GOLIA: Fluidodinamica Industriale
Cap.2.1
Capitolo 2 FLUSSI IN CONDOTTI Contenuti .2.1
Generalità:
La lunghezza d'ingresso
.2.2
Leggi di pareti per moti turbolenti
.2.3
Flussi in tubi circolari
.2.3.1 .2.3.2 .2.3.3 .2.3.4 .2.3.5
Soluzione laminare Soluzione turbolenta Effetti della rugosità di parete: l’abaco di Moody Forme alternative dell’abaco di Moody Formula di Churchill
.2.4 Flussi in condotti non circolari .2.4.1 Flusso tra pareti parallele .2.4.1.1 Regime laminare .2.4.1.2 Regime turbolento .2.5
Il concetto di diametro idraulico
.2.6 .2.6.1 .2.6.2 .2.6.3 .2.6.4 .2.6.5
Perdite minori in condotti Perdite di ingresso/uscita Subitanei cambiamenti di sezione Raccordi a T, gomiti e valvole Raccordi curvi Variazioni di sezione
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.2.1
Generalità:
Cap.2.2
La lunghezza d'ingresso
Questo capitolo analizza i maggiori problemi di fluidodinamica interna di flussi viscosi. Essi sono prevalentemente dominati dal regime turbolento, la transizione dal laminare è fissata dal numero di Reynolds ReD basato sul diametro e sulla velocità media. Le incapacità di misurare le rapide oscillazioni del moto turbolento hanno impedito agli sperimentazioni del passato di essere coscienti di tale fenomeno, permettendo loro di misurare soltanto quantità medie (velocità, portate, pressioni, densità) e di trovarne correlazioni su basi sperimentali. Fu così che Hagen, un ricercatore tedesco, nel 1839 misurando le perdite di pressioni lungo tubi di bronzo di lunghezza L e di raggio R con portata Q di acqua, dedusse la legge: ∆p = (costante)
LQ + Effetti di ingresso R4
notando che a grandi portate si verificava un secondo tipo di moto caratterizzato da strani movimenti nell' acqua per i quali il salto di pressione ∆p variava con la seconda potenza della portata, ammettendo di non essere in grado di spiegare le ragioni del cambiamento. Evidentemente Hagen non capì che la costante doveva contenere la viscosità dell'acqua, d'altronde non poteva essere a conoscenza del numero di Reynolds che non era stato ancora inventato. Fu infatti nel 1883 che Osborne Reynolds, un professore inglese, con i suoi esperimenti su tubi di vetro cui immetteva un inchiostro colorato, stabilì che la transizione dal laminare al turbolento dipendeva da un numero adimensionale (ReD=ρ V D / µ) che successivamente prese il suo nome. Il grande risultato di Reynolds fu di trovare che per tubi adeguatamente lisci, per valori di ReD<2300=Recritico , il flusso è sempre laminare, mentre per valori di ReD>4000 il flusso è completamente turbolento; nel campo intermedio vi è la transizione con periodi/parti laminari ed altri turbolenti. La differenza con i campi di moti esterni è abbastanza evidente. Nei campi di moti esterni attorni a corpi, per velocità abbastanza alte, si sviluppa uno strato limite composto sempre da una parte laminare, ad una certa stazione avviene la transizione e successivamente ad una stazione ancora a valle si instaura il regime turbolento. profilo di strato limite merging di strato lilite Nei moti interni, invece, a parte il segmento di ingresso, di cui parleremo in seguito, il regime è sempre laminare o sempre turbolento a seu(r) conda del ReD. Non esiste cioè un cuore non viscoso tratto iniziale necessariamente laminare come per i campi esterni. u(r,x) La spiegazione sta nel fatto che se si ipotizza uno sviluppo dello strato Lunghezza di ingresso Regione di flusso limite sulle pareti di un condotto zona di sviluppo dello strato limite completamente sviluppato chiuso, si capisce chiaramente che questo interagisce fortemente con il pressione campo esterno a causa della limitatezza del volume, amplificando o perdita smorzando le perturbazioni. di Questo introduce il fatto che ad ogni ingresso imbocco deve esistere una regione di profilo lineare ingresso in cui il profilo di velocità varia con il raggio e con l'ascissa asx siale u=u(r,x), che deve essere regolata da profili di pressioni differenti, dalla regione di moto completamen0 Le te sviluppato che segue, nella quale il profilo di velocità è costante con x : u=u(r) e la pressione ha pendenza costante. La conservazione della massa impone portata Q costante:
∫
Q = udA = Vmedia A = cos t.
