N icola icola Sev er erino ino
Storia Storia dell de ll''obel ob elis iscco e dell de ll''orol orolog ogio io sola so larre di d i Aug A ugus ustto in Campo mp o Ma M arz io
Prima edizione Copyright - Roccasecca, 1997
Prefazione Sotto l'imperatore Cesare Augusto, figlio di Giulio, Roma fu abbellita con l' innalzame inn alzament ntoo di di decine decine di obeli obelischi schi trafugati trafugati nelle molte citt cittàà egizie egizie assoggettate dagli eserciti romani. Nulla, meglio di questi antichissimi monumenti innalzati dai potenti faraoni egizi, poteva rendere gloria alla sete di divismo div ismo degli imperatori imperatori romani. N onostant onostantee gli enormi sacrifici sacrifici richiesti richiesti per imbarcarli imbarcarli su enormi navi, nav i, i Romani riuscirono riu scirono a traspo tr asport rtare are 42 obelisobelischi a Roma. Uno di questi, in particolare, ha stimolato la curiosità di letterati e scienziati di ogni tempo perchè la sua funzione non era destinata, come in genere lo era, solo a rendere omaggio alla divinità solare, ma a quella più ambiziosa di fungere da gnomone per un gigantesco orologio solare che rientra in un ben più complesso progetto di sistemazione urbanistica di tutt tu ttaa l'are l' areaa del del Campo M arzio. Tale era era l'ide l' ideaa e la prete pretesa sa del del divo A ugusto ugu sto per il quale il sogno fu ben presto realtà. Per questo motivo, l'obelisco del Campo Marzio ha suscitato l'interesse di una ragguardevole mole di illustri personaggi che si sono avvicendati, in ogni tempo, t empo, nel cercare cercare di ricostruirn ricostru irnee la storia st oria e di spiegare scientificamente scienti ficamente l'ambizioso progetto dell'antico imperatore. Negli ultimi tempi, due archeologi tedeschi hanno affrontato seriamente, soprattutto dal punto di vista scientifico, questa ricerca che per le generalità e la storia appartiene all'arche all' archeolo ologia gia e per per l' aspett aspett o tecnico appartiene appartiene purament pu ramentee alla alla gnomonica. gnomon ica. Il loro prezioso lavoro ha portato alla luce una parte dell'antica linea meridiana dell' dell' int ero orologio orologio solare, solare, conf confermando ermando il pensiero di quant i in precedenza hanno fermamente creduto che l'obelisco fosse un'enorme gnomone di un gigantesco orologio solare e non di una sola linea meridiana. Ma prima che fossero intrapresi questi scavi archeologici quali erano gli studi relativi all'obelisco di Campo Marzio? E' principalmente a questa domanda che il presente scritto vuole tentare di dare una risposta, sebbene parziale e sommaria. Infatti, il campo di ricerca storica relativo a questo argomento è sconfinato e le possibilità di sondarlo sono molto limitate, almeno per chi scrive che per mestiere non appartiene alla schiera schiera dei ricercatori ricercatori professionis professionisti ti..
Tuttavia, sarà interessante scoprire cosa scrivevano antichi eruditi a tal proposito, prima che Champollion arrivasse a decifrare correttamente i geroglifici. Prima, quindi, di avere una lettura corretta dei geroglifici scol piti sull'obelisco; sarà ancora interessante rimaneggiare il testo di Plinio attraverso le Disquisizioni Pliniane di studiosi come Claudio Salmasio (XV (X V II secolo secolo)) e La Turre Rezz onici (XV III secolo secolo), ), di studiosi st udiosi di gnomonica come come A thanasius th anasius Kircher Kircher e Francesco Francesco Jaqui aquier. er. N on manca man ca,, inoltre, inolt re, un buon rendicont r endicontoo storico circa circa il primo prim o ritrovament ritrovam entoo archeo archeologico logico dell'ob dell' obeliselisco, attraverso le numerose citazioni in antichi codici, topografie e libri dal Rinascimento fino al nostro secolo. In Campo Marzio si è scavato, si sta scavando. Forse un giorno tornerà alla luce un altro piccolo tratto dell'orologio di Augusto. Ma siamo ancora ben lontani dalla utopistica proposta del celebre ammiraglio gnomonista Girolamo Fantoni il quale, nel suo eccellente articolo sulla meridiana di Augu A ugusto, sto, accare accarezz zzava ava un' un ' idea idea ambiziosa almeno almeno quanto quant o quella dell dell'' imperaimperatore romano più vecchio di duemila anni: costruire una galleria sotto le case romane del Campo Marzio perchè tutti potessero ammirare la bellezza del più grande orologio solare che il mondo abbia mai conosciuto.
N icola icola Severino
Si ringraziano i proff. Rakob e Buchner dell'Istituto Archeologico Germanico, l'ing. Gianni Ferrari di Modena, Edmondo Marianeschi di Terni, Fabrizio Vedelago di Treviso, Charles K. Aked della British Sundial Society, la Biblioteca dell'Abbazia di Montecassino e Casamari. Tutti i calcoli gnomonici relativi alle dimensioni dell'orologio solare di Augusto in Campo Marzio, sono stati effettuati con il programma "Meridiane" di Gianni Ferrari.
Dedico questo volume all'amico Gianni Ferrari
Indice: N a t u r a lm e n t e In t e r n e t
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I Ro m a n i e la m is u r a d el t e m p o
2
N a t u r a lm e n t e P lin io
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Il p r im o o r o lo g io s o la r e r o m a n o
7
St o r ia , s ig n ifica t o , e t im o lo g ia d e g li o b e lis ch i
12
Il C a m p o M a r z io
17
L'o r o lo g io s o la r e d i A u g u s t o
18
Le s co p e r t e d i Ra k o b e Bu ch n e r
20
Il Rin a s cim e n t o e g iz io n e lla Ro m a b a r o cca
26
Ra cc cco lt a d i cit az az io io n i s u ll lla sc sco pe p e r ta ta d el ell' o b el elis co d i C a m mpp o M a rrzz io io
28
Rico s t r u z io n e d e lla s t o r ia d e g li s ca v i d e ll' o b e lis co
36
Il ca r t ig lio d i P s a m m e t ico II
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D o cu m e n t i : il t e s t o d i P lin io
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C h i e r a Fe co n d o N o v o ?
56
In t e r p r e t a z io n e d e lla v e r s io n e d i La Tu r r e Re z z o n ici
58
L'o b e lis co -g n o m o n e d i A u g u s t o (d i P.G Bo ffit o )
63
L'a lt e z z a d e ll' o b e lis co
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Bib lio g r a fia
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N A TURALM TURALM EN TE INTE IN TERN RNE ET La storia dell'orologio solare che Cesare Augusto fece installare nel Campo Marzio circa duemila anni fa, comincia - guarda caso - su Internet. Non nel senso che nella grande rete telematica vi si trovi rappresentata sotto forma digitale la storia del più gr and e orologio orologio solare solare che che un uom o abbia mai costruito. Ma un semplice indizio, o meglio un a da ta che, secondo l'autore d ella ella pagin a Web Web in cui la notizia compare, dovrebbe considerarsi come la "scoperta" archeologica archeologica d a cui ebbe inizio l'eterno l'eterno ed an cora incompiuto incompiuto comp ito di riportare alla luce il "solarium" di Augusto in Campo Martio. Ma Internet è un ragn atela atela in cui è davvero impossibile sperare di trovare il classico "ago nel pagliaio": aio": da d ove pu ò esser saltata saltata fuori una n otizia d el genere? Da una "sundial link" presente nelle pagine Web dedicate alla Gnomonica che appassionati come Daniel Roth si impegnano a divulgare attrav erso Internet. In p articolare, articolare, la notizia è stata a sua volta presa da una pagina sulle antichità roman e intitolata "Other "Other Romes" scritta probabilmente n ei prim i mesi d el 199 1996. 6. Peraltro l'autore d ichiara ichiara an che la fonte fonte che risulta essere il Codice Vaticano Vaticano Latin o 8492 8492 fol. 21 recto. recto. Dopo una notizia sul Borromini e sul progetto di Piazza Navona, si legge:
Nicola Severino
"A. Laelius Podager, Record of Discovery of Augustu's Sundial" Iacopo Mazzocchi, 1521 "Iacopo Mazzocchi's first printed collection of Roman inscriptions was re-used by many scholars as a field notebook. In this copy a Roman scholar gives a firsthand account of how the remains of Augustus's huge sundial were discovered early in the sixteenth century, by a baker digging a latrine. As Pope Julius II had no funds to spare, it was rebuired, not to be unearthed until the twentieth century."
L'autore, probabilmente americano, di questa pagina ci regala regala qu indi la "registrazione "registrazione d ella ella scoperta dell'orologio solare di Augusto", avvenuta sotto Pap a Giulio II e pub blicata blicata nella collezione collezione d i antichità rom ane di Jacopo Mazzocchi nel 1521. 1521. Ma in Italia, e specialmente specialmente a Roma, non c'è bisogbisogno di "navigare" in Internet per conoscere la data della "scoperta", e a dir bene della scoperta archeologica, dell'orologio solare di Augusto. Innanzitutto è possibile dimostrare, come vedremo e documenti alla mano, che la scoperta dei resti dell'obelisco solare che Augusto fece installare nel Camp o Marzio come gigantesco gnomon e di un orologio solare orizzontale, è anteriore alla data riportata dall'autore della "postilla internettiana".
Storia Storia d ell’obelis ell’obelisco co e d ell’ ell’orologio solare di Cesare Au gusto in Cam pio Ma rzio
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I ROMANI E LA MISURA DEL TEMPO Come è noto, la scienza dei romani è in gran parte di origine greca. Essi la ereditarono attraverso la loro egemonia imp eriale e quind i a seguito dei loro contatti con i filosofi greci che avvennero anche grazie alla mediazione del popolo etrusco. In particolare ticolare i Roma Roma ni ereditaron o d agli Etru Etru schi quella che poi divenn e la più roma na d elle elle discipline: discipline: l'al'agrimensura. E' questa una scienza che consiste principalmente nella misurazione di limiti e confini. Una pratica quindi che stava molto a cuore ai Romani dal momento che se ne dovevano spesso servire per stabilire i limiti delle proprietà e dei confini delle terre conquistate. Dall'agrimensura, pertanto, deriva il termine groma da cui ilil popolare appellativo di gromatico. Il termine groma, si riferisce al particolare strumento usato per l'agrimensura e, letteralmente dovrebbe equivalere alla parola greca gnwmwn (gnom on). Attrav erso lo gnomone, quindi, i Romani arrivarono al concetto d i Templum , cioè l'Universo quadripartito, simile ad un immenso cerchio (o sfera), nel cui centro si trova l'uomo. Lo gnom one servì a ritrovare i qu attro punti cardinali di questo Universo, cioè il Decumanus, che divide il cerchio in due metà, una settentrionale e l'altra meridionale (linea EstOvest); il cardo, rappresentato dalla linea NordSud , divide a metà le le prime du e parti. All'inizio della loro storia, i Romani scandivano il tempo della loro giornata lavorativa, religiosa e sociale solo sulla base dei due momenti principali del giorno-chiaro: l'alba e il tramonto. Essi denominavano dies il giorno giorno e nox la notte e l'ind l'ind omani era detto postridie e il giorno successivo successivo post diem tertium eius diei (il terzo giorno dopo quel giorno). Allo Allo stesso mod o la vigilia vigilia era d etta pridie e il giorno precedente ante diem tertium 1. Questo avvenne fino a circa 460 anni dalla fondazione dell'Urbe. Infatti, Infatti, ilil pu nto d i riferimento riferimento p rincipale dell'intera giornata, cioè il mezzogiorno ( meridies), venne ufficializzato solo nel 338 a.C.
Intorno a l 274 274 a.C. i Romani ad ottarono finalmen te la suddivisione del giorno e della notte in 24 parti uguali con suddivisione duodenaria del giornochiaro. E' il sistema delle ore cosiddette "temporarie" o "ineguali", di durata variabile a seconda delle stagioni. Al tempo in cui Gerusalemme fu espu gnata d a Pomp eo, cioè cioè 63 63 anni a. C., C., era in in u so il sistema del "Quadripartito" per cui sia il giorno che la la notte erano sud divisi in in qu attro parti ugu ali della durata di tre ore ciascuna, ma facendo in modo che in ogni periodo dell'anno, sia la notte che il giorno venisse diviso sempre in dodici ore. Ognuna di queste quattro parti furo chiamata "Vigilia". Una notte era formata da quattro vigilie di tre ore ciascuna ciascuna che cominciavano al tram onto e termin avan o col sorgere del Sole. Sole. La prima era chiamata "Vespera", la seconda "Media-nox", la fine della terza era detta "Galicinium", dal canto del gallo, e l'ultima "Conticinium", contata dal tempo del silenzio, ossia dal tacere del gallo. La descrizione di Macrobio sulla divisione duodenaria del giorno presso i Romani, è alquanto chiara e completa: "Il pr imo temp o del giorno è chiamato inclinazione inclinazione della mezzanotte; poi viene Gallicinio e quindi Conticinio, quando i galli tacciono e anche gli uomini allora riposano. Poi viene diluculo, cioè quando si comincia a distinguere il giorno; poi mattino quando il giorno è chiaro. Dal mattino si arriva al mezzogiorno dal quale nasce il "tempus occiduum" cioè il tempo che va fino al tramonto; quind i arriva arriva il sup remo momento, "sup "sup rema tempestas", cioè l'ultimo tempo del giorno che viene così espresso n elle elle d odici Tavole: Tavole: "Il "Il tramon to d el sole sarà il momento supremo"; quindi vi sono i Vespri, il cui nome è tratto dai Greci che furono ispirati dalla stella Hespero, da cui l'Italia è chiamata Hesperia poichè era vicina al tramonto. Da questo momento si dice "prima fax" , cioè prima parte della notte in quanto si accendono le prime
1
A. Dosi-F. Schnell, Vita e costumi dei Romani antichi , in in Mu seo della Civiltà Roman a,, Spazio e Temp Temp o, vol.14, vol.14, pa g. 65, 65, ed. Quasar, Roma, 1992. Nicola Severino
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fiaccole. Poi viene notte "Concubia", cioè notte fonda e qu ind i "Intemp "Intemp esta", esta", poichè poichè non è favorevole allo svolgersi delle azioni".
Nella tavola tavola 1 è rapp resentata resentata la sud divisione divisione d el giorno e della notte dei Romani, secondo l'interpretazione di Giovanni Poleno 2.
Tavola 1
Anni quidem vertentis initium capiunt aliia
Sic diem incipiunt alii ab
Solstitiis
Hyberno Aestivo
ut ut
Romani Athenienses
Aequinoctis
Autumnali Verno
ut ut
Asiani Arabes, Damasceni
Ortu, ut Babilonii. Meridie, ut Umbri, Hetrusci. Occasu, ut Athenienses, Judaei. Media nocte, ut Romani, Aegyptii, Hyparchi.
Lucem, cujus partes sunt
Continet autem hic dies
Diluculum Crepusculum
Tenebras, seu noctem, cujus partes sunt
2
Mane. Meridies Occiduum sive serenum tempus. Solis iccasus sive suprema tempestas
Vesper Prima fax Concubium Nox intempesta Media nox Media noctis inclinatio Gallicinium Conticinium
Joannes Polenii, Historia 1737 Hist oriaee Fori Fori R omani, Roma e, 1737
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L'ora temporaria, che fino ad oggi ha ricevuto diversi nomi, è caratterizzata da una durata variabile per tutto l'anno a seconda della durata del giorno (e della notte), per il fatto che essa deve essere in ogni caso sempre pari alla dodicesima parte del giorno o della notte. E' evidente che essa cresce a partire dal solstizio d'inverno, ha una du rata uguale alle alle ore notturn e solo solo nei giorni di equinozio (perché (perché la la d urata d el giorno giorno è u guale a quella della della notte), raggiun raggiun ge la sua du rata massima nel giorno del solstizio solstizio d 'estate e qu ind i comincia incia a d ecrescere ecrescere in in m odo inverso fino al solstizio d'inverno. Se Se ne ded uce che che quan do le ore diurne sono più lunghe, quelle della della notte sono p iù corte e viceversa. La prima ora temporaria, comincia alla latitudine di Roma, intorno alle 4 e 27 minuti del nostro orologio nel solstizio estivo e alle 7 e 33 del solstizio invernale. Quindi, d'estate, a Roma, l'ora temporaria varia tra 1 ora e 15 minuti delle nostre ore normali e si riduce a circa 45 minuti (sempre rispetto a lle nostre ore) nel solstizio solstizio invern ale. Marziale rileva il fenomeno con le parole: "Hora nec aestiva est nec tibi tota perit" 3. Così, in altre parti si legge "hiberna addito", per indicare un tempo molto breve. S. Agostino è più chiaro di tutti scrivendo: "Hora brumalis aestiva comparata minor est" 4. Durata delle ore temporarie alla latitudine di Roma: Durata delle ore diurne temporarie al solstizio d'inverno I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII
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ora prima hora secunda hora tertia hora quarta hora quinta hora sexta hora septima hora octava hora nona hora decima hora undecima hora duodecim duodecimaa
7.33 - 8.17 8.17 - 9.2 9.2 - 9.46 9.46 - 10.31 10.31 - 11.15 11.15 - mezzogiorno mezzogiorno-12.44 12.44 - 1.29 1.29 - 2.13 2.13 - 2.58 2.58 - 3.42 3.42 - 4.27
Durata delle ore diurne temporarie al solstizio estivo I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII
hora prima hora secunda hora tertia hora quarta hora quinta hora sexta hora septima hora octava hora nona hora decima hora undecima hora duodecima
4.27 - 5.42 5.42 - 6.58 6.58 - 8.13 8.13 - 9.29 9.29 - 10.44 10.44 - mezzogiorno mezzogiorno-1.15 1.15 - 2.31 2.31 - 3.46 3.46 - 5.2 5.2 - 6.17 6.17 - 7.33
I Romani usavano specificare se l' ora era estiva (hora aestiva) o invernale ( hora brumalis). Inoltre, essi tenevano particolarmente all'organizzazione della giornata quotidiana seguendo un preciso itinerario in in funzion e delle ore. Tracce di qu esta organizzazione organizzazione la possiamo trovare in u n famoso epigramma di Marziale Marziale : Prima salutant es atque atque continet contin et hora; hora; Exercet raucos tertia causidicos: In quintam varios extendit Roma labores; Sexta quies lassis, septima finis erit: Sufficit in nonam nitidis octava palaestris, Imperat excelsos frangere nona toros. Hora libellorum decima est, Eupheme, meorum, Temperat ambrosias cum tua cura dapes; Et bonus aetherio laxatur nectare Caesar, Ingentique Ingent ique tenet pocula parca parca manu. Tunc admitte jocos: gressu timet ire licenti Ad matutinum nostra Thalia Jovem.
Erano inoltre assegnate delle ore fisse per i "balnea", in genere la ottava in estate e la nona in inverno, detta anche "hora lavandi" , ed altre ancora.
Mart. Lib. XII. Epigr. 1 De v era Relig. LXXX. LXXX.
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N A TURALM TURALM EN TE PLIN PLINIO IO La gran parte delle cose che sappiamo sulla scienza antica, antica, greca greca e roman a, provengono d a opere a carattere enciclopedico, redatte perlopiù attorno all'inizio all'inizio d ell'era ell'era Cristiana. Cristiana. Gli aut ori d i qu este monumentali opere, rivolte a raccogliere cognizioni relative su tu tto il sapere d ell'epoca, ell'epoca, o solo per alcune d iscipline, iscipline, non eran o scienziati scienziati come lo erano Archimed e, Tolomeo Tolomeo o Galeno. Ne è un classico esempio Cicerone il quale, pur avendo elaborato una versione dei Phaenomena d i Arato, non era certo un astronomo. Ma forse il mag giore autore d i questo caratteristico caratteristico enciclopeenciclopedismo romano fu Caio Plinio Secondo Maggiore, vissuto d al 23 23 al 79 d.C. Pare che per reda rre la sua aturalis H istoria istoria"" , dedicata all'imperatore opera "N aturalis Tito, e rivolta ai lettori desiderosi di conoscere in modo facile tutta la scienza della sua epoca, abbia letto letto e compend iato più d i du emila opere scienti scienti-fiche. Nei suoi trentasette libri, Plinio raccoglie informazioni circa la cosmologia, la geografia, l'antropologia, la fisiologia fisiologia dell'uom o, la zoologia, la botanica e la mineralogia. Anche se l'opera di Plinio è molto lontana dai risultati ottenuti dagli scienziati greci, si deve prendere atto che mai prima d i lui lui fu tentata un 'impresa tanto aud ace ace.. E, E, soprattutto, bisogna tener conto che senza questa grande enciclopedia antica, gran parte delle conoscenze di allora ci sarebbero oggi ignote. E, in in effetti, effetti, l'argomento oggetto d i qu esto scritto e molte informazioni informazioni sulla gnomonica di qu el tempo ci sono pervenute solo grazie a Plinio. E' anche vero che alcune notizie fanno rimanere perplessi gli studiosi di gnomonica. Per esempio, non si è mai capito per quale motivo Plinio abbia citato Anassimene e non Anassimandro (come è più probabile che sia) quale inventore a Sparta dell'orologio solare. Oppure, come mai non abbia fatto cenno degli innumerevoli orologi solari che erano in uso ai suoi temp i, dal m omento che sappiamo dell'esistenza degli orologi citati da Vitruvio.
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A parte Varrone Varrone e Censorino, le le un iche iche citazioni citazioni sui primi orologi solari che ebbe Roma, come vedremo, sono di Plinio, come sua è l'unica menzione dell'orologio solare di Augusto in Campo Marzio. La Historia Naturalis ci è giunta attraverso una processione infinita di ignoti amanuensi che si sono prod igati nel trascrivere, compen d iare, interpretare, arricchire arricchire e ... ...pu pu rtrop po, mod ificare ificare a proprio piacimento il testo originale che risulta, oggi, irrimediabilmente e profondamente corrotto in moltissime parti. Questo stato d i cose cose ha portato, soprattutto n ei secsecoli XVII XVII e XVII XVIII, I, alcu alcu ni au tori eru d iti alla stesur a di di opere destinate ad emendare, nel possibile e sulla scorta di tutti i codici e documenti antichi allora a disp osizione nelle più celebri celebri biblioteche biblioteche cristiane, i passi che risultavano profondamente modificati dell'opera di Plinio. Tra questi autori, si distinsero particolarmente il francese Claudio Salmasio prima, e Antonio Giuseppe Comite a Turre Rezzonici dopo, con le loro opere "Disquisitiones Plinianae". Ai nostri tempi si sono scomod scomod ati add irittura irittura u n'esercito di studiosi, diretti da Jean Soubiran, le cui ricerche, condotte sulla scorta di molti codici e pubblicate dalle edizioni francesi Belle Lettres, hanno portato alla redazione di quella che dovrebbe essere la versione "definitiva" del testo pliniano. Ma come è ovvio supporre, esistono solo correzioni su correzioni. Il vano tentativo non è solo un sogno degli autori moderni. Insomma, il povero Plinio quando scrisse la sua opera, non sapeva affatto che sarebbe stato perseguitato da tutti questi stud stud iosi iosi per più d i duem ila ila anni! Ma pare che, soprattutto in diversi passi letterari del testo di Plinio che più ci interessano dal punto di vista della gnomonica, le frasi emendate risultino addirittura più oscure di quelle tramandateci dall'antichità. E' il caso, per fare un esempio, del "costruttore" dell'orologio di Augusto. Laddove in
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molti testi rinascimentali, e anche fino fino al nostro secolo, veniva indicato Manlio Matematico (di cui sappiamo almeno qualcosa), oggi risulterebbe un certo ce rto "Faco "Facond nd io Novo" di cui non si può supp orre nemm eno l'esis l'esistenza! tenza! Ma di qu esto parleremo parleremo più app rofond rofond itamente nelle nelle p agine seguenti.
