Capitolo 6
Trasformata di Fourier
In questo capitolo affrontiamo in maniera sistematica lo studio della trasformata di Fourier dei segnali TC e TD, sviluppando ed approfondendo i primi concetti già introdotti nel cap. 4 con riferimento alla risposta in frequenza di un sistema LTI. Mostreremo nel corso di questo capitolo che la trasformata di Fourier è uno strumento di grande utilità non solo per lo studio dei sistemi LTI, ma più in generale per la caratterizzazione di segnali e sistemi nel dominio della frequenza. Lo studio partirà dalle definizioni fondamentali di trasformata ed antitrasformata di Fourier nel caso TC e TD, e dalla discussione delle loro proprietà elementari. In seguito mostreremo che la relazione i-u dei sistemi LTI ammette una forma particolarmente semplice e generale se espressa in termini delle trasformate di Fourier del segnale di ingresso e di uscita. Successivamente approfondiremo alcune condizioni matematiche relative all’esistenza ed all’invertibilità della trasformata di Fourier, ed analizzeremo più estesamente le sue proprietà, con particolare attenzione verso le applicazioni, ed evidenziando il più possibile i legami e le interpretazioni nell’ambito dei segnali e dei sistemi. Un concetto centrale sarà quello di banda (di un segnale o di un sistema), che sarà introdotto nell’ambito più generale della caratterizzazione sintetica di segnali e sistemi nel dominio della frequenza. Infine, mostreremo che la trasformata di Fourier può essere applicata anche ai segnali periodici; poiché per questi ultimi abbiamo a disposizione anche la serie di Fourier, ricaveremo interessanti ed utili relazioni tra queste due rappresentazioni nel dominio della frequenza. Tra le possibili applicazioni, approfondiremo nel corso del capitolo quelle del filtraggio, della distorsione e dell’equalizzazione, e della modulazione.
6.1 Trasformata di Fourier La trasformata di Fourier è uno strumento fondamentale nello studio dei segnali e dei sistemi, in quanto consente di introdurre un dominio alternativo a quello del tempo, il dominio della frequenza, nel quale affrontare i più comuni problemi di analisi o sintesi. Il concetto di trasformata di Fourier è stato già introdotto nel cap. 4, con riferimento al problema del calcolo dell’uscita di un sistema LTI sollecitato da un fasore al suo ingresso. In tal caso, si è osservato (cfr. § 4.7) che il comportamento
256
Trasformata di Fourier
del sistema è perfettamente descritto dalla sua risposta in frequenza1 H(·), e che quest’ultima si può interpretare come la trasformata di Fourier della risposta impulsiva h(·). Successivamente, nel cap. 5 abbiamo mostrato che la risposta in frequenza H(·) può essere utilizzata anche per calcolare l’uscita di un sistema LTI sollecitato da un arbitrario segnale periodico, applicando la (5.46) o la (5.50). Tale risultato si fonda sulla rappresentazione di un segnale periodico come sovrapposizione di fasori (serie di Fourier o DFS). È naturale allora cercare di estendere i benefici di tale rappresentazione anche al caso di segnali non periodici o aperiodici, utilizzandola poi per analizzare le modifiche introdotte dai sistemi LTI su tali segnali. A differenza del caso di segnali periodici, per i quali è sufficiente considerare solo il sottoinsieme discreto dei fasori aventi frequenze multiple della frequenza fondamentale, per un segnale aperiodico dovremo considerare tutti i possibili fasori, ovvero dovremo far variare con continuità la frequenza dei fasori. Tale rappresentazione in effetti prende il nome di trasformata di Fourier, ed è uno degli strumenti matematici fondamentali nell’elaborazione dei segnali. Per capire intuitivamente come sia possibile rappresentare un segnale aperiodico come sovrapposizione continua di fasori, partiamo dalla rappresentazione in serie di Fourier. Per comodità, faremo riferimento solo ai segnali TC; analoghe considerazione si possono fare anche nel caso TD. Consideriamo allora un segnale aperiodico x(t) e supponiamo che, su ogni intervallo temporale finito, tale segnale soddisfi le condizioni che ne garantiscono la sviluppabilità in serie di Fourier. Più precisamente, detto (−Z/2, Z/2) un arbitrario intervallo finito di R, supponiamo che x(t) soddisfi le condizioni di Dirichlet (cfr. teor. 5.2) su tale intervallo, per ogni Z > 0. In tal caso, limitatamente all’intervallo considerato, possiamo rappresentare il segnale x(t) in serie di Fourier: +∞
x(t) =
∑
Xk e j2π k∆ f t ,
∀t ∈ (−Z/2, Z/2) ,
(6.1)
k=−∞
dove ∆ f = 1/Z è la frequenza fondamentale, ed i coefficienti di Fourier sono dati da: Xk =
1 Z
Z/2 −Z/2
x(τ ) e− j2π k∆ f τ dτ .
(6.2)
La (6.1) consente di esprimere il segnale x(t) nell’intervallo (−Z/2, Z/2) come sovrapposizione di un’infinità numerabile di fasori. Ciò comporta che x(t), con t ∈ (−Z/2, Z/2), è completamente descritto nel dominio della frequenza dalla successione dei coefficienti di Fourier (6.2): in altre parole, il suo spettro è di natura discreta. Sostituendo la (6.2) nella (6.1), ed estraendo dalla sommatoria il termine per k = 0, si ottiene: Z/2 +∞ 1 1 Z/2 x(τ ) dτ + ∑ x(τ ) e− j2π k∆ f (τ −t) dτ , ∀t ∈ (−Z/2, Z/2) , (6.3) x(t) = Z −Z/2 Z −Z/2 k = −∞ k = 0
La (6.3) consente di rappresentare il segnale x(t) solo nell’intervallo finito (−Z/2, Z/2); il nostro obiettivo è quello di trovare una valida rappresentazione del segnale x(t) lungo tutto l’asse reale. Per fare ciò, dobbiamo far tendere formalmente Z all’infinito o, equivalentemente, far tendere ∆ f a zero. Prima di effettuare questa operazione, aggiungiamo un’ulteriore ipotesi su x(t), supponendo che sia sommabile su tutto l’asse reale, ossia: +∞ −∞
|x(t)|dt < +∞ .
e nel seguito, useremo la notazione del tipo H(·) per denotare indifferentemente la risposta in frequenza H( f ) per un sistema TC e la risposta in frequenza H(ν ) per un sistema a TD. 1 Qui
6.1 Trasformata di Fourier
257
In questa ipotesi, al limite per Z → +∞, il primo addendo nella (6.3) tende a zero. Quindi, passando al limite per ∆ f → 0 nella (6.3), si ha: ! +∞ 2∆1 f − j2π fk (τ −t) ∆ f , ∀t ∈ R , (6.4) x( τ ) e d τ x(t) = lim ∑ ∆ f →0 k = −∞ − 2∆1 f k = 0
dove si è posto fk = k ∆ f . Al limite per ∆ f → 0, i valori di frequenza fk coprono l’intero asse reale e la loro separazione ∆ f diventa infinitesima: in altri termini, fk tende a variare con continuità in tutto R, determinando così un infittimento dello spettro del segnale. Conseguentemente, per ∆ f → 0, l’integrale tra parentesi quadre nella (6.4) dipende con continuità dalla variabile f , e si può scrivere come: +∞ 1 2∆ f − j2π fk (τ −t) − j2π f τ x(τ ) e dτ = x(τ ) e dτ e j2π f t , lim ∆ f →0 − 1 −∞ 2∆ f X( f )
dove X( f ) =
+∞ −∞
x(τ ) e− j2π f τ dτ .
(6.5)
Inoltre, al limite per ∆ f → 0, la sommatoria su k nella (6.4) diventa una somma integrale (estesa a tutto R) dell’integrale della funzione X( f ) e j2π f t rispetto alla variabile f (formalmente la differenza finita ∆ f diventa un differenziale d f ), cioè: x(t) =
+∞ −∞
X( f ) e j2π f t d f ,
(6.6)
la quale evidenzia che il segnale aperiodico x(t) può essere rappresentato sovrapponendo nel continuo (cioè, integrando) i fasori e j2π f t aventi frequenza variabile su tutto l’asse reale e ampiezza infinitesima X( f ) d f . Osserviamo che tale risultato si basa sulle ipotesi che il segnale x(t) sia sommabile su R e che verifichi le condizioni di Dirichlet per la serie di Fourier su ogni intervallo finito di R;2 vedremo (cfr. § 6.3.1) che tali ipotesi sono sufficienti ma non necessarie per la validità delle equazioni (6.5) e (6.6). La (6.6) prende il nome di equazione di sintesi della trasformata di Fourier; mentre la (6.5), che consente di calcolare il “peso” specifico da attribuire ad ogni singolo fasore, prende il nome di equazione di analisi della trasformata di Fourier. È interessante confrontare nuovamente la (6.6) con l’equazione di sintesi (5.10) della serie di Fourier, valida solo per segnali periodici TC: x(t) =
+∞
∑
Xk e j2π k f0t .
k=−∞
In entrambi i casi, il segnale x(t) nel dominio del tempo è rappresentato come sovrapposizione di fasori: mentre però la serie di Fourier è una rappresentazione discreta, nella quale le frequenze dei fasori sono tutte multiple di una stessa frequenza (la cosiddetta frequenza fondamentale f0 del segnale periodico), l’equazione di sintesi (6.6) della trasformata di Fourier è una rappresentazione continua, in cui la frequenza f dei fasori può assumere tutti i possibili valori in R. stretto rigore, la sommabilità su R del segnale x(t) assicura automaticamente che la condizione (d1) del teor. 5.2 sia soddisfatta; pertanto, le ipotesi che assicurano la validità delle relazioni (6.5) e (6.6) sono che, oltre alla sommabilità su R di x(t), il segnale verifichi le condizioni (d2) e (d3) del teor. 5.2 su ogni intervallo finito del tipo (−Z/2, Z/2). 2A
258
Trasformata di Fourier
Nel seguito, definiremo in modo più sistematico la trasformata di Fourier di un segnale a TC e a TD, e presenteremo le proprietà più semplici dal punto di vista matematico (linearità, simmetria hermitiana, dualità, e valore nell’origine). Per chiarezza, presenteremo le definizioni prima nel caso TC, e successivamente in quello TD, mentre le proprietà elementari saranno trattate in maniera unificata. 6.1.1 Trasformata di Fourier per segnali TC
Nel paragrafo precedente abbiamo presentato una giustificazione intuitiva delle equazioni che definiscono la trasformata di Fourier di un segnale aperiodico x(t), partendo dalla rappresentazione in serie di Fourier del segnale su un intervallo finito e facendo tendere all’infinito la lunghezza di tale intervallo. Tali equazioni, possono evidentemente essere assegnate anche senza nessun riferimento alla serie di Fourier, e costituiscono la fondamentale definizione di trasformata di Fourier di un segnale TC: Definizione 6.1 (trasformata di Fourier per segnali TC) La trasformata di Fourier di un segnale TC x(t) è definita dalle equazioni: X( f ) = x(t) =
+∞ −∞ +∞ −∞
x(t) e− j2π f t dt
(equazione di analisi)
(6.7)
X( f ) e j2π f t d f
(equazione di sintesi)
(6.8)
Matematicamente, l’equazione (6.7) (equazione di analisi) consente di calcolare X( f ) a partire da x(t), e definisce la trasformata di Fourier,3 mentre l’equazione (6.8) (equazione di sintesi) effettua il passaggio inverso, e definisce l’antitrasformata di Fourier. Così come per la serie di Fourier, anche per la trasformata di Fourier vale la proprietà di unicità: siano x1 (t) e x2 (t) due segnali trasformabili secondo Fourier con trasformate X1 ( f ) ed X2 ( f ), rispettivamente; se X1 ( f ) ≡ X2 ( f ), allora i due segnali x1 (t) e x2 (t) sono uguali quasi ovunque su R, ossia x1 (t) = x2 (t), ∀t ∈ R eccetto che in un insieme di misura nulla. Le condizioni matematiche per l’esistenza e l’invertibilità della trasformata di Fourier e per la validità delle equazioni di analisi/sintesi non sono immediate, e saranno discusse nel § 6.3. Limitiamoci ad osservare che, se tali condizioni sono soddisfatte, le (6.7) e (6.8) instaurano una corrispondenza biunivoca tra il segnale x(t) (funzione del tempo) ed il segnale X( f ) (funzione della frequenza): simbolicamente, si scrive allora FT
x(t) ←→ X( f ) .
(6.9)
In altri termini, la trasformata di Fourier consente di passare dalla rappresentazione nel dominio del tempo – il segnale x(t) – alla rappresentazione nel dominio della frequenza – il segnale “trasformato” X( f ). Notiamo che le relazioni di trasformata ed antitrasformata di Fourier possono indicarsi simbolicamente anche come segue: X( f ) = F[x(t)],
x(t) = F−1 [X( f )] .
(6.10)
La trasformata di Fourier X( f ) di un segnale (reale o complesso) è in genere una funzione complessa4 della variabile reale f ∈ R: come già osservato, essa rappresenta, al variare di f , l’ampiezza complessa 3 Notiamo tra l’altro che la definizione (4.96) di risposta in frequenza H( f ) di un sistema LTI a TC ha la stessa forma della (6.7), per cui come già osservato la risposta in frequenza di un sistema LTI è la trasformata di Fourier della sua risposta impulsiva h(t) (questo concetto è ulteriormente approfondito nel § 6.2). 4 In alcuni casi particolari, tuttavia, la X( f ) può anche essere reale, in particolare quando il segnale x(t) possiede particolari proprietà di simmetria (cfr. § 6.5.2).
6.1 Trasformata di Fourier
259
1 |X(f)|
1 0.8
0.5
X(f)
0.6
0 −6
0.4 0.2
−4
−2
0 fT
2
4
6
−4
−2
0 fT
2
4
6
∠ X(f)
2
0 −0.2
0 −2
−6
−4
−2
0 fT
2
4
6
Fig. 6.1. Trasformata di Fourier X( f ) della finestra rettangolare x(t) = Arect(t/T ) per AT = 1 (es. 6.1).
−6
Fig. 6.2. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) della trasformata di Fourier X( f ) della finestra rettangolare x(t) = Arect(t/T ) per AT = 1 (es. 6.1).
dei fasori che compongono il segnale x(t). Equivalentemente, |X( f )| e X( f ) rappresentano, al variare di f , l’ampiezza (ovvero il modulo) e la fase dei fasori che compongono il segnale x(t). Lo spettro di ampiezza di un segnale x(t) è la rappresentazione di |X( f )| in funzione della frequenza f , mentre lo spettro di fase è la rappresentazione di X( f ) in funzione della frequenza f . Notiamo che, poiché la fase di un numero complesso è definita a meno di multipli di 2π , lo spettro di fase di un segnale non è univocamente determinato. Esempio 6.1 (trasformata di Fourier della finestra rettangolare TC) Calcoliamo la trasformata di Fourier della finestra rettangolare di ampiezza A ∈ R e durata ∆x = T ∈ R+ : t . x(t) = A rect T Sostituendo l’espressione di x(t) nell’equazione di analisi (6.7), e ricordando la definizione della funzione rect si ha: − j2π f t t=T /2 +∞ T /2 t e − j2π f t − j2π f t X( f ) = A rect dt = A e dt = A e T − j2π f t=−T /2 −∞ −T /2 =
sin(π f T ) AT e jπ f T − e− jπ f T = AT . π fT 2j π fT
Confrontando la precedente espressione con la definizione della funzione sinc (cfr. es. 5.2) si ha in definitiva:5 t FT x(t) = A rect ←→ X( f ) = A T sinc( f T ) . T Contrariamente a quanto accade in generale, in questo caso la trasformata di Fourier X( f ) è una funzione reale, e quindi può essere rappresentata con un unico diagramma cartesiano (fig. 6.1). Se tuttavia si desidera determinare gli spettri di ampiezza e fase, basta osservare che, poiché la funzione sinc assume valori sia positivi sia negativi, lo spettro di ampiezza coincide con il valore assoluto di X( f ): |X( f )| = |A| T |sinc( f T )| , 5 Abbiamo già incontrato e definito la funzione sinc quando abbiamo calcolato nell’esempio 5.2 la serie di Fourier per l’onda rettangolare a TC, che si ottiene proprio per replicazione della finestra rettangolare a TC. Questa apparente coincidenza si spiegherà quando considereremo la trasformata di Fourier di segnali TC periodici e metteremo in relazione la serie di Fourier con la trasformata di Fourier (cfr. § 6.6).
260
Trasformata di Fourier
il cui andamento è raffigurato in fig. 6.2 (grafico in alto). Lo spettro di fase, invece, si calcola notando che la fase di un numero reale (a meno di multipli di 2π ) è pari a 0 quando il numero è positivo, mentre vale π quando il numero è negativo. Si ha allora: 0 + 2kπ , se sinc( f T ) > 0 ; X( f ) = π + 2kπ , se sinc( f T ) < 0 . Scegliendo opportunamente i valori di k, lo spettro di fase assume l’andamento costante a tratti di fig. 6.2 (grafico in basso). Notiamo che per ottenere tale grafico, in corrispondenza degli intervalli di f < 0 nei quali sinc( f T ) < 0, si è scelta come determinazione della fase −π anziché π , in modo da avere uno spettro di fase dispari: il motivo di tale scelta è sarà più chiaro quando si discuteranno in dettaglio le proprietà di simmetria (simmetria hermitiana) dello spettro di ampiezza e di fase. A scopo mnemonico, è utile particolarizzare i precedenti risultati al caso di una finestra rettangolare elementare, avente cioè A = 1 e T = 1. Si ottiene in tal caso FT
x(t) = rect(t) ←→ X( f ) = sinc( f ) . Questa relazione assume una forma particolarmente semplice ed, insieme ad altre trasformate di Fourier notevoli (di uso frequente), è riportata in app. F.
Con riferimento all’esempio precedente, un ulteriore ed importante aspetto riguarda l’interpretazione da dare ai diagrammi dello spettro di ampiezza e di fase del segnale. Se esprimiamo X( f ) in modulo e fase nell’equazione di sintesi (6.8), ovvero poniamo X( f ) = |X( f )|e jH( f ) , si ha x(t) =
+∞ −∞
|X( f )| e j[2π f t+X( f )] d f .
Pertanto, le quantità |X( f )| e X( f ) si interpretano, rispettivamente, come l’ampiezza e la fase del generico fasore e j2π f t che compone il segnale. In particolare, la quantità |X( f )|, essendo non negativa, rappresenta il peso che ha ciascun fasore nella sintesi (6.8) del segnale: i fasori aventi frequenze per le quali |X( f )| assume valori significativi contribuiscono maggiormente alla sintesi del segnale, in confronto ai fasori aventi frequenze per le quali |X( f )| è piccolo o addirittura nullo. Se allora si applica quest’interpretazione alla fig. 6.2 (grafico in alto), si osserva che i fasori che pesano maggiormente6 nella sintesi del segnale x(t) = A rect(t/T ) sono quelli per cui | f T | ≤ 1, ovvero | f | ≤ T1 . Questa interpretazione è strettamente legata al concetto di banda di un segnale, che approfondiremo nel § 6.4.
6.1.2 Trasformata di Fourier per segnali TD
Estendiamo adesso la definizione di trasformata di Fourier al caso di segnali TD. Anche nel caso TD è possibile far discendere il concetto di trasformata di Fourier da quello di serie di Fourier (DFS), con un ragionamento al limite. Seguendo tale strada, si giunge alla fondamentale definizione di trasformata di Fourier 7 di un segnale TD: 6 Notiamo
che in linea teorica sono necessari tutti i fasori per sintetizzare esattamente il segnale x(t) (esclusi solo quelli alle frequenze per cui |X( f )| = 0, ovvero f = Tk , con k ∈ Z − {0}). 7 Anche nel caso TD possiamo osservare che la definizione (4.104) di risposta in frequenza H(ν ) di un sistema LTI a TD ha la stessa forma della (6.11), per cui anche nel caso TD la risposta in frequenza di un sistema LTI è la trasformata di Fourier della sua risposta impulsiva h(n) (questo concetto è ulteriormente approfondito nel § 6.2).
6.1 Trasformata di Fourier
261
Definizione 6.2 (trasformata di Fourier per segnali TD) La trasformata di Fourier di un segnale TD x(n) è definita dalle equazioni: X(ν ) = x(n) =
+∞
∑
x(n) e− j2πν n
(equazione di analisi)
(6.11)
X(ν ) e j2πν n dν
(equazione di sintesi)
(6.12)
n=−∞ 1/2 −1/2
Osserviamo che notazioni simili alle (6.9) e (6.10) si utilizzano anche nel caso TD, con le ovvie modifiche. Sempre a livello di notazione, notiamo la differente scelta della variabile che denota la frequenza, vale a dire f nel caso TC e ν nel caso TD. Bisogna puntualizzare peraltro che, a differenza delle variabili temporali t ∈ R (caso TC) ed n ∈ Z (caso TD), le variabili frequenziali f e ν variano entrambi con continuità in R, come evidenziato dal fatto che le equazioni di sintesi sia nel caso TC che in quello TD sono definite attraverso degli integrali. Un confronto più attento tra le equazioni di sintesi nel caso TC e TD mostra che nella (6.12) compaiono solo fasori aventi frequenze nell’intervallo ν ∈ (−1/2, 1/2), mentre nella (6.8) compaiono fasori a tutte le frequenze f ∈ R. Questa differenza è diretta conseguenza della proprietà di periodicità in frequenza del fasori nel caso TD (cfr. prop. 2.4 del § 2.3.3). In altri termini, poiché due fasori TD le cui frequenze differiscono di 1 sono coincidenti, per rappresentare un segnale TD è sufficiente considerare solo quei fasori le cui frequenze cadono nell’intervallo (−1/2, 1/2) o, più un generale, in un qualunque intervallo di ampiezza unitaria.8 Come ulteriore conseguenza della periodicità in frequenza dei fasori a TD, è facile dimostrare che vale la seguente proprietà, la cui prova è identica a quella della prop. 4.11: Proprietà 6.1 (periodicità della trasformata di Fourier a TD) La trasformata di Fourier X(ν ) di un segnale TD x(n), definita dalla (6.11), è periodica di periodo unitario, ossia X(ν ) = X(ν + 1) ,
∀ν ∈ R .
In virtù di tale proprietà, per specificare completamente la trasformata di Fourier X(ν ) è sufficiente assegnare i suoi valori in un arbitrario intervallo di ampiezza unitaria, ad esempio ν ∈ (0, 1) oppure ν ∈ (−1/2, 1/2). Ad esempio, nell’equazione di sintesi (6.12) si utilizza l’intervallo ν ∈ (−1/2, 1/2), ma è chiaro che qualunque intervallo di integrazione di ampiezza unitaria, ad esempio l’intervallo ν ∈ (0, 1), sarebbe ugualmente valido.9 Bisogna notare infine che la prop. 6.1 non significa che il periodo fondamentale di X(ν ) sia necessariamente 1, in quanto ci sono casi in cui tale periodo fondamentale può essere un sottomultiplo di 1.10 Anche per la trasformata di Fourier a TD è possibile considerare i concetti di spettro di ampiezza |X(ν )| e spettro di fase X(ν ); per la periodicità della funzione X(ν ), tali spettri saranno periodici di periodo 1, e quindi potranno essere calcolati e rappresentati graficamente in qualunque intervallo di frequenze di ampiezza unitaria, come ν ∈ (0, 1) oppure ν ∈ (−1/2, 1/2). 8 La
stessa proprietà è alla base della differenza esistente tra le equazioni di sintesi della serie di Fourier a TC e a TD (IDFS). 9 La periodicità della trasformata di Fourier è una proprietà peculiare del caso TD. Infatti, fatta eccezione per alcuni casi particolari (ad esempio, la trasformata di Fourier di un segnale campionato, cfr. cap. 7) la trasformata di Fourier di un segnale TC non è periodica. 10 Un caso significativo in cui ciò accade è quando x(n) è il risultato di un’espansione (cfr. prop. 6.21 e relativa discussione).
Trasformata di Fourier
|X(ν)|
262
4 2 0 −1
−0.5
0 ν
0.5
1
−0.5
0 ν
0.5
1
∠ X(ν)
2 0 −2 −1
Fig. 6.3. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) della trasformata di Fourier X(ν ) della finestra rettangolare x(n) = R5 (n) (es. 6.2). Esempio 6.2 (trasformata di Fourier della finestra rettangolare TD) Calcoliamo la trasformata di Fourier del segnale x(n) = RN (n). Sostituendo x(n) nell’equazione di analisi, e ricordando la definizione di RN (n), si ha: X(ν ) =
+∞
∑
RN (n) e− j2πν n =
n=−∞
N−1
∑ e− j2πν n .
n=0
Per esprimere X(ν ) in forma chiusa, è sufficiente sfruttare la formula seguente, valida per ogni a ∈ C e per N2 ≥ N1 : N2
∑
an =
n=N1
aN1 − aN2 +1 . 1−a
Infatti, applicando l’identità precedente per a = e− j2πν , N1 = 0 ed N2 = N − 1 si ha: X(ν ) =
N−1
∑ e− j2πν n =
n=0
1 − e− j2πν N , 1 − e− j2πν
che può essere riscritta, con facili passaggi algebrici, in termini della funzione di Dirichlet,11 già introdotta nel § 5.3: X(ν ) =
sin(πν N) − j(N−1)πν e = DN (ν ) . sin(πν )
In definitiva, abbiamo individuato la seguente trasformata notevole di Fourier per segnali TD: FT
x(n) = RN (n) ←→ X(ν ) = DN (ν ) . A differenza del caso TC, nel caso TD la trasformata della finestra rettangolare è una funzione complessa, per cui possiamo rappresentarla graficamente solo se ricaviamo modulo e fase di DN (ν ). Per il modulo, si ha sin(πν N) |X(ν )| = sin(πν ) 11 Similmente al caso della funzione sinc, abbiamo già incontrato la funzione di Dirichlet quando abbiamo introdotto la serie di Fourier per l’onda rettangolare TD, che si ottiene replicando proprio la finestra rettangolare TD. Questa apparente coincidenza si spiegherà quando considereremo la trasformata di Fourier di segnali TD periodici e metteremo in relazione la DFS con la trasformata di Fourier a TD (cfr. § 6.6).
6.1 Trasformata di Fourier
263
mentre la fase è data da
X(ν ) =
0 + 2kπ − (N − 1)πν ,
se
sin(πν N) > 0; sin(πν )
sin(πν N) − (N − 1)πν = sin(πν ) sin(πν N) π + 2kπ − (N − 1)πν , se < 0. sin(πν )
Tali spettri di ampiezza e fase sono raffigurati in fig. 6.3, con riferimento ad una finestra rettangolare di lunghezza N = 5.
6.1.3 Proprietà elementari della trasformata di Fourier
Come ogni operatore matematico, la trasformata di Fourier possiede alcune proprietà di grande interesse sia dal punto di vista teorico che applicativo. In questa sezione introdurremo alcune proprietà matematiche elementari (linearità, simmetria hermitiana, dualità nel caso TC, valore nell’origine); altre proprietà (associate alle operazioni elementari sui segnali) sono presentate nel § 6.5, ed ulteriori proprietà (associate ai sistemi) sono presentate in varie sezioni di questo capitolo. L’obiettivo di tale esposizione, solo apparentemente frammentaria, è quella di enfatizzare le applicazioni ai segnali e ai sistemi, piuttosto che fornire un semplice elenco di proprietà matematiche. Per una esposizione più sistematica di tutte le proprietà della trasformata di Fourier, il lettore è comunque rinviato all’app. F. Proprietà di linearità
La trasformata di Fourier, essendo definita attraverso un integrale o una sommatoria, eredita da tali operatori la caratteristica proprietà di linearità. Come già specificato per i sistemi (cfr. cap.3), un operatore si dice lineare se possiede sia la proprietà di omogeneità sia quella di additività. Per quanto FT riguarda l’omogeneità della trasformata di Fourier, essa si enuncia come segue: se x(·) ←→ X(·) e α ∈ C, si ha: FT
y(·) = α x(·) ←→ Y (·) = α X(·) , ovvero se si moltiplica un segnale nel dominio del tempo per una costante, la sua trasformata di FT Fourier viene moltiplicata per la stessa costante. Per l’additività, invece, se x1 (·) ←→ X1 (·) e FT x2 (·) ←→ X2 (·), si ha: FT
y(·) = x1 (·) + x2 (·) ←→ Y (·) = X1 (·) + X2 (·) , ovvero alla somma dei segnali nel dominio del tempo corrisponde la somma delle corrispondenti trasformate di Fourier nel dominio della frequenza.12 La proprietà di linearità si può formulare equivalentemente come segue (si noti l’analogia con il principio di sovrapposizione per i sistemi lineari): Proprietà 6.2 (linearità della trasformata di Fourier) FT
FT
Siano x1 (·) ←→ X1 (·) e x2 (·) ←→ X2 (·), e siano α1 , α2 ∈ C, si ha: FT
y(·) = α1 x1 (·) + α2 x2 (·) ←→ Y (·) = α1 X1 (·) + α2 X2 (·) . 12 Vale
(6.13)
la pena notare che non vale invece una semplice relazione additiva per quanto riguarda gli spettri di ampiezza e/o di fase dei due segnali. In effetti, non esiste in generale una relazione semplice tra lo spettro di ampiezza e di fase della somma di due segnali ed i corrispondenti spettri dei singoli segnali.
264
Trasformata di Fourier
Si noti che scegliendo opportunamente i segnali x1 (·) e x2 (·) e le costanti α1 e α2 , è possibile ottenere le proprietà di omogeneità e additività come casi particolari della (6.13). La proprietà di linearità si può estendere anche al caso di più di due segnali, e con qualche cautela matematica, anche al caso di infiniti segnali. Tale proprietà è frequentemente utilizzata nelle applicazioni per calcolare la trasformata di Fourier di un segnale espresso come combinazione lineare di segnali, le cui trasformate di Fourier sono note o più semplicemente calcolabili. Proprietà di simmetria hermitiana
Una proprietà elementare e di grande importanza della trasformata di Fourier è la simmetria hermitiana, che abbiamo già introdotto per la risposta in frequenza di un sistema LTI (cfr. § 4.7) e che vale anche, in forma matematicamente diversa ma concettualmente simile, per la serie di Fourier e la DFS. FT In generale, si verifica facilmente che, dato x(·) ←→ X(·), se il segnale x(·) è reale, si ha X ∗ ( f ) = X(− f ) ∗
X (ν ) = X(−ν )
(segnali TC) , (segnali TD) .
Per esprimere tale proprietà indifferentemente nel caso TC e TD si può utilizzare la notazione generale: X ∗ (·) = X(−(·)) Nel § 4.7 abbiamo facilmente provato che se h(·) è reale, allora H(·) gode della simmetria hermitiana (condizione necessaria). Ora, avendo anche a disposizione la relazione di antitrasformata di Fourier, possiamo provare che la simmetria hermitiana di X(·) è, più in generale, una condizione necessaria e sufficiente affinché x(·) sia reale, vale cioè la seguente proprietà: Proprietà 6.3 (simmetria hermitiana della trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·), valgono i seguenti risultati: (a) Se x(·) è reale, allora X(·) possiede la seguente proprietà di simmetria hermitiana: X ∗ (·) = X(−(·)) .
(6.14)
(b) Se X(·) possiede la proprietà di simmetria hermitiana (6.14), allora x(·) è reale. Prova. La prova di (a) è stata già sviluppata nel § 4.7, con riferimento alla risposta in frequenza H( f ) di un sistema LTI a TC [cfr. in particolare la (4.101)]; la dimostrazione nel caso TD è analoga. Dimostriamo esplicitamente (b) nel caso TC, partendo dall’equazione di sintesi (6.8): x(t) =
+∞ −∞
X( f ) e j2π f t d f
e calcolando x∗ (t): ∗
x (t) =
+∞ −∞
X ∗ ( f ) e− j2π f t d f .
Se vale la simmetria hermitiana, X ∗ ( f ) = X(− f ), per cui sostituendo tale espressione ed effettuando un cambio di variabile f = − f nella precedente si ha: x∗ (t) =
+∞ −∞
X(− f ) e− j2π f t d f =
+∞ −∞
X( f ) e j2π f t d f = x(t) ,
6.1 Trasformata di Fourier
265
da cui, essendo x∗ (t) = x(t), si ricava che x(t) è un segnale reale. Nel caso TD, la dimostrazione procede in maniera analoga, partendo dalla (6.12).
Vedremo nel § 6.5.2 che la simmetria hermitiana si può inquadrare nel contesto più ampio delle proprietà di simmetria della trasformata di Fourier. Osserviamo infine che, se la trasformata di Fourier è reale, la simmetria hermitiana si riduce ad una semplice simmetria pari, in quanto la coniugazione non opera in questo caso. Esempio 6.3 (simmetria hermitiana della trasformata delle finestre rettangolari a TC e a TD) Nel caso TC, la trasformata di Fourier (es. 6.1) della finestra rettangolare è X( f ) = A T sinc( f T ), cioè è puramente reale. In questo caso, la simmetria hermitiana si riduce alla simmetria pari, ed è sicuramente verificata in quanto la funzione sinc è pari (vedi anche fig. 6.1). Per la finestra rettangolare TD, la trasformata di Fourier ricavata nell’es. 6.2 è complessa. Verifichiamo allora analiticamente che vale la proprieà di simmetria hermitiana: X ∗ (ν ) =
sin(πν N) j(N−1)πν − sin[π (−ν )N] − j(N−1)π (−ν ) e e = = X(−ν ) sin(πν ) − sin[π (−ν )]
e quindi la (6.14) è verificata.
Abbiamo già osservato nel § 4.7, con riferimento alla risposta in frequenza, che la simmetria hermitiana di X(·) equivale a dire che lo spettro di ampiezza |X(·)| è una funzione pari, mentre lo spettro da fase X(·) è una funzione dispari (a meno di multipli di 2π ). Pertanto, quando si trattano segnali x(·) reali, è lecito calcolare e rappresentare gli spettri di ampiezza e di fase in corrispondenza delle sole frequenze positive. Esempio 6.4 (simmetria degli spettri di ampiezza e fase delle finestre rettangolari a TC e a TD) La simmetria pari e dispari degli spettri di ampiezza e di fase delle finestre rettangolari è evidente dai grafici di fig. 6.2 e fig. 6.3. Una precisazione va fatta per gli spettri di fase: poiché la fase di un numero complesso è definita a meno di multipli di 2π , è chiaro che l’andamento dispari della fase si ha solo se si scelgono opportunamente i multipli di 2π da aggiungere algebricamente a ciascun valore di fase calcolato. Proprietà di dualità nel caso TC
Confrontando le equazioni di analisi (6.7) e di sintesi (6.8) della trasformata di Fourier a TC, si può notare che esse sono molto simili tra loro, e differiscono soltanto per la variabile di integrazione (t oppure f ) e per il segno dell’esponenziale complesso. Sulla base di questa osservazione, è facile provare che, detta X( f ) la trasformata di Fourier di x(t), se si considera X(t) come funzione del tempo (cioè si effettua la sostituzione formale t → f ), la trasformata di Fourier del segnale X(t) risulta essere x(− f ), cioè si ottiene effettuando la sostituzione formale (− f ) → t in x(t). Tale risultato è noto come la proprietà di dualità della trasformata di Fourier a TC13 ed è espresso sinteticamente come segue: Proprietà 6.4 (dualità della trasformata di Fourier a TC) FT
FT
Sia x(t) ←→ X( f ), si ha X(t) ←→ x(− f ). Prova. Posto X( f ) = F[x(t)], la trasformata di X(t) si scrive formalmente come: F[X(t)] = 13 Nonostante
+∞ −∞
X(t) e− j2π f t dt .
la somiglianza delle equazioni di analisi e di sintesi nel caso TC e TD, la proprietà di dualità non vale nel caso TD, in quanto nell’equazione di analisi (6.11) compare una sommatoria, mentre nell’equazione di sintesi (6.12) compare un integrale.
266
Trasformata di Fourier
Riscriviamo l’equazione di sintesi (6.8) utilizzando λ come variabile di integrazione: x(t) =
+∞ −∞
X(λ ) e j2πλ t dλ ,
da cui ponendo formalmente f al posto di t si ha: x( f ) =
+∞ −∞
X(λ ) e j2πλ f dλ .
Infine, utilizzando t al posto di λ come variabile di integrazione ed effettuando una riflessione in f , si ha: x(− f ) =
+∞ −∞
X(t) e j2π t(− f ) dt =
+∞ −∞
X(t) e− j2π f t dt = F[X(t)] ,
e quindi l’asserto.
La proprietà di dualità consente di ottenere la seguente ulteriore proprietà della trasformata di Fourier: ogni segnale x(t) trasformabile secondo Fourier è invariante rispetto a quattro trasformazioni di Fourier consecutive. Infatti, se x(t) ha trasformata X( f ), in virtù della proprietà di dualità, il segnale X(t) ha trasformata x(− f ); applicando nuovamente la proprietà di dualità, si ottiene che la trasformata del segnale x(−t) è data da X(− f ); trasformando per la quarta volta e applicando per l’ultima volta la proprietà di dualità, si ottiene che la trasformata di X(−t) è proprio il segnale x( f ) di partenza (espresso in funzione della frequenza anzichè del tempo). In altre parole, se x(t) è trasformabile secondo Fourier allora x( f ) appartiene all’insieme delle trasformate di Fourier. La principale applicazione della proprietà di dualità consiste nel ricavare, nota una coppia segnale– trasformata, una nuova coppia segnale–trasformata, semplicemente scambiando i ruoli del dominio del tempo e della frequenza ed operando una riflessione nel dominio della frequenza. Esempio 6.5 (trasformata del segnale sinc a TC) Dalla coppia segnale-trasformata: FT
x(t) = rect(t) ←→ X( f ) = sinc( f ) ricavata nell’es. 6.1, applicando la proprietà di dualità si ricava FT
X(t) = sinc(t) ←→ x(− f ) = rect(− f ) , da cui, tenendo conto che rect(·) è un segnale pari, per cui rect(− f ) = rect( f ), e chiamando nuovamente x(t) ed X( f ) i segnali nel dominio del tempo e della frequenza, rispettivamente, si ha la seguente trasformata notevole: FT
x(t) = sinc(t) ←→ X( f ) = rect( f ) . Si noti che, scrivendo esplicitamente l’equazione di sintesi (6.8) in questo caso, si ha sinc(t) =
+∞ −∞
rect( f ) e j2π f t d f =
1/2 −1/2
e j2π f t d f ,
secondo la quale il segnale x(t) = sinc(t) è rappresentato nel dominio della frequenza da una sovrapposizione di fasori con frequenze | f | ≤ 12 ed ampiezza unitaria. Vedremo più avanti (cfr. § 6.4) che la sinc è un primo esempio di segnale avente banda rigorosamente limitata. Proprietà del valore nell’origine
La proprietà del valore nell’origine esprime il fatto che il valore del segnale nell’origine in un dominio corrisponde all’area del segnale nell’altro dominio. Tale proprietà si ottiene semplicemente calcolando le equazioni di sintesi e di analisi nell’origine, vale a dire per t, n, f , ν uguale a zero, e si può esprimere formalmente come segue:
6.2 Relazione i-u nel dominio della frequenza per i sistemi LTI
267
Proprietà 6.5 (valore nell’origine della trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·), si ha: X(0) =
+∞ −∞ +∞
X(0) =
∑
x(t) dt ,
x(0) =
x(n) ,
x(0) =
+∞ −∞ 1/2
X( f ) d f
(caso TC)
X(ν ) dν
(caso TD)
−1/2
n=−∞
(6.15)
L’unica cautela dal punto di vista matematico è l’interpretazione degli integrali indefiniti e della serie bilatera presenti nella (6.15). Senza approfondire troppo gli aspetti matematici, si può semplicemente affermare che le uguaglianze definite nella (6.15) valgono se e solo se esistono finiti sia il primo che il secondo membro. L’utilità della proprietà del valore nell’origine è che essa consente ad esempio di calcolare l’area di un segnale di cui sia nota la trasformata di Fourier senza risolvere esplicitamente l’integrale o calcolare la somma di una serie. Esempio 6.6 (area del segnale sinc a TC) Si consideri ad esempio la trasformata notevole FT
x(t) = sinc(t) ←→ X( f ) = rect( f ) . Applicando la proprietà del valore nell’origine per t = 0, si ha: sinc(0) =
+∞ −∞
rect( f ) d f
=⇒
+∞ −∞
rect( f ) d f = 1 .
Questo risultato non è particolarmente interessante, in quanto il fatto che il segnale rect( f ) abbia area unitaria si può giustificare più semplicemente calcolando direttamente l’integrale oppure applicando considerazioni geometriche elementari al grafico del segnale. Viceversa, se si applica la proprietà del valore nell’origine per f = 0, si ha rect(0) =
+∞ −∞
sinc(t) dt
=⇒
+∞ −∞
sinc(t) dt = 1 .
Dal punto di vista matematico, questo risultato è più interessante del precedente, in quanto consente di calcolare sin(π t) πt ,
l’integrale tra −∞ e +∞ del segnale x(t) = sinc(t) =
che non è dotato di primitive elementari.
6.2 Relazione i-u nel dominio della frequenza per i sistemi LTI In questo paragrafo, avendo introdotto le definizioni e le proprietà elementari della trasformata di Fourier, siamo ora in grado di dimostrare un risultato fondamentale, secondo il quale la risposta in frequenza di un sistema LTI consente di calcolare l’uscita del sistema non solo quando il segnale di ingresso è periodico (con fasore e sinusoide come casi particolari), ma quando il segnale di ingresso è arbitrario (purché dotato di trasformata di Fourier). Per iniziare, osserviamo che, alla luce delle definizioni di trasformata di Fourier date nel precedente paragrafo, la risposta in frequenza H(·) di un sistema LTI (TC o TD) va interpretata come la trasformata di Fourier della risposta impulsiva h(·). Conseguentemente, la risposta impulsiva h(·) si può ricavare effettuando l’antitrasformata di Fourier di H(·), ovvero applicando la (6.8) (nel caso TC)
268
Trasformata di Fourier
o la (6.12) (nel caso TD): h(t) = h(n) =
+∞ −∞ 1/2
H( f ) e j2π f t d f
(sistema TC) ,
H(ν ) e j2πν n dν
(sistema TD) .
−1/2
In generale, allora, la risposta impulsiva h(·) e la risposta armonica H(·) di un sistema LTI sono legate da una relazione di trasformata di Fourier FT
h(·) ←→ H(·) . Data la sostanziale biunivocità della trasformata di Fourier (per un approfondimento matematico di questo aspetto si veda il § 6.3), la conoscenza di H(·) equivale a quella di h(·). Pertanto anche la risposta in frequenza H(·) è una risposta canonica, in quanto descrive completamente il sistema LTI nel dominio della frequenza, mentre h(·) descrive il sistema nel dominio del tempo. Le descrizioni del sistema fornite da h(·) e H(·) sono equivalenti ma complementari, e ciascuna può risultare più o meno conveniente a seconda delle applicazioni. Vediamo ora come la risposta in frequenza H(·) consenta di calcolare esplicitamente l’uscita di un sistema LTI sollecitato da un arbitrario segnale di ingresso. Tale fondamentale relazione va sotto il nome di relazione i-u nel dominio della frequenza per i sistemi LTI, e consente di generalizzare le (5.47) e (5.51) valide per segnali periodici TC e TD, le relazioni (4.97) e (4.105) valide per fasori TC e TD, e le relazioni (4.109)–(4.112) valide per sinusoidi TC e TD. Trattiamo prima il caso di segnali a TC, e consideriamo un segnale x(t) in ingresso ad un sistema LTI con risposta in frequenza H( f ) finita. In base all’equazione di sintesi (6.8), il segnale x(t) può essere espresso come: x(t) =
+∞ −∞
X( f ) e j2π f t d f .
Abbiamo già osservato che, mediante tale relazione, si rappresenta il segnale x(t) come sovrapposizione (continua) di fasori e j2π f t , aventi ampiezze complesse X( f ) d f . Poiché la risposta del sistema LTI ad un singolo fasore è data dalla (4.97): e j2π f t −→ H( f ) e j2π f t , applicando la proprietà di linearità del sistema14 si ottiene +∞ +∞ ( j2π f t ) j2π f t y(t) = S X( f ) e df = X( f ) S e df = −∞
−∞
+∞
−∞
X( f ) H( f ) e j2π f t d f . (6.16)
Confrontiamo tale espressione con l’equazione di sintesi della trasformata di Fourier per y(t): y(t) =
+∞ −∞
Y ( f ) e j2π f t d f .
(6.17)
Data la biunivocità della trasformata di Fourier Y ( f ), dal confronto tra la (6.16) e (6.17) si ricava che Y ( f ) = X( f ) H( f ) , 14 A
(6.18)
rigore va applicata la proprietà di linearità nella forma più generale (4.14), per un segnale esprimibile come sovrapposizione di una infinità continua (4.13) di segnali elementari.
6.2 Relazione i-u nel dominio della frequenza per i sistemi LTI
269
nota come relazione i-u nel dominio della frequenza per i sistemi LTI. In pratica essa consente di calcolare la trasformata di Fourier Y ( f ) del segnale di uscita mediante semplice moltiplicazione tra la trasformata di Fourier dell’ingresso X( f ) e la risposta in frequenza H( f ); se si desidera calcolare il segnale y(t) nel dominio del tempo è necessario evidentemente effettuare l’antitrasformata di Y ( f ). Si noti la forma semplice che assume la relazione i-u nel dominio della frequenza, in confronto alla corrispondente relazione i-u per sistemi LTI TC nel dominio del tempo, ovvero alla convoluzione (4.12): y(t) = x(t) ∗ h(t) =
+∞ −∞
x(τ ) h(t − τ ) dτ .
In effetti, mettendo in relazione la (4.12) e la (6.18), possiamo scrivere: FT
y(t) = x(t) ∗ h(t) ←→ Y ( f ) = X( f ) H( f ) .
(6.19)
Questa rappresenta la fondamentale proprietà di convoluzione della trasformata di Fourier a TC che discuteremo nel paragrafo seguente. Per quanto riguarda il caso TD, possiamo seguire un ragionamento analogo. Sia x(n) un segnale arbitario in ingresso ad un sistema LTI TD con risposta in frequenza finita H(ν ). Se esprimiamo x(n) utilizzando l’equazione di sintesi (6.12): x(n) =
1/2 −1/2
X(ν ) e j2πν n dν ,
ed applichiamo come nel caso TC il principio di sovrapposizione e la relazione i-u per i fasori, possiamo calcolare l’uscita del sistema con facili passaggi: y(n) =
1/2 −1/2
X(ν ) H(ν ) e j2πν n dν ,
da cui per confronto con l’equazione di sintesi per y(n): y(n) =
1/2 −1/2
Y (ν ) e j2πν n dν
ricaviamo la relazione i-u nel dominio della frequenza per un sistema LTI TD, analoga alla (6.18): Y (ν ) = H(ν ) X(ν ) .
(6.20)
In questo caso, ricordando la relazione i-u nel dominio del tempo (4.7), si ha FT
y(n) = h(n) ∗ x(n) ←→ Y (ν ) = H(ν ) X(ν ) ,
(6.21)
che si interpreta come la proprietà di convoluzione della trasformata di Fourier a TD. Le relazioni i-u di un sistema LTI nel dominio della frequenza, date dalle (6.18) e (6.20), si possono scrivere in forma unificata come Y (·) = H(·) X(·) .
(6.22)
Le grandezze in gioco nella (6.18) sono tutte (in generale) complesse: è tuttavia semplice calcolare relazioni equivalenti tra quantità reali se calcoliamo modulo e fase dei due membri della (6.22). Applicando semplici concetti di algebra dei numeri complessi (cfr. app. A) si ha: |Y (·)| = |H(·)| |X(·)| , Y (·) = H(·) + X(·) ,
270
Trasformata di Fourier
da cui si vede che la risposta in ampiezza del sistema |H(·)| modifica con legge moltiplicativa lo spettro di ampiezza |X(·)| del segnale di ingresso, mentre la risposta in fase H(·) del sistema modifica con legge additiva lo spettro di fase X(·) del segnale di ingresso. In conclusione, osserviamo che la (6.22) consente di esprimere la risposta in frequenza di un sistema LTI anche come H(·) =
Y (·) , X(·)
(6.23)
ovvero come il rapporto tra la trasformata di Fourier del segnale di uscita e quella del segnale di ingresso (almeno in corrispondenza di tutte le frequenze f o ν per le quali il denominatore X(·) della (6.23) è diverso da zero). La (6.23) è spesso utilizzata, operando formalmente sulla relazione i-u, come strumento per il calcolo analitico della risposta in frequenza di un sistema LTI. Essa, inoltre, specialmente nel caso TC, è alla base di un metodo sperimentale per il calcolo di H( f ), alternativo a quello delineato nell’es. 4.21. Notando infatti che la (6.23) vale per un’arbitraria coppia di segnali x(·) ed y(·), nel caso TC basterà allora sollecitare il sistema LTI con un segnale di ingresso x(t) che presenti valori di X( f ) = 0 su un insieme molto ampio di frequenze (segnale a banda larga, cfr. § 6.4 per il concetto di banda di un segnale) per ricavare H( f ) mediante la (6.23).15 6.2.1 Proprietà di convoluzione
Le equazioni (6.19) ed (6.21) esprimono forse la proprietà più importante della trasformata di Fourier, vale a dire la proprietà di convoluzione. Si noti che tale proprietà assume la stessa forma nel caso TC ed in quello TD, e può essere applicata a due arbitrari segnali x1 (·) ed x2 (·), senza che essi debbano necessariamente essere interpretati come l’ingresso e la risposta impulsiva di un sistema, purché sia definita la loro convoluzione: Proprietà 6.6 (proprietà di convoluzione della trasformata di Fourier) FT
FT
Siano x1 (·) ←→ X1 (·) e x2 (·) ←→ X2 (·), si ha FT
y(·) = x1 (·) ∗ x2 (·) ←→ Y (·) = X1 (·) X2 (·) . La proprietà precedente esprime il fatto che alla convoluzione di due segnali nel dominio del tempo corrisponde il prodotto delle loro trasformate di Fourier nel dominio della frequenza. Ovviamente l’importanza di tale proprietà nello studio dei sistemi LTI è fondamentale; l’esempio che segue mostra invece come essa possa essere utilizzata anche per il calcolo della trasformata di Fourier di particolari segnali. Esempio 6.7 (trasformata della finestra triangolare a TC) Si vuole calcolare la trasformata di Fourier del segnale x(t) = Λ(t) (finestra triangolare a TC). Nell’es. 4.5 abbiamo provato la seguente relazione notevole tra finestre rettangolari e triangolari [cfr. eq. (4.28)]: rect(t) ∗ rect(t) = Λ(t) . FT
Pertanto, applicando la proprietà di convoluzione e ricordando che rect(t) ←→ sinc(t), si ha la seguente trasformata notevole: FT
x(t) = Λ(t) ←→ X( f ) = sinc2 ( f ) . 15 Le
trasformate di Fourier di x(t) ed y(t) richieste per l’applicazione della (6.23) sono calcolate in pratica attraverso strumenti analogici o – più comunemente – digitali, noti come analizzatori di spettro.
6.2 Relazione i-u nel dominio della frequenza per i sistemi LTI
271
1 0.8
X(f)
0.6 0.4 0.2 0 −0.2 −6
−4
−2
0 f
2
4
6
Fig. 6.4. Trasformata di Fourier X( f ) della finestra triangolare x(t) = Λ(t) (es. 6.7). Poiché X( f ) ≥ 0, si ha che |X( f )| = X( f ) e X( f ) = 0; è sufficiente allora diagrammare (fig. 6.4) X( f ). Con considerazioni analoghe si può calcolare la trasformata di Fourier della finestra triangolare a TD (finestra di Bartlett), ma in questo caso occorre introdurre anche un’ulteriore proprietà della trasformata di Fourier (proprietà di traslazione temporale), per cui si rimanda all’es. 6.38.
272
Trasformata di Fourier
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier In questa sezione cercheremo di approfondire le condizioni matematiche che garantiscono che un dato segnale TC o TD possa essere rappresentato mediante le formule di Fourier (cfr. def. 6.1 e 6.2), e forniremo nel contempo ulteriori esempi di calcolo della trasformata di Fourier. Più precisamente, affronteremo i seguenti problemi di carattere matematico:16 (i) stabilire le condizioni che assicurano che, per un dato segnale x(·), le equazioni di analisi (6.7) e (6.11) siano valide, cioè la trasformata di Fourier X(·) esista (problema dell’esistenza); (ii) supponendo che le condizioni menzionate in (i) siano verificate, determinare le condizioni che assicurano che le equazioni di sintesi (6.8) e (6.12), costruite a partire da X(·), siano valide e restituiscano proprio il segnale x(·) di partenza (problema dell’invertibilità). La trattazione di questi problema matematici (in particolare, del problema dell’esistenza) non è fine a se stessa ma, come vedremo, consentirà di calcolare alcune trasformate notevoli, che saranno utili nel seguito per evidenziare aspetti applicativi e interpretazioni nell’ambito dei segnali e dei sistemi. Nel seguito, per chiarezza espositiva, studieremo separatamente il caso dei segnali TC e TD. 6.3.1 Segnali TC
Nel § 6.1, abbiamo visto che, in via del tutto preliminare, la rappresentazione di Fourier per un segnale aperiodico x(t) si può ottenere sviluppando tale segnale in serie di Fourier su un intervallo finito (−Z/2, Z/2) e facendo poi tendere Z → +∞. Tale risultato è stato ottenuto assumendo che il segnale x(t) sia sommabile su tutto l’asse reale, cioè +∞ −∞
|x(t)| dt < +∞ ,
(6.24)
e, in aggiunta, verifichi le condizioni (d2) e (d3) del teor. 5.2 (condizioni di Dirichlet per la serie di Fourier a TC) su ogni intervallo (−Z/2, Z/2). Come vedremo, tali condizioni sono sufficienti ma non necessarie per la validità della rappresentazione di Fourier. Osserviamo preliminarmente che un segnale sommabile su R [simbolicamente, x(t) ∈ L 1 (R)] deve essere necessariamente infinitesimo all’infinito: lim x(t) = 0 .
|t|→+∞
(6.25)
Questa comporta che risultano sicuramente non sommabili tutti i segnali di durata non limitata o persistenti (ad esempio, tutti i segnali periodici), i quali non soddisfano la (6.25). Viceversa, risultano sommabili tutti i segnali (a valori finiti) di durata rigorosamente limitata, nonché tutti i segnali di durata praticamente limitata che decadono a zero per |t| → +∞ con sufficiente17 rapidità: queste ultime due tipologie di segnali appartengono alla classe dei segnali transitori. Le precedenti considerazioni ci inducono a trattare separatamente il caso dei segnali transitori e quello dei segnali persistenti. 16 Per una trattazione esauriente del problema dell’esistenza e invertibilità della trasformata di Fourier si rimanda ai testi di analisi matematica (ad esempio [3]); nel seguito daremo solo qualche risultato fondamentale, enfatizzando il più possibile gli aspetti intuitivi ed applicativi ed omettendo le relative dimostrazioni. 17 Una condizione sufficiente affinchè un segnale x(t) sia sommabile su R è (cfr. teor. B.9) che, per |t| → +∞, esso tenda a zero come 1/|t|α , con α > 1.
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
273
Segnali TC transitori
Cominciamo col considerare il problema dell’esistenza della trasformata di Fourier per un segnale TC transitorio, che soddisfa pertanto la (6.25). Partiamo dall’equazione di analisi (6.7), riportata qui per comodità: X( f ) =
+∞ −∞
x(t) e− j2π f t dt ,
(6.26)
che definisce la trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t). Osserviamo che, a partire dalla (6.26), sussiste la seguente disuguaglianza: +∞ +∞ +∞ − j2π f t x(t) e dt ≤ |x(t)| |e− j2π f t | dt = |x(t)| dt , |X( f )| = −∞ −∞ −∞ =1
per cui, se il segnale transitorio x(t) è anche sommabile, ovvero vale la (6.24), l’integrale che definisce la X( f ) nella (6.26) esiste in senso ordinario ed, in aggiunta, la trasformata di Fourier X( f ) è una funzione limitata, cioè |X( f )| < +∞, ∀ f ∈ R. Mettiamo subito in luce il fatto che la sommabilità del segnale x(t) non implica la sommabilità della sua trasformata di Fourier. In altre parole, se x(t) è sommabile, la sua trasformata X( f ) non è necessariamente sommabile su R. A conferma di ciò, ricordiamo (cfr. es. 6.1) il caso di x(t) = rect(t) (segnale sommabile), la cui trasformata è il segnale X( f ) = sinc( f ), il quale non risulta sommabile, in quanto la funzione sinc(x) (cfr. es. 5.2) è infinitesima solo del primo ordine per |x| → +∞. Tale esempio mostra però che la trasformata del segnale sommabile x(t) = rect(t) è una funzione continua ed infinitesima all’infinito: questa proprietà vale in generale per la trasformata di tutti i segnali sommabili.18 In sintesi, alla luce di quanto finora detto, possiamo enunciare la seguente proprietà notevole riguardante la trasformata di Fourier dei segnali TC sommabili: Proprietà 6.7 (trasformata di Fourier a TC di un segnale sommabile) Se il segnale x(t) è sommabile su R, l’integrale che definisce l’equazione di analisi (6.7) esiste in senso ordinario e la trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t) è una funzione continua e limitata, infinitesima per | f | → +∞. Alcuni esempi di segnali sommabili su R sono la finestra rettangolare x(t) = rect(t) e triangolare x(t) = Λ(t), le cui trasformate di Fourier X( f ) = sinc( f ) e X( f ) = sinc2 ( f ) (cfr. es. 6.1 e 6.7), come è facile verificare, soddisfano la prop. 6.7. Oltre ai segnali di durata rigorosamente limitata come le finestre, risultano sommabili su R anche tutti quei segnali di durata praticamente limitata che tendono a zero per |t| → +∞ con sufficiente rapidità, in modo da soddisfare la (6.24). Un esempio di segnale che appartiene a questa famiglia è l’esponenziale monolatero decrescente. Esempio 6.8 (trasformata di Fourier dell’esponenziale monolatero decrescente TC) Si consideri il segnale esponenziale monolatero, con fattore di ampiezza A ∈ R e costante di tempo T ∈ R+ : x(t) = A e−t/T u(t) .
(6.27)
Si tratta di un segnale di durata praticamente limitata, sommabile su R. Sostituendo l’espressione di x(t) nell’equazione di analisi (6.7), si ha: !t=+∞ +∞ e−(1/T + j2π f )t AT −(1/T + j2π f )t . X( f ) = A e dt = A = −(1/T + j2π f ) 1 + j2π f T 0 t=0
18 Questo
risultato è una conseguenza del celebre teorema di Riemann-Lebesgue (si veda [12]).
274
Trasformata di Fourier
|X(f)|
1 0.5 0 −6
−4
−2
0 f
2
4
6
−4
−2
0 f
2
4
6
∠ X(f)
1 0 −1 −6
Fig. 6.5. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) della trasformata di Fourier X( f ) dell’esponenziale monolatero x(t) = A e−t/T u(t) per A = 5 e T = 1/5 (es. 6.8). In sintesi, si ottiene la seguente trasformata notevole: x(t) = A e−t/T u(t) ←→ X( f ) = FT
AT , 1 + j2π f T
da cui si vede che X( f ) è una funzione a valori complessi ed, in accordo con la prop. 6.7, è continua ed infinitesima all’infinito. Tuttavia, come nel caso della trasformata della finestra rettangolare, lo spettro X( f ) non è sommabile su R. Assumendo A > 0, gli spettri di ampiezza e fase del segnale x(t) considerato sono dati da: |X( f )| = #
AT 1 + (2π f T )2
e
X( f ) = − arctan(2π f T ) ,
i cui andamenti sono raffigurati in fig. 6.5. Osserviamo che, essendo il segnale x(t) reale, lo spettro di ampiezza è pari e lo spettro di fase è dispari (simmetria hermitiana, cfr. prop. 6.3). Lo spettro di ampiezza, in particolare, mostra che il segnale esponenziale monolatero ha un contenuto spettrale prevalentemente concentrato alle basse frequenze. Notiamo in conclusione che l’espressione di X( f ) ed i grafici della fig. 6.5 sono simili a quelli ricavati nell’es. 4.18 con riferimento alla risposta in frequenza H( f ) di un sistema RC. Tale coincidenza si spiega facilmente, se si osserva che in generale la risposta in frequenza H( f ) di un sistema LTI coincide con la trasformata di Fourier della sua risposta impulsiva h(t), che per un sistema RC ha l’espressione h(t) = 1 −t/RC 1 u(t), ovvero si può vedere come un caso particolare del segnale (6.27) per A = RC e T = RC. RC e
Osserviamo esplicitamente che la prop. 6.7 non può essere applicata a tutti i segnali transitori, in quanto esistono segnali transitori che non risultano sommabili su R. Si consideri ad esempio il segnale x(t) = sinc(t), che non è sommabile in quanto infinitesimo del primo ordine per |t| → +∞. Abbiamo visto tuttavia nell’es. 6.5 che, applicando la proprietà di dualità, è possibile calcolare formalmente la trasformata di Fourier di tale segnale come FT
x(t) = sinc(t) ←→ X( f ) = rect( f ) .
(6.28)
Tale esempio mostra chiaramente che la sommabilità del segnale x(t) è una condizione sufficiente ma non necessaria per l’esistenza della trasformata X( f ). In altri termini, la trasformata può esistere anche se il segnale x(t), come accade per x(t) = sinc(t), non è sommabile; in questo caso, tuttavia, l’integrale che definisce X( f ) nell’equazione di analisi (6.26) non esiste in senso convenzionale, ma va
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
275
interpretato più comunemente nel senso del valore principale di Cauchy, come specificato dal seguente teorema (si veda [13]): Teorema 6.1 (esistenza della trasformata di Fourier a TC nel senso del valor principale) Se il segnale x(t) soddisfa le seguenti tre condizioni: (1) x(t) = a(t) sin(ω0t + ϕ0 ), con ω0 , ϕ0 ∈ R; (2) esiste un t0 ∈ R+ tale che |t|>t0
|x(t)| dt < +∞ ; |t|
(3) a(t) è una funzione monotona decrescente; allora la funzione x(t) e− j2π f t è integrabile in R nel senso del valor principale di Cauchy e si ha: X( f ) = lim
Z
Z→+∞ −Z
x(t) e− j2π f t dt .
(6.29)
Si noti che la (6.29) non è altro che l’equazione di analisi (6.7) in cui però l’integrale è interpretato nel senso del valor principale (di Cauchy). In effetti, i segnali che soddisfano le condizioni del teor. 6.1 si dicono trasformabili nel senso del valor principale. Esempio 6.9 (trasformata di Fourier del segnale sinc a TC) Rivisitiamo la trasformata del segnale x(t) = sinc(t) alla luce del teor. 6.1. Osserviamo che x(t) = sinc(t) soddisfa le condizioni del teor. 6.1 con ω0 = π , ϕ0 = 0 e a(t) = 1/(π t); quindi la sua trasformata si ottiene risolvendo l’integrale a valor principale (6.29). Si può dimostrare che il risultato di tale calcolo restituisce in realtà la seguente funzione
X( f ) = lim
Z→+∞
per −1/2 < f < 1/2; 1 , sinc(t) e− j2π f t dt = 1/2 , per f = ±1/2; −Z 0, altrimenti.
Z
che differisce da rect( f ) semplicemente19 per il valore assunto alle frequenze f = ±1/2. Questa differenza è una conseguenza della scelta (piuttosto arbitraria) di assegnare alla funzione rect(x) il valore unitario nei punti di discontinuità x = ±1/2. Tuttavia, si osservi che essa non ha alcuna importanza dal punto di vista applicativo, in quanto il valore della trasformata di Fourier X( f ) in punti isolati è irrilevante ai fini della sintesi del segnale x(t) (purché ovviamente in tali punti non siamo presenti impulsi di Dirac).
È interessante osservare che, per la classe di segnali che soddisfano il teor. 6.1, venendo a mancare la sommabilità del segnale nel dominio del tempo, non è più garantita la continuità e/o la proprietà di convergenza a zero per | f | → +∞ della trasformata di Fourier, che invece valgono per i segnali sommabili (cfr. prop. 6.7). Ad esempio, la trasformata X( f ) = rect( f ) del segnale x(t) = sinc(t) è infinitesima all’infinito ma non è continua. Un altro segnale di interesse trasformabile nel senso del valor principale è il segnale x(t) = 1/t, la cui trasformata di Fourier è ricavata nell’esempio seguente. Esempio 6.10 (trasformata di Fourier del segnale 1/t) Il segnale x(t) = 1t (fig. 6.6) non è sommabile su R, in quanto è infinito del primo ordine per t → 0, ed infinitesimo del primo ordine per |t| → +∞. Tuttavia, 19 Questo
è il motivo per cui, in alcuni testi, si attribuisce alla funzione rect(x) il valore 1/2 nei punti di discontinuità.
276
Trasformata di Fourier
esso soddisfa le condizioni del teor. 6.1 per ω0 = 0, ϕ0 = π /2 e a(t) = 1/t, per cui è trasformabile nel senso del valor principale. Applicando la (6.29), si ottiene: Z Z Z 1 − j2π f t cos(2π f t) sin(2π f t) e dt − j dt X( f ) = lim dt = lim Z→+∞ −Z t Z→+∞ t t −Z −Z Z sin(2π f t) = − j 2 lim dt , Z→+∞ 0 t dove si è sfruttato il fatto che la funzione cos(2π f t)/t è dispari, e quindi il suo integrale sull’intervallo (−Z, Z) è sempre nullo, mentre la funzione sin(2π f t)/t è pari, e quindi il suo integrale sull’intervallo (−Z, Z) è pari al doppio dell’integrale sull’intervallo (0, Z). Se, nell’ultimo integrale, si effettua il cambio di variabile x = 2 f t ⇔ dx = 2 f dt, si ottiene dopo qualche semplice manipolazione algebrica: +∞ − j 2 π sinc(x) dx , per f > 0; 2fZ 0 per f = 0; X( f ) = − j 2 π lim sinc(x) dx = 0 , 0 Z→+∞ 0 j2π sinc(x) dx , per f < 0. −∞
Ricordando a questo punto che l’area della funzione sinc(x) è unitaria (cfr. es. 6.6), cioè +∞ −∞
sinc(x) dx =
0 −∞
sinc(x) dx +
+∞ 0
sinc(x) dx = 1 ,
da cui, essendo sinc(x) una funzione pari, si ricava che 0 −∞
sinc(x) dx =
+∞ 0
sinc(x) dx =
1 . 2
Conseguentemente, si ha: − j π , per f > 0; X( f ) = 0 , per f = 0; per f < 0; jπ ,
(6.30)
o, più sinteticamente, X( f ) = − j π sgn( f ) .
(6.31)
Si osservi in effetti che la (6.31) differisce dalla (6.30) per il valore assunto in f = 0: nella (6.30), il valore in f = 0 è nullo; mentre nella (6.31), il valore in f = 0 è uguale a π /2. Questa differenza è una conseguenza della scelta20 (piuttosto arbitraria) di assegnare alla funzione sgn(x) (cfr. es. 2.16) il valore unitario nel punto di discontinuità x = 0. Tuttavia, come già osservato precedentemente a proposito della finestra rettangolare (cfr. es. 6.9), questa differenza è del tutto inessenziale ai fini della sintesi del segnale x(t). In definitiva, possiamo quindi scrivere la seguente trasformata notevole: x(t) =
1 FT ←→ X( f ) = − j π sgn( f ) . t
(6.32)
La trasformata di Fourier X( f ) è una funzione puramente immaginaria (la parte reale è identicamente nulla). Gli spettri di ampiezza e fase sono dati da: − π , per f ≥ 0; |X( f )| = π e X( f ) = π 2 per f < 0; 2 , 20 Questo
è il motivo per cui, in alcuni testi, si attribuisce alla funzione sgn(x) il valore zero nel punto di discontinuità.
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
5
3 |X(f)|
x(t)
277
2 1 0 −6
−4
−2
0 f
2
4
6
−4
−2
0 f
2
4
6
0
∠ X(f)
1 0 −1
−5 −5
0 t
Fig. 6.6. Il segnale x(t) = 1/t (es. 6.10).
5
−6
Fig. 6.7. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) della trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t) = 1/t (es. 6.10).
e sono rappresentati graficamente in fig. 6.7 [si noti che lo spettro di fase si può scrivere sinteticamente come X( f ) = − π2 sgn( f )]. Notiamo che tali spettri presentano le simmetrie tipiche della trasformata di Fourier di un segnale reale (simmetria hermitiana). La forma costante dello spettro di ampiezza evidenzia in particolare che il segnale x(t) = 1/t ha un contenuto spettrale significativo a tutte le possibili frequenze f : come vedremo, si tratta di un primo esempio di segnale avente banda non limitata. Infine, dal punto di vista matematico, è interessante osservare che, poichè il segnale x(t) non è sommabile, la trasformata di x(t), oltre ad essere discontinua, non è neanche infinitesima all’infinito.
Consideriamo ora il problema dell’invertibilità della trasformata di Fourier, limitando per il momento la nostra attenzione al caso dei segnali sommabili, per i quali vale la prop. 6.7. Malgrado la somiglianza formale tra l’equazione di analisi (6.7) e di sintesi (6.8), i problemi di carattere matematico ad esse associati sono diversi: l’equazione di analisi è la definizione della funzione X( f ), e l’integrale che la definisce esiste in senso ordinario se x(t) è sommabile; l’equazione di sintesi impone invece che l’integrale
x(t) ˇ =
+∞ −∞
X( f ) e j2π f t d f ,
(6.33)
esista in qualche senso e sia uguale al segnale di partenza x(t) (non è quindi la semplice definizione di una funzione), pertanto affinchè questa uguaglianza sia verificata è necessario imporre che x(t) soddisfi, oltre alla sommabilità, ulteriori condizioni. Le condizioni aggiuntive da imporre dipendono dal tipo di uguaglianza che si desidera imporre tra l’integrale (6.33) e il segnale x(t). Inoltre, poichè in generale la sommabilità di x(t) non garantisce la sommabilità della sua trasformata X( f ), l’integrale (6.33) può non esistere in senso ordinario. In analogia a quanto fatto per la serie di Fourier a TC, si può considerare il problema della convergenza puntuale dell’integrale (6.33) al segnale x(t), trovando sotto quali condizioni l’uguaglianza x(t) ˇ = x(t) sussiste per tutti i valori di t ∈ R, eccetto che per i valori di t appartenenti ad un insieme di misura nulla, per i quali l’integrale (6.33), pur essendo convergente, non restituisce esattamente il segnale x(t). Come per la serie di Fourier a TC, questo problema è stato affrontato e risolto dal matematico tedesco J. P. G. L. Dirichlet, il quale individuò le condizioni matematiche che prendono il suo nome e garantiscono che, una volta calcolata la trasformata X( f ) a partire dal segnale x(t), l’integrale (6.33), inteso più in generale nel senso del valore principale di Cauchy, converga al segnale da rappresentare x(t), tranne che nei punti di discontinuità:
278
Trasformata di Fourier
Teorema 6.2 (condizioni di Dirichlet per la trasformata di Fourier a TC) Se il segnale x(t) soddisfa le seguenti tre condizioni: (d1) x(t) è sommabile su R: +∞ −∞
|x(t)| dt < +∞ ;
(d2) x(t) è una funzione continua in ogni intervallo finito, escluso al più un numero finito di punti con discontinuità di prima specie; (d3) x(t) è una funzione derivabile in ogni intervallo finito, escluso al più un numero finito di punti nei quali esistono finite la derivata sinistra e destra; allora la funzione X( f ) e j2π f t è integrabile in R nel senso del valor principale di Cauchy, e si ha: Z
lim
Z→+∞ −Z
X( f ) e j2π f t d f =
) 1( + x(t ) + x(t − ) , 2
∀t ∈ R .
(6.34)
In altre parole, il teor. 6.2 stabilisce che l’integrale a valor principale di Cauchy21 (6.33) restituisce il valore assunto dal segnale x(t) nei punti in cui questo è continuo, mentre è uguale alla semisomma dei limiti destro e sinistro nei punti in cui x(t) presenta discontinuità di prima specie.22 Ad esempio, applicando questo risultato al caso della finestra rettangolare, si ottiene23 che: per −1/2 < t < 1/2; Z 1 , j2π f t sinc( f ) e d f = 1/2 , per t = ±1/2; lim (6.35) Z→+∞ −Z 0, altrimenti. Consideriamo adesso il problema dell’invertibilità della trasformata di Fourier per i segnali transitori non sommabili, che però sono trasformabili nel senso del valor principale, in quanto soddisfano le condizioni del teor. 6.1. Si può dimostrare [10] che la tesi del teor. 6.2, cioè la formula di inversione (6.34), è ancora valida se: • al posto della condizione (d1), il segnale x(t) soddisfa le condizioni (1), (2) e (3) del teor. 6.1; • su ogni intervallo finito, il segnale x(t) presenta un numero finito di discontinuità di seconda specie (uno o entrambi i limiti destro e sinistro non esistono o non sono finiti); in tal caso, il segnale x(t) deve soddisfare le condizioni (d2) e (d3), escluso ogni intorno qualsivoglia piccolo contenente i punti di discontinuità di seconda specie. In questo caso più generale, la (6.34) è ovviamente valida per tutti i punti dell’asse reale in cui esistono finiti i limiti destro e sinistro del segnale x(t). Sulla base di questo risultato, è facile verificare che, nel caso ad esempio del segnale x(t) = sinc(t), la formula di inversione (6.34) restituisce il segnale la funzione X( f ) e j2π f t è integrabile in R, l’integrale (6.33) esiste in senso ordinario e il suo valore è pari a quello del corrispondente valor principale di Cauchy. Ricordiamo che il viceversa non è vero: il valor principale di Cauchy dell’integrale (6.33) può esistere anche quando l’integrale ordinario non esiste. 22 Similmente alla serie di Fourier a TC, la presenza di discontinuità di prima specie nel segnale x(t) determina il cosiddetto fenomeno di Gibbs quando il segnale x(t) è approssimativamente ricostruito troncando l’integrale (6.33) ad un intervallo finito del tipo (−Z/2, Z/2). 23 Notiamo che il risultato dell’es. 6.9 si può ottenere applicando la (6.35) e scambiando i ruoli del tempo e della frequenza. 21 Se
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
279
di partenza per ogni t ∈ R; mentre, nel caso del segnale x(t) = 1/t, la (6.34) sintetizza il segnale assegnato in tutti i punti dell’asse reale, tranne che nel punto t = 0, dove x(t) presenta una discontnuità di seconda specie. Come considerazione conclusiva, si osservi che, similmente alla serie di Fourier, se non si richiede che l’equazione di sintesi (6.8) riproduca esattamente il segnale di partenza x(t) in tutti i punti (eccezion fatta eventualmente per i punti di discontinuità di prima e seconda specie), la rappresentazione di Fourier può essere estesa più in generale ai segnali x(t) di energia; in questo caso, tuttavia, la convergenza degli integrali di analisi e di sintesi è da intendersi in media quadratica. Il problema della convergenza in media quadratica della rappresentazione di Fourier a TC è discusso in app. F. Segnali TC persistenti
Abbiamo visto che una condizione sufficiente (ma non necessaria) per l’esistenza della trasformata di Fourier X( f ) di un segnale x(t) è quella che x(t) sia sommabile oppure, più in generale, verifichi le condizioni enunciate nel teor. 6.1. Tali condizioni non sono soddisfatte dai segnali persistenti di interesse, quali, ad esempio, il segnale costante, il gradino e tutti i segnali periodici. Sorge allora il problema di generalizzare opportunamente la definizione di trasformata di Fourier in modo che essa possa essere applicata anche alla classe dei segnali persistenti, che racchiude l’importante sottoclasse dei segnali di potenza. A differenza dei casi esaminati nel paragrafo precedente, i segnali persistenti non sono in generale trasformabili in senso ordinario, il che significa che nella loro trasformata, qualora esista, possono comparire degli impulsi di Dirac. È bene notare però che non tutti i segnali persistenti hanno trasformata di Fourier contenente impulsi di Dirac, come mostra il seguente esempio. Esempio 6.11 (trasformata di Fourier del segnale signum a TC) Si consideri il segnale x(t) = sgn(t), che è un segnale persistente, e quindi non trasformabile in senso ordinario (neppure a valor principale). La sua trasformata di Fourier si può ottenere però formalmente applicando la proprietà di dualità. Infatti, nell’es. 6.10, abbiamo dimostrato la seguente trasformata notevole: x(t) =
1 FT ←→ X( f ) = − j π sgn( f ) , t
dalla quale, invocando prima la proprietà di dualità e poi quella di linearità della trasformata di Fourier, si ottiene facilmente la seguente coppia segnale-trasformata: FT
x(t) = sgn(t) ←→ X( f ) =
1 . jπ f
(6.36)
Si noti che x(t) = sgn(t), pur essendo un segnale persistente, ha una trasformata ordinaria, non contenente cioè funzioni generalizzate. Per quanto riguarda gli spettri di ampiezza e di fase, si ha − π2 , per f > 0 ; 1 π |X( f )| = e X( f ) = − jπ f = − − f = π| f | 2 + π2 , per f < 0 ; che sono rappresentati graficamente in fig. 6.8 [si noti che la fase si può scrivere sinteticamente come X( f ) = − π2 sgn( f )]. Anche in questo caso, gli spettri soddisfano le proprietà di simmetria caratteristiche delle trasformate di segnali reali. Dallo spettro di ampiezza, si nota che x(t) = sgn(t) ha uno spettro concentrato intorno alle basse frequenze, ma che per f → 0 si ha che lim f →0 |X( f )| = +∞. Si noti che questo è uno di casi in cui la proprietà del valore nell’origine della trasformata di Fourier non vale formalmente, in quanto mentre l’area del segnale x(t) = sgn(t) nel dominio del tempo (nel senso a valor principale) è nulla, risulta invece che il valore nell’origine di X( f ) diverge in modulo.
La trattazione rigorosa della trasformata di Fourier per segnali persistenti o, più in generale, non trasformabili in senso ordinario prevede l’uso di strumenti matematici avanzati, quali la teoria delle
280
Trasformata di Fourier
1 |X(f)|
|X(f)|
4 2 0 −3
−2
−1
0 f
1
2
0.5 0 −2
3
∠ X(f)
∠ X(f)
0 f
1
2
−1
0 f
1
2
5
1 0 −1 −3
−1
−2
−1
0 f
1
2
3
Fig. 6.8. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) della trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t) = sgn(t) (es. 6.11).
0 −5 −2
Fig. 6.9. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) della trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t) = δ (t − t0 ) per t0 = 0.5 (es. 6.12).
distribuzioni.24 Poichè l’enfasi della teoria dei segnali e dei sistemi è sulle applicazioni piuttosto che sulla teoria pura, qui ci baseremo invece su un approccio alternativo, che richiede solo una conoscenza operativa delle principali proprietà dell’impulso di Dirac e della trasformata di Fourier. Per applicare tale approccio, il punto di partenza è proprio il calcolo della trasformata di Fourier dell’impulso di Dirac. Esempio 6.12 (trasformata di Fourier dell’impulso di Dirac a TC) Calcoliamo la trasformata di Fourier del segnale x(t) = δ (t − t0 ) (impulso di Dirac di area unitaria centrato in t0 ∈ R). La trasformata di tale segnale è data per definizione dal seguente integrale: X( f ) =
+∞ −∞
δ (t − t0 ) e− j2π f t dt .
Poichè l’impulso di Dirac è una distribuzione, tale integrale non ha alcun significato in senso ordinario. Tuttavia, ricorrendo alla proprietà di campionamento dell’impulso di Dirac [cfr. prop. 2.2(b)], si ottiene facilmente che: x(t) = δ (t − t0 ) ←→ X( f ) = e− j2π f t0 . FT
(6.37)
Gli spettri di ampiezza e fase sono dati da |X( f )| = 1
e
X( f ) = −2π f t0
e sono riportati in fig. 6.9 per t0 = 0.5. Si noti che lo spettro di ampiezza è costante, mentre lo spettro di fase varia linearmente con la frequenza, con una pendenza che dipende dal valore del ritardo/anticipo t0 . Se si particolarizza la (6.37) al caso t0 = 0, si ottiene la seguente trasformata notevole: FT
x(t) = δ (t) ←→ X( f ) = 1 ,
(6.38)
ovvero la trasformata di un impulso di Dirac centrato nell’origine avente area unitaria è uguale ad uno su tutto l’asse delle frequenze. Da questo punto di vista, come il segnale x(t) = 1/t, l’impulso di Dirac è caratterizzato da un contributo spettrale significativo a tutte le possibili frequenze. 24 In taluni casi è possibile calcolare la trasformata di un segnale persistente ricorrendo a procedure al limite, per il cui uso
rigoroso occorre introdurre il concetto di limite di una distribuzione (esempi di calcolo al limite della trasformata di Fourier a TC sono presentati in app. F).
