N° 1 - 2004 2004 Gennaio/Febbraio
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PANCHINA d’ORO e d’ARGENTO 2002-2003
PANCH INA d’ORO 2002-2 003
PANCHINA d’ARGENTO 2002-2003
PANCH INA d’ORO 2000-2001
MANIFESTAZIONE PANCHINA D’ORO 2002-2003
IL VICE PRESIDENTE GIANCARLO ABE BETE TE PR PREM EMIA IA IL VI VINC NCIT ITOR ORE E DELLA PAN ANCH CHIN INA A D’ARGENTO 2002-2003 E LIO GIUSTINETTI
AZEGLIO VICI ICINI NI PRE PREMIA MIA FABIO CAPELLO, VINCITORE DELLA PAN ANCH CHIN INA A D’ORO 2000-2001
CARLO ANCELOTTI VINC INCITO ITORE RE DEL PREMIO PAN ANCH CHIN INA A D’ORO 2002-2003
APEL ELLO LO E FABIO CAP DINO ZOFF
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SOMMARIO
EDITORIALE SCUOLA ALLENATORI
SMARCAMENTO E MARCAMENTO NEL GIOCO DEL CALCIO
SCUOLA ALLENATORI
di Enzo Bearzot
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di Daniele Arrigoni
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VAM: DALLA TEORIA ALLA PRATICA di Michele Panella
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CENTRO STUDI E RICERCHE
IL DIRETTORE SPORTIVO E LE ALTRE a cura Centro Studi S.T. FIGURE PROFESSIONALI
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SCUOLA ALLENATORI
COMPORTAMENTO DEL PORTIERE NELLE SITUAZIONI DI PALLA INATTIVA
di Massimo Cacciatori
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SCUOLA ALLENATORI
ANALISI COMPARAT COMPARATA A TRA CAPACITÀ FISICHE E ABILITÀ TECNICHE NEI GIOVANI CALCIATORI CALCIATORI DELLA CATEGORIA ESORDIENTI
di Maurizio Zorba
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SCUOLA ALLENATORI
MOVIMENTI OFFENSIVI DEL 4 – 4 – 2 CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE DIVERSE POSIZIONI DI BASE DEGLI ATTACCANTI ATT ACCANTI CONTRO DIFESE A 4 O 3 A ZONA E 3 A UOMO di Giuseppe Iachini
FONDAZIONE «MUSEO DEL CALCIO»
SAPERE DI NON SAPERE
di Luigi “Cina” Bonizzoni
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SETTORE GIOVANILE
RIFLESSIONI METODOLOGICH METODOLOGICHE E
di Sergio Roticiani
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SEZIONE MEDICA
ATTENZIONE A CERTI SUPPLEMENTI NUTRIZIONALI: NUTRIZIONALI: POSSONO CONTENERE STEROIDI! a cura di Marco Viani
Le opinioni espresse negli articoli firmati non riflettono necessariamente l’opinione ufficiale del Settore Tecnico. Tutto il materiale inviato non sarà restituito. restituito. La riproduzioriproduzione di articoli o immagini è autorizzata a condizione che ne venga citata la fonte.
Direttore Enzo Bearzot
Direttore Direttor e Responsabile Fino Fini
Comitato di Redazione
Luigi Natalini (coordinatore) Felice Accame Paolo Piani Antonio Acconcia M. Grazia Rubenn Rubennii Fabrizio Cattaneo Gennaro Testa Franco Ferrari Guido Vantaggiato Luca Gatteschi Leonardo Vecchiet Gianni Leali Marco Viani Mario Marella Azeglio Vicini Franco Morabito
Fotocomposizione impaginazione e disegni A&S Grafica
Fotografia
Foto Sabe Italfoto Gieffe Archivio Settore Tecnico Foto Archivio Museo del Calcio
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Stampa
COPTIP industrie grafiche Via Gran Bretagna, Bretagna, 50 41100 MODENA Poste Italiane s.p.a. s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. D.L. 353/2003 (conv (co nv.. in L. 27/ 27/02/ 02/200 20044 n° 46) art. art. 1, comma 2, DCB (Bologna) (Bologna) Autorizzazione del tribunale di Firenze, del 20 maggio 1968 n.1911 Finito di stampare nell’Aprile 2004
Per richiedere copie arretrate del Notiziario inviare una richiesta scritta indirizzata a: F.I.G.C. Settore Tecnico Via G. D’Annunzio 138, 50135 Firenze. Non saranno accettate richieste effettuate per telefono. 3
Il 7 febbraio è scomparso l’avv. l’avv. Federico Sordillo. Sordillo. Per molti anni Federico Sordillo, Sordillo, dopo aver ricoperto il ruolo di Presidente del Settore Tecnico, Tecnico, è stato Presidente della FIGC guidando il calcio italiano con grande grande competenza, fermezza e umanità sia nei periodi felici felici di vita federale sia nei periodi di difficoltà. Mi piace ricordarlo, ricordarlo, con grande rimpianto, rimpianto, contento dopo la conquista conquista da parte della Squadra Nazionale Nazionale del titolo di Campione del Mondo nel 1982 in Spagna e rigoroso nell’esortare tutti al rispetto di certi valori fondamentali a cui ci si deve attenere nella pratica sportiva e nei comportamenti quotidiani, quotidiani, come lui stesso sottolineò in un editoriale del 1982 che qui di seguito pubblichiamo. Enzo Bearzot
Editoriale del Presidente Presidente Federale avv. avv. Federico Sordillo Sordillo pubblicato sulla rivista della FIGC “Calcio” di Luglio-Agosto 1982 1982
IL TITOLO MONDIALE C’IMPONE DI...
Rispettare certi valori fondamentali
Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il Presidente della FIGC Federico Sordillo, il C.T. Enzo Bearzot ed i calciatori della Squadra Nazionale festeggiano subito dopo la vittoria al Mondiale di Spagna 1982.
La conquista in Spagna da parte della nostra nazionale del titolo mondiale è un altro capitolo fondamentale nella storia del calcio italiano. Per me, in particolare, la sera dell’11 Luglio resterà impressa nella memoria per tutta la vita. Certe gioie, certe sensazioni, certi stati d’animo non si possono certamente dimenticare. Motivo di grande orgoglio per noi dirigenti, che da tanti anni ci occupiamo di calcio, è stato quello di constatare che gli azzurri hanno saputo risuscitare nel popolo italiano sentimenti che parevano sopiti. La nostra vittoria , infatti, ha saputo far rivivere l’orgoglio nazionale e ha offerto lo spunto perché la nazione tutta dimostrasse una dignità ed una coesione che hanno stupito il mondo intero che si è così reso conto che il popolo italiano, anche se tormentato da parecchi problemi, non aveva certo dimenticato i valori delle sue più nobili tradizioni. Per chi come me crede nei valori dello sport, nella sua vera funzione sociale questa constatazione è stata senz’altro di immensa gioia. La no-
stra vittoria nei mondiali ha ottenuto consensi da tutto il mondo sportivo per la sua linearità e per i significati morali e tecnici espressi sul terreno di gioco. Molti ne sono rimasti anche sorpresi. Appunto per questo tutti coloro che amano questo sport meraviglioso dirigenti, calciatori, giornalisti, pubblico - devono dimostrare al mondo intero che siamo degni di questa indimenticabile vittoria che abbiamo il dovere di rispettare e di onorare. Non possiamo permetterci il lusso di vivere di rendita, anzi dobbiamo avere l’accortezza di saper spendere bene quanto abbiamo guadagnato. Il mio vuole essere soprattutto un affettuoso ma anche fermo richiamo al rispetto dei doveri ancor prima che dei diritti di cui il «nostro calcio», laureatosi campione del mondo, è diventato titolare. Mi auguro che lo stesso spirito, il coraggio, la lealtà, l’onestà professionale che hanno consentito alla nostra nazionale l’exploit mondiale si ritroveranno sempre in tutte le nostre manifestazioni e che in futuro saranno sempre avvertiti e rispettati da parte di tutti il dovere di
offrire al nostro pubblico, ed a quanti ci guardano dall’esterno, gare di elevato livello tecnico; il dovere di affrontare tutti gli impegni agonistici con quella serietà di cui gli azzurri diedero durante il mondiale uno splendido esempio; il dovere di resistere con serenità e senso di responsabilità alle tensioni che a volte possono inevitabilmente determinarsi nel corso dei campionati. Il titolo mondiale ci impone, inoltre, una continua autodisciplina ed una costante severità di comportamento che devono contraddistinguerci non solo durante la pratica sportiva, ma anche nel nostro modo di vita. Abbiamo tutti il dovere di essere di esempio a quelle migliaia di giovanissimi che hanno vissuto intensamente con noi le tappe del «nostro mondiale» e che ad ogni stagione si avvicinano al calcio in numero sempre maggiore. Non dobbiamo deluderli! Solo rispettando certi valori fondamentali potremo conseguire continui miglioramenti, indispensabili per raggiungere altri traguardi. Federico Sordillo
SCUOLA ALLENATORI TATTICA TA TTICA INDIVIDUALE
SMARCAMENTO E MARCAMENTO NEL GIOCO DEL CALCIO di Daniele Arrigoni*
o desiderato svolgere in questa tesi non tanto un argomento di carattere generale come l’analisi di un particol particolare are sistema sistema di gioco gioco (zona, uomo uomo,, fase di possesso possesso o non possesso possesso palla etc.), quanto piuttosto dedicarmi all’approfondimento di un aspetto di tattica tattica individuale, individuale, che fosse propedeupropedeutico all’apprendimento all’apprendimento del gioco collettivo: collettivo: marcamento e smarcamento. Ho ritenuto opportuno e conveniente organizzare la presente trattazione secondo secondo il seguente schema schema o piano dell’opera: dell’opera: una breve introduzione introduzione di carattere generale, generale, all’interno della quale sono esposti alcuni miei personali personali convincimenti a proposito delle caratteristiche che il gioco del calcio è venuto assumendo in questi ultimi anni, l’esposizione ragionata ragionata dei principi principi generali generali della tattica individuale individuale o tecnica tecnica applicata (capitolo (capitolo I), gli elementi fondamentali riguardo ai concetti di marcamento e smarcamento(capitolo II). Nella seconda parte parte di questo lavoro lavoro presento alcune esercitazioni specifiche attinenti al concetto di marcamento e smarcamento con i suoi possibili sviluppi e corollari (capitolo III). Per riprendere riprendere e sintetizzare sintetizzare i momenti momenti salienti di questa mia trattazione, trattazione, ho inserito alcune mie considerazioni considerazioni finali aventi carattere di note conclusive.
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INTRODUZIONE
Il gioco del calcio ha subito in questi ultimi anni diverse trasformazioni che hanno radicalmente mutato il quadro strategico e tecnico-tattico. tecnico-tatt ico. L’esasperazione agonistica, agonistica, che ha portato a un significativo incremento incremento di dinamicità, evidenziabile a livello di prestazione fisico-atletica, fisico-atletica, ha comportato necessariamente necessariamente una notevole trasformazione dell’organizzazione del gioco di squadra. In questo contesto sono stati modificati anche i concetti di spazio e tempo; da una parte si è avuto un un notevole restringimento restringimento degli spazi, dall’altra una velocità velocità d’azione maggiore. maggiore. Le attuali con-
dizioni di gioco costringono sempre più spesso il calciatore a decidere,, il più rapidamente cidere rapidamente possibile, possibile, in relazione ai movimenti dei dei propri compagni o in opposizione alla pressione individuale (o al pressing collettivamente organizzato) organizzato) esercitato dagli avversari. Alla luce di tutto ciò le metodiche metodiche di allenamento si sono necessariamente evolute. L’obiettivo primario dell’allenatore è diventato quello di cercare di riuscire a preparare i giocatori per interpretare un calcio più veloce, dove tecnica, tattica e agonismo devono fondersi e d armonizzarsi. armonizzarsi. Il giocatore moderno deve possedere molte qualità: - deve essere in grado di saper interpretare la gara con ritmi sostenuti in fase di possesso di palla, - deve riuscire a mantenere la stessa dinamicità anche in fase di non possesso. La formazione ed il perfezionamento del bagaglio tecnico–tattico tecnico–tattico del calciatore di alto livello si concretizzano nell’apprendimento e nell’applicazione in gara di quelli che vengono comunemente definiti i principi della tattica individuale. Vediamo pertanto quali essi siano e come essi intervengano nelle varie fasi di gioco.
PRINCIPI DI TATTICA INDIVIDUALE FASE DI NON POSSESSO PALLA
FASE DI POSSESSO PALLA
PRESA DI POSIZIONE MARCAMENTO
SMARCAMENTO SMARCAMENTO DIFESA E PROTEZIONE DELLA PALLA PASSAGGIO
INTERCETTAMENTO E/O ANTICIPO CONTRASTO DIFESA DELLA PORTA
GUIDA DELLA PALLA TIRO IN PORTA
*Tesi di fine studio del Corso Master 2001/2002 per l’abilitazione ad allenatore professionista di 1ª Categoria.
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SCUOLA ALLENATORI TATTICA INDIVIDUALE
PRINCIPI DI TATTICA INDIVIDUALE Fase di non possesso palla PRESA DI POSIZIONE
Nella situazione di perdita del possesso di palla il giocatore dovrà tenere conto della propria posizione in riferimento: • alla propria porta • al diretto avversario • alla zona di campo dove si trova la palla L’errore più grave che il giocatore può commettere relativamente alla presa di posizione è di farsi sorprendere alle spalle; qualora ciò avvenga, sarà ben difficile che il difendente possa rimediare se non ricorrendo ad una azione fallosa “da cartellino”. MARCAMENTO
È direttamente collegato alla presa di posizione. Sapere marcare un avversario significa avere la massima attenzione sui movimenti, mantenendo nei suoi confronti una distanza tale da impedire e limitare la sua azione tramite un contrasto o un anticipo. La tecnica di marcamento varia in funzione delle/a: • caratteristiche tecniche e fisiche dell’avversario • caratteristiche tecniche e fisiche di chi effettua la marcatura • posizione della palla in riferimento alla porta (marcatura stretta – marcatura allentata) L’errore che il giocatore non deve commettere nella marcatura a uomo o a zona è quello di differenziare (a seconda del contesto in cui si trova a marcare, cioè a uomo o nella zona), la distanza dall’avversario. In entrambe le situazioni la marcatura deve essere effettuata con i principi sopra esposti, non lasciando libertà, soprattutto in zona pericolosa, al diretto avversario. INTERCETTAMENTO E/O ANTICIPO
E’ la diretta conseguenza dell’azione della presa di posizione e di marcamento. La differenza tra intercettamento e anticipo consiste nel fatto che l’intercettamento è definito come un’azione individuale che tende ad interrompere un’azione offensiva dell’avversario andando ad agire direttamente sulla traiettoria del pallone e non presuppone la vicinanza dell’avversario. L’anticipo si basa invece sul movimento anticipato del difensore sul diretto attaccante, andando così a riconquistare la palla o ad interrompere l’azione avversaria. 6
CONTRASTO
È l’azione attraverso la quale si riconquista la palla. Gli elementi che lo caratterizzano sono: • la scelta di tempo, che deve essere corretta • la determinazione • l’equilibrio del corpo nell’esecuzione del gesto tecnico • la velocità di esecuzione Esistono due tipi di contrasto: diretto e indiretto. Il primo è quello sopra descritto, dove si registra contatto con l’avversario, il secondo è riferito al movimento attraverso il quale si riesce a mettere in zona d’ombra l’attaccante, impedendogli di ricevere un passaggio diretto da parte del portatore di palla. DIFESA DELLA PORTA
E’ il principio secondo il quale, in occasione di conclusioni verso la nostra porta, bisogna interporre il nostro corpo tra la palla e la porta in modo da dissuadere l’attaccante dalla conclusione (in quanto “non vede” la porta) o altresì in modo da respingere con il corpo la conclusione stessa. Tutti i giocatori (e non solo il portiere) sono chiamati in fase di non possesso e in misura variabile a seconda dei compiti loro assegnati dall’allenatore, ad assolvere a questo compito. Fase di possesso palla SMARCAMENTO
Per smarcamento si intende la capacità di un atleta di smarcarsi là dove il compagno in possesso di palla lo può vedere e servire (zona luce). Lo smarcamento deve avvenire seguendo una traiettoria di corsa in diagonale, in modo che il corpo copra la palla. DIFESA E PROTEZIONE DELLA PALLA
Per ottenere una difesa e una protezione efficace il giocatore dovrà sempre andare incontro alla palla e nell’effettuare lo stop dovrà mettere sempre il proprio corpo a difesa di essa. IL PASSAGGIO
È l’azione con la quale si trasmette la palla da un compagno ad un altro. Deve essere effettuato in modo veloce, preciso e rapido. Rispetto alla conduzione di palla il passaggio permette di guadagnare spazio e tempo più rapidamente, risparmiando energie ed
evitando il contrasto con l’avversario. Il passaggio è un’arma assai preziosa per chi attacca in quanto può consentire in un solo colpo di superare più avversari. GUIDA DELLA PALLA
Con guida della palla si intende l’azione mediante la quale il giocatore conduce il pallone, mantenendone continuativamente il possesso da un punto all’altro del terreno di gioco. La guida della palla è l’azione che prelude ad un passaggio, ad un tiro in porta oppure ad un dribbling, ovvero al superamento diretto palla al piede dell’avversario.
vimento valuti correttamente, in una frazione di secondo, tre elementi fondamentali: - “quando” il possessore di palla è in grado di poterla trasmettere - “dove” portarsi a ricevere la palla (in zona luce) - “come” effettuare il movimento (con corse in diagonale). Nel movimento di smarcamento il giocatore dovrà sempre tenere presente la posizione del proprio corpo rispetto alla palla ed alla porta avversaria.Tale movimento per gli attaccanti, o per chi si è proposto al loro posto, dovrà essere sempre in diagonale perché solo in questo modo potrà percepire meglio la porta avversaria (ad esempio con movimento di corto – lungo) o avvalersi del vantaggio di coprire la palla con il proprio corpo.
TIRO IN PORTA
Il tiro in porta deve a mio parere essere soprattutto preciso, anche magari a parziale discapito della forza e della potenza. Affinchè le possibilità di successo siano più elevate il tiro deve essere effettuato con una esecuzione rapida .
Esempio di smarcamento in zona luce
SMARCAMENTO E MARCAMENTO
Essendo il possesso di palla un principio generale di strategia di squadra, che vede coinvolto non soltanto il singolo portatore di palla quanto piuttosto l’intero collettivo, diventa rilevante in questo contesto la tecnica di smarcamento, ovvero la capacità dei giocatori non direttamente in possesso di palla di portarsi con opportuni movimenti di corsa (effettuati preferibilmente in diagonale), in “zona luce” vale a dire in zone del campo che permettano al possessore di palla di trasmettere la stessa al compagno senza la possibilità per l’avversario di poter intervenire. Parimenti e al contrario, nella fase di non possesso, quando l’obiettivo primario diventa la riconquista del pallone, il marcamento, che può essere interpretato a uomo o a zona, diventa tecnica di fondamentale importanza per il calciatore chiamato a difendere. In questi anni di attività professionistica, dovendo allenare un concetto di gioco dove spazio e tempo sono elementi fondamentali, mi sono avvalso di diverse esercitazioni mirate all’apprendimento della tecnica di smarcamento e marcamento. LO SMARCAMENTO
Lo smarcamento presuppone che il giocatore impegnato nel mo-
Esempio di movimento smarcante in diagonale in “lungo-corto”.
Legenda: Possessore di palla Giocatore avversario Smarcamento/Movimento senza palla Trasmissione di palla 7
SCUOLA ALLENATORI TATTICA INDIVIDUALE
IL MARCAMENTO
Con il marcamento intendo limitare tempo e spazio agli avversari per la riconquista della palla. Il marcamento può essere effettuato a uomo o a zona. Con marcamento a uomo intendo: a) mettersi fra la porta e l’avversario; b) poter vedere contemporaneamente palla e avversario. Dovendo scegliere fra i due è da preferire sempre l’avversario. Con marcamento a zona intendo: a) ogni giocatore è responsabile della zona di campo assegnata; b) si muove in questa zona a seconda della posizione della palla; c) aggredisce qualunque avversario che entri con la palla nella zona di propria competenza eccezion fatta per le situazioni di inferiorità numerica. Vista l’evoluzione del gioco del calcio degli ultimi tre quattro anni è importante saper scegliere sempre bene quale tipo di marcamento effettuare. A mio giudizio il mix fra i due tipi di marcamento garantisce i risultati migliori; proprio per questo il giocatore deve saper interpretare bene il concetto cosiddetto di “marcamento a uomo nella zona”. Con tale espressione s’intende il fatto che, all’interno della zona di competenza, il difensore ridurrà la distanza dall’avversario tanto più quanto più esso si avvicina alla nostra porta. Quando infine detto spazio si sarà fatto minimo a quel punto varranno i dettami e le regole della marcatura individuale. Sono giunto a questa convinzione anche in considerazione dell’esperienza derivante dal mio passato di calciatore professionista, durante la quale mi sono trovato a dover marcare sia a uomo che a zona giocatori con qualità tecniche, tattiche e fisiche diverse (visto che proprio in quegli anni si è avuta una radicale trasformazione tattica passando dalla marcatura a “uomo”a quella a “zona”). ESERCITAZIONI SVOLTE DURANTE LA STAGIONE RELATIVE AL CONCETTO DI SMARCAMENTO.