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IL PRIMO OROLOGIO SOLARE ROMANO Come si è detto, le notizie relative all'uso degli orologi solari solari in Roma Roma son o quelle traman da teci da Plinio nella fam fam osa "Storia "Storia Nat ur ale". Il capitolo 60 del libro libro second second o di tale opera riassu me tut to quello che che sapp iamo a tal prop osito. osito. Noi lo riproponiamo in una moderna traduzione in quanto il testo pliniano è più semplice e chiaro di quanto hanno scritto finora finora gli gnom onisti nei loro trattati 5. "Il terzo terzo accordo rigu ard ò la divisione del temp o in ore...(...). Anche questa innovazione giunse con ritardo in Roma. N elle elle leggi delle dodici tavole 6 si parla solo di alba e di tramonto; alcuni alcuni anni dop o fu aggiunto il mezzogiorno, che che era ann un ciato ciato dal messo dei consoli quando scorgeva il sole fra i Rostri e la Grecostasi 7. Quando poi il sole si era inclinato dalla colonna Menia verso il carcere, il messo annunziava l'ultima ora del giorno; ma questo soltanto nei giorni sereni. Tale uso durò fino alla prima guerra punica. Fabio Vestale 8 racconta che, undici anni prima della guerra contro Pirro 9, Lucio Papirio Cursore collocò il primo orologio solare presso il tempio di Quirino, nel momento in cui consacrava tale tempio sciogliendo il voto fatto d a suo pad re. Ma Fabio Vestale Vestale non descrive il funzionamento di questo orologio, non dice il nome del suo costruttore, nè il luogo dove fu costruito; e tace tace anche il nome d ella ella fonte d a lui 10 tenuta presente. Marco Varrone afferma che il primo orologio collocato in un luogo pubblico fu
quello fatto sistemare su una colonna presso i Rostri Rostri dur ante la prima gu erra pu nica nica d al console console Mario Valerio Valerio Messalla Messalla d opo la p resa di Catan ia in Sicilia; questo orologio fu trasportato da Catania 30 anni dopo la data a cui la tradizione attribuisce l'orologio di Papirio, cioè nell'anno 491 di Roma (263 a.C.). Le linee di questo orologio non corrispon dev ano con p recisione recisione alle ore; tutt avia esso rimase la la massima autorità per novan tanove anni, finchè Quinto Marcio Filippo, che fu censore insieme a Lucio Paolo 11, fece installare accanto a quello antico un nuovo orologio diviso con maggiore precisione; e questo dono risultò fra gli atti più graditi della sua censura...". Ritornando al capitolo 60 del Libro II di Plinio, come si vede, nelle versioni mod erne si riporta che Roma ebbe il suo primo orologio solare "undici anni prima della guerra contro Pirro", mentre in diverse versioni precedenti è scritto "dodici anni prima..." (ante duodecim annos... ), e Claudio Salmasio (XVII (XVII secolo) indica altr i codici che che ripor r ipor tano " ante III decim cioè 30 anni pr ima d ella ella decim annos" , cioè guerra contro Pirro e quindi il primo orologio solare dei Roman i potrebbe d atarsi al 311 311 a.C, ma è un 'ipotesi 'ipotesi da scartare, in quan to la ded ica ica d el temtempio di Quirino avvenne nel 293 a.C., e quindi è questa la data in cui Roma ebbe il suo primo orologio solare.
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Plinio II il Giovan e, Storia Storia Nat ur ale, C. 60, 60, 212 p. 131, lib. II. II. Edizione Einau di, Torin Torin o, 1982. 1982. composte secondo la tradizione, tra il 451 e il 450 a.C. 7 IR Rostri ostri erano la tribuna d a cui parlavano g li oratori; la Grecostasi Grecostasi era il luogo d ove gli ambasciatori attend evano p rima d i essere introdotti in Senato. 8 Di Fabio Vestale, Vestale, antico scrittore romano, n on si sa qu asi nu lla. 9 Dun que n el 293 293 a.C. a.C. Il Commentaire di Jean Soubiran al testo di Plinio delle "Belles Lettres", riporta: "Le primier p rimier cadran cadran solaire solaire aurait été installé en 293 avaint J.-C., onze ans avant la guerre de Pyrrhus. Seloc la juste observation du P. Hardouin, le chiffre "onze", donné par la plupart del ms., est à maintenir. En effet la guerre de Pyrrhus est datée par Pline lui-meme (8, 16) de l'an de Rome CCCLXXII (=282 avant J.-C.) et la dédicace du temple de Quirinus a eu lieu en 293 avant J.-C. (Tite-Live, 10 46, 7). L'événement aurait donc eu lieu onze ans avant cette guerre..." . 10 Antiquitates rerum humanarum XV , fr. 3 Mirsch. 11 nel 164 a.C. 6
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A dimostrazione di come sia stato corrotto corrotto il testo di Plinio e di come sia possibile anche per autorevoli studiosi cadere in errore quando gli avven imenti sono incerti, è interessante notare che Claudio Pasini, autore di uno dei più popolari ed accreditati libri sulla gnomonica di questo secolo (almeno in Italia) Italia) Orologi Solari, 1900, 1900, ripor ta (e con lui anche d iversi altri scrittori) scrittori) la data d el 263 263 a.C. 12 per il primo orologio solare di Roma, ma egli si confonde forse con la frase di Varrone (citato da Plinio subito dopo) che menziona quello che dovrebbe essere il primo orologio solare installato nel Foro di Roma, ma il secondo che ebbe Roma. Infatti, anche Censorino scrive: "Illud satis constat nullum in foro prius fuisse quam id quod M. Valerius ex Sicilia advectum advectum ad Rostra in colum columna na posuit" , supponendo che si tratti del primo orologio solare posto nel foro di Roma. Si tratta di un orologio trafuga to dai Romani molto tempo dopo aver sconfitto l'esercito di Pirro e dopo aver assoggettato la città di Catania. Ma come è ov vio, l'orologio, l'orologio, costru costru ito per la latitudine d i Catania, Catania, non p oteva funzionare funzionare bene per la latitudine di Roma e quindi, secondo quanto è sempre stato scritto nei libri, indicò ai Romani le ore inesatte per 99 anni ( nec congruebat ad horas ejus linea: patuerunt tamen ei annos undecentum ). Fu solo nel 164 a.C. che M. Filippo censore ne fece costruire uno p iù p reciso reciso per la latitud latitud ine di Roma. Anche a questo proposito gli autori, soprattutto storici non esperti di gnomonica, non si sono dispensati dal fare osservazioni eccessive e fuori luogo. Jérome Jérome Ca rcopino, nel su o libro La vita quotidiana a Roma, edito dalla Universale Laterza nel 1967, scrive: "...M. Valerio Messalla aveva riportato tra il suo bottino di Sicilia il quadrante solare di Catania, e lo fece rimontare tal quale sul comitium, dove per più di tre generazioni, le linee tracciate sul polos per un'altra latitudine dispensarono ai romani ore senza rapporto alcuno con la realtà...(...) ci è lecito credere che durante questo lungo periodo (99 anni) , rimasero con
ostinazione più che nel loro errore, nella loro ignoran za..." .
Innanzitutto, è molto probabile che l'orologio trafugato a Catania fosse del tipo "hemyciclum ad enclima enclima su cc ccisum isum ", che che po chi decenni prima av eva inventato Beroso Caldeo in Grecia, e non il "polos" "polos" che è invece il vecchio "hemisphaerium". Inoltre, stando alle parole di Plinio, l'hemicyclium è forse l'orologio antico più adatto ad essere installato su una colonna, come quello che si vede nell'antica Pompei, non certo l'hemisphaerium nel quale, essendo a calotta emisferica, diventa difficile leggere le ore se posto troppo in alto come su una colonna colonna d a piazza. E' probabile che Messalla sia stato anche attirato dalla novità di un orologio solare nuovo, mai visto prima. Comu nqu e, l'orologio l'orologio di Catania avrebbe si ind icaicato a Roma ore inesatte, ma con un'approssimaz ione non m aggiore di 5-10 5-10 minu ti che che all'epoca non poteva essere tanto evidente da fare scalpore, se si consider consider a che anche oggi, nonostan te gli innu merevoli impegn i della vita vita quot idiana, 5-10 5-10 minu ti rientrano nelle approssimazioni "umane". E' sbagliato quindi asserire, solo sulla base di questo fatto citato da Plinio, che i Romani furono poco accorti nelle scienze. Il mod o di fare storia della gnom onica è stato stato sempre caratterizzato, dal Rinascimento ad oggi, da una ingiustificabile negligenza da parte di molti autori, nel raccogliere citazioni e fonti senza mai verificarne verificarne la verid icità. icità. E' E' p er qu esto che i libri di gnomonica contengono moltissimi "luoghi comuni" storiografici storiografici i qua li non fann o altro che ripetere le app rossimazioni e gli errori errori d i autori p oco accoraccorti, o di quanti hanno inteso la storia degli orologi solari materia "bistrattata" adatta solo a formare una breve introduzione ai trattati tecnici sull'argomento. Per curiosità si riporta il breve passo che riguarda i primi orologi solari di Roma, Roma, nelle versioni di du e
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Pirro attaccò attaccò per la p rima volta i Roman i nel 281 281 a.C., a.C., qua nd o accorse in in aiuto dei Tarentini Tarentini che si ribellavano ribellavano a Roma, m a con l'ambito disegno di ann ettere al suo regn o anche la Magna Grecia. Il Commentar io di J. J. Soubiran Soubiran riporta: " M'. Valerius Maximus Messala obtint, en meme temps que son collègue M'. Otacilius Crassus, dès 263 avant J.-C. - c'est-àdire, la seconde année de la I° gu erre punique - le consu consu lat et la condu ite de la guerre en S icile. icile. La meme ann ée 263 (= an an de Rome 491) m arque arque la prise de Catane. Ce chiffre - an de Rome 491 - correspond à l'intervalle de temps - trente ans - qui, seloc Pline, s'est écoulè depuis l'installation en 293 avant J.-C. (= an de Rome 461) du cadran solaire de Papirius". Nicola Severino
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celebri autori di gnomonica, Oddi Muzio da Urbino, in "Orologi Solari", del 1614 e di Claudio Pasini, Pasin i, in "Orologi Solari" d el 1900. 1900. Il lettore n oterà senz'altro la ripetizione, qu asi letterale, delle informazioni fornite da Muzio circa trecento anni prima e d ate ormai per scontate. scontate.
Il cui significato è: "Possano gli Dei perdere colui che è stato il primo a portar quest'orologio; un temp o la fame fame era p er me la migliore e la più certa ora che mi avvertiva; ma oggi n on p osso che che m angiare quando piace al sole: bisogna consultarne il corso e tutta la città è piena d i orologi" orologi" 13.
Oddi Muzio : " ...E perciò fu molto stim ato l'horo l' horologi logio, o, che doppo la presa di Catania vi trasportò M. Val. Messa M essala, la, e l'altro l' altro che che trent' anni dopo, dopo, vi v i fu condott condottoo da L. Papirio Cursore Cu rsore per per adempiere il voto fatt o da Papirio Papirio suo Padre ; che sebbene né l'uno, né l'altro mostrava l'hore puntualmente giuste, per essere fabbricati al Clima di Sicilia, se ne servirono nondimeno per lo spatio quasi di cento anni, finche da Q. Marcio Filippo Censore, ne fu posto un'altro vicino a questi due, fabbricato dalla propria latitudine di Roma...." .
Il termine "solarium" per indicare un orologio solare, era molto diffuso presso i Romani. Leo Allazio, nel De mensura Temporum, del 1645 (cap. VI), VI), scrive ch e "i Romani chiamavano Solario non solo il luogo costruito sulla sommità delle case (solaio), nel quale ci si riscalda, riscalda, ma anche un lu ogo frequentato frequent ato e celeb celebre re perchè perchè qui, qui, come come ipotiz za Pietro V ittorio, it torio, c'era c' era disegnato in qualche parete una "ratio horarum" , ovvero un orologio solare.
Claudio Pasini : "La prima meridiana fu portata a Roma da Catania al tempo della prima guerra punica (263 a.C.) da Marco Valerio Messala e fu posta, come narrano Varrone e Plinio, fra le colonne (rostra vetera) della tribuna del Foro. Trent'anni dopo un altro ne fu condotto da L. Papiro Cursore, e sebbene né l'uno né l'altro indicassero esattamente le ore, essendo fatti per la latitudine di Sicilia, i Romani se ne servirono per circa cent'anni, finchè da Q. Mario Filippo Censore ne fu posto un terzo vicino a questi due, costruito per la latitudine di Roma..." .
In seguito fur ono costru iti molti altri orologi orologi solari sparsi per tutta la città, tanto da far disperare il parassita della Boeotica di Plauto che si lamenta dicendo: Ut illum Di perdant, primus qui horas repperit, Quique adeo primus statuit hic solarium, Qui mihi comminuit misero articulatim diem. Nam me puero venter hic erat solarium Multum Mu ltum omnium istorum istorum optumum ac veris verissumum sumum . Ibi iste monebat esse, nisi cum nihil erat, Nunc etiam quod est, non estur nisi soli lubet. Itaque jam jam oppletum oppletum est oppidum solariis solariis Major pars populi aridi reptant fame.
E' certo che al tempo di Vitruvio i Romani dovevano servirsi abitualmente sia degli orologi solari che delle clessidre a sabbia o ad acqua, ne è una prov a il capitolo IX dell'Architettura, d edicato alla gnomonica e alle diverse specie di orologi solari. Sicuram Sicuram ente il famoso famoso a rchitetto dovette av ere sott'occhi tutti gli orologi elencati di cui Roma e le Province Province ne dovevano essere essere piene. A noi sono pervenu ti un bu on nu mero di esemplari e, oltre oltre ai già citati ritrovamenti di orologi solari, possiamo aggiungere un interessante elenco che fece P. Romano 14: "Nella tenuta di Grotta perfetta, in occasione di scavi, si rinvenne u n orologio solare marm oreo con lo stilo stilo di ferro. A Tor Patern o, negli ultimi ultimi ann i del 1700 se ne trovò uno di grande interesse. Purtroppo, però, fu portato in Inghilterra e solo un a copia in gesso se ne riservò il Museo Vaticano. Vaticano. Il Settele rilevò che le linee orarie che negli altri orologi sono delimitate dai circoli dei tropici, in questo erano prolungate fin quasi alla base dello stilo. Lorenzo Re, professore all'Università La Sapienza d i Roma, Roma, p ossedeva nel 1815 1815 un orologio solare trovato presso il Circo di Caracalla. L'Antonini (1790), riprodusse in incisione ben diciotto altri orologi solari rinvenuti in Roma e
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Il testo testo latino l'ho trascritto dall'opera di Salmasio e sono evidenti alcune p arole non u guali alle altre versioni, d'altra par te lui assegna a queste d ei diversi significati. significati. 14 P. Romano, Orologi di Roma, Anonima Romana Stampa, Roma, 1944. 1944. p. 6. Esemplare ed ito in sole trecento copie. Nicola Severino
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nella Provincia. Il cosidd cosidd etto orologio solare "capitolino" fu trovato presso Castelnuovo di Porto. Bened etto XIV (1751) (1751) lo fece restaur are, m etterv i lo stilo e collocare su una finestra del Museo Capitolino affinchè anche oggi - secondo quanto dice l'iscrizi l'iscrizione one incisa sop ra - ci potesse m ostrare le ore inegu ali degli an tichi" tichi"..
A queste citazioni citazioni vorrei aggiungere, per non dimenticarmene, un interessante orologio ritrovato nel vecchio vecchio Porto d i Anzio. Senz'altro Senz'altro non se ne sono visti altri uguali. Sembrerebbe appartenere alla famiglia degli Scaphen perchè si tratta di un orologio descritto in uno scafio e poggiato su un piedistallo.
fig. 1 Emicyclum romano trovato nel territorio di Velletri. Immagine tratta da “Manuale di vari orna- menti... che contiene la serie de’ Candelabri Antichi”, di Carlo Antonini, Roma, 1790 (per gentile concessione di Mario Arnaldi di Ravenna). Si noti la pregevole fattura artistica e l’accorgimento tecnico di rappresentare le linee orarie temporarie non come delle linee diritte, ma come porzioni di curve racchiuse tra i semicerchi corrispondenti alle linee del solstizio estivo ed invernale (si veda a tal proposito N. Severino, Storia della Gnomonica, 1994) Nicola Severino
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fig. 2 Ricostruzione di una meridiana bizantina, risalente al 500 d.C. circa, il cui originale si trova a Londra nello Science Museum, inv. 1983, n. 1393. Si tratta di una versione migliorata della meridiana romana del III secolo d.C. ultimamente identificata con l’orologio solare citato da Vitruvio col nome “Pros Pan Clima” che significa “per tutte le latitudini”. Infatti, si tratta di una meridiana portatile univer- sale. (immagine tratta da Enciclopedia Storia delle Scienze, G. Einaudi Ed., 1991)
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STORIA STORIA , SIGN S IGN IF IFIC ICATO, ATO, ETIMOLOGIA DEGLI OBELISCHI C'era una volta l'Egitto...
Quando i Greci cominciarono ad interessarsi ai monumenti degli antichi Egizi, rivolsero particolare attenzione agli obelischi e alle piramidi. Attorno al 3000 a.C. sembra che qualcosa di somigliante ad un blocco di pietra, o forse proprio un monolito a quattro facce, e modellato sul vertice tice a form form a di cusp ide piram idale (detto alla greca greca pyramidion ), fosse consacrato al dio sole primordiale: e Re, o He-Harakhti o Khepri (il sole all'alba), Ra (il sole allo zenit) e Atum (il sole al traben , o benben monto). Tali pietre erano denominate ben le quali, secondo la tradizione, erano da tempo immemorabile esistite a Junu (significa "pilastro"), luogo denominato successivamente dai Greci "Heliopolis", la città consacrata al dio sole. Anche Plinio testimonia che gli obelischi simboleggiavano i raggi del sole, e perchè questa funzione fosse più evidente, gli egiziani ricoprirono d'oro e di altro metallo riflettente le cuspidi di questi monoliti. Gli Egiziani, Egiziani, chiama chiama vano anticamente gli obelischi obelischi col nom e man e, successivamen successivamen te, tekhen , o tekhenu , la cui etimologia è incerta. Essi erano considerati l'espressione più antica ed astratta della luce solare. Il vertice figurava il punto di partenza del raggio, il centro stesso del potere solare; la base invece la materia informe che la luce solare, simbolo di quella divinità, trasformava in cosmo 15. Athanasius Kircher così definisce gli obelischi: "Columnae hieroglyphiacae quadrilaterae sensim versus apicem gracilescentes et, deinde in parvam pyramidem trun t runca catae tae"" 16. Una iscrizione dovuta all'imperatore Teodosio (347-395 d.C) sulla base dell' obelisco da questi eretto nell'ippodromo di Costantinop oli (originario (originario d i Karn Karn ak e fatto costrucostruire da Tutmosis III), riporta: "KIO' NA
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TETRAPLEURON , etc.", in latino "Columnam quadrilateram simper terrae incubans onus Solus erigere erigere Theodo Theodosius sius Imperator Imperator A usus usu s est, etc." . I primi grandi ed importanti obelischi furono innalzati prop rio ad Eliopolis, città città che dovev a poi essere tormentata dalla furia degli eserciti romani, tanto che un solo obelisco, quello di Sesostri I (1971-1928 a.C.) sembra sia rimasto in piedi in qu ell'antica ell'antica città. città. Ma an che a Tebe, Tebe, pilastro mer idionale di Eliopolis, furono eretto molti obelischi, ed anche qui ne sono rimasti in piedi solo tre! Infine, Pi-Ramesse, la città del più megalomane faraone dell'Egitto, Ramsete II, fu riempita di qu esti "spied "spied i" calcarei calcarei,, anche a costo d i usu rp are il suolo delle altre antiche città, trafugando blocchi interi degli obelischi innalzati dai faraoni precedenti . I Greci, coniarono per il termine tekhen la nuova paro la obelìskos obelìskos che sign ific ificaa "spiedino" dalla su a caratteristica forma sottile e allungata. Mentre gli arabi lo denominarono messalah, con riferimento ad u n grosso ago. ago. Le occasioni per costruire ed erigere gli obelischi certo non mancavano ai faraoni egizi. Oltre che a consacrarli al dio sole, venivano eretti an che accanaccanto ai templi nei giorni in cui veniva festeggiato il giubileo del sovran o che, in genere, si rinn rinn ovava al trentesimo trentesimo ann o d i regno e su cc ccessi essivamente vamente ogn i tre anni. Altra occasione era data dalle vittorie delle battaglie militari. Di conseguenza, su quasi tutti gli obelischi obelischi si trovan o raffigurate le iscrizioni in geroglifico che attestano il significato della loro erezione. Ma raramente i fatti narrati rispecchiano la storia vera. Particolarmente sospette, per esempio, sembrano le vanterie riportate sugli obelischi innalzati da Ramsete II, mentre più veritiere sembran o qu elle di Tutm Tutm osis III. III.
Simboli, Simboli, miti e misteri di Roma, New ton Com pton , p. 49 A. Kircher, Obeliscus Phamphilius, Romae, 1650
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La maggior parte degli obelischi sono di granito, ma ne esistono anche altri di quarzite e basalto. Grandi cave di granito rosso si trovano in Egitto presso l'area di Aswan, soprattutto dall'isola Elefantina Elefantina e d i Seheil. Seheil. Non si conoscono testi egizi che attestino le procedure di costruzione degli obelischi, ma ci resta una importante testimonianza dalla quale è stato possibile possibile dedu rre quasi ogni particolare sul procedimento di fabbricazione usato da gli Egiziani: Egiziani: un obelisco obelisco incomp incomp iuto che è rimasto nell'originario sito di Aswan ( fig.3). Questo obelisco obelisco è un m onum ento man cato cato a causa
fig. 3 Obelisco incompiuto di Aswan
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di una spaccatura verificatasi nel banco di roccia. Dopo i necessari sondaggi per accertare la natura della roccia e la sua compattezza, si procedeva al distacco delle fiancate del monolito. Tale distacco poteva av venire, venire, presum ibilmente, ibilmente, mediante colpi di percussori realizzando una trincea attorno al monolito. Dopo che era stato staccato dalla roccia mad re, doveva essere trasportato fino fino al p ianoro e quindi fino al Nilo per essere poi imbarcato e trasportato nella città di destinazione. Per l'innalzam ento d ello ello stesso, ilil lettore lettore pu ò farsi un'idea 18 osservando la fig. 4 .
fig. 4 Innalzamento di un obelisco secondo l’antico metodo egizio (da Habachi, I segreti degli Obelischi)
Habachi L., I segreti degli obelischi, Newton Comp ton, Roma, 1978, 1978, p.11 p.11 e segg. Ibid. pag .33 .33
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fig. 5a Trasporto di obelischi per via fluviale e marittima (illustrazione tratta da G. Cipriani, Gli obelischi egizi. Politica e cultura nella Roma barocca, Olschki ed. 1993) Nicola Severino
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fig. 5b Trasporto di obelischi per via fluviale, da J. Comes a Turre Rezzonici, Disquisitione Plinianae, 1767.
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fig. 6 Pianta degli obelischi di Roma (da C. D’Onofrio, Obelischi di Roma, Roma, 1965. Nicola Severino
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IL CAMPO MARZIO Prima di parlare dell'Obelisco di Augusto, sarà utile qualche informazione storica sul luogo per il qu ale l'imper l'imper atore aveva d eciso eciso di effettuare effettuare la sua bonifica bonifica e i suoi prog etti d i sistemazione sistemazione architettonica. Il termine Campo Marzio indica, generalmente, la pianura compresa tra il Campidoglio e il Tevere che si estende fino alle pendici del Quirinale e del Pincio. Tut Tut tavia, la zon a orien tale d ella Via Via Lata, fu esclusa dal Campo Marzio attorno al 221 a.C., dopo che fu costruita la via Flaminia. Ma Campo Marzio, poteva anche significare una grande zona sgombra di edifici pubblici e destinata a zona m ilitare, ilitare, oppu re, in in senso p iù ristretto, la la zona destinata ai comizi centuriati e poi a quelli elettorali. La leggenda sulle origini di Campo Marzio lo ricollega ricollega ai Tarqu Tarqu ini che ne d ovevan o essere i pro-
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prietari in qualità di agro regio. Quando invece i Tarqu ini furon furon o espu lsi d a Roma, l'area l'area del Camp o Marzio divenne pubblica. Nella zona centrale sorgeva un santuario molto antico, l'Ara di Marte, che assumeva evidentemente un significato più propriamente militare. Al centro erano i "Saepta", una grande piazza rettangolare dove si riunivano in età rep ub blicana blicana i comizi centur iati e quelli eletelettorali. Della prima fase repubblicana, restano solo alcuni santu ari quale testimonian za edilizia. Nel II secolo a.C. comincia a svilupparsi un tipo di urbanistica monumentale, soprattutto nell'area circostante il Circo Flaminio. Nel periodo au gusteo il Camp Camp o Marzio fu fu oggetto di opere di bonifica da parte dell'imperatore il quale rivolse la sua attenzione all'urbanizzazione della parte centrale della pianu ra ed al rifacimento rifacimento integrale del complesso di edifici circostante il Circo Flaminio.
