La letteratura e tutto il mondo intorno
di Riccardo Raimondo (ad interim)
1.
Tradizione e contemporaneità
vuole essere un cammino di ricostruzione del legame fra letteratura e realtà, fra testo e mondo, ma anche fra tradizione e contemporaneità. ecologia ia del verso verso non cerca il nuovo, non segue mode, non persegue criteri L'ecolog acca accade dem mici, ici, no nonn inse insegu guee ob obbi biet etti tivi vi prec precis isi, i, piut piutto tost stoo mira mira a real realiz izza zare re un orientamento. Verso un'ecologia u n'ecologia del verso
Le fondamenta di questa ricostruzione non potranno che poggiare su un solido legame col passato. «[…] non c'è progresso – sosteneva Pier Paolo Paolini pochi mesi prima di essere assassinato, ma questa è la cifra di tutta la sua ricerca esistenziale – senza profondi recuperi nel passato, senza mortali nostalgie per le condizioni di vita anteriori: dove si era comunque realizzato l'uomo spendendovi interamente quella cosa sacra che è la vita del corpo». 1
Nulla di nuovo sotto il sole se, ad esempio, torniamo a rileggere uno dei più precoci critici della modernità. Charles Baudelaire, nel suo saggio Art philosophique, quando s'interroga (e c'interroga) su quale potrebbe essere una definizione di arte moderna e verso cosa dovrebbe tendere, si risponde così: Che cos'è l'arte per seguire una concezione moderna? L'arte è creare una magia suggestiva capace di contenere allo stesso tempo l'oggetto e il soggetto, il mondo esterno all'artista e l'artista stesso. 2
Troviamo in questa riflessione una dimensione “ecologica” ante litteram. Ritroviamo lo spirito di un umanesimo non antropocentrico che si misura con la necessità di realizzare il giusto posizionamento dell'uomo rispetto a se stesso e all'ambiente che lo circonda, in relazione al suo microcosmo e al suo macrocosmo. Certamente c'è anche chi vorrebbe leggere in Baudelaire un spirito modernista e progressista, ma «il modernismo di Baudelaire o dei Goncourt non è sinonimo di progressismo, ma ma di colore locale»3. Vogliamo interrogarci su quali possano essere le strade verso cui tendere, le soluzioni da elaborare, gli orientamenti da seguire per ricreare «questa magia suggestiva». Come possiamo considerare la letteratura aderendo a una visione “ecologica”? 1 Ibidem 2 Char Charle less Baud Baudel elai aire re,, L'Art philosophique , in Œuvres complètes, Édition Robert Laffont, Paris, 1980 3 Nico Nicolá láss Góme Gómezz Dávi Dávila la,, Tra poche parole , a cura di Franco Volpi, Volpi, traduzione di Lucio Sessa, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 2007, p. 54
Scri Scrive ve Salv Salvat ator oree Qu Quas asim imod odo, o, rigu riguar ardo do «l'i «l'im mpe pegn gnoo de dell po poet eta» a»,, prez prezio iosi siss ssim imee considerazioni: L'impegno del poeta è ancora più grave, perché deve rifare l'uomo, quest'uomo disperso sulla terra, del quale conosce i più oscuri pensieri, quest'uomo che giustifica il male come una necessità, un bisogno al quale non ci si può sottrarre, che irride anche al pianto perché il pianto è “teatrale”, quest'uomo che aspetta il perdono evangelico tenendo in tasca la mani sporche di sangue. Rifare l'uomo: questo il problema capitale. Per quelli che credono alla poesia come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette scalette della sua torre per speculare speculare il cosmo, cosmo, diciamo che il tempo delle “speculazioni” è finito. Rifare l'uomo, questo è l'impegno. 4 2. La
letteratura ...ai tempi della postletteratura
