La Pedagog Pedagogia ia A part p artir ire e dal mo mond ndo o clas c lasss ic ico, o, la Pedago Ped agogi gia a si is ispi pira ra all’antico ideale della paideia, che si r iferisce all’autorità del modello, alla alla “ forma” da assumere. assumere.
TFA TFA Primo Modulo: Didattica Didattic a e Peda Pedagogi gogia a speciale
Secondo l’educaz Secondo l’educazione ione classica il mae maestro stro o l’ “ educa educatore” tore” diventa il rappresentante dei modelli educativi: si arriva, cioè, cio è, ad essere se stessi, a pensare e a giud giudicare icare autonomamente proprio imitando “modelli”.
La Pedagog Pedagogia ia e la Didatt Didattic ica a come sci scie enze dell’ dell’educa educazione zione
26 marzo 2013
Del resto il signif Del significato icato etimologico del termine “ peda pedagogia” gogia” deriva dal “ pais ” (ba (bambi mbino) no) e da “ agon ” (guidare), ecco perché la pedagogia, pedagogia, sin dai tempi anti chi chi,, stava ad ad indicare indi care la “ guida” del fanciullo e cioè l’educazione l’educazione..
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La Pedagog Pedagogia ia La Pedagog Pedagogia ia
Con la cultu ra greca, la Pedagogia Pedagogia si svil s viluppa uppa come com e la teorizzaz teorizz azione ione di quel “ processo” rivolt rivolto o a educare educare,, istruire e formare soggetti indi vidualmente e socialmente socialmente intesi.
Ha com come e oggetto
Già con i sofis sofisti, ti, a partire partire da Socrate (470-399 a.C.) e Platone (427 (4 27-- 34 347 7 a. a.C. C.), ), si pone pon e sot sotto to analisi ili l soggetto sogg etto come com e atto attore re e destin destinatario atario della crescita, interior e e dinamic dinamica. a.
l’l’educazione educazione (finalità)
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La Pedagog Pedagogia ia L’interesse di Socrate è, inf infatti, atti, la conoscenza conosc enza che conos ce se stessa, stessa, come frutto del coll oquio in teriore e del continuo scambio ideologico con gli altri uomini. L’educaz L’educ azione ione socratica soc ratica vuol e rendere, rendere, cos così, ì, l’u l’uomo omo libero li bero di decidere da solo per divenire personalmente responsabile della propria propri a vit vita, a, attraverso alcuni alcun i metodi, metodi , quali, quali, ad esempio, l’ironia l’ ironia e la maieutica (che attraverso domande abilmente abilme nte formulate dal dal maestro maestro “ fa partorire” partorire” nel discente il pensiero pensiero costrut tivo).
La Pedagog Pedagogia ia La Pedagogia Pedagogia nasce, allora, con la Filosofia Filoso fia e resterà per oltre olt re due millenni ad essa acco accorpata. rpata. Poi si emanciperà dalla Filo Filosof sofia ia facendosi scienza, s cienza, poi scienza sci enza di scienze sc ienze e, quin quindi, di, scienz sci enza a che riflette sui dati di molte molt e scienze da coordi nare con l’educazione l ’educazione (focus e oggetto specifico della Pedagogia). Nel corso Nel cor so dei secoli, secol i, l’interesse l’in teresse della Peda Pedagogi gogia a si è, dunque, ampliato ampliato fi no a comprendere settori dis ciplin ciplinari ari e ambiti di int erve ervento nto e di rif lessione sempre più vasti e articolati.
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La Pedagog Pedagogia ia
La Pedagog Pedagogia ia
La pedagogi pedagogia a platonica platonica,, invece, riv rivolge olge l’attenzione l’att enzione al al nesso tra educazione educazione e Stato Stato e al al duplic dup lice e compit o pedagogicopedagogic opolitic o di una “ umanizz umanizzaz azione” ione” dello Stato Stato e di una “ stata statalizza lizzazione zione”” dell’educa dell’educazione zione;;
Con la nascita nascit a delle varie varie scienze sci enze dell’educ dell’educaz azione ione (Psicologia, Sociologia, Antropologia, Biologia, etc.) il quadro della discipl ina è, infatti, profondamente mutato. mutato.
essa mira, perci perciò, ò, ad ad allont ana anare re l’uomo l’uom o dal mondo mond o apparente per condurlo all’autenticità della conoscenza, che secondo Platone risiede nell’attività della ragione.
Cosicchè, nel nel corso co rso del Novecento Novecento s i è assistiti ad una evoluzione continua che ha configurato la Pedagogia come lo spazio spazio cogni tivo in cui si affermano i problemi educativi educativi ai quali la stessa disci pli plina na pedagogic pedagogic a deve dare dare rispos ta, ripensandoli ripensa ndoli e ridefinendoli.
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La Pedagogia
La Pedagogia
Vi è da evidenziare che la ric erca pedagogica attuale non ha cancellato il concetto di educazione, ma lo ha affinato, guardando maggiormente alla pros pettiva cult urale (formazione come Bildung ), a quella economi co-sociale (formazione professionale) e a quella personale (formazione come cura sui , come, cioè, sviluppo del sé).
Oggi l’educazione si è fatta ancora più centr ale, innerva tutta la vita sociale in modo capil lare, agisce e viene svolt a dai media, dalla comuni cazione assordante del nostro quotidiano, ha oltrepassato le varie istitu zioni (famiglia, scuola, Chiesa, Stato) e si è dispersa nel sociale, divenendo ancor più pervasiva.
È una pedagogia della formazione che guarda alla problematizzazione contemporanea in termini dinamici e aperti, in s intonia con le trasformazioni in atto si a sul piano sociale sia sul piano epistemologic o.
Da qui la necessit à di governarla con c onsapevolezza, con riflessivit à, con criticità, come criti cal pedagogy (secondo la dizione anglosassone, che però è comu ne anche in aree francof one, germaniche, italiane, ispaniche)
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La Pedagogia Si pensi alla lezione del Dewey, al suo educare per la democrazia, nella democrazia, costruita sul dialogo e sul confronto. Alla luce del pensiero deweyano la Pedagogia si afferma come attore sociale sempre più decisivo, capace di gestire le continue trasformazioni del tempo presente, di dar vita ad un’autentica democrazia progressiva, di far vivere soggetti nella dimensione della “ cura di sé” , di tr asmettere saperi, pratiche e tecnologie, ma mai in senso st rettamente riprodutt ivo e con valenza dogmatica.
La Pedagogia Il nuovo profilo della Pedagogia generale delinea una frontiera del sapere pedagogico che è insieme locale (una forma dei saperi della Pedagogia) e generale (un fattore trasversale e ricorrente un po’ in tutti i saperi dell’educazione), sempre “ in movimento” tra tradizione e attualità, scandita da un tipo di discorso riflessivo (e quindi filosofico) ma legata a problemi impos ti dai saperi e dalle prassi, empirici, storic i, anche contingenti, ai quali deve dare una prima e globale rispost a, connessa alla custodiagestione criti ca dei temi foc ali della Pedagogia: l’ educazione-formazione che essa rilancia come il vettore e
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il senso s tesso della Pedagogia in tut ti i suoi s aperi e continuamente rielabora.
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La Pedagogia La Pedagogia generale si organizza, così, in una pratic a discor siv a duttil e e diffrattiva, ma saldamente ancorata a uno status e a un senso, di cui l a nozione di “ formazione” detiene il timone. Essa ha, dunque, una vocazione poi etica che innerva co stantemente la teoria e la prassi, la riflessiv ità criti ca e l’attivi tà pratica. Si impone qui un con cetto di educazione/formazione su “ base” empiric o-pragmatica che non reclama letture dogmatic he ma forme di probl ematizzazione, sempre provvis orie e in conti nua evoluzione. Un’idea di soggetto-persona strutt urato sull a coscienza, che fa appello a un “ progetto” cosciente, che discute e si confronta con tutti gli altri soggetti.
La Pedagogia Proprio attraverso un’analisi critic a dell ’auctoritas , delle sue forme e fondamenti si è giunti a porre il problema dell’ auctor , cioè di colui c he è autore, attore, protagonista del proprio proc esso di form azione, secondo una intenzionalità nuova e rivitalizzata, in virt ù di nuovi principi quali la “ responsabilità” e l’ “ impegno” : responsabilità e impegno nei confronti del proprio “ farsi” , del proprio particolare percorso formativo ed emancipativo, del fatto di essere “ autore” del proprio sé, all’insegna di princi pi di critic ità e riflessività.
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La Pedagogia In tale cont esto, l’agire educativo vi ene ad essere concepit o e declinato sempre meno come agire strumentale rispetto allo scopo e sempre più come un agire comunicativo, che trova nel dialogo , nella razionalit à critico-ermeneutica e nello spazio “ pubblico” i suoi v ettori costitutivi, in direzione del perseguimento di un ideale formativo ed educativo di autonomia individuale, incentrata sulla “ crescita” del soggetto, sulla sua capacità di riflessività critica nei confront i dell’esistente, ma sempre all’interno di un orizzonte di c omunità lin guistica interumana, connotata nel senso della cittadinanza come in quello “ planetario” . 22
La Pedagogia Così la Pedagogia va coltiv ata e ciò va fatto ri spettandone il profilo com plesso e il suo imprinting attuale. Essa va, dunque, collocata dentro l’epoca in cui siamo, viviamo, pensiamo e agiamo in modo c ritico e con intento regolativo, i n una pr ospettiva di teorizzazioni nuove e innovative, compatibili con l ’ “oggi” e proiettate al “domani”.
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La Didattica All’interno di tale “ pendolo” si possono collocare i diversi modelli didattici che hanno segnato la sto ria della Pedagogia, più o meno centrati sugli aspetti tecnici dell’insegnare o allargati alla gestione più ampia del processo educativo. Il loro intento co mune consis te nel puntare a formalizzare la gestione della relazione didattica, proponendo una sorta di canone su cui modellare l’azione dell’insegnante.
La Didattica Negli ult imi cinquant’anni il sapere didattico ha subito profonde trasformazioni che hanno determinato un ripensamento complessivo dei suoi si gnificati a partire da alcune linee di svil uppo emergenti. In primo l uogo v a segnalata l’ estension e del campo della didattica, inizialmente circoscritta all’in segnamento proprio della scuola e via via ampliato anche ad ambiti di educazione informale, quali lo scoutismo, la for mazione religiosa, le discipline sportive, l’educazione ambientale, la sensibilizzazione ai beni culturali, ecc..
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La Didattica Tra gli esempi più noti si può cit are l’approccio montessoriano, in quanto modello analitico, codificato, normato nel quale la relazione didatti ca viene formalizzata attraverso: - la struttur azione del setting formativo, - le indicazioni metodologi che sullo svil uppo delle diverse
La Didattica Se fino ad alcuni decenni fa era suffici ente il sostantivo “ didattica” per designare un determinato ambito di sapere, connesso alla pratica formativa della scuola, oggi ri sulta sempre più necessario accompagnarlo da un complemento di sp ecificazione che ne delimiti il campo di applicazione: didattica dell’ambiente, della pratica sportiva, dei beni cultur ali, ecc.
attività, - i suggerimenti relativi alla gestione della relazione tra
insegnante e allievi. 30
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La Didattica Ac canto a tale estensione si è assis tito alla specificazione dell’oggetto della didattica in relazione ai diversi saperi e alle varie discipli ne di ins egnamento: le peculiarità connesse al loro insegnamento hanno determinato la necessità di affiancare a una didattica di tipo generale un insieme di didattiche specifiche contraddistin te dai diversi settori disc iplinari (didattica dell’italiano, didattic a della matematica, didattic a della music a, ecc.).
La Didattica Ciò ha prodotto anche un ripensamento del compit o del sapere didattico, non più orientato a forni re un modello predeterminato, quanto volto a proporre un repertorio di strategie, di metodologie, di str umenti tra cui scegliere le soluzioni più opportune e pertinenti. Tali modifi cazioni hanno determinato un profondo ripensamento dello statuto dis ciplinare della didattica, tradizionalmente inteso come una derivazione, più o meno diretta, di dottrine filos ofiche, approcci pedagogici, teorie psicologiche.
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La Didattica
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La proliferazione di m etodologie didattiche (apprendimento cooperativo, pro blem solvi ng, didattica metacogniti va, didattica della ricerca, ecc.) ha sollecitato, poi, un approccio meno dogmatico, più fl essibile, analogamente a quanto accaduto in altri settori d ella conoscenza.
Ci si è interrogati sull ’identità discip linare della didattica, pensata anche come denomin atore comune sotteso a tutte le specificazioni di campo e di contenuto cu lturale a cui si è fatto riferimento in precedenza:
Non si punta più a predisporre un modello didattico universalmente valido, sussi stono, inv ece, tante proposte che richiedono di essere selezionate e calibrate in rapporto alle specific he situazioni in cu devono essere impiegate.
ambiti di sapere che si occ upano di eventi educativi?
-Che cosa qualifica il sapere didattico e lo dis tingue dagli altri - Che cosa accomuna le diverse didattiche specifiche e
rappresenta lo “ zoccolo duro” di questo ambito di conoscenza? - Quali sono i requisiti di scientificità del sapere didattico?
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La Didattica Intorno a questi interrogativi si è puntato a riconosc ere lo statuto autonomo della didattica, provando a identific are con maggiore precisione le caratteristiche dell’oggetto di indagine di tale discipl ina e della metodologia di indagine impiegata. Come sappiamo gl i elementi caratterizzanti una disciplina scientific a sono l’oggetto e il metodo che la contraddistinguono. Cosicchè, anche per la didattica la definizione di uno statuto autonomo passa attraverso una più precisa identificazione del suo oggetto di studio e del suo metodo di indagine. 37 Prof. Domenico Milito
La Didattica Un primo passaggio utile alla definizione dello statuto della didattica conc erne la sua collocazione nell’ambito delle scienze dell’educazione, in quanto da diversi decenni è accettata l’idea secondo cui esiste un insi eme di discipline che si occ upano del fatto educativo e occorra quindi formulare al plurale l’espressione con cui designare questo insieme di saperi (scienze, appunto, non sc ienza).
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La Didattica All’ interno di questo ambito quale spazio occupa la Didattica? Come si posiziona in rapporto alle altre discipline? Per rispondere a queste domande facciamo ri ferimento a una classificazione delle scienze dell’educazione proposta da Mauro Laeng (1990), il quale classifi ca tali discipline in tre categorie, in rapporto al punto di vista con cui studiano il fatto educativo. 39 Prof. Domenico Milito
La Didattica In primo luogo ci sono le discipline rilevative, ovvero quei saperi che si occu pano di migl iorarne la comprensione. La psicologia dell’educazione (dal punto di vis ta del soggetto che apprende), la sociologia dell’educazione (dal punto di vista del cont esto soci ale in cui si attualizza l’evento educativo), l’antropologia dell’educazione (dal punto di vista dell’ambiente cult urale entro cui si esercita l’azione educativa) sono esempi di discipline rilevative, caratterizzate dal’intento di fornire chi avi di l ettura utili ad analizzare l’evento educativo, a comprenderne la dinamica di svolgimento. 40
La Didattica In secondo luogo abbiamo le discipline prescrittive, ovvero i saperi, ovvero i saperi orientati verso una comprensione del sistema di valori entro cui identificare i traguardi formativi a cui è finalizzato l’evento educativo. Quest’ultimo, inf atti, non p uò che essere valorialmente connotato, ovvero inserito in u n quadro di scelte di valore che ne chiarisco no l’orizzonte di senso e la direzione di marcia: l’idea di persona, di cittadino, di società, di cultu ra, ecc.
La Didattica Se le discipline rilevative si qualificano per una tensione verso l’essere, verso il c ontesto reale di svolgimento dell’evento educativo, quelle prescrittive si qualific ano per una tensione verso il dover essere, verso il quadro ideale entro il quale situare la dinamica educativa.
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La Didattica
La Didattica In terzo luogo ci son o le discip line operative, che si colloc ano nel mezzo dei due gruppi precedenti, tra lettura del cont esto educativo e definizione dei traguardi formativi, tr a l’ “ essere” e il “ dovere essere” .
La filosofia dell’educazione rappresenta l’esempio più emblematico di questa categoria di di scipline,
Si tratta di discipl ine centrate sull’azione educativa, sulle sue modalità di conduzione, sulla esplorazione dello spazio di mediazione tra il contesto reale dell’evento educativo (dov e educare?) e il quadro di riferimento (perchè educare?).
in quanto orientata ad analizzare il quadro valoriale, il linguaggio, le idee fondanti su cui s i innesta l’evento educativo.
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La Didattica Le discipline operative mirano a rispondere alla domanda “ come educare?” . Tra di esse si trovano la didattica generale, ma anche le didattiche discip linari o settoriali, la docimologia, le tecniche di progettazione educativa, le modalità di conduzione dei gruppi, ecc.
La Didattica Scomponendo in modo più analitico la definizione proposta si può parlare di “ relazione educativa” per intendere il carattere relazionale dell’azione di insegnamento , basata su una dinamica relazionale tra un insegnante e un dato gruppo di allievi
Alla luce quanto fin qui esplicitato è posibil e identific are lo spazio della didattica nel campo delle sci enze dell’educazione all’interno delle discipline operative, come un sapere orientato a rispon dere alla domanda “ come educare?” , a fornire un contributo all’elaborazione del progetto educativo attraverso cui puntare a connettere una determinata realtà educativa con un qu adro di valori c he si 45 intende promuovere attraverso l’azione educativa.
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La Didattica Alcune dimensioni dell’insegnamento
Precisato il raggio d’azione della didatti ca si può tentare di identificare con maggiore precisione il suo “ oggetto” con l’azione di insegnamento, ovvero quella particolare azione formativa che si svol ge dentro la scuola, contraddistin ta da caratteri di intenzionalità e sistematicità.
1.La dimensione relazionale-comunicativa, attenta alla dinamica relazionale che si viene a determinare tra l’insegnate e gli allievi e alle modalità di gestione di tale dinamica. - Quale stile di conduzione ha l’insegnante?
Rivolgendo l’attenzione all’ambito di educazione formale, è possibile definire l’azione di insegnamento come una relazione educativa finalizzata all’apprendimento di un determinato patrimonio culturale situata in un dato c ontesto istituzionale. 46
-Quale clima relazionale tende a inst aurare in classe? -Come valori zza i gruppo e l’apporto dei singo li? - At traver so quali mo dalit à gestisc e la comu ni cazi one verbale e quell a non v erbale?