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L’OROLOGIO SOLARE DI AUGUSTO L'Imperatore, a decorazione del Campo Marzio, pensò di far erigere un orologio solare grandioso che fosse a un tempo calendario e indicatore delle ore, e fra l'Ara Pacis e i portici di Agrippa, nel mezzo d i un gran p arco arco innalzò un obelisc obelisco, o, destinato a proiettare proiettare l'ombra l'ombra sopra u n gran p avimento di travertino. L'obelisco-gnomone, fu rimosso dalla sua sede originaria ad Eliopolis, in Egitto, nell'anno 12 a.C.; esso fu eretto dal faraone Psammetico II, seicento anni prima della rimozione. Fu trasportato con una grossa chiatta fino al porto di Pozzuoli e trasferito su un'altra imbarcazione con la quale raggiunse la foce del Tevere. La descrizione dell'orologio ci è stata lasciata, come al solito, dal naturalista Plinio il Vecchio nel seguente passo della sua Historia Naturalis tratto dalla tradu zione di Antonio Corso, Rossana Rossana Mugellesi e Giampiero Rosati, recentemente pubblicato d alla Einau d i (vol. V, V, Libro XX XXXVI, .15, .15,pa pa g. 627): All'obelisco che è nel Campo Marzio il divino Augusto attribuì la mirabile funzione di segnare le ombre proiettate dal sole, determinando così la lunghezza dei giorni e delle notti: fece collocare una lastra di pietra che rispett o all' all' altezza altezz a dell' dell' obelisco obelisco era proporzionata in modo che, nell'ora sesta del giorno del solstizio d'inverno l'ombra di esso fosse lunga quanto la lastra, e decrescesse lentamente giorno dopo giorno per poi ricrescere di nuovo, seguendo i righelli di bronzo inseriti nella pietra: un congegno che vale la pena conoscere, e che si deve al matematico Facondo Novio. Questi aggiunse sul pinnacolo una palla dorata, la cui estremità proiettava un'ombra raccolta in sé, perchè altrimenti la punta dell'obelisco avrebbe determinato un'ombra irregolare irregolare - a dargli l' idea fu, dicono, la testa test a um ana. Questa registrazione del tempo da circa trent'anni non è più conforme al vero, forse perchè il corso del sole non è rimasto invariato, ma è mutato per qualche motivo astronomico, oppure perchè tutta la terra nel suo complesso si è spostata in rapporto al suo centro (un fatto che - sento dire - si avverte anche in altri luoghi), oppure
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semplicemente perchè lo gnomone si è smosso in seguito a scosse telluriche, ovvero le alluvioni del Tevere hanno hann o provocato provocato un abba abbassament ssament o dell'ob dell' obelisco elisco,, anche se si dice che se ne siano gettate sottoterra fondamenta profonde tanto quanto è alto il carico che vi si appoggia.
Quindi Plinio ci fa sapere che la lettura dell'ora "dopo trent'anni non corrispondeva più, sia che il sole stesso avesse mutato il suo corso per qualche rivolgimento celeste, sia che tutta la Terra si fosse spostata dal suo centro, -come riferiscono essere stato osservato anche in altri luoghi- sia che lo gnomone si sia inchinato sul posto a causa dei terremoti, sia infine che il terreno abbia ceduto in seguito alle inondazioni del Tevere" . Ma il commento di Plinio fa sorridere alcuni archeologi i qu ali non amm ettono che che un matem atico atico roman o potesse sbagliarsi nei suoi calcalcoli, e ancor meno che un architetto facesse delle cattive fondazioni, anche con tutti i terremoti ed alluvioni po ssibili. ssibili. Ma è evidente che le cause sono da ricercare, molto probabilmente, in un semplice dissesto del suolo a causa di qualche terremoto, con un conseguente spostamento dell'obelisco che, sebbene all'apparenza non risulti, si rende evidente nella lettura dei punti d'ombra. Ma per questo aspetto, si veda più avanti il paragrafo relativo al testo di Plinio commen tato d al Rezzonici. Rezzonici. L'orologio fu inaugurato il 9 a.C., per integrare un prog etto architettonico architettonico ed ur banistico speciale speciale : " Il gigantesco "solarium" venne finito e inaugurato nel gennaio del 9 a.c., insieme con un altro elemento del grande progetto, la famosa "ara pacis". Il complesso risultava risult ava compo composto sto dal "solarium "solarium"" , dall'" ara pacis", pacis", dal "mausoleo" (tomba imperiale) e dall'"ustrino" (inceneritore), elementi tutti collegati tra loro geometricamente, topograficamente e simbolicamente, raccolti in una tematica unitaria dominata dall'esaltazione della divinità divin ità imperiale" imperiale" 19. In effetti, è molto probabile che la disposizione dell'orologio solare di Augusto fosse tale che "l' ombra della boccia boccia collo colloca cata ta su lla cima dell' obelisco, che simboleggiava Augusto, il sole Apollo, toc-
G. Fantoni, La meridiana di Augusto, Orologi. Le misure del tempo, ed. Techn Techn imed ia, Roma, n ° 10, 1988, 1988, p. 107.
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cava l'Ara Pacis (l'altare della pace) in un dato momento a confermare che Augusto era nato per la pace. Infatti, quest'altare segnala la linea equinoziale che coincideva coincideva con la data di nascita dell' impera imp eratore tore (23 settembre). Inoltre, l'asse tracciato dall'obelisco all'altare della pace pace form formava ava un angolo rett rettoo con con quello dell' dell' o20 belisco del Mausoleo di Augusto" .
Il testo di Plinio, già già fortemente d iscusso iscusso d agli eruditi di tre-quattro secoli fa, dà delle indicazioni piuttosto precise sulla natura calendariale del monu mento, ma non sulla fun fun zione di orologio. orologio. Il Il Bandini, nel secolo XVIII, per meglio chiarire la descrizione di Plinio, sup pose che "verso tramon tana si formasse un lastric lastricato ato d i pietre quadr ate, di lunghezza proporzionata all'altezza dell'obelisco, cioè di tale lunghezza, che potesse da tutta l'altezza del monolito ricevere l'ombra meridiana nel giorno del solstizio d'inverno, la quale ombra è la più lunga fra quelle meridiane, che sieno gettate dal sole in tutto l'anno e quindi che si facesse segnare in questo strato per lungo con d elle elle lamine o regole di bronzo indorato le lunghezze delle ombre meridiane in diversi tempi dell'anno, e che, finalmente, si volesse che si denotassero ancora le grand ezze o quantità d ei giorni giorni e delle notti parimente con delle righe di bronzo indorate e incastrate nel detto pavimento. Qu este linee linee dovevano giacere perpendicolarmente a traverso della meridiana e dovevano essere di diverse grandezze, corrispondendo da una parte alla lunghezza dei giorni e dall'altra a quelle delle notti. Onde, battendo l'ombra della palla, posta in cima cima a ll'obelisc ll'obelisco, o, in un a d i esse o vicino vicino ad alcuna delle medesime, doveva mostrare il rapporto che la lunghezza di tutto quel giorno aveva con tutta quella notte, o con qualunque altro giorno e l'altra
notte dell'anno, col mostrare il rapporto di quelle righe alle altre altre righe di bron zo" 21. Probabilmente la linea meridiana calendariale venne realizzata dopo che fu innalzato l'obelisco, e non si conosce come fosse stata posata la sfera sulla sua cima. Si crede che il globo fosse fosse inserito in m aniera che no n superasse l'altezza della guglia, o dopo aver recisa tanta parte della guglia stessa, quanta era la grandezza della sfera; oppure poteva, questa, essere incastrata nella cuspide in modo che l'uno e l'altro avessero uguale altezza 22. Il Fant Fanton onii ha calcolato calcolato gli inter valli tra i regoli delle date che avrebbe dovuto disporre il costruttore Facondio Novo, o Manilio matematico, disposti perpendicolarmente alla linea meridiana. Egli ha trovato che lo spaz io tra ogni regolo è nu llo ai solstizi, stizi, quand o anche la v ariazione ariazione d ella ella lun ghezza d'ombra è p raticamente raticamente nu lla, lla, e raggiunge raggiunge u n m assimo di 56 cm nei periodi di febbraio e novembre. Inoltre egli ha calcolato che per un'altezza dell'obelisco pari a 29.42 metri, l'eventuale orologio solare avrebbe avuto i suoi p un ti orari estremi (ore (ore 1 e 11 temporarie) lontani 260 metri dallo stesso obelisco-gnomone. In un orologio solare di tali dimensioni è difficile pensare che vi siano state inserite tutte e sette le linee d i declinazione declinazione solare. Sicuramente vi era riportata la linea equinoziale perché, come detto, rientrava nel progetto urbanistico dell'imperatore 23. Plinio pare facesse riferimento anche ad una eventuale indicazione indicazione sullo sullo strum ento della dur ata dei giorni e delle notti. Ciò si ottiene mediante due segmenti compresi tra il punto estremo della linea meridiana e i pu nti mediani d egli egli spazi orari tra le le 3-43-4- e 8-9 8-9 sulla curv a d el solstizio solstizio estivo. Ma p are che non siano state ancora ritrovate tracce di qu este linee. linee.
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A. Dosi-F. Schnell, Spazio e tempo, in Vita Vita e costumi d ei Romani antichi - Museo d ella civiltà civiltà romana, ed izioni Quasar, Roma, 1992, p.75. 21 P. Romano, op. cit. pag. 10 22 Idem, p . 10 23 G. Fanton i, op. cit., pag. 110 Nicola Severino
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LE SCOPERTE DI BUCHNER E RAKOB Nel 1976, l'archeologo tedesco Buchner, insieme poi a l suo collega collega Rakob, d ell'Isti ell'Istituto tuto A rcheologico rcheologico Germanico di Roma, intrapresero le ricerche dell'antico l'antico "solarium "solarium " d i Au gusto , sulla scorta scorta d i tutte le possibili informazioni disponibili. Lo studio di Buchner rappresenta soprattutto una sintesi dell'immenso progetto augusteo di urbanizzazione del Cam po Marzio, e perciò le notizie sull'orologio sull'orologio solare si fondono insieme ad una marea di altre considerazioni archeologiche sui monumenti del luogo. Anche se lo studio di Buchner si presenta oggi come la soluzione al dilemma se l'obelisco campense fosse un gigantesco gnom one per la sola linea linea meridiana o per un intero orologio solare, è tuttavia doveroso precisare che già nel XVI secolo il Masi, e nel XVII secolo, il Kircher, sostennero che dov esse trattarsi di un intero orologio solare solare ad ore temporarie. Addirittura Kircher, nel suo volume Obeliscus Obeliscus Pam ph ilius, ilius, d el 1650 1650,, ci regala un disegno di come doveva essere l'orologio di Augusto. Ed è assolutamente sorprendente vedere, oggi, come quel disegno combaci perfettamente con i moderni progetti dell'antico tracciato ( fig. 32). N el XVII XVIIII secolo, il noto Fran cisco cisco Jaqu iero, scriveva una erudita nota al testo di Antonio Giuseppe Comes Turre Rezzonici, "Disquisitiones Plinianae" (che (che rip rend eremo tra breve) in cui è molto esplicito a tal riguardo : "Insignem Campi Martii Obeliscum, non unicè ad meridianum tempus indicandum (ut Mathematicis videtur) ab Augustus positum, sed integras Sciotherici horologii vices praestisse, ostendere confido ex verbis ". Inoltre, la scoperta di Buchner del tracciato originale è solo una "riscoperta", in quanto, come si vedrà meglio nelle citazioni storiche, esso fu ritrovato nel 1463. La ricostruzione d ell'intero ell'intero orologio solare, seconsecondo Buchner, rispetto alla moderna topografia di Nicola Severino
Roma, è visibile nella fig. 8, in cui si vede pure che non sono comprese le linee orarie 1 e 11, perché troppo distanti dalla base dell'obelisco e perché comunqu e con questa soluzione si rispettava l'inl'intera lunghezza della linea meridiana, in accordo con le parole d i Plinio Plinio "...i "...inn m odo che l'ombra fosse par i alla alla larghezza d el selci selciato ato all'ora sesta d el solstizio invernale...". Nel 1979 Buchner mette mano ai picconi e comincia cia a scavare, insieme a Rakob, nella Via Via d i Camp o Marzio, ma senza successo. Lo scavo successivo, invece, effettuato nella cantina dell'edificio che por ta il num ero civico civico 48, 48, d ella ella stessa strad a, portò insperatamente alla luce un tratto del pavimento con il tracciato antico, per una lunghezza di circa 20 metri quadri che comprend e la linea linea m eridiana con i regoli regoli disposti disposti in questo pu nto a u na d istanza di circa circa 26 cm l'un l'un o dall'altro, e una tratta d i linea diu rna (la (la qu ale è diffici difficile le dire se sia intera o solo la parte che si ved e) relativa relativa ala fine dei segni d ell'Ariete e del Leone Leone e l'inizio l'inizio d ella Vergin Vergin e e d el Toro. Pare che ci sia qualche perplessità sul fatto che l'antico l'antico selciato selciato è stato ritrovato ad u na p rofond ità di scavo di circa 6,30 metri sotto il livello stradale, in quanto gli archeologi si aspettavano di trovarlo ad almeno 8 metri di p rofond rofond ità. Ciò ha fatto ipoipotizzare che l'originario complesso gnomonico, messo mes so fuor i "serv "servizio" izio" - com comee scrive Plinio - a causa delle inondazioni, o dei terremoti, o da un colossale incendio, fosse stato ripristinato da qualche successore di Augusto che lo avrebbe ricostruito ad una quota p iù elevata. La datazione degli archearcheologi, per questa nuova ristrutturazione dell'imp l'imp ianto, è all'incirc all'incircaa l'epoca d i Domiziano. Ma, a questo punto, ci viene da pensare se fu mai più possibile ricostruire, e con precisione, un tale gigantesco orologio solare dopo che fu quasi completamente d istrutto istrutto d alle alle calamità calamità natu rali e perché mai, un imperatore romano come Domiziano non si sia degnato di lasciare memoria di un così
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importante "restauro" come, per esempio, una semplice frase scolpita sulla base dell'obelisco originario. Proprio come aveva fatto Augusto a memoria del suo mega p rogetto. rogetto. Altri dettag li degli scavi si leggono ancora in Fantoni 24: "Ai lati della meridiana, con stupende lettere in bronzo di 25 cm, sono indicati i nomi greci dei segni zodiacali...si leggono le ultime due lettere di Leon (...WN) e le prime quattro lettere di Parthenos, la Vergine (PARQ...); dall'altra parte di trovano le ultime due lettere di Krios, l'Ariete (...OS) e le prime quattro di Tauros, il Toro (TAUR...). Sulla striscia bronzea che divide div ide i segni z odiaca odiacali, li, dove finisce fin isce il Leone Leone e comincia la Vergine, vi è un'indicazione meteorologica stagionale: CESSANO I VENTI ETESI (ETHSIAI PAUONTAI); s i tratta di quei venti periodici settentrionali che soffiano in Egeo d'estate e cessano all'avvicinarsi dell'autunno...(...)...All'estremo sud
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dello scavo è stata messa in luce la scritta INIZIO ESTA TE (QEROUS (QERO US A RCH) sistemata sistemata pre presso sso i rego regoli li dei primi giorni di maggio..." .
Sembr Sembr a che in temp i recenti recenti Buchn Buchn er e Rakob siano riusciti a trovare il pun to esatto dov e era installato installato l'obelisc l'obelisco-gnomon o-gnomon e, ma n el frattempo gli scavi scavi e le ricerche sul solarium di Augusto sono stati congelati. Così, Così, in attesa d i buon e nov elle, elle, o che in occasione d el futu futu ro Giubileo si facc faccia ia strad a l'utop istica proposta di Fantoni, cioè di realizzare una galleria turistica sotterranea per poter ammirare da vicino l'antica meraviglia gnomonica, dobbiamo accontentarci di ciò che è possibile estrapolare dalle fonti storiche, ormai quasi completamente esaurite e sviscerate da quanti sono stati attratti, nel corso di secoli, da questa leggenda gnomonica.
G. Fanton i, op. cit. p. 114. 114.
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fig. 7 Orologio di Augusto come disegnato da G. Fantoni (da La meridiana di Augusto, in Orologi, Le misure del tempo, Technimedia, Technimedia, 1988)
fig. 8 Orologio di Augusto come disegnato da Buchner nella topografia romana (da die Soinnenuhr des Augustus, PhVz, Mainz, 1980)
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fig. 10 (sopra) Particolare della linea meridiana con la scritta “Cessano i vento Etesi” (disegno dell’autore) fig. 9 (a destra) Schizzo della porzione di linea meridiana trovata da Buchner (disegno Fantoni) fig. 11 (sotto) Itinerario di Einsedeln. (da Lanciani)
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fig. 12 Pianta di Roma di A. Strozzi come si vede nel Cod. Laur. Red. 77-1474 (da Lanciani)
fig. 13 Disegno del Solarium di Augusto nella topografia di Roma (Lanciani)
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fig. 14 Particolare della fig. 13. E’ evidente l’errore effettuato nel disegnare la disposizione dell’orologio di Augusto (si confronti con la fig. 8). L’obelisco è nel posto giusto, ma l’orologio (tutto il tracciato orario) deve essere capovolto. Inoltre, si nota nel disegno approssimativo delle linee diurne, certamente non cal- colate, come nel caso Buchner-Fantoni. L’errore è grave, perchè è altresì evidente che non è tipografico. Infatti, l’autore ha voluto far combaciare la fascia che chiude l’estremità destra delle linee di declinazione con la navata principale della Chiesa di S. Lorenzo in Lucina, mentre nel disegno di Buchner si vede tut- t’altra cosa. (da Lanciani R., Storia degli scavi di Roma) Nicola Severino
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IL RINASCIMENTO EGIZIO NELLA ROMA BAROCCA Possiamo solo cercare di immaginare quale fu lo stupore dei Romani quando videro arrivare nelle piazze di Roma i giganteschi monoliti trafugati in Egitto. Fu proprio Cesare Augusto che cominciò ad inn alzare i pr imi obelischi obelischi in in Roma, e ne adottò anche il simbolismo solare.Il primo, proveniente da Eliopolis (XIV-XIII secolo a.C.), si trova oggi a Piazza del Popolo. Il secondo, stessa provenienza con iscrizion iscrizion i d i Psam m etico II (VI secolo a.C.) volle volle destinarlo a gigantesc gigantescoo gnom one di u n m onumentale orologio solare, ed è quello che più ci interessa. Oggi si trova in Piazza Montecitorio. Ne seguirono parecchi altri, non sappiamo quanti, forse forse un a trentina, ma sicuram sicuram ente erano molti di più d ei tredici che sono stati ritrovati fino fino ad oggi 25 . Ma dei tanti obelischi che adornavano le piazze della Roma imperiale solo uno non fu abbattuto da lla furia pag ana d ell'Alto ell'Alto Medioevo: qu ello ello eretto n el circo Vaticano. Vaticano. Non bisogna dimenticare che da quando l'Egitto entrò a far parte dell'Impero romano, il culto di Iside Iside si diffuse diffuse in tutta l'Europ l'Europ a. Già il De mirabilis finire d el XII XII urbis Romae, di M agistro Gregorio, su l finire secolo, testimoniava che l'interesse per la cultura egizia era vivo nel medioevo. Il "mistero del paganesimo" e i "misteri egizi", come eran o d efinite efinite le iscrizioni geroglific geroglifiche he sulle facci facciate ate d egli obelisc obelischi, hi, furono oggetto d i rinnov ato interesse a cominciare dal XV secolo con il dom enicano enicano N anni d a Vite Viterbo rbo che pu bblicava bblicava una raccolta raccolta d i apocrifi con con il culto d i Osiride e influenzando il Papa Alessandro VI. Nacquero così gli affreschi del Pinturicchio negli appartamenti dei Borgia e il romanzo Hypnerotomachia Poliphili, d i Francesco Colonna, illustrato con disegni di
geroglifici..Ma il primo documento da cui scaturì questo clima di rinascimento egizio a Roma, provocando un vero sincretismo religioso fra paganesimo e cristianesimo, fu forse una versione greca del codice Hieroglyphica di Orapollo (un autore egiziano del IV secolo d.C.), acquistata nel 1419 dal sacerdote fiorentino Cristoforo de' Buondelmonti 26 che arrivò a Firenze nel 1422. Così anche il Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto, Trismegisto, il De Iside et Osiride di Plutarco e il De misteriis d i Giamblico, tradotti dal greco e divulgati da Marsilio Fici Ficino, no, ebbero molta eco fra gli erud iti. La fame di geroglifici e di reperti egizi, dunque, muoveva gli studiosi alla ricerca di questi antichi monumenti e, nonostante fosse nota l'ubicazione esatta di alcuni degli obelischi sparsi per le piazze di Roma, si dovette attendere l'operato di Sisto V perchè alcuni di essi venissero di nuovo innalzati al cielo cielo e riacqu istare così l'antico l'antico splend ore. Ma Sisto Sisto V, V, nel suo p ur n obile intento, non fu m ai mosso d a alcun alcun a passione p er gli Egizi, Egizi, consider consider ati piuttosto idolatri, dall'ambizione di elevarsi all'altezza dei faraoni e degli imperatori. A questo proposito scrive Giovanni Cipriani 27: Sisto V, a differenza di numerosi suoi predecessori, non amò mai in podo particolare le testimonianze del mondo antico. Deciso avversario di ogni forma di paganesimo vide vid e nelle opere opere della classicità classicità la tangibile tang ibile sopravv sopravviven iven- za della passata idolatria e non esitò a distruggerle per far trionfare l'immagine di una nuova Roma, una Roma cristiana ancor più doviziosa e superba di quella dei Cesari. La sua instancabile attività edilizia e di pianificazione urbana è strettamente connessa a questo ideale...destinato a trasformare in un breve volger d'anni una città pigra e sonnolenta in un vasto cantiere pul-
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Secondo Pubblio Vittore e Michele Mercati, furono trasportati a Roma 48 obelischi. C. Tempesti, Storia della vita e geste di Sisto V , Roma, 1754 tomo I, p. 22, riporta: "Quarantadue obelischi, tra grandi e piccoli, furon da' Cesari innalzati in diversi luoghi per ornamento della città, capitale di tutto il mondo" . In un man oscritto di Andrea Asu lano Aldi del 1518 è scritto "Obelisci parvi XLII" , mentre in un'altra ed izione della stessa stessa opera: "Obelisci parvi quadraginta duo" . 26 A. Cattabiani, op. cit., p.54 27 G. Cipriani, Gli obelischi egizi. Politica e cultura nella Roma barocca., Leo Olschki Editor e, Firenze, 1993, 1993, p. 9 Nicola Severino
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sante di vita. Solo in pochi casi Sisto V non solo ebbe rispetto ma vera e propria ammirazione per il frutto del lavoro e dell'ingegno degli antichi. L'esempio degli obelischi egizi è forse il più significativo..." .
Durante tutto il XVI secolo, il fascino esercitato da questi "misteri egizi", conquistò l'animo dei più grandi artisti e l'ingegno delle menti più feconde. Giovanni Pierio Valeriano scriveva la sua sintesi sull'argomento, dal titolo Hieroglyphica ; Vincenzo Cartari evocava gli dei egizi nel suo Imagini de i dei de gli antichi , Marsilio Ficino e Giordano Bruno pu bblicavan bblicavan o i loro stud i sull'ermetismo, men tre il grande architetto Domenico Fontana escogitava i più incredibili metodi per trasportare gli obelischi da una piazza ad un'altra e per innalzarli. Nacquero ad dirittura specific specificii trattati sul mod o d i trasportare obelischi, come quello mitico di Camillo Camillo Agr ippa, Trattato di trasportar la guglia, e quelli più generici sugli obelischi di Roma (uno per tutto quello di Michele Mercati del 1589).
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L'unico obelisco rimasto in piedi dal medioevo, qu ello ello Vaticano Vaticano che giaceva p resso l'antico Circo Circo d i Nerone, fu eretto nel Vaticano, sotto Sisto V, il 27 settembre 1586. Una nuova era cominciava, e due anni dopo altri obelischi furono eretti, in Piazza Santa Maria Maggiore, in Piazza d el Popolo e in S. Giovann i in Laterano. E nei versi del fiammingo Filippo Poelarius "non si scorgeva alcun acc accento ento critico critico n ei confronti del passato paganesimo, emergeva solo la sacralità del monumento (obelisco Vaticano), un a sacralità sacralità che che non sarebbe venuta m eno con il trascorrere dei secoli e che sarebbe giunta fino a noi", noi", scrive Cirpiani nell'opera citata. Era questa la strada che portò parad ossalmente ossalmente ad una interpretazione cristiana dei favolosi monumenti egizi, ulteriormente rafforzata nel secolo successivo dal gesuita Athanasius Kircher e la sua fantastica interpretazione dei geroglifici associando il simbolismo delle steli egizie con la Trinità cristiana.
