MUSIVA &
SECTILIA
Direttore / Editor Federico Guidobaldi Comitato scientifico / Editorial Board Panajota Assimakopoulou-Atzaka, Ida Baldassarre, Catherine Balmelle, Janine Balty, Aïcha Ben Abed, José Maria Blazquez, Irene Bragantini, Jean-Pierre Darmon, Wiktor-Andrzej Daszewski, Katherine Dunbabin, Elena Francesca Ghedini, Alessandra Guiglia, Anne-Marie Guimier-Sorbets, Christine Kondoleon, Henri Lavagne, Demetrios Michaelides, Per Jonas Nordhagen, Carla Salvetti * «Musiva & Sectilia» is an International Peer Reviewed Journal. The eContent are Archived with Clockss and Portico.
MU SIVA &
SEC TI L I A an international journal for the study of ancient pavement s and wall revetment s in their decor ative and architectur al context 7 · 2010
P I S A · RO MA FA B RI Z I O SERRA E D I TO R E MMX I I I
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SOMMARIO Editoriale/Leading article Programma dell’Incontro internazionale Abbreviazioni
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atti dell ’ incontro internazionale di studi in memoria di marion elizabeth blake (1892-1961) proceedings of the international meeting in memory of marion elizabeth blake (1892-1961) a cura di/edited by federico guidobaldi · silvia pedone * Federico Guidobaldi, Indirizzo di saluto e apertura dei lavori
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Paula Debnar, Marion Blake’s Early Years: Student, Teacher, Scholar Bettina Bergmann, “What a task for a lady!” Marion Blake at Work Katherine Geffcken, Elizabeth Fentress, Anne Laidlaw, A Blessing and a Curse: Esther Van Deman and Marion E. Blake Stefania Quilici Gigli, L’apporto di Marion Elisabeth Blake alla conoscenza delle più antiche tecniche costruttive Paola Ciancio Rossetto, Il contributo di Marion E. Blake allo studio di alcuni grandi monumenti di Roma Marialetizia Buonfiglio, M. E. Blake e lo sviluppo dell’opus testaceum a Roma: il ‘caso’ del teatro di Marcello Elisabetta Bianchi, Luca Antognoli, La Cloaca Maxima tra la Subura e il Foro Romano: dalle prime osservazioni di M. E. Blake alle nuove indagini archeologiche e speleologiche Jean-Pierre Darmon, La mosaïque avant Blake: une esquisse Ida Baldassarre, Marion E. Blake e l’origine del mosaico tessellato Irene Bragantini, Blake e Pernice: due metodi a confronto Franca Taglietti, Marion Elizabeth Blake e lo studio degli emblemata musivi
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sommario
Federico Guidobaldi, La pionieristica classificazione tipologica dei pavimenti antichi proposta dalla Blake e la prima valorizzazione dei sectilia pavimenta Massimiliano David, Marion Elizabeth Blake e il tardoantico Alessandro Lugari, Un primo tentativo di interpretazione della tecnica esecutiva dei pavimenti antichi negli studi della Blake Federica Rinaldi, Marion E. Blake e i mosaici del Nord Italia (esclusa Aquileia) Francesca Ghedini, Michele Bueno, Alessandra Didoné, Marion Blake e i mosaici di Aquileia Claudia Angelelli, La prima raccolta dei mosaici di Roma nell’opera di Marion E. Blake Valentina Vincenti, Marion E. Blake e Villa Adriana Maria Stella Pisapia, Marion E. Blake e Pompei, 80 anni dopo
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MARION ELIZABETH BLAKE E IL TARDOANTICO Massimiliano David Among the contributions on the mosaic floors of Roman Italy by Marion Elizabeth Blake published during the years of Mussolini’s dictatorship it’s very important to points the lights to the last work dedicated to the Late Antiquity in Rome and Lazio. This study deals with the problems of the production of the mosaic pavements, looking in particular at the age of Septimius Severus and the fourth century: the rich series ranges from the Baths of Caracalla to the Catacombs of Saints Peter and Marcellinus. We meet in the measured words of the great American archaeologist the contradictions of a season that could lead Roman world to mature expressions of originality, but also to show worrying signs of a decline of the quality of the workshops. Within this framework, some issues deserve particular attention like the exhaustion of ‘emblemata’ as well as the ‘silhouette mosaics’, the statement of polychromy and a new conception of floor surfaces. Keywords: Marion E. Blake, late antiquity, Rome, mosaic pavements, late antique workshop, Severan dynasty.
