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AP2015 ANTROPOLOGIA BIBLICA i
(Prof ssa Nuria Calduch-Benages, MN) Secondo Semestre 1997/98. >
ANNOTAZIONI: - La specializzazione della professoressa è il libro di Bensira Il PROGRAMMA 1. -INTRODUZIONE a) Antropologia e antropologia biblica b) Antropologia e cultura c) Tipi di antropologia biblica. . d) Antropologia dell'AT e delNT e) Linguaggio antropologico. 2. L'UOMO CREATO PER L'ALTRO Genesi I e Genesi 2 3. NEGAREL'ALTROÉMORIRE Genesi 3 4. IL DECALOGO, CAMMINO DI LIBERTA Esodo 20,2-17I Deuteronomio 5,6-21. 5. I PROFETI, DIFENSORI DELL'ALLEANZA (si farà soltanto uno. Elia o Eliseo) . lRe 18,20-46. 6. I SAGGI: LA PROVA DEI GIUSTI Siracide 2,1-18. 7. L'ANTROPOLOGIA DEL NT a) Sinottici b) Scritti giovannei c) Corpus paulinus. 8. GESU E LE DONNE. Lavoreremo sui testi.
AP 2015 ANTROPOLOGIA BIBLICA
Prof.ssa Nuria Calduch-Benages,MN BIBLIOGRAFIA ANTROPOLOGIA BIBLICA
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1. INTRODUZIONE L'Antropologia - è una scienza dell'uomo, scienza umana, che studia una realtà di per se molto complessa, misteriosa, che è l'essere umano. Però)! campo di studio dell'antropologia non si limita all'essere umano, come essere fisico, ma abbraccia tutto l'ambito vitale della vita dell'uomo. Quindi, la cultura e la civiltà. In altre parole, l'antropologia vuole rispondere ad una domanda antica, molto antica e molto attuale allo stesso tempo. E una domanda cui nessuno di noi può sottrarsi: cosa è l'uomo? Questa domanda è classica. L'antropologia è nata come scienza nel secolo XIX, più esattamente tra il 1860 e il 1890. Però questa scienza è ereditaria di una lunga tradizione molto più antica. Una tradizione che si rifà a questi personaggi: Erodoto(484-420 a.C), Tucidide(465-395 a.C.), Senofonte(430-355 a.C.), Tacito(55-120 d.C.), Suetono(69-125 d.C .). Tutti questi sono storici classici, greci e latini, e sono considerati come gli antenati, i precursori dell'antropologia. Però fra tutti, in maniera particolare, il primo, cioè Erodoto di Alicarnasso, che è conosciuto come il padre dell'antropologia. Questo, fece lunghi viaggi in vita sua, una vita molto interessante. Sappiamo che andò in Egitto, in Siria, in Persa, tra molti posti altri che egli visitò. Il tratto più caratteristico della personalità di Erodoto è senza dubbio la sua curiosità. Sappiamo dai racconti che era un uomo molto, molto curioso. Aveva una doppia curiosità. Una curiosità che chiamiamo geografica o etnografica, dunque una curiosità sulle usanze, i paesi, i popoli stranieri, le tradizioni, e poi una curiosità storica. Quindi, era incuriosito dagli eventi del passato, cosa era stato prima del mondo in cui lui viveva. La sua curiosità è una curiosità non tanto topografica, non tanto geografica, ma la sua curiosità · preferiva tutte quelle cose che andavano in rapporto con l'uomo. Quindi, era più una curiosità di tipo umano, non tanto di tipo topografico, geografica, cartografico. Una geografia umana, in termine moderni, ed era interessato in tutte queste questioni. Per esempio le tradizioni, gli stili di vita, i tratti delle popolazioni, proprio geografia umana, che diciamo oggi. Erodoto ricevette il titolo di padre dell'antropologia, grazie a queste sue curiosità, umana, da una parte, e storica, dall ' altra. E perchè storica, anche? Perchè Erodoto parla del passato, passato del suo popolo, però non vuol andare troppo lontano nel suo tempo . Preferisce parlare di quello che accade uno o due secoli prima soltanto. Non parlava della mitologia, non si riferiva ai miti antichi degli dei, come nacque il mondo, tutto questo non interessava a lui. Voleva sapere il passato più prossimo del suo popolo, e lui, evidentemente, era greco. Erodoto scrisse una storia, che ha molti volumi, in greco, però anche tradotta. Una storia lunghissima dove lui racconta la guerra tra i greci e i persiani. Questo è il punto focale. Questo sarebbe il principale scopo dell'opera. Lui interrompe continuamente questo filo storico. E Io interrompe digressioni, con storie, con spiegazioni, con aneddoti, tutta una serie di cose che si infilano dentro di questo filo, questa storia che lui sta raccontando. Erodoto fa una rappresentazione del mondo, dove i personaggi sono sempre ordinati secondo il modello greco. Perchè il modello greco? Perchè evidentemente il modello greco è per lui punto di riferimento. Tutto quello che non è greco è l'alterità, quindi i barbari, gli stranieri e tutto quello che non combacia con il modello greco e l'altro. Questo è molto interessante. Quindi, l'alterità per Erodoto si riconosce a partire dal modello greco che è il modello per eccellenza. Testi di Erodoto:
"Questa è l'esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso, perchè gli eventi umani non svaniscano con il tempo. E le imprese grande e meravigliose, compiute sia dai greci sia dai barbari, non restino senza fama, in particolare per quale causa essi si fecero guerra". (Storia I) Si vede già chiarissimo che tutti quelli che fecero la guerra contro i gteci erano i barbari, tutti gli altri. Tutta la sua filosofia antropologica viene descritta perfettamente. Esempio di digressione fatta da lui: "Per me, dunque, è assolutamente chiaro che Candisse era in preda a una grande follia, altrimenti, non avrebbe cominciato a deridere la religione e le usanze. Apriva sepolture, ne esaminava i cadaveri, derideva le statue". Questo era la peggiore cosa che si poteva fare, poiché diceva Erodoto: " Le usanze sono fatte così, quindi con il passo della tradizione, e mi sembra che Pindaro fosse nel giusto quando diceva che le usanze è la regina del mondo" (Storia III, par. B 38). Quindi, vedette il tipo di storia che lui fa con queste digressioni con i suoi personaggi. Erodoto non utilizzò mai in tutte queste volumi della sua storia la parola antropologia, mai. E la parola antropologia, è una parola greca, viene di antropos(uomo) e logos, logia(studio). Però lui non usò questa parola. Però si noi capiamo l'antropologia nel senso più ampio come un trattato sull'alterità, un trattato sugli altri, come pensano gli altri, come vivono gli altri, quali modo di pensare, come reagiscono, ecc., allora Erodoto, evidentemente, fu il primo antropologo della storia. Da Erodoto si può passare al Rinascimento con la scoperta dell'America, che fu il grande evento, andiamo al secolo 18 dove si scopri il Pacifico, l'Africa, l'interiore dell'America, si svilupparono le scienze naturali. E un momento di rinascimento, di rinascite ai nuovi mondi, un momento di grandi viaggi degli esploratori, tantissimi avventurieri che cominciarono a fare grandi viaggi per conoscere il mondo. Tutto il movimento che cominciò con il Rinascimento e culminò nel secolo 18, aprì, preparò il terreno per la nascita della scienza di cui stiamo parlando. Per la nascita dell'antropologia. Abbiamo detto all'inizio che come scienza, l'antropologia nasce tra il 1860 e il 1890, e due nomi che si deve ricordare sono: nel 1884 a Oxford c'era un corso universitario su antropologia, e poi al! 'università di Harvard, nel 1886. Nel secolo XIX questa scienza si diversificò quasi immediatamente in diversi discipline, che sono: l'antropologia fisica o somatica e l'antropologia culturale o culturalista, queste furono le due grandi diversificazioni dell'antropologia. L'antropologia culturale ricevette anche il nome di etnologia. L'antropologia fisica è molto concreta, molto limitata come scienza, perchè studia lo sviluppo fisico e somatico dell'uomo, durante tutti i secoli di esistenza sul pianeta. Anche fa il paragone tra i diversi tipi fisici di uomo che ci sono sulla terra, quindi è molto definita, molto limitata. L'antropologia culturale studia quello che chiamiamo il "fatto culturale", dai diversi gruppi umani che abitano sulla terra. Come possiamo definire questo "fato culturale"? Io direi che è l'insieme di conoscenze, di diversi tipi di arti, di religioni, di usanze, di diritti acquistate dall'uomo che vive in società. Tutto questo insieme forma, costituisce il fatto culturale. A questi elementi dobbiamo aggiungere una caratteristica fondamentale della cultura che è la sua trasmissibilità, questo è il punto fondamentale, poiché una cultura diventi una grande civiltà di questa ha bisogno di questa trasmissione, pensate, per esempio alla diffusione dell'ellenismo. Perchè l'ellenismo diventasse quel fenomeno grandissimo, quella civiltà che invase tutto il vaccino del
