Lo Zibaldone del povero Vic raccolta aperiodica di varia cultura riservata ad appassionati
Letteratura, storia. filosofia, costume, poesia.
A.D. 2012, anno 0, vol.I
Hanno collaborato a questo numero: corrispondenti corrispondenti stranieri stranieri
da Londra – A.Conan Doyle da Parigi – Guy de Maupassant da Atene – Platone da Lipsia – F.W.Nietzsche da Parigi – Ren é Descartes da Berlino – Artur Schopenhauer da Cheronea – Plutarco da Londra -Edward Gibbon da Parigi – Nicolas Poussin. Dall'Italia: Dall'Italia : I.U.Tarchetti,F.Verdinois,Fargo,A.R ennis, messer G.Provolone, G.Laudato,G.De Leonardis,V.Cuoco, M. Uda,V.Cambriglia,L.Menghini,V.Pa dula,Ida Lo Sardo,L.Capuana,G.Leopardi,E.Pil uso,P.Martino, F.Ferraro,E.Polatti,V.Algieri,F.Xavi er, M. Vicchio, P.Capalbo.
B. Franklin
Lo Zibaldone del povero Vic, pag.1
Qualche parola di presentazione. Editoriale.
Sommario. Racconti: L'imbuto di cuoio(A.C.Doyle), La paura (Guy de Maupassant),La letteraU(I.U.Tarchetti),Manos letteraU(I.U.Tarchetti),Manoscritto critto (F.V (F.Verd erdino inois) is),, Il gambe gambetto tto di Horwitz Horwitz (Fargo argo), ),Q Qualc ualcun uno o come ome Umber mberto to ( M.Vicchio),Quaderno a quadretti (A.Rennis), Guarito (messer G.Provolone). Filosofia: Crizia (Platone), Un modello di scrittura poetica.”La consolazione della filosofia” (G.Laudato), Del leggere e dello scrivere (F.W. Nietzsche), Discorso sul metodo ( Cartesio), Aforismi sulla saggezza della vita (A. Schopenhauer). Storia: Vite parallele (Plutarco), Declino e caduta dell'impero romano (E.Gibbon), Eredità Eredità latina, grecità grecità bizantina (G.De Leonardis), Saggio sulla Rivoluzione Napoletana del 1799 (V.Cuoco). Arte: Lettera ( Nicolas Poussin), Sui gusti dell'arte (M.Uda). Varie e Poesia: Nicolino (V.Cambriglia), Pensieri (L.Menghini),La primalezione di mio padre (V.Padula),Il Maestro interiore(I.Lo Sardo),Ascensioni umane (L.Capuana), Poesie:Xavier,E.Polatti,E.Piluso, Poesie:Xavier,E.Polatti,E.Piluso,P P.Capalbo.
Perché il titolo “Lo Zibaldone Zi baldone del povero Vic”? Nel Nel 1732 1732 Benj Benjam amin in Fran Frankl klin in fond fondòò un fogl foglio io,, denominato L' L Almanacco ' Almanacco del povero Riccardo, che andò in stampa per ben venticinque anni, diventando la quas quasii escl esclus usiv ivaa lettu lettura ra prof profan anaa di mili milion onii di americani dell'epoca. Il grande scienziato, inventore, musi musici cist sta, a,sc scac acch chis ista ta,, lett letter erat ato, o, poli politi tico co benc benché hé inizialmente povero in canna, riuscì col suo lavoro e ingegno a diventare il più grande propagatore di cultura del suo tempo, facendo della tipografia in cui lavorava una fucina di sapere. Lo Zibaldone che avete sotto gli occhi, lungi dal voler eguagliare il modello, vuole quindi essere soltanto un omaggio alla alla cultu cultura ra,, al sape sapere re,, alle alle molt moltep epli lici ci attiv attività ità dell dell'u 'uom omoo che che desi deside dera ra anda andare re oltr oltree il grig grigio iore re quot quotid idia iano no.. Il teso tesoro ro dell' dell'um uman anit itàà risi risied edee nell nellee produzioni delle menti che operano, che osservano, che riflettono, che lasciano tracce. Tali segni devono essere, di tanto in tanto, ripuliti dalla polvere ed estratti dall'o l'oblio al quale li condanna il marcia marciare/ re/mar marcir ciree quotid quotidian ianoo dell'u dell'uomo omo-au -autom toma, a, inconsapevole dell'oggi come dello ieri, prono alla pial pialla la ammic ammicca cant ntee del del disimp disimpeg egno no che che livel livella la inesorabilmente verso il basso ogni cosa. La prima e più vera libertà è dentro di noi, ma essa va protetta e coltivata perché molte sono le insidie che, come suadenti sirene, operano per soffocarla. Libert Libertàà piena, piena, dunque dunque,, sia di atting attingere ere al tesoro tesoro letterario dell'umanità che dare spazio a chi, oggi, impugna la penna oppure si china sulla tastiera per dare dare voce voce al propri proprioo pensie pensiero. ro. Vedrete edrete conviv convivere ere nello Zibaldone poeti e scrittori famosi con altri sconosciuti, professionisti della scrittura con neofiti, e sarete condotti a spaziare in campi distanti uno dall dall'a 'alt ltro ro;; ma nell nell'o 'ope pera ra c'è c'è un deno denomi mina nato tore re comune: la riscoperta e la valorizzazione del genio uman umano, o, che che supe supera ra seco secoli li e barr barrie iere re.. Scri Scrive veva va Foscolo: Il tempo con sue fredde ale vi spazza Fin le rovine, le Pimplèe fan lieti Di lor canto i deserti, e l'armonia Vince di mille secoli il silenzio, e oggi più che mai c'è bisogno d'armonia, dentro e fuori dell'uomo, affinché egli non diventi estraneo a se stesso e alla natura. Benvenuti allora nel nel mondo mondo dello dello Zibaldone Zibaldone e buona lettura! Marcello Vicchio
Lo Zibaldone del povero Vic, pag.2
Racconti di ieri L'arte del racconto è molto antica e diffusa nel mondo. In questa sezione troveranno troveranno posto racconti noti e meno noti di scrittori del passato di ogni latitudine, tutti accomunati dal desiderio di raccontare una storia, dal gusto del bello e del fantastico e dalla voglia di stupire. Cos'è, in fondo, un racconto se non un breve salto in una magica dimensione atemporale?
L'imbuto di cuoio Arthur Conan Doyle. Sir Sir A. C. Doyl Doylee è cono conosc sciu iuto to dall dallaa stra stragr gran ande de magg maggio iora ranz nzaa dei dei lett lettor orii per per il suo suo famo famosi siss ssim imoo personaggio, l'investigatore Sherlock Holmes. Non tutti sanno che Doyle,personalità incredibilmente eclettica, scrisse altri cinque romanzi di genere fantastico e una ventina di racconti dello stesso tenore, ispirati spesso dalla sua passione per l'occulto e lo spiritismo. Ne 'L'imbuto di cuoio' , scritto nel 1900, abbiamo uno splendido esempio di come possa essere sfruttata l'idea della visione onirica. Il mio amico, amico, Lionel Lionel Dacr Dacre, e, abitav abitavaa nell'A nell'Aven venue ue de Wagram, a Parigi. La sua casa era quella piccola, con la cancellata di ferro e il giardinetto davanti, che s'incontra sulla sinistra, venendo dall'Arco di Trionfo. Immagino che essa esistesse già molto tempo prima che il viale veniss venissee costru costruito ito,, poiché poiché i tegoli tegoli erano erano cospar cosparsi si di licheni, e i muri erano ammuffiti e scoloriti dagli anni. Sembrava Sembrava piccola vista dalla strada, cinque finestre finestre sulla facciata, se ben ricordo, ma sul retro si estendeva in un'unica, lunga sala. Era qui che Dacre teneva quella sing singola olare re bibl biblio iote teca ca di lett letter erat atur uraa occu occult lta, a, e quei quei bizz bizzar arri ri ogge oggett ttii che che cost costit itui uiva vano no il suo suo hobb hobbyy e il divert divertime imento nto dei suoi suoi amici. amici. Uomo Uomo ricco, ricco, dai gusti gusti eccentrici e raffinati, aveva speso la miglior parte della sua vita e della della sua fortuna fortuna mette mettendo ndo insieme insieme una raccolta privata, che si diceva unica nel suo genere, di opere talmudiche, cabalistiche e di magia, molte delle qual qualii assa assaii rare rare e di gran grande de valo valorre. I suoi suoi gust gustii tendevano al soprannaturale e all'orrido, e ho sentito dire che i suoi esperimenti nel campo dell'ignoto hanno pass passat atoo ogni ogni limi limite te di civi civilt ltàà e di dec decoro. oro. Con Con i suoiamici inglesi egli non parlava mai di queste cose, anzi si atteggiava a studioso e a grande esperto; ma un fran france cese se,, i cui cui gust gustii eran eranoo anal analog oghi hi ai suoi suoi,, mi ha assicurato che le più macabre delle messe nere si sono svolte in quella vasta sala, le cui pareti sono tappezzate da libri e da bacheche che la rendono simile a un museo. L'aspetto di Dacre era sufficiente a dimostrare che il suo profondo interesse in queste faccende psichiche era
intellettuale piuttosto che spirituale. Il volto massiccio non recava alcuna traccia di ascetismo, ma l'enorme cranio a cupola che spuntava al di sopra dei capelli ormai radi, simile a una vetta innevata circondata da una frangia di abeti, rivelava una grande forza mentale. La sua sapienza superava la sua saggezza, e la volontà era era di gran gran lunga lunga superi superiore ore al carat caratter tere. e. Gli occhi occhi piccol piccolii e vivaci vivaci,, profon profondam dament entee infoss infossati ati nel volto volto carnoso, brillavano di intelligenza e di un'insaziabile curiosità della vita, ma erano gli occhi di un sensuale e di un egoista. Ma basta col parlare di lui, poiché adesso egli è morto, povero diavolo, morto proprio quando era sicuro di avere finalmente scoperto l'elisir di lunga vita. Non è del suo complesso carattere che io voglio parlare, ma della della stran stranaa e inspie inspiegab gabile ile vicend vicendaa che avvenn avvennee durante la visita che gli feci nella primavera dell"82. Avevo conosciuto Dacre in Inghilterra, poiché le mie ricerche nella Sala Assira del British Museum si erano svolte nel medesimo tempo in cui egli stava tentando di attribuire un significato mistico ed esoterico alle tavole babi babilo lone nesi si,, e ques questi ti comu comuni ni inte intere ress ssii ci avev avevan anoo avvic vvicin inaati. ti. I prim primii casua suali comm commeenti nti si erano approfonditi in conversazioni quotidiane, e queste, a loro volta, si erano trasformate in qualcosa di simile all'amicizia. Avevo promesso di fargli visita, la prima volta che mi fossi recato a Parigi. All'epoca in cui potei adempiere alla mia promessa, abitavo in una villetta a Font Fontai aine nebl blea eau, u, e poic poiché hé i tren trenii dell dellaa sera sera eran eranoo scomodi, egli mi chiese di trascorrere la notte in casa sua. "Non ho che quel letto da metterle a disposizione" mi diss disse, e, indi indica cand ndoo un ampi ampioo diva divano no nel nel suo suo gran grande de salone salone.. "Spero "Spero che potrà potrà starc starcii comodo comodo." ." Era una singolare stanza da letto, quella, con le sue alte pareti tappezzate di volumi, ma non potevano esistere mobili più gradevoli per un amante di libri quale io ero, né vi è alcun profumo così attraente alle mie nari quanto quel tenue, leggero tanfo che emana da un libro antico. Lo assicurai che non avrei potuto desiderare una camera più piacevole, né un arredamento più congeniale. "Se l'arredamento non è né comodo né convenzionale, è perlom perlomeno eno costos costoso" o" commen commentò tò Dacre Dacre guarda guardando ndosi si attorn attorno. o. "Ques "Questi ti oggett oggettii che la circon circondan danoo mi sono sono costati quasi un quarto di milione. Libri, armi, gemme, intarsi, arazzi, quadri... non esiste un solo oggetto che non abbia la sua storia, e una storia
che gener generalm alment entee vale vale la pena pena raccon raccontar tare." e." Mentre Mentre parlava, egli era seduto da un lato del caminetto aperto, e io dall'altro. Alla sua destra si trovava lo scrittoio, sul cui piano una lampada proiettava proiettava un vivido vivido cerchio cerchio di luce dorata. In mezzo al tavolo c'era un palinsesto semiarrotolato, e attorno una collezione di strani oggetti. Fra ques questi ti,, nota notaii un gran grande de imbu imbuto to,, di quel quelli li che si adoperano per riempire i barili di vino. Pareva fatto di legno nero, e aveva il bordo di ottone scolorito. "Quello è un ogge oggett ttoo curi curios oso" o" comm commen enta tai. i. "Qua "Quall è la sua sua storia?" "Ah" "Ah" repli replicò cò "anch "anch'io 'io mi sono sono posto posto questa questa stessa stessa domanda. Darei non so che cosa per cono conosc scer erla la.. Lo pren prenda da in mano mano e lo esamini bene." Lo presi, e scoprii che ciò che io avevo creduto fosse legno era in real realtà tà cuoi cuoio, o, benc benché hé pros prosci ciug ugat atoo e indurito dagli anni. Era piuttosto grande come come imbu imbuto, to, e giudi giudica caii che che pote potess ssee contenere all'incirca un litro. Un bordo di ottone ne circondava il capo più largo, ma anche anche quello quello strett strettoo era rifini rifinito to in metallo. "Cosa gliene pare?" mi chiese Dacre. "Penso che sia appartenuto a un vinaio o a un birraio del Medioevo" risposi. "Ho visto dei fiaschetti di cuoio inglesi del diciassett diciassettesimo esimo secolo, secolo, che erano erano dello stesso colore e della stessa consistenza di questo imbuto." "Suppo "Suppongo ngo che la data data sia supper suppergiù giù la medes medesima ima"" confermò Dacre "e indubbiamente serviva per riempire un recipiente di un qualche liquido. Però se i miei sospetti sono fondati, era uno strano vinaio colui che se ne serviva, e un insolito barile che veniva riempito. Non notate qualcosa di strano sul beccuccio dell'imbuto?" Tenendolo alla luce, osservai che in un punto a una diecin diecinaa di centi centimet metri ri circa circa dal puntal puntalee di ottone ottone,, lo stretto collo dell'imbuto era tutto segnato e tagliuzzato, come se qualcuno avesse tentato di inciderlo con un coltello poco tagliente. Soltan Soltanto to in quel quel punto punto l'opac l'opacaa superf superfici iciee nera nera era era irruvidita. "Qualcuno ha tentato di tagliarne via il collo." "Lo chiamereste un taglio?" "E' strappato e lacerato. Ci deve essere voluta una certa forza per lasciare dei segni simili su un materiale così duro, qualsiasi fosse stato lo strumento. Ma lei cosa ne pensa? E' chiaro che ne sa più di quanto non abbia detto. detto."" Dacre Dacre sorris sorrise, e, e i suoi suoi occhie occhietti tti brilla brillaron ronoo divertiti. "Ha incluso la psicologia dei sogni fra i suoi dotti studi?" mi chiese. "Non "Non sape sapevo vo nepp neppur uree che che esis esiste tess ssee una una simi simile le psicologia." "Mio caro signore, quello scaffale sopra alla bacheca di gemm gemmee è pien pienoo di volu volumi mi,, da Alber Albertus tus Ma Magn gnus us in avanti, che trattano unicamente quel soggetto. E' una scienza in se stessa." "Una scienza di ciarlatani."
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"Il ciarlatano è sempre il pioniere. Dall'astrologo è nato l'astronomo, dall'alchimista il chimico, dal mesmerista lo psicol psicologo ogo sperim speriment entale ale.. Il ciarl ciarlata atano no di ieri ieri è il professore di domani. Anche delle cose così lievi e inconsistenti come i sogni, saranno col tempo ordinate e classificate. Quando quel tempo verrà, le ricerche dei nostri amici sullo scaffale laggiù non saranno più il pass passat atem empo po del del mist mistic ico, o, ma le fond fondam amen enta ta di una una scienza." "Anche supponendo che sia così, qual è il rapporto fra la scienza dei sogni e un grande imbuto nero bordato di ottone?" "Glielo dirò. Lei sa che io ho un agente che che è cost costan ante teme ment ntee alla alla rice ricerc rcaa di oggetti rari e curiosi per la mia collez collezion ione. e. Qualch Qualchee giorno giorno fa, egli egli ha sentito parlare di un mercante lungo uno dei "quais "quais", ", il quale quale aveva aveva acquis acquistat tatoo delle vecchie cianfrusaglie trovate in un armadio in un'antica casa dietro a rue Mathurin, nel Quartiere Latino. La sala da pranzo di questa vecchia casa è decorata con uno stemma, strisce rosse in campo argenteo, che si è dimostrato, dopo dopo un'ind un'indag agine ine,, essere essere il blason blasonee di Nicholas de la Reyne, un alto ufficiale di re Luigi XIV. Non vi è alcun dubbio che anche gli altri oggetti in quell'armadio rimontano ai lontani giorni di quel re. Se ne deduce, pertanto, che erano tutti proprietà di questo Nicholas de la Reyne, il quale era, a quanto mi risulta, il gentiluomo incaricato di far osservare ed eseguire le draconiche leggi di quell'epoca." "E con ciò?" "Ora "Ora le chiede chiederò rò di prende prendere re nuovam nuovament entee in mano mano l'imbuto e di osservarne il cerchio di ottone sull'imboccatura. Riesce a distinguervi delle lettere?" Vi Vi erano erano certa certamen mente te degli degli sgraf sgraffi, fi, quasi quasi cancel cancellat latii dal tempo. L'effetto che essi davano era di una serie di lettere, l'ultima delle quali somigliava vagamente a una B. "Non le sembra una B?" "Sì." "Anche a me. Anzi, non dubito minimamente che non si tratti di una B." "Ma il nobiluomo di cui avete parlato avrebbe avuto una R per iniziale." "Esattamente, è proprio questo il bello. Egli possedeva questo curioso oggetto, eppure esso recava le iniziali di un altro. Perché fece questo?" "Non riesco a immaginarlo; e lei?" "Be', potrei forse tirar a indovinare. Ha notato qualcosa disegnato un po' più avanti sul bordo?" "Direi che si tratta di una corona." "E' indubbiamente una corona; ma se lei la esamina in
piena luce, si convincerà che non è una normale corona. E' una una coro corona na aral araldi dica ca,, un embl emblem emaa nobi nobili liar are, e, e consiste in quattro perle e foglie di fragola alternate, e cioè cioè l'embl l'emblema ema di marche marchese. se. Ne possia possiamo mo dedurr dedurre, e, perciò, che la persona il cui nome cominciava per B aveva il diritto di fregiarsi di quella corona. "Allora questo comune imbuto di cuoio apparteneva a un marchese?" Dacre mi rivolse uno strano sorriso. "O a un membro della famiglia di un marchese" disse "Tutto ciò lo possiamo dedurre da questo bordo inciso." "Ma che cosa c'entra tutto questo con i sogni?" Non so se dipendesse dall'espressione sul volto di Dacre, o da un'impercettibile suggestione nel suo atteggiamento, ma un senso di repulsione, di inspiegabile orrore, mi assalì mentre guardavo quel vecchio pezzo di cuoio contorto. "Più di una volta ho ricevuto importanti informazioni attraverso i miei sogni" disse il mio compagno, col tono didattico che egli amava assumere. "Ne ho fatto una regola, adesso. Ogni qualvolta sono in dubbio riguardo a un dato dato materi materiale ale qualsi qualsiasi asi,, mentr mentree dormo dormo metto metto l'ogge l'oggetto tto in questi questione one accanto accanto a me. Spero Spero così così di venire in qualche modo illuminato. A me il procedimento non appare affatto oscuro, benché non abbia ancora ricevuto il riconoscimento della scienza ortodossa. Stando alla mia teoria, qualsiasi oggetto che sia stato intimamente legato a qualsiasi supremo parossismo di emozione umana, sia essa gioia o dolore, rima rimarr rràà impr impreegna gnato di una una certa erta atm atmosf osfera era o associazione che esso è in grado di comunicare a una mente mente sensib sensibile ile.. Quando Quando dico dico mente mente sensib sensibile ile,, non intendo dire anormale, ma una mente istruita e colta come la possediamo lei o io." "Vuol dire, per esempio, che se io dormissi accanto a quel quella la vecc vecchi hiaa spad spadaa sull sullaa pare parete te,, potr potrei ei sogn sognar aree qualche sanguinosa impresa alla quale partecipò proprio quella spada?" "Un ottimo esempio, perché, a dire la verità, ho usato appunto quella spada, e ho visto nel sonno la morte del suo proprietario, il quale perì in uno scontro armato, che non sono stato in grado di identificare ma che ebbe luogo all'epoca delle guerre dei Frondisti. Se ci pensa bene, alcune delle nostre usanze popolari dimostrano che il fatto fatto era era già conosciu conosciuto to dai nostri nostri antena antenati, ti, benc benché hé noi, noi, nell nellaa nost nostra ra sagg saggez ezza za,, lo abbi abbiam amoo classificato fra le superstizioni." "Per esempio?" "Be', l'usanza di mettere il dolce della sposa sotto al cuscino per assicurare al dormiente dei sogni piacevoli. Questo è uno dei tanti esempi che lei troverà elencati in una piccola "brochure" che sto scrivendo sull'argomento. Ma per tornare al punto, ho dormito una notte con questo imbuto accanto a me, ed ebbi un sogno che certamente getta una curiosa luce sul suo uso e la sua origine." "Che cos'ha sognato?" "Ho "Ho sognat sognato.. o..." ." Si interr interrupp uppe, e, e un'esp un'espres ressio sione ne di grande interesse si dipinse sul suo volto massiccio. "Per Giove, questa sì che è una buona idea" disse. "Sarà un esperi esperimen mento to del massim massimoo inter interess esse. e. Lei stesso stesso è un soggetto psichico, con i nervi che reagiranno
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prontamente a qualsiasi impressione." "Non mi sono mai sottoposto a una prova di questo genere." "E allora la sottoporremo stasera. Posso chiederle come grande grande favor favore, e, quando quando lei occupe occuperà rà questo questo divano divano stan stanot otte te,, di dorm dormir iree con con ques questo to vecc vecchi hioo imbu imbuto to appoggiato accanto al cuscino?" La richiesta mi parve grottesca; ma anch'io ho, nella mia complessa natura, una una aute autent ntic icaa fame fame per per tutt tuttoo ciò ciò che che è bizz bizzar arro ro e fantastico. Non avevo la minima fiducia nella teoria di Dacre, né alcuna speranza che un simile esperimento dess dessee dei dei frutt frutti; i; cion cionon onos osta tant ntee mi dive divert rtiv ivaa che che l'es l'espe peri rime ment ntoo veni veniss ssee fatt fatto. o. Dacr Dacre, e, con con gran grande de solennità, avvicinò un tavolinetto a un capo del divano, e vi appo appogg ggiò iò l'im l'imbu buto to.. Poi, oi, dopo opo una breve reve conversazione, mi augurò la buona notte e mi lasciò. Rimasi per un po' seduto accanto al fuoco morente, fumando e riflettendo sulla curiosa conversazione che si era era svol svolta ta,, e sull sullaa stra strana na espe esperi rien enza za che che fors forsee mi atte attend ndev eva. a. Per Per scet scetti tico co che che foss fossi, i, vi era era un che che di impressiona impressionante nte nella sicurezza sicurezza dell'atteg dell'atteggiame giamento nto di Dacre, e lo straordinario ambiente che mi circondava, l'enorme sala piena di strani e spesso sinistri oggetti, finì finì coll'i coll'incu ncuter termi mi un senso senso di solenn solennità ità.. Infine Infine mi svestii e, spento il lume, mi sdraiai. Dopo essermi a lungo rigirato, mi addormentai. Lasciate che tenti di descrivere, con la maggior precisione possibile, la scena che si presentò nei miei sogni. Spicca ancora oggi nella mia memoria, più vivida di qualsiasi cosa che io abbia visto con i miei occhi. Vi era una stanza che dava l'impressione di essere un sotter sotterra raneo neo.. Dai quattr quattroo angoli angoli si alzav alzavano ano volte volte a crociera. L'architettura era rozza, ma molto robusta. La stan stanza za face faceva va chia chiarramen amente te part partee di una una gran grande de costruzione. Tre uomini vestiti di nero, con bizzarri, enormi copricapo di velluto nero, erano seduti in fila su una pedana tappezzata di rosso. I loro volti erano molto solenn solennii e tristi tristi.. Alla Alla loro loro sinist sinistra, ra, si trovav trovavano ano due uomini vestiti di una lunga toga; avevano delle borse in mano, che parevano piene di carte. A destra, rivolta verso di me, era una piccola donna con i capelli biondi e singolari occhi di un azzurro chiarissimo: gli occhi di una bambin bambina. a. Aveva veva passat passatoo la prima prima giovin giovinez ezza, za, eppure non si poteva ancora definirla di mezza età. La sua figura era alquanto robusta, e il suo portamento fiduci fiducioso oso e arroga arrogante nte.. Il suo volto volto era era pallid pallido, o, ma sereno. Era uno strano volto, attraente eppure felino, con appena un accenno di crudeltà nella piccola bocca forte e diritta e nel mento grassoccio. Era avvolta in una specie di tunica, bianca e morbida. Un prete magro e ansioso le stava accanto, bisbigliandole nell'orecchio e sollevando continuamente un crocifisso davanti ai suoi occhi. La donna voltava la testa e guardava fissamente oltre il crocifisso verso i tre uomini in nero, i quali erano, ne ero certo, i suoi giudici. Mentre guardavo, i tre uomini si alzarono e dissero qualcosa, ma non potei
udire una sola parola, benché fossi consapevole che era quel quello lo in mezz mezzoo a parl parlar are. e. Poi Poi essi essi usci usciro rono no dall dallaa stanza, seguiti dai due uomini con le carte. Nello stesso istante, numerosi uomini dall'aspetto rozzo e vestiti di pesanti giubbotti entrarono e si misero a togliere prima il tappeto rosso, e poi le assi che formavano la pedana, in modo modo da sgom sgombr brar aree comp comple leta tame ment ntee la stan stanza za.. Quando questo impedimento fu tolto, potei vedere in fondo alla stanza degli strani pezzi di mobilia. Uno di questi pareva un letto, con dei rulli di legno alle due estremità, e una manovella per regolarne la lunghezza. Un altro era una cavalletta di legno. Vi erano altri curi curiosi osi ogge oggett tti, i, fra fra cui cui un cert certoo nume numero ro di cord cordee penden pendenti ti dal soffit soffitto, to, assic assicura urate te a pulegg pulegge. e. Il tutto tutto somigliava vagamente a una palestra dei nostri tempi. Quando la stanza fu sgombrata, un nuovo personaggio apparve sulla scena. Si trattava di un uomo alto e magro, vestito di nero, dal volto austero e macilento. Il suo aspetto mi fece rabbrividire. Aveva gli abiti lucidi di unto e cosparsi di macchie. Si muoveva con una lenta e terribile dignità, come se avesse preso comando della situazione dall'istante in cui era entrato. Nonostante il suo aspetto rozzo e il suo abito lurido, adesso era lui a comandare: la stanza era sua. Sul braccio sinistro portava un rotolo di corda leggera. La donna lo scrutò dalla testa ai piedi, ma la sua espressione rimase immutata. Era un'espressione di sicurezza, perfino di sfida. Ma non così il prete. Il suo volto si fece di un mortale pallore, e vidi il sudore luccicare e scendere lungo la sua fronte alta e inclinata. Sollevò le mani in gesto di preghiera e si chinò a borbottare frenetiche parole all'orecchio della donna. Ora l'uomo in nero avanzava, e prendendo una delle corde dal braccio sinistro, legò le mani della donna, la quale gliele porse docilmente. Poi l'uomo le afferrò un braccio ruvidamente e la condusse verso la cavalletta di legno, che era un po' più alta della vita di lei. Su questa ella fu alzata alzata e deposta supina, supina, con il viso rivolto rivolto al soffitto, mentre il prete, sopraffatto dall'orrore, fuggiva in fret fretta ta dall dallaa stan stanza za.. Le labb labbra ra dell dellaa donn donnaa si muovevano rapidamente, e benché io non potessi udire, sapeva che stava pregando. I suoi piedi pendevano uno di qua, uno di là, lungo i lati della cavalletta, e vidi che i rozzi assistenti avevano assicurato delle corde alle sue cavigl caviglie, ie, legand legandone one l'altr l'altroo capo capo agli agli anelli anelli di ferro ferro infissi nel pavimento di pietra. Mi sentii mancare, alla vista di questi funesti preparativi, eppure ero avvinto dal fascino dell'orrido, e non riuscii a staccare gli occhi dal macabr macabroo spetta spettacol colo. o. Un uomo uomo era entrat entratoo nella nella stanza recando due secchi d'acqua. Un altro lo seguiva con un terzo terzo sec secchi chio. o. I tre sec secchi chi venner venneroo depost depostii acca accant ntoo alla alla cava cavall llet etta ta di legn legno. o. Il seco second ndoo uomo uomo portava anche un ramaiolo di legno, una specie di ciotola dal lungo manico diritto, nell'altra mano. Lo porse all'uomo in nero. Nello stesso istante, uno degli assistenti si avvicinò con un oggetto scuro in mano, che anch anchee in sogn sognoo mi rie riempì mpì di un vago vago sens sensoo di familiarità. Era un imbuto di cuoio. Con mostruosa energia egli lo conficcò... ma non potei resistere più a lungo. Mi si drizzarono i capelli all'orrore. Mi
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contorsi,lottai, spezzai i vincoli del sonno e tornai con un grido nella mia propria vita, per trovarmi disteso, tremante di terrore, nell'enorme biblioteca, con la luce lunare che penetrava a fiotti dalla finestra e gettava strane ombre nere ed argentee sulla parete opposta. Oh, qual qualee sens sensoo di soll sollie ievo vo prov provai ai nel nel sent sentir iree che che ero ero tornato nel diciannovesimo secolo, tornato da quella cripta medioevale a un mondo dove gli uomini avevano cuori umani nel petto. Mi rizzai a sedere sul divano, tremando in tutto il corpo, con la mente divisa fra il sollievo e l'orrore. Pensare che simili cose fossero mai avve avvenu nute te,, che che pote potess sser eroo avve avveni nire re senz senzaa che che Dio Dio fulminasse i colpevoli! Era stata tutta una fantasia, o rappresentava davvero qualcosa che era accaduto nel periodo più oscuro e crudele della storia del mondo? Appoggiai il capo dolorante sulle mie mani tremanti. E allora, improvvisamente, mi parve che il cuore mi si fermasse nel petto, e non potei gridare, tale era il mio terrore. Qualcosa avanzava vers versoo di me nell nell'o 'osc scur urit itàà dell dellaa stan stanza za.. E quan quando do un terrore si assomma a un altr altroo terr terror ore, e, che che lo spir spirit itoo di un uomo uomo si spez spezza za.. Non Non riusc iusciv ivoo a ragi ragion onar are, e, non riuscivo riuscivo a pregare; pregare; potevo soltanto restare imm immobil obile, e, come come una una statua, statua, e fissare fissare la tenebrosa tenebrosa figur iguraa che avan avanza zava va nella vasta sala. Poi la figura figura si inol inoltr tròò nel nel bian bianco co ragg raggio io dell dellaa luna luna,, e pote poteii nuov nuovam amen ente te resp respir irar are. e. Era Era Dacr Dacre, e, e il suo suo volt voltoo mostrava che era spaventato quanto me. "E stato lei? Per l'amor del cielo, che cosa succede?" chiese con voce rauca. "Dac "Dacre re,, quan quanto to sono sono liet lietoo di vede vederl rla! a! Sono Sono stat statoo nell'inferno. Era spaventoso." "Allora è stato lei a gridare?" "Credo proprio di sì." "Il suo grido ha echeggiato per tutta la casa. I domestici sono rimasti terrorizzati." Accese la lampada con un fiammifero. "Credo che possiamo riattivare il fuoco" aggiunse, gettando dei ceppi sulla brace. "Santo cielo, amico mio, com'è bianco il suo viso! Si direbbe che abbia visto un fantasma." "E infatti ne ho visti più d'uno." "Dunque l'imbuto ha sortito il suo effetto?" "Non dormirei mai più vicino a quell'oggetto infernale per tutto l'oro del mondo." Dacre ridacchiò. "Prev "Prevede edevo vo che avrebb avrebbee passa passato to una notte notte agitat agitata" a" disse. "Ma sono stato punito, perché quel suo urlo non era molto piacevole da udirsi alle due del mattino. Argu Arguis isco co da quan quanto to mi dice dice che che ha visto visto tutt tuttaa la spaventosa vicenda."
"Quale spaventosa vicenda?" "La tortura dell'acqua, o il "Trattamento Straordinario", come veniva chiamata negli amabili giorni del Re Sole. Lei ha resistito fino alla fine?" "No, "No, graz grazie ie al ciel cielo, o, mi sono sono dest destat atoo prim primaa che che incominciasse per davvero." "Ah, è una fortuna per lei. Io resistetti fino al terzo secchio. Be', è una vecchia storia, e i protagonisti sono ormai tutti nella tomba, perciò che importanza ha il modo in cui ci sono arrivati? Suppongo che lei non abbia alcuna idea di cosa fosse quello che ha visto?" "La "La tort tortur uraa di qual qualch chee crim crimin inal ale. e. Quel Quella la donn donnaa dev'essere stata davvero una terribile delinquente, se i suoi suoi delitti delitti sono sono propor proporzio zionat natii alla alla punizi punizione one inflittale." "Infatti, "Infatti, abbiamo abbiamo questa questa piccola piccola consolazi consolazione" one" disse Dacre, avvolgendosi meglio nella veste da camera e accucciandosi più vicino al fuoco. "Erano proporzionati alla sua punizione. S'intende, se ho riconosciuto con esattezza l'identità della donna." "Com'è possibile che lei conosca la sua identità?" Per tutta risposta, Dacre tolse da uno scaffale un vecchio volume ricoperto in pergamena. pergamena. "Ascol "Ascolti ti questo questo"" disse. disse. "E' scritt scrittoo nel france francese se del diciassettesimo secolo, ma mentre leggo gliene darò darò una una trad traduz uzio ione ne appr appros ossi sima mati tiva va.. Lei Lei stes stesso so giudicherà se ho risolto o meno l'enigma. "La prigioniera venne portata davanti a uno speciale Giurì che agiva come tribunale, imputata dell'assassinio di Dreux d'Aubray, suo padre, e dei suoi due fratelli, uno dei quali tenente e l'altro consigliere del del Parl Parlam amen ento to.. A giud giudic icar aree dall dallaa sua sua pers person ona, a, semb sembra rava va dif diffici ficile le cre credere dere che che aves avesse se davv davver eroo commesso delle simili malvagità, poiché era di aspetto mite, e di piccola statura, con una carna carnagio gione ne chiar chiaraa e occhi occhi azzur azzurri. ri. Eppure Eppure la Corte, Corte, avendola trovata colpevole, la condannò al trattamento ordinario e straordinario, in modo da costringerla a fare i nomi dei suoi complici, dopo di che un carro l'avrebbe traspo trasporta rtata ta alla alla place place de Grève, Grève, dove dove le avrebb avrebber eroo tagliato la testa, per bruciarne poi il corpo e spargerne le ceneri al vento." "Questa annotazione è datata 16 luglio, 1676." "E' molto interessante" replicai "ma non convincente. Come Come può dimost dimostrar raree che si tratti tratti della della medesi medesima ma donna?" "Ci sto arrivand arrivando. o. Il racco racconto nto proseg prosegue, ue, e narra narra il comportam comportamento ento della donna durante durante l'interro l'interrogator gatorio. io. "Quando il boia le si avvicinò, ella lo riconobbe dalle corde che teneva in mano, e subito gli tese le proprie mani, scrutandolo dalla testa ai piedi senza profferire parola." Cosa ne dice?" "Sì, era proprio così." "Essa guardò, senza distogliere lo sguardo, la cavalletta di legno e gli anelli che avevano straziato tante persone e provocato tante grida di agonia. Quando
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i suoi occhi caddero sui tre secchi d'acqua, che erano lì pronti per lei, ella disse con un sorriso: "Tutt "Tuttaa quell' quell'ac acqua qua dev'es dev'esser seree stata stata portat portataa qui allo allo scopo scopo di affog affogar armi, mi, signor signore. e. Non avete avete intenz intenzion ione, e, spero, di costringere una persona piccola come me a ingoiarla tutta". "Devo leggere i particolari della tortura?" "No, per l'amor del cielo, non lo faccia." "Ecco qua una frase che sicuramente vi dimostrerà che ciò che è riportato qui si riferisce alla medesima scena alla quale ha assistito stanotte: "Il buon Abate Pirot, incapace di contemplare le agonie sofferte dalla sua penitente, si affrettò a uscire dalla stanza". Questo la convince?" "Assolutamente. Non può sussistere alcun dubbio che non si tratti della stessa persona. Ma chi è dunque questa donna il cui aspetto era così attraente, e la cui fine fu tanto orribile?" Per tutta risposta Dacre mi si avvicinò, e appoggiò la lampada sul tavolino che era accanto al mio letto. Sollevando l'infausto imbuto, ne voltò il bordo di ottone in modo che la luce lo colpisse in pieno. Vista così, l'incisione sembrava più chiara di quanto non lo fosse stata la sera precedente. "Abbiamo già convenuto che questo è l'emblema di un marchese o di una marchesa" disse. "Abbiamo anche stabilito che l'ultima lettera è una B." "Tutto ciò è indubbio." "Mi permetto ora di suggerirle che le altre lettere da sinistra a destra sono: M, M, una d minuscola, A, una d minuscola, e poi la B finale." "Sì, sono certo che lei ha ragione. Riesco a vedere chiaramente le due d minuscole." "Ciò che le ho letto stasera" disse Dacre "è il resoconto ufficiale del processo di Marie Madeleine d'Aubr d'Aubray ay,, Marche Marchesa sa di Brinvi Brinvilli lliers ers,, una delle delle più famose avvelenatrici e assassine di tutti i tempi." Rimasi in silenzio, sopraffatto dalla straordinaria natura della vicenda, e dalla completezza dell'evidenza con cui Dacre ne aveva esposto il vero significato. Ricordavo vagamente alcuni particolari della carriera della donna, la sua sua depr deprav avaz azio ione ne senz senzaa limi limiti ti,, la sua sua fred fredda da e prolungata tortura del padre ammalato, l'assassinio dei fratelli per meschini motivi di lucro. Rammentai anche che il suo coragg coraggios iosoo compor comportam tament entoo di front frontee alla alla mort mortee avev avevaa in qual qualch chee modo modo fatt fattoo amme ammend ndaa per per l'or l'orro rore re dell dellaa sua sua vita vita,, e che che tutt tuttaa Pari Parigi gi era era stat stataa solidale con lei nei suoi ultimi istanti, benedicendola come come una martir martire, e, quando quando pochiss pochissimi imi giorni giorni prima prima l'avevano maledetta come un'assassina. Mi venne in mente una sola obiezione. "Come mai le sue iniziali e il suo stemma finirono su quell'imbuto? Non posso credere che i suoi giustizieri portassero il loro medioevale rispetto per la nobiltà al punto da decorare gli strumenti di tortura con i loro titoli." "Anch'io mi sono posto la stessa domanda" replicò
Dacre "ma mi pare che sia facilmente spiegabile. Il caso destò a quell'epoca un interesse eccezionale, e niente di più naturale che "La Reyne", capo della polizia, abbia serbat serbatoo questo questo imbuto imbuto quale quale macabr macabroo ricord ricordo. o. Non succedeva spesso che una marchesa di Francia fosse sottoposta al trattamento straordinario. Che egli vi incidesse le iniziali di lei ad uso dei posteri, mi pare un atto molto normale da parte sua." "E ques questi ti?" ?" chie chiesi si,, indi indica cand ndoo i segn segnii sul sul coll colloo dell'imbuto. "Que "Quell llaa donn donnaa era era una una vera vera tigr tigre" e" diss dissee Dacr Dacre, e, allontanandosi. "Mi pare evidente che, come le altre tigri, i suoi denti fossero sia robusti che affilati."
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La paura. Guy De Maupassant.
