L’italiano Contemporaneo PAOLO D’ACHILLE
Riassunto da Cristina Costantino
La lingua italiana oggi CAPITOLO PRIMO L’ITALIANO CONTEMPOR ANEO, CHE PER DIVERSI ASPETTI SI È
ALLONTANATO DALLA LINGUA DELLA TRADIZIONE LETTERARIA, OGGI SI PRESENTA COME UNA GAMMA DI VARIETÀ E ASSUME CARATTERISTICHE DIVERSE IN RAPPORTO ALLE SITUAZIONI COMUNICATIVE E I TIPI DI TESTI (SCRITTI, PARLATI E TRASMESSI).
Molte sono le che ormai appartengono al grazie al contributo che l’Italia ha dato alla formazione della in campi come la letteratura, la musica, le arti figurative (sonetto, pianoforte, affresco) e più recentemente nella gastronomia, nel cinema e nella moda con il made in Italy (dolce vita e maccheroni). , soprattutto in seguito al colonialismo, e usate ufficialmente anche nelle comunicazioni internazionali. Non mancano però (in America Latina e in Australia) o nelle ex colonie africane (Eritrea e Somalia).
All’estero sono l'
Negli
l'Italia è diventata
, provenienti da paesi dell'est Europa, dalle
Filippine, dai continenti sud equatoriali, che acquisiscono l’italiano per via diretta.
C'è anche qualche grande espansione dell'italiano al di fuori dei confini statali, come nel Canton Ticino (Svizzera) e in Corsica (dove (dove però la lingua della cultura e dell'amministrazione è straniera), qualche località costiera dell'Istria e e della Dalmazia , senza dimenticare Malta e Malta e l’Albania l’Albania . In Italia, l'italiano convive da secoli con la ricchezza e la varietà dei , caratteristica legata a che, peculiarità geografiche e a particolari vicende storiche (frequenza delle invasioni). I come le altre lingue e dialetti romanzi, hanno la stessa dignità della lingua dal punto di vista storico-linguistico. Oggi molti italiani alternano lingua dialetto in un rapporto di , cioè scelgono l'uno all'altro codice a seconda della .
I hanno caratteristiche che li accomunano alle (portoghese, spagnolo, catalano, francese, provenzale) quelli fanno parte, insieme al rumeno, del .
del davanti
Fradel
-
di
al verbo El dise, la viene
-
Tendenza alla delle
-
Luna : variazioni nel timbro della vocale tonica dovuta alla presenza di -o/-u
Uocchie, misi (messi), cappiello
delle dopo
Quanno, gamma Trenda, jango
, r ed l Comuni con l'italiano costituito da
Presenza del neutro di materia distinto dal maschile in articoli e pronomi dimostrativi (lu ferru ) oggetto preposizionale (sient’ a mme )
/ - in - /-a Fenomeni non accolti dall'italiano : pronuncia aspirata delle consonanti occlusive sorde intervocaliche c, p, t, e - Conservano la
Capho, pratho, amiho Omo, ferru
-
-
, specie se infine di parola si indeboliscono fino a una vocale centrale In
tutelati nel 1999 anche sul piano legislativo, dove sono descritti come lingue minoritarie: (alcune vallate alpine del Trentino Alto Adige e del Veneto)
(Friuli)
che comprende vari dialetti parlati in Sardegna come il gallurese e il sassarese, il logodurese e il campidanese. Altre minoranze alloglòtte: Franco-provenzale in Valle d'Aosta, provenzale (occitànico) in Piemonte e Guardia Piemontese, tedesco in Alto Adige, sloveno a Venezia Giulia, croato in Molise, albanese in vari centri del sud, grico (dialetto neogreco) nel Salento e nell'Aspromonte, catalano in Sardegna.
Tendenza a concentrare l'informazione l'informazione semantica nel nome
Tipo linguistico italiano caratteristiche
Relativa libertà dell'ordine delle parole all'interno della frase
Che consente di porre il soggetto prima o dopo il verbo
Importanza delle vocali nella struttura sillabica
quasi generale terminazione delle parole in volgare
Formazione delle parole col meccanismo della composizione Libertà di posizione dell'accento tonico
Giovanni ha parlato, ha parlato Giovanni
nome + nome (cassapanca) verbo + nome (cavatappi) ● nome più aggettivo (cassaforte) ●
●
frequenza delle parole accentate sulla penultima sillaba
Non obbligatoria espressione del pronome personale che fa da soggetto al verbo Preferenza per la sequenza determinato più determinante
Il libro di Paolo
Possibilità di esprimere i concetti di grandezza, piccolezza con l'alterazione
aggiungendo ai nuovi suffissi diminutivi, vezzeggiativi, accrescitivi
L'italiano , come le altre lingue e dialetti romanzi , . Tra le lingue romanze è stata quella che ha avuto da cui ha ripreso: Moltissime La con adattamenti fonetici fonetici e morfologici; derivati dal latino classico e anche dal greco (equino (equino e ippico rispetto a cavallo). L'italiano è nato nell' , nell' (capeggiati da
promossa a che ne fecero le ) che lo posero a
In Italia, a causa dell' in epoca moderna di una alla dell' . Il potè imporsi sugli altri dialetti:
: il e poi i . , fu la
Grazie all' degli scrittori del Trecento; caratteristiche strutturali strutturali che Alle caratteristiche che lo rendevano , Alla sua posizione di tra gli altri dialetti della penisola ; Al in altri campi socioculturali che favorì l'espansione della sua parlata, chiamata anche toscana favella.
L' rimase per secoli e per questo non conobbe conobbe un'evoluzione strutturale tale da staccarsi totalmente dalla fase medievale , com'era accaduto per altre lingue di cultura. Fino all'unificazione nazionale nel 1861 erano ben poche le persone capaci di servirsene nello scritto o nel parlato, anche se la capacità di capire discorsi in italiano era più estesa. La stragrande maggioranza della popolazione parlava dialetto ma questo ridotto uso parlato dell'italiano dell'italiano di favorire la stabilità della conservabilità delle strutture anche anche se lo rese poco adatto a rispondere alle esigenze delle moderne forme di scrittura. La progressiva alfabetizzazione, l'emigrazione esterna ed interna, l'urbanizzazione, le mutate condizioni sociali , i più forti contatti dei cittadini con gli apparati amministrativi statali e e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa hanno permesso all'italiano di , diventando finalmente una . Dagli anni 50 in in poi, il crescente uso anche orale dell'italiano dell'italiano ha determinato una pressione del parlato sul . Anche il sulla struttura dello scritto che ha provocato varie rapporto tra italiano e toscano è mutato: quest'ultimo ha perso la sua posizione di centralità a vantaggio di Roma capitale e dei centri industriali del Nord , più capaci di imporre innovazioni linguistiche e più in sintonia con l'evoluzione del sistema. Ad esempio il suffisso -aio usato per secoli per indicare mestieri e attività per le nuove professioni ha ceduto il passo al suffisso di matrice greca -ista.
La prevedeva una netta tra il usato per la e quello usato per la ; l'uso scritto consentiva inoltre un'abbondante , una coesistenza di più forme tra loro equivalenti (malinconia, melanconia o melancolia). ha agli del linguaggio poetico e ha fortemente . L'italiano ha conosciuto anche un processo di : la e la e hanno progressivamente imposto una serie nell’ di , come la limitazione dell'accento sui monosillabi solo dove il segno ha una funzione disambiguante (lì e là per distinguerli distin guerli dal pronome li). Questi processi, assieme all'azione degli importanti canali di diffusione, hanno contribuito a un della nostra lingua. Per lingua standard si intende quella che l'intera comunità dei parlanti riconosce come corretta: il modello proposto nelle grammatiche. Una è però soprattutto sul piano fonetico . L'unico modello di standard parlato riconosciuto è quello basato sulla pronuncia colta di Firenze, da cui vengono eliminati alcuni tratti locali e che viene insegnato in apposite scuole di dizione. La stragrande maggioranza degli italiani nel parlato lascia percepire in varia misura la sua origine regionale. Anche l’italiano letterario contemporaneo presenta una notevole varietà di realizzazioni sul pian o linguistico spesso in esplicita violazione dello standard tradizionale e non può costituire un punto di riferimento.