Le parole di Quasimodo pongono una questione fondamentale, segnalano un'urgenza: non si può più conside considerar raree la letter letteratu atura ra come come qua qualco lcosa sa di «estra «estraneo neo»» alla alla realtà realtà.. L'artista, anche volendo, non sarà mai un “alieno” nella realtà. L'artista, infatti, intr intrat atti tien enee co conn la real realtà tà un dial dialog ogoo inev inevit itab abil ile, e, vo vole lent ntee o nolen nolente te,, un dial dialog ogoo totalizzante, a un livello consapevole o inconsapevole. Né tanto meno un artista può erge ergers rsii a un live livell lloo sup uper erio iore re risp rispet etto to a tutt tuttoo ciò ciò ch chee lo circ circon onda da,, in virt virtùù di un'a un 'app ppar arte tene nenz nzaa a un unaa qu qual alch chee elite inte ntellettuale, o in virtù di certe sue «speculazioni». In questo senso possiamo dire con Quasimodo che «il tempo delle speculazioni è finito», che l'impegno è di «rifare l'uomo». Questo discorso però non deve portarci troppo lontano, rischiando una deriva. Non è sostenibile pensare alla destrutturazione di qualsiasi sistema in cui questa elite trova la sua sua legi legitt ttim imaz azio ione ne.. O peg peggi gio, o, no nonn è au ausp spic icab abil ilee mira mirare re a un unaa nu nuov ovaa “cri “crisi si dell'idealismo”. Questo orientamento non può diventare un “professionismo della dissoluzione”. E sappiamo che il rischio che accada ciò è sempre latente, oggi più che mai, oggi che «nelle lettere si fa carriera rinnegando la letteratura, come rinnegando la borghesia si fa carriera tra i borghesi»5. C'è, in ultima analisi, il rischio di approdare a una forma larvata di “progressismo letterario” che – come scrive Nicolás Gómez Dávila – «invecchia male» perché ogni genera gen erazio zione ne «po «porta rta con sé un nuo nuovo vo modell modelloo di progre progressi ssismo smo che accant accantona ona con 6 disp dispre rezz zzoo il mode modell lloo prec preced eden ente te»» in un un'i'inf nfin init itaa molt moltip ipli lica cazi zion onee di sist sistem emii auto au tore refe fere renz nzia iali li ch chee aspe aspett ttan anoo solo solo un unaa nu nuova ova moda moda capa capace ce di co cont ntra radd ddir irli li e delegittimarli. Per comprendere meglio il rischio di cui scriviamo, potremmo rifarci all'opera di Richard Millet7 che ha voluto voluto aprire una polemica polemica sulla postletteratura. Ha descritto bene le idee di Millet, nella sua prefazione a l'edizione italiana de L'inferno del 4 Salvatore Salvatore Quasimodo, Quasimodo, “Poesia “Poesia contempora contemporanea”, nea”, in Poesie e discorsi sulla poesia, Arnoldo Mondadori Editore, collana I Meridiani, Milano, 2005, p. 273 5 Nicolá Nicoláss Góme Gómezz Dávila Dávila,, cit., cit., p. 55 55 6 Ivi, p. 84 7 Richa ichard rd Mill Milleet, L'inferno del romanzo, prefazione di Carlo Carabba, trad. di Stefania Ricciardi, Transeuropa, 2011
romanzo, Carlo Carabba8:
L’obi ’obiet etti tivo vo,, chia chiaro ro e insi insist stit ito, o, dell dellaa po pole lemi mica ca è qu quel ella la che che Mill Millet et chia chiama ma postletteratura. La definizione di postletterario si ricostruisce utilizzando successivi dettagli che compongono un quadro tutto sommato chiaro. Postletterario è chi «scrive senza avere letto» (af. 277), la sua principale caratteristica è scrivere senza rendere conto di trovarsi in una tradizione: «Nei postletterari, tutto risiede nella postura, vale a dire dire nell’ nell’ign ignor oran anza za della della tradi tradizi zione