Henri-Re Henri-Renè-Al nè-Albertbert-Guy Guy de Maupassan Maupassantt nacque nacque nel castello di Miromesnil-Normandia, da Gustave, nobile di provincia, e da Laure Le Poittevin, il 5 agosto 1850. Dalla madre, donna molto colta, ereditò l'amore per le espr espres essi sion onii arti artist stic iche he ment mentrre la pass passio ione ne per per la letteratura gli fu trasmessa da Gustave Flaubert, amico di famigl famiglia. ia. Dopo Dopo un period periodoo di leva leva nell'e nell'eser sercit citoo francese, trovò un impiego nel Ministero della Pubblica Istruzione, lavoro che agli inizi del 1880 lasciò per dedicarsi completamente alla scrittura, entrando nel circolo letterario che gravitava attorno a Emile Zola. Scrisse circa trecento racconti, sei romanzi e numerose opere opere minori minori che gli fruttaro fruttarono no notorietà notorietà e denaro. denaro. Ammalatosi di sifilide, e colpito dalle sue complicanze psi psich chic iche he più più grav gravi, i, morì morì foll follee in una una clin clinic icaa psichiatrica di Parigi, all'età di quarantatré anni. Molti suoi racconti hanno come tema la follia, tanto che viene da chiedersi quanta parte abbia avuto la sifilide nella sua produzione letteraria. Questo racconto ha come tema la paura; non quella che provoca subitaneo panico e fuga, bensì la sensazione oppressiva sottile e cost costan ante te,, e per per ques questo to più vele veleno nosa sa,, che che inva invade de lentamente le vene e persiste nell'anima. n ell'anima. Risalimmo sul ponte, subito dopo la cena. Davanti a noi il Mediterraneo non aveva un’increspatura su tutta la parte visibile, marezzata marezzata di luna. Il grande piroscafo piroscafo continuava la sua rotta gettando nel cielo seminato di stelle un gran serpente di fumo nero; dietro di noi l’acqua bianchissima, mossa dal veloce passaggio del bastim bastiment ento, o, battut battutaa dall’e dall’elic lica, a, era tutta tutta una spuma, spuma, semb sembra rava va s’av s’avvo volg lges esse se su se stes stessa sa prov provoc ocan ando do innumerevoli scintillii simili al bollore d’una liquida
luce di luna. In sei o sette ce ne stavamo lì in silenzio e pieni pieni di ammira ammirazio zione, ne, con lo sguard sguardoo rivolt rivoltoo verso verso l’Africa ancora lontana e dove ci stavamo dirigendo. Il Comandante, che stava fumando un sigaro in mezzo a noi, all’improvviso riprese una conversazione che era cominciata durante la cena. «Già, quel giorno ho avuto paura. Per sei ore la mia nave era rimasta con quello scoglio conficcato dentro, battut battutaa dal mare mare in contin continuaz uazion ione. e. Verso erso sera, sera, per fortuna, fummo raccolti da una carboniera inglese che ci aveva avvistati.» Un uomo alto col viso abbronzato e l’aspetto serio, una di quel quelle le pers person onee che che si capi capisc scee subi subito to abbi abbian anoo attra attraver versat satoo grandi grandi paesi paesi sconos sconosciu ciuti, ti, tra contin continui ui perico pericoli, li, e il cui occhio occhio sereno sereno sembra sembra conser conservar varee qual qualch chee cosa cosa,, nell nellaa sua sua prof profon ondi dità tà,, degl deglii stra strani ni paes paesag aggi gi che che ha vedu veduto to,, un uomo uomo inso insomm mmaa ben ben temprato dal coraggio, entrò allora per la prima volta nella nostra conversazione. «Comandante, lei dice d’aver avuto paura? Non lo cred credo. o. Fors Forsee equi equivo voca ca sull sullaa paro parola la o fors forsee sull sullaa sensazione che ha provato. Un uomo coraggioso non ha mai mai paur pauraa nell nell’i ’inc ncom ombe bere re d’un d’un peri perico colo lo.. È emozionato, agitato,nervoso; ma la paura è un’altra cosa.» Il Comandante replicò ridendo: «Acc «Accid iden enti ti!! E inve invece ce le gara garant ntis isco co che che ho avut avutoo paura>>
Allora Allora l’uomo l’uomo abbro abbronza nzato to aggiun aggiunse se parlan parlando do con con estrema lentezza: «Mi «Mi perm permet etta ta di spie spiega garm rmi. i. La paur pauraa – anch anchee gli gli uomi uomini ni più più cora coragg ggio iosi si poss posson onoo prov provar arla la – è un sentimento orrendo, una sensazione atroce, simile alla decomposizione dell’anima, uno spasimo spaventoso del del pens pensie iero ro e del del cuor cuore, e, il cui cui sempl semplic icee rico ricord rdoo provoca brividi d’angoscia. Ma, quando si è coraggiosi di natura, questo non avviene né davanti a un attacco perico pericolos loso, o, né davant davantii a una morte morte inevit inevitabi abile, le, né davanti a tutte le forme note del pericolo: ha luogo in circostanze anormali, sotto certe influenze misteriose, di fronte a rischi indefiniti. La vera paura è simile al ricordo dei terrori fantastici d’un tempo. Un uomo che crede ai fantasmi e che s’immagina di scorgere uno spettro nella notte, lui sì che proverà la paura in tutto
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il suo orrore. Io ho intuito cos’era la paura in pieno giorno, circa dieci anni fa. L’ho provata l’in l’inve vern rnoo scor scorso so dura durant ntee una una nott nottee del del mese mese di dicemb dicembre. re. Eppure Eppure m’ero m’ero trovat trovatoo in frange frangenti nti e in avventure che parevano mortali. Ho combattuto spesso. Sono stato lasciato per morto dai banditi. Sono stato condannato all’impiccagione come insorto in America e gettato in mare aperto dal ponte d’una nave in Cina. Ogni Ogni volt voltaa mi son son cred credut utoo spac spacci ciat atoo e mi sono sono rassegnato subito; senza commozione e anche senza rimpianti. Ma questa non è la paura. Io l’ho presentita in Africa. Eppure essa è figlia del Nord: il sole la dissip dissipaa come come una nebbia nebbia.. Fate Fate attenz attenzion ionee a questo questo,, signori. Per gli orientali la vita non conta niente: si è subito rassegnati; le notti sono chiare e senza le cupe inquietudini che opprimono gli uomini dei paesi freddi. In Oriente si può conoscere il panico, si ignora la paura. Ebbene, ecco quel che m’è accaduto in terra d’Africa. Attraversavo le grandi dune a sud di Ourgla. È uno dei più strani paesi della terra. Voi conoscete la sabbia sabbia distesa, distesa, la sabbia sabbia delle interminabili interminabili spiagge oceaniche. Adesso figuratevi che l’oceano sia diventato sabb sabbia ia in mezz mezzoo a un urag uragan ano: o: imma immagi gina nate tevi vi una una tempesta silenziosa di immobili onde di polvere gialla. Sono Sono alte alte come come mont montag agne ne,, ques queste te onde onde ineg inegua uali li,, diverse, sollevate in alto come cavalloni, ma ancora più grandi e striate come un’immensa pezza di amoerro. Su questo mare furioso, muto e apparentemente immobile, il divo divora rant ntee sole sole del del Sud spar sparge ge la sua sua fiam fiamma ma implacabile e diretta. Bisogna oltrepassare queste onde di cenere dorata, ridiscendere e ancora salire, salire senza senza sosta, sosta, senza riposo riposo e senza senza ombra. ombra. I cavall cavallii ranto rantolan lano, o, sprofo sprofonda ndano no fino fino al ginocc ginocchio hio e poi si lasciano scivolare quando raggiungono l’altro versante di queste queste sorpre sorprende ndenti nti collin colline. e. Eravam Eravamoo due amici amici seguiti da otto spahis e da quattro cammelli coi loro guidat guidatori ori.. Non parlav parlavamo amo,, oppre oppressi ssi dall’a dall’afa fa,, dalla dalla stanch stanchez ezza, za, inari inaridit ditii dalla dalla sete sete come come quel quel desert desertoo ardente. D’improvviso uno dei nostri uomini lanciò uno strano grido: tutti si fermarono e restammo senza muover muoverci, ci, sorpre sorpresi si da un fenom fenomeno eno inespl inesplic icabi abile, le, conosc conosciut iutoo solo solo da chi viaggi viaggiaa in quelle quelle sperdu sperdute te contrade. Chissà dove, eppure vicino a noi, da una direzione che non si riusciva a determinare, rullava un tamburo: il misterioso tamburo delle dune. Rullava distintamente, ora più ora meno vibrante, inte interr rrom ompe pend ndos osii ogni ogni tant tanto, o, ma subi subitto dop dopo ripr ripren ende dend ndoo il suo suo ritm ritmoo fant fantas asti tico co.. Gli Gli arab arabi, i, spaventati, si guardarono tra loro e uno disse nella sua lingua: “Sopra di noi c’è la morte!”. Ed ecco che all’improvviso il mio compagno e amico, più che un frat fratel ello lo per per me, me, cadd caddee da cava cavall lloo a test testaa in giù, giù, fulminato da una insolazione. E per due ore, mentre cerc cercav avoo inut inutil ilme ment ntee di salv salvar arlo lo,, quel quel tamb tambur uroo misterioso m’echeggiò nelle orecchie col suo ritmo monotono, intermittente e incomprensibile. Io sentivo insinuarmisi nelle ossa il terrore, la vera paura, la paura
schi schifo fosa sa,, dava davant ntii a quel quel cada cadave vere re,, in quel quella la buca buca incendiata dal sole, tra quattro montagne di sabbia, mentre un’eco sconosciuta ripercuoteva contro di noi, a duecento leghe da qualsiasi villaggio, il rullo veloce del tamburo. Quel giorno compresi che cosa sia aver paura, e lo seppi anche meglio un’altra volta...». Il Comandante interruppe il narratore: «Scusi, signore, ma quel tamburo... Che cos’era?». «Non ne so nulla. Nessuno lo sa. Gli ufficiali, sorpresi da quel rumore singolare, ne attribuiscono la causa a un’eco ingrandita, smisuratamente ampliata dagli avvallamenti delle dune e prod prodot otta ta da una una gran grandi dina nata ta di gran granii di sabb sabbia ia traspo trasporta rtati ti dal vento vento a urtare urtare contro contro qualch qualchee ciuff ciuffoo d’erba secca, poiché s’è osservato che il fenomeno si produce sempre vicino a certi arbusti arsi dal sole e duri duri come come cartap cartapest esta. a. E dunque dunque quel quel tambur tamburoo non sarebbe che una sorta di miraggio, un miraggio sonoro. Tutto qui. Ma questo lo seppi soltanto più tardi. Vengo alla mia seconda emozione. Accadde l’inverno scorso, in un bosco della Francia nordorientale. La notte era scesa con due ore d’anticipo, tanto scuro era il cielo. In un sentiero molto stretto avevo per guida un contadino che camminava al mio fianco, sotto una cupola di abeti, da cui un vento scatenato traeva lunghi lamenti. Fra le cime dei monti distinguevo correre nuvole in rotta, certe nuvole impazzite che sembrava scappassero incalzate dal terrore. A tratti tutto il bosco sembrava inclinarsi con un gemito di sofferenza sotto una raffica di vento molto forte; e il freddo mi passava da parte a parte nonostante il passo rapido e le vesti pesanti. Dovevamo andare a cena e fermarci a dormire da una guardia forestale. La casa non era molto lontana da
lì e io ci andavo per cacciare. Di quando in quando la mia guida alzava ava gli occh cchi e borbottava: borbottava: “Diavolo “Diavolo d’un tempaccio!”. Poi mi parlò della famiglia che ci avrebbe ospitato. Il padre aveva ucciso un bracconiere due anni prima, e da allora era sempre cupo, come se fosse ossessionato da quel ricordo. I suoi due figli, entrambi sposati, vivevano con lui. lui. Le tenebr tenebree erano erano profon profonde. de. Non vedevo vedevo niente niente davanti davanti a me, né intorno intorno a me. Tutto Tutto il frascame frascame degli alberi si urtava in continuazione e riempiva la notte d’un continuo fruscio. Finalmente scorsi una luce e subito il mio compagno bussava a una porta. Come risposta arrivarono acute grida di donne; poi una voce maschile, una voce rauca rauca domandò: “Chi è?”. La mia guida disse il suo nome. Entrammo. Mai dimenticherò quel quel che che vidi vidi.. Un vecc vecchi hioo dai dai capel apelli li bian bianch chi, i, dall’ dall’occ occhio hio folle, folle, con un fucil fucilee caric caricoo in mano, mano, ci aspettava in mezzo alla cucina, mentre due giovanotti armati di scure erano di guardia ai lati della porta. Negli angoli oscuri in fondo alla stanza distinsi due donne inginocchiate col viso rivolto verso il muro. Demm Demmoo le spie spiega gazi zion onii nece necess ssar arie ie.. Il vecc vecchi hioo riappoggiò il fucile alla parete e ordinò che mi fosse preparata una stanza: ma poi, visto che le due donne non si muovevano, dette questa brusca spiegazione: “Sa, signore? Sono due anni stanotte da quando ho ammazzato un uomo. L’anno scorso è venuto a
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chia chiama marm rmi. i. E così così l’as l’aspe pett ttoo anch anchee ques questa ta nott notte” e”.. Concluse con un tono che provocò il mio sorriso: “Ecco perché non siamo tranquilli”. Feci Feci del del mio mio megl meglio io per per rass rassic icur urar arlo lo.. Ero Ero feli felice ce d’essere arrivato proprio quella sera e di poter assistere a quello spettacolo di terrore superstizioso. Mi misi a raccontare qualche storiella e così mi riuscì di calmare, almeno un poco, tutta la famiglia. Accanto al focolare un vecchio cane, mezzo cieco e baff baffut uto, o, uno uno di quei quei cagn cagnac acci ci che che somi somigl glia iano no a qualcuno di nostra conoscenza, dormiva, col muso tra le zampe. zampe. Una tempes tempesta ta senza senza requi requiee percuo percuotev tevaa il casolare e da un finestrino stretto stretto, proprio uno spiraglio accanto alla porta, vedevo alla luce dei lampi un gruppo di alberi scompigliato dal vento. Nonostante tutt tuttii i miei miei sfor sforzi zi,, perc percep epiv ivoo chia chiara rame mente nte che che un profondo terrore dominava gli animi di quelle persone. Ogni volta che smettevo di parlare tutte le orecchie si tendevano verso un punto molto lontano. Stanco di assistere a quei vani spaventi, stavo per chiedere di andar a dormire, quando la vecchia guardia forestale balzò improvvisamente dalla sedia e riafferrò il fucile sussur sussurra rando ndo con eviden evidente te smarri smarrimen mento: to: “Eccol “Eccolo! o! eccolo! Lo sento!”. Le donne tornarono a inginocchiarsi nel loro angolo nascondendo il viso; i figli impugnarono di nuovo le scur scuri. i. Mi prep prepar arav avoo a calm calmar arli li anco ancora ra una una volt volta, a, quando d’improvviso si risvegliò il cane addormentato e, tendendo il collo verso il fuoco e guardandolo con l’occhio quasi spento, emise uno di quei lugubri ululati che la sera spaventano in campagna i viandanti. Tutti ci volgem volgemmo mo a guarda guardarlo rlo:: era rimast rimastoo immobi immobile, le, ritto ritto sull sullee zamp zampe, e, come come in pred predaa a una una visi vision one. e. Poi rico ricomi minc nciò iò a urla urlare re vers versoo una una cosa cosa invi invisi sibi bile le e spaventosa perché tutto il pelo gli s’era rizzato. Livido in volto, la guardia gridò: “Lo sente! Lo sente! Mi ha visto ucciderlo!”. Anche le due donne si misero a urlare come forsennate, all’unisono col cane. Mio Mio malg malgra rado, do, un briv brivid idoo mi cors corsee tra tra le spal spalle le,, lunghissimo. La visione di quell’animale a quell’ora e in mezzo a quella gente terrorizzata era spaventosa. Per un’ora un’ora inter interaa il cane cane ululò ululò senza senza muover muoversi, si, come come nell’angos nell’angoscia cia d’un sogno premonitor premonitore. e. La paura, paura, la schifosa paura m’invase. Paura di che cosa? Lo sapevo fors forse? e? Era Era la paur paura, a, tutt tuttoo qui. qui. I nost nostri ri visi visi eran eranoo violacei violacei nell’immob nell’immobilità ilità e nell’attes nell’attesaa di qualcosa qualcosa di tremendo, tremendo, con l’orecc l’orecchio hio teso, il cuore cuore in tumulto, tumulto, sempre più sconvolti a ogni minimo rumore. Il cane si mise a girare attorno alla stanza, fiutando i muri e cont contin inua uand ndoo a mugol mugolar are. e. Quel Quella la best bestia ia ci face faceva va impazzire! Allora il contadino che mi aveva fatto da guida, in una specie di parossismo furibondo, gli si buttò addosso, l’afferrò e la gettò fuori in un cortiletto inte intern rno. o. Il cane cane tacq tacque ue di colp colpo, o, noi noi rima rimane nemm mmoo imme immers rsii in un sile silenz nzio io anco ancorr più più terr terrif ific ican ante te.. D’improvv D’improvviso iso sussultamm sussultammoo tutti insieme: insieme: qualcuno qualcuno
strisciava contro il muro esterno, dalla parte del bosco; poi poi pass passòò vers versoo la port porta, a, semb sembrò rò sfio sfiora rarl rlaa con con manotremula. Per due minuti non sentimmo più alcun rumore, due minuti che ci portarono alla soglia della demenza; quindi quella presenza misteriosa tornò a sfiorare il muro e grattò leggermente come farebbe un bambin bambino, o, con l’ungh l’unghia ia d’un d’un dito. dito. All’im All’impro provvi vviso so apparve contro il vetro del finestrino una testa bianca, con occhi luminosi come quelli delle belve. E dalla boc bocca uscì uscì un suono uono indi indist stin into to,, un mor mormor morio lame lament ntos oso. o. Fu un atti attimo mo.. Un frag fragor oree impr improv ovvis visoo rimbom rimbombò bò nella nella cucina cucina.. La vecchi vecchiaa guardi guardiaa aveva aveva sparato. E subito i figli si precipitarono, tapparono lo spiraglio rizzandovi contro il grande tavolo, che poi puntellarono con la credenza. Vi giuro che allo scoppio dell dellaa fuci fucila lata ta che che non non m’as m’aspe pett ttav avoo ebbi ebbi una una tale tale angoscia nel cuore, nell’animo e nel corpo che mi sent sentii ii manc mancar are, e, pros prossi simo mo a mori morire re di terr terror ore. e. Restammo così in attesa sino all’aurora, incapaci di muoverci, di dire una sola parola, contratti da un orrore senza nome. Osammo rimuovere la barricata soltanto quando quando scorg scorgemm emmoo dalla dalla fessu fessura ra di un’imp un’imposta osta un pallido raggio di luce. Ai piedi del muro, contro la porta, porta, giaceva giaceva il vecchio vecchio cane cane col muso sfracella sfracellato to dalla fucilata. Era uscito dal cortiletto scavandosi un varco sotto la palizzata.» L’uomo dal volto abbronzato tacque, poi soggiunse: «Que «Quell llaa nott nottee non non cors corsii alcu alcunn peri perico colo lo,, eppu eppure re preferirei rivivere tutte le ore nelle quali ho affrontato situazioni davvero terribili piuttosto che il solo istante di quella fucilata sparata contro la testa villosa apparsa nello spiraglio>>
Lo Zibaldone del povero Vic, pag.10
La lettera U (Manoscritto d'un pazzo) Iginio Ugo Tarchetti
Igino Pietro Teodoro Tarchetti Tarchetti nacque a san Salvatore Monferrato (AL) nel 1839. Si arruolò giovanissimo nell nell'e 'ese serrcito cito e viss vissee a Vares aresee e poi poi a Parm Parma. a. Trasferitosi a Milano nel 1865, ammalato di tisi, entrò ben presto nel movimento culturale ale della Scapigliatura, del quale fu uno dei massimi esponenti. Gli Gli scapi scapigl glia iati ti eran eranoo anim animat atii da uno uno spiri spirito to di ribe ribell llio ione ne nei nei conf confrronti onti del del perb perben enis ismo mo stat static icoo bor borghes ghese. e. Essi Essi erano rano tena tenaci ci oppo opposi sito tori ri sia sia del del Rom Romant antic icis ismo mo ital italia iano no,, che che giud giudic icav avan anoo esse essers rsii trasformato in pura esteriorità, esteriorità, languida e inutile, che del provi provinci nciali alismo smo della della cultur culturaa risor risorgim giment entale ale.. Aff Affas asci cina nati ti dall dalloo psic sichism hismo, o, gli gli scap scapiiglia gliati ti impers impersona onaro rono no la rivolta rivolta dell'u dell'uomo omo sensibi sensibile le nei conf confrronti onti di una una soci societ etàà mala malata ta di immo immobi bili lism smoo stantio, stantio, disprezza disprezzando ndo norme norme e convinzio convinzioni ni e dando corpo alla figura dell'artista dissoluto che bruciava le tappe della vita, bruciandosi a sua volta. Tarchetti , che aveva assunto il nome Ugo in onore a Foscolo, morì morì di feb febbr bree tifo tifoid idee a Mila Milano no,, nel nel 1869. 1869. Per Per commentar commentaree questo questo racconto racconto è sufficiente sufficiente una sola parola, che poi descrive d escrive anche lo scrittore:geniale! scrittore:geniale! U! U! Ho io scritt scrittoo questa questa letter letteraa terrib terribile ile,, questa questa vocale vocale spaven spaventos tosa? a? L'ho L'ho io deline delineat ataa esa esatta ttamen mente? te? L'ho L'ho io tracciata in tutta la sua esattezza tremenda, co' suoi profili fatali, colle sue due punte detestate, colla sua curva abborrita? Ho io ben vergata questa lettera, il cui suono mi fa rabbrividire, la cui vista mi riempie di terrore? Sì, io l'ho scritta. Ed eccovela ancora: U Eccola un'altra volta U
Guar Guarda date tela la,, affi affiss ssat atel elaa bene bene - non non trem tremat ate, e, non non impallidite - abbiate il coraggio di sostenerne la vista, di osse osserv rvar arne ne tutte tutte le part parti, i, di esam esamin inar arne ne tutt tuttii i dettagli, di vincere tutto l'orrore che v'ispira.... Questo U!... questo segno fatale, questa lettera aborrita, questa vocale tremenda! E l'avete ora veduta?... Ma che dico?... Chi di voi non l'ha veduta, non l'ha scritta, non l'ha pronunciata le mille volte? - Lo so; ma io vi domanderò bensì: chi di voi voi l'ha l'ha esam esamin inat ata? a? chi chi l'ha l'ha anal analiz izza zata ta,, chi chi ne ha studiato la forma, l'espressione, l'influenza? Chi ne ha fatto l'oggetto delle sue indagini, delle sue occupazioni, delle sue veglie? Chi vi ha posato sopra il suo pensiero per tutti gli anni della sua vita? Perché Perché... ..... voi non vedet vedetee in questo questo segno che una lettera mite, innocua come le altre; perchè l'abitudine vi ci ha resi indifferenti; perchè la vostra apatia vi ha distolto dallo studiarne più accuratamente i caratteri.... ma io.... Se voi sapeste ciò che io ho veduto!... se voi sapeste ciò che io vedo in questa vocale! U E consideratela ora meco. Guardatela bene, guardatela attentamente, spassionatamente, fissi! E così, che ne dite? Quella linea che si curva e s'inforca - quelle delle due O - Che sorpresa! che meraviglia! ma che sorpresa grata! Che schiettezza rozza, ma maschia in quella lettera! Sentite ora l'U. Pronunciatelo. Traetelo fuori dai precordii più profondi, ma pronunciatelo bene: U! uh!! uhh!!! uhhh!!!! Non Non rabb rabbri rivid vidit ite? e? non non trem tremat atee a ques questo to suono? Non vi sentite il ruggito della fiera, il lamento che emette il dolore, tutte le voci dell dellaa natu naturra sof soffrent ente e agit gitata? ta? Non comprendete che vi è qualche cosa d'infernale, di profondo, di tenebroso in quel suono? Dio! Dio! che che lett letteera ter terribi ribile le!! che vocal ocalee spaventosa!! Vi voglio raccontare la mia vita. Voglio che sappiate in che modo questa lettera mi ha trascinato ad una colpa, e ad una pena ignominiosa e immeritata. Io nacqui predestinato. Una terribile condanna pesava sopra di me fino dal primo giorno della mia esistenza: il mio nome conteneva un U. Da ciò tutte le sventure della mia vita. A sette anni fui avviato alle scuole. Un isti istint nto, o, di cui cui igno ignora rava va anco ancora ra le caus cause, e, mi impediva di apprendere quella lettera, di scriverla: ogni volta che mi si facevano leggere le vocali mi arrestava, mio malgrado, d'innanzi all'U; mi veniva meno la voce, un panico indescrivibile s'impossessava di me - io non poteva pronunciare quella vocale! Scriverla? era peggio! La mia mano sicura nel vergare le altre altre,, divent diventava ava convul convulsa sa e treman tremante te allorc allorchè hè mi accingeva a scrivere questa. Ora le aste erano troppo convergenti, ora troppo divergenti; ora formavano un V diritto, ora un V capovolto; non poteva tracciare in
Lo Zibaldone del povero Vic, pag.11
nessun modo la curva, e spesso non riusciva che a formare una linea serpeggiante e confusa. Il maes maestr troo mi dava dava del del qua quadrel drello lo sull sullee dita dita - io m'inacerbiva e piangeva. Aveva dodici anni, allorché un giorno vidi scritto sulla lavagna un U colossale, così: U Io stava seduto di fronte alla lavagna. Quella vocale era lì, e pareva guardarmi, pareva affissarmi e sfidarmi. Non so qual coraggio mi nascesse improvvisamente improvvisamente nel cuore cuore:: certo certo il tempo tempo della della rivela rivelazio zione ne era giunto giunto!! Quella lettera ed io eravamo nemici; accettai la sfida, mi posi il capo tra le mani e incominciai a guardarla.... Passai alcune ore in quella contemplazione. Fu allora che io compresi tutto, che io vidi tutto ciò che vi ho ora detto, o tentato almeno di dirvi, giacchè il dirvelo esattamente è impossibile. Io indovinai le ragioni della mia ripugnanza, del mio odio; e progettai una guerra mortale a quella lettera. Incomi Incominci nciai ai col toglie togliere re quanti quanti libri libri poteva poteva a' miei miei compagni, e cancellarvi tutti gli U che mi venivano sott'occhio. Non era che il principio della mia vendetta. Fui cacciato dalle scuole. Vi ritornai tuttavia più tardi. Il mio maestro si chiamava Aurelio Tubuni. Tre U!! U!! Io lo abor aborri riva va per per ques questo to,, Un giorno scrissi sulla lavagna: Morte all'U! Egli gli attr ttribuì ibuì a sé medes edesim imoo quel quella la minaccia. Fui ricacciato. Ottenni ancora di tornarvi una terza volta. Presentai allora, come lavoro di esame, un progetto progetto relativo relativo all'abolizi all'abolizione one di questa questa vocale vocale,, alla alla sua espuls espulsion ionee dalle dalle letter letteree dell'alfabeto. Non fui compreso. Fui tacciato di follia. I miei compagni, conosciuta così la mia avversione a quella vocale, incominciarono contro di me una guerra terribile. Io vedeva, io trovava degli U da tutte le parti: essi essi ne scrive scrivevan vanoo dapper dappertut tutto: to: sui miei miei libri, libri, sulle sulle pareti, sui banchi, sulla lavagna - i miei quaderni, le mie carte ne erano ripieni; nè io poteva difendermi da questa persecuzione sanguinosa ed atroce. Un giorno trovai nella mia saccoccia una cartolina, su cui cui ne era era scri scritt ttaa una una lung lungaa fila fila in ques questo to modo modo infernale, così: UUUUUUUU Divenni furente! La vista di tutti quegli U disposti in questa guisa, collocati con questa gradazione tremenda, mi trasse di senno. Sentii salirmi il sangue alle tempia, sconvolgersi la mia ragione.... Corsi alla scuola; ed afferrato alla gola uno de' miei compagni, l'avrei per fermo soffocato, se non mi fosse stato tolto di mano. Era la prima colpa a cui mi trascinava quella vocale!
Mi fu impedito di continuare i miei studi. Allo Allora ra inco incomi minc ncia iaii a vive vivere re da solo solo,, a pens pensar are, e, a meditare, ad operare da solo. Entrai in una nuova sfera di osservazioni, in una sfera più elevata, più attiva: studiai i rapporti che legavano ai destini dell'umanità questa lettera fatale; ne trovai tutte le fila, ne scopersi tutte le cause, ne indovinai tutte le leggi; e scrissi ed elaborai, in cinque lunghi anni di fatica, un lavoro volumi voluminos noso, o, nel quale quale mi propon proponeva eva di dimostr dimostrar aree come tutte le umane calamità non procedessero da altre caus causee che che dall dall'e 'esi sist sten enza za dell dell'U 'U,, e dall dall'u 'uso so che che ne facciamo nella scritturazione e nel linguaggio; e come fosse possibile il sopprimerlo, e rimediare, e prevenire i mali che ci minaccia. Lo credereste? non trovai mezzo di dare alla luce la mia opera. La società ricusava da me quel rimedio che solo poteva ancora guarirla. A venti anni mi accesi d'amore per una fanciulla, e ne fui riamato. Essa era divinamente buona, divinamente bella: bella: ci amammo amammo al solo solo vederc vederci; i; e quando quando potei parlarle, le chiesi: -Come vi chiamate? -Ulrica! -Ulrica! U. Un U! Era una cosa orribile. Comesottomettermi alla violenza atroce, continua di quella vocale? Il mio amore era tutto per me, ma nondimeno nondimeno trovai trovai la forza forza di rinunziar rinunziarvi. vi. Abbandonai Abbandonai Ulrica. Tentai di guarirmi con un altro affetto. Diedi il mio mio cuor cuoree ad un altr altraa fanc fanciu iull lla. a. Lo credereste? Seppi più tardi che si chiamava Giulia. Mi divisi anche da quella. Ebbi un terzo amore. L'esperienza mi aveva reso cauto: m'informai del suo nome prima di darle il mio cuore. Si chiamava Annetta. Finalmente! Apparecch Apparecchiammo iammo per le noz nozze, tutt tuttoo era era combin combinat ato, o, stabil stabilito ito,, allorché, allorché, nell'esam nell'esaminare inare il suo certific certificato ato di nascita, nascita, scopersi con orrore che il suo nome di Annetta, non era che un vezze vezzeggi ggiati ativo, vo, un abbrev abbreviat iativo ivo di Susann Susanna, a, Susannetta, e oltre ciò - inorridite! aveva cinque altri nomi di battesimo: Postumia, Uria, Umberta, Giuditta e Lucia. Immaginate se io mi sentissi rabbrividire nel leggere quei nomi! - lacerai sull'istante il contratto nuziale, rinfacciai a quel mostro di perfidia il suo tradimento feroce, e mi allontanai per sempre da quella casa. Il cielo mi aveva ancora salvato. Ma ohimè! io non poteva più amare, la mia affettività era esaurita, prostrata da tanti esperimenti terribili. Il caso mi condusse ad Ulrica; le memorie del mio primo
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amore si ridestarono, la mia passione si raccese più viva.. viva...... Volli olli rinunc rinunciar iaree ancor ancoraa al suo affet affetto, to, alla alla felicità che mi riprometteva da questo affetto.... ma non ne ebbi la forza - ci sposammo. Da quell'istante incominciò la mia lotta. Io non poteva tollerare che essa portasse un U nel suo nome, non poteva chiamarla con quella parola. Mia moglie!... la mia compagna, la donna amata da me.... portare un U nel suo nome!... Essa che aveva già fatto un acquisto così tremendo nel mio, perché io pure ne aveva uno nel mio casato! Era impossibile! Un giorno giorno le dissi: -Mia buona buona amica, amica, vedi quanto quanto quest' U è terribile! rinunciavi, abbrevia o muta il tuo nome!... te ne scongiuro! Essa non rispose, e sorrise. Un'altra volta le dissi: -Ulrica, il tuo nome mi è insopportabile.... esso mi fa male.... esso mi uccide! Rinunciavi. Mia moglie sorrideva ancora, l'ingrata! sorrideva!,.. Una notte mi sentii invaso da non so qual furore: aveva avuto un sogno affannoso.... Un U gigantesco postosi sul mio petto mi abbracciava colle sue aste immense, fles flessu suos ose. e... .... mi stri string ngev eva. a... .... mi oppr opprim imev eva, a, mi opprim opprimeva eva... ..... Io balzai balzai furios furiosoo dal letto: letto: affer afferra raii la grossa canna di giunco, corsi da un notajo, e gli dissi: -Venite, venite meco sull'istante a redigere un atto formale di rinuncia.... Quel miserabile si opponeva. Lo trascinai meco, lo trascinai al letto di mia moglie. Essa dormiva; io la svegliai aspramente e le dissi: -Ulrica, rinuncia al tuo nome, all'U detestabile del tuo nome! Mia moglie mi guardava fissamente, e taceva. -Rinuncia, io le replicai con voce terribile, rinuncia a quell'U.,.. rinuncia al tuo nome aborrito!!.... Essa mi guardava ancora, e taceva! Il suo silenzio, il suo rifiuto mi trassero di senno: mi avventai sopra di lei, e la percossi col mio bastone. Fui arres arrestat tato, o, e chiama chiamato to a render render conto di questa questa violenza. I giudici assolvendomi, mi condannarono ad una pena più atroce, alla detenzione in questo Ospizio di pazzi. Io pazzo! pazzo! Sciagu Sciagura rati! ti! Pazz Pazzo! o! perché perché ho scoper scoperto to il segreto dei loro destini! dell'avversità dei loro destini! perché ho tentato di migliorarli?.... Ingrati! Sì, io sento sento che questa questa ingrat ingratitu itudin dinee mi uccide ucciderà rà:: lascia lasciato to qui solo, solo, inerme inerme!! facci facciaa a faccia faccia col mio nemico, con questo U detestato che io vedo ogni ora, ogni istante, nel sonno, nella veglia, in tutti gli oggetti che che mi circ circon onda dano no,, sent sentoo che che dovr dovròò fina finalm lmen ente te soccombere. Sia. Non temo la morte: l'affretto come il termine unico de' miei mali. Sarei stato felice se avessi potuto beneficare l'umanità persuadendola a sopprimere quella vocale; se essa non
avesse esistito mai, o se io non ne avessi conosciuto i misteri. Era stabilito altrimenti! Forse la mia sventura sarà un util utilee amma ammaes estr tram amen ento to agli agli uomi uomini ni;; fors forsee il mio mio esempio li spronerà ad imitarmi.... Che io lo speri! Che la mia morte preceda di pochi giorni l'epoca della loro grande emancipazione, dell'emancipazione dall' U, dell'emancipazione da questa terribile vocale!!! *** L'infelice che vergò queste linee, morì nel manicomio di Milano l'11 settembre 1865.
Manoscritto Federigo Verdinois
Federigo Verdinois Verdinois nacque a Caserta il 2 luglio 1884 e morì morì a Napo Napoli li l'1 l'11 apri aprile le 1927 1927.. Fu scri scritt ttor ore, e, giornalista e buon traduttore dei maggiori scrittori russi russi della della sua epoca: epoca: Dostoe Dostoevsk vskij, ij,Gog Gogol, ol,Pus Puski kin, n, Tolstoj, i quali, grazie anche a lui, furono da allora ben conosciuti in Italia. Sotto lo pseudonimo di Picche scrisse numerosi racconti di genere fantastico. Dotato di straordinaria verve, le sue novelle sono un esempio di fantasia e brio, tanto che Verdinois meriterebbe di ess essere oggi oggi molto olto più conos onosci ciut utoo di quant uantoo comunemente non lo sia. Non ho mai fatto la descrizione di una battaglia, e non la farei. Di battaglie non ne ho mai viste. Il lettore, se c'è stato, sa di che si tratta; se non c'è stato, se la figuri. E si figuri se non gli dispiace, la battaglia di Danzica. Questa prima parte del racconto, raccolta da relazi relazioni oni verbal verbali, i, sarà sarà piutto piuttosto sto magra. magra. Io non so colorire le cose che non ho visto, né conosco gli uomini uomini che non ho mai conosciu conosciuto. to. La metto metto qui, qui, perché si possa intendere la seconda parte, della quale
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non ho merito né colpa, perché né l'ho inventata né la rife riferi risc scoo per per sent sentit itoo dire dire.. Sarò Sarò lett lettor oree anch anch'io 'io e leggeremo insieme. Dunque, alla battaglia di Danzica, due giovani ufficiali francesi combattono come leoni l'uno a fianco dell'altro: il luogotenente De Montreuil e il capitano conte Duplessy. Sono amici d'infanzia e hanno fatto insieme gli studi al Politecnico, hanno sempre vissuto l'uno per l'altro: due anime ed un nòcciolo. Scapoli tutti e due. Sfidano la morte, ma pare che la morte li voglia risparmiare. L'uno difende l'altro. Ad un tratto, in mezzo al rimbombo e al fumo delle artiglierie, un grido si leva: - Addio, Duplessy! muoio -. Il capitano si slancia verso la parte donde il grido è venuto, venuto, a pochi passi. passi. Si china, china, mette un ginocchio ginocchio in terra, prende l'amico fra le braccia, lo solleva alquanto. Una scheggia di mitraglia gli ha squarciato il petto, e dalla ferita vien fuori il sangue gorgogliando. Brevi momenti di vita gli avanzano. Balbetta poche e confuse parole. Gli raccomanda la povera sorella. Duplessy piange, lo bacia in fronte. - Non piangere - sussurra De Montreuil - ci rivedremo in un'altra vita. - Addio, addio, mio povero amico! - singhiozza Duplessy. - No, non addio, a rivederci! Questa fede profonda non vale a lenire il dolore dell'ufficiale. Vorrebbe credere, ma non può. - Senti - dice - se c'è un'altra vita, e tu dimmelo. - Come? - Non adesso, non adesso. Ricordati dell'amico tuo... - Sempre. - E torna a me, torna un momento solo, con una parola, con un cenno, con un pensiero, con un sogno. - Tornerò - potè appena balbettare il morente. - Torna - insistette l'amico, che la foga del dolore soffoc soffocava ava - torna torna nel moment momentoo supre supremo mo della della mia morte, quando saremo per ricongiungerci, se è vero che un'altra vita esiste. - Tornerò - ripetette De Montreuil. - Me lo giuri? - Te lo giuro -. Un fiotto di sangue gli mozzò la parola. Il corpo si scosse scosse in uno spasimo spasimo supre supremo mo e ricadd ricaddee inerte inerte.. l luog luogot oten enen ente te De Mont Montre reuil uil non non era era più più di ques questo to mondo. ** Il viaggio da Firenze a Pistoia è così monotono e uggioso che non merita davvero il nome di gita. Non me n'avvidi che al ritorno, perché la solitudine c'induce prima la malinconia e poi la tristezza: qualche volta il sonno. Insieme con Gaetano Milone, mio amicissimo, s'andava a Lucignano, dov'egli occupava l'alta carica di rice ricevi vito tore re del del Regi Regist stro ro.. Da tant tantoo temp tempoo non non ci vedevamo, vedevamo, epperò la conversaz conversazione ione era animata ed
arruffata, ciascuno ciascuno volendo narrare i propri casi e tutti e due frammezzando il discorso di tanti «ti ricordi?» espressione di antica dimestichezza e di rammarico. Eravamo giovani e già il pensiero di non essere più fanc fanciu iull llii ci pung pungev eva. a. Che Che dire diremm mmoo oggi oggi,, amic amicoo Gaetano, oggi che anche la gioventù ci ha lasciati? - Sicché - mi domanda Gaetano - tu hai sempre scritto? - Bene e male, sì - rispondo, con una tal quale incertezza e con un po' di rimorso. - E scrivi sempre? - Naturalmente. - O come fai a trovare gli argomenti? Era la cosa più facile di questo mondo. Gliela spiegai alla meglio e mi accorsi ch'egli non ci credeva. - Del resto - soggiunsi - son di manica larga, sai. Se me ne dai uno tu, me lo piglio. - Io? - Tu -. Sorrise e stette alquanto sovrappensiero. Poi disse: Figurati che poesia in un ufficio del Registro! Eppure te lo darò, e tu ne farai una novella.- O bravo! sentiamo.