Mediterraneo, ci fu bisogno non soltanto di una potenza, di una energia come tale nel popolo greco, ci fu bisogno di una grande trasmissione. Quindi, questo è il punto chiave. Come si trasmette una cultura? Abbiamo la tradizione, la usanza, la tradizione culturale, l'eredità culturale, tutto questo forma parte di questo fenomeno di trasmissibilità di una cultura. Quindi, l'antropologia culturale studia ii ·fatto culturale dei diversi gruppi umani che popolano sul pianeta. a) Antropologia e antropologia biblica Dove noi possiamo situare l'antropologia biblica, in tutto questo? L'antropologia biblica appartiene all'antropologia culturale, senz'altro. Accenniamo il documento della Pontificia Commissione Biblica, di 1983. È un documento dove si studiano, si presentano tutti gli approcci che si possono fare alla Sacra Scrittura, che sono molti. E uno di esso è l'approccio attraverso l'antropologia culturale. Il metodo dell'antropologia culturale è un metodo che adesso sta prendendo molta forza, soprattutto negli USA e anche nella Spagna, perchè ci è stato un rapporto abbastanza vivo tra le persone: "Mentre l'approccio sociologica studia soprattutto gli aspetti economici e istituzionali, quello antropologico si interessa a un vasto insieme di altri aspetti, che si riflettono nella lingua, nell'arte, nella religione, ma anche nei vestiti, negli ornamenti, nelle feste, nelle danze, nei miti, nelle leggende, e tutto ciò che concerne l'etnografia. In genere l'antropologia culturale cerca di definire le caratteristiche dei diversi tipi di uomini nel loro ambiente sociale, come per esempio, l'uomo mediterraneo"(Malina). Questo che ha fatto il Prof. Malina, è studiare l'uomo mediterraneo, la donna mediterranea, la casa mediterranea. Perché la Bibbia è nata nel bacino del Mediterraneo. Allora, lui è partito da questa premessa. Dice: ''Nella società attuale degli USA, è impossibile, soprattutto i ragazzi giovani, che prendano la Bibbia e che ne capiscano qualcosa, è impossibile. Perchè è tutto così lontano da loro, il linguaggio, le immagini che loro non possono capire. È impossibile. Lui ha cominciato a sviluppare un nuovo metodo per aprire gli occhi degli americani verso il NT. Dice: "L'uomo mediterraneo con tutto ciò che questo implica di studio dell'ambiente rurale o urbano e di attenzione ai valori riconosciuti dalla società, onore e disonore, il segreto, la fedeltà, la tradizione, tipo di educazione e di scuole, al modo di cui si esercita il controllo sociale, alle idee che si ha della famiglia, della casa, della parentela, alla situazione della donna, ai binomi istituzionale, come capo-dipendente, proprietariolocatario, benefatore-beneficiario, libero-schiavo, senza dimenticare la concezione del sacro e del profano, il tabù, il rituale del passaggio da una situazione all'altra, la magia, l'origine delle risorse, del potere, dell'informazione. Quindi, questo è un nuovo approccio che si può fare alla Sacra Scrittura, sia all'Antico, sia al Nuovo Testamento, basato sul!' antropologia culturale. L'antropologia culturale offre grandissime possibilità per capire la sacra Scrittura. Un nuovo metodo di approccio per capire la Bibbia. Quale è la domanda fondamentale dell'Antropologia biblica? Cos'è l'uomo? Però è meglio dire: Chi è l'uomo? Perché dicendo cos'è l'uomo?, senza volerlo, benché capiamo cosa vogliamo dire, presupponiamo l'uomo come una cosa, nel senso che sia un qualcosa finita. Però si domandiamo chi è l'uomo?, la risposta evidentemente sarà: è una persona. Quello che importa non è tanto dire è una persona, ma qualcosa di aperto, perché una persona è un essere aperto all'infinito, all'altro, a se stesso, quindi, non è un qualcosa di finito. La persona è sempre un elemento di sorpresa, di mistero, è sempre
qualcosa di inesauribile, non si sa mai le ricchezze, le potenzialità, le capacità che una persona ha dentro di sé, mai. Quindi, questa domanda vogliamo o non, ci accompagna cotidianamente. Anche si non tentiamo di ignorarla, tante volte per comodità o per pigrizia, queste domande fondamentali lasciamo da parte, perché ci complicano la vita, si cominciamo a pensare troppo allora nascono i problemi. Però questa domanda di chi è l'uomo, scaturisce non soltanto dal nostro mistero personale, che è un mistero fatto di successi, di fallimenti, di gioia, di tristezze, di tanti paradossi. Ma è anche una domanda che scaturisce della realtà d'altrui, dalla società in cui viviamo, non è un qualcosa rigorosamente personale, è una domanda che nasce dal mondo in cui viviamo, dal nostro rapporto con gli altri. Risposte a queste domande ci sono molte, però dobbiamo riconoscere che tutte sono parziali. Perché una conoscenza ultima e perfetta dell'uomo è irraggiungibile. Ricordiamo Socrate, il filosofo greco, che concepì la natura umana un problema a se stesso, per lui la natura umana non aveva niente a che fare con gli dei dal panteon, con la mitologia, niente. Per lui il problema era veramente la natura dell'essere umano, ricordiamo quella famosa frase: "Conosce te stesso", che riassume tutta la filosofia di Socrate. Cosa significa questa frase, oggi: auto-esame, autoconoscenza, introspezione. Secondo lui, l'uomo deve interrogarsi, e deve interrogare la propria natura per ricercare delle risposte. Questo fu, già un tentativo nel secolo IV, secolo di Socrate. Lasciando la filosofia, andiamo al Cristianesimo. Cosa fa il cristiano davanti a questa domanda: chi è l'uomo?, cosa facciamo noi davanti a questa domanda? Il cristiano si rivolge alla Bibbia e cerca di trovare una soluzione. Però cosa capita? La Bibbia no dà una risposta magica, immediata, chiara a questa domanda. Perché la Bibbia non risponde così alle domande. La Bibbia si occupa del mistero dell'uomo, sotto molti aspetti. E ci offre una grande ricchezza di possibilità. Una ricchezza però che non è dispersiva, al contrario, tutte le immagini, tutte le spiegazioni, tutti i racconti biblici illuminano da diversi angoli la realtà così complessa dell'uomo. Sono racconti diversi, con stili e generi letterali diversi, situati in epoche diversi, in ambienti diversi. Però la configurazione della persona umana, nella Bibbia, è sempre la stessa. È vero che i testi della Bibbia non parlano di Dio in se, e neppure dell'uomo in se, però ci troviamo dinanzi a testi che sono essenzialmente relazionali. Che parlano di Dio in rapporto all'uomo e parlano dell'uomo in rapporto a Dio. Però la maggioranza dei testi sono orientati a spiegare più l'uomo che a Dio, il soggetto, nella maggior parte dei casi, è sempre l'uomo. Dalla Genesi fino all'Apocalisse, scopriamo una interrotta curiosità di sapere cosa è l'uomo, come si autointende l'uomo. Vediamo che l'uomo della Bibbia non smette mai di interrogarsi su se stesso. L'uomo biblico è aperto alla trascendenza, e disposto sempre all'ascolto. Questa apertura al trascendente è nell'uomo un elemento fondante, costitutivo. Non è un appendice, qualcosa aggiunta dopo. L'uomo nasce con questa apertura al trascendente. E un uomo religioso, che si autointende a partire del suo rapporto con Dio. Finiamo con una riflessione di Abraam Retschel, poeta ebreo, che ha scritto nel 65, "Chi è l'uomo?": 'Tialla prospettiva della Bibbia chi è l'uomo? Un essere in travaglio che si confronta con i sogni e i piani di Dio. Con i sogni di Dio di avere un mondo redento, con i sogni di riconciliazione tra cielo e terra, di una umanità che è veramente a sua immagine, che riflette la sua sapienza, giustizia e compassione. Il sogno di Dio non è solo di essere come partner nella creazione. Qualunque cosa facciamo, qualunque azione sviluppiamo, non possiamo anticipare neanche strappollare
il dramma della redenzione, non possiamo ridurre e neanche aumentare il potere del male". b) Antropologia e cultura L'antropologia biblica studia l'antropologia culturale del gruppo umano che ha vissuto i fatti, gli eventi, le esperienze religiose, politiche e sociali che i testi vi testimoniano. In realtà si trattano di due tipi di gruppi umani ben diversi: 1- il gruppo che ha vissuto e ha scritto la Bibbia ebraica; 2- il gruppo che ha elaborato la versione greca dell' AT e il NT. Quindi, il mondo ebraico e il mondo greco. L'antropologia biblica non studia l'antropologia della bibbia, ma si occupa di un gruppo umano, di una comunità umana. La bibbia va awicinata come un fenomeno di civiltà, un fenomeno di cultura, o di culture. Soltanto così è possibile studiare una cultura a partire dalla Bibbia. Ma c'è una difficoltà e una ambiguità nell'antropologia biblica. Cioè: 1- la Bibbia è un'opera immensa che testimonia più di 2000 anni di storia. Per es. Il Pentateuco: il documento javista data del sec X a.C.; il documento sacerdotale del sec VI-V a.C. Sono testi di epoche differenti, di concezioni differenti sull'uomo. 2- La Bibbia contiene più di 70 libri scritti in epoche diversi con metodi diversi, che riflettono circostanze diversi. Per es.: la legislazione del Levitico, Proverbi 10-29, Giobbe, le parabole di Gesù. 3- Il gruppo umano della Bibbia va dal nomadismo alla vita sedentaria, dall'organizzazione tribale all'organizzazione statale, dal giudice alla monarchia, da una economia chiusa ad una di mercato. D'altra parte, le strutture tribali decadono progressivamente. E Israele che dal niente comincia con poche tribù, invece di crescere viene continuamente invaso da diversi imperi: egiziano, mesopotamico, persiano, greco, romano. La vita di Israele è la vita di un popolo colonizzato, anche deportato. Tutto ciò significa un contatto costante con diversi culture che hanno lasciato tracce nel popolo della Bibbia, nel popolo di Israele. Israele non è stato mai un popolo isolato, sempre in continua battaglia, lotta, dipendenza, sottomissione, rapporto con tutti i popoli attorno. Il primo influsso è stato il mesopotamico, poi l'egiziano, la dominazione Assiria, la Babilonia, la Persa, Grecia e Roma. Quindi, dalla nascita il popolo è stato sempre in contatto con gli altri. Il primo influsso che ha ricevuto è stato quello della cultura di Sumer, la sumeria e l'accadia. Sumer ha influito di maniera implicita perché i sumeri sono spariti prima della nascita del popolo di Israele. Però dopo i sumeri vengono gli accadi, che entrarono in contatto con i cananei, dove finisce il popolo. Cfr. La storia comincia con Sumer. Il primo influsso senza sapere. Sia nella forma sia nel contenuto i libri della Bibbia si rassomigliano molto alla letteratura delle prime civiltà del prossimo oriente. Non è che su svaluta il significato degli scritti della Bibbia o il genio degli ebrei che hanno scritto. Anzi, uno soltanto può meravigliarsi davanti al cosiddetto "miracolo ebraico", capace di trasformare i temi statici e i modelli convenzionali dei loro predecessori nella creazione letteraria più dinamica e più vibrante che nessuno abbia mai potuto conoscere. Ecco il "miracolo ebraico": il contatto con le prime culture. Le difficoltà sopra sono elementi molto importante in qualsiasi studio di natura antropologica.
