N 5 -2012
PERCHÈ È COSÌ DIFFICILE CAPIRE LA MONETA? Silvano Borruso
1
N 5 -2012
PERCHE' E' COSI DIFFICILE CAPIRE LA MONETA Ecco i sintomi più evidenti della difficoltà ventilata nel titolo:
Manca una definizione univoca di moneta. Si trovano fino a quattro descrizioni, ma non una sola definizione. Ogni cosiddetta “scuola monetaria” tira l’acqua al suo mulino; I termini usati confondono, invece di chiarire, le idee: moneta, denaro, valore, usura, interesse, credito, liquidità, moneta-debito, mezzo di scambio, inflazione, finanza, industria bancaria, ricchezza, e chi più ne ha più ne metta; Quello che appare sui libri e quello che avviene in realtà non fanno che contraddirsi eclatantemente; Eccetera. È possibile venirne a capo?
Cominciamo con l’affermare che il problema è squisitamente filosofico. Se la filosofia è amore della sapienza, e se è sapiente chi è capace di ordinare, ciò vuol dire che le realtà di cui sopra non occupano nella mente lo stesso posto che occupano fuori di essa.
La svistarella iniziale Disse Aristotele che “un piccolo errore iniziale conduce a grandi errori in fine”; ciò è vero anche quando si tratta di sviste. Una svista non è un errore filosofico, ma uno di mancata percezione. Soffermiamoci su di esso. Chi scrive di cose monetarie comincia sempre facendo notare che a) la moneta esiste per alleviare le difficoltà del baratto; e che b) “La funzione fondamentale della moneta è di essere mezzo di scambio ,o intermediario degli 1 scambi ”. Tutta la discussione che segue viene imperniata sul mezzo e sulla funzione intermediaria , ma non una parola viene spesa sulla natura dello scambio . Ecco la svista. Vedremo che non è cosa da poco, e cominciamo quindi a tentare di capire cos’è uno scambio.
1
Pietro Vernaglione, La Moneta. Sottolineato di Vernaglione.
2
N 5 -2012
Il baratto lo capiscono tutti: A desidera qualcosa che B ha e B desidera qualcosa in possesso di A. A scambio avvenuto il baratto è completo. Quella completezza, che nel baratto può darsi per scontata, viene invece completamente trascurata da chi si occupa di moneta. Vediamolo. A desidera qualcosa in possesso di B, ma B non desidera niente in possesso di A. È comunque disposto a cedere ad A ciò che costui desidera, in cambio di una ricevuta che gli permetta di ottenere da C quello che lui, B, desidera. La moneta non è altro che codesta ricevuta. Qui il discorso di chi tratta di moneta finisce, e il/la monetarista comincia ad occuparsi del “mezzo di scambio”: come deve essere, di che cosa va fatto, come funziona, che ripercussioni ha nell’economia, nella finanza, ecc. Ne nasce una pletora di considerazioni che portano sempre più lontano dal capire il fenomeno, e che non sono affatto innocue: le soffre la gente sulla propria pelle dai tempi del débâcle del 2008. Débâcle che colse di sorpresa gli sprovveduti; c’era chi l’aveva predetta con quasi 20 anni di anticipo. Ritorniamo quindi al baratto, prendendo atto del fatto che le due parti contraenti sono soddisfatte quando entrano in reciproco possesso dei beni (o servizi)2 scambiati. Quando entra in gioco la moneta, però, è un errore considerare lo scambio come completo quando chi riceve il pagamento trattiene la somma senza farla circolare oltre. Lo scambio non ha ancora duplicato il baratto, e pertanto la moneta sta espletando una funzione diversa da quella di uno scambio. Questo è completo solo quando B si disfa della moneta ricevuta per ottenere quello che desidera da C.
Diciamo quindi, per coerenza, che se la moneta deve “fare da” mezzo di scambio, può “chiamarsi” moneta a scambio avvenuto, non prima. 2
Il medico disposto a curare la famiglia dell’idraulico a cambio del servizio di manutenzione delle sue tuberie non calcola prezzi: il servizio ricevuto vale il dato e una stretta di mano li sigilla.