Ogni lingua presenta una serie di differenze di fferenze dovute a variabili dette
Distingue la lingua dei testi parlati (dialogici) da quella dei testi scritti (monologici). (monologici). A
queste categorie è stata aggiunta quella del parlato trasmesso (telefono, (telefono, televisione) e dello scritto trasmesso (Internet, messaggi telefonici). Può avvenire per , che determinano lo sviluppo dei processi di grammaticalizzazione
che determina un
(acquisizione di funzioni grammaticali) e lessicalizzazione (elementi grammaticali danno origine a parole nuove) e per come il contatto che determina con altre lingue che l' e la diffusione di peculiarità sintattiche o fraseologi fraseologiche che .
, all'
Una stessa lingua assume a seconda delle singole in cui è . In Italia è espressa dalla Dipende da fattori come: il genere, l'età, la classe sociale, le condizioni economiche, il grado di istruzione Ne deriva la scelta di un registro linguistico formale o o informale o di linguaggi settoriali.
Gli studi svoltisi nel corso degli ultimi anni hanno segnalato una nuova varietà di italiano definita "italiano dell'uso medio " e “neostandard ”, ”, caratterizzata da fatti morfosintattici e lessicali già documentati in testi del passato , ma censurati o ignorati dalle grammatiche che si sono comunque diffusi. Costituiscono un esempio il che in funzione di suo subordinatore generico (vieni che ti pettino) e le frasi scisse (è (è lui che me l'ha detto).
Il lessico CAPITOLO TERZO COSTITUISCE L'INSIEME DELLE PAROLE, È CARATTERIZZATO DA UNA COMPLESSA ARTICOLAZIONE E DA VARIE COMPONENTI, TRA CUI SPICCANO LE VOCI DERIVATE DAL LATINO. IN QUELLO CONTEMPORANEO SI SEGNALA LA PRESENZA DI ANGLICISMI E ALTRI FORESTIERISMI NON INTEGRATI.
L’unità fondamentale del lessico è il , che non sempre corrisponde a una parola ma ma è al tempo stesso più ristretto , quando (come gli verbi, il cui lessema di base è l'infinito) o più ampio per per la presenza di polirematiche (sala da pranzo).
Per individuare i rapporti tra i vari lessemi la lessicologia si lega a un'altra branca della linguistica: la che . : in ogni lingua molti lessemi non non hanno un solo significato ma ma diversi a seconda dei contesti in cui vengono impiegati (ad (ad esempio il riferimento a nomi di animali per indicare qualità o difetti degli uomini). : lessemi indipendenti sul piano del significato che coincidono su quello del significante , come in pésca/pèsca. : lessemi che hanno un significato (maschio/femmina) o derivanti l'uno significato opposto, bipolari (maschio/femmina) (felice/infelice). dall'altro (felice/infelice). : lessemi che hanno un significato generale (animali) comprendente quello quello più ristretto di di altri lessemi detti (mammiferi o quadrupedi). Distinte cose sono il costituisce solo una
che
e il
, che
.
(nomi, verbi, aggettivi, alcuni Tra i lessemi possiamo distinguere le avverbi ) e le detti anche parole (articoli, pronomi, preposizioni, congiunzioni, molti avverbi ) che servono a legare tra loro le altre parole. : le parole nuove o mentre altre cadono in e diventano .I determinano l'introduzione di considerando quello che è il prestigio: la superiorità di un popolo in un determinato campo che determinerà l'accoglimento di parole della lingua di quel popolo in altre lingue.
Una lingua con una lunga e ricca storia culturale come l'Italiano dispone di un che risultava ulteriormente , che nel corso del è stata progressivamente .
italiano
All'interno del lessico italiano è stato individuato un settore particolare: quello del , che la , sia sia , nella nostra lingua. È suddiviso in tre fasce: che comprende le parole funzionali, i verbi, i sostantivi, gli aggettivi e Il gli avverbi più frequenti ; che comprende i lessemi impiegati da coloro che hanno almeno un livello Il di istruzione medio (pregiudizio, privilegio); , costituito dai lessemi legati ai fatti, agli oggetti e agli eventi della Il vita quotidiana .
Altri
lessemi appartengono al e compaiono in testi più complessi, a chi è fornito di il e il il , al di fuori del quale si situano i lessemi propri o della sola lingua letteraria o dei vari linguaggi settoriali. dialettale modificate nel Le sono invece voci della lingua comune o di base dialettale modificate nel significato o nel significante e utilizzate da gruppi ben definiti.
I poi sono quelle varietà di italiano parlato in alcune regioni o subregioni , voci proprie dei dialetti locali più o meno italianizzate. I sono voci del dialetto che indicano concetti con termini che variano da zona a zona (il veneziano giocattolo che ha "vinto" sul toscano balocco). I sono termini formalmente identici che hanno significati diversi (lea “viale” in Piemonte dal francese allée e lea “fango” a Venezia dal latino laetamen).
Se si il dal punto di vista , facendo riferimento all'origine dei lessemi che lo costituiscono, si individuano indiv iduano le diverse componenti: , distinte tra quelle d i tradizione popolare e le voci dotte; Le o forestierismi , le parole attinte ad altre lingue con cui l'italiano è entrato in contatto; I , le parole formatesi all'interno del sistema italiano attraverso meccanismi Le come la derivazione e la composizione.
, che si sono ben integrate All’interno della componente latina vanno individuate le nella nostra lingua e appartengono tuttora al vocabolario di base , e i , le che sono state recuperate nel lessico italiano ; quasi lo stesso si può dire per quelle greche, di cui molte sono diventate proprie del linguaggio scientifico internazionale, fatta eccezione per i grecismi di vasta diffusione (protagonista, aerobica, agonia). Spesso sono derivate due o più parole italiane , una popolare e e una dotta , chiamate (discum ‘desco’ e ‘disco’) o voci pervenute per trafila popolare che si legano sul piano semantico a voci dotte e che hanno un'altra matrice, latina o greca (come l'aggettivo corrispondente di bocca, derivata dal latino bucca, che è orale, dal latino os, oris ‘bocca’.
I prestiti o forestierismi, vicende politiche, economiche e commerciali hanno
per
Ci sono stati anche dei cavalli di ritorno come il disegno tornato dall'inglese come design ‘disegno industriale’. Non tutti i prestiti rivelano la loro origine straniera, molti , nel caso dei verbi obbligatoriamente, sono
stati
(come train da cui treno).
Quando il prestito consiste semplicemente in un di , tra cui si distinguono: basati sulla Quelli processore, modellato su processor;
aggiunto che comprendono i
si parla come
Quelli la cui , (come stella del cinema basato sull'inglese star) che comprendono i come fuorilegge e fine settimana. Altre volte parole policentriche nella lingua di partenza mantengono solo uno di loro significati in quella d'arrivo o acquisiscono un significato diverso da quello originario. Ci sono anche parole apparentemente straniere ma che sono invenzioni italiane come lo smoking.
Tra le varie categorie di forestierismi ritroviamo in ordine cronologico:
- nomi di parti del corpo umano ‘guancia’
Dopo il crollo dell'impero romano
- oggetti d'ambito domestico ‘balcone’ - concetti ‘guerra’ - verbi ‘guardare’ - commercio ‘magazzino’ - prodotti orientali ‘albicocca’ - astronomia ‘zenit’ - parole di uso liturgico ‘amen’
Medioevo
- parole comuni ‘viaggio’ - neologismi semantici e calchi
Prestigio delle letterature d’oc e d’oil
‘burocrazia’ - parole comuni ‘flotta’ ‘regalo’ - esotiche ‘cacao’
Cinquecento e Seicento
- relative alla politica - alla musica ‘tango’ - allo sport ‘goleador’ - al costume ‘movida’ - nomi di sport ‘karate’ - di attività artistiche - voci ‘kamikaze’ ‘karaoke’ ‘tsunami’ - informatica informatica ‘browser’ - economia e finanza ‘bond’
Inizio Novecento
- organizzazione aziendale e Sono i forestierismi più numerosi e frequenti, per opporsi alla loro invadenza Francia e Spagna hanno attuato strumenti di politica linguistica, mentre in Italia i palazzi stessi della politica si sono aperti all'anglicismo, con parole come welfare o exit poll.
amministrativa ‘budget’ - medicina ‘by-pass’
Parole non adattate in ambiti come: - sport ‘goal’ - musica leggera ‘rock’ - televisione e mass-media ‘talk show’ - costume ‘piercing’ - alimentazione ‘cracker’ - lingua comune ‘week -end’ - sigle ‘aids’
Sono
parlati nella nostra
e riguardano vari campi: cucina ‘tortellini’, paesaggio ‘faraglioni’, concetti propri di una determinata area che giungeranno ad assumere un significato più ampio, come la parola ‘mafia’ del dialetto siciliano, espressioni fraseologiche ‘ finire a tarallucci e vino’ dal dialetto napoletano.