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Cap.2.3
Essendo la lunghezza di ingresso Le, dipendente dal diametro D, velocità media V, densità ρ, viscosità µ, considerazioni portano alla dipendenza adimensionale del tipo: ρVD Le = g(Re D ) = g D µ Le ≅ 0.06Re D Per flussi laminari , la correlazione accettata è : D
Dal che si evince che il massimo valore della lunghezza di ingresso laminare si verifica per Recritico=2300 è pari a Le = 138 D. Le ≅ 4.4(Re D )1 / 6 D
Per flussi turbolenti , la correlazione accettata è :
Tale correlazione è valida a partire dal valore di ReD>4000 al di sopra del quale il moto è completamente turbolento. Valgono i seguenti valori orientativi (per il regime turbolento le caselle in grigio): ReD Le/D
1 0.06
10 0.6
100 6
1000 60
2300 138
104 20
4000 18
105 30
106 44
107 65
108 95
=^=^=^=^=^= ESERCIZIO.2.1 Un tubo da mezzo pollice, lungo 18 metri porta 16 litri di acqua al minuto a 20°C. Quale frazione del tubo è occupata dalla regione di ingresso? Risp. 1.7% =^=^=^=^=^= ESERCIZIO 2.2 Un tunnel a vento (fluido aria) di un metro di diametro, lungo 5 metri, con una velocità di 30 m/s realizza condizioni di flusso completamente sviluppato? Risp. NO =^=^=^=^=^= NOTA: le dimensioni dei tubi si danno nominalmente in pollici, ma il diametro nominale non corrisponde a quello interno, la corrispondenza è: Nominale (in) Dinterno (in)
.2.2
1/8
¼
3/8
0.269
0.364 0.493
½
¾
1
1½
2
2 1/2
3
0.622
0.824
1.049
1.610
2.067
2.469
3.068
Leggi di pareti per moti turbolenti
Prima di intraprendere l'analisi dei campi di moto interni, ricordiamo che per regimi turbolenti, la descrizione fatta per i campi esterni rimane valida, sia pure con qualche lieve modifica. In particolare per campi esterni la suddivisione dello strato limite fatto è fatta, di solito, in tre sottostrati: 1. interno / laminare / di parete : dominato dagli effetti viscosi di tipo laminare 2. intermedio/overlap: dominato dalla combinazione di sforzi turbolenti e laminari 3. esterno: dominato dagli sforzi turbolenti e dal moto esterno Per i moti in condotti ci si riduce, in pratica, soltanto ai primi due in quanto non è presente una regione euleriana esterna. Rimangono quindi le leggi di parete trovate per i primi due sottostrati, in funzione delle variabili interne formabili in funzione della velocità di attrito: u* = τ w ρ
→
u + = u u * ; η = yu * ν
In funzione delle variabili interne, in particolare si ritrova, per il sottostrato laminare la legge lineare: Fluid_Ind_020.doc
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u+ =
Cap.2.4
u yu * = = y+ u* ν
valida per 0 < y+ < 7
Per lo strato interno vale invece la famosa legge logaritmica: u+ =
u 1 yu * 1 = ln + B = ln η + B u* k ν k
valida per 30 < y+ < 800
Per tubi le costanti di maggiore successo sono: k=0.41 , B=5.0 Come già detto, per condotti, il sottostrato esterno presenta variazioni trascurabili rispetto a quello di overlap è può essere ingegneristicamente trascurato rimpiazzandolo con quest'ultimo. Vedremo nel seguito che l'uso di queste leggi, interpretate come leggi di similitudini, (capaci cioè di rappresentare i profili di velocità in un piano trasformato) permetteranno, in modo stupefacentemente semplice, la derivazione del campo di moto in condotti e la soluzione di quasi tutti i problemi turbolenti in condotti. Rappresentiamo il classico profilo turbolento nel piano delle variabili interne.
=^=^=^=^=^= ESERCIZIO 2.3 Aria a 20°C scorre in un tubo avente un diametro di 14 cm, moto completamente sviluppato con velocità sull'asse di 5 m/s. Assumendo la legge logaritmica derivare: • la velocità di attrito u* Risp. 0.228 m/s • lo sforzo alla parete τw Risp. 0.062 Pa • la velocità media V Risp. 4.17 m/s • Il numero di ReD Risp. 38700 • verificare se il moto è effettivamente turbolento Risp. SI Suggerimento: assumere y = R – r, al centro y = R, sulla parete y=0
=^=^=^=^=^= Fluid_Ind_020.doc
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Cap.2.5
2.3 Flussi in tubi circolari Come primo caso, consideriamo il campo di moto completamente sviluppato di un fluido in un tubo circolare generato da un gradiente di pressione o dalla gravità, come nella figura che segue. h1 La continuità, si riduce a:
(1): p1=p2+dp φ r z
Q1 = V1A = Vmedia A = V2 A = Q 2
(2): p2
u(r)
τ(r ) h2
ovvero V1=V2 essendo A costante. Il bilancio di quantità di moto fornisce:
dL=x2-x1
( )
∆p πR 2 + ρg πR 2 ∆Lsinφ − τ w (2πR ∆L ) = = Q(V1 − V2 ) = 0
ovvero: ∆L = ∆p' R avendo definito la pressione corretta, cioè la combinazione delle forze che generano il moto: p’ = p + ρ g h Finora non abbiamo fatta alcuna ipotesi sul regime di moto. Analizzando la possibile dipendenza funzionale dello sforzo alla parte τw, pensiamo che essa possa dipendere dalla densità del fluido ρ, dalla velocità media V, dalla viscosità del fluido µ, dal diametro del tubo D, e dalla scabrosità superficiale ε: τ w = h (ρ, V, µ, D, ε ) ∆ (p + ρgh ) = 2τ w
L’analisi dimensionale ci dice che questa relazioni è esprimibile adimensionalmente come: 8τ w ρV 2
ε ≡ f = h Re D , D
;
f=
8 τw 8 R ∆p ' = ρ V 2 ρ V 2 2 ∆L
dove il coefficiente adimensionale “f” è detto coefficiente d’attrito di Darcy, in memoria dell’ingegnere francese che nel 1857 determinò gli effetti della scabrosità superficiale sulla resistenza nei tubi. Nota che gli idraulici preferiscono definire una perdita di altezza (piezometrica) nei tubi , hf , scrivendo il teorema di Bernoulli nella forma: p1 p ∆p ' ∆p = + gz1 = 2 + gz 2 + g h f → h f = ∆z + ρg nella nostra ρg ρ ρ notazione
Per cui combinando le espressioni risulta: hf = f
L V2 D 2g
che è la relazione di Darcy-Weisbach, proposta dal professore tedesco nel 1850, per trovare le perdite in tubi e condotte. Equazioni del moto Lavoriamo in coordinate cilindriche z, r, θ; (u, Vr, Vθ) assumiamo moto simmetrico senza variazioni rispetto all’anomalia θ, [Vθ = d/dθ = 0] e completamente sviluppato Vz= u=u(r).
