Facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche, Studi Orientali Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali – ISO Corso di Laurea Triennale in Lingue e Civiltà Orientali Cattedra di Religioni e Filosofie dell’Asia Orientale
ANALISI PRELIMINARE DELLE INFLUENZE ETICO-RELIGIOSE GIAPPONESI SUL CODICE DELLA “YAKUZA”
Relatrice
Candidato
Prof.ssa Donatella Rossi
Mauro Piccillo Matricola n° 1143220
Anno Accademico 2010/2011
INDICE
INTRODUZIONE ............................................................................................................... 1 STORIA E ORIGINI DELLA YAKUZA ....................................................................... 3 IL RAPPORTO TRA SHINTŌ E YAKUZA ................................................................. 9 IL BUSHIDŌ NELLA YAKUZA ................................................................................... 14 L’USO DEGLI IREZUMI NELLA YAKUZA ............................................................ 20 CONCLUSIONI ................................................................................................................ 27 GLOSSARIO ..................................................................................................................... 29 BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................... 34 SITOGRAFIA.................................................................................................................... 35 LISTA DELLE ILLUSTRAZIONI ................................................................................ 36
INTRODUZIONE Il termine “yakuza” ヤクザ deriva dalle letture della serie di numeri 8 – 9 – 3. Tale serie era il peggior punteggio possibile totalizzabile nelle partite del gioco di carte detto hanafuda 花札. Il termine yakuza veniva utilizzato tra i gruppi di organizzatori di giochi d’azzardo per indicare qualcosa di inutile, e successivamente, cominciò a essere riferito agli organizzatori stessi, implicando che il loro ruolo nella società fosse inutile. Quando si nomina la parola “yakuza”, per esprimere sia l’interezza della criminalità organizzata giapponese, che un membro di tale comunità, emergono comunemente due differenti, ma correlate, concezioni. Una è quella più occidentale, che intende per “yakuza” l’esotica criminalità organizzata giapponese, caratterizzata da tatuaggi, mignoli tagliati, e comunemente accettata nella società nipponica. L’altra è un’immagine più romantica, che vede tali organizzazioni quasi come eredi morali della nobiltà guerriera, patrioti che si rifanno ai valori etici tradizionali del Giappone.1 Questa concezione si può riassumere con l’espressione: Samurai in business suits.2
Questa immagine “romantica” è stata diffusa anche grazie al filone cinematografico giapponese chiamato “Yakuza Eiga” ヤ ク ザ 映 画 , ovvero film sulla yakuza che, presentando una tale immagine del mondo criminale, ha ovviamente ricevuto appoggio e approvazione da parte della yakuza stessa, in quanto tali pellicole rappresentano solitamente la mafia giapponese come un gruppo di persone strettamente legate a un codice morale ben definito, erede di ciò che rappresentava il Bushidō 武士度 per i samurai 侍. Il presente studio, illustrato in questa tesi, intende richiamare gli elementi di codici etici e di religione che possono essere ritrovati in qualche forma, a volte con alcune variazioni nel codice di condotta o nello stile di vita dei membri della yakuza. A questo proposito il primo capitolo della tesi è dedicato alla storia della yakuza, cercandone le possibili origini nel periodo Tokugawa 徳川 (1603 – 1868) con gli hatamoto-yakko 旗 本奴 (servi dello shōgun 諸軍) e i machi-yakko 町奴 (servi della città). Il secondo 1
Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, YAKUZA: Japan’s Criminal Underworld, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, California, 2003, p. xviii. 2 Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. xviii.
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capitolo si focalizza sugli elementi della religione Shintō 神道 presenti in più aspetti nell’ambiente yakuza, mettendo ad esempio a confronto la cerimonia del matrimonio secondo la religione Shintō con la cerimonia d’ingresso di nuovi membri in un clan. Il terzo capitolo tratta di come il Bushidō 武士道, il codice morale dei samurai, abbia influenzato la struttura stessa dei sindacati della criminalità organizzata Giapponese. Infine, l’ultimo capitolo analizza la simbologia presente negli irezumi 入れ墨, i tatuaggi eseguiti secondo il metodo tradizionale giapponese, di alcuni membri della criminalità organizzata giapponese, attraverso le opere della fotografa Sandi Fellman, tratte dal suo libro The Japanese Tattoo.3
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Cfr. Sandi FELLMAN, The Japanese Tattoo, Abbeville Press Publishers, Hong Kong, 1986.
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STORIA E ORIGINI DELLA YAKUZA Per cercare l’origine della yakuza è necessario risalire al periodo Tokugawa 徳川 (1603 – 1868), con l’emergere dei kabuki-mono 傾奇者 o hatamoto-yakko 旗本奴. Il termine kabuki-mono deriva dal verbo kabuku
か ぶ く che significa “uscire fuori
dall’ordinario, deviare”, e serviva a indicare samurai 侍 che, con l’avvento della burocratizzazione che caratterizzò il periodo Tokugawa, si ritrovarono nella situazione già comune ai rōnin 浪人, i samurai senza padrone. I kabuki-mono erano anche indicati come hatamoto-yakko che, tradotto liberamente, vorrebbe dire “servi dello shōgun” 4 (letteralmente hata 旗, bandiera, moto 本, vera, yakko 奴, servo, perciò “Servo della vera bandiera). L’essere rōnin in un periodo di relativa pace, come fu quello Tokugawa, portò coloro che non riuscirono ad adattarsi al nuovo sistema burocratico e mercantile a riunirsi in gruppi di banditi che attuavano scorrerie nelle città e nei paesi, ed erano caratterizzati, oltre che da un aspetto stravagante, anche da abitudini crudeli, quali lo tsuji-giri 辻斬り, ovvero l’uccisione di un passante per provare la lama di una spada nuova. Sebbene questi criminali, servi dello shōgun, possano apparire come i precursori della criminalità organizzata giapponese odierna, gli appartenenti alla yakuza di oggi, volendo porsi come criminali onorevoli, preferiscono identificarsi con i machi-yakko 町奴 , servitori della città. I machi-yakko erano giovani cittadini che si riunirono in gruppi per respingere gli attacchi sempre più frequenti degli hatamoto-yakko. Come i clan odierni, kabuki-mono e machi-yakko erano soliti dedicarsi al gioco d’azzardo e sviluppare al loro interno legami molto stretti, simili a quelli che oggi legano i membri delle famiglie yakuza. 5 Non è documentato un legame certo tra la mafia giapponese e uno dei due gruppi yakko, in quanto entrambi scomparvero verso la fine del XVII secolo, sotto le pressioni dello shogunato. La yakuza odierna, nonostante l’origine incerta dai menzionati gruppi yakko, viene fatta risalire a due gruppi di criminalità organizzata ben distinti, che ebbero origine verso la metà del diciottesimo secolo: i tekiya 的屋 e i bakuto 博徒. Sebbene entrambi fossero composti principalmente dallo stesso genere di persone (senza tetto, delinquenti,
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Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 4. Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 5.
