GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE AnnoNLXIINFasc.N1N-N2017
ISSNN0436-0222
PietroNFaraguna
LA SAGA OMT: IL DIRITTO ALL’ULTIMA PAROLA TRA CORTE DI GIUSTIZIA E TRIBUNALI COSTITUZIONALI Estratto
MilanoN•NGiuffrèNEditore
LA SAGA OMT: IL DIRITTO ALL’ULTIMA PAROLA TRA CORTE DI GIUSTIZIA E TRIBUNALI COSTITUZIONALI
SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Prima di Gauweiler: il “paradigma della stabilità” nel contesto pre-crisi. — 3. Il “paradigma della stabilità” di fronte all’eurocrisi. — 4. La BCE di fronte all’eurocrisi: misure non convenzionali. — 5. L’opposizione tedesca alle misure non convenzionali per affrontare la crisi. — 6. Gauweiler, atto primo: il rinvio pregiudiziale. — 7. Gauweiler, atto secondo: la mano tesa dalla Corte di giustizia. — 8. Gauweiler, atto terzo: la decisione (non) definitiva del BVerfG. — 9. La tempesta perfetta? — 10. A chi spetta l’ultima parola? Trionfo o tramonto del pluralismo costituzionale?
1. Introduzione La saga giurisdizionale Gauweiler/OMT (1) si inserisce a pieno titolo in quella ormai molto ampia giurisprudenza “europea” del Tribunale costituzionale federale tedesco (da qui: BVerfG) che a partire dalle sentenze Solange (2), fino a Maastricht (3) e Lissabon (4) ha ricorrentemente attirato (1) La saga si compone di tre pronunce: la decisione del BVerfG di promuovere il rinvio pregiudiziale: BVerfG, 2 BvR 2728/13, 14 gennaio 2014; la decisione della Corte di giustizia sul rinvio pregiudiziale: Corte di giustizia UE, 16 giugno 2015, Peter Gauweiler ed altri c. Deutscher Bundestag, in causa C-62/14; la decisione del BVerfG che ha definito la questione da cui era originato il rinvio pregiudiziale: BVerfG, 2 BvR 2728/13, 21 giugno 2016. La letteratura tedesca fa sinteticamente riferimento alla saga con l’acrononimo OMT (ovvero focalizzandosi sull’oggetto del contendere), mentre nella letteratura internazionale si trova assai più spesso il riferimento alla saga Gauweiler (privilegiando con ciò il profilo soggettivo, essendo Peter Gauweiler uno dei molti ricorrenti in via principale nella Verfassungsbeschwerde da cui origina l’intera vicenda,). Lo stesso ricorrente, peraltro, aveva promosso molte delle azioni che hanno dato vita a importanti capitoli della giurisprudenza “europea” del BVerfG. Riferirsi dunque alla saga OMT attraverso il nome del ricorrente – per quanto contribuisca forse a enfatizzare la germanicità della vicenda – può essere fuorivante. Per queste ragioni, e a scanso di equivoci, in questo articolo si farà riferimento a entrambe le denominazioni (Gauweiler/OMT). (2) Ci si riferisce a qui BVerfG, BVerfGE 37, 271 (Solange I) e BVerfG, BVerfGE 73, 339 (Solange II), nonché l’annesso “dialogo” con la Corte di giustizia, che ha portato quest’ultima a includere la tutela dei diritti fondamentali tra gli obiettivi della Corte stessa: vedi Corte di giustizia UE, causa 29/69, Erich Stauder v City of Ulm - Sozialamt del 12 novembre 1969; Corte di giustizia UE, causa 117/70,
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l’attenzione della dottrina giuspubblicistica ben oltre ai confini della Germania (5). Questo capitolo della giurisprudenza europea del BVerfG ha tuttavia caratteristiche piuttosto peculiari. Gli elementi di novità sono molti e toccano tanto aspetti macroscopici, dall’inedito assoluto di un rinvio pregiudiziale promosso dal Tribunale di Karlsruhe (6), a elementi processuali più di dettaglio, ma non per questo meno importanti. Tra questi vi è senz’altro la censura non di un atto, bensì di un’omissione: ad avviso dei ricorrenti, infatti, il Bundestag e il Bundesregierung sarebbero responsabili di non aver impedito alla Banca Centrale Europea (da qui: BCE) di eccedere le competenze attribuitele dai Trattati (7). Oltre a questi fattori, sui quali ci si soffermerà con maggiore dettaglio in seguito, vi è un altro elemento peculiare della saga Gauweiler/OMT è che spinge il giuspubblicista ad avventurarsi in territori solitamente poco esplorati. Nei precedenti più conosciuti della giurisprudenza “europea” del BVerfG l’oggetto del contendere aveva una sostanza normativa assai più classicamente delineata, che fosse la Zustimmungsgesetz a un nuovo Trattato europeo o gli obblighi derivanti dal
Internationale Handelsgesellschaft/Einfuhr- un Vorratsstelle für Getreide und Futtermittel 17 dicembre 1970 e CGUE causa C-280/93, Repubblica federale di Germania c. Consiglio (Bananas) del 5 ottobre 1994. (3) BVerfG, BVerfGE 89, 155 (Maastricht-Urteil). (4) BVerfG, 2 BvR 2/2008 (Lissabon-Urteil). (5) A 80 giorni dalla pubblicazione della sentenza sul Trattato di Lisbona si fece riferimento, per alludere alla velocità di espansione del dibattito sulla pronuncia in questione, al giro del mondo di Jules Verne. L’immagine, che si addice a tutti i più importanti episodi della giurisprudenza “europea” del BVerfG, si deve ad A. MANZELLA, La sentenza del Bundesverfassungsgericht sul Trattato di Lisbona: 80 giorni dopo, Intervento al Seminario di Astrid su “La sentenza del Bundesverfassungsgericht sulla costituzionalità del Trattato di Lisbona e i suoi effetti sulla costruzione dell’Unione europea” - Roma, 21 settembre 2009, reperibile a http://www.astridonline.it/static/upload/protected/Manz/Manzella_Seminario-21_09_09_rass.pdf. (6) La decisione di farsi promotore di un rinvio pregiudiziale e di attribuirsi con ciò la qualifica di “giurisdizione nazionale” ai sensi dei Trattati è però in linea con un trend che coinvolge diverse Corti costituzionali nazionali, tra cui quella austriaca, spagnola, francese e italiana. Lo rileva G. RIVOSECCHI, Il Trattato sul Mes e il Fiscal Compact al vaglio del Tribunale Costituzionale Federale e della Corte di giustizia, in Giornale di dir. amm., 2014, 484. (7) Rilevano l’anomalia per cui per la prima volta il “dialogo” tra il giudice costituzionale tedesco e il giudice europeo ha a oggetto un’omissione, e analizzano le conseguenze che ne derivano quanto alla distinzione tra politica e giurisdizione: V. BORGER, Outright Monetary Transactions and the stability mandate of the ECB: Gauweiler, in CMLR, 2016, vol. 53, 165; D. MURSWIEK, ECB, ECJ, democracy, and the Federal Constitutional Court: Notes on the Federal Constitutional Court’s referral order from 14 January 2014, in German Law Journal, 2014, vol. 15, 156-157; M. WENDEL, Exceeding judicial competence in the name of democracy: The German Federal Constitutional Court’s OMT Reference, in European Constitutional Law Review, 2014, vol. 10, 280 ss.
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diritto secondario dell’Unione. In questo caso, invece, l’oggetto del contendere è economia che si fa diritto nelle forme del riparto di competenze e dei limiti all’esercizio di quelle, ciò che suggerisce di soffermarsi con qualche cenno di contesto che giova a un inquadramento più preciso della posta in gioco nella saga Gauweiler/OMT, ultima puntata — secondo alcuni la più impegnativa (8) — della giurisprudenza europea del BVerfG. 2. Prima di Gauweiler: il “paradigma della stabilità” nel contesto pre-crisi. L’esercizio di funzioni di governo necessita di risorse. Nel caso del modello dello stato sociale europeo si tratta di una quantità di risorse significativa, derivante dall’ampiezza degli obiettivi che lo Stato si prefigge di perseguire tramite l’esercizio di politiche pubbliche. Per reperire tali risorse, gli Stati hanno a disposizione due canali principali: la tassazione e il reperimento delle risorse sul mercato, attraverso l’emissione di titoli di Stato. Il costo di questi due canali di risorse ha natura diversa ed è riconducibile, nel caso della tassazione, al “costo” politico che le politiche di tassazione, a seconda della loro modulazione, pone sui contribuenti, mentre nel caso del reperimento di risorse aggiuntive sui mercati il costo è determinato dai mercati stessi. Tanto più lo Stato emittente sarà considerato affidabile, tanto più facile sarà collocare i suoi titoli sul mercato, e perciò inferiore sarà il costo delle risorse reperite. Allo stesso modo, ma specularmente, laddove uno Stato emittente goda di una cattiva reputazione sui mercati, in quanto gli investitori ritengono che il rischio che il titolo non venga ripagato alle condizioni offerte sia alto, tanto più difficile sarà collocare i titoli di Stato per reperire risorse, e tanto più alti dovranno essere gli interessi offerti. Il “costo” di queste risorse aggiuntive sarà dunque maggiore. Il quadro delineato dal Trattato di Maastricht affidava ai mercati non soltanto l’unica alternativa alla tassazione per il reperimento di risorse degli Stati membri, ma anche la fiducia in una funzione indiretta di monitoraggio e controllo delle politiche economiche degli Stati. In quell’ottica, lo strumento di monitoraggio e controllo sono i tassi di interesse: se le politiche di spesa di un certo Stato non sono in linea con i suoi fondamentali — le variabili economiche che indicano lo stato di salute dell’economia di un sistema di riferimento — ci si dovrebbe attendere una maggiore reticenza dei creditori ad acquistare titoli di quello Stato, e ciò dovrebbe indurre tale Stato a riconsiderare le sue politiche. Questo equilibrio era determinato dalla concatenazione di una serie di (8) Si è infatti scritto che il caso in questione fosse «probably the most challenging controversy ever fought out before Europe’s judiciary»: così C. JORGES, Pereat Iustitia, Fiat Mundus. What is Left of the European Economic Constiution after the Gauweiler Litigation, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2016, vol. 23, n. 1, 100.
