Mariologia TB1030 - Mariologia: La beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero (cr. 3 - sem. I) di Cristo e della Chiesa Obiettivi didattici: Presentare agli alunni la figura e la missione di beata Vergine Maria nel mistero di Cristo e nella Chiesa, con attenzione speciale ai misteri della fede in Maria Contenuti delle lezioni: L'importanza, natura e attualità della Mariologia; Maria nella Sacra Scrittura, nella Patristica, e dal finire dell'età patristica fino al Concilio Vaticano II, Documenti post-conciliari; approfondimento sistematico: la divina maternità di Maria; Maria sempre Vergine, Immacolata Concezione; l'Assunzione di Maria; la cooperazione di Maria alla redenzione; Il culto della Beata Vergine; le apparizioni mariane. Modalità di svolgimento: Le lezioni frontali e discussione nell'aula. Modalità di verifica: Esame orale finale. Bibliografia: DEL GAUDIO, D., Maria di Nazaret. Breve trattato di Mariologia, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2014; FARKASFALVY, D., The Marian Mystery. Outline of a Mariology, New York, St Paul, 2014; COGGI, R., Trattato di Mariologia. I misteri della fede in Maria, Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2011; DUCAY, A., La prediletta di Dio. Sintesi di Mariologia, Roma, Aracne Editrice, 2013. Introduzione Maria di Nazaret, il primo amore del mondo1 è l’icona di ogni persona umana, nella sua interezza. “Maria è l’icona del mistero cristiano nella sua interezza; è la sintesi di ciò che il Dio trinitario opera per l’uomo; e nel contempo la sintesi di ciò che la creatura è resa capace dal suo Dio”2. Maria appare grande agli occhi di ogni credente cristiano, anzi eccelsa, definità “piena di grazia”, colma di privilegi. Questi privilegi, mentre la innalzano su tutti gli uomini e donne, non la estraniano da essi. Maria non è una aliena; Lei non è una Dea3. Lei fa parte della nostra umanità, peccatrice e redenta. Maria è totalmente relazionata agli uomini, fatta loro modello e ad essi donata come benefattrice. Maria, pur sempre figlia d’uomo, è 1 Fulton J. Sheen, The World’s First Love, Ignatius Press, San Francisco 1996 [original edition 1952]. 2 Bruno Forte, Maria, la donna icona del mistero, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 20055, 103. 1
sorella universale e madre di una nuova vita per tutti. Perciò, Maria è una di noi e una per noi. Avendo la missione di essere Madre del Redentore e Madre degli uomini redenti dal suo Figlio, Lei è per tutti. Basta pensare sua continua intercessione per la Chiesa e per tutti noi. Maria è nata per il servizio dell’Incarnazione del Figlio di Dio e della salvezza della umanità intera. Con Maria dobbiamo essere riconoscenti della grandezza della vocazione umana, cioè di essere figli adottivi di Dio Padre e fratelli e sorelle del suo unico Figlio Gesù Cristo. Conoscere Maria di Nazaret vuol dire entrare nel mistero di una donna che Dio ha posto al centro della storia della salvezza4, come Madre e Serva del Verbo incarnato, e per tale dono, è divenuta Madre della Chiesa e dell’umanità redenta dal suo Figlio. Così, veniamo conoscere le radici della nostra fede, l’azione di Dio al nostro favore, e il nostro vero destino, secondo il progetto primordiale di Dio. Così afferma Vaticano II, nel Lumen gentium: “Maria riunisce per così dire e riverbera in sé i massimi dati della fede” (LG 65). Ciò significa che esaminando la persona e l’opera della Beata Vergine noi veniamo illuminati sugli aspetti più importanti del mistero cristiano. Dunque, veniamo conoscere l’immagine più bella e completa dell’essere persona umana, abbellita dalla grazia di Dio. Non va dimenticato, inoltre, che Maria per essere l’icona protologica, antropologica ed escatologica della Chiesa, è stata anche costituita quale “Chiesa riuscita”5. Lei è intimamente unita alla Chiesa dal fatto che la Chiesa è Corpo mistico di Cristo, e Lei genera il Cristo totale, capo e corpo insieme. Nel Redemptoris Mater, Giovanni Paolo II scrive del legame intimo tra Maria, Cristo e la Chiesa: “Presentando Maria nel mistero di Cristo, il Concilio Vaticano II trova anche la via per approfondire la conoscenza del mistero della Chiesa. Come Madre di Cristo, infatti, 3 Cf. Francesco Zerrillo, “Prefazione”, in Daniela Del Gaudio, Maria di Nazaret. Breve trattato di mariologia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2014, 6. 4 Antonio Ducay, La prediletta di Dio. Sintesi di mariologia, Aracne Editrice, Roma 2013, 9: “Maria non constituisce il centro del disegno di Dio – esso infatti spetta a Gesù Cristo, che rimanda sempre alla sacra Trinità –, ma è inserita per volontà divina al centro del disegno. Per questo motivo non è possibile conoscere in profondità la verità cristiana se non si ha una conoscenza ugualmente approfondita della dottrina mariana”. 5 Cettina Militello, “Chiesa”, in S. De Fiores - V. Ferrari Schiefer - S.M. Perrella (edd.), Mariologia. I Dizionari, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2009, 257-267, citato da Del Gaudio, cit., 11. 2
Maria è unita in modo speciale alla Chiesa, «che il Signore ha costituito come suo corpo». Il testo conciliare avvicina significativamente questa verità sulla Chiesa come corpo di Cristo (secondo l'insegnamento delle Lettere paoline) alla verità che il Figlio di Dio «per opera dello Spirito Santo nacque da Maria Vergine». La realtà dell'incarnazione trova quasi un prolungamento nel mistero della Chiesa-corpo di Cristo. E non si può pensare alla stessa realtà dell'incarnazione senza riferirsi a Maria - Madre del Verbo incarnato” (RMter 5). Certamente, il mistero di Maria risulta collegato anche ad altri misteri della nostra fede. Per cui, è necessario esaminare quale sia la natura esatta della trattazione teologica che riguarda la Beata Vergine. In questo corso di Mariologia, cercheremo ad approfondire la nostra conoscenza della vita di fede di Maria, Madre di Dio, Madre della Chiesa, a partire dalla Parola di Dio, e attingendo dalle risorse della Tradizione vivente della Chiesa, dai concilii, dalla Liturgia, dagli scritti del Magistero e dai teologi. Studieremo i suoi dogmi, il suo significato per la fede e per la comunità ecclesiale, nonché il rapporto che i credenti da sempre hanno con Lei anche mediante il culto liturgico, la pietà popolare, e la spiritualità cristiana intesa come stile mariano da assumere in ordine al Regno di Dio6. Vaticano II, nel Lumen gentium nel capitolo VIII, chiarisce il ruolo della beata Vergine Maria nel mistero di Cristo e nella Chiesa. Seguiremo le orme del Vaticano II nel nostro studio perché esso “intende illustrare attentamente sia la funzione della beata Vergine nel mistero del Verbo incarnato e del corpo mistico, sia i doveri degli uomini redenti verso la Madre di Dio, Madre di Cristo e Madre degli uomini” (LG 54). Come dice Gianni Colzani, “nella sua maternità ritroviamo la certezza della grazia di Dio che risplende nel Signore Gesù così come il fondamento e il modello della nascita della Chiesa”7. Possiamo conoscere Maria solo partendo dal suo Figlio come dice il Signore che dal frutto conosciamo la natura dell’albero. Gesù essendo Figlio di Dio e Figlio di Maria, ci rivela chi è la sua Madre e quale ruolo Ella debba avere nella vita di ognuno di noi (cf. il dialogo tra il Professore e ragazzo). D’altronde la conoscenza di Maria ci apre nuovi orizzonti per conoscere il mistero di Dio e della Chiesa rivelato in Gesù Cristo. A proposito la Congregazione per l’Educazione Cattolica afferma: “La storia della teologia 6 Cf. G. Söll, Storia dei dogmi mariani, LAS, Roma 1981; S. De Fiores, “Storia della mariologia”, in Mariologia. I Dizionari, 1162-1177. 7 Gianni Colzani, Maria, mistero di grazia e di fede, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1996, 6. 3
attesta che la conoscenza del mistero della Vergine contribuisce ad una più profonda conoscenza del mistero del Cristo, della Chiesa e della vocazione dell’uomo. D’altra parte, lo stretto vincolo della beata Vergine con il Cristo, con la Chiesa e con l’umanità fa sì che la verità sul Cristo, sulla Chiesa e sull’uomo illumini la verità concernente Maria di Nazaret”8. La conoscenza reciproca sulla verità di ambedue poli ci aiuterà ad avere una sintesi della nostra fede. Il teologo cattolico Henri de Lubac scrive: “La fede cattolica riassume simbolicamente nella Vergine Santissima, nel suo caso privilegiato, la dottrina della cooperazione umana alla Redenzione, offrendo così come la sintesi o l’idea madre del dogma della Chiesa”9. Lo studio della mariologia deve portare ad una più intensa conoscenza della personalità e missione di Maria e così esso deve stimolare ad una rigorosa spiritualità mariana che veda nella beata Vergine Maria la madre e guida nell’itinerario di conformazione a Cristo nella Chiesa, un “paradigma della teologia cristiana”, un “modello rivelatore”, come afferma il noto mariologo francese René Laurentin10. Lo studio mariologico dovrà aiutarci ad avere una gioiosa relazione con la Madre del Nostro Signore e così lo Spirito Santo possa risvegliare in noi le verità della fede della Chiesa e che la gloria di queste verità, risvegliate, diventi alimento per il cammino personale e per la testimonianza comunitaria11. Breve storia del trattato di Mariologia: Dove possiamo collocare la Mariologia in teologia? La Mariologia costituisce un trattato a sé, oppure i problemi mariologici vanno esaminati nel contesto di altre tematiche? San Tommaso d’Aquino, per esempio, li esamina all’interno della Cristologia, però vi sono dei temi mariani che potrebbero essere studiati anche all’interno di altri contesti, come nei trattiati sulla
8 Congregazione per l’Educazione Cattolica, “La Vergine Maria nella formazione intellettuale e spirituale” (25 marzo 1988), 18: Enchiridion Vaticanum, vol XI, EDB, Bologna 1991, n. 303, 224-225. 9 H. De Lubac, Meditazione sulla Chiesa, Paoline, Milano 1963, 392. 10 René Laurentin, Maria, chiave del mistero cristiano. La più vicina agli uomini perché la più vicina a Dio, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1996, 9-14. 11 Gianni Colzai, cit., 6. 4
Redenzione, sul peccato originale, sulla Chiesa, sull’escatologia ecc.12 Nei primi secoli del cristianesimo la riflessione sul mistero di Maria è intrecciata indissobilmente in relazione al mistero di Cristo Gesù, e si inserisce nelle grandi dispute cristologiche e trinitarie che hanno portato ai Concili dell’antichità e all’elaborazione dei Simboli della nostra fede. Basando sulle fonti scritturistiche i primi autori hanno impostato la riflessione su due prerogative mariane: la maternità divina e la verginità prima e durante il parto13. Queste tematiche hanno a che fare con il ruolo della Vergine in relazione al piano divino di salvezza preparato da Dio Padre e realizzato in Cristo per opera dello Spirito Santo. Gli scritti dei Padri contengono una mariologia implicita, ma molto chiara nei contenuti. Brevemente, Ignazio di Antiochia, contro i docetisti, presenta Maria come la madre vergine del Salvatore per sottolineare che la nascita storica di Cristo sia reale. Giustino paragona Maria ad Eva, madre dei viventi (Eva – disobbedienza, Maria - obbedienza; Eva – la morte nella sua stirpe; Maria – la vita e salvezza); Ireneo di Lione evidenzia la partecipazione attiva di Maria all’attuazione dell’Incarnazione del Verbo, per cui diviene “causa di salvezza per se stessa e per tutto il genere umano” (Ad. Haer. III, 18, 1). Tertulliano sottolinea l’unità dei misteri di Maria e della Chiesa, collegandoli alla virginità perpetua, intesa non solo in senso fisico ma anche spirituale. Nel quarto secolo il Concilio di Efeso (431) mette il punto fermo sul titolo di Maria, come Madre di Dio, nella disputa tra Cirillo di Alessandria e Nestorio, divenendo un caposaldo della riflessione patristica contemporanea (Efrem il Siro; Basilio, Giovanni Crisostomo, Gregorio Nazianzeno, Girolomo, Ambrogio, Agostino)14. Mentre Ambrogio fa la lettura mariologica alla poesia di Cantico dei Cantici (rapporto tra Cristo e Maria), Agostino dirà che il concepimento virginale di Cristo avvenne in Maria “prima nel suo spirito e poi nel suo grembo” (Sermo 215, 1). Egli chiama Maria, madre delle membra di Cristo “perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della
12 Roberto Coggi, Trattato di Mariologia. I misteri della fede in Maria, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2011, 10. 13 Daniela Del Gaudio, Maria di Nazaret. Breve trattato di mariologia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2014, 15.
14 Cf. L. Gambero, Maria nel pensiero dei Padri della Chiesa, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1991, 18-20. 5
Chiesa, i quali di quel capo sono le membra” (De sancta Virginitate, 6; cit. LG 53). Così, Maria è conosciuta e venerata come made amatissima. Il culto verso Maria nella Liturgia si sviluppò lungo i secoli. Romano il Melode e Giovanni Crisostomo hanno contribuito in questa direzione con le loro omelie. Come poi non ricordare il bellissimo inno Akáthistos del V o VI secolo, composto di ventiquattro strofe che magnificano il mistero dell’Incarnazione e della Theotokós. Nel medioevo, la dottrina mariana trova posto nelle Summe teologiche sempre in relazione alla cristologia e soteriologia, ossia nelle tematiche antropologiche. In questo periodo c’erano le importanti opere mariologiche di San Bernardo di Chiaravalle, Sant Antonio di Padova (che difende l’Assunzine di Maria in cielo), Alessandro di Hales, San Bonaventura di Bagnoreggio (che spiega il ruolo di Maria nel piano salvifico). San Bernardino da Siena offre il primo Tractatus de Beata Virgine, dove sono raccolti i suoi sermoni mariani15. Tommaso d’Aquino approfondisce il principio della maternità divina nella linea del pensiero agostiniano16. In età moderna lo studio del mistero di Maria punta sulle prerogative mariane in senso controversistico e difensivo a causa del mutato contesto e religioso, specialmente dopo la riforma di Lutero, Calvino e i loro seguaci. In questo periodo nascono le prime trattazioni sistematiche esclusivamente dedicate alla mariologia, come per esempio la summa sacrae mariologiae di Placido Nigido (1602). Il grande teologo gesuita Francesco Suarez († 1617), in base all’eccelsa dignità della Madre di Dio, affermerà la necessità di consacrarle una trattazione a parte, nella quale tutte le verità che a Lei si riferiscono vengano raccolte in un’unica sintesi. La famosa opera di San Luigi Maria Grignon de Montfort, Trattato della vera devozione a Maria (1712) e Le glorie di Maria di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, del 1750 vengono alla luce, spiegando il rapporto tra Maria, Cristo e il credente.
15 Cf. S.M. Cecchin, Maria Signora Santa e Immacolata nel pensiero francescano. Per una storia del contributo francescano alla mariologia, PAMI, Città del Vaticano 2001, 67-97. 16 Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, III, 35, 4: “Avendo la Persona divina assunto la natura umana fin dall’inizio della concezione, è chiaro che può dirsi con verità che Dio è stato concepito ed è nato dalla Vergine. Ma proprio per questo una donna è chiamata madre di una persona, perché l’ha concepita e data alla luce. Dunque, la Beata Vergine deve chiamarsi veramente madre di Dio”. 6
I trattati di Mariologia fioriranno soprattutto nella prima metà del XX secolo17, mentre nella seconda metà, anche prima del Concilio, cominciano ad affiorare delle perplessità, innanzittutto rigurada l’impostazione che bisognava darle. In fatti, Vaticano II, ha seguito un metodo specifico, collocando Maria nella realtà ecclesiologica, nel capitolo finale della Lumen gentium, collegando alla realtà escatologica18. La mariologia viene ristrutturata, in tal modo, sulle fonti originarie (bibliche e patristiche), tenendo conto dei risultati recente dell’esegesi, dell’archeologia, e delle altre scienze storiche, antropologiche ed ecclesiologiche. Maria è vista nel piano salvifico divino, al centro del mistero di Cristo e della Chiesa. Prima del Concilio, dal mondo ecumenico c’erano le voci opposte verso la teologia cattolica su Maria, soprattutto dal Protestantesimo. Scrive il teologo protestante Roger Mehl: “[Nella Mariologia cattolica] si raggiungono tutte le eresie del cattolicesimo: il potere autonomo conferito alla tradizione, il magistero dottrinale arbitrariamente dato al Sommo Pontefice e ai Vescovi, l’equivoco della dottrina del merito, lo sgorgare della grazia unica dal Padre che si frammenta in grazie particolari, che lasciano all’uomo la possibilità di meritare, la negazione della mediazione unica di Cristo, il misconoscimento della totale incarnazione di Cristo”19. Karl Barth era della opinione che la Chiesa Cattolica, nella dottrina e nel culto della Vergine Maria, presenta, difende ed esalta se stessa20. Si capisce bene le osservazione di Barth 17 I nomi di alcuni teologi che hanno contribuito a proposito: Yves Congar, Henri de Lubac, Karl Rahner, Hugo Rahner, Hans Urs von Balthasar, Jean Galot, Cipriano Vagaggini, Otto Semmelroth, Louis Bouyer, Edward Schillebeeckx ecc. 18 La votazione di 29 ottobre 1963 aveva un risultato in cui c’era qualche indicazione del inserimento dello schema mariano in quello della Chiesa. 1114 in favore del inserimento e 1074 erano in favore di tenere lo schema a parte. Cf. G.M. Besutti, Lo schema mariano al Concilio Vaticano II. Documentazione e note di cronaca, Marianum-Desclée, Roma 1966, 286. 19 Roger Mehl, Du Catholicisme romain. Approche et interprétation, Delachaux-Niestlé, Ginevra 1957, 91. 20 K. Barth, Dogmatique, 1-2, Labor et Fides, Ginevra 1954, 132-33: “Il dogma mariano non è nient’altro che il criterio dogmatico deteminante della Chiesa romana, a partire dal 7
perché egli parte da un principio specifico: solo Dio, solo Cristo, solo la grazia, solo la Scrittura. Qui non c’è posto né per Maria, né per la Chiesa. Questo non vuol dire tutti i Protestanti sono opposti alla mariologia. Ci sono risultati anche positivi usciti dall’ecumenismo. Un esempio eccellente sarebbe il libro di Max Thurian, dal monastero ecumenico di Taizé21. Dopo il Concilio ci sono stati studiosi protestanti che hanno sinceramente cercato di comprendere Maria secondo la Scrittura. Basileia Schlink, una studiosa delle opere di Lutero su Maria e confessa che lo stesso Lutero abbia venerato Maria, nel suo magnificat e nelle sue feste. Lei ammette di non aver preso il posto tra coloro che chiamano Maria beata, ciò che la stessa Sacra Scrittura dice22. Leggendo Lumen gentium su Maria, R. McAfee Brown scrive che mentre i cattolici hanno percorso una miglia nello stabilire il rapporto teologico su Maria, i protestanti hanno un obligo di andare la seconda miglia nel aprirsi ad esaminare con i loro fratelli cattolici per comprendere che cosa dice il Nuovo Testamento sul posto di Maria nella fede cristiana23. Ci sono anche altri studiosi protestanti che hanno contribuito, ad esempio, John de Satgé, J.A. Ross Mackenzie, Stephen Benko, Arthur Carl Piepkorn. quale conviene considerare tutte le sue decisioni e da cui dipende tutta la sua esistenza... È proprio nella dottrina e nel culto di Maria che risiede per eccellenza l’eresia della Chiesa cattolica romana, e da questa eresia si spiegano benissimo tutte le altre. Nel senso del dogma mariano la “madre di Dio” costituisce molto semplicemente il principio, il prototipo e il vertice dell’idea secondo cui la creatura umana collabora (ministerialiter) alla sua salvezza, sulla base di una grazia preveniente; perciò essa costituisce anche molto esattamente il principio, il prototipo e il vertice della Chiesa stessa”. 21 Max Thurian, Maria Madre del Signore immagine della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1980. L’autore era subpriore della comunità di Taizé fin dalla sua fondazione in 1940; si convertì al Catolicesimo nel 1988 e diventò sacerdote. 22 Basilea Schlink, Mary, the Mother of Jesus, Lakeland 1986, 114-115: “When Martin Luther bids us to praise the mother Mary,” she writes, “declaring that she can never be praised enough as the noblest lady and, after Christ, the fairest gem of Christendom, I must confess that for many years I was one of those who had not done so, although Scripture says that henceforth all generations would call Mary blessed (Luke 1: 48). I had not taken my place among these generations”. 8
Con ortodossi c’è una convergenza di fondo con noi. Per questo la loro presenza nel dialogo ecumenico è molto importante, perché essi possano recare un contributo decisivo al chiarimento e all’approfondimento del senso cristiano della pietà mariana. Le nuove tendenze mariologiche mirano a far comprendere come lo studio del mistero di Maria debba essere impostato in senso interdisciplinare e interculturale. La Pontificia Accademia Mariana Internazionale afferma: “Oltre che disciplina di raccordo, la mariologia è lo spazio di sintesi: la storia della salvezza, tutta, dalla predestinazione ab aeterno del Verbo incarnato alla Parousia del Signore, dalla Genesi all’Apocalisse, si centra e si riassume, in una certa misura, nella Madre di Gesù”24. Maria rimane sempre una donna in relazione, sia al suo Figlio Gesù, sia ad ogni persona umana, soprattutto alla Chiesa25. Attualità della Mariologia: Il mondo di oggi si sente una gravissima crisi dei valori civili, morali, religiosi, e in particolare di fede. Il Cardinale Ratzinger, nel suo celebre libro in cui viene intervistato da Vittorio Messori propone un rimedio che è molto efficace a proposito: “Un rimedio il cui prestigio sembra essersi oscurato presso alcuni cattolici, ma che è più che mai attuale. Tale rimedio ha un nome breve: Maria”26. Come Maria potrebbe essere il rimedio ai mali che l’umanità soffre? 23 R. McAfee Brown: “Catholics have gone a first mile in trying to re-establish theological rapport on this issue [on Mary], Protestants have an obligation to go a second mile in opening themselves to an examination with their Catholic brethren of what the New Testament says about the place of Mary in the Christian faith” (cit. Raniero Cantalamessa, Mary, Mirror of the Church, The Liturgical Press, 1992, 131) 24 Pontificia Academia Mariana Internationalis, La Madre del Signore: memoria, presenza, speranza. Alcuni questioni attuali sulla figura e la missione della beata Vergine Maria, PAMI, Città del Vaticano 2000, 27. 25 S.M. Perrella, “Maria persona in relazione nel magistero dei Vescovi di Roma: da Paolo VI a Benedetto XVI”, in Theotókos 18 (2010), 167-225. 26 V. Messori - J. Ratzinger, Rapporto sulla fede, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1985, 104. 9
1. Si sente, sul piano dottrinale, un oscuramento della coscienza di fede nei riguardi della divinità di Gesù. Però, la Beata Vergine può farci tornare alla vera fede perché Lei è venerata come Madre di Dio. Questa breve formula riassume tutta la dottrina cristologica (Gesù vero Dio e vero uomo). Chi nega la maternità divina di Maria, cade in qualche eresia antica condannata dalla Chiesa, come Docetismo, Adozianismo, Nestorianismo, Monofisismo ecc. Inoltre, non è difficile costatare come laddove si è indebolita la devozione alla Beata Vergine Maria si è pure indebolita la fede nella divinità di Gesù. 2. Sul piano esistenziale, vi è un pericolo di cadere in un eccessivo astrattismo per quanto riguarda la vita di fede. L’insistenza sullo studio esegetico critico per conoscere che cosa gli Evangelisti pensassero di Gesù, invece di portare gli studiosi all’incontro personale con la persona di Gesù, possano diventare scettici e così perdere la fede oppure indebolirla. Anche qui, Maria può aiutarci a “restaurare” quella devozione all’umanità di Cristo, che soprattutto san Bernardo in poi, ha illuminato la vita di fede. Questa devozione è necessariamente collegata, con vincolo indissolubile, alla devozione mariana: Ave corpus verum, natum de Maria Virgine. Lei che ha dato alla luce questa umanità di Cristo, l’ha avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia (cf. Lc 2, 7), e che secondo una pia tradizione, è stato deposto nelle sue braccia quando venne schiodato dalla croce (XIII stazione, via crucis). Il santo Rosario, il compendio del Vangelo, diventa anche quello dei misteri di Maria27. 3. Tra i fenomeni più preoccupanti del nostro tempo vi è la crisi della donna. Oggi la verginità e la maternità vengono ignorate oppure disprezzate. La conseguenza di questa mutata mentalità rischiano di essere catastrofiche per la Chiesa. Il sinodo straordinario sulla famiglia sta in atto in questi giorni (5-19 ottobre 2014). Le congregazioni delle suore, le vergini consacrate, le buone madri cristiane hanno sempre avuto un ruolo di primaria e decisiva importanza. Una Chiesa senza suore, persone consacrate, senza madri cristiane non sarebbe più la Chiesa che noi conosciamo, che ci ha dato tanti santi testimoni della verità della nostra fede. Ebbene, Maria ci aiuta a superare la difficoltà mettendo davanti a noi questo fatto singolare: la persona creata più nobile e più eccelsa di tutto l’universo è una donna che è Vergine e Madre28.
