eCre Orang am• Act. 7
Q
uella settimana Misato fu completamente assorbita dai test scolastici e io finii per rimpiangere le belle giornate in cui avevamo potuto pranzare insieme. «Che succede Ikeda-san?», richiamò la mia attenzione una compagna al corso di cucina. «I tuoi biscotti sembrano pronti, se li tieni ancora a cuocere si bruceranno», me li indicò. «Oh, sì, grazie», corsi ad estrarli dal forno. «Non è da te essere così distratta», scherzò. «In effetti ero con la testa tra le nuvole», presi un lungo respiro. «Miyuki-chan, perché non li porti al capitano?», mi si avvicinò Yukino. «Ma... non saprei... è così impegnata» «Su, non fare quella faccia insofferente», mi dette un colpetto col gomito. «Tra poco andrà agli allenamenti, potresti farle una sorpresa e aspettarla all’uscita della palestra, no? La farai sicuramente felice», mi strizzò un occhio complice. «Ah... sì, potrebbe essere un’idea», mi sentii immediatamente meglio davanti a quella prospettiva. «Certo che sei incredibile Ikeda-san!», sospirò la ragazza accanto a Yukino. «Dev’essere così bello stare col capitano...» «Io avrei preferito che ti mettessi con Yamato-kun», commentò Anamura che non aveva mai nascosto la delusione per la mia scelta. «Ehi, buone voi! Miyuki-chan ha tutte le carte in regola per stare con Fujiwara», si mise in mezzo Yukino. «Mentre Yamato-kun non le ha per stare con Miyuki», la guardò torva. «Ok, ok, Yukino-chan, torna al tuo impasto per favore», la spinsi via. «Però Yamato-kun adesso non sta più con nessuna, è sulla piazza», commentò un’altra ragazza dai capelli rossi. «Allora è vero che si sono lasciati?», iniziò un improvviso chiacchiericcio. «Sì, e sembra che Asakawa si veda con un ragazzo di terza» «Con uno di terza? Chi?», s’incuriosì Yukino infilandosi nella discussione. «Anche lui gioca nella squadra maschile di basket con Yamato. Si chiama Shingo Aoki», alzò le spalle Anamura. «È un tipo ordinario per stare accanto a una come Asakawa. Chissà cosa ci trova d’interessante in lui» 144
«Forse sono solo pettegolezzi», sbottai all’improvviso lasciando tutte sorprese, compresa la mia migliore amica. «Sì, potrebbe essere... Non volevo parlare male di Asakawa», si scusò la ragazza allarmata dal mio tono di voce. Tutti tornarono ai rispettivi compiti, tranne Yukino che rimase a darmi una mano a disporre sul pianale di marmo i biscotti per farli freddare. «Sei nervosa?», chiese a bassa voce. «Forse hai davvero bisogno di vedere il capitano» «Oh, andiamo, Yukino-chan... sai che non sopporto le malelingue», mi giustificai. «Sì, lo so. Comunque i biscotti sono pronti e, cosa più importante, sono davvero buoni», ridacchiò lei mordendone uno. «Sono contenta che ti piacciano, puoi prenderli se vuoi» «Li avrei presi anche senza il tuo consenso», mi fece la linguaccia. Finalmente riuscii a far scivolare via la tensione e a concentrarmi sul problema del momento: dove potevo mettere i pasticcini da portare al capitano? Alla fine mi procurai un piccolo contenitore a forma di cuore e, salutate Yukino e le mie compagne di corso al termine del laboratorio, corsi subito verso la palestra. Volevo arrivare il prima possibile, forse sarei stata così fortunata da vedere Misato giocare in campo: “Cos’è questa sensazione?”, strinsi una mano al petto sentendomi insolitamente euforica. “Mi sto... innamorando di lei?”, corsi lungo il viale alberato, impaziente di vedere il capitano e darle i biscotti, quando un rumore sordo vicino al magazzino mi fece frenare bruscamente. “Che succede?”, mi avvicinai preoccupata alla ‘stanza delle necessità’. Delle voci provenivano dal retro, sembrava ci fosse un litigio in corso. Mi sporsi senza farmi vedere e riconobbi immediatamente Aoki, l’amico di Yamato che avevo preso a bastonate nel bagno dei ragazzi, lo stesso di cui avevano parlato poco prima al laboratorio. Accanto a lui c’erano altri due studenti che non avevo mai visto, uno dei quali davvero ben piazzato e con un’espressione decisamente poco rassicurante. «Allora, vuoi fare ancora la preziosa?», sentii dire a quest’ultimo. 145