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disadattati), esercitavano su aree di interesse così distinte che potevano coesistere sullo stesso territorio senza entrare in conflitto tra loro. Ancora oggi la polizia cataloga i gruppi yakuza secondo queste due derivazioni. I tekiya erano mercanti itineranti giapponesi che, viaggiando attraverso il paese, montavano i loro banchi ai mercati e ai festival. La loro mercanzia era conosciuta per la bassa qualità e i loro metodi di vendita erano ingannevoli e coercitivi. Questi gruppi di mercanti, però, erano dediti al contrario dei bakuto, ad attività principalmente legali. Essendo itineranti, tendevano ad attirare nei loro ranghi criminali in fuga e, con il passare del tempo, cominciarono a partecipare ad attività illecite, quali racket e guerre tra bande. Ai tekiya si deve il sistema di organizzazione interna della yakuza di oyabunkobun di derivazione feudale (che sarà approfondito nel terzo capitolo), poiché nel periodo tra il 1735 e il 1740 le autorità feudali aumentarono notevolmente il potere dei capi di questi gruppi, riconoscendone lo status. Il governo conferì ad alcuni oyabun il titolo di “supervisore”, concedendo loro la dignità di “un soprannome e due spade”, simbolo di uno status simile a quello dei samurai.6 I bakuto erano invece gang fondate sul gioco d’azzardo, un’usanza che costituirà la tradizione centrale della yakuza. I primi gruppi di bakuto furono fondati da ufficiali del governo che, essendo responsabili di progetti di costruzione sotto l’amministrazione Tokugawa, organizzarono delle bische per attirare gli operai, in modo da rientrare in possesso dei soldi con cui questi ultimi erano stipendiati. Sempre ai bakuto si deve il rituale detto yubitsume 指つめ cioè il taglio del dito, e il termine yakuza stesso. I luoghi in cui operavano erano le strade più importanti del Giappone feudale. Ad esempio, nella Tōkaidō 東海道, la strada che collegava Kyōto e Tōkyō, erano presenti, nella prima metà del diciannovesimo secolo, cinquantatre postazioni bakuto. Anche un altro segno di riconoscimento della yakuza, il tatuaggio, prese piede con i bakuto. Il tatuaggio imposto ai criminali nacque come segno di riconoscimento. In principio prevedeva un segno intorno al braccio per ogni crimine commesso, ma con il tempo si andò a evolvere con disegni intricati, fino a divenire veri e propri dipinti di divinità e leggende tanto che il governo Tokugawa provò a proibire la pratica del tatuaggio. Gradualmente, le aree di interesse di questi gruppi cominciarono ad ampliarsi, arrivando fino allo strozzinaggio. Con i bakuto nacque il genere letterario matatabi-mono 股旅物, le storie dei bakuto erranti. Questo genere letterario racconta di esponenti della yakuza che, 6
Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 11.
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viaggiando e chiedendo appoggio agli oyabun nei paesi in cui arrivano, sviluppano verso questi ultimi i concetti di giri, senso del dovere, lealtà, e ninjō, solidarietà verso i più deboli e svantaggiati, caratteristiche queste presenti nel Bushidō. È proprio l’accostarsi a questi sentimenti che consente ai membri yakuza di ottenere una condizione e uno stato socialmente accettato, dimostrando di poter combinare compassione e gentilezza con le abilità marziali.7 Nello stilare una storia della yakuza, è necessario parlare di Shimizu no Jirochō 清水の 次郎長, senz’altro il gangster più famoso del Giappone. Shimizu no Jirochō nacque il giorno di Capodanno del 1820 nel porto di Shimizu. A causa di una superstizione riguardante la nascita dei bambini nel giorno di capodanno, venne dato in adozione a un parente ricco. A sedici anni ereditò la società del padre adottivo, ma a vent’anni, annoiato dal suo lavoro, abbandonò la moglie e la ditta per viaggiare per i successivi tre anni. Una volta tornato al proprio paese d’origine, costituì la sua gang di stile bakuto, con la quale arrivò a controllare, all’apice del suo potere, otto stazioni lungo la Tōkaidō, dal fiume Fuji nei pressi di Tōkyō al fiume Ōi verso Kyōto. Nel tratto di strada da lui controllato, Jirochō rappresentava la legge al posto della polizia Tokugawa, che spesso era violenta e corrotta. Verso la fine dello shogunato, quando arrivò il momento di scegliere tra i Tokugawa o l’imperatore, Jirochō si schierò dalla parte del tennō, in quanto imperatore divino delle Isole Giapponesi. Così facendo, all’alba della Restaurazione Meiji, tutti i suoi crimini vennero perdonati, e Jirochō, divenuto un’importante personalità nella sua società, promosse lo sviluppo dell’agricoltura, della pesca, e della città. Egli iniziò persino una delle prime scuole di Inglese del Giappone, e aprì un penitenziario. Alla sua morte, avvenuta nel 1893 all’età di 73 anni, venne seppellito in un tempio del luogo, ancora visitato da migliaia di persone. Kaplan nel suo libro sulla yakuza già citato, sostiene: It is said that at the foot of Mount Fuji there stands still another monument to the old outlaw, a Shintō shrine dedicated to Jirochō, built by farmers who work the land he once reclaimed. 8
Dopo il modello portato da Shimizu no Jirochō, la yakuza cambiò radicalmente poichè, con la Restaurazione Meiji, la polizia intensificò i controlli che obbligarono i bakuto a nascondersi sempre più nei centri urbani, e costrinse molti boss a iniziare commerci
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Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 17. Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 19.
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legittimi come facciata per i loro racket. I tekiya incontrarono meno problemi, operando su fronti più legali, ma ad ogni modo fu chiaro a tutti che non sarebbe stato più possibile continuare ad agire come era stato fatto fino ad allora. Entrambi i gruppi, per evitare problemi da parte del governo decisero di avvicinarlo, dando vita al periodo delle società ultranazionaliste e dei kuromaku 黒幕 (kuro 黒, nero e maku 幕, sipario), gli uomini che da dietro il sipario controllavano la scena politica. Tōyama Mitsuru (27 Maggio 1855 – 5 Ottobre 1944) fu la prima figura a emergere in questo nuovo genere di criminalità organizzata. Nato a Fukuoka, nel Kyūshū, da una famiglia di samurai di basso rango, Mitsuru partecipò nel 1874 alla Saga no Ran 佐賀 の 乱 , la rivolta di Saga, una delle ultime ribellioni dei samurai, ottenendo una condanna a tre anni di detenzione da parte del governo Meiji. Uscito di prigione, nel 1881, cominciò la scalata al potere fondando la Genyōsha 玄洋社 o Dark Ocean Society, una federazione di società nazionaliste, con il seguente programma: To honor the Imperial Family, respect the Empire and to guard the rights of the people. 9
Le vera intenzione dell’organizzazione era però spingere il Giappone all’espansione verso tutta l’Asia, come il nome stesso suggeriva, riferendosi al Genkainanda 玄界灘, il mare Genkai, ovvero lo stretto che separa il Giappone dalla Corea. I metodi utilizzati dalla federazione includevano ricatti, terrorismo e omicidi verso gli oppositori. Con l’avvento delle prime elezioni nazionali in Giappone nel 1892, vinte dal Partito Liberale, cominciò la prima grande cooperazione tra esponenti politici di destra e crimine organizzato. Così le società segrete si diffusero sul modello della Genyōsha e attirarono lentamente a loro l’attenzione dei boss di gang tekiya e bakuto. Nel 1901, il braccio destro di Tōyama, Uchida Ryōhei 内田良平 (11 Febbraio 1873 – 26 Luglio 1937) fondò un gruppo destinato a succedere alla Dark Ocean Society, la Kokuryū-kai 黒龍会, la società dei Draghi Neri o Amur River Society, dal fiume cinese Heilongjiang, Hēilóng Jiāng 黑龙江, o Fiume del Drago Nero. Tale organizzazione aveva come obiettivo la dominazione e il controllo dell’intera Asia. I più fanatici che ne fecero parte arrivarono a proporre il nome Hakkō-ichi-u 八個一宇 ovvero gli otto angoli del mondo sotto un solo tetto:
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Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Geny%C5%8Dsha.