L’equazione di continuità: si riduce a:
1 ∂ (r Vr ) + 1 ∂Vθ + ∂u = 0 r ∂r r ∂θ ∂z 1 ∂ (r Vr ) = 0 r ∂r
ovvero
Ma la condizione di no-slip sulla parete @ r=R → Vr=0 implica Vr=0 in tutto il campo. Fluid_Ind_020.doc
rVr = costante
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Cap.2.6
Ne deriva quindi che l’unica componente della velocità è quella assiale: u = u( r ). La componente assiale dell’equazione di equilibrio (l’unica non identicamente nulla) si riduce quindi: ρu
1 ∂ (r τ rz ) ∂u dp = 0 = − +ρ g•k + r ∂r ∂z dz
dove il termine a sinistra è identicamente nullo perché u=u(r) , “τrz” rappresenta lo sforzo viscoso (laminare o turbolento). 1 ∂ (r τ rz ) d (p + ρ g h ) dp' Questa equazione può essere riscritta come: = = =C dz dz r ∂r Esaminando questa equazione notiamo che il termine a sinistra è per definizione soltanto funzione del raggio “r” , mentre il termine a destra varia solo con “z”; ne segue che entrambi i membri devono essere necessariamente pari ad una costante (posta pari a C). Possiamo quindi integrare l'equazione per trovare la distribuzione degli sforzi viscosi, utilizzando il fatto che τrz(0)=0 (sulla linea media per simmetria): R z τ rz =
1 d (p' ) r =Cr 2 dz
u τ Ne deriva la distribuzione lineare (come raffigurata in figura) che deve valere sia per regimi laminari che turbolenti; lo sforzo è nullo in mezzeria (r = 0) ed è massimo sulla parete (r = R) dove vale:
τw =
1 R 2
d (p' ) 1 ∆ (p' ) dz = 2 R ∆L
Relazione identica a quella che era stata trovata mediante l’analisi integrale. .2.3.1
Soluzione laminare
In questo caso lo sforzo viscoso è correlato al gradiente di velocità dalla viscosità dinamica: τ rz = µ per cui l’equazione di campo diventa:
τ rz = µ
du 1 = Cr dr 2
Il valore della costante C è determinata dalla condizione alla parete: τ w =
1 CR 2
⇒
C=
du dr
2 τ w dp' = R dz
1C 2 r + C1 4µ La costante di integrazione C1 può essere valutata dalla condizione di no-slip sulla parete: u(R)=0 da cui: 1C 2 C1 = − R 4µ 1C 2 Per cui la soluzione diventa: u= r − R2 4µ
Integrando ulteriormente si ricava: u =
(
Che solitamente viene scritta come:
u( r ) =
)
1 (− C ) 2 2 1 dp' 2 2 R −r = − R −r 4 µ 4µ dz
(
)
(
)
Il segno meno discende dal fatto che la velocità è positiva se la pressione corretta p’ diminuisce nella direzione assiale (i.e. il fluido va da zone a p’ maggiori verso quelle dove p’ è minore). Il profilo di velocità laminare in un tubo è quindi di tipo parabolico, con velocità nulla sulla parete e massima al R 2 dp' centro dove ha un valore pari a: u max == − 4µ dz Per cui il profilo di velocità è esprimibile come: Fluid_Ind_020.doc
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Cap.2.7
r2 u( r ) = u max 1 − 2 R
Tutti gli altri parametri di interesse si ricavano semplicemente: r2 1 π R 4 dp' u max 1 − 2 2π r dr = u max π R 2 = − 0 2 8µ dx R Q Q u La velocità media = max è quindi la metà di quella massima sull’asse. V≡ = 2 A πR 2 8µ L Q ∆p' = In funzione della portata, la caduta di pressione è: π R4 In accordo con la formula derivata da Hagen. du 2 µ u max τw = µ = Infine lo sforzo alla parete: dr r = R R
∫
Q = u dA =
Portata volumetrica :
∫
R
Espresso in termini della velocità media e del diametro diventa:
τw =
8µ V D
Da cui si ricava la dipendenza del fattore di attrito laminare alla Darcy: f≡
8τ w ρV
2
=
8(8µV / D ) ρV
2
=
64 µ ρVD
La perdita di altezza che ne segue:
ergo:
f lam =
64 Re D
64 µ L V 2 32 µ L 128 µ L h f ,lam = = V= Q 2 V D D 2 g ρ ρgD π ρ g D4
è proporzionale alla velocità media (e quindi alla portata volumetrica) come aveva postulato Hagen. Nota: per ReD→0 , flam→∞ nel mentre la τw→0 : questo dipende dal fatto che nella flam , la τw è adimensionalizzata rispetto alla pressione dinamica che comprende la densità ρ; di fatto dalle condizioni assunte il contributo dinamico si bilancia perfettamente ed è globalmente nullo (non compare nelle equazioni del moto completamente sviluppato), per cui l’adimensionalizzazione non è, a rigore, appropriata.
