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Capitolo 3 • L’ambliopia
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l’amBliopia
AdrianoMagli
RobertaCarelli
Università degli Studi – Salerno
Università degli Studi – Salerno
L’ambliopia: classifcazione e fsiopatologia
Il termine ambliopia deriva dal greco (visione oca) e fu descritto per la prima volta da Ippocrate nel 400 a.C. Si denisce ambliopia la ridotta capacità visiva mono o bilaterale, non immediatamente migliorabile con correzione ottica, dovuta ad anomale condizioni di stimolazione visiva vericatesi durante l’età plastica del bambino (Von Norden, 1985; Campos, 1995). La diagnosi di ambliopia è una diagnosi di esclusione e si basa sui seguenti riscontri: 1. Evidenza di una acuità visiva ridotta, spesso spesso unilaterale ma a volte bilaterale. 2. Riscontro di fattori ambliopigeni quali strabismo, errori refrattivi non corretti, evidenza di un ostacolo alla visione (deprivazione visiva per cataratta congenita, ptosi, opacità corneale), afachia non corretta o altre patologie. Una differenza di oltre 2 linee di ottotipo tra l’occhio normale e l’occhio ambliope caratterizza l’ambliopia unilaterale; la forma bilaterale è invece data dalla presenza in ambo gli occhi di una acuità visiva corretta centrale bilaterale inferiore a 5/10. Tale denizione tiene conto, tuttavia, unicamente dell’acuità visiva. Il paziente
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STRABISMO
Errori refrattivi
Anisometropia non corretta Anisometropia e strabismo associati Ipermetropia non corretta Astigmatismo non corretto Astigmatismo irregolare
Cause di deprivazione visiva
Cataratta congenita Ptosi congenita Opacità corneale Ambliopia iatrogena post occlusione Opacità vitreali - emorragie
Cause organiche
Colobomi retinici Fibre mieliniche Ipoplasia del nervo ottico Maculopatie Atroa ottica Ipossia corticale
Tabella 1. Diagnosi differenziale tra le principali forme di ambliopia “funzionale” ed “organica”
ambliope presenta inoltre differenze qualitative della visione, che penalizzano ulteriormente la vista e causano un’acuità visiva complessiva inferiore rispetto a quella misurata con le tavole ottotipiche. L’alterato sviluppo comporta inoltre anomalie di stereopsi e ssazione, con frequente riscontro di ssazione eccentrica. La visione dei colori è normale; è tuttavia possibile il riscontro di una ridotta sensibilità cromatica ed al contrasto. Le capacità accomodative sono solitamente normali. L’insorgenza può avvenire in ogni momento tra la nascita e gli 8-10 anni di età. Si presenta con frequenza maggiore nei neonati prematuri. Fattori socioeconomici non sembrano inuenzare signicativamente l’età di presentazione dell’ambliopia (Smith, 1994). Tale forma di ambliopia, anche denita “ambliopia funzionale”, si differenzia dalla “ambliopia organica”. Quest’ultima è dovuta ad un decit visivo causato da anomalie strutturali oculari o cerebrali, indipendenti dall’impulso sensoriale, quali atroa ottica, cicatrici maculari o danno anossico occipitale (Tabella 1). Tale distinzione è fondamentale dal punto di vista prognostico e terapeutico. Nei pazienti ambliopi la riduzione visiva è potenzialmente correggibile se si
ristabilisce una appropriata stimolazione in età precoce (Von Norden, 1977); nei bambini affetti da patologie organiche il recupero non è invece possibile. L’idea di un “periodo critico” per il trattamento dell’ambliopia è globalmente accettata. Holmes (2011) ha valutato la risposta al trattamento antiambliopico in differenti gruppi di età: 3-5 anni, 5-7 anni e 7-13 anni. I bambini con ambliopia moderata e severa, di età compresa tra i 7 ed i 13 anni, hanno mostrato una risposta al trattamento signicativamente inferiore rispetto a bambini più piccoli. Per quanto riguarda in particolare l’ambliopia moderata, non è stata evidenziata alcuna differenza nella risposta tra pazienti di 3-5 anni e bambini di 5-7 anni. Diversamente, nel gruppo di pazienti con ambliopia severa, i bambini più piccoli (3-5 anni) hanno mostrato un signicativo miglioramento post-trattamento rispetto a quelli del secondo gruppo (5-7 anni). Gli autori concludono, coerentemente con altri risultati scientici, che l’ambliopia risponde meglio al trattamento nei bambini inferiori ai 7 anni di età. Dopo tale periodo, pur essendo generalmente il miglioramento di grado lieve, alcuni pazienti mostrano comunque una spiccata risposta. Si evidenzia così l’importanza fondamentale del-
Capitolo 3 • L’ambliopia
la terapia e del follow-up anche in bambini oltre i 7 anni di età. L’ambliopia è un importante problema di salute pubblica, causando spesso un decit visivo di grado variabile, permanente per tutta la vita dell’individuo (Hillis, 1983). La prevalenza varia da paese a paese e nelle diverse popolazioni studiate (William, 2001; Brown, 2000), con un’incidenza tra l’1% ed il 5% nei paesi sviluppati (Webber, 2005). Costituisce la prima causa di decit visivo nella popolazione infantile (Wright, (Wright, 2003).