Le seguenti esercitazioni vengono proposte in progressione didattica in una prima fase in sezioni di campo delimitate (quadrati di 12 x 12 m. disposti lungo la linea laterale del campo, come in figura); successivamente, quando i giocatori avranno acquisito la sincronia dei tempi e una buona intesa, verranno effettuate su tutto il campo cercando di rispettare tempi e posizioni. 8
In figura: 4 box 12x12 mt allineati lungo la linea laterale del campo d’allenamento.
ESERCIZI A COPPIE:
1) LUNGO-CORTO: (obiettivo: contromovimento) A (rosso) conduce la palla dentro il quadrato ed effettua il passaggio a B (blu) che glielo detta tramite il contromovimento: lungo-corto. Il passaggio deve avvenire nel giusto tempo, quando B è in grado di ricevere la palla.
In questo esercizio, come del resto in tutti i successivi, è molto importante lavorare sul tempo della giocata che deve avvenire quando il giocatore in possesso di palla si trova in condizione di poterla trasmettere; A, leggendo il contromovimento del compagno ed incrociandone lo sguardo, indirizza la palla in zona luce, laddove B si è smarcato. 2) CORTO-LUNGO: A (rosso) conduce la palla dentro il quadrato ed effettua il passaggio a B (blu) che glielo detta tramite il contromovimento: corto-lungo. I tempi di giocata sono da ricercare alla stessa maniera dell’esercizio precedente.
3) FUORI-DENTRO: A (rosso) conduce la palla dentro il quadrato ed effettua il passaggio a B (blu) che glielo detta tramite il movimento: fuori-dentro.
4) DENTRO-FUORI : A (rosso) conduce la palla dentro il quadrato ed effettua il passaggio a B (blu) che glielo detta tramite il contromovimento: dentro-fuori.
ESERCIZI A TERNE : 1) A (rosso) passa a B (blu), che ha fatto il contromovimento, e si propone. B si appoggia a C (giallo). C cerca A. Tutto avviene con il contromovimento di B che detta il passaggio ad A che in seguito sarà servito da C. L’obiettivo di questa e delle successive esercitazioni, che vedono i tre giocatori impegnati alternarsi a riprodurre i vari movimenti, è quello di abituare i giocatori a smarcarsi con movimenti semplici o composti effettuati in diagonale (contromovimento) in zona luce, nel rispetto del tempo di giocata, determinato dal giocatore in possesso di palla.
2) A (rosso) conduce palla, dà a B (blu), che ha fatto il contromovimento e si propone. B scarica su A. C si propone nello spazio e riceve. Tutto avviene con il contromovimento di B che detta il passaggio ad A.
3) A (rosso) passa a B (blu), che ha fatto il contromovimento e si propone. B scarica su A e si propone nello spazio. A in seguito gioca l’uno-due con C (giallo), che ha fatto il contromovimento, e passa a B che riceve nello spazio. Tutto avviene con il contromovimento di B e di C che dettano il passaggio ad A.
2) A (rosso), che è seguito da C (giallo), conduce palla, la passa a B (blu) e poi lo attacca in maniera semiattiva. B riceve e poi scarica a C che si è liberato in zona luce. C, infine, chiude il triangolo con B che dopo il passaggio si è a sua volta smarcato dietro le spalle di A con una corsa in diagonale.
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SCUOLA ALLENATORI TATTICA INDIVIDUALE
ESERCITAZIONI SOTTO FORMA DI PARTITA FINALIZZATE AL MARCAMENTO E ALLO SMARCAMENTO Esercitazione n. 1 4 + 4 > 4 + 4 esterni posizionati in fase di attacco. Campo: 32 x 32 m.
Esercitazione n. 1 4 + 4 > 4 + 4 esterni posizionati in fase di attacco. Campo: 32 x 32 mt
Regole e scopo del gioco
Lo scopo del gioco è realizzare il maggior numero di reti possibile nella porta avversaria. Internamente si gioca a tre tocchi o a tocco libero. Gli esterni giocano ad un tocco o a due tocchi, creando superiorità numerica nella metà campo offensiva. A seconda del numero dei tocchi degli esterni, si vengono a dettare i tempi di marcamento e di smarcamento. Non è valido il passaggio fra gli esterni. Non ci sono corner. Ogni volta che la palla viene allontanata l’allenatore ne introduce un’altra a centrocampo. Variante: formazione di coppie fisse dove ognuno è responsabile del proprio avversario.
Esercitazione n. 1 4 + 4 > 4 + 4 esterni posizionati in fase di attacco. Campo: 32 x 32 m.
Esempio di smarcamento dell’esercizio precedente dove A1 scambia con l’esterno di destra e si propone in situazione A2. 10
Esempio: situazione di marcamento (sempre stesso esercizio) dove A1 scambia con l’esterno di destra e si propone in situazione A2. B1 prende posizione e si va a trovare nell’eventualità del passaggio fra l’avversario (A2) e la porta.
ESERCITAZIONE n. 2 - 8 > 8 con due jolly Campo: cerchio di diametro 20 m. Tempo di gioco: dai 4’ agli 8’ min.
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Descrizione e regole del gioco
Gioco a 2-3 tocchi. Numero variabile di giocatori sia all’interno sia all’esterno del cerchio. Una squadra (rossi) si schiera all’esterno del cerchio per il possesso palla, aiutati dai due jolly (gialli) che agiscono all’interno e che dovranno cercare di effettuare molti movimenti di smarcamento per ricevere la palla. L’altra squadra (blu) difende all’interno del cerchio. È valido il passaggio fra gli esterni. I jolly, una volta in possesso di palla, non possono essere pressati dai giocatori avversari.Vince la squadra che in un predeterminato tempo ha effettuato il maggior numero di passaggi ai jolly. ESERCITAZIONE n. 3 - 2 > 2+8 Campo: cerchio di diametro 10 m. Tempo: dai 2’ a 4’
mite smarcamento dai rossi, che giocano in possesso palla a 2-3 tocchi all’esterno del cerchio, e di restituirla a questi senza che i difensori riescano ad intervenire. Vince la coppia che nell’arco delle due fasi di gioco (attacco – in smarcamento- e difesa –in marcamento-) ottiene il miglior saldo di punteggio (es. blu batte gialli 6 palle rigiocate a 4). Il numero dei giocatori che partecipano all’esterno del cerchio può variare. Sarà tuttavia preferibilmente multiplo di 4, garantendo così un continuo ricambio di coppie all’interno e all’esterno del cerchio. Bisogna infine ricordare che questa esercitazione può risultare condizionante dal punto di vista atletico, data l’alta intensità di gioco all’interno del cerchio.
CONCLUSIONI
Nel concludere queste mie note ritengo ancora una volta importante ribadire che l’evoluzione che il gioco ha avuto in questi ultimi anni deve, a mio avviso, spingere il tecnico a considerare con crescente attenzione quegli aspetti di istruzione e formazione tecnica che agiscono direttamente sul bagaglio di conoscenze del singolo calciatore. Sarà quindi opportuno e produttivo recuperare e potenziare in sede d’allenamento l’insegnamento e la didattica della tecnica applicata ( o tattica individuale), anche in funzione propedeutica all’apprendimento della tattica collettiva e di reparto nelle due fasi di gioco. Proprio in quest’ottica ho deciso di dedicare la mia attenzione alla tematica dello smarcamento e del marcamento, nella convinzione che questi aspetti costituiscano un momento sempre più importante nel gioco del calcio.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Descrizione e regole del gioco
Due coppie di giocatori (blu e gialli che si alternano in mini tempi di gioco nelle fasi di attacco e di difesa) si affrontano all’interno del cerchio con l’obiettivo, per chi attacca, di ricevere palla tra-
- Franco Ferrari - Elementi di tattica calcistica Vol. I - Marziali - Mora - La zona. Requisiti e didattica - www.ALLENATORE. NET - Modulo 4-4-2 - E. Puzzardini - Il goal nella filosofia - Stefano D’Ottavio - Insegnare il calcio - S. Folgueira - 1010 esercizi di difesa nel calcio - G. Leali - Calcio tecnica e tattica - S. Mazzali - La zona nel calcio - Il Notiziario del Settore Tecnico - numeri vari - Il Nuovo Calcio - numeri vari 11
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
VAM: DALLA TEORIA ALLA PRATICA di Michele Panella*
a capacità del calciatore d’utilizzare la “via” aerobica per la produzione d’energia e l’importanza di questa nel modello prestativo del calcio sono tutt’oggi oggetto di discussione. Il seguente lavoro propone un’analisi dei più recenti studi per un utilizzo appropriato e mirato degli esercizi atti a migliorare le capacità aerobiche. Verrà posto l’accento in particolare su alcune tipologie d’esercizio che hanno attirato il nostro interesse e i nostri studi.
L
CENNI DI LETTERATURA SPORTIVA Capacità aerobica : è la quantità totale d’energia che l’orga-
nismo è in grado di liberare grazie all’apporto e all’utilizzo dell’ossigeno; è un’entità di impossibile determinazione concreta in quanto essa dipende dalle riserve totali di “carburanti” presenti nell’organismo, quali glucidi, lipidi e, nei casi estremi, proteine, e del “comburente” necessario alla loro combustione, l’ossigeno. Massima Potenza Aerobica (PAM): è la massima quantità d’ossigeno che l’organismo può utilizzare nell’unità di tempo nel corso di un esercizio muscolare intenso e di lunga durata. Questa è definita anche come massimo consumo d’ossigeno, spesso compare con il simbolo VO2 max. La PAM rappresenta dunque il debito massimo o la massima potenza del metabolismo aerobico. Quando l’intensità di un attività muscolare aumenta progressivamente, il consumo d’ossigeno aumenta parallelamente fino a raggiungere un plateau massimo al di sopra del quale tutti gli ulteriori aumenti di potenza dell’esercizio non provocano effetti sul consumo d’ossigeno. Questo plateau è definito massimo consumo d’ossigeno e ha dei limiti evidenti: - trasporto dell’ossigeno attraverso il sistema cardio-vascolare dai polmoni fino ai muscoli sollecitati; - suo utilizzo da parte delle fibre muscolari sollecitate. 12
Massima Potenza Aerobica Funzionale (PAMF) e Massima Velocità Aerobica (VAM): è la potenza dell’esercizio che
consente di raggiungere il vostro VO2max è definita come la Massima Potenza Aerobica Funzionale (PAMF). Può essere considerata come una potenza effettiva e, in questo caso, si esprime in “watts”, sia nella velocità di corsa, sia nel nuoto, sia nel ciclismo. Nel nostro caso, la nomineremo spesso utilizzando la sua forma contratta: VAM, Velocità Aerobica Massimale, che viene misurata in km.h-1, in m.min -1 o in m.s -1. Nell’allenamento, più che la conoscenza del VO2max, è la velocità aerobica massimale che è indispensabile conoscere per dosare meglio le velocità di corsa più adatte allo sviluppo di determinati obiettivi. La VAM deriva dalla combinazione del VO2max (PAM) con l’economia di corsa. Quest’ultima può essere definita come l’energia spesa ad una data velocità. In altre parole, meno spendete per correre ad una determinata velocità, più la vostra corsa è efficace. Negli adulti, esistono diverse efficienze di corsa che risultano molto individualizzate e che possono differire tra loro di un 5%. Così, conoscendo la vostra VAM e considerando l’ economia di corsa “media”, è possibile estrapolare il vostro VO2max utilizzando l’equazione calcolata da Leger e Mercier: VO2max(ml.kg- 1.min- 1 )=VAM(km/h)x3.5 Inversamente, è possibile estrapolare la vostra VAM partendo dalla conoscenza del vostro VO2max: VAM(km/h)=VO2max(ml.kg- 1.min- 1 )/3.5. La Resistenza Aerobica
La resistenza aerobica può essere definita in due modi: - sia come la percentuale di VO2max o della VAM suscettibile d’essere mantenuta durante una determinata durata dell’esercizio; per esempio correre 12 minuti ad una percentuale più alta possibile della VAM;
*Tesi di fine studio del Corso Preparatore Atletico 2002/2003.
- sia come la durata dell’esercizio suscettibile d’essere mantenuta ad una percentuale determinata della VAM; per esempio fissare una velocità che corrisponde all’80,85,90 perfino al 100% della VAM e misurare la durata mantenuta o la distanza percorsa a questa velocità. Nei due casi, la conoscenza della VAM si rivela più utile e più facile da utilizzare di quella del VO2max e permette anche, nell’allenamento, di gestire meglio le andature utili alla corsa.
METODI DI VALUTAZIONE DELLA MASSIMA POTENZA AEROBICA
In letteratura troviamo molti protocolli di test che propongono di misurare le capacità aerobiche dell’atleta. Bisogna comunque ricordare che sono tutti metodi di misura indiretti, comparabili solo a se stessi e non a valori oggettivi; questo sottolinea l’importanza d’utilizzare sempre lo stesso test qualunque sia la preferenza. Propongo due test che sembrano i migliori per il calcolo della massima velocità aerobica (VAM) : - VAMEVAL: di Cazorla (1990,1991). - NAVETTA: di Leger (1982,1984,1985). VAMEVAL Figura n° 1 – Comparazione Prova Léger et Boucher (1980) e VAMEVAL (1990)
La prova VAMEVAL è stata realizzata per rispondere alle critiche espresse dagli utenti della prova progressiva di corsa su pista dell’Università di Montreal (Leger e Boucher,1980). Sul piano fisiologico, le due prove si rivelano rigorosamente identiche ma si differenziano sensibilmente sul piano delle modalità di svolgimento del loro protocollo che permettono una migliore accessibilità in favore della prova detta VAMEVAL. Le differenze sono illustrate nella tabella 1 PROVE
VAMEVAL
UNIVERSITA’ DI MONTREAL
Durata di ogni palier
1 minuto
2 minuti
Aumento della velocità
0.5 km/h per palier
1 km/h per palier
Intervalli dei bip sonori
20 metri
50 metri
Tabella n.1 • Sul piano della validità, l’aumento progressivo della velocità è rigorosamente identico nei due casi, ciò autorizza il VAMEVAL a beneficiare indirettamente dell’importante lavoro sperimentale di convalida della prova di Leger e Boucher per calcolare il VO2max. Un incremento di mezzo km/h ogni minuto permette di modulare meglio l’intensità e di conseguenza, consente un migliore adattamento della persona valutata e una VAM raggiunta più precisa e più prossima a quella massimale individuale; da ciò il nome della prova “VAMEVAL”. • Sul piano dell’accessibilità, la misura degli intervalli di venti metri previsti nel VAMEVAL necessita soltanto di un nastro metrico. Infine, è sufficiente un unico nastro sonoro per svolgere il test NAVETTA e il VAMEVAL. L’unica condizione del nastro è che lo stesso debba superare i 18 km/h previsti dal “NAVETTA” visto che la VAM su pista risulterà maggiore di quella del “NAVETTA”. Questa prova ha lo scopo di valutare il vostro massimo consumo d’ossigeno così come la velocità di corsa alla quale essa si raggiunge. Questa velocità critica è definita come la vostra velocità aerobica massimale (VAM). Spazi e materiali necessari: 1. Una pista di 200 metri, sul quale vengono piazzati ogni 20 metri dei riferimenti. 2. Un registratore a nastro. Per verificare l’affidabilità del regi13
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
stratore, fate riferimento al minuto di prova all’inizio della registrazione del nastro. Confrontate la durata del minuto verificato con quello ottenuto con un cronometro. Nel caso in cui verificate una differenza in più o in meno, fate delle modifiche utilizzando la seguente formula: Velocità corretta = Velocità rilevata alla fine del test (km/h)x60/Durata realmente cronometrata dal minuto verificato (in secondi). Esempio: la durata del minuto che è stata cronometrata risulta essere non di 60 secondi ma di 61 secondi e 22 centesimi e si è raggiunto nella prova il palier 17 e 45s. Collegandovi alla tabella 4, otterrete una velocità aerobica massimale di 16.9 km/h. La vostra velocità corretta è quindi: VC = 16.9x60/61.22 = 16.56 km/h arrotondati a 16.6 km/h. 3. Se effettuate la prova collettivamente: un amplificatore permette la percezione dei bip e delle indicazioni fornite dalla registrazione. In mancanza dell’amplificatore, ponetevi in prossimità del registratore e ripetete ogni bip con un fischio e rivelate ad alta voce il palier indicato. 4. Se svolgeteli test individualmente conviene utilizzare un miniregistratore (walk-man). 5. Una cassetta che contenga il protocollo della prova. Distribuita da: C. R. E. S. S. BORDEAUX FRANCE. 6. Le tabelle specifiche che consentono di ricavare dal palier ragFigura n° 2 Pista di 200 metri
14
giunto i risultati del test: tabelle da 1 a 6. Queste tabelle consentono di estrapolare dal palier ottenuto il massimo consumo d’ossigeno in funzione all’età. Svolgimento della prova
Le velocità di corsa sono stabilite dalla cassetta VAMEVAL che emette dei suoni ad intervalli calcolati. Ad ogni bip, dovete regolare la vostra velocità trovandovi esattamente nei pressi di uno dei riferimenti posti ogni 20 metri su di una pista di 200 metri. Una precisione di circa due metri è sufficiente. Questo adattamento è realizzabile facilmente dopo uno o due giri. Fermatevi quando non potete più trovarvi nei pressi del riferimento al suono del “bip” che corrisponde a quel determinato palier. Riportate il numero dell’ultimo palier raggiunto come il tempo trascorso in quest’ultimo (i secondi). Questo è il vostro risultato. Per “costruirvi” la pista consigliamo il seguente metodo: su un campo di calcio, tracciate un rettangolo di 40 metri di lunghezza e 38.20m di larghezza. Se possibile sfruttate le linee laterali del campo. Esattamente al centro dei due lati più corti del rettangolo, cioè a 19.10 m. piantate un paletto che diventerà il centro del raggio di due semi cerchi (r = 19.10 m). Con l’ausilio di un nastro metrico o di una corda di 19.10 m. tracciate questi semicerchi alle due estremità del rettangolo. Così otterrete una pista di 200 metri. A quel punto vi basterà misurare bene ogni intervallo di 20 metri della stessa pista.