3
N 5 -2012
Filosoficamente, è successo che a scambio avvenuto, la moneta è rimasta relazione , facendo da certificato di transazione attuata, e sparendo sia dalle mani di A che da quelle di B, entrambi ora in possesso dei beni o servizi desiderati. A scambio a venire, invece, B è in possesso di moneta , ma senza obbligo alcuno di farla circolare oltre. Ecco l’origine del disordine economico che attanaglia il mondo. Le conseguenze sono state esiziali, e continuano ad esserlo. Scrutiamole quindi.
Un termine ambiguo Coerenza richiede che alle due realtà - mezzo-di-scambio e portavalori venga dato un nome diverso; ma perversamente le si continua a chiamare entrambe “moneta”. Codesta ambiguità ci occuperà fino alla fine di questo articolo. Ma l’ambiguità non riguarda solo le due funzioni della moneta: riguarda anche, e non in tono minore, la struttura di una società con economia monetaria, la quale diviene indispensabile in presenza di una certa divisione del lavoro. Il discorso condotto fino ad ora idealizza una società in cui tutti producono qualcosa che vogliono scambiare con altre cose da loro non prodotte. Ma dov’è oggi una società così? Dal tempo della Rivoluzione Industriale, 200 e più anni fa, il numero di non-produttori è cresciuto a dismisura, e il problema ancora da risolvere è come giustificare i loro stipendi. Se ci impelagassimo in quel problema ne uscirebbe un trattato e non un semplice articolo. Accontentiamoci quindi di capire la natura della moneta, e vedremo dove ci porteranno le conclusioni raggiunte.
Domanda e offerta: è legge? Se tutti coloro che ricevono moneta in cambio di beni/servizi da loro prodotti la spendessero immediatamente per ottenere i beni/servizi da loro desiderati, non sussisterebbe alcun problema. La moneta e i beni/servizi si comporterebbero come si comporta una cremagliera rettilinea sotto la spinta di un pignone ruotante ingranatovi su. Il pignone rappresenta la moneta, che ritorna sul mercato ad ogni transazione, e la cremagliera rappresenta il totale di beni/servizi spinti incessantemente e unilateralmente dalla produzione al consumo. Se la moneta fosse puro mezzo di scambio, il pignone ruoterebbe senza posa, espletando la sua funzione naturale di facilitatore di produzione/consumo. Domanda e offerta sarebbero in perenne equilibrio, determinando, come dice la “legge” omonima, i prezzi. Purtroppo, la moneta non fa da puro mezzo di scambio, ma anche, come vedremo, da portavalori ; il che induce i suoi possessori a sottrarla dalla sua
4
N 5 -2012
funzione naturale relazionale per specularvi su come sostanza: diventa un bene di per sè. La domanda, sostenuta da moneta duratura, è adesso in condizioni di imporre un tributo all’offerta, sostenuta da… i capricci del tempo, della moda, delle tarme, funghi, ratti, ladri e via discorrendo.
Domanda e offerta in perenne sbilancio non determinano i prezzi. Generano invece l’USURA, identificata da Gesell 100 anni fa proprio con codesto tributo, e che nasce, lo si noti bene, agli scambi e non ai prestiti. Lo si verifichi presentandosi a un mercato ortofrutticolo verso mezzogiorno: le ortaglie invendute verranno offerte a prezzi stracciati, anche sottocosto, pur di non vederle appassire prima di sera. Usura contra naturam
Quando chi possiede moneta la presta invece di spenderla, il tributo imposto al prestatario, mirabile dictu !, perde il nome –obbrobrioso- di usura per acquistare quello – rispettabile - di interesse .
