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2 ct. A
«M
iyuki-san, sei bravissima!», esclamò la professoressa avvicinandosi. Le altre compagne seguirono il suo esempio. «Sei una professionista», batté le mani fissando i saccottini ripieni di cioccolato appena sfornati. «La ringrazio Anamura-san», feci un piccolo inchino con la testa e quando la rialzai l’insegnante aveva già addentato uno dei miei dolci. «È squisito!», commentò entusiasta facendomi arrossire. «Lei è troppo gentile» «Bene, ti andrebbe di aiutare anche le altre?», mi propose. «D’accordo...», accettai, sentendomi ancor di più in imbarazzo. «Dunque, puoi iniziare da loro», m’indicò un gruppetto di cinque ragazze che ben conoscevo. Una goccia di sudore freddo scese dalla mia fronte e d’istinto mi girai verso Yukino che non poté far altro che alzare le spalle con una smorfia: era ancora alle prese con la base del dolce, non poteva venire in mio soccorso. ‘Ok, forza’, mi feci coraggio avvicinandomi al gruppo. «Non sei obbligata», disse subito colei che la settimana prima mi aveva fatto lo sgambetto durante la partita, ma io la ignorai. «Dovete aprire le uova così», mostrai loro separando con delicatezza il tuorlo dall’albume. «Poi montiamo a neve» «Accidenti, come fai a essere così veloce e precisa?», si stupì la ragazza più alta. «È solo questione di abitudine» «Sembra che tu ti diverta», si fece avanti un’altra. «Infatti», le porsi due uova. «Prova anche tu» «Io sono imbranatissima Ikeda-san», sbuffò. «Prova a immaginare che sia un gioco. In questo modo sarà più facile riuscire a dividere le due parti», le strizzai un occhio. Tutte si misero subito all’opera. Non era stata una cattiva idea aiutarle, probabilmente ci sarebbe voluto ancora un po’ di tempo, ma avevano già iniziato a guardarmi in maniera diversa. Mentre mi allontanavo da loro soddisfatta, fui catturata da un altro gruppetto che sembrava estasiato mentre la ragazza in mezzo a loro stava guarnendo una torta con della panna montata. 30
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«Asakawa-san, ha un aspetto invitante», dissi cercando di attirare la sua attenzione. «La nostra capoclasse è bravissima in ogni materia», si fece avanti una delle compagne che la circondavano. «Tu che sei un’esperta di dolci, potresti confermarlo?», mi fece cenno di avvicinarmi. «Vediamo...», cercai lo sguardo di Asakawa. «Posso assaggiare questo pezzetto che hai scartato?» «Prego», si scostò di un passo. Portai il pandispagna alla bocca. Era imbevuto di liquore dolce e il cioccolato era ben amalgamato. «È delizioso», confermai girandomi ancora una volta verso di lei che come al solito era rimasta rigida e impassibile al mio commento. «Cos’hai usato per bagnare il pandispagna?» «Liquore di ciliegio», rispose indicandomi la bottiglia. «Lo produce la sua famiglia, sai?», intervenne un’altra ragazza. «Sul serio?», mi stupii. «Pensavo che tuo padre gestisse un’azienda di software» «Sei ben informata», disse Asakawa lasciando cadere la spatola sul ripiano. «I distillati sono una passione di mio nonno materno», mi guardò freddamente. «Capisco», sentii di nuovo uno strano brivido pervadermi. Quella ragazza era un mistero per me, sempre così austera e impeccabile. Dopo una settimana trascorsa insieme non l’avevo ancora vista sorridere una volta. «I tuoi genitori invece hanno una pasticceria, vero Ikeda-san?», mi richiamò la compagna di poco prima. «Sì, abbiamo aperto una pasticceria a Shibuya» «A Shibuya?!», esclamò un’altra che fino a quel momento era rimasta in disparte. «E come si chiama?» «L’abbiamo chiamata Paradiso» «Pa-ra-di-so...?» «Esatto», risi per le loro reazioni. Asakawa invece mi guardò in modo strano, come se non avesse capito quello che avevo appena detto. «È una parola italiana», le spiegai. 32