Fstg Le nostre conoscenze circa la siopatologia dell’ambliopia originano dalle analisi di Hubel, Wiesel ed altri studi condotti su modelli animali (Hubel, 1963-1965-1970; Ikeda, 1978-1979; Headon, 1973). Il concetto di “periodo critico” di plasticità di sviluppo visivo è al centro del discorso riguardante l’ambliopia ed i suoi potenziali trattamenti. La visione è infatti incompleta alla a lla nascita e si sviluppa di pari passo con la stimolazione visiva del neonato durante la crescita (Tabella 2). A 2-4 settimane di vita inizia un periodo di note vole plasticità, durante il quale l’organizzazione anatomica e funzionale del sistema visivo è par-
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ticolarmente inuenzata dalle esperienze visive monoculari e binoculari. Per quanto riguarda lo sviluppo monoculare, alla nascita l’acuità visiva è bassa, per l’immaturità dei centri visivi responsabili della processazione del segnale. Aumenta poi rapidamente nei primi mesi di vita, poiché le immagini a fuoco a livello retinico stimolano lo sviluppo delle vie e dei centri visivi, tra cui il corpo genicolato laterale ed i centri corticali. La crescita delle connessioni neuronali determina così la formazione di un’organizzazione più complessa ed elaborata e stabilisce i campi recettivi ad alta risoluzione corrispondenti all’area foveale. Il sistema visivo è pertanto più vulnerabile nei primi 3 mesi di vita, che costituiscono il cosiddetto “periodo critico”. Lo sviluppo dell’acuità visiva continua no ai 7-8 anni di età, ma diventa più lento e caratterizzato da minore plasticità (Wrigth, 2003). Secondo altri autori (Epelbrium, 1993), tale crescita avrebbe invece probabilmente un picco intorno ai 2 anni, con un declino dai 5 anni in poi, per cessare intorno a 12 anni di età. La visione binoculare si sviluppa di pari passo con lo sviluppo monoculare. I neuroni del nucleo genicolato laterale proiettano alla corteccia striata per connettersi con neuroni corticali monoculari e binoculari (che rispondono alla stimolazione di entrambi gli occhi). Nell’uomo il 70%
ETà DEL BAMBINO
FASI DI SVILUPPO VISIVO
0 - 2 mesi
Risposta pupillare Fissazione ed inseguimento di mire sporadici Movimenti saccadici Exotropia (comunemente)
2 - 6 mesi
Fissazione centrale Segue le mire Movimenti di inseguimento binoculari Asimmetria del nistagmo optocinetico Ortotropia (raramente exodevizioni) Esotropia (considerata anormale)
6 mesi - 2 anni
Fissazione centrale, raggiunge cibo e giochi Movimenti di inseguimento accurati Ortotropia
1-5 an a n ni
20/40 e non oltre due linee di ottotipo di differenza
> 5 an ni
20/30 e non oltre due linee di ottotipo di differenza
Tabella 2. Fasi fondamentali dello sviluppo visivo (Wright, 2003)
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circa dei neuroni corticali è di tipo binoculare. Questi sono presenti alla nascita, ma lo sviluppo delle connessioni neuro-anatomiche dipende dall’appropriata stimolazione visiva binoculare. La presenza di immagini retiniche nitide simili tra i due occhi ed un corretto allineamento visivo costituiscono pertanto i requisiti indispensabili per il normale sviluppo. La visione binoculare e la fusione sono presenti dall’età di 1,5-2 mesi (Leguire, 1991), mentre la stereopsi si riscontra più tardi (3-6 mesi) (Birch, 1996). La capacità di inseguimento motorio è invece evidenziabile dopo le prime 4 settimane di vita, con un completamento, nella maggior parte dei casi, verso i 2 mesi. L’inseguimento di mire che si spostano in direzione temporo-nasale si sviluppa prima rispetto al movimento in senso naso-temporale. L’asimmetria dei movimenti di inseguimento scompare entro i 4-6 mesi di età. Lo studio del nistagmo optocinetico costituisce l’evidenza clinica di tale asimmetria (Naegele, 1982). Quando lo sviluppo visivo normale binoculare è interrotto nei primi mesi di vita, l’asimmetria del nistagmo optocinetico persiste anche in età successive. Se le immagini retiniche presentate sono molto differenti e non possono essere fuse, l’immaturità visiva si adatta inibendo l’attività corticale dell’immagine proveniente dall’occhio sfocato o deviato. Tale fenomeno di inibizione corticale è denito “soppressione corticale”; avviene solo in condizioni binoculari con l’occhio dominante ssante e scompare se si occlude l’occhio dominante. Il meccanismo di soppressione corticale è alla base dell’ambliopia. Nei pazienti ambliopi tale fenomeno è infatti tipicamente cronico (de Belsunce, 1991) ed è considerato la causa ca usa stessa della perdita di percezione nell’occhio con ambliopia strabica (Holmes, 2006). L’alterata stimolazione visiva può causare gradi diversi di ambliopia, con caratteristiche differenti. Un’immagine moderatamente sfocata causa ambliopia media e consente comunque lo sviluppo di fusione periferica e, talvolta, stereopsi grossolana. Se l’immagine è invece signicativamente sfocata durante l’infanzia, con soppressione costante