“Stanno molestando una ragazza!”, m’innervosii cercando di scorgere chi fosse la malcapitata. I miei occhi si dilatarono nel momento in cui riconobbi Rei accerchiata dai tre: «Lasciatemi in pace!», cercò di ribellarsi intimorita. «Ehi!», le prese il mento tra il pollice e l’indice Aoki. «Non dovresti essere così acida», la tirò a sé. «Si può sapere cosa volete?», cercò di divincolarsi Rei senza riuscirvi. «Stai ferma! A quanto ne so, non dovresti essere una che fa troppe storie, no?», ridacchiò il ragazzo. «Vogliamo solo divertirci un po’ con te», concluse lascivo avvicinandosi pericolosamente a lei. Rei strinse istintivamente gli occhi e portò le braccia al volto per difendersi. «Stai buona adesso», le premette una mano davanti alla bocca mentre gli altri due si avvicinavano ancora di più, chiudendosi a cerchio. Non appena vidi le mani di Aoki muoversi con l’intenzione di alzarle la gonna della divisa scolastica, sentii il sangue andarmi alla testa. «Non azzardarti a toccarla!», urlai avventandomi su di loro, colpendo il ragazzo ben piazzato alla schiena con una delle vecchie sedie abbandonate sul retro, poi afferrai per il polso l’amico di Yamato e glielo girai dietro la schiena dandogli un colpo secco e facendolo cadere in ginocchio. Aoki urlò dal dolore e in un attimo lo spinsi via lasciandolo a terra mentre mi difendevo dai colpi del terzo ragazzo che si era avventato su di me appena aveva visto i suoi amici in difficoltà: «Non avresti dovuto metterti in mezzo!», mi tirò un calcio ad altezza stomaco ma io lo parai a doppio gomito e gli afferrai il piede sferrandogli un colpo mirato al ginocchio. «Shingo!», urlò il mio aggressore cadendo di schiena. «Mi si è girata la rotula! Aiutami!», cominciò a piagnucolare. Mi rimisi subito in posizione di difesa: Aoki era ancora a terra che si teneva il braccio e guardava il suo amico, vicino a lui, dimenarsi dal dolore, ma il terzo ragazzo era sfuggito dal mio campo visivo in un momento di distrazione e d’improvviso mi arrivò un colpo alle spalle che mi scaraventò a terra. 146
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«Cosa vuoi tu, eh?», mi si avventò contro il meglio piazzato dei tre. «Miyuki!», urlò Rei disperata, correndomi in contro. «No, stai lontana!», le dissi spingendo via col piede il ragazzo che era sopra di me e aveva tentato di afferrarmi per la camicia. «Scappa!», mi rialzai parando malamente un altro colpo al viso. «Stupida, non sai in che guaio ti sei cacciata», digrignò i denti lui bloccandomi alle spalle. «Adesso ci divertiremo un po’», si leccò le labbra. «Lasciala andare!», iniziò a colpirlo sulla schiena Rei, ma il ragazzo le dette una spinta allontanandola. «E ora a noi due», tornò a stringermi con forza. «Miyuki!», riprovò ad avvicinarsi Rei. «Ti ho detto di andartene!», le gridai di nuovo cercando di mantenere la concentrazione. «Non ne avrò ancora per molto», fissai negli occhi il ragazzo e colto il momento giusto gli sferrai una ginocchiata nello stomaco: lui cadde a terra privo di sensi, lasciando gli altri due compagni increduli. «Oh, mio Dio!», mi corse incontro Rei. «Stai bene?» «Sì, sto bene», lanciai uno sguardo sprezzante verso Aoki che si era rialzato in piedi, ma era rimasto a distanza. «Vieni presto!», la presi per la mano trascinandola via di lì. Corremmo a perdifiato e solo nel momento in cui ci trovammo sulla strada principale riuscii a sentirmi più tranquilla. Riconobbi in lontananza il capitano e Yamato che stavano uscendo dalla palestra e li chiamai a gran voce. «Miyuki!», arrivò a passo svelto Misato, poi mi guardò in faccia