Capitolo I 27 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae (16 ottobre 2002), spec. capitolo II. 10
Maria nell’Antico Testamento
L’Antico Testamento parla di Maria Santissima? Maria è stata annunciata nell’AT? Ci sono due posizione estremi tra gli studiosi cattolici. -
Nulla nell’AT riguarda Maria. Gli scrittori sacri veterotestamentari non intesero
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parlare di lei. Maria è presente lungo tutto l’AT, perché tutte le figure parlano di lei in un modo o in un altro. Pseudo Barnardo afferma che “tutta la Scrittura parla di Maria” (Sermo 3, in Antiphonam Salve Regina, PL 184, 1069).
Dal quale punto di partenza possiamo trovare un accordo questi due estremi? Un non credente potrebbe al massimo ammettere che Maria di Nazaret è sorta dal popolo e dall’ambiente culturale d’Israele. Invece un credente non potrà negare che tutte le Scritture sono orientate verso Gesù Cristo. Siccome Maria è indissolubilmente legata a Cristo e ha un ruolo di primo piano nell’Incarnazione, è naturale che nel preparare la venuta di Gesù, l’AT metta in luce in vari modi la figura di Maria, sua madre. Perciò, dobbiamo iniziare a riflettere sul senso dell’AT perché esso è una preparazione alla rivelazione di Cristo e il suo Vangelo. Il testo di Scrittura può essere compreso in senso letterale che è inteso direttamente e prima di tutto dall’autore. Questo senso può essere proprio o metaforico, cioè figurato (es. uomo ride; il prato ride). Oltre al senso letterale c’è quello tipico, che riguarda non più le parole, ma le cose: esso si ha quando delle cose o dei fatti, riferiti nella Scrittura secondo l’intenzione di Dio, Autore principale, significano insieme un’altra verità più alta e nascosta. In altri termini: le realtà diventano figura di altre realtà note solo a Dio e a coloro a cui Dio vorrà rivelarle. Così si dice, ad esempio, che il passaggio del Mar Rosso è figura del nostro battesimo, che Adamo è figura (tipo) di Cristo, Eva, la madre di tutti i viventi, è figura di Maria, la madre di tutti i viventi in Cristo. C’è ancora un terzo senso in cui la Scrittura potrebbe essere compresa, detto senso pieno (sensus plenior) o profetico. Questo senso non era percepito ancora dall’autore umano, almeno chiaramente, ma era inteso da Dio, Autore principale della Sacra Scrittura. Esso viene colto da noi quando leggiamo il teso biblico alla luce della rivelazione successiva.
28 V. Messori - J. Ratzinger, Rapporto sulla fede,, 93-113; R. Coggi, Trattato di Mariologia, 13-15. 11
Qui si trova la risposta alla domanda posta all’inizio: l’AT parla di Maria? Se sì, dove e in che modo? Vaticano II, in Lumen gentium la spiega sinteticamente: I libri del Vecchio Testamento descrivono la storia della salvezza, nella quale lentamente viene preparandosi la venuta di Cristo nel mondo. Questi documenti primitivi, come sono letti nella Chiesa e sono capiti alla luce dell'ulteriore e piena rivelazione, passo passo mettono sempre più chiaramente in luce la figura di una donna: la madre del Redentore. Sotto questa luce essa viene già profeticamente adombrata nella promessa, fatta ai progenitori caduti in peccato, circa la vittoria sul serpente (cfr. Gen 3,15). Parimenti, è lei, la Vergine, che concepirà e partorirà un Figlio, il cui nome sarà Emanuele (cfr. Is 7, 14; Mt 1,22-23). Essa primeggia tra quegli umili e quei poveri del Signore che con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza. E infine con lei, la figlia di Sion per eccellenza, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova « economia », quando il Figlio di Dio assunse da lei la natura umana per liberare l'uomo dal peccato coi misteri della sua carne” (LG 55).
Con questa precisazione, ora possiamo trovare almeno tre testi che annunciano Maria (Gen 3, 15; Is 7, 14; Mi 5, 2-3). 1. Genesi 3, 15: il Protovangelo: “Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. Genesis 3:15 kai. e;cqran qh,sw avna. me,son sou kai. avna. me,son th/j gunaiko.j kai. avna. me,son
tou/ spe,rmato,j sou kai. avna. me,son tou/ spe,rmatoj auvth/j auvto,j sou thrh,sei kefalh,n kai. su. thrh,seij auvtou/ pte,rnan
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Fin dall’inizio della storia della salvezza si parla della figura di una “Donna” che “come aurora foriera di luce, porterà al mondo il Messia che libererà dalla schiavitù”29. Il brano che va sotto il nome di Protovangelo, annuncia all’uomo caduto nel peccato un Redentore, come segno di speranza e di misericordia. Contemporaneamente, esso anche annuncia la madre del Messia, la donna che sarà eterna nemica del demonio, avversario dell’umanità, dal cui seme nascerà colui che abbatterà per sempre questo antico avversario30. La stirpe della donna vincerà sulla stirpe del serpente? Cioè il bene vincerà sul male? Il testo non lo dice subito, perché i verbi “schiacciare” e “insidiare” sono per la verità espressi dall’unico verbo ebraico shuf. In tal senso parlerebbe della lotta senza indicare il vincitore. Nemmeno ci si potrebbe basare sulle rispettive posizioni della testa sotto il calcagno sia una posizione di inferiorità. Infatti, in Gen 49, 17 si conferisce a Dan, capo di una tribù di Israele, l’onore di essere “un serpente che morde il cavallo al calcagno” ottenendo così la vittoria, poiché “il cavaliere cade all’indietro”. La lotta testa-calcagno è umiliante per la testa me anche pericolosa per il possessore del calcagno. La speranza sta nella posizione dell’uomo che sta in piedi e in continuo dialogo con Dio a differenza del serpente. Dio si è preoccupato dell’uomo, e così dimostra la sua misericordia preparando le tuniche di pelle con le quali riveste Adamo e Eva (Gen 3, 21), mentre maledice il serpente. Vedendo tutta la storia di salvezza, questo brano, essendo in primo oracolo, indica verso il trionfo del bene sul male. Ma chi è che vince il serpente? La donna oppure la sua stirpe? La stirpe indica il senso collettivo mentre il serpente che rappresenta il diavolo è uno solo. I LXX hanno tradotto “la stirpe” con “sperma”, che è neutro, mentre chi schiaccerà la testa al serpente è indicato dall’autos, cioè, “egli”, al maschile. Il senso è quindi apertamente messianico: il vincitore del demonio sarà il Messia, discendente della donna. Chi è questa donna? Eva o Maria? Ci sono opinioni varie. Jean Galot fa la sintesi delle posizioni: “Eva è designata in senso letterale. Però Maria è intesa implicitamente, ed è forse questo il senso più importante, poiché è la vittoria sul serpente che interessa l’autore sacro”31. 2. Isaia 7, 14: La profezia dell’Emmanuele: 29 D. Del Gaudio, Maria di Nazaret, 24. 30 Cf. S. De Fiores, Maria e il mistero del male, a cura di S.M. Perrella, Ancora, Roma 2013. 13
“Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. dia. tou/to dw,sei ku,rioj auvto.j u`mi/n shmei/on ivdou. h` parqe,noj evn gastri. e[xei kai. saiah 7:14
te,xetai ui`o,n kai. kale,seij to. o;noma auvtou/ Emmanouhl
Il profeta Isaia aveva ricordato al re Acaz che la salvezza sta nella fede nel Signore: “Se non crederete, non avrete stabilità” (7, 9). Propone al re di chiedere un segno, ma Acaz si rifiuta di chiederlo (poiché ciò lo obbligherebbe a cambiare i suoi piani). Comunque, Isaia dice che il Signore stesso gli darà un segno. Chi sarebbe questo personaggio? Il figlio Acaz, Ezechia oppure qualcuno altro? Secondo la Bibbia di Gerusalemme (nella nota), in questa nascita regale, Isaia intravede al di là delle circonstanze presenti, un intervento di Dio in vista del regno messianico definitivo. La profezia dell’Emmanuele sorpassa quindi la sua realizzazione immediata e legittimamente l’evangelista (Mt 1, 23; 4, 15-16) e poi tutta la tradizione cristiana, vi hanno riconosciuto l’annunzio della nascita di Cristo. Dunque, il segno dato ad Acaz è secondo il senso letterale immediato la nascita di Ezechia, ma nel senso pieno o profetico, già intravisto dallo stesso profeta, è la nascita del Messia. Inoltre, quale è senso dato alla parola “vergine”, in ebraico almah? Ancora, la Bibbia di Gerusalemme nella nota così prosegue: “La traduzione greca porta “la vergine”, precisando così il termine ebraico almah, che designa sia una giovane sia una donna appena sposata, senza esplicitare ulteriormente. Ma il testo dei Settanta è un testimone prezioso dell’interpretazione giudaica antica, che sarà consacrata dal Vangelo: Mt 1, 23 troverà qui l’annunzio della concezione verginale di Cristo”. Perciò, anche il testo dell’AT debba essere interpretato nel senso pieno o profetico. Anche qui però vi sono degli autori che vedono il senso forte della parola “vergine” contenuto nel testo di Isaia letto secondo il senso letterale immediato. Essi insistono sul fatto che la parola almah implicherebbe sempre, almeno indirettamente, la verginità32. Così, il testo di Isaia 7, 14, secondo il senso pieno, ma forse
31 J. Galot, L’Immaculée Conception, in Maria, vol. 7, Beauchesne, Parigi 1964, 28-32, citato da R. Coggi, Trattato di Mariologia, 25. 14
anche secondo il senso letterale immediato, si riferisce al Messia e al suo concepimento e nascita da una vergine. Maria è quindi certamente implicata33. 3. Michea 5, 1-4: La partoriente di Betlemme: “E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele. Egli sarà là e pascerà con la froza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio. Abiteranno sicuri perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra, e tale sarà la pace...” Questo testo fu scritto una trentina d’anni dopo quello di Isaia che abbiamo esaminato, e con buona probabilità si riferisce ad esso: colei che deve partorire è l’“almah” di Isaia, anche se qui non si fa cenno alla verginità. Il testo dice sul Messia molte cose interessanti, che si riflettono ovviamente sulla madre. Innanzitutto afferma che egli nascerà a Betlemme. Poi dice che “le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti”. Questo può rimandare alla dinastia di Davide, ma forse vi si può vedere anche un riferimento al discendente della donna di Gen 3, 15. Possiamo anche intravedere secondo il senso pieno l’origine eterna del Verbo dal Padre. Il messia sarà anche un re pastore, che porterà la pace. Per quanto riguarda infine la madre, notiamo l’espressione solenne con cui viene indicata: “Colei che deve partorire”. La madre appare associata alla dignità del Messia. René Laurentin, a proposito dei tre brani citati fa tre interessanti osservazioni: a) La posizione di regina-madre nella corte orientale: una posizione più importante, legata all’onore e alla posizione del monarca. b) Le civiltà orientali divinizzavano i loro re. Pur avendo confutato dalla Bibbia per i re della terra, essa fu ripresa ed è applicata al figlio di Davide. Questa figliolanza prende dimensioni trascendenti nel Salmo 2, 7 e nel salmo 110, 3. A questo figlio di Davide si dà persino il titolo di Dio (Is 9, 5; Ps 45, 7).
32 Si veda, la trattazione di J.L. Bastero de Eleizalde, in Maria, Madre del Redentore, Edizioni Università di Navarra, Pamplona 2004, 90-92. 33 R. Coggi, Trattato di Mariologia, 26-27. 15
c) Nelle profezie si trascurano il ruolo del padre. Soltanto la madre è presa in considerazione (cf. Gen 4, 1 e 25, dove Eva attribuisce la generazione a Dio: “Ho acquistato un uomo dal Signore... Dio mi ha dato una prole”). Quindi nelle tre profezie, c’è qualche cenno verso la concezione verginale. Simboli e Figure dell’AT e Maria Coloro che vedono Maria dappertutto nell’AT, si riferiscono anche alle molte figure che vi si possono trovare di lei, o in senso tipico o certe analogie.
Maria primeggia tra i poveri del Signore i quali con fiducia attendono e ricevono da
lui la salvezza: anawim YHWH (LG 55). Maria, eccelsa figlia di Sion (Sof 3, 14-18), che significa che la vocazione della
Vergine ha una dimensione ecclesiale, proprio come è prefigurata da tale immagine. Maria, il roveto ardente (Es 3, 2), che arde e non si consuma, è simbolico della verginità di Maria nel concepimento e nel parto. Nei vespri del 1° gennaio leggiamo questa antifona: “Come il roveto che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua
verginità, Madre di Dio...” Il vello di Gideone (Gdc 6, 37-38), che riceve la rugiada dal cielo come Maria ricevette dal cielo il Figlio: “Hai compiutoo le Scritture quando in modo unico sei nato dalla Vergine; come rugiada sul vello sei disceso a salvare l’uomo” (Vespri del 1°
gennaio). L’Arca dell’Alleanza (Es 25, 10-22) era il segno della presenza di Dio. Maria è il Tempio vivo del Dio fatto uomo. L’Arca era di legno incorruttibile: il corpo di Maria fu preservato dalla corruzione del sepolcro. L’Arca fu trasferita nel Tempio di Dio (1 Cr 15, 3ss; 16, 1-2). Salmo 132 canta dell’Arca. Nelle Litanie lauretane Maria è
invocata come “Arca dell’Alleanza”. La Sposa del Cantico dei Cantici. Lo Sposo le dice: “Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia” (Ct 4, 7). La liturgia della festa dell’Immacolata Concezione così adatta il testo a Maria: “Tutta bella sei, o Maria; la colpa originale non ti ha sfiorato”. Un altro brano: “chi è costei che sorge come l’aurora?” (Ct 6, 10). Maria è l’aurora
che precede il vero sole, Gesù. Il giardino chiuso e la fontana sigillata (Ct 4, 12), sono simboli della verginità di
Maria. La sapienza (Pr 8, 22-36). La sapienza è talvolta personificata come nel passo indicato. Numerosi testi neotestamentari vi vedranno il Figlio di Dio, Sapienza
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incarnata. La Liturgia adatta questo testo anche a Maria, in quanto unita nel pensiero divino alla Sapienza incarnata e predestinata da tutta l’eternità a esserne la Madre. Numerosi personaggi, sopratutto le donne dell’AT sono visti come prefigurazione di Maria.
Sara, la madre di Isacco. Il Signore le dice: “C’è qualche cosa di impossibile presso il Signore?” (Gen 18, 14). L’Angelo dice a Maria: “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,
37). Abramo: Nostro Padre nella fede. Maria, nostra madre nella fede, perché lei ha creduto come Abramo e di più: perché creduto che lei essendo una vergine concepirà; doveva offrire in sacrificio il suo figlio sull’altare della croce, come Dio ha chiesto da Abramo, ma glielo ha risparmiato. In Abramo tutte le famiglie sono benedette; Maria
diventa la causa della nostra salvezza (Ireneo, cf. LG 58). Anna, madre di Samuele, ringrazia Dio per il dono della maternità con un cantico che
è un anticipo del Magnificat (cf. 1 Sam 2). Giuditta taglia la testa a Oloferne (Gdt 13) e le lodi che il popolo le rivolge per questa vittoria: «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra, e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici. Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non sarà dimenticato dagli uomini, che ricorderanno per sempre la potenza di Dio” (Gdt 13, 18-19); Elizabetta elogia Maria dicendo: “Benedetta tu fra le donne e
benedetto il frutto del tuo grembo!” (Lc 1, 42). Ester, la regina sposa del re Assuero, che intercede per la salvezza del suo popolo e la ottiene; è figura dell’onnipotente intercessione di Maria.
Fra tutte le prefigurazioni di Maria, quella che più realizza il senso tipico vero e proprio è la persona di Eva, secondo il parallelismo Eva-Maria che sarà sviluppato da Sant’Ireneo.
Capitolo II: Maria nel Nuovo Testamento Nel NT troviamo narrato storicamente il compimento delle promesse messianiche che ci presentavano la Donna, Vergine-Madre del Messia, consentendoci di identificarla precisamente con Maria di Nazaret34. A proposito dei testi mariani del NT, Ignace De La 34 Cf. D. Del Gaudio, op. cit., 31; A. Valentini, “I testi mariani di Paolo, Marco, Matteo e Luca 1, 46-55”, in E. Dal Covolo - A Serra (edd.), Storia della mariologia, 1. Dal modello 17
Potterie osserva che, “Ciò che conta non è l’abbondanza dell’informazione, ma la profondità e la ricchezza che vi sono contenute. Queste non si scoprono subito, mediante una lettura rapida e superficiale, ma soltanto attraverso un’analisi prolungata e approfondita. Diviene sempre più chiaro che Maria è presente e che essa gioca un ruolo capitale nei momenti decisivi dell’evento della salvezza”35. Andiamo in modo cronologico. Secondo gli studiosi Paolo abbia scritto la lettera ai Galati prima dei vangeli. San Paolo Nella lettera di San Paolo ai Galati 4, 4-5 leggiamo: a - “Quando venne la pienezza del tempo Dio mandò il suo Figlio, (figliolanza) b - nato da donna, nato sotto la legge, (legge) b1 - per riscattare coloro che erano sotto la legge, (legge) a1 - perché ricevissimo adozione a figli” (figliolanza) Coggi presenta il chiasmo nella affermazione di Paolo. Come affermano gli studiosi, questo testo è una testimonianza preziosissima che può essere definita una “mariologia in germe”36 perché presenta il mistero di una donna “totalmente inserito in un disegno cristologicotrinitario-ecclesiale e posto a garanzia dell’effettiva libertà dei figli di Dio”37. Secondo Georg Söll, “dal punto di vista dogmatico di Gal 4, 4 è il testo mariologicamente più significativo del Nuovo Testamento anche se la sua importanza non fu pienamente avvertita da certi teologi di ieri e di oggi. Con Paolo ha inizio l’aggancio della mariologia con la cristologia, proprio mediante l’attestazione della divina maternità di Maria e la prima intuizione di una considerazione storico-salvifica del suo significato”38.
biblico al modello letterario, 29-77. 35 I. De La Potterie, Maria Nel mistero dell’alleanza, 15. 36 A. Serra, “Galati 4, 4: una mariologia in germe”, in Theotókos 1 (1993), 7-25. 37 A. Valentini, Maria secondo le Scritture, EDB, Bologna 2007, 31. 38 G. Söll, Storia dei dogmi mariani, LAS, Roma 1981, 31. 18
R. Laurentin afferma che “è tutta un’antropologia della donna compiuta da Dio”, in quanto “Maria è il compimento del popolo eletto, il momento critico in cui partorisce il suo Dio e diventa la Chiesa”39. Paolo sembra esclusivamente voler sottolineare l’abbassamento del Figlio di Dio, che diventa un uomo nato da donna, anche se alcuni autori cattolici vi vedono espressa la concezione verginale. San Marco Gli accenni di san Marco su Maria sono due: 3, 31-33: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Chi fa la volontà di Dio è mio fratello, e sorella e madre”. L’annuncio dell’arrivo della madre e dei fratelli viene dato a Gesù, il quale risponde che la sua famiglia è più vasta, e che ciò che conta non è il sangue o la parentela, ma l’obbedienza alla volontà di Dio. Infatti la sua madre più di altro aveva compiuto e compiva la volontà di Dio, e qui stava la sua grandezza, più che nella maternità puramente biologica. In questo senso spirituale ella era più veramente e più autenticamente madre. 6, 3: “Non è costui il capentiere, il figlio di Maria?” Qui Marco dice “il carpentiere, e non ‘il figlio del carpentiere’”. Possiamo intuire che l’espressione di Marco fa più attenzione alla nascita verginale di Gesù. San Matteo Nei suoi primi due capitoli, Matteo tratta degli avvennimenti dell’infanzia di Gesù. Secondo il Laurentin, l’idea sottintesa è quella di una nuova creazione, una creazione secondo lo Spirito, presente al di sopra delle acque in Gen 1, 140. Lo Spirito viene pure su Maria per la nuova creazione in Mt 1, 18 e 20. Questa doppia menzione dello Spirito Santo su Maria acquista la sua portata in riferimento non solo a Gen 1, 1, ma anche ad altri testi (Sal 104, 30; Is 44, 3-4). Tuttavia, nei primi due capitoli di S. Matteo la Vergine non ha nessun rilievo. È Giuseppe il personaggio di primo piano. È lui che riceve il messaggio. Maria è soltanto oggetto del concepimento per opera dello Spirito Santo. Matteo non dice niente della parte attiva che essa ha potuto prendere a questa manifestazione dello Spirito, né della sua
39 R. Laurentin, Maria nella storia della salvezza, Marietti, Torino 1972, 45. 40 R. Laurentin, Maria nella storia della salvezza, 24. 19
grazia, né delle sue virtù. Essa è soltanto il luogo del mistero che si riassume nel nome dato al Messia: Emmanuele, Dio con noi. L’atteggiamento di Giuseppe viene interpretato in modo diverso dagli studiosi. Se alcuni interpretano che Giuseppe aveva grandi dubbi perché Maria non gli ha detto nulla, l’altra interpretazione sostiene che Maria avrebbe subito detto tutto a Giuseppe, e il dubbio di quest’ultimo non avrebbe avuto per oggetto la natura del concepimento di Maria, ma la propria idoneità ad accoglierla come sua sposa. Il Laurentin scrive: “Il senso letterale sarebbe dunque questo: Giuseppe non ha voluto prendere per moglie colei che era stata l’oggetto di questo intervento miracoloso di Dio. Per questo, egli è giusto, e non lo sarebbe stato se il suo proposito fosse stato di sottrarre alla legge una donna adultera. Allo scrupolo di Giuseppe l’angelo risponde in termini che bisognerebbe tradurre così: “Non aver paura di prendere Maria per sposa... Difatti, sebbene il bambino che ella ha concepito sia dallo Spirito Santo... sei tu il chiamato a dargli il nome di Gesù (1, 20-21)”41. San Luca Luca è l’autore del NT che parla più dettagliamente di Maria, mettendola al prim’ordine nella storia della salvezza. I primi due capitoli sull’infanzia di Gesù sono ricchi di riferimenti all’AT. Per Luca, Maria è il modello puro e perfetto del credente, della persona che fonda la sua vita sulla grazia di Dio e che accoglie la sua Parola con una disponibilità totale e contempla su di essa. Va da Elisabetta e proclama le meraviglie divine nel “Magnificat”, medita sulle cose che dicono del Bambino nel Tempio, e soffre anni dopo quando Gesù si smarisce. Infine, “serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2, 51). L’annunciazione: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te” (1, 28). È il saluto dell’angelo a Maria, che più letteralmente dovrebbe essere tradotto: “Rallegrati, o ricolma del favore divino (kecharitoméne), il Signore è con te”. Il racconto è dominato dalle tematiche dell’elezione e dell’alleanza. I principali eventi evocati sono il patto del Sinai, la dimora di Dio con il suo popolo e la promessa davidica del re Messia, tutti elementi fondamentali del patto di Dio con Israele. Il brano si può strutturare in tre sezioni: Queste parole dell’angelo richiamano immediatamente quelle del profeta Sofonia (3, 14-17), rivolte alla figlia di Sion, alla quale è annunciata la liberazione, la venuta del Messia. “Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme...