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RACCOLTA DI CITAZIONI SULLA S COPE CO PERTA RTA D ELL’O BEL BELISCO IS CO D I CAMP AM PO MARZ M ARZIIO La documentazione principale relativa al ritrovamento archeologico dell'obelisco "campense", come viene anche denominato l'obelisco di Augusto in Campo Marzio, e la documentazione relativa ai primi tentativi di recupero, è sintetizzata n ell'ec ell'eccel cellente lente ed insostituibile opera d i Rodolfo Lanciani, Storia degli scavi di Roma. Si Si tratta sop rattutto di citazioni tratte da opere generiche sull'antica tica topografia romana, da avv isi urbani e d a opere archeologiche sulle antichità di Roma. Gran parte di qu esta documentazione può essere qui riassunriassunta come segue : 1) "Nel 1484, poco dopo la morte di Papa Sisto IV, avvenuta il 13 agosto, furono composte da u n d iscepolo di Pomponio Leto (morto nel 1498), le "excerpta a Pomponio dum inter ambulandum cuidam d ominio ultramontano reliquias ac ruinas urbis ostenderet". Queste note di topografia romana furono inserite nella raccolta "de Roma prisca et nova varii auctores" dell'Albertini, edizione del Mazzocchi 1510 (poi del 1515 e 1522) sotto il titolo "Pomponius Laetus de vetustate urbis". Il De Rossi ne ha ritrovato il testo genuino nel codice Marciano Marciano latino X, X, n. 195 e l'ha l'ha d ivulgato negli Stud Stud ii e docu men ti di Storia Storia e Diritto, anno III, 1882, p. 49 e sgg."
Come si capisce da qu esto breve stralcio stralcio dell'opera del Lanciani, la notizia divu lgata su Intern et, di cui cui
abbiamo detto all'inizio, all'inizio, si riferisc riferiscee all'edizione d el Mazzocchi del 1522 (e non 1521) da cui l'autore ne ricava che la data della scoperta dell'obelisco è il 1521, senza peraltro tenere conto delle precedenti edizioni del 1515 e la prima del 1510. E' evidente che la vera scoperta dovrebbe essere retrodatata di almeno 25 anni circa, attorno al 1484 anno in cui furono redatte le "note di topografia romana" stampate poi dal Mazzocchi. Ma è ancora più probabile che i resti dell'obelisco siano stati ritrovati prima della pubblicazione delle note di topografia romana, attorno al 1463 quando furono effettuati i primi scavi della cappella del Cardinal Calandrino nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, come dice appunto la prossima citazione. 2) Il cod cod ice ice originale, rintra cc cciato iato d al De Rossi, riporta al foglio 27 "Ubi est domus nova facta, quae est cappellanorum cuiusdam cappellae s. Laurentii (edificata dal card. Calandrino circa il 1463), fuit basis orologii nominatissimi" - cioè il piedistallo dell'obelisco di Augusto - "ubi est ephm (ephebeum?) capellanorum, ibi fuit efossum horologium: quod habebat VII gradus circum, et lineas distinctas metallo inaurato. Et solum campi erat ex lapide amplo quadrato, et habebat lineas easdem: et in in an gulis quatuor venti ex opere musivo cum inscriptione ut BOREAS SPIRAT etc".
Quindi, insieme al ritrovamento del piedistallo
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E' parere dell'autore che gli orologi orizzontali del tipo rinvenu to ad Aqu ileia ileia e a Pomp ei, nonchè il famoso orizzontale trovato negli scavi scavi di Sante Amend ola nel 1814 1814 presso la Vigna Vigna Cassini, a destra d ell'App ell'App ia Antica, Antica, a Roma, ed illustrato d a Francesco Francesco Peter negli Atti dell'Accademia dell'Accademia Roman a d i Archeologia Archeologia del 1823, 1823, siano da identificare identificare con il "Disc "Discum um un planitia" di Vitruvio e non con il "Pelec "Pelecinum inum ", come in voga attualm ente, perchè quest'ultimo è stato finalmen finalmen te identificato identificato dal vostro autore con il "Pelignu "Pelignu m" descritto d a Cezio Faventin o nel XX XXXVII libro della su a op era De d iversis Fabricis Architectonicae, del IV secolo d.C., di cui u n esemp lare è visibile visibile nel Calend Calend ario di Lambecio, sempre del IV secolo secolo d.C., su un sarcofaco sarcofaco cristiano cristiano a vasca del III secolo secolo e soprattu tto nel noto m osaico osaico roman o (I-II (I-II secol secolo) o) di Treviri, Treviri, ora conservato nel Landesm useu m d i Trier. Trier. A tale proposito si veda N . Severino, Severino, " St oria della 97.2, 1997, 1997, della British Sun dial Society. Society. della Gnomonica" e "Pelecinum, o Pelignum?" in Bulletin n ° 97.2, Nicola Severino
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dell'obelisco, fu rinvenuto anche un orologio solare di marmo, sicuramente del tipo "discum in planitia", cioè un orologio orizzontale ad ore temporarie con le curve dei solstizi e la linea equinoz iale del tutt o simile all'orologio all'orologio improp riamente denominato "pelecinum" di Aquileia 28. 3) Il testo del Lanciani offre anche una nota molto interessante in cui dice che il de Rossi ha fatto notare come tu tti gli scrittori che pend ono d al testo pomponiano ripetano in coro l'errore dell' ut facente p arte d ella iscrizione VT BOREAS BOREAS SPIRA SPIRAT T. Solo Iacopo Lauro nella sua "Origin. Urb. Rom.", edizione d el 1612 1612,, scrive correttamente "add itis his ver bis BOREAS SPIRAT" SPIRAT"..
Nel 1512, Antonio Lelio, ovvero il Lilius Podager della notizia notizia comparsa su Internet, scrive scrive una postilla al foglio n.12 del codice vaticano 1108, contenente la silloge epigrafica stampata in Roma da Jacopo Mazzocchi nel 1521 29: 4) "Sub Julio II pont. max. in regione Campi Martii post aedem D. Laurentii in Lucina, et prope domum cardinalis Crassi, in domunculae cujusdam tonsoris horticulo, horticulo, du m in eo pro confi confici cienda enda latrina foderetur, detecta est basis obelisci omnium, qui in urbe extent, ut conspicari erat maximi. Obeliscus jacebat, nec videri poterat an totus integer esset, esset, quippe cuius ima tantum pars videbatur. In basi erat inscriptio, inscriptio, qu am ego legi, sed non recte de ea memini (CIL, VI, 702)... In hoc obelisco gnomon olim ille ille erat erat p ercelebris ercelebris de qu o Plinius mem init. Quin vicini, qui circa illum insulas habent, asseverabant asseverabant omn es pene se ipsos, du m pro conficonficiendis cellis vinariis alias fodissent, invenisse varia sign a caelestia caelestia ex aere, ar tific tificio io m irabili, irabili, qu ae in pavimento circa gnomonem hunc erant. Iulio pr incipi incipi in bellis tunc, ut sem per, implicitissimo, implicitissimo, ut obeliscum hunc iterum erigi...facere, suasere quidem p ermulti, persuasit autem nemo. Ideo tantum antiquitatis miraculum a tonsore illo iterum sepultum est".
Sono le stesse cose d escritte n el codice 1140 11400, 0, già di Gio. Battista Bandini, postillato da Antonio Agostini, e da quest'ultimo offerto in dono a Giovann i Metello. Metello. L'iscrizione del piedistallo fu copiata anche da Giuliano Sangallo nei pugillari Sanesi 8. VI. 5 (obelisc (obeliscoo d i cham cham po m arzio). 5) Ligorio (Bodl. 76) descrive l'obelisco "in casa di Spandocchi"; forse si tratta di un nuovo ritrovamento, al quale sembra anche accennare Panvinio in "Descr. Urbe Romae", Libro I, c. XX de ludis Circensibus. Nel codice vaticano 3439 f. 2', sono segnati geroglifici "in obelisci sub aedibus Campi Martij jacentis parte". 6) Dall'Opusculum de mirabilibus novae et veteris Urbis Romae..." Romae..." di And rea Fulvio, Fulvio, con le le stampe del Mazochio del 1510, si ricava:
"in loco ubi nunc est domus nova Capellae apostolorum Philippi et Jacobi in ecclesia S. Laur. in Lucina fuit Basis Basis nom inatissima Urbis: non long e a qua est obeliscus semisepultus: ubi effossum fuit Horologium cum lineis et gradibus deauratis: in angulis vero. iiii. venti ex opere musivo" f. 29', 30. 7) Da un'altra fonte, questa volta più tarda, del 1526, si ha:
"l'obelisco solare si vede oggi spezzato in molte parti et ricoperto di terra à pie del monte Accettorio che da noi poco fa è stato veduto scoperto con la sua base, ove sono intagliate le infrascritte lettere". 8) "Superioribus diebus 1587 detectus fuit celebris obelisc obeliscus us qu i pro gnom one steterat steterat in campo m artio, igne ferroque excisus". Da Bargaei, Epist. De Urbis eversoribus, apu d Band ini, p. 102 102..
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Il Lanciani Lanciani inserisce inserisce ancora u na n ota imp ortante p er le ricerche ricerche bibliografiche. bibliografiche. Pare che Antonio Lelio mand ò a regalare qu esto libro con le sue note "marginalia" manoscritte a Felic Felicee Trofimo, Trofimo, vescovo di Chieti. Dopo d i lui, sembra sia venu to in p ossesso di Antonio Colozio. Nicola Severino
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9) Al temp o p arimen te di Sisto V, V, presso s. Lorenzo in Lucina, Lucina, d alla parte verso Cam po Ma rzo il cavaliere cavaliere Fontana vi trovò una gran guglia di granito Egiziano... maltrattata dal fuoco... Fu risoluto di lasciarla st are". Da Vacca, mem . 45. 10) Nel Campo Martio ancora hoggidi si passa sopra l'obelisc l'obeliscoo d ietro la chiesa di San Lorenzo in Lucina Lucina per quella strada che và all'arco di Domitiano... Questo obelisco si vede oggi spezzato in molte parti et ricoperto di terra a piè del monte Acetorio verso il Tevere, che da noi poco fa è stato veduto scoperto, con la sua base, ove sono intagliate le...lettere". le...lettere". Da Fu lvio-Ferru cci, cci, p. p . 138 11) 1587 1587,, 14 marzo "s'è cominciato a d are u n taglio in Campo Martio per dissotterrare un'altro obelisco, et forza forza sarà d i mand are a terra alcun alcun e case case in quei contorni per questo... (21 marzo). I manuali rendono in Campo Marzo il terreno alla fossa fatta da loro per disotterrare l'obelisco... tutto in pezzi et cotto dal fuoco". Da Avvisi Urb. 1055, c. 101 e 113. 12) "... l'Obelisco del Sole, il quale collocato da Augusto nel Campo Marzo, e dissotterrato dal Regnante Somm o Pon tefice tefice Bened Bened etto XIV XIV ama tissimo delle Antichità, giace al presente nel sito detto la Vignaccia, non lungi dal luogo, da cui fu cavato. Si legge in esso:
....ESAR. I..IVI. ..VGVSTVS. .....NTIFEX.M......MVS PXII. COS. XI TRIB. POT. XIV ..EGVPTO. IN POTES PO TEST TATEM ATEM ...OPVLI. ...OPVLI. ROMA N I. REDACTA REDACTA SOLI. DONUM. DEDIT (da (d a Storia Romana, d el pad re G. Granar a, Roma, 1744 1744). ). Una prima osservazione da fare riguarda la data della scoperta archeologica dell'obelisco. Alcuni autori riportano il 1463 che è l'anno in cui il card.
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Calandrino edificò la cappella di S. Lorenzo in Lucina. Ma non sap piam o se l'obelisc l'obeliscoo fu ritrovato du rante o d opo la costruzione d ella ella chiesa. chiesa. Le Le note di topografia romana dell'allievo di Pomponio Leto furono composte ventun anni dopo, sicchè non è d ato sapere se per tutto questo tempo fu tacitaciuta la scoperta dell'obelisco o se questo fu trovato app un to verso il 1484 1484.. Una seconda osservazione ci permette di abolire un luogo comune : quello della seconda scoperta archeologica dell'obelisco che si fa risalire al 1502. Come è eviden te, invece, ilil Lanciani Lanciani stesso r itiene itiene opportuno precisare che "la notizia relativa al Solarium di Augusto - riportata al n° 4 - ed al pontificato di Giulio II deve riferirsi all'anno 1512 e non al 1502" . Mentre l'opera del Granara ci conferma che l'obelisco belisco era a ncora sotto terra n el 1744 1744,, cioè cioè ap pen a qu attro ann i prim a d egli scavi scavi di Pio VI Braschi. Braschi. I fatti relativi alle scoperte e agli eventi successivi di riparazione ed innalzamento dell'obelisco sono ben rievocati e narr ati con con d ovizia di particolari da Pietro Romano in un libro ormai introvabile, dal titolo "Orologi "Orologi d i Roma" 30. dall'opera di P. Romano:
Risulta Risulta che l'obelisco l'obelisco nel terzo secolo secolo era racchiuso fra le sontuose fabbriche che in quel tempo decoravano il Campo Marzio, dopo cioè che Aureliano tirò le mura dalla porta Collina sino al sottoposto piano. Sembra però che venisse trascurato, perchè di esso nè Publio Vittore, nè Ammiano Marcellino fanno menzione. Dall'"Anonimo" dell'artista Einsiedeln ( fig.11), sappiamo che era ancora in piedi nell'ottavo secolo e si ritiene che sia caduto allorchè allorchè n el 108 10844 ( sotto Gregorio VII) VII) le trup pe d i Roberto il Guiscardo appiccarono il fuoco nella zona del Campo Marzio. In una iscrizione si leggeva che avendo Augusto, pontefice massimo, imperatore, ridotto l'Egitto in signoria del Popolo Romano, dedicò tale obelisco al dio Sole Sole (Soli (Soli donu m d edit). Quan to alle epigrafi epigrafi ritrovate nelle vestigia dell'obelisco, il De Rossi giustamente osserva: "Se quattro soli venti erano
P. Romano, Orologi di Roma, ed. Anonim a Romana Stampa, 1944. 1944.
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effigiati ed indicati con lettere ai quattro angoli, è diffici difficile le intend ere come n ella ella escavazione che m ise in luce uno solo dei quattro pu nti cardinali cardinali e precisamen cisamen te il lato lato boreale, poterono essere vedu te le vestigia delle simili epigrafi di lati rimanenti. Il bellissimo orologio solare scoperto nel 1879 in Aquileia ci mostra otto venti segnati in cerchi. In altri orologi solari ed anemoscopi con epigrafi greche-latine greche-latine i venti son o d odici. Cosiff Cosiffatto atto p robabilmente bilmente fu qu ello ello di Augusto n el Campo Marzio, cioè cioè non qu attro soli, ma otto o d odici quivi furon furon o i venti designat i da ep igrafi latine" latine".. Caduto l'obelisco, questo rimase a poco a poco sepolto sotto le rovine delle fabbriche del Campo Marzio. Tuttavia, Pomponio Leto ne potè vedere qu alche alche resto, p erchè così l'indicò l'indicò "dove è la chiesa di S. Lorenzo Lorenzo in Lucina Lucina con gli orti, ivi fu fu il Camp o Marzio nel quale si tenevano i comizi, e dove è stata fabbricata la nuova casa che è dei Cappellani di S. Lorenzo, ivi fu la base dell'orologio...(..)..Nel Campo Marzio, dove è l'Epitaffio de' Cappellani, ivi fu scavato un orologio che aveva sette gradi nell'intorn nell'intorn o e le linee listate listate d i metallo ind orato; il suolo del terreno era di grosse pietre quadre e aveva le medesime linee e negli angoli i quattro venti colla iscrizione: iscrizione: Ut boreas sp irat. Nel Cinquecento si occuparono dell'orologio anche il Volterrano, il Fulvio (che però fece molta confusione), il Marliano e il Gamucci, non dando però mag giori par ticolari. ticolari. Solo Solo Lucio Lucio Faun o rileva: "Un trar di m ano d a qu esto tempio (di S. S. Lorenzo Lorenzo in Lucina), si vede oggi rotto in molti pezzi quel obelisco di CX piedi che Augusto collocò nel Campo Marzio, nel quale dice Plinio che era scritta l'interpretazione della Filosofia degli Egizi... In uno dei lati di quest'obelisco era questo titolo che anco si legge: Caesar etc. Qui presso è stato in questa età, cavandosi, trovato un orologio da sole, antico, colle sue linee e gradi distinti, di metallo indorato, e negli angoli angoli erano qu attro immagini di venti, lavorati di mosaico, con queste parole: Ut Boreas sp irat" 31. Anton io Leli Lelio, o, quasi dello stesso temp o, in in u na su a nota, riferisce che "Imperando Giulio II P.M. nelle vicinanze della chiesa di S. Lorenzo in Lucina, presso la casa del Card. Grassi, nell'orto di una casuccia di un certo barbiere, mentre si scavava per fare una fogna, si scoperse la base del più
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grande obelisco...Era in questo obelisco quel celebre gnomone insigne per l'autorità di Plinio. Che anzi i vicini che avevano delle corti all'intorno, affermavano che nello scavar le cantine avevano trovato vari segni celesti di bronzo di un artificio mirabile, disposti nel pavimento all'intorno dello gnomone. Giulio, benchè ne fosse avvertito, impedito dalla guerra, nè eresse, nè accordò quest'obelisco, laonde quel barbiere lo ricoprì di terra sì come stava p oco avanti". avanti". L'obelisc L'obeliscoo fu scoperto la second a volta al temp o d i Sisto V e precisamente nel 1587, come riferisce pure Pietro Angelico da Barga, nell' Epistola de privatorum Urbis eversoribus. Conferma Con ferma il Vacca nelle su e Memorie (si veda Fea, in Miscellanee): "Al temp o d i Sisto Sisto V, V, presso S. Lorenzo in Lucina, d alla par te verso Camp o Marzio, il cav. cav. Fontan Fontan a vi trovò una gran guglia di granito egiziaco e pervenuto alle orecchie di S.S. commise che si scoprisse, con intenzione intenzione d i drizzarla in qualche luogo, luogo, ma il suddetto cavaliere, trovandola maltrattata dal fuoco e datane ragguaglio a S.S. fu risoluto di lasciarla stare". Il Mercati, Mercati, dal canto su o, assicur assicur a che "fu "fu ritrovata alquanto scantonata e qualche poco corrosa dal fuoco", e Jacopo Lauro aggiunge "che non si potè scavare per certi impedimenti, come fu fatto negli altri, dei quali il Pontefice Pontefice aveva comand ato che se ne facesse ricerca". ricerca". Sembr Sembr a che che anche Alessand Alessand ro VII VII avesse in in anim o di far d issotterrare l'obelisco, l'obelisco, incaricando incaricando dei relativi stud i il Gesuita Athan asius Kirc Kircher, her, il qu ale risulta aver fatto degli scandagli, e sconsigliata l'opera. Risulta, però, da una lettera di Kircher ad Alessandro VII, pubblicata nel Tomo I della M iscellanea iscellanea Filologico-c Filologico-crit ritica ica antiquaria antiqu aria del Fea (sec. XVIII), che consigliò di innalzare l'obelisco nelle Terme Diocleziane, davanti alla basilica di S. Maria degli Ang eli. eli. Nel 1744 vide la luce il libro "Le vestigia e rarità di Roma Antica ricercate e spiegate da Francesco di Ficoroni", aggregato alla Reale Accademia di Francia. Libro Primo dedicato alla santità di nostro signore Benede Benedett ttoo XIV , N ella ella stamperia di Girolamo Girolamo M ainardi, ainardi, in Roma MDCCXLIV , dove in un breve passo si legge: "Il grande obelisco solare ripieno di Geroglifici Egizi riman sepolto, e serve per materiale di fabbrica in una un a piazz piazzetta etta dietro dietro il conv convento ento di S. Lorenz Lorenzoo in Lucina,
ibid . pag. 10 e segg.
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vedendosene una porzione della maggior grossezza sotto d'una bottega; e questo è il più vasto obelisco di granito Tebaide de i portati in Roma da Augusto" .
Il merito di aver fatto tornare alla luce gli avanzi dell'obelisco spetta a Benedetto XIV, che nel 1748, qu indi solo qua ttro ann i dop o, incaricò incaricò della bisogna il romano Nicola Zabaglia, capo dei Sampietrini. La felice operazione compiuta dallo Zabaglia gli aumentò la popolarità al punto che si cantò per le strade di Roma, in quella circostanza: "Passai per Campo Marzio e viddi buglia. E dissi che robb'è robb'è tant t antaa canaglia? canaglia? Me fu risposto ch'era per la guglia Che facea mette su mastro Zabaglia" 32
Dalle relazioni relazioni d el temp o si legge: "Principiato lo scavo del terreno nel cortile della casa, si scoperse scoperse la cima cima del p iedistallo che che esisteva in piedi senza esser niente mosso dalla sua prima fissazione, sopra la di cui estremità restava ancora appoggiata la parte inferiore della guglia, caduta verso l'aspetto di mezzogiorno. Questa giaceva giaceva infran ta in cinqu e pezzi, colla colla p arte inferiore più elevata e posava al principio sopra del piedistallo; il rimanente poi declinava, ma più immerso nel suolo, essendo la cuspide più sprofondata del rimanente di esso. La superficie di questo obelisco, che in parte restava occupata nel mu ro divisorio delle cantine cantine d ello ello stabile e in parte restava sotto la strada pubblica, scoperta che fu, si trovò tutta scortecci scortecciata ata e spog liata di g eroglific eroglifici, i, la quale scortecciatura si estendeva anche dai due lati, per la metà incirca della loro lunghezza, e il lato che riposava sop ra il terreno con la metà incirca degli altri altri du e lati, lati, poco o niente era dann eggiato nella sup erfici erficie, e, conserva conserva nd o imp ressi i gerogligeroglifici fici.. Continua tosi a sprofond are lo scavo scavo nel luogo
del p iedistallo, cominciò a scopr scopr irsi in in qu ella ella pa rte che riguard ava p onente, l'iscrizione l'iscrizione scolpita scolpita in bellissimi lissimi caratteri e consecutivam ente l'altra in caratteri egualmente grandi n el lato lato opp osto e rispettirispettivamente all'aspetto di levante, le quali iscrizioni sono del tutto uniformi. Gli altri due lati, poi non avevan o iscrizioni. iscrizioni. Trovato lo zoccolo in travertino dell'obelisco, si rinvenne il pavimento della stessa pietra, il quale restava sott'acqua talmente, che per poter estrarre i suddetti marmi e il suo piedistallo, si abbisognò giorno e notte l'opera di m olti uom ini ad asciuttare l'acqua per mezzo delle trombe. Sotto il pavimento fu ritrovata altra platea di sassi di peperino di più pezzi, che nella superficie mostravano la stessa grandezza di quelli di travertino. Questi poi erano ben connessi tra di loro e murati sopra il masso d el fondam fondam ento, quali vi sono rimasti, rimasti, non 33 mettendo conto scavarli" . Perchè non si perdesse la memoria del sito presso cui giaceva l'obelisco, fu murata una lapide sulla casa segnata con il numero civico 3 al Largo dell'Impresa (oggi Piazza Gabriele D'Annunzio 34). La lapide, dice: "Benedictus XIV Pont. Max Obeliscum hieroglyphicis notis eleganter insculptum Aegyp to in potestatem Popu li Romani Romani redacta - Ab imp. Caesare Augusto Roman advectum Et strato lapide regulisque ex aere inclusis - Ad dep rehendend os solis solis umbras - Dierum Dierum que ac noctium m agnitudinem - In Campo Martio erectum erectum et soli dicatum - Temp Temp oris et barb. injuria confractum jacentemqu jacentemqu e - Terra Terra ac aed ific ificiis iis obrutu m - Magna impensa ac artificio eruit - Publicoq. rei literariae bono p ropinquu . in locu locu transtulit - Et Et ne antiquae sedis obelisci memoria - Vetustate exolesceret Monumentum poni iussit - Anno rep. sal. MDCCXLVIII CXLVIII pon p on t. IX" 35. Tuttavia, soltanto quarantasei anni dopo che era stato rimesso alla luce, l'obelisco solare veniva
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Il Cancellie Cancellieri, ri, nella "Lette "Lettera ra sop ra lo scoprim ento e la traslazione d ella colonna colonna di Anton ino Pio e con var ie notizie intorno all'obelisco belisco solare..." solare...",, in Roma, 1821, 1821, riporta un 'altra frase che era stata trovata scritta su un cartello cartello p resso la colonna Anton ina che doveva esser trasportata: "Levatemi dal cul tanta t anta canaglia; canaglia; Chi vu ol, ch'io vada v ada al al destinato destin ato luogo, Faccia Faccia venir da m e Mastro M astro Zab Z abaglia aglia"". 33 Idem, pag. 16, 17 34 Ai tempi di P. Romano, cioè al 1946. 35 L'obelisc L'obeliscoo elegantemen te inciso con con g eroglific eroglifici, i, portato d all'Imper all'Imper atore Cesare Augu sto in Roma, d opo che l'Egitto l'Egitto era stato ridotto in potestà del Popolo Romano, eretto nel Campo Marzio e dedicato al sole su un pavimento marmoreo con indicazioni in bronzo p er segnare le ombre che fa il sole e la la du rata d ei giorni e delle delle notti, spezzato e giacente giacente per le ingiurie d e tempo e d e' barbari, ricoperto d i terra e d a edifici, edifici, Benedetto Benedetto XIV, IV, Pont. Mass., con con gr ave sp esa e maestria lo d isseppellì e a pu bblico bblico van taggio della cultura, lo trasportò in u n luogo v icino icino e ord inò che venisse posta questa lapide, affinchè affinchè la memor ia dell'antica dell'antica sede dell'obelisc dell'obeliscoo non venisse a cadere per il trascorrere del temp o. Nicola Severino
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restaurato dall'Architetto Antinori (per ordine di Pio VI), VI), median te alcune lastre r icavate icavate d ai blocchi blocchi del fusto della colonna Anton ina, e collocato collocato sulla piazza di Mon tecitorio" tecitorio".. Verso la metà del XVIII secolo, molti tra i più eruditi letterati si pronunciarono sulla questione se l'obelisc l'obeliscoo fosse lo gnom one d ella ella sola linea m eridiana o di un intero orologio solare. Innanzitutto è necessario premettere che non abbiamo oggi nessuna testimonianza dell'uso nell'antichità di strumenti solari che utilizzavano solo la linea meridiana quale unica indicazione del mezzogiorno. E', anz i, difficil difficilee convin cersi che che in qu ell'epoca fossero costruiti orologi solari a tale scopo, perché non se ne conosce un motivo preciso. Contrariamente a quanto, invece, accadeva dal Rinascimento in poi, quando si comincio a sentire la necessità, sia dal punto di vista astronomico che gnomonico, di costruire le grandi linee meridiane con gnomoni altissimi il cui scopo, però, era sostanzialmente
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quello di studiare e migliorare il calendario e le osservazioni astronomiche relative al calcolo dell'obliquità dell'eclittica e varie altre cose. Ma senza tener conto di queste semplici osservazioni, Scipione Maffei scriveva: "Il fine dell'obelisco adunque era per conoscere e per contrassegnare ogni giorno le ombre del sole, e con ciò la lunghezza dei giorni e delle notti. Di additar le ore (nel testo di Plinio) non si parla. Una meridiana con segni che si facciano a luogo nel campo, può servire facilmente anche di orologio solare in parte : ma che a ciò servisse quella di cui parliamo, Plinio non indica" . L'enciclopedico Ludovico Antonio Muratori, al destin ato dell' dell' obelisco obelisco contrario, sosteneva che: " era destinato ad insegnare quant'ore in ciaschedun giorno lucesse il sole sopra terra, e le righe di bronzo additavano, non solo queste, ma o chiaramente o per illazione quelle ancora della notte" .