A
lla fine degli anni Trenta del Novecento come il percorso ideologico del regime mussoliniano trovava compimento nella mostra augustea della Romanità e nell’avvio dell’impresa dell’E42, così il rigoroso lavoro di rilettura della testimonianza dei pavimenti musivi di Roma e dell’Italia condotto da Marion Elizabeth Blake – esplicatosi in una sorta di salto triplo – ebbe la sua conclusione con la pubblicazione nei Memoirs dell’articolo dedicato al Tardo Impero.1 Sulla scia di Esther Van Deman, che nel clima positivistico del primo Novecento aveva elaborato un vero e proprio metodo o canone per la descrizione, classificazione e datazione degli edifici e delle strutture murarie di epoca romana,2 la Blake applicò anch’essa ai pavimenti musivi un canone, perlomeno distinguendo tra elementi esterni (fonti letterarie) ed elementi interni (qui intesi come motivi decorativi o temi iconografici ed elementi tecnico-esecutivi delle botteghe). 1 Blake 1940. 2 Van Deman 1912. I risultati delle ricerche e dei dati raccolti dalla Van Deman furono raccolti dalla Blake (Blake 1947).
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La studiosa decise di non fermarsi al ii secolo della nostra era con la sua rassegna inoltrandosi nel tardo Impero, un’epoca che il regime aveva tenuto in ombra o addirittura quasi sistematicamente cancellato sotto i colpi della spietata strategia applicata, per esempio, nello scavo mussoliniano di Ostia. Nella Mostra Augustea della Romanità (1937) il Tardoantico è liquidato e sottaciuto nella sezione dedicata a La difesa dell’Impero e riaffiora poi solo alla luce delle testimonianze sul primo Cristianesimo.1 Va detto comunque che la progressione della ricerca nel Tardo Impero non risiede solo nell’indipendenza e nell’indifferenza della studiosa americana rispetto al clima Fig. 1. Roma, Arco di Costantino. culturale e politico italiano. Infatti Particolare del fregio costantiniano con scena di “congiarium” la Blake si era già misurata con le (da Giuliano 1955). problematiche del Tardoantico proprio nella sua tesi di laurea dedicata alle sculture dell’arco di Costantino2 (Fig. 1). La Blake, pur subendo una grave limitazione non avendo avuto accesso ai pavimenti di Ostia, allora saldamente chiusi nelle mani di Guido Calza,3 ha potuto prendere in esame circa ottanta siti e circa centoventicinque pavimenti, in massima parte di Roma (centro e suburbio)4 con pochi sconfinamenti nel Lazio (Baccano, Tusculum, Ceccano, Centocelle, ecc.). Anche se apparentemente assente, la profonda conoscenza delle problematiche ostiensi emerge tuttavia chiaramente nel suo lavoro e non solo per la presenza di una scheda dedicata al pavimento asportato dal cosiddetto Palazzo Imperiale di Ostia e ricollocato in San Paolo alle Tre Fontane.5
1 Mostra Augustea 1937, pp. 364-387; 388-433. 2 Blake 1917-18. 3 In realtà l’imponente impegno di catalogo dei pavimenti ostiensi sarebbe poi stato nelle mani di Giovanni Becatti che li pubblicò nel 1961: Becatti 1961. 4 Attualmente si calcola che il patrimonio di pavimenti noti nell’arco cronologico tra il vi sec. a.C. e il vi sec. d.C. ammonti a circa 2.350 considerando solo gli esemplari editi. Cfr. Angelelli et alii 2009. 5 Scrinari 1988.