Tabella 2: PROVA PROGRESSIVA DI CORSA CONTINUA CON PALIER DI UN MINUTO: VAMEVAL, PALIER da 1 a 5
All’inizio del test due minuti per regolare bene la vostra velocità di corsa con i bip sonori. Paliers indicati dalla cassetta
Palier 1 15s 30s 45s Palier 2 15s 30s 45s Palier 3 15s 30s 45s Palier 4 15s 30s 45s Palier 5 15s 30s 45s
Velocità (km/h) Durata intervallo corrispondente ogni 20 metri
8.5 km/h 8.6 8.8 8.9 9.0 km/h 9.1 9.3 9.4 9.5 km/h 9.6 9.8 9.9 10.0 km/h 10.1 10.3 10.4 10.5 km/h 10.6 10.8 10.9
8.000
7.579
7.200
6.857
6.545
VO2max 18 anni e +
29.8 30.2 30.6 31.1 31.5 31.9 32.4 32.8 33.3 33.7 34.1 34.6 35.0 35.4 35.9 36.3 36.8 37.2 37.6 38.1
Tabella 3: VAMEVAL, PALIER da 6 a 10 Paliers indicati dalla cassetta
Palier 6 15s 30s 45s Palier 7 15s 30s 45s Palier 8 15s 30s 45s Palier 9 15s 30s 45s Palier 10 15s 30s 45s
Velocità (km/h) Durata intervallo corrispondente ogni 20 metri
11.0 km/h 11.1 11.3 11.4 11.5 km/h 11.6 11.8 11.9 12.0 km/h 12.1 12.3 12.4 12.5 km/h 12.6 12.8 12.9 13.0 km/h 13.1 13.3 13.4
6.261
6.000
5.760
5.538
5.533
Tabella 4: VAMEVAL, PALIER da 11 a 15 Paliers indicati dalla cassetta
Palier 11 15s 30s 45s Palier 12 15s 30s 45s Palier 13 15s 30s 45s Palier 14 15s 30s 45s Palier 15 15s 30s 45s
Velocità (km/h) Durata intervallo corrispondente ogni 20 metri
13.5 km/h 13.6 13.8 13.9 14.0 km/h 14.1 14.3 14.4 14.5 km/h 14.6 14.8 14.9 15.0 km/h 15.1 15.3 15.4 15.5 km/h 15.6 15.8 15.9
5.143
4.966
4.800
4.645
4.500
VO2max 18 anni e +
47.3 47.7 48.1 48.6 49.0 49.4 49.9 50.3 50.8 51.2 51.6 52.1 52.5 52.9 53.4 53.8 54.3 54.7 55.1 55.6
Tabella 5: VAMEVAL, PALIER da 16 a 20 VO2max 18 anni e +
Paliers indicati dalla cassetta
38.5 38.9 39.4 39.8 40.3 40.7 41.1 41.6 42.0 42.4 42.9 43.3 43.8 44.1 44.8 45.2 45.5 45.9 46.4 46.8
Palier 16 15s 30s 45s Palier 17 15s 30s 45s Palier 18 15s 30s 45s Palier 19 15s 30s 45s Palier 20 15s 30s 45s
Velocità (km/h) Durata intervallo corrispondente ogni 20 metri
16.0 km/h 16.1 16.3 16.4 16.5 km/h 16.6 16.8 16.9 17.0 km/h 17.1 17.3 17.4 17.5 km/h 17.6 17.8 17.9 18.0 km/h 18.1 18.3 18.4
4.364
4.235
4.114
4.000
3.892
VO2max 18 anni e +
56.0 56.4 56.9 57.3 57.8 58.2 58.6 59.1 59.5 59.9 60.4 60.8 61.3 61.7 62.1 62.6 63.0 63.4 63.9 64.3 15
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
Tabella 6: VAMEVAL, PALIER da 21 a 25 Paliers indicati dalla cassetta
Palier 21 15s 30s 45s Palier 22 15s 30s 45s Palier 23 15s 30s 45s Palier 24 15s 30s 45s Palier 25 15s 30s 45s
Velocità (km/h) Durata intervallo corrispondente ogni 20 metri
18.5 km/h 18.6 18.8 18.9 19.0 km/h 19.1 19.3 19.4 19.5 km/h 19.6 19.8 19.9 20.0 km/h 20.1 20.3 20.4 20.5 km/h 20.6 20.8 20.9
3.789
3.692
3.600
3.512
3.429
Test NAVETTA di 20 metri con palier di un minuto. VO2max 18 anni e +
64.8 65.2 65.6 66.1 66.5 66.9 67.4 67.8 68.3 68.7 69.1 70.0 70.0 70.4 70.9 71.3 71.8 72.2 72.6 73.1
Tabella 7: VAMEVAL, PALIER da 26 a 30 Paliers indicati dalla cassetta
Palier 26 15s 30s 45s Palier 27 15s 30s 45s Palier 28 15s 30s 45s Palier 29 15s 30s 45s Palier 30 15s 30s 45s 16
Velocità (km/h) Durata intervallo corrispondente ogni 20 metri
21.0 km/h 21.1 21.3 21.4 21.5 km/h 21.6 21.8 21.9 22.0 km/h 22.1 22.3 22.4 22.5 km/h 22.6 22.8 22.9 23.0 km/h 23.1 23.3 23.4
3.349
3.273
3.200
3.130
3.064
VO2max 18 anni e +
73.5 73.9 74.4 74.8 75.3 75.7 76.1 76.6 77.0 77.4 77.9 78.3 78.8 79.2 79.6 80.1 80.5 80.9 81.4 81.8
Lo scopo della prova è di valutare la vostra massima potenza aerobica ,ultimo palier raggiunto, tramite la quale si raggiunge il massimo consumo d’ossigeno. Il risultato dell’ultimo palier, permette l’estrapolazione del vostro VO2max attraverso determinate tabelle. Il limite principale di questa prova è costituito dall’impossibilità di utilizzare la velocità di corsa che corrisponde all’ultimo palier completato per pianificare, ad esempio, le velocità di corsa di esercitazioni e allenamenti che differiscono dalle navette. In pratica, i continui arresti e cambi di direzione previsti dal protocollo del navetta “falsano” la VAM, perché le continue accelerazioni e decelerazioni previste richiedono un costo energetico superiore a quello che effettivamente viene richiesto percorrendo lo stesso numero di metri in linea (Bisciotti e coll., 2000). Per ovviare a questo inconveniente bisogna utilizzare la seguente formula di conversione che permette di ricavare dal “NAVETTA”, in modo affidabile, il valore reale della VAM (Bisciotti, 2002): 1.502xvelocità del palier raggiunto – 4.0109 ES: palier raggiunto = 12, velocità di percorrenza di 14 km/h, Formula di conversione: 1.502x14 – 4.0109 = 17km/h. Il test si può eseguire su un campo da calcio.Vengono tracciate sul campo due linee parallele situate a 20 metri l’una dall’altra. La lunghezza di queste linee è proporzionale al numero di giocatori testati. La prova consiste nel realizzare il maggior numero possibile di andate e ritorni a velocità progressivamente crescenti. Le velocità sono regolate per mezzo di un nastro sonoro che emette suoni ad intervalli regolari. Ad ogni bip, si deve adattare la velocità per trovarsi ad una delle estremità del tracciato di venti metri. La prova inizia lentamente, a 8 km/h, ma la velocità aumenta progressivamente di 0.5 km/h ogni minuto. L’obiettivo è di completare il maggior numero di palier di un minuto. Fermatevi quando non siete più in grado di seguire il ritmo imposto. Da uno a due metri al massimo di ritardo sono ammessi a condizione di essere in grado di mantenere il ritmo imposto dal segnale sonoro. Si consiglia pertanto di tracciare altre due linee parallele situate all’interno della superficie del terreno della prova, rispettivamente a due metri dalla linea di ogni estremità. Se il ritardo aumenta e diventa progressivamente uguale o superiore a due metri senza la possibilità di colmarlo, fermate la prova immediatamente. Riportate allora l’ultimo palier emesso dal nastro sonoro. Questo è il vostro risultato. La durata to-
tale della prova dipende principalmente dalla potenza aerobica massimale di ognuno. Figura n°3 – TEST NAVETTA
Materiali che occorrono: 1) un registratore di cui è necessario controllare la velocità di scorrimento. Per fare ciò, è possibile misurare un minuto all’inizio della registrazione. Uno sfasamento di più o meno 0.5 secondi è ammesso. Uno sfasamento maggiore o minore vi obbliga ad aumentare o diminuire la distanza tra le due linee parallele. Per calcolare tale distanza utilizzate la tabella n. 8 ; 2) una cassetta registrata del protocollo della prova; 3) una tabella da cui dedurre i risultati.
Figura 3 : se il vostro registratore è affidabile, delimitate la superficie con due linee parallele si- tuate a venti metri l’una dall’altra. Altrimenti, consultate la tabella di correzione.
Tabella 8: dopo aver verificato la velocità di scorrimento del vostro registratore, adattate eventualmente la distanza tra le due linee parallele da tracciare sul terreno utilizzando la tabella qui sotto. Se il minuto controllato corrisponde ai 60 secondi del cronometro mantenete i venti metri previsti . Tabelle 9 – 10: TEST NAVETTA CON PALIERS DI UN MINUTO
I paliers indicati attraverso il nastro sonoro, la velocità corrispondente (km/h), la durata dell’intervallo ogni venti metri corrispondono agli stessi valori indicati delle tabelle del VAMEVAL. L’unico valore che cambia è il massimo consumo d’ossigeno estrapolato in funzione dell’età: VO2max. Abbiamo considerato soltanto il VO2max di coloro che hanno 18 anni e più (unico valore!).
Durata del minuto Correzione Durata del minuto Correzione controllato dal della distanza tra controllato dal della distanza tra vostro registratore le linee parallele vostro registratore le linee parallele (sec.) (metri) (sec.) (metri)
55.0 55.5 56.0 56.5 57.0 57.5 58.0 58.5 59.0 59.0
18.3 18.5 18.7 18.8 19.0 19.2 19.3 19.5 19.7 19.8
60.5 61.0 61.5 62.0 62.5 63.0 63.5 64.0 64.5 65.0
20.2 20.3 20.5 20.7 20.8 21.0 21.2 21.3 21.5 21.7
Tabella 8
Tabella 9 Palier 1
Palier 2
Palier 3
Palier 4
Palier 5
Palier 6
Palier 7
Palier 8
Palier 9
Palier 10
26.6 24.3 25.1 25.8
26.6 27.3 28.1 28.8
29.6 30.3 31.1 31.8
32.6 33.3 34.1 34.8
35.6 36.3 37.1 37.8
38.6 39.3 40.1 40.8
41.6 42.3 43.1 43.8
44.6 45.3 46.1 46.8
47.6 48.3 49.1 49.8
50.6 51.3 52.1 52.8
Palier 11
Palier 12
Palier 13
Palier 14
Palier 15
Palier 16
Palier 17
Palier 18
Palier 19
Palier 20
53.6 54.3 55.1 55.8
56.6 57.4 58.1 58.9
59.6 60.4 61.1 61.9
62.6 63.4 64.1 64.9
65.6 66.4 67.1 67.9
68.6 69.4 70.1 70.9
71.6 72.4 73.1 73.9
74.6 75.4 76.1 76.9
77.6 78.4 79.1 79.9
80.6
Tabella 10
17
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
TLIM VO2MAX
Questa prova consiste nel determinare il tempo limite in cui si può mantenere la VAM o vVO2max (Billat), è utilizzata anche come prova di verifica del VAMEVAL. La prova può essere proposta 48 ore dopo aver realizzato un test progressivo per la determinazione della VAM, l’atleta effettua questa prova al tempo limite della vVO2max (100%). Il riscaldamento è di 15-20 minuti al 60% della VAM, poi in 20 secondi l’atleta raggiunge la sua massima velocità aerobica e la mantiene il più possibile (tempo limite di VAM). La distanza e il tempo impiegato a questa intensità possono costituire la base del calcolo dei diversi allenamenti frazionati a diverse intensità espresse in percentuale della VAM.A parità di massimo consumo d’ossigeno, si possono verificare in due atleti fenomeni diversi: quelli che riescono a mantenere il “tempo limite al VO2max” per lungo tempo (più di 6 minuti) e quelli che non ci riescono. In effetti, se la nozione di massimo consumo d’ossigeno è conosciuta da più di 80 anni, il tempo di mantenimento della stessa è stato un po’ trascurato. Questo dato nella programmazione attuale dell’allenamento non può assolutamente essere trascurato. Alcuni autori stimano tale tempo in una ventina di minuti senza sapere che il tempo di mantenimento può essere differente da un soggetto all’altro e può evolversi con l’allenamento parallelamente al massimo consumo d’ossigeno! Per tale motivo è nata l’esigenza di misurare il TLIM VO2max, che ha come obiettivo la convalida di un nuovo criterio di resistenza aerobica: il tempo di mantenimento (tempo limite) del massimo consumo d’ossigeno. Si è osservata una notevole differenza interindividuale del TLIM VO2max, le durate variavano da 4 a 11 minuti, ripartite abbondantemente intorno ai 6 minuti. Questi dati potrebbero spiegare il perché due sportivi rispondono in modo diverso ad un allenamento frazionato composto ad esempio di 5 ripetizioni di 3 minuti corsi al 100% della VAM alternati a 3 minuti corsi al 60% della vVO2max. in effetti, per colui che ha un TLIM VO2max di 11 minuti, i 3 minuti di corsa al 100% della VAM rappresentano un carico d’allenamento relativamente modesto; ma per colui che avrà un TLIM VO2max di 4 minuti, i tre minuti di corsa al VO2max costituiscono un carico di allenamento notevole (Billat e coll., 1996). Il tempo limite alla velocità aerobica è utilizzato per ottimizzare l’allenamento e cercare di migliorare il più possibile il massimo consumo d’ossigeno. E’ stato dimostrato che è possibile negli atleti, ri18
spettando una durata d’allenamento uguale alla metà del TLIM VO2max, ripetere al massimo 5 frazioni della durata uguale alla metà del TLIM VO2max. I tempi di recupero si aggirano intorno al 60% dalla VAM e sono uguali ai tempi limite delle frazioni corse al 100% del vVO2max (Billat e coll.,1996). Ad esempio, per un atleta che ha un TLIM VO2max di 4 minuti, il suo allenamento frazionato sarà composto da 5 ripetizioni di 2 minuti alla vVO2max; invece,colui che ha un TLIM VO2max uguale a 11 minuti, potrà fare 5 ripetizioni di 5 minuti e 30secondi alla vVO2max. E’ possibile in questo modo sollecitare più a lungo la massima potenza aerobica e, di conseguenza, il suo miglioramento è condizionato dal tempo di lavoro al massimo consumo d’ossigeno. Le cause fisiologiche di una simile variazione del valore del tempo limite a vVO2max dipendono dalla capacità lattacida dello sportivo. Per spiegare questa differenza che esiste riguardo la VAM, è stato dimostrato che esiste una correlazione tra la capacità di sostenere un’alta percentuale del massimo consumo d’ossigeno e la partecipazione del metabolismo anaerobico lattacido. Questa capacità è il secondo criterio di stima della resistenza aerobica, questa volta sottomassimale, a una velocità inferiore alla VO2max. Queste qualità del metabolismo aerobico di un atleta sono misurate (valutate) attraverso la soglia anaerobica o soglia lattacida. Si tratta di capire dopo quanto tempo (di mantenimento della VAM) l’acido lattico inizia ad aumentare in modo evidente al di sopra del valore soglia; questo accrescimento testimonia una mancanza della resintesi dell’ATP nel metabolismo aerobico per soddisfare la potenza dell’esercizio. Test navetta
Alcuni principi da conoscere
Tabella n.12. - Indicazioni generali per l’allenamento - per-
La Frequenza
centuali medie della vostra velocità aerobica massimale
La frequenza delle sedute dipende dall’intensità e dalla durata dei loro contenuti. I fenomeni di esaurimento e ricostituzione delle riserve energetiche e quelli del limite d’attivazione dei diversi metabolismi energetici risultano determinanti nel conseguimento di determinati obiettivi e di conseguenza condizionano la frequenza degli allenamenti.
(VAM) e della vostra frequenza cardiaca massimale (FC max.) e loro impatti fisiologici in funzione del vostro livello di condizione fisica. Raccomandiamo di calcolare la VAM all’inizio della stagione agonistica e da quel momento almeno ogni due mesi. In funzione della VAM creare dei gruppi di lavoro omogenei. % medie % medie dalla della VAM FC max
Tabella n.11 - Durate dei recuperi Anaerobico alattacido
24h
Capacità aerobica
24h
Forza veloce
24/36h
Forza massima
48h
Massima Potenza Aerobica
48/72h
Anaerobico lattacido
72h
Risposte fisiologiche
50 – 55
60 – 70
10 – 15 min. di - recupero attivo corsa continua - raccomandato dopo un esercizio lattacido!
65 – 69
71 – 79
Durata che può - riscaldamento che preessere mantenu- cede l’allenamento ta per molto tem- - velocità di corsa favopo revoli alla ripresa delle attività all’inizio del anno agonistico - miglioramento della capacità aerobica
70 – 79
80 – 89
Durate lunghe. Corse continue
80 – 89
90 –97
Intervallati lun- - aumento importante ghi. del lattato, tendenza Durate superiori anaerob. Lattacida. a 6 min* 3 o 4. - sviluppo misto: resirecuperi corti: stenza e massima podue o tre minuti tenza aerobica.
L’intensità
L’intensità dell’esercizio è il punto più delicato da gestire. Dipende sicuramente dalle capacità individuali che è necessario conoscere bene all’inizio, per personalizzare il lavoro prima d’iniziare un campionato e in seguito per modificare le intensità di lavoro tenendo conto dei risultati dei test. Partendo dalla conoscenza della VAM, diversi studi permettono attualmente di determinare l’intensità con la quale conviene allenarsi per abituare l’organismo allo stress fisiologico della competizione:
Durata e caratteristiche degli esercizi
- inizia a comparire acido lattico - tendenza aerobica: raccomandato all’inizio della stagione sportiva - sviluppo efficace della resistenza aerobica
90 – 100
98 – FC max Intervallati medi: - accumulo rapido del Durate da 2 a 4 latt. min*4 o 6. rec. - sviluppo misto: massilunghi: 2 a 5 min. ma potenza aerobica e capacità lattacida. Intervallati corti > 100 fino FC max tipo 10s di corsa - massima sollecitazione a 120% - 20s di recupero di tutti i sistemi che passivo permettono il trasporto - Altri esempi: e l’utilizzo di ossigeno. 10-10, 15-20, - sviluppo efficace della 15-15. massima potenza aero- corse ad anda- bica senza eccessiva ture variabili ti- produzione di lattato po fartlek da 15 - sviluppo della capacità a 20 minuti. anaerobica alattacida 19
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
Tempi da dedicare ai vari esercizi
ALCUNI METODI DI ALLENAMENTO
I tempi da dedicare ad ogni esercizio sono inversamente proporzionali all’intensità di quest’ultimo. Più l’intensità è elevata, più la durata deve essere accorciata ma rimanere sufficiente per sollecitare i sistemi fisiologici scelti. In generale gli esercizi che permettono di migliorare la potenza aerobica devono essere corti:da tre a nove minuti, ripetuti da 2 a 5 volte secondo il livello d’allenamento, realizzati a delle intensità alte, anche superiori al 100% della VAM. L’Alternanza esercizio – recupero
La quantità e la qualità del recupero è fondamentale per innescare i processi fisiologici adatti ad un determinato allenamento, almeno quanto l’esercizio stesso. Dalla gestione della sua natura e della sua durata, in stretta interazione con l’intensità e la durata degli esercizi che lo precedono o che lo seguono, dipendono gli impatti fisiologici che si spera di centrare! Il recupero deve permettere la ricostituzione delle riserve energetiche utilizzate dall’esercizio e l’eliminazione dei “metaboliti” prodotti. Per quanto riguarda la durata, in generale, secondo gli obiettivi ricercati, nell’allenamento si utilizzano dei recuperi detti completi che devono permettere la totale ricostituzione delle riserve energetiche utilizzate. Quando i recuperi sono incompleti solo una parte delle riserve energetiche viene ricostituita. Per quanto riguarda la natura, se nella ricostituzione di alcune riserve energetiche (ATP - CP e glicogeno) si verifica un arresto completo dell’esercizio il recupero è detto passivo, invece quando l’eliminazione del lattato prodotto attraverso alcuni esercizi può essere accelerata mantenendo un intensità moderata (50 – 60 % della VAM: velocità di recupero attivo ”VRA”), il recupero viene definito attivo. Per poter proporre sequenze di esercizi, è necessario quindi conoscere bene le durate necessarie per ricostituire le riserve energetiche utilizzate negli esercizi (tabella n. 13). Tabella n. 13: durate necessarie per ricostituire completamente le principali riserve metaboliche dell’organismo. Totale ricostruzione delle riserve in:
Recupero: durata
Ossigeno ATP – CP Glicogeno
10 a 15s 2 a 3min 36 a 48ore
Passivo Passivo Passivo o attivo d’intensità Debole meno del 50%VAM
Eliminazione dell’acido lattico
1h a 1h30 12 a 20min
Passivo Attivo (50 – 60% VAM)
20
Recupero: natura
Il Fartlek
All’origine il Fartlek era una corsa di lunga durata (20-25’) su terreni con varie pendenze, che inducevano cambi di ritmo e differenti andature. • il Fartlek modificato La corsa su terreni con diverse pendenze era difficile da quantificare e soprattutto da controllare, allora si è pensato di creare un percorso su un campo di calcio regolamentare, per i calciatori, dove effettuare il Fartlek. Si può, su un campo regolamentare: 105m. x 68m., tracciare facilmente un pista di circa 300m.: - a partire dalla bandierina del calcio d’angolo si misurano 10m. sulla linea del fallo laterale più 4.5m. verso l’interno del campo; si pone un conetto A che quindi si trova a 42.5m. dalla linea del centrocampo; - a partire dallo stessa bandierina del calcio d’angolo si misurano 10m. sulla linea di fondo più 4.5m. verso l’interno del campo; si pone un conetto C che si trova a 24m. dall’asse immaginaria che passa per il centro della linea di fondo; - si pone un terzo conetto B tracciando tra A e C 1/4 di cerchio, questo 1/4 di cerchio misura 8.6m [(5.5m. x 2 x 3.14) /4]. 1/4 di pista quindi misura 42.5+8.6+24=75.1m.; procedendo così per i 4 angoli del campo, si ottiene una pista di 300m. Con questa pista si può lavorare in diversi modi.