Sono domande che tendono a config urare l’ insegnamento come evento comunicativo, spazio relazionale tra un insieme di s oggetti. 48
La Didattica 2. La dimensione metodologi co-didattica, attenta alle modalità di trasmissi one del patrimoni o culturale da parte dell’insegnante, al modo i n cui viene gestita la mediazione tra i soggetti che apprendono e i contenuti cul turali oggetto dell’insegnamento. -Quali metodologie uti lizza l’in segnante?
La Didattica Se in passato la didattica è stata vista soprattutto i n termini prescrittiv i, ovvero come una disciplina attraverso cui forni re indicazioni, istruzioni, direttiv e all’insegnante per svol gere efficacemente la sua azione professionale, attualmente si t ende a pensare la didattic a come a una opportuni tà per analizzare l’azione di insegnamento , per esplorarne i suoi significati e le sue valenze formative.
-Quali strategie didattiche attiva? -Quali strumenti o materiali? -Quali azioni di c oordi namento o recupero mette in atto?
Sono domande che tendono a config urare l’ insegnamento come evento metodologico, spazio di r elazione tra soggetti e oggetti cu ltur ali. 49 Prof. Domenico Milito
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La Didattica 3. La dimensione organizzativa, attenta alla predispos izione del setting form ativo entro cui agire l’azione didattica. -Come è struttur ata l’aula? -I materiali sono accessibili agli allievi?
La Didattica Il focus si è spos tato, cioè, più su una prospettiva di ricerca. Tale evoluzion e ha profo ndamente modific ato anche il ruolo degli insegnanti in rapporto al sapere didattico, che è passato da sapere “ per” gli insegnanti a sapere “ con” gli insegnanti . Nella didattic a tradizionale l’in segnante era pensato sop rattutto c ome destinatario della didattic a: l’elaborazione teorica e operativa sulla didattic a era affidata agli esperti, agli st udios i di scienze del’educazione, ai ricercatori, mentre il com pito d ell’ins egnate era quello d i applicare tali proposte nell’attività d’aula.
-Come viene gestito il tempo? -In base a quali regole viene condot ta l’attivi tà scolastica?
Sono domande che tendono a configurare l’ insegnamento come evento organizzativo, in quanto contesto specificamente dedicato all’apprendimento. 50
In seguito alla nuova sensibilità emersa negli ultimi decenni l’insegnante diventa fonte del sapere didattico, nel senso che la produzione della conoscenza muov e da una esplorazione e rielaborazione dell’azione didattica dell’insegnante, attraverso un’alleanza tra chi opera (l’insegnante) e chi fa 52
La Didattica L’apprendimento -
In tale prospettiva la didattica è possibile definirla come
Non è un fatto puramente individualistico;
È un processo intersoggettivo nel quale il docente: a) favorisce la costruzione delle strutture cognitive b) fa scoprire la progressiva possibilità di aggregare i quadri concettuali ricavati dall’esperienza all’interno di repertori via via più formali, che permettono, poi, a ciascun allievo di apprendere -
“ ricerca sull ’insegnamento” .
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TFA Primo Modulo: Didattica e Pedagogia speciale
I promotori dell’apprendimento Il soggetto stesso, che stimola dal punto di vist a motivazionale e affettivo le sue varie comp onenti di azione
Le teorie dell’apprendimento e la Didattic a speciale
27 marzo 2013
- Gl i insegnanti, che fornisc ono varie forme di input esterni (aiuti, materiali, etc.) e contr ibui scono al risult ato e alla trasform azione del risult ato in un nuovo input. Prof. Domenico Milito 1
Approccio comportamentista
Il processo di apprendimento Secondo molti studiosi di settore, nel processo di apprendimento subentrano tre ampie categorie di variabili: esterni, cioè gli stimoli che costituiscono costituiscono la variabile S; - fattori esterni, interni, soggettivi, caratteristici dell’organismo che - fattori interni, apprende, che costituiscono la variabile O; - risposte date dall’organismo all’azione degli stimoli: stimoli: variabile R, costituita dal modo di agire e di reagire dell’individuo alla situazione esterna. Il considerare prevalente una variabile piuttosto che un’altra (o il porle in relazione in maniera diversamente connotata) è all’origine delle diverse teorie dell’apprendim dell’apprendimento ento..
Il comportamentismo: - ha alla base una concezione
associazionista;
- intende l’apprendimento come
associazione stimolorisposta:: il soggetto è considerato soltanto nei suoi risposta comportamenti osservabili e la mente è concepita come reattiva agli stimoli dell’ambiente. Il comportamentismo si configura come scuola della psicologia nata dall'osservazione del comportamento degli animali.
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¾Ivan
Pavlov,, studioso dell’apprendimento Pavlov dell’apprendimento di tipo associativo associativo per condizionamento “classico”;
Approccio comportamentista
Burrhus Frederic Skinner, studioso dell’apprendimento di tipo associativo per condizionamento “operante” ¾
Approccio cognitivista La
psicologia della forma o Gestalt
Le
teorie della personalità
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Teorici comportamentisti
Le teorie dell’apprendimento
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¾John Locke, padre dell'empirismo moderno e dell'illuminismo
critico
Watson, caposcuola ¾John Broadus Watson,
del behaviorismo americano, principale assertore della psicologia comportamentista 5
¾Edward L. Thorndike , rappresentante del “connessionismo” 7
Ivan Iv an Pa Pavl vlov ov (1849-1936) Pervenne alla scoperta che il funzionamento delle ghiandole salivari in animali da esperimento (cani) era eccitato non solo dalla ingestione del cibo (stimolo incondizionato o assoluto) ma anche da altre circostanze ad esso connesse, come ad esempio il suono di un campanello o l’accensione di una luce o anche la comparsa in sala degli assistenti (stimolo condizionato). In tal senso, si insinuava nei compartimenti “innati” e stereotipati una possibilità nuova, quella dei comportamenti “appresi” Prof. Domenico Milito
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Burrhus Burr hus Frederic Frederic Skin Skinner ner (1904-1990)
Il risultato contro reagisce (feed-back) sul comportamento provocando un “rinforzo” delle associazioni che producono effetti favorevoli. Secondo lo studioso, insomma, tra R (risposta) e S (stimolo) vi sono altri fattori che vanno individuati e attentamente descritti, chiamati “variabili intermediarie” o “interferenti” o “intervenienti”, cioè elementi che, introducendosi in modo variabile nel rapporto tra S e R, producono modificazioni in una direzione, piuttosto che in un’altra nel comportamento di risposta del soggetto. La sua teoria si esprime nello schema S-O-R e non non più S-R e viene chiamata “teoria “teoria del rinforzo”, rinforzo”, in quanto le variabili intermediarie rafforzano o rinforzano un certo tipo di risposta. 10 Prof. Domenico Milito
John Locke (1632-104) Nihil est in intellectu quod quod prius non non fuerit in sensu: sensu:
Per lo Skinner, caposcuola del neocomportamentismo, il condizionamento, invece, non si riduce al tipo “rispondente” studiato da Pavlov sulle ghiandole e sulla muscolatura involontaria; egli affida il comportamento “operante” alla muscolatura volontaria, cioè a un intervento sull’ambiente,, per massimizzare gli effetti favorevoli e sull’ambiente minimizzare quelli sfavorevoli.
tutto ciò che è nell’intelletto non può esserci senza passare per i sensi. Locke nega che possano esistere idee innate. Tutto quello che ritroviamo nella nostra mente deriva dall'esperienza dall' esperienza e non esistono idee che si riscontrino nella conoscenza senza un'origine empirica di esse . Il suo empirismo si fonda sulla convinzione che non esiste principio (nella morale come nella scienza) che possa ritenersi assolutamente valido tale da sfuggire ad ogni controllo successivo dell'esperienza .
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John Broadus Watson (1878-1958) Il suo obiettivo teorico è la previsione e il controllo del comportamento. Definisce il comportamento oggettivo degli individui osservabile e misurabile come unico oggetto legittimo dell'indagine psicologica, rilevabile con metodi obiettivi che permettono la ripetizione di esperimenti e interpretabile interpret abile secondo lo schema stimolo-risposta . Rapporta direttamente direttamente il comportamento R allo stimolo stimolo S secondo lo schema S-R 12
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Edward L. Thorndike (1874-1949) La base dell’apprendimento ipotizzata è l’associazione tra le impressioni sensoriali e gli impulsi all’azione, associazione denominata “connessione”. Poiché sono queste connessioni che si rafforzano o si indeboliscono nella formazione o nell’estensione di abitudini, il sistema di Thorndike viene definito connessionismo 13
Nel suo più famoso esperimento Thorndike osserva il comportamento di un gatto affamato rinchiuso all’interno di una gabbia, al di fuori della quale viene posto il cibo. L’animale, dopo diversi tentativi, impara correttamente ad azionare il meccanismo che consente di aprire la gabbia ed ottenere il cibo. Le successive ripetizioni dell’esperimento dell’esperimento evidenziano che il gatto impiega sempre meno tempo a trovare la soluzione giusta per aprire la gabbia. 14
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Lo studioso americano ne deduce che l’apprendimento l’apprendimento si verifica gradualmente, attraverso una serie di “tentativi ed errori”, che porta al consolidamento delle reazioni dell’organismo che sono state ricompensate ( legge dell’effetto). Il legame associativo tra S e R è stabilito e fissato non tanto dall’esercizio, quanto dall’effetto che ne consegue (l’apprendimento (l’apprend imento non è frutto dell’esercizio ) 15
Approccio cognitivista
Dagli studi di Thorndike derivano importanti riflessioni per l’apprendimento scolastico - per
apprendere non basta l’esercizio, occo rre anche il successo (la gratificazione); - il tentativo a vuoto, cioè l’errore, poiché non produce apprendimento, ha una funzione educativa accessori a; - un premio e un incoraggiamento poss ono aiutare nello apprendimento, una punizione, no; -ogni apprendimento è una succ essione di atti associativi, che il soggetto ricompone in modo ut ile alla soluzione di un problema
Sposta l’attenzione dal concetto di associazione a quello di soggetto attivo nell’elaborazione della realtà circostante, dando, pertanto, maggior rilievo ai processi interni di elaborazione e rappresentazione
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Teorici cognitivisti
Dalle idee di Thorndike scaturisce l’idea di un apprendim ento guidato, cioè derivante da un insegnamento in cui siano ridotte al minimo le possibili tà di errore (che sono causa di ansi a e frustrazione)
¾Jean
Piaget ¾Jerome Bruner, rappresentante dello strutturalismo ¾Lev Semenovic Vygotskij
potenziate le possibilità di s uccesso Prof. Domenico Milito 17
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Jean Piaget (1896-1980) Per J. Piaget l’acquisizione di conoscenze non procede come semplice addizione cumulativa, ma per riorganizzazione continua di conoscenze anteriori, quando elementi nuovi si vengono ad aggiungere a questi. Il comportamento del soggetto è il prodotto di un “equilibrio” tra l’ambiente e le sue strutture organiche. Prof. Domenico Milito
Il concetto fondamentale della sua teoria è l’ operazione, un procedimento mentale la cui caratteristica principale è la reversibilità per accedere a diverse classi di operazioni (per le quali utilizza i meccanismi di assimilazione e accomodamento) Lo sviluppo dell’intelligenza si attua attraverso una determinata sequenza di 4 fasi,fisse ed universali 1. Fase senso-motoria (0/2 anni) 2. Fase pre-operatoria (2/7 anni) 3. Fase delle operazioni concrete (7/12 anni) 4. Fase delle operazioni formali (da 12 anni in poi)
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1. Fase senso-motoria (0/2 anni)
Analizzando la fenomenologia di questo equilibrio, Piaget ha inteso il meccanismo della funzionalità biologica come un processo di adattamento per assimilazione e accomodamento L’assimilazione è l’integrazione dei dati dell’esperienza in strutture preesistenti, senza che queste vengano modificate L’ accomodamento è la modificazione di quegli schemi in base a dati nuovi 21
L’intelligenza nella fase senso-motoria è legata alle azioni, al loro coordinamento nel tempo e nello spazio e all’uso di strumenti per impadronirsi di oggetti; l’azione viene diretta verso uno scopo 2. Fase pre-operatoria (2/7 anni) Specie nella prima fase prevale il pensiero egocentrico, accompagnato da animismo (tutti gli oggetti sono animati), artificialismo (il bambino tende a confondere la causalità naturale con la fabbricazione da parte degli uomini) e finalismo (il bambino attribuisce ad ogni attività naturale una morale). Il bambino attraverso il linguaggio diventa capace di ricostruire le azioni passate sotto forma di racconto e di anticipare quelle future con la rappresentazione verbale. Il bambino, altresì, comincia a unire gli oggetti in insiemi e sottoinsiemi, secondo criteri di classificazione, come forma, grandezza e colore. 23
3. Fase delle operazioni concrete (7/12 anni)
Presupposti della teoria piagetiana che ispirano le esigenze dei percorsi scolastici finalizzati allo sviluppo della personalità sia sul piano cognitivo che sul piano affettivo :
Di importanza centrale in questa fase è l’acquisizione dei concetti di sostanza, peso e volume.
-
Ruolo attivo del soggetto poggia su strutture mentali e si sostanzia della continua genesi di “strutture” , nell’ambito di stadi che non sono delimitazioni cronologiche rigorose dello sviluppo, ma solo una descrizione interpretativa dell’ordine con cui lo sviluppo procede - Apprendimento (assimilazione), che presuppone strutture mentali (concetti) pronti a recepire la conoscenza (tali strutture, la cui genesi è nell’esperienza, determinano l’equilibrio tra assimilazione e accomodamento). - Sviluppo cognitivo che
Le più importanti conquiste sono identificabili nella direzione della conquista della capacità di conservazione della quantità. Il bambino apprende che una quantità di liquido versata in un recipiente stretto e lungo e in uno largo e basso, o la quantità di materia contenuta in un pezzo di plastilina in forma allungata o arrotondata, rimane la stessa Prof. Domenico Milito 24
26
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4. Fase delle operazioni formali ( da 12 anni in poi) Il pensiero acquista autonomia rispetto al dato concreto: il bambino riesce a compiere operazioni senza ricorrere ad una situazione concreta. Le operazioni logiche cominciano a venire trasposte dal piano della manipolazione concreta al piano delle idee pure espresse in un linguaggio (il linguaggio delle parole o quello dei simboli matematici), ma senza l’appoggio della percezione, dell’esperienza. Il pensiero formale è, quindi, ipotetico-deduttivo: è il pensiero capace di trarre conclusioni da pure ipotesi e non soltanto da un’osservazione concreta 25
Critiche mosse a Piaget - Sul versante epistemologico: scarsa attenzione a
meccanismi di transizione da uno stadio all’altro o alle differenze individuali nei processi evolutivi; - Sul versante socio-storico: interpretazione dell’ambiente in termini prevalentemente biologici, senza cogliere appieno il carattere culturale distintivo dell’ambiente umano (aculturalità) 27
Jerome Bruner (1915)
Lo strutturalismo di Bruner
La crescita del pensiero non è un processo naturale che avviene al di fuori della storia; esso consiste nella acquisizione del patrimonio cognitivo (saperi, valori, ecc..), proprio della cultura di appartenenza.
Le discipline non sono summae di contenuti conoscitivi, ma modi di indagare la realtà.
Lo sviluppo delle capacità cognitive di rielaborazione delle esperienze avviene attraverso la costruzione da parte del soggetto di modi via via più complessi ed elaborati di “rappresentazione delle esperienze e di organizzazione del pensiero” (strutturalismo)
La scuola deve guidare alla concettualizzazione dell’esperienza attraverso l’acquisizione delle strutture concettuali delle discipline. La didattica non guarda ai contenuti ma alle strutture del pensiero, alle capacità operatorie del soggetto che apprende
Ogni disciplina è caratterizzata da idee fondamentali: strutture che consentono di concettualizzare ed organizzare l’esperienza .
Bruner si riferisce allo sviluppo “a spiralee” nel senso che le conoscenze acquisite operativamente saranno riproposte appena possibile secondo la modalità iconica e, infine, secondo quella simbolica 28
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Lev Semenovic Vygotskij
L’apprendimento si svolge attraverso tre fasi fondamentali:
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(1896-1934)
Parte dalla considerazione che alla base della storia umana c’è la modificazione della natura da parte dell’uomo che ha trasformato la realtà naturale in realtà culturale attraverso la costruzione di “mediatori culturali” (primo fra tutti il linguaggio).
- prassico-manipolativa - iconico-rappresentativa - simbolica verbale e numerica
Il linguaggio, dapprima, ha origine come mezzo di comunicazione fra il bambino e le persone che lo circondano; più tardi il linguaggio si trasforma in pensiero, in funzione mentale
non rigidamente collegate all’età cronologica. 29
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La psicologia della forma o Gestalt Prende in considerazione il comportamento dell’individuo ed i processi di apprendimento, ma evidenzia chel’individuo, quando è sollecitato da uno stimolo o da una pulsione, interpreta quelle sollecitazioni, cioè dà ad esse un significato
Evidenzia il rapporto tra apprendimento e sviluppo: non è lo sviluppo che consente l’apprendimento, ma è l’apprendimento che produce lo sviluppo
Prof. Domenico Milito32
Vygotskij chiarisce il modo in cui l’apprendimento produce lo sviluppo con il concetto di “zona di sviluppo prossimale”, area delle potenzialità prossime ad esprimersi ma non ancora capaci di trovare attuazione senza aiuto:
Per la Gestalt noi non percepiamo stimoli ma forme: noi percepiamo, cioè, totalità strutturate che sono qualcosa di diverso dalla somma delle parti che le compongono. Il fenomeno per il quale un soggetto scopre un significato nuovo viene detto “insight”; tale fenomeno è dato in tutti i casi nei quali non per ragionamento, ma per improvviso cambiamento di significato della nostra percezione della realtà, giungiamo alla 34 Prof. Domenico Milito soluzione di un problema.