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fig. 15 Orologio di Augusto con linee orarie astronomiche in una topografia romana del ‘700.
fig. 16 Orologio di Augusto addirittura disegnato con linee orarie italiche (!) da F. Nardini, Roma Antica 1666. L’immagine dimostra come nel XVII secolo il sistema orario detto “all’italiana” dilagava in tutte le città
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fig. 17 Straordinaria immagine dell’obelisco di Campo Marzio (sulla destra) come disegnato nel Codice Coner del Soane Museum di Londra. Si vede l’iscrizione dedicatoria sulla base. Nel codice è scritto: “reperto fuit anno 1512”
fig. 18 un’altra rara immagine di un frammento dell’obelisco di Campo marzio in un disegno del Codeice Vaticano Latino 3439 del XVI secolo. Entrambe queste immagini sono tratte dalla insostituibile opera di Rodolfo Lanciani “Storia degli Scavi di Roma”.
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RICOSTRUZIONE DELLA STORIA DEGLI SCAVI DELL’OBELISCO Avvertenza: la ricostruzione qui proposta della storia d egli scavi scavi relativi all'obeli all'obelisco sco di Au gusto in Campo Marzio, prende in considerazione la raccolta precedente di citazioni, derivanti dalle opere di Rodolfo Lanciani, alcuni spunti del libro di P. Romano, di cui si è comunque riportato tutto l'essenziale sull'argomento. I paragrafi che seguono, invece, sono riassunti, o trascritti per intero d all'oper all'oper a d i Cesare D'Onofrio, "Obelisc "Obelischi hi d i Roma", libro ormai consultabile solo in qualche grande biblioteca. Dall'opera di D'Onofrio Seguendo le citazioni che abbiamo tratto dalle fonti originali, dopo l'unica informazione relativa all'Alto Medioevo, e cioè che l'obelisco era ancora Itinerario in p iedi n ell'VI ell'VIII II secolo secolo come testim onia l' Itinerario di Einsiedeln , troviamo le note di topografia roman a di Pom pon io Leto Leto che che scrisse forse attorno al 1475. Ma è bene specificare che le note di Leto, furono riprese da un suo discepolo, come ci avverte Lanciani, e come è stato detto prima. Pomponio Leto era un colto umanista che vestiva ancora da vero romano antico ed abitava in una casa sul Quirinale. Il passo che ci interessa interessa è il seguen te: "Dove è la chiesa di S. Lorenzo in Lucina con gli horti, ivi fu il Campo Marzo... E dove è stata fabbricata la nuova casa che è dei Cappellani di S. Lorenzo, ivi fu la base dell'orologio rinomatissimo...(...)...Nel Campo Marzo, dove è l'epitaffio dei Cappellani, ivi fu scavato un orologio..." . Qu esta notizia riguard a il ritrovamento di un normale orologio solare orizzontale con la scritta Borea Borea Spirat, di cui abb iamo già d etto prima.
L'altra interessante notizia, è tratta da Antonio Lelio Podager (a cui si riferisce la notizia in
Internet). Proponiamo ora la versione tradotta in italiana del testo originale presentato prima nella raccolta di citazion citazion i al n° 4): Al tempo di Giulio II (1503-1513) nella regione del Campo Marzo, poco lontano dalla chiesa di S. Lorenzo in Lucina, e vicino alla casa del cardinal Grassi, in un orticello di una casetta di un certo barbiere, mentre vi si scavava per fare una fogna, è stata scoperta la base d'un obelisco, il più grande di tutti quelli che si ritrovano a Roma come possiamo capire. L'obelisco stava giacente, né si poteva conoscere se era tutto intero, perché di esso di vedeva solo la parte inferiore. Nella base era una iscrizione, che io lessi, ma non me ne ricordo bene, benchè benissimo mi sovviene il nome di D. Augusto, e le parole "Aegypto in potestatem populi romani redacta Soli donum dedit". In questo obelisco era una volta quel celebre gnomone, di cui fa menzione Plinio. Perché anzi i vicini che posseggono del terreno all'intorno di esso, quasi tutti asseveravano che nello scavare altrove per farvi delle cantine avevano trovato varj segni celesti di bronzo di un artifizio mirabile, che erano nel pavimento all'intorno di questo gnomone. Molti persuasero il Principe Giulio, allora intrigatissimo, come lo fu sem pre, nelle guerre, di alzare nuovamente questo obelisco, e di ridurlo all'antica sua forma, insieme con lo gnomone ; ma nissuno lo poté di ciò persuadere. Per la qual cosa un si gran miracolo dell'antichità fu di nuovo da quel barbiere sepolto" 36. Per quanto riguarda la citazione al n° 11), "si trattava degli operai di Sisto V che, Domenico Fontana alla testa, erano andati con picconi e badili in Campomarzio nell' abitaz abitazione ione di quell' antico ant ico barbiere barbiere (ora passata passata a un " tessitore tessit ore"" ), e lì avevan avevanoo comin comin ciato a m ettere in luce i resti di d i quell' obelisco obelisco per vedere esatt esattament amentee di cosa cosa si 37 trattava" . Dopo uno scavo molto superficiale, e forse scoraggiato da lle cattive cattive cond izioni in cui era l'obelisco ed in previsione dei troppi lavori di restauro che sarebbero occorsi, occorsi, nonché d ella ella p ossi-
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Il testo latino latino è d el codice codice vaticano 1108 1108 la cui tradu zione è qu ella data d al Band Band ini, L' obelisco obelisco di Cesare Cesare Au gust o nel Campo Campo M arzo, Roma, 1750, 1750, riportata anche d a Cesare D'Onofrio, Gli obelischi di Roma, Bulzoni, Roma. 37 Cesare D'Onofrio, op. cit., p. 283. Nicola Severino
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bilità di far crollare alcune case nei dintorni, e fors'anche per le enormi spese da sostenere, " fu coperta di nuovo di terreno la guglia che ivi dirizzò Augusto, stata scoperta quattro dì prima per cavarla; ma vedendo che per il fuoco come per il tempo era consumata assai et le littere jeroglifice tutte spente la lasciarono stare, et era in detta piazza dove vi era la punta sottoterra da otto palmi et il culo di detta guglia sta nel cortile di una casetta di un tessitore sopra terra un terzo et è grossa più assai di quella di san Pietro" . Così, recita il codice Chigi G. IV, 108, c. 179v, in data 18 marzo 1587. Lo stesso scavo e la stessa rinuncia ad estrarre l'obelisco è narrata dal Vacca nelle sue Memorie del 1594 (per il testo si confronti il capitolo sul libro di P. Roman o). "Una mattina del luglio 1666 l'obelisco ricevette una visita visit a illustre : si tratt ava del del gesuita A tanasio Kircher, Kircher, il quale era andato - certamente per incarico di Alessandro VII - a rendersi conto di persona di quella famosa reliquia, spinto a ciò anche dalla sua fame di geroglifici 38...(...)...La sua relazione al pontefice terminava così: "Essendo dunque la presente guglia spartita in più frammenti, sarà più facile il cavarla fuori, e di meno spesa, come anche ad alzarla ; nel resto io mi rimetto al parere degli Architetti" 39. Tre anni dopo il medesimo Kircher tornava sull'argomento e in un'altra lettera suggeriva al pontefice di innalzare l'obelisco nella piazza delle Terme di Diocleziano dinanzi a S. Maria degli Angeli e di dedicarlo alla Immacolata Concezione 40. Alessandro VII, tuttavia, pur interessandosi l'anno seguente dell'obelisco venuto in luce alla Minerva, di questo non volle o non ebbe il tempo di occuparsi (egli morì nel maggio del 1667) 41. Sempre dal D'Onofrio si ricavano ulteriori preziose informazioni, anche da vari Diari dell'epoca : "In un libro pubblicato nel 1685 col titolo "L'arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere", ma che finiva col trattare un po' di tutto,
l'olandese Cornelio Mayer, curiosa figura di 'inventore', tore' , dopo aver aver suggerito su ggerito di adattare a meridiane gli obelischi di Roma, per quella ancora giacente nel Campomarzio ne proponeva il recupero (ivi compreso anche il sistema di estrazione con certe sue infallibili "viti" per cavarlo fuori) e l'innalzamento dinanzi al Quirinale fra i Dioscuri. Quindi, aggiungeva (p. 85) : "Mi venne desio d'insinuare che volendo far servire la medesima guglia al primevo suo uso si potrebb e lasciare lasciare nella nella somm ità sotto la Croce Croce un a apertura à foggia d'un piccolo cerchio per il quale traguard and o la stessa stessa d ella ella Tramontana Tramontana potrebbesi formare formare sopra il piano opp osto ad essa guglia un horologgio da sapere l'hore notturne". Ma la pro posta del Mayer non fu presa in considerazione, sicchè l'obelisco continuò i suoi sonni ; come pure i Romani, i quali non furono fu rono spinti dalla dalla curiosità curiosità di alzarsi di notte per andare lassù lassù a Mont M ontec ecavallo avallo a vedere l'ora l' ora.. Finalmente arrivò l'ora decisiva: nel 1748 Benedetto XIV, il simpatico bolognese papa Lambertini, ne ordinò l'estrazione. In data 6 aprile di quell'anno scriveva un giornale 42: "In congiontu congiontu ra di essere stato dem olito per farvi nuova Fabrica un sito spettante alli P.P. Agostiniani della Congregazione di Lombardia in S. Maria del Popolo, esistente al portone del Palazzo dell'E.mo Tanari in Campo Marzo, vi si vede sotterraneamente una Guglia, la quale, per quanto se ne scopre fin'ora, che è meno della metà della di lei lunghezza, è lunga palmi 50, in circa, occup occup and o lo spaz io di du e cantine, cantine, nelle qu ali si è sempre veduta, e vi era fabbricato sopra il muro divisorio fra u na Casa, e l'altra di qu elle, elle, che che già si sono demolite. La di lei larghezza nel piede è di palm i 9 per og ni verso, e dal riman ente d i essa, sicsiccome si estend estend e sotto la Piazzetta Piazzetta avan ti ilil porton e del Palazzo dell'Impresa del Loto, non se ne può sapere la precisa lunghezza, ma per quanto può congettur arsi semp re si acc accosterà osterà in tutto alli palmi 150". Benchè nota la sua esistenza forse da sempre, l'im provvisa rimessa in luce dell'obelisco suscitò una certa
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Infatti Kircher Kircher fu il pioniere dell'Egittologia dell'Egittologia e il suo interesse, che varcava ogni confine d el sapere, per i geroglific geroglificii in u n p eriodo in cui era proprio intento a ricercarne il più recondito significato per la tanto attesa decifrazione, lo spinse sicuramente ad effettuare effettuare dei sop ralluoghi nel sito d ell'antico ell'antico obelisco. obelisco. 39 La lettera lettera in latino fu p ubblicata dal Bandini nell'opera citata (p. 102). 102). Qui la citazione è tratta d a Cesare D'Onofrio, op. cit., p. 284. 40 Lettera del 27 ottobre 1666, pubblicata dal Fea in Miscellanea, I, pp. 22, e CCCXXI. Cit. tratta da Cesare D'Onofrio, op. cit. pag. 284. 41 Cesare D'Onofrio, op. cit., p. 284. 42 "Diario ordinario", n. 4791. Nicola Severino
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emozione : tanto che lo stesso pontefice un mese dopo quel fortuito riscoprimento volle degnarsi di andarlo a vedere coi propri occhi. "Nostro Signore il giorno volle portarsi ad osservare l'antica Guglia...ultimamente riscoperta... si condusse il Santo Padre a dirittura al Palazzo dell'E.mo Lercari, e quivi smontato, e salito in quell'appartamento, dove erasi fatta aprire preventivamente per comodo d i Sua Sua Santità una p orta corrispondente all'appartamento dell'altro contiguo Palazzo dell'E.mo Tanari, per questa passò Sua Beatitudine, e da quelle finestre, come più vicine a detto sito, osservò la medesima Guglia, sempre servito dalli due Portatori, oltre la sua Corte Nobile" 43 Il Papa Benedetto XIV - contrario di Sisto V - era determinato nel tirar fuori la guglia e "per questa impresa - scrive il Bandini 44- venne prescelto tra tutti gli altri quel rinomatissimo Niccolò Zabaglia 45, che morto ultimament ultimamentee 46, benchè benchè in un' un ' estrema estrema vec v ecchie chiezz zza, a, fu generalmente compianto in Roma da tutti quelli che hanno qualche impegno per lo pubblico bene. Questi era estremamente rozzo, giacchè non solo non aveva tintura alcuna di lettere...(...)...Ma pur dotato essendo dalla natura natu ra di una incredibile incredibile acutezz acutezzaa di mente, era nell'innell' inventare delle macchine semplicissime per sollevare, e trasportare trasportare de' de' gran pesi, talme t alment ntee ingegnoso, ingegnoso, e nell n ell'' adoperar le medesime così assiduamente esercitato, che avea eccitata l'ammirazione di tutta Roma. Chiamato pertanto dal Pontefice, si addossò l'incumbenza commessagli, promise di sodisfare al suo impegno in breve tempo, e con pochissima spesa, e per se non richiese alt altra ra mercede, mercede, che quella sola de' de' semplici v olgari operai, operai, a' quali viene v iene pagato pagato il t ravaglio delle lor braccia, e non l'industria della lor mente" .
Ed ecco ecco come d alle parole del Renazzi 47: "dopo un certo spazio di tempo comincia dallo scavo a spuntar fuori uno de' cinque gran pezzi della gu glia ; ecc eccoo che s'app oggia sul labro d el terreno, e finalmente vi resta collocato. collocato. L'aria L'aria risuon ò
allora di evviva, tutto il popolo giulivo e festoso, battendo palma a palma fece eco agli elogi, de' qu ali gli gli spettatori più intelligenti intelligenti e più culti a gara ricolmavano l'ingegnoso Inventore di una macchina sì sem plice e sì operante". Dalla metà d i maggio ai pr imi di agosto 1748, 1748, mastro Zabaglia aveva estratto "con una facilità maravigliosa" i pezzi dell'obelisco, per accantonarli provvisoriamente "nel cortile contiguo al Palazzo dell'Impresa del Lotto" 48, nell'orto detto della Vignaccia, corrispondente all'incirca all'attuale area compresa dalla piazza del Parlamento. Nello stesso giorno (3 agosto) in cui fu estratta la base con l'iscrizi l'iscrizione one e che fu esp osta nel med esimo cortile, la Santità Sua "si compiacque portarsi prima ad osservare non solo quella, ma anche tutti gl'altri pezzi ivi collocati, il che fece dismontato dalla sua carrozza, e con molta sua soddisfazione, per veder terminata con tanto buon ordine un opera si difficile, commendandone benignamente l'Autore ivi presente" 49. A perpetu a memoria dell'i dell'imp mp resa "sopra un a delle delle porte del nu ovo casamento casamento nella nella strada d i Campo Marzo spettante ai PP. Agostiniani... ultimamente rifabricato, nel sito appunto dove giaceva l'antica Guglia d'Augusto" fu murata una epigrafe nella quale (tutt'ora al suo posto) prima viene riassunto il brano d i Plinio, qu ind i si dice che che Benedetto XIV XIV tale obelisco "trasferì nelle adiacenze a pubblico godimento delle belle arti" 50. Stando a questa espressione si direbbe, quindi, che tutta la fatica e i progetti di papa Lambertini consistesse sistessero ro nella nella estrazione del monu mento au gusteo per renderlo, così steso a terra, di pubblica ragione. Ed infatti, infatti, di innalzamen to vero e propr io, al temp o d i Bened Bened etto XIV XIV,, non si parlò m ai. Dovran no trascorrere - continu continu a D'Onofrio - all'inall'incirca altri 40 anni perché finalmente l'antico obelisco eliopolitano, da i geroglific geroglificii osann anti alle glorie del faraone Psammetico II (594-589 a.C.), potesse nu ovamente sorgere in in p iedi; non solo, ma ad dirittura con con l'ambizione l'ambizione di tornare alle augustee fun-
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"Diario ordinario" n. 4803, in data 4 maggio 1748. Op . cit. p. 103 45 di cui si è già detto nella par te ded icata icata al libro di P. P. Romano 46 Morì il 27 gennaio 1750 1750,, quan do aveva 86 anni 47 Renazzi, Castelli e ponti, 1824, p. 26 (si noti che la stesura del libro di Renazzi era già pronta nel 1739). 48 "Diario ordinario", n. 4809 in data 18 maggio 1748 49 ibid . n. 4842, del 3 agost o 1748 50 "Publicoque rei literariae bono propinquum in locum transtulit". 44
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zioni d i gigantesco "horiuolo". Ma prima dell'innalzamento, ci si doveva mettere d'accordo come e dove impiantarlo di nuovo e questo costituiva certo un problema di non poco conto, almeno dal punto di vista topografico e dunque dell'urbanistica della città. L'architetto L'architetto che al tem po di P io VI Braschi Braschi si stava specializzando proprio negli innalzamenti degli obelischi era Giovanni Antinori. Egli si trovò in polemica col cavaliere cavaliere Nicola d'Azara , Ministro di S.M. Cattolica, in quanto sosteneva, nel 1787, "doversi ritrovare un punto (in cui si doveva erigere l'obelisco) in cui veggasi il Salustiano, il Flamin Flamin io, e il Marzio. Questo p un to lo veggo nella piazza d i Spag Spag na, ove posato il piè nell'imbocco nell'imbocco d i Strada Condotti, girando intorno lo sguardo vedremo l'obelisco Flaminio, il Pincio e il Marzio, situato che questo sia verso il Collegio di Propa gand a più lontan o dalla Barcac Barcacci ciaa che si pu ò, perché l'occhio abbia in ogni linea conducente a questi oggetti una conveniente conveniente distanza" 51. E' eviden te l'inten l'inten zione di Antinori d i sistemare sistemare gli obelischi obelischi come fond ali di rettifili rettifili in in m od o che essi app arissero arissero in u n discorso discorso u rbanistico rbanistico coordinato. coordinato. In risposta al progetto di Antinori, così scriveva qualcuno ispirato dalle opposte ragioni del cavalier d'Azara : "Santo Padre, la lodevole smania antiquaria d'inalzare l' obelisco obelisco solare e la vitu vit u perosa idea di condann condan n arlo colà colà ai due Macelli ad una posizione diametralmente opposta alla sua natura, diede luogo ad un lungo ragionamento fra il valoroso Cavaliere D. Niccolò Azara, e l'Antinori...Piacque al medesimo (cavaliere) umiliare in voce queste proposizioni alla S. Vostra, la quale... approvò approvò benign benign ament amentee il pensiero dell' dell'A A rchitetto, fuori fu ori che il luogo ove ove innalz in nalzare are quest quest'' obelisco obelisco.. Il sito s ito proposto dall'A ntinori nt inori era soltant soltantoo per per secondare secondare l'im pegno pegno di "situare le guglie su linee terminabili" in un punto quasi concentrico, perché lo spettatore di là ne vedesse più d'una, come oggi veggonsi alle Quattro Fontane, unico vantaggio nel progetto miserabile de' due Macelli.