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
281
Dal punto di vista matematico, è interessante osservare che l’equazione di sintesi corrispondente alla (6.38) assume la seguente forma:
δ (t) =
+∞ −∞
e j2π f t dt ,
(6.39)
dove l’uguaglianza tra il primo e il secondo membro è valida solo nel senso delle distribuzioni, in quanto l’integrale che vi compare non è definito in senso ordinario per nessun valore di t: basta notare infatti che +∞ −∞
e j2π f t d f =
+∞ −∞
cos(2π f t)d f + j
+∞ −∞
sin(2π f t)d f ,
e che nessuno dei due ultimi integrali esiste in quanto le funzioni integrande non sono infinitesime per | f | → +∞. La (6.39) evidenzia un legame notevole tra impulso di Dirac e fasori e, dal punto di vista della rappresentazione di Fourier, mostra che il segnale x(t) = δ (t) si può rappresentare come sovrapposizione nel continuo di esponenziali complessi aventi tutti lo stesso peso X( f ) = 1, ∀ f ∈ R.
L’impulso di Dirac x(t) = δ (t), considerato nell’es. 6.12, assomiglia più ad un segnale transitorio che ad un segnale persistente, in quanto una sua possibile interpretazione intuitiva è quella di un segnale “concentrato” nel punto t = 0, ed avente quindi durata nulla. Tuttavia la sua trasformata (6.38) consente di calcolare direttamente la trasformata di due segnali TC persistenti di notevole interesse: il segnale costante ed il gradino. Esempio 6.13 (trasformata di Fourier del segnale costante a TC) Il calcolo della trasformata di Fourier del segnale costante x(t) = 1 si ottiene facilmente applicando la proprietà di dualità alla trasformata notevole FT x(t) = δ (t) ←→ X( f ) = 1 ricavata nell’es. 6.12. Si trova infatti FT
x(t) = 1 ←→ X( f ) = δ (− f ) = δ ( f ) , dove abbiamo sfruttato la proprietà di parità della delta di Dirac [cfr. prop. 2.2(d)]. In definitiva, si ha FT
x(t) = 1 ←→ X( f ) = δ ( f ) .
(6.40)
Ricorrendo alla interpretazione intuitiva della delta di Dirac come funzione nulla ovunque tranne che nel punto di applicazione, la (6.40) mostra che il contenuto spettrale di un segnale costante è tutto concentrato alla frequenza f = 0. Esempio 6.14 (trasformata di Fourier del gradino TC) Calcoliamo la trasformata di Fourier del segnale gradino unitario x(t) = u(t). Anziché calcolare direttamente tale trasformata, utilizziamo le trasformate calcolate finora e le proprietà della trasformata di Fourier. A tale proposito, sfruttando la decomposizione del gradino in componente continua e alternata (cfr. es. 2.20), possiamo scrivere che: x(t) = u(t) =
1 1 + sgn(t) , 2 2
da cui, in virtù della proprietà di linearità della trasformata di Fourier, segue che: 1 1 X( f ) = F + F[sgn(t)] . 2 2 Utilizzando le trasformate (6.36) e (6.40), si ottiene in definitiva la seguente relazione: FT
x(t) = u(t) ←→ X( f ) =
1 1 . δ(f)+ 2 j 2π f
(6.41)
La trasformata del gradino TC è composta da una parte ordinaria (il secondo addendo) a cui si somma una parte impulsiva (il primo addendo). Data la presenza della componente impulsiva, il calcolo dello spettro di ampiezza
282
Trasformata di Fourier
X(f)
1
X(f)
1
f0 f
Fig. 6.10. Trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t) = 1 (es. 6.13).
f
Fig. 6.11. Trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t) = e j2π f0 t ( f0 > 0) (es. 6.15).
e di fase può risultare di difficile interpretazione, per cui non è possibile fornire una rappresentazione grafica significativa di X( f ). La parte impulsiva porta in conto la presenza nel gradino di un segnale costante (la sua componente continua xdc ), mentre per quanto riguarda la parte ordinaria, poiché essa coincide con la trasformata di sgn(t) (a meno di un fattore 1/2), valgono considerazioni analoghe a quelle già fatte per quest’ultimo segnale (cfr. es. 6.11).
Nei due esempi che seguono, utilizzando la trasformata di Fourier (6.37) della delta di Dirac traslata (cfr. es. 6.12), sono calcolate le trasformate di altri due segnali TC persistenti che ricorrono spesso nella teoria dei segnali e sistemi, vale a dire il fasore e la sinusoide. Esempio 6.15 (trasformata di Fourier del fasore a TC) Il calcolo della trasformata di Fourier del fasore x(t) = e j2π f0 t , con f0 ∈ R, si può ottenere facilmente applicando la proprietà di dualità alla trasformata notevole FT x(t) = δ (t − t0 ) ←→ X( f ) = e− j2π f t0 ricavata nell’es. 6.12. Si ha infatti x(t) = e− j2π tt0 ←→ δ (− f − t0 ) . FT
Per eliminare l’inconsistenza dimensionale della relazione precedente, effettuiamo la sostituzione formale f0 → −t0 ed applichiamo la proprietà di parità [cfr. prop. 2.2(d)] della delta di Dirac: x(t) = e j2π f0 t ←→ X( f ) = δ (− f + f0 ) = δ ( f − f0 ) , FT
per cui si ha in definitiva x(t) = e j2π f0 t ←→ X( f ) = δ ( f − f0 ) . FT
(6.42)
Tale trasformata di Fourier è rappresentata simbolicamente in fig. 6.11. Notiamo che la trasformata di un segnale costante (6.40) può ottenersi anche come caso particolare della (6.42) per f0 = 0. Ricorrendo alla interpretazione intuitiva della delta di Dirac come funzione nulla ovunque tranne che nel punto di applicazione, la (6.42) mostra che il contenuto spettrale di un fasore a frequenza f0 (ricordiamo che si tratta di un segnale periodico di periodo T0 = 1/| f0 |) è concentrato alla frequenza f0 ; in questo caso, si suole dire che x(t) = e j2π f0 t presenta nel dominio della frequenza una “riga” spettrale – ossia un impulso – centrato alla frequenza del fasore.25 Come vedremo nel § 6.6, la natura a righe dello spettro è una peculiarità di tutti i segnali periodici. 25 Un
segnale come il fasore viene anche chiamato, con terminologia mutuata dall’ottica, “monocromatico”, in quanto la luce è normalmente composta da radiazioni a differenti lunghezze d’onda (e quindi a differenti frequenze, stante la relazione λ = c/ f di inversa proporzionalità tra lunghezza d’onda λ e frequenza f , con c velocità della luce nel mezzo), mentre un raggio di un particolare “colore” (monocromatico, per l’appunto) contiene esclusivamente radiazioni ad una singola lunghezza d’onda (e quindi ad una singola frequenza).
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
283
A/(2j)
X(f)
X(f)
A/2
−f
0
f
0
−f0
f0
−A/(2j) f
f
Fig. 6.12. Trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t) = A cos(2π f0t) (es. 6.16).
Fig. 6.13. Trasformata di Fourier X( f ) del segnale x(t) = A sin(2π f0t) (es. 6.16).
Esempio 6.16 (trasformata di Fourier del segnale sinusoidale TC) Il segnale x(t) = A cos(2π f0t + ϕ0 ), con A, f0 , ϕ0 ∈ R, è un segnale persistente periodico, di periodo T0 = 1/| f0 |. Anche in questo caso, il calcolo diretto della trasformata di x(t) si può evitare, osservando che, in virtù delle formule di Eulero, tale segnale si può decomporre nella combinazione lineare di due fasori a frequenze ± f0 , ossia: x(t) = A cos(2π f0t + ϕ0 ) =
A jϕ0 j2π f0 t A − jϕ0 − j2π f0 t e e + e e . 2 2
Applicando la proprietà di linearità della trasformata di Fourier, si ottiene: X( f ) =
A A j ϕ0 e F[e j2π f0 t ] + e− jϕ0 F[e− j2π f0 t ] . 2 2
Utilizzando due volte la trasformata (6.42) per i fasori a frequenza f0 e − f0 , si ha: FT
x(t) = A cos(2π f0t + ϕ0 ) ←→ X( f ) =
A j ϕ0 A e δ ( f − f0 ) + e− jϕ0 δ ( f + f0 ) . 2 2
(6.43)
Dalla fig. 6.12, nella quale è rappresentato tale spettro per ϕ0 = 0, è possibile notare che la trasformata di Fourier del segnale sinusoidale è costituita da due righe spettrali, alle frequenze ± f0 . Notiamo che in generale l’area dell’impulso a frequenza f0 è A2 e jϕ0 , mentre quella dell’impulso a frequenza − f0 è A2 e− jϕ0 : tali aree sono complesse coniugate l’una dell’altra, di modo che la trasformata di Fourier X( f ) soddisfi comunque la simmetria hermitiana caratteristica dei segnali x(t) reali. Analogamente, se si considera l’espressione alternativa di un segnale sinusoidale x(t) = A sin(2π f0t + ϕ0 ) ottenuta utilizzando la funzione sin(x), applicando le formule di Eulero, si ha: x(t) = A sin(2π f0t + ϕ0 ) =
A jϕ0 j2π f0 t A − jϕ0 − j2π f0 t e e − e e . 2j 2j
Applicando la proprietà di linearità della trasformata di Fourier, si ottiene: X( f ) =
A A j ϕ0 e F[e j2π f0 t ] − e− jϕ0 F[e− j2π f0 t ] . 2j 2j
Utilizzando due volte la trasformata (6.42) per i fasori a frequenza f0 e − f0 , si ha FT
x(t) = A sin(2π f0t + ϕ0 ) ←→ X( f ) =
A j ϕ0 A e δ ( f − f0 ) − e− jϕ0 δ ( f + f0 ) . 2j 2j
(6.44)
In questo caso, la trasformata di Fourier del segnale sinusoidale TC è costituita da due righe spettrali alle frequenze ± f0 . Si noti ancora che le aree sottese dai due impulsi ( 2Aj e jϕ0 per l’impulso a frequenza f0 e
284
Trasformata di Fourier
− 2Aj e− jϕ0 per l’impulso a frequenza − f0 ) sono complesse coniugate l’una dell’altra, di modo che la proprietà di simmetria hermitiana della trasformata di Fourier di un segnale reale sia verificata. Nel caso particolare ϕ0 = 0, le aree dei due impulsi nella (6.44), sebbene complesse, differiscono semplicemente per un segno, per cui spesso si ricorre alla rappresentazione convenzionale dello spettro riportata in fig. 6.12. Si noti infine che la differenza tra le (6.44) e (6.43) è piuttosto artificiosa, in quanto i segnali x(t) = A cos(2π f0t + ϕ0 ) e x(t) = A sin(2π f0t + ϕ0 ) si possono ottenere l’uno dall’altro ponendo opportunamente ϕ0 = ± π2 , per cui anche le trasformate (6.43) e (6.44) si ottengono l’una dall’altra per ϕ0 = ± π2 .
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
285
6.3.2 Segnali TD
Rispetto al caso dei segnali TC, il problema dell’esistenza e dell’invertibilità della trasformata di Fourier dei segnali TD è più semplice da studiare matematicamente. Il punto di partenza è ancora lo studio dell’esistenza, ovvero della validità dell’equazione di analisi (6.11), che riportiamo qui per comodità X(ν ) =
+∞
∑
x(n) e− j2πν n .
(6.45)
n=−∞
Affinchè la serie di funzioni a secondo membro della (6.45) converga in senso ordinario, il segnale x(n) deve necessariamente essere infinitesimo all’infinito: lim x(n) = 0 .
(6.46)
|n|→+∞
Poiché solo i segnali transitori (di durata limitata) soddisfano la (6.46), similmente a quanto fatto nel caso TC conviene studiare separatamente il caso dei segnali TD transitori e quello dei segnali TD persistenti. 6.3.3 Segnali TD transitori
Consideriamo prima il problema dell’esistenza della trasformata di Fourier per un segnale TD transitorio. Se il segnale transitorio, oltre a soddisfare la (6.46), è anche sommabile, nel senso che +∞
∑
|x(n)| < +∞ ,
(6.47)
n=−∞
allora è possibile provare facilmente, a partire dalla (6.45), che vale la seguente disuguaglianza: +∞ +∞ +∞ |X(ν )| = ∑ x(n) e− j2πν n dν ≤ ∑ |x(n)| e− j2πν n dν = ∑ |x(n)| < +∞ , n=−∞ n=−∞ n=−∞ =1
da cui si ricava che la trasformata di Fourier esiste ed assume valori limitati, cioè |X(ν )| < +∞, ∀ν ∈ R. In termini matematici, ciò significa che la serie di funzioni (6.45) che definisce X(ν ) è sicuramente convergente. In realtà, si può dimostrare che vale una proprietà più forte: se x(n) è sommabile (simbolicamente, x(n) ∈ 1 ), la serie di funzioni al secondo membro della (6.45) converge uniformemente per ν ∈ (−1/2, 1/2) (e quindi in tutto R, per la periodicità) ad una funzione X(ν ) continua. La sommabilità del segnale x(n) gioca un ruolo fondamentale anche nello studio dell’invertibilità della trasformata di Fourier a TD. Notiamo anzitutto che tale studio è più semplice nel caso TD rispetto a quello TC. Infatti, come conseguenza della periodicità di X(ν ), il segnale x(n) espresso mediante l’equazione di sintesi (6.12), che riportiamo qui per comodità x(n) =
1/2 −1/2
X(ν ) e j2πν n dν ,
(6.48)
si ottiene mediante integrazione su un intervallo di misura finita (unitaria), e non infinita come nell’equazione di sintesi (6.8) per il caso TC. Per verificare direttamente l’invertibilità, sostituiamo la X(ν ) espressa dalla (6.45) (dopo aver effettuato il cambio di variabile m → n) nella (6.48), ottenendo così: * + x(n) ˇ =
1/2
+∞
−1/2
m=−∞
∑
x(m) e− j2πν m
e j2πν n dν .
(6.49)
286
Trasformata di Fourier
Si noti che nella (6.49) abbiamo denotato con x(n) ˇ il segnale restituito dall’equazione di sintesi, in quanto esso può essere diverso dal segnale x(n) originariamente utilizzato nell’equazione di analisi (6.45) per calcolare la trasformata X(ν ). Studiare l’invertibilità significa determinare sotto quali condizioni risulta x(n) ˇ = x(n), ∀n ∈ Z, nella (6.49). Abbiamo visto precedentemente che, se il segnale x(n) è sommabile, la serie che definisce X(ν ) converge uniformemente, per cui essa può essere integrata termine a termine. Ciò equivale a scambiare l’ordine di integrazione con quello di sommatoria nella (6.49), scrivendo quindi: 1/2
+∞ j2πν (n−m) e dν . x(n) ˇ = ∑ x(m) −1/2
m=−∞
Calcolando l’integrale tra parentesi, e ricordando la definizione e le proprietà di sinc(x), si ha: 1/2 −1/2
e j2πν (n−m) dν =
sin[π (n − m)] = sinc(n − m) = δ (n − m) , π (n − m)
da cui si ottiene semplicemente: x(n) ˇ =
+∞
∑
x(m)δ (n − m) = x(n) ,
∀n ∈ Z .
(6.50)
m=−∞
Il risultato ottenuto è particolarmente significativo, in quanto prova che se x(n) è un segnale sommabile, non solo la trasformata di Fourier X(ν ) esiste, ma è anche invertibile, nel senso che l’equazione di sintesi restituisce esattamente il segnale x(n), ∀n ∈ Z. In definitiva, mettendo insieme i risultati ottenuti sull’esistenza e l’invertibilità della trasformata di Fourier per i segnali x(n) sommabili, possiamo enunciare la seguente proprietà notevole: Proprietà 6.8 (trasformata di Fourier a TD di un segnale sommabile) (i) Se il segnale x(n) è sommabile, la serie che definisce l’equazione di analisi (6.11) converge uniformemente in R e la trasformata di Fourier X(ν ) del segnale x(n) è una funzione continua. (ii) Se X(ν ) è la trasformata di Fourier di un segnale x(n) sommabile, l’equazione di sintesi (6.12) restituisce x(n), ∀n ∈ Z. Si noti la già citata semplificazione matematica rispetto al caso di segnali TC: nel caso TC, la sommabilità garantisce solo l’esistenza della trasformata di Fourier, mentre per l’invertibilità occorre richiedere che valgano condizioni aggiuntive (ad esempio, le condizioni di Dirichlet, cfr. teor. 6.2); invece nel caso dei segnali TD, la sommabilità di x(n) assicura sia l’esistenza che l’invertibilità della trasformata di Fourier. All’insieme 1 dei segnali TD (ovvero delle successioni) sommabili appartengono tutti i segnali di durata rigorosamente limitata, quali, ad esempio, la finestra rettangolare (cfr. es. 6.2) e quella di Bartlett (la cui trasformata sarà calcolata successivamente, cfr. es. 6.38). È interessante osservare che l’impulso TD è anch’esso un segnale (ordinario) sommabile e, quindi, a differenza dell’impulso TC (impulso di Dirac), la sua trasformata di Fourier esiste in senso ordinario. Esempio 6.17 (trasformata di Fourier dell’impulso TD) A differenza dell’impulso TC, che è definito attraverso una funzione generalizzata (la delta di Dirac), l’impulso TD x(n) = δ (n) è una funzione ordinaria. In effetti, esso si può vedere come una finestra rettangolare di durata N = 1, si ha cioè δ (n) ≡ R1 (n). Conseguentemente, la sua trasformata di Fourier si può ottenere come un caso particolare della trasformata di R1 (n) ricavata nell’es. 6.2. Poiché risulta FT
x(n) = R1 (n) ←→ X(ν ) = D1 (ν ) ,
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
287
ricordando la definizione della funzione di Dirichlet si ha sin(πν N) − j(N−1)πν sin(πν ) e = 1, = D1 (ν ) = sin(πν ) sin( πν ) N=1 per cui anche nel caso TD la trasformata dell’impulso è la costante unitaria, vale cioè la trasformata notevole FT
x(n) = δ (n) ←→ X(ν ) = 1 ,
(6.51)
simile formalmente a quella ricavata nel caso TC per la delta di Dirac. Come nel caso TC, osserviamo che l’impulso TD presenta, nel dominio della frequenza, un contenuto spettrale significativo a tutte le possibili frequenze ν . Tuttavia, a differenza del caso TC, esso può essere rappresentato dai fasori e j2πν n di ampiezza costante con frequenze |ν | ≤ 12 , in quanto X(ν ) = 1 si può vedere ancora come una funzione periodica di periodo 1. In effetti, a differenza del caso TC in cui l’equazione di sintesi (6.33) va interpretata nel senso delle distribuzioni, la validità dell’equazione di sintesi per l’impulso TD può essere verificata direttamente, in quanto si ha: 1/2 per n = 0; 1/2 −1/2 dν = 1 , −1 j2πν n e dν = F [1] = ν =1/2 e j2πν n 1 jπ n −1/2 e − e− jπ n = 0 , per n = 0; = j2π n j2π n ν =−1/2 e quindi si ha effettivamente che δ (n) =
" 1/2
−1/2 e
j2πν n dν ,
come previsto dalla prop. 6.8 [punto (ii)].
Appartengono all’insieme 1 dei segnali sommabili anche tutti quei segnali di durata praticamente limitata che tendono a zero per |n| → +∞ con sufficiente rapidità, in modo da soddisfare la (6.47). Un esempio di segnale appartenente a questa famiglia è l’esponenziale monolatero decrescente. Esempio 6.18 (trasformata di Fourier dell’esponenziale monolatero decrescente TD) Consideriamo l’esponenziale monolatero TD x(n) = A an u(n), con A ∈ R e 0 < |a| < 1. Si tratta di un segnale di durata praticamente limitata e sommabile (la sommabilità è garantita dal’ipotesi |a| < 1). Sostituendo l’espressione di x(n) nell’equazione di analisi (6.11), si ha: +∞
+∞
n=0
n=0
X(ν ) = A ∑ an e− j2πν n = A ∑ (a e− j2πν )n . L’espressione precedente è una serie geometrica la cui ragione a e− j2πν è in modulo strettamente minore di uno, in quanto |a e− j2πν | = |a| < 1 per ipotesi. Ricordando l’espressione della somma di una serie geometrica, si ottiene la seguente trasformata notevole: A . (6.52) 1 − a e− j2πν La trasformata di Fourier di un esponenziale monolatero decrescente è una funzione periodica di periodo unitario a valori complessi e, in accordo con la prop. 6.8, è limitata e continua. È interessante osservare che la trasformata (6.52) può essere interpretata come la risposta in frequenza H(ν ) di un sistema AR del primo ordine (cfr. es. 4.20), il cui legame i-u è descritto dall’equazione alle differenze y(n) = a y(n−1)+b x(n), con b = A; conseguentemente, ricordando che la risposta in frequenza è la trasformata di Fourier della risposta impulsiva, il segnale x(n) può essere visto come la risposta impulsiva h(n) del sistema (cfr. es. 4.17). Si osservi inoltre che, nell’es. 4.20, la risposta in frequenza H(ν ) del sistema AR del primo ordine non è stata calcolata direttamente a partire da h(n) come è stato qui fatto con X(ν ) a partire da x(n), ma è stata invece calcolata indirettamente sfruttando la proprietà della risposta ad un fasore di un sistema LTI (cfr. prop. 4.10). Assumendo A > 0, gli spettri di ampiezza e fase del segnale x(n) considerato sono dati da: FT
x(n) = A an u(n) ←→ X(ν ) =
|X(ν )| = $
A
[1 − a cos(2πν )]2 + a2 sin (2πν ) a sin(2πν ) , X(ν ) = − arctan 1 − a cos(2πν ) 2
=#
A 1 + a2 − 2 a cos(2πν )
,
288
Trasformata di Fourier
2 |X(ν)|
|X(ν)|
2 1 0
0 −1
−0.5
0 ν
0.5
1
−1
−0.5
0 ν
0.5
1
−1
−0.5
0 ν
0.5
1
1 ∠ X(ν)
1 ∠ X(ν)
1
0 −1
0 −1
−1
−0.5
0 ν
0.5
1
Fig. 6.14. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) delle trasformata di Fourier X(ν ) dell’esponenziale monolatero x(n) = A an u(n) per A = 1 e a = 0.5 (es. 6.18).
Fig. 6.15. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) delle trasformata di Fourier X(ν ) dell’esponenziale monolatero x(n) = A an u(n) per A = 1 e a = −0.5 (es. 6.18).
i cui andamenti sono raffigurati in fig. 6.14 e 6.15, nel caso in cui 0 < a < 1 e −1 < a < 0, rispettivamente. Osserviamo che, essendo il segnale x(n) reale, lo spettro di ampiezza è pari e lo spettro di fase è dispari (simmetria hermitiana, cfr. prop. 6.3). Una differenza importante che emerge dal confronto tra gli spettri di ampiezza per 0 < a < 1 e −1 < a < 0 è il fatto che, nel primo caso, si ha un massimo per ν = 0 (e, per la periodicità, per tutti i punti ν = k, k ∈ Z), mentre, nel secondo caso, si ha un massimo per ν = 12 (e, per la periodicità, per tutti i punti ν = 12 + k, k ∈ Z). Ricordando (cfr. § 2.3.3) che nel caso TD le frequenze ν = 12 + k, k ∈ Z, rappresentano quelle dei fasori più rapidamente variabili (e quindi vanno considerate come le alte frequenze nel caso TD), possiamo concludere che per −1 < a < 0 i fasori e j2πν n che contribuiscono maggiormente alla sintesi del segnale sono quelli ad alta frequenza (vedremo che un segnale di questo tipo si dice ad alta frequenza o passaalto), mentre per 0 < a < 1 i fasori e j2πν n che contribuiscono maggiormente alla sintesi del segnale sono quelli a bassa frequenza (vedremo che un segnale di questo tipo si dice a bassa frequenza o passabasso).
La prop. 6.8 mostra che lo studio dell’esistenza e dell’invertibilità della trasformata di Fourier dei segnali sommabili a TD è particolarmente semplice. Osserviamo però che tale proprietà non può essere applicata a tutti i segnali transitori, in quanto esistono segnali transitori x(n) che, pur tendendo a zero per |n| → +∞, non risultano sommabili. Tuttavia, il venir meno della sommabilità di x(n) non significa necessariamente che tale segnale non sia rappresentabile secondo Fourier. Infatti, ricordiamo che la sommabilità del segnale x(n) è una condizione sufficiente, ma non necessaria, per l’esistenza ed invertibilità della trasformata X(ν ). A supporto di questa affermazione, consideriamo il seguente esempio, nel quale procediamo in senso contrario a quanto fatto solitamente, ovvero partiamo dalla trasformata X(ν ) nel dominio dell frequenza e ricaviamo il segnale x(n) nel dominio del tempo. Esempio 6.19 (trasformata di Fourier della sinc a TD) Consideriamo il seguente spettro, periodico di periodo 1:
ν 1 rep1 rect X(ν ) = . (6.53) 2νc 2νc con 0 < νc < 12 , rappresentato graficamente in fig. 6.16 per νc = 14 . Si noti che, a differenza della trasformata dell’impulso TD (cfr. es. 6.17) e dell’esponenziale monolatero decrescente (cfr. es. 6.18), questa trasformata non è continua, in quanto presenta delle discontinuità di prima specie nei punti ν = ±νc + k, con k ∈ Z. Pertanto, essa non può essere la trasformata di Fourier di un segnale sommabile, in quanto la condizione (i) della prop. 6.8
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
289
1 0.8
X(ν)
x(n)
0.6 0.4 0.2 0 −0.2 −1
ν −1 −0.5 c
νc
−ν
c
0.5
1−ν
c
1
−0.4 −5
ν
Fig. 6.16. Spettro del segnale x(n) = sinc(2νc n) per νc = 14 (es. 6.19).
0 n
5
Fig. 6.17. Il segnale x(n) = sinc(2νc n) per νc = (es. 6.19).
1 4
non è soddisfatta. Ci chiediamo allora se esiste e qual’è il segnale (non sommabile) x(n) che ha X(ν ) come trasformata di Fourier. La risposta a questa domanda si ottiene direttamente sostituendo la (6.53) nell’equazione di sintesi (6.12), e calcolando il corrispondente integrale. Notando che, nel periodo ν ∈ (−1/2, 1/2), la X(ν ) data dalla (6.53) si riduce (fig. 6.16) ad una semplice finestra rettangolare, si ha:
1/2 νc 1 ν 1 sin(2πνc n) x(n) = = sinc(2νc n) . rect e j2πν n dν = e j2πν n dν = 2νc 2νc −νc 2πνc n −1/2 2νc Si ottiene pertanto la seguente trasformata notevole:
ν 1 FT x(n) = sinc(2νc n) ←→ X(ν ) = rep1 rect . 2νc 2νc
(6.54)
Osserviamo che il segnale x(n) = sinc(2νc n) (raffigurato in fig. 6.17 per νc = 14 ) non è effettivamente sommabile in quanto, pur essendo infinitesimo all’infinito, decade a zero come 1/|n| per |n| → +∞. Questo risultato è in perfetto accordo, come già osservato, con il fatto che siamo partiti da una trasformata discontinua. In particolare, poiché X(ν ) è discontinua alle frequenze ν = ±νc , si ha che in questo caso la serie di funzioni (6.45) non può convergere uniformemente ad X(ν ), per ν ∈ (−1/2, 1/2), in quanto la somma di una serie uniformemente convergente di funzioni continue (quali sono i fasori e− j2πν n ) è sempre una funzione continua. In questo caso, si può dimostrare che la serie di funzioni +∞
∑
sinc(2νc n) e− j2πν n
(6.55)
n=−∞
converge uniformemente ad X(ν ) in ogni intervallo di (−1/2, 1/2) che non contiene i punti di discontinuità ±νc , mentre la convergenza non è uniforme in ogni intervallo che contiene i punti di discontinuità; in particolare, in corrispondenza delle frequenze ν = ±νc , la serie (6.55) converge al valore 12 [X(ν + ) + X(ν − )] = 41νc . Notiamo infine che anche nel caso TD la sinc è un segnale a banda rigorosamente limitata, in quanto è rappresentato nel dominio della frequenza esclusivamente dai fasori aventi frequenze |ν | ≤ νc .
L’es. 6.19 consente di trarre alcune conclusioni importanti. Innanzitutto, il segnale transitorio x(n) = sinc(2νc n), non sommabile, ammette come trasformata di Fourier il segnale X(ν ) ricavato indirettamente nell’esempio, a partire dal quale è possibile sintetizzare il segnale x(n) per ogni n ∈ Z. Inoltre, come già messo in evidenza nel caso TC, se si rimuove l’ipotesi che il segnale x(n) sia sommabile, non è più garantita la continuità della sua trasformata X(ν ). Infine, si osservi che, se non si richiede che la
290
Trasformata di Fourier
serie di funzioni (6.45) converga uniformemente o puntualmente, la trasformata di Fourier a TD esiste più in generale per segnali x(n) di energia (successioni a quadrato sommabile); in questo caso, tuttavia, la convergenza della (6.45) è da intendersi in media quadratica. Il problema della convergenza in media quadratica della trasformata di Fourier a TD è discusso in app. F. Segnali TD persistenti
Abbiamo osservato che una condizione sufficiente (ma non necessaria) per l’esistenza della trasformata di Fourier X(ν ) di un segnale x(n) è quella che x(n) sia sommabile, oppure a quadrato sommabile. I segnali persistenti, quali ad esempio il segnale costante e tutti i segnali periodici non soddisfano tali condizioni. Similmente al caso TC, anche per i segnali TD si pone quindi il problema di estendere la rappresentazione di Fourier alla classe dei segnali persistenti e, in particolare, ai segnali di potenza. In alcuni casi, la trasformata di un segnale persistente si può ottenere più in generale ricorrendo a procedure al limite, per il cui uso rigoroso occorre introdurre il concetto di limite di una distribuzione.26 Come fatto nel caso TC, anche per i segnali TD, eviteremo di ricorrere alla teoria delle distribuzioni e cercheremo di calcolare le trasformate di interesse per altra via. Questo compito è più complicato per i segnali TD rispetto ai segnali TC, in quanto nel caso dei segnali TD viene a mancare la proprietà di dualità della trasformata di Fourier che, come abbiamo visto nel § 6.3.3, consente invece di calcolare formalmente la trasformata a TC di alcuni segnali persistenti senza dover ricorrere al calcolo diretto. Il primo segnale persistente di cui calcoleremo la trasformata di Fourier sarà il segnale costante a TD. Per tale calcolo, tuttavia, ci serviremo di un risultato notevole associato alla serie di Fourier di un particolare segnale periodico TC, denominato pettine di δ , discusso nell’esempio che segue. Esempio 6.20 (serie di Fourier a TC del pettine di δ di periodo unitario) Consideriamo il seguente segnale TC periodico di periodo T0 = 1: δ4(t) = rep1 [δ (t)] =
+∞
∑
δ (t − m) ,
(6.56)
m=−∞
ottenuto replicando con passo unitario l’impulso di Dirac centrato nell’origine e avente area unitaria. Tale segnale è anche noto come pettine di δ (in inglese, “comb”) ed è rappresentato simbolicamente in fig. 6.18. Trattandosi di un segnale periodico di periodo T0 = 1 e frequenza fondamentale f0 = T10 = 1, il pettine di δ può essere rappresentato in serie di Fourier come:
δ4(t) =
+∞
∑
Xk e j2π kt ,
(6.57)
k=−∞
dove i coefficienti di Fourier sono dati da: Xk =
1/2 −1/2
δ4(t) e− j2π kt dt ,
(6.58)
e come periodo di integrazione abbiamo scelto per convenienza di calcolo l’intervallo t ∈ (−1/2, 1/2). Sostituendo la (6.56) nell’espressione dei coefficienti di Fourier, si ottiene: ! Xk =
1/2
+∞
−1/2
m=−∞
∑
δ (t − m) e− j2π kt dt =
+∞
∑
1/2
m=−∞ −1/2
δ (t − m) e− j2π kt dt ,
da cui effettuando il cambio di variabile u = t − m segue che: Xk = 26 Esempi
+∞
∑
1/2−m
m=−∞ −1/2−m
j2π km δ (u) e− j2π ku e− du = =1
+∞
∑
1/2−m
m=−∞ −1/2−m
δ (u) e− j2π ku du .
di calcolo al limite della trasformata di Fourier a TD sono presentati in app. F.
(6.59)
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
291
Ricordando la proprietà di integrazione definita della delta di Dirac [cfr. prop. 2.2(h)], si ha: 1/2−m 1 , se −1/2 − m < 0 < 1/2 − m ; − j2π ku δ (u) e du = 0 , altrimenti ; −1/2−m ovvero 1/2−m −1/2−m
− j2π ku
δ (u) e
1 , se −1/2 < m < 1/2 ; du = 0 , altrimenti .
L’unico valore di m ∈ Z che soddisfa la disuguaglianza −1/2 < m < 1/2 è il valore m = 0. Pertanto: 1/2−m 1 , se m = 0 ; − j2π ku δ (u) e du = 0 , altrimenti . −1/2−m Ciò comporta che l’unico termine della sommatoria che fornisce un contributo non nullo nella (6.59) è quello relativo ad m = 0, per cui Xk = 1 ,
∀k ∈ Z .
In altri termini, i coefficienti di Fourier del pettine di δ di periodo unitario sono tutti uguali ad uno, indipendentemente da k. Si osservi che questo risultato si poteva ottenere più semplicemente (anche se in maniera meno rigorosa) ricorrendo all’interpretazione intuitiva dell’impulso di Dirac come funzione nulla ovunque tranne che nel punto di applicazione; in tal modo, poichè l’unico impulso del pettine di δ che cade nell’intervallo (−1/2, 1/2) è quello applicato in t = 0, la (6.58) si riduce a calcolare l’integrale Xk =
1/2 −1/2
δ (t) e− j2π kt dt = 1 ,
che è uguale ad uno, ∀k ∈ Z, sempre per la proprietà di integrazione definita della delta di Dirac. In definitiva, utilizzando nella (6.57) i coefficienti di Fourier calcolati precedentemente, il pettine di δ di periodo unitario può essere riscritto formalmente mediante l’equazione di sintesi della sua serie di Fourier: +∞
δ4(t) =
∑
e j2π kt ,
(6.60)
k=−∞
ovvero, anziché come somma di impulsi (6.56), come somma di fasori. Si noti che la convergenza della serie a secondo membro nella (6.60) al segnale δ4(t), ∀t ∈ R, va intesa nel senso delle distribuzioni; infatti tale serie non converge in senso ordinario per nessun valore di t, in quanto +∞
∑
e j2π kt =
k=−∞
+∞
∑
cos(2π kt) + j
k=−∞
+∞
∑
sin(2π kt) ,
k=−∞
e le successioni {cos(2π kt)}k∈Z e {sin(2π kt)}k∈Z non sono infinitesime per |k| → +∞. La (6.60) è un’identità notevole della teoria delle distribuzioni, e può essere vista come la versione periodica della relazione notevole (6.39): entrambe le relazioni trovano ampia applicazione nella teoria dei segnali.
Utilizzando il risultato ricavato nell’esempio precedente, in particolare la (6.60), nell’esempio che segue è calcolata la trasformata di Fourier del segnale x(n) = 1 (segnale costante a TD). Esempio 6.21 (trasformata di Fourier del segnale costante a TD) La trasformata di Fourier del segnale costante x(n) = 1 si scrive formalmente, a partire dall’equazione di analisi (6.11), come: X(ν ) =
+∞
∑
n=−∞
e− j2πν n .
(6.61)
292
Trasformata di Fourier
1
X(ν)
rep1[δ(t)]
1
−2
−1
0
1
2
−1
−0.5
0
0.5
1
ν
t
Fig. 6.18. Il segnale δ (t) = rep1 [δ (t)] (pettine di δ di periodo unitario) utilizzato nell’es. 6.20.
Fig. 6.19. Trasformata di Fourier X(ν ) del segnale x(n) = 1 (es. 6.21).
Notiamo che tale serie è assai simile a quella che compare al secondo membro della (6.60), e pertanto non converge in senso ordinario per nessun valore di ν . La sua somma nel senso delle distribuzioni si può ottenere però facilmente effettuando il cambiamento di variabile k = −n nella (6.60) e la sostituzione formale ν → t. Si ha allora: X(ν ) =
+∞
∑
e− j2πν n = δ˜ (ν ) ,
(6.62)
n=−∞
In virtù della (6.62), otteniamo la seguente trasformata notevole: FT x(n) = 1 ←→ X(ν ) = δ˜ (ν ) ,
(6.63)
ovvero la trasformata del segnale costante a TD è un pettine di δ nel dominio della frequenza, rappresentato simbolicamente in fig. 6.19. Si noti l’analogia tra la (6.63) e la (6.40) valida per il segnale costante a TC; l’unica differenza nel dominio della frequenza si spiega facilmente se si pensa che la trasformata del segnale costante a TD dev’essere necessariamente periodica, e quindi non potrebbe essere δ (ν ) (un singolo impulso) in stretta analogia al caso TC, ma dev’essere δ4(ν ), ovvero la replicazione periodica con passo unitario di δ (ν ). Per lo stesso motivo, possiamo osservare che anche nel caso TD il contenuto spettrale di un segnale costante si può considerare tutto concentrato alla frequenza ν = 0 (segnale a bassa frequenza) come nel caso TC, ma, per la periodicità dello spettro nel caso TD, tale contenuto (fig. 6.19) si può considerare equivalentemente concentrato a ciascuna frequenza ν = k ∈ Z. Osserviamo infine che per la (6.63) l’equazione di sintesi vale in senso ordinario, in quanto per la proprietà di integrazione definita della delta di Dirac si ha: x(n) =
1/2
valida ∀n ∈ Z.
−1/2
δ˜ (ν ) e j2πν n d ν =
1/2 −1/2
δ (ν ) e j2πν n d ν = 1 ,
Sfruttando la trasformata di Fourier del segnale costante, ed in particolare la (6.62), possiamo facilmente calcolare la trasformata di Fourier del fasore TD e della sinusoide TD.27 27 Le
trasformate di Fourier di altri segnali persistenti TD di interesse, quali il gradino ed il signum, saranno considerate successivamente.
6.3 Esistenza ed invertibilità della trasformata di Fourier
X(ν)
A
X(ν)
1
293
−1 ν0−1 −0.5
ν0
0.5
1
ν0+1
−ν0−1 −1 ν0−1 −0.5 −ν0
ν0
0.5 1−ν0
1 ν0+1
ν
ν
Fig. 6.20. Trasformata di Fourier X(ν ) del segnale x(n) = e j2πν0 n (0 < ν0 < 12 ) (es. 6.22).
Fig. 6.21. Trasformata di Fourier X(ν ) del segnale x(t) = A cos(2πν0t) per A > 0 e 0 < ν0 < 12 (es. 6.23).
Esempio 6.22 (trasformata di Fourier del fasore a TD) Il fasore TD x(n) = e j2πν0 n è un segnale persistente, e risulta periodico nel tempo solo se la sua frequenza ν0 è un numero razionale (cfr. prop. 2.5). Utilizzando l’equazione di analisi (6.11), la trasformata del fasore TD si scrive formalmente come X(ν ) =
+∞
∑
+∞
e j2πν0 n e− j2πν n =
n=−∞
∑
e− j2π (ν −ν0 )n ,
(6.64)
n=−∞
che non converge in senso ordinario, per nessun valore di ν . Per calcolare la somma di tale serie in senso geneeralizzato, possiamo ricorrere alla (6.62); infatti, mediante la semplice sostituzione formale ν − ν0 → ν nella (6.62), si ha +∞
∑
e− j2π (ν −ν0 )n = δ4(ν − ν0 ) ,
n=−∞
per cui si ottiene la seguente trasformata notevole FT x(n) = e j2πν0 n ←→ X(ν ) = δ˜ (ν − ν0 ) .
(6.65)
Si osservi che il risultato ottenuto sussiste sia quando ν0 è razionale (e quindi il fasore è periodico) che quando ν0 è irrazionale (e quindi il fasore è aperiodico). Per determinare la rappresentazione grafica di X(ν ), poichè due fasori le cui frequenze differiscono di un numero intero sono indistinguibili (cfr. prop. 2.4), è possibile considerare senza perdità di generalità il caso ν0 ∈ (−1/2, 1/2). Inoltre, poiché δ4(ν − ν0 ) = rep1 [δ (ν − ν0 )], la trasformata X(ν ) si ottiene replicando con passo unitario l’impulso di Dirac di area unitaria centrato alla frequenza ν0 , il che conduce alla rappresentazione simbolica di fig. 6.20. Notiamo che anche nel caso TD il contenuto spettrale di un fasore è concentrato alla frequenza ν0 e, per la periodicità, anche a tutte le frequenze ν0 + k, ∀k ∈ Z. Esempio 6.23 (trasformata di Fourier del segnale sinusoidale TD) A partire dalla trasformata del fasore, si può calcolare agevolmente anche la trasformata del segnale sinusoidale TD x(n) = A cos(2πν0 n + ϕ0 ), con A, ν0 , ϕ0 ∈ R. Esso è un segnale persistente, e risulta periodico solo se la sua frequenza ν0 è un numero razionale. Anche in questo caso, il calcolo diretto della trasformata di x(n) si può evitare, osservando che, in virtù delle formule di Eulero, un segnale sinusoidale si può decomporre nella combinazione lineare di due fasori a frequenze ±ν0 , ossia: x(n) = A cos(2πν0 n + ϕ0 ) =
A jϕ0 j2πν0 n A − jϕ0 − j2πν0 n e e + e e . 2 2
294
Trasformata di Fourier
Applicando la proprietà di linearità della trasformata di Fourier, si ottiene: X(ν ) =
A j ϕ0 A e F[e j2πν0 n ] + e− jϕ0 F[e− j2πν0 n ] . 2 2
Utilizzando la trasformata (6.65) per i due fasori, si ha: FT
x(n) = A cos(2πν0 n + ϕ0 ) ←→ X(ν ) =
A j ϕ0 ˜ A e δ (ν − ν0 ) + e− jϕ0 δ˜ (ν + ν0 ) . 2 2
(6.66)
Come mostrato in fig. 6.21, nella quale è rappresentato lo spettro per ϕ0 = 0, la trasformata di Fourier del segnale sinusoidale TD si ottiene partendo da due righe spettrali, alle frequenze ±ν0 , che si ripetono periodicamente con periodo unitario. L’area sottesa dagli impulsi dipende in generale dall’ampiezza e dalla fase iniziale del segnale; notiamo, peraltro, che le aree degli impulsi a frequenze positive sono complesse coniugate di quelle degli impulsi a frequenze negative, di modo che la trasformata di Fourier X(ν ) soddisfi la proprietà di simmetria hermitiana caratteristica dei segnali x(n) reali. Come nel caso TC, può risultare conveniente derivare la forma esplicita dello spettro quando il segnale sinusoidale è espresso tramite la funzione sin(x), ovvero x(n) = A sin(2πν0 n + ϕ0 ). Anche in questo caso, applicando le formule di Eulero, si ha: x(n) = A sin(2πν0 n + ϕ0 ) =
A jϕ0 j2πν0 n A − jϕ0 − j2πν0 n e e − e e . 2j 2j
Applicando la proprietà di linearità della trasformata di Fourier, si ottiene: X(ν ) =
A j ϕ0 A e F[e j2πν0 n ] − e− jϕ0 F[e− j2πν0 n ] . 2j 2j
Utilizzando la trasformata (6.65), si ha in definitiva: FT
x(n) = A sin(2πν0 n + ϕ0 ) ←→ X(ν ) =
A j ϕ0 ˜ A e δ (ν − ν0 ) − e− jϕ0 δ˜ (ν + ν0 ) . 2j 2j
(6.67)
Anche in questo caso, lo spettro si ottiene a partire da un coppia di righe spettrali, alle frequenze ±ν0 , che si ripetono periodicamente con periodo unitario. Per le aree degli impulsi, valgono osservazioni simili a quelle già fatte per la (6.66).
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
295
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale Abbiamo visto che gran parte dei segnali di interesse (teorico e pratico) possono essere rappresentati nel dominio della frequenza attraverso la trasformata di Fourier. In particolare, con riferimento al caso TC, l’equazione di sintesi (6.8) consente di rappresentare un segnale x(t) come sovrapposizione di fasori o componenti spettrali, aventi ampiezza complessa X( f ) e frequenza f variabile con continuità su R. Analogamente, nel caso TD, l’equazione di sintesi (6.12) consente di rappresentare un segnale x(n) come sovrapposizione di fasori o componenti spettrali, aventi ampiezza complessa X(ν ) e frequenza ν variabile con continuità nell’intervallo finito (− 12 , 12 ). In entrambi i casi, lo spettro di ampiezza |X(·)| determina il peso che ciascun fasore ha nella sintesi del segnale x(·): i fasori aventi frequenze per le quali |X(·)| assume valori significativi contribuiscono maggiormente alla sintesi del segnale, mentre i fasori aventi frequenze per le quali |X(·)| assume valori trascurabili, o al limite nulli, contribuiscono poco o non contribuiscono affatto alla sintesi del segnale x(·). La conoscenza dell’intervallo di frequenza dove lo spettro di ampiezza |X(·)| del segnale è non trascurabile è importante per due motivi. Dal punto di vista della sintesi dei segnali a TC, la ricostruzione esatta del segnale x(t) è possibile in generale solo calcolando un integrale esteso a tutto l’asse delle frequenze, e quindi può essere fatta solo dal punto di vista analitico;28 tuttavia, se l’intervallo di frequenza ove |X( f )| assume valori significativamente diversi da zero ha misura finita, in pratica il segnale x(t) può essere ricostruito con buona approssimazione a partire dal suo spettro restringendo il calcolo dell’integrale (6.8) ad un intervallo di misura finita.29 Dal punto di vista dell’elaborazione dei segnali, inoltre, abbiamo visto nel § 6.2 che un sistema LTI è in grado di modificare le ampiezze e le fasi delle componenti spettrali del segnale di ingresso (selettività in frequenza), e quindi può alterare in particolare il peso relativo (ovvero l’ampiezza) di ciascun fasore nella sintesi del segnale. Tale alterazione può determinare modifiche anche profonde della forma del segnale di ingresso; pertanto, la conoscenza della risposta in frequenza del sistema e dell’intervallo di frequenze ove |X(·)| è non trascurabile consente di valutare a priori se il segnale subirà o meno modifiche significative nel passaggio attraverso un dato sistema LTI. L’intervallo di frequenza ove lo spettro di ampiezza |X(·)| del segnale è non trascurabile è comunemente denominato estensione spettrale del segnale, e la sua misura è detta larghezza di banda (in inglese, bandwidth) o, più semplicemente, banda. Definizione 6.3 (estensione spettrale e banda di un segnale) (a) L’estensione spettrale Wx ⊆ R di un segnale TC x(t) è l’intervallo di frequenza in cui il suo spettro di ampiezza |X( f )| assume valori non trascurabili. La banda di x(t) è la misura Bx ≥ 0 dell’insieme Wx . (b) L’estensione spettrale Wx ⊆ (ν , ν + 1), con ν ∈ R, di un segnale TD x(n) è l’intervallo di frequenza in cui il suo spettro di ampiezza |X(ν )| assume valori non trascurabili sul periodo (ν , ν + 1). La banda di x(n) è la misura 0 ≤ Bx ≤ 1 dell’insieme Wx . La differenza fondamentale tra la definizione di estensione spettrale di un segnale TC e TD è legata al fatto che lo spettro X(ν ) di un segnale TD è sempre periodico di periodo unitario, mentre lo spettro X( f ) di un segnale TC è in generale aperiodico. Pertanto, la caratterizzazione di X(ν ) può essere fatta senza perdità di generalità limitando l’analisi ad un periodo; in tal caso, come intervallo di riferimento 28 Rispetto al caso TC, la sintesi di un segnale TD è meno problematica in pratica, in quanto la ricostruzione esatta di un segnale TD richiede la valutazione di un integrale esteso ad un intervallo di misura unitario. 29 Tale problema è essenzialmente lo stesso di quello della sintesi di un segnale periodico TC utilizzando solo un numero finito di armoniche (cfr. § 5.2.2).
296
Trasformata di Fourier
X(f)
X(ν)
(a)
(b)
0 Wx
f
-1/2
0 Wx
1/2
ν
Fig. 6.22. Segnale passabasso: (a) TC; (b) TD.
si può scegliere un arbitrario periodo (ν , ν + 1) di X(ν ); le scelte più comuni sono gli intervalli (− 12 , 12 ) (corrispondente a ν = − 12 ) e (0, 1) (corrispondente a ν = 0). Nel seguito faremo riferimento per i segnali TD esclusivamente all’intervallo (− 12 , 12 ). Osserviamo inoltre che le definizioni di estensione spettrale e banda ricordano molto da vicino le definizioni di estensione Dx e durata temporale ∆x di un segnale x(·) (cfr. def. 2.1); infatti, estensione e durata temporale di un segnale sono due parametri sintetici che caratterizzano il segnale nel dominio del tempo, ovvero sono definiti a partire dal segnale x(·); dualmente, estensione spettrale e banda sono due parametri sintetici che caratterizzano il segnale nel dominio della frequenza, ovvero sono definiti a partire dallo spettro X(·) del segnale x(·). In altri termini, durata temporale e banda sono misure duali dell’estensione di un segnale nel dominio del tempo e della frequenza, rispettivamente. Vedremo più avanti (cfr.§ 6.5.2) che sussiste una relazione di inversa proporzionalità tra durata e banda di un segnale. Analogamente alla definizione di estensione temporale di un segnale, la definizione di estensione spettrale contiene un certo grado di arbitrarietà circa l’interpretazione di quali valori dello spettro di ampiezza siano trascurabili e quali no. Conseguentemente, non esiste una definizione di estensione spettrale universalmente accettata: la definizione più appropriata dipende dal tipo di segnale e dalla specifica applicazione considerata. Rileviamo esplicitamente che la definizione data di estensione spettrale si riferisce sia alle frequenze positive ( f ≥ 0 per i segnali TC e ν ∈ [0, 12 [ per i segnali TD) in cui |X(·)| assume valori non trascurabili sia alle frequenze negative ( f < 0 per i segnali TC e ν ∈] − 12 , 0[ per i segnali TD). Per questo motivo, l’intervallo Wx è anche detto estensione spettrale bilatera e, conseguentemente, Bx è detta banda bilatera. Tuttavia, per i segnali reali è sufficiente considerare solo le frequenze positive (o, equivalentemente, solo le frequenze negative), in quanto lo spettro gode della proprietà di simmetria hermitiana (cfr. prop. 6.3) e, quindi, lo spettro di ampiezza è una funzione pari della frequenza. Così facendo, l’estensione spettrale Wx è definita come sottoinsieme di [0, +∞[ nel caso dei segnali TC, oppure di [0, 12 [ nel caso dei segnali TD. In questo caso, si parla di estensione spettrale monolatera e, conseguentemente, di banda monolatera. Evidentemente, la banda bilatera di un segnale reale è esattamente il doppio della banda monolatera, e quindi la conoscenza della sola banda monolatera è sufficiente per caratterizzare sinteticamente lo spettro di ampiezza |X(·)| di un segnale reale. Osserviamo infine che, mentre la banda di un segnale TC si misura in Hertz (Hz) e multipli (kHz, MHz, GHz i più comuni), la banda di un segnale TD, così come la frequenza ν , è in effetti adimensionale. Una prima classificazione qualitativa dei segnali sulla base della loro estensione spettrale è quella
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
297
X(f)
X(ν)
(a)
(b)
f
0 Wx
Wx
-1/2
0 Wx
1/2
ν
Wx
Fig. 6.23. Segnale passaalto: (a) TC; (b) TD.
tra segnali passabasso, passaalto e passabanda:30 • Segnali passabasso o a bassa frequenza: sono caratterizzati da un’estensione spettrale essenzialmente concentrata alle basse frequenze, vale a dire da una Wx posizionata intorno alla frequenza f = 0 nel caso TC, oppure intorno alla frequenza ν = 0 nel caso TD. Se il segnale x(·) è reale, il suo spettro gode della proprietà di simmetria hermitiana e, quindi, lo spettro di ampiezza è una funzione pari della frequenza; in questo caso, se x(·) è passabasso, l’estensione spettrale Wx è perfettamente centrata intorno alla frequenza nulla (fig. 6.22). • Segnali passaalto o ad alta frequenza: sono caratterizzati da un’estensione spettrale essenzialmente concentrata alle alte frequenze, ovvero da una Wx posizionata intorno alle frequenze f = ±∞ nel caso TC, oppure intorno alle frequenze ν = ±1/2 nel caso TD. In fig. 6.23 è riportato lo spettro di un segnale reale passaalto sia nel caso TC che TD. • Segnali passabanda o a media frequenza: sono segnali caratterizzati da un’estensione spettrale essenzialmente concentrata a frequenze intermedie, ovvero da una Wx posizionata intorno a ± f0 ∈ R − {0} nel caso TC, oppure intorno a ±ν0 nel caso TD, con ν0 ∈ (− 12 , 12 ) − {0}.31 Se il segnale x(·) è reale, il suo spettro gode della proprietà di simmetria hermitiana e, quindi, lo spettro di ampiezza è una funzione pari della frequenza; in questo caso, se x(·) è passabanda, si avranno due intervalli di frequenza simmetricamente posizionati intorno alle frequenze f = ± f0 nel caso TC e ν = ±ν0 nel caso TD (fig. 6.24). Notiamo in particolare l’importante differenza, nel caso di segnale passalto, tra segnali TC e TD (si tratta della stessa differenza già evidenziata con riferimento ai filtri ideali). Infatti, come conseguenza della periodicità dello spettro nel caso TD, il segnale passaalto nel caso TD ha una estensione spettrale centrata nell’intorno di ν = ± 12 , e non nell’intorno di f = ±∞ come nel caso TC. Questo corrisponde al fatto, osservato per la prima volta nel § 2.3.3, che nel caso TD il fasore più rapidamente variabile è quello con frequenza ν = ± 12 , e quindi la massima frequenza a TD è proprio ν = ± 12 . 30 Una
classificazione simile è già stata fatta con riferimento ai filtri ideali (§ 5.6). Sebbene per alcuni aspetti la caratterizzazione nel dominio della frequenza di segnali e sistemi possa essere trattata in maniera unificata – in fondo la risposta in frequenza H(·) di un sistema LTI non è altro che la trasformata di Fourier del “segnale” h(·) – dal punto di vista operativo i concetti di banda di un segnale e di un sistema possono differire notevolmente. Per questo motivo, questo paragrafo è prevalentemente dedicato allo studio dei segnali propriamente detti, mentre il caso dei sistemi sarà approfondito più avanti. 31 Nelle comunicazioni elettriche, i segnali passabanda a TC (con f che assume valori da qualche centinaia di kHz fino 0 alle centinaia di GHz) sono anche denominati segnali a radiofrequenza e la frequenza f0 è detta frequenza portante.
298
Trasformata di Fourier
X(f)
X(ν)
(a)
(b)
f0 Wx
-f0 Wx
f
-1/2
-ν0 Wx
ν0 Wx
1/2
ν
Fig. 6.24. Segnale passabanda: (a) TC; (b) TD.
A differenza della classificazione precedente, di tipo qualitativo, la banda di un segnale fornisce una caratterizzazione quantitativa (ovvero un valore numerico) dell’intervallo di frequenze in cui lo spettro assume valori non trascurabili. Come già detto, non è possibile dare una definizione univoca di banda, per l’ambiguità legata all’uso del termine “non trascurabile” nella sua definizione. Essa dipende piuttosto dalla natura frequenziale del segnale (passabasso, passaalto o passabanda), dalla forma dello spettro di ampiezza, e dallo specifico campo di applicazione. Nel seguito del paragrafo faremo principalmente riferimento a segnali di tipo passabasso; altri esempi con riferimento a segnali passabanda e passaalto saranno forniti nel seguito del capitolo. In maniera simile a quanto visto per la caratterizzazione dei segnali in termini di durata, possiamo considerare le due grandi famiglie dei segnali a banda limitata (ulteriormente suddivisi in segnali a banda rigorosamente limitata e segnali a banda praticamente limitata), e quella dei segnali a banda non limitata. 6.4.1 Segnali a banda rigorosamente limitata
Un segnale TC x(t) si dice a banda rigorosamente limitata se la sua trasformata di Fourier X( f ) è identicamente nulla al di fuori di un certo intervallo ( f1 , f2 ), con f2 > f1 valori reali finiti. In tal caso, in modo del tutto naturale, si considerano trascurabili solo i valori nulli dello spettro del segnale. Pertanto, l’estensione spettrale (bilatera) del segnale è data da Wx = ( f1 , f2 ), e la sua banda (bilatera) è pari ad Bx = f2 − f1 . Nel caso dei segnali x(t) reali, per i quali la trasformata di Fourier gode della proprietà di simmetria hermitiana, se risulta X( f ) = 0 in corrispondenza di un certo valore di f > 0, allora risulta necessariamente anche X(− f ) = X ∗ ( f ) = 0, per cui l’estensione spettrale del segnale ( f1 , f2 ) è necessariamente simmetrica rispetto all’origine, cioè Wx = (−W,W ), con W ≥ 0. Conseguentemente, la trasformata di Fourier di un segnale x(t) reale a banda rigorosamente limitata soddisfa la seguente condizione: X( f ) = 0 ,
∀| f | ≥ W ,
(6.68)
per cui la banda bilatera del segnale è pari a Bx = 2W . Ricordando che per segnali reali si può far riferimento più semplicemente all’estensione spettrale ed alla banda monolatera, la prima vale Wx = (0,W ), e la sua misura Bx = W rappresenta la banda monolatera. Un tipico spettro di un segnale reale TC a banda rigorosamente limitata è quello riportato in fig. 6.25(a). Per i segnali TD valgono considerazioni simili, tenendo conto come al solito della periodicità di periodo unitario della trasformata di Fourier X(ν ). In particolare, la condizione di annullamento di X(ν ) può essere data con riferimento al solo periodo (− 12 , 12 ), per cui un segnale TD x(n) si dice a banda rigorosamente limitata se, con riferimento al solo intervallo (− 12 , 12 ), la sua trasformata di
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
299
X(f)
X(ν)
(a)
(b)
-W
W Bx
f
-1/2
-W
W
1/2
ν
Bx
Fig. 6.25. Segnale a banda rigorosamente limitata. (a) Caso TC. (b) Caso TD.
Fourier X(ν ) è identicamente nulla al di fuori di un certo intervallo (ν1 , ν2 ), con ν2 > ν1 e (ν1 , ν2 ) ⊂ (− 12 , 12 ). In tal caso, l’estensione spettrale (bilatera) del segnale x(n) è per definizione Wx = (ν1 , ν2 ), e la sua banda (bilatera) è pari ad Bx = ν2 − ν1 . Nel caso in cui il segnale x(n) sia reale, in virtù della simmetria hermitiana del suo spettro, l’estensione spettrale è necessariamente simmetrica, si ha cioè Wx = (−W,W ), con 0 < W < 12 . In altri termini, un segnale TD reale x(n) a banda rigorosamente limitata soddisfa, limitatamente al periodo (− 12 , 12 ), la seguente condizione: X(ν ) = 0 ,
∀|ν | ≥ W .
(6.69)
Per un segnale del genere, evidentemente è conveniente ragionare in termini di estensione frequenziale monolatera Wx = (0,W ) e banda monolatera Bx = W . Uno spettro caratteristico di un segnale TD reale a banda rigorosamente limitata è quello riportato in fig. 6.25(b). Notiamo in conclusione che un segnale (TC o TD) a banda rigorosamente limitata è necessariamente passabasso, o al limite passabanda, ma non può essere di tipo passaalto. Esempio 6.24 (banda del segnale sinc) Un esempio di segnale TC con banda rigorosamente limitata è il segnale x(t) = sinc(t), la cui trasformata di Fourier (cfr. es. 6.5) vale X( f ) = rect( f ) , che soddisfa la (6.68) per W = 12 . La banda bilatera di tale segnale è pertanto Bx = 2W = 1, quella monolatera è invece pari a Bx = W = 12 (tali bande sono misurate in Hz). Analogamente, un esempio di segnale TD a banda rigorosamente limitata è il segnale x(n) = sinc(2νc n), con 0 < νc < 12 , la cui trasformata (cfr. es. 6.19) è data da
ν 1 X(ν ) = rep1 rect , 2νc 2νc che soddisfa la (6.69) nell’intervallo (− 12 , 12 ) con W = νc . La banda bilatera di tale segnale è pertanto Bx = 2νc < 1, quella monolatera è invece pari a Bx = νc < 12 (tali bande sono adimensionali).
Nell’esempio precedente abbiamo considerato segnali aventi banda rigorosamente limitata; si noti tuttavia che tali segnali non hanno durata rigorosamente limitata. Vedremo più avanti che un segnale di durata rigorosamente limitata non può avere anche banda rigorosamente limitata, e viceversa. Poichè i segnali che si incontrano in pratica sono sempre di durata limitata (essi sono il risultato di osservazioni e/o elaborazioni su intervalli di tempo finiti), segue che i segnali a banda rigorosamente limitata rappresentano una pura astrazione matematica, utile tuttavia in alcuni modelli matematici.
300
Trasformata di Fourier
|X(f)|
|X(ν)| lobo principale
(a)
...
...
... Bx
lobo principale
(b)
f
-1/2
... Bx
1/2
ν
Fig. 6.26. Segnale con spettro a lobi. (a) Caso TC. (b) Caso TD.
Notiamo infine che, tra i segnali a banda rigorosamente limitata, un caso limite è costituito dai segnali che abbiamo denominato monocromatici (fasori e sinusoidi TC e TD): secondo la def. 6.3, in effetti, tali segnali, il cui spettro è costituito solo da funzioni concentrate in valori isolati di frequenza (impulsi di Dirac), possono essere a rigore visti come segnali passabanda, la cui estensione spettrale si riduce a Wx = { f0 } o Wx = {ν0 } nel caso di fasori TC o TD, rispettivamente, oppure a Wx = {− f0 , f0 } o Wx = {−ν0 , ν0 } nel caso di sinusoidi TC o TD, rispettivamente: in tutti questi casi, la banda vista come misura dell’estensione spettrale (ovvero, come misura continua di un insieme discreto) è nulla. Tuttavia, in alcuni casi può convenire riguardare tali segnali, anziché come passabanda, come segnali passabasso a banda rigorosamente limitata: in accordo con la (6.68) o la (6.69), la loro banda monolatera in effetti coincide con la massima frequenza delle componenti spettrali che li compongono, per cui si ha Bx = f0 nel caso TC e Bx = ν0 nel caso TD. 6.4.2 Segnali a banda praticamente limitata
In via del tutto generale, un segnale x(·) a banda praticamente limitata è un segnale il cui spettro di ampiezza |X(·)| tende a zero per f → ±∞ nel caso TC e per ν → ±1/2 nel caso TD, assumendo valori trascurabili (ma non rigorosamente nulli) al di fuori di un certo intervallo di frequenza. Quasi tutti i segnali di interesse pratico presentano banda praticamente limitata. In particolare, con riferimento ai segnali TC, in virtù della prop. 6.7 (convergenza a zero della X( f ) per | f | → +∞), possiamo dire che tutti i segnali x(t) sommabili (sottoclasse dei segnali transitori) sono a banda praticamente limitata. Tuttavia, per i segnali a banda praticamente limitata, l’interpretazione e la misura della banda non è altrettanto univoca come quella per i segnali a banda rigorosamente limitata; in effetti, è possibile dare differenti definizioni di banda, a seconda della forma dello spettro del segnale e della specifica applicazione. Nel seguito, con riferimento esclusivamente ai segnali reali, approfondiremo le seguenti definizioni di banda, particolarmente interessanti dal punto di vista applicativo: - la banda nullo-nullo; - la banda all’α % di energia; - la banda ad α dB. Banda nullo-nullo
Tale definizione di banda è applicabile a segnali aventi durata rigorosamente limitata, come la finestra rettangolare o la finestra triangolare. Si può dimostrare infatti che lo spettro di ampiezza di un segnale
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
301
reale con durata rigorosamente limitata, come la finestra rettangolare dell’es. 6.1, ha un tipico andamento a lobi, come quello evidenziato qualitativamente in fig. 6.26(a) nel caso TC, ed in fig. 6.26(b) nel caso TD. Per questo motivo, appare abbastanza naturale definire l’estensione spettrale Wx di tali segnali come l’intervallo di frequenze corrispondente al lobo principale (centrato su f = 0 oppure ν = 0) dello spettro di ampiezza. Di conseguenza, la banda Bx del segnale coincide con la larghezza del lobo principale, ed è denominata banda nullo-nullo o null-to-null bandwidth, proprio perché essa misura la distanza che intercorre tra i primi due nulli (in posizioni simmetriche rispetto ad f = 0 o a ν = 0) dello spettro di ampiezza. Si noti che la banda nullo-nullo, poiché misura la distanza tra il primo nullo a frequenza positiva ed il primo nullo a frequenza negativa, è una banda intrinsecamente bilatera. Esempio 6.25 (banda nullo-nullo della finestra rettangolare TC e TD) Si consideri la finestra rettangolare TC x(t) = A rect(t/T ), con A ∈ R e T ∈ R+ , la cui trasformata di Fourier, già calcolata nell’es. 6.1, vale X( f ) = A T sinc( f T ) . Lo spettro di ampiezza corrispondente, supponendo A > 0, è |X( f )| = A T |sinc( f T )| , ed è raffigurato in fig. 6.2 (grafico in alto), simile qualitativamente alla fig. 6.26(a). Da tale grafico, oppure per via analitica ricordando le proprietà della funzione sinc, si ricava che l’estensione spettrale del lobo principale è Wx = (− T1 , T1 ) e, conseguentemente, la banda nullo-nullo vale Bx = T2 . Ragionando in maniera analoga, si ricava che l’estensione spettrale e la banda nullo-nullo della finestra rettangolare a TD x(n) = RN (n) di lunghezza N > 1 (cfr. es. 6.2) valgono rispettivamente Wx = (− N1 , N1 ) ⊆ (− 12 , 12 ) e Bx = N2 ≤ 1 (per N = 1 la finestra rettangolare degenera nell’impulso discreto, il cui spettro è costante e quindi non ha il caratteristico andamento a lobi).
L’esempio precedente mostra che la banda nullo-nullo Bx della finestra rettangolare (TC o TD) risulta inversamente proporzionale alla sua durata temporale (Bx = 2/T per la finestra rettangolare a TC, Bx = 2/N per la finestra rettangolare a TD con N > 1). Questo risultato esprime il seguente concetto fondamentale, che è valido in generale (indipendentemente dalla definizione di banda adottata): se si riduce la durata temporale di un segnale, si aumenta la sua banda, e viceversa. Una conseguenza fondamentale di questa relazione è che è impossibile costruire segnali che abbiano contemporaneamente durata temporale e banda arbitrariamente piccole. Ritorneremo su questo concetto quando studieremo gli effetti nel dominio della frequenza di un cambiamento di scala dei tempi (proprietà di cambiamento di scala della trasformata di Fourier, cfr. § 6.5.2). Banda all’α % dell’energia
Per segnali a banda praticamente limitata che siano anche segnali di energia, è possibile fornire una definizione di banda che si basa su una particolare proprietà della trasformata di Fourier, nota come uguaglianza di Parseval: Proprietà 6.9 (uguaglianza di Parseval per la trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·), con x(·) segnale di energia, si ha: Ex = Ex =
+∞ −∞ +∞
∑
n=−∞
|x(t)| dt = 2
|x(n)|2 =
+∞ −∞ 1/2
−1/2
|X( f )|2 d f ,
|X(ν )|2 dν ,
(segnali TC) (segnali TD)
302
Trasformata di Fourier
Prova. Dimostriamo l’uguaglianza nel caso dei segnali TC, analoghi passaggi possono essere seguiti per la dimostrazione nel caso TD. A tal fine osserviamo che l’energia di un segnale TC è per definizione data da: Ex =
+∞ −∞
|x(t)|2 dt =
+∞ −∞
x(t) x∗ (t) dt ,
da cui, esprimendo x∗ (t) mediante l’equazione di sintesi (6.8), si ottiene: +∞ ∗ +∞ +∞ +∞ Ex = x(t) X( f ) e j2π f t d f dt = x(t) X ∗ ( f ) e− j2π f t d f dt . −∞ −∞ −∞ −∞ x∗ (t)
D’altra parte, poichè il segnale x(t) è di energia (a quadrato sommabile su R), è possibile scambiare l’ordine di integrazione,32 ottenendo così: +∞ +∞ +∞ +∞ X ∗( f ) x(t) e− j2π f t dt d f = X ∗ ( f ) X( f ) d f = |X( f )|2 d f , Ex = −∞ −∞ −∞ −∞ X( f )
dove nel passaggio dal primo al secondo integrale abbiamo utilizzato l’equazione di analisi (6.7).
L’uguaglianza di Parseval consente di affermare che l’energia di un segnale può essere calcolata nel dominio del tempo a partire da |x(·)|2 oppure, equivalentemente, nel dominio della frequenza a partire da |X(·)|2 . In altri termini, l’energia del segnale si conserva passando dal dominio del tempo a quello della frequenza. Notiamo che l’uguaglianza di Parseval afferma implicitamente che la trasformata di Fourier di un segnale x(·) di energia (a quadrato sommabile) è ancora un segnale X(·) di energia (a quadrato sommabile) nel dominio della frequenza. La funzione della frequenza
Sx (·) = |X(·)|2
(6.70)
prende il nome di densità spettrale di energia del segnale x(·). Si tratta di una funzione non negativa per definizione, ossia Sx (·) ≥ 0; inoltre, per segnali x(·) reali, in virtù della simmetria pari dello spettro di ampiezza (simmetria hermitiana), essa risulta essere una funzione pari della frequenza, Sx (−(·)) = Sx (·); infine, il nome densità spettrale di potenza deriva dal fatto che, per l’uguaglianza di Parseval, l’energia del segnale x(·) si può ottenere integrando Sx (·) su tutto l’asse delle frequenze (cioè per f ∈ R) nel caso TC, ovvero su ogni intervallo di frequenze di misura unitaria [ad esempio, per ν ∈ (− 12 , 12 )] nel caso TD. Si noti infine che l’uguaglianza di Parseval per la trasformata di Fourier vale solo per i segnali di energia, ed è la diretta controparte dell’uguaglianza di Parseval per la serie di Fourier (cfr. prop. 5.4), che vale solo per i segnali di potenza periodici. L’uguaglianza di Parseval consente di calcolare l’energia di un segnale operando nel dominio della frequenza, invece che nel dominio del tempo. Sulla base di tale uguaglianza, è allora possibile definire l’estensione spettrale Wx (e quindi la banda) di un segnale x(·), fissando un valore 0 < α < 1 (spesso espresso in percentuale) ed imponendo che l’energia del segnale nell’intervallo di frequenze Wx sia pari ad una frazione α Ex dell’energia totale. Nel caso TC, ad esempio, ciò significa risolvere rispetto a Wx la seguente relazione: EWx =
Wx
|X( f )|2 d f = α Ex ,
la cui soluzione Wx rappresenta l’intervallo di frequenza all’interno del quale è contenuta l’α % dell’energia totale Ex del segnale. Se il segnale x(t) è passabasso, la sua trasformata di Fourier sarà 32 Questo
risultato è una conseguenza diretta dei teoremi di Fubini e Tonelli.
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
303
concentrata intorno alle basse frequenze; inoltre, se x(t) è un segnale reale, il suo spettro di ampiezza |X( f )| sarà una funzione pari di f , e così pure |X( f )|2 . Di conseguenza, l’estensione spettrale del segnale x(t) sarà un intervallo simmetrico, del tipo Wx = (−W,W ), per cui la precedente relazione si scrive più esplicitamente: EW =
W −W
|X( f )|2 d f = α Ex .
(6.71)
Risolvendo questa equazione rispetto a W per un fissato α , si determina l’estensione spettrale del segnale x(t) come l’intervallo di frequenze che contiene una percentuale pari ad α dell’energia totale del segnale. La misura di questo intervallo di frequenze, pari a Bx = 2W , prende il nome di banda all’α % dell’energia (generalmente si utilizza in questo contesto la banda bilatera). Valori tipici del parametro α vanno da α = 0.9 (banda al 90% dell’energia), ad α = 0.95 (banda al 95% dell’energia), fino ad α = 0.99 (banda al 99% dell’energia). Esempio 6.26 (banda all’α % dell’energia dell’esponenziale monolatero decrescente a TC) Si consideri il segnale esponenziale monolatero x(t) = A e−t/T u(t), con ampiezza A ∈ R e costante di tempo T ∈ R+ . Si tratta di un segnale reale a quadrato sommabile la cui energia (cfr. es. 2.22) è pari a Ex =
+∞ −∞
|x(t)|2 dt =
A2 T . 2
(6.72)
Nell’es. 6.8 abbiamo calcolato la trasformata di Fourier di tale segnale, che vale X( f ) =
AT , 1 + j2π f T
da cui supponendo A > 0 si ricava lo spettro di ampiezza: |X( f )| = #
AT 1 + (2π f T )2
,
il cui andamento è riportato in fig. 6.5 (grafico in alto). Per calcolare la banda all’α % dell’energia, occorre calcolare l’integrale che compare al primo membro della (6.71) che, nel caso in esame, è dato da: EW =
W −W
f =W A2 T 2 A2 T 2 2 arctan(2π f T ) d f = A T = arctan(2π W T ) . 2 1 + (2π f T ) 2π T π f =−W
(6.73)
In base alla (6.72) e (6.73), per ottenere la banda monolatera all’α % dell’energia, bisogna risolvere rispetto a W la seguente equazione: A2 T A2 T , arctan(2π W T ) = α π 2 da cui si ricava W=
απ 1 tan 2π T 2
⇒
Bx = 2W =
απ 1 tan . πT 2
Ad esempio, nel caso in cui α = 0.99, si ottiene che la banda bilatera all’99% dell’energia è pari a Bx = 2W ≈ 0.00864/T . È interessante ricordare che la durata temporale ∆x di un esponenziale monolatero decrescente cresce con legge direttamente proporzionale a T (cfr. § 2.3.2); conseguentemente, ritroviamo un risultato già messo in evidenza in precedenza con riferimento alla banda nullo-nullo delle finestre rettangolari, e cioè che la banda di un segnale è inversamente proporzionale alla sua durata temporale.
304
Trasformata di Fourier
Nel caso di un segnale reale TD, l’estensione spettrale del segnale x(n) sarà un intervallo simmetrico, del tipo Wx = (−W,W ) ⊆ (− 12 , 12 ), con 0 < W < 12 , per cui la (6.71) si scrive EW =
W −W
|X(ν )|2 dν = α Ex ,
(6.74)
con 0 < W < 12 . Risolvendo questa equazione rispetto a W per un fissato α ∈]0, 1[, si determina l’estensione spettrale del segnale x(n) come l’intervallo di frequenza che contiene l’α % dell’energia totale del segnale. La misura di questo intervallo sarà la banda bilatera all’α % di energia del segnale. L’uguaglianza di Parseval ammette un’interessante generalizzazione con riferimento all’energia mutua (cfr. def. 2.7) tra due segnali, la cui prova è simile a quella riportata per la prop. 6.9: Proprietà 6.10 (uguaglianza di Parseval generalizzata per la trasformata di Fourier) FT
FT
Siano x(·) ←→ X(·) e y(·) ←→ Y (·), con x(·) e y(·) segnali di energia, si ha: Exy = Exy =
+∞ −∞ +∞
∑
n=−∞
+∞
x(t) y∗ (t) dt = ∗
x(n) y (n) =
−∞ 1/2
−1/2
X( f )Y ∗ ( f ) d f ,
X(ν )Y ∗ (ν ) dν ,
(segnali TC) (segnali TD)
Notiamo preliminarmente che, per x(·) ≡ y(·), l’energia mutua si riduce all’energia del segnale e, quindi, la prop. 6.10 degenera nella prop. 6.9. Si ricordi poi che l’energia mutua Exy è una quantità (possibilmente complessa) che gioca un ruolo importante nel calcolo dell’energia della somma dei due segnali x(·) e y(·). Nel caso di segnali reali, l’energia mutua è anch’essa reale (anche se può avere segno qualsiasi), e risulta simmetrica, in quanto Eyx = Exy . Ricordiamo inoltre che due segnali di energia x(·) e y(·) si dicono ortogonali se Exy = 0. In aggiunta ai casi considerati negli es. 2.24 e es. 2.25, in base alla prop. 6.10 possiamo individuare un ulteriore caso tipico di segnali ortogonali. Infatti, i due segnali x(·) e y(·) sono ortogonali se hanno banda rigorosamente limitata ed, in aggiunta, i loro spettri X(·) e Y (·) non si sovrappongono in frequenza, ovvero le loro estensioni spettrali Wx e Wy hanno intersezione vuota, matematicamente Wx ∩ Wy = ∅. Segnali (TC o TD) i cui spettri non si sovrappongono in frequenza sono detti ortogonali in frequenza, e costituiscono il caso duale dei segnali che non si sovrappongono nel tempo (segnali ortogonali nel tempo, cfr. es. 2.24). Esempio 6.27 (segnali di energia ortogonali in frequenza) Si considerino due segnali reali aventi spettri che non si sovrappongono in frequenza, come ad esempio X( f ) = rect( f ) e Y ( f ) = rect( f − 2) + rect( f + 2) (fig. 6.27). Notiamo che il primo segnale è di tipo passabasso, mentre il secondo è di tipo passabanda. In tal caso si ha X( f )Y ∗ ( f ) ≡ 0, e quindi Exy = 0. Banda ad α dB e decadimento asintotico dello spettro
Il concetto di banda ad α dB si fonda sull’introduzione di un opportuno valore di soglia per lo spettro di ampiezza |X(·)| di un segnale x(·), considerando trascurabili i valori di |X(·)| inferiori alla soglia fissata. In particolare, tale definizione si riferisce ad una particolare rappresentazione dello spettro di ampiezza |X(·)|, basata su una scala di misura logaritmica. Questo tipo di rappresentazione consente di definire un secondo parametro, detto rolloff o decadimento asintotico dello spettro di un segnale che, insieme con la banda, caratterizza sinteticamente un segnale nel dominio della frequenza. Si è già detto che lo spettro di un segnale può essere rappresentato graficamente in termini del suo modulo (spettro di ampiezza) e della sua fase (spettro di fase). In molti casi, anzichè rappresentare lo
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
305
X(f)
1 0.5 0 −3
−2
−1
0 f
1
2
3
−2
−1
0 f
1
2
3
Y(f)
1 0.5 0 −3
Fig. 6.27. I segnali aventi spettri X( f ) = rect( f ) e Y ( f ) = rect( f − 2) + rect( f + 2) sono ortogonali in frequenza (es. 6.27).
spettro di ampiezza in unità naturali, si utilizza nella rappresentazione il logaritmo di |X(·)|. Precisamente, con riferimento ad un segnale TC x(t) avente spettro di ampiezza |X( f )|, si definisce spettro di ampiezza in deciBel (abbreviato dB), la seguente funzione della frequenza:
|X( f )|dB = 20 log10
|X( f )| , |X( frif )|
(6.75)
dove frif rappresenta una frequenza di riferimento opportunamente scelta in dipendenza del tipo di segnale (passabasso, passalto o passabanda) e della forma dello spettro di ampiezza. In molti casi, ad esempio, la frequenza frif è scelta come la frequenza in cui lo spettro di ampiezza assume il valore massimo. Si noti quindi che il dB non è una misura assoluta, ma è per definizione una misura relativa ad un riferimento. La rappresentazione in dB dello spettro si può scrivere anche nel caso TD, con le ovvie sostituzioni formali ν → f e νrif → frif . La motivazione principale che spinge ad impiegare una scala logaritmica per rappresentare lo spettro di ampiezza è che, in molti fenomeni fisici (soprattutto nel campo dell’acustica), lo spettro di ampiezza del segnale può variare in funzione della frequenza di svariati ordini di grandezza, il che rende impossibile descrivere in unità naturali con la necessaria precisione la grandezza in questione. Nel caso dei segnali TC, la rappresentazione di |X( f )|dB in funzione di f , dove la frequenza è anch’essa espressa in scala logaritmica, prende il nome di diagramma di Bode per lo spettro di ampiezza.33 Una rappresentazione analoga in cui la fase X( f ) è rappresentata in funzione di f espressa in scala logaritmica prende il nome di diagramma di Bode per lo spettro di fase. Il vantaggio della rappresentazione logaritmica anche per la frequenza è quella che è possibile rappresentare sullo stesso asse valori di frequenza che variano anche di differenti ordini di grandezza (ad esempio, si può rappresentare su uno stesso diagramma, senza perdere precisione, le frequenze che vanno dagli Hz fino ai kHz, ai MHz o addirittura ai GHz). I diagrammi di Bode sono molto utilizzati nella teoria dei sistemi a TC, per la rappresentazione in modulo e fase della risposta in frequenza H( f ) di un sistema LTI; noi nel seguito considereremo esclusivamente il diagramma di Bode per l’ampiezza, in quanto ci consentirà di introdurre importanti concetti relativi alla banda ad α dB e al decadimento asintotico dello spettro di un segnale. caso TD, non si è soliti rappresentare la frequenza ν in scala logaritmica, in quanto a differenza del caso TC essa varia in un intervallo di ampiezza unitaria. 33 Nel
306
Trasformata di Fourier
5 0 −5
|X(f)|dB
−10 −15 −20 −25 −30 −35 −40 −2 10
−1
0
10
10
1
10
fT
Fig. 6.28. Diagramma di Bode dello spettro di ampiezza di un esponenziale monolatero TC (es. 6.28). I segmenti di retta tratteggiati rappresentano le approssimazioni asintotiche per f T 1 e f T 1 (i due segmenti si intersecano per f T = 21π ≈ 0.16).