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fattori la cui analisi porterebbe decisamente troppo lontano (9), e che era strettamente legato al momento storico in cui, con l’adozione del Trattato di Maastricht, veniva lanciato il progetto dell’Unione monetaria. Da una parte si registrava infatti in quegli anni un generale allontanamento dalle teorie keynesiane, e un avvicinamento a teorie monetaristiche, con la conseguente tendenziale diffidenza verso politiche fiscali e monetarie espansive (10). Dall’altra parte, al Trattato di Maastricht la storia aveva affidato il compito di aggiornare il progetto di integrazione europea all’enorme novità della riunificazione tedesca, con tutti i timori che derivavano dal ritorno sulla scena geo-politica di una Germania forte e riunificata (11). Tali timori avevano condotto alla negoziazione di un equilibrio politico che aveva condotto alla realizzazione di un’unione monetaria, con la conseguente rinuncia tedesca alla sovranità monetaria sulla fortissima moneta tedesca, ma soltanto a patto che l’Unione monetaria venisse disegnata in modo tale da creare una moneta che fosse più simile possibile al Marco tedesco, ovvero ove l’Unione monetaria fosse indirizzata al primario obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi. In sintesi, il Trattato di Maastricht sposava un “paradigma della stabilità” che si concretizzava in una serie di disposizioni che, nel processo di revisione dei Trattati giunto fino alla formulazione attuale, si è mantenuto — almeno formalmente — integro (12). Tale para(9) Un’analisi approfondita dei temi in questione è stata recentemente intrapresa da O. CHESSA, La costituzione della moneta, Napoli 2016, il quale ritiene che la trasformazione a cui si fa cenno nel testo sia parte di una quadro di trasformazioni che, tramite l’affermazione del principio concorrenziale, l’indipendenza della Banca centrale e la regola del pareggio di bilancio, determinano un nuovo diritto costituzionale dell’economia, incompatibile con alcuni modelli costituzionali del dopoguerra, tra i quali quello italiano. Cfr, in termini non dissimili sull’analisi di questa trasformazione, A. GUAZZAROTTI, Crisi dell’euro e conflitto sociale. L’illusione della giustizia attraverso il mercato, Milano 2016, in particolare 91 ss. Una ricostruzione efficace e sintetica di quel percorso si trova in V. BORGER, Outright Monetary Transactions and the stability mandate of the ECB: Gauweiler, in CMLR, 2016, vol. 53, 140. (10) Sul punto vedi, diffusamente, K.R. MCNAMARA, The Currency of Ideas, Ithaca NY 1998. (11) Quanto all’intrecciarsi delle due sfide (la riunificazione tedesca e l’unione monetaria), si veda l’analisi di F. SAITTO, Economia e Stato costituzionale. Contributo allo studio della “Costituzione economia” in Germania, Milano 2015, 281 ss. (12) Sul ruolo del paradigma della stabilità nel processo di integrazione europea, cfr. K. DYSON, The Politics of the Euro-Zone: Stability or Breakdown?, OxfordNew York 2000, 27; M. MARCUSSEN, The dynamics of EMU ideas, in Cooperation and Conflict, 1999, vol. 34, 402 ss.; M. HEIPERTZ, A. VERDUN, The Politics of the Stability and Growth Pact, Cambridge 2010, 91 ss.; M.J. HERDEGEN, Price stability and budgetary restraints in the Economic and Monetary Union: The law as guardian of economic wisdom, in CMLR, 1998, vol. 35, 9-32. Sull’idea che il SEBC sia stato costruito a immagine e somiglianza dell’esperienza maturata nel “laboratorio Bundesbank”, cfr. R. IBRIDO, L’Unione bancaria europea. Profili costituzionali, Torino 2017, 78 ss., il quale non manca tuttavia di sottolineare le dissonanze tra modello Bundesbank e
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digma si estrinseca già a partire dall’enunciazione degli obiettivi dell’UE, tra i quali compare la stabilità dei prezzi (art. 33 TUE), che è anche assunto dai Trattati a obiettivo principale della politica monetaria (art. 1192 TFUE), nonché come il primo dei principi direttivi delle azioni dell’Unione e degli Stati membri in materia di politica economica e monetaria (art. 1193 TFUE). Il “paradigma della stabilità” non informa soltanto di sé gli obiettivi dell’Unione, ma si concretizza nella disciplina costituzionale del Sistema Europeo di Banche Centrali (da qui: SEBC), il cui obiettivo principale è ancora una volta la stabilità dei prezzi (art. 127 TFUE): soltanto fatto salvo tale obiettivo, il SEBC sostiene le politiche economiche generali dell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli altri obiettivi dell’Unione di cui all’art. 3 TUE. Gli strumenti a disposizione del SEBC per raggiungere l’obiettivo della stabilità dei prezzi passano attraverso, innanzitutto, la definizione e attuazione della politica monetaria, competenza esclusiva dell’Unione, che è esercitata dal SEBC in condizioni di rigorosa indipendenza (art. 130 TFUE), condizione che discende direttamente dall’idea che la direzione della politica monetaria, ove posta al di fuori dal circuito politico — e dal relativo controllo democratico — possa più efficacemente perseguire il paradigma della stabilità dei prezzi. Tale paradigma non emerge soltanto negli obiettivi dell’UE e nella posizione costituzionale del SEBC, ma è la ragione giustificativa di alcuni pilastri della costituzione economica dell’UE. Le disposizioni degli artt. 123-126 TFUE hanno infatti l’obiettivo di impedire disavanzi pubblici eccessivi e debiti pubblici insostenibili negli Stati membri (ciò che costringerebbe a una modifica della politica monetaria se non a un finanziamento dei bilanci degli Stati membri). Strumenti del perseguimento di questi obiettivi sono dunque le disposizioni che sottraggono agli Stati membri possibilità di finanziamento ritenute incompatibili con tali obiettivi: crediti concessi dalle Banche centrali o dalla BCE, forme di agevolazione creditizia o bailout (salvataggi). L’art. 125 TFUE dispone il divieto per l’Unione di rispondere o farsi carico degli impegni assunti delle amministrazioni statali degli Stati membri. Analogo divieto si estende alle amministrazioni statali degli Stati membri, per quel che concerne impegni assunti dalle amministrazioni statali di un altro Stato membro (13). L’idea di fondo è che gli Stati devono essere responsabili delle loro politiche fiscali SEBC (ivi, 81 ss.). Quanto alla (in)compatibilità di questo laboratorio con le corrispondenti indicazioni del titolo III della parte I della Costituzione italiana, cfr. M. BENVENUTI, Libertà senza liberazione, Napoli 2016, 113 SS. (13) Una espressa deroga a questo principio è disposta dall’art. 122(2) TFUE, applicabile in casi di calamità naturali o circostanze eccezionali che sfuggono al controllo dello Stato. In questi casi il Trattato dispone che «Qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione allo Stato membro interessato. Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo in merito alla decisione presa». Nel contesto del’eurocrisi, un punto ampiamente dibattuto è stata l’applicabilità di questa dispo-
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di fronte ai mercati e non di fronte all’Unione, né reciprocamente. Il modello delineato è improntato a una piena fiducia nella capacità di monitoraggio e sanzione che i mercati eserciterebbero attraverso la modulazione delle condizioni di finanziamento degli Stati (14). Finanziamento che è dunque impedito alle istituzioni dell’Unione dalla disposizione di cui all’art. 1231 TFUE che vieta qualunque tipo di agevolazione creditizia a favore degli Stati membri o di qualunque altro ente pubblico degli Stati membri, nonché impedisce l’acquisto da parte del SEBC di titoli di Stato sul mercato primario (ovvero il mercato ove i nuovi titoli di Stato vengono dapprima emessi). 3. Il “paradigma della stabilità” di fronte all’eurocrisi. Il modello improntato al paradigma della stabilità e la relativa spiccata fiducia nel ruolo di monitoraggio e sanzione dei mercati è stato messo sotto seria pressione dall’eurocrisi e, fosse o meno un modello razionale nel suo momento genetico, è stato messo pesantemente in discussione dagli sviluppi degli ultimi anni (15). Indizi sul fatto che quel ruolo di valutazione esterna dei fondamentali economici degli Stati membri attraverso lo strumento dei differenziali di rendimento (spread) non fosse poi così infallibile erano presenti già prima dell’erompere della crisi, eppure si manifestavano in forme tutt’altro che preoccupanti. Lo spread tra titoli di stato di sistemi economici tradizionalmente molto forti e competitivi e sistemi economici tradizionalmente assai più deboli e meno competitivi erano rimasti infatti estremamente ridotti negli anni compresi tra il lancio dell’Unione monetaria e l’eurocrisi: difficilmente differenziali di rendimento con oscillazioni bassissime potevano essere ritenuti, già allora, in grado di fornire una fotografia fedele dei fondamentali economici dei vari Stati membri (16). Fino al 2010, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna erano in condizione di reperire risorse sui mercati allo stesso costo della Germania: questo quadro era assai inverosimilmente compatibile con quel modello che affidava ai mercati la valutazione dello stato di salute dei fondamentali delle economie nazionali. sizione a tale contesto: KA. TUOORI, KL. TUOORI, The Eurozone Crisis. A Constitutional Analysis, Cambridge 2014, 136 ss.; D. ADAMSKI, National Power Games and Structural Failures in the European Macroeconomic Governance, in CMLR, 2012, vol. 49, 1329 ss.; R. PALMSTORFER, To bail out or not to bail out? The current framework of financial assistance for euro area Member States measured against the requirements of EU primary law, in European Law Journal, 2012, vol. 37, 779 ss. (14) Sul punto vedi M. IOANNIDIS, Europe’s New Transformations: How the EU Economic Constitution Changed During the Eurozone Crisis, in CMLR, 2016, Vol. 53, 1249. (15) Sul punto dell’inidoneità del modello adottato a Maastricht a funzionare in momenti di stress il dibattito tra gli economisti ha condotto a esiti tutt’altro che univoci. Per tutti, si veda l’autorevole analisi di P. DE GRAUWE, Economics of Monetary Union, Oxford-New York 2016 (11 ed.), 226. (16) Vedi P. DE GRAUWE, op. cit., 228-229.
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A partire dal 2010 la situazione cambia radicalmente, in uno sviluppo rapido e ormai ampiamente noto e documentato (17). Così come gli spread non fotografavano lo stato di salute delle economie nazionali prima della crisi, dopo la crisi la repentina divaricazione dei differenziali di rendimento era altrettanto poco fedele al mutamento del quadro economico degli Stati membri coinvolti, anche se su tale aspetto le analisi economiche sono tutt’altro che unanimi (18). Qualunque fosse l’origine e la dinamica di sviluppo dell’eurocrisi, negli anni che hanno seguito l’inizio dell’andamento fortemente divergente dei differenziali dei tassi di rendimento degli Stati dell’area euro è stato sviluppato un nuovo arsenale di risposte a una situazione di emergenza che si è protratta per molti anni, e che ha visto la sperimentazione di strumenti e istituzioni inediti. A partire dai programmi di assistenza congiunta della c.d. Troika (Commissione, BCE e Fondo Monetario internazionale), passando attraverso i meccanismi di assistenza finanziaria creati ad hoc per fronteggiare la crisi greca, quello generale creato col Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria e del successivo Fondo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria, si è giunti infine al Meccanismo Europeo di Stabilità nel 2012, percorrendo strade varie e ampiamente inedite. Ciò che queste strade avevano in comune era un allontanamento molto significativo dal paradigma di Maastricht, e il progressivo avvicinamento a un quadro in cui oltre alla tassazione e al reperimento di risorse sul mercato, gli Stati membri si trovavano a poter di fatto contare su un nuovo canale di finanziamento: il trasferimento transnazionale di risorse, pur non etichettato come tale, ma concretizzato nelle varie forme della concessione di prestiti, o altre modalità di agevolazione finanziaria (19). (17) DE GRAUWE, op. cit., 16 ss., KA. TUOORI, KL. TUOORI, op. cit., 61 ss.; HINAJEROS, The Euro Area Crisis in Constitutional Perspective, Oxford-New York 2015, 11 ss. (18) Secondo alcuni economisti l’enorme divaricazione degli spread era frutto di una manovra speculativa, volta a scommettere sul default di alcuni Stati membri, e con esso il probabile collasso della moneta unica; secondo altri il trend rappresentava invece comunque una fotografia assai più in linea con i fondamentali economici degli Stati membri rispetto a quello del quadro pre-crisi. Per un’analisi del primo tipo, cfr. P. DE GRAUWE, Y. JI, Self-fulfilling crises in the Eurozone: An empirical test, in Journal of International Money and Finance, 2013, vol. 34, 15-36 e EA., Mispricing of sovereign risk and macroeconomic stability in the Eurozone, in Journal of Common Market Studies, 2012, vol. 50, 866-880. Per un’analisi che in fin dei conti imputa alle differenti performance economiche e politiche fiscali degli Stati membri gli spread estremamente ampi dopo il 2010, quando gli investitori sono diventati più sensibili alla valutazione dei fondamentali degli Stati dell’area euro, cfr. R. GIORDANO, M. PERICOLI, P. TOMMASINO, Pure or wake-up call contagion: Another look at EMU’s sovereign debt crisis, in International Finance, 2013, vol. 16, 131-160. (19) Le condizioni dei crediti forniti agli Stati in difficoltà nel quadro del Meccanismo Europeo di Stabilità (cosò come nel quadro dei precedenti strumenti) non rispecchiano infatti le condizioni fornite nel mercato, ed è anzi esattamente questo il loro obiettivo. Il tasso applicato alla Grecia per i prestiti nel quadro del
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Articoli 4. La BCE di fronte all’eurocrisi: misure non convenzionali
La straordinarietà delle risposte all’eurocrisi non si è limitata alla creazione di nuovi strumenti e meccanismi, ma si è spinta anche fino all’utilizzo di misure non convenzionali da parte delle Istituzioni dell’Unione, pur a quadro istituzionale immutato (20). Tra le Istituzioni coinvolte dalla straordinarietà delle risposte all’eurocrisi, la BCE è certamente quella che ha giocato il ruolo più esposto, non soltanto in quanto parte della Troika a cui gli strumenti eccezionali posti in essere avevano affidato diverse funzioni di monitoraggio. La BCE è infatti chiamata dai Trattati a condurre una politica monetaria unica, avente l’obiettivo primario di garantire la stabilità dei prezzi. Per perseguire tale compito deve assicurarsi che una politica monetaria unica sia trasmessa a tutta l’eurozona. La trasmissione della politica monetaria è quel processo tramite il quale decisioni di politica monetaria influenzano l’economia in generale, e in particolare la moneta, il credito e il livello dei prezzi, toccando molteplici meccanismi e azioni degli attori economici nelle diverse fasi di questo processo. Il processo in questione può essere complicato dal fatto che gli sviluppi economici sono continuamente influenzati da shock che possono avere le più varie fonti, a partire dalla modifica dei tassi di interesse, dall’andamento dell’economia globale, dai prezzi delle merci, dalle politiche fiscali e da innumerevoli altri fattori sui quali il SEBC non ha nessun tipo di influenza e di controllo. Può dunque avvenire che i canali tramite i quali la politica Fondo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria si aggirava ad esempio attorno all’1.35%, quando il tasso medio pagato dalla Grecia sul mercato negli anni precedenti era attorno al 5% (e sarebbe stato ovviamente di molto superiore nel momento in cui si è ricorso ai citati strumenti). Il trasferimento transnazionale di risorse è passato in altri casi tramite operazioni di alleggerimento del debito: così, ad esempio, i prestiti concessi alla Grecia tramite il medesimo Fondo di Stabilizzazione Finanziaria e tramite lo strumento di prestito in favore della Grecia sono stati ristrutturati a più riprese (nel giugno 2011, marzo 202 e novembre 2012), sia per ciò che concerne i tassi di interesse che per le scadenze. In base ai dati elaborati dal Meccanismo Europeo di Stabilità, le varie forme di agevolazione creditizia hanno permesso alla Grecia di finanziarsi con un costo che rispetto a quello che avrebbe dovuto pagare sul mercato è stato calcolato approssimativamente nella metà del PIL del 2013 (ESM, 2014 Annual Report, reperibile a www.esm.europa.eu/publications/index.htm). Per un’analisi più ampia degli strumenti di facilitazione finanziaria e il loro impatto in termini di trasferimento transnazionale di risorse, cfr. M. IOANNIDIS, Europe’s New Transformations, cit., 1253 ss. (20) La stessa qualificazione delle misure in questione alla stregua di misure “non convenzionali” non è priva di implicazioni, ed è stata minimizzata dalla CGUE nella sua giurisprudenza. Sul punto cfr. A. CARDONE, L’obliterazione dello stato di crisi: la corte UE ri(con)duce le misure “non convenzionali” della BCE al diritto “ordinario” dei trattati, in questa Rivista, 2015, 1545-47. Per una ricostruzione di questo “enlargment of functions” della BCE, cfr. R. IBRIDO, L’Unione bancaria europea, cit., 135 ss. ed E. MOSTACCI, Alla maniera di Asghar Farhadi. Le operazioni straordinarie della BCE nelle dinamiche delle separazione, in DPCE, l, 2015, 221 ss.