Le teorie della personalità hanno messo in luce la stretta relazione tra
tali potenzialità si esprimeranno pienamente in presenza di condizioni necessarie e favorevoli al loro “esplodere”;
apprendimento e dimensione motivazionale
conseguentemente viene sottolineato il ruolo insostituibile svolto dal processo di apprendimento, sistematicamente e intenzionalmente promosso dall’istituzione scolastica Prof. Domenico Milito
Prof. Domenico Milito 33
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Howard Gardner (n. 1943) Teorici delle teorie della personalità ¾Daniel Goleman
¾Howard Gardner ¾Carl
Rogers
Prof. Domenico Milito 36
È da annoverare nel quadro di ricerche sull’intelligenza. La sua teoria è conosciuta come teoria delle intelligenze multiple
Gli esseri viventi, secondo Gardner, si sono evoluti in modo da esprimere sette forme di intelligenza (il numero è suscettibile di variazioni). Tali forme di intelligenza sono: linguistica, musicale, logicomatematica, spaziale, corporeo-cinestetica, intrapersonale e interpersonale. Ciascuna intelligenza implica particolari forme di processualità e rappresenta un sistema a sé che si sviluppa secondo ritmi e modi diversi, con basi e regole biologiche sue proprie (ipotizza una base biologica per ogni intelligenza) 38 Prof. Domenico Milito
Daniel Goleman (n. 1946) Si riferisce al concetto di
intelligenza emotiva:
Le intelligenze sono “gruppi di abilità mentali”
Lo sviluppo dell’intelligenza dipende dal costituirsi in ogni intelligenza di un dispositivo di elaborazione delle informazioni e dal flusso degli stimoli dell’ambiente
l’incremento delle abilità cognitive è rintracciabile nel convincimento che il “buon funzionamento” della mente si rispecchia nell’equilibrio tra: competenze cognitive competenze emotive
L’essere umano è un insieme di intelligenze, unico e irripetibile, modellato dall’azione combinata delle determinazioni biologiche e di quelle socio-culturali
Prof. Domenico Milito 37
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Le ricerche condotte da Rogers ed i suoi collaboratori, dal 1949 in poi, evidenziano come un clima facilitante sia in grado di produrre l’evoluzione del processo di sviluppo e di maturazione di soggetti o gruppi coinvolti in relazioni di aiuto
Carl Rogers (1902-1987) Si riferisce al concetto di apprendimento significativo, che: - ipotizza la partecipazione totale e l’automotivazione - è fondato sull’esperienza e sugli interessi vitali del soggetto che apprende
relazioni in cui uno dei partecipanti è “di aiuto” all’altro nel promuovere la crescita personale ed una migliore capacità di affrontare la vita
Prof. Domenico Milito 40
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Prof. Domenico Milito
Didattica speciale In ogni essere umano esiste una naturale capacità di apprendere. L’apprendimento è un processo che si realizza quando l’alunno sperimenta la proposta didattica come significativa per i suoi fini e produce un cambiamento della propria esperienza
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È intesa come discipl ina con la quale si elaborano in maniera sistematica le teorie dell’insegnamento
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Didattica speciale Pone al centro della propria riflessione teorica e operativa
l’interazione-comunicazione tra soggetto in educazione (il bambino, l’adolescente, ecc..)
e oggetti dell’educazione
(intesi come conoscenze, competenze, modelli di comportamento socio-affettivo, ecc.)
all’interno delle istituzioni intenzionalmente formative (scuola, famiglia, associazionismo, agenzie del tempo libero, ecc.).44
Suggerimenti metodologico-didattici provenienti dalle teorie della personalità - l’importanza delle capacità individuali del soggetto e la necessità di prevedere interventi differenziati; - la necessità di individuare le esperienze che hanno determinato lo sviluppo dell’alunno: - l’importanza dei fenomeni ansiogeni; - l’importanza del “clima educativo”, cioè dell’atmosfera che si crea nella comunità educante durante il processo di apprendimento Prof. Domenico Milito 46
Prof. Domenico Milito
Il ruolo della motivazione nell’apprendimento A scuola non si apprendono semplicemente delle nozioni, massime e regole ma: - si sviluppano anche operazioni concettuali; -si sviluppano le capacità di analisi e sint esi; - si promuovono processi adduttivi (che per loro natura sono processi creativi, basati sull’intui zione) e non semplicemente induttivo- deduttivi
In ogni tipo di apprendimento svolgono un ruolo importante: - la motivazione e la partecipazione dell’ allievo - l’interesse che i genitori e gli insegnanti riescono a stimolare - la modalità di interazione - il metodo e le competenze di chi educa Per la motiv azione ad apprendere giocano un r uolo i mport ante alcune strategie: -rendere partecipe l’alunno comunicando e spiegando gli obiettivi e le finalità del percorso -dare all’alunno gli strumenti necessari per costruire le proprie conoscenze e sentirsi protagonista del processo -creare situ azioni col laborative in cui il docente è persona-risor sa a dispo sizione dell’apprendimento degli alunni -soddisfare il bisogno di stima valorizzando e riconoscendo l’impegno e il successo anche se parziali -praticare la valutazione form ativa, consi derando non gli insuccessi i
Le articolazioni della Didattica
TFA Primo Modulo: Didattica e Pedagogia speciale
- Didattica disciplinare, relativa al modo di insegnare le diverse
La didattic a: sensi e sign ific ato
28 marzo 2013
Prof. Domenico Milito 1
La Didattica È una disciplina che: - ha per oggetto i processi di apprendimento-insegnamento relativi a diverse fasce di età - trae senso e ragione dalle singole esperienze didattiche, le quali consentono di definire metodologie, tecniche, strategie e modelli valutativi più adeguati ai diversi contesti - riguarda gli elementi fondamentali dell’apprendimentoinsegnamento - si occupa di dare indicazioni sull’impianto metodologico generale relative al soggetto che apprende, al docente, al contesto, nonché sui principi generali della programmazione, dell’organizzazione e Prof. Domenico Milito della valutazione di un intervento didattico 2
discipline in riferimento alla specificità di ogni sapere (es.: la matematica, le lingue, la filosofia, la storia, ecc.); - Didattiche specifiche, ovvero quelle relative ad alcune aree, ambiti, destinatari (es.:la didattica extrascolastica, la didattica universitaria, la didattica museale, la didattica della lettura, la didattica degli adulti, ecc.); - Didattica speciale, ovvero quel ramo della didattica che ha per oggetto persone con disagi sociali, culturali, scolastici, fisici, psichici, verbali, sensoriali, mentali (es.: persone disabili, tossicodipendenti, immigrati, ecc.) con l’obiettivo di renderle 3 autonome nel pensiero e nell’azione. Prof. Domenico Milito
Competenze per insegnare Almeno fino agli anni Novanta del secolo scorso si è generalmente ritenuto che bastasse una buona preparazione culturale di base per insegnare e che la garanzia di una riuscita didattica fosse data dalla sola conoscenza della materia. Oggi è sempre più condivisa l’idea che, oltre a saper padroneggiare la disciplina, un docente (che è anche educatore) deve avere una buona preparazione culturale e, perciò, essere in grado di fare collegamenti con le altre discipline 4
A partire dall’età moderna ci si è resi conto che per insegnare è necessario avere competenze relative alla psicologia dei destinatari, al fine di comprendere meglio le modalità di apprendimento e poter scegliere l’approccio didattico più adeguato. Tuttavia, alla luce delle ricerche più recenti, sembra che, perchè si realizzi un apprendimento-insegnamento efficace, non basti padroneggiare i contenuti e conoscere la psicologia: l’educatore deve sapere utilizzare e conoscere metodi e strategie che facilitano l’apprendimento-insegnamento
Rientrano tra le competenze metodologico-didattiche le capacità di: - utilizzare una pluralità di metodologie e di strumenti, lavorare in gruppo, sapere comunicare dentro e fuori l’aula (Perrenoud, 1999); - valutare i risultati degli allievi, pianificare l’azione educativa e
processi di apprendimento; - tipo manageriale, oggi sempre più richieste a chi insegna, come
ad esempio sapere elaborare un progetto e saper gestire risorse. Prof. Domenico Milito
5
La competenza di natura metodologico-didattica del docente riguarda ovviamente il possesso di conoscenze e competenze relative all’ organizzazione della didattica in generale, alla didattica della propria disciplina e alle didattiche cosiddette speciali nonché alle cosiddette didattiche trasversali, come ad esempio la didattica tecnologica.
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Visalberghi ricorda che un quarto settore di competenze richieste all’operatore dei processi formativi riguarda la conoscenza della società. Un formatore, infatti, deve essere in grado di leggere la realtà della società in cui opera per individuarne le tendenze di sviluppo e potere meglio identificare i suoi obiettivi educativi.
8
Tra le competenze richieste a chi insegna va, infine, aggiunta la competenza riflessiva, presente in tutto il processo educativo e, perciò, circolare e trasversale. Per competenza riflessiva è da intendersi la capacità di sapere collegare teorie e pratiche educative.
Compito dell’insegnante/formatore è quello di sapere cogliere le connessioni e riflettere sull’esperienza, ripiegandosi su se stesso.
L’insegnante, infatti, nell’attuale società della conoscenza non può ritenersi mai completamente formato soltanto attraverso la formazione accademica, giacchè non esiste una conoscenza professionale assoluta ed è sempre necessario prevedere una formazione continua. 9 Prof. Domenico Milito
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Per una didattica democratica Condividere il modello del professionista riflessivo vuol dire rifiutare l’idea che educare significhi applicare rigidamente una teoria e che ci si possa improvvisare come docenti. Il formatore, in buona sostanza, deve essere in grado di analizzare il contesto, le condizioni ambientali (materiali, sociali e affettive) nelle quali si svolge la sua esperienza, avendo presente i destinatari della sua azione e sapersi adattare alle diverse situazioni che si presentano nei contesti di insegnamento. 10
La centralità dell’allievo
L’educatore/formatore deve instaurare un rapporto costruttivo con gli allievi dal punto di vista sia umano che formativo: deve incoraggiare ed evidenziare i lati positivi di chi ha di fronte, tenendo ovviamente conto dell’età e dello sviluppo intellettivo di chi apprende, con la capacità di comeniana memoria di passare gradualmente dal semplice al complesso.
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Il docente
Deve conoscere e rispettare gli interessi e le aspettative degli allievi, cercando soprattutto di collegare ciò che insegna alle esperienze e alle conoscenze possedute da chi apprende, favorendo, così, da una parte, un apprendimento spontaneo e, dall’altra, realizzando interventi il più possibile individualizzati, a misura del singolo.
L’educatore deve portare l’allievo ad acquisire un sapere critico, rendendolo in grado di organizzare le conoscenze evitando la sterile accumulazione del sapere data dalla sua trasmissione nozionistica. Deve sapere, quindi, trasferire e integrare le conoscenze per aiutarlo a vivere e a pensare in modo libero e consapevole. È Dewey che afferma che “imparare significa imparare a pensare”
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Imparare a pensare
“Una testa ben fatta” significa che invece di accumulare il sapere è molto più importante disporre allo stesso tempo di: porre e a trattare problemi;
- principi organizzatori che permettano di
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Il dialogo e la comunicazione
Come afferma Morin (1999), riprendendo Montaigne, “è meglio una testa ben fatta che una ben piena”.
- un’attitudine generale a
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L’insegnamento e l’apprendimento, secondo il parere degli studiosi del settore, si fondano sul dialogo, sulla partecipazione reale, sullo scambio comunicativo. Gardner, infatti, sostiene che una scuola democratica “apre le menti”.
collegare i saperi e di
dare loro il senso. 14
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I tempi educativi J. D. Francesch (2009) afferma che “L’educazione è un viaggio lento con molte fermate nel quale, attraverso una moltitudine di situazioni, le persone compiono un processo che le aiuta a crescere sul piano emotivo e intellettuale”. L’educazione, quindi, dovrebbe essere un processo che rispetti il kairòs, il momento presente determinato da una qualità, e non sia schiavo del chrònos, il tempo che fugge. Prof. Domenico Milito
Promuovere un’educazione lenta significa porre l’accento sugli apprendimenti e sul tempo necessario ad apprendere e non riempire meccanicamente un vaso vuoto pensando di poterlo formare. Infatti, “l’educazione lenta dà un senso al concetto di educazione per tutta la vita, un’educazione che in ogni momento apporta gli strumenti, le competenze e le capacità necessarie per essere una persona, un cittadino di una società democratica e, contemporaneamente, un individuo felice”. Un’educazione che rispetti il soggetto.
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La Didattica speciale
I 15 principi educativi di Francesch in “ Elogio dell’educazione lenta” (2011)
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
L’educazione è un’attività lenta Le attività educative devono definire il proprio tempo e non viceversa In educazione meno significa più; L’educazione è un processo qualitativo; Il tempo educativo è globale e interrelazionato; La costruzione di un processo educativo deve essere sostenibile; Ogni persona ha bisogno del proprio tempo di apprendimento; Ogni apprendimento deve realizzarsi nel momento giusto; Per riuscire a sfruttare meglio il tempo è necessario priorizzare e definire le finalità dell’educazione, 10.L’educazione richiede tempo senza tempo; 11.Bisogna restituire tempo all’infanzia; 12.Dobbiamo ripensare il tempo delle relazioni tra adulti e bambini; 13.Il tempo degli educatori deve essere ridefinito; 14.La scuola deve educare il tempo; 18
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Compenetrare il significato della Didattica speciale implica richiamarsi a
tre indirizzi di ricerca principali: 1.
I n d i v i d u a z i o n e d e i b i so g n i s p e c i a li delle
persone e delle finalità da perseguire; 2. Considerazione del c o n t e s t o in t e g r a t o nel quale deve collocarsi l’intervento didattico 3. Prospettiva longitudinale del p r o g e t t o d i v i t a alla quale bisogna assolutamente conformarsi (prospettiva diacronica)
Didattica speciale Didattica speciale intesa come pratica di insegnamento per allievi con b i s o g n i e d u c a t i v i s p e c i a li
Didattica speciale
I significati di Pedagogia e Didattica speciale
intesa come disciplina con la quale si elaborano in maniera sistematica le teorie dell’insegnamento
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Pe d a g o g i a e
TFA Primo Modulo: Didattica e Pedagogia speciale
D i d a t t i c a s p e c i a le
Pedagogia e didattica speciale: processi e strumenti sperimentali due o r i e n t a m e n t i s c i e n t i f i c i i n t e g r a t i ma non sovrapponibili 2 april e 2013 Prof. Domenico Milito
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Pedagogia speciale
Didattica speciale Significa orientarsi con un approccio scientifico (costruito sulla base delle conoscenze disponibili e verificato con specifiche esperienze)
non solo nella direzione di individuare le a t t i v i t à p i ù a d e g u a t e da svolgere, ma anche in quella di valutarne l’a p p l i c a b i l i t à nel c o n t e s t o in t e g r a t o e l’utilità per t u t t i g l i a l li e v i (non solo per quelli con disabilità) in modo da riuscire a strutturare un modello riproducibile in momenti diversi e in altri ambienti.
Spesso è identificata con l’insegnamento speciale per allievi con b i s o g n i e d u c a t i v i p a r t i c o l a r i ,
con un restringimento considerevole del proprio campo di indagine e una ridotta capacità di leggere la complessità dei problemi sociali Prof. Domenico Milito
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Didattica e Pedagogi a speciale
Ruolo della pedagogia speciale
La Didattica speciale non può essere considerata semplicemente come il braccio operativo della pedagogia speciale, trattandosi di una disciplina autonoma in grado di proporre interventi articolati sulla base di modelli teorici.
Identificare i b i s o g n i s p e c i a li delle persone Saperli leggere ed interpretare in maniera precisa Delineare risposte adeguate per soddisfarli
Sviluppare una riflessione che: -guidi l’o p e r a t i v i t à -sia in grado di orientarsi nella complessità dei bisogni e nella molteplicità delle risposte possibili.
Per Montuschi (1997) “il compito della pedagogia speciale è quello di rendere sempre più speciale ogni forma di i n t e r v e n t o e d u c a t i v o trasformando in patrimonio comune la capacità di cogliere i problemi, le competenze nell’ affrontarli, la padronanza nell’ipotizzare opzioni nelle risposte educative” 5
È importante: rivendicare uno spazio autonomo senza prendere le distanze dalla pedagogia speciale, la cui riflessione risulta determinante per i n q u a d r a r e i b i s o g n i s p e c ia l i e le direttrici da percorrere ¾
conferire ai modelli di intervento la dignità e lo spessore 7 richiesti.
¾
La ricerca-azione Processi e strumenti sperimentali: - La ricerca -La ricerca-azione
Modalità atte a intervenire nelle più diverse realtà (metodologia applicata)
- La ricerca ad un um
- La ricerca sperimentale (i test)
Metodologia che aiuta a meglio comprendere, definire, studiare i fenomeni
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La ricerca-azione
La ricerca È un metodo scientifico di conoscenza
Elabora una nuova metodol ogia che tende all’affinamento dei dati, allo s tudio della realtà per una risol uzione dei problemi che questa pone grazie al coinvolgimento del ricercatore in un progetto che salda in un’unica interazione la ricerca con l’azione
In particol are, la ricerca educativa è una
metodologi a che si avvale delle tecniche dell’ osservazione sistematica e della sperimentazione, impiegate, del resto, anche da altre scienze come la psicol ogia, la sociologia a, l’antropologia culturale 9
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La ricerca-azione
La ricerca sperimentale Secondo Kurt Lewin si articola nei seguenti punti e momenti
Consiste nell’osservazione e nell’analisi di un avvenimento che si verifica in condizioni accuratamente controllate
•Pianificazione •Esecuzione •Indagine o valutazione 12
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Una delle caratteristiche della ricerca azione: la ricerca ad unum
Gli stadi della ricerca sperimentale Approcci o olistico al problema senza parcellizzazione della ricerca in aspetti settoriali o unilaterali. x
Viene affrontata la situazione riv olgendo l ’attenzione a tutti gli aspetti del processo educativo. x
La ricerca azione tenta di s uperare il modello che analizza un problema scomponendolo in problemi più semplici. x
13
1. 2. 3. 4. 5.
Individuazione delle variabili Controllo delle variabili Definizione del piano dell’esperimento e soggetti da utilizzare Scelta dei criteri Scelta di test, esami o strumenti 15 15
3. Definizione del piano dell’esperimento e
1. Individuazione delle variabili
soggetti da utilizzare
1. Il ricercatore deve decidere quali variabili a suo avviso influenzano l’apprendimento e la comprensione da parte degli alunni del nucleo concettuale presentato (es. elettromagnetismo) e quali di queste variabili egli vuole manipolare direttamente. (Es: il ricercatore può ritenere che la variabile in questione sia una sola: il metodo d’insegnamento; oppure che le variabili siano due, cioè il metodo di insegnamento e il quoziente di intelligenza)
3. Il ricercatore deve prendere in considerazione tanto il piano dell’esperimento che i soggetti da utilizzare. Per esempio, l’esperimento verrà effettuato utilizzando come allievi che presentano un livello di abilità medio o superiore alla norma oppure soggetti che presentano tutti i livelli di abilità possibili? Ovvero si limiterà a studiare studenti di un solo sesso?
