qualche giorno fa. Conosce per caso qualcuno che può seguirci per questo aspetto oppure magari anche voi vi occupate di queste valutazioni?» Oggi è una delle migliori aziende, clienti della società dove lavoro...
SEGRETO n. 8: cerca di non trovarti in quelle situazioni imbarazzanti per colpa dell’uso di intercalari ed espressioni di circostanza.
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RIEPILOGO DELLA FASE 4: SEGRETO n. 1: per poter sfruttare a tuo vantaggio anche la comunicazione verbale devi fare leva sul meccanismo emotivo e sensoriale del cervello. SEGRETO n. 2: studia e utilizza i termini che suscitano interesse e trasmettono positività in ogni occasione in modo da garantirti ottime possibilità di successo nella telefonata. SEGRETO n. 3: fai attenzione a come utilizzi i termini perché nonostante l’uso di vocaboli efficaci ogni situazione richiede degli accorgimenti necessari. SEGRETO n. 4: costruisci frasi con termini positivi, ma fai in modo che i tuoi dialoghi siano fluidi e diretti. Solo così non toglierai la concentrazione a chi ti ascolta. SEGRETO n. 5: la corretta scelta dei tempi verbali e loro modalità d’utilizzo aumentano notevolmente l’efficacia della tua comunicazione via etere, quindi usali bene. SEGRETO n. 6: la buona riuscita di una telefonata dipende anche dall’assenza di quei termini negativi e inutili che vanno a rompere il “rapport”, quindi evita di usarli.
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SEGRETO n. 7: non sono solo le parole inutili e negative quelle da non usare, ma evita pure quelle che tendono a infastidire o a sfiduciare l’ascoltatore nei tuoi confronti. SEGRETO n. 8: cerca di non trovarti in quelle situazioni imbarazzanti per colpa dell’uso di intercalari ed espressioni di circostanza.
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FASE 5: Come impostare correttamente il tuo lavoro
Ora che sai come raggiungere il livello ideale di autostima necessario per il tuo atteggiamento nei confronti di questa professione e utilizzare tutte e due le sfere della comunicazione nel telemarketing a tuo vantaggio, è giunto il momento di approfondire l’aspetto dell’organizzazione del tuo lavoro. Questo, infatti, è il secondo elemento fondamentale da conoscere, prima di imparare a telefonare. Adesso vedremo nei dettagli perché è importante non improvvisare il tuo lavoro.
Da tutto quello che abbiamo analizzato e studiato finora, ti sarai reso conto che l’attività di telemarketing è decisamente complessa. Infatti non è solo una questione di conoscenza della materia, ma anche di saper usare al massimo tutta la potenza che la comunicazione umana ha in se stessa. Spesso però dopo aver studiato questi aspetti, molte persone (che spesso ho anche conosciuto nei corsi che ho frequentato), credono di saper tutto e possedere tutte le dritte giuste. Sicuramente sanno molto, ma non 147
tutto quello che serve. Credono, arrivati a questo punto, di avere già aspettato troppo per non incominciare a imparare come si telefona e ad alzare la cornetta ed entrare in azione.
Probabilmente l’immagine di questo lavoro è figlia di questo atteggiamento sbagliato: credere che telefonare e basta, senza anteporre dei criteri organizzativi, in questa professione possa bastare per fare risultati è pura utopia. O meglio: può anche andar bene pensarla in questo modo, ma va bene per chi questo lavoro lo fa sporadicamente, per brevi periodi, oppure fa telemarketing solo in alcuni momenti quando c’è necessità di usare il telefono per velocizzare il lavoro principale.
Chi vuole fare il telemarketer di professione invece, non può ignorare questo ragionamento prettamente logico, sia che faccia telemarketing per fare clienti nuovi e quindi è un agente, sia se è un centralinista e deve fidelizzare la clientela oppure svolgere ricerche di mercati nuovi o di nicchia. Pensando per analogia è come se fossimo degli alpinisti appena arrivati al campo base. Abbiamo avuto in “dote” tanti manuali e da bravi alunni abbiamo studiato come si usano le attrezzature da scalatori. Ora però
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abbiamo davanti l’Everest da scalare e immediatamente, solo perché sappiamo come vestirci da veri alpinisti, pretendiamo di arrivare in cima alla montagna nel più breve tempo possibile. Se però non sappiamo come organizzare una scalata, come si può pretendere di riuscirci?
Così, anche nel telemarketing, non bisogna improvvisare il lavoro, ma serve un’organizzazione precisa prima di alzare la cornetta!
Prima di cominciare a telefonare infatti occorre espletare i seguenti punti: avere l’approccio ideale al lavoro, essere e mantenersi sempre motivati prima di telefonare, programmarsi la giornata lavorativa, la costruzione dello/degli script, e infine l’organizzazione dei contatti (sviluppo del database, redazione delle schede contatti).
SEGRETO n. 1: indipendentemente dal tuo ruolo e dalla ragione per cui fai telemarketing, hai bisogno, prima di cominciare la tua attività telefonica, di una perfetta organizzazione. 149
Senza dubbio, il motivo primario per cui si organizza un lavoro è quello di ottimizzare il tempo. Non potrebbe essere altrimenti perché senza organizzazione non verrebbero sfruttati i tantissimi tempi morti che in questo lavoro si vengono a creare (e credimi che nel telemarketing, anche con tanta buona volontà, se ne vengono a creare molti...).
Le occasioni di perdita di tempo possono essere davvero tante: la mancanza di strumenti necessari, mancanza di dati, eccessive pause da lavoro, eventuali telefonate per motivi privati... Per fronteggiare tutte queste evenienze, occorre quello che io chiamo l’approccio ideale. Infatti, ciò che causa tutte queste perdite di tempo è proprio l’approccio personale che si dà al lavoro, che in questo caso è senza dubbio sbagliato. L’approccio ideale si raggiunge tramite due elementi: l’autodisciplina e l’ordine.
Ovviamente per quanto riguarda le pause dal lavoro ed eventuali telefonate per motivi privati occorre un po’ di buon senso: entrambe possono anche essere necessarie in alcuni momenti, ma non bisogna esagerare perché andrebbero a diminuire la necessaria concentrazione, inoltre, come in tutti i lavori, dilatare
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troppo i tempi che dedichi a queste cose potrebbe mettere in discussione la validità del tuo operato e la tua serietà, a danno dell’opinione che l’azienda ha di te. Per questi elementi di disturbo ti consiglio una sana dose di autodisciplina. Datti delle regole: tieni acceso il tuo cellulare solo se sai che devi ricevere chiamate molto importanti da amici e parenti per quanto riguarda le telefonate private.
Per quanto riguarda la pausa dal lavoro (la classica pausa del caffè...) non c’è nulla di male, anzi, come le pause durante le conversazioni permettono alla tua mente, anche se durano due secondi circa, di ricaricare “le batterie” e riorganizzare le informazioni acquisite prima della pausa.
Esagerare però non conviene perché, come detto prima, troppo tempo passato senza occuparsi del proprio lavoro toglie l’effetto positivo della pausa, facendo dimenticare ciò che magari devi ricordarti dell’ultima telefonata o togliendoti il ritmo e la concentrazione di prima. Anche in questo caso devi darti delle regole: io personalmente (anche se devo precisare che non fumo e bevo poco caffè) mi pongo sempre un limite di massimo cinque 151
minuti prima di riprendere l’attività. Il tempo di cinque minuti non devi prenderlo alla lettera come tuo: l’importante è che ti imposti un limite ragionevole entro il quale sai che non puoi andare. Dandoti questa abitudine infatti, sarai meno tentato di prolungare senza ragione la tua pausa dopo che ti sei sufficientemente ripreso. Il tempo giusto lo devi trovare tu: è ovvio che una pausa non può durare mezz’ora, ma trenta secondi, d’altro canto, non servono a niente.
Occorre infatti, un punto d’incontro tra ciò che esige il tuo lavoro e la quantità di tempo per una pausa di cui tu hai bisogno. Se, come me, non hai distrazioni particolari durante le pause (appunto caffè, sigarette, uno spuntino ecc.) cinque minuti possono tranquillamente bastare.
Se invece un bel caffè ti dà sempre la carica che cerchi o hai il vizio di fumare, qualche minuto in più può tranquillamente bastarti, ma non sforare mai i sette/otto minuti di pausa: questa infatti è la soglia critica nel lavoro del telemarketing da non oltrepassare per non rischiare ciò che ho descritto prima! 152
L’altro elemento da utilizzare per raggiungere l’approccio perfetto è l’ordine. Per ordine non intendo soltanto l’ordine fisico, ma anche quello mentale. Anche se questi due stadi dell’ordine sono, al contrario di quanto si possa spesso pensare, strettamente correlati. A volte si pensa che, quando ad esempio una persona ha una casa con oggetti sparsi ovunque e c’è confusione, questa persona sia pigra. In realtà accade questo perché la confusione è nella mente della persona stessa: è lì infatti il principio di tutto!
Stessa cosa avviene in ufficio: se si nota l’ufficio di qualcuno che palesemente non ha le idee chiare su come cominciare la giornata di lavoro e su come sistemare la sua postazione sicuramente la sua scrivania non sarà delle più ordinate e questo l’ho constatato personalmente!
Per abituarti a essere ordinato, il modo migliore è questo: comincia prima a essere ordinato sul piano mentale in modo che l’ordine che ti crei nella tua testa si rifletta in tutti gli ambienti dove vivi. Comincia a esercitarti a casa tua per vedere gli effetti benefici di questa abitudine. Dopo che l’avrai fatto nei luoghi più intimi, fai la stessa cosa nel tuo ufficio e sulla tua postazione.
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Arrivati a questo punto, ti faccio questa domanda: «Come vorresti la tua scrivania?» Se te l’ho posta è perché la tua postazione di lavoro deve essere come vuoi tu! In pratica deve essere sia come piace a te e sia ordinata al punto da non farti perdere tempo in inutili “pulizie” future.
Mi raccomando: considera il tempo che impieghi a pulire e ordinare la tua scrivania non come una perdita di tempo, ma come un investimento poiché il tempo che impieghi adesso per ordinare la tua postazione significa almeno il triplo del tempo che non perderai successivamente se, ad esempio, dovrai cercare dei documenti.
Il fine di mettere in ordine la tua scrivania è quello di avere un luogo di lavoro funzionale alla tua attività: un luogo funzionale, infatti, ti fa risparmiare tantissimo tempo. In pratica devi fare in modo che quando entri in ufficio al mattino, una volta che sei seduto sulla tua sedia, puoi già cominciare a telefonare dopo aver acceso il computer e appurato che hai tutto ciò che ti serve. Metti ad esempio dei cassetti vicino alla tua postazione, dove sistemare i documenti necessari: per esempio un plico di schede clienti da
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compilare nel primo cassetto, un plico di script da compilare anch’essi nel secondo, e in un terzo mettere dei raccoglitori a te utili. Posiziona lo schermo del tuo computer nella posizione più congeniale e la tastiera in modo da farti stare sempre in posizione eretta (ricordi l’influenza della postura sulla tua voce?). Evita ambienti rumorosi e colloca la tua scrivania in un luogo abbastanza silenzioso che favorisca la tua concentrazione.
Metti sulla tua scrivania un portapenne necessario per non rimanere mai senza e affianco alla tastiera un po’ di fogli per prendere nota di quello che apprendi nelle telefonate che ricevi, soprattutto quelle improvvise.
Sullo schermo del tuo monitor lascia solo le icone standard del sistema operativo e quelle dei programmi che usi per lavorare (Office, recenti programmi gestionali capaci di supportare in maniera quasi automatizzata l’attività telemarketing ecc.) ed eventualmente dei collegamenti ad alcuni documenti importanti che hai bisogno di reperire e stampare in ogni momento. Queste sono le dritte adatte ad ogni telemarketer, poi è ovvio che ogni 155
ufficio è una situazione a sé e quindi puoi personalizzare la tua scrivania e il tuo computer in base alle tue caratteristiche! Metti in pratica tutto questo e vedrai che le tue giornate lavorative diverranno più produttive di quanto tu possa immaginare!
SEGRETO n. 2: grazie a quello che chiamo “l’approccio ideale”, avrai tantissimo tempo da investire nel tuo lavoro. Solo con l’autodisciplina e l’ordine mentale/fisico puoi raggiungerlo.
Altro elemento necessario per l’organizzazione del tuo lavoro prima di cominciare a telefonare è la tua motivazione. Potrà sembrarti strano che nell’organizzazione del lavoro ci sia questo aspetto, ma esso fa proprio parte della fase che precede la telefonata vera e propria, poiché è necessario acquisirlo prima. Poi, visto che la motivazione è necessaria anche dopo che hai già cominciato l’attività telefonica, vedremo come mantenerla nel tempo.
Forse ti stai chiedendo perché studiamo la motivazione adesso e non l’abbiamo fatto nel secondo capitolo, dove abbiamo visto
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quanto è importante l’atteggiamento corretto da avere in questo lavoro e quanto è altrettanto importante l’autostima. Il motivo è questo: l’autostima e la motivazione sono due cose diverse, con effetti diversi sul lavoro! L’autostima, per definizione, è la percezione consapevole delle proprie capacità da utilizzare in vari ambiti della vita: dall’essere capaci di assumersi delle determinate responsabilità a saper gestire le proprie emozioni, dall’avere una gestione ottimale della propria vita lavorativa al saper affrontare i momenti difficili nella vita privata. Attenzione però: non è da confondere con l’orgoglio (o superbia) perché al contrario di una persona orgogliosa, chi ha una grande autostima, è conscio di ciò che sa fare e che può dare agli altri, ma non se ne vanta, anzi talvolta è anche abbastanza umile.
La motivazione invece non va a intaccare la considerazione di noi stessi, ma viene alimentata o diminuita da fattori esterni che possono essere delle situazioni favorevoli o al contrario spiacevoli, oppure dei desideri che vogliamo realizzare o qualcosa (o qualcuno) che vogliamo evitare. 157
Il livello ottimale di autostima dunque va raggiunto da subito, prima ancora di imparare qualsiasi cosa inerente a questo lavoro, perché grazie ad esso, un aspirante telemarketer arriva a possedere la consapevolezza dei propri mezzi e delle proprie capacità, a prescindere da quello che andrà a imparare. La motivazione invece, devi raggiungerla adesso, perché senza farai fatica a “durare” in questo settore. Ti posso assicurare che ho conosciuto persone che godevano di una grande autostima, ma che non erano riuscite a raggiungere il livello giusto di motivazione e dopo due mesi che avevano cominciato lasciarono questo lavoro.
Per questo motivo è fondamentale per te avere sempre tanta motivazione perché senza rischi, nonostante una grande partenza anche con buoni risultati, di non fare molta strada. Soprattutto il primo periodo di lavoro (che coincide di solito con i primi due mesi di attività) necessità di una grande dose motivazione.
Per ottenerla esistono vari modi e c’è chi ne utilizza uno solo e chi ne utilizza vari: io ti consiglio di usarli tutti! Il primo modo è
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sicuramente quello di legare i propri risultati con delle gratificazioni economiche e materiali. È molto efficace infatti legare il desiderio di comprarsi ad esempio una nuova auto con i propri risultati: mi ricordo ancora oggi che al quinto mese di lavoro come agente di commercio e telemarketer, tenendo presente quanti soldi mi servivano per una nuova auto, calcolai con calcolatrice alla mano quanti clienti dovevo fare in un mese e, di conseguenza, quanto avrei guadagnato dalle provvigioni delle vendite. Questo è tra i modi più potenti per motivarsi perché si legano i risultati lavorativi con i nostri desideri.
Insieme a questo, ti consiglio di supportare questo desiderio (che ti sprona appunto a centrare i tuoi obiettivi) con l’ausilio di materiale visivo come foto o immagini di altro genere: mettiamo che vuoi comprarti una nuova videocamera, metti sulla tua scrivania la foto del modello che desideri e vedrai che la sua presenza ti aiuterà e spronerà tantissimo! Un altro efficace modo di motivarsi è quello del confronto: il confronto con i propri colleghi, infatti, è altamente consigliato perché stimola quella sana competizione di gruppo che non guasta mai. Trovarti in 159
questa competizione giova anche te. Se un tuo collega ad esempio riesce a fissare dieci appuntamenti in un giorno, nulla vieta infatti che tu possa emularlo! Ovviamente la competizione non deve sfociare in assurde rincorse al risultato a tutti i costi, soprattutto se ti vuoi confrontare con colleghi che hanno già molti anni di attività. Questo inoltre provocherebbe solo astio tra te e i tuoi colleghi, cosa che non fa mai bene a nessuno, sia per i tuoi risultati che per la tua serenità professionale.
Spesso si usa anche in modo più esplicito per le giovani leve presentandogli i venditori e telemarketer “veterani” nell’azienda. Questo stimola le persone appena assunte a prendere i migliori venditori come “modello” da seguire e da raggiungere sia come risultati che soddisfazioni economiche.
Se lavori da solo e sei un libero professionista che utilizza il telemarketing come strumento per aumentare la clientela, il confronto puoi utilizzarlo comunque a tuo vantaggio: basta che ti confronti con te stesso. Ad esempio, un ottimo modo per confrontarsi con te stesso, potrebbe essere quello di superare te 160
stesso sul piano dei risultati: se il lunedì hai fatto cinque clienti, perché il martedì non provi a farne sei?
Questi modi visti finora sono quelli più usati per motivarsi da subito, prima di cominciare l’attività telefonica o comunque nei primi mesi di lavoro. Di sicuro però non riescono a garantirlo nel tempo: la maggior difficoltà, infatti, non sta nell’ottenere la necessaria motivazione, ma mantenerla nel tempo.
Per far fronte a questo problema la soluzione più efficace è sicuramente quella di tenere sotto controllo i tuoi risultati. Per farlo occorre fare delle statistiche e darsi delle scadenze. Quasi sempre, dopo una giornata di lavoro intensa, si è soddisfatti dei risultati raggiunti. La giornata seguente di solito si è portati a impostarla come quella precedente, perché incoraggiati dai risultati ottenuti. Però non sempre i risultati del giorno prima vengono confermati e questo porta inevitabilmente a un calo di motivazione. Per ovviare a questo è necessario svolgere un’indagine statistica dei tuoi risultati: puoi farla su base giornaliera, settimanale o anche mensile. Ti consiglio di farla su base settimanale perché è la migliore sia in termini temporali che
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di affidabilità. Facciamo un esempio concreto: dopo alcune settimane che controlli i tuoi risultati, calcoli una media del 10% di accordi alla settimana.
Significa che riesci a fissare un appuntamento ogni dieci telefonate (che già è un’ottima media: le società specializzate in telemarketing hanno una media del 15%...). Mettiamo che ogni giorno fai cinquanta telefonate, significa che ricevi in media cinque “sì” e quarantacinque no. Adesso che sei in possesso di questo dato, sai che, su base statistica, ogni nove telefonate nelle quali ricevi dei “no” dopo riceverai un “sì”. Questa statistica ti fa sentire tranquillo, per questo non ti demotivi.
Questo strumento ti mette al riparo da sicura demotivazione a causa della più grande nemica di ogni telemarketer: una lunga serie di “no”. Infatti prima o poi capita a tutti di avere anche quaranta “no” di fila per quasi tutta la giornata. Ed ecco che il dato statistico ti mette al riparo: già sai infatti che la tua è una media su base settimanale e quindi anche se in un giorno hai fissato solo un appuntamento, per forza il risultato del giorno seguente (basandoci sull’esempio di prima) dovrà coincidere con
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nove appuntamenti perché la media è calcolata in cinque appuntamenti giornalieri! Ecco perché avere sempre presente nella mente la tua media di risultato, ti aiuterà ad alimentare sempre la tua motivazione.
Un altro ottimo strumento per alimentare la tua motivazione consiste nel fissare delle scadenze. Questo indipendentemente se te ne sono state fissate dalla tua azienda. Se ti sono già state fissate, cerca di fare anche meglio di quelle. Esempio: se ti hanno detto che devi fare dieci appuntamenti entro dieci giorni, non fermarti a quell’obiettivo, ma cerca di fare bella figura fissando gli appuntamenti entro la fine della settimana! Spesso nel porsi degli obiettivi, anche ambiziosi, ci si dimentica di fissare un tempo limite entro quanto raggiungerli. Questo è sbagliato perché fissarsi delle scadenze da due indubbi vantaggi. Il primo è quello di non correre il rischio di rallentare la propria attività: ad esempio non avrebbe senso porsi l’obiettivo di fissare cento appuntamenti senza darsi una scadenza. Entro quando fissare tutti questi appuntamenti? A tempo indeterminato e a quando viene la voglia di fissarli? Capisci anche tu che questa sarebbe una pessima organizzazione del proprio lavoro. In questo 163
caso sarebbe logico porsi il limite di due settimane di tempo per non calare il tuo ritmo di lavoro.
Il secondo vantaggio è che le scadenze ti forniscono un parametro di autovalutazione. Torniamo all’esempio di poco fa. Se in due settimane non sei riuscito a fissare i cento appuntamenti come da te richiesto, è ovvio che qualcosa è andato male. Metti che invece di cento hai fissato sessanta appuntamenti, sicuramente devi analizzare le tue telefonate e capire cosa hai sbagliato.
Quando l’hai fatto sai che, semplicemente, devi fare quaranta appuntamenti in più nelle prossime due settimane oltre ai sessanta che nelle due precedenti sei riuscito a fare. Il raggiungimento del tuo obiettivo e cioè delle cento telefonate alimenterà di moltissimo la tua motivazione, perché hai saputo colmare la differenza nel periodo immediatamente successivo. Sicuramente il ripasso delle modalità per telefonare ti ha aiutato, ma se non avevi un parametro per valutarti, dato da una scadenza (che nell’esempio erano le due settimane successive) come facevi a percepire il tuo miglioramento? 164
SEGRETO n. 3: è assolutamente necessario per te ottenere e mantenere nel tempo la giusta dose di motivazione, altrimenti diventa difficile conseguire ottimi risultati.
La programmazione della giornata lavorativa è assolutamente necessaria, perché senza, l’organizzazione di questo lavoro risulterebbe nulla. A tal proposito, mi ricordo che i primi mesi che ho cominciato a svolgere il lavoro di venditore con l’ausilio del telemarketing i miei risultati lasciavano decisamente desiderare. Sicuramente un ruolo decisivo lo giocava l’inesperienza, ma tra i tanti fattori, la mancanza di organizzazione era palese.
Io ho passato i primi tre mesi di lavoro senza organizzazione perché aspettavo di vedere i primi risultati, ma soprattutto le caratteristiche di questo lavoro per capire dove dovevo migliorare e tra i punti da migliorare c’era sicuramente la programmazione.
Questo passaggio, soprattutto se devi cominciare o hai cominciato da poco questo lavoro, puoi tranquillamente evitarlo, grazie ai suggerimenti che ora ti do.
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Programma quindi il tuo lavoro da subito senza dover aspettare, poi, se la tua azienda ha già dei suoi metodi testati sul campo in questo aspetto, tanto meglio: in tal caso apprendi ciò che ti viene insegnato seguendo anche le direttive seguenti perché si sposano praticamente con quasi tutte le regole delle aziende italiane in materia di telemarketing. Il vantaggio della programmazione, indipendentemente da quale tipo si applica, è l’ottimizzazione del tempo: sappiamo tutti che il tempo è prezioso in qualsiasi lavoro, figuriamoci in un lavoro come questo, dove il tempo (credimi che non basta mai) vale davvero come l’oro!
Se il tempo è davvero considerato un “capitale” da chi si occupa di telemarketing, succede perché in questo mestiere vi è un elevato rischio di dispersione. Per combattere questo fenomeno dunque occorre pianificare tutta la propria giornata lavorativa e avere ben chiari non solo gli obiettivi da raggiungere, ma anche i criteri adottati perché a volte può capitare che nonostante gli obiettivi fissati siano alla tua portata, adottare dei criteri non adatti possa farti perdere la percezione dell’andamento della tua attività telefonica. 166
A questo punto però, occorre fare una distinzione. Finora gli elementi dell’organizzazione del lavoro che abbiamo visto vanno bene per chi utilizza il telemarketing come strumento per lavorare.
Sappiamo dal primo capitolo quali sono le figure professionali che hanno bisogno di queste conoscenze. Concorderai con me che una centralinista ha delle mansioni differenti da un venditore, giusto? Perciò anche la programmazione della loro giornata è, e deve
essere,
diversa.
Vediamo
in
dettaglio
qual
è
la
programmazione ideale per entrambi.
Se sei un venditore (come me ad esempio che sono un agente di commercio), sicuramente non stai sempre in ufficio, uscirai per le tue campagne commerciali. La tua giornata deve essere in equilibrio tra il tempo che dedichi alle telefonate e il tempo che dedichi alle visite che fai. Poniti innanzitutto un obiettivo minimo di telefonate che ti consiglio non inferiore alle quindici telefonate “uniche” per cliente. Per uniche intendo l’aver chiamato almeno quindici clienti, perché potresti anche fare
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cinquanta telefonate, ma hai chiamato dieci volte sempre le stesse cinque aziende.
Suddividile in due periodi di chiamata, una al mattino che corrisponde a 1/3 delle telefonate e una al pomeriggio che corrisponde ai 2/3. Quindi se fai almeno quindici telefonate uniche ne devi fare cinque al mattino e dieci al pomeriggio, se ne fai venti uniche ne fai sette al mattino e tredici al pomeriggio e così via...
Perché questa proporzione tra mattino e pomeriggio? Perché, come detto prima, devi equilibrare le tue telefonate con i tuoi appuntamenti. Anche gli appuntamenti, infatti, devi distribuirli proporzionalmente tra mattino e pomeriggio. La base giornaliera da cui partire è quella di, almeno, tre appuntamenti al giorno. Però gli appuntamenti occorre distribuirli in modo inverso rispetto alle telefonate: se l’obiettivo è di tre appuntamenti minimi al giorno, due li devi fare al mattino e uno al pomeriggio. Questo perché devono incastonarsi con le tue telefonate.
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Partendo
dagli
obiettivi
minimi
avrai
così
la
giornata
programmata in questo modo: due appuntamenti e cinque telefonate al mattino e un appuntamento e dieci telefonate al pomeriggio. Se vuoi puoi anche invertire tutto facendo un appuntamento e dieci telefonate al mattino e due appuntamenti e cinque telefonate al pomeriggio.
Devi sempre compensare mattina e pomeriggio: avere cioè un periodo in cui fare più visite ai tuoi clienti potenziali o acquisiti e un periodo in cui ti concentri sulle telefonate. Questo schema di programmazione della giornata è il migliore, perché in questo modo ti tieni allenato su entrambi i fronti: sia il contatto dal vivo con le persone, sia il contatto via etere con il telefono.
Inizialmente (massimo i primi due mesi), ti consiglio di concentrare i tuoi sforzi su un fronte, dedicandogli un intero periodo o addirittura una giornata intera. Puoi, ad esempio, fare solo attività di telemarketing al mattino e tutte le visite previste al pomeriggio oppure dedicare una giornata intera alle tue visite clienti e una al telemarketing in ufficio: quando ti sentirai pronto, comincia a programmarti la giornata secondo le indicazioni di
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prima. C’è anche un altro motivo per il quale ti consiglio di cominciare in questo modo: oltre all’ovvia ragione di fare un po’ di pratica continua nella vendita, con le persone dal vivo e col telemarketing, non hai una lista di contatti a cui telefonare (a meno che l’azienda per cui lavori non te la fornisca già, ma anche in questo caso devi comunque aggiungere i “tuoi” contatti a quelli che ti sono già stati dati).