Figura n°4 – Pista di 300 metri
• Corsa di 15mn al 65% della VAM con delle accelerazioni di 75m per un giocatore che ha una VAM di 18 km/h, una velocità di 12 km/h rappresenta suppergiù il 65% della sua VAM, ossia 1mn 30” ogni giro di 300m. -1giro in 1’30’’ più una corsa al 100% della VAM per 75m (1/4 di campo) ossia 15’’; -1giro in 1’30’’ più una corsa al 100% della VAM per 75m; -il tutto per 15minuti. • Corsa di 21 min. al 65% della VAM + accelerazioni di un giro Il giocatore effettua 3 giri a 12 km/h, ossia il 65% della VAM, più 1 giro al 100% della VAM (18 km/h), più 3 giri a 12 km/h e così di seguito: >3 giri a 12 km/h ossia 4’30’’ >1 giro a 18 km/h ossia 1’ >3 giri a 12 km/h ossia 4’30’’ >1 giro a 18 km/h ossia 1’ >3 giri a 12 km/h ossia 4’30’’ >1 giro a 18 km/h ossia 1’ >3 giri a 12 km/h ossia 4’30’’ Totale 21’ • Corsa di 20 min. a differenti velocità: 12 km/h, 13 km/h, 14 km/h, 15 km/h >2 giri a 12 km/h 1’30’’ al giro 3’ >1 giro a 13 km/h 1’23’’ al giro 1’23’’ >2 giri a 12 km/h 1’30’’ al giro 3’ >1 giro a 14 km/h 1’17’’ al giro 1’17’’ >2 giri a 12 km/h 1’30’’ al giro 3’’ >1 giro a 15 km/h 1’12’’ al giro 1’12’’ >2 giri a 13 km/h 1’23’’ al giro 2’46’’ >1 giro a 14 km/h 1’17’’ al giro 1’17’’ >2 giri a 12 km/h 1’30’’ al giro 3’ Totale: 19’55’’ Esercizi continui in percentuale della VAM
Si distinguono tre tipi di lavori continui: 60% della VAM - di recupero, ossigenazione, di preparazione; 80% della VAM - per sforzi continui di media intensità; 90% della VAM - per sforzi continui di intensità elevata. In funzione del VAMEVAL, si stabiliscono le varie velocità di corsa in percentuale della VAM. É evidente che a secondo delle diverse velocità si creano dei gruppi di lavoro omogenei. • Lavoro al 60% della VAM Questo lavoro corrisponde ad un lavoro di recupero, di ossigenazione ma anche di preparazione; si può lavorare in questo modo: - il giorno seguente la partita si fa un lavoro sottoforma di recu-
pero, il volume è di 2x10 o 12minuti intervallati da due minuti di marcia; - in tutte le prime sedute di lavoro aerobico all’inizio della stagione, il volume di lavoro è allora di 3x10 o 12minuti fino a 2x25 o 30minuti di corsa (poco utilizzato). Esempio: per un atleta che ha una VAM di 18.6 km/h : 2x20min al 60% della VAM sono circa 11.5 km/h. • Lavoro intorno all’80% della VAM Questo tipo di lavoro è molto utilizzato nel calcio perché corrisponde pressappoco alla velocità di soglia del calciatore (in media). Quando lo si deve utilizzare? - All’inizio della stagione dopo il lavoro continuo al 60%. Questo lavoro può essere considerato come costruzione di una “solida piattaforma antisismica in grado di stabilizzare il sistema, prorogandone il punto di collassamento”(Come salvarsi dal terremoto “2”: Bisciotti 2003). Tale allenamento effettuato solo poche volte soprattutto in preparazione certamente non “rallenta” il giocatore, e non provoca una massiccia trasformazione di fibre veloci in fibre lente. Il volume di lavoro è costituito generalmente da blocchi di 10 minuti ripetuti circa 3 volte con 3 – 4 minuti di recupero tra ogni blocco, corsi al ritmo della propria soglia anaerobica. Il totale della seduta non deve oltrepassare i 30 minuti. • Lavoro al 90% della VAM Questo lavoro rappresenta il prosieguo di quello precedente, permette di allenare il giocatore al limite delle sue possibilità. Si tratta di un lavoro continuo piuttosto particolare, rubato, se così si può dire, da un esperienza effettuata dal Rosenborg e in fin dei conti può costituire una variante “rivista e corretta” delle classiche ripetute sui 1000 metri, anche se in effetti in questo caso la distanza percorsa è leggermente maggiore. Si tratta di effettuare 4 serie di corsa al 90 – 95% della FC max. (quindi al 90 – 95% della VAM) della durata di 4’, intervallate da 4’ di recupero attivo, ossia di corsa svolta al 70 – 75% della VAM. Lavoro indubbiamente impegnativo, durante il quale, ad esempio, un atleta che abbia una VAM di 18 km/h percorre circa 1100 metri durante i 4’ percorsi al 90 – 95% della VAM e circa 850 – 900 metri nei 4’ svolto al ritmo pari al 70 – 75% della VAM. Come fare a rendersi conto, senza avere a disposizione un numero sufficiente di cardiofrequenzimetri, della correttezza o meno del carico interno effettuato? Partendo dall’assunto che vi è una relazione pressoché 21
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
lineare tra la frequenza cardiaca e il consumo di ossigeno e quindi anche tra la frequenza cardiaca e la VAM, possiamo ragionevolmente considerare che un intensità di corsa pari al 90 - 95% della VAM, corrisponda a una frequenza cardiaca pari al 90- 95% di quella massimale e altresì che un intensità di corsa pari al 70 –75% della VAM, corrisponda a una frequenza cardiaca che sia circa il 70 – 75% di quella massimale. Considerando un gruppo di giocatori la cui VAM sia pari a 17.5 km/h, dobbiamo quindi calcolare quanti metri debbano percorrere in 4’ rispettivamente al 90 – 95% della VAM e al 70 –75%. Effettuiamo quindi il seguente calcolo, tenendo conto che 240 è il numero di secondi compresi in 4’ : (4.86x240)x0.90=1050 metri (4.86x240)x0.95=1108 metri (4.86x240)x0.70=816 metri (4.86x240)x0.75=875 metri Da questi semplici calcoli possiamo desumere le informazioni necessarie al controllo dell’entità del carico proposto. È infatti plausibile pensare che se i nostri giocatori coprono in 4’ una distanza compresa tra i 1050 e i 1108 metri, la loro frequenza cardiaca si assesti su valori compresi tra il 90 e il 95% di quella massimale e lo stesso tipo di ragionamento può essere applicato nel caso dei 4’ di percorrenza effettuati a un’intensità compresa tra il 70 ed il 75% della VAM.
che va dai sei agli otto minuti di ripetizioni, quando i processi di trasporto di ossigeno mantengono il massimo debito possibile, molti studi hanno evidenziato: - assenza di nuove diminuzioni delle riserve di ATP – CP; - equilibrio soglia di produzione del lattato muscolare; - sensibile calo delle riserve muscolari di glicogeno. Ciò indica che, dopo i sei minuti, solo la glicolisi aerobica (degradazione completa del glucosio e del glicogeno in CO2 e H2O utilizzando ossigeno) è in grado di fornire la notevole quantità di energia richiesta. Tale fenomeno dipende dal fatto che i processi di trasporto dell’ossigeno permettono, nei 15’’ di recupero, di ricostituire la quasi totalità delle riserve di ossigeno dell’organismo legate all’emoglobina e alla mioglobina. Siccome la glicolisi interviene sempre all’inizio dell’esercizio, si può supporre, a ragione, che il debito funzionale delle sue reazioni biochimiche abbia così raggiunto il suo massimo. Così, può essere spiegata la sollecitazione preponderante della glicolisi anaerobica all’inizio degli esercizi intermittenti corti, ripetuti per delle durate totali superiori ai sei minuti. Sollecitando al massimo i sistemi ventilatori e cardio – vascolari e, migliorando l’utilizzo rapido e massimale dell’ossigeno nel muscolo, questo tipo di allenamento sembra essere attualmente il più efficace possibile per sviluppare la massima potenza aerobica. Quale percentuale della VAM utilizzare per preparare un allenamento intermittente?
Esercizi intermittenti
È molto importante capire gli effetti fisiologici degli esercizi intermittenti, perché la conoscenza delle interazioni possibili tra lavori di corta durata e corti recuperi è importantissima. L’esercizio intenso (105 a 120% della VAM) e di corta durata (10 a 15’’) dipende soprattutto dalla degradazione dei fosfageni (ATP – CP). Nelle prime ripetizioni, un lasso di tempo così corto permette “d’innescare” i meccanismi che provocano l’aumento del fabbisogno di ossigeno il cui “testimone” , la frequenza cardiaca, in un primo momento aumenta rapidamente e dopo rimane a livelli sotto – massimali. Il recupero corto (es.15’’) non permette un ritorno alla calma dei processi che consentono il trasporto di ossigeno, quindi alla ripresa di una nuova sequenza di esercizi, tali processi restano ad un livello relativamente elevato aumentando in seguito nel corso dell’esercizio. Alla fine di un tempo di lavoro 22
Bisciotti in una sua ricerca (2001) ha cercato di fare un po’ di chiarezza su quali fossero gli impatti fisiologici degli esercizi intermittenti sui calciatori. I risultati di tale studio sono riassunti nella seguente tabella 14: 100% VAM
10-10” 20-20” 30-30”
Aerobica Aerobica Aerobica
105% VAM
10-10” 20-20” 30-30”
Blandamente anaerobica lattacida Blandamente anaerobica lattacida Blandamente anaerobica lattacida
110% VAM
10-10” 20-20” 30-30”
Blandamente anaerobica lattacida Anaerobica lattacida Fortemente anaerobica lattacida
115% VAM
10-10” 20-20” 30-30”
Anaerobica lattacida Fortemente anaerobica lattacida Fortemente anaerobica lattacida
Esempio di un 20-20” al 110% della VAM con recupero passivo
Esempio di un gruppo che non ha una VAM omogenea
Consideriamo un valore medio di VAM = 17.5km/h, a questo punto dobbiamo riportare il calcolo in metri al secondo ossia: 17500 (i metri percorsi in un ora) / 3600 (i secondi che vi sono in un ora) = 4.86, questo significa che se il nostro atleta corresse al 100% della sua VAM percorrerebbe 4.86 metri ogni secondo, per sapere quanti metri dovrebbe percorrere in 20” correndo al 110% della VAM, il calcolo è il seguente:
È impossibile che il gruppo di giocatori a nostra disposizione abbia lo stesso valore di VAM: cosa fare allora per avere lo stesso carico interno per tutti durante la sessione di lavoro intermittente? In primo luogo, occorre suddividere i giocatori in due – tre gruppi che abbiano all’incirca lo stesso valore di VAM e stabilire qual’ è la media di ogni gruppo. Ammettiamo di avere tre gruppi e che il primo presenti una VAM media di 18 km/h, il secondo di 17 e il terzo di 16.5. Se, ad esempio, volessimo costruire una seduta 20”-20” (con recupero passivo) al 110% della VAM, dovremmo calcolare, con le semplici operazioni esposte in precedenza, il diverso tratto di percorrenza dei tre differenti gruppi. La seduta verrebbe quindi così strutturata: - tempo di lavoro – 20” ; - distanza da percorrere – gruppo 1 (110 metri), gruppo 2 (104 metri), gruppo 3 (101 metri); - recupero passivo – 20”; - numero delle fasi di lavoro – 10; - serie – 3; - tempo di recupero tra le serie – 4’.
(4.86x20)x1.1=106.94 metri (arrotondabile a 107) la nostra seduta di allenamento potrebbe essere quindi così strutturata: - tempo di lavoro – 20” durante i quali percorrere 107 metri; - tempo di recupero passivo (fermi sul posto) – 20”; - numero delle fasi di lavoro – 10 ; - serie – 3 ; - tempo di recupero tra le serie – 4’ . Esempio di un intermittente con recupero attivo
Abbiamo appena visto i calcoli che ci hanno permesso di impostare una seduta intermittente nella quale ai 20” corsi al 110% della VAM seguono 20” di recupero passivo: ora proviamo a costruire la stessa seduta ma con un recupero attivo. Durante quest’ultima fase, l’atleta percorre la stessa distanza ma a una percentuale della VAM sensibilmente inferiore, denominata Velocità di Recupero Attivo (VRA), normalmente compresa tra il 60% e il 70% della VAM. Scegliamo una VRA pari al 65% della VAM, in quanto tempo il nostro atleta, o il nostro gruppo di giocatori con la stessa VAM, dovranno percorrere i 107 metri? Il calcolo è presto fatto: 107 / (4.86x0.65) = 33.87 secondi (arrotondabile a 34) per cui la nostra seduta intermittente potrebbe essere così impostata: - tempo di lavoro – 20” durante i quali percorrere 107 metri; - recupero attivo (65% della VAM) – durante il quale percorrere i 107 metri in 34” ; - numero delle fasi di lavoro – 8 ; - tempo di recupero tra le serie – 4’.
Bibliografia
- Véronique BILLAT. Physiologie et méthodologie de l’entraine- ment. «DE BOECK UNIVERSITE’». - Georges CAZORLA – Luc LEGER. Comment évaluer et dévelop- per vos capacités aérobies. «AREAPS». - Bernard TURPIN. Préparation et Entrainement du Footballeur Tome 2 . «AMPHORA». - Gian Nicola BISCIOTTI. Utilizziamo bene l’intermittente. < Nuovo Calcio Gennaio 2002>. - Gian Nicola BISCIOTTI. Come salvarsi dal terremoto “2”. < Nuovo Calcio Febbraio 2003>. - Gian Nicola BISCIOTTI. Facciamo due conti. < Nuovo Calcio Aprile 2003>. - BISCIOTTI, SAGNOL, FILAIRE. Aspetti bioenergetici della corsa frazionata nel calcio. < SDS n.50 2000>. 23
CENTRO STUDI E RICERCHE
IL DIRETTORE SPORTIVO E LE ALTRE FIGURE PROFESSIONALI a cura del Centro Studi del Settore Tecnico FIGC
a sempre, nel mondo del calcio, una elevata importanza è stata attribuita alla componente del gruppo, alle dinamiche che, all’interno di uno spogliatoio, realizzano la piena condivisione degli obbiettivi, creando quel clima e quella sorta di “chimica sociale” che permette il raggiungimento dei risultati. Nella letteratura legata al gioco del calcio, sono spesso state usate espressioni come “gruppo forte”, “gruppo unito”, “gruppo compatto” in relazione a squadre che, oltre al valore tecnico, abbiano saputo superare situazioni difficili anche grazie ad altre qualità. Negli ultimi anni, il concetto di gruppo, per quanto riguarda una squadra di calcio, è andato modificandosi, poiché le trasformazioni avvenute all’interno delle società hanno portato numerose nuove figure a contatto con la squadra e con lo spogliatoio. Per questo motivo le dinamiche che prima regolavano la vita dello spogliatoio si sono in qualche modo trasferite alla società. Oggi si può creare un gruppo vincente se squadra e società hanno una reale comunanza di obiettivi, riescono ad agire nel rispetto dei ruoli e delle competenze, oltre a comunicare nel migliore dei modi. Proprio nell’ottica della comunanza di obbiettivi e della comunicazione interna, centrale è la figura del direttore sportivo
D
24
e i suoi rapporti con le altre figure all’interno della società. Proprio a tal proposito, il Settore Tecnico, nel quadro del corso per Direttori Sportivi ad indirizzo tecnico (9 Febbraio – 17 Marzo 2004), ha ospitato il 9 febbraio scorso una tavola rotonda dal titolo “Il direttore sportivo e le altre figure professionali”
duzione di trattative con altre società, co- me recitano le carte federali”, indicando
varie tipologie di direttore sportivo funzionali alle società, sempre però nel rispetto delle regole esistenti. Sulla stessa falsariga la visione del direttore generale del Palermo, Stefano Pedrelli per il quale: “Il direttore sportivo moder-
con la presenza di Fabrizio Corsi (presidente dell’Empoli), Claudio Garzelli (vicepresidente Adise), Stefano Pedrelli (direttore generale Palermo) e Renzo Ulivieri (allenatore del Padova), Uno dei primi temi affrontati nella tavola rotonda è stato la definizione della figura del direttore sportivo. Mentre in alcune società il direttore sportivo incarna anche la figura di amministratore delle risorse finanziarie, oltre che quella di gestore dell’area tecnica, in altre si limita a gestire il calcio mercato, senza mai entrare nelle dinamiche della squadra, in altre ancora, invece, svolge una funzione più simile a quella del team manager, mentre a volte assume un ruolo da “capo degli osservatori. Come si suol dire non esiste una ricetta per tutti i mali… Per il vice presidente dell’ADISE Claudio Garzelli: “Indipendentemente dal nome
no, deve avere, oltre alle conoscenze tec-
della carica che occupa, il direttore sporti-
con stampa, giornali, televisioni, società,
vo è la figura professionale che svolge
dirigenti, altri collaboratori, etc. La funzio-
mansioni concernenti l’assetto organizza-
ne del direttore sportivo dovrebbe essere
tivo della società, ivi compresi la stipula-
quella di evitargli e facilitarli parte di que-
zione dei contratti con i tesserati e la con-
sti rapporti. In ogni caso vorrei sottolinea-
niche per supportare l’allenatore, anche le conoscenze economiche necessarie per es- sere in grado di gestire la società”.
Il mister Renzo Ulivieri pone, invece, l’accento sul rapporto fra direttore sportivo ed allenatore: “Il ds non può essere capo del- l’area tecnica, quella è di esclusiva com- petenza dell’allenatore e del suo staff…. egli può giudicare e valutare il lavoro del- l’allenatore, essendo il responsabile del- l’indirizzo tecnico secondo le politiche so- cietarie… devo ricordarvi che l’allenatore è geloso dei rapporti che ha con i suoi cal- ciatori e li vuole gestire lui. L’intervento del direttore sportivo per essere efficace deve essere leggero, in punta di piedi. L’allenatore, quindi, deve allenare e tene- re rapporti con i suoi giocatori, ventidue, venticinque (a me ne sono capitati anche trentacinque). Poi deve tenere i rapporti
re che non credo che sia giusto il rapporto
rapporto Garzelli sostiene “ un leale rap-
fia…..non è un problema di struttura, si
tra allenatori e procuratori. L’allenatore
porto di collaborazione instaurato con l’al-
tratta di passione e professionalità, ogni
può avere il procuratore; io non l’ho mai
lenatore, nella consapevolezza che la figu-
realtà si deve adattare al contesto che
avuto, però non mi sembra giusto che l’al-
ra di quest’ultimo è certamente più espo-
rappresenta, ad esempio noi ad Empoli
lenatore intrattenga rapporti con loro. Con
sta, consente al direttore sportivo si risol-
facciamo ruotare tutto attorno a poche
loro il rapporto lo deve tenere esclusiva-
vere più agevolmente le problematiche
persone, ma che dedicano quasi l’intera
mente il direttore sportivo.
della squadra nel suo complesso, contri-
giornata alla vita della società”.
Per riprendere il discorso, quante ore deve
buendo all’analisi e alla gestione psicolo-
vivere l’allenatore, se poi a tutti questi
gica del gruppo”.
rapporti ci si aggiunge anche il possibile
Puntualizza Renzo Ulivieri: “L’allenatore
problema del rapporto con il direttore
vuole confrontarsi con il ds….. anche se
sportivo? Il rapporto fra allenatore e diret-
poi agisce nella maniera che lui ritiene più
Mister Ulivieri conclude ribadendo che l’unico modo per condurre i rapporti all’interno di una società è quello della correttezza professionale e del rispetto dei ruoli e delle regole:“Il confronto all’interno della società è
tore sportivo non deve essere un rapporto
opportuna”.
sempre produttivo…..basta comportarsi
faticoso, ma deve essere un rapporto di
nella finalità dell’educazione dei propri gio-
Sempre in relazione al rapporto tra allenatore e direttore sportivo, e le difficoltà che a volte si creano fino a degenerare in scontri veri e propri, nocivi per l’interesse comune della squadra, il vice presidente Garzelli afferma: “La convivenza nella so-
In relazione al problema della suddivisione dei ruoli, anche il rapporto con le altre figure societarie, è stato affrontato all’interno della tavola rotonda. A tal proposito il presidente dell’Empoli Fabrizio Corsi ha sottolineato come il direttore sportivo sia una figura che sta a contatto con la squadra, ma che, essenzialmente, deve essere un uomo della società: “Il diret-
cietà di due figure professionali di pari di-
tore sportivo si muove con
gnità che vedono e pensano il calcio in
piena libertà di poteri, per
modo autonomo, ha dato spesso origine a
quanto riguarda il mercato e
contrapposizioni……in altri Paesi infatti
per quanto riguarda le scelte
esiste la figura del manager che incarna i
di ordine gestionale e ammi-
compiti delle due cariche. C’è chi afferma
nistrativo….. il direttore
che il direttore sportivo debba supportare
sportivo deve sposare il pro-
l’allenatore liberandosi delle sue convin-
getto della società stessa e
zioni e sposando la sua idea di calcio
le sue regole insieme al Pre-
……mentre altri pensano che il direttore
sidente e agli altri dirigenti “.
sportivo debba mantenere sempre una
ster ed un’alternativa di giudizio sull’ope-
A proposito di società Corsi sottolinea come troppo spesso queste manchino di un vero e proprio progetto:“ Le so-
rato di quest’ultimo in seno alla società”.
cietà non hanno bisogno di
Pur non esistendo una vera e propria ricetta univoca per la conduzione di questo
progetti altisonanti, ma de-
collaborazione. Il direttore sportivo deve essere una figura che sta accanto all’alle- natore e che media”.
propria identità tecnica, tale da garantire un autorevole voce di confronto con il mi-
catori e collaboratori e di insegnare loro la strada più giusta……….. credo si debba discernere sempre tra persona e persona, senza demonizzare nessuna categoria che lavora all’interno del nostro mondo”. Luciano Moggi, direttore generale della F.C. Juventus.
vono seguire una filoso- 25
SCUOLA ALLENATORI TECNICA E TATTICA DEL PORTIERE
COMPORTAMENTO DEL PORTIERE NELLE SITUAZIONI DI PALLA INATTIVA di Massimo Cacciatori*
PUNIZIONI DIRETTE O INDIRETTE CON O SENZA BARRIERA
e statistiche dicono che un’alta percentuale dei gol realizzati avvengono in situazioni di palla inattiva o sugli sviluppi che ne derivano. Pertanto, un’attenzione particolare ed un allenamento costante sono necessari in questo senso. In tali situazioni è il portiere il regista delle varie disposizioni che si andranno ad effettuare in quanto padrone assoluto dell’area di rigore. In dispensabile è la collaborazione e la coordinazione delle posizioni e dei movimenti con i compagni.Tutto ciò deve sempre essere preparato nei minimi dettagli, prevedendo anche eventuali cambiamenti in corsa dettati da particolari situazioni di gara (inferiorità o superiorità numerica, momentaneo infortunio di un compagno preposto ad un determinato compito, caratteristiche degli avversari, momenti della partita che possono richiedere maggiore o minore copertura difensiva). Nelle punizioni dirette o indirette dalla distanza (oltre 25 m.) o da posizioni più ravvicinate ma angolate, dove un tiro diretto in porta è sicuramente più difficile, posizionare una barriera con più elementi non è necessario. Un solo uomo alla distanza regolamentare di 9.15 m. è sufficiente per creare qualche disagio all’avversario preposto al tiro. La formazione della barriera difensiva sulle punizioni e il numero dei componenti è dettato da alcuni fattori: 1. distanza del pallone dalla porta 2. particolare abilità del calciatore avversario 3. angolo di tiro 4. condizioni del terreno e meteorologiche Il criterio generale è quello di posizionarsi sulla bisettrice dell’angolo di tiro. In questo caso, però, una delle due linee immaginarie che si congiungono al pallone non parte dal palo ma dall’ultimo uomo (interno) della barriera ( fig.1).