A titolo esemplificativo, consideriamo il diagramma di Bode per lo spettro di ampiezza di un esponenziale monolatero decrescente a TC. Esempio 6.28 (diagramma di Bode dello spettro di ampiezza dell’esponenziale monolatero TC) Si consideri il segnale esponenziale monolatero x(t) = A e−t/T u(t), con A ∈ R e T ∈ R+ , il cui spettro di ampiezza (assumendo A > 0) (cfr. es. 6.8) è |X( f )| = #
AT 1 + (2π f T )2
,
ed è raffigurato in fig. 6.5 (in alto). Si tratta evidentemente di un segnale passabasso. Poiché lo spettro di ampiezza è massimo per f = 0, possiamo scegliere frif = 0 e quindi: |X( f )|dB = 20 log10
|X( f )| = −10 log10 [1 + (2π f T )2 ] . |X(0)|
Il diagramma di Bode di |X( f )|dB in funzione di f T (espresso in unità logaritmiche) è riportato in fig. 6.28. È interessante notare che tale diagramma può essere approssimato mediante due rette asintotiche: • per 2π f T 1, ovvero f T • per 2π f T 1, ovvero f T
1 2π , 1 2π ,
si ha |X( f )|dB ≈ −10 log10 1 = 0; si ha |X( f )|dB ≈ −20 log10 (2π f T ) = −20 log10 (2π ) − 20 log10 ( f T ).
Tali rette sono raffigurate con linea tratteggiata in fig. 6.28. Si osservi che, al divergere di f T , la rappresentazione in dB dello spettro decresce linearmente rispetto a log10 ( f T ) con un fattore moltiplicativo 20. Si noti inoltre che le due rette asintotiche si incontrano in corrispondenza della frequenza (normalizzata) f T = 21π ≈ 0.16 dove si ha |X( f )|dB ≈ −3 dB.
La rappresentazione in dB dello spettro di ampiezza suggerisce in modo del tutto naturale una definizione di banda che si applica a tutti i segnali a banda praticamente limitata, purché essi possiedano uno spettro di ampiezza che decade in maniera monotona per f → ±∞ (nel caso TD, per v → ± 12 ). Scelto α ∈ R+ , si definisce estensione spettrale ad α dB l’intervallo di frequenza nel quale lo spettro di
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
307
ampiezza |X(·)|dB del segnale x(·) assume valori maggiori o al più uguali ad −α dB; la misura di tale intervallo (monolatera o bilatera) è detta banda ad α dB. Ad esempio, con riferimento ad un segnale reale passabasso TC, la banda monolatera ad α dB è rappresentata dal valore di f > 0, indichiamolo con fα , tale che: |X( fα )|dB = −α dB
(6.76)
che, ricordando la definizione di spettro di ampiezza in dB, si può esprimere equivalentemente in unità naturali come segue: |X( fα )| =γ, |X( frif )|
con γ = 10−α /20 .
(6.77)
In altre parole, l’estensione spettrale del segnale è l’intervallo di frequenza nel quale lo spettro di ampiezza |X( f )| si discosta dal valore di riferimento |X( frif )| al più dell’aliquota γ , che rappresenta la soglia scelta. In tal caso, la banda monolatera ad α dB è data da Bx = fα e quella bilatera è esattamente il doppio, cioè Bx = 2 fα . In altre parole, le componenti spettrali del segnale x(t) le cui frequenze cadono nell’intervallo Wx = (− fα , fα ) sono ritenute “importanti” ai fini della sintesi del segnale, mentre quelle che non appartengono a tale intervallo di frequenza sono invece ritenute “trascurabili”. Con riferimento ai segnali TC o TD, molto utilizzate nelle applicazioni sono la banda (monolatera) a 10 dB Bx = f10 , corrispondente in unità naturali a valori dello spettro di ampiezza pari almeno a √110 volte il valore alla frequenza di riferimento, o la banda (monolatera) a 20 dB Bx = f20 , corrispondente 1 volte il valore alla frequenza di in unità naturali a valori dello spettro di ampiezza pari almeno a 10 riferimento. Per quanto riguarda i sistemi, risulta molto utilizzata anche la banda (monolatera) a 3 dB Bx = f3 , corrispondente in unità naturali a valori dello spettro di ampiezza pari (circa) almeno a √1 ≈ 0.707 volte il valore alla frequenza di riferimento. 2 Esempio 6.29 (banda a α dB dell’esponenziale monolatero TC) Riconsideriamo il caso del segnale esponenziale monolatero, considerato nell’es. 6.28, il cui spettro di ampiezza in dB è dato da: |X( f )|dB = 20 log10
|X( f )| = −10 log10 [1 + (2π f T )2 ] . |X(0)|
ed è riportato in fig. 6.28. Per calcolare la banda ad α dB dobbiamo risolvere rispetto ad fα la seguente equazione: −10 log10 [1 + (2π fα T )2 ] = −α
=⇒
1 + (2π fα T )2 = 10α /10
che ammette due soluzioni, simmetriche rispetto ad f = 0. Scegliendo la soluzione positiva, si ricava che la banda monolatera ad α dB vale 1 # α /10 Bx = fα = 10 −1. 2π T Particolarmente semplice è il caso α = 3 per il quale si ha Bx = f3 ≈ 1/(2π T ). Si noti che, in generale, come la banda all’α % dell’energia (cfr. es. 6.26), anche la banda ad α dB è inversamente proporzionale alla costante di tempo T , e quindi alla durata del segnale nel dominio del tempo. Esempio 6.30 (banda a α dB dell’esponenziale monolatero TD) Consideriamo l’esponenziale monolatero TD x(n) = A an u(n), con A ∈ R e 0 < |a| < 1, la cui trasformata, calcolata nell’es. 2.23, vale X(ν ) =
A , 1 − a e− j2πν
308
Trasformata di Fourier
0.5
0.45
Bx
0.4
0.35
0.3
0.25
0.5
0.6
0.7 a
0.8
0.9
1
Fig. 6.29. Banda a 3 dB dell’esponenziale monolatero TD in funzione di a ∈ (amin , 1); per valori di a < amin la banda a 3 dB non può essere definita (es. 6.30). da cui si ricava lo spettro di ampiezza: |A| |X(ν )| = # , 2 1 + a − 2 a cos(2πν ) il cui andamento è riportato in fig. 6.14 e 6.15 (in alto), nel caso in cui 0 < a < 1 e −1 < a < 0, rispettivamente. In particolare, nell’ipotesi 0 < a < 1 il segnale è passabasso, per cui scegliendo νrif = 0 la banda ad α dB si può calcolare risolvendo l’equivalente a TD della (6.76) o (6.77). Con riferimento alla seconda, essendo X(0) = |A| si ha: 1 |X(να )| =# = 10−α /20 2 |X(0)| 1 + a − 2 a cos(2πνα ) che può essere risolta rispetto a να , scrivendola nella forma 1 + a2 − 2 a cos(2πνα ) = 10α /10
⇒
cos(2πνα ) =
1 + a2 − 10α /10 . 2a
Evidentemente, tale equazione nell’incognita x = 2πνα ammette soluzioni se e solo se risulta 1 + a2 − 10α /10 ≤ 1. 2a
(6.78)
(6.79)
Studiando la disuguaglianza (6.79), si può mostrare che tale espressione è verificata, per a ∈]0, 1[, solo se a ≥ amin , con amin = 10α /20 − 1, purché α ≤ 20 log10 2 ≈ 6 dB. In queste ipotesi, la (6.78) ammette infinite soluzioni per x, che si ripetono periodicamente con periodo 2π . L’unica soluzione x esistente nell’intervallo (0, π ) si può ottenere mediante la funzione arccos(x), e quindi la banda monolatera vale + * 1 1 + a2 − 10α /10 , (6.80) Bx = να = arccos 2π 2a valida per a ≥ amin e purché α ≤ 6 dB; se queste ultime condizioni, equivalenti alla (6.79) non sono soddisfatte, l’equazione che definisce la banda ad α dB non ammette soluzioni e, quindi, la banda ad α dB non può essere definita.
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
309
Dalla (6.80), ricordando le proprietà della funzione arccos(x), si nota che effettivamente Bx ∈ (0, 12 ). A differenza del caso TC, la relazione tra banda e durata non è immediatamente evidente dalla (6.80), e richiederebbe uno studio più approfondito di tale espressione. Per semplicità, in fig. 6.29 è riportato l’andamento della banda a 3 dB (corrispondente ad α = 3), nell’intervallo a ∈ [amin , 1]. Notiamo che per a → 1, la durata del segnale nel dominio del tempo aumenta, mentre la sua banda diminuisce, e viceversa (la massima banda Bx = 12 si ha in corrispondenza di a = amin ).
In sostanza, la definizione di estensione spettrale Wx ad α dB per un segnale x(·) a banda praticamente limitata è legata all’individuazione di un intervallo di frequenza nel quale la risposta in ampiezza si discosta (in dB) dal valore assunto ad una frequenza di riferimento al più per una prefissata aliquota (dipendente dalla scelta di α ). Le componenti spettrali del segnale le cui frequenze non appartengono all’intervallo Wx sono da considerarsi trascurabili, nel senso che non contribuiscono significativamente alla sintesi del segnale; tuttavia, la conoscenza della banda a α dB fornisce solo una prima informazione su quanto tali componenti siano trascurabili. Sebbene tale informazione non sia importante nel caso dei segnali TD (la sintesi del segnale è già il risultato di una integrazione su un intervallo di misura finita), essa è invece importante per la caratterizzazione sintetica dei segnali TC ed è legata alla rapidità con cui lo spettro X( f ) del segnale decade a zero quando f → ±∞: maggiore è la rapidità di decadimento di X( f ), tanto più lo spettro di ampiezza del segnale risulta confinato nell’intervallo Wx . Si ricordi che una questione simile è stata già affrontata per i coefficienti di Fourier di un segnale periodico (cfr.§ 5.2.2); in quella occasione si è visto che l’effettiva rapidità con cui i coefficienti di Fourier decadono a zero nel dominio della frequenza dipende dalla dolcezza con cui il segnale varia nel dominio del tempo, ovvero dal numero di derivate continue che esso possiede. Un risultato analogo sussiste anche per la trasformata di Fourier a TC: Proprietà 6.11 (rapidità di decadimento a zero della trasformata di Fourier) FT Sia x(t) ←→ X( f ). Se il segnale è continuo con le sue derivate fino a quella di ordine n, con derivata (n + 1)-esima discontinua ma sommabile, la sua trasformata di Fourier X( f ) decade a zero per f → ±∞ come 1/| f |n+2 . La prop. 6.11 stabilisce un legame tra l’ordine di derivabilità di un segnale (ovvero la sua “dolcezza” nel dominio del tempo) e la velocità di decadimento a zero per f → ±∞ della sua trasformata di Fourier. In particolare, maggiore è il numero di derivate continue di x(t) (ovvero quanto più il segnale varia dolcemente nel tempo), tanto più rapidamente decade a zero la sua trasformata di Fourier.34 L’importanza della prop. 6.11 è che essa consente di calcolare la rapidità di decadimento a zero della trasformata di Fourier anche senza calcolarla esplicitamente. Ad esempio, si pensi alla finestra rettangolare x(t) = rect(t): in questo caso, essendo il segnale x(t) discontinuo, la prop. 6.11 si applica con n = −1 e, conseguentemente, consente di prevedere che la sua trasformata di Fourier X( f ) è infinitesima all’infinito del primo ordine, come in effetti è [infatti si ha che X( f ) = sinc( f ), cfr. es. 6.1] Lo stesso risultato sussiste anche per la trasformata del segnale esponenziale monolatero decrescente (cfr. es. 6.8), che è anch’esso discontinuo. In questi due casi, come abbiamo già avuto modo di dire, la sommabilità del segnale nel dominio nel tempo non comporta la sommabilità della trasformata nel dominio della frequenza. Un diverso discorso sussiste invece per la finestra triangolare x(t) = Λ(t), la cui trasformata di Fourier è data da X( f ) = sinc2 ( f ) (cfr. es. 6.7); in questo caso, essendo il segnale continuo con derivata prima discontinua ma limitata, la prop. 6.11 si applica con n = 0 e, conseguentemente, in accordo con il fatto che X( f ) = sinc2 ( f ), la sua trasformata di Fourier è infinitesima all’infinito del secondo ordine e quindi sommabile. Generalizzando questo risultato, 34 Si
può dimostrare che è vera anche la proprietà duale, e precisamente, quanto più rapidamente decresce x(t), tanto più derivabile è la sua trasformata di Fourier.
310
Trasformata di Fourier
come corollario della prop. 6.11, osserviamo che se la derivata seconda del segnale x(t) esiste ed è sommabile, allora la trasformata di Fourier X( f ) è sommabile. La prop. 6.11 ci consente di dare una diversa definizione quantitativa della rapidità con cui lo spettro di ampiezza decresce. Infatti, da un punto di vista operativo, possiamo dire che se il segnale x(t) verifica le ipotesi enunciate nella prop. 6.11, allora lo spettro di ampiezza per f sufficientemente grande decade con legge polinomiale del tipo: |X( f )| ∼
1 . | f |n+2
Se si considera allora un intervallo di frequenza ( f1 , f2 ) con f2 > f1 > 0 sufficientemente grandi, l’attenuazione in dB subita dallo spettro di ampiezza passando dalla frequenza f1 alla frequenza f2 sarà pari a
ρdB = 20 log10
|X( f1 )| f2 = 20 (n + 2) log10 |X( f2 )| f1
(6.81)
ed è denominata decadimento asintotico o rolloff dello spettro di ampiezza (si noti che in effetti, pur essendo un’attenuazione, risulta convenzionalmente ρdB > 0, poiché f2 > f1 ). Per misurare tale decadimento dobbiamo tuttavia specificare l’intervallo di frequenze ( f1 , f2 ) a cui riferirci. Data la forma della (6.81), conviene scegliere intervalli in cui f2 sia un multiplo di f1 . Nell’ingegneria, due sono le scelte frequentemente utilizzate. Se f2 = 10 f1 , si parla di una decade, e si ha:
ρdB/dec = 20 (n + 2) log10 10 = 20 (n + 2) dB/decade , per cui si perviene ad una misura del rolloff in dB/decade. Le decadi sono molto utilizzate nella teoria dei sistemi e nei controlli automatici, in quanto ben si legano con la rappresentazione logaritmica delle frequenze tipica dei diagrammi di Bode. Una scelta alternativa è quella dell’intervallo denominato ottava, per il quale f2 = 2 f1 e si ha:
ρdB/ott = 20 (n + 2) log10 2 = 6 (n + 2) dB/ottava . In questo caso si perviene ad una misura del rolloff in dB/ottava. Le ottave sono molto utilizzate nell’elaborazione di segnali audio e nell’acustica in quanto hanno un diretto legame con il concetto “musicale” di ottava: in particolare, dal punto di vista musicale, considerando due note sulla tastiera di un pianoforte separate da un’ottava (ad esempio, un La e quello immediatamente superiore), la frequenza della seconda nota è esattamente il doppio della prima. In definitiva, un decadimento dello spettro di ampiezza come 1/| f |n+2 corrisponde a 6(n + 2) dB/ottava o a 20(n + 2) dB/decade. Il passaggio tra le due unità di misura è molto semplice, in quanto sussiste una relazione lineare:
ρdB/ott = ρdB/dec
6 . 20
Esempio 6.31 (rolloff della finestra rettangolare e dell’esponenziale monolatero decrescente TC) La finestra rettangolare x(t) = rect(t) e l’esponenziale monolatero decrescente monolatero x(t) = A e−t/T u(t), con A ∈ R e T ∈ R+ , sono segnali discontinui, per cui le loro trasformate sono infinitesime all’infinito di ordine uno (n = −1). Per tali segnali, lo spettro di ampiezza ha un rolloff pari a 20 dB/decade o, equivalentemente, 6 dB/ottava. Esempio 6.32 (rolloff della finestra triangolare a TC) La finestra triangolare x(t) = Λ(t) ha derivata prima discontinua ma sommabile, per cui la sua trasformata è infinitesima all’infinito di ordine due (n = 0). In tal caso, quindi, lo spettro di ampiezza ha un rolloff pari a 40 dB/decade o, equivalentemente, 12 dB/ottava. Questo corrisponde alla già osservata (cfr. fig. 6.4) maggiore “compattezza” in frequenza dello spettro di x(t) = Λ(t) rispetto a quello di x(t) = rect(t).
6.4 Estensione spettrale e banda di un segnale
311
6.4.3 Segnali a banda non limitata
Esistono segnali, sia a TC che a TD, per i quali non è possibile trovare alcun criterio oggettivo per considerare trascurabili alcune componenti spettrali del segnale rispetto ad altre. È questo il caso dei segnali il cui spettro di ampiezza |X(·)| è poco variabile, o addirittura è costante per f ∈ R o per ν ∈ (− 12 , 12 ). Tali segnali prendono il nome di segnali a banda non limitata, anche se in effetti tale terminologia è appropriata a rigore solo nel caso TC, come mostra l’esempio seguente. Esempio 6.33 (banda dell’impulso) Nel caso TC, la trasformata di Fourier del segnale x(t) = δ (t) è stata calcolata nell’es. 6.12 e vale X( f ) = 1. In questo caso, lo spettro di ampiezza vale |X( f )| = 1, ovvero è costante, e quindi, in accordo alla def. 6.3, l’estensione spettrale di questo segnale deve essere considerata Wx = R, e la sua banda (bilatera o monolatera) vale Bx = +∞. Nel caso TD, la trasformata di Fourier del segnale x(n) = δ (n), calcolata nell’es. 6.17), vale X(ν ) = 1. Anche in questo caso si ha |X(ν )| = 1: poiché, però, per la def. 6.3, l’estensione spettrale di un segnale a TD va considerata ragionando all’interno di un intervallo di frequenze di ampiezza unitaria, tipicamente (− 12 , 12 ), risulta in questo caso che Wx = (− 12 , 12 ), e la banda bilatera vale Bx = 1 (quella monolatera vale Bx = 12 ).
L’esempio precedente mostra che, a stretto rigore, la denominazione di “segnale a banda non limitata” è appropriata solo nel caso TC, e vale in particolare per quei segnali per i quali Wx = R e Bx = +∞. Un altro esempio di segnale TC a banda non limitata è il segnale non sommabile x(t) = 1/t, la cui trasformata, calcolata nell’es. 6.9 vale X( f ) = − j π sgn( f ), per cui lo spettro di ampiezza |X( f )| = π è costante anche in questo caso. Nel caso TD, per estensione, chiameremo “segnale a banda non limitata” un segnale per il quale si ha Wx = (− 12 , 12 ) e, conseguentemente, Bx = 1 (banda bilatera); notiamo che, per un tale segnale, la banda assume il massimo valore consentito dalla def. 6.3(b). Un concetto che accomuna il caso TC e quello TD è che per un segnale a banda non limitata tutte le componenti spettrali sono significative nella sintesi del segnale; inoltre, in entrambi i casi la banda assume il massimo valore possibile (Bx = +∞ nel caso TC, Bx = 1 nel caso TD). I segnali a banda illimitata, specialmente quelli a TC, costituiscono spesso una astrazione matematica (si pensi, ad esempio, all’impulso TC) o, comunque, non sono direttamente riconducibili a nessun fenomeno naturale (si pensi, ad esempio, al segnale x(t) = 1/t). Da un punto di vista applicativo, tuttavia, il modello matematico di segnale a banda illimitata viene solitamente utilizzato per descrivere segnali del mondo fisico aventi banda limitata, il cui valore è tuttavia di gran lunga superiore alla banda dei sistemi con i quali vengono elaborati. Un esempio di modello di questo tipo è il rumore generato dall’agitazione termica degli elettroni (rumore termico) nei componenti elettrici ed elettronici.
312
Trasformata di Fourier
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier Presentiamo in questo paragrafo le proprietà della trasformata di Fourier legate alle operazioni elementari sui segnali introdotte nel § 2.1. Seguendo la stessa distinzione operata nel § 2.1, distingueremo tra le operazioni che agiscono sulla variabile dipendente (l’ampiezza del segnale), e quelle che agiscono sulla variabile indipendente (il tempo). 6.5.1 Trasformazioni della variabile dipendente
Tra le trasformazioni della variabile dipendente, abbiamo studiato nel § 2.1 la moltiplicazione di un segnale per un costante, la somma di due segnali, ed il prodotto di due segnali. A tali operazioni corrispondono altrettante proprietà della trasformata di Fourier. Inoltre a partire dalla proprietà del prodotto, possiamo introdurre due ulteriori proprietà, quella di traslazione in frequenza e di modulazione. Moltiplicazione per una costante e somma di due segnali
Tali operazioni, sia nel caso TC che in quello TD, sono casi particolari della proprietà di linearità (cfr. prop. 6.2) introdotta precedentemente. Più specificamente, la moltiplicazione per una costante equivale alla proprietà di omogeneità: FT
y(·) = α x(·) ←→ Y (·) = α X(·) , mentre per il calcolo della trasformata della somma di due (o più) segnali, basta applicare la proprietà di additività: FT
y(·) = x1 (·) + x2 (·) ←→ Y (·) = X1 (·) + X2 (·) . Notiamo infine che, mentre la moltiplicazione per una costante non altera l’estensione spettrale e la banda del segnale, in quanto risulta |Y (·)| = |α ||X(·)| (lo spettro di ampiezza è moltiplicato per una costante), più difficile è prevedere l’estensione spettrale e la banda della somma di due segnali, in quanto per lo spettro di ampiezza si può scrivere solo la disuguaglianza |Y (·)| ≤ |X1 (·)| + |X2 (·)|. In genere, però, l’estensione spettrale di y(·) soddisfa la relazione Wy ⊆ Wx1 ∪ Wx2 . Prodotto di due segnali
Per quanto riguarda il prodotto di due segnali, è necessario discutere in maniera separata il caso TC e TD. Nel caso TC, infatti, partiamo dalla prop. 6.6 (proprietà di convoluzione) ed invochiamo la prop. 6.4 (proprietà di dualità) per affermare che al prodotto di due segnali nel dominio del tempo corrisponde la convoluzione delle rispettive trasformate di Fourier: FT
y(t) = x1 (t) x2 (t) ←→ Y ( f ) = X1 ( f ) ∗ X2 ( f ) , dove si ha esplicitamente Y ( f ) = X1 ( f ) ∗ X2 ( f ) =
+∞ −∞
X1 (λ ) X2 ( f − λ )dλ .
(6.82)
Una dimostrazione diretta di questo risultato (non basata cioè sulla dualità) si può ottenere calcolando direttamente la trasformata di Fourier di y(t) = x1 (t) x2 (t), utilizzando cioè la definizione (6.7).35 35 Tale
calcolo diretto nel caso TC non è riportato per brevità, in quanto i passaggi sono simili a quelli per il caso TD, discusso successivamente.
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
313
Applicando la proprietà di durata della convoluzione (cfr. § 4.3.1), si ricava che By ≤ Bx1 + Bx2 , ovvero la moltiplicazione tra i segnali nel tempo comporta in genere un allargamento della banda. Nel caso TD, vale una proprietà molto simile a quella del caso TC, dove però la convoluzione nel dominio della frequenza deve essere intesa in maniera differente. Ricordiamo infatti che, nel caso TD, la trasformata di Fourier è una funzione periodica (di periodo 1), e la convoluzione (6.82) tra due funzioni periodiche diverge. Per ricavare allora il risultato corretto, procediamo calcolando direttamente la trasformata di Fourier di y(n) = x1 (n) x2 (n), utilizziamo cioè la definizione (6.11) di trasformata di Fourier nel caso TD: Y (ν ) =
+∞
∑
x1 (n) x2 (n)e− j2πν n .
(6.83)
n=−∞
Il segnale x1 (n) può essere espresso mediante l’equazione di sintesi (6.12): x1 (n) =
1/2 −1/2
X1 (λ )e j2πλ n dλ .
Si noti l’uso di λ come variabile di integrazione invece di ν , per evitare confusione. Sostituendo tale espressione nella (6.83), riordinando e combinando opportunamente i termini,36 si ha: ! Y (ν ) =
+∞
1/2
n=−∞
−1/2
∑
X1 (λ )e j2πλ n dλ x2 (n)e− j2πν n =
1/2
−1/2
+∞
∑
X1 (λ )
n=−∞
x2 (n)e− j2π (ν −λ )n dλ ,
=X2 (ν −λ )
e quindi: Y (ν ) =
1/2 −1/2
X1 (λ )X2 (ν − λ )dλ .
(6.84)
La convoluzione definita dalla (6.84) differisce da quella definita nella (6.82) esclusivamente per l’intervallo di integrazione, che nella (6.84) è limitato e pari ad un periodo dei segnali X1 (ν ) e X2 (ν ). Per questo motivo, tale convoluzione prende il nome di convoluzione periodica, e si può effettuare tra due segnali (nel dominio del tempo o della frequenza) aventi lo stesso periodo, effettuando le stesse operazioni della convoluzione convenzionale, ma integrando su un periodo del segnale e non su tutto R.37 Per contrasto, la convoluzione convenzionale (6.82) prende anche il nome di convoluzione aperiodica. Per comodità di notazione, conviene utilizzare il simbolo ∗ per denotare entrambi i tipi di convoluzione, in quanto risulta chiaro dalla natura dei segnali coinvolti (aperiodici o periodici) se si tratti, appunto, di convoluzione aperiodica oppure periodica. Con questa scelta, è possibile enunciare la proprietà del prodotto per la trasformata di Fourier in maniera unificata: Proprietà 6.12 (proprietà del prodotto della trasformata di Fourier) FT
FT
Siano x1 (·) ←→ X1 (·) e x2 (·) ←→ X2 (·), si ha FT
y(·) = x1 (·) x2 (·) ←→ Y (·) = X1 (·) ∗ X2 (·) . 36 In generale, non è possibile scambiare l’ordine tra la serie e l’integrale; tale operazione è sicuramente possibile se x (n) 1 e x2 (n) sono trasformabili secondo Fourier e, in aggiunta, il loro prodotto è ancora trasformabile. 37 In alcuni testi, nella definizione di convoluzione periodica è inclusa la moltiplicazione per un fattore pari al reciproco del periodo delle funzioni coinvolte; poiché, in questo caso, il periodo è unitario, tale fattore non gioca nessun ruolo.
314
Trasformata di Fourier FT
Per x1 (·) = x2 (·) = x(·), la proprietà del prodotto assume la forma particolare y(·) = x2 (·) ←→ Y (·) = X(·) ∗ X(·), e consente pertanto di calcolare la trasformata di Fourier del quadrato di un segnale, come mostrato nell’esempio che segue. Esempio 6.34 (trasformata di Fourier del segnale sinc2 a TC) Calcoliamo la trasformata di Fourier del FT segnale x(t) = sinc2 (t). Poiché sinc2 (t) = sinc(t) · sinc(t), ricordando la trasformata notevole sinc(t) ←→ rect( f ) ed applicando la prop. 6.12, si ha: FT
sinc2 (t) = sinc(t) · sinc(t) ←→ rect( f ) ∗ rect( f ) = Λ( f ) . dove si è sfruttato il risultato notevole (4.28) sulla convoluzione tra due finestre rettangolari applicato nel dominio della frequenza. Si giunge pertanto alla trasformata notevole FT
x(t) = sinc2 (t) ←→ X( f ) = Λ( f ) ,
(6.85)
la quale evidenzia che, come il segnale x(t) = sinc(t), anche il segnale x(t) = sinc2 (t) è un segnale a banda rigorosamente limitata. Si noti in particolare che la banda di sinc2 (t), in accordo alla proprietà della durata della convoluzione, è doppia di quella di sinc(t). Notiamo infine che la trasformata (6.85) poteva ottenersi FT anche applicando la proprietà di dualità alla trasformata notevole di x(t) = Λ(t) ←→ X( f ) = sinc2 ( f ) ricavata nell’es. 6.7.
Con riferimento specifico al caso TD, vale la pena notare che la convoluzione periodica possiede gran parte delle proprietà della convoluzione aperiodica, a patto di effettuare solo lievi modifiche formali. Tali proprietà si possono provare semplicemente a partire dalla seguente proprietà fondamentale, che enunciamo senza dimostrazione, la quale istituisce un legame tra la convoluzione periodica di due segnali e la convoluzione aperiodica dei loro generatori: Proprietà 6.13 (legame tra convoluzione periodica ed aperiodica) Siano X(ν ) = rep1 [Xg (ν )] ed Y (ν ) = rep1 [Xg (ν )] due segnali periodici di periodo unitario, ottenuti per replicazione dai generatori Xg (ν ) e Yg (ν ). Si ha: rep1 [Xg (ν )] ∗ rep1 [Xg (ν )] = rep1 [Xg (ν ) ∗Yg (ν )] . dove la convoluzione a primo membro è periodica, mentre quella a secondo membro è aperiodica. La proprietà precedente esprime il fatto che la convoluzione periodica tra due segnali di periodo unitario è uguale alla replicazione con passo unitario della convoluzione aperiodica tra i generatori di tali segnali. In altri termini, la prop. 6.13 suggerisce un procedimento, alternativo a quello diretto, per il calcolo della convoluzione periodica: si calcola prima la convoluzione aperiodica tra i generatori, e successivamente si effettua la replicazione del risultato.38 Tale modo di procedere viene utilizzato nell’esempio seguente per calcolare la trasformata di Fourier del segnale sinc2 a TD. Esempio 6.35 (trasformata di Fourier del segnale sinc2 a TD) Il calcolo della trasformata di Fourier del segnale x(n) = sinc2 (2νc n), con 0 < νc < 12 (raffigurato in fig. 6.30 per νc = 14 ) si può ottenere applicando la proprietà del prodotto ed i risultati dell’es. 6.19. Infatti, poiché sinc2 (2νc n) = sinc(2νc n) · sinc(2νc n), ricordando la trasformata notevole ricavata nell’es. 6.19
ν 1 FT rep rect sinc(2νc n) ←→ , 2νc 1 2νc 38 Sebbene abbiamo fatto riferimento alle trasformate di Fourier X(ν ) ed Y (ν ) di due segnali TD, funzioni della frequenza
ν aventi periodo unitario, la prop. 6.13 vale più in generale per la convoluzione periodica tra due segnali (nel tempo o in frequenza) aventi (lo stesso) periodo arbitrario.
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
315
X(ν)
1 0.8 x(n)
−1
−0.5
0.5
1
0.5
1
ν
0.6
X(ν)
0.4 0.2 0 −1
−5
0 n
−0.5
5
ν
Fig. 6.30. Il segnale x(n) = sinc2 (2νc n) per νc = 1 4 (es. 6.35).
si ha: FT
sinc2 (2νc n) = sinc(2νc n) · sinc(2νc n) ←→
Fig. 6.31. Spettro del segnale x(n) = sinc2 (2νc n) per νc = 18 (in alto) e per νc = 38 (in basso) (es. 6.35).
ν ν 1 1 rep1 rect rep1 rect ∗ . 2νc 2νc 2νc 2νc
Per il calcolo della convoluzione periodica in frequenza, si può utilizzare la prop. 6.13, ottenendo
1 ν ν ν ν 1 1 rep rect rep rect ∗ = 2 rep1 rect ∗ rect . 2νc 1 2νc 2νc 1 2νc 4νc 2νc 2νc Poiché la convoluzione di due finestre rettangolari di uguale durata è una finestra triangolare di durata doppia, calcolando il fattore di scala si ha:
ν ν ν ∗ rect = 2νc Λ , rect 2νc 2νc 2νc e quindi si ha, in definitiva, la seguente trasformata notevole
ν 1 FT x(n) = sinc2 (2νc n) ←→ X(ν ) = rep1 Λ . 2νc 2νc
(6.86)
che è la controparte a TD della trasformata (6.85). La trasformata X(ν ) è puramente reale, ed è raffigurata in fig. 6.31 nei due casi 0 < νc < 14 (valore effettivo νc = 18 , grafico in alto) e 14 ≤ νc < 12 (valore effettivo νc = 38 , grafico in basso). La differenza tra i due spettri deriva dal fatto che nel primo caso le repliche delle finestre triangolari che generano X(ν ) non si sovrappongono, mentre nel secondo caso esse si sovrappongono.
Un caso particolare molto interessante del prodotto di due segnali è quello in cui uno dei due segnali è un fasore oppure una sinusoide. Vediamo per semplicità prima il caso TC, e consideriamo la trasformata di Fourier del prodotto tra il segnale x(t) ed il fasore e j2π f0t , data da y(t) = x(t) e j2π f0t . Ricordando la trasformata del fasore TC (cfr. es. 6.15) e j2π f0t ←→ δ ( f − f0 ), ed applicando la prop. 6.12 con x1 (t) = x(t) e x2 (t) = e j2π f0t , si ha: FT
Y ( f ) = X( f ) ∗ δ ( f − f0 ) = X( f − f0 )
316
Trasformata di Fourier
dove nell’ultimo passaggio abbiamo utilizzato la prop. 4.2(f) (proprietà di convoluzione della delta di Dirac). Nel caso TD, si può ragionare in maniera simile a partire dal segnale y(n) = x(n) e j2πν0 n . RiFT cordando in particolare che la trasformata del fasore TD (cfr. es. 6.22) è e j2πν0 n ←→ δ4(ν − ν0 ), ed applicando la prop. 6.12, si ha: Y (ν ) = X(ν ) ∗ δ4(ν − ν0 ) . Esprimendo X(ν ) = rep1 [Xg (ν )] e δ4(ν ) = rep1 [δ (ν )], si ha δ4(ν − ν0 ) = rep1 [δ (ν − ν0 )] e quindi, applicando la prop. 6.13, si ottiene: Y (ν ) = rep1 [Xg (ν )] ∗ rep1 [δ (ν − ν0 )] = rep1 [Xg (ν ) ∗ δ (ν − ν0 )] . Sfruttando ancora la prop. 4.2(f) (proprietà di convoluzione della delta di Dirac), si ha infine Y (ν ) = rep1 [Xg (ν − ν0 )] = X(ν − ν0 ) , ovvero si ottiene un risultato analogo al caso TC. In definitiva, sia nel caso TC che in quello TD, vale la seguente proprietà di traslazione frequenziale della trasformata di Fourier: Proprietà 6.14 (proprietà di traslazione frequenziale della trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·) e f0 ∈ R, ν0 ∈ R, si ha y(t) = x(t) e j2π f0t y(n) =
x(n) e j2πν0 n
←→
FT
Y ( f ) = X( f − f0 )
(segnali TC)
FT
Y (ν ) = X(ν − ν0 )
(segnali TD)
←→
L’interpretazione della prop. 6.14 è che, per effetto della moltiplicazione nel tempo del segnale x(·) per un fasore (a frequenza f0 o ν0 ), lo spettro X(·) subisce una traslazione in frequenza, verso destra se f0 , ν0 > 0, verso sinistra se f0 , ν0 < 0; ad esempio, in fig. 6.32 è rappresentata tale traslazione nel caso TC e per f0 > 0. A tale traslazione dello spettro corrisponde un’analoga traslazione dell’estensione spettrale del segnale: ad esempio, in fig. 6.32, tale estensione passa da Wx = (−W,W ) a Wy = ( f0 − W, f0 +W ), per cui il segnale passabasso x(t) viene trasformato in un segnale y(t) passabanda. Poiché però una semplice traslazione dell’estensione spettrale non ne modifica la sua misura, si può affermare che la banda bilatera di x(·) non varia per effetto della moltiplicazione con un fasore, ovvero si ha By = Bx . L’esempio di fig. 6.32 mostra anche che la traslazione in frequenza distrugge in genere l’eventuale simmetria hermitiana dello spettro X(·): d’altra parte, a causa della moltiplicazione con il fasore, il segnale y(·) è in generale complesso, e quindi la sua trasformata Y (·) non è tenuta a presentare la proprietà di simmetria hermitiana. Nel caso TD, la proprietà di traslazione in frequenza assume una forma particolare per ν0 = ± 12 : in questo caso, infatti, il fasore a frequenza ν0 = ± 12 si scrive come e j2πν0 n = e±π n = (−1)n , per cui la prop. 6.14 si scrive in maniera esplicita come
1 n FT y(n) = x(n)(−1) ←→ Y (ν ) = X ν ± . 2
(6.87)
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
317
X(f)
Y(f)=X(f-f0)
(a)
1
-W
W
(b)
1
f
f0-W
f0
f0+W
f
Fig. 6.32. Traslazione in frequenza nel caso TC: (a) trasformata del segnale x(t); (b) trasformata del segnale y(t) = x(t) e j2π f0 t per f0 > 0.
Tale forma della traslazione in frequenza nel caso TD prende il nome di scambio alte-basse frequenze: si noti infatti che, per effetto della traslazione di ± 12 nella (6.87), il contenuto spettrale del segnale alle frequenze ν = k, con k ∈ Z (le basse frequenze), viene spostato alle frequenze ν = k + 12 (le alte frequenze), e viceversa. In altri termini, la moltiplicazione per (−1)n nel dominio del tempo può trasformare un segnale passabasso in un segnale passaalto, e viceversa, come evidenziato ad esempio in fig. 6.33. Si noti che in questo caso, essendo (−1)n reale, la particolare traslazione frequenziale effettuata nella (6.87) preserva l’eventuale simmetria hermitiana dello spettro di x(n). Esempio 6.36 (scambio alte-basse frequenze per l’esponenziale monolatero TD) L’effetto dello scambio alte-basse frequenze sullo spettro del segnale si può vedere partendo dall’esponenziale monolatero TD x(n) = A an u(n), con A ∈ R e 0 < a < 1, e costruendo il segnale y(n) = (−1)n x(n) = A (−a)n u(n). In effetti, il segnale y(n) si può vedere ancora come un segnale esponenziale monolatero TD, avente base (−a) negativa ed opposta a quella di x(n). In base allora alla (6.87), gli spettri di due segnali esponenziali monolateri TD aventi basi opposte ±a si possono ottenere l’uno dall’altro operando uno scambio alte-basse frequenze, ovvero una traslazione in frequenza di ± 12 di uno dei due spettri. Questa interpretazione è confermata dal confronto degli spettri riportati nelle fig. 6.14 e fig. 6.15, e che corrispondono ad a = ±0.5.
Poiché nella pratica non è possibile moltiplicare un segnale per un fasore, interessa derivare una proprietà analoga alla prop. 6.14 per le sinusoidi TC o TD. Prendendo come esempio il caso TC, calcoliamo la trasformata di Fourier della seguente espressione: y(t) = x(t) cos(2π f0t + ϕ0 ) ,
(6.88)
dove f0 , ϕ0 ∈ R. Adoperando la formula di Eulero, è possibile esprimere y(t) come 1 j2π f0t jϕ0 1 − j2π f0t − jϕ0 y(t) = x(t) cos(2π f0t + ϕ0 ) = x(t) e e + e e 2 2 1 1 = e jϕ0 x(t) e j2π f0t + e− jϕ0 x(t) e− j2π f0t , 2 2 da cui, applicando la proprietà di linearità della trasformata di Fourier e la prop. 6.14 per i due prodotti con i fasori a frequenze ± f0 , si ha: Y(f) =
1 1 jϕ0 e X( f − f0 ) + e− jϕ0 X( f + f0 ) . 2 2
(6.89)
Nel caso TD, ragionando in maniera simile per il segnale y(n) = x(n) cos(2πν0 n + ϕ0 ), si mostra facilmente che si giunge ad un risultato analogo, per cui può enunciare la seguente proprietà di modulazione della trasformata di Fourier:
318
Trasformata di Fourier
X(ν)
1
-1
-1/2
1/2
1
ν
1/2
1
ν
Y(ν)=X(ν±1/2)
1
-1
-1/2
Fig. 6.33. Illustrazione dello scambio alte-basse frequenze (6.87): per effetto della traslazione di ± 12 , lo spettro passabasso X(ν ) (in alto) viene trasformato nello spettro passaalto Y (ν ) (in basso).
Proprietà 6.15 (proprietà di modulazione della trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·) e f0 , ν0 , ϕ0 ∈ R, si ha 1 1 FT y(t) = x(t) cos(2π f0t + ϕ0 ) ←→ Y ( f ) = e jϕ0 X( f − f0 ) + e− jϕ0 X( f + f0 ) (segnali TC) 2 2 1 1 FT y(n) = x(n) cos(2πν0 n + ϕ0 ) ←→ Y (ν ) = e jϕ0 X(ν − ν0 ) + e− jϕ0 X(ν + ν0 ) (segnali TD) 2 2 Per effetto della moltiplicazione per una sinusoide39 a frequenza f0 o ν0 , lo spettro X(·) del segnale x(·) subisce una doppia traslazione in frequenza, sia verso destra che verso sinistra (fig. 6.34), ad esempio, in fig. 6.34 è rappresentata tale traslazione nel caso TC, per ϕ0 = 0 e f0 > 0, accompagnata da un dimezzamento delle ampiezze di Y (·) rispetto a quelle di X(·) per effetto della moltiplicazione per 12 nella (6.89). A tale doppia traslazione dello spettro corrisponde una doppia traslazione dell’estensione frequenziale del segnale: ad esempio, in fig. 6.34, tale estensione passa da Wx = (−W,W ) a Wy = (− f0 − W, − f0 + W ) ∪ ( f0 − W, f0 + W ), per cui il segnale passabasso x(t) viene trasformato in un segnale y(t) passabanda: ciò accade in particolare se | f0 | > W , in caso contrario le due traslazioni dello spettro tendono a sovrapporsi, per cui l’estensione spettrale risultante Wy = (− f0 −W, f0 +W ) è ancora centrata su f = 0, quindi il segnale rimane passabasso. Conseguentemente, la misura di Wy può 39 La
prop. 6.15 ammette una forma equivalente quando la sinusoide è espressa in termini della funzione sin(x), che non è difficile ricavare utilizzando la formula di Eulero per quest’ultima funzione.
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
319
X(f)
Y(f) (a)
(b)
1 1/2
-W
W
f
-f0-W
-f0
-f0+W
f0-W
f0
f0+W
f
Fig. 6.34. Modulazione nel caso TC: (a) trasformata del segnale x(t); (b) trasformata del segnale y(t) = x(t) cos(2π f0t + ϕ0 ) per ϕ0 = 0 e f0 > 0.
essere al più pari al doppio della misura di Wx , per cui la banda di x(·) può al massimo raddoppiare per effetto della moltiplicazione con una sinusoide, ovvero si ha By ≤ 2Bx , dove l’uguaglianza vale se le due traslazioni in frequenza non si sovrappongono: questo è il caso, ad esempio, di fig. 6.34, in cui le bande bilatere sono Bx = 2W e By = 4W . Notiamo infine che la modulazione non altera l’eventuale simmetria hermitana dello spettro, in quanto se x(·) è reale, anche y(·) lo è. Nelle telecomunicazioni, la moltiplicazione per un segnale sinusoidale a TC o a TD effettuata nella prop. 6.15 prende il nome di modulazione, ed il sistema con ingresso x(·) ed uscita y(·) prende il nome di modulatore. Il modulatore, come si può facilmente verificare, è un sistema lineare ma tempo-variante (in breve, LTV). La natura LTV e non LTI di tale sistema è evidenziata dal fatto che, come mostra esplicitamente la fig. 6.34 nel caso TC, esso introduce nel segnale di uscita y(·) delle componenti spettrali che non sono originariamente presenti nel segnale x(·), e quindi non funge semplicemente da filtro, come i sistemi LTI. Lo schema a blocchi di un modulatore, con riferimento ad esempio al caso TC, è riportato in fig. 6.35, e comprende un oscillatore sinusoidale a frequenza f0 (la cosiddetta frequenza portante o carrier frequency) ed un moltiplicatore: il segnale x(t) prende il nome di segnale modulante, mentre il segnale cos(2π f0t + ϕ0 ) è chiamato segnale portante, ed infine il risultato y(t) della modulazione è denominato segnale modulato. Nel caso TC, la modulazione realizza in effetti una conversione di frequenza del segnale x(t): mediante tale operazione (fig. 6.34) un segnale x(t) passabasso viene trasformato in un segnale y(t) passabanda, detto anche a radio frequenza quando la frequenza portante f0 , come spesso accade, assume valori nell’ambito delle frequenze radio (si veda in particolare la tab. 6.1). Lo scopo principale della modulazione è quello di traslare il contenuto spettrale del segnale x(t), originariamente a bassa frequenza, verso frequenze più elevate, in modo da consentirne una trasmissione efficiente a lunga distanza su un mezzo trasmissivo, come lo spazio libero oppure un cavo metallico, che non è adatto alla trasmissione di segnali a bassa frequenza. Mediante la modulazione, pertanto, le caratteristiche spettrali del segnale vengono adattate a quelle del mezzo trasmissivo.40 Per chiarire meglio alcuni dei concetti precedenti, l’esempio che segue considera il caso specifico della trasmissione via radio di un 40 Nelle telecomunicazioni, in realtà, il termine “modulazione” è utilizzato in senso più ampio:
per modulazione si intende qualunque elaborazione di un segnale di informazione effettuata allo scopo di renderlo più adatto alla trasmissione su un canale. Il segnale di informazione da elaborare può essere analogico oppure numerico, si parla allora di modulazione analogica o numerica, rispettivamente. La trasformazione (6.88), allora, rientra nell’ambito delle modulazioni analogiche di ampiezza (amplitude modulation, AM), e prende più precisamente il nome di “modulazione di ampiezza con portante soppressa” o “modulazione DSB” (double sideband). Altre modulazione analogiche frequentemente utilizzate sono la modulazione di frequenza (frequency modulation, FM), e la modulazione di fase (phase modulation, PM), i cui modelli matematici sono più complessi di quello (6.88) (si tratta, in particolare, di modulazioni non lineari, ovvero descritte mediante sistemi non lineari).
320
Trasformata di Fourier Banda ELF (Extremely low frequency) SLF (Super low frequency) ULF (Ultra low frequency) VLF (Very low frequency) LF (Low frequency) MF (Medium frequency) HF (High frequency) VHF (Very high frequency) UHF (Ultra high frequency) SHF (Super high frequency) EHF (Extremely high frequency
Frequenza f 3–30 Hz 30–300 Hz 300–3000 Hz 3–30 kHz 30–300 kHz 300–3000 kHz 3–30 MHz 30–300 MHz 300–3000 MHz 3–30 GHz 30–300 GHz
Lunghezza d’onda λ 100 000 km–10 000 km 10 000 km–1 000 km 1 000 km–100 km 100 km–10 km 10 km–1 km 1 km–100 m 100 m–10 m 10 m–1 m 1 m–100 mm 100 mm–10 mm 10 mm – 1 mm
Principali impieghi comunicazioni sottomarine comunicazioni sottomarine comunicazioni sottomarine comunicazioni marine radio AM radio AM radioamatori (onde corte) radio FM, TV ponti radio, TV, cellulare, WLAN radar, satelliti, WLAN sistemi wireless fissi, satelliti
Tab. 6.1. Bande di frequenza, lunghezze d’onda e principali impieghi dello spettro radio (λ = c/ f , dove c = 3 · 108 m/s è la velocità della luce nel vuoto, coincidente con buona approssimazione con la velocità di propagazione di un’onda elettromagnetica nell’aria.) Segnale voce musica video dati a velocità Rs simboli/s
Banda monolatera Bx 4 kHz 20 kHz 5 MHz Rs /2 ≤ Bx ≤ Rs
Tab. 6.2. Valori indicativi della banda monolatera Bx per alcuni segnali di informazione di uso comune.
segnale vocale. Esempio 6.37 (trasmissione via radio di un segnale vocale) Il segnale vocale x(t) (cfr. es. 1.9), come ogni segnale di informazione, andrebbe modellato rigorosamente come un segnale aleatorio. In questo esempio, per semplicità, considereremo un più semplice modello deterministico, nel quale x(t) è un segnale deterministico passabasso a banda rigorosamente limitata [fig. 6.34(a)], avente banda monolatera dell’ordine di Bx = 4 kHz. Notiamo che tale segnale, pur avendo componenti spettrali che raggiungono la banda radio VLF (cfr. tab. 6.1), non può essere direttamente trasmesso via radio. Infatti, un risultato fondamentale dell’elettromagnetismo è che per trasmettere efficientemente un segnale con contenuto spettrale nell’intorno della frequenza f , sono necessarie antenne aventi dimensioni lineari comparabili alla lunghezza d’onda λ = cf del segnale (una dimensione
tipica di un’antenna lineare è L = λ2 ). Dalla tab. 6.1, si nota che tali lunghezze d’onda per la banda VLF sono nell’ordine 10–100 km, per cui sarebbero necessarie antenne di proporzioni gigantesche. Risulta molto più conveniente effettuare una modulazione del segnale x(t) per spostarlo a frequenze più elevate; ad esempio, nella radiofonia AM si utilizzano tecniche di modulazione di ampiezza per traslare lo spettro del segnale nella banda 535-1605 kHz, ovvero nella banda MF (tab. 6.1) cui corrispondono lunghezze d’onda nell’ordine 1 km–100 m, e quindi dimensioni più contenute delle antenne. Ancora più favorevole è la trasmissione effettuata (con modulazione di frequenza) nella banda FM 535-1605 MHz, ovvero nella banda VHF, con lunghezze d’onda dell’ordine 10 m–1m; oppure (utilizzando una modulazione numerica) nella banda dei 900 MHz (sistema di telefonia cellulare GSM), cui corrisponde una lunghezza d’onda pari circa a 33 cm, per cui l’antenna può essere addirittura integrata in un terminale tascabile.
Più in generale, la modulazione consente di affrontare il problema della trasmissione a distanza di un segnale che trasporta informazione, modellabile come un segnale (aleatorio) passabasso avente banda monolatera Bx (valori tipici della banda Bx per segnali di informazione di varia natura sono riportati in tab. 6.2). Essa consente di traslare, alle frequenze caratteristiche dello spettro radio, il contenuto spettrale del segnale x(t), avente frequenze troppo basse per essere trasmesso direttamente via radio.
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
321
y(t)
x(t)
y(t)
cos (2πf0t + ϕ0) Fig. 6.35. Schema a blocchi di un modulatore a TC.
LPF
x(t)
2 cos (2πf0t + ϕ0) Fig. 6.36. Schema a blocchi di un demodulatore a TC. Il filtro LPF è ideale, con risposta in frequenza H( f ) = rect Wf
. Dalla fig. 6.34, si nota che il segnale modulato y(t) presenta una banda monolatera By = 2W , ed un’estensione spettrale monolatera centrata intorno alla frequenza f0 ; si definisce allora banda relativa monolatera del segnale y(t) la quantità
by =
By 2W = . f0 f0
Considerazioni ingegneristiche impongono che la banda relativa di un segnale modulato debba assumere valori dell’ordine di 0.01 ≤ by ≤ 0.1 ; ciò comporta che per soddisfare tale relazione, al crescere della banda W del segnale di informazione, debba crescere proporzionalmente la frequenza portante f0 , una tendenza confermata da molti sistemi di telecomunicazione (cfr. tab. 6.1 e tab. 6.2). La traslazione in frequenza operata dalla modulazione non deve precludere la possibilità di recuperare perfettamente (almeno in linea teorica) il segnale x(t) a partire dal segnale modulato y(t). L’operazione inversa della modulazione viene svolta da un sistema denominato demodulatore. Si può verificare, in particolare, che se il segnale x(t) è a banda rigorosamente limitata, con banda monolatera Bx = W , lo schema a blocchi di fig. 6.35 consente di recuperare perfettamente il segnale x(t) a partire dal segnale modulato y(t) = x(t) cos(2π f0t + ϕ0 ). Si noti che tale demodulazione è perfetta solo in condizioni ideali: in particolare, dallo schema di fig. 6.35, si vede che è necessario disporre in ricezione, oltre che di un filtro ideale, di un oscillatore a frequenza f0 e fase iniziale ϕ0 , con valori di frequenza/fase perfettamente coincidenti con quelli dell’oscillatore utilizzato in trasmissione. Ottenere tale perfetta coincidenza non è semplice, visto che gli oscillatori del modulatore e del demodulatore sono distinti e si trovano in posizioni geograficamente separate: le tecniche che risolvono tale problema prendono il nome di algoritmi di sincronizzazione. L’approfondimento più specifico delle tecniche di modulazione e demodulazione, nonché delle tecniche di sincronizzazione, non rientra tra gli argomenti di base della teoria dei segnali e dei sistemi, ed è invece sviluppato in corsi più avanzati di telecomunicazioni.
6.5.2 Trasformazioni della variabile indipendente
Consideriamo ora le proprietà della trasformata di Fourier collegate alle trasformazioni della variabile indipendente, quali la traslazione temporale, la riflessione, ed il cambiamento di scala dei tempi.
322
Trasformata di Fourier
Traslazione temporale
È semplice calcolare la trasformata di Fourier di un segnale che ha subito una traslazione temporale. Ad esempio, nel caso TC, la trasformata di Fourier di y(t) = x(t − t0 ), applicando la (6.7), è data da Y(f) =
+∞ −∞
y(t) e− j2π f t dt =
+∞ −∞
x(t − t0 ) e− j2π f t dt .
Effettuando il cambio di variabile u = t − t0 → t = u + t0 nell’integrale si ha: +∞ +∞ x(u) e− j2π f (u+t0 ) du = x(u) e− j2π f u du e− j2π f t0 , Y(f) = −∞ −∞ =X( f )
per cui in definitiva si trova Y ( f ) = X( f ) e− j2π f t0 . Con passaggi simili si può provare che una proprietà analoga vale nel caso TD, per cui si può enunciare la proprietà di traslazione temporale della trasformata di Fourier: Proprietà 6.16 (proprietà di traslazione temporale della trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·) e t0 ∈ R, n0 ∈ Z, si ha y(t) = x(t − t0 ) y(n) = x(n − n0 )
←→
FT
Y ( f ) = X( f ) e− j2π f t0
(segnali TC)
FT
Y (ν ) = X(ν ) e− j2πν n0
(segnali TD)
←→
Gli effetti di una traslazione temporale sullo spettro del segnale sono più chiari se si ragiona separatamente sullo spettro di ampiezza e di fase dei segnali y(t) e x(t). Nel caso TC, ad esempio, calcolando modulo e fase di Y ( f ) = X( f ) e− j2π f t0 , si ha |Y ( f )| = |X( f )| , Y ( f ) = X( f ) − 2π f t0 . La prima relazione evidenzia che una traslazione temporale non modifica lo spettro di ampiezza del segnale; la seconda mostra invece che essa modifica lo spettro di fase, introducendo uno sfasamento additivo, caratterizzato da una legge lineare in frequenza, con pendenza negativa se t0 è positivo (ritardo temporale), positiva se t0 è negativo (anticipo temporale). In altri termini, ad una traslazione temporale corrisponde uno sfasamento lineare nel dominio della frequenza. Il fatto che, per effetto della traslazione temporale, lo spettro di ampiezza non subisca modifiche, ha come conseguenza che l’estensione frequenziale e la banda del segnale non cambiano, si ha cioè Wy = Wx e By = Bx . In altri termini, una traslazione temporale del segnale non altera nè l’estensione spettrale, nè la banda del segnale. Esempio 6.38 (trasformata della finestra triangolare a TD) Applichiamo la proprietà di traslazione temporale (insieme con altre proprietà, quali la linearità e la convoluzione) per calcolare la trasformata di Fourier della finestra di Bartlett o finestra triangolare a TD x(n) = B2N (n). Nell’es. 4.6 abbiamo provato che vale la seguente relazione [cfr. eq. (4.33)] tra finestre rettangolari e triangolari a TD: RN (n) ∗ RN (n) = NB2N (n + 1) .
|X(ν)|
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
323
4 2 0 −1
−0.5
0 ν
0.5
1
−0.5
0 ν
0.5
1
∠ X(ν)
2 0 −2 −1
Fig. 6.37. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) della trasformata di Fourier X(ν ) della finestra triangolare x(n) = B10 (n) (es. 6.38). Applicando la proprietà di invarianza temporale della convoluzione (cfr. § 4.3.1), si trova allora: x(n) = B2N (n) =
1 [RN (n − 1) ∗ RN (n)] , N FT
da cui, ricordando che RN (n) ←→ DN (n) (cfr. es. 6.2), ed applicando le proprietà di linearità, traslazione temporale e di convoluzione della trasformata di Fourier si ha: X(ν ) =
) 1 1( DN (ν )e− j2πν · DN (ν ) = DN2 (ν )e− j2πν , N N
ovvero, ricordando la definizione di DN (ν ), FT
x(n) = B2N (n) ←→ X(ν ) =
sin2 (πν N) − j2N πν . e N sin2 (πν )
Il modulo e la fase si calcolano immediatamente: sin2 (πν N) N sin2 (πν ) X(ν ) = −2N πν |X(ν )| =
(6.90) (6.91)
e sono raffigurate in fig. 6.37 nel caso N = 5. Si noti che, poiché la fase riportata in fig. 6.37 è in effetti l’argomento principale Arg[X(ν )], i cui valori appartengono all’intervallo ] − π , π ], tale grafico ha l’andamento di una spezzata e non quello di una retta continua, come invece suggerito dall’espressione (6.91).
Riflessione temporale
Come per la traslazione temporale, anche per la riflessione temporale di un segnale vale una proprietà molto semplice, con riferimento alla sua trasformata di Fourier. Prendendo ad esempio ancora il caso TC, la trasformata del segnale riflesso y(t) = x(−t) si calcola come segue: Y(f) =
+∞ −∞
− j2π f t
y(t) e
dt =
+∞ −∞
x(−t) e− j2π f t dt .
324
Trasformata di Fourier
Operando il cambio di variabile u = −t → t = −u, si ha: Y(f) =
+∞ −∞
x(u) e j2π f u du =
+∞
−∞
x(u) e− j2π (− f )u du , =X(− f )
e quindi FT
y(t) = x(−t) ←→ Y ( f ) = X(− f ) . In sintesi, ad una riflessione nel dominio del tempo corrisponde una riflessione nel dominio della frequenza. La proprietà precedente può essere dimostrata con passaggi analoghi anche nel caso TD, e quindi è possibile enunciare la seguente proprietà di riflessione della trasformata di Fourier: Proprietà 6.17 (proprietà di riflessione della trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·), si ha FT
y(·) = x(−(·)) ←→ Y (·) = X(−(·)) . La proprietà di riflessione ha un significato prettamente matematico, e consente di introdurre e discutere più approfonditamente una serie di proprietà di simmetria caratteristiche dei segnali e delle loro trasformate di Fourier. Ad esempio, dato un segnale x(·) pari, ovvero tale che x(·) = x(−(·)) , trasformando membro a membro la precedente relazione, ed applicando la prop. 6.17, si trova X(·) = X(−(·)) , e quindi la trasformata di Fourier è anch’essa un segnale pari. In altri termini, un segnale pari ha una trasformata di Fourier pari. Seguendo un ragionamento analogo, dato un segnale x(·) dispari x(·) = −x(−(·)) , trasformando membro a membro ed applicando la prop. 6.17, si trova X(·) = −X(−(·)) , per cui la trasformata di Fourier è anch’essa dispari. In altri termini, un segnale dispari ha una trasformata di Fourier dispari. Il discorso precedente può essere generalizzato al caso di un segnale arbitrario (nè pari nè dispari), ricordando [cfr. prop. 2.1(e)] che qualsiasi segnale x(·) può essere decomposto nella somma di un segnale pari e di un segnale dispari: x(·) = Pa[x(·)] + Di[x(·)] ,
(6.92)
dove
Pa[x(·)] =
1 [x(·) + x(−(·))] , 2
Di[x(·)] =
1 [x(·) − x(−(·))] , 2
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
325
rappresentano, rispettivamente, la componente pari e la componente dispari del segnale. Applicando le proprietà di riflessione e di linearità della trasformata di Fourier, si ha 1 1 FT [x(·) + x(−(·))] ←→ [X(·) + X(−(·))] = Pa[X(·)] , 2 2 ovvero alla componente pari del segnale nel dominio del tempo corrisponde la componente pari della sua trasformata di Fourier. Con ragionamento analogo si trova
Pa[x(·)] =
1 1 FT [x(·) − x(−(·))] ←→ [X(·) − X(−(·))] = Di[X(·)] , 2 2 e quindi alla componente dispari del segnale nel dominio del tempo corrisponde la componente dispari della sua trasformata di Fourier. Ovviamente, per il segnale complessivo x(·), si avrà che
Di[x(·)] =
x(·) = Pa[x(·)] + Di[x(·)]
FT
←→
X(·) = Pa[X(·)] + Di[X(·)] .
La (6.92) può essere vista come la decomposizione elementare di un segnale x(·) nella somma delle sue componenti elementari pari e dispari [un’analoga decomposizione vale, nel dominio della frequenza, per X(·)]. È possibile considerare altre tipologie di decomposizione elementare di un segnale (nel dominio del tempo o della frequenza), che consentono di sviluppare ulteriormente il discorso sulle proprietà di simmetria della trasformata di Fourier. Ad esempio, un segnale x(·) a valori complessi può essere matematicamente decomposto nella somma della sua componente reale e della sua componente immaginaria: x(·) = Re[x(·)] + j Im[x(·)] ,
(6.93)
dove la componente reale e la componente immaginaria41 possono essere espresse in funzione di x(·) e di x∗ (·) come: 1 1 [x(·) + x∗ (·)] , j Im[x(·)] = [x(·) − x∗ (·)] . 2 2 Per effettuare la trasformata di Fourier delle precedenti espressioni, occorre calcolare la trasformata del segnale coniugato y(·) = x∗ (·). Con riferimento ad esempio al caso TC, si ha immediatamente +∞ ∗ +∞ ∗ +∞ +∞ y(t)e− j2π f t dt = x∗ (t)e− j2π f t dt = x(t)e j2π f t dt = x(t)e− j2π (− f )t dt , Y(f) = −∞ −∞ −∞ −∞
Re[x(·)] =
=X ∗ (− f )
per cui si trova y(t) = x∗ (t) ←→ Y ( f ) = X ∗ (− f ) . FT
In sintesi, ad una coniugazione nel dominio del tempo corrispondono una coniugazione più una riflessione nel dominio della frequenza. Tale proprietà può essere estesa facilmente al caso TD, e vale pertanto la seguente proprietà di coniugazione della trasformata di Fourier: Proprietà 6.18 (proprietà di coniugazione della trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·), si ha y(·) = x∗ (·) ←→ Y (·) = X ∗ (−(·)) . FT
41 Si
osservi che, mentre la “componente reale” coincide con la parte reale definita nell’app. A, per “componente immaginaria” intendiamo la parte immaginaria moltiplicata per j.
326
Trasformata di Fourier
Applicando allora la proprietà precedente e la proprietà di linearità, è possibile calcolare la trasformata della componente reale di x(·):
Re[x(·)] =
1 [x(·) + x∗ (·)] 2
1 [X(·) + X ∗ (−(·))] = He[X(·)] , 2
FT
←→
dove è stata definita la componente hermitiana He[X(·)] della trasformata di Fourier. In sintesi, alla componente reale nel dominio del tempo corrisponde la componente hermitiana nel dominio della frequenza. Notiamo che la componente (o parte) hermitiana di un segnale ha una espressione simile a quella della componente (o parte) pari, con l’unica differenza che il secondo addendo, oltre ad essere riflesso, è coniugato; ovviamente si ha He[X(·)] ≡ Pa[X(·)] se (e solo se) X(·) è reale. Con passaggi simili, si ha, per la componente immaginaria,
j Im[x(·)] =
1 FT 1 [x(·) − x∗ (·)] ←→ [X(·) − X ∗ (−(·))] = Ah[X(·)] , 2 2
dove Ah[X(·)] rappresenta la componente antihermitiana della trasformata di Fourier. Pertanto, alla componente immaginaria nel dominio del tempo corrisponde la componente antihermitiana nel dominio della frequenza. Notiamo che la componente (o parte) antihermitiana di un segnale ha una espressione simile a quella della componente (o parte) dispari, con l’unica differenza che il secondo addendo, oltre ad essere riflesso, è coniugato; chiaramente si ha Ah[X(·)] ≡ Di[X(·)] se (e solo se) X(·) è reale. Per il segnale complessivo x(·), si avrà ovviamente che x(·) = Re[x(·)] + j Im[x(·)]
FT
←→
X(·) = He[X(·)] + Ah[X(·)] .
Per completezza, consideriamo un’ultima decomposizione elementare, in cui un segnale x(·) a valori complessi è espresso come la somma della sua componente hermitiana ed antihermitiana: x(·) = He[x(·)] + Ah[x(·)] ,
(6.94)
dove:
He[x(·)] =
1 [x(·) + x∗ (−(·))] , 2
Ah[x(·)] =
1 [x(·) − x∗ (−(·))] , 2
sono definite nel dominio del tempo analogamente a quanto visto prima per X(·) nel dominio della frequenza. Quest’ulteriore decomposizione di x(·) si può vedere come una estensione al caso complesso della decomposizione (6.92) in componente pari e dispari [in effetti, se (e solo se) x(·) è reale, le (6.92) ed (6.94) coincidono]. Nel calcolo della trasformata della componente hermitiana ed antihermitiana di x(·), compare la trasformata di Fourier di x∗ (−(·)), ovvero di un segnale che ha subito una riflessione più una coniugazione. Il risultato si può ottenere subito combinando le prop. 6.17 e 6.18, e si ha la seguente proprietà di riflessione e coniugazione della trasformata di Fourier: Proprietà 6.19 (proprietà di riflessione e coniugazione della trasformata di Fourier) FT
Sia x(·) ←→ X(·), si ha y(·) = x∗ (−(·)) ←→ Y (·) = X ∗ (·) . FT
In altre parole, ad una riflessione più una coniugazione nel dominio del tempo corrisponde una semplice coniugazione nel dominio della frequenza. Applicando tale proprietà, insieme con la proprietà di linearità della trasformata di Fourier, si ha:
He[x(·)] =
1 [x(·) + x∗ (−(·))] 2
FT
←→
1 [X(·) + X ∗ (·)] = Re[X(·)] , 2
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
327
dominio del tempo x(·) = Pa[x(·)] + Di[x(·)] x(·) = Re[x(·)] + j Im[x(·)] x(·) = He[x(·)] + Ah[x(·)]
dominio della frequenza X(·) = Pa[X(·)] + Di[X(·)] X(·) = He[X(·)] + Ah[X(·)] X(·) = Re[X(·)] + j Im[X(·)]
Tab. 6.3. Relazioni tra le decomposizioni elementari di un segnale nel dominio del tempo e della frequenza.
dominio del tempo Pa[x(·)] Di[x(·)] Re[x(·)] j Im[x(·)] He[x(·)] Ah[x(·)]
dominio della frequenza Pa[X(·)] Di[X(·)] He[X(·)] Ah[X(·)] Re[X(·)] j Im[X(·)]
Tab. 6.4. Relazioni tra le componenti elementari di un segnale nel dominio del tempo e della frequenza.
1 1 FT [x(·) − x∗ (−(·))] ←→ [X(·) − X ∗ (·)] = j Im[X(·)] , 2 2 che esprimono il fatto che alla componente hermitiana nel dominio del tempo corrisponde la componente reale nel dominio della frequenza, mentre alla componente antihermitiana nel dominio del tempo corrisponde la componente immaginaria nel dominio della frequenza. Anche qui, per il segnale complessivo si ha
Ah[x(·)] =
x(·) = He[x(·)] + Ah[x(·)]
FT
←→
X(·) = Re[X(·)] + j Im[X(·)] .
Tutte le relazioni derivate in precedenza sono sinteticamente raccolte nelle tab. 6.3 e 6.4. Le relazioni delle tab. 6.3 e 6.4 ammettono una ulteriore chiave di lettura, molto interessante in quanto consente di ottenere in maniera sistematica le principali proprietà di simmetria della trasformata di Fourier. Infatti, con riferimento ad esempio alla decomposizione pari-dispari (6.92), si ha evidentemente x(·) pari
⇐⇒
Di[x(·)] = 0
⇐⇒
Di[X(·)] = 0
⇐⇒
X(·) pari
per cui ritroviamo la proprietà secondo la quale un segnale pari ha una trasformata pari. Allo stesso modo x(·) dispari
⇐⇒
Pa[x(·)] = 0
⇐⇒
x(·) pari dispari reale immaginario hermitiano antihermitiano
Pa[X(·)] = 0
⇐⇒
X(·) dispari
X(·) pari dispari hermitiana antihermitiana reale immaginaria
Tab. 6.5. Proprietà di simmetria di un segnale e della sua trasformata di Fourier.
328
Trasformata di Fourier
1 y(t)
1
0.5
0.8 x(t)
0 0.6
−5
0.4
0 t
5
0 t
5
1 y(−t)
0.2
0.5
0
0 −0.2 −5
0 t
−5
5
Fig. 6.39. L’esponenziale bilatero x(t) = Ae−|t|/T di fig. 6.38 (es. 6.39) può essere rappresentato come la somma dei due segnali y(t) = Ae−t/T u(t) (in alto) e y(−t) = Aet/T u(−t) (in basso).
Fig. 6.38. Esponenziale bilatero a TC per A = 1 e T = 1 (es. 6.39).
ovvero un segnale dispari ha una trasformata dispari. Un ragionamento simile si può fare per il caso di un segnale reale: x(·) reale
⇐⇒
jIm[x(·)] = 0
⇐⇒
Ah[X(·)] = 0
⇐⇒
X(·) hermitiana
dove dire che X(·) è hermitiano o gode della simmetria hermitiana significa che Ah[X(·)] = 0
⇐⇒
X(·) = X ∗ (−(·)) ,
ed è ovviamente la stessa proprietà di simmetria hermitiana già definita dalla prop. 6.3. In sintesi, un segnale reale ha una trasformata hermitiana. Analogamente x(·) immaginario
⇐⇒
Re[x(·)] = 0
⇐⇒
He[X(·)] = 0
⇐⇒
X(·) antihermitiana
dove dire che X(·) è antihermitiano o gode della simmetria antihermitiana significa che He[X(·)] = 0
⇐⇒
X(·) = −X ∗ (−(·)) ,
ovvero, un segnale immaginario ha una trasformata antihermitiana. Altri casi, meno interessanti dal punto di vista applicativo, si possono ottenere con riferimento alla simmetria hermitiana ed antihermitiana di x(·), utilizzando le relazioni di tab. 6.4, per cui un segnale hermitiano ha una trasformata reale, ed un segnale antihermitiano ha una trasformata immaginaria. Tutte le proprietà di simmetria della trasformata di Fourier sono sinteticamente raccolte in tab. 6.5. Notiamo infine che le proprietà di simmetria di tab. 6.5 si possono anche utilizzare in maniera combinata: ad esempio, se x(·) è reale e pari, dalla tabella si ricava che la sua trasformata X(·) è hermitiana e pari, ed è facile verificare che, combinando queste due ultime proprietà, si ricava necessariamente che X(·) è reale. Per cui, un segnale reale e pari ha una trasformata reale e pari. Allo stesso modo, se x(·) è reale e dispari, la sua trasformata X(·) sarà hermitiana e dispari, ed è facile verificare che, combinando queste due ultime proprietà, si ricava necessariamente che X(·) è immaginaria. Per cui, un segnale reale e dispari ha una trasformata immaginaria e dispari. Altre combinazioni sono possibili, ma sono di minore interesse pratico.
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
329
1
X(f)/(2 A T)
0.8 0.6 0.4 0.2 0 −0.2 −6
−4
−2
0 2πfT
2
4
6
Fig. 6.40. Trasformata di Fourier dell’esponenziale bilatero a TC (es. 6.39). Esempio 6.39 (trasformata di Fourier dell’esponenziale bilatero a TC) Le relazioni tra le componenti elementari di tab. 6.4 possono essere utilizzate per calcolare, ad esempio, la trasformata di x(t) = A e−|t|/T , con T > 0; notiamo che tale segnale è un esponenziale bilatero, come mostra il grafico di fig. 6.38. Tenendo presente anche la fig. 6.39, osserviamo che il segnale x(t) si può esprimere come segue: x(t) = A e−|t|/T = A e−t/T u(t) + A e+t/T u(−t) = 2 Pa[y(t)] ,
(6.95)
ovvero x(t) coincide, a meno del fattore 2, con la componente pari del segnale y(t) = A e−t/T u(t) (esponenziale monolatero).42 Utilizzando allora la trasformata di quest’ultimo segnale, già ricavata nell’es. 6.8, ovvero y(t) = A e−t/T u(t) ←→ Y ( f ) = FT
AT , 1 + j2π f T
e sfruttando la relazione di tab. 6.4 tra Pa[y(t)] e Pa[Y ( f )], e la proprietà di linearità della trasformata di Fourier, si ha: 2 Pa[y(t)] ←→ 2 Pa[Y ( f )] = Y ( f ) +Y (− f ) = Y ( f ) +Y ∗ ( f ) = 2 Re[Y ( f )] , FT
dove si è anche sfruttata la simmetria hermitiana Y (− f ) = Y ∗ ( f ) di Y ( f ), associata al fatto che y(t) è reale. Applicando semplici proprietà dell’algebra complessa, si ha: Y(f) =
1 − j2π f T 1 − j2π f T AT = AT 1 + j2π f T 1 − j2π f T 1 + 4π 2 f 2 T 2
=⇒
2 Re[Y ( f )] =
2AT , 1 + 4π 2 f 2 T 2
e quindi in definitiva vale la seguente trasformata notevole, valida per ogni A ∈ R e T ∈ R+ : x(t) = A e−|t|/T ←→ X( f ) = FT
2AT . 1 + 4π 2 f 2 T 2
Notiamo che, poiché x(t) è reale e pari, anche X( f ) è reale e pari, inoltre lo spettro X( f ) è non negativo, per cui si ha |X( f )| = X( f ) e X( f ) = 0: tale spettro è rappresentato graficamente in fig. 6.40. Si tratta chiaramente di un segnale passabasso, il cui spettro X( f ) decade per | f | → +∞ come 1/ f 2 , il che equivale ad un roll-off di 40 dB/decade o 12dB/ottava; si noti che, poiché x(t) è continuo ma con derivata discontinua e sommabile, tale risultato si può ricavare anche applicando la prop. 6.11 per n = 0. realtà, la (6.95) non vale a rigore per t = 0, in quanto mentre x(0) = A, si ha che 2Pa[y(t)] = 2 A; tuttavia, questa differenza tra i due segnali in un punto isolato non ha alcuna influenza sul calcolo della trasformata di Fourier di x(t), che è definita mediante un integrale (notiamo che invece nel caso TD una tale differenza sarebbe stata significativa). 42 In
330
Trasformata di Fourier
1
1
0.8 0.8
0.6 0.4 x(n)
x(n)
0.6 0.4
0.2 0
0.2
−0.2 −0.4
0
−0.6 −0.2 −10
−5
0 n
5
10
3.5
3.5
3
3
2.5
2.5
2
2
1.5
1
0.5
0.5
0
0 −1
−0.5
0 ν
0.5
1
Fig. 6.43. Trasformata di Fourier X(ν ) del segnale x(n) = Aa|n| per A = 1 e a = 0.5 (es. 6.40).
0 n
5
10
1.5
1
−0.5
−5
Fig. 6.42. Il segnale esponenziale bilatero a TD x(n) = Aa|n| per A = 1 e a = −0.5 (es. 6.40).
|X(ν)|
|X(ν)|
Fig. 6.41. Il segnale esponenziale bilatero a TD x(n) = Aa|n| per A = 1 e a = 0.5 (es. 6.40).
−10
−0.5
−1
−0.5
0 ν
0.5
1
Fig. 6.44. Trasformata di Fourier X(ν ) del segnale x(n) = Aa|n| per A = 1 e a = 0.5 (es. 6.40).
La frequenza di taglio ad α dB si trova risolvendo l’equazione (6.76) o (6.77), scegliendo frif = 0 dal momento che lo spettro (fig. 6.40) è massimo per tale frequenza. Ad esempio, poiché |X(0)| = 2AT , la (6.77) in unità naturali si scrive esplicitamente 1 |X( fα )| = = 10−α /20 , |X(0)| 1 + 4π 2 fα2 T 2 da cui, scegliendo la soluzione positiva, si ricava che la banda monolatera ad α dB vale: Bx = fα =
1 # α /20 10 −1. 2π T
Si noti che, come nell’es. 6.26, anche in questo caso la banda ad α dB è inversamente proporzionale alla costante di tempo T , e quindi alla durata del segnale nel dominio del tempo. Nel caso α = 3, si ha Bx = f3 ≈ 0.644 2π T . A 1 parità di costante di tempo T , tale valore è più piccolo di quello Bx = f3 ≈ 2π T dell’esponenziale monolatero (cfr. es. 6.26), il motivo è che lo spettro del segnale esponenziale bilatero decade a zero più rapidamente (come 1/ f 2 ) di quello dell’esponenziale monolatero.
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
331
0.5 0.45
Bx
0.4 0.35 0.3 0.25 0.2 0.2
0.4
0.6 a
0.8
1
Fig. 6.45. Banda a 3 dB dell’esponenziale bilatero TD in funzione di a ∈ (amin , 1); per valori di a < amin la banda a 3 dB non può essere definita (es. 6.40). Esempio 6.40 (trasformata di Fourier dell’esponenziale bilatero a TD) Consideriamo il segnale esponenziale bilatero a TD, definito come x(n) = A a|n| , con A ∈ R e 0 < |a| < 1, rappresentato graficamente in fig. 6.41 per 0 < a < 1 ed ed in fig. 6.42 per −1 < a < 0. Data la natura esponenziale del segnale, si verifica facilmente che si tratta di un segnale sommabile (la sommabilità è garantita dall’ipotesi |a| < 1). Anche per questo segnale è possibile sfruttare le relazioni tra le componenti elementari di tab. 6.4, ma è necessaria qualche cautela in più rispetto al caso TC. Notiamo infatti che il segnale x(n) si può esprimere come segue: ) ( (6.96) x(n) = A an u(n) + a−n u(−n) − δ (n) , dove la sottrazione di δ (n) serve a garantire l’uguaglianza tra il primo ed il secondo membro per n = 0. Notiamo allora che la (6.96) si può interpretare come x(n) = 2 Pa[y(n)] − A δ (n) , dove y(n) = A an u(n) (esponenziale monolatero a TD). Utilizzando allora la trasformata di quest’ultimo segnale, già ricavata nell’es. 6.18, ovvero FT
y(n) = A an u(n) ←→ Y (ν ) =
A , 1 − ae− j2πν
e sfruttando la relazione di tab. 6.4 tra Pa[y(n)] e Pa[Y (ν )], nonché la proprietà di linearità della trasformata di FT Fourier, e la trasformata notevole x(n) = δ (n) ←→ X(ν ) = 1, si ha : 2 Pa[y(n)] − Aδ (n) ←→ 2 Pa[Y (ν )] − A = Y (ν ) +Y (−ν ) − A = Y (ν ) +Y ∗ (ν ) − A = 2 Re[Y (ν )] − A , FT
dove si è anche sfruttata la simmetria hermitiana Y (−ν ) = Y ∗ (ν ) di Y (ν ), associata al fatto che y(n) è reale. Applicando semplici proprietà dell’algebra complessa, si ha: Y (ν ) =
A(1 − ae j2πν ) A [1 − a cos(2πν ) − ja sin(2πν )] , = − j2 πν 2 |1 − ae | 1 + a2 − 2a cos(2πν )
da cui si ricava A 1 − a2 A [1 − a cos(2πν )] −A = , 2 Re[Y (ν )] − A = 2 1 + a2 − 2a cos(2πν ) 1 + a2 − 2a cos(2πν )
332
Trasformata di Fourier
e quindi in definitiva vale la seguente trasformata notevole, valida per A ∈ R e 0 < |a| < 1: A 1 − a2 FT . x(n) = A a|n| ←→ X(ν ) = 1 + a2 − 2a cos(2πν ) Notiamo che, poiché x(n) è reale e pari, anche X(ν ) è reale e pari, inoltre si può verificare che lo spettro X(ν ) è non negativo, per cui si ha |X(ν )| = X(ν ) e X(ν ) = 0; lo spettro X(ν ) è direttamente rappresentato (per A = 1) in fig. 6.43 per 0 < a < 1 (spettro di tipo passabasso) ed in fig. 6.44 per −1 < a < 0 (spettro di tipo passaalto). La frequenza di taglio ad α dB si trova risolvendo l’equivalente a TD dell’equazione (6.76) o (6.77), Seguendo passaggi simili a quelli dell’es. 6.30, per 0 < a < 1 (caso passabasso), si trova che la banda monolatera vale * + 1 1 + a2 − 10α /20 arccos Bx = να = , (6.97) 2π 2a
valida per a ≥ amin , dove amin = 10α /40 e purché α ≤ 12 dB; se queste ultime condizioni, non sono soddisfatte, l’equazione che definisce la banda ad α dB non ammette soluzioni e, quindi, la banda ad α dB non può essere definita. La fig. 6.29 riporta l’andamento della banda a 3 dB (corrispondente ad α = 3), nell’intervallo a ∈ [amin , 1]. Notiamo che per a → 1, la durata del segnale nel dominio del tempo aumenta, mentre la sua banda diminuisce, e viceversa (la massima banda Bx = 12 si ha in corrispondenza di a = amin ). Confrontando le fig. 6.29 e fig. 6.45, si nota che, anche nel caso TD, a parità di a e di α , il segnale esponenziale bilatero ha una banda più contenuta dell’esponenziale monolatero.