e sbiancò. «Che cos’è successo?» «Siamo state aggredite», le risposi col fiatone. «È stato Shingo Aoki, insieme ad altri due suoi amici», mi girai furente verso Yamato che rimase impietrito. «Stavano per...», guardai in direzione di Rei che era immobile e sembrava sotto shock. «L’amico di Ryo?», esclamò Misato incupendosi. «Dove sono ora?» «Quello meglio piazzato è svenuto dietro il magazzino, gli altri forse stanno scappando!», sentii salire la rabbia. «Vanno fermati!» «Sì, ci penso io», si fece avanti Yamato in collera. «Misato chiedi alle ragazze del club di darci una mano per favore» 148
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«Lo faccio subito», annuì lei. «Miyuki... tu», si girò verso di me. «Devi andare subito in infermeria», mi si avvicinò. «No, verrò con voi e...» «Sei ferita e piena di lividi», m’interruppe tirando fuori dalla borsa un fazzoletto. «Ma io...» «Devi farti medicare», mi premette delicatamente il pezzo di stoffa sulle labbra facendomi sobbalzare. «Vedi?», disse in tono severo. «Non è niente!», ribattei. «Asakawa, tu stai bene?», chiese lanciando un’occhiata alla mia capoclasse. «Sì, sto bene», rispose Rei cercando di ritrovare la sua compostezza. «Ok, allora accompagna Miyuki in infermeria per favore» «Sì, certo» «Ti raggiungerò appena avremo sistemato tutto», disse con voce tesa e dolce allo stesso tempo. «Miyuki...», fece il gesto di accarezzarmi i capelli, ma non lo terminò: i suoi occhi si abbassarono un istante per poi tornare a fissarmi in modo strano. «A dopo», mi dette le spalle correndo verso le ragazze della squadra. «Ma cosa...», abbassai anch’io lo sguardo, capendo qual’era stato il motivo della sua reazione, poi mi girai verso Rei che sembrava a disagio. «Andiamo?», chiese e in quel preciso istante le nostre mani si sciolsero. *** I corsi pomeridiani erano finiti, il silenzio era calato sull’edificio e io e Rei sembravamo le uniche rimaste nella scuola. “Chissà che fine hanno fatto gli altri”, sospirai preoccupata. «Ecco qui, abbiamo finito», disse Rei riponendo il disinfettante e i cerotti. «Che aspetto orribile», sbuffai guardandomi allo specchio dell’infermeria. «Erano solo dei taglietti, non posso andare in giro con la faccia piena di cerotti» 150
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«Non agitarti così tanto, sono solo tre!» «Appunto, ho solo tre graffi!» «Non toccarli!», si avvicinò Rei impedendomi di toglierli. «I tagli sono ancora aperti, non smetteranno di sanguinare!» «Smetteranno se prendono un po’ d’aria», le bloccai le mani. «Sai quanti me ne sono fatti in vita mia?», mi ribellai. Rei spalancò gli occhi. «Beh, cosa c’è ora da guardarmi così?», mi voltai verso lo specchio appena in tempo per vedere una grossa goccia di sangue cadermi sulla camicia. «Oh, no! Accidenti!» «Non puoi stare un attimo tranquilla?», s’innervosì Rei prendendo subito dal contenitore un fazzolettino di carta. «Come faccio a calmarmi, sai cos’hai rischiato oggi?», mi ripulii la bocca dal sangue. In realtà ero davvero allo stremo delle forze e non ero ancora riuscita a scaricare lo stress accumulato: se non fossi intervenuta la situazione sarebbe potuta degenerare. «Miyuki...», mi chiamò Rei sfiorandomi il volto con una mano, facendomi riprendere da quel pensiero. Il cuore mi balzò in gola non appena le vidi socchiudere gli occhi e, senza preavviso come al solito, le sue labbra si adagiarono delicatamente sulle mie. Ero immobile, tesa e febbricitante allo stesso tempo: avevo quasi dimenticato cosa si provasse nel ricevere un suo bacio... Rei mi tirò a sé mentre la sua bocca si muoveva con prudenza sulla mia. La sua morbida lingua sembrava voler ripulire dal sangue e dal dolore la ferita che mi ero fatta. Non riuscii a ribellarmi a quell’incantesimo, non ne avevo le forze e neppure il coraggio. «Va meglio adesso?», poggiò la sua fronte alla mia. «Non dovevi farlo…», chiusi gli occhi cercando di ritrovare un respiro regolare. «Ma ti sei calmata, vedi?», rise debolmente. «E hai anche smesso di sanguinare», mi sfiorò l’angolo della bocca. «Rei...», le strinsi la mano fermandola. «Ti prego... non farmi questo» 152
