Corso di TECNICA DELLE COSTRUZIONI POLITECNICO DI TORINO II Facolt Facoltàà d’Inge d’Ingegne gneria ria (Vercelli) Docente: Rosario Ceravolo
Dip. Ingegneria strutturale e geotecnica
PARTE 3: STRUTTURE IN ACCIAIO
COMPOSIZIONE STRUTTURALE La struttura in acciaio deriva dall’assemblaggio di elementi monodimensionali, i profilati, e/o bidimensionali, le lamiere, prodotti in officina. Acciaieria
Carpenteria
Cantiere
Incastro
Cerniera
S o lu z io n e e c o n o m ic a
S o l u z io n e c o s t o s a
La tendenza a semplificare semplificare le giunzioni giunzioni può portare a labilità del complesso: complesso:
I n tr t r o d u z i o n e d i u l te t e r io i o r i e le le m e n t i
Nonostante il materiale presenti un legame simmetrico sia a trazione, che compressione, i problemi di stabilità locale e di insieme possono rendere non simmetrica la risposta degli elementi strutturali (aste compresse, travi inflesse, pannelli e anima delle travi, zone compresse delle sezioni). N
N
δ
N
asta teorica asta industriale indefinitamente elastica
Ncr Nc
asta induastriale elasto-ploastica
NE Fc
δ
L’asta soggetta a carico assiale presenta risposta non simmetrica: elasto-plastica, a trazione; non lineare ed in funzione di λ e delle imperfezioni, a compressione.
N f yA
Trazione
λ
Compressione
δ
La necessità di controllare accuratamente la presenza di eventuali labilità e di valutare correttamente le risposte dei differenti elementi strutturali nei riguardi dell’instabilità richiede di concepire la struttura nello spazio a tre dimensioni. Le strutture in acciaio presentano elevata deformabilità in presenza delle azioni di esercizio a causa degli elevati livelli tensionali raggiungibili e del modesto contributo del peso proprio. La verifica a deformazione può diventare determinante nel dimensionamento, più che quella di resistenza. Limitazioni di freccia dell’ordine di 1/500 l risultano più condizionanti dei limiti tensionali.
Edifici multipiano I carichi verticali vengono raccolti dagli impalcati a struttura mista, trasferiti alle travi principali e da queste alle colonne, fino alla fondazione. L’impalcato può essere realizzato con: •
•
• •
Pannelli in C.A. o misti con laterizio gettati in opera (soluzione a, b); Pannelli in C.A. o misti con laterizio prefabbricati (soluzione c, d ); Lamiere grecate riempite con materiale inerte (soluzione e); Lamiere grecate riempite con calcestruzzo collaborante (soluzione f ).
Le azioni orizzontali vengono riportate dagli elementi di facciata, i tamponamenti, i solai, e da questi alle colonne che li devono trasferire in fondazione. I solai quindi devono operare come lastre oltre che come piastre. Gli elementi verticali in generale sono impegnati a sforzo normale e flessione. Combinando le diverse membrature si evince che la struttura è un complesso di elementi idonei a sopportare tutte le caratteristiche di sollecitazione (M,N,T). In particolare, ciò vale anche per le giunzioni che dovranno essere in grado di trasmettere tutte le componenti della sollecitazione. Nelle figure sottostanti sono riportati alcuni tipi di nodi strutturali: • •
Nodo “a” e ”c” bullonato, e saldato, in grado di trasferire completamente il momento flettente; Nodo “b” e “d ” in grado di trasferire solo parzialmente il momento flettente, attraverso la sola anima.
I nodi saldati in opera sono molto onerosi (talora non consentiti), quindi sono preferibili quelli imbullonati. I nodi sono chiamati a trasmettere solo sforzi normali e tagli (cerniere), le colonne sono solo soggette a forze assiali (bielle). Le strutture di controventatura possono essere realizzate in calcestruzzo armato, come i vani scala, o in acciaio, come ad esempio i diagonali posti tra travi e colonne.
Esaminando nel complesso spaziale la risposta dell’edificio deve risultare che: • Ogni impalcato deve operare come lastra vincolata ai controventi verticali; • I controventi devono garantire almeno tre condizioni di vincolo ad ogni piano; • L’impalcato deve essere dimensionato anche per le azioni orizzontali provenienti dal comportamento di insieme dell’edificio. Ogni elemento di controvento verticale fornisce le condizioni di vincolo che corrispondono al movimento che è in grado di controllare: •
Parete in C.A. o reticolare
vincolo di appoggio semplice;
•
Incrocio di pareti in C.A. o reticolare
vincolo di cerniera;
•
Nucleo scale o ascensore
vincolo di incastro.
Nel caso successivo si sono usati esclusivamente controventi in acciaio sia in direzione verticale che orizzontale. In presenza di q distribuita risulta:
R1
= R2 =
ql
2
R3
=0
In presenza dei carichi agenti sulla facciata trasversale risulta invece:
R1
= − R2 =
F 1 ⋅ 2a + F 2 ⋅ a L
R3
= F 1 + F 2 + F 3
Edifici monopiano In genere edificio industriale, a maglia rettangolare, con eventuali vie di corsa per carri-ponte. I carichi verticali sono trasferiti alle travi principali tramite la struttura di copertura e gli arcarecci, oppure tramite le travi secondarie e gli arcarecci. Pertanto gli arcarecci sono inflessi e per lo più si comportano come travi continue su 2/3 della luce. Le travi principali hanno il corrente superiore compresso, cioè i carichi nei nodi, o pressoinflesso, con i carichi tra i nodi, e trasmettono il loro carico direttamente alle colonne oppure ad una trave di bordo.
E’ agevole definire la lunghezza libera di inflessione: • •
Nel piano della capriata lc,v è pari alla distanza tra i nodi; Nel piano orizzontale il corrente superiore può sbandare tra le colonne (l0 = lc,H ), sia nelle travi principali, che in quelle secondarie;
Occorre quindi introdurre dei controventi di falda idonei a stabilizzare i correnti superiori. • Nella figura a è presente il controvento che stabilizza il corrente superiore delle travi principali ad appoggio diretto sulle colonne: in tal caso l0 = lc (distanza tra i nodi del controvento); • Nella figura b è presente anche il controvento longitudinale, necessario a stabilizzare il corrente superiore della trave secondaria e quindi a tener fissa la principale appoggiata in falso. Le azioni orizzontali della copertura vengono poi trasferite a terra impegnando le colonne in uno schema a telaio con le travi, o facendole operare come mensole, oppure introducendo dei controventi di parete longitudinali e/o trasversali, riducendo le colonne a semplici bielle.
Schematizzazioni di calcolo La complessità complessità dei collegamenti collegamenti costringe costringe spesso spesso all’introduzione all’introduzione di semplificazioni semplificazioni di calcolo che devono però rappresentare in modo fedele lo schema di calcolo adottato, contando poi sul teorema statico per la sicurezza a collasso. Se si adotta adotta uno schema schema pendolare, pendolare, cioè cioè si immaginan immaginano o dei collegame collegamenti nti a cerniera cerniera tra travi e colonna, e di conseguenza conseguenza sia il tipo di connessione connessione che le luci di calcolo reali dovranno adeguarsi a tale ipotesi. Tenuto conto della dimensione fisica del vincolo esistono diverse possibilità: Nello schema 1 le colonne sono semplicemente compresse e la trave opera sulla luce L. Il giunto nella sezione X-X deve assorbire oltre al taglio V=R1 anche un momento M=R1*a. Il giunto nella sezione Y-Y deve assorbire oltre al taglio V=R1 anche un momento M=R1(a+e).
Nello schema 2 la colonna B è compressa (N=R1B+R2B) ed inflessa nel nodo da una coppia M=a(R1B-R2B). La colonna A è compressa (N=R1) e caricata nel nodo da un momento M=R1a; la trave opera su una luce L-2a. Il giunto in X-X assorbe solo il taglio V=R1, ed in Y-Y oltre al taglio anche un momento M=R1e. Nello schema 3 la colonna B oltre ad N=R1B+R2B è soggetta a M=(R1B-R2B)(ae); la colonna A è compre compressa ssa e carica caricata ta da una coppia M=N(a+e); la trave opera su una luce L-2(a+e). Il giunto in X-X assorbe il taglio V=R1 ed un momento M=R1e. Il giunto in Y-Y assorbe solo il taglio V=R1. Si può scegliere uno qualunque di questi: • Lo schema 1 minimizza le sollecitazioni nelle colonne (orientate con la rigidezza minima); • Lo schema 2 è conv conven enie ient ntee se le col colon onne ne sono orientate con la rigidezza massima; • Lo schema 3 non è usualmente conveniente.
Nelle travi reticolari ci deve essere congruenza tra lo schema di collegamento nodale , le cerniere, e la posizione posizione dell’asse del nodo (assi (assi aste concorrenti nel nodo ideale di calcolo). I momenti momenti nodali nodali possono possono essere essere trascu trascurati rati purché purché si valuti valutino no corrett correttamen amente te le lunghezze libere di inflessione (l0 = distanza tra i nodi ideale). L) interviene localmente un momento Se la bullonatura non può essere nel baricentro ( L parassita sui bulloni. Si può anche tracciare sugli assi di truschino a patto di distribuire il momento parassita tra le aste.
Nei controventi si può operare con 2 differenti schemi: • Imma Immagi gina nare re atti attive ve sia sia le aste aste di pare parete te tese tese che che <100 (comportamento compresse, ma allora λ <100 pressoch pressochéé uguale uguale a compressio compressione ne e trazione); trazione); • Imma Immagi gina nare re atti attive ve solo solo le aste aste di pare parete te tese tese,, allora λ <200 <200 (sbandamento in campo elastico e quindi efficienza per inversione di segno dell’azione).
IL MATERIALE Tutti gli elementi provengono da processi di laminazione, e si distinguono in lamiere e profilati. LAMIERE
lamierini (s < 1 mm)
lamiere sottili (1 mm < s < 4 mm)
lamiere medie (4 mm < s < 50 mm)
lamiere spesse (50 mm < s)
PROFILATI
I (IPN) ali rastremate
IeH IPE HEA HEB HEM
C, L, T,Z
tubolari
saldati a I (da lamiere)
sagomati a freddo (forme varie)
Imperfezioni strutturali o meccaniche Nei materiali è possibile riscontrare due tipi di imperfezioni strutturali o meccaniche: •
•
Tensioni residue (autotensioni): stati tensionali elastici autoequilibrati dovuti al processo di produzione (raffreddamento, saldatura, taglio a fiamma, laminazione a freddo, raddrizzamento, ecc…); Disomogeneità caratteristiche meccaniche (snervamento): legata strettamente al processo industriale di produzione.
La sicurezza strutturale si valuta in relazione alle aste reali (industriali) e non a quelle ideali. Le imperfezioni si possono analizzare distinguendole a seconda dei profili: • • •
Laminati a caldo; Saldati; Laminati a freddo.