Quindi, inizialmente, periodi più continui e prolungati di attività telefonica in ufficio ti permetteranno non solo di fare la necessaria pratica, ma anche di accumulare una certa quantità di contatti da richiamare anche nei mesi successivi, quando ti programmerai la giornata.
Ti do un consiglio: uno dei migliori modi per accumulare contatti, soprattutto nei primi mesi di lavoro quando la tua lista sarà “scarsa”, è quello di farti dare per ogni contatto fatto almeno tre referenze attive. Per referenze attive intendo le segnalazioni date da
persone
contattate
e
conosciute:
significa
che,
indipendentemente se a un appuntamento non vendi, ti fai dire se persone di conoscenza della persona con cui hai fissato
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l’appuntamento hanno bisogno del servizio o del prodotto che proponi. Per un’azione più efficace, è meglio chiedere di persone vicine al tuo interlocutore come parenti o amici, perché con essi la percentuale di contratti chiusi rispetto al numero di appuntamenti che fai è notevolmente più alta della media!
Se invece sei un centralinista e il tuo è un lavoro esclusivamente d’ufficio, la programmazione è più semplice perché, senza dubbio, devi focalizzarti solo sull’attività telefonica pura!
Ecco dove sta la sostanziale differenza tra un centralinista e un venditore: come ti dicevo prima, occorre adottare anche dei precisi criteri che però, se si sbagliano, possono farti perdere la percezione dei risultati ottenuti. Molti, infatti, adottano criteri sbagliati perché adottano i criteri dell’organizzazione di un venditore, ma sono dei centralinisti. In tanti fanno l’errore di ragionare come dei venditori complicandosi senza motivo la loro attività che per natura, dal punto di vista organizzativo, è più semplice.
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Intanto la programmazione di un venditore di solito è all’insegna dell’autonomia decisionale (ma non sempre, perché può avere delle disposizioni anche lui dal suo direttore commerciale se c’è in azienda): è lui che ad esempio sceglie se vuole aumentare le sue telefonate giornaliere!
Un centralinista invece ha (al 99% dei casi) la giornata programmata dal direttore marketing. Ed è anche per questo che un centralinista non dovrà mai avere lo spirito organizzativo di un venditore e la sua è una programmazione più semplice, perché viene pensata da un’altra persona! Comunque, la tua giornata di centralinista deve tener conto dei seguenti tre punti, anche se hai già delle disposizioni precise dal tuo direttore marketing: intanto se il tuo obiettivo è vendere con il telefono, non deve importarti il numero di contatti fatti. Oppure se il tuo obiettivo è fissare appuntamenti, non deve importarti l’attività promozionale del prodotto o servizio perché a questo ci penserà l’agente al quale hai fissato l’appuntamento. Il secondo punto da tenere in considerazione è il target da seguire. Sappiamo già che per target si intende un segmento di 172
mercato o, più semplicemente, una tipologia di prodotto ben preciso cui dedicare un’azione di marketing altrettanto precisa e specializzata.
Per esempio se devi vendere delle mascherine per degli operai di cantieri edili è ovvio che dal tuo elenco di contatti dovrai chiamare solo gli addetti ai lavori come imprese edili, cooperative di abitazione e studi di professionisti che seguono cantieri come architetti, geometri o ingegneri.
Terzo e ultimo punto è la definizione, come per i venditori, degli obiettivi minimi. Sono due i parametri per fissare i tuoi obiettivi e monitorare i tuoi progressi: il numero di telefonate giornaliere e la percentuale di conversione. Il numero di telefonate minime al giorno per un centralinista è ben diverso (e più alto) rispetto a un venditore per ovvi motivi: il centralinista ha più tempo per telefonare.
Se un venditore ha come obiettivo quindici telefonate giornaliere, un centralinista non deve mai scendere al di sotto di quaranta telefonate quotidiane: è questa infatti la soglia che gli permette di
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calcolare la tua percentuale di conversione. Quando poi comincerai ad avere più scioltezza e velocità potrai anche fare almeno cinquanta/sessanta telefonate al giorno.
La percentuale di conversione è il parametro che ti fa capire se il tuo lavoro sta andando bene o male. Si basa sui dati giornalieri delle tue telefonate, dividendo il numero di appuntamenti fissati o vendite fatte per il numero di telefonate effettuate (ricordi? L’abbiamo già vista una volta a proposito della misurabilità dell’investimento, nel primo capitolo).
Ad esempio se hai fatto cinquanta telefonate in un giorno e hai fissato cinque appuntamenti la tua percentuale di conversione è del 10%. Il primo mese poniti l’obiettivo minimo del 10% - 12%: è una buona media e raggiungibile in tempi relativamente brevi. Col passare del tempo però (esattamente dal terzo mese in poi), la tua media deve stabilizzarsi attorno al 15% perché è questa la media definitiva e costante di tutti i centralinisti professionisti come già accennato in precedenza: se vedi che in media stai raggiungendo questa percentuale, allora il tuo lavoro sta andando
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bene, in caso contrario, se non la raggiungi, hai la prova che devi rivedere le tue strategie!
SEGRETO n. 4: programmarsi la giornata lavorativa è necessario per ottimizzare il tempo, sia se sei un venditore o un centralinista. Un altro punto veramente importante nell’organizzazione della tua giornata di lavoro è la costruzione dello/degli script. Il termine “script” deriva dalla lingua inglese e significa letteralmente “scritto” e sta a indicare quel particolare strumento che può essere indicato come il “copione della telefonata” e il “messaggio che vogliamo dare”.
È come a teatro o nei film, gli attori per imparare le battute si servono dell’ausilio del copione con le loro battute in forma scritta, che li aiuta a imparare a memoria ciò che devono dire. La funzione dello script è proprio quella di guidarti e aiutarti durante la telefonata a non dimenticare nessun passaggio delle fasi (che vedremo nel prossimo capitolo) e, soprattutto, aiutarti a rispondere a qualsiasi cosa ti viene detto o richiesto.
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Deve essere la tua guida vera e propria! Ci sono due modalità per utilizzare lo script: una in versione “classica” e una in versione decisamente più moderna. La prima consiste nell’avere sempre sulla scrivania e sott’occhio il foglio cartaceo dove hai tracciato lo script. La seconda invece consiste nell’avere
lo
script
direttamente sul tuo PC grazie a un software da impostare in base alle tue esigenze che ad ogni domanda, risposta o obiezione, ti dice subito qual è la risposta più adatta per la situazione direttamente visualizzata sul monitor.
Sei tu che, ad ogni cosa che ti viene detta dal tuo interlocutore, clicchi sull’opzione che ti propone il programma e lui ti dà la risposta idonea. Io sinceramente preferisco la seconda per ovvi motivi: maggior possibilità di opzioni e funzionalità (un conto è scrivere sul un semplice foglio, un conto avere tantissime risposte catalogate su un computer...), inoltre per il semplice fatto che tutto è automatizzato il tempo risparmiato è davvero notevole! Se la tua azienda non dispone di questa tipologia di programma, non ti preoccupare perché ciò che vedremo adesso può essere applicato sia per la modalità moderna, ma anche per quella “classica”.
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A questo punto occorre una precisazione: non esiste e non esisterà mai uno script adatto per ogni situazione! Molti dicono il contrario, ma sbagliano e anche di molto perché non si può pensare che uno script costruito per una campagna di telemarketing dedicata ai clienti già acquisiti sia uguale a quello costruito per telefonare ad aziende mai conosciute prima. Infatti ogni script è funzionale alla tipologia di clienti o potenziali con cui vieni a contatto e allo scopo della tua telefonata. Prima di vedere quali sono i tipi di script, però, vediamo le caratteristiche di costruzione comuni a tutti, in modo da non confonderti.
Ora ti elenco le cose che devi fare nel costruire e usare uno script. 1. La costruzione di uno script deve avere una sola tipologia di azione di telemarketing: ad esempio devi decidere da subito se vuoi scrivere uno script per fissare degli appuntamenti o per richiamare i clienti già acquisiti.
2. Bisogna stendere la conversazione con tutte le parole che userai durante le telefonate, suddividendo le parole in base alle fasi di cui è composta e sulle quali si basa il metodo che devi usare (che si chiama ICF e vedremo in dettaglio nel prossimo capitolo).
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3. Solo perché ti scrivi le parole che devi dire, non significa che devi parlare come un robot! I tuoi dialoghi non devono sembrare “meccanici”. Sii comunque te stesso, adottando un linguaggio parlato: in pratica come se stessi parlando senza leggere lo script! Non devi far capire al tuo interlocutore che stai leggendo ciò che dici. Il modo miglior per ottenere questo, è quello di caratterizzare i tuoi discorsi vie etere come dei normali discorsi: cioè immettendo ogni tanto delle normali imperfezioni nelle parole e utilizzando ogni tanto qualche pausa per non parlare “tutto d’un fiato”.
4. Le tue telefonate devono essere brevi per non perdere tempo utile, ma anche per tenere alta la concentrazione di chi ti ascolta al telefono. Per fare ciò, sai già che devi fare uso principalmente di frasi corte e con parole essenziali.
5. Quando scrivi il tuo script, devi prevedere le possibili risposte dei tuoi clienti o potenziali: a tal scopo, per ogni domanda che fai devi prepararti anche le possibili cose da dire in base alle risposte che ricevi.
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È ovvio che ogni domanda nuova che fai deve essere attinente e collegata alla risposta ricevuta precedentemente. Quando hai finito di scrivere lo script, studialo e rileggilo ad alta voce per sentire “dal vivo” come parli.
Aspetta un giorno senza vedere lo script, per apportare delle
ulteriori modifiche necessarie che da subito, appena scritto lo script, non riesci a vedere per via del normale calo di lucidità mentale. Quando apporti le ultime e definitive modifiche fai in modo che tutto rientri nello stesso foglio: questo aiuta ad avere tutto il dialogo scritto a portata di mano senza dover cercare la risposta a una domanda in fogli diversi. Questo aumenterà la tua sensazione di avere tutto “sotto controllo”.
Oltre ad ascoltarti ad alta voce esistono altri strumenti per vedere se il tuo script è vincente, ma adottali solo dopo che hai aspettato un giorno per correggerlo. Uno di questi è registrare delle simulazioni delle tue telefonate: è sorprendente come ascoltando la propria voce in un secondo momento sia molto differente da quella che siamo abituati a sentire mentre parliamo.
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In questo modo potrai capire quali sono i punti dove è necessario migliorare il tuo tono di voce. Un altro strumento è quello di far leggere il proprio script da un collega o un amico invertendo le parti: tu simuli un potenziale cliente mentre chi ti sta aiutando svolge il tuo compito. Ascoltare lo script dall’altra parte del telefono infatti è di grande aiuto per notare i punti deboli ed eliminarli!
Ecco invece le cose che ti consiglio di non fare: 1. Non far percepire al tuo ascoltatore che stai seguendo uno script, quindi non far sembrare i tuoi discorsi come automatizzati: se è vero che lo script ti aiuta proprio in questo senso, cioè ti è d’ausilio perché il tuo discorso è già scritto, non deve però essere notato dai tuoi potenziali clienti. Quindi la parola d’ordine è: aiutarsi con lo script, ma non farlo capire a chi ascolta.
2. Il tuo dialogo, usando uno script, deve seguire tutte le regole studiate nei capitoli precedenti in merito all’uso del tono della tua voce e all’uso delle parole vincenti. Quindi non cadere nell’errore che tutti fanno, di dimenticarsi di queste regole mentre seguono lo script.
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3. Un altro errore da evitare decisamente è quello di annoiarsi dopo molte telefonate usando lo stesso script: ogni telefonata che fai è unica perché chi ti ascolta (cliente o no) è la prima volta che lo fa in quella giornata, per cui devi farti sentire come se stessi chiamando una persona senza aver chiamato nessuno durante tutta la giornata.
Per questo motivo, prenditi trenta secondi di pausa tra una telefonata e l’altra, per riuscirci.
4. Se nel corso del tempo vedi che il tuo script funziona, non cadere nello sbaglio di modificarlo perchè vuoi aumentare la tua percentuale di conversione (per farlo occorre far altro, come abbiamo già visto) o perché un collega ne ha uno che sembra, a prima vista, migliore del tuo. Vai avanti per questa strada, perché se cominci a superare le cinque-dieci parole modificate, cala drasticamente la tua percentuale di riuscita rispetto alle chiamate che fai.
Adesso che sai come comportarti nella scrittura di qualsiasi script, vediamo quali sono le categorie. Di script ne esistono
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essenzialmente tre e questa distinzione è dettata dal fatto che tutti e tre gli script hanno un obiettivo diverso. Eccoli i tre tipi:
1. Script di VENDITA (adatto per la ricerca di nuovi clienti e per la vendita di prodotti). 2. Script di STATISTICA (adatto per analisi di mercato e per la raccolta dati in merito alla fidelizzazione dei clienti). 3. Script di RICEZIONE (adatto per quando si ricevano solo telefonate dall’esterno, senza farne di proprie. È lo script usato nei centralini per l’assistenza clienti post-vendita e nei centralini di istituzioni varie: numeri verde, forze dell’ordine ecc.).
Nella mia formazione di telemarketing ho visto e usato una lunga serie di script, tutti molto completi, ma difficile da mettere in pratica perché troppo tecnici e lunghi. Applicando invece il metodo di telefonare accennato nell’elenco di prima (ICF) ti renderai conto di come ogni script diventa di immediata applicabilità! Ora vediamo quali sono i punti diversi da rispettare per ogni script, poi vedremo un esempio di dialogo per ognuno dei tre. Bisogna precisare che ognuno dei tre script, avendo un fine 182
diverso, è strutturato anche in modo diverso perché se lo scopo è diverso dalla vendita non è necessario applicare tutte le fasi del metodo ICF come lo script di vendita. Lo script più utilizzato è lo script di vendita che può essere definito lo script per antonomasia, utilizzato da tutti per fissare appuntamenti o fare vendite telefoniche. Ecco le fasi salienti di questo script che sono quattro, e rispecchiano fedelmente la praticità del metodo ICF: FASE 1: questa fase è caratterizzata dal primo approccio e contatto con il cliente. In questa fase ci si presenta, si trova e identifica l’interlocutore che cerchiamo e, se necessario, si verifica se è lui che svolge la funzione per cui lo cerchiamo in modo da parlare sempre con l’interessato. FASE 2: questa fase che è al centro della telefonata è il momento dove, appurato che parliamo con la persona giusta, gli spieghiamo lo scopo della telefonata. Immediatamente dopo cerchiamo di descrivere il nostro prodotto/servizio elencando i vantaggi e benefici che potrebbe avere il nostro ascoltatore in caso di acquisto.
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FASE 3: questa è la fase finale e decisiva nella quale dobbiamo cercare di trovare un accordo con il nostro interlocutore. FASE 4: questa fase coincide con il ringraziamento nei confronti dell’interlocutore seguito dall’augurio da parte nostra.
Ora vediamo un esempio pratico dello script di vendita: SCRIPT DI VENDITA FASE 1 Tu: «Buongiorno! Sono ------- della ------ parlo con la Sig.ra Pastini?» Adesso devi prepararti a rispondere alle possibili risposte: «Sono io, mi dica...». «No, sono la sua segretaria, di che si tratta?» «No al momento non c’è...».
Nel secondo caso formulare una frase per superare il filtro (su come superare i filtri, vedi Fase 8). Nel terzo caso chiedere quando richiamare. Se invece si verifica il primo caso puoi continuare la tua telefonata con una frase di questo tipo: Tu: «Piacere Sig.ra Pastini, è lei la responsabile dell’ufficio acquisti?» 184
FASE 2 Tu: «La chiamo per il seguente motivo: volevamo farle conoscere il nostro ultimo modello di aspirapolvere...». Subito dopo: Tu: «Vede, con il nostro apparecchio riuscite a pulire un appartamento in una sola ora, invece che le attuali due!»
FASE 3 Ora formuli una domanda per accordarti: Tu: «La dimostrazione durerà venti minuti. Va bene al mattino o pomeriggio?» A questo punto la risposta può essere affermativa o negativa. Interlocutore: «Va bene, facciamo a mezzogiorno». Interlocutore: «No guardi non mi interessa...».
In caso di risposta affermativa rispondi in questo modo ripetendo la frase di risposta come segno di conferma: Tu: «Va bene, allora appuntamento a mezzogiorno».
In caso di risposta negativa cerca di parlare in modo da lasciarti delle porte aperte per il futuro: 185
Tu: «Va bene. Spesso facciamo campagne promozionali e informative quindi sicuramente la terrò aggiornata. La contatterò nei prossimi mesi».
FASE 4 Ora devi fare in modo di concludere la telefonata in modo da lasciare un bel ricordo (indipendentemente dall’esito della telefonata). Tu: «Grazie del tempo dedicato Sig.ra Pastini e buona giornata!»
Lo script di statistica si struttura invece in tre fasi: anche qui è applicato il metodo ICF, ma in modo parziale perché l’utilizzo di questo script è finalizzato al raccoglimento di dati e opinioni, non alla vendita. In questo script cambia principalmente la seconda fase dove devi spiegare lo scopo della telefonata ed il numero di fasi che si riduce a tre. Il resto è molto simile. Ecco lo schema:
FASE 1 Come nello script di vendita, questa fase è caratterizzata dal primo approccio e contatto con il cliente. Anche in questo caso, ci
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si presenta, si trova e identifica l’interlocutore che cerchiamo e, se necessario, si verifica se è lui che svolge la funzione per cui lo cerchiamo in modo da parlare sempre con l’interessato.
FASE 2 Anche in questo script, questa fase è il centro della telefonata ed è il momento dove, appurato che parliamo con la persona giusta, gli spieghiamo lo scopo della telefonata.
In questo caso gli scopi della telefonata possono essere solo due: raccogliere pareri o dati. Dopo non hai bisogno di descrivere niente perché non devi vendere niente e non devi fissare appuntamenti.
FASE 3 Anche qui, questa fase coincide con il ringraziamento nei confronti dell’interlocutore seguito dall’augurio da parte nostra.
Vediamo lo stesso esempio di prima applicato allo scopo di questo script:
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SCRIPT DI STATISTICA FASE 1 Tu: «Buongiorno! Sono ------- della ------ parlo con la Sig.ra Pastini?» Adesso devi prepararti a rispondere alle possibili risposte: «Sono io, mi dica...». «No, sono la sua segretaria, di che si tratta?» «No al momento non c’è...» Nel secondo caso formulare una frase per superare il filtro (su come superare i filtri, vedi Fase 8). Nel terzo caso chiedere quando richiamare. Se invece si verifica il primo caso puoi continuare la tua telefonata con una frase di questo tipo: Tu: «Piacere Sig.ra Pastini, è lei la responsabile dell’ufficio acquisti?»
FASE 2 Tu: «La chiamo per il seguente motivo: sto raccogliendo i pareri dei nostri clienti in merito al nostro ultimo modello di aspirapolvere». Interlocutore: «Sì guardi apprezzo molto il fatto che...».
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FASE 3 Ora concludi la telefonata come prima, in modo da lasciare un bel ricordo (anche qui, indipendentemente dall’esito della telefonata): Tu: «Grazie del tempo dedicato Sig.ra Pastini e buona giornata!» Lo script di ricezione è uno script diverso dai primi due. Non adotta il metodo di telefonata ICF: questo accade perché il suo scopo è quello di guidarti nella ricezione della telefonata e il metodo ICF l’ho studiato e modellato per aiutarti a telefonare e non per ricevere telefonate. Non preoccuparti però e per due motivi: al tema della ricezione delle telefonate ho dedicato un capitolo intero (il settimo) dove vedrai tutte le strategie per riuscire anche quando ricevi tu delle telefonate, il secondo motivo è che questo script, nonostante non adotti il metodo ICF ha uno schema simile agli altri due visti prima. Questo schema è composto da tre fasi. Eccole:
FASE 1 Come negli script precedenti, questa fase è caratterizzata dal primo approccio e contatto con il cliente. Anche qui, ci si presenta e si identifica l’interlocutore. Potrà sembrarti strano, ma 189
di differenze però, ce ne sono poche. Anzi l’unica differenza è questa: può capitarti che chi ti chiama dica subito chi è, ma non è scontato! Perciò anche qui, prima di passare alla fase successiva capisci prima con chi stai parlando. FASE 2 Questa è la fase che caratterizza tutto lo script. Quasi in tutti i casi, a questo punto dobbiamo rispondere a delle domande dei clienti. Innanzi tutto non cadere nella tentazione di rispondere subito, ma alle domande che ti rivolgono ribatti con delle tue domande per due motivi: primo perché mantieni tu il controllo della conversazione, secondo perché la maggior parte delle persone, per vari motivi, non ti espongono i loro veri bisogni e tu devi essere in grado di capirli per essere davvero efficiente nel risolvere le loro problematiche. Questo discorso vale anche se lavori in centralini di istituzioni pubbliche o forza dell’ordine e non solo in centralini aziendali. Se lavori in azienda poi, ti consiglio di redigere un elenco da tenere visibile vicino allo script con le caratteristiche di ogni prodotto 190
trattato, in modo da fornire tutte le informazioni richieste a seconda del prodotto di cui si parla. FASE 3 Questa è la fase conclusiva della tua telefonata. Rispetto alle altre però è un po’ diversa. Se è vero che anche qui si conclude il discorso lasciandosi con il cliente, è anche vero che non è una fase fine a se stessa perché mentre prima lo scopo era quello di concludere nel migliore dei modi lasciando un bel ricordo di noi, ora lo scopo è quello di fare in modo che ciò che si dice in questa fase non sia fine a se stesso, ma sia da stimolo per risentirci con chi ci ha chiamato o per proporre una soluzione alternativa. Possiamo tranquillamente pensare che agendo così la telefonata tenda a “capovolgersi” perché è come ottenere lo stesso risultato di uno script di vendita: fissare appuntamenti o vendere! Infatti se all’inizio risolviamo il problema del cliente, per quale motivo non si può proporre qualcosa di alternativo rispetto a ciò che ha già o perché no, proporre di incontrarsi?
SCRIPT DI RICEZIONE FASE 1 Dopo il primo squillo del telefono rispondi come di seguito: 191
Tu: «Buongiorno, è la ditta -----. Sono ------ come posso esserle utile?» Interlocutore: «Salve, sono ---- e avevo acquistato un mese fa il televisore modello 15” e non riesco a vedere nitide le immagini. Quello l’ho messo nella stanza dei miei figli, ma ne volevo uno in sala da pranzo e per vederci bene pensavo di prenderne uno a cristalli liquidi».
FASE 2 Tu: «Sig. ----- potrebbe dirmi grosso modo quanto è grande la sua sala da pranzo?» Interlocutore: «Circa 20 mq». Tu: «Ho capito, ho la soluzione che fa al caso suo: per vedere bene le immagini l’aspetto più importante non è il tipo di immagine, ma la grandezza del monitor. La TV di 15” non era adatta alla sua sala perché troppo piccola: quindi le occorre una TV più grande!»
Interlocutore: «Grazie, non immaginavo che il motivo fosse quello!»
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FASE 3 Tu: «Guardi, proprio oggi ci sono arrivati nuovi televisori da 20” e fanno proprio al caso suo. Facciamo come il mese scorso: le verrà consegnato a casa con corriere espresso tra circa 2 giorni. Cosa devo dire la corriere, preferisce che venga al mattino o al pomeriggio?»
Interlocutore: «Va benissimo! Meglio in pomeriggio, perché non ci sono al mattino».
Un ultimo consiglio: quando sei certo di aver costruito il tuo script vincente, ti consiglio di scrivere su un altro foglio in formato A4 da tenere sulla scrivania di fianco allo script, tutte le obiezioni possibili che potresti ricevere per ogni domanda che fai o cosa che proponi. Questo vale per i primi due script, cioè lo script di vendita e lo script di statistica. Per quanto riguarda lo script di ricezione occorre un altro foglio dove invece annotarsi i reclami che potresti ricevere dai tuoi clienti. Le obiezioni e i reclami li studieremo in modo approfondito nell’ottavo capitolo.
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SEGRETO n. 5: lo script è “il testo steso” della tua telefonata. Traccialo al meglio e secondo l’obiettivo delle tue telefonate, in modo che sia una vera guida per te.
L’ultimo aspetto dell’organizzazione del lavoro è quello della raccolta e gestione dei dati. Non si può negare, infatti, che senza dati chiunque svolge questo lavoro, lavorerebbe con il nulla. Soprattutto se il tuo obiettivo è di trovare nuovi clienti per la tua azienda, avere dei dati su società nuove prima di cominciare fa sì che parti con il piede giusto senza dover sprecare tempo per chiedere dati al tuo interlocutore, visto che li hai cercati (e trovati) prima.
Stesso discorso se si ricevono delle richieste per telefono da aziende che non hanno mai avuto rapporti commerciali con la tua azienda oppure se chiamano anche dei clienti già acquisiti. In pratica, qualsiasi sia la causa di un contatto, devi avere, raccogliere o aggiornare i dati dell’azienda con cui ti relazioni. Già, ma come fare tutto questo?
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Il miglior modo per avere sotto controllo, gestire e raccogliere i dati dei vari contatti che si vengono a creare nel tempo è quello di disporre di un database. Il database è un elenco di tutti i contatti o per meglio dire un archivio ben strutturato di dati utili per far crescere il business aziendale, fatto e sviluppato dai tuoi contatti e quelli dei tuoi colleghi provenienti dalle vostre telefonate. Per la sua costruzione e il suo sviluppo ti consiglio il formato elettronico per tantissimi motivi: versatilità, velocità di aggiornamento, reperimento quasi istantaneo dei dati, protezione dei dati, accumulo di grandi quantità di dati utili ecc. Se sei esperto del software Microsoft Access ti consiglio di utilizzare questo per il tuo database, perché è stato concepito proprio per la costruzione di database. Se invece non hai molta dimestichezza, ti consiglio di sviluppare il tuo database con l’ausilio di un programma di fogli elettronici di lavoro come Microsoft Excel: anche se hanno meno funzioni, sono più facili da utilizzare e hanno comunque le funzioni base necessarie per creare il database più adatto per te.
Sono vari i modi di gestire questo strumento: c’è chi ne costruisce uno apposta per ogni tipo di campagna telefonica (e quindi ogni 195
tipo di azienda o classe merceologica) e c’è invece che preferisce averne uno solo centralizzato per tutti i dati. La soluzione migliore è la seconda: questo perché permette comunque, come la prima soluzione, di poter selezionare per obiettivo le aziende da chiamare, ma allo stesso tempo riunisce tutta questa mole di dati in un unico documento, con il vantaggio di risparmiare molto tempo nel cercare i dati di aziende diverse (ad esempio aziende clienti e quelle che conosciamo, ma non sono nostre clienti). Queste categorie di aziende da inserire nel tuo database sono le seguenti (tra parentesi sono inseriti i motivi delle campagne telefoniche a loro rivolte): azienda ex-novo (farsi conoscere, vendere, svolgere indagini di mercato); azienda conosciuta, ma non cliente (vendere); azienda cliente (testare il grado di gradimento della clientela); azienda ex-cliente (capire i motivi di disguido).