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«Scusami», mi guardò sofferente. «Non lo farò più», disse infliggendomi una lenta e dolorosa fitta in petto prima che le sue braccia si stringessero intorno al mio collo. «Non lo farò più...» ripeté poggiandomi la fronte sulla spalla e lasciandosi andare a un pianto sommesso. Quando Misato entrò nella stanza mi trovò così, in quella posizione, abbracciata a Rei che aveva pianto fino ad addormentarsi. «Che quadretto romantico», bisbigliò lanciandomi un’occhiataccia. «È crollata…», mi giustificai dispiaciuta. «Si è spaventata» «Lo immagino», disse in tono più comprensivo sedendosi accanto a me. «Li abbiamo trovati ed è intervenuto il preside in persona» «Il preside?» «Sì, è per questo che ci abbiamo messo tanto. Scusami se ti ho fatto aspettare», mi accarezzò i capelli tradendo una certa ansia. «Io sto bene ma lei...», abbassai gli occhi su Rei che aveva la testa poggiata sul mio petto. «Non devi preoccuparti, tra poco sarà qui sua madre» «Davvero?» «Sì, le ho già spiegato tutto», guardò altrove. «Sarà qui a momenti» «Bene, allora...», feci l’atto di svegliare Rei, ma Misato me lo impedì baciandomi all’improvviso. «È... tutto ok?», chiesi preoccupata per la sua reazione. «Scusa, ne avevo davvero bisogno», disse accarezzandomi una guancia. «Rimani con lei, verrò a chiamarvi non appena sarà arrivata Ritsuko-san», scivolò via dalla stanza come un gatto. *** I tre ragazzi che avevano aggredito Rei furono espulsi immediatamente dall’istituto e la notizia messa a tacere. Il magazzino vicino la palestra, la famosa ‘stanza delle necessità’, fu chiuso e barricata la strada che portava sul retro. Rei, dopo aver testimoniato con me davanti al comitato studentesco, smise di venire a scuola. 155
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«Il capoclasse è assente anche oggi», commentò Yukino sedendosi al suo banco. «Già», risposi sconsolata. «Stasera la chiamerò per sentire come sta» «Hai il suo numero di cellulare?» «Non so se Rei abbia un cellulare... comunque la chiamerò al numero di casa, quello ce l’avrà sicuramente mia madre» «A proposito di madri… Prima ho visto entrare la madre di Asakawa in presidenza» «Davvero?», balzai in piedi. «Sì, potremmo chiedere a lei ma... sta per iniziare la lezione» «Vado io, tu coprimi!», sgattaiolai fuori dalla classe cercando di dribblare gli ultimi ritardatari che si apprestavano a entrare in aula. Quella faccenda aveva lasciato a tutti uno strano segno addosso: Yamato si sentiva responsabile per il comportamento del suo amico, nonché compagno di squadra, Shingo Aoki, che tutti avevano creduto essere il nuovo spasimante di Rei, dato che cercava in tutti i modi di attirare la sua attenzione. Misato, sempre più distaccata, sembrava essersi eclissata nel suo mondo ed io mi sentivo a pezzi... Rimasi davanti all’ingresso del preside finché non vidi uscire la madre di Rei. «Miyuki-chan, che ci fai qui?», si meravigliò Ritsuko. Cinque minuti dopo eravamo sedute alla caffetteria della scuola a sorseggiare un tè caldo. «È incredibile», disse la donna. «Sarei venuta in ogni caso a cercarti, sai? Per questo mi sono stupita nel trovarti fuori dall’ufficio del preside» «Davvero?» «Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per mia figlia», mi sorrise e tirò fuori dalla borsa un pacchetto regalo. «Rei mi ha chiesto di darti questo» «Per me?» «Sì, ha detto che non aveva ancora avuto modo di dartelo e di non preoccuparti per lei», disse con voce flautata porgendomi il dono. «È vero che sta bene?», presi tra le mani il pacchetto ringraziando. 157