PROFILI LAMINATI A CALDO Le tensioni residue si formano nel raffreddamento susseguente alla laminazione, cioè per temperature di circa 600°C. Da T0 (600°C) a T1 le parti più esposte si raffreddano prima , e quindi vanno in trazione (b). Da T1 a T2 le parti centrali fluiscono plasticamente e riducono le precedenti punte tensionali (c). Da T2 a T le parti esposte si raffreddano completamente ed impediscono la contrazione delle altre. Alla fine si ottiene lo stato tensionale (d) con compressioni nelle zone più esposte. La presenza di tensioni residue di compressione nelle ali è sfavorevole nei riguardi del rischio di instabilità. Ulteriori tensioni residue si generano nel processo di raddrizzamento (meccanico che si effettua mediante passaggio attraverso rulliere). In genere questo ha un effetto riducente sullo stato tensionale di natura termica. La disomogeneità delle caratteristiche meccaniche comporta resistenza e snervamento maggiori, con resilienza e allungamento minori, e viceversa.
PROFILI LAMINATI A FREDDO
Per effetto della laminazione si possono avere compressioni sulla superficie e trazioni nelle zone interne. L’operazione di piegatura, comporta un innalzamento del limite elastico e la conseguente riduzione della resilienza. PROFILI SALDATI
Forte apporto termico per la presenza di materiale di asporto fuso. A causa dell’impedimento esercitato dalle zone limitrofe, si raggiungono nella zona del giunto tensioni superiori allo snervamento a caldo e conseguenti e conseguenti accorciamenti plastici. Dopo il raffreddamento nelle zone prossime alla saldatura e nel cordone nascono tensioni residue di trazione e nelle zone più lontane di compressione. L’entità e la distribuzione delle autotensioni dipendono da: modalità della saldatura, sezione del cordone, spessore dei lembi e geometria degli elementi saldati. Una classica distribuzione delle tensioni residue in travi a I + composte per saldatura è riportato in figura (nel cordone di saldatura si raggiunge il limite di snervamento del materiale d’apporto).
Resilienza: resistenza alla rottura fragile degli acciai (tenacità); prova col pendolo di Charpy su provetta intagliata (la differenza di quota nella risalita del pendolo è proporzionale all’energia assorbita). T° = temperatura di transizione; 27 J/m2 = valore minimo da garantire a diverse temperature.
J/m^2
-10° 0 +10°
Massa battente
T
ACCIAI DA CARPENTERIA
Resistenza a fatica Nel caso, infatti, siano presenti cicli di tensione che si ripetono nel tempo il cedimento del materiale può manifestarsi per carichi inferiori a quelli di rottura, cioè per fatica: in tal caso: • • •
•
La rottura si manifesta per σmax < f y; La rottura è fragile; Esiste un valore limite della tensione al di sotto del quale la rottura non si manifesta fino ad un numero N di cicli. Se N = ∞ tale limite di tensione si chiama: resistenza originaria se ha sempre lo stesso segno, oppure resistenza a sforzi alterni se la tensione passa attraverso lo zero (per gli acciai N = 5000000 ≅ ∞ ); Sovrapponendo al ∆σ una tensione statica i limiti di fatica variano.
I diagrammi di Smith riportano in ascissa la tensione media ed in ordinata le tensioni massima e minima del ciclo per cui si ha rottura in N cicli.
Criteri di resistenza In un generico punto di ogni elemento lo stato tensionale è caratterizzato dalle componenti pij(P) del tensore degli sforzi, occorre controllare la compatibilità con la risposta elastica del materiale. E’ quindi necessario determinare il moltiplicatore di pij(P) che consente di raggiungere lo snervamento in P. E’ necessario adottare un criterio di resistenza per valutare il cimento tensionale. In tutti i paesi, per le strutture in acciaio, si usa il criteri detto di Huber-Hencky-Von Mises. L’energia potenziale elastica totale del materiale può essere espressa come somma di quella dovuta alla variazione di forma (distorsione) Φ D e quella dovuta alla variazione di volume, il criterio di Huber-Hencky-Von Mises fa dipendere la crisi del materiale solo da Φ D. Allora occorre dividere il tensore di tensione espresso in tensioni principali nella somma di 2 tensori:
⎡σ 1 0 0 ⎤ ⎢ ⎥ P ij = ⎢ 0 σ 2 0 ⎥ ⎢⎣ 0 0 σ 3⎥⎦ con
σ 1 + σ 2 + σ 3 = σ m 3
0 0 0 ⎤ ⎡σ 1 − σ m ⎤ ⎡σ m 0 ⎢ ⎥+⎢ 0 ⎥ 0 0 σ 2 − σ m σ P ij = ⎢ 0 m ⎥ ⎢ ⎥ ⎢⎣ 0 0 0 σ m ⎥⎦ σ 3 − σ m⎥⎦ ⎢⎣ 0
deviatore di tensione (en. disto te)
tensore idrostatico (en. varia di vol.)
L’energia distorcente vale: 1 2 2 2 Φ D = 12 g [(σ 1 − σ 2 ) + (σ 2 − σ 3 ) + (σ 3 − σ 1) ]
in un regime triassiale
1
Φ D = 6 g σ 2
in un regime monoassiale
Applicando il criterio di ugual cimento ai due regimi (monodimensionale e tridimensionale) e ponendo σ = σ id , si valuta: σ id =
[(σ − σ ) 2
1
1
2
2
2
+ (σ 3 − σ 2 ) + (σ 3 − σ 1 )
2
]=
8
Per stati tensionali piani o biassiali (σ 3 = 0) si ottiene: Riferendosi alle componenti speciali della tensione:
2
2
σ 1 + σ 2 + σ 3 − σ 1σ 2 − σ 3σ 1 − σ 2 σ 3 σ id = σ 1 + σ 2 − σ 1σ 2 2
2
σ id = σ x + σ y − σ x σ y + 3τ xy 2
2
2
In presenza di flessione e taglio (σ 2 = 0) si ha:
σ id = σ x + 3τ xy
E per pura tensione tangenziale (σ x = σ y = 0):
σ id =
2
2
3 ⋅ τ
Metodi di verifica -
Stati limite classici → allo s.l.u. Stato limite elastico → allo s.l.el.
γ m = 1,1 γ m = 1
(plasticizzazione completa) (snervamento)
f F → S ( F ) → p ( S ) → σ ≤ f = k i, j d d id d γ m
-
Tensioni ammissibili → alle t.a. Acciaio Fe360 Fe430 Fe510
σ adm ≥ σ id
σadm (Mpa)
t<40 mm t>40 mm 160 140 190 170 240 210
I → permanenti, variabili (no vento, sisma, coazioni) (σ id ≤ σ adm) 2 condizioni di carico: II → tutte le azioni (σ id ≤ 1,125σ adm)
n ⎡ ⎤ F G Q Q = ⋅ + + ⋅ γ γ ψ Nello s.l.u. e s.l.el. → d ∑ g k q ⎢ 1k ik ⎥ 0i i =2 ⎣ ⎦
con γ g = 1,5
γ q = 1,5
ψ 0i = 0,9
(devono anche esser verificati gli s.l.e.)
- s.l.el.: calcolo elastico delle sollecitazioni; - s.l.u.: trasformazione della struttura in un meccanismo (cerniere plastiche), con verifica di duttilità nelle zone plasticizzate (non consentito se le strutture sono soggette a significativi fenomeni di fatica). - s.l.e.: γ g = 1 γ q = 1 γ m = 1 Nella pratica progettuale: - Molto diffuso il metodo delle t.a.; - Facilmente applicabile il progetto con s.l.el.; - Complessa l’applicazione del metodo a s.l.u. (Eurocodice 3).
UNIONI SALDATE Le procedure di saldatura autogena per fusione si possono dividere in base alla tipologia della sorgente di calore e alla modalità di protezione del bagno fuso, e sono le seguenti: -
Ossiacetilenica: (diffusione elevata in passato, oggi muore) la sorgente termica è la fiamma ossiacetilenica (C2H2+O2), la temperatura è di circa 3100°C e provoca la produzione di CO e H2;
-
Arco sommerso: (grandi saldature ed elevata produttività) la sorgente termica è un arco elettrico tra elettrodo e materiale base (filo continuo a matassa ad avanzamento automatico). Utilizzo di fluido sul giunto che forma un cumulo protettivo al cui interno scocca l’arco;
-
Arco con elettrodi rivestiti: (procedimento molto flessibile) la sorgente termica è un arco elettrico che scocca tra elettrodo e materiale base: -elettrodo è rivestito con materiale che fondendo protegge il bagno; -elettrodi basici hanno buone caratteristiche meccaniche e metallurgiche; -elettrodi acidi hanno buone caratteristiche meccaniche.
-
Saldatura con protezione di gas ed elettrodo fusibile: si usa per acciai dolci e poco legati. La saldatura ad arco a filo continuo con protezione del bagno con gas inerte (argon) o attivo (co2 );
-
Saldatura con protezione di gas ed elettrodo infusibile: si utilizza prevalentemente per l’acciaio inox, e per le leghe di alluminio. L’arco è protetto con argon inserito tra il tungsteno e materiale base;
-
Saldatura ad elettroscossa: realizzato da un elettrodo a filo continuo, collegato ad un generatore di corrente assieme al materiale base. Entrambi arrivano a fusione per effetto Joule. Pattini in rame raffreddati con acqua costituiscono il crociolo.
Le conseguenze della saldatura sono la solidificazione del materiale fuso nelle passate, e il trattamento termico nella zona del materiale fuso prossimo alla saldatura.
I cicli termici hanno un effetto di tempera che produce zone ad elevata durezza nel materiale base e possono originare criccature a freddo. Per evitare la formazione occorre addolcire il ciclo ciclo termico termico con un preriscaldamento preriscaldamento dei pezzi ed uso di di elettrodi basici. Le cricche cricche a caldo si formano per eccesso di impurità nella zona fusa, per effetto di temperature di solidificazione solidificazione differenziate (effettuare più passate).
CRICCHE A FREDDO
CRICCHE A CALDO
I difetti delle saldature sono i seguenti: - Cricche; - Soffiature; - Manca ncanza nza di pene penettraz razione ione e di fes fessure ure; - Incollatura. I mezzi di indagine per scoprire eventuali eventuali imperfezioni imperfezioni nelle saldature saldature sono: sono: - Raggi X o raggi γ (macchie scure sulle pellicole); - Ultra ltrassuoni uoni (ond (ondee devi deviaate dai dai dife ifetti tti); - Esam Esamee magne magneto tosc scop opic ico o (camp (campo o magne magneti tico co ind indiv ivid idua ua cric cricch chee supe superf rfic icia iali li); ); - Liquidi penetranti.
Classificazione delle unioni saldate IN ORDINE ORDINE DI DIFFICOL DIFFICOLTA’ TA’ CRESCENT CRESCENTE E
-
In piano (1); In verticale (2); Frontale (3); Sopratesta (4).
VARI TIPI DI GIUNZIONI
-
Giunti testa a testa (I); Saldatura ad arco (II); Saldatura ad angolo (III); Giunto a L (IV); Giunto a T (V); Giunto per sovrapposizione (VI).