.I utilizzano i meccanismi di formazione delle parole mentre mentre con i nuovi significati si aggiungono a voci già esistenti . Gli occasionalismi, dalla vita effimera, sono spesso propri esclusivamente della lingua dei giornali.
Fonetica e fonologia CAPITOLO QUARTO LA LINGUA PARLATA SI FONDA SULLA PRODUZIONE DI SUONI (O FONI) CHE NELLA LINGUA SCRITTA SONO RESI CON LE LETTERE DELL'ALFABETO. IL SISTEMA FONOLOGICO DELL'ITALIANO È BASTATO SOSTANZIALMENTE SOSTANZIALMENTE SUL FIORENTINO TRECENTESCO TRECENTESCO E OGGI DIMOSTRA UNA SERIE DI TENDENZE INNOVATIVE.
è la . Nel suo percorso verso l'uscita l’aria incontra una serie di organi che le si frappongono, determinando
variazioni nell'apertura della cavità orale e producendo così foni diversi che: restano inerti durante l’espirazione i foni prodotti sono ; se sono tese e • se le corde elastiche restano vibrano i i foni saranno • se il velo palatino (la (la parte posteriore, molle del palato) è staccato dal dal fondo della faringe , l’aria uscendo anche anche dal naso , produrrà foni ; se esso è sollevato contro contro la volta superiore della della faringe , avremo suoni All'interno dei foni orali si ha la distinzione tra: , che si producono quando l' gli unici foni su cui può cadere l' ; se l' incontra . A seconda della loro posizione nella catena fonica esistono anche La
in ,
particolari o
, sono .
, nel loro configurarsi all'interno delle lingue come sistema .
Distinzione fonologica: I fonemi sono individuabili con la “ ”, in parole che differiscono per un singolo fono , dette coppie minime . Nello studio scientifico dei foni dei fonemi si utilizzano sistemi di trascrizione come quello dell’IPA
(International Phonetic Association) che completano le lettere dell'alfabeto latino tradizionale con altri simboli.
Lo studio delle ) è la
( ) e delle altre (segni . In italiano non esiste una corrispondenza biunivoca tra grafemi e
fonemi che rappresentano.
Il sistema fonologico dell'italiano è costituito da 7 vocali, 2 semiconsonanti, 21 consonanti.
Sono a - ε - e - i - - o - u. In
sono 7: , la / / / /
•1 •3 •3
(lingua verso il palato duro), la / ε / , la / / / / e la / / (lingua verso il velo palatino, dette anche labiali perché perché richiedono la protrusione delle labbra), la / / , la / / / / e la / /. / /.
Se si
, le vocali si distinguono in (/ ε // /), // /),
(/ /). (/ /).
(/ / / / /) / /)
(/ // /), // /),
In le sono , . La u atona in finale di parola si trova sono nei toponimi e cognomi sardi. formano uno (pa-e-se,).
Sono la (si pronuncia come i) e la (si pronuncia come u) hanno una durata più breve e e non possono essere mai accentate . Possono con cui costituiscono un (piano, baita), che diventa se costituito da due semiconsonanti e una vocale (aiuole) o da una semiconsonante, una vocale e una u na semivocale (miei).
Sono 21: - - - - (si pronuncia c) - - - - л (si pronuncia ) - (si pronuncia dura) (si pronuncia morbida) - (si pronuncia ) - з (si pronuncia ) - - - - (resa nella scrittura con ) - (si pronuncia ) - - λ (si pronuncia ) - . Vengono classificate secondo il
(
) e il ) e la
( di essere
. Con una chiusura completa del canale si si parla di mentre si avvia solo restringimento si si parla di
( - - - ( - - - - - - λ - ).
-
- - )
15 consonanti possono essere tenui o intense.
Si presenta in 3 casi fondamentali: ; • dopo un (accento sull’ultima sillaba );); • dopo un • dopo (non accentate sull’ultima sillaba ).).
I vengono pronunciati in , detti . della sillaba è il , che può essere da un e da una forma , quest’ultima la . Se la sillaba è priva di coda (finisce con vocale) sarà aperta (o libera), al contrario si definisce chiusa (o implicata). Il può essere costituito da una sola vocale, fanno eccezione le interiezioni e le onomatopee (pss). , che può mancare (a-mo), è di norma formato da una consonante qualunque (mo-do) o, più L’ di rado, da una semiconsonante (uo-vo); può essere anche ramificato, cioè costituito da due o tre consonanti (pre-mio).
La di solito è costituita da una sola consonante (for-no) o da una semivocale (cau-sa); non tutte le consonanti possono trovarsi nella coda.
L’accento è un
(o meglio il suo nucleo) per Caratteristiche dell’accento italiano: È prevalentemente di
.
, e si realizza con l’aumento della forza espiratoria durante la pronuncia del nucleo vocalico della sillaba . Può essere : la sua posizione può può variare nelle nelle parole composte da più di una sillaba. Ha , in quanto la sua differente posizione serve a distinguere parole e forme
altrimenti identiche. Se cade sull’ultima sillaba la parola si dice ossitona , sulla penultime si dice parossitona , sulla terzultima proparossitona .
Le parole composte da più di tre sillabe spesso spesso recano un , sulla prima o sulla seconda sillaba. Le parole solitamente prive di accento , sono i , come preposizioni, articoli, alcune congiunzioni, forme pronominali, strettamente legate alle forme verbali precedenti (proclisi) o seguenti (enclisi).
Il
è la
nella
di
(accentati) e
(non accentati).
In coerenza con la libera posizione dell’accento, l’italiano ha diverse possibilità di avere sequenze,
denominate piedi: il
(sillaba lunga + sillaba breve), il (sillaba lunga + 2 sillabe brevi), il (sillaba breve + sillaba lunga), l’ (2 sillabe brevi + sillaba lunga). ha un dal punto di vista sintattico, per esempio grazie ad essa, è L’ palese la , nel , .
Morfologia flessiva CAPITOLO QUINTO LA MORFOLOGIA ANALIZZA LE FORME DELLE PAROLE E LE MODIFICAZIONI CHE POSSONO PRESENTARE PER ASSUMERE VALORI DIVERSI.
La
studia come si , nei nomi, negli articoli e negli aggettivi, i (maschile/femminile) e di (singolare/plurale); nei esprime anche quelli di e di caso; nei anche quelli di , , (perfetto, imperfetto) e diatesi . Lo , dette flesse , costituisce la . imo dell’analisi morfologica è il L’elemento L’elemento min imo
, definito come
. Sulla base dell’analisi dell’analisi morfologica è è possibile suddividere le lingue del mondo in due grandi categorie : (o isolanti), in cui ogni , che costituisce • è rappresentato da un , non cambia forma e non può essere legato a un altro elemento (morfemi da solo una
liberi). , che tendono ad in più ma legati tra loro (morfemi legati) e portatori di significati diversi; possiamo distinguere tra il (radice), , che danno l’informazione morfologica. Le lingue Le lingue che dà il significato alla parola e i appartengono a quelle sintetiche , in cui una parola è è costituita dalla radice e e dalla desinenza . flessive appartengono Nella parola italiana case, distinguiamo i due morfemi casa- (la radice, che dà significato alla parola) ed -e (la desinenza, che in questo caso indica un femminile plurale). •
Ogni lingua presenta elementi analitici ed altri sintetici; in tutte le lingue inoltre possiamo individuare le (in italiano sono avverbi, congiunzioni, proposizioni, interiezioni, che per definizione non possono flettersi . Il latino classico è la lingua flessiva per eccellenza; l’italiano l’italiano presenta molti aspetti flessivi, ma anche varie
caratteristiche isolanti.
In italiano la , nei , ( / ). Il )è inerente al nome ed è immotivato, tranne nei nomi che si riferiscono a persone o animali, dove d ove è collegato al sesso (toro/mucca, in cui le radici sono totalmente irrelate) o a maestro/maestra; nei nomi riferiti rif eriti a cose inanimate la distinzione di genere è indipendente dal significato (il porto/la porta). Sulla individuare, in italiano, 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Gli contemporaneamente
, si possono con terminazione: (campo/campi); (casa/case); (fiore/fiori, notte/notti); (papa/papi); . (dito/dita); (re, città, virtù, biro).
sono
secondo le ; quelli di (grande/grandi).
di
e , hanno invece solo
La , in passato rappresentata solo da pari e composti (pari/dispari) si è arricchita con gli aggettivi indicanti colori o altri sostantivi , specie di origine straniera, elementi di altre (cantanti rock). Gli aggettivi in -a sono perlopiù categorie grammaticali e sigle in funzione aggettivale (cantanti formati da nomi per conversione. Sugli anche il Il grado (di ) si realizza con l'avverbio premesso all'aggettivo; il con l'aggiunta di come tanto, molto etc. ma anche con il , con vari prefissi (mega -, -, iper -) -) o in altri modi. , sia nomi che Una particolarità dell’italiano, dell’italiano, consist e nella tecnica sintetica per la formazione di aggettivi, con l’aggiunta di vari suffissi come -ino , -etto , -uccio ecc.