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«Mi ha chiesto di poter stare a casa da scuola qualche giorno perché trova pesante sostenere gli sguardi compassionevoli dei compagni di scuola», alzò le spalle. «Mia figlia è fatta così» «Solo questo? Forse si è davvero messa paura», abbassai gli occhi sentendomi irrequieta: non volevo che a Rei rimanesse il trauma di essere stata aggredita. «Sì, sicuramente quel giorno ne ha avuta ma... non tanto per se stessa», mi fissò. «Credo che il suo vero spavento sia stato vederti fare a pugni con tre ragazzi per aiutarla. Non ha fatto che ripetermi che tu l’hai difesa mettendoti seriamente in pericolo», mi sorrise in modo strano e io la guardai senza riuscire a dire niente. «Perché non vieni a trovarla uno di questi giorni? Le farà piacere», concluse Ritsuko prima di congedarsi. Anche quel giorno Misato mi salutò in modo sbrigativo. Non capivo cosa fosse successo ma sembrava che tutti fossimo stati protagonisti di quell’aggressione, non solo Rei. “Mi chiedo quando torneremo alla normalità”, rimuginai seduta sul mio letto scartando il regalo che mi aveva consegnato Ritsuko. “Non posso crederci...”, sgranai gli occhi tirando fuori dalla scatola il peluche che avevo preso tra le mani il giorno in cui Rei mi aveva chiesto di accompagnarla al negozio di articoli da regalo. C’era anche un biglietto: “Grazie per quello che hai fatto per me. Rei”. “Riesce sempre a spiazzarmi”, mi lasciai cadere all’indietro riprendendo tra le mani il piccolo tigrotto. «Se fosse vero quello che ha detto Ritsuko-san... allora...», mi rialzai di colpo. «Ok, piccolino, tu hai bisogno di un nome, no?», risi stringendolo al petto. Il pomeriggio successivo saltai le lezioni pomeridiane e andai a casa di Rei accompagnata da mia madre. A Misato mandai un messaggio per avvertirla, ma lei rispose come al solito parecchie ore dopo... Cominciai a pensare che dietro al suo comportamento ci fosse qualcosa di più serio che non gli studi e gli impegni. Sul momento decisi però di lasciar correre: volevo sistemare una cosa alla volta e intanto avrei iniziato dalla mia amica d’infanzia. «Ben arrivate!», Ritsuko accolse calorosamente me e mia madre. 159
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Per percorrere il viale alberato che portava a villa Asakawa ci erano voluti diversi minuti e l’ingresso dell’immensa proprietà era a dir poco principesco. «Dov’è Rei?», chiesi guardandomi intorno un po’ spaesata. «Non le ho detto che saresti venuta, volevo farle una sorpresa», mi strizzò un occhio la donna. «È in giardino, sul retro della villa e sta giocando con i nipotini della governante, non ti sarà difficile trovarla», m’incoraggiò. «Va bene, allora... posso passare di qua?», indicai un lato della villa immersa nel verde. «Sì, costeggia il muro fino alla fine e ti ci troverai di fronte», mi sorrise. «Vi farò preparare del tè», prese dalle mani di mia madre il vassoio di dolci che avevamo portato. «Sarà un graditissimo spuntino pomeridiano», concluse con il solito tono di voce flautato. Mia madre seguì Ritsuko in casa e io mi avventurai sul retro del giardino: “Certo che gli Asakawa non se la passano male, eh?”, commentai tra me e me, impressionata dall’enorme fontana circondata di statue di marmo che s’intravedeva. “Sembra il set di un film e... c’è qualcosa di familiare in questo posto... che ci sia già stata?”, mi sentii trascinare indietro nel tempo, poi dei gridolini attirarono la mia attenzione facendomi tornare coi piedi per terra: «Non posso crederci...», rimasi a bocca aperta nel vedere Rei bendata che giocava a mosca cieca con due bambini. «Rei-chan! Sono qui, sono qui!», correva ridendo la bimba dai capelli neri a caschetto. «Adesso ti prendo, Ami!» «No, Rei-chan, sono qui!», batteva le mani e sghignazzava l’altro bambino dai folti riccioli castani. «Preso!», esclamò Rei euforica, ma quando si tolse la benda dagli occhi e si rese conto che il braccio che aveva afferrato era il mio, il sorriso le scomparve all’istante dal volto. «Tu?» «Posso giocare anch’io?», chiesi divertita. «Rei-chan, chi è?» 161