4 2
c a b
3 1 VI II V
VARI TIPI DI SEZIONE DEL CORDONE DI SALDATURA
III
-
IV
Piena (a); Convessa (b); Concava (c);
I
VARI TIPI DI GIUNTI TESTA A TESTA
Nei giunti testa a testa se si vuole una completa penetrazione occorre smussare i lembi in modo da creare un vano completamente accessibile. 1 - A V (1); - A U (2); 2 - A X (3); - A Y (4). 3 SECONDO LA DIREZIONE DELL’AZIONE SOLLECITANTE
-
Laterali (I); Frontali (II); Obliqui (III).
I
4 III
SECONDO LA VERIFICA DI SICUREZZA
- Giunti a completa penetrazione; - Giunti a cordone d’angolo.
II
Esistono due classi di saldatura la prima classe prevede che i giunti devono superare controlli molto restrittivi, mentre per la seconda i controlli sono meno severi. In ogni caso occorre comunque eliminare i difetti prima di effettuare le passate successive o le successive saldature. Le norme UNI 7272 precisano le modalità di
Resistenza della giunzione saldata GIUNTI TESTA A TESTA
In un giunto testa a testa privo di difetti lo stato tensionale corrisponde a quello di un mezzo continuo. La sezione resistente è quindi pari allo spessore per la lunghezza del giunto e la resistenza del materiale di apporto f d,cr viene espressa come una frazione di quella del materiale base: f d,cr = µ cr f d
con µ cr = coefficiente di efficienza.
Le tensioni agenti nel cordone sono: - σ ⊥ : tensione normale di trazione o compressione ortogonale alla gola; - τ : tensione tangenziale parallela; - σ // : tensione normale di trazione o compressione parallela alla gola. Si può calcolare la tensione ideale:
σ id = σ ⊥ + σ // − σ ⊥σ // + 3τ 2
Deve risultare:
2
Classe
s.l.el.
t.a.
I
σid < fd
σid < σadm
II
σid < 0,85 fd
σid < 0,85 σadm
GIUNTI A CORDONE D’ANGOLO
Si considera come sezione resistente il prodotto dell’altezza della gola a per la lunghezza del cordone. Il calcolo convenzionale delle tensioni viene eseguito ribaltando su uno dei lati del cordone la sezione di gola. In sede di verifica le componenti (valori assoluti) delle tensioni dovranno soddisfare le verifiche allo s.l.el. (per le t.a. si sostituisce f d con σ adm) riportate qui a fianco. In presenza di cordoni inclinati si decompone la sollecitazione agente nelle componenti normale ed ortogonale al cordone. In combinazione di cordoni d’angolo laterali e frontali non è prudente sommare tutti i contributi resistenti; meglio affidare tutto lo sforzo ad una tipologia di cordone. Se ciò non è possibile, verificare che risulti:
ESEMPI
- Cordoni frontali soggetti a sforzo normale: τ ⊥
l
F
=
F/2 F
F/2
2⋅l ⋅ a
l
- Cordoni laterali soggetti a sforzo normale: τ //
=
F/2
F
F
4⋅l ⋅a
F/2
- Cordoni frontali longitudinali soggetti a taglio e momento flettente: σ ⊥ max
=
F ⋅ l ⋅ 6 a⋅h
2
⋅2
=
F ⋅ l ⋅ 3 a⋅h
τ //
2
=
F h
F
2⋅h⋅a
l
- Cordoni frontali trasversali soggetti a taglio e momento flettente: σ ⊥
=
F ⋅ l a ⋅ h ⋅ t
τ //
=
F
F
h
2 ⋅ t ⋅ a
l
t
- Combinazione di cordoni trasversali e longitudinali soggetti a taglio e momento (le tensioni normali dovute al flettente si valutano considerando attiva tutta la saldatura): σ ⊥ max a1 , l1 τ //
=
F
2 ⋅ l3 ⋅ a3
σ ⊥ max
σ ⊥ max
W tot
=
=
σ ' ⊥ max a3 , l3
F ⋅ l
h1
W tot
h2 a2 , l2
F ⋅ l l 3
⋅
τ //
W tot h1
= l1 ⋅ a1 ⋅ h1 + 2 ⋅ l 2 ⋅ a 2 ⋅ h2 +
1 3
l 32 ⋅ a3
La verifica si fa nei punti più sollecitati, cioè nel cordone l1 /a1 (solo σ⊥)ed agli estremi di quello d’anima (σ⊥ e t // ). Un’ulteriore possibilità di progetto consiste nell’attribuire ai cordoni d’ala l’assorbimento del flettente ed a quelli d’anima quello del taglio.
- Cordoni laterali soggetti a torsione, taglio e momento flettente ( metodo del momento polare): Si calcola il baricentro G dei cordoni ribaltati sul piano della giunzione ed il loro momento polare rispetto G ( I 0); si calcola quindi la sollecitazione Smax agente l punto più lontano P ed ortogonale alla congiungente P con Q. S max
=
M T ⋅ r max I 0
Si decompone Smax nelle direzioni dei cordoni e si valutano τ // e τ⊥. τ //
τ ⊥
= =
l
S max ⋅ sin θ a ⋅l
F
S max ⋅ cos θ a ⋅l
h+a h
G
θ
rmax
Smax e
MT
- Cordoni frontali soggetti a torsione, taglio e momento flettente ( metodo delle forze): Si ammette M T bilanciato con una coppia di forze V agenti verticalmente nei cordoni: z V =
F ⋅ l
V
z
l
Le forze V generano solo componenti parallele ai cordoni: τ ' // =
V a ⋅l
τ " // =
F
2⋅a ⋅l
τ //
V F
e
= τ ' // +τ " //
Nel caso di presenza di 4 cordoni si può ammettere che: - Il torcente sia equilibrato da 2 coppie di forze ( H e V ) che se lo ripartiscono in base alle relative resistenze: M TH = M T
M TH max M TH max + M TV max
M TH = M T
M TV max M TH max + M TV max
- Il taglio sia suddiviso tra i 4 cordoni con analoghe modalità: V H
= V
V H max
V V
= V
V V max
In alternativa il taglio può esser suddiviso tra i cordoni verticali. Nel caso di presenza di 3 cordoni (2 orizzontali e 1 verticale) alla coppia che si genera in quelli orizzontali si affida il torcente ed a quello verticale il taglio. - Nel caso di sezioni a cassone: - Se il perimetro è completamente saldato → Breat - Se mancano tratti di saldatura → metodo delle forze
τ //
=
M T
2 ⋅ A ⋅ a
- Per sezioni aperte con saldature continue lungo tutto il perimetro in genere, a favore di sicurezza, nel dimensionamento dei cordoni di saldatura, si trascura il contributo della torsione secondaria.
UNIONI BULLONATE La
bulloneria è divisa in classi (materiale); le classi di resistenza associate sono nella tabella a lato. I bulloni devono essere serrati in modo da applicare nel gambo una trazione pari a:
N s = 0,8 ⋅ f K , N ⋅ Ares dove Ares = area resistente. La coppia di serraglio vale:
T s = 0,2 ⋅ N s ⋅ d dove d è il diametro nominale del bullone.
Nella tabella seguente sono riportati i valori di Ares, d , T s, e N s per le diverse classi di bulloni: d
Ares
Ts (N.m)
Ns (kN)
(mm)
(mm )
2
4,6
5,6
6,6
8,8
10,9
4,6
5,6
6,6
8,8
10,9
12 14 16 18 20 22 24 27 30
84 115 157 192 245 303 353 459 561
39 62 96 133 188 256 325 476 646
48 77 121 166 235 320 407 595 808
58 93 145 199 282 384 488 714 969
90 144 225 309 439 597 759 1110 1508
113 180 261 387 549 747 949 1388 1885
16 22 30 37 47 58 68 88 108
20 28 38 46 59 73 85 110 135
24 33 45 55 71 87 102 132 161
38 52 70 86 110 136 158 206 251
47 64 88 108 137 170 198 257 314
TOLLERANZE FORO - BULLONE
In genere: Fori calibrati:
φ-d ≤ 1 mm φ-d ≤ 1,5 mm φ-d ≤ 0,3 mm φ-d ≤ 0,5 mm
con d ≤ 20 mm con d > 20 mm con d ≤ 20 mm con d > 20 mm
INTERASSE E DISTANZA DEI BULLONI DAI BORDI
Nella valutazione della capacità portante delle unioni bullonate si tiene conto delle distribuzioni e delle sollecitazioni sui singoli bulloni in corrispondenza dello s.l.u.. Anche qui le normative impongono dei parametri dimensionali frutto di indagini sperimentali. -
-
-
1
p nella direzione della forza: Per elementi tesi: 25t min ≥ p ≥ 3d Per elementi compressi: 15t min ≥ p ≥ 3d
a
a ≥ 2d : Bordo non irrigidito: Bordo irrigidito:
a
a ≥ 1,5d : Bordo non irrigidito: Bordo irrigidito:
p 1
a ≤ 6t min a ≤ 9t min
a
p
p a t 1
a1 ≤ 6t min a1 ≤ 9t min
Resistenza delle unioni bullonate UNIONI BULLONATE A TAGLIO
Tipiche della carpenteria, per ripristinare la continuità tra due elementi interrotti.
Caratterizza l’unione:
Carico limite d’esercizio (inizio scorrimento tra A e B) →Vf0 Carico limite ultimo (resistenza dell’unione)
⋅ N s ⋅ n f
γ f = 1,25 (coefficiente di sicurezza); γ f n f = numero di superfici a contatto; 0,30 per superfici non trattate; µ = 0,45 per superfici trattate; Riguardo µ , per valori superiori di 0,45 occorre fare prove sperimentali di determinazione diretta.
V f 0 =
con:
Lo stato limite ultimo può essere raggiunto per: - Rottura a taglio del bullone; - Rottura per rifollamento della lamiera; - Rottura per taglio della lamiera; - Rottura per trazione nella lamiera. Nel rifollamento la pressione di contatto viene supposta uniforme: V d , rif
= f rif ⋅ d ⋅ t min = α ⋅ f d ⋅ d ⋅ t min
dove:
t min = spessore complessivo lamiere impiegate in una direzione; d = diametro; a = a/d ≤ 2,5 La resistenza a trazione delle lamiere viene valutata assumendo una distribuzione uniforme delle tensioni, contando cioè su ridistribuzioni plastiche locali.