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«Lo so», rispose tornando a guardarmi come sempre. Non c’era niente da fare, non riuscivo proprio a capire cosa le potesse passare per la testa, ma dopotutto non ero costretta a fare amicizia con lei a tutti i costi. *** «Ciao ragazze, posso mangiare con voi?» «Accidenti ma sei una persecuzione!», esclamò Yukino guardando di traverso il nuovo arrivato. «Dai, non dire così Yukino-chan!», rise il ragazzo. «Non chiamarmi Yukino-chan, ci tengo alla vita e non voglio che quelle stupide oche delle tue ammiratrici vengano a tirarmi il collo», mimò una lama che taglia una gola. «Non ti facevo così fifona», la punzecchiò lui. «Ehi, voi due... basta adesso!», li bloccai. «Voglio mangiare serenamente il mio pranzo se non vi dispiace» «Ok, hai ragione. Senti, mi hanno detto che cucini come una dea e che hai anche una pasticceria... in Paradiso, è vero?», esordì Yamato facendo uno dei suoi soliti sorrisi irresistibili, lasciandomi interdetta. «Sento aria di guai...», dissi piano appoggiando la bibita sul tavolo, guardandolo con diffidenza. «Cosa vuoi ancora? Ti ho già detto che non entrerò nella squadra di basket, non insistere. Il basket non è il mio sport», conclusi decisa. «Certo ma... Ecco... c’è la partita per entrare in graduatoria a fine mese e allora pensavamo che forse potresti darci una mano» «Come farebbe a darvi una mano se non è iscritta?», s’incuriosì Yukino. «Vi spiego meglio. C’è un nuovo regolamento che permette ad alcune studentesse di partecipare sporadicamente alle varie competizioni, anche se non iscritte al club. È proprio il nostro caso, non è vero Miyuki-chan?» «Si può sapere quale delle due lettere ‘N’ e ‘O’, non ti è chiara?», m’innervosii. 34
«È solo una volta ogni tanto, che ti costa?» «Forse le costa che non le va?», intervenne Yukino succhiando rumorosamente dalla sua cannuccia. «Ma è per la nostra scuola! Insomma, tu non hai a cuore il nostro istituto?» «Sono appena arrivata Yamato-kun e...» «Chiamami Ryo, ti prego», m’interruppe facendomi un altro sorriso da rubacuori. «È inutile Miyuki-chan, è testardo, non la smetterà mai», si spazientì Yukino alzandosi in piedi. «Non andartene, ti prego», la richiamai. «Scusami, ma non lo sopporto più», mi salutò con la mano dopo aver vuotato gli avanzi del suo pranzo nel cestino e aver guardato storto il capitano della squadra di basket maschile. «Allora, come posso convincerti ora che siamo rimasti soli?», si avvicinò Yamato facendo scivolare il suo braccio intorno alle mie spalle. «Va bene!», mi alzai di scatto in preda al panico. «Evviva», esultò allungando le braccia al cielo come uno stupido. «Allora ti aspetto tra un’ora in palestra» «Ma... che cosa devo venire a fare in palestra se la partita è a fine mese, scusa?» «Solo per un’amichevole con le tue compagne, devo presentarti al coach e al tuo futuro capitano», mi fece l’occhiolino. «Ah, non te ne dimenticare, altrimenti mi farai fare brutta figura, eh!», mi raccomandò prima di andarsene tutto contento. «Accidenti, mi ha proprio incastrato», sbuffai incrociando le braccia. «Yamato è davvero simpatico, bello e di buon cuore, non trovi?» Mi voltai verso una delle sue fan che avevo aiutato a economia domestica quella mattina e che, se non ricordavo male, doveva chiamarsi Shizuru Anamura. «Beh, sì... sembrerebbe proprio così», risposi mettendomi sulla difensiva: non mi ero certo dimenticata il trattamento che mi aveva riservato la settimana prima insieme alle sue amichette. 35