one e nella nella fede fede nei nei po pote teri ri di imme immedi diat atez ezza za espressiva del linguaggio» (af. 346), o anche «postletteratura come confutazione dell’albero genealogico» (af. 233). L’autenticità data dall’immediatezza è obiettivo dello scrittore postletterario e prova della sua validità: «L’ignoranza della lingua in quanto prova di autenticità: ecco un elemento dell’estetica postletteraria» (af. 3); «il romanziere postletterario scrive addossato non alle rovine di un’estetica obsoleta ma nell’amnesia volontaria che fa di lui un agente del nichilismo, con l’immediatezza dell dell’a ’aut uten enti tico co per per un unic icoo argo argome ment nto» o» (af. (af. 92 92). ). (Opp (Oppor ortu tuno no osse osserv rvar aree che che il postletterario non coincide con il postmoderno, categoria sempre complessa da maneggiare. Semmai, secondo Millet, il postletterario è una «postmodernità che sogna di essere essere postpostmoder postpostmoderna», na», af. 83. La postmodernità postmodernità è l’orizzonte l’orizzonte temporale temporale in cui un’epoca si muove e, per Millet, annaspa, ma gli scrittori dichiaratamente postmoderni sembravano avere una consapevolezza di cui l’autore postletterario è privo.) In poche parole l’autore postletterario è quello che considera la letterarietà come come un disv disval alor ore, e, che che rinu rinunc ncia ia a inte interr rrog ogar aree la trad tradiz izio ione ne a favo favore re di un unoo spontaneismo compositivo, in cui l’atto creativo può rispondere a certe regole più o meno meno appr appren endi dibil bilii e form formal aliz izza zabil bili, i, ma mai mai a uno sguar sguardo do sull’ sull’«a «abis bisso so come come principio di conoscenza» (af. 290).
3.
Contro il postmoderno
I temi di cui parliamo non sono certo estranei al dibattito attuale e ruotano soprattutto intorno a quei pensatori che hanno criticato il postmodernismo. Vorrei orrei in questa questa sede dare qualche qualche spunto spunto interessa interessante, nte, senza ovviamente ovviamente mirare ad avere alcuna pretesa di esaustività. Sul concetto di realtà, ad esempio, trovo opportuno riportare alcune riflessioni del filosofo Maurizio Ferraris che, nel suo Manifesto del New Realism9, scrive così: [Il New Realism] vuole restituire lo spazio che si merita, in filosofia, in politica e nell nellaa vita vita qu quot otid idia iana na,, a un unaa no nozi zion one, e, qu quel ella la di “rea “reali lism smo” o”,, che che nel nel mond mondoo postmoderno è stata considerata una ingenuità filosofica e una manifestazione di conservatorismo politico. La realtà, si diceva ai tempi dell’ermeneutica e del pensiero debole, non è mai accessibile in quanto tale, visto che è mediata dai nostri pensieri e dai nostri sensi. Oltre che filosoficamente inconsistente, appellarsi alla realtà, in epoche ancora legate al micidiale slogan “l’immaginazione al potere”, appariva come 8 Carlo Carabba, Carabba, “Il romanzo nell'epoca nell'epoca della postletter postletteratura atura”, ”, reperibile reperibile online su leparoleeleco leparoleelecose.it se.it,, 5/07/2012 9 Maurizio Maurizio Ferrari, Ferrari, “Manifes “Manifesto to del New New realism”, realism”, La Repubbl Repubblica, ica, 8/8/ 8/8/ 2011 2011
il desiderio che nulla cambiasse, come una accettazione del mondo così com’è […] Questa maggiore attenzione al mondo esterno ha significato, anche, una riabilitazione della nozione di “verità”, che i postmoderni ritenevano esaurita e meno importante, per esempio, della solidarietà.