L
26
fig.1/a
fig.1/b
L’errore più comune che il portiere commette in queste situazioni è quello di non rispettare tale criterio. Il 70% dei gol subiti su punizione (diretta o con passaggio) vengono realizzati nel settore di porta presidiato dal portiere, il che ne fa giustamente il maggior responsabile. Con 4 o 5 uomini disposti in barriera ci si garantisce una buona copertura per almeno il 50% della porta. Essendo questa larga 7,32 m lo spazio prevalente che il portiere dovrà presidiare sarà di 3,66 m. Presupposto importante è che il portiere veda il pallone e, soprattutto, che lo veda partire. Ma questo non è sempre possibile in quanto l’avversario tende a prolungare la barriera con 1 o 2 uomini con lo scopo di nascondere il punto di bat*Docente Corsi Allenatori.
tuta. Ciò induce il portiere a spostarsi, allargando così il fronte di porta non coperto dalla barriera. Pensare di poter intervenire in eguale misura sia dalla parte coperta della barriera che dall’altra è errato. Moti portieri temono lo scavalcamento della barriera e, per questo, si posizionano per intervenire in quel settore. Fare gol in questo modo è sicuramente difficile e quando ciò avviene bisogna riconoscere l’abilità dell’avversario. Altri fattori da tener presente sono il numero degli avversari sulla palla, la distanza dalla porta, l’angolo di tiro, con quale piede potrebbe essere calciata la palla. Tutto ciò determina il numero degli elementi da disporre in barriera, la loro dislocazione, la possibilità di staccare un uomo contro il pallone. Quasi sempre il primo uomo in barriera viene dislocato oltre la linea del palo da coprire, questo per cautelarsi su di un possibile tiro con traiettoria esterna a rientrare ( fig.2).
In passato alcuni portieri hanno provato a formare barriere staccate con uno spazio centrale (2+2,2+3,3+3) quindi con l’ipotetico vantaggio di poter vedere la palla ed indirizzare il tiro dell’avversario. Ipotetico in quanto che uno o due avversari possono occupare tale spazio per vanificare il tutto con ulteriori problemi ( fig.4).
DIFENSORI AVVERSARI
fig.4
CALCI D’ANGOLO
1 2 3 4 °
°
°
°
fig.2
Si è detto non sempre il primo uomo di barriera fuori dal palo, infatti nella circostanza che sul pallone vada un solo avversario e questi si posizioni palesemente in modo da non poter calciare esternamente al primo uomo, questi può scalare una posizione all’interno (e di conseguenza scalano di una posizione tutti gli altri) guadagnando così ulteriore copertura centrale. Ciò implica una rapida lettura della situazione ed un buon affiatamento con i compagni. (fig.3).
In questa circostanza la collaborazione con i compagni è indispensabile. Non ci sono disposizioni standard, ogni squadra può attuarne una propria. La posizione del portiere, normalmente, è sulla metà della porta, con leggera prevalenza a coprire un po’ di più il primo palo (ancor più se l’avversario che calcia è un sinistro alla sua sinistra e un destro alla sua destra) quindi con maggiore possibilità di dover intervenire su traiettorie a rientrare verso la porta ( fig.5). SX
fig.5/a
DX
1 2 3 4 °
°
°
°
NO
fig.5/b
fig.3
Alcuni portieri particolarmente portati ad uscire, oltre al canonico uomo sul primo palo, posizionano un altro compagno sul secondo palo. Di partenza sono un po’ più fuori dalla linea di porta e 27
SCUOLA ALLENATORI TECNICA E TATTICA DEL PORTIERE
vanno con più frequenza ed audacia a cercare il pallone, protetti sulla porta dai due compagni sui pali ( fig.6).
DX
SX
Il posizionamento di un compagno a 9,15 m. dalla palla non risulta particolarmente efficace in quanto facilmente scavalcabile dalla traiettoria del pallone, mentre arretrando di qualche metro potrebbe presidiare meglio l’area di porta ( fig.10). OK
OK
9,15 m
fig.6 fig.10
Come posizione di partenza il portiere può decidere di partire frontalmente alla palla (fig.7) oppure col corpo frontale a tutto il terreno di gioco e la testa girata verso la palla ( fig.8).
fig.7
fig.8
Nel primo caso la prospettiva del campo è limitata, nel secondo è sicuramente più ampia, ma nel movimento di partenza è sempre necessaria una rotazione del corpo che potrebbe pregiudicare la coordinazione generale. Probabilmente un posizionamento intermedio tra i due precedenti è il più idoneo, sia come prospettiva di campo sia come coordinazione generale (fig.9).
fig.9 28
Per il portiere dover intervenire sui calci d’angolo è spesso particolarmente difficile in considerazione del normale affollamento di compagni ed avversari in spazi ridottissimi. Valutata la traiettoria iniziale del pallone, il portiere deve decidere il tipo di intervento da eseguire (presa, respinta a uno o due pugni). Dovrà solo curarsi del pallone, ignorando \compagni ed avversari. È necessaria sempre molta determinazione, quindi una buona dose di coraggio non deve mai mancare (il contatto fisico, anche violento, è infatti frequente). Può succedere che il portiere inizi la rincorsa per un’uscita ma che poi, per vari motivi (errata valutazione della parabola, vento, sole negli occhi, particolare effetto dato alla palla) si renda conto di non poter arrivare sulla palla. Spesso è troppo tardi per tornare indietro e rimanere a mezza strada può risultare ancora più dannoso, per cui continuare l’intervento è il male minore in quanto, così facendo, potrebbe almeno ostacolare l’attaccante che sta per ricevere la palla o, in secondo luogo, posizionarsi per chiudere al meglio l’angolo di tiro.
CALCIO DI RIGORE
Nei calci di rigore il moderno portiere non è più soggetto passivo ma, al contrario, è particolarmente attivo e, spesso, è lui che, col suo comportamento, determina le modalità di calcio dell’avversario. Non ci sono canoni specifici nell’opporsi ad un calcio di rigore, ognuno può scegliere una propria strategia che può cambiare a secondo delle circostanze. È innegabile che ci siano portieri più predisposti di altri ad intercettare un rigore. Alcune considerazio-
ni si possono però fare, partendo dal presupposto che in questa circostanza il portiere psicologicamente parte avvantaggiato in quanto ha poco o niente da perdere rispetto all’avversario che calcia. Da un interessante studio di Cadavit sul rigore è risultato che: 1. il tempo che trascorre tra il calcio dal dischetto e l’arrivo del pallone in porta è di 35 centesimi di secondo; 2. il tempo di reazione medio di un portiere nell’intuire la direzione ed organizzare la spinta è di 30 centesimi di secondo; 3. la fase media di volo del portiere è di 40 centesimi di secondo; 4. il tempo totale del movimento del portiere è dunque di 70 centesimi di secondo; 5. la velocità media del pallone è pari a 30, 35 m/sec pari ad una velocità di 108 Km/h. Da questi dati risulterebbe quindi che un pallone calciato dal dischetto del rigore oltrepassa la linea di porta prima che il portiere riesca ad organizzare una difesa valida. Eppure, negli ultimi anni, si rileva una maggiore percentuale di rigori parati rispetto al passato. Le cause possono essere molteplici e fra queste elenchiamo: a) ampia conoscenza da parte dei portieri dei rigoristi e delle loro preferenze nell’esecuzione del rigore; b) aumentata struttura fisico-atletica dei portieri (notevole altezza generale, ampiezza arti superiori) che permette una maggiore copertura della porta; c) maggiori pressioni psicologiche sul rigorista (soprattutto quando il rigore può risultare decisivo per il risultato); d) la necessità di cambiare modalità d’esecuzione all’ultimo istante per ingannare il portiere. Nel calcio di rigore la componente tecnica è importante ma non decisiva se non è supportata da una condizione mentale adeguata. Per un portiere può essere meno difficoltoso neutralizzare un rigore decisivo rispetto ad un altro che non incida sul risultato della gara. Infatti la percentuale di responsabilità che grava sul portiere e sul rigorista è nettamente superiore in quest’ultimo. Le strategie che un portiere può attuare sono varie, fra queste: a) può decidere di rimanere fermo aspettando un tiro centrale; b) può scegliere di tuffarsi su di un lato (aspettando a farlo l’ultimo momento, anticipando il tiro,facendo precedere il tuffo da una finta sul lato opposto);
c) può posizionarsi non propriamente al centro della porta, lasciando uno spazio maggiore a dx o a sx per creare imbarazzo all’avversario; d) rannicchiarsi su se stesso o, al contrario, ergersi completamente a braccia aperte per dare maggiore o minore luce di porta all’avversario. È chiaro che, in termini di regolamento, i movimenti anticipati del portiere andrebbero puniti, ma molto spesso questo non avviene e ciò induce il portiere a muoversi anticipatamente guadagnando spazio e, quindi, riducendo l’angolo di tiro. È altresì importante vedere come si posiziona il rigorista rispetto alla palla (frontale, laterale a 45° etc.) e lo spazio di rincorsa che prende (da fermo, pochi passi, rincorsa lunga). Se chi calcia il rigore ha lo sguardo costantemente sul portiere, probabilmente non ha ancora scelto dove calciare ed aspetta un suo movimento. Al contrario, chi fissa l’attenzione sul pallone è più probabile che abbia già scelto come calciare e dove indirizzare il pallone, indipendentemente da ciò che farà il portiere. Coloro che riescono a rimanere fermi al momento del calcio e guardano la coordinazione del rigorista tra la gamba portante e l’oscillazione di quella calciante, hanno qualche probabilità di intuire la traiettoria del pallone. Il piede della gamba portante dà spesso l’indirizzo della palla verso la porta, ancor di più se la rincorsa è effettuata con passi lunghi. Può essere diversa la strategia da adottare allorché si arrivi a determinare una gara proprio ai calci di rigore. Se si pensa a quante manifestazioni, a tutti i livelli, vengono decise dai calci di rigore finali, si può comprendere l’importanza di avere un portiere particolarmente abile nel neutralizzarli. Anche in questo caso le strategie che un portiere può adottare sono diverse, fra queste: a) decidere di volta in volta il comportamento da tenere (a seconda dell’avversario che calcia); b) scegliere sempre di intervenire dallo stesso lato; c) alternare il lato da coprire; d) rimanere fermo aspettando un tiro centrale. Il calcio di rigore lo si può quindi considerare, per il portiere, come la situazione di gioco più difficile, ma abbiamo visto anche che è anche quella in cui la sua responsabilità è minore per cui si può utilizzare al meglio questo vantaggio psicologico ottenendo risultati notevoli. 29
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
ANALISI COMPARATA TRA CAPACITÀ FISICHE E ABILITÀ TECNICHE NEI GIOVANI CALCIATORI DELLA CATEGORIA ESORDIENTI di Maurizio Zorba*
INTRODUZIONE
’allenamento combinato delle varie abilità e capacità tecniche, tattiche e fisiche ed il legame fra i vari aspetti dell’allenamento sportivo in termini di transfer fra stimoli di diversa natura, rappresentano oggetti di studio ostici nel momento in cui la prestazione sportiva viene influenzata da un elevato numero di fattori, come nel caso della prestazione calcistica. In particolare la discussione intorno al ruolo e ai significati di forza e tecnica in ambito calcistico giovanile, deve cercare di fornire chiarimenti su alcune problematiche: - il rapporto esistente tra fattori fisici e tecnico-coordinativi; - il ruolo e l’allenamento della forza nei giovani, in particolare nei prepuberi; - il ruolo e l’allenamento della tecnica in uno sport caratterizzato da variabilità delle situazioni di gioco; - la misura di intervento dei fattori dovuti alla maturazione biologica nella selezione e nella valutazione del talento sportivo; - la scelta fra diverse tipologie di allenamento: combinato mantenendo ambiti separati o ricercando l’adattamento delle richieste biomeccaniche a quelle bioenergetiche (la preparazione fisica speciale, Capanna, 1987, in Sassi, 2001). Nel presente lavoro vengono confrontati aspetti simili e diversi della prestazione del giovane calciatore, per tentare di stabilire quali possano essere le relazioni esistenti e che tipo di indicazioni trarne. Le conclusioni derivano dall’interpretazione dei risultati dei test fisici e tecnici e dell’analisi statistica delle loro relazioni.
L
trovare un pari riscontro oggettivo nei sistemi di controllo e misura degli aspetti tecnico-coordinativi e tattici, pur rappresentando queste ultime le componenti prestative dominanti. Spesso gli allenatori si affidano a valutazioni soggettive, giustificati dalla notevole influenza esercitata dalle componenti agonistica e mentale sulla tecnica in situazione di gioco, per cui determinate prove di abilità non risultano correlate con la prestazione. Secondo un’ipotesi di valutazione complessa della tecnica calcistica (D’Ottavio, 1994), è possibile, pur con la dovuta approssimazione, tendere verso una valutazione oggettiva, se si considerano le complessità che intervengono nella situazione di gioco. Un altro argomento, di grande importanza nella scienza dell’allenamento, è l’analisi delle relazioni esistenti tra gesto tecnico e preparazione fisica. Nel calcio non è semplice verificare in modo oggettivo il legame esistente fra componenti tecniche e fisiche della prestazione, tuttavia in letteratura si trovano diversi contributi teorici e di ricerca. Rapporto tra aspetti fisici e tecnico-coordinativi della prestazione calcistica
L’impostazione di Cometti (1988) riconosce un ruolo centrale al muscolo, nella struttura del corpo umano, e alla forza, nell’approccio alle qualità fisiche. Secondo tale impostazione il muscolo svilupperebbe le proprie relazioni su tre assi distinti: - con il tempo, per quanto riguarda il rapporto tra energia e struttura; - con l’ampiezza, per quanto riguarda il rapporto tra forza prodotta e allungamento muscolare; - con il livello di analisi del fenomeno muscolare, per quanto riguarda il rapporto con la coordinazione.
PREMESSA
Se da un lato esistono molte prove di valutazione delle capacità fisiche, ampiamente conosciute ed utilizzate, dall’altro è difficile 30
*Preparatore Atletico.
Esaminando il terzo asse, si può inquadrare il funzionamento del muscolo sia a livello intramuscolare che intermuscolare, ad esempio: - il livello più fine sembra essere il sarcomero: è noto che il funzionamento del sarcomero dipende dalla coordinazione dei ponti di actina-miosina; - nello stesso tempo il buon funzionamento del muscolo dipende dalla sincronizzazione delle sue unità motrici e dunque anche dalla loro coordinazione; - infine un movimento richiede sempre la partecipazione di parecchi muscoli che devono essere coordinati. Cometti afferma, quindi, che la coordinazione è al centro del funzionamento muscolare e che non è concepibile opporre forza e coordinazione, dal momento che la coordinazione non è che la descrizione del funzionamento della struttura. Da molti studi specifici sul calcio risulta un rapporto molto stretto tra il livello della forza in generale, la forza di salto e nel calciare e la capacità di accelerazione (Asami,Togari, 1968, Perine, Edgerton, 1975, Prins, 1978, Stevens, 1980, Bosco, Mognoni, Luthanen, 1983, Kanehisa, Mizashita, 1983, Öberg et al., 1984, in Weineck, 1998). In altre ricerche è stato accertato il collegamento tra la forza dei gruppi muscolari coinvolti nel movimento di calciare, la velocità del pallone e la forza del tiro in porta (Asami, Togari, 1968, Togari, 1972, Roberts, Metcalfe, 1968, Aitchison, Lees, 1983, Lindbeck, 1983, Hoshizaki, 1984, Plagenhoef, 1971, Kermond, Kong, 1978, Isokawa, 1981, in Weineck, 1998). Gli studi di Cabri et al. (1988, in Weineck, 1998) dimostrano che il calciatore dispone di una maggiore forza nel calciare rispetto ad un non calciatore e ciò sembra non dipendere soltanto da una tecnica migliore, ma anche da una forza maggiore dei muscoli che partecipano al tiro in porta. Sono state riscontrate, inoltre, influenze positive della forza di base e della forza funzionale sulla prestazione nella rimessa da fallo laterale in giovani calciatori (Castagna, D’Ottavio, 1998). Ulteriori ricerche si allineano alle precedenti e dimostrano l’esistenza di uno stretto legame, ad esempio, tra la potenza della muscolatura degli arti inferiori e i cambi di direzione (Young e coll., 2002). I legami tra diverse espressioni di forza e tecnica nel calcio sono quindi confermate dalle verifiche sperimentali, anche se, nella maggior parte dei casi, gli studi non fanno riferimento a campioni costituiti da giovani calciatori.
IPOTESI E OBIETTIVI Ipotesi di valutazione complessa nel calcio
La valutazione della abilità nel calcio, in qualità di sport di situazione ad alto coefficiente tecnico-coordinativo, richiede la considerazione dei fattori che, in modo diverso, influenzano l’azione tecnica. Mentre i fattori fisici vengono misurati autonomamente, isolandoli dal contesto prestativo, per quanto riguarda gli aspetti tecnico-coordinativi, si possono utilizzare alcuni esercizi-test che consentono di valutare le abilità tecniche congiuntamente ad alcuni elementi, legati alla complessità della prestazione calcistica; in questo lavoro sono stati considerati (D’Ottavio, 1994, mod.): - la precisione: richiesta di mantenimento del dominio della palla in condizioni di contatto alternato (in termini calcistici: palleggio), senza ulteriori complessità; - la pressione temporale: richiesta di raggiungimento di obiettivi direzionali con mantenimento del possesso palla individuale (in termini calcistici: guida della palla) in regime di rapidità e velocità; - la pressione coordinativa: richiesta di raggiungimento di obiettivi direzionali successivi ad una fase di ricezione della palla (in termini calcistici: stop a seguire o controllo orientato), con reazione a stimoli visivi determinati dal movimento dell’avversario; - la pressione di forza: richiesta di raggiungimento di bersagli alla maggior distanza possibile colpendo la palla (in termini calcistici: tiro in porta) in regime di precisione e di forza.
31
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
Aspettative
Date le relazioni conosciute, in parte citate, tra varie espressioni di forza e capacità di accelerazione, cambio di direzione e abilità tecniche, in particolare la forza nel calciare, ci si aspetterebbe di trovare delle correlazioni significative tra i risultati dei tests che valutino tali fattori. L’analisi dei risultati delle varie prove e soprattutto dei confronti tra le prove stesse, dovrebbe consentire di trarre opportune conclusioni in attinenza: - ai legami esistenti tra capacità fisiche ed abilità tecniche; - ai legami esistenti tra capacità fisiche diverse; - ai legami esistenti tra le diverse abilità tecniche, valutate secondo diverse complessità; - alle indicazioni per la valutazione e l’allenamento. Metodo
Il campione è rappresentato da un gruppo di giovani calciatori (n= 15) appartenenti alla categoria “Esordienti” della società U.C.Tolmezzo di Tolmezzo (Udine), di età compresa tra i 10 e i 12 anni compiuti. Procedure e materiali
Ai giovani calciatori appartenenti al campione sono stati somministrati alcuni tests per la valutazione: - della capacità di forza veloce degli arti inferiori con riuso di energia elastica: Counter Movement Jump e Counter Movement Jump a braccia libere, secondo le indicazioni del protocollo di Bosco (Test di Bosco, Bosco, 1992); - delle capacità di accelerazione e velocità di spostamento: sprint 20m con fotocellule, secondo le indicazioni dei protocolli più comuni (ad es. Wisløff, 2001); - delle capacità di accelerazione, decelerazione e cambio di direzione: sprint 2x10m a navetta (vai e torna) con fotocellule, secondo le indicazioni dei protocolli più comuni (ad es. Wisløff, 2001); - di alcune abilità tecniche calcistiche, secondo le indicazioni stabilite precedentemente con l’ipotesi di valutazione complessa del calcio e con modalità descritte successivamente. La sperimentazione si è svolta sul campo di allenamento (campo B) messo a disposizione dalla società U.C.Tolmezzo;il fondo si presentava regolare, ma particolarmente duro, sia per le caratteristiche del terreno, in terra battuta, che per le condizioni climatiche. Oltre alle strumentazioni per la valutazione delle capacità fisiche, già citate, sono stati utilizzati, per lo svolgimento dei test tecnici, 32
palloni n° 4 ed i comuni delimitatori di spazio (coni e cinesini). I soggetti sono stati adeguatamente istruiti sugli scopi e le modalità di esecuzione dei tests attraverso l’uso di spiegazioni verbali e di dimostrazioni pratiche, nel corso dei due allenamenti precedenti alla sperimentazione. Ogni test è stato preceduto da un riscaldamento specifico, al termine del quale ognuno provvedeva all’esecuzione ripetuta della prova richiesta. Erano presenti due allenatori, uno dei quali provvedeva alla trascrizione dei risultati, mentre entrambi erano impegnati nell’osservazione delle varie esecuzioni in corrispondenza di angoli visuali diversi. Test di palleggio
I soggetti sono stati posizionati ad uno ad uno, ognuno con la propria palla, all’interno di uno spazio, delimitato da cinesini, di 5x5m. Il compito assegnato prevedeva l’effettuazione del maggior numero di palleggi, senza soluzione di continuità, nel tempo stabilito di 3 minuti. La posizione di partenza prevedeva la palla a terra davanti ai piedi, così da obbligare i soggetti ad alzarla con le stesse estremità per poter dare inizio al conteggio, una volta sentito il “via”. Veniva considerato valido esclusivamente il tocco della palla eseguito con il piede, ma se la palla, pur colpita con altra parte del corpo (esclusi gli arti superiori), non cadeva a terra si poteva continuare nel palleggio senza interrompere il conteggio; tale eventualità avveniva quando la palla toccava terra, nel qual caso si doveva ricominciare da zero. E’ stato rilevato il numero massimo dei tocchi (palleggi) effettuati. Test di guida della palla
I soggetti effettuavano una conduzione della palla, in andata e ritorno, a “doppio 8”, in slalom tra tre coni posti a 4m di distanza, per un totale di 16m (8+8m.). La posizione di partenza prevedeva la palla davanti ai piedi e di fianco al primo cono (a destra per i casi di dominanza destra e a sinistra per quelli a dominanza sinistra). Non appena i soggetti si avvicinavano alla palla per il primo tocco, passavano davanti alla prima fotocellula (start) azionando così il cronometro; al ritorno dallo slalom veniva azionata la seconda fotocellula (stop), posta sul lato opposto alla prima, per il conteggio del tempo impiegato ad eseguire il test. Oltre al tempo impiegato è stato rilevato anche il numero totale dei toc-
chi di palla, allo scopo di calcolare un indice di efficacia della prova (i soggetti abili nella conduzione realizzano un buon rapporto tra tocchi totali e tempo impiegato).
