Lo Zibaldone del povero Vic raccolta aperiodica di varia cultura riservata ad appassionati
Letteratura, storia. filosofia, costume, poesia.
A.D. 2012, anno 1, vol.II
Hanno collaborato a questo numero: dagli USA – Mark Twain e Henry David Thoreau
da LONDRA – Bertrand Russell da WEIMAR -Friedrich Wilhelm Nietzsche; dall'ITALIA: Luigi Capuana Iginio Ugo Tarchetti Neera Renato Fucini Marcello Vicchio Rocco Di Tolve Alessandro Rennis Anna Maria Bonfiglio Silvia Mineo Paolo Valera Loredana Chiarello Morena Bacchi Gandolfo Dominici Paola Martino Ida Lo Sardo Raffaella Cambriglia Piero Capalbo Mimmo Martimucci Mario Scamardo Anna Maria D'Apolito Ambrogio Frascino Franco Ferraro
B. Franklin
Racconti di ieri.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag.1
bestiola e, dopo aver aver curato e bendato l'arto offeso, rimise in libertà libertà il piccolo infelice e Apriamo questa sezione con un delizioso offeso, non ci pensò pens ò più più. Ma quale quale non fu la sua aneddoto di Mark Twain. I libri insegnano le cose a met à , ossia spesso predicano bene sorpresa, alcuni giorni dopo, quando un mattino, nell' nell'ass assun unto to ma taccio tacciono no riguar riguardo do il finale...mentre è proprio il finale che conta di più! Anche un racconto in s é , se ha un pessimo finale, è un pessimo racconto. Abbiamo avuto esperienza tutti quanti nella vita quale sia la riconoscenza delle persone. Al barboncino in questione possiamo sostituire un nome di persona, o più nomi.
Racconti morali di Mark Twain.
Per tutta la vita, fin da piccolo, ho avuto l'abitudin l'abitudinee di leggere leggere una certa raccolta raccolta di aneddoti scritti nello stile un po' ammuffito dell'ingegnoso dell'ingegnoso affabulatore del "Mondo", sia per gli gl i insegnamenti insegnament i che ne ricavav r icavavo, o, sia per il piacere che essi mi procuravano. Li tenevo semp sempre re a porta portata ta di mano mano,, e, ogni ogni volta olta che che pensavo pensavo male dei miei simili, mi rivolgevo rivolgevo a quelli, quelli, e loro dissipa dissipavan vano o quel quel sentimen sentimento; to; quando mi sentivo egoista, spregevole e ignobile, mi rivolgevo a quelli, e loro mi suggeriv suggerivano ano come fare fare a riconquista riconquistare re il rispett rispetto o di me stesso stesso;; e tante tante volte volte ho desiderato che i simpatici aneddoti non finissero proprio sul più più bello, e che continuassero la piace piacevo vole le storia storia dei vari vari benef benefatt attori ori e beneficati. Questo desiderio mi si risvegliava risvegliava in cuor cuoree con con tanta tanta insist insisten enza, za, che che aalla lla fine decis decisii di soddis soddisfa farlo rlo,, andan andando do io stesso stesso alla alla ricerca ricerca del seguito seguito degli degli aneddot aneddoti. i. E cos ì cos ì mi misi all'ope all'opera ra e, dopo ardue ardue fatic fatiche he e noiose noiose ricerche, portai a compimento il mio progetto. Ora vi faccio vedere il risultato, presentandovi presentandovi in ordine ordine ogni aneddoto aneddoto con il suo suo seguito, seguito, come risulta dalle mie indagini. IL BARBONCINO RICONOSCENTE. Un giorno, un buon diavolo diavolo di medico medico (che aveva aveva letto i libri), libr i), avendo trovato un barboncino randagio che soffriva a causa di una zampa rotta, portò port ò a casa con sé s é la povera
nell'aprire la porta, trovò trovò sulla soglia il cagnolino cagnolino riconoscen riconoscente te in paziente paziente attesa, attesa, in compag compagnia nia di un altro cane cane randagi randagio, o, con la zampa zampa era rotta a causa causa di un incidente incidente.. Il buon medico medico soccorse soccorse subito subito l'animale l'animale sofferente, e ammirò ammirò l'imperscrutabile bontà bontà di Dio, che si era degnato degnato di usare usare un umile strumento, strumento, come il pove povero ro barbonci barboncino no abbandonato, per inculcare eccetera, eccetera. SEGUITO: La mattina dopo, il benefico dottore trovò trov ò, in attesa davanti alla sua porta, i due cani pieni di riconoscen riconoscenza, za, e con loro altri due cani azzoppat azzoppati. i. Gli azzoppat azzoppatii furono furono risanati risanati in fretta, e i quattro se se ne andarono per i fatti loro, lasciando il benefico dottore sempre più pi ù pieno di pia meraviglia. meraviglia. Passò Passò quel giorno e arrivò arriv ò il mattin mattino. o. Là, accuc accuccia ciati ti dava davanti nti alla alla porta porta,, stavano i quattro cani risanati, e con loro altri ò ancora quatt quattro ro bisogn bisognosi osi di cure. cure. Pass Passò ancora quel quel giorno e venne un altro mattino; e allora sedici cani, otto dei quali quali azzop azzoppati, pati, occupa occupavan vano o il marciapie marciapiede, de, e la gente gente era costretta costretta a girarci girarci intorno. A mezzogiorno, tutte le zampe rotte erano erano aggius aggiustate tate,, ma, nel cuore cuore del del buon buon medi medico co,, insi insiem emee alla alla pia pia mera meravi vigl glia ia cominciavano ad affollarsi pensieri involontariamente profani. ò Il sole sorse sorse ancora ancora una volta volta e illumin illuminò trentadue cani, sedici dei quali con zampe rotte, rotte, che che occupa occupava vano no tutto tutto il marci marciapi apiede ede e metà met à della strada; strada; gli spettatori umani umani riempivano lo