Per tutte e quattro le categorie di aziende, esistono sia dei dati diversi da avere necessariamente nel database per ognuna e i dati 196
invece che valgono per tutte e quattro e che hanno in comune. Grazie ai dati che sto per elencarti riuscirai ad inserire ogni azienda nella categoria appropriata e, quando avrai bisogno di avere davanti solo l’elenco di aziende di una determinata categoria, ti basterà aprire il tuo database e grazie alla funzione di filtro, comune a tutti i fogli elettronici, selezionerai una delle quattro categorie esistenti.
Nella categoria ex-novo (cioè aziende mai conosciute e mai contattate) hai bisogno solo dei dati di base e quelli anagrafici. Questo perché, essendo aziende mai contattate, puoi avere di certo solo questi dati che sono reperibili tramite molteplici fonti: dall’attività di vendita “porta a porta”, dalle pagine gialle, da internet o dalle società che vendono liste precompilate di aziende.
Nella categoria di aziende già conosciute, ma non clienti, hai bisogno di avere aggiornati i dati anagrafici delle stesse e soprattutto devi riportare i dati relativi alla tua attività telefonica: queste aziende non sono ancora clienti, ma al contrario delle prime sono già state contattate.
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Di conseguenza hai bisogno di sapere chi ha chiamato (tu o un tuo collega), la data dell’ultimo contatto, l’esito del contatto, ciò che devi fare dopo e infine lo spazio per le note. Poi se, sei un agente o i tuoi contatti vengono utilizzati da una rete di venditori dell’azienda, occorrono altre tre voci: una in cui segnare (con una “x”) se tu o uno dei venditori dell’azienda ha avuto almeno un appuntamento, una in cui segnare se è stato fatto per quel potenziale cliente almeno un preventivo e infine un’altra se è stato fatta almeno una vendita.
Nella categoria delle aziende clienti, devi, dato che hai già effettuato almeno una vendita, avere non solo i dati prima citati, ma quelli relativi al prodotto/servizio venduto e al rapporto con l’azienda cliente. I primi sono i dati relativi alla consegna, alla persona che ha consegnato, modalità e dati per il pagamento. I secondi sono i dati relativi al fatturato, allo storico degli acquisti e allo storico delle eventuali lamentele. Nella categoria finale, quella degli ex-clienti, hai già tutti i dati dell’azienda quando era cliente e bisogno di aggiungere un solo dato: il motivo del disguido.
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I dati che tutte e quattro le categorie hanno in comune sono il numero progressivo d’azienda, data inserimento contatto, tipo di categoria d’appartenenza (le quattro prima citate), settore lavorativo. Poi ci sono i dati anagrafici: nome, indirizzo, città, CAP, provincia, telefono, fax, email aziendale, codice fiscale, partita IVA, referente aziendale, numero del referente, email referente.
Con il passare del tempo è facile che un’azienda venga spostata da una categoria all’altra. In questo passaggio però c’è una logica ed è legata alle macro aree di dati prima citate: dati di base, dati anagrafici, dati da attività telefonica, dati del prodotto/servizio e dati del rapporto con il cliente (da impostare con questa sequenza nel database).
Il passaggio è semplice: ti troverai inizialmente con tante aziende appartenenti alla categoria ex-novo che ha come macro aree le prime due. Quelle contattate devi passarle alla categoria di aziende conosciute, ma non clienti, aggiungendo la macro area dei dati sull’attività telefonica appena effettuata.
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Nel caso che un gruppo di queste (speriamo tante!) diventano clienti, le passi alla categoria clienti che hanno, a questo punto tutte le macro aree comprese le ultime due relative ai dati sul prodotto/servizio e i dati del rapporto con il cliente. Se purtroppo vi sono aziende che non vogliono acquistare più, le sposti nella categoria degli ex-clienti.
Il database può essere considerato sia il traguardo d’arrivo che il punto di partenza della tua attività telefonica: prima di cominciare a telefonare, infatti, puoi avere sullo schermo l’archivio di dati a te necessari per telefonare alle categorie di aziende già clienti o aziende che già conosci, ma che non lo sono ancora, ad esempio. In questo caso sarebbe il tuo punto di partenza perché usi il database per telefonare.
Se invece, il tuo obiettivo è di fare nuovi contatti, l’inserimento di queste aziende “fresche” nel database è il tuo punto d’arrivo! Prima abbiamo visto che per inserire aziende ex-novo esistono fonti varie (PagineGialle, internet ecc.), ma ne esiste un altra che stranamente non viene considerata tra queste fonti, che, al contrario di quanto si possa pensare, è una delle fonti principali.
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Di cosa sto parlando? Delle telefonate che riceviamo! Proprio quelle, chiamate anche telefonate “in entrata” (che studieremo nella Fase 7).
Probabilmente, questa fonte se non viene annoverata tra quelle classiche per incrementare il database è perché, al contrario di quelle che si usano solo se lo vuoi tu, è una fonte passiva e improvvisa, nonché inattesa. Nel caso ricevi telefonate da aziende sconosciute, anche interessate al tuo prodotto/servizio puoi, anzi devi se non vuoi rimanere spiazzato, utilizzare quello strumento chiamato scheda contatto. La scheda contatto è in pratica una scheda su un foglio A4 sulla quale annotare tutto quello che ti viene detto e chiedi nelle tue telefonate. Questa scheda ha il grande pregio di guidarti nelle domande da fare e i dati da chiedere perché sono già riportate tutte le voci (per ogni macro area) da compilare, necessarie per il database.
Infatti conclusa la telefonata, puoi subito copiare i dati annotati durante la conversazione per telefono e trasferirli nel tuo database. Ed ecco che, senza volere, nuovi potenziali clienti si sono aggiunti!
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Ti consiglio, nel redigere una scheda contatto, di non farla cartacea perché dovresti scriverne davvero tante. Scrivila con programmi come Microsoft Word. Non fare delle stampe però, perché occorrerebbero davvero grandi quantità di carta.
L’ideale è costruirla in formato digitale appunto, con tutti le voci del database, ma di tenere il file sul PC perché in questo modo è più veloce sia l’inserimento dei dati che ti danno i potenziali clienti durante i dialoghi per telefono con loro (invece che scrivere a mano), sia il trasferimento dei dati dalla scheda contatto al database usando le funzioni copia/incolla al posto di lunghissime trascrizioni a mano.
SEGRETO n. 6: la costruzione e sviluppo di un database è fondamentale per la raccolta e la gestione dei dati che sono necessari per le tue campagne telefoniche.
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RIEPILOGO DELLA FASE 5: SEGRETO n. 1: indipendentemente dal tuo ruolo e dalla ragione per cui fai telemarketing, hai bisogno, prima di cominciare la tua attività telefonica, di una perfetta organizzazione. SEGRETO n. 2: grazie a quello che chiamo “l’approccio ideale”, avrai tantissimo tempo da investire nel tuo lavoro. Solo con l’autodisciplina e l’ordine mentale/fisico puoi raggiungerlo. SEGRETO n. 3: è assolutamente necessario per te ottenere e mantenere nel tempo la giusta dose di motivazione, altrimenti diventa difficile conseguire ottimi risultati. SEGRETO n. 4: programmarsi la giornata lavorativa è necessario per ottimizzare il tempo, sia se sei un venditore o un centralinista. SEGRETO n. 5: lo script è “il testo steso” della tua telefonata. Traccialo al meglio e secondo l’obiettivo delle tue telefonate, in modo che sia una vera guida per te. SEGRETO n. 6: la costruzione e sviluppo di un database è fondamentale per la raccolta e la gestione dei dati che sono necessari per le tue campagne telefoniche. 203
FASE 6: Come telefonare usando il metodo ICF
Ogni volta che pensiamo al telemarketing nella nostra mente subito si forma il pensiero di una persona che alza la cornetta... ed è proprio vero! Infatti la telefonata è il FULCRO di questa materia perché senza di essa tutte le conoscenze correlate sono superflue.
Esistono varie teorie e metodi per impostare correttamente la telefonata e io (credimi) li ho provati pressoché tutti: non ti nego che la mia attuale formazione deriva anche da alcuni di essi, ma in un arco di tempo che spazia dai nove ai dodici mesi, per quanto impegno vi ho messo, nessuno preso singolarmente mi ha mai dato risultati soddisfacenti.
Il motivo era sostanzialmente uno: nonostante i miei formatori in PNL mi avessero istruito molto bene sulle tecniche di comunicazione da utilizzare durante la telefonata, tutte quelle nozioni imparate (non che non fossero valide, anzi) invece che 204
facilitarmi il compito, al contrario non facevano altro che complicarmelo e questo perché durante le telefonate mettendo in pratica tutto quello che sapevo, sovrapponevo tutte le cose imparate. Questo succedeva non perché le fasi di cui erano composte le mie telefonate fossero concettualmente errate, ma perché semplicemente erano... troppe!
Con l’ansia di non dimenticare nessun passaggio, finivo invece per sbagliare “bruciandomi” inevitabilmente il cliente. Certo, ora tu penserai che il problema non esista perché tutto questo fa parte della “gavetta” e che sia giusto imparare dai propri errori (e infatti anche per me così è stato) e tutt’al più col tempo il “tirocinante” avrà modo di andarsi a rileggere tutti i punti chiave letti sul proprio manuale o scritti sul proprio quaderno, quando ascoltava il proprio coach.
A questo punto però mi sono chiesto: se ho imparato queste tecniche per aumentare le mie vendite e quindi guadagnare di più, fino quando dovrò aspettare perché io riesca ad assimilarle tutte per poterne trarre benefici? Sicuramente se non mi fossi posto questa domanda avrei continuato per questa
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strada fino a quando avrei tirato fuori tutto quello che sapevo al momento della telefonata, senza pensarci mille volte, facendolo diventare un processo automatico.
È un po’ come quando vai a scuola guida per imparare a guidare: i primi tempi sei impacciato, ma poi, assimilato il meccanismo dei pedali, del cambio e del volante tutto diventa automatico: solo che qui non si trattava di saper guidare, ma saper telefonare per conquistare clienti e fidelizzare quelli già acquisiti, quindi guadagnare di più. E io a questo volevo arrivarci subito!
Allora ho cercato di sviluppare un metodo personale che mi permettesse se non immediatamente, al contrario di altri metodi, almeno di arrivare ai risultati sperati nel minor tempo possibile: ovviamente non sono ripartito da zero ma ho affinato e modellato tutto quello che ho appreso dalla mia validissima formazione teorico-didattica e dalla mia personale esperienza sul campo. Così è nato il METODO ICF che non è una strana sigla come potrebbe sembrare, ma un semplice acronimo in italiano “battezzato” da me stesso per indicare le uniche e vere fasi
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essenziali della telefonata: con la I si intende INIZIO, con la C si intende CENTRO e con la F si intende FINE.
Per tutti quelli che, come te, desiderano migliorare le proprie prestazioni al telefono non esiste niente di meglio: certo, potrai sicuramente venire a conoscenza di altri metodi per svolgere il telemarketing, ma nessuno è impostato in questo modo perché per quanto approfondite siano le loro spiegazioni, i tuoi risultati arriveranno sempre e solo dopo mesi e mesi di pratica!
Ora invece tali inconvenienti puoi evitarli, anzi devi, evitarli. Infatti questo metodo ti permette di ottenere risultanti tangibili nel minor tempo possibile garantendo anche tutta la sua efficacia fin dalle prime battute. Ed è questo di cui TU hai bisogno perché non puoi aspettare per ottenere risultati, per assimilare tutto ciò che ti viene insegnato in modo che divenga automatico: perché se non raggiungi a breve i tuoi obiettivi comincerai a perdere la tua motivazione e credimi che non c’è niente di peggio che un operatore telefonico demotivato! Infatti come spiegato nel capitolo precedente, se essere motivati è importante per ogni professione, per questa è 207
fondamentale, perché chi è dall’altra parte percepisce subito tutto questo. Ora quindi passiamo ad analizzare il metodo ICF. SEGRETO n. 1: il metodo ICF ti permetterà di ottenere da subito i tuoi risultati e così facendo non perderai mai la tua motivazione.
La telefonata, così come strettamente intesa, tendiamo a concepirla e riassumerla in un semplice atto conoscitivo della persona che ci sta ascoltando dall’altra parte: ma questo vale solo se stiamo telefonando da casa nostra alle persone più care come il partner, i genitori, amici ecc.
La realtà però è ben diversa quando bisogna telefonare dal proprio ufficio e prima di comporre il numero di telefono ci si pone degli obiettivi: sia che essi siano fissare degli appuntamenti sia che siano di proporre dei servizi o prodotti dell’azienda per la quale lavoriamo.
Per questo motivo è necessario “scomporre” la chiamata in varie fasi e sotto-fasi perché solo con una precisa strategia si riesce a centrare il proprio obiettivo e non solo: agire in questo modo ti dà 208
la possibilità di analizzare le tue telefonate volta per volta, specialmente nei casi dove è palese che hai sbagliato.
Solo in questo modo puoi migliorarti veramente, perché impari dagli errori fatti e vai a eliminare gli errori solo nelle fasi in cui hai veramente delle lacune, senza perdere ulteriormente tempo a pensare e capire dove hai sbagliato e senza ricominciare da capo.
Nel metodo ICF la prima fase è quella chiamata INIZIO: in questa fase (suddivisa anch’essa in sotto-fasi) l’obiettivo principale è quello di colpire il tuo interlocutore. Tutti infatti siamo abituati a essere bombardati da telefonate promozionali e senza qualcosa di diverso e originale che attiri la nostra attenzione. Devi sapere che in tutti gli ambiti della comunicazione è dimostrato che la mente umana, per istinto, tende a “catalogare” le persone: per fare questo analizza tante cose usando tutti i sensi di cui disponiamo, per cui giudica una persona (lo so che umanamente è un po’ triste ammetterlo, però è inutile negare che per nostra natura, tendiamo a giudicare chi ci sta davanti già dai primi momenti che cominciamo a conoscerlo) dall’aspetto fisico, 209
dalle sue movenze, dall’accento e dal tono della voce, da come si veste, da come parla ecc.
Come già sai, durante una conversazione telefonica molti di questi elementi sono assenti, tranne la voce, e il modo in cui la usiamo (tono, accento e cosa diciamo). Per cui, per forza di cose, dobbiamo concentrarci solo a utilizzare la voce come la nostra unica arma. Ma non è finita qui perché contro di noi c’è un altro fattore che pochi prendono in considerazione: il tempo.
Infatti se nella comunicazione dal vivo tutti noi impieghiamo circa dai cinque agli otto minuti per giudicare una persona, per telefono questo arco di tempo cala drasticamente: infatti chi ci ascolta ci giudica dall’impressione che gli facciamo nei primi cinque-dieci secondi!
Infatti credimi che è inutile cercare di rimediare facendo una bella conversazione se i primi attimi hai dato una brutta impressione di te. Ora capisci anche tu quanto è importante colpire il nostro interlocutore da subito senza inciampare in errori che lo porterebbero ad allontanarsi da noi. Nel capitolo precedente
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abbiamo infatti visto quali sono le parole ed espressioni da usare e quali sono quelle da evitare: evita assolutamente quindi frasi inutili, negative o di circostanza ma cerca di trasmettere positività ed entusiasmo perché solo così riuscirai a coinvolgere il tuo interlocutore.
Le sotto-fasi della fase INIZIO del metodo ICF ti vengono in aiuto proprio in questa direzione: cioè ti danno gli strumenti per tramutare l’atteggiamento di tendenziale chiusura del tuo ascoltatore a un atteggiamento di apertura nei tuoi riguardi e nei confronti di ciò di cui parli, predisponendolo all’ascolto di ciò che dici.
Per cominciare ti svelo un piccolo trucco che ho ritrovato in tutti i corsi dei formatori di PNL che ho conosciuto: in assenza dell’ausilio di segnali visivi, impariamo a concentrarci sulla voce, pensando però che la persona che ci ascolta sia veramente davanti a noi in carne e ossa. Può sembrare banale, ma questo ti aiuta tantissimo
nel
trasmettere
ciò
che
vuoi
perché
questo
comportamento ti farà agire al telefono come se fossi dal vivo. Partendo da questo presupposto, per colpire subito la persona alla
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quale hai telefonato (ricordati che hai pochi secondi!) evita il classico “pronto!” o l’insipido “salve” nella tua presentazione ma dai a tutti indistintamente un bell’augurio di inizio giornata con il sempreverde “buongiorno”, “buona giornata” e “buona sera”.
Nota bene: se chi ti risponde contraccambia allo stesso modo stai pur sicuro che hai fatto centro! Perché infatti non tutti ricambiano il buongiorno quando se lo sentono dire. Oltre questo aspetto nella tua presentazione iniziale devi accuratamente curare principalmente altri due aspetti che sono il tuo nome e il nome dell’azienda per cui lavori.
Per quanto riguarda il tuo nome la scelta su cosa devi dire è dipendente dal tuo obiettivo e dalle caratteristiche del nome (e cognome) che porti. Ti consiglio intanto di essere il più breve possibile proprio perché data la scarsità di tempo che hai a disposizione non puoi permetterti di presentarti dicendo sia il tuo nome che cognome. Anche perché potresti trovarti nella necessità di pronunciare anche nome e ubicazione della tua azienda, il che può risultare una frase molto lunga. Certo, ora ti stai chiedendo quali dei due sia la scelta migliore: non è migliore né il nome e né
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il cognome. Dipende dalle situazioni: se è la prima volta che chiami la tua conversazione deve assumere per forza una certa dose di formalità. Io di solito mi presento così: «Buongiorno! Sono D’Aloisio della APS di Modena». Cordiale, essenziale e veloce.
Ovviamente se, con chi ti ascolta, hai già una certa confidenza magari data dal fatto che l’hai già conosciuto di persona ti consiglio certamente di dire solo il tuo nome. In queste circostanze anch’io faccio così: «Buongiorno! Sono Roberto della APS di Modena».
A proposito del nome voglio spiegarti una tecnica che uso spesso per fare breccia con chiunque in questa fase. Ti posso assicurare che essa, assolutamente innovativa, mi ha sempre fatto fare delle belle figure: inizialmente la usavo spontaneamente, ma poi, visto l’efficacia, la utilizzo in ogni occasione, modellata da me personalmente per avvantaggiarmi.
Per questo motivo voglio che la conosca anche tu: l’ho chiamata TECNICA della PAUSA. La tecnica si basa sul fatto che dai
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l’impressione all’ascoltatore di riconoscerlo subito. Ecco come spesso mi capita di usarla: «Buongiorno! È la ditta Pico?» Adesso in questo attimo se riconosco che a rispondermi è la persona che cerco lascio in sospeso il dialogo per una frazione di tempo di 2-3 secondi e poi continuo dicendo con spirito di piacevole sorpresa: «Parlo con Luigi? Ciao Luigi! Sono Roberto della APS di Modena...».
Hai capito in cosa consiste il trucco? Questa tecnica funziona sempre perché fa percepire al tuo interlocutore che oltre al fatto che riconosci subito la voce, non appena avviene questo ti rivolgi con atteggiamento sorpreso e felice di poter parlare con lui subito.
Credimi che tutte le persone che chiamerai, se prese così, non potranno mai dirti di no. Mai e poi mai, perché sarà così fresco il ricordo che la loro presenza ti ha così piacevolmente sorpreso che nessuno ti negherà un appuntamento o perlomeno ascolto nel raccogliere dati o opinioni sul tuo prodotto/servizio! Ovviamente questo funziona quando la persona che ti risponde è la stessa che stai cercando. Prima ti ho fatto l’esempio dando del “tu”, ma se dai ancora del lei a chi cerchi, ovviamente non usare il tuo nome,
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ma nemmeno solo il cognome perché annullerebbe l’effetto sorpresa prima spiegato. Allora in questo caso, e solo in questo caso, usa sia cognome che nome.
Mi raccomando usa questa successione perché ha una logica precisa: quella di portare dal “lei” al “tu” le persone, specialmente se le hai conosciute anche una sola volta e ovviamente gli davi del lei. Eccoti l’esempio: «Buongiorno! È la ditta Pico?», poi lasciando i soliti 2-3 secondi di pausa proseguo: «Parlo con il Dott. Rossi? Buongiorno Dottore! Sono D’Aloisio», pausa di uno, due secondi per poi continuare dicendo: «Roberto della APS di Modena...».
Quasi tutti dopo mi rispondono così: «Buongiorno Roberto, mi ricordo di te, mi avevi telefonato la scorsa settimana vero? Dimmi pure...». Gioco fatto, perché ora che è stato quasi “costretto” a darti del “tu”, è praticamente nelle tue mani!
Per quanto riguarda invece il nome dell’azienda l’ideale è che non abbia nomi strani, lunghi o con termini stranieri quindi di difficile comprensione. Comunque sia in presenza di nomi facili che
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difficili (o lunghi) da pronunciare, l’importante è che a chi ti ascolta arrivi subito chiaramente il nome della tua azienda. Cerca quindi di pronunciarlo e scandirlo bene e con la dovuta tempistica.
Uno dei più elementari errori che commettevo all’inizio (non solo come telemarketer, ma anche come agente) era quello di fare delle bellissime presentazioni senza occuparmi di cercare prima di capire quale fosse la persona giusta con cui parlare e che aveva potere decisionale.
L’ovvia conseguenza era quella (con mio grande disappunto) di giocarmi il cliente: tutto questo avviene perché è inutile coinvolgere persone che non decidono, infatti per quanto si è bravi a stimolare il nostro interlocutore se esso riferirà successivamente a chi prende certe decisioni, non potrà mai emozionarlo come fai tu.
Per ovviare a questa brutta abitudine, nella quale tutti cadono agli esordi, ti suggerisco quindi di chiedere prima della persona che all’interno di una ditta o azienda decide facendoti dire anche il
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suo nome e cognome. Dato che non tutti all’inizio sono disposti a darti queste informazioni ti consiglio di mettere subito in pratica la Tecnica della Pausa spiegata precedentemente: in questo modo con questa tecnica sarete sicuri sia di parlare con la persona giusta e sia di cominciare il vostro dialogo nel migliore dei modi.
Nel capitolo precedente abbiamo visto l’importanza di annotare alcuni dati fondamentali, che dobbiamo chiedere durante le nostre chiamate, nel database. Ricorderai che uno di questi è quello relativo al ruolo che la persona che cerchiamo ricopre: può sembrare inutile, infatti in sé non ha importanza, dato che l’importante è che sappiamo che è la persona che decide. Altro errore da principianti...
Anche in questo caso potresti sbagliarti! Succede perché anche se, grazie ai dati in tuo possesso, sai che la persona che cerchi si occupa di certe cose: non è detto che a distanza di un certo periodo di tempo si occupi delle stesse, magari grazie a una promozione. Quindi non ha potere decisionale per ciò che stai promuovendo!
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Evitiamo questi inconvenienti chiedendo subito con chi parliamo se ricopre la stessa carica e di conseguenza se è sempre lui che prende le decisioni in quello che a te interessa. Per fare questo non annoiare chi ti ascolta eseguendo un interrogatorio. Basta che gli chiedi ciò che ti serve e cioè la sua mansione: «Dott. Mantovani è sempre lei il responsabile ICT della sua azienda?» In caso affermativo va tutto bene, al contrario se non è più lui che ricopre quel ruolo limitati a chiedere brevemente chi lo ha sostituito: «Dottore, ho bisogno di sapere chi è il nuovo responsabile ICT, lei ne è al corrente?»
Quando abbiamo cominciato a parlare con la persona giusta e abbiamo iniziato nel migliore dei modi la nostra conversazione, l’unica cosa da fare è... continuare nel migliore dei modi! A questo punto occorre fare in modo che l’effetto che lo ha colpito non svanisca subito: intanto la prima cosa da fare è di non lasciare che le tue frasi rimangano vuote ma di trasmettere “calore” in ciò che
dici.
Successivamente
migliorare
“coinvolgimento”.
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e
ampliare
il
Per dare calore, la cosa migliore da fare è quella di personalizzare le tue espressioni su misura dell’ascoltatore: non ti preoccupare, niente di più facile perché basta che in ciò che chiedi o dici metti sempre il suo nome alla fine. Grazie a questo accorgimento chi ti sta ascoltando si sente stimato e capisce che per te la sua opinione è importante ed utile. Infatti fa piacere a tutti essere chiamati per nome.
Guarda la differenza se qualcuno in azienda ti chiede: «Hai provato il nuovo software?» Così la tua risposta sarà per forza fredda perché non sei stato preso abbastanza in considerazione. Guarda come cambia la situazione: «Hai provato il nuovo software, Andrea?»
Visto che impatto? Chiunque si sentirebbe valorizzato da una simile domanda! Mi raccomando una sola cosa: dato che mettere il nome alla fine è finalizzato a dare un’anima a ciò che diciamo cerca di stare attento a usarlo. Questo si collega a quanto detto prima: se non conosci colui con chi parli dai del “lei” ovviamente, ma non appena hai un po’ di conoscenza dell’ascoltatore dai pure del “tu” che sul piano umano è sempre più gradito.
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Infine,
per
continuare
a
influenzare
l’interlocutore
coinvolgendolo, bisogna renderlo la parte attiva del dialogo cioè lui, stimolato, deve tirare fuori tutto ciò che ti serve per capire dove puoi fare breccia. Il dialogo devi guidarlo TU infatti, ma chi deve parlare di più fra voi due deve essere lui. Gioca d’astuzia abbinando al potere della comunicazione una corretta strategia per riuscire. Un tempo anch’io facevo così: bombardavo di domande il povero malcapitato riuscendo, solo grazie al suo sfinimento, a racimolare una “manciata” di dati. Tu invece devi toccare i giusti tasti: quando vedrà che le tue domande vertono sul suo problema o comunque ciò che alla fine interessa non solo te, ma anche lui, sarà lui stesso a dirti ciò vuoi sapere.
Prima di questo chiedi quanto tempo ha a sua disposizione, oppure quanto tempo ha da dedicarti. Se ha poco tempo cerca di rivolgerti a lui con domande che non prendano molto tempo e cioè le cosiddette domande chiuse: con semplici domande avrai i dati essenziali che ti servono.
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Le domande chiuse sono quelle a cui si risponde con un sì o con un no o in casi rari comunque con risposte brevi: «Chi è il direttore commerciale?», «Avete un Responsabile della Sicurezza?», o: «Sono stati comprati dei muletti per i vostri operai?» Se invece può dedicarti più tempo meglio così, ponigli pure domande aperte, in questo modo avrai anche il vantaggio che il coinvolgimento sarà maggiore! Per domande aperte si intendono tutte quelle domande che incitano chi ti ascolta a parlare in modo approfondito con delle vere e proprie spiegazioni.
Sono domande del tipo «Quando avete cambiato ragione sociale?», «Perché non avete acquistato mezzi di produzione così importanti?», oppure: «Come avete fatto a raggiungere così in fretta i vostri obiettivi?»
Delle domande in generale e del loro utilizzo ne parleremo comunque più avanti. Per riassumere L’INIZIO, devi prima farti identificare dal tuo interlocutore, poi tu devi fare la stessa con lui cercando inoltre di capire se ha la stessa funzione di un tempo (questo se hai già dei dati in precedenza), poi personalizza i tuoi
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dialoghi
a
misura
di
chi
ti
ascolta,
coinvolgendolo
successivamente nei tuoi discorsi.
SEGRETO n. 2: La prima fase del Metodo ICF è l’INIZIO. Qui l’obiettivo numero uno è colpire il tuo interlocutore facendo in modo che non ti eviti fin da subito.