La Bibbia si presenta come una testimonianza vivente di molti secoli di storia. Una testimonianza che esprime molte culture, sottolineate molte lingue. Così offre un'immagine del mondo e dell'uomo dinamica, completamente -dinamica. Il mondo e l'uomo nella Bibbia sono sempre in cammino. E ambedue cercano co_stantemente la loro · identità e il loro destino. Perciò la Bibbia è sempre attuale. Bibbia e cultura, dunque, sono concetti inseparabili. Il messaggio biblico non esiste senza una cultura. Però non si identifica mai con una sola cultura, non è un messaggio escludente, è aperto. L'antropologia biblica non può essere ridotta a un semplice prodotto del suo tempo, perché è molto di più. Si percepisce nei testi biblici una nuova dimensione che va al di là dello spazio e del tempo. L'uomo della Bibbia, grazie al suo rapporto con Dio è un uomo capace di creare una nuova cultura, una nuova civiltà, che si situa nel piano della liberazione. Cioè, è vero che il messaggio è inculturato, ma è anche vero che il suo messaggio non è chiuso, non è limitato, non esclude a nessuno, perché si situa su un altro piano, va al di là del fenomeno culturale antropologico, perché si situa nel piano della Rivelazione. Perciò l'uomo biblico può trascendere questi elementi che sono di per sé inculturato. Evidentemente quello che non si può fare è saltare i passaggi. Non si può strappare il messaggio biblico come si la Bibbia non avesse né terra, né lingua, né cultura, né appartenenza alla storia. Però è vero anche che il messaggio biblico ha una energia; veramente divina e ispirata che fa saltare queste barriere. Perciò è un messaggio universale, essendo inculturato. Questa è la grandezza della Bibbia. Dunque, Bibbia e cultura senz'altro unite. e) Tipi di Antropologia biblica Sono due tipi di Antropologia biblica: 1) L'opera più diffusa di Antropologia biblica di Hans Walter Wolf Il Prof Wolf scrisse nel 1973. E stato un manuale per eccellenza. Nel prologo Wolf indica che il suo studio si basa solo sull' AT, però sarebbe da completare da una parte dedicata al NT. Considera la sua opera incompleta. Definisce la sua opera come un'antropologia sistematica. Quindi, un'antropologia organizzata seguendo uno schema molto fisso, chiaro, tripartito: 1) l'essere dell'uomo 2) il tempo dell'uomo 3) il mondo dell'uomo Il contenuto: 1) descrizione dell'essere dell'uomo, delle sue componenti, delle sue facoltà, dei suoi organi, dei suoi sensi. Spiega i temi antropologici più rilevanti, come: anima(nefesh), came(basar), spirito(ruah), cuore(leb); poi spiega il corpo umano. 2) raccoglie tutto ciò che la Bibbia dice sulla creazione dell'uomo, dell'universo, della vita, la morte, la gioventù, la vecchiaia, il lavoro, il riposo, la malattia, la guarigione, la speranza. 3) centrata sulla società. Tratta la coppia, la famiglia, gli amici, i nemici, il padrone, gli schiavi, i maestri e i discepoli. Finisce con una sezione dedicata al destino dell'uomo, che è una sezione bella: l'uomo è destinato a vivere nel mondo, è un uomo destinato ad amare l'altro, un uomo che è destinato a dominare la creazione e a lodare Dio. Wolf stesso spiega il suo metodo. Dice: né AT contiene una dottrina unanime sull'uomo, omogenea né noi possiamo stabilire una linea di sviluppo dell'idea biblica
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sull'uomo. E vero, però malgrado ciò riesce a presentare l'antropologia biblica di una maniera abbastanza unitaria. Infatti, sua opera riesce a dare più o meno l'immagine biblica sull'uomo. Cosa manca a questa sua opera? Manca un -accenno alla struttura politica e religiosa del popolo di Israele. Per esempio: le penalità, il sacerdozio, il culto non appaiono. Anche le esperienze____di_grnp.po. Wolf parla sempre dell'uomo come singolo, come persona, ma l'esperienza come gruppo manca. Anche il rapporto tra Dio e l'uomo. Wolf presenta un'antropologia sistematica, di un modo strutturato, classico. 2) L'opera ai Girtes Cusson, Notes d'anthropologie bibliche, Rome 1977. Presenta un altro tjpo, non siSteffiatico, ma storico. Sono dispense per l'uso degli studenti. Secondo lui l'antropologia'ttna scienza rigorosa dell'uomo concreto, vivente in gruppo e considerato nel dinamismo del suo divenire. E l'antropologia biblica è l'antropologia di una civiltà che veniamo a conoscere attraverso la Bibbia. E la Bibbia deve essere collegata alla storia del popolo che la ispira. É completamente diversa dell'opera di Wolf: 1) considera l' AT e il NT; 2) vuole essere una P.resentazione storica dell'antropologia biblica. Una presentazione legata allo sviluppo storico dell'uomo. Sua opera non è facile, suo pensiero è complicato. Mette in rilievo il carattere specifico de.!!.e idee di Israele sull'uomo e allo stesso tempo vuol mostrare le..connessione culturale con gli altri popoli. Cusson divide il suo libro così: 1) visione ebraica globale sull'uomo, basandosi nei primi capitoli della Genesi. 2) Una spiegazione della visione presentata in Gen l ;-11. Quello che ha presentato ~iega in chiave antropologica. Analizza la figura di Abramo, cf(Mosè, dei profeti, dei saggi~, sempre puntando alla esperienza antropologica. 3) Molto breve come un prolungamento dell'esperienza ebraica dopo l'esilio fino al NT. Cusson fa un percosso storico. Questi due opere segnano i çl~e tipi di antropologia biblica, quella sistem!~~;~ 4 quella storica. Altri esempi: W. ~' G. von Rad, due teologie bibliche. .. \ " presenta un'antropologia biblica sistematica; von Rad un 'antropologia biblica storica. Due approcci diversi, come in Wolf e Cusson. -Nella situazione attuale è più diversa, non si fa così. \.,Oggi, nessuno vuole più un'antropologia sistematica, si vuol ~ una sistemazione storica, però non storico. Oggi, si fa tutto: antropologia di tipo esegetico, nar~ive, socio-culturale, esegetico-biblica, filosofico-biblica. Tutto dipende dal punto di vista dell'autore. Altri campi: antropologia etica. Secondo giorno d) Antropologia dell' A T e del NT Rapporto tra l'Antico e Nuovo Testamento Come capire l'antropologia del!' AT e del NT. Si deve partire dall' AT, base della nostra Bibbia. L' AT fu anche la Bibbia per la primitiva chiesa. Per noi cristiani, la Bibbia consta di questi due testamenti, l'Antico e il Nuovo. La nostra concezione biblica non vuole in nessun momento sostituire o soppiantare la Bibbia ebraica, la Bibbia di Gesù, poiché la Bibbia ebraica era quella che Gesù conosceva. Quindi, la Bibbia ebraica, I' AT, fu anche la Bibbia della prima Chiesa. Finché la prima Chiesa non ebbe il Vangelo in mano, ha dovuto passare~ più meno un secolo. C'è una comunanza profonda trti. I' Antico e il NT. Però dobbiamo essere consci dal fatb che il NT supera l'Antico, in una serie di punti ben definiti. Questo dato è un
elemento fondamentale per la nostra concezione dell'antropologica biblica. E vero che l'Antico e il Nuovo si armonizzano, si completano a vicenda. Ma, il problema è in che modo capita, si svolge questa armonizzazione. Prendiamo un esempio: la Sacra Famiglia. Come si sviluppa questa armonizzazione. Non possiamo guardare l' AT come qualcosa di superato, come il Nuovo è il compimento, l'Antico è la parte incompleta, la parte che si deve perfezionare, e soltanto è valido il Nuovo, per oggi. Questo non è un atteggiamento che noi possiamo prendere. Un altro esempio: l'idea della benedizione. Come la troviamo nel!' AT? Una idea totalmente materiale. Quali sono le grandi benedizioni nell' AT? Avere figli, maschili, ricchezze, avere beni, avere una lunga vita. Questi sono le tre benedizioni che si vedono nell' AT. Benedizioni materiali, nell'ordine materiale. Questa idea di benedizione continua nel NT, perché c'è la benedizione nel NT. Cosa fa il NT? L'ordine nel NT. Nel NT l'ordine è spirituale. Quindi, questo è un esempio. L'importante è vedere che il Dio dell'Antico e del NT è lo stesso Dio che si occupa di tutta la vita dell'uomo. Forse nella mentalità veterotestamentaria, si sottolineavano alcuni aspetti, nella mentalità neotestamentaria si sottolineano anche. Pensiamo al Vangelo di Giovanni. E un vangelo meno agganciato alla storia, preferisce il linguaggio dei simboli, dei discorsi teologici. Però nel quarto vangelo si cita l' AT, utilizza l'appello all' AT. Questa mostra che il NT è intimamente collegato ali' Antico. Quindi, è lo stesso Dio, che opererà attraverso la figura di Gesù. Quindi, se