Questo campo di moto è chiamato flusso di Hagen-Poiseuille per commemorare i lavori sperimentali di Hagen nel 1839 e di Poiseuille nel 1840 che avevano indipendentemente ricavato la legge di perdita di pressione nei tubi. =^=^=^=^=^= ESERCIZIO 2.4 Olio con ρ=900 kg/m3 e ν=0.0002 m2/s scorre in un tubo di 6 cm di diametro inclinato verso l’alto di 40°. Ad una sezione (1), posta a quota z=0 si misura p1= 350000 pa, ad una sezione (2), posta 10 metri a valle della (1) si misura p2= 250000 Pa. Assumendo regime laminare determinare: la direzione del flusso Risp. da (1) a (2) determinare hf tra (1) e (2) Risp. 4.9 m calcolare: Q, V, Re Risp. 0.0076 m3/s; 2.7 m/s, 810 riverificare se il flusso è laminare Risp: SI
=^=^=^=^=^= ESERCIZIO 2.5 Un liquido [modello di viscosimetro a capillare] con peso specifico rg= 58 lb/ft3 fluisce, per gravità da un serbatoio in cui assume un’altezza di 1 ft, attraverso un tubo capillare di 0.004 ft, lungo 1 ft con una portata di 0.15 ft3/s il tutto in condizioni atmosferiche: Trascurando gli effetti di entrata determinare la viscosità del fluido Risp. µ= 1.60 10-5 slug/(ft s)
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.2.3.2
Cap.2.8
Soluzione turbolenta
Se assumiamo che tutto il campo di moto è regolato dalla legge logaritmica, è stupefacente rilevare che non vi è bisogno di risolvere l’equazione differenziale derivante dalla quantità di moto. u(r ) 1 ( R − r )y * ≈ ln +B Ponendo y = R - r dalla relazione: u* k ν Possiamo calcolare la velocità media:
V=
Q u* = A πR 2
Memo:
∫
R
0
∫ x ln x dx =
x2 x2 ln x − 2 4
u* 2 R u* 3 1 ( R − r )u * + B 2π r dr = + 2B − ln k ln 2 k ν ν k V R u* = 2.44 ln + 1.34 u* ν
Da questa ponendo k=0.41 e B=5.5 otteniamo: Il fatto interessante è notare che: ρV 2 V ≡ = τw u*
8 f
è direttamente correlata al coefficiente di attrito di Darcy, “f”
R u * 1 V D u * Re D ≡ = ν 2 ν V 2
8 f
è direttamente collegata a ReD ed a “f”
Introducendo tali relazioni, e cambiando la base del logaritmo da naturale, (ln) , a base 10, (log) , risulta la relazione: 1 f
(
)
= 1.99 log Re D f − 1.02
che è la relazione ricavata da Prandtl nel 1935, successivamente aggiustata per meglio verificare i dati sperimentali in: 1 = 2.0 log Re D f − 0.8 f
(
)
E’ da rilevare che calcolando semplicemente la velocità media da una legge (interna) di velocità, abbiamo ricavato una relazione tra il coefficiente di attrito di Darcy ed il numero di Reynolds. Questa è la formula universalmente accettata per il moto turbolento in un condotto liscio. Questa relazione però è difficilmente usabile nel caso si assegna ReD e si vuole determinare “f” Tra le molte correlazioni disponibili in letteratura, per la relazione f(ReD) le più comuni sono: 0.316 Re-1/4 D f ≈ 1.02 (log Re D )− 2.5
H.Blasius (1911) F.White (1974)
La relazione di Blasius, lo stesso studente di Prandtl che studiò anche lo strato limite isobaro, per se limitata a bassi Reynolds, 4000 < ReD < 105, è interessante perché dimostra quello che Hagen aveva trovato: 1/ 4
hf =
µ ∆p L V2 =f ≈ 0.316 ρg D 2g ρ V D
L V2 D 2g
che si può scrivere come: ∆p ≈ 0.158 ρ3 / 4 µ1 / 4 D − 5 / 4 V 7 / 4 = 0.241 ρ3 / 4 µ1 / 4 D − 4.75 Q1.75 L Fluid_Ind_020.doc
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Cap.2.9
Da notare come nei regimi turbolenti, la perdita di pressione è proporzionale alla lunghezza del tubo, varia di poco con la viscosità dinamica del fluido (infatti è la viscosità turbolenta quella che determina l’attrito) e varia con una potenza di 1.75 della velocità media o della portata. A parità di portata la perdita di pressione varia fortemente ed inversamente con la 4.5 potenza inversa del diametro (ergo meglio usare tubo con grossi diametri). u max 1 Ry * La velocità massima si realizza all’asse ( r=0 , y=R) e vale : ≈ ln +B k ν u* V 1 0.316 Questa può essere correlata alla velocità media V mediante la relazione: ; f= = u max 1 + 1.33 f Re D1 / 4 che fornisce i seguenti valori: ReD V/umax
laminare 0.5
4000 0.790
104 0.811
105 0.849
106 0.875
107 0.893
108 0.907
Da questa tabella si nota come il profilo turbolento si appiattisce all’aumentare di Reynolds. .2.3.3
Effetti della rugosità di parete: l’abaco di Moody
Fu soltanto nel 1880 che Coulomb, con i suoi esperimenti, stabilì gli effetti della rugosità di parete sulla resistenza dei tubi. Si verificò così che la rugosità ha piccolo effetto sulla resistenza nel regime laminare, mentre nel turbolento l’effetto dipende dalle dimensioni della rugosità (media RSM). In effetti soltanto nel 1926 Nikuradse, il solito studente di Prandtl, con le sue misure teorizzò che gli effetti dipendevano dal rapporto della rugosità “ε“ rispetto alle dimensioni del sottostrato laminare.