- No, parliamo d'altro adesso. So di che si tratta, ma non non son son buon buonoo a racc raccon onta tare re stor storie iell lle. e. Ti darò darò il manoscritto originale. - Tuo? - No. L'ho trovato fra le carte di mio padre, e non so chi ne sia l'autore o il copiatore, perché si tratta di copia. È un quadernetto di carta giallita, scritto con un inchiostro che appena si legge. Ma il fatto è bello, te l'assicuro; credo che sia storico. - Ah! - Perché fai «ah?» - Perché il genere storico non è il mio genere. Basta, lo piglierò lo stesso e vedremo v edremo -. E così, quando partii da Lucignano, portai via il manoscritto. L'ho tenuto tanto tempo sepolto sotto un mont montee di fogl foglia iacc cci. i. Una Una sera sera,, pres presol oloo a caso caso,, lo squadernai e lo lessi tutto. Eccolo tale e quale. «Copia di una lettera spedita in data 15 giugno
Lo Zibaldone del povero Vic, pag.14
1813 da Lione a Napoli». Tu mi domandi troppe cose in una volta, amico mio, ed è probabile ch'io non risponda a nessuna. Aspetto meglio che tu dica a me le belle e le nuove cose, tu che stai in su e te la fai coi ministri e con la signoria; e poi aver ver notiz otiziie dal dal prop proprrio paes paesee è semp semprre una una consolazione per chi ne sta lontano e non trova il verso di acconciarsi a un paese nuovo. Sai, le città sono come i vestiti, almeno per me; e il vestito vecchio mi sembra più veramente mio e ci sto dentro a tutto comodo. Non dico così per screditarti Lione; ci son venuto e ci starò, fino fino a quan quando do non non piac piacer eràà al Sign Signor oree di dare dare un migliore avviamento ai fatti miei e di trovar maniera che i commerci si possano fare a breve distanza, da via a via, da casa a casa, senza bisogno di mandar correndo pel mondo un pover' pover'uom uomo. o. Dunque Dunque,, come come ti dico, dico, Lione può anche passare per una bella città, che non mi piace; ma questo, come capisci, è il difetto mio. Ha qualche duecento migliaia di abitanti e non so quante manifatture e un diavoleto di commercio, che non è però così chiassoso come quello nostro di Napoli. Di questo non t'importa niente, ed è naturale. Io però non me la fo e non me la farò che col mio mondo, il quale, per la mia natura schiva e tranquilla, è ristretto in brevi confini. Tu vivi in ben altro mondo. Che ti ho da dire? Ho conosciuto qui un certo Vernon, che dice di essere tuo amico. Ma io non ci credo, perché dice tante cose cose,, e pret preten ende de di aver averti ti inco incont ntra rato to in casa casa del del ministro Zurlo. È vero? E poi nemmeno lui mi piace, benché sia un grazioso e brillante ufficiale. Se è vero che egli è tuo amico, gli avrai detto, spero, di non fare il passo più lungo della gamba. Ma egli, si vede, non ti ha dato dato retta retta.. Spend Spendee e spande spande;; benché benché France Francese, se, affetta tutta l'espansione di un Napoletano ed ha tutta l'albagia di uno Spagnuolo. Va per tutte le case, per le migliori, beninteso; e lo ripete cento volte al minuto perché vuole che tutti lo sappiano. Mi ha invitato a passare con lui qualche serata, in una delle case più signorili. Io non volevo accettare. Fuggo il chiasso e le nuove conoscenze, perché quello m'introna e queste sono sempre un pericolo per una persona cui piace di farsi il fatto suo. Ma per non essere scortese e per non parere più rospo di quel che non sono, ho dovuto accettare e mi son lasciato trascinare. Ed ecco come son venuto a conoscere per la prima volta una signora di questi paesi, che è anche la più bella donna che si possa figurare un uomo della mia fatta, il quale ne ha viste pochine ed ha paura di conoscerne di molte. Tu qui ti figurerai subito un romanzo, in cui il protagonista dovrei essere io. Ci sei e non ci sei, ti dirò poi. Aspetta che te la descriva. Prima di tutto si chiama Eugenia ed è baronessa. È una donna sui trentacinque o sui quaranta, ma sembra in verità che ne abbia venti. Grande, complessa, levigata, con una bianchezza di carnagione che non ce n'è un'altra e con due occhi neri come carboni. Li muove poi in un certo modo ed ha
certi atti graziosi, come dice Vernon, che gli hanno tutte queste benedette Francesi, che non si può star fermi a guardarle. Vedi Vedi se sono acceso. Però ti ho detto ques questo to,, non non per per me, me, che che non non c'en c'entr tro, o, ma per per fart fartii inte intend nder eree quel quello lo che che vogl voglio io dire dire appr appres esso so.. Io, Io, in somma, non ho fatto e non fo che ammirarla, e tu, non ti aspettare altro, e non temere di niente. C'è altri invece che l'ammira più di me, e non credo che abbia torto; benché, a dirti la verità la mi secchi un poco, visto che non m'è piaciuto mai trovarmi negli impicci, anche come semplice testimone delle cose strane che accadono agli altri. Le stranezze non mi son mai andate a sangue. Tu non capirai troppo questo mio latino. Forse mi spiegherò meglio, se ne sarà il caso. Subodoro un dramma. Così, se te ne scrivo, le mie lettere saranno più svariate e interessanti che se ti parlassi di me, il qual qualee non non fo nien niente te,, non non pens pensoo a nien niente te e non non m'impiccio di niente. Sta sano e non ti scordare dell'amico che ti vuol bene.
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«Copia di una lettera spedita in data 23 giugno 1813 da Lione a Napoli».
baronessa è una donna eccezionale non solo per la bellezza giunonica della persona e per la dignità grande e nondimeno graziosa degli atti e delle parole, ma per la cultura varia e gentile, per la conversazione vivace, per quella quella pronte prontezz zza, a, che questi questi Franc Francesi esi hanno hanno in grado eminente, di essere amabili sempre e con tutti, di metter su e di tener desto un qualunque argomento nudrito di niente e di pigliare a cuore tutto ciò che gli altri dicono, quando pure non possa loro premere gran fatto. Aggiungi a questo un'altra qualità nuova, che sulle prime non avevo scoperto, e che per me rende ques questa ta donn donnaa un vero vero mode modell lloo di perf perfez ezio ione ne.. La baronessa pure essendo donna di gran mondo, sa essere nel tempo stesso, ed è, una donna di casa, una donna, come intendo io le donne, buona e assegnata cioè profondamente innamorata del marito. Di ciò mi sono avveduto a più segni, e lo stesso Vernon, che è intimo dell dellaa casa casa,, lo rico ricono nosc scee vole volent ntie ieri ri,, benc benché hé la sua sua naturale leggerezza non gli dovrebbe fare apprezzare un meri merito to che che per per gli gli scap scapol olii come come lui lui è pecc peccat atoo mortale. Forse non è estranea a cotesto suo sentimento l'amicizia che lo lega al generale e il rispetto che questi incute con la nobilità affettuosa del suo carattere.
Per la prima volta in vita mia manco a una promessa o piuttosto la mantengo a mezzo e ci fo ogni sorta sorta di restr restrizi izioni oni mental mentali. i. Potre Potreii a diritt dirittura ura non scrivere; ma tu mi ci obblighi, volendo in tutti i modi ch'io ti parli di me e delle cose che mi succedono, io che son forse l'unica persona al mondo cui non sia successo mai niente. Vedi edi bene bene che che pigl piglio io le vie vie lar larghe ghe e fugg fuggoo le scorciatoie, tanto mi riesce malagevole il nascondere la verità o il velarla in parte. Sia come si voglia, tu hai da pigliarmi come sono. Parrebbe dunque che il Vernon tu lo conosca davvero e sia quella eccellente persona che tu dici. Figurati se mi vi oppongo, tanto più che al tuo giudizio si aggiunge il gran conto che di lui fa il ministro Zurlo. Ho forse inteso male, credendo che anche il re ne ha molta stima in qualità di amico intimo di uno dei suoi più cari compagni d'arme? In somma, tante considerazioni mi ligano la lingua e la mano, non già perché io dubiti di te, ma piuttosto perché non posso avere in me stesso la fiducia di prima, essendomi ingannato non poco sul giudizio dato alla prima sulla persona del brillante ufficiale. Il dramma ci sarà o non ci sarà, lasciamo andare; non è prudente immischiarsi nelle faccende altrui, tanto più quando sono faccende che si svolgono fuori di noi, senza nostro intervento, alle quali non prendiamo altra parte che di testimoni. No, senti, il tuo sospetto ch'io mi possa innamorare mi ha fatto ridere di cuore. Ciò non toglie mente affatto alle qualità veramente singolari di una signora come la baronessa Duplessy. Duplessy. Quanto te n'ho detto è anche poco, visto che io non ci ho messo dentro quel calore che avrei dovuto e che tu gratuitamente mi attribuisci. La
La baronessa, se non lo sai, e non lo puoi sapere perché non te l'ho detto, benché non faccia che parlarti di lei, la baronessa deve amare il generale per due ragioni forti; per quella che or ora t'ho accennata e per un'altra: ragione di cuore e ragione di memoria, se così posso dire; e tutte e due vengono in parte a cancellare un certo divario d'età che a momenti dà al generale l'aria d'uno zio o d'un tutore. Se vuoi il dramma, visto che un dramma t'ho promesso, ecco il dramma, il quale s'è svolto tanti anni fa e s'è risoluto in una catastrofe, e che nondimeno mi ha commosso ier l'altro sera fino alle lagrime, come se ne fossi stato testimone. Anche la baronessa piangeva, il che mi ha provato luminosamente la bontà dell'animo di lei e come le donne siano delicate nel conservare la religione di certi affetti e di certe memorie. Il fatto era narrato dallo stesso generale a Vernon e a me e a
MICHELE
parecchi altri amici che pel solito si raccolgono in casa di lui. Qualcuno già lo sapeva, altri no; ed io era fra questi ultimi. La baronessa, dunque, per singolare che la cosa ti possa parere, si è sposata al generale in seguito a una battaglia e alla presa di una piazza. Non fu lui il generale che prese la piazza, perché allora non era era che che capi capita tano no e il suo suo gene genera rale le si chia chiama mava va Lefebvre. Invece prese moglie. Si batteva da disperato, ed insieme con lui era un amico d'infanzia, quasi un fratello, un certo De Montreuil, luogotenente. Questi gli morì ucciso fra le braccia. Ora la baronessa è per l'appunto una De Montreuil, sorella del morto. L'ultimo pensiero del povero ufficiale ferito fu per la sorella, che rima rimane neva va sola sola al mond mondo, o, senz senzaa fort fortun unaa e senz senzaa protezion protezione. e. La raccomand raccomandòò all'amico. all'amico. Tu capisci capisci il resto. Il capitano, benché fosse più grande di venti anni anni,, voll vollee dare dare il prop propri rioo nome nome alla alla giovi giovine nett ttaa di quin quindi dici ci.. Il sent sentim imen ento to di protezione si andò mutando a poco a poco in affetto, e poi in amore; e così in lei alla fiducia tenne dietro la gratitudine e a questa si aggiunse in seguito un sentimento più tenero e duraturo. Ti avrei voluto presente a questo racconto, e non avresti trovata strana la mia narr narraz azio ione ne.. Biso Bisogn gnav avaa vede vedere re con con che che calo calore re il gene genera rale le riev rievoc ocav avaa quel quel suo suo passat passatoo e come come diping dipingeva eva la batta battagli gliaa e quegli ultimi momenti dell'addio, e come si addolcisse nei modi e nella voce quando venne a parlare di lei ch'era presente, della sorella dell'amico suo, di tutto l'amore che le port portav ava. a. La baro barone ness ssa, a, benc benché hé non non dicesse parola, esprimeva con gli occhi più di quanto avrebbe potuto dire il discorso più eloquente; e Vernon, anche lui, se ne stava ad ascoltare in silenzio e con deferenza, ed era era pallid pallidoo come come dovevo dovevo essere essere anch'i anch'io. o. Fatto sta che il generale parlava di cotesto suo De Montreuil come di persona viva, tanto lo aveva pres presen ente te,, e dice diceva va di rive rivede dern rnee i trat tratti ti,, e ce li descriveva, non solo nel viso ma anche e molto più nel cuore della sua Eugenia. Eccoti dunque il dramma, poiché lo volevi, e vedi bene che io non ci avevo parte per nessun verso. Non t'ho detto, né mi pare di averti dato luogo a sospettare, che ce ne sia un altro dei drammi oltre a questo. Se qualche parola m'è sfuggita in principio sul conto di Vernon, gli è che non lo conoscevo; né adesso mi so spiegare in che maniera io fossi andato architettando tutto un edificio di sospetti e fabbricandolo sull'arena. Tu poi non correre con la fantasia più in là di quanto io ti dico né mi far dire certe cose che non ho detto? È vero, e te lo ripeto, che Vernon non gode tutte le mie simpatie; ma ciò non intacca punto la sua rispettabilità, né mi dà il diritto - e molto meno lo può dare a te - di pensare men che bene del suo carattere integro di militare e di amico. Contèntati del dramma storico e non chiedere altro. Ne sono contento anch'io; perché se fosse stato altrimenti, te l'assicuro pel bene
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che ti voglio, mi sarei allontanato prima d'adesso dal teatro degli avvenimenti, tornando a quella tranquillità i pensieri e di fatti che è costante mia aspirazione e che auguro con tutto il cuore a te e a tutte le persone oneste. Ti abbraccio col solito affetto. MICHELE «Copia di una lettera in data 21 agosto 1813 da Lione a Napoli». Se per tanto tempo non t'ho scritto, adesso ne saprai il perc perché hé.. Una Una mia mia brev brevee lett letter erin ina, a, dove dove ti davo davo l'a l'annu nnunzio nzio del del fatto atto,, o non non t'è t'è sta stata recapitata o t'è sembrata insufficiente. In somma, tu vuoi sapere di più, forse perché ti pare pare che che la lont lontan anan anza za abbi abbiaa potu potuto to esagerare le voci o mutare le linee generali di un avvenimento, che ha tutti i caratteri del favoloso favoloso e che vien riferi riferito to in tanti tanti modi diversi per quante sono le persone che lo raccontano. Io, che ne sono stato testimone, mi trovo in grado di dirti tutto; e dico a te quel che ad altri non direi, perché, a quanto rilevo dalla tua lettera, la notizia prima, per quanto incredibile, ti è venuta dallo stesso conte Zurlo, il quale pare l'abbia raccolta in Corte dalla bocca stessa del Sovrano. Così la cosa ti parrà meno strana di quanto è in effe effett ttoo e non non sara saraii corr corriv ivoo a darm darmii del del burlone o del novellatore. In verità, son così poco l'uno o l'altro, che anche adesso, nell'accingermi a narrarti la tremen tremenda da catast catastrof rofe, e, mi sento sento turbat turbatoo profondamente, e duro fatica a raccogliere le mie idee. Come dunque ti è noto, era la sera del 3 di questo mese, mese, e si stava stava tutti tutti racco raccolti lti in casa casa del general generalee Duplessy, per solennizzare una festa di famiglia, la nascita della sua bambina di cui ricorreva il quarto anniversario. Quando dico tutti, bisogna intendere che erava eravamo mo anche anche in maggio maggiorr numer numeroo del solito solito:: una diecina d'amici e due signore vicine che erano venute a far visita alla moglie del generale. Mancava Vernon; e a prima sera io credetti, e così credevano tutti, ch'egli sarebbe arrivato più tardi, trattenuto forse da qualche sua faccenda, da una partita a carte o da qualche suo intrighetto amoroso. Il generale domandava a tutti i momenti: "Dov'è il mio caro Vernon? com'è che non si vede vede?" ?" Perc Perché hé davv davver ero, o, col col suo suo spir spirit itoo viva vivace ce e irrequieto, con quella sua turbolenza che in principio mi dispiaceva, egli dava anima alla conversazione, si moltiplicava, discorreva senza posa di tutto e con tutti e faceva pensare che le dieci persone fossero venti o trenta. Povero Vernon, Vernon, chi l'avrebbe mai detto. Ti giuro che anche adesso, benché dia ragione a quel mio primo
sentimento di ripulsione da lui ispiratomi, non mi so libe liberrare are da una una prof profon onda da piet pietàà per per la sua sua sort sortee sciagurata! Basta, egli non veniva e non venne: tanto che verso la fine della serata, lo stesso generale, messosi l'animo in pace pace,, non non lo cerc cercòò altr altrim imen enti ti e si abba abband ndon onòò volentieri alla dolcezza del suo sentimento di padre e di sposo e della conversazio conversazione ne familiare familiare tutta spirante spirante affetto ed onesta gaiezza. Ti confesso schiettamente, per quanto la cosa non torni a lode del mio spirito di osservazione, che il contegno della baronessa Eugenia non mi sembrò per nulla diverso dal solito. Sicché quello che dirò qui è frutto piuttosto della mia memoria che di altro. O se pure qualche ombra fugace mi passò davanti, questa non prese corpo di sospetto, ed io pensai più volentieri a una cattiva disposizione del mio umore, anzi che a un qualunque turbamento in persona della bella padrona di casa. Poco prima della mezzanotte - forse mancava mezz'ora o tre quarti - si sparecchiò la tavola da una specie di cenetta che ci era stata offerta, e in fine della quale la bambina del generale aveva declamato, con una vocina commossa e tutta rossa in viso, certi versetti menati a mente in onore e in augurio degli amati genitori cui augurava col suo cuoricino cento anni di vita e di felicità. N'era stata compensata col più gran successo che sia mai toccato ad alcun poeta al mondo, perché il babbo e la mamma e tutti noi, uno per uno, si volle abbracciarla e baciarla e farle cento domande. Negli occhi del generale, pel solito così fieri ed arditi, scersi una lagrima di tenerezza ch'egli non cercò di nascondere e che fu accompagnata da un sorriso di affetto e di bontà rivolto alla moglie. Poi, stando in queste dimostrazioni intime e soavi, si pensò anche a metter su qualche giochetto, per prolungare la serata oltre l'usato, dopo che la bambina fosse stata messa a letto. E così fu fatto; perché, chiamata la governante, la cara angioletta diè a tutti la buona notte e sparì con quella come una visione. Mi studio di dirti le cose in ordine; ma sento che non vi riesco come vorrei. Perdonami e vieni tu in aiuto al mio difetto. Fu allora dunque, dopo qualche momento che la bambina ci aveva lasciati, che un servo si mostrò sulla soglia del salotto e domandò licenza di venire avanti. Ottenutala, si avanzò verso il suo padrone e rispettosamente gli disse qualche parola a bassa voce. "A quest'ora!" esclamò il generale. "Dite che non ricevo. Ed io che avevo pensato si trattasse di Vernon!" "Dice che la cosa è urgentissima" ribattè con ossequio il servo. "Chi è?" domandò la baronessa, che in quel momento, come dopo mi son ricordato, era pallida e nervosa. "È anche possibile che sia quel matto di Vernon" feci notare io "il quale abbia voluto fare uno scherzo". "No" rispose il servo a un'occhiata interrogativa del padrone "non è il luogotenente Vernon". "Bene" conchiuse il generale "andate. Non ricevo a
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quest'ora". Il servo obbedì con una certa riluttanza, come se fosse persuaso dell'inutilità di quell'imbasciata. Difatti, lo vedemmo tornare di lì a poco e di nuovo accostarsi al padrone. Questa volta si chinò alquanto, quasi per non essere udito dagli altri. "Ancora?" esclamò il generale generale con impazienza. Il servo si chinò più basso e bisbigliò qualche parola, che non giunse fino a noi. "Impossibile!" gridò il generale, balzando di scatto in piedi. E, senza rispondere altrimenti alle domande affr affret etta tate te dell dellaa mogl moglie ie e nost nostre re,, uscì uscì dal dal salo salott tto, o, prec preced eden endo do il serv servoo che che si tirò tirò da part partee per per farl farloo passare. Rimanemmo in silenzio, aspettando. Non so come, quel nostro silenzio silenzio era forzato e quell'asp quell'aspettaz ettazione ione aveva aveva in sé del pauroso. pauroso. Nessuno Nessuno fra noi avrebb avrebbee potu potuto to dire dire di teme temere re qual qualch chee cosa cosa;; eppu eppure re tutt tuttii temevano, o per meglio dire tutti ci sentivamo come sotto l'oppressura di una forza arcana, come soffocati da un'aria grave e minacciosa. Così fu che, all'udire un passo che veniva di fuori, tutti ci volgemmo ad un tempo verso la porta. Il generale tornava. Entrò lentamente, andò al suo posto di prima e non si mise a sedere. Appoggiò le mani alla spalliera della sua poltrona e stette muto. Era pallidissim pallidissimo. o. Mi parve parve vederlo vederlo invecchia invecchiato to di dieci anni, tanto erano visibili le rughe che gli solcavano la fronte. "Ebbene?" diss'io per il primo, osando di rompere quel silenzio penoso. Il generale alzò gli occhi e li girò intorno guardandoci bene il viso, come per riconoscerci. Poi sorrise leggermente; ma quel suo sorriso aveva non so che di lugubre e di spettrale. "Sentite" disse alla fine "accade qualche cosa di terribile". Questa parola in bocca d'un uomo come il generale Duplessy era terribile veramente. Pendevamo dalle sue labbra, trattenendo quasi il respiro. La baronessa s'era alzata e gli era andata vicino e in atto amorevole gli avea messo una mano sulla spalla. Il generale la guardò e fu preso a un tratto da una commozione violenta, che si studiò subito di contenere. Poi, rivolto a noi, disse semplicemente e con voce lenta e pronunciando bene ciascuna parola: "Ci lasceremo fra poco. Forse non ci rivedremo più". E mentre qualcuno faceva per rispondere, egli soggiunse: "Manca a mezzanotte un quarto d'ora". Avea fatto uno sforzo e fu obbligato di mettersi a sedere. Gli tornò sulle labbra quel sorriso di prima, come come se vole voless ssee anti antici cipa pare re l'ef l'effe fett ttoo che che avre avrebb bbee prodotto in noi la sua comunicazione. Poi disse:
"Ho avuto or ora una visita dall'altro dall'altro mondo. mondo. Ho riveduto l'amico De Montreuil". Per quanto la cosa fosse detta sul serio e quasi solennemente, non ci fu in mezzo a noi un solo che non sorridesse. Anzi qualcuno levò la voce, cercando di assumere un tono di allegria e d'incredulità. Il generale non si oppose recisamente. Si contentò di crollare il capo, mentre soggiungeva: "Ha mantenuto la promessa. Mi ha avvertito dell'ora della mia morte". Poi guardando all'orologio a pendolo attaccato alla parete che aveva alle spalle, "Mancano ancora dieci minuti", conchiuse. Difatti, mancavano dieci minuti a mezzanotte. Ma la cosa era così strana che ci sarebbe sembrata puerile, se non fosse stato il gran rispetto che avevamo pel gener generale ale,, e più ancora ancora l'agit l'agitaz azion ionee dalla dalla quale quale lo vedevamo in preda. Ci guardavamo l'un l'altro e uno stesso pensiero balenò a tutti, che ci fece temere della ragi ragion onee del del nost nostro ro amic amico. o. Alme Almeno no ci foss fossee stat statoo Vernon, che avea tanto potere su di lui! Per tutto il resto, e a parte la impossibilità di quella comunicazione soprannaturale, il generale era un uomo forte, che avea salute da vendere e non avea niente affatto l'aspetto di un uomo che stia in fine di vita. Tutte queste riflessioni furono fatte dagli altri e da me, rapidamente, né per alcun segno ce le comunicammo. Si cercò in tutti i modi di calmare il generale e di persuaderlo della vani vanità tà dell dellaa sua sua allu alluci cina nazi zion one. e. Parv Parvee egli egli stes stesso so rassicurarsi o ne fece le viste. Uno di noi anzi, con grande grande acc accorte ortezza zza e sollecitudi sollecitudine, ne, seppe accostar accostarsi si all'orologio a pendolo e con un dito ne avanzò le lancette. Poi tornò nel circolo, come se niente fosse, proponendo: "Bene. Resteremo qui a far compagnia al generale fino a mezzanotte e un quarto. Così almeno l'ora fatale ci troverà insieme e noi la saluteremo come l'ora della gioia e della speranza". La proposta fu accettata con entusiasmo. Lo stesso generale e la baronessa se ne mostrarono contenti. Si udì un primo squillo, poi un altro ed un altro. L'orologio batteva la mezzanotte. Non ti nascondo la verità; io stesso mi sentii come soll sollev evat atoo da un gran gran peso peso,, e tras trassi si un sosp sospir iroo di sollievo. La baronessa tornò a sorridere e ad animarsi. Il generale, benché sempre incerto e turbato, parve usci usciss ssee da un sogn sognoo e si gua guardò rdò into intorn rnoo con con un sentim sentiment entoo rinnov rinnovell ellato ato e più forte forte di affet affetto to e di benessere.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag.18
Quell uelloo che accade cade dopo, opo, eccol colo. Noi tutti utti ci accomi comiat ataammo, mmo, di lì a poco poco,, quan quando do l'in l'indi dicce dell dell'o 'oro rolo logi gioo stav stavaa per per tocc toccar aree un quar quarto to dopo dopo la mezzanotte. Eravamo contenti di vedere quasi del tutto rassicurato il generale e nell'andar via ci si rallegrava l'un l'altro dell'inganno innocente, che gli avremmo senz'altro rivelato il giorno appresso. Quando furono soli - come seppi dopo e come sai tu stesso - il generale entrò in una camera contigua a quella della baronessa e si accostò ad un armadio per toglierne non so che cosa. Pose la mano sulla chiave, tras trasse se a sé gli gli spor sporte tell lli. i. Nel Nel punt puntoo stes stesso so,, una una detonazione si udì e una nube di fumo empì la camera. Il generale Duplessy cadeva fulminato da un colpo di pistola partito dall'interno dell'armadio. Questa è la storia vera dei fatti. Vernon, Vernon, giudicato e condannato dalla Corte marziale, è stato fucilato nella schiena. In quanto alla baronessa e alla sua bambina, t'importerà di sapere...». sapere...».
Manca il resto del manoscritto. Una noterella a piè di pagina, vergata nella stessa scrittura delle tre copie, dice: «A muliere initium factum est peccati, et per illam omnes morimur. Convertere, Domine, et eripe animam meam: salvum me fac propter misericordiam misericordiam tuam. Amen».
In questa sezione dello Zibaldone trovano spazio racconti di autori di oggi. Non vi è presetazione:essi si presentano da soli, attraverso i loro scritti.
IL GAMBETTO DI HORWITZ di Fargo
Era un’isola delle Maldive quella riprodotta sulla sulla cartoli cartolina na che che ritirai ritirai dalla dalla casse cassetta tta della della posta verso la metà met à dello scorso mese di giugno. Un disco bianco con una macchia di verde al centro: centro: cos ì appariva appariva Kudahiti Kudahiti,, un’isola un’isola delle Mald Maldiv ive, e, una una di quel quelle le che che per per gira girarl rlaa tutt tuttaa bastano dieci minuti. Il commento che l’accompagnava rendeva chiaro che il mittente aveva trascorso laggiù laggi ù giorni speciali. E io ne fui felice felice perch perché non non solta soltant nto o il suo suo sogn sogno, o, ma anche il mio s’era avverato. Tutto utto ebbe ebbe inizio inizio una sera sera d’esta d’estate, te, quando quando alcuni ebrei russi, che erano usi vendere cianfrusaglie di ogni tipo nel mercatino della mia città città, portarono scacchi e scacchiere, pronti a giocare con chiunque ne avesse vesse avuto avuto vogli voglia. a. Giocare a scacchi è stata sempre una mia passione e non nego, quando li vidi per la prima volta, che la tentazione di confrontarmi con qualcuno di loro loro fu forte orte.. Più Più che la sconfitta, che ipotizzavo certa, a frenarmi fu la paura di fare brutta figura. Non ero pronto ad affrontare un impegno tutto sommato gravoso. Nella mia adolescenza avevo letto qualcosa di scacchi e anche approfondito qualche apertura, ma mi erano mancati la dedizione e lo spirito di sacrificio necessari che il gioco richiede per fare progressi apprezzabili. Sicché Sicché ero e mi sentivo un appassionato appena un gradino al di sopra del novizio. I russi invece, da quel che so, studiano scacchi alle scuole elementari e se non fosse stato per Bobby Bobby Fisher Fisher,, l’americano l’americano che nel 1972 972 ne interruppe lo strapotere, a vincere i campionati
del mondo sono stati soltanto loro. Nonostante la mia conclamata, e riconosciuta, debo debole lezz zza, a, i pedo pedoni ni,, gli gli alfie alfieri, ri, i cav cavalli alli e i quadrati bicolori delle scacchiere, esercitavano su di me un fascino irresistibile. Cos ì Cos ì,, spinto dal vorrei e non vorrei, presi a frequentare il mercatino sempre più pi ù spesso, per guardare le partite di scacchi che gli altri giocavano. Un un giorno, giorno, chiss chissà perché perché, cadd caddii in tent tentaz azio ione ne e sedett sedettii dava davanti nti ad una scacc scacchie hiera ra dispos disposto to a sostenere l’impegno di una partita. Non fu la speranza di un’improbabile vittoria a spingermi ad osare, ma piuttosto l’incoscienza, che aveva trovato il suo alleato in una voglia di confronto che non ero riuscito a tenere a freno. Ricordo che che all’i all’ini nizi zio o ero ero teso teso e che che il mio mio cerv cervel ello lo faticava a trovare la giusta concentrazione. Cos ì Cos ì,, come come fu natura naturale le che che fosse, osse, non ebbi fortuna. Alla decima mossa la mia partita era già gi à compromessa. Con i pezzi completam completamente ente bloccati, bloccati, non riuscii a liberarmi dall’assedio stringente del mio avversario e l’attacco suicida di risposta che scagliai a poco serv ì serv ì.. Perdere non è mai piacevole. A scacchi lo è ancor ancor meno, meno, anche se a batterti è uno di gran lunga più pi ù forte di te. Con falsa cortesia ringraziai il mio aguzzino, trovando il coraggio di fare un sorriso, e me ne andai con la coda fra le gambe, come un cane bastonato. Ignoravo quella sera di essermi imbattuto in un personag personaggio gio straordin straordinario ario – perch perch é tale, tale, Lev Lev Horwitz, ingegnere ingegnere informatico informatico di Mosca, Mosca, era e che la mia vita, non solo di scacchista, da quel giorno sarebbe cambiata per sempre. Io e Lev scoprimmo d’ave d’averr ‘feeling ‘feeling’’. Questo Questo particolare apparve in maniera chiara a tutti e due. Nel rapporto di amicizia che nacque ognuno dette e ricevette in egual misura, non
solo in termini affettivi: io lo portavo in giro con la mia auto, consentendogli di scoprire un mondo a lui completamente sconosciuto, lui si adoperava con grande pazienza per farmi diventare quello che non ero mai stato: un vero giocatore di scacchi. - Tu hai le capacità capacit à giuste per diventare uno scacchista di valore. – mi diceva spesso, deluso dalla mia dappocaggine. Perché Perch é non hai dedicato più più tempo a questo gioco? Sorrisi dallo
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- Te lo leggerò leggerò direttamente. Andai nel mio studio e presi i ‘Racconti straordinari'. A pag. 246 lessi: « La riflessione è messa alla prova in maniera pi ù profonda dal modesto gioco della dama pi ù che dalla complic complicata ata frivol frivolezza ezza degli degli scacch scacchi. i. Dato Dato che che negli scacchi i pezzi compiono movimenti diversi e bizzarri, è l’attenzione ad essere sollec sollecit itat ata a e non la prof profond ondit it à del scetticismo: a quali mie presunte capacit à lui ragiona ragionamen mento. to. Se l’atten l’attenzion zionee cala, cala, si finisce finisce faceva riferimento? inevitabilmente per commettere una svista dalla - Sono pigro, detesto studiare e… - esitai di quale deriva un danno certo. Nel gioco della proposito nel nel rispondere - e…odio la violenza. dama invece, il movimento è unico e la Con questa affermazione credevo di suscitare probabilit à di distrazione quasi inesistente. perplessità perplessità nel nel mio interl interloc ocuto utore. re. Ma lui non non Essendo l’attenzione sollecitata in minor fece una piega. misura, i risultati migliori sono ottenuti da chi - Hai ragione. rispose. Sbaglia di grosso chi ha maggiore acume». pensa che gli scacchi siano un gioco. In realt à Lev non rispose. Stava fissando un punto sulla sulla scacc scacchie hiera ra avviene vviene qualc qualcosa osa che che lontano sul soffitto. rassom rassomigl iglia ia di più più ad una guerra. guerra. Incruen Incruenta, ta, - L’osservazione, in verità verit à, è acuta. – rispose il certo, ma pur sempre una guerra. Perch é più più che russo, colpito dalle argomentazioni di Poe. - È lo scacco matto, i giocatori cercano di affermare però però vero solo in parte quello che dice la propria supremazia. Soprattutto mentale. l’americano... - Sono contento che tu la pensi come me, La mia curiosità curiosit à fu sollecitata: quali conclusioni replicai, soddisfatto di aver detto una cosa sugli mi dovevo aspettare da parte sua? scacchi che il russo condivideva. Giocare per me - …perché …perché la sua è soltanto una visione è sofferenza e, quando esco battuto, avrei voglia parziale del problema – continuò continu ò nel dire di spaccare la scacchiera in testa al mio l’am l’amic ico. o. - In real realttà l’atte l’attenz nzion ionee fa parte parte di avversario. quell’acume cui Poe si riferisce. Senza - Non c’è c’è dubbio. Nel momento in cui le attenzione, non si può pu ò negare, non ci sarebbe capacità capacità intellettive sono tutte convogliate verso nemmeno l’acume, no? un solo obiettivo, il fallimento ha una portata Le elucubrazioni non sono il mio forte e non devastante. riuscii a penetrare come sarebbe stato necessario - È forse per questo che se incappo in una il suo ragionamento. Lui, che aveva capito la sconfit sconfitta ta mi sento sento inferio inferiore, re, quant quanto o a mia difficoltà difficoltà, si sbrigò sbrigò a chiarire il concetto. intelligenza, al mio avversario? - Intendo dire che, a parità parit à di gioco e di - È una reazione istintiva, ma del tutto attenzione, vince chi è più più profondo nell’analisi. ingiustificata. L’intelligenza, credimi, è qualcosa Ammesso che gli scacchi siano la spada e che i di molto più più complesso. contendenti siano gli schermidori, vince chi è in - Allora le teorie di Edgar Allan Poe non sono grado di portare l’attacco più pi ù profondo. E questo sbagliate… è possibile solo dopo un’attenta - Non conosco Poe… - disse a bassa voce il valutazione della posizione dei pezzi sulla russo, quasi scusandosi per la sua ignoranza. scacchiera e un’adeguata rilevazione dei punti di - È uno scrittore americano. – presi a dire. – forza e di debolezza propri e dell’avversario. Sei Un grande scrittore – aggiunsi, per meglio convinto? presentargli il personaggio. La linearit linearitàà della sua spiegaz spiegazione ione era - Scrittore? – si domandò domand ò Lev, convinto inoppugnabile piuttosto che egli fosse uno scacchista. - E che - Potrei mai dirti di no? – affermai convinto. diceva in proposito?
- In realtà realtà l’attenzione ha una valenza marginale perché perché è una variabile. Di certo, nel caso caso in cui cui i conten contende denti nti abbia abbiano no la stess stessaa capacità capacità d’analisi, a vincere sarà sar à il giocatore più più attento. Ma è altrettanto vero che, se l’attenzione è pari, a spuntarla sarà sar à il giocatore più più acuto. Ancora una volta il ragionamento del russo non faceva una piega. Sarei stato disposto a pagare una cifra folle per sentire le argomentazioni di Poe in risposta a Lev! - L’acutezza – riprese a dire questi. - come Poe la chiama, o la profondità profondit à di ragionamento come preferisco chiamarla io, è la leva che ti permette di minare l’attenzione dell’avversario. Se porti attacchi su più più fronti, è più più facile che la sua attenzione vacilli. E se lui cade nei tranelli che dissemini lungo il cammino, non si pu ò certo dire che ciò ci ò accada per mancanza d’attenzione.