La critica al postmoderno si avvale di altre prospettive, ad esempio, nel pensiero di Romano Luperini che nel suo La fine del postmoderno , parla di quest'epoca quest'epoca come di un period periodoo di gen genera erale le aneste anestetiz tizzaz zazion ione: e: «un «un'ane 'aneste stesia sia della della vita vita collet collettiv tiva, a, e una anestesia specifica degli intellettuali che, perduta la loro funzione di legislatori e mediat diator orii civi civili li,, si sono sono rido ridott ttii al ruol ruoloo suba subalt lter erno no di “esp “esper erti ti”, ”, “con “consu sule lent nti” i” o “int “intra ratt tten enit itor ori” i”». ». No Nonn manc mancaa in Lupe Luperi rini ni an anch chee una crit critic icaa fort fortee alle alle logi logich chee economiche che vorrebbero monopolizzare tutti i processi del mercato culturale, quando scrive che la cultura «è divenuta un fatto quasi esclusiva-mente industriale, in cui la prevalenza del momento economico è schiacciante», un sistema in cui il condizionamento del mercato da parte delle case editrici è fortissimo. Per Remo Ceserani di Raccontare il postmoderno, il postmoderno ha rappresentato «un mutamento che ci ha cambiato nel profondo, che ha agito sulla nostra struttura percettiva stessa, di pensiero e di comportamento, comportamento, sui nostri rapporti rapporti con la natura e la soci societ età, à, sui sui modi modi de dell lavo lavoro ro e de dell llaa prod produz uzio ione ne,, su qu quel elli li de dell llaa co conos nosce cenz nzaa e dell’immaginario, sui modi della comunicazione». Mi sembra poco utile, tuttavia, restare ingabbiati in una dialettica come quella del postmodernism/new realism che, nonostante nonostante fornisca fornisca diverse diverse intuizion intuizioni,i, forse forse – così com co m'è, 'è, nu nuttrita rita da dallle diat diatrribe ibe escl esclus usiiva vam men entte acca accade dem mich chee – no nonn ci aiut aiutaa profondamente ad indagare il rapporto fra cultura e realtà, fra cultura e contemporaneità. Ci sembra che la nozione di ecologia possa colmare molti vuoti lasciati dalla critica contemporanea.
4. Il
titolo
Appunto riflettendo sulla nozione di ecologia nasce l'idea di un blog collettivo. Verso un'ecologia del verso rappresenta l'incontro di creativi, studiosi, ricercatori che – ognu og nuno no a seco second ndaa de dell llee prop propri riee spec specif ific icit itàà – co cond ndiv ivid idon onoo un “rac “racco cont nto”, o”, un unaa riflessione comune, con una particolare attenzione alle letterature, alle filosofie e alle arti contemporanee.
Il titolo è liberamente ispirato a due opere contemporanee. La prima è Verso un'ecologia della mente10 di Gregory Bateson. La seconda è Ecologia letteraria11 di Serenella Iovino. Queste ultime due opere sono strettamente legate e vogliamo considerarle come un bacino di spunti e riflessioni per cominciare una polemica aperta sia verso la modernità che verso la postmodernità: Alla radice dell’ecologia della mente, dice Bateson, «vi è la nozione che le idee sono interdipendenti, interagiscono, che le idee vivono e muoiono. Le idee che muoiono, muoiono perché non si armonizzano con le altre. È una sorta di intrico complicato, vivo, che lotta e che collabora, simile a quello che si trova nei boschi di montagna, composto dagli alberi, dalle varie piante e dagli animali che vivono lì, un’ecologia, appunto» [...] L’eco ’ecolog logia ia lette lettera rari riaa è una form formaa di ecolo ecologia gia della della mente mente.. Essa Essa rapp rappre resen senta ta il tent tentat ativo ivo di avvic avvicin inar arsi si ai testi testi propr proprio io seco secondo ndo l’ide l’ideaa di un unaa inte interd rdipe ipend nden enza za ecologica. In questa luce, sono il testo e il mondo a costituire l’unità complessa di informazioni. Come in un sistema ecologico, tra testo e mondo si crea perciò un rapporto di azione e retroazione che investe più livelli: l’azione del mondo sul testo e, ancor di più, la possibile azione del testo sul mondo. La relazione tra natura e cultura non è solo di contiguità, contiguità, ma anche e necessariam necessariamente ente di azione reciproca. reciproca. Nel cuore 12 di questa relazione, la letteratura gioca un ruolo particolare.
5.