2
3
10m
2m
F2
10m
5m 4m
1
4m
F1
All.
Fig. 2 – Test di controllo orientato Test di tiro in porta Fig. 1 – Test di guida della palla a “doppio 8” Test di ricezione (controllo orientato o stop a seguire)
I soggetti dovevano ricevere (stoppare) un pallone lanciato dall’allenatore, posto a 15m. di distanza, indirizzandolo verso una delle due porticine, posizionate lateralmente (una a destra e una a sinistra) rispetto alla posizione di partenza, delimitate da coni posti a 2m. di distanza fra loro. La scelta della porticina avveniva in reazione al movimento del compagno-difensore, posto di fronte all’allenatore a 5m di distanza da questi, il quale, non appena la palla veniva lanciata, si girava dirigendosi velocemente verso una delle due porticine, lasciando così una sola opportunità direzionale al compagno che eseguiva il controllo della palla. Tale controllo doveva essere effettuato obbligatoriamente (indicazione tecnica) di controbalzo (posizionando il piede sopra la palla non appena questa toccava terra) a seguire (orientando la traiettoria della palla verso la porticina lasciata libera dal compagnodifensore), scegliendo liberamente quale piede usare e, di conseguenza, quale parte dello stesso nell’impatto con la palla: mediale o laterale (interno o esterno). Il compagno-difensore veniva opportunamente istruito nel dirigersi, nell’ambito dei quattro tentativi previsti, due volte verso la porticina di destra e due volte verso la porticina di sinistra, in successione casuale. Veniva rilevato, per ognuno dei quattro tentativi, il numero di tocchi necessario per condurre la palla entro la porticina, riportandone alla fine la somma; ai tentativi non riusciti (bersaglio non centrato, controllo non riuscito) veniva assegnato un punteggio uguale a zero.
Il test prevedeva la disposizione di 10 porte, delimitate da coni posti a 7,32m. di distanza fra loro (larghezza della porta regolamentare), parallele fra loro, ad una distanza costante di 10m., lungo l’asse longitudinale del campo, fino a giungere a 10m. di distanza dall’ultima porta, ovvero quella regolamentare. I soggetti posizionavano la palla al centro della prima porta e, dopo adeguata rincorsa, la colpivano (tiro) con il piede preferito, cercando di calciarla il più lontano possibile con la parte dorsale o dorso-mediale del piede (collo o interno-collo), centrando il maggior numero di porte-bersaglio. Non venivano accettate esecuzioni scorrette dal punto di vista tecnico (aderenza al modello), come ad esempio colpire la palla con la punta del piede. Su 4 tentativi veniva rilevato il punteggio più alto realizzato (es.: 6 porte centrate = 60m.).
10x10m= 100m
Fig. 3 – Test di tiro in porta Risultati
L’analisi statistica è stata effettuata calcolando la media aritmetica (M) e la deviazione standard (D.S.) relative alle diverse distribuzioni. Le relazioni intercorrenti tra le variabili sono state esaminate mediante l’analisi correlazionale di Pearson, determinando i coefficienti di correlazione lineare (r) (analisi bivariata). La si33
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
gnificatività è stata considerata in base ai vari livelli di probabilità (p) (0.05, 0.01, 0.005). Tab. 1 – Risultati dei tests VARIABILE
M
D.S.
29,2
4,0
CMJL (cm.)
33,1
4,0
20m (sec.)
3,8
0,2
2x10m (sec.)
5,2
0,4
Differenza tempi (sec.)
1,4
0,2
Indice efficienza (1)*
70,7
9,7
Forza veloce CMJ (cm.)
Velocità
Palleggio
N° tocchi
44,9
25,2
Guida
Tempo (sec.)
6,69
0,65
N° tocchi
10,07
0,96
Indice efficienza (2)**
15,14
1,72
N° tocchi
8,0
2,4
Indice efficienza (3)***
13,7
4,2
Distanza (m.)
61,3
20,3
Ricezione
Tiro
Tab. 2 – Relazione tra i tests Correlazioni tra tests fisici (r) cmj - cmjl cmj – 20m cmjl – 20m 0,85*** -0,62** -0,55* 20m – 2x10m cmj – 2x10m cmjl – 2x10m 0,92*** -0,54* -0,51* Correlazioni tra tests tecnici (r) palleggiopalleggiopalleggiopalleggioguida guida guida ricezione tempo tocchi Ie Ie (ns) (ns) -0,42 0,12 0,10(ns) -0,60** palleggioguida tempo– guida tocchi– guida Ie– tiro ricez. Ie ricez. Ie ricez. Ie (ns) (ns) -0,04 -0,08 -0,03(ns) 0,51* guida guida guida Ricezione Ie-tiro Ie-tiro tempo-tiro tocchi-tiro
-0,41(ns)
0,07(ns)
0,36(ns)
Correlazioni tra tests fisici e tecnici (r) cmj-palleggio cmj-guida Ie cmj-guida cmj-guida tocchi tempo
0,00(ns)
0,12(ns)
cmjl-palleggio cmjl-guida Ie
0,23(ns)
0,12(ns)
cmjl-guida tocchi
cmjl-guida tempo
0,04(ns)
0,08(ns)
0,12(ns)
0,03(ns)
cmj-ricezione Ie
cmj-tiro
20m-guida Ie
20m-guida tempo
-0,11(ns)
-0,24(ns)
0,00(ns)
0,07(ns)
cmjl-ricezione
cmjl-tiro
2x10m-guida Ie
2x10m-guida tempo
0,01(ns)
0,16(ns)
Ie
* L’indice di efficienza (1), Velocità Ie, relativo ai tests di velocità è stato calcola-
to con la seguente formula: 1/(T 2x10m -T 20m ) * 100 , moltiplicando l’inverso della differenza fra i tempi ottenuti nella navetta 2x10m e nello sprint di 20m per 100.Tale indice misura l’efficacia delle capacità di accelerazione, decelerazione e cambio di direzione, notoriamente correlate con la capacità di forza veloce.
-0,01(ns)
-0,13(ns)
-0,33(ns)
Livelli di significatività: *** p= <0.005 ** p= <0.01 * p= <0.05 (ns) non significativa
** L’indice di efficienza (2), Guida Ie, relativo al test di guida della palla è stato
calcolato con la seguente formula: N° tocchi/T guida * 10 , moltiplicando il rapporto
Analisi dei risultati e conclusioni
tra il numero di tocchi effettuati e il tempo impiegato per 10 (la scelta di molti-
Dall’analisi dei risultati dei tests emergono livelli di abilità e capacità piuttosto eterogenei del gruppo campione, particolarmente considerando i livelli tecnici. Il fatto può trovare spiegazione, oltre che nella normale variabilità individuale (particolarmente evidente nel preadolescente per motivi legati allo sviluppo e confermata anche dal rilevamento dei dati antropometrici), probabilmente anche nella mancanza di selezione operata nelle annate precedenti dalla società (il che non deve necessariamente essere interpretato negativamente, se consideriamo che nella categoria Esordienti viene ancora promossa la più ampia partecipazione all’attività calcistica). Da non trascurare anche la provenienza di parte dei ragaz-
plicare per 10 è stata motivata da esigenze di rappresentazione dei dati sul grafico). Tale indice misura l’efficacia del gesto tecnico in funzione della richiesta di velocità di spostamento con la palla: il rapporto ideale prevede un numero elevato di tocchi (indice dell’abilità di mantenere il controllo dinamico della palla nel proprio spazio di azione) nel minor tempo possibile. *** L’indice di efficienza (3), Ricezione Ie, relativo al test di ricezione è stato calco-
lato con la seguente formula: 1/ ∑ N° tocchi * 100 , moltiplicando l’inverso del totale dei tocchi realizzati nelle quattro prove (somma dei tocchi ottenuti nelle singole prove) per 100. Tale indice misura l’efficacia del gesto tecnico in funzione della richiesta di precisione successiva alla reazione allo stimolo visivo (indice dell’abilità di orientare il controllo della palla verso il bersaglio con il minor numero di tocchi).
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zi da società diverse, affiliate al Comitato carnico di Tolmezzo, il che significa aver svolto nelle stagioni sportive precedenti un’attività limitata a due o tre mesi l’anno, a causa delle particolari condizioni climatiche della zona. La maggior parte dei ragazzi, quindi, ha eseguito le prove senza poter contare su un adeguato e comune percorso didattico a carattere pluriennale. Tale motivazione, unitamente al fatto che i ragazzi hanno sostenuto tutti i tests somministrati per la prima volta in assoluto (ci si trovava nel primo periodo preparatorio della stagione agonistica), consente di avanzare l’ipotesi che una maggiore consuetudine alle prove aumenterebbe di per sé le possibilità di raggiungere migliori risultati nelle prove stesse. Quanto osservato vale anche per i test apparentemente semplici dal punto di vista motorio, come il CMJ o il CMJ a braccia libere, i cui livelli di coordinazione richiesti risultavano, per taluni, complessi. Lo stesso non si può affermare per i test di velocità, caratterizzati dalla semplicità dello schema motorio di riferimento e dalla breve distanza da percorrere. I livelli medi delle capacità fisiche possono essere ritenuti buoni in riferimento alla categoria in esame e al livello di selezione operato dalla società, mentre il livelli medi di sviluppo delle abilità tecniche, considerando debitamente la già citata eterogeneità, appaiono piuttosto bassi. La conferma di tale affermazione viene dalle osservazioni a carattere soggettivo operate dagli allenatori: sono stati notati bassi livelli medi di sensibilità nel rapporto piede-palla durante l’esecuzione dei tests di palleggio, guida e ricezione, mentre il test di tiro in porta ha evidenziato la difficoltà di gestire con efficacia il rapporto tra forza e precisione (Legge di Fitts in Schmidt, Wrisberg, 2000). Come era facilmente ipotizzabile, le maggiori relazioni statistiche si riscontrano tra i vari tests fisici, che indagano espressioni diverse della stessa capacità o capacità notoriamente correlate tra loro (forza e velocità): 20m. – 2x10m. (r=0,92, p<0.005), CMJ – CMJL (r=0,85, p<0.005), CMJ – 20m. (r=-0,62, p<0.01), CMJ – 2x10m. (r=-0,54, p=<0.05), CMJL – 20m. (r=-0,55, p<0.05), CMJL – 2x10m. (r=-0,51, p<0.05). Da notare come l’ampiezza delle differenze individuali aumentino nel test 2x10m. rispetto al test 20m., probabilmente a causa di livelli di abilità diversi nell’eseguire con efficacia il cambio di direzione.A questo proposito c’è da chiedersi se la relazione tra CMJ e 2x10m. (r=-0,54, p=<0.05), confrontata anche con la relazione
tra CMJ e 20m. (r=-0,62, p<0.01), possa avere qualche significato, pensando al fatto che nel test 2x10m. viene richiesto il riuso dell’energia elastica, qualità indagata proprio dal CMJ. Pur con la dovuta cautela, ma suffragando le affermazioni con le osservazioni effettuate, si possono formulare diverse ipotesi: 1) che i livelli medi di elasticità del gruppo campione siano modesti e che la prestazione ottenuta nel test CMJ sia dovuta prevalentemente a capacità di forza esplosiva non necessariamente legata al riuso di energia elastica (ipotesi peraltro non verificabile per mancanza di dati relativi al test SJ di Bosco); 2) che, riferendosi alla mancanza di consuetudine al tipo di test e al bagaglio motorio non particolarmente ampio del gruppo campione, si possa mettere in evidenza l’incapacità di sviluppare adeguati gradienti di forza sfruttando la coordinazione intramuscolare ed intermuscolare; 3) che non vi sia la capacità di trasferire i livelli espressi di forza nell’abilità di cambiare direzione. Considerando plausibile l’ipotesi (3), si ritiene utile trarre l’importante indicazione per l’allenamento, che deve prevedere lo sviluppo di abilità sia con la palla che senza, come nel caso del cambio di direzione. Fra i risultati dei tests tecnici si segnalano indici più elevati di variabilità per quanto riguarda il palleggio e il tiro, come se tali abilità fossero state maggiormente trascurate rispetto alle altre valutate nel presente lavoro. Le uniche relazioni significative fra tests tecnici sono quelle tra palleggio e guida-tempo (r=-0,60, p<0.01) e tra palleggio e tiro (r=0,51, p<0.05), il che valorizzerebbe, si potrebbe dire sorprendentemente, il ruolo del palleggio nell’allenamento tecnico dei giovani calciatori. Sorprende che il palleggio, caratterizzato da richiesta di precisione e sensibilità nel rapporto piede-palla, possa essere correlato con abilità tecniche valutate in regime di precisione e velocità (guida-tempo) e in regime di precisione e forza (tiro). Con le dovute cautele, si potrebbe pensare che il carattere “precisione” influenzi maggiormente la prestazione di questi giocatori nella guida-tempo e nel tiro, rispetto ai caratteri “velocità” e “forza”. Per giustificare le scarse correlazioni riscontrate tra gli altri tests tecnici si può avanzare un’ipotesi relativa alla diversità dei vari aspetti che influenzano la prestazione tecnica calcistica. Verosimilmente le diverse richieste di forza, velocità e coordinazione, 35
SCUOLA ALLENATORI PREPARAZIONE FISICA
collegate ai gesti tecnici esaminati (secondo l’ipotesi di valutazione complessa della tecnica calcistica), godono di una loro autonomia nel determinare il livello di complessità del gesto tecnico. Il suggerimento per l’allenamento è di estrapolare i vari tipi di complessità dal contesto prestativo per riproporli nei vari cicli di insegnamento-apprendimento, adattando le proposte all’età ed ai diversi livelli di competenza tecnico-coordinativa, per raggiungere, come fine ultimo, la capacità di applicare le abilità apprese, adattandole, nelle varie situazioni di gioco. Anche per quanto riguarda le relazioni tra test fisici e tecnici non si evidenziano valori significativi, nemmeno se si confrontano quei fattori che, in sede di ipotesi, venivano giudicati affini, ovvero forza esplosiva degli arti inferiori e tiro. Rimanendo nell’ambito delle ipotesi (le conferme sperimentali in questo caso sono indispensabili), si potrebbero recuperare le precedenti motivazioni per giustificare l’assenza di relazione lineare tra test fisici e tecnici, almeno relativamente al campione considerato (ma forse la considerazione può riguardare in generale gli atleti non evoluti): (1) influenza dell’età cronologica e biologica e delle esperienze motorie pregresse; (2) autonomia dei vari fattori della prestazione, fisici e tecnico-coordinativi. Se le ipotesi (1) e (2) sono valide, l’indicazione da ricavare è che non vanno trascurati i vari ambiti di allenamento, considerandoli ognuno per la propria peculiarità, pur prevedendo eventuali transfer che potrebbero però non riguardare i giovani praticanti, ma evidenziarsi più in là, nel corso del processo di specializzazione. Sviluppi
La valutazione oggettiva delle abilità tecniche calcistiche, condizionate dai vari aspetti prestativi, può essere confrontata con le osservazioni soggettive dell’allenatore per ottenere un giudizio complessivo sul giocatore, ma anche per validare o meno le procedure scelte. Un ulteriore contributo in tal senso potrebbe essere fornito dal confronto delle proprie osservazioni con quelle operate, sui medesimi soggetti e nelle medesime condizioni, da altri allenatori. Oltre ai giudizi soggettivi, le indagini in campo tecnico possono avvalersi di strumenti tecnologici più o meno avanzati, fra i quali le macchine fotografiche e le telecamere rappresentano gli esem36
pi di maggiore diffusione. Sicuramente le procedure relative alla somministrazione dei tests tecnici richiedono ulteriori e più approfondite verifiche sperimentali, una volta stabiliti ruoli e significati della valutazione della tecnica calcistica. Tale compito non risulta certamente fra i più semplici, in uno sport come il calcio nel quale l’allenamento tecnico deve essere finalizzato alla gestione delle situazioni di gioco, seguendo il processo che porta ad apprendere ad apprendere, allo stimolo di una elaborazione cognitiva e motoria del gesto sempre nuova ed originale, nel senso della piena considerazione dell’individuo che la padroneggia e delle sue possibilità di autoregolamentazione. Occorre infine rimarcare la necessità di avvalersi di ulteriori sperimentazioni, in modo da sottoporre ad ulteriore verifica le conclusioni a cui si è pervenuti. Ringrazio i giovani calciatori ed i dirigenti dell’U.C. Tolmezzo per aver permesso la realizzazione di questo lavoro. Un grazie particolare all’amico dott. Messina Giovanni per il pro- ficuo confronto.
Versamento della quota di iscrizione all’Albo dei Tecnici per la stagione sportiva 2004/2005 Al numero 1 GEN-FEB 2004 del Notiziario, è allegato il bollettino per il pagamento della quota di iscrizione all’Albo ed ai Ruoli del Settore Tecnico per la stagione 2004/2005. Gli importi delle quote sono i seguenti:
€
52,00
Allenatore Professionista di 1ª cat.
€
52,00
Allenatore Professionista di 2ª cat.
€
52,00
Allenatore di Base
€
26,00
Allenatore Dilettante di 3ª cat.
€
26,00
Allenatore di Calcio a 5
€
26,00
Istruttore Giovani Calciatori
€
26,00
Preparatore Atletico
€
52,00
Medico Sociale
€
52,00
Operatore Sanitario (Massaggiatore, etc.)
€
26,00
Direttore Tecnico
Il pagamento della quota è obbligatorio per tutti i Tecnici. Coloro che non effettuano il versamento vengono sospesi temporaneamente dall’Albo ai sensi dell’art. 15, comma 1/c del Regolamento del S.T.. Pertanto i tecnici che non avranno provveduto a versare la quota di iscrizione all’Albo non potranno essere tesserati nella stagione sportiva 2004/2005. In caso di smarrimento del bollettino, il pagamento della quota potrà essere effettuato tramite conto corrente n. 389502 intestato a F.I.G.C. - Settore Tecnico, Via G. D’Annunzio, 138 - 50135 Firenze, specificando nella causale: qualifica, numero di matricola, stagione sportiva per la quale si effettua il versamento. Si precisa che sul bollettino di versamento dovrà essere scritto il nominativo del tecnico. Si ricorda inoltre che per l’inoltro di tutta la corrispondenza tra il Settore Tecnico e gli iscritti all’Albo fa fede la residenza e non i temporanei trasferimenti di domicilio.
SCUOLA ALLENATORI TATTICA
MOVIMENTI OFFENSIVI DEL 4 – 4 – 2 CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE DIVERSE POSIZIONI DI BASE DEGLI ATTACCANTI CONTRO DIFESE A 4 O 3 A ZONA E 3 A UOMO di Giuseppe Iachini*
l 4-4-2 è un modulo che è stato adottato in Italia dalla seconda metà degli anni ottanta, a seguito dei grandi successi conseguiti dal Milan allenato da Arrigo Sacchi che diede alla sua squadra una mentalità e un modo di stare in campo innovativi che ha fatto scuola sia in Italia che in Europa. Con il passare degli anni questo sistema ha subito varie evoluzioni passando ad un: 1) 4-3-1-2: centrocampo disposto a rombo con un 3/4 impiegato dietro le due punte (vedi Milan-Juventus 2002-03) 2) 4-2-3-1: composto da due centrocampisti centrali abbastanza bloccati per dare equilibrio alla squadra, tre giocatori schierati in orizzontale con caratteristiche prettamente offensive dietro ad una punta centrale di riferimento (vedi Real Madrid 2002-03). 3) 4-2-4: Due centrocampisti centrali, due esterni alti, due punte posizionate in orizzontale. In considerazione di queste evoluzioni del 4-4-2 si sono modificati di conseguenza i movimenti degli attaccanti, sia nella fase di non possesso palla (fase difensiva) che di possesso palla (fase offensiva). Nonostante le diverse interpetrazioni un sistema di gioco funziona quando è composto da bravi calciatori che sanno integrarsi tra loro compensando pregi e difetti e quando i giocatori occupano in campo posizioni a loro congeniali che ne esaltano le qualità e ne limitano le lacune. È altresì importante che la squadra sia sorretta dallo stesso spirito di collaborazione e dalle stesse motivazioni nel raggiungere gli obiettivi prefissati. Occorre infine ricordare che uno schema di gioco per essere efficace deve essere: - equilibrato: deve garantire equilibrio nelle due fasi di possesso palla, e non possesso palla; - elastico: deve adattarsi con piccole modifiche alle esigenze della gara e alla diverse disposizioni tattiche degli avversari; - razionale: deve essere scelto in relazione alle caratteristiche tecnico-tattiche dei giocatori che lo compongono.