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monetaria viene trasmessa non funzionino correttamente, e che in questi casi siano necessarie misure per sbloccare tali canali di trasmissione della politica monetaria. Era questo il quadro in cui intervenivano le misure non convenzionali del SEBC, che — attraverso l’acquisto di titoli di Stato sui mercati secondari — si prefiggeva di limitare i differenziali di rendimento che impedivano l’adeguata trasmissione della politica monetaria tramite i canali ordinari. Già nel 2010, la BCE annunciava un “programma per il mercato dei titoli finanziari” (21) (Securities Markets Programme, da qui: SMP), nel cui quadro si prevedevano acquisti sul mercato secondario di volumi significativi di titoli di Stato di paesi dell’area euro. Gli acquisti, posti in essere nel 2010 e nel 2011, avevano riguardato principalmente titoli di Stato italiani, spagnoli, greci, portoghesi e irlandesi, e seppure ciò avesse determinato una limitata riduzione degli spread (22), la portata limitata del programma era stata considerata la causa principale della sua inadeguatezza a ristabilire un’adeguata trasmissione della politica monetaria. I segnali provenienti dal Presidente della BCE erano stati, dunque, inequivocabilmente rivolti a far capire che le misure a cui la Banca era disposta a ricorrere non sarebbero state in alcun modo limitate. È del 26 luglio 2012 il famoso discorso in cui il Presidente Draghi annunciava che «nell’ambito del mandato attribuito, la BCE è pronta a fare qualunque cosa sia necessaria per salvare l’euro» (23). A tali parole seguiva, a pochi mesi di distanza, l’annuncio del nuovo programma di “operazioni monetarie definitive” (Outright Monetary Transactions, da qui: OMT) della BCE. L’obiettivo del programma era far fronte alla crisi dei debiti sovrani che in quel momento viveva una fase particolarmente acuta, contraddistinta da una forte volatilità dei tassi di interesse dei titoli del debito pubblico di alcuni paesi della “periferia” dell’Eurozona. Per raggiungere tale obiettivo di stabilizzazione, la BCE annunciava di essere disponibile ad acquistare sul mercato secondario, pur alle condizioni specificate nella decisione, volumi potenzialmente illimitati di titoli di Stato al fine di favorire un riequilibrio dei differenziali dei tassi di rendimento, (21) Decisione della BCE 2010/281/EU, 14 maggio 2010, reperibile a https:// www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/l_12420100520en00080009.pdf. (22) U. SZCZERBOWICZ, The ECB unconventional monetary policies: Have they lowered market borrowing costs for banks and governments?, in International Journal of Central Banking, 2015, vol. 11, 91-127; F. ESER, B. SCHWAAB, Evaluating the impact of unconventional monetary policy measures: Empirical evidence from the ECB’s Securities Markets Programme, in Journal of Financial Economics, 2016, vol. 119, 147-167; H.D. GIBSON, S.G. HALL, G.S. TAVLAS, The Effectiveness of the ECB’s Asset Purchase Programs of 2009 to 2012, in Journal of Macroeconomics 2016, vol. 47, 45-57. Per una rassegna molto ampia della letteratura in argomento, si veda anche la rassegna mensile della BCE: ECB MONTHLY BULLETIN, The determinants of euro area sovereign bond yield spreads during the crisis, maggio 2014, 79-80. (23) Così il Presidente della BCE Draghi nel suo discorso alla Global Investment Conference, tenuto a Londra il 26 luglio 2012. Il discorso è reperibile a www.ecb.europa.eu/press/key/date/2012/html/sp120726.en.html.
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condizione necessaria e garantire un’adeguata e sufficientemente omogenea trasmissione della politica monetaria. Il Consiglio direttivo della BCE in quella stessa sede stabiliva alcune condizioni che dovevano sussistere per procedere all’acquisto di titoli. In estrema sintesi gli acquisti dovevano essere “sterilizzati”, ovvero dovevano mantenere invariata la base monetaria; dovevano essere limitati a titoli con scadenza medio-breve (da uno a tre anni) e subordinati all’adesione dello Stato membro i cui titoli erano oggetto di acquisto a un piano di “stabilizzazione macroeconomica” nel quadro del MES, rendendo esplicita la condizionalità che nel precedente programma SMP era passata soltanto per vie informali (24). Il programma prevedeva inoltre che la Banca accettasse la parità di trattamento con i creditori privati, così da evitare di disincentivare gli investitori privati dal comprare titoli di quegli stessi Stati (ciò che avrebbe avuto potuto verificarsi ove la BCE avesse avuto una posizione di creditore privilegiato). Il profilo più dirompente del programma annunciato nel settembre del 2012 era però la sua potenziale illimitatezza ex ante: si trattava in buona sostanza di uno dei passi della strategia di difesa a tutti i costi dell’irreversibilità della moneta unica. La BCE stava facendo «whatever it takes to preserve the Euro». 5. L’opposizione tedesca alle misure non convenzionali per affrontare la crisi Gli inediti sviluppi sommariamente delineati non erano avvenuti al netto di aspri contrasti. Al contrario, in particolare in ambienti tedeschi le misure straordinarie adottate dalla BCE e gli strumenti ad hoc posti in essere per fronteggiare l’eurocrisi erano stati accolti in modo a dir poco scettico. Sul fronte istituzionale, a dispetto della tradizionale riservatezza sulle dinamiche decisionali interne del Consiglio direttivo della Banca, era chiaramente trapelata dapprima la contrarietà del Presidente della Bundesbank Axel Weber al programma SMP e agli acquisiti di titoli seguiti all’annuncio di tale programma (25). Contrarietà che aveva condotto fino alla decisione dello stesso Weber di rassegnare le dimissioni prima della scadenza del mandato e che dalla stampa era stata posta alla base della decisione di sfilarsi dalla partita per la presidenza della BCE (26). Le stesse ragioni di contrarietà agli acquisti realizzati nel quadro del programma SMP erano alla base della rassegnazione delle dimissioni di Jürgen Stark, membro del Comitato esecutivo e del Consiglio Direttivo della Banca. Infine, come trapelato in modo (24) Così non era nel quadro degli acquisti del programma SMP, anche se altresì in quel contesto è ormai documentato che vi fosse un meccanismo di condizionalità informale, di cui la famosa lettera “segreta” dei Presidenti Trichet e Draghi al Governo italiano del 5 agosto 2011 è la manifestazione più eclatante. (25) Vedi R. ATKINS, ECB divided over policy U-turn, in Financial Times, 11 maggio 2010. (26) Vedi D. SCHÄFER, Weber says hawkish views led to ECB race exit, in Financial Times, 14 febbraio 2011.
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inequivoco (27), il Presidente della Bundesbank Weidmann aveva votato contrariamente al programma OMT nel Consiglio Direttivo della BCE. Le tensioni non si erano però limitate ai contrasti interni alla BCE e alle posizioni espresse dai membri tedeschi relativamente alle misure non convenzionali poste in essere dalla Banca per fronteggiare la situazione emergenziale. Sul fronte giurisdizionale, il BVerfG non aveva certo rinunciato alla sua tradizionale funzione di “guardiano” della Costituzione nazionale e in particolare del mantenimento in capo al Bundestag di un margine decisionale che rimanesse sufficientemente ampio da scongiurare il rischio di uno svuotamento del principio democratico (28). Una prima pronuncia (29) aveva avuto a oggetto la normativa interna tedesca che dava esecuzione al primo piano di aiuti per la Grecia (30), e aveva dichiarato i ricorsi inammissibili, pur ribadendo la necessità di preservare le funzioni del Bundestag, che doveva rimanere padrone del bilancio, e in quanto tale mantenere pieno controllo di qualunque disposizione di
(27) Il fatto che la decisione non fosse stata assunta unanimemente era stato esplicitamente ammesso dal Presidente Draghi nella conferenza stampa che annunciava il programma, e pur non riferendosi espressamente a Weidmann, la riconduzione al componente tedesco è più che una supposizione, posto che questi è successivamente intervenuto nel procedimento di fronte al BVerfG per illustrare le ragioni che conducevano a ritenere il programma in questione illegittimo. Quanto alla stampa, cfr. M. STEEN, Weidmann isolated as ECB plan approved, in Financial Times, 7 settembre 2012. (28) Sul ruolo svolto dal BVerfG con riferimento alle misure europee anti-crisi, cfr. G. RIVOSECCHI, Il Trattato sul Mes e il Fiscal Compact al vaglio del Tribunale Costituzionale Federale e della Corte di giustizia, cit.; G. DELLEDONNE, Le corti costituzionali di fronte alle trasformazioni dell’Unione economica e monetaria: consonanze e dissonanze tra Karlsruhe e la rue de Montpensier, in DPCE, 1, 2013, 190 ss.; A. DI MARTINO, La sentenza del Bundesverfassungsgericht sul Meccanismo europeo di stability′a e sul Fiscal Compact: una lettura alla luce della giurisprudenza precedente, in Federalismi.it 18, 2012 e, volendo, P. FARAGUNA, Il Bundesverfassungsgericht e l’Unione europea, tra principio di apertura e controlimiti, in DPCE, 2, 2016, 431 ss. Per una ricosturzione delle misure anti-crisi adottate dall’UE e un’analisi delle criticità da essere derivanti dalla prospettiva del diritto costituzionale, cfr. M. BENVENUTI, Libertà senza liberazione, cit., 52 ss. (29) 2 BvR 987/10, 7 settembre 2011. (30) La prima legge, del 7 maggio 2010, autorizzava il Ministero delle Finanze ad un’operazione di 22,4 miliardi di Euro a favore della Grecia. La seconda legge, del successivo 21 maggio, autorizzava lo stesso Ministero ad un’operazione di 123 miliardi di euro nel quadro di quel “meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria”, istituito pochi giorni prima con il Regolamento UE n. 407/2010, sulla base dell’art. 122, comma 2, del TFUE. La seconda legge prevedeva anche una procedura di consultazione della Commissione bilancio del Bundestag, preventiva all’assunzione delle garanzie: il Governo federale non era però vincolato ad assumere una preventiva autorizzazione parlamentare, bensì i suoi obblighi si limitavano all’impegno a trovare un’intesa con la Commissione bilancio, che aveva diritto a prendere posizione sul punto.
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assistenza finanziaria le cui dimensioni fossero di una certa consistenza. Questo tipo di operazioni dovevano perciò essere soggette ad autorizzazione — espressa e preventiva, volta per volta — da parte del Bundestag. Ciò era tanto più importante ove i meccanismi di assistenza finanziaria non fossero una tantum, ma consistessero in strumenti organizzativi duraturi o addirittura permanenti (31). Poco più tardi, lo stesso BVerfG si esprimeva su una serie articolata di questioni che avevano ad oggetto il Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e il c.d. Fiscal Compact. In una prima pronuncia, resa in sede di giudizio cautelare sulla domanda di sospensione del processo di ratifica dei Trattati in questione, la Corte rigettava i ricorsi, con un accertamento inusualmente approfondito considerata la sede cautelare (32), in cui era (31) Ad avviso del BVefG la legge che disciplinava la procedura di coinvolgimento del Bundestag nel quadro del meccanismo di stabilizzazione finanziaria non garantiva sufficientemente l’integrità delle prerogative del Bundestag. In particolare, ove quella procedura fosse letta nel senso di richiedere soltanto che il Governo si impegnasse, prima dell’assunzione di garanzie nel quadro del meccanismo, a cercare un’intesa con la Commissione bilancio, ad avviso del BVerfG non si salvaguardava sufficientemente l’autonomia del Parlamento e le sue competenze esclusive in materia di scelte di bilancio. In tale misura, il BVerfG accertava che la procedura andasse corretta attraverso un’interpretazione conforme: il Governo avrebbe dovuto sempre ottenere una vera e propria approvazione preventiva da parte del Bundestag. A fronte della posizione di questo principio, è seguito un contenzioso costituzionale ulteriore sulla definizione del ruolo preciso che andrebbe garantito al Parlamento nei rapporti con il Governo per ciò che concerne l’adozione a livello europeo di misure di contrasto alla crisi finanziaria. In una prima occasione il BVerfG ha ritenuto un livello di garanzia non sufficiente il coinvolgimento, in vece dell’Assemblea plenaria, di una Commissione speciale del Bundestag, composta di 9 membri, competente ad autorizzare il Governo ad agire nel quadro EFSF in casi di emergenza: cfr. BVerfG, 2 BvE 8/11. Successivamente il BVerfG riconosceva la violazione dei diritti di informazione del Bundestag nella procedura di negoziazione per l’adozione del Patto Euro-plus e del trattato ESM: cfr. BVerfG, 2 BvE 4/11. Su queste pronunce si veda S. SCHMIDT, A Sense of Déjà Vu? The FCC’s Preliminary European Stability Mechanism Verdict, in German Law Journal, vol. 14, n. 1, 2013, 10-11. Nella letteratura italiana M. BONINI, Delle prerogative parlamentari nell’Europa dei fallimenti di Stato (commento alla sentenza del Tribunale costituzionale tedesco del 19 giugno 2012), in Quad. cost., 2012, 891-4. Rileva l’asimmetria che questa giurisprudenza produce sulle dinamiche di coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nel processo decisionale europeo, C. PINELLI, La giurisprudenza costituzionale tedesca e le nuove asimmetrie fra i poteri dei parlamenti nazionali dell’eurozona, in Costituzionalismo.it, 2014, n. 1 (25 marzo 2014), posto che il Parlamento tedesco ha, tramite la giurisprudenza sull’eurocrisi, «guadagnato poteri incomparabilmente maggiori di quelli riservati agli altri parlamenti nazionali» (ivi, 9). Sull’assimetria in questione in una prospettiva più ampia, cfr. anche C. FASONE, Eurozone, non-Eurozone and ‘troubled asymmetries’ among national parliaments in the EU. Why and to what extent this is of concern, in Perspectives on Federalism 2014, vol. 6, no. 3, 1-41. (32) Tra i molti commenti, vedi M. WENDEL, Kompetenzrechtliche Grenzgänge: Karlsruhes Ultra-vires-Vorlage an den EuGH, in ZaöRV, 2014, 615 ss. e ID., Judicial
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expressis verbis acclusa una lista di condizioni che le parti contraenti il Trattato MES avrebbero dovuto chiarire tramite delle dichiarazioni vincolanti sul piano internazionale al fine di garantire la compatibilità del Trattato con il GG (33). La questione veniva quindi decisa nel merito con il giudizio del Tribunale del 18 marzo 2014 (34), nel quale venivano ampiamente riprese le linee argomentative già percorse in sede cautelare. Da questa vicenda giurisdizionale si era però ripartito un ulteriore autonomo procedimento, innescato proprio dalla conferenza stampa in cui, il 6 settembre 2012, il Consiglio Direttivo della BCE annunciava il piano OMT. Il BVerfG veniva sollecitato in sede di trattazione orale del procedimento principale nella causa sul MES, tenutasi nel giugno 2013 e trasformatasi sostanzialmente in una trattazione non più sulla compatibilità delle conseguenze del Trattato sul MES con il Grundgesetz (da qui: GG) — di cui il BVerfG si era ormai già occupato in modo piuttosto approfondito in sede cautelare —, ma in una valutazione della compatibilità con il GG del quadro del programma di acquisti straordinari annunciato a settembre dalla Consiglio direttivo della BCE. La portata delle novità introdotte nell’udienza di fine 2013 era tale che il BVerfG decideva di separare, con decisione del 17 dicembre 2013 (35), le questioni principali aventi oggetto il Trattato MES da quelle aventi oggetto le OMT. Le prime venivano decise in via definitiva qualche mese più Restraint and the Return to Openness: The Decision of the German Federal Constitutional Court on the ESM and the Fiscal Treaty of 12 September 2012, in German Law Journal, 2013, vol. 14, n. 1, 21-52. Nella letteratura italiana si vedano le letture di G. RIVOSECCHI, Il Meccanismo Europeo di Stabilità e il Fiscal Compact tra Karlsruhe e Lussemburgo, in Quad. cost. 2014, 425-429; M. BONINI, Il “BVerfG”, giudice costituzionale o “signore dei trattati”? Fondo “salva - stati”, democrazia parlamentare e rinvio preguidiziale nella sentenza del 12 settembre 2012, in Rivista AIC 2012, n. 4; P. RIDOLA, “Karlsruhe locuta causa finita?”. Il Bundesverfassungsgericht, il Fondo Salva-Stati e gli incerti destini della democrazia federalista in Europa, in federalismi.it (26 settembre 2012); A. DI MARTINO, La sentenza del Bundesverfassungsgericht sul Meccanismo Europeo di Stabilità e sul Fiscal Compact: una lettura alla luce della giurisprudenza precedente, in federalismi.it (15 settembre 2012); A. DE PETRIS, La sentenza del Bundesverfassungsgericht sul meccanismo europeo di stabilità e sul fiscal compact. Guida alla lettura, in federalismi.it (15 settembre 2012). (33) Le dichiarazioni, in particolare, avrebbero dovuto assicurare: a) che le disposizioni del Trattato garantissero che in nessun caso gli oneri gravanti sulla Germania potessero essere aumentati oltre la quota di capitale originariamente pattuita senza una specifica e ulteriore autorizzazione del Bundestag; b) che le norme poste a tutela dell’inviolabilità dei documenti e del segreto professionale di cui al Trattato sul MES non potessero essere opposte anche ai Parlamenti nazionali, riducendo i diritti di informazione che il Governo deve assicurare al Parlamento. Le condizioni dettate dal BVerfG venivano puntualmente recepite dalla Dichiarazione delle medesime parti contraenti il Trattato MES, rese il 27 settembre 2012 e reperibili a www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ecofin/132615.pdf. (34) BVerfG, 2 BvR 1390/12. (35) BVerfG, ordinanza del 17 dicembre 2013, BVerfG, 2 BvR 1390/12.