«Tranquilla, non ce l’abbiamo più con te», mi guardò facendomi un sorriso. «Sei una bella persona Miyuki-san e... ci hai convinte» «V-vi ho... convinte? In che senso scusa?», balbettai perplessa. «Che tu saresti perfetta per Yamato, più di quel pezzo di ghiaccio di Asakawa», disse stringendomi le mani e guardandomi con una faccia inaspettatamente felice. ‘Oh, mio Dio!’, pensai cercando di mantenere la calma. «Ehm... Anamura-san... Stai correndo troppo. A me non piace Yamato in quel senso, ok?» «Beh, col tempo avrete modo di innamorarvi e noi... faremo tutte il tifo per te», fece un piccolo salto sul posto. Non ebbi il coraggio di ribattere. *** ‘In questa scuola sono tutti pazzi’, rimuginai trascinandomi stancamente fino alla palestra. Yamato era sulla porta che mi aspettava: «Eccoti, finalmente! Sei in ritardo, presto!», mi afferrò per un braccio conducendomi allo spogliatoio. «Ehi, che modi!», mi lamentai. «Sulla panca vicino al bagno c’è un cambio per te, ti aspettiamo, sbrigati!», disse spingendomi dentro poi richiuse la porta. Infilai pantaloncini e canotta, il completo era rosso scarlatto. Cambiai le scarpe, poi uscii e raggiunsi le altre che erano già in campo ad allenarsi. «Eccola, coach! È lei», Yamato mi indicò all’allenatore. «Miyuki Ikeda della classe seconda A», sorrise nella mia direzione. «Molto piacere coach», dissi facendo un inchino verso l’uomo. «Shingo Makimura. Piacere mio», mi dette un’occhiata da capo a piedi. «Sono davvero curioso di sapere se Ryo si è innamorato di te come atleta o solo perché sei una bella ragazza», rise facendomi arrossire. «Coach, falla giocare!», gli rivolse un sorrisetto di sfida Yamato. Ero così concentrata a guardare quei due che non feci caso alla figura che mi aveva affiancato, finché non avvertii un intenso profumo speziato avvol36
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germi. Mi girai verso la nuova presenza e rimasi a bocca aperta: se Rei Asakawa mi aveva lasciato senza parole per la sua incredibile bellezza da bambola di porcellana, la reazione nel vedere Misato Fujiwara non fu da meno. «Finalmente ci conosciamo, Ikeda-san. Tutta la scuola parla di te», mi sorrise dolcemente. «Sono Misato Fujiwara, il capitano della squadra» «Felice di conoscerti Fujiwara-san», dissi imbambolata a fissarla. Per un attimo mi chiesi come una ragazza del genere potesse giocare a basket. Io l’avrei trovata perfetta come maestra di cerimonia del tè: coi suoi capelli a caschetto scuri e lisci, gli occhi nocciola, le labbra rosse come fragole e i suoi modi raffinati. Non aveva davvero l’aspetto di una sportiva... ma ovviamente mi sbagliavo. «Giocate come se foste alla finale di campionato. Oggi si scelgono le titolari e le riserve», esclamò Makimura fischiando l’inizio della partita. La palla volò in aria, lanciata da Yamato che in quell’occasione avrebbe ricoperto il ruolo di arbitro, ed io saltai più in alto che potevo per prendere subito il vantaggio. Purtroppo davanti a me avevo proprio l’affascinante Fujiwara che con un rapido ed elegante movimento mi soffiò via il pallone dalle mani e lo lanciò alle sue compagne, pronte a riceverlo. ‘L’ho sottovalutata!’, atterrai malamente perdendo l’equilibrio. Feci appena in tempo a rimettermi in piedi per vedere il capitano segnare il primo punto da due. Tornando indietro nella sua metà campo si posizionò alle mie spalle. «Ti marcherò io», disse in un soffio tra i miei capelli. Mi girai verso di lei e sul suo volto si formò un sorriso strano. «Forse Ryo ha esagerato a tessere le tue lodi» M’irrigidii. Sul momento non riuscii a capire se cercasse di mettermi ansia per distrarmi dal gioco e valutare le mie capacità sotto pressione o se, al contrario, lo facesse solo perché anche lei aveva un debole per Yamato. «Ikeda-san!», mi chiamò una compagna lanciandomi la palla. La bloccai al volo ma, quando feci per voltarmi e attaccare, Fujiwara allargò le braccia impedendomi ogni movimento. Era alta almeno dieci centimetri più di me, veloce e sicura di se stessa. Il suo sguardo non tradiva la minima esitazione. 38