E la moneta, meraviglia delle meraviglie, si trasforma in essere vivente che si riproduce con leggi sue proprie, completamente avulse dall’economia e in posizione tale da farla padrona della produzione e della distribuzione invece che da serva come dovrebbe. Questa padronanza continua a costare cara. Ha fatto correre fiumi di sangue, per secoli. E continuerà a farlo fino a quando non si smaschererà la frode, liberandoci così delle superstizioni che ha generato e che irretiscono milioni quando non miliardi di persone ancora oggi. Continuiamo a capire.
Dalla svista moneta-merce alla frode “riserva frazionaria” Perché un certificato di transazione avvenuta (moneta) circoli, bisogna pure registrarle la transazione su qualcosa. La svista iniziale ha fatto sì che si scegliesse 5
N 5 -2012
di tutto: metalli preziosi o semipreziosi, conchiglie, carta, terracotta, vetro, cuoio, e un lungo eccetera di materiali-moneta. Ma quanto più “valore intrinseco” uno di questi materiali ha, tanto meno volentieri lo si spende, generando così la prima superstizione di Creso, che confonde la possessione di moneta con la ricchezza. E si favorisce “il risparmio”, che è in realtà l’accaparramento ingiusto di moneta che paralizza l’economia danneggiando gli scambi. La cartamoneta cominciò a muovere guerra ai metalli preziosi dalla sua invenzione, però non l’ha ancora vinta, e ciò solo perché consente di mantenere la funzione di portavalori. L’enorme congerie di interessi creati dai vantaggi parassitari di codesta funzione fa sì che chi ne gode non veda di buon occhio una riforma monetaria che li faccia sparire. Qui ci interessa capire il meccanismo che ha portato il mondo a una crisi del tutto innecessaria, e risolvibile in questione di giorni, solo se si riuscisse a privare la moneta del potere indebito di cui gode e costringerla a fare da serva dell’economia come è suo ruolo naturale.
Quando nel XVI-XVII secolo i cambiavaluta divenuti banchieri si avvidero che le ricevute di deposito circolavano benissimo al posto dell’oro che rimaneva nei loro forzieri, venne loro la tentazione (e a chi non sarebbe venuta?) di lucrare interesse senza prestare alcunchè, ma di nascosto: un falso in atto pubblico. E già, perchè ai tempi in cui si prestava sul serio, cioè privandosi dell’oggetto -o moneta- prestati, si era sviluppata tutta una serie di teorie dirette a giustificare l’interesse. Eccole: 1. Teorie di fecondità; 2. Teorie di produttività; 3. Teorie di usufrutto; 4. Teorie di astinenza; 5. Teorie di lavoro; 6. Teorie di sfruttamento. Chi vuole divertirsi può leggere come Gesell distrugga tali teorie l’una dopo l’altra nel capitolo 6 della parte V di Ordine Economico Naturale .3 Chi invece vuole capire, rifletta sul perché del plurisecolare fallimento di tutte le proibizioni di 3
Arianna Editrice. Gruppo Macro, e-Book.
6
N 5 -2012
interesse, tanto civili quanto ecclesiastiche. Non ci si accorgeva della piccola svista iniziale che concedeva a chi riceve moneta di diventarne il possessore senza costringerlo a spenderla. L’ultimo benintenzionato tentativo in quella direzione fu l’Enciclica Vix Pervenit 4 di Benedetto XIV (1740-1758), nella quale si faceva una distinzione, vera ma non troppo utile, tra interesse, definito come onorario per il servizio del prestatore, e usura, definita come prezzo della moneta trattata come merce. La ragione per cui quell’enciclica rimase lettera morta, però, fu un’altra: nel 1745 era già da un pezzo che non si prestava più denaro contante. Nel 1609, con la fondazione della Banca di Amsterdam, era entrata in lizza la più durevole frode monetaria di tutti i tempi: la riserva frazionaria.