- Beh… credo anch’io di no… – farfugliai, confuso da quelle sottili argomentazioni. - In realtà realtà la strada che porta alla vittoria è un sentie sentiero ro intrica intricato. to. Si incont incontran rano o delle delle grandi grandi difficoltà difficoltà a ritrovare quello – ed è uno solo - che porta porta alla alla vittori vittoria, a, ma, per vince vincere, re, è questo quello che serve. Per farlo ci vuole cervello, non solo attenzione, attenzione, il gioco gioco degli degli scacchi scacchi è tutto qui. Non fui in grado di obiettare alcunché alcunch é. Che il mio amico amico avess vessee ragion ragionee da vende vendere re mi fu chiaro dopo che io e lui giocammo un numero infinito di partite: tutte da me perse ovviamente. Ad eccezione di un paio. Lev era un giocatore di livello per me inavvicinabile. Aveva l’eccezionale capacità capacit à di muoversi con cinque o anche sei mosse di anticipo rispetto alle mie, per cui finivo sempre col trovarmi in maledetto ritardo. I suoi attacchi asfissi asfissian anti ti rende rendeva vano no la mia difesa difesa di burro, burro, mentre, viceversa, contro la sua difesa i miei
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attacchi risultavano inefficaci. Il russo a volte sembrava mettere i pezzi sulla scacchiera a caso, ma c’era sempre un perché perch é: peccato che me ne accorgessi quando era troppo tardi. Piano Piano piano, piano, e com’era com’era inevitabi inevitabile le che fosse, fosse, finii coll’assorbire qualcosa del suo gioco. La sua partita preferita divenne la mia: un gambetto di donna, i cui sviluppi producevano, nella fase di medio gioco, effetti devastanti sulla difesa del Nero. Non avrei mai potuto spuntarla contro un uomo come Lev, meticoloso come pochi nella cura dei particolari, soprattutto quando rivestiva il ruolo di insegnante. Una sera si present ò a me con tre fogli protocollo su cui aveva descritto nei minimi dettagli quell’apertura, che ormai avevo imparato a giocare discretamente, e tutte le sue possibili varianti. Voleva che la studiassi a fondo. - Quan Quando do riusc riuscir irai ai a muo muoverti erti senz senzaa fare fare errori, – mi disse con gli occhi che brillavano dalla soddisfazione. – il tuo avversario si trover à con la difesa a pezzi! Sorrisi ancora una volta con scetticismo. Sapevo bene che, data la mia innata pigrizia e il rifiuto congenito che ho per la fatica che ogni studio approfondito comporta, mai avrei approfondito il discorso. Di sicuro avrei dato una scorsa a quegli appunti, vergati da una calligrafia minuta e regola regolare, re, e fatto fatto qual qualch chee simula simulazio zione ne sulla sulla scacchiera, più più che altro per scoprire le presunte difficoltà difficoltà del Nero, però per ò la cosa sarebbe morta l ì. ì. Accettai comunque il regalo con gioia, grato del solo fatto che lui avesse speso del tempo per me. Avendo permeato bene la sua abilità abilit à, oggi posso affermare tranquillamente che se il corso del desti destino no fosse osse stato stato divers diverso, o, il mio amico amico sarebbe diventato uno scacchista di fama internazionale. Ma c’è c’è dell’altro in tutta questa storia che non posso esimermi dal raccontare. Il russo, quando ancora ancora vive viveva va a Mosca Mosca,, aveva veva abbozz abbozzato ato un program programma ma di scacc scacchi hi che, che, per per mancan mancanza za di tempo, non era riuscito a portare a termine. Fu con vero entusiasmo che io, nei mesi in cui ci frequentammo, misi a disposizione disposizione il mio computer perché perché ci lavorasse su. La sera in cui pose fine al suo lavoro, Lev url ò
dalla soddisfazione. soddisfazione. - È nato il mostro! Questo, – disse accarezzando il cabinet - è in grado di battere chiunque, anche il sottoscritto! Mi congratulai con lui: ero più pi ù che sicuro che avesse fatto qualcosa di eccezionale. - Questo Questo program programma ma – aggiu aggiunse nse con occh occhii sognanti – è in grado di giocare al livello di un grande maestro. Non Non presi presi per oro colato colato quanto quanto Lev Lev andav andavaa dicendo. Più Più di qualche volta avevo giocato a scacchi scacchi contro contro programmi programmi di scacchi scacchi davv davvero ero pote potent nti. i. Ma tutt tutti, i, chi chi più più chi meno, meno, avev avevano ano limitazioni cos ì cos ì forti che, prima o poi, finivano per compiere banali sciocchezze. Sicch é quando disputai la mia prima partita contro il fantoma fantomatico tico grande grande maestro maestro creato creato dall’amico dall’amico Lev pensai che vincere sarebbe stato piuttosto semplice. Invece persi la partita. E persi anche tutte le altre che ebbi l’ardire di disputare: il programma era immune da difetti ed il Grande Maestro virtuale, proprio come il russo aveva preannunciato, era un mostro imbattibile. Qualche tempo più pi ù tardi, con mio dispiacere, Lev ricevette il visto d’ingresso per gli USA e lasciò lasciò l’Italia insieme alla moglie Tatiana e ai due bambini che aveva. La comunit à ebraica di New New York gli avev avevaa trovat trovato o una sistemaz sistemazione ione soddisfacente, almeno cos ì cos ì lui mi scrisse, come meccanico d’auto a Rochester. Se lui era contento, anch’io lo ero: il suo bene era anche il mio. Il trasporto con cui racconto questa storia penso che possa spiegare a sufficienza il vuoto che la sua partenza lasciò lasci ò dentro di me. Avrei stampato banconote false per permettergli di realizzare il suo sogno più pi ù grande, che era quello di fare una vacanza in un mare lontano. Una volta mi aveva detto: «Chissà «Chissà che pagherei per calpestare quelle spiagge bianche che stanno solo nei miei sogni! Quan Quando do ho vis visto il mare mare dell dellaa tua tua citt cittàà ho provato un grande emozione. Era la prima volta che lo vedevo. Dove pensi che potrei trascorrere una vacanza indimenticabile?» «Alle Maldive» risposi di getto. «Perché «Perché a due metri di profondità profondità c’è c’è tutto quello che si vede nei documentari di Jacques Cousteau.» Lev non conosceva il documentarista francese
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ma, dopo che gli ebbi spiegato chi egli fosse, afferrò afferrò il concetto. «Bene» – rispose soddisfatto. ì che andrò «È l ì andr ò se avrò avrò fortuna». «Te lo auguro di vero cuore». – gli risposi, confidando che il suo sogno si avverasse. Partito Lev, la mia passione per gli scacchi svan ì svan ì come come nev neve al sole sole.. Il gran grande de maes maestr tro o da lui lui messo a punto rimase inutilizzato nel mio PC. Dopo Dopo aver ver giocat giocato o tante tante volte, olte, e tante tante volte olte perso, reputavo che fosse da masochisti sfidare chi non potevo battere. Quel programma, oltretutto, mi faceva sentire più più stupido di
quanto fossi: neanche rifacendo le mosse pi ù e più più volte riuscivo a metterlo in difficoltà difficolt à. Cos ì Cos ì decisi di ignorarlo: ne andava di mezzo la mia salute salute menta mentale. le. Non Non toccai toccai mai più più, neanche neanche occasi occasiona onalme lmente nte,, una scacc scacchie hiera ra e poco poco alla alla volta, tutte le cose buone che il russo con grande passione mi aveva insegnato finirono schiacciate dall’oblio. Ma, come si dice, l’amore vero non muore mai. Dopo un po’ po’ di tempo, la mia passione passione per per gli scacchi ritornò ritornò a fiorire con vigore insospettato. Graz Grazie ie ad Inte Intern rnet et entr entrai ai a far far parte parte di un Circolo Scacchistico e ripresi a disputare partite vere, anche se con avversari lontani e sconosciuti. Fu cos ì cos ì che, dietro invito ricevuto via e-mail, decisi di partecipare ad un torneo di
scacchi scacchi virtuale virtuale che preve prevede deva va due momenti momenti distinti: nella fase iniziale si sarebbe giocato via Internet. Internet. Le semifinali semifinali invece invece sarebber sarebbero o state giocate dal ‘vivo’ a Stoccolma, nella prestigiosa Konserthuset, la sala dove ogni anno vengono consegnati i premi Nobel. In palio, per il primo premio, c’erano una coppa e quindicimila Euro. Sul momento l’idea di partecipare neppure non mi sfiorò sfiorò: sperare di fare bella figura era un sogno di carta straccia. «Finirò «Finir ò fuori al primo turno.» - conclusi senza concedermi chances di vittoria. Ma qualcosa mi spinse all’intraprendenza. «Prendila come un gioco - mi diceva una vocina inte interio riore re.. - Nel Nel bene bene e nel nel male male non non subi subira raii l’ingombrante presenza di un avversario e non proverai neppure l’irritazione di sentirlo sbattere i pezzi sulla scacchiera.» Chi Chi può può impe impedi dire re anch anchee alle alle idee idee pazz pazzee di prendere vita se il diavolo si impossessa di noi? Mi iscrissi al torneo. Non so bene nemmeno oggi perché perch é abbia fatto ciò ciò che non ho avuto mai il coraggio di confessare ad alcuno. Poco prima dell’esordio, pensai di aiutarmi con il programma di scacchi messo a punto da Lev. All’inizio cacciai l’insana idea nell’angolo più più lontano del mio cervello, vergog vergognand nandomi omi di aver aver persino persino concepit concepito o una tale oscenità oscenità. Ma il Maligno, che ormai aveva messo salde radici dentro di me, mi convinse che, ricorrere all’aiuto del grande maestro virtual virtuale, e, era non solo cosa cosa giusta giusta,, ma anche anche doverosa. La motivazione che addussi per non sputarmi in faccia allo specchio la mattina, fu che in quel modo avrei reso giustizia a Lev, che nell’impre nell’impresa sa avev avevaa profuso profuso energia energia in grande grande quantità quantità. Non è mia intenzione elencare i tormenti vissuti, dirò dirò soltanto che, grazie al programma di scacchi del russo, vinsi tutte le partite in programma, arrivando, in virtù virt ù del minor tempo impieg impiegat ato, o, ad esser esseree uno dei quatt quattro ro semifinalisti. Il problema che mi si presentava dopo la fase eliminatoria, era che, nella migliore delle ipotesi, avrei dovuto giocare dal vivo nove partite. La cosa mi procurava inquietudine, perché perché non ero in grado di mantenere le premesse iniziali. Ormai tutti mi consideravano un campione e io, senza l’aiuto del programma
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di scacchi messo a punto da Lev, non valevo null nulla. a. Ma l’ac l’acqu quaa del del fiume fiume dent dentro ro cui cui ero ero caduto scendeva con foga a valle e io altro non ero se non un relitto trascinato a forza a valle: quello era il prezzo da pagare per la mia sfront sfrontate atezza zza!! Conseg Consegnai nai tutto tutto nelle nelle mani mani del fato, fato, limita limitando ndomi mi a rilegg rileggere ere in fretta fretta i fogli fogli dove dove Lev avev avevaa elaborato elaborato il suo gambett gambetto o di Donna. Ricordo perfettamente il giorno, l’ora e i minuti in cui atterrai a Stoccolma: erano le 13 e 50 del 30 maggio 2001. La primavera, dopo aver compiuto più più di due terzi del suo cammino, era pron pronta ta a gett gettar arsi si nell nellee brac bracci ciaa della della corta corta e premat prematura ura estat estatee del del Nord. Nord. Quando Quando arrivai arrivai in città città, un venticello frizzante spolverava le strade. Mi sembrava di sentire il respiro del cielo che, appena velato ad ovest da nubi stratiformi, sembrav sembravaa incredibilm incredibilmente ente basso. basso. Rimasi Rimasi abbagliato dallo scintillio delle panchine di ferro del Kungstr Kungsträädgå dgården rden,, acce accese se da un sole sole che che feriva gli occhi, e dal verde intenso di cui la vegetazione del parco si colorava. Il pomeriggio del 1 Giugno, cinque minuti prima che la partita di semifinale, la mia prima vera partita, iniziasse, stavo seduto di fronte al mio avve avversario rsario.. L’ansia ’ansia mi teneva teneva bloccato bloccato al punto che pensai di ritirarmi. Feci per alzarmi, ma una forza mi schiacciò schiacci ò sulla sedia, costringendomi ad accettare ciò ci ò che il destino teneva in serbo per me. Schiacciai, al momento giusto, l’orologio conta tempo e la partita ebbe inizio. Ciò Ciò che accadde in seguito è un ricordo che ancora mi confonde. Mi sono tante volte chiesto se la mano che muove muoveva va i pezzi ed il cervello cervello che pensava con una lucidit à che non avevo mai conosc conosciut iuto o prima prima fossero ossero davv davvero ero i miei. miei. Gli alfieri erano treni che correvano sulle diagonali senza trovare ostacoli, i cavalli avevano un tale slancio, mentre avanzavano fra le linee nemiche, che anziché anziché il legno di una scacchiera sembravano mordere il terreno di una prateria selva selvaggi ggia, a, le torri, torri, come come fortini ortini del del vecc vecchio hio West, proteggevano l’avanzata dei pedoni e rendevano invulnerabile il pezzo più pi ù pregiato, il Re, mentre io, come un generale baciato dalla
provvidenza, muovevo le forze in campo, senza nulla concedere all’avversario. all’avversario. Come ciò ciò potesse accadere era cosa di cui non sapevo darmene ragione: ero forse posseduto dal demonio? demonio? No, non avev avevo o stretto stretto nessun nessun patto con il maligno. Era proprio il mio gioco attento ed intrap intrapren renden dente te a far far cader caderee gli avvers vversari, ari, come tanti principianti, nelle insidie che tendevo. Faticai a convincermene. Nella finale del 5 giugno disputai una partita che si gioca solo in paradiso: con lo spettacolare gambett gambetto o di Horwitz, Horwitz, l’apertura l’apertura elaborata elaborata dal mio amico Lev, mi aggiudicai tutte le cinque partite previste e quindi il torneo. Il mio fu un vero e proprio trionfo. Quando fui chiamato sul palco per la premiazione, rimasi inchinato a lungo, incapace di risolle risolleva vare re la testa, testa, mentre mentre il pubblico applaudiva convinto. Non c’era contentezza in me, ma solo smarrimento: in fondo dovevo dire grazie soltanto all’imbroglio precedente se avevo vinto quel torneo. La coppa che mi fu assegnata non fece altro che aumentare il mio disagio. E neanche l’assegno di quindicimila Euro, che ricevetti direttamente dalle mani del sindaco di Stoccolma, riusc ì riusc ì a farmi stare meglio. Fortunatamente ebbi una folgorazione: con quei soldi avrei potuto realizzare il sogno di Lev. Presi un taxi e mi feci lasciare davanti alla Riksbanken, una grande banca che affaccia sul mare, poco lontano dall’albergo dove alloggiavo. L ì L ì mi sbarazzai della pesante e ingombrante coppa buttandola in acqua. La mia anima si liberò liberò all’istante di un peso che non poteva più più sopportare e il sollievo fu immediato. Quando tornai in albergo, ormai svuotato di ogni energia, controvoglia mangiai qualcosa nel coffee-shop, distratto dalla voglia che avevo di mettermi a letto al più più presto e consegnarmi nelle braccia di un sonno che, speravo, avesse la forza di traghettarmi fuori dall’angoscia. La prima prima cosa cosa che che feci feci,, quan quando do il 6 giug giugno no arrivai all’aeroporto di Fiumicino, fu di andare in agenzia e prenotare tre settimane di vacanze per quattro persone. Meta prescelta Kudahiti,
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l’isol l’isolaa VIP che che il Club Club Vacanz acanzee gest gestisc iscee alle alle Maldive. Intestai i biglietti ai coniugi Horwitz. La sera stessa li chiamai per telefono per dare loro la bella notizia. Mi cullavo al pensiero che la mia fortuna sarebbe diventata la loro. Lev, nell’ultima lettera - spedita circa un mese prima - aveva scritto che, dal momento che era completam completamente ente assorbito assorbito dal lavo lavoro, ro, nella sua vita non c’era più pi ù tempo per altro, nemmeno per lo svago. Speravo di convincerlo a godersi una meritata vacanza. Mi rispose la moglie Tatiana. Prima ancora che potesse articolare un discorso, gridai: «Ho due biglietti per voi!» La risposta fu un silenzio glaciale. Pensai che fosse caduta la linea. Poi Tatiana scoppiò scoppi ò a piangere e fra i singhiozzi mormorò mormorò qualcosa che faticai a capire. «Hai un cuore grande.» disse. Ciò Ciò che aggiunse dopo mi tagliò tagliò le gambe gambe:: non avreb avrebbe be mai potuto accettare il mio regalo perché perché Lev era morto in un incidente d’auto il 1 giugno. «Proprio in concomitanza con l’inizio del torneo di scacchi». – pensai, facendo un collegamento immediato. Tatiana si scusò scus ò con me più pi ù volte per non avermi comunicato prima la brutta notizia: non ne aveva avuto il coraggio. Io ero talmente frastornato da non riuscire nemmeno a dirle che non doveva scusarsi di nulla. Come un automa riattaccai la cornetta e scivolai in un imbuto di sofferenza. Il primo pensiero fu di ritornare in agenzia e riavere i soldi indietro. Non erano una gran cifra ma avrebbero fatto comodo alla povera Tatiana. Cos ì feci, feci, qualche qualche giorno più più tardi, quando quando riuscii a recuperare parte del mio intelletto. Al rientro, ritirai la posta: c’era parecchia roba. La chius chiusii nel quoti quotidia diano no che che string stringeevo in mano: mano: l’avrei letta con calma a casa. Quando vi misi mano, l’attenzione mi cadde su una bellissima cartolina. Riconobbi al primo sguardo l’isola di Kudahiti. Chi poteva avermela mandata? Nessuno dei miei amici, che io sapessi, era stato negli ultimi tempi laggiù laggiù. Lessi con curiosità curiosit à la
dedica: ‘Amico mio, i santi del paradiso hanno voluto tutto questo. Devi soltanto dire grazie al tuo tuo gran grande de cuor cuore. e. Da parte parte mia mia ti ringra ringrazi zio o invece per tutto quello che hai fatto per me e per la mia famiglia. Te ne sarò sar ò grato per sempre.’ Firmato: Lev Horwitz. Guardai attentamente la data stampigliata nell’angolo: 1 giugno 2001. La rilessi non so per quante volte perché perch é mi riusciva difficile capire. Ma non c’era c’erano no errori: errori: quell quellaa data data era il 1 giugno 2001. Sembra assurdo, ma non ho ricordi distinti dei momenti che vissi dopo la consapevolezza che raggiunsi. Quello che ricordo con chiarezza è invece il vento tempestoso che si alz ò nella mia stanza risucchiandomi in alto. Quando ritornai in me era notte fonda e un temporale furibondo impazzava nel quartiere. Misi la testa sotto il
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cuscin cuscino o per per attenu attenuare are il rombo rombo dei tuoni tuoni che che squassavano l’aria, prima di cadere in un sonno di morte. Al risveglio un caldo sole illuminava il mondo e io mi sentivo incredibilmente sereno. Gli avvenimenti vissuti erano talmente lontani nel tempo che non provavo più pi ù amarezza. Due passerot passerotti ti innamorat innamorati, i, cinguetta cinguettando ndo gioiosi, gioiosi, si posarono sul davanzale della finestra e si rincorsero a lungo. Riuscirono a strapparmi un sorris sorriso. o. Anch Anchee se avevo vint vinto o un torne torneo o di scacchi senza merito, ero riuscito a fare di Lev un’anima felice.
Qualcuno come Umberto
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di Marcello Vicchio
<
> Umbert Umbertoo saluta saluta distratt distrattam ament entee con la mano mano un nuovo avventore e prosegue:<< Non avevo compiuto ancora diciotto anni quando sono stato assunto. Allora toccava a noi pivelli penetrare nei cunicoli laterali, staccare i pezzi di salgemma più grossi e trasportarli nelle gallerie principali.>> Si fruga nelle tasche della logora giacca di velluto marrone finché non estrae un portaf portafogl oglii di cuoio. cuoio. Le dite dite nodose nodose affer afferra rano no con delicatezza una fotografia sbiadita e me la mettono sotto il naso. << Eravamo così allora: vispi come grilli e affamati come lupi.>> La fotografia, ingiallita in più punti, mi mostra un gruppo gruppo di giovanotti giovanotti nudi con grossi grossi sac sacchi chi di canapa canapa sulle sulle spalle spalle,, assicu assicura rati ti in cintola e in fronte da lacci di cuoio. Sorridono quasi tutti, come se il peso che grava sulle loro schiene sia del del tutt tuttoo tra trascur scuraabile bile.. Hann Hannoo volt voltii più più vecc vecchi hi dell’età anagrafica e corpi ossuti piuttosto che mus muscolos olosi. i. Qualc ualcun unoo indossa rudimentali peri perizo zomi mi,, altr altrii scar scarpo poni ni mal malanda andati ti o fago fagott ttii di str stracci cci ai pie piedi, di, quasi uasi nessun nessunoo l’abbi l’abbigli gliame amento nto completo; ma anche così il fot fotogra ograffo è rius riusci cito to a trasfondere nella stampa tutta la dignità che il lavoro duro conferisce. Intorno a loro un angusto anfratto, dentro dentro il quale riescono riescono a stento stento a stare in piedi, piedi, fatto soltanto di sale. Sembrano avvolti da una nuvola e non chiusi nelle viscere della terra. Umberto trangugia un sorso di vino e schiocca le labbra. << Laggiù faceva un caldo dell’inferno e la pelle, a contatto col salgemma, diventava come quella dei rinoceronti.>> Sorrido perché mi piace il paragone e gli do spago: << Ma lo hai mai visto un rinoceronte, tu?>> << No, ma me lo immagino: così dev’essere. La gola era sempre piena di quel maledetto sale e, per quanti sforzi facessi, quel sapore non andava mai via. Lo sapete sapete che all’e all’epoc pocaa il paese paese aveva aveva circa circa settem settemila ila abitanti e contava più di novanta cantine e rivendite di vino, vino, dove dove noi minato minatori ri passav passavamo amo gran gran parte parte del tempo tempo liber libero? o? La nostr nostraa sete sete era era sacros sacrosant anta, a, per per Dio.>> Mi appoggio sullo schienale della sedia e mi guardo
attorno con ostentazione. <> L’osteria è piena di avventori e di fumo di sigarette nonost nonostant antee l’ora, l’ora, ma l’atm l’atmosf osfera era è anche anche caric caricaa di quell’intimo senso di allegria e liberazione che solo un posto come quello può offrire. Umberto capisce che non ho intenzione di offenderlo offenderlo ma replica serio: << Il vino è il latte dei vecchi e io ho parecchio bisogno bisogno di latte. Ma ditemi, cosa desiderate precisamente da me?>> Sorrido e, con una punta di amarezza, rispondo: << Voglio visitare uno di quei cunicoli.>> Il vecchio minatore non ce la fa a trattenere una risata, spruzzando goccioline di vino e saliva dalla dentiera. Se ne accorge e si tappa la bocca con una mano. << Scus Scusat atem emi, i, ma fors forsee non vi rendete bene conto dell dellaa situ situaz azio ione ne.. Come Come sape sapete te la Sali Salina na è stat stataa chiusa trent’anni fa e non è rima rimast stoo più più nulla ulla.. Gli Gli edifici amministrativi sono stati stati abband abbandona onati ti al loro loro dest destin inoo e sopr soprav avvi vivo vono no ormai solo muri decrepiti, perc perché hé i matt matton onii non non li hanno potuti rubare come hanno fatto con le finestre, le porte, le tegole e perfino le mattonelle dei dei pavimenti. >> Sospira. << Una Una triste fine. ine. Mi pian iange il cuor uore pensa ensarre allo llo stat statoo di abbandono in cui versa. Gli ingressi delle gallerie sono stati murati e le gallerie gallerie stesse saranno piene d’acqua d’acqua adesso o, peggio, piene di rifiuti industriali. La miniera ha sfamato intere generazioni per secoli: ha dato pane, lavoro, benessere, solidarietà a tutti gli abitanti della zona. Sapete che già ai primi del ‘900 qui è stata inventata inventata una specie specie di mutua fra i minatori? minatori? Tutti Tutti si tassavano un tanto al mese per aiutare i colleghi che, per motivi di malattia, temporaneamente non potevano svolgere svolgere il lavoro. lavoro. La miniera miniera è stata testimone testimone di infiniti piccoli eventi quotidiani ma anche di grandi tragedie.>> Rimette con cura la fotografia dentro il portafogli e mormor :<< E adesso? Tutto finito, tutto dimenticato. Una parte di tutti quanti noi è rimasta sepolta dentro la montagna.>> Fa un gesto con la mano per chiudere il discorso. d iscorso. << Quello che mi chiedete è impossibile.>> << Eppure un sistema per entrare ci deve essere. Io
ho un mio motivo per farlo, tu ne hai mille.>> << Paghereste mille euri solo per entrare là dentro? >> Vedo che è interessato, e ciò non fa che confermare quello che già dentro di me sapevo. Umberto mi farà guida, guida, anche anche se adesso adesso nicchi nicchiaa facen facendo do l’inde l’indecis ciso. o. Vuota uota d’un d’un fia fiato il bicc icchie hiere e lo appog ppoggi giaa rumorosamente sul tavolo. << Vi farò sapere>> conclude. ***
La notte è illuminata da una splendida luna piena. Mentre Umberto si accanisce con antico vigore contro il muro di mattoni eretto a chiudere uno degli ingressi della miniera, lo osservo con un rispetto. E’ ancora forte per la sua età et à e sembra che il contatto col piccone gli trasfonda nuove energie. Mio malgrado lo rivedo giovane come nella foto a menare fendenti contro la roccia roccia ribelle e piegarl piegarlaa al suo volere. volere. Suda ma non sembra particolarmente stanco.
<< Alzammo in tutta fretta questo muro all’epoca, me lo rico ricord rdoo bene bene.. Abbi Abbiam amoo usat usatoo poch pochis issi simo mo cemento perché non vedevamo l’ora di finire e non c’era nessuno a controllarci. Forse qualcuno di noi allo allorra sper sperav avaa che che non non si trat tratta tass ssee di un addi addioo definitivo, forse ognuno sapeva di lasciare un po’ della prop propri riaa vita vita là dent dentro ro e non non avev avevaa il cora coragg ggio io di chiudere per sempre il capitolo.>> Compre Comprendo ndo beniss benissimo imo i suoi suoi sentim sentiment enti, i, quali quali dovevano essere allora e quali sono ora, e provo un po’ di vergogna per me stesso. E se non ho interpretato bene la situazione? E se mi sono sbagliato? Faccio bene a costringerlo ad abbattere abbattere questa questa parete? parete? Ripeto a me stesso che lui fa il suo lavoro e io il mio, ma mi riesce difficile soffocare un senso di pietà che non dovrebbe dovrebbe fare fare parte di me. Ma ormai ci siamo siamo spinti troppo lontano per tornare indietro e tornare indietro non sarebbe comunque possibile. Umberto riprende a picchiare forte contro i mattoni con ritmo regolare, scandendo il tempo secondo un suo particolare orologio orologio interno. Anch’io ho un tempo da scandire, ma viaggia a velocità diversa dal suo. Lui sembra quasi impaziente di terminare il lavoro; io no, se fosse possibile aspetterei di più. Infine la parete crolla lasciando un varco sufficiente ad attraversarla. Lui si asciuga la fronte col dorso della mano ( quante volte ha fatto quel gesto meccanico in passat passato!) o!) e sbuff sbuffa:< a:<< < Uffa Uffa,, non ricor ricordav davoo che un picc piccon onee foss fossee così così pesa pesant nte. e. Gli Gli anni anni pass passan ano, o, giovanotto, e ve ne accorgerete accorgerete quando quando sarà già troppo tardi.>> Sorrido e annuisco. << Se è per questo. è da un pezzo che me ne sono accorto.>> Umberto punta la pila sul mio volto e la tiene per qualche secondo. Immagino che mi stia scrutando con attenzione dietro la luce che abbaglia i miei occhi. Sento il suo respiro grosso arrestarsi per un attimo. << Non so. Ho la sensazione che il vostro viso non mi sia del tutto sconosciuto. E’ come, non so spiegarmi... familiare. Come se in voi vedessi altre persone. Capite cosa voglio dire?>>
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Non noto preocc preoccupaz upazione ione nella nella sua voce né paura: paura: suppongo che si senta in pace con la propria coscienza e quindi non ha motivo di temermi. Oltretutto non è mia intenzione scatenargli la paura anche se potrei farlo... farlo... sono un maestro nel genere. genere. Molto meglio per tutti e due se non ha paura di me. << Molti Molti hanno hanno questa questa sensa sensazio zione ne quando quando mi inco incont ntra rano no,, >> lo rass rassic icur uro. o. << Il mio mio è un viso viso assolu assolutam tament entee comune comune,, di quelli quelli che si ha sempre sempre l’impressione di aver incontrato da qualche parte.>> << Be' Be' >> risp rispon onde de lui, lui, e illu illumi mina na il foro foro.. << Vogliamo entrare?>> Mi precede con passo sicuro dentro la galleria. Si muove ancora con disinvoltura, come se non avesse mai smesso di andare su e giù per quelle scale viscide. Dentro l’aria è satura di odori indefinibili e sembra avere uno spessore e una consistenza palpabili, tanto è pien pienaa di umid umidit ità. à. La luce luce dell dellaa torc torcia ia elet elettr tric icaa la trasforma in una nebbia lattiginosa che ci avviluppa e ci inghiotte.
<< Cosa volete vedere di preciso? La scala scende per una settantina di metri dopodiché cominciano le diramazioni per le varie gallerie.>> Indica con la pila un punt puntoo lont lontan ano. o. << Di là un temp tempoo c’er c’eran anoo i montacarichi, ma si sono sono portati via anche quelli.>> E’ emozionato. Sono anni che non mette piede in questo posto dove ha trascorso gran parte della sua vita e non credeva di doverlo rifare. << Andiamo giù >> lo invito. << Poi ti spiego.>> Mi sugger suggerisc iscee di appogg appoggiar iarmi mi al corrim corrimano ano e scendiamo. Giungiamo in un’ampia sala semicircolare trasudante umidità da ogni centimetro di parete. Qua e là sui muri vi sono chiazze di muschio grigiastro, funghi funghi,, muffe. muffe. Per Per terra terra qualch qualchee sac sacco co di canap canapaa abband abbandona onato to e quasi quasi compl completa etamen mente te marcit marcitoo offr offree riparo a una miriade di insetti spaventati dalla luce. Rota Rotaie ie incr incros osta tate te di rugg ruggin inee si perd perdon onoo dent dentro ro i cunicoli che assomigliano a voraci bocche spalancate. Umbe Umbert rtoo ha un uman umanis issi simo mo mome moment ntoo di ripensamento. << Non pensavo che la mia miniera potesse farmi questo effetto: mi fa venire i brividi.
Credo che anche voi ne abbiate abbastanza, torniamo indietro?>> << Voglio entrare in quella galleria, voglio vedere il salgemma >> gli rispondo in tono tranquillo. So che non non può può rifi rifiut utar are, e, ma non non c’è c’è null nullaa di male male se aggiungo: << E quei mille raddoppiano.>> Allarga le braccia. << Sta bene, andiamo. Speriamo che i tunnel non siano stati invasi dall’acqua.>> Si avvia nella direzione che gli ho indicato con passo reso più pesante dalla carenza di ossigeno e imbocca la galleria galleria con decisione decisione.. Ora le pareti pareti attorno attorno a noi non sono più scure e amorfe. Il sale riflette un chiarore diffuso e i cristalli colpiti in pieno dai raggi di luce scintillan scintillanoo come migliaia di lucciole. lucciole. Umberto non sembra accorgersene. D’un tratto è ritornato il giovane minatore che percorreva in fretta quel tratto di strada che lo divideva dal lavoro senza avere il tempo per badare ad altro, meno che mai alla poesia dei cristalli. Il tempo! Quanto può essere breve o lungo un attimo! Lo rivedo con la pelle da rinoceronte coperta di piaghe, le labbra screpolate e le strie di sangue dove i legacci del sacco affondano nella pelle. Non si è reso ancora conto della situazione, ma anche questa è opera mia perché non è ancora giunto il momento. Arriviamo a un punto di snodo, dove la galleria si dirama in tanti altri svincoli laterali. << Non è affar mio >> mi domanda << ma si può sape sapere re cosa cosa cerc cercat atee qui qui dent dentro ro?? Non Non avet avetee vist vistoo abbastanza?>> << No, non ancora. Io ho già trovato quello che cerco e ho già visto quasi tutto. Ci resta soltanto da visitare quel cunicolo laggiù.>> Umberto Umberto alza alza un sopraccig sopracciglio. lio. << Quello?>> Quello?>> Si tocca la tasca della giacca e fa per aggiungere qualcosa. E’ tituba titubante nte,, ma gli basta basta guarda guardarmi rmi per tranquilli tranquillizzar zzarsi. si. <>
Si avvia senza esitazione e ora quasi fatico a tenergli dietro. Cammina senza voltarsi indietro perché sa che gli sono alle costole, che non potrei più allontanarmi da lui. << E’ accaduto qui >> sussurra. << Proprio in questo punto la volta è crollata e li ha seppelliti tutti quanti. Io mi sono salvato perché ero tornato indietro a prendere dell dell’a ’acq cqua ua.. Li hann hannoo tira tirati ti fuor fuorii dopo dopo un paio paio di settimane: il sale aveva conservato i loro corpi e li aveva trasformati in una specie di mummie. E’ questo che volevate vedere, no?>> Trae dalla tasca la fotografia che mi ha mostrato nella bettola. << Mi sembra ieri. Antonio, Riccardo e gli altri, eravam eravamoo come fratelli. fratelli. Li ricordo ricordo bene tutti quanti, uno per uno: bravi ragazzi, così giovani. >> I suoi occhi mi fissano senza astio, senza timore; poi cominciano a perdere di vitalità. Ormai ha capito. << Grazie per avermi portato qui, grazie per avermi concesso questo onore.>> Respira a fatica, adesso. << Li vedo, sapete? Li sento anche. Sono tutti qui intorno a me, li vedo sovrapporsi uno dopo l’altro sul
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vostro viso, signore. Mi era familiare, lo sentivo.>> Ormai è supino per terra, semi immerso in una pozza d’acqua salata. << Grazie ancora >> mi sussurra. << Qui! Qui! Non in un letto di ospizio o di ospedale.>> Mentre lo prendo con me, contento per gli attimi di gioia e di pace che gli ho donato, penso a quanto è complesso l’animo umano. Tutti hanno paura di me, mi evitano, mi sfuggono eppure mi costringono ad agire. E’ consolante consolante sapere che ogni tanto c’è qualcuno come Umberto che capisce e mi ringrazia. ringrazia.
Quaderno a quadretti di Alessandro Rennis
Aveva due occhi grandissimi: l’unica parte visibile tra un lungo e folto pelame, sopra un ampio giro di denti incollati al suo muso. Non so quale fosse il suo precedente nome di cane, diventato randagio dopo la morte del suo padrone. Io lo chiamavo banalmente “Fido” e dimostra dimostrava va di riconoscerm riconoscermii non perch perch é rispondev rispondevaa al richiamo richiamo sonoro sonoro del suo nuovo nuovo nome , ma perché perch é faceva festa alla mia voce e alla mano che, attraverso una feritoia del lungo torrione del Collegio di Grottaferrata, gli passava qualche avanzo della mensa del giorno. Non poteva vedere il mio volto perché perch é celato dietro l’alto e robusto snodo snodo del torrione, ma mi riconosceva già gi à forse dal rumore dei miei passi o per la giornaliera puntualità puntualit à della ricreazione negl neglii orari orari di coll colleg egio io,, dura durant ntee la qual qualee gli gli passavo il mangiare. E Fido era sempre l ì l ì,, ai piedi piedi di un gigant gigantesc esco o albero albero di uliv ulivo, che che riuscivo a intravvedere spingendo l’occhio poco più più in là l à , fin dove potevo arrivare. Era, Era, dunq dunque ue,, il suo suo padr padron onee quel quel conta contadi dino no morto morto alcu alcuni ni mesi mesi prima prima,, cade cadend ndo o rovinosamente proprio da quell’albero di ulivo! E lo abbiamo appreso dopo il suo ritrovamento, a seguito del grande andirivieni di carabinieri e poliziotti lungo la stradicciola di campagna che poi, in un ghirigori di brevi tornanti, conduceva conduceva giù giù giù giù fin verso verso la Marrana. Marrana. Non l’avev l’avevano ano trova trovato to subito subito dopo dopo la mortale mortale cadut caduta, a, quel quel poveretto. Né Né era partito alcun allarme nei giorni successivi. Le giornate, ancora tiepide per pall pallid ido o sole sole di autu autunn nno o inol inoltr trat ato, o, a sera sera già già diventavano fredde per folate di vento che scendev scendevano ano dai costoni costoni del sovras sovrastante tante Monte Cav Cavo e preann preannunc uncia iava vano no l’inve l’inverno; rno; ma nella nella notte, per alcune notti intere e fino al ritrovamento del cadavere, il lamentoso latrato di un cane vinceva ogni altro segnale di vita. Era come un pianto di affetti perduti; era quasi voce umana di richiesta d’aiuto quella di Fido, che tagliava con cadenza ossessiva il religioso silenzio monasteriale della notte. Durante il giorno, invece, invece, tutto taceva: taceva: Fido non si faceva sentire. E non si è fatto più più sentire fin dalla notte
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successiv successivaa alla rimozi r imozione one dei pove poveri ri resti resti del suo padrone, frettolosamente trasferito in obitorio per l’autopsia, come da prassi. Segu ì Segu ì,, quasi distrattamente, le varie fasi di quello che fu un rapido funerale, e poi si accovacci ò ai piedi dell’albero. Da l ì l ì – a passo lento e come se nulla gli importasse più pi ù del mondo circostante – si muove muoveva va quand quando o lo richia richiama mavo vo duran durante te la breve ricreazione del dopopranzo per dargli i pochi resti che riuscivo e mettere insieme. Un giorno, giorno, ho finto di aver aver calciato calciato maldestramente il pallone, tanto da superare la merlatura del torrione: doverosa la corsa verso l’esterno per recuperarlo. Fido lo aveva raggiunto e lo teneva con le zampe anteriori, quasi aspettandomi perché perché lo accarezzassi prima di cedermelo. cedermelo. L’ho ricompensa ricompensato to come chiedeva con gli occhi suoi grandi: mi ha accompagnato fino al portone e torn ò lemme lemme sui suoi passi. Continuai a farlo mangiare e, di tanto in tanto, continuai a sbagliare qualche calcio al pallone perch é volasse oltre l’altezza della merlatura guelfa: e cos ì anche anche l’ultim l’ultimo o giorno giorno della della mia permanenza in collegio. Quando l’ho salutato, Fido mi guardò guardò come aveva fatto col suo padrone quando gli agenti lo caricarono sull’ambulanza: occhi aperti a metà met à librati nel vuoto, capo leggermente chinato in avanti, senza gioia, distrattamente, offeso. Da quel giorno non l’ho più pi ù visto. Tornai oltre le mura del collegio dopo due anni e la prima cosa che feci fu di affacciarmi alla solita feritoia del torrione: Fido non c’era più pi ù, e la terra ai piedi dell’albero di ulivo era di altro tono: fresca di lavoro. Una raffica di vento, gelido come quello di alcuni inverni addietro, mi spinse ad allontanarmi dal muro di cinta e in quel momento mi parve di sentire, come un tempo, un lungo lamentoso latrato : era di Fido; non mi sbaglio.
Guarito
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di messer Giacomo Provolone
Stava silenzio silenzioso so nel buio, buio, tra l’angolo l’angolo della stanza stanza e l’armadio l’armadio ... e mi aspettava aspettava,, come sempre. sempre. Giocava Giocava con me come come il gatto col topo. topo. Molte volte volte mi aveva aveva sfiorato il collo con i suoi denti aguzzi ma, chissà perché, non li aveva mai piantati nelle mie carni. Forse temeva di perdere così il suo giocattolo, o forse per qualche altra ragione a me sconosciuta. Ciò, tuttavia, non gli vietava di alitarmi in faccia il suo puzzo di erba marcia né di assaggiarmi con una lingua viscida e bifida, che mi lasciava sulla pelle una scia di saliva opalescen opalescente te così tenace che neppure neppure i detersivi detersivi per piatti potevano lavare via. La sua pelle, invece, era dura e ricope ricoperta rta di minusc minuscole ole sca scagli gliee cornee e secerneva una sostanza urticante che mi causava pomfi e strie rossastre ad ogni contatto. Quan Quando do era era di catt cattiv ivoo umor umoree godeva nel costringermi a saltare come un canguro sopra sedie e tavoli nel tentativo di evitare le sferzate della sua coda micidiale. Era troppo tempo che lo subivo. Dappr Dapprima ima aveva aveva cominc cominciat iatoo a tormentarmi in maniera subdola : qualche oggetto che non trovavo nel soli solito to post postoo ( a chi non non capita? ), qualche carta importante incastrata inspiegabilmente sotto invece che dent dentro ro il cass casset etto to,, tele televi viso sore re,, frigorifero ed altri elettrodomestici che cessavano di funzionare uno dopo l’altro. Poi, Poi, impr improv ovvis visam amen ente te,, si era era manifestato. All’inizio era solo una macchia sfuo sfuoca cata ta negl neglii ango angoli li più più bui bui della della canti cantina na o del garage garage,, poi avevo cominciato a distinguerne il volto ferino, gli occhi scintillanti, gli artigli aguzzi alle dita. C’erano anche stati brevi periodi in cui era scomparso, ma ogni volta era tornato più forte e maligno di prima a far naufragare le mie speranze di non rivederlo più. Non che avesse sempre la luna storta. Quando non era di animo cattivo si limitava a qualche urlo da belva ferita ferita,, in piena piena notte, notte, a pochi pochi centim centimetr etrii dalle dalle mie orecchie, oppure scambiava lo zucchero con il sale nei barattoli. o metteva a soqquadro il contenuto di cassetti e armadi. Il preferito era proprio quello dietro il quale ora era appostato. << Figlio di puttana >>, sibilai.
<< Escremento, pustola infetta. Troverò il modo di distruggerti, vedrai >>. Avevo vevo speso speso una fortun fortunaa in maghi, maghi, ciarla ciarlatan tani, i, esorcisti, esorcisti, sensitiv sensitivii senza senza che avessi avessi cavato un ragno ragno dal buco: Lui sembrava diventare più forte dopo ogni mio tentativo. << E’ questione di difese psichiche >> mi aveva sugger suggerito ito qualcu qualcuno. no. << In In ques questi ti casi casi biso bisogn gnaa elaborare strategie e rituali di controllo, perché solo così queste queste entità entità negative negative possono possono essere essere sconfitte >>. Fu così che prima di aprire la porta di casa iniziai a segnarmi tre volte con con la croce, a fare fare tre volte la croce croce con la chiave vicino alla serratura, a entrare facendo tre pass passii e ad annu annusa sare re tre tre volt voltee l’ar l’aria ia alla alla rice ricerc rcaa dell’odore dell’odore di erba marcia. marcia. Se avvertivo avvertivo la sua puzza ritornavo indietro e ripetevo il cerimoniale finché non ero soddisfatto. In quel momento non ero per nulla soddisfatto, perché Lui era lì in attesa e se ne fregava dei miei giochetti. Sentii che batteva la coda per terra: voleva voleva giocare giocare al canguro. canguro. Era meglio meglio filare filare via. Girai Girai sui tacc tacchi hi e feci feci per per usci uscire re,, ma mi arre arrest stai ai di colp colpo. o. Sull’uscio erano comparsi due tizi vestiti di bianco che scrutavano con attenzione ogni mio movimento. Non feci neppure in tempo a chiedere chi fossero e cosa volessero che mi furono addosso, immobilizzandomi con professionale professionale efficienza. efficienza. Mentre mi portavano portavano via feci in tempo tempo a scorgere, scorgere, con la coda dell’oc dell’occhio, chio, la mia vicina di casa che spiava furtiva la scena. << Gesù, Gesù... Un così brav’uomo >> la sentii sospirare. *** << Com’ Com’er eraa sua sua madre madre?? Posses Possessiv siva? a? Le dava dava segnali segnali contrasta contrastanti nti circa circa il suo affetto? affetto? Giurava Giurava di volerle bene ma poi, nei fatti, la respingeva? >> Gli Gli occh occhii colo colorr ghia ghiacc ccio io dell dellaa dott dottor ores essa sa eran eranoo penetranti come due lame. << Era autoritaria?>> << Un po’ come lei >> risposi. << La umiliava? >> << Un po’ come lei.>> << Ha familiari, parenti, qualcuno che deve essere informato della sua permanenza qui?>> << Non Non ho famil familiari iari,, né parenti, parenti, né amici amici.. Ho un fratello che è emigrato in Sud America più pi ù di vent’anni fa e da allora non ho più pi ù avuto sue notizie.>> << Mi parli di questa cosa che vede.>>
<< Perché Perché dovrei dovrei farlo? farlo? E perché perché mi trovo qui? qui? Io non sono pazzo.>> La dottoressa rivolse uno sguardo annoiato al collega all’altro lato del tavolo e poi roteò gli occhi al cielo. << Lei mi sembra una persona istruita >> disse il collega, collega, sforzand sforzandosi osi di apparire apparire interessat interessato. o. <> << Sono... Ero professore professore di lettere. Lui non mi ha
permesso più di lavorare.>> << Lui non glielo ha permesso? >> Mi irrig rrigid idii ii ment mentre re sent sentiv ivoo onda ondatte di cal calore ore avvamparmi il viso. I polmoni polmoni avevano avevano fame fame d’aria d’aria e il cuore ballava un frenetico tip tap dentro il petto. Come può capirmi chi non non si è mai trovato imprigionato tra i vetrini di un microscopio e offerto, indife indifeso, so, al cipigl cipiglio io ase asetti ttico co di un tortur torturato atore re della della nostra più intima natura? natura? Che avevo io da dividere con loro? Li avevo forse cercati? Perché dovevo starmene lì a sopportare di essere umiliato dalle loro occhiate condiscendenti e oppresso dal peso della loro routine, dove un folle in più o in meno poco contava, purché se ne stesse buono nel suo cantuccio e non creasse casini. Perché dovevo permettere che la mia dignità venisse calpestata? Mi sembrava di leggere i loro pensieri:<< Inutile tirare per le lunghe. Costui è delirante, è un altro pove poverracci accioo che cre crede che i pazz pazzii sia siamo noi. oi. Sbrighiamoci, è quasi ora di pranzo...>> Non volli volli fermare fermare le mie mani che afferr afferravan avanoo il bordo bordo del tavolo e facevano facevano volare volare tutto in aria. aria. Poi qual qualcu cuno no mi fu addo addoss ssoo e mise mise fine fine alla alla mia mia performance. *** Era lì, seduto in macchina accanto a me, e ghignava passandosi la lingua sui denti. Potevo interpretare quel gesto come l’equivalente di un sorriso e l’espressione sorn sornio ione ne del viso viso come come una fras frasee del del tipo tipo:< :<< < Benvenuto, piccino>>. Feci finta di niente, altrimenti gli infermieri del Centro di Igiene Mentale che mi riaccompagnavano a casa avrebbero fatto marcia indietro. In quel mese mi ero comportato bene: il mio stomaco aveva macinato più farmaci di un mulino, le vene delle braccia erano piene di ecchimosi per le fleboclisi e, soprattutto, mi ero ben guardato dal parlare di Lui. Allucinazioni, dicevano loro; allucinazioni, dicevo io. Gli infermieri mi condussero fino alla porta di casa e attesero che entrassi dentro per salutarmi e andare via. Bravi ragazzi, lo so che lo facevano per aiutarmi, ma davanti a loro non potevo eseguire il rituale di apertura della porta e così mi ritrovai di nuovo indifeso alla Sua mercé. Dentro Dentro trovai tutte le tende bucate e lacerate lacerate in più punti dai suoi artigli, le lenzuola del letto annodate strettame strettamente nte l’una all’altra all’altra,, i CD ai quali tenevo tanto centrifugati in lavatrice. La foto foto che che mi ritr ritrae aeva va insi insiem emee a Laur Lauraa era era scomparsa! << Maledetto, questo questo no! Ora hai passato passato veramente veramente tutti i limiti. E’ stata la sola donna che un tempo ha avuto simpatia per me, non ne ho avuto altre! Ti ucciderò per questa profanazione>>. Lui soffocò soffocò una risata. << E come puoi puoi uccidermi? Lo sai che io morirò con te >>. Parlava! Per la prima volta sentivo sentivo la sua voce e non i soliti soliti urli e grugniti grugniti.. Parla Parlava, va, e la sua voce voce era l’esat l’esatto to contra contrario rio di come come l’avev l’avevoo immagi immaginat nata: a: era stridula, strascicata, con un accento francese.