In presenza di più bulloni ci si può riferire alla sezione minima (minimo percorso) ottenuta attraverso 1 o più fori. Se le piastre sono sollecitate solo a trazione si può ottimizzare le dimensioni uguagliando resistenze a trazione e rifollamento: f rif
⋅ (b − φ ) ⋅ t min = α ⋅ f d ⋅ t min
con φ ≅ d ⇒ b − d = α ⋅ d ⇒
a d
b d
= α + 1
b
UNIONI BULLONATE A TRAZIONE
Il carico agente sul bullone è trasmesso attraverso le lamiere che si deformano flessionalmente non consentendo il distacco completo degli elementi. In esercizio si assume prudenzialmente una forza di decompressione pari a quella di serraggio N s. Allo s.l.u., con γ n = 1,25 (tiene conto del percorso di distacco della testa e delle flessioni parassite): N d 0 = f K , N ⋅
Ares γ n
UNIONI BULLONATE A TRAZIONE E TAGLIO
In condizione di esercizio l’interazione V-N è espressa da un dominio lineare; Allo stato limite ultimo il dominio di interazione può essere assunto di forma ellittica. V f = V f 0 ⋅ (1 −
⎛ V ⎞ ⎜ ⎟ ⎜ V d ,0 ⎟ ⎝ ⎠
2
N
N s
)
⎛ N ⎞ ⎟ +⎜ ⎜ N d ,0 ⎟ ⎝
2
≤1
UNIONI BULLONATE A TAGLIO E TORSIONE V =
F N ⋅ N
v
V
V
V T ,i
v
k
∑V
k
T ,i
i =1
⇒ V T ,i =
v1
v2
T
= k ⋅ ai
T = N V ⋅
vT2
vT1
⋅ ai = N V ⋅ ∑ k ⋅ ai2
FV v
i =1
T ⋅ ai N V ⋅
v
k
∑a
2 i
vT6
vT3
v6
v3
v5
v4
vT5 v
v
i =1
con: N = numero bulloni; N V = numero sezioni reagenti per bullone; ai = distanza centro bullone – baricentro bulloni.
vT4
UNIONI BULLONATE A FLESSIONE E SFORZO ASSIALE
y C
=
J
y C ⋅ b
Momento inerzia sezione reagente rispetto all’asse neutro Momento statico sezione reagente rispetto all’asse neutro
S
3
6
y C ⋅ b 2
+
2
n n a ⎞ a a ⎛ ⎛ ⎞ ⎞ = 0 e y ⋅ ⎜ e − ⎟ + yC ⋅ ∑ Ai ⎜ e − + yi ⎟ − ∑ Ai ⋅ yi ⎛ − + ⎜ i ⎟ 2 2 2 ⎝ ⎠ ⎝ ⎠ i =1 ⎝ ⎠ i =1
(equazione cubica)
σ C
=
F N ⋅ y C y
2 C
⋅b
2
n
− ∑ Ai ( yi − yC )
N i
= σ C
Ai ⋅ ( y i
− yC )
y C
i =1
FN e > 0 per N < 0 e < 0 per N > 0
e 2 / a 2 / a
ε
σ C
y y i
COLLEGAMENTI -
Articolazioni → cinematismi; Giunti a parziale ripristino trasferiscono parzialmente M, N, e T; Giunti a totale ripristino trasferiscono globalmente M, N, e T; Duttilità nel collegamento: condiziona la duttilità di insieme (possibile solo con saldatura, non con bullonatura).
Giunti tesi
Saldatura a Coprigiunti Coprigiunti completa saldati saldati penetrazione
Coprigiunti bullonati
Distribuire coprigiunti in parti proporzionale a sezione profili
Giunti tesi flangiati
Giunti compressi Nei giunti bullonati le flange devono avere sezione proporzionale a quella degli elementi da collegare.
saldati a completa penetrazione
per contatto
bullonato
Giunti di base
Il taglio viene assorbito: - Per attrito (µ = 0,1) → V/N ≤ 0,4; P t t di tt → incassando il profilo nel calcestruzzo.
Giunti inflessi intermedi -
-
A completo ripristino: - di M e V in qualunque sezione; - di M in ogni sezione in cui V < V pl /3; A parziale ripristino di M: devono permettere le rotazioni nello schema statico assunto.
Completo ripristino M, V
Completo ripristino se ripartizione forze in unioni è condotta secondo resistenza parti collegate
Parziale ripristino M e completo di V
Completo ripristino o parziale a seconda di resistenze di piastra e bulloni
Completo ripristino solo taglio
del
Giunti inflessi di estremit à à
Completo ripristino di M e V
Completo ripristino di M e V (trave Gerber)
Completo ripristino di M e V
Parziale ripristino flangia inferiore a contatto ; trasmette V parte di M
Completo ripristino di V e parziale di M
Cerniera
Cerniera
Cerniera
Cerniera
Giunti trave - colonna
Completo ripristino
Completo o parziale ripristino Completo o parziale ripristino
Completo o parziale ripristino
Completo o parziale ripristino
Giunti pendolari
Giunti a squadretta ed osservazioni Nei giunti con coprigiunto a totale ripristino flessionale il flettente deve essere suddiviso tra ali ed anima; questa deve inoltre assorbire anche V . Nel caso di parziale ripristino flessionale si attribuisce al coprigiunto delle ali tutto il flettente ed a quelli d’anima il taglio. Nei giunti flangiati il taglio viene trasmesso da tutti i bulloni, il flettente sui bulloni tesi e la zona compressa della della flangia. Nei giunti a squadretta (L) occorre tener conto delle eccentricità delle reazioni: - a: faccia sulla trave principale → V1 = V/ 2 = R/ 2 - V=R → H = T/d = V⋅e1 /d - T = V⋅e1 - b: faccia sulla trave secondaria → V2 = R/4 - V = R/2 - T = R ⋅e2 /2 → H2 = R ⋅e2 /2d
R
R/2
R/2
e1 e2 R/2 R
b
V2 a
H1 V1
H1
H2 d
V2 H 2 V1
-
a: R1 = V 12 + H 12 su 2 sezioni
-
2 2 b: R2 = V 2 + H 2 su una sezione
Giunti di composizione delle sezioni N+dN
N tw
= dN = τ ⋅ t W ⋅ dx S m = τ ⋅ t W ⋅ ∆l
dS
τ //
=
Sm
∆l ⋅ 2a
dx
Rotture dei giunti
Rottura zona compressa t W
≥
hW
235
30
f d
altrimenti costoni
Rottura zona tesa t f
≥ 0,4
k 1
=
f yb f yc
k ⋅ A f
Rottura per taglio t W
≥ k 1 ⋅ A f
3 hW
VERIFICHE DI RESISTENZA TRAZIONE
σ N =
N d
≤ f d
A
(S . L.)
eff
σ N =
N
(T . A.)
≤ σ adm
A
eff
Aeff è l’area del profilo o di una sua sezione netta (depurata di fori) quando il profilo è collegato in modo simmetrico rispetto al baricentro; penalizzazioni in caso di collegamenti eccentrici (CNR 10011).
COMPRESSIONE
σ N = σ N =
N d
A N d
A
≤ f d ≤ σ adm
(S . L.) (T . A.)
FLESSIONE
σ d max ≤ f
(S .L.)
σ max ≤ σ
(T . A.)
d
adm
A è l’area netta del profilo, depurata dei fori.
FLESSIONE RETTA
σ max =
Μ/M
e
M ψ w
ψ
ψ ≥ 1: coeff. adattamento 1 plastico (o di forma). f res
ψM
FLESSIONE DEVIATA
e
⎛ M X M Y ⎞ 1 = σ max ⎜⎜ W + W ⎟⎟ ⋅ ψ ⎝ X Y ⎠
ψM
e
L
ε /ε
ψ ≅ 1 (cautelativo)
r
χ/χ
e
e
ψΜ e: valore del momento che produce una freccia residua allo scarico f r = L/1000. χ/χ e = ε/ε e (sezioni simmetriche). PRESSOFLESSIONE
σ + σ ≤ f σ + σ ≤ σ Nd
N
d max
max
d
adm
TAGLIO
(S .L.) (T . A.)
τ max ≅
τ max ≅
V d Aw
V Aw
≤
f
d
3
≤ σ adm 3
(S .L.) (T . A.)
Torsione La teoria di d.s.v. sottovaluta la resistenza a torsione delle travi a sezione aperta in parete sottile. Risultati più realistici si ottengono con la teoria delle aree settoriali o della torsione non uniforme. Flusso primario classico (d.s.v.) associato alla torsione pura o uniforme Flusso delle τ dovute al torcente Flusso secondario associato alle τ legate (equilibrio) alle σ dovute all’ingobbamento disuniforme delle sezioni generato dal flusso primario (torsione d’ingobbamento)
TORSIONE PURA θ ' =
d θ dz
=
⎛ ⎜ I t ≅ I 0 ⎝
T G ⋅ I t
⎞ ⎠
per sezione circolare ⎟
In sezione aperta a spessore sottile: I t
=
τ max
1
1
n
t ds ≅ ∑ b ⋅ t ∫ 3 3 3
S
= G ⋅ t ⋅ θ ' =
i
3 i
n = numero di elementi costituenti la sezione
i =1
T ⋅ t I t
In sezione cava a spessore sottile: τ =
T
d θ
2 ⋅ Ω ⋅ t
dz
=
T
4 ⋅ Ω2 ⋅ G
1
⋅ ∫ S
t
ds
I t
=
4 ⋅ Ω2 1 ds S t
∫
TORSIONE DA INGOBBAMENTO IMPEDITO
Trave con appoggi con vincolo torsionale. Nella mezzaria spostamenti w = 0 per simmetria. Nella mezzaria torsione d’ingobbamento impedito, agli estremi (w = 0) torsione primaria ⇒ torsione mista. Nelle altre sezioni sono presenti entrambi i comportamenti torsionali. In una trave a sezione costante soggetta a w torsione la componente d’ingobbamento vale: w = ω
d θ dz
con ω = ω( x,y) = area settoriale (funzione della geometria della sezione).
w rappresenta il doppio dell’area generale dal raggio C-M per M che descrive la linea media della sezione. Fissando M 0 (punto qualunque della linea media): S
∫
ω = ω (s ) = τ t (s )ds 0
Variando w in funzione di z risulta: ε z ,ω
=
∂w = ω ⋅ θ " ∂ z
σ z ,ω = E ⋅ ε z ,ω
= E ⋅ ω ⋅ θ "
La funzione è tabulata per i profili più usuali unificati. Insorgono anche tensioni tangenziali nella sezione trasversale: τ ω
=−
E ⋅ S ω ⋅ θ ||| t
con
∫
S ω (s ) = ω dA A
momento statico settoriale
Il torcente secondario si ottiene per integrazione dei momenti delle forze di taglio rispetto al centro di taglio: T ω
= − E ⋅ I ω ⋅ θ |||
con
I ω
= ∫ ω 2 dA A
momento d’inerzia settoriale
TORSIONE MISTA
In generale per effetto torcente sono presenti τ T , σ zw, τ w. In ogni sezione il torcente si decompone in: T = T T + T ω
La ripartizione del torcente tra T T e T ω è fortemente dipendente dalla geometria della sezione. Nelle sezioni piene o a cassone T ω è sempre trascurabile rispetto rispetto a T T . Nelle sezioni aperte T T può essere trascurabile rispetto a T ω e quindi trascurare l’ingobbamento impedito può portare a notevole sottostima della resistenza torsionale dei profili usuali.