41 R. Laurentin, Maria nella storia della salvezza, 25. 20
Il Signore è re d’Israele nel tuo seno... Il Signore tuo Dio è nel tuo seno, Salvatore potente”. L’espressione “nel tuo seno” o “nelle tue viscere” (in ebraico bekirebék) ritornerà ancora nelle parole dell’angelo rivolte a Maria: “Concepirai nel tuo seno un figlio e lo darai alla luce” (v. 31). Il rimando alla parola del profeta indica l’arrivo del re Messia, che sarà Dio stesso. Maria rimane turbata da queste parole, ma l’angelo la rassicura: non deve temere nulla per l’intervento di Dio. C’è qui anche una somiglianza con il “non temere Sion” di Sof 3, 16. L’angelo spiega il contenuto di questo intervento: Maria concepirà il Messia atteso da Israele, colui che avrebbe governato in eterno la casa di Davide secondo le promesse di Dio. Qui il riferimento centrale è all’identità messianica del bambino. Per indicarla, Gabriele fa riferimento sia alla promessa fatta a Davide di un regno sempiterno (2 Sam 7, 12, “Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno”), sia alla profezia di Isaia 7, 14, che le sue parole indicano indirettamente (“ecco, la vergine concepirà”). “Allora Maria disse all’angelo: ‘Come avverrà questo? Non conosco uomo’” (v. 34). Maria era promessa sposa di Giuseppe. Che senso allora potrebbe avere la sua risposta “non conosco uomo?” Indica veramente il proposito di verginità dalla parte di Maria, come è stato interpretato nella Chiesa almeno da S. Agostino in poi? L’espressione “non conoscere” nel linguaggio biblico indica la mancanza di rapporto con l’altro sesso, che include l’esperienza fisica insieme a quella spirituale. Secondo il Laurentin, “La pratica della verginità era in uso pressso gli esseni, e la troviamo molto diffusa fin dalla prima generazione cristiana. Infine Maria era spiritualmente in condizione di essere all’avantguardia di questa scoperta”42. Dunque, attraverso le parole della Vergine Maria abbiamo già il quadro di una personalità decisa e forte, che dimostra di sapere il fatto suo e non teme di dialogare con Dio, il quale risponde con benevolenza alle obiezioni razionali di Maria per assicurarle che concepirà in modo del tutto eccezionale, per mezzo dello Spirito Santo43. “Le rispose l’angelo: ‘Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio’” (v. 35).44 Molti studiosi hanno visto nella prima parte di questo versetto una stretta affinità con Esodo 40, 34-35: “Allora la nube coprì la tenda del convegno e la Gloria del Signore 42 R. Laurentin, La Vergine Maria, Paoline, Roma 1983, 56. 43 R. Laurentin, I Vangeli dell’infanzia di Cristo, Paoline, Roma 1985, 555-56. 21
riempì la dimora. Mosé non poté entrare nella tenda del convegno perché la nube dimorava su di essa e la Gloria del Signore riempiva la dimora”. Durante il pellegrinaggio d’Israele per il deserto, questo fenomeno della nube manifestava il suo carattere sacro, perché indicava la gloria di Dio che riempiva la tenda. In modo simile la potenza dell’Altissimo coprirà con la sua ombra Maria. Di conseguenza, come la gloria di Dio riempiva nei tempi passati la tenda avvolta dalla nube, così adesso il grembo di Maria raggiunto dalla potenza dell’Altissimo sarà la dimora del Santo Figlio di Dio. Dopo queste precisazioni, Maria non ribatte più e, senza chiedere curiosamente altri particolari, senza aggiungere nessun se o ma, accetta la volontà di Dio con assoluta disponibilità, con le parole, “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (v. 38).45 A Dio che la sceglie, Maria risponde espropriandosi totalmente del suo essere per appartenere soltanto a Lui. Le sue parole, ripetute all’infinito da quanti, come Maria, si mettono al servizio del Signore, risultano ancora oggi l’atto più immediato e più bello di
44 Ignace de la Potterie usando un’altra traduzione del versetto 35, sostiene la rivelazione della verginità nel parto. “Perciò colui che nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio”. Il “nascere santo”, ove l’aggettivo “santo” qualifica la nascita, implica l’assenza di contaminazione del sangue che rende impura la donna (cf. Lv 12, 2. 5; 18, 19). Così quando l’angelo dice che il bambino “nascerà santo” indica che il parto sarà verginale. Cf. I. De la Potterie, “Il parto verginale del Verbo Incarnato”, in Marianum 45 (1984), 127-174. 45 Bastero de Eleizalde interpreta questo versetto in due parti: a) Ecco la serva del Signore”: questa parte costituisce la definizione che Maria dà di se stessa. È il terzo nome che questa narrazione attribuisce alla Vergine. Il primo le fu imposto dagli uomini (Maria), il secondo le fu assegnato da Dio (Piena di grazia), il terzo fu scelto da lei stessa ed è quello da lei preferito (Serva del Signore), che ha sapore veterotestamentario, come quello usato da Anna (1 Sam 1, 11), Ester (4, 17), Mosé (Gs 14, 7), Giosuè (24, 29), Davide (1 Re 8, 26), come pure collettivamente Israele (Ne 1, 6). Così Maria appartiene agli anawim del Signore. b) “avvenga di me secondo la tua parola” indica il libero sì al concepimento umano del Figlio di Dio. Qui si radica la grandezza del fiat di Maria, che fu essenzialmente un atto di fede e di obbedienza, che colloca Maria nel cuore stesso della storia della salvezza. cf. J.L. Bastero de Eleizalde, Maria, Madre del Redentor, ed. Università di Navarra, Pamplona 2004, 141-142. 22
offerta di se stessi a Dio sommamente amato46. Le parole di Maria evocano l’antica formula di consenso del Patto: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!” (Es 19, 8). Come rileva Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater: “La fede di Maria nell’annunciazione dà inizio alla Nuova Alleanza” (n. 14). La Visitazione: Nell’episodio della Visitazione balza agli occhi l’accostamento che S. Luca fa tra Maria e l’Arca dell’Alleanza (2 Sam 6, 1-11; 1 Cr 15, 1-16, 2). L’Arca e Maria salgono attraverso il paese di Giuda: nel primo caso c’è la gioia del popolo, nel secondo c’è la gioia di Elisabetta. Nel primo c’è la esultanza di Davide, nel secondo c’è l’esultanza del Battista. Davide esclama: “Come potrà venire a me l’arca del Signore?” (2 Sam 6, 9). Elisabetta esclama: “A che debbo che la Madre del mio Signore venga da me”? (Lc 2, 43). L’arca rimase tre mesi in casa di Obed-Edom (2 Sam 6, 11). Maria rimase tre mesi in casa di Elisabetta (Lc 2, 56). Maria è come l’arca dell’Alleanza, perché racchiude nel suo grembo il vero Figlio di Dio. Vedendo Maria, Elisabetta “esclamò a gran voce: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo’”. Questa esaltazione di Maria è sempre nella luce di Gesù. Il chiamare Maria “Madre del mio Signore” implica non soltanto il suo aspetto regale e messianico, ma anche indica che egli è Dio. Perciò, “Madre del Signore” è quindi equivalente a “Madre di Dio”. Maria è chiamata “beata” perché “ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”: è la prima beatitudine del Vangelo: la beatitudine della fede. Ed è rivolta a Maria, la prima credente cristiana. È anche l’ultima beatitudine che compare nel vangelo di Giovanni: “beati quelli che credono pur senza aver visto!” (Gv 20, 29). Così, il lieto annunzio, si racchiude entro la beatitudine della fede. Nel Magnificat, Maria dimostra che cosa Lei ha visto con lo sguardo della fede. Dio disperde i superbi e innalza gli umili e poveri, i quali si gloriano in Dio solo. Mentre il mondo fa grande spazio per i ricchi e potenti e i poveri vanno emarginati, Dio capovolge la situazione. “Beati voi, che siete poveri, perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6, 20). I ricchi
46 B. Forte, Maria, la donna icona del mistero, 77: “Nella Vergine Madre, che accoglie nella fede la sorprendente iniziativa dell’Eterno, è offerto densamente l’intero mistero cristiano, rivelato ai poveri e compiuto in essi e per essi”. Conosco una congregazione religiosa delle suore, che conclude la preghiera prima dei pasti con queste parole di Maria. 23
non accolgono i doni di Dio e conservano solo le loro ricchezze materiali. Davanti al dono di Dio, Gesù, rifiutato dai ricchi e accolto dai poveri, l’oro e l’argento sono stati infinitamenti svalutati, per cui è come se si fossero arrugginiti (Gc 5, 3). Beato Paolo VI, in Marialis cultus esalta la bellezza del Magnificat: “Questo canto è la preghiera per eccellenza di Maria, il canto per eccellenza dei tempi messianici, nel quale confluiscono l’esultanza dell’Antico e del Nuovo Israele, poiché - come sembra suggerire Sant’Ireneo – nel cantico di Maria confluì il tripudio di Abramo che presentiva il Messia (cf. Gv 8, 56) e risuonò, profeticamente anticipata, la voce della Chiesa... Infatti il cantico della Vergine, dilatandosi, è divenuto preghiera di tutta la Chiesa in tutti i tempi” (n. 18). Dio soccorre il suo popolo con la sua misericordia. La loro vera beatitudine sta nella loro fede in Dio solo. Il frutto della fede è l’umiltà, che rende belli agli occhi di Dio ed è motivo di grandezza anche davanti agli uomini. Il Magnificat esprime, quindi, la serenità interiore di Maria che esterna con schiettezza e slancio del cuore la sua gioia nel canto che la Chiesa ripete ogni giorno proprio come sintesi del ringraziamento che il nuovo popolo di dio eleva a Colui che è, oggi e sempre, il Salvatore del mondo. La nascita di Gesù: Maria offre al mondo un figlio, il suo primogenito, come la sorgente della gioia e della pace. Maria lo avvolge in panni e adagia in un presepio il Salvatore che i pastori riconoscono da questo segno. Il legame tra Gesù e Maria è inseparabile. Molti studiosi, antichi e modeni hanno visto nelle parole di San Luca qualche cenno sul parto verginale e miracoloso. Luca dice: “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (2, 7). È la madre stessa che dà alla luce il figlio senza aiuto di alcuno, è lei che subito lo accudisce, con la massima naturalezza e semplicità. Come poteva trattarsi di un parto normale? Dalla parte sua, Maria meditava, metteva a confronto (symballo), le parole che aveva sentito e le cose che aveva visto, penetrando sempre più nel mistero da cui era avvolta. La presentazione al tempio: Maria offre il suo figlio al Signore. Simeone, mosso dallo Spirito Santo, rivolge a Maria le parole su Gesù e su di lei. Secondo Simeone, il bambino sarà il segno di contraddizione poiché alcuni lo accetteranno, e altri lo rifiuteranno. La madre sarà trafitta dalla spada del dolore, in quanto associata al destino del figlio. Un destino crudele per il
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figlio è previsto e la madre parteciperà in quel martirio. Maria è “la Vergine offerente” (Marialis cultus, n. 20). Il ritrovamento di Gesù fra i dottori del tempio: Durante il pellegrinaggio a Gerusalemme, all’età di dodici anni, Gesù rimane nel tempio all’insaputa dei genitori, i quali lo cercano angosciati per tre giorni. Alla fine lo trovano fra i dottori del tempio, mentre ascoltava e li interrogava, e i dottori ammiravano la sua intelligenza e le sue risposte. Alla domanda della madre sul suo comportamento, chiesta con tanta umiltà, Gesù risponde che il suo primo obligo di dare una priorità assoluta al suo “stare presso il Padre”, superando i legami della famiglia terrena. Maria e Giuseppe fanno fatica e non comprendono la sua nuova prospettiva di distacco. Tornati a casa, Maria “custodiva tutti questi fatti nel suo cuore” (Lc 2, 51). La Pentecoste (At 1, 13-14): Maria stava con i discepoli di Gesù a Gerusalemme, al centro della Chiesa primitiva, “implorando con le sue preghiere il dono dello Spirito Santo, che l’aveva già adombrata nell’Annunciazione” (LG 59). Maria, con la sua “presenza orante” (MC 18), sostiene l’impegno della Chiesa. Giovanni Paolo II scrive: “Al centro del percorso di gloria del Figlio e della Madre il Rosario pone, nel terzo mistero glorioso, la Pentecoste, che mostra il volto della Chiesa quale famiglia riunita con Maria, ravvivata dall’effusione dello Spirito, pronta per la missione evangelizzatrice. La contemplazione di questo, come degli altri misteri gloriosi deve portare i credenti a prendere coscienza sempre più viva della loro esistenza nuova in Cristo, all’interno della realtà della Chiesa, un’esistenza di cui la Pentecoste costituisce la grande ‘icona’”47. Questa immagine della Chiesa orante attorno a Maria rispecchia ancora più nella preghiera composta da Giovanni XXIII per implorare l’aiuto sui lavori del Concilio: “Rinnova nella nostra epoca i prodigi come di una novella Pentecoste, e concedi che la Chiesa Santa, riunita in unanime, più intensa preghiera attorno a Maria, Madre di Gesù, e guidata da Pietro, diffonda il Regno del Salvatore divino, che è Regno di verità e di giustizia, di amore e di pace”. San Giovanni Giovanni non usa il nome “Maria” neppure una volta (in Luca 12 volte). Tuttavia la duplice menzione della presenza della Madre di Gesù alle nozze di Cana (2, 1-11) e sotto la 47 Giovanni Paolo II, Rosario Virginis Mariae, n. 23. 25
croce (19, 25-27) della più grande importanza nella storia della salvezza. Giovanni impiega il procedimento letterario di “inclusione” nel riguardo di Maria, all’inizio del ministero pubblico di Gesù e alla fine. Con Maria è iniziata quell’ora di Gesù che si trova il suo compimento sulla croce. La madre era presente e in tutte le due volte viene chiamata “donna” da Gesù (2, 4; 19, 26). Mentre a Cana si ha il primo segno, sul Calvario “tutto è compiuto”. Alle nozze di Cana, il ruolo di Maria è fondamentale. Essa è menzionata prima di Gesù e con tutta probabilità Gesù venne invitato con i suoi discepoli proprio perché c’era sua madre, l’amica della famiglia. Maria dice a Gesù: “non hanno vino” e non “non c’è vino”. Questo indica “la sua attenzione ai dettagli materiali, ma soprattutto la delicatezza del suo cuore e la sua innata compassione... Mentre, secondo i Vangeli sinottici la maggior parte dei maracoli di Gesù sono provocati dalla sua pietà per gli infelici, per cui il Maestro è ‘commosso nelle viscere’, qui si potrebbe dire ch egli impara da sua Madre a commuoversi; in ogni caso è la compassione di Maria che è stata all’origine del primo fra tutti i ‘segni’ di Gesù”48. Maria teneva nel suo cuore il grande mistero dell’incarnazione e al tempo stesso il risveglio dei riccordi di quei fatti meravigliosi che accompagnarono il concepimento e la nascita del suo Figlio. Maria era sicura che Gesù poteva fare dei prodigi. “Non è forse venuta l’ora per mettere in opera il suo credito divino, e precisamente per aiutare delle persone care, di condizioni modeste, che stanno per essere sommerse dalla confusione per questo imprevisto incidente che comprometteva la loro ospitalità”49. Gesù risponde: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2, 4). L’espressione “la mia ora” viene riferita dalla quasi totalità degli studiosi all’ora della passione. Essa potrebbe anche essere interpretata come l’ora della manifestazione. Maria invece di rispondere a Gesù, dice ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dirà, fatela” (v. 5). L’effetto del prodigio è il risveglio della fede dei discepoli, i quali “credettero in lui” che aveva così “manifestato la sua gloria” (2, 11). Si tratta della “gloria come dell’Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (1, 14). Questa gloria del Verbo incarnato fu manifestamente per la prima volta grazie all’intervento di sua Madre. 48 C. Spicq, “Il primo miracolo di Gesù dovuto a sua Madre”, in Sacra Doctrina 69-70 (1973), 125-144, qui, 127-128. 49 Ibid., 129. 26
Maria sotto la croce: Gesù disse all madre: “Donna, ecco tuo figlio!” Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!” E da quell’ora il discepolo la prese con sé” (19, 25-27). La presenza di Maria sotto la croce rappresenta il punto culminante della sua associazione alla missione salvifica di Cristo. La passione di Gesù diventa in Maria una compassione. L’appellativo “donna” sembra indicare che l’evangelista vede qui un atto che supera la semplice pietà filiale: la proclamazione della maternità spirituale di Maria, Nuova Eva, ai credenti rappresentati dal discepolo prediletto. La donna della Genesi che schiaccerà la testa al serpente e la donna di Apocalisse che lotta contro il serpente antico (12, 9) sono rispecchiati in Maria50. Ancora una grandiosa inclusione: la donna all’inizio e la donna alla fine della Bibbia, come pure all’inizio e alla fine del vangelo di Giovanni, l’ultimo e più spirituale dei vangeli. Sul Calvario sta Nuovo Adamo, la Nuova Eva e la Nuova Umanità. Maria avrebbe indicato il suo assenso alla parola del nuovo Adamo, con un sguardo e un cenno di capo, e poi egli rivolge la parola a Giovanni. La scena di Annunciazione somiglia a questa. Lì, angelo Gabriele aspetta il “sì” di Maria e avviene l’incarnazione, il concepimento e la nascita del Figlio di Dio; qui invece, Gesù aspetta l’assenso di Maria, per prendere Giovanni come il suo figlio, e Giovanni la prende non soltanto nella sua casa ma la fece entrare nella sua vita. Così inizia la nuova umanità. Da qui nascono il culto e la devozione mariana. In conclusione, con P. A. Serra possiamo dire: “Fin dall’Antico Testamento la figura e la missione di Maria sono avvolte dalla penombra degli oracoli profetici e delle istituzioni di Israele. Alle soglie del Nuovo Testamento ella sorge all’orizzonte della storia salvifica come sintesi ideale dell’antico Popolo di Dio (cf. immagine della Figlia di Sion) e come madre di 50 Della donna di Apocalisse ci sono varie interpretazioni. Essa potrebbe essere, nel doppio senso letterale, Maria e la Chiesa; per alcuni, Maria nel senso letterale e la Chiesa nel senso tipico; per gli altri, la donna è la Chiesa nel senso letterale primario e Maria nel senso secondario; ancora per gli altri, la Chiesa in senso esplicito e Maria in senso implicito. Comunque, secondo A. George, “Abbiamo dunque tre immagini sovrapposte: Eva, Maria, la Chiesa. La Chiesa, Popolo di Dio, è in primo piano. Però, dal punto di vista mariano, ciò significa che si vede in Maria colei che incarna e che rappresenta per eccellenza il Popolo di Dio, la fraternità di tutti i discepoli di Gesù”: A. George, Marie dans le Nouveau Testament, Desclée, Paris 1981, 140. 27
Cristo Messia. Poi, a mano a mano che Cristo, “sole di giustizia” (Ml 3, 20) avanza sul firmamento dell’alleanza nuova, Maria ne segue la traiettoria come serva e discepola del suo Signore, in un crescendo di fede. Al punto culminante, che è il mistero pasquale, Cristo fa di sua madre la “madre” di tutti i suoi discepoli di ogni tempo. Da quell’“ora” la Chiesa apprende che Maria appartiene ai valori costitutivi del proprio Credo”51. Capitolo III: Maria nella Tradizione della Chiesa I Padri in genere hanno elaborato la loro riflessione su Maria a partire dai dati biblici (talvolta anche dagli scritti apocrifi), e nell’ambito del discorso della salvezza e sull’annuncio cristiano. Essi non si sono occupati di Maria in modo sistematico; hanno sviluppato aspetti della sua figura nella misrua in cui il discorso teologico lo richiedeva, e così facendo hanno a poco a paco ideato il linguaggio adatto ad esprimere la dignità e la bellezza della madre di Dio. Nell’insieme, i Padri tracciano una figura mariana coerente con il progetto di Dio, imperniata sull’incarnazione del Verbo. In questo processo ha un ruolo importante il concilio di Efeso (431), in quanto l’attribuzione netta del titolo di Madre di Dio (Theotókos) a Maria caratterizza tutta la dottrina mariana, che si sviluppa successivamente a partire da questo dogma52. Il periodo patristico può essere diviso in quattro parti. Iniziamo con l’esame della prima. 1. Dall’inizio dell’età patristica alla fine del II secolo S. Ignazio di Antiochia (†107) è il primo Padre dell’antichità a parlare di Maria. Contro il docetismo e l’incipiente gnosticismo, egli afferma decisamente la maternità divina e la verginità; la vera maternità di Maria è la garanzia della verità dell’incarnazione. Egli esorta i Tralliani: “Tappatevi le orecchie se qualcuno vi parla di Gesù Cristo in modo diverso da noi: egli è della stirpe di Davide, egli è da Maria; egli veramente nacque, mangiò e bevve, veramente fu perseguitato sotto Ponzio Pilato, veramente fu crocifisso e morì, veramente risuscitò dai morti” (Ai Tralliani 9: PG 5, 681). Agli Efesini egli scrive: “Rimane occulta al principe di questo mondo la verginità di Maria e il suo parto, come pure la morte del Signore: tre clamorosi misteri che si compirono nel silenzio di Dio” (Agli Efesini 19: PG 5, 660). 51 P.A. Serra, “Bibbia”, in Nuovo Dizionario di Mariologia, 301-302. 52 Antonio Ducay, La prediletta di Dio, 81. 28
Nella riflessione di S. Ignazio, basate sulla Sacra Scrittura, la concezione e il parto appaiono legati al Verbo incarnato, alla sua vera umanità, in relazione con il genere umano. Il mistero della verginità appare strettamente legato con altri misteri custoditi nel silenzio di Dio. S. Giustino: († 165): vede il Nuovo Testamento come il compimento dell’Antico Testamento. In questo contesto, la verginità di Maria è il compimento della profezia di Isaia (7, 14). Giustino era il primo a istituire il parallelismo tra Eva e Maria. Egli afferma che la vita deve ritornare per la stessa strada dalla quale era entrata la morte. Nel Dialogo con Trifone, egli scrive: “Egli si è fatto uomo dalla Vergine affinché per quella via dalla quale ebbe principio la disobbedienza provocata dal serpente, per quella stessa via essa fosee annientata. Eva, infatti, quando era ancora vergine e incorotta, concepì la parola del serpente e partorì disobbedienza e morte. Invece Maria, la Vergine, accolse fede e gioria quando l’angelo Gabriele le recò il lieto annunzio che lo spirito del Signore sarebbe venuto su di lei e che la Virtù dell’Altissimo l’avrebbe adombrata, e per questo motivo il Santo nato da lei sarebbe Figlio di Dio; è rispose: Mi avvenga secondo la tua parola (Lc 1, 38)”. S. Ireneo († ca. 200): vescovo di Lione, è giustamente ritenuto da molti come “il padre della mariologia”. Egli vede tutta la storia della salvezza ricapitolata in Cristo; in questa ricapitolazione la antitesi, Adamo-Cristo ha una importanza fondamentale; con essa compare anche quella di Eva-Maria. L’incarnazione “ricapitola tutto in Cristo”, il che comporta che gli elementi viziati dalla caduta sono radicalmente rinnovati. Cristo nato una Vergine, rinnova Adamo, formato da terra vergine, la croce rinnova l’albero del paradiso e Maria rinnova Eva. Si compie in tal modo, un percorso inverso rispetto a quelle delle origini, che va verso il bene (recirculatio) e riapre all’uomo la strada della salvezza. Questa ricirculatio è conveniente perché come “ciò che è legato non può essere slegato se non si ripercorrono in senso inverso le piege del nodo”, così la carne stessa che aveva peccato in Adamo doveva essere ricapitolata. Dall’albero della croce rinasce la salvezza perduta nell’albero del Paradiso e ciò avviene con la cooperazione di Maria: “Ciò che Eva aveva legato per la sua incredulità, Maria l’ha sciolto per la sua fede”. Per Ireneo, Maria dunque collabora attivamente alla salvezza; è affiancata a Cristo sin dall’inizio. Secondo Ireneo, non erano stati i Padri a rigenerare il Figlio, ma questo a rigenerare loro per il vangelo di vita. Perciò, Luca iniziando la genealogia del Signore, la portò fino ad Adamo53. Attigendo anche ad altri passi di S. Ireneo possiamo presentare il quadro seguente: 53 Ireneo, Contro le eresie, III, 22: PG 7, 958-960. 29
Eva
Maria
- Vergine decaduta
- Vergine che ricapitola Eva
- Vergine sedotta dall’angelo ribelle
- Vergine evangelizzata dall’angelo fedele
- Vergine disobbediente
- Vergine obbediente
- Vergine causa di morte
- Vergine causa di salvezza
per se e per il genere umano - Vergine condannata
per se e per il genere umano - Vergine avvocata di Eva
Giustino e Ireneo esplicitano un elemento dello sviluppo dottrinale, mettendo in risalto il significato di Maria nel piano della salvezza. 2. Dalla fine del II secolo al Concilio di Nicea (325) Origene († 253): emergono nettamente tre argomenti mariani: il concepimento verginale, la divina maternità e la verginità perpetua. Egli difende il concepimento verginale contro il pagano Celso, dicendo si tratta un fatto storico. Si dice Origene abbia usato anche il titolo “Madre di Dio” a Maria; però ci sono dei dubbi sull’autenticità dei testi. Il punto su cui egli però insiste maggiormente è quello della perpetua verginità di Maria; Maria è ai suoi occhi il modello della vita femminile, come Gesù lo è di quella maschile: “Io credo raggionevole che la primizia della purezza casta degli uomini sia Gesù, delle donne Maria: non sarebbe infatti pio ascrivere ad altra che a lei la primizia della verginità”54. Secondo Origene, Maria è la vergine predetta di Isaia, santa nel corpo e nell’anima; è la vergine che ha concepito cristo ed è vergine perpetua che non ha conosciuto uomo né prima né dopo la generazione del figlio. Secondo Origene, i “fratelli” di Gesù sono figli di un precedente matrimonio di Giuseppe (cf. In Luc 7). Maria è Panagia (Tutta santa)55, capostipite della ricerca del Verbo nella Chiesa; ma l’interpretazione che egli fa di alcuni brani della Scrittura introduce una certa imperfezione in Maria. Non avrebbe compreso le parole di Gesù ritrovato nel Tempio perché la sua fede era ancora imperfetta; anche sotto la croce Maria sarebbe stata 54 Origene, Commento a Matteo, X, 17: PG 13, 877. 55 Cf. Scholia in Lucam, I: PG 17, 330: Questo primo riferimento all’espressione “Tutta Santa” non è, secondo H. Crouzel, di sicura autenticità (cf. SC 87, 45). Ad ogni modo, commentando abbondantemente sulle parole di Elisabetta, egli anche considera Maria santificata dalla presenza in lei del Verbo. 30
assalita dal dubbio e dallo scandalo. Per Origene, la spada che le avrebbe trafitto il cuore, predetta da Simeone, consiste proprio in questo smarrimento56. Tertulliano († dopo il 220): è uno dei primissimi scrittori cristiani di lingua latina. Nella sua dottrina mariana egli ritorna sul parallelismo-antitesi Eva-Maria, di cui lode la fede esaltandone il significato salvifico. Egli afferma chiaramente la concezione verginale di Maria, ma dice che il suo fu un parto normale (nega cioè la verginità nel parto), forse anche nega la verginità dopo il parto (afferma che Maria ebbe altri figli). Nega poi la perpetta santità di Maria (cf. Mc 3, 33, quasi come un ripudio di Maria). Comunque, nel contesto del docetismo, che attribuiva Cristo solo un corpo apparente, Tertulliano conia quella stupenda affermazione: “La carne di Cristo è la cerniera della salvezza!”, per dire che l’incarnazione del Verbo rende nostro vero fratello il Salvatore, come uno che ha operato la nostra redenzione dal di dentro. (Nella ultima parte della vita Tertulliano si lascia guidare dalle idee di Montano). 3. Dal Concilio di Nicea al Concilio di Efeso (431) S. Atanasio (†373): Il vescovo di Alessandria, difende la divinità del Verbo, “consostanziale” al Padre. Ispirandosi di Magnificat nella sua Omelia, egli elogia Maria: “Veramente la tua anima magnifica il Signore e il tuo spirito esulta in Dio tuo salvatore: in futuro ti loderà per tutta l’eternità ogni generazione... Te loda Adamo, chiamandoti ‘madre di tutti i viventi’. Te loda Mosé, contemplandoti come arca della nuova alleanza, da ogni parte rivestita d’oro. Davide ti acclama beata, dichiarandoti ‘città del gran Re’, ‘città del Dio degli eserciti’. Anche in futuro ti loderanno tutte le generazioni umane”. In Maria, Atanasio vede tutte le virtù, modello innanzitutto nel campo ascetico: “Maria era una vergine pura, di animo equilibrato... Amava le opere buone... Non desiderava essere vista dagli uomini... Pregava Dio da sola a solo... Non gridava, e stava attenta a non sparlare di alcuno e a non ascoltare altri dir male di altri... Non si inquietava; non invidiava; non si vantava, ma era umilissima; non aveva alcuna malvagità nel cuore... Ogni giorno avanzava e 56 Nel commento alla scena della Croce indica: “Che pensare, che mentre gli apostoli rimanevano scandalizzati, la madre del Signore fu preservata dallo scandalo? Se anche lei non subì lo scandalo durante la passione del Signore, Gesù non morì per i suoi peccati. Ma se ‘tutti hanno peccato e sono privati della gloria di Dio’ e se ‘tutti sono giustificati e riscattati dalla sua grazia’ (Rom 3, 23), ebbene, anche Maria in quel momento fu soggetta allo scandalo”: Hom XVII, 6-7. 31
progrediva... In luogo di pani visibili si riforniva delle parole di verità; al posto del vino teneva gli insegnamenti del Salvatore e in quelli si dilettava... Ecco l’immagine della verginità! E di fatto Maria fu tale” (Id., Sulla verginità). S. Efrem († 373) Fu denominato “la cetra dello Spirito Santo”. Canta in modo impareggiabile la santità di Maria, la sua verginità, senza macchia. “Tu solo (o Gesù) e tua madre siete di una bellezza che supera tutti: perché in te non c’è macchia alcuna e nessuna ombra in tua madre”. Maria comunque doveva progredire nel cammino della fede, che non fu esente da prove e da dubbi. Gesù appare prima a Maria: “Come Maria fu presente al primo miracolo, così ebbe le primizie della resurrezione dagli inferi”. I Padri Cappadoci: Basilio († 379) insiste sulla verginità di Maria; Gregorio Nazianzeno afferma la sua divina maternità: “Se uno non crede che Maria santissima è Madre di Dio (Theotókos), è escluso dalla divinità”. Maria è tutta santa, vertice di perfezione. Gregorio Nisseno: utilizza l’analogia tra il parto verginale di Maria e la generazione eterna del Verbo come argomento contro le dottrine ariane. Non corruppe la verginità di Maria; non indusse alcuna “passione”, nascendo eternamente dal Padre, come il Verbo. Epifanio di Salamina (†403): Difende la verginità perpetua di Maria Maria è la Vergine per eccellenza “Vi fu mai qualcuno che osasse nominare Maria Santissima senza aggiungervi di proprio il titolo di “vergine”? Con tali appellativi si sogliono indicare le qualità personali. A ogni giusto infatti fu attribuito un nome che a lui conveniva. Ad Abramo fu dato il titolo di “amico di Dio”, né esso potra mai venire meno. Giacobbe ebbe il soprannome di “Israele”... Così Maria Santissima è detta “la Vergine”: mai tale nome le sarà mutato” (Contro le eresie, 78, 6).