Tra le
degli
, ricordiamo quella di (appartenente o meno alle conoscenze condivise o presente/assente nel
contesto precedente o immediatamente immediatamente successivo ‘il mare è salato’ ‘ieri c’era un mare bellissimo’).
ha spesso una di (un cane insegue un gatto; il cane è nero, il gatto bianco) o di (la signora che parla è la madre di Giulio). Gli articoli italiani, ben distinti tra maschili e femminili, tra singolari e plurali svolgono inoltre la (la lama del coltello/il lama delle Ande). Esiste solo il singolare degli articoli indeterminativi. L’italiano contemporaneo mostra qualche irregolarità nella scelta dell'articolo davanti a paro le inizianti per la semi consonante /w/ o per gruppi consonantici e grafemi estranei all'italiano (il whisky o lo whisky). L’articolo
Il sistema dei pronomi italiano è complesso e in continua innovazione. è una lingua “PRO -drop”, che consente la caduta del pronome ; infatti , in quanto la desinenza del resto fornisce ( l’indicazione della persona (
, è frequente nel parlato e nello scritto quando c'è la necessità di stabilire un'opposizione con altre persone ‘io vado a casa, tu resta pure’). è mantenuta, come in latino, la tra (io , tu , (me , te , lui/lei); al al plurale questa differenza si annulla nella 1 e 2 pers. ( Noi , voi) , per quanto riguarda la 3, essi/esse sono soggetto ma anche complemento (non diretto) se preceduti da una preposizione; loro invece invece svolge la funzione di oggetto diretto; il riflessivo di 3 pers. sia singolare che plurale è sé . Oggi i pronomi essi/esse ed egli/ella sono scarsamente scarsamente usati, si preferisce spesso omettere i pronomi, sostituirli con un nome o con lui/lei . Nell’ egli) ed
I pronomi personali tu , lei , ella , voi e loro svolgono anche la funzione di , che si utilizzano quando ci si deve rivolgere a qualcuno: di di norma si usano tu e e voi nei nei rapporti confidenziali e paritari; nei rapporti gerarchici o con persone con cui non si è in confidenza si usano le forme di cortesia lei, ella, voi (al singolare) e loro . Quando vengono riferiti a un uomo, Ella richiede sempre l'accordo al femminile, ammettendo l'accordo al maschile solo per gli aggettivi e per i participi passati.
In funzione di complemento oggetto e di termine, oltre alle (me, te, lui, sé rifl, noi, voi, loro ), ), esistono delle ( ): per le prime due persone abbiamo mi , ti , (che hanno anche funzione riflessiva) ne, ci e vi (svolgono anche funzione locativa di complemento di luogo figurato); per la terza lo, la, li e le (complemento oggetto) e gli, le e e lo pseudoclitico loro (complemento di termine); il riflessivo atono è si . I clitici si pongono prima dei verbi , tranne che con l'imperativo e i modi non finiti (comprali );); la loro posizione è libera all'imperativo negativo (non farlo ) e in presenza di una perifrasi verbale , specie con (lo posso dire, se posso dirlo ).). verbi modali ( Un caso particolare è costituito dalla posizione del si in affittasi, vendesi che non ammetteva i clitici all'inizio di frase.
Nel sistema dei clitici si segnala la sovrabbondanza e la coincidenza di molte forme, tra cui ci 1 1 persona plurale e locativo; più frequenti nel parlato che nello scritto, anche in c onseguenza della crescita dell’uso pronominale dei verbi transitivi (ci guardiamo la partita); ci sono poi fenomeni specifici come gli che compare invece di ci con con riferimento a cose o in espressioni come ‘che gli fa?’ ; ; si registra anche una u na certa ci in forme come ‘parlarci’ . distinzione di ci in Il pronome ci , ormai, sostituisce quasi sempre il locativo vi , ma svolge anche una funzione attualizzante con vari verbi, anzitutto essere e avere con significato significato pieno (c’è Marco). Il ” è frequente anche con i verbi vedere e sentire e con altri verbi procomplementari a cui conferisce significati particolari: entrarci ‘essere entrarci ‘essere pertinente’ (cosa c'entra?), farcela ‘riuscire’, farcela ‘riuscire’, starci ‘essere starci ‘essere d'accordo’; l’uso di ci col verbo avere , diffusissimo nel parlato (c ’ho ’ho sonno), stenta ad essere accettato nello scritto.
Nell’ambito dei , l’italiano tende a usare i numeri cardinali piuttosto che quelli ordinali, con numero (“Lo squalo 2”, “Canale 5”, “Roma Tre”). conseguente perdita dell’accord o tra genere e numero (“Lo I aggettivi e pronomi) sono questo/a/i/e (vicino a chi parla), codesto/i/a/e (vicino a chi ascolta) e quello/a/i/e (lontano da entrambi). Sia nel parlato che nello scritto, i dimostrativi tendono a
ridursi quasi alla funzione di articoli: nel parlato dunque, il loro valore è spesso ribadito da un avverbio (questo qui ).). Per quanto riguarda i pronomi , si usa che sia in in funzione di soggetto, sia complemento oggetto, cui per gli altri complementi; sono entrambi sostituibili con il quale/la quale/i quali/le quali.
Il
è la parte del d iscorso che : nei tempi principali della , queste indicazioni vengono legati al tema verbale, v erbale, nei tempi composti della forma , vengono date (avere all’attivo ed essere al passivo) attiva e nell’intera premessi al participio passato. Nelle forme flesse dei paradigmi verbali, i (o desinenze), si a volte alla , a volte al (radice + vocale tematica, che varia a seconda della coniugazione). Nelle forme finite, il morfema, che indica contemporaneamente tempo, modo e aspetto, precede quello che indica persona e numero: per es. in ascoltavate abbiamo abbiamo la radice ascolt-, la vocale tematica -a-, il morfema dell’imperfetto indicativo -va-, quello della 2 pers. plur. -te. Ci sono casi in cui un unico morfema dà tutte queste informazioni, è il caso di chiamò .
I
(nella categoria del tempo) fanno riferimento al momento de ll’enunciazione che può
essere contemporaneo, successivo o precedente all’azione descritta dal verbo; sono il presente, il passato
ed il futuro: Il è
indica che è (mangio il gelato) o che l’azione (la trasmissione tale va in onda il lunedì) o (il fumo fa male); spesso nel si usa il presente anche con , come presente storico (ieri vado al mercato e indovina che vedo ?); ?); Il si riferisce a al momento (lo farò domani); Il si riferisce a rispetto ; il passato, si differenzia in 3 forme: imperfetto, passato prossimo e passato remoto; indica (negli anni ’60 si ballava il twist) o (di solito andavamo al mare) e fa spesso da sfondo agli eventi narrati dagli altri due passati; Il indica un (Dante nacque nel 1265); Il , composto con l’ausiliare, , che può avere effetti sul presente (fin da bambino ho sempre abitato a Roma).