TT Tω
Tω TT
Qui di fianco si nota il quadro riassuntivo completo delle tensioni da torsione mista. Ripartizione tra T T e T ω : T = T T + T ω
= G ⋅ I T ⋅ θ ' T ω = − E ⋅ I ω ⋅θ ||| T T
Se il torcente unitario applicato vale: t ( z ) = q ( z ) ⋅ e( z )
la condizione di equilibrio l’elemento di lunghezza dz è:
− T + t ( z ) + T + ⇒
dT dz
E ⋅ I ω ⋅ θ
dz
=0⇒−
dT dz
per
= t ( z )
− G ⋅ I T ⋅ θ " = t ( z ) (eq. differenziale 1° ordine) |||
L’integrale generale è del tipo: z k k θ = θ 0 + C 1 + C 2 + C 3 sh z + C 4 ch z L L L
con
k = L
G ⋅ I T E ⋅ I ω
k : lunghezza adimensionale caratteristica della trave
Imposte le condizioni al contorno per ricavare C 1, C 2, C 3 e C 4, si ottiene: w = ω ⋅ θ '
= − E ⋅ I ω ⋅ θ " T = − E ⋅ I ω ⋅ θ ||| + G ⋅ I T ⋅ θ '
M ω
Lo stato tensionale completo nel sistema di coordinate generalizzate vale: M y M x M σ z = y + x + ω ω I x I y I ω
⎡ T x τ (s ) = ⎢ t (s ) ⎢⎣ I x 1
τ T
=
T T xT
t (s )
S x (s ) +
T y I y
⎤ S y (s ) + S ω (s ) + ⎥ I ω ⎥⎦ T ω
VERIFICHE DI STABILITA’ Elementi compressi -
Pilastri di strutture pendolari in cui le azioni orizzontali sono affidate ad elementi di controvento; Aste delle strutture reticolari.
In relazione alla forma della sezione trasversale l’instabilità può manifestarsi con tre diversi meccanismi: Instabilità piana: inflessione guidata in un piano (sezioni a doppio asse di simmetria) coincidente con quello di massima snellezza; Instabilità torsionale: interessa sezioni con rigidezza torsionale secondaria trascurabile (sezioni a croce); Instabilità flesso-torsionale : combinazione delle precedenti. Le imperfezioni di natura costruttiva devono comportare uno scostamento dalla configurazione rettilinea non superiore ad 1/1000 della lunghezza libera di inflessione (altrimenti elementi precompressi): 1
V 0 ≤ l 0 ⋅ 1000
La lunghezza libera di inflessione è funzione della lunghezza reale dell’asta e delle condizioni di vincolo:
l0 =
⋅l -
β = 1 β = 0,7 β = 0,8 β = 2
se i vincoli sono assimilabili a cerniere; se i vincoli estremi sono assimilabili ad incastri; se un vincolo è assimilabile a cerniera e l’altro ad incastro; se ad un estremo è un incastro perfetto,e l’altro è libero.
Nelle diverse tipologie si adottano le seguenti indicazioni: β = 1 nel piano della travatura; β = 1 nel piano ortogonale alla travatura Aste di corrente di travi reticolari piane se esistono ritegni rigidi di estremo, in caso di ritegni elastici urgono verifiche più accurate; nel piano di parete β = d/l ≥ 0,8 dove d è l’interasse tra le giunzioni; β ≥ 0,5 nel caso d’incrocio di aste tese e Aste di parete di travi reticolari compresse con resistenza del nodo non minore di 1/5 dello sforzo di estremo dell’asta compressa; fuori dal piano di parete valori di β. Colonne di edifici β = 1 in presenza di ritegni rigidi a livello dei piani.
In ogni caso deve risultare: λ =
l
-
0
L
≤ 200 ≤ 250 ≤ 150 ≤ 200
nelle membrature principali (azioni statiche); nelle membrature secondarie (azioni statiche); nelle membrature principali (azioni dinamiche); nelle membrature secondarie (azioni dinamiche).
La verifica di sicurezza comporta che risulti:
σ c ≥ ν σ
σ c = σ =
-
N c σ
N
ν = 1,0 stati limite; ν = 1,5 tensioni ammissibili condizione 1; ν = 1,5/1,125 tensioni ammissibili condizione 2. tensione corrispondente alla forza che comporta l’inflessione laterale nel piano considerato. tensione di compressione media corrispondente al carico N presente.
Come tecnica di verifica si utilizza il metodo che riduce la verifica di stabilità a quella statica corrispondente, ma con una azione maggiorata: ω ⋅ N
= σ adm
con
ω =
ν σ adm
σ c
=
f y
σ c
Per sezioni doppiamente simmetriche o dotate di un unico asse di simmetria ortogonale (limitatamente ad un inflessione nella direzione di tale asse) i valori di
σ c ω f y 1
=
/ λc , dove λ c è la sono tabulati per quattro tipi di sezioni in funzioni del rapporto λ snellezza corrispondente al limite di validità del comportamento elastico della membratura.
da
f y =
π 2 E λ 2c
⇒
λ c = π
E
f y
I valori diagrammati corrispondono a quei tabulati e per le 4 curve risulta(riportate in forma tabellare nel CNR 10011/88): - curva a: tubi (quadri, rettangolari e tondi); - curva b: sezioni a I laminate con h/b>1,2; sezioni a I con ali rinforzate da piatti saldati; sezioni chiuse a cassone composte con saldatura; - curva c: aste laminate diverse da b; sezioni aperte composte con saldatura; Aste composte da più profilati; curva d : aste semplici e composte con spessore t ≥ 40 mm.
I singoli elementi in acciaio possono essere composti dando luogo ad aste composte: - tralicciate (a); - calastrellate (b); - abbottonate (c). Il comportamento delle aste composte dipende sia dalle prestazioni flessionali dell’asta semplice che da quello dei collegamenti che, deformandosi, esaltano le inflessioni e quindi gli effetti instabilizzanti. La capacità portante dipende pertanto da i seguenti parametri: - Comportamento globale dell’asta; - Comportamento locale di ogni corrente; - Effetto delle azioni sui collegamenti. Il comportamento globale dipende dalla deformabilità per flessione e per taglio che condizionano l’inflessione laterale dovuta alle imperfezioni iniziali. La deformabilità per flessione dipende dal momento di inerzia complessivo: I 1: momento inerzia singolo profilo; 2 A1: area singolo profilo; I = 2 ⋅ I 1 + 2 ⋅ A1 ⋅ d (2 correnti) 4 d : distanza baricentri profili correnti
La deformabilità a taglio dipende da quella delle aste di collegamento e dei correnti, e precisamente: - Nelle aste tralicciate dalla deformabilità assiale delle aste di parete; - Nelle aste calastrellate dalla deformabilità flessionale dei correnti e dei calastrelli; - Nelle aste abbottonate dalla deformabilità flessionale dei correnti e dall’eventuale scorrimento nella giunzione. Il comportamento di ogni corrente tra i collegamenti dipende dal tipo di collegamento, e precisamente: Per aste tralicciate ogni corrente è un asta compressa con l0 pari all’interasse tra i collegamenti; - Per aste calastrellate ogni corrente è un asta pressoinflessa; - Per aste abbottonate ogni corrente è pressoinflesso. L’influenza del comportamento locale su quello globale è di facile valutazione. Viene quindi coperta da limitazioni dimensionali che ne riducono la portata a valori più significativi.
La pratica progettuale porta ad una definizione di snellezza equivalente dell’asta composta, cioè: Nella direzione perpendicolare ad un asse principale d’inerzia (x-x) che taglia tutte le sezioni: snellezza valutata come per un’asta semplice; Nella direzione perpendicolare ad un asse principale d’inerzia (y-y) che non taglia tutte le sezioni: λ dipende dal tipo di collegamento. Y
Y
Y
Y X
X
X
X
In presenza di calastrelli rigidi: λ eq
=
λ y2
+ λ 12
λ 1
=
l1
λ Y
i1,min
=
β ⋅ l 0 i y
Deve in ogni caso risultare: l1 i1, y
≤
λ x 2
⎛ ⎞ ⎜⎜ 4 − 3 N ⎟⎟ > 50; N C ⎠ ⎝
o
l1 i1, y
≤ 50
se
λ x 2
⎛ ⎞ ⎜⎜ 4 − 3 N ⎟⎟ ≤ 50 N C ⎠ ⎝
In presenza di traliccio (oltre alla verifica locale dei correnti): λ eq
=
λ y2
⎛ l d 3 lt 3 ⎞ ⎜ + ⎟⎟ + 2 ⎜ l0 ⋅ lt ⎝ Ad At ⎠ 10 A
lt At
( A)
lt At
l0 λ eq
=
2 y
λ
+
10 ⋅ A ⋅ l d 3 l0 ⋅ l
2 t
( B )
⋅ Ad
I collegamenti trasversali delle aste composte compresse e gli attacchi ai correnti si dimensionano per: V =
ω N N = forza assiale nell’asta; 100
l0 ld
A/2
Ad
ld
A/2
Ad
A
B
ω = relativo all’asta.
I calastrelli si calcolano ammettendo che il taglio si ripartisca in quote uguali tra i correnti: V/2 V l 0
⋅
2 2
⋅2 =
R ⋅ lt
2
⇒ R =
V ⋅ l 0 lt
Devono dividere l’asta almeno in 3 campi e presentare interasse costante.
l0 /2 R l /2 t l0 /2 V/2
Sezioni composte da aste ravvicinate calastrellate: Per distanze minori di 3 volte lo spessore ⇒ asta semplice purché i calastrelli siano a passo minore di 50⋅ imin (in figura calastelli a croce alternati). Sezioni composte da elementi ravvicinati con imbottiture: La verifica si conduce per la singola asta composta con: λ = snellezza effettiva; λ eq = λ 2 + λ 12 λ 1 = snellezza locale tra le imbottiture del singolo profilo. Aste compresse a sezioni aperte e chiuse con pareti di piccolo spessore: Per evitare che si manifesti un imbozzamento locale prima che l’elemento abbia esaurito la sua resistenza di insieme occorre rispettare dei limiti dimensionali, quali riportati nella CNR 10011. Tali limiti dipendono dal materiale. I limiti interessano i rapporti b/t. b1 t1
Travi inflesse a parete piena Intervento di sbandamento laterale e torsione fino al collasso prima di esaurire tutte le risorse flessionali primarie. Parametri influenti: - rigidezze flessionali; - rigidezza torsionale; - punto di applicazione del carico; - parametri di geometria e vincolo. Il fenomeno è descritto dalle 2 variabili indipendenti µ e θ . Operando con le CNR 10011 deve risultare: σ max
≤
σ D ν
con
σ max
=
M max
ψ x ⋅ W
e
σ D
=
M D
ψ x ⋅ W
M D = momento max calcolato per il carico critico in campo elasto-plastico; W = modulo resistente relativo al lembo compresso.
σ D
= ψ x ⋅ f y ⋅
σ cr , D
=
M cr W
σ cr , D n σ cr , D
+ (ψ x ⋅ f y )n
n = 1,5 per travi laminate; n = 1 per travi saldate.
Tensione critica per instabilità flesso-torsionale in campo elastico
t
Travi laminate: ω 1 ⋅ M eq
f d (S.L.) ≤ σ = ψ x ⋅ W σ adm (T.A.)