in un occhio, ne deriverà ambliopia severa, grave decit visivo e visione binoculare assente, spesso associati a strabismo sensoriale secondario (Campos, 1995). Nei pazienti che presentano soppressione alterna, l’acuità visiva si sviluppa di solito normalmente ma sarà presente un’anomala visione binoculare. L’ambliopia è infatti associata a visione binoculare ridotta o assente (Sireteanu, 2000). La soppressione corticale cronica dell’input visivo proveniente dall’occhio ambliope costituisce il fattore maggiormente responsabile del decit binoculare (Baker, 2007; Harrad, 1996; Mansouri, 2008; Sengpiel, 1994-1996-2006). 1994-1996-2006). Interferisce infatti con lo sviluppo delle cellule binoculari corticali, con conseguente anomala visione binoculare e stereopsi assente o grossolana. Dal punto di vista istologico, le alterazioni funzionali dovute all’ambliopia si manifestano con riduzione del numero di cellule responsive nell’occhio interessato, atroa cellulare nelle lamine del corpo genicolato laterale che servono l’occhio affetto, alterazioni delle colonne di dominanza oculare a livello della corteccia striata, perdita delle cellule implicate nella risposta binoculare ed anomalie signicative nella risposta qualitativa. Il corpo genicolato laterale contiene 6 lamine neuronali; le due ventrali sono costituite da neuroni di grosse dimensioni, deniti magnocellulari; le altre 4 dorsali sono caratterizzate da neuroni di piccole dimensioni (parvocellulari). Le cellule degli strati magnocellulari rispondono a stimoli acromatici di frequenze spaziali ampie e temporali elevate. Le cellule parvocellulari rispondono invece a stimoli cromatici di frequenze spaziali elevate e temporali basse. Si ritiene pertanto che l’informazione cromatica sia trasmessa dalle cellule parvocellulari, mentre il movimento dall’altra via neuronale (Viviani, 2001). Studi su primati hanno evidenziato che le vie parvocellulari e magnocellulari sono modicate, seppure in modo differente, durante la deprivazione visiva. Hanno riscontrato inoltre che l’occhio controlaterale è anche esso alterato e che le condizioni per il ripristino delle dimensioni cellulari variano in caso di deprivazione visiva
Capitolo 3 • L’ambliopia
precoce o tardiva (Sloper, (Sloper, 1993). Nei casi di deprivazione visiva precoce, alla nascita o nei primi mesi di vita, è stato infatti evidenziato che l’atroa a livello del corpo genicolato laterale coinvolge in modo maggiore le lamine parvocellulari (Headon, 1985). È inoltre confermato che l’ambliopia comporta un’alterazione dei normali processi di sviluppo corticale a livello della corteccia visiva primaria (area VI) (Hess, 1984; Kiorpes, 1999; Conner, 2004), pur non essendo nota l’esatta estensione del decit stesso. Studi neurosiologici di valutazione diretta della soppressione ambliopica in gatti strabici, condotti presentando stimoli contemporaneamente all’occhio ambliope ed all’occhio dominante, hanno dimostrato che il meccanismo di soppressione strabica è corticale (non talamico) ed è mediato da inibizione GABA-ergica delle colonne di dominanza oculare nella corteccia striata dell’occhio ambliope (Harrad, 1996; Sengpiel, 1994-1996-2006). Durante la visione bioculare, l’occhio ambliope resta aperto e fornisce input neuronali al corpo genicolato laterale ed alla corteccia visiva, ma tali input non raggiungono lo stato di coscienza. Tale evenienza si riscontra clinicamente con la mancanza di diplopia nei pazienti affetti da ambliopia strabica senza corrispondenza retinica anomala e si evidenzia con l’esperienza pratica dei pazienti ambliopi anisometropici che vedono una singola immagine a fuoco. Si ipotizza infatti l’esistenza di una interazione binoculare e si ritiene che l’input neuronale pro veniente dall’occhio ambliope possa subire una ulteriore soppressione residua, in condizioni di visione binoculare, ad opera dell’occhio dominante. Lo sviluppo recente di sosticate tecnologie di imaging, quali la RMN funzionale, consente ai ricercatori di ottenere informazioni speciche sull’attività neuronale e ha permesso approfondimenti circa la siopatologia dell’ambliopia (Lv, (Lv, 2008; Logothetis, 2001) La risonanza magnetica funzionale dipendente dal livello di ossigenazione ematico (Blood Oxygenation-Level-Dependent - BOLD) misura il usso ematico a livello della vascolarizzazione locale ed è utile per valutare l’attività neuronale.