16 16
18 18
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2. Controllo delle variabili
2. Il ricercatore deve decidere come controllare le altre variabili che risultano importanti ai fini dell’esperimento. Considerare, cioè, lo schema generale dell’esperimento che intende condurre. Se decide che il metodo d’insegnamento è l’unica variabile importante, lo schema del suo esperimento deve essere tale da garantire che, se il metodo A viene applicato con un gruppo di alunni e il metodo B con un altro gruppo, qualsiasi differenza tra i risultati raggiunti dai due gruppi derivi dalla diversità dei metodi e da nessun’altra causa 17 17
4. Scelta dei criteri
4. Dopo aver risolto i problemi precedenti, il ricercatore deve decidere i criteri in base ai quali sceglierà i campioni rappresentativi della popolazione in esame, come raggruppare i soggetti scelti e in base a quali criteri assegnare un metodo di insegnamento all’uno piuttosto che all’altro gruppo 19 19
I Test 5. Scelta di test, esami o strumenti
5. Il ricercatore deve decidere quali test, esami o altri strumenti usare per controllare i risultati dell’esperimento. Talvolta gli strumenti adatti esistono già, talvolta, invece, è necessario inventarli
20 20
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Gli strumenti di ricerca:
I test trovano larga applicazione nel campo dell’educazione, della psicologia e della psichiatria; sono tra i più utili strumenti di ricerca. Tali strumenti sono stati costruiti allo scopo di misurare: -l’abilità intellettuale in generale, -le attitudini, -il rendimento o i risultati ottenuti, - le caratteristiche della personalità, - gli atteggiamenti e gli interessi di una persona. Vengono, inoltre, ampiamente applicati allo scopo di: selezionare, classificare e indirizzare, oltre che per valutare i programmi educativi e terapeutici 22 22 Prof. Domenico Milito
Il test standardizzato: È un test per cui sono state fissate norme precise di somministrazione e di assegnazione dei punteggi e una serie fissa di domande. Inoltre, esso deve essere stato collaudato mediante l’uso di campioni rappresentativi scelti all’interno della popolazione cui il test è destinato, allo scopo di stabilire le nome per la sua applicazione. Il procedimento e il contenuto standard permettono di somministrare lo stesso test in luoghi diversi e in tempi diversi.
I Test
21 21
23 23
I test “carta e matita” pongono delle domande sotto forma di frasi o di disegni; il soggetto deve rispondere sottolineando, segnando o circondando con un tratto di penna una delle risposte alternative che gli vengono presentate, oppure scrivendo una parola, una frase o un giudizio nello spazio bianco lasciato a tale scopo. Nei test “a carta e matita” il soggetto deve possedere un qualche livello di abilità nella lettura per essere in grado di comprendere le istruzioni, le domande e le risposte; questi test, perciò, non possono essere usati quando i soggetti sono analfabeti oppure non parlano inglese.
Tipi di test I test possono essere classificati in molti modi diversi: - Test di gruppo - Test individuali - Test “carta e matita” - Test di manipolazione
di oggetti 24 24
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- I Test di gruppo, che vengono progettati per poter essere somministrati a molti soggetti contemporaneamente; inoltre, i soggetti stessi scrivono le loro risposte. Sono particolarmente utili quando è necessario esaminar contemporaneamente un gran numero di soggetti come, per esempio, tutti gli alunni. In questo genere di test viene solitamente attribuita molta importanza al tempo di esecuzione - Test individuali sono destinati ad essere impiegati in situazioni molto simili a quelle delle interviste, in cui l’intervistatore pone le domande e di solito registra anche le risposte. Rispondono allo scopo di ottenere una valutazione precisa e dettagliata su di un 25 25 singolo soggetto
26 26
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Nei test di manipolazione di oggetti le prove vengono presentate in modo concerto; in essi il soggetto deve rispondere manipolando degli oggetti, per esempio pezzi di legno o schede. Questi test non sono adatti per essere somministrati a gruppi di soggetti, mentre vengono adottati per i singoli soggetti.
27 27
Altri tipi di test I test possono essere classificati sulla base dei fenomeni che devono misurare. Si dividono in :
Così, sia i test di profitto che quelli di intelligenza misurano la cultura e le capacità già acquisite, ma i test di intelligenza non ne sono così direttamente condizionati come quelli di profitto
- Test di abilità mentale - Test attitudinali - Test di
I test che misurano le conoscenze e le abilità che sono state esplicitamente insegnate al soggetto vengono chiamati test di profitto, mentre quelli che misurano le qualità più generali del pensiero che sembra siano state apprese senza uno specifico insegnamento, coma la capacità di ragionamento, la comprensione e il livello di sviluppo concettuale, vengono indicati come test di abilità mentale o di intelligenza.
profitto 28 28
30 30
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-Test di abilità mentale
L’abilità mentale è stata misurata per molti anni con l’utilizzo di test, ma non è stato mai raggiunto un pieno accordo sull’esatta natura di ciò che con questi test viene valutato. Le varie opinioni proposte hanno, tuttavia, molti punti in comune e la maggior parte degli psicologi è probabilmente disposta ad accettare una definizione che comprenda sia la capacità di scoprire le relazioni importanti esistenti tra gli oggetti, sia la capacità di applicare queste relazioni a situazioni nuove ma simili alle precedenti. 29 29
- I Test attitudinali sono finalizzati a valutare specifiche abilità mentali, come la capacità meccanica e di manipolazione, le potenzialità artistiche e musicali e l’attitudine a lavorare in specifici settori professionali come quello delle lingue, della medicina e delle scienze.
31 31
-I Test di
profitto
Sono stati costruiti per misurare la capacità esecutiva posseduta in relazione ad un’abilità o conoscenza acquisita mediante l’addestramento o l’istruzione. Se usati per misurare i risultati dell’insegnamento/apprendimento è importante rendersi conto che se il contenuto di una disciplina viene cambiato, o se viene alterata la successione degli argomenti della disciplina, può accadere che le domande del test, che originariamente erano selezionate sulla base della loro capacità di comprendere tutto il contenuto della disciplina, non rispondono più alla loro 32 32 funzione.
1^ intervento La macrocategoria dei BES
3 april e 2013
Prof. Domenico Milito 2
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TFA Secondo Modulo: Interventi didattic i per i B ES
Integrazione e inclusione Quando ci si riferisce ai termini “integrazione” e “ inclusione” è bene evidenziare che, a livello norm ativo, il termine “ integrazione” è stato ufficializzato dalla Legge n. 517/77 e, soprattutto, dalla Legge n. 104/92;
- La macrocategoria dei BES - 3 april e 2013
- Interventi psicopedagogici e strumenti didattici - 4 aprile 2013 - I DSA nell’ambito dei BES - 8 aprile 2013 - La normativa Miur per l’inclu sione dei BES - 9 aprile 2013
il termine “ inclusione” , invece, è stato reso ufficiale dalla Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità , ratificata dall’Italia con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009
Prof. Domenico Milito 1
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È così che il concetto di inclusione
Da un’analisi attenta del significato espresso da tali termini è possibile cogliere le potenzialità e la forza di questa nuova prospettiva, riguardante tutte le persone (e la stessa condizione umana), che possono presentare difficoltà di v ita e situazioni di disabilità.
nella letteratura int ernazionale si applica a tutti gli alunni come “ garanzia diffusa e stabile di pot er partecipare alla vita sco lastica
In particolare, il concetto di inclusione è riconducibile, in buona sost anza, al riconoscim ento di un di ritto, come forma di contrasto al suo opposto, cioè all’esclusione.
e di raggiungere il massimo possibile in termini di apprendimento e di partecipazione” .
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Si tratta, quindi, di garantire la piena partecipazione e il massimo sviluppo poss ibile di tutt i i membri di quella comunità,
Il soggetto di cui si occupa l’incl usione è, dunque,
che devono pot er essere parte attiva del gruppo di appartenenza.
ogni alunno con Bisogni Educativi Speciali.
Prospetti va, questa, sancita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’ONU con l a Convenzione del 2007 (art. 3), nella quale tra i principi generali viene posta “ la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società” . 5
7
Il concetto di Bis ogno Educativo Speciale
Nei Bisogni Educativi Speciali
Riflette una macrocategoria che comprende dentro di sé tutte le possib ili difficoltà educative-apprenditive degli alunni: - le situazioni considerate tradizionalmente come disabilità mentale, fisica, sensoriale; - le situazioni di deficit in specifici apprendimenti clinicamente signific ative, la dislessia, il distur bo da deficit attentivo, ad esempio, e altre varie situazioni di problematicit à psicologica, compo rtamentale, relazionale, appreditiva, di contesto socio-culturale. Prof. Domenico Milito
È centrale il concetto di funzionamento educativo-apprenditivo, intendendo - per apprendimento il frutto di un intreccio tra spinte evolutive endogene e mediazioni educative degli ambienti -per educazione un processo di mediazione tra questo intreccio c he fornisc e stimol i, significati, obiettivi, modelli.
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La “speciale normalità”
Gli alunni con BES Non sono solo quelli in poss esso di una certificazione: 7 nel
concetto di BES rientrano tutt i i vari disturbi/difficoltà di apprendimento, compo rtamento e altre problematicità riconducibili a: - ragioni psi cologiche e ambientali, - cause endogene ed esogene che insieme compr omettono il funzionamento apprenditivo dello studente. 9 9
Si parla oggi di speciale normalità in ragione di quel crescente numero di alunni cos iddetti «normali» che però presentano bisogni educativi speciali, da affront are adeguatamente; si pensi, ad esempio, a: - disturbi dell’apprendimento, - deficit di autostim a, - deficit di motivazione, - situazioni emotive p roblematiche, - comportamenti devianti, - diversità originata dalla presenza di “ culture altre” . 11 11
Inoltre…
Le categorie sovranazionali dell’ OCSE
Sono da considerare le normalissime differenze individuali, delle “ specialità” e singolarità di tutti gl i alunni, che richiedono differenziazioni nella didattica e varie individualizzazioni, riconducibili, ad esempio, a: - differenze di stile nell’elaborazione delle info rmazioni e nell’apprendimento; - pluralità delle intelligenze e degli stili di pensiero, giacchè anche nell’alunno apparentemente più nor male si trovano notevoli differenze e specialità, che vanno incontrate, conosci ute, e a cui va data la possibilità di esprimersi e valorizzarsi.
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Svilu ppo Econ omic o)
L’OCSE ha individuato tre grandi categorie sovranazionali a cui ricondurre le numerose categorizzazioni impiegate dai vari paesi nel defin ire i BES: - disabilità, - difficoltà, - svantaggio .
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Gli alunni con BES
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La scuola “inclusiva”
Rientrano in un f ilone di stud i e di ricerca acquisito da tempo dalla letteratura anglosassone con la dizione Special Educati onal Needs e utilizzato nei Rapporti internazionali. Da noi il termine viene tradotto con Difficoltà di
Si profila, così, un modello di scuola inclusiva attenta alle molteplici diversità rappresentate non sol o dagli alunni certificati, ma anche da coloro c he esprimono bisogni educativi speciali, rendendo sign ificativa la lo ro presenza a livello cognitiv o, comportamentale e psicologico (1).
apprendimento.
Questa categoria di alunni esprime ordinariamente bisogni educativi che sono poi qu elli che manifestano i soggetti in formazione, e cioè identità, autonomia, sicurezza, vivere in un clima sociale positivo e inclusiv o, con la sola differenza che questi ultimi manifestano i loro bisogni in 13 13
(1) D. Milito, Inclusione, integrazione e bisogni educativi ,
15 15
Un nuovo approccio di studio
ICF (Classif icazione Internazionale del Funzionamento, della dis abilità e della salute)
Si impone qui un nuovo approccio d i studi o, analisi e fattibilità da ricondurr e ai nuovi sis temi di classificazione che rovesciano la prospettiva di analisi, in quanto non considerano la menomazione, bensì altri elementi, quali la salute, le potenzialità dell’individ uo, le sue eventuali disabilità in relazione all’ attività e alla partecipazione.
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Ci si riferisce, in particolare all’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della disabil ità e della salute), nuovo strumento elaborato dal 1999 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sulla base dell’ ICIDH-2, per descrivere e misurare la salute e le disabilità della popolazione: si pongon o, perciò, le premesse per individuare compiutamente i bisogni e superare, fino al poss ibile, i limiti all’attività e alle restrizioni alla partecipazione.
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Si delinea come una classif icazione che vuole descriv ere lo stato di s alute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto soci o-culturale di riferimento possono causare disabilità.
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ICF Tramite l’ICF si intende descrivere non l e persone, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al contesto ambientale e sottolineare l’individuo non so lo come persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la globalità.
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ICF
ICF
Descrive le citate situazioni adottando un linguaggio standard e unificato, cercando di evitare fraintendimenti semantici e facilitando la comuni cazione fra i v ari utilizzatori in tut to il mondo.
L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello st ato di salute degli indivi dui, ponendo l a correlazione fra salute e ambiente e pervenendo alla defini zione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.
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A dif ferenza delle precedenti classificazioni (ICD, ora ICD10, che descrive la diagnosi , l’eziologia e la manifestazione clinica della disabilità, e ICIDH), in cui v eniva dato ampio spazio alla descrizione delle malattie dell’indiv iduo, ricorr endo a termini quali malattia, menomazione ed handicap (usati p revalentemente in accezione negativa, con riferimento a situazioni di deficit), nell’ultima cl assificazione l’OMS fa riferimento a termini che analizzano la salute dell’indiv iduo in chiave positiva (funzionamento e salute). 21 21
Non va assolutizzato, giacchè esso, come tutti i sistemi di classificazione, presenta vantaggi e limiti. È da sottolineare, comunque, il valore aggiunt o che può determinarsi p er effetto d i un uso congiunto, complementare tra la decima edizione del mo dello ICDH e lo stesso ICF.
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ICF
L’ambito interno
Le informazioni raccolte da questo si stema di classificazione, che descrivono situazioni relative al funzionamento umano e alle sue restrizioni, sono organizzate in due parti, in modo interrelato e facilmente accessibile.
Il riferimento è riconduc ibile al contesto personale, che può essere causa di Bisogni Educativi Speciali per: - scarsa autostima, - reazioni emozionali eccessive, - scarsa motivazione, - stili attributivi distorti.
La prima parte si oc cupa di “ funzionamento e disabilità” , mentre la seconda riguarda i “ fattori ambientali” , di cui si parlerà analiticamente in una lezione successiva 24 24
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L’ambito esterno In considerazione del fatto che l’ICF implica un approccio che non s i riferisce alla disabilità o alle diverse patologie, bensì alla salute e al funzionamento globale, i Bisogni Educativi Speciali vanno letti in un’ott ica di salute e di funzionamento come frutto di relazioni tra vari ambiti int erni ed esterni al soggetto. 25 25
Ci si riferisce al contesto ambientale, che può or iginare varie combinazioni di BES in caso di: - famiglia problematica, - contesto cult urale e linguistico di verso, - -situazione soc io-economica diffi cile, - atteggiamenti ostili, indifferenza o rifiuto, - barriere architettonich e
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Prospettiva promozionale di sviluppo
Direttiva Miur del 27 dicembre 2012 e Indicazioni operative
Per assicurare una prospettiva promozionale dello sviluppo di tutti e di ciascuno risulta fondamentale e strategica la promozione di interventi centrati sul soggetto e sul contesto di vita, in uno scenario di inclusione e integrazione.
Il 27 dicembre 2012 è stata diramata la Direttiva concernente gli “ Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” , che delinea e precisa la strategia
inclusiva della scuola italiana al fine di realizzare appieno il dirit to all’apprendimento per tutti gli alunni e gli stu denti in situazione di diffic oltà.
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La Direttiva ridefinisce e comp leta il tr adizionale approccio all’integrazione scolastica, basato sulla certificazione della disabilità, estendendo il campo di i ntervento e di responsabilità di tut ta la comunità educante all’intera area dei Bisogni Educativi Speciali (BES), comprendente:
TFA Secondo Modulo: Interventi didattic i per i B ES
Interventi psicopedagogici e strumenti didattici
4 april e 2013
Con la C.M. n. 8 del 6 marzo 2013 sono state, poi, diramate le “ Indicazioni operative” . 2
- svantaggio soci ale e culturale, - disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, - diffic oltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a cul ture diverse.
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Strumento privilegiato* È il percorso ind ividualizzato e personalizzato, redatto in un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che ha lo scopo di: definire, monitorare e documentare (secondo un’elaborazione coll egiale, correspons abile e partecipata) le strategie di int ervento più idonee e i criteri di valutazione degli apprendimenti.
La Direttiva ben chiarisc e come la presa in caric o dei BES debba essere al centro dell’attenzione e dello sforzo con giunto della scuola e della famiglia.
*da: C.M. n. 8 del 6 marzo 2013 4
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Il PDP
Il PDP
In questa nuova e più ampia ottic a, il Piano Didattic o Personalizzato non p uò più essere inteso co me mera esplicitazione di st rumenti compensativi e dis pensativi per gli alunni con DSA. Esso è lo strumento in cui si potranno includ ere: - progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES, privi di q ualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), - strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didattico-strumentale. 5
È necessario che l’attivazione di un percorso i ndividualizzato
e personalizzato per un alunno con Bisogni Educativi Speciali sia deliberata in Consiglio di classe (ovvero, nelle scuole prim arie, da tutti i componenti del team docenti), dando luogo al PDP, firmato d al Dirigente scol astico (o da un docente da questi specificamente delegato), dai docenti e dalla famiglia. Nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili per finalità isti tuzionali, si avrà cura di in cludere nel PDP apposita autorizzazione da parte della famiglia. 7
Alunni con DSA e di sturbi evolutivi specifici Ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti moti veranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche; ciò al fi ne di evitare contenzioso .
Per quanto riguarda gli alunni in pos sesso di un a diagnosi di DSA rilasciata da una struttura privata, si raccomanda (nelle more del rilascio della certificazione da parte di strut ture sanitarie pubbliche o accreditate) di adottare preventiv amente le misure previs te dalla Legge n. 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il t eam dei docenti d ella scuola primaria ravvisino e riscont rino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibi li al disturbo.