prima parliamo di un Dio che si rivela nella storia di Israele, che si rivela nella creazione, adesso parliamo di un Dio che si rivela in un uomo, che si è incarnato in un uomo. E con la figura di Gesù evitiamo una eccessiva spiritualizzazione del rapporto tra l'uomo e Dio. La rivelazione di Dio è una rivelazione continua, come sappiamo. Il problema è questo, perché siamo nell'antropologia biblica. Possiamo dal punto di vista dell'antropologia trovare un elemento comune che ci permetta di fare questo collegamento tra l'Antico e il NT in una maniera più meno completa? C'è un elemento di unificazione o non c'è? Questa è una domanda che c'è sotto la nostra disciplina. Parliamo sul tema del!' Alleanza. L'alleanza è presente sia nell'Antico sia nel NT. Questo è un dato di fatto . Non è soltanto presente, ma è una tematica fondamentale nei due testamenti. Possiamo dire che l'alleanza è un centro, uno dei principali dell'Antico e del NT. Ricordiamo un po' l'esperienza del popolo di Israele. Quale fu l'esperienza costitutiva, fondamentale per il popolo di Israele? L'esodo. Israele nacque con questa esperienza. E lelemento fondante . Ricordiamo Mosè, che fu il guidatore di tutto il popolo, sempre seguendo le parole di Jahvé. Dopo avere vissuto questa esperienza il popolo reinterpretò, formulò di nuovo l'esperienza che aveva vissuto. Questo è importante. Non soltanto vivere, ma riflettere su quel che si è vissuto. E come la formulò Israele? Attraverso quella forma che si ripete nell 'AT: Dio ha fato un'alleanza con Israele. E Israele ha acetato questa alleanza con Dio. Quello che voglio dire è questo: l'alleanza di Dio con il popolo di Israele è una reinterpretazione, o come si dice oggi, una rilettura dell'evento fondante dell'esodo. L'alleanza diventa come una parola che illumina la realtà vissuta. Non è soltanto il fato concreto che Dio ha liberato il popolo in quel momento storico, lasciamo questo. E quella percezione che sente Israele di aver stabilito un rapporto ad un altro livello, non dal livello concreto della salvezza concreta. Quindi, l'alleanza acquista una prospettiva, una portata molto più grande. Certo, questa è una sintesi rapida. Ma, tutti sappiamo il problema che c'è a livello della composizione del pentateuco. L'alleanza appare nella Genesi, nell'Esodo,
nel Levitico, Deuteronomio, c'è l'alleanza. E noi sappiamo che il pentateuco ha sofferto una evoluzione molto complicata, e oggi ancora non si dà una risposta soddisfacente. Alcuni, oggi, dicono che il pentateuco è un paradigma cambiante, che sta in continuo cambio, in continuo movimento. Ma, io mi riferisco al messaggio d'insieme, al messaggio teologico d'insieme che non è per niente in contrapposizione ai problemi di tipo letterali, di tipo storico. Ma, una lettura sincronica, il testo come abbiamo oggi. Lasciando a parte i problemi possiamo dire che l'alleanza è la parola chiave per il popolo di Israele. Sia all'inizio, quando Israele nacque come popolo, sia nelle successive vicende della sua storia. L'alleanza è come un paradigma che permette capire la personalità del popolo di Israele. Perché vedete che il popolo di Israele è un popolo segnato con questo rapporto intimo con Dio. È come uno specchio che riflette questa personalità, il volto di Israele. Cosa farà Israele con questa alleanza? La interpreterà all'inizio, subito dopo l'esodo. Cosa fa in Es. 15? Canta la vittoria, lodando Dio. È già una prima interpretazione. Però poi lungo tutta la storia di Israele, di nuovo, adatterà continuamente, riformulerà questa alleanza. Ricordate: da una parte l'alleanza nel Sinai, quando Mosè ricevette il Decalogo, la prima alleanza, e ricordate Ger 31 che parla della stessa o di una altra? Parla già di una alleanza in un altro gradino, in un'altra tappa del popolo di Israele. L'alleanza con Dio è la stessa, però Israele ha subito una evoluzione. L'alleanza sempre continua ad essere il punto di riferimento del popolo di Israele. Il Nuovo Testamento Anche la prima comunità viveva questa realtà dell'alleanza. La prima persona che dimostra è lo stesso Gesù. La vita del cristiano presentata da Gesù nel Vangelo è una vita che deve seguire uno schema di alleanza. Quale sarebbero i testi più rilevanti? L'istituzione dell'eucaristia, il discorso della montagna, la pasqua di Gesù. La vita del cristiano è la nuova alleanza che Gesù stabilisce. È chiaro che il tema dell'alleanza nasce nell' AT e si sviluppa piano piano fino ad arrivare al suo compimento nella persona di Gesù. Non è il tema centrale della Bibbia, però ci permette fare un collegamento molto stretto con l'antropologia biblica. L'alleanza potrebbe essere un elemento di unione, di connessione tra i due testamenti a livello di una visione antropologica. Non si può ridurre l' AT e il NT al tema dell'alleanza, però moltissimi problemi di carattere antropologico hanno a che vedere con il tema dell'alleanza. Forse non è esplicito, non si vede così a colpo d'occhio, ma questo rapporto c'è. Possiamo dire utilizzando una metafora, che l'alleanza è una specie di contenitore dove si accumulano diversi temi antropologici. Però, anche l'alleanza è come una cornice, una prospettiva, un atteggiamento di tipo ermeneutico, che permette a Israele di capire se stesso e la realtà. L'alleanza come una categoria ermeneutica che ci permette di capire tutta la realtà di Israele, non solo come popolo, ma tutto quello che accade attorno a Israele. In l?arole più semplice: guardare l'uomo biblico alla luce della categoria dell'alleanza. E una esperienza primordiale che è sempre presente nella vita di Israele. Pensiamo ai profeti, ai saggi. Quante volte i profeti parlano di stabilire un'alleanza, di rompere un'alleanza. Ci sono tanti esempi di questo: Osea ci basta. È una costante nei testi biblici. Concludiamo. Cos'è questa categoria di alleanza che parliamo? Nel suo contenuto essenziale l'alleanza è questa formula: "Tu sei il mio Dio e noi siamo il tuo popolo"; "Tu sei il mio popolo e il sono il tuo Dio". È un rapporto con Dio, che implica
delle condizioni, che esige qualcosa di ambedue le parti. Dalla prospettiva umana, l'alleanza è accettare JHWH come unico Dio, lasciare gli altri dei che appaiono nella Bibbia e seguire soltanto JHWH. Da parte di IBWH l'alleanza è proteggere e difendere il suo popolo. Cosa fa Dio con il suo popolo? Prima lo libera dall'Egitto, lo protegge dai nemici, lo benedice con la discendenza, li da le ricchezze, la pace, ecc. Se il popolo è fedele a Dio Lui risponde con generosità, con benevolenza, di una forma positiva. L'alleanza appare come un dono, un regalo che Dio fa al suo popolo. Lo fa perché vuole, ha voluto scegliere questo popolo. E questo dono è un dono di amicizia, di amore incondizionato. Dio è in favore dell'uomo, è vicino all'uomo. Sempre che può aiutare aiuta, protegge, benedice. È un amico fedele, un amore sicuro che non fallisce mai. Quindi, questo rapporto di alleanza è un rapporto dinamico, si mantiene lungo tutta la Bibbia. È una dinamica che si vede in tutti i testi biblici, dall'inizio fino alla fine con la figura di Gesù. Come finisce la storia fino a nostra Bibbia? Finisce in che questo rapporto di dio con l'uomo diventa un rapporto di figliolanza. Di questo non si parla nell' AT. Nell' AT l'uomo è servitore di Dio, mai figlio di Dio. Con Gesù l'uomo diventa figlio di Dio. Quindi, non soltanto si tratterà di un Dio che protegge, difenderà l'uomo, che li darà ricchezze, discendenze, non solo. C'è un passo in più, che è il passo dell'amore. Sarà un Dio che amerà totalmente il suo Figlio. Quale la prospettiva dell'alleanza? Dio ama l'uomo, ama l'umanità senza discriminazioni. Cosa fa questa persona umana? Li risponde con lo stesso amore, come fece Gesù. Gesù è la figura paradigmatica, è la risposta perfetta. Questa alleanza sia l'antica sia la nuova offre una nuova prospettiva. Una concezione che illumina la personalità dell'uomo biblico e non soltanto la personalità dell'uomo biblico, ma la realtà dove l'uomo biblico si muove. Nella Bibbia tutto quello che accade all'uomo è in rapporto con Dio. Tutte le realtà umane devono essere capite e integrate in questo rapporto uomo-Dio. L'antropologia biblica è un'antropologia teologica o religiosa. Perché dal primo momento la visione biblica dell'uomo parte da Dio. Non c'è uomo senza questo rapporto con Dio. Non si può capire l'uomo senza questo riferimento essenziale a Dio. Dal punto di vista dell'alleanza pare che si possa parlare di antropologia di modo generico, sia dall'Antico sia dal NT, se prendiamo la prospettiva ermeneutica dell'alleanza. Pare che si possa vedere una visione unitaria dell'antropologia che abbraccia l'Antico e il NT. Ma anche si può parlare separatamente. Una constatazione: in quasi tutti i libri di antropologia biblica manca la categoria dei generi, che fa riferimenti ai generi maschili e femminile. Un unico fatto: questo va connesso al linguaggio della corporeità. E questo non viene contemplato nei libri. È una tematica molto collegata alla categoria sui generi, che di solito venne tralasciata. Il Wolf parla del corpo umano, ma senza sottolineare la categoria dei generi; F. Raurell ha scritto il mito della maschilità di Dio come problema ermeneutico. C'è un dato di lacuna nell'antropologia biblica attuale che è proprio questa della categoria dei generi. Però la scienza va avanti: c'è il libro diretto da Mercedes Navarro sul corpo della donna, la voce "corporeità" in NDTB, il corpo come segno della persona. Commento sulla bibliografia