Evoluzione, progresso e postmodernità
Tuttavia la cultura ambientalista, se dovessimo attenerci alle riflessioni di Serenella Iovino, «nel rifiuto radicale di un dominio assolutista di tipo ideologico riconosce la sua contiguità con l'esperienza postmoderna». Prendendo le distanze da questo legame postmodernità-ambientalismo, vorremmo porre la questione su basi diverse. Desideriamo filtrare la tradizione e attraversare il postmoderno, spogliandolo di tutte quelle istanze che contraddicono secondo noi un approccio alla cultura sostenibile per l'uomo e per i suoi bisogni. Pensiamo in particolare agli sperimentalismi novecenteschi delle neoavanguardie (o delle neo-neoavanguardie) e in generale a tutti quei movimenti che concorrono all'affermazione dei capisaldi della modernità e alla sconfitta dei suoi nemici. Questi capisaldi ruotano soprattutto intorno ai valori dell'innovazione e alla fede in un progresso lineare – valori che secondo noi cozzano fortemente contro ogni prospettiva che voglia ricreare un rapporto armonico fra l'uomo e l'ambiente, fra l'uomo e sé stesso. 10 Gregory Gregory Bate Bateson son,, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, 2007, Milano 11 Serene Serenella lla Iovin Iovino, o, Ecologia letteraria, Edizioni Ambiente, 2006, Milano 12 Serenella Iovino, “Quanto “Quanto scommettiamo? Ecologia letteraria, educazione ambientale ambientale e Le Cosmicomiche Cosmicomiche di Italo Calvino.” In Compar(a)ison. An International Journal of Comparative Literature, Special Issue: Literature and Ecology 2/2007 (Frankfurt: Peter Lang, 2010): 107-23.
Scrive Maurizio Pallante, fra i maggiori animatori italiani del movimento Decrescita felice: Il valore dell'innovazione nella ricerca artistica si è manifestato per la prima volta nella storia all'inizio del secolo scorso con le avanguardie artistiche. Una definizione di cui è stata messa in evidenza la matrice militare, come del resto di origine militare è l'et l'etim imolo ologia gia dell dellaa paro parola la progr progres esso, so, usat usataa dai dai gener general alii roma romani ni per per indic indicar aree l'avanzamento dei loro eserciti nei territori nemici. Le avanguardie artistiche si sono autorappresentate come manipoli di spregiudicati innovatori che, rompendo con la ment mental alit itàà e il sist sistem emaa dei dei valo valori ri vige vigent nti, i, si spin spinge geva vano no a espl esplor orar aree terr territ itor orii sconosc sconosciuti iuti,, a romper romperee con convinz vinzion ionii con consoli solidat date, e, a sperim speriment entare are nuov nuovee modalit modalitàà espressive, con l'obbiettivo di anticipare mutamenti culturali, in senso lato, che, grazie a loro, in seguito si sarebbero imposti a livello di massa. Un atteggiamento programmaticamente anticonformista e sovversivo, che sin dall'inizio ha trovato il sostegno dei settori industriali, finanziari e politici interessati ad accelerare i processi di modernizzazione, industrializzazione e urbanizzazione avviati in quegli anni, a sostituire nell'immaginario collettivo il valore della conservazione e dell'attaccamento al passato col valore del cambiamento e della proiezione verso il futuro, a trasformare le regole da valori sociali condivisi in vincoli mentali che limitano la libertà degli individui, rallentano la penetrazione del nuovo e impediscono la diffusione dei miglioramenti che le innovazioni sono in grado di introdurre nelle condizioni di vita. 13
Nelle sue lucidissime pagine René Girard Girard14 descrive perfettamente questo «terrorismo dell'i dell'inno nnovaz vazion ione» e» – un percor percorso so attrav attravers ersoo il qua quale le l'incoerenza incoerenza, e il risentimento (termine che Girard mutua da Nietzsche), sono diventate le grandi virtù intellettuali delle avanguardie. Girard segnala anche «l'insistenza sulle rotture, sui frammenti, e le discontinuità» che vanno tanto di moda fra le aule universitarie. Ma ci sarà pure una dimensione in cui è possibile un'autentica e sostenibile innovazione. L'autentico cambiamento può attecchire soltanto quando nasce da quella forma di coer coeren enza za che che è attr attrib ibuto uto esclu esclusiv sivoo della della trad tradiz izio ione ne:: solt soltan anto to dal dal suo inter interno no la trad tradiz