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tardi (36). Dalle seconde — quelle relative al programma annunciato dalla BCE — si dipartiva invece un autonomo ramo processuale, che ha dato origine alla complessa saga giurisprudenza Gauweiler/OMT, passata prima attraverso la storica decisione del BVerfG di promuovere, con decisione del 14 gennaio 2014 (37), il suo primo rinvio pregiudiziale alla CGUE, poi attraverso la pronuncia di quest’ultima nel giugno 2015 (38), e infine nella sentenza “definitiva” del BVerfG il 21 giugno 2016 (39). 6. Gauweiler, atto primo: il rinvio pregiudiziale Questo tortuoso percorso tra Karlsruhe e Lussemburgo, che è utile ripercorrere anche nel merito delle decisioni per fornire un quadro introduttivo alla sentenza OMT (40), illustra già di per sé quanto Gauweiler/OMT sia un caso paradigmatico di quel “dialogo tra Corti” su cui la dottrina, in particolare — ma non solo (41) — europea (42), si è tanto soffermata negli ultimi decenni.
(36) 2 BvR 1390/12, 18 marzo 2014. (37) 2 BvR 2728/13, 14 gennaio 2014. (38) Causa C-62/14, Gauweiler et alii c. Governo federale tedesco. I commenti sulla sentenza della CGUE sono stati moltissimi, a testimoniare l’importanza della questione e l’attenzione che vi ha dedicato la dottrina. Per una panoramica ampia e un’analisi approfondita, si rimanda qui allo special issue dedicato alla sentenza dal German Law Journal, 2015, vol. 16, n. 4, nonché all’ampia analisi contenuta nello special issue curato da F. FABBRINI, The European Court of Justice, the European Central Bank, and the Supremacy of EU Law, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2016, vol. 1. (39) 2 BvR 2728/13, 21 giugno 2016. (40) Per una ricostruzione più dettagliata dei primi due atti della saga (il rinvio pregiudiziale e la decisione della CGUE), di quanto non sia consentito in queste pagine, si rinvia ad A. CARDONE, L’obliterazione dello stato di crisi, cit. (41) Sul “dialogo tra Corti”, divenuto vero e proprio topos della letteratura giuspubblicistica globale, si veda tra moltissimi altri M.A. WATERS, Mediating Norms and Identity: The Role of Transnational Judicial Dialogue in Creating and Enforcing International Law, in Georgia Law Journal, 2004, vol. 93, 487 ss.; F.G. JACOBS, Judicial Dialogue and the Cross-Fertilization of Legal Systems: The European Court of Justice, in Texas International Law Journal, 2003, vol. 38, 547 ss.; A-M. SLAUGHTER, A Global Community of Courts, in Harvard Journal of International Law, 2003, vol. 44, 191 ss., ID., Judicial Globalization, in Virginia Journal of International Law, 1999, Vol. 40, 1103 ss. (42) Allo stesso modo la letteratura sul dialogo tra Corti in Europa è sterminata, tra i molti si vedano M. CLAES, M. DE VISSER, P. POPELIER, C. VAN DE HEYNING (a cura di) Constitutional Conversations in Europe: Actors, Topics and Procedures, Cambridge 2012; G. MARTINICO, O. POLLICINO, The Interaction Between Europe’s Legal Systems: Judicial Dialogue and the Creation of Supranational Laws, Cheltenham 2012; A. VOΒKUHLE, Multilevel Cooperation of the European Constitutional Courts: Der Europäische Verfassungsgerichtsverbund, in European Constitutional Law Review, 2010, vol. 6, 175-98; A.-M. SLAUGHTER, A. STONE SWEET, J.H.H. WEILER, The European Courts and National Courts: Doctrine and Jurisprudence, Hart Publishing, Oxford-
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I ricorrenti dei giudizi da cui è originata questa complessa vicenda giurisdizionale — attivata sia in sede di ricorso “individuale” diretto (le virgolette sono d’obbligo, considerato che il numero dei ricorrenti era di varie decine di migliaia) che in sede di conflitto tra poteri — contestavano la legittimità del programma OMT sotto a due profili principali. Da una parte si asseriva che il programma in questione esorbitasse dalle competenze della BCE, trattandosi di una misura di politica economica e non di politica monetaria, che in quanto tale violava i confini dell’azione della BCE individuati dalle disposizioni di cui agli 119 TFUE, 123 paragrafo 1, TFUE e 127, paragrafi 1 e 2, TFUE, nonché dagli artt. 17 a 24 del Protocollo sullo Statuto del sistema europeo di banche centrale (SEBC). Dall’altro lato si asseriva che il programma in questione eludesse il divieto di finanziamento monetario del bilancio degli Stati membri di cui all’art. 123 TFUE. Il BVerfG, con la sua decisione di promuovere il rinvio pregiudiziale, rimetteva la questione dapprima in mano alla CGUE. Questa decisione era in sostanza in linea con quanto il Tribunale costituzionale federale tedesco si era ripromesso di fare già a partire dalla sentenza Mangold/Honeywell (43). In quella sentenza, infatti, il BVerfG aveva in sostanza annunciato che l’attivazione dei controlimiti sarebbe stata un’opzione residuale, e che prima di ricorrervi si sarebbe dovuto consentire alla CGUE di pronunciarsi sull’ipotetico conflitto, per eventualmente disinnescarlo preventivamente. In sostanza, però, il rinvio pregiudiziale promosso dal BVerfG era assai meno euro-amichevole (europarechtsfreundlich) rispetto all’idilliaco quadro di deferenza che sembrava essere stato tracciato nella sentenza Mangold/Honewyell. Il BVerfG, infatti, promuovendo il rinvio lasciava intendere che qualora la CGUE avesse ignorato il suo punto di vista, i giudici tedeschi sarebbero stata pronti ad attivarsi essi stessi per impedire che la decisione OMT vincolasse tutti i poteri pubblici tedeschi. Più che un gesto di deferenza, nella sostanza il rinvio pregiudiziale sembrava un minaccioso ultimatum recapitato alla CGUE, che veniva posta di fronte a un dilemma non facile da risolvere. Da una parte il rischio di delegittimare la BCE accogliendo pienamente le tesi prospettate dal BVerfG, in un momento ancora molto New York 1998; G. DE VERGOTTINI, Oltre il dialogo tra le Corti. Giudici, diritto straniero, comparazione, Bologna 2010; M. CARTABIA, Europe and Rights: Taking Dialogue Seriously, in European Const. Law Rev., 2009, vol. 5, n. 1, 5-31; S. CASSESE, La funzione costituzionale dei giudici non statali. Dallo spazio giuridico globale all’ordine giuridico globale, in Riv. trim. dir. pubbl. 2007, 609 ss. (43) 2 BvR 2661/06, 6 luglio 2010. È stato notato, però, che se dalla prospettiva formale il rinvio era un gesto di deferenza istituzionale “amichevole”, dalla prospettiva sostanziale il BVerfG aveva adottato un’interpretazione del programma OMT che non era in linea con il diritto dell’Unione, e perciò europarechtsunfreundlich e in contrasto perciò con gli stessi intendimenti della sentenza Mangold/Honeywell: così L.F. PACE, The OMT Case: Institution Building in the Union and a (Failed) Nullification Crisis in the Process of Europe, in L. DANIELE, P. SIMONE, R. CISOTTA, Democracy in the EMU in the Aftermathof the Crisis, Cham, 2017, 386.
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difficile in termini di stabilità della zona euro. Dall’altra parte il rischio di incorrere in una reazione dura del BVerfG, qualora i giudici della CGUE avessero scelto di ignorare del tutto le preoccupazioni sollevate nel rinvio pregiudiziale. 7. Gauweiler, atto secondo: la mano tesa dalla Corte di giustizia Trovatasi di fronte a questa difficile strettoia (44), la CGUE si è pronunciata con una decisione che a parere di chi scrive ha cercato di tenere fermo il punto fatto dalla BCE, minimizzando quanto possibile il rischio di innescare una reazione pericolosa del BVerfG, al quale la motivazione ha teso una mano. Sul primo punto controverso, la CGUE riteneva in buona sostanza che il programma OMT rientrava nelle azioni di politica monetaria, pur ammettendo che potessero svilupparsi degli effetti indiretti sulla politica economica, ma che tali effetti indiretti potevano essere inclusi in quell’azione di sostegno delle politiche economiche generali nell’Unione affidata al SEBC dagli artt. 119.2, 127.1 e 282.2 TFUE. La CGUE pare essere stata particolarmente accondiscendente rispetto alle posizioni prese dal BVerfG con riferimento al divieto di finanziamento monetario dei bilanci degli Stati membri. La chiave interpretativa scelta dalla CGUE è stata infatti quella dell’effetto equivalente: in quest’ottica, la Corte ha rilevato che il divieto di finanziamento monetario dei bilanci degli Stati membri non preclude soltanto l’acquisto diretto di titoli del debito pubblico sul mercato primario, ma impedisce l’acquisto anche «sui mercati secondari in presenza di condizioni che conferiscano, in pratica, al suo intervento un effetto equivalente a quello dell’acquisto diretto di titoli del debito pubblico» (45). E, in particolare, il rischio del prodursi di un effetto equivalente potrebbe aversi, ad avviso della CGUE, «qualora gli operatori possibili acquirenti di titoli di Stato sul mercato primario avessero la certezza che il SEBC procederà al riacquisto di tali titoli entro un termine e a condizioni tali da permettere ad essi operatori di agire, de facto, come intermediari» (46). La CGUE concedeva dunque molto alle ragioni del rinvio pregiudiziale del BVerfG, nella misura in cui precisava che il programma OMT consentiva soltanto acquisti di titoli di Stati membri aventi accesso al mercato e unicamente nella misura e per il tempo necessari a preservare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria e l’unicità della stessa (47). Oltre a (44) La strettoia, peraltro, si trovava logicamente a valle di una strettoia ancora più radicale, ovvero la decisione sulla ricevibilità del rinvio, punto sul quale diversi governi — compreso quello italiano — erano intervenuti per sostenere le ragioni dell’irricevibilità. Su questo aspetto si sofferma A. CARDONE, L’obliterazione dello stato di crisi, cit., 1536-1539. (45) Corte giust. UE, 16 giugno 2015, Gauweiler et alii c. Governo federale tedesco, in causa C-62/14, § 97. (46) Ivi, § 104. (47) Ivi, §§112-120.