La deliberazione deliberazione della S.V S .V . di alzare questo solare obe obelislisco innanzi alla Curia Innocenziana è la più convenevole e la più nobile, si perché lo restituisce al Campo Marzio poco distant dist antee dal sito sit o dove giacque... giacque..."". Dopo di che, l'anonimo autore della lettera proponeva il trasferimento della base istoriata della colonna Antonina che si trovava giacente nella piazza dal 1704, e purtroppo consigliava di restaurare l'erigendo obelisco di Augusto proprio con la stessa colonna Antonina, sulla quale del resto erano già stati messi gli occhi addosso per segarne i pezzi necessari a rattoppare l'obelisco sallustiano che in quei mesi lo stesso Antinori stava erigendo. A questo questo proposito proposito si ha la la testi testimonia monianza nza di 52 Francesco Cancellieri sia sul destino della colonna Anto nina, d i cui cui ne tr acc accia ia liberam liberam ente la storia affinchè ne resti almeno qualche memoria, sia del prog etto d i erigere l'obelisc l'obelisco: o: "Ivi è rimasta giacente per terra (la colonna Antonina) , quasi del tutto inosservata, e senza onore, finchè Pio VI, mosso da improvvidi Consiglieri, che glie la fecero credere inservibile ad ogni altro uso, non si determinò di far tassellare, e riattare con le sue lastre l'Obelisco Solare, col proprio suo Piedistallo, avendo però avuto l'avvertenza di far segare a parte le due Iscrizioni Iscriz ioni Greche dell' dell' imo, im o, e del sommo scapo della stessa Colonna, che furono trasportate al Museo Vaticano, come si dichiara nel Diario del Chracas n. 1664, 11 Dic. 1790...";
e ancora: "Io ebbi la sorte di essere il principal Promotore, non solo dell'ere dell' erezi zione one dell' dell' Obelisco Solare, Solare, ma eziandio di altri due, con la Supplica da me presentata a quel gran Pontefice, a nome del Sallustiano, per farlo erigere fra i due Colossi sul Quirinale, coll'Augusteo sul Colle Pincio, gemello gemello dell' dell' altro innalzato innalz ato da Sist o V sull'Esquilino, e col Barberino sul Torrione di Porta Pia, a fine di nobilitare, con la vista di quattro Obelischi, il Quadrivio delle quattro Fontane. La medesima Supplica fu da me stampata a parte per
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A. St., St., Camerale II, Ant. E B. B. Arti, busta 6, fasc. fasc. 150 150 : la lettera lettera (in copia) n on h a d ata, ma si pu ò d a altri elementi d edu rre che sia degli inizi del 1787. 1787. Anche l'architetto l'architetto Giovann i Antonio Antolini p ropose a Pio VI "tre "tre d iversi siti" siti" con con altrettanti mod elli : cfr. "Diario ordinario" n. 1272, del 10 marzo 1787. Cfr anche il dispaccio dell'agente lucchese Bottini del 4 agosto : "Si parla seriamente di far inalzare avanti il palazzo d i Montecitorio l'obelisc l'obeliscoo Solare... Solare... e sotto la d irezione del n oto arch. Sig. Antinori...", Antinori...", in in "Arch. St. It al.", serie IV, IV, vo l. XX, XX, 1887, p. 425. 52 Lettera d i F. F. Cancellieri "... "... sopra lo scop rim ento e la tra slazione....", slazione....", op. cit., p. 21. Nicola Severino
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Saggio della Carta, e de' de' nu ovi Caratteri, Caratt eri, coì coì quali doveva stamparsi in 4 Volumi in 4. la mia Opera de Secretariis Ethnicorum, Christianorum, ac veteris, et novae nov ae Basilicae Basilicae Vatica Vat icanae, nae, e present presentata ata a quell' immorim mortale Pontefice, che si degno di adottarne il progetto, con la sola diversità di aver eretto al Quirinale l'Augusteo, in vece del Sallustiano, innalzato alla Trinità dei Monti" . E per fortuna che andò così. Perchè spodestare lo gnomone d i Augusto della sua principale funzione era un'operazione errata almeno quanto quella di restaurare lo stesso obelisco con la Colonna Antonina! Il consiglio consiglio dell'Azara qu indi p revalse, e la la Piazza Montecitorio fu fu p rescelta rescelta per il nu ovo innalzam ento. to . Nell'agosto del 1788 veniva steso un contratto privato tra l'Antinori e la Reverenda Camera, di cui ecco i brani più importanti: "Inoltratasi la magnificenza del Nostro Sovrano nel pensiero nobilissimo di rendere a Roma il più superbo antico decoro col ristaurare, ed erigere i giacenti giacenti e gu asti obelischi, obelischi, de' qu ali sola sola p uò coronarsi la Città Regina : è piaciuto al Santo Padre di ordinare il difficile risarcimento dell'obelisco solare abbandonato finora, come incapace di più reggersi, e di determinarne il nuovo collocamento nel centro della piazza si Monte Citorio, ove presentemente si stà il piedistallo istoriato Antonino, e questo trasportare nel Vaticano, come degnissimo di gelosa custodia nel Pio Museo. Per tale gloriosa impresa degnatasi Santità Sua di richiamare la mano del suo suddito Giovanni Antinori già clementemente esperimentata in simili opere, il medesimo Architetto si obbliga per la somma di scudi 24 mila a quanto distingue qui appresso. I. Di trasportare il piedistallo di Monte Citorio al Museo Pio nel Vaticano... IV. Trasportare il piedistallo di granito, su cui posar dee l'obelisco l'obelisco d alla vignaccia vignaccia al Mon tecitorio tecitorio ; tassellarlo tassellarlo e collocarlo collocarlo al lu ogo d estinato. V. Risarcire Risarcire ad uso d'ar te tu tto l'obelisco, l'obelisco, lasciand lasciand o intatti i geroglifici, com'essi sono: aggiungendovi
le facce mancanti, senza però richiamare su d'esse per mezzo della impostura i non intesi egiziani misteri ; sostituirvi il primo pezzo di nuovo... VI. ...Finalmente dare perfetta e compita l'opera nel termine di 3 anni, incominciandola il mese di agosto d ell'anno ell'anno corrente 1788" 1788" 53 Tolto dalla piazza di Montecitorio il basamento istoriato che per circa 80 anni aveva invano sperato di funzionar nuovamente da sostegno alla colonna Antonina, l'Antinori nel gennaio 1790 ci pose la b ase d ell'obeli ell'obelisco sco con la du plice iscrizi iscrizione one 54 di Augusto . Ci vollero vollero tuttavia du e anni e mezzo p erché erché l'opera arrivasse a compimento, anche a causa dei numerosi e difficili restauri all'assai danneggiato obelisco. Finalmente: "Martedi mattina (15 giugno 1792) alla presenza di un'infinità di popolo, fu innalzato grosso pezzo dell'obelisco solare innanzi alla Curia Innocenziana, la quale operazione, diretta dall'Architetto Antinori, riuscì felicemente, e fu con piacere piacere osservata dalle Mada M adam m e di Francia, dall' apparappartamento di Monsig. Albani, Uditore della Camera che le fece servire di scelti gelati" 55. Stando Stando ad alcuni alcuni d ocu56 menti , sembra che il Tesoriere cardinal Ruffo avesse avuto a cuore non solo l'erezione dell'obelisco, ma che ne avesse propugnato anche il ripristino a d orologio solare. Il Il capo scalpellino scalpellino che nel 1793 1793 aveva steso sulla p iazza u na serie d i selciselciguida sui quali sarebbero sarebbero and ati progressivamente progressivamente a cad ere i raggi solari raccolti raccolti e convogliati nel foro della grande palla di bronzo fissata sull'obelisco, scriveva che il card. Ruffo aveva "bastanti lumi nella gnomonica, non solo per farla eseguire a qualunque vivente, quasi oserei dire ad un automa". Del resto, benchè ormai la palla di bronzo ornata con i bellissimi Eoli che soffiano vento con le gote gonfie (emblema araldico di papa Braschi 57), fosse stata fissata lassù, i più accreditati "professori" si erano pronunciati contro il vano disegno che l'obelisco belisco p otesse funz ionare d a orologio solare. Ecco Ecco du e brani (1794 (1794)) di illustr illustr i person aggi:
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Nel contratto notarile, che fu rogato il 5 settembre, si stabilì stabilì che i lavori cominciassero col gennaio seguen te. Dispa cci del Bottini, p p. 427, 427, 432, 434 434 e 435 55 Ibid. p. 440, in data 19 giugno 1792. 56 Nello stesso fascic fascicolo olo citato alle alle note p receden receden ti. Un framm ento d i questo obelisco, col cartello cartello del faraone Psam metico, fu fu di prop rietà del conte Camillo Camillo Orland o-Castellano o-Castellano di cui direm o alle pagine segu enti. 54
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Gioacchino Pessuti si opponeva "per ragioni...ovvie per chiunque abbia non leggiera tintura di ottica ed astronomia... la destinazione, ch'ebbe anticamente il nostro obelisco di servir di pubblico orologio, fu dettata dalla mancanza degli orologi a ruota che abbiamo noi..." , e opp onend o a qu ello ello d egli egli antichi antichi Romani l'intenso traffico stradale della fine del Settecento riteneva riteneva assurd o pensare ad una stabili stabilità tà assoluta dell'obelisco appunto "per il continuo passaggio di gente e carrozze" in in qu ella ella piazza. L'abate Giuseppe Calandrelli a sua volta sosteneva, ironizzand ironizzand o, che quell'adattamento quell'adattamento "non potrà non dare un ridicolo al paese, come se fosse privo de' lumi dell'astronomia" e che volersi proprio ridurre a conoscere il mezzodì "coll'uso di uno gnomone sia impresa non che da Sovrano, ma
bensì riservata al povero laico cappuccino il quale nel suo egualmente povero orticello con un chiodo fitto fitto n el mu ro... ind ind ica ica ai su oi confratelli confratelli il prossimo p un to di mezzogiorno". mezzogiorno". Come risulta evidente, questi ampi p assi testimotestimoniano che l'opera di D'Onofrio sugli obelischi di Roma, è tra le più ricche di citazioni e riferimenti che sia stata pubblicata in epoca relativamente mod erna ed è un a fonte preziosa soprattutto soprattutto p er il periodo relativo allo scavo di benedetto XIV e all'inn all'inn alzamen to d ell'obeli ell'obelisco sco sotto Pio VI Braschi. Braschi. Per questo motivo, e per l'ottimo lavoro di sintesi svolto da l D'Onofrio, abbiamo scelto di trascrivere i passi più imp ortanti come come sopra riportati.
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Dal volume "Gli Orologi", Fabbri, 1966-1984, p. 15, si legge: "L'architetto fece un modello (della cuspide) con le stelle, l'arbusto e il cherubino sbuffante - lo stemma di papa Braschi - e il Papa lo approvò. Ma gli astronomi del Collegio Romano modificarono il progetto : allungarono il collo della cuspide e abbassarono la finestrella oblunga per permettere ai raggi del sole di segnare anche durante i mesi estivi il mez zogiorn o sul lastrico lastr ico della della piazza. piazz a. E' possibile, p ossibile, nelle belle belle e assolate giornate, vedere il raggio del sole che segna il mezzogiorn mez zogiorn o esatt esatt o dell' dell' ora solare. Ma è molto difficile, senza le opportune tabelle recanti le indicazioni circa la differenza con l'ora media, sapere l'ora esatta. Così, la più vecchia vecchia meridiana di Roma, e forse anche dell' dell' Europa intera int era,, dà il segno del mezzogiorno - che come come tu tti tt i i R omani ben sanno sann o - non serve a nessun nessun o". Nicola Severino
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fig. 19 Mastro Nicola Zabaglia (da D’Onofrio)
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fig. 20 Estrazione dell’obelisco a cura di Nicola Zabaglia in una diversa prospettiva.
fig. 21 Estrazione dell’obelisco a cura di Zabaglia. Nell’immagine originale è scritto che la guglia fu trovata a 14 palmi sotto sotto terra. (da D’Onofrio) Nicola Severino
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fig. 22 Dipinto in cui si vede Antinori che presenta al papa Pio VI Braschi il modellino del- l’obelisco da erigere (da D’Onofrio)
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fig 23 L’obelisco di Campo Martio come appare dopo il restauro. Sono ben visibili i numerosi “scantonamenti” che nettono in mostra le parti mancanti riempite con i resti dell’antica Colonna Antonina (da D’Onofrio).
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fig. 24 Un modellino della guglia effettuato dall’Antinori e presentata per il restauro (Amsterdam, collezione Morpurgo - Da “Gli Orologi”, Fabbri)
fig. 25 Frammento dell’obelisco di Montecitorio appartenuto al conte don Camillo Orlando Castellano. (da l’Urbe)
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f i g . 2 7 L ’ o b e l i s c o i n d u i n M a o n i n t e c c i t i s i o o r n i e o d d i o D p o o l m ’ i e n n n a i c l z o a A m m e n i t c i . o
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f i g . 2 6 L ’ o b e l i s c o i n n a l z a t o i n u n a i n c i s i o n e d i G . V a s i .
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fig. 28 Il progetto di far funzionare l’obelisco, nel 1972, come gnomone di una linea meridiana in un acquarello di Ferdinando Bonsignori (da D’Onofrio)
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fig. 29 Immagine ottocentesca dell’obelisco. Nicola Severino
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fig. 30 L’ultimo restauro dell’obelisco nel 1964 (da D’Onofrio)
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fig. 31 La guglia di Antinori ingabbiata nell’impalcatura (da D’Onofrio)
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IL CARTIGLIO DI PSAMMETICO II Come si è visto, i "misteri egizi" erano ancora tali all'epoca in cui fu innalzato l'obelisco. Infatti, l'illuminante e tanto attesa decifrazione dei geroglifici avvenne per m erito di Champollion Champollion solo nei primi decenni dell'Ottocento e confermata universalmente solo mezzo secolo dopo. Quindi, all'epoca d i Bened Bened etto XIV XIV e di Pio VI si credeva credeva ancora, seguendo anche le errate indicazioni di Plinio, che l'obelisco fosse appartenuto in Egitto, al faraone Ramsete il Grande, ovvero Sesostri (come pure arbitrariamente l'attribuisce l'iscrizione alla base d ell'obelisco) d ella XII XII Dina stia egizia. Ment re nell'erudita dissertazione di Rezzonici, nelle sue "Disquisizioni Pliniane", Pliniane", ritiene di d over attr ibuire l'obelisc l'obeliscoo n on a Sesostri Sesostri m a a Sochide 58. Ora invece che sono stati letti correttamente tutti i geroglifici che si sono salvati sull'obelisco, siamo sicuri di aver trovato il suo vero antico padrone in Psammetico Psammetico II. II. A tal riguardo, mi sembra interessante riportare un'altro prezioso documento che Framment entii dell' obelisco obelisco di ho rintracciato rintracciato n ell' ell' articolo Framm Montecitorio, scritto dal conte Camillo OrlandoCastellano, il quale conservava in casa un pezzo sicuramente appartenente alla guglia di Augusto, sfuggita quindi al rimescolamento di pezzi effettuato durante il restauro e l'innalzamento. L'articolo fu pubblicato nella rivista "L'Urbe", n° 5, XXVII, Roma, 1964 : ...Per buona fortuna dell'insigne monumento e per buona pace di quanti amano Roma sopravvenne, il 16 giugno 1964 la notizia che l'obelisco - a seguito degli esami e delle ispezioni effettuate in ogni parte di esso presenta qualche sconnessione dei pezzi di sienite 59 per sfaldatura delle grappe in ferro (poste nel 1792), consunte dal tempo, e taluni più notevoli danni al globo di bronzo e alla cuspide. E tali opere sono state subito affrontate; l'obelisco ingabbiato durante i lavori; la circolazione nella piazza parzialmente ripristinata con
cautele sagge ed opportune; il portone di Palazzo Montecitorio, peraltro, venne per un certo tempo chiuso per ridurre il traffico... V'è da dire che l'allarme è sorto durante l'esame dell'obelisco nelle periodiche indagini tecniche e statiche, assai opportune, degli antichi monumenti ... Probabilmente è meno noto che un frammento di quest'obelisco, andato disperso, non fu incluso all'epoca della ricostruzione del 1792. Esso fece parte della collezione collezione del veliterno v eliterno cardinale St efano efano Borgia - piccopiccola ma importante raccolta di antichità egizie - che, nel 1817, si aggiunse al Museo Nazionale di Napoli...Ed è ben strano che il Marucchi, nella sua tanto pregevole opera sugli obelischi egiziani di Roma, di tale frammento non faccia cenno. Quel pezzo si trova ora nel Museo Nazionale di Napoli, "Collezione Egizia", sala XVII, n. 999, ove è ben visibile. La notizia che precede, nota agli studiosi ed agli egittologi ancor più, va completata con la seguente meno conosciuta: che nelle collezioni della mia Casa vi è altro cimelio (lungh. 0,24, alt. 0,44, profond. 0,20 - misure del cartiglio : alt. 0,26, largh. 0,13), del medesimo obelisco. Fu nel febbraio del 1957 che, avendo avuto la fortuna di conoscere il valoroso giovane egittologo prof. Sergio Bosticco, gli segnalai un frammento che egli, con interesse, esaminò e studiò... Il frammento è in granito rosso (sienite), presenta una faccia levigata con resti di iscrizione geroglifica monumentale accuratamente incisa, il cui breve testo...é, come lo ha letto il Bosticco:
"...(am)ato, Psammetico, v(ivente) co(me) R(e)..." ...le anzidette dimensioni del cartiglio concordano per fettamente con quelle ricorrenti nell'altro frammento che proviene con sicurezza dalla fascia ornamentale che stava st ava alla alla base base dell'ob dell' obelisco elisco di M ontec ont ecitorio. itorio. L'autore conclude il suo articolo chiedendosi se
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La Turre Rezzonici, Disquisitiones Plinianae", 1767 (vedi oltre), p. 288: "sed decantatum Campi Martii Obeliscum non a Sesostre, sed a Sochide excisum indubiis ostendam argumentationibus" . E ancora: "Adde Riccardianum codicem, qui infra Campi Martii Obeliscum a Sochide excisum testatur" . Ne parla anche il Bandini nell'op. cit., praefat. Pag. XVIII. 59 Plinio aveva così denom inato la p ietra di cui era fatto il monolite e perché essa era or iginaria di Siene in Egitto. Nicola Severino
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qu esti d ue pezzi siano i soli "cimeli cimeli vagan ti" del secolare obelisco, quasi ad esortare a chi per caso conservasse in casa qualche pezzo dello stesso, di por tarlo alla luce della della conoscenza. Questo frammento offre l'occasione per ricordare uno dei quesiti non ancora risolti riguardo il faraone che volle l'estrazione dell'obelisco. Sopra ciascun lato della cuspide si nota in alto uno scarabeo alato che che regge u n d isco isco solare e in in basso scene in cui il re compare sotto l'aspetto di una sfinge sfinge sd raiata. Date le cattive cattive condizioni d el monum ento, come come si è p otuto capire dalla precedente ricostruzione storica, una gran parte del testo originale è and ata perdu ta. Ciò che riman e contiene epiteti conven conven zionali e la la men zione dei nom i del re 60 : "L'Horus d'oro, colui che abbellisce le Due Terre,
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ama to d a Atum , signore di Eliopoli Eliopoli ; ilil re dell'Alto e Basso Egitto, Neferibre, amato da Re-Harakhti, figlio del suo stesso corpo, colui che prende la Corona Bianca e che unisce la Doppia Corona, Psammetico, amato dalle Anime di Eliopoli. Nel pr imo (giubileo). L'ultimo L'ultimo elemento d ell'isc ell'iscrizione rizione risulta il più importante, in quanto contiene un riferimen riferimen to al pr imo giubileo. Può sem brare strano che Psammetico II, il cui regno durò soltanto sei ann i, abbia celebrato celebrato u n giu bileo, bileo, ma risulta altresì attestato un altro sovrano che lo celebrò dopo un regno di soli tre anni. Una spiegazione possibile è che tali sovrani abbiano computato i loro giubilei da una data precedente nel regno dei predecessori".
L. Habachi, I segreti degli obelischi, New ton Com pton , Roma, 1978, 1978, p.104. p.104.
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DOCUMENTI: IL TESTO DI PLINIO L'unica descrizione antica che abbiamo del solarium d i Au gu sto ci è stata lasciata lasciata da Plinio nella sua Storia N atur ale. Ma, come si è detto prim a, il testo pliniano risulta oggi profondamente corrotto. Per questo ci pare interessante mettere a confronto alcune delle versioni più importanti redatte dal medioevo ad oggi. 1) versione di Arduino , Paris, 1685 (da La Turre Rezzonici) "Ei, qui est in Campo, Divus Augustus addidit mirabilem usum, ad deprehendendas Solis umbras, dierumque ac noctium ita magnitudines, strato lapide ad magnitudinem Obelisci, cui par fieret umbra, brumae confectae die, sextam hora, paulatimque per regulas (quae sunt ex aere inclusae) singulis diebus decresceret, ac rursus aug esce esceret: ret: d igna cognitu res res ingenio foecun foecun do Manlius Mathematici Mathematici.. Apici auratam p ilam ilam ad ditit, cujus cujus u mbr a vertice colligere colligeretur tur in se ipsa , alias enormiter jaculante apice, ratione (ut ferunt) a capite h ominis intellecta" intellecta".. 2) versione di Cristoforo Heilbronner (Historia Matheseos Universae, 1742 1742)) "De illo (obelisco) qui est in Campo Martio pro gnomone. Ei qui est in Campo, Divus Augustus add idit mirabile mirabilem m u sum , ad deprehend endas Soli Soliss umbras, dierumque et noctium magnitudines, strato lapide, ad Obelisci magnitudinem, cui par fieret fieret um bra Romae, confecto confecto d iei, iei, hora sexta, pau latimque per regulas, quae sunt ex aere inclusae, singulis diebus decresceret et rursus augesceret, digna cognitu res et ingenio foecundo. Manlius Mathematicus, Mathematicus, ap ici ici auratam pilam ad ditit, cujus cujus vertice umbra colligeretur in semetipsam, alia atque alia incrementa jaculantem, ratione, ut ferun t, a capite h ominis intellecta". intellecta". 3) versione di La Turre Rezzonici (Plinianae Exercitationes, 1767): Ei, qui est in Campo Divus Augustus addidit mirabilem usum ad deprehendendas Solis umbras, dierumque ac noctium horas, magnitu-
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dine strato lapide ad magnitudinem Obelisci, cui par fieret umbra brumae confectae die, sextam hora; pau latimqu latimqu e per regulas, regulas, quae sunt sunt ex aere inclusae, singulis diebus decresceret, ac rursus augesceret. Digna cognitu res et ingenio foecundo Manlii Mathematici. Is apici auratam pilam additit, cujus vertice umbra colligeretur in se ipsam, alia enorm iter incrementa jaculante jaculante apice: ratione, ut feru nt, a capite hom inis intellectam" intellectam".. 4) versione del codice fiorentino Riccardianus del secolo X-XI "Ei, qui est in Campo, D. Augustus addidit mirabilem mirabilem usum ad d eprehendend as Soli Soliss umbras dierum que annotium ita magnitud ines strato lapide ad magnitudinem Obelisci cui par fieret umbrarum et confectae die sextam hora, paulatimque p er regulas quae sun t ex aere incl inclusae usae singulis diebus decresceret, ac rursus augesceret. Digna cognitu res ingenio Facun Facun din' L. Mathematicus Mathematicus apici auratam p ilam ilam ad ditit, cujus cujus umbra vertice colligeretur in se ipsa alias enormiter jaculante apice ratione ut ferunt a capite hominis intellecta". 5) versione versione del Codice ambrosiano ambrosiano I. "Ei qui in Campo Divus Augustus addidit mirabilem mirabilem usum ad d eprehendend as Soli Soliss umbras dierum que ac noctium noctium h oras magnitu. strato lapilapide ad magnitudinem Obelisci cui par fieret umbrarum effectus dies et hora paulatimque per regulas quae sunt ex ere incluse singulis diebus decrescere ac rursus augescere. Digna cognitu res et ingenio Facundo. Manlius Mathematicus apicis auratam pallam additit, cujus vertice umbra colligeretur ligeretur in se ipsa aliam aliam Solem Solem imitari jaculante apice ratione u t ferunt a capite hom inis intellecta" intellecta".. 6) versione del Codice ambrosiano II. "Ei qui est in Campo Divus Augustus addidit mirabilem mirabilem usum ad d eprehendend as Soli Soliss umbras dierum que ac noctium noctium horas magnitudine strato lapide ad magnitudinem Obelisci, cui par fieret um brarum effe effect ctus us d ies et et horas, pau latimqu latimqu e per
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regulas quae sunt ex aere inclusae singulis diebus decrescere ac rursus augescere. Digna cognitu res et ingenio facundo. Manilius Mathematicus apici auratam pilam additit cujus vertice umbra colligeretur ligeretur in semetipsam , alias alias incrementa jaculan jaculan te apice, ratione, ut ferunt a capite hominis intellecta". 7) versione delle "Belles Lettres" a cura di Jean Soubiran. "Ei qui est in Campo Divus Augustus addidit mirabilem mirabilem usu m ad d eprehendend as Soli Soliss umbras dierumque ac nocti noctium um ita ita magnitudines, magnitudines, strato strato lapide ad longitudinem longitudinem Obelisc Obelisci, i, cui par fieret fieret umbra brumae brumae conf confec ectae tae die sex sexta hora paulapaulatimqu e per regu las, qua e sunt ex aere inclusae, inclusae, sinsingulis diebus decresceret ac rursus augesceret, digna cognitu cognitu res, res, ingenio Facund Facund i Novi mathematici. Is apici au ratam pilam a dd itit, cujus cujus v ertice um bra colligeretur colligeretur in se ipsam , alias alias enorm iter jacjaculante apice, ratione, ut ferunt, a capite hominis intellecta. Haec observatio XXX iam fere annis non congruit, sive solis ipsius dissono cursus et caeli aliqua ratione mu tato sive universa tellure a centro centro suo aliquid emota (ut deprehendi et aliis in locis accipio) acc ipio) sive sive u rbis tremoribus ibi tantum gnomon e intorto sive inundationibus Tiberis sedimento molis facto, quanquam ad altitudinem inpositi oneris in terram quoque dicuntur acta fundamenta".