Cambiamento di scala temporale
Nel § 2.1.2 abbiamo visto che il cambiamento di scala temporale di un segnale assume forme diverse nel caso TC e TD: per lo stesso motivo, discuteremo separatamente la proprietà di cambiamento di scala temporale per la trasformata di Fourier nei due casi TC e TD. Partiamo dal caso TC, e ricordiamo (cfr. § 2.1.2) che effettuare un cambiamento di scala dei tempi sul segnale x(t) corrisponde a considerare il segnale y(t) = x(at), con a ∈ R+ ; si parla in particolare di compressione se a > 1, e di espansione se 0 < a < 1. Il caso a < 0 si può vedere come composto da una compressione/espansione di un fattore |a| positivo, seguito da una riflessione. Per maggiore generalità, considereremo in questa sezione valori di a non necessariamente positivi, quindi a ∈ R − {0}: parleremo pertanto più in generale di espansione se 0 < |a| < 1, e di compressione se |a| > 1; se |a| = 1, il segnale o resta inalterato (a = 1), o subisce una semplice riflessione (a = −1). Il calcolo della trasformata di Fourier di y(t) = x(at) si riconduce semplicemente a quello della trasformata di x(t) mediante il cambiamento di variabile u = at. Si ha infatti: Y(f) =
+∞ −∞
y(t)e− j2π f t dt =
+∞ −∞
x(at)e− j2π f t dt .
Distinguiamo i due casi a > 0 e a < 0. Per a > 0, ponendo u = at, si ha:
f 1 1 +∞ . x(u)e− j2π ( f /a)u du = X Y(f) = a −∞ a a Nel caso a < 0, invece, con lo stesso cambiamento di variabile, si ottiene 1 Y(f) = a
−∞ +∞
− j2π ( f /a)u
x(u)e
1 du = − a
+∞ −∞
− j2π ( f /a)u
x(u)e
1 du = − X a
f . a
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
333
Notando che |a| = a se a > 0, mentre |a| = −a se a < 0, le due espressioni precedenti si possono scrivere in forma unificata:
f 1 X Y(f) = . |a| a È possibile pertanto enunciare la seguente proprietà di cambiamento di scala temporale della trasformata di Fourier a TC: Proprietà 6.20 (cambiamento di scala temporale per la trasformata di Fourier a TC) FT
Sia x(t) ←→ X( f ) e a ∈ R − {0}, si ha
f 1 FT X y(t) = x(at) ←→ Y ( f ) = . |a| a
(6.98)
Notiamo che, per a = −1, la prop. 6.20 si riduce alla prop. 6.17 (proprietà di riflessione). Nel caso – più interessante – in cui |a| = 1, tale proprietà esprime un comportamento significativo della trasformata di Fourier, associato al cambiamento di scala dei tempi del segnale TC: notiamo infatti che, ad un cambiamento di scala di x(t) (nel tempo) di un fattore a, corrisponde un cambiamento di scala di X( f ) (in frequenza) di un fattore 1/a, accompagnato da una moltiplicazione dei valori delle ampiezze di X( f ) per un fattore 1/|a|. Tralasciando l’ultima modifica, ed osservando che i cambiamenti di scala nei due domini avvengono con fattori reciproci, concludiamo che ad una compressione nel dominio del tempo (|a| > 1) corrisponde una espansione nel dominio della frequenza (1/|a| < 1) e, viceversa, ad una espansione nel dominio del tempo (|a| < 1) corrisponde una compressione nel dominio della frequenza (1/|a| > 1). Poiché comprimere/espandere un segnale nel dominio del tempo ha l’effetto di diminuire/incrementare la sua durata ∆x , ed analogamente comprimere/espandere un segnale nel dominio della frequenza comporta una diminuzione/incremento della sua banda Bx , possiamo concludere che riducendo la durata ∆x di un segnale, la sua banda Bx si incrementa, e viceversa. Questa relazione di inversa proporzionalità tra durata e banda di un segnale è una proprietà fondamentale associata alla rappresentazione nel dominio della frequenza di un segnale, e può essere matematicamente espressa anche come Bx ∆x = αx , dove αx ∈ R+ dipende dalla definizione di durata e di banda adottata e dal tipo di segnale. In altri termini, il prodotto durata-banda (in inglese, time-bandwidth product), per un dato segnale, è una quantità costante: pertanto, non è possibile ridurre contemporaneamente la durata e la banda di un segnale: se si riduce la durata, la banda si incrementa, e viceversa. Quest’ultima formulazione della proprietà del cambiamento di scala viene talvolta denominata principio di indeterminazione della trasformata di Fourier, per analogia con il principio di indeterminazione di Heisenberg utilizzato nella meccanica quantistica.43 43 Nella
meccanica quantistica, il principio di indeterminazione fu introdotto dal fisico teorico tedesco W. Heisenberg (1901–1976), e afferma che “non è possibile conoscere simultaneamente posizione e quantità di moto di un dato oggetto con precisione arbitraria”. Il legame di tale principio con la trasformata di Fourier è in effetti assai stretto, e si basa anche su concetti di calcolo della probabilità: nella meccanica quantistica, infatti, la posizione e la quantità di moto di una particella non sono quantità perfettamente note, ma sono modellate come variabili aleatorie, descritte da due funzioni di densità di probabilità (pdf), che risultano essere legate da una relazione di trasformata di Fourier. Per questo motivo, se aumenta la precisione con cui è nota la posizione, la pdf della posizione si restringe, e questo comporta (per il cambiamento di scala della trasformata di Fourier) un allargamento della pdf della quantità di moto, e quindi un peggioramento della precisione con cui è nota quest’ultima grandezza.
334
Trasformata di Fourier
1 X(f)
x(t)
1 0.5
0.5 0
0 −1
−0.5
0 t
0.5
−0.5 −5
1
5
0 f
5
1 Y(f)
1 y(t)
0 f
0.5
0.5 0
0 −1
−0.5
0 t
0.5
1
Fig. 6.46. Segnale x(t) = rect(t) (in alto) e la sua versione y(t) = rect(2t) (in basso) compressa di un fattore a = 2 (es. 6.41).
−0.5 −5
Fig. 6.47. Trasformata di Fourier X( f ) (in alto) ed Y ( f ) (in basso) dei segnali x(t) = rect(t) e y(t) = rect(2t), rispettivamente (es. 6.41).
Esempio 6.41 (trasformata di Fourier della finestra rettangolare a TC) Applichiamo la prop. 6.20 per calcolare la trasformata di Fourier del segnale y(t) = rect(2t), ottenuto mediante una compressione con a = 2 dal segnale x(t) = rect(t) (fig. 6.46). Poiché: FT
x(t) = rect(t) ←→ X( f ) = sinc( f ) , si ha immediatamente 1 y(t) = rect(2t) ←→ Y ( f ) = sinc 2 FT
f . 2
Le trasformate di Fourier X( f ) ed Y ( f ) sono entrambi reali, e sono rappresentate in fig. 6.47. Confrontando i segnali nel dominio del tempo e della frequenza, notiamo che, mentre y(t) si ottiene da x(t) mediante una compressione (a = 2) dei tempi, Y ( f ) si ottiene da X( f ) mediante un’espansione ( 1a = 12 ) delle frequenze. In altri termini, ad un dimezzamento della durata del segnale nel dominio del tempo, corrisponde un raddoppio della sua banda, comunque siano misurate queste due quantità. Per un segnale di questo tipo, la durata può essere definita in maniera non ambigua (segnale a durata rigorsoamente limitata), mentre per la banda è particolarmente indicata la banda nullo-nullo): utilizzando tali definizioni si verifica facilmente che il prodotto durata-banda è costante, in quanto si ha ∆x Bx = 1 · 1 = 1 e ∆y By = 12 · 2 = 1. Il cambiamento di scala delle ampiezze (il fattore moltiplicativo 12 presente nella Y ( f )) si giustifica facilmente sulla base della proprietà del valore nell’origine della trasformata di Fourier (cfr. prop. 6.5): notiamo infatti che, per effetto della compressione nel tempo con a = 2, l’area di y(t) è la metà dell’area di x(t), e questo deve riflettersi nel dominio della frequenza in un dimezzamento del valore nell’origine Y (0) rispetto ad X(0).
La proprietà del cambiamento di scala, utilizzata congiuntamente ad altre proprietà (tipicamente linearità e/o traslazione temporale), serve per generalizzare alcune trasformate notevoli. Ad esempio, generalizzando il risultato dell’esempio precedente, a partire dalla trasformata notevole x(t) = FT rect(t) ←→ X( f ) = sinc( f ), applicando la linearità ed il cambiamento di scala è facile ottenere la seguente trasformata di Fourier: t FT ←→ X( f ) = A T sinc( f T ) , x(t) = A rect T valida ∀A ∈ R e ∀T ∈ R+ , che è stata già ricavata per integrazione diretta dell’equazione di analisi FT nell’es. 6.1. Allo stesso modo, partendo dalla trasformata notevole x(t) = Λ(t) ←→ X( f ) = sinc2 ( f ),
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
335
ricavata nell’es. 6.7, si ottiene facilmente la seguente relazione t FT ←→ X( f ) = AT sinc2 ( f T ) , x(t) = A Λ T valida ∀A ∈ R e ∀T ∈ R+ . Altri esempi di questo tipo sono proposti negli esercizi. Passiamo ora ad esaminare il caso di segnali TD. Nel § 2.1.2 si è visto che, per un segnale TD x(n), il cambiamento di scala temporale assume due distinte forme, note come decimazione (corrispondente alla compressione a (TC) ) ed espansione. Per quanto riguarda l’espansione, la trasformata di Fourier del segnale y(n) = x Ln , L ∈ N, si calcola direttamente, in quanto +∞
∑
Y (ν ) =
y(n) e− j2πν n =
n=−∞
+∞
∑
x
n
n=−∞
L
e− j2πν n .
Ricordando che, per la definizione (2.1) di espansione a TD, si ha n n , se n è multiplo di L ; x L y(n) = x = L 0, altrimenti ; la relazione precedente si può scrivere: Y (ν ) =
∞
∑
n = −∞ n multiplo di L
x
n L
e− j2πν n .
Ponendo k = n/L → n = kL (la sostituzione è lecita a questo punto in quanto n è multiplo di L e quindi k è sicuramente intero, in particolare k ∈ Z) si ha +∞
Y (ν ) =
∑
x(k) e− j2π (ν L)k = X(Lν ) .
k=−∞
Vale allora la seguente proprietà: Proprietà 6.21 (proprietà di espansione della trasformata di Fourier a TD) FT
Sia x(n) ←→ X(ν ) e L ∈ N, si ha n FT y(n) = x ←→ Y (ν ) = X(Lν ) . L
(6.99)
Dalla (6.99) si osserva che, dal punto di vista formale, ad una divisione per L nel dominio del tempo corrisponde una moltiplicazione per L nel dominio della frequenza, ed essendo L ≥ 1, quest’ultima operazione corrisponde ad una compressione dell’asse delle frequenze. Pertanto, sebbene l’espansione a TD sia diversa da quella a TC, per la trasformata di Fourier vale una proprietà concettualmente simile a quella che vale per l’espansione TC (caso 0 < a < 1): ad un’espansione nel dominio del tempo, corrisponde una compressione nel dominio della frequenza. Si noti invece che, a differenza del caso TC, nel caso TD le ampiezze della trasformata di Fourier non subiscono nessuna modifica: in effetti, poiché l’espansione a TD introduce semplicemente degli zeri nel segnale x(n), essa non altera l’area di x(n) e quindi (in accordo alla proprietà del valore nell’origine) neppure il valore dell’origine della trasformata X(ν ). La relazione (6.99) evidenzia una proprietà interessante, legata alla periodicità dello spettro di un segnale TD. Per effetto infatti della moltiplicazione per L dei valori di frequenza nella (6.99), si può
336
Trasformata di Fourier
osservare che Y (ν ) = X(Lν ) ammette un periodo più piccolo di 1, più precisamente essa è periodica di periodo 1/L. Infatti si ha:
1 1 =X L ν+ = X(Lν + 1) = X(Lν ) = Y (ν ) , Y ν+ L L dove si è sfruttata la periodicità (con periodo unitario) di X(ν ). Il fatto che Y (ν ) sia periodica di periodo 1/L non è in contrasto con la prop. 6.1, in quanto, poiché 1 è evidentemente un multiplo di 1/L, Y (ν ) sarà anche periodica di periodo 1, e quindi soddisfa la prop. 6.1. In effetti, così come non è detto che 1 sia il periodo fondamentale di X(ν ), non è detto che 1/L sia il periodo fondamentale di Y (ν ) (esso potrebbe essere un sottomultiplo di 1/L). Per quanto riguarda infine la decimazione y(n) = x(nM), con M ∈ N, abbiamo osservato che si tratta di un’operazione non reversibile, in quanto essa elimina completamente alcuni campioni del segnale x(n). Questo comporta che la relazione tra lo spettro del segnale y(n) = x(nM) e quello del segnale x(n) non è di semplice derivazione, come quella dell’espansione, e non è a sua volta reversibile, se non sotto ipotesi particolari. Si può verificare che la decimazione di un segnale TD è simile al campionamento, per cui la determinazione del legame tra gli spettri richiede necessariamente la conoscenza di alcune relazioni fondamentali che descrivono il campionamento nel dominio della frequenza. 6.5.3 Derivazione e differenza prima, integrazione e somma
In questa sezione esaminiamo gli effetti nel dominio della frequenza delle operazioni introdotte nel § 2.1.4, ovvero la derivazione e la differenza prima, e l’integrazione e somma. Partiamo dall’operazione di derivazione a TC: il problema è quello di calcolare la trasformata di Fourier del segnale y(t) = dtd x(t) in funzione della trasformata di x(t). Il risultato si ottiene facilmente a partire dall’equazione di sintesi per x(t): x(t) =
+∞ −∞
X( f ) e j2π f t d f .
Se infatti si deriva formalmente tale espressione rispetto a t, portando la derivata sotto il segno di integrale44 , si ottiene: y(t) =
d x(t) = dt
+∞ ( d −∞
dt
) X( f ) e j2π f t d f =
+∞
−∞
X( f )
d ( j2π f t ) df = e dt
+∞ −∞
X( f ) j2π f e j2π f t d f .
Confrontando l’ultimo integrale con l’equazione di sintesi per y(t), ovvero con y(t) =
+∞ −∞
Y ( f ) e j2π f t d f ,
e invocando la proprietà di unicità della trasformata di Fourier, si ricava che Y ( f ) = j2π f X( f ). Vale allora la seguente relazione: y(t) =
d FT x(t) ←→ Y ( f ) = j2π f X( f ) . dt
(6.100)
il segnale x(t) è a banda rigorosamente limitata, cioè X( f ) = 0 per f ∈ ( f1 , f2 ), con f2 > f1 valori reali finiti, l’integrale che definisce l’equazione di sintesi è esteso al solo intervallo finito ( f1 , f2 ) e, in questo caso, invocando il criterio di Leibnitz, è possibile portare senza alcun problema la derivata sotto il segno di integrale. Se il segnale non è a banda rigorosamente limitata, tale passaggio non è sempre lecito; una condizione sufficiente per poter portare la derivata sotto il segno di integrale è che la funzione di due variabili X( f ) e j2π f t sia derivabile parzialmente rispetto a t e, per ogni t ∈ R, la risultante derivata sia maggiorata in modulo da una funzione g(t, f ) sommabile su R rispetto alla variabile f . 44 Se
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
337
|H(f)|
30 20 10 0 −5
0 f
5
0 f
5
∠ H(f)
1 0 −1 −5
Fig. 6.48. Risposta in ampiezza (in alto) ed in fase (in basso) del sistema TC derivatore.
Notiamo che l’operazione di derivata si può interpretare come un sistema LTI avente risposta impulsiva h(t) = dtd δ (t) (derivatore), per cui la (6.100) consente di calcolare la risposta in frequenza H( f ) di tale sistema. Utilizzando la definizione (6.23) di risposta in frequenza, si ha infatti H( f ) =
Y(f) = j2π f , X( f )
cui corrispondono le risposte in ampiezza ed in fase |H( f )| = 2π | f | e H( f ) =
π sgn( f ) , 2
rappresentate graficamente in fig. 6.48. Dal grafico della risposta in ampiezza, si nota che la derivazione opera qualitativamente come un filtro passaalto: infatti, il guadagno in continua vale H(0) = 0, il che significa che la componente continua del segnale di ingresso - se presente - viene completamente cancellata in uscita (essendo una costante, in effetti, la sua derivata è nulla). Inoltre risulta |H( f )| 1 per | f | 1, per cui le basse frequenze vengono fortemente attenuate; viceversa, si ha che |H( f | 1 per | f | 1: in particolare, si osservi che per | f | → +∞ si ha che |H( f )| → +∞, per cui le alte frequenze vengono fortemente amplificate.45 Dal grafico della risposta in fase, si osserva inoltre che il derivatore introduce uno sfasamento di ±π /2 del segnale di ingresso. Questo sfasamento associato alla derivazione ammette una semplice interpretazione se si fa riferimento alla derivazione di un segnale sinusoidale: derivando infatti il segnale x(t) = sin(t) si ottiene il segnale y(t) = cos(t) e viceversa (a meno di un segno), ed evidentemente y(t) = cos(t) = sin(t − π /2), ovvero le funzioni seno e coseno differiscono tra loro proprio per uno sfasamento di π /2 (notiamo che la stessa proprietà si può mostrare anche in maniera più formale applicando la prop. 4.12). Concludiamo osservando che la proprietà di derivazione (6.100) può essere facilmente estesa al caso della derivata k-esima, applicando iterativamente (k volte) la (6.100). È possibile pertanto enunciare la seguente proprietà in forma più generale:46 45 Tale comportamento passaalto del derivatore ne rende sconsigliato l’impiego pratico nei circuiti analogici, in quanto esso inevitabilmente amplifica le componenti ad alta frequenza dei disturbi eventualmente sovrapposti al segnale di ingresso, peggiorando quindi la qualità del segnale. 46 Ragionando come fatto per la derivata prima, si può concludere che anche la derivata k-esima tende a comportarsi come un filtro passaalto, con guadagno in continua H(0) = 0 e guadagno ad alta frequenza |H(±∞)| = +∞.
338
Trasformata di Fourier
1.5 |X(f)|
x(t)
1 0.5
1 0.5
0 −1.5
−1
−0.5
0 t
0.5
1
0 −3
1.5
−2
−1
0 f
1
2
3
−2
−1
0 f
1
2
3
1
∠ X(f)
y(t)
1 0 −1 −1.5
0 −1
−1
−0.5
0 t
0.5
1
1.5
Fig. 6.49. L’impulso bifase y(t) (in basso) si ottiene derivando la finestra triangolare x(t) = Λ(t) (in alto) (es. 6.42).
−3
Fig. 6.50. Spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) della trasformata di Fourier Y ( f ) dell’impulso bifase (es. 6.42).
Proprietà 6.22 (proprietà di derivazione k-esima della trasformata di Fourier a TC) FT
Sia x(t) ←→ X( f ) e k ∈ N, si ha y(t) =
dk FT x(t) ←→ Y ( f ) = ( j2π f )k X( f ) . k dt
(6.101)
Esempio 6.42 (trasformata di Fourier dell’impulso bifase a TC) Consideriamo il segnale x(t) = Λ(t), e calcoliamo la sua derivata y(t) = dtd x(t). Utilizzando il grafico di x(t) (fig. 6.49), oppure ricordando l’espressione analitica della finestra triangolare, si ha 0 < t < 1; 1 , d y(t) = x(t) = −1 , −1 < t < 0 ; dt 0, |t| > 1 . Il segnale y(t) prende il nome di impulso bifase ed è raffigurato in fig. 6.49. Esso presenta in effetti tre punti di discontinuità (in −1, 0 ed 1), nei quali la finestra triangolare x(t) non è derivabile, ma ammette finite le derivate sinistra e destra. La trasformata di Fourier dell’impulso bifase si calcola facilmente applicando la proprietà di derivazione e FT ricordando la trasformata notevole x(t) = Λ(t) ←→ X( f ) = sinc2 ( f ) (cfr. es. 6.7). Si ha: Y ( f ) = j2π f sinc2 ( f ) = j2
sin2 (π f ) . πf
La trasformata ottenuta, essendo quella di un segnale reale e dispari, risulta essere (per le proprietà di simmetria) immaginaria pura e dispari. Gli spettri di ampiezza e di fase sono π , f > 0; π sin2 (π f ) 2 e Y ( f ) = + f = 2 π |Y ( f )| = 2π | f |sinc ( f ) = 2 π| f | 2 −2 , f < 0; e sono diagrammati in fig. 6.50; si noti inoltre che la fase si può esprimere come Y ( f ) = π2 sgn( f ). Dall’esame dello spettro di ampiezza, si nota che l’impulso bifase presenta un contenuto spettrale poco significativo nell’intorno della frequenza zero (per f = 0 si ha Y (0) = 0), per cui esso si può considerare come un esempio di segnale a media frequenza o passa banda, con banda monolatera nullo-nullo pari a By = 1. Per tale sua
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
339
10 |X(ν)|
|H(ν)|
2 1
5
0 −0.5
0 ν
0.5
0
1
1 0 −1
−1
−0.5
0 ν
0.5
1
−1
−0.5
0 ν
0.5
1
1
∠ X(ν)
∠ H(ν)
−1
0 −1
−1
−0.5
0 ν
0.5
1
Fig. 6.51. Risposta in ampiezza (in alto) ed in fase (in basso) del sistema TD differenza prima.
Fig. 6.52. Spettro di ampiezza (in alto) ed di fase (in basso) del segnale x(n) = sgn(n) (es. 6.43).
caratteristica spettrale, l’impulso bifase è molto utilizzato nelle trasmissioni numeriche “in banda base” (cioè senza ricorrere a tecniche di modulazione) su mezzi trasmissivi che non trasmettono bene le basse frequenze (ad esempio su circuiti elettrici in cui sono presenti accoppiamenti induttivi o capacitivi).
Passiamo ora alla controparte a TD dell’operazione di derivazione, vale a dire la differenza prima
y(n) = ∇1 [x(n)] = x(n) − x(n − 1). In questo caso la trasformata di y(n) si può calcolare applicando la prop. 6.2 (linearità) e la prop. 6.16 (traslazione temporale): Y (ν ) = F[y(n)] = F[x(n) − x(n − 1)] = F[x(n)] − F[x(n − 1)] = X(ν ) − X(ν ) e− j2πν , per cui si ha, in definitiva, FT y(n) = ∇1 [x(n)] ←→ Y (ν ) = 1 − e− j2πν X(ν ) .
(6.102)
Anche nel caso TD, l’operazione di differenza prima si può interpretare come un sistema LTI avente risposta impulsiva h(n) = δ (n) − δ (n − 1): notiamo che un sistema del genere è in effetti un sistema MA (cfr. § 4.6.2). Utilizzando la definizione (6.23) di risposta in frequenza, dalla (6.102) si ha H(ν ) =
Y (ν ) = 1 − e− j2πν = e− jπν e jπν − e− jπν = 2 j e− jπν sin(πν ) , X(ν )
(6.103)
cui corrispondono le seguenti risposte di ampiezza e fase: |H(ν )| = 2 |sin(πν )| ,
e H(ν ) =
π − πν + sin(πν ) , 2
raffigurate in fig. 6.51. Dal grafico della risposta di ampiezza, si nota che, analogamente alla derivata nel caso TC, anche la differenza prima si comporta come un filtro passaalto. Infatti, si ha H(0) = 0 (guadagno in continua nullo), mentre il guadagno ad alta frequenza vale H ± 12 = 2 (si ricordi che nel caso TD le componenti ad alta frequenza si trovano in corrisponenza dei valori di ν = ± 12 ). Pertanto, a differenza del caso TC, in cui il guadagno ad alta frequenza tende ad infinito, nel caso TD tale guadagno è limitato e vale 2.
340
Trasformata di Fourier
Esempio 6.43 (trasformate di Fourier della signum e del gradino a TD) Applicando la proprietà della differenza prima, calcoleremo prima la trasformata di Fourier del segnale signum a TD e, da questa, quella del gradino a TD. Partendo dal segnale x(n) = sgn(n), si può verificare facilmente che ∇1 [sgn(n)] = sgn(n) − sgn(n − 1) = 2 δ (n) , FT
per cui, ricordando la trasformata notevole δ (n) ←→ 1 ed applicando la (6.102), si ha X(ν )(1 − e− j2πν ) = 2 , da cui si ricava47 X(ν ) =
2 1 . = − jπν 1 − e− j2πν je sin(πν )
(6.104)
In definitiva, abbiamo trovato la seguente trasformata notevole FT
x(n) = sgn(n) ←→ X(ν ) =
2 , 1 − e− j2πν
(6.105)
controparte a TD della (6.105). Gli spettri di ampiezza e di fase si ricavano facilmente utilizzando l’espressione (6.104) della X(ν ). Si ha: |X(ν )| =
1 |sin(πν )|
e
X(ν ) = −
π + πν − sin(πν ) , 2
e sono raffigurati graficamente in fig. 6.52. Avendo determinato la trasformata della signum, procediamo come nel caso TC ricavando subito la trasformata del gradino. Si ha infatti: u(n) =
1 1 + sgn(n) , 2 2
per cui, adoperando la proprietà di linearità, e le trasformate di Fourier della costante (cfr. es. 6.21) e della signum ricavata precedentemente, si trova 1 1 1 1 , F[u(n)] = F + F [sgn(n)] = δ4(ν ) + 2 2 2 1 − e− j2πν ovvero la trasformata notevole 1 1 FT x(n) = u(n) ←→ X(ν ) = δ4(ν ) + , 2 1 − e− j2πν
(6.106)
che può essere considerata la controparte a TD della (6.41).
Concludiamo osservando che, come nel caso TC, la proprietà della differenza prima definita dalla (6.102) può essere facilmente estesa al caso della differenza k-esima, in quanto quest’ultima operazione può essere definita ricorsivamente nel seguente modo: ∇k [x(n)] = ∇1 {∇k−1 [x(n)]} . Ad esempio, la differenza seconda si scrive esplicitamente come ∇2 [x(n)] = ∇1 {∇1 [x(n)]} = ∇1 [x(n) − x(n − 1)] = x(n) − x(n − 1) − [x(n − 1) − x(n − 2)] = x(n) − 2x(n − 1) + x(n − 2) . noti che questa derivazione è valida solo se ν = k ∈ Z, il che assicura che 1 − e− j2πν = 0. Si può tuttavia verificare (anche se il calcolo non è banale) che la X(ν ) calcolata precedentemente è corretta anche per ν = k ∈ Z, in quanto sostituita nell’equazione di sintesi fornisce effettivamente il segnale x(n) = sgn(n), ∀n ∈ Z. 47 Si
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
341
Poiché la differenza k-esima si ottiene applicando k volte la differenza prima, applicando k volte la (6.102) si ottiene la seguente proprietà più generale:48 Proprietà 6.23 (proprietà di differenza k-esima della trasformata di Fourier a TD) FT
Sia x(n) ←→ X(ν ) e k ∈ N, si ha k FT y(n) = ∇k [x(n)] ←→ Y (ν ) = 1 − e− j2πν X(ν ) .
(6.107)
Passiamo ora a considerare il caso dell’integrazione a TC, ovvero del calcolo della trasformata di Fourier del segnale y(t) =
t −∞
x(τ ) dτ ,
espressa in funzione di quella di x(t). Tale calcolo si effettua semplicemente se si osserva che in effetti la relazione precedente definisce un sistema LTI (integratore con memoria infinita, cfr. es. 4.7) avente risposta impulsiva h(t) = u(t). Infatti, si ha: y(t) =
t −∞
x(τ ) dτ =
+∞ −∞
x(τ ) u(t − τ )dτ = x(t) ∗ u(t) .
Applicando allora la prop. 6.6 (convoluzione) e ricordando l’espressione della trasformata del gradino U( f ) = F[u(t)] (cfr. es. 6.14) si ha: 1 X( f ) 1 1 = X(0) δ ( f ) + Y ( f ) = X( f )U( f ) = X( f ) δ ( f ) + 2 j2π f 2 j2π f dove abbiamo utilizzato anche la proprietà di campionamento della delta di Dirac. Vale allora la seguente relazione: y(t) =
t −∞
FT
x(τ ) dτ ←→ Y ( f ) =
X( f ) 1 + X(0) δ ( f ) . j2π f 2
(6.108)
Se confrontiamo questa espressione con la (6.100), valida per la derivazione, notiamo che, se X(0) = 0, esiste una perfetta simmetria, dovuta al fatto che l’integrazione è l’operazione inversa della derivazione; pertanto, mentre nella derivazione si moltiplica X( f ) per j2π f nel dominio della frequenza, nell’integrazione X( f ) è diviso per la stessa quantità. Notiamo però che tale simmetria non è perfetta se X(0) = 0, in quanto compare in quest’ultimo caso un impulso di Dirac per f = 0, di area pari a 1 2 X(0). Quest’impulso nell’origine evidenzia in effetti la presenza di una componente continua nel segnale y(t): poiché, per la prop. 6.5 (valore nell’origine), il valore X(0) coincide con l’area del segnale x(t), tale impulso non è presente se (e solo se) il segnale di ingresso x(t) ha area nulla. Notiamo infine che, analogamente a quanto fatto per il derivatore, si può ricavare dalla (6.108) la risposta in frequenza H( f ) dell’integratore: H( f ) =
1 1 Y(f) = + δ(f). X( f ) j2π f 2
(6.109)
Il primo termine di H( f ) presenta un comportamento reciproco rispetto a quello del derivatore nel dominio della frequenza (guadagno infinito per f → 0 e guadagno tendente a zero per | f | → +∞), ovvero 48 La differenza k-esima, come la derivata k-esima nel caso TC, tende a comportarsi come un filtro passaalto, con guadagno
in continua H(0) = 0 e guadagno ad alta frequenza |H(± 21 )| = 2k .
342
Trasformata di Fourier
si comporta come un filtro passabasso, mentre l’effetto del secondo termine impulsivo è concentrato per f = 0, come descritto precedentemente.49 Concludiamo con l’osservazione che, anche per l’integrazione, la (6.108) può essere applicata iterativamente al caso dell’integrale k-esimo di un segnale, ma tale formulazione non è molto diffusa, per cui la proprietà di integrazione della trasformata di Fourier è comunemente enunciata come segue: Proprietà 6.24 (proprietà di integrazione della trasformata di Fourier a TC) FT
Sia x(t) ←→ X( f ), si ha y(t) =
t
FT
−∞
x(τ ) dτ ←→ Y ( f ) =
X( f ) 1 + X(0) δ ( f ) . j2π f 2
Da ultimo, affrontiamo il calcolo della trasformata di Fourier della somma corrente y(n), definita dalla relazione: y(n) =
n
∑
x(k) ,
k=−∞
che si può interpretare come la controparte a TD dell’integrazione a TC vista precedentemente. Tale calcolo si sviluppa con passaggi analoghi a quelli per il caso TC, osservando che la somma corrente definisce anch’essa un sistema LTI (accumulatore o integratore a TD con memoria infinita), avente risposta impulsiva h(n) = u(n). Infatti si ha: y(n) =
n
∑
k=−∞
x(k) =
+∞
∑
x(k) u(n − k) = x(n) ∗ u(n) ,
k=−∞
per cui, applicando la prop. 6.6 (convoluzione) e ricordando l’espressione della trasformata del gradino U(ν ) = F[u(n)] ricavata nell’es. 6.43, si ha: 14 1 X(ν ) 1 Y (ν ) = X(ν )U(ν ) = X(ν ) δ (ν ) + . = X(0) δ4(ν ) + − j2 πν 2 1−e 2 1 − e− j2πν dove abbiamo sfruttato la proprietà di campionamento X(ν ) δ4(ν ) = X(0) δ4(ν ) del pettine di delta, di facile verifica. Vale allora la seguente relazione: y(n) =
n
∑
k=−∞
FT
x(k) ←→ Y (ν ) =
X(ν ) 1 + X(0) δ4(ν ) . 1 − e− j2πν 2
(6.110)
Per quanto riguarda l’interpretazione della (6.110), valgono considerazioni analoghe a quelle fatte per l’integrazione nel caso TC. In particolare, nel primo termine compare il reciproco del fattore 1 − e− j2πν caratteristico della differenza prima [cfr. (6.102)], per cui tale termine presenta il comportamento di un filtro passabasso, in quanto il guadagno è infinito per ν = 0 (bassa frequenza), mentre esso vale 12 per ν = ±1/2 (alta frequenza). Notiamo che, a differenza dell’integratore a TC, ad alta frequenza il guadagno non è zero e nemmeno eccessivamente piccolo. Per quanto riguarda invece il secondo termine, il suo effetto è concentrato alla frequenza ν = 0 (e, per la periodicità, a tutte le 49 Bisogna dire però che, per quanto suggestiva, questa interpretazione non è del tutto rigorosa:
infatti, poiché l’integratore con memoria infinita è un sistema instabile, bisogna adoperare qualche cautela nel definire ed interpretare la sua risposta in frequenza.
6.5 Proprietà della trasformata di Fourier
343
frequenze intere): poiché anche nel caso TD, per la prop. 6.5 (valore nell’origine) la quantità X(0) rappresenta l’area del segnale x(n), tale termine non è presente se (e solo se) il segnale di ingresso ha area zero. Le precedenti considerazioni possono essere riformulate anche con riferimento alla risposta in frequenza del sistema accumulatore, calcolabile in base alla (6.110) come50 H(ν ) =
1 Y (ν ) 1 = + δ4(ν ) . − j2 πν X(ν ) 1 − e 2
In definitiva, la proprietà di somma corrente della trasformata di Fourier a TD si enuncia come segue: Proprietà 6.25 (proprietà di somma corrente della trasformata di Fourier a TD) FT
Sia x(n) ←→ X(ν ), si ha n
y(n) =
∑
FT
x(k) ←→ Y (ν ) =
k=−∞
X(ν ) 1 + X(0) δ4(ν ) . 1 − e− j2πν 2
Esempio 6.44 (trasformata di Fourier della finestra triangolare a TC) In questo esempio mostriamo come le proprietà di derivazione ed integrazione possano essere utilizzate per il calcolo della trasformata di Fourier di determinati segnali. In pratica questo esempio ripropone il calcolo dell’es. 6.42, ma ragionando al contrario, ovvero per calcolare la trasformata di Fourier del segnale x(t) = Λ(t), già calcolata nell’es. 6.7 utilizzando la proprietà di convoluzione. La derivata di x(t) = Λ(t) ha l’espressione seguente, già ricavata nell’es. 6.42: −1 < t < 0 ; 1 , d y(t) = x(t) = −1 , 0 < t ≤ 1 ; dt 0, altrimenti ; e gà raffigurata in fig. 6.49. Notiamo che tale segnale si può esprimere analiticamente come y(t) = rect(t + 1/2) − rect(t − 1/2) .
(6.111)
Si noti che, viceversa, si ha x(t) =
t −∞
y(τ )dτ ,
per cui è possibile esprimere la trasformata di x(t) in funzione di quella di y(t) utilizzando la prop. 6.24 (integrazione). Poiché y(t) ha area nulla, inoltre, risulta Y (0) = 0 e quindi la proprietà di integrazione assume la forma particolarmente semplice: X( f ) =
Y(f) . j2π f
Calcoliamo adesso la trasformata di y(t) espresso mediante la (6.111), utilizzando in particolare la prop. 6.2 FT (linearità), la prop. 6.16 (traslazione nel tempo) e la trasformata notevole rect(t) ←→ sinc( f ). Si ha: ) ( sin(π f ) sin(π f ) Y ( f ) = sinc( f ) e jπ f − sinc( f ) e− jπ f = sinc( f ) e jπ f − e− jπ f = 2 j sinc( f ) sin(π f ) = 2 j πf = 2j 50 Va
sin2 (π f ) , πf
detto che, anche in questo caso, non è del tutto corretto ragionare in termini di risposta in frequenza, in quanto l’accumulatore, come l’integratore, è un sistema instabile.
344
Trasformata di Fourier
da cui ritroviamo X( f ) =
1 sin2 (π f ) sin2 (π f ) Y(f) = 2j = = sinc2 ( f ) , j2π f j2π f πf π2 f 2 FT
ovvero la trasformata notevole x(t) = Λ(t) ←→ X( f ) = sinc2 ( f ) già ricavata nell’es. 6.7.
La tecnica di calcolo adoperata nell’es. 6.44 è frequentemente utilizzata nel caso più generale in cui, derivando (anche più volte) il segnale x(t), si ottiene un segnale y(t) di cui sia relativamente semplice calcolare la trasformata di Fourier. Questo accade quando il segnale x(t) è ad esempio descritto da una funzione lineare a tratti, con eventuali discontinuità. Infatti la derivata di un tale segnale potrà essere espressa come la somma di un certo numero di finestre rettangolari (scalate nel tempo ed in ampiezza, e traslate) e di un certo numero di impulsi di Dirac, in corrispondenza delle discontinuità di" x(t). La trasformata di y(t) potrà allora essere calcolata in maniera semplice ed, t y(τ )dτ , la trasformata X( f ) si otterrà come nell’es. 6.44 utilizzando la prop. 6.24. essendo x(t) = −∞ Si può anche notare che, quando x(t) è un segnale transitorio come nell’es. 6.44, l’applicazione della prop. 6.24. risulta semplificata dal fatto che Y (0) = 0. Infatti, poiché per un segnale transitorio si ha lim|t|→+∞ x(t) = 0, allora risulta Y (0) =
+∞ −∞
y(τ )dτ = lim x(t) = 0 . t→+∞
Infine, esistono anche delle proprietà che, almeno nel caso TC, si possono interpretare come duali di quelle di derivazione/integrazione, ed in particolare sono le proprietà di derivazione in frequenza (caso TC e TD), e la proprietà di integrazione in frequenza (solo caso TC). Tali proprietà, insieme con un riepilogo di tutte le proprietà della trasformata di Fourier, sono riportate in app. F.
6.6 Trasformata di Fourier dei segnali periodici
345
6.6 Trasformata di Fourier dei segnali periodici Avendo introdotto le principali proprietà della trasformata di Fourier e numerose trasformate notevoli, in particolare quelle dei fasori TC e TD, siamo ora in grado di calcolare la trasformata di Fourier di un arbitrario segnale periodico TC e TD. In particolare, questo risultato ci consentirà di discutere alcuni aspetti particolari relativi all’estensione spettrale ed alla banda di un segnale periodico. Infine, poiché un segnale periodico può essere equivalentemente rappresentato nel dominio della frequenza attraverso la sua serie di Fourier, calcolarne la trasformata ci consentirà di individuare anche delle fondamentali relazioni esistenti tra serie di Fourier e trasformata di Fourier. 6.6.1 Trasformata di Fourier di un segnale periodico TC
Partiamo dal caso TC, ricordando che un segnale x(t), periodico di periodo T0 , si può rappresentare in serie di Fourier, mediante l’espressione x(t) =
+∞
∑
Xk e j2π k f0t ,
(6.112)
k=−∞
dove f0 = T10 (frequenza fondamentale). Il calcolo della trasformata di Fourier della (6.112) si basa sulla trasformata di un fasore TC data dalla (6.42), che per il generico fasore a frequenza k f0 che compare nella (6.112) si scrive e j2π k f0t ←→ δ ( f − k f0 ) . FT
Applicando la proprietà di linearità della trasformata di Fourier (cfr. prop. 6.2), si trova allora x(t) =
+∞
∑
Xk e
j2π k f0 t
FT
←→ X( f ) =
k=−∞
+∞
∑
k=−∞
Xk δ ( f − k f0 ) =
+∞
∑
k=−∞
Xk δ
k f− T0
.
(6.113)
Tale trasformata si può interpretare (fig. 6.53) come la sovrapposizione di infiniti impulsi di Dirac, centrati alle frequenze armoniche k f0 , ed aventi area (in generale complessa) pari al coefficiente Xk della serie di Fourier. Uno spettro discreto del genere prende il nome di spettro a righe, ed è caratteristico di un qualunque segnale periodico: notiamo che la spaziatura tra le righe è proprio pari alla frequenza fondamentale f0 del segnale periodico. Facendo riferimento all’interpretazione intuitiva della delta di Dirac come funzione concentrata in un punto, la forma discreta dello spettro di un segnale periodico esprime il fatto che il contenuto spettrale di un segnale periodico è tutto concentrato alle frequenze armoniche k f0 , mentre è nullo a tutte le altre frequenze. Questa caratteristica dello spettro è in accordo al fatto che, per la (6.112), un segnale periodico è perfettamente rappresentato da una sovrapposizione di fasori alle frequenze armoniche k f0 . Notiamo infine che gli spettri del fasore e della sinusoide a TC, già ricavati in precedenza, si possono vedere come casi particolari dello spettro (6.113). Esempio 6.45 (trasformata di Fourier dell’onda rettangolare a TC) Si consideri l’onda rettangolare t x(t) = repT0 A rect , T con A ∈ R e duty-cycle δc = come Xk = A δc sinc(kδc ) ,
T T0
≤ 1. I coefficienti della sua serie di Fourier si possono esprimere (cfr. es. 5.2)
∀k ∈ Z ,
346
Trasformata di Fourier
0.6
X(f)
0.5
X0
0.4
X1
X -1
0.3
X -2
X2
X3
...
X(f)
X -3
... -3f 0
-2f 0
-f0
0
f0
2f 0
3f 0
0.2 0.1
f
0 −0.1
Fig. 6.53. Rappresentazione grafica dello spettro di un segnale periodico a TC.
−0.2 −6
−4
−2
0 f
2
4
6
Fig. 6.54. Trasformata di Fourier X( f ) dell’onda rettangolare con T0 = 1, A = 1 e δc = 12 (es. 6.45). per cui lo spettro (6.113) si esprime come X( f ) = A δc
+∞
∑
sinc(kδc ) δ ( f − k f0 ) = A δc
k=−∞
+∞
∑
k=−∞
sinc(kδc ) δ
f−
k T0
.
Tale spettro è raffigurato graficamente in fig. 6.54 per A = 1, T0 = 1, e δc = 12 (si noti che tale rappresentazione è semplificata dal fatto che le armoniche Xk sono puramente reali; inoltre le armoniche per k pari sono nulle, tranne quella per k = 0).
Confrontando la fig. 6.54 dell’esempio precedente con la fig. 5.3 dell’es. 5.2, si può osservare che in effetti la rappresentazione grafica dello spettro di un segnale periodico è molto simile alla rappresentazione dei coefficienti della serie di Fourier in funzione di k. La principale differenza è dovuta al fatto che i coefficienti Xk della serie di Fourier sono funzione della variabile discreta k, mentre la trasformata di Fourier del segnale periodico è funzione della variabile continua f , il che giustifica in qualche modo la presenza degli impulsi di Dirac in X( f ). In altri termini, la serie di Fourier si può vedere come una rappresentazione “discreta” del contenuto spettrale di un segnale periodico, mentre la trasformata di Fourier è una rappresentazione “continua” della stessa quantità (notiamo peraltro che lo spettro di un segnale periodico è “intrinsecamente” discreto). La trasformata di Fourier di un segnale periodico particolarmente interessante per il seguito è quella del pettine di δ , già introdotto nell’es. 6.20. Per maggiore generalità, nell’esempio che segue considereremo il caso di un pettine di δ avente periodo arbitrario T0 ∈ R+ . Esempio 6.46 (trasformata di Fourier del pettine di δ a TC) Consideriamo il seguente segnale x(t), periodico di periodo T0 : +∞
x(t) =
∑
n=−∞
δ (t − nT0 ) = repT0 [δ (t)] ,
(6.114)
ottenuto replicando con passo T0 l’impulso di Dirac centrato nell’origine ed avente area unitaria. Si tratta della generalizzazione ad un arbitrario periodo T0 del pettine di δ già introdotto nell’es. 6.20; il segnale x(t) è rappresentato simbolicamente in fig. 6.55. I coefficienti della serie di Fourier di x(t) si ottengono risolvendo l’equazione di analisi: Xk =
1 T0
T0 /2 −T0 /2
x(t) e− j2π k f0 t dt ,
(6.115)
6.6 Trasformata di Fourier dei segnali periodici
347
1/T0
x(t)
X(f)
1
−2T0
0
−T0
T
2T0
0
−2f0
0
−f0
f
0
2f0
f
t
Fig. 6.55. Pettine di δ a TC di periodo T0 (es. 6.46).
Fig. 6.56. Trasformata di Fourier X( f ) del pettine di δ a TC di periodo T0 (es. 6.46).
con f0 = 1/T0 (frequenza fondamentale). Nella (6.115), come periodo di integrazione, abbiamo scelto per convenienza di calcolo l’intervallo t ∈ (−T0 /2, T0 /2). Ricorrendo all’interpretazione intuitiva dell’impulso di Dirac come funzione nulla ovunque tranne che nel punto di applicazione, notiamo che l’unico impulso del pettine di δ che cade nell’intervallo (−T0 /2, T0 /2) è quello applicato in t = 0, per cui la (6.115) si riduce alla Xk =
1 T0
T0 /2 −T0 /2
δ (t) e− j2π k f0 t dt =
1 , T0
∀k ∈ Z ,
per la proprietà di integrazione definita della δ di Dirac. In altri termini, i coefficienti di Fourier del pettine di δ di periodo T0 sono tutti uguali ad 1/T0 , indipendentemente da k; notiamo che questo risultato generalizza quello già ricavato nell’es. 6.20. In definitiva, sostituendo l’espressione di Xk nella (6.113), la trasformata di Fourier del pettine di δ è X( f ) =
1 +∞ ∑ δ T0 k=−∞
f−
k T0
=
1 rep 1 [δ ( f )] , T0 T0
che si interpreta come un pettine di δ nel dominio della frequenza, avente spaziatura 1/T0 ed area 1/T0 (fig. 6.56). In altri termini, vale la seguente trasformata notevole: +∞
x(t) =
∑
n=−∞
FT
δ (t − nT0 ) ←→ X( f ) =
1 +∞ ∑ δ T0 k=−∞
f−
k T0
,
ovvero la trasformata di un pettine di δ nel tempo è un pettine di δ in frequenza.
(6.116)
6.6.2 Trasformata di Fourier di un segnale periodico TD
Nel caso TD, valgono considerazioni analoghe, tenendo conto però della fondamentale differenza tra la trasformata di Fourier a TC e a TD, ovvero la periodicità di quest’ultima. Partiamo in questo caso dalla rappresentazione di un segnale x(n), periodico di periodo N0 , mediante l’equazione di sintesi della sua DFS (ovvero la IDFS): x(n) =
1 N0 −1 1 N0 −1 −kn X(k) w = ∑ ∑ X(k) e j2π kν0 n , N0 N0 k=0 N0 k=0
(6.117)
348
Trasformata di Fourier
dove abbiamo esplicitato il termine wN0 = e− j2π /N0 ed abbiamo posto ν0 = N10 (frequenza fondamentale). Per la (6.65), la trasformata di Fourier del generico fasore che compare nella (6.117), avente frequenza kν0 , è data da FT e j2π kν0 n ←→ δ4(ν − kν0 ) .
Pertanto, applicando la proprietà di linearità della trasformata di Fourier, si trova
1 N0 −1 1 N0 −1 k 1 N0 −1 j2π kν0 n FT 4 4 ←→ X(ν ) = x(n) = ∑ X(k) e ∑ X(k) δ (ν − kν0 ) = N0 ∑ X(k) δ ν − N0 . N0 k=0 N0 k=0 k=0 (6.118) Nel caso TD, lo spettro X(ν ) si presenta come la sovrapposizione di un numero N0 finito di pettini di δ , aventi periodo unitario, moltiplicati per i coefficienti X(k) della DFS del segnale x(n). Più specificamente, i pettini di δ che compaiono nella (6.118), con i rispettivi fattori moltiplicativi, sono i seguenti: X(0)δ4(ν ) ,
X(1)δ4(ν − ν0 ) ,
X(2)δ4(ν − 2ν0 ) ,
...
X(N0 − 1)δ4[ν − (N0 − 1)ν0 ] .
e sono rappresentati in fig. 6.57 per N0 = 4. Come si vede, ciascun pettine è traslato di ν0 = N10 rispetto al precedente; sovrapponendo tali pettini, come previsto dalla (6.118), si hanno come risultato impulsi di Dirac posizionati a tutte le frequenze νk = kν0 , k ∈ Z. Questa osservazione, insieme con il fatto che la DFS X(k) è periodica di periodo N0 , mostra che, in effetti, la trasformata X(ν ) nella (6.118) si può scrivere anche come
1 +∞ 1 +∞ k X(k) δ ( ν − k ν ) = X(k) δ ν − , (6.119) X(ν ) = 0 ∑ ∑ N0 k=−∞ N0 k=−∞ N0 vale a dire sommando su k ∈ Z infiniti impulsi di Dirac centrati alle frequenze kν0 . In ogni modo, se si osserva lo spettro su un qualsiasi intervallo di frequenze di ampiezza unitaria, ad esempio per ν ∈ (0, 1), si vede che sono presenti esattamente N0 impulsi di Dirac, posizionati alle frequenze armoniche νk = kν0 , k ∈ {0, 1, . . . , N0 − 1}, che corrispondono agli 0 fasori strettamente necessari per la perfetta rappresentazione del segnale periodico a TD, come evidenziato dalla (6.117). Esempio 6.47 (trasformata di Fourier dell’onda rettangolare a TD) Si consideri l’onda rettangolare di periodo N0 : x(n) = repN0 [RM (n)] , con M ≤ N0 . I coefficienti della DFS si possono esprimere (cfr. es. 5.8) come
k X(k) = DM , N0 per cui lo spettro (6.118) si esprime come
k 4 k 4 1 N0 −1 1 N0 −1 k X(ν ) = D δ ( ν − k ν ) = D δ ν − . 0 ∑ M N0 ∑ M N0 N0 k=0 N0 k=0 N0 o equivalentemente, in accordo alla (6.119), come
k k 1 +∞ 1 +∞ k X(ν ) = D δ ( ν − k ν ) = D δ ν − , M M 0 ∑ ∑ N0 k=−∞ N0 N0 k=−∞ N0 N0 Poiché X(ν ) è complesso, tale spettro è raffigurato graficamente in modulo e fase in fig. 6.58 per N0 = 8 ed M = 4. Dal confronto con la fig. 5.11 dell’es. 5.8, si può osservare anche in questo caso la forte analogia tra la rappresentazione grafica dello spettro e quella della DFS in funzione di k.
6.6 Trasformata di Fourier dei segnali periodici
349
~ X(0) δ(ν)
-1
-1/2
0
1
ν
1
ν
1
ν
1/2
1
ν
1/2
1
ν
1/2
~ X(1) δ(ν-1/4)
-1
-1/2
0
1/2
~ X(2) δ(ν-2/4)
-1
-1/2
0
1/2
~ X(3) δ(ν-3/4)
-1
-1/2
0
X(ν)
-1
-1/2
0
Fig. 6.57. Rappresentazione grafica dello spettro di un segnale periodico a TD per N0 = 4. Lo spettro X(ν ) si ottiene sommando gli N0 = 4 pettini di δ traslati raffigurati in alto (con differenti colori).
Un caso particolarmente interessante per il seguito è quello della trasformata di Fourier del pettine di δ a TD, che è la controparte del segnale introdotto per il caso TC nell’es. 6.48. Esempio 6.48 (trasformata di Fourier del pettine di δ a TD) Consideriamo il seguente segnale x(n), periodico di periodo N0 : x(n) = repN0 [δ (n)] =
+∞
∑
δ (n − kN0 ) ,
(6.120)
k=−∞
ottenuto replicando con passo N0 l’impulso di Dirac discreto centrato nell’origine e avente ampiezza unitaria; tale segnale è rappresentato in fig. 6.59 per N0 = 3. Notiamo in particolare che per N0 = 1 si ha un segnale costante a TD, la cui trasformata di Fourier è stata già calcolata in precedenza (cfr. es. 6.21). La DFS di tale segnale periodico per N0 arbitrario è: X(k) =
N0 −1
∑
x(n) e− j2π kν0 n ,
n=0
dove ν0 = 1/N0 è la sua frequenza fondamentale. Poiché nell’intervallo n ∈ {0, 1, . . . , N0 − 1} si ha x(n) = δ (n)
350
Trasformata di Fourier
|X(ν)|
4 2 0 −1
−0.5
0 ν
0.5
1
−0.5
0 ν
0.5
1
∠ X(ν)
2 0 −2 −1
Fig. 6.58. Trasformata di Fourier X(ν ) dell’onda rettangolare con N0 = 8 ed M = 4: spettro di ampiezza (in alto) e di fase (in basso) (es. 6.47). 1/3 1
0.6
X(ν)
x(n)
0.8
0.4 0.2 0
−1 −6
−4
−2
0 n
2
4
6
Fig. 6.59. Pettine di δ a TD di periodo N0 = 3 (es. 6.48).
−0.5
0
0.5
1
ν
Fig. 6.60. Trasformata di Fourier X(ν ) del pettine di δ a TD di periodo N0 = 3 (es. 6.48).
(fig. 6.59), allora X(k) =
N0 −1
∑
δ (n) e− j2π kν0 n = 1 ,
∀k ∈ {0, 1, . . . , N0 − 1} ,
(6.121)
n=0
per la proprietà di campionamento dell’impulso discreto. In altri termini, la DFS del pettine di δ di periodo N0 è costante e pari ad 1, per ogni k ∈ {0, 1, . . . , N0 − 1}. In definitiva, sostituendo l’espressione di X(k) nella (6.118), la trasformata di Fourier del pettine di δ a TD si può scrivere come
1 N0 −1 4 k X(ν ) = ∑ δ ν − N0 , N0 k=0 o in alternativa, in accordo alla (6.119), come
1 +∞ k 1 δ ν − rep 1 [δ (ν )] , = X(ν ) = ∑ N0 N0 k=−∞ N0 N0 che si interpreta come un pettine di δ nel dominio della frequenza, avente spaziatura 1/N0 ed area 1/N0 (vedi
6.6 Trasformata di Fourier dei segnali periodici
351
fig. 6.60 per N0 = 3). In altri termini, vale la seguente trasformata notevole
1 N0 −1 4 1 N0 −1 4 k x(n) = ∑ δ (n − kN0 ) ←→ X(ν ) = ∑ δ (ν − kν0 ) = N0 ∑ δ ν − N0 , N0 k=0 k=−∞ k=0 +∞
FT
(6.122)
che può essere anche scritta, in accordo alla (6.119), come
1 +∞ 1 +∞ k x(n) = ∑ δ (n − kN0 ) ←→ X(ν ) = ∑ δ (ν − kν0 ) = N0 ∑ δ ν − N0 . N0 k=−∞ k=−∞ k=−∞ +∞
FT
(6.123)
Entrambe le relazioni mostrano che anche nel caso TD la trasformata di un pettine di δ nel tempo è un pettine di δ in frequenza.
6.6.3 Estensione spettrale e banda di un segnale periodico
Avendo calcolato la trasformata di Fourier di un segnale periodico TC o TD, siamo ora in grado di discutere alcuni aspetti peculiari relativi all’estensione spettrale ed alla banda di un segnale periodico. Prendendo a riferimento il caso TC, la (6.113) mostra che lo spettro di un segnale periodico x(t) con frequenza fondamentale f0 è a righe, cioè è concentrato alle frequenze k f0 , con k ∈ Z. È allora legittimo considerare che l’estensione spettrale di un tale segnale sia Wx = ∪k∈Z {k f0 }, sia cioè l’insieme discreto contenente le sole frequenze armoniche. A stretto rigore, allora, in accordo alla def. 6.3, la misura di tale insieme, e quindi la banda del segnale periodico, risulta essere Bx = 0. Un discorso analogo vale per un segnale periodico TD x(n) con frequenza fondamentale ν0 , per il quale si può definire Wx = ∪k∈Z∩(−1/2,1/2) {kν0 } ⊂ (−1/2, 1/2), ed anche in questo caso risulterebbe Bx = 0, in quanto misura nel continuo di un insieme discreto. Il risultato precedente, sia nel caso TC che TD, non contrasta con l’interpretazione secondo la quale un segnale periodico è la sovrapposizione di segnali monocromatici o monofrequenziali quali i fasori, ovvero è la sovrapposizione di segnali aventi banda nulla, per cui non stupisce che anche il segnale risultante abbia banda nulla. Tuttavia questa definizione di banda, sebbene matematicamente fondata, non risulta di grosso interesse applicativo. Dal punto di vista operativo, invece, facendo riferimento in particolare a segnali TC reali, risulta più utile definire l’estensione spettrale di un segnale periodico come l’intervallo simmetrico Wx = (−M f0 , M f0 ) che contiene le 2M + 1 armoniche più significative del segnale. Per valutare se un’armonica sia significativa o meno, non è conveniente utilizzare il confronto con una soglia, in quanto le armoniche tendono sì a zero per |k| → +∞, ma non necessariamente in maniera monotona. Risulta invece conveniente valutare la potenza contenuta in tali armoniche utilizzando l’uguaglianza di Parseval (5.44) per la serie di Fourier. Si perviene in questo modo ad una interpretazione della banda che risulta essere l’equivalente, per i segnali di potenza, della banda all’α % dell’energia introdotta per i segnali di energia in precedenza (cfr. § 6.4.2). In sostanza, fissato 0 < α < 1, e detta Px la potenza del segnale x(t), si determina il valore di M tale che la potenza associata al segnale M
xM (t) =
∑
Xk e j2π k f0t
k=−M
risulti pari a α Px . Poiché la potenza di xM (t), per l’uguaglianza di Parseval per la serie di Fourier a TC, è pari a Px (M) =
M
∑
k=−M
|Xk |2 ,
352
Trasformata di Fourier
ciò significa individuare il valore di M soluzione dell’equazione M
Px (M) =
∑
|Xk |2 = α Px .
(6.124)
k=−M
Si noti l’analogia tra la precedente equazione e la (6.71) che definisce la banda all’α % dell’energia; si noti inoltre che il ragionamento precedente è analogo a quello già sviluppato nel § 5.4.3 per misurare la bontà della ricostruzione di un segnale TC periodico impiegando un numero finito di armoniche (in effetti il coefficiente α gioca il ruolo del coefficiente ξM definito a suo tempo). Data la natura discreta di M, è raro che la (6.124) possa essere soddisfatta con il segno di uguaglianza; in pratica, allora, per M si sceglierà il minimo valore tale che Px (M) ≥ α Px . In ogni caso, una volta definito M, l’estensione spettrale del segnale è Wx = (−M f0 , M f0 ) e la sua banda bilatera è Bx = 2M f0 . Si noti che, con questo ragionamento, il segnale periodico è implicitamente assimilato ad un segnale di tipo passabasso avente banda praticamente limitata, in quanto la sua estensione spettrale è un intervallo centrato su f = 0, ed il suo spettro non si annulla identicamente al di fuori di un questo intervallo. 6.6.4 Relazioni tra serie e trasformata di Fourier
Le (6.113) e (6.118) mettono in luce che la trasformata di Fourier di un segnale periodico TC o TD dipende direttamente dai coefficienti della serie di Fourier o della DFS. In questo paragrafo, tuttavia, utilizzeremo i risultati ricavati in precedenza per individuare un’altra relazione notevole tra serie e trasformata di Fourier; in particolare, mostreremo che è possibile legare in maniera molto semplice i coefficienti della serie di Fourier o della DFS alla trasformata di Fourier di un segnale generatore xg (·) del segnale periodico. Partendo dal caso TC, consideriamo la rappresentazione di un segnale periodico x(t) come la replicazione di un opportuno generatore (non univocamente determinato): x(t) = repT0 [xg (t)] =
+∞
∑
xg (t − kT0 ) .
k=−∞
Applicando le proprietà della convoluzione con la δ (t), si ha: xg (t − kT0 ) = xg (t) ∗ δ (t − kT0 ) , per cui x(t) =
+∞
∑
k=−∞
xg (t − kT0 ) =
+∞
∑
k=−∞
) ( xg (t) ∗ δ (t − kT0 ) = xg (t) ∗
+∞
∑
!
δ (t − kT0 ) ,
k=−∞
dove l’uso della parentesi quadre evidenzia che abbiamo formalmente applicato la proprietà distributiva della convoluzione rispetto alla somma. In questo modo, abbiamo mostrato che un arbitrario segnale periodico x(t) si può esprimere come la convoluzione tra un generatore xg (t) ed il pettine di δ di periodo T0 , considerato nell’es. 6.46. È possibile allora calcolare la trasformata di Fourier di x(t) applicando la proprietà di convoluzione della trasformata di Fourier e la trasformata del pettine di δ FT (6.116). Posto xg (t) ←→ Xg ( f ), si ha:
!
+∞ 1 +∞ k 1 k k X( f ) = Xg ( f ) (6.125) ∑ δ f − T0 = ∑ T0 Xg T0 δ f − T0 , T0 k=−∞ k=−∞
6.6 Trasformata di Fourier dei segnali periodici
353
dove abbiamo portato Xg ( f ) all’interno della sommatoria ed abbiamo sfruttato la proprietà del prodotto della δ di Dirac. Confrontando la (6.125) con l’espressione (6.113) precedentemente ricavata della trasformata di Fourier, riportata sotto per comodità: X( f ) =
+∞
∑
k=−∞
Xk δ
k f− T0
,
affinché le due espressioni siano uguali, in virtù della proprietà di unicità della trasformata di Fourier, deve risultare necessariamente:
k 1 , ∀k ∈ Z . (6.126) Xk = Xg T0 T0 La (6.126) evidenzia che la sequenza dei coefficienti Xk della serie di Fourier coincide, a meno del fattore di proporionalità T10 , con la trasformata di Fourier del segnale generatore “campionato” alle frequenze Tk0 , k ∈ Z. Per questo motivo, la (6.126) prende il nome di proprietà di campionamento in frequenza della trasformata di Fourier a TC. La (6.126) suggerisce una strada alternativa, spesso più conveniente rispetto al calcolo diretto considerato nel cap. 5, per il calcolo dei coefficienti della serie di Fourier di un segnale periodico x(t) di periodo T0 : basta infatti trovare un generatore xg (t) del segnale, calcolarne la trasformata di Fourier, ed infine campionare quest’ultima alle frequenze armoniche Tk0 , secondo lo schema seguente: xg (t)
FT
−→
Xg ( f )
f =k/T0
−→
1 Xk = Xg T0
k T0
.
I due esempi che seguono mostrano l’applicazione pratica di questo procedimento. Esempio 6.49 (calcolo della serie di Fourier dell’onda rettangolare a TC) Mediante la proprietà di campionamento in frequenza, il calcolo della serie di Fourier dell’onda rettangolare x(t) = A repT0 [rect(t/T )], già affrontato nell’es. 5.2, si può effettuare più semplicemente. La trasformata del segnale generatore è evidentemente t FT ←→ Xg ( f ) = AT sinc( f T ) . xg (t) = A rect T Applicando la (6.126), si trova allora:
k k 1 1 T = Aδc sinc(kδc ) , Xk = Xg = AT sinc T0 T0 T0 T0
∀k ∈ Z ,
con δc = T /T0 (duty-cycle), risultato ovviamente coincidente con quello già ricavato nell’es. 5.2.
Esempio 6.50 (calcolo della serie di Fourier del segnale coseno raddrizzato) Applichiamo la proprietà di campionamento in frequenza per il calcolo della serie di Fourier del segnale x(t) = | cos(2π f1t)|, con f1 ∈ R. Tale segnale è un’onda sinusoidale raddrizzata (fig. 6.61) e, per la presenza del valore assoluto, è facile verificare che risulta periodica di periodo T0 = 21f1 . Scegliamo come generatore di x(t) la restrizione al periodo (−T0 /2, T0 /2), che si può ottenere moltiplicando il segnale x(t) per una finestra rettangolare:
t xg (t) = cos(2π f1t) rect , T0 dove abbiamo eliminato il valore assoluto, in quanto nell’intervallo considerato si può facilmente verificare che risulta cos(2π f1t) ≥ 0. Applicando le proprietà di cambiamento di scala e di modulazione, e ricordando la
354
Trasformata di Fourier
1 0.6 0.5
0.6
0.4 X
k
x(t)
0.8
0.3
0.4 0.2
0.2
0.1
0
0
−2
−1
0 t
1
2
Fig. 6.61. Segnale coseno raddrizzato per f1 = e T0 = 1 (es. 6.50).
1 2
−0.1
−5
0 k
5
Fig. 6.62. Coefficienti della serie di Fourier del segnale coseno raddrizzato per f1 = 12 e T0 = 1 (es. 6.50).
FT
trasformata rect(t) ←→ sinc( f ), possiamo scrivere: FT
rect(t) ←→ sinc( f ) ;
t FT ←→ T0 sinc ( f T0 ) ; rect T0
t 1 FT 1 ←→ T0 sinc [( f − f1 )T0 ] + T0 sinc [( f + f1 )T0 ] . cos(2π f1t) rect T0 2 2 Ricordando che f1 T0 = 12 , ed applicando la (6.126), si trova
k 1 1 1 1 Xk = Xg = sinc k − + sinc k + . T0 T0 2 2 2 Con qualche passaggio trigonometrico, ricordando la definizione di sinc(x), si trova infine: Xk =
1 2 (−1)k , π 1 − 4k2
valida ∀k ∈ Z. Tali coefficienti (reali) sono raffigurati in fig. 6.62.
Un discorso analogo si può fare nel caso TD con riferimento in particolare alla DFS. Un segnale periodico x(n) di periodo N0 si può esprimere come replicazione di un opportuno generatore (non univocamente determinato): x(n) = repN0 [xg (n)] =
+∞
∑
xg (n − kN0 ) .
k=−∞
Applicando le proprietà della convoluzione con la δ (n), si ha: xg (n − kN0 ) = xg (n) ∗ δ (n − kN0 ) e pertanto si ha, con passaggi del tutto simili a quelli del caso TC, ! x(n) =
+∞
∑
k=−∞
xg (n − kN0 ) = xg (n) ∗
+∞
∑
k=−∞
δ (n − kN0 ) .
6.6 Trasformata di Fourier dei segnali periodici
355
Pertanto, anche nel caso TD, un arbitrario segnale periodico può essere espresso mediante la convoluzione tra un generatore xg (n) ed il pettine di δ di periodo N0 , considerato nell’es. 6.48. Possiamo allora calcolare la trasformata di Fourier di x(n) applicando la proprietà di convoluzione della FT trasformata di Fourier e la trasformata (6.123) del pettine di δ . Posto xg (n) ←→ Xg (ν ), si ha:
!
1 +∞ k k k 1 +∞ X(ν ) = Xg (ν ) ∑ δ ν − N0 = N0 ∑ X N0 δ ν − N0 , N0 k=−∞ k=−∞ FT
dove x(n) ←→ X(ν ), ovvero X(ν ) è la trasformata del generatore x(n). Confrontando la trasformata di Fourier con l’espressione (6.119) precedentemente ottenuta, e riportata sotto per comodità
1 +∞ k X(ν ) = ∑ X(k)δ ν − N0 , N0 k=−∞ in virtù della proprietà di unicità della trasformata di Fourier, si ricava necessariamente che:
k , ∀k ∈ Z . (6.127) X(k) = X N0 La (6.127) evidenzia che la DFS X(k) della serie di Fourier coincide con la trasformata di Fourier del segnale generatore “campionato” alle frequenze Nk0 . Per questo motivo, anche la (6.127) prende il nome di proprietà di campionamento in frequenza della trasformata di Fourier a TD. Notiamo che poiché la DFS è in effetti periodica di periodo N0 , è sufficiente applicare la (6.127) per k ∈ {0, 1, . . . , N0 − 1} per ottenere gli N0 coefficienti significativi della DFS. Anche nel caso TD, allora, la (6.127) suggerisce una strada alternativa, talvolta più conveniente rispetto al calcolo diretto considerato nel cap. 5, per il calcolo della DFS di un segnale periodico x(n) di periodo N0 : basta infatti trovare un generatore xg (n) del segnale, calcolarne la trasformata di Fourier, ed infine campionare quest’ultima nelle frequenze armoniche Nk0 , secondo lo schema seguente: xg (n)
FT
−→
Xg (ν )
ν =k/N0
−→
X(k) = Xg
k N0
Il seguente esempio mostra l’applicazione di tale procedura di calcolo al caso dell’onda rettangolare TD. Esempio 6.51 (calcolo della DFS dell’onda rettangolare a TD) Utilizzando la proprietà di campionamento in frequenza, il calcolo della serie di Fourier dell’onda rettangolare x(n) = repN0 [RM (n)], già affrontato nell’es. 5.8, si può effettuare più semplicemente. La trasformata del segnale generatore è evidentemente FT
xg (n) = RM (n) ←→ Xg (ν ) = DM (ν ) . Applicando la (6.127), si trova
k k X(k) = Xg = DM , N0 N0 risultato coincidente con quello già ricavato nell’es. 5.8.
Un’importante osservazione riguardo la proprietà di campionamento in frequenza è relativa alla non unicità del segnale generatore xg (·) di un segnale periodico x(·). In effetti, nelle (6.126) o (6.127), è possibile utilizzare la trasformata di Fourier Xg (·) di un arbitrario generatore, il che sembra in
356
Trasformata di Fourier
contrasto con l’unicità dei coefficienti della serie di Fourier. In realtà, le (6.126) e (6.127) mostrano invece una caratteristica importante che accomuna tutti i generatori di un dato segnale periodico: sebbene le trasformate di Fourier di tali generatori siano in generale funzioni (di f o ν ) diverse, esse devono necessariamente coincidere in corrispondenza delle frequenze armoniche ( fk = k f0 oppure νk = kν0 ). Infine, notiamo che esprimendo i coefficienti di Fourier o la DFS come previsto dalla (6.126) o la (6.127), è possibile esprimere un segnale periodico TC o TD o come replicazione o come somma della sua serie di Fourier:
+∞ k 1 +∞ j2π k t Xg e T0 ; x(t) = ∑ xg (t − kT0 ) = ∑ T0 k=−∞ T0 k=−∞
+∞ k 1 N0 −1 j2π k n Xg x(n) = ∑ xg (n − kN0 ) = e N0 . ∑ N0 k=0 N0 k=−∞ Le espressioni precedenti, in cui compaiono esplicitamente il segnale generatore xg (·) e la sua trasformata Xg (·), prendono complessivamente il nome di prima formula di Poisson.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
357
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza Un sistema LTI può essere caratterizzato nel dominio del tempo mediante la sua risposta impulsiva h(·) oppure, equivalentemente, nel dominio della frequenza in termini della sua risposta in frequenza H(·). Da un punto di vista dell’analisi dei sistemi LTI, in molti casi è più conveniente far riferimento alla risposta in frequenza del sistema, in quanto le equazioni differenziali o alle differenze, che descrivono il funzionamento di molti sistemi TC o TD nel dominio del tempo, diventano semplici operazioni algebriche nel dominio della frequenza. Inoltre, alcune proprietà dei sistemi, quali ad esempio la selettività in frequenza, possono essere interpretate più semplicemente nel dominio della frequenza. Tutto ciò rende lo studio dei sistemi LTI nel dominio della frequenza di grande interesse pratico. Lo scopo di questa sezione è quello di introdurre alcuni parametri che caratterizzano sinteticamente un sistema LTI nel dominio della frequenza, quali ad esempio, l’estensione frequenziale (denominata anche banda passante) e la banda, ed inoltre di esprimere le proprietà dei sistemi LTI (non dispersività, stabilità, causalità e invertibilità) in termini delle proprietà matematiche della risposta in frequenza. Per introdurre questi concetti in maniera semplice ed intuitiva, consideriamo il problema della separazione di segnali mediante il filtraggio, che riveste un grande interesse applicativo. 6.7.1 Separazione di segnali mediante filtraggio
Abbiamo visto (cfr. § 6.2) che gli spettri di ampiezza dell’ingresso x(·) e dell’uscita y(·) di un sistema LTI sono legati alla risposta in ampiezza del sistema |H(·)| dalla relazione moltiplicativa: |Y (·)| = |H(·)| |X(·)| ,
(6.128)
che mette in luce come i sistemi LTI abbiano un comportamento filtrante o selettivo in frequenza: le componenti spettrali del segnale di ingresso sono debolmente attenuate o amplificate in corrispondenza di quelle frequenze alle quali la risposta in ampiezza H(·) assume valori apprezzabilmente diversi da zero, mentre sono fortemente attenuate o eliminate del tutto in corrispondenza di quelle frequenze alla quali la risposta in ampiezza H(·) assume valori trascurabili o nulli. Tale comportamento selettivo è particolarmente semplice ed intuitivo se consideriamo i filtri ideali (cfr. § 5.6), caratterizzati da una risposta H(·) che assume solo i valori 1 oppure 0. Per effetto della selettività in frequenza del sistema, la sola conoscenza della banda del segnale di ingresso non è sufficiente per determinare la banda del segnale di uscita, in quanto, per effetto della moltiplicazione per |H(·)|, lo spettro di ampiezza del segnale di uscita |Y (·)| può subire modifiche anche significative.51 Occorre, quindi, la conoscenza addizionale dell’intervallo di frequenze ove la risposta in ampiezza del sistema è significativamente diversa da zero. La selettività in frequenza è una importante proprietà dei sistemi LTI, che è già stata evidenziata nel § 5.6 con riferimento ai segnali periodici, utilizzando la serie di Fourier. La trasformata di Fourier offre qui la possibilità di estendere al caso dei segnali aperiodici molte delle considerazioni fatte in § 5.6 per i soli segnali periodici. In particolare, utilizzando la (6.128), possiamo evidenziare ulteriori proprietà dei filtri ideali, che rappresentano gli esempi più semplici di filtri. A tal fine, si ricordi che la risposta in frequenza di un filtro ideale vale 1 nella intervallo di frequenze W p , detto banda passante del filtro o passband, e vale 0 nell’intervallo di frequenze Ws (complementare a W p ), detto banda oscura del filtro o stopband. In base alla posizione della banda passante e di quella oscura, tali filtri si possono raggruppare in quattro famiglie principali: LPF, HPF, BPF e BSF. Prescindendo 51 Ricordiamo
che il segnale in uscita da un sistema LTI non può contenere componenti spettrali a quelle frequenze alle quali X(·) = 0; tuttavia, può accadere che, a determinate frequenze, risulti |Y (·)| 1 anche se alle stesse frequenze è invece |X(·)| 1 (ma non nullo), per effetto evidentemente di un guadagno elevato |H(·)| 1 introdotto dal sistema.
358
Trasformata di Fourier
X(f)
Wx
X(f)
f
f Wx H(f)
H(f)
f
f
Wp
Wp
Y(f)
Y(f)
W y =W x
f
(a)
f (b)
Fig. 6.63. Comportamento selettivo in frequenza dei filtri: (a) l’estensione spettrale del segnale di ingresso è completamente interna alla banda passante del filtro (grafici a sinistra); (b) l’estensione spettrale del segnale di ingresso è completamente esterna alla banda passante del filtro (grafici a destra). Si noti che nel caso (a) il filtro lascia passare il segnale x(t) inalterato, nel caso (b) lo cancella completamente.
per il momento dal particolare tipo di filtro, osserviamo che, in virtù della (6.22), con riferimento per semplicità al caso TC, lo spettro del segnale in uscita ad un filtro ideale risulta essere: X( f ), se f ∈ W p ; Y ( f ) = H( f ) X( f ) = 0, se f ∈ Ws , e quindi l’equazione di sintesi del segnale di uscita assume la forma semplificata: y(t) =
Wp
X( f ) e j2π f t d f ,
che esprime il fatto che solo le componenti spettrali del segnale di ingresso contenute nella banda passante del filtro contribuiscono a determinare il segnale di uscita y(t). L’espressione di y(t) può essere resa più esplicita osservando che, in base alla def. 6.3, lo spettro di ampiezza |X( f )| del segnale di ingresso assume per definizione valori trascurabili all’esterno della propria estensione spettrale Wx ,
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
H 1(f)
y 1(t)
H 2(f)
y 2(t)
359
y(t) x1(t)
x2(t)
Fig. 6.64. Schema per la separazione di segnali mediante filtraggio (es. 6.52).
cioè X( f ) si può considerare (approssimativamente) nullo per f ∈ Wx .52 Si ha allora y(t) =
Wx ∩ Wp
X( f ) e j2π f t d f .
(6.129)
La (6.129) consente di ricavare i due comportamenti “limite” dei filtri ideali: • se l’estensione spettrale del segnale di ingresso è completamente contenuta nella banda passante del filtro ideale, cioè Wx ⊆ W p come in fig. 6.63(a), si ha che Wx ∩ W p = Wx e, conseguentemente, l’uscita del sistema coincide (approssimativamente o esattamente, si veda la nota 52) con il segnale di ingresso, si ha cioè: y(t) =
Wx
X( f ) e j2π f t d f = x(t) .
In questo caso, il filtro ideale si comporta come un sistema identico, ovvero il segnale x(t) passa inalterato attraverso il filtro; • se l’estensione spettrale del segnale di ingresso è completamente esterna alla banda passante del filtro ideale, come in fig. 6.63(b), si ha cioè Wx ∩ W p = ∅, l’uscita del sistema coincide con il segnale nullo: y(t) ≡ 0 . In questo caso, il filtro ideale elimina completamente o sopprime il segnale x(t) di ingresso. Con ovvie modifiche di notazione, gli stessi comportamenti limite possono essere evidenziati anche nel caso TD. Sulla base delle considerazioni sviluppate precedentemente, l’esempio che segue mostra come una delle potenzialità maggiori dei filtri sia la loro capacità di separare segnali aventi estensioni frequenziali non sovrapposte. Esempio 6.52 (separazione di segnali mediante filtraggio) Con riferimento allo schema di fig. 6.64, si considerino due segnali x1 (t) ed x2 (t), aventi estensioni spettrali Wx1 e Wx2 tali che Wx1 ∩ Wx2 = ∅, ovvero gli spettri dei due segnali non sono sovrapposti in frequenza. Segnali di questo tipo si dicono in effetti ortogonali in frequenza (vedi es. 6.27), un esempio è costituito dai segnali i cui spettri sono raffigurati (con diversi colori) in fig. 6.65: in particolare, il segnale x1 (t) con spettro in arancione è un segnale passabasso, mentre il segnale x1 (t) con spettro in azzurro è un segnale passabanda. Si noti che la (6.129) vale esattamente solo se il segnale di ingresso è a banda rigorosamente limitata, ossia X( f ) = 0 per f ∈ W x ; per segnali a banda praticamente limitata, per i quali X( f ) ≈ 0 per f ∈ W x , essa vale solo approssimativamente. 52
360
Trasformata di Fourier
X1(f), X2(f), Y(f)
X1(f), X2(f), Y(f)
f
H1(f)
f
H2(f)
...
...
f Y1(f)=X1(f)
f Y2(f)=X2(f)
f (a)
f (b)
Fig. 6.65. Spettri dei segnali dell’es. 6.52 (lo spettro X1 ( f ) è raffigurato in arancio, lo spettro X2 ( f ) in celeste). (a) Filtraggio ideale LPF per la separazione del segnale x1 (t) (grafici a sinistra). (b) Filtraggio ideale HPF per la separazione del segnale x2 (t) (grafici a destra). Supponiamo di osservare la somma dei due segnali, sia essa y(t) = x1 (t) + x2 (t), e di volere separare i due segnali che compongono y(t) mediante filtraggio. Poiché risulta Y ( f ) = X1 ( f ) + X2 ( f ), e gli spettri X1 ( f ) ed X2 ( f ) non si sovrappongono in frequenza, lo spettro Y ( f ) si ottiene graficamente (fig. 6.65) semplicemente affiancando gli spettri X1 ( f ) ed X2 ( f ). Sfruttando la non sovrapposizione degli spettri, ed utilizzando i concetti sviluppati precedentemente, è chiaro che la separazione dei due segnali x1 (t) e x2 (t) a partire da y(t) è possibile utilizzando una coppia di filtri, come indicato nello schema di fig. 6.64: • mediante un filtro ideale H1 ( f ) con banda passante W p ⊇ Wx1 e W p ∩ Wx2 = ∅ è possibile separare perfettamente x1 (t), si ha cioè y1 (t) ≡ x1 (t); • mediante un filtro ideale H2 ( f ) con banda passante W p ⊇ Wx2 e W p ∩ Wx1 = ∅ è possibile separare perfettamente x2 (t), si ha cioè y2 (t) ≡ x2 (t); Ad esempio, in fig. 6.65 sono raffigurate le risposte in frequenza di un filtro ideale passabasso H1 ( f ) (a sinistra) e passaalto H2 ( f ) (a destra) che presentano le caratteristiche desiderate.