ω 1
=
f y
⋅
h ⋅ L
0,585 ⋅ E b ⋅ t 1
h
ω 1 = tabulato in funzione della geometria e tipo d’acciaio; t 1 = spessore ali; l = distanza tra 2 ritegni torsionali successivi. 0,75 M max 0,50 M max
≤ M eq ≤ M max ≤ M eq ≤ M max
M eq M eq
= 1,3 M m →Travi appoggiate o continue = M m → Travi con sbalzi o mensole
b M m = momento medio nel campo di trave (L) considerato. Per travi a I approssimativamente si può controllare la stabilità nel piano trasversale supponendo l’ala compressa isolata dall’anima, per uno sforzo normale N eq: M eq ω ⋅ N eq f d (S.L.) M N eq = η 1 max S X con ⇒ σ = ≤ σ (T.A.) η 1 = J M A
Elementi presso - -inflessi inflessi N ⋅ θ ⋅ N =
= M = 2k (θ − θ 0 ) con θ 0 = imperfezione iniziale. 2 4k θ − θ 0 l
⋅
=0
N = N cr
N ⋅ v = M pl
=
0
⇒
θ − θ 0 θ
N cr
⇒ θ =
=
4k Carico critico per modulo imperfezioni l N θ 0 µ θ con µ = cr = N N µ − 1
1−
= N ⋅ θ ⋅
l
2
2 M pl
θ 0 ⋅ l +
M pl
2k
⇒
privo di k
θ lim
=
M pl
2k
+ θ 0
Npl Ncr
l 2θ
v F
N cr
Alla plasticizzazione della molla:
N lim
θ θ
θ θ 0
per
⇒
F
l
molla (b) (a)
Nlim
⋅l
(c)
θ
0
θ
lim
θ
Il comportamento dell’asta continua è descritto dalla curva (c), con una transazione più graduale dalla curva (a) alla curve (b), dovuta alla progressiva plasticizzazione della sezione critica. La norma italiana adotta una formulazione che tiene conto della forma del diagramma di momento agente sull’asta. Deve risultare: f (S.L.) N β ⋅ M ≤ d ω + con σ cr = tensione critica euleriana σ (T.A.) A ⎛ ⎞ N adm
⎟⎟ ψ ⋅ W ⎜⎜1 − ν ⎝ N cr ⎠
Ma
β = 1 se M = costante β ⋅ M = M eq
= 0,6 M a − 0,4 M b
con
M a
≥ M b
Mb e
M eq
Nel caso di presso-flessione deviata: N ω + A
β ⋅ M X ,eq
⎛ N ⎞ ⎟ ψ X ⋅ W X ⎜1 − ν ⎜ ⎟ ⎝ N cr , X ⎠
+
β ⋅ M Y ,eq
⎛
f d (S.L.) ≤ σ (T.A.) adm N ⎞ ⎟
ψ Y ⋅ W Y ⎜1 − ν ⎜ ⎟ ⎝ N cr ,Y ⎠
> 0,4M a
Elementi inseriti in un complesso strutturale -
Condizioni di vincolo non perfette e spesso variabili in funzione del carico; Necessità di valutare la rigidezza e resistenza dei vincoli e la conseguente reale lunghezza libera di inflessione. v P P P l1 π 2 ⋅ E ⋅ I EA k=EA/l1 Pcr = l2 P cr ⋅v = k ⋅ v ⋅ l
2°
⇒ P cr = k ⋅ l
meccanismo per k <
l
l
π ⋅ E ⋅ I 2
l
3
In realtà l’intervento della plasticizzazione rende più complesso il problema. Le norme danno regole empiriche e forfettarie di riferimento che portano a dimensionare i vincoli per forze comprese tra L’1% ed il 2% del carico agente sull’elemento da stabilizzare.
Aste vincolate agli estremi → l0 = β l
l
β=1
l
β = 0,7
l
β=2
l
β = 0,5
l
β=1
l
β=2
Aste con vincoli intermedi
P a
P
k 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0
l
k=a/l
β
1,00 1,24 1,56 1,93 2,31 2,70
k 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0
l
a k=a/l
β
2,00 2,13 2,27 2,41 2,55 2,70
Aste con vincoli elastici Molto spesso i vincoli delle aste non possono esser ritenuti rigidi, allora la loro deformabilità abbassa la sicurezza nei confronti dei fenomeni d’instabilità. - La rigidezza minima efficace del vincolo elastico deve essere valutata tenendo conto delle imperfezioni iniziali; - Il vincolo deve essere verificato in termini di resistenza nei confronti delle reazioni vincolari che vi insorgono, legate alla sua rigidezza.
P
l0=l
l0>l
l oppure
vincolo molto efficace
vincolo poco efficace
Il problema interessa essenzialmente i ponti a sezione aperta (a via inferiore) e le coperture industriali realizzate con capriate la cui briglia superiore è controventata da orditure secondarie opportunamente intervallate.
Il problema è stato inizialmente risolto da Engesser nell’ipotesi di corrente compresso rettilineo, a sezione costante, sollecitata da carico assiale costante, con estremità incernierate e supporti elastici uniformemente distribuiti. lC
k = F/v
v = spostamento vincolo; F = reazione vincolo.
l P lC=βl
k
Secondo Engesser l’asta raggiunge il carico critico in campo elastico se: k ≥ k min
=
2 cr
P
⋅l
(valida
4 EI
poiché EI =
2 cr
P
⋅ ( β ⋅ l )
per β ≥ 1,2 )
l0
2
π 2
N
deve
risultare
k ≥ k min
=
k i
⋅ l ⋅ π 2 4 Pcr ⋅ ( β ⋅ l ) 2 cr
P
2
k i
La procedura è poi stata estesa al campo plastico e si applica come di seguito indicato. a)
k i k e
Sezione e N costanti, appoggi elastici intermedi equidistanti e di ugual rigidezza: Si determina la rigidezza k 0 (n = numero di campi): n>2
1,2 ≤ β ≤
n
2
⇒ k 0 =
π 2
2
4 β
⋅
N l
n=2
k e
1 ≤ β ≤ 2 ⇒ k 0
=
3 2
(4 − β )⋅ N 2
l
β =
λ y l0
ricavando λ y in funzione di ω (da f d ⋅ A/N o σ adm⋅ A/N ).
i y Deve risultare: . .) k i ≥ k 0 (S L o
k i k i
≥ η i k 0 (S . L.) ≥ η e k 0 (S . L.)
k i o o
≥ 1,5k 0 (T . A.) ⇐ vincoli estremi rigidi k i ≥ 1,5 ⋅ η i ⋅ k 0 (T . A.) ⇐ vincoli estremi k i ≥ 1,5 ⋅η e ⋅ k 0 (T . A.) ⇐ vincoli estremi
Verifica:
1 + 0,6 ⋅ ξ ⋅ β ⎡ 1,41 ⋅ ξ ⋅ β 1 1 η = + − con i ⎢ 2 (1 + 0,6 ⋅ ξ ⋅ β )2 ⎢⎣ Progetto:
η e
=
0,6η i / 0,36 β η i noto η i − 1
In ogni caso η i ≥ 1,1 e β ≥ 1,2.
⎤ ⎥ ⎥⎦
η e
=
η i ξ
cedevoli cedevoli
con ξ noto
b) Sezione variabile da campo a campo, N variabile, campi di lunghezza variabile e rigidezze dei vincoli intermedi variabili: Si usa la procedura precedente assumendo: - N = N max - l0 = l0,min - β = media aritmetica dei diversi valori di β - ξ = k i,min /k e I vincoli elastici si dimensionano per: N F i = max appoggi inermedi 100 β
F e
=
N max
100
appoggi
estremi
con N max = max forza nei campi adiacenti al vincolo.
Aste appartenenti a telai l0 = distanza tra i 2 punti consecutivi di flesso della deformata critica in campo elastico di un ritto semplicemente compresso.
β = 0,7
β = 0,5
(1)
(0,7)
β=2
β=1
(>2)
(2)
Verifica di stabilità globale: Si considera agente nella combinazione più gravosa dei carichi verticali un sistema di forze orizzontali pari ad 1/80 dei carichi verticali. Gli spostamenti orizzontali conseguenti non devono superare 1/500 dell’altezza totale del telaio.
Lastre piane irrigidite Il comportamento instabile è strettamente influenzato dal tipo di sollecitazione. S’individuano 2 categorie di problemi: Lastre compresse
Lastre inflesse
Piattabande e impalcati
Anime
Poche riserve in campo elastico
Molte riserve in campo elastico σ2
LASTRE COMPRESSE
Sono soggette a: - Tensioni flessionali σ 1 associate al comportamento d’insieme di tutta la struttura; - Tensioni tangenziali complanari τ dovute al comportamento globale a taglio e torsione (primari e secondaria);
τ
σ1
-
Tensioni normali trasversali dovute alla deformazione trasversale ed alla presenza d’irrigidimenti (σ 2); Tensioni flessionali nello spessore dell’impalcato dovute agli effetti locali dei carichi.
Sono possibili 4 tipi d’instabilità:
Imbozzamento locale dei singoli pannelli tra le nervature Instabilità globale della lastra con inflessione longitudinale tra gli irrigidimenti trasversali
Instabilità locale della nervatura (aperta) o di una sua parte (chiusa) Instabilità globale della lastra con inflessione trasversale tra le travi di bordo
LASTRE INFLESSE
I pannelli d’anima compresi tra le ali. Travi e nervature verticali d’irrigidimento sono in genere soggetti a flessione composta e taglio. Molte riserve in campo plastico per via della forma dei diagrammi tensionali. Modalità di verifica: calcolo del coefficiente d’imbozzamento sulla base dello stato tensionale nel pannello (k σ ); Calcolo tensione ideale d’imbozzamento: σ r = k σ σ cr,0 (quest’ultimo da tabella). Deve risultare:
σ cr ,id 2 1
σ
+ 3τ
2
≥ β ⋅ν
σ cr ,id
σ2 σ1
σ1
a
ψσ1
σ2
σ 12
=
+ 3τ 2 2
⎛ 3 − ψ σ 1 ⎞ ⎛ τ ⎞ ⎟⎟ + ⎜⎜ ⎟⎟ ⋅ + ⎜⎜ ⋅ σ cr ⎝ 4 σ cr ⎠ ⎝ τ cr ⎠
1 + ψ σ 1 4
ψσ1
τ
2
con σ 1 con σ 1
= 0 se = σ 1,max
τ valutata
σ 1
>0
se σ 1
su
sola
nel
campo
<0
nel
campo
anima
dove :
σ cr ,id
= σ cr
σ cr ,id
=
β =
se σ 1
+ 0,80σ m σ n + σ m
= σ σ m = σ Se
3τ cr
σ n
β = 1 σ n
se τ = 0
per
=0
per
α ≤ 1,5
α > 1,5
da N da M
risulta σ cr
> f y ≅ 0,8 f d
⎛ f y ⎞ ⎟ 20 + 25 − 15⎜ ⎜ σ cr ,id ⎟ ⎝ ⎠ σ cr ,id = f d 2 ⎛ f y ⎞ ⎟ 25 + ⎜ ⎜ σ id ⎟ ⎝ ⎠
a σ cr ,id 2
si
sostituisce
ANALISI DI STRUTTURE IN ACCIAIO I procedimenti dell’analisi limite trovano alcuni limiti nei seguenti problemi: - Necessità di tenere in conto di un numero cospicuo di condizioni di carico; - Presenza di imperfezioni geometriche (aste non rettilinee), costruttive (verticalità delle colonne) , Autotensioni.