La corrispondente traduzione in francese è: "Le divin divin Augu ste donna à celui celui qu i est au Champ de Mars la fonction remarquable de marquer les ombres projetées par le soleil et de déterminer
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ainsi la longueur des jours et des nuoits. Il fit exécuter un dallage proportionnel à la longueur de l'obélisque de facon que l'ombre, à la siexième heure du solstice, d'hiver égalàt la longueur du dallage, ensuite, peu à peu, décrùt, puis augmentàt jour après jour en passant par des réglettes de bronze incrustées, système qui mérite d'étre connu et qui est dù au génie inventif du mathématicien Facundus Novius. Celui-ci fin encore placer sur la pointe de l'obélisque l'obélisque une bou le dorée dont l'ombre du sommet se ramassàt sur elleelle-mème, mème, autrement la point proietait une ombre démesurée. Il avait pris' dit-on, pour principe la tète humaine...". Il commento delle "Belles Lettres" al passo di Plinio:
"En 10 av. J.-C., Auguste dédia cet obélisque au soleil soleil et en fit l'aiguille l'aiguille d 'un cadran solaire consticonstitué par un pavement de marbre disposé disposé au pied de l'obélisque. Des lignes dorées, incrustées dans le marbre, indiquaient midi aux différentes saisons de l'année. Des fragments du pavement avec les lignes dorées, ainsi que des fugures exécutées en mosaique et rapreésentant les vents et les corps célestes, furent mis au jour à la fin du XV° siècle et au cours du XVI° siécle. Ils ont été recouverts par la suite. L'béli L'bélisqu squ e lui-mème fut d égagé et redressé au XVIII° siécle; il se trouve aujourd'hui Piazza Montecitorio", e dopo alcuni riferimenti bibliografici aggiunge Soubiran "On ne sait rien sur Facun Facun du s N ovius, en dehors de la n otice otice de Pline" Pline".. Notificando che nulla si sa su questo ignoto Facond Facond o Nov io all'infuori all'infuori d ella ella notizia d i Plinio. Plinio.
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CHI ER ERA FE FECON D O N UOVO UO VO ? Ma forse sarebbe meglio dire che nulla si sa di questo ignoto matematico all'infuori del suo nome arbitrariamente o volutamente introdotto nelle trad uz ioni. Ma c'è c'è di p iù: nella nella "Storia "Storia N atur ale" di Plinio pubblicata da Einaudi, da cui abbiamo tratto la versione italiana del passo che ci interessa, riportata precedentemente in questo testo, Facondo Facondo Novio viene add irittura irittura p resentato resentato come se fosse fosse un personaggio a tutti ben noto: " M atematico ideatore ideatore dell'oro dell' orologio logio solare solare in Campo Marzio promosso da Augusto intorno al 10 a.C.: probabilmente a lui si deve la reinterpretazione dello gnomone in chiave urbanistica e l'idea di adottare un obelisco a un tempo come asta dello gnomone e perno spaziale della piazza adibita a orologio solare" . E per fortuna che in una nota al testo venga detto che "Facondo Novio è altrimenti sconosciuto", se no per questo scritto di Plinio. Se tra cinquecento anni andassero perduti tutti i codici della "Stori "Storiaa N atu rale" di Plinio e si salvasse solo questa traduzione della Einaudi, probabilmente Facondo Novio, da illustre personaggio sconosciuto, sconosciuto, god rebbe tra i futu ri stud iosi, di una fama (gratu ita) al par i degli encicl encicloped oped isti romani. E' anche da a nn otare che se nelle note al testo uffiufficiale delle "Belles Lettres" sono state riportate con zelante precisione le corrispondenti parole trovate nei codici antichi consultati, nessun riferimento, invece, invece, è stato stato d ato sul termine Facun Facun du s Novius. Infatti, ecco le annotazioni al testo delle Belles Lettres, Lettres, relative al capitolo 10 che ab biamo trascritto d all'originale: all'originale: "ac noctium; ac noetium; anno etium; longitudinem; magnitu-; fieret; -re; umbra brumae; umbrarumae; -rum romae; decresceret; -scere; nov i; non ; math ema tici is; is; ticis; ticis; thici; thici; in in se; ips e; in; in; ipsam ; ipsa". ipsa".
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Si tratta natu ralmente d i parole ricavate ricavate d a d iverse iverse versioni antiche d ei codici codici dell'opera d i Plinio. Plinio. Ma, come si vede, nulla si ricava sulla giustificazione dell'adozione del termine "Facundi Novi". Come si può vedere dai testi trascritti prima, nel codice fiorentin o Riccard Riccard iano (X-X (X-XI secolo) è rip ortato il nome "Facundin' L.", dove L. potrebbe significare "Liberti", ma nulla dice l'autore, e il commentatore, su questo ignoto personaggio; mentre nei due Ambrosiani (e in un altro detto Principe editione), ed itione), peraltro n on citati nelle Belles Belles Lettres, è distintamente riportato "Manilius Mathematicus". Nei codici Vaticani 1951. 1952, 1957, citati da Rezzonici, si legge "foecundo ingenio", mentre Harduino cita altri codici che riportano "ingenii majestate, ingenii magnitudine, ingenii non importuni, sagacis ingenii, ingenio audaci" , e via dicendo. D'altra D'altra parte an che autorevoli autorevoli studiosi moderni d i gnomonica si fanno meraviglia chiedendosi chi possa essere questo eterno sconosciuto, denominato Facondo Novio, così come giustamente fa l'Amm iraglio Fantoni n el suo ecc eccell ellente ente ar ticolo ticolo La 61 meridiana di Augusto . Egli ipotizza, inoltre, che possa trattarsi di un autore greco sconosciuto e latinizzato con con qu esto nome p er esaltare la divinizzazione imperiale. Più p ropen so sarei per l'iden l'iden tificazione tificazione con il celecelebre romano Manilio, visse proprio al tempo di Au gusto , autore d el "Poema "Poema Astron omicon". Dello stesso p arere furon o il Vossio Vossio e Albertus Fabricius. Fabricius. 62 Anche il Bandini riporta il nome di Manlio matematico, come è indicato nell'Enciclopedia Popolare, alla voce gnomone, del 1846. Ma, purtroppo, è difficile oggi stabilire con precisione quale doveva essere il passo originale, dopo tutte le modifiche apportate dagli amanuensi nei codici antichi. In ultimo, non è d a tenere a conto anche un certo
In Orologi le Misure del tempo, n. 12, ottobre 1988, Ed. Technimedia, Roma. Dell'obelisco di Cesare Augusto, Roma 1750
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Epigene di Bisante che, secondo Seneca 63, si distinse proprio al tempo d i Augusto come un affe afferrmato stud ioso di Gnomonica dopo essersi essersi formato formato presso la scuola scuola caldea, caldea, per cui fu soprann ominato
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Epigene Gnomonico. Ciò potrebbe, inoltre, spiegare anche il perchè furono adottati i nomi greci per ab bellire bellire le ind ind icazioni icazioni della linea linea m eridiana d i bronzo ricavata nell'antico pavimento.
Questioni naturali, Lib. VII, cap. 3
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INTERPRETAZIONE DELLA V ERSION RSIO N E D I LA LA TURRE REZZ REZZO O N ICI ICI (VERS. 4) Cercheremo ora di rendere alcune osservazioni fatte da La Turre Rezzonici nella sua opera relativamente ad alcuni importanti passi da lui stesso emendati. Ei, qui est in Campo(1) Divus Augustus(2) addidit mirabilem usum(3) ad deprehendendas Solis um bras, dierumqu e ac noctium noctium h oras(4) oras(4),, magnitudine strato lapide ad magnitudinem Obelisci(5), cui par fieret(6) umbra brumae confectae die, sextam hora(7); hora(7); pau latimqu latimqu e per regulas, quae sunt ex aere inclusae, singulis diebus decresceret, ac rursus augesceret(8). Digna cognitu res et ingenio foecundo Manlii Mathematici(9). Is apici(10) aur atam p ilam add itit, cujus cujus v ertice um bra(11) bra(11) colcolligeretur ligeretur in se ipsam (12) (12),, alia alia enormiter incrementa jaculante apice: ratione, ut ferunt, a capite hominis intellectam(13)". 1) Si tratta del Campo Martio, citato poco prima da llo stesso Plinio. Plinio. 2) Nel codice Riccardiano appare D. nel modo in cui i Romani usavano scrivere il prenome e quindi "Divus" in qu esto caso. 3) L'uso mirabile dell'obelisco deve essere quello di destinarlo non solo a gnomone di una linea meridiana, ma di un gigantesco orologio solare e calendario gnomonico: "Quod velim adnotares, est usus mirabilis deprehendendis Solis umbris, dierum, et noctium horis adjectum, ut omnibus perpensis emergat sciothericum horologium a Plinio describi, non unice lineam illam, quam Neoterici meridianam vocant..." D'altra parte già il Masi e il Kircher, erano dell'opinione che l'obelisco gnomone era destinato per un intero orologio solare-calend ario e ciò ciò è ben visibile nell'eccell nell'eccellente ente disegno effettuato da Kircher nel suo libro
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"Obeliscus Obeliscus Pam ph ilius" ilius" ( fig.32). 4) dierumque ac noctium horas. Si trova nei codici Ambrosiani, in tutti i codici Politiani, nei Vaticani nn° 1951 e 1953, e presso Aleriensis Episcopi, Beroaldi, Dalecampii ed altri codici. "Dierum ac noctium" si trova invece nei codici Vaticani 1950. 1952. 1954. 1955. e lo stesso si legge in Flavus Blondus (Rom. instaurat. lib. II, num. LXXV - Bandini. Praefat. pag. XVIII). Aleriensis Episcopu Episcopu s scrive: "dierumque ac noctium magnitudines: strato lapide ad Obelisci magnitudinem" ; mentre Dalencampius emenda in: "dierum que ac noctium magnitudines etiam, ac horas strato lapide ad Obelisci magnitudinem, cui par fieret umbra um brarum rum ejectus, ejectus, paulatim paulatimque, que, etc." etc." (edizione Hack, sec. XVIII, VIII, tom o III, III, p. 650). 650). Weidler infine rip orta: ta : "strato lapide ad umbrae Obelisci magnitudinem, cui par fieret umbra, bruma confecta fere hora sexta" (Consul. epistol. Weidler. ad Marinon. apud Bandinium num X fol. LX). 5) Obelisci. Qui nasce la questione se Plinio intendesse un orologio solare completo di linee orarie o se l'obelisco fosse lo gnomone per la sola linea meridiana del mezzogiorno. Per Harduino, Plinio non scrive "hora "hora rum " (nullam horarum mentionem fecisse Plinium praeter unicam horam sextam ) per indicare un orologio. Ma per Marinonius, Maffejus, Muratore, Bosium, Wolfium, Heinsiumque, ed altri, Plinio intend eva con con "horam "horam ", od "hora "hora rum " proprio un orologio solare completo. D'altra parte, se con "dierumque ac noctium ita magnitudines" , Plinio intendeva parlare di una costruzione che indicasse in senso calendariale la durata dei giorni e delle notti in tutto l'anno, ciò poteva farsi solo attraverso le linee ipotizzate da Buchner nel suo studio, disposte trasversalmente sulle rette orarie.
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6) Par fieret. Tutti d 'accord 'accord o su q uesto p asso in cui si dice che che il pavimento d oveva essere essere grand e per l'equivalente l'equivalente lunghezza dell'ombra dello gnomone nel giorno del solstizio invernale, all'ora Sesta. Zieglero e Dalecampio si presero lo scomodo di calcolare questa grandezza, considerando alla latitudine di Roma e nel giorno del solstizio estivo, nell'ora Sesta, un obelisco di cub cub iti 48 e 3/ 4 gettava un 'ombra pari alla nona parte della sua altezza, cioè pari a 43 cubiti, cubiti, 1/ 4 e 10/ 10/ 12. 12. 7) Sexta hora. In Episcopus Aleriensis, manoscritti del 1470 e 1472, si legge "cui par fieret umbrarum Romae confecto die sexta hora" , ma il Hermolai Barbari, in Castigationes Plinianae, nel 1473, corregge in umbra, alla quale segue decresceret et augesceret. Il cod cod ice ice Riccardiano Riccardiano riporta : "umbrarum et confecte die hora sexta" ; l'Ambrosiano I.: I.: "cui par fieri umbrarum effectus dies et horas" ; il Laurentianus e Vaticanus 1951: "Umbrarum Romae confecto die" . Il Vaticanus 1559, e il Palatino: "Romae umbrarum confecto die" . Um bra Romae confe confecto cto Il Codice A, o I. Politianus: " Umbra die" . "u mbra tum Romae Romae" . Il Codice B, o II. : "umbra
In Rezzonici ed in Salmasio, vi è un a notevole d issertazione erudita su questo passo di Plinio. Trattandosi di un orologio solare e riferendosi Plinio alla lunghezza dell'ombra dell'obelisco al mezzogiorno del solstizio invernale, gli autori hanno p ensato bene di emendare il passo riportato degli an tichi tichi cod ici, ici, come come "Umb ra Romae confecto die", che non ha senso, nel modo in cui suggerisce anche Salmasio e Scaligero: "ad d eprehendend as solis solis umbras, Brum Brum ae confecta diei, hora sexta". Salmasio fa notare che che anche Manilio, nel terzo libro (sicuramente parla del Poema Astronomicon) usa il termine "Brumae sidus". Infatti, è facile credere che il termine "Brumae" sia stato trasformato in "Romae" . La frase "Brumae confecta die" , però non corrisponde al modo di dire degli scrittori antichi
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quando parlavano del solstizio invernale. Infatti, in Vitruvio si legge "dies brumalis" , e non "dies Brumae confectae"; Manilio scrive: "Ternis fuerit si longior horis Brumali nox forte die..." . Ed Ed an che qui si legge "brumali die" , e non "brumae confectae" . Nell'antichissimo Nell'antichissimo codice Politiani, Politiani, si legge "rume" , che appartiene senz'altro alla parola "brume" . Volendo proprio mescolare le varie citazioni, si potrebbe anche scrivere, come suggerisce Scipion Scipion is Maffei (Cit. epist. ad Bandin Bandin.. fol. XLV ): "cui par fieret umbra Romae brumali die sexta hora" , riferendosi più precisamente al giorno del solstizio invernale di Roma. Ma siccome Plinio parla già dell'obelisco situato nel Campo marzio, è evidente che sarebbe stato superfluo scrivere anche "Romae" . 8) Ac 8) Ac rursus augesceret. Per qu esta frase le differenze differenze fra i var i codici codici sono molto contenu te. Essa Essa comu nqu e si riferisc riferiscee all'anall'andamento della durata dei giorni la quale cresce e decresce nel corso corso d ell'ann ell'ann o. 9) Ingenio 9) Ingenio foecundo foecundo M anilii M athematici. athematici. Si veda il paragr afo "Chi "Chi era Fecondo Nov o?". o?". 10) - 11) - 12) -13) Is apici... apici... Cuius Cuiu s v ertice umbra um bra...co ...collligeretur ligeretur in se ipsa...int ipsa...int ellec ellecta ta. Nei codici vaticani vaticani citati da Rezzonici con con i n um eri 1950. 1952. 1955. 1957, si legge "cujus vertice cum umbra" . Il Pigafetta descrive il globo che sarebbe stato pomo di posto su lla sommità d ell'obelis ell'obelisco: co: "E questo pomo rame finissim fini ssimo, o, e cope copert rtoo di fogli d'oro d' oro... ... n on è mescolamescolato l' oro col col metallo, ma m a sopraposto, sopraposto, ed il rame ram e è dorato dorato con con m olte coperte coperte e lam lam e d'oro d' oro"" . Sembra che anche Am miano Marcellino Marcellino parlasse di sfere sfere sovrapp oste ad obelischi, obelischi, come come ripor ta Rezzonici: "...quanquam non ignorem Ammiani Marcellini verba, ex quibus colligunt ligun t Eru diti aliorum aliorum etiam etiam O belisco beliscorum rum vertici pilam pilam fuisse impositam, eamquae aeneam, auro circumductam: "Sphaera superimponitur ahenea, aureis laminis nitens" (Lib. XVII.4.) Anche Montucla si esprime a tal riguardo scrivendo, ma evidenziando che il matematico Manlio aveva d isposto il globo sull'obelisc sull'obeliscoo non per la rassomiglianza alla testa umana, ma per meglio convogliare sull'orologio il punto gnomonico di mathematicien M anlius qui dirigea dirigea cet cet proiezione: " Le mathematicien ouvrage, termina l'obeliscque par un globe, non pour
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lui donner de la ressemblance avec la figure humaine, come le dit Pline souvent peu heurex dans ses coniectures, tu res, mais asin asin que le somm sommet et de l'ob l' obéli élisque sque étant étant censé censé au centre de ce globe, le milieu, de l'ombre, qu' il pro jetteroit, designàt la hauteur du centre du Soleil" .
observé); ou bien les secousses particuliérs ressentier à Rome ont tordu le gnomon; ou bien enfin les inondations du Tibre ont produit un affaissement de la masse, bien que, dit-on, l'on ait poussé aussi les fondations en terre à proportion de la hauteur de la charge imposée.
Il codice Dalecampii (edizione Hack, tomo III, p. 650), riporta: "an pilam sic imposuerit, ut extaret tota humani capitis similitudine" , che che è qu anto riportato anche nelle versioni mod erne. Si Si sbagliava, quind i, Montucla nel suggerire la "ressemblance avec la figure humaine" , in qu anto il globo su ll'obelis ll'obelisco co doveva rassomigliare proprio ad una testa umana (intellecta).
Il Codice Riccardiano recita: Haec deservatio XXX iam fere annis non congruit sive solis ipsius dissono cursu, et caeli aliqua ratione mutato, sive universa tellure a centro suo aliquid emota (ut deprehendi et aliis in locis accipio) sive urbis tremoribus ibi tantum gnomone intorto, sive inundationibus Tiberis sedimento molis facto quamquam ad actitudinem impositione res in terram quoque dicuntur acta fundamenta
Dopo la descrizione dell'orologio, Plinio, scrive che le indicazioni orarie non sono più attendibili e per spiegarne le ragioni ricorre a varie cause naturali, tra cui un presunto errore del cammino del sole, uno spostamento dell'asse terrestre (!), inonda zioni e terrem oti. Il pa sso u ffic fficiale iale è quello d elle elle "Belles "Belles Lettres": Lettr es": Haec observatio XXX iam fere annis non congruit, sive solis ipsius dissono cursu et caeli aliqua ratione mutato sive universa tellure a centro suo aliquid emota (ut deprehendi et aliis in locis accipio) sive urbis tremoribus ibi tantum gnomone intorto sive inundationibus Tiberis sedimento molis facto, quamquam ad altitudinem inpositi oneris in terram quoque dicuntur acta fundamenta. La cui traduzione francese è: Les données de l'observation initiale ne sont plus valables depuis environ trente ans; c'est que ou bien la course du soleil lui-meme est differente et a changé pour quelque raison due à l'économie céleste; ou bien la terre entièe ent ièere re s' est un u n peu dèplacée dèplacée par rapport rapport à son son propre centre (et j'apprends qu'en d'autres lieux aussi on l'a
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Codice I. Am brosiano: Haec dies dies X X X . iam iam fere annis non n on congruit congruit,, sive solis solis ipsius dissono cursu et caeli aliqua ratione mutato sive universa tellure a centro suo emota (ut deprehendi et aliis in locis accipio) sive urbis tremoribus ibi tantum gnomone intorto sive inundationibus Tiberis et imenso facto facto mol' q q,aptitu q,aptitudinem dinem inpositione intrari int rariss quoque quoque dicuntur iacta fundamenta. Codice II. Am brosiano: Haec observa observatio tio X X X . iam iam fere annis non congru congruit, it, sive solis ipsius dissono cursu et caeli aliqua ratione mutato mu tato sive un iversa tellure tellure a centro centro suo emota (ut deprehendi et aliis in locis accipio) sive urbis tremoribus ibi tantum gnomone intorto sive inundationibus Tiberis sediment sedimentoo facto facto molis qq. qq. aptitudinem aptitu dinem inpositione inpositione interra quoque dicuntur iacta fundamenta. Il termine dierum observatio, compare in molti codici ici antichi e nn si capisce capisce per qu ale ragione la parola dierum sia stata abolita. In ogni caso essa vuole indicare.