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Tale tecnica è stata introdotta di recente per studiare le alterazioni corticali nei pazienti ambliopi e le interazioni binoculari. Stimolando l’occhio ambliope, è stata riscontrata una risposta neuronale corrispondente attenuata sia a livello della corteccia che del corpo genicolato laterale (Hess, 2009; Li et al 2009). L’attivazione corticale in pazienti con ambliopia anisometropica è stata inoltre analizzata, adoperando la RMN funzionale, in un recente studio di Li (2012). Stimolando l’occhio ambliope è stata evidenziata una attivazione della corteccia striata e del corpo genicolato laterale inferiore nell’occhio ambliope rispetto all’occhio adelfo, indicando una anomala rappresentazione corticale degli stimoli foveali. Lo studio con RMN-BOLD-funzionale ha mostrato difetti indipendenti nelle aree striate ed extra-striate negli occhi con ambliopia anisometropica. Non è stata inoltre trovata alcuna correlazione tra l’attivazione della corteccia visiva (aree striate ed extra-striatali) e l’acuità visiva nei pazienti in esame. Questi risultati, pur essendo coerenti con la soppressione corticale degli input dell’occhio ambliope, non evidenziano le interferenze binoculari. Lo stimolo è infatti presentato in modo monoculare, con occlusione dell’altro occhio, riducendo così la soppressione. Nello studio di Conner (2007a), lo stimolo è presentato in visione bioculare, rendendo possibile il confronto diretto tra la visione monoculare (con l’occhio dominante occluso) e la visione bioculare (con entrambi gli occhi aperti e l’occhio dominante intento ad osservare un campo uniforme con luminanza media). In uno studio a due fasi, Farivar (2011) ha adoperato la RMN funzionale per esaminare le caratteristiche della risposta funzionale emodinamica corticale generata dalla stimolazione in occhi ambliopi e dominanti, includendo così l’importante valutazione bioculare. In un primo esperimento, ha confrontato la risposta corticale alla stimolazione dell’occhio ambliope con quella dell’occhio dominante, mentre l’altro occhio era occluso. Successivamente è stata misurata la risposta corticale stimolando l’occhio ambliope in due diverse condizioni: con l’occhio dominate aperto che osserva un pattern statico (elevata
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| GLI STRABISMI E LE ANOMALIE DELLA MOTILITÀ OCULARE
soppressione) e con l’occhio dominate chiuso (bassa soppressione). Il confronto tra l’occhio ambliope e dominante in condizione di presentazione visiva monoculare ha mostrato risposte dell’occhio ambliope ridotte in ampiezza e con un picco ritardato nel tempo, rispetto all’occhio dominante. Tali evidenze sono coerenti con altri studi con RMN funzionale riguardanti l’ambliopia (Anderson, 2006; Barnes, 2001; Choi, 2001; Conner, 2007b; Goodyear, 2000-2002; Hess, Li et al, 2009; Hess, Thompson et al, 2009; Lerner, 2006; Lv, 2008). Un importante riscontro derivante da tale analisi riguarda invece la risposta funzionale dell’occhio ambliope, ottenuta in visone bioculare. La risposta dell’occhio ambliope mostra differenze se l’occhio dominante è aperto o chiuso; nel primo caso può presentarsi infatti ridotta e ritardata, per effetto della funzione di soppressione operata dall’occhio dominante stesso. Tali importati risultati forniscono ulteriori dati circa il meccanismo di soppressione alla base dell’ambliopia