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Per quanto riguarda la fine terrena di Maria, nella lettera ai Cristiani di Arabia egli scrive: “né la morte di Maria, né se essa sia morta, né se sia stata seppellita, sé se non sia stata seppellita... La Scrittura ha mantenuto un silenzio completo a causa della grandezza del prodigio, per non colpire con uno stupore eccessivo lo spirito degli uomini. Per parte mia, non oso parlarne. Conservo tutto ciò nel mio pensiero e taccio”. Giovanni Crisostomo (†407): Maternità divina La sua verginità perpetua La sua collaborazione alla salvezza. deficienze sul piano della santità personale: Maria chiese il miracolo alle nozze di Cana per riceverne la gloria lei dai commensali. Questa idea non fu contestata al suo tempo. In Occidente: S. Zeno di Verona (†372): Grande difensore della verginità perpetua di Maria: “O grande mistero! Maria concepì, Vergine incorrotta; dopo la concezione, Vergine partorì; dopo il parto, Vergine rimase”. Egli precisa che la Vergine ha concepito per divino intervento del Figlio suo, e la concezione sarebbe avvenuta attraverso l’orecchio, per controbilanciare la colpa di Eva, che proprio attraverso udito era stata sedotta dal serpente (il parallelismo MariaEva; Maria-Chiesa). S. Ambrogio (†397): La verginità al centro del suo interesse. Come modello per la vita monastica e della consacrazione verginale al Signore. Maria è il modello dell’assoluta perfezione per tutti i cristiani, ma soprattutto per quanti si consacrano a Dio nella verginità.
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“Ella era vergine non solo di corpo, ma anche di mente, e non falsò mai, con la doppiezza, la sincerità degli affetti. Umile di cuore, riflessiva, prudente, non loquace, amante dello studio divino, non riponeva la sua speranza nelle instabili ricchezze, ma nella preghiera dei poveri. Assidua al lavoro, modesta nel parlare, cercava come giudice dei suoi pensieri non l’uomo, ma Dio. Non offendeva nessuno, era caritatevole con tutti, rispettava i più anziani, non invidiava gli uguali... amava la virtù” (Le Vergine, 2, 7: PG 16, 209). Verginità nel parto: come la porta chiusa (Ezek 44, 1ff): “Il profeta aggiunge poi di aver visto edificare, su un altissimo monte, una città con molte porte, una delle quali è chiusa; e il Signore mi disse: “questa porta sarà chiusa e non si aprira, e nessun uomo passerà per essa”... Nobile porta è Maria, che era chiusa e non si apriì. Passò per essa Cristo senza aprirla... La verginità è la porta chiusa, il giardino cintato, la fonte sigillata” (L’educazione della vergine, 52-59: PL 16, 319-321). Maria sotto la Croce: “La madre mirava con occhio pietoso le piaghe del Figlio, dal quale sapeva che sarebbe venuta la redenzione del mondo. Stava ritta, offrendo uno spettacolo non dissimile da quello di lui, mentre non temeva chi l’avesse uccisa. Il Figlio pendeva dalla croce, la madre si offriva ai persecutori. Se l’avesse fatto anche solo per essere abbattuta prima del Figlio, già sarebbe lodevole il suo affetto materno, per il quale non voleva sopravvivere il Figlio...”: Ambrogio supera la gran lunga tradizione greca che parlava del dubbio davanti alla morte. Parallelismo Maria-Chiesa: “Ben a ragione Maria è sposa, ma vergine, perché essa l’immagine della Chiesa, che è senza macchia, ma anche sposa. Ci ha concepito verginalmente dallo Spirito e verginalmente ci dà alla luce, senza un lamento” (Commento a S. Luca, 2, 7: PL 15, 1635-36). Riferito a Lumen gentium 63: “La Madre di Dio è figura della Chiesa, come già insegnava sant’Ambrogio, nell’ordine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo”. S. Agostino (†430): il più citato dal Vaticano II. Maternità divina di Maria Verginità prima del parto, nel parto e dopo il parto come dati che appartengono alla fede. 34
Maria emise un vero e proprio voto di verginità prima dell’Annunciazione. Santità personale: “per l’onore che si deve al Signore non voglio che si faccia alcuna questione quando si tratta di peccati” (La natura e la grazia 42: PL 44, 267). Riguardo peccato originale: mentre Pelagio sosteneva assenza del peccato originale in tutti, e perciò perfetta santità di Maria. Maria sarebbe un caso di perfetta santità che però accessibile a tutti. Agostino risponde con particolare acume che il caso di Maria è un’eccezione, che ha come spiegazione un intervento particolare della grazia di Dio. Secondo Giuliano di Eclano, se il peccato originale è trasmesso per generazione, Maria sarebbe consegnata al diavolo per la condizione della sua nascita. Riguardo peccato originale in Maria, egli scrive: “Quanto a Maria, noi non la consegniamo affatto in potere del diavolo in conseguenza della sua nascita; tutt’altro, poiché sosteniamo che questa conseguenza viene cancellata dalla grazia della rinascita” (Opera incompiuta contro Giuliano, 4, 122: PL 45, 1418). La risposta sintetica, non del tutto chiara. Per Giuliano l’Immacolata concezione non è più un privilegio unico, bensì la sorte comune di tutti i cristiani. Per Agostino, il dominio della grazia cancella il peccato originale. S. Agostino a proposito della maternità spirituale di Maria nei nostri riguardi scrive: “Maria è stata l’unica donna a essere insieme madre e vergine, tanto nello spirito quanto nel corpo. Spiritualmente però non fu madre del nostro capo, cioè del nostro Salvatore, dal quale piuttosto ebbe la vita, come l’hanno tutti coloro che credono in lui; anche lei è una di questi, ai quali si applica giustamente il nome di figli dello sposo (cf. Mt 9, 15). É invece senza alcun dubbio madre delle sue membra, nel senso che ha cooperato mediante l’amore a far sì che nella Chiesa nascessero i fedeli, che formano le membra di quel capo” (La santa verginità, 6,6). L’ultima frase citata in LG 53. S. Agostino così sottolinea il fatto che anche la Chiesa è come Maria, vergine e madre: vergine che conserva intatta la Parola di Dio e madre che genera i suoi membri con i sacramenti.
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Maria inoltre è madre del Cristo totale, Capo e membra, perché non soltanto ha generato il Capo ma “ha cooperato mediante l’amore a generare alla chiesa dei fedeli, che formano le membra di quel Capo”. Il Conclio di Efeso (431): La definizione di Maria Santissima, come “Madre di Dio”: una tappa decisiva: Oriente: l’idea della santità di Maria predicata con grande entusiasmo: Germano di Costantinopoli; Andrea di Creta; Giovanni Damasceno. Occidente non registra progressi significativi nel contesto dell’influsso di Agostino, con la sua posizione quanto meno ambigua sull’esenzione di Maria dal peccato originale. Comunque, il riconoscimento solenne della maternità divina diventa la base di dottrina mariana, nei secoli successivi. Le principali acquisizioni fino a questo periodo: Il riconoscimento della maternità divina Il riconoscimento della verginità perpetua di Maria (prima del parto, nel parto e dopo il parto). Il riconoscimento della sua santità eccezionale Il riconoscimento di una sua cooperazione tutta speciale alla salvezza, secondo il parallelismo Eva-Maria. Culto mariano: La venerazione, l’intercessione e la commemorazione mariana nel culto appaiono in modo naturale e in forme diversificate prima del concilio di Efeso. Protovangelo di Giacomo (scritto apocrifo, II secolo), fonte di alcuni dati sull’infanzia di Maria, tradizionalmente accolti, come per esempio, i nomi dei genitori, Giocchino e Anna; la festa della Presentazione di Maria. Odi di Salomone mostrano venerazione per Maria. Sub tuum praesidium, preghiera di origine egiziana e risalente probabilmente al III or IV secolo: i principali attributi di Maria: maternità divina, mediazione, soccorso, verginità: “Sub tuum praesidium confugimus, Dei Genitrix (Theotókos), nostras deprecationes ne despicias in necessitate sed a periculis libera nos o sola casta e bededicta”: 36
(versione italiana, tradotta da versione Romana) Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. La mariologia patristica post-efesina Vari aspetti della dottrina e della pietà mariana, si basano sulla definizione del concilio. Il culto e le icone, le omelie, e gli inni (Akathistos, V secolo); le feste, come il Natale, l’Ipapante (incontro con Simone nel tempio), il giorno di Theotokos, Dormizione o Assunzione e Presentazione di Maria Scritti apocrifi, sulla Natività di Maria, Romano il Melode (VI secolo), Veneziano Fortunato, Gregorio Magno, Massimo il Confessore (VI-VII secolo) Isidoro di Siviglia, Ildefonso di Toledo. Espressione “Panagía” (Tutta Santa). La preghiera Salve Regina attribuital monaco benedittino Ermanno Contratto († 1054). San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), detto dottore mariano. 19 omelie, Lettera 174 ai canonici di Lione. Bernardo insiste sulla mediazione di Maria che si colloca fra Cristo e la Chiesa: “Nostra signora, nostra mediatrice, nostra avvocata, riconciliaci con tuo Figlio, raccomandaci a tuo Figlio, rappresentaci davanti a tuo Figlio”. In questo periodo che si diffonde il titolo di “Mediatrice” attribuito a Maria, come già era avvenuto secoli prima in Oriente. Nel XII secolo, si scopre la sua compassione sul Golgota, la sua unione attiva all’oblazione del Figlio, l’importanza ecclesiale della sua fede durante il triduum mortis. Si coglie infine il peso della parola di Cristo morente: “Ecco tua madre”. 37
Maria risulta costituita madre degli uomini. A poco a poco si fa strada l’idea che ella abbia cooperato, a suo modo, al sacrificio del Calvario. XIII secolo: culto mariano progredisce. Tommaso d’Aquino (1225-1274): 11 questioni nella Terza parte della sua Summa Theologiae (27-37), all’interno della Cristologia. Dà grande accentuazione alla maternità divina di Maria. Maria sempre vergine, piena di grazia sin dal seno materno; Tommaso non ammette la sua Immacolata Concezione; Maria era purificata dalla grazia di Dio, quando la sua anima era creata (ha usato un primitivo concetto di concepimento seguendo Aristotele). Al momento della Annunciazione “si attendevea il consenso della Vergine a nome di tutta la natura umana” (S. Th. III, q. 30, a. 1). Il Catechismo della Chiesa Cattolica ha inserito questo nell’articolo 511: “Maria Vergine « cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e obbedienza ». Ha dato il suo assenso, « loco totius humanae naturae – in nome di tutta l'umanità »: per la sua obbedienza, è diventata la nuova Eva, madre dei viventi”. Maria è assunta in cielo, in anima e corpo; deve essere venerata con culto di iperdulìa, cioè, al di là della “dulìa”, che è riservata ai santi. Tommaso chiama Maria Madre del corpo di Cristo, e madre del Cristo totale. Così la dottrina su Maria come “madre della Chiesa” aveva un terreno teologico più chiaro. Duns Scoto (1265-1309): Franciscano, il discepolo di Guglielmo di Ware (†1300), che abbia dato grande importanza alla dottrina di Immacolata Concezione. Egli diede il fondamento razionale per la dottrina con gli argomenti convincenti, per cui l’Occidente poteva accogliere la dottrina facilmente. Ha ricevuto inspirazione da Anselmo di Canterbury che insegnava che il peccato originale è una privazione della grazia santificatrice, piuttosto che un peccato individuale oppure collettivo che contamina le generazioni nel senso fisico, come un ‘male’. Tale posizione ha ridotto la attrattiva verso la metafora della “purificazione” (Agostino, Bernardo, Tommaso), per spiegare la perfetta purezza di Maria, già dall’inizio del suo concepimento. Dovevano solo riconciliare essa con la redenzione universale compiuta da Cristo, perché tutti hanno peccato e avevano perduto la gloria di Dio (Rom 3, 23). Duns Scoto, con il suo ragionamento acuto dice che se Dio voleva ad estendere tutti i benefici della redenzione anche alla sua Madre, egli non poteva prevenire Maria dalla contaminazione del peccato originale? Così, Duns Scoto usò 38
la sua famosa formula, potuit, debuit, ergo fecit! “Egli poteva, doveva, e perciò lo fece”). Era conveniente che Dio doveva agire in conformità con il suo disegno salvifico; perciò doveva redimere la sua Madre in modo perfetto, non lasciandola di essere concepita con il peccato originale e purificarla dopo, come se fosse di una decisione ulteriore. Nel XIV secolo, nell’Oriente, Gregorio Palamas (†1360), Nicola Cabasilas (†1371), fanno a gara nell’esaltare l’Immacolata Concezione e l’Assunzione di Maria. La sentenza favorevole guadagna continuamente terreno, fino a diventare comune presso i Francescani e anche presso altri alla fine del ’300 e ancora di più alla fine del secolo seguente, anche per l’influsso della dichiarazione sull’Immacolata del Concilio di Basileia (1439), il quale sebbene non riconosciuta dal Papa (posizione conciliarista), dava tuttavia un quadro eloquente dell’evolversi della situazione. Durante il XVI-metà XX sec. si vede un cambiamento nella Chiesa, con la Riforma. In Occidente il protestantesimo, finirà conl divenire ostile alla figura stessa della Vergine, considerata come il simbolo del cattolicesimo. Grandi teologi del periodo, come Pietro Canisio scriverà una grande Apologia mariana dal titolo “De Maria Virgine incomparabili”. Il Concilio di Trento non si soffermò tanto su Mariologia, eccetto la sua esclusione dal peccato originale. Il XVII secolo era secolo d’oro per Mariologia, perché ha prodotto grandi opere (Salmerón, Suarez, Salazar). Comunque, contro troppo pietà mariana, si girava un libretto di stampo giansenista, intitolato Avvisi salutari della Vergine ai suoi devoti indiscreti (1673), che rallentò un po’ le devozioni. del XVIII secolo, abbiamo già accennato le opere di Luigi Maria Grignon de Montfort (La vera devozione), e Alfonso Maria de Ligouri (Le glorie di Maria), le quali accennavano la vera devozione e la intercessione di Maria. Il XIX secolo è il secolo della Immacolata. Nel 1830 apparizione di Maria a Caterina Labouré, con l’effigie della medaglia miracolosa. É sotto il segno della medaglia miracolosa che la Vergine appare ad Alfonso Ratisbonne alla basilica di Sant’Andrea delle Fratte a Roma (20 gennaio 1842). Questa medaglia, che mostra la Vergine “concepita senza peccato” e con le mani irradianti, sembra proporre il programma che orienterà il movimento mariano per un secolo: Immacolata Concezione e Mediazione. 8 dicembre 1854, Papa Pio IX fà la solenne definizione della Immacolata Concezione. La devozione mariana crebbe in estensione e in intensità, sotto la spinta anche di un 39
altro grande fatto miracoloso: l’apparizione della Vergine Immacolata a Lourdes (11 febbraio – 16 luglio 1858, ben 18 volte). Nel XIX secolo meno trattati su Maria, ma aumentò il numero delle encicliche e documenti dei papi, i congressi mariani, le riviste, la fondazione di Accademie mariane. XX secolo, 50° anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata, con la mirabile enciclica Ad diem illum di Pio X, e congresso mariano celebrato a Roma nel 1904. Pubblicazione delle Petitiones fatte nel 1944 per proclamare il dogma dell’Assunta. Questa ebbe luogo il 1° novembre 1950 da parte di Papa Pio XII, ed ebbe il suo prolungamento con l’anno mariano 1954, in cui fu celebrato il centenario della definizione dell’Immacolata e fu proclamata la regalità di Maria (Enciclica Ad coeli Reginam, 11 ottobre 1954). L’anno della morte di Pio XII (1958) fu anche l’anno del primo centenario delle apparizioni di Lourdes. Maria nel Concilio Vaticano II e dopo Abbiamo discusso sui movimenti e fattori che avevano favorito il rinnovamento della Chiesa già prima del Concilio. In questo ambito c’erano anche gli spunti mariologici. a) il movimento biblico: Leggendo la bibbia direttamente e anche studiando i Padri, si vede che Maria Santissima vi ha certamente un posto decisivo, ma piuttosto discreto. Ella appare intimamente legata al mistero del suo Figlio Gesù, e così è inserita nella storia della salvezza. Perciò, non si parla di Maria da sola, ma sempre in unione con Gesù e alla Chiesa. b) il movimento liturgico: La liturgia è la fonte principale della devozione. Ora lungo l’anno una devozione sarà necessariamente incentrata nel mistero di Cristo, e qui Maria avrà sì il suo posto inconfondibile, ma subordinato a quello di Cristo e in funzione di Cristo. c) il movimento ecumenico: si cerca di conoscere meglio i fratelli delle altre denominazioni, senza “urtare” loro. Si cerca di capire perché loro sono diffidenti verso il culto cattolico della Beata Vergine Maria. d) il movimento antropologico: si tende a vedere Maria come una donna del suo tempo, immersa nella cultura del mondo in cui viveva. Più che insistere sui suoi “privilegi” che la mettono su un pedestallo lontano dagli uomini, si preferisce vederla come vicina a noi, perché lei ha vissuto la vita in questo mondo con le sue luci e ombre. 40
In questo sfondo, tanti Padri del Concilio volevano vedere il posto e il ruolo di Maria. Però, c’erano anche quelli che non erano disposti a “ridimensionare” il culto mariano e la devozione mariana per venire incontro ai fratelli cristiani non cattolici, limitandosi solo a quanto dice la Bibbia. La votazione del 29 ottobre 1963 era il momento drammatico: 1114 favorivano ad inserire il documento mariano in quello della Chiesa e 1074, volevano tenerlo a parte. Nasce così il capitolo VIII della Costituzione Lumen gentium sulla Chiesa, intitolato: La Beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa. Questo capitolo molto elaborato, curato con estrema attenzione, riesce però, quasi miracolosamente, a trovare il punto di equilibrio fra le varie tendenze. Alla votazione finale esso ebbe soltanto 20 voti contrari. Papa Paolo VI, alla chiusura della terza sessione, quando venne approvata la Lumen gentium (21 novembre 1964), sottolinea: “È la prima volta che un Concilio ecumenico presenta una sintesi così estesa della dottrina cattolica sul posto che occupa Maria Santissima nel mistero di Cristo e della Chiesa”. All’inizio della sua allocuzione il Papa proclama Maria “Madre della Chiesa” sia per la propria convinzione e devozione personale, sia per le richieste di teologi e pastori, tra i quali i vescovi polacchi, ritenne opportuno attribuire solennemente alla Vergine Santissima il titolo. Non era propriamente una definizione ex cathedra, ma un atto di grande rileveo del magistero papale, analogo a quello compiuto da Pio XII con la proclamazione della Regalità di Maria. Nel discorso il Papa giustifica tale titolo in base alla stessa maternità divina di Maria, mediante la quale il Verbo si è fatto carne e ha unito a sé, come capo, il suo corpo mistico che è la Chiesa. “A gloria dunque della Vergine e a nostro conforto, Noi proclamiamo Maria Santissima “Madre della Chiesa”, cioè di tutto il Popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei pastori, che la chiamano Madre amorosissima; e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancor più onorata e invocata da tutto il popolo cristiano”. Prima di dare i punti salienti del Capitolo VIII, alcune osservazioni: Il capitolo rappresentea un coronamento della trattazione del mistero della Chiesa e lo collega strettamente con il mistero di Cristo. Nel capitolo la figura di Maria non è vista isolata, ma profondamente inserita nella storia della salvezza; esso usa il linguaggio concreto, aderente alla Scrittura. 41
Il Concilio dà più importanza ai testi biblici, ma evita i titoli altisonanti con grande discrezione (e.g. Corredentrice), perché possano creare perplessità. Il titolo di Mediatrice è messo tra gli altri: Avvocata, Soccorritrice, Ausiliatrice, Mediatrice. Soprattutto insiste sullo stretto legame fra Maria e Gesù e sul legame con la Chiesa; ecco la novità del Concilio. Alcuni punti salienti del capitolo VIII: I. Proemio Nel proemio, affermata la stretta relazione di Maria con Cristo, Figlio di Dio che prese carne da Lei (n. 52). Lei è il membro eminente della Chiesa; bisognosa della salvezza; anche il tipo e modello eccelentissimo della fede e della carita della Chiesa; la Chiesa cattolica, “con affetto di pietà filiale la venera come madre amatissima” (n. 53). Il Concilio sofferma solo sulla dottrina rivelata circa Maria, prescidendo dalle questioni ancora discusse, per promuovere una più profonda comprensione (n. 54). Il mistero di Cristo è l’unico mistero che prolunga e concretizza nella Chiesa. II. La funzione di Maria nell’economia della salvezza Maria, madre del Messia nell’Antico Testamento (n. 55), in cui si adombra l’intervento della Vergine: es. Protovangelo (Gen 3, 15); il passo di Isaia (7, 14) in cui è profetizzato che una Vergine concepirà e darà alla luce l’Emmanuele; Maria primeggia tra gli umili e poveri che aspettavano da lui la redenzione; Essa è l’eccelsa Figlia di Sion. Maria nell’Annunciazione (n. 56). Preparata e plasmata come la nuova creatura con la pienezza di grazia, fin dal primo istante della sua concezione. Essa dà il pieno assenso all’annuncio evangelico e diventare Madre di Gesù; si consacrò totalmente, quale umile ancella, servendo sotto di Cristo, e con Lui, alla redenzione del mondo; può essere chiamata la novella Eva, perché ha obbedito con la fede, e così ha contribuito al rinnovamento del mondo; “il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione coll'obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede”. Il privilegio di Immacolata Concezione ha un valore funzionale in ordine al mistero della redenzione umana. Maria nell’infanzia di Gesù (n. 57): Maria è beata perché ha creduto; il Figlio di Dio nascendo la Lei non diminuì, ma consacrò la sua verginità; nella presentazione al Tempio, Simeone predisse che una spada le avrebbe trafitta l’anima; dopo il 42
smarrimento e il ritrovamento, pur non avendo subito captito le parole del Figlio, le conservava, meditandole nel cuore. Maria nel ministero pubblico di Gesù (n. 58): alla nozze di Cana, con la sua intercessione indusse Gesù a dare l’inizio ai suoi miracoli; Gesù esaltò il regno di Dio al di sopra dei vincoli della carne, proclamò beati quelli che ascoltano e custodiscono nel cuore la parola di Dio, come essa fedelmente faceva; rimane unita al Figlio sino alla croce, dove si associò all’immolazione della vittima divina; dallo stesso Gesù morente fu data come madre al discepolo prediletto. Maria dopo l’Ascensione (n. 59): Unita con gli Apostoli nel Cenacolo implorò il dono dello Spirito Santo; e infine, trasfigurata nel corpo e nell’anima, entrò nella gloria eterna e fu costituita Regina dell’universo, perché possa pienamente conformata al Figlio suo, Signore dei dominanti e vincitori del peccato e della morte. III. Maria e la Chiesa Maria serva del Signore nell’opera della redenzione e della santificazione (nn. 60-62): L’unico mediatore di salvezza e Gesù Cristo; il servizio materno di Maria in favore degli uomini non diminuisce l’opera mediatrice di Cristo, ma le dà risalto; non impedisce l’intima unione dei fedeli con Cristo, ma la facilita (n. 60). Maria coopera nell’opera di Cristo come l’umile serva del Signore, associata a Lui più di ogni altra persona umana. Per questo giustamente è chiamata madre nostra nell’ordine della grazia (n. 61). Il compito materno di Maria continua dopo l’Assunzione; intercede per noi con grande amore. Per questo Essa è chiamata “Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice”, pur tendendo fermo che l’ultimo titolo in nessun modo si distrae dall’unica mediazione di Cristo. Il Concilio non volle entrare nella discussione dei teologi se la sua mediazione è oggettiva o soggettiva, immediata o mediata. Maria tipo della Chiesa come Vergine e Madre (nn. 63-64): Maria è tipo e figura della Chiesa, come insegnava Sant’Ambrogio. Il Concilio precisa che Maria è tale in quello “della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo”. Essa è Madre, ma allo stesso tempo è Vergine, non solo nel corpo ma anche nel cuore, cioè con la fede e l’obbedienza, la fedeltà e l’amore, così, la Chiesa è madre in quanto genera fligi con la fede e i sacramenti, ed è allo stesso 43
tempo, vergine, in quanto conserva pura e integra la fedeltà al suo Sposo, aderendo alla sua dottrina e alla sua persona. Maria modello delle virtù della Chiesa (n. 65): La Chiesa, contemplando e imitando Maria, penetra sempre più nel mistero di Cristo, cresce nella fede e nella speranza e nella carità, e anche nello spirito e nell’ardore apostolico. IV. Il culto di Maria nella Chiesa Fondamento e la natura del culto a Maria (n. 66): Perché è Madre di Dio che presen parte ai misteri di Crisot e perché esaltata, per grazia, sopra tutti gli angeli e gli uomini, essa viene onorata dalla Chiesa con un culto speciale fatto di venerazione, d’amore, di preghiera e di imitazione. Questo culto differisc essenzialmente dal culto di adorazione prestato al Verbo incarnato, così come al Padre e allo Spirito Santo. Norme o prescrizioni pastorali sia a riguardo del culto (n. 67), raccomandando specialmente quello liturgico, sia a riguardo delle varie pratiche di pietà mariane, sia riguardo della teologia della predicazione, consigliando di evitare qualunque falsa esagerazione, come pure la grettezza di mente nel considerare la dignità di Maria. In particolare non separare mai Maria da Cristo. V. Maria segno di certa speranza e di consolazione per il peregrinante Popolo di Dio Maria non solo è esemplare della Chiesa escatologia (icona escatologica della Chiesa), ma anche motivo di speranza per la Chiesa peregrinante (n. 68). Essa è pure venerata da molti fratelli cristiani, specie dagli Orientali; Essa dev’essere pregata da tutti i fedeli perché ottenga dal Figlio suo che tutte le famiglie dei popoli, cristiani, o meno, siano riunite in un solo Popolo di Dio a gloria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (n. 69). Documenti postconciliari: Autore Paolo VI
Tipo del Doc. Enciclica
Nome Christi Matri
Data di Pubbl. 15 settembre
Temi mariani Implora dono
Rosarii
1966
della pace, mediante il
Paolo VI
Esortazione
Signum
13 maggio
Rosario I dati biblici su
apostolica
Magnum
1917-1967 (50°
Maria, serva del
anniversario
Signore, Madre
44
Paolo VI
Esortazione
Marialis Cultus
delle
della Chiesa;
apparizione a
vero significato
Fatima
del culto a
2 febbraio 1974
Maria Culto della
apostolica
Chiesa alla Madre di Dio secondo lo spirito e norme
Giovanni Paolo
Enciclica
II
Redemptoris
25 marzo 1987
del Concilio Maria nella vita
Mater
della Chiesa in cammino Sulla preghiera
Giovanni Paolo
Lettera
Rosarium
II
apostolica
virginis Mariae
16 ottobre 2002
del Rosario, che ci introduce nei misteri di Gesù Cristo
Il papa Giovanni Paolo II esorta alla fine della quest’ultima: “Riprendete con fiducia tra le mani la corona del Rosario, riscoprendola alla luce della Scrittura, in armonia con la liturgia, nel contesto della vita quotidiana. Che questo mio appello non cada inascoltato!” (Rosarium virginis Mariae, n. 43).