izio ione ne pu puòò esse essere re cont contes esta tata ta con con succ succes esso so.. E il prin princi cipa pale le requ requis isit itoo per per un'autentica innovazione è avere un minimo di rispetto per il passato, e la padronanza dei suoi conseguimenti, cioè la mimesis. Pretendere che la novità ripulisca da ogni componente mimetica è come aspettarsi che una pianta sia in grado di crescere con le radici all'aria. A lungo andare, l'obbligo di ribellarsi sempre distrugge la capacità di creare cose nuove in misura molto maggiore dell'obbligo di non ribellarsi mai. Ma non si tratta di una storia già vista? La teologia moderna dell'io non è stata screditata e scartata assieme ai resti della «Metafisica occidentale»? […] L'offuscarsi di tutti i criteri di giudizio intellettuali ed estetici è alla base di quella che è attu attual alme mente nte chia chiama mata ta este estetic ticaa «p «post ostmo mode dern rna» a»,, fenom fenomeno eno che che corr corrisp ispond ondee all'eliminazione della verità nella filosofia post-heideggeriana. La nostra epoca cerca di superare la moderna ossessione del «nuovo» ricorrendo a un'orgia di imitazioni 13 Maurizio Pallante, “Arte e decrescita”, IlIl Giornale del Ribelle (il ribelle.com) n°33, Giugno Giugno 2011 14 René René Gira Girard rd,, La voce inascoltata della realtà realtà , a cura di Giuseppe Fornari, Adelphi, Milano, 2006
casuali, all'adozione indiscriminata di tutti i modelli […] Il vero scopo del pensiero postmoderno potrebbe essere proprio quello di chiudere una volta per tutte la questione che non ha mai smesso di affliggere i «creatori» nel nostro mondo democratico, quella che riguarda chi è veramente innovativo e chi non lo è. Se questo è il caso, il postmodernismo non è allora che l'ultima versione della nostra romantica «falsa coscienza», coscienza», l'ennesimo contorcimento contorcimento del vecchio vecchio serpente. serpente. La storia non finisce qui.15
6.
L' Idea Idea. Verso dove?
Questo cammino di ricostruzione è tanto grande quanto il divario fra natura e cultura: un dualismo che può essere risolto solo indagando la relazione di reciprocità fra i due elementi. Vorrei descrivere l'ecologia del verso come un orientamento, una direttiva generale, piuttosto che come un paradigma paradigma di scelte programmatiche. programmatiche. Non c'interessa il sistema, c'inte c'interes ressa sa il metodo. Non c'interessa la descrizione organizzata di una logica astratta, ma l'individuazione organica dei principi primi e fondatori di una fisio-logica. È finito il tempo delle astrazioni, il tempo di quel «presupposto idealistico» – scrive Mario Luzi in Naturalezza del poeta – che ha dominato la grande stagione europea dal disastro del Coup de dés al naufragio di Ungaretti. Ma è finito anche il tempo di quella “crisi dell'idealismo” che trovò il suo contraccolpo in Terra desolata di Eliot e negli Ossi di seppia di Montale. Forse Rilke è l'unico dei grandi poeti dell'epoca per cui l'idea del mondo non sia solo una rovina o un cumulo di frantumi, ma un'energia suscettibile di metamorfosi, dolorosa e faticosa, certo, ma evolutiva e ricca di acquisizioni. Per gli altri autori essa, l'idea, è in decrescita inversamente alla proliferazione delle notizie, delle cognizioni e delle immagini; per cui si accende un conflitto molto frustrante tra la illusiva ricchezza di conoscenze e il vero sapere. I nostri maggiori maggiori poeti all'inizio all'inizio del Novecento, Rebora, Rebora, Campana, si trovano trovano in una situazione agonistica con l'idea e con la cultura che la impersona, in antagonismo aperto con la società presente ma affascinati dalla su trasformazione vitalistica e cieca. Ma in anni appena più maturi sia Ungaretti sia Montale pronunziano le loro parole solo in negativo: una negazione preliminare apre il loro pur così indifferente discorso. La parte concava del loro linguaggio è piena di rammarico; la privazione prevale anche sulla pura constatazione. Privazione di senso, sgretolamento amaro o ironico dell'idea.16
15 René Girard, Girard, cit., cit., p. 258-259 258-259 16 Mario Luzi, “Idea “Idea ed ed evento”, evento”, in in Naturalezza del poeta, saggi critici, a cura di Giancarlo Quiriconi, Garzanti, 1995, p. 287
idea 7. Dall' idea
all' evento evento: chiederci la parola.