Si noti che la separazione perfetta ottenuta nell’esempio precedente, anche supponendo di disporre di filtri ideali, non può essere ottenuta se gli spettri dei due segnali sono parzialmente o completamente sovrapposti in frequenza. Questa è una conseguenza del fatto che un sistema LTI non è capace di discriminare componenti spettrali dovute a diversi segnali alla stessa frequenza. In tal caso, la separazione dei due segnali potrebbe ancora essere ottenuta, in ipotesi particolari, utilizzando sistemi tempo-varianti o, addirittura, non lineari.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
361
6.7.2 Banda passante e banda di un sistema
I filtri ideali utilizzati negli esempi della sezione precedente hanno un comportamento drasticamente selettivo, nel senso che le componenti spettrali del segnale di ingresso o sono lasciate passare inalterate, oppure sono completamente soppresse. Come abbiamo già avuto modo di dire, e come vedremo più in dettaglio in questa sezione, nessun sistema fisico può presentare un comportamento di questo tipo. In particolare, per molti sistemi di interesse applicativo, la transizione tra banda passante e banda oscura non è così brusca come per i filtri ideali (si vedano le fig. 5.18–5.25), ma impegna invece un certo intervallo di frequenza di misura non nulla (cosiddetta banda di transizione); inoltre, per molti sistemi fisici, pur potendo assumere valori arbitrariamente piccoli, la risposta in ampiezza non si annulla mai esattamente (non esiste quindi una vera e propria banda oscura). Questo ci spinge ad adottare una definizione più generale di banda passante di un sistema e, contestualmente, a definire il concetto di banda di un sistema. Definizione 6.4 (banda passante e banda di un sistema) (a) La banda passante W p ⊆ R di un sistema TC è l’intervallo di frequenza in cui la risposta in ampiezza del sistema |H( f )| assume valori non trascurabili. La banda del sistema è la misura B p ≥ 0 dell’insieme W p . (b) La banda passante W p ⊆ (ν , ν + 1), con ν ∈ R, di un sistema TD è l’intervallo di frequenza in cui la risposta in ampiezza del sistema |H(ν )| assume valori non trascurabili sul periodo (ν , ν + 1). La banda del sistema è la misura 0 ≤ B p ≤ 1 dell’insieme W p . Dal confronto tra la definizione precedente e la def. 6.3, risulta evidente che la definizione di banda passante di un sistema è molto simile a quella di estensione spettrale di un segnale: in effetti, la banda passante di un sistema avente risposta in frequenza H(·) coincide con l’estensione spettrale del segnale h(·) (risposta impulsiva). Generalizzando i concetti visti nella sezione precedente per i filtri ideali, a partire dalla conoscenza dell’estensione spettrale del segnale di ingresso Wx e della banda passante del sistema W p , in virtù della relazione moltiplicativa (6.128), possiamo dire che l’estensione spettrale del segnale di uscita è data dall’intersezione dei due intervalli di frequenza Wx e W p , ossia Wy = Wx ∩ W p . Conseguentemente, se l’estensione spettrale del segnale di ingresso è completamente fuori dalla banda passante del sistema, ossia Wx ∩ W p = ∅, all’uscita del sistema si avrà un segnale praticamente nullo; in questo caso, il sistema ha soppresso (completamente o approssimativamente) il segnale di ingresso. Analogamente a quanto fatto per i filtri ideali, sulla base della posizione della banda passante, i sistemi possono essere suddivisi in quattro famiglie che richiamiamo qui per comodità facendo riferimento direttamente ai sistemi reali (risposta impulsiva reale, risposta in frequenza con simmetria hermitiana): • Sistemi passabasso (LPF): la banda passante W p è centrata intorno alla frequenza nulla. • Sistemi passaalto (HPF): la banda passante W p è posizionata intorno alle frequenze f = ±∞ nel caso TC, oppure intorno alle frequenze ν = ±1/2 nel caso TD. • Sistemi passabanda (BPF): la banda passante W p è centrata a frequenze intermedie, intorno a ± f0 ∈ R − {0} nel caso TC, oppure intorno a ±ν0 nel caso TD, con ν0 ∈ (−1/2, 1/2) − {0}. • Sistemi eliminabanda (BSF): la banda passante W p è posizionata intorno alle frequenze f = 0 e f = ±∞ nel caso TC, oppure intorno alle frequenze ν = 0 e ν = ±1/2 nel caso TD.
362
Trasformata di Fourier
Giocando sul fatto che la banda di un sistema altro non è che la misura dell’estensione spettrale della sua risposta impulsiva, in maniera simile a quanto visto per la caratterizzazione dei segnali nel dominio della frequenza, possiamo suddividere i sistemi in sistemi a banda rigorosamente e praticamente limitata, e sistemi a banda non limitata. Sistemi a banda rigorosamente limitata
Un sistema TC con risposta in frequenza H( f ) si dice a banda rigorosamente limitata se H( f ) è identicamente nulla al di fuori di un certo intervallo ( f1 , f2 ), con f2 > f1 valori reali finiti. In tal caso, si considerano trascurabili solo i valori nulli della risposta in frequenza del sistema. Pertanto, la banda passante è per definizione data da W p = ( f1 , f2 ) e la banda è pari ad B p = f2 − f1 . Esempi di sistemi TC a banda rigorosamente limitata sono i filtri ideali LPF e BPF. Esempio 6.53 (banda dei filtri TC ideali LPF e BPF) La risposta in frequenza di un filtro ideale LPF è
f HLPF ( f ) = rect , 2 fc ed è rappresentata graficamente in fig. 5.18, mentre quella di un filtro ideale BPF è
f − f0 f + f0 HBPF ( f ) = rect + rect , ∆f ∆f ed è rappresentata graficamente in fig. 5.20: sono entrambi sistemi con banda rigorosamente limitata. Per il filtro ideale LPF, la banda è pari al doppio della frequenza di taglio fc , ossia B p = 2 fc ; se si considerano solo le frequenze positive,53 la banda monolatera coincide con la frequenza di taglio, cioè B p = fc . Per il filtro ideale BPF, la banda è indipendente dalla frequenza centrale f0 (nell’ipotesi f0 ≥ ∆ f /2) ed è pari a B p = 2 ∆ f ; se si considerano solo le frequenze positive, la banda monolatera è uguale a B p = ∆ f .
Analogamente, un sistema TD con risposta in frequenza H(ν ) si dice a banda rigorosamente limitata se, con riferimento al solo intervallo (−1/2, 1/2), la funzione H(ν ) è identicamente nulla al di fuori di un certo intervallo (ν1 , ν2 ), con ν1 , ν2 ∈ (−1/2, 1/2) e ν2 > ν1 . In tal caso, la banda passante è per definizione data da W p = (ν1 , ν2 ) e la banda è pari a B p = ν2 − ν1 . Analogamente al caso TC, i filtri ideali LPF e BPF sono due esempi tipici di sistemi TD a banda rigorosamente limitata. Esempio 6.54 (banda dei filtri TD ideali LPF e BPF) La risposta in frequenza di un filtro ideale LPF è
ν HLPF (ν ) = rep1 rect , 2νc ed è rappresentata graficamente in fig. 5.22, mentre quella di un filtro ideale BPF è
ν − ν0 ν + ν0 HBPF (ν ) = rep1 rect + rect , 2∆ν 2∆ν ed è rappresentata graficamente in fig. 5.24: sono entrambi sistemi con banda rigorosamente limitata. Per il filtro ideale LPF la banda è pari al doppio della frequenza di taglio νc , ossia B p = 2 νc ; se si considerano solo le frequenze positive, la banda monolatera è proprio la frequenza di taglio, cioè B p = νc . Per il filtro ideale BPF, la banda è indipendente dalla frequenza centrale ν0 (nell’ipotesi ν0 ≥ ∆ν /2) ed è pari a B p = 2 ∆ν ; se si considerano solo le frequenze positive, la banda monolatera è uguale a B p = ∆ν .
È interessante osservare che, a differenza del caso TC, anche i filtri TD ideali HPF e BSF sono da considerarsi a tutti gli effetti sistemi a banda rigorosamente limitata. 53 Così
come per i segnali reali, anche per i sistemi reali, aventi cioè risposta impulsiva reale, è sufficiente considerare solo le frequenze positive nella definizione di banda passante e banda.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
363
Esempio 6.55 (banda dei filtri TD ideali HPF e BSF) La risposta in frequenza di un filtro ideale HPF è
ν HHPF (ν ) = 1 − rep1 rect , 2νc ed è rappresentata graficamente in fig. 5.23, mentre quella di un filtro ideale BSF è
ν − ν0 ν + ν0 + rect , HBSF (ν ) = 1 − rep1 rect 2∆ν 2∆ν ed è rappresentata graficamente in fig. 5.25: sono entrambi sistemi a banda rigorosamente limitata. Per il filtro ideale HPF, la banda è pari a B p = 1 − 2 νc . Per il filtro ideale BSF, la banda è indipendente dalla frequenza centrale ν0 (nell’ipotesi ν0 ≥ ∆ν /2) ed è pari a B p = 1 − 2 ∆ν .
Quando studieremo le proprietà dei sistemi nel dominio della frequenza (cfr. § 6.7.4, in particolare la condizione di Paley-Wiener) vedremo che i sistemi con banda rigorosamente limitata non possono essere causali e, quindi, non sono fisicamente realizzabili. Pertanto, tali sistemi hanno un interesse prevalentemente teorico, ma in molti casi il loro comportamento idealizzato può essere approssimato accuratamente mediante sistemi fisicamente realizzabili. Sistemi a banda praticamente limitata
Parafrasando la definizione di segnale a banda praticamente limitata, un sistema LTI con risposta in frequenza H(·) si dice a banda praticamente limitata se la sua risposta in ampiezza |H(·)| decade asintoticamente a zero per f → ±∞ nel caso TC o per ν → ±1/2 nel caso TD, assumendo valori trascurabili (ma non rigorosamente nulli) al di fuori di un certo intervallo di frequenza. In particolare, con riferimento ai sistemi TC, ricordando che un sistema LTI è stabile se e solo se la sua risposta impulsiva è sommabile, ed applicando la prop. 6.7 al segnale h(t), possiamo dire che tutti i sistemi stabili sono a banda praticamente limitata, in quanto la trasformata H( f ) è continua e infinitesima per | f | → +∞. Così come per i segnali, anche per i sistemi a banda praticamente limitata l’interpretazione e la misura della banda non è univoca. Tuttavia, a differenza dei segnali, per i quali varie definizioni di banda sono diffusamente utilizzate (banda nullo-nullo, banda all’α % dell’energia, e banda ad α dB), nel caso dei sistemi la definizione di banda passante di gran lunga più utilizzata è quella di banda passante ad α dB. Tale definizione è del tutto simile alla definizione di banda ad α dB di un segnale. Precisamente, con riferimento ad un sistema TC con risposta in frequenza H( f ), si definisce risposta in ampiezza in dB la seguente funzione della frequenza:
|H( f )|dB = 20 log10
|H( f )| , |H( frif )|
(6.130)
dove frif rappresenta una frequenza di riferimento opportunamente scelta in dipendenza del tipo di sistema (passabasso, passalto o passabanda). In molti casi, ad esempio, la frequenza frif è scelta come la frequenza in cui la risposta in ampiezza assume il valore massimo.54 La definizione di risposta in ampiezza in dB si può scrivere anche per un sistema TD, con le consuete sostituzioni formali ν → f e νrif → frif . Scelto α ∈ R+ , si definisce banda passante ad α dB l’intervallo di frequenza nel quale la risposta in ampiezza |H(·)|dB del sistema assume valori maggiori o al più uguali ad −α dB; la misura di caso dei segnali TC, la rappresentazione di |H( f )|dB in funzione di f espressa in scala logaritmica, prende il nome di diagramma di Bode per la risposta in ampiezza, mentre la rappresentazione di X( f ) in funzione di f espressa in scala logaritmica prende il nome di diagramma di Bode per lo spettro di fase. 54 Nel
364
Trasformata di Fourier
tale intervallo è detta banda ad α dB. Molto utilizzata nelle applicazioni per i sistemi è la banda a 3 dB, corrispondente in unità naturali ad uno scostamento massimo di √12 ≈ 0.707 rispetto al valore di riferimento. Negli esempi che seguono è calcolata la banda ad α dB del circuito RC e del sistema AR del primo ordine (notiamo che tali esempi ripetono sostanzialmente i calcoli già effettuati negli es. 6.29 e 6.30 per gli esponenziali monolateri a TC e a TD). Esempio 6.56 (banda ad α dB del circuito RC) Consideriamo il circuito RC studiato nell’es. 4.16 e raffigurato in fig. 4.22, nel quale l’ingresso x(t) è la tensione ai capi della serie RC, mentre l’uscita y(t) è la tensione ai capi della capacità. Ricordiamo che se il sistema è inizialmente in quiete, cioè si impone y(0) = 0, il circuito RC è un sistema LTI causale e stabile con risposta impulsiva: h(t) =
1 −t/RC e u(t) , RC
che, ponendo T = RC, corrisponde al segnale esponenziale monolatero decrescente h(t) = T1 e−t/T u(t), la cui banda ad α dB è stata calcolata nell’es. 6.29. Tenendo conto di ciò, si ricava quindi che il circuito RC è un sistema passabasso con banda monolatera ad α dB data da: Bp =
1 # α /10 10 −1. 2π RC
Nel caso in cui α = 3, si ha B p ≈ 1/(2π RC). Si noti che B p è inversamente proporzionale al prodotto RC.
Esempio 6.57 (banda a α dB del sistema AR del primo ordine) Consideriamo il sistema AR del primo ordine studiato nell’es. 4.17, descritto dalla equazione alle differenze y(n) = a y(n − 1) + b x(n). Ricordiamo che se il sistema è inizialmente in quiete, cioè si impone y(−1) = 0, il sistema AR del primo ordine è un sistema LTI causale con risposta impulsiva: h(n) = b an u(n) . Se 0 < |a| < 1 tale sistema è stabile e quindi avrà banda praticamente limitata. In questa ipotesi, ponendo b = A, la risposta impulsiva del sistema AR del primo ordine corrisponde al segnale esponenziale monolatero decrescente h(n) = A an u(n), la cui banda ad α dB è stata calcolata nell’es. 6.29. Tenendo conto di ciò, si ricava quindi che il sistema AR del primo ordine è un sistema passabasso con banda monolatera ad α dB data da: + * 1 1 + a2 − 10α /10 , arccos Bp = 2π 2a valida per a ≥ amin , con amin = 10α /20 − 1, purché α ≤ 6 dB. Si noti (si veda fig. 6.29 con α = 3) che al crescere di a la banda del sistema diminuisce, e viceversa.
Sistemi a banda non limitata
Un sistema TC con risposta in frequenza H( f ) si dice a banda non limitata se la sua risposta in ampiezza |H( f )| assume valori non trascurabili su un intervallo di frequenza di misura infinita, ovvero se B p = +∞. I più semplici esempi di sistemi a banda non limitata sono quelli con risposta in ampiezza |H( f )| costante, come ad esempio il sistema identico H( f ) = 1, l’amplificatore/attenuatore ideale H( f ) = α , oppure il sistema che effettua la traslazione temporale H( f ) = e− j2π f t0 , t0 ∈ R. Tali sistemi non sono selettivi in frequenza (almeno per quanto riguarda lo spettro di ampiezza), per cui sono anche detti filtri passatutto (in inglese, all-pass). Altri esempi di sistemi TC a banda non limitata, che però risultano selettivi in frequenza per le ampiezze, sono i filtri ideali HPF e BSF, ed il derivatore.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
365
Esempio 6.58 (banda dei filtri TC ideali HPF e BSF) La risposta in frequenza di un filtro ideale HPF è
f , HHPF ( f ) = 1 − rect 2 fc ed è riportata in fig. 5.19, mentre quella di un filtro ideale BSF è
f − f0 f + f0 HBSF ( f ) = 1 − rect + rect , ∆f ∆f ed è riportata in fig. 5.21. In entrambi i casi, la risposta in frequenza dei filtri assume valore costante su un intervallo di frequenza non limitato e, conseguentemente, tali filtri sono esempi di sistemi a banda non limitata (B p = +∞). Esempio 6.59 (banda del derivatore a TC) Un sistema TC fisicamente realizzabile avente banda infinita è il derivatore, avente risposta in frequenza H( f ) = j2π f e risposta in ampiezza rappresentata in fig. 6.48 (grafico in alto). Abbiamo visto in effetti che il derivatore è assimilabile ad un sistema passaalto, e tutti i sistemi passaalto a TC sono sistemi con banda non limitata, in quanto la risposta in frequenza deve assumere valori non trascurabili per | f | → +∞, per cui risulta necessariamente B p = +∞.
Un sistema TD con risposta in frequenza H(ν ) si dice a banda non limitata se la sua risposta in ampiezza |H(ν )| assume valori non trascurabili su tutto l’intervallo di frequenza (−1/2, 1/2), ovvero se B p = 1 (si ricordi che nel caso TD questo è il massimo valore possibile della banda). Anche nel caso TD, risultano a banda non limitata tutti i sistemi con risposta in ampiezza |H(ν )| costante, come ad esempio il sistema identico, l’amplificatore/attenuatore ideale, ed il sistema che effettua la traslazione temporale (sono tutti esempi di filtri passatutto). Si ricordi invece che tutti i filtri ideali nel caso TD vanno considerati sistemi a banda rigorosamente limitata (tranne nel caso in cui degenerino nel sistema identico). 6.7.3 Studio dell’interconnessione di sistemi LTI nel dominio della frequenza
Un dato sistema può essere anche molto complesso, e per uno studio efficiente abbiamo già visto che può risultare utile decomporlo in sottosistemi più semplici connessi tra loro mediante alcune configurazioni elementari. Le configurazioni fondamentali che abbiamo considerato sono tre: connessione in serie (cfr. def. 3.3), connessione in parallelo (cfr. def. 3.4) e connessione in retroazione (cfr. def. 3.5). In questa sezione, ci proponiamo di studiare nel dominio della frequenza queste connessioni, con riferimento ai sistemi LTI, per i quali è possibile trovare soluzioni semplici e generali. Partendo dalla connessione in serie, utilizzando la proprietà associativa della convoluzione abbiamo ricavato l’importante proprietà che la serie di due sistemi LTI, con risposte impulsive h1 (·) e h2 (·), equivale ad unico sistema LTI avente risposta impulsiva hser (·) = h1 (·) ∗ h2 (·) . FT
(6.131) FT
Posto h1 (·) ←→ H1 (·) e h2 (·) ←→ H2 (·), invocando la proprietà di convoluzione della trasformata di Fourier (cfr. prop. 6.6), la (6.131) si può riscrivere equivalentemente nel dominio della frequenza come segue:
Hser (·) = F[hser (·)] = H1 (·) H2 (·) , in virtù della quale si può affermare che la serie di due sistemi LTI equivale ad un unico sistema LTI avente risposta in frequenza Hser (·) = H1 (·) H2 (·), cioè i due schemi in fig. 6.66(a) e fig. 6.66(b) sono equivalenti, nel senso che ya (·) ≡ yb (·). Risultando banalmente H1 (·) H2 (·) = H2 (·) H1 (·) (proprietà
366
Trasformata di Fourier
H 1(.)
x(.)
H 2(.)
y a(.)
(a)
H 1(.) H 2(.)
x(.)
H 1(.)
y 1(.)
y a(.)
x(.)
H 2(.)
y b(.)
(b)
Fig. 6.66. Connessione in serie di sistemi LTI: in virtù della proprietà di convoluzione della trasformata di Fourier, i due schemi in figura sono equivalenti.
y 2(.)
(a)
x(.)
H 1(.)+H 2(.)
y b(.)
(b)
Fig. 6.67. Connessione in parallelo di sistemi LTI: in virtù della proprietà di linearità della trasformata di Fourier, i due schemi in figura sono equivalenti.
commutativa del prodotto algebrico), nel dominio della frequenza risulta ancora più evidente che il comportamento della serie di due sistemi LTI è indipendente dall’ordine di connessione. Per quanto riguarda la banda passante del sistema serie, poichè risulta |Hser (·)| = |H1 (·)| |H2 (·)|, la banda passante W p,ser del sistema serie è data dalla intersezione tra la banda passante W p,1 del primo sistema e quella W p,2 del secondo sistema, cioè W p,ser = W p,1 ∩ W p,2 . Conseguentemente, risulta che la banda del sistema serie B p,ser non può superare la più piccola delle bande passanti B p,1 e B p,2 dei sistemi che compongono la serie, ossia B p,ser ≤ min(B p,1 , B p,2 ). In altre parole, la connessione in serie è un modo per poter ottenere un sistema con banda passante più stretta di quella dei sistemi che compongono la serie stessa. È interessante osservare che, come caso limite, se le bande passanti dei due sistemi della serie sono disgiunte, cioè W p,1 ∩ W p,2 = ∅, il sistema serie ha banda nulla: in questo caso, l’uscita del sistema serie è sempre zero, indipendentemente dal segnale di ingresso (sistema eliminatutto). Per quanto riguarda la connessione in parallelo, utilizzando la proprietà distributiva della convoluzione abbiamo inoltre ricavato l’importante proprietà che il parallelo di due sistemi LTI, con risposte impulsive h1 (·) e h2 (·), equivale ad un unico sistema LTI avente risposta impulsiva hpar (·) = h1 (·) + h2 (·) .
(6.132)
In questo caso, invocando la proprietà di linearità della trasformata di Fourier (cfr. prop. 6.2), la (6.132) si può riscrivere equivalentemente nel dominio della frequenza come segue:
Hpar (·) = F[hpar (·)] = H1 (·) + H2 (·) , in virtù della quale si può affermare che il parallelo di due sistemi LTI equivale ad un unico sistema LTI avente risposta in frequenza Hpar (·) = H1 (·) + H2 (·), cioè i due schemi in fig. 6.67(a) e fig. 6.67(b) sono equivalenti, nel senso che ya (·) ≡ yb (·). Nella connessione in parallelo, è più difficile prevedere la banda passante e la banda del sistema risultante, in quanto per la risposta in ampiezza del sistema complessivo si può scrivere solo la disuguaglianza |Hpar (·)| ≤ |H1 (·)| + |H2 (·)|. In genere (anche se non è sempre così) la banda passante
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
5
+
-
H 1(.)
Sistema in retroazione Circuito RC
y a(.)
y 2(.) 0
|H (f)| , |H
retr
(f)|
dB
x(.)
367
1
dB
H 2(.)
(a)
H retr (.) =
x(.)
H 1(.) 1+H 1(.)H 2(.)
y b(.)
−5
−10 −2 10
−1
0
10
10
1
10
fRC
(b)
Fig. 6.68. Connessione in retroazione di sistemi LTI: l’analisi nel dominio della frequenza mostra che la retroazione di due sistemi LTI è ancora un sistema LTI, e che i due schemi in figura sono equivalenti.
Fig. 6.69. Diagramma di Bode della risposta in ampiezza del circuito RC (curva a tratto e punto) e della risposta in ampiezza del sistema in retroazione (curva a tratto continuo) (es. 6.60). Il segmento di retta tratteggiata rappresenta la soglia a −3 dB.
del sistema parallelo soddisfa la relazione W p,par ⊆ W p,1 ∪ W p,2 . Si osservi che, a differenza della configurazione serie, la banda del sistema è non nulla anche se le bande passanti dei due sistemi che compongono il parallelo sono disgiunte; questo è vero anche se, al limite, una delle bande passanti W p,1 o W p,2 è vuota. Infine, un discorso a parte merita la connessione in retroazione di due sistemi LTI con risposte impulsive h1 (·) e h2 (·), riportata in fig. 6.68(a).55 Questo tipo di connessione non può essere studiato in maniera semplice nel dominio del tempo e, per questo motivo, è studiato direttamente nel dominio della frequenza. A tale scopo, scrivendo le relazioni i-u nel dominio del tempo dei sistemi LTI che compaiono in fig. 6.68(a), si ottiene senza grosse difficoltà che ya (·) = h1 (·) ∗ [x(·) − y2 (·)] = h1 (·) ∗ [x(·) − h2 (·) ∗ ya (·)] .
(6.133)
Si faccia attenzione tuttavia che la (6.133) non rappresenta il legame i-u del sistema complessivo, con ingresso x(·) ed uscita ya (·), in quanto il segnale di uscita compare sia al primo membro che al secondo membro. Pertanto, non è immediato dedurre il comportamento del sistema a partire dalla (6.133). Per semplificare l’analisi della connessione in retroazione, è necessario il passaggio nel dominio della frequenza. A tal fine, trasformiamo secondo Fourier ambo i membri della (6.133): invocando le proprietà di linearità e convoluzione della trasformata di Fourier, si ottiene: Ya (·) = H1 (·) [X(·) − H2 (·)Ya (·)] , FT
FT
dove x(·) ←→ X(·) e ya (·) ←→ Ya (·). Risolvendo rispetto a Ya (·), si ha: Ya (·) =
H1 (·) X(·) = Hretr (·) X(·) , 1 + H1 (·) H2 (·)
(6.134)
Hretr (·)
55 Nello schema considerato in fig. 6.68(a) il segnale y (·) si sottrae al segnale di ingresso x(·). 2
Molte delle considerazioni fatte con riferimento a questo schema si applicano con modifiche minime al caso in cui y2 (·) si somma al segnale di ingresso x(·).
368
Trasformata di Fourier
che ha significato solo alle frequenze per cui H1 (·) H2 (·) = −1.56 La (6.134) mostra che lo spettro del segnale in uscita dal sistema Ya (·) è uguale al prodotto della funzione Hretr (·) e dello spettro del segnale di ingresso X(·), che è il legame i-u nel dominio della frequenza valido esclusivamente per un sistema LTI. Pertanto, possiamo affermare che la connessione in retroazione di due sistemi LTI equivale ad un unico sistema LTI avente risposta in frequenza Hretr (·), cioè i due schemi in fig. 6.68(a) e fig. 6.68(b) sono equivalenti, nel senso che ya (·) ≡ yb (·). Per poter comprendere qualitativamente in che modo la retroazione influisce sulla banda del sistema complessivo, consideriamo il seguente esempio. Esempio 6.60 (circuito RC con retroazione unitaria) Soffermiamo l’attenzione sul caso TC e supponiamo che il sistema H1 ( f ) sia un circuito RC (cfr. es. 4.16), ossia: h1 (t) =
1 −t/RC 1 FT e , u(t) ←→ H1 ( f ) = RC 1 + j 2π f RC
la cui banda a 3 dB è pari (cfr. es. 6.56) a B p,1 ≈ 1/(2π RC). Supponiamo inoltre che la risposta in frequenza del sistema sul percorso di retroazione sia pari ad uno (retroazione unitaria), cioè H2 ( f ) = 1 [sistema identico, risposta impulsiva h2 (t) = δ (t)]. In questo caso, la risposta in frequenza del sistema complessivo assume l’espressione: Hretr ( f ) =
1 H1 ( f ) = , 1 + H1 ( f ) 2 + j 2π f RC
il cui modulo in dB è dato da: |Hretr ( f )|dB = 20 log10
|Hretr ( f )| = −10 log10 [1 + (π f T )2 ] . |Hretr (0)|
Calcoliamo la banda a 3 dB del sistema complessivo. Per fare ciò, dobbiamo risolvere rispetto ad fα la seguente equazione: −10 log10 [1 + (π fα T )2 ] = −3
=⇒
1 + (π fα T )2 = 103/10
che ammette due soluzioni, simmetriche rispetto ad f = 0. Scegliendo la soluzione positiva, si ricava che la banda monolatera a 3 dB vale B p,retr = fα ≈
1 , π RC
che è circa il doppio della banda a 3 dB del circuito RC. Pertanto, com’è anche evidente dalla fig. 6.69, nella quale sono riportati i diagrammi di Bode di |H1 ( f )| e |Hretr ( f )|, la retroazione unitaria comporta un aumento della banda del circuito RC.
Il risultato dell’esempio precedente vale più in generale per un arbitrario sistema H1 (·), nel caso in cui la risposta in frequenza del percorso di retroazione sia una costante (non necessariamente unitaria) H2 (·) = γ2 , con γ2 ∈ C. In tal caso, si ha: Hretr (·) = 56 Con
H1 (·) . 1 + γ2 H1 (·)
analoghi ragionamenti, nel caso in cui il segnale y2 (·) si sommi al segnale di ingresso x(·), si ottiene:
Ya (·) =
H1 (·) X(·) = Hretr (·) X(·) , 1 − H1 (·) H2 (·) Hretr (·)
che ha significato solo alle frequenze per cui H1 (·) H2 (·) = 1.
(6.135)
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
369
A quelle frequenze per cui |γ2 | |H1 (·)| 1, risulta che |Hretr (·)| ≈
1 , |γ2 |
cioè la risposta in ampiezza del sistema in retroazione Hretr (·) rimane pressochè costante al variare della frequenza, pur in presenza di variazioni anche notevoli della risposta in ampiezza |H1 (·)|. D’altra parte, alle frequenze per cui |γ2 | |H1 (·)| 1, si ha: |Hretr (·)| ≈ |H1 (·)| . Questo determina, in genere, un allargamento della banda del sistema in retroazione (6.135) rispetto a quella del sistema H1 (·). 6.7.4 Proprietà della risposta in frequenza
Poichè la risposta in frequenza, al pari della risposta impulsiva, caratterizza completamente un sistema LTI, dalle sue proprietà matematiche deve essere possibile stabilire le proprietà del sistema. Sebbene questo sia vero in linea di principio, vedremo in particolare che per le proprietà di stabilità e causalità lo studio nel dominio della frequenza non è altrettanto semplice di quello nel dominio del tempo, per cui tali proprietà possono essere caratterizzate nel dominio della frequenza solo in maniera incompleta. Questi aspetti sono discussi nei paragrafi seguenti. Non dispersività
Ricordiamo (cfr. prop. 4.4) che un sistema LTI risulta non dispersivo se e solo se la sua risposta impulsiva assume la forma h(·) = α δ (·), caratteristica di un amplificatore/attenuatore ideale. Trasformando secondo Fourier ambo i membri di questa relazione, invocando la proprietà di omogeneità della trasformata di Fourier e ricordando che la trasformata dell’impulso (TC e TD) è uguale ad uno, si ottiene che la risposta in frequenza è H(·) = α . Pertanto, la caratterizzazione di un sistema LTI non dispersivo in termini di risposta in frequenza può essere riassunta dalla seguente proprietà (valida per il caso TC e TD): Proprietà 6.26 (risposta in frequenza di un sistema LTI non dispersivo) Un sistema LTI è non dispersivo se e solo se la sua risposta in frequenza è del tipo H(·) = α . In altri termini, un sistema è non dispersivo se e solo se la sua risposta in frequenza ha un andamento costante in frequenza. Pertanto, un sistema non dispersivo è un sistema passatutto a banda non limitata, con banda che vale B p = +∞ nel caso TC e B p = 1 nel caso TD. Se la risposta in frequenza non verifica la prop. 6.26, il sistema LTI è dispersivo o con memoria: a tal proposito è interessante discutere alcuni legami tra memoria e banda di un sistema LTI. Ricordiamo infatti che la memoria di un sistema coincide con la durata temporale ∆h della risposta impulsiva h(·) (escluso eventualmente il campione per n = 0 nel caso TD). Per il principio di indeterminazione della trasformata di Fourier, allora, sussiste un legame di inversa proporzionalità tra memoria ∆h e banda B p di un sistema LTI. Per cui riducendo la memoria ∆h di un sistema, la sua banda B p si incrementa, e viceversa. Si può anche dimostrare che non esistono segnali che siano simultaneamente a durata rigorosamente limitata e a banda rigorosamente limitata. Questo comporta che, se il sistema ha memoria rigorosamente finita, ovvero è un sistema FIR, allora esso non può avere anche banda rigorosamente
370
Trasformata di Fourier
limitata: in tal caso, il sistema può avere banda infinita o, al più, praticamente limitata. Viceversa, se il sistema è a banda rigorosamente limitata, allora esso non può avere memoria rigorosamente finita: in questo caso, il sistema può avere memoria infinita o, al più, praticamente finita, ovvero è un sistema IIR. Stabilità
Lo studio della stabilità dei sistemi LTI nel dominio della frequenza non è altrettanto immediato come quello della non dispersività. Per determinare condizioni necessarie e sufficienti da imporre alla risposta in frequenza H(·) in modo che il sistema sia stabile, è necessario ricorrere alla trasformata di Laplace della risposta impulsiva h(t) nel caso dei sistemi TC e alla trasformata Z della risposta impulsiva h(n) nel caso dei sistemi TD. Volendo fare uso della sola trasformata di Fourier è possibile derivare condizioni solo necessarie ma non sufficienti per la stabilità di un sistema LTI. Con riferimento ai sistemi TC, ricordiamo (cfr. prop. 4.8) che un sistema è stabile se e solo se la sua risposta impulsiva h(t) è sommabile su R. In base a tale risultato, ricordando inoltre che la trasformata di Fourier di un segnale TC sommabile è continua ed infinitesima all’infinito (cfr. prop. 6.7), possiamo affermare che condizione necessaria per la stabilità di un sistema LTI TC è che la sua risposta in frequenza H( f ) sia continua ed infinitesima all’infinito. Nel caso dei sistemi TD, ricordiamo (cfr. prop. 4.8) che un sistema è stabile se e solo se la sua risposta impulsiva h(n) è sommabile. In base a tale risultato, ricordando inoltre che la trasformata di Fourier di un segnale TD sommabile è continua (cfr. prop. 6.8), possiamo affermare che condizione necessaria per la stabilità di un sistema LTI TD è che la sua risposta in frequenza H(ν ) sia continua. I risultati precedenti sono riassunti dalla seguente proprietà della risposta in frequenza: Proprietà 6.27 (risposta in frequenza di un sistema LTI stabile) (a) Se un sistema LTI a TC è stabile, allora la sua risposta in frequenza H( f ) è continua ed infinitesima all’infinito. (b) Se un sistema LTI a TD è stabile, allora la sua risposta in frequenza H(ν ) è continua. Rileviamo ancora una volta che la condizione data nella prop. 6.27 è solo necessaria per la stabilità di un sistema LTI. Più esplicitamente, se la prop. 6.27 non è soddisfatta, allora il sistema non è stabile; tuttavia, se la prop. 6.27 è soddisfatta, nulla può essere affermato circa la stabilità del sistema. In altri termini, la prop. 6.27 può essere usata per dimostrare che un sistema LTI è instabile, ma non può essere usata per mostrare che un sistema LTI è stabile. In particolare, sulla base della prop. 6.27, possiamo affermare che tutti i sistemi LTI (TC e TD) aventi risposta in frequenza discontinua sono instabili. L’esempio che segue discute in particolare il caso del filtro passabasso ideale a TC. Esempio 6.61 (instabilità del filtro TC ideale LPF) Il filtro TC ideale LPF, la cui risposta in frequenza è
f HLPF ( f ) = rect , 2 fc riportata in fig. 5.18, è un sistema instabile, in quanto HLPF ( f ), pur essendo infinitesima all’infinito, è discontinua alle frequenze f = ± fc . Come ulteriore conferma, ricaviamo la risposta impulsiva del sistema antitrasformando HLPF ( f ): hLPF ( f ) = 2 fc sinc(2 fct) . Si tratta di una risposta impulsiva non sommabile (infinitesima all’infinito solo del primo ordine) e quindi il sistema non è effettivamente stabile in virtù della condizione necessaria e sufficiente per la stabilità (prop. 4.8) nel dominio del tempo.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
371
Più in generale, notiamo che tutti i filtri ideali (TC e TD) presentati nel § 5.5 sono instabili, in quanto le loro risposte in frequenza non sono funzioni continue della frequenza. In conclusione, riprendendo una discussione già fatta nel § 4.5.4, notiamo che nel caso TC l’applicazione rigorosa della prop. 6.27 potrebbe portare a risultati scorretti nel caso in cui la risposta impulsiva h(t) contenga degli impulsi di Dirac. In particolare, la prop. 6.27 porterebbe a concludere che tutti i sistemi TC a banda non limitata sono necessariamente instabili, in quanto la loro risposta in ampiezza non decade a zero per f → ±∞. Tuttavia, questa affermazione non è sempre corretta: ad esempio, il sistema LTI identico y(t) = x(t) è sicuramente stabile, come si prova facilmente ricordando la definizione originaria di stabilità BIBO; tuttavia la sua risposta in frequenza vale H( f ) ≡ 1, per cui esso ha banda non limitata (sistema passatutto) e soprattutto viola manifestamente la prop. 6.27, in quanto H( f ), pur essendo continua, non è infinitesima all’infinito. D’altra parte osserviamo che la risposta impulsiva di tale sistema vale h(t) = δ (t), e la presenza di uno o più impulsi di Dirac in h(t) rende comunque problematico stabilire nel dominio del tempo se h(t) vada considerata sommabile oppure no, e quindi se soddisfi la prop. 4.8. Si tratta di un problema peculiare del caso TC, che abbiamo già studiato nel § 4.5.4 decomponendo la risposta impulsiva h(t) in una parte ordinaria (senza impulsi di Dirac) ed in una impulsiva, h(t) = hord (t) + himp (t) ,
dove, in accordo alla (4.64), himp (t) = ∑Nn=1 αn δ (t − tn ), con N ∈ N. Conseguentemente, nel dominio della frequenza si ha H( f ) = Hord ( f ) + Himp ( f ) ,
con Himp ( f ) = F[himp (t)] = ∑Nn=1 αn e− j2π f tn . Il carattere “particolare” di himp (t) con riferimento alla sommabilità si riflette, nel dominio della frequenza, nel fatto che, pur essendo evidentemente il sistema himp (t) stabile, la sua risposta in frequenza Himp ( f ) è continua (somma di funzioni continue), ma non tende a zero per | f | → +∞ (la somma di fasori che costituisce Himp ( f ) non tende a nessun limite per | f | → +∞, tranne che in casi particolari). Poiché però lo studio della stabilità del sistema complessivo si riduce a studiare la stabilità della sola parte ordinaria, descritta da hord (t) nel tempo e da Hord ( f ) in frequenza, se ne ricava che la proprietà prop. 6.27 va applicata esclusivamente alla risposta in frequenza Hord ( f ) associata alla parte ordinaria del sistema. A questo proposito, notiamo in conclusione che, poiché Himp ( f ) è sicuramente continua, eventuali discontinuità della risposta in frequenza complessiva H( f ) sono imputabili esclusivamente a Hord ( f ). Pertanto, si ricava che se la risposta in frequenza H( f ) è discontinua, il sistema è sicuramente instabile, anche nell’eventualità che la risposta impulsiva h(t) contenga impulsi di Dirac. Causalità
Ricordiamo (cfr. prop. 4.5) che un sistema LTI è causale se e solo se la sua risposta impulsiva h(·) è causale, ossia si annulla identicamente per t < 0 nel caso TC oppure per n < 0 nel caso TD. Un problema importante nella teoria dei sistemi è quello di individuare condizioni matematiche sulla risposta in frequenza del sistema H(·) in modo che la sua antitrasformata h(·) sia causale. Purtroppo, a differenza dello studio della causalità nel dominio del tempo, questo problema non ammette una soluzione generale e condizioni necessarie e sufficienti si possono ricavare solo se si impongono alcune restrizioni sulla risposta in frequenza del sistema. Una condizione che consente di ottenere risultati relativamente semplici è l’assunzione che la risposta in frequenza del sistema sia a quadrato sommabile su tutto l’asse delle frequenze nel caso dei sistemi TC, ossia +∞ −∞
|H( f )|2 d f < +∞ ,
(6.136)
372
Trasformata di Fourier
o su un intervallo di frequenza di ampiezza unitaria nel caso dei sistemi TD, ovvero 1/2 −1/2
|H(ν )|2 dν < +∞ .
(6.137)
Nel caso dei sistemi TC, la condizione (6.136) può essere verificata solo se il sistema è a banda rigorosamente o praticamente limitata, ed è verificata, ad esempio, da gran parte dei sistemi TC descritti da equazioni differenziali. Pertanto, dal nostro studio sono esclusi tutti i sistemi TC con banda non limitata. Per quanto concerne i sistemi TD, invece, la condizione (6.137) è verificata da tutti i sistemi la cui risposta in frequenza assume valori finiti (indipendentemente dalla banda). Per i sistemi aventi risposta in frequenza a quadrato sommabile un’utile condizione per lo studio della causalità nel dominio della frequenza è la cosiddetta condizione di Paley-Wiener.57 Proprietà 6.28 (condizione di Paley-Wiener per la causalità di un sistema LTI) (a) Sia H( f ) la risposta in frequenza di un sistema TC a quadrato sommabile su R: (a1) se il sistema è causale allora la sua risposta in frequenza H( f ) verifica la condizione di Paley-Wiener: +∞ | log(|H( f )|)| −∞
1+ f2
d f < +∞ ;
(6.138)
(a2) viceversa, se la risposta in frequenza H( f ) verifica la condizione (6.138), alla risposta in ampiezza |H( f )| può essere associata una risposta in fase ϕ ( f ) tale che Hϕ ( f ) = |H( f )| e jϕ ( f ) sia la risposta in frequenza di un sistema causale. (b) Sia H(ν ) la risposta in frequenza di un sistema TD a quadrato sommabile sul periodo (−1/2, 1/2): (b1) se il sistema è causale, allora la sua risposta in frequenza H(ν ) verifica la condizione di Paley-Wiener: 1/2 −1/2
| log(|H(ν )|)|dν < +∞ ;
(6.139)
(b2) viceversa, se la risposta in frequenza H(ν ) verifica la condizione (6.139), alla risposta in ampiezza |H(ν )| può essere associata una risposta in fase ϕ (ν ) (periodica di periodo unitario) tale che Hϕ (ν ) = |H(ν )| e jϕ (ν ) sia la risposta in frequenza di un sistema causale. L’interpretazione della condizione di Paley-Wiener richiede qualche cautela, soprattutto per quanto riguarda la parte sufficiente (a2) o (b2). Anzitutto, la condizione di Paley-Wiener riguarda esclusivamente la risposta in ampiezza del sistema e non impone alcuna restrizione sulla risposta in fase. In particolare, se la condizione di Paley-Wiener non è soddisfatta, il sistema con risposta in frequenza H(·) e con risposta in ampiezza |H(·)| non può essere causale, indipendentemente dalla sua fase. Quindi le condizioni (6.138) e (6.139) sono necessarie per la causalità di un sistema TC e TD, rispettivamente. 57 Una
giustificazione rigorosa della condizione di Paley-Wiener richiede l’uso della trasformata di Laplace per i sistemi TC e della trasformata Z per i sistemi TD ed è, pertanto, omessa.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
373
Tuttavia, se il modulo della risposta in frequenza H(·) verifica la condizioni (6.138) nel caso TC oppure la (6.139) nel caso TD, ciò non significa che il sistema sia causale. In altre parole, la condizione di Paley-Wiener è sufficiente per affermare che la funzione a valori reali |H(·)| può essere la risposta in ampiezza di un sistema causale, ma non è sufficiente per dire che la funzione a valori complessi H(·) sia effettivamente la risposta in frequenza di un sistema causale, in quanto non vi è alcuna condizione sulla risposta in fase H(·). D’altra parte, la prop. 6.16 (traslazione temporale) della trasformata di Fourier, che stabilisce che un anticipo o un ritardo di h(·) modifica solo lo spettro di fase H(·), dovrebbe chiarire che la fase di un sistema può influire decisamente sulla causalità. Con riferimento ad un sistema TC, questi aspetti sono sviluppati nel seguente esempio. Esempio 6.62 (sufficienza della condizione di Paley-Wiener) Si consideri l’integratore con memoria finita (cfr. es. 3.10 e 3.12), avente relazione i-u: y(t) =
t+T t
x(u) du ,
(6.140)
con T > 0. Si tratta di un sistema LTI avente risposta impulsiva (cfr. es. 4.12) data da:
t + 0.5T h(t) = rect , T che è rappresentata in fig. 4.18. Poiché h(t) non è identicamente nulla per t < 0, il sistema non è causale. FT Utilizzando la trasformata notevole rect(t) ←→ sinc( f ), ed applicando la proprietà di cambiamento di scala dei tempi e di traslazione temporale della trasformata di Fourier, la risposta in frequenza dell’integratore non causale è la seguente: H( f ) = T sinc( f T ) e jπ f T . Si può verificare che si tratta di una funzione a quadrato sommabile, il cui modulo è dato da: |H( f )| = T |sinc( f T )| .
(6.141)
Inoltre, si può mostrare (anche se i calcoli non sono semplici) che tale risposta in ampiezza è tale da rendere finito l’integrale nella (6.138). Pertanto, la risposta in ampiezza dell’integratore (4.55) soddisfa la condizione di Paley-Wiener, anche se H( f ) non è la risposta in frequenza di un sistema causale! Questo dimostra che la condizione (6.138) non è sufficiente per la causalità di un sistema LTI. Tuttavia, il fatto che |H( f )| soddisfi la condizione di Paley-Wiener assicura che, a partire da essa, è possibile costruire la risposta in frequenza di
un sistema causale, associando una opportuna risposta in fase ϕ ( f ) tale da rendere Hϕ ( f ) = |H( f )| e jϕ ( f ) la risposta in frequenza di un sistema causale. A tale scopo, è sufficiente scegliere la funzione (a valori reali) ϕ ( f ) come segue:
ϕ ( f ) = −2π f t0 + sinc( f T ) , da cui segue che: Hϕ ( f ) = |H( f )| e jϕ ( f ) = T |sinc( f T )|e jsinc( f T ) e− j2π f t0 = T sinc( f T ) e− j2π f t0 . Antitrasformando Hϕ ( f ) e utilizzando nuovamente la proprietà di traslazione temporale della trasformata di Fourier, si ottiene la corrispondente risposta impulsiva:
t − t0 hϕ (t) = rect , T che è rappresentata in fig. 6.70: se si impone che t0 ≥ T /2, la funzione hϕ (t) assume valori nulli per t < 0 e, conseguentemente, essa rappresenta la risposta impulsiva di un sistema causale. Notiamo che, potendo scegliere un arbitrario t0 ∈ [T /2, +∞[, in questo caso (ma il discorso vale in generale) esistono un’infinità di funzioni ϕ ( f ) che rendono Hϕ ( f ) la risposta in frequenza di un sistema causale. In particolare, se si sceglie t0 = T /2, si ottiene la risposta impulsiva dell’integratore con memoria finita causale (cfr. es. 4.2).
374
Trasformata di Fourier
hφ(t)
1
t0−T/2
t0
t0+T/2
t
Fig. 6.70. Nell’ipotesi in cui t0 ≥ T /2, la funzione hϕ (t) è la risposta impulsiva di un integratore con memoria finita causale.
Il criterio di Paley-Wiener consente di dare una giustificazione alternativa a quella che si può dare nel dominio del tempo circa la non causalità dei filtri ideali (TC e TD), che abbiamo già avuto modo di menzionare nel § 5.5. Nell’esempio che segue, si mostra come utilizzare il criterio di Paley-Wiener per mostrare che il filtro ideale passabasso a TC non è causale. Esempio 6.63 (non causalità del filtro ideale LPF a TC) Nel caso TC, il filtro ideale LPF ha risposta in frequenza
f HLPF ( f ) = rect , 2 fc riportata in fig. 5.18. Tale risposta in frequenza è a quadrato sommabile, e quindi possiamo applicare ad essa il criterio di Paley-Wiener, inoltre essa si annulla identicamente sull’intervallo di frequenze Ws =] − ∞, − fc [∪] fc , +∞[ (la banda oscura del filtro). Ciò implica che il numeratore della funzione integranda nella (6.138) vale +∞ sullo stesso intervallo (in quanto | log(0)| = +∞), per cui l’integrale non può esistere finito. Come ulteriore conferma, la risposta impulsiva del sistema vale hLPF ( f ) = 2 fc sinc(2 fct) . Si tratta di una risposta impulsiva non causale, in quanto diversa da zero per t < 0 (si tratta di una funzione pari), per cui non soddisfa la prop. 4.5 nel dominio del tempo. Notiamo che poiché HLPF ( f ) ≥ 0 non soddisfa la condizione di Paley-Wiener, non esiste nessuna fase ϕ ( f ) che possa rendere il sistema Hϕ ( f ) = HLPF ( f )e jϕ ( f ) causale. Ad esempio, nessun ritardo t0 ∈ R+ operato su hLPF (t) (corrispondente a scegliere ϕ ( f ) = −2π f t0 , può rendere hϕ (t) = hLPF (t − t0 ) la risposta impulsiva di un sistema causale, in quanto la funzione sinc non si annulla mai identicamente.
Le considerazioni svolte nell’esempio precedente possono essere ripetute per tutti i filtri ideali aventi risposta in frequenza a quadrato sommabile: tali sono tutti i filtri ideali a TD, ed i filtri ideali LPF e BPF a TC, caratterizzati da una regione di frequenze (la banda oscura), avente misura non nulla, in cui la risposta di ampiezza si annulla identicamente (si noti che l’annullamento della risposta in frequenza in punti isolati non comporta necessariamente una violazione del criterio di Paley-Wiener). Pertanto, tutti i filtri ideali a TD ed i filtri ideali LPF e BPF a TC non soddisfano al criterio di Paley-Wiener e, conseguentemente, non sono causali. Indirettamente, la non causalità dei filtri ideali LPF e BPF a TC comporta che anche i filtri ideali HPF e BSF a TC, nonostante ad essi non possa applicarsi direttamente la condizione di Paley-Wiener, risultano non causali, come mostrato dal seguente esempio.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
375
Esempio 6.64 (non causalità del filtro ideale HPF e BSF a TC) Nel caso TC, il filtro ideale HPF ha risposta in frequenza
f HHPF ( f ) = 1 − rect = 1 − HLPF ( f ) , 2 fc riportata in fig. 5.19. Tale risposta in frequenza non è a quadrato sommabile, e quindi non possiamo applicare direttamente ad essa il criterio di Paley-Wiener. Tuttavia, antitrasformando la HHPF ( f ) si ha hHPF (t) = δ (t) − hLPF (t) con hLPF (t) risposta impulsiva del filtro ideale LPF. Avendo già provato che hLPF (t) non si annulla identicamente per t < 0, segue che anche hHPF (t) non può annullarsi identicamente per t < 0 [la δ (t) modifica il comportamento solo per t = 0]. Pertanto il filtro ideale HPF a TC non è causale. Analogo discorso si ha per il filtro ideale BSF a TC, la cui risposta in frequenza si può esprimere in funzione di quella del filtro BPF come HBSF ( f ) = 1 − HBPF ( f ). Pertanto, potendo applicare il criterio di Paley-Wiener per dimostrare che HBPF ( f ) non è causale, segue che neppure HBSF ( f ) lo è.
Collegando i risultati precedentemente dimostrati relativi alla stabilità ed alla causalità, possiamo riassumere dicendo che tutti i filtri ideali (TC e TD) sono instabili e non causali: l’instabilità è una conseguenza della brusca transizione tra la banda passante W p e quella oscura Ws ; la non causalità è una conseguenza del fatto che la risposta in frequenza H(·) si annulla identicamente nella banda oscura. Se il filtro deve elaborare segnali in tempo reale (non è cioè possibile prima memorizzare il segnale e poi elaborarlo nella sua interezza), la non causalità dei filtri ideali rende tali sistemi non utilizzabili in pratica o non fisicamente realizzabili. Inoltre, se anche la causalità non fosse un vincolo insormontabile per la specifica applicazione, il fatto che i filtri ideali siano instabili ne rende, se non impossibile, quantomeno sconsigliata una loro implementazione pratica: un sistema instabile può trovarsi ad operare in condizioni non previste dal progettista, il caso del Tacoma Narrow Bridge (fig. 3.15) dovrebbe rappresentare un utile ammonimento. Per questi motivi, specialmente nelle applicazioni di filtraggio in tempo reale, se si desidera comunque ottenere prestazioni prossime a quelle dei filtri ideali bisogna ricorrere ad una loro approssimazione stabile e causale. Un filtro fisicamente realizzabile si discosta da un filtro ideale per le seguenti caratteristiche: • la risposta in ampiezza in banda passante W p non è una costante (generalmente di valore unitario), ma è compresa tra soglie prefissate, ad esempio 1 − δ p e 1 + δ p ; • la transizione tra la banda passante e quella oscura avviene con continuità in frequenza, impegnando un intervallo di frequenza di misura finita (ma non nulla) che prende il nome di banda di transizione Wt del filtro; • la risposta in ampiezza del sistema in banda oscura Ws assume valori trascurabili ma non nulli, inferiori ad una prefissata soglia δs . A titolo di esempio, in fig. 6.71 è riportata qualitativamente la risposta in ampiezza di un filtro TC LPF fisicamente realizzabile.58 Trattandosi di un sistema con risposta impulsiva reale, la sua risposta in ampiezza è una funzione pari della frequenza e, per questo motivo, si riporta |H( f )| solo per le frequenze positive. Per quanto concerne il comportamento in banda passante, si osservi che la risposta in ampiezza, pur non assumendo il valore unitario del caso ideale, può discostarsi da tale valore (in valore assoluto) al più di δ p , che assume pertanto il significato di massimo errore tollerabile in banda passante o 58 Le
considerazioni seguenti si applicano con ovvie modifiche anche agli altri filtri ideali TC e TD.
;; ;; ;; ;;;;
376
Trasformata di Fourier
|H(f)|
1+δp 1- δp
δs
0
Wp
Wt
Ws
f
Fig. 6.71. Risposta in ampiezza di un filtro passabasso TC fisicamente realizzabile.
passband ripple. Per poter realizzare un sistema stabile, la transizione tra la banda passante e quella oscura avviene dolcemente; in questo intervallo di frequenze, detto banda di transizione, il comportamento del sistema non è nè di tipo “passante”, nè “oscurante”, ma è intermedio tra i due. Infine, per soddisfare la condizione di Paley-Wiener e, quindi, poter realizzare un sistema causale, la risposta in ampiezza non può annullarsi identicamente nella banda oscura; tuttavia, per poter ben approssimare il comportamento del filtro ideale LPF, tale risposta in ampiezza non può assumere valori maggiori della soglia assegnata δs , che quindi rappresenta il massimo errore tollerabile in banda oscura o stopband ripple. Nella pratica, le estensioni delle tre bande del filtro (passante, di transizione ed oscura), così come i massimi scostamenti δ p e δs nella banda passante ed oscura, rappresentano delle specifiche di progetto, fissate in base alle applicazioni e quindi alla qualità desiderata del filtraggio. Progettare un filtro consiste allora nel ricavare un sistema fisicamente realizzabile (quindi stabile e causale) tale che la sua risposta in ampiezza |H(·)| soddisfi tali specifiche assegnate.59 Esistono numerose tecniche di progetto di filtri, molte delle quali nate per il caso TC e successivamente estese al caso TD, tra cui le più complesse prevedono l’ausilio di un calcolatore; il lettore interessato è rimandato ai testi specializzati, quali [14] per il caso TD. In conclusione, si noti che quanto più piccoli sono δ1 e δ2 , e quanto più piccola è la misura della banda di transizione Wt , tanto meglio la risposta in ampiezza riportata in fig. 6.71 approssima quella del filtro ideale LPF. In generale, però, una migliore approssimazione richiede una maggiore complessità (e costo) del sistema stabile e causale che bisogna progettare, dove la complessità è misurata dal numero dei componenti utilizzati (resistori, condensatori, induttori o amplificatori operazionali nel caso TC, registri di memoria, sommatori e moltiplicatori nel caso TD). Invertibilità
Ricordiamo (cfr. prop. 4.7) che un sistema LTI con risposta impulsiva h(·) è invertibile se esiste un sistema LTI (detto sistema inverso) con risposta impulsiva hinv (·) tale che h(·) ∗ hinv (·) = hinv (·) ∗ h(·) = δ (·) , 59 Tecniche
(6.142)
di progetto più complesse portano in conto anche la risposta in fase del filtro, i cui effetti sul segnale, sebbene non trascurabili in generale, sono considerati solo in seconda approssimazione.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
377
ovvero se la cascata del sistema e del suo inverso corrisponde al sistema identico. Trasformando ambo i membri della (6.142), applicando la proprietà di convoluzione della trasformata di Fourier e ricordando che la trasformata della δ (·) (TC e TD) è uguale ad uno, si ottiene la seguente relazione nel dominio della frequenza: H(·) Hinv (·) = 1
⇐⇒
Hinv (·) =
1 , H(·)
(6.143)
ovvero il sistema inverso di un sistema LTI avente risposta in frequenza H(·) è il sistema LTI avente risposta in frequenza 1/H(·). Sussiste quindi la seguente proprietà: Proprietà 6.29 (risposta in frequenza del sistema inverso di un sistema LTI) Si consideri un sistema LTI invertibile con risposta in frequenza H(·), il suo sistema inverso è anch’esso LTI e, detta Hinv (·) la sua risposta impulsiva, sussiste la seguente relazione tra le due risposte in frequenza: Hinv (·) =
1 . H(·)
(6.144)
Si noti che la condizione di invertibilità è molto più semplice ed immediata nel dominio della frequenza (si tratta di una semplice relazione moltiplicativa) che nel dominio del tempo (dove la relazione è invece una convoluzione). Questa semplicità consente addirittura di ricavare esplicitamente, mediante la (6.144), la risposta in frequenza Hinv (·) del sistema inverso, mentre nel dominio del tempo la determinazione di hinv (·) richiederebbe l’inversione della convoluzione o deconvoluzione. Notiamo anche che, con riferimento alla sola risposta in ampiezza, la (6.144) si scrive come |Hinv (·)| =
1 . |H(·)|
(6.145)
per cui il sistema inverso introduce un elevato guadagno di ampiezza |Hinv (·)| 1 alle frequenze in cui il sistema originario presenta un’elevata attenuazione di ampiezza |H(·)| 1, e viceversa. Si osservi che la (6.144) e la (6.145) possono perdere di significato alle frequenze in cui H(·) = 0; in tal caso, tuttavia, se si fa riferimento alla condizione di partenza (6.143), si nota che non esiste nessuna risposta in frequenza Hinv (·) limitata tale che H(·) Hinv (·) = 1 alle frequenze in cui H(·) = 0. Con riferimento per semplicità al caso TC, se H( f ) si annulla alla frequenza f , cioè H( f ) = 0, il sistema cancella completamente ed irrimediabilmente la componente spettrale del segnale di ingresso x(t) alla frequenza f , per cui lo spettro del segnale di uscita y(t) sarà zero a tale frequenza, ossia Y ( f ) = 0. Pertanto, se f cade nell’intervallo di frequenza in cui il segnale di ingresso x(t) ha componenti spettrali significative, ovvero f ∈ Wx , non esisterà alcun sistema capace di recuperare il segnale x(t) a partire dal segnale di uscita y(t), in quanto Y ( f ) non porta alcuna informazione circa il valore di X( f ) alla frequenza f . In questo caso specifico, il sistema è sicuramente non invertibile. Tuttavia, se il segnale di ingresso non ha componenti spettrali significative alla frequenza f , ovvero f ∈ Wx , allora il fatto che H( f ) = 0 non preclude la possibilità di ottenere x(t) a partire da y(t). A titolo esemplificativo, si pensi al caso dei filtri ideali, per i quali H( f ) = 0 in un intervallo di frequenze di misura non nulla (la banda oscura): se l’estensione spettrale del segnale di ingresso Wx è contenuta interamente nella banda passante del filtro W p , cioe Wx ⊆ W p , allora Y ( f ) = X( f ), per ogni f ∈ Wx , e quindi il segnale di ingresso è (banalmente) recuperabile da quello di uscita; se invece Wx ⊃ W p , parte del contenuto spettrale significativo del segnale di ingresso è inevitabilmente perso e non è quindi possibile risalire ad X( f ) a partire da Y ( f ).
378
Trasformata di Fourier
La discussione precedente evidenzia due aspetti importanti. Innanzitutto, da un punto di vista pratico, è sufficiente che la condizione di invertibilità (6.144) sia soddisfatta solo alle frequenze in corrispondenza delle quali il segnale di ingresso x(·) ha componenti spettrali significative, ovvero all’interno dell’estensione spettrale Wx . Inoltre, assegnato un dato sistema, la possibilità di risalire al segnale di ingresso x(·) a partire da quello di uscita y(·) dipende dal segnale di ingresso. Quest’ultimo risultato è in accordo con il fatto che l’invertibilità di un sistema è una proprietà non elementare, nella quale giocano un ruolo fondamentale gli insiemi dei segnali di ingresso e di uscita del sistema (cfr. app. D). L’esempio che segue mostra come il concetto di sistema inverso trovi applicazione in un problema di notevole interesse pratico nell’ambito delle telecomunicazioni. Esempio 6.65 (equalizzazione di un canale di comunicazione) La determinazione del sistema inverso di un dato sistema ricorre nelle telecomunicazioni nell’ambito della cosiddetta equalizzazione di un canale di comunicazione. Nelle telecomunicazioni, per canale di comunicazione si intende spesso un collegamento fisico tra il trasmettitore ed il ricevitore. Con il termine canale cablato o wired, in particolare, si fa riferimento ai collegamenti nei quali la propagazione del segnale è guidata da strutture fisiche (“doppino” telefonico, cavo coassiale, fibra ottica, etc.). Viceversa, con il termine canale radio o wireless si fa riferimento ai collegamenti via etere o nello spazio libero (ponti radio, sistemi satellitari, reti di comunicazione cellulari, etc.). I canali di comunicazione danno luogo a diversi effetti indesiderati, dovuti a meccanismi fisici differenti a seconda che la propagazione del segnale avvenga in maniera guidata oppure nello spazio libero. Molto spesso, tuttavia, il canale di comunicazione può essere modellato (esattamente o approssimativamente) come un sistema LTI a TC, avente risposta impulsiva hc (t) e risposta in frequenza Hc ( f ). Il canale, pertanto, si comporta come un filtro (fig. 6.72), introducendo nel segnale trasmesso x(t) modifiche analoghe a quelle introdotte da questa categoria di sistemi. In questo contesto, una modifica del segnale trasmesso viene chiamata distorsione, poiché si tratta di un effetto indesiderato: ciò che maggiormente interessa al progettista di un sistema di telecomunicazioni è infatti che il segnale ricevuto y(t) sia una copia il più possibile fedele o indistorta del segnale posto in ingresso al canale x(t). Poiché non è ragionevole pretendere che all’uscita del canale risulti y(t) ≡ x(t), il segnale y(t) sarà considerato una versione indistorta di x(t) se differisce da esso solo per una costante moltiplicativa ed una traslazione temporale: y(t) = α x(t − t0 ) ,
con t0 ∈ R .
(6.146)
D’altra parte, l’effetto minimo di un qualunque canale fisico su un segnale x(t) è quello di introdurre un ritardo t0 ∈ R+ (dovuto ad una propagazione con velocità finita) ed un’attenuazione |α | < 1 di ampiezza e quindi di potenza (dovuta alle inevitabili perdite del mezzo). Nelle applicazioni di interesse pratico, tuttavia, il segnale ricevuto y(t) è raramente una copia indistorta del segnale trasmesso x(t), secondo la (6.146). Al fine di poter recuperare in ricezione x(t), occorre effettuare un’elaborazione su y(t) nota come equalizzazione e mostrata in fig. 6.72. Tale elaborazione consiste nel far passare y(t) attraverso un sistema LTI detto equalizzatore, avente risposta in frequenza He ( f ) e posto in serie al canale distorcente Hc ( f ), in modo da ottenere in uscita dall’equalizzatore una versione indistorta di x(t), ovvero z(t) = α x(t − t0 ) .
(6.147)
In altri termini, la cascata del canale e dell’equalizzatore deve essere un sistema non distorcente; si noti che tale cascata è in effetti un sistema LTI avente risposta in frequenza H( f ) = Hc ( f ) He ( f ). Trasformando ambo i membri della relazione i-u (6.147), si ottiene allora Z( f ) = α e− j 2π f t0 X( f ) , da cui si ricava che la risposta in frequenza della cascata canale-equalizzatore deve essere: H( f ) = Hc ( f ) He ( f ) =
Z( f ) = α e− j 2π f t0 . X( f )
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
x(t)
H c (f)
y(t)
H e(f)
z(t)
Fig. 6.72. La distorsione introdotta da un canale di comunicazione è compensata mediante l’impiego di un equalizzatore (es. 6.65).
y(t)
379
+
z(t)
-
ritardo ∆ 21
α 21
Fig. 6.73. Schema dell’equalizzatore del canale radio (es. 6.66). La relazione precedente consente di determinare infine la risposta in frequenza He ( f ) dell’equalizzatore: He ( f ) =
α e− j 2π f t0 . Hc ( f )
(6.148)
Si noti che, a meno di una costante moltiplicativa α e di un termine di fase lineare dipendente da t0 ∈ R, He ( f ) coincide con la risposta in frequenza Hinv ( f ) =
1 Hc ( f )
del sistema inverso del canale distorcente. In sostanza, allora, il problema di determinare l’equalizzatore di un canale di comunicazione ammette una soluzione esatta se tale canale è un sistema invertibile.
Nell’esempio seguente si mostra come determinare esplicitamente la struttura dell’equalizzatore per un modello semplificato di un canale di comunicazione di grande interesse pratico, il canale radio. Esempio 6.66 (equalizzazione di un canale radio) Applichiamo i concetti dell’es. 6.65 al problema dell’equalizzazione di un canale radio. La propagazione di un segnale attraverso un canale radio comporta la ricezione di più repliche del segnale stesso, differentemente ritardate nel tempo e attenuate in ampiezza. Tale fenomeno, noto come propagazione per cammini multipli (multipath), è dovuto alle varie riflessioni, rifrazioni e diffrazioni subite dall’onda elettromagnetica nella propagazione dal trasmettitore al ricevitore. A causa di questi meccanismi fisici, il segnale ricevuto consiste di un gran numero di onde aventi ampiezze, fasi e angoli di incidenza distribuiti in modo casuale. A titolo esemplificativo, supponiamo che la propagazione avvenga lungo due soli cammini (modello a due raggi), lungo ciascuno dei quali il segnale trasmesso x(t) subisce solo un’attenuazione (perdita per propagazione) ed un ritardo temporale; in tal caso, detto x(t) il segnale trasmesso, il segnale ricevuto y(t) assume la forma: y(t) = α1 x(t − t1 ) + α2 x(t − t2 ) .
(6.149)
Per effetto della somma delle due repliche del segnale trasmesso, il segnale y(t) non è una replica indistorta di x(t) (tranne ovviamente che nel caso α1 = 0 oppure α2 = 0); ciò rende evidentemente più difficile l’estrazione dell’informazione trasmessa dal segnale ricevuto y(t). La (6.149) rappresenta la relazione i-u del canale, con x(t) segnale di ingresso e y(t) segnale di uscita. Se trasformiamo ambo i membri della (6.149), otteniamo: Y ( f ) = α1 X( f ) e− j2π f t1 + α2 X( f ) e− j2π f t2 , da cui ricaviamo la risposta in frequenza del canale radio Hc ( f ) =
Y(f) = α1 e− j2π f t1 + α2 e− j2π f t2 . X( f )
380
Trasformata di Fourier
In accordo alla (6.148), l’equalizzatore è dato da He ( f ) =
α e− j 2π f t0 . Hc ( f )
(6.150)
Tale equalizzatore ammette una struttura realizzativa piuttosto semplice, se osserva che Hc ( f ) può essere scritta nella forma
α2 − j2π f (t2 −t1 ) (6.151) e Hc ( f ) = α1 e− j2π f t1 1 + = α1 e− j2π f t1 1 + α21 e− j2π f ∆21 . α1 dove α21 = αα21 con |α21 | < 1 e ∆21 = t2 − t1 > 0 [abbiamo assunto che la seconda replica nella (6.149) arrivi dopo la prima (t2 > t1 ) e con una maggiore attenuazione (|α2 | < |α1 |)]. Sostituendo nella (6.150) si ha He ( f ) =
α e− j 2π f t0 α1 e− j2π f t1 (1 + α21 e− j2π f ∆21 )
.
Scegliendo allora α = α1 e t0 = t1 , la risposta in frequenza dell’equalizzatore assume la forma semplificata He ( f ) =
1 . 1 + α21 e− j2π f ∆21
(6.152)
Notiamo che tale sistema ammetta una semplice interpretazione mediante lo schema in retroazione di fig. 6.73. Si può dimostrare che l’equalizzatore ottenuto è anche stabile e causale. Si noti infatti che, per l’ipotesi α21 < 1, la (6.152) può essere vista come la somma di una serie geometrica He ( f ) =
+∞ 1 = ∑ (−α21 )k e− j2π f k∆21 , − j2 π f ∆ 21 1 + α21 e k=0
(6.153)
per cui antitrasformando la precedente espressione, si ottiene la risposta impulsiva dell’equalizzatore: he (t) =
+∞
∑ (−α21 )k δ (t − k∆21 ) ,
(6.154)
k=0
che soddisfa la causalità per la prop. 4.5, in quanto ∆21 > 0 e quindi he (t) = 0, ∀t < 0, ed anche la stabilità BIBO, poiché è possibile scrivere: z(t) = he (t) ∗ x(t) =
+∞
∑ (−α21 )k x(t − k∆21 ) ,
k=0
da cui, se |x(t)| ≤ Kx , si ha +∞
|z(t)| ≤ Kx ∑ |α21 |k = Kx k=0
1 = Kz , 1 − |α21 |
per l’ipotesi |α21 | < 1. L’equalizzatore dato dalle (6.152) e (6.154) opera come un sottrattore d’eco, in quanto la risposta in frequenza del sistema complessivo, per la (6.151) e la (6.152), risulta 1 = α1 e− j2π f t1 , H( f ) = Hc ( f ) He ( f ) = α1 e− j2π f t1 1 + α21 e− j2π f ∆21 1 + α21 e− j2π f ∆21 per cui Z( f ) = H( f )X( f ) = α1 e− j2π f t1 X( f ), da cui z(t) = α1 x(t − t1 ) . Confrontando la precedente con la (6.149) si nota che l’effetto dell’equalizzatore è quello di sopprimere completamente la seconda replica (eco) del segnale dovuta al multipath.
6.7 Caratterizzazione e proprietà dei sistemi LTI nel dominio della frequenza
381
La semplicità dell’esempio precedente non dovrebbe trarre in inganno. Spesso il sistema inverso di un sistema stabile e causale non è a sua volta stabile e causale, per cui il sistema (6.148) può non essere fisicamente realizzabile ed, in pratica, la risposta in frequenza desiderata He ( f ) può essere solo approssimata. Individuare allora il sistema equalizzatore può significare allora determinare, nell’ambito di una classe di sistemi stabili e causali la migliore soluzione approssimata della equazione Hc ( f ) He ( f ) = α e− j2π f t0 . Esistono numerosissime tecniche per affrontare questo problema, che differiscono sulla base dell’insieme dei sistemi in cui si cerca la soluzione, delle ipotesi effettuate sul canale e sul segnale di ingresso, delle informazioni a priori richieste, e delle strategie di implementazione; per esse si rimanda a testi specializzati, quali ad esempio [16].
382
Trasformata di Fourier
6.8 Esercizi proposti Esercizio 6.1 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del seguente segnale (finestra cosinusoidale): πt t x(t) = cos rect , dove T ∈ R+ . T T [Suggerimento: utilizzare la proprietà di modulazione.] ( ) Risultato: X( f ) = T2 sinc f T − 12 + sinc f T + 12 =
2T cos(π f T ) π 1−(2 f T )2 .
Esercizio 6.2 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del seguente segnale (finestra a “coseno rialzato”): πt t x(t) = cos2 rect , dove T ∈ R+ . T T [Suggerimento: utilizzare la proprietà di modulazione.] Risultato: X( f ) = T2 sinc( f T ) + T4 [sinc( f T − 1) + sinc( f T + 1)] =
T sinc( f T ) 2 1−( f T )2 .
Esercizio 6.3 Calcolare la trasformata di Fourier del segnale n 1 16 2 , n ≥ 4 ; x(n) = 1, |n| ≤ 3 ; 16 · 2n , n ≤ −4 . Risultato: X(ν ) =
sin(7πν ) sin(πν )
+ 2 Re
5
e− j 8πν 1−0.5 e− j 2πν
6 .
Esercizio 6.4 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale t t u(t) − Λ u(−t) , dove T ∈ R+ . x(t) = Λ T T [Suggerimento: utilizzare la proprietà di integrazione.] Risultato: X( f ) = πjf [sinc(2 f T ) − 1]. Esercizio 6.5 Calcolare la trasformata di Fourier del segnale x(n) = 2 · 3n u(−n) . Risultato: X(ν ) =
6 . 3 − e j 2πν
Esercizio 6.6 Calcolare la trasformata di Fourier del segnale 2n , 0 ≤ n ≤ 9 ; x(n) = 0 , altrove . Risultato: X(ν ) =
1 − 210 e− j 20πν . 1 − 2 e− j 2πν
6.8 Esercizi proposti
383
Esercizio 6.7 La funzione di autocorrelazione di un segnale di energia x(t) (non necessariamente reale) è definita come:
rx (τ ) =
+∞ −∞
x(t) x∗ (t − τ ) dt .
(a) Mostrare che rx (τ ) = x(τ ) ∗ g(τ ), dove g(τ ) è un segnale ottenuto a partire da x(τ ). (b) Sfruttando il risultato precedente e la proprietà di convoluzione, mostrare che la trasformata di Fourier di rX (τ ) è Sx ( f ) = |X( f )|2 (densità spettrale di energia). (c) Sulla base del risultato precedente (utilizzando la proprietà del valore nell’origine) dimostrare l’uguaglianza di Parseval:
Ex =
+∞ −∞
|x(t)|2 dt =
+∞ −∞
|X( f )|2 d f .
Risultato: (a) g(τ ) = x∗ (−τ ); (c) Ex = rx (0) =
" +∞ −∞
Sx ( f ) d f .
Esercizio 6.8 Utilizzando l’uguaglianza di Parseval generalizzata: +∞
∑
x(n) y∗ (n) =
n=−∞
1/2 −1/2
X(ν )Y ∗ (ν ) dν ,
calcolare la somma S della seguente serie: +∞
sin(π n/4) sin(π n/6) . 2π n 5π n n=−∞
∑
Risultato: S =
1 60 .
Esercizio 6.9 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale e j2π 5t , |t| ≤ 1 ; x(t) = 0, altrimenti . [Suggerimento: utilizzare la proprietà di traslazione in frequenza.] Risultato: X( f ) = 2 sinc[2( f − 5)]. Esercizio 6.10 Dimostrare la proprietà di derivazione in frequenza della trasformata di Fourier a TC: −t x(t) ⇐⇒
1 d X( f ) . j2π d f
[Suggerimento: derivare l’equazione di analisi di x(t) oppure applicare la proprietà di dualità]. Esercizio 6.11 Dimostrare la proprietà di derivazione in frequenza della trasformata di Fourier a TD: −n x(n) ⇐⇒
1 d X(ν ) . j2π dν
[Suggerimento: derivare l’equazione di analisi di x(n).]
384
Trasformata di Fourier
Esercizio 6.12 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale 2 1 x(t) = √ e−t /2 . 2π
[Suggerimento: utilizzare la proprietà di derivazione nel dominio del tempo e della frequenza.] 2 2 Risultato: X( f ) = e−2 π f . Esercizio 6.13 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale x(t) =
1 . 1 + j 2π t
[Suggerimento: utilizzare la proprietà di dualità.] Risultato: X( f ) = e f u(− f ). Esercizio 6.14 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale x(t) = e−3t u(t − 1) . [Suggerimento: utilizzare la proprietà di traslazione temporale.] e− j 2π f Risultato: X( f ) = e13 3+ j 2π f . Esercizio 6.15 Si consideri il seguente segnale a TD: 1 n = 0, 1, 4, 5 ; y(n) = 0 altrimenti . (a) Calcolare il segnale x(n) = ∇1 [y(n)]; (b) Utilizzando il teorema della sequenza somma. determinare la trasformata di Fourier del segnale y(n). Risultato: (a) x(n) = δ (n) − δ (n − 2) + δ (n − 4) − δ (n − 6); (b) Y (ν ) = (1 + e j 2πν ) (1 + e− j 8πν ). Esercizio 6.16 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale
1 x(t) = e−t rect t − . 2 [Suggerimento: esprimere x(t) come differenza di due esponenziali monolateri ed utilizzare la proprietà di traslazione temporale.] e− j2π f 1 1− . Risultato: X( f ) = 1 + j 2π f e Esercizio 6.17 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale t x(t) = e−|t| rect . 2 [Suggerimento: utilizzare .precedente e le proprietà di simmetria.] 'il risultatodell’esercizio 1 e− j2π f 1− . Risultato: X( f ) = 2 Re 1 + j 2π f e
6.8 Esercizi proposti
385
Esercizio 6.18 Si consideri il seguente segnale sin(π n/4) 2 sin(2πνc n) y(n) = ∗ , πn πn dove |νc | ≤ 1/2. Determinare tutti i valori di νc in corrispondenza dei quali il segnale y(n) assume la forma sin(π n/4) 2 . y(n) = πn Risultato:
1 4
≤ |νc | ≤ 12 .
Esercizio 6.19 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale ' . sin(t) sin(2t) d x(t) = ∗ . dt πt πt Risultato: X( f ) = ( j 2π f ) rect(π f ). Esercizio 6.20 Determinare e rappresentare graficamente la trasformata di Fourier del segnale x(t) =
t sin(πτ ) −∞
πτ
dτ .
Risultato: X( f ) = 12 δ ( f ) +
1 j 2π f
rect( f ).
Esercizio 6.21 Rappresentare graficamente la trasformata di Fourier 1 | f | < 2T ; T , 1 X( f ) = 2T (1 − | f |T ) , 2T < | f | ≤ T1 ; 0, | f | > T1 ; dove T ∈ R+ , e determinare per antitrasformazione il segnale x(t). [Suggerimento: decomporre X( f ) nella differenza di due finestre triangolari.] Risultato: x(t) = 2 sinc2 Tt − 12 sinc2 2Tt . Esercizio 6.22 Determinare il segnale x(t) la cui trasformata di Fourier è X( f ) =
1 − j2π f . 4(1 + j4π f )(1 + j6π f )
[Suggerimento: decomporre X( f ) in fratti semplici.] Risultato: x(t) = 13 e−t/3 u(t) − 38 e−t/2 u(t). Esercizio 6.23 Si consideri il segnale z(t) = x(t) ∗ y(t), con x(t) = 2 e−2t u(t) ,
y(t) = 3 e−t u(t) .
Utilizzando la proprietà di convoluzione, determinare il segnale z(t) senza effettuare la convoluzione nel dominio del tempo. [Suggerimento: antitrasformare Z( f ) = X( f )Y ( f ) utilizzando l’espansione in fratti semplici.] Risultato: z(t) = 6 e−t u(t) − 6 e−2t u(t).
386
Trasformata di Fourier
Esercizio 6.24 Determinare il segnale x(n) la cui trasformata di Fourier è X(ν ) =
− 56 e− j 2πν + 5
1 + 16 e− j 2πν − 16 e− j 4πν
.
[Suggerimento: esprimere X(ν ) in fratti semplici.] n n Risultato: x(n) = 4 − 12 u(n) + 13 u(n). Esercizio 6.25 Determinare il segnale x(n) la cui trasformata di Fourier è X(ν ) =
1 , 1 − a e− j (2πν +π /4)
con
|a| < 1 .
π
Risultato: x(n) = an e− j 4 n u(n). Esercizio 6.26 Determinare il segnale x(n) la cui trasformata di Fourier è e− j 6πν sin(21πν ) X(ν ) = ∗ . 1 + 0.5 e− j 2πν sin(πν ) n−3 R8 (n − 3). Risultato: x(n) = − 12 Esercizio 6.27 Si consideri il segnale reale x(n) avente trasformata di Fourier X(ν ) e caratterizzato dalle seguenti proprietà: (1) x(n) = 0 per n > 0; (2) x(0) > 0; (3) Im{X(ν )} = sin(2πν ) − sin(4πν ); 1/2
(4)
−1/2
|X(ν )|2 dν = 3.
Determinare e rappresentare graficamente il segnale x(n) che verifica le quattro proprietà sopra elencate. Risultato: x(n) = δ (n) + δ (n + 1) − δ (n + 2). Esercizio 6.28 Si consideri il segnale x(n) avente trasformata di Fourier X(ν ) e caratterizzato dalle seguenti proprietà: (1) x(n) è un segnale a valori reali; (2) X(ν ) = a + e j2πν − e j4πν , con a > 0; (3) x(n) è un segnale avente energia finita Ex = 3. Determinare e rappresentare graficamente il segnale x(n) che verifica le tre proprietà sopra elencate. Risultato: x(n) = δ (n) + δ (n + 1) − δ (n + 2). Esercizio 6.29 Si consideri il segnale x(n) = z(n) w(n) dato dal prodotto dei due segnali z(n) e w(n), le cui trasformate di Fourier sono Z(ν ) e W (ν ), rispettivamente. Inoltre, si supponga che: (1) la trasformata di Fourier di x(n) è data da X(ν ) =
(1/2)k ; 1 − j 2 π (ν − 4k ) k=0 1 − e 3
∑
4
6.8 Esercizi proposti
387
(2) z(n) = an u(n), con a ∈ R ed |a| < 1; (3) w(n) è un segnale periodico di periodo N0 . N −1
0 Determinare il valore di a, il periodo N0 e la DFS {W (k)}k=0 del segnale w(n). 1 k Risultato: a = 1/4, N0 = 4, W (k) = 2 per k ∈ {0, 1, 2, 3}.
Esercizio 6.30 Si consideri la seguente equazione differenziale: d2 d d y(t) + 3 y(t) + 2 y(t) = 2 x(t) + x(t) . 2 dt dt dt (a) Nell’ipotesi che l’equazione differenziale definisca un sistema LTI stabile e causale, determinare e rappresentare graficamente la risposta in frequenza H( f ) = Y ( f )/X( f ) del sistema. (b) Antitrasformando H( f ), calcolare la risposta impulsiva h(t) del sistema LTI. [Suggerimento: per trasformare utilizzare la proprietà di derivazione nel tempo; per antitrasformare utilizzare l’espansione di H( f ) in fratti semplici.] j 4π f −2t u(t) − e−t u(t). Risultato: (a) H( f ) = (1+ j 21+ π f )(2+ j 2π f ) ; (b) h(t) = 3 e Esercizio 6.31 Si consideri la seguente equazione alle differenze: 1 1 y(n) − y(n − 1) − y(n − 2) = x(n) . 6 6 (a) Nell’ipotesi che l’equazione alle differenze definisca un sistema LTI stabile e causale, determinare e rappresentare graficamente la risposta in frequenza H(ν ) = Y (ν )/X(ν ) del sistema. (b) Antitrasformando H(ν ), calcolare la risposta impulsiva h(n) del sistema LTI. [Suggerimento: per trasformare utilizzare la proprietà di traslazione nel tempo; per antitrasformare utilizzare l’espansione di H(ν ) in fratti semplici.] n 1 3 1 n u(n) + 25 − 13 u(n). Risultato: (a) H(ν ) = 1 e− j 2πν 1+ 1 e− j 2πν ; (b) h(n) = 5 2 1− ( 2 )( 3 ) Esercizio 6.32 Si consideri il segnale periodico x(t) =
+∞
∑
xg (t − kT0 ) ,
k=−∞
dove T0 ∈ R+ e xg (t) = cos
2
πt 2T0
t rect 2T0
.