dB
u+
liscia rugose dB
1/k[ lnε+ ] -3.5 per flussi completamente rugosi ε+
log(η )
Ipotizzando, per il sottostrato laminare, un’altezza critica di y+ = 7, egli rilevò, per pareti rugose, tre tipi di regimi: 1) Flusso con pareti idraulicamente lisce: 0 < εu*/ν < 5 irrilevante l’effetto della rugosità 2) Flusso di transizione 5 < εu*/ν < 70 effetto della rugosità e di Reynolds 3) Flusso con pareti completamente rugose 70 < εu*/ν trascurabile l’effetto di Reynolds In particolare Nikuradse studiò il regime (3) in cui la rugosità era molto più alta del sottostrato laminare, sì da sconvolgerlo completamente, è notò, per tali regimi, che la legge del profilo di velocità, in variabile interne, rimaneva simile a quella su parete liscia, ma spostata verso il basso e verso destra. Ne risulta che per flussi completamente rugosi la legge logaritmica deve essere modificata: u 1 1 1 = ln y + + B − ∆B = ln y + + B − ln ε + − 3.5 u* k k k Ponendo le costanti appropriati, si ricava per tubi con regimi di pareti (fluidodinamicamente) rugose: la relazione: u+ =
u+ = Fluid_Ind_020.doc
u 1 y = ln + 8.5 u* k ε
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Cap.2.10
La sorprendente conclusione è che si elimina l’influenza della viscosità (che entrava nelle espressioni di y+ ed di ε+), e quindi, se si considera flusso completamente sviluppato, il profilo di velocità, su parete rugosa, è indipendente dal numero di Reynolds. V D Infatti integrando l’equazione, risulta per la velocità media in un tubo rugoso: = 2.44 ln + 3.2 u* ε 1 ε D Ovvero la relazione del coefficiente di attrito per tubi completamente rugosi è: = −2.0 log f 3.7 Non vi è alcun effetto di Re, la variazione di f dipende esclusivamente dal rapporto (ε/D). Alla fine degli anni 30 si era quindi stabilito che: 1 = 2.0 log Re D f − 0.8 • per regimi di pareti lisce valeva la relazione f i.e. f dipende da ReD
(
•
per regimi di pareti completamente rugose era invece:
)
ε D = −2.0 log f 3.7
1
i.e. f non dipende da ReD si dovette aspettare fino al 1939 allorquando il furbo Colebrook propose di combinare le due relazione per ricoprire il vasto regime di transizione con la relazione: ε D 2.51 = −2.0 log + f 3.7 Re D f
1
Formula che è universalmente accettata per la determinazione dell’attrito turbolento in tubi. Nel 1944 Moody ebbe la geniale idea di rappresentare su di un diagramma le curve che derivavano per il regime viscoso e per quello turbolento, producendo il best-seller dell’abaco di Moody, che rappresenta il più famoso ed utile diagramma della fluidodinamica.
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Cap.2.11
A parte l’approssimazione ingegneristica (±15%) questo abaco può essere usato anche per tubi con sezioni non circolari, per canali a vena libera e, in emergenza, per strati limite. La parte ombrata dell’abaco è relativa alla transizione laminare/turbolenta [2000
Acciaio rivettato
ε (mm)
0.9 9.0
Cemento Legno Armato 0.3 3.0
0.18 0.9
Ferro Fuso
Ferro galvanizzato
0.26
0.15
Ferro Rivestito asfalto 0.12
Ferro Commerciale 0.046
Ferro estruso
Vetro
0.0015
liscio
=^=^=^=^=^= Esercizio. 2.6 Calcolare la perdita di carico e la perdita di pressione in un tubo orizzontale di 6 in di diametro di ferro asfaltato, lungo 200 ft (e=0.0004 ft) in cui scorre acqua con una velocità media di 6 ft/s Risp: hf=4.5 ft, ∆p= 280 lbf/ft2. =^=^=^=^=^= Esercizio. 2.7 Olio, con ρ=900 kg/m3, -=0.00001 m2/s , scorre con una portata di 0.2 m3/s attraverso un tubo di ghisa di 200 mm di diametro lungo 500 m. (assumere ε= 0.26 mm) Determinare: la perdita di carico Risp: 117 m la perdita di pressione Risp: 265000 Pa =^=^=^=^=^= Esercizio 2.8 Per l’Esercizio. 2.5 il flusso è laminare o turbolento ? =^=^=^=^=^=
.2.3.4
Forme alternative dell’abaco di Moody
L’abaco di Moody è stato concepito per risolvere il problema delle perdite: così dati: D, L, V (ovvero Q=VA), ρ, µ, , ε, si può calcolare la hf, ovvero f = 2 hf D g / L / V2, ovvero la perdita di pressione ∆p = hf r g . Esistono però altri problemi tipici dell’ingegneria meccanica: 1. il problema di determinare la portata Q una volta assegnati : D, L, ρ, µ, , hf, ε, 2. il problema di determinare il diametro D del tubo una volta assegnati: : Q, L,, ρ, µ, , hf, ε, Ovviamente questi problemi si possono risolvere con procedimenti iterativi, ma questi sono alquanto noiosi, specialmente per le difficili interpolazioni. Un’ intelligente alternativa è di riformare i gruppi adimensionali logicamente presenti nell’abaco. Abaco di Moody modificato per la determinazione della portata Q. In questo caso occorre eliminare la velocità cosa che si può fare introducendo un nuovo gruppo adimensionale α g D 3h f 1 definito come: α ≡ f Re2D = 2 L ν2 ε Re D = Re D α, D In questo modo, una volta assegnati : D, L, ρ, µ, , hf, ε, si può calcolare α , ε/D risalire direttamente a ReD e da questo a V ed a Q = π (D2/4) V.