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The roof, of course, was that of the Emperor of Japan, descended from the Sun God in an unbroken timeline.10 Sostenuta da Tōyama, l’organizzazione tentò con successo di spingere il Giappone in una vittoriosa guerra contro la Russia nel 1905. Nel 1919 Tōyama riuscì a creare la Dai Nippon Kokusui-kai 大日本国粋会, ovvero la “Great Japan National Essence”, un’organizzazione di oltre 60,000 tra gangster e ultranazionalisti, la prima federazione nazionale di gangster. Ufficialmente il suo programma consisteva nell’onorare l’Imperatore, lo spirito cavalleresco, e gli antichi valori giapponesi, ma effettivamente serviva come forza anti-scioperi, e portò la violenza nel movimento ultranazionalista a un livello superiore. Entro la fine degli anni ’20, il crimine organizzato era così diventato parte integrante del governo, essendo presente persino nella Dieta, il Parlamento Giapponese. L’influenza di Tōyama continuò a crescere, fino al 1944, quando egli morì, non prima di aver visto il Giappone conquistare gran parte dell’Asia e del Pacifico, lasciando in eredità alle organizzazioni criminali di destra un ricordo che continua ancora oggi ad essere onorato attraverso l’esposizione del suo ritratto negli uffici delle organizzazioni yakuza. Con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, e la successiva occupazione americana del Giappone, il governo statunitense fece un tentativo per avvicinare la yakuza. Tale tentativo si concretizzò con la figura di Kodama Yoshio 児玉誉士夫 (18 Febbraio 1911 – 17 Gennaio 1984), il kuromaku più famoso del ventesimo secolo. Kodama iniziò la sua carriera nel 1932, istituendo la Dokuritsu Seinen Sha 独立成年者, la Independent Youth Society, una società di estrema destra con la quale tentò di assassinare il primo ministro Saitō Makoto 斎藤実 (27 Ottobre 1858 – 26 Febbraio 1936). Il tentativo finì con la permanenza in carcere di Kodama per tre anni e mezzo. Dopo la sua scarcerazione, Kodama, durante la Seconda Guerra Mondiale, istituì in Cina una rete di spionaggio che utilizzò per fondare la Kodama Kikan 児玉機関, un’agenzia attraverso la quale accumulava materiali strategici come rame, cobalto, nickel, e radio, che poi rivendeva in Giappone. Guadagnò così il rango di Ammiraglio e, alla fine della guerra, venne arrestato dal governo degli Stati Uniti come Criminale di Guerra di Classe A. Kodama venne rilasciato nel Dicembre del 1948, quando le forze di 10
Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 24.
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occupazione lo individuarono come tramite per collegare il G-2, la sezione di spionaggio militare americano, alla yakuza, con lo scopo di bloccare il diffondersi delle idee comuniste. Così facendo, in un Giappone instabile, Kodama divenne uno degli uomini più potenti del paese. Durante l’occupazione, Kodama donò un’ampia somma di denaro all’LDP, il Liberal Democratic Party e nel 1954 aiutò ad attualizzare l’elezione del primo ministro Ichirō Hatoyama 一郎鳩山 (1 Gennaio 1883 – 7 Marzo 1959). La supremazia di Kodama continuò fino al 1972, anno segnato dallo scandalo della Lockheed, di cui egli fu il principale referente locale. Con la scoperta dello scandalo, Kodama fu oggetto di indagini approfondite e, come Al Capone, che fu arrestato per evasione fiscale, Kodama venne indagato per tangenti, false dichiarazioni, e violazioni delle regole di commercio; ma non fu mai processato a causa della sua cattiva salute. Morì d’infarto il 17 Gennaio 1984. Alla sua morte, Kodama lasciò alla yakuza in particolare, e al crimine organizzato giapponese in generale, un modello ben delineato da seguire, rimasto invariato fino ad oggi.
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IL RAPPORTO TRA SHINTŌ E YAKUZA Nell’analizzare gli aspetti della religione Shintō 神道, 神 shin, divinità e 道 tō strada, che sono riusciti a entrare nella yakuza, influenzandola, è importante tenere a mente la distinzione tra spiritualità esistenzialista e spiritualità essenzialista, fatta da Thomas P. Kasulis: The first proceeds by finding an appropriate label for what a person values, believes, and does. “Because I behave or feel in such-and-such a way, I am Shintō”. […] The second type of spirituality arises from an intuition about an inner core of one’s being […] that defines or drives one’s values, beliefs, and actions. “Because I am Shintō, I behave or feel in such-and-such a way.”11
Questa definizione è necessaria per illustrare la religiosità e l’impatto che la religione Shintō può aver avuto sull’attuale sistema degli ikka 一家, le “famiglie” yakuza. Nel capitolo precedente è stato accennato a come i tekiya e i bakuto attirassero nei loro ranghi i burakumin 部落民, letteralmente “abitanti del villaggio”, uno dei più noti gruppi di minoranza giapponesi. I burakumin erano persone che svolgevano un lavoro “collegato al sangue”. Ad esempio, ne erano esponenti i boia, i macellai, i becchini, e i conciatori di pelli. Il motivo per la discriminazione verso questa casta è costituito dal tabù che il sangue e la morte rappresentano nello Shintō, considerati elementi contaminanti, motivo per il quale nell’antichità, fino allo instaurarsi del Buddhismo in Giappone, la capitale veniva cambiata alla morte di ogni imperatore. Nel periodo in cui nacquero e si diffusero i clan tekiya e bakuto, molti burakumin abbandonarono la propria casa per unirsi alle gangs criminali, provando a
lasciarsi alle spalle le
discriminazioni legate alla loro casta. Il legame tra yakuza e burakumin continuò anche dopo il 1871, anno in cui l’abolizione delle caste feudali portò alla teorica liberazione di questa classe che, però, continuò di fatto a essere discriminata; tanto che anche recentemente, quando vi sono dubbi sulla discendenza dai burakumin, l’individuo coinvolto può essere vittima di discriminazioni. Mitsuhiro Suganuma, un ex membro della Public Security Intelligence Agency, dichiarò nel 2006 che il 60% della yakuza era composta da burakumin, e un’indagine rivelò che lo Yamaguchi-gumi, il più grande clan della mafia giapponese è composto al 70% da burakumin. 12
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Cfr. Thomas P. KASULIS, Shintō The Way Home, University of Hawai’i Press, Honolulu, 2009, p. 4-5. Cfr. http://www.youtube.com/watch?v=WA1X2gCImbQ (10/10/2011).
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Ancora di tipo esistenzialista è il modo in cui la yakuza, e il mondo del crimine organizzato giapponese in generale, si rapporta con lo Shintō del nazionalismo così come descritto da Kasulis: Most people are aware of another dimension of Shintō as well: the Shintō of nationalism, imperial reverence, and ethnocentricity. It is the Shintō of kamikaze pilots and militarist fervor, the Shintō of a divine emperor leading a unique global mission for the Japanese nation and its people. It is the Shintō that dominated the international politics of the first half of the twentieth century.13
Nonostante la criminalità organizzata giapponese abbia assunto un aspetto occidentale ispirandosi ai Mafia Movie degli anni ’60, la yakuza è sempre rimasta fermamente legata al nazionalismo e all’imperatore, come è stato già anticipato nel primo capitolo parlando di Shimizu no Jirochō che, all’alba della riforma Meiji, decise di schierarsi dalla parte della dinastia celeste. Quando Kasulis scrive dello Shintō che dominò la politica internazionale della prima metà del XX secolo, egli si riferisce implicitamente ai kuromaku e alle società segrete che, come detto, hanno spinto l’impero giapponese verso l’espansionismo, e hanno sempre sottolineato nel loro programma la discendenza divina dell’imperatore dalla dea del Sole Amaterasu Ōmikami 天 照 大 御 神 (letteralmente "Grande dea che splende nei cieli"). Oltre alle idee nazionalistiche, derivate senz’altro dal Bushidō, di cui l’ideologia Shintō è una componente, la yakuza è anche solita partecipare a eventi inerenti la vita religiosa e folcloristica, quali i matsuri 祭, le feste dedicate a jinja 神社, i templi Shintō. Questa partecipazione però non è dovuta tanto a una fede nella religione come può essere intesa la fede cristiana, ma alla cultura giapponese, in cui il pensiero non è necessariamente inteso come un dogma da seguire, quanto piuttosto una collettiva coscienza sociale. I tekiya, ad esempio erano soliti essere inclusi nell’organizzazione di alcuni matsuri come polizia privata. Nel primo capitolo si è accennato anche al jinja dedicato a Shimizu no Jirochō, che pur non essendo un esponente religioso, è ricordato attraverso il tempio per il suo operato verso la società. Una delle ricorrenze più importanti da questo punto di vista, a cui la yakuza partecipa, è la visita del 15 Agosto presso il tempio Yasukuni 靖 国 神 社 o Yasukuni Jinja, per onorare gli spiriti dei caduti in guerra nella Seconda Guerra Mondiale.14 13