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Alunni con DSA e di sturbi evolutivi specifici A titolo esemplificativo, sul sit o del MIUR saranno pubblicati alcuni modelli di PDP: http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/dsa
9
Si registrano num erose segnalazioni relative ad alunni (già sottopo sti ad accertamenti diagnosti ci nei primi mesi di scuola) che, riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad ottenere la certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente avrebbero diritto. Si evidenzia la necessità di superare e risolvere le diffi coltà legate ai tempi di rilascio delle certific azioni (in molti casi superiori ai s ei mesi) adottando com unque un pi ano didattico individualizzato e personalizzato nonché t utte le misure che le esigenze educative riscontrate richiedono. 11
Per gli alunni con BES Per questi alunn i, e in particolare per color o che sperimentano difficol tà derivanti dalla non conosc enza della lingua italiana (per esempio alunn i di ori gine straniera di recente immigrazione e, in specie, coloro che sono entrati nel nostro s istema scolastico nell’ultimo anno) è parimenti possibile attivare percorsi individualizzati e personalizzati, oltre che adottare strumenti compensativi e mis ure dispensative (ad esempio, la dispensa dalla lettura ad alta voce e le attivi tà ove la lettura è valutata, la scrittura veloce sotto dettatura, ecc.), con le stesse modalità sopra indicate.
Negli anni terminali di ciascun cicl o scolastico , in ragione degli adempimenti connessi agli esami di Stato, le certificazioni dovranno essere presentate entro il termine del 31 marzo, come previs to all’art.1 dell’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni sul le certificazioni per i DSA (R.A. n. 140 del 25 luglio 2012).
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Area dello sv antaggio socioeconomico, linguistico e culturale Si richiama l’attenzione su quell’area che interessa lo svantaggio socioeconomico, linguisti co, culturale. La Direttiv a, a tale proposit o, ricorda che “ ogni alunno , con contin uità o per determinati periodi, può manifestare Biso gni Educativi Speciali per: - motivi fisici , biologici, fisiologici - motivi psicologi ci, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuol e offrano adeguata e personalizzata rispos ta” . Tali tipol ogie di B ES dovranno essere indivi duate sulla base di elementi oggettivi (come, ad esempio, una segnalazione degli operatori d ei servizi soci ali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche. 13
In tal caso si avrà cura di monit orare l’efficacia degli interventi affinché siano messi in atto per il tempo strettamente necessario. Pertanto, a differenza delle situazioni di d isturbo documentate da diagnos i, le misure dispensative, nei casi sopra richiamati, avranno carattere transitorio e attinente aspetti di dattici, privi legiando dunq ue le strategie educative e didattiche attraverso percorsi personalizzati, più che strumenti compensativi e misure dispensative.
15
Suggerimenti
Il GLI In relazione alle ris orse effettivamente assegnate alla scuola (ovvero, secondo la previsi one dell’art. 50 della L.35/2012, alle reti di scuole ), il Gruppo prov vederà ad un adattamento d el Piano, sulla base del quale il Diri gente scolastico procederà all’assegnazione definitiva delle risorse, sempre in termini “ funzionali” . A tal punto i s ingoli GLHO completeranno la redazione del PEI per gli alunn i con di sabilità di ciascuna classe, tenendo conto di quanto indic ato nelle Linee guida del 4 agosto 2009 (Linee guida per l’in tegrazione scol astica degli alunni
Il Gruppo , coordinato dal Dirigente scolastic o o da un suo delegato, potrà avvalersi della consu lenza e/o supervisi one di esperti esterni o interni, anche attraverso accordi con soggetti istituzionali o del privato soc iale e, a seconda dell e necessità (ad esempio, in caso di istituto com prensivo od onnicom prensivo), articolarsi anche per gradi scolastici.
con dis abilità) 20 Prof. Domenico Milito
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Suggerimenti Dal punto di vi sta organizzativo , pur nel rispetto delle autonome scelte delle scuole, si suggerisce che il Gruppo svo lga la propria attività riunendos i (per quanto riguarda le riso rse specifich e presenti: insegnanti per il s ostegno, AEC, assis tenti alla comunic azione, funzioni strum entali, ecc.), con una c adenza, ove possibi le, almeno mensile, nei tempi e nei modi c he maggiormente si confanno alla complessi tà interna della scuola, ossia in orario di servizio ovvero in orari aggiuntivi o funzionali (come pr evist o dagl i artt . 28 e 29 del CCNL 2006/2009), potendo far ri entrare la partecipazione alle attività del gru ppo nei compensi g ià pattuiti per i docenti in sede di contrattazione integrativa di istituto.
21
Il GLI All’inizio di ogni anno scolastico il Gruppo propone al Collegio dei Docenti una programmazione degli ob iettivi da perseguire e delle attività da porre in essere, che conflui sce nel Piano annuale per l’Inclusività. Al termine dell’anno scolastico, il Collegio procede alla verifica dei risultati raggiunti.
23
Nel P.O.F
1. DATI GENERALI
Occorre che trovino esplicitazione: -un concreto impegno programmatico per l’inclusione, basato su una attenta lettura del grado di inclus ivit à della scuol a e su obiettiv i di migl ioramento, da perseguire nel senso della trasversalità delle prassi di inclusione negli ambiti dell’insegnamento curricolare, della gestione delle classi , dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scol astici, delle relazioni tra docenti, alunni e famigl ie - criteri e procedure di utilizzo “ funzionale” delle risorse professionali presenti, privil egiando, rispetto a una logica meramente quantitativa di distribuzione degli organici, una logica “ qualitativa” , sulla base di un progetto di inc lusione condiviso con famiglie e servizi socio-sanitari che recuperi l’ aspetto “ pedagogico” del percorso di apprendimento e l’ambito specifico di competenza della scuola; - l’i mpegno a partecipare ad azioni di formazione e/o di p revenzione conco rdate a liv ello territori ale. 24
Nome e Cognome Data di nascita Classe Insegnante referente Diagnosi medicospecialistica
redatta in data… da… presso…
Interventi pregressi e/o contemporanei al percorso scolastico
effettuati da… presso… periodo e frequenza….. modalità….
Scolarizzazione pregressa
Documentazione relativa alla scolarizzazione e alla didattica nella scuola dell’infanzia
Rapporti scuola-famiglia
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Si riporta, a mò di esempio, il format ministeriali di PDP
2. FUNZIONAMENTO DELLE ABIL ITÀ DI LETTURA, SCRITTURA E CALCOLO
per i DSA (scuola primaria)
Lettura
Format Miur Piano Didattico Personalizzato Scuola primaria
Elementi desunti dalla diagnosi
Elementi desunti dall’osservazion e in classe
Elementi desunti dalla diagnosi
Elementi desunti dall’osservazion e in classe
Velocità Correttezza Comprensione
ISTITUZIONE SCOLASTICA: …………………………………………… ANNO SCOLASTICO: ……………………………………………… ALUNNO: ………………………………………………….
Scrittura
Grafia Tipologia di errori Produzione 25
27
Elementi desunti dalla diagnosi
Calcolo
Misure dispensative/strumenti compensativi/tempi aggiuntivi :
Elementi desunti dall’osservazione in classe
Mentale Macroarea linguisticoespressiva
Per iscritto Eventuali disturbi nell'area motorio-prassica: Altro
Macroarea logico-matematicascientifica
Ulteriori disturbi associati:
Macroarea storico-geograficasociale
Bilinguismo o italiano L2: Livello di autonomia:
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4. VALUTAZIONE L'alunno, nella valutazione delle diverse discipline, si avvarrà di:
3. DIDATTICA PERSONALIZZATA Strategie e metodi di insegnamento :
Disciplina Macroarea linguisticoespressiva
Misure dispensative
Strumenti compensativi
Tempi aggiuntivi
Italiano
Macroarea logico-matematicascientifica
Matematica
Macroarea storico-geograficasociale
Lingua Inglese ….. ….. 29
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I DSA
TFA Secondo Modulo: Interventi didattic i per i B ES
Si collocano in tale scenario. Essi si manifestano in presenza di capacità cogniti ve adeguate, in assenza di patologi e neurologic he e di defic it sensoriali, ma che possono cos tituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana .
I DSA nell’ambito dei BES
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3 Prof. Domenico Milito
Il concetto di Bis ogno Educativo Speciale Riflette una macrocategoria che comprende tutte le possib ili difficoltà educative-apprenditive degli alunni:
La normativa di riferimento a) Legge n. 170 dell’8 ot tobre 2010 b) Decreto Ministeriale n. 5669 del 12 luglio 2011
- in situazioni di disabilità mentale, fisic a, sensoriale, - con deficit i n specifici apprendimenti clinicamente
c) Linee Guida per il diritto allo stud io di alunni e studenti con DSA del 2011
significativi, - con problematicità psicologica, comportamentale, relazionale, appreditiva, di contesto socio-culturale
2
4
a) La Legge n. 170/2010
b) D.M. 12 luglio 2011 In attu azione dell a Legge n. 170/2010
È la Legge n. 170 dell’8 ott obre 2010 che, rico noscendo i Disturbi Specifici di Apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia, discalculi a), sancisce l a necessità di:
è stato emanato il Decreto Minis teriale n. 5669 del 12 luglio 2011 che riporta in allegato
- favorire la diagnosi pr ecoce e percorsi didattici riabilitativi, - incrementare la comunicazione e la collaborazione tra
famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione, - assicurare eguali opportun ità di sv iluppo delle capacità in ambito sociale e professionale.
le Linee Guida per il diritt o allo studio di alunni e studenti con DSA.
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Tale decreto individua: La Legge n. 170/2010
- le modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti
scolastici,
- sancisce il diritto all’istruzione
- focalizza la necessità di favorire il successo scolastico, anche attraverso mis ure didattiche di supporto , garantendo una formazione adeguata e promuov endo lo sviluppo delle potenzialità degli alunni con DSA.
- le misure educative e didattiche di supporto utili a
sostenere il corretto processo di insegnamento/apprendimento fin dalla scuola dell’infanzia, - le forme di verifica e di valutazione per garantire il dirit to
allo studio degli alunni e degli stud enti con diagnosi di DSA delle scuole di ogni or dine e grado del sist ema nazionale di istruzione e nelle università . 6
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1. I percorsi didattici individualizzati e personalizzati
In tale contesto La scuola è individuata come il soggetto poli tico-istituzionale al quale affidare il compito di prendersi cura del soggetto c on DSA, adottando i nterventi che favoriscano l’individuazione precoce del disturbo e gestendo tutte le azioni che possono portare ad un superamento delle diffi coltà specifiche (1).
- Articolano gli obiettivi, compresi all’interno delle
indicazioni currico lari nazionali per il primo e per il secondo ciclo, sull a base del livello e delle modalit à di apprendimento dell’alunno con DSA - Adottano proposte di insegnamento che tengono cont o delle abilità poss edute e potenziano anche le funzioni no n coinvolte nel disturbo.
(1) D. Milito , Disturbi Specifici di Apprendimento e successo scolastico , Anici a, Roma, 2012 9 Prof. Domenico Milito
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I percorsi didattici
2. Strumenti comp ensativi e misure dispensative
I percorsi didattici da privi legiare con gli alunni affetti da DSA sono focalizzati su: 1.didattica individualizzata e personalizzata 2.strumenti compensativi e mis ure dispensative 3.adeguate form e di verif ica e di v alutazione.
Sono indicati nel Piano Didattic o Indiv idualizzato (PDP)
Si incide, in buona sostanza, sul piano metodologi co e non su quello contenutistico. 10
12
I DSA nelle Linee guida
3. Forme di verific a e di valutazione La valutazione, periodica e finale, degli alunni con DSA deve essere coerente con gli interventi pedagogico-didattici. Le scuole sono chi amate ad adottare modalità valutativ e che consentano all’alunno con DSA di dimostrare effettivamente il liv ello di apprendimento raggiunto , mediante l’applicazione di mis ure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare .
Riprendono le definizioni d ei disturbi specifici dell’ apprendimento già espresse nel testo della Legge n. 170/2010.
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I DSA nelle Linee guida
c) Le Linee guida del 2011 Viene precisato che: - Presentano
alcune indicazioni, elaborate sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche, per realizzare interventi didattici individualizzati e personalizzati, nonché per utilizzare gli strumenti compensativi e per applicare le misure dispensative - Indicano il livello essenziale delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche per garantire il diritto allo studi o degli alunni con DSA 14
-la dislessia, da un punto di vi sta clini co, si manifesta attraverso una mino re correttezza e rapidità della lettura a voce alta risp etto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata, istruzione r icevuta; -la disgrafia, che interessa la grafia, si manif esta in una minor e fluenza e qualità dell’aspetto grafico della scrittura e fa riferimento al controll o degli aspetti gr afici, formali, della scri ttura manuale; essa è coll egata al momento m otori o-esecuti vo della prestazione; una minore correttezza del testo scritto , riguarda, invece, l’utili zzo, in fase di scri ttura, del codice linguistico in quanto tale; la disgrafia, quindi, si può definire come un disordine di codifi ca del testo scritto; 16
I DSA nelle Linee guida
I DSA nelle Linee guida
-la disortografia, che interessa l’or tografia, riguarda un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura, responsabili della transcodifica del linguaggio orale nel linguaggio scritto;
Le Linee guida riprendono il riferimento alla didattica individualizzata e personalizzata, specificando che:
- la discalculia, infin e, investe l’abili tà di calcolo, sia nella compon ente
“ individualizzato” è l’intervento calibrato sul singol o, anziché sull’int era classe o sul piccol o gruppo,
dell’or ganizzazione della cogni zione numerica (intelligenza numerica basale), sia in quella delle proc edure esecutiv e .
che diviene “ personalizzato” quando è rivolto ad un particolare alunno. 17 Prof. Domenico Milito
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I DSA nelle Linee guida
L’azione formativa individualizzata
Fanno riferimento alla comorbilità,
Pone “ obiettivi comuni” per tutti i componenti del gruppoclasse,
giacchè i disturbi sp ecifici dell’apprendimento, ma è concepita adattando l e metodologie in f unzione delle caratteristiche indi viduali dei discenti,
pur i nteressando abilità di verse, possono coesistere in una stessa persona.
con l’ob iettivo di assicurare a tutti i l conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo ,
18
implicando di rivolgere particolare attenzione alle differenze individuali in rapporto ad una pluralità di dimensioni . 20
L’azione formativa personalizzata È la sinergia fra Si prefigge l’obiettivo di dare a ciascun alunno l’opportunità di sviluppare al meglio le prop rie potenzialità;
didattica indi vidualizzata e personalizzata che determina le condizioni più favorevoli
in tal modo è possibile prevedere “ obiettivi diversi” per ciascun alunno,
per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento
(2).
essendo l’intervento f ormativo strettamente legato a quello specifico e unic o alunno/studente a cui ci rivolgiamo. (2) D. Milito , Inclusione, integrazione e bisogni educativi speciali , Anicia, Roma, 2012 21
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Strumenti compensativi e misure dispensative
Didattica individualizzata e didattica personalizzata
nelle Linee guida
La didattica individualizzata consi ste nelle attivi tà di recupero individuale che possono essere svol te dall’alunno per potenziare determinate abili tà o per acquisir e specifich e competenze, anche nell’ambito delle strategie compensative e del metodo di studi o. La didattic a personalizzata calibra l’of ferta didattica e le modalità relazionali sulla specifi cità e unic ità a livello perso nale dei biso gni educativi che caratterizzano gli alunni della classe, considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo: si può favorire, così, l’accresci mento dei punti di for za di ciascun alunno, lo svil uppo co nsapevole delle sue “ preferenze” e del suo talento . 22
Le Linee guida specificano che: - gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostitui scono o f acilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria, - le misure dispensative sono gli interventi che consentono
di non svolgere alcune prestazioni, ch e, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l’apprendimento . 24
Strumenti compensativi Sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’ abilità deficitaria. Fra i più noti si ricordano: · la sintesi v ocale, che trasforma un comp ito di l ettura in un compi to di ascolto; · il registratore, che consente all’alunno o allo stud ente di non scriv ere gli appunti della lezione; · i programmi di video scrittura con c orrettore ortografico, che permettono la produzione di testi suf fici entemente corretti senza l’affaticamento della rilettur a e della contestuale corr ezione degli error i; · la calcol atrice, che facili ta le operazioni di calcolo; · altri s trumenti tecnol ogic amente meno evoluti quali tabelle, form ulari, mappe concettuali, etc.
Gli strumenti comp ensativi sollevano l’alunno con DSA da una prestazione resa diffi coltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo.
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Misure dispensative
Altri strumenti compensativi: •tabelle delle misure, delle formule geometriche, fisiche, chimiche;
calcolatrice; •registr atore: è l’insegnante a indicare la parte di lezione essenziale da regist rare (ad esempio, il ri epilogo d i fine lezione); •cartine geografiche e storiche, tabelle della memoria di ogni tipo; •computer con programmi d i videoscrittura con correttore ortografico ed eventualmente sintesi vocale; •registr azioni (dai docenti, dagli alunni, e/o allegate ai testi ), mediante anche la predisposizione in ogni scuola di una fonoteca scolastica contenente il testo parlato dei li bri i n adozione, e altri testi cul turalmente significativi, •audiovisivi; di zionari elettronici; •tabella dei mesi, dell’alfabeto e dei vari c aratteri; •tabelle relativa alle difficoltà ortografiche; •tavola pitagorica; dizionari di lingua straniera computerizzati; •tabelle; 26
Sono, invece, interventi che consentono all’alunno di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente diffic oltose e che non migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è ut ile far leggere a un alunn o con dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio, per vi a del disturb o, non mi gliora la sua prestazione nella lettura .
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Misure dispensative - dispensa dallo stud io delle lingue straniere in forma scritt a, a causa
L’adozione delle misure dispensative, al fine di non creare percorsi i mmotivatamente facilitati, che non mirano al successo formativo d egli alunni con DSA, dovrà essere sempre valutata sull a base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale, comunque, da non dif ferenziare, in ordine agli obiettiv i, il percorso di apprendimento dell’alunno.
della diffic oltà rappresentata dalla diff erenza tra scritt ura e pronunci a; - tempi più lunghi per le prove scritte e lo studio, mediante un’adeguata organizzazione degli spazi e un flessi bile raccord o tra gli in segnanti; -valutazione delle prove scrit te e orali con modalità che tengano conto del contenuto e non della form a; - organizzazione di interrog azioni pro grammate e somm inis trazione di massimo un a verifi ca/interrogazione al giorno; - assegnazione di compi ti a casa in misura ridotta; - possibilità di uso di testi ridotti, non come contenuti, ma come quantità totale di caratteri e di pagine (testi f acilitati).