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È dal contrasto tra i non citati complessi termali ostiensi di epoca antoniniana e le terme di Caracalla1 che emerge, secondo la studiosa, la sostanziale discontinuità tra medio-impero e tardo-impero (Figg. 2-3). Come scrive la Blake “nelle terme di Caracalla i grandi motivi figurati a soggetto marino sono stati relegati nei piani superiori a dimostrazione del fatto che questo tipo di composizioni era ormai fuori moda” (Fig. 4). L’immagine è efficace: si potrebbe quasi dire – seguendo le parole della Blake – che è come se l’Antico fosse finito in soffitta con i Severi! Per la Blake, segni di un tempo nuovo, che l’autorità imperiale cercò in ogni modo di coprire e mascherare (si pensi alla formulazione delle titolature imperiali di epoca severiana), ma che non sfuggirono a storici come Cassio Dione quando scriveva di un impero di ferro che aveva preso il posto di un impero d’oro,2 sono riconoscibili dall’età di Settimio Severo. Ampio spazio è dedicato dall’autrice ai mosaici pavimentali della cosiddetta ‘Schola Praeconum’, la sede ufficiale di uno speciale gruppo di pubblici ufficiali (apparitores) che si trovava a fianco del Circo Massimo, sotto l’attuale via dei Cerchi.3 Se all’epoca della Blake essi erano chiamati o vexillarii o, appunto, praecones (araldi pubblici), più recentemente la vicinanza al grande edificio da spettacolo ha fatto vedere in essi quei nuntii circi che svolgevano l’importante funzione di guidare le sfilate di apertura degli spettacoli circensi.4 In queste figurette si può riconoscere per la Blake il primo segno della crisi del mosaico figurato bianco-nero che chiama efficacemente ‘silhouette mosaics’. Si noti che per via della finezza intellettuale della studiosa americana qui si rifugge dal concetto di decadenza – termine caro a Bernard Berenson5 – preferendo riconoscere in questi modi espressivi nuove tendenze del gusto. Non si tratta di crisi ‘tout court’, ma di un genere destinato a lasciare il posto al mosaico figurato policromo. Semmai la Blake appare generalmente più severa nel giudizio sulle qualità tecniche delle botteghe severiane e, più in generale, tarde. Modalità pratiche esecutive non possono dunque essere confuse con i linguaggi espressivi dei ‘pavimentarii’ romani. Per la studiosa americana l’intero campionario dei pavimenti delle terme di Caracalla è da giudicare cronologicamente omogeneo. Così appare estremamente scettica, anzi assai reattiva, di fronte alla proposte di Helbig e Hülsen che, nel 1866 e nel 1898, avevano riconosciuto nei mosaici degli atleti che decoravano le grandi esedre delle due palestre il frutto di un vasto intervento di rinnovamento del iv secolo (Figg. 5-7). All’epoca della Blake questi mosaici erano conservati ancora al Laterano ed oggi si trova1 Brödner 1951; Lombardi, Corazza 1995; DeLaine 1997; Piramonte 1998. 2 Cass. Dio, lxxi, 36, 4. 3 Papi 1999. 4 Coarelli 2002, p. 177. 5 Berenson 1954.
Fig. 2. Roma, Terme di Caracalla. Rilievo zenitale ( J. E. A. Duquesne, 1901) (da Frammenti di Roma antica 1998, pp. 117-118).
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Fig. 3. Roma, Terme di Caracalla. Frammenti pavimentali (A. Blouet, 1826) (da Frammenti di Roma antica, Novara 1998, pp. 171).
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Fig. 4. Roma, Terme di Caracalla. Pavimento con scena di ambientazione marina dal piano superiore dell’edificio, particolare con amorino fantino (foto M. David).
Fig. 5. Roma, Terme di Caracalla, esedra della palestra settentrionale (da Turcan 1955).
no ai Musei Vaticani. Effettivamente il tema è delicato e tuttora la disputa non sembra definitivamente risolta (ad esempio, è stato recentemente riconosciuto in questi pavimenti il segno della particolare passione di epoca
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Fig. 6. Roma, Terme di Caracalla. Sistemazione nel Museo Lateranense del pavimento delle esedre delle palestre negli anni Trenta (da Blake 1940).