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ciò, la piena discrezionalità del Consiglio direttivo della BCE sulle decisioni sulla portata, l’inizio, il proseguimento e la sospensione degli acquisti nel quadro del programma in questione erano considerati elementi sufficienti, ad avviso della CGUE, a garantire che gli operatori nel mercato primario non fossero in grado di prevedere né l’an, né il quantum, né le modalità di riacquisto dei titoli sul mercato nel quadro dell’eventuale attuazione del programma OMT. Il programma sarebbe rimasto dunque all’interno del mandato della BCE nella misura in cui gli acquisti di cui al programma in questione (acquisti peraltro ancora mai avvenuti, né ora né allora) erano volti a preservare la trasmissione della politica monetaria e l’unicità della stessa, e nella misura in cui questi non fossero sostanzialmente equivalenti all’acquisto di titoli di Stato sul mercato primario. Ma vi è di più: secondo la stessa CGUE il programma rientrava nel mandato della BCE perché l’acquisto di titoli di Stato non era — a differenza di quanto potesse intendersi dalla retorica del “whatever it takes” (48) — veramente illimitato, essendo sottoposto a limiti intrinseci (49). La CGUE osservava infatti che in virtù del programma potevano acquistarsi solo titoli del debito pubblico con scadenza inferiore a tre anni di Stati sottoposti ad un programma di aggiustamento macroeconomico e aventi nuovamente accesso al mercato (50). Ciò conduceva la CGUE a rassicurare il BVerfG nella misura in cui ribadiva che gli impegni che la BCE poteva assumere nel quadro dell’attuazione di tale programma erano limitati da queste condizioni intrinseche. Con questa decisione la CGUE si destreggiava assai abilmente tra le opposte esigenze di rassicurare, da una parte, il BVerfG, affermando la non illimitatezza dei rischi che possono derivare da un acquisto di un volume illimitato di titoli di Stato da parte della BCE; e dall’altra parte, l’esigenza di non contraddire apertamente la BCE e il suo decisionismo rispetto alla crisi dei debiti sovrani (51). Il passaggio in cui questo difficile bilanciamento emergeva in forma quasi paradossale, era quello in cui la Corte — dopo aver illustrato i limiti intrinseci a cui si è fatto riferimento — specificava che «risulta che un programma il cui volume sia così limitato potrebbe essere validamente (48) Sul valore del linguaggio nella politica monetaria, cfr. A. ORIOLI, Gli oracoli della moneta. L’arte della parola nel linguaggio dei banchieri centrali, Bologna 2016. (49) Corte giust. UE, Gauweiler et alii, cit., § 85. (50) Ivi, § 86. (51) Da una parte, infatti, il BVerfG chiedeva l’imposizione di nuovi limiti al programma, salvo altrimenti far calare la scure dei controlimiti, e dall’altra parte la CGUE ha rigorosamente evitato di impostare in questi termini la sua posizione, avendo cura di rileggere il programma OMT come già limitato (in un senso idoneo a rassicurare le preoccupazioni del BVerfG). Su questo punto cfr. L.F. PACE, The OMT case, the “intergovernmental drift” of the Eurozone crisis and the (inevitable) rectification of the BVerfG jurisprudence in light of the ECJ’s Gauweiler judgment, in Diritto dell’Unione europea, 2016 (in corso di pubblicazione) e reperibile a https://ssrn.com/ abstract=2862533.
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adottato dal SEBC senza fissare un limite quantitativo precedentemente all’attuazione del programma stesso, tenendo presente che un limite siffatto è, del resto, suscettibile di indebolire l’efficacia del programma in questione» (52). Il programma OMT veniva in sostanza fatto salvo, ma al BVerfG si fornivano molti motivi per ammorbidire il suo approccio, puntellando la motivazione della decisione di numerosi appigli che consentivano ai giudici tedeschi di considerare la decisione della CGUE come un sostanziale accoglimento delle ragioni del BVerfG. È innanzitutto per questo che nel momento in cui il Tribunale di Karlsruhe è tornato a pronunciarsi in via definitiva sulla questione, il dispositivo della decisione dei giudici tedeschi è stato tutt’altro che sorprendente (53). 8. Gauweiler, atto terzo: la decisione (non) definitiva del BVerfG Il BVerfG, con la sua decisione del 21 giugno 2016, ha dichiarato innanzitutto inammissibili le questioni sollevate con Verfassungsbeschwerde aventi direttamente a oggetto i comportamenti posti in essere dalla BCE. In linea generale infatti, la Verfassungsbeschwerde è un rimedio residuale il cui accesso è consentito soltanto dopo aver passato rigorose strettoie in sede di ammissibilità. Tali strettoie — che richiedono, tra le altre cose, di trovarsi di fronte a una minaccia di lesione diretta e attuale di un diritto fondamentale (54) — sono spesso state rilassate dal Tribunale costituzionale sul fronte extra moenia. Così, negli ultimi 25 anni, il ricorso individuale diretto è divenuto uno degli strumenti privilegiati per sottoporre al BVerfG questioni riguardanti i limiti costituzionali del processo di integrazione europea. In questo caso, però, alcune delle questioni sottoposte non erano idonee a passare nemmeno il rilassato vaglio di ammissibilità che il BVerfG ha concesso alle questioni “europee”. L’inammissibilità delle questioni aventi direttamente oggetto la decisione del Consiglio direttivo della BCE era infatti macroscopica, essendo la Verfassungsbeschwerde uno strumento limitato a porre rimedio alla lesione di diritti fondamentali perpetrata da atti dei
(52) Ivi, § 88. [corsivi aggiunti] (53) Anche se la prognosi era tutt’altro che unanime, e secondo alcuni una ribellione del BVerfG alla sentenza della CGUE appariva una prospettiva sempre più probabile: in questi termini («an outright defiance by Germany’s highest court of the decision of the ECJ — with the consequential nullification of the act of the ECB in Germany — appears an increasingly likely prospect») F. FABBRINI, After the OMT Case: The Supremacy of EU Law as the Guarantee of the Equality of the Member States, in German Law Journal, 2015, vol. 16, 1005. (54) Sull’applicazione di regole assai restrittive nel filtro di ammissibilità dei ricorsi individuali e diretti nella giurisprudenza domestica del BVerfG vedi K. SCHLAICH, S. KORIOTH, Das Bundesverfassungsgericht. Stellung, Verfahren, Entscheidungen, München 2015, in particolare 138-139.
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poteri pubblici tedeschi (55). Vengono invece dichiarate ammissibili, ma infondate, le questioni aventi a oggetto l’asserito comportamento omissivo del Bundestag e del Governo federale tedesco che, nella ricostruzione introdotta dai ricorrenti, avrebbero dovuto attivarsi per impedire la violazione del GG. La motivazione della sentenza impegna un numero assai consistente di paragrafi nell’identificazione dei parametri della questione (56), in quella che è forse anche la parte della decisione più caratterizzata da un registro marcatamente dottrinale. Il BVerfG ricostruisce i rapporti tra diritto dell’UE e diritto interno senza risparmiarsi riguardo al profilo teorico e sistematico, a partire innanzitutto dal riconoscimento della primazia del diritto dell’UE, a cui — in principio — non si sottrae nemmeno il diritto costituzionale interno (57). Ciò vale però soltanto nei limiti del trasferimento di sovranità a cui consentono le leggi di autorizzazione alla ratifica dei Trattati e nei limiti di quanto previsto dal GG, ovvero e in sintesi, nei limiti in cui venga rispettato il programma di integrazione (Integrationsprogramme) e non siano lesi i principi che delineano l’identità costituzionale del GG, a cui l’Europa-artikel (art. 23 GG) richiama con l’espresso riferimento alla cd. clausola di eternità (art. 79.3 GG). Tra questi vi è il principio democratico, su cui il BVerfG si sofferma ampiamente anche in questa nuova pagina della sua giurisprudenza “europea”. Gli ingredienti della miscela sono sempre gli stessi: l’identità costituzionale del GG, identificata dall’art. 79.3 GG è fatta salva rispetto all’integrazione europea per espressa menzione dell’art. 23 GG. L’art. 79.3 GG richiama a sua volta l’art. 20 GG, che include il principio democratico tra i principi fondamentali dell’ordinamento tedesco e che il BVerfG legge in stretta connessione con la garanzia del diritto di voto di cui all’art. 38 GG. In base al nesso che lega la tutela del diritto di voto e la preservazione dell’identità costituzionale tedesca, il BVerfG trattiene a sé il compito di vigilare non solo rispetto al pericolo di una sostanziale erosione della “forza organizzativa” del Bundestag, ma anche rispetto a una manifesta e strutturale violazione delle competenze attribuite a enti, istituzioni e altri organi dell’UE. In questa decisione il BVerfG riconfigura con inusitata chiarezza il parametro determinato da quella complessa combinazione di disposizioni (55) Sulla motivazione dell’inammissibilità delle questioni avente direttamente a oggetto la decisione del Consiglio direttivo della BCE, vedi 2 BvR 2728/13, §§ 95-104 e 113. Si sofferma sul punto, collocandolo nel quadro più generale delle condizioni di ammissibilità di una sorta di specifica Integrationsverfassungsbeschwerde F. SAITTO, Il Bundesverfassungsgericht e l’Europa: istanze “controdemocratiche”, principio di responsabilità e difesa della democrazia rappresentativa alla luce del caso OMT, in Costituzionalismo.it 2016, 3, 46 ss. Per la stessa ragione nel 2011 era stato dichiarato inammissibile un ricorso avente oggetto il programma SMP, predecessore del programma OMT: cfr. BVerfG, 2 BvR 987/10, § 116. (56) 2 BvR 2728/13, §§ 115-173. (57) Ivi, § 118.
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costituzionali come un vero e proprio “diritto individuale alla democrazia” (58), che è ancorato alla tutela della dignità umana, ragione ultima del principio di democrazia (59). Parimenti inviolabile è il principio di sovranità popolare sancito dallo stesso art. 20 GG che in ultima istanza tutela il diritto all’autodeterminazione del cittadino, ovvero la sua pretesa ad essere sottoposto alla sola sovranità di quel potere pubblico che egli sia in grado di legittimare e di influenzare. È attraverso questa porta costituzionale che il BVerfG scrive un’altra pagina di quel suo “manifesto a puntate” ispirato alla tutela del parlamentarismo statale, nel cui quadro le sentenze Maastricht e Lissabon avevano scritto pagine importanti, e sulla cui traccia prosegue la sentenza Gauweiler/OMT, che in molti passaggi continua a ribadire la necessità per l’UE di appoggiarsi al circuito democratico nazionale e alla legittimazione fornita dalle infrastrutture costituzionali nazionali (60). I principi fondamentali individuati da questa combinazione di disposizioni, continua il BVerfG, sono protetti non soltanto intra moenia, essendo sottratti alla revisione costituzionale, ma anche extra moenia, e a presidio della loro difesa il BVerfG ha a disposizione due strumenti: il controllo di identità costituzionale e il controllo sugli atti ultra vires. Entrambi si fondano sull’art. 79.3 GG, che reca la cd. clausola di eternità, ma sono rimedi costituzionali autonomi e distinti (61). Quanto al primo, il Tribunale di Karlsruhe si preoccupa di qualificare il controllo di compatibilità con l’identità costituzionale espressamente come uno strumento compatibile con il principio di leale collaborazione sancito dai Trattati. Il BVerfG dice anzi qualcosa in più, laddove afferma che il controllo di compatibilità con l’identità costituzionale tedesca è allacciato al rispetto dell’identità costituzionale nazionale a cui l’UE è tenuta in virtù dell’art. 42 TEU (62). A conforto della compatibilità del controllo di identità costituzionale con i principi fondamentali dell’UE, il BVerfG porta l’esempio dei tanti simili (58) Ivi, §§ 122 ss. (59) Ivi, §§ 124-126. (60) Si vedano in questa direzione i §§ 131, 140, 142 e 144 e in particolare il passaggio in cui il BVerfG illustra una sorta di manifesto delle sue ben note posizioni in tema di democrazia parlamentare, laddove afferma che “per tutto ciò che non viene deciso direttamente dal popolo, gode di legittimazione democratica solo ciò che viene deciso a livello parlamentare”, ivi, § 131. (61) 2 BvR 2728/13, § 153. (62) Ivi, § 140. La diversificazione dei due standard di scrutinio, è stato tuttavia notato, è soggetta a una lettura sempre più convergente, in base alla quale il controllo ultra vires sta diventando una sotto-categoria del controllo di identità costituzionale. In questi termini, cfr M. PAYANDEH, The OMT Judgment of the German Federal Constitutional Court Repositioning the Court within the European Constitutional Architecture, in EUConst, 2017, vol. 13, 414. Ricostruisce il lungo percorso con cui la giurisprudenza del BVerfG ha distinito, pur riconoscendone la complementarietà, i due tipi di controllo, e problematizza l’ultima tappa qui in commento, F. SAITTO, Il Bundesverfassungsgericht e l’Europa: istanze “controdemocratiche”, principio di responsabilità e difesa della democrazia rappresentativa alla luce del caso OMT, cit., 54.
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strumenti di tutela dei controlimiti che sono stati configurati in altri Stati membri (63). Quanto al secondo, il controllo degli atti ultra vires, il BVerfG ne fornisce un inquadramento strutturale assai ampio nella sentenza Gauweiler/OMT, in sostanza chiarendo che è posto a presidio del programma di integrazione di cui alla legge di autorizzazione alla ratifica dei Trattati europei, e perciò in ultima istanza a presidio della responsabilità dell’integrazione. Come tale, però, è attivabile dal BVerfG soltanto nel caso in cui le istituzioni dell’UE eccedano le loro competenze in una misura sufficientemente qualificata. In questo modo il BVerfG pone il controllo ultra vires a presidio dello stesso principio dello Stato di diritto: questo sarebbe in fine il principio violato qualora le istituzioni dell’Unione eccedessero le competenze attribuite secondo quel programma di integrazione a cui il Parlamento tedesco ha conferito il suo assenso e trasmesso la sua legittimazione mediante la legge di autorizzazione alla ratifica dei Trattati. In questi passaggi della motivazione, l’individuazione dei parametri oscilla tra l’affermazione del presidio ultimo della fortezza democratica e il riconoscimento di una significativa deferenza rispetto all’azione delle istituzioni dell’UE. Laddove, infatti, si riconduce il controllo ultra vires a una tutela di quel “diritto individuale alla democrazia” che fa più volte capolino nella motivazione (64), se ne smorza l’impatto dirompente, chiarendo che l’attivazione è limitata a casi di atti che eccedano in modo qualificato le competenze attribuite. Tali casi sarebbero limitati alla violazione manifesta (65) di una norma sul riparto di competenze tra UE e Stati membri che sia di significato strutturale (66). L’ammorbidimento dell’esercizio concreto del controllo ultra vires è d’altronde in linea con quell’approccio europarechtsfreundlich e deferente che deve contraddistinguere, ad avviso del BVerfG, anche il controllo di identità costituzionale (67). Ciò implica, come già delineato a partire dalla sopra accennata sentenza Mangold/Honeywell, che il BVerfG si impegna a cedere il passo alla CGUE qualora sia astrattamente configurabile un caso in cui è necessaria l’attivazione del controllo ultra vires o del controllo di compatibilità con l’identità costituzionale del GG: in tali casi, e laddove ciò sia consentito, sarà dapprima necessario coinvolgere la CGUE con lo strumento
(63) L’elenco comprende i riferimenti alle teorie dei controlimiti delineate nell’ordinamento danese, estone, francese, irlandese, italiano, lettone, polacco, spagnolo, ceco e britannico (ivi, § 142). (64) In questo quadro, 2 BvR 2728/13, § 142. (65) Ivi, §§ 148-150. (66) Ivi, § 151. (67) In questo si fa riferimento sia al caso Mangold/Honeywell (BVerfGE 126, 286) al caso sul Trattato MES (BVerfGE 134, 2366) che alla recente sentenza sul caso R., con cui il BVerfG ha inteso negare l’esecuzione di un mandato di arresto europeo (2 BvR 2735/14, decisione del 15 dicembre 2015).