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Misure dispensative
La famiglia
In tale scenario, in maniera commis urata alle necessità indivi duali e all’entità del dist urbo d i apprendimento, deve essere garantita la disp ensa da alcune pr estazioni, quali: -lettura a voce alta, scri ttura sot to dettatura, scri ttura alla lavagna, copiatur a dalla lavagna,-lettura autonoma di brani la cu i lu nghezza non sia compatibile con il li vello di abilità; -attiv ità in c ui l a lettura sia la prestazione valutata; -copiatura di testi o di esercizi nelle verifiche, nelle esercitazioni e nei compi ti a casa, disegni tecnici, uso del vocabolario, scr ittur a e lettura di numeri romani; studio mnemonico, per esempio di poesie, di regole grammaticali, di definizioni , di tabelli ne; -dispensa dal prendere appunti, in quanto compit o cognit ivo, non automatico (che, quindi, impedisce l’altro compito cognitivo di comprensione di quanto spiegato); 30
Un ruolo importante è riservato alla famiglia, che: - si avvede per prima delle difficoltà del proprio f iglio o figlia, - ne informa la scuol a, sollecitandola ad un periodo di
osservazione.
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La diagnosi
La scuola Al fine di avviare il percorso per la diagnosi, provvede a segnalare alla famiglia le eventuali evidenze di un possibi le disturbo specifico di apprendimento, riscontrate nelle prestazioni quotidi ane in classe e persistenti nonostante l’applicazione di adeguate attività di recupero didattic o mirato.
La diagnosi dei DSA, come sancito dall’art. 3 della Legge n. 170/2010, è effettuata nell’ambito dei trattamenti specialis tici già assicurati dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ed è comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente. Pur non disponendo al momento di marker fisic i per i DSA, che vengono diagnosticati su lla base di un quadro complesso di valutazioni cliniche, di risultati ai test standardizzati, di osservazioni dirette sia del clinic o che della famigli a e della scuola , la diagnosi viene emessa sulla base del giudizio clinic o dello specialista.
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La scuola La legge tende a promuovere lo sviluppo delle potenzialità e la riduzione dei disagi relazionali ed emozionali, cosicchè, in presenza di studenti che, nonostante adeguate attività di recupero didattic o mirato, presentino persistenti diffi coltà, la scuola trasmette apposita comunicazione alla famiglia, affinchè questa si attivi tempestivamente, ricorrendo a interventi idonei, anche se l’esito di tali attività non costit uisce, comunque, una diagnosi di DSA.
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Una volta accertata la diagnosi di DSA all’alunno deve essere garantita una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilingui smo, con il ric orso ad una metodologia e ad una strategia educativa “adeguate”, come, del resto, esplicitato più dettagliatamente nelle Linee guida del Miur allegate al Decreto Mini steriale del 12 luglio 2011.
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I docenti
La certificazione di DSA
I docenti che si t rovano ad operare in una classe in cui sono presenti alunni c on DSA sono chi amati a confron tarsi con i l “ referente d’Istituto” , figura istituzionale introdotta dalla recente normativa al fine di svol gere una funzione di supporto nell’applicazione didattica prop osta, sulla base di una formazione specifica adeguata.
Viene consegnata dalla famigl ia ovvero dallo s tudente di maggiore età alla scuola o all’univ ersità, che intraprendono le iniziative ad essa conseguenti.
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La formazione in servizio
Il docente Fondamentale in tale scenario rimango no
È chiamata in causa la formazione in servizio intesa come funzionale a fornire ai docenti competenze adeguate a fronteggiare e a risolvere il problema, con la cons eguente capacità di applicare strategie didattiche, metodologiche e valutative idonee.
la funzione e il ruolo del doc ente nella gestione della classe con alunn i con DSA nella promozione del proc esso di insegnamento/apprendimento negli alunni in difficoltà. 38
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L’azione richiesta implica per ogni docente la revisione delle proprie impostazioni didattiche, allontanandosi da una didattica standardizzata e focalizzando l’attenzione su una serie di momenti che dalla fase di pianificazione, attraverso un monitoraggio continuo, possa tenere in debita considerare la verifica periodica dei risultati e degli obiettivi proposti con momenti di riesame della situazione, modificando, ove necessario, l’azione o adeguando la compensazione tecnologica a disposi zione.
TFA Secondo Modulo: Interventi didattic i per i B ES
La normativa Miur per l’inclusione dei BES
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Gli alunni con BES
La filosofia di fondo È quella di dovere rimuovere ogni fattore che possa provocare momenti ansiogeni e squilibri negli alunni tendenti a percepire il su ccesso nell’apprendimento come loro “irraggiungibile”.
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Gli alunni che evidenziano Bisogni Educativi Speciali non sono solo quelli in possesso di una certificazione: nel concetto di BES rientrano tutti i vari disturbi/difficoltà di apprendimento, comportamento e altre problematicità riconducibili a ragioni psicologiche e ambientali, a cause endogene ed esogene che insieme compromettono il funzionamento apprenditivo dello studente (1)
(1) D Milito, Inclusione, integrazione e Bisogni Educatici Speciali, Anicia, Roma, 2012
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Direttiva Miur del 27 dicembre 2012
Nei Bisogni Educativi Speciali è centrale il concetto di
“Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”
funzionamento educativo-apprenditivo, intendendo per apprendimento il frutto di un intreccio tra spinte evolutive
endogene e mediazioni educative degli ambienti e per educazione un processo di mediazione tra questo intreccio che fornisce stimoli, significati, obiettivi, modelli.
C.M. n. 8 del 6 marzo 2013 Indicazioni operative
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Direttiva Miur del 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”
La normativa Miur per l’incl usione dei BES
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Premessa I principi che sono alla base del nostro modello di integrazione scolastica (assunto a punto di riferimento perle politiche di inclusione in Europa e non solo) hanno contribuito a fare del sistema di istruzione italiano un luogo di conoscenza, sviluppo e socializzazione per tutti, sottolineandone gli aspetti inclusivi piuttosto che quelli selettivi. Forte di questa esperienza, il nostro Paese è ora in grado, passati più di trent’anni dalla Legge n. 517 del 1977, che diede avvio all’integrazione scolastica, di considerare le criticità emerse e di valutare, con maggiore cognizione, la necessità di ripensare alcuni aspetti dell’intero sistema 7
A questo riguardo è rilevante l’apporto, anche sul piano culturale, del modello diagnostico ICF (I ) dell’OMS, che considera la C persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psicosociale. Fondandosi sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, il modello ICF consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell’alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni.
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Gli alunni con disabilità si trovano inseriti all’interno di un contesto sempre più variegato, dove la discriminante tradizionale (alunni con disabilità /alunni senza disabilità) non rispecchia pienamente la complessa realtà delle nostre classi.
In questo senso, ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.
Anzi, è opportuno assumere un approccio decisamente educativo, per il quale l’identificazione degli alunni con disabilità non avviene sulla base della eventuale certificazione, che certamente mantiene utilità per una serie di benefici e di garanzie, ma allo stesso tempo rischia di chiuderli in una cornice ristretta.
Va quindi potenziata la cultura dell’inclusione , e ciò anche mediante un approfondimento delle relative competenze degli insegnanti curricolari, finalizzata ad una più stretta interazione tra tutte le componenti della comunità educante.
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I Bisogni Educativi Speciali L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di s per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse. Nel variegato panorama delle nostre scuole la complessità delle classi diviene sempre più evidente. Prof. Domenico Milito
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Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: S ). E In essa sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. 12
“Disturbi evolutivi specifici” Intendiamo, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria , ricomprendendo, per la comune origine nell’età evolutiva, anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico. Prof. Domenico Milito
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“Disturbi evolutivi specifici” Per molti di questi profili i relativi codici nosografici sono ricompresi nelle stesse categorie dei principali Manuali Diagnostici e, in particolare, del manuale diagnostico ICD10, che include la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e utilizzata dai Servizi Sociosanitari pubblici italiani. 14
Tutte queste differenti problematiche, ricomprese nei disturbi evolutivi specifici, non vengono o possono non venir certificate ai sensi della Legge n. 104/92, non dando conseguentemente diritto alle provvidenze ed alle misure previste dalla stessa legge quadro, e tra queste, all’insegnante per il sostegno. La Legge n. 170/2010, in tal senso, rappresenta un punto di svolta poiché apre un diverso canale di cura educativa, concretizzando i principi di personalizzazione dei percorsi di studio enunciati nella Legge n. 53/2003, nella prospettiva della “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto, non solo dall’insegnante per il sostegno. Prof. Domenico Milito
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Alunni con disturbi specifici Gli alunni con competenze intellettive nella norma o anche elevate, che, per specifici problemi, possono incontrare difficoltà a Scuola, devono essere aiutati a realizzare pienamente le loro potenzialità. Fra essi, alunni e studenti con DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) sono stati oggetto di importanti interventi normativi, che hanno ormai definito un quadro ben strutturato di norme tese ad assicurare il loro diritto allo studio. 16
Tuttavia, è bene precisare che alcune tipologie di disturbi, non esplicitati nella Legge n. 170/2010, danno diritto ad usufruire delle stesse misure ivi previste in quanto presentano problematiche specifiche in presenza di competenze intellettive nella norma.
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Si tratta, in particolare, dei disturbi con specifiche problematiche nell’area del linguaggio (disturbi specifici del linguaggio o, più in generale, presenza di bassa intelligenza verbale associata ad alta intelligenza non verbale) o, al contrario, nelle aree non verbali (come nel caso del disturbo della coordinazione motoria, della disprassia, del disturbo non-verbale o, più in generale, di bassa intelligenza non verbale associata ad alta intelligenza verbale, qualora però queste condizioni compromettano sostanzialmente la realizzazione delle potenzialità dell’alunno) o di altre problematiche severe che possono compromettere il percorso scolastico (come per esempio un disturbo dello spettro autistico lieve, qualora non rientri nelle casistiche previste dalla Legge 104).
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Alunni con deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività
Alunni con deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività
L’acronimo A.D.H.D. ( )è corrispondente all’acronimo che si usava per l’Italiano di D.D.A.I. – Deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività. L’ADHD, che si può riscontrare anche spesso associato ad un DSA o ad altre problematiche, ha una causa neurobiologica e genera difficoltà di pianificazione, di apprendimento e di socializzazione con i coetanei. Si è stimato che il disturbo, in forma grave tale da compromettere il percorso scolastico, è presente in circa l’1% della popolazione scolastica, cioè quasi 80.000 alunni [fonte Istituto Superiore di Sanità
Il percorso migliore per la presa in carico del bambino/ragazzo con ADHD si attua senz’altro quando è presente una sinergia fra famiglia, scuola e clinica. Le informazioni fornite dagli insegnanti hanno una parte importante per il completamento della diagnosi e la collaborazione della scuola è un anello fondamentale nel processo riabilitativo.
(I.S.S.)]
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Funzionamento cognitivo minimo
Alunni con deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività Con notevole frequenza l'ADHD è in comorbilità con uno o più disturbi dell’età evolutiva: -disturbo oppositivo provocatorio; -disturbo della condotta in adolescenza; -disturbi specifici dell'apprendimento; -disturbi d'ansia; -disturbi dell'umore, etc. 20
Anche gli alunni con potenziali intellettivi non ottimali, descritti generalmente con le espressioni di funzionamento cognitivo (intellettivo) limite (o borderline), ma anche con altre espressioni (per es. disturbo evolutivo specifico misto, codice F83) e specifiche differenziazioni, qualora non rientrino nelle previsioni delle Leggi 104/92 o 170/2010, richiedono particolare considerazione.
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Funzionamento cognitivo minimo
Adozione di strategie di intervento per i BES
Si tratta di bambini o ragazzi il cui QI globale (quoziente intellettivo) risponde a una misura che va dai 70 agli 85 punti e non presenta elementi di specificità. Per alcuni di loro il ritardo è legato a fattori neurobiologici ed è frequentemente in comorbilità con altri disturbi. Per altri, si tratta soltanto di una forma lieve di difficoltà tale per cui, se adeguatamente sostenuti e indirizzati verso i percorsi scolastici più consoni alle loro caratteristiche, gli interessati potranno avere una vita normale. Gli interventi educativi e didattici hanno come sempre un’importanza fondamentale. Prof. Domenico Milito
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Adozione di strategie di intervento per i BES
È evidente la necessità di elaborare un percorso individualizzato e personalizzato per alunni e studenti con bisogni educativi speciali, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato, individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES, ma articolato, che serva come strumento di lavoro i per gli insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate. 24
Le scuole, con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico, possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge n. 170/2010 (D.M. 12 luglio/2011), meglio descritte nelle allegate Linee guida. Prof. Domenico Milito
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L’équipe di docenti specializzati (docenti curricolari e di sostegno) Ferme restando la formazione e le competenze di carattere generale in merito all’inclusione, tanto dei docenti per le attività di sostegno quanto per i docenti curricolari, possono essere necessari interventi di esperti che offrano soluzioni rapide e concrete per determinate problematiche funzionali. Si fa riferimento soprattutto a risorse interne ossia a docenti che nell’ambito della propria esperienza professionale e dei propri studi abbiano maturato competenze su tematiche specifiche della disabilità o dei disturbi evolutivi specifici. 26
L’équipe di docenti specializzati (docenti curricolari e di sostegno)
Specifica che:
Possono pertanto fare capo ai Centri Territoriali di Supporto (CTS) équipe di docenti specializzati, sia curricolari sia per il sostegno, che offrono alle scuole, in ambito provinciale, supporto e consulenza specifica sulla didattica dell’inclusione. La presenza di docenti curricolari nell’equipe, così come nei GLH di istituto e di rete, costituisce un elemento importante nell’ottica di una vera inclusione scolastica Prof. Domenico Milito
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La Direttiva del 27 dicembre 2012 ridefinisce e completa il tradizionale approccio all’integrazione scolastica, basato sulla certificazione della disabilità, estendendo il campo di intervento e di responsabilità di tutta la comunità educante all’intera area dei Bisogni Educativi Speciali (BES), comprendente: - svantaggio sociale e culturale, - disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.
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Specifica che: La Direttiva del 27 dicembre 2012 estende a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi enunciati dalla Legge 53/2003.
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Il PDP
Consigli di classe e teams dei docenti Fermo restando l'obbligo di presentazione delle certificazioni per l'esercizio dei diritti conseguenti alle situazioni di disabilità e di DSA, è compito doveroso dei Consigli di classe o dei teams dei docenti nelle scuole primarie indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o dispensative, nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni.
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È necessario che l’attivazione di un percorso individualizzato e personalizzato per un alunno con Bisogni Educativi Speciali sia deliberata in Consiglio di classe, ovvero, nelle scuole primarie, da tutti i componenti del team docenti, dando luogo al PDP, firmato dal Dirigente scolastico (o da un docente da questi specificamente delegato), dai docenti e dalla famiglia. Nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili per finalità istituzionali, si avrà cura di includere nel PDP apposita autorizzazione da parte della famiglia. Prof. Domenico Milito
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Il PDP Strumento privilegiato è il percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che ha lo scopo di definire, monitorare e documentare, secondo un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata, le strategie di intervento più idonee e i criteri di valutazione degli apprendimenti.
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Ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare contenzioso .
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C.M. n. 8/2013 Prefigura: - l’attivazione del Gruppo di lavoro e di st udio d’Istit uto (GLHI) che assume la denominazione di Gruppo di lavoro p er l’inclusione, con il precipuo c ompito di elaborare una propost a di Piano Annuale per l’Inclusiv ità riferito a tutti gli alunni c on BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno) - l’inserimento nel P.O.F. della scuola di un concreto impegno programmatico per l’inclusione,
TFA Terzo Modulo: Interventi per l’integrazione scol astica dei disabili - I diritti delle persone disabili nelle Convenzioni internazionali dell’ONU e le
Linee guida del Miur - 17 aprile 2013 - Gli strumenti di progettazione curricolare per l’integrazione dei disabili -
18 aprile 2013 - Le strategie metodologico-didattiche per l’integrazione dei disabili -
22 aprile 2013 - I sistemi di classificazione - 23 aprile 2013
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La filosofia di fondo 1^ intervento
La presa in carico dei BES deve essere al centro dell’attenzione e dello sforzo cong iunto della scuol a e della famigli a.
I diritti delle persone disabili nelle Convenzioni internazionali dell’ONU e le Linee guida del Miur
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Dichiarazione di Ginevra del 1924
Primo documento internazionale dedicato ai diri tti del fanciullo, scaturito dalla necessità di considerare le sofferenze dell’infanzia a seguito del primo conflit to mondiale. Tale Dichiarazione, elaborata nel 1923 dall’Uni one Internazio nale dei diri tti dell’ infanzia (cost ituit a nel 1920), divenne punto c ostante di riferimento di tutti gl i altri analoghi atti internazionali posteriormente elaborati, anche se di fatto s i sos tanziava in un’ enunciazione etica di carattere filantro pico, senza alcuna ind icazione che concr etamente potesse orientare l’azione politic a e senza il ricor so a sanzioni per i trasgressori. Prof. Domenico Milito
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Proprio la Dichiarazione universale ha fatto registrare il passaggio definitivo dalla mera assistenza fisica del minore alla sua tutela giuridic a e patrimoniale, fino a sancire i diritti educativi, psic ologici e affettivi, che trovano soprattutt o spazio nella famiglia: il diritto di l ibertà e di uguaglianza, il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza della propria person a, ad una cittadinanza, nonché alla libertà di opinione e di espressione, all’istruzione.
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Dichiarazione Universale dei Diri tti dell'Uomo del 1948
Approvata e proclamata , dopo l’istituzione dell’ONU (1945), il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è intesa “ come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni indi viduo e ogni organo della società si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di diri tti e di libertà, garantendone, mediante misu re progressi ve di carattere nazionale e internazionale, l'univ ersale ed effetti vo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori s ottopos ti alla loro giurisdizione”. 4
L'istruzione, in partico lare, è interpretata come opportunità indirizzata al pieno svi luppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali
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Dichiarazione dei diritt i del fanciullo del 1959
Articolata in dieci «principi», rappresenta l'immediato precedente dell'attu ale Convenzione, for malizzata ed entrata in vigor e trent'anni dopo ( Convenzione dell’ONU sui diritti del fanciull o del 1989, resa esecutiv a in Italia con la Legge n. 176 del 27 maggio 1991)
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La Dichiarazione del 1959, nel sancire che i diritti devono essere riconosciuti a tut ti senza eccezione alcuna e senza distinzione e discriminazione fondata sull a razza, il colore, il sesso, la lingua la religione o opinioni p olitiche o di altro genere, rivolge l’attenzione ai “ fanciulli c he si trov ano in una situazione di minor anza fisica, mentale o sociale, che hanno diri tto a ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui essi abbisognano per il l oro stato o l a loro condizione”.