Credito: da fiducia reciproca a frode bancaria La parola “credito” trasuda fiducia, comprensione, lealtà. Ecco perché si parla di “fonti di informazione accreditate”, “resoconti credibili” “credenziali diplomatiche” ed espressioni del genere. Giudichi ora il lettore se è possibile fare uso di questo termine per il credito bancario, descritto a continuazione. A ha bisogno di moneta e fa domanda di prestito a una banca. Il direttore lo concede. Cosa riceve il prestatario A? Un libretto di assegni in bianco, mentre un impiegato batte la somma “prestata” nel disco rigido di un computer, consentendo ad A di firmare assegni fino al totale della somma creata lì per lì. In nessun caso, contrariamente a come la gente è stata indotta a credere, una banca presta denaro esistente, meno ancora somme depositate da altri clienti. Questa semplice operazione ha conseguenze strabilianti, ma che passano inosservate per una combinazione letale di mancanza di osservazione, di riflessione e di raziocinio. Vediamole.
4
Chi crede di avere “denaro in banca” solo perché a suo tempo vi ha depositato del contante, in realtà non ha che una cifra in un libro contabile con cui la banca si dichiara debitrice di quella somma. Il contante con cui la banca fa credere di essere solvente è una frazione del movimento di moneta, da un minimo di 2,5% a un massimo dell’8-10%.
1 novembre 1745.
7
N 5 -2012
Il “prestatario” non ha ricevuto un prestito, giacché la banca non si è privata di alcunchè nell’operazione. L’“interesse” richiesto dalla banca, in altre parole, è un’estorsione ingiustificata ottenuta fraudolentemente. La banca permette di firmare assegni, così creando potere d’acquisto fino a coprire il capitale, ma non l’interesse. Questo deve essere estratto a) o da un incremento di attività lavorativa, o b) da un altro “prestatario” o c) da un nuovo “prestito” per pagare gli interessi di uno vecchio. Risultato: se dieci “prestatari” hanno emesso una somma totale di 10mila unità, e prima o poi devono “restituire” 11mila, la bancarotta di uno o più di costoro è matematicamente certa. Ecco l’origine della perenne crescita obbligatoria dell’economia. Nel prestare, la banca domanda come garanzia il cosiddetto “collaterale”, cioè ricchezza fisica prodotta dal lavoro umano (se dal prestatario o no non interessa ai nostri fini). I termini dell’operazione subiscono cambi stravolgenti: quello che è un permesso di emissione viene chiamato “prestito”; la somma creata dal nulla diventa “moneta bancaria”; E la confusione tra credito e moneta plurifunzione aumenta senza fermarsi. Come è stato possibile arrivare a tanto?
Un po’ di storia “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”, scriveva Manzoni commemorando la morte di Napoleone. Oggi siamo in grado di rispondere affermativamente. Fu vera gloria, consumata a Waterloo.
A sconfiggere Napoleone furono le forze dell’Usura, che da Waterloo in poi hanno sempre più rivendicato, e con successo bisogna ammettere, il diritto di esercitare poteri che prima di allora erano del Sovrano. Tali forze pretesero di cambiare a discrezione il potere di acquisto della moneta del Re misurato in beni e servizi. Neanche i re si erano permessi misure simili senza lunghe e gravi riflessioni. La moneta doveva ora esser libera di cercarsi profitto dove e quando potesse e volesse; bisognava ancorarla all’oro, e se questo veniva esportato, la quantità di moneta nel mercato interno doveva essere ridotta di una quantità equivalente. La deflazione, e con essa la minaccia di carestia, veniva così istituzionalizzata. Ogni produttore locale è da allora stretto in una morsa che si stringe sempre di più. Deve produrre a costi bassi per potere “essere competitivo” sui mercati 8
N 5 -2012