severiana per le gare atletiche,1 mentre Paolo Liverani ha riproposto l’orizzonte costantiniano).2 Al piano terreno delle terme comunque erano assolutamente prevalenti i motivi geometrici nei quali si afferma il nuovo gusto che si nutre di policromia e di motivi decorativi curvilinei (è – parafrasando la studiosa – l’‘era della curva’). In realtà, ad esclusione della fase severiana che introduce ai pavimenti tardoimperiali, non sono messi a fuoco altri momenti speciali della storia della produzione tardoromana. Dal lavoro della Blake, ad esempio, non emergono i contorni della fase tetrarchica – da considerare oggi come uno snodo fondamentale – anche a causa della pochezza delle testimonianze offerte dalle Terme di Diocleziano. La studiosa riconosce però con grande lucidità i grandi processi trasformativi. Nel corso del iii e iv secolo assistiamo al definitivo superamento della tradizione ellenistica dell’emblema. Infatti l’abitudine di far convergere l’occhio al centro nel pezzo d’arte lascia il posto a vere e proprie megalografie policrome liberamente estese in tutta la superficie del tappeto. 1 Torelli, Menichetti, Grassigli 2008, p. 200 (scheda di S. Fortunelli). 2 Liverani, Spinola 2002.
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Fig. 7. Città del Vaticano, Musei Vaticani. Terme di Caracalla, mosaico pavimentale con atleti (da Liverani Spinola 2002).
In esse prevalgono le scene riproducenti spettacoli gladiatorii o cacce ‘grosse’. In un’epoca in cui il mondo romano è ormai multipolare e davvero multilaterale e le straordinarie testimonianze siciliane del Tellaro,
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Fig. 8. Roma, Museo della Centrale Montemartini. Mosaico pavimentale rinvenuto presso Santa Bibiana, particolare (foto M. David).
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Fig. 9. Roma. Mosaico pavimentale da Santa Bibiana, particolare (da Bertoletti, Cima, Talamo 2009).
Patti Marina e Piazza Armerina erano ancora sconosciute, Roma e i suoi musei offriva straordinarie testimonianze. Si presenta come un enorme arazzo orizzontale il grande mosaico della caccia proveniente1 da una grande residenza aristocratica urbana agli Horti Liciniani2 ed oggi conservato nel Museo della Centrale Montemartini3 (Figg. 8-9). I pesanti interventi restaurativi non trattengono la Blake dal1 Salvetti 2004. 2 Cima 1998; Cima 2000. 3 Bertoletti, Cima, Talamo 2009, pp. 96-97.
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Fig. 10. Roma, Galleria Borghese. Mosaico pavimentale dei gladiatori da Torre Nuova, particolare (da Rocchetti 1961).
l’affrontare i cinque pannelli con scene gladiatorie da Torre Nuova e collocati nella Galleria Borghese1 (Figg. 10-11). Questo genere era di gran moda tra iii e iv secolo. La casistica della Blake non si limita ai pavimenti degli edifici per la vita quotidiana, ma si estende anche ai pavimenti degli edifici funerari, perfino alle catacombe, come nel caso dei Santi Pietro e Marcellino. A questo proposito, in tema di edifici funerari, alla Blake va forse soltanto addebitato un inopportuno sconfinamento nel campo del mosaico parietale laddove la studiosa rivolge la sua attenzione al mausoleo di Santa Costanza.2 Nonostante le intenzioni di estendere la ricerca fino al vi secolo la rassegna non va al di là del iv secolo. 1 Il mosaico è stato rinvenuto nel 1834 in proprietà dei Borghese a Torre Nuova, oggi periferia orientale di Roma. Esso apparteneva al portico del peristilio di una villa aristocratica nella campagna romana, non lontano dalla via Casilina. Cfr. Rocchetti 1961; Coste 1965-67. 2 Magnani Cianetti, Pavolini 2004.
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Fig. 11. Roma. Mosaico pavimentale dei gladiatori da Torre Nuova, particolare (da Blake 1940).