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Convenzione sui diri tti dell’i nfanzia del 1989
Rappresenta il punto di arrivo di un lungo p rocesso cominciato sin dal 1923 con la prima dich iarazione sui dirit ti dei bambini, la " Dichiarazione di Ginevra", approvata dalla Società delle Nazioni (il vecchio nome dell’ ONU) nel 1924.
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È uno strumento normativo i nternazionale di promo zione e tutela dei diritti dell'infanzia, che entra in v igore il 2 settembre 1990, dopo essere st ata approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. Nella sua formulazione giuri dica la Convenzione si configur a come il primo st rumento di tut ela internazionale che focalizza nel proprio testo l e diverse tipologie di diri tti umani: civili , culturali, economici, politici e sociali, nonché quelli conc ernenti il diritto internazionale umanitario. 10
Af fermando l'idea del minore come soggetto di dirit ti e abbandonando l’ot tica secondo l a quale il bambino è mero oggetto di tutela e protezione, i dirit ti fondamentali che da essa sostanzialmente si evincono sono ric onducibi li al: -principi o di non discrimin azione, che impegna gli Stati parti ad assicurare i diritti sanciti a tutti i minori, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione del bambino e dei genitor i (art. 2) - diritto a cons iderare l'interesse del bambino in maniera preminente, in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giurid ico, iniziativa pubblic a o privata di assistenza sociale (art. 3) Prof. Domenico Milito
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-diritto alla vita, con l'impegno da parte degli stati aderenti
di assicurarne, con tut te le misure possibili, la sopravvivenza e lo sviluppo (art. 6); -diritto di esprimere liberamente la propria opinione, che deve essere debitamente presa in c onsiderazione, tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità (art. 12).
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Art. 23 Gli Stati aderenti riconoscono che i fanciulli mentalmente o fisicamente handicappati hanno diritto di condu rre una vita piena e decente, in condizioni che garantiscano la loro dignità, favorisc ano la loro autonomia e agevolino una loro attiva partecipazione alla vita della comunità.
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È riconosciuto il diritto dei fanciulli handicappati di beneficiare di cure speciali e, in considerazione delle particolari esigenze, l'aiuto fornito, sulla base delle risorse disponib ili, è gratuito ogni qualvolt a ciò sia possibile, tenendo conto delle risorse fi nanziarie dei loro genitori o di coloro ai quali il mi nore è affidato .
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Legge n. 285 del 28 agost o 1997
Tale prospettiva è fondata sulla necessità di garantire effettiv amente l’accesso all’educazione, alla formazione, alle cure sanitarie, alla riabilitazione, alla preparazione al lavoro e alle attività ricreative, creando le migliori condizioni per poter beneficiare di questi servizi, al fine di conc retizzare la più completa integrazione sociale e lo svilup po personale, anche nell’ambito culturale e spiritu ale, dei minori in difficoltà (1)
(1) D. Milito, Inclusione, integrazione e bisogni educativi , Anicia, Roma, 2012 Prof. Domenico Milito
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L’Italia ha contin uato a rivolgere particol are interesse verso le problematiche connesse con il soddi sfacimento dei dirit ti dell’infanzia e dell’adolescenza; cosicchè il 28 agosto 1997 è stata emanata la Legge n. 285, concernente le “ Disposizioni per la promozione dei diri tti e opportunità per l’inf anzia e l’adolescenza ” , che rappresenta il pi ù impor tante atto
concreto c ompiuto dall’Italia in ris posta alla ratific a della Convenzione . Essa prevede precise linee d'intervento per la promozion e dei diritt i e del benessere dei minori. 17 Prof. Domenico Milito
Convenzione sui dirit ti delle persone con disabilità del 2006
La Convenzione è stata ratif icata dall'Italia il 27 maggio 1991 con la Legg e n. 176.
Nel quadro dell’impegno c omunitario verso l’integrazione, essa occupa un posto di rilievo.
Ratificando l a Convenzione, il nostro Paese si impegna ad attenersi a tutti i principi in essa enunciati e a garantire che ognuno dei pri ncipi che la Convenzione incarna si esprima nella vita sociale e nella sua legislazione .
In essa si sottolinea che la disabili tà non è nella persona, ma nel risultato dell’interazione fra il soggetto e l’ambiente in cui egli viv e.
16
18
Il documento, il cui scopo è promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutt i i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con dis abilità, garantendone il rispetto p er la loro inerente dignit à, sottolinea che le “ persone con disabilità” includon o quanti hanno minorazioni fis iche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in int erazione con varie barriere posson o impedir e la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri.
Prof. Domenico Milito
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L’attenzione è rivo lta anche all’ist ruzione, allo scop o di realizzare questo diri tto senza disc rimi nazioni e su una base di eguaglianza di opp ortun ità (art. 24); ecco perché la Convenzione sui diri tti dell e persone con disabil ità del 2006 prevede diverse opportunità di istruzione finalizzate al: pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima - rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; - sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle propri e abilità fisic he e mentali, fino al loro massimo po tenziale; - mettere in grado le persone con disabilità di partecipare effettivamente a una società libera.
Prof. Domenico Milito
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Legge n . 18 del 3 marzo 2009
Le persone con disabilit à non vengono più vis te come oggetto passivo richiedente attenzione, cura, protezione, ma come soggetti attivi nella società, protagonisti nel prendere decisioni, nel richiedere diritti.
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L’Italia ha ratificato e reso esecutivi la Convenzione delle Nazioni Unite sui diri tti delle persone con disabilità con l a Legge n. 18 del 3 marzo 2009
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Obiettivo Fornire agli operatori scolastici una visione organica della materia, che possa orientarne i comportamenti nella direzione di una loro più piena conformi tà ai princ ipi dell'integrazione.
Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità
Prof. Domenico Milito
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Prof. Domenico Milito
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Prima parte Diramate con no ta ministeriale n. 4274 del 4 agosto 2009, hanno fornito indicazioni in materia di integrazione scolastica nelle scuole di ogn i ordine e grado.
Nella prim a parte, concernente “ Il nuovo sc enario. Il contesto co me risorsa” , il documento pr esenta innanzitutto l o scenario odierno definito appunto com e "una risor sa", entrando, in partic olare, nel merito della legislazione nazionale in materia di int egrazione: - Legg e n. 118 del 30 marzo 1971 (ha prefigurato il principio dell’abbattimento
Tale documento, diviso in tre parti, raccoglie una serie di direttive che, muovendo dalla legislazione primaria e secondaria vigente, hanno lo scopo di migliorare il processo di integrazione degli alunni con disabilità, mirando a innalzare il livello qualitativo degli i nterventi formativi ed educativi degli alunni port atori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali.
delle barriere architettoniche),
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-Legge n. 517 del 4 agosto 1977 (ha sancito l’abolizione delle classi differenziali)
-Legge-quadro n. 104 del 5 febbr aio 1992 ( ha dettato i principi per l’in tegrazione della persona handicappata ai quali si sarebbero ispirati i successivi interventi normativi), - D.P.R. 24 febbraio 1994, riguardante l’“Atto di indirizzo e
coord inamento relativo ai compit i delle unità sanitarie locali in materia di alcuni portatori di handicap” 26
Seconda parte
La programmazione comune
Relativa a “ L’organizzazione” , richiamando il ruolo degli Uffici Scolastici Regionali, evidenzia l’opportuni tà della costit uzione di Gruppi di c oordinamento a livello regionale (G.L.I.R.) e di reti territoriali per la realizzazione di attività formative e di ogni altra azione a favore dell’inclusione, ferma restando la presenza degli attuali GLIP, come raccordi provinciali degli orientamenti regionali.
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Terza parte
Le Linee guida evidenziano l’importanza della programmazione comune che i docenti curricol ari e il docente di sostegno devono elaborare per la definizione del Piano educativo dell'alunno con disabilità, garanzia di tutela del diritto allo studi o, principio tu telato costituzionalmente e interpretato dalla Legge n. 59 del 15 marzo 1997 come di ritto al successo formativo per tutti gli alunni.
Prof. Domenico Milito
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Consiglio di classe
Concernente “ La dimensione inclusi va della scuola” , sottolinea l’importanza del ruolo del dirig ente scolastico, che, in quanto figura chiave per la costruzione di un s istema integrato, è chiamato a esercitare una leadership educativ a e a garantire la diffusione della cultura dell’int egrazione.
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Si insist e qui sulla necessit à di corresponsabilità e coordinamento dell’attività di programmazione di tutto i l consi glio di classe, evitando la delega al solo d ocente per le attiv ità di sos tegno, giacchè tutte le compo nenti scolasti che devono partecipare al processo di integrazione, il cui ob iettivo fo ndamentale è lo svilupp o delle competenze dell’alunno negli apprendim enti, nella comuni cazione e nella relazione, nonché n ella soci alizzazione, obiettivo raggiu ngibi le attraverso l a collaborazione e il coord inamento di tutte le compo nenti in questione, nonché dalla presenza di una pi anificazione puntuale e logica degli i nterventi educativi, formativi , riabilitativi co me previsto dal PEI.
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Strategie didattiche co ndivi se Le Linee guid a del 2009 richiamano, altresì, la necessità della formulazione di strategie didattiche condivi se: la progettualità didattica orientata all’inclusi one comporta, infatti, l’adozione di efficaci strategie e metodologie, quali l’apprendimento cooperativo , il lavoro di gruppo e/o a coppie, il tutoring, l’apprendimento per scoperta, la suddivisione del tempo in tempi , l’util izzo di mediatori didattici, di attrezzature e ausili informatici , di software e sussidi specifici. Prof. Domenico Milito
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I nuovi sis temi di classifi cazione della disabilità
TFA Terzo Modulo: Interventi per l’integrazione scol astica dei disabili
Gli strumenti di progettazione curricolare per l’integrazione dei disabili
18 aprile 2013 Prof. Domenico Milito
Legge Quadro n. 104/92 e successive disposizioni applicative
Le Linee guida si riferiscono ai nuovi sistemi di classificazione della disabilità, basati sull’ICF (International Classifi cation of Functioning ) in grado di co gliere meglio il profilo dinamico e sociale dell’handicap e la consapevolezza che un vero processo di i ntegrazione non può limitarsi alla sola esperienza scolastica, ma proiettarsi o ltre, verso il futuro, nella costruzione di un vero e proprio progetto di vita. 32
hanno definito e regolamentato una specifica metodologia di lavoro di grande importanza per l’integrazione scolastica. Prof. Domenico Milito
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Legge Quadro n. 104/92
Legge n. 104 del 5.2.1992 - Detta i principi dell’ordinamento in materia di: ¾ diritti integrazione sociale ¾ assistenza della persona handicappata. ¾ - Ha segnato una svolta politica e culturale a favore delle persone disabili. - Ha focalizzato la situazione di h a n d i c a p , proiettandola ad una situazione di svantaggio sociale. Prof. Domenico Milito
Compiti specifici affidati ai diversi soggetti istituzionali (AS, Ente Locale, Scuola a) S t r u m e n t i i n d i s p e n s a b i l i p e r l ’i n t e g r a z i o n e s c o l a s t i c a : Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale, Piano Educativo Individualizzato, illustrati, poi, analiticamente Domenico Milito nell’Atto di indirizzo contenuto nel D.P.R. delProf.24.2.94 4.
Legge n. 104 del 5.2.1992 art. 13 Progetto globale di integrazione: -educativo (integrazione) -riabilitativo (recupero) -sociale (socializzazione) (È facile presupporre che tale tripartizione è stata effettuata dal legislatore non con la volontà di provocare compartimentalizzazioni e, quindi, scissioni invalicabili fra le diverse programmazioni degli interventi al servizio delle persone in situazione di h a n d i c a p , giacchè, essendo diversi gli attori intervenienti (titolari ognuno di determinate responsabilità e chiamati ad operare in un contesto sociale, istituzionale, politico molto complesso), si è voluto circoscrivere gli ambiti di competenza tenendo presente, comunque, uno scenario laddove i processi attivati non possono che essere sinergici e tendere ad un unico scopo: la piena integrazione delle persone disabili nella famiglia, nella scuola, nel mondo del lavoro, nella società)
Diagnosi Funzionale Che cos’è È la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psico-fisico dell’alunno in situazione di h a n d i c a p , rilasciata a seguito di appositi accertamenti collegiali richiesti dalla famiglia (D P CM n . 1 8 5 d e l 2 3 f e b b r a i o 2 0 0 6 )
Chi la fa
L’Unità Multidisciplinare composta da: - medico specialista nella patologia; - specialista in neuropsichiatria infantile; -terapista della riabilitazione; -operatori sociali dell’A.S.
Si articola nei seguenti accertamenti: a) anamnesi fisiopatologica b) diagnosi clinica
Profilo Dinamico Funzionale Cosa contiene
Tiene conto delle potenzialità registrabili in ordine agli aspetti: cognitivo, affettivo-relazionale, linguistico-sensoriale, motorio-prassico, neuropsicologico, autonomia personale-sociale
A cosa serve
Pone in evidenza le principali aree di potenzialità e di carenza presenti nella fase di sviluppo
La descrizione funzionale dell’alunno in relazione alle difficoltà che dimostra di incontrare L’analisi dello sviluppo potenziale dell’alunno a breve e a medio termine, desunta dai parametri: cognitivo, affettivo-relazionale, comunicazionale, linguistico, sensoriale, motorio-prassico, neuro-psicologico, autonomia, apprendimento
Prof. Domenico Milito
Profilo Dinamico Funzionale Che cos’è
Chi lo fa
È un documento che descrive in modo analitico i possibili livelli di risposta dell’alunno riferiti alle relazioni in atto e a quelle programmabili L’Unità Multidisciplinare composta da: - medico specialista della patologia - specialista in neuropsichiatria infantile - terapista della riabilitazione -operatori sociali dell’A.S. Prof. Domenico Milito operatori scolastici
Prof. Domenico Milito
Profilo Dinamico Funzionale Su un modello la cui forma può essere
Dov’è redatto liberamente scelta dagli operatori
scolastici e socio-sanitari (il D.P.R. 24.2.1994 si limita a presentare una scheda riepilogativa riportata nel suo allegato “b”) È impostato all’inizio della
Quando è redatto scolarizzazione;
alla fine della seconda e della quarta classe della scuola primaria e della seconda classe della scuola secondaria di primo grado viene tracciato un bilancio diagnostico e prognostico; alla conclusione della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado
Piano Educativo Individualizzato Che cos’è
Chi lo fa
È il documento nel quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in situazione di h a n d i c a p , in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione È redatto congiuntamente dagli operatori sanitari della A.S. e dal personale insegnante curricolare e di sostegno della scuola e, ove presente, dall’insegnante operatore psicopedagogico, in collaborazione con i Prof. Domenico Milito genitori
Piano Educativo Individualizzato Cosa contiene
Tiene presenti i progetti didatticoeducativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonchè le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche Mira all’integrazione di tutti gli
A cosa serve interventi finalizzati alla
Dove è redatto
piena realizzazione del diritto all’educazione e alla istruzione dell’alunno in situazione di h a n d i c a p Su un modello la cui forma è liberamente scelta dagli operatori scolastici e
Legge-Quadro n. 328 del 18 ottobre 2000
ha prefigurato la realizzazione del s i s t e m a i n t e g r a t o d i i n t e r v e n t i e s e r v i z i s o c ia ia l i
al fine di promuovere il “progetto globale di vita”
Prof. Domenico Milito
Strumenti per il progetto globale di vita (art. 14, L. n. 328/2000) P r o g e t t o i n d i v i d u a l e p e r l a p e r s o n a d i s ab i l e
Serve per realizzare la piena integrazione delle persone disabili - nell’am nell’ambito bito della della vita familiare familiare e sociale - nei percorsi percorsi dell’istruzio dell’istruzione ne scolastica scolastica o professionale e del lavoro È predisposto su richiesta dell’interessato dai Comuni, d’intesa con le A.S. Prof. Domenico Milito
Comprende: - valutaz valutazione ione diagnostica-fun diagnostica-funzional zionale e -prestazioni di cura e riabilitazione a carico del SSN (Sistema Sanitario Nazionale) - i servizi alla alla persona a carico carico del Comune Comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e alla integrazione sociale -misure economiche necessarie per il superamento di povertà, emarginazione, esclusione sociale Prevede l’erogazione di “titoli comunali” per l’accesso ai servizi
Azion Azi onii a liv l iv ell ello o di d i sin s ingo gola la is i s tititu tuzio zione ne sco s colas lastiticc a Fermo restando quanto previsto dall’art. 15 comma 2 della L. 104/92, i compiti del Gruppo di lavoro e di studio d’Istituto (GLHI) si estendono alle problematiche relative a tutti i B ES. A tal e scop sc opo o i su suoi oi co comp mp on onent entii s on ono o i nt ntegr egrati ati da tut t utte te le l e ri so sors rs e specific he e di coor dinamento presenti nella scuola: - docenti assegnatari di funzioni strumentali, - insegnanti per il sostegno, tente te Educ Ed uc ati vo Cul Cultu tural ral e), - AEC (A ss is ten -assistenti alla comunicazione, esperienza e/o e/o formazione formazione specifica o con - docenti “ disciplinari” con esperienza compiti di coordiname coordinamento nto delle classi, - genitori ed esperti isti tuzionali o esterni in regime di con venzion amento con c on la l a scuol a (C.M. (C.M.n. n. 8 del 6 marzo 2013) 2013)
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Gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica presso ogni scuola Gruppo di Lavoro Operativo (art. 15, c. 2, L. 104/92 )
COMPOSIZIONE
Insegnanti, Operatori dei servizi,
Collaborazione alle iniziative educative
DURATA
Integrazioni alle attività predisposte nel PEP Anno scolastico
Strumenti elaborati dal Collegio dei Docenti Carta dei servizi Piano dell’Offerta Formativa
Familiari e studenti
FUNZIONI
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Piano delle attività scolastiche e integrative (nel POF) Prof. Domenico Milito
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Strumenti elaborati da Docenti Singolarmente e/o in gruppo
Ricognizione della situazione di partenza
Il Piano di Studio Personalizzato riflette il PEP
Rilevazione e analisi delle difficoltà a livello livello di area socio-affettiva •Autostima •Rapporto con gli altri •Rapporto socio-familiare
Le Unità di Apprendimento Apprendimento Materiali didattici Griglie di rilevazione Prove differenziate
a livello di autonomia personale e sociale
Scheda di valutazione Prof. Domenico Milito
Fasi del Piano delle attività integrative incluso nel POF Premessa Rilevazione della situazione di partenza Obiettivi generali
Criteri di intervento Assegnazione degli alunni ai docenti specializzati Modalità organizzative e risorse professionali Strategie metodologiche e didattiche Modalità di Verifica
Griglia per l’impostazione di un percorso individualizzato
a livello disciplinar disciplinaree
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Obiettivi e interventi per: per: •l’area socio-affettiva •l’area dell’autonomia •le carenze disciplinari Verifica in itinere relativa agli aspetti individuati Verifica e valutazione finale
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TFA Terzo Modulo: Interventi per l’integrazione scol astica dei disabili
La classe È vera “comunità”di relazioni se all’interno è caratterizzata da: - senso di appartenenza - stima reciproca -possibilità di contribuire con le proprie capacità - esistenza di diritti e responsabilità per il benessere degli altri.