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fig. 32 L’orologio solare di Augusto come immaginato da Kircher (da Obeliscus Phamphilius, 1650)
fig. 33 L’orologio solare di Augusto come immaginato da Padre Giovanni Boffito e disegnato da Padre Giovanni De Bernard barnabita in “La Bibliofilia”, dicembre 1937 p. 465
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fig. 34 Il frontespizio del più ampio e importante trattato sulla storia dell’obelisco di Cesare Augusto in Campo Marzio, scritto da Angelo Maria Bandini e pubblicato nel 1750, due anni dopo l’innalzamento del monolito. Nicola Severino
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L’OBELISCO-GNOMONE D I AUGUST AUGUS TO di Padre Giuseppe Boffito Molta imp imp ortanza avrebbe potu to avere nella nella storia dell'astronomia e della cronografia l'obeliscognomone di Augusto, se fosse durato più a lungo nell'uffizio a cui era stato principalmente destinato. Con l'esatta determinazione infatti degli equinozi e dei solstizi avrebbe potuto servire di perpetuo controllo al calendario di recente riformato, rispar miand o il dissesto secolare secolare che che dov eva rendere necessaria nel Cinquecento la riforma Gregoriana. L'obelisco rimane, ed è quello di Montecitorio, uno dei due obelischi per ordine di Augusto asportati dall'Egitto, ma lo scopo, per cui era stato colloc collocato ato nel Camp o Marzio, venne men o non molto tempo dopo, quando forse non era ancora trascorso il mezzo secolo dal suo innalzamento. Plinio è degli scrittori antichi quello che m eglio ci ci inform a nella su a H istoria, XXX XXXVI, 10 (15) (15),, di qu esta degna opera di Augusto, ma presentando il passo qualche difficoltà di lettura e d'interpretazione, ho creduto bene di ricorrere al vetusto codice pliniano della Biblioteca Riccardiana (sec. X.XI) 65, trascrivendovelo esattamente e aggiungendo quella che secondo me dovrebbe essere fedele fedele trad uzione. "Ei (obelisco) qui est in campo, Augustus addidit mirabilem usum ad deprehendendas solis imbras dierumq ue ac (testo: (testo: an) noctium noctium ita magnitud ines strato lapide ad magnitudinem obelisci, cui par fieret (t.: fiere) umbrarum et confectae die ( al: umbra brumae confectae die) sexta hora paulatimque p er regulas quae sun t ex aere incl inclusae usae sin-
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gulis diebus decresceret (t.: decrescere) ac rursus augesceret. Digna cognitu res ingenio Facundini (t.: facundin; al. Facundi, Facundi Novi; Faciendi non cod Laurenziano; foecundo Manlius; & c). L. (Liberti) mathematici (t.: mathematic). Is apici auratam pilam addidit, cuius vertice umbra colligeretur ligeretur in se ipsa; alias alias enorm iter iaculan iaculan te apice, ratione, ut ferun t, a capite hominis intellecta. intellecta. Haec deservatio (al. observatio) XXX iam fere annis non congruit, sive solis opsius dissono cursu et coeli aliqua ratione mutato (t.: relato) sive universa tellure a centro suo aliquid emota, ut deprehendi et aliis (t.: alis) in locis accipio, sive urbis tremoribus ibi tantum gnomone intorto sive inundationibus Tyberis sedimento molis facto, quamquam ad altitud inem (t.: actitudine) imp ositione res (al. (al. ad altitud inem impositi oneris) in terra quoque d icun icun tur acta acta fund amenta". amenta". Segue la traduzione in italiano che pochissimo si discosta da quelle già riportate. Il commento di Boffito offito al testo p liniano è il segu ente: "Il passo è irrimediabilmente corrotto qua e là, ma non sì da nascondere del tutto il significato. Esaminiamolo particolarmente, cominciando dall'autore dell'impresa. Che sia stato Augusto a volerla è fuor di dubbio. Alcunchè di simile aveva potu to forse vedere a Sira, o ad Atene o altrove. La conoscenza dell'astronomia era abituale nella famiglia Cesarea: Giulio Cesare aveva scritto un trattato De astris, citato da astronomi di professione, come Tolomeo e Germanico tradusse Arato. Augusto a sua volta ci teneva ad ornare le sue
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Questo articolo venne pubblicato nella rivista "La Bibliofilia" del dicembre 1937. Come è evidente, il padre Boffito era convinto che l'obelisco fosse lo gnomone per la sola linea meridiana calendariale e non per un intero orologio solare. Noi abbiamo deciso di trascrivere le parti più impor tanti d i questo articolo perchè in linea con il tipo tipo d i ricerche ricerche e considerazioni storiche storiche p roposte in qu esto volum e, e anche perchè la rivista è ormai consultabile solo solo nelle grand i biblioteche. biblioteche. 65 Si tratta d ello ello stesso codice Ric Riccardiano cardiano citato da Rezzonici Rezzonici e del qu ale abbiamo rip ortato n um erosi stralci. stralci. Nicola Severino
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monete e gemm e d el segno segno d i Capricorno, Capricorno, sotto il qu ale, se non nato , era stato concepito. Un collabocollaboratore peraltro aveva avuto nell'impresa: un certo Facondino o Facondo Novo, forse liberto (se l'abbreviazione "L." "L." va interp retata così). Come Cesare nella riforma d el calend calend ario s'era associato il greco Sosigene, così Augusto aveva preposto ai lavori qu esto matem atico: fosse greco greco o latino non im por ta qui definire, sebbene il nome sembri rivelarlo per romano. Ma quele era l'uso, che Plinio esalta come "mirabile", "mirabile", a cui l'obelisco l'obelisco era stato ad attato? Forse quello d'un volgare orologio solare? Gli orologi solari erano divenuti comunissimi in Roma....(...)....Doveva essere quindi qualcosa di più e d i meglio per venir d etto "mirabile" "mirabile". Già, l'acl'accenno iniziale al solstizio d'inverno, quando l'ombra meridiana d oveva essere essere due volte e un qu into più lung a d ell'altezza ell'altezza dell'obelisco, dell'obelisco, farebbe farebbe esclud esclud ere per sè che si trattasse d'un comune quadrante solare. Si Si aggiun ge poi la d escrizione escrizione d el lastrico lastrico di mar mo inter secato da regoli di bronzo, lastrico lastrico che si prolungava solo in un senso o direzione e non tutto all'intorno, come sarebbe stato necessario se l'obelisco avesse dovuto far da gnomone o stilo d'orologio solare. Per l'esattezza poi dell'osservazione scientifica scientifica si noti l'accorgimento l'accorgimento ado perato dal matematico augusteo, la sostituzione cioè alla cuspide, che con la sua penombra avrebbe potuto facilmente trarre in inganno, d'un globo aureo il cui cui centro d'om bra o linea centrale centrale d oveva coincidere col punto preciso della linea meridiana dov 'erano segn ati i solstizi solstizi e gli gli equinozi. La ricostru ricostru zione che io n e ho tentata...... tentata......"" L'autore informa che ha adottato, per il suo disegno effettuato effettuato dal p adre Giovanni De Bernard Bernard barnabita, le le misur e fornite dal testo di Giacomo Stuart e O. Maru cc cchi hi ed è qu ello ello visibile nella nella fig. 33. Inoltre, in una nota riporta le sue considerazioni contro le teorie d i Kircher Kircher e Ma si: " Volendo farsi ragione dell'interpretazione erronea data al testo di Plinio da Atanasio Kircher (Obeliscus (Obeliscus Pam ph ilius, ilius, p ag. 80, 80, Roma, L. Grignan Grignan i, 1650 1650)) da Giacomo Masi (e forse forse d a qu alche altro) i quali ci vedono un comune orologio solare, sebbene più gigantesco, converrà ricordare che di fatto in alcuni scavi fatti sul principio del
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Cinquecento in Campo Marzio vennero alla luce alcuni alcuni avanzi d i un qu adran te solare, solare, non ap partenenti però al gnom one augu steo. Accanto Accanto a qu esto, o più o meno discosto da questo, che non dava l'ora che a mezzogiorno, era una necessità ci fossero d ei veri orologi in qu ella ella località località così frequentata...". Naturalmente, si tratta della scoperta riportata nella nostra citazione n° 2, cioè i frammenti dell'orologio solare orizzontale con la scritta "Boreas Spirat". Come già si è detto, nell'antichità, soprattutto nell'ambito di un progetto topografico, sebbene di dim ensioni imperiali quale quello che Aug usto riservò al Campo Marzio, non vi era necessità di avere a disposizione orologi precisissimi adatti a verificare verificare i solstizi e gli equin ozi e l'obliquità d ell'eclittica, come invece fu fatto nel Rinascimento. L'ambizioso progetto di realizzare un enorme orologio solare, completo almeno delle sue parti essenziali, può benissimo rientrare nel desiderio dell'imperatore di dedicare al Sole, come già avevano fatto gli Egiziani, la piazza del Campo Marzio e l'obelisco. E' inverosimile quindi che l'imperatore abbia app rovato di far realizzare realizzare solo solo u na linea meridiana, sebbene qu esta sia la la pr incipale incipale in u n orologio solare sulla quale è possibile ricavare dati calendariali, e non i un progetto più grandioso, come app unto quello di realizzare realizzare ciò ciò che sembra imp ossibile: ovvero un intero orologio solare dalle dimensioni eccezionali. E' pur vero che se si consideran o an che le linee linee ora rie estremm e, la 1 e la 11 11 temporaria, si dovette ricorrere ad un pavimento largo circa mezzo chilometro (!), sul quale è alquanto difficile andare (proprio nel senso del movimento) a leggere l'ora verificando la posizione d el vertice vertice d'om bra d ell'obeli ell'obelisco. sco. L'ipotesi però di Buchner che prevede un orologio senza le suddette linee orarie, riduce di molto qu esto inconveniente. Ma, come si è visto, a Kircher, Kircher, al Masi e agli altri che per seguirono l'id l'id ea di un intero orologio solare, è stata resa giustizia dagli stessi scavi archeologici.
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L’ALTEZZA DELL’OBELISCO L'altezza dell'obelisco di Psammetico II è un altro rebus sul quale sono stati scritti paragrafi rompicapo sulla base di varie interpretazioni non solo del testo pliniano, ma a nche d i vari altri riferimen riferimen ti. Vediamo gli autori moderni cosa propongono in merito : FONTE
misure misu re altezza altezz a obelisco obelisco
Fantoni G.: La meridia meridiana na di A ugust o, Orologi. Le misure del temp o, Technimedia, Roma, 1988
29.42 metri
Habachi L., I segreti degli obelischi, newton compton , Roma, 1978 1978
metri 21,79 - piedi 71,50
Ravaglioli A., Questa è Rom a, TEN, Roma , 1994 1994
metri 21,791 - con basamento e puntale : metri 33,272
Orland o-Castellano o-Castellano C.,Frammenti dell'obelisco di Montecitorio, L'Urbe, n.5, 1964
metri 21.80 - con il piedistallo e il globo e la cuspide : metri 29.
Buchner E.
Altezza originale : mt.29,42 - piedi romani 100
Come si vede già da questa breve lista, le misure sono in alcuni autori piuttosto approssimative. Come è evidente, ilil problema vero e propr io non è l'altezza attuale del monolito la quale dovrebbe essere, tra le più precise, quella indicata da Ravaglio, cioè 21,791 metri e con la base e puntale, 33,2 33,272 72 metri. Ma è l'altezza che esso aveva qu and o svolgeva le sue funzioni di gnomone alla meridiana d i Augusto? Augusto? Dalla tabella precedente si legge che il prof. Buchner ha calcolato essere, questo valore, pari a 100 piedi romani (assumendo il piede romano antico pari a 0,2942 metri), cioè 29, 42 metri, che è l'altezza ideale assunta dal Fantoni per il calcolo del tracciato orario della meridiana. Ma siamo sicur sicur i che è l'altezza l'altezza giu sta ? Vediam o cosa ne pensavan o gli stud iosi di qu alche alche secolo fa. Innanzitutto, partiamo dalla fonte principale, Plinio, il quale nella Storia Naturale ci lascia il seguente passo: "Is autem quem quem divus divu s August A ugust us in Circo M agno statu statu--
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it excisum est a rege Psemetnepserphreo, quo regnante Pythagora Pythagorass in A egypto fuit, LX X X V pedum pedum et dodrandodrantis praeter basim eiusdem lapidis ; is vero quem in campo Martio, novem pedibus minor, a sesothide" 66. E già le note dell'edizione "Les Belles Lettres", da cui è tratta la citazione, mettono in evid enza che in altri codici antichi sono riportate diverse misure pari a piedi romani LXXXV ; XXCV ; CXXV. Il Buchner ha adottato la lunghezza del piede romano pari a metri 0,2942. Tenendo conto che Plinio indica 9 piedi in meno rispetto alla misura da lui ind icata icata p er l'obelisco l'obelisco del Circo Massimo, le precedenti altre misure, indicate negli altri codici, diventano:
LXX LXXXV. 3/ 4 - IX= IX= 76. 3/ 4 pied i rom ani an i x 0,2942 0,2942 = 22, 49 metri (senza base) XXCV. CV. 3/ 4 è pari sempre a 85. 85. 3/ 4 e dà lo stesso risultato ; CXX CXXV. 3/ 3/ 4 - IX IX = 116. 116. 3/ 4 pied i roman i x 0,2942 0,2942 = 34, 51 51 metr i
Plin io il Vecchio, Storia N atu ra le, lib. XXXV XXXVI, I, cap cap . 9, 71. Ediz ion e "Les "Les B Belles elles Lettre s", Par is, 1969 1969
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E' strano che in un codice sia saltato fuori questo valore d i CXX CXXV piedi, che semb ra p iuttosto il contrario di XXCV. Forse il copista avrà voluto indicare il valore compresa la base d ell'obeli ell'obelisco. sco. La versione delle "Disquisizioni Pliniane" di Rezzonici, Rezzonici, riporta : "Is autem Obeliscus, quem Divus Augustus in Circo Magno posuit, excisum est a Rege Semetempferteo, quo regnante Pythagoras in Aegypto fuit, fuit , X X CII. Pedum Pedum,, et dodrant dodrantis is praeter praeter basim basim ejusdem lapidis. Is vero, quem in Campo Martio, IX. Pedum minor a Sochide" . Rezzonici fa notare che in alcuni manoscritti è riportato il numero XXCV e in altri LXXXV, e avverte che essi indicano lo stesso num ero, 85, 85, in du e maniere diverse di scrittura. scrittura. Il Bandini, dal canto suo, si esprime in questo modo: "At hic jam statim innotescit, quam facile hic numerus in illum 125. Sit a librariis commutatus. Si in vetustis codicibus scriptum fuit XXCII. Admodum facile in primis transposita notula C pro XXC. Scribi potuit CXX. Et quidem huius transpositionis habemus nonnullos Florentinos Riccardianae, ac Laurentianae Bibliothecae codices ; in quibus, ut ex amici litteris ad me Florentia datis nuper accepi, habetur XXCV. Licet editiones omnes passim habeant CXXV. Deinde binae litterae II nonnihil inclinatae admodum facile abire potuerunt in V. Hoc autem pacto salva Plinii fide, ejusque loco consentiente cum re ipsa, jam habebitur XXCII, cum dodrante, pro quo suum illud CXXV. Cum dodrante corrupti codices, atque editiones e corruptis rupt is codicib codicibus us derivatae derivatae,, nob n obis is obtrudunt obtrudu nt"" . In un esemplare membranaceo di Andrea Asulano Aldi, in Venezia, anno 1518, si legge : "Obelisci magni VI. II. In circo maximo, major est pedum. CXXXII. Minor pedum LXXXVIII. Semis. unus in Vaticano pedum. LXXII. Unus in campo martio ped. ped. LX X II. Due Du e in M ausoleo usoleo Au gusti pares pares singuli ped. XLII. Semis. OBELISCI parvi XLII. In plerisque sunt notae Aegyptiorum." In una edizione postuma, pubblicata anche da Graevio e Bandin i, si legge legge : "Obelisci magni sex. Duo in Circo Maximo, major est pedum CXXXII. Minor pedum LXXXVIII. Semis:
unus in Vaticano pedum LXXII : unus in Campo Martio ped. LXXII. Duo in Mausoleo Augusti pares singuli pedes XLII. Semis. In Insula Tyberis unus. Obelisci Obelisci parvi quadragint quadragintaa duo. In plerisque plerisque sunt sun t notae Aegyptiorum" . Re Rezzonic zzonicii riporta altri du e esempi tratti da manoscritti antichi, antichi, in cui si rip orta : ...In Campo Martio unus, altus pedes octoginta duos semis" e l'altro ...In Campo Martio unus, altus pede pedess LX X II.-S.-. dove la S. significa "semis" . Nel primo caso si ha 82 piedi e mezzo. Nel secondo 72 piedi e mezzo. Rodulfino Venuto, in una sua opera sulle antichità romane del secolo XVII, scrive: "Augusto fece collocare nel Campo Marzio il maggiore di quegli obelischi alto cento undici piedi senza contare il piedistallo..." e in una nota si legge: "l'obelisco è lungo lun go XCV . Palmi Romani, la base base era il pezzo più conconservato, ed in piedi alto palmi XIX....In tutto quest'obelisco era alto palmi CXII" dove è evidente l'errore commesso, in quanto l'altezza compresa la base non è di CXII. Ma di CXIV palmi. La base, second second o l'indicazione d el Venu Venu to, sarebbe alta metri 4,21 (mentre il Fantoni rip orta 6 m etri). Non meno confusa è la situazione relativa alla frase "IX "IX.. Pedu m minor " di Plinio. Nei codici Ambrosiani I., Riccardianus, Medicaeus, Academicus e Gudianus, si legge IX. Pedum ; in altri è annotato VIIII. Pedum che è lo stesso., ma almeno sembrano tutti indicare la cifra IX. Secondo il gesuita Athanasius Kircher (sec. XVII), l'obelisc l'obeliscoo era alto pied i 125. 125. 3/ 3/ 4, meno i 9 piedi come indicato da Plinio, si arrivava a piedi 116. 3/ 4. Francesco Francesco Jacquier, Jacquier, commen tand o questo 67 passo fa notare che un orologio solare con un obelisco di tale altezza, pari a 34.46 metri, necessita di un lastricato di palmi 1702, pari a circa 450 metri. Infatti, la coordinata oraria orizzontale, ovvero l'ascissa del punto orario della Prima ora temporaria per tale orologio (considerando una latitudine di 42° 15' prossima a quella di Campo Marzio e l'altezza dell'obelisco come anzidetto),
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Francisco Jaquerio ad Antonius Joseph Comes a Turre Rezzonici S.P.D., epistola pubblicata in A.J. Comes a Turre Rezzonici, Disquisitiones Plinianae, 1767, Tomo II, pag. 393: Kircherus vulgatae adhaerens lectioni, quae Semetempfertei Obelisco pedes 125. 3/4 attribuit : necessario necessario debe debeat at S ciotherico ciotherico,, n ovem pedum min ori, adscribere adscribere pedes pedes 116. 3/4; 3 /4; un de cum M asooa asooani ni horologii horologii figuram exhibet, exhibet, cogecogebatur strati lapidis longitudinem proferre palmorum 1702. Verum si Campi Obeliscus vix attingebat pedes 73. 3/4: strato lapidi sufficient pedes 1071. uncia 1. puncti 5. atomi 2. Nicola Severino
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dista dalla base dell'obelisco metri 226. Se si considera la stessa estensione dalla parte opp osta, cioè cioè l'ascissa dell'ora 11 pari ancora a 226 metri, si ha che il lastricato lastricato d eve essere largo alm eno 452 metri. Mentre, osserva Jacquier, per un obelisco di piedi 73. 73. 3/ 4, pari a 21,74 21,74 metri, la la p recedente coordinata diventa di metri 142.6 ed occorre quindi un lastricato di 285 metri di lunghezza. Tirando le somme, sembra un'impresa impossibile quella di stabilire sulla base dei documenti storici, la vera a ltezza d ell'obeli ell'obelisco, sco, con con o senza b ase. Assumend o il palmo romano pari a m t. 0,2 0,264 64 68, le misure date da Rudolfino Venuto danno per l'obelisco una lunghezza (compresa la base) pari a metri 30,09, in buono accordo anche con la lunghezza p revista revista d a Buchner. Buchner. Ma se adottiamo per esempio le misure romane come specificato nel libro "Spazio e Tempo. Vita e costumi dei Romani antichi", di A. Dosi-F. Schnell, ed. Quasar, già citato nel testo, si ha che il Palmus maior , usato nel tardo Impero, equivaleva a 12 dig-
iti , pari a 0,222 metri, mentre 1 pes = 4 palmi = metri 0,296 ; 1 decempedes o pertica = 10 piedi = 2,960 metri e quindi 1 piede = 0.296 metri. Quindi, le misure di Venuto, diventano 114 palmi x 0,22 0,2222 metri met ri = 25,30 25,30 metri me tri che somm ata alla base di 4,21 metri dà una'ltezza dell'obelisco pari a 29,5 29,511 che ci sembra tra le p iù v erosimili, erosimili, in accordo con quanto scrive Plinio. Prendendo l'indicazione data in alcuni codici pari a 95 piedi (XXCV), e sottraendo 9 piedi come dice Plinio, si ha 86 piedi, p ari a m etri 25,4 25,456 56 che che som mati alla base di 4,21 metri dà un'altezza totale di 29,6 29,666 metri, anche q uesta in ottimo acc accordo ordo con le misure probanti. L'indicazione di Buchner, di 100 piedi romani, diventa : 29,63 metri. Per una latitudine prossima a quella del Campo Marzio , di circa 41° 51' e adottando tre diverse misure per l'obelisco gnomone, si ottengono i seguen ti da ti: (i (i calcoli calcoli sono effettua effettua ti col program ma "Meridiane" "Meridiane" dell'ing. dell'ing. Gianni Ferrari di Modena)
Altezza obelisco: 100 piedi romani secondo Buchner = 29.42 metri
Lunghezza linea meridiana (compresa tra le due curve dei solstizi invernale ed estivo): 53.9 metri Pun to estremo dell'ora temp oraria 1 d all'obelisc all'obelisco: o: 249 249.3 .3 metri Distanza linea eq uinoz iale dall'obelisc dall'obeliscoo (sull'intersezione con la linea m eridiana): 26.7 26.7 metri
Altez za obe lisco ado ttando ttando 1 palmo romano antico pari pari a 0.296 0.296 metri = 29.63 29.63 metri
Lunghezza linea meridiana: 54.4 metri Pun to estremo d ell'ora ell'ora temp oraria 1 dall'obelisco: dall'obelisco: 251 251 metri Distanza linea equ inoziale dall'obelisco: dall'obelisco: 27 metri
Altezza obelisco secondo il testo di Plinio 85.3/4 piedi - 9 piedi = 76.3/4 piedi x 0,296 = 22.62 + 4,21 (base) = 26.84 metri
Lunghezza linea meridiana: 48.3 metri Pun to estremo dell'ora temp oraria 1 d all'obelisc all'obelisco: o: 227 227.4 .4 metri
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da Dizionario UTET, voce "palmo".
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Distanza linea equ inoziale da ll'obelisc ll'obelisco: o: 24.4 24.4 metri Le prime du e misure concordano concordano abbastanza bene con il piano top ografico ografico e la la sovraap posizione d ell'orologio come proposto da Buchner. La terza misu ra av vicina vicina la linea equ inoziale all'obeli all'obelisco sco di circa 3 metri. Troppo pochi per ipotizzare una disconnessione del piano urbanistico di Augusto se rivolto all'esaltazione e divinizzazione della propria immagine. Infatti, se egli in qualche modo volle paragonarsi agli antichi faraoni, e verosimilmente al grande Ramsete II, imitando l'effetto del tempio di Abu-Simbel, (in determinati giorni dell'anno il sole illumina illumina le statue d el faraon faraon e ricavate dentro una lunga caverna all'interno di una montagna) non lo possiamo sa pere. Il sole, sole, nei giorni d i equinozio, sorge esattamente ad est, cioè in direzione della linea equinoziale la quale, essendo rivolta perfettamente verso l'Ara Pacis, è ovvio
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conclud conclud ere che che i raggi del sole nascente vada no ad illuminare il monumento augusteo. Ed è ancora più invitante invitante sup porre che l'imp l'imp eratore avesse avesse predisp osto un qu alche altare, o qua lcosa lcosa di simile, su cui i raggi del sole, all'alba del suo compleanno, risplendessero della sua gloria. Tre metri, quindi, non sono molti per sviare una ipotesi del genere, per cui anche un obelisco di 26 metri di altezza, come indicato da Plinio, potrebbe rientrare nelle supposizioni. Per finire, l'unica cosa che che resta d a fare per scopr ire esattamente quanto era alto l'origi l'originario nario gnom one, sarebbe quella di riuscire a determinare la lunghezza della linea meridiana, mediante altri scavi, conosciuta la quale si ha immediatamente l'altezza dell'obelisco come fatto realizzare da Augusto.
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BIBLIOG BIBLIOGRAF RAFIA IA ES S EN ZIALE ZIALE AUTORE
TITOLO
EDIZIONE
Agrippa C. Angeli Da Barga P. D'Onofrio Cesare Marucchi Orazio Mercati M. Pigafetta F. Andreola Amina Cipriani Giovanni AA.VV. Bandini A.M.
Trattado di trasportar la Guglia in su la piazza di S. Pietro Commentarius de obeliscus.... Gli obelischi di Roma Gli obelischi egiziani di Roma De gli obelischi di Roma d'intorno all'historia della aguglia et alla ragione del muoverla Obelischi a Roma Obelischi egizi. Politica e cultura nella Roma barocca Obelischi di Roma De obelisco Caesaris Augusti e Campi Martii ruderibus nuper eruto commentarius Commentarium epistolicum de Sesostridis Augusti et Benedicti XIV obelisco Su i 12 obelischi egizi che adornano la città di Roma Gli obelischi: storie e leggende Nuova raccolta degli obelischi et colonne antiche dell'alma città di Roma Gli obelischi Gli obelischi egiziani di Roma Cenni generali sugli obelischi egiziani di Roma Dell'obelisco di Cesare Augusto scavato dalle rovine di Campo Marzio Interpretatio Obeliscorum Urbis De origine et usu obeliscorum Disquisitiones Plinianae
Roma, Zanetti, 1583 Firenze, Sermartelli, 1589 Roma, Bulzoni, 1967 Roma, Loecher, 1898 Roma, Basa, 1589 Roma, Grassi, 1586 Roma, Nuova ed. Spada, 1978 Firenze, Olschki, 1993 Artemide, 1995 Roma, 1750
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Ungarelli L.M. Zoaga G. Rezzonici (Comite a Turre A.J.) Orlando-Castellano Camillo Plinio il Vecchio Donati Zaccaria F. A. Muller G.C. Moroni Romano Gaetano Pietrangeli C. Bosticco S. Habachi L Kastl H, Olaf H. Buchner E. Romano P.
Frammenti dell'obelisco di Montecitorio
L'Urbe, Roma, 1964 n° 5
Storia Naturale De' Dittici Storia letteraria d'Italia De obelisco gnomone Augusti Caesaris Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica Via del Corso Frammenti inediti dell'obelisco campensea I segreti degli obelischi Gli obelischi di Roma e le loro epigrafi die Sonnenuhr des Augustes, Orologi di Roma
Fantoni Girolamo
La meridiana di Augusto
Pietrangeli C. Marchetti Longhi Gatti Lanciani R. Lanciani R. De Rossi G.B. Vacca Flaminio AA.VV. Albertini De Rossi G.B.
Via del Corso in "Atti V Congr. Naz. Studi Romani in "B.C." L'itinerario di Einsiedeln Storia degli scavi di Roma Note di topografia romana Memorie... Diario Ordinario de Roma prisca et nova... Pomponius Laetus de vetustate urbis
Libro XXXVI, cap. 10 sec. XVIII Tomo II, 1750 1706 Vol. XLVIII p. 185, Venezia, 1748 1961 "Aegyptus" XXXVII, 1957 newton compton, Roma, 1978 Roma, Edizioni d'Italia, 1970 Mainz, 1982 Roma, Anonima Romana Stampa, 1943 Orologi. Le misure del tempo, 12 Technimedia, 1988 1961 pp. 39-40 II, 531-544 LXVIII (1940) pp. 266-268
Boscovich Maffei Scipione Flavius Blondus Nardini
Epist. Ad Bandinus num III fol. XIV Epist. Ad Bandinus num. VI fol. XLVIII Romae Instauratae Roma Antica
Nicola Severino
Roma, 1842 Romae, 1797 1767
1882 pp. 49-87 1594 Roma, anno 1748 Mazochi 1510 Studi e docum. Di stora e diritto, anno III, 1882 sec. XVIII sec. XVIII lib. II Roma, 1666
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