Se la prima fase del Metodo ICF ha l’obiettivo primario di colpire chi ti sta ascoltando, la seconda fase invece che ho chiamato CENTRO, ha come obiettivo quello di fare in modo che il tuo ascoltatore intanto si interessi a quello che stai dicendo, soprattutto se devi descrivere un tuo prodotto o un servizio e poi risvegliare i suoi bisogni.
Infatti non appena sei riuscito a farti dire ciò di cui ha bisogno non puoi metterti a parlare a raffica elencando tutti i prodotti o servizi che puoi offrire, sperando che uno di questi possa provocare l’effetto sperato. Intuitivamente, tutti i principianti telemarketer capiscono che ci vuole un metodo in questo, ma di metodi ce ne sono davvero tanti. Con il risultato che spesso si rimane disorientati.
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Fra i tanti che ho messo in pratica quello che mi ha dato più risultati è quello modellato da me stesso ed è anche il più veloce: all’inizio credevo che quando si presentasse qualcosa, che fosse un oggetto o un tipo di servizio, esso andasse studiato accuratamente nei minimi particolari.
Facendo così però non andavo per la strada giusta: perdevo tantissimo tempo (tempo che avrei potuto dedicare a fare altre chiamate) a studiarmi tutti gli aspetti (anche e soprattutto superflui) di quello che dovevo promuovere. Tutti i formatori di PNL ed esperti di comunicazione e marketing che ho conosciuto sono sempre stati concordi che il metodo migliore è quello di studiare bene le caratteristiche del proprio prodotto per poi individuare i vantaggi per il tuo potenziale cliente.
Ciò che fa scattare la “molla” motivazionale infatti, sono i vantaggi, con una percentuale fino al 95% rispetto alle caratteristiche: tutti però affermano che occorre utilizzare sia le caratteristiche che i vantaggi. Buon metodo, certo, peccato che passano mesi prima che anche il migliore telemarketer possa sfruttarlo in automatico.
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Perché è questo che deve avvenire quando avrai messo in pratica in modo sistematico quello che imparerai leggendo questo libro. All’inizio ovviamente ti capiterà di andarti a rivedere quanto imparerai da questo libro, ma poi tutto ciò che metterai in pratica deve aiutarti ad automatizzare o per meglio dire, velocizzare il tuo lavoro. Tutto ciò deve avvenire però nel giro, al massimo, di pochissime settimane: ti ricordi all’inizio di questo capitolo quando ti dicevo che avevo ideato il metodo ICF perché il più veloce a parità di risultati? La causa di questa ricerca nel modellare questo mio metodo personale deriva proprio dalla constatazione che molti metodi ampiamente collaudati, anche se danno risultati, fanno impiegare molto tempo in merito alla loro applicazione.
Ecco perché ho deciso anche di semplificare i passaggi necessari (ed eliminare quelli inutili) e uno di essi è proprio questo: le caratteristiche. Chiaramente non puoi parlare con una persona di qualcosa che non conosci affatto perché non puoi mai capire quali sono i vantaggi che puoi offrire. A questo punto ti consiglio questo: dedica il 10% del tuo tempo a capire gli aspetti principali (mi
raccomando:
solo
quelli
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più
importanti!)
del
tuo
servizio/prodotto e il restante 90% a studiare quali possano essere i vantaggi per il tuo cliente. Ti dico “studiali” perché ogni prodotto o servizio può avere dei propri vantaggi, diversi uno dall’altro.
A tal proposito ti faccio una piccola confidenza: io oramai non sfrutto neanche più le caratteristiche perché oltre a conoscere a memoria gli aspetti del servizio offerto dalla mia azienda conosco, settore per settore, quali sono i vantaggi più apprezzati dalle varie realtà imprenditoriali. È chiaro che questo potrai farlo solo dopo un po’ di tempo necessario per memorizzato tutto!
A questo punto devi sapere come utilizzare i vantaggi a tuo favore. Sappi innanzitutto che i vantaggi sono tutti quelli che significano: la soluzione a dei problemi; un miglioramento visibile e concreto; un vero beneficio; un risultato tangibile.
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Guarda come parlavo all’inizio con il mio interlocutore in questa fase della telefonata (il servizio è la consulenza aziendale e la gestione della sicurezza per i lavoratori): «...quindi ricapitolando le principali caratteristiche di questo contratto di assistenza sono: primo facciamo un sopralluogo presso il vostro stabilimento poi stiliamo un verbale, facciamo il Foglio rischi e poi tutte le valutazioni sui vostri dipendenti per quanto riguarda gli agenti fisici...». Di solito mi rispondevano: «Va bene guardi, il vostro è un buon servizio, ma chi ci segue adesso fa già tutto questo. Perché dovrei cambiare fornitore e venire da voi?» Qui mi arrampicavo sugli specchi senza, per giunta, fare nessun effetto: avevano ragione, infatti, perché mai dovevano passare dalla mia parte? La più classica delle domande da affrontare per ogni venditore..
Qui entrano in gioco i vantaggi, infatti guarda come adesso, modellando questo mio metodo personale parlo con i potenziali acquirenti: «...con questo tipo di progetto, si hanno vari vantaggi. Intanto avete la gestione di questi adempimenti con un’unica struttura polifunzionale invece che rivolgersi a tanti liberi professionisti. Poi c’è un gran risparmio di tempo in termini di
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gestione. Senza contare poi che possiamo ottenere anche un’economia di scala e possibilità di abbassare il premio Inail sugli stipendi degli operai e infine il poter accedere a finanziamenti pubblici…».
Visto? Davanti a tutti questi benefici difficilmente chi mi ascolta non vorrà approfondire ciò che dico! Per essere sicuro di fare centro ti consiglio di fare un elenco iniziale (magari da inserire nella legenda del tuo database) di benefici studiati per ogni settore merceologico.
Stai attento in questo punto: è facile (infatti è capitato anche a me) che presi dall’entusiasmo della qualità di ciò che proponiamo sforniamo tutto il nostro scibile finendo per stordire il cliente con risultati controproducenti.
Non dimenticare che sei al telefono e quindi visto che dobbiamo essere brevi (ricordati sempre che il tempo è il nostro peggior nemico)
concentrati
su
due
o
tre
vantaggi
veramente
irrinunciabili! In questo particolare settore di marketing, che non è altro che parte integrante della vendita vera e propria, sappiamo
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che siamo svantaggiati su alcuni punti. Abbiamo il limite del tempo ad esempio. In più, a differenza della vendita dal vivo non possiamo utilizzare la comunicazione non-verbale, ma possiamo fare leva solo su quella para-verbale e verbale.
Ti dico questo per un motivo ben preciso: se adesso sappiamo che dobbiamo conoscere le caratteristiche di quello che vendiamo o presentiamo e i vantaggi che ne derivano a chi ci ascolta, si fa molta fatica a trasmettere ciò col telefono. Dico “trasmettere” e non “dire” o “raccontare”. Ti ricordi quando nei capitoli precedenti abbiamo visto che la nostra mente agisce mediante associazione sensoriale? Ecco che ci ritroviamo di nuovo a dover affrontare questo argomento: infatti sarebbe molto più facile per te poter trasmettere le sensazioni che derivano dai vantaggi potendo non solo parlare di persona con il tuo interlocutore ma facendogli vedere tangibilmente di cosa di tratta... Tu questi strumento non puoi utilizzarli. Ed è qui che arriviamo al punto: non devi preoccuparti di questo perché esiste il modo di scavalcare questo ostacolo.
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Con il telefono puoi elencare tutti i vantaggi che vuoi con la stessa potenza che si ha dal vivo. Abbiamo solo la voce e le parole ricordi? Bene con questi due mezzi possiamo avere gli stessi risultati sfruttando un altro modo che ha il cervello per associare
dei
benefici
a
delle
situazioni
ottenibili:
l’immaginazione. Solo riuscendo a usare bene l’immaginazione di chi ci sta ascoltando abbiamo lo stesso effetto “dal vivo”.
Infatti la mente reagisce allo stesso modo che dal vivo se si immagina una certa situazione. Soprattutto una situazione che provochi uno stato emotivo ben definito. Ovviamente, lo stato emotivo che fa al caso tuo deve essere positivo, anzi estremamente positivo, ma potrà anche capitarti di dover utilizzare stati emotivi negativi.
La mossa vincente è quella di far “vivere” in anticipo al tuo potenziale cliente la situazione che si viene a creare quando ottiene certi benefici che avrà, quando sarà in possesso di ciò che promuovi. Per far vivere anticipatamente all’ascoltatore questa situazione e agire sul meccanismo del cervello devi usare parole che risvegliano i sensi, tutti i cinque sensi.
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Di seguito ti elenco una serie di termini positivi e negativi da usare per ogni circostanza, suddivisi senso per senso, per concetto e per ordine di importanza: infatti quelli che ti suggeriscono di usare più di tutti sono quelli che richiamano l’uso del tatto e della vista che sono i due sensi che l’uomo utilizza di più. Comunque col passare del tempo, con l’uso della tua immaginazione puoi aggiungere dei termini nuovi volta per volta, quando ti trovi in questa fase centrale della telefonata:
TATTO: morbido, soffice, tenero. schiacciare, premere, caricare; spezzare, piegare, tagliare; afferrare, prendere, agguantare; lasciare, mettere, posare; tastare, toccare, sfiorare; ruvido, resinoso, vischioso; legare, imprigionare, prendere; malleabile, duttile, tattile; raschiare, grattare, sgretolare; urtare, colpire, distruggere; 230
stringere, spremere, legare; pungere, tagliare, bucare; morbido, molle, duro; freddo, tiepido, caldo; leggero, pesante,robusto.
VISTA: buio, luce, ombra; oscurare, appannare, annebbiare; riflettere, rispecchiare, illuminare; curvo, alto, basso; chiaro, scuro; brillante, splendente, luminescente; nitido, opaco, lucido; luccicante, lucente, abbagliante; inquadrare, fissare, visualizzare; occhiata, sguardo, sbirciata; vedere, spiare, avvistare; irradiare, accendere, scintillare; visibile, invisibile; piccolo, minuscolo, grande, enorme; 231
leggere, illustrare, immaginare.
OLFATTO: profumare, inebriare, incensare; puzzare, nauseare; inalare, soffiare, respirare; areare, ventilare, arieggiare; annusare, inspirare, odorare; soffocare, asfissiare, fumare; disgustante, penetrante, pungente.
GUSTO: mangiare, assaporare, nutrire, saziare; inghiottire, ingoiare, ingurgitare; mordere, addentare, masticare; gustare, deliziare, assaggiare; aspro, amaro, acido; speziare, insaporire, condire, aromatizzare; salato, piccante, dolce, insipido; cotto, crudo, fritto; tenero, crudo, stagionato; 232
appetitoso, prelibato, squisito; genuino, naturale, integrale; abbuffarsi, rimpinzarsi, strafogarsi.
UDITO: parlare, dire, raccontare; sussurrare, bisbigliare; annunciare, inneggiare, intonare; armonioso, sinfonico, ritmato; assordante, rimbombante, martellante; ridere, piangere; muto, silenzioso, insonorizzato; tuono, rombo, sparo; fischiare, suonare, cantare; ascoltare, sentire, origliare, udire.
Come avrai notato, in questo elenco vi sono anche elementi che richiamano situazioni negative. Li ho inclusi perché, come ti ho accennato prima può capitare che per far capire i vantaggi di quello che offri avrai bisogno di ricreare brutti momenti: questo accade quando vuoi evitare dispiaceri a chi ti ascolta con il 233
tuo servizio/prodotto. Per rimanere sempre nello stesso settore dell’esempio di prima (cioè consulenza aziendale in ambito della sicurezza del lavoro) una fase centrale della telefonata nella quale invece di far rivivere una situazione positiva, si fa l’opposto è questa:
«Con questo progetto si evitano molte di quelle situazioni spiacevoli che possono accadere nella sua azienda: intanto quella di gestire e coordinare una serie di professionisti per la salvaguardia dei suoi lavoratori con l’ovvia dispersione del suo tempo. Poi dover perdere altro tempo a mettere in budget tante voci di spesa senza contare che in questo modo difficilmente le misure intraprese potranno essere costantemente aggiornate con le nuove normative...».
È chiaro che devi sempre partire prima facendo proiettare il tuo interlocutore in situazioni positive. Se va bene ok, altrimenti ricorri a situazioni negative facendogli capire che può evitarle acquistando il tuo prodotto o iscrivendosi al tuo servizio. In alcuni settori potrà anche capitarti inoltre di dover ricorrere, al contrario, prima alle situazioni negative e poi quelle positive o in alcuni casi
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addirittura solo a quelle negative: uno di questi casi è il settore assicurativo (specialmente nel ramo danni). Per capire qual è la migliore soluzione “tasta” l’ascoltatore e vedi a cosa è più sensibile.
SEGRETO n. 3: la seconda fase del metodo ICF è il CENTRO. In essa il tuo obiettivo primario è fare interessare il tuo ascoltatore a ciò che dici e risvegliare i suoi bisogni.
L’ultima fase del metodo ICF è la FINE. Questa fase coincide con l’aspetto più importante della telefonata: la chiusura. Niente di più niente di meno. Questa fase è la più importante perché da sola incide al 50% sulla buona riuscita della telefonata. Infatti è inutile colpire chi ti ascolta, destare il suo interesse e risvegliare i suoi bisogni se poi alla fine non chiudi.
Per chiusura intendo quando arrivi a un accordo con il tuo interlocutore. Questo non è detto che riguardi sempre e solo la vendita pura, ma anche tante altre situazioni, tipo telefonate di fidelizzazione del cliente, telefonate a scopo statistico, accordi per
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un ripasso, pubblicizzare un nuovo prodotto, invio di materiale pubblicitario e informativo ecc.
La maggior parte dei telemarketer deve i suoi insuccessi proprio al non saper chiudere le proprie telefonate: l’unico modo per rimediare a questo è uno solo, e cioè fare domande. Tutto quello che hai imparato fino adesso serve a predisporre chi ti ascolta ad accettare un tuo invito. Però non serve a niente predisporre una persona se poi non le si chiede direttamente se alla fine accetta quello che le proponiamo. Perciò adesso devi concentrarti bene su questa fase cruciale, perché è da essa che trarrai i maggiori risultati. Quando si è agli inizi di qualsiasi lavoro, si ha paura di prendersi delle responsabilità. Anche nel telemarketing, tutti all’inizio hanno paura di fallire, cioè paura di sgretolare quel castello di sabbia costruito dopo le prime due fasi. Proprio qui sta il gioco: non devi aver paura di ricevere dei no! In questo lavoro il massimo che ti potrà capitare è ricevere un “no”: e questo può cambiarti la vita? Anche se ricevi venti “no” in una giornata, è la stessa cosa, anche se può sembrare frustante ricevere tante risposte negative.
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Durante l’arco di un giorno inoltre, devi sempre considerare che prima o poi riceverai anche dei “sì” che ti ripagheranno dello sforzo compiuto!
Infatti quando comincerai a chiudere positivamente le tue prime telefonate, vedrai come sarai contento che i tuoi sforzi nel mettere in pratica le nozioni acquisite e sarai stimolato a fare sempre meglio. Quindi il mio consiglio personale è questo: considera sempre che devi ricevere dei “no” ogni giorno quindi fai in modo che questi “scivolino” via come l’acqua e sai quanti “sì” ti aspettano? Poi vedrai che più tempo passa più ci farai meno caso.
Esiste una terza possibilità oltre ai “sì” e ai “no” e riguarda l’ascoltatore incerto, cioè che prima di darti una risposta affermativa o negativa ha dei dubbi da risolvere (tra poco vedremo i tre tipi di ascoltatori): se succede ciò, significa che non hai lavorato bene nelle prime due fasi.
A questo punto è inutile tornare indietro, perché l’unico modo per avere una risposta definitiva da lui è rispondere alle sue
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obiezioni: se lo fai bene avrai altri “sì”, ma delle obiezioni ne parleremo nell’ultimo capitolo.
Come ti dicevo, per chiudere devi fare domande: nel farle devi chiedere sempre se vuole ciò che hai proposto (che come ti ho detto prima possono essere tante cose e non necessariamente la vendita di qualcosa). Per molto tempo io ho cercato varie soluzioni su cosa chiedere al cliente e come farlo.
Il primo passaggio, che abbiamo appena visto, è molto semplice e tutti lo imparano presto. Il vero scoglio invece è il secondo: come proseguire per fare in modo che, dopo essere arrivati a risvegliare i suoi bisogni, l’interlocutore risponda affermativamente a un appuntamento oppure a dare i dati della sua azienda a scopo statistico?
Qui ti viene in aiuto la tecnica dell’Obiettivo già Raggiunto: quello che sto per spiegarti è un’essenziale, ma allo stesso tempo potentissima arma psicologica. Nella vita in generale, come tutti, mi è capitato di trovarmi a fare delle scelte o di essere in spiacevoli situazioni, e l’ausilio di questa tecnica mi è stato
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davvero d’aiuto. Essa consiste in una particolare impostazione mentale che ti permette di dare per scontato qualsiasi avvenimento che hai pensato o che ti sei proposto.
La prima volta che mi capitò di usarla è stato nella vita privata. Una volta capitò che (appena patentato) mi fossi dimenticato la patente a casa e quando me ne accorsi, ero preoccupato per paura di eventuali sanzioni. Poi la volta dopo ero molto più tranquillo visto che avevo il documento con me...
Mesi dopo capitò la stessa cosa e me ne accorsi pochi minuti dopo essere salito in auto: ormai era troppo tardi per tornare indietro, ma decisi di far finta di niente e guidare pensando che avevo la patente con me.
Durante tutto il tragitto non successe niente, ma anche se mi fossi dovuto fermare per mostrare i miei documenti a un vigile urbano la tranquillità del mio stato d’animo che avevo ottenuto con questo meccanismo psicologico mi avrebbe permesso di affrontare questa situazione nel migliore dei modi. In pratica, questa tecnica, se applicata al telemarketing, ti permette di dare
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per fatto l’accordo e di traslare l’attenzione del tuo interlocutore sulle caratteristiche dell’accordo. Può sembrarti strano, ma è di un’efficacia ESTREMA. Se ti ricordi, ti ho già dato un anticipo di tutto questo quando nel capitolo precedente, guardavamo i tempi verbali da evitare nelle frasi e stavamo analizzando il condizionale.
“I migliori risultati li danno gli incerti”. Questa è una frase che ho sentito spesso ai seminari di vendita ai quali ho partecipato. E in effetti è vero: sono le persone incerte che hanno sempre dato e ti daranno i migliori risultati.
Devi sapere che tutti i tuoi interlocutori si dividono in tre grandi categorie: l’interlocutore contrario; l’interlocutore incerto; l’interlocutore scontato.
Pensa che i primi tempi che cominciai questo lavoro pensavo che era sugli scontati che bisognava puntare! Ma mi sbagliavo perché la prima e terza categoria di ascoltatori hanno tutte e due dei 240
risultati abbastanza.... “scontati”! Nella prima categoria infatti riceverai sempre e solo dei no: vuoi perché ha già il tuo prodotto o tuo servizio, vuoi perché non può permettersi quello che offri o presenti, vuoi perché non è disponibile a darti un po’ del suo “prezioso” tempo, ma qualsiasi cosa dici la risposta che avrai sarà “no”.
In questo caso l’unico modo per tenere in piedi una possibilità è quella di prevenire l’ascoltatore contrario: quando senti che sta per “licenziarti”, anticipalo dicendo che lo chiamerai un’altra volta.
Eccone un esempio: «Sig. Caprotti, ha visto quanti vantaggi le può dare questo aspirapolvere?» e lui «A dire il vero sì, però...». Adesso lo interrompi con il giusto tono, facendogli capire che qualsiasi sia il suo motivo per non accordarsi con te non è un problema, ma che lo richiamerai a breve: «Guardi, facciamo
così,
la
richiamo
giornata...»
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oggi
pomeriggio!
Buona
Così facendo non l’hai perso e ti sei dato un’altra possibilità. Agisci sempre così e non dare mai modo al tuo ascoltatore di arrivare al fatidico “la richiameremo” oppure “non si preoccupi, la richiamiamo noi” perché al 90 % dei casi è un cliente perso, a meno che non li richiami tu. Per questo è fondamentale che già alla prima telefonata sia tu stesso a dire che li richiami.
La terza categoria, quella degli scontati, è una categoria dalle soddisfazioni “facili”, perché convincerli di qualcosa relativo al servizio o prodotto che stai descrivendo è alla portata di tutti. Questo perché in questo caso ti capita di conoscere persone positive, aperte, senza preclusioni e propense a farsi fare un’offerta da te, nella quasi totalità dei casi.
Magari già intuiscono i vantaggi di quello che proponi ancora prima che tu li elenchi oppure sei fortunato nel telefonargli proprio nel periodo che si stavano informando su un prodotto simile al tuo. Comunque sia, qui le probabilità di successo sono davvero alte e basta usare discretamente bene gli strumenti che abbiamo a disposizione.
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Gli incerti invece sono la categoria sulla quale fortunatamente ci giochiamo la maggior probabilità di riuscire. Infatti essi rappresentano la fetta più grande dei tuoi ascoltatori perché questa categoria rappresenta fino all’80% del totale. Riuscire a portare dalla tua parte questi ultimi significa successo sicuro e se poi aggiungiamo
anche
la
categoria
dei
positivi
raggiungi
praticamente il 90%!
Se esistono tre tipi di interlocutori, esistono tre tipi di domande che puoi fare nella fase della chiusura: quelle negative, quelle positive e quelle in cui usi la tecnica dell’obiettivo già raggiunto. Ho detto “puoi fare” perché le domande poste con una negazione anticipata quasi mai ti porteranno risultati.
Sono domande del tipo: «Allora signora non vuole proprio provare il nostro aspirapolvere?», «Senta, non vuole proprio provare questi nuovi tipi di piastrelle?», oppure «Non le interessa una nuova macchina da caffè?»
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Queste domande anticipano già il “no” dentro loro stesse agendo nel sub-inconscio dell’ascoltatore inducendolo a rispondere negativamente.
Le domande positive invece sono già migliori perché, anche se focalizzano il discorso sull’accordo, lo fanno in modo positivo. Guarda le domande di prima come diventano: «Signora vuole proprio provare il nostro aspirapolvere?», «Senta, vuole proprio provare questi nuovi tipi di piastrelle?», oppure «Le interessa una nuova macchina da caffè?» Visto che suonano già meglio? Chiunque avrebbe meno preclusioni a rifiutare questo tipo di inviti.
Le domande con la tecnica dell’obiettivo raggiunto invece, ti permettono di concentrare i tuoi sforzi non sulla possibilità di raggiungere un accordo, ma, dandolo già per scontato, sulle tipologie d’accordo: le domande verteranno sul “come”, sul “quando” e sul “dove” oppure potrai chiedere “quale tipo?”, “quale modello?”.
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Cerca di agire sempre sul meccanismo della scelta dando al massimo un paio di opzioni per risponderti. Infatti le domande di prima
diventano:
«Quando
le
faccio
provare
il
nostro
aspirapolvere? Oggi pomeriggio o domani mattina?», «Senta, vuole proprio provare questi nuovi tipi di piastrelle? Abbiamo quella marrone e quella rossa, quale preferisce?», oppure: «Le interessa una nuova macchina da caffè? Ne abbiamo di due tipi: il modello Bar e quello Casa, quale desidera?» In sostanza, tieni a mente questo: non dare mai la possibilità al tuo ascoltatore di dover mettere in discussione l’accordo per telefono grazie a questa efficace tecnica, ma fallo concentrare appunto sulle caratteristiche.
Dopo che sei riuscito a trovare un accordo, devi infine fare in modo che chi ti ha ascoltato fino adesso non si dimentichi di tutto... Credimi: non è un’eventualità, perché capita spesso che dopo una grande telefonata l’ascoltatore perda di vista l’accordo preso. Se non subito, nel giro di pochi minuti.
Se accade subito la causa sei tu: infatti non introdurre altri discorsi dopo che sei riuscito a strappargli l’accordo. Se accade
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dopo è perché hai parlato con una persona che o ti ha preso poco sul serio o è spesso sbadata. Quante volte mi è capitato di chiamare la settimana dopo e sentire che si erano già dimenticati tutto.
Puoi evitare tutto questo adottando un accorgimento preciso: chiedendo sempre conferma. Puoi farlo in tanti modi. Puoi chiedere conferma facendo finta di segnarti in agenda l’appuntamento facendoli capire con quale serietà ti prendi l’impegno con frasi del tipo: «Bene Sig. Rossi, passerà un nostro agente Gioooo-veee-dì poo-me-riggio all-lle ore-ee diciassette. Si è segnato anche lei l’appuntamento?»
Agisci in questa direzione magari riassumendo quello che vi siete detti: «Così Sig. Rossi le portiamo la macchina da caffè del tipo Casa!» e lasciando in caso di rinvii improvvisi il tuo recapito telefonico (meglio se cellulare).
Come ultimo accorgimento da usare ti consiglio di telefonare sempre il giorno prima dell’appuntamento per confermarlo e in questo modo avrai un duplice vantaggio: primo se l’interessato si
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era già dimenticato, gli hai ricordato il tutto evitando anche di recarsi sul luogo a vuoto, secondo, se non se l’era dimenticato, dai un’immagine di te molto professionale e ti posso assicurare che questo elemento è veramente gradito.
SEGRETO n. 4: l’ultima fase del metodo ICF è la FINE. In questa fase il tuo obiettivo è quello di chiudere la telefonata raggiungendo l’accordo.
Con il raggiungimento dell’accordo (o il non raggiungimento) è finita la tua telefonata? Non proprio: è importantissimo lasciare un bel ricordo al tuo interlocutore. Infatti è dimostrato che in qualsiasi ambito della comunicazione umana (che sia un libro, una canzone, una semplice conversazione tra amici, un film, un articolo su giornale...) le ultime cose lette o udite sono quelle che rimangono più a lungo nella mente.
Quindi, continuando lo stile positivo della nostra telefonata, concludiamo
congedandoci
in
trasmettendo positività.
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modo
educato,
sincero
e
Il miglior modo di concludere è quello di modulare la nostra conclusione attraverso le seguenti fasi: il ringraziamento; l’augurio.
Il tuo saluto deve essere quindi di questo tipo: «Allora Sig. Castellari, grazie a lei e buona giornata!» Oppure: «Benissimo Sig.ra Balestri, la ringrazio per il tempo dedicato e buon lavoro».
Alcuni consigli: in questa fase finale (ma solo in questa, mi raccomando!) non dire buongiorno o buonasera perché in questa fase suonano come “bolliti”: parla in esteso (buona giornata, buona serata...) perché risultano più caldi e personalizzati!
Poi personalizza l’augurio per chi ti ascolta: se stai parlando a un orario prossimo alla pausa pranzo dici “buon pranzo”, se stai telefonando a qualcuno che nonostante ti abbia ascoltato volentieri, ti ha detto che aveva molto lavoro da fare augura “buon lavoro!”, se stai chiamando in prossimità di festività religiose dì “buon Natale” oppure “buona Pasqua”. 248
Poi se non è la prima volta che chiami il tuo ascoltatore e specialmente se gli dai del “tu” estendi l’augurio alla sua famiglia del tipo: «Buona Pasqua! A tua moglie, i bimbi e la tua famiglia!» Se stai chiamando nel periodo prossimo al week-end dici “buon fine settimana! O, se si avvicinano le vacanze “buon viaggio!”.