Capitolo IV: Maria Santissima Madre di Dio
La maternità divina è il primo e più grande privilegio della Vergine Maria, in ragione della quale Ella ha ricevuto tutti i privilegi di cui è adorna. Pio XII afferma: “Da questo sublime ufficio di Madre di Dio, come da arcana fonte limpidissima, sembrano derivare tutti quei privilegi e quelle grazie che adornarono in modo e misura straordinaria la sua anima e la 45
sua vita”57. Il titolo “Madre di Dio” indica che il frutto della maternità di Maria è il Figlio di Dio, la seconda Persona della Trinità, che da lei riceve la natura umana58. Questo titolo attribuito a Maria solennemente nel Concilio di Efeso (431), dipende essenzialmente dalla fede cristologica, cioè dall’affermazione che Gesù è il Verbo divino consustanziale al Padre, divenuto uomo per noi. Perciò, “Il luogo genuino della trattazione di questa parte della dogmatica, giustificato dalla storia dei dogmi, resta il trattato sulla persona e l’opera salvifica del Redentore”59. Se il Concilio abbia messo il capitolo su Maria nella ecclesiologia, per non mettere a parte, esso indica anche che “la Chiesa ‘guarda’ Maria attraverso Gesù, come ‘guarda’ Gesù attraverso Maria. Questa reciprocità ci consente di approfondire incessantemente, insieme con il patrimonio delle verità credute, l’orbita dell’‘obbedienza della fede’ che contrassegna i passi dell’eccelsa creatura”60. Due premesse cristologiche ci permetteranno vedere questa reciprocità tra Gesù e Maria: 1) “L’unità di Cristo”: soggetto unico e personale con natura divina e natura umana, concepito nel grembo di Maria; perciò non è un’assunzione della della divinità dopo la nascita di Gesù. 2) Colui che nasce da Maria è il vero Dio consustanziale al Padre (“Dio da Dio, Luce da Luce”) e allo stesso tempo vero uomo; così non è un’assunzione dell’uomo dalla parte del Verbo. Maria lo concepisce, lo genera e lo dà alla luce.
57 Pio XII, Fulgens Corona (8 settembre 1953): AAS 45 (1953), 580. 58 Il Cardinale León-Josef Suenens, riportando il pensiero del teologo ortodosso, Aleksander Schmeman scrive: “Affrontando il tema in modo alquanto paradossale, dirò che se null’altro fosse rivelato nella Scrittura all’infuori del fatto puro e semplice dell’esistenza di Maria, e cioè che Cristo, Dio e uomo, ha una madre e che il nome di questa era Maria, già questo fatto sarebbe sufficiente perché la Chiesa l’ami, la pensi in relazione al figlio e tragga conclusioni teologiche da questa contemplazione. Non abbiamo nessun bisogno di rivelazioni supplementari o speciali: Maria è una dimensione evidente ed essenziale del Vangelo stesso”: León-Josef Suenens, Lo Spirito Santo nostra speranza, Paoline, Alba 1975, 188-189. 59 G. Söll, Storia dei dogmi mariani, LAS, Roma 1981, 390, nota 16. 60 Giovanni Paolo II, Discorso (16 marzo 1987), in cui parla dell’Enciclica che egli pubblicherà il 25 marzo 1987, Redemptoris Mater. 46
M. Ponce Cuellar descrive la maternità divina di Maria dicendo: “è la relazione reale e permanente che la vergine Maria ha con la persona divina del Verbo, a motivo della comunicazione della propria natura umana, per mezzo del concepimento (verginale), della gestazione e del parto (verginale)”61. Così “La questione della divina maternità di Maria è nata proprio come dubbio sulla duplice natura di Gesù che, come sappiamo, possiede una sola persona, quella del Verbo Divino, la seconda Persona della Santissima Trinità, e due nature, quella divina e quella umana, la prima dall’eternità, e la seconda assunta nel momento dell’incarnazione, dopo il sì della Vergine Maria all’angelo Gabriele”62. I fondamenti biblici della maternità divina: Quali testi biblici ci indicano la strada per chiamare Maria, Madre di Dio? Certamente la formula “Madre di Dio” non appare esplicitamente nella Scrittura., ma in essa sono affermate nel modo più chiaro due verità: la prima è che Gesù è veramente Dio; la seconda è che Gesù è veramente figlio di Maria. A questo punto la logica ci obbliga ad affermare: Gesù è Dio; Maria è madre di Gesù; Quindi Maria è la madre di Dio. Gesù è Dio: San Giovanni afferma che Gesù è il Verbo di Dio esistente fin dal principio nel seno del Padre (1,1); nella Lettera agli Ebrei, si dice di Gesù che è “irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza” (Eb 1, 3); San Paolo nomina Gesù con il titolo di “Dio benedetto nei secoli” (Rom 9, 5). Questi titoli cristologici ci indicano fortemente la divinità di Gesù. Maria è madre: San Paolo afferma: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4). Questo è il più qualificato fondamento dottrinale della maternità divina di Maria. Paolo consider l’incarnazione come venuta al mondo del Figlio preesistente. Il Padre “manda”, “invia” il Figlio. Il Figlio inviato entra nel mondo e nella storia attraverso la sua nascita e l’appartenenza al suo popolo: “è nato da donna, nato sotto la 61 M. Ponce Cuellar, María, Madre del Redentor y Madre de la Iglesia, Herder, Barcelona 2001, 298. 62 Daniela Del Gaudio, Maria di Nazaret, 79; R.E. Brown, La nascita del Messia secondo Matteo e Luca, Cittadella, Assisi (PG) 1981, 440-442. 47
legge”. La nascita “da donna” sottolinea la fragilità e l’umiltà, la kenosi che egli ha voluto assumere per “rendersi in tutto simile ai fratelli... allo scopo di espiare i peccati del popolo” (Eb 3, 17). Ai Filippesi, egli scrive: “egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2, 6-7). Quindi Maria è madre del Figlio di Dio, perché egli è nato da lei. In Mc 6, 3 leggiamo: “Non è costui il figlio di Maria?”. Quindi, Maria è madre di Gesù, che è Dio. Nel passo di S. Matteo dedicato all’annuncio a Giuseppe (1, 18-25) appare chiaramente che il bambino concepito da Maria ha caratteri divini: “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati” (v. 21). Il popolo di Dio è diventato il popolo di Gesù. “dai suoi peccati” (v. 21), ci rimanda alle parole: “Chi può salvare dai peccati se non Dio solo? (Mc 2, 7). Qui Gesù appare Dio che salva. Egli è Emmanuele... Dio con noi” (v. 23). È veramente Dio colui che dirà: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). San Luca presenta Maria madre di Dio o attraverso allusioni all’Antico Testamento, (la nuova tenda, la nuova arca, nuovo tabernacolo di Dio); anche dicendo che Gesù “sara grande e chiamato Figlio dell’Altissimo... Figlio di Dio” (1, 32.35) oppure con una professione esplicita da parte di Elisabetta: “la madre del mio Signore” (1, 45) che è equivalente a “la madre del mio Dio” perché somiglia alle parole di Davide, “come potrà venire a me l’arca del Signore?” (2 Sam 6, 9). Giovanni chiama Maria, sempre “la madre” del Verbo incarnato, di quel Verbo che era presso Dio (1, 1.14). La tradizione patristica: I Santi padri già da Origene in poi (quindi nella prima metà del III secolo) chiamano Maria, Madre di Dio. La preghiera più antica, “Sub tuum praesidium, confugimus, sancta Dei Genitrix...” (“Sotto la tua protezione ci rifugiam, o santa Madre di Dio...”) che risale al III secolo. All’inizio del IV secolo la formula usata nell’ambiente alessandrino. Nel V secolo, con il concilio di Efeso l’uso diventa comunissimo e frequente. La maternità divina e la crisi nestoriana: Il patriarca di Costantinopoli, Nestorio, affermava che non si poteva attribuire a Maria il titolo greco di Theotókos, perché non era possibile che una donna fosse madre di Dio, in quanto Dio non poteva avere un inizio o una nascita nel tempo. Secondo lui, Maria non poteva essere chiamata Theotókos, che vuol dire “colei che genera Dio”, ma soltanto 48
Christotókos, ossia madre di Cristo, “perché sempre la sacra Scrittura, quando parla dell’economia della divina salvezza, attribuisce la nascita e la passione non alla divinità, ma alla’umanità di Cristo”63. Così, secondo Nestorio, Maria aveva portato in grembo la persona umana di Cristo. Cristo è perciò, una persona umana e una persona divina. Quella umana è generata da Maria a cui è unito la persona divina. Cirillo di Alessandria, il grande difensore della ortodossia contro Nestorio sosteneva che, in Gesù vi sono due nature, quella umana e quella divina, unite ipostaticamente, cioè in senso personale, in un’unica persona. La persona di Gesù non è altro che quella del Verbo, la seconda persona della Santissima Trinità, come scrive Giovanni: “In principio era il Verbo; il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio” (Gv 1,1). Cirillo spiegava che le due nature comunicano gli idiomi, ossia le proprietà umane e divine, ad uno stesso soggetto. La natura umana di Gesù quindi non forma un soggetto a sé, non ha la personalità umana, come avviene per noi, ma appartiene alla persona divina del Verbo. Quando Gesù si è incarnato nel seno di Maria, ha assunto la natura umana che si è andata ad unire in modo ipostatico a quella divina nell’unica persona del Verbo64. Nestorio da sua parte non voleva attribuire alla divinità azioni umane. Le azioni divine (i miracoli) le compie il Verbo e quelle umane (es. mangiare, nascita, morte) le realizza l’uomo Gesù. Egli proponeva un’unità di tipo funzionale, morale nel senso che Dio e l’uomo Gesù cooperano perfettamente allo stesso progetto di salvezza; ma non è un’unità di ordine sostanziale o ipostatica. Essa è un’unità estrinseca. Il concilio di Efeso fu indetto da imperatore Teodosio, con l’approvazione di Papa Celestino I. Il concilio si oppose a Nestorio. Approvò la dottrina di Cirillo che sottolineava l’unità personale di Cristo e sancì la legittimità di chiamare Maria con il titolo di Theotókos. Il Concilio non compilò una dichiarazione dogmatica ex novo, ma fece propria la seconda lettera di Cirillo a Nestorio: “Il Verbo di Dio si è unito con la carne fin dal seno della madre, è nato secondo la carne, accettando la nascita della propria carne... Perciò i santi Padri non dubitarono di chiamare madre di Dio la santa Vergine”65. La carne, l’anima, tutto l’umano è
63 Nestorio, Seconda lettera a Cirillo (15 giugno 430): DH 251d. 64 Cf. S. Meo, La “Theotókos” al Concilio Ecumenico di Efeso (a. 431), Marianum, Roma 1979. 49
proprio del Verbo perché Egli lo ha fatto suo: è Lui stesso presente come uno di noi nel tempo e nel mondo. Il Concilio di Efeso ebbe una storia travagliata, che portò alla rottura tra i padri avevano partecipato ad esso e alcuni padri principalmente antiocheni, che, arrivati ad Efeso in ritardo e insoddisfatti di come andavano le cose (Nestorio è già deposto dal concilio) si rifiutarono di partecipareCi fu lo scambio reciproco di scomuniche da parte dei due gruppi. I legati di Papa Celestino, arrivati in ritardo, comunque convennero con le decisioni conciliari, il che contribuì a convalidare la legittimità del concilio. La divisione si ricompose solo da in parte due anni dopo con la “formula di unione” (433), composto da Giovanni di Antiochia. Questa formula di unione esprimeva nuovamente la dottrina essenziale con un linguaggio più consone alla sensibilità cristologica antiochena e ribadiva il fatto che Maria doveva essere considerata veramente Theotókos. Più tardi, il concilio di Calcedonia (451) insegnerà che Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, fu “generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria vergine e madre di Dio, secondo l’umanità”66. Posteriormente, il Concilio di Costantinopoli II (553) afferma la doppia nascita del Verbo, eterna e temporale: “Se qualcuno non confessa che due sono le nascite del Verbo di Dio, una prima dei secoli dal Padre, fuori dal tempo e incorporale, l’altra in questi nostri ultimi tempi, quando egli è disceso dai cieli, s’è incarnato nella santa e gloriosa madre di Dio e sempre vergine Maria, ed è nato da essa, sia anatema”67. Così, chiamando Maria madre di Dio, confessiamo che Gesù è Dio. Chiamandola madre di Dio, confessiamo la sua umanità. Le affermazioni dei Concili non si trattano di una definizione diretta e formale dal punto di vista giuridico, ma dato che il termine Theotókos è stato assunto solennemente dai Concili Ecumenici e accolto senza discussione, esso appartiene senza dubbio al deposito della Rivelazione. Che Maria sia Madre di Dio è quindi uan verità di fede68. Max Thurian scrive a proposito: “Il dogma di Efeso ha essenzialmente una portata cristologica: Maria non è chiamata ‘Madre di Dio’ per glorificare la sua persona, ma a causa 65 DH 251. 66 DH 301. 67 DH 422. 50
di Cristo, affinché la verità sulla persona di Cristo sia pienamente messa in luce. Anche là Maria è Serva del Signore; il dogma che la concerne è al servizio della verità che riguarda suo Figlio, il Signore. Il Concilio di Efeso, chiamandola Madre di Dio, riconosce in Cristo due nature, umana e divina, e una sola Persona: esso riconosce così la realtà dell’Incarnazione fin dal concepimentoe miracoloso del Figlio di Dio nella Vergine Maria”69. Questa affermazione non significa certamente che Maria ha generato la divinità, cosa che sarebbe priva di senso, perché la creatura viene sempre dopo il Creatore. Significa invece che ha dato la natura umana al Verbo di Dio, cioè la seconda Persona della Santissima Trinità, che è Dio. Ma dare la natura umana al Verbo significa generarlo secondo la natura umana, significa essergli Madre. Più brevemente, Maria sia Madre di Dio significa semplicemente che gli ha dato la natura umana. Approfondimento teologico: Nel contesto trinitario: Prendendo la carne da Maria vergine, il Verbo un nuovo modo di essere nel mondo, essere uomo. È un’azione compiuta dalla Trinità. Maria acconsente all’opera della Trinità e la fa sua con tutto il suo essere femminile e materno.
Ma tutto ciò che compiuto e da Dio per primo, non da Maria. È lui che decide di incarnarsi, è lui che sceglie Maria, anche se tutto diviene possibile attraverso il suo consenso.
La maternità divina è prima di tutto un mistero della grazia divina e poi di adesione fiduciosa della creatura. “Non è Maria che fa di Cristo suo figlio, ma Cristo che fa di Maria sua madre”70.
68 R. Coggi, Trattato di Mariologia, 121; R. Laurentin, Maria nella storia della salvezza, 50. 69 Max Thurian, Maria Madre del Signore, Immagine della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1964, 89. 70 J. Alfaro, Maria, colei che è beata perché ha creduto, 32. 51
Due approcci teologici: 1) Predestinazione di Maria per essere Madre del Figlio di Dio. Tramite l’incarnazione Dio vuole unire tutta l’umanità a se. Maria così, è in relazione con la Trinità economica. La sua maternità costituisce il vertice della grazia concessa a una creatura, la suprema fra tutte le grazie operate da Dio per costituire la Chiesa come la sua sposa71. 2) Relazione di Maria con la Trinità: a) Il Padre genera il Figlio nell’eternità; Maria lo genera nel tempo. Il Figlio è immagine del Padre mentre il Figlio incarnato assomiglia anche alla madre. Perciò, la sua maternità potrebbe essere chiamata “maternità divina”: “Come il Padre infatti ha generato dall’eternità il Verbo secondo la natura divina, così Maria lo ha generato nel tempo secondo la natura umana. Come il Padre lo ha generato dalla sua sostanza divina, così la Madre lo ha generato dalla sua sostanza umana. Come il Verbo è l’unico Figlio del Padre, da lui generato verginalmente, così anche l’unico Figlio della Madre, da lei generato verginalmente. Il tutto è sintetizzato dalle bellissime parole di S. Anselmo: «Il Padre e la Vergine ebbero naturalmente uno stesso Figlio comune» (Naturaliter fuit unus idemque communis Dei Patris et Virginis Filius). Conseguentemente sia il Padre che la Madre, rivolti allos stesso Figlio, possono dirgli in piena verità: «Tu sei mio Figlio». Nessun’altro lo può fare”72. b) La maternità di Maria è divina anche se è vista nella luce del Figlio, perché, Maria non è Madre della sola carne di Gesù, ma è madre di questo Figlio che ella ha concepito e generato. E anche se la persona di Gesù è divina, Maria è veramente Madre di questa Persona che sussiste nella carne. Ella non è solo Madre del corpo del corpo del suo Figlio, ma è come ogni altra madre, Madre di suo Figlio, dotato di anima e corpo (nessuna madre crea l’anima di una persona, eppure la chiamiamo madre dell’intera persona). È Madre di Gesù, che è Dio. c) La maternità di Maria è divina anche se è vista nella luce dello Spirito Santo. Gesù infatti fu concepito per opera dello Spirito Santo, il quale agì come causa efficiente nella formazione del suo corpo nel seno di Maria. Maternità divina quindi in quanto operata
71 Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 9.
72 R. Coggi, Trattato di Mariologia, 132. 52
direttamente da Dio non solo quanto alla creazione dell’anima, ma anche quanto alla formazione del corpo.73 Perciò Maria è strettamente legata alle relazioni trinitarie. Cioè, Maria è in relazione alla Trinità immanente. Questo vuol dire, anche nel tempo, il Figlio è generato dal Padre, per opera dello Spirito Santo. Solo nell’ordine delle cause seconde questa generazione corrisponde a Maria. Dunque, l’azione di Maria non va semplicemente affiancata o intesa come prolungamento di quella del Padre eterno. Grazia e dignità della Madre di Dio Secondo Vaticano II, Maria è “Madre del Figlio di Dio, e perciò figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo; per il quale dono di grazia eccezionale precede di gran lunga tutte le altre creature, celesti e terrestri” (LG 53). “Dobbiamo dire che questa dignità è così grande che, dopo quella che compete all’umanità di Gesù, Dio non potrebbe crearne una maggiore. Perché infatti vi possa essere una madre più grande i più perfetta di Maria bisognerebbe che ci fosse un filgio più grande e più perfetto di Gesù, cosa impossibile, non potendovi essere nulla di più grande di Dio. Con la divina maternità Dio ha concesso alla creatura tutto ciò che ad essa si può concedere, dopo l’unione opostatica”74. Secondo Giovanni Paolo II, “Nel mistero di Cristo Maria è presente gia ‘prima della creazione del mondo’, come colei che il Padre ‘ha scelto’ come Madre del suo Figlio nell’Incarnazione ed insieme al Padre l’ha scelta il Figlio, affidandola eternamente allo Spirito di santità. Maria è in modo del tutto speciale ed eccezionale unita a Cristo e parimenti è amata in questo Figlio diletto eternamente, in questo Figlio consostanziale al Padre, nel quale si concentra tutta ‘la gloria della grazia’” (Redemptoris Mater 8). Il discorso sulla dignità di Maria non deve focalizzare unicamente sulla grazia. L’azione di Maria nel corrispondere e aderire alla messaggio è anche importante. Secondo S. Agostino, Maria è più grande per la sua fede che per la sua maternità (De sancta verginitate, 3,3). La grazia di Maria non deriva soltanto dalla vocazione con la quale Dio l’ha ornata, ma anche dalla sua perfetta corrispondezza a essa: “beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11, 27-28). Gesù, mette questo rapporto con la Parola al primo posto.