Il divario fra natura e cultura si è aggravato nella nostra epoca ed ha aumentato la distanza fra le parole e le cose, fra la letteratura e il mondo; in ultima analisi: fra la letteratura e l'uomo. La postmodernità è tutto un fiorire di poetiche autoreferenziali e con un forte imprinting metaletterario, nel tentativo di delegittimare il rapporto strettissimo di reciprocità che esiste fra racconto e vita. La letteratura postmoderna quindi, in un certo senso, rinnega la vita, rinnega il mondo intorno, a favore di una dimensione più alta e più elitaria – «la vità è altrove», scrive Milan Kundera. Così facendo, il postmoderno allontana la letteratura dalla quotidianità, dalla sua dimensione esistenziale, e ne coltiva con accanimento gli aspet aspetti ti ideo ideolo logi gici ci,, po poli liti tici ci,, spir spirit itua uali list stic ici, i, o semp sempli lice ceme ment ntee ne fa mate materi riaa di sperimentazioni linguistiche e di diatribe accademiche. Si è passati così dalla natura ( eikos) alla letteratura, o alla cultura e all'ideologia (doxa), come referenza della mimesis […] [realizzando] con il nome di «imitazione» l'ambiguità fra la mimesis come imitatio naturae e come imitatio antiquorum […] La lettu lettura ra dell' dell'eikos della Poetica come come sinon sinonim imoo di doxa, come come sist sistem emaa di convezioni e di aspettative antropologiche e sociologiche, in breve come ideologia che stabilisce che cosa è normale e che cosa anormale, […] allontana di nuovo la mimesis [e il muthos, il racconto] dalla realtà per vedere in essa un codice, o addirittura una censura […] 17
Con queste premesse sembrerà più chiaro ai lettori cosa possiamo intendere con l'espressione “un cammino di ricostruzione”. Ma questo cammino non può che passare attraverso un riscoperta del valore della Parola e della cultura. È chiaro ormai che non vogliamo di certo delegittimare l' idea, ma indagare le sue implicazioni nella realtà; considerarla «un'energia suscettibile di metamorfosi, dolorosa e faticosa, certo, ma evolutiva e ricca di acquisizioni». Ciò che un tempo frequentemente e oggi più raramente si chiamava «la poetica» è meno un'idea e più un'azione, cioè il movimento di un'idea che si forma. 18
La poetica degli Ossi di seppia non ha fatto altro che aggravare lo squarcio fra linguaggio e realtà, fra idea ed evento, una cesura che per il Montale di Non chiederci la parola è irrecuperabile. L'ecologia del verso non vuole porsi solo come un metodo polemico in negativo, ma come una fucina di pro-posizioni, di affermazioni, di manifestazioni. 17 Antoine Antoine Compagnon, Compagnon, “La «mimesi» denaturali denaturalizzata zzata”, ”, in Il demone della teoria , traduzione di Monica Guerra, Einaudi, Torino, 2000, p. 106-111 106-111 18 Mario Mario Luzi Luzi,, Idea ed evento, in Naturalezza del poeta , saggi critici, a cura di Giancarlo Quiriconi, Garzanti, 1995, p. 289-290
Meditando su una possibile poetica del chiederci la parola, vorrei concludere questo breve articolo con una riflessione di Charles Baudelaire su quella che potremmo chiamare “la via apofatica” di Socrate. Scrive: Quel povero Socrate aveva un Dèmone proibitorio; il mio è un grande affermativo, il mio è un Dèmone agente, ossia: Dèmone di battaglia. 19
19 Charles Charles Baudelaire Baudelaire,, Accoppiamo i poveri! , in Lo Spleen di Parigi, in Poesie e prose, Arnoldo Mondadori editore, Milano, 1973, p.409