Tieni presente comunque che questa forma di congedo non vale solo con chi hai raggiunto un accordo, ma anche con gli interlocutori contrari e con quelli incerti che sono rimasti tali. Ti conviene fare così per un semplice motivo: i “no” che ricevi adesso (specialmente da un incerto) possono essere dei sì del domani (ti ricordi? Te lo avevo già anticipato in precedenza) e lasciarti comunque in ottimo modo ti darà soprattutto delle altre chance in futuro.
SEGRETO n. 5: qualunque sia l’esito della tua telefonata lascia sempre un bel ricordo di te perché potrà esserti utile in futuro per tutti i tuoi contatti.
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RIEPILOGO DELLA FASE 6: SEGRETO n. 1: il metodo ICF ti permetterà di ottenere da subito i tuoi risultati e così facendo non perderai mai la tua motivazione. SEGRETO n. 2: La prima fase del Metodo ICF è l’INIZIO. Qui l’obiettivo numero uno è colpire il tuo interlocutore facendo in modo che non ti eviti fin da subito. SEGRETO n. 3: la seconda fase del metodo ICF è il CENTRO. In essa il tuo obiettivo primario è fare interessare il tuo ascoltatore a ciò che dici e risvegliare i suoi bisogni. SEGRETO n. 4: l’ultima fase del metodo ICF è la FINE. In questa fase il tuo obiettivo è quello di chiudere la telefonata raggiungendo l’accordo. SEGRETO n. 5: qualunque sia l’esito della tua telefonata lascia sempre un bel ricordo di te perché potrà esserti utile in futuro per tutti i tuoi contatti.
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FASE 7: Come gestire le telefonate in entrata
È facile pensare a un’attività di telemarketing. Lo stereotipo che abbiamo tutti in mente è la classica centralinista che lavora per un numero verde, oppure che si occupa del centralino di una determinata azienda, per non parlare poi delle miriadi di callcenter sparsi per tutta Italia.
Fare telemarketing nella nostra cultura è soltanto inteso nelle tipologie di lavoro prima elencate. La realtà, però, è ben diversa: non si tratta soltanto di saper telefonare bene per vendere prodotti e servizi direttamente a nuovi clienti (teleselling), per fidelizzarli oppure per raccogliere nuovi dati relativi ad aziende di un certo tipo, a scopo statistico. Può capitare a chiunque, indipendentemente dal lavoro che svolgiamo, di avere a che fare con il telefono. Se alcuni tipi di mansioni hanno nel telefono una delle loro “armi”, tutti hanno a che fare col telefono. Tutti più o meno “usano” il telefono 251
nell’ottica opposta a quella finora analizzata e cioè le telefonate in entrata detta anche in termini tecnici “inbound”.
Per inbound infatti si intende tutta l’attività telefonica in ricezione (le telefonate in uscita, analizzate nel capitolo precedente, si chiamano infatti outbound) e quindi tutte le telefonate in ricezione che chiunque, più o meno, riceve nell’arco di una giornata. Per questo motivo, è importante che tu sappia come comportarti quando
ricevi
chiamate
e
specialmente
quando
cercano
esplicitamente te, che tu sia un geometra che lavora in studio tecnico o che tu sia un agente immobiliare e ti chiamano in agenzia, che tu sia la segretaria di un manager di una nota azienda o un artigiano con un piccolo ufficio dentro al suo capannone.
Pensa che esistono in Italia, come nel resto del mondo, tante società che fanno solo telemarketing inbound e assumono per i loro centralini solo ed esclusivamente persone capaci di svolgere questa particolare attività! Quindi imparare a ricevere telefonate può tradursi per te anche in ottime possibilità di impiego! La maggior parte delle persone sottovaluta questa branca del telemarketing e sbaglia, perché anche con telefonate in ricezione 252
si può fare bella impressione, ottenere informazioni utili e fare nuovi clienti.
Come per le telefonate che si fanno in uscita anche le telefonate in entrata hanno le loro tappe da seguire e qui casca l’asino: dato che la maggior parte delle telefonate inbound sono inaspettate, senza una adeguata preparazione che permette di seguire le varie tappe, rischi di fare brutte figure!
La prima fase di questo tipo di telefonate riguarda ovviamente la tua esposizione: è nel modo in cui ti esponi che trasmetti la tua immagine e questo è importantissimo perché tu sei il “bigliettino da visita” per la realtà in cui lavori. La tua immagine infatti alle orecchie di chi ti chiama coincide sempre con quello della tua azienda o studio.
Quindi fare una bella impressione da subito, farà sì che la tua telefonata, in quanto a difficoltà, sarà in discesa. Ti ricordi quando all’inizio ti dicevo della mia esperienza come centralinista all’Accademia militare di Modena? Bene, ti faccio questo esempio personale per farti capire quanto l’opinione che si fanno
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di te viene associata a quella della realtà dove lavori. In quell’ambiente, il concetto di immagine era estremo: l’immagine dell’Accademia dove vengono formati e addestrati i futuri ufficiali
dell’esercito
non
poteva
essere
“scalfita”
dall’impreparazione di un centralinista.
Qui poi non sto parlando di telefonate qualsiasi: ogni giorno c’era la possibilità di essere contattato anche da persone con grandi responsabilità verso lo Stato. Potevi aspettarti qualsiasi telefonata: da generali e ambasciatori, giornalisti di testate locali e nazionali, chiamate urgenti dai vari ministeri a Roma. Una volta arrivò addirittura una telefonata dalla segreteria generale della Presidenza della Repubblica! E risposi io…
Quindi dare un’ottima impressione di te stesso (e quindi del tuo luogo di lavoro) è fondamentale per la tua esposizione iniziale della telefonata. Un altro comportamento da cancellare subito in questa fase iniziale è la svogliatezza: non da subito, ma vedrai che dopo un po’ di telefonate che ricevi, questo atteggiamento lo assumono tutti prima o poi! Finché sei tu a telefonare allora sai quante chiamate fai, ma in questo caso non puoi prevedere a
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quanti devi rispondere, per cui il pericolo di abbassare la guardia è davvero alto. Pensa ai centralinisti che devono rispondere alle chiamate d’emergenza al pronto soccorso o ai vigili del fuoco!
C’è un episodio che voglio raccontarti: ti ricordi il famoso blackout del 28 settembre 2003 quando per quasi tutta la notte l’Italia intera rimase al buio? Prova a indovinare chi c’era a rispondere a telefono quella notte nel centralino dell’Accademia...
Non potrò mai dimenticare quella notte, perché paradossalmente è stato il momento più difficile come telemarketer, infatti anche se dormivo, io dovevo coprire il servizio al pubblico anche durante la notte, se necessario!
Mi chiamarono quasi tutte le banche della città per sapere se i nostri sistemi d’allarme funzionassero, per capire se i loro non si erano disattivati, telefonarono dal Policlinico per sapere se nei depositi avevamo batterie a sufficienza da dargli per garantire l’alimentazione dei macchinari necessari per la sopravvivenza dei pazienti in stato di coma, telefonate dalla Questura ecc. Per non parlare di tutte le chiamate ricevute dalle linee militari interne.
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Insomma, fui letteralmente tempestato di chiamate così importanti, alle tre del mattino, con l’ovvia mancanza di lucidità.
Se ti ho raccontato tutto ciò è per dirti questo: non devi assolutamente preoccuparti perché è normale perdere la concentrazione. Potrà sembrarti strano, ma è da quella sera che dopo mesi di errori su errori in ricezione al telefono, ho imparato come tenere alta la mia concentrazione.
Per arrivare anche tu a mantenere sempre alta la concentrazione tieni presente questo: metti in pratica gli accorgimenti che ti suggerisco; fai continuamente della pratica per capire a che punto sei; esegui bene ogni tappa della telefonata inbound che tra poco affronteremo insieme.
Ora analizziamo le fasi della telefonata in entrata, come abbiamo già fatto per la telefonata in uscita (outbound).
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SEGRETO n. 1: anche le telefonate in entrata, dette “inbound”, hanno varie tappe da seguire e dato che non puoi prevederle, evita di rimanere impreparato.
Sono due gli aspetti che devi tenere in considerazione in questo caso: ottenere e mantenere sempre un atteggiamento positivo e seguire sistematicamente le fasi in cui si articola la telefonata in entrata. Solo se ti comporterai in questo modo avrai successo, perché a forza di seguire sempre le stesse tappe facendo continuamente pratica, vedrai che saprai tirar fuori sempre il meglio di te in ogni circostanza, anche quando sei particolarmente stressato e ricevi una telefonata alla fine di una dura giornata di lavoro.
Per quanto riguarda l’atteggiamento positivo, non devi fare altro che mettere in pratica quanto detto nei capitoli precedenti a proposito dell’atteggiamento mentale. Associa queste tecniche di psicologia con quello che ora vedremo a riguardo delle fasi che si susseguono e che strutturano l’attività inbound e vedrai che i risultati non tarderanno ad arrivare.
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Innanzi tutto quando si è chiamati, tieni presente questo aspetto: il numero degli squilli. Potrà sembrarti ininfluente, ma invece cambia molte cose rispondere immediatamente piuttosto che lasciare squillare il telefono.
Bada bene che ho detto “squillare il telefono”, invece che lasciarlo squillare molte volte. Infatti è ovvio per tutti che a nessuno piace rimanere un minuto con la cornetta alzata prima di ottenere una risposta. Ciò che intendo io invece è qualcosa di più preciso: proprio il numero degli squilli.
Ormai dopo alcuni anni di quest’attività ho constatato una cosa che pochi hanno decifrato: in base al numero degli squilli tu predisponi già la persona che ti chiama. Ovviamente più lo fai aspettare e più si indispettisce, questo è ovvio.
È dimostrato che un centralinista che sa discretamente fare bene il suo lavoro risponde sempre al secondo o terzo squillo. Il mio consiglio è di non andare mai oltre il terzo squillo, perché è questa la soglia fatidica: infatti è da questo momento che la maggior parte delle persone tende ad infastidirsi. Al secondo
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squillo tutto rientra nella norma, ma se è vero che non fai danni, non te ne avvantaggi.
L’ideale infatti, è quello di rispondere al primo squillo: agendo così colpirai tutti per la tua prontezza di riflessi e predisporrai bene il tuo interlocutore. Senza contare un altro vantaggio: se ti abitui a rispondere al primo squillo manterrai costantemente alta la tua soglia di concentrazione durante tutta la giornata.
La prima fondamentale tappa è il benvenuto, cioè la prima cosa che dici quando rispondi e la successiva identificazione di chi ti ha chiamato. La telefonata in entrata sotto certi aspetti non si discosta molto da quella in uscita e questo vale sia per le prime parole da dire, sia per identificare chi ti ha chiamato.
Quando rispondiamo tutti indistintamente, abbiamo a che fare con un termine che più inappropriato non si può: “Pronto?”. È così, c’è poco da fare, è un termine in uso da tempo nella lingua italiana e lungi dall’essere eliminato. Pronto, ma pronto a che cosa? Non solo è una parola scialba e che non stimola nessuno, ma inserita in questo contesto non ha nemmeno senso! Occorre
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sostituirlo con qualcosa di più energico e allo stesso tempo cortese. Tempo fa chiamai il servizio di assistenza del mio gestore telefonico per attivare una promozione sul mio cellulare, (certo che essere centralinisti di un gestore telefonico deve essere proprio il massimo!) e una ragazza che rispose disse “Siiiii?”, “Sì pronto...”.
Disse tutto quello che non doveva dire: infatti il “Sì” come il “Pronto” sono i due termini più usati da noi italiani quando rispondiamo a telefono. Anche il “Sì” che senso ha? Sì a che cosa? Ho fatto forse una domanda per essere ricevuto in questo modo così generico?
Devi evitare queste due cose: essere generici e scortesi. Al contrario devi essere preciso, immediato e cortese. Come noterai alcune regole coincidono con la telefonata in uscita: cioè evitare il “Salve” e il “Pronto”. Questo vale anche per il “Buongiorno”, ovviamente in senso positivo.
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Lo schema ideale per rispondere è quello che comincia con il saluto, seguito dalla tua identificazione. Successivamente dire il proprio ufficio o reparto d’appartenenza e formulare una bella domanda a scopo d’assistenza. Quindi esordisci sempre con frasi di questo tipo: «Buongiorno! Sono Paltrinieri». «Buongiorno! Ufficio personale». «Buongiorno! Ufficio personale, come posso aiutarla?» «Buongiorno! Ufficio personale, come posso esserle utile?»
Ovviamente l’ideale è quello di combinare tutto insieme: «Buongiorno! Sono Paltrinieri dell’Ufficio Personale, come posso esserle d’aiuto?» Se vuoi essere ancora più preciso metti il nome della tua azienda direttamente all’inizio: questo però va bene solo se hai funzione di segreteria e smistamento di telefonate agli uffici interni. In tal caso dirai: «Ceramica 2000, buongiorno!» E poi smisterai la chiamata.
Ora è il momento di identificare chi ti chiama. Non sempre questo è necessario perché potrà capitarti qualcuno che lo fa già di suo. 261
Ricordi quando abbiamo visto quanto è importante presentarsi a chi chiama e identificare chi ci risponde? Adesso tu sei nell’altro ruolo e stai rispondendo, quindi potrà capitarti qualcuno che si presenta, altre volte persone che invece vanno subito al sodo e chiedono e formulano domande inerenti al loro problema o alle loro esigenze. Nel caso devi essere tu a capire chi ti ha chiamato, quindi, stai attento. Un giorno telefonai ad un’azienda produttrice di infissi per finestre e dopo che la segretaria del titolare mi rispose (sempre con il solito “pronto”...) mi disse «Chi è lei, scusi?» Mamma mia, ma cos’è un interrogatorio?
Io per correttezza professionale non lo feci notare, ma con altre persone meno esperte, una risposta di questo tipo avrebbe portato a ben altri risultati! Come quando chiami tu, motivi come il coinvolgimento e la valorizzazione, ce ne sono a sufficienza anche qui per sapere subito il nome di chi ti ha chiamato.
Cancella dal tuo vocabolario termini o frasi come «Chi è lei, scusi?», «Chi parla?», «Cosa vuole?» oppure «Con chi sto parlando?» perché scoraggi chiunque a dire il nome e anzi li induci a un atteggiamento difensivo.
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Al contrario dopo un bell’inizio, come abbiamo visto prima, prova a dire «Lei è il signor...?» oppure «Parlo col signor...?» e facendo così invoglierai il tuo interlocutore ad identificarsi! Altro aspetto da non sottovalutare è quello dei dati. Adesso infatti conosci il suo nome e/o cognome, ma potrebbero servirti anche altri suoi dati per inserirli nelle tue schede contatto e nel tuo database e bisogna calibrare bene i tempi in cui chiederli. Farlo all’inizio è controproducente perché al contrario della richiesta del nome che ti aiuta a familiarizzare con chi ti ha chiamato chiedergli ad esempio il suo indirizzo può fare l’effetto di un interrogatorio vero e proprio.
Farlo alla fine è uguale perché spezza il clima amichevole con cui hai caratterizzato l’intera telefonata. L’ideale è di chiedere i dati restanti in modo organico e impercettibile all’interno della telefonata.
Tutto ciò consiste nel chiedere saltuariamente i dati che ti sono necessari (questo serve per non essere “pesanti”) e facendo passare la sensazione che quando li chiedi lo fai perché non hai l’intenzione di servirtene.
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Eccoti un esempio. Tu: «Signor Dardi abbiamo una gamma completa di piastrelle. Possiamo prendere un appuntamento con un nostro agente di zona... quando viene deve chiedere di lei come...». Lui: «Ingegnere, Ing. Dardi». Tu: «In caso che un articolo del campionario le interessi dobbiamo mandare il primo ordine in via...». Lui: «Via Paletti 31». Visto? In questo modo ottieni tutto il resto dei dati occorrenti senza appesantire la conversazione e insospettire il potenziale cliente.
SEGRETO n. 2: nella prima fase dai il benvenuto in modo cordiale e propositivo e identifica immediatamente chi ti ha chiamato.
Sicuramente, dopo aver analizzato vari aspetti inerenti a questo tipo di attività, ti sei reso conto che il telemarketing altro non è che una particolare tecnica di vendita.
Un telemarketer, soprattutto se svolge attività di teleselling, è, infatti un venditore vero e proprio: un venditore speciale certo, ma pur sempre un venditore. Tu stesso devi ragionare in questo
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senso perché altrimenti ai tuoi occhi non avrà senso imparare determinate tecniche o atteggiamenti di vendita.
A questo punto della telefonata in ricezione infatti, quando hai individuato il tuo interlocutore, devi saper individuare le sue esigenze. Per fare ciò devi allenarti ad acquisire un particolare atteggiamento mentale che viene usato allo stesso scopo nella vendita “classica”, cioè faccia a faccia.
Questo atteggiamento si chiama ascolto attivo. Quando parlavamo della prima fase del metodo ICF dicevamo che il cliente va coinvolto nel dialogo e chi deve parlare di più è lui, ma chi deve guidare la conversazione sei tu.
Già in questo caso stavamo parlando di “ascolto attivo”, ma adesso la situazione è un po’ diversa. Qui, anche se è vero che l’obiettivo è lo stesso, è anche vero che le parti si sono invertite, quindi la “scena” è diversa.
L’obiettivo non cambia: devi essere attento a ciò che ascolti perché quello che devi raccogliere sono i suoi bisogni e non dei
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dati insignificanti. Per fare questo non devi fare altro che utilizzare l’ascolto attivo al 100 % e non un quarto della sua applicabilità come facevamo con la telefonata in uscita.
Devi spingere al massimo in questo senso perché ora sei tu che ricevi la telefonata e quindi devi ascoltare. Non passivamente però, perché in questo modo sarà chi ti chiama che guida il discorso e questo non deve mai e poi mai accadere. Il dialogo, anche in questo caso devi guidarlo TU e devi imparare a “trasformare” in un certo senso la telefonata inbound come una telefonata in uscita. Ora analizziamo gli aspetti dell’ascolto attivo: non ci sono aspetti molto più importanti rispetto ad altri, né scalette da rispettare, ma comunque tranne due principi fondamentali, devi tenerli tutti in considerazione e sullo stesso piano quando ricevi una telefonata. I due principi fondamentali sono: fare domande e suscitare feedback (per feedback si intende la reazione che una persona ha quando riceve qualcosa, sia materiale che non).
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Fare domande è uno degli elementi più naturali che esiste nel dialogo tra due persone, però se il nostro obiettivo è differente da quello di una semplice conversazione tra amici il discorso cambia.
Non sto dicendo che durante le tue conversazioni telefoniche sul lavoro non devono essere naturali come quelle della tua vita privata, anzi, ma il fine di queste è diverso in ufficio: qui devi essere molto più attento a quello che il tuo interlocutore ti spiega o
ti
domanda
(visto?
Il
punto
è
sempre
quello,
la
concentrazione...).
Quando ti chiamano, esistono due tipologie di clienti: la prima riguarda quelle persone che quando ti telefonano non sono chiare nelle loro richieste per vari motivi, la seconda riguarda invece le persone che sono molto dirette e chiare nelle loro richieste e quindi hanno già trovato la soluzione al loro bisogno, ma di loro parleremo più avanti.
Coloro che fanno parte della prima categoria, infatti, hanno la necessità che qualcuno capisca i loro bisogni: loro hanno presente il loro bisogno, ma non trovano la soluzione. Qui entri in
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gioco TU. Intanto in questa fase la prima cosa da fare è quella di non dare per scontato che ci chiama conosca tutta la gamma dei servizi o prodotti che proponi. Dare per scontato questo o immaginare che il cliente sappia già tutto, è tutto il contrario dell’ascolto attivo.
Lo scopo dell’ascolto attivo è quello infatti di aiutare il cliente a muoversi nella direzione giusta per capire di cosa ha bisogno, quindi non rispondere in questi modi: «Io supponevo che lei lo sapesse...», «È più di un anno che esiste questo nuovo modello...», oppure: «Dopo tutta la pubblicità che abbiamo fatto lo sanno tutti...». Agendo in questo modo lasci intendere che la tua azienda ha veramente scarsa considerazione sia dei suoi clienti attuali che di quelli potenziali. Questo tipo di clienti dunque non sa (a volte) domandare nel modo giusto ciò che gli serve, specie se parliamo di servizi legati a un aggiornamento costante delle leggi in materia, oppure se trattiamo prodotti in continua evoluzione tecnologica. Quando ti chiamano quindi non devi sentire, ma ascoltare ciò che ti dicono, non devi parlare, ma chiarire le idee del tuo cliente per trovare la giusta soluzione che lui non conosceva nemmeno.
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Un giorno mi chiamò un’impiegata di un’impresa edile e mi chiese: «Noi della ditta Astoni stiamo cercando di aggiornarci per tutte le pratiche inerenti alle leggi riguardanti la sicurezza nei cantieri cioè tutto quello che dice la legge 626 e 494» e io: «Guardi non c’è problema signora, possiamo fare noi tutto questo sia dal punto di vista burocratico che documentale...».
Poi io le chiesi: «Signora a quanto risale l’ultimo documento che avete fatto per questo tema?» e lei: «Guardi, non tanto tempo fa, saranno circa tre anni...»; poi dopo alcuni secondi facendo capire, grazie a un intercalare, che ci stessi pensando dissi: «Ho capito la vostra situazione. Voi però non dovete aggiornare i vostri documenti, ma dovete rifarli da capo perché la legge 626 è stata sostituita dal Testo Unico della Sicurezza. Quindi dobbiamo fare tutti i documenti ex-novo».
Lei, con voce che faceva trasparire tutta la sua soddisfazione mi disse «Grazie! Guardi non sapevamo nemmeno che dovevamo adeguarci a questa nuova legge come lei ha detto! Quando possiamo vederci?».
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La signora voleva mettersi a posto su questo tema al 100%, ma non sapeva che la legge cui faceva riferimento era già superata! Quindi la sua esigenza vera non era mettersi a posto con la legge 626, ma a posto e... basta!
Per soddisfare questa esigenza c’era la necessità di rifare da capo tutti i documenti come la nuova legge prescrive, ma se non ci fossi stato io a suggerirglielo, la sua azienda non si sarebbe ancora messa in regola!
La sua soddisfazione infatti consisteva nell’aver capito di aver parlato con una persona che ha subito capito il suo bisogno e ne ha dato una soluzione totalmente diversa da quella da lei richiesta, per di più con suo grande stupore! Comportandoti così vedrai che saranno gli stessi clienti a cercarti e non solo: quando i clienti sono soddisfatti saranno stesso loro a farti altra pubblicità perché ciò che diranno in sintesi ai loro colleghi, amici, parenti sarà: «Loro ti capiscono!»
Altro aspetto che molti trascurano quando si fanno domande sono... le risposte! Non sto parlando delle risposte che devi dare
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tu, ma quelle che ti dà il cliente quando gli domandi qualcosa con l’intento di capire il suo bisogno.
Quando prima ti dicevo che non devi sentire ciò che ti dicono, ma ascoltare, mi riferivo proprio a questo: spesso presi dall’obiettivo di capire i loro bisogni si può paradossalmente dimenticare che sono proprio le risposte che ci vengono date a farci capire i bisogni.
Un giorno, mentre stavo comprando un accessorio per il mio computer nel negozio di un mio amico, telefonò un signore che aveva bisogno di un nuovo computer e io, grazie al vivavoce, ascoltai questa conversazione tra lui e il mio amico: «Senta, chiamavo perché avrei bisogno di un computer nuovo...»; il mio amico rispose: «Noi abbiamo tanti modelli. Lei ha già un’idea?» Poi quel signore disse: «Guardi, io vorrei un computer a casa mia perché mi serve per metterci dentro tantissimi album fotografici settimana dopo settimana...». Il mio amico, non capendo subito l’esigenza rispose: «Ho quello che fa per lei: ho un computer con uno schermo ultrapiatto
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incluso per vedere le foto e un processore di ultima generazione...».
Questo è il classico esempio perché il mio amico non aveva capito che quel potenziale cliente non aveva bisogno di un computer con chissà che processore o quale potenza risolutiva, ma di un computer con la quantità di memoria necessaria per immagazzinare quelle foto!
Il secondo principio fondamentale è il feedback. Come accennato prima, questo termine sta a indicare la risposta di un cliente a ciò che proponi.
Questo aspetto non è importante solo nel telemarketing o nell’area vendita, ma in tutti gli ambiti della vita riguardanti la comunicazione: infatti senza una reazione ai nostri discorsi da parte di chi abbiamo di fronte, tutto questo si riduce a parlare con noi stessi ed è una sensazione veramente spiacevole. Classici esempi di mancanza di feedback si hanno quando in una famiglia è carente il dialogo tra genitori e figli: questo succede perché ogni
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volta che da una parte si tenta di instaurare un dialogo non c’è risposta dall’altra.
Per risposta non intendo la semplice risposta verbale, ma quella che più conta, cioè la risposta concreta al bisogno. Un’altra situazione è quando manca dialogo tra due coniugi: sembra paradossale, ma per un rapporto coniugale è meglio litigare che non parlarsi neanche! Almeno l’atto del litigio è già di per sé un feedback.
Nel telemarketing non solo devi capire i bisogni del tuo cliente facendo domande, ma devi fare capire che lo stai ascoltando e quindi mostri interessi per lui. Per questo dare feedback è di vitale importanza! Come al solito, ci troviamo senza l’ausilio di messaggi visivi, quindi la soluzione è un’altra.
L’unico modo per dare feedback via etere è quello di utilizzare ogni tanto durante la conversazione i tanto citati intercalari. L’uso di questi al telefono è l’equivalente dei cenni visivi che facciamo col nostro corpo, come ad esempio quando stringiamo le palpebre degli occhi per far capire che vogliamo approfondire l’argomento
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o quando annuiamo con la testa in segno di assenso. Gli intercalari che ti consiglio vivamente di usare sono: “Ho capito”, “Condivido”, “Mmm...”,“Giusto”, “Concordo”, “Perfetto”, “Sì” e “Va bene”.
Ora ti elenco la serie di aspetti, di uguale importanza, da tenere in considerazione durante questa fase:
Quando ti chiamano innanzitutto non fare altro che non sia
ascoltare, perché anche se è vero che chi ti parla non ti può vedere ti posso assicurare che se ne accorge se stai facendo qualcos’altro mentre tieni la cornetta attaccata al tuo orecchio.
Anche se sei da molto tempo a telefono porta pazienza,
perché anche se chi ti parla può risultare “pesante” e/o lento oppure incapace di esprimersi al meglio, il tuo fastidio nei suoi confronti ti toglierebbe la concentrazione necessaria per capire i suoi bisogni.
Non fare finta di ascoltare, primo perché sarebbe inutile e
controproducente. Al limite se hai molto da fare chiedi di essere 274
chiamato in un altro momento. Secondo non daresti feedback correndo il rischio di dare una pessima impressione.
Non essere impaziente di parlare contemporaneamente a
chi ti parla perché così non hai mai il quadro esatto della situazione per capire i suoi bisogni.
Stesso discorso vale se anticipi le risposte o le parole del
tuo
interlocutore.
Inoltre
facendo
così
lo
allontanerai
inevitabilmente, perché gli farai capire che non vale la pena ascoltare ciò che dice e non si sentirà compreso.
Non pensare ad altro, mentre ascolti qualcuno, perché
altrimenti la concentrazione si annulla.
Non credere che tutto quello che dici tu sia giusto perché
così eviti inutili polemiche. Credimi che saranno tutti sorpresi quando sentiranno ammettere una tua lacuna, quando loro hanno ragione!