e la sua complessa siopatologia, ponendo le basi per futuri approfondimenti. È stata inoltre evidenziata, negli studi sperimentali di Le Vay, Vay, Wiesel e Hubel (1980), una diversa risposta delle vie neuronali al ripristino della stimolazione visiva, dopo un periodo di non percezione, dovuta al recupero di alcune colonne di dominanza parvocellulari. Si ipotizza inoltre che la mancata risposta alla terapia antiambliopica possa essere correlata a questi risultati. Nel soggetto ambliope, oltre l’acutezza visiva, si modicano inne numerosi parametri, quali la sensibilità cromatica, l’analisi della profondità, la sensibilità al contrasto ed il movimento. Tali evidenze hanno suggerito il coinvolgimento sia delle vie magnocellulari che parvocellulari nel meccanismo siopatologico dell’ambliopia, con implicazione variabile dei diversi parametri funzionali. Per valutare la sensibilità al colore ed al contrasto sono stati effettuati studi su umani affetti da ambliopia strabica (Davis, 2006). I dati ottenuti evidenziano una sensibilità al contrasto ridotta, in misura maggiore nell’occhio ambliope rispetto all’altro occhio (in realtà tale sensibilità è aumentata nell’occhio migliore, più che ridotta
nell’occhio ambliope). In particolare, nei casi di ambliopia strabica ed anisometropica è stata evidenziata una riduzione della sensibilità al contrasto a tutte le frequenze spaziali limitata alla sole frequenze spaziali ele vate. Nella ambliopia da deprivazione, la perdita riguarda le alte frequenze. Per quanto riguarda l’età di insorgenza, è stata riscontrata una riduzione della sensibilità al colore ed al contrasto sia nei casi ad insorgenza precoce che più tardiva, anche nell’occhio controlaterale, in misura maggiore negli occhi ambliopi di pazienti con onset tardivo. È stata dimostrata una riduzione più marcata della sensibilità cromatica rispetto alla sensibilità al contrasto, suggerendo il maggiore coinvolgimento del sistema parvocellulare. Dopo occlusione dell’occhio adelfo, i dati riportano un miglioramento della percezione del contrasto e dei contorni (Chandna, 2004). Non è noto se tali parametri si modicano o meno di pari passo con i cambiamenti dell’acuità visiva, intendendo sia lo sviluppo dell’ambliopia che la risposta al suo trattamento (Davis, 2008; Constantinescu, 2005). L’eventuale aumento della sensibilità al contrasto durante il trattamento suggerisce un possibile utilizzo di questo parametro per il monitoraggio durante il follow-up. Le alterazioni siopatologiche sino ad ora illustrate possono contribuire a chiarire alcune caratteristiche della visione nei bambini ambliopi: il fenomeno dell’affollamento, l’effetto del ltro neutro e la ssazione eccentrica. Per quanto riguarda il fenomeno dell’affollamento, i pazienti ambliopi hanno una migliore acuità visiva misurata con ottotipi a presentazione singola; tale evidenza potrebbe essere dovuta all’estensione del campo recettivo, relativamente maggiore nei pazienti ambliopi. L’effetto del ltro neutro si valuta riducendo l’illuminazione della mira con il ltro. Nei pazienti ambliopi si evidenzia una riduzione minore dell’acuità visiva rispetto ai bambini normali, poiché i primi non adoperano la visione centrale. I pazienti ambliopi mostrano di solito un certo grado di ssazione eccentrica. Tale pattern di ssazione è associato a severa ambliopia; è presente sia in visione monoculare che binoculare.