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del rinvio pregiudiziale, così da consentire all’ordinamento europeo di rimuovere con i suoi strumenti l’eventuale patologia (68). Il BVerfG chiarisce inoltre che, qualora un atto delle istituzioni sia nonostante tutto questo da considerarsi ultra vires, l’atto in questione non vincolerebbe nessun potere pubblico tedesco e sarebbe da considerarsi inapplicabile all’interno dell’ordinamento tedesco. Nessuno organo costituzionale, nessuno giudice e nessuno ufficio della Pubblica Amministrazione — chiarisce il BVerfG — potrebbe concorrere in alcun modo all’attuazione di atti ultra vires, ed anzi ogni operatore giuridico sarebbe obbligato, ove ne ricorrano i presupposti, a sottoporre tali atti allo scrutinio del Tribunale costituzionale federale (69). Sugli organi costituzionali, in particolare, pende l’ulteriore obbligo di attivarsi per contrastare qualunque atto ultra vires (nei termini sopra identificati) o comunque lesivo dell’identità costituzionale del GG (70). Ma vi è di più: il “diritto alla democrazia” di cui è titolare ogni singolo cittadino consente a tutti di pretendere dal Bundestag e dal Governo federale, vista la posizione di tali organi costituzionali nell’ordinamento, di attivarsi a salvaguardia del rispetto del programma di integrazione e contro il rischio di qualsivoglia lesione dell’identità costituzionale tedesca. Il BVerfG attribuisce al Parlamento e al Governo tedesco un vero e proprio obbligo di protezione, per il cui adempimento rimane tuttavia un ampio margine di libera decisione politica, in merito al quale il GG non traccia alcuna direzione. Rimane tuttavia l’obbligo di attivarsi, qualora ne ricorrano i presupposti (serio sconfinamento delle competenze attribuite o violazione dell’identità costituzionale), e in questo frangente il BVerfG si spinge a ipotizzare quali potrebbero essere gli strumenti che Bundestag e Governo potrebbero mettere in moto per adempiere al loro obbligo di protezione. Sul fronte del Governo, il BVerfG giunge fino rievocare il compromesso del Lussemburgo, ripescando da un armamentario che sembrava francamente già catalogabile come archeologia dell’integrazione europea (71), mentre per ciò che riguarda il Bundestag il BVerfG fa riferimento, oltre alla possibile attivazione del meccanismo di controllo del rispetto del principio di sussidiarietà (72), ai poteri del Parlamento rientranti nelle funzioni di con(68) 2 BvR 2728/13, § 156. (69) Ibidem. (70) Ivi, § 163. (71) Per una critica veemente del riferimento al compromesso del Lussemburgo, cfr. M. RUFFERT, Das OMT-Urteil des BVerfG: Europa-rechtlich überzeugend, verfassungs-prozess-rechtlich fragwürdig, in Verassungsblog.de (22 giugno 2016). Il riferimento è definito un «amarcord di un’Europa molto meno integrata» da F. SAITTO, Il Bundesverfassungsgericht e l’Europa: istanze “controdemocratiche”, principio di responsabilità e difesa della democrazia rappresentativa alla luce del caso OMT, cit., 66. (72) Il principio di sussidiarietà funge da criterio regolatore per l’esercizio delle competenze non esclusive dell’UE. Il principio di sussidiarietà esclude l’intervento
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trollo del Governo (a partire dal mero dibattito, ed eventualmente mediante interrogazioni e interpellanze) così come alla possibilità di adottare risoluzioni, o attivare altri strumenti per far valere la sua posizione nei confronti del Governo, mediante l’utilizzo dei poteri di inchiesta e fino alla richiesta di un voto di sfiducia. Delineati in questo ampio modo i parametri delle questioni, il BVerfG procede a dichiarare infondate le questioni che hanno superato il vaglio di ammissibilità. In sintesi, ad avviso del Tribunale di Karlsruhe il programma OMT e una sua possibile attuazione «alle condizioni formulate dalla CGUE nella sua decisione del 16 giugno 2015» (73) non comportano quello sconfinamento qualificato dall’ambito delle competenze delineate dagli artt. 119, 127 TFEU e dall’art. 17 dello Statuto della SEBC, né rappresentano una violazione del divieto di finanziamento monetario del bilancio degli Stati membri di cui all’art. 123 TFEU. Nell’economia della decisione del BVerfG sono le condizioni con cui la CGUE ha puntellato il programma OMT che ne garantiscono la compatibilità con il GG, e soltanto a patto che quelle condizioni siano rispettate la Bundesbank potrebbe partecipare all’eventuale attuazione di tale programma. Ove questo non fosse, continua il BVerfG, il Parlamento e il Governo federale sarebbero obbligati a intervenire. Da un lato, dunque, si scrive una pagina importante del “dialogo tra Corti”, ma dall’altro lato una lettura attenta delle motivazioni rileva quanto il dialogo in questione sia tutt’altro che privo di momenti di attrito. Il BVerfG da una parte sottolinea l’importanza delle limitazioni che la CGUE trae dal principio di proporzionalità (74), ma dall’altra parte facendo questo rassicura sostanzialmente se stessa: è proprio grazie al rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Karlsruhe che i margini di intervento della BCE sono stati ulteriormente puntellati con la sentenza della CGUE. La quale sentenza, peraltro, non è affatto esente da critiche esplicite e molto aspre nei confronti della pronuncia del Tribunale costituzionale federale tedesco. In particolare il BVerfG rivolge pesanti obiezioni su tre punti: la ricostruzione dei fatti di causa da parte della CGUE; la considerazione del principio delle competenze attribuite; e il modo in cui viene configurato il controllo giurisdizionale degli atti ella BCE in relazione alla definizione delle sue attribudell’Unione quando una questione può essere regolata in modo efficace dagli Stati membri a livello centrale, regionale o locale e legittima invece l’UE a esercitare i suoi poteri quando gli Stati membri non sono in grado di raggiungere gli obiettivi di un’azione prevista in misura soddisfacente e quando l’intervento a livello dell’Unione può apportare un valore aggiunto. I Trattati attribuiscono ai Parlamenti nazionali un ruolo di vigilanza sul rispetto del principio, con la possibilità di attivare un meccanismo di “allarme preventivo”. Sul tema, ex multis, cfr. M. CARTABIA, N. LUPO, A. SIMONCINI (a cura di), Democracy and subsidiarity in the EU National parliaments, regions and civil society in the decision-making process, Bologna 2013. (73) 2 BvR 2728/13, § 174. (74) Ivi, § 177.
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zioni. Quanto al primo punto, il BVerfG ritiene che la qualificazione della finalità primariamente monetaria del programma OMT sia stata accettata dalla CGUE supinamente, senza entrare nel merito delle argomentazioni che contestavano la natura monetaria di tale programma. Quanto al secondo punto, il BVerfG rimprovera alla Corte di aver ciecamente accettato l’affermazione dell’obiettivo del programma in questione, che sarebbe quello di assicurare la trasmissione della politica monetaria, nonché l’unicità della stessa, favorendo così una sorta di auto-comprensione (e auto-espansione) delle competenze attribuite a livello dell’UE, e in tal modo esaurendo la rilevanza del principio di attribuzione a livello del diritto dell’UE, quando invece tale principio è sostanzialmente lo specchio dei vari principi di apertura degli ordinamenti costituzionali nazionali, ed ha perciò una rilevanza che si spinge ben oltre il diritto dell’UE (75). Infine, la terza e forse più pesante critica rivolta dai giudici di Karlsruhe a quelli di Lussemburgo, è il fatto di aver lasciato senza risposta quel punto del rinvio pregiudiziale che chiedeva alla CGUE di valutare se l’indipendenza garantita alla BCE, conducendo a un significativo sacrificio in termini di legittimazione democratica delle sue azioni, non debba determinare un’interpretazione restrittiva dei suoi margini di intervento, e in particolare uno scrutinio giurisdizionale particolarmente rigoroso degli atti della BCE (76). In quello stesso passaggio, rimasto senza risposta, il BVerfG aveva ravvisato come questa preoccupazione fosse ancora più stringente laddove fossero coinvolti il principio democratico e il principio di sovranità popolare, nella misura in cui la compressione di tali principi non è indifferente alla tutela dell’identità costituzionale della Germania, che in virtù della clausola di cui all’art. 42 TUE, l’Unione stessa è tenuta a rispettare (77). Nonostante queste notevoli perplessità, il BVerfG ritiene che il pro(75) Ivi, § 177. (76) La standard di scrutinio utilizzato dalla CGUE era stato definito, anche da autori che ne avevano condiviso il taglio, un «sindacato debole»: in questi termini A. PISANESCHI, Legittimo secondo la Corte di Giustizia il piano di allentamento monetario (OMT) della BCE. Una decisione importante anche in relazione alla crisi greca, in Federalismi.it 2015, n. 13, 6. Sul punto degli effetti della saga OMT sulla legittimazione delle istituzioni coinvolte, è interessante la prospettiva chi ha notato che «nel momento in cui il giudice costituzionale tedesco si spinge fino al punto di sindacare l’attività anticrisi svolta dalla Banca centrale europea (e necessariamente, in qualche misura, anche la sua connessa indipendenza), esso rischia di provocare una conseguenza forse calcolata, ma di certo non voluta: quella dell’indebolimento proprio dell’organo sul quale — dal punto di vista dell’assetto istituzionale e, più di tutto, dell’indipendenza medesima — la Germania ha maggiormente puntato»: in questi termini M. BENVENUTI, Libertà senza liberazione, cit., 138. (77) Ivi, § 188. Le obiezioni mosse dal BVerfG alla CGUE sono state a loro volta oggetto di critica per «aver ignorato la questione del controllo parlamentare sulla BCE». Su questo punto, cfr. R. IBRIDO, Il controllo democratico della politica monetaria: equilibri costituzionali e integrazione europea dopo le sentenze OMT, in Federalismi 2017, 5, 5.
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gramma OMT, nell’interpretazione datane dalla CGUE, non rappresenti uno sconfinamento manifesto delle competenze attribuite dai Trattati, e non debba perciò finire sotto la scure del controllo ultra vires. Per poter approdare a tale conclusione, il BVerfG valorizza quei parametri che la CGUE ha specificato nella sua decisione sul rinvio pregiudiziale e che devono essere considerati vincolanti nell’eventuale attuazione del programma OMT stesso. Ad avviso del BVerfG, la decisione della CGUE ha fornito sufficienti garanzie circa la sottoposizione a un controllo giurisdizionale adeguato degli atti della BCE (78), insistendo altresì sull’obbligo di motivazione di tali atti. Ciò consente di garantire che l’impatto indiretto degli atti della BCE sulla politica economica possa essere sufficientemente monitorato e limitato, ammettendo soltanto quelle azioni che siano volte a garantire la stabilità dei prezzi e non anche la stabilità dell’Eurozona. Il BVerfG insiste sul significato centrale che ha la necessità di limitare il volume dei titoli di Stato che possono acquistarsi sulla base del programma OMT. In questo frangente trapela la soddisfazione dei giudici del BVerfG di vedere smentito dalla CGUE l’annuncio del Consiglio direttivo della BCE su questo specifico punto (79), laddove i giudici europei giungono in sostanza ad affermare che il volume di titoli acquistabili è immanentemente limitato dalla necessità di perseguire l’obiettivo di ripristinare la trasmissione della politica monetaria (80). Ciò conduce perciò a ritenere del tutto residuali i casi in cui i titoli di Stato acquistati sulla base di questo programma possono essere trattenuti dal SEBC fino a scadenza, poiché tale scelta sarebbe assai difficile da motivare sulla base dell’unica motivazione ammessa: la necessità di ristabilire una corretta trasmissione della politica monetaria. Quanto al secondo fronte principale sul quale verteva la materia del contendere, ovvero l’asserita violazione del divieto di finanziamento monetario dei bilanci degli Stati, si può riconoscere che il BVerfG e la CGUE intrattengono un “dialogo” assai meno turbolento di quello che si è riportato nelle precedenti righe. In buona sostanza il BVerfG aderisce alla prospettiva assunta dalla CGUE nella sua decisione del 16 giugno 2015. E non potrebbe essere diversamente, visto che quella posizione concedeva moltissimo alle preoccupazioni espresse dal Tribunale di Karlsruhe nel suo rinvio pregiudiziale. In estrema sintesi, il divieto di finanziamento monetario dei bilanci degli Stati membri — disposizione che il BVerfG eleva a regola fondamentale dell’Unione monetaria, da interpretarsi perciò rigorosamente (81) — implica non solo il divieto di atti che esplicitamente contravvengano a tale divieto, ma impedisce anche di adottare qualunque misura che sia volta ad eluderlo. (78) Ivi, § 194. (79) Il BVerfG pone particolare enfasi sul ruolo svolto dal rinvio nell’innescare la rilettura “limitante” del programma a opera della CGUE. Dubbi sulla fedeltà di questa ricostruzione rispetto a quanto avvenuto vengono espressi da L.F. PACE, The OMT case, the “intergovernmental drift” of the Eurozone crisis, cit. (80) Ivi, § 195. (81) Ivi, § 201.