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Stavolta fui io a ridere e, credetemi, di gusto. << Ma come parli? A chi chi credi di fare paura con quella vocetta alla ispettore Clouseau?>> Emerse di scatto da sotto il tavolo. Aveva un’aria piuttosto preoccupata. << Che ti hanno hanno fatto fatto là dentro? dentro? Che porch porcheri eriee ti hanno hanno iniettato iniettato nelle nelle vene? vene? >> Mi lanciò lanciò contro contro un posa posace cene nere re che che pass passòò a poch pochii cent centim imet etri ri dal dal mio orecchio e disegnò un fuoco d’artificio di pezzetti di cristallo cristallo all’im all’impatto patto col muro. muro. Risposi Risposi con con un piatto piatto orname ornamenta ntale le che, che, come come al solito solito,, rimbal rimbalzò zò sul suo tegumento scaglioso senza scalfirlo. Lui saltò sul tavolo e prese a raspare più volte il piano piano con gli artig artigli, li, lascia lasciando ndo solchi solchi profon profondi di nel legno. Sapeva che quello stridore mi era insopportabile, tanto da farmi venire la pelle d’oca, per questo ci metteva tanto impegno e tanta crudeltà.
Mi tappai le orecchie con le mani e decisi che era il momento di usare l’arma che mi ero procurato nella cappella dell’ospedale: una bottiglietta di acqua santa trafugata dal fonte battesimale. Con quella speravo di mettere la parola fine a quell’insana faccenda. faccenda. Dovev Dovevo o coglierlo di sorpresa, senza dargli il tempo di difend difender ersi. si. Mord Mordere ere e fuggir fuggiree , anzi anzi fuggir fuggiree e poi mordere, questa era la tattica da usare : cos ì cos ì avrei avuto il tempo di estrarre la bottiglia senza che lui se ne avve avvedes desse. se. Corsi Corsi verso verso la stanza stanza da letto e, come previsto, Lui saltò saltò giù giù dal tavolo e mi venne venne dietro.
Mi fermai e lo tenni d’occhio attraverso il grande specchio che copriva un angolo della stanza. Lo vidi rannicchiarsi e bilanciarsi sulle zampe posteriori, come quando si preparava a spiccare un salto per attaccare. La bottiglietta scintillò sinistramente nel mio pugno. Lui se ne accorse, si fermò e si copri gli occhi con le zampe.
<< No, sono perduto >> mugolò. << Oh Dio, adesso mi uccidi! Hai scoperto il mio punto debole, come la kriptonite per Nembo Kid.>> Tolse le zampe dal muso e mi strizzò l’occhio, beffardo. Poi esplose in una sonora risata risata che riempì riempì tutta la stanza. La sentivo echeggiare dentro il mio cervello, dentro ogni fibra del mio essere, finché io stesso non mi trasformai in una cassa di risonanza che contribuiva ad amplificarla ogni istante di più. E più rideva e più sentivo le forze abbandonarmi, le ginocchia diventare molli, la testa ballare il can can. La bottigliett bottigliettaa pesava pesava quintali quintali nella mia mano. mano. Con uno sforzo sovrumano la lanciai contro lo specchio, proprio quando lui emergeva proditoriamente proditoriamente da quello e mi mordeva la mano. Ma la sua risata era travolgente e, nonostante il dolore, cominciai a ridere anch’io. *** << Mi ha morso la mano.>> << Lei si è tagliato con dei frammenti di vetro quando ha rotto lo specchio. Ricorda di averlo fatto? >> La dottoressa dottoressa sedeva a fianco fianco del collega collega e in piedi, acca accant ntoo a loro loro,s ,sta tavol volta ta vi eran eranoo di guar guardi diaa due due energumeni in divisa da infermiere. << Sì, mi ricordo. Ma non miravo allo specchio, miravo a Lui.>> << E adesso dov’è?>> Provò a insistere la dottoressa, guardandosi intorno. << E’ qui, per caso>> << No. Di solito solito si manifest manifestaa non appena appena metto metto piede piede in casa, casa, oppure oppure qualch qualchee volta volta mi aspett aspettaa in macchi macchina, na, ma sempre sempre ben nascos nascosto to dietro dietro i sedili sedili.. Penso che non gli piaccia essere visto da altre persone. Non so perché.>> << Perché Lui è soltanto una creazione della sua mente, un pensiero parassita, ecco perché nessun altro può vederlo >> intervenne il collega. << Noi possiamo aiutarla a guarire se solo ci permette di aiutarla.>> Sembrava sincero. << Lei mi sembra il paziente adatto. Esiste una nuova terapia, efficacissima. Possiamo farla guarire. Guarire, ci pensi... Liberarsi di lui..>> *** Quella era la prova prova del nove. Mentre la chiave girava nella serratur serraturaa trattenev trattenevoo il fiato fiato dall’e dall’emozio mozione. ne. Mi sentivo bene, avvertivo dentro di me una sensazione di sicurezza che, ne ero certo, non avevo mai provato prima. Forse avevano ragione i dottori, forse Lui era era davvero una creazione della mia mente. Lo scatto della serratura risuonò come una fucilata nella tromba delle scale. Avevo le mani e la fronte sudate, la gola secca e, per una frazione di secondo, fui tentato di voltarmi ed andarmene. Non lo feci; invece respirai profondamente e varcai la soglia. Nessun odore di erba marcia ( Toh, Toh, non mi era venuto in mente di eseguire il rituale ). La casa era deserta e silenziosa. Qualcuno, forse mandato dall’assistente sociale, aveva fatto pulizia e rimesso tutto in ordine. Avevano Avevano lavato il pavi pavime ment ntoo ( da quan quanto to temp tempoo non non lo face facevo vo io?) io?),, avevano ripulito e stirato le tende alle finestre ( non mi
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ero accorto di come fossero brillanti i colori ), non vi era traccia di immondizia né in cucina né in bagno ( in che stato di degradazione ero sprofondato!). sprofondato!). La casa era deserta e silenziosa. I miei passi sul pavimento, dapprima cauti ed esitanti, risuonav risuonavano ano man mano più più sicuri. sicuri. Aprii Aprii arma armadi di e ripostigli, guardai sotto il letto e in tutti i posti che Lui preferiva. Nulla! Era scomparso.
La pres presen enza za che che avev avevaa riem riempi pito to la mia mia vita vita era era scomparsa scomparsa!! Ero davvero davvero guarito, guarito, la mia mente mente era ritornata nei giusti binari. La casa casa era dese desert rtaa e silenziosa. Non avevo più nulla da temere. La casa era vuota, deserta e silenziosa. Chi più avreb avrebbe be scambi scambiato ato lo lo zucchero con il sale o nascosto le chi chiav avi? i? Chi Chi più più avreb avrebbe be atteso il mi mio ri ritorno rannicchiato nel buio? Chi mi avre avrebb bbee tira tirato to le lenz lenzuo uola la di notte? Nessuno. Nessun Nessunoo a rovist rovistar aree nei miei miei cassetti, cassetti, nessuno nessuno in macchina, macchina, nessuno a bere il vino nel mio bicchiere, nessuno a lasciare i rubinetti aperti, nessuno con cui litigare. Nessuno. Nessuno. Nessuno.
Sapienza, scienza dell'uomo. In questa sezione troveranno posto brani del passato e del presente particolarmente particolarmente significativi. significativi.
Ecco uno dei brani più famosi della storia per gli influssi che ha avuto nella fantasia fantasia degli uomini, uomini, per la curiosit à scatenata e per gli enigmi non ancora risolti dopo molte ricerche e ipotesi. Da Plato – Timeo.
… CRIZIA Sta' a udire, o Socrate, una molto maravigliosa istoria, tutta vera, come una volta raccontolla Solone, de' sette il piú pi ú savio. Egli era tutto della casa di Dropido, il nostro proavolo, e assai suo dimestico, come dice spesse volte ne' suoi canti ei medesimo. Ed egli disse a Crizia, l'avolo nostro, come ci contò cont ò di poi quel buon vecchio, che grandi e molto mirabili furon le antiche opere della nostra città citt à, oscurate per il tempo e per la morte subitanea degli uomini; e fra tutte una è piú piú grande, della quale ci conviene oggi fare memoria, e per render grazie a te, e insieme, quasi inneggiando noi alla Dea nella solennità solennità sua, celebrare lei con degne e veraci laudi. SOCRATE Tu di' bene; ma qual'è qual' è cotesta opera non mentovata e nientemeno fatta dalla nostra città città anticamente, secondo che raccont ò Solone? III. CRIZIA Io dirò dirò quest'antica istoria, che io udii da uomo non giovine; perché perch é allora Crizia, come disse ei medesimo, era gi à presso a novant'anni, ed io in su i dieci. Egli era il dí d í
terzo delle feste della Furbizia, il dí d í dei Fanciulletti, e quello che usati sono di fare ogni volta, si fe' allora: i nostri padri ci posero premii di recitazione di canti. E ne furon recitati assai, di div diversi ersi poet poeti; i; ma io e altri altri molti molti figliu figliuol olii cantammo specialmente quelli di Solone; perch é di quel tempo eran cosa nuova. Un certo uomo della nostra tribú tribú, o perché perché cosí cosí gli paresse, o per far piacere a Crizia, disse che Solone pareva a lui, lui, non non solo solo nelle nelle altr altree parti parti il magg maggio iore re sapiente che mai fosse, ma ancora in poesia pi ú nota notabi bile le di tutt' tutt'ii poet poeti. i. Il vecch ecchio io,, mi par par di vederlo, tutto si rallegrò rallegr ò; e, sorridendo, gli disse: - O Aminandro, se la poesia egli avesse coltivato, non a sollazzo, ma s í come altri studiosamente, e compiuto l'istoria che ci recò rec ò egli qua dall'Egitto, la quale le sedizioni e i mali che trovò trovò, facendo ritorno, necessitarono a trascurare; secondo mio avviso né n é Esiodo, né né Omero, né né qualunque altro poeta si voglia, mai non sarebbe venuto in maggiore fama di lui -. ò: - Qual Quegli Quegli domand domandò Qual'e 'era ra ques questa ta isto istoria ria,, o Crizia? - L'altro rispose: - L'opera piú pi ú maravigliosa di questa repubblica, sovra a tutte degna giustamente di rinomanza; ma la ò in fino a noi, per il memoria memoria sua sua non bast bastò tempo e per la perdizione di coloro che l'ebbero fatta -. E quegli: - Mi di' dal principio, che ti raccontò raccontò Solone? e come? e chi la raccont ò a lui per novella vera? E Crizia a lui: In Egitto, nel Delta propriamente, alla cui í lo intornia, è punta la fiumana Nilo si fende, e s í lo una provincia, la quale si chiama Saitica; e la piú piú grande città città di questa provincia è Sais, dove anco nato fu il re Amasi. Gli abitatori tengono fondatrice della città città una Dea, e il nome è in lingua egiziaca Neit, e in greca, Atena; contano cosí cosí ; e dicono esser molto amici degli Ateniesi, e in alcuna cotale maniera essere di una schiatta con loro. Disse adunque Solone che l à pervenendo, lo ricevettero a grandissimo onore; e che, dimandando delle antiche cose a quei
sacerd sacerdoti oti in ciò ciò piú piú savi savii, i, si fu acco accorto rto che che niente, per dire cosí cos í , non sapevano né n é egli né né gli altri Greci. Fra le altre una volta, desideroso di trarli a ragionare degli antichi avvenimenti, si pone a dire delle cose di Grecia piú pi ú antichiss antichissime: ime: di Foroneo Foroneo,, detto detto il primo, di Niobe, di Deucalione e Pirra, come camparono appresso il diluvio; e annovera le generazioni loro, e si studia, rammemorando i tempi, mettere a ragione gli anni degli avvenimenti de' quali egli favella. E uno molto vecchio de' sacerdoti, gli disse cosí cosí : - O Solone, Solone, voi Greci siete sempre fanciulli; un Greco non ci è, vecchio -. Ed egli, ciò ciò uden udendo do,, diss disse: e: - Come Come di' di' tu ques questo to?? Rispose: - Tutti siete giovani dell'anima, imperocché imperocch é in essa essa non non avete vete serb serbat ato o niun niunaa vecc ecchia hia opin opinio ione ne di tradizione antica, e niuna dottrina canuta per il tempo. La cagione di ciò ci ò è questa: ei ci furono e saranno molti e divers diversii stermi sterminii nii di uomini, grandissimi quelli per fuoco e acqua, da meno quelli lli per per le altre ltre innu innume mera rabi bili li cose cose.. E veramente quello che si dice appresso voi, Fetonte, figliuolo del Sole, una volta aggiogato i cavalli al carro del padre, e montatovi su, non sapendo carreggiare la strada, avere arso ogni cosa cosa sopra sopra la terra, terra, morend morendo o egli egli di folgore olgore;; ques questo to a forma forma di fav favola; ola; il vero vero poi è lo dichinamento degli astri che si rivolvono per lo cielo cielo attorno attorno alla terra, terra, e lo incend incendime imento nto di tutte le cose sopra sopra la terra per per molto fuoco. fuoco. Piú Pi ú allo allora ra peris perisco cono no quel quelli li che che abita abitano no in su le montagne e in alti luoghi aridi, che non quelli appresso al mare od ai fiumi; ma noi, il Nilo che bene è salv salvato atore re nelle nelle altre altre distre distrette tte,, campa campa ancora di questa, sciogliendosi dalle ripe e inondando. E allora che diluviano la terra gli Iddi Iddii, i, si salv salvan ano o quel quelli li di su le mont montag agne ne,, i bifolchi e i pastori; là l à dove gli abitatori delle vostre terre portati sono dai fiumi dentro del mare: ma in questa contrada né n é allora, né né le altre volte, mai da su non ruina l'acqua nella campagna; per lo contrario, di giú gi ú levasi levasi ella naturalmen naturalmente, te, e sí allag allaga. a. E però però si dice che serbate sono qua le memorie delle antichissime
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cose, da poi che sempre, alle volte pi ú e alle volte meno, è umana semenza in tutt'i luoghi de' qual qualii non non la disc discac acci cino no verni erni crudi crudi o cald caldii distemperati. Per questo, ogni bella cosa grande o in qual si voglia modo notabile appresso voi intervenuta, o qua, o in altri luoghi, la quale noi avessimo conosciuto per fama, tutto registrato è infino dall'età dall'età antica e serbato qua nei templi. Ma i vostri avvenimenti, e quelli degli altri, sono ogni volta registrati di fresco nelle scritture e negli altri monumenti che a repubblica si convengono; e novamente a usati intervalli di anni, sí sí come un morbo, scoppia, ruinando su voi, la fiumana di cielo, e lascia di voi quelli selvaggi di muse: sicché sicch é tornate tornate da capo capo come come giovini, giovini, non sapendo sapendo nulla di tutti tutti gli avve avvenim nimen enti ti di qua, né né di quelli presso di voi, che furono negli antichi tempi. Onde, o Solone, quello che hai narrato ora tu delle generazioni generazioni vostre, vostre, quas quasii diffe differisc riscee poco poco dalle dalle nove novellette llette dei fanciulli; fanciulli; impercioc imperciocch chéé voi non ricorda ricordate te che che uno solo diluvi diluvio o della della terra, terra, l à dov dove furono furono molti per lo passa passato; to; e cosí cosí non avete avete pure nuove nuove che vissuta sia nella vostra terra la piú piú bella e buona generazione di uomini che mai si vedesse, de' quali siete usciti, tu e tutta la cittadinanza, del piccol seme salvato; e vi mancan le nuove per ci ò che di quelli sopravvanzati molte generazioni finiron la vita loro muti di lettere. Un tempo, o Solone, avanti il paventosissimo scempio delle acque, la repubblica, la quale or si dice degli Ateniesi, era eccellentissima in arme, e in tutto governata a leggi bonissime; e si narrano di lei opere molto leggiadre e ordinanze bellissime sovra tutte quelle che il sol vide sotto il suo cielo, delle quali noi si abbia novelle. Solone raccontò raccont ò che egli, a udire, fu molto stupefatto; e prega i sacerdoti con grande istanza, che gli voglian diligentemente narrare e per ordine le cose tutte quante de' cittadini suoi antichi. E il sacerdote a lui: - Niente ho invidia, e sí il fo per te e per la tua città citt à e per la Dea, la
qual qualee ebbe ebbe in sorte sorte e quel quella la e la nost nostra ra,, e allevolle e disciplinò disciplinò tutt'e due: quella mille anni innanzi, prendendo la semenza da Terra e Vulcano, questa poi; e dell'ordinamento suo è segnato nei sacri libri il numero di anni otto mila. Adunque, dei tuoi cittadini vissuti è nove mila anni, ti dirò dir ò brevemente la piú pi ú gentile opera che mai abbiano fatto: un'altra volta, poi, avendo agio, recandoci in mano le scritture, le sporremo tutte con cura e ordinatamente. Quanto è a leggi, poni mente alle nostre; imperocché imperocch é molti esempi di quelle che allora furono appresso voi, ritro ritrov verai erai qua qua appr appres esso so noi noi anco ancora ra presentemente. In prima, la generazion dei sacerdoti è sceverata dalle altre; e cosí cos í similmente quella degli artigiani, dei quali ciascheduno, non meschiandosi ad altro, fa suo mestiere: e cosí cos í similmente i pastori, i caccia cacciatori tori,, e gli agricol agricoltori tori.. E la gener generaz azion ion degli uomini d'arme, vedi già gi à ch'ella è spartita da tutte l'altre; ai quali comandan le leggi, che di niun'altra cosa prendano cura, salvo che delle faccende di guerra. È armadura loro eziandio lo scud scudo, o, e arma arma la lanc lancia ia;; e noi noi prim primii ce ne fummo armati in Asia, avendole mostrate la Dea prima a noi, siccome mostrolle prima a voi in quei luoghi. Quanto è poi a gentilezza, tu vedi la legge che è appo noi quanta sollecitudine da principio avesse della universale scienza del mondo, infino alla divinazione e alla medicina che alla sanità sanità provvede, rivolgendo essa queste divine scienz scienzee a utilit utilitàà dell dellee uman umanee cose cose;; e come come curasse delle altre scienze che seguitano a quelle. Ora la Dea ordinò ordin ò voi prima con questa instituzione e ordinamento; e vi elesse per istan istanza za la terra dove dove nati nati siete, siete, bene bene avvedendosi, che, posta essendo a dolce guardatura di cielo, porterebbe ella uomini prudentissimi. Adunque, come vaga ch'ella è di guerra e sapienza, quel luogo elesse e allegr ò prima di abitatori, il quale avea a portare uomini simigl simiglian iantis tissim simii a lei. lei. E vivev vivevate ate con cotal cotalii buon buonee legg leggi, i, e anco ancora ra con con molt molto o piú piú buono reggim reggiment ento, o, entran entrando do voi voi innanz innanzii a tutti tutti gli uomini in ogni virtú virt ú, come si conveniva, essendo voi rampolli e creature degli Iddii. E molte genero generose se opere della vostra vostra repubblic repubblica, a, qua registrate, fanno maraviglia; ma una è, che avanza tutte in virtú virt ú e grandezza. Imperocché Imperocch é
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narrano le scritture quanta spaventosa oste una volta i cittadini vostri raffrenassero, in quello che su tutta Europa e Asia riversavasi furiosamente, erompendo da fuori dall'atlantico pelago. Quel pelago allora era navigabile, da poi che un'isola aveva innanzi dalla bocca, la quale chiamate voi Colonne di Ercole; ed era l'isola piú piú grande che la Libia e l'Asia insieme, donde era passaggio alle altre isole a quelli che viaggiavano di quel tempo, e dalle isole a tutto il continente che è a dirimpetto, che inghirlanda quel vero mare. E per fermo, quel tanto mare che è dentro alla bocca della quale favelliamo, è un porto porto dall dallaa stre strett ttaa entr entrata ata,, a veder edere; e; ma quell'altro assai propriamente dire si può pu ò vero mare, e continente la terra che lo ricigne. Ora, in cotes cotesta ta isola isola Atlan Atlantid tide, e, venne enne su possan possanza za di cotali cotali re, grande grande e marav maravigl iglios iosa, a, che che signoreggiavano in tutta l'isola, e in molte altre isole e parti del continente; e di qua dallo stretto, tenevano imperio sovra la Libia infino a Egitto, e sovra l'Europa infino a Tirrenia. E tutta cotesta possanza, in uno restringendosi, tent ò una volta, a un impeto, ridurre in servitú servit ú e la vostra terra e la nostra e tutte quante giacciono dentro dalla bocca. Allora, o Solone, la milizia della citt à vostra per virtú virtú e prodezza nel cospetto degli uomini si fe' chiara. Conciossiaché Conciossiach é, essendo ella animosa sovra a tutti e molto sperta di guerra, parte conducendo le armi de' Greci, parte nece necess ssita itata ta a comb combat atte terr sola sola per per lo abbandonamento degli altri; ridotta in estremi pericol pericoli; i; da ultimo ultimo gli assali assalitori tori ricacc ricacciol iolli li e trionf ò; e quelli non ancora fatti fatti servi ella campò campò da servaggio, e quanti abitiamo dentro ai termi termini ni di Erco Ercole le libe liberrò tutti tutti molto molto generosamente. Passando poi tempo, facendosi terremoti grandi e diluvii, sopravvegnendo un d í e una notte molto terribili, i guerrieri vostri tutti quanti insieme sprofondarono entro terra; e l'Atlantide isola, somigliantemente inabissando entro il mare, sí s í sparve. E però per ò ancora presentemente quel pelago non è corso da niuno ed è inesplorab inesplorabile; ile; essendo essendo d'impedime d'impedimento nto il profondo limo, il quale, al nabissare dell'isola, si scommosse.
Un modello di scrittura poetica - La “Consolazione della Filosofia”
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di Gerardina Laudato
Per vedere ogni ben , dentro vi gode l’anima santa, che il mondo fallace fa manifesta a chi di lei ben ode; lo corpo ond’ella fu cacciata giace giuso in Cieldauro; ed essa da martirio e da esilio venne a questa pace. (Paradiso, X, 124-129.)
Due terzine che Dante dedicò dedic ò alla memoria di Anicio Manlio Torquato Severino Boezio ricordando la sua sepoltura nella basilica pavese di San Pietro in Ciel d’Oro. Patrizio di nobiltà nobiltà romana visse fra il 480 ed il 524 anno in cui, essendo caduto in disgrazia presso Teodorico, fu incarcerato e messo a morte. Incarnava il patrizio illuminato imbevuto di poliedriche conoscenze, (prevalentemente retorica e filosofia) distillate al fuoco costante degl deglii stud studii iniz inizia iati ti a Roma oma e comp comple letat tatii ad Atene. Era il normale percorso da praticarsi per chiunque volesse far carriera nel campo della politica politica e dell’ammini dell’amministraz strazione. ione. Già Già all’età all’età di trent trent’an ’anni ni lo vedia vediamo mo attiv attivo o politic politicame amente nte in veste di console a Roma. Non dismise il suo impegno diplomatico vivendo alla corte del re ostrogoto fino a ricevere la nomina di Maestro di Palazzo nel 523, anno precedente alla sua incarc incarcera erazio zione ne e messa messa a morte, morte, ordina ordinata ta da Teodorico eodorico dimentico dimentico della lealtà lealtà di Boez Boezio io e ossessionato dal terrore del tradimento. La fine della vita del filosofo, fu determinata da trame perverse perverse ordite dalle feroci feroci gelosie gelosie dei nobili nobili ostrogot ostrogotii che mal tollerav tolleravano ano la presenza presenza del patriziato patriziato romano nella gestio gestione ne del potere. I moltep molteplic licii impegn impegnii diplom diplomati atici ci non non gli impediron impedirono o di dedicare dedicare costante costantemente mente parte delle sue energie alla stesura di trattati e commenti alle opere logiche ( Analitici I e II, Introduzione al sillogismo categorico, Il sillogismo categorico, I sillogismi ipotetici, Sulla divisione, un commentario alla versione di Mario Mario Vitto Vittorino rino dell’ dell’ Isagoge Porfirio,, De Isagoge di Porfirio interpretazione ). Gli scrittori medievali
debbono a Cicerone, quanto a Boezio, le conoscenze sulla logica stoica. Egli gest ì gest ì,, infatti, le sue riflessioni sul sillogismo ipotetico articolandole nell’ottica di innesto della logica stoica sul ceppo della logica aristotelica. Nel velocissimo iter che nomina, solo in parte, la sua messe di scritti, merita di essere citato il commento alle Categorie di Aristotele, da considera considerarsi rsi pilastro pilastro portante della tradizione tradizione logica medioevale. Aveva progettato di tradurre ed inte interpr rpret etar aree tutte tutte le oper operee di Plat Platon onee ed Aristotele, con l’obiettivo di dimostrarne la fondamentale concordanza. Ci piace pensare che, che, se la sua vita non fosse fosse stata stata stron stroncat cata, a, avrebbe portato a compimento un lavoro che si interruppe al solo Organon aristotelico e Isagoge di Porfirio. all’ Isagoge E non avremmo conosciuto uno dei modelli pi ù alti di scrittura poetica, concepita in quell’età quell’et à di mezzo mezzo della della storia storia occide occidenta ntale le squarc squarciata iata dai dai conflitti esistenziali di una società societ à brancolante alla ricerca di identità identità: il De Consolatione Philosophiae . Cinque libri di prosa e versi (39 poesie) permeati di spirito neoplatonico, di spun spunti ti che che atti atting ngon ono o a fonti onti div diverse erse fra cui cui sembrano sembrano preval prevalere ere accenti accenti del Protrett Protrettico ico di Aristotele, allegorie che marcano l’eco di una solitudine dolente affranta dalle oscurità oscurit à dell’ingiustizia, che evolvono amplificandosi in un dialogo totalmente interiore capace di
purifica purificarsi rsi nell’i nell’ispi spiraz razion ionee delle delle Muse, Muse, addolcirsi negli accenti della fede e della ragione, nobilitarsi in una ricostruzione dell’io che sa valicare le vette del tempo ed amplificarsi in una una norma norma cosm cosmic icaa delle delle “cos “cose” e” terre terrene ne.. Accostiamoci insieme alla lettura di alcuni passag passaggi gi per assap assapora orarne rne la magica magica intensi intensitt à lirica. « Mi sembr ò che sopra il mio capo fosse apparsa una donna donna di aspetto aspetto vener venerando ando,, dagli dagli occhi occhi sfolgoranti e penetranti oltre la comune capacit à degli uomini. Il suo colorito era vivo e integ integro ro il suo vigore vigore,, bench bench é ella fosse fosse tanto tanto carica d’anni da non potersi credere in alcun modo appartenente al tempo nostro.» Una nobile Donna, si presenta a Boezio nella tenebra gelida che pervade, allo stesso modo plumbeo, la cella e l’anima del filosofo. È Filosofia, venuta per dargli conforto, rispondere ai suoi dubbi e ricordargli che tanti altri, prima di lui, amanti della conoscenza, subirono medesime ingiustizie. Non per sua colpa Boezio è avvinto in catene ma per non essersi discostato dal seguire la via della verità verit à e della giustizia. « Ahimé , in qual profondo abisso sommerso lo spirito langue e, dispersa la propria luce. s’avv s’avvia ia incon incontr tro o alle alle teneb tenebre re che che lo circondano…». La felicità felicità che il possesso dei beni della fortuna, sovente instabili e caduchi, sembra comportare, è per sua sua stess stessaa natura natura precari precaria. a. Sia l’uomo l’uomo sufficiente a se stesso nel distacco sereno dalle contingenze e nell’equilibrio, che misura nelle eque dimensioni, il valore delle cose annullando il timore della loro perdita. Le vicende avverse della fortuna, tuttavia, non getta gettano no il mondo mondo nel nel disord disordine ine degli degli avve avvenim niment entii accide accidenta ntali. li. Una Una volont olontàà provvidenziale governa gli eventi e, anche se il contingente appare stravolto dalla presenza del male, anche se sembra vittoriosa la prosperit à
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dei malvagi, la Sapienza di un Ente altissimo conduce tutto verso il Bene per costituire l’armonia del Tutto. «...se il mare sconfinato trattiene entro un preciso limite i suoi flutti. perché a questi, invadendo la terraferma, non sia permesso di allargare i propri confini. é l’amore che concatena questa serie di elementi, l’amore che governa la terra e il mare ed esercita il suo comando sul cielo.»
Nulla Nulla accade accade per per caso. caso. Il vero vero Bene Bene travalica le urgenze di perseguire i beni passeggeri dell’esistenza, rigetta la deturpazione del costante timore della perdita, pacifica nella certezza di aver superato il bisogno dei beni finiti per un Bene che non perisce. «Chi intende seminare un campo non ancora dissodato libera prima il terreno dagli sterpi, e con la falce taglia via rovi e felci, perché la dea delle messi faccia ricco il nuovo raccolto. ]…[ Voi non non anda andate te a cerc cercar ar oro oro su un albero verde e non pretendete di coglier pietre preziose dalla vite, non disponete reti nascoste sugli alti monti per catturare pesci da servire a mensa… Ciechi gli uomini si rassegnano a ignorare Il bene, cui pure aspirano, e, immersi come sono nella terra, vi ricercano valori che stanno oltre il cielo stellato.» Questo Questo Supremo Supremo Bene, Bene, l’Intellig l’Intelligenza enza somma, somma, regge il mondo disponendolo in un piano ordinato. «Ogni razza di uomini che è sulla terra nasce da comuni origini; uno solo è il padre di tutti gli esseri, uno solo li governa tutti.
]…[ La provvidenza provvidenza è la stessa stessa ratio ratio divina divina che, che, costituita nel supremo Principe di tutto, dispone tutte le cose; il fato è la disposizione inerente alle cose mutevoli, disposizione per la quale la provvidenza assegna ogni cosa al suo ordine proprio.» Ed è una provvidenza libera dalla “necessità “necessit à”, fato che non priva l’uomo della libertà libert à che gli è data per esercitare la ragione metro cui commisurarsi per per giudicare ed ed operare scelte. « In Lui non esiste né il passato n é il futuro e la sua scienza è la conoscenza totale e simultanea di tutti tutti gli event eventii che che si verif verifica icano no successi successiva vament mentee nel tempo tempo ]…[ In In Lui Lui sono sono presenti anche gli eventi, ma sono presenti nel modo stesso del loro accadimento: e quelli che dipendono dal libero arbitrio sono presenti appunto nella loro contingenza.» Lo spirito di Anicio Manlio Torquato Severino Boezio è pacificato. La Libertà Libert à dell’intelletto e dello spirito sono sangue vivo che circola nelle vene, la metamorfosi dello stato fisico e mentale e il superamento del tempo mortale sono compiuti. Filosofia canta: «O tu che governi il mondo con stabile norma, creatore della terra e del cielo, che dai primordi fai scorrere il tempo e, restando immoto, imprimi il moto a tutte le cose, ]…[ tu sei infatti il sereno, tu sei il riposo e la pace per i giusti, contemplare te è il nostro fine tu sei insie insieme me princi principio pio,, stimo stimolo lo,, guida, guida, via, via, mèta.»
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DEL LEGGERE E DELLO SCRIVERE Friedrich Wilhelm Nietzsche
Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce a Rocken, nei pressi di Lipsia, il 15 ottobre 1844. Figlio di pastore protestante e studente di teologia egli stesso, lascia ben presto la facolt à à per dedicarsi allo studio della filosofia e, soprattutto, di Platone e Schopenhauer, che ama moltissimo. Nel 1869 ottiene le cattedra di Lingue e Letteratura Greca presso l'Universit à à di Bas Basile ilea. a. Nello ello stes stesso so anno anno chie chiede de e otti ottien enee di rinunciare alla cittadinanza prussiana e diventare apolide. All'et à à di 34 anni lascia l'insegnamento a caus causa a del suo stato di salute salute (forti (forti e ricorr ricorrent entii emicranie e dolore agli occhi) e comincia una vita raminga che lo porter à a vivere in diverse citt à . Nel 1889 la sua salute mentale peggiora in maniera evidente, venendo egli colpito da accessi di follia altern alternati ati a sempr sempree più brevi brevi period periodii di lucidi luciditt à . Ricoverato in una clinica psichiatrica di Basilea, passa molti anni in mutismo quasi assoluto. Muore di polmonite il 25 agosto del 1900, a Weimar, a casa casa della della sorell sorella a che che lo avev aveva a amore amorevo volme lmente nte accolto. Dalla descrizione dei sintomi neurologici e mentali, si pu ò arguire che il filosofo fosse stato colpito da paralisi progressiva luetica, ovvero da un meningioma. Risalta, alla lettura di questo brano, come fosse grande la sua gioia di vivere prima che la malattia lo abbattesse inesorabilmente.
Di quanto fu scritto amo soltanto ciò che taluno scrisse col proprio sangue. Scrivi col sangue: e imparerai che il sangue è spirito. Non è facile
comprendere comprendere il sangue sangue degli altri: odio i lettori oziosi. Chi conosce il lettore non farà mai più nulla per lui. Ancora un secolo di lettori – e sarà putredine lo stesso spirito. Il fatto che tutti sappiano leggere, guasta, con l'andar del tempo, non soltanto lo scrivere, ma anche il pensare. Una volta lo spirito era Dio, poi si fece uomo, ediverrà adesso plebe. Chi scrive col sangue e per aforismi non vuole esser letto, ma imparato a memoria. In montagna il sentiero più breve conduce di vetta in vetta; ma ci vogliono buone gambe per seguirlo. Gli aforismi devono essere culmini: e quelli a cui son detti, uomini alti e robusti. L'aria rarefatta e pura, il pericolo vicino e lo spirito avvivato da una gioconda malizia: son cose che s'accordano insieme. Voglio intorno a me dei folletti, perchè io son coraggioso. Il coraggio che scaccia i fantasmi, si crea dei folletti – il coraggio vuol ridere. Io non sento più come voi: questa nube che vedo ai miei piedi, questa cosa oscura e pesante della quale io rido – è per voi nube di tempesta. Voi guardate in alto quando bramate esaltarvi. Ed io guardo al basso, perchè sono già esaltato. Chi di voi sa ad un tempo esaltarsi e ridere? Chi è salito sui monti più alti, ride di tutte le tragedie della scena e della vita. Incu Incuran ranti ti,, beff beffar ardi di,, viol violen enti ti,, così così ci vuol vuol la pazienza: essa è donna ed ama sempre soltanto i guerrieri. Voi mi dite: «La vita è difficile a sopportare». Ma che vi servirebbe allora il vostro orgoglio la mattina, e la vostra rassegnazione la sera? La vita vita è diff diffic icil ilee a sopp soppor orta tare re:: ma non non siat siatee dunq dunque ue così così deli delicat cati! i! Noi Noi tutt tuttii siam siamoo asin asinii carichi di pesi. Che cosa abbiamo noi di comune col bocciolo di rosa rosa,, che che trem tremaa perc perchè hè oppr oppres esso so da una una goccia di rugiada? – Amiamo la vita non già perchè assuefatti alla vita, ma perchè avvezzi ad amare. Vi è sempre un po' di follia nell'amore. Ma c'è semp sempre re anch anchee un po' po' di ragio ragione ne nell nellaa stes stessa sa follia. Ed anche a me, che amo la vita, le farfalle e le bolle di sapone e tutto ciò che loro rassomiglia tra gli uomini, sembra conoscere nel miglior modo la gioia. Veder eder svol svolaz azzar zaree code codest stee anim animul ulee legg legger ere, e, svelte, graziose, seduce Zarathustra alle lacrime
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e al canto. Crederei solo a un Dio che sapesse danzare. E quan quando do guard guardai ai il mio mio demo demoni nio, o, lo trov trovai ai serio, pesante, profondo, solenne: era lo spirito della gravità – e a cagion sua cade ogni cosa. Non Non con con la coll coller era, a, ma col col riso riso si ucci uccide de.. Uccidiamo allora lo spirito della gravità! Ho imparato a procedere: da quel tempo mi piace di correre. Ho imparato a volare: da quel tempo non mi piace esser spinto, per trasportarmi da un luogo. Ora sono leggero, ora volo, ora io mi vedo al di sotto, ora in me danza un Dio. Cos ì parlò parlò Zarathustra.
Cartesio
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brano del “Discorso sul metodo”.