In
futuro,
vedrai
che
considerazione!
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ti
terranno
in
grande
Evita di enfatizzare troppo la tua esperienza. La
competenza in materia è sempre molto gradita da tutti a garanzia dell’affidabilità, ma non dimenticarti che ti ascolta non sempre ha le tue competenze in merito e potrebbe sentirsi inferiore o per meglio dire ignorante. Mettiti invece sullo stesso piano e pur mantenendo la tua professionalità quando richiesta vedrai che risulterai molto più “umano” e famigliare sarai ben più apprezzato.
SEGRETO n. 3: impara ad ascoltare attivamente chi ti chiama, dando feedback e facendo domande per capire il suo reale bisogno.
Finora abbiamo visto quanto è importante l’ascolto attivo. È davvero importante per una serie di utili fattori, quali la possibilità di instaurare un buon rapporto con chi ci chiama coinvolgendolo nei nostri discorsi, trasmettere il nostro interesse su ciò che ascoltiamo, capire i bisogni reali, ottenere sempre altre informazioni e guidare la conversazione togliendo questa possibilità a chi ci chiama.
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Devi fare in modo che le telefonate che ricevi diventino come le telefonate che fai. Il motivo è semplice: come ti ho già fatto notare in precedenza, molti aspetti della telefonata “classica” cioè outbound, che più comunemente viene chiamata “in uscita”, sono simili a quella inbound. Allora perché non pensare che siano pressoché UGUALI e metterle sullo stesso piano?
Conosco molti miei colleghi alle prime armi, infatti, che se la cavano discretamente quando chiamano. Quando però si tratta di ricevere telefonate commerciali in entrata e non dico che sono in panico, ma poco ci manca.
Se invece tu ti abitui a mettere queste due tipo di telefonate sullo stesso piano non correrai il pericolo di “subire” quelle inbound, ma di “farle”. Infatti chi è all’inizio di questo lavoro è passivo di fronte alle chiamate in entrata, ma diventa attivo con quelle in uscita. Metti entrambe le telefonate sullo stesso piano quindi e vedrai che non correrai questo rischio.
Per fare questo devi sempre guidare tu tutte le telefonate con cui hai a che fare utilizzando l’ascolto attivo. Abbiamo visto che si
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basa sulle domande e grazie a queste capisci il bisogno principale. Già, ma quali domande? In precedenza abbiamo parlato di domande “aperte” e domande “chiuse”. Sono le due categorie principali di domande e poi si dividono in varie sotto-categorie.
L’ideale è utilizzare entrambe le due categorie di domande in un discorso, al momento più opportuno. Sai, infatti, che le domande aperte sono chiamate così perché invitano le persone a raccontare e spiegare. Perciò quello che ascoltiamo è approfondito e sempre accompagnato da opinioni personali, infatti queste domande incoraggiano ad aprirsi anche a dei confronti.
Evita però di farne un uso smodato, perché intanto (come spesso è accaduto anche a me) potresti andare fuori tema tu e chi ti ascolta e poi far passare troppo tempo per raggiungere il tuo scopo. Ti consiglio di usarle quando devi: raccogliere dei dati; creare “rapport”; tranquillizzare il tuo interlocutore.
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Le domande chiuse invece, sono quelle domande che ci inducono a rispondere in modo molto coinciso e nella maggior parte dei casi con un “sì” o con un “no”.
Queste domande conviene usarle sempre alle prime battute e solo dopo aver usato le domande aperte: con le prime cerchi di prendere un po’ di confidenza con chi ti ha chiamato, soprattutto se è timido, per poi man mano usare le seconde per approfondire la discussione.
Ti consiglio di usare quelle chiuse nelle seguenti situazioni: quando ti accorgi di essere andato fuori tema e vuoi rientrare in “carreggiata”; all’inizio della conversazione se il tuo interlocutore è timido; quando vuoi fare statistiche e hai bisogno di dati precisi in tempi rapidi; quando ti accorgi che la conversazione non la guidi più tu e vuoi riprenderla nelle tue mani.
Utilizza le domande quindi, in base alle loro caratteristiche per le situazioni che si vengono a creare e mi raccomando: tu sei al 279
telefono per raggiungere il tuo obiettivo e non per chiacchierare o discutere animatamente su qualche argomento futile. Per quanto riguarda le domande aperte, sono suddivise nelle seguenti sottocategorie.
Domande a reazione: queste non sono altro che degli ottimi intercalari che si usano appena udito qualcosa. Sono parole del tipo: “Ma dai!”, “Veramente?”, “Tu dici?” o “Lo sapevi?”. Usale per invogliare a parlare. Le domande con ipotesi: queste servono per capire la reazione del potenziale cliente di fronte a determinate situazioni. Queste servono quando ti stai orientando per capire qual è il bisogno del tuo potenziale cliente. Sono domande del tipo: «Nel caso riesca a inviarti il preventivo entro lunedì, quando me lo rimandi firmato?», «Pensa, se ti cadesse un operaio dal ponteggio, cosa faresti?» o «Se viene a scoprire che gli abbiamo fatto il lavoro con un mese di ritardo?»
Le domande pareggio: esse si utilizzano solamente per mantenere la guida del discorso e allo stesso tempo capire il
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bisogno dell’interlocutore. Sono domande che si inseriscono in questo genere di dialoghi:
I(interlocutore): «Quanto può costarmi questo?» T(tu): «Quanto secondo lei?» I: «Beh, secondo me...» I: «Quanto tempo ci mette a venire da me?» T: «Quanto mi occorre per venire da lei?» I: «Forse solo una mezz’ora...?»
I: «Perché mi fa questa domanda?» T: «Il motivo è semplice. Lei cosa farebbe in tal caso?» I: «Intanto io farei in modo che...»
Le domande stimolanti: queste domande sono da usare (come dice il
termine
stesso) quando, volendo
ottenere delle
informazioni molto precise e approfondite, si tende ad ampliare il dialogo, stimolando l’interlocutore a parlare di più. Queste sono il caso più evidente di domande aperte: «Per quale motivo se n’è andato via?», «Mi dice cosa l’ha spinto ad acquistare quel
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tavolo?» oppure: «In quale situazione si è trovato bene come adesso?»
Invece per quanto riguarda le domande chiuse sono suddivise nelle seguenti sotto-categorie:
Le domande emozionali: questo tipo di domanda è difficile da gestire perché, tramite una reazione emotiva dovuta alla domanda posta, dà in maniera esageratamente restrittiva e negativa la risposta che vogliamo, ma genera una sensazione di costrizione in chi ci chiama, che non piace a nessuno e non lascia nessuna possibilità di ripensamento. «Solo uno stupido potrebbe accettare quel preventivo, vero?», «Anche tu sei d’accordo con quell’ignorante?» o «È da stolti accettare questo... che ne dici?» Quindi non usare questo tipo di domanda. Le domande induttrici: sono domande che, se formulate in modo corretto, inducono a farti dare la risposta desiderata (e personalmente è quella che uso di più). Ecco degli esempi: «Visto i recenti risultati, non credi dobbiamo aumentare gli investimenti
nei
macchinari?»,
«Anche
dobbiamo...» o «Concordi anche tu che...?» 282
secondo
te
Le domande conferma: queste sono molto utili quando devi stringere un accordo nel minor tempo possibile e servono appunto a chiedere conferma, facendo in modo di evitare ripensamenti da parte dell’ascoltatore.
Sono nient’altro che parafrasi (per parafrasi si intende quando una persona ripete esattamente tutte le cose che ascolta) delle osservazioni fatte dal cliente e messe sotto le spoglie di una domanda: «Ti servono dieci canne da pesca?», «Quindi ti mando dieci quintali di intonaco premiscelato?», «Allora ti prenoto due stanze separate?», «Ti serve una tovaglia per ogni famiglia?»
Le domande precise: queste sono l’esempio più chiaro di domande chiuse. Infatti le risposte a queste domande non sono mai più di una e rispondono a dei limiti ben precisi: «Quante tonnellate pesa quella struttura in cemento armato?», «Quando posso trovarti a casa?» oppure, «Con quanti litri di diesel fai il pieno nella tua auto?»
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SEGRETO n. 4: utilizza, secondo le situazioni, tutti i tipi esistenti di domande con lo scopo di guidare sempre tu la conversazione.
Adesso sai quali sono tutti i tipi di domande che devi usare per guidare la conversazione. Però sai come comportarti per quanto riguarda le risposte che devi dare, invece? In precedenza questo aspetto l’abbiamo già toccato, infatti nell’analizzare quali parole sono da usare e quali sono i termini da evitare, già sai che terminologia usare quando devi rispondere.
Per quanto riguarda il rispondere però, non basta sapere ciò, ma devi conoscere anche gli atteggiamenti giusti: è inutile sapere quali parole sono positive o coinvolgenti quando non sai comportarti in questi casi. Ora ti elenco gli accorgimenti necessari per quando devi rispondere in ufficio a qualsiasi tipo di telefonata.
Devi essere propositivo: indipendentemente dall’attività che svolgi, sia telemarketing da centralino o attività di teleselling, non devi risultare impacciato. Spesso sono proprio gli errori più
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elementari ad allontanare il tuo interlocutore da te. Quante volte ti è capitato di credere di saper tutto, quando invece ti mancavano delle informazioni per rispondere a una telefonata, vero? Oppure credere di aver qualsiasi persona dell’azienda a portata di telefono? In questi casi non farti prendere dal panico, stai tranquillo e fai capire a chi ti ha chiamato che anche se non riesci a soddisfare il suo bisogno nell’immediato, rimedierai subito e nel caso di telefonate da centralinista dirai in questo modo: «Dott. Garelli, ho provato a telefonare nell’ufficio del titolare, ma è occupato con un’altra telefonata. Vuole che la richiami o le passo la sua segretaria così le fissa un appuntamento?», oppure in caso di telefonate di teleselling: «Guardi ci vorrà qualche minuto per cercare nell’archivio la sua cartella sanitaria. Desidera essere richiamato o può attendere in linea?» Sii breve: Ti ricordi quando abbiamo visto che nell’uso dei termini e frasi occorre essere veloci e coincisi? Bene questo vale anche quando devi rispondere qualcuno! Essere troppo eccessivi nel tuo parlare non paga quasi mai, tranne in quei casi in cui chi ti
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ha chiamato richiede un supporto specifico e ha la disponibilità di rimanere a telefono per più di qualche minuto. Tranne questi rari casi, non intrattenere troppo chi ti ha chiamato perché intanto corri il rischio di annoiare il cliente (e te stesso) perdendo anche spesso di vista il tuo obiettivo. Potrebbe capitarti di andare anche fuori tema. Ricordati che sei al telefono e il tempo è il tuo nemico: pochi minuti in più e cala l’attenzione di chi ti chiama (per non parlare della tua...) facendo divenire inutili tutti i tuoi sforzi. Sii veloce e riassuntivo a tal punto da arrivare subito al “succo”! Condividi le situazioni: Se svolgi un’attività di teleselling spesso ti capiterà di dover subire, a causa di un’insoddisfazione di chi ti chiama, le sue frustrazioni in merito a un servizio inutile o un prodotto scadente che ha comprato. C’è poco da fare: nel telemarketing succede anche questo. Quando mi trovo in questi momenti la strategia che adotto è precisa: non fregartene di quello che ti viene detto, anzi mettiti nei suoi panni e fagli capire che lo comprendi perché anche tu ci sei passato.
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Ora è ovvio che non puoi essere passato per le situazioni di tutte le persone che ti chiamano, ma l’avvalersi di qualche bugia (so che non è moralmente giusto, infatti faccio fatica anch’io in questi casi ad agire così) ti sarà d’aiuto. Una volta mi chiamò il titolare di una ditta artigiana e mi chiese un preventivo per il servizio relativo alla medicina del lavoro riguardo i suoi dipendenti.
Mi disse: «Sa io capisco l’utilità del Medico del lavoro, però di questi tempi, con la crisi economica che c’è come faccio a permettermelo?» e io, senza indugiare gli risposi: «Guardi Sig. Benedetti, capisco perfettamente il motivo della sua domanda! Le posso assicurare che so cosa significa mettersi nei suoi panni, perché mio padre fa il suo stesso lavoro ed è una vita che vedo i sacrifici che fa!» Quante volte, mi sono capitati casi come questo... Però ne sono sempre venuto fuori, perché così fai capire all’altro che vivi tu stesso sulla tua pelle certi momenti, cioè che sei uno “come lui”! Risulta serio: tutti, me compreso, abbiamo spesso il chiodo fisso del profitto. Quando ci viene fatta una richiesta, siamo già lì che contiamo i soldi della provvigione... Peccato che facendo così, 287
non fai altro che promettere “mari e monti” a tutti pur di acquisire il cliente.
Se la tua azienda non ha da offrire il prodotto richiesto o non propone un certo tipo di servizio, non succede niente se in tutta sincerità gli si dice che ciò che cerca non lo si può dare! La mossa migliore in questi casi è cercare di trovare un’alternativa simile per provare a soddisfare i suoi bisogni, avendo il duplice vantaggio di non perderlo e nel caso non avresti niente da proporre comunque risulteresti disponibile.
Non impegnarti però per cose che non puoi mantenere perché la reazione a una mancata “promessa” è estremamente deleteria sia per la tua credibilità, sia perché andresti a ledere l’immagine della tua azienda.
Devi essere preciso: quando vieni chiamato, non dare per scontato che il tuo interlocutore sia sempre diligente. Non aspettarti questo perché non tutti sono delle persone metodiche. Ti capiterà sovente, infatti, che molti che vogliono il tuo prodotto/servizio, diano per scontate tutte le fasi della trattativa e
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(meno male) il prodotto si “compra” da solo. Per non perdere questi stancanti, ma pur sempre ottimi clienti, non risparmiarti precisazioni.
Quante volte ci si sente dire: «Poi ci sentiamo in settimana...», vero? Bel modo di concludere un discorso... Ma quando ti devo chiamare martedì? Forse giovedì? Poi magari capita che se lo si chiama giovedì ti chiede perché non lo hai chiamato prima, perché si è dimenticato quanto detto per telefono. Per non far accadere
questi
inconvenienti
cerca
sempre
di
mettere
precisazioni nel tuo dialogo: «Ti chiamo martedì o giovedì?» In precedenza ti accennavo quanto fosse utile in qualsiasi circostanza un finale che facesse effetto per il tuo potenziale cliente, perché questa tecnica viene usata in tutti gli ambiti della comunicazione (dalla TV al cinema, dalla pubblicità agli articoli sui giornali, dai libri fino agli annunci pubblicitari su AdWords!).
Le risposte adeguate, a tal proposito, hanno proprio questa caratteristica e funzione: concludere direttamente le telefonate! Appurato quindi che la parte finale di una telefonata è importante non solo se la si fa, ma anche se la si riceve, cura particolarmente
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questa fase perché se fai tua la parte finale, i tuoi risultati aumenteranno fino a una percentuale che arriva a sfiorare ben il 25%!!
SEGRETO n. 5: concludi le tue telefonate con risposte pertinenti e adeguate a ogni situazione grazie alle parole e gli atteggiamenti adatti. Così i tuoi risultati aumenteranno sensibilmente.
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RIEPILOGO DELLA FASE 7: SEGRETO n. 1: anche le telefonate in entrata, dette “inbound”, hanno varie tappe da seguire e dato che non puoi prevederle, evita di rimanere impreparato. SEGRETO n. 2: nella prima fase dai il benvenuto in modo cordiale e propositivo e identifica immediatamente chi ti ha chiamato. SEGRETO n. 3: impara ad ascoltare attivamente chi ti chiama, dando feedback e facendo domande per capire il suo reale bisogno. SEGRETO n. 4: utilizza, secondo le situazioni, tutti i tipi esistenti di domande con lo scopo di guidare sempre tu la conversazione. SEGRETO n. 5: concludi le tue telefonate con risposte pertinenti e adeguate a ogni situazione grazie alle parole e gli atteggiamenti adatti. Così i tuoi risultati aumenteranno sensibilmente.
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FASE 8: I segreti per riuscire nelle situazioni critiche
Molti credono che per essere bravi con il telefono basta concentrarsi sul proprio lavoro e migliorare il proprio approccio psicologico. Altri invece pensano di essere esperti solo perché hanno anche imparato a fare clienti con una sola telefonata e a gestire il contatto con i potenziali clienti che telefonano in azienda.
Un tempo anch’io la pensavo così, credevo di saper far tutto arrivato a questo punto, o meglio sapevo tutto ciò che serviva per fare nuovi clienti e ottimizzare il contatto con il pubblico nel caso le telefonate non avessero scopo commerciale.
Certo, sapevo che c’erano situazioni nelle quali occorreva “saperci fare”, ma bastava essere arrivato a questo punto convinto che tutto questo era sufficiente per raggiungere i miei obiettivi. Mi sbagliavo, come la maggior parte dei telemarketer. Infatti non basta essere sempre motivati, saper organizzare la tua attività e 292
essere bravi a telefonare: devi sapere gestire anche le situazioni critiche. Se non impari ad affrontarle sarai bravo, potrai considerarti un esperto di questa materia, ma non diventerai mai il MIGLIORE perché è questo che voglio che TU diventi. Ho scritto questo capitolo proprio con questo scopo: insegnarti a gestire le situazioni più insidiose che inevitabilmente potrebbero portarti allo scoraggiamento fin dalle prime difficoltà.
Sai per quale motivo diventi il migliore se sai gestire le situazioni critiche? Per un motivo molto semplice, che pochissime persone hanno capito: tutti vedono queste situazioni come qualcosa di generalmente negativo.
Negli ultimi anni però i fatti mi hanno dimostrato totalmente il contrario: da quando ho imparato a gestire questi momenti con tranquillità, serenità e consapevolezza di riuscire bene, ho aumentato sensibilmente le mie vendite come agente e non solo, perché ho migliorato tantissimo il rapporto con i clienti della mia azienda e potenziali tali. Ho stimato che da quando ho imparato tutto ciò, i miei risultati sono aumentati di una percentuale che varia dal 25% al 30%! E anche tu vuoi ottenere questo, vero?
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Esistono varie situazioni nelle quali un telemarketer anche esperto può non riuscire a gestire, ma tutte riconducono ai tre maggiori problemi che possano capitare: la gestione delle obiezioni, il trattamento dei reclami e il superamento dei filtri.
Nell’ultimo capitolo di questo libro analizzeremo infatti questi tre aspetti fondamentali del telemarketing e vedrai che è possibile trasformarli da fattori apparentemente negativi ad elementi a tuo favore!
SEGRETO n. 1: non basta prepararsi psicologicamente ed essere bravi con il telefono. Per diventare il MIGLIORE devi imparare a gestire le situazioni critiche.
In precedenza, quando abbiamo studiato la parte centrale del metodo ICF, abbiamo visto che la maggior parte dei tuoi interlocutori sono della categoria degli incerti: è da loro infatti che proviene la quasi totalità delle obiezioni. Non potrebbe essere altrimenti.
Chiunque
cominci
a
studiare
questa
materia
risponderebbe dicendo che le obiezioni vengono fatte dalla
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categoria degli interlocutori contrari, ma non è così: i contrari non fanno obiezioni perché tutto ciò che ti dicono è.... no!
Gli incerti, invece, ti danno delle possibilità e ti lasciano la loro porta aperta, ma manifestano tramite le obiezioni che rivolgono con le loro opinioni, i loro pregiudizi e tutti i loro dubbi. È questo il punto: il fatto che emerga tutto è positivo!
Questo perché le obiezioni sono come le domande, infatti il loro uso è chiaro segno di interesse in quello che tu esponi. Molti sbagliano perché non capendo questo concetto, non si preoccupano di conoscere gli strumenti per affrontarle.
Come le risposte, anche per le obiezioni esistono delle regole generali su come trattarle e girarle a tuo favore, anche se non si discostano molto da quelle che abbiamo già studiato per le risposte.
Prima di vedere in quale modo possiamo usare a nostro favore le obiezioni, dobbiamo analizzare un aspetto che impedisce alla maggior parte delle persone di superare questo tipo di “ostacolo”.
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Tutti noi, di fronte a una proposta, siamo portati a formulare obiezioni: spesso però ci trinceriamo dietro a obiezioni GENERICHE che ci proteggono perché non vogliamo far sapere (a volte accade anche inconsciamente) quale sia il vero motivo del nostro dubbio e del nostro interesse.
Anche se esistono svariati settori di lavoro e innumerevoli categorie di servizi e classi merceologiche di prodotti, che tendono a suscitare obiezioni specifiche, le obiezioni generiche sono alla fine sempre le stesse, cioè quelle che io chiamo “commerciali” perché riguardano tutti i telemarketer e venditori, indipendentemente dal settore di appartenenza della loro azienda e sono: «guardi, per quest’anno siamo a posto»; «non ci interessa»; «non abbiamo i soldi»; «dicono di voi che...»; «ho già avuto un’esperienza simile e non voglio riviverla»; «magari più in là»; «abbiamo cose più urgenti da fare»; «ci devo pensare». 296
Ci fosse una sola giornata nella quale non mi formulano una di queste obiezioni... Ogni qual volta ti trovi di fronte a queste obiezioni generiche devi fare in modo di trovare le obiezioni nascoste dietro a quelle generiche, cioè quelle SPECIFICHE, perché solo così riuscirai a superarle ed utilizzare a tuo vantaggio.
Questa sorta di protezione fa sì che i meno esperti non riescano a contraccambiare: infatti le obiezioni generiche così come sono è impossibile aggirarle proprio perché escludono qualsiasi modo di ribattere. In che modo puoi trovare quelle specifiche? Lo vediamo subito. Esistono varie tecniche per scovare le obiezioni specifiche, ma dopo alcuni anni di esperienza, ti elenco quelle che mi hanno dato più risultati.
Tecnica domande stimolanti: ti ricordi quando abbiamo visto i vari tipi di domande? Fra quelle aperte, quelle per antonomasia sono quelle “stimolanti” che inducono il cliente ad aprirsi. Questo tipo di domanda è il modo più logico per capire qual è il bisogno vero che si cela dietro alle obiezioni generiche. Eccone un esempio pratico. Interlocutore: «Guardi, devo pensarci un po’» e
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tu: «Quale motivo la porta a riflettere?», «A dire il vero non sono sicuro sul prezzo».
Visto? Chiedendo subito il motivo dell’obiezione è naturale che ti venga risposto in modo specifico. Inoltre hai notato che l’interlocutore dice chiaramente che non è sicuro? È questo il motivo che fa mettere sulla difensiva tutti i clienti facendo usare obiezioni generiche.
La chiave vincente di questa tecnica consiste infatti nel sollevare una persona dal proprio problema. Credimi: non ho incontrato nessuno che con domande simili non si sia aperto! Tutti noi tendiamo ad aprirci quando ci accorgiamo che, chi ci fa domande, vuole arrivare in profondità e capire la radice del problema, un po’ come accade quando si va dallo psicanalista! Quindi prova in questi casi con domande stimolanti.
Tecnica della costrizione: Consiglio di usare questa tecnica solo quando sei abbastanza esperto e tutte la altre tecniche non hanno portato a risultati concreti. Infatti è una tecnica estremamente raffinata, ma è da utilizzare con cura: occorre farne uso solo se è
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necessario e, inoltre, occorre modulare il tono della voce adattandolo alla pari del nostro potenziale cliente.
Usai questa tecnica una volta che chiamai un mio cliente già acquisito, ma che spesso, sulle nuove proposte, era sempre un po’ diffidente. Dopo avergli proposto un nuovo modello di piastrella in ceramica mi rispose: «Guardi non credo che possa fare per me, perché per la casa in montagna che sto costruendo ho intenzione di mettere il parquet».
Io gli dissi: «Ha ragione! Infatti questo prezioso tipo ceramica è per case di classe e non certamente per una baita dove passarci le vacanze di Natale!», lui non reagì immediatamente, ci pensò qualche secondo e poi mi disse: «Guardi... io voglio comunque che la mia baita sia costruita con materiali pregiati anche perché se la rivendo voglio comunque che sia un immobile appetibile! Facciamo così, mi mandi un campione della ceramica così posso valutarla e se mi piace la compro».
Hai capito dove sta il trucco? Tutto consiste nel solleticare l’orgoglio del tuo ascoltatore e agendo così non potrà né negarti il
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vero motivo della sua obiezione, che in questo caso consiste nella volontà di costruire con materiali pregiati e poi difficilmente ti negherà una sua valutazione perché sarebbe come contraddire sé stesso.
Tecnica dell’investigatore: spesso capita di trovarsi davanti a delle persone che fanno fatica a scoprirsi e quindi a dire il vero motivo dei loro dubbi. Non basta fare solo domande stimolanti. Molti però in questi casi sbagliano adottando una strategia tipo interrogatorio
chiedendo
tutti
i tipi
di possibili
motivi
dell’obiezione finendo però di infastidire chi li sta ascoltando. L’unico modo per risolvere questa situazione è adottare una tecnica simile a quella dell’obiettivo già raggiunto.
Cioè
occorre
spostare
l’attenzione
dell’interlocutore
dall’obiezione iniziale con frasi tipo: «Signora, al di là della tipologia di pagamento, c’è un altro motivo per cui desiste?», «Mettiamo che le faccio uno sconto sul prezzo, ci sono altri motivi per non comprare?», «Mettiamo da parte questo punto, deciderebbe di acquistare questo tipo di piastrella?»
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Quindi a questo punto, tolta l’attenzione dalla prima obiezione, parti con elencare i motivi dell’acquisto. Se continua a obiettare per lo stesso motivo allora la prima obiezione coincide con quella specifica, se invece nell’elencare i vantaggi ne salta fuori un’altra, ecco che hai trovato il vero motivo di titubanza.
Ecco un esempio che ti farà capire: «Buongiorno! Siamo una ditta di pulizie e avremmo bisogno di vari prodotti detergenti. Solo che i vostri detersivi sembrano non fare al caso nostro perché sembrano concepiti per superfici particolari mentre a noi bastano prodotti per pavimenti con moquette».
Risposta: «Ho capito. Guardi che la nostra gamma di prodotti prevede anche e soprattutto prodotti di questo tipo. Sicuramente adatti a pulizie per privati e condomini...».
Seconda obiezione: «Certo, solo che davanti ai nostri clienti vogliamo fare bella figura anche con prodotti di minor qualità». Seconda risposta: «Non si preoccupi i nostri prodotti non temono concorrenza in merito! Senta, mettendo da parte questo
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discorso, c’è un altro motivo per cui volete far bella figura usando detersivi comuni?»
Risposta finale: «Guardi, il fatto è che, a dir la verità, non vorremmo spendere molto...». Ecco! Visto che alla fine lo sfogo (“a dire la verità...”) è avvenuto? E ora sai qual è il vero motivo che genera dubbio, che, nel caso di questo esempio, era il prezzo del prodotto e non la sua qualità. E ora puoi procedere nell’affrontare la vera obiezione.
Già, affrontare la vera obiezione. Ora sai come trovare quella vera, ma la sai affrontare? Prima di capire come affrontare le obiezioni bisogna fare alcune brevi considerazioni generali che ne riguardano tutti i tipi. Intanto quando ti trovi di fronte a un’obiezione devi capire che è una vera e propria valvola di sfogo per chi te la pone: quindi non sottovalutarla.
Fai in modo che ciò non accada mai perché a nessuno piace sentirsi sottovalutato, tantomeno se ha dei dubbi nei tuoi confronti o ha dei problemi da risolvere. Non minimizzare un’obiezione (o
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peggio ancora ignorare) perché chiunque, quando parla dei suoi problemi o dubbi, vuole essere preso sul serio.