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Onde evitare che acquisti di titoli del debito pubblico sul mercato secondario abbiano effetti equivalenti al finanziamento monetario dei bilanci dell’UE, la CGUE aveva stabilito alcune condizioni, che il BVerfG riprende in senso adesivo. Gli acquisti dei titoli di Stato non possono essere preventivamente annunciati; il volume complessivo dei titoli da acquistare deve essere preventivamente limitato; l’acquisto dei titoli deve avvenire dopo un lasso di tempo congruo rispetto alla loro emissione, in modo da impedire che l’acquisto sul mercato primario possa in sostanza avvenire ad opera di meri intermediari del SEBC; in base al programma possono essere acquistati soltanto titoli di Stati membri che hanno accesso al mercato; i titoli in questione devono essere conservati a scadenza soltanto in via del tutto eccezionale, quando tale scelta sia motivabile in base a ragioni di politica monetaria; venendo meno la giustificabilità in termini di politica monetaria, gli acquisti possono essere in qualunque momento limitati a sospesi. Soltanto a queste condizioni, dunque, la Bundesbank può partecipare all’attuazione del programma. Ove queste condizioni non fossero rispettate, ci si troverebbe di fronte a un caso di atto ultra vires sufficientemente qualificato (82). Per gli stessi motivi, alle condizioni attuali, non discende dalla posizione di “protezione” del programma di integrazione alcun obbligo né in capo al Bundestag, né in capo al Governo federale, di attivarsi: non ci si trova (ancora?) di fronte ad alcuna azione ultra vires. Ove ciò dovesse avvenire, precisa il BVerfG con la formulazione ipotetica che spesso contraddistingue la sua giurisprudenza “europea”, allora il Bundestag e il Governo federale dovrebbero attivarsi con i mezzi appropriati (83). Infine il BVerfG non ravvisa nemmeno il rischio che il Bundestag venga privato di quella libertà decisionale sul bilancio che almeno a partire dal Lissabon-Urteil caratterizza parte del nucleo essenziale dell’identità costituzionale del GG (84). Non almeno alle condizioni attuali, che il BVerfG si premura di ripetere in modo quasi ossessivo, sono quelle risultanti dall’interpretazione fornita dalla CGUE del programma OMT (85). Comunque sia e anche su questo fronte, rimane sempre in capo al Bundestag e al Governo federale l’obbligo di vigilare sul rispetto delle condizioni precisate dalla sentenza della CGUE nell’eventuale (anche se oramai del tutto inverosimile) futura attuazione del programma OMT. Con questo ammonimento (86), che ricorda in tutto e per tutto la costruzione ipotetica della celeberrima impostazione Solange, il BVerfG chiude questa lunga vicenda processuale, facendo dunque intendere che laddove se ne ravvisassero i presupposti le porte del Tribunale di Karlsruhe sono sempre aperte. (82) Ivi, § 207. (83) In questo passaggio il BVerfG rinvia al § 171, ove si erano paventate le misure che Bundestag e Governo potrebbero adottare, fino a fare menzione al compromesso del Lussemburgo cfr. § 209. (84) Ivi, § 210-219. (85) Ivi, § 218. (86) Ivi, § 220.
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9. La tempesta perfetta? Con la decisione del BVerfG di promuovere il rinvio pregiudiziale, sembrava annunciarsi la tempesta perfetta: la Corte costituzionale nazionale probabilmente più influente dentro e fuori dall’ordinamento costituzionale di riferimento, in un momento in cui l’uscita dall’eurocrisi era tutt’altro che completata, poneva sull’ordinamento dell’UE una spada di Damocle che pendeva sul cuore degli strumenti non convenzionali che erano stati posti in essere dalla BCE per far fronte all’eccezionalità della crisi. Per fare ciò il BVerfG rispolverava due strumenti che nel corso della sua precedente giurisprudenza europea aveva man mano affinato: il controllo degli atti ultra vires e l’identitätskontrolle. L’obiettivo del primo, i cui contorni venivano delineati già a partire dal Maastricht-Urteil del 1993 (87), era quello di sindacare gli atti dell’Unione che fossero stati adottati al di fuori della competenza attribuite. Si trattava di uno strumento posto a presidio del principio di attribuzione, ma operante entro i confini della giurisdizione costituzionale tedesca: gli atti che il BVerfG avrebbe accertato essere ultra vires non sarebbero ovviamente stati né invalidi né inefficaci nell’ordinamento dell’Unione, ma non avrebbero vincolato nessun potere pubblico della Repubblica federale di Germania. L’identätskontrolle era stato invece teoricamente delineato dal Lissabon-Urteil del 2009 (88), ed era volto a (87) BVerfG, BVerfGE 89, 155. Su questa storica sentenza, cfr ex multis C. TOMUSCHAT, Die Europäische Union unter der Aufsicht des Bundesverfassungsgerichts, in EuGRZ 1993, 489 ss.; B.-O. BRYDE, Das Maastricht-Urteil des Bundesverfassungsgerichts – Konsequenzen für die weitere Entwicklung der europäischen Integration, Tübingen 1993; N. MACCORMICK, The Maastricht-Urteil: Sovereignty Now, in European Law Journal, 1995, vol. 1, No. 3, 259-266. Nella letteratura italiana cfr A. ANZON, J. LUTHER, Il trattato di Maastricht e l’ordinamento tedesco nella sentenza 12 ottobre 1993 del Tribunale costituzionale federale, in questa Rivista 1994, 688 ss., M. CARTABIA, Il pluralismo istituzionale come forma della democrazia sovranazionale, in Pol. del dir., 1994, 2, 203-227 e G.U. RESCIGNO, Il Tribunale costituzionale federale tedesco e i nodi costituzionali del processo di unificazione europea, in questa Rivista 1994, 3115-3124. (88) BVerfG 2 BvR 2/2008. La letteratura su questa sentenza è ormai sterminata. Per limitarsi ad alcuni riferimenti in tedesco, inglese e italiano: C. SCHÖNBERGER, Die Europäische Union zwischen “Demokratiedefizit” und Bundesstaatsverbot, Anmerkungen zum Lissabon-Urteil des Bundesverfassungsgerichts, in Der Staat, 2009, 535558; M. NETTESHEIM, Ein Individualrecht auf Staatlichkeit? Die Lissabon-Entscheidung des BVerfG, in NJW, 2009, 2867 ss.; D. GRIMM, Defending Sovereign Statehood against Transforming the Union into a State, in European Constitutional Law Review, 2009, n. 5, 353-373; J. ZILLER, The German Constitutional Court’s friendliness towards European law: on the judgment of Bundesverfassungsgericht over the ratification of the Treaty of Lisbon, in European Public Law, 2009, vol. 16, n. 1, 53-73; C. PINELLI, Forzature e silenzi del Tribunale costituzionale tedesco sul Trattato di Lisbona, in questa Rivista, 2009, 5153 ss.; A. ANZON DEMMIG, Principio democratico e controllo di costituzionalità sull’integrazione europea nella “sentenza Lissabon” del Tribunale costituzionale federale tedesco, in questa Rivista, 2009; J. ZILLER, Solange III, ovvero la Europafreundlichkeit del Bundesverfassungsgericht. A proposito della sentenza della Corte federale Tedesca
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tutelare il nucleo intangibile dell’ordinamento costituzionale tedesco contro le minacce che potessero derivare dal processo di integrazione europea. A prima vista, dunque, il rinvio pregiudiziale sembrava dispiegare l’artiglieria pesante e preconizzare una navigazione durissima in una tempesta mai vista prima, a cui peraltro si aggiungeva il clima di contesto, non certo caratterizzato dall’entusiasmo attorno al progetto di integrazione europea. A ben vedere, tuttavia, questa poteva già allora ritenersi una lettura soltanto parziale di quanto stava avvenendo. È senz’altro vero che l’inedita decisione del BVerfG di promuovere un rinvio pregiudiziale, e la decisione di farlo sul delicato terreno del controllo ultra vires e dell’identitätskontrolle, erano elementi degni di nota e rivelatori di uno sviluppo non ordinario di quella giurisprudenza “europea” del BVerfG che ha già scritto capitoli importanti della storia dell’integrazione europea. Ed è anche vero che il “tono” del rinvio pregiudiziale annunciava nubi tutt’altro che rassicuranti all’orizzonte. Eppure vi erano alcuni altri elementi che già allora consentivano una lettura meno drammatica di quello sviluppo: la decisione stessa di promuovere il rinvio pregiudiziale poteva infatti considerarsi uno sforzo non scontato di adeguarsi a quel principio di leale collaborazione che governa i rapporti tra Unione e Stati membri (art. 43 TUE) (89). Il BVerfG avrebbe infatti potuto semplicemente dichiarare l’atto ultra vires e/o lesivo dell’identità costituzionale tedesca. Lo sforzo faceva in realtà seguito a quegli impegni che lo stesso BVerfG aveva posto a se stesso con la giurisprudenza Mangold/Honeywell (90). In quel frangente, il BVerfG aveva chiarito che il controllo ultra vires andava esercitato in maniera conforme a quel principio di Europarechtsfreundlichkeit che, nel concreto, esigeva che prima di dichiarare un atto dell’Unione ultra vires, il BVerfG avrebbe dovuto fornire alla CGUE l’occasione di intervenire per porre eventualmente essa stessa rimedio. Il rinvio pregiudiziale promosso con la sentenza del 14 gennaio 2014 sembrava tutto sommato rientrare in questo schema: il BVerfG, prima di dichiarare esso stesso che le contestate misure della BCE erano ultra vires e in quanto tali non avrebbero vincolato i poteri pubblici tedeschi, forniva alla CGUE l’occasione per valutare essa stessa se gli atti in questione non fossero in linea con le competenze attribuite dai Trattati. Il registro tutt’altro che accomodante della sentenza che ha promosso il rinvio, e la stessa allusione all’identitätskontrolle come arma di riserva da azionare qualora la Corte di giustizia si fosse espressa in modo difforme al quadro prospettato dal rinvio, potevano forse già allora essere considerati elementi da rubricare nella sulla ratifica del Trattato di Lisbona, in Riv. dir. pubbl. com., 2009, 973-995 e, volendo, P. FARAGUNA, Limiti e controlimiti nel Lissabon-Urteil del Bundesverfassungsgericht: un peso, due misure?, in Quad. cost., 2010, 75-100. (89) Sottolinea la dimensione collaborativa del rinvio in sé G. RIVOSECCHI, Il Trattato sul Mes e il Fiscal Compact al vaglio del Tribunale Costituzionale Federale e della Corte di giustizia cit., 484. (90) BVerfG, 2 BvR 2661/06, 6 luglio 2010.
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categoria delle deformazioni stilistiche che hanno reso molto nota la giurisprudenza europea del BVerfG e che ne hanno valso l’efficace sintesi del «can che abbaia, ma non morde» (91) Andando oltre al dato meramente stilistico, infatti, almeno altri due indizi potevano già allora suggerire che i mari da navigare non erano poi così tempestosi come una prima lettura avrebbe potuto suggerire. Il primo indizio è di natura processuale: il BVerfG si era infatti astenuto, nel promuovere il rinvio, dal chiedere di fare ricorso al procedimento pregiudiziale accelerato che è contemplato in via eccezionale dal Regolamento di Procedura della Corte di giustizia (92) e che in casi che, quanto a importanza e significato, erano del tutto paragonabili aveva permesso di giungere a una pronuncia della Corte in pochi mesi (93). Il BVerfG non sembrava aver fretta che la questione venisse decisa dalla CGUE, e allo stesso modo non ha avuto fretta di decidere la sua questione una volta giunta la decisione da Lussemburgo. Tra il momento in cui il BVerfG decideva di separare la questione OMT dal procedimento principale sul Trattato MES e la decisione “finale” dello stesso giudice tedesco trascorrono più di tre anni, nel corso dei quali gli effetti dell’annuncio del programma si sono ben che prodotti, senza che vi sia stata necessità di procedere agli acquisti, posto che la sola disponibilità della BCE ad attivarsi pare aver conseguito l’effetto desiderato. Il secondo indizio ha a che fare con il merito del rinvio: per quanto “minaccioso” fosse il tono del rinvio, al suo interno vi era già contenuta una clausola di raffreddamento, nella misura in (91) C. SCHMID, All Bark and No Bite: Notes on the Federal Constitutional Court’s ‘Banana’ Decision, in European Law Journal, 2001, 95 ss. e J.H.H. WEILER, The “Lisbon Urteil” and the Fast Food Culture, in European Journal of International Law, 2009, 505. (92) Ai sensi dell’art. 105 del Regolamento, «Su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in deroga alle disposizioni del presente regolamento»: così art. 105, comma 1, Regolamento di procedura della Corte di giustizia, del 25 settembre 2012 (G.U. L 265 del 29 settembre 2012), come modificato il 18 giugno 2013 (GU L 173 del 26 giugno 2013, 65) e il 19 luglio 2016 (GU L 217 del 12 agosto 2016, 69). (93) Vedi Corte giust. UE, 27 novembre 2012, Pringle c. Irlanda, in causa C-370/12, e, per tutti, il commento di N. LUPO, La sentenza nella causa C-370/12, Pringle. La Corte di giustizia si pronuncia a favore della validità della modifica all’art. 136 TFUE e della compatibilità con il diritto dell’Unione del Trattato che istituisce un meccanismo europeo di stabilità, in Osservatoriosullefonti.it. Sulla mancata domanda di accedere al procedimento accelerato cfr. F.C. MAYER, Rebel Without a Causa? A Critical Analysis of the German Constitutional Court’s OMT Reference, in German Law Journal, 2014, vol. 15, n. 2, 121. Diversamente, la recente ordinanza della Corte costituzionale italiana sulla questione Taricco ha chiesto che il rinvio sia deciso con procedura accelerata: Cfr. Corte cost., ord. 26 gennaio 2017, n. 24, punto 10. Sulla complessa vicenda da cui è originata l’ordinanza di rinvio pregiudiziale, cfr., ex multis, l’articolo di C. CUPELLI, Il caso Taricco e il controlimite della riserva di legge in materia penale, in questa Rivista 2016, 419 ss.