73 Ibid., 132-133. 74 Ibid., 133. 53
Naturalmente la generazione biologica viene dopo. Però dobbiamo essere attenti nel caso di Maria, l’unica a portare nel suo seno il Dio. La beatitudine massima si ha nella visione di Dio, e la maternità divina non è in se stessa beatificante. Ma la dignità di Maria è superiore a qualsiasi altra dignità creata, compresa la grazia e gloria, perché l’unione con Dio data dalla maternità divina è un’unione fisica, mentre quella della visione è un’unione intenzionale, cioè posta sul piano conoscitivo. Ora l’unione fisica con Dio fattosi uomo, anche se mediata, è superiore a un’unione intenzionale, anche se immediata. Di più, in Maria l’unione intenzionale è contemporaneamente congiunge a quella fisica. Da ciò si contempla i privilegi di Maria. Capitolo V: Maria Sempre Vergine
Nelle Litanie Lauretane, l’invocazione Sancta Dei Genetrix, ora pro nobis, segue immediatamente l’invocazione Sancta Virgo virginum ora pro nobis. Maria Santissima è innanzitutto la Madre di Dio, e subito dopo è la Vergine delle vergini. Ma che cos’è veramente la verginità? Nel linguaggio comune, si dice una donna è vergine quando, pur essendo in età nubile, si astiene dai rapporti sessuali. Questo concetto comune non esige né presuppone la presenza di un segno corporeo, benché a volte questo segno sia sottinteso quando si parla di verginità75. Intesa in una prospettiva cristiana essa comporta la consegna totale della persona, anima e corpo, mente e cuore, a Gesù Cristo. Questa donazione completa della persona comporta: a) La verginità del corpo, cioè l’integrità corporea, l’elemento materiale della verginità, secondo linguaggio filosofico-teologico76. b) la verginità dell’anima: cioè la decisione cosciente e libera di appartenere esclusamente a Dio secondo le esigenze della castità perfetta. Essa presuppone non solo la totale integrità fisica della donna, come pura realtà biologica, ma anche la volontà di conservare sempre tale integrità, cioè abbracciare per motivi religiosi una totale continenza.
75 A. Ducay, La prediletta di Dio, 115. 76 Si parla anche del segno corporeo almeno nelle donne. Nei maschi non esiste un segno corporeo di verginità. La mancanza dell’integrità fisica può essere dovuta a circostanze di nessun rilievo morale: la condizione di nascita, un incidente ecc. 54
Questo consegnarsi a Dio con cuore indiviso costituisce l’elemento formale e intenzionale della verginità. Dall’esempio di Gesù, di Maria e di molti santi, si evince che questa forma di donazione a Dio sia di grande efficacia per la diffusione del vangelo; infatti, essa esprime con grande vigore la novità di vita che Gesù ha introdotto nel mondo. A partire dal IV secolo, la Chiesa insegna che Maria Santissima fu vergine prima del parto, durante il parto e dopo il parto. Questa fede fu espressa solennemente, nei tempi recenti, dal Papa Paolo VI quando nel Credo del Popolo di Dio (29 giugno 1968), proclamo: “Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre vergine, del Verbo Incarnato, il nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo”. Quindi la Chiesa crede e insegna sulla verginità di Maria le seguenti verità rivelate: a) l’assoluta e perpetua integrità corporale della Vergine b) la verginità della sua anima, cioè la piena ed esclusiva unione sponsale della sua anima con il Signore. Così il dogma della fede cattolica suppone: 1) che Maria concepì miracolosamente e verginalmente per l’onnipotenza divina, per cui Gesù non ebbe un padre umano (prima del parto); 2) che diede alla luce il Figlio senza lesione della sua integrità corporale (durante il parto); 3) che dopo la nascita di Gesù Maria rimase vergine durante tutta la sua vita terrena (dopo il parto)77. Per questo Maria è sempre Vergine, oppure la Vergine. Il fondamento biblico: I testi biblici si attestano della verginità di Maria: a) La profezia di Isaia (7, 14), dice che “la vergine concepirà e darà alla luce un figlio”. Come abbiamo visto a suo tempo questo testo, almeno nel senso pieno o profetico, si riferisce alla madre del Messia. b) il testo di Matteo (1, 22), riprende la profezia di Isaia, e conferma quanto è appena detto. Si legge in Matteo 1, 18, 25: “Prima che andassero a vivere insieme”, e ancora “Egli non la 77 R. Coggi, Trattato di Mariologia, 137-138. 55
conosceva finché nonebbe dato alla luce il figlio”. Qui si deve intendere che l’Evangelista si riferisce al tempo precedente il concepimento e la nascita, senza dire nulla di quanto accade dopo. Gesù viene chiamato il figlio “primogenito” (Mt 1, 25; Lc 2, 7). Ma anche qui il termine significa che prima Maria non aveva avuto altri figli, e non implica che ne abbia avuto degli altri. Bisogna quindi dire con S. Girolamo, “Omnis unigenitus est primogenitus (Ogni unigenito e primogenito)”78. Qui si può anche discutere la difficoltà classica riguardante i “fratelli” di Gesù. Nel ebraico, non c’è una parola per designare i cugini; si usava “fratelli” per designare tutti i membri del gruppo familiare (Abramo dice a Lot, suo nipote, “Noi siamo fratelli”, Gen 13, 8). Giacobbe di dichiara “fratello di Labano” suo zio (Gen 29, 12). c) Nel contesto dell’Annunciazione di S. Luca (1, 27), Maria fa la domanda: “Come avverrà questo? Non conosco uomo” (1, 34). Maria ammette di non avere avuto nessun rapporto sessuale. Come abbiamo già discusso, esso potrà essere anche interpretato come il suo proposito di rimanere vergine. Senza un proposito di verginità Maria non avrebbe detto queste parole (Agostino, Gregorio di Nissa). Altri però interpretano che Maria voleva sapere come procedere quando lei non è ancora sposata, ma solo fidanzata. Sua domanda potrebbe esprimere la situazione presente di Maria di non coabitazione, e far trasparire la richiesta dello specifico modo di precedere79. Così anche A. Serra, dopo accurato studio, dice: “Il solo testo biblico non sembra offrire garanzie definitive pro o contro il cosidetto voto o proposito di verginità che Maria avrebbe messo in cuore suo prima dell’Annunciazione”80. d) Nella narrazione della natività abbiamo un discreto ma eloquente accenno di S. Luca al parto verginale e miracoloso quando si dice che la Vergine, con la massima naturalezza e senza alcun aiuto, “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo adagiò in una mangiatoia” (2, 7). Questo fatto è interpretato come la nascita prodigiosa di Gesù, la quale è accaduta senza dolori in Maria e senza versare il sangue.
78 S. Girolamo, De perpetua virginitate 10: PL 23, 202. 79 Cf. F. Mann, María una mujer judia, PPC, Madrid, 2008, 47-50; 105-108. 80 A. Serra, “Vergine”, in Nuovo Dizionario di Mariologia, 1444. 56
e) Ciò che Giovanni afferma (1, 13): “non da sangui, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono generati”: se il verbo è letto al singolare, come fanno alcune versioni latine, siriache, e qualche citazione patristica, allora, come dice I. De la Potterie, troviamo espresse la concezione verginale e la nascita miracolosa, senza effusione di “sangui”81. f) In Gv 19,25ss, vediamo come Gesù dalla croce affida Maria al discepolo amato, dicendole, “Donna, ecco tuo figlio” e dicendo al disceplo “Ecco tua madre”. “E da quel momento il discepolo la prese con sé”. I Santi Padri hanno visto in questo affidamento il segno che Maria non aveva altri figli, e ne deducevano la sua perpetua verginità. Testimonianza della Tradizione: Tra i Padri è unanime l’accettazione della concezione verginale di Gesù, chiaramente insegnata dai Vangeli. Nel II-III secolo, i giudeo-cristiani Ebeoniti negarono la divinità di Gesù, e perciò negarono anche il concepimento e il parto verginale di Maria e sostennero che Gesù era nato naturalmente da Maria e Giuseppe. Celso riteneva che è disdicevole che Dio si incarni nel seno di una donna. Il gnostico Valentino riteneva che Gesù è semplicemente “passato” attraveso Maria, come attraverso un canale, per cui ella è “una via, ma non una madre”. Marcione poi relega la nascita verginale tra le favole. Per i doceti, l’umanità di Gesù è solo apparente. Contro tali attacchi, Ignazio, Giustino, Ireneo reagirono come abbiamo già visto a suo tempo. Ireneo scrive: “Il Figlio di Dio diventa figlio dell’uomo, che, in quanto puro, puramente aperse il grembo puro, quello appunto che rigenera gli uomini per Dio e che egli stesso ha reso puro”82. La espressione “aprire il grembo” è interpretata per indicare la nascita del primogenito o alcuni anche vedono parto verginale. In un altro testo Ireneo dice: “Prima che venissero le doglie del parto diede alla luce un bambino”83. Efrem il Siro (373) scrive che “il nato non lese il sigillo della vernitià, neé la Vergine soffrì”. Egli utilizza l’esempio di conchiglia, che si apre per far uscire la perla e poi si
81 I. de la Potterie, “Il parto verginale del Verbo Incarnato ‘non ex sanguinibus... sed ex Deo natus est’ (Gv 1,13)”, in Marianum 45 (1983), 127-274. 82 Ireneo, Contro le eresie, III, 22, 4, PG 7, 960. 83 Ireneo, Dimostazione evangelica (Epideixis) 54, SC 65, 115. 57
richiude. Egli chiede: “Non è forse Dio più abile degli uomini, se fa allargare e restringere la natura, senza che venga lesa dal corpo nascente?”. Epifanio (†403) chima Maria “Vergine perpetua” e afferma che Maria “partorendo, fuggì i dolori del parto” e ciò – rileva - è cosa inaudita”84. Ancora dice che “nel seno della Vergine realmente generato” è stato “dato alla luce per le vie naturali senza alcuna turpitudine, sordidezza o macchia”85. I vangeli apocrifi hanno un valore specifico in questo contesto perché si mantengono un autentico “senso dei fedeli”. Il Protovangelo di Giacomo afferma la verignità di Maria nel concepimento e nel parto. Le Odi di Salomone, affermano esplicitamente che Maria partorì senza dolore. Ambrogio contro la negazione di Giovaniano, sostenne molto esplitamente l’integrità fisico-corporea di Maria durante la nascita di Gesù. Egli esprime lapidariamente: “Non disse Isaia che una vergine avrebbe solo concepito, ma anche che avrebbe partorito un figlio” (Epst. 42, 5). Secondo Ambrogio, “Maria è la porta buona che era chiusa e non si apriva. Cristo vi è passato attraverso, ma non la aprì”. L’integrità corporale di Maria nel parto è espressa con diverse paragoni. La Vergine era la “porta chiusa” di Ez 44, 1-2; il roveto ardente che non si consuma (Gregorio di Nissa), o il “sepolcro” di Cristo rimasto sigillato (Efrem). Seconod Leone Magno, “Gesù fu concepito dallo Spirito Santo dentro l’utero della Vergine Madre, che lo partorì conservando la verginità, come lo concepì conservando la verginità” (Tomus ad Fravianum, PL 54, 759). In genere i Padri non entrano in dettagli sullo svolgimento del parto; di solito lo intendono come una nascita che lascia inalterato il grembo di Maria, ma in alcuni testi il prodigio consiste nel fatto che il grembo di Maria, lacerato dalla nascita del bambino, ritorna allo stato originario. Basilio afferma chiaramente: “Coloro che amano Cristo non sopportano di sentire che la Theotókos abbia a un certo punto cessato di essere vergine”86. In tutto la
84 Epifanio, Haer, 30, 20, PG 41, 437. 85 Epifanio, Expositio fidei, 15, PG 42, 812. 86 Basilio, Predica sul Natale 5, PG 31, 1467. 58
perenne verginità di Maria collega la sua figura dogmatica di madre di Dio e a quella personale e morale che la vede santa in tutto87. Il Magistero della Chiesa fa eco alla fede della Chiesa nella perpetua verginità di Maria. Già i Simboli della fede la confessavano. Il Concilio di Costantinopoli (553), la chiama sempre Vergine. Il Concilio Lateranense I (649) reagì contro certe tendenze che attribuivano al corpo di Cristo qualità divina e spiegavano in base ad esse in fatto che Gesù fosse nato da Maria in modo verginale. Il Concilio voleva sostenere che il parto verginale non è frutto della particolare fisica del corpo di Gesù, piuttosto del fatto che Gesù assunse la natura umana comune a tutti, ma in modo nuovo e santo, perché era senza peccato; concepito senza concupiscenza, e nasce senza dolori. Così, il Concilio afferma: “se qualcuno non confessa secondo i santi Padri che la santa e sempre-vergine e immacolata Maria sia in senso proprio e secondo verità madre di Dio, in quanto veramente alla fine dei secoli ha concepito dallo Spirito santo senza seme, e partorito senza corruzione, permanendo anche dopo il parto la sua indissolubile verginità, lo stesso Dio Verbo, nato dal Padre prima di tutti i secoli, sia condannato” (DH 503). Questa definizione è infallibile e irreformabile, poiché data l’intenzione espressa dal Papa e l’accettazione universale del Concilio, questo risulta praticamente ecumenico. La perpetua verginità di Maria è quindi una verità di fede definita. Nel Proemio della Lumen Gentium il concilio Vaticano II cita le parole del canone romano che recitano: “la gloriosa sempre vergine e madre di Dio e del Signore nostro Gesù Cristo” (LG 52). C’è poi un esplicito riferimento alla verginità nel parto: “Nella natività... la madre di Dio mostrò lieta ai pastori e ai magi il Figlio suo primogenito, il quale non diminuì la sua verginale integrità ma la consacrò” (LG 57). La dottrina è ampiamente esposta nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 496-511) e nelle catechesi mariane di Giovanni Paolo II (nn. 26-31). Approfondimento teologico della verginità: La domanda possa essere posta così: era necessario che l’Incarnazione del Verbo avvenisse mediante un concepimento verginale? Von Balthasar, rispondendo affermativamente, spiega in quanto un’eventuale paternità umana nei riguardi di Gesù oscurerebbe il suo rapporto unico con il Padre celeste88. Il Verbo di Dio
87 G. Söll, Storia dei dogmi mariani, 131-132. 59
nasce eternamente dal Padre, e nel tempo, nasce da Maria e nasce misticamente nel cuore dei fedeli. a) San Tommaso afferma della convenienza della nascita del Verbo dalla Vergine “per conservare la dignità del Padre che lo mandava. Essendo infatti Cristo il vero e naturale Figlio di Dio, non era conveniente che avesse un altro Padre oltre a Dio: affinché la dignità di Dio non venisse trasferita a un altro”89. b) Inoltre, secondo Tommaso, “il verbo viene concepito senza alcuna corruzione della mente: anzi, la corruzione della mente non è compatibile con la concezione di un verbo perfetto. Poiché dunque la carne venne assunta per essere la carne del Verbo di Dio, era conveniente che anche’essa venisse concepita senza corruzione della madre”90. c) Da una parte per conservare la dignità del Padre e dall’altra per conservare l’integrità della madre, se la nascita verginale di Gesù è ammessa, essa è anche collegata alla sua nascita mistica nel cuore dei fedeli: “[Ciò era conveniente anche] per lo stesso fine dell’Incarnazione di Cristo, la quale avvenne affinché gli uomini rinascessero come figli di Dio, ‘non dalla volontà della carne, né dalla volontà dell’uomo, ma da Dio’ (Gv 1, 13), cioè dalla potenza di Dio”91. Quale sarebbe l’intenzione di Dio che il Verbo di Dio dovesse nascere verginalmente? Max Thurian riflettendo sulla verginità prima del parto afferma: “Maria è vergine per precisare che è Dio che ha generato Cristo, che il Salvatore non è un superuomo, frutto dello sforzo umano verso la liberazione. Né il sangue, cioè l’eredità umana, né volontà d’uomo, cioè la decisione di un padre umano, sono all’origine della nostra salvezza, ma solo Dio nel suo disegno eterno, che ha predestinato la Vergine Maria per generare in lei e far nascere da
88 Hans Urs von Balthasar, “Concepito per opera dello Spirito Santo, nato dalla Vergine Maria”, in AA.VV. Io credo. Riflessioni teologiche sulla professione di fede, Cittadella, Assisi 1977, 37-39. 89 Tommaso d’Aquino, S. Th., III, q. 28, a. 1. 90 Ibid. 91 Ibid. 60
lei il suo unico Figlio, Salvatore del mondo”92. Esso vuol dire l’uomo da solo, senza l’aiuto di Dio è incapace di liberare se stesso. Karl Barth, il teologo calvinista, sostiene che il sesso maschile va escluso nel concepimento di Cristo, poiché la creatura umana in questo caso può solo ricevere, essere disponibile93. Un’altro motivo per il carattere verginale della concezione e nascita di Gesù viene dall’escatologia. Tutti gli uomini sono in stato di pellegrinaggio verso quello stato in cui gli uomini più non si sposano; saranno come gli angeli del cielo. La moltiplicazione corporea con l’unione dei sessi non giova in cielo. Gesù ha iniziato questo nuovo modo di esistere già nella storia. Nella sua concezione e nascita verginale è ritratta la trasformazione futura94. Guardando a Maria Vergine la Chiesa trova il suo modello per essere integra nella fede e feconda nell’amore. Maria Vergine non mortifica, per questo, il matrimonio e il processo di procreazione umana, anzi lo nobilita, perché nessun amore è veramente degno di questo nome se non ritrova il suo carattere di integrità e di verginità. Scrive Paolo VI nel Marialis cultus: “La scelta dello stato verginale da parte di Maria non fu un atto di chiusura ad alcuno dei valori dello stato matrimoniale, ma costituì una scelta coraggiosa, compiuta per consacrarsi totalmente all’amore di Dio” (n. 37). Il matrimonio verginale costituisce la Sacra Famiglia. Esso è modello per vivere la virtù della la castità anche nella vita matrimoniale in tutte le famiglie. Non ovviamente nel senso che in tutte le famiglie si debba praticare la continenza totale, ma certamente nel senso che si deve praticare la castità coniugale, cioè l’osservanza della legge di Dio. La verginità di Maria è un forte richiamo alla virtù della castità, sia nella forma della consacrazione verginale, sia nella forma della castità matrimoniale. La fedeltà tra i coniugi, l’educazione della prole, e il sacramento trovano il loro modello nella famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.
Capitolo VI: L’Immacolata Concezione e la Santità di Maria
92 Max Thurian, Maria Madre del Signore, immagine della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1964, 46. 93 Cf. K. Barth, Esquisse d’une dogmatique, Neuchâtel-Parigi 1950, 96. 94 Cf. M. Schmaus, Dogmatica cattolica, II, Marietti, Torino, 1969, 456. 61
Il mistero di Maria non si esaurisce nella sua maternità verginale, in quanto occupa un posto preminente anche nell’opera redentrice di Cristo. Maria fu la “prima” a ricevere i frutti della redenzione, la capostipite di tutti i redenti, la più degna nell’ordine della grazia. Lei è la “prima redenta” in modo pieno e perfetto. Infatti, preservata dal peccato, ha ricevuto la redenzione più perfettamente degli altri; mediante il suo “fiat nella fede” ha accolto per intero gli abbondanti doni di Dio, divenendo “santissima”. “Con questa fede, Maria trapassa dall’Antico al Nuovo Testamento; divenendo Madre diviene cristiana” dice Romano Guardini.95 Papa Pio IX, dopo aver consulato l’intera Chiesa cattolica, proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione l’8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus sulla santità di Maria. Mettendo fine alle controversie secolari delle diverse scuole teologiche, il pontefice sancisce la tesi del Beato Giovanni Duns Scoto, che affermava la concezione immacolata di Maria è di redenzione preservativa96. Per comprendere il signifato del dogma è indispensabile avere un’idea chiara del peccato originale, poiché l’Immacolata Concezione significa proprio l’esenzione di Maria da questo peccato. Il peccato originale: Che cos’è? Seguendo il Catechismo della Chiesa Cattolica (396-421), il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica afferma (n. 76): “Il peccato originale nel quale tutti gli uomini nascono è lo stato di privazione della santità e della giustizia originali. È un peccato da noi «contratto», non «commesso»; è una condizione di nascita, e non un atto personale. A motivo dell'unità di origine di tutti gli uomini, esso si trasmette ai discendenti di Adamo con la natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione». Questa trasmissione rimane un mistero che non possiamo comprendere appieno”. Qual’è la conseguenza di tale peccato? Dice ancora lo stesso Compendio: “In conseguenza del peccato originale la natura umana, senza essere interamente corrotta, è ferita
95 R. Guardini, La madre del Signore, Morcelliana, Brescia 39. 96 S.M. Cecchin, L’Immacolata Concezione. Breve storia del dogma, LEV, Città del Vaticano 2003, 68-70. 62
nelle sue forze naturali, è sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, ed è incline al peccato. Tale inclinazione è chiamata concupiscenza” (n. 77). Ciò vuol dire che i nostri progenitori hanno disubbedito a Dio (cf. Gen 3), e così il peccato (che prima era stato commesso solo dagli angeli ribelli) entra anche nel mondo dell’uomo. Questo peccato viene chiamato peccato orignale “originante”, si trasmette per generazione a tutti gli uomini, che discendono dai progenitori, e diventa un peccato originale “originato”. Come afferma il catechismo, questa trasmissione rimane un mistero che non possiamo comprendere appieno. La rivelazione ci ha aperto la strada per comprendere. S. Paolo scrive: “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Rom 3, 23); “Per la disubbedienza di uno solo tutti sono stati costitutiti peccatori” (Rom 5, 19); e ancora, “Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rom 3, 12). In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti? Si spiega che esso avviene perché tutto il genere umano in Adamo era “come un unico corpo di un unico uomo”97. Se, nel senso del peccato originale originato, si applica a tutti gli uomini, come mai Maria non è stata contaminata da tale peccato? Se Paolo applica a tutti questo peccato di Adamo, come mai Maria sarebbe una eccezione? Tommaso d’Aquino concepiva il peccato originale in questi termini: “materialmente è la concupiscenza; formalmente è la mancanza della giustizia originale”. Secondo Tommaso, “la privazione della giustizia originale, che assicurava la sottomissione della volontà a Dio, è la parte formale del peccato d’origine; mentre tutto il disordine delle altre facoltà ne è come l’elemento materiale. Quest’ultimo disordine consiste soprattutto nel fatto che queste facoltà si volgano disordinatamente ai beni transitori: e tale disordine con nome generico si può chiamare concupiscenza” 98. Il Concilio di Trento si dedicò al tema un intero decreto con un’esposizione profonda e articolata99. Il Credo del Popolo di Dio, composto da Paolo VI (1968) afferma:
97 Tommaso d’Aquino, Questiones disputate de malo, 4,1. 98 S.Th. q. 83, a. 3. 99 DH 1510-1516. 63
“La colpa originale da lui [Adamo] commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa (la natura) porta la conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce del peccato”. Il peccato originale è dunque una condizione della natura umana, causata dal peccato di Adamo. Si potrebbe dire che è uno “stato” della natura, tale che ogni uomo riceve la propria umanità sin dall’inizio in questo “stato”: come umanità segnata dalla colpa di Adamo. Si è prodotta in lui una rottura interiore del rapporto con Dio, frutto della colpa, che ha condizionato la sua intera esistenza posteriore. Per aver volontariamente troncato il rapporto con Dio, egli è rimasto in qualche modo ferito. Per questo il peccato originale è un peccato tutto speciale, poiché è “contratto” e non “commesso”, e uno “stato” e non un “atto”. Esso si vede nello squilibrio e disordine nell’uomo che si manifestano nell’autosufficienza, l’autogiustificazione, la perdizione volontaria nelle creature. Paolo VI indica tre caratteristiche della situazione dell’uomo dopo il peccato: a) è spogliato della grazia: cioè la privazione della grazia santificante. Perciò, non trova in se stesso un’inclinazione pura al bene, ma ha l’esperienza di un contrasto interiore, di un’altra legge dentro di sé che combatte ciò che è giusto e ragionevole (cf. Rom 7, 23). Perciò, c’è in lui un germe nocivo, una propensione verso il male. b) è ferito nelle forze naturali: cioè l’uomo non riesce a dirigere se stesso verso il fine ultimo; non ha forza di inseguirlo o lo scambia per altri scopi più futili. La ragione viene oscurata, la volontà diventa fiacca, che lo spingono verso il disordine della concupiscenza. c) è sottoposto al dominio della morte: La morte vera è la privazione dell’amicizia con Dio, perché solo da Dio procede la vita e la vita eterna. Attraverso il peccato l’uomo entra nella sfera di dominio del diavolo e della morte eterna, che troverà un rimedio universale soltanto attraverso la vita e la pasqua di Gesù (cf. Battesimo, per cui il peccato originale viene cancellato; però le consequenze rimangono, cioè la natura indebolita e inclinata al male). Giovanni Paolo II in un’udienza (3.9.1983), parla dello stato di giustizia originale, con la grazia e i doni che lo accompagnavano: “Grazie a tali doni divini l’uomo, che si trovava
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congiunto in amicizia e armonia col suo Principio, possedeva e manteneva in se stesso l’equilibrio interiore né era angustiato dalla prospettiva del decadimento e della morte”. Come è arrivata la Chiesa a tale consapevolezza? Quale fondamento della rivelazione la sostiene? Che cosa dice la Tradizione? Studieremo brevemente. I fondamenti biblici: a) Il protovangelo (Gen 3, 15) parla dell’inimicizia tra la donna (figura di Maria) e il serpente (figura del diavolo). Se fra la donna e il serpente c’è un’inimicizia radicale, non si può pensare che anche per un solo istante nella donna prevista ci sia stata, per così dire, un’amicizia con il serpente a motivo del peccato, sia pure del solo peccato originale. Fra la donna e il serpente c’è un’incompatibilità assoluta. Nella donna quindi non c’è alcuna macchia di peccato. Le parole del Cantico dei cantici rispecchiano tale stato: “Tutta bella sei tu, amica mia, in te nessuna macchia” (Ct 4, 7). b) Il saluto dell’angelo (Lc 1, 28) indirizzato a Maria, “Ti saluto, o piena di grazia” (chaire, kecharitômenê) (“o ricolma del favore divino” interpretata nel senso di “possedente ogni singola grazia” e quindi anche la grazia di essere concepita senza peccato), indica una pienezza totale di grazie.100 Angelo, infatti la saluta, così: “rallegrati, o gratificata!”. Questa totalità riguarda sia l’estensione che la durata, cioè deve estendersi a tutta la vita di Maria, a cominciare dal primo istante della sua esistenza. Laddove la traduzione classica interpretava “piena di grazia” nel senso che non mancava nessuna grazia in Maria, l’esegesi moderna legge che in lei tutto è grazia, ovvero che tutto in Maria è favore di Dio e grazia, al punto di esserlo pure lei stessa.