Le principali regole del metodo Mi trovavo allora in Germania, richiamatovi dalle guerre ancora in corso; e tornando verso l'esercito dopo l'incoronazione dell'imperatore, l'iniz l'inizio io dell'i dell'inv nverno erno mi colse colse in una locali localittà dove dove,, non trovan trovando do compagnia compagnia che mi distraesse, e non avendo d'altra parte, per mia fortuna, preoccupazioni o passioni che mi turbassero, restavo tutto il giorno solo, chiuso in una stanza accanto alla stufa, e qui avevo tutto l'agio di occuparmi dei miei pensieri. Tra questi uno dei primi fu che mi trovai a considerare come spesso nelle opere fatte di molti pezzi e da diversi artefici non ci sia quanta perfezione ce n'è n'è in quell quellee a cui cui ha lav lavorato orato uno soltanto soltanto.. Infatti gli edifici iniziati e terminati da un solo René Descartes nacque a La Haye en Touraine pi ú belli e meglio il 31 marz marzo o 1596 596 e mor mor ì a Stocco Stoccolma lma l'11 l'11 architetto sono di solito piú costrutti di quelli quelli che architetti architetti diversi diversi hanno febbra febbraio io 1650. 650. Filosof Filosofo, o, matematic matematico, o, adepto adepto costrutti cercato di adattare, servendosi di vecchi muri rosacrociano, è il padre del razionalismo costruiti per altri scopi. Gli antichi abitati, ad moderno. A lui si deve il famoso detto”Cogito esempio, che da semplici villaggi sono divenuti, ergo sum”. sum”. Fin dalla et à giovanile fu deluso col passar passaree del tempo, tempo, grandi grandi citt citt à, sono sono di dai metodi di insegnamento dell'epoca, tanto solito cosí cosí mal proporzionati a confronto degli che che egli egli scriss scrisse: e: «Sono «Sono stato stato allev allevato ato nello nello spazi regolari disegnati in un piano da un studi studio o delle delle letter letteree fin dalla dalla fanci fanciull ullez ezza, za, e ingegnere libero di eseguire la propria fantasia, poiché mi si faceva credere che con esse si che, sebbene accada spesso di trovare in poteva poteva consegui conseguire re una conoscen conoscenza za chiara chiara e qualcuno dei loro edifici, preso a sé s é, altrettanta o sicura di tutto ci ò che è utile nella vita, avevo piú piú arte di quanta ce ne sia in quegli altri, pure, osservando come sono disposti, qui uno grande un estremo desiderio di apprendere. Ma non uno picc piccol olo, o, e come come rend rendon ono o tortu tortuos osee e appena ebbi concluso questo intero corso di là uno cos í li abbia studi, al termine del quale si è di solito irregolari le strade, si direbbe che cosí annoverati tra i dotti, cambiai completamente distribuiti il caso e non la volont à di uomini che adoperano la ragione. E se si considera che ci opinione: mi trovavo infatti in un tale groviglio sono sono stati stati sempr sempree dei dei magis magistra trati ti incaric incaricati ati di di dubbi e di errori da avere l'impressione di badare a che le costruzioni private rispondessero non aver ricavato alcun profitto, mentre al decoro pubblico, ci si accorgerà accorger à che è assai cercavo di istruirmi, se non scoprire sempre difficile fare qualcosa di perfetto quando non si più la mia ignoranza>>. lavora se non su opere altrui. E cos í immaginai La volont à à di cambiare modo di intendere la che popoli un tempo quasi selvaggi, e diventati realt à e la conoscenza è il motore della sua civili a poco a poco, dandosi leggi man mano opera pi ù famosa, ossia il “Discorso sul che lo richiedevano gli inconvenienti dei delitti e metodo”. delle contese, non potrebbero mai essere tanto Cartesio, secondo la versione ufficiale, mor ì di bene amministrati quanto quelli che fin polmonite, ma sia sulla sua morte che sui suoi dall'inizio hanno osservato le costituzioni di un prudente legislato legislatore. re. Come è ben certo che che resti sono fiorite molte ipotesi. Una di queste prudente l'ordinamento della vera religione, le cui leggi sembrerebbe dimostrare che il filosofo sia stato avvelenato con l'arsenico.
sono dovute a Dio soltanto, deve essere incomparabilmente migliore di ogni altro. E per parlare di cose umane, credo che Sparta sia stata a lungo cosí cos í fiorente non per la bontà bont à di ciascuna delle sue leggi in particolare, giacch é molte erano assai strane, e persino contrarie ai buoni costumi; ma perché perch é, uscite dalla mente di uno solo, tendevano tutte allo stesso fine. Pensai inoltre che le scienze racchiuse nei libri, almeno quelle fondate non su dimostrazioni ma su argomenti solo probabili, nate e accresciute a poco a poco dalle opinioni di molte persone diver diverse, se, non posson possono, o, proprio proprio per ciò ci ò, avvicinarsi alla verità verit à quanto i semplici ragionamenti di un uomo che, intorno alle cose che gli si presentano, fa uso del suo naturale buon senso. E pensai ancora che, dal momento che che siamo siamo stati stati tutti tutti bambi bambini ni prima prima di esse essere re uomini, e costretti a lungo sotto il governo degli degli appet appetiti iti e dei prece precetto ttori, ri, ch'er ch'erano ano spesso contrari gli uni agli altri, e né n é gli uni né né gli altri capac capacii forse forse di consigliarci sempre per il è meglio, pressoché pressoch é impos impossib sibile ile che che i nostri nostri giudizi siano cosí cos í puri e cosí cosí saldi come sarebbe accaduto se fin dalla nascita avessimo avuto l'intero uso della ragione e fossimo stati guidati sempre e soltanto da essa. È vero che non ci accade di veder abbattere tutte le case di una città citt à, al solo scopo di rifarle in un'altra maniera, e di renderne le strade pi ú belle; ma vediamo che molti fanno demolire le loro per ricostruirle, e che a volte anzi vi sono costretti, quando minacciano di cadere da sole e le fondamenta non sono ben salde. Con questo esempio mi persuasi che non sarebbe davvero ragion ragionev evole ole che che un privato privato si propon propones esse se di riforma riformare re uno Stato Stato cambia cambiando ndovi vi tutto tutto dalle dalle fondame fondamenta, nta, e rove rovescia sciandolo ndolo per rimetterlo rimetterlo in pied piedi; i; e nean neanch chee di riform riformar aree il corpo corpo delle delle scienz scienze, e, o l'ordi l'ordine ne stabi stabilit lito o nelle nelle scuole scuole per insegnarle. Mi convinsi però per ò che per le opinioni che avevo fino allora accettate non potevo fare di meglio che accettare una buona volta a
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eliminarle tutte, per metterne poi al loro posto altre migliori, o anche le stesse, una volta che le avessi rese conformi a ragione. E credetti fermamente che in questo modo sarei riuscito a condurre la mia vita molto meglio che se avessi costruito costruito solo sulle antiche antiche fondame fondamenta, nta, o mi fossi soltanto affidato ai princí princ í pi pi dei quali mi ero lasciato convincere da giovane, senza averne mai accerta accertata ta la verit veritàà. E sebb sebben enee nota notass ssii in questo diverse difficoltà difficoltà, non erano tuttavia senza rimedio, né né paragonabili a quelle in cui ci si imbatte quando si vuol riformare anche la pi ú piccol piccolaa cosa cosa che che riguard riguardaa la vita vita pubbli pubblica. ca. È troppo difficile rialzare questi grandi corpi, quando sono abbattuti, o anche puntellarli, quando vacillano; e la è loro loro caduta duta necessariamente molto violenta. Quanto alle loro imperfezioni poi, se ne hanno (e basta la loro varietà varietà a dimostrarlo), l'uso le ha senza dubbio molto attenuate, e ne ha anzi evitate o corrette insensibilm insensibilmente ente tante, come come megl meglio io non non avrebbe potuto fare la pruden prudenza. za. Infine Infine quell quellee imperfezioni sono quasi sempre piú pi ú sopportabili di quanto lo sarebbe un cambiamento; come le gran grandi di stra strade de che che si adde addent ntra rano no tra tra i mont montii dive divent ntan ano o a poco poco a poco poco,, a forza orza di esse essere re battute, cosí cosí compatte e comode, che è molto meglio seguirle, invece di cercare una via pi ú diritta arrampicandosi sulle rocce o scendendo fino al fondo dei precipizi. Per questo non potrei mai approvare gli umori turbolenti e inquieti di chi, non essendo chiamato né né dalla nascita né né dalla fortuna ad amministra amministrare re la cosa cosa pubblica, pubblica, pure continua sempre sempre a inve inventa ntare re nella nella sua sua mente mente qualc qualche he nuova riforma. Se pensassi che c' è la minima cosa, cosa, in ques questo to scritto scritto,, per cui cui potrei potrei esse essere re sospettato di questa follia, mi dovrei dispiacere molto di averne consentito la pubblicazione. Il mio proposito non è mai andato al di là l à del
tentativo di riformare i miei pensieri e di costruire su un fondo che appartiene solo a me. Che se poi, essendomi assai piaciuta l'opera mia, ve ne mostro qui il modello, non è che che con con questo voglia indurre qualcuno a imitarlo. Coloro che Dio ha fatto piú pi ú largamente partecipi dei suoi doni avranno forse progetti pi ú alti; ma temo fortemente che già gi à questo sia troppo ardito per molti. La sola decisione di disfarsi di tutte le opinioni accettate in precedenza non è un esempio che tutti debbono seguire; e si pu ò dire che che nel nel mond mondo o ci sono sono solta soltant nto o due due spec specie ie d'ingegni, a cui ciò ci ò non si conviene in nessun modo. In primo luogo coloro che, ritenendosi piú piú capaci capaci di quan quanto to non sono, sono, non posso possono no tratte trattener nersi si dal precip precipita itare re il loro loro giudiz giudizio, io, né hanno abbastanza pazienza per condurre ordinatamente tutti i loro pensieri; una volta che si fossero presa la libertà libert à di dubitare dei princí princí pi pi ricevuti e di allontanarsi dalla strada comune, questi non potrebbero mai tornare sulla via piú pi ú diritta e vagherebbero per tutta la vita, smarriti. In secondo luogo coloro che, avendo abbastanza giudizio o modestia per stimare di essere meno capaci di distinguere il vero dal falso che non altri, dai quali possono essere istruiti, debbono contentarsi di seguire le opinioni di questi ultimi piuttosto che cercarsene da sé s é di migliori. Quanto a me, sarei stato senza dubbio tra i secondi, se non avessi avuto che un solo maestro, e avessi ignorato le differenze che vi sono state da sempre tra le opinioni dei piú pi ú dotti. Ma avevo appreso, fin dal collegio, che non si può può immagi immaginar naree nulla nulla di cosí cosí strano strano e poco poco credib credibile ile che che non sia stato stato detto detto da qualc qualche he filosofo; e mi ero poi accorto, viaggiando, che tutti quelli che la pensano in modo affatto diverso da noi non sono per questo n é barbari né né selvaggi, e che molti usano la ragione quanto o piú piú di noi. noi. Avevo evo anch anchee consid considera erato to che che lo stesso individuo, con il medesimo ingegno, educato fin dall'infanzia tra francesi o tedeschi diventa diverso da come sarebbe se fosse vissuto sempre tra cinesi o cannibali; e che perfino nella foggia dei nostri abiti la stessa cosa che ci è piaciuta dieci anni fa, e che forse ci piacer à di nuovo prima che ne passino altri dieci, ci sembra oggi stravagante e ridicola; e ritenevo pertanto che l'uso e l'esempio ci persuadono di piú piú di ogni conoscenza certa, e che tuttavia il
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maggior numero degli assensi non è una prova che valga nel caso di verità verit à difficili a scoprirsi, giacché giacché è piú piú probabile che ci sia riuscito uno solo piuttosto che un popolo intero. Non potendo dunque scegliere nessuno, le cui opinioni mi sembrassero preferibili a quelle di altri, mi trovai quasi costretto a cominciare a guidarmi da me. Ma come fa un uomo che cammina da solo nelle nelle tenebr tenebre, e, decisi decisi di proce proceder deree cosí cosí lentamente e di adoperare in ogni cosa tanta prudenza da evitare almeno di cadere, pur avanzando assai poco. Non volli neppure cominciare a respingere del tutto nessuna delle opinioni che potevano essersi gi à introdotte fra le mie convinzioni senza passare attraverso la ragione, se non avessi prima impiegato il tempo necessario a disegnare il piano dell'opera a cui mi accingevo, e a cercare il vero metodo per arrivare a conoscere tutte le cose di cui la mia intelligenza fosse capace. Quando ero piú pi ú giovane avevo studiato un poco, tra le parti della filosofia, la logica, e, delle matematiche, l'analisi geometrica e l'algebra, tre arti o scienze che sembrava dovessero contribuire in qualche modo al mio disegno. Ma esaminandole, mi accorsi che, per quanto riguarda la logica, i suoi sillogismi e la maggior parte dei suoi precetti servono, piuttosto che ad apprendere, a spiegare ad altri le cose che si sanno, o anche, come l'arte di Lullo, a parlare senza giudizio di quelle che si ignorano. E benché bench é contenga di fatto numerosi precetti molto veri e molto buoni, a questi se ne mescolano altrettanti che sono nocivi o superflui, sicché sicché è quasi altrettanto difficile districarne i primi quanto tirarne fuori una Diana o una Minerva da un blocco di marmo non ancora sbozzato. Per quanto mi riguarda poi l'analisi l'analisi degli antichi antichi e l'algebra l'algebra dei moderni, moderni, oltre al fatto che si riferiscono solo a oggetti molto astratti e che non sembrano avere nessuna utilità utilità, la prima è sempre cosí cosí strettamente strettamente unita alla alla consi consider derazi azione one delle delle figure, figure, che che non può pu ò esercitare l'intelletto senza una gran fatica per l'immaginazione; e nell'altra ci si è resi schiavi di certe regole e formule tanto da farla diventare
un arte confusa e oscura che impaccia l'ingegno ò invece invece che una scienza scienza che l'accresce. l'accresce. Perci Perciò pensai pensai che che foss fossee neces necessari sario o cerca cercare re un altro altro metodo che, raccogliendo i pregi di queste tre, fosse immune dai loro difetti. E come un gran numero di leggi riesce spesso a procurare scuse ai vizi vizi,, tant tanto o che che uno uno stat stato o è molto meglio meglio ordinato quando, avendone assai poche, vi sono rigorosamente osservate; cosí cos í , in luogo del gran numero di regole di cui si compone la logica, ritenni che mi sarebbero bastate le quattro seguenti, purché purché prendessi la ferma e costante decisione di non mancare neppure una volta di osservarle. La prima regola era di non accettare mai nulla per vero, senza conoscerlo evidentemente come tale: cioè cioè di evitare scrupolosamente la precipitazione e la prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi niente piú pi ú di quanto si fosse presentato alla mia ragione tanto chiaramen chiaramente te e distintame distintamente nte da non lasciarmi lasciarmi nessuna occasione di dubitarne. La seconda, di dividere ogni problema preso in esame in tante parti quanto fosse possibile e richiesto per risolverlo piú pi ú agevolmente. La terza, di condurre ordinatamente i miei pensieri cominciando dalle cose pi ú semplici e piú piú facili a conoscersi, per salire a poco a poco, come per gradi, sino alla conoscenza delle pi ú compless complesse; e; supponen supponendo do altres altres í un ordi ordine ne tra tra quelle che non si precedono naturalmente l'un l'altra. E l'ultima, di fare in tutti i casi enumerazioni tanto tanto perfe perfette tte e rasse rassegne gne tanto tanto compl complete ete,, da essere sicuro di non omettere nulla.
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Arthur Schopenhauer Schopenhauer da : Aforismi sulla saggezza nella vita. Dell' opinione altrui. Ciò Ciò che rappresentiamo, o, in altri termini, la nostra esistenza nell'opinione altrui è generalmente, in conseguenza di una debolezza particolare della nostra natura, troppo apprezzata, benchè benchè la più più piccola riflessione possa insegnarci che tutto questo per se stesso non ha importanza alcuna per la nostra felicità felicità. Sicchè Sicchè si dura fatica a spiegarsi la grande soddisf soddisfazione azione interna che prova prova un uomo quando s accorge accorge d'una prova prova di stima stima datagli dagli altri, e quando viene lusingata la sua vanità vanit à, non ne importa il come. come. Tanto anto infall infallibi ibilme lmente nte il gatto gatto si mette mette a ronfa ronfare re quando quando gli si carezz carezzaa il dorso dorso,, altre altrettan ttanto to sicuramente si vede una dolce estasi dipingersi sulla figura dell'uomo che vien lodato, soprattutto quando la lode tocca il dominio delle sue pretese, e quand'anche essa fosse una menzogna palpabile. I segni segni dell'appr dell'approv ovazion azionee altrui lo consolano consolano spesso spesso d'una sventura reale o della parsimonia colla quale stillano per lui le due fonti principali di felicità felicità, di cui abbiamo trattato finora. Dall'altro lato fa stupore il vedere quanto egli sia infallantemente angosciato e molte volte dolorosamente ferito da ogni lesione alla sua ambizi ambizione one,, in qualu qualunqu nquee senso, senso, a qualu qualunqu nquee grado, o sotto qualunque rapporto si sia, da ogni sdegno, da ogni trascuranza, dalla più pi ù piccola mancanza di riguardi. Servendo di base al sentimento sentimento dell'onore dell'onore,, questa questa propriet proprietàà può può avere uninfluenza influenza salutare salutare sulla buona condotta condotta di moltissime persone, a guisa di succedaneo della loro moralità moralità; ma in quanto alla sua azione sulla felicità felicit à reale dell'uomo, e soprattutto sulla quiete dell'animo e sullindipenden indipendenza, za, le due condizioni condizioni s ì s ì necessarie alla felicità felicità, essa è piuttosto perturbatrice e dannosa che favorevole. Si è per questo, che, dal nostro punto di vista, è prudente metterle un limite e, con saggie riflessioni e con un giusto apprezzamento del valore dei beni, moderare questa grande sensibilità sensibilità riguardo l'opinione altrui tanto nel caso che carezzi quanto nel caso che ferisca, perocchè perocchè in tutti e due pende dal medesimo medesimo filo. Altrimenti Altrimenti restiamo restiamo schiavi schiavi dellopinione e del del sentimento degli altri: Sic leve leve,, sic parvum parvum est, est, animum animum quod quod laudis laudis avarum Subruit ac reficit. (Talmen (Talmente te tenue, tenue, talmente talmente piccolo piccolo è ciò che perturba e riconforta un'anima avida di lode).
Grande maestra di vita. ordine del suo unico capo. ò anche Cos ì consigliò consigliò Alcibi Alcibiade ade e li invit invitò anche a Plutarco trasferire le loro forze a Sesto. Ma gli strateghi da Vite Parallele. non gli prestarono attenzione; Tideo, anzi, con intimò di andarsene, perché perch é Alcibiabe Alcibiabe,, straord straordinario inario personag personaggio gio del modi insolenti, gli intimò periodo d'oro di Atene. La sua vita è stata un erano altri ora a comandare e non lui. Alcibiade ripart ì con il sospetto che i tre roman romanzo zo che che nessun nessun autor autoree avre avrebbe bbe potut potuto o se ne ripart ì macchinasse ssero ro un tradimento tradimento,, e ai conoscen conoscenti ti concepire, tali e tante sono state le passioni macchina che lo scortavano fuori dal campo disse che se che ha suscitato e gli eventi che ha cavalcato gli strateghi non lo avessero insultato in quel nella nella sua breve breve esistenz esistenza. a. Questa Questa è stata stata la modo modo,, nello nello spaz spazio io di poch pochii giorn giornii avreb vrebbe be fine fine del percorso terreno. costretto gli Spartani, volenti o nolenti, ad affrontare lo scontro navale o ad abbandonare le navi. Ad alcuni quel discorso parve una spacconeria, altri, invece, lo ritennero credibile: gli sarebbe bastato attaccare da terra con molti lanciatori di giavellotto e cavalieri traci e gettare cos ì lo scompiglio nell'accampamento spartano. I fatti fatti ben presto dimostraron dimostrarono o che Alcibiade Alcibiade aveva visto sin troppo bene gli errori degliAteniesi. All'improvviso, quando meno se lo aspettavano, Lisandro piombò piomb ò su di loro; solo otto triremi riuscirono a fuggire con Conone, mentre le altre - quasi duecento - caddero nelle mani dei nemici e furono portate via. Lisandro catturò catturò vivi tremila uomini e li fece uccidere … Nel frattempo gli strateghi Tideo, Menandro tutti. Poco tempo dopo, conquistò conquist ò Atene, diede e Adimanto, dopo aver riunito a Egospotami fuoco all'intera flotta e ordinò ordin ò di abbattere le tutte le navi di cui disponevano allora gli Lunghe Mura. Ateniesi, presero l'abitudine di spingersi al largo In seguito a ciò ciò, Alcibiade, temendo gli ogni mattina all'alba per sfidare Lisandro, Spartani, ormai padroni della terraferma e del ancorato nei pressi di Lampsaco; poi rientravano mare, passò passò in Bitinia, portando con sé sé e alla base, trascorrevano il resto della giornata mettendo in salvo molte ricchezze, ma nel disordine e nella negligenza, perch é lasciandone ancor più pi ù nella fortezza dove aveva disprezzavano l'avversario. Alcibiade, stanziato vissuto. In Bitinia, tuttavia, perse di nuovo non nei pressi, non riusc ì riusc ì a sopportare né n é a pochi dei suoi beni, derubato dai Traci che si disinteressarsi di una simile condotta; si trovavano in quella regione. Decise, allora, di precipitò precipitò, a cavallo, dagli strateghi e li mise in raggiungere, risalendo verso l'interno, la corte di guardia. Facevano male a starsene all'ormeggio Artaserse. Era convinto di potersi mostrare non in un luogo privo di porto e di un centro abitato inferiore a Temistocle, se il re di Persia lo avesse - il che li costringeva a procurarsi i messo alla prova, e superiore in quanto a motivi vettovagliamenti dalla lontana Sesto -; e ancora, per offrire i suoi servizi. Egli, infatti, li offriva e sbagliavano permettendo ai marinai, una volta chiedeva il sostegno del potere del Gran Re non scesi scesi a terra, terra, di andar andarsen senee libera liberame mente nte dove dove per danneggiare i propri concittadini, come volevano e di disperdersi qua e l à: proprio di aveva fatto emistocle, ma per il bene della patria fronte a loro, infatti, stava alla fonda una potente flotta, abituata a eseguire in silenzio qualunque
contro un comune nemico. Pensando che Farnabaz Farnabazo o più più di chiun chiunqu quee altro altro gli avreb avrebbe be potuto rendere agevole e sicuro il viaggio, Alcibiade si recò recò da lui in Frigia e ivi dimorò dimor ò, rendendogli e ricevendone onore. Gli Ateniesi mal sopportavano di avere perduto l'egemonia. Ma solo dopo che Lisandro li privò priv ò anche della libertà libertà, consegnando la città citt à ai Trenta, capirono il disas disastro tro avvenu vvenuto, to, come come avrebbe vrebbero ro dovut dovuto o ragionare quando ancora potevano salvarsi: passavano in rassegna con dolore gli errori e le follie commessi, ritenendo il secondo scoppio d'ira contro Alcibiade la loro peggiore pazzia. Lo avevano cacciato non per una sua specifica colpa, ma perché perch é erano irritati contro un suo subalterno subalterno che vergog vergognos nosamen amente te avev avevaa perso perso poche navi; e cos ì cos ì,, ancora più pi ù vergognosamente, si erano privati dello stratego ateniese pi ù valoroso e abile in guerra. Tuttavia, anche se la situazione era grave, affiorava una vaga speran speranza za che che tutto tutto non fosse osse ancora ancora completamente perduto per gli Ateniesi finché finch é esisteva Alcibiade: «Già «Gi à prima, infatti, quando era in esilio, non aveva accettato di viversene in ozio e tranquillo; e ora, se disponeva di mezzi sufficienti, non avrebbe permesso agli Spartani di imperversare, né n é ai Trenta di infierire contro la città città». D'altra parte, non era poi cos ì cos ì irragionevole che il popo popolo lo si cull cullas asse se ques questi ti sogn sogni, i, vist visto o che che persino i Trenta erano impensieriti da Alcibiade e si informavano e valutavano attentamente ci ò che faceva o progettava. Alla fine, Crizia cerc ò di spie spiega gare re a Lisa Lisand ndro ro che che finch finchéé in Atene Atene reggeva la democrazia, gli Spartani non avreb avrebbe bero ro potuto potuto dominar dominaree la Grecia Grecia,, e che Alcibiade, anche se gli Ateniesi avessero accettato bellamente e benevolmente il regime oligarchico, non li avrebbe lasciati tranquilli in tale situazione, finché finch é era vivo. Dapprima Lisa Lisand ndro ro non non fu pers persua uaso so da simi simili li ragionamenti; poi, però per ò, gli giunse da parte delle autorità autorità spartane una scitala, che gli ordinava di sbarazzarsi di Alcibiade, o perché perch é anch'esse ne temevano l'acutezza e l'intraprendenza, o perch é intendevano far cosa gradita ad Agide. Quando Lisandro trasmise a Farnabazo l'ordine di uccidere Alcibiade, questi affidò affid ò l'incarico al frate fratell llo o Mag Mageo e allo allo zio zio Susa Susami mitr tre. e. A quei quei tempi Alcibiade abitava in un villaggio della
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Frigia in compagnia dell'etera Timandra. Durante il sonno ebbe la seguente visione: gli parve di indossare le vesti della fanciulla, mentre questa, tenendogli la testa tra le braccia, gli gli trucc truccaava, va, come come a una una donn donna, a, il viso viso con con belletto e cosmetici. Secondo altri, invece, mentre dormiva, vide Mageo che gli tagliava la testa e dava fuoco al suo corpo.
In un caso e nell'altro, si dice che egli ebbe questo sogno poco prima di morire. I sicari mandati per ucciderlo non osarono entrare in casa sua, ma, dopo averla circondata, la incendiaro incendiarono. no. Appena Alcibiade Alcibiade se ne accorse, raccolse il maggior numero possibile di abiti e coperte e li gettò gett ò sul fuoco; si avvolse intorno alla mano sinistra la clamide e, brandendo il pugnale pugnale con la destra, destra, balzò balz ò illeso illeso oltre le fiamme prima che i suoi vestiti bruciassero. Quando i barbari lo videro, si sparpagliarono qua e là l à. Nessuno ebbe il coraggio di attenderlo a piè pi è fermo o di affrontarlo, ma, da lontano, lo bersagliavano con giavellotti e frecce. 4 Alcibiade alla fine cadde a terra morto e i barbari se ne andarono. Allora Timandra Timandra portò portò via il corpo, lo avvolse e lo copr ì copr ì con le proprie tuniche e, per quanto poteva, gli diede una splendida, magnifica sepoltura. Narran Narrano o che che figlia figlia di Timan Timandra dra fosse osse Laide, Laide,
detta la Corinzia, ma nata ad Iccara, una piccola città città della della Sicilia Sicilia e caduta caduta prigion prigionier ieraa degli degli Ateniesi. Alcuni storici concordano in tutto il resto con quanto ho scritto sulla morte di Alcibiade: ma non ne attribuiscono la responsabilità responsabilità a Farnabazo, né n é a Lisandro o agli Spartani, bens ì bens ì allo stesso Alcibiade. Egli avrebbe sedotto una giovane di buona famiglia e la teneva con sé s é: ma i fratelli di lei, incapaci di tollerare tollerare una simile simile violenza, violenza, avrebbe avrebbero ro appiccato il fuoco di notte alla casa dove Alcibiade viveva, e lo avrebbero abbattuto, come si è detto, mentre si precipitava fuori dalle fiamme.
Declino e caduta dell'impero romano. Edward Gibbon
Costantinopoli 508-528. Bellissimo affresco della citt à e della sua decandenza.
… In mezzo mezzo all'ef all'effe ferv rvesc escen enza za di quel quel secol secolo o bastava il senso, anzi il suono d'una sillaba a turbar la quiete dell'imperio. S'opposero i Greci, che il Trisagion (tre volte santo) santo, santo, santo, il Dio Signor degli eserciti fosse identicamente quell'Inno che da tutta l'eternità l'eternit à ripetono gli Angeli e i Cherubini davanti il trono di Dio, e che in maniera miracolosa fu rivelato alla Chiesa di Costantinopoli verso la met à del quint quinto o secol secolo. o. La divozi divozione one degli degli abita abitanti nti di Antiochia poco dopo vi aggiunse: «che fu
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crocifi crocifisso sso per noi»; noi»; ques questo to indiriz indirizzo zo al solo solo Cristo, Cristo, e alle alle tre Perso Persone ne della della Trinit rinit à può può giustificarsi secondo le regole della Teologia, e fu insensib insensibilmen ilmente te adottato adottato dai Cattolici Cattolici dell'Oriente e dell'Occidente. Ma era stato immaginato da un Vescovo monofisita. Questo regalo d'un nemico fu da prima, come orribile e pericolosa bestemmia, ributtato, e poco mancò manc ò, che all'Imperatore Anastasio ne costasse la corona e la vita. Non avea il popolo di Costantinopoli alcuna ragionevole idea di libertà libertà, ma il color d'una livrea nelle corse, e una picciola discordanza per un Mistero nelle scuole parevagli un motivo legittimo di ribellione. Il Trisagion, con l'aggiunta o senza l'aggiunta da noi accennata, fu nella cattedrale cantato da due Cori nemici, e dopo avere sfinita tutta la forza del polmone, dieder mano ai sassi e ai randelli, argomenti più pi ù sodi: l'Imperatore pun ì gli aggressori; il Patriarca li difese, e questa gran lite portò portò un crollo alla corona e alla mitra. In un moment momento o le strade strade furono furono piene piene d'una d'una moltitudine innumerevole d'uomini, di donne, di fanciulli. Legioni di monaci schierati in ordine di battaglia li dirigevano al combattimento gridando: «Cristiani, questo è giorno di martirio; non si abbandoni il nostro Padre spirituale; anatema al Tiranno manicheo! non è degno di regnare». Tali erano le grida dei Cattolici. Le galere d'Anastasio stavano sui remi davanti il palazzo, pronto ad accorrere: finalmente il Patriarca diede il perdono al suo penitente, e sedò sed ò i flutti d'una plebe irritata. Ma del suo trionfo non gio ì gio ì lungamente Macedonio, poichè poichè pochi giorni dopo fu cacciato in esilio; ben prest presto o per per ò si riacc riacces esee lo zelo zelo della della sua sua greggia sulla medesima quistione: «Se una persona della Trinità Trinità sia spirata in croce». Per questo rilevante affare fu sospesa la discordia in Costantinopoli tra le fazioni degli Azzurri e dei Verdi erdi,, le qual quali, i, unit unitee insie insieme me le loro loro forze orze,, rendettero impotenti quelle della civile e militare autorità autorità. Le chiavi della capitale, e gli stendardi delle guardie furon depositate nel Foro di Cost Costan anti tino no,, che che era era il post posto o ed il camp campo o principale dei Fedeli. Questi spendeano i giorni e le notti a cantar Inni in onore del loro Dio, o a
saccheggiare e ad ammazzare i servi del loro Principe. Fu portata per le strade in punta ad un'asta la testa d'un monaco, amato da Anastasio, e, secondo il linguaggio dei fanatici, l'amico del nimico della Santa Trinità Trinit à; e le torce ardent ardentii scagl scagliat iatee contro contro le case case degli degli ereti eretici, ci, portarono indistintamente l'incendio sugli edifici dei più più ortodossi. Furon messe in pezzi le statue dell'Imperatore; Anastasio corse a celarsi in un sobborgo, sino a tanto che finalmente dopo tre giorni prese coraggio ad implorare la clemenza dei sudditi. Comparve egli sul trono del Circo senz senzaa diad diadem ema, a, e in figur figuraa di supp supplic lican ante te.. I Cattolici recitarono alla sua presenza il Trisagio Trisagion n primitivo primitivo ed originale; originale; ed accolse accolsero ro con grida di trionfo la proposta che per la voce d'un Araldo fece ai medesimi d'abdicare la porpo porpora ra:: si arres arreser ero o nond nondim imen eno o alla alla osservazione con cui furono avvertiti, che non potendo tutti regnare, doveano prima di quella abdicazione accordarsi per la scelta d'un sovrano; ed intanto accettarono il sangue di due ministri abborriti dal popolo, che che dal lor padron padronee vennero ennero senza senza esitanza esitanza condanna condannati ti ai leoni. Queste furiose, ma mome moment ntan anee ee sedi sedizi zion onii prendean vigore dalle vittorie di Vitaliano, che con un esercito di Unni e di Bulgari, per la maggior parte idolatri, si fece campione della Fede cattolica: conseguenze di questa pia ribellione furono lo spopolamento della Tracia, l'assedio di Costantinopoli, e la strage di sessan sessantac tacinq inque uemil milaa Cristia Cristiani. ni. Contin Continu uò Vitaliano le devastazioni sino al tempo in cui ottenne, che fossero richiamati i Vescovi, ratificato il Concilio di Calcedonia, e data al Papa Papa quella quella soddisfa soddisfazione zione che domanda domandava. va. In punto di morte Anastasio sottoscrisse suo malgrado questo Trattato ortodosso, e lo zio di Giustinia Giustiniano no ne adempi adempièè fedelme fedelmente nte le condiz condizion ioni. i. Tale fu l'esit l'esito o della della prima prima guerra guerra religiosi intrapresa sotto il nome del Dio di Pace dai suoi discepoli. Abbiamo già già mostrato Giustiniano come principe, conquistatore, e legislatore: ci rimane di delinearne il ritratto come teologo; e ciò ci ò che
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anticipatamente ne dà d à un'idea sfavorevole, il suo ardore per le materie teologiche, forma uno de' tratti più più marcati del suo carattere. Al pari de' suoi sudditi, nutriva in cuore una gran vener venerazi azione one pe' Santi Santi viven viventi, ti, e morti. morti. Il suo Codice, e particolarmente le sue Novelle, confermano ed estendono i privilegi del clero, ed ogni volta che nasceva un dibattimento tra un monaco o un laico, propendeva a decidere che dal lato della Chiesa stava mai sempre la giustizia, la verità verità, l'innocenza. Nelle sue divozioni pubbliche e private assiduo ed esemplare, uguagliava nelle orazioni, nelle vigilie, ne' digiuni le austerità austerit à monastiche: ne' sogni della sua fantasia credeva o sperava d'essere inspirato: si tenea sicuro della protezione della Santa Vergine, e di San Michele Arcangelo, e attribu ì attribu ì all'aiuto de' SS. Martiri Cosimo e Damiano la sua guarigione da una una malat malattia tia pericol pericolosa osa.. Empiè Empiè di monumenti della sua religione la capitale e le province; e quantunque al suo gusto per le arti, ed alla sua ostentaz ostentazione ione riferire riferire si possa la maggior parte di que' sontuosi edific ficii, probab probabilm ilment entee il suo zelo era animato animato da un sentim sentiment ento o natura naturale le d'amor d'amoree e di gratit gratitudi udine ne verso verso i suoi suoi invis invisibi ibili li benef benefatt attori. ori. Fra i titoli titoli delle sue dignità dignit à, quello che più pi ù gli piaceva era il sopran soprannom nomee di Pio. Pio. La cura cura degl' degl'int intere eress ssii temporali e spirituali della Chiesa fu la più pi ù seria occupazione della sua vita, e spesso sagrific ò i doveri di padre del popolo a quelli di difensore della Fede. Le controversie del suo tempo erano analoghe al suo naturale, e al suo animo, e ben doveano i professori di teologia ridersi in lor secreto d'un principe che faceva l'ufficio loro, e trascurava il suo. «Che potete voi temere da un tiranno che è schiavo della sua divozione? diceva a' suoi colleghi un ardito cospiratore; egli passa le intere notti disarmato nel suo gabinetto a discutere con vecchioni venerandi, e a confrontare le pagine de' volumi ecclesiastici.» Egli espose il frutto delle sue vigilie in molte
conferenze, ove fece gran figura ugualmente per forza di pulmoni, per sottigliezza d'argomenti, e in molti molti sermo sermoni ni anco ancora ra che, che, sott sotto o il nome nome d'editti e d'epistole, annunciavano all'impero la dottrina teologica del Padrone. Nel mentre che i Barbari Barbari inva invade deva vano no le provin province, ce, o le legion legionii vittoriose marciavano sotto le insegne di Belisario e di Narsete, il successore di Traiano, ignoto a' suoi eserciti, era contento di trionfare presedendo ad un Sinodo. Se avesse invitato a quelle adunanze un uom ragionevole e disinteressato, avrebbe potuto imparare "che le controversie religiose derivano dall'arroganza e dalla stoltezza; che la vera piet à meglio si manifesta col silenzio e colla sommessione: che l'uomo che non conosce la natura propria, non debbe essere ardito di scandagliare la natura del suo Dio, e che a noi basta il sapere che la bont à, e la possanza sono le attribuzioni della Divinità Divinità".
Eredità latina, grecità bizantina. Spigolature storiche del Mezzogiorno d’Italia. Tra il Vivarium di Cassiodoro ed il Pathirium di Bartolomeo da Simeri. La Calabria, faro culturale d’ Occidente nell’alto Medioevo. di Giorgio De Leonardis
Mi occupai, in uno studio pubblicato tempo fa, dedicato ad una delle due pale d’altare, capolavori della bottega veneziana dei fratelli Vivarini, unici esemplari in Calabria, di indiv individ iduar uaree l’ev l’event entua uale le commit committe tenza nza ricostruendo, attraverso valutazioni storiche atte a fornire un ampio quadro di riferimento, gli scambi culturali e commerciali fra la terra di Calabria Calabria e l’opul l’opulent enta a Repubbl Repubblica ica di Venezia. enezia. Una piccola parte del variegato mosaico culturale calabrese, riferita al tema che ci siamo proposti, proposti, verr à estrapolata estrapolata proprio dal saggio citato: Un tesoro d'arte veneto in terra di Calabria. Calabria. Il trittico trittico di Bartolom Bartolomeo eo Vivarin Vivarinii a Zumpano, per i tipi di Laterza Giuseppe Edizioni.
Due sono sono i luoghi luoghi dove dove la diaspo diaspora ra elleni ellenica, ca, lungo tutto il corso dell’alto e basso Medioevo, e fino a tutto il XV sec., trova il suo ricettacolo privilegiato. Nel Meridione d’Italia e a Venezia.
Lo Zibaldone del povero Vic Pag.49 Il Mezz Mezzog ogio iorno rno,, divi diviso so nei nei tre “th “thémata” mata” di Longob Longobard ardia, ia, Calabri Calabriaa e Lucan Lucania ia a loro loro volta volta ripartiti in “turme” che si dislocavano in “drunghi” e “bande”, secondo la tipica Institutiones, ove si profila una teoria divinae et saecular saeculares es strutturazione bizantina, modella l’essenza della dell’insegnamento delle divinae propria cultura, sia essa aulica o popolare, litterae che affiancano la didattica delle sacre nell’alveo della sensibilità sensibilità religiosa e della scritture a quella di Elio Donato, per la prassi quotidiana scaturente dalla presenza del grammatica, di Cicerone e Quintiliano, per la monachesimo imbevuto dell’insegnamento di retorica, e di Aristotele per la dialettica. Il primo libro ha cura di indicare, perciò perci ò, gli autori cui si San Basilio di Cesarea. Ma, prima ancora, nel VI secolo, era esistito un deve attingere e studiare come guida delle faro di luce, il Vivarium che, a buon diritto, discipline teologiche, il secondo è un manuale pone pone la Calabri Calabriaa come come luogo luogo eccell eccellen ente te della della delle sette arti liberali. ’opera, dedicata ai monaci della prima, grande conoscenza accanto alle altissime scuole L’opera, bibliche e filosofiche di Alessandria, di Nisibi e fondazione monastica sorta in Italia, fu lungo tutto l’arco del Medioevo, uno dei manuali pi ù di Edessa. Era stato stato concep concepito ito da un autor autorev evole ole usati. rappresentante del patriziato romano di origine La fondazione era quella di Vivarium a Squillace, costituita su un latifondo di propriet à calabra, Magno Aurelio Cassiodoro. familiare, progettata, come attestano alcune lettere al Papa Agapito, e vagheggiata per lungo tempo da Cassiodoro, ancora ministro di corte, sul modello di quella di Nisibi, luogo nobilis nobilissim simo o di studi studi da lui visitat visitato o nel breve breve soggiorno nel nord della Mesopotamia. Era inevitabile, vista la congerie dei empi, che gli intellettuali occidentali, si ponessero sotto l’influenza dell’Oriente, erede attivo e prolifico degli antichi patrimoni di saperi. Diventava un mezzo con cui rimediare alla decadenza culturale dell’Occidente. Il monastero calabrese fu realizzato dopo il suo ritiro dalla vita politica, nel 540, con il fine di dedicarsi alla vita spirituale ad alla scienza. Fu coetaneo di Benede Benedetto tto da Norci Norcia, a, l’altra l’altra grande grande figura figura di Nato nel 477 a Squillace, comp ì comp ì il suo cursus fondato fondatore re monastic monastico o e animatore animatore della politico operando come ministro di Teodorico e letteratura benedettino-cassinense, padre dei di Atalarico, imperatori di etnia gotica. Amico rinnovamenti economici, culturali e sociali che ed estimatore di Boezio, con cui ebbe in comune mutarono il volto non solo d’Italia ma l’amore per i saperi e il desiderio di realizzare la dell’intera dell’Europa nel corso dei secoli pacific pacificazi azione one tra Romani omani e Goti, Goti, Cassi Cassiodo odoro ro successivi. gest ì gest ì,, con acutezza culturale e flessibilità flessibilit à Indubb Indubbiam iament entee nell’a nell’arco rco della della cultu cultura ra intell intellett ettual uale, e, le sorti sorti diplom diplomati atich chee della della corte corte mediolatina del VI secolo, Aurelio Cassiodoro si gota per alcuni decenni. La sua tempra di connota, a pieno titolo, personaggio di saldatura sapientissimo diplomatico è dimostrata con fra il mondo antico e le nuove et à, intellettuale evidenza nei dodici libri delle Variae, una capace di captare ed indirizzare le istanze del raccolta delle lettere redatte, per conto di proprio tempo operando con la finalità finalit à di Teodorico, fra il 507 e il 537. A lui va ascritto il formare nuovi quadri di sapere. Ho già gi à merito di aver trasmesso al successivo Medioevo accennato, poco fa, ai due libri che racchiudono una sistem sistemaz azion ionee linguis linguistic tico o normat normativ ivaa Le Istituzioni delle lettere divine ed umane. arricchita poi dalla successiva opera in due libri:
Soffermiam Soffermiamoci oci un momento momento ad osservar osservarli li per meglio comprendere la valenza di scritti a carattere enciclopedico. enciclopedico. Si connotano quale corpus delle riflessioni dell’autor dell’autore, e, opera opera funzionale funzionale all’eseg all’esegesi esi scritturale e alla conoscenza delle arti del trivio (grammatica, retorica, dialettica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica) utile a stabilire l’ossatura per l’intersezione ideale tra cultura sacra e profana. Il predicato, che l’autore adotta, si imposta sull’affermazione che le arti liberali (ripartite secondo l’antica tradizione pedagogica romana ma osservate, ora, con una prospettiva del tutto originale) si siano sviluppate a partire dal seme dato dalla sapienza divina divina che che le ha impieg impiegate ate nella nella scrittu scrittura ra per per esprime esprimere re le verità erità. Di qui, qui, poi, poi, le avevano vano riprese i dottori delle lettere secolari ( Inst, I; prae praef. f.,, 6 ). Nel Nel libr libro o I, (28, (28, 6) Cassi Cassiod odor oro o menziona l’agricoltura con relativa bibliografia consultabile nella biblioteca da lui organizzata nell’articolazione del Vivarium, la coltura delle api, l’allevamento dei colombi, la pesca. Mostra inoltre di essersi interessato di “lucerne meccaniche” capaci di conservare la fiamma e di orologi solari e ad acqua (I, 30, 4-5). Raccomanda lo studio della medicina (I, 31) e indica le principali applicazioni dell’astronomia (II, 7, 4). Degno di citazione un episodio che testimonia l’antica consuetudine con la curiosità curiosit à e lo studi studio o delle delle scien scienze ze riportato riportato al periodo periodo della sua vita di corte. Si trova in una delle letter letteree scritte scritte per Teodoric eodorico o e riportata riportata nelle nelle Variae con con la qual qualee si chie chiede deva va a Boez Boezio io di approntare due orologi per il re dei Burgundi, una meridiana ed una clessidra ad acqua. Qui Cassio Cassiodo doro ro celeb celebra ra le compe competen tenze ze di Boezio Boezio ricordando che egli aveva appreso, bevendo alla fonte delle discipline, quelle arti che il volgo esercita senza sapere e come, con le sue traduzioni, avesse reso accessibili la musica di Pitagora, l’astronomia di Tolomeo, l’aritmetica di Nicomaco di Gerasa, la geometria di Euclide, la teologia di Platone, la logica di Aristotele e la meccanic meccanicaa di Archimede Archimede.. Conclude Conclude tessendo tessendo l’elogio del “meccanico” considerato « …quasi poiché scopr scopree i segret segretii della della socius naturae naturae» poiché Natura, ne muta le manifestazioni e gioca con i miracoli simulando in modo tale da dare l’impressione della verità verità. La lettera vale a
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fornirci una testimonianza reale ed efficace dei variegati interessi e del vasto bagaglio di razionali conoscenze con cui Cassiodoro illumin illumina, a, alime alimenta nta ed arricch arricchisc iscee la comuni comunitt à del Vivariu Vivarium m accend accenden endo do una fiacco fiaccola la luminosissima in terra di Calabria ancor prima che che le schol scholae ae e gli Studia Studia gener generali aliaa del XII secolo, a Bologna, come a Napoli e Padova, a Parigi Parigi come come ad Oxfo Oxford, rd, pones ponesser sero o le fonda fondame menta nta per la propag propagaz azion ionee delle delle conoscenze e per la diffusione delle nuove forme di sapere. Altri scritti vengono alla luce nella pace fruttifera del Vivarium. Suggeriti anche dal gusto gusto per una vocazio ocazione ne storio storiogra grafica fica che che lo induce a dare connotati storiografici alla sua et à e dalla volontà volont à di trasmette trasmettere re il patrimonio patrimonio culturale dell’antichità dell’antichità al mondo medioevale.