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cui il BVerfG ammetteva già la possibilità di dare una soluzione alla questione con gli strumenti dell’interpretazione, senza necessariamente dichiarare l’oggetto del contendere al di fuori dalle competenze attribuite all’Unione (94). In buona sostanza il BVerfG aveva fin da subito fatto capire che non c’era poi così tanta fretta di definire la questione, e che tutto sommato la questione poteva essere risolta anche senza ricorrere all’artiglieria pesante, ma limitandosi alla “microchirurgia” interpretativa. 10. A chi spetta l’ultima parola? Trionfo o tramonto del pluralismo costituzionale? Posti di fronte a questo quadro, ci si potrebbe chiedere qual è la ragione di tanta attenzione dedicata a una decisione resa quasi quattro anni dopo l’annuncio delle misure non convenzionali contestate, avente a oggetto misure che non sono mai state effettivamente implementate e verosimilmente mai lo saranno, e nella quale la formula interpretativa per disinnescare il conflitto era già presente nella motivazione dello stesso rinvio pregiudiziale. La saga giurisdizionale Gauweiler/OMT, a ben vedere, non è importante soltanto per il singolo contenzioso che definisce, ma perché per la prima volta porta davanti alla Corte di giustizia in modo cristallino ed esplicito il problema dell’individuazione dell’istanza giurisprudenziale suprema nella Costituzione composita europea. Se infatti già da molto le Corti costituzionali nazionali hanno riconosciuto la primazia del diritto dell’Unione sul diritto nazionale in tutti i campi ove gli Stati membri hanno conferito competenza all’Unione, e perciò hanno riconosciuto che in queste materie la CGUE è l’autorità giurisdizionale suprema, il problema rimane irrisolto per ciò che concerne il controllo del rispetto del principio delle competenze attribuite nonché gli eventuali conflitti tra diritto dell’Unione e principi delle Costituzioni nazionali che ne formano l’identità costituzionale. Nel caso sia necessario accertare se un atto dell’Unione ha esorbitato le competenze attribuite dai Trattati, o se abbia violato un principio costituzionale supremo di un ordinamento nazionale, non è chiaro se l’autorità
(94) Già nel rinvio pregiudiziale, infatti, il BVerfG offriva gli strumenti di una ricomposizione interpretativa, laddove affermava che nella sua prospettiva la decisione OMT sarebbe esente da ogni censura se, alla luce degli artt. 119 e 127 ss. del TFUE e degli artt. 17 ss. dello Statuto del SEBC, la decisione venisse interpretata o limitata nella sua validità in modo tale da evitare di mettere a rischio la condizionalità che programmi di assistenza del Fondo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria e del Meccanismo Europeo di Stabilità e in modo tale da attribuirle natura di mero supporto delle politiche economiche nell’Unione. Ad avviso del BVerfG ciò richiedeva che, alla luce dell’art. 123 TFUE, che si dovesse escludere la possibilità di qualunque taglio del debito, che i titoli di Stato oggetto degli acquisti non siano acquisiti in volumi illimitati, e che qualunque interferenza con la formazione dei prezzi venisse evitata per quanto possibile. Vedi BVerfG, 2 BvR 2728/13 del 14 gennaio 2014, § 100.
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suprema debba considerarsi la CGUE o le autorità giurisdizionali supreme all’interno degli ordinamenti costituzionali degli Stati membri. Da una parte, la Corte di giustizia ha costruito nella sua giurisprudenza le condizioni per affermare, dalla sua prospettiva, che è ad essa che spetta la competenza sulla competenza, dapprima affermando il principio della primazia del diritto dell’Unione su diritto nazionale (95), e successivamente precisando che la primazia va intesa anche con riferimento al diritto costituzionale nazionale (96), e infine rivendicando espressamente la competenza esclusiva a sindacare la validità degli atti delle istituzioni dell’Unione (97). Dall’altra parte, non solo il BVerfG, ma un numero sempre crescente di Corti costituzionali nazionali hanno affermato l’esistenza di controlimiti costituzionali nazionali al diritto dell’Unione, stabilendo varie eccezioni al principio della primazia a tutela dell’identità costituzionale degli ordinamenti nazionali. Le due prospettive sono apparentemente inconciliabili, e questo rompicapo ha impegnato a lungo la dottrina giuspubblicistica europea, ma non necessariamente è stato considerato un problema da risolvere. In quell’impostazione teorica nota come “pluralismo costituzionale”, l’impossibilità di risolvere il dilemma dell’autorità ultima è stato considerato un esito auspicabile (98). Secondo questa impostazione il problema della competenza sulla competenza deve preferibilmente rimanere irrisolto, e andrebbe perciò re-
(95) Corte giust. UE,15 luglio 1964, Costa c. Enel, in causa 6/64. (96) Corte giust. UE, 17 dicembre 1970, Internationale Handelgesellschaft mbH c. Infer- un Vorratstelle für Getreide und Futtermittel, in causa 11/70. (97) Corte giust. UE, 22 ottobre 1987, Foto Frost c. Hauptzollamt Lübeck-Ost, in causa 314/85. (98) La letteratura ascrivibile al pluralismo costituzionale è ormai molto vasta, e qui si rinvia a N. MAC CORMICK, The Maastricht Urteil: Sovereignty Now, in European Law Journal, 1995, 259-266; N. WALKER, The Idea of Constitutional Pluralism, in Modern Law Review, 2002, 317-59; I. PERNICE, Multilevel Constitutionalism and the Treaty of Amsterdam: European Constitution Making Revisited, in CMLR, 1999, 703-750; M. POIARES MADURO, Contrapunctual Law: Europe’s Constitutional Pluralism in Action, in N. WALKER, Sovereignty in Transition, Oxford 2003, 502 ss.; M. KUMM, The Cosmopolitan Turn in Constitutionalism: On the Relationship between Constitutionalism in and beyond the State, in J.L. DUNOFF, J.P. TRATCHMAN (a cura di), Ruling the World? Constitutionalism, International Law and Global Governance, Cambridge 2009, 258-324; ID., Who is the Final Arbiter of the Constitutionality in Europe? Three Conceptions of the Relationship between the German Federal Constitutional Court and the European Court of Justice, in CMLR, 1999, 351-386; ID., The Jurisprudence of Constitutional Conflict: Constitutional Supremacy in Europe before and after the Constitutional Treaty, in European Law Journal, 2005, 262-307: N. KRISCH, Beoynd Constitutionalism: The Pluralist Structure of Postnational Law, Oxford 2010. Per una ricostruzione molto ampia e approfondita del dibattito e delle versioni del pluralismo costituzionale: K. JAKLIC, Constitutional Pluralism in the EU, Oxford 2014 e M. AVBELJ, J. KOMAREK (a cura di), Constitutional Pluralism in the European Union and Beyond, Cambridge 2012.
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spinta tanto l’impostazione della Corte di giustizia (99), quanto quella delle Corti costituzionali nazionali nella misura in cui pretendono di risolvere il dilemma affermando la superiorità tout-court di un ordinamento sull’altro (100). Nelle sue molte varianti, il pluralismo costituzionale respinge soluzioni gerarchiche ai conflitti ultimi tra diritto dell’Unione e diritto nazionale, avanzando sul piano normativo una nuova sistemazione dei rapporti orientata al nuovo concetto di “eterarchia”. Ogni ordinamento costituzionale dovrebbe riconoscere la legittimità degli altri ordinamenti nella loro sfera, e nel contempo nessun ordinamento potrebbe affermare né riconoscere la propria superiorità costituzionale rispetto ad altri ordinamenti (101). Il fascino normativo del pluralismo costituzionale nel mondo del “law in the books” è tuttavia spesso sospettato di una insostenibilità nel mondo del “law in action”, e in concreto il caso Gauweiler/OMT sembrava il banco di prova ideale per smascherare la fallacia insista nell’ossimorico (102) modello del pluralismo costituzionale nell’Unione europea: quando il conflitto sorge tra autorità giurisdizionali che si ritengono entrambe supreme, a chi spetta l’ultima parola? Dopo la pronuncia della CGUE vi è stato chi ha sostenuto che Gauweiler/OMT rappresentasse la dimostrazione dell’insostenibilità pratica del pluralismo costituzionale (103). Secondo altri (104), il caso Gauweiler/OMT era una buona occasione per affermare una volta per tutte la primazia del diritto dell’Unione a tutela del principio di eguaglianza tra Stati membri, principio che ha tenore fondativo della Costituzione europea e che è chiaramente posto nell’interesse degli Stati membri. Sia che la prospettiva assuma un taglio descrittivo — riconoscendo il tramonto di qualunque possibilità di un approccio informato al pluralismo costituzionale — o prescrittivo — affermando l’indesiderabilità di un tale approccio, a cui andrebbe preferita l’affermazione della primazia incondizionata dell’Unione — la fine della saga Gauweiler/OMT sembra puntare in altra direzione. E ciò proprio perché si tratta di una non-fine della saga: il BVerfG si è infatti astenuto dal rivendicare sul campo il diritto a pronunciare la “sua” ultima parola sul conflitto in questione, ma soltanto nella (99) M. KUMM, The Jurisprudence of Constitutional Conflict: Constitutional Supremacy in Europe before and after the Constitutional Treaty, in European Law Journal, 2005, 262. (100) N. MAC CORMICK, The Maastricht Urteil: Sovereignty Now, cit., 265. (101) N. MAC CORMICK, Questioning Sovereignty: Law, State and Nation in the European Commonwealth, Oxford-New York 1999, 102-104. (102) M. LOUGHLIN, Constitutional pluralism: An oxymoron?, in Global Constitutionalism, 2014, vol. 3, 9-30. (103) D. KELEMEN, On the Unsustainability of Constitutional Pluralism. European Supremacy and the Survival of the Eurozone, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2016, Vol. 23, n. 1, 136-150. (104) F. FABBRINI, After the OMT Case: The Supremacy of EU Law as the Guarantee of the Equality of the Member States, in German Law Journal, 2015, vol. 16, 1003-1024.
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misura in cui da una parte questo risultato si fondava sull’accoglimento delle sue ragioni da parte della CGUE, o quantomeno sull’asserito accoglimento di parte di quelle, e dall’altra parte il ruolo di guardiano veniva rinviato all’eventuale fase di implementazione delle misure contestate (o di altre misure che fossero a quelle comparabili). L’ultima parola, si potrebbe dire, è quella che non viene detta, e ancora una volta la giurisprudenza costituzionale del BVerfG dimostra come quelli che il lessico costituzionale italiano chiama “controlimiti”, valorizzandone con ciò la dimensione deontica di divieti, siano in realtà principi dotati di una significativa capacità normogenetica. Piuttosto che svelare la fallacia delle ricostruzioni improntate al pluralismo costituzionale, la saga Gauweiler/OMT sembra svelare la fallacia della ricerca di un’autorità — giurisdizionale o non — che in un ordinamento costituzionale che regola la convivenza di società pluraliste abbia diritto all’ultima parola (105). Ciò è vero già nell’orizzonte delle Costituzioni nazionali, ove il testo delle Costituzioni non fornisce una sola risposta giusta a tutti i conflitti e dove, al contrario, tesi e antitesi costituzionali sono ospitate nel medesimo documento e sono destinate a una continua operazione di bilanciamento che coinvolge tutti gli attori costituzionali, in un equilibrio nel quale nessuno di questi ha il diritto all’ultima parola. Anche laddove si risalga fino ai principi fondamentali dell’ordinamento, questi sono sempre declinati nella forma plurale (non vi è costituzione pluralista ove viga un unico superiore principio supremo, ma vi sono sempre principi supremi declinati al plurale), e le Corti costituzionali per quanto possano avere un ruolo particolarmente autorevole di individuazione di quei principi, non hanno mai diritto all’ultima parola, se non altro per via della indisponibilità di ogni mezzo, per le Corti costituzionali, di andare oltre alle pronuncia delle sentenze, dovendo affidarsi all’azione di altri attori costituzionali per l’esecuzione delle sue pronunce (106). E ciò è vero a maggior ragione in un ordinamento costituzionale composito com’è quello dell’Unione europea,
(105) In questo senso G. DAVIES , Constitutional Disagreement in Europe and the Search for Pluralism, in M. AVBELJ, J. KOMÁREK (a cura di), Constitutional Pluralism in the European Union and Beyond, London 2012, 269 ss. (106) La strutturale limitazione del ruolo delle Corti costituzionali alla pronuncia del diritto è emersa in modo particolarmente drammatico nel contesto della crisi costituzionale emersa in Polonia tra il 2015 e il 2016, e in particolare nel braccio di ferro tra la maggioranza parlamentare e la Corte costituzionale, in un’escalation giunta fino all’impedimento da parte del Governo della pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale sulla gazzetta ufficiale. Per una ricostruzione di questa vicenda, cfr. A. RADWAN Chess-Boxing Around the Rule of Law - Polish Constitutionalism at Trial, Allerhand Working Paper 13, 2016, reperibile a https://ssrn.com/ abstract=2724655 (in particolare 11 ss.). Sulla natura e le limitazioni del ruolo “ultimo” della Corte costituzionale e cosa ciò significhi nel contesto dell’ordinamento italiano, cfr. R. BIN, L’ultima fortezza, Milano 1996.
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ove la questione dell’ultima parola è lasciata a quell’ambiguità (107) di cui il diritto costituzionale a volte necessita per svolgere la sua funzione, in particolare nelle situazioni-limite che riecheggiano il caso di emergenza di schmittiana memoria (108). PIETRO FARAGUNA
(107) È significativo il fatto che lo stesso principio della primazia sia più che disposto, nascosto dai Trattati, ove trova posto soltanto in una dichiarazione annessa al TUE e al TFUE con una formulazione tutt’altro che perentoria, secondo la quale «per giurisprudenza costante della Corte di giustizia dell’Unione europea, i trattati e il diritto adottato dall’Unione sulla base dei trattati prevalgono sul diritto degli Stati membri alle condizioni stabilite dalla summenzionata giurisprudenza». Alla dichiarazione è allegato altresì un parere del Servizio giuridico del Consiglio del 22 giugno 2007, la cui formulazione, altrettanto ermeticamente, afferma che «dalla giurisprudenza della Corte di giustizia si evince che la preminenza del diritto comunitario è un principio fondamentale del diritto comunitario stesso. Secondo la Corte, tale principio è insito nella natura specifica della Comunità europea. All’epoca della prima sentenza di questa giurisprudenza consolidata (Costa contro ENEL, 15 luglio 1964, causa 6/64 [1]) non esisteva alcuna menzione di preminenza nel trattato. La situazione è a tutt’oggi immutata. Il fatto che il principio della preminenza non sarà incluso nel futuro trattato non altera in alcun modo l’esistenza del principio stesso e la giurisprudenza esistente della Corte di giustizia» (108) Se la controversia intorno al programma OMT possa considerarsi secondo i paradigmi del caso di emergenza è oggetto di analisi in L. BUFFONI, La politica della moneta e il soggetto della sovranità: il caso ‘decisivo’, in Rivista AIC 2016, n. 2.