esteri. Se non vuole chiudere i battenti deve ridurre i salari, (“costi di produzione” nel gergo finanziario). Ma con salari bassi non può vendere i suoi prodotti all’interno. Deve quindi “esportare”.5 Al Congresso di Vienna, nel 1814-15, “Metternich e Stadion sembravano governare l’Austria perché ne avevano i titoli; in realtà, come Cobbett non si stancava mai di indicare, non fu restaurato che il personale del vecchio regime, ma oberato ora da un carico di debito che dava ai creditori il controllo effettivo del potere.”6 Da allora a nessun paese viene permesso di vivere del suo. Ogni paese va permanentemente sbilanciato contro ogni altro, così da ottenere i più alti profitti per le banche, anche se ci vuole una guerra per ottenere i risultati desiderati. Per di più, ogni paese deve indebitarsi cedendo la sovranità monetaria al sistema bancario e chiedendo in “prestito” una moneta che potrebbe, e dovrebbe, emettere il governo senza interesse.7 A mantenere questo sistema, e a poco altro, sono servite le due guerre mondiali del secolo XX. Quali ne sono le conseguenze odierne? Si studi il grafico che segue.8
5
Classificare l’economia di un paese per mezzo dell’esportazione si dà oggi per scontato. Si consulti il Calendario Atlante De Agostini per verificare. 6 Christopher Hollis, The Two Nations, Routledge 1937, p. 134. 7 Dico “governo” e non “Stato” perchè l’emissione monetaria è funzione governativa, usurpata dal sistema bancario a partire dal 1819. 8 Dal libro di Margrit Kennedy Interest and Inflation Free Money , New Society Publishers, p. 19. Date aggiunte.
9
N 5 -2012
Secolo XX: Guerra
B A 18901930
1860-70
C
La curva A rappresenta la crescita naturale , cioè degli esseri viventi. Codesta crescita dipende dai grandi cicli della natura: acqua, ossigeno, carbonio ecc. Agricoltura e industrie derivate seguono, o dovrebbero seguire, quella curva: crescita rapida seguita da equilibrio statico. La linea retta B rappresenta la crescita industriale. Nel decennio 1860-70 questa superò per la prima volta quella agricola negli Stati Uniti e nel Regno Unito, seguiti dai paesi oggi chiamati “industrializzati”. La curva C è quella esponenziale dell’interesse composto (leggi: usura), dettata dalla forma di moneta in uso da 4000 anni, e dovuta alla confusione di mezzo di scambio e di risparmio. I quattro decenni 1890-1930 segnarono l’intersecarsi dell’interesse composto con l’agricoltura. Gli effetti sono stati profondi per non dire tragici. Segnalo:
9
L’agricoltura di rapina, praticata a cominciare dalle grandi praterie americane. Milioni di tonnellate di granaglie a prezzi stracciati si rovesciarono sui mercati europei, rovinando i piccoli agricoltori e constringendo milioni di costoro ad emigrare. Negli anni Trenta la natura si vendicò sull’America settentrionale con i famosi “dust bowls”: 400 milioni di acri di terra esausta vennero letteralmente portati via dal vento.9 La fine, dovuta alla Grande Guerra, dell’uso di nitrato del Cile come materia prima per esplosivi, nonchè come fertilizzante artificiale. L’industria dei
(Grapes of Wrath di John Steinbeck).
10
N 5 -2012
fertilizzanti, spinta dall’interesse composto C, deve crescere o perire come ogni altra. Il buon agricoltore sa che la sola pratica razionale è nutrire la microflora del suolo con concimi naturali. Questa in turno provvede a nutrire le radici, nei tempi e modi previsti dalla natura. Ma da un secolo a questa parte si forza l’alimentazione artificiale dei raccolti, producendo così quantità enormi di derrate di qualità scadente, e pertanto insufficiente a sostenere la salute. E l’industria si mantiene producendo esplosivi in tempo di guerra e fertilizzanti in tempo di pace. I concimi naturali o non si producono o si distruggono, dando così “lavoro” a qualche disoccupato. L’invenzione del mulino a dischi piani, che separa nettamente amido, crusca ed embrione dal chicco di grano, permettendo così a speculatori di vendere quest’ultimo a prezzi esorbitanti per farne cereali di lusso, e deprimendo la qualità del pane della gente. La sparizione dell’azienda agricola familiare per indebitamento, sostituita dalla monocultura, pratica che deprime sempre più la fertilità del suolo.