Telai a nodi fissi Sono detti a nodi fissi quei telai che non hanno resistenza apprezzabile ad azioni orizzontali e richiedono dunque un contoventamento o un accoppiamento con strutture molto rigide che si caricano integralmente le azioni orizzontali. La loro deformabilità ad azioni orizzontali comporta che i corrispondenti spostamenti non causino apprezzabili effetti sui regimi di sforzi. Non si commettono errori importanti a considerare schematizzazioni semplici come le travi continue.
TRAVI
-
Profilati di classe III e IV : calcolo elastico lineare, il carico ultimo corrisponde al raggiungimento del momento ultimo nella prima sezione; - Profilati classe I e II : E’ possibile effettuare una analisi limite. Bisognerà, inoltre, evitare instabilità flesso torsionali.
B) Telaio con nodi rigidi
Nodi flessibili o semi-rigidi
A) Nodi flessibili pendolari
COLONNE Caso A detto pendolo: si effettua la verifica di instabilità dell’asta reale al carico di punta (instabilità euleriana); - Caso B: si effettua la verifica del carico di punta in presso flessione (Instabilità Euleriana); I controventi saranno calcolati tenendo conto delle imperfezioni di verticalità, e degli effetti del 2°ordine.
-
Telai a nodi rigidi Sono telai progettati per sopportare, integralmente o parzialmente, azioni orizzontali, azioni orizzontali. Essi dunque prevedono collegamenti tra travi e colonne che possano trasmettere M, T e di solito usano unioni rigide (giunti saldati, bulloni ad attrito), e sono più onerosi. I punti A, B e C rappresentano le successive cernierizzazioni, mentre da C in poi si hanno i seguenti fenomeni: - Effetto P-δ; - Non linearità geometrica e conseguente instabilità globale. Le difficoltà dell’analisi sono: - Non linearità geometrica; - Non linearità meccanica; - Influenza delle imperfezione; - Instabilità locale. La non linearità geometrica si risolve con il metodo della matrice geometrica o il metodo P-δ.
La non linearità meccanica si affronta con i metodi basati sull’ipotesi della plasticità addensata , tuttavia è necessario verificare di volta le rotazioni delle cerniere. Nel caso di profilati di classe III e IV le instabilità premature vanificano l’analisi limite, cosicché il collasso avviene alla formazione della prima cerniera, cioè il calcolo avviene in campo elastico. Per quanto riguarda le imperfezioni, generalmente si tiene conto, in sede di analisi strutturale, dei soli difetti costruttivi. Delle imperfezioni nelle aste e delle autotensioni si tiene conto in sede di verifica locale.
DUTTILITA’ Nello studio del comportamento elasto-plastico delle travi e monodimensionali in acciaio solitamente si fanno le seguenti ipotesi: - Ipotesi di Navier (cioè il mantenimento delle sezioni piane); - Piccoli spostamenti; - Materiale elastico-perfettamente plastico (diagramma di Prandtl); - Assenza di fenomeni di instabilità. Definiamo: M e: momento elastico, per cui ε , deformazione massima, raggiunge il limite elastico; M u: momento ultimo, per cui ε = ε u; M p: momento plastico, per cui ε = ∞ ; µ 0 = ε u / ε e :duttilità del materiale; β = M p /M u: fattore di forma della sezione.
strutture
Duttilit à à delle sezioni Sezione rettangolare. Per l’ipotesi di Navier: ε e = ε da cui
Y e
Y e
h
2 h = ⋅ ε e 2
ε
dove
σ o ε e = E
2 2 2 ⎞ 2 h ⎞ h 1 ⎛ ⎛ σ o ⋅ b ⋅ Y e ⎞ Y e σ o ⋅ b ⋅ h σ o ⋅ b ⋅ Y e σ o ⋅ b ⋅ h ⎛ ε e − = ⋅ ⎜1 − ⋅ 2 ⎟ M = 2⎜ σ o ⋅ b ⋅ ⎟ ⋅ − 2⎜ ⎟⋅ = ⎜ 3 ⎟ 2 ⎠ 4 4 3 4 ⎝ ⎝ 2 ⎠ 3 ε ⎝ ⎠ 2 ⎡ 2 ⎛ ε ⎞ ⎤⎥ σ o ⋅ b ⋅ h 1 ⎢ Considerando che M p = si ha Μ u = Μ e ⋅ 1 − ⋅ ⎜ e ⎟ , considerando che
4
µ 0
=
ε u
⎢ ⎢⎣
3
⎜ ε ⎟ ⎥ ⎝ u ⎠ ⎥⎦
ε e b h ⎞ 2 h σ ⋅ b ⋅ 2 2 Inoltre, poiché M e = 2⎛ ⎜ σ o ⋅ ⋅ ⎟ ⋅ ⋅ = o h = M p da cui: 6 3 ⎝ 2 2 ⎠ 3 2 2⎤ ⎡ ⎡ ⎛ ⎞ 2⎤ ⎛ ⎞ 1 ε ε e M e e M = M p ⋅ ⎢⎢1 − 3 ⋅ ⎜⎜ ε ⎟⎟ ⎥⎥ = 2 ⎢⎢3 − ⎜⎜ ε ⎟⎟ ⎥⎥ ⎝ u ⎠ ⎦ ⎣ ⎣ ⎝ u ⎠ ⎦
Dunque il fattore di forma per sezioni rettangolari risulta:
β = M = 3 p
M e
2
Se l’anima è molto sottile β ≅ 1 e: h M p ≅ 2 ⋅ b ⋅ s ⋅ ⋅ σ 0 = b ⋅ s ⋅ h ⋅ σ 0
2
In realtà vi sono altri fattori che condizionano i diagrammi momento curvatura e precisamente: - Presenza di autotensioni parassite; - Ramo incrudente dell’acciaio (solitamente trascurato per insorgenza di fenomeni d’instabilità).
-σ0 A1
-σ0 -
A1 -
+ A2
+
A2
σ
0
A1
= A2 =
A
2
σ
0
Duttilit à à della struttura La duttilità strutturale porta comunque diversi vantaggi: 1. Collasso duttile e non fragile; 2. Attenuazione dei picchi di sollecitazione e capacità di ridistribuzione nelle strutture M/Me iperstatiche; 3. Attenuazione delle sollecitazioni dovute ad χ / χe azioni sismiche, dinamiche, impulsive. Tuttavia, a una duttilità anche illimitata del materiale o della sezione corrisponde una limitata duttilità della struttura.
P
δ 1
χ
1 l
ESEMPIO: MENSOLA l
∫
e
0
µ δ
=
δ u δ e
1
l
δ = M 1 ( x ) ⋅ χ ( x )dx
∫
α = χ ( x )dx
M1(x)
0
e
µ α
=
α u α e
Lunghezza tratto plasticizzato dipende dall’incrudimento del diagramma M- χ
e
l
-
La duttilità della struttura aumenta se si ha un apprezzabile incrudimento nel diagramma momento-curvatura, e in particolare aumenta con il beneficio plastico β , fattore di forma. La duttilità è limitata dal fatto che la plasticizzazione si estende a tratti limitati. Ciò è dovuto alla variabilità del momento flettente, e cioè alla presenza del taglio.
µ 0
= 5 ÷ 10 ⇒ µ α = 1,69 ÷ 1,79
per sezioni
rettngolar i
INFLUENZA DEL TAGLIO
Il
taglio può avere un ruolo importante nella plasticizzazione di sezioni a doppio T, al punto che a volte si considera l’anima già plasticizzata, assumendo che il collasso avvenga non appena sopraggiunge la plasticizzazione nelle ali. La plasticizzazione prematura dell’anima rispetto alle ali, permette la progettazione di controventi duttili. In particolare la struttura viene progettata in modo che la plasticizzazione a taglio avvenga prima dell’instabilizzazione dei controventi, che determinerebbe un collasso repentino e poco dissipativo.
INSTABILITA’ DELLE TRAVI IN REGIME ELASTICO Ci riferiamo a travi di Eulero-Bernulli, limitatamente deformabili, cui sia applicabile la teoria linearizzata (cos ϕ = 1, sen ϕ =0). Dunque: 4
EJ d
y
dx
4
= − p( x) ⇒ 2
y ⇒ p( x) ⋅ dx = P ⋅ dy = P d dx ⇒ dx y y ⇒ EJ d + P d = 0 ⇒ dx dx 2
4
2
4
2
4
2
y y ⇒ d + α d = 0 dx dx 2
4
2
con
P
α = EJ 2
Soluzione: y = C 1 cos α x + C 2 senα x + C 3 x + C 4
Proviamo a costruire la matrice di rigidezza della trave sulla base della teoria linearizzata , imponendo le seguenti condizioni al contorno: y (0) = 0
y (l ) = 0
y ' (0) = ϕ
y ' (l ) = 0
Poiché y ' = −α C 1 senα x + α C 2 cos α x + C 3 si ha:
C 1 + C 4 = 0
α C 2 + C 3 = ϕ
C 1 cos λ + C 2 senλ + C 3 l + C 4 = 0
− α C 1 senλ + α C 2 cos λ + C 3 = 0
avendo posto α ⋅ l = λ . Risolvendo:
C 1 =
ϕ senλ − λ cos λ ⋅ D α
C 2 =
ϕ 1 − cos λ − λ senλ ⋅ D α
ove D = 2 − 2 cos λ − λ senλ .