Non c’era possibilità di smarcarsi. Dovetti ripassare il pallone all’ala piccola che era corsa in mio aiuto. ‘Così non va!’, mi asciugai la fronte madida di sudore con il polso. Non mi ero mai sentita così a disagio nel giocare una partita di basket, neppure quando mi era capitato di confrontarmi con ragazzi molto più grandi di me. Sentivo le gambe pesanti e lo stomaco in subbuglio. «Ehi, guardia, che stai facendo?», mi richiamò il playmaker della mia squadra. «Devi darti una mossa», si arrabbiò. Non potevo darle torto. Io ero lì solo per passatempo e perché Yamato mi aveva costretto, ma loro si stavano giocando tutte il posto in prima squadra. «Ok, ci sono», le lanciai uno sguardo indicando il fondo campo, lei capì all’istante e in un attimo mi seguì lungo la linea facendomi un passaggio perfetto. Questa volta afferrai la palla e mi diressi sotto canestro, ma ancora una volta, nel momento del terzo tempo, la figura di Fujiwara si parò davanti a me facendomi muro. A quel punto trovai una soluzione lampo: poiché non avrei mai potuto forare la difesa del capitano e avrei perso l’occasione di segnare, feci scivolare la palla dietro la schiena e la ripassai alla playmaker che aveva seguito i miei movimenti. Fujiwara sgranò gli occhi mentre l’azione si concludeva: «Ma come...?», farfugliò. «Puoi impedire a me di segnare, ma in campo siamo in cinque», le feci l’occhiolino. «Bene, mi stai sfidando», mi guardò divertita. «Mi impegnerò al massimo con te» «Mi impegnerò anch’io», replicai tornando al mio posto. Fujiwara non mi tolse mai gli occhi di dosso ma, da brava giocatrice esperta, capì che marcarmi fissa non era la soluzione giusta e tornò a coprire a zona, lasciandomi finalmente un po’ più libera di agire. «Prendi pure l’iniziativa Ikeda-san, se poi ti trovi in difficoltà facciamo come prima», mi incoraggiò la playmaker della mia squadra. Non me lo feci ripetere due volte, iniziai a giocare senza pensare troppo alle responsabilità e non mi lasciai più distrarre dalla bravura di Fujiwara che veloce e precisa collezionava canestri. 39
«È incredibile», sbottai vedendola ricadere con eleganza dopo aver segnato dai tre punti. «Già, il capitano è stata ribattezzata dalle nostre avversarie come la pantera dell’Iroku», mi disse la ragazza che giocava come centro. «Nomigliolo azzeccatissimo direi», presi un respiro pronta ad attaccare di nuovo. Stavamo perdendo per ventuno a dodici. «Diamoci dentro!», esclamai partendo al contrattacco e al limite dell’area, vedendo tutte le mie compagne coperte, provai anch’io un tiro da tre prima di avere di nuovo addosso il capitano. La palla scivolò dentro la retina come fosse bagnata d’olio. Fujiwara mi guardò di nuovo con la stessa espressione di poco prima: sembrava sorpresa e divertita allo stesso tempo. Nel giro di pochi minuti ribaltammo la situazione portandoci in vantaggio. Finalmente avevo trovato il giusto affiatamento con le nuove compagne. Mancava pochissimo alla fine e lo scontro si fece ancora più acceso. Fujiwara infilò tre canestri da tre punti di fila, intercettò un nostro passaggio e servì la palla al suo centro che tentò di concludere a canestro. In prima battuta riuscii a bloccarla, ma un attimo dopo fui distratta da qualcuno che era appena salito sulle gradinate: ‘Asakawa!’, la fissai perdendo la concentrazione. Il centro della squadra di Fujiwara andò a segno. Mi girai ancora verso la mia compagna di classe che sembrò essersi resa conto di avermi distratto. ‘Accidenti, loro sono di nuovo in vantaggio di un punto’, strinsi i denti correndo palla alla mano verso il canestro avversario. Non volevo perdere. Di solito non ero così fomentata nelle gare, ma Fujiwara aveva riacceso in me la competizione e arrivata a quel punto non potevo mollare. M’imposi di non voltarmi più verso gli spalti, passai la palla a una compagna svincolandomi sulla sinistra e quando lei me la restituì entrai nell’area da tre secondi e spiccai il salto: «È fatta!», esclamai trovando il canestro libero. Presi la mira e lanciai. Ancora pochi istanti e avremmo segnato il vantaggio sulla prima squadra, dopo avremmo dovuto concentrarci solo sulla difesa. Rimanevano solo 40