«Rei-chan è una tua amica?» Rei rimase immobile senza dire una parola. *** «Ritsuko-sama, non occorre che diate la merenda anche ai miei nipotini», disse la governante poggiando le tazze di tè sul tavolino nel salotto della villa. «Yumiko-san non devi preoccuparti, e poi Shinji-chan e Ami-chan hanno fame dopo aver corso tutto il pomeriggio, vero?», sorrise Ritsuko avvicinando le paste che avevamo portato ai due bambini. «Grazie Ritsuko-sama», dissero entrambi in coro. «Che carini, sono così ben educati», commentò mia madre intenerita. «Ami ha cinque anni e Shinji ne ha appena compiuti sei. Sono davvero deliziosi», riprese Ritsuko. Li osservai mentre composti, l’uno al fianco destro e l’altra a quello sinistro di Rei, mangiavano il loro bignè al cioccolato. «Vi piacciono?», domandai. «Tantissimo!», rise Ami-chan. «Non ho mai assaggiato dolci così buoni!» «Neppure io! Posso averne un altro?», chiese il piccolo Shinji-chan. «Ma certo tesoro, prendi», rise Ritsuko allungandogli di nuovo il vassoio. «Che bella compagnia abbiamo oggi cara, non trovi?», si rivolse a sua figlia. «Già», rispose Rei con gli occhi sulla sua tazza di tè fumante: sembrava tornata fredda come al solito. Per tutta la merenda, nonostante i bambini le fossero vicini, non le vidi più l’espressione felice di poco prima sul volto. Cercai di intavolare un discorso con lei, ma non fu facile. Solo dopo che Shinji e Ami ci ebbero salutate per rientrare a casa, riuscii a rimanere un po’ da sola con Rei e parlarle. «Questa è la tua stanza? Wow!», esclamai entrando in quella che sembrava la camera di una principesse delle favole. «Non sapevo che saresti venuta» «Lo so… tua madre mi ha detto che non ti aveva avvisata», mi sedetti sulla trapunta rosa di un letto estremamente soffice. «Com’è morbida!», mi stesi catturata da ogni cosa che avevo intorno. 162
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«Miyuki, cosa stai facendo?», mi fissò Rei perplessa ancora in piedi davanti a me. «Sì, scusa…», mi ripresi. «Sono impressionata… e non solo per la casa», risi. «Che vuoi dire?» «Ci sai fare coi bambini», le feci l’occhietto. «Diventerai sicuramente una mamma bravissima» «Chi lo sa…», sfuggì al mio sguardo. «I bambini sono così pieni di vita», commentò in modo strano. «Ah, già! Dobbiamo trovargli un nome», decisi di cambiare discorso tirando fuori dalla borsa il peluche che mi aveva regalato. «Che cosa?», sussultò mentre le sue guance diventavano immediatamente più rosse. «Che carina», risi ancora. «Ti stai prendendo gioco di me?», protestò sedendosi al mio fianco. Sembrava finalmente più rilassata rispetto a poco prima. «No, affatto», mi ricomposi. «Dicevo che... dobbiamo trovargli un nome» Rei mi fissò, poi il suo sguardo si posò sul piccolo peluche. «Che ne dici di Tora?», gli sfiorò la punta di un orecchio con le sue dita affusolate. «Molto bene», strinsi tra le mani il tigrotto. «Sei contento del tuo nome, Tora-chan?» «Certo che sei proprio buffa», esclamò e sul suo volto comparve un’insolita espressione: sembrava intenerita dal mio gesto. «Perché buffa?» «Beh... dare un nome al peluche non è buffo?» «No, assolutamente. Non l’hai mai fatto prima?» Rei scosse la testa lasciandomi sorpresa. «Bene, allora lo abbiamo scelto insieme per la prima volta», esclamai con entusiasmo stringendole d’istinto una mano. Le guance di Rei avvamparono nuovamente, provocandomi un insolito piacere. «È da te fare questo tipo di cose», sospirò. «Forse per fare dolci così buoni si deve avere un carattere come il tuo» 164