y ' ' = −α C 1 cos(α x ) − α C 2 sen (α x ) 2
2
y ' ' ' = α C 1 sen (α x ) − α C 2 cos(α x ) 3
3
C 3 = ϕ ⋅
1 − cos D
C 4 = − C 1
I COLONNA:
M = − EJy ' ' = EJ α 2 C 1 cos α x + α 2 C 2 senα x
M A = M (0) = EJ α ϕ ⋅ =
EJ l
senλ − λ cos λ EJ D
=
l
⋅ λ ⋅
senλ − λ cos λ D
⋅ ϕ =
⋅ φ (λ ) ⋅ ϕ
⎛ α ϕ ⋅ senλ − λ cos λ ⋅ cos λ + α ϕ ⋅ 1 − cos λ − λ senλ ⋅ senλ ⎞ = M l EJ ( ) = − = − ⎜ ⎟ M B D D ⎝ ⎠ EJ λ (λ − senλ ) EJ = ⋅ ⋅ ϕ = ⋅ χ (λ ) ⋅ ϕ l
V A = −V B
D
l
+ = M A M B l
EJ (φ (λ ) + χ (λ ) )
=
l
⋅
l
⋅ ϕ =
l
2
⋅ ⋅ λ
EJ 1 l
(1 − cos λ ) D
⋅ ϕ =
EJ ω (λ ) l
⋅
l
⋅ ϕ
II COLONNA: y ' (0) = 0
y (0) = η
y (l ) = 0
y ' (l ) = 0
C 1 + C 4 = η
C 1 cos λ + C 2 senλ + C 3 l + C 4 = 0
α C 2 + C 3 = 0
− α C 1 senλ + α C 2 cos λ + C 3 = 0
cos λ − 1 − senλ ⋅η C 2 = ⋅η D D ⎛ 1 − 1 − cos λ ⎞ ⋅η λ senλ = ⎜ ⎟ C 4 C 3 = − l ⋅ D ⋅η D ⎠ ⎝
C 1 =
M ( x) = − EJy ' ' = EJ α 2 C 1 cos α x + α 2 C 2 senα x 2
M = M (0) = EJ α ⋅ A
cos λ − 1 D
2
cos λ − 1 EJ ω (λ ) ⋅η = EJ λ ⋅ ⋅η = − ⋅ ⋅η D l l l 2
EJ ω (λ ) ⋅ ⋅η l l
M B = − M (l ) = M A = −
V A = −V B =
EJ ω (λ ) P EJ ⎛ 2ω (λ ) P ⎞ ⋅ 2 2 ⋅η − ⋅η = ⋅ ⎜⎜ 2 − ⎟⎟ ⋅η l l l ⎝ l EJ ⎠ l
Dunque nell’ipotesi che P non vari apprezzabilmente, il problema rimane lineare e la matrice di rigidezza [K] della trave assume la forma seguente:
ω (λ ) ω (λ ) ⎤ ⎡ φ (λ ) χ (λ ) − − ⎢ ⎥ l l ⎢ ω (λ ) 2ω (λ ) P 2ω (λ ) P ⎥ ω (λ ) − − − 2 + ⎥ ⎢ l 2 EJ l EJ ⎥ l l [K ] = EJ ⋅ ⎢ ω (λ ) ω (λ ) ⎥ l ⎢ ( ) ( ) χ λ φ λ − ⎢ ⎥ l l ⎢ ω (λ ) 2ω (λ ) P ω (λ ) 2ω (λ ) P ⎥ − 2 + − ⎥ ⎢− 2 EJ l EJ ⎥⎦ ⎢⎣ l l l
ANALISI STRUTTURALE DEL 2 ORDINE Riprendiamo la formulazione di rigidezza della trave derivante dalla teoria linearizzata. La trave fa parte in genere di una travatura più complessa e lo sforzo normale non può, se non con approssimazione, essere considerato costante : Insorge dunque un problema di non-linearità detta geometrica. Ulteriori problemi computazionali in un eventuale calcolo iterativo derivano dalla presenza di termini non lineari nella stessa matrice locale. E’ possibile attuare un procedimento semplificato basato sull’assunzione di una deformata con legge cubica. In altre parole, gli effetti del 2° ordine sui nodi vengono calcolati con riferimento agli spostamenti calcolati con la teoria del 1° ordine. Nella costruzione della matrice di rigidezza, una volta imposto uno spostamento unitario su un movimento, oltre alle reazioni del 1° ordine, si calcolano le reazioni rispetto alle sollecitazioni del 2° ordine, che andranno in una matrice detta “Geometrica” [K]G.
{S } − {S 0} = {[K ] + [K ]G}⋅ {η }
Ai fini del calcolo di [K]G, la rotazione apparente dell’asta assume carattere dominante, per cui facendo riferimento al seguente schema:
δ ≅
1 l
effetto sway (deragliamento)
⎡0 0 ⎢0 1 ⎢ P ⎢0 0 [K G ] = − ⋅ ⎢ l 0 0 ⎢ ⎢0 − 1 ⎢ ⎣0 0
0
0
0
0
0
−1
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0⎤ 0⎥
⎥ 0⎥ ⎥ 0⎥ 0⎥ ⎥ 0⎦
Metodo P - Valuta Valuta approssim approssimativ ativamen amente te gli effetti effetti del 2° ordine ordine utilizzando utilizzando esclusiva esclusivamente mente la matrice di rigidezza elastica sulla base del cosiddetto effetto “Sway”. Facendo riferimento alla figura seguente si scrive l’equazione di equilibrio della generica trave di un telaio:
∆ H i =
∑ p
⎛ N i δ i N i +1δ i +1 ⎞ ⎜ ⎟ ⎜ h i − h i +1 ⎟ ⎝ ⎠
Il calcolo calcolo è iterativo e di volta in volta si considera l’aggravo di carichi orizzontali orizzontali aggiuntivi ∆ H i, finché finché questi questi diventano diventano sufficien sufficientemen temente te piccoli. piccoli. Tale metodo metodo permette anche la valutazione di carichi orizzontali aggiuntivi dovuti dovuti ad ψ del telaio: imperfezioni di verticalità ψ del
∆ H i = (Qi − Qi+1) ⋅ψ
INFLUENZA DELLA DEFORMABILITA’ A TAGLIO SUL CARICO DI PUNTA Il taglio determina una rotazione aggiuntiva del concio che non genera flettenti e va detratto dall’eq. della linea elastica: T P ⋅ y ' = χ ⋅ χ = fattore di taglio yT ' = χ ⋅ con G ⋅ A G ⋅ A
(
E ⋅ J y
IV
con da
cui
− y
IV T
) + Py
II
⎛ ⎝
J * = ⎜1 − Pcr
= 0 ⇒ y +
P
IV
⋅ y = 0 II
E ⋅ J *
Pϕ
χ ⋅ P ⎞
⎟
G ⋅ A ⎠
⎛ χ ⋅ Pcr ⎞ = P E ⎜1 − ⎟ ⎝ G ⋅ A ⎠
⇒
ϕ
Pcr
=
P E
1 + P E ⋅
χ G ⋅ A
Y
P(ϕ+dϕ)
Nel caso di sezione piena in acciaio (l = altezza asta incernierata, b = base minore sez.) si trova: χ ⋅ P E G ⋅ A
⎛ π 2 ⋅ E ⋅ J ⎞ ⎜⎜ ⎟⎟ 2 2 l b ⎛ ⎞ ⎠ = 2,6⎜ ⎟ = 1,2 ⎝ ⎡ E ⋅ A ⎤ ⎝ l ⎠ ⎢ 2(1 + ν )⎥ ⎣ ⎦
T ⋅ Lt
m Cos3α ⋅ E ⋅ Ad s
Lt T
α T ⋅ Lt
Valore generalmente trascurabile. Invece tale riduzione L0 assume importanza nel caso di aste calastrellate e tralicciate. ESEMPIO: TRALICCIO T m = Lt E ⋅ At γ =
⇒
s L0
=
T ⋅ Lt
cos 3 α ⋅ E ⋅ Ad ⋅ L0
Cos α ⋅ E ⋅ Ad 2
γ T
+
T ⋅ Lt E ⋅ A t ⋅ L0
Lt Lt ⎛ χ ⎞ = γ = γ ' = ⎜ + ⎟ ⎝ G ⋅ A ⎠ T cos 3 α ⋅ E ⋅ Ad ⋅ L0 E ⋅ A t ⋅ L0
T T/Cos α
α
ESEMPIO: TRALICCIO s1
T ⋅ L ⋅ Lt 2 0
=
24 ⋅ E ⋅ J t T ⋅ L0
T/2
T/2
: Momento in
calastrelli
: Momento
corrente
3
s2
=
48 ⋅ E ⋅ J 0
in
Lt ⋅ L0 L20 χ ⎞ γ ⎛ γ ' = ⎜ + ⎟= = 12 ⋅ ⋅ ⋅ E J t 24 ⋅ E ⋅ J 0 ⎝ G A ⎠ T
L0
In entrambi i casi il problema si può impostare nella forma seguente:
σ crit
=
T/2
π 2 ⋅ E
T/2
λ 2 (1 + γ '⋅P E )
λ 2eq
= λ 2 (1 + γ '⋅P E )
λ 2eq
= λ 2 + λ 12
e
λ 12
Lt
= λ 2 ⋅ γ '⋅P E
γ ’, e dunque λ 1, dipendono in generale da considerazioni teoriche corroborate e calibrate da prove sperimentali.
s1 s2
INSTABILITA’ LATERALE L’instabilità laterale interessa tipicamente le travi inflesse con anima molto sottile. In alcuni casi, un leggero sbandamento laterale o una torsione, possono portare alla instabilità. Esaminiamo il caso di una trave rettangolare soggetta a momenti costanti applicati sulle estremità. Si osserva che la configurazione variata determina dei momenti aggiuntivi che dovranno rispettare le seguenti relazioni: E J y ϕ ' y = M y
= − M z ⋅ ϕ x
G J t ϕ ' x = M z 0 ⋅ ϕ y
0
Derivando la seconda relazione e sostituendo si ottiene:
⎛
G J t ϕ ' ' x = M 0 z ⋅ ϕ ' y = M 0 z ⋅ ⎜⎜ − M z 0 ⋅
G J t ϕ ' ' x +
2 M 0 z
E J y
⎝
⋅ ϕ x = 0
2 ϕ ' ' x + λ ⋅ ϕ x = 0
λ = 2
2
M 0 z (G J t )( E J y )
ϕ x ⎞ ⎟ E J y ⎠⎟
La soluzione è: x + Bsenλ x ϕ x = A cos λ
Se imponiamo troviamo: A = 0
ϕ x ( x = 0) = 0
e
ϕ x ( x
= l) = 0
(rotazioni impedite sugli appoggi),
e B ⋅ senλ x = 0
Oltre alla soluzione banale ( B = 0) , si trova λ l
= K π
M oz ⋅l (G J t )( E J y )
ossia
= K π
Il valore del carico critico è il più piccolo fra quelli associati ai diversi valori di K :
( M zo )critico = π ⋅
(G J t )( E J y ) l
Nel caso in cui esista anche una forza assiale di compressione P, si dimostra che:
(G J t )( E J y ) ⎛ P⋅G J t ⎞−0,5 ⋅ ⎜1+ 2 ⎟ ( M zo )critico = π ⋅ l
⎝
M oz
INSTABILITA’ E COLLASSO IN REGIME ELASTO - -PLASTICO PLASTICO DELLE TRAVI E ⋅ J v
d 2 v dx
2
f
= P(e + f − v )
= C 1 cos(α x ) + C 2 sen(α x ) + e + f
ove
α =
P E ⋅ J
Imponendo le condizioni v(0) = 0 e v’(0) = 0 si trova:
= ( f + e )[1 − cos(α x )] f [1 − cos(α ⋅ l )] curva = e cos(α ⋅ l )
v
e P
l b
v
h
a)
x
La completa plasticizzazione di una sezione rettangolare si ha quando è soddisfatta la seguente equazione: M = M P
− 2 ⋅ σ 0 ⋅ b ⋅ y '⋅
y '
2
⇒ M = M P − M P ⋅ 2 ⋅ σ 0 ⋅ b ⋅
P2
4 ⋅ M P ⋅ σ 0 ⋅ b 2