Gli altri tempi, , sono i , essi infatti esprimono anteriorità o posteriorità rispetto a un altro tempo espresso nel testo o ricavabile dal contesto (quando avrai finito i compiti potrai uscire). La categoria del modo certezza o incertezza sulla realizzazione dell’evento, dell’evento, spesso codifica anche la dipendenza sintattica: è il modo della e delle ; , che compare nelle frasi principali solo come sostituto dell’imperativo per la 1 pers. Il plur. e per la 3 sing. e plur. ( andiamo , venga ) o con (non sia mai! lo volesse il cielo), ed è il modo tipico delle frasi dipendenti, completive (voglio (voglio che tu ci venga, vorrei che tu venissi); consente l’ellissi della congiunzione (credo (credo sia vero), le interrogative indirette (gli chiese se avesse freddo), relative limitative (cerco qualcuno che mi capisca ) o introdotte da congiunzioni. Il , sia nelle principali che nelle dipendenti , per es. nell’ (nel periodo ipotetico,
i: apodosi ‘verrei volentieri’, protasi ‘se potessi’) del periodo ipotetico dell’irrealtà, nelle richieste, dove ha e di (vorrei chiedere una cosa, potrebbe abbassare il volume?); (direi di no); il condizionale condizionale passato, nelle dipendenti, può avere la funzione di futuro del passato (speravo che sarebbe venuto); esprime , , ; ha forma propria solo per la 2 pers. sing. e L’
plur., ricorrendo per la 1 plur. e per la 3 sing. e plur. al congiuntivo. Tra i
(che non presentano distinzioni di modo e di persona): , sia al presente che al passato, si usano nelle (spero di venire), e al presente, molto spesso, in ; il può essere in stretta dipendenza da un verbo finito per (arriva correndo); presente può comparire nelle (che dire?); spesso l’infinito ha uno statuto nominale anziché verbale, ed è preceduto dall’articolo dall’artico lo (nel porgervi i miei saluti);
Il Il
ha ormai
pienamente
;
, l’unica forma verbale che marca il genere, si usa in e nei tempi composti della forma attiva e nell’intera diatesi passiva (resa con una perifrasi formata
da ausiliare essere + participio passato).
Il sistema verbale dell’italiano sta subendo delle trasformazioni riguardo all’uso di tempi e modi; ecco le tendenze principali, principali, che prevedono l’estensione di certe forme a spese di altre: anche con se accompagnato da un elemento L’indicativo temporale (torno subito, l’anno prossimo mi trasferisco );); allo stesso modo il può (quando ho finito gli esami mi dedico alla tesi); Il acquista spesso e : abbiamo il “futuro epistematico”, che e incertezze (a quest’ora sarà arrivato); il “futuro deontico” che esprime il , (le domande andranno presentate entro la tale data); il futuro in dipendenza di un verbo di opinione al posto del congiuntivo (credo che verrà ););
anche acquista
: tende a
il
e il
nel
(se venivi ti divertivi ), , nel periodo ipotetico dell’irrealtà (se ), nell’imperfetto nell’imperfetto di cortesia (volevo (volevo un caffè) o nel discorso indiretto con valore di citazione (Maria ha detto che andava a casa); Rapporto tra passato remoto e passato prossimo: il anche in riferimento ad azioni non solo concluse, ma anche lontane nel tempo (dieci anni fa sono stato a Parigi) Non si può parlare di morte del anche se il suo in dipendenza dai verbi di opinione, nelle relative restrittive, nelle interrogative indirette cede spesso il posto all’indicativo;
Il
spesso viene
tuttavia , d’altra parte il suo , si è intensificato (l’imputato sarebbe stato visto da alcuni testimoni)
è spesso (ti siedi e mangi!) Per quanto riguarda i modi non finiti, si sta (in caso di incendio in cendio rompere il vetro). Per la forma passiva frequente è la sostituzione di essere con venire. Importante è la , tra le quali la più frequente è quella formata da per (sto lavorando); altra perifrasi diffusa da secoli è quella stare per + infinito, per indicare futuro imminente; stare a + infinito è usata con i verbi di percezione (staremo a vedere) e con gli imperativi in frasi negative (non ti stare a preoccupare). Notevoli anche le perifrasi che esprimono la modalità deontica in alternativa al verbo dovere + infinito: andare + participio passato (va detto), avere da + infinito (ho da fare i compiti), pronome dativo + toccare + infinito (mi tocca andare a casa). Il valore dell’
Morfologia lessicale CAPITOLO SESTO STUDIA I MECCANISMI ATTRAVERSO I QUALI DA PAROLE ESISTENTI SI FORMANO PAROLE NUOVE.
Si possono formare da altre già esistenti, dette , tramite , , oppure formare con altre già in uso o con (data una parola composta, è un morfo con valore semantico pieno ).). Il significato dei derivati e dei composti è di solito trasparente dal punto di vista formale, per questo è di facile comprensione per i parlanti. Poiché sia l’ e , sia la possono avere , anche nella morfologia lessicale, come nella flessiva, sono notevoli i casi di (gli sono le e che non determinano cambiamenti nel suo significato): : difficile + mente > difficilmente; -ìa , -ità , -izia , ista , -istico , ismo , izzare: mago mago > magia; come in -, -, che diventa im - davanti a m , p e b (possibile> impossibile) , ir - davanti a r (responsabile > irresponsabile) , il - davanti a l (logico > illogico) , e ad che raddoppia la consonante iniziale di alcuni verbi come arricchire, affondare altri fenomeni di riduzione come israeliano + palestinese > israelo-palestinese.
Il meccanismo più usato per formare parole nuove in italiano è la derivazione che può essere (lavorante, lavorazione tutti tutti derivati con vari suffissi da lavorare ) o a formata con come nel caso di permeare > permeabile > impermeabile …) è detto …) lo studio della derivazione è ; il meccanismo di derivazione può può realizzarsi in vari modi:
: con l’assegnazione di una categoria grammaticale diversa da quella di base a una parola, senza modificarla: sapere (verbo) > il sapere (nome); : con l’aggiunta di un suffisso dopo il tema della base: lavora -re > lavora- tore (sono
suffissati anche gli alterati tipo cas-a > cas-etta);
: con l’aggiunta di un prefisso prima della base: capace > in -capace;
suffissazione e prefissazione. La rispetto alle legare) è molto marginale.
, e affissazione è il nome generale dei procedimenti di consente di anche di una , cosa che nella prefissazione (maniglioni anti-panico, legare s-
La conversione è il meccanismo di derivazione più comune nelle lingue isolanti, come l’inglese, mentre
in italiano è poco frequente e soggetta a restrizioni: ; qualunque verbo può assumere valore nominale (infinito sostantivato), tuttavia si può parlare di solo quando (saperi, poteri ) e ha (i piaceri ); tra le abbiamo la (che assume della tavola ); spesso anche : i fari abbaglianti , i cantanti ) e del participio passato maschile e femminile (l’udito , l’abitato ) e la rarissima nominalizzazione del gerundio (il crescendo rossiniano). Frequente è il (per es. in alcuni insulti) e il (pieno > il pieno ).). Altri tipi di conversione consistono consistono nell’uso (“forte” in andare andare forte ) e di nomi (‘via’ in andare via ) e nella appartenenti a qualunque classe del discorso (basta! ora!).
Attraverso la : le
è possibile trarre appartenenti a si chiamano , quelle derivate , le poche ricavate da .
, dagli
I diversi suffissi possono essere classificati in base alle diverse categorie grammaticali che producono: i (-aio , - ista ),), i (-ificare , -izzare ),), quelli (-oso,-ico ),), l’unico suffiss o che forma avverbio è -mente . I suffissi italiani sono moltissimi ed esprimono varie categorie di parole. I , che , i più frequenti sono quelli con: : -tore (assicuratore), -trice (presentatrice), -ante (insegnante), -ente (concorrente) (interpretabile anche come participio presente), -one/a (mangione con connotazione dispregiativa), -ino/a (imbianchino); : -ista (giornalista), -aio/a (benzinaio), -aiolo (pizzaiolo), -aro ( (paninaro, cravattaro ) (variante romana di - aio oggi molto produttiva in ambito neologico), iere/a (guardarobiere ) (al femminile indicano anche contenitori, teiera), -ario/a (segretario).
I
, che partono da basi verbali ed ;i suffissi più importanti per la loro formazione sono - zione (privatizzazione ),), - mento (favoreggiamento ), ), -tura (spazzatura ),), -ata (chiaccherata ).). aggio (lavaggio ),
Di Di Di
con con
: -ezza (bianchezza), i(e)tà (italianità, ovvietà); : -erìa (birreria); con il derivati da nomi propri (evoluzionismo, futurismo ).).
Con : -bile (lavabile, richiudibile) Con : -ale , -are , -ile , ico /a che esprimono una relazione col nome n ome (aziendale, polare, che esprimono maschile, termico).
Tra i suffissati rientrano anche gli
: l'alterazione costituisce un e ha importanza anche per la formazione delle parole . I suffissi in -uccio, -ino, -one esprimono particolari concetti di grandezza, piccolezza e altre sfumature; alcuni hanno provocato la lesse calibrazione della parola che diventa poi un lessema autonomo (rosa, rosone; fiore, “fioretto” nello sport, perciò viene utilizzato fiorellino fiorellino per il diminutivo). diminutivo). Un caso particolare di suffissazione è la cosiddetta “ ”, ovvero nomi tratti da verbi senza l’aggiunta l’aggiunta di suffisso (spacco ( spacco da spaccare) e dai verbi tratti da nomi con la sola aggiunta di -are (droga > drogare ); ); alcuni studiosi considerano anche alcuni femminili in -a come stipula, classifica modifica
(caratteristiche del linguaggio burocratico) che altri interpretano come sempre di sottrazione di suffisso.