Traccia, in prima persona, il quadro articolato degli degli accadimen accadimenti ti determinati determinati dall’inne dall’innesto sto sul territorio italico della presenza delle nuove etnie, etnie, la perduta perduta Historia Historia Gothorum che ci è giunta solo in estratto. Affida, infine, la committenza al monaco Epifanio della Historia ecclesiastica ecclesiastica tripertita in dodici libri. Non si sottrae, il nostro, neppure alla visitazione filosofi filosofica ca del del tema tema riguard riguardant antee l’incorp l’incorpore oreit itàà dell’anima che, sulle tracce di Claudiano Mamerto, desunte da argomentazioni gi à condotte da da Agostino, Agostino, cerca di condurre
dimostrazione in un breve scritto intitolato De anima. Cassiodoro, uomo di ingegno multiforme animato da costante curiositas, è figura esemplare di un Medioevo tessuto con la trama di asperitas e dulcedo, e gli orditi di feretas atque compunctio cordis che animano una tela su cui si disegnano, a colori vivi, l’espansione della cultura latino-cristiana, l’affermarsi delle etnie etnie e delle delle tradiz tradizion ionii indig indigene ene,, l’avv l’avvent entura ura degli degli studi studi scien scientific tifici, i, la preser preserva vazio zione ne degli degli antichi patrimoni e linguaggi delle filosofie e del Bello. La testimonianza che egli reca con la sua vocazione per la conoscenza che volge lo sguardo alla storia come alle scienze, alla filosofia come alle arti liberali e alla cura per l’in l’incr crem emen ento to e la cons conser erv vazio azione ne del del patrimonio di preziosi codici codici,, proiet proietta ta fasci fasci di luce intensa capaci di farci intuire la natura affascinante e complessa di una una medi mediaa aeta aetass tutt’altro tutt’altro che buia. buia. Oasi di poliedricità poliedricità dei saperi invest investigat igatii attraver attraverso so meditazioni, ricerca ed azione azione ispira ispirata ta alla alla luce luce della divina Sophia, il Vivarium si configura come primo transfer del patrimonio culturale da Orien Oriente te ad Occi Occide dent ntee e come come piatta piattafo forma rma di lancio delle multiformi rinnovate dinamiche di conoscenza scientifica e umanistica che fioriranno in Europa. Dopo Cassiodoro, il territorio calabrese, la Puglia otrantina, la Sicilia e la Campania, vedono stabilirsi già gi à dal VII secolo consistenti presenze presenze greche, greche, grazie grazie soprattutt soprattutto o agli insediamenti monastici che costellano le sponde e i luoghi interni della penisola. Per riferirci alla sola Calabria è accertato che tra il 787, anno del Consiglio di Nicea, e l’869, epoca del Consiglio di Costantinopoli, i monaci residenti erano tutti greci. L’elemento scatenante della diaspora è da
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imputarsi inizialmente alle persecuzioni che fecero seguito al monotelismo e quindi ai ripetuti conflitti fra iconoclasti e iconoduli. In fuga dall’Oriente non sono solo monaci ma anche nutriti gruppi di persone provenienti dalle varie varie parti parti dell’I dell’Impe mpero ro d’Orien d’Oriente te come come Siria, Siria, Palestina ed Egitto. Costoro portano con sé s é un patrimonio di gusto e conoscenze tecniche che, esercitandosi nei luoghi d’accoglienza, ne permea e indirizza il gusto divenendo oggetto d’attenzione anche per la movimentazione movimentazione economica. Nel 731 la decisione attribuita all’Imperatore Leone III di aggregare le diocesi di Calabria e di Sicilia al patriarcato di Costantinopoli, stacc taccan ando dole le dall dallaa dipe dipend nden enza za e dal dal controllo della Chiesa di Roma, Roma, dov dovette ette dare dare certamente nuovi impulsi all’el all’eleme emento nto greco greco e quindi quindi allo allo svilup sviluppo po del monachesimo di tradizione bizantina in quelle regioni, attraverso attraverso i frequenti spostamenti di monaci e prelati da Oriente verso Occidente. Quando nella seconda metà metà del IX secolo i Bizantini riaffermano il proprio dominio sull’Italia meridionale sottraendo agli arabi numerose cittadine costiere in Puglia, Calabria e Campania e ai Longobardi grandi porzioni di territorio interno tra Puglia e Basilicata, il monaches monachesimo imo greco si espande espande notev notevolmen olmente te contribuendo, con quella che fu detta seconda ellenizzazione, in maniera decisiva al processo di bizantinizzazione, vale a dire di integrazione e di penetr penetrazi azione one della della lingua lingua e della della cultur culturaa greca nel tessuto sociale delle regioni poste sotto la diretta amministrazione bizantina. I monaci, raccolti intorno al loro igumeno, indirizzavano il loro percorso terreno al fine
ultimo della salvezza eterna calibrando i loro giorni sotto il sole in un giusto equilibrio tra il bios practicos e il bios teoreticos. E cos ì cos ì,, se per un verso rendevano fruttifera la terra strappandola alla natura selvaggia ed incolta e si prodigavano verso i poveri e i malati svolgendo svolgendo attività attività assistenziali e mediche, per l’altr l’altro, o, nella nella solitu solitudin dinee e nella nella pace pace contemplat contemplativa iva esaltav esaltavano ano la loro meditazion meditazionee trascrivendo codici in elegante calligrafia, dandog dandogli li vita con con delizi deliziose ose miniat miniature ure,, conferivano forme e vita ai riti dipingendo icone, rendevano sacri i metalli profani lavorandoli a gloria della mensa divina o come reliquari (enkolpia) destinati ad accompagnare il pellegrinaggio di coloro che, “saints errants”, si recavano in visita presso i sepolcri degli Apostoli a Roma o nella sacra citt à di Gerusalemme, collegavano la terra al cielo elevando architetture destinate al culto. Gli impianti architettonici complessivi sono ripresi da coeve architetture sacre orientali, molto frequenti specie nel Peloponneso, in Armenia, Georgia e Anatolia. Spiccano, per coerenza formale e notevole integrità integrit à delle strutture originali, la Cattolica ( katholik òn, - universale sta ad indicare la chiesa principale di un monast monaster ero o o di un raggrup raggruppam pamen ento to di eremitaggi), a Stilo e la Chiesa di San Marco a Rossano. Entrambi sono edifici a pianta quadrata, con croce greca inscritta e copertura costituita da cinque cupolette sul tamburo cilindrico, una all’incrocio dei bracci – di poco più più elevata in altezza – e una in corrispondenza dei quatt quattro ro spazi spazi quadr quadrati ati angol angolari; ari; il rigore rigore geometric geometrico o della planimetria planimetria è attenuato soltanto dallo sporgere di tre piccole absidi di uguali uguali dimensioni. dimensioni. Gioielli Gioielli di pietra, pietra, eco della vitalità vitalità di fecondi complessi come il Mercurion, Sant’ Sant’Ad Adrian riano, o, Santa Santa Seve Severina rina o S. Maria Maria del Patir. Fu Bartolomeo da Simeri, il fondatore di questo Archimandrato, a conferire importanza e notorietà notorietà alla alla cultur culturaa di coloro coloro che che veniv venivan ano o definiti definiti Basiliani Basiliani dedicand dedicandosi osi alla formazion formazionee spirituale dei monaci e definendo la loro struttura liturgica, teologica e scientifica mediante l’istituzione di uno scriptorium. A quell’epoca il vescovo di Rossano era Nicola
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Maleinos, membro di una potente famiglia bizantina locale. Per tutelare il suo monastero dalle ingerenz ingerenzee del vesco vescovo vo,, Bartolomeo Bartolomeo intraprende la strada per Roma e si reca dal papa Pasqu Pasquale ale II per per ottene ottenere re il privile privilegio gio dell’esenzione subito concessa con la Bolla del 1105. Stessa Stessa sorte favo favorev revole ole subiranno subiranno altre abbazie abbazie latine latine di fondaz fondazione ione normanna, normanna, come Sant’Eufemia a Mileto, che si comportarono allo stesso modo, forse sotto consiglio della Corte norma normann nna. a. Otte Ottenu nuta ta ques questa ta sorta sorta di indipendenza Bartolomeo poteva finalmente dedicarsi alla cura dei suoi monaci e, da buon igumeno, si diede subito da fare affinch é nulla mancasse mancasse loro: era essenzia essenziale le procurarsi procurarsi un’adeguata biblioteca, per favorire gli studi dei suoi discepoli. discepoli. Egli era ben consapevo consapevole le che senza gli strumenti adatti per l’insegnamento e l’indagine tutti i suoi sforzi sarebbero stati ì, non indugia a partire alla volta di inutili. inutili. Cos ì, Costantinopoli, dove fioriva il maggior numero di scuole di copisti e prosperava il più pi ù ricco mercato di manoscritti greci. La sua fama era tale che, nonostante venisse dall’Occidente scismatic scismatico, o, secondo secondo la concezio concezione ne ortodossa, ortodossa, egli egli fu accolt accolto o dalla dalla coppia coppia imperia imperiale le favorevolmente e ricevette in dono con grande prodigalità prodigalità quanto chiedeva per promuovere l’attività l’attività del suo scriptorium. Inoltre stringerà stringer à ottimi ottimi rapport rapportii con una figura figura in partico particolar laree della corte imperiale, Basilio Calimeris. Questi gli affidò affidò la cura del monastero che egli possede possedeva va sull’Atho sull’Athos: s: in quel quel periodo, periodo, infatti, infatti, c’era stato, all’interno dei monasteri atoniti, un generale rilassamento dei costumi, forse da collegare collegare all’arrivo all’arrivo dei pastori pastori valacc valacchi. hi. Fondamentale è stata questa immersione nella sacralità sacralità atonita della vita cenobitica, meta di saggi, filosofi, mistici in cerca della presenza del divino. I manoscritti riportati da Bartolomeo a Rossano furono il modello cui si ispirarono i monaci monaci prima da semplic semplicii imitato imitatori ri e poi da maest maestri ri origina originali li per la realiz realizzaz zazion ionee di una calligrafia calligrafia eccellente eccellente che fior ì fior ì in uno straordinario patrimonio di opere preziose. Ma al suo ritorno in Calabria, Bartolomeo si trov ò di fronte all’infamante accusa di eresia da parte
di due monaci monaci benedetti benedettini ni dell’abbaz dell’abbazia ia della Trinità Trinità di Mileto: lo splendore del nuovo monastero aveva generato in loro invidie e gelosie, che si erano acuite da quando la corte Norma Normanna nna si era trasf trasferit eritaa in Sicili Sicilia, a, abbandonando Mileto. È lecito pensare che le calunnie rivolte a Bartolomeo tendano a colpire innanzi tutto la sua fede religiosa e ideale, ma, soprattutto la sua lealtà lealt à politica verso Bisanzio, probabilm probabilmente ente manife manifestata stata attrave attraverso rso i viaggi compiuti nella capitale e sul Monte Athos. Bartolomeo fu processato a Messina, ma ne usc ì usc ì indenne; anzi, la stima che Ruggero II aveva di lui aumen aumenttò al punt punto o che gli gli fu affi affida dato to il compit compito o di orga organiz nizza zare re la fonda fondazio zione ne del S. Salvatore a Messina in sintonia con la volont à del del Re Norma Normann nno o di artic articol olar aree in forma orma più più organica la congerie polverizzata e destrutturata delle delle presen presenze ze basili basilian ane. e. La partico particolari laritt à del nuovo monastero era rappresentata dal fatto che ad esso era legato un archimandrato che governava governava una congregazione congregazione di quarantanove quarantanove monasteri sul territorio siciliano. Su questo modello Ruggero diede vita, anche in Calabria ad altri due archimandrati, il primo per Sant’Adriano in Calabria settentrionale e il secondo per Sant’Elia Carbone che apparteneva già già alla Lucania e il cui ambito giurisdizionale comprendeva anche i monasteri basiliani pugliesi. Il monache monachesimo simo greco è stato stato il lievit lievito o della della civiltà civiltà meridionale continuando a gravitare nell’orbita di Costantinopoli e movimentando i traff traffic icii e i rapp rapport ortii cult cultur ural alii sopr soprat attu tutt tto o con con Venezia.
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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 di Vincenzo Cuoco
Nato a Civitacampomarano il 1° ottobre 1770, partecip ò alla Rivoluzione Napoletana del 1799, assumendo anche incarichi importanti. Imprigionato ed esule a Parigi e Milano, fu di intelletto procace e scrittore e filosofo eccellente. Mor ì a Napoli nel 1823, dopo lunghi anni di sofferenze a causa della follia che che lo avev aveva a colt colto. o. Ecco Ecco qui qui le sue sue acut acutee conclusioni alla fine del saggio che lo ha reso famoso.
CONCLUSIONE Il re, strascinato da' falsi consigli, produsse la rovina rovina della nazione. nazione. I suoi ministri ministri o non amava amavano no o non curav curavano ano la nazion nazione: e: dov dovea perciò perciò perder perdersi, si, e si perde perdette tte.. I repubb repubblic licani ani,, colle piú piú pure intenzioni, col piú pi ú caldo amor della patria, non mancando di coraggio, perdettero loro stessi e la repubblica, e caddero colla patria, vittime di quell'ordine di cose, a cui tenta tentaro rono no di resi resist ster ere, e, ma a cui cui nulla nulla piú piú si poteva fare che cedere. Una rivoluzione ritardata o respinta è un male gravissimo, da cui l'umanitá l'umanitá non si libera se non
quando le sue idee tornano di nuovo al livello coi governi suoi; e quindi i governi diventano piú piú umani, perché perché piú piú sicuri; l'umanitá l'umanitá piú piú libera, perché perché piú piú tranquilla; piú piú industriosa e piú piú felice, perché perché non deve deve consuma consumarr le sue forze orze a lotta lottare re cont contro ro il gov governo. erno. Ma talor taloraa passano de' secoli e si soffre la barbarie, prima che questi tempi ritornino; ed il genere umano non passa ad un nuovo ordine di beni se non a traverso degli estremi de' mali. Quale sará sará il destino di Napoli, dell'Italia, dell'Europa? Io non lo so: una notte profonda circo circonda nda e ricopre ricopre tutto tutto di un'om un'ombra bra impen impenetr etrabi abile. le. Sembra Sembra che che il desti destino no non sia ancora propizio per la libertá libert á italiana; ma sembra dall'altra parte che egli, col nuovo miglior ordine di cose, non ne tolga ancora le sper speran anze ze,, e fa che che gli gli stes stessi si re tra travagl vaglin ino o a preparar preparar quell'ope quell'opera ra che con infelice infelice successo successo hanno tentata i repubblicani. Forse la corte di Napoli, spingendo le cose all'estremo, per desiderio smoderato di conservare il Regno, lo perderá perderá di nuovo; e noi, come della prima è avvenuto, dovremo alla corte anche la seconda rivolu rivoluzio zione ne,, la quale quale sará sará piú piú felice, felice, perch perché desiderata e conseguí consegu í ta ta dalla nazione intera per suo bisogno e non per solo altrui dono. Queste cose io scriveva sul cader del 1799, e gli avvenimenti posteriori le hanno confermate. La corte di Napoli ha prodotto un nuovo cangiamento politico; e questo, diretto da altre massime, può può produrre nel Regno quella felicitá felicit á che si sperò sper ò invano dal primo. Dal 1800 fino al 1806 abbiamo veduto la corte di Napoli seguir sempre quelle stesse massime dalle quali tanti mali eran nati; la Francia, al contrario, cangiar quegli ordini, da' quali, siccome da ordini irregolarissimi, nessun bene e nessuna durevolezza di bene poteva sperarsi; e si può può dire dire che che alla alla nuov nuovaa felic felicit itáá, che il gran Napoleone ora ci ha data, abbiano egualmente contribuito e l'ostinazione della corte di Napoli ed il cangiamento avvenuto nella Francia. Per Per eff effetto etto dell dellaa prima prima gli gli stes stessi si errori errori han han confermata ed accresciuta la debolezza del Regno: nell'interno lo stesso languor di amministrazione, la stessa negligenza nella milizia, la stessa inconseguenza ne' piani, diffidenza tra il governo e la nazione, animosit á, spirito di partito piú piú che ragione; nell'esterno la
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stessa debolezza, la stessa audacia nelle speranze e timiditá timiditá nelle imprese, la stessa malafede: non si è saputo né né evitar la guerra né né condurla; si è suscitata, e si è rimasto perdente. Per effetto del secondo, nella Francia gli ordini pubbli pubblici ci sono sono diven divenuti uti piú piú regola regolari: ri: i divers diversii poteri piú piú concordi tra loro: il massimo tra essi piú piú stabile, piú piú sicuro; perciò perciò meno intento a vincer gli altri che a dirigerli tutti al bene della patria: le idee si sono messe al livello con quelle di tutte le altre nazioni dell'Europa; perciò perci ò minore esagerazione nelle promesse, animosit á minore minore ne' partiti partiti,, facil facilit itáá maggio maggiore re dopo dopo la vittori vittoriaa di stabi stabilir liree presso presso gli altri altri popoli popoli un nuovo ordine di cose: il potere pi ú concentrato; onde meno disordine e piú pi ú concerto nelle operazioni de' comandanti militari, abuso minore minore nell'eser nell'esercizio cizio de' poteri poteri inferiori, inferiori, maggiore maggiore prudenza, prudenza, perch perch é comu comune ne a tutt tuttii e dipen dipenden dente te dalla dalla stessa stessa natura natura comune comune degli degli ordini ordini e non dalla dalla natura natura partico particolar laree degl'individui: al sistema di democratizzazione sostituito quello di federazione, il quale assicura la pace, che è sempre per i popoli il maggiore de' beni; e che finalmente ha procurati all'Italia tutti tutti que' que' vanta vantaggi ggi che che non potev potevaa avere vere col sistema precedente, secondo il quale si voleva amica e si temeva rivale; onde, non formando mai in essa essa uno Stato forte ed indipe indipende ndente nte,, andava a distruggersi interamente: e finalmente, oltre tutti questi beni, il dono grandissimo di un re che tutta l'Europa venerava per la sua mente e pel suo cuore. Me felic felice, e, se la lettur letturaa di ques questo to libro libro potr potráá convincere un solo de' miei lettori che lo spirito di partito nel cittadino è un delitto, nel governo una stoltezza; che la sorte degli Stati dipende da leggi leggi certe, certe, immuta immutabil bili, i, eterne, eterne, e che che ques queste te leggi impongono ai cittadini l'amor della patria, ai gov governi erni la gius giusti tizi ziaa e l'at l'atti tivi vittá nell'amministrazione interna, il valore, la prudenza, la fede nell'esterna; che alla felicit á de' popoli sono piú pi ú necessari gli ordini che gli uomini; e che noi, dopo replicate vicende, siamo giunti ad avere al tempo istesso ordini buoni ed un ottimo re; e che la memoria del passato deve esser per ogni uomo, che non odia la patria e se stesso, il piú pi ú forte stimolo per amare il presente.
Nicolas Poussin.
Grande pittore francese, che si divise tra Francia e Roma. Qui si dimostra come Parigi sia sempre stata una citt à costosa, anche molto prima dell'euro.
Letter Lettera a di Niccol Niccolò Pussino Pussino al commendat commendator oree Carlo Antonio del Pozzo.
Confidandomi nell'ordinaria umanità umanità, che V. S. illus illustri triss ss.. ha usat usato o semp sempre re verso erso di me, me, ho creduto essere dovere raccontarle il buon successo del mio viaggio, lo stato e 'l luogo dove mi trovo, affinchè affinchè un mio padrone, come lei, sappia dove comandarmi. Ho con sanit à fatto il viaggio di Roma a Fontanablò Fontanabl ò, ove fui raccolto onorati onoratissi ssima mamen mente te nel nel palaz palazzo zo da un gentiluomo per ciò ciò ordinato dal sig. di Noyers, e trattato lo spazio di tre giorni splendidamente. Poi in una carrozza dal detto signore fui condot condotto to a Parigi Parigi,, dove dove,, subito subito arrivat arrivato, o, feci feci rincont rincontro ro al detto detto signor signoree di Noye Noyers, rs, il quale quale ò, umanam umanament entee mi abbra abbracci cciò testifi testifican cando do l'allegrezza del mio arrivo. La sera fui condotto per ordine suo nel luogo ch'egli aveva determinato per la mia dimora. Egli è un palazzetto, che bisogna dir cos ì cos ì,, in mezzo del giardino delle Tuilleries. Contiene nove stanze in tre piani, piani, senza senza gli gli appart appartame amenti nti da basso basso separati, cioè cioè una cucina, luogo del guardiano, una stalla, un luogo da rinchiudere il verno i gelsomini, con tre altri luoghi comodi per molte
cose cose necess necessarie arie.. V'è V' è di più più un bell bello o e gran gran giardino pieno di alberi a frutto, e diversissimi fiori ed erbe, con tre fontanelle, ed un pozzo, oltre un bel cortile, dove sono altri alberi fruttiferi. Ho le vedute che scoprono da tutte le parti; e credo, l'estate sia un paradiso. Entrando in questo luogo trovai tutto il piano di mezzo accomodato, e mobiliato nobilmente, con tutte le provvisioni di cose necessario fino alle legna, ed una botte di buon vino vecchio di due anni; e lo spazio di tre giorni fui ben trattato alle spese del re con li mie miei amici. ici. Il d ì seguente seguente fui condotto dal detto sig. Noyers all'eminentissimo, il quale con una benignità benignit à straordinaria mi abbracciò abbracciò, e pigliandomi per la mano mostrò mostr ò di aver gran gusto di vedermi. Di là l à a tre giorni fui menato menato a s. Germano Germano,, affinc affinch h è il sign signor oree di Noyer Noyerss mi appresenta appresentasse sse al re, ma trovan trovandos dosii indisposto, la mattina seguente fui introdotto dal sign signor oree le Gran Grand, d, fav favorito orito del del re, re, che che come come benigno principe ed umanissimo, si degn ò di accare accarezz zzarmi armi,, e stett stettee una mezz'o mezz'ora ra a domandarmi di molte cose; e voltandosi verso li suoi cortigiani, disse: Voilà Voil à Vouet bien atrapè atrapè. Dopo Dopo egli egli stesso stesso mi ordin ordinò fare li quad quadri ri ò di fare grandi grandi delle delle sue cappe cappelle lle di Fonta Fontanab nabll ò e s. Germano. Tornato che fui a casa mia, mi furono portati in una bella borsa di velluto turchino due mila mila scudi scudi in oro della stampa stampa nuova nuova,, mille mille scudi per le mie gages, e mille per il viaggio, oltre tutte le spese. È vero che li quattrini sono in quest questo o paese paese molto molto neces necessari sari,, perc perch h è ogni cosa vi è caro straordinariamente. Adesso fo li pensieri di molte opere, che s'hanno da fare, e credo che si metterà metter à mano a qualche opera di tappezzeria. Delle prime che io metterò metter ò in luce, ardirò ardirò di mandargliene qualche cosa, non altrimenti che per tributo della mia servitù servit ù che le devo; e subito che le balle nostre saranno arrivate, spero bene compartire il tempo in maniera, che una parte l'impiegherò l'impiegher ò al servigio del signor cavaliere suo fratello. Si sono mandate le copie in Piemonte di quelle liste de' libri di Pirro Ligorio. Io le raccomando li miei pochi interessi, e la mia casa, mentr'ella si è voluta degnare di curarsene nella mia assenza, la quale non sarà sar à lunga, se io posso. La supplico
che, che, essen essendo do nata nata per fav favorirmi, orirmi, ella ella voglia oglia ricevere queste mie molestie con quella generosità generosit à, che è sua propria, contentandosi che io le corrisponda con l'affetto della mia divozione. Il Signore le doni lunga e felice vita, mentre a lei mi dedico umilmente. Parigi, li 6 gennaro, 1641.
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Sui gusti dell'arte di Michele Uda (1877).
Chi ci legge sa ormai che i quadri i quali ci piacciono veramente sono quelli che più pi ù hanno pensiero e più pi ù ne destano; che cominciano nella tela e continuano in noi. Avvi chi ama le composizioni farraginose; altri s’estasia davanti alla vivacità vivacit à chiassosa del colore, alla purezza irreprensibile e fredda della linea linea;; il volgo olgo va matto matto de’ de’ partic particola olari ri curati curati sino allo scrupolo; della ruggine d’un chiodo, d’una crepa sul muro, muro, dell’o dell’orlic rliccio cio nero d’un vaso di porc porcel ella lana na sche schegg ggia iato to,, di un’allumacatura sulla vernice lucida o sul marmo levigato d’un tavolino, e di cento altre inezie di una scuola che oggi si spaccia verista, come anni sono la pretendeva a fiamminga, e non riusc ì riusc ì finora a darci altro, con maggiore o minore esattezza di riproduzione materiale, che delle costose fotografie colorate. Sarà Sarà una debolezza, ma noi amiamo tutto ci ò ch’ ch’è pensato e fa pensare; che colpisce l’imaginazione e parla al cuore come gli parla la nota nota musica musicale, le, senza senza precis precision ionee di linee linee,, n è determinatezze di contorni, con un motivo che ne sveglia mille, e ha in fondo all’anima nostra ripercussioni ed oscillazioni infinite; come gli parla Beethoven co’ suoi poemi sinfonici, come non gli parlerà parlerà mai la romanza e il duetto a parole cantate di nessun Maestro. Ciò Ciò non vuol mica dire che non ci piacciano le romanze, o che siamo nemici giurati de’ duetti, specialmente quando sono cantati bene.
ogni cosa trova posto, se messa al posto giusto
Incidenti di percorso.
Nicolino di Vito Cambriglia.
Nicoli Nicolino no era un bambi bambino no che che aveva veva circa circa un anno e mezzo, bellissimo, molto vivace ed alquanto dispettoso. Un giorno andò and ò a trovarlo una delle amiche della madre, la signorina Marisa, Marisa, anch’e anch’essa ssa molto bella, bella, gioval giovale, e, molto prosperosa …aveva dei seni a forma di cocomero, tanto da fare invidia alle mammelle di una vacca. Appena vide il bambino, lo prese tra tra le brac bracci ciaa e comi cominc ncii ò a cocco coccolars larselo elo,, a baciarlo ed a stringerlo con tenero affetto al suo abbondante petto. Nicolino era seminudo, senza fasce, libero con il suo pisellino che dondolava liberamente tra le sue gambet gambette. te. Ad un un tratto Marisa, Marisa, attratta attratta da quella quella bellezza bellezza gli dette un tanti baci stuzzicandogli con il naso il pisellino, alzandolo al cielo. Questi mentre rideva tutto gioioso, dette sfogo ad un’abbondante pip ì pip ì,, che guarda caso centrò centrò in pien pieno o i due due seni seni,, inon inonda dand ndo o quei quei meravigliosi cocomeri, formando un rivoletto di liquido caldissimo che scivolava fin gi ù. “Mascalzone di un bambino, mi hai fatto una vera doccia!” esclamò esclam ò poco divertita Marisa. “Mia cara volev volevo o dirti di non sfrocoliare in quel posto Nicolino…il piccino è molto sensibile e alquanto precoce… ”. La buona mammina riprese il suo bimbo tra le sue braccia e, scoppiando in una fragorosa risata, le domandò domandò: “ dimmi il vero, Nicolino promette bene con il suo bel pisellino”. Marisa nascondendo nascondendo il suo rossore, non rispose e senza dire una sola parola scapp ò via tutta impacciata asciugandosi con il fazzoletto il suo bellissimo seno.
Pensieri. Il Natale è già già passato anche se in questi giorni sempre godiamo della sua aura magica... Come sarà sarà il 2012 2012?? Mancan Mancano o pochi pochi giorni giorni ormai… ormai… Cambierà Cambierà qualcosa? Saremo migliori? La nostra ragione, finalmente, sarà sar à rischiarata a tal punto dal saper vedere tutto il male e porvi rimedio? Credo che l’uomo dovrebbe operare una conversione per poter mutare rotta… Ma, intanto, conserviamo sempre una scintilla di speranza e una goccia d’illusione (come direbbe Leopardi) … Questo Questo è ciò ciò che che ci fa vivere vivere.. Come sarà sarà il nuovo anno? Sarà Sar à più più buono? Sarà Sar à più più azzurro? chissà chissà… Credo Credo bisognere bisognerebbe bbe accontenta accontentarsi rsi di saper cogliere e godere la vera felicit à… Quella che si chiama serenit à. Quella che ci viene data in frammenti… quasi come una luce che si sbriciola in tanti minuscoli lumi che si accendono al nostro passaggio per poi subito spegnersi. Loretta Marcon
Pensieri. Cosa mi guardi a fare luna intrigante, non vedi che soffro e non so darmi pace. Lo vedi il mare com'e' recalcitrante, le vedi l'onde che non trovano pace. Solo nell'abisso c'e' la quiete a cui aspiro aspiro tanto. tanto...; ..; ma ques questi ti tuoi tuoi violini violini perc perche' he' soffrono con il loro pianto, stridono queste corde tese come la sofferenza che si esalta per il gran dolore, piu' forte il ritmo mi travolgera', piu' in fondo all'abisso mi spingera' .Ti cerchero' negl'antri scuri e nell'inquietudine che mi travolge ascoltero' la voce di questo mare ansioso. ansioso. L'incertezz L'incertezzaa divente diventera' ra' la padrona padrona di questo cuore infranto che mai sapra' se tu mi avrai desiderato tanto. Il romantico. A cosa servi oggi se riesci solo a rimembrare i giorni giorni andat andati, i, il roman romantic ticism ismo o e' cosa cosa andat andata, a, qualc qualcosa osa persa persa che che non ritorna ritorna piu'...Pero' se ritorno indietro con il pensiero mi prende tanta malinc malinconi onia, a, un sentim sentiment ento o strano, pieno di rimpianti ma di una dolcezza unica che nel mentre mi fa tanto male mi accarezz accarezzaa e mi fa rivivere rivivere cio' che che e' finit finito. o.Ch Chee pote potente nte macchina che e' la mente. Non mi dire niente se non m'avvedo di te, non mi dite niente se mi sfugge e noto chi soffre e non soffro io...Vorrei dividere con te tutte le speranze e le illusioni, spartire i tuoi dolori, piangere con te.Questi giorni come sono strani, s'avverte tanto la nostalgia dei tempi andati, s'avverte tanto la tua assenza perche' non sei piu' con noi.A te che non ci sei , sappi che sarai sempre nei nostri pensie pensieri, ri, perc perche' he' pensa pensarti rti sara' sara' come come parla parlarti. rti. Cerc Cerco o le tue impron impronte te,, dov dove sei sei ? Non Non una una parola parola,, una carez carezza, za, solo solo il ricordo ricordo.. Ti vedo vedo leggera vibrarti intorno con la delicatezza delle ali d'un gabbiano, dove sei ? Sei troppo umana per dimenticarti, sei troppo bella per sognarti . Sei qui! Ti sfioro per vedere se sei vera, scivoli via ... Un'alito di vento t'ha rapita un'altra volta. Vola, vola via, voglio dimenticarti dimenticarti sei troppo troppo fragile, irragiungibile. E la dolcezza m'accompagna, l'odore tuo s'e'
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sparso tutt'intorno, si viaggia quasi galleggiando su profumi caldi ed avvolgenti divani sedie e nell'ambiente intorno; Eccoti sei qui ! Sei come una fonte naturale, inebri e posi le tue carezze ovunque, ma i tuoi pensieri dove sono ? Era solo una domanda., li ho fatti miei, li custodico io, resteranno accanto ai miei se vuoi, sono leggeri, sono tuoi. Troppo roppo piccol piccolo o il cuore cuore per conte contene nere re tanto tanto calore, grande la mente ed il suo pensiero per. Gli odori vanno e vengono, s'avvolgono avvilup avviluppand pandosi osi come una trottola trottola girano girano virtuosi. S'adagiano su contenere l'infinito . La felicita' e' l'accettazione del presente, onoriam onoriamo o l'atti l'attimo mo che che fugge fugge,, non ritorner ritornera' a' ! Viviamo la dolcezza degl'anni che scorrono, scorrono, facciamo facciamo scivolare scivolare via questa magnifica avventura ." La nostra Vita. Ci metto tutto il coraggio che ho... mi voglio spendere parte di questa vita per dimostrarmi che se voglio ci riesco . Quando ci dobbiamo confrontare con il prossimo non sapp sappia iamo mo se le ener energi giee e l'intelligenza ci permetteranno almeno di stare al gioco ed essere alla pari. Se invece ci vogliamo misurare con noi medesimi la sfida e' per prendere coscienza di se stessi...Quante volte abbiamo provato a confrontarci con la nostra volonta'? Quante volte ci siamo chiesti il nemico chi era? Qualche volta probabilm probabilmente ente questo e' dentro dentro di noi. Il firmamento e' troppo piccolo per contenere i tuoi sogni,la sublimazione degli stessi la troverai solo nei tuoi pensieri quando le tue idee cammin camminera eranno nno da sole sole avrai avrai raggiu raggiunto nto l'appagamento dei tuoi desideri. Amare la vita significa amare le cose che ci hai trovato dentro...Se l'hai vissuta e stai notando che la potresti perdere ti avvinghi a lei perche' sai che ti potrebbe scivolare via...Pensa a tutto quello che hai visto, pensa a tutto quello che potrai ancora vedere. Ho visto la morte, mi devi
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cred creder ere, e, piu' piu' la vedo edo e piu' piu' amo amo la vita vita.. ...! .!!! !! Voglio girare il mondo perche' sono sicuro di non avere visto tutto... Troppo facile dire, sono un navigato..., e magari d'un tratto accorgersi che che sei sei un profa profano. no. Vorrei orrei veder vederee tante tante cose cose nuove nuove,, qualc qualcosa osa che che mi stupi stupisse sse tanto, tanto, sarei sarei sicuro che tutto il bello da vedere e divenuto cio' che stavo cercando. Poi d'improvviso mi ravvedo e capisco che non ho visto tutto... Vorrei vedere te, te che stai aspettando chissa' cosa, te che stai sognando, chissa' quando? Le onde alte erano il presagio della tempesta, ma quest'acqua capricciosa si tramuto' in schiuma bianca... D'un tratto mi rammentai di quel quel giorn giorno o anda andato to;; tutt tutto o si colo coloro ro'' dei dei tuoi tuoi capel capelli li bruni, bruni, il viso viso si mostra mostrava va a quel quel sole sole giallo che ti baciava senza violarti tanto. Erano i giorni tuoi, erano quelli in cui la giovinezza ti mostrava con tutta la sua grazia ed i suoi anni belli belli . Questi Questi eran.o eran.o poch pochi, i, la pelle, pelle, gl'occ gl'occhi hi posavano per fare intendere che la vita e' quella. Tanti anni son passati e gl'occhi la pelle sono andati...ora tocco questa chioma bianca che copre quei ricordi e questa mente irata. La vita va vissut vissutaa senza senza rimorsi rimorsi e senza senza pocond pocondrie, rie, questi son gl'anni tuoi, prendili per buoni e vivili in armonia. Guardando quella schiuma bianca noto noto che che la tempes tempesta ta se quiet quietata ata... ... Torno con tanta tanta tenere tenerezza zza a ques questi ti giorni giorni miei, miei, ti vedo, edo, t'accarezzo, mi guardi e mi sorridi, ti vedo bella come ome non mai. mai... .. piu' iu' d'a d'allor lloraa.. Il sile silenz nzio io e' quel quella la musi musica ca che che non non odi. odi... .. e' quella tristezza che ti accarezza e la malinconia che ti attanaglia e non ti da pace. Fate rumore per rompere l'aria, siate sereni per sentire quelle mani, siate felici per scacciare la malinconia... L'ho L'ho visto visto stase stasera. ra. Ero sulla mia bici bici ed ero ero diretto verso il mare, l ì l ì dove sono nato. E' mia consuetudine andare in questo posto, c'e' il mare e c'e' ancora la casa che mi ha visto nascere. Quando non ci vado avverto una sensazione di vuoto, quando invece lo raggiungo mi prende una sensazione di pace... Ricordo mia madre che mi accarezzava, ricordo i miei primi amici, tutto d'un tratto invade la mia mente, e' bello rivedersi, forse e' anche un peccato essere
cresciuti ma e' risaputo tutto avanza anche l'eta', ed eccomi qu ì qu ì a rimembrare quei giorni pieni di dolcezza dolcezza...Si ...Si'' l'ho visto il Sole, Sole, quella quella grande grande stella raggiante nel cielo, stava anche lui cadendo. Il tramonto avanza e la pedalata pure, anche oggi non mi sono risparmiato, anche oggi l'ho salutato. Luciano Menghini
La mitica lettera di 'Nzino segnalata da Franco Ferraro.
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moti moti rivolu rivoluzio zionar narii del del 1848 e poi fu esule esule,, vivendo di stenti grazie a qualche lezione privata privata presso presso famiglie famiglie liberale liberaleggian ggianti. ti. Dopo l'Unit à d'Italia fu chiamato alla Cattedra di Letteratura Letteratura Latina dell'Universit dell'Universit à di Parma, incarico che lasci ò dopo due anni per motivi di salute. Morì ad Acri l'8 gennaio 1893. Quello che segue è un gustoso aneddoto tratto dalla sua opera “Persone di Calabria”.
Ero un garzone su' tredici anni, col capo pieno zepp zeppo o di gramm grammat atic ica, a, tant tanto o che che la pare pareaa mi scoppiasse dagli occhi, e col vezzo di sollecitare ogni ogni giorn giorno o con con un raso rasoio io inta intacc ccat ato o i tene teneri ri bordoni delle gote, perché perch é si cangiassero in una bella barba, sogno di tutte le mie notti, quando CAPRICCI E BIZZARRIE uscii uscii dal dal semina seminario rio per passare passare in seno seno della della LE VOCALI famiglia i due mesi delle vacanze. E l í mentre OSSIA vivevo festeggiato dai miei e gonfio di vento per sapere con chiara e sicura voce, tanto che LA PRIMA LEZIONE DI MIO sembravo un campanello, recitare d'un fiato tutte PADRE le regole del Portoreale, aspettavo un'occasione di far mostra del mio vasto sapere. Ed ecco, un di Vincenzo Padula. dopo desinare il padre mio mi menò men ò nella sua stan stanza za,, e lí , chius chiuso o l'usci l'uscio, o, e fatto fattomi mi sedere sedere innanzi a sé s é, dopo stato alquanto in silenzio a lisciarsi il mento, mi ficcò ficc ò gli occhi addosso, e mi domandò domandò: E quest'anno come siamo andati a profitto? Che studii abbiamo fatto? Che appreso di buono e di bello? - Molte cose, babbo, e le so. - Me ne compiaccio assai, ragazzo mio, ed in ques questo to caso caso mi sapres sapresti ti dire dire quant quantee siano siano le vocali? A questa domanda cascai dalle nuvole, le orecchie mi si fecero scarlatte come due bellichine, e punto sul vivo pel poco conto che il babbo facea della mia vasta dottrina, volsi Nato ad Acri il 25 marzo del 1819, da padre medic medico o e da madre madre appart appartene enente nte a vecc vecchia hia altrove gli sguardi dispettosi e torti, deliberato di famiglia giacobina, Vincenzo Padula fu una non aprir bocca. Ma egli ripetendomi una e due volte il medesimo, io gli levai gli occhi in viso, e straor straordina dinaria ria testimonia testimonianza nza del letterato letterato del con un po' di stizza aprendo l'uno dopo l'altro le suo tempo, che faceva dell'azione il naturale dita, - Voi, - gli risposi, - con dimande di questa coronamento della parola. Ordinato sacerdote fatta mi fate un vero bimbo pieno di mocci, che nel 1843, lasci ò ò ben presto il seminario per si muove con l'aiuto delle bertelle. Dovrei dedicarsi alle due principali passioni della sua dunque dunque tacermi tacermi,, e nondim nondimeno eno,, per obbedi obbedire, re, vita:la letteratura e la politica.Partecip ò ai dico che le Vocali son cinque, A, E, I, O, U.