e di rappresentare, nell’abaco modificato, la relazione
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Cap.2.12
=^=^=^=^=^= ESERCIZIO. 2.9 Un olio, con ρ=950 kg/m3 e ν=0.00002 m2/s, scorre in un tubo (ε/D=0.0002) con diametro pari a 30 cm e lungo 100 m. Determinare la velocità media e la portata Risp. 4.84 m/s; 0.342 m3/s =^=^=^=^=^= ESERCIZIO. 2.10 Rielaborare l’ESERCIZIO 8.6 assumendo nota la perdita di carico (hf) e incognita la velocità. =^=^=^=^=^=
Abaco di Moody modificato per la determinazione del diametro D. In questo caso occorre eliminare il diametro D cosa che è più laboriosa ma fattibile introducendo due nuovi gruppi adimensionale β e γ definiti come: β ≡ f Re5D =
128 g Q3h f π 3 L ν5
γ≡
e di rappresentare, nell’abaco modificato, la relazione
εν 4 ε D = Q π Re D
Re D =
VD 4 Q = = Re D (β, γ ) ν πDν
In questo modo, una volta assegnati : Q, L, ρ, µ, , hf, ε, si può calcolare β , γ risalire direttamente a ReD e da questo al diametro D. Si verifica che tutte le curve per ε/D si raggruppano in una curva che mediamente è rappresentabile (per il regime turbolento) con la formula di potenza:
Fluid_Ind_020.doc
Re D ≈ 1.43 β0.416
che rappresenta un utile approssimazione.
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Cap.2.13
=^=^=^=^=^= ESERCIZIO.9.11 Riconsiderare l’Esercizio. 8.9 , assumendo Q=0.342 m3/s, ε=0.06 mm e determinare D. =^=^=^=^=^= ESERCIZIO.9.12 Riconsiderare l’ESERCIZIO.8.6, con Q=1.178 ft3/s e determinare D. =^=^=^=^=^= NOTA: le dimensioni dei tubi si danno nominalmente in pollici, ma il diametro nominale non corrisponde a quello interno, la corrispondenza è:
Nominale (in)
1/8
¼
3/8
½
¾
1
1½
2
2 1/2
3
Dinterno (in) Dinterno (cm)
0.269 0.63
0.364 0.925
0.493 1.252
0.622 1.579
0.824 2.093
1.049 2.664
1.610 4.089
2.067 5.250
2.469 6.271
3.068 7.793
.2.3.5
Formula di Churchill
Per l'uso dell'abaco di Moody in calcoli fluidodinamici valgono tre considerazioni: 1. 2.
L'uso dell'abaco non è ovviamente possibile da parte di codici di calcolo che richiedono la stima della perdita di carico. ε D 1 2.51 non è di agevole uso in quanto non = −2.0 log + La relazione di Colebrooke 3.7 Re D f Darcy f Darcy fornisce esplicitamente la relazione f=f(ReD,ε/D) in genere richiesta.
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3.
Cap.2.14
Infine le relazioni per il coefficiente f dipendono in modo forte dal regime di moto, per cui occorre fissare la transione (di solito la transizione è fissata a ReD=2300).