Terzo giorno e) Linguaggio antropologico Il linguaggio antropologico della Bibbia richiede la- concezione israelita dell'uomo. Concezione che è con una parola moderna, olistica, che viene dal greco e vuol dire tutto intero, concezione globale. ·· Il concetto e la percezione della totalità è l'elemento chiave per capire la psicologia e l'antropologia d'Israele. Pensiamo al mondo greco: questo si caratterizza per il dualismo anima e corpo. L'anima è il mondo separato dal corpo. In contrasto con questo mondo dualista greco, la mentalità israelita è monista. L'uomo forma un'unità indissolubile: spirito-anima-corpo. Questi termini nella lingua ebraica non hanno lo stesso significato che nelle nostre lingue. L'israelita non fa differenza tra le funzioni psichiche, che riguardano l'anima e le funzioni fisiche, che riguardano la phisis, il corpo. Ambedue dipendono degli organi corporali . Dunque, il punto di riferimento per l'antropologia israelita è il corpo, non l'anima. Nella Bibbia vengono menzionati circa 80 parti diverse del corpo umano. Alcuni termini concreti: mano, cuore. Altri astratti: anima o spirito. Questi si scambiano nei testi. Es.: Sal 84, 3: si possono essere sostituito per pronomi personali; Giob 16, 4: non c'è la vostra anima al posto della mia anima(testo ebraico); Is 52,7: si menziona un organo per indicare la funzione che ha i piedi, significato di agilità che ha il messaggero. Questi testi mostrano, illustrano la possibilità di scambio. Componenti strutturali dell'uomo: I) anima = nefesh Questo termino è presente in tutte le lingue semitiche. Nell'accadico significa "il soffio di vita", che trasforma un corpo in un essere vivo. Anche l'organo da dove viene questo soffio, cioè la gola o la parte visibile della gola, il collo. Cfr. Gen 2, 7. Significa anche vita, non come la intendiamo noi, ma il senso è il rapporto stesso col vivere, in contrapposizione con la morte. Il "nefesh" può presentare due linee di significato: a) la salvezza o la conservazione della vita(Sal 30,4) e b) la minaccia o la distruzione della vita( I Sam 25,29). ''Nefesh" è anche collegato coi desideri. Quelli desideri più primari: desideri di cibo e di bevanda. Anche quelli più elevati: di unione con Dio. Altri desideri che possono essere legittimi o illegittimi, per es.: il desiderio del salario, di avere discendenza, il ritorno alla patria, la vendetta, ecc. Tutto il mondo dei desideri viene assorbito dal termine "nefesh". Sai 41,2: l'anima mia anela a te Dio; Is 26,9: di notte anela a te, l'anima mia. In ambedue i casi "nefesh" si riferisce all'essere umano come individuo, come singolo, come persona. Possiamo sostituire "l'anima mia" con "tutto il mio essere", "tutta la mia persona". Nell'antropologia biblica l'uomo non possiede l'anima, ma è anima. In questi testi "nefesh" designa, esprime la persona nella sua globalità, quindi in una concezione olistica, nella sua globalità. Per definire, citiàmo un testo che presenta un'eccezione molto particolare di "nefesh": Nm 6,6: si parla del voto del nazireato. I nazirei avevano molte cose vietate, e una di queste era awicinarsi ai cadaveri, perché questi contaminano. Così "nefesh" indica anche il corpo morto. 2) carne = basar In ebraico per parlare del corpo si utilizza il termine basar, che significa in nostre lingue, carne. Può designare la carne dell'uomo o anche la carne che si mangia. Cfr. Gen 2,22: la creazione della donna; Is 22, 13: si mangia carne e beve vino.
Si applica al corpo come una realtà diversa dal sangue, che è la sede del principio vitale. II sangue c'è la vita. Perciò i semiti hanno tanto rispetto e tanta paura del sangue, perché toccare il sangue, versare il sangue è toccare e versare la vita. Allora "basar" come l'opposto a sangue. Nel Sir 14,18 carne e sangue, l'idea della generazione. II saggio sottolinea che, l'uomo mortale, che non è eterno, in contrapposizione all'essere eterno di Dio, passa come le foglie che cadono dell'albero. Basar anche come un'unità sia a livello fisico sia livello spirituale. Sal 38,4: tutta la mia "basar"(spirituale); Nm 8,7: purificazione dei leviti. II corpo nella sua totalità. Un altro significato: quando esprime un vincolo di parentela tra le persone in una famiglia: Gen 37,27: il tentativo di Giuda di salvare Giuseppe, a causa del vincolo tra loro; Gen 2,23: carne delle mie carne, osso delle mie ossa. Ancora: la fragilità della natura umana. È una condizione che è connaturale con la persona umana sin dalla nascita. Fragilità, debolezza, limitatezza, qualsiasi di queste. Sai 56,5: che cosa può farmi un corpo?; Giob 10,4: occhi di carne, fragilità mortale opposta a Dio. 3) cuore= leb Nelle nostre lingue moderne designa il centro della vita affettiva dell'uomo, cioè le emozioni, i sentimenti, gli affetti. Cfr. «L'affettività alla luce della parola di Dio". La ragione, l'intelletto, la scienza, tutto quello che è discorsivo, tecnico non centra con il cuore. Il cuore è riservato alle emozioni. Nel campo biblico è diverso. Cuore ha un significato più ampio. Designa la personalità cosciente, intelligente, libera del!' essere umano nella sua totalità. II cuore designa l'interiorità dell'essere umano, il centro della vita intima della persona umana nella sua globalità. È il centro della psicologia semitica. I semiti· erano eredi della tradizione babilonese e assiria e ricevettero tutte le tradizioni riguardo al cuore, e secondo loro le emozioni e i sentimenti si trovano occulti nell'organo interno dell'uomo, stano occulti, nascosti nelle viscere, soprattutto i reni, il fegato, le viscere e specialmente, il cuore, l'organo per eccellenza. Per il semita il cuore è il principio di tutti gli affetti e di tutta l'attività dell'anima. In altre parole: sentimenti, intelligenza e volontà, abitano nell'organo più importante e misterioso della vita. a) Il cuore come sede della vita emotiva. Dal profondo del cuore scaturiscono le passioni vitali: l'amore e l'odio, l'amore della sposa(Cc 5,2), l'amore di Dalila per Sansone(Gd 16,15), Lev 19,17: odio nel cuore. Altri sentimenti appaiono rilevanti nella Bibbia: la gioia, la tristezza, il coraggio, la paura, tutti questi nascono nel cuore dell'uomo. Pr 15, 13: cuore lieto, cuore triste. 2Sam 7,27, Dt 20,3. b) II cuore come sede della vita intellettuale. Comprensione, riflessione, attenzione, memoria, sono tutte attività intellettuali che hanno luogo nel cuore. Un testo chiaro su Salomone: lRe 3,9, un cuore docile. La docilità richiama l'ascolto. Per essere docile prima bisogna ascoltare con attenzione e dopo ascoltare sottomettere a quello che un ha ascoltato. In ebraico: un cuore che ascolti, che sia capace di ascoltare. Ascoltare e distinguere bene dal male, sono cose che non appartengono al campo del!' affettività, ma sono cose che stanno a tutt'altro nucleo. Che dice Qoèlet? 14, 13: ho messo tutto il mio cuore ... Non è niente di sentimentale, ma un mondo di ricerca e di spiegazione. Per il semita tutto quello che riguarda all'intelligenza abita nel cuore. c) Il cuore come sede della volontà. Intenzione, propositi, piani, progetti, decisione, impegni, ecc. Tutto queste cose si elaborano, secondo il semita, nel cuore. Sai 20,5:
secondo il tuo cuore ... faccia riuscire i tuoi progetti. Nonostante questo ventaglio di significati, possiamo affermare che il cuore oltre a essere il centro vitale dell'uomo è in più il centro decisivo della sua personalità. Non soltanto il centro vitale, ma il centro che conforma la sua personalità, li dà dei caratteri caratteristici della sua persona. 4) spirito= mah Etimologicamente, la parola ruah è collegata con una radice semitica che fa allusione al vento, all'aria quando si muove. Infatti, il significato più usuale di mah si trova nella sfera del mondo fisico, quasi sempre. In Gen 1,2: lo spirito di Dio aleggiava sulle acque; Is 7,2: come si agita il vento. Riguardo all'uomo il "vento dell'uomo" è in primo luogo il suo soffio. La forza vitale che lo distingue dagli idoli di legno o di argento. Quindi, l'uomo ha questa ruah vitale che non hanno gli idoli. Per es. questo viene illustrato in Ab 2, 19: guai a chi dice al legno ...la dentro non c'è il soffio vitale. Né la pietra né il legno hanno ruah. Non c'è il soffio vitale. Quindi, la ruah è una energia vitale che procede da Dio e a Lui ritorna sempre. Qoèlet 12, 7: prima che la polvere ... e la ruah tomi a Dio. È chiaro che la ruah è soffio vitale, ma essa è di origine divina. È Dio che lo dà all'uomo. Però, così come il vento non ha sempre la stessa intensità e ha tante forme diverse, pensiamo alla brezza, al venticello, alla tramontata, l'uragano, così anche il comportamento dell'uomo(la ruah) cambia continuamente. Quindi, la mah dell'uomo ha tanti possibili varianti. Es.: la regina di Saba: !Re 10,3-5 rimase senza fiato(in ebraico: non c'era in lei più ruah). Anche la ruah in altri occasioni esprime le decisioni della volontà, specialmente quando queste sono frutto dell'azione dello Spirito del Signore: Ez 36,26. Questo spirito nuovo, questa ruah sarà la ruah che viene dall'altro, viene da Dio. Concludendo, abbiamo spiegato un po', attraverso questi testi, il significato dei 4 termini più importanti dell'antropologia biblica. La differenza tra di loro non è alcuni volte tanto facile da spiegare. Soprattutto quando indicano globalità, totalità della persona. In molti casi anima-corpo, spirito-carne sono costituibili. I 4 termini presentano diversi aspetti della persona umana, però sempre intesa nella sua totalità. Possiamo dire però, in modo generale, che l'anima copre l'ambito emozionale; la carne l'aspetto corporale; il cuore l'attività intellettuale e volitiva; lo spirito si riferisce a quelle energie vitali che l'uomo ha perché ricevute da Dio. Sarebbe la parte più spirituale. Possiamo dire che la mentalità ebraica concepisce la persona non come un'anima incarnata, che è la concezione greca, ma come un corpo animato. Il corpo umano Cominciamo con gli organi interni, che sono più nascosti, e che soltanto possono vedere i medici, gli anatomisti, gli indovini, tutti quelli che scrutano l'interiore delle viscere, come sappiamo dalle diversi traduzioni. a) le viscere - raqan. Il seno materno e anche l'utero si chiamano raqein. E dalla stessa radice c'è la parola raqanin che significa pure le viscere e anche la misericordia. Tutte queste parole vengono dalla radice raqan, che dà luogo a un verbo che si chiama proprio raqan, avere pietà, avere misericordia, tenerezza. Così che le viscere sono la sede della pietà, della tenerezza e della misericordia, perché in primo luogo, le viscere si riferiscono al seno, all'utero della donna, dove si concepisce un figlio. Allora l'archetipo della misericordia è l'istinto materno: Is 49,15 , commuoversi il
b)
c)
d)
e)
f)
cuore. Per la tenerezza di Dio: Ger 31,20, le mie viscere si commuovono per lui. Anche la rabbia di Dio: Sai 40, 12, non chiudere le tue viscere(in ebraico). Sentimenti come le commozioni, la pena, l'angoscia, tutte-queste abitano nelle viscere dell'uomo. Gen 43,30: Giuseppe si era commosso nell'intimo, nelle sue viscere; Cc 5,4: mi ha sconvolta. · Il fegato - cosa sappiamo del fegato? Sappiamo che segrega la bile. E diventa così la sede della collera, dell'ira. Il fegato è anche la sede delle emozioni, la fonte del pianto e di tutte le reazioni al dolore. Secondo i testi le lacrime nascono nel fegato, passano alla gola e escono di li, però nascono nel fegato. Dobbiamo ricordare un uso molto frequente nell'antichità che si chiama l'epatoscopia, l'osservazione del fegato, che era molto sviluppata in Mesopotamia. Si scrutava, si studiava, si osservava il fegato e così si poteva conoscere segreti, tratti, caratteristiche delle persone, poiché si credeva che nel fegato abitavano i sentimenti, le emozioni della persona. Era una specie di riflesso. Guardando il fegato si poteva capire la persona. Secondo Platone, il fegato è come uno specchio dove si rispecchiano gli dèi. Anche nelle nostre lingue si dice: "avere fegato", cioè, avere il coraggio di fare qualcosa. Il fegato appare così in espressioni colloquiali, che combaciano organo corporale con il sentimento. Il rene - associato al cuore. Soltanto Dio può scrutare il rene e il cuore dell'uomo. Appaiono abbinati, per es.: Sal 7,10 e Ger 11,20. I reni si oppongono a tutto ciò che significa esteriorità, superficialità, tutto ciò che è allo esterno della persona. I reni sono la sede dei sentimenti segreti, dei desideri più intimi della persona, della coscienza della persona. Così che in Ger 12,2 i reni si oppongono alla bocca, organo della esteriorità. Il ventre - così come il cuore indica l'interiore del corpo umano e si oppone alle labbra. Il ventre anche partecipa a questa caratteristica poiché è un organo interno, nascosto. Es.: Pr 22,18: intimo, ventre; Giob 32,18-19: il mio ventre; Gen 2,3: il ventre del sheoL Le ossa - si oppongono a basar(la carne), perché è la parte visibile. Le ossa non si vedono. Hanno a che fare con le emozioni. Le emozioni possiedono una forza disgregativa, che fa vacillare la persona. Le ossa tremano, vacillano, travagliano, soffrono a causa delle emozioni, come se le ossa fossero tutta la persona che potesse · soffrire. I salmi soprattutto Sal 102,6: aderisce la mia carne alle mie ossa. Le braccia, le mani, i piedi - sono anche nella Bibbia membri importanti, perché di essi dipendono la sopravvivenza, il lavoro, l'integrità dell'uomo. Pensiamo, per es., alle attività dell'essere umano come lavorare, mangiare, difendersi, lottare, tutto ciò che si fa con le mani e i piedi. Perciò, tutte queste estremità simboleggiano la forza e la potenza, specialmente le braccia e le mani, poiché con le braccia e con le mani, l'uomo è capace di lottare, di pugnare la spada, ecc. Da una parte c'è questo simbolismo legato al potere, alla battaglia, fisico; dall'altra parte c'è anche un simbolismo più astratto, come quando il re sostiene il scettro con le mani . Ricordate: Dio ha agito con mano potente e braccio teso, cosa che appare come un ritornello dopo la liberazione d'Egitto . Cosa significa questo? Significa che Dio ha agito col potere in mano, come uno che interviene e vince sempre. Quando uno invece è preso da paura, cosa capita? Si dice nel testo biblico, che ha le mani deboli, tremanti, che le braccia non hanno più forza, per es.: Sal 76,6: nessun prode ritrovava la sua mano, quindi la paura li aveva sconvolti di tal modo che già non sapevano cosa fare