(a) Rappresentare graficamente il segnale x(t). (b) Utilizzando la proprietà di campionamento in frequenza, determinare i coefficienti della serie di Fourier del segnale x(t). [Suggerimento: per il calcolo della trasformata di Fourier del generatore si utilizzi la proprietà di modulazione.] 1 , per k = 0 , . In effetti dal punto (a) si vede che il segnale x(t) = 1, ∀t ∈ R. Risultato: Xk = 0 , per k = 0 .
388
Trasformata di Fourier
Esercizio 6.33 Si consideri il segnale periodico x(t) =
k T0 k (−1) δ t − , ∑ 2 k=−∞ +∞
dove T0 ∈ R+ .
(a) Rappresentare graficamente il segnale x(t). (b) Utilizzando la proprietà di campionamento in frequenza, determinare i coefficienti della serie di Fourier del segnale x(t). Risultato: Xk =
0, 2 T0
per k pari , , per k dispari .
Esercizio 6.34 Si consideri il segnale periodico x(n) =
+∞
∑
xg (n − k N0 ) ,
k=−∞
dove N0 ∈ N e xg (n) = an u(n), con |a| < 1. (a) Rappresentare graficamente il segnale x(n). (b) Utilizzando la proprietà di campionamento in frequenza, determinare i coefficienti della DFS del segnale x(n). Risultato: X(k) =
1 . 1−a e− j 2π k/N0
Esercizio 6.35 Si consideri il segnale periodico x(n) =
+∞
∑
xg (n − k N0 ) ,
k=−∞
dove N0 ∈ N, xg (n) = e j 2πν0 n RM (n), e M ≤ N0 . (a) Utilizzando la proprietà di campionamento in frequenza, determinare i coefficienti della serie di Fourier del segnale x(n). (b) Particolarizzare il risultato ottenuto al punto precedente nel caso in cui ν0 = k0 /N0 , con k0 ∈ Z. Risultato: (a) X(k) = DM
k N0
− ν0 ; (b) X(k) = M δ (k − k0 ).
Esercizio 6.36 Determinare il decadimento asintotico (in dB/decade e in dB/ottava) per i seguenti spettri: (a) X( f ) = sinc( f ); (b) X( f ) =
sinc( f ) ; 2(1 − f 2 )
(c) X( f ) =
1 ; (1 + j2π f )2
(d) X( f ) =
1 − j2π f ; (1 + j5π f )(1 + j8π f )
(e) X( f ) =
2 . 1 + 4π 2 f 2
6.8 Esercizi proposti
389
Risultato: (a) ρdB/dec = 20, ρdB/ott = 6; (b) ρdB/dec = 60, ρdB/ott = 18; (c) ρdB/dec = 40, ρdB/ott = 12; (d) ρdB/dec = 20, ρdB/ott = 6; (e) ρdB/dec = 40, ρdB/ott = 18. Esercizio 6.37 Senza calcolare la trasformata di Fourier, determinare il decadimento asintotico (in dB/decade e in dB/ottava) degli spettri dei seguenti segnali: (a) x(t) = rect(t); (b) x(t) = Λ(t); (c) x(t) = cos2 (π t) rect(t); (d) x(t) = e−t u(t); (e) x(t) = e−|t| ; (f) x(t) = t e−t u(t); (g) x(t) = t 2 e−t u(t). [Suggerimento: utilizzare il legame tra il decadimento asintotico e la continuità della funzione e delle sue derivate.] Risultato: (a) ρdB/dec = 20, ρdB/ott = 6; (b) ρdB/dec = 40, ρdB/ott = 12; (c) ρdB/dec = 20, ρdB/ott = 6; (d)
ρdB/dec = 20, ρdB/ott = 6; (e) ρdB/dec = 40, ρdB/ott = 12; (f) ρdB/dec = 40, ρdB/ott = 12; (g) ρdB/dec = 60, ρdB/ott = 18. Esercizio 6.38 Si consideri il sistema LTI avente, con riferimento al periodo principale, la seguente risposta in frequenza: H(ν ) = e− j πν
per ν ∈ (−1/2, 1/2) .
Stabilire se tale sistema è causale oppure non causale. [Suggerimento: attenzione! non è possibile utilizzare la proprietà di traslazione nel tempo (perché?). Una possibile strada è utilizzare la proprietà del valore nell’origine, calcolando in particolare il valore per n = 0 del segnale di uscita corrispondente al segnale di ingresso x(n) = δ (n − 1).] Risultato: il sistema è non causale. Esercizio 6.39 Si consideri il sistema LTI di figura, x(t)
-,
- y(t)
6 z(t) T
dove x(t) rappresenta l’ingresso e y(t) l’uscita, ed il blocco in retroazione è un elemento di ritardo T ideale la cui uscita è z(t) = y(t − T ). (a) Ragionando nel dominio della frequenza, calcolarne la risposta in frequenza H( f ) del sistema complessivo. (b) Mostrare che se il segnale x(t) di ingresso è passabasso con banda monolatera W T1 , il sistema si comporta, a meno di una costante additiva, come la cascata di un integratore ideale e di un amplificatore ideale di guadagno T1 .
390
Trasformata di Fourier
[Suggerimento: per il punto (b), utilizzare lo sviluppo ez ≈ 1 + z, z ∈ C, valido per |z| 1.] 1 Risultato: (a) H( f ) = ; (b) H( f ) ≈ j2π1 f T , se | f | ≤ W T1 . − 1 − e j 2π f T Esercizio 6.40 Si consideri il sistema LTI avente la seguente risposta impulsiva h(n) = 5 (−1/2)n u(n). Ragionando esclusivamente nel dominio della frequenza, calcolare l’uscita y(n) corrispondente al segnale di ingresso x(n) = (1/3)n u(n). Risultato: y(n) = 2 (1/3)n u(n) + 3 (−1/2)n u(n). Esercizio 6.41 Si consideri il sistema LTI avente, con riferimento al periodo principale, la seguente risposta in frequenza: H(ν ) =
1 − e− j 4πν 1 + 0.5 e− j 8πν
per ν ∈ (−1/2, 1/2) .
Calcolare l’uscita y(n) corrispondente al segnale di ingresso x(n) = sin(0.25 π n). √ Risultato: y(n) = 2 2 sin[0.25 π (n + 1)]. Esercizio 6.42 Si consideri il segnale x(t) = V + cos(2π f0t) , somma di una tensione continua V e di un segnale interferente sinusoidale. Si vuole rimuovere l’interferenza filtrando il segnale x(t) mediante un filtro LTI con risposta impulsiva h(t) = a1 δ (t) + a2 δ (t − T ). Nell’ipotesi in cui f0 T = 1/2, determinare i valori di a1 ed a2 affinché y(t) = V , ovvero si abbia la perfetta soppressione dell’interferenza in uscita. Risultato: a1 = a2 = 0.5. Esercizio 6.43 Con riferimento allo schema in figura,
x(t)
- H1 ( f )
-
h2 (t)
- y(t)
H1 ( f ) è la risposta armonica di un filtro ideale passabasso di guadagno unitario e banda monolatera 75 Hz, mentre h2 (t) = δ (t) − δ (t − 1). Supponendo che il segnale di ingresso sia x(t) = cos(2π 100t) + 3 δ (t − 5) + 2 , determinare il segnale di uscita y(t). Risultato: y(t) = 450 {sinc[150(t − 5)] − sinc[150(t − 6)]}. Esercizio 6.44 Con riferimento allo schema in figura,
x(n)
- H1 (ν )
w(n)
-
h2 (n)
- y(n)
6.8 Esercizi proposti
391
il primo sistema è caratterizzato dalla seguente risposta in frequenza: +∞
H1 (ν ) = rep1 [rect(2ν )] =
∑
rect[2(ν − k)] ,
k=−∞
mentre il legame i-u del secondo sistema è y(n) = ∇1 [w(n)] = w(n) − w(n − 1). Supponendo che il segnale di ingresso sia x(n) = cos(0.6 π n) + 3 δ (n − 5) + 2 , determinare il segnale di uscita y(n). 7 ( ) ( )8 Risultato: y(n) = 32 sinc 12 (n − 5) − sinc 12 (n − 6) .
Esercizio 6.45 Si consideri il sistema LTI avente, con riferimento al periodo principale, la seguente risposta in frequenza: 3 e− j 6πν , |ν | < 32 ; H(ν ) = 3 ≤ | ν | < 12 . 0, 32 Calcolare l’uscita y(n) corrispondente al segnale di ingresso +∞
x(n) =
∑
δ (n + 16 k) .
k=−∞
Risultato: y(n) =
1 16
+ 18 cos
πn 8
+ 38π .
Esercizio 6.46 Si consideri il segnale modulato y(t) = x(t) cos(2π f1t), dove x(t) è un segnale deterministico a banda limitata W = 1 kHz (monolatera) e f1 = 4W . Per traslare y(t) a frequenze più elevate, esso viene moltiplicato per cos(2π f2t), con f2 = 5W , ed il segnale risultante z(t) = y(t) cos(2π f2t) viene filtrato con un filtro H( f ) passaalto ideale, avente cioè risposta armonica ' H( f ) =
1, |f| ≥ B; 0 , altrimenti;
dove B è la frequenza di taglio. (a) Rappresentare graficamente gli spettri dei segnali y(t) e z(t). (b) Determinare i valori di B in corrispondenza dei quali il segnale in uscita al filtro passaalto è w(t) = a x(t) cos[2π ( f1 + f2 )t], dove a è un fattore di scala inessenziale.
Risultato: 2 kHz < B < 8 kHz. Esercizio 6.47 Si consideri il sistema a tempo discreto riportato in figura:
392
Trasformata di Fourier
w(n) x(n)
y(n)
H(ν) Sistema 1
(-1) n Sistema 2
Il primo sistema è un filtro passabasso ideale caratterizzato dalla seguente risposta in frequenza: H1 (ν ) = rep1 [rect(2ν )] =
+∞
∑
rect[2(ν − k)] .
k=−∞
(a) Classificare separatamente i due sistemi, motivando brevemente le risposte, sulla base delle proprietà di linearità, non dispersività, causalità, invarianza temporale e stabilità. (b) Ragionando nel dominio della frequenza, calcolare l’uscita y(n) corrispondente al segnale di ingresso x(n) = δ (n). Risultato: (a) il primo è un sistema LTI non causale, dispersivo ed instabile, mentre il secondo sistema è lineare, non dispersivo, causale, tempo-variante, stabile; (b) y(n) = δ (n). Esercizio 6.48 Si consideri il sistema passabasso ideale avente, con riferimento al periodo principale, la seguente risposta in frequenza: 1 1 , |ν | < 10 ; H(ν ) = 1 0 , 10 ≤ |ν | ≤ 12 ; cui corrisponde la risposta impulsiva h(n). (a) Si consideri il sistema avente risposta impulsiva h1 (n) = (−1)n h(n). Calcolare la risposta in frequenza H1 (ν ) di tale filtro e rappresentarla graficamente. Di che tipo di filtro si tratta (passabasso, passabanda o passaalto)? (b) Si consideri il sistema avente risposta impulsiva h2 (n) = 2 h(n) cos(0.5π n). Calcolare la risposta in frequenza H2 (ν ) di tale filtro e rappresentarla graficamente. Di che tipo di filtro si tratta (passabasso, passabanda o passaalto)? (c) Si consideri il sistema avente risposta impulsiva h3 (n) = 0.1 h(n) sinc(0.1n). Calcolare la risposta in frequenza H3 (ν ) di tale filtro e rappresentarla graficamente. Di che tipo di filtro si tratta (passabasso, passabanda o passaalto)? Risultato: (a) passaalto; (b) passabanda; (c) passabasso.
Esercizio 6.49 Si consideri il sistema a tempo discreto riportato in figura:
6.8 Esercizi proposti
393
w(n) x(n)
h1(n)
v(n) Sistema 2
h1(n)
z(n) Sistema 2
y(n)
Sistema 1
Sistema 1
Il primo sistema è un filtro LTI arbitrario con risposta impulsiva h1 (n) e risposta in frequenza H1 (ν ), mentre il secondo sistema è caratterizzato dal legame ingresso-uscita v(n) = w(−n). (a) Esprimere gli spettri W (ν ), V (ν ), Z(ν ) e Y (ν ) dei segnali w(n), v(n), z(n) e y(n), rispettivamente, in funzione dello spettro X(ν ) del segnale di ingresso x(n). (b) Utilizzando il risultato del punto (a), stabilire se il sistema complessivo è lineare e tempo-invariante. In caso affermativo, calcolarne risposta impulsiva h(n) e risposta in frequenza H(ν ). Risultato: (a) Y (ν ) = H1 (ν ) H1 (−ν ) X(ν ); (b) il sistema complessivo è LTI con H(ν ) = H1 (ν ) H1 (−ν ) ed h(n) = h1 (n) ∗ h1 (−n). Esercizio 6.50 Si consideri il sistema LTI avente, con riferimento al periodo principale, la seguente risposta in frequenza: − j , 0 < ν < 12 ; H(ν ) = j, − 12 < ν < 0 . Detta y(n) la risposta di tale sistema al segnale x(n) avente trasformata di Fourier X(ν ), calcolare lo spettro Z(ν ) del segnale z(n) = x(n) + j y(n). Risultato: nel periodo principale, Z(ν ) = 2 X(ν ) per 0 < ν < 12 , mentre Z(ν ) = 0 per − 12 < ν < 0. Esercizio 6.51 Con riferimento allo schema di figura, -3 6
x(t)
-
- y(t)
H( f )
cos(2π f0t + θ ) il sistema H( f ) è un filtro passabasso ideale di guadagno unitario e banda monolatera B, mentre il segnale in ingresso alla cascata è x(t) = s(t) cos(2π f0t), con s(t) segnale di energia passabasso con banda monolatera B. Supponendo f0 B, determinare l’energia del segnale y(t). Risultato: Ey = Es cos4(θ ) , dove Es è l’energia del segnale s(t). 2
Esercizio 6.52 Con riferimento allo schema di figura,
s(t)
-, 6
x(t)
cos(2π f0t)
-
(·)2
z(t)
-
h(t)
- y(t)
394
Trasformata di Fourier
s(t) è un segnale passabasso con trasformata di Fourier S( f ) = rect( f /2B) ed h(t) è un filtro passabanda avente risposta armonica
f − f0 f + f0 H( f ) = rect + rect . 2B 2B (a) Determinare lo spettro di z(t) e rappresentarlo graficamente (si assuma per la rappresentazione f0 B). (b) Determinare sotto quali condizioni per f0 e B l’uscita y(t) risulta proporzionale a s(t) cos(2π f0t), ovvero il sistema complessivo si comporta da modulatore di ampiezza. Risultato: (b) f0 > 3 B.
Capitolo 7
Campionamento e conversione A/D e D/A
In questo capitolo si affronta il problema della conversione dei segnali da analogici a digitali e viceversa, che riveste un notevole interesse applicativo. Il punto di partenza sarà lo studio del campionamento, per il quale il teorema del campionamento o teorema di Shannon fissa le condizioni che consentono di ricostruire univocamente un segnale analogico a partire dalla sequenza dei suoi campioni. Analizzeremo poi alcuni aspetti di ordine pratico legati alla fisica realizzabilità dei circuiti di campionamento e di ricostruzione. Infine, discuteremo il problema della quantizzazione, che consiste nella discretizzazione delle ampiezze di un segnale campionato, operazione necessaria per convertire completamente un segnale analogico in un segnale digitale. Coerentemente con il resto del libro, la trattazione affronta aspetti metodologici fondamentali, anche se alcune differenze fondamentali tra teoria e pratica sono discusse in un certo dettaglio. Tuttavia, non rientra tra gli obiettivi del capitolo quello di presentare schemi implementativi per le varie operazioni introdotte (campionamento, quantizzazione, interpolazione, conversione A/D e D/A), data anche la rapidissima evoluzione tecnologica in questo settore.
7.1 Introduzione La rapida evoluzione tecnologica dei computer e dei microprocessori, accompagnata parallelamente da alcuni significativi progressi teorici nel campo della teoria dei segnali (si pensi, ad esempio, agli algoritmi Fast Fourier Transform, FFT), ha determinato già da numerosi anni la transizione dalle tecniche analogiche di elaborazione dei segnali verso quelle digitali o numeriche. Alcuni dei principali vantaggi dell’elaborazione digitale rispetto a quella analogica sono stati già messi in luce nel cap. 1, e possono essere così riassunti: (i) possibilità di usare circuiti digitali a basso costo, di dimensioni ridotte e facilmente riproducibili; (ii) facile riconfigurabilità e riprogrammabilità; (iii) possibilità di integrare segnali di diversa natura su unico supporto comune; (iv) possibilità di elaborare segnali che possono assumere valori significativamente diversi (elevata dinamica); (v) elevata immunità ai disturbi ed alle distorsioni. L’elaborazione digitale dei segnali riguarda evidentemente il trattamento dei segnali digitali, ovvero dei segnali TD il cui codominio è costituito da un numero finito di possibili valori. Sebbene vi siano molti casi di interesse pratico in cui i segnali sono intrinsecamente digitali (ad esempio, il nu-
396
Campionamento e conversione A/D e D/A
xa(t)
A/D
xq(n)
DSP
yq(n)
ya(t)
D/A
sistema analogico
Fig. 7.1. Schema di principio per l’elaborazione digitale dei segnali analogici.
mero di giornali venduti al giorno oppure in un dato periodo di tempo), in molti altri casi i segnali da elaborare sono per loro natura analogici (si pensi, ad esempio, alla voce umana, al suono generato da uno strumento musicale, ad un’immagine in bianco e nero oppure a colori). In questi casi, per poter sfruttare a pieno i vantaggi offerti dalle tecniche di elaborazione numerica, i segnali analogici debbono essere preventivamente convertiti in segnali digitali. Dopo aver effettuato in digitale l’elaborazione desiderata, il segnale digitale ottenuto è riconvertito nuovamente in un segnale analogico. Lo schema di principio di un elaboratore digitale di segnali analogici è riportato in fig. 7.1 (simile concettualmente alla fig. 1.27 del cap. 1, ma con una notazione leggermente diversa). In esso, il segnale analogico1 xa (t), con t ∈ R, viene convertito nel segnale digitale xq (n), con n ∈ Z, dal convertitore A/D (analogico/digitale) il “digital signal processor” (DSP) è un microprocessore che esegue l’elaborazione desiderata, producendo in uscita il segnale digitale yq (n); infine, il convertitore D/A (digitale/analogico) ha il compito di convertire il segnale digitale yq (n) nel segnale analogico ya (t), che rappresenta il risultato finale dell’elaborazione di xa (t). convertitore A/D x(n) xa(t)
campion .
quantizz .
xq(n)
Tc
Fig. 7.2. Schema a blocchi di un convertitore A/D.
Da un punto di vista concettuale, la conversione A/D si compone di due operazioni distinte (rappresentate schematicamente in fig. 7.2): • campionamento: a partire dal segnale analogico xa (t) che si intende elaborare, tale operazione consente di ottenere un segnale TD x(n) = xa (n Tc ), ottenuto prelevando da xa (t) i suoi campioni equispaziati nel tempo di una prefissata quantità Tc ∈ R+ ; • quantizzazione: poichè xa (t) è un segnale ad ampiezza continua, il codominio del segnale TD x(n) ottenuto a valle del campionamento è generalmente un sottoinsieme continuo di R, per cui x(n) non è ancora un segnale digitale. A partire da x(n), l’operazione di quantizzazione molte delle considerazioni sviluppate in questo capitolo si potrebbero sviluppare anche per segnali xa (t) a valori complessi, per non snaturare il taglio applicativo della trattazione supporremo che il segnale xa (t) e tutti i segnali da esso derivati nel dominio del tempo siano a valori reali. 1 Sebbene
7.2 Campionamento ed interpolazione ideale
397
convertitore D/A xq(n)
xr (t)
interp.
Tc
Fig. 7.3. Schema a blocchi di un convertitore D/A. x(n)
xa(t)
xa(nTc ) -3Tc -2Tc
-Tc
0
(a)
Tc
2Tc
3Tc
t
-3
-2
-1
0
1
2
3
n
(b)
Fig. 7.4. Campionamento uniforme di un segnale TC xa (t) con passo Tc : (a) il segnale xa (t) ed i suoi campioni xa (nTc ); (b) il segnale TD x(n) = xa (nTc ). Si noti che x(n), essendo un segnale a TD, non contiene informazioni sul passo di campionamento Tc .
consente di ottenere un segnale TD xq (n) che può assumere solo un numero finito di possibili valori (quindi un vero e proprio segnale digitale). D’altro canto, la conversione D/A è l’operazione duale della conversione A/D e, concettualmente, realizza la seguente operazione (rappresentata schematicamente in fig. 7.3): • interpolazione: a partire dal segnale digitale xq (n), tale operazione consente di ottenere un segnale analogico xr (t), mediante interpolazione dell’andamento del segnale TC tra due qualsiasi campioni consecutivi di xq (n). In effetti notiamo che l’operazione di quantizzazione non è reversibile, per cui il convertitore D/A si occupa solo di invertire gli effetti del campionamento. Lo scopo principale di questo capitolo è lo studio delle operazioni di campionamento, quantizzazione e interpolazione, con attenzione sia agli aspetti teorici che ad alcuni problemi di carattere pratico. In particolare, centrale è il problema di stabilire se l’operazione di campionamento sia, sotto opportune ipotesi, reversibile, cioè se i campioni x(n) = xa (nTc ) possano rappresentare adeguatamente il segnale xa (t).
398
Campionamento e conversione A/D e D/A
xa(nTc )
xa(t)
campion .
x(n)
xa,1 (t)
xa,2 (t)
Tc -3Tc -2Tc
-Tc
0
Tc
2Tc
3Tc
t
Fig. 7.5. Schema a blocchi di un campionatore con passo Tc . Fig. 7.6. A partire dai campioni xa (nTc ), è possibile ricostruire due (in realtà infiniti) segnali xa,1 (t) (in nero) ed xa,2 (t) (in rosso) tali che xa,1 (nTc ) = xa,2 (nTc ) = xa (nTc ).
7.2 Campionamento ed interpolazione ideale L’operazione di campionamento (uniforme) consiste nel convertire un segnale TC xa (t) in un segnale TD x(n), ottenuto considerando (fig. 7.4) solo i campioni di xa (t) presi con passo Tc ∈ R+ , ossia x(n) = xa (n Tc ) ,
con n ∈ Z ,
(7.1)
dove Tc è detto periodo o passo di campionamento, e il suo reciproco fc = 1/Tc è la frequenza di campionamento. Il sistema che realizza l’operazione di campionamento (7.1) è chiamato campionatore ed è comunemente rappresentato con il simbolo riportato in fig. 7.5. Si osservi che il campionatore è un sistema ibrido che ha in ingresso un segnale TC e produce in uscita un segnale TD. Le questioni teoriche fondamentali connesse con l’operazione di campionamento (7.1) sono le seguenti: Q1) è possibile ricostruire esattamente il segnale analogico xa (t) a partire dalla sequenza x(n) dei suoi campioni? O, equivalentemente, il sistema campionatore in fig. 7.5 è invertibile? Q2) nel caso in cui Q1 ammetta una risposta affermativa, in che modo è possibile riottenere xa (t) a partire da x(n)? O, equivalentemente, qual’è il sistema inverso del sistema campionatore? Più avanti daremo una risposta formale ad entrambi i quesiti Q1 e Q2. Prima di fare ciò, è utile premettere qualche considerazione di carattere intuitivo. In generale, non è possibile dare una risposta affermativa al quesito Q1, cioè senza imporre alcun vincolo la sequenza x(n) non consente di determinare univocamente (e, quindi, esattamente) il segnale analogico xa (t). Per convincersi di ciò, è sufficiente far riferimento alla fig. 7.6, dove sono rappresentati due diversi segnali analogici xa,1 (t) e xa,2 (t), che assumono gli stessi valori in tutti gli istanti di tempo che sono multipli interi di Tc , ossia x(n) = xa,1 (n Tc ) = xa,2 (n Tc ), ∀n ∈ Z. Più in generale, assegnata una sequenza x(n), in assenza di ulteriori vincoli, esistono infiniti segnali analogici che, campionati con passo Tc , generano la sequenza x(n). La perfetta ricostruzione di xa (t) a partire dalla sequenza x(n) può avvenire pertanto solo se sono soddisfatte alcune condizioni aggiuntive. Una condizione necessaria riguarda il periodo di campionamento Tc (o, equivalentemente, la frequenza di campionamento fc = 1/Tc ). Per comprendere ciò, si considerino le fig. 7.7(a) e fig. 7.7(b), in cui due diversi segnali xa,1 (t) e xa,2 (t) sono campionati con il medesimo passo di campionamento (si tratta in effetti degli stessi segnali considerati in fig. 7.6). In particolare, si osservi che la rapidità di
7.2 Campionamento ed interpolazione ideale
xa,1 (t)
x(n)
(a)
Tc1
t
xa,2 (t)
-3
-2
-1
1
2
3
n
t
xa,2 (t)
1
2
3
n
-6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6
n
-3 (c)
t
0 x(n)
(b)
Tc1
Tc2
399
-2
-1
0 x(n)
Fig. 7.7. Campionamento di segnali aventi differenti rapidità di variazione temporale: (a) il segnale xa,1 (t) è campionato con passo Tc,1 ; (b) il segnale xa,2 (t) è campionato con passo Tc,1 ; (c) il segnale xa,2 (t) è campionato con passo Tc,2 = 12 Tc,1 . Si noti che nel caso (b) il segnale xa,2 (t) ha gli stessi campioni di xa,1 (t), mentre ciò non accade aumentando la frequenza di campionamento, come in (c).
variazione temporale di xa,2 (t) è significativamente maggiore di quella di xa,1 (t). Si può intuire che, al fine di poter ricostruire un segnale analogico a partire dalla sequenza dei suoi campioni presi con passo Tc , occorre che i campioni prelevati siano in grado di “catturare” con sufficiente accuratezza l’andamento temporale del segnale. Nel caso del segnale xa,1 (t), che varia più lentamente nel tempo, il passo di campionamento utilizzato in fig. 7.7(a) consente di ottenere una sequenza x(n) che descrive in maniera abbastanza soddisfacente l’andamento del segnale analogico. D’altra parte, con riferimento alla fig. 7.7(b), nel caso del segnale xa,2 (t) che varia più velocemente nel tempo, lo stesso passo di campionamento genera una sequenza x(n) che descrive solo grossolanamente le fluttuazioni temporali del segnale analogico. È chiaro che, per descrivere adeguatamente la variabilità temporale di xa,2 (t), occorre ridurre significativamente il passo di campionamento, come mostrato in fig. 7.7(c). In altre parole, per poter ricostruire un segnale analogico xa (t) a partire dalla sequenza x(n) dei suoi campioni, il passo di campionamento deve essere commisurato alla rapidità di variazione del segnale xa (t) nel dominio del tempo. Poichè però la variabilità di un segnale nel dominio del tempo è legata alla banda del segnale nel dominio della frequenza, ciò implica che deve sussistere una relazione tra il periodo di campionamento o, equivalentemente, la frequenza di campio-
400
Campionamento e conversione A/D e D/A
~ δT c (t) xδ (t)
xa(t)
convertitore δ/n
x(n)
Fig. 7.8. Interpretazione del campionamento come un sistema a due stadi: il segnale analogico xa (t) è moltiplicato per il pettine di δ di periodo Tc , detto δ4Tc (t), e il blocco denominato “convertitore δ /n” trasforma il segnale impulsivo xδ (t) nel segnale TD x(n).
namento, e la banda del segnale xa (t). Detta W la larghezza di banda (monolatera) del segnale xa (t), vedremo che la condizione addizionale da imporre è che fc ≥ 2W : cioè, maggiore è la larghezza di banda di xa (t) o, equivalentemente, maggiore è la sua rapidità di variazione nel tempo, maggiore deve essere fc o, equivalentemente, minore deve essere Tc . 7.2.1 Teorema del campionamento
Come accennato in precedenza, l’aspetto centrale nella teoria del campionamento è lo studio dell’invertibilità di tale operazione. Nel paragrafo precedente abbiamo osservato che, dati i campioni x(n) = xa (nTc ), esistono infiniti segnali xa (t) che possono averli generati. In termini matematici, il problema può essere assimilato a quello della non unicità dell’interpolazione di un insieme di dati: dato un insieme (finito) di coppie di valori (xk , yk ), esistono infinite funzioni f (x) tali che f (xk ) = yk . Per determinare, allora, un’unica soluzione, bisogna imporre delle condizione aggiuntive o dei vincoli al problema. In altri termini, bisogna ricercare il segnale xa (t) non tra tutti i possibili segnali a TC, ma in un insieme più ristretto. La scelta di tale insieme, e quindi dei vincoli da imporre sul segnale xa (t), dovrà garantire l’unicità matematica della soluzione, ma non dovrà essere così restrittiva da rendere tale soluzione di scarso interesse pratico. Per semplificare lo studio matematico del campionamento, è conveniente schematizzarlo (fig. 7.8) come un processo in due stadi. Il primo stadio effettua la moltiplicazione tra il segnale analogico xa (t) [vedi fig. 7.9(a)] ed un pettine di δ di periodo Tc :
δ4Tc (t) = repTc [δ (t)] =
+∞
∑
δ (t − n Tc ) ,
n=−∞
detto pettine campionatore ideale, ottenendo così il segnale: ! +∞ +∞ δ (t − n Tc ) = xa (nTc ) δ (t − nTc ) , x (t) = xa (t) δ4T (t) = xa (t) δ
c
∑
n=−∞
∑
(7.2)
n=−∞
raffigurato in fig. 7.9(d), dove nel passaggio dalla seconda alla terza uguaglianza si è sfruttata la proprietà del prodotto dell’impulso di Dirac [cfr. prop. 2.2(c)]. Il secondo stadio, denominato convertitore δ /n in fig. 7.8, converte il segnale impulsivo xδ (t) nel segnale TD x(n) raffigurato in fig. 7.9(c), associando all’n-esimo impulso xa (nTc ) δ (t − n Tc ) il campione x(n) = xa (nTc ). Il prodotto definito dalla (7.2) è detto campionamento ideale del segnale xa (t), ed il segnale xδ (t) è detto segnale campionato idealmente. Com’è facilmente intuibile, l’idealità di tale operazione deriva
7.2 Campionamento ed interpolazione ideale
401
xa(t)
xa(nTc )
xa(nTc ) -3Tc -2Tc
-3
-2
-Tc
-1
0
Tc
2Tc
3Tc
t
-3Tc -2Tc
-Tc
0
(a)
(b)
x(n)
xδ(t)
0
(c)
1
2
3
n
-3Tc -2Tc
-Tc
0
Tc
2Tc
3Tc
t
Tc
2Tc
3Tc
t
(d)
Fig. 7.9. I differenti segnali associati al campionamento di un segnale analogico: (a) il segnale analogico xa (t) ed i suoi campioni xa (nTc ) presi con passo Tc ; (b) i campioni xa (nTc ) del segnale xa (t) raffigurati come un segnale a TC; (c) il segnale campionato a TD x(n) = xa (nTc ); (d) il segnale a TC xδ (t) = ∑+∞ n=−∞ xa (nTc )δ (t − nTc ) costruito a partire dai campioni x(n) = xa (nTc ).
dal fatto che il segnale xδ (t), essendo composto da impulsi di Dirac, è una pura astrazione matematica non riproducibile in pratica. Si noti che il segnale xδ (t) è ancora un segnale TC, costituito da impulsi centrati negli istanti di campionamento nTc , con n ∈ Z, la cui area corrisponde ai campioni x(n) = xa (nTc ) del segnale xa (t). Pertanto, il segnale campionato idealmente contiene la stessa informazione sul segnale xa (t) della sequenza x(n). È importante sottolineare che lo schema a due stadi riportato in fig. 7.8 è solo una rappresentazione matematica del campionamento, e non corrisponde in nessun modo all’implementazione pratica di un campionatore. Il vantaggio di ricorrere a tale schema è quello che il secondo stadio è sicuramente un sistema invertibile, in quanto esiste una corrispondenza biunivoca tra il segnale campionato idealmente xδ (t) e la sequenza dei campioni x(n). Pertanto, studiare l’invertibilità del campionamento (7.1) si riduce a studiare l’invertibilità del solo primo stadio. In altri termini, il segnale xa (t) può essere ricostruito a partire dalla sequenza x(n) se e solo se esso può essere ricostruito a partire da xδ (t). Il vantaggio di studiare l’invertibilità basandosi sulla (7.2) e non direttamente sulla relazione x(n) = xa (nTc ), sta nel fatto che tale studio coinvolge esclusivamente segnali TC. Come precedentemente detto, il processo di campionamento è invertibile solo se si pone qualche restrizione sul segnale analogico di partenza xa (t). Il vincolo più semplice e frequentemente considerato è quello che il segnale xa (t) sia a banda rigorosamente limitata, un’ipotesi che, sebbene non possa essere rigorosamente verificata in pratica, è però soddisfatta approssimativamente da molti segnali di interesse. In questo caso, le condizioni che garantiscono l’invertibilità del campionamento
402
Campionamento e conversione A/D e D/A
sono descritte nel fondamentale teorema del campionamento o teorema di Shannon:2 Teorema 7.1 (teorema del campionamento o teorema di Shannon) FT Sia xa (t) ←→ Xa ( f ) un segnale a TC, e siano x(n) = xa (nTc ) i suoi campioni presi con passo di campionamento Tc . Se: (i) il segnale xa (t) è a banda rigorosamente limitata, con banda monolatera Bx = W , ovvero: Xa ( f ) = 0 ,
∀| f | ≥ W ;
(ii) la frequenza di campionamento fc = 1/Tc soddisfa la condizione di Nyquist: fc ≥ 2W ;
(7.3)
allora il segnale xa (t) è perfettamente rappresentato dai suoi campioni x(n) = xa (nTc ). La minima frequenza di campionamento fc,min = 2W nella (7.3) prende il nome di frequenza di Nyquist del segnale xa (t). Prova. In virtù della discussione precedente sul campionamento ideale (7.2), studiare se il segnale xa (t) possa essere ottenuto nuovamente a partire da x(n) è perfettamente equivalente a studiare se lo stesso segnale possa essere ottenuto a partire da xδ (t). A tale scopo, ricordando allora la trasformata del pettine di δ di periodo arbitrario data dalla (6.116):
+∞ 1 +∞ k FT δ (t − nT ) ←→ δ f − , c ∑ ∑ Tc k=−∞ Tc n=−∞ ed applicando la proprietà del prodotto della trasformata di Fourier alla (7.2), si ha che lo spettro Xδ ( f ) del segnale xδ (t) è dato da
! 1 +∞ k Xδ ( f ) = Xa ( f ) ∗ ∑ δ f − Tc . Tc k=−∞ Sfruttando ancora la proprietà distributiva della convoluzione, e la proprietà di convoluzione dell’impulso di Dirac, si ha:
+∞ 1 +∞ k 1 +∞ k ( f ) ∗ δ X (7.4) Xδ ( f ) = X f − = f − = f a a c ∑ ∑ ∑ Xa ( f − k fc ) . Tc k=−∞ Tc Tc k=−∞ Tc k=−∞ L’espressione precedente mostra che lo spettro Xδ ( f ) del segnale campionato idealmente si ottiene effettuando la replicazione dello spettro Xa ( f ) (moltiplicato per fc ), dove il passo di replicazione nel dominio della frequenza è pari proprio alla frequenza di campionamento fc = T1c , si ha cioè: Xδ ( f ) =
1 rep 1 [Xa ( f )] = fc rep fc [Xa ( f )] . Tc Tc
2 Il matematico ed ingegnere statunitense Claude E. Shannon (1916–2001) è considerato il padre della teoria dell’informazione. Fornì l’enunciato del teorema del campionamento, in una forma molto simile a quella qui presentata, in un lavoro del 1949 denominato “Communication in the presence of noise” (vedi http://www.stanford.edu/class/ ee104/shannonpaper.pdf). Tuttavia, come spesso capita nelle scoperte scientifiche, altri studiosi affrontarono il problema prima di Shannon, nonostante il loro contributo non sia stato forse ugualmente riconosciuto: tra essi i matematici (padre e figlio) E.T. Whittaker e J.M. Whittaker nel 1915 e nel 1935, H. Nyquist e K. Küpfmüller nel 1928, e V.A. Kotelnikov nel 1933.
7.2 Campionamento ed interpolazione ideale
403
Xa(f)
Xa(f)
1
1
-W
0
W
f
Fig. 7.10. Spettro Xa ( f ) di un segnale a banda rigorosamente limitata.
-W -fc /2
fc /2 W
f
Fig. 7.11. Spettro Xa ( f ) di un segnale a banda rigorosamente limitata che genera lo stesso spettro Xδ ( f ) del segnale di fig. 7.10 nel caso fc < 2W [vedi fig. 7.12(c)].
Pertanto, lo spettro di xδ (t) ha un andamento periodico nel dominio della frequenza, con repliche equidistanziate di fc .3 Il problema allora di individuare se xa (t) possa essere ricostruito univocamente a partire da xδ (t) può essere equivalentemente riformulato nel dominio della frequenza nel modo seguente: individuare le condizioni affinché Xa ( f ) possa essere ottenuto a partire da Xδ ( f ). Notiamo che Xa ( f ) è (a meno di una costante moltiplicativa) il generatore del segnale periodico Xδ ( f ), per cui il problema enunciato in precedenza si riduce a quello di ricavare il generatore di un segnale periodico, per il quale già sappiamo non esiste un’unica soluzione. Notiamo peraltro che finora non abbiamo sfruttato nessuna delle ipotesi fondamentali del teorema, in altri termini l’espressione (7.4) vale per il campionamento di un qualunque segnale. Supponiamo allora che valga l’ipotesi (i), ovvero che il segnale xa (t) abbia banda rigorosamente limitata, con uno spettro del tipo di quello raffigurato in fig. 7.10. Ciò significa che cercheremo il segnale originario nell’ambito dei segnali aventi spettro limitato nell’intervallo (−W,W ). Lo studio può essere condotto semplicemente se rappresentiamo graficamente la replicazione che dà luogo a Xδ ( f ) nei tre casi fc > 2W , fc = 2W , fc < 2W , come fatto in fig. 7.12. Osservando che 2W è la larghezza delle repliche e fc la distanza tra le stesse, si hanno allora le seguenti situazioni: (a) se fc > 2W , le repliche di Xa ( f ) non si sovrappongono nel dominio della frequenza; (b) fc = 2W , le repliche di Xa ( f ) si affiancano perfettamente nel dominio della frequenza; (c) fc < 2W , le repliche di Xa ( f ) si sovrappongono nel dominio della frequenza. Dall’esame dei grafici, si nota che lo spettro Xa ( f ) del segnale di partenza può essere recuperato univocamente solo nei casi (a) e (b). Infatti, nel caso (c), esistono almeno due (in realtà infiniti) spettri Xa ( f ) nell’intervallo (−W,W ) che possono aver generato il segnale Xδ ( f ): uno è evidentemente quello di fig. 7.10, l’altro è invece quello raffigurato in fig. 7.11, che in effetti costituisce la restrizione del segnale Xδ ( f ) all’intervallo (− fc /2, fc /2) ⊂ (−W,W ). Il punto fondamentale è che, osservando il segnale Xδ ( f ), la sola ipotesi (i) non consente di individuare univocamente lo spettro tra quello di fig. 7.10 e quello di fig. 7.11. Si capisce allora come, oltre al vincolo di segnale a banda limitata (i), sia necessario imporre l’ulteriore condizione (ii), ovvero fc ≥ 2W . Le considerazioni precedenti costituiscono già una dimostrazione completa del teorema del campionamento, ma non esplicitano chiaramente la relazione che consente di ricavare xa (t) da xδ (t) ed, in ultima analisi, da x(n) = xa (nTc ). Tale relazione tuttavia può essere ottenuta semplicemente, se osserviamo che, nell’ipotesi fc ≥ 2W , lo spettro Xa ( f ) si può ottenere da Xδ ( f ) mediante una finestratura nel dominio della frequenza, 3 Questa relazione tra il campionamento ideale nel tempo e la replicazione in frequenza costituisce una proprietà notevole
della trasformata di Fourier, valida anche nel caso TD con qualche modifica e riportata in app. F con il nome di proprietà di campionamento nel tempo: essa è la duale della proprietà di campionamento in frequenza vista nel § 6.6.4.
404
Campionamento e conversione A/D e D/A
Xδ (f) fc > 2W
1/Tc (a)
-fc -W
-fc
-fc +W -fc /2
0
-W
W
fc /2
fc -W
fc
fc +W
f
Xδ (f) fc = 2W
1/Tc (b)
-fc
0
-W =-fc /2
W =fc /2
fc
f
Xδ (f) fc < 2W
1/Tc (c)
-2fc
-fc
-W -fc /2
0
fc /2 W
fc
2fc
f
Fig. 7.12. Spettro Xδ ( f ) risultante dal campionamento di un segnale xa (t) a banda limitata avente lo spettro di fig. 7.10: (a) campionamento con fc > 2W ; (b) campionamento con fc = 2W ; (c) campionamento con fc < 2W . equivalente ad un filtraggio passabasso ideale come riportato in fig. 7.13: Xδ ( f ) Hr ( f ) = Xr ( f ) , dove il filtro ideale di ricostruzione ha risposta in frequenza
f Hr ( f ) = Tc rect , 2 fr e la sua frequenza di taglio fr deve soddisfare la seguente condizione [si veda la fig. 7.12(a)]: W ≤ fr ≤ fc −W . In effetti se vale la condizione fc ≥ 2W , risulta Xr ( f ) ≡ Xa ( f ) che, passando nel dominio del tempo, significa che il segnale xa (t) è stato perfettamente ricostruito a partire dal segnale xδ (t).
Il teorema del campionamento consente di determinare rigorosamente il legame tra frequenza di campionamento e banda del segnale da campionare, che abbiamo già anticipato per via intuitiva. Precisamente, affinchè il segnale xa (t) con banda monolatera W sia perfettamente ricostruibile a partire dai suoi campioni x(n), occorre che fc ≥ 2W ; questo significa che quanto più larga è la banda del segnale xa (t) o, equivalentemente, maggiore è la sua rapidità di variazione nel tempo, tanto più elevata deve
7.2 Campionamento ed interpolazione ideale
405
Xδ (f) 1/Tc (a)
-fc -W
-fc
-fc +W -fc /2
-W
0
W
fc /2
fc -W
fc
fc +W
f
Hr (f) Tc (b)
0
-fc /2
fc /2
f
Xr (f)=Xa(f) 1 (c)
-W
0
W
f
Fig. 7.13. Ricostruzione del segnale xa (t) a partire dal segnale xδ (t): (a) spettro Xδ ( f ) risultante dal campionamento (caso fc > 2W ); (a) risposta in frequenza Hr ( f ) del filtro di ricostruzione; (a) spettro Xr ( f ) del segnale ricostruito. Si noti che Xr ( f ) ≡ Xa ( f ) e quindi xr (t) ≡ xa (t) se sono soddisfatte le ipotesi del teorema del campionamento.
risultare la frequenza di campionamento fc o, equivalentemente, tanto più piccolo deve essere il periodo di campionamento Tc . Tuttavia, il teorema del campionamento mostra anche che la frequenza di campionamento fc non deve essere arbitrariamente elevata, ma è sufficiente che sia maggiore di 2W (risultato non facilmente intuibile a priori).
7.2.2 Interpolazione ideale
Il teorema del campionamento consente di individuare le condizioni affinchè il campionatore in fig. 7.5 sia un sistema invertibile, sia cioè possibile ricostruire univocamente xa (t) a partire dall’uscita x(n). Tale teorema consente di stabilire anche qual’è il sistema inverso del campionatore. A tale scopo ricordiamo che, se le condizioni del teorema del campionamento sono soddisfatte, filtrando il segnale campionato idealmente xδ (t) mediante un filtro passabasso ideale con risposta in frequenza
f Hr ( f ) = Tc rect 2 fr
,
406
Campionamento e conversione A/D e D/A
x(n)
convertitore n/δ
xδ (t)
Hr (f)
xr (t)
Fig. 7.14. Schema a blocchi dell’interpolatore ideale: il blocco denominato “convertitore n/δ ” trasforma il segnale TD x(n) nel segnale TC xδ (t); la risposta in frequenza Hr ( f ) è quella di un filtro passabasso ideale.
dove la frequenza di taglio fr deve soddisfare la condizione: W ≤ fr ≤ fc −W ,
(7.5)
il segnale xr (t) in uscita dal filtro coincide proprio con il segnale xa (t). Pertanto il sistema inverso del campionatore è quello riportato in fig. 7.14, dove il convertitore n/δ realizza l’operazione inversa del convertitore δ /n in fig. 7.8, associando ad ogni campione del segnale x(n) un impulso centrato nell’istante di campionamento nTc e avente area pari proprio a xa (nTc ). Notiamo che, come lo schema di fig. 7.8, per la presenza del segnale ideale xδ (t), anche lo schema di fig. 7.14 è una rappresentazione matematica del sistema inverso del campionatore, ma non corrisponde ad uno schema implementativo in quanto tale. Notiamo che, nel caso in cui fc = 2W , l’intervallo (7.5) si riduce all’unico valore fr = fc /2 (metà della frequenza di campionamento), che soddisfa sempre la (7.5) anche quando fc > 2W , in quanto si tratta del punto medio dell’intervallo (W, fc −W ). Con questa scelta il filtro di ricostruzione si scrive:
1 f Hr ( f ) = rect , (7.6) fc fc da cui per antitrasformazione ricaviamo la risposta impulsiva di tale filtro
t hr (t) = sinc . Tc Il legame i-u nel dominio del tempo consiste allora nella convoluzione tra hr (t) e il segnale di ingresso al filtro xδ (t), per cui si ha !
+∞ t xr (t) = xδ (t) ∗ hr (t) = ∑ xa (nTc ) δ (t − nTc ) ∗ sinc T c n=−∞
+∞ +∞ t t − nTc = ∑ xa (nTc ) δ (t − nTc ) ∗ sinc = ∑ xa (nTc ) sinc , (7.7) Tc Tc n=−∞ n=−∞ dove abbiamo applicato le ben note proprietà della delta di Dirac. L’espressione trovata in effetti restituisce xr (t) ≡ xa (t) nelle ipotesi del teorema del campionamento, e quindi esprime il segnale xa (t) direttamente in funzione dei suoi campioni: +∞
t − nTc xa (t) = ∑ xa (nTc ) sinc Tc n=−∞
.
(7.8)
La formula (7.8) prende il nome di serie di Shannon, e mostra che la ricostruzione ideale del segnale xa (t) a partire dai suoi campioni avviene mediante un’operazione ben precisa che prende il nome di
r
407
1
5
0.8
4
0.6
3 xr(t)
c
h (t)=sinc(t/T )
7.2 Campionamento ed interpolazione ideale
0.4
2
0.2
1
0
0
−0.2
−1
−5
0 t/T
5
−3
c
Fig. 7.15. Risposta impulsiva hr (t) = sinc(t/Tc ) del filtro interpolatore ideale.
−2
−1
0 t/Tc
1
2
3
Fig. 7.16. Illustrazione grafica dell’interpolazione effettuata mediante la serie di Shannon (il segnale risultante dalla somma dei termini della serie è in colore rosso).
interpolazione ideale. Da un punto di vista matematico, l’interpolazione consiste nel “raccordare” i campioni x(n) = xa (nTc ) mediante una opportuna funzione interpolatrice hr (t): xr (t) =
+∞
∑
n=−∞
xa (nTc ) hr (t − nTc ) =
+∞
∑
x(n) hr (t − nTc ) .
(7.9)
n=−∞
Il sistema ibrido TD/TC che realizza questa operazione è detto filtro interpolatore. La serie di Shannon mostra quindi che il sistema inverso di un campionatore comprende un filtro interpolatore con funzione interpolatrice hr (t) = sinc(t/Tc ), che è riportata in fig. 7.15. Il filtro interpolatore ideale (n) opera in questo modo: il contributo del segnale di uscita dell’interpolatore xr (t) dovuto all’n-esimo (n) valore di ingresso è pari a xr (t) = xa (nTc ) sinc[(t − nTc )/Tc ]; il segnale di uscita xr (t) è ottenuto come (n) somma di tutti i contributi xr (t), come illustrato in fig. 7.16. Notiamo peraltro che la funzione sinc è un segnale a banda rigorosamente limitata, per cui la (7.8) si può interpretare come la rappresentazione di un segnale a banda rigorosamente limitata in termini di funzioni a banda rigorosamente limitata. L’interpolazione mediante funzione sinc (serie di Shannon) è detta ideale perchè non è fisicamente realizzabile (la funzione interpolatrice ha durata infinita). L’idealità della serie di Shannon si può spiegare anche osservando che la sua realizzazione richiede l’impiego di un filtro ideale passabasso, che sappiamo essere instabile e non causale. 7.2.3 Aliasing
Se la frequenza di campionamento fc non soddisfa la condizione di Nyquist (7.3), le repliche dello spettro del segnale campionato Xa ( f ) si sovrappongono in frequenza, non consentendo più l’univoca ricostruzione del segnale xa (t). In questo caso si dice che il segnale all’uscita del filtro di ricostruzione xr (t) è una versione distorta del segnale xa (t) o, più comunemente, che è affetto da aliasing.4 Gli effetti dell’aliasing sono facilmente interpretabili sia nel dominio del tempo che nel dominio della frequenza, se si considera il campionamento di un semplice segnale sinusoidale. 4 Dal
latino alias=altrove, in quanto vedremo che tale distorsione può essere interpretata come l’effetto di uno spostamento delle componenti spettrali del segnale.
408
Campionamento e conversione A/D e D/A
c
x (n T )
1
a
0 −1 −4
−2
0 t/T
2
4
0 t/Tc
2
4
c
r
x (t), x (t)
1
a
0 −1 −4
−2
Fig. 7.17. Interpretazione nel dominio del tempo del fenomeno dell’aliasing (caso di una sinusoide a frequenza f0 campionata con frequenza fc < 2 f0 ): in alto, campioni della sinusoide xa (t); in basso, sinusoide originale xa (t) (in nero) e sinusoide ricostruita xr (t) con aliasing (in rosso). Si noti che le sinusoidi xa (t) e xr (t), pur avendo frequenze diverse, sono caratterizzate dagli stessi campioni x(n). Esempio 7.1 (aliasing nel campionamento di una sinusoide) Consideriamo il campionamento del segnale sinusoidale A FT xa (t) = A cos(2π f0t) ←→ Xa ( f ) = [δ ( f − f0 ) + δ ( f + f0 )] , 2 con f0 ∈ R+ , il cui spettro è riportato in fig. 7.18(a). Si tratta di un segnale periodico costituito da una coppia di armoniche a frequenze ± f0 , per cui come estensione spettrale del segnale è ragionevole scegliere (cfr. § 6.6.3) l’intervallo simmetrico Wx = (− f0 , f0 ), a cui corrisponde la banda monolatera W = f0 . Si tratta quindi di un segnale passabasso con banda rigorosamente limitata. In base al teorema del campionamento, il segnale xa (t) può essere ricostruito dalla sequenza dei suoi campioni x(n) = xa (nTc ) = A cos(2π n f0 Tc ) se fc > 2 f0 (il caso fc = 2 f0 è degenere e richiede una discussione a parte). Vediamo cosa succede se invece fc < 2 f0 , ed in particolare se f2c < f0 < fc . In tal caso, lo spettro Xδ ( f ) del segnale campionato idealmente si può ottenere per via grafica, come in fig. 7.18(b), replicando gli impulsi δ ( f − f0 ) e δ ( f + f0 ) con passo fc . Per effetto di tale replicazione, si vede che all’interno della banda passante W p = (− fc /2, f2 /2) del filtro di ricostruzione cadono le due componenti spettrali a frequenza ±( fc − f0 ) [fig. 7.18(c)]. Conseguentemente, il segnale in uscita dal filtro di ricostruzione è dato da [fig. 7.18(d)]: A {δ [ f − ( fc − f0 )] + δ [ f + ( fc − f0 )]} , 2 che è diverso dal segnale xa (t). Più precisamente, xr (t) è ancora un segnale sinusoidale avente ampiezza A e fase iniziale nulla, con la differenza fondamentale che esso presenta una frequenza fc − f0 diversa (più bassa) rispetto alla frequenza f0 del segnale di partenza xa (t). L’effetto dell’aliasing è ancora più chiaro nel dominio del tempo. Infatti, le due sinusoidi xa (t) e xr (t), pur avendo frequenze diverse, assumono esattamente gli stessi valori negli istanti di campionamento nTc , com’è facilmente verificabile, in quanto si ha FT
xr (t) = A cos[2π ( fc − f0 )t] ←→ Xa ( f ) =
xr (nTc ) = A cos[2π ( fc − f0 )nTc ] = A cos[2π fc Tc n − 2π f0 nTc ] = A cos[2π n − 2π f0 nTc ] = A cos[−2π f0 nTc ] = A cos[2π f0 nTc ] = xa (nTc ) .
7.3 Campionamento ed interpolazione in pratica
409
Tale comportamento è evidenziato in fig. 7.17.
7.3 Campionamento ed interpolazione in pratica Il campionamento e l’interpolazione visti nella sezione precedente, ed in particolare nel teorema del campionamento, si basano su alcune ipotesi non realistiche, che possono introdurre scostamenti anche significativi tra lo studio teorico ed il comportamento pratico dei circuiti di campionamento e ricostruzione. In particolare, le ipotesi che richiedono un approfondimento ed una rivisitazione in un contesto più applicativo sono le seguenti: (a1) l’assunzione che il segnale sia a banda rigorosamente limitata. (a2) l’assunzione che l’interpolazione sia effettuata in maniera ideale, ovvero mediante la serie di Shannon (7.8) o, equivalentemente, utilizzando un filtro ideale passabasso (7.6). Vediamo allora come si modificano le proprietà del campionamento e dell’interpolazione quando tali ipotesi non sono verificate. A tal fine, per semplicità di trattazione, considereremo separatamente gli effetti che la rimozione di tali ipotesi comporta, anche se nella pratica sia la (a1) che la (a2) risultano contemporaneamente non soddisfatte. 7.3.1 Campionamento di segnali a banda praticamente limitata
Poichè in pratica è possibile osservare ed elaborare escusivamente segnali di durata finita, i segnali che si incontrano nelle applicazioni non possono avere banda rigorosamente limitata, ma solo praticamente limitata, come ad esempio il segnale riportato in fig. 7.19(a). Per effetto della banda non rigorosamente limitata, per qualunque scelta della frequenza di campionamento fc , le repliche del segnale campionato idealmente si sovrappongono in frequenza come mostrato in fig. 7.19(b), per cui lo spettro Xδ ( f ) è affetto da aliasing. In effetti, la (7.4), riportata di seguito per comodità Xδ ( f ) = fc
+∞
∑
Xa ( f − k fc ) ,
k=−∞
evidenzia che, se Xa ( f ) non ha banda rigorosamente limitata, ogni componente spettrale a frequenza f in Xδ ( f ) è il risultato della sovrapposizione di tutte le componenti spettrali di Xa ( f ) alle frequenze f − k fc , con f ∈ Z. Se facciamo riferimento in particolare allo spettro nell’intervallo (− fc , fc ), notiamo (fig. 7.19) che, per effetto della replicazione in frequenza, ogni componente spettrale del segnale xa (t) a frequenza fc /2 < f ≤ fc è riportata per aliasing alla frequenza f − fc , che cade nell’intervallo ] − fc /2, 0], ossia all’interno della banda passante del filtro di ricostruzione; allo stesso modo, ogni componente spettrale del segnale xa (t) a frequenza − fc ≤ f < − fc /2 è riportata per aliasing alla frequenza f + fc , che cade nell’intervallo [0, fc /2[. Da un punto di vista grafico, la sovrapposizione nella banda (− fc /2, fc /2) delle componenti spettrali del segnale xa (t), originariamente esterne a tale banda, si può interpretare anche come dovuta ad un ripiegamento o folding delle “code” dello spettro intorno alle frequenze ± fc /2, come mostrato in fig. 7.19(b). Notiamo che in effetti tale folding è semplicemente un modo equivalente di interpretare l’aliasing, già visto nel § 7.2.3. Esso non può essere compensato una volta che le frequenze si sono combinate tra loro, generando in uscita dal filtro di ricostruzione [vedi fig. 7.19(c)] una versione distorta del segnale campionato; in particolare, si può notare che in questo caso lo spettro del segnale ricostruito xr (t) differisce sensibilmente da quello del segnale originario xa (t), specialmente in prossimità delle frequenze ± fc /2 di ripiegamento [vedi fig. 7.19(d)].
410
Campionamento e conversione A/D e D/A
Xa(f) A /2
(a)
-fc
-f0
0
-fc /2
fc /2
f0
f
fc
Xδ (f)
(b)
A /(2Tc )
...
...
-fc
-f0
-fc /2
f0-fc
0
fc -f0
fc /2
f0
fc
f
Hr (f) Tc
(c)
-fc /2
fc /2
0
f
Xr (f)
(d)
-fc
A /2
-fc /2
f0-fc
0
fc -f0
fc /2
fc
f
Fig. 7.18. Interpretazione nel dominio della frequenza del fenomeno dell’aliasing (caso di una sinusoide a frequenza f0 campionata con frequenza fc < 2 f0 ): (a) spettro Xa ( f ) originario; (b) spettro Xδ ( f ) risultante dal campionamento (in rosso gli impulsi risultanti dalla replicazione); (c) risposta in frequenza Hr ( f ) del filtro di ricostruzione; (d) spettro Xr ( f ) del segnale ricostruito.
7.3 Campionamento ed interpolazione in pratica
411
Xa(f) 1 (a)
-fc
-fc /2
0
fc /2
fc
f
fc /2
fc
f
Xδ (f) 1/Tc (b)
-fc
-fc /2
0 Hr (f) Tc
(c)
0
-fc /2
fc /2
f
Xr (f), Xa(f) 1 (d)
-fc
-fc /2
0
fc /2
fc
f
Fig. 7.19. Campionamento e ricostruzione di un segnale con banda praticamente limitata e fenomeno del folding dello spettro: (a) spettro originario Xa ( f ); (b) repliche dello spettro Xa ( f ) (in nero) e spettro Xδ ( f ) risultante (in rosso); (c) risposta in frequenza Hr ( f ) del filtro di ricostruzione; (d) spettro Xr ( f ) del segnale ricostruito (in rosso) e confronto con lo spettro originario Xa ( f ) (in nero).
412
Campionamento e conversione A/D e D/A
Xδ (f) 1/Tc (a)
fc1 /2
0
fc1
2 fc1
f
fc2
f
Xδ (f) fc2 = 2 fc1
1/Tc (b)
0
fc2 /2
Fig. 7.20. Effetto di un sovracampionamento sul folding/aliasing (lo spettro Xa ( f ) è quello di fig. 7.19): (a) folding dello spettro (in rosso) utilizzando una frequenza di campionamento fc1 ; (b) folding dello spettro (in rosso) utilizzando una frequenza di campionamento fc2 = 2 fc1 . Si noti che nel caso (b) l’effetto del folding/aliasing è trascurabile.
ya(t) xa(t)
Haa (f)
campion .
y(n)
Tc
Fig. 7.21. Schema a blocchi del campionamento con filtraggio antialiasing.
7.3 Campionamento ed interpolazione in pratica
413
Il fenomeno del folding/aliasing può essere reso trascurabile sovracampionando il segnale xa (t), ovvero utilizzando una frequenza di campionamento fc superiore rispetto alla minima frequenza di campionamento (frequenza di Nyquist). In questo modo le code dello spettro che si sovrappongono nella banda di interesse (− fc /2, fc /2) risultano essere più basse. Come mostrato nello schema di fig. 7.20, un adeguato sovracampionamento può rendere l’effetto del folding praticamente trascurabile. Tuttavia, è bene osservare che non è possibile in pratica aumentare a dismisura la frequenza di campionamento. Innanzitutto, il campionamento di un segnale con fc elevata richiede l’impiego di circuiti elettronici con elevata frequenza di clock; ovviamente, maggiore è la frequenza di clock, maggiore è il costo del circuito. Inoltre, la frequenza di campionamento rappresenta il numero di campioni estratti dal segnale analogico xa (t) nell’unità di tempo, pertanto il numero di campioni da memorizzare per l’elaborazione digitale di un segnale xa (t) avente durata ∆x è pari circa a K = ∆Tcx = ∆x fc ; in altre parole, l’ingombro di memoria cresce in maniera direttamente proporzionale alla frequenza di campionamento e, quindi, maggiore è fc , maggiore è l’occupazione di memoria richiesta. Per ridurre il fenomeno del folding/aliasing, senza incorrere in un significativo incremento nel costo dei circuiti di campionamento e nell’ingombro di memoria, è necessario filtrare il segnale analogico xa (t) prima di effettuare il campionamento. Lo scopo di tale pre-filtraggio è quello di ridurre significativamente (idealmente, di eliminare) il contenuto spettrale del segnale da campionare all’esterno della banda − fc /2 ≤ f ≤ fc /2. Come mostrato in fig. 7.21, ciò può essere realizzato anteponendo al campionatore un filtro passabasso, detto filtro antialiasing, avente frequenza di taglio fc /2 (metà della frequenza di campionamento). In tal modo, come è evidente dalla fig. 7.22, nell’ipotesi che il filtro passabasso sia ideale, il problema del folding/aliasing è completamente eliminato. La scelta della frequenza di campionamento (e quindi della frequenza di taglio del filtro antialiasing) di un segnale a banda praticamente limitata dipende dalla particolare applicazione. Esempio 7.2 (campionamento di un segnale audio musicale) Considerazioni sperimentali di carattere fisiologico mostrano che l’orecchio umano può udire segnali costituiti da componenti spettrali contenute nell’intervallo di frequenza tra i 20 Hz e i 20 kHz: i suoni con frequenza inferiori ai 20 Hz sono percepiti come vibrazioni, mentre i suoni con frequenza maggiore di 20 kHz (ultrasuoni) non sono percepiti dall’orecchio umano.5 Un segnale audio musicale prodotto da strumenti acustici o elettrici in molti casi possiede componenti spettrali a frequenze ben superiori a quelle udibili, e pertanto si tratta di un segnale con banda non rigorosamente limitata. Tuttavia, poichè le frequenze superiori ai 20 kHz non sono percepibili dall’uomo, è conveniente pre-filtrare il segnale audio mediante un filtro passabasso con frequenza di taglio fc /2 = 20 kHz, in modo da ottenere un segnale avente banda (quasi) rigorosamente limitata, che può essere campionato con una frequenza di campionamento dell’ordine di fc = 40 kHz (frequenza di Nyquist), senza alcun problema di aliasing o di folding. Per l’orecchio umano, il segnale in uscita dal filtro antialiasing è praticamente indistinguibile da quello originariamente prodotto dagli strumenti musicali. Notiamo che se non effettuassimo tale filtraggio, le componenti non udibili, a frequenze superiori a 20 kHz, per effetto del folding si “ripiegherebbero” all’interno della banda utile, andandosi a sommare alle componenti udibili originariamente presenti in tale banda. Ciò comporterebbe un peggioramento qualitativo del segnale musicale, direttamente percepibile come un fruscio alle più alte frequenze dello spettro. In realtà, i sistemi di registrazione su CD adottano una frequenza di campionamento leggermente più alta pari a fc = 44.1 kHz, ed i sistemi audio professionali utilizzano frequenze ancora più elevate, pari a fc = 48 kHz o multipli. Abbiamo visto in effetti che mediante un sovracampionamento è possibile ridurre gli effetti del folding: vedremo subito dopo che mediante un sovracampionamento è possibile anche migliorare la ricostruzione del segnale analogico.
Concludiamo osservando che l’ipotesi di disporre di un filtro ideale antialiasing è ovviamente irrealistica, e nella pratica bisognerà accontentarsi di un filtro reale, come quello di fig. 6.71, che pertanto non potrà sopprimere perfettamente ma solo attenuare fortemente le componenti spettrali del segnale xa (t) aventi frequenza superiore a fc /2. In tal caso, l’uso combinato del sovracampionamento, del 5 Tuttavia
molti animali, ad esempio i cani, presentano una spiccata sensibilità agli ultrasuoni.
414
Campionamento e conversione A/D e D/A
Xa(f) 1 (a)
0
fc /2
fc
f
fc /2
fc
f
fc /2
fc
f
fc /2
fc
f
Haa (f) 1 (b)
0 Ya(f) 1 (c)
0 Yδ (f) 1/Tc (d)
0
Fig. 7.22. Effetto del filtraggio antialiasing effettuato sul segnale xa (t) prima del campionamento: (a) spettro originario Xa ( f ); (b) risposta in frequenza Haa ( f ) del filtro antialiasing ideale; (c) spettro Ya ( f ) del segnale all’uscita del filtro antialiasing; (b) spettro Yδ ( f ) risultante dal campionamento. Si noti che il filtraggio antialiasing (ideale) ha completamente eliminato il folding dello spettro.
7.3 Campionamento ed interpolazione in pratica
415
Xδ (f) 1/Tc (a)
-fc -W
-fc
-fc +W -fc /2
-W
0
W
fc /2
fc -W
fc
fc +W
f
Hr (f) Tc (b)
-fc
0
-fc /2
fc /2
fc
f
fc
f
Xr (f) 1 (c)
-fc
-W
0
W
Fig. 7.23. Effetto di una interpolazione non ideale (lo spettro Xa ( f ) è quello di fig. 7.19): (a) spettro Xδ ( f ) risultante dal campionamento del segnale xa (t); (b) risposta in frequenza Hr ( f ) del filtro di ricostruzione (il filtro ideale è indicato con linea tratteggiata); (c) spettro Xr ( f ) del segnale ricostruito. Si noti che il filtro ha distorto la replica fondamentale alle alte frequenze ed ha lasciato passare residui delle repliche a frequenze ± fc .
filtraggio antialiasing e di tecniche di elaborazione numerica, che operano direttamente sui campioni x(n), consente di ottenere un buon compromesso tra qualità del campionamento e costo/complessità dei dispositivi. 7.3.2 Interpolazione non ideale
In base al teorema del campionamento, la ricostruzione del segnale TC xa (t) a partire dalla sequenza dei suoi campioni può essere ottenuta utilizzando la serie di Shannon (7.8) ovvero, nel dominio della frequenza, un filtro ideale passabasso (7.6). Abbiamo già avuto modo di mettere in evidenza che tale tipo di filtro non è fisicamente realizzabile per cui il suo comportamento può essere solo approssimato. Nella pratica, si ricorre ancora a formule di interpolazione basate sulla (7.9) e sullo schema di fig. 7.14 in cui, però, la funzione interpolante hr (t) è la risposta impulsiva di un filtro reale, ovvero fisicamente realizzabile. Consideriamo ad esempio la situazione di fig. 7.23, in cui si utilizza per la ricostruzione un filtro reale la cui risposta in frequenza Hr ( f ), del tipo di quella di fig. 6.71, approssima abbastanza bene quella di un filtro ideale nella banda passante W p e nella banda oscura Ws , mentre se ne discosta significativamente nella banda di transizione Wt . L’impiego di un filtro reale di interpolazione comporta due effetti negativi nella ricostruzione del segnale: se l’estensione spettrale del segnale xa (t) non è interamente contenuta nella banda passante del filtro, si ha un’attenuazione delle componenti ad alta frequenza del segnale analogico xa (t), che risulterà quindi distorto; inoltre,
416
Campionamento e conversione A/D e D/A
xZOH (t)
-3Tc -2Tc
-Tc
0
xFOH(t)
Tc
2Tc
3Tc
t
Fig. 7.24. Interpolazione con mantenimento o ZOH [a linea tratteggiata è riportato l’andamento del segnale originario xa (t)].
-3Tc -2Tc
-Tc
0
Tc
2Tc
3Tc
t
Fig. 7.25. Interpolazione lineare o FOH [a linea tratteggiata è riportato l’andamento del segnale originario xa (t)].
se parte delle repliche contigue centrate alle frequenze multiple di quella di campionamento cadono nella banda di transizione del filtro, o se il filtro non ha una sufficiente attenuazione in banda oscura, nella ricostruzione saranno presenti dei residui di tali repliche, il cui effetto può essere percepibile, anche se essi cadono fuori dalla banda del segnale originario. Tali effetti negativi si possono ridurre significativamente scegliendo un filtro di ricostruzione di elevata qualità (e quindi più costoso), avente ad esempio una banda di transizione stretta per una data frequenza di campionamento. In aggiunta, è quasi sempre necessario introdurre un certo tasso di sovracampionamento per assicurare una sufficiente separazione tra le repliche del segnale campionato, in modo che esse cadano il più possibile nella banda oscura del filtro di ricostruzione.6 In pratica, per ridurre la complessità dei convertitori D/A, si utilizzano tecniche di interpolazione poco complesse, che tuttavia consentono di approssimare abbastanza bene l’interpolazione ideale, soprattutto se accompagnate da un moderato sovracampionamento. Tra esse, quella più semplice è l’interpolazione a mantenimento (in inglese, zero-order hold, ZOH), che consiste nello scegliere come funzione interpolatrice la finestra rettangolare:
t − Tc /2 . hr (t) = rect Tc In questo caso, come mostrato in fig. 7.24, il segnale ricostruito xr (t), che è una forma d’onda costante a tratti, è una versione distorta del segnale campionato xa (t). Una ricostruzione più accurata del segnale campionato si può ottenere utilizzando l’interpolazione lineare (in inglese, first-order hold, FOH), che consiste nello scegliere come funzione interpolatrice una finestra triangolare
t . hr (t) = Λ Tc In questo caso, come mostrato in fig. 7.25, il segnale interpolato xr (t) è costituito da una spezzata che collega i punti corrispondenti a campioni consecutivi del segnale campionato. La giustificazione 6 Tuttavia
poiché sovracampionare eccessivamente un segnale ha gli aspetti negativi che abbiamo menzionato precedentemente (maggiore costo ed ingombro di memoria), in molti casi è possibile aumentare virtualmente la frequenza del segnale campionato solo ai fini della ricostruzione con una elaborazione effettuata direttamente sui campioni x(n). Per i dettagli di tale operazione, nota come innalzamento in numerico della frequenza di campionamento o digital oversampling, si vedano i testi specializzati di elaborazione numerica dei segnali, ad esempio [14].
7.3 Campionamento ed interpolazione in pratica
417
analitica dell’andamento in fig. 7.25 si ottiene osservando che, nel generico intervallo [nTc , (n + 1)Tc ], solo due termini contribuiscono nella somma (7.9), ossia:
t − (n + 1)Tc t − nTc + x(n + 1) Λ xr (t) = x(n) Λ Tc Tc
t − nTc = x(n) + [x(n + 1) − x(n)] (7.10) , ∀t ∈ [nTc , (n + 1)Tc ] , Tc che rappresenta l’equazione della retta che collega i punti corrispondenti ai campioni x(n) e x(n + 1). Analizzando la risposta impulsiva dei filtri ZOH e FOH, si nota sono entrambi filtri FIR e quindi stabili, ma mentre il filtro ZOH è causale, il filtro FOH non lo è poiché hr (t) non si annulla identicamente per t < 0. D’altra parte, la (7.10) non è un’operazione causale, in quanto per ricavare l’equazione della retta nell’intervallo [nTc , (n + 1)Tc ], si richiede la conoscenza del campione passato x(n) ma anche di quello futuro x(n + 1). Per ottenere un filtro FOH causale, tuttavia, è sufficiente introdurre nella hr (t) un ritardo pari a Tc . Infine, se si confrontano gli andamenti dei segnali xr (t) nel caso di interpolazione ZOH e FOH si può osservare che nel primo caso il segnale interpolato è discontinuo, mentre nel secondo caso il segnale xr (t) è continuo. Questo comporta che il segnale con interpolazione a mantenimento ha un maggior contenuto spettrale significativo alle alte frequenze rispetto al segnale con interpolazione lineare, per cui è meno adatto ad approssimare il segnale a banda rigorosamente limitata xa (t). Tale risultato intuitivo è confermato dallo studio più rigoroso degli effetti nel dominio della frequenza dei due tipi di interpolazione.
418
Campionamento e conversione A/D e D/A
x(n)
Q(x)
xq(n)
Fig. 7.26. Schema a blocchi di un quantizzatore.
7.4 Quantizzazione A valle del campionamento, il segnale TD x(n) presenterà ampiezze appartenenti in generale ad un insieme continuo di valori; ad esempio, campionando il segnale sinusoidale xa (t) = A cos(2π f0t + ϕ0 ) si otterrà il segnale TD x(n) = xa (nTc ) = A cos(2πν0 n + ϕ0 ), con ν0 = f0 Tc = f0 / fc , che potrà assumere in linea di principio qualunque valore nell’intervallo reale [−A, A]. Pertanto, il segnale x(n) non può essere ancora considerato digitale, in quanto le sue ampiezze sono dei numeri reali, caratterizzati da infinite cifre significative; tali valori non possono direttamente essere memorizzati in una memoria digitale, costituita da registri di dimensione finita. Per completare allora la conversione A/D del segnale, come evidenziato anche dallo schema di fig. 7.2, bisogna discretizzare anche le ampiezze del segnale TD x(n). Questa discretizzazione prende il nome di quantizzazione, ed il dispositivo che la effettua si chiama quantizzatore. Pertanto, nella teoria dei segnali il termine “quantizzazione” è sinonimo di “discretizzazione delle ampiezze”.7 Facendo riferimento allo schema di fig. 7.26, il quantizzatore è un sistema TD, avente in ingresso il segnale campionato x(n), ed in uscita il segnale quantizzato xq (n); notiamo che xq (n), essendo a tempo e ad ampiezza discreta, è effettivamente un segnale digitale. Tale sistema può essere descritto matematicamente dalla relazione i-u: xq (n) = Q[x(n)] , ovvero si tratta di un sistema non lineare, senza memoria, e invariante temporalmente (una non linearità senza memoria, secondo la def. 3.12). La discretizzazione delle ampiezze, in altri termini, avviene campione per campione, secondo una legge non lineare che non varia nel tempo. La discretizzazione di un numero reale è un concetto intuitivo: un possibile esempio è l’arrotondamento del numero x ∈ R ad un valore intero Q(x) ∈ Z, che si effettua solitamente in tre modi diversi: arrotondamento al numero intero precedente (approssimazione per difetto), al numero intero successivo (approssimazione per eccesso), al numero intero più vicino (arrotondamento propriamente detto).8 L’errore di arrotondamento e(x) = Q(x) − x vale al massimo 1 (in modulo) per l’approssimazione per difetto o per eccesso, e 1/2 per l’arrotondamento, il che evidenzia il limite principale di tale arrotondamento, ovvero il fatto che abbia una precisione fissa, non modificabile. Per generalizzare allora questo concetto, possiamo introdurre un passo di quantizzazione ∆ ∈ R+ , e discretizzare il numero x ∈ R nel modo seguente: qualsiasi valore x ∈ (0, ∆), (detto intervallo di quantizzazione) viene rappresentato come il valore discreto q = Q(x) = ∆2 (detto livello di quantizzazione o di restituzione), scelto come il punto medio dell’intervallo (0, ∆). La scelta del livello di restituzione come il punto medio dell’intervallo di quantizzazione (e non come uno dei due estremi) è legata all’osservazione precedente che a tale scelta corrisponde il minimo errore di arrotondamento, pari al più a ∆/2 in modulo. Ovviamente, lo stesso procedimento si potrà ripetere per l’intervallo 7 Il
termine “quantizzare” deriva dalla meccanica quantistica, secondo la quale alcune grandezze fisiche (ad esempio, la luce) non variano in maniera continua, ma per quanti, ovvero in maniera discreta (il quanto di luce è il fotone). Notiamo che nel linguaggio comune, a volte “quantizzare’ è utilizzato come sinonimo di “quantificare”: tale uso, purtroppo diffuso, è scorretto, poiché quantificare non ha niente a che vedere con la discretizzazione, implicita invece nel termine “quantizzare” 8 Tali arrotondamenti sono realizzati ad esempio in Matlab mediante le funzioni floor, ceil e round, rispettivamente.
7.4 Quantizzazione
419
Q(x)
11
q4=3∆ /2
q3=∆ /2 -2∆ =- Xmax
-∆
01
00
10
∆
x
2∆ =Xmax
q2=-∆ /2
q1=-3∆ /2
Fig. 7.27. Caratteristica ingresso-uscita di un quantizzatore con M = 4 livelli di quantizzazione (con la linea tratteggiata è rappresentata la retta di equazione y = x).
(∆, 2∆), e più in generale per l’intervallo (k∆, (k + 1)∆), con k ∈ Z. Pertanto, con riferimento al segnale x(n), supponiamo di considerare solo i valori di ampiezza appartenenti all’intervallo [−Xmax , Xmax ], che suddividiamo in M intervalli di quantizzazione, ponendo ∆ = 2Xmax /M. Ripetendo allora i ragionamenti precedenti per ciascun intervallo di quantizzazione, possiamo costruire la cosiddetta caratteristica i-u Q(x) del quantizzatore, riportata in fig. 7.27 nel caso molto semplice in cui M = 4. Notiamo che la funzione non lineare Q(x) ha un caratteristico andamento a scalini, che si “appoggiano” sulla retta di equazione y = x; in altri termini, il quantizzatore (sistema non lineare) cerca comunque di approssimare il comportamento del sistema identico (sistema lineare). Osservando la caratteristica i-u di fig. 7.27, notiamo che qualsiasi valore assunto dal segnale nell’intervallo (−Xmax , Xmax ) viene discretizzato in uno degli M = 4 possibili livelli di restituzione, dati da q1 = − 32 ∆, q2 = − 12 ∆, q3 = 12 ∆, q4 = 32 ∆. Poiché M = 4 livelli possono essere codificati con b = log2 M = 2 bit, ogni campione del segnale quantizzato xq (n) potrà in effetti essere rappresentato in binario da una stringa di b = 2 bit. In fig. 7.27, in particolare, tale associazione tra livelli di quantizzazione e stringhe di bit è effettuata utilizzando la cosiddetta codifica naturale,9 ovvero numerando i livelli in binario a partire da quello inferiore, per cui q1 = − 3∆ 2 → 00 ,
q2 = − ∆2 → 01 ,
q3 =
∆ 2
→ 10 ,
q4 =
3∆ 2
→ 11 .
Al fine della rappresentazione binaria, è conveniente scegliere in generale M = 2b (potenza di due), in modo che tale rappresentazione sia efficiente, nel senso che ciascuna delle 2b stringhe di b bit è associata ad uno degli M livelli di quantizzazione. Se, invece, M non fosse una potenza di due, sarebbe necessario utilizzare un numero b di bit tale che 2b > M, per cui non tutte le 2b stringhe di bit verrebbero utilizzate per rappresentare gli M livelli di quantizzazione (2b − M stringhe risulterebbero inutilizzate in questo caso), e tale scelta risulterebbe evidentemente inefficiente. 9 Altre
scelte per la codifica sono ovviamente possibili (ad esempio, codifica in complemento a due o codifica in segno e modulo), ma la scelta della codifica più opportuna è strettamente legata all’architettura del DSP utilizzato per l’elaborazione del segnale digitale (fig. 7.1), ed esula pertanto dagli scopi di questo testo.
420
Campionamento e conversione A/D e D/A
Q(x) ...
qM
X max
-X max Rg
Rs
...
x Rs
q1
Fig. 7.28. Caratteristica ingresso uscita di un quantizzatore con M = 16 livelli di quantizzazione. Nel grafico sono evidenziate la regione granulare Rg e la regione di sovraccarico Rs .