Anche la prefissazione (come la suffissazione), può essere utilizzata per formare parole nuove. I prefissi (l'unica è quella costituita da - ‘contro’ che premessa a nomi può formare aggettivi come squadra antidroga ) ma si possono con del prefisso negativo - che si solo ad aggettivi e verbi inizianti per consonante ( s e z escluse), mentre in - viene premesso a nomi e aggettivi. Molti prefissi (ante -, -, super -, -, ex -, -, post -) -) o dal greco ( iper -, -, ipo -, -, micro -, -, mega -). -).
I prefissi esprimono concetti diversi, prevalentemente hanno (anticucina, preistoria, transalpino), possono indicare anche (co-produzione), (anti-rughe), (ri-vedere), (mono-locale), (dis-abile, scontento), esprimono (mini-, maxi-). I quelli ottenuti, rispetto alla base nominale o aggettivale, con l’aggiunta contemporanea di un prefisso e di un “suffisso zero” (imbruttire, abbellire, impratichirsi, sdoganare).
Si realizza accostando due lessemi, trattati come una sola parola (anche graficamente). I casi più frequenti sono: : i due elementi possono essere coordinati ( cassapanca, caffellatte ),), oppure il secondo può determinare il significato del primo, o svolgere una funzione quasi aggettivale (cane poliziotto, bambino prodigio, scena chiave), o fare da complemento (capofila, sala macchine, pausa caffè); in alcuni composti recenti la testa è composta dal secondo elemento (ferrovia, bagnoschiuma) : indica che un nome ha la caratteristica espressa dall’aggettivo ( malasanità,
); mezzobusto );
: usato prevalentemente per composti esocentrici, che indicano animali e persone con le caratteristiche indicate dal composto (pettirosso, pellerossa, caschi blu); : pone gli aggettivi in rapporto di coordinazione; tra questi spiccano quelli che indicano i colori delle magliette da calcio (giallorosso, bianconero); spesso il primo termine può venire accorciato (democristiano);
: il nome costituisce il complemento oggetto del verbo (con l’eccezione di
marciapiede per es.); spesso usato per indicare macchinari, attrezzi, elettrodomestici (lavapiatti, accendisigari, scolapasta); : si formano per lo più con la ripetizione dello stesso verbo (fuggifuggi) o con
l’accostamento di verbi di significato contrario (saliscendi) a volte con tanto di congiunzione
(tiremmolla, gratta e vinci); : (tiratardi, buttafuori, cacasotto); : (malmenare); : (sempreverde, benpensante); : (non violenza); : sono per lo più esocentrici, indicando persone o cose descritte nel composto (senzatetto, dopocena, sottobicchiere).
Molto diffusa in italiano la composizione detta neoclassica, perché , detti , (glottologia > studio della lingua) o alle quali i confissi si possono (paninoteca) o (multiuso). I confissi non sono di norma elementi liberi e solo , pur avendo un significato pieno (nelle lingue ling ue classiche costituivano vere e proprie parole). Nella composizione neoclassica, la testa è a destra in quanto si segue la , propria del latino e del greco. Inoltre nei composti neoclassici possono possono entrare anche più di due elementi (oto-rino-laringo-iatra). Oltre al loro significato originale i confissi hanno sviluppato un significato aggiuntivo, per es. auto -, -, come riferimento a sé stessi in autoritratto, autoscatto, autocontrollo,
è diventato anche auto - da automobile in autostrada, autoaccessori ecc., o tele- inteso come “a distanza” (telegramma, telecomandare) oggi si può riferire alla televisione (telegiornale). I composti neoclassici sono prevalentemente prevalentemente novecenteschi e costituiscono la maggior parte del lessico contemporaneo.
Le
, o unità lessicali superiori, sono , separate nella grafia, ma che ; esse sono neologismi combinatori, formate con parole già esistenti, che . Le polirematiche
: Nome + nome: conferenza stampa Nome + aggettivo: musica leggera Aggettivo + nome: terza età Nome + preposizione + nome: il tipo più comune e produttivo (borsa di studio, camera da letto, stile di vita, vigile del fuoco) Nome + preposizione + verbo: vuoto a rendere Verbo + nome: prendere tempo, fare appello, aver luogo, in cui il verbo ha una semplice funzione di supporto. Le polirematiche possono essere classificate in : Valore di sostantivo: carta di credito Valore di aggettivo: acqua e sapone Valore di verbo: mettere in moto Valore di avverbio: a gambe levate Valore di esclamazione: porca miseria! Valore di preposizione: ad eccezione di Valore di congiunzione frasale: dal momento che Valore di congiunzione testuale: se non altro alt ro (al di là di, Inoltre vanno incluse tra le polirematiche le ). per via di, in quanto ). Una volta , le polirematiche possono (nondimeno!) o (ferro da stiro > ferro, gomma da masticare > gomma) o al (sedia a sdraio > sdraio).
L’italiano contemporaneo ha sviluppato dei meccanismi atti alla riduzione di parole già esis tenti:
: quasi esclusivamente nello scritto (s. > santo); Le : riducono i sintagmi formati da più parole alle sole lettere iniziali delle parole; inizialmente riservate a enti, partiti, imprese commerciali, le sigle si sono estese ai nomi comuni: gip (giudice per le indagini preliminari), tac (tomografia assiale computerizzata); nell’uso attuale si conferma l’influsso dell’inglese in sigle come okay (ok), radar (radio detection and ranging);
Gli
: sigle formate non solo con le lettere iniziali, ma anche con pezzi delle parole del
sintagma (Istat > istituto centrale di statistica); siamo vicini alle cosiddette “parole macedonia”,
formate da pezzi di varie parole (cantautore); Gli : parole complesse di una certa lunghezza vengono troncate nella loro parte finale (bicicletta > bici); gli accorciamenti possono riguardare il confisso (auto > automobile), il prefisso (ex > ex marito) e per le parole di derivazione inglese anche il suffisso (bus > autobus); Le formazione di un nuovo lessema, ricostruito e considerato fonte di un lessema già esistente, mediante l’applicazione al contrario di un processo di formazione delle parole
(benza > benzina).
La sintassi CAPITOLO SETTIMO LA SINTASSI STUDIA LA FRASE E LE DIVERSE UNITÀ PIÙ PICCOLE DA CUI QUESTA È COSTITUITA, DEFINISCE FUNZIONI COME QUELLE DI SOGGETTO, DI PREDICATO, DI COMPLEMENTO E ANALIZZA LE CONGIUNZIONI CHE SERVONO PER LEGARLE TRA LORO DEFINENDONE IL VALORE.
La
è
di alla sua . Il per completarne il significato.
La è costituita da molto occupato).
, che una della frase è composto dal
e tutti gli e dagli
e dunque da un solo verbo (Marco in questo periodo è
(o argomenti, sono il soggetto e l’oggetto diretto e indiretto) Gli elementi legati al verbo sono gli e i verbi sono classificabili in base alla , ossia al numero massimo di attanti che possono fare parte del nucleo: Verbi , che ; sono i verbi nemmeno l’espressione del “atmosferici” come piovere e nevicare; Verbi che richiedono un attante, cioè il ; si tratta degli intransitivi assoluti come dormire e tossire );); Verbi , a cui si anche un , o , collegato direttamente al verbo (verbi transitivi come vedere e amare ) o , collegato al verbo con una preposizione (verbi intransitivi come credere); i verbi copulativi sono bivalenti perché mettono in rapporto il soggetto con un altro elemento, nominale o aggettivale, che costituisce col verbo il predicato nominale (essere , sembrare , costituire );); Verbi , che richiedono ; sono transitivi come dare e dire o intransitivi come andare;
Verbi
che ne ammettono
; sono tutti transitivi come trasferire e tradurre. e tradurre.