Non mettere in dubbio l’obiezione dell’interlocutore perché potresti passare per quella persona che insinua che lui sia un bugiardo. Infine, ciò che devi evitare nel modo più assoluto è quello interrompere un’obiezione, magari anticipando anche ciò che ti si stava dicendo. Questo atteggiamento infastidisce, anzi irrita, chiunque, perché come detto prima chi obietta qualcosa significa che deve far allentare la sua tensione sfogandosi tramite le sue obiezioni.
Inoltre, a meno che tu non legga nel pensiero delle persone, come fai a essere sicuro che quello che anticipi sia ciò che il cliente voleva dirti? Non anticipare mai le obiezioni altrui, anche se possiedi grandi doti di intuito e hai grande esperienza in merito.
Ora veniamo al dunque: come si affrontano le obiezioni cosiddette “specifiche”? Spesso mi sono chiesto come risolvere questo dilemma: se mi trovo di fronte ad obiezione specifica buttata lì, in modo limpido, chiaro e senza fraintendimenti, come
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venirne a capo? Tutti noi, di fronte a un attacco, come può essere intesa un’obiezione, per istinto naturale siamo portati a reagire.
Soprattutto a reagire con la stessa forza con cui siamo stati attaccati se non in misura maggiore... Ma se ti comporti così, ti assicuro che perdi nel peggiore dei casi, la metà dei tuoi clienti!
Sostanzialmente esistono due scuole di pensiero in merito: la prima che afferma che dalle obiezioni basta uscire con le “gambe sane” cioè senza farsi male, riuscendo comunque a tenersi il cliente, la seconda invece afferma che esiste un modo che non solo ti permette di non perdere il cliente, ma che trasforma le obiezioni in nuove occasioni di vendita.
Coloro che appartengono alla prima scuola sono in pratica telemarketer che si accontentano di non “fare danni” e gli basta sapere che per ogni obiezione che “subiscono” fanno altre cento telefonate che mediamente si tramutano in dieci o venti clienti.
Il loro modo di agire di fonte alle obiezioni è quello di ammettere in ogni caso che il prodotto/servizio che offrono ha il difetto che il
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cliente in un’obiezione ha fatto notare, confidando che egli apprezzi la sincerità. Poi successivamente, se tutto ciò non fosse sufficiente, passano a rimarcare i vantaggi che il prodotto o servizio in questione offre e garantisce compensando le motivazioni dell’obiezione. Questa tecnica, in sé non è affatto male, anzi: per clienti che tendono a essere troppo pignoli, va anche bene, ma è da usare solo in questi casi, non sempre.
I telemarketer che l’adottano sono contenti così, perché pensano che un cliente non perso sia un cliente acquisito. Peccato che questa mentalità non abbia mai fatto progredire nessuno e anzi relega un qualsiasi professionista nell’ambito della sufficienza.
Eccone una dimostrazione: «Ho notato che le vostre penne hanno poco inchiostro, sa?», risposta: «Ci scusi per l’inconveniente, ha perfettamente ragione! Comunque tengo a precisare l’assoluta precisione di getto d’inchiostro dei nostri prodotti e il lor prezzo a dir poco competitivo. Vuole acquistarne un’altra confezione?» Risposta: «Va bene, però la prossima volta state più attenti!»
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Io appartengo decisamente alla seconda scuola, il cui metodo appoggio da sempre e che cerco di insegnare a tutti i telemarketer che mi chiedono consigli in merito. Avrai notato che ci sono molte similitudini tra le obiezioni e le domande analizzate nel capitolo precedente.
Proprio grazie a questo, la seconda scuola suggerisce di affrontare le obiezioni come le domande, cioè utilizzando l’ascolto attivo. Ricordi? Solo se riesci a guidare il discorso e a fare tue le obiezioni puoi vincerle! Abituati a vedere nelle obiezioni un’opportunità da sfruttare, piuttosto di un’eventualità da evitare. Non opporti ad esse, ma traine vantaggio usandole a tuo favore. Devi fare in modo di smettere di porti di fronte ad esse con un atteggiamento di affronto, di contrasto, ma al contrario devi incanalare la loro energia per i tuoi scopi. Impara a servirtene per dimostrare la veridicità delle tue tesi. Ora vediamo quali sono gli step per concretizzare tutto questo.
Il primo step riguarda la prima o le prime parole che dici di fronte ad un’obiezione. Per evitare tutte le situazioni che potrebbero venirsi a creare senza tener conto delle considerazioni
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fatte poco prima, esordisci sempre con parole tipo: “Esatto!”, “Capisco!”, “Comprendo ciò che dice!”,“Anche secondo me”, “Sono d’accordo”, “Verissimo!”.
Così facendo, farai capire al tuo interlocutore che riconosci il valore della sua obiezione. Inoltre, il tuo interlocutore, abituato a sentirsi controbattere, rimarrà piacevolmente sorpreso che anche tu sia della stessa idea: da ora in poi la resistenza sarà nulla e tu potrai approfittarne.
Anche qui è importante il tono della voce (ti rendi conto che gira e rigira, l’importanza del tono della voce viene sempre fuori?): più è deciso e forte il tono dell’obiezione, più deve essere forte e deciso l’incipit della tua risposta. Il secondo step consiste nel sfruttare letteralmente l’obiezione a nostro vantaggio facendo “leva” proprio su di essa. Ecco alcune situazioni più frequenti: “È vero ciò che dice! Anche perché...”, “Sono totalmente d’accordo! Infatti…”, “Meglio così! Capirà perché…”, “Sicuro! È proprio per questo che...” oppure “Giusto! Un motivo in più per...”.
Con questo ottieni i seguenti benefici:
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Predisponi in modo positivo l’interlocutore nei tuoi
confronti perché ti mostri d’accordo con le sue obiezioni.
Dai un deciso colpo alla tensione allentandola grazie
appunto alla tua vena possibilista.
Togli ogni possibilità (questo punto lo hanno notato in
pochi) al tuo interlocutore di controbattere perché se lo fa, negherebbe le sue stesse tesi.
Eccoti degli esempi concreti (nota la differenza con il dialogo secondo la prima scuola): «Siete quelli di Supertappeti? Mi hanno detto che siete cari». Risposta: «È vero ciò che dice! Infatti è la prova della loro qualità che non teme confronti con nessun altro tipo di tappeti!»
«Guardi se non vedo dal vivo non credo a una sola parola di ciò che dice sul suo prodotto». Risposta: «Dice giusto! Infatti è proprio per tale motivo che ho il piacere di conoscerla da vicino! Così tocca con mano sua la differenza!»
«Guardi è un brutto momento... Non per lei, ma il fatto è che ho poco tempo...». Risposta: «Capisco. Infatti è proprio per tale 308
motivo che l’ho contattata, così possiamo vedere insieme, con agenda alla mano, quando incontrarci e parlarne quando è più tranquillo! Sono libero domani mattina o martedì pomeriggio...». Ecco che così facendo, utilizzerai a tuo favore le tesi delle obiezioni, sfruttando la loro energia e tramutandola in positività ed entusiasmo da mostrare nelle tue risposte. Esistono casi in cui tramutare in positività ciò che ti viene detto è d’importanza cruciale: senza far questo, non c’è possibilità di avvantaggiarci direttamente di un’obiezione.
Questo avviene quando in una obiezione specifica vengono poste delle condizioni: «Senta, noi selezioniamo solo fornitori che hanno prodotti certificati. Quindi non possiamo prendere in considerazione i vostri!» Risposta: «Quindi i vostri clienti sono esigenti e vogliono qualità giusto?»
Seconda risposta: «Certamente! Dobbiamo garantire ciò perché il nostro mercato è molto attento sotto questo punto di vista!» ed ora si tramuta positivamente la risposta contraria: «Bene, proprio per questo le inviavo un campione di prova. Sono davvero molto performanti e incluso nel prezzo offriamo la garanzia soddisfatti o 309
rimborsati! Quando vuole ricevere il campione? Domani o dopodomani?»
Agisci con questa modalità guardando le critiche che ti vengono rivolte da una prospettiva diversa così da riformularle subito in positivo spiazzando chiunque ti faccia obiezioni così particolari. Ti ricordi quando abbiamo studiato le risposte? Anche lì infatti abbiamo visto che un ottimo modo di formularle è quello di condividere lo stesso motivo d’obiezione del cliente!
Anche qui come nelle domande e risposte, un’ottima tecnica per riuscire è mettersi nei panni dell’interlocutore e “farsi carico” contemporaneamente dei suoi problemi. Questo trucco va applicato immediatamente dopo l’incipit della tua risposta. Analizziamo, a tal proposito, il caso precedente: «Senta, noi selezioniamo solo fornitori che hanno prodotti certificati. Quindi non possiamo prendere in considerazione i vostri!»
Risposta condivisa: «Comprendo ciò che dice! Quando ho iniziato a lavorare per quest’azienda ero interessato anch’io a questo prodotto e visto che sono loro dipendente ho approfittato
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dello sconto riservato a noi dipendenti. Volevo essere certo che la qualità di quello che offriamo al pubblico andasse bene anche per la mia casa!»
Risposta dell’interlocutore: «Allora, visto che lo ha provato come è? La qualità è buona?» Poi il telemarketer: «Certamente! Perché l’azienda deve garantire questo visto che il suo mercato è molto attento sotto questo punto di vista!»
Infine: «Bene, proprio per questo le inviavo un campione di prova. Sono davvero molto performanti e incluso nel prezzo offriamo la garanzia soddisfatti o rimborsati! Quando vuole ricevere il campione? Domani o dopodomani?» In linea definitiva ti consiglio di usare per il secondo step tutte e tre le tecniche per aumentare di molto le tue probabilità di successo.
Il terzo step è semplice e se hai notato bene l’ho già usato nell’esempio precedente: si tratta della chiusura e su questo abbiamo già visto che la cosa migliore è usare la tecnica dell’obiettivo già raggiunto spostando l’attenzione sull’alternativa che offri.
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SEGRETO n. 2: le obiezioni sono la prima delle situazioni critiche. Impara a usarle a tuo favore invece di evitarle!
Come tutte le situazioni esaminate finora, anche per le obiezioni ho dedicato una fase di analisi su come comportarsi di fronte ad esse e una fase in cui si analizza ciò invece che è da evitare. Nel seguente elenco infatti, vediamo quali sono gli errori che capitano il più delle volte.
Utilizzo del “perché” Presi dal voler capire qual è il motivo vero che si cela dietro un’obiezione generica tendiamo a essere diretti. Va bene, ma esserlo troppo non paga, poiché si rischia di risultare invadenti e l’utilizzo del “perché” è il caso più evidente. Sembra intrusivo, quasi messo lì per fare un interrogatorio: «Perché non ordina più il nostro aspirapolvere?», «Perché ha smesso di consumare il nostro nylon?», «Perché non compra più la frutta da me?»
Quando sei in questa fase di ricerca dell’obiezione specifica utilizza espressioni meno invasive come: «Ha per caso delle riserve sul nostro aspirapolvere?», «Ci sono delle ragioni
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particolari per cui non consuma più il nostro nylon?», «Signora è per via del colore che non compra più la frutta da me?»
Utilizzo di “So come si sente” e “Ha ragione” Poco fa abbiamo visto che le risposte condivise sono ottime come “ingrediente” nel secondo step delle risposte alle obiezioni perché grazie ad esse si avvicinano le persone trasmettendo il tuo stato d’animo uguale o simile al loro. A fianco a espressioni come “comprendo”, “mi rendo conto” e “capisco” viene spontaneo per tutti utilizzare anche “so come si sente” e “ha ragione”.
Al contrario di quello che si pensi queste due espressioni sono molto pericolose perché producono nella mente sempre cattive insinuazioni. Non dire mai: «So come si sente» perché non trasmetti sicurezza, ma ipocrisia perché chi ti sente pensa: «Ti posso assicurare che non puoi sentirti come mi sento io adesso!» Peggio ancora “ha ragione”: se il tuo obiettivo è quello di sfruttare l’energia di un’obiezione, con quest’espressione ti fai letteralmente travolgere! Un conto è dire “comprendo” e un conto “ha ragione”: con espressioni come la prima ti metti d’accordo con l’interlocutore sulle ragioni che muovono le sue
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obiezioni, con la seconda invece ti tagli fuori da ogni trattativa. Una volta che l’hai detta, che ti rimane da dire? Una volta che uno ha ragione, ha ragione e basta, quindi qualsiasi cosa farai successivamente ti sei già precluso ogni possibilità di riaprire il discorso!
Ostentare la nostra professionalità Arriverà il momento che queste tecniche le avrai talmente assimilate, che il loro uso ti verrà automatico. Verrà il momento che non ti metterai più a rileggere gli step delle risposte alle obiezioni perché lo saprai fare a memoria.
Saprai quali termini usare negli incipit e quali espressioni evitare come quelle citate prima. Arrivati a questo punto però il rischio è quello di vantarci delle nostre capacità e tramite il nostro modo di fare, tramite il nostro linguaggio, e la nostra disinvoltura le ostentiamo. Un tocco di professionalità è sempre gradito, anzi ricercato, ma se si esagera chiunque conversa con te a telefono si mette sulla difensiva e comincia a diffidare di te: è ovvio, perché comincerà a pensare cosa vuoi “vendergli”.
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Cerca di fare uso della tua tecnica, senza però sventolarla ai “quattro venti”. Fai come se fossi tu dall’altra parte della cornetta: vuoi ascoltare qualcuno che sfoderi orgogliosamente tutto il suo repertorio linguistico o qualcuno che ti capisca? Cerca quindi di essere sì te stesso, ma anche vicino a chi ti ascolta facendo capire che in fondo anche tu sei umano: a tal fine, qualche volta, metti nelle tue risposte termini più popolari e meno tecnici e/o ricercati.
Dare per scontato ciò che si conosce Anche questo errore si commette nella situazione descritta prima, cioè quando si ha già un po’ di esperienza sul campo. Spesso arrivati a questi livelli ci sembra tutto facile e tutto scontato. Talmente scontato che a forza di rispondere sempre a quelle solite dieci tipi di obiezioni più ricorrenti, sappiamo già tutto a memoria.
A memoria non solo ciò che dobbiamo dire, ma anche come di solito si comportano le persone di fronte alle risposte che diamo. Ed ecco che si corre il rischio di calo della nostra attenzione, cominciamo a saltare gli step necessari, anticipiamo sempre più spesso l’interlocutore e a volte per finire prima, lo interrompiamo
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addirittura, dimenticandoci che per lui, molto probabilmente è la prima volta che si sente rispondere così efficacemente e positivamente alle sue obiezioni.
L’unico rimedio a tutto ciò è una sana pausa, propedeutica per le sessioni di lavoro successivo, per ritrovare la giusta calma per lavorare in modo concentrato.
L’uso dei termini avversativi Parlando con gli altri (e non solo a telefono), è sorprendente la quantità industriale di termini avversativi di cui facciamo uso. Conosco molti miei colleghi che fuori dal lavoro ne fanno un uso smodato e poi, inevitabilmente, fanno o hanno fatto fatica a togliersi questa brutta abitudine.
So che è difficile e che ci vuole tempo, ma devi provarci assolutamente, se hai questa caratteristica nel tuo parlare quotidiano. Essere positivi nel lavoro di telemarketer non è importante, è fondamentale! Termini come “però”, “ma”, “non credo”, “non penso” e il più avversativo di tutti che è “no”, cancellali dal tuo vocabolario. Almeno quando sei al telefono.
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Se vuoi puoi definirlo un esercizio di positività che può risultarti utile anche nell’ambito privato. A maggior ragione nelle risposte alle obiezioni dove essere positivi è vitale: come potrai far bene se a negatività (imposta implicitamente dalle obiezioni) rispondi con altrettanta negatività? Nel caso del no il risultato è netto perché togli ogni possibilità a te stesso di sfruttare la carica dell’obiezione a te rivolta: «Guardi, secondo me, gli armadi che fabbricate sono piuttosto fragili», risposta «No, guardi, lo escludo perché la lavorazione è di tipo artigianale fatta con gran cura».
A un’obiezione del genere si poteva rispondere: «Certo! Infatti la sua leggerezza è dovuta a un compensato di nostra invenzione che garantisce la facilità di montaggio a casa sua!» C’è una bella differenza vero?
Ancora peggio è creare in pochi secondi aspettative, per poi deluderle immediatamente: è il caso dei “però” e dei “ma”. Si comincia così bene e poi... Analizziamo sempre il caso di prima: «Guardi, secondo me, gli armadi che fabbricate sono piuttosto fragili». Risposta con il “ma”: «Certo! Infatti è fatto con un legno molto leggero, ma non riesce a garantire la robustezza che lei
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richiede». Tanto rumore per nulla! Lui era già lì che stava per essere conquistato dalla soluzione che stavi dando e poi si è visto crollare tutto... D’ora in poi fai in modo di eliminare sistematicamente la forza avversativa generata da questi termini, con le espressioni positive elencate in precedenza che ti aiutano a sfruttare la forza stessa delle obiezioni.
Cambiare discorso In certi casi può accadere che per togliere l’attenzione dal motivo vero dell’obiezione si usano, invece di semplici sinonimi, termini diversi oppure ancora peggio, si cambia il tema del confronto.
Ti consiglio vivamente di fare in modo che questo non accada, perché quando è successo a me (come anche a molti dei miei colleghi) si fanno solo pessime figure.
Sia perché risulta troppo evidente lo scopo di togliere l’attenzione dalla causa del dubbio (quindi fai capire che non hai la soluzione), sia perché un comportamento del genere danneggia seriamente la tua immagine professionale!
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Ti capiterà sicuramente che dopo aver studiato bene tutte le tecniche citate vorrai affrontare subito le prime obiezioni che ti capitano per sfruttarle a tuo vantaggio. Poi accadrà che, nonostante tutto l’impegno che vi hai messo, con alcune persone non funzioni. Perché? È stato un momento sfortunato? Forse non hai applicato bene le tecniche studiate? O ti sono capitati probabilmente le persone più difficili da trattare?
Probabilmente quella che si avvicina di più alla realtà è l’ultima domanda. Studiando le tre tipologie di ascoltatori abbiamo visto che la maggior parte di essi fanno parte della categoria degli incerti.
Il tuo lavoro di rispondere bene alle obiezioni che ti vengono poste ha come scopo di portare la maggior parte degli incerti insieme agli scontati: ai primi hai dovuto risolvere i dubbi per fargli accettare la proposta, i secondi hanno detto subito sì. Lavoro diverso in termini di tempo ed energie profuse, ma risultato uguale. E gli altri? Quelli che nonostante tutto sono rimasti nella categoria dei contrari e non sei riuscito a convincere? Beh non ce l’hai fatta. A questo punto devi capire che non tutto
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dipende dal tuo lavoro: certo potrai aumentare la tua percentuale attuale di persone convinte, ma capisci anche tu che il 100% nessun telemarketer al mondo lo raggiunge.
Se svolgi bene il tuo lavoro comunque puoi arrivare a raggiungere percentuali molto alte che vanno dal 75% fino 90% con la dovuta pratica. Infatti è questa percentuale raggiunta dai veterani di questo lavoro.
Il restante 10% quindi, è off-limits per chiunque! Ti do un consiglio: l’insistenza non paga mai. Quando vedi che il tuo ascoltatore arriva a formularti la terza obiezione di fila dopo che hai tentato in tutti i modi di sfruttare a tuo vantaggio le sue obiezioni per portarlo dalla tua parte, lascia perdere.
Insistere ulteriormente sarebbe solo tempo sprecato, ma rasserenati e trai conforto dal fatto che comunque anche il restante 10% di persone sono comunque contatti utili o perlomeno: a farli diventare utili devi pensarci TU.
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Anche adesso vale la regola che i “no” di adesso sono i “sì” del domani: è questo il classico caso. Ora non devi fare altro che usare gli accorgimenti dell’ultima fase delle risposte viste in precedenza e della fase finale delle domande (ricordi il finale positivo?).
Lasciando infatti un bel ricordo di te, anche con chi non ha bisogno di ciò che offri o non gli piace, oppure dubita della sua qualità, farai sì che non appena si presenterà la necessità del tuo prodotto o servizio sarai ricontattato! È vero che non è piaciuto ciò che hai offerto, ma è anche vero che si ricordano di te per come vi siete lasciati. Ti do due consigli per svolgere al meglio tutto questo.
Il primo è questo: sii propositivo. Se aspetti infatti di venire richiamato tu, puoi tranquillamente dimenticarti di questi contatti. Frasi del tipo «Ci sentiamo più avanti?», «Vuole che la richiami?», «Quando vuole che ci sentiamo di nuovo?», «Può andare bene se ci risentiamo tra due o tre mesi?», non servono a
niente
perché
inducono
l’interlocutore
a
scartarti
definitivamente con le classiche espressioni, senza possibilità di
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ritorno: «Non si preoccupi che se abbiamo bisogno, chiamiamo noi!», oppure «Guardi, la ricontattiamo noi stessi in caso di necessità». Per evitare che chi è dall’altra parte della cornetta arrivi a formulare queste espressioni quindi, formula anticipatamente tu una proposta di richiamo! Quando ti accorgi appunto che arrivi alla terza obiezione, non indugiare oltre e proponi di richiamare tu stesso l’interlocutore prima della fase finale della conversazione.
Facendo così nessuno potrà negarti niente perché la proposta del richiamo sarà “addolcita” dal congedo che hai imparato a proposito della fase finale e tornerà in mente a chi ha ascoltato proprio nel momento del bisogno.
Il secondo consiglio è: quando ti proponi di richiamare utilizza la tecnica dell’accordo già raggiunto. Fai in modo di spostare l’attenzione dal fatto che richiami, al quando richiami. Eccoti un esempio: «Ho capito che questo articolo non le interessa signora visto che è molto pesante. Facciamo così: dopo Natale la ricontatto per mostrarle il nuovo aspirapolvere che metteremo in vendita al pubblico il 10 gennaio e sarà molto più leggero!»
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Oppure: «Va bene, guardi, non appena verrà aperto il cantiere nuovo a maggio la richiamo subito, così vedrà che troveremo la casa spaziosa che ci ha richiesto!»
SEGRETO n. 3: impara a eliminare tutti gli errori che capitano in questa fase e se non riesci a convincere un cliente della bontà di ciò che offri, proponiti di richiamarlo.
La seconda tipologia di situazione critica sono i reclami. Anche questi come le obiezioni sono quasi sempre visti come qualcosa di negativo e da evitare il più possibile. Questo atteggiamento, comune a tutti i centralinisti, telemarketer e venditori è condivisibile a metà. Il fatto che un reclamo sia considerato negativo è più che giusto: un reclamo sta a significare che qualcosa del prodotto o servizio offerto non è andato come sperato. Il cliente comincia a dubitare dell’azienda in cui lavori, è deluso, arrabbiato e il più delle volte si sente ingannato.
Non è colpa tua perché tu che sei o un centralinista o un venditore non hai manualmente fabbricato un prodotto come fa un operaio o 323
organizzato un servizio. Il compito che viene spesso assegnato ai centralinisti è quello di ridurre i reclami: ma questi non si riducono considerandoli negativi e quindi elementi da evitare. A forza di considerarli negativi, tutti i centralinisti finiscono per mettere questo elemento tra le “noie” caratteristiche di questa professione senza dargli troppa importanza facendo in modo che, se capita di dover affrontare i reclami, il modo migliore per venirne a capo è quello di evitare di stare troppo a telefono con chi reclama o, peggio ancora, non parlare né con colleghi, né con diretti superiori di questi fastidiosi incidenti. Sembra che tutti vogliano evitarli come se fossero la peste.
I reclami invece, come tutti i dialoghi via etere, sono occasione per comunicare. E ogni comunicazione, in questo lavoro, ha quasi sempre un fine commerciale! Per questo bisogna approfittarne. Innanzitutto bisogna precisare questo: considerare un reclamo come un’occasione ha un suo fondamento, un motivo ben preciso. Qualsiasi persona che chiama per avere determinate spiegazioni su un prodotto è comunque interessata a mantenere un rapporto con chi gli ha proposto e venduto un prodotto.
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Sei sorpreso? È un comportamento che tutti noi più o meno abbiamo in molti ambiti della vita e non solo lavorativa. Pensa se due amanti litigano al telefono e chiudono bruscamente il loro dialogo: secondo te cosa succede dopo?
Due possibili soluzioni: o uno dei due chiama l’altro perché ci tiene ancora al rapporto oppure non si parleranno mai più perché non ritengono più necessario dialogare e non interessa a nessuno dei due tornare insieme. Devi considerare dunque ogni reclamo come una seconda possibilità che tramite te viene offerta alla tua azienda per tornare “insieme”. Non considerarla però solo come una seconda possibilità: si sbaglia chi crede che trattare bene i reclami significa soltanto riuscire a non perdere clienti. Infatti in un reclamo il miglior risultato ottenibile non è un pareggio, ma una vittoria perché in realtà esso è da considerare sempre come una grande occasione per fare nuove vendite e fidelizzare i clienti! Infatti ho constatato che i reclami nei quali ho spiegato i motivi dei disguidi e mi sono immediatamente mosso per risolvere il tutto hanno sempre portato a nuove vendite. Questo perché tutti i 325
clienti sono rimasti talmente stupiti da tanta velocità ed efficienza nel risolvere il loro problema, che hanno chiesto subito di comprare altri prodotti! Un trattamento veloce, ottimale e definitivo dei reclami inoltre ha il grande pregio di aver ancora più effetto di una classica vendita riuscita bene. Può sembrarti strano, ma è proprio così: questo perché trattare una situazione difficile è universalmente riconosciuto più meritevole rispetto a una situazione normale. Grazie a queste tue nuove abilità, tramite te, la tua azienda guadagnerà due cose: 1.
Considerazione: può capitare a tutte le aziende di
sbagliare e quindi nonostante l’inconveniente (che può sempre capitare) sia più o meno rimediabile, l’aver posto rimedio in modo così efficiente significa che tu e la tua azienda avete grande considerazione della clientela. Ciò è ampiamente ripagato dal fatto che essa ne avrà altrettanta per voi. 2.
Visibilità: come quando si sbaglia, anche quando si svolge
bene il proprio lavoro, il passaparola assume dimensioni impressionanti. Ci sono casi storici in cui grandi multinazionali devono molto del loro successo al passaparola. Chi sarà contento
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dunque farà alla tua azienda la miglior pubblicità possibile che si traduce in nuovi clienti! D’ora in poi quindi considera che ogni reclamo non dovrai affrontarlo, ma sfruttarlo a tuo vantaggio! Ora vediamo con precisione le modalità per attuare tutto questo.
SEGRETO n. 4: il secondo tipo di situazione critica sono i reclami. Non considerarli come elemento negativo, ma come occasione a tuo favore per fare nuovi clienti.
Il modo migliore di gestire i reclami è imparare a memoria una semplice sequenza che sintetizza la fisionomia di tutti i reclami e, quando ti troverai di fronte a un reclamo la seguirai minuziosamente. I reclami vanno divisi in tre fasi di gestione: la PROPRIA PRESENTAZIONE, l’IDENTIFICAZIONE DEL CLIENTE che reclama e la fase CRITICA che riguarda la gestione diretta del reclamo dove si commettono la maggior parte degli errori.