Con riferimento alla conversione A/D di fig. 7.2, notiamo che i campioni x(n) si presentano in effetti all’ingresso del quantizzatore con una velocità pari a fc campioni al secondo ( fc è la frequenza di campionamento). Poiché ogni campione viene codificato con b bit, la velocità di tale flusso di bit all’uscita del quantizzatore, chiamata bit-rate, sarà pari a rb = fc b bit/s. Pertanto, se si effettua anche la codifica binaria, il segnale analogico xa (t) viene convertito in un flusso di bit con velocità rb , cioè in un vero e proprio segnale digitale binario. Abbiamo discusso finora il comportamento del quantizzatore solo all’interno della regione Rg = [−Xmax , Xmax ], chiamata regione granulare, caratterizzata dall’andamento a gradini della funzione Q(x); tuttavia, bisogna prevedere l’eventualità che il segnale possa anche assumere valori superiori in modulo ad Xmax . Pertanto, la funzione Q(x) va estesa anche alla regione Rs =] − ∞, Xmax [∪]Xmax , +∞[, chiamata regione di sovraccarico (in inglese, overloading). Il modo più semplice per fare ciò, senza alterare il numero M di livelli, è quello di estendere il primo e l’ultimo livello di restituzione, come fatto in fig. 7.28 per un quantizzatore con M = 16 livelli, in modo che essi rappresentino i livelli di restituzione del segnale quando la sua ampiezza cade in Rs . Per effetto di questa scelta, osserviamo che in Rs la caratteristica i-u del quantizzatore non segue più la legge a gradini, ma è invece costante (si dice che il quantizzatore va in sovraccarico o in “saturazione”). Un quantizzatore, avente caratteristica i-u come quelle di fig. 7.27 o fig. 7.28 si dice uniforme, perché il passo di quantizzazione ∆ è lo stesso per tutti gli intervalli di quantizzazione; si dice inoltre simmetrico perché gli intervalli di quantizzazione (e conseguentemente i livelli di restituzione q1 , q2 , . . . , qM ) sono simmetricamente disposti intorno allo zero; infine, esso si dice anche senza restituzione dello zero, in quanto, per la simmetria, tra i livelli di restituzione non esiste il livello zero, per cui l’uscita del quantizzatore non può mai essere nulla: alcuni commenti sull’applicabilità e le conseguenze di queste ipotesi sono effettuati al termine della sezione. Avendo descritto il comportamento i-u del quantizzatore, passiamo ora ad analizzare le sue prestazioni ed a fornire dei semplici criteri di dimensionamento. A differenza del campionamento, la discretizzazione della ampiezze effettuata dal quantizzatore introduce una degradazione irreversibile del segnale, che non può essere più recuperata dal convertitore D/A, che si limita ad effettuare (fig. 7.3)
7.4 Quantizzazione
421
xq(n)
x(n)
e(n) Fig. 7.29. Modello additivo per il quantizzatore: si noti che l’errore e(n) dipende dal segnale di ingresso x(n).
l’interpolazione del segnale. Pertanto, tale degradazione va contenuta il più possibile, secondo criteri di qualità che dipendono dalle applicazioni. L’entità della degradazione dipende evidentemente dai parametri caratteristici del quantizzatore, ovvero da M, Xmax , b, ∆. Tali parametri non sono tutti indipendenti, in quanto esistono delle relazioni tra essi: ad esempio, risulta Xmax = M2 ∆ e M = 2b , per cui nel progetto è sufficiente individuare due soli parametri, ad esempio Xmax e b. Per valutare l’effetto della scelta di tali parametri sulle prestazioni del quantizzatore, introduciamo il cosiddetto errore di quantizzazione, definito come e(n) = xq (n) − x(n) = Q[x(n)] − x(n) ,
(7.11)
ovvero come la differenza tra l’uscita e l’ingresso del quantizzatore. Sulla base della (7.11), è possibile scrivere evidentemente xq (n) = x(n) + e(n) , che ammette l’interpretazione di fig. 7.29, in cui il quantizzatore è assimilato ad un sommatore a due ingressi x(n) ed e(n). In questo senso, si parla dell’errore e(n) come del rumore di quantizzazione, che si aggiunge al segnale x(n) determinando il segnale quantizzato xq (n). Si tenga presente, però, che in modelli simili a quello di fig. 7.29, il “rumore” ha solitamente un’origine indipendente dal segnale: nel nostro caso, invece, il disturbo dipende fortemente dal segnale x(n), come evidenziato chiaramente dalla (7.11). L’errore di quantizzazione ha caratteristiche completamente diverse nelle due regioni Rg e Rs definite in precedenza: • nella regione granulare Rg , in cui |x(n)| ≤ Xmax , risulta evidentemente |e(n)| ≤
∆ 2
,
(7.12)
ovvero l’errore granulare è limitato, con massima ampiezza (in valore assoluto) pari ∆2 ; nella regione granulare, pertanto, l’errore massimo cresce proporzionalmente a ∆; • nella regione di sovraccarico Rs , in cui |x(n)| > Xmax , l’errore di sovraccarico non è limitato, ma può crescere (in valore assoluto) senza limiti, al crescere dell’ampiezza del segnale di ingresso. Dal momento che la quantizzazione è un’elaborazione irreversibile, è particolarmente importante contenere l’errore di sovraccarico, in quanto esso non è limitato, e quindi degrada il segnale in maniera severa. L’estensione della regione di sovraccarico Rs dipende in effetti solo dalla scelta di Xmax , per cui l’entità del sovraccarico dipende solo da questo parametro. Sfruttando il fatto che qualunque segnale di ingresso in pratica è limitato in ampiezza, con valore massimo (in modulo) dato da xmax = maxn∈Z |x(n)|, per evitare il sovraccarico sarebbe sufficiente scegliere Xmax ≥ xmax . Ad esempio, se il segnale x(n) è ottenuto dal campionamento di una sinusoide di ampiezza A, scegliendo
422
Campionamento e conversione A/D e D/A
Xmax ≥ A il sovraccarico non si verificherà mai. Va detto, però, che tale esempio è ottimistico, in quanto i segnali analogici tipicamente sottoposti alla conversione A/D e quindi alla quantizzazione sono segnali di informazione, e quindi non hanno un andamento così semplice e regolare come quello di una sinusoide, ma tendono a presentare una forte variabilità temporale, come ad esempio il segnale vocale di fig. 1.9. Segnali del genere, in effetti, assumono per gran parte del tempo valori di ampiezza piuttosto contenuti, con brevi escursioni (positive o negative) di ampiezza molto elevata. Dimensionare allora il valore Xmax del quantizzatore in base al massimo valore del segnale ha la seguente controindicazione: per un fissato numero di livelli M, poiché ∆ = 2Xmax /M, questo comporterà valori di ∆ piuttosto elevati, e quindi una cattiva approssimazione del segnale nella regione granulare [si ricordi che l’errore massimo cresce proporzionalmente a ∆ nella regione granulare, come stabilito dalla (7.12)]. È necessario allora trovare un criterio quantitativo per scegliere valori di Xmax più contenuti, ed in particolare più piccoli di xmax , accettando così che il quantizzatore possa trovarsi in sovraccarico per brevi intervalli di tempo, ma migliorando l’approssimazione del segnale nella regione granulare. Un buon criterio pratico è quello di dimensionare Xmax , anziché rispetto ad xmax , in base al valore efficace √ xrms = Px del segnale x(n), con Px = x2 (n) potenza del segnale in ingresso al quantizzatore. Il motivo di tale scelta è che xrms , essendo ottenuto mediante una media temporale, non si limita a portare in conto esclusivamente i valori di ampiezza assunti dal segnale, ma “pesa” tali valori in accordo alla frazione di tempo per cui questi valori sono assunti; pertanto, eventuali picchi di breve durata contribuiscono in maniera contenuta al valore di xrms . In definitiva, il valore efficace risulta un ottimo e realistico indicatore del livello medio di un dato segnale.10 Per limitare l’errore di sovraccarico è conveniente allora scegliere Xmax in modo che sia proporzionale ad xrms . A tale scopo, si definisce il fattore di carico, dato da
kc =
Xmax . xrms
(7.13)
Maggiore è il fattore di carico kc , maggiore è il livello Xmax rispetto ad xrms , e quindi minore è la frazione di tempo durante il quale il segnale porta il quantizzatore ad operare nella regione Rs di sovraccarico. Osserviamo che il fattore di carico dipende sia dal quantizzatore (attraverso Xmax ) ma anche dal segnale, attraverso xrms . Appare chiaro che, all’aumentare di kc , il sovraccarico si riduce; la discussione precedente dovrebbe chiarire, tuttavia, che ad un aumento di kc , e quindi di Xmax , corrisponde un proporzionale aumento di ∆ (a parità di M), per cui l’approssimazione nella regione granulare Rg peggiora. È chiaro, allora, che non conviene scegliere kc e quindi Xmax troppo elevato. Modellando il segnale x(n) come un processo aleatorio con assegnata densità di probabilità, è possibile dimensionare il fattore di carico in modo da garantire una determinata probabilità di sovraccarico, definita come Ps = P[|x(n)| > Xmax ]. Più semplicemente, il valore kc = 4 è generalmente considerato accettabile e, tra i progettisti di convertitori A/D, tale caso viene denominato four-sigma loading.11 Una volta scelto un valore adeguato per kc , nel seguito dell’analisi faremo l’ipotesi semplificata che il quantizzatore non vada mai in sovraccarico, per cui riterremo che la (7.12) sia sempre verificata (notiamo che questo vale a rigore solo per Xmax ≥ xmax o, al limite, per kc → +∞). Questa semplificazione consente di misurare la bontà della quantizzazione attraverso il seguente parametro sintetico, xmax 10 Si prova facilmente che x rms ≤ xmax , con uguaglianza se e solo se |x(n)| = xmax , ∀n ∈ Z; il rapporto k p = xrms ≥ 1 prende il nome di fattore di picco o fattore di cresta del segnale, ed è √ tanto più grande quanto più il segnale presenta forti escursioni rispetto al valore xrms (per una sinusoide, ad esempio, k p = 2). 11 Si può dimostrare, utilizzando la disuguaglianza di Chebishev [15], che un valore di k = 4 assicura che il quantizzatore c 1 = vada in sovraccarico per non più del 6.25% del tempo (corrispondente ad una probabilità di sovraccarico Ps ≤ k12 = 16 c 0.0625).
7.4 Quantizzazione
423
e(n)
e(n)
∆ /2
∆ /2
n
n
-∆ /2
-∆ /2
Fig. 7.30. Andamento dell’errore di quantizzazione e(n) (si suppone che il quantizzatore non vada mai in sovraccarico).
Fig. 7.31. Andamento dell’errore di quantizzazione e(n) nel caso peggiore (si suppone che il quantizzatore non vada mai in sovraccarico).
denominato rapporto segnale-rumore (SNR) di quantizzazione: 2 x (n) potenza segnale in ingresso Px , SNR = = 2 = e (n) Pe potenza errore quantizzazione
(7.14)
dove l’errore di quantizzazione viene assunto coincidente con l’errore nella regione granulare (errore granulare). In effetti, la definizione di SNR si basa sull’interpretazione del quantizzatore fornita in fig. 7.29, in quanto esso misura il rapporto tra la componente di segnale utile e quella di rumore presente nel segnale quantizzato xq (n). Un’interpretazione equivalente dell’SNR è quella secondo cui esso coincide con il reciproco del rapporto tra la potenza dell’errore e la potenza del segnale, quindi è una sorta di errore relativo di quantizzazione. Tale scelta è del tutto naturale, poiché non avrebbe senso valutare la potenza dell’errore Pe senza rapportarla in qualche modo alla potenza del segnale Px . Ad esempio, il valore Pe = 1 può considerarsi “piccolo” se Px = 100 (in questo caso si ha un SNR di 100), mentre è decisamente “grande” se Px = 0.01 (in questo caso si ha un SNR di 0.01). Nei casi pratici, essendo il reciproco dell’errore relativo, l’SNR dovrà assumere valori elevati (il valore effettivo dipenderà dal livello di accuratezza richiesto nella specifica applicazione di interesse). Poiché abbiamo ipotizzato che il quantizzatore non vada in sovraccarico, l’errore e(n) coincide con l’errore granulare, e quest’ultimo cresce proporzionalmente con ∆ [si veda (7.12)], ed in definitiva possiamo prevedere che la sua potenza Pe crescerà proporzionalmente con ∆2 . Per giungere, tuttavia, a criteri di dimensionamento quantitativi, dovremo trovare una precisa relazione matematica tra Pe e ∆2 . Notiamo che l’andamento effettivo di e(n) non è noto a priori, in quanto esso dipende dallo specifico segnale di ingresso; pertanto, è naturale modellare e(n) come un segnale aleatorio a TD, i cui valori soddisfano la disuguaglianza (7.12): un tipico andamento di e(n) è riportato in fig. 7.30. Dalla (7.12), si ha: 2 2 2 ⇒ Pe = e2 (n) ≤ ∆4 = ∆4 , e2 (n) ≤ ∆4 ovvero in definitiva Pe ≤
∆2 4 =
Pe,max .
Sostituendo Pe,max = ∆4 in luogo di Pe nella (7.14) si perviene ad un valore di SNR pessimistico (più piccolo) rispetto a quello effettivo. Progettare il quantizzatore sulla base dell’SNR peggiore (cosiddetto worst case), sebbene sia un criterio comunemente adottato nell’ingegneria, porterebbe nel nostro caso a sottodimensionare ∆ e quindi, per un fissato Xmax , ad un sovradimensionamento del numero M di livelli. Notiamo che il caso peggiore corrisponde a ipotizzare (situazione piuttosto irrealistica) che 2
424
Campionamento e conversione A/D e D/A
e(n) = ± ∆2 , ovvero che l’errore sia massimo (in modulo) in ogni istante di tempo, e quindi per ogni campione (fig. 7.31) Più realisticamente, è ragionevole ritenere che l’errore di quantizzazione e(n) tenda ad assumere qualsiasi valore nell’intervallo (−∆/2, ∆/2), senza preferenza per alcun valore particolare di questo intervallo. Esprimendo questo concetto in termini probabilistici, ciò corrisponde a modellare e(n) come una variabile aleatoria a media nulla, avente una distribuzione uniforme nel’intervallo (−∆/2, ∆/2). In questo caso, allora, possiamo calcolare Pe effettuando, anziché una media temporale, una media statistica, e cioè come il valore quadratico medio di e(n): Pe = E[e2 (n)] . Ricordando [15] che, per un variabile aleatoria a media nulla, il valor quadratico medio coincide con 2 la varianza, e che quest’ultima, per una variabile uniforme in (a, b), vale (b−a) 12 (si veda [15]), si ha in definitiva: Pe = E[e2 (n)] =
∆2 . 12
Notiamo che il valore di potenza Pe calcolato assumendo che e(n) abbia una distribuzione uniforme è pari a Pe = 13 Pe,max , ovvero è un terzo della potenza corrispondente al caso peggiore. Sostituendo nella (7.14) si trova allora SNR =
Px 12 Px = . Pe ∆2
2 , che ∆ = Ricordando poi che Px = xrms
SNR =
2Xmax M ,
e che M = 2b , si ha
2 M 2 2b 3 xrms 22b Px 12 xrms = = = 3 , 2 2 Pe 4 Xmax Xmax kc2
dove abbiamo sfruttato la definizione (7.13) del fattore di carico kc . Il rapporto segnale-rumore è comunemente espresso in dB, come
SNRdB = 10 log10 SNR , per cui utilizzando tale formulazione si ha: 2b
2 SNRdB = 10 log10 3 2 kc da cui, sfruttando note proprietà del logaritmo, si ottiene SNRdB = 10 log10 3 + 20 b log10 2 − 20 log10 kc ,
ed infine, ponendo 10 log10 3 ≈ 4.77, 20 log10 2 ≈ 6.02 e [kc ]dB = 20 log10 kc , si ha SNRdB = 6.02b − [kc ]dB + 4.77 .
(7.15)
L’equazione (7.15) è la formula fondamentale che esprime il SNR di quantizzazione in funzione di due parametri caratteristici del quantizzatore, il numero b di bit ed il fattore di carico kc (espresso in dB). Poiché in pratica il fattore di carico viene fissato preliminarmente per contenere il sovraccarico (ad esempio, al valore tipico kc = 4 corrispondente circa a 12 dB), la (7.15) consente di determinare in definitiva il numero minimo di bit necessari per ottenere un dato SNR, ovvero un dato livello di qualità della quantizzazione, come mostrato nel seguente esempio.
7.4 Quantizzazione
425
Esempio 7.3 (dimensionamento di un quantizzatore ) Supponiamo di voler dimensionare un quantizzatore per un segnale con xrms = 10 mV e tale da garantire un SNR di almeno 85 dB. In primo luogo, in mancanza di informazioni più specifiche sulla massima probabilità di sovraccarico richiesta, scegliamo un fattore di carico kc = 4, il che significa Xmax = 4 xrms = 40 mV. Sostituendo kc = 4 nella formula (7.15) del SNR troviamo: SNRdB = 6.02b − 7.27 e quindi si ha: SNRdB ≥ 85dB
⇒
6.02b − 7.27 ≥ 85
⇒
b≥
85 + 7.27 = 15.33 6.02
Per soddisfare la specifica sul SNR, tenendo conto che b deve essere intero, bisogna scegliere per b il più piccolo valore intero superiore a 15.33, ovvero b = 16. In effetti, sostituendo questo valore nella (7.15), si ha un valore effettivo di SNR pari a 89.05 dB; in altri termini, il quantizzatore avrà prestazioni migliori di quelle minime previste dalle specifiche di progetto, ovvero sarà leggermente sovradimensionato.
La (7.15) evidenzia che l’SNR si incrementa di circa 6dB per ogni incremento di 1 bit (ovvero per ogni raddoppio del numero M dei livelli); questa legge prende il nome di “legge dei 6 dB/bit”, ed è una regola pratica molto utilizzata per ricavare rapidamente una stima del numero di bit necessari ad ottenere un dato SNR. La (7.15) mostra anche che un aumento del fattore di carico kc determina, a parità di b, un peggioramento del SNR; questo spiega perché non convenga scegliere un valore di kc troppo elevato. La (7.15) sembrerebbe evidenziare, simmetricamente, che diminuire kc possa portare ad un miglioramento del SNR: notiamo tuttavia che questo è vero fin tanto che il sovraccarico (che aumenta al diminuire di kc ) può essere considerato trascurabile, ipotesi fondamentale per la validità della (7.15). Queste due considerazioni mostrano in definitiva che kc va fissato ad un valore di compromesso tra l’esigenza di contenere il sovraccarico e quella di non degradare il SNR. Osserviamo infine che un quantizzatore progettato per un dato kc , potrebbe trovarsi ad operare in condizioni di disadattamento, ovvero con kc diversi da quelli di progetto. Tali variazioni di kc , poiché Xmax è fissato, possono essere imputabili solo a variazioni di xrms , cioè del livello di potenza del segnale di ingresso. Avendo notato che variazioni sia in aumento che in diminuzione di kc , per motivi diversi, hanno un effetto deleterio sulle prestazioni, si intuisce come un aspetto essenziale nella quantizzazione e più in generale nella conversione A/D sia garantire che il valore RMS (e quindi la potenza) del segnale di ingresso sia quello assunto in fase di progetto. Questo requisito si può ottenere prevedendo, prima della conversione A/D, un opportuno stadio di condizionamento del segnale, vale a dire un preamplificatore avente guadagno variabile (e possibilmente adattativo). Concludiamo la trattazione del quantizzatore esaminando criticamente le ipotesi fatte precedentemente, e cioè quelle di quantizzatore uniforme, simmetrico e senza restituzione dello zero. Per quanto riguarda la simmetria, notiamo che tale assunzione ha senso per segnali che hanno escursioni di ampiezza simmetriche rispetto allo zero, caso molto frequente in pratica. Se evidentemente il segnale assumesse solo valori positivi, avrebbe senso scegliere gli intervalli di quantizzazione tutti sul semiasse positivo. La scelta di un passo di quantizzazione uniforme, invece, è appropriata solo per segnali che presentino una distribuzione uniforme (in senso probabilistico) delle ampiezze. I segnali tipici di informazione, come abbiamo visto precedentemente, presentano invece un andamento in cui i valori piccoli sono assunti per una frazione elevata di tempo, ed i valori grandi per una frazione piccola. Questo evidentemente porta alla necessità di adattare il passo di quantizzazione all’ampiezza del segnale, scegliendo un passo più piccolo per rappresentare adeguatamente i valori piccoli, ed un passo più grande per rappresentare adeguatamente i valori più grandi. In questo modo, si cerca di ottenere lo stesso errore relativo per tutti i valori del segnale di ingresso. Nella pratica, quindi, il quantizzatore uniforme è raramente la scelta ottimale, tuttavia esso è comunemente utilizzato ad esempio nella conversione A/D dei segnali musicali. Nelle applicazioni telefoniche, invece, si utilizzano tipicamente
426
Campionamento e conversione A/D e D/A
quantizzatori non uniformi, ottenuti mediante una pre-elaborazione non lineare del segnale vocale,12 seguita da una quantizzazione uniforme. Infine, la scelta di non restituire lo zero è ovviamente in accordo con l’ipotesi che i livelli di restituzione siano in numero pari e simmetricamente disposti rispetto allo zero. Questa scelta presenta tuttavia il seguente svantaggio pratico: se all’ingresso del convetitore A/D è presente il segnale nullo, a causa di piccoli disturbi presenti in ingresso (rumore termico), in uscita dal quantizzatore avremo comunque un segnale xq (n) = e(n), dove e(n) ha tipicamente l’andamento riportato in fig. 7.31, ovvero un segnale che oscilla tra i valori ±∆/2. Questo genera un disturbo, noto come idle channel noise (ICN) (letteralmente, “rumore da canale spento”) che, sebbene di piccola entità, può essere percepibile, visto che il segnale di ingresso è completamente assente; ad esempio, in una conversazione vocale, questo disturbo potrebbe essere percepito come un crepitio durante le pause della conversazione. In molti casi, allora, è conveniente alterare la perfetta simmetria del quantizzatore, introducendo la restituzione del livello zero, in modo da annullare l’ICN.
12 Tale pre-elaborazione avviene mediante una legge non lineare nota come
µ -law (negli USA) oppure A-law (in Europa).
7.5 Esercizi proposti
427
7.5 Esercizi proposti Esercizio 7.1 Si campiona con periodo Tc il segnale a tempo continuo xa (t) = cos(4000π t), ottenendo il segnale a tempo discreto x(n) = cos(π n/3). (a) Determinare un possibile valore per Tc . (b) La scelta di Tc effettuata al punto (a) è unica? Se sì, spiegare perché, altrimenti individuare altri possibili valori di Tc compatibili con i dati del problema. Risultato: (a) Tc = 1/12000; (b) non unica, esistono infiniti valori di Tc , dati da Tc = (2k + 1)/12000, con k ∈ N. Esercizio 7.2 Determinare la minima frequenza di campionamento (se esistente) per ricostruire perfettamente il segnale xa (t) a partire dai suoi campioni, nei seguenti casi: (a) (b) (c) (d) (e) (f)
xa (t) = sinc(t); xa (t) = sinc2 (t); xa (t) = sinc[2(t − 0.5)] + sinc[2(t + 0.5)]; xa (t) = sinc(3t) u(t); xa (t) = e−|t| ∗ sinc(t); xa (t) = e−|t| sinc(t).
Risultato: (a) fc,min = 1; (b) fc,min = 2; (c) fc,min = 2; (d) non esiste; (e) fc,min = 1; (f) non esiste. Esercizio 7.3 Si consideri il campionamento del segnale xa (t) = cos(2π f0t + ϕ0 ) effettuato alla frequenza di Nyquist fc = 1/Tc = 2 f0 . (a) Calcolare il segnale TD x(n) = xa (nTc ) per ϕ0 = 0 e per ϕ0 = π2 . (b) Utilizzando i risultati del punto (a), ritenete che la frequenza di Nyquist sia adeguata per la corretta ricostruzione del segnale per un qualunque valore di ϕ0 ? Se rispondete sì, fornite una giustificazione. Se rispondete no, individuate la minima frequenza di campionamento necessaria per la corretta ricostruzione del segnale xa (t). Risultato: (a) per ϕ0 = 0, x(n) = (−1)n ; per ϕ0 = π2 , x(n) = 0. Esercizio 7.4 I seguenti segnali sono campionati con frequenza fc = 1/Tc = 4: xa,1 (t) = − sin(14π t),
xa,2 (t) = − sin(6π t),
xa,3 (t) = sin(2π t),
xa,4 (t) = sin(10π t),
xa,5 (t) = sin(18π t).
Mostrare che i segnali TD xi (n) = xa,i (nTc ), i = 1, 2, . . . , 5, ottenuti mediante il campionamento, coincidono. Risultato: xi (n) = sin(2π n/4), i = 1, 2, . . . , 5. Esercizio 7.5 Con riferimento allo schema di figura, il campionamento è effettuato a frequenza fc = 1 kHz (senza filtraggio antialiasing) ed il filtro di ricostruzione è ideale con frequenza di taglio fc /2 e guadagno 1/ fc .
xa (t)
- campion.
x(n)
- ricostr.
6
6
fc
fc
- xr (t)
Determinare il segnale ricostruito xr (t) per i seguenti segnali xa (t) (t è espresso in secondi):
428
Campionamento e conversione A/D e D/A
(a) xa (t) = cos(2π 400t); (b) xa (t) = 1 + cos(2π 800t); (c) xa (t) = 2 cos(2π 200t) + 3 cos(2π 800t). Ripetere il calcolo supponendo di sottoporre xa (t) a filtraggio antialiasing prima del campionamento (si supponga di utilizzare un filtro ideale con frequenza di taglio fc /2. Risultato: (a) xr (t) = xa (t); (b) xr (t) = 1 + cos(2π 200t); (c) xr (t) = 5 cos(2π 200t); se si effettua il filtraggio antialiasing i risultati sono invece: (a) xr (t) = xa (t); (b) xr (t) = 1; (c) xr (t) = 2 cos(2π 200t). Esercizio 7.6 Si consideri il segnale xa (t) = 4 + 3 cos(π t) + 2 cos(2π t) + cos(3π t) , con t espresso in millisecondi. (a) Determinare la minima frequenza di campionamento (frequenza di Nyquist) affinché non si verifichi aliasing nella ricostruzione di xa (t). (b) Supponendo di campionare il segnale alla metà della frequenza di Nyquist determinata al punto (a), determinare il segnale ricostruito xr (t) (si assuma una ricostruzione ideale). Risultato: (a) fc > 3 kHz; (b) campionando a fc = 1.5 kHz si ha xr (t) = 5 + 5 cos(π t). Esercizio 7.7 Il segnale xa (t) = sin(π t) + 4 sin(3π t) cos(2π t) , con t in millisecondi, è campionato con fc = 3 kHz. Determinare il segnale ricostruito xr (t) (si assuma una ricostruzione ideale). Risultato: xr (t) = sin(π t). Esercizio 7.8 Il segnale xa (t) = sin(6π t)[1 + 2 cos(4π t)] , con t in millisecondi, è campionato con fc = 4 kHz. Determinare il segnale ricostruito xr (t) (si assuma una ricostruzione ideale). Risultato: xr (t) = sin(2π t). Esercizio 7.9 Con riferimento allo schema di figura, xa (t) è un segnale audio (t è in millisecondi): xa (t) = sin(10π t) + sin(20π t) + sin(60π t) + sin(90π t) , che viene sottoposto a filtraggio antialiasing Haa ( f ), campionato a fc = 40 kHz e successivamente ricostruito idealmente.
xa (t)
- Haa ( f )
ya (t)
- campion.
Determinare il segnale ricostruito yr (t) nei seguenti casi.
y(n)
- ricostr.
6
6
fc
fc
- yr (t)
7.5 Esercizi proposti
429
(a) in assenza di filtraggio antialiasing (Haa ( f ) = 1); (b) quando Haa ( f ) è un filtro ideale passabasso con frequenza di taglio 20 kHz; (c) quando Haa ( f ) è un filtro reale passabasso con una risposta in ampiezza pari ad 1 fino alla frequenza 20 kHz ed un roll-off di 48 dB/ottava oltre 20 kHz (si ignori la risposta in fase del filtro). Risultato: (a) yr (t) = 2 sin(10π t); (b) yr (t) = sin(10π t) + sin(20π t); (c) yr (t) = (1 + 1.56 · 10−3 ) sin(10π t) + (1 − 3.98 · 10−2 ) sin(20π t). Esercizio 7.10 Si vuole campionare un segnale audio xa (t) a banda non rigorosamente limitata, per il quale la massima frequenza di interesse è 20 kHz. Per limitare l’aliasing si utilizza un filtro RC: Haa ( f ) =
1 . 1 + j( f / f3 )
(a) Per fc = 44 kHz, determinare la frequenza di taglio f3 del filtro in modo che le componenti di aliasing nella banda di interesse siano attenuate in ampiezza di almeno 20 dB. Valutare inoltre la massima attenuazione del segnale all’interno della banda di interesse. (b) Ripetere i calcoli del punto (a) per fc = 176 kHz (“4 x oversampling”), e discutere perché la seconda soluzione sia preferibile rispetto alla prima. Risultato: (a) f3 = 2.41 kHz, |Haa (20 kHz)| = −18.4 dB; (b) f3 = 15.7 kHz, |Haa (20 kHz)| = −4.19 dB. Esercizio 7.11 Con riferimento allo schema di figura, il segnale (con t in millisecondi) xa (t) = 3 cos(100π t) + 2 sin(250π t) , viene campionato a frequenza fc e ricostruito dai campioni utilizzando un filtro passabasso avente frequenza di taglio fr /2 e guadagno 1/ fc ( fr = fc ).
xa (t)
- campion.
x(n)
- ricostr.
6
6
fc
fr
- xr (t)
(a) Determinare il segnale xr (t) se fc = 400 kHz e fr = 200 kHz. (b) Determinare il segnale xr (t) se fc = 200 kHz e fr = 400 kHz. Risultato: (a) xr (t) = 3 cos(100π t); (b) xr (t) = 3 cos(100π t) + 2 sin(250π t) − 2 sin(150π t) + 3 cos(300π t). Esercizio 7.12 Con riferimento allo schema di figura, il campionamento è effettuato a frequenza fc = 15 kHz (senza filtraggio antialiasing), il sistema TD realizza la trasformazione y(n) = 1 + x(n) + x2 (n), e la ricostruzione avviene con un filtro passabasso ideale avente frequenza di taglio fc /2 e guadagno in continua 1/ fc (interpolazione ideale).
xa (t)
- campion.
x(n)
- sistema TD
y(n)
- ricostr.
6
6
fc
fc
- yr (t)
430
Campionamento e conversione A/D e D/A
Nell’ipotesi che xa (t) = 1 + cos(2π f0t), con f0 = 10 kHz, determinare y(n) e il segnale ricostruito yr (t). ( ) Risultato: y(n) = 72 1 + cos 4π3 n . Esercizio 7.13 Con riferimento allo schema di figura, i segnali xa,1 (t) ed xa,2 (t) sono entrambi segnali passabasso a banda rigorosamente limitata, aventi banda monolatera pari, rispettivamente, a W1 e W2 , il campionamento è ideale (senza filtro antialiasing), e la ricostruzione avviene con un filtro passabasso ideale con frequenza di taglio fc /2 e guadagno in continua 1/ fc . xa,1 (t)
-3
y(t)
- camp.
6
y(n)
- ricostr.
- yr (t)
6
xa,2 (t)
fc
(a) Determinare il minimo valore della frequenza di campionamento fc per la perfetta ricostruzione del segnale y(t) a partire dai suoi campioni y(n). (b) Nell’ipotesi che xa,1 (t) = cos(2π 3t) (tempi in ms), xa,2 (t) = cos(2π 5t) (tempi in ms), fc = 10 kHz, stabilire se la condizione determinata al punto (a) è verificata, e determinare in ogni caso l’espressione esplicita dei segnali y(n) e yr (t). Risultato: (a) fc,min = 2 (W1 +W2 ); (b) la condizione non è verificata, y(n) = cos
2π n 5
, yr (t) = cos(2π 2t).
Esercizio 7.14 Un segnale vocale analogico è convertito in digitale mediante un campionamento a fc = 8 kHz, seguito da una quantizzazione dei campioni effettuata con un quantizzatore uniforme e simmetrico avente massimo livello di restituzione Xmax = 5V. (a) Determinare il numero b di bit necessari ad assicurare un valore rms dell’errore granulare (errore di quantizzazione) inferiore a 12 mV, ed il bit-rate corrispondente in uscita al convertitore A/D. (b) In corrispondenza del valore di b determinato al punto (a), determinare l’effettivo valore rms dell’errore di quantizzazione (in mV) ed il rapporto segnale rumore (in dB) supponendo xrms = 1V. Risultato: (a) b = 8, bit-rate = 64 kbit/s; (b) erms =
√ Pe = 11.3 mV, SNR = 38.8 dB.
Esercizio 7.15 Un segnale audio analogico è convertito in digitale mediante un campionamento a fc = 44 kHz, seguito da una quantizzazione dei campioni effettuata con un quantizzatore uniforme e simmetrico avente massimo livello di restituzione Xmax = 5V. (a) Determinare il numero b di bit necessari ad assicurare un valore rms dell’errore granulare (errore di quantizzazione) inferiore a 50 µ V, ed il bit-rate corrispondente in uscita al convertitore A/D. (b) In corrispondenza del valore di b determinato al punto (a), determinare l’effettivo valore rms dell’errore di quantizzazione (in µ V) ed il rapporto segnale rumore (in dB) supponendo xrms = 1V. Risultato: (a) b = 16, bit-rate = 704 kbit/s; (b) erms =
√ Pe = 44 µ V, SNR = 86.8 dB.
Esercizio 7.16 I campioni di un segnale sinusoidale x(n) = 5 cos(π n/3) (ampiezza espressa in V) sono quantizzati con un quantizzatore uniforme e simmetrico. (a) Determinare il massimo valore di restituzione Xmax del quantizzatore se il fattore di carico del quantizzatore è kc = 4. (b) Utilizzando i valori precedentemente calcolati, determinare il minimo numero di bit b per ottenere un SNR di almeno 60 dB, e calcolare l’SNR effettivo.
7.5 Esercizi proposti
431
(c) Utilizzando i valori precedentemente calcolati, determinare il valore dell’SNR se l’ampiezza della sinusoide in ingresso si riduce di 3 dB. Risultato: (a) Xmax = 14.2 V; (b) b = 12, SNR = 64.73 dB; (c) SNR = 61.73 dB. Esercizio 7.17 Il segnale a tempo discreto x(n) = cos con un quantizzatore uniforme e simmetrico.
πn 3
+2 cos
7π n 3
(ampiezze espressa in V) è quantizzato
(a) Determinare il massimo valore di restituzione Xmax del quantizzatore se il fattore di carico del quantizzatore è kc = 4. (b) Utilizzando i valori precedentemente calcolati, determinare il minimo numero di bit b per ottenere un SNR di almeno 60 dB, e calcolare l’SNR effettivo. Risultato: (a) Xmax = 6.4 V; (b) b = 12, SNR = 64.73 dB. Esercizio 7.18 Si consideri il segnale (t espresso in millisecondi, ampiezza espressa in V): xa (t) = 4 + 2 cos(π t) + 2 cos(2π t) + cos(3π t) che viene campionato a due volte la sua frequenza di Nyquist e successivamente quantizzato con un quantizzatore uniforme e simmetrico. (a) Determinare il massimo valore di restituzione Xmax del quantizzatore se il fattore di carico è kc = 4. (b) Utilizzando il valore di Xmax determinato al punto (a), determinare il minimo numero di bit b per ottenere un SNR di almeno 80 dB, calcolare l’SNR effettivo ed il bit-rate in uscita al convertitore A/D. Risultato: (a) Xmax = 18.12 V; (b) b = 15, SNR = 82.7 dB, bit-rate = 90 kbit/s. Esercizio 7.19 Con riferimento alla figura, xa (t) = cos(2π 10t) + cos(2π 20t) [tempi in ms e ampiezze in Volt (V)], e fc = 30 kHz.
- camp.
xa (t)
x(n)
- quant.
- xq (n)
6 fc (a) Determinare l’espressione esplicita del segnale x(n) e calcolare la sua potenza ed il suo valore efficace. (b) Supponendo che il quantizzatore sia uniforme e simmetrico, con potenza del rumore di quantizzazione pari a 2 mV2 , calcolare il rapporto segnale-rumore (in dB). (c) Calcolare il numero di bit b necessario per ottenere un fattore di carico kc non inferiore a 4. (d) Utilizzando il valore di b determinato al punto (c), calcolare il valore effettivo di kc ed il massimo valore di restituzione Xmax (espresso in V). Risultato: (a) x(n) = 2 cos
2π n 3
, xrms =
√ 2 V; (b) SNR = 30 dB; (c) b = 7; (d) kc = 7, Xmax = 9.9 V.
Esercizio 7.20 Con riferimento alla figura, xa (t) = cos(2π 5t) + cos(2π 10t) + cos(2π 15t) [tempi in ms e ampiezze in Volt (V)], fc = 20 kHz, e
f |f| 2 Haa ( f ) = 1 − rect 20 40
(frequenze in kHz)
432
Campionamento e conversione A/D e D/A
xa (t)
- Haa ( f )
ya (t)
- camp.
y(n)
- quant.
- yq (n)
6 fc (a) Determinare l’espressione esplicita dei segnali ya (t) e y(n). (b) Supponendo che il quantizzatore sia uniforme e simmetrico con massimo valore di restituzione Xmax = 5V, determinare il numero di bit b necessari ad ottenere un rapporto segnale-rumore di quantizzazione non inferiore a 70 dB. Risultato: (a) ya (t) = 14.
9 16
1 cos(2π 5t) + 14 cos(2π 10t) + 16 cos(2π 15t), y(n) =
5 4
cos
πn 2
+ 14 cos (π n); (b) b =
Appendice A
Richiami sui numeri complessi
I
n questa appendice si richiamano le principali definizioni e proprietà dei numeri complessi e delle funzioni complesse di una variabile reale. I numeri complessi e le funzioni complesse ricorrono naturalmente quando si considerano la serie e la trasformata di Fourier, che rappresentano gli strumenti matematici maggiormente utilizzati per l’analisi e la sintesi di segnali e sistemi. La trattazione ivi riportata non vuole essere eccessivamente rigorosa né esaustiva, ed è orientata principalmente ad acquisire gli elementi fondamentali per operare con i numeri e le funzioni complesse nelle applicazioni tipiche della teoria dei segnali e dei sistemi; si rimanda pertanto a testi specializzati di analisi matematica per eventuali approfondimenti.
A.1 Definizione di numero complesso Si definisce numero complesso una coppia ordinata (x, y) ∈ R × R di numeri reali, dove x è il primo numero della coppia e y è il secondo numero della coppia. Essendo la coppia ordinata, i numeri (x, y) e (y, x) vanno considerati distinti se x = y. Poiché i numeri complessi devono comprendere i numeri reali come caso particolare, si conviene che: (x, 0) = x ,
(A.1)
cioè i numeri reali possono essere riguardati come coppie ordinate per le quali il secondo elemento della coppia è nullo. Ovviamente, poichè le coppie ordinate (x, 0) rappresentano i numeri reali, esse devono soddisfare tutte le proprietà formali delle operazioni sui numeri reali. Per dare una veste operativa alla definizione astratta di numero complesso data precedentemente, è necessario fornire la definizione di uguaglianza, somma e moltiplicazione di numeri complessi: Definizione A.1 (operazioni fondamentali sui numeri complessi) (a) Uguaglianza: (x1 , y1 ) = (x2 , y2 ) ⇐⇒ x1 = x2 e y1 = y2 . (b) Somma: (x1 , y1 ) + (x2 , y2 ) = (x1 + x2 , y1 + y2 ). (c) Prodotto: (x1 , y1 ) · (x2 , y2 ) = (x1 x2 − y1 y2 , x1 y2 + y1 x2 ).
434
Richiami sui numeri complessi
La prima definizione introduce la proprietà formale di uguaglianza tra numeri complessi. La seconda definizione introduce nell’insieme dei numeri complessi l’operazione di somma: si noti che la definizione data è perfettamente coerente con quella valida per i numeri reali, infatti, risulta che (x1 , 0) + (x2 , 0) = (x1 + x2 , 0). L’ultima definizione riguarda invece l’operazione di prodotto tra due numeri complessi; anche in questo caso, tale definizione è coerente con quella valida per i numeri reali, infatti, si ha che (x1 , 0) · (x2 , 0) = (x1 x2 , 0). Si può dimostrare che l’insieme dei numeri complessi in cui siano valide le operazioni di somma e prodotto appena definite presenta la struttura algebrica di campo e, per questo motivo, è detto campo dei numeri complessi ed è comunemente indicato con il simbolo C.
A.2 Forma algebrica dei numeri complessi La forma (x, y) di un numero complesso non è in verità la più agevole per il calcolo operativo. Per questo motivo, si ricorre ad una rappresentazione equivalente, detta forma algebrica del numero complesso. A tale proposito, osserviamo che, dalla (A.1) e dalla def. A.1(c), si ha semplicemente che: (x, 0) = (x, 0) · (1, 0) = x · 1 = x . In aggiunta, dalla def. A.1(b) segue che: (x, y) = (x, 0) + (0, y) = x + (0, y) ,
(A.2)
da cui è evidente che ogni numero complesso è sempre la somma di un numero reale e di un numero complesso del tipo (0, y). D’altra parte, per la def. A.1(c), si verifica che (0, y) = (y, 0) · (0, 1) = y · (0, 1) .
(A.3)
In base alla def. A.1(c), il numero complesso (0, 1) gode della seguente proprietà: (0, 1)2 = (0, 1) · (0, 1) = (−1, 0) = −1 , il che giustifica la seguente definizione: Definizione A.2 (unità immaginaria) Il numero complesso (0, 1) si dice unità immaginaria e, posto j = (0, 1), si ha che j2 = −1. È interessante osservare che1 (0, 1)0 = j0 = 1 , (0, 1)1 = j1 = j , (0, 1)2 = j2 = −1 , (0, 1)3 = j3 = (0, 1)2 · (0, 1) = − j , (0, 1)4 = j4 = (0, 1)2 · (0, 1)2 = 1 , (0, 1)5 = j5 = (0, 1)4 · (0, 1) = j , (0, 1)6 = j6 = (0, 1)4 · (0, 1) = −1 , (0, 1)7 = j7 = (0, 1)6 · (0, 1) = − j , ... con l’algebra dei numeri reali, si introducono le seguenti operazioni nel campo complesso: (x, y)0 = 1, = (x, y), (x, y)m · (x, y)n = (x, y)n+m , [(x1 , y1 ) · (x2 , y2 )]n = (x1 , y1 )n · (x2 , y2 )n e [(x, y)m ]n = (x, y)m n , con m ∈ Z, n ∈ Z.
1 Coerentemente
(x, y)1
A.2 Forma algebrica dei numeri complessi
435
ossia, al crescere di n ∈ N0 , le potenze (0, 1)n = jn assumono periodicamente i valori 1, j, −1, − j con periodo di ripetizione 4. Si ha allora la seguente regola pratica per il calcolo della potenza jn , con n ∈ N0 : dividendo n per 4 si trova il quoziente q ed il resto r < 4, cioè n = 4 q + r, conseguentemente jn = j4 q+r = j4 q · jr = jr ,
(A.4)
in altre parole, per il calcolo della potenza jn basta considerare j elevato al resto della divisione di n per 4. In virtù della definizione di unità immaginaria e utilizzando le (A.2) e (A.3), si ottiene la seguente forma algebrica del numero complesso: (x, y) = x + j y = z , in cui x è detta parte reale di z e si denota con x = Re(z), mentre y è detta parte immaginaria di z e si denota con y = Im(z). Si ricava chiaramente che un numero complesso è reale se e solo se la sua parte immaginaria è nulla, cioè Im(z) = 0. Allo stesso modo, se un numero complesso z ha la parte reale nulla, cioè Re(z) = 0, esso è detto immaginario puro o, più semplicemente, immaginario. A partire dalla def. A.1(a), si ricava che, dati due numeri complessi in forma algebrica z1 = x1 + j y1 e z2 = x2 + j y2 , si ha che x1 = x2 , z1 = z2 ⇐⇒ y1 = y2 . In altri termini, due numeri complessi sono uguali se e solo se sono uguali le loro parti reali e immaginarie2 . Inoltre, si osservi che un’uguaglianza nel campo complesso (z1 = z2 ) equivale a due uguaglianze nel campo reale (x1 = x2 e y1 = y2 ). Si dice complesso coniugato o più semplicemente coniugato del numero complesso z = x + j y il numero complesso x − j y, che d’ora in avanti denoteremo con z∗ , avente la stessa parte reale di z e parte immaginaria di segno opposto. Con riferimento ad un arbitrario numero complesso z = x + j y, l’operazione di coniugazione gode delle seguenti proprietà elementari, di immediata verifica: Proprietà A.1 (proprietà elementari della coniugazione) (a) (z∗ )∗ = z. (b) z + z∗ = 2 Re(z) = 2 x. (c) z − z∗ = 2 j Im(z) = 2 j y. (d) z z∗ = x2 + y2 . (e) Il numero complesso z è reale se e solo se z = z∗ . (f) Il numero complesso z è immaginario puro se e solo se z = −z∗ . Dalla def. A.1(b) segue che la somma di due numeri complessi z1 = x1 + j y1 e z2 = x2 + j y2 è semplicemente data da: z1 + z2 = (x1 + j y1 ) + (x2 + j y2 ) = (x1 + x2 ) + j (y1 + y2 ) , ossia la somma di due numeri complessi è un numero complesso che ha come parte reale la somma delle parti reali e come parte immaginaria la somma delle parti immaginarie. Per quanto riguarda 2 Si
osservi che, non potendosi definire alcuna relazione d’ordine nel campo dei numeri complessi, non si possono usare segni di disuguaglianza tra due numeri complessi, cioè non hanno senso disuguaglianze del tipo z1 > z2 .
436
Richiami sui numeri complessi
invece il prodotto, invocando la def. A.1(c), si ottiene che il prodotto di due numeri complessi z1 = x1 + j y1 e z2 = x2 + j y2 si calcola come segue: z1 · z2 = (x1 + j y1 ) · (x2 + j y2 ) = (x1 x2 − y1 y2 ) + j (x1 y2 + y1 x2 ) , il cui risultato si può ottenere equivalentemente svolgendo il prodotto secondo le usuali regole del calcolo algebrico elementare e ricordando che j2 = −1: z1 · z2 = (x1 + j y1 ) · (x2 + j y2 ) = x1 x2 + j x1 y2 + j y1 x2 + j2 y1 y2 = x1 x2 + j x1 y2 + j y1 x2 − y1 y2 = (x1 x2 − y1 y2 ) + j (x1 y2 + y1 x2 ) . A partire dalle operazioni di somma e prodotto è possibile definire il quoziente z1 /z2 dei due numeri complessi z1 = x1 + j y1 e z2 = x2 + j y2 . Precisamente, si dice quoziente di z1 e z2 il numero complesso z3 = x3 + j y3 tale che z3 z2 = z1 . Ricavare l’espressione esplicita di x3 ed y3 , e quindi di z3 , per questa via richiede la soluzione di un sistema di equazioni lineari. Utilizzando invece la definizione di complesso coniugato, è possibile calcolare il quoziente di due numeri complessi in maniera più semplice: z3 =
z1 x1 + j x1 z1 · z∗2 (x1 + j y1 ) (x2 − j y2 ) (x1 x2 + y1 y2 ) + j (y1 x2 − x1 y2 ) = = = = z2 x2 + j y2 z2 · z∗2 x22 + y22 x22 + y22 x1 x2 + y1 y2 y1 x2 − x1 y2 = +j , 2 2 x2 + y2 x22 + y22
da cui ricordando che z3 = x3 + jy3 si ricava x1 x2 + y1 y2 y1 x2 − x1 y2 e y3 = . x3 = 2 2 x2 + y2 x22 + y22 Il reciproco 1/z di un numero complesso z = x + jy = 0 si può ottenere come caso particolare del rapporto tra z1 = 1 e z2 = z, oppure più direttamente utilizzando il coniugato, come 1 z∗ x− jy x y 1 = = = 2 = 2 −j 2 . ∗ 2 2 z x+ jy z·z x +y x +y x + y2 L’operazione di potenza n-esima, con n ∈ N, di un numero complesso z = x + j y è definita come: zn = (x + j y)n = (x + j y) · (x + j y) · · · (x + j y) , n volte
dove il prodotto al secondo membro si calcola tenendo presenti le comuni regole del calcolo algebrico elementare e la formula (A.4). Notiamo infine che è possibile definire per un numero complesso anche l’operazione di radice n-esima. Precisamente, dato il numero complesso z1 = x1 + j y1 , si dice radice n-esima di z1 il numero complesso z2 = x2 + j y2 tale che zn2 = z1 e si scrive z2 =
√ n
⇐⇒
(x2 + j y2 )n = x1 + j y1
(A.5)
z1 .
Tuttavia, il calcolo esplicito del numero complesso z2 mediante la (A.5) offre notevoli difficoltà operative. Formule notevoli per il calcolo della radice n-esima si possono ricavare introducendo per i numeri complessi la forma esponenziale (cfr. § A.4). Per concludere, dati due numeri complessi z1 = x1 + j y1 e z2 = x2 + j y2 , è immediato verificare che l’operazione di coniugazione commuta rispetto alle operazioni fondamentali (somma, prodotto, etc.) precedentemente introdotte:
A.3 Rappresentazione geometrica e forma trigonometrica dei numeri complessi
Im
Im
P=(x,y)
y
P=(x,y)
y
ρ
ρ ϕ
O
437
ϕ x
Re
O
-ϕ
x
Re
ρ -y
P*=(x,- y)
Fig. A.1. Il piano complesso. Fig. A.2. Le immagini P e P∗ dei numeri complessi z e z∗ occupano posizioni simmetriche rispetto all’asse reale.
Proprietà A.2 (relazione tra coniugazione e le operazioni fondamentali) (a) (z1 + z2 )∗ = z∗1 + z∗2 . (b) (z1 · z2 )∗ = z∗1 · z∗2 . ∗ z1 z∗ (c) = 1∗ . z2 z2 (d) (zn1 )∗ = (z∗1 )n , ∀n ∈ Z.
A.3 Rappresentazione geometrica e forma trigonometrica dei numeri complessi I numeri complessi ammettono una rappresentazione geometrica che si rivela molto utile per interpretarne alcune proprietà. Infatti, con riferimento alla fig. A.1, definito sul piano un riferimento cartesiano con origine nel punto O, ad ogni numero complesso (x, y) corrisponde un punto P del piano avente coordinate (x, y). In altri termini, il punto P = (x, y) si può interpretare come l’immagine sul piano del numero complesso z = x + j y. I numeri reali (x, 0) hanno per immagini i punti dell’asse orizzontale che, per tale motivo, è detto asse reale, mentre i numeri immaginari puri (0, y) hanno per immagini sul piano i punti dell’asse verticale, detto asse immaginario. Un tale piano si dice convenzionalmente piano complesso o piano di Gauss, sebbene tutti i punti in esso abbiano coordinate reali. Notiamo che i due numeri complessi coniugati z = x + j y e z∗ = x − j y hanno per immagini sul piano complesso (fig. A.2) i punti P = (x, y) e P∗ = (x, −y), simmetrici rispetto all’asse reale. Se P è l’immagine sul piano del numero complesso z = x + j y, la distanza ρ del punto P dall’origine (misura del segmento OP) si dice modulo del numero complesso e si indica comunemente con
438
Richiami sui numeri complessi
|z|. Dalla fig. A.1, ricordando anche la prop. A.1(d), si ha: # √ ρ = |z| = x2 + y2 = z · z∗ ,
(A.6)
da cui si ricava anche che il prodotto del numero complesso z per il suo complesso coniugato z∗ è pari al modulo al quadrato di z, cioè z · z∗ = |z|2 = ρ 2 . Si osservi che se z è un numero reale (y = 0), allora il modulo degenera nel valore assoluto di z, cioè |z| = x se x ≥ 0, mentre |z| = −x se x < 0 (una proprietà simile vale se z è immaginario puro). Supposto z = 0, si dice argomento o fase di z = x + j y, il valore dell’angolo ϕ (misurato in radianti) che il semiasse reale positivo deve descrivere, ruotando in senso antiorario, per sovrapporsi al segmento OP. La fase di un numero complesso z si denota con arg(z) oppure z. Dalla Fig. A.1 è immediato ricavare che: x = ρ cos(ϕ )
e
y = ρ sin(ϕ ) ,
(A.7)
da cui tan(ϕ ) =
y . x
(A.8)
Notiamo che se ϕ è un valore della fase di z, allora anche ϕ + 2 h π , con h ∈ Z, è un valore della fase di z. In altre parole, la fase di un numero complesso è definito a meno di un arbitrario multiplo intero di 2 π . Per questo motivo, tra i valori che competono ad (z), ne esiste certamente uno che appartiene all’intervallo ] − π , π ]: esso si dice argomento principale di z e si indica con Arg(z). La totalità delle fasi di z si ottiene quindi come z = Arg(z) + 2 h π , con h ∈ Z. Osserviamo esplicitamente che a z = 0, cioè all’origine O del piano cartesiano, non si associa alcun valore della fase.3 In virtù delle relazioni (A.7), un arbitrario numero complesso z = x + j y, avente modulo ρ e fase ϕ , può essere scritto come z = ρ [cos(ϕ ) + j sin(ϕ )] .
(A.9)
Quest’espressione prende il nome di forma trigonometrica del numero complesso z (si noti che la (A.9) vale anche per z = 0 a patto di assegnare un valore arbitrario a ϕ , in quanto per z = 0 si ha ρ = 0). La (A.9) è talvolta detta forma polare del numero complesso z in quanto, facendo sempre riferimento alla rappresentazione geometrica, mentre la coppia (x, y) rappresenta le coordinate cartesiane del punto P, la coppia (ρ , ϕ ) rappresenta le coordinate polari dello stesso punto. Di conseguenza, le formule che legano (x, y) a (ρ , ϕ ) sono le stesse che consentono di effettuare le trasformazioni dalle coordinate cartesiane a quelle polari e viceversa. A tale proposito, è interessante notare che, assegnata la forma polare (ovvero il modulo ρ ed un valore ϕ della fase di z), è possibile risalire senza alcuna difficoltà alla forma algebrica di z, cioè calcolare x e y, utilizzando le (A.7). Viceversa, data la forma algebrica del numero complesso z, assegnati cioè i numeri reali x e y, nel ricavare la forma polare bisogna porre particolare attenzione al calcolo della fase; il calcolo del modulo mediante la (A.6), infatti, è immediato e non offre alcuna difficoltà. Per il calcolo dell’argomento principale, invece, occorre invertire la (A.8), ovvero individuare un valore di ϕ ∈] − π , π ] soluzione di tale equazione. A tale scopo, bisogna ricordare che la funzione tangente, essendo periodica, non è invertibile su tutto l’insieme di definizione, e la funzione 3 Per
uniformità, talvolta si pone convenzionalmente 0 = 0.
A.3 Rappresentazione geometrica e forma trigonometrica dei numeri complessi
439
arcotangente (arctan) è l’inversa della restrizione della funzione tangente all’intervallo ] − π /2, π /2[, il che significa che y π π = ϕ , ∀ϕ ∈ − , . arctan[tan(ϕ )] = arctan x 2 2 Pertanto, se l’immagine di z = x + j y sul piano complesso è un punto P che giace nel primo oppure nel quarto quadrante del piano complesso (x > 0), allora il suo argomento principale Arg(z) cade nell’intervallo ] − π /2, π /2[ e, in base alla relazione precedente, si può affermare che y se x > 0 . Arg(z) = arctan x Tale formula non può però essere applicata nel caso in cui l’immagine di z sul piano complesso non cada nel primo oppure nel quarto quadrante del piano complesso (x < 0), poiché y π π = ϕ , ∀ϕ ∈ −π , ∪ ,π . arctan[tan(ϕ )] = arctan x 2 2 In questo caso, il calcolo dell’argomento principale di z si può effettuare sfruttandola periodicità di π π π della tangente, per cui tan(ϕ ) = tan(ϕ − π ), ed, in aggiunta, osservando che, se ϕ ∈ −π , ∪ ,π , 2 2 allora ϕ − π ∈] − π /2, π /2[. Mettendo insieme questi due risultati, si giunge alla seguente relazione: y π π arctan[tan(ϕ )] = arctan = arctan[tan(ϕ − π )] = ϕ − π , ∀ϕ ∈ −π , ∪ ,π , x 2 2 che ci consente di scrivere: y +π Arg(z) = arctan x
se x < 0 .
Resta da considerare il caso x = 0, ovvero i numeri immaginari puri z = j y, che hanno immagini che giacciono sull’asse immaginario: se y > 0, l’argomento principale è pari a π /2; se y < 0, l’argomento principale è pari a −π /2. Riassumendo i casi precedenti, è possibile allora esprimere l’argomento principale Arg(z) di un arbitrario numero complesso z = x + j y come 0, π 2 , y = − π2 , Arg(z) = tan−1 x arctan xy , arctan xy + π ,
se x = y = 0 ; se x = 0 e y > 0 ; se x = 0 e y < 0 ; se x > 0 ; se x < 0 ;
(A.10)
dove, per semplificare alcune notazioni, si è introdotta la funzione tan−1 , che è talvolta denominata, per ovvi motivi, arcotangente su quattro quadranti (si noti che è una funzione che opera separatamente su y ed x, per cui la notazione tan−1 xy è puramente convenzionale). Sinteticamente, allora, le formule per il passaggio dalla forma algebrica/cartesiana a quella trigonometrica/polare sono: y # ρ = x2 + y2 e ϕ = tan−1 (A.11) x
440
Richiami sui numeri complessi
Esempio A.1 (passaggio dalla forma algebrica a quella trigonometrica) Consideriamo i seguenti quattro numeri complessi in forma algebrica: z1 = 1 + j,
z2 = −1 + j,
z3 = −1 − j
z4 = 1 − j ,
e
le cui immagini sul piano complesso cadono nel primo, secondo, terzo e quarto quadrante, rispettivamente. Si verifica facilmente che √ √ |z1 | = |z2 | = |z3 | = |z4 | = 1 + 1 = 2 . Per quanto riguarda l’argomento principale, poiché le immagini dei numeri complessi z1 e z4 cadono nel primo e quarto quadrante, rispettivamente, segue che Arg(z1 ) = arctg(1) =
π 4
e
Arg(z4 ) = arctg(−1) = −
π . 4
Per gli altri due numeri complessi z2 e z3 , che cadono nel secondo e terzo quadrante, rispettivamente, si ha invece: Arg(z2 ) = arctg(−1) + π = −
π 3 +π = π 4 4
e
Arg(z4 ) = arctg(1) + π =
π 5 +π = π . 4 4
Notiamo che i valori di fase ottenute sono in accordo con la posizione dei numeri complessi nei vari quadranti: questa verifica andrebbe sempre fatta per evitare banali errori di calcolo.
A.4 Forma esponenziale dei numeri complessi Un’ulteriore rappresentazione dei numeri complessi, molto utilizzata nei calcoli, si può ottenere ricorrendo alla definizione di esponenziale complesso. A tale proposito, ricordiamo che se x è un numero reale, l’esponenziale ex può essere espresso in serie di Mac-Laurin nel seguente modo: ex =
+∞
xk
∑ k! .
k=0
dove la serie converge ∀x ∈ R. Se al posto di x ∈ R sostituiamo formalmente il numero complesso z = x + j y, si ottiene la definizione di esponenziale con esponente complesso (sinteticamente chiamato esponenziale complesso): ez =
+∞ k z
∑ k! .
(A.12)
k=0
Si può dimostrare che la serie al secondo membro converge per ogni z ∈ C, ed inoltre la funzione ez definita attraverso tale serie conserva la proprietà principale dell’esponenziale: ez1 ez2 = ez1 +z2 ,
∀z1 , z2 ∈ C .
La precedente definizione di ez rivela un legame profondo tra esponenziale complesso e alcune funzioni trigonometriche. Infatti, ponendo z = j x nella (A.12), utilizzando la (A.4) e ricordando gli sviluppi in serie di Mac-Laurin delle funzioni sin(x) e cos(x), si ottiene: ejx =
+∞
+∞ 2k 2k+1 ( jx)k +∞ k x k x = (−1) + j (−1) = cos(x) + j sin(x) , ∑ ∑ ∑ (2k)! (2k + 1)! k=0 k! k=0 k=0 cos(x)
sin(x)
(A.13)
A.4 Forma esponenziale dei numeri complessi
441
che prende il nome di formula di Eulero.4 A partire da tale formula è immediato verificare che e− j x = cos(x) − j sin(x) = (e j x )∗ , da cui, per somma o sottrazione con la (A.13), segue anche che cos(x) =
e j x + e− j x 2
e
sin(x) =
e j x − e− j x . 2j
In particolare notiamo che |e j x |2 = e j x (e j x )∗ = e j x e− j x = cos2 (x) + sin2 (x) = 1 ,
∀x ∈ R ,
ossia, il numero complesso e j x ha sempre modulo unitario, inoltre e j x = x + 2 π h ,
∀x ∈ R e h ∈ Z .
Utilizzando la (A.13), segue che per un esponenziale di esponente complesso z = x + j y qualsiasi si ha ez = ex+ j y = ex e j y = ex [cos(y) + j sin(y)] , da cui si ricava |ez | = ex ,
ez = y + 2 π h ,
∀x ∈ R e h ∈ Z .
Si noti che, essendo |ez | = ex > 0, ∀z ∈ C, si ha che ez non si annulla mai. In virtù della formula di Eulero, possiamo riscrivere la (A.9) come segue: z = ρ ejϕ , che prende il nome di forma esponenziale del numero complesso. Si noti che z∗ = ρ [cos(ϕ ) − j sin(ϕ )] = ρ e− jϕ , in accordo con l’interpretazione geometrica di fig. A.2 (il coniugato di z ha lo stesso modulo di z e fase opposta). La forma esponenziale è molto comoda per eseguire alcune operazioni algebriche, in particolare quelle che riguardano prodotti e rapporti tra numeri complessi. Infatti, dati due numeri complessi z1 = ρ1 e j ϕ1 e z2 = ρ2 e j ϕ2 , sussistono le seguenti proprietà: Proprietà A.3 (operazioni in forma esponenziale) (a) z1 · z2 = ρ1 ρ2 e j (ϕ1 +ϕ2 ) . z1 ρ1 j (ϕ1 −ϕ2 ) = e . (b) z2 ρ2 1 − j ϕ1 1 = e . (c) z1 ρ1 (d) zn1 = ρ1 n e j n ϕ1 , ∀n ∈ Z. (e) Se z1 = 0 ed n ∈ N, esistono esattamente n radici n-esime distinte del numero complesso z1 , ϕ1 +2 h π √ √ date da n z1 = n ρ1 e j n , per h ∈ {0, 1, . . . , n − 1}. 4 Eulero
è la traslitterazione latina del cognome del matematico svizzero Leonhard Euler (1707-1783), considerato uno dei più grandi matematici mai esistiti.
442
Richiami sui numeri complessi
Notiamo che dalle prop. A.3(a) e (b) è possibile ricavare in particolare alcune semplici regole per calcolare modulo e fase del prodotto e del rapporto tra numeri complessi: |z1 · z2 | = |z1 ||z2 | z1 |z1 | = z2 |z2 |
e
z1 · z2 = z1 + z2 ;
e
z1 = z1 − z2 . z2
Si noti invece che non esistono espressioni altrettanto semplici per il modulo e la fase della somma o della differenza di due numeri complessi, in particolare per il modulo della somma è possibile solo fornire una disuguaglianza |z1 + z2 | ≤ |z1 | + |z2 | .
A.5 Funzioni complesse di una variabile reale Una funzione complessa f (x) della variabile reale x, definita per x ∈ A ⊆ R, è una corrispondenza che ad ogni valore di x ∈ A associa un numero complesso f (x) ∈ C, ovvero f : x ∈ A → f (x) ∈ C . Considerate le due funzioni reali: f1 : x ∈ A → Re[ f (x)] ∈ R
e
f2 : x ∈ A → Im[ f (x)] ∈ R ,
dette rispettivamente la parte reale di f (x) e la parte immaginaria di f (x), si ha evidentemente: f (x) = f1 (x) + j f2 (x) ,
∀x ∈ A .
Tale relazione evidenzia che la funzione complessa f (x) di variabile reale x può essere riguardata come una coppia di funzioni reali dello stesso argomento. Di conseguenza, la teoria delle funzioni complesse di una variabile reale non ha caratteristiche sostanzialmente nuove rispetto alla teoria delle funzioni reali. In particolare, le definizioni di continuità, derivazione ed integrazione, ecc., si estendono con modifiche minime. Una novità importante rispetto al caso reale è la definizione dell’operazione di coniugazione. Sulla scorta di quanto fatto per i numeri complessi, si dice coniugata della funzione f (x) la funzione complessa f ∗ (x) così definita: f ∗ (x) = f1 (x) − j f2 (x) ,
∀x ∈ A .
Si chiama modulo di f (x) la funzione reale non negativa | f (x)| così definita: $ | f (x)| = f12 (x) + f22 (x) , ∀x ∈ A . Infine, si chiama fase di f (x) la funzione reale f (x) così definita: f (x) = arg[ f (x)] . Poiché la fase di un numero complesso è determinata a meno di un arbitrario multiplo intero di 2π , la funzione di fase f (x) è plurivoca e diventa univocamente determinata considerando il suo argomento principale Arg[ f (x)], che può essere calcolato utilizzando la funzione tan−1 definita nella (A.10). La
A.5 Funzioni complesse di una variabile reale
443
descrizione di f (x) mediante modulo e fase consente di esprimere la funzione complessa in forma esponenziale: f (x) = | f (x)| e j f (x) ,
∀x ∈ A ,
che risulta particolarmente comoda nella sintesi e analisi dei segnali e sistemi. Per concludere, osserviamo che tutte le proprietà richiamate per i numeri complessi si estendono in modo naturale alle funzioni complesse. Esempio A.2 (fasore) Il fasore è per definizione la seguente funzione complessa: e j x = cos(x) + j sin(x) ,
∀x ∈ R .
Poiché |e j x | = 1, il fasore ha per codominio la circonferenza del piano complesso avente centro nell’origine e raggio unitario. Si tratta di una funzione periodica di periodo 2 π , cioè e j (x+2 π h) = e j x ,
∀x ∈ R e ∀h ∈ Z .
Si noti che f1 (x) = cos(x) e f2 (x) = sin(x) sono anch’esse funzioni periodiche di periodo 2 π .
444
Richiami sui numeri complessi
Appendice B
Richiami di analisi matematica
I
n questa appendice si richiamano le principali definizioni e proprietà degli integrali e delle serie di interesse per gli argomenti trattati nel testo, concentrandoci in particolare sul concetto di sommabilità. La trattazione è volutamente sintetica, in quanto si presuppone che il lettore possieda una conoscenza approfondita di tali argomenti, e serve solo come riferimento; si rimanda a testi specializzati di analisi matematica per eventuali approfondimenti.
B.1 Successioni e serie numeriche L’obiettivo di questa sezione è quello di richiamare alcuni concetti legati alle serie numeriche. Prima di fare ciò, richiamiamo alcune definizione riguardanti la nozione di limite di una successione. B.1.1
Definizione di limite di una successione
Si dice che la successione a valori reali {xn }+∞ n=1 ha per limite ∈ R e si scrive lim xn =
n→+∞
se è verificata la seguente proprietà: ∀ε > 0 ∃νε ∈ N : ∀n > νε =⇒ |xn − | < ε . In tal caso la successione {xn }+∞ n=1 si dice convergente; in particolare, se = 0 si dice che la successione è infinitesima. Si dice che la successione a valori reali {xn }+∞ n=1 ha per limite +∞ e si scrive lim xn = +∞
n→+∞
se è verificata la seguente proprietà: ∀K > 0 ∃νε ∈ N : ∀n > νε =⇒ xn > K .
446
Richiami di analisi matematica
In tal caso si dice che la successione {xn }+∞ n=1 diverge positivamente. Analogamente, si dice che la ha per limite −∞ e si scrive successione a valori reali {xn }+∞ n=1 lim xn = −∞
n→+∞
se è verificata la seguente proprietà: ∀K > 0 ∃νε ∈ N : ∀n > νε =⇒ xn < −K . In tal caso si dice che la successione {xn }+∞ n=1 diverge negativamente. Una successione che sia o convergente o divergente positivamente o divergente negativamente si dice anche regolare. Una successione non regolare si dice anche oscillante. In alcuni casi, il comportamento al limite di una successione si può stabilire semplicemente se si introducono i concetti di successione limitata superiormente/inferiormente e successione crescente/decrescente. Una successione {xn }+∞ n=1 si dice limitata superiormente se esiste una costante A ∈ R tale che xn ≤ A, ∀n ∈ N. Una successione {xn }+∞ n=1 si dice invece limitata inferiormente se esiste una costante A ∈ R tale che xn ≥ A, ∀n ∈ N. Una successione che sia limitata superiormente e inferiormente si dice limitata. Una successione si dice monotona se gode di una delle seguenti proprietà1 : xn ≤ xn+1 , ∀n ∈ N, in tal caso si dice che la successione è crescente; xn ≥ xn+1 , ∀n ∈ N, in tal caso si dice che la successione è decrescente. A tal proposito sussistono le seguenti proprietà: Proprietà B.1 (proprietà fondamentali delle successioni numeriche) (a) Ogni successione convergente è limitata. (b) Ogni successione divergente positivamente è limitata inferiormente e non limitata superiormente. Analogamente, ogni successione divergente negativamente è limitata superiormente e non limitata inferiormente. (c) Ogni successione monotona è regolare. Il concetto di limite si estende naturalmente al caso di una successione a valori complessi {zn }+∞ n=1 , con zn = xn + j yn . Infatti, se = λ + j µ è un numero complesso, si dice che la successione {zn }+∞ n=1 è convergente e si scrive lim zn =
n→+∞
se è verificata la seguente proprietà: $ ∀ε > 0 ∃νε ∈ N : ∀n > νε =⇒ |zn − | = (xn − λ )2 + (yn − µ )2 < ε . In particolare, si noti che la successione {zn }+∞ n=1 è infinitesima, cioè = 0, se e solo se è infinitesima . Inoltre, rileviamo esplicitamente che la successione {zn }+∞ la successione a valori reali {|zn |}+∞ n=1 n=1 +∞ ha per limite se e solo se le due successioni a termini reali {xn }+∞ n=1 e {yn }n=1 hanno per limite λ e µ , rispettivamente. Si dice che la successione a valori complessi {zn }+∞ n=1 diverge e si scrive lim zn = +∞
n→+∞
xn < xn+1 , ∀n ∈ N, la successione si dice strettamente crescente; se xn > xn+1 , ∀n ∈ N, la successione si dice strettamente decrescente. 1 Se
B.1 Successioni e serie numeriche
447
se è verificata la seguente proprietà: ∀K > 0 ∃νε ∈ N : ∀n > νε =⇒ |zn | =
$ xn2 + y2n > K .
Anche in questo caso si noti che la successione {zn }+∞ n=1 è divergente se e solo se è divergente la . Si noti che, a differenza delle successioni a valori reali, non si successione a valori reali {|zn |}+∞ n=1 parla di divergenza positiva e negativa per le successioni a valori complessi. B.1.2
Serie monolatere
Sia {xn }+∞ n=1 una successione a valori reali. Posto S1 = x1 , S2 = x1 + x2 , . . . , Sn = x1 + x2 + · · · + xn , la successione a valori reali {Sn }+∞ n=1 si chiama serie (monolatera) di termine generale xn e si indica con il seguente simbolo: +∞
∑ xn = x1 + x2 + · · · + xn + · · · .
(B.1)
n=1
Per ogni n ∈ N, si dice che Sn è la somma parziale n-esima della serie. Una serie si dice convergente, divergente positivamente, divergente negativamente, regolare, oscillante se tale è la successione +∞ {Sn }+∞ n=1 . Il limite S di {Sn }n=1 , se esiste, si chiama somma della serie e si scrive +∞
∑ xn = S .
n=1
Un risultato che fornisce una condizione necessaria per la convergenza di una serie è il seguente: Proprietà B.2 (condizione necessaria per la convergenza) Se la serie (B.1) è convergente la successione {xn }+∞ n=1 è infinitesima. È ben noto che in R vale la proprietà commutativa della somma; in altri termini, dati n numeri reali, il valore della somma non si altera permutando gli addendi. E’ naturale chiedersi se tale proprietà valga nel caso delle “somme infinite di numeri reali”, ovvero nel caso delle serie. Si può dimostrare che, in generale, la somma di una serie cambia se si permutano in modo del tutto arbitrario i termini della serie stessa. Un caso particolare è rappresentato dalle serie assolutamente convergenti. Definizione B.1 (convergenza assoluta) La serie (B.1) si dice assolutamente convergente se è convergente la serie considerando i valori assoluti della successione {xn }+∞ n=1 .
+∞
∑ |xn |
ottenuta
n=1
Si può dimostrare che se una serie è assolutamente convergente essa è anche convergente. Inoltre, si ha che le serie assolutamente convergenti si caratterizzano come quelle serie convergenti la cui somma non varia se si permutano in modo arbitrario i suoi termini. Passiamo ora a considerare il caso delle successioni monolatere a valori complessi. Sia {zn }+∞ n=1 , con zn = xn + j yn , una successione a termini complessi. Posto S1 = z1 , S2 = z1 + z2 , . . . , Sn = z1 + z2 +
448
Richiami di analisi matematica
· · · + zn , la successione a valori complessi {Sn }+∞ n=1 si chiama serie (monolatera) di termine generale zn e si indica con il seguente simbolo: +∞
∑ zn = z1 + z2 + . . . + zn + . . . .
(B.2)
n=1
Tale serie si dice convergente se la sua somma è un numero complesso, si dice divergente se la sua somma è infinita. Si noti che a differenza delle serie a valori reali non si parla in questo caso di divergenza positiva e negativa. Consideriamo ora le due serie a valori reali: +∞
∑ xn
+∞
∑ yn ,
e
n=1
(B.3)
n=1
+∞ le cui successioni delle somme parziali indichiamo con {Sn }+∞ n=1 e {Sn }n=1 , rispettivamente. Poichè risulta che Sn = Sn + j Sn , ∀n ∈ N, risulta ovviamente che la serie (B.2) è convergente se e solo se sono convergenti le due serie (B.3). Inoltre, quando ciò accade, indicata con S la somma della serie di termine generale xn e con S la somma della serie di termine generale yn , la somma S della serie (B.2) è pari a S = S + j S . Questo risulta mostra chiaramente che lo studio della convergenza di una serie a valori complessi si riconduce allo studio della convergenza di due serie a valori reali. Pertanto, le definizioni e le proprietà enunciate per le serie a valori reali si estendono in maniera naturale alle serie a valori complessi.
B.1.3
Serie bilatere
Siano z0 , z1 , . . . , zn , . . . e z−1 , z−2 , . . . , z−n , . . . due successioni a termini complessi2 . La successione (doppia) di somme: / n
∑
zh
h=−m
che presenta due indici, si dice serie bilatera e si indica con +∞
∑
zh .
(B.4)
h=−∞
Se S è un numero complesso, dire che la serie bilatera converge ad S significa che n
lim
n,m→+∞
∑
zh = S ,
h=−m
con n ed m tendenti all’infinito indipendentemente l’uno dall’altro. In altre parole, la serie (B.4) è convergente e ha S come somma se n ∀ε > 0 ∃νε ∈ N : ∀n, m > νε =⇒ S − ∑ zh < ε . h=−m Il teorema che segue riduce il problema della convergenza di una serie bilatera a quello della convergenza di serie monolatere. 2 Poichè le definizioni e i risultati riguardanti le serie a valori reali si possono ottenere immediatamente particolarizzando
quelli relativi alle serie a valori complessi, nel seguito considereremo direttamente serie a valori complessi.
B.1 Successioni e serie numeriche
449
Teorema B.1 (convergenza di una serie bilatera) Condizione necessaria e sufficiente affinchè la (B.4) sia convergente è che risultino convergenti le serie monolatere z0 + z1 + . . . + zn + . . . e z−1 + z−2 + . . . + z−n + . . .. Quando ciò accade, vale l’uguaglianza: +∞
∑
zh =
h=−∞
+∞
+∞
h=0
h=1
∑ zh + ∑ z−h .
Si dice che la serie (B.4) è assolutamente convergente se è convergente la serie bilatera: +∞
∑
|zh | .
h=−∞
Dal teor. B.1, si deduce che condizione necessaria e sufficiente affinchè la (B.4) sia assolutamente convergente è che risultino assolutamente convergenti le serie monolatere z0 + z1 + . . . + zn + . . . e z−1 + z−2 + . . . + z−n + . . .. Da ciò, tenuto conto che l’assoluta convergenza di una serie comporta la convergenza della medesima, si ha che ogni serie bilatera assolutamente convergente è anche convergente. In questo testo faremo spesso ricorso a un diverso concetto di convergenza di una serie. Per ogni n ∈ N0 , la somma n
∑
zh
h=−n
si chiama somma parziale n-esima simmetrica della serie bilatera. Si dice che la serie (B.4) è simmetricamente convergente se la successione delle sue somme parziali simmetriche / n
∑
zh
h=−n
risulta convergente. Il limite di tale successione si dice allora la somma simmetrica della serie (B.4). Risulta evidente il seguente risultato: Teorema B.2 (convergenza simmetrica) La serie bilatera (B.4) è simmetricamente convergente se e solo se è convergente la serie monolatera: +∞
z0 + ∑ (zn + z−n ) . n=1
Se tale serie è convergente, la sua somma coincide con la somma simmetrica della serie (B.4). Inoltre, si può verificare che se la (B.4) è convergente, essa è anche simmetricamente convergente e la sua somma coincide con quella simmetrica. Il viceversa non è vero in generale. Ad esempio, se consideriamo la successione per h > 0 , 1 , zh = 0 , per h = 0 , −1 , per h < 0 , è immediato verificare che la serie di termine generale zh è simmetricamente convergente e la sua somma simmetrica è uguale a zero, ma la stessa serie non è convergente.
450
Richiami di analisi matematica
B.1.4
Successioni sommabili
Sia 1 ≤ p < +∞. Una successione3 {xn }+∞ n=1 a valori complessi si dice sommabile con esponente p se la serie: +∞
∑ |xn | p
n=1
è convergente. In particolare, se p = 1, la successione si dice sommabile (senza alcun riferimento a p); nel caso in cui p = 2, la successione si dice a quadrato sommabile. L’insieme delle successioni a valori complessi sommabili con esponente p è usualmente indicato con p . Risulta evidente che ∀α ∈ C e ∀{xn }+∞ n=1 ∈ p
=⇒
{α xn }+∞ n=1 ∈ p ,
cioè, l’insieme p è chiuso rispetto all’operazione di moltiplicazione per una costante, volendo inten+∞ dere con ciò che, se {xn }+∞ n=1 è sommabile con esponente p, la successione {α xn }n=1 è sommabile con +∞ +∞ lo stesso esponente. Inoltre, ∀n ∈ N e ∀{xn }n=1 , {yn }n=1 ∈ p , risultando che |xn + yn | p ≤ (|xn | + |yn |) p ≤ (2 max{|xn |, |yn |}) p ≤ 2 p (|xn | p + |yn | p ) e tenendo presente il criterio del confronto per le serie numeriche, si ha che +∞ ∀{xn }+∞ n=1 , {yn }n=1 ∈ p
=⇒
{xn + yn }+∞ n=1 ∈ p ,
cioè, l’insieme p è chiuso rispetto all’operazione di somma, volendo intendere con ciò che, se {xn }+∞ n=1 +∞ ed {yn }+∞ sono sommabili con esponente p, la successione {x + y } è sommabile con lo stesso n n n=1 n=1 esponente. Un risultato importante è il seguente: Teorema B.3 (relazione di inclusione) Se 1 ≤ p < q < +∞, si ha: p ⊆ q . Questo teorema ci consente di affermare che se una successione è sommabile (p = 1) allora essa è anche a quadrato sommabile (p = 2). Il viceversa non è vero in generale. Si osservi che se la successione {xn }+∞ n=1 è sommabile allora la serie (B.1) è assolutamente convergente per definizione. In base alla prop. B.2, la successione {xn }+∞ n=1 è sommabile solo se lim |xn | = 0 .
n→+∞
Tale condizione non è tuttavia sufficiente per la sommabilità, in quanto il verificarsi di quest’ultima dipende in maniera cruciale dalla rapidità con cui la successione {|xn |}+∞ n=1 tende a zero al crescere di n (ovvero dall’ordine di infinitesimo). A tale proposito, una condizione sufficiente frequentemente utilizzata per verificare se una successione risulta sommabile è rappresentata dal seguente teorema: Teorema B.4 (criterio di sommabilità per le successioni monolatere) Sia {xn }+∞ n=1 una successione a valori complessi: se per n → +∞ la successione è infinitesima come 1/nα , con α > 1, allora {xn }+∞ n=1 è sommabile; viceversa, se per n → +∞ la successione è infinitesima come 1/nα , con α ≤ 1, allora {xn }+∞ n=1 non è sommabile. 3 Dato
che la convergenza di una serie bilatera si riconduce a quella di due serie monolatere, per semplicità, considereremo solo successioni monolatere.
B.2 Funzioni complesse di una variabile reale
451
Nel caso di una successione bilatera, il precedente criterio di sommabilità si modifica come segue: Teorema B.5 (criterio di sommabilità per le successioni bilatere) Sia {zh }+∞ h=−∞ una successione a valori complessi: se per |h| → +∞ la successione è infinitesima come 1/|h|α , con α > 1, allora {zh }+∞ h=−∞ è sommabile; viceversa, se per |h| → +∞ la successione α è infinitesima come 1/|h| , con α ≤ 1, allora {zh }+∞ h=−∞ non è sommabile.