I
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In riferimento alle caratteristiche tecnico-tattiche e fisiche degli attaccanti a disposizione, si sceglierà il sistema di gioco più adatto alle loro qualità (attuare pressing offensivo o difensivo, scegliere di attaccare con palla alta o palla bassa). Sono proprio gli attaccanti attraverso la loro capacità e disponibilità a collaborare con il resto della squadra a rendere più o meno efficace (fase difensiva-offensiva) e produttivo il gioco della squadra.
IL MOVIMENTO SENZA PALLA
Ritengo di primaria importanza, prima di esporre i movimenti specifici delle punte nel modulo 4-4-2, parlare dello “smarcamento”, elemento fondamentale di tecnica applicata(o tattica individuale) e determinante ai fini della riuscita di una efficace manovra offensiva. Smarcamento: è la capacità di sottrarsi al controllo dell’avversario per agire con una certa libertà d’azione ma è anche la caLegenda: Movimento giocatore senza palla Movimento della palla Movimento giocatore con la palla Giocatore
Palla
*Tesi di fine studio del Corso Master 2002/2003 per l’abilitazione ad allenatore professionista di 1ª Categoria.
pacità di sapersi proporre al compagno che ha la palla, per partecipare alla fase di possesso e alla progressione della stessa verso la porta avversaria. Perchè uno smarcamento possa considerarsi ottimale è necessario conoscere alcuni aspetti basilari: quando, come e dove. Quando: un calciatore si smarca quando il compagno che ha il controllo della palla è in grado di vederlo. Per velocizzare l’azione e creare maggiori difficoltà al difensore avversario ènecessario che colui che si smarca cominci a muoversi mentre la palla viene trasmessa da un compagno ad un altro, oppure nel tempo che passa tra il controllo della palla e il passaggio. Come: un giocatore si smarca con corse diagonali che consentono di vedere la palla e il compagno che ti passa la stessa, contemporaneamente la porta avversaria e di conseguenza il marcatore diretto. È fondamentale vedere il compagno che ha la palla per due motivi : 1) Per i tempi dello smarcamento 2) Per intuire dove si potrà ricevere la palla, incontro o in profondità, a seconda della posizione dell’avversario (vicino o lontano) dalla stessa Dove: prendendo in riferimento la distanza dell’avversario ci si smarca dove il compagno può passarci la palla, valutando le caratteristiche tecniche dello stesso(calcio lungo-calcio corto). Considerando che nel calcio si creano gli spazi muovedosi e facendo muovere gli avversari, diventa di fondamentale importanza il concetto di spazio e di tempo. Esempi di esercitazioni per lo smarcamento: quadrati 3 > 1 e 4 > 2 (Fig. 1-2)
I MOVIMENTI SPECIFICI DELLE 2 PUNTE
Perchè il nostro sistema di gioco risulti equilibrato e bene organizzato, è necessario che le punte, così come tutte le altre coppie (difensori centrali centrocampisti centrali ed esterni) abbiano caratteristiche diverse per integrarsi bene tra loro. In genere le qualità di una prima punta dovrebbero essere: potente fisicamente, di statura elevata, abile nel gioco aereo e capace di proteggere la palla sia per lo sviluppo della manovra offensiva, sia per far risalire la squadra quando gli avversari stanno
Fig. 1 - Esercitazione smarcamento 3 VS 1
Fig. 2 - Esercitazione smarcamento 4 VS 2
attuando un pressing alto e, naturalmente, avere anche delle buone qualità realizzative. Al contrario la seconda punta deve avere caratteristiche di movimento.Deve risultare veloce, abile nel 1 > 1 , capace di fornire assist per i compagni e dettare il passaggio negli spazi liberi. Inoltre dovrà essere bravo a smarcarsi tra le linee di difesa e centrocampo avversario quando la propria squadra potrà verticalizzare il gioco con palla a terra e altresì, andare a sostegno della prima punta o attaccare la profondità dietro la stessa nel caso in cui su pressing avversario la squadra sia indotta a giocare una palla lunga. In fase di non possesso palla le punte dovranno assumere la giusta posizione per ritardare la manovra di uscita della difesa avversaria per consentire alla propria squadra di organizzarsi ed eventualmente di poter effettuare un’ azione di pressing. Per caratteristiche dovrà essere la seconda punta ad accorciare la 39
SCUOLA ALLENATORI TATTICA
Fig. 3 - Movimento delle punte: uno viene - uno va
Fig. 4 - Movimento delle punte: incrocio
squadra ed aiutare la chiusura del gioco degli avversari verso un lato del campo. Movimenti classici delle due punte: uno viene e uno va , incrocio, uno-due, esca, velo, blocco e deviazione (movimento passante). - Incrocio: s’intende un cambio di posizione delle punte che permetta una occupazione razionale degli spazi in profondità dando al portatore di palla due soluzioni di passaggio. Perchè questo avvenga occorrono questi requisiti: - Tempo del movimento di incrocio. Si effettua se il compagno può calciare e quando stà per calciare. - Distanza.In questa situazione le due punte non devono essere nè troppo distanti tra di loro nè troppo lontane dalla palla. Questo è un movimento che in genere si effettua oltre la 3 / 4 avversaria. (Fig. 4) Si attua in particolare contro difese schierate ad uomo. - Uno viene e uno và : è un movimento che dà la possibilità al portatore di palla di avere due soluzioni di passaggio, una in appoggio e una in profondità. È importante in questo movimento che sia la punta più vicina alla palla a determinare il movimento dell’altra. (Fig. 3) Questo movimento si attua in particolare come contromisura al fuorigioco, in questo caso il primo movimento spetta prevalentemente all’uomo più distante. - Uno – due : è uno dei movimenti più produttivi e frequenti nel gioco del calcio. Perchè sia eseguito correttamente occorre che il calciatore che è in possesso di palla attacchi puntando l’avversario, eseguendo un passaggio teso in diagonale sul compagno venuto in appoggio, cercando di indirizzare la pal-
la sul piede più lontano dall’avversario e compiendo un cambio di direzione e di velocità finalizzato alla chiusura dello scambio. Nell’uno-due la trasmissione di palla viene effetuata utilizzando l’ interno piede che permette un passaggio più preciso ma che ha lo svantaggio di essere più leggibile dall’avversario. Per questo motivo, per rendere più pericolosa e veloce un’azione d’attacco, sarebbe opportuno servirsi anche dell’esterno piede che è un tipo di calcio più difficile ma meno prevedibile. (Fig. 5) - Esca: le punte effettuano questo movimento quando la palla è posizionata sulla parte centrale-esterna e quando gli avversari accorciano molto la marcatura. È determinante che le due punte si posizionino bene fra loro e la palla e precisamente uno dietro l’altro e sulla diagonale di colui che effettua il passaggio. La trasmissione della palla deve essere veloce e tesa, l’attaccante che và incontro alla palla finge il controllo, la lascia passare per l’altra pun-
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Fig. 5 - Movimento delle punte: uno due
Fig. 6 - Movimento delle punte: esca
Fig. 7 - Movimento delle punte: velo
ta che gli ritorna la palla sulla direzione della sua corsa.Questo è un movimento contro cui i difensori hanno difficoltà a difendere data la velocità e l’imprevedibilità della giocata. (Fig. 6) - Velo: è un’azione che si effettua quando il giocatore che ha la palla non ha alternative di gioco. Esegue una guida della palla verso il compagno che gli lascia la stessa, incrociandosi e proteggendo la palla da un possibile intervento di un avversario. È un movimento efficace contro una difesa ad uomo ed è presupposto per la verticalizzazione (conclusione in porta o passaggio). (Fig. 7) - Blocco: è una tattica ripresa dal basket e si utilizza soprattutto nelle palle inattive (calci d’angolo, punizioni laterali ecc.). Si deve prestare attenzione a non commettere fallo perchè è un movimento che si attua in spazi ristretti e contro la marcatura a uomo. Il blocco può avvenire in due modi: 1) In movimento:quando si corre sulla traiettoria di corsa del marcatore dell’altro attaccante per fargli deviare il senso della corsa.
2) Statico: quando ci si pone d’avanti o dietro al marcatore di un compagno mentre arriva il passaggio o il cross. (Fig. 8) - Corsa di deviazione o movimento passante : è un movimento che prevede lo spostamento(ad aprire) di uno o di entrambi gli attaccanti. Questo movimento si effettua per cercare di aprire le difese avversarie e per favorire gli inserimenti da dietro degli esterni e dei centrocampisti centrali. ( Fig. 9)
Fig. 8 - Movimento delle punte: blocco
Fig. 9 - Movimento delle punte: deviazione o movimento passante
Fig. 9 bis - Movimento delle punte: deviazione o movimento passante con inse- rimento dell’esterno in taglio.
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SCUOLA ALLENATORI TATTICA
DISPOSIZIONE E MOVIMENTI DEI DUE ATTACCANTI DEL 4-4-2 CONTRO LA DIFESA A 4 A ZONA E CONTRO UNA DIFESA DISPOSTA A 3 A ZONA O A UOMO Due attaccanti > 4 difensori a zona : Fase offensiva
Premettendo che le caratteristiche tecniche, tattiche e fisiche dei due attaccanti siano quelle sopra citate, contro una difesa a 4 schierata a zona in genere le due punte possono essere posizionate: 1) Due punte centrali. Questo per creare una situazione di 2 > 2 centralmente e rendere più difficoltosa la copertura reciproca dei difensori. In questo caso i movimenti delle due punte più idonei sono l’uno – due(anche con gli attaccanti pronti a ricevere palla di spalle usando l’esterno piede), uno viene uno và (punta incontro e l’altra punta che taglia) e l’ esca se incontriamo una difesa molto aggressiva. 2) La prima punta si posiziona centralmente mentre la seconda punta si colloca esternamente dalla parte del difensore esterno meno abile nella fase difensiva ma più portato ad attaccare, in modo che quest’ultimo possa limitare la sua spinta e di contro subire l’ 1 > 1 o il 2 > 1 con il supporto dell’ esterno. Nel caso in cui sia la punta ad effettuare il cross, è fondamentale che il centrocampista centrale più abile nel gioco aereo s’inserisca da dietro per affiancare la prima punta alla conclusione. 3) Posizione delle punte in verticale. Si ricerca questa disposizione quando troviamo nella squadra avversaria un centrocampo molto piatto e poco disposto alle coperture reciproche e alla marcatura dell’avversario la punta di movimento si posiziona tra le linee di centrocampo e di difesa, in verticale con la prima punta, per creare delle difficoltà nelle scalate ai due difensori centrali e favorire di conseguenza gli inserimenti con i tagli degli esterni di centrocampo. Inoltre una difesa a 4 schierata a zona potrebbe effettuare il fuorigioco. In questo caso i movimenti dei due attaccanti saranno diversi a seconda della loro posizione (orizzontale o verticale). A: se le nostre punte sono posizionate in orizzontale sulle respinte dovranno correre verso la linea di centrocampo, per favorire l’inserimento da dietro di un esterno o di un centrocampista centrale. Con le punte in posizione verticale sarà efficace il movimento punta incontro e punta lunga. B: contro il fuorigioco su palla scaricata all’indietro, i movi42
Fig. 10 - 2 punte vs 4-4-2
menti dei nostri due attaccanti saranno uguali a quelli appena citati. Considerando la possibilità che anche gli esterni siano alti, questi dovranno correre all’indietro per favorire l’eventuale inserimento del terzino sul conseguente cambio di gioco, con le punte che successivamente riprenderanno la corsa verso la porta.Sono efficaci inoltre per evitare il fuorigioco i movimenti di mezza luna, corse in diagonale e in orizzontale / verticale (ad L ) Fase difensiva
La posizione e i movimenti dei due attaccanti nella fase di non possesso palla sarà determinata dallo schieramento tattico del centrocampo avversario. Se schierato a 4, una punta andrà in chiusura sul centrale di parte impedendogli di poter girare il gioco, in questo caso sarà determinante la posizione corretta del corpo. L’ altro attaccante si abbasserà nella zona del centrocampo per impedire la giocata dei centrocampisti centrali in posizione diagonale rispetto all’altro attaccante. Nel caso in cui gli avversari riuscissero a cambiare gioco la posizione delle due punte s’invertirebbe. Se la palla è in possesso di uno dei due centrali le punte assumeranno la posizione di uno marca ed uno copre. Importante sarà che le due punte non vadano a chiudere sulle fasce laterali (terzini), zona di competenza degli esterni di centrocampo. ( Fig. 10) Se il centrocampo fosse schierato a 3, la prima punta si posizionerà su uno dei due centrali di difesa come già spiegato, la seconda punta si abbasserà sul metodista avversario per impedirgli di giocare. (Fig. 11)
Fig. 11 - 2 punte vs 4-3-3
Fig. 12 - 2 punte vs 3-4-3
Nello sviluppo di questi movimenti sarà importante individuare il giocatore/i avversario meno abile tecnicamente in maniera tale da indirizzare il gioco nella sua zona di competenza e di effettuare con il resto della squadra un’azione di pressing.
la nostra prima punta (abile nel gioco aereo) nella zona del difensore meno bravo di testa, affinchè si favorisca gli inserimenti da dietro della seconda punta o dei centrocampisti. Questo tipo di soluzione è valida anche contro una difesa schierata a 4 a zona.
2 Attaccanti > 3 difensori a zona
Fase difensiva
Fase offensiva
La posizione delle due punte contro questo tipo di schieramento potrà essere eseguito in due maniere (in relazione allo schieramento del centrocampo avversario): 1) In orizzontale con una punta in chiusura su un difensore esterno e l’altra posizionata sul difensore centrale indirizzando il gioco verso il giocatore avversario meno abile tecnicamente. (Fig. 12) 2) Posizione delle punte in verticale (contro un centrocampo schierato a 3-5) con la prima punta che chiude il gioco sul difensore centrale e l’altra che si abbassa sul metodista avversario. In tal modo sarà importante la scalata in avanti dei nostri esterni di centrocampo. (Fig. 13)
In questo caso le due punte possono disporsi larghe centralmente (circa sui vertici dell’area di rigore) creando così maggiori difficoltà ai difensori nel marcare e nel coprirsi. Se una punta riceve palla e non viene raddoppiata tenterà un’azione di 1 > 1, al contrario invece, eseguirà un appoggio all’indietro con successiva verticalizzazione per l’altra punta. Questa potrà scegliere di effettuare un movimento d’incontro, un taglio centrale correndo verso la porta o un movimento di deviazione (movimento passante) nel tentativo di aprire ulteriormente la difesa, cercando la conclusione diretta in porta o di favorire gli inserimenti da dietro degli esterni o centrocampisti centrali. Il movimento di deviazione contro questo tipo di schieramento potrà essere particolarmente efficace, in quanto non sempre gli esterni di centrocampo avversari riescono con i tempi giusti ad eseguire le diagonali difensive. Un’ altra soluzione sarà quella di schierare le due punte in posizione verticale, rendendo più difficoltosa la scalata dei difensori sulla seconda punta di movimento e favorendo così l’inserimento dell’esterno di centrocampo o di un centrocampista centrale nella zona lasciata libera dal difensore. Scegliendo di “forzare” il gioco con una palla lunga e tesa sulla difesa avversaria, posizioneremo
2 Attaccanti > 3 difensori ad uomo : Fase offensiva
Contro una difesa schierata ad uomo (2 marcatori e un libero) sono efficaci tutti i movimenti: velo, uno và uno viene, esca e in particolare gli incroci e i movimenti ad aprire. Quest’ultimi consentono alle punte di sfruttare le azioni individuali e creano spazi a favore dell’inserimento da dietro dei centrocampisti. Sono importanti, vista la posizione del libero più orientata nella zona della palla, i cambi di gioco veloci. In questo caso le punte taglieranno 43
SCUOLA ALLENATORI TATTICA
tattico avversario) è stato necessario, a volte, modificare la posizione degli attaccanti. Per ovviare a queste problematiche fin dal ritiro ho preferito preparare la squadra ed in particolare il reparto offensivo a tali possibili eventualità. Così facendo i miei giocatori non hanno successivamente trovato poi troppe difficoltà nel modificare tattica e movimenti traendone benefici sul campo attraverso i risultati positivi ottenuti.
Fig. 13 - 2 punte vs 3-5-2
il campo verso la zona del libero, con movimento punta incontro e punta che taglia favorendo l’inserimento dalla parte opposta dell’ esterno di centrocampo o di un centrocampista centrale. Fase difensiva
I movimenti in fase difensiva saranno uguali a quelli sopra citati contro una difesa a 3 a zona e, alla stessa maniera, si dovranno considerare due elementi: 1) Lo schieramento del centrocampo avversario (a 3 – 5 o a 4 in linea) 2) Indirizzare il gioco sul giocatore meno abile tecnicamente e su questo iniziare l’azione di pressing (pressing a invito)
Fig. 14 - 2 punte contro la difesa a 4 (zona) - gioco a tre tocchi - gioco libero. SITUAZIONE DI 2+2 VS 2 : le punte ricevono palla in verticale dai due centrocam- pisti posti nei pressi della linea mediana. Inizialmente, ricevuta palla dopo alcuni scambi liberi tra i mediani, si gioca un 2vs2 libero per andare alla conclusione (movimenti d'incrocio, uno viene uno va, partenza semifrontale e di spalle con giocata d'esterno piede). Successivamente si prova la combinazione: passaggio diagonale avanti, sponda a muro taglio e verticalizzazione. l'esecuzione deve av- venire curando i tempi d'esecuzione, lo smarcamento , il contromovimento.
CONSIDERAZIONI FINALI
Nella mia breve esperienza di allenatore, relativamente alla fase offensiva degli attaccanti, ho preparato le partite sempre alla stessa maniera, ripetendo i movimenti già acquisiti e inserendo di volta in volta delle varianti a seconda dello schieramento difensivo della squadra avversaria cercando di individuare i loro punti deboli. Nella preparazione della fase difensiva, quando ho affrontato difese disposte a 3, è stato necessario un maggior lavoro di preparazione perchè oltre agli attaccanti è fondamentale la collaborazione degli esterni di centrocampo per eseguire al meglio le scalate nei modi e con i tempi giusti. Anche in corso di partita a causa di difficoltà incontrate (calo fisico- infortuni situazioni di vantaggio o svantaggio, cambiamento 44
Fig. 15 - 2 punte contro la difesa a 4 (zona) - gioco a tre tocchi - gioco libero. SITUAZIONE DI 4+2 VS 2+2 : l'esercitazione riprende i temi di quella precedente con l'aggiunta di una coppia di esterni per squadra, con i difensori laterali in at- teggiamento semi attivo.Il mediano cede all'esterno dopo il contromovimento; inizialmente l'ala si porterà al cross con l'incrocio delle punte ed il taglio dell'ala opposta poi si proveranno combinazioni più articolate (es. uno-due con la punta lontana nello spazio creato dalla prima punta - vedi figura -, oppure esca della pri- ma punta e triangolo interno o esterno con il compagno di reparto).
Fig. 16 - 2 punte contro la difesa a 4 (zona). SITUAZIONE DI 2VS2 + 2VS2 + 2 ALI OFFENSIVE PER SQUADRA: si gioca a zone fisse. Con palla in possesso dei difensori, questi sono liberi di trasmetterla sia al- le punte che lateralmente alle ali. Il portiere deve servire obbligatoriamente le punte, che però possono appoggiarsi all'esterno. Quando l'ala va al cross le pun- te incrociano, l'esterno opposto taglia dentro, mentre uno dei difensori accorcia al limite per il tiro sulla respinta o l'eventuale sponda di uno degli attaccanti.
Fig. 17 - 2 punte contro la difesa a 3 (zona) - gioco a tre tocchi - gioco libero. SITUAZIONE DI 4+2 VS 3+2 : l'esercitazione riprende i temi di quelle svolte con- tro la difesa a 4. Si giocherà inizialmente nella sola fascia centrale, aggiungendo poi le coppie degli esterni. Le punte servite dai mediani centrali cercheranno di an- dare alla conclusione con movimenti di incrocio, uno-due, velo etc... Successiva- mente si inseriranno le coppie degli esterni che ricevuta palla andranno al cross per l'incrocio delle punte e l'inserimento in taglio dell'esterno opposto per rista- bilire la parità numerica (vedi figura).
Fig. 18 - 2 punte contro la difesa a 3 (zona) - a 3 (uomo). SITUAZIONE DI 3VS2 + 2VS3 + 2 ESTERNI PER SQUADRA IN ZONA OFFENSIVA : lo svolgimento ricalca quello dell'esecitazione contro la difesa a 4 con la differen- za che i 3 difensori devono smarcarne 1 in zona franca prima di servire le punte; questo stesso giocatore può poi seguire l'azione in zona d'attacco. Si gioca a 2 tocchi in fase difensiva, a tocchi liberi in attacco.
Fig. 19 - 2 punte contro la difesa a 3 (uomo) - a 2-3 tocchi - a tocco libero. SITUAZIONE DI 4(+2) VS 3(+2) : l'esercitazione ricorda quella analoga esposta in fi- gura 17. con i 3 difensori disposti però con 2 marcature ed il libero.Gli attaccanti pro- veranno dunque quelle soluzione che enfatizzano la difficoltà nelle scalature difensi- ve proprie di questo modulo: incrocio,punta viene punta va sul libero, uno-due, corse di deviazione (nella figura esempio di velo).In un secondo momento verranno intro- dotte le coppie degli esterni, con i difensori semiattivi. sul cross si avrà il movimento d'incrocio delle punte più il taglio dell'esterno opposto a ristabilire la parità numerica.