Cfr. Thomas P. KASULIS, 2009, op. cit, p. 1. Cfr. Shibuichi DAIKI, “THE Yasukuni Shrine Dispute and the Politics of Identity in Japan: Why All the Fuss?”, Asian Survey, University of California Press, 2005, Vol. 45, p. 1. 14
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Uno dei più importanti punti di incontro tra lo Shintō e la yakuza consiste nella cerimonia di ingresso dei nuovi membri in una ikka, ovvero la sakazuki-shiki 杯式 (letteralmente cerimonia delle tazze di sake). In questa cerimonia il neofita giura fedeltà al suo oyabun 親分, superiore, attraverso lo scambio di tazze di sake 酒, le sakazuki o ochoko 御猪口, diventando un suo kobun 子分, sottoposto. Il rito, dalle origini molto antiche, veniva già utilizzato dai clan bakuto e tekiya, ed è regolato da rigide norme da rispettare. Il rituale è praticato nella casa dello oyabun, in cui si riuniscono tutti i membri dell’ikka; con gli aspiranti yakuza sono presenti due oyabun di clan affiliati, con la funzione di torimochinin 取持ち人 o azukarinin 預人, ovvero garanti o intermediari per la cerimonia tra oyabun e kobun. La sakazuki-shiki è fissata di norma in un giorno considerato propizio a una divinità di riferimento, con lo scopo di conferire al rituale un significato religioso, e per ottenere la protezione divina della divinità festeggiata. Sebbene lo svolgimento della cerimonia vari a seconda del kumi 組, ovvero il clan che lo organizza, tradizionalmente oyabun e aspirante kobun sono situati faccia a faccia dinnanzi al sanbō 三方, un piccolo vassoio usato nei rituali per contenere le offerte, su cui sono posti due pesci cotti e due vaschette, una di riso, e una di sale. I torimochinin sistemano cerimoniosamente il pesce, e riempiono le tazze di sake, aggiungendo scaglie di pesce e sale, si girano verso l’aspirante kobun e lo ammoniscono riguardo ai suoi doveri: Having drunk from the oyabun’s cup and he from yours, you now owe loyalty to the ikka [family] and devotion to your oyabun. Even should your wife and children starve, even at the cost of your life, your duty is now to the ikka and oyabun.15
Oppure: From now on you have no other occupation until the day you die. The oyabun is your only parent; follow him through fire and flood. 16
Al kobun viene poi consegnata la happi 法被, una giacca in cotone con sopra ricamato il simbolo del kumi, e lo oyabun presenta una spada come stendardo, su cui è ricamato il simbolo dell’ikka. Al kobun viene assegnato un nuovo nome che, scritto su un emaki 絵 巻, viene appeso in una sala insieme a quelli di tutti gli altri membri. Lo oyabun termina a questo punto la cerimonia esclamando:
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Cfr. Hiroaki IWAI, “Delinquent Groups and Organized Crime”, Sociological Review Monograph, Routledge & Kegan Paul, London, 1966, Vol. 10, p. 388. 16 Cfr. Hiroaki IWAI, 1966, op. cit, p. 388.
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E’ come avere un figlio naturale.17
La sakazuki-shiki non è utilizzata solo per l’ingresso di un kobun in un ikka, ma anche per celebrare promozioni, trattati di pace, e unioni tra kumi. È notevole notare che la cerimonia della sakazuki-shiki non nasce con la yakuza, ma è impiegata solitamente nel celebrare il matrimonio secondo il rituale Shintō. Il matrimonio Shintō si configura in modo simile per certi versi all’applicazione della sakazuki-shiki utilizzata come rito per celebrare l’unione di due kumi. Infatti, oltre a indicare l’unione di una coppia, il rituale del matrimonio ha la funzione di unire le famiglie degli sposi. Avendo un significato più religioso, la figura del torimochinin è assente, mentre al suo posto troviamo un sacerdote che, all’inizio della cerimonia, purifica tutti i presenti. Successivamente gli sposi pronunciano i loro voti che, come nel caso della yakuza non sono rigidamente decisi, sebbene la formula più diffusa sia la seguente: 今日
の
吉日 に 私共 は 御神前 で
kyou no kisajitsu ni watakushidomo wa goshinmae de In questo giorno fortunato, noi davanti alle divinità 結婚式 を 挙げます kekkonshiki o agemasu Celebriamo un matrimonio 今後
御神徳 を 戴きまして
kongo goshintoku o itadakimashite Dopo aver ricevuto la virtù divina oggi 相和
し
相敬 し
夫婦
の 道 を 守り 苦楽 を とも に し 平和な 生 活 を 営んで
aiwa shi aikei shi huuhu no michi o mamori kuraku o tomo ni shi heiwana seikatsu o itonande
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Cfr. Manuela FLORE, “Yakuza: tra politica e affari”, http://www.storiadigitale.it/book/econtemporanea/yakuza-tra-politica-e-affari, 2008.
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Praticheremo una vita di mutuale pace, insieme proteggeremo con la gioia e con il dolore la strada della coppia, il rispetto reciproco e il nostro insieme. 子孫
繁栄
の 途
を
開き 終生 変わらぬことを お誓い 致します
shison hanei no michi o hiraki shuusei kawaranukoto o ochikai itashimasu Facciamo un voto di non deviare dalla strada della prospera discendenza per tutta la vita. 何卒
幾久しく 御守護 下さいますよう
nanitozo ikuhisashiku goshugo kudasaimasuyou Per favore, proteggeteci sempre お願い 申し上げます onegai moushiagemasu Vi preghiamo. 茲
に
謹んで 誓詞 を 奉ります
koko ni tsutsushinde seishi o tatematsurimasu Qui, umilmente onoriamo questo voto.
Dopo lo scambio reciproco di tali promesse, la coppia inizia un rituale chiamato sansan-kudo 三々九度 ovvero lo scambio delle sakazuki che in questo caso avviene fino a nove volte. 18 Nel matrimonio Shintō le famiglie degli sposi non sono girate verso i coniugi, ma si osservano reciprocamente e, come accade nella cerimonia yakuza in caso di unione di due o più kumi, anche loro partecipano allo scambio delle ochoko. Si può notare che, sebbene vi siano differenze tra le due cerimonie, la yakuza, che come è stato detto cominciò a utilizzare questo rituale con l’avvento dei clan bakuto e tekiya, introdusse questa cerimonia molto probabilmente per dare alla ikka una conformazione più familiare, per creare un legame più stretto che unisse i membri di un kumi indissolubilmente fino alla morte. 18
Cfr. http://www.associatedcontent.com/article/1356122/a_look_at_shinto_weddings_pg2.html?cat=41
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IL BUSHIDŌ NELLA YAKUZA Tra gli elementi del Giappone classico che più hanno influito sul codice della yakuza, il Bushidō è senz’altro quello che più ha avuto impatto sul ninkyōdō 任侠道, letteralmente via della cavalleria, cioè il regolamento interno della criminalità organizzata giapponese. Prima di approfondire gli elementi più caratteristici che hanno avuto un’influenza nella condotta dei “samurai moderni”, per usare un’espressione cara alla yakuza, è necessario illustrare gli aspetti di cui questo codice cavalleresco orientale si occupa. La parola Bushidō 武士道 deriva dal termine guerriero, bushi 武士, e strada, dō 道, e indica il codice di condotta che i samurai 侍 e i bushi erano tenuti a seguire, dando importanza ai valori della frugalità, lealtà, padronanza delle arti marziali, e onore nella morte. Cominciò a svilupparsi tra il IX e il XII secolo, ma trovò maggiore diffusione a partire dalla fine del XII secolo, segnata dal bakufu 幕府, letteralmente il governo della tenda, di Kamakura 鎌倉, che prese il nome dalla città scelta da Minamoto no Yoritomo 源頼朝, il primo shōgun 諸軍 del periodo Kamakura (1185 – 1333), per instaurarvi il suo governo. Con il primo governo militare, in Giappone si sviluppò una filosofia tesa ad assistere la classe militare, portando allo sviluppo nel campo religioso del Buddhismo Zen (già esistente ma meno diffuso), e allo sviluppo dell’etica del Bushidō. Il termine vero e proprio nacque molto più tardi, nel XVI secolo, verso la fine del periodo Muromachi (1336 – 1573). Tale codice rimase comunque non scritto e in perenne evoluzione, così come descritto dalle parole di Nitobe Inazō 新渡戸稲造 (1 Settembre 1862 – 15 Ottobre 1933) nel libro “Bushidō – Samurai Ethics and the Soul of Japan”: Bushidō, then, is the code of moral principles which the samurai were required or instructed to observe […] More frequently it is a code unuttered and unwritten […] It was an organic growth of decades and centuries of military career.19
Sotto lo shogunato Tokugawa (1600 – 1868), alcuni aspetti del Bushidō vennero formalizzati e inseriti nel sistema di leggi feudali giapponesi. In questo codice confluiscono molti aspetti di più religioni e filosofie dell’Asia Orientale, riunendo così sotto un unico nome, ideologie provenienti da Buddhismo, Shintō, e Confucianesimo, da cui derivano le sette virtù che lo caratterizzano: giustizia o integrità (gi 義), coraggio
19
Cfr. Inazo NITOBE, BUSHIDO: Samurai Ethics and the Soul of Japan, Dover Publications Inc, Mineola, New York, 2004, pp. 6-7.