Capitolo 3 • L’ambliopia
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CLASSIFICAZIONI DELL’AMBLIOPIA
Classifcazione eziologica
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Ambliopia da strabismo Ambliopia da sfocatura dell’immagine retinica unilaterale Ambliopia da sfocatura dell’immagine retinica bilaterale
Classifcazione secondo l’entità del defcit visivo
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Ambliopie clinicamente evidenti - Ambliopie unilaterali - Ambliopie bilaterali Ambliopie praticamente rilevanti - Ambliopie unilaterali - Ambliopie bilaterali
Classifcazione prognostica
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Ambliopia con decit visivo reversibile Ambliopia con decit visivo parzialmente reversibile Ambliopia con decit visivo irreversibile
Tabella 3. Classicazioni dell’ambliopia (Modicata da Paliaga, 2003; Wright, 2003)
Cssfczne
terale (Tabella 4). Si può inoltre suddividere in:
Le diverse forme di ambliopia possono essere suddivise in base all’eziologia, all’entità del decit o alla prognosi (Tabella 3). Dal punto di vista eziologico, secondo Wright (2003), l’ambliopia può essere classicata in ambliopia strabica, distorsione monolaterale o bila-
• Ambliopia strabica • Ambliopia anisometropica • Ambliopia isometropica • Ambliopia meridionale • Ambliopia da deprivazione • Ambliopia organica
Ambliopia strabica
Esotropia congenita Exotropia congenita Tropie costanti acquisite nell’infanzia Esotropia accomodativa Microtropia Exotropia intermittente (raramente ambliopigena) Anisometropia
Distorsione monolaterale
Ipermetropia (> + 1,5 D) Miopia (> - 3 D) Astigmatismo (> + 1,5 D)
Opacità dei mezzi diottrici
Cataratta unilaterale Anomalie vitreali (emovitreo o opacità vitreale) Opacità corneali monolaterali (anomalia di Peter’s)
Ametropia
Ipermetropia bilaterale elevata (> + 5 D) Astigmatismo bilaterale elevato (> 2,5 D)
Opacità dei mezzi diottrici
Cataratta congenita bilaterale Emovitreo bilaterale Opacità corneali bilaterali (anomalia di Peter’s)
Distorsione bilaterale
Tabella 4. Classicazione eziologica dell’ambliopia (Wright, 2003)
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| GLI STRABISMI E LE ANOMALIE DELLA MOTILITÀ OCULARE
Ambliopiastr Ambliopiastrabica abica
L’ambliopia strabica è comunemente associata ad uno strabismo costante unilaterale; è più frequente nei casi di esotropia. Tende Tende a non svilupparsi se lo strabismo è intermittente, in quanto i periodi di normale interazione binoculare preservano l’integrità del sistema visivo. Il decit visivo è di solito moderato-severo. La gravità dell’ambliopia non si correla tuttavia in modo signicativo con l’angolo di deviazione, essendo i microstrabismi particolarmente ambliopigeni. Tale forma di ambliopia si riscontra con frequenza maggiore nei bambini di età inferiore ai 3 anni (Birch, 2010). In uno studio su bambini no ai 3 anni di età, l’ambliopia strabica è stata diagnosticata in oltre l’80% dei casi, la forma anisometropica nel 5%, ed il meccanismo combinato nel 13% dei casi. Nei pazienti di età inferiore ai 3 anni, rispetto ad una coorte di bambini di 3-6 anni, la proporzione di casi con ambliopia strabica è signicativamente più elevata, mentre la forma anisometropica e quella combinata sono signicativamente meno frequenti. Nei pazienti di età inferiore ai 3 anni pertanto, la forma anisometropica potrebbe essere più difcile da diagnosticare, mentre l’ambliopia strabica potrebbe risultare sovrastimata per la ssazione preferenziale. Secondo un’ipotesi alternativa, l’anisometropia potrebbe svilupparsi più comunemente dopo i 3 anni o richiedere un tempo maggiore per causare ambliopia. Chavasse, nei primi studi sull’ambliopia (1939), ha denito questa forma “ambliopia da arresto”, in quanto la deviazione ed il conseguente disuso dell’occhio interessato bloccano lo sviluppo della normale acuità visiva. Ha riportato infatti che se l’ambliopia da arresto persiste, si sovrapporrà ad essa l’ambliopia da soppressione (ambliopia da estinzione). Tale concetto appare tuttavia in parte superato; si ritiene che l’eziologia dell’ambliopia strabica sia simile a quella da soppressione. L’ambliopia è unilaterale, dovuta alla inibizione attiva dell’input visivo con origine nella fovea dell’occhio deviato a livello delle vie retino-corticali. L’immagine ricevuta dalla fovea dell’ochio deviato non solo è diversa rispetto a quella del’occhio ssante, ma è anche meno nitida.