B.2 Funzioni complesse di una variabile reale Lo scopo di questa sezione è quello di richiamare alcuni risultati notevoli legati alle nozioni di continuità, derivabilità, integrabilità e sommabilità di una funzione. Per brevità, si farà riferimento direttamente alle funzioni a valori complessi di una variabile reale; tutti i risultati presentati si particolarizzano senza alcuna difficoltà al caso di funzioni a valori reali. B.2.1
Continuità e derivabilità
Sia f (x) = f1 (x) + j f2 (x) una funzione complessa definita per x ∈ A ⊆ R. La funzione f (x) si dice continua in x = x0 ∈ A se ∀ε > 0 ∃νε > 0 : ∀x ∈ A ∩ ]x0 − νε , x0 + νε [ =⇒ | f (x) − f (x0 )| =
$
[ f1 (x) − f1 (x0 )]2 + [ f2 (x) − f2 (x0 )]2 < ε
e si scrive sinteticamente lim f (x) = f (x0 ) .
x→x0
In tal caso, il punto x0 si dice essere un punto di continuità di f (x). Si osservi che il valore di una funzione in un punto di continuità non può essere infinito. Se la funzione f (x) è continua in ogni punto di A si dice che f (x) è continua in A. Circa le funzioni continue sussistono le seguenti proprietà: Proprietà B.3 (proprietà delle funzioni continue) (a) La somma, la differenza e il prodotto di un numero finito qualsiasi di funzioni continue è ancora una funzione continua. (b) Il quoziente di due funzioni continue è una funzione continua in ogni punto in cui il denominatore è non nullo. (c) Una funzione composta di funzioni continue è anch’essa una funzione continua. Un punto x0 che non è un punto di continuità della funzione f (x) si dice un suo punto di discontinuità. Se x0 è un punto di discontinuità della funzione f (x), il valore della funzione in tal punto è indeterminato. In tal caso, un ruolo importante giocano il limite destro e il limite sinistro della funzione in tal punto. Si dice che la funzione f (x) ammette in x0 limite destro se ∀ε > 0 ∃νε > 0 : ∀x ∈ A ∩ ]x0 , x0 + νε [ =⇒ e si scrive sinteticamente lim f (x) = f (x0+ ) .
x→x0+
| f (x) − f (x0 )| < ε
452
Richiami di analisi matematica
Analogamente, si dice che la funzione f (x) ammette in x0 limite sinistro se ∀ε > 0 ∃νε > 0 : ∀x ∈ A ∩ ]x0 − νε , x0 [ =⇒
| f (x) − f (x0 )| < ε
e si scrive sinteticamente lim f (x) = f (x0− ) .
x→x0−
Risulta evidentemente che x0 è un punto di continuità per la funzione f (x) se e solo se f (x0+ ) = f (x0− ). In alcuni casi, può accadere che, sebbene f (x0+ ) = f (x0− ), il valore della funzione in x0 non sia determinato. In tal caso, si dice che x0 è un punto di discontinuità eliminabile, in quanto si può porre f (x0 ) = f (x0+ ) = f (x0− ) ed avere così una funzione continua in x0 . Ad esempio, la funzione a valori reali seno cardinale f (x) =
sin(x) x
è continua per in tutti i punti dell’asse reale, eccetto che per x = 0 dove non è definita. Tuttavia, in virtù del limite notevole sin(x) = 1, x→0 x lim
si può porre f (0) = 1 eliminando la discontinuità: la funzione così definita sarà continua per ogni x ∈ R. Se i valori f (x0+ ) e f (x0− ) sono finiti, ma f (x0+ ) = f (x0− ), si dice allora che la funzione f (x) ha nel punto x0 una discontinuità di prima specie o, il che è lo stesso, un salto finito s(x0 ) = f (x0+ ) − f (x0− ). Sia f (x) = f1 (x) + j f2 (x) una funzione complessa definita per x ∈ A ⊆ R, per x0 ∈ A costruiamo il rapporto incrementale f (x) − f (x0 ) . x − x0 Se tale rapporto ha un limite finito per x → x0 , si dice che la funzione f (x) è derivabile in x0 e si pone d f (x) − f (x0 ) lim f (x) = f (x0 ) = . x→x0 x − x0 dx x=x0 Il numero f (x0 ) si chiama derivata della funzione f (x) nel punto x0 . Sussiste il seguente risultato: Teorema B.6 (derivata di una funzione complessa) Condizione necessaria e sufficiente affinchè la funzione a valori complessi f (x) sia derivabile in x0 è che tali siano le funzioni a valori reali f1 (x) e f2 (x). Quando ciò accade risulta che f (x0 ) = f1 (x0 ) + j f2 (x0 ) . Il seguente teorema invece chiarisce quali sono le relazioni tra derivabilità e continuità di una funzione: Teorema B.7 (relazione tra derivabilità e continuità) Se la funzione f (x) è derivabile in x0 , allora f (x) è continua in x0 .
B.2 Funzioni complesse di una variabile reale
453
Questo risultato evidenzia che la continuità è una condizione necessaria ma non sufficiente per la derivabilità. In altre parole, se una funzione è continua in un dato punto non è detto che la funzione sia anche derivabile in quel punto. Se la funzione f (x) è definita in un intervallo chiuso [a, b], si dice che f (x) è derivabile in a oppure, dualmente, derivabile in b, se esiste finito il limite lim
x→a+
f (x) − f (a) = f (a+ ) o, dualmente, x−a
lim
x→b−
f (x) − f (b) = f (b− ) . x−b
Il primo si chiama derivata destra di f (x) nel punto a, il secondo si chiama derivata sinsitra di f (x) nel punto b. B.2.2
Integrazione
Cominciamo col dare il concetto di primitiva di una funzione complessa. Sia f (x) = f1 (x) + j f2 (x) una funzione complessa definita nell’intervallo (a, b), si chiama primitiva di f (x) ogni funzione ϕ (x) = ϕ1 (x) + j ϕ2 (x), definita in (a, b), ivi derivabile e tale che:
ϕ (x) = f (x) ,
∀x ∈ (a, b) .
Risulta evidente che ϕ (x) è una primitiva di f (x) se e solo se ϕ1 (x) e ϕ2 (x) sono primitive di f1 (x) e f2 (x), rispettivamente. È altresì evidente che se ϕ (x) è una primitiva di f (x), tutte e solo le primitive di f (x) sono le funzioni del tipo ϕ (x) + z, con z ∈ C. Il caso più semplice da trattare è quello in cui la funzione f (x) è continua nell’intervallo compatto (chiuso e limitato) [a, b]. In tal caso, si pone per definizione: b a
f (x)dx =
b a
f1 (x)dx + j
b a
f2 (x)dx .
Inoltre, in tal caso, se ϕ (x) è una primitiva di f (x) si ha: b a
f (x)dx = ϕ (b) − ϕ (a) .
La funzione f (x) può non essere continua in uno o entrambi i punti estremi dell’intervallo (a, b). Se la funzione è discontinua nel punto b (supposto finito) o, dualmente, nel punto a (supposto finito), si dice che f (x) è integrabile in (a, b) se esiste ed è finito il limite: x
lim
x→b a
b
f (t)dt
o, dualmente,
lim
x→a x
f (t)dt .
Quando ciò accade si pone per definizione: b a
f (x)dx = lim
x
x→b a
b
f (t)dt
o, dualmente, a
f (x)dx = lim
b
x→a x
f (t)dt .
Se invece la funzione f (x) è discontinua sia in a che in b, si dice che f (x) è integrabile in (a, b) se per ogni c ∈]a, b[ la funzione f (x) risulta integrabile in entrambi gli intervalli (a, c) e (c, b). In tal caso, si pone per definizione: b a
f (x)dx =
c a
f (x)dx +
b c
f (x)dx .
Più in generale, la funzione f (x) può presentare uno o più punti di discontinuità interni all’intervallo (a, b). In questo caso, la definizione di integrabilità della funzione f (x) richiede qualche attenzione. A tal proposito diamo la seguente definizione:
454
Richiami di analisi matematica
Definizione B.2 (funzione generalmente continua) La funzione f (x) = f1 (x) + j f2 (x), definita in A, si dice generalmente continua nell’intervallo X ⊆ A se esiste una parte D di X vuota o finita, in modo che siano rispettate le condizioni: (i) la funzione f (x) è continua in X − D; (ii) se D = ∅, ogni punto di D è di discontinuità per f (x). Se X è illimitato, si dice che f (x) è generalmente continua in X se essa è generalmente continua in ogni intervallo compatto contenuto in X. Si può dimostrare che, nel caso in cui X è illimitato, l’insieme D se non è vuoto o finito, risulta necessariamente numerabile. Siamo ora in grado di definire l’integrabilità di f (x) in (a, b) anche quando vi sono punti di discontinuità interni all’intervallo (a, b). Sia f (x) una funzione complessa generalmente continua nell’intervallo (a, b), con a e b finiti. Supponiamo che i punti interni ad (a, b) di discontinuità per f (x) siano un numero finito, diciamoli x1 < x2 < · · · < xn−1 , e poniamo x0 = a ed xn = b. Si dice che f (x) è integrabile in (a, b) se essa risulta integrabile in (xi , xi+1 ), ∀i ∈ {0, 1, . . . , n − 1}. In tal caso, si pone per definizione: b a
f (x)dx =
n−1 xi+1
∑
i=0 xi
f (x)dx .
In altre parole, la presenza di un numero finito di discontinuità interne all’intervallo (a, b) non è significativa ai fini del calcolo dell’integrale di f (x) su tale intervallo. A questo punto, è lecito chiedersi cosa succede se si considera l’integrabilità su tutto l’asse reale. Prima però, vediamo come si definisce l’integrabilità su semirette del tipo [a, +∞[ oppure, dualmente, ] − ∞, a]. Sia f (x) una funzione complessa generalmente continua nell’intervallo [a, +∞[ o, dualmente, ] − ∞, a], ivi dotata di infiniti punti di discontinuità, integrabile in ogni intervallo compatto del tipo [a, λ ] con λ > a o, dualmente, integrabile in ogni intervallo compatto del tipo [λ , a] con λ < a. Si dice che f (x) è integrabile in (a, +∞) o, dualmente, in (−∞, a), se esiste ed è finito il limite: x
lim
x→+∞ a
f (t)dt
a
o, dualmente,
lim
x→−∞ x
f (t)dt .
In tal caso, si pone per definizione: +∞ a
f (x)dx = lim
x
x→+∞ a
f (t)dt
a
o, dualmente,
−∞
f (x)dx = lim
a
x→−∞ x
f (t)dt .
Alla luce di queste definizioni, possiamo attribuire un significato all’integrale di f (x) su tutto l’asse reale. Sia f (x) una funzione complessa generalmente continua in R, ivi dotata di infiniti punti di discontinuità, integrabile in ogni intervallo compatto. Si dice che f (x) è integrabile in R se per ogni c ∈ R la funzione f (x) risulta integrabile in (−∞, c) e in (c, +∞). In tal caso, si pone per definizione: +∞ −∞
f (x)dx =
c −∞
f (x)dx +
+∞ c
f (x)dx .
Possiamo quindi affermare che la presenza di una infinità numerabile di discontinuità non influisce sul calcolo dell’integrale di f (x) su R. Un concetto importante che ricorre spesso nelle applicazioni è quello di funzione sommabile. Sia f (x) = f1 (x) + j f2 (x) una funzione complessa generalmente continua in (a, b), si dice che f (x)
B.2 Funzioni complesse di una variabile reale
455
è sommabile o assolutamente integrabile in (a, b) se la funzione reale | f (x)|, che è generalmente continua in (a, b), risulta integrabile in (a, b). Sussistendo le disuguaglianze: | f1 (x)| ≤ | f (x)| ≤ | f1 (x)| + | f2 (x)| , | f2 (x)| ≤ | f (x)| ≤ | f1 (x)| + | f2 (x)| , e stante il criterio del confronto, si ha che la funzione f (x) è sommabile in (a, b) se e solo se lo sono le funzioni f1 (x) ed f2 (x). Ne seguono le seguenti proprietà: Proprietà B.4 (proprietà delle funzioni sommabili) (a) Se f (x) è sommabile in (a, b), allora f (x) è anche integrabile in (a, b). (b) Se f (x) è sommabile in (a, b), risulta: b b ≤ f (x)dx | f (x)|dx . a
a
Una funzione complessa generalmente continua nell’intervallo (a, b), che sia integrabile ma non sommabile in (a, b) si dice semplicemente integrabile oppure integrabile in senso improprio in (a, b), ed il relativo integrale assume la denominazione di integrale improprio. Il punto che rimane da chiarire è come si calcola un integrale improprio. Per fare ciò, dobbiamo generalizzare la nozione di primitiva di una funzione. Definizione B.3 (primitiva generalizzata) Sia f (x) = f1 (x) + j f2 (x) una funzione complessa generalmente continua nell’intervallo (a, b), si chiama primitiva generalizzata di f (x) ogni funzione complessa ϕ (x) = ϕ1 (x) + j ϕ2 (x) soddisfacente le seguenti condizioni: (i) la funzione ϕ (x) è continua in (a, b); (ii) la funzione ϕ (x) è derivabile in ogni punto x di (a, b) in cui f (x) è continua e si ha:
ϕ (x) = f (x) . In virtù di questa definizione, possiamo richiamare il seguente risultato: Teorema B.8 (calcolo dell’integrale improprio) Sia f (x) una funzione complessa generalmente continua nell’intervallo (a, b). Se f (x) è integrabile in (a, b), detta ϕ (x) una primitiva generalizzata di f (x), si ha che ϕ (x) converge nei punti a e b, e risulta: b a
f (x)dx = lim ϕ (x) − lim ϕ (x) . x→b
x→a
Un’osservazione importante circa l’integrabilità di f (x) su R è la seguente. In virtù di quanto sopra richiamato, se f (x) è una funzione generalmente continua in R e ivi integrabile, esistono e sono finiti i limiti: 0
lim
α →−∞ α
f (x)dx
β
e
lim
β →+∞ 0
f (x)dx ,
456
Richiami di analisi matematica
e l’integrale di f (x) su R è dato da +∞ −∞
f (x)dx = lim
0
α →−∞ α
f (x)dx + lim
β
β →+∞ 0
f (x)dx .
In questo caso, α e β tendono a −∞ e +∞, rispettivamente, indipendentemente l’uno dall’altro. Ciò detto, consideriamo adesso il seguente integrale: λ
lim
λ →+∞ −λ
f (x)dx ,
dove le ipotesi su f (x) sono che essa sia generalmente continua in R e integrabile in ogni intervallo compatto. Tale integrale quando esiste ed è finito prende il nome di valor principale di Cauchy di f (x) esteso ad R e la funzione f (x) si dice integrabile nel senso del valor principale. È immediato verificare che se f (x) è integrabile in R, allora λ
lim
λ →+∞ −λ
f (x)dx = lim
0
α →−∞ α
f (x)dx + lim
β
β →+∞ 0
f (x)dx .
In altre parole, se f (x) è integrabile in senso improprio su R allora essa è integrabile anche nel senso del valor principale e i due integrali forniscono lo stesso risultato. Viceversa, se la funzione f (x) è integrabile nel senso del valor principale, non è detto che f (x) sia integrabile in senso improprio su R. Ad esempio, si consideri la seguente funzione se x ≥ 0 ; 1, f (x) = sign(x) = −1 , se x < 0 . È immediato verificare che tale funzione non è integrabile su R in senso improprio. Il suo integrale a valor principale invece esiste ed è dato da: 0 λ λ f (x)dx = lim f (x)dx + f (x)dx = 0 . lim λ →+∞ −λ
B.2.3
λ →+∞
−λ
0
Sommabilità
Sia 1 ≤ p < +∞. La funzione complessa f (x), definita in A, si dice sommabile con esponente p su X se la funzione reale | f (x)| p è sommabile su X, cioè esiste ed è finito l’integrale X
| f (x)| p dx .
In particolare, se p = 1, la funzione si dice sommabile (senza alcun riferimento a p); nel caso in cui p = 2, la funzione si dice a quadrato sommabile. L’insieme delle funzioni a valori complessi sommabili con esponente p è usualmente indicato con L p (X). Risulta evidente che ∀α ∈ C e ∀ f (x) ∈ L p (X)
=⇒
α f (x) ∈ L p (X) ,
cioè, l’insieme L p (X) è chiuso rispetto all’operazione di moltiplicazione per una costante, volendo intendere con ciò che, se f (x) è sommabile con esponente p, la funzione α f (x) è sommabile con lo stesso esponente. Inoltre, ∀ f (x), g(x) ∈ L p (X), poichè risulta che | f (x) + g(x)| p ≤ 2 p (| f (x)| p + |g(x)| p ) ,
B.2 Funzioni complesse di una variabile reale
457
si ha che ∀ f (x), g(x) ∈ L p (X)
=⇒
f (x) + g(x) ∈ L p (X) ,
cioè, l’insieme L p (X) è chiuso rispetto all’operazione di somma, volendo intendere con ciò che, se f (x) ed g(x) sono sommabili con esponente p, la funzione f (x) + g(x) è sommabile con lo stesso esponente. Circa la sommabilità (p = 1) di una funzione, similmente a quanto fatto per le successioni, sussiste il seguente criterio: Teorema B.9 (criterio di sommabilità per le funzioni) Sia f (x) una funzione generalmente continua in R e integrabile in ogni intervallo compatto: se per |x| → +∞ la funzione tende a zero come 1/|x|α , con α > 1, allora f (x) è sommabile; viceversa, se per |x| → +∞ la funzione tende a zero come 1/|x|α , con α ≤ 1, allora f (x) non è sommabile. In sintesi, una funzione risulta sommabile se all’infinito risulta infinitesima di ordine maggiore ad 1; in caso contrario, risulta non sommabile. Una differenza importante rispetto alle successioni riguarda le relazioni di inclusione tra gli insiemi L p (X) e L q (X), con p = q. A tal proposito, sussiste il seguente risultato: Teorema B.10 (relazione di inclusione) Sia 1 ≤ p < q < +∞. Se X ha misura finita, si ha: L q (X) ⊆ L p (X) . È importante osservare che se X ha misura infinita, non c’è alcuna relazione di inclusione tra gli insiemi L p (X) e L q (X). Questo aspetto è chiarito nell’esempio seguente, con riferimento agli spazi L 1 (R) ed L 2 (R). Esempio B.1 (relazioni tra segnali sommabili e a quadrato sommabile) La funzione 1 f (x) = √ 1 + x2 appartiene a L 2 (R), in quanto | f (x)|2 è continua in R ed infinitesima del secondo ordine nei punti ±∞. Tuttavia, tale funzione non appartiene a L 1 (R), in quanto f (x) = | f (x)| è continua in R ed infinitesima del primo ordine nei punti ±∞. Viceversa, la funzione e−x f (x) = # |x| 2
appartiene a L 1 (R), in quanto f (x) = | f (x)| è continua in R − {0}, infinita di ordine 1/2 nel punto zero ed infinitesima di ordine α , per ogni α > 0, nei punti ±∞. Tuttavia, tale funzione non appartiene a L 2 (R), in quanto | f (x)|2 è continua in R − {0} ed infinita del primo ordine nel punto zero.
458
Richiami di analisi matematica
Appendice C
Proprietà matematiche della convoluzione
La somma di convoluzione e l’integrale di convoluzione giocano un ruolo molto importante nella teoria dei sistemi LTI a tempo discreto e a tempo continuo, rispettivamente. In questa appendice sono brevemente richiamati alcuni risultati notevoli circa l’esistenza e la convergenza dell’integrale di convoluzione e della somma di convoluzione.
C.1 Integrale di convoluzione Sia S un sistema TC LTI con risposta impulsiva h(t). L’uscita y(t) di tale sistema in risposta al segnale di ingresso x(t) si ottiene risolvendo uno dei due seguenti integrali di convoluzione: y(t) =
+∞ −∞
x(τ ) h(t − τ ) dτ =
+∞ −∞
h(τ ) x(t − τ ) dτ .
(C.1)
Tali integrali non sono sempre definiti e, qualora lo siano, non è detto che y(t) assuma valori finiti per ogni t ∈ R. L’integrale di convoluzione1 gode di alcune proprietà interessanti. La prima proprietà riguarda la convergenza dell’integrale di convoluzione. A tale proposito, osserviamo che, se la risposta impulsiva è una funzione limitata, cioè |h(t)| ≤ Kh , per ogni t ∈ R e con Kh ∈ R+ , la funzione integranda ammette la maggiorazione: |x(τ ) h(t − τ )| = |x(τ )| |h(t − τ )| ≤ Kh |x(τ )| . In aggiunta, se il segnale di ingresso è sommabile su R, cioè +∞ −∞
|x(τ )| dτ = Ix ,
con Ix ∈ R+ ,
1 Nel seguito faremo riferimento al primo integrale nella (C.1) la cui funzione integranda è x(τ ) h(t − τ ).
Tutte le considerazioni fatte per tale integrale si applicano anche al secondo integrale, la cui funzione integranda è h(τ ) x(t − τ ), scambiando semplicemente i ruoli tra segnale di ingresso e risposta impulsiva.
460
Proprietà matematiche della convoluzione
la funzione di due variabili x(τ ) h(t − τ ) ammette come maggiorante la funzione non negativa e integrabile |x(τ )|, per ogni t ∈ R. In virtù del criterio di Cauchy circa la convergenza uniforme degli integrali, possiamo quindi dire che l’integrale (C.1) è convergente e converge uniformemente rispetto a t ∈ R. Inoltre, poiché +∞ +∞ +∞ x(τ ) h(t − τ ) dτ ≤ |x(τ )| |h(t − τ )| dτ ≤ Kh |x(τ )| dτ , (C.2) |y(t)| = −∞
−∞
−∞
segue che |y(t)| ≤ Ky = Kh Ix , per ogni t ∈ R, ovvero il segnale y(t) è limitato. Possiamo quindi enunciare la seguente proprietà: Proprietà C.1 (convergenza dell’integrale di convoluzione) Se il segnale di ingresso x(t) [la risposta impulsiva h(t)] è sommabile e la risposta impulsiva h(t) [il segnale di ingresso x(t)] è una funzione limitata, allora l’integrale di convoluzione (C.1) converge uniformemente rispetto a t ∈ R e, quindi, il segnale di uscita y(t) è limitato. Supponiamo ora che entrambe le funzioni x(t) e h(t) coinvolte nella convoluzione siano sommabili su R e, conseguentemente, ivi integrabili (cfr. § B.2.2). Consideriamo la seguente funzione di due variabili:
ψ (τ ,t) = x(τ ) h(t − τ ) , definita in R2 . Notiamo che y(t) =
+∞ −∞
x(τ )h(t − τ )dτ =
+∞ −∞
ψ (τ ,t)dτ .
Nell’ipotesi in cui x(t) e h(t) siano sommabili su R, mediante semplici passaggi ed un cambio di variabile nell’integrale in dt, risulta che:
+∞ +∞ +∞ +∞ |ψ (τ ,t)|dt dτ = |x(τ )||h(t − τ )|dt dτ −∞ −∞ −∞ −∞
+∞ +∞ = |x(τ )| |h(t − τ )|dt dτ −∞ −∞ +∞
+∞ = |x(τ )| |h(u)|du dτ −∞ −∞
+∞ +∞
= |x(τ )|dτ |h(u)|du < +∞ , (C.3) −∞
−∞
quindi, invocando il teorema di possiamo affermare che la funzione ψ (τ ,t) è sommabile su 2 3 R . Invocando il teorema di Fubini, in conseguenza della sommabilità su R2 della funzione ψ (τ ,t), Tonelli,2
2 Siano U e V due sottoinsiemi misurabili di R e f (u, v) una funzione misurabile su U ×V , il teorema di Tonelli consente di affermare che se
| f (u, v)| dv du < +∞ , U
V
allora f (u, v) è sommabile su U ×V . 3 Siano U e V due sottoinsiemi misurabili di R e f (u, v) una funzione definita quasi ovunque su U ×V e ivi misurabile, in base al teorema di Fubini si può affermare che, se la funzione f (u, v) è sommabile su U ×V , allora risulta che
f (u, v) dv du = f (u, v) du dv = f (u, v) du dv . U
V
U×V
V
U
C.2 Somma di convoluzione
461
segue che, nell’integrale doppio della funzione ψ (τ ,t), l’ordine di integrazione rispetto a t e τ è inessenziale, per cui:
+∞ +∞ +∞ +∞ +∞ y(t)dt = ψ (τ ,t)dτ dt = ψ (τ ,t)dt dτ (C.4) −∞ −∞ −∞ −∞ −∞
+∞
+∞ +∞ +∞ = x(τ )h(t − τ )dt dτ = x(τ ) h(t − τ )dt dτ (C.5) −∞ −∞ −∞ −∞
+∞
+∞ x(τ )dτ h(u)du , (C.6) = −∞
−∞
da cui si evince che il segnale di uscita y(t) è anch’esso integrabile su tutto l’asse reale e il risultato dell’integrazione è dato dal prodotto dell’integrale del segnale di ingresso x(t) e dell’integrale della risposta impulsiva h(t). Poiché anche la funzione |ψ (τ ,t)| è sommabile su R2 , è possibile applicare ancora il teorema di Fubini per scambiare l’ordine di integrazione nell’integrale doppio della funzione |ψ (τ ,t)|. Si ha allora, con semplici passaggi ed un cambiamento di variabile nell’integrale in dt: +∞ +∞ +∞ |y(t)|dt = ψ (τ ,t)dτ dt −∞ −∞ −∞
+∞ +∞ +∞ +∞ |ψ (τ ,t)|dτ dt = |ψ (τ ,t)|dt dτ ≤ −∞ −∞ −∞ −∞
+∞
+∞ +∞ +∞ = |x(τ )h(t − τ )|dt dτ = |x(τ )| |h(t − τ )|dt dτ −∞ −∞ −∞ −∞ +∞
+∞ = |x(τ )|dτ |h(u)|du < +∞ , (C.7) −∞
−∞
il che prova che y(t) è sommabile su R. Riassumendo, possiamo enunciare la seguente proprietà: Proprietà C.2 (sommabilità e area della convoluzione TC) Se il segnale di ingresso x(t) e la risposta impulsiva h(t) sono funzioni sommabili su R, allora il segnale di uscita y(t) è anch’esso una funzione sommabile (ed integrabile) su R, e si ha +∞
+∞
+∞ y(t) dt = x(t) dt h(t) dt . (C.8) −∞
−∞
−∞
La (C.8) può essere riletta dicendo che, se x(t) e h(t) sono sommabili su R, l’area Ay del segnale di uscita y(t) è data dal prodotto dell’area Ax del segnale di ingresso e di quella Ah della risposta impulsiva, ossia Ay = Ax Ah .
C.2 Somma di convoluzione Sia S un sistema TD LTI con risposta impulsiva h(n). L’uscita y(n) di tale sistema in risposta al segnale di ingresso x(n) si ottiene risolvendo una delle due seguenti somme di convoluzione: y(n) =
+∞
∑
k=−∞
x(k) h(n − k) =
+∞
∑
h(k) x(n − k) .
(C.9)
k=−∞
Tali somme, essendo in effetti delle serie, non sono sempre definite e, qualora lo siano, non è detto che il segnale risultante y(n) assuma valori finiti per ogni n ∈ Z.
462
Proprietà matematiche della convoluzione
La somma di convoluzione4 gode di alcune proprietà interessanti, che sono le controparti di quelle già discusse per l’integrale di convoluzione. La prima proprietà riguarda la convergenza della somma di convoluzione. A tale proposito, osserviamo che, se la risposta impulsiva è una successione limitata, cioè |h(n)| ≤ Kh , per ogni n ∈ Z e con Kh ∈ R+ , ed il segnale di ingresso è sommabile, cioè +∞
∑
|x(k)| = Ix ,
con Ix ∈ R+ ,
k=−∞
segue che, per ogni n ∈ Z, +∞ +∞ +∞ |y(n)| = ∑ x(k) h(n − k) ≤ ∑ |x(k)| |h(n − k)| ≤ Kh ∑ |x(k)| ≤ Ky = Kh Ix , k=−∞ k=−∞ k=−∞
(C.10)
ovvero il segnale di uscita y(n) è limitato. Possiamo quindi enunciare la seguente proprietà: Proprietà C.3 (convergenza della somma di convoluzione) Se il segnale di ingresso x(n) [la risposta impulsiva h(n)] è sommabile e la risposta impulsiva h(n) [il segnale di ingresso x(n)] è una successione limitata, allora la somma di convoluzione (C.9) è convergente per ogni n ∈ Z e, quindi, il segnale di uscita y(n) è limitato. Supponiamo ora che entrambi le successioni x(n) e h(n) coinvolte nella convoluzione siano sommabili, ragionando analogamente a quanto fatto nel caso TC,5 si può dimostrare il seguente risultato: Proprietà C.4 (sommabilità della convoluzione TD) Se il segnale di ingresso x(n) e la risposta impulsiva h(n) sono successioni sommabili, allora il segnale di uscita y(n) è anch’esso una successione sommabile e si ha: * +* + +∞
∑
n=−∞
y(n) =
+∞
∑
n=−∞
+∞
x(n)
∑
h(n)
.
(C.11)
n=−∞
In altre parole, la (C.11) può essere riletta dicendo che, se x(n) e h(n) sono sommabili, l’area Ay del segnale di uscita y(n) è data dal prodotto dell’area Ax del segnale di ingresso e di quella Ah della risposta impulsiva, ossia Ay = Ax Ah .
seguito faremo riferimento alla prima somma nella (C.9) il cui termine generale è x(k) h(n − k). Tutte le considerazioni fatte per tale integrale si applicano anche alla seconda somma, il cui termine generale è h(k) x(n − k), scambiando semplicemente i ruoli tra segnale di ingresso e risposta impulsiva. 5 I teoremi di Tonelli e Fubini (note 2 e 3) si possono applicare anche nel caso TD, assumendo che f (u, v) abbia un andamento costante a tratti sia rispetto ad u che a v, ovvero, f (u, v) = a(, m) per u ∈ (, + 1) ⊂ U e v ∈ (m, m + 1) ⊂ V , con , m ∈ Z; in tal caso, gli integrali che compaiono negli enunciati dei teoremi diventano somme di successioni. 4 Nel
Appendice D
Invertibilità di un sistema
I
n questa appendice è discusso con maggiore dettaglio il concetto di invertibilità di un sistema. Poichè un sistema è matematicamente descritto da una trasformazione o operatore, il concetto di invertibilità di un sistema è strettamente legato a quello di invertibilità di un operatore [11]. In particolare, sono discussi alcuni esempi che evidenziano come l’invertibilità di un sistema sia una proprietà non elementare, il cui studio richiede un’appropriata formalizzazione matematica, nella quale giocano un ruolo fondamentale gli insiemi I e U dei segnali di ingresso e di uscita del sistema.
D.1 Invertibilità di un sistema Prima di studiare l’invertibilità di un sistema LTI, richiamiamo brevemente il modello matematico di sistema e la definizione di invertibilità di un sistema, al fine di discutere alcuni esempi interessanti. Un sistema SISO – TC o TD – è un modello matematico che descrive la relazione tra un segnale di ingresso x(·) ed un segnale di uscita y(·). Tale modello matematico è descritto da una trasformazione: S : I → U,
(D.1)
che istituisce una relazione tra l’insieme dei segnali di ingresso I e l’insieme dei segnali di uscita U. Se i segnali appartenenti agli insiemi I e U sono TD, allora il sistema è TD; viceversa, se i segnali appartenenti agli insiemi I e U sono TC, allora il sistema è TC. In questa appendice, invece delle notazione complete (3.2) e (3.3) per le relazioni i-u dei sistemi, si utilizzerà la notazione semplificata: y(·) = S[x(·)] . Ricordiamo che (cfr. def. 3.8) il sistema (D.1) si dice invertibile se, comunque si fissi un segnale di uscita y(·) ∈ U, esiste un unico segnale di ingresso x(·) ∈ I tale che S [x(·)] = y(·) .
(D.2)
Se il sistema è invertibile, allora si può far corrispondere ad ogni segnale y(·) ∈ U l’unico segnale x(·) ∈ I che soddisfa la (D.2). Il sistema S−1 : U → I ,
464
Invertibilità di un sistema
che realizza questa corrispondenza si dice il sistema inverso del sistema S. Da un punto di vista sistemistico, la cascata di S e S−1 (nell’ordine) realizza la trasformazione identica, nel senso che S−1 {S[x(·)]} = x(·) ,
per ogni segnale di ingresso x(·) ∈ I .
Si può verificare che, se S−1 è il sistema inverso di S, allora anche il sistema S−1 è invertibile e si ha: S{S−1 [y(·)]} = y(·) ,
per ogni segnale y(·) ∈ U .
Si osservi che, oltre alla trasformazione S, la natura degli insiemi I ed U gioca un ruolo fondamentale nello studio dell’invertinilità di un sistema. Questo aspetto è chiarito dai seguenti esempi. Esempio D.1 (invertibilità dell’integratore TC) Studiamo l’invertibilità del sistema Sint : Iint → Uint , il cui legame i-u è dato da: y(t) =
t −∞
x(u) du ,
(D.3)
che rappresenta un integratore TC (cfr. es. 3.1). Affinchè abbia senso studiare l’invertibilità di tale sistema, l’insieme Iint dei segnali di ingresso deve essere costituito da tutti i segnali {x(u)}u∈R che risultano integrabili sulla semiretta (−∞,t), ∀t ∈ R. A seguito di questa restrizione, ad esempio, il segnale costante x(u) = a, con a ∈ C − {0}, non può appartenere all’insieme Iint . L’insieme Uint è costituito da tutti i segnali che si possono scrivere nella forma y(t) = X(t) − X(−∞), dove X(t) è una primitiva di x(t) ∈ Iint . È interessante osservare che, detto y1 (t) l’uscita del sistema corrispondente al segnale di ingresso x1 (t) ∈ Iint , non esiste alcun segnale x2 (t) ∈ Iint , diverso dal segnale x1 (t), la cui corrispondente uscita y2 (t) differisce da y1 (t) per una costante non nulla, cioè tale per cui y2 (t) = y1 (t) + c, con c ∈ R − {0}. La prova di questa proprietà si può ottenere ragionando per assurdo. Siano x1 (t), x2 (t) ∈ Iint due segnali diversi, ossia x1 (t) = x2 (t), le cui corrispondenti uscite siano legate, per ogni t ∈ R, dalla relazione: y2 (t) − y1 (t) = c
⇐⇒
t −∞
x2 (u) du −
t −∞
x1 (u) du = c
⇐⇒
t −∞
[x2 (u) − x1 (u)] du = c ,
da cui derivando ambo i membri dell’ultima relazione, si ottiene x2 (t) − x1 (t) = 0, per ogni t ∈ R, il che viola l’ipotesi che x1 (t) = x2 (t). L’integratore TC è un sistema invertibile. A tale proposito, è sufficiente osservare che, derivando ambo i membri della (D.3), si ha: d y(t) = x(t) , dt da cui si evince che l’integratore è un sistema invertibile e, in aggiunta, che il suo sistema inverso è il sistema che opera la derivata prima del segnale di ingresso: S−1 int : y(t) ∈ Uint →
d y(t) ∈ Iint . dt
A sua volta, quest’ultimo sistema è invertibile ed il suo sistema inverso è l’integratore TC. Si faccia bene attenzione che ciò non vuol dire che il derivatore sia in generale un sistema invertibile. Infatti, se consideriamo il sistema: S : y(t) ∈ U →
d y(t) ∈ I , dt
per il quale non sussiste alcuna restrizione sui segnali appartenenti ad U, si ottiene un sistema non invertibile. Infatti, due segnali appartenenti ad U che differiscono per una costante, ad esempio y1 (t) ed y2 (t) = y1 (t) + c, con c ∈ R − {0}, hanno la stessa derivata e quindi generano in uscita lo stesso segnale; pertanto, il sistema S non può essere invertibile. Ciò non accade invece per il sistema S−1 int in quanto non esistono nell’insieme Uint due segnali che differiscono per una costante.
D.1 Invertibilità di un sistema
465
Esempio D.2 (invertibilità dell’accumulatore o integratore TD) Studiamo l’invertibilità del sistema Sacc : Iacc → Uacc , il cui legame i-u è dato da: y(n) =
n
∑
x(k) ,
k=−∞
detto accumulatore o integratore TD (cfr. es. 3.2). Affinchè abbia senso studiare l’invertibilità di tale sistema, l’insieme Iacc dei segnali di ingresso deve essere costituito da tutte le successioni {x(k)}k∈Z la cui somma parziale per k ≤ n risulta finita, ∀n ∈ Z. A seguito di questa restrizione, ad esempio, il segnale costante x(k) = a, con a ∈ C − {0}, non può appartenere all’insieme Iacc . Per quanto riguarda l’insieme Uacc è interessante osservare che, detta y1 (n) l’uscita del sistema corrispondente al segnale di ingresso x1 (n) ∈ Iacc , non esiste alcun segnale x2 (n) ∈ Iacc , diverso dal segnale x1 (n), la cui corrispondente uscita y2 (n) differisce da y1 (n) per una costante non nulla, cioè tale per cui y2 (n) = y1 (n) + c, con c ∈ R − {0}. La prova di questa proprietà si può ottenere ragionando per assurdo. Siano x1 (n), x2 (n) ∈ Iacc due segnali diversi, ossia x1 (n) = x2 (n), le cui corrispondenti uscite sia legate, per ogni n ∈ Z, dalla relazione: y2 (n) − y1 (n) = c
⇐⇒
n
∑
x2 (k) −
k=−∞
n
∑
k=−∞
x1 (k) = c
⇐⇒
n
∑
[x2 (k) − x1 (k)] = c .
(D.4)
k=−∞
Poichè l’ultima relazione deve valere per ogni n ∈ Z, deve quindi valere anche che: n−1
∑
[x2 (k) − x1 (k)] = c ,
(D.5)
k=−∞
da cui sottraendo membro a membro la (D.5) e la terza relazione nella (D.4), si ottiene x2 (n) − x1 (n) = 0, per ogni n ∈ Z, il che viola l’ipotesi che x1 (n) = x2 (n). L’accumulatore è un sistema invertibile. A tal fine, osserviamo che la relazione i-u dell’accumulatore si può scrivere anche in forma ricorsiva: y(n) = y(n − 1) + x(n) , per cui si ricava univocamente la relazione inversa: x(n) = y(n) − y(n − 1) , sulla base della quale si può affermare che l’accumulatore è un sistema invertibile e, in aggiunta, che il suo sistema inverso è il sistema che opera la differenza prima causale: S−1 acc : y(n) ∈ Uacc → ∇1 [y(n)] ∈ Iacc . Tale sistema è invertibile ed il suo sistema inverso è l’accumulatore. Si faccia bene attenzione che ciò non vuol dire che il sistema che opera la differenza prima sia in generale un sistema invertibile. Infatti, se consideriamo il sistema: S : y(n) ∈ U → ∇1 [y(n)] ∈ I , dove non sussiste alcuna restrizione sui segnali appartenenti ad U e I, si ottiene un sistema non invertibile. Infatti, due segnali che differiscono per una costante, ad esempio y1 (n) ed y2 (n) = y1 (n) + c, con c ∈ R − {0}, generano la stessa sequenza: x1 (n) = y1 (n) − y1 (n − 1) , x2 (n) = y2 (n) − y2 (n − 1) = [y1 (n) + c] − [y1 (n − 1) + c] = y1 (n) − y1 (n − 1) = x1 (n) , per cui il sistema S non può essere invertibile. Ciò non accade invece per il sistema S−1 acc in quanto non esistono nell’insieme Uacc due segnali che differiscono per una costante.
466
Invertibilità di un sistema
Esempio D.3 (invertibilità del decimatore e dell’espansore) Si verifica facilmente che la cascata di un espansore e di un decimatore con M = L, nell’ordine, realizza la trasformazione identica. Infatti, il sistema espansore Sesp : Iesp → Uesp è caratterizzato dal legame i-u: n n x , se n è multiplo di L ; L y(n) = x = L 0, altrimenti , da cui si evince che non esiste alcuna restrizione sui segnali di ingresso, mentre l’insieme Uesp è costituito da segnali y(n) che assumono valore nullo in tutti gli istanti di tempo n che non sono multipli di L. Se consideriamo il sistema: S−1 esp : y(n) ∈ Uesp → y(nL) ∈ Iesp , otteniamo che S−1 esp {Sesp [x(n)]} = x
nL = x(n) . L
Pertanto, l’espansore Sesp è invertibile ed il suo sistema inverso S−1 esp è un decimatore che opera sui segnali appartenenti all’insieme Uesp . A sua volta, anche il sistema S−1 è invertibile ed il suo sistema inverso è un espansore. esp Si faccia bene attenzione che ciò non vuol dire che un decimatore sia in generale un sistema invertibile. Infatti, se consideriamo il sistema S : y(n) ∈ U → y(nM) ∈ I , per il quale non sussiste alcuna restrizione sui segnali appartenenti ad U, si ottiene un sistema non invertibile, in quanto l’operazione di decimazione comporta inevitabilmente la perdita di alcuni campioni del segnale di ingresso che non possono essere recuperati da nessun sistema posto in serie a valle del decimatore. Per il sistema S−1 esp ciò non accade in quanto esso è un decimatore operante sui segnali appartenenti all’insieme Uesp , i quali assumono valore nullo negli istanti di tempo che non sono multipli di L = M, per cui tali campioni non sono importanti per la ricostruzione esatta dell’andamento del segnale.
D.2 Invertibilità di un sistema LTI Un sistema S è lineare se soddisfa il principio di sovrapposizione (cfr. prop. 3.3): S[α1 x1 (·) + α2 x2 (·)] = α1 y1 (·) + α2 y2 (·) ,
∀α1 , α2 ∈ C ,
(D.6)
dove l’uguaglianza sussiste per ogni coppia di segnali di ingresso x1 (·), x2 (·) ∈ I, le cui corrispondenti uscite siano y1 (·) = S[x1 (·)] e y2 (·) = S[x2 (·)]. Supponiamo che, oltre ad essere lineare, il sistema S sia anche invertibile e sia S−1 il suo sistema inverso. In tal caso, a partire dalla (D.6) e dalla definizione di sistema inverso segue che: S−1 {S[α1 x1 (·) + α2 x2 (·)]} = α1 x1 (·) + α2 x2 (·) = S−1 [α1 y1 (·) + α2 y2 (·)] .
(D.7)
Per definizione di sistema inverso segue anche che: S−1 [y1 (·)] = x1 (·) e S−1 [y2 (·)] = x2 (·) , da cui moltiplicando queste due uguaglianze per α1 e α2 , rispettivamente, e sommando, si ottiene:
α1 S−1 [y1 (·)] + α2 S−1 [y2 (·)] = α1 x1 (·) + α2 x2 (·) .
(D.8)
D.2 Invertibilità di un sistema LTI
467
Confrontando le (D.6) e (D.8), possiamo quindi scrivere che: S−1 [α1 y1 (·) + α2 y2 (·)] = α1 S−1 [y1 (·)] + α2 S−1 [y2 (·)] , dalla quale possiamo concludere che il sistema inverso S−1 soddisfa anch’esso al principio di sovrapposizione ed è quindi, per definizione, un sistema lineare. In base a tali considerazioni, possiamo pertanto enunciare il seguente risultato: Proprietà D.1 (linearità del sistema inverso) Dato un sistema S invertibile, se S è lineare anche S−1 è lineare. La prop. D.1 mette in luce che se un sistema è lineare ed invertibile, il corrispondente sistema inverso è lineare. Cerchiamo di capire se un risultato analogo vale anche per la proprietà di invarianza temporale. Per fare ciò, soffermiamo l’attenzione sul caso di sistemi TC. Si ricordi preliminarmente che, detta y(t) = S[x(t)] la risposta del sistema S all’arbitrario segnale di ingresso x(t) ∈ I, il sistema è TI se S[x(t − t0 )] = y(t − t0 ) ,
∀t0 ∈ R .
(D.9)
Se il sistema S è invertibile ed S−1 è il suo sistema inverso, risulta che S−1 [y(t)] = x(t), per ogni y(t) ∈ U. D’altra parte, a partire dalla (D.9) e dalla definizione di sistema inverso segue che: S−1 {S[x(t − t0 )]} = x(t − t0 ) = S−1 [y(t − t0 )] ,
(D.10)
da cui si evince che, se x(t) è la risposta del sistema inverso al segnale di ingresso y(t), allora la risposta del sistema inverso al segnale di ingresso y(t −t0 ) è x(t −t0 ). In altre parole, ad una traslazione temporale del segnale di ingresso il sistema inverso fa corrispondere una eguale traslazione temporale del segnale di uscita. Per definizione, il sistema S−1 è allora TI. Con ovvie modifiche, è possibile dimostrare che vale lo stesso risultato anche per i sistemi TD. Possiamo quindi concludere che vale la seguente proprietà: Proprietà D.2 (invarianza temporale del sistema inverso) Dato un sistema S invertibile, se S è invariante temporalmente anche S−1 è invariante temporalmente. Mettendo insieme le prop. D.1 e D.2, possiamo quindi ottenere l’importante risultato che che se un sistema LTI è invertibile, allora il corrispondente sistema inverso è anch’esso LTI. Nei due esempi che seguono, utilizzando la prop. 4.7, studieremo l’invertibilità di sistemi LTI. Esempio D.4 (invertibilità dell’integratore TC in termini di risposta impulsiva) Riconsideriamo il sistema integratore TC (cfr. es. D.1), il cui legame i-u è: y(t) =
t −∞
x(u) du .
(D.11)
Abbiamo già mostrato che tale sistema è TI (cfr. es. 3.18) e si può facilmente verificare che tale sistema è anche lineare, per cui l’integratore (D.11) è un sistema LTI. La risposta impulsiva di tale sistema si può ottenere osservando che la (D.11) si può scrivere come una convoluzione: y(t) =
t −∞
x(u) du =
+∞ −∞
x(τ ) u(t − τ ) dτ ,
(D.12)
468
Invertibilità di un sistema
dove nell’ultimo passaggio abbiamo sfruttato il fatto che u(t − τ ) = 0 per t − τ < 0 e quindi per τ > t. Confrontando la (D.12) con la (4.12), si conclude che la risposta impulsiva del sistema è: h(t) = u(t) , ossia la risposta impulsiva del sistema integratore è proprio il gradino unitario. Abbiamo visto nell’es. D.1 che l’integratore TC è un sistema invertibile e, in aggiunta, che il suo sistema inverso è il sistema derivatore, il cui legame i-u è dato da: y(t) =
d x(t) . dt
(D.13)
Si tratta di un sistema chiaramente lineare (l’operatore di derivazione è per sua natura lineare). Tale sistema è anche TI, infatti, utilizzando la regola di derivazione delle funzioni composte è immediato ottenere: d d d x(t − t0 ) = x(u) (t − t0 ) = y(t − t0 ) . dt du u=t−t0 dt La risposta impulsiva del sistema derivatore si può calcolare applicando la definizione di risposta impulsiva, ponendo x(t) = δ (t) nella (D.13), ottenendo così: hinv (t) =
d δ (t) . dt
Verifichiamo che tale sistema è effettivamente il sistema inverso dell’integratore TC. Per fare ciò, in virtù della prop. 4.7, dobbiamo verificare che hinv (t) ∗ h(t) = δ (t) .
(D.14)
Si ha: hinv (t) ∗ h(t) =
+∞ −∞
hinv (τ ) h(t − τ ) dτ =
+∞ d −∞
dτ
δ (τ ) u(t − τ ) dτ
Invocando la prop. 2.2(f), la (2.9) e applicando nuovamente la regola di derivazione delle funzione composte, si ha: ' . +∞ d d d d δ (τ ) u(t − τ ) dτ = − u(s) u(t − τ ) =− (t − τ ) dτ dτ ds −∞ τ =0 s=t−τ dτ τ =0 = δ (t − τ ) = δ (t) . τ =0
Pertanto, la (D.14) è verificata e, quindi, il derivatore è il sistema inverso dell’integratore TC.
Esempio D.5 (invertibilità dell’integratore TD o accumulatore in termini di risposta impulsiva) Si riconsideri l’integratore TD o accumulatore (cfr. es. D.2), avente relazione i-u: y(n) =
n
∑
x(k) .
(D.15)
k=−∞
Si può facilmente verificare che l’integratore TD è un sistema LTI. La risposta impulsiva di tale sistema si può ottenere osservando che la (D.15) si può scrivere come una convoluzione: y(n) =
n
∑
x(k) =
k=−∞
+∞
∑
x(k) u(n − k) ,
(D.16)
k=−∞
dove nell’ultimo passaggio abbiamo sfruttato il fatto che u(n − k) = 0 per n − k < 0 ovvero per k > n. Confrontando la (D.16) con la (4.7), si conclude che la risposta impulsiva del sistema è: h(n) = u(n) ,
D.2 Invertibilità di un sistema LTI
469
ossia la risposta impulsiva del sistema integratore TD è proprio il gradino unitario. Si è mostrato nell’es. D.2 che l’accumulatore è un sistema invertibile e, in aggiunta, che il suo sistema inverso è il sistema che opera la differenza prima causale, il cui legame i-u è dato da: y(n) = ∇1 [x(n)] = x(n) − x(n − 1) .
(D.17)
La risposta impulsiva di tale sistema si può calcolare applicando la definizione di risposta impulsiva, ponendo x(n) = δ (n) nella (D.17), ottenendo così: hinv (n) = δ (n) − δ (n − 1) . Verifichiamo che tale sistema è effettivamente il sistema inverso dell’integratore TD. Per fare ciò, in virtù della prop. 4.7, dobbiamo verificare che: hinv (n) ∗ h(n) = δ (n) .
(D.18)
Per la verifica di tale uguaglianza, osserviamo che, invocando la prop. 4.2(c) e 4.2(d), si ha: hinv (n) ∗ h(n) = [δ (n) − δ (n − 1)] ∗ u(n) = u(n) − u(n − 1) = δ (n) . Pertanto, la (D.18) è verificata e, quindi, il sistema che effettua la differenza prima causale è il sistema inverso dell’accumulatore.
470
Invertibilità di un sistema
Appendice E
Proprietà della serie di Fourier
I
n questa Appendice sono riportate schematicamente le proprietà più importanti della serie di Fourier per segnali periodici TC e TD. Inoltre, con riferimento ai segnali periodici TC, è brevemente discusso il problema della convergenza in media quadratica della serie di Fourier.
E.1 Serie di Fourier a TC E.1.1
Definizioni
Sia x(t) un segnale periodico di periodo T0 = 1/ f0 ∈ R+ : FS
x(t) ←→ Xk +∞
x(t) =
∑
Xk e j2π k f0t
(equazione di sintesi)
k=−∞
1 Xk = T0 E.1.2
x(t) e− j2π k f0t dt
(equazione di analisi)
T0
Proprietà
1. Linearità: FS
α1 x(t) + α2 y(t) ←→ α1 Xk + α2 Yk ,
∀α1 , α2 ∈ C .
Nota: x(t) ed y(t) periodici dello stesso periodo T0 . 2. Simmetria: FS
x(−t) ←→ X −k , ∗ , x∗ (t) ←→ X −k FS
x∗ (−t) ←→ Xk∗ . FS
472
Proprietà della serie di Fourier
Nota: come conseguenza, un segnale pari ha coefficienti di Fourier pari (Xk = X −k ), un segnale dispari ha coefficienti di Fourier dispari (Xk = −X −k ), un segnale reale ha coefficienti di Fourier hermitiani (Xk∗ = X −k ), un segnale reale e pari ha coefficienti di Fourier reali e pari, un segnale reale e dispari ha coefficienti di Fourier immaginari puri e dispari. 3. Traslazione nel tempo: y(t) = x(t − t0 ) ←→ Yk = Xk e− j2π k f0t0 , FS
∀t0 ∈ R .
Nota: una traslazione nel tempo non altera lo spettro di ampiezza del segnale. 4. Traslazione in frequenza: y(t) = x(t) e j2π k0 f0t ←→ Yk = Xk−k0 FS
∀k0 ∈ Z .
5. Cambiamento di scala: FS
y(t) = x(at) ←→ Yk = Xk ,
∀a ∈ R+ .
Nota: x(t) periodico di periodo T0 , per cui y(t) = x(at) è periodico di periodo T0 /a. Pertanto lo sviluppo di x(t) è relativo al periodo T0 , mentre quello di y(t) = x(at) è relativo al periodo T0 /a. Se a < 0, risulta che y(t) = x(at) = x(−|a|t), per cui in base alla prop. 2, segue che Yk = X −k . 6. Derivazione: y(t) =
d FS x(t) ←→ Yk = ( j2π k f0 ) Xk . dt
7. Convoluzione periodica: 1 z(t) = T0
FS
T0
x(τ ) y(t − τ ) dτ ←→ Zk = Xk Yk .
Nota: x(t) ed y(t) periodici dello stesso periodo T0 . Nella convoluzione periodica l’integrale è esteso al periodo T0 . 8. Prodotto: FS
z(t) = x(t) y(t) ←→ Zk = Xk ∗Yk =
+∞
∑
=−∞
X Yk− .
Nota: x(t) ed y(t) periodici dello stesso periodo T0 . 9. Parseval: Px =
1 T0
T0
|x(t)|2 dt =
+∞
∑
k=−∞
|Xk |2 ,
Pxy =
1 T0
T0
x(t)y∗ (t) dt =
Nota: nella seconda, x(t) ed y(t) periodici dello stesso periodo T0 .
+∞
∑
k=−∞
Xk Yk∗ .
E.2 Serie di Fourier a TD (DFS)
473
E.2 Serie di Fourier a TD (DFS) E.2.1
Definizione
Sia x(n) un segnale periodico di periodo N0 ∈ N, wN0 = e− j2π /N0 : DFS
x(n) ←→ X(k) x(n) = X(k) =
1 N0 −1 ∑ X(k) w−kn N0 N0 k=0 N0 −1
∑
x(n) wkn N0
(equazione di sintesi) (equazione di analisi)
n=0
E.2.2
Proprietà
1. Linearità: DFS
α1 x(n) + α2 y(n) ←→ α1 X(k) + α2 Y (k) ,
∀α1 , α2 ∈ C .
Nota: x(n) ed y(n) periodici dello stesso periodo N0 . 2. Simmetria: DFS
x(−n) ←→ X(−k) = X(N0 − k) , x∗ (n) ←→ X ∗ (−k) = X ∗ (N0 − k) , DFS
x∗ (−n) ←→ X ∗ (k) . DFS
Nota: come conseguenza, un segnale pari ha DFS pari [X(k) = X(−k) = X(N0 − k)], un segnale dispari ha DFS dispari [X(k) = −X(−k) = −X(N0 − k)], un segnale reale ha DFS hermitiana [X ∗ (k) = X(−k) = X(N0 − k)], un segnale reale e pari ha DFS reale e pari, un segnale reale e dispari ha DFS immaginaria pura e dispari. 3. Traslazione nel tempo: DFS
0 y(n) = x(n − n0 ) ←→ Y (k) = X(k) wkn N0 ,
∀n0 ∈ Z .
Nota: una traslazione nel tempo non altera lo spettro di ampiezza del segnale. 4. Traslazione in frequenza: y(n) = x(n) wN−k0 0 n ←→ Y (k) = X(k − k0 ) , DFS
∀k0 ∈ Z .
5. Dualità: DFS
x(n) ←→ X(k) DFS
X(n) ←→ N0 x(−k) Nota: la dualità non sussiste per la serie di Fourier a TC.
474
Proprietà della serie di Fourier
6. Differenza prima: DFS
y(n) = x(n) − x(n − 1) ←→ Y (k) = (1 − wkN0 ) X(k) . 7. Convoluzione periodica: z(n) = ∑ x(m) y(n − m) ←→ Z(k) = X(k)Y (k) . DFS
N0
Nota: x(n) ed y(n) periodici dello stesso periodo N0 . Nella convoluzione periodica la sommatoria è estesa al periodo N0 . 8. Prodotto: z(n) = N0 x(n) y(n) ←→ Z(k) = ∑ X()Y (k − ) . DFS
N0
Nota: x(n) ed y(n) periodici dello stesso periodo N0 . I coefficienti Z(k) sono il risultato della convoluzione periodica tra X(k) e Y (k). 9. Parseval: Px =
1 1 |x(n)|2 = 2 ∑ N0 N0 N0
∑ |X(k)|2 , N0
Pxy =
1 1 x(n)y∗ (n) = 2 ∑ N0 N0 N0
∑ X(k)Y ∗ (k) . N0
Nota: nella seconda, x(n) ed y(n) periodici dello stesso periodo N0 .
E.3 Convergenza in media quadratica della serie di Fourier La serie di Fourier per segnali TC, essendo il risultato della combinazione lineare di un numero infinito di fasori, può risultare non convergente. Tale problema non sussiste invece per la DFS, in quanto un qualunque segnale TD periodico, con periodo N0 , si può esprimere esattamente come combinazione lineare di N0 fasori. Nel § 5.2.1, si è discussa la convergenza uniforme e puntuale della serie di Fourier di un segnale TC periodico con periodo T0 , fornendo alcune condizioni per questi tipi di convergenza. In questo paragrafo, discuteremo invece il problema della convergenza in media quadratica della serie di Fourier a TC, che pone condizioni meno restrittive (soddisfatte da tutti i segnali di interesse ingegneristico) sulla famiglia dei segnali periodici rappresentabili in serie di Fourier. Il punto di partenza per lo studio della convergenza della serie di Fourier affrontato nel § 5.2.1 è riconducibile allo studio della convergenza della somma parziale M-esima (5.16) della serie di funzioni (5.15), al limite per M → +∞. Si noti che nella (5.16) i coefficienti della combinazione lineare sono quelli di Fourier definiti dalla equazione di analisi (5.11). Qui affronteremo in partenza un problema più generale, considerando la seguente somma parziale M-esima: xˇM (t) =
M
∑
λk e j2π k f0t ,
con M ∈ N ,
(E.1)
k=−M
dove, a differenza della (5.16), i coefficienti λk ∈ C della combinazione lineare sono dei parametri da determinare. Più precisamente, il nostro obiettivo è quello di trovare una risposta ai seguenti quesiti: (i) per un fissato M (finito), qual’è la scelta “migliore” dei coefficienti λk , ovvero la scelta tale da garantire che xˇM (t) sia una versione il più fedele possibile del segnale x(t)?
E.3 Convergenza in media quadratica della serie di Fourier
475
(ii) se x(t) è un segnale a quadrato sommabile sul periodo T0 , che non verifica tutte le condizioni di Dirichlet1 (cfr. teor. 5.2), il segnale xˇM (t) può convergere in qualche modo ad x(t), per M → +∞? Se il segnale x(t) non soddisfa tutte le condizioni di Dirichlet, allora può succedere che la somma parziale (5.16) non converga puntualmente al segnale x(t); questo significa che, per M → +∞, il segnale limM→∞ xˇM (t) può differire dal segnale di partenza x(t) in corrispondenza di uno o più valori di t (al limite, per tutti i valori di t). Tuttavia, adoperando definizioni meno restrittive di uguaglianza, è possibile ancora individuare una similitudine tra i segnali xˇM (t) e x(t). In effetti, mentre due numeri a e b sono uguali se e solo se la loro differenza |a − b| è nulla, la differenza tra due funzioni si può valutare in diversi modi, non tutti equivalenti tra loro. Nel nostro caso, poichè entrambi i segnali x(t) e xˇM (t) sono periodici di periodo T0 , possiamo soffermare l’attenzione su un arbitrario periodo T0 . Un modo per poter misurare globalmente la differenza tra i due segnali x(t) e xˇM (t) è quello di definire il cosiddetto scarto quadratico medio, normalizzato al periodo: 1 Pe (M) = T0
T0
|xˇM (t) − x(t)|2 dt ,
(E.2)
che è nullo solo se x(t) è uguale ad xˇM (t) quasi ovunque sul periodo T0 , altrimenti è una quantità positiva, il cui valore è un indicatore della differenza tra xˇM (t) ed x(t). Dal punto di vista fisico,
essendo i due segnali xˇM (t) ed x(t) entrambi periodici con periodo T0 , la loro differenza eM (t) = xˇM (t) − x(t) è ancora un segnale periodico dello stesso periodo; pertanto, lo scarto quadratico medio rappresenta (cfr. § 2.6.1) la potenza del segnale periodico eM (t), ovvero dell’errore che si commette approssimando il segnale x(t) con la somma parziale M-esima xˇM (t).2 Siamo ora in grado di dare una risposta al quesito (i). Supponiamo d’ora in avanti che x(t) sia un segnale di potenza (cfr. § 2.6.1), con potenza finita 1 Px = T0
T0
|x(t)|2 dt < +∞ .
Sviluppando il modulo al quadrato che compare nella (E.2), si giunge alla seguente forma: ' . 1 1 1 ∗ |x(t)|2 dt − 2 Re x(t) xˇM (t) dt + |xˇM (t)|2 dt , Pe (M) = T0 T0 T0 T0 T0 T0 da cui sostituendo l’espressione (E.1) di xˇM (t) si ottiene: M 1 2 ∗ 1 − j2π k f0 t |x(t)| dt − 2 Re dt Pe (M) = ∑ λk T0 T0 x(t) e T0 T0 k=−M +
M
M
∑ ∑
λk λh∗
k=−M h=−M
1 = T0 1 Se
T0
e j2π (k−h) f0t dt δ (k−h)
|x(t)| dt − 2 Re 2
T0
1 T 0
Xk
M
∑
k=−M
/
λk∗ Xk
+
M
∑
|λk |2 ,
(E.3)
k=−M
il segnale x(t) è a quadrato sommabile sul periodo T0 , esso è sommabile su T0 (cfr. teor. B.10) e verifica quindi la prima condizione (d1) di Dirichlet; tuttavia, il segnale x(t) può non soddisfare le condizioni (d2) e (d3) ma essere a quadrato sommabile. 2 Si noti che lo scarto quadratico medio P (M) si può calcolare non solo per i segnali x(t) continui, ma anche per quelli e discontinui, come pure per i segnali non limitati sul periodo T0 , a patto che l’integrale che compare nella definizione (E.2) esista finito.
476
Proprietà della serie di Fourier
dove nell’ultimo passaggio abbiamo sfruttato l’ortogonalità dei fasori xk (t) = e j2π k f0t [si veda la (5.4)]. M
Sommando e sottraendo al secondo membro della (E.3) il termine
∑
|Xk |2 , si ottiene, dopo qualche
k=−M
semplice manipolazione algebrica, che: Pe (M) =
1 T0
T0
|x(t)|2 dt −
M
∑
|Xk |2 +
k=−M
M
∑
|λk − Xk |2 = Px − Px (M) +
k=−M
M
∑
|λk − Xk |2 ,
k=−M
(E.4) dove Px (M) (cfr. § 5.4.3) è la potenza del segnale xM (t) ottenuto troncando la serie di Fourier. Come è ovvio, per un fissato valore di M, lo scarto quadratico medio Pe (M) dipende dai valori dei coefficienti λk utilizzati per combinare linearmente i fasori nella (E.1). Alla luce di questo risultato, il quesito (i) si può riformulare più precisamente come segue: qual’è il valore dei coefficienti λk che minimizza lo scarto quadratico medio tra x(t) e xˇM (t)? La risposta a tale quesito si ottiene immediatamente dalla (E.4) osservando che il primo e il secondo addendo non dipendono dai coefficienti λk ; l’unico addendo che dipende da λk è il terzo, che assume solo valori non negativi. Pertanto, visto come funzione dei coefficienti λk , lo scarto quadratico medio Pe (M) assume il suo valore minimo quando il terzo addendo nella (E.4) è nullo, il che avviene se e solo se: 1 λk = Xk = T0
T0
x(t) e− j2π k f0t dt .
Notiamo che la scelta “ottima” (a minimo scarto quadratico medio per ogni fissato M) dei coefficienti λk è data proprio dall’equazione di analisi (5.11) della serie di Fourier. In altre parole, la somma parziale M-esima (5.16) è la migliore approssimazione del segnale x(t), utilizzando come misura lo scarto quadratico medio (E.2). Per λk = Xk , la (E.4) diventa semplicemente: Pe (M) = Px − Px (M) ,
(E.5)
dalla quale, osservato che per definizione Pe (M) ≥ 0, si ottiene: Px (M) ≤ Px
⇒
M
∑
k=−M
|Xk |2 ≤
1 T0
T0
|x(t)|2 dt ,
per ogni M ∈ N ,
che prende il nome di disuguaglianza di Bessel.3 In virtù di tale osservazione, possiamo dire che se x(t) è un segnale di potenza (0 < Px < +∞), i coefficienti di Fourier Xk risultano essere una successione a quadrato sommabile (appartenente ad 2 ), cioè: +∞
∑
|Xk |2 < +∞ .
k=−∞
Passiamo ora a considerare il secondo quesito (ii), dando la seguente definizione: si dice che la serie di Fourier (5.15) converge in media quadratica al segnale x(t) se lim Pe (M) = 0 ,
(E.6)
M→+∞
Px (M) Px
(E.5) può evidentemente essere riscritta come Pe (M) = Px (1 − ξM ), dove il coefficiente ξM = definito nel § 5.4.3, e la disuguaglianza di Bessel stabilisce che ξM ≤ 1. 3 La
è già stato
E.3 Convergenza in media quadratica della serie di Fourier
477
ovvero se lo scarto quadratico tra i segnali xM (t) ed x(t) tende a zero al divergere di M. Valutando la (E.5) al limite, si ottiene che la serie di Fourier converge in media quadratica al segnale x(t) se e solo se: lim Pe (M) = lim [Px − Px (M)] = 0
M→+∞
⇐⇒
M→∞
Px = lim Px (M) = M→∞
+∞
∑
|Xk |2 ,
k=−∞
ovvero se e solo se sussiste l’uguaglianza di Parseval (cfr. prop. 5.4). Riassumendo quando detto finora possiamo enunciare la seguente proprietà: Proprietà E.1 (convergenza in media quadratica della serie di Fourier) FS Sia x(t) ←→ Xk un segnale TC periodico di periodo T0 , a quadrato sommabile sul periodo T0 . La serie di Fourier (5.10) converge in media quadratica al segnale x(t), nel senso che
lim
M→+∞ T0
x(t) −
M
∑
2 Xk e j2π k f0t dt = 0 ,
k=−M
se e solo se sussiste l’uguaglianza di Parseval, cioè Px =
1 T0
|x(t)|2 dt =
T0
+∞
∑
|Xk |2 .
k=−∞
Si può dimostrare [11] che per ogni segnale a quadrato sommabile sul periodo T0 si verifica l’uguaglianza di Parseval e, quindi, qualunque sia il segnale x(t) ∈ L 2 [(a, a + T0 )], con a ∈ R, la serie di Fourier ad esso associata è convergente in media quadratica. Osserviamo infine che, se la serie di Fourier converge uniformemente al segnale x(t), allora essa è convergente anche in media quadratica allo stesso segnale. La verifica di questa proprietà si ottiene facilmente ricordando che, se la serie di Fourier converge uniformemente al segnale x(t), per ogni ε > 0 si può trovare un Nε ∈ N tale che in ogni punto t ∈ R e per tutti i valori di M > Nε sia verificata la disuguaglianza: |xM (t) − x(t)| < ε e, di conseguenza, si ha: 1 Pe (M) = T0
1 |xM (t) − x(t)| dt < T T0 0
2
T0
ε 2 dt = ε 2 ,
da cui discende la (E.6). Il viceversa non è necessariamente vero: cioè, la serie di Fourier può convergere in media quadratica al segnale x(t) anche quando non converge uniformemente a x(t). In altri termini, la convergenza in media quadratica è più “debole” della convergenza uniforme. Per quanto riguarda la convergenza puntuale, si può mostrare che la convergenza in media quadratica al segnale x(t) della serie di Fourier non implica in generale la convergenza puntuale. Inversamente, la serie di Fourier può convergere puntualmente e, nel frattempo, non convergere in media quadratica.
478
Proprietà della serie di Fourier
Appendice F
Proprietà della trasformata di Fourier
I
n questa Appendice sono riportate schematicamente le proprietà più importanti della trasformata di Fourier per segnali TC e TD. Inoltre, sono riportate alcune trasformate notevoli (TC e TD).
F.1 Trasformata di Fourier a TC F.1.1
Definizioni FT
x(t) ←→ X( f ) x(t) = X( f ) = F.1.2
+∞ −∞ +∞ −∞
X( f ) e j2π f t d f
(equazione di sintesi)
x(t) e− j2π f t dt
(equazione di analisi)
Proprietà
1. Linearità: FT
α1 x(t) + α2 y(t) ←→ α1 X( f ) + α2 Y ( f ) ,
∀α1 , α2 ∈ C .
2. Valore nell’origine: X(0) =
+∞ −∞
x(t) dt ,
x(0) =
+∞ −∞
X( f ) d f .
Nota: vale se le quantità calcolate ad ambo i membri sono finite. 3. Dualità: FT
x(t) ←→ X( f ) , FT
X(t) ←→ x(− f ) .
480
Proprietà della trasformata di Fourier
4. Simmetria: FT
x(−t) ←→ X(− f ) , x∗ (t) ←→ X ∗ (− f ) , FT
x∗ (−t) ←→ X ∗ ( f ) . FT
Nota: come conseguenza, un segnale pari ha spettro pari, un segnale dispari ha spettro dispari, un segnale reale ha spettro hermitiano, un segnale reale e pari ha spettro reale e pari, un segnale reale e dispari ha spettro immaginario puro e dispari. 5. Traslazione nel tempo: y(t) = x(t − t0 ) ←→ Y ( f ) = X( f ) e− j2π f t0 , FT
∀t0 ∈ R .
6. Traslazione in frequenza: y(t) = x(t) e j2π f0t ←→ Y ( f ) = X( f − f0 ) , FT
∀ f0 ∈ R .
7. Modulazione: FT
y(t) = x(t) cos(2π f0t + ϕ0 ) ←→ Y ( f ) = 8. Cambiamento di scala: 1 y(t) = x(at) ←→ Y ( f ) = X |a| FT
f , a
1 jϕ0 1 e X( f − f0 ) + e− jϕ0 X( f + f0 ) , 2 2
∀ f 0 , ϕ0 ∈ R .
∀a ∈ R − {0} .
9. Derivazione nel tempo: y(t) =
dk FT x(t) ←→ Y ( f ) = ( j2π f )k X( f ) , dt k
∀k ∈ N .
10. Derivazione in frequenza: FT
(−t)k x(t) ←→
dk 1 X( f ) , ( j2π )k d f k
∀k ∈ N .
11. Integrazione: y(t) =
t −∞
Nota: se X(0) =
FT
x(τ ) dτ ←→ Y ( f ) = +∞ −∞
1 X( f ) X(0) δ ( f ) + . 2 j2π f
x(t) dt = 0 si ha una versione semplificata (senza la parte impulsiva).
12. Convoluzione: z(t) = x(t) ∗ y(t) =
+∞ −∞
FT
x(τ ) y(t − τ ) dτ ←→ Z( f ) = X( f )Y ( f ) .
F.1 Trasformata di Fourier a TC
481
13. Prodotto: FS
z(t) = x(t) y(t) ←→ Z( f ) = X( f ) ∗Y ( f ) =
+∞ −∞
X(λ )Y ( f − λ ) dλ .
14. Parseval: Ex =
+∞ −∞
|x(t)| dt = 2
+∞ −∞
|X( f )| d f ,
Exy =
2
+∞ −∞
∗
x(t) y (t)dt =
+∞ −∞
X( f )Y ∗ ( f ) d f .
Nota: x(t) e y(t) segnali di energia (a quadrato sommabile). 15. Replicazione/campionamento:
k , ∀T0 ∈ R+ , δ f− T0
+∞ 1 +∞ k FT y(t) = ∑ x(kT0 ) δ (t − kT0 ) ←→ Y ( f ) = ∑ X f − T0 , ∀T0 ∈ R+ . T0 k=−∞ k=−∞ 1 +∞ y(t) = ∑ x(t − kT0 ) ←→ Y ( f ) = ∑ X T0 k=−∞ k=−∞ +∞
FT
k T0
16. Formule di Poisson: 1 +∞ ∑ x(t − kT0 ) = T0 ∑ X k=−∞ k=−∞ +∞
+∞
∑
k=−∞
− j2π Tk t
x(kT0 )e
0
=
1 +∞ ∑ X T0 k=−∞
k T0
f−
e
j2π Tk t
k T0
0
,
∀T0 ∈ R+
(prima formula di Poisson) ,
,
∀T0 ∈ R+
(seconda formula di Poisson) .
482
F.1.3
Proprietà della trasformata di Fourier
Trasformate notevoli
Segnale x(t)
Trasformata X( f )
δ (t)
1
1
δ(f) 1 1 δ(f)+ 2 j2π f 1 jπ f
u(t) sgn(t) 1 t rect(t)
− jπ sgn( f )
Λ(t)
sinc2 ( f )
sinc(t)
rect( f )
sinc (t)
Λ( f ) 1 a + j2π f 1 (a + j2π f )2 2a 2 a + (2π f )2 δ ( f − f0 ) 1 j ϕ0 1 e δ ( f − f0 ) + e− jϕ0 δ ( f + f0 ) 2 2 1 j ϕ0 1 e δ ( f − f0 ) − e− jϕ0 δ ( f + f0 ) 2j 2j
1 +∞ k ∑ δ f − T0 T0 k=−∞
2
e−at u(t), a ∈ R+ t e−at u(t), a ∈ R+ e−a|t| , a ∈ R+ e j2π f0 t cos(2π f0t + ϕ0 ) sin(2π f0t + ϕ0 ) +∞
∑
δ (t − kT0 ), T0 ∈ R+
k=−∞
sinc( f )
Nota: applicando la proprietà di dualità è possibile ottenere da ogni FT FT coppia x(t) ←→ X( f ) una nuova coppia X(t) ←→ x(− f ) (le più importanti sono comunque riportate per completezza).
F.2 Trasformata di Fourier a TD F.2.1
Definizioni FT
x(n) ←→ X(ν ) x(n) = X(ν ) =
1/2
X(ν ) e j2πν n dν
(equazione di sintesi)
x(n) e− j2πν n
(equazione di analisi)
−1/2 +∞
∑
n=−∞
Nota: X(ν ) è una funzione periodica di periodo 1.
F.2 Trasformata di Fourier a TD
F.2.2
483
Proprietà
1. Linearità: FT
α1 x(n) + α2 y(n) ←→ α1 X(ν ) + α2 Y (ν ) ,
∀α1 , α2 ∈ C .
2. Valore nell’origine: +∞
X(0) =
∑
x(n) ,
x(0) =
n=−∞
1/2 −1/2
X(ν ) dν .
Nota: vale se le quantità calcolate ad ambo i membri sono finite. 3. Simmetria: FT
x(−n) ←→ X(−ν ) , x∗ (n) ←→ X ∗ (−ν ) , FT
x∗ (−n) ←→ X ∗ (ν ) . FT
Nota: come conseguenza, un segnale pari ha spettro pari, un segnale dispari ha spettro dispari, un segnale reale ha spettro hermitiano, un segnale reale e pari ha spettro reale e pari, un segnale reale e dispari ha spettro immaginario puro e dispari. 4. Traslazione nel tempo: y(n) = x(n − n0 ) ←→ Y (ν ) = X(ν ) e− j2πν n0 , FT
∀n0 ∈ Z .
5. Traslazione in frequenza: y(n) = x(n) e j2πν0 n ←→ Y (ν ) = X(ν − ν0 ) , FT
∀ν0 ∈ R .
6. Modulazione: FT
y(n) = x(n) cos(2πν0 n + ϕ0 ) ←→ Y (ν ) =
1 jϕ0 1 e X(ν − ν0 ) + e− jϕ0 X(ν + ν0 ) , 2 2
7. Espansione: y(n) = x
n L
FT
←→ Y (ν ) = X(Lν ) ,
∀L ∈ N .
8. Decimazione: FT
y(n) = x(nM) ←→ Y (ν ) =
1 M−1 ∑X M k=0
ν −k M
,
∀M ∈ N .
9. Differenza: k FT ∇k [x(n)] = ∇1 {∇k−1 [x(n)]} ←→ Y (ν ) = 1 − e− j2πν X(ν ) ,
∀k ∈ N .
∀ν0 , ϕ0 ∈ R .
484
Proprietà della trasformata di Fourier
10. Derivazione in frequenza: FT
(−n)k x(n) ←→
dk 1 X(ν ) , ( j2π )k dν k
∀k ∈ N .
11. Somma: y(n) =
n
∑
FT
x(k) ←→ Y (ν ) =
k=−∞ +∞
∑
Nota: se X(0) =
1 X(ν ) X(0) δ4(ν ) + . 2 1 − e− j2πν
x(n) = 0 si ha una versione semplificata (senza la parte impulsiva).
n=−∞
12. Convoluzione: +∞
∑
z(n) = x(n) ∗ y(n) =
FT
x(k) y(n − k) ←→ Z(ν ) = X(ν )Y (ν ) .
k=−∞
13. Prodotto: FT
z(n) = x(n) y(n) ←→ Z(ν ) = X(ν ) ∗Y (ν ) =
1/2 −1/2
X(λ )Y (ν − λ ) dλ .
Nota: nel dominio della frequenza si effettua la convoluzione periodica. 14. Parseval: Ex =
+∞
∑
|x(n)|2 =
1/2
n=−∞
−1/2
|X(ν )|2 dν ,
+∞
Exy =
∑
x(n) y∗ (n) =
n=−∞
1/2 −1/2
X(ν )Y ∗ (ν ) dν .
Nota: x(n) e y(n) segnali di energia (a quadrato sommabile). 15. Replicazione/campionamento:
k 4 , ∀N0 ∈ N , δ ν− N0
+∞ 1 N0 −1 k FT y(n) = ∑ x(kN0 ) δ (n − kN0 ) ←→ Y (ν ) = ∑ X ν − N0 , ∀N0 ∈ N . N0 k=0 k=−∞ 1 N0 −1 y(n) = ∑ x(n − kN0 ) ←→ Y (ν ) = ∑X N0 k=0 k=−∞ +∞
FT
k N0
16. Formule di Poisson: 1 N0 −1 x(n − kN ) = 0 ∑ ∑X N0 k=0 k=−∞ +∞
+∞
∑
k=−∞
− j2π Nk n
x(kN0 )e
0
k N0
e
j2π Nk n 0
1 N0 −1 k = ∑ X ν − N0 , N0 k=0
,
∀N0 ∈ N
∀N0 ∈ N
(prima formula di Poisson) , (seconda formula di Poisson) .
F.2 Trasformata di Fourier a TD
F.2.3
485
Trasformate notevoli Segnale x(n)
Trasformata X(ν )
δ (n)
1 δ4(ν )
1 u(n) sgn(n) RN (n) B2N (n) sinc(2νc n), 0 < νc <
1 2
sinc2 (2νc n), 0 < νc <
1 2
an u(n), |a| < 1 (n + 1) an u(n), |a| < 1 a|n| , |a| < 1 e j2πν0 n cos(2πν0 n + ϕ0 ) sin(2πν0 n + ϕ0 ) +∞
∑
k=−∞
δ (n − kN0 ), N0 ∈ N
14 1 δ (ν ) + 2 1 − e− j2πν 2 1 − e− j2πν DN (ν ) 1 2 D (ν ) e− j2πν N N
1 ν rep1 rect 2νc 2νc
1 ν rep Λ 2νc 1 2νc 1 1 − a e− j2πν 1 (1 − a e− j2πν )2 1 − a2 1 + a2 − 2a cos(2πν ) 4 δ (ν − ν0 ) 1 j ϕ0 4 1 e δ (ν − ν0 ) + e− jϕ0 δ4(ν + ν0 ) 2 2 1 j ϕ0 4 1 e δ (ν − ν0 ) − e− jϕ0 δ4(ν + ν0 ) 2j 2j
1 N0 −1 4 k δ ν − ∑ N0 k=0 N0
486
Proprietà della trasformata di Fourier
Bibliografia
Algebra lineare
[1] F.R. Gantmacher. The Theory of Matrices. Chelsea Publishing Company, New York, 1959. [2] R.A. Horn, C.R. Johnson. Matrix Analysis, Cambridge University Press, Cambridge, 1990. Analisi matematica
[3] D. Greco. Complementi di analisi. Liguori, Napoli, 1967. [4] E.W. Weisstein. “Landau Symbols.” From MathWorld–A Wolfram Web Resource. http:// mathworld.wolfram.com/LandauSymbols.html [5] E.W. Weisstein. “Uniform Convergence.” From MathWorld–A Wolfram Web Resource. http: //mathworld.wolfram.com/UniformConvergence.html [6] E.W. Weisstein. “Weierstrass M-Test.” From MathWorld–A Wolfram Web Resource. http: //mathworld.wolfram.com/WeierstrassM-Test.html [7] E.W. Weisstein. “Bounded Variation.” From MathWorld–A Wolfram Web Resource. http:// mathworld.wolfram.com/BoundedVariation.html [8] E.W. Weisstein. “Gibbs Phenomenon.” From MathWorld–A Wolfram Web Resource. http: //mathworld.wolfram.com/GibbsPhenomenon.html [9] J.W. Gibbs, “Fourier’s series,” Nature 59 (1898) 200 and 59 (1899) 606; Collected Works, vol. 2, Longmans, Green and Co., 1931, pp. 258–260. [10] H.S. Carslaw. Introduction to the theory of Fourier’s series and integrals. Macmillan and Co., London, 1921. [11] A.N. Kolmogorov, S.V. Fomin. Elementi di teoria delle funzioni e di analisi funzionale. Edizioni Mir., Mosca, 1980. [12] L. Amerio. Analisi matematica (con elementi di analisi funzionale).. UTET, Torino, 1977, [13] A. Papoulis. The Fourier integral and its applications. McGraw-Hill, New York, 1962.
488
BIBLIOGRAFIA
Segnali a tempo discreto
[14] A.V. Oppenheim, R.W. Schafer, J.R. Buck. Discrete-time signal Processing (2nd ed.). PrenticeHall, Upper Saddle River, NJ, USA, 1999. Vari
[15] G. Gelli. Probabilità ed informazione. http://www.diet.unina.it/giacinto. gelli/ [16] J.G. Proakis, Digital communications. McGraw-Hill, New York, 1989. [17] C. Corduneanu, Almost periodic functions. Chelsea Publishing Co./American Mathematical Society, New York, 1999.