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(yū 勇), benevolenza (jin 仁), rispetto (rei 礼), onestà (makoto 誠), onore (meiyo 名誉), e lealtà (chūgi 忠義). Le sette virtù alla base del Bushidō sono parte integrante del codice che la yakuza si impegna a seguire. È interessante investigare in quale modo queste qualità si riflettono nelle bōryokudan 暴力団, organizzazioni gangster giapponesi. Come è stato accennato nel primo capitolo, la yakuza ha adottato sin dalle sue origini il concetto di giri 義理, che letteralmente potrebbe essere tradotto con ragione, ri 理, giusta o della giustizia, gi 義. Il giri è un concetto vasto, così descritto da Nitobe Inazō: In its original and unalloyed sense, it meant duty, pure and simple,- hence, we speak of the Giri we owe to parents, to superiors, to inferiors, to society at large […] Giri is duty; for what else is duty than what Right Reason demands and commands us to do?20
In un certo senso il giri include già le altre virtù che costituiscono il Bushidō. La yakuza da sempre ha accostato questo sentimento al ninjō 人情, la compassione, portando questi concetti con sé, e intendendo dimostrare alla società di non essere inutili, come pretende il nome, ma di essere in grado di provare compassione per i più deboli e per gli svantaggiati, aiutandoli. Una delle regole del codice etico della mafia giapponese è quella di non nuocere ai katagi-no-shū 堅気の衆, le “persone rispettabili”, i civili. 21 Kakuji Inagawa, oyabun della Inagawa-kai, la terza famiglia yakuza più grande in Giappone, in un’intervista del 1984, dichiarò a riguardo dei concetti di giri e ninjō: The yakuza are trying to pursue the road of chivalry and patriotism. That’s our biggest difference with the American Mafia, it’s our sense of giri and ninjō. The yakuza try to take care of all society if possible, even if it takes 1 million yen to help a single person. 22
Ricevendo il sostegno della Sumiyoshi-kai, la seconda famiglia yakuza più importante in Giappone, la quale dichiarò: In the winter we give the sunny half of the street to the common people because we survive on their work. In the summer we yakuza walk on the sunny side, to give them the cool, shaded half. If you look at our actions, you can see our strong commitment to giri-ninjō. 23
20
Cfr. Inazo NITOBE, 2004, op. cit, p. 18 Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 328. 22 Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 18. 23 Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 18. 21
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A ogni modo il giri non è l’unico carattere che il Bushidō ha portato nella yakuza. Difatti il sistema oyabun/kobun è probabilmente la maggiore testimonianza dell’impatto che il codice dei guerrieri ha avuto sul codice dei criminali giapponesi. L’intera organizzazione interna della yakuza è fondata sul concetto confuciano di famiglia, e sui rapporti confuciani tra padre e figlio, fratello maggiore e fratello minore, e tra amico e amico, rifacendosi alla virtù confuciana della pietà filiale. Il pensiero confuciano, che fece il suo ingresso in Giappone nel VII secolo, è uno dei concetti che hanno contribuito alla fondazione del Bushidō, che essendo prima di tutto un’etica per i guerrieri militari, esaltava l’obbedienza alle autorità superiori, così come era inteso nei cinque rapporti confuciani originali. I clan yakuza si pongono innanzitutto come famiglia, ie 家, anche dette ikka. Al fine della successione, la ie criminale usa il concetto tradizionale feudale detto ichizoku-roto 一族ろと, o gruppo allargato, una forma utilizzata nel passato dalle famiglie agricole che accoglievano numerosi vassalli, i quali in cambio della benevolenza ricevuta, assicuravano al padre di famiglia la loro fedeltà incodizionata.24 Ecco che la ie diventa un’organizzazione nella quale contano più i legami instaurati tramite la sakazuki-shiki che i legami biologici; una società che unisce tutti i membri con lo scopo di operare nell’interesse della famiglia. L’oyabun è al vertice di questa famiglia dalla struttura piramidale. Sebbene l’oyabun sia a capo della famiglia e a lui spettino tutte le decisioni, le questioni economiche sono seguite da un suo vice, il saiko komon 最古顧問, ovvero il consigliere anziano, a cui fanno riferimento a volte anche centinaia di uomini. Il saiko komon, insieme al sōhonbuchō 総本部長, ovvero il capo della sede della organizzazione, il wakagashira 若頭, e il fukuhonbuchō 副本部長, l’assistente del kumichō 組長, il boss del clan, formano il saiko-kanbu-kai 最古幹部会, il comitato direzionale della famiglia. I membri di questo organo sono pari tra loro, e si attengono al rapporto che Confucio aveva prefigurato per quello tra amici. Sotto il consiglio vi sono poi i komon 顧問, consiglieri; i kumichōhisho 組長秘書, segretari; kaikei 会計, contabili; e i wakagashirahosa 若頭補佐, gli assistenti del caposede. Al penultimo gradino della piramide appaiono lo shateigashira 舎弟頭, il capo dei giovani fratelli, e gli shateigashirahosa 舎弟頭補佐, i suoi assistenti. Infine abbiamo gli shatei 舎弟, i fratelli giovani, e i wakashu 若衆 o chimpira チンピラ, i giovani delinquenti. 25
24 25
Cfr. Manuela FLORE, 2008, op. cit. Cfr. Manuela FLORE, 2008, op. cit.