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La prima fase è abbastanza semplice: infatti ti basterà seguire le regole studiate in precedenza a proposito della tua presentazione durante le chiamate in entrata e le chiamate fatte da te stesso. Subito dopo la prima fase c’è la seconda nella quale devi capire chi è che ti ha chiamato: anche in questo caso le linee guida sono simili a quanto già detto sull’identificazione, ma c’è un aspetto diverso da prendere in considerazione. Se quando vieni chiamato, lo scopo dell’identificazione è quello di raccogliere un dato necessario da aggiungere alla tua scheda contatto e al tuo database, qui è diverso: chi ti chiama è già cliente della tua azienda.
Ti serve sapere chi è perché la maggior parte dei reclami non sono rivolti a te direttamente (a meno che tu non sia un venditore e gli hai venduto qualcosa), ma il più delle volte alle persone coinvolte nella produzione di un prodotto o nella gestione di un servizio.
Non sempre puoi trovare l’interno della persona cercata dal cliente e quindi, identificarlo, ti serve per richiamarlo: infatti non devi chiudere mai un discorso (e quindi interrompere un reclamo) soltanto perché la persona desiderata non c’è.
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Chiunque può passare sul fatto che non si può sempre trovare chi si cerca, ma nessuno sarà più disposto e essere tuo cliente se non fornisci immediatamente una possibilità di rimedio: a questo punto offriti di richiamare o di far richiamare il cliente direttamente dalla persona cercata (più gradito) così la questione, se non subito, potrà essere risolta a breve. Ecco una situazione ricorrente.
Cliente: «Pronto?» Tu: «Buongiorno, sono Andrea, come posso esserle utile?» Cliente: «Guardi avrei un problema, cercavo l’Ing. Dondi» Tu: «Adesso provo a passarglielo, può dirmi gentilmente di chi devo dire?» Cliente: «Sig. Martelli»
Ora hai già superato le prime due semplici fasi. Ora vediamo come risponderebbe un centralinista alle prime armi, se la persona ricercata non è presente. Centralinista: «Guardi ho provato, ma al suo interno non mi risponde. Al limite riprovi più tardi...». Se rispondi anche tu così, oltretutto di fronte ad una persona con un’esigenza da risolvere subito, il cliente lo perdi sicuramente. 329
Vediamo come devi rispondere invece. Tu: «Sig. Martelli, l’Ingegnere non risponde al suo interno. Facciamo così: ci penso io, appena torna in ufficio la faccio richiamare subito. Può darmi il suo numero di cellulare?» Così, anche se non trovi la persona attesa, riesci comunque a non perdere il cliente facendo vedere l’efficienza del tuo modo di lavorare. A proposito, prima ho detto che il tuo obiettivo deve essere quello di arrivare a gestire i reclami con un trattamento veloce, ottimale e definitivo. Per ottenere questo tutto il tuo lavoro ha bisogno di due cose soltanto: estrema accortezza e forza d’azione. Ed ecco che veniamo alla fase critica: è in quest’ultima che devi muoverti con le due caratteristiche appena citate per evitare di fare gli errori che tutti tendiamo a commettere in questo punto del reclamo. Ora vediamo perché hai bisogno di stare molto attento a ciò che dici e fai in questa delicata fase.
Ti elenco una serie di consigli grazie ai quali capirai i motivi del perché essere attenti è fondamentale in tutte quelle situazioni che
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possono far perdere un cliente a un telemarketer (soprattutto se è agli inizi)
Quando il cliente ha spiegato il motivo o i vari motivi del disappunto, a volte capita che presi dalla sincera stima dell’azienda per cui lavoriamo che non ci sembra credibile il fatto che il servizio offerto possa avere dei ritardi o il prodotto in questione possa avere difetti. A volte lo si fa inconsciamente perché la qualità di quello che offre la tua azienda ti dà certezze anche per il tuo futuro lavorativo. Tutto questo è lodevole, ma chi deve essere convinto della bontà di un acquisto passato deve essere il cliente che reclama. Ed ecco che la maggior parte dei telemarketer in tal caso arrivano a dubitare di quello che gli si viene detto! Frasi come “Non credo proprio!”, “È la prima volta che succede”, “Non è possibile!”, “E’ sicuro di quello che dice?” infastidiscono chiunque. Togliti quindi dalla mente di farlo perché se già chi ti chiama è scontento di quello che ha comprato, poi gli si dà anche del bugiardo...
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Non essere troppo tecnico perché il tuo compito è quello di capire il motivo del reclamo: se però nella ricerca del motivo usi un linguaggio non adeguato rischi di mettere in difficoltà chi ti parla.
La fase critica spesso è caratterizzata da una presenza costante: lo sfogo del cliente. Infatti nessun reclamo di un cliente è fatto in modo pacato e anche se ti sembra gentile nell’esporsi ti posso assicurare che come viene interpellato... esplode! Questo significa che devi cercare di non avere atteggiamenti che possono disturbare questo sfogo che capita di sovente al telefono. Uno di questi è quello di sovrapporre la tua voce con quella del cliente: spesso presi (giustamente) dalla foga di spiegare ciò di cui il cliente ha bisogno si tende a ignorare frasi che stanno cominciando col rischio di perdere utili informazioni per te. Magari sono proprio quelle informazioni che centrano in pieno il bisogno vero e proprio!
Altro grande errore da non commettere è quello di intervenire improvvisamente: spesso siamo tentati di esporre le nostre
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soluzioni pensando che vanno bene così come sono. A volte è vero, ma altre volte ci si può sbagliare. Ecco il mio consiglio: quando sta parlando il cliente non interromperlo. Quando parli tu, anche se capita che sia il cliente stesso a interromperti, dai la priorità a lui e smetti di parlare così farai capire quanto è importante per te sapere ciò che dice e farai trasparire tutta la tua buona educazione: aspetto molto gradito al pubblico! Il peggio di tutti i comportamenti da tenere in questa fase è assumere un atteggiamento negativo. Quando comincia a parlare un cliente per reclamare, già lui fa la parte di quello che si è “arrabbiato”! È estremamente dannoso fare altrettanto: infatti una persona può aspettarsi di trovare un centralinista annoiato, distratto, poco competente, ma non di brutto umore!
Questo accade per esempio quando si è tentati di rincarare la dose: «Ti capisco sai Massimo, con un ritardo di consegna del genere, sarei arrabbiato anch’io come te!», oppure «Signora non è la prima volta che succede!» In questo frangente è
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normale usare la tattica di mettersi nei panni del cliente, ma... stai attento a non girare ancora il coltello nella ferita!
Da questo atteggiamento derivano poi gli altri comportamenti dannosi come quello di dare colpa direttamente all’azienda (mossa fatale!): «Senta io comprendo il suo disagio, ma le giuro che le procedure di questa ditta, nonostante lavoro qui da tre anni, devo ancora impararle».
Peggio ancora è giustificare sé stessi dando la colpa dell’inconveniente ad altri fattori. Ad esempio ai propri compagni di lavoro: «Senta questo disguido dipende dal fatto che negli ultimi due mesi ci sono stati molti cambiamenti all’interno dell’azienda fra cui l’assunzione di operai apprendisti, quindi potrebbe essere questa la causa del difetto del suo ferro da stiro!» Oppure: «Quando ha comprato il nostro ultimo modello di televisore, chi le ha detto che nel prezzo era incluso un abbonamento al digitale terrestre? Per caso ha parlato con un ragazzo dalla voce giovane? Perché se è così so chi le ha dato questa informazione scorretta».
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E vai! Peggio di così non si può: non credere che far fare brutta figura ai tuoi colleghi risolvi il problemi: è sempre la tua azienda che ha scelto di impiegare te come i tuoi colleghi quindi la colpa di un errore ricade sempre sulla tua azienda e sulla sua scarsa organizzazione! Stesso discorso vale per i prodotti. Mai riversare su di loro le colpe: «Mi crede che è la quarta volta oggi che mi chiamano persona con il suo stesso problema per colpa di questa lavatrice?»
Infine non tentare di giustificarti invano dando le colpe di quanto accaduto a fattori diversi come il tempo, la mole di lavoro, l’organizzazione generale, il periodo: «Signore io la capisco, ma se nessuno dei tecnici può venire è perché siamo in agosto», «Non vorrei deluderla, ma il fatto è che non possiamo aiutarla perché è un momento critico per noi...», oppure: «Stiamo cambiando molto personale, quindi è difficile adesso per noi aiutarla...». Scuse, tutte scuse per chi ti chiama, anche se quel che dici è vero!
Quando il cliente si è finalmente sfogato, è venuto il momento di approfittare della situazione per sfruttare il reclamo a tuo
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vantaggio: è ora che devi usare la tua forza d’azione! Come nelle normali conversazioni telefoniche sei tu che devi guidare la conversazione. Prima di dare la tua soluzione cerca di non cadere nel panico per il fatto di non saper dare una risposta, ma calibra tu stesso il dialogo con tranquillità e fermezza soprattutto nei confronti di clienti particolarmente “nervosi”. Fai capire a chi ti ha chiamato che non ti sei dimenticato tutto quello che ha detto durante il suo sfogo, ma anche che te lo sei annotato: ripeti insieme a lui, chiedendogli continuamente conferma dei punti salienti del suo discorso. Approfitta di questo per approfondire eventualmente i passaggi che non ti sono stati chiari (che non hai chiesto prima, per far sfogare il cliente!) così potrai completare anche la tua scheda contatto con quei dati che ti servono per avere una visione definitiva e chiara di quello che è successo e poter stabilire insieme come continuare per risolvere il problema.
Infine comportati esattamente come quando chiami: concludi ringraziando! Lo so che può sembrarti strano, ma se in una telefonata un “grazie” finale lo si può aspettare, per un reclamo... no! Sorprenderai chiunque, persino le persone più negative e 336
introverse attirando su di loro le loro simpatie finora inespresse. Non farlo comunque in modo indiscriminato ma nei dovuti modi: scontato l’uso del giusto tono e dei termini appropriati ringrazia a seconda delle situazioni. Puoi dire al cliente che il suo reclamo è servito ad accorgerti di un difetto di un prodotto! Oppure che è l’occasione per migliorare l’organizzazione interna della tua azienda! Che d’ora in poi si prenderanno solo decisioni a favore del cliente... insomma fagli capire che il suo reclamo è stato davvero utile per te! Ora che hai tutti i dati a tua disposizione (che servono anche ai tuoi colleghi e superiori se devi riferire la natura e il motivo del reclamo) non devi fare altro, come accennato prima, che decidere insieme al cliente come proseguire.
Dico “insieme” perché tramite questa modalità rendi il cliente attivo e partecipante alla ricerca della soluzione: è ovvio che se, ad esempio, la tua azienda vende aspirapolvere, la soluzione su come sostituire un pezzo, e quale pezzo sia il più idoneo, deve trovarla la persona competente, come ad esempio chi fa parte del reparto assistenza che ha assemblato l’apparecchio, ma ciò in cui deve essere coinvolto il cliente è la modalità della ricerca. 337
Imporre il metodo con cui si cerca di trovare la soluzione al problema è decisamente controproducente, infatti in queste situazioni, ho notato che se si coinvolge la persona reclamante, quasi sempre si sente sollevata dal suo malumore. Questo avviene perché il cliente avverte che il problema non è solo suo, ma è anche tuo e di riflesso anche della tua ditta.
Il ringraziamento come spiegato poco fa, entra esattamente in questa logica. Ecco in sintesi cosa avviene: il cliente viene ringraziato del reclamo; tu lo coinvolgi su come trovare la soluzione; lui capisce che il problema è di entrambi; cerca di aiutarti, suggerendoti le modalità secondo lui più consone.
Questo tipo di “gioco di squadra” si definisce WIN-WIN che sta a significare che a vincere (o a beneficiare di qualcosa) sono entrambe le parti. Ti assicuro che con questo approccio straordinario non puoi fallire perché intanto sposti l’attenzione del cliente dal problema alla ricerca della soluzione e si sente molto
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sollevato del fatto che la causa del reclamo non è solo un suo problema.
A questo punto ti trovi sempre in due situazioni: o tu sai già dare la soluzione perché sei il venditore che ha venduto il prodotto o rispondi al numero verde del centro assistenza, oppure devi trasmettere ad altri più competenti le informazioni raccolte nella tua scheda contatto.
Il bello è che in entrambi i casi puoi usare questo approccio con il cliente. Quando parlo di modalità di ricerca intendo dire che è il cliente che, invogliato da te, deve dirti quando vuole essere richiamato ad esempio, oppure quando vuole gli venga spedito il prodotto riparato, se e quando vuole parlare in prima persona con un tecnico, se vuole approfittarne per prendere un modello nuovo ecc.
Infine ti elenco una serie di consigli da ricordare quando sei in questa fase e bisogna trovare la soluzione adeguata nei tempi stabiliti.
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Non essere troppo vago nei tempi: l’uso di frasi come: «Appena torna il diretto interessato...», «Come viene, la faccio contattare...», «Il prima possibile verrà chiamato» dà la percezione di distacco e inefficienza. Inoltre non sono coinvolgenti! Chiedi al cliente quando vuole essere richiamato (oppure quando lo chiami tu), dando dei tempi precisi e ottenendo così più fiducia nella tua organizzazione con espressioni del tipo: “Alle nove di domani
mattina”,
“Fra
sette
giorni”,
oppure:
“Oggi
pomeriggio alle cinque”. Sii preciso e rispetta i tempi prestabiliti con
il
cliente
perché
se
dopo
aver
reclamato,
vede
quest’inefficienza si sentirà anche preso in giro. Come dire “oltre al danno, anche la beffa!”.
Prima di chiamare il cliente per avvisarlo che il problema sul prodotto o servizio è stato risolto, accertati che chi doveva occuparsene abbia fatto il proprio dovere.
In caso il cliente debba essere richiamato da un tuo collega invece che da te, accertati di aver trasmesso tutte le informazioni corrette
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per evitare che il cliente debba di nuovo dare spiegazioni e tornare sui motivi del reclamo.
SEGRETO n. 5: i reclami sono divisi in tre fasi. Sono la tua presentazione, l’identificazione del cliente e la fase CRITICA. Quest’ultima è la fase decisiva da affrontare e risolvere.
L’ultima, ma non meno difficile, delle situazioni critiche è il superamento dei filtri. Non esiste niente di più fastidioso e deleterio per la propria concentrazione, il mancato superamento di questi. Spesso mi è capitato di aver la possibilità di chiudere tanti contratti, ma non farcela perché non ho potuto più parlare con la persona giusta. Capire dunque come superarli, ti sarà molto utile soprattutto se la tua è un’attività di teleselling.
Per superare i filtri occorre saper rispondere a dovere alle domande che vengono formulate e a livello statistico sono sempre le stesse: “Chi è lei?” e “Perché chiama?”. Poi, potrà capitarti che ti vengano formulate delle sfumature di queste, come: “Scusi chi è?” o “Cosa tratta?”, ma sono praticamente la stessa cosa perché si affrontano allo stesso modo.
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Ora vedremo come affrontare entrambe, ma prima di questo, ti rivelo un prezioso segreto. La maggior parte dei telemarketer crede che per superare i potenti filtri dei vari centralini o delle più astute segretarie chissà quale stratagemma occorra adottare! Fortunatamente la soluzione migliore, è abbastanza chiara: chi ha il compito di filtrare le telefonate non ne fa una ragione di vita, ma se applicano tanto rigore (che a volte viene percepito come diffidenza) è perché hanno “paura” di essere richiamati dai loro superiori. Tu devi fare leva su questo punto: metti subito a suo agio chi ti risponde facendoli capire, con i modi che tra poco vedremo, che vuoi facilitare il suo compito, dandogli le risposte che cerca ancor prima che te le chieda.
Vediamo nei dettagli la PRIMA SERIE di domande: innanzitutto all’inizio ti consiglio di utilizzare la tecnica studiata in precedenza dell’accordo già raggiunto. In questo modo parlerai con scioltezza facendo percepire la tua chiarezza di intenti a chi ti ascolta.
Se conosci già nome e/o cognome della persona che cerchi rispondi alla prima domanda e subito dopo, senza aspettare, chiedi della persona interessata: «Buongiorno, sono Marco, 342
Franco è in sede?» oppure in caso di rapporto più formale «Buongiorno, sono Parini del CED, il direttore Parioli, grazie». Avrai notato che, indipendentemente dal rapporto che intercorre, gli esempi non contengono mai nome e cognome della persona cercata: se devi agire così infatti, è perché l’uso di entrambi tende a insospettire i centralinisti. Questo perché dire nome e cognome dà l’impressione di aver reperito questi dati non tramite la conoscenza diretta della persona, ma tramite altre fonti come pubblicità sulle PagineGialle, PagineBianche ecc. Dire: «Mi passa la dottoressa Katia Panni?» fa percepire in pratica la non conoscenza della persona, quindi d’ora in poi usa o solo i nomi o solo i cognomi, a seconda del tuo rapporto con la persona che cerchi. Voglio svelarti un segreto: esiste fortunatamente, per tuo vantaggio, un modo per sfruttare anche nome e cognome
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contemporaneamente. Quello che cambia tutto è il tono di voce che usi. Se prima potevi risultare distaccato, prova ad usare un tono più pacato e tranquillo. Dopo vari tentativi ho notato infatti una cosa: se fatto in maniera corretta l’uso calibrato di nome e cognome può darti risultati addirittura superiori che usare solo nome o cognome.
Va fatto però stando molto attenti: l’unico modo per approfittare di questa tecnica scoperta da me, è quello di usare prima il cognome e solo dopo una breve pausa il nome. Eccoti un esempio: «Buongiorno, sono Torlei, cercavo l’Ing. Massi...» poi dopo circa due secondi (mi raccomando, proprio due secondi, altrimenti la tecnica non funziona più!) «...Andrea!»
Il meccanismo di questa tecnica è singolare: inizialmente funziona in modo uguale come con l’uso solo del cognome, ma poi fai capire al centralinista la tua familiarità e confidenza con la persona cercata pronunciando anche il suo nome.
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Fidati che negli ultimi due anni in cui ho usato questo modo per cercar di parlare con una persona, non c’è stato quasi nessun filtro che ha tenuto! Usalo a tuo vantaggio! Se poi senti che chi ti risponde è ancora un po’ diffidente pronuncia questo dopo qualche secondo che hai detto il nome: «Mi conosce...», dando così il colpo finale ai suoi dubbi se passarti l’interessato o no.
Veniamo ora alla SECONDA SERIE di domande. Purtroppo esiste una piccola percentuale di casi (che va da 2% al 5%) nei quali non basta fare ciò che hai visto finora e nei quali occorre rispondere alle varie “perché ha chiamato?”, “mi dica”, “cosa tratta?”, “cosa vuole?”. Se ti trovi a questo punto, non preoccuparti e rispondi immediatamente con tono amichevole dicendo appunto il motivo della tua chiamata. Alla domanda: «Perché ha chiamato?», ecco: «Glielo dico subito! Ho appena finito di esaminare la proposta di contratto offertami gentilmente dal Dott. Deluca. Potrei parlare con lui?» oppure alla domanda: «Cosa tratta?» ecco «Sì! Sono il responsabile vendite settore elettrodomestici. Vorrei parlare con il sig. Mattioli...». Poi, per essere ancora più efficaci, applica questi due suggerimenti. Il primo consiste nell’eliminare un’eventuale pausa 345
appena dopo che hai dato la risposta al centralinista e formulare subito una tua domanda in modo che grazie alla stessa logica dell’obiettivo già raggiunto, chi è dall’altra parte della cornetta non abbia il tempo di ragionare e ti passi immediatamente la persona desiderata. Il secondo consiste nell’eliminare l’uso, mai sopito nel parlare quotidiano di un telemarketer, del condizionale e sostituirlo con il presente (ricordi? Il presente è il miglior tempo verbale da usare!).
Riprendiamo le risposte date prima e vediamo come si trasformano con l’applicazione di questi due trucchi: «Glielo dico subito! Ho appena finito di esaminare la proposta di contratto offertami gentilmente dal Dott. Deluca. Devo parlare con lui. È disponibile al momento?» oppure «Sì! Sono il responsabile vendite settore elettrodomestici. Ho bisogno di parlare con il sig. Mattioli. Me lo passa?» Se poi, dopo aver seguito tutto ciò non sei riuscito ancora a convincere nessuno a farti passare chi cerchi, non ti scoraggiare: basta che riprovi. Chiedi ovviamente di suggerirti quando puoi richiamare e il gioco è fatto! 346
Come per le obiezioni, anche con i filtri nessuno è arrivato a superarli al 100%, ma è rarissimo che, al secondo tentativo, tu possa scendere al di sotto del 70% di possibilità di superare il filtro dell’impiegata con cui hai avuto a che fare un’ora o il giorno prima!!!
SEGRETO n. 6: superare i filtri significa parlare con la persona giusta. Ci riuscirai solo rispondendo bene alle due tipologie di domande poste dai centralinisti.
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RIEPILOGO DELLA FASE 8: SEGRETO n. 1: non basta prepararsi psicologicamente ed essere bravi con il telefono. Per diventare il MIGLIORE devi imparare a gestire le situazioni critiche. SEGRETO n. 2: le obiezioni sono la prima delle situazioni critiche. Impara a usarle a tuo favore invece di evitarle! SEGRETO n. 3: impara a eliminare tutti gli errori che capitano in questa fase e se non riesci a convincere un cliente della bontà di ciò che offri, proponiti di richiamarlo. SEGRETO n. 4: il secondo tipo di situazione critica sono i reclami. Non considerarli come elemento negativo, ma come occasione a tuo favore per fare nuovi clienti. SEGRETO n. 5: i reclami sono divisi in tre fasi. Sono la tua presentazione, l’identificazione del cliente e la fase CRITICA. Quest’ultima è la fase decisiva da affrontare e risolvere. SEGRETO n. 6: superare i filtri significa parlare con la persona giusta. Ci riuscirai solo rispondendo bene alle due tipologie di domande poste dai centralinisti.
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CONCLUSIONE
Sono sicuro che in questo momento, mentre stai leggendo queste righe, sicuramente stai cercando di ricordare i punti salienti di questo libro... magari non ricordando tutte le nozioni spiegate.
Non ti preoccupare perché leggere per la prima volta un manuale pratico su un argomento così specifico e complesso, ma altrettanto importante, come il telemarketing, può portare a dimenticarsi di alcuni punti.
Questo manuale puoi non solo rileggerlo da capo, ma se hai dei dubbi su uno specifico argomento, rileggi pure il capitolo relativo senza paura di perdere il filo!
Una volta che hai assimilato tutte queste informazioni, tieni presente che ora sai che cos’è il telemarketing e quali sono i suoi vantaggi in termini di professionalità, velocità, tempo dedicato e misurabilità del ritorno dell’investimento. Adesso sai come telefonare in modo che per ogni volta che usi il telefono chi è 349
dall’altra parte diventi veramente un tuo cliente e non solo: perché ora sai anche che puoi fare clienti benissimo anche in occasione di chiamate ricevute. Inoltre non avrai più paura nel gestire le situazioni che ognuno di noi si è ritrovato in occasione di insoddisfazione
del
prodotto/servizio
offerto
alla
propria
clientela... scusa se è poco!
Se solo avessi avuto io queste informazioni al momento giusto, quando ne avevo bisogno, quando avevo un budget di vendita da rispettare e non trovavo il modo di aumentare i miei clienti...
Quanti stratagemmi usati per migliorare i miei risultati senza avere nessun risultato utile! Eppure la soluzione era sempre lì, a portata di mano: era il telefono del mio ufficio, ma non lo utilizzavo come avrei dovuto, visto che già facevo telemarketing, ma non sapevo quasi niente di quello che ora conosco! Ora queste strategie sono state racchiuse tutte PER TE e puoi rispolverarle ogni volta che ne hai bisogno: ora conosci veramente tutto per dare una svolta definitiva alla tua attività telefonica! Ti ricordi quando, all’inizio, ti dicevo che ognuno di noi può farcela avendo le giuste strategie e una sana dose di 350
impegno
e
determinazione
per
diventare
degli
ottimi
professionisti? Bene, le prime ora le hai, le seconde però le devi tirare fuori tu!
Tieni presente che utilizzi uno dei più potenti strumenti di marketing in circolazione che ci sia: il TELEFONO. Quindi ora sii deciso e determinato, alza la cornetta e...
Chiama!
Buon lavoro,
Roberto
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Azione!
Prima di cominciare l’attività di telemarketing, leggi e rileggi più volte questo libro vista la complessità della materia. Se ci sono dei passaggi che sono più lunghi, quindi più lenti per te da assimilare, portati dietro questo ebook tramite un supporto adeguato (chiavetta USB), così da poterlo caricare sul PC dell’ufficio e, ogni volta che hai bisogno di ripassare un punto che ad esempio, sbagli spesso, apri questo manuale sul tuo computer. Fai ordine nel tuo ufficio appena entri in modo da focalizzare subito l’attenzione sul tuo lavoro. Se ne possiedi uno, utilizza al 100% il software gestionale della tua attività telefonica. Assumi una posizione fisica che tenga alta la tua concentrazione durante le telefonate. Apri sullo schermo del tuo PC il database dei tuoi contatti per averli sotto controllo e decidere chi chiamare durante l’arco della giornata. 352
Tieni sulla scrivania (quindi sotto i tuoi occhi) lo script che ti sei costruito, così avrai la tua guida durante la telefonata e ogni telefonata che fai anche se è la numero 200 suonerà sempre come la prima! Di fianco allo script tieni sempre anche un foglio in cui ti sei annotato tutte le obiezioni che di solito ti vengono fatte e le frasi che ti hanno aiutato a superare i filtri dei centralini. Non deve mancare sul tuo monitor anche la scheda contatto digitale, aperta, in caso chiamino persone interessate al tuo prodotto/servizio o persone che comunque hanno a che fare con l’azienda per cui lavori. Autostima e positività: è fondamentale raggiungere questi stati d’animo già prima di cominciare a telefonare, questi stati d’animo. Tieni sempre fissi i tuoi obiettivi economici e privati in modo da motivarti durante il lavoro nel perseguire determinati risultati. Credi nel prodotto/servizio che vendi e promuovi perché questo non solo ti dà sempre una grande carica, ma influisce
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sempre positivamente sulla decisione finale dei potenziali acquirenti. Con il passare del tempo componi delle statistiche personali su base settimanale (consigliata) in modo che, se capitano brutti periodi, rimani comunque motivato nell’analizzare periodi più profilici. Non essere mai sazio dei risultati ottenuti: anche se gli obiettivi te li fissa la tua azienda, spingi i tuoi obiettivi sempre su un gradino più alto. Se cominci ad accontentarti, infatti, puoi perdere il necessario ritmo e ciò può risultare deleterio per la tua motivazione. Non accontentarsi non significa non soffermarsi sulle vendite riuscite: fallo invece, perché questo ti rende contento e con grande carica emotiva per andare avanti. Non abbatterti mai se incontri per molte volte delle risposte negative perché se dieci ti dicono no, altri cento durante la stessa giornata possono dirti di sì! I no di oggi possono diventare i sì del domani, quindi non eliminarli dal tuo database.
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Non sprecare i reclami perché sono le più grandi opportunità di vendita che ti possano capitare! Durante la giornata, cerca se ti è permesso, di trovare un periodo di tempo per esercitarti con i tuoi colleghi o da solo con simulazioni di telefonate in modo da rimanere allenato. Infatti non dare per scontato che in quello che sai fare, tu non possa commettere nuovamente errori! L’esercizio dunque deve essere mantenuto costante nel tempo.
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