Quando l’esponenziale C interseca la linea retta B, è l’economia di guerra. Si produce per distruggere, così dando impiego e pagando l’interesse sul debito.
Quando Raoul Follereau (1903-77) chiese invano al Presidente Roosevelt l’elemosina del costo di un bombardiere per i suoi lebbrosi, non si rendeva conto che uno di questi velivoli abbattuto nel cielo della Germania in fiamme, sacrificando i ragazzi dell’equipaggio e migliaia di vite di civili, significava migliaia di posti di lavoro nell’industria di quella guerra10 che salvò l’America dalla Gran Depressione. La pratica continua. Le industrie di guerra producono, i mercanti di morte ne vendono i prodotti ai “governi” di paesi sottosviluppati, costoro ne fanno ottimo uso (economicamente parlando, cioè distruzione e morte) e i paesi “sviluppati” alleviano il problema della disoccupazione industriale.
10
Gli “Alleati” sacrificarono ben 158.906 (sic) vite di giovani aviatori nei cieli della Germania per estinguere quelle di circa 2 milioni e mezzo di civili periti sotto i bombardamenti. Si rivelava così l’inutilità assoluta di questo mezzo di terrore per vincere una guerra. Ma l’industria aeronautica si mantiene in piedi non dando troppa pubblicità alle cifre (Quigley, Tragedy and Hope p.804)
11
N 5 -2012
È evidente che la pace tra i belligeranti non solo non risolve il problema, ma va contro gli interessi risiedenti nella logica inesorabile dell’usura , moltiplicata a dismisura con la confusione credito-moneta. Nel Regno Unito, per esempio, 50 miliardi di contante circolano insieme a 2000 miliardi di credito. Solo l’8% di questo va alla produzione; il resto va alla speculazione fondiaria e monetaria. Il bubbone è esploso nel 2008, ma chi sapeva osservare la situazione lo aveva predetto per lo meno dal 2003. Una parola sul signoraggio, di cui tanti straparlano senza capire. Questo fenomeno è la differenza tra il valore facciale e quello intrinseco non di una moneta per se, ma del contante. Evidentemente questo è massimo con la cartamoneta e minimo con la moneta di metallo prezioso. Ma i dati del paragrafo precedente ci dovrebbero far capire che si tratta di un fenomeno marginale, e pertanto trascurabile. Sul credito bancario non vi è signoraggio . Ma tale credito si estende fino a 97,5% della “moneta” in circolazione, esercitando una crescente pressione che non permetterà mai ai debitori, privati o pubblici, di ripagare le somme ottenute “in prestito”. Ecco gli effetti devastanti dell ’usura contra naturam , come la stigmatizzava Pound. Fino a quando non si affronterà l’usura faccia a faccia, non vi saranno politiche, per quanto dettate da buona volontà e messe in pratica da gente onesta, in grado di far cambiare la situazione. Che fare?
Strategia e tattiche. Golia e il suo tallone di Achille Chi vuole vincere una guerra, consigliava Sun Tzu, deve cominciare conoscendo il nemico. E chi sia costui ce lo disse Lord Acton (1834-1902) nel 1875, quando era Presidente della Corte Suprema del Regno Unito:
“La questione che si trascina da secoli e che dovrà essere combattuta prima o poi è quella del Popolo contro le Banche”. Questa sì che è profezia. Quali sono i termini della contesa? Tutto quello che precede ci ha fatto capire che lo Stato moderno ha abdicato con la sovranità monetaria anche quella politica. Non protegge più il Popolo. A farlo, chi sta al “potere” sa benissimo che rischierebbe la fine di un Abramo Lincoln, un Chester Garfield, un William McKinley, un John Kennedy, Umberto I° e per buona misura 12
N 5 -2012
mettiamoci un Moro e un Leone con quel servitore fedele dello Stato che si chiamò Federico 11 Caffè, sparito senza lasciar traccia nel 1987.