Per ovviare a questi tre inconvenienti innumerevoli sono state le proposte per fornire relazioni esplicite del tipo f=f(ReD,ε/D): alcune ottimizzate per valori bassi, altre per valori alti del rapporto di rugosità. Ma tutte richiedono la prevalutazione del valore del ReD di transizione laminare/turbolento. Recentemente Churchill ha introdotto una relazione che realizza automaticamente la transizione laminare/turbolento e fornisce esplicitamente il valore del fattore di attrito. Una functions (FORTRAN):che attua la formulazione di Churchill è fornita nel seguito: c-----------------------------------------------------------function churchill(red,eod) c c calcola il fattore di attrito alla Fanning: c.....red= numero di Reynolds basato sul diametro (idraulico) c.....eod= rapporto rugosità/diametro idraulico c c c.golia 2001 c a1 =(7./red)**0.9 a2 =0.27*eod a =(2.457*log(abs(1.d0/(a1+a2))))**16. b =(37530/red)**16. f1 =(8./red)**12. f2 =(a+b)**(-1.5) churchill=2.*(abs(f1+f2))**(1.d0/12.) return end c------------------------------------------------------------
L'uso di tale function fornisce, per il fatttore di attrito alla Fanning, un abaco simile a quello di Moody come in figura:
Abaco secondo Churchill
fFanning
0.1
0.05 0.04 0.03 0.02 0.015 0.01 0.008 0.006 0.004 0.002 0.001 0.0008 0.0006 0.0004 0.0002 0.0001 0.00005 0.00001 ε/D= 0
0.01
0.001 1e+3
Fluid_Ind_020.doc
1e+4
1e+5
1e+6
1e+7
ReD
1e+8
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Cap.2.15
.2.4
Flussi in condotti non circolari
.2.4.1
Flusso tra pareti parallele
b = oo
Come per il moto nei tubi assumiamo moto completamente sviluppato [u=u(y)], in una rappresentazione cartesiana l’equazione è: h dτ d dp' (p + ρgh ) = = − K = dy dx dx
y
u(y)
x
Y umax
.2.4.1.1 Regime laminare In questo caso τ = µ du/dy sicché l’equazione si integra due volte per fornire: u ( y) = − K y 2 + C y + C 1 2 2µ Le due costanti C1 e C2 si possono determinare dalle condizioni alle pareti (y=±h/2) da cui derivano i valori di C1=0, C2 = Kh2/(8µ), pertanto la distribuzione di velocità è: u( y) =
(
1 dp' 2 − h − y2 8 µ dx
)
distribuzione parabolica simile a quella nei tubi.
Tutti gli altri parametri ne derivano semplicemente: h 2 dp' 2 − = u max 12 µ dx 3
Velocità media
V=
Sforzo alla parete:
τw =
Fattore di attrito:
f=
h dp' − 2 dx
8τ w ρV
2
=
48µ 48 = ρVh Re h
Come per i tubi il regime laminare diventa instabile per Reh=1150, oltre inizia la transizione al turbolento. .2.4.1.2 Regime turbolento In questo caso conviene usare la legge logaritmica di parete, con un’ordinata che parte da una delle pareti (Y) u (Y ) 1 Yu * ≈ ln +B per cui vale: u* k ν Questa può essere integrata per fornire la velocità media: 1
Da cui:
.2.5
f
(
)
= 2.0 log Re h f − 0.588
V ≡ u*
8 1 2 = f u* h
h/2
1
∫ u dY = k ln 0
Yu * 1 + B− ν k
formula molto simile a quella per tubi circolari.
Il concetto di diametro idraulico
Per condotto non circolari, l’approccio del volume di controllo è ancora valido ma si deve tenere in conto che l’attrito si verifica soltanto sulle pareti bagnate da fluido la cui estensione è chiamata Perimetro idraulico P. Ne segue che l’equazione di equilibrio diventa: ∆ (p + ρgh ) ∆p' τ w ∆L ∆p A + ρgA ∆L sinφ − τ w P ∆L = 0 ovvero: = hf = = ρg ρg A P ρg Fluid_Ind_020.doc
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Cap.2.16
Quest’ultima relazione è identica a quella ricavata per i tubi laddove al posto del Raggio si presenta il rapporto A/P. Rh =
Per queste ragioni si definisce raggio idraulico, Rh, il rapporto:
A area sezione fluida = P perimetro baganto
Sfortunatamente è mala abitudine definire diametro idraulico, Dh che è pari a quattro volte il Raggio idraulico: Dh =
4 A 4 volte l' area sezione fluida = P perimetro baganto
rispetto al quale tutte le formule e correlazione trovate per il tubo circolare possono essere formalmente usate (con ignota approssimazione, di solito migliore per il turbolento). Altre sezioni non circolari In linea di principio un condotto con una sezione arbitraria può essere risolto per il regime laminare, ma questo è un esercizio più o meno accademico, in quanto l’interesse pratico è nel regime turbolento. In questo caso l’uso del diametro idraulico permette l’accesso agli abachi di Moody per una stima abbastanza approssimata delle perdite. In realtà la presenza di moti secondari e ricircolatori rendono sezioni triangolari e rettangolari a grande allungamento molto difficili da risolvere, ma fortunatamente tali forme sono raramente incontrate nella vita pratica.
b
Nel seguito una tabella valida per regime laminare in sezioni rettangolari
a B/A f ReDh
0.0 96.00
0.05 89.91
0.1 84.68
0.125 82.34
0.167 78.81
0.25 72.93
0.4 65.47
0.5 62.19
0.75 57.89
1 56.91
Idem per triangoli isosceli. θ (gradi) f ReDh .2.6
0.0 48.0
10 51.6
2θ
20 52.9
30 53.3
40 52.9
50 52.0
60 51.1
70 49.5
80 48.3
90 48.0
Perdite minori in condotti
In un sistema idraulico, oltre alle perdite di carico per attrito nei tubi, che si possono calcolare con l’abaco di Moody, esistono altri tipi di perdite, dette “perdite minori” che dipendono da: 1. ingresso/uscita 2. subitanei cambiamenti di sezione, 3. curve, gomiti, giunti , 4. valvole , 5. graduali variazioni di sezione. E’ ovvio che queste perdite possono essere tutt’altro che minori se le valvole sono chiuse!.