Nell’occhio strabico con ambliopia, la ssazione eccentrica è il pattern di ssazione monoculare più frequentemente riscontrato. La visione è tanto più bassa quanto più eccentrica è la ssazione, per la riduzione dell’acuità visiva allontanandosi dalla fovea (Von Norden, 1962). La ssazione eccentrica non è mai precisa come quella foveolare: si tratta infatti di una “zona” retinica, tanto più estesa quanto più eccentrica è la ssazione. Le due teorie prevalenti per spiegare la ssazione eccentrica sono “la teoria dello scotoma” e la “teoria di Cupper della corrispondenza anomala”. Secondo la prima, per evitare la confusione derivante dall’immagine non a fuoco sulla fovea, si verica una “soppressione” con inibizione attiva delle cellule corticali. La fovea perde così il suo ruolo funzionale ed il paziente utilizza una zona eccentrica per la ssazione. Secondo la teoria di Cupper invece, sarebbe presente una corrispondenza tra la zona di ssazione eccentrica e l’area retinica di corrispondenza anomala, con la fovea dell’occhio ssante. La ssazione eccentrica costituirebbe una successiva stabilizzazione monoculare di tale modicazione di corrispondenza retinica. Cupper ha inoltre riscontrato, in alcuni pazienti con ssazione eccentrica, una modica dell’egocentricità. Questa teoria è stata tuttavia contestata da Von Norden (1969) che ritiene la “egocentricità” differente rispetto alla “oculocentricità” presente nella corrispondenza retinica anomala. Sono stati effettuati numerosi studi a questo proposito, ma la questione resta ad oggi aperta. Nei casi in cui la ssazione è invece alterna, l’ambliopia in genere non si sviluppa, consentendo ad entrambi gli occhi un accesso simile ai centri corticali superiori. L’effetto del ltro neutro, così come il riscontro di ssazione eccentrica, sono più frequenti nell’ambliopia strabica, rispetto alle altre forme di ambliopia. L’ambliopia strabica è più frequente nei casi di esotropia; rari casi di bambini con exotropia costante svilupperanno ambliopia, con frequenza inferiore rispetto ai loro coetanei esotropici. Ambliopiaan Ambliopiaanisome isometropic tropica a
L’ambliopia anisometropica è la seconda forma
Capitolo 3 • L’ambliopia
più comune di ambliopia; i due occhi mostrano uno stato refrattivo differente. Per l’assenza di segni clinici evidenti, spesso la diagnosi è tardiva. Un’immagine cronicamente sfocata in uno o entrambi gli occhi impedisce il normale sviluppo visivo. Nell’occhio con visus inferiore si verica un’inibizione attiva della fovea che riceve l’immagine meno nitida, eliminando le interferenze sensoriali dovute alla sovrapposizione di un’immagine sfocata ed una nitida originanti dal punto di ssazione. Ne consegue, inoltre, un’acuità visiva dell’occhio anisometropico più bassa in condizioni binoculari rispetto ai test monoculari. La gravità e la prevalenza dell’ambliopia sembrano correlate ad anisometropie di entità maggiore (Kivlin, 1981; Kutschke, 1991). L’ambliopia media o moderata è dovuta a gradi medi di ipermetropia unilaterale. Se l’occhio più ametrope presenta invece una miopia di medio grado con visione per vicino normale, l’ambliopia in genere non si sviluppa. Solitamente infatti i pazienti ipermetropi possono mostrare ambliopia anche con un’anisometropia di 1D di differenza, mentre i miopi anisometropi non presentano ambliopia sino ad anisometropie elevate (Sen 1980). Secondo Wright (2003), dal punto di vista pratico, si considera c onsidera una differenza di almeno 1,5 D nei pazienti ipermetropi e di 3 D nei miopi. L’ambliopia severa si riscontra nei nei pazienti con elevata ipermetropia o miopia unilaterale (maggiore di 6 D) (Abrahamsson, 1996; Townsend, 1993). I pazienti con ambliopia anisometropica mostrano, generalmente, fusione periferica. Malformazioni o cambiamenti degenerativi nell’occhio ametrope possono contribuire al decit visivo e costituire un fattore ambliopigeno aggiuntivo. Ambliopiais Ambliopiaisometro ometropica pica
L’ambliopia isometropica bilaterale è caratterizza da vizi refrattivi simmetrici ed elevati. È più comune nei pazienti con ipermetropia maggiore di 5 D, senza anisometropia associata. L’elevata ipermetropia comporta ambliopia in entrambi gli occhi, in quanto l’immagine sfocata bilateralmente per un lungo periodo compromet-
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te lo sviluppo dell’acuità visiva centrale e la funzione binoculare di alto grado. Nei pazienti ipermetropi con esotropia accomodativa, l’ambliopia bilaterale è meno probabile. L’accomodazione e la conseguente eccessiva convergenza possono comportare infatti la messa a fuoco dell’immagine dell’occhio ssante, con minor rischio di alterazione visiva. Nei bambini miopi tale forma di ambliopia è meno frequente, in quanto le immagini a fuoco degli oggetti vicini agevolano la normale maturazione visiva. Nei pazienti con errori refrattivi severi che causano apparente ambliopia severa associata a nistagmo è sempre opportuno escludere distroe retiniche. Ambliopiame Ambliopiameridio ridionale nale