Il Popolo, per niente sovrano come balbetta la Costituzione, si trova, atomizzato e indifeso, ad affrontare un Golia finanziario che detta legge al mondo. Conoscere il nemico, però, non basta. Bisogna conoscere anche sè stessi, così da decidere come affrontare il gigante armato di moneta e di credito-riserva frazionaria con una fionda caricabile con i ciottoli levigati di “autosufficienza”, “lavoro”, “abilità personali”, “inventiva” e “sobrietà.” Il Popolo, succube di una economia monetaria basata sulla divisione del lavoro, è da decenni ipnotizzato da una educazione progettata e messa in atto con lo scopo specifico di mantenere quella divisione . Ciò impedisce alla gente di pensare, specializzata com’è in una infinità di occupazioni ognuna con il suo bravo “certificato” “diploma” e pezzo di carta variopinto. La specializzazione, però, appartiene al mondo degli insetti, non all’umano: c’è da strabiliarsi con quel che erano le abilità dei nostri antenati 200 e più anni fa. Quelle abilità non sono sparite. Sono in letargo artificiale, e la crisi sembra fatta apposta per farle svegliare. Diceva Ezra Pound che è meglio vivere con poco denaro e molto tempo libero piuttosto che con molto denaro e poco tempo.
Prima di prestare attenzione al tallone d’Achille di Golia prestiamola alla sua forza: l’aver catturato la quarta funzione di governo, impedendogli di emettere
11
I particolari sono reperibili in Rete. Qui occuperebbero troppo spazio.
13
N 5 -2012
moneta sovrana e imponendogli di chiederla a prestito dalle banche. Nessun governo è oggi in condizioni di riappropriarsi di questa prerogativa. E anche supponendo che lo fosse, potrebbe emettere moneta-puro-mezzo-discambio come vuole Natura e non Usura?12 Una tale moneta fu emessa una sola volta, ma da un governo locale, non nazionale. Fu il borgomastro di Wörgl Michael Unterguggenberger (1884-1936) ad emetterla nel 1932-33, seguendo la teoria di Gesell. Il successo fu spettacolare: circolando 450 volte in 14 mesi, 5300 scellini-certificati di lavoro mossero ben 2 milioni e mezzo di beni e servizi, incluse opere pubbliche che ancora stanno in piedi. A farlo un governo nazionale, però, creerebbe un grosso problema, cioè come giustificare i salari dei numerosissimi parassiti che guadagnano senza produrre , come già visto. La riforma può invece, e deve, venire dal Popolo, come vedremo.
Quello che è la forza di Golia è anche il suo tallone di Achille: la Riserva Frazionaria, che fa emettere quantità di credito smisurate sulla base di una quantità esigua di contante usato come specchietto per le allodole. Ma una mal riposta fiducia del Popolo verso le banche sostiene la baracca invece di farla crollare come dovrebbe. Codesta fiducia verso le banche va ritirata tout court . Come?
Primo: negando loro il contante, che appartiene al Popolo, non alle banche. Per cui va sempre prelevato, mai depositato. Depositare sì strumenti di credito accettati dalle banche, ma non denaro contante , sul quale, e solo sul quale, esse erigono le mostruosità chiamate Riserva Frazionaria e conseguente Credito Bancario. E se intervenisse la BCE (o qualunque altra autorità) per “salvare” le banche, non ci si impaurisca: si continui a depositare strumenti di credito e a prelevare contante. Secondo: coltivando l’autosufficienza, in primis quella dei bisogni essenziali: cibo, vestiario e tetto. Non entro in particolari perché il discorso si farebbe lungo, ma è semplicemente incredibile quello che può dare un metro quadrato di suolo organico ad ortaggi invece che a fiori, quello che può produrre una macchina da cucire in mani moderatamente esperte, o una cassetta di attrezzi nelle mani di chi apprende, o ricupera, certe abilità manuali. Contrastare quindi gli 12
14
N 5 -2012
effetti deleteri dell’obsolescenza programmata rimettendo in sesto tutto quel che si può. Barattare i prodotti/servizi del proprio lavoro con quelli altrui, comprare il meno possibile.