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una manciata di secondi e mentre ricadevo a terra rimasi con lo sguardo incollato al canestro, in attesa di sentire ancora il suono con cui la palla scivola nella retina. Improvvisamente però, successe una cosa incredibile: la palla sparì davanti ai miei occhi! Fujiwara mi aveva sorpresa saltando in contro tempo, bloccando il mio sicuro canestro. Feci perno sul piede destro e tentai una mossa estrema per riprendermi il pallone, ma fu tutto inutile. «Hai cantato vittoria troppo presto», mi disse il capitano divincolandosi in un modo talmente fluido e aggraziato da ricordare davvero un felino. Rimasi a bocca aperta mentre la partita si concludeva con un suo ultimo canestro da tre. D’istinto mi girai di nuovo verso la gradinata dove avevo visto Asakawa, ma lei non c’era più. Delusa crollai a terra finché la voce di Yamato non mi richiamò: «Miyuki-chan, sei stata eccezionale, alzati che ho una bella bottiglietta d’acqua per te», disse su di giri lanciandomi un asciugamano. «Non dovresti essere contento... abbiamo perso», replicai ancora stesa a braccia aperte. «Giusto Ryo, non darle troppa importanza o si monterà la testa», sentii dire. «Fujiwara-san», tolsi l’asciugamano dagli occhi e lei mi sorrise. «Bene, io tolgo il disturbo», fischiettò Yamato lasciando a lei la bottiglietta dell’acqua a me destinata. «Ehi, dove vai?», mi alzai di scatto a sedere. «Come vedi c’è un’altra partita da arbitrare», mi strizzò un occhio. «Sei in buone mani», trotterellò in campo. «Siamo venti ragazze, forse anche in questa partita ci saranno delle candidate per la rosa ufficiale», disse la sempai facendomi segno di seguirla. Mi alzai stancamente, ero incredula: possibile che non fosse a pezzi dopo aver giocato in quel modo? «Dì, Fujiwara-san, sei un alieno per caso?», chiesi prendendo dalle sue mani l’acqua, bevendo mezza bottiglia tutta d’un fiato. «Un alieno?», sgranò gli occhi l’altra ragazza prima di scoppiare in una risata. «Sei davvero divertente Ikeda-san» 42
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«Sono realista. Andiamo, come fai a essere così tranquilla e riposata dopo una partita del genere? Io sono a pezzi» «È solo questione di allenamento», disse sedendosi sugli spalti davanti al campo, proprio dove poco prima avevo visto Asakawa. «Perché invece di venire a giocare sporadicamente non ti iscrivi al nostro club?», mi fissò negli occhi. «Come ho spiegato a Yamato, il basket non è il mio sport», distolsi lo sguardo da lei. «Non voglio obbligarti ma... è un peccato», sospirò. «Con una guardia come te al mio fianco potremmo fare grandi cose» «Scusami per prima... sono stata presuntuosa», dissi ancora a testa bassa sentendomi una stupida per come mi ero comportata. «Di che cosa dovrei scusarti? Ti ho provocata», si voltò verso di me cercando di attirare la mia attenzione. «Ryo mi ha parlato così tanto di te che volevo vedere come ti saresti comportata sotto pressione», concluse sfiorandomi una spalla con la mano. A quel contatto sobbalzai. «Ecco... io... In effetti lo avevo capito», arrossii sentendola avvicinarsi. «Mi stai dicendo che sono prevedibile?», chiese sfiorandomi i capelli con la mano. «Adesso sì che potrei offendermi», rise. Sentii il volto avvampare: Fujiwara era un incrocio tra Catwoman e un’attrice di takarazuka. Sexy, affascinante e allo stesso tempo delicata ed eterea. «Allora, possiamo contare su di te?», lasciò scivolare tra le sue dita i miei capelli. «S-sì... cercherò di fare il possibile», incrociai i suoi occhi sentendomi andare a fuoco le guance. «Molto bene, grazie... Miyuki», sorrise gentile. *** Una volta tornata in classe per le pulizie pomeridiane, Yukino mi raccontò tutto su di lei: «Sempai Fujiwara è un’altra celebrità dell’istituto. Deve svuotare l’ar44