100 kecharitômenê (kecaritwme,nh:) è infatti il participio perfetto passivo del verbo carito,w. I verbi terminati in -o,w hanno di regola un senso causale, cioè indicano l’effetto prodotto dall’azione su di una persona o un oggetto (così douloô, significa “rendere schiavo). Così, charitoô (che viene da charis, significa grazia), è “rendere grazioso” oppure “gratificare”. La forma kecharitômenê significherebbe allora “gratificato/a” o “aggraziato/a”, nel senso di un’azione di Dio che ha reso interamente bella Maria. Ignace de la Potterie propone come traduzione delle prime parole dell’angelo, “chaire, kecharitômenê” «gioisci di essere stata trasformata dalla grazia di Dio»: Maria nel mistero dell’Alleanza, Marietti, Genova 1988, 48. 65
Quindi sin dal primo istante Maria fu santa, senza alcuna macchia di peccato. La Bolla Ineffabilis Deus dice: “Con questo singolare e solenne saluto mai altre volte udito, viene manifestato che la madre di Dio fu sede di tutte le grazie; ornata di tutti i carismi del divino Spirito; anzi tesoro quasi infinito e un abisso inesausto dei medesimi carismi”. c) Il saluto di Elisabetta (Lc 1, 41-42) rivolto a Maria è “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno!”. Questa benedizione, in parallela con Cristo, lascia intendere che Maria, come Gesù, fin dal principio della sua esitenza, era esente da ogni peccato. Infatti, la benedizione della madre è posta prima di quella del Figlio. Sviluppo storico: Presso i Padri e gli scrittori dei primi secoli la dottrina dell’Immacolata Concezione è implicita nel frequente parallelismo Eva-Maria (Giustino, Ireneo, Tertulliano), secondo una duplice relazione di somiglianza e di opposizione. Sulla base della prima, come Eva fu plasmata senza macchia dalle mani di Dio, similmente Maria doveva essere creata da Dio, Immacolata. Per opposizione, Colei che doveva essere la restauratrice delle rovine di Eva, non poteva essere travolta dal peccato. S. Ippolito dice che il Salvatore era “un’arca fatta con legni (la beata Vergine Maria) non soggetti alla putrefazione della colpa”101. Nell’Occidente Ambrogio e Agostino escludono da Maria ogni peccato, anche se un testo di Agostino interpretato in senso sfavorevole all’Immacolata Concezione. Sant’Agostino interviene in due occasioni polemiche nel dibattito sull’Immacolata Concezione: nella prima, la più incisiva e importante, in risposta a Pelagio afferma che tutti i giusti del Vecchio Testamento, durante la loro vita, avevano peccato “eccetto la Vergine Maria, riguardo alla quale, per l’onore del Signore, quando si tratta di peccati, non voglio avere questione alcuna, perché sappiamo che, per aver meritato di concepire e dare alla luce Colui che chiaramente consta non aver avuto alcun peccato, le fu conferita più Grazia che non occorresse per vincere da qualsiasi parte il peccato”102. L’altro testo, tratto dal Contra Iulianum, è una risposta a Giuliano il quale obiettava al fatto che per Agostino, data l’universalità del peccato originale, anche Maria era assoggettata al potere di Satana. Agostino a queste osservazioni risponde: “non ascriviamo al diavolo Maria
101 S. Ippolito, In Ps. 22, PG 10, 610. 102 Agostino, La natura e la grazia 42: PL 44, 267. 66
in forza della sua nascita, ma proprio perché tale condizione è sciolta dalla grazia della rinascita”103. Testo di difficile interpretazione, ma che fu inteso principalmente nel senso che Maria sarebbe stata sottoposta al peccato d’origine e subito liberata con la grazia della rigenerazione. Ad ogni modo, per Agostino non c’è dubbio che Maria beneficiò della redenzione di Cristo. In Oriente nel V secolo, S. Procolo ammise uno speciale intervento di Dio nella formazione della futura Madre del Verbo, affinché fosse una nuova creatura, formata “da un’argilla monda” simile ad Adamo prima del peccato104. Teodoro di Ancira dichiara: “sebbene Maria sia inclusa nel sesso femminile, fu tuttavia esclusa dalla nequizia di quel sesso: fu una Vergine innocente, senza macchia, senza colpa, intemerata, santa di anima e di corpo, come un giglio che sboccia fra le spine”105. Nel VII secolo, sempre in Oriente, è S. Sofronio il primo che sembra accennare a una preservazione dalla colpa. Leggiamo infatti: “Hai trovato presso Dio una grazia che nessun ha ricevuto... Nessuno, eccetto te, fu prepurificato”106. Verso la fine del VII secolo o agli inizi dell’VIII secolo cominciò a venir celebrata, in Oriente, la festa della Concezione di Maria, come risulta da Andrea di Creta. Nel IX secolo la festa diviene universale nella Chiesa greca. Essa appare in Inghilterra verso il 1060 circa, ma scompare subito. Verso 1127-28 compare in Normandia e di là, in tutta l’Europa, nonostante la decisa opposizione di s. Bernardo. Il santo cistercense riteneva sufficiente la celebrazione della natività di Maria e non tanto il concepimento. Egli seguiva le idee del suo tempo e pensava che ci fosse poco da celebrare in un concepimento. Söll riassume il pensiero di Bernardo: “come avrebbe potuto lo Spirito santo unirsi con il peccato, o come avrebbe potuto mancare il peccato là dove c’era la libido?”107. Il pensiero medievale puntava sulla peccaminosità intrinseca dell’atto generativo. Allora tanti pensavano che l’uomo, dando il
103 Agostino, Opus imperfectum adversus Julianum, IV, 122, PL 45, 1418. 104 Procolo, De Laud. S. Mariae, PG 65, 733, 752, 756-57. 105 Teodoro di Ancira, Homilia in S. Mariam Dei genitricem et in s. Christi nativitatem, PG 77, 1427. 106 S. Sofronio, Hor. II in Deip., PG 87, 3248. 67
seme, anche contaminava l’embrione, a cui viene infusa l’anima dopo che verrà contaminata a sua volta dalla carne. S. Anselmo d’Aosta (†1109) e il suo discepolo Eadmero di Reims (†1134) svilupparono il pensiero sull’Immacolata Concezione. Anselmo “afferma che la santità di Maria supera ogni santità umana; raccoglie la tesi patristica di una purificazione della Vergine in ordine alla concezione di Cristo e quello che è più innovativo, pensa che questo accadette in funzione dei meriti del Signore, poiché Egli non solo riscattò quelli che vennero dopo di lui ma anche quelli che lo precedettero. Inoltre S. Anselmo elaborò un concetto più preciso di peccato originale, da lui definito come mancanza di giustizia originale”108. Eadmero lo spiega con l’esempio della castagna che esce indenne dall’involucro spinoso, distinguendo fra la concupiscenza attiva e passiva nell’atto generativo: la prima non implica la seconda. “Non poteva Dio conferire ad un corpo umano che Egli stesso aveva preparato come il suo tempio rimanere completamente libero di ogni puntura di spina, benché fosse concepito in mezzo alle punte del peccato? È chiaro che poteva farlo. Se Egli voleva, poteva farlo”109. Maria può essere stata concepita fra le spine del peccato (atto generativo dei genitori) ma essere personalmente pura. Perciò offre un argomento: “potuit plane et voluit; si igitur voluit, fecit”: poteva e voleva e volendolo lo ha fatto. In questo modo egli riuscì a separare la concezione attiva dei genitori dalla contaminazione con il peccato. Tuttavia, egli non riuscì del tutto a liberarsi delle idee di stampo traducianista: quest’ultimo afferma che l’anima dei figli si origina dai genitori nell’atto generativo che le comunica anche la macchia del peccato originale. Egli non riuscì a sviluppare a sufficienza il rapporto tra il mistero dell’immacolata e la dottrina dell’universalità del peccato. Dopo di questi, abbiamo Guglielmo di Ware e Duns Scoto che abbiamo riferito a suo tempo, che hanno sostenuto della tesi che Maria fu “preservata” da ogni colpa, grazie ai meriti di Cristo Salvatore. Ecco ciò che dice Scoto: “Un mediatore perfettissimo è infatti in 107 G. Söll, Storia di dogmi mariani, 280. 108 Cf. M. Ponce Cuellar, Maria, Madre del Redentor y de la Iglesia, 402; trad. da A. Ducay, La prediletta di Dio, 159. 109 Eadmero, Tractatus de conceptione Sanctae Mariae, 12, PL 159, 305. 68
grado di porre l’atto più perfetto possibile di mediazione nei confronti della persona per la quale esercita la sua funzione mediatrice. Cristo ebbe quindi il potere di mediare nel modo più perfetto possibile a beneficio di colui per il quale mediava; e per nessun altro esercitò tale potere in modo più eccellente di come lo esercitò per Maria... Ma ciò non sarebbe avvenuto se non avesse meritato di preservarla dal peccato originale”110. Commentando scrive bene il Melotti: “Scoto ha il grande merito di far cadere l’obiezione fondamentale formulata dai negatori con il suo argomento su Perfetto Mediatore: la concezione immacolata di Maria, lungi dall’essere una mancaza di redenzione, è anzi la redenzione portata al massimo grado – è una redenzione “preservativa” –. Questa redenzione non è solo possibile, ma richiesta. Cristo infatti, essendo il perfetto mediatore, doveva potrre un atto di mediazione perfetta: lo ha fatto a favore della Madre sua”111. Se il XIV secolo abbia visto i grandi dibattiti su nostro tema tra i Francescani e i Domenicani, nel XV secolo la posizione immacolista era comune presso quasi tutti gli Ordini religiosi eccettuati i Domenicani. Il Papa Sisto IV, francescano, il 27 febbraio 1477 promulgava la costituzione Cum praeexcelsa meritorum con la quale approvava solennemente la festa dell’Immacolata Concezione celebrata in molti luoghi, con la Messa e l’Ufficio propri. Al tentativo di svuotare il significato di questa festa il Papa risponde con la Bolla Grave nimis (1483) minacciando la scomunica. Il Concilio di Trento nella VI sessione (1556) nel suo decreto sul peccato originale, ha aggiunto la seguente significativa dichiarazione: “Dichiara tuttavia questo Santo Sinodo che non è nelle sue intenzioni di comprendere nel decreto relativo al peccato originale la Beata e Immacolata Vergine Maria, madre di Dio, ma che sono da osservarsi le costituzioni del Papa Sisto IV sotto le pene contenute in esse e che vengono rinnovate” (DS 1516). Nel XVII secolo si ebbero interventi di tre Papi: Paolo V che proibiva di attaccare in pubblico l’Immacolata Concezione; Gregorio XV, che impediva di attaccarla anche in privato; Alessandro VII, che con la costituzione Sollecitudo omnium Ecclesiarum (8 dicembre
110 Duns Scoto, Opus Oxoniensis, III, d. 3, q.1, citato in A. Ducay, La prediletta di Dio, 162. 111 L. Melotti, Maria, la madre dei viventi, LDC, Leumann, Torino 1986, 128-129. 69
1661) determinava, contro le false interpretazioni, l’oggetto preciso della festa, dichiarando che si trattava della preservazione dell’anima della Vergine dalla colpa originale, nel primo istante della sua creazione e infusione nel corpo, per speciale grazia e privilegio di Dio, in vista dei meriti di Cristo suo Figlio, Redentore del genere umano. L’effetto di questa costituzione era enorme. Diocesi, re e i popoli si misero sotto la protezione dell’Immacolata. Varie congregazioni vennero fondate in suo onore. I teologi raddoppiavano le loro fatiche per defendere tale privilegio. Molti tra cui ad esempio S. Alfonso giunsero fino al punto di obbligarsi con voto a versare il proprio sangue, se fosse stato necessario, per la difesa del privilegio. Clemente XII il 6 dicembre 1708 estendeva per legge la festa dell’Immacolata a tutta la Chiesa. Pio IX accolse le suppliche e richieste per la definizione di tale dogma. Nel anno 1849 iniziò le pratiche necessarie, interpellando i vescovi. Ebbe una risposta di grande portata. Su 665 risposte 570 erano favorevoli, 8 contrarie, le rimanenti più o meno incerte dell’opportunità della definizione. La commissione incaricata diede risposta favorevole alla domanda, “se vi siano nella Sacra Scrittura testimonianze che provino solidamente l’immacolato concepimento di Maria”. Così, Papa Pio IX poté procedere alla solenne definizione dogmatica l’8 dicembre 1854, alla presenza di oltre 200 fra cardinali e vescovi e di una incalcolabile moltitudine di fedeli esultanti. “Quando Pio IX si apprestò a leggere la solenne definizione dogmatica sull’Immacolata si racconta che un raggio di sole, sorto all’improviso da un cielo gonfio di nubi, squarciò in modo insolito la vetrata che dava sull’altare della basilica di San Pietro per posarsi sulla fronte del pontefice, quasi come per segnalare la grandiosità dell’evento che stava per compiersi, gettando tutti i presenti in un’atmosfera surreale”.112 Il dogma e i punti salienti: Il testo della Bolla da Pio IX, Ineffabilis Deus recita così: “Dichiariamo, pronunziamo e definiamo che la dottrina, la quale ritiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli” (DH 2804). 112 D. Del Gaudio, Maria di Nazaret, 69; cf. F.G. Söll, Storia dei dogmi mariani, 350. 70
a) il testo si riferisce alla persona di Maria, e non specificamente alla sua anima come invece faceva la Sollecitudo omnium Ecclesiarum di Alessandro VII e come facevano anche le prime otto stesure della definizione. Il papa Pio IX ha voluto così evitare la distinzione scolastica fra la concezione biologica e l’infusione dell’anima. b) Si parla poi del “primo istante della sua concezione”, senza precisare quando effettivamente essa si realizza. La Bolla non dice in quale preciso istante comincia a esistere la persona. Quello che è certo è che la persona di Maria ha cominciato a esistere sin dal primo istante senza alcuna macchia di peccato. c) la definizione esprime la verità dogmatica negando ogni macchia di peccato, cioè in senso negativo. Ma è evidente che questa assenza di peccato non può aversi se non con l’infusione della grazia. Quindi si può dire in modo equivalente che Maria Santissima ha avuto la grazia santificante sin dal primo istante della sua esistenza. d) Il privilegio di Maria è unico, come lascia intendere l’aggettivo “singolare”. Papa Pio XII nell’enciclica Fulgens Corona (8 dicembre 1953) specifica che si tratta di un “singolarissimo privilegio, a nessuno mai concesso”. e) L’Immacolata Concezione è avvenuta in considerazione dei meriti di Cristo. Questo punto fondamentale rende conciliabile il privilegio di Maria con l’universalità della redenzione di Cristo.113 Riflessione teologica a) L’Immacolata Concezione spiega la redenzione perfetta e gratuita. Essa è un puro dono di Dio Padre, anche prima della libera risposta della creatura. Maria fu avvolta totalmente dalla grazia di Dio, cioè l’amore redentivo e santificante di Dio. Infatti, “nessuno è salvo se non in Cristo, e ciò vale per gli uomini di ogni tempo, anche per quelli vissuti molti secoli prima di Cristo; in secondo luogo dimostra che la redenzione preventiva di Maria è totalmente un dono meraviglioso che Dio le diede come futura madre di Cristo”114. L’immacolata Concezione punta totalmente su Dio, anche se Maria è l’oggetto della nostra meditazione. “Come nel Magnificat, è Dio l’oggetto delle nostre lodi quando celebriamo
113 Questi punti sopra citati sono da R. Coggi, Trattato di Mariologia, 168-69. 114 Episcopato Statunitense, Ecco tua madre. Una donna di fede, Paoline, Catania 1975, n. 53, p. 47. 71
l’Immacolata Concezione; Dio che si è compiaciuto, in Maria, di fare ‘grandi cose’”115. “Dio ci ha scelti in Cristo prima della creazione del mondo perché fossimo santi e immacolati al suo cospetto nella carità” (Ef 1, 4); “Siamo stati giustificati gratuitamente per la sua grazia” (Rom 3, 24). b) L’immacolata Concezione indica che Gesù Cristo è perfetto mediatore e Redentore, che ha preservato Maria, madre sua. Dio stesso ha preparato una degna dimora per il suo Figlio come recita la colletta della Messa: “O Dio, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio”. E così pure nel Prefazio: “Tu hai preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio.” Lumen Gentium riassume così: “Abbracciando con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui, con Lui, con la grazia di Dio onnipotente” (n. 56). c) Maria fu santificata perfettamente dallo Spirito Santo. “[Maria] è la tutta santa, immune da ogni macchia di peccato dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura” (LG 56). Lo Spirito Santo abita in lei, sin dal primo istante della sua esistenza. Noi riceviamo quella santificazione nel battesimo, che ci riempie della grazia dello Spirito Santo, con le virtù e i doni a esse connessi. Maria l’ha ricevuta in pienezza sin dall’inizio. Essa è fin dal primo istante il Tempio dello Spirito Santo. Il senso salvifico dell’Immacolata Concezione Il mistero dell’Immacolata concezione è importante per comprendere la funzione di Maria nella storia della salvezza. a) la prospettiva protologica: L’Immacolata concezione di Maria è anzitutto un mistero di grazia. Di gratuità e di dono. Tra i misteri cristiani, alcuni dipendono dalla corrispondenza dell’amore della creatura; in altri invece brilla di più l’iniziativa e il dono di Dio. L’immacolata concezione è tra questi ultimi. Qui tutto è l’opera di Dio; perciò qui la bellezza divina risplende in modo singolare. Maria è il “capolavoro” di Dio; Ella testimonia che soltanto da Dio può venire la pienezza della grazia. Maria è il punto di convegenza di tutto l’amore e compiacenza della Santissima Trinità. 115 H. Holstein, “Le dogme mariale”, in Lumière et vie, XI (1962), 56, pp. 8-9. 72
b) la prospettiva ontologica: L’immacolata concezione esprime la santità radicale, sul quale si edificano il resto dei misteri mariani, il resto degli eventi della sua vita. Il peccato originale non ha toccato né la sua carne, né l’anima e né la sua persona. Questa grazia radicale permise a Maria di essere sempre pronta, ben disposta a seguire l’itinerario di fede che doveva percorrere, talvolta molto duro, per accompagnare Gesù, per essere nuova Eva al fianco del nuovo Adamo. c) la prospettiva psicologica: L’immacolata concezione fu accompagnata dall’esenzione da ogni inclinazione peccaminosa. Maria aveva la “concupiscenza”, cioè l’inclinazione a rivolgersi disordinatamente ai beni transitori, come conseguenza del peccato originale? Maria non ebbe l’esperienza di questo disordine, in forza della sua costituzione originaria nella grazia. Si tratta di un aspetto che non è stato direttamente definito da Pio IX, ma che si può ricavare implicitamente dalla definizione. Questa è ribadita anche da Giovanni Paolo II che dice nella sua catechesi mariana: “La definizione di Pio IX si riferisce solo all’immunità dal peccato originale e non comprende esplicitamente l’immunità dalla concupiscenza. Tuttavia la completa preservazione di Maria da ogni macchia di peccato, ha come conseguenza in lei l’immunità anche dalla concupiscenza”116. Questo indica che Maria fu del tutto incline al bene e ciò dovette tradursi, sul piano della coscienza, in una “psicologia” della bontà, dell’umiltà, dell’obbedienza e della carità. Comunque Maria fu soggetta ai limiti umani comuni (sofferenza, ignoranza, morte), poiché questi non comportano alcuna imperfezione morale. d) la prospettiva soteriologica: Maria è la “prima redenta”, la redenta in un modo superiore, quella che deve più di ogni altro al Mediatore unico della salvezza: Colei che ebbe motivi per amare Dio più di ogni altro perché ricevette più di ogni altro. Questa superiore redenzione non fu semplicemente un privilegio personale, ma fu ordinata nel disegno di Dio al servizio della redenzione di tutti. Perciò, Maria poté cooperare “in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restuarare la vita soprannaturale delle anime” (LG 61). e) Maria modello di santità: Il Concilio Vaticano II ricorda ai fedeli che “la vera devozione a Maria non consiste né in uno sterile e passeggero sentimento, né in una vana credulità, ma procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza 116 Giovanni Paolo II, La catechesi mariana, L’Osservatore Romano, Città del Vaticano 1998, 23, 2. Citato da A. Ducay, La prediletta di Dio, 166, nota 68. 73
della Madre di Dio e siamo spinti a un amore filiale verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù” (LG 67). Maria è colei che ha realizzato nel modo più perfetto tutte le virtù. Per questo, il Concilio presenta Maria come “eccellentissimo modello nella fede e nella carità” (LG 53). Innanzittutto per i sacerdoti, il Concilio dice: “Un esempio meraviglioso di tale prontezza [nel corrispondere alle esigenze della propria missione], i presbiteri lo possono trovare nella Beata Vergine Maria, che sotto la guida dello Spirito Santo si consacrò al mistero della redenzione umana” (Presbiterorum ordinis, 18). I religiosi e le religiose possano attingere da questo modello una grande inspirazione: “Per l’intercessione della dolcissima Vergine Maria Madre di Dio, la cui vita è regola per tutti, essi progrediranno ogni giorno di più e apporteranno frutti di salvezza più abbondanti” (Perfectae caritatis 25; LG 46). I laici pure hanno in Maria un modello perfetto di apostolica. “Regina degli Apostoli, la quale mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudine familiare e di lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo e cooperò in modo del tutto singolare all’opera del Salvatore” (Apostolicam actuositatem, 4). Così, Maria è il modello eccellentissimo per realizzare la vocazione universale alla santità nella Chiesa. Qui si uniscono i capitoli V e VIII di Lumen gentium, e Maria è il coronamento di tutto l’insegnamento sulla Chiesa.
Capitolo VII: L’Assunzione di Maria
Giovanni nell’Apocalisse scrive: “Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodice stelle” (12, 1). “Gli esegeti... associano questo segno a Maria, donna ripiena di Dio che è amore, luminosa e splendente come il sole, simbolo della carità divina, con la luna sotto i piedi per significare che ha sottomesso ogni realtà caduca, vincendo anche la morte, e dodici stelle che le fanno corona, per indicare la pienezza di grazia e di gloria che gode per l’eternità” 117.