Come ricorderà Giovanni Becatti con eleganti parole nel 1963,1 ancora impressionato dall’improvvisa morte di Marion Elizabeth Blake, dopo il 1940 sulla sua scrivania, nella biblioteca dell’American Academy, non si sarebbero più visti i libri sul mosaico, ma ormai solo sulla topografia e le tecniche edilizie romane. Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum”
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1 Becatti (1965) 1987, pp. 529-530: “Nel trattare questo argomento il reverente pensiero si rivolge alla memoria di Marion Elizabeth Blake, scomparsa all’improvviso in una giornata estiva del 1961 in quella Roma che era stata il centro dei suoi studi in quest’ultimo trentennio. Alzatasi silenziosamente per sempre da quel tavolo della biblioteca dell’Accademia Americana al quale eravamo abituati a vederla con il suo cordiale sorriso, e sul quale erano stati per tanti anni allineati i libri riguardanti i mosaici, che avevano poi ceduto il posto a quelli di topografia e di architettura romana. Il lungo e paziente lavoro di catalogazione di tutti i mosaici su suolo italico compiuto dalla Blake nelle tre puntate delle Memoirs of the American Academy del 1930, del 1936 e del 1940, rappresentano un prezioso contributo e una solida base di partenza per lo studio dei caratteri e aspetti di quest’arte musiva.”
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Abbreviazioni bibliografiche (escluse quelle già presenti nella lista generale delle abbreviazioni) Angelelli et alii 2009 = C. Angelelli, E. Laurenzi, C. Manetta, F. Rinaldi, G. Rossini, F. Taccalite, Il progetto di catalogazione dei mosaici di Roma (CMR): censimento, analisi, studio, informatizzazione, pubblicazione, in XIVCollAISCOM, pp. 179-184. Becatti 1961 = G. Becatti, Mosaici e pavimenti marmorei (Scavi di Ostia, iv ), Roma 1961. Becatti (1965) 1987 = G. Becatti, Alcune caratteristiche del mosaico bianco-nero in Italia, in ICollIntMos, pp. 15-28, ristampato in Id., Kosmos. Studi sul mondo classico, Roma 1987, pp. 529-552. Berenson 1954 = B. Berenson, The Arch of Constantine, or The Decline of Form, London 1954. Bertoletti, Cima, Talamo 2009 = M. Bertoletti, M. Cima, E. Talamo, Centrale Montemartini. Musei Capitolini, Roma 2009. Blake 1917-18 = M. E. Blake, The Reliefs of the Arch of Constantine (Thesis, New York, Cornell University, a.a. 1917-18). Blake 1947 = M. E. Blake, Ancient Roman Construction in Italy From the Prehistoric Period to Augustus, Washington D.C. 1947. Brödner 1951 = E. Brödner, Untersuchungen an der Caracallathermen, Berlino 1951. Cima 1998 = M. Cima, Gli Horti Liciniani: una residenza imperiale della tarda antichità, in Horti Romani, Atti del convegno internazionale, Roma 4-6 maggio 1995, a cura di M. Cima, E. La Rocca, Roma 1998, pp. 425-452. Cima 2000 = M. Cima, Horti Liciniani, in Aurea Roma: dalla città pagana alla città cristiana, a cura di S. Ensoli e E. La Rocca, Roma 2000, pp. 97-103. Coarelli 2002 = F. Coarelli, Roma (Guide archeologiche), Milano 2002. Coste 1965-67 = J. Coste, Il luogo di ritrovamento del mosaico con gladiatori a Villa Borghese, «Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma», 80, 1965-1967, pp. 127-149. DeLaine 1997 = J. DeLaine, The Baths of Caracalla. A Study in the Design, Construction, and Economics of Large-Scale Building Projects in Imperial Rome, Portsmouth 1997. Frammenti di Roma antica nei disegni degli architetti francesi vincitori del Prix de Rome, 1786-1924, a cura di M. David, Novara 1998. Giuliano 1955 = A. Giuliano, L’arco di Costantino, Milano 1955. Liverani, Spinola 2002 = P. Liverani, G. Spinola, Vaticano: i mosaici antichi, Milano, Città del Vaticano 2002. Lombardi, Corazza 1995 = L. Lombardi, A. Corazza, Le terme di Caracalla, Roma 1995. Magnani Cianetti, Pavolini 2004 = M. Magnani Cianetti, C. Pavolini, La basilica costantiniana di Sant’Agnese. Lavori archeologici e di restauro, Milano 2004.
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