16
In questa complessa piramide, tutti i membri conoscono esattamente la propria posizione, sono consapevoli del loro status e agiscono compatti, senza allontanarsi da ciò che gli è permesso, per il bene della ikka e dell’oyabun a cui hanno giurato fedeltà fino alla morte. Il rapporto di diseguaglianza è indicato con un linguaggio numerico basato su un sistema frazionario di cui alcuni esempi sono: 2/10, 3/10, 4/10, 6/10. In questo linguaggio, 10 indica il rango più alto, mentre la prima cifra indica lo status più basso. In situazioni in cui i componenti sono entrati nella ikka nello stesso periodo, occupando lo stesso grado, questi si identificano tra loro con un rapporto di 5/10, e si chiamano tra loro kyōdai 兄弟, fratello, piuttosto che shatei (fratello più giovane) o aniki 兄貴, fratello maggiore.26 Come si è potuto osservare finora, la struttura yakuza è strettamente legata ai rigidi rapporti confuciani: essendo il rapporto tra oyabun e kobun caratterizzato dalla pietà filiale, come il figlio promette di assistere con tutte le sue forze il padre, l’oyabun promette di proteggerlo e assisterlo, generando così un onere psicologico detto on 恩, debito. La necessità di saldare questo on fa leva sul kobun, che seguendo le virtù del Bushidō, è legato al suo superiore dalla virtù della lealtà (chūgi), da quella dell’onore (meiyo), e dal senso di giri, mostrando una dedizione tale da arrivare al migawari 身代わり, l’autosacrificio, per cui il figlio è pronto a uccidersi o ad andare in prigione al posto del padre. Il meiyo che si sviluppa all’interno della yakuza è noto con il nome di kao 顔, faccia, orgoglio. Per proteggere il proprio kao, i kobun, come gli oyabun stessi, devono attenersi alle rigide norme che controllano il mondo del crimine organizzato giapponese. Proteggere il proprio kao non equivale solo ad attenersi ai regolamenti e rimanere nei limiti del proprio status, ma anche a proteggere il kao dei propri oyabun. In caso di una ferita od offesa da parte di terzi al proprio superiore, un kobun è obbligato ad agire per vendicare il suo oyabun, sia per riabilitare il kao del suo superiore nel mondo della yakuza, sia per difendere il proprio kao, dimostrando le proprie capacità come subordinato alla ikka di appartenenza. Questo modo di vedere l’onore continua la tradizione dei samurai di vendicare il proprio signore. Venendo meno al proprio onore o alla propria lealtà, dimostrando assenza di giri, la conseguenza più grave in cui si può incorrere è l’espulsione dal proprio kumi. In questo caso, all’espulsione di un membro da una ikka, il nome del membro espulso viene diffuso a tutte le altre, insieme al motivo dell’espulsione, non lasciando altra scelta 26
Cfr. Manuela FLORE, 2008, op. cit.
17
all’allontanato, se non quella di ricorrere allo yubitsume 指詰め, il rituale che prevede l’amputazione della falange del dito mignolo. Questo rituale, anche chiamato yubi o tobasu 指を飛ばす, far volare il dito, ha come altri rituali yakuza, origini remote. In principio veniva usato dai bakuto nei confronti di chi non era in grado di saldare i debiti di gioco. Sebbene questo impiego appartenga a un’immagine poco romantica della yakuza, all’interno dell’organizzazione il rituale è utilizzato con un altro scopo. Lo yubitsume era infatti caratteristico anche nella tradizione dei samurai, con un preciso significato. Il mignolo, secondo la tradizione schermistica del Giappone è il dito che ha la presa più forte sul manico della spada; perciò indebolirlo equivaleva per la yakuza a indebolire la persona che ha commesso l’errore di agire autonomamente, senza tenere in considerazione il bene della ikka, dei suoi superiori, e persino dei suoi pari, rendendolo più dipendente dalla protezione offerta dal kumi. Oggi l’amputazione avviene ancora secondo il rito tradizionale. Sotto lo sguardo dell’oyabun, il colpevole poggia un tovagliolo bianco su un tavolo, sopra la quale pone la mano, con il palmo rivolto verso il tavolo; procede quindi al taglio della punta del dito, con un coltello o un tanto 短刀, una delle tradizionali spade corte dei samurai. Dopo il taglio, il responsabile avvolge la falange del dito nel tovagliolo, e lo consegna all’oyabun o, in caso di sua assenza, lo invia al superiore in segno di pentimento. Lo yubitsume ha un’enorme importanza all’interno della yakuza, tanto che l’oyabun non può rifiutare la concessione di perdono, avendo il kobun dimostrato tanta lealtà e senso del dovere. Nel caso le infrazioni si susseguano, il rituale può essere ripetuto amputando la seconda falange del dito. In un’indagine condotta nel 1993, risultò che il 45% dei membri della yakuza commise uno yubitsume, e almeno il 15% ne commise più di uno. 27 Infine, un altro tratto caratteristico che lega la yakuza al Bushidō è la manifestazione del coraggio o yū. Il modo più evidente per uno yakuza di manifestare il proprio coraggio è avere un irezumi 入 れ 墨 , un tatuaggio, che ricopra la maggior parte del corpo. L’irezumi in questo senso è indice di pazienza e prova tangibile di resistenza al dolore e di coraggio. Ancora oggi i criminali prediligono il metodo tradizionale, molto più doloroso di quello moderno, per dimostrare la loro forza d’animo, mascolinità, coraggio, e disciplina. L’irezumi, oltre a dimostrare lo yū di uno yakuza, è utilizzato anche per
27
Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. 14.
18
evidenziare il legame di fratellanza tra i simili; infatti, è comune vedere due yakuza con lo stesso disegno tatuato. Abbiamo illustrato come la yakuza, oltre tre secoli dopo le sue origini, continui a essere legata alle tradizioni e ai costumi. La sua adesione al Bushidō, dimostrata in più modi e sotto varie forme, fu il motivo principale per cui criminali come Shimizu no Jirochō non vennero mai completamente ostracizzati dai cittadini, ma sempre acclamati, o almeno tollerati, proprio per la loro indole volta a difendere il proprio kao e ad aiutare i katagi-no-shū.
19
L’USO DEGLI IREZUMI NELLA YAKUZA
Nella storia del Giappone il tatuaggio risale all’epoca Kofun 古墳 (250 – 538 d.C.), che prende il nome dalle tombe a tumulo che caratterizzano il relativo periodo storico. Nei kofun vennero ritrovate delle haniwa 埴輪, statuette votive, con dei segni sul viso. Anche alcune cronache cinesi del 297 d.C. descrivono il popolo giapponese con il viso e il corpo tatuato. 28 Più tardi, durante il periodo Sengoku 戦国時代 (1478 – 1605), ovvero degli Stati combattenti, il tatuaggio era usato dai guerrieri per rendere distinguibile il proprio clan di appartenenza. Nel XVI secolo era abitudine per le geisha 芸者 tatuarsi il nome dell’amante prediletto nella parte interna del braccio o in quella della coscia. Nel 1720 lo shogunato Tokugawa instaurò l’usanza del bokukei 墨刑, ovvero un sistema codificato di tatuaggi, per il quale a ogni crimine e a ogni località corrispondeva un tatuaggio diverso, così che guardando l’irezumi di un criminale fosse possibile capirne la provenienza e il crimine commesso. Con l’applicazione di questa legge, il termine irezumimono 入れ墨者, persone tatuate, divenne sinonimo di criminale. Lo irezumi come tatuaggio artistico venne adottato dai bakuto e dai tekiya, che lo utilizzarono come mezzo per coprire o rendere meno evidente il bokukei. Fu in seguito che l’irezumi divenne simbolo di pazienza, coraggio, resistenza al dolore, e disciplina. Il processo lungo e doloroso a cui un individuo si sottomette, quando decide di tatuarsi con il metodo tradizionale, evidenzia la natura dello yakuza che, mostrando il suo irezumi, mostra non solo il suo coraggio, ma la sua fedeltà permamente al clan. Il procedimento con cui si disegna il tatuaggio è lungo e particolarmente laborioso. Questa prova inizia con il disegno sulla pelle del cliente dei contorni dell’opera che si intende tatuare con inchiostro ricavato dalla fuliggine dell’olio di semi di girasole, e già questa fase può durare più di una sessione. Successivamente il maestro tatuatore, detto horishi 彫物師, procede a tatuare i contorni sulla pelle del cliente, utilizzando un pennello costituito da un manico di legno con un numero variabile di aghi da due a dieci, a seconda della complessità. Dopo aver delineato i contorni, si procede, per un numero
28
Cfr. Donald RICHIE, Ian BURUMA, The Japanese Tattoo, Weather Hill, Tōkyō, Giappone, 1991, p. 11.
20
di sessioni indefinito, al completamento del tatuaggio tramite la colorazione, utilizzando solitamente i pennelli con un numero di aghi superiori a quattro. Quello che più colpisce di questi tatuaggi sono proprio i soggetti. Gli irezumimono sono soliti tatuarsi soggetti da cui si sentono rappresentati, o che possano dare loro forza o la virtù di cui sentono di avere più bisogno. Alcuni, piuttosto che tatuarsi un’immagine, scelgono di farsi scrivere sulla pelle una preghiera.