Fig. 20 - 2 punte contro la difesa a 3 (uomo). SITUAZIONE DI 4+2 VS 3+2 : come sopra, con l'inserimento delle coppie degli esterni. Si ha in questo caso però una corsa di deviazione di una delle due punte che si porta in fascia per il 2vs1. In questo frangente, oltre al taglio dell'ala op- posta abbiamo l'inserimento in area di rigore di quello tra i due cc che dispone di migliori qualità nel gioco aereo o comunque maggiori attitudini realizzative.
Fig. 21 - 2 punte contro la difesa a 3 (uomo) - a 3 tocchi - a tocco libero. SITUAZIONE DI 4+2 VS 3+2 : lo svolgimento è identico a quello sopra descritto ma in questo caso l'esercitazione sviluppa un movimento per liberare al tiro un esterno sul lato cieco, sfruttando la difficoltà dei difensori in marcatura a uomo a coprire razio- nalmente il fronte di attacco se attirati in certe zone del campo. Dopo uno scambio tra i mediani , l'ala riceve in seguito ad un contromovimento e cede a muro sul secondo mediano centrale che ha accorciato. Le punte si propongono entrambe sul lato forte (una incontro+ una in taglio), aprendo un varco che può essere sfruttato dal centro- campista esterno opposto se riuscirà a sorprendere il quinto difensivo sul lato debole.
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FONDAZIONE «MUSEO DEL CALCIO» STORIA
SAPERE DI NON SAPERE di Luigi “Cina” Bonizzoni*
are valore ad insegnamenti duraturi, indimenticabili, sapere di non sapere sufficientemente è la molla che mi ha spinto, quando non avevo ancora compiuto trent’anni, nel 1949, dopo aver allenato il Magenta, portandolo dalla C alla B e quindi il Monza, portandolo dalla C regionale alla C nazionale, a tentare di fare l’allenatore professionista. A spronarmi in tal senso furono anche gli amici. Di strada ce n’ era molta da fare, ma l’entusiasmo non mi mancava. Partii per Firenze per frequentare un corso per allenatori che codificava l’inquadramento dei tecnici, il primo dopo la fine della guerra. Durante il viaggio in treno, incontrai Mandelli, allenatore del Seregno, col quale decisi di andare alla ricerca di una camera ammobiliata dove risiedere per un mese, tanta era la durata del corso. Il giorno dopo mi presentai in via Cocchi, al numero 4 dove, ad accoglierci, c’erano il dottor Baccani, direttore e segretario della scuola e, all’epoca, anche presidente della Federcalcio, l’ingegner Barassi ed il marchese Ridolfi che ci illustrò la sua idea di varare il progetto del centro di Coverciano di cui, oggi, andiamo tutti orgogliosi. Ricordo che eravamo circa un centinaio di allievi e ci muovevamo come formiche,
D
* Direttore Tecnico
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spinti dalla voglia di soddisfare una vocazione che ognuno di noi aveva dentro di sé. Mi inorgoglisco ancora oggi a rivedere quelle foto scattate nel salone dove tenevamo le lezioni teoriche e allo stadio Berta dove avevano luogo quelle pratiche. Fotografie ovviamente in bianco e nero in cui mi rivedo, io così giovane allora, in mezzo a Bernardini, Bisogno, Rocco, Viani, Frossi, Ceresoli ed ai campioni del mondo Meazza, Ferrari e Monzeglio. Per tutti c’era la gioia di poter rincorrere un pallone, di fermarsi ad indicare ad un ragazzino i suoi errori, di leggere negli occhi altrui il valore dell’amicizia svincolata dagli interessi e dai tornaconti. Erano sogni carichi di passione, di amore per un mestiere da molti invidiato e che tutti noi cercavamo di trasformare in un divertente gioco. Cappi subito che le radici dell’avventura che stavo per affrontare andava ricercata in ognuno di noi autodidatti, desiderosi di migliorarci, di dare valore all’esistente ma anche sperando di aprire nuovi orizzonti. Nel corso delle lezioni, numerosissimi furono gli interventi dell’ingegner Barassi sopratutto sul comportamento che avremmo poi dovuto tenere: erano suggerimenti sempre avvincenti, pieni di umanità, erano delle verità. Si soffermò sull’abuso del “tu” che considerava una cattiva consuetudine.
“Mi sta bene il “tu” paterno – diceva – ma il “lei” mi sembra il pronome giusto da usare al cospetto di un allievo, magari avanti con l’età ”. Sono pienamente d’ac-
cordo, ho sempre usato il “lei” anche con i giovani perché si sentissero importanti. Al corso per allenatori imparammo a sistemare il nostro disordine. L’ingegner Barassi ci disse una volta: “Il calcio va considerato come un’immagine della vita, quindi è sconsigliabile fidarsi troppo di sé stessi per evitare di commettere errori più numerosi di quanti se ne facciano normalmente ”.
“Sappiate - ci disse Ottavio Baccani - che vi
l’uomo. Egli lasciò un’impronta che si è trapotete rivolgere a noi per avere consigli e smessa attraverso altri uomini altrettanto delucidazioni ed anche per qualsiasi altra eclettici, di generazione in generazione ed è necessità. L’immobilismo è una parola che perciò che il Settore Tecnico della FIGC vienon c’è nel nostro vocabolario ”.A questo ri- ne apprezzato in tutto il mondo. guardo lo misi alla prova allorquando alle- Il docente di tecnica calcistica e di tattica di navo il Palermo, la prima squadra di serie A gioco era Giovanni Ferrari. Una mattina che mi accolse. Mi occorreva un documento venne a Bergamo a trovarmi. Allora allenaed allora telefonai al dottor Baccani signifi- vo l’Atalanta e stavamo attraversando un candogli l’urgenza della mia richiesta. “Do- momento difficile. Me lo trovai di fronte almenica giocherete a Milano ed io sarò alla lo stadio Brumana. Volle invitarmi a pranzo stazione di Santa Maria Novella all’ora che ed ebbe per me parole di conforto: “Vedi – il vostro treno transiterà da Firenze” .Venne mi disse- forse hai bisogno di un amico col personalmente al nostro vagone-letto alle quale confidarti molto riservatamene ”. Mi cinque del mattino del sabato per conse- fu di grande aiuto morale. Il suo compito, gnarmi il documento richiesto, a significare evidentemente, non si esauriva al corso alla gentilezza, la dinamicità,la schiettezza, la lenatori, le sue funzioni di “maestro” contigenerosità d’animo e di pensiero di quel- nuavano anche dopo. Giuseppe Meazza, a quel corso, era Gruppo di allievi di uno dei primi corsi per Allenatore. sia docente che allievo. Maestro di tecnica (che nell’accezione sportiva indica il complesso delle abilità che occorre possedere per poter praticare il calcio), ci mostrava in che cosa consistessero queste abilità: “Que- sto è il momento dell’io e dell’avver- sario ” diceva. “La tecnica - gli veni-
va in aiuto Giovanni Ferrari, col quale Meazza aveva giocato nel 1938 con la Nazionale divenuta poi campione del mondo – non muta col tra- scorrere degli anni. Essa gioca un ruolo di primaria importanza E’ strettamente legata alla tattica di gioco che non può svolgersi senza un’opportuna dislocazione in campo dei giocatori, giocatori che, ripeto, devono conoscere alla perfezione i fondamentali. E chi meglio del no- stro Meazza ve lo può dimostra-
re?Ogni suo gesto ha un senso che sfugge a qualsiasi parametro oggettivo di giudi- zio per fare posto alla sensazione di ma- gia”.
Eraldo Monzeglio lo incontrai dopo qualche anno a Como, in occasione di una partita. In quell’occasione mi confidò che al cimitero di Casale aveva fatto mettere, sulla tomba di Umberto Calligaris, la foto che mancava e di aver prenotato, per quando ci avrebbe lasciati, il pezzo di terra vicino alla tomba del suo vecchio compagno di squadra per ricostituire la coppia dei terzini campioni del mondo. Al corso allenatori sentii parlare, per la prima volta, di psicologia, di preparazione fisica e furono approfondite le nozioni di tecnica e di tattica calcistica. Pochissimi erano i libri di testo, per cui dovemmo riempire i nostri block-notes per non dimenticare nulla, per memorizzare quanto andavamo imparando, per auto orientarci, per trovare le soluzioni più adatte, per imparare a giudicare le caratteristiche dei calciatori. Infatti, per poter insegnare, è indispensabile avere chiarezza di idee e certezze per stimolare gli allievi a convivere con il nuovo. La scuola, quella scuola, non risultò mai noiosa perché i nostri docenti erano muniti di pazienza come pure lo staff dirigenziale. Imparammo così a vedere, a giudicare, a capire, ad inquadrare immediatamente le situazioni che interessano ai fini di un’ efficace selezione. Imparammo inoltre a essere anche un po’ geniali “borsaioli” di immagini, di nozioni, andando alla ricerca di qualcosa da copiare ed utilizzare in seguito. Personalmente imparai a guardare anche nel giardino degli altri, per aggiungere altro sapere a ciò che già sapevo. 47
SETTORE GIOVANILE TECNICA
RIFLESSIONI METODOLOGICHE di Sergio Roticiani*
l gioco del calcio è classificato come sport di situazione e questo condiziona tutte le procedure metodologiche indirizzate alla formazione tecnica. Formazione tecnica collegata costantemente in ambito tattico ovvero in costante integrazione con la sfera cognitiva del giovane calciatore. Il gesto tecnico è lo strumento operativo per risolvere i problemi di gioco che possono essere identificati per esempio nell’ ”addomesticare” un pallone che ha avuto un rimbalzo a terra imprevisto, dal “dosare” un passaggio in profondità sulla corsa di un compagno particolarmente veloce, oppure decidere in pochissimo tempo se calciare in porta o tentare un dribbling. È la situazione che giustifica il comportamento tecnico e quindi condiziona la scelta operativa e il tipo di esecuzione. Solo grandissimi fuoriclasse sono riusciti con la loro maestria tecnica a influenzare la situazione e a modificarla con la propria azione tecnica. La formazione tecnica non può prescindere da quella tattica e viceversa, in ogni atto di gioco, il calciatore esegue (tecnica) solo dopo aver elaborato più o meno velocemente una risposta su come risolvere problemi legati alla situazione di gioco (atto tattico). La formazione tattica è un processo integrato che nasce dal gioco
I
stesso e rappresenta (nella genesi della evoluzione calcistica) un costante riferimento didattico. Laddove esiste un’attività cosciente, una sistematica attività di elaborazione e di risposta a stimoli ambientali, dobbiamo parlare di tattica. L’automatizzazione di certi gesti (abilità tecniche) sposta su piani elaborativi più complessi il comportamento del calciatore, impegnato adesso a raccordare le proprie azioni con quelle dei compagni in fasi di gioco dove diventa sempre più indispensabile la presenza dell’avversario. I piani didattici elaborati per la formazione tattica devono contenere attività che sono in linea e in stretto rapporto con : - l’età del calciatore; - le sue qualità tecnico/tattiche; - il suo grado di maturazione psico-fisica; - le motivazioni. Abbiamo pensato di codificare e assemblare la tipologia di esercitazioni atte a conseguire una crescita di quelle che noi consideriamo “scelte operative efficaci” o “azioni efficaci” in quattro contenitori: - situazioni semplici: - situazioni standard; - situazioni funzionali; - situazioni strutturate o di gara. Situazioni semplici, ovvero tutte quelle attività, dove in spazi ri-
dotti il giovane calciatore applica le sue conoscenze tecniche in regime di gioco, con la presenza di compagni e avversari, senza nessun vincolo comportamentale imposto dall’allenatore; sovente si utilizzano situazioni in sovrannumero o sottonumero per facilitare il comportamento tecnico-tattico. In situazioni individuali e collettive i calciatori sviluppano il bagaglio di opzioni operative, risolvendo in forma autonoma i problemi del gioco. Si favorisce così l’ampliamento di quelle che vengono chiamate capacità tattiche.
*Istruttore Corsi Allenatori.
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Situazioni standard ovvero tutte quelle attività che sottinten-
dono alla capacità di apprendere schemi di movimento “tipo”, stereotipi comportamentali base che fungeranno da segnale di riconoscimento ogniqualvolta in gara si individueranno determinati segnali. Mi riferisco in particolar modo ad esercitazioni cosidette a secco, senza la presenza di avversari attivi, dove l’accento viene posto sulle modalità di apprendimento di certi movimenti p.e. sovrapposizioni, movimenti a scalare, diagonali, gioco a muro , incroci ecc.
ne nella formazione calcistica ha un decorso pluriennale che possiamo sintetizzare aderente alle fasce di età nell’attività calcistica giovanile. Una analisi quantitativa, riferibile al decorso delle attività, orientate a favorire la formazione tattica nel corso delle varie fasce d’età, può essere così concepita: semplici
situazioni standard funzionali
strutturate
pulcini
40%
10%
20%
30%
esordienti
30%
15%
25%
30%
Situazioni funzionali cioè l’applicazione di determinate situa-
giovanissimi
20%
20%
30%
30%
zioni standard in regime di gioco, dove l’influenza attiva dell’avversario/i determina l’apprendimento di comportamenti flessibili e funzionali. Possiamo classificare questi mezzi d’allenamento come software altamente sofisticati in grado di generare risposte efficaci alle richieste della gara. Verranno in questo modo acquisiti pattern comportamentali, con una qualità di riconoscimento che con l’esperienza diverrà sempre più efficace.
allievi
10%
25%
30%
35%
Situazioni strutturate o di gara rappresentano ambiti di
gioco di gara o simili. Partite a tema o con variazione di regole che rilevano il tipo di comportamento che si vuole fare apprendere. Il comportamento collettivo, in relazione all’obiettivo tattico, viene attraverso queste attività reiterato e reso funzionale alle dinamiche del gioco (fase di possesso e di non possesso). In relazione al tipo di comportamento ricercato verranno modificate le variabile quantitative e qualitative presenti nel gioco p.e. spazio, numero di giocatori, tempo di gioco, numero di tocchi, zone neutre, giocatori jolly ecc. La capacità di gioco individuale e collettiva ha il suo codice genetico nella capacità di saper gestire in maniera funzionale il proprio comportamento tecnico. L’azione tecnica rappresenta un divenire in stretta simbiosi con l’evolversi della situazione, deve quindi adattarsi, trasformarsi e coniugarsi on –line con il gioco. Le situazioni sopradescritte rappresentano un momento imprenscindibile per costruire capacità di gioco altamente qualificate. La loro distribuzio-
Il carico d’allenamento orientato alla formazione tattica individuale e collettiva, rappresenta una quota complessiva rilevante nella formazione del giovane calciatore. Tale quota va concepita in stretto collegamento con la parte tecnica, che assume sempre maggior significatività come strumento per risolvere problemi tattici. Come chiaramente viene espresso nel quadro sopra esposto, la componente mirata a costruire comportamenti adeguati al gioco in forme di attività semplici e non rigidamente controllate assume rilevanza nelle categorie di avviamento. La strutturazione di comportamenti più specifici, verrà realizzata quando le esigenze prestazionali abbinate a una maggiore maturità psicofisica richiederanno una più spiccata specializzazione e maggiori capacità di attenzione da parte del giovane calciatore.
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SEZIONE MEDICA ALIMENTAZIONE
ATTENZIONE A CERTI SUPPLEMENTI NUTRIZIONALI: POSSONO CONTENERE STEROIDI! di Ron Maughan*
el calcio le buone prestazioni dipendono da differenti fattori. I giocatori prendono dei supplementi nutrizionali per resistere all’intensità dell’allenamento, per migliorare le prestazioni in partita e per restare in buona salute. Tuttavia devono mostrarsi prudenti e valutare in anticipo pro e contro. Poiché, se queste sostanze hanno dei vantaggi, comportano anche dei rischi. I preparati vitaminici e minerali sono considerati in generale inoffensivi e numerosi sportivi prendono quotidianamente compresse di vitamine come misura di prevenzione. Ma è da uno o due decenni che si hanno negozi specializzati in nutrizione per sportivi dove si trovano supplementi nutrizionali. Alcuni di questi prodotti sono stati legati a casi di positività di doping al nandrolone e ad altre sostanze proibite. Nandrolone è l’abbreviazione internazionale dello steroide anabolizzante androgeno 19nortestosterone. Il nome chimico indica che questa sostanza è strettamente legata all’ormone sessuale maschile testosterone, che favorisce l’aumento della massa muscolare e dell’aggressività. Queste due proprietà possono essere utili al giocatore sia in allenamento sia in partita. Nel corso degli anni gli atleti hanno utilizzato differenti steroidi anabolizzanti androgeni, compreso il nandrolone e il testosterone.Oggi FIFA e UEFA e le autorità nazionali dispongono di misure ben integrate per impedire il ricorso a queste sostanze.
N
NESSUNA INDICAZIONE SULLE CONFEZIONI
Le autorità di controllo non danno ai supplementi nutrizionali lo stesso valore che danno ai farmaci, e le sostanze contenute in questi prodotti non appaiono quindi sempre chiaramente indicate. La maggior parte dei composti non comporta alcun problema e la 50
maggior parte delle industrie che producono e distribuiscono questi prodotti si preoccupano della salute dei loro clienti. Tuttavia un certo rischio esiste. Nel novembre 2000 è apparso un articolo nella stampa specializzata che si riferiva chiaramente alla contaminazione di supplementi alimentari da parte di steroidi. Questo studio è interessante e importante, in particolare per due ragioni: prima di tutto perché è stato realizzato nel laboratorio, accreditato dal CIO, dell’Università dello Sport di Colonia il che sottintende che è stato condotto con la più grande cura, a tutti i livelli. Inoltre, perché è stato pubblicato in una stimata rivista specializzata che fa analizzare gli studi da esperti prima della pubblicazione. Nell’ambito quadro di questo studio sono stati analizzati dei supplementi alimentari autorizzati. Su nessuna confezione dei prodotti studiati era indicata la presenza di steroidi. Nessuna indicava che il prodotto poteva contenere sostanze proibite e nessuna avvertiva gli atleti di un qualsiasi rischio. Ora, le analisi hanno rivelato la presenza in questi prodotti di nandrolone, testosterone e di altri steroidi. STEROIDI PROIBITI
Dopo somministrazione a soggetti sani, i risultati dell’analisi delle urine si sono rivelati positivi al nandrolone con una concentrazione fino a 360 ng/ml – il limite essendo fissato per gli uomini a 2 ng/ml e per le donne a 5 ng/ml. I supplementi alimentari Chrysin, Tribulus Terrestris e Guarana sono stati analizzati: nessuno ha avuto risultato positivo. In seguito, il laboratorio di Colonia ha proceduto a una seconda analisi, più ampia questa volta. Ha acquistato in 13 paesi 634 campioni nei quali ha ricercato la presenza di steroidi e di sostanze affini. In 94 di questi supplementi alimentari (14,8% dei prodotti testati) è chiaramente apparso che contenevano sostanze proibite. In un altro 10 per cento dei casi i risultati non sono stati conclusivi ma è verosimile che questi prodotti
contenessero steroidi. Quasi un prodotto su quattro rappresenta un rischio! Il più grande numero di prodotti contaminati proveniva dai Paesi Bassi (26%), dagli Stati Uniti (19%) e dalla Gran Bretagna in particolare. I nomi dei supplementi alimentari non sono stati pubblicati ma questi contenevano vitamine e minerali, supplementi proteici, creatina e altro. Nel sito Internet del laboratorio di Colonia si possono trovare i dettagli di questo studio: www.dopinginfo.de. APPELLO ALLA VIGILANZA
Il laboratorio di Vienna, accreditato dal CIO, ha ripetuto l’esperienza di Colonia con un numero ridotto di supplementi alimentari (57). Lo studio ha rivelato che dodici dei prodotti testati (22%) contenevano steroidi. Contrariamente allo studio tedesco, i nomi delle industrie e dei prodotti sono stati resi pubblici su Internet. Sono disponibili sul sito menzionato. Più grave ancora, nel 2002,lo stesso laboratorio ha scoperto in un supplemento alimentare acquistato in Inghilterra la presenza di uno degli steroidi anabolizzanti più “duri”: il metandienone. Questa sostanza era presenza in tali quantità che avrebbe avuto un effetto anabolizzante, ma anche gravi effetti secondari. La presenza di questo steroide è stata qualificata come “délit intentionnel”, reato intenzionale . Queste informazioni non hanno tuttavia fatto cambiare la situazione. Il principio della diretta responsabilità prevale sempre e gli atleti devono mostrarsi estremamente prudenti. Un prossimo articolo tratterà delle misure che permettono a quest’ultimi di proteggersi. Si tratterà del resto anche dei provvedimenti previsti dalla legge che dovrebbero dare maggiori responsabilità ai produttori di supplementi alimentari, cosa che non è attualmente. *Professore di Alimentazione sportiva all’Università di Loughborough di Leicester. Articolo pubblicato su “FIFA Magazine”, dicembre 2003. Traduzione dal francese di Marco Viani
UN SITO PER OGNI VOSTRA DOMANDA
www.settoretecnico.figc.it
Tutti coloro che vogliono approfondire tematiche di tecnica, preparazione fisica e medicina sportiva attraverso libri e videocassette possono rivolgersi al museo del calcio. www.museodelcalcio.it - e-mail:
[email protected]