In tutte queste situazioni la determinazione del campo di moto è praticamente impossibile, per cui ci si limita a determinare globalmente le varie perdite, considerate concentrate, con l’uso di coefficienti K, determinati sperimentalmente. Questi dati sperimentali raramente riportano la dipendenza dai parametri adimensionali dinamici quali il Re ed il rapporto di rugosità. Per questi motivi la determinazione delle perdite è orientativa. Tutti i coefficienti K si riferiscono solitamente a regimi turbolenti. h K ≡ 2m I coefficienti di perdita K sono definiti come: V 2g sicché la perdita totale htot, riferita ad una velocità media V e ad un diametro di riferimento D si scrive:
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Cap.2.17
h tot = h f +
∑
V2 L f + 2g D
hm =
∑ K
In genere si conviene di usare per L la lunghezza dello sviluppo completo del sistema (incluse tutte le curve, valvole ecc.). Da notare che se il circuito contiene segmenti Li con diametri diversi Di il raggruppamento prima fatto è impossibile e si dovranno sommare tutti i contributi delle perdite (distribuite e localizzate) separatamente. Nel seguito indicheremo i valori più comuni dei vari tipi di perdite. .2.6.1
Perdite di ingresso/uscita
Le perdite di ingresso dipendono dalla geometria, per quelle di uscita si assume K=1. rientrante
aguzzo
K=0.4-0.5
K=0.78 .2.6.2
grande raggio r=0.2D
piccolo raggio
K=0.05
K=0.2-0.25
Subitanei cambiamenti di sezione
I valori sono dati dal grafico, la velocità di riferimento è sempre quella del diametro più piccolo. Per un’espansione il bilancio globale fornisce il valore 2
d2 K ESPANSIONE = 1 − 2 D Per una contrazione, si verifica sempre una separazione che genera il fenomeno della vena contratta, di difficile analisi, una buona approssimazione è data dalla relazione d2 K CONTRAZIONE ≈ 0.421 − 2 D
.2.6.3
Raccordi a T, gomiti e valvole
Valgono i coefficienti K =
h V 2 / 2g
dati in tabella. avvitato
flangiato
Diametro nominale (in.)
½
1
2
4
1
2
4
8
20
Valvole (completamente aperte) a globo a saracinesca a paratia a cerniera ad angolo
14 0.30 5.1 9.0
8.2 0.24 2.9 4.7
6.9 0.16 2.1 2.0
5.7 0.11 2.0 1.0
13 0.90 2.0 4.5
8.5 0.35 2.0 2.4
6.0 0.16 2.0 2.0
5.8 0.07 2.0 2.0
5.5 0.03 2.0 2.0
0.39
0.32
0.30
0.29
2.0 1.0 2.0
1.5 0.72 1.5
0.95 0.41 0.95
0.64 0.23 0.64
0.21 0.50 0.40 0.41 0.40
0.20 0.39 0.30 0.35 0.30
0.19 0.30 0.19 0.30 0.21
0.16 0.26 0.15 0.25 0.15
0.14 0.21 0.10 0.20 0.10
Angoli 45° regolare 45° grande raggio 90° regolare 90° grande raggio 180° regolare 180° grande raggio Fluid_Ind_020.doc
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Raccordi a T Flusso in linea Flusso laterale
Cap.2.18
0.90 2.4
0.90 1.8
0.90 1.4
0.90 1.1
Variazioni della perdita con l'apertura della valvola. K Valori del rapporto K valvola aperta
.2.6.4
0.24 1.0
0.19 0.89
Condizione aperta 25% chiusa 50% chiusa 75% chiusa
0.14 0.64
0.10 0.58
a saracinesca 1.0 3.0 – 5.0 12 – 22 70 - 120
0.07 0.41 a globo 1.0 1.5 – 2.0 2.0 – 3.0 6.0 – 8.0
Raccordi curvi
Le perdite si riferiscono ai moti di ricircolazione ed a quelli secondari che si generano per effetto dell’accelerazione centripeta. Queste devono essere sommate a quelle relative allo sviluppo del tubo che si derivano dall’abaco di Moody. Nella tabella: ε è la rugosità D il diametro del tubo R il raggio di curvatura
Coeeficiente di perdita di carico per Raccordi curvi 1
0.8 ε/D = 0 0-005 0.001 0.002 0.01
0.6
0.4
0.2
0 0
2
4
6
r/D
Fluid_Ind_020.doc
8
10
12
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.2.6.5
Cap.2.19
Variazioni di sezione
Per variazioni graduali di sezione, si parla di diffusore conico se il condotto si allarga , in questo caso le perdite dipendono molto dalle condizioni dell’ingresso. Il valore K è correlato al coefficiente di pressione Cp dalla relazione: 4
K=
4
D D hm p −p = 1 − 1 − C p = 1 − 1 − 12 21 2 D D V1 2g ρV1 2 2 2
(
)
Per una contrazione graduale la perdita è piccola:
Angolo di contrazione 30 2θ (in gradi) K 0.02
45
60
0.04
0.07
=^=^=^=^=^= ESERCIZIO 2.13 Acqua ( ρ=1.94 slug/ft3 e ν=0.000011 ft2/s) è pompata tra due serbatoi con una portata di 0.21 ft3/s con un condotto come in figura (ε/D=0.001) che contiene varie perdite minori. Determinare la potenza idraulica richiesta alla pompa. Risp 4.2 HP
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