117 D. Del Gaudio, Maria di Nazaret, 101-102. 74
Prima fra i redenti, Ella è, infatti, stata assunta in cielo col corpo e con l’anima, per godere il premio della sua santa vita, come afferma la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus [MD] (1 novembre 1950). “Tutte queste ragioni e considerazioni dei santi Padri e dei teologi hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura, la quale ci presenta l’alma Madre di Dio unità strettamente al suo Figlio divino e sempre partecipe della sua sorte. Per cui sembra quasi impossibile figurarsi che, dopo questa vita, possa essere separata da Cristo – non diciamo, con l’anima, ma neppure col corpo – colei che lo concepì, lo diede alla luce, lo nutrì col suo latte, lo portò fra le braccia e lo strinse al petto” (DS 3900).
Papa Pio XII, al termine di un anno santo definì il dogma così: “Per l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunciamo, dichiariamo e definiamo esser dogma da Dio rivelato che l’Immacolata Madre di Dio, sempre Vergine Maria, terminato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo” (DS 3903).
La gloria celeste di cui si parla è lo stato di beatitudine nel quale si trova attualmente l’umanità santissima di Gesù Cristo, e al quale giungeranno tutti gli eletti alla fine del mondo. “Cristo con la sua morte ha vinto il peccato e la morte, e sull'uno e sull'altra riporta vittoria in virtù di Cristo chi è stato rigenerato soprannaturalmente col battesimo. Ma per legge generale Dio non vuole concedere ai giusti il pieno effetto di questa vittoria sulla morte se non quando sarà giunta la fine dei tempi. Perciò anche i corpi dei giusti dopo la morte si dissolvono, e soltanto nell'ultimo giorno si ricongiungeranno ciascuno con la propria anima gloriosa” (MD 4). La Vergine Maria essendo stata concepita immacolata, non avendo contratto il peccato originale, non era soggetta alla condanna comune al genere umano. Inoltre, essendo la Madre di Dio, per la dignità e santità raggiunta durante la sua vita e per un atto di benevolenza divina anche il suo corpo è stato subito assunto in cielo. Il privilegio dell’Assunzione concesso a Maria, consiste quindi nel dono dell’anticipata glorificazione integrale del suo essere, anima e corpo, a somiglianza del suo Figlio. La verità definita riguarda soltanto lo stato glorioso della Vergine, e non dice nulla circa il modo in cui Maria vi giunse, se passando attraverso la morte e la risurrezione, oppure no. Si può anche ammettere che Maria sia morta e dopo è assunta in cielo, come credono i fedel, guidati e instruiti dai loro pastori. L’espressione “assunta alla gloria celeste” designa il passaggio dalla condizione dell’esistenza terrena alla condizione dell’esistenza propria della beatitudine celeste. 75
“Parimenti non trovarono difficoltà nell'ammettere che Maria sia morta, come già il suo Unigenito. Ma ciò non impedì loro di credere e professare apertamente che non fu soggetto alla corruzione del sepolcro il suo sacro corpo e che non fu ridotto in putredine e in cenere l'augusto tabernacolo del Verbo divino. Anzi, illuminati dalla divina grazia e spinti dall'amore verso colei che è Madre di Dio e Madre nostra dolcissima, hanno contemplato in luce sempre più chiara l'armonia meravigliosa dei privilegi che il provvidentissimo Iddio ha elargito all'alma Socia del nostro Redentore, e che hanno raggiunto un tale altissimo vertice, quale da nessun essere creato, eccettuata la natura umana di Cristo, è stato mai raggiunto” (MD 14)118.
I fondamenti nella storia della Chiesa Pio XII presenta la dottrina in tre tappe: il consenso unanime dell’Episcopato; una breve delineazione storica del modo in cui la fede nell’Assunzione di Maria si è affermata, sviluppata, giustificata, imposta nella Chiesa fino a diventare una verità universalmente creduta; indica infine quali sono i fondamenti rivelati di questa fede della Chiesa: l’intima connessione di Maria con Cristo. a) Il consenso unanime dell’Episcopato che si basa su una dottrina fondamentale: il Magistero ordinario e universale della Chiesa essendo infallibile nell’insegnare la verità rivelata, per l’assistenza dello Spirito Santo, guarantisce l’origine rivelata di ciò che insegna in modo unanime indipendentemente dalle prove positive o speculative che può apportare del suo insegnamento. Scrive Pio XII: “Pertanto dal consenso universale di un magistero ordinario della chiesa si trae un argomento certo e sicuro per affermare che l'assunzione corporea della beata vergine Maria al cielo, - la quale, quanto alla celeste glorificazione del corpo virgineo dell'augusta Madre di Dio, non poteva essere conosciuta da nessuna facoltà umana con le sole sue forze naturali è verità da Dio rivelata, e perciò tutti i figli della chiesa debbono crederla con fermezza e fedeltà” 119.
Questo modo di argomentare non vale ai protestanti perché non accettano l’infallibilità del Magistero ordinario e universale della Chiesa. Gli ortodossi invece possono accettare una definizione dogmatica solo se venisse emanata da un Concilio Ecumenico. b) Quanto allo sviluppo storico della dottrina la fede nell’Assunzione si è imposta nel sentire ecclesiale perché si è compreso che Maria doveva finire la sua esistenza in modo conforme alla sua dignità di Madre verginale del Figlio di Dio. Questo dogma ha una 118 Il corsivo nostro. 119 MD 12; AAS 42 (1950), 770. 76
peculiarità originale. Le tradizioni fantasciose e difficile, e le comunità di dubbie dottrine, hanno tramandato una intuizione chiara e fondamentale è emersa: non poteva essere consegnata alla corruzione della morte colei che era stata radice della vita divina. La morte non poteva scalfire la bellezza sublime del mistero di Maria. i) La testimonianza del palestinese Epifanio di Salamina (†403): Egli confessa che qualcosa straordinario sia accaduto alla fine della vita di Maria. Nel Panarion (78, 11), egli scrive che la Scrittura non dice nulla se Maria morì o non morì. “La scrittura ha serbato in proposito il silenzio più completo a causa della grandezza del prodigio; per non suscitare un eccessivo stupore nell’animo degli uomini”. Epifanio ignora l’effettivo destino di Maria, ma aggiunge che ciò non si deve al fatto che non ci sia in esso dulla di particolare, ma a una specifica volontà di Dio che ha deciso di tenere nascosto questo evento così eccelso. ii) I racconti apocrifi: Quelli conosciuti sono circa una ventina; hanno origini diverse e appartengono a famiglie diverse: i più antichi sembrano quelli siri ed egiziani e quelli di una famiglia greca. Non si può attendere nulla di sicuro da essi dal punto di vista storico; pensiero comune a tutti gli apocrifi è che il corpo di Maria non può essere andato soggetto alla corruzione del sepolcro; circa la sua condizione attuale, non sono invece concordi. Per alcuni esso giacerebbe incorrotto nel paradiso terrestre in attesa della risurrezione finale; per altri, Maria è gia risorta ed è stata assunta alla gloria celeste accanto al Figlio. il Protovangelo di Giacomo narra gli eventi della concezione di Maria, la sua nascita e la sua presentazione al Tempio. Il Transitus Mariae o Dormitio Mariae e ci sono altri di questo genere. I Transitus raccontano la morte di Maria, la sua sepoltura e il trasferimento del corpo dalla tomba. Maria morì la morte naturale a Gerusalemme, in presenza degli apostoli. Gesù venne a cercare la sua anima per portarla in cielo e gli apostoli sepellirono il suo corpo in una tomba della valle del Cedron. Da questa tomba il corpo di Maria fu trasferito in cielo alcuni giorni dopo o nel paradiso sotto l’albero della vita, e l’anima di Maria riunisce di nuovo con il suo corpo per vivificarlo. iii) La tradizione sulla tomba di Maria a Getsemani: Nella valle del Getsemani esiste realmente una Chiesa, quasi rupestre, che ha il nome di Tomba di Maria SS., Madre di Gesù. Secondo la tesi di uno studioso B. Bagatti, si tratta di un sepolcro del I secolo che ben corrisponde alla descrizione degli apocrifi, soprattutto perché si compone di tre camerette come attestato nella versione siriaca dei Transitus. Questa tomba sarebbe stata sotto la 77
custodia del gruppo di giudeo-cristiani e dopo IV secolo sarebbe passata in mano ai cristiani che fecero alcune ristrutturazioni: la separarono dalle altre e tranformarono il luogo in una Chiesa. Da allora in poi il luogo sarebbe stato sempre venerato dai fedeli120. Comunque, non tutti gli studiosi sono d’accordo con la sua tesi: è infatti difficile provare che il luogo sia stato oggetto di venerazione nei primi secoli. iv) La festa della Dormizione: Le origini della festa dell’Assunzione non sono state ancora completamente chiarite. I primi indizi di una festa del transito di Maria (dormizione) li troviamo in Oriente, tra il 540 e il 570, come risulta dalla narrazione dei pellegrini che hanno visitato Gerusalemme in quegli anni. Poco dopo, verso 600, un editto dell’Imperatore Maurizio estende la festa a tutte le regioni dell’impero d’Oriente, fissandola al 15 agosto. Può darsi che avevano scelto la data sulla base della pratica della memoria del dies natalis della Madonna, come facevano gli antichi in memoria dei martiri. Questa festa della di Dormizio, adottata poi da altre chiese cattoliche e dalle chiese monofisite, sembra aver subito un’evoluzione: dalla celebrazione della Dormitio o trapasso (Transitus) di Maria, si è passati alla commemorazione vera e propria dell’assunzione (Analepsis). Papa Sergio I (†701), la introdusse a Roma. Da allora in poi è stata per secoli la festa mariana più solenne dell’antichità. v) Le omelie patristiche dei secoli VI-VIII: Le omelie predicate in occasione della festa della Dormizione costituiscono un’importante fonte di conoscenza dello spirito con cui era vissuto il mistero mariano. Le prime omelie dal VI secolo attingono parecchio ai racconti apocrifi. Il Vescovo di Livia in Palestina, Theoteknos, indica le ragioni teologiche in una omelia: Maternità divina, eccelsa dignità. Vita santa e verginale e partecipazione all’opera redentrice del Figlio sono le ragioni della sua Assunzione dopo la morte. La prima testimonianza occidentale si deve a Gregorio di Tours († 593), che riassume ciò che si trovava nei racconti apocrifi. Egli dà una testimonianza esplicita su questo privilegio: “Compiuto dalla Beata Vergine il corso di questa vita, essendo ormai chiamata da questo mondo, si raccolsero nella sua casa tutti gli Apostoli, convenuti dalle loro singole regioni. E avendo udito che doveva essere tolta dal mondo, vegliavano insieme a Lei. Ed ecco il Signore Gesù sopraggiungere coi suoi angeli e accogliendo l’anima di Lei, la consegnò all’arcangelo Michele e si ritirò. Sul far dell’alba, gli Apostoli rimossero col letto il suo corpo, lo deposero nel sepolcro e lo custodivano, aspettando la venuta del Signore. Ed ecco di nuovo apparve loro il Signore e
120 Cf. B. Bagatti – M. Piccirillo – A. Prodromo, New Discoveries at the Tomb of Virgin Mary in Gethsemany, Jerusalem 1975, 57-58. 78
preso il santo corpo comandò che venisse portato su una nube in Paradiso, ove ora, riassunta l’anima, esultando con gli eletti, gode dei beni dell’eternità che non tramonteranno mai” 121.
Altre belle omelie da Modesto di Gerusalemme, Andrea di Creta, Germano di Costantinopoli, Giovanni Damasceno, attingono agli apocrifi, e sostengono che la Madre del Verbo Incarnato non poteva in modo alcuno rimanere sottomessa al dominio della morte, e perciò la sua carne non poteva essere abbandonata da Dio alle normali leggi di decadimento. vi) L’Assunzione nell’Occidente cristiano dopo il secolo VIII: Alla fine del periodo patristico la fede nell’Assunzione rimane saldamente ancorata nell’Oriente cristiano, mentre nell’Occidente convivrà con una posizione più scettica fondata su motivi razionali, perché non si trova enunciata la dottrina nella Sacra Scrittura e non si ritengono affidabili gli scritti apocrifi. Pascasio Radberto (†865), con lo pseudonimo di “Gerolamo” afferma che ci siano pochi dati per poter affermare l’Assunzione di Maria: “Molti dei nostri dubitano se Maria sia stata assunta col corpo, oppure sia migrata dopo averlo lasciato qui sulla terra... Il fatto che noi non sappiamo cosa veramente pensare da tutto ciò. Comunque riteniamo cosa migliore affidare tutto a Dio, al quale nulla è impossibile, piuttosto che voler definire con la nostra autorità, ma temerariamente, ciò che non possiamo provare”122. Una delle repliche alla posizione di Radberto è uno scritto dal un autore che scrive sotto il nome di Agostino (che è da alcuni identicato con Ratrammo, †ca 780). Questo autore accetta le posizione di Radberto nella mancanza dei dati nella sacra Scrittura e inaffidabilità degli apocrifi. Però, egli pensa che la corruzione della tomba e la dissoluzione del corpo di Maria in polvere non sia consone alla dignità della Vergine, perché ella non partecipò alla maledizone inflitta ad Eva. È inoltre conforme alla pietà credere che il Figlio abbia assunto la Madre nella gloria: è naturale che Maria, che in vita era stata la fedelissima e devotissima serva e seguace del Signore, sieda ora glorificata presso il Figlio risorto. Infine, conclude, Pseudo-Agostino, della santa Vergine non possiamo pensare se non ciò che è pio e degno di lei. Egli dice: “Dunque proprio perché non riuscirei a comprenderlo, ho paura di soffermare che abbia avuto la medesima sorte che tocca a tutti gli uomini, soggetti a putrefarsi, ad essere
121 Gregorio di Tours, De gloria beatorum Martyrum, 4, in PL 71, 708. 122 Pascasio Radberto, Omelia sull’Assunzione della beata Vergine Maria, in Testi Mariani del primo millennio, vol. 4, a cura di L. Gambero e G. Gharib, Città Nuova, Roma 1991, 789. 79
preda dei vermi e a diventare futura polvere, quel santissimo corpo dal quale Cristo ha assunto la carne ed ha uniti la natura divina a quella umana...”123. L’Assunzione appare in questo testo in stretta connessione con la maternità verginale di Maria, e non si tiene conto né degli scritti apocrifi né della Scrittura. Comunque essa fa strada verso la libera accettazione dai scolastici e mistici del medievo. I fondamenti nella rivelazione: Dalla storia conosciamo che nella Chiesa primitiva non esisteva una tradizione esplicita d’origine apostolica circa l’Assunzione di Maria, che la dottrina è formata poco a poco come frutto di una riflessione amorosa della fede cristiana intorno alla Madre di Dio, alla sua intima associazione con il suo Figlio, alla sua posizione del tutto singolare nell’economia divina della Redenzione: “illuminati dalla divina grazia e spinti dall’amore verso Colei che è Madre di Dio e Madre nostra dolcissima, hanno contemplato in luce sempre più chiara l’armonia dei privilegi che il provvidentissimo Iddio ha elargito all’alma Socia del nostro Redentore, e che hanno raggiunto un tale altissimo vertice, quale da nessun essere creato, eccettuata la natura umana di Cristo, è stato mai raggiunto” (Papa Pio XII, Munificentissimus Deus). Se la Chiesa insegna che questa dottrina è stata rivelata, dobbiamo domandare dove si trovano tale asserzioni. Come la Chiesa in mancanza delle asserzioni esplicite della Scrittura e della Tradizione ha potuto arrivare ad avere la certezza dell’origine rivelata di una dottrina che ha la sua causa prossima nella riflessione umana?
La dottrina fa parte di tutto un movimento dottrinale che precisa, a poco a poco, la posizione e i privilegi della Madre di Dio nell’economia della Redenzione, la sua
santità perfetta, la sua posizione unica accanto a Cristo. Alla base stanno la dottrina della Nuova Eva che hanno i suoi caratteri d’origine
dall’apoca apostolica. Poi c’è la dottrina della verginità e la maternità divina. Maria è redenta da Cristo ma è anche “accanto a Cristo”. Essendo in questa posizione privilegiata, non valgono neppure le leggi della trasmissione del peccato originale e
della ritardata beatificazione integrale in anima e corpo. Come immagine perfetta del Figlio anch’essa ha dovuto essere “immacolata”, e deve aver goduto di una piena glorificazione anticipata.
123 Pseudo-Agostino, Trattato sull’assunzione della beata Vergine Maria, in Testi Mariani del primo millennio, vol. 4, 834. 80
Questo sviluppo della dottrina appartiene non tanto alla logica quanto alla fede soprannaturale. Lo spirito di fede come coscienza intuitiva è capace di distinguere con giudizio sicuro, ciò che è in armonia con le verità esplicitamente credute, da ciò che
non lo è. Cristo avendo assicurato alla Chiesa l’assistenza dello Spirito Santo, ha illuminato l’intelligenza della Chiesa, nei fedeli e nei pastori a comprendere il contenuto totale
della rivelazione. Lo sviluppo di un dogma appartiene alla “sovraconoscenza” che Dio dona alla Chiesa come e quando vuole (cf. Ef. 1, 17-18).
Da queste considerazione ora vediamo come la Chiesa ha potuto interpretare la Sacra Scrittura in favore del dogma definito: 1. in primo posto si mette tutte le asserzioni appartenenti alla vita di Maria in connessione con Gesù, cioè nella concezione, nella generazione, nei misteri di infanzia, durante la vita pubblica, e sul calvario. Qui si vede il clima nel quale vanno concepiti i rapporti tra la Madre e il Figlio. 2. in secondo luogo, il fondamento del Protovangelo (Gen 3, 15) è letto alla luce di tutta la rivelazione posteriore, particolarmente la dottrina della Nuova Eva. Il passo mostra una lotta continua tra il principio del male che è il diavolo (Gv 8, 44; Ap 20, 2), e l’umanità rappresentata dalla donna e dalla sua discendenza, seguita dalla vittoria dell’umanità, nonostanti i parziali successi del princippio del male. Cristo è il vero vincitore sul diavolo, sul peccato e sulla morte. Cristo nella sua umanità è la causa ultima e fondamentale di ogni vittoria dell’umanità. Maria ha un ruolo specifico e singolare in questa vittoria essendo “accanto a Cristo” in tutti i suoi passi, come la “donna” e “Socia”. La vittoria promessa nel protovangelo alla stirpe della donna è una vittoria della donna stessa. La “donna vestita di sole” (Ap 12) manifesta il carattere celeste della madre di Dio perché da lei proviene il Messia salvatore e redentore. Infine, nella tradizione della Chiesa sono stati applicati all’Assunzione di Maria alcuni testi della Scrittura. “Onora tuo padre e madre” (Es 20, 12), e Isaia nella versione di Volgata, “Glorificherò il luogo dove poggiarono i miei piede” (Is 60, 3); “alla tua destra la regina in ori di Ofir” (Sal 45, 10); “Alzati Signore nel tuo riposo, tu e l’arca della tua santificazione” (Sal 132, 8) e “sale dal deserto come una colonna di fumo dagli aromi di mirra e di incenso”
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(Ct 3, 6). Questi testi non danno un fondamento al mistero, ma richiamano temi e motivi che aiutano a cogliere la coerenza all’interno del disegno di Dio. Maria è la vera l’Arca di alleanza, fatta la legno incorruttibile e coperto di oro incorruttibile. Ella è ornata di più nobili grazie e legata inscindibilmente a Cristo, è ricettacolo della Parola incarnata destinata a rimanere in eterno. Come non era possibile che la morte trattenesse il corpo di Cristo (At 2,24), così non era possibile che trattenesse anche quello di Maria: “Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l’arca dell’alleanza” (Ap 11, 19). Maria è stata glorificata in anticipo, per continuare a servire il Figlio fino all’ultimo suo mistero. Riflessione teologica: Alcune ragioni teologiche di convenienza, relativi alla conformità dell’Assunzione con il resto della dotrina mariana. a) Assunta perché Immacolata: La verità dell’Assunzione è strettamente connessa con quella dell’Immacolata Concezione. “Tu sei polvere e in polvere ritornerai” (Gen 3, 10), il castigo del peccato originale. Maria fu esente da tale castigo perché è preservata dal peccato originale. Questo argomento viene autorevolmente accolto da Pio XII. b) Assunta perché Madre di Dio: a causa del particolare onore e amore che il Figlio ha come vero uomo, verso la sua madre. La maternità divina è un forte argomento di convenienza per la glorificazione immediata di Maria. Infatti il corpo di Maria è stato come il tempio del corpo di Cristo e in base a ciò era del tutto conveniente che sfuggisse alla corruzione del sepolcro. Si dice giustamente: Caro Christi caro Mariae, la carne di Cristo è la carne di Maria, quindi conveniva in sommo grado che la sorte toccata alla carne di Cristo toccasse anche alla carne di Maria, ossia che il corpo di Maria fosse glorificato come lo fu quello di Cristo. Scrive Francesco di Sales: “Non si deve avere il minimo dubbio: il Salvatore ha voluto osservare quel commandamento che ha ingiunto a tutti i figli [quello di onorare e amare i genitori] al più alto livello possibile di perfezione”124. c) Assunta perché sempre Vergine: Si può dire che l’anima cristiana ha preso coscienza dell’Assunzione corporea per mezzo del legame verginità-incorruttibilità: colei a cui non noque il parto, non nuocerà il sepolcro. Al riguardo Andrea di Creta scrive: “Se il seno della Vergine ignorò qualsiasi lesione, la carne sfuggì alla distruzione della morte. O prodigio! [...]. Il parto fu al riparo di qualsiasi avaria, e la tomba non conobbe affatto la disturzione, poiché
124 Francesco di Sales, Oeuvres complètes, VII, Annecy, 453-54. 82
questa non tocca in alcun modo le cose sante”125. Giovanni Damasceno afferma: “In che modo colei che nel suo parto è passata al di sopra delle leggi della natura cede ora a queste medesime leggi, e in che modo è sottoposta alla morte?”126. d) Assunta perché associata a Cristo: Maria partecipa alle gioie e ai dolori del Figlio, per cui possiamo dire che Gesù è “l’uomo dei dolori” e Maria è “la donna dei dolori”. Come infatti Eva ha cooperato con Adamo nella rovina, così la Nuova Eva ha cooperato con Nuovo Adamo nell’opera della riparazione. Adamo ed Eva sono stati princìpi universali di morte soprannaturale, e conseguentemente anche di morte naturale (pena di peccato). Cristo e Maria, sono stati invece princìpi di vita soprannaturale, e conseguentemente anche di vita naturale, ossia di vittoria sulla morte. Ora chi è principio e causa della risurrezione non può essere soggetto al dominio della morte. Lumen Gentium sottolinea sua Madre fosse conformata a lui in tutto, e particolarmente nella vittoria sul peccato e sulla morte. Come Maria fu associata alla vittoria del Figlio sul peccato mediante la sua Immacolata Concezione, così fu associata anche alla sua vittoria sulla morte mediante la sua Assunzione (LG 59). Le feste liturgiche altrettanto corrispondono: Gesù Concepimento di Gesù, 25 marzo Nascita di Gesù, 25 dicembre Passione di Gesù, Santa Croce, 14 settembre Glorificazione, ascensione di Gesù Cristo Re (ultima domenica9
Maria Immacolata Concezione, 8 dicembre Natività di Maria, 8 settembre Addolorata, 15 settembre Assunzione, 15 agosto Maria, Regina, 22 agosto
e) Assunta per essere pienamente nostra Madre e Regina: Maria sia stata esaltata quale “Regina dell’Universo perché fosse più pienamene conformata al Figlio suo, Signore dei dominanti (cf. Ap 19, 16) e vincitore del peccao e della morte” (LG 59). La regalità di Maria non va separata dalla sua intercessione materna. Maria è Regina perché è associata alla regalità di Cristo, e coopera con il Figlio nel procurare la salvezza delle anime. Possiamo dire che la sua è una regalità materna. “Difatti assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salvezza eterna” (LG 62). La glorificazione di Maria non è quindi solo per lei, ma anche per noi. 125 Andra di Creta, PG 97, 1081. 126 Giovanni Damasceno PG 96, 713. 83
L’Assunzione, lungi dallo scavare un abisso tra Maria e gli altri uomini, la rende ad essi più vicina. f) Assunta per essere Icona eschatologica della Chiesa: Il Concilio Vaticano II presenta Maria Santissima nella luce della Chiesa, di cui è il modello perfettismo: “La madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e nell’anima è immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cf. 2 Pt 3, 10)” (LG 68). Essendo tipo e figura della Chiesa, Maria appare come “la donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12, 1). “Così, la Chiesa in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, e in lei contempla con gioia, come in un’immagine purissima, ciò che essa, tutta desidera e spera di essere” (SC 103). Maria, anche dopo la sua assunzione in cielo, continua operare per la nostra salvezza e “non ha interrotto questa funzione salvifica” (LG 62). Ciò significa che fino alla fine dei secoli, manifesta la sua maternità di grazia verso i cristiani e verso l’intera umanità. E a questa funzione materna conviene la corporeità, perché attraverso il corpo Maria può far sentire quella vicinanza ai suoi figli che è propria della sua missione materna. Amore verso di noi, esseri corporei, si esprime e concretizza anche in opere, gesti e attenzione “materiali”. Inoltre, grazie alla spiritualizzazione propria del corpo risorto (1 Cor 15, 44-46), Maria può farsi presente sulla scena del mondo con le sue apparizioni. Queste splendide manifestazioni della maternità di Maria sembrano fondarsi su una presenza fisico-corporea, paragonabile per certi versi a quella del Signore Risorto.
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