e non trovavano la mano. L'immagine esprime una esperienza fisica molto comune, provocata dalla paura. Questa è una tematica molto ricca da studiare, come sono le cause e gli effetti della paura nelle persone. E i testi ci parlano di mani, ginocchia che tremano, di piedi che vacillano_ Quindi, tutte le estremità si indeboliscono e l'uomo non reggi più_ Il fato di essere in piedi, di reggersi signifiéa essere vivo, che un ha dinamismo, coraggio, è la posizione verticale. Invece, la posizione orizzontale indica il contrario. È la posizione del sonno, della morte, del sepolcro_ Ez 37: la visione delle ossa che stanno in posizione orizzontale, come la morte, come la valle, come stano dormendo_ Finisce il brano con tutte le ossa che si alzano in piedi, perché la posizione verticale è la posizione dell'uomo_ Quindi, c'è tutto un mondo dietro a questi organi corporali, un mondo da scoprire, un mondo molto ricco, perché è il mondo della persona umana. g) La testa - è la parte superiore, la parte più elevata del corpo umano. Si utilizza questa parola per designare la cima di una montagna, il capitello di una colonna, il nervo delle mura, dove sono le sentinelle, o la parte più alta della porta. Il sommo sacerdote è chiamato capo dei sacerdoti. Il libro di Siracide 11, 1 descrive la testa anche come un atteggiamento di orgoglio, di superiorità; alzare la testa, tenere alta la testa ha questa asserzione di orgoglio: mantenere alta la testa significa non umiliarsi, sapere mantenersi la dignità, come persona. Quindi, la testa è collegata con l'importanza, la dignità, proprio perché è la parte più alta della persona. E nella testa troviamo anche alcuni elementi che sono: gli occhi, il naso, la bocca, le labbra, gli orecchi, gli elementi del volto umano. Sono importanti perché 4 dei 5 sensi si trovano nel volto: la vista, l'olfatto, l'udito, il gusto. Invece il tatto è distribuito in tutto il corpo. E è molto importante per il linguaggio antropologico. h) Il volto - è la parte più visibile della persona, quello che si vede per primo. E importante che il volto è destinato non soltanto ad essere visto, ma è necessario per vedere. Vedere e essere visto, contemplare e essere contemplato. Pensiamo ali' espressione faccia a faccia, che vuol dire che le due persone vogliono stabilire un rapporto. Coprirsi il volto: quando non vuol essere visto, quando sente vergogna, quando ha paura, quando vuol sparire della realtà, per es. i bambini e i suoi gesti. È un meccanismo di difesa. Ma anche significa sfuggire al dolore, la sofferenza, non volere implicarsi nella realtà che ci circonda. In altre parole: vuol dire anche stabilire una distanza tra me e quel che sta davanti a me. Is 53,3: si copri la faccia davanti a lui. È anche il luogo dove si esprimono in modo più evidente i sentimenti. Le emozioni provocano reazioni di tipo circolatorio. Il volto riflette lo stato d'animo di una persona. Non si può nascondere che sta dentro. Perciò il Sai 105,16 dice: fa brillare il suo volto; Sir 25, 17: la malvagità di una donna ne cambia l'aspetto; Sir 36,22: la bellezza di una donna allieta il volto. Cfr. "L'uso metaforico di nomi delle parti del corpo in ebraico e in aramaico".
20/III/'98.
GENESI 1-3. Adesso incominciamo un'altra parte del nostro corso e forze è la più interessante, perché tratta dei testi direttamente. Allora, io vorrei trattare con voi i tre primi capitoli della Genesi. Perché questi tre capitolo presentano un modo di concepire l'uomo. Presentano, direi, un'antropologia completa. Troviamo in queste pagine, un uomo creato per l'altro. Un uomo aperto all'alterità dell'universo, all'alterità altrui, all'alterità di Dio e anche all'alterità di se stesso. Troviamo un uomo capace di scoprire il dono della libertà che Dio li da e un uomo che è capace di vivere la alleanza, un uomo capace di riconoscere il dono della vita, ricevuta da Dio e dai genitori e capace di condividerla con gli altri. Un uomo orientato alla giustizia, alla solidarietà e alla condivisione. Io direi un uomo aperto e sempre in cammino con gli altri. Un uomo però che romperà la alleanza e vorrà uccidere il fratello. Vorrà essere come Dio e vorrà essere il creatore invece di creatura. Sarà un uomo che soffrirà a causa del peccato però che anche saprà ristabilire l'alleanza. Queste sono le linee molto generiche di questa antropologia che noi incontreremo. Allora, nel libro del Genesi, posso distinguere questi due grandi passi che sono essenziali per capire tutta l'opera. A- Gen 1-11 : che è la preistoria biblica. O si volete la storia delle origini. B.- Invece il blocco di Gen 12-50 è la storia dei trapianti. Ambe e due i blocchi sono collegati con quello che in ebraico li chiamano "toledo", che in italiano sarebbero le genealogie di Dio, le generazioni. "Yada" in ebraico significa "generare". É un susseguirsi di generazioni.
A-
Allora in 1,11: abbiamo tre grandi elementi: la storia del cielo e della terra, la stira dei Adamo e i suoi figli, la storia di Noè e i suoi figli. Cosa abbiamo nella storia dei patriarchi? Anche tre blocchi, tre elementi: La storia di Abramo e il suo figlio, la storia di Isacco e i suoi figli, e la storia di Giacobbe e i suoi figli. Allora tutto questo libro della Genesi segnato di queste generazioni che indicano la grandezza della vita e la sua continuità. Quindi, la storia umana è un susseguirsi di generazioni. Allora noi interessa soprattutto questo primo gruppo: 1. -
Gen 1-11: la preistoria di vita, o la storia delle origine. Perché si chiama così? Perché Gen 1, 11 presenta due racconti mitici della creazione, uno dopo l'altro. E di solito gli studiosi hanno segnalato le differenze tra queste
due racconti. Però è anche da notare che ci sono diversi punti in comune tra questi due racconti biblici. Per esempio: il vocabolario, in quanto a tematiche e in quanto ad elementi narrative. Questo lo potete vedere voi stessi con i testi. Ed ecco che si tratta di due racconti diversi però ci si può percepire una unità di fondo molto interessante. Questi due racconti si completano a vicenda e non si possono capire l'uno senza l'altro. Io dico che sono come i due atti della creazione. O della creazione in due momenti. Si chiama racconti delle origini. Perché? Perché sono racconti che vogliono raccontare ai lettori come fu creato il mondo, come fu creato l'uomo. Quindi, sono racconti che vogliono andare agli origini dell'umanità. Allora vediamo quale è il primo racconto: Gen 1, 1-2,4a: Questo è il primo racconto che evoca la creazione del mondo in sette g1orm. Gen 2,4b-3,24: E il secondo narra l'apparizione dell'uomo e della donna e i loro peccato con la conseguente espulsione del paradiso. Questi due testi sono messi uno dopo l'altro nella Bibbia, però non sono contemporanei. Secondo l'ipotesi classica (che qui non possiamo discutere adesso) il primo racconto appartiene alia fonte sacerdotale. Rappresentato con la lettera "P" . Quando possiamo datare questa fonte sacerdotale? Secolo VI prima di Cristo. Mentre il secondo testo appartiene alla fonte Y ahvista, rappresentato con la lettera "Y", ed è una fonte che risale al secolo X prima di Cristo. Quindi, vedete che è molto più antica la fonte Yahvista che la fonte sacerdotale. Questo è necessario per capire ed entrare nel nostro testo. Allora, lo scopo di questi due racconti, non ha niente di scientifico, più tosto un racconto di natura filosofico. Perché presentano una riflessione fondamentale dell'universo e l'umanità, nelle loro relazioni reciproche e nel loro rapporto con Dio. Il pensiero, le idee, le concezioni di questi racconti partono tutte della esperienza del popolo d'Israele, che si basava: nella liberazione dall'Egitto, la alleanza con Dio, e il dono della terra. Queste erano le tre realtà configurative del popolo d'Israele. Però in questi racconti l'orizzonte va al di la d'Israele. Questo è chiaro perché in nessuno di questi due si parla d'Israele. L si allarga a tutto l'universo ed a ogni uomo. Per ciò noi possiamo dire che sono racconti delle origine, perché sono racconti universali validi sempre, ovunque e per chiunque. Ogni persona umana può sentirsi implicata in qualsiasi di questi due racconti . Allora detto questo io vorrei cominciare con il primo:
.L:
Gen l, l-2,4a: Questo è un racconto che è stato qualificato come una specie di inno. Un inno alla creazione. Però è un inno degli dei con un carattere un po' liturgico. Perché è un inno che ripete moltissimo tutte le idee formule. Tutta l'opera della creazione si articola a tomo a una cornice temporale cronologica. Ed è la cornice del sabato ebraico. Il primo giorno, secondo giorno, terzo giorno, quarto giorno, il quinto, il sesto e poi il settimo il giorno del riposo. Quindi, il sabato il culmine di questa liturgia della creazione. Allora, questo inno contiene una breve introduzione: e possiamo segnarli, sono:
I due primi vv. 1-2 e poi questi primi vv. si possono collegare con l'ultimo, 2,4a, facendo quello che nell'esegesi si chiama una inclusione. E una inclusione no è altro che la ripetizione di una stessa parola, di uno stesso sintagma, tante volte la stessa frase, all'inizio e alla fine di una pericope. La pericope può essere lunga, può essere breve o anche può essere tutto un mito. Allora se noi vediamo questo racconto, voi vedete, comincia: "in principio Dio creo il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque". Andiamo adesso alla fine del racconto a 2,4a: "Queste sono le origini del cielo e della terra quando vennero create". Questa è una tipica inclusione. E qui abbiamo: 1,2 INNO 2,4a.