«Che vuoi dire?», mi meravigliai per quell’affermazione. «Ci metti tanto sentimento e si sente mangiando le cose che cucini, non si tratta solo di essere esperti del mestiere» «Oh, che bel complimento, grazie! Ti sei aggiudicata il bento per un giorno a tua scelta della prossima settimana», ridacchiai. «Guarda che ti prendo in parola», ribatté assottigliando lo sguardo. «Poi che racconterai a Fujiwara?» Silenzio. «Potremmo mangiare tutte insieme, no?», ripresi un po’ impacciata. «Non credo sia una buona idea», socchiuse gli occhi poggiando le mani dietro di sé sulla morbida trapunta del letto. «Sarebbe bello andare tutte d’accordo», cercai di risultare convincente. «Sei stata una pazza a metterti in mezzo l’altro giorno», si girò di colpo verso di me. «Avresti potuto farti davvero male e... al di là che non me lo sarei mai perdonata...», lasciò per un istante la frase in sospeso. «Cosa credi abbia pensato Fujiwara?» «Ecco... io, non lo so... ma è stata un’emergenza» «Miyuki, io sono sicura che saresti intervenuta anche se al posto mio ci fosse stata un’altra ragazza in pericolo, perché ormai sto imparando a conoscerti» «Certo, è così infatti», risposi sincera. «Ma Fujiwara ti ha visto in quelle condizioni per colpa mia e si sarà presa sicuramente un doppio spavento» «Perché mi stai dicendo questo?», la fissai incerta. «Te lo sto dicendo in modo che tu possa pensarci bene prima di fare altre stupidaggini», disse Rei in tono severo. «Perché alla fine... sarai tu a starci male», concluse lasciandomi confusa. «Io... non riesco a capirti a volte, sai?», abbassai lo sguardo su Tora-chan. «Anche quel giorno in pasticceria, mi avevi chiesto di accompagnarti a comprare un regalo per una compagna di scuola e invece... Era tutta una messa in scena?» Rei rimase per un istante a guardarmi senza dire niente poi si avvicinò facendomi sussultare: i suoi occhi erano diventati profondi e imperscrutabili. 165
«Non ho mentito. Tu sei una compagna di scuola dopotutto», mi accarezzò la guancia con la sua mano delicata. «Volevo uscire con te e speravo di avere una possibilità prima che... ti vedessi con lei» Sentii un tuffo al cuore, come se fossi in caduta libera. «Rei, tu... ma perché?» «È così semplice Miyuki, davvero non capisci?», si ritrasse. «Mi interessi più di un’amica», concluse lasciandomi in balia dell’incendio che aveva preso vita dentro al mio petto. «Me lo dici adesso che ti interesso?», ribattei nervosa. «Non l’ho mai nascosto, perché ti stupisci tanto?», si mise sulla difensiva. «Pensi che se non fossi stata interessata a te ti avrei...», lasciò la frase in sospeso. «Infatti, è quello che cerco di capire dall’inizio!», sentii le gambe tremare. «Sei stata tu a dirmi che vivi i sentimenti a modo tuo... che non vuoi impegnarti e...» «Sono un’egoista», m’interruppe continuando a guardarmi in un modo che mi attraeva e metteva a disagio allo stesso tempo. «Non mi faccio problemi», si avvicinò di nuovo trasformandosi in quella Rei sensuale e intraprendente che ormai avevo imparato a conoscere. «Ma ciò non significa che io faccia questo genere di cose con tutti. Dovresti averlo capito ormai», concluse risentita. «Avevi detto che non ti saresti più comportata così», la bloccai quando ormai era troppo vicina. Il volto di Rei si abbassò sul mio collo trovandovi rifugio, baciandolo e provocandomi così un brivido caldo lungo la schiena. «Certo, non lo farò più senza il tuo consenso... sulle labbra», mi guardò con malizia. «Ciò non toglie che possa baciarti su altre parti del corpo, no?» «Oh, andiamo! Smettila di giocare adesso», la respinsi sentendo il petto andare definitivamente in fiamme. «Non puoi fare così» «Vedi?», si ritrasse svogliatamente. «È questo che intendevo. Tu non vuoi che io mi comporti in questo modo ed è proprio per questo che ti ho detto di non prendere troppo alla leggera quello che dici, o quello che fai...», mi bloccò i polsi nelle sue mani stendendomi di colpo sul letto. 166