Figura 1. Devotion
Nella figura 1 sono rappresentate due figure buddhiste. La prima, sulla sinistra è Kannon 観音, il Bodhisattva della compassione e della misericordia. In questo ritratto la 21
dea siede in posizione meditativa su un loto e forma con le mani il Dhyana mudra, dell’equilibrio assoluto. La testa è avvolta da un’aureola purificatrice di fiamme. La figura sulla destra, invece, ha tatuato sulla schiena Fudo-myō 不動明王 (in sanscrito Acala), letteralmente Re Immovibile, uno dei cinque Myō 明王, re della saggezza, guardiani del Buddhismo e protettori dei Cinque Grandi Buddha. Secondo la Scuola Shingon 真言宗, i Cinque Grandi Re della Saggezza sono manifestazioni irate dei Cinque Buddha; in particolare, Fudo-myō sarebbe la manifestazione del Buddha Dainichi (Vairocana), spesso associato direttamente al concetto di vacuità. In questa rappresentazione siede su un trono di fiamme, con una spada nella mano destra per colpire i demoni, e un rosario nella mano sinistra per incatenarli.29
Figura 2. Benten with fan
Il tatuaggio nella Figura 2 rappresenta la divinità Benzaiten 弁 財 天 . Il culto di Benzaiten in Giappone risale al sesto secolo, con l’arrivo della traduzione cinese del 29
Cfr. Sandi FELLMAN, 1986, op. cit, p. 49.
22
Sūtra della Luce Dorata, nel quale una sezione è dedicata alla dea originalmente chiamata Sarasvatī. Benzaiten, che successivamente verrà abbreviato in Benten, è la dea Hindu di tutto ciò che scorre: acqua, parole, eloquenza, musica, e conoscenza. Successivamente entrò a far parte della mitologia giapponese, come unico membro femminile degli Shichi Fukujin 七 福 神 , le sette divinità della fortuna. In questa immagine è ritratta con un serpente marino e un ventaglio cinese.30
Figura 3. Water
Nella fotografia del tatuaggio della Figura 3 si trovano più temi. Sulla gamba destra, è ritratto Kintarō 金太郎, un eroe del folklore giapponese, che combatte con una carpa
30
Cfr. Sandi FELLMAN, 1986, op. cit, p. 65.
23
gigante. Questi due soggetti sono entrambi molto ricorrenti negli irezumi. Kintarō, il bambino dalla forza umana che crescendo diventa il samurai di Minamoto no Yorimitsu 源頼光 (948 – 29 Agosto 1021), è spesso ritratto nei tatuaggi per indicare che il portatore, come l’eroe del folklore, è forte e leale. Anche la carpa giapponese, koi 鯉, è un simbolo del coraggio e della forza impetuosa, in quanto il pesce nuota contro le correnti, risalendo le cascate, al fine, secondo una leggenda cinese, di poter attraversare la “Porta del Drago”, diventando così un drago e ottenendo l’immortalità. Sulla gamba sinistra si trova, oltre ad una carpa e a un pesce gatto, un verso del Sūtra del Loto (Saddharmapuṇḍarīka-sūtra), che nella traduzione giapponese è detto Myōhō Renge Kyō 妙法蓮華経.
Figura 4. Wind and Lightning
Al momento in cui è stato fotografato il tatuaggio visualizzato sulla Figura 4, l’opera era ancora incompleta. Tale affermazione può essere fatta sulla base di due elementi. Il 24
braccio destro non è monocromatico come il resto del tatuaggio, e soprattutto è raro in Giappone trovare irezumimono che mostrino un disegno privo di colore, poichè verrebbero definite “incomplete”. 31 In questa immagine vi sono due elementi che finora non sono stati incontrati. Sulla gamba destra vi è il simbolo del clan yakuza di appartenenza, in questo caso il Sakaume-Gumi 酒梅組 (in Figura 5), un clan minore con base ad Osaka 大坂.
Figura 5. Daimon della Sakaume-gumi
Inoltre al centro del petto si può notare un medaglione con un segno stilizzato al centro. Il disegno all’interno è una stilizzazione codificata di un suihanki 炊飯器, una pentola per cucinare il riso, dal significato implicito: He who eats from the same pot is a brother.32
Oltre all’iconografia yakuza, questo tatuaggio ritrae Fūjin 風 神 , il dio del vento, presente sia nella mitologia Shintō, sia in quella buddhista esoterica (mikkyō 密教), come uno dei dodici Deva, Jūniten 十二天 , le divinità delle dodici direzioni che hanno la funzione, secondo la tradizione mikkyō, di protezione dei monasteri della dottrina. Nell’irezumi, Fūjin ha in mano la tradizionale sacca dei venti, con cui è sempre raffigurato, e combatte contro il drago della pioggia.33 Oltre ai temi presi in considerazione, ve ne sono molti altri ricorrenti sugli irezumimono. Uno dei più diffusi è il fiore di ciliegio. Questo, oltre a essere il simbolo del Giappone, è simbolo dei samurai e dei guerrieri, perché rappresenta la caducità e la natura effimera della vita, un concetto strettamente legato alla dottrina Zen del Buddhismo. Come è stato possibile vedere, il Buddhismo, nelle molteplici forme che hanno preso piede in 31
Cfr. Donald RICHIE, Ian BURUMA, 1991, op. cit, p. 96. Cfr. Sandi FELLMAN, 1986, op. cit, p. 105. 33 Cfr. Sandi FELLMAN, 1986, op. cit, p. 105. 32
25
Giappone, quali il Buddhismo Esoterico (mikkyō) e lo Zen, è spesso punto di riferimento per i soggetti degli irezumi, che non solo si riferiscono alle sue figure leggendarie, ma anche, come nel caso della terza immagine, alle dottrine scritte.34
34
Cfr. Manuela FLORE, 2008, op. cit.
26
CONCLUSIONI
Attraverso l’analisi intrapresa finora è evidente che la yakuza attribuisce un’enorme importanza al passato. Dal presente studio è emerso che la yakuza non si riferisce solo alle tradizioni nate con i bakuto e i tekiya, ma trova legami saldi e profondi già nel periodo in cui i samurai rivestivano un ruolo di fondamentale importanza per il Giappone; ad esempio, l’intero sistema strutturale della yakuza si richiama a quello già in uso nel Giappone feudale. Inoltre il percorso individuale di un membro di una ikka è permeato da valori tradizionali, dalla sakazuki-shiki, che ricalca la cerimonia del matrimonio secondo il rituale Shintō, alla rigida osservanza del Bushidō, consolidando legami di fratellanza e fede attraverso l’irezumi, e approfondendo il rapporto con l’oyabun, verso il quale un membro rimane legato attraverso un profondo senso di rispetto e lealtà fino alla morte. Il patriottismo che ogni affiliato yakuza prova è reso evidente dalla fedeltà verso l’imperatore, e dall’impegno a non danneggiare i cittadini civili fino alla collaborazione con la polizia per i crimini divenuti di dominio pubblico. Un altro esempio di nazionalismo della yakuza è l’influenza che la criminalità organizzata ha esercitato sulla politica del XX secolo, cercando di indirizzare il governo verso scelte mirate ad ampliare il potere del Giappone in Asia. La yakuza non è un’organizzazione che richiama direttamente la religione, tuttavia, da quanto è emerso da questo studio, è lecito pensare che abbia trovato negli elementi religiosi ed etici del Giappone antico un codice e un sistema di valori che lega e amalgama i clan, sia a livello strutturale interno, sia a livello esterno, venendo accettata, spesso anche tollerata, dalla popolazione giapponese. La yakuza si pone come una casta fuorilegge, che pur vivendo di criminalità, preferisce essere caratterizzata dalla disciplina che la regola, dalla presunta discendenza dai samurai, dalla visibile determinazione di essere pronta a perdere denaro piuttosto che il proprio kao. La sua influenza nella storia del Giappone moderno è notevole, ma nel suo codice, il ninkyōdō, sopravvive il retaggio di un Giappone antico, che sembra voler ricordare che i suoi affiliati, come i connazionali, sono legati alla tradizione. L’espressione di Kaplan che definisce gli esponenti di questa organizzazione criminale come:
27
Samurai in business suits,35
già citata nell’introduzione, enfatizza il legame alla tradizione Giapponese.