A un diverso numero di argomenti possono corrispondere significati diversi che lo stesso verbo assume, ad esempio passare , monovalente in una frase come Il tempo passa (trascorre), (trascorre), bivalente transitivo in La mia macchina non ha passato (superato) la revisione , trivalente in transitivo in Il regista è passato a un dove i verbi zerovalenti sono completati filone più commerciale . Sono possibili anche gli da un soggetto posposto (come in piovono fischi , cioè vengono dall'alto) e diventano monovalenti. Nella frase oltre a verbo e agli attanti (soggetto e complementi diretti e indiretti) sono presenti altri elementi: I , ; per es. gli avverbi modali , che modificano il verbo (piove forte );); gli aggettivi o o complementi di specificazione legati legati a uno degli argomenti (il professore di Francesco dà compiti difficili );); Le , , in posizione libera; per es. il complemento di tempo , gli avverbi frasali ecc. ecc. (tutte le mattine mi alzo alle 7). La frase frase si può guardare anche in un’altra ottica, che parte dal ( ), a metà tra parola e frase, può essere costituito da una o più parole, o da sintagmi semplici; in base alla (elemento caratterizzante dal punto di vista sintattico) si distinguono il sintagma , quello , il e il sintagma : per es. es. nella frase La zia di Luciana ha regalato a Marcello una cravatta verde oliva , abbiamo i sintagmi nominali la zia e una cravatta , il sintagma verbale ha regalato , i sintagmi preposizionali di Luciana e a Marcello e quello aggettivale verde oliva.
L’italiano è una
la
, cioè quasi sempre
in quanto .
Di norma in italiano il soggetto (S) precede il verbo (V), tuttavia l’ordine SV non è obbligatorio e possiamo avere anche VS; la libertà nell’ordine delle parole è possibile grazie alla fu nzione informativa (e non solo sintattica) sintattica ) che i diversi costituenti costituent i svolgono svo lgono all’interno del discorso: di scorso: l’italiano tende a costruire co struire “da sinistra”, ponendo all’inizio della frase un elemento, o già
che costituisce il punto di partenza del discorso; a seguire il
o
, costituito dagli
; alla domanda “chi “ chi canta ?” ?” posso rispondere “Luigi “Luigi canta ”, ”, se conosciamo Luigi ed egli costituisce il tema del di scorso, ma anche “canta “canta Luigi ” se il punto di partenza ), del discorso discorso è qualcuno qualcuno che canta. Nei verbi verbi “inaccusativi” “inaccusativi” (intransitivi che richiedono richiedono l’ausiliare essere ), la sequenza VS è la più frequente (è arrivata Maria ).).
Indipendentemente dalla posizione, in italiano il numero e, nelle forme composte, il genere; sono rari i casi
per ciò che riguarda : Nella “ ”: verbo plurale se il è espresso da un , in particolare in presenza di un partitivo (la ( la maggior parte hanno deciso, un milione di romani hanno votato); Quando si hanno o un ” (non già presenti nel contesto), il spesso (alla cerimonia era presente il Capo dello Stato, il ministro degli Interni e il presidente della Regione).
Nel caso di
da
a
,
di norma
oltre al
.
Il latino volgare, dopo la perdita dei casi del latino classico, stabilì un ordine delle parole che indicasse il legami tra i vari elementi della frase, f rase, per distinguere il soggetto dal complemento oggetto, non introdotto da nessuna preposizione (oggetto diretto): diretto): il soggetto andò dunque ad occupare la posizione precedente al verbo, mentre l’oggetto quella successiva, secondo il modello , tutt’ora il più frequente; dopo il verbo, oltre all’oggetto diretto, si collocano anche gli altri argomenti del nucleo.
Le frasi che presentano una
, sono dette “
”: in certi casi
(con valore rematico) esso può essere posto sempre
, ma
(io una sola cosa so!);
Soprattutto nel parlato si si tende a staccare il tema dal resto e e a riprenderlo mediante mediante un pronome clitico con funzione anaforica ( (di questo argomento, ne abbiamo già parlato a lungo ),), questo fenomeno viene detto ; fenomeno speculare è la , (ne abbiamo già discusso a lungo, di questo). Le frasi con dislocazione a destra o sinistra sono dette anche “ ”, perché appaiono : tema e e rema nelle nelle dislocazioni a sinistra , rema e e tema in in quelle a destra .
Nelle frasi che non seguono il normale ordine SVO, importante è il caso della , dove , la presenza o l’assenza del pronome, unita all’intonazione, può conferire alla frase, costituita dagli stessi elementi, valori diversi: prendiamo per esempio. la frase, con normale sequenza SVO, “ho comprato il pane”, possiamo avere diverse alternative: dislocazione a sinistra in cui il complemento oggetto , che assume valore Il pane l’ho comprato: dislocazione tematico , è anteposto al verbo e e richiede la ripresa del del pronome ; dislocazione a destra in cui il complemento oggetto resta resta dopo il verbo L’ho comprato il pane: dislocazione ma assume valore tematico grazie grazie al pronome che che lo anticipa ; Il pane ho comprato: questa anticipazione è possibile solo nel parlato con una particolare intonazione data al complemento oggetto che che assume un valore rematico , in contrapposizione
ad altri possibili argomenti: “il pane ho comprato (e non la pasta)”; la
viene definita
o
.
La ripresa pronominale dell'oggetto anticipato è attestata fin dai primi documenti in volgare (placito capuano 960) le grammatiche italiane, dal cinquecento ci nquecento in poi, hanno censurato il costrutto. Oltre alla dislocazione a sinistra, nell'italiano parlato esiste anche una struttura definita della grammatica tradizionale e oggi , in cui viene (a Giorgio non gli ho detto niente).
Un altro tipo di frasi di marcate è costituito dalle : in esse la : 1. Il primo composto dal essere seguito che fa da ; 2. L’altro dal della che ne costituisce il . I due segmenti sono uniti da un che detto “pseudorelativo” (è (è Luigi che studia il russo, in questo caso il che si si può considerare pronome relativo). L’elemento rematico messo in rilievo non deve essere per forza il soggetto, ma può essere anche un altro complemento, non solo l’oggetto diretto (è il russo che studia Luigi), ma anche quello indiretto (è al prof.
Rossi che ho consegnato il compito), complementi di luogo e di tempo (è a Vienna che vorrei andare; è tra qualche mese che la cosa avverrà). Sembrerebbe analoga alla frase scissa la (utilizzate spesso nel parlato), in cui il verbo essere è preceduto dal ci attualizzante attualizzante ; anche in questa struttura il soggetto è rematico, ma anche la frase dopo il che è nuova dal punto di vista informativo (c’è un signore che chiede dell’avvocato).
Dal punto di vista sintattico le interrogative si distinguono in: (o polari): ammettono un (hai mangiato?) : che offrono (ti piace più il mare o la montagna?) : che , quale e quanto , dai chi , che , cosa e quanto e dagli quando , dove , come , perché (eventualmente introdotti a loro volta da preposizioni). Anche nelle interrogative valgono le proprietà di non esprimere il soggetto o di collocarlo sia prima sia dopo il verbo a seconda dei valori tematici o rematici. Nelle interrogative introdotte da un operatore , questo prende il posto dell'argomento: che cosa hai fatto ? VS hai fatto qualcosa qualcosa . Tra i fatti principali della frase interrogativa nell’italiano contemporaneo i più importanti sono: o al posto di che cosa; (dov’è che vai?) e di dislocazioni a destra (l’hai visto l’ultimo film di La
Verdone?); di
e
al posto di perché; ? nel senso di perché?.
Quando le frasi è di sono legate da
, si parla di (o periodo); se il tra (è venuta zia Roberta e mamma è uscita con lei ),), se (Francesco, che in questo periodo mi sembra
si parla di si parla di
); un po’ distratto, non ha capito il problema ); Si possono avere anche delle frasi che dipendono non dalla principale, ma da una secondaria (subordinazione di secondo, terzo grado eccetera). In italiano la quinto livello di subordinazione; il
è diffusa soprattutto nello invece la
, dove si può arrivare fino al , detta anche .
Nelle frasi principali il modo favorito è l’indicativo, mentre per le subordinate è frequente, oltre all’indicativo, il congiuntivo; nelle subordinate si hanno anche i modi indefiniti: l’infinito preceduto dalle
preposizioni a, di, da, per, il gerundio e il participio passato, che introducono subordinate temporali e causali; questo tipo di subordinate, con i modi indefiniti, sono dette implicite, in contrapposizione a quelle che presentano i modi finiti che sono dette esplicite.
è quella , ad un singolo della , detto antecedente o , a cui è riferito il pronome relativo che introduce la dipendente. Dal punto di vista sintattico le relative si distinguono in: Relative o restrittive), per (la squadra che ha vinto è la Juventus);
Relative
(o appositive), che possono essere
solo (la Juventus, che era reduce da una sconfitta, ha vinto ); dal punto di vista grafico le esplicite sono scritte tra due virgole.