L’ambliopia meridionale è una particolare forma di sfocamento di immagine, dovuta a riduzione della risoluzione in meridiani specici, per astigmatismo non corretto, unilaterale o bilaterale. Il grado di ametropia cilindrica necessario per produrre ambliopia meridionale non è stabilito con esattezza. Si ritiene ambliopigeno un astigmatismo monolaterale maggiore di 1,5 D (Abrahamsson, 1996; Townsend, 1993; Wright, 2003). L’ambliopia meridionale bilaterale clinicamente signicativa si presenta invece per astigmatismi bilaterali maggiori di 2,5 D (Wright, 2003). Ambliopiad Ambliopiadadep adepriva rivazione zione
L’ambliopia da deprivazione si riscontra quando un’immagine sfocata e con contrasto mal denito raggiunge la retina, per alterazioni dell’asse visivo. La non nitidezza dell’immagine può essere di grado differente, a seconda della condizione ambliopigena. L’ambliopia è severa nei casi di ostruzione marcata dell’asse visivo, per cataratta congenita, ptosi, glaucoma congenito con severo edema corneale, emovitreo o anomalie vitreali. L’immagine può essere invece solo in parte alterata in caso di opacità lievi dei mezzi diottrici, quali anomalie corneali primitive o acquisite. La cataratta congenita è la causa più frequente di ambliopia da deprivazione, costituendo la terza forma di ambliopia per frequenza e la più
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complessa dal punta di vista terapeutico e prognostico. L’ambliopia L’ambliopia tende ad essere più severa nei bambini con cataratta unilaterale rispetto a quelli con opacità bilaterale, poiché l’anomala interazione binoculare costituisce un importante fattore patogenetico. La forma unilaterale si accompagna spesso ad esotropia o, più raramente, exotropia secondaria. Se la stimolazione anomala è presente nei primi 3 mesi di vita, può causare una riduzione profonda e permanente dell’acuità visiva ed eventualmente nistagmo. É pertanto indispensabile ristabilire il prima possibile la trasparenza dell’asse visivo sottoponendo i piccoli ad intervento precoce, in genere entro i 3 mesi di vita. Successivamente è fondamentale continuare l’iter terapeutico con costante e completo follow-up, associato a scrupolosa riabilitazione ottica (Birch, 1998; Cheng, 1991). Si include in questo gruppo anche l’ambliopia da occlusione, una forma iatrogena post-trattamento con sviluppo di decit visivo e ssazione eccentrica nell’occhio occluso. Nei pazienti affetti da nistagmo congenito si riscontra ambliopia bilaterale severa; l’immagine risultante non potrà essere a fuoco se non sono presenti posizioni anomale del capo (in convergenza o lateroversione) che consentono di ridurre/bloccare le scosse ed il tempo di foveazione è breve (Dell’osso, 1975). L’ambliopia può essere inoltre classicata in base all’entità del decit visivo in ambliopia clinicamente evidente e praticamente rilevante (Paliaga, 2003), se è unicamente evidenziata dal punto di vista clinico o comporta conseguenze pratiche importanti. Dal punto di vista clinico, l’ambliopia unilaterale è arbitrariamente denita come differenza di un determinato numero di linee di ottotipo tra l’occhio normale e l’occhio ambliopico (Nucci, 2003). In linea teorica, sarebbe opportu-
no considerare ambliopi i casi che c he mostrano una differenza anche minima tra la visione spaziale dei due occhi (Bagolini, 2007). Dal punto di vista pratico invece, il target per poter considerare un occhio ambliope, secondo Paliaga, potrebbe essere un’acutezza di ricognizione uguale o inferiore a 0,5-0,6. Tale misurazione è comunque funzione del tipo, delle caratteristiche dell’ottotipo e del numero variabile di linee considerato. Se si adoperano erroneamente ottotipi “tronchi” (che non valutano acutezze visive superiori a 1.0) o con ridotta interazione di contorno (in caso di presentazione di caratteri singoli). Non è possibile infatti rilevare la differenza esistente tra i due occhi. L’ambliopia può essere inne denita anche dal punto di vista prognostico. Le ambliopie lievi, insorte e trattate in età precoce, consentono un ampio margine di miglioramento possibile; si può infatti ipotizzare un recupero funzionale completo con ripristino di buona acuità visiva visiv a dopo rigida terapia antiambliopica. Nei casi di ambliopia severa, il decit visivo è spesso solo parzialmente reversibile, a causa di alcuni elementi quali la scarsa compliance, la prolungata azione del fattore ambliopigeno e la presenza di anomalie organiche. Le ambliopie scoperte o diagnosticate in età tardiva (arbitrariamente considerata oltre i 10 anni di età) non consentono invece recupero funzionale. La risposta variabile alla deprivazione visiva in base all’età di insorgenza, al tipo di ambliopia e all’età in cui si comincia il trattamento, nonché i risultati differenti dopo terapia, necessitano di ulteriori studi per validare ed ampliare i dati no ad ora ottenuti. Restano essenziali la diagnosi precoce, il trattamento tempestivo ed un attento follow-up, per rilevare eventuali complicanze ed ottenere un corretto sviluppo visivo.
Capitolo 3 • L’ambliopia
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