35
Cfr. David E. KAPLAN, Alec DUBRO, 2003, op. cit, p. xviii.
28
GLOSSARIO
ANIKI
兄貴: Letteralmente significa fratello maggiore; è un appellativo utilizzato
nella yakuza per rivolgersi a un membro di grado superiore che non sia l’oyabun. 預人: Termine usato per indicare gli intermediari che partecipano
AZUKARININ alla sakazuki-shiki. BAKUFU
幕府: Letteralmente “governo della tenda”, indica il governo presieduto
dallo shogun. BAKUTO
博徒: Giocatori d’azzardo o organizzatori di bische, indica una delle prime
categorie che costituirono la yakuza. BORYOKUDAN
暴力団: “Gruppi violenti”, è uno dei termini utilizzati per indicare
i clan yakuza. BUSHI
武士: guerrieri militari del Giappone feudale.
BUSHIDŌ
武士道: Il codice etico e morale dei guerrieri giapponesi.
CHIMPIRA
チンピラ: Giovani delinquenti. Costuiscono il rango più basso della
gerarchia yakuza. EMAKI 絵巻: Rotolo di carta su cui viene scritto il nome del nuovo membri di un clan yakuza. FUKUHONBUCHŌ
副本部長: Assistente del kumichō.
GIRI 義理: Senso di dovere e lealtà presente nel bushidō. HANAFUDA
花札: Gioco di carte giapponese, dal quale punteggio 8-9-3 deriva il
termine yakuza. HAPPI
法被: Giacca di cotone su cui è cucito lo stemma o il nome del clan di
appartenenza.
29
HATAMOTO-YAKKO
旗本奴: “Servi dello shōgun” samurai che rimasti senza
padrone, nel periodo Tokugawa si univano in gruppi con cui esercitavano brigantaggio nei paesi. ICHIZOKU-ROTO 一族ろ と : Concetto feudale di famiglia intesa come gruppo allargato. IE
家: Famiglia. 一家: Termine usato per indicare una famiglia di yakuza.
IKKA
入 れ 墨 : Tatuaggio giapponese, letteralmente vuol dire “inchiostro
IREZUMI inserito”.
神社: Santuario Shintō, di solito dedicato a una divinità.
JINJA
KABUKI-MONO
か ぶ き 物 : Sinonimo di hatamoto-yakko, il termine indica la
natura deviata dei samurai che, vestendosi in modo eccentrico, effettuavano brigantaggio nei paesi. 会計: I contabili di un clan yakuza.
KAIKEI KAO
顔: Letteralmente “faccia”, indica il senso dell’onore e dell’orgoglio di uno
yakuza. KATAGI-NO-SHU
堅気の衆: “Persone rispettabili”, i civili, in contrapposizione
alla yakuza. 子分: Un membro sottoposto ad un oyabun.
KOBUN KOMON KUMI
顧問: Consigliere.
組: Termine utilizzato per indicare un clan yakuza.
KUMICHŌ
組長: Leader di un clan yakuza.
KUMICHOHISHO
組長秘書: Indica i segretari di un clan yakuza.
30
KUROMAKU 黒幕: Persone che da dietro le quinte influenzano la scena politica. 兄弟: “Fratello”, usato per indicare uno yakuza dello stesso grado.
KYODAI
町奴: “Servi della città”, gruppi di persone che si riunivano per
MACHI-YAKKO
proteggere i paesi dagli attacchi degli hatamoto-yakko. MATATABI-MONO
股旅物: Racconti sui bakuto erranti.
祭: Termine giapponese utilizzato per indicare festività.
MATSURI MIGAWARI
身代わり: Letteralmente “Sostituto”, descrive l’atto di un kobun che
prendendosi la colpa di un superiore sconta una pena al suo posto. NINJŌ
人情: Compassione, sentimenti umani.
NINKYŌDŌ OCHOKO ON
任侠道: “Via del cavaliere”, il codice della yakuza fondato sul bushidō. 御猪口: Piccola tazza per sake.
恩: Senso di onere psicologico che il kobun sviluppa verso l’oyabun.
OYABUN RONIN
親分: Il “padre” di una famiglia yakuza.
浪人: Samurai senza padrone.
SAIKO-KANBU-KAI SAIKO KOMON SAKAZUKI
最古幹部会: Comitato direzionale di una ikka.
最古顧問: Il consigliere più anziano di un clan yakuza.
杯: Tazza cerimoniale per il sake.
SAKAZUKI-SHIKI
杯式: Cerimonia d’ingresso per nuovi membri di un clan yakuza.
SAKE 酒: Bevanda alcolica giapponese derivata dalla fermentazione del riso. SAMURAI
侍: Militari del Giappone feudale fedeli a un daimyō, un signore feudale.
SAN-SAN-KUDO 三々九度: Rituale utilizzato nel matrimonio Shintō, nel quale gli sposi si scambiano delle tazze di sake fino a nove volte.
31
舎弟: “Fratello minore”, utilizzato in una ikka per indicare un membro
SHATEI
appena entrato. SHATEIGASHIRA
舎弟頭: Il capo degli shatei.
SHATEIGASHIRAHOSA
舎弟頭補佐: Gli assistenti dello shateigashira.
神道: “Via dei kami”, religione basata sulla venerazione degli spiriti noti
SHINTŌ come kami.
諸軍: Letteralmente “Generale”, dal 1192 divenne il titolo che designava il
SHŌGUN
capo del governo militare, il bakufu. SŌHONBUCHŌ 総本部長: Il capo della sede di un clan yakuza. TANTŌ
短刀: Una spada corta indossata dai samurai con utilizzo principalmente
cerimoniale. TEKIYA
的屋: Mercanti itineranti giapponesi che diedero vita, insieme ai bakuto alla
yakuza. TENNŌ
天王: L’imperatore del Giappone.
TORIMOCHININ
取 持 ち 人 : Termine usato per indicare gli intermediari che
partecipano alla sakazuki-shiki. TSUJI-GIRI
辻 斬 : Pratica utilizzata in passato da samurai che consisteva nel
provare l’efficacia di una nuova spada su passanti inermi. YAKUZA
ヤクザ: Indica sia la criminalità organizzata giapponese che un membro di
quest’ultima. YUBITSUME
指 詰 め : Pratica utilizzata dalla yakuza che consiste nel tagliarsi
l’ultima falange del mignolo per chiedere il perdono del proprio oyabun. WAKAGASHIRA
若頭: Il responsabile dei wakashu, i giovani yakuza.
WAKAGASHIRAHOSA 若頭補佐: Assistenti del wakagashira.
32
WAKASHU
若衆: Termine utilizzato per i giovani delinquenti o chimpira, sotto la
responsabilità di un wakagashira, un membro della yakuza.
33
BIBLIOGRAFIA
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SITOGRAFIA
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LISTA DELLE ILLUSTRAZIONI
Pagina 21, “Figura 1, Devotion”, foto tratta dal libro in Bibliografia: FELLMAN, Sandi, The Japanese Tattoo, Abbeville Press Publishers, Hong Kong, 1986, p. 48. Pagina 22, “Figura 2, Benten with fan”, foto tratta dal libro in Bibliografia: FELLMAN, Sandi, 1986, op. cit, p. 64. Pagina 23, “Figura 3, Water”, foto tratta dal libro in Bibliografia: FELLMAN, Sandi, 1986, op. cit, p. 60. Pagina 24, “Figura 4, Wind and Lightning”, foto tratta dal libro in Bibliografia: FELLMAN, Sandi, 1986, op. cit, p. 104. Pagina
25,
“Figura
5,
Daimon
of
Sakaume-gumi”,
foto
tratta
dal
sito
http://en.wikipedia.org/wiki/Sakaume-gumi.
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