Inclusione
Qui dentro possiamo distinguere due scene: Dal 3-13 e dal 14-31. Questi due scene abbiamo dentro. Nella prima scena: 3-13: Dio crea degli spazi separando gli elementi. Nella seconda scena 14-31: Questi spazi vengono riempiti, ornati e anche appare l'uomo come l'ultima delle creazioni. Quindi, io vorrei sottolineare due momenti importantissimi da notare in questa catena di creazione: Prima è la differenziazione, in ebraico è "badai"= il verbo "separare". E secondo è il perfezionamento. Dio crea separando e poi completando, arricchendo, pulendo, quello che ha differenziato. Sono due momenti. Allora questo processo di separazione è la base della creazione. E come procede questa separazione? É una separazione che viene causata, provocata dalla parola di Dio, perché è la parola di Dio che crea. Il testo lo dice: Dio disse e poi accade. Quindi il processo parte, guardate bene dall'unità grandi, maggiori, che sono indifferenziate, una massa d'acqua, una massa di terra, per arrivare alle unità minori, più piccole differenziate. Allora la terra che si fa una massa informe viene specificata, le acque che sono anche una massa informe viene anche specificata. Il cielo anche e così via. Questo è il processo secondo il racconto sacerdotale. Io non voglio trattenermi in questo proçesso per andare a vedere il cielo, la terra, le acque. Perché il mio interesse punta su un altro campo. Però avete bisogno di sapere come Dio crea nel nostro testo sacerdotale. Io vado subito quasi, quasi, non alla fine però al v.26-27: Perché? semplicemente perché qui si tratta della creazione dell'uomo. Allora, la prima cosa che voglio sottolineare in questo racconto è che la creazione dell'uomo è l'ultima creazione. Quindi, è l'ultima di una serie. Prima ci sono stati tutti quelli elementi del cosmos e alla fine come punto finale appare la creazione dell'uomo. Leggiamo i due vv.: v.26: "E Dio disse, facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare, e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". v.27: "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò". Poi continua dicendo siate fecondi, moltiplicatevi, ecc.
Allora, lo importante è che della stessa maniera che Dio ha creato l'universo con questo ritmo Dio crea l'uomo. Vedete che la struttura è la stessa. Ogni volta il narratore mete: "e Dio disse". Per l'uomo è esattamente lo stesso: "e Dio disse". Allora, vengono le parole che compiono quello che Dio ha detto. Quindi, voglio dire con questo che l'uomo viene creato così come è stato creato l'universo, però come culmine, eome punto finale. Allora, andiamo a vedere questi due versetti perché sono i versetti più importanti per noi. v.1,26: Questo "facciamo l'uomo". Chi lo dice questo? Lo dice il narratore. Perché il narratore ti racconta quello che Dio disse. Si tratta di un narratore che nella teoria narrativa, ci dice che è un narratore "onnisciente". Quindi, un narratore che conosce tutto, che conosce tutti i personaggi e principalmente tutto quello che c'è dentro del personaggio. Allora, questo narratore è capace di sapere il pensiero di Dio. Come parla Dio dell'uomo? "Facciamo l'uomo", dice in ebraico: "nasa= facciamo, Adam". Senza l'articolo. E l'uomo appare come un essere non definito. Un essere non definito che vuole esprimere l'umanità, la persona umana, l'individuo, quindi, non un uomo differenziato. Adam, significa l'umanità intera. "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza e domini su tutto quello che nella terra. Guardiamo adesso il v.27: Allora è il secondo momento, perché accadde un piccolo cambiamento che è molto importante per il nostro testo. "Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina gli creò". Comincio l'analisi. * Prima è il verbo. Il verbo, non è il verbo "fare" come prima nel v.26 abbiamo detto, che era "facciamolo". Adesso il verbo è "creare". E il verbo tecnico "Bara", per indicare gli effetti creatrice della parola di Dio. Quando si dice "bara", indica proprio questo fatto creativo di Dio. * Come viene qui la parola "Adam", in ebraico? Non è più "adam", ma viene con l'articolo davanti. Quindi, mettiamo "ha adam". In italiano è "l'umanità". É una cosa molto significativa nella lingua ebraica. Prima era "adam" adesso "ha adam". É più determinato però ancora è generico. Più determinato perché porta l'articolo però è ancora generico, perché non ti specifica niente delle differenze, è l'uomo, la persona umana. * "Maschio e femmina gli creò". Guardate bene il passaggio che abbiamo nel testo. C'è un passaggio del singolare al plurale. Guardate bene: "Dio creò l'uomo (ha adam) a sua immagine" e adesso prende la frase al rovescio, "a immagine di Dio gli creò". Sempre al singolare, però la seconda parte, "maschio e femmina gli (otam bara) creò. Lo stesso verbo però questa volta il complemento è al finale. Cosa mi interessa? vedere il plurale. Mi interessano questi due nomi: "Maschio e femmina". Qui abbiamo visto l'adam che anche può essere con l'articolo ed è l'umanità o umanità. Però nell'ultima parte del versetto dice: "maschio e femmina". Guardiamo il testo ebraico. Il testo ebraico dice: ish= maschio ishah= femmina. Uno capisce subito che la radice è la stessa. Quello che cambia soltanto è la terminazione, questo suffisso al femminile. Ish è l'uomo differenziato al maschile e ishah è l'uomo differenziato al femminile. Più farò un tentativo, so che non si può dire in italiano, però mi capirete benissimo.
Ish, miglior che maschi e femmina, io mi inventerei questo: maschio va bene, ma l'altra, gli metterei "maschia". Perché riflettere su una stessa radice è una ... (vedete in una terminazione spagnola mi funziona, potete dire varòn e varona, intentando). In italiano cambiando le parole maschio e femmina, si perde il gioco bellissimo che c'è nella lingua ebraica. Fatte attenzione perché ci sono in due versetti quattro parole che si possono usare così, fine dell'esistenza: "Adam" ------- ish "ha adam"----- ishah. Quindi, per trovare la differenziazione nei testi si deve trovare o ish o ishah. Per adesso quando si parla di "adam" o "ha adam", si parla ancora di questa umanità indifferenziata. Questo è molto importante per la nostra discussione. Dovremo aspettare fino a Gen 3,20 per sapere il nome della "isha" e dovremo aspettare fino a Gen 4,25 per sapere il nome del ish. Perché i nomi propri appaiono tardi, appaiono dopo. Gen 3,20 e 4,25. Allora ish e ishah, mostrano evidentemente la differenziazione a livello sessuale. E anche le parole ebraiche, non è il caso di spiegare tanto perché questo: · "zaqar"= uomo maschio "neqebah"= Donna. Quindi, in ebraico queste due parole significano lo stesso. Maschio e femmina. E indicano proprio la differenza sessuale tra l'uomo e la donna. Allora, dal fatto di questo adam è stato voluto e creato da Dio sessualmente differenziato scaturisce la perfetta uguaglianza ed identica dignità sia dell'uomo, sia della donna. Guardate che ambe e due sia l'uomo che la donna stanno al vertice della creazione e hanno il mandato dice il testo, di dominare tutto l'universo, di dominare la terra e di dominare gli animali. Ancora di più, sia l'uomo che la donna sono immagine di Dio. Lo dice il testo: "facciamo l'adam a immagine di Dio". Che significa per l'essere umano è lo specchio di Dio nel mondo. Lo dice il testo. Guardando ogni essere umano si vede Dio. Se lo diciamo di un'altra maniera, possiamo dire che Dio è scolpito in ogni essere umano, in ogni uomo e in ogni donna. Ogni persona porta in se l'impronta di Dio al maschile e al femminile. Vorrei citare una frase che a me piace tanto di Martin BUBER, molto breve però molto significativa che dice: "Dio è l'eterno 11J dell'uomo". Allora questa grandezza dell'uomo non può nascondere la sua creaturalità. Abbiamo visto che l'uomo fu creato nello stesso giorno in cui furono creati gli animali. Quindi, niente privilegio. En anche l'uomo viene benedetto anche con gli animali. Nel racconto non c'è uno spazio specifico per l'uomo. Perché? Perché l'autore vuole ricordare che noi non siamo Dio. Abbiamo un rapporto privilegiato, perché siamo stati creati a sua immagine e somiglianza. Questo si, però noi siamo, malgrado tutto, delle creature. E questo è il paradosso che ogni persona umana portiamo dentro di noi. Quindi, una tensione che ti spinge verso Dio, verso l'alto e una tensione che ti spinge verso il basso, io direi verso la terra, verso gli animali, verso tutto quello che è orizzontale. Queste due tensioni che le abbiamo come c'è l'ha ogni persona umana. Quindi, nel racconto, (e vorrei sottolineare questo) è vero che la creazione dell 1uomo è il culmine, però dirò anche che l'uomo appartiene al mondo delle creature. E questo non si può dimenticare, che è quello che vedremo dopo nella storia del peccato. Che quello che si dimentica è proprio questo aspetto della creaturalità della persona.