Le sono dai che in italiano sono che , cui , quale/i (che può fungere anche da aggettivo); esistono relative senza antecedente, introdotte da chi . Il sistema italiano prevede • è usato come (quelle chiavi le ha dimenticate il cliente che è appena uscito) e (è questa la maglietta che hai comprato ieri?), ma anche come (maledetto il giorno che ti ho incontrato); , preceduto da , si per tutti gli altri . • Oltre al modello sintetico standard, esistono vari modelli di relativizzazione come quello che adotta un’unica forma, detto polivalente, che esprime esclusivamente la subordinazione e che quindi tende a perdere la funzione di pronome ( sono andata a trovare Maria, che il figlio si è laureato da un mese ).
Le varietà scritte CAPITOLO NONO L'ITALIANO SCRITTO, CHE DOVREBBE CORRISPONDERE ALLO STANDARD TRADIZIONALE PROPOSTO DALLE GRAMMATICHE, IN REALTÀ APPARE POCO LEGATO AI MODELLI OFFERTI DALLA LINGUA LETTERARIA TRADIZIONALE E PRESENTA DIFFERENZE SIGNIFICATIVE A SECONDA DELLE TIPOLOGIE TESTUALI, DOVE SI POSSONO RILEVARE UNA SERIE DI FENOMENI INNOVATIVI.
Il dello è stata la , almeno cominciato a perdere il suo ruolo guida, anche a causa della
quando la letteratura ha della .
Tra gli aspetti più notevoli dell’italiano contemporaneo segnaliamo:
La
a che si sono come (soprattutto, nonostante ). ). Per quanto riguarda , il numero dei che per differenziarsi dagli omofoni (dà, ché, dì, è, là, lì, né, sé, sì, tè). La (ci interessa prevale ora su c’interessa; viene fatto su vien fatto). La per evitare lo iato (ad, (ad, ed). , Per quel che riguarda l’insieme dei grafemi, si riscontra il (questo è x te, non ho + sonno, 6 bello). sta , anche nelle sigle (C.G.I.L. > Cgil). È in , non solo per le , ma anche per un con . Sembrano il e il
La morfologia dell’italiano scritto è è essenzialmente conforme alla grammatica ; i pron . egli, ella, essi, esso, essa ancora ; anche resta vivo come la tra (come compl. di termine ).). Anche il . Nello si rileva inoltre la con vendesi ). ). Lo scritto utilizza tutte le forme verbali disponibili.
La non marcata tuttavia sono le
; risulta , accanto al (affittasi,
tende a essere
maggiormente rispetto al parlato; mentre praticamente inesistenti sono sono quelle a destra e i a destra e temi sospesi; è la , che marca un cambiamento di tema. Per quanto riguarda il rapporto tra nomi e verbi, in alcuni tipi tipi di testo il il verbo svolge svolge solo una funzione di coesione , mentre il carico informativo si concentra sul nome; al contrario in altri tipi di testo, per lo più , il costituisce il e l’inizio dell’enunciato, in alcuni casi il (Elezioni, dubbi sulle date). Tradizionalmente lo la alla , inoltre lo scritto una di ecc. Nelle , molto diffuse nello scritto per lo più
La lingua delle opere letterarie è fortemente legata a scelte individuali. I testi letterari sono dei letterari sono testi “poco vincolanti”, vincolanti”, aperti a diverse interpretazione, interpretazione, spicca un uso particolare dei segni di punteggiatura , che possono interrompere la frase con effetto di ellissi e messa in rilievo; in altri
casi la punteggiatura tende a imitare la la prosodia del parlato; inoltre la narrativa recente fa largo uso del discorso indiretto e diretto libero. Sul piano morfosintattico manca spesso l’articolo e e l’aggettivo può può trovarsi in in una posizione precedente al nome . Dal punto di vista lessicale l’italiano letterario è molto ampio; spesso troviamo metafore , ecc. metonimie ecc.
“molto vincolanti ”, ”, i saggi “mediamente vincolanti ”. ”. L’italiano della prosa I trattati scientifici sono testi “molto tecnico-scientifica adotta una struttura testuale di tipo argomentativo , con l’ipotesi al congiuntivo (sia (sia dato... allora...). Tra i tecnicismi abbondano parole formate con confissi latini e greci . La sinonimia è praticamente inesistente. La lingua saggistica tende alla dialogicità e alla subordinazione.
I testi normativi fanno parte dei testi “molto vincolanti”. Il linguaggio è caratterizzato dall’ampi o ricorso
al passivo, dal rifiuto della sinonimia, dalla presenza di tecnicismi, aulicismi e latinismi. Il linguaggio burocratico si caratterizza per una sintassi molto elaborata, con notevole uso dei participi presenti; alcune congiunzioni sono tipiche di questo tipo di linguaggio (onde, ove). Frequenti anche le perifrasi (porre in essere), le nominalizzazioni (dare lettura), le locuzioni preposizionali (ai sensi di). Per quanto riguarda il lessico, notevole è la presenza di parole astratte e tecnicismi.
La lingua dei giornali varia a seconda del tipo di giornale sia a seconda del tipo di argomento trattato. Sul piano lessicale si rileva l’uso di formule stereotipate e neologismi; frequente anche il ricorso a metafore e
metonimie, a derivati e composti. Il linguaggio giornalistico fa inoltre largo uso di anglicismi. I giornali rappresentano uno dei maggiori canali di diffusione di linguaggi tecnici e specifici
Le scritture esposte sono quelle murali, le insegne. Le iscrizioni hanno per lo più carattere commemorativo, la loro loro lingua aderisce allo standard con qualche tratto
arcaicizzante (anteposizione (anteposizione
dell’aggettivo dell’aggettivo rispetto
al sostantivo, e dell’avverbio rispetto al
participio, predilezione per il passato remoto, la collocazione del verbo a fine frase. Carattere diverso hanno le scritture murali spontanee; esse sono spesso di carattere privato e autoreferenziale, spesso però sono anche slogan politici e calcistici.
è
sempre più spesso “ ”, usato per lo più da dialettofoni (madrelingua è dialetto ma sanno usare l’italiano appreso a scuola) per parlare con persone che non condividono lo stesso dialetto, per rivolge rsi all’autorità pubblica, per tenere diari o memorie. Nel parlato le maggiori caratteristiche di quest’italiano, oltre all’emersione della varie caratteristiche regionali, rileviamo frequenti errori nell’accentazione.
Nello scritto, oltre alle interferenze dialettali segnaliamo: Mancata percezione dei confini delle parole con frequenti univerbazioni di articoli , clitici e preposizioni (oltre (oltre ad alcuni casi di segmentazione impropria); Difficoltà nella resa delle doppie , spesso scempiate (tuttavia a volte vengono indebitamente raddoppiate);
Difficoltà nella resa dei nessi consonantici e frequente omissione della nasale; Presenza di errori di ortografia , in particolare sui punti critici della lingua come h , spesso omessa o aggiunta indebitamente ; l’esteso us o della q ; difficoltà per i fenomeni normalmente rappresentati con digrammi o trigrammi; Scarsa o impropria utilizzazione dei segni paragrafematici ; uso reverenziale improprio della maiuscola;
Sul
i fenomeni più rilevanti sono:
Tendenza a regolarizzare i paradigmi nominali e aggettivali per lo più con l’adozione di o/i nei maschili e a/e nei femminili; Scambi tra aggettivi e avverbi ; analitico di comparativi e superlativi sintetici ; Rafforzamento analitico Sovraestensione nell’uso Sovraestensione nell’uso del ci dativale , che assume anche il valore di a lui/lei/loro; nel centro è
generalizzato generalizzato l’uso di gli; Uso del possessivo suo anche del possessivo suo anche per la 3 pers. plur. A livello sintattico tra i fatti f atti peculiari segnaliamo:
estensioni di concordanza a senso (la gente applaudivano); Nelle frasi relative l’adozione del che polivalente e e la sovraestensione di dove ; Doppia presenza del clitico in perifrasi con i verbi modali (ti (ti devo dirti); costruito col doppio condizionale o o col doppio imperfetto congiuntivo . Periodo ipotetico costruito
i fenomeni più rilevanti sono: Malapropismi , cioè parole storpiate sul sul piano del significante per per accostamento ad altre parole
Nel
più note; L’uso di popolarismi espressivi; Preferenza per per strutture lessicali di tipo analitico .