Le strategie metodologico-didattiche per l’integrazione dei disabili
22 aprile 2013 Prof. Domenico Milito
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Per l’integrazione
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Cosa significa cooperare
Risorsa fondamentale
Significa lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni.
i compagni di classe
All’interno di situazioni cooperative l’individuo singolo cerca di perseguire risultati che vadano a vantaggio suo e di tutti i collaboratori
in grado di determinare rapporti di solidarietà e di interazione di cui finiscono per giovarsi tutti gli allievi e non solo quelli in difficoltà.
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Il tutoring
L’apprendimento cooperativo
In cosa consiste Nel coinvolgimento di allievi in funzione di tutor.
È un approccio didattico che utilizza sistematicamente piccoli gruppi in cui gli alunni lavorano insieme per migliorare reciprocamente il loro apprendimento. Prof. Domenico Milito
Muove dalla consapevolezza che si può svolgere un ruolo importante nella vita di un’altra persona 5
Il cooperative learning Apprendimento cooperativo o cooperative learning è una tecnica di intervento che muove dal presupposto che solo stando bene a scuola si riesce ad agire con protagonismo e successo nelle attività intraprese. Ecco perché esso permette l’instaurazione di un clima che favorisce l’agire comune, tendendo in maniera fortemente motivata al raggiungimento degli obiettivi comuni
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L’efficacia del tutoring -Permette istruzione individualizzata
- persegue obiettivi sociali di integrazione - incentiva negli alunni atteggiamenti positivi verso la scuola - aumenta la considerazione di sé e la sensibilità per gli altri - incrementa interazioni positive e appropriate tra i membri della classe Prof. Domenico Milito
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La prosocialità
Il tutoring
La messa in atto di azioni prosociali di aiuto nei confronti di compagni in difficoltà
Progetto di collaborazione che esclude modelli di educazione rivolti “in negativo” solo al deficit (che creano inevitabilmente segregazione); segue, invece, modelli che hanno come obiettivo l’inclusione di tutti gli alunni e il successo di ciascuno Prof. Domenico Milito
dipende da una serie di condizioni che fanno riferimento al possesso delle seguenti capacità: 1. Abilità cognitive; 2. Assertività; 3. Empatia; 4. Autocontrollo.
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La prosocialità Si caratterizza per la promozione di azioni che,
“senza ricercare gratificazioni estrinseche o materiali, favoriscono altre persone o gruppi o il raggiungimento di obiettivi sociali positivi o aumentano la possibilità di dare inizio a una reciprocità positiva e solidale nelle relazioni interpersonali conseguenti, salvaguardando l’identità, la creatività e l’iniziativa delle
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1. Abilità cognitive Si vuole sottolineare l’esigenza della capacità di l e g g e r e ed i n t e r p r e t a r e il b i s o g n o d e l co m p a g n o , della valutazione e la conseguente accettazione del costo connesso all’emissione della condotta prosociale, del monitoraggio degli effetti e delle conseguenze della propria azione su di sé, sul compagno e su eventuali altre persone. Prof. Domenico Milito
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4. Autocontrollo 2. Assertività
Essenziale per la promozione e lo sviluppo di azioni prosociali.
Descrive la capacità della persona di
Secondo Meazzini, quando una persona si trova a dovere scegliere tra due comportamenti, alternativi e incompatibili, dei quali uno offre la possibilità di gratificazione nell’immediato,
a f f e r m a r e e p e r s e g u i r e i p r o p r i o b i e t t i v i con
modalità socialmente adeguate e rispettose dell’interlocutore.
quella persona attua un autocontrollo se sceglie l’alternativa meno gratificante, cioè adotta il comportamento che avrebbe minori probabilità di comparsa.
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3. Empatia (o sensibilità interpersonale) Rappresenta la capacità di d i s cr i m i n a r e , comprendere, assumere
il p u n t o d i v i s t a d e l l’ a lt r o (nel nostro caso del compagno con bisogni speciali), 14 dal punto di vista sia cognitivo sia emozionale. Prof. Domenico Milito
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La didattica metacognitiva Nella didattica metacognitiva l’attenzione dell’insegnante non è tanto rivolta all’elaborazione di materiali o metodi nuovi per “insegnare come fare a”, quanto al formare quelle abilità mentali superiori di autoregolazione che vanno al di là dei semplici processi cognitivi primari.
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L’approccio metacognitivo
a) Conoscenza metacognitiva
Si colloca nel quadro della “ speciale normalità” , giacchè consente agli insegnanti di non separare rigidamente i necessari interventi di recupero o so stegno indiv idualizzato dalla didattica normale rivolta all’intera classe.
Secondo Cornold i
Tale approccio: - si fonda su un c omune riferimento metodologico (la metacognizione e le strategie cognitive) - utilizza una serie di collegamenti operativi tra insegnamento normale e speciale e tra gli alunni stessi (tecniche di insegnamento reciproco, apprendimento 17 cooperativo, tutoring).
la conoscenza metacognitiva si riferisce alle idee che un individuo ha sviluppato sul funzionamento mentale e include impressioni, intuizioni, nozioni, sentimenti, autopercezioni. Prof. Domenico Milito
Prof. Domenico Milito
La metacognizione
b) Processi metacognitivi
Approccio metodologico che si riferisce fondamentalmente a: Conoscenza metacognitiva (consapevolezza del soggetto rispetto ai propri processi cognitivi) Processi metacogniti vi (consapevolezza del soggetto rispetto all’attività di controllo esercitata sui suddetti processi). Prof. Domenico Milito
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18
Secondo Cornold i i processi m etacognitivi di controllo riguardano la capacità di verifi care l’andamento della propria attività mentale e di mettere in atto partico lari strategie
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La didattica metacognitiva
Ottica dell’insegnante Non è tanto ri volta all’elaborazione di materiali e metodi nuovi per “ imparare a fare” ,
Ha dimostrato la sua efficacia per: - l’affi namento di com petenze trasversali (attenzione,
ma a formare quelle abilità mentali sovraordinate che vanno al di là dei semplici processi pri mari (es.: leggere, scriv ere, ricordare).
memoria, metodo di studio) - l’apprendimento di abilità più prettamente curric olari,
(lettura e comprensione del testo, matematica, scrittura)
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Ruolo del docente
Scopo della didattica metacognitiva
L'approccio m etacogniti vo riserva un ruolo fondamentale al docente:
Mira ad offrire agli allievi opportunità di imparare a: - interpretare, organizzare e strutturare le inform azioni ricevute dall’ambiente
quello di " facilitatore" di cambiamenti strutturali nei discenti che non riguarda la compensazione di particolari comport amenti, singole abilità o specifiche com petenze,
- sviluppare la capacità di r iflettere su questi processi
per divenire sempre più autonomi nell’affrontare situazioni nuove. Prof. Domenico Milito
Prof. Domenico Milito
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ma qualcosa che interessa direttamente la struttura dei processi mentali 22
e, proprio per questo, rimane stabile nel tempo.
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La didattica modulare
TFA Terzo Modulo: Interventi per l’integrazione scol astica dei disabili
La didattica modulare è contraddistinta dall’impostazione di percorsi caratterizzati dall’impiego flessibile di segmenti di insegnamento/apprendimento, definiti moduli, dotati di struttura, funzioni e ampiezza variabili, ma fondamentalmente e unitariamente definite.
I sistemi di classificazione
23 aprile 2013 Prof. Domenico Milito
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Prof. Domenico Milito
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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1980 pubblicò un primo documento dal titolo
Modulo
I n t e r n a t i o n a l Cl a s s i f i c a t i o n o f I m p a i r m e n t s , D i s a b i li t i e s a n d h a n d i c a p s (ICIDH)
unità formativa autosufficiente in grado di promuovere saperi molari e competenze
Importante distinzione fra: ¾Menomazione (i m p a i r m e n t ) : perdita o anormalità a carico di
capaci di modificare la mappa cognitiva e la rete delle conoscenze precedentemente possedute.
¾
una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica;
Disabilità (d i s a b i l i t y ): qualsiasi limitazione o perdita, (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo considerato normale per un essere umano, ¾H a n d i c a p : condizione
Prof. Domenico Milito
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di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in 2 relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali.
In questa concezione, la distinzione fra menomazione, disabilità e h a n d i c a p veniva interpretata in termini di relazione tra cause ed effetti:
Il tentativo di revisione operato con l’ICIDH-2 trova applicazione nel 1999 nella proposta di un nuovo strumento l’ICF (I n t e r n a t i o n a l Cl a s s if i c a t i o n o f Fu n c t i o n i n g , D i s a b i l i t y and Health)
la menomazione determina la disabilità e la disabilità causa l’h a n d i c a p (mentre per un individuo la menomazione ha carattere permanente, la disabilità dipende dall’attività che egli deve esercitare e l’ h a n d i c a p esprime lo svantaggio nei riguardi di altri individui, cosiddetti “normodotati”).
attraverso il quale descrivere e misurare la salute e le disabilità della popolazione.
3
5
Prof. Domenico Milito
Prof. Domenico Milito
L’ICF
La revisione apportata all’ICIDH, denominata ICIDH-2, ha tentato di c o r r e g g e r e l’impostazione lineare fra i concetti di
È uno strumento di classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF,
OMS, 1999).
menomazione, disabilità e h a n d i c a p , proponendo una dinamica più complessa e introducendo il concetto importante di
È funzionale a individuare compiutamente i bisogni e superare fino al possibile i limiti dell ’attività e le
partecipazione attiva. Si rivolge l’attenzione, così, agli aspetti psicosociali per la definizione della diagnosi
Si pone in continuità con le classificazioni precedenti ma ne rovescia la prospettiva di analisi: non viene considerata la menomazione ma la salute, le potenzialità dell’individuo e le sue eventuali disabilit à in relazione all’attività e alla partecipazione.
restrizioni alla partecipazione.
4
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ICF com’è organizzato
1^ parte Componenti
SIGLE
L’ICF
Funzioni corporee
b
Fisiologiche
Non si riferisce più a un disturbo strutturale o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato considerato di “salute”.
Strutture corporee
s
Attività e partecipazione
d
Parti anatomiche/organi Esecuzione di compito o azione
I termini di menomazione e h a n d i c a p sono sostituiti da attività e partecipazione sociale.
Le funzioni corporee sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche. Le strutture corporee sono parti anatomiche del corpo come organi, arti e loro componenti. Attività è l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo. 7 Partecipazione è il coinvolgimento di un individuo in una Prof. situazione di vita. Domenico Milito
ICF com’è organizzato
2^ parte Componenti
SIGLE
Fattori ambientali
e
Fattori personali
Mondo fisico, sociale e atteggiamenti Attualmente non classificati nell’ICF
I fattori ambientali sono caratteristiche del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti, che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto. Ogni componente è divisa in una serie di capitoli; all’interno di ciascuno di essi ci sono categorie a due, tre, quattro livelli, ognuna con una breve descrizione ed un elenco di elementi inclusi ed esclusi (ciò facilita la scelta del codice 8
ll fulcro non è più centrato sul concetto di menomazione: al centro vi è l’attività, che può essere più o meno sviluppata in relazione sia alle condizioni proprie dell’individuo che ai suoi rapporti con il mondo esterno.
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ICF: auspicabili ripercussioni nella Diagnosi Funzionale • Non individuare soltanto gli elementi di rilevanza clinica connessi al d e f i c i t ma conoscere la persona, con l’attenzione rivolta alle sue potenzialità e alle sue risorse.
Il richiamo è ad una impostazione interdisciplinare e multidisciplinare della valutazione con una logica circolare e non lineare. •
10
Per comprendere compiutamente le novità apportate dall’ICF nel sistema delle classificazioni delle condizioni connesse alla salute e alla disabilità delle persone,
è opportuno riferirsi ai sistemi di classificazione previsti nell’ICD-10 e nel DSM-IV.
11
COSA FORNISCE l’ ICD – 10
Fornisce indicazioni diagnostiche per formulare al meglio una diagnosi attendibile con l’uso di uno schema alfanumerico (su codici a 3 elementi: lettera con 2 numeri) Le descrizioni F70 – F79, F80-F89, F98 vengono frequentemente chiamate ed utilizzate per la “DIAGNOSI FUNZIONALE” (D.P.R. 24.02.1994)
Prof. Domenico Milito
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COS’È l’ ICD – 10
È la decima revisione della classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali (O.M.S. 1992). Comprende la codifica di 300 sindromi e disturbi descritti in diverse sezioni Per ciascun disturbo
Esempi di decodifica ICD-10 Nella prassi operativa il soggetto viene valutato in relazione a vari ASSI. Ogni ASSE rappresenta
raggruppamenti
Delineazione di
classi
Principali caratteristiche cliniche
Aspetti associati, rilevanti 12 ma non specifici
di informazioni
14
GLI ASSI
• • • • • •
Ritardo mentale
ASSE I: Patologie psichiatriche psicopatologiche (F00F69, F90-F98) ASSE II: Patologie da alterato sviluppo psicologico (F80-F89) ASSE III: Patologie intellettive (F70-F79) ASSE IV: Patologie associate a problemi fisiologici e somatici (F50-F59) ASSE V: Patologie associate a problemi psicosociali (codici z) ASSE VI: Scala per le disabilit à (codici ICD-H)
I CODICI possono essere integrati nel modo seguente: F 7 X.0: Nessuna, o minima compromissione comportamentale F 7 X.1: Significativa compromissione comportamentale che richiede attenzione o trattamento F 7 X.8: Altra compromissione comportamentale F 7 X.9. Senza compromissione comportamentale riportata.
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Prof. Domenico Milito
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Nell’ambito dell’ASSE III
Codici F84: AUTISMO INFANTILE ASSE II: Patologie da alterato sviluppo psicologico (F80-F89)
(patologie intellettive) Nei codici da F70 a F79 viene rilevato il ritardo mentale sulla base di questa suddivisione F 70: Ritardo mentale lieve F 71: “ di media gravità (moderato) “ F 72: grave “ “ F 73: profondo (gravissimo) “ “ F 78. di altro tipo “ “ F 79. “ “ non specificato.
Viene riportato nei codici F84 (cioè nell’ambito delle sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico) • • • • • • 16
•
F 84.0: Autismo infantile F 84.1: Autismo atipico F 84.2: Sindrome di Rett F 84.3: Sindrome disintegrativa dell’infanzia di altro tipo F 84.4: Sindrome di Asperger F 84.8: Altre Prof. Domenico Milito F 84.9: Non specificate.
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DSM-IV e ritardo mentale
IL DSM-IV
La persona è definita affetta da ritardo mentale in base ai seguenti criteri:
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (A m e r i c a n P s y c h i a t r i c A ss o c ia t i o n 1 9 9 4 )
1. Funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media (un QI di circa 70 o inferiore)
è una delle modalità più conosciute e utilizzate dagli
operatori sanitari per delineare la diagnosi nell ’ambito dei d e f i c i t mentali.
2. Concomitanti d e f i c i t o compromissione nel f u n z i o n a m e n t o a d a t t i v o a t t u a l e (cioè la capacità di adeguarsi agli s t a n d a r d propri della sua età e del suo ambiente attuale) in almeno due delle seguenti aree elencate nel DSM-IV
Il manuale, revisionato nel 1994, non presenta differenze rilevanti rispetto all ’ICD-10.
(comunicazione, cura di sé, gestione della vita domestica, abilità sociali, gestione del tempo libero, controllo e salvaguardia della propria salute e sicurezza, capacità di autorganizzazione, conoscenza del funzionamento delle cose, utilizzo dei servizi offerti dalla società, capacità di svolgere un lavoro)
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3. Esordio prima dei 18 anni di età
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Il ritardo mentale nel DSM-IV Classificazione
Come funziona il DSM-IV •
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Utilizza una classificazione di tipo categoriale; suddivide, cioè, i disturbi in classi distinte, utilizzando s e t di criteri di tipo descrittivo. È un approccio categoriale definito prototipico: i soggetti
sono classificati in base al grado di somiglianza con il prototipo della categoria.
F 70. 9 Ritardo mentale lieve (QI da 50-55 a circa 70) F 71. 9
“
“
F 72. 9
“
“
F 73. 9
Usa criteri denominati politetici: per la diagnosi non si richiede che siano presenti tutti, ma solo un numero prefissato di essi.
F 79. 9
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“
moderato (QI da 35-40 a 50-55) grave (QI da 20-25 a 35-40) “
gravissimo (QI inferiore a 20-25) gravità non specificata (quando sussiste un grave motivo di presupporre un ritardo mentale, ma l’intelligenza del soggetto non può essere verificata con i t e s t
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DSM-IV e rilevazione del disturbo autistico
DSM-IV e rilevazione del disturbo autistico
B) Ritardi e funzionamento anomalo con esordio prima dei 3 anni nelle AREE: -Interazione sociale -Linguaggio usato nella comunicazione sociale -Gioco simbolico o di immaginazione
Il DSM-IV adotta come criteri diagnostici la triade di sintomi relativi a: - relazione con gli altri - comunicazione - comportamento
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Punto di convergenza tra ICF e Vigotskij
A. Devono sussistere almeno 6 sintomi distribuiti nella triade:
2. 3.
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DSM-IV e rilevazione del disturbo autistico
1.
C) L’anomalia non deve essere meglio attribuibile al Disturbo di Rett o al Disturbo disintegrativo della fanciullezza
Compromissione qualitativa dell’interazione sociale (almeno 2 sintomi) Compromissione qualitativa della comunicazione sociale (almeno 1 sintomo) Modalità di comportamento, interessi e attivit à ristretti, ripetitivi e stereotipati (almeno 1 sintomo) 24
L’apprendimento è un processo socio-educativo che richiede la compresenza di più figure (persona con disabilità, familiari, educatori, insegnanti, animatori, compagni, etc…). 26