«Se mi preparerai il bento io ne sarò felice e lo accetterò...», mi sussurrò all’orecchio. «Anche se dovessi mangiarlo davanti alla faccia arrabbiata di Fujiwara», mi sfiorò di nuovo il collo facendomi sfuggire un gemito. «Se mi darai la possibilità, non aspetterò che tu abbia scaricato il capitano di basket per riprendermi le tue labbra», si avvicinò a un soffio dalla mia bocca. «R-Rei...», sussurrai perdendomi nel profondo blu dei suoi occhi. «Adoro quando pronunci in questo modo il mio nome... dillo ancora», ansimò dandomi un violento colpo al cuore. Non so se ripetei di nuovo il suo nome come mi aveva chiesto o se lo immaginai soltanto, ma quando mi supplicò, chiedendomi il permesso di baciarmi, mi resi conto che non desideravo nient’altro al mondo. Un attimo dopo qualcuno bussò alla porta interrompendoci. «Rei-sama, potreste scendere tra poco? Le signore chiedono di voi», sentimmo dire dall’anziana governante. «Scendiamo subito», rispose Rei con voce accaldata, poi mi lasciò liberi i polsi e si ritrasse lentamente continuando a fissarmi. «Ha avuto un tempismo perfetto. Sei felice piccolo agnellino?» «È impossibile instaurare con te un normale rapporto d’amicizia», raccolsi il peluche che era finito sul tappeto, ignorando la sua battuta e nascondendo il mio vero stato d’animo. «Ti dispiace?», chiese Rei cercando ancora i miei occhi. «Sei bella e attraente. Questo lo sai bene», presi un respiro sostenendo il suo sguardo. «Ma mi sono impegnata con Misato. Non voglio tradirla e farla soffrire... non lo merita», dissi riprendendo il controllo della situazione. «Va bene», si morse il labbro inferiore Rei. «Scusami... te l’ho detto, sono un’egoista» «Se sai di esserlo, allora potresti lavorarci su, per te stessa e per la persona con la quale deciderai di iniziare un percorso insieme», l’affrontai. «Non si può essere egoisti quando si parla di coppia, perché è un rapporto basato sulla fiducia, sul rispetto e sul donarsi reciprocamente» Rei non rispose, si limitò a guardarmi con un’espressione provata e io non potei che sentirmi in colpa: da che pulpito era arrivato quel bel sermone? 167
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Prima di rientrare a casa, mentre eravamo sull’ingresso e mia madre stava salutando Ritsuko, Rei mi strinse le mani avvicinandomi a sé. «Non posso scusarmi per prima, sarei un’ipocrita», disse a bassa voce guardandomi intensamente. «Ma seguirò il tuo consiglio. Grazie ancora per quello che hai fatto per me», allargò le labbra in un sorriso. «Non ringraziarmi più», cercai di ricambiare il suo gesto d’affetto. «E… a proposito. So che ti da fastidio stare al centro dell’attenzione però... i nostri compagni sono davvero preoccupati per te, quindi... cerca di prendere la loro gentilezza per quella che è e non come un atto dovuto quando rientrerai a scuola, ok?» «Sì, credo di aver capito cosa intendi. C’è altro?» «No, a parte che...», ci pensai un attimo. «Yukino-chan è convinta che Yamato sia innamorato di Misato, sai?», esordii curiosa della sua reazione. «Kaneda è perspicace», fece un sorrisetto, confermando i miei sospetti. «Tu… lo sapevi dunque?» «Sbaglio o ti avevo detto che il rapporto tra me e Yamato lo avevamo stabilito fin dal principio?» «Sì, lo avevi detto…», abbassai gli occhi sentendomi una stupida: ora ero consapevole che Yamato non solo nascondeva i suoi veri sentimenti ma, con la sua superficialità e confidandosi con amici come Aoki, aveva anche messo Rei in pericolo. ***
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Orange Cream di Scarlett Bell
con i disegni di Aeryn Sun
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