- Bene! sei un Salomone; ma come si fa che nell'alfabeto di ogni lingua l'A sia prima, e l'E sia dopo? Di questo fatto generale dev'averci una ragione; puoi indicarmela tu? E qui aguzza bene i tuoi ferri, perché perch é bada che voglio una risposta, che torni per appunto. Confesso che questa seconda interrogazione mi andò andò nell'umore, parendomi che richiedesse gran levatura di mente e lunga considerazione. Ma che? ero forte in grammatica, e, non pensan pensandoc docii su piú piú che che tanto, tanto, risposi risposi subitamente: - La ragione di ciò ci ò, padre mio, è che à ed è sono voci dei verbi avere ed essere, verbi ausiliarii ed importanti, senza il cui aiuto si ha un bel volere coniugare tutti gli altri. - Risposta ingegnosetta, figliuol mio, e che con l'arrota d'un po' di commento potrebbe stare a marte martell llo, o, - sogg soggiu iuns nsee mio mio padr padree -; ma dell dellee questioni, anche delle piú pi ú da nulla a prima vista, è d'uopo andare al fondo; ed io che l à intendo condurti per darti a divedere come il pi ú triviale ed ozioso quesito di grammatica possa con convertir ertirsi si in un tratta trattate tell llo o di polit politic ica, a, e di morale, ti prego di stare in orecchi, e far tesoro delle mie parole. E qui mio padre si calc ò sul capo la parrucca, tirò tirò su una presa di tabacco, raschi ò, tossí tossí , e continuò continuò del seguente tenore: - Hai posto mai mente, figliuol mio, al nostro vicino Pietro? Egli è piú piú là che tristo, piú piú là che scimunito; bontà bont à, modestia, cortesia non sa come siano fatte; ti morde baciandoti, ti fa un mal tratto ridendo, ti caccia l'ugne nelle carni stringendoti la mano. E nondimeno se per averne contezza ne dimandi alle alle diecim diecimila ila anime anime del del nost nostro ro paese, paese, tutte, tutte, mentre l'odiano a morte, ti diranno ch'ei sia la crema crema dei dei galan galantuo tuomin mini, i, una perla perla proprio proprio di quelle. Or perché perch é mentiscono a prova? Perché Perch é a nessuno basta l'animo a dir la cosa come la sta? Pietro è di razza cane, e non altrimenti che cane, il quale in mezzo alla via posando a terra il sedere, e stando ritto sulle gambe d'avanti, origlia origlia,, fiuta, fiuta, ed abbai abbaiaa ai passa passanti nti,, egli egli nei nei pubblici ritrovi e negli amichevoli crocchi dice a tutti sboccatamente e con lingua serpentina il fatto loro; e questi, a sentirlo, è briccone, colui ladro, l'uno melenso, l'altro dissoluto; e se gli capiti capiti innanz innanzi, i, non ci è con lui amicizia che tenga, non servigi prestati che valgano, ti vitupera al cospetto di tutti, e ti rende l'uccello
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della brigata. Tu l'odi, e ti fuma il naso; tu l'odi, né puoi tenerti; e già già vorresti rispondergli per le rime, coglierlo nei suoi mille guidaleschi, rende rendergl rglii coltel coltelli li per guaine guaine;; ma, tuo marci marcio o grado, ei ti conviene tacere, ei ti conviene stare in guinzaglio, pigliare in barzelletta le solenni fardate che ti dà dà sul muso, e, quel ch'è ch' è peggio, curvare in arco la schiena, e sorridere all'insultante cachinno degli astanti. Or perché perch é ti manca il fegato di stargli a tu per te, e di cucirgli la bocc bocca? a? Ciò Ciò avviene vviene,, figliuo figliuoll mio, mio, perch perchéé Pietro è persona pecuniosa, nato in una famiglia uscita, un trentaquattro anni fa, la prima volta dal fango, ai tempi della francese invasione, e poi usureggiando, e poi rubando, e poi furfantando venuta a poco a poco in denaro; ed a lui, che con questo tiene il paese in pugno, chi vuoi tu che faccia l'uomo addosso? In questo misero mondo chi à è, e chi non à non è. Pietro à quatt quattrini rini,, e dunque dunque è amorevole amorevole ammonitore degli altrui difetti. E questo ch'io ti dico, entrato che sarai piú piú innanzi negli studii, ti verrà verr à confermato confermato dalla Logica, Logica, sorella sorella consangu consanguinea inea della grammatica, dove tu troverai stampato con lettere formate tanto fatte Asserit A, negat E, verum generaliter ambo; il quale verso suona che chi à è; chi non à non è; e chi à, ed è, afferma e nega in modo assoluto, non lasciando luogo ad appellazione. Pietro dir à che Tizio è dabbene? Subito di Tizio si scriveranno vita e miracoli. Dirà Dir à per contrario che sia cattivo? Non mancherà mancher à chi gli apparecchi la forca. ò stizzosa E qui qui mio mio padr padree si rica ricalc lcò stizzosamente mente la parrucca sul capo, tirò tir ò su un secondo pizzico di tabacco, raschiò raschi ò, tossí tossí , si soffiò soffiò il naso, e riprese: - Prendiamo ora il signor Sempronio. Sempronio è un farfanicchio, una zucca vuota, un cedriuolo semenzito, un paio di calzoni agganciato ad una giubba, ed imbottito di sciocchezze. Gracchia sempre, n é sputa mai, e, se sputa, gli altri leccano; e, se parla, si ha per oro pretto ogni parola che gli esce di bocca, e si grida al miracolo, e si battono le mani a guisa di cennamella. A quei della brigata che son vicini quella parola si ripete a voce sommessa, e con aria solenne; a quei che son lontani si comunica
per via di gesti. Sempronio si picca di poesia, e si tiene d'assai nell'arte oratoria. Recita componimenti, che non sono sua farina, e quanti gli stanno attorno ne commentano le frasi; vi mettono le virgole, i due punti, il punto; e gli accenti coi varii moti delle spalle, delle mani, dei piedi; vi segnano le parentesi inarcando le ciglia, e coi nasi allungati sulle labbra sporte in fuori vi cacciano per entro mille punti ammirativi. Sempronio tiene ad un tratto della gazz gazzaa e dell dellaa scim scimia ia;; non non può può star star solo solo un istante, si gira torno torno come un arcolaio, ora si alza, ora siede, ora cammina, e le persone della brigata, che gli vanno a verso, e gli tengono bordone, si alzano e bassano come i salterelli di una spinetta. Se sparla del prossimo, fanno alla musica di lui mille variazioni; se ride, le loro loro bocch bocchee ombrate ombrate dai baffi baffi presen presentan tano o l'osce l'oscena na figura figura delle delle cocce cocce di Taranto aranto aperte aperte dall'acqu dall'acquaa calda. calda. E questo questo avviene, avviene, o figliuol figliuol mio, perché perché Sempronio ha molto bene di Dio, e coloro che lo corteggiano o son poveri in canna, o posseggono ben poco; e questi cotali sono nel civile consorzio non altro che mere consonanti, perché perché cons consuo uona nano no alla alla voce oce del del ricco ricco,, e si conformano agli atti di lui, il quale è la vocale, senza di cui sfido io a fare che la consonante abbia suono. Ora al pari che le consonanti sono altre mute, ed altre semivocali, e mute diconsi quelle che stanno dietro alla vocale, e semivocali quelle che la precedono, cosí cos í , salvo i beati ricchi che sono voca vocali, li, tutto tutto il resto resto dei dei biped bipedii ragion ragionev evoli oli si parte parte in due due clas classi si.. Comp Compon ongo gono no la prima prima i poveri in canna, gli artigiani, i contadini, i quali, perché perché, stando dietro al ricco, piglian l'aria e i modi da lui, e dissimulando i pensieri gli vanno a compiacenza, e l'inchinano, e gli fan codazzo, e soffrono in silenzio di esser messi in coglionel coglionella, la, possono possono addimand addimandarsi arsi consonan consonanti ti mute. Compongono la seconda i galantuomini di mezza falda, i quali perché perch é, parte campando con l'indus l'industria tria,, e parte parte con la profe professi ssione one,, hanno hanno qual piú piú, qual meno la balí bal í a di se medesimi, possono nomarsi consonanti semivocali. E sta bene sull'avviso che di queste persone semivocali, parecchie sono bilingui, né n é parlan mai secondo verità verit à; e nei paesi dove han molti ricchi si mettono attorno all'uno per ficcare il naso ne' suoi secreti, e ridirgli all'altro, e
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cacciano biette tra le famiglie, e le dividono in fazioni, delle quali facendo canna ora a questa, ed ora a quella di tal mestiere si vivono. E peste cosí cosí fatta possono chiamarsi semivocali liquide pel penetrare che fanno da per tutto, e per la loro instabilità instabilità. In mezzo a tante consonanti il solo ricco è vocal ocale; e; e tu per per solla sollazz zzart artii e rider rideree dell'u dell'una na e dell'a dell'altre ltre,, osserv osservale ale in una brigata brigata.. Colà Colà il ricco è il registro d'un organo che leva, e rende il suono ai tasti, secondo si spinge dentro, o si tira fuori. Quanti lo circondano sono consonanti; e bada che in quel loro musicale concerto gli adulatori son quelli che rendono il suono un'ottava piú pi ú alto. Che cosa dunque è il civile consorzio, o figliuol mio? Una parolaccia composta di vocali, consonanti mute, semivocali, e liquide. Ed ecco perché perch é in tutti gli Abicí Abicí l'A è prima, e l'E è dopo; perché perché chi A' E', e chi non A' non E'
Anno 2012: Il maestro interiore di Ida Lo Sardo
Arriva il tempo in cui la ricerca è rivolta verso l’interno, perché perché si è cercato cercato a lungo lungo fuori e in tutte le cose. Arriva il tempo in cui il viaggio cambia direzione, poiché poiché le mete verso cui si è andati, hanno condotto ad una meta superiore. Arriva il tempo in cui si ode una voce calma, accogliente, una voce che proviene dal centro. Allora è il tempo in cui troviamo seduto dentro di noi il maestro interiore. Ma qual è la strada che ci porta a questo? La strada degli eventi. Dopo una grande crisi, dopo una perdita, durante una una malattia, quando il mondo esterno ci ha insegnato, spinto e aperto le porte dell’interiorità dell’interiorità, perch perchéé quello è il luogo della “risposta”. È un momento di grande crescita, di rimescolamento delle carte. Non si cerca più pi ù il maestro nell’altro. La qualità qualità che fa di un uomo, un maestro, giace in ogni essere. La scintilla divina abita in ognuno. La visi vision onee dual dualee dell dellaa vita vita si tras trasfo forma rma,, si comp compre rend ndee che che tutt tutto o quel quello lo che che c’è c’è fuori è dentro di noi. E che siamo tutti uguali. Non esiste il maestro fuori da noi, esso abita la nostra casa, il sacro tempio dentro di noi. Cercarlo, entrando in preghiera, in meditazione, cercarlo attraverso i messaggi che egli stesso ci manda con i simboli dei sogni, i segni dell’universo, gli incontri inaspettati. Quando siamo nell’unità nell’unità, nel flusso, la nostra vita cambia frequenza, qualità qualit à; tutto quello che viviam viviamo o fuori, fuori, in realt realtàà è un ‘estensi ‘estensione one del nostro nostro essere essere,, dei nostri nostri pensie pensieri, ri, dei dei nostri nostri desideri. Tutti coloro che incontriamo sono compagni di viaggio, che ci fanno da specchio, ci assomigliano, rispondono alle nostre domande, perché perché quando si è “nella corrente” si è nella coscienza coscienza collettiv collettiva, a, che è la rete che unisce tutte le maglie. Il maestro è un’emanazione di Dio.È Dio. È la nostra scintilla divina.
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È quello che molte tradizioni chiamano : “SE' SUPERIORE” È la Coscienza che tutto sa e tutto comprende. Il maestro non giudica, non ci punisce, punisce, per lui il bene e il male sono le facce di unica medaglia: la vita. Il maestro ci ama e ci fa sentire fonte d’amore. Ci chiede di continuare a lavorare su noi stessi, per continuare l’evoluzione. Ci chiede di restare umili e semplici come “i Santi”, come i bambini. Ci chiede di incarnare il nostro destino, di non tradirci più più, di non barattare i sogni con le nostre paure, i nostri demoni interiori. Ci insegna che quando è buio, dobbiamo restare, ì, e c ’è perché perché la luce luce nasc nascee da l ì, ’è molto molto da imparare.. Questo è il viaggio di crescita e rinnovamento più più emozio emozionan nante te che che un essere essere umano umano possa possa compiere. Da questo nuovo anno, 2012, auguro ad ogni essere di aprire la finestra dalla quale scorgere: luminoso ed eterno il proprio maestro interiore! Buona vita a tutti.
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ASCENSIONI UMANE di Luigi Capuana.
presente presente.. Poeta, Poeta, spiritualis spiritualista, ta, egli vuole vuole esercitare il diritto di intervenire nella quistione e di manif manifes estare tare certe sue aspir aspirazi azioni oni e farle farle parteci partecipar paree e infon infonder derle le agli agli altri, altri, per per contrib contribuir uire, e, seco secondo ndo le sue forze forze,, a quell'ascensione che ha tratto dal bruto l'uomo barbaro, dal barbaro l'uomo cosciente e riflessivo, dall'uomo religioso e poeta il filosofo e lo scienziato, e che trarr à da questi l'uomo spirituale, spirituale anche di corpo, affrancato dagli impacci della materia e ridotto veramente simile a Dio alla cui immagine e similitudine è stato creato. Innamorato della bellezza dell'idea di evoluzione che mette in pace la sua coscienza di credente con l'altra di uomo moderno pel quale i Luigi Capuana nacque a Mineo(CT) nel 1839. simboli della fede non bastano più pi ù (e uno dei s'intitola infatti Per la bellezza di Fu grandissimo scrittore, giornalista, filosofo suoi scritti s'intitola un'idea ) egli si è imposto una specie di (legato al naturalismo francese) e critico apost apostola olato, to, in cui cui si fondo fondono no insiem insiemee le sue letterario. La sua formazione letterararia facoltà di artista, le sue convinzioni estetiche, le matur ò frequen frequentando tando i circoli circoli intellettua intellettuali li di facoltà Firenze e Roma. Fu, insieme a Verga, il sue credenze religiose, la sua cultura scientifica. E se nella trattazione di un soggetto come principale propugnatore e divulgatore del questo questo tali diverse diverse facolt facoltàà e quali qualittà potessero verismo. Mor ì a Catania nel 1915. In questo bastare, si dovrebbe dire che raramente un passo, tratto dalle sue critiche letterarie, risalta apostolato sia stato intrapreso con maggior tutta la sua inconfondibile e acutissima penna. ricchezza di mezzi. La profonda sincerità sincerità delle sue convinzioni Antonio Fogazzaro ha dato questo titolo a un religiose dovrebbe rassicurare i credenti; la sua volume dove ha raccolto parecchi suoi scritti di imparzialità imparzialità nell'esporre le dottrine degli origine origine divers diversaa ma di unico unico sogge soggetto tto:: avversari appagare coloro che ripongono tutta la discussioni, conferenze, polemiche riguardanti il loro fiducia nella parola positiva della scienza; problema dell'origine dell'uomo e l'ipotesi la sua elevazione di sentimento poetico, darwiniana dell'evoluzione. dell'evoluzione. trascinare infine coloro i quali, e sono la Cattolico, egli chiede libertà libertà di discussione maggior parte, piuttosto che discutere, amano intorno a un argomento pel quale la Chiesa non abba abband ndon onar arsi si alla alla deliz delizia ia dei dei voli oli ha finora finora detto detto la sua assoluta assoluta parola parola.. Uomo Uomo dell'immag dell'immaginazi inazione one e facilmen facilmente te penetrare penetrare in colto, che tende l'orecchio alle discussioni degli regioni che la fede non illumina della sua luce e scienziati e scorge com'esse siano talora frantese che che la scienz scienzaa sdegna sdegna di esplor esplorar aree perch perchèè le dalle dalle person personee mezze mezze ignora ignoranti nti e per ciò ciò più più stima proprio fuori del suo dominio. presuntuose, egli vorrebbe persuadere quei Invece, io credo che questo volume sia mezzi ignoranti o coloro che sentono vacillare la destinato a non contentare nessuno. Non sarebbe fede di fronte alle affermazioni spesso un gran difetto, perchè perch è è molto difficile, come premature della scienza, che tra la recente dicono i nostri vicini, contentare tout le monde ipotesi dell'evoluzione e le credenze della et son père. Credo Credo cos ì cos ì perchè perchè mi pare pare che che religi religione one non vi è dissidio dissidio o contradiz contradizione, ione, manchi in tutta la trattazione variamente ripresa almeno finchè finchè il problema rimarrà rimarrà nello stato un elemento importantissimo: l'elemento
filosofico. Un libro del Le Conte, professore di geologia nell'Universit nell'Universitàà di Calif Californi orniaa L' L'ev evolu oluzio zione ne e le sue sue relazi elazioni oni col pensi pensier ero o religioso - una tesi del Grassmann, professore del seminario di Freising, lo hanno spinto ad approf approfon ondir diree il conc concett etto o di S. Agos Agostin tino o e di parec parecch chii Padri Padri della della Chiesa Chiesa intorno intorno al gran gran problema delle origini; ed egli è stato consolato dal vedere quanta larghezza di vedute, quanta libertà libertà d'interpretazione essi adoprassero nel distrigare dall'involucro del simbolo un'opinione ragion ragionev evole ole,, quasi quasi scien scientific tifica. a. Allora Allora egli egli ha voluto conoscere fino a qual punto le affermazioni della scienza, di quella che non è soltanto particolare convinzione di alcuni scienziati, siano conformi alla natura di essa, o se oltrepassino la sua competenza cedendo alle lusinghe di ridurre a tesi ciò ci ò che avrebbe dovuto rassegnarsi a rimanere semplicemente una ipotesi. E quando si è sentito rassicurato della libertà libertà d'interpretazione reclamata anche oggi da alti ingegni cattolici, che non hanno hanno giudicato giudicato mettersi in cont contra radd ddiz izio ione ne coi coi dommi della loro Chiesa pensando pensando liberamente liberamente sopra sopra un argom argomen ento to ancora ancora lascia lasciato to aperto aperto alle alle osseq ossequio uiose se discus discussio sioni; ni; e quand quando o si è convin convinto to che che gli scienziati più più positivi non pretendono di dichia dichiarar rare, e, come come certi certi loro loro colleg colleghi, hi, perfettamente dimostrata un'ipotesi che pure serve a risolvere molte questioni di grandissima importanza per l'umanità l'umanità, desiderosa di credere e rifletter rifletteree insiem insiememe emente nte senza senza supina supina sottomissione e senza orgogliosa ribellione, egli ha stim stimat ato o che che occo occorre rress ssee solta soltant nto o l'intervenzione del poeta perchè perch è il simbolo della fede, transustanziato in affermazione scientifica, e aiutato dal calore e dallo slancio della fantasia, si impossessasse di tutti i cuori e di tutte le menti, e spingesse tutti a quell'ascensione dell'umanità dell'umanità che le credenze religiose e la storia testifi testifican cano o e che che la irrequ irrequiet ietezz ezzaa delle delle nostr nostree aspirazioni ci comprovano doversi ancora
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produrre nell'avvenire. nell'avvenire. ì, legg Cos ì, leggen endo do il suo suo volum olume, e, mi meravigliavo di trovarvi una lacuna che la fede, la scienza positiva e la esaltazione poetica non possono all'atto colmare. E rammentavo un libro di un pensatore italiano, probabilmente dal Foga Fogazz zzaro aro ignora ignorato to (e che che io gli consi consigli glio o di leggere) di uno scienziato che era religioso nel senso più più elevato di questa parola, sommamente positivo perchè perchè non ignorava e non disprezzava i metodi e le ricerche e le conquiste della scienza contemporanea, e che infine era poeta - non nel piccolo senso oggi accordato a questa denominazione, ma in quello vero e primitivo di creatore, cioè cioè di restauratore del processo ideale della Natura e di profeta dell'avvenire. È morto da pochi anni, e i suoi scritti parte sono sono rimas rimasti ti quas quasii ignorati, parte inediti e forse dispersi. Ma il Dopo la laurea, Lo Stato, , I tipi I tipi vegetali animali, il frammento Deus creavit creavit avranno un'eco nell'avvenire, e Cami Camill llo o De Meis Meis prenderà prenderà, quando verrà verr à il moment momento, o, una più più larga influenza sul pensiero italian italiano o e su quell quello o mondiale. Pensavo appunto a quel Dopo la laurea dove l'ascensio l'ascensione ne umana umana proclama proclamata ta ben è diversamente e più pi ù elevatamente che non venga fatta dal Fogazzaro, con tutti i sussidi della fede che discute liberamente, della scienza che non trascende oltre il suo limite, e della riflessione filosofica che integra organizzando e compie ciò ci ò che la fede e la scienza e anche la poesia, sono, tutte unite insieme, incapaci di compire. E mi piace di qui trascrivere una pagina del meraviglioso libro, nella quale il Fogazzaro riconoscerà riconoscerà - e se n'in n'inte tend ndee - un anti antici cipa pato to altissimo senso di quella poesia a cui egli tende e che vuole essere religione, scienza e riflessione filosofica in uno. Eccola: «Crescere, decadere e perire è il destino di
tutti gli uomini, di tutti gli animali, di tutte le pian piante te - e dici diciam amol olo o pure pure,, di tutt tuttii i sist sistem emii planetarii. Questo cosmos ha i suoi giorni contati come gli abbiamo noi che ne siamo gli endozoi; solamente che egli ha la vita più pi ù dura, ed è più più lungo il suo tempo e più pi ù lunga la sua durata naturale: per cui, come la balena e l'elefante vivono più più di un uomo e un pino e una quercia quercia vivono vivono più più d'un elefante elefante,, cos ì lui, lui, il cosmos cosmos - e per cosmo cosmoss inten intendi di ques questo to nost nostro ro sistema solare, viva più pi ù della quercia e del pino ecco tutta la differenza. Ma quan quando do il suo suo giorn giorno o fia giun giunto to,, esso esso perirà perirà come uno di noi uomini, come una pianta, come un animale: e non il nostro soltanto, ma tutto tutto ques questo to gruppo gruppo di siste sistemi mi solari solari,, gli uni format formati, i, forse forse,, e già già perfe perfetti tti,, gli altri altri ancor ancoraa incompiuti e in via di formazione, che compongono questo nostro sistema sidereo, se tant'è tant'è che formano un sistema; e tutta questa natura che ci circonda, e quest'universo di cui l'uomo è il compimen compimento to e l'ultima l'ultima perfezion perfezionee perirà perirà come come un sol sol uomo uomo;; e forse orse dal dal seno seno dell'infinito un altro universo è già già sorto e gli germoglia allato un'altra natura, forse anche pi ù perfetta di questa, che la dovr à surrogare». Intorno alla quistione che più pi ù particolarmente interessa il Fogazzaro, il De Meis sin dal 1868 aveva scritto: ì, certamente, l'uomo è il portato «S ì, spontaneo dalla natura. Egli è la sponta spontanea nea generazione della terra; dalla quale certo non è nato immediatamente in forma di uomo. Dalla terra, dal cosmo, che abitiamo, in somma dal nostro sistema o uomo solare, non è nato che il primo essere vivente, di cui l'uomo è l'ultimo sviluppo, la finale e definitiva trasformazione... Ma non è l'accidente, non sono gli agenti esterni casua casualme lmente nte combin combinati ati in un dato dato modo, modo, che che hanno dato origine a quel primo essere, e l'hanno successivamente trasformato e cangiato alla fine in un uomo; e voi, osservatori ridicoli, e impos impostori tori in buona buona fede, fede, perde perdete te il vostro ostro tempo a cercar di riprodurre quelle
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combinazioni fisiche e chimiche, perchè perch è quella è una chimica chimica e una fisica divina divina.. «Fra «Fra queg quegli li agenti e quegli elementi ci è Dio in persona. È Dio che prepara di lunga mano la combinazione: è lui che concentra la natura in un punto e crea la vita: è lui che feconda la terra e ne fa uscire le forme viventi originarie, similitudini imperfette e rozze della idea divina, e germe della perfetta forma umana».
Il Fogazzaro si meraviglierà meraviglier à di scoprire che un profe professo ssore re di Storia Storia della della Medici Medicina na nella nella Università Università di Bologna, abbia proclamato prima di lui, con più pi ù calore di lui e con più pi ù competenza di lui - non se n'offenda - e in nome della della filosofi filosofiaa e della della scienz scienzaa l'oper l'operaa di Dio nella creazione. Solamente può pu ò darsi che il Dio del De Meis sia un po' diverso dal Dio del Fogazzaro; ma il Fogazzaro non vorr à certamente sostenere che l'idea ch'egli ha di Dio sia perfett perfettame amente nte identi identica ca a quell quellaa che che ne ha l'umile feminuccia quando lo invoca nelle preghiere.
Vecchi Vecchi e nuovi poeti per la musica in parole.
La più bella poesia di Leopardi.
Canto notturno di un pastore errante dell'Asia Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi. Ancor non sei tu paga di riandare i sempiterni calli? Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga di mirar queste valli? Somiglia alla tua vita la vita del pastore. Sorge in sul primo albore move la greggia oltre pel campo, e vede greggi, fontane ed erbe; poi stanco si riposa in su la sera: altro mai non ispera. Dimmi, o luna: a che vale al pastor la sua vita, la vostra vita a voi? dimmi: ove tende questo vagar mio breve, il tuo corso immortale? Vecchierel bianco, infermo, mezzo vestito e scalzo, con gravissimo fascio in su le spalle,
per montagna e per valle, per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, al vento, alla tempesta, e quando avvampa l'ora, e quando poi gela, corre via, corre, anela, varca torrenti e stagni, cade, risorge, e piú pi ú e piú pi ú s'affretta, senza posa o ristoro, lacero, sanguinoso; infin ch'arriva colà colà dove la via e dove il tanto affaticar fu vò v òlto: abisso orrido, immenso, ov'ei precipitando, il tutto obblia. Vergine luna, tale è la vita mortale. Nasce l'uomo a fatica, ed è rischio di morte il nascimento. Prova pena e tormento per prima cosa; e in sul principio stesso la madre e il genitore il prende a consolar dell'esser nato. Poi che crescendo viene, l'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre con atti e con parole studiasi fargli core, e consolarlo dell'umano stato: altro ufficio piú piú grato non si fa da parenti alla lor prole. Ma perché perché dare al sole, perché perché reggere in vita chi poi di quella consolar convenga? Se la vita è sventura, perché perché da noi si dura? Intatta luna, tale è lo stato mortale. Ma tu mortal non sei, e forse del mio dir poco ti cale. Pur tu, solinga, eterna peregrina, che sí sí pensosa pensosa sei, tu forse intendi, questo viver terreno, il patir nostro, il sospirar, che sia; che sia questo morir, questo supremo scolorar del sembiante, e perir dalla terra, e venir meno
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ad ogni usata, amante compagnia. E tu certo comprendi il perché perché delle cose, e vedi il frutto del mattin, della sera, del tacito, infinito andar del tempo. Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore rida la primavera, a chi giovi l'ardore, e che procacci il verno co' suoi ghiacci. Mille cose sai tu, mille discopri, che son celate al semplice pastore. spesso quand'io ti miro star cosí cosí muta muta in sul deserto piano, che, in suo giro lontano, al ciel confina; ovver con la mia greggia seguirmi viaggiando a mano a mano; e quando miro in cielo arder le stelle; dico fra me pensando: a che tante facelle? che fa l'aria infinita, e quel profondo infinito seren? che vuol dir questa solitudine immensa? ed io che sono? Cosí Cosí meco meco ragiono: e della stanza smisurata e superba, e dell'innumerabile famiglia; poi di tanto adoprar, di tanti moti d'ogni celeste, ogni terrena cosa, girando senza posa, per tornar sempre là l à donde son mosse; uso alcuno, alcun frutto indovinar non so. Ma tu per certo, giovinetta immortal, conosci il tutto. Questo io conosco e sento, che degli eterni giri, che dell'esser mio frale, qualche bene o contento avrà avrà fors'altri; a me la vita è male. O greggia mia che posi, oh te beata, che la miseria tua, credo, non sai! Quanta invidia ti porto! Non sol perché perché d'affanno quasi libera vai; ch'ogni stento, ogni danno, ogni estremo timor subito scordi; ma piú piú perché perché giammai tedio non provi. Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe, tu se' queta e contenta; e gran parte dell'anno senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra, e un fastidio m'ingombra la mente, ed uno spron quasi mi punge í che, sedendo, piú sí che, pi ú che mai son lunge da trovar pace o loco. E pur nulla non bramo, e non ho fino a qui cagion di pianto. Quel che tu goda o quanto, non so già già dir; ma fortunata sei. Ed io godo ancor poco, o greggia mia, né n é di ciò ciò sol mi lagno. se tu parlar sapessi, io chiederei: - Dimmi: perché perché giacendo a bell'agio, ozioso, s'appaga ogni animale; me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale? Forse s'avess'io l'ale da volar su le nubi, e noverar le stelle ad una ad una, o come il tuono errar di giogo in giogo, piú piú felice sarei, dolce mia greggia, piú piú felice sarei, candida luna. O forse erra dal vero, mirando all'altrui sorte, il mio pensiero: forse in qual forma, in quale stato che sia, dentro covile o cuna, è funesto a chi nasce il dí d í natale. natale.
Poesie selezionate selezio nate da Paola Martino. LA FEDE (Trilussa) Quella vecchietta cieca, che incontrai la notte che me spersi in mezzo ar bosco, me disse: - Se la strada nun la sai, te ciaccompagno io, ch chéé la conosco. Se ciai la forza de venimme appresso, de tanto in tanto te darò dar ò 'na voce, fino là là in fonno, dove c'è c' è un cipresso, fino là là in cima, dove c'è c' è la Croce... Io risposi: - Sarà Sar à ... ma trovo strano che me possa guidà guid à chi nun ce vede... La cieca allora me pijò pij ò la mano e sospirò sospirò: - Cammina! - Era fa Fede.
L'EDUCAZIONE (Trilussa) Figlio, non far mai torto al tuo babbo, Bada a te stesso, non ti far prevaricare. Se qualcuno viene a darti un pugno, Tu l ì l ì per l ì l ì dagliene due. Se poi qualche altro maiale Ti facesse un po' di predica, Digli: "Di queste ragioni io me ne infischio: Ognuno pensi ai fattacci propr î propr î ". ". Quando scommetti un boccale a morra[1], o a bocce, Bevi, figlio; e a questa gente stolta Non farne restare nemmeno una goccia. Anche l'essere cristiano è buona cosa: Per questo devi portare sempre in tasca Il coltello affilato e il rosario.
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CECCO ANGIOLIERI - Becchin’amor! – Che vuo’, falso tradito? * – Becchin’amor! – Che vuo’, falso tradito? – Che mi perdoni. – Tu non ne se’ degno. – Merzé Merzé, per Deo! – Tu vien’ molto gecchito. – E verrò verrò sempre. – Che sarammi pegno?1 – La buona f é. – Tu ne se’ mal fornito. – No inver’ di te. – Non calmar, ch’i’ ne vegno. – In che fallai? – Tu sa’ ch’i’ l’abbo udito. – Dimmel’, amor. – Va’, che ti vegn’un segno!2 – Vuo’ pur ch’i’ muoia? – Anzi mi par mill’anni. – Tu non di’ ben. – Tu m’insegnerai. – Ed i’ morrò morrò. – Omè Omè che tu m’inganni!3 – Die tel perdoni. – E che, non te ne vai? – Or potess’io! – Tè Tègnoti per li panni? – Tu tieni ’l cuore. – E terrò terr ò co’ tuoi’ guai4.
IL CAFFETTIERE FILOSOFO ( Giuseppe Gioacchino Belli) Gli uomini di questo mondo sono come I grani di caff è nel macinino: Prima uno, uno dopo, un'altro dietro, Tutti vanno però per ò verso il medesimo destino. Spesso cambiano luogo, e spesso Il grano grande scaccia il grano piccolo, E si incalzano tutti sull'ingresso Del ferro che li sfrange in polvere. E gli uomini cos ì cos ì vivono al mondo Mescolati per mano della sorte, Che li fa girare tutti in tondo. E muovendosi ognuno lento o veloce, Senza mai rendersi conto calano sul fondo Per cadere nella gola della morte.
Lo Zibaldone del povero Vic pag.71
ETERNO AMORE Vivo dei suoi richiami è la musa del mio sperimentare una lama e una carezza fuoco e acqua fresca mi disidrata e mi disseta passato,presente e futuro sono un tutt'uno il lui. Non mi abbandona mai, eppure e complice dei miei abbandoni. Amo l'amore e il suo materializzarsi in volti e cose diverse, l'amore per l'amore è il mio unico eterno amore! Esperia Piluso
INCANTO Un altro giorno e ancora l'ignoto si colora Non più più mesta è l'aria il Re da me ritorna a brillar le perle che il cuor suo m'adorna. Rapiti gli occhi m'ha d'incanto nei splendidi suoi regni già già m'avanzo. Elisabetta Polatti
VOLATOR Non lontan è la giogaia o mio Volator ove lei danza intrecciando i nastri fra nembi sparsi Or già già s'acconcia a imprigionar dei ghiacci il riverbero del sol. Elisabetta Polatti
Quello che non sai Il sole parte da una distanza, grande lontananza. Immerso nello spazio ed affogato nel vuoto, arriva sulla terra con un solo scopo. La sua luce arriva senza tergiversare e ricopre gli occhi di un calore universale. Come lui dalla terra anche noi separati da una distanza abissale, che ogni giorno sento ed è difficile da sopportare. Anche lo scopo ci resta comune: l'essenziale è raggiungerci con un amore immune. Mentre provo ad osservarlo, lo scorgo triste e spento.... ed alla luna, non sai, che il nostro amore è ancora più più forte; perchè perchè lei possiamo osservarla in una brama silenziosa che nessun rumore infrange quando allevia le speranze. Continuare ad amarti non è l'impresa della mia vita... è il piacere più più intenso, ogni qual volta cerco un senso, a questa fatica che del tuo viso mi priva. Le montagne e i sogni hanno entrambi una salita, ed il bello è percorrerli bramandone la cima. Viverti ogni giorno è per me quella salita
e la voglio respirare senza bisogno di buchi o scorciatoie da cercare. Il grande amore che ti voglio è ineguagliabile all'esplosione del passato, perchè perchè, non capirai mai, che di ogni sogno in realtà realt à tu sei sostanza.. il desiderio forte di ogni giorno, che di quella luce costante, riempie la mia stanza.
Lo Zibaldone del povero Vic pag.72
mali, demone apportatore di vittoria, giorno e notte, sempre, nelle ore piccole ascolta me che prego, dà la Pace molto felice e sazietà saziet à e Salute nelle stagioni felici Glaucopide, inventrice delle arti, regina molto pregata." Tratto DAGLI INNI Orfici.
Vanessa Algieri
Segnalate da Ida Lo Sardo.
Inno ad Atena "Pallade unigenita, augusta prole del grande Zeus, Divina, Dea beata, che susciti la guerra, dall'animo forte, indicibile, di gran nome, che abiti negli antri, che governi le alture elevate dei gioghi montani e i monti ombrosi, e rallegri il tuo cuore nelle valli, godi delle armi, con le follie sconvolgi le anime dei mortali, fanciulla che estenui, dall'animo che incute terrore, che hai ucciso la Gorgone, che fuggi i talami, madre felicissima delle arti, eccitatrice, follia per malvagi, per buoni saggezza; sei maschio e femmina, generatrice di guerra, astuzia, dalle forme svariate, dracena, invasata, splendidamente onorata, distruttrice dei Giganti Flegrei, guidatrice di cavalli, Trito genia, che sciogli dai
Perché Perché io sono la prima e l'ultima Io sono la venerata e la disprezzata Io sono la prostituta e la santa Io sono la sposa e la vergine Io sono la mamma e la figlia Io sono le braccia di mia madre Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli Io sono la donna sposata e la nubile Io sono colei che da' la luce e colei che non ha mai procreato Io sono la consolazione dei dolori del parto Io sono la sposa e lo sposo E fu il mio uomo che mi creò cre ò. Io sono la madre di mio padre Io sono la sorella di mio marito Ed egli e' il mio figliolo respinto Rispettatemi sempre Poiché Poiché io sono la scandalosa e la magnifica. (Inno ad Iside, III o IV sec. D.C.)
Lo Zibaldone del povero Vic pag.73
Cometa. Nella notte stellata tra Venere Venere e Marte Apparve dal cosmo il dardo di fuoco Innocuo astro, pensarono gli ignari Scintilla divina, intesero i vivi Del canto cosmico e nel divino splendore Tre saggi mossero al suo ricercare Impervio fu il viaggio e perigliosa la via Al cospetto giunsero del figlio dell’Arte Partorito in mestizia e contemplazione Tra alito caldo di pulsioni animali Doni portarono al bimbo reale Nel bramar la morte di Mirra si unse Di virtù divine incensò il petto Dell’origine sua Oro fece corona Come Fenice risorge se stessa L’antica sapienza rinnova il suo corso L’ermetica arte diviene regale. Francis Xavier
Del bosco che tanta terra cinge Del ruscello col dolce suo fluire Il celeste ardir era sua speme Dell’universo intero e tutte le sue sfere. Francis Xavier
Scacco ai Re. Pedone tra pendine 108 caselle furon campo di battaglia Tempio effimero del tempo suo Mosse nel fil tra bianco e nero Con penna di fenice firmò firm ò il patto Al gioco del ritorno e della nova vita Mor ì e nacque Cavaliere bianco Con tutta la sua arte difese il Re Nella Torre ebbe dimora e pace Ma fu mangiato dal bruno Cavaliere Rinacque nero e Alfiere Amando e dileggiando la Regina Fu catturato dal bianco Re E rinchiuso nella Torre fino alla fine Rinacque Re di rosso tinto Ridestato da Regina bianca e nera I Re ora son disposti sulla scacchiera Cavalli, alfieri e pedoni pronti per la pugna In mezzo il rosso La mossa è compiuta Scacco ai Re! Francis Xavier
La rosa rossa. Entro al bosco al di la del fiume Tutto scorre solenne e lento In un paesaggio caldo e bruno Su una rupe illuminata dall’aurora Un d ì d ì nacque la rosa Splendido bocciolo dallo stello acuminato Sembrava sfidar il cielo e pur la terra Tanta era la forza sua Di radicarsi gagliarda in nuda roccia Di ergersi fiera contro il vento Nel punto culminante del gran giorno Sbocciò Sbocci ò in mille petali di vita Portando il rosso fuoco in mezzo al bosco Che tanto aveva ambito il seme suo Di smetter di vagare come lupo Morire e germogliare a nuova vita Incominciando a diventare perno
Segnalata da Esperia Piluso VENDETTA POSTUMA
Quando sarai nel freddo monumento immobile e stecchita, se ti resta nel cranio un sentimento di questa vita, vita, ripenserai l'alcova e il letticciuolo dei nostri lunghi amori, amori, quand'io portava al tuo dolce lenzuolo carezze e fiori. fiori. Ripenserai la fiammella turchina che ci brillava accanto; e quella fiala che alla tua bocchina piaceva tanto!
Ripenserai la tua foga omicida, e gli immensi abbandoni; ripenserai le forsennate grida, e le canzoni; canzoni; Ripenserai le lagrime delire, i giuramenti a Dio, Dio, o bugiarda, di vivere e morire pel genio mio! E allora sentirai l'onda dei vermi salir nel tenebrore, e colla gioia di affamati infermi morderti il cuore. cuore.
STRANIERI NELLA TERRA DI NESSUNO, DIRETTI VERSO AGOGNATE FRONTIERE, INTRAVEDIAMO LA NOSTRA ITACA DI DUBBI E SPERANZE, APPESI AL FILO DI UNA ESECRABILE QUOTIDIANITA’. A NOI SI ATTAGLIA IL RUOLO DELLA COMPARSA, INSEGUENDO CHIMERE SU ONIRICHE REALTA’ E TRASCINANDO FARDELLI DI ALACRI MENZOGNE. E INTANTO PROSEGUE IL NOSTRO CAMMINO ALLA RICERCA DELLA VERITA’. RIMARRANNO INCONSUNTE LE NOSTRE ORE ALLA
Emilio Praga.
Piero Capalbo
FINE DEL VIAGGIO?
Lo “Zibaldone del povero Vic” è un progetto concepito ed elaborato da Marcello Vicchio. La collaborazione è aperta a tutti i buoni di mente e di spirito. Perr coll Pe collab abor orar aree invi inviat atee i vostri scritti, le vostre recens recension ionii ovvero ovvero i brani brani che credete meritevoli a
[email protected] specificando nell'oggetto “PER LO ZIBALDONE”. Grazi raziee a tutt tuttii colo coloro ro i quali uali hann anno coll collab abor orat atoo a quest uestoo numero.