Terzo: praticando la sobrietà. Entrare in un supermercato, guardarsi attorno, ed esclamare: “Ma guarda quante cose di cui non ho bisogno”!, è terapeutico. Quando si desidera qualcosa, si rifletta: ne ho veramente bisogno? Se sì, posso farmela da me? Se no, posso imparare a farla? Se no, quanto costa? Se troppo, posso continuare a farne a meno? Non indebitarsi per nessuna ragione . Quarto: favorendo l’economia locale. Una economia locale che ha sviluppato una certa divisione del lavoro ha bisogno di moneta. Ma questa manca, date le politiche perverse già esaminate. Cosa impedisce che una tale economia emetta una propria moneta con la quale lubrificare gli scambi? È dal 1982 che il fenomeno delle monete sociali proprietà del Popolo si estende in tutto il mondo. Il loro numero oscilla tra 5 e 10mila. Esporrò solo quella che mi sembra più geniale, decollata a Creta e nel vicino Dodecanneso. Dall’estate del 2009, gli esercizi commerciali locali hanno cominciato ad accettare biglietti usati di trasporto pubblico in pagamento di beni e servizi prodotti localmente, in proporzione diretta agli acquisti locali. Se il 30% delle spese di un esercizio avviene localmente, questo accetterà il 30% dei pagamenti in biglietti usati che portano impresso un valore facciale e una data. La data è importante, perché permette agli operatori economici di controllare la quantità di circolante. Basta mettersi d’accordo e di tanto in tanto dichiarare fuori corso i biglietti emessi prima di una certa data.
L’accordo di accettazione sarebbe l’unica condizione per far funzionare il sistema. A Roma, per esempio, ogni esercizio facente parte dell’unione incollerebbe in vetrina un biglietto ATAC e una cifra percentuale, p.es. 30%, così segnalando ai clienti che il prezzo di un articolo da 10€ può pagarsi con 7€ più due biglietti usati da 1,5€ ciascuno. Eccetera. Il costo di emissione sarebbe zero, e i biglietti non sono né falsificabili né accaparrabili. Ci guadagnerebbero tutti, inclusa l’ATAC. Non perdendo il potere di acquisto dopo l’uso (non per trasporto ovviamente) nessuno avrebbe più interesse a viaggiare a sbafo. E i controllori diverrebbero ridondanti. Quello che vale per Roma varrebbe anche per le grandi città. In provincia, il Popolo di ogni comune o consorzio di comuni circonvicini costringerebbe le autorità ad emettere moneta locale, in barba alle proibizioni legiferate per conto delle banche.
15
N 5 -2012
Finisco con un aggiornamento, spero realistico e non irriverente, dell’inno di Mameli. Fratelli d’Italia, Mammona ci appesta. Dell’elmo di Scipio Si cinse la testa, e poi la vittoria gli porse la chioma, e schiava, con Roma di lui si creò.
Da lui da due secoli Calpesti, derisi, perchè non siam popolo, chè ci ha ben divisi. Raccolgaci un’unica Idea, una speme: combatterlo insieme già l’ora suonò.
Stringiamoci forte, chiudiamo le porte, in che triste sorte l’Italia infangò! Stringiamoci forte, neghiamo le sporte a Mammona di morte che Italia ruinò, sì!
Uniamoci, uniamoci; l’unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore. Giuriamo far libero Il suolo natío: se uniti, per Dio, Mammona, che può?
Silvano Borruso
[email protected] 4 giugno 2012
ACCADEMIA DELLA LIBERTA' PER LA TUA SOVRANITA' http://www.youtube.com/ALBAMED http://accademiadellaliberta.blogspot.it/ http://accademiadellaliberta.blogspot.it/2012/03/chi-ha-scrittosulla-moneta-debito-e.html
[email protected] 16