madietto ogni mattina perché è sempre strapieno di lettere d’amore da parte di ammiratori e ammiratrici», si avvicinò al mio orecchio. «Si vocifera che addirittura una delle professoresse abbia un debole per lei», sussurrò. «Davvero?», sgranai gli occhi. «Vuoi dire che ha più ammiratori di Asakawa?», chiesi senza pensare. «Ne ha molti anche la capoclasse ma... da quando hanno iniziato a circolare le voci su lei e Yamato la sua popolarità è calata», alzò le spalle. «Comunque si parla del capitano della squadra di basket, credo sia normale. Sai che la chiamano la pantera nera dell’Iroku?» «Questo l’ho saputo», incrociai le braccia. «È davvero bravissima e affascinante. Il suo stile non ha niente da invidiare a un professionista», commentai. «Wow, il capitano ha fatto breccia nel tuo cuore?», rise Yukino premendomi un dito sul petto. «Piantala», risi. «Però... sì, è una persona che non lascia indifferenti» «Allora ti iscriverai al club di basket?» «No, ma gli darò una mano», mi appoggiai al banco e mi accorsi di una cosa importante. «Ho dimenticato la cartella nello spogliatoio!», corsi via lasciando Yukino con lo spazzolone in mano e lo sguardo incredulo. «Ehi, devi tornare, hai capito? Non voglio pulire da sola!», si agitò. Quando arrivai in palestra non c’era già più nessuno e per un attimo ebbi paura che la mia cartella fosse stata presa o nascosta. Per fortuna invece era rimasta dove l’avevo lasciata, sotto a una panca. «Meglio tornare in classe ora o Yukino si arrabbierà davvero», ridacchiai saltellando lungo la strada e, passando vicino alla famosa stanza delle necessità, mi chiesi se qualcuno la stesse utilizzando in quel momento. Come in risposta alla mia domanda, dal suo interno sentii provenire il rumore di oggetti che cadevano a terra. «C’è qualcuno davvero...», mi fermai davanti alla porta. Non so perché lo feci, non ero solita sbirciare o fare cose del genere, ma fu come se una forza misteriosa mi avesse attratto come una calamita. Mi spostai sul retro e il cuore iniziò a correre più veloce mentre compivo 45
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quel gesto sconsiderato: dalla cartella estrassi il mio specchietto e, trovata una vecchia sedia abbandonata, ci salii sopra. Allungai il braccio e mi misi in punta di piedi per far arrivare lo specchio all’altezza dell’unica piccola finestrella. ‘Vediamo chi c’è in questa stanza e di che cosa ha bisogno...’, girai lo specchietto in modo che riflettesse l’interno. ‘Non riesco a vedere niente, è buio pesto... Forse in realtà non c’è nessuno’, pensai un po’ delusa, ma di colpo lo specchietto mi rivelò chi era nascosto nella penombra e cosa stava facendo. Il mio cuore sembrò fermarsi di colpo: «Oh, mio Dio!», esclamai portando la mano alla bocca. Le mie gambe cedettero, persi l’equilibrio cadendo all’indietro facendo un gran baccano. «Accidenti! Devo andarmene subito!», afferrai la cartella correndo velocemente via da lì. ‘Non avrei dovuto essere così curiosa, sono stata una vera stupida!’, mi maledii tra me e me, consapevole che quell’immagine, impressa come una fotografia nella mia mente, non mi avrebbe più abbandonata. ***
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Orange Cream di Scarlett Bell
con i disegni di Aeryn Sun
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