spazio che che restava. restava. Gli strilli dei feriti, feriti, i canti dei risanati e i commenti dei cittadini che assistevano alla scena formavano un coro vasto e incoraggiante, ma in quella strada il traffico era interro interrotto tto.. Il buon buon medico medico utiliz utilizzzò due assistenti chirurghi e riusc ì riusc ì a portare a termine la sua opera benefic beneficaa prima prima di sera, sera, avendo vendo prima prima preso preso la precau precauzio zione ne di dimette dimettersi rsi da socio della congregazione religiosa, cos ì cos ì da potersi esprimere con tutta la libertà libert à di parola che il caso richiedeva. richiedeva. Ma certe cose hanno un ò ancora limite limite.. Quand Quando o il mattin mattino o spunt spuntò ancora una volta, e il buon buon medico medico posò posò lo sguardo su una folta e sconfinata moltitudine di cani chiassosi e imploranti, disse: - Tanto vale che lo ammetta: sono sono stat stato o bido bidona nato to dai dai libri libri;; i libri libri raccontano solo la parte bella della storia e poi si fermano. Andatemi a prendere il fucile; questa storia è durata fin troppo. Si fece fece avan avanti ti con l'arma l'arma in pugno, pugno, e per caso pestò pestò la coda al primo barboncino barboncino che, che, rapidamen rapidamente, te, lo morse morse alla gamba; gamba; infatt infatti, i, la grande opera benefica che quel barboncino aveva svolto aveva fatto sorgere in lui un enorme entusiasmo che, aumentando sempre più pi ù, gli aveva eva alla fine fatto fatto girare girare la testa, testa, che che era debole, e lo aveva aveva fatto diventare pazzo furioso, arrabbiato addirittura. Un mese dopo mentre giaceva in preda alle convulsioni mortali della idrofobia, il buon dottore chiamò chiamò intorno a sé sé gli amici piangenti e disse: disse: - Guardatevi dai libri. I libri raccontano solo metà metà delle storie. Ogni volta che un poverino chiederà chieder à il vostro vostro aiuto, aiuto, e voi voi avrete avrete qualche qualche dubbio dubbio riguardo riguardo alle possibili possibili consegue conseguenze nze della vostra vostra buona azione, concedetevi concedetevi il beneficio beneficio del dubbio dubbio e ammazzate ammazzate il richiedente. E, cos ì cos ì dicendo, girò girò il viso verso la parete e rese l'anima a Dio.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag.2
CREAZIONE di Luigi Capuana.
Di Luigi Capuana (1839-1915) abbiamo brevemente trattato nel precedente numero dello Zibaldone, dandone qualche cenno biografico. Qui riproponiamo questo suo racconto, tratto dal 'Decameroncino', 'Decameroncino', perch perch é esso si presta a interessanti considerazioni. In primo luogo bisogna bisogna sottoline sottolinear aree la straor straordinar dinaria ia facilit facilit à stilistica dell'autore, tenendo conto del periodo in cui scriveva e del gusto dell'epoca; dall'altro lato il racconto incarna bene lo spirito di un fine Ottocent Ottocento o sospeso sospeso tra aspira aspirazioni zioni scientifiche e richiami al gusto dell'esotico, del meraviglioso, del fantastico. Madame Blawatsky e la sua Societ à Teosofica avevano aperto un ponte verso l'Oriente misterioso e neppure spiriti tendenti al pratico, come quello di Capuan Capuana, a, ne erano erano rimas rimasti ti immuni immuni.. Su tutto, tutto, comun comunque que,, campe campeggi ggia a un messa messaggi ggio o modernissimo, reso ancor pi ù attuale dagli straordinari progressi tecnologici: attenzione a violare le eterne leggi della Natura!
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- Eh, lo sappiamo! - esclamò esclam ò un giovanotto, studente in legge, che si dava aria di scettico. - Il buon marito fa la buona moglie, e viceversa. Ma non è niente niente vero che che tutti tutti i prov proverbi erbi siano siano provati. -No, - rispose il dottor Maggioli - non intendo dir questo. Forse mi sono spiegato male. Ecco: secondo me, uomini e donne ci conoscia conosciamo mo cosí cosí poco poco,, da formar ormarci ci un fals falso o ideale degli uni e delle altre. I nostri pregi e i nostri difetti, questi specialmente, non dobbiamo stimarli un'accidentalità un'accidentalità del nostro nostro organis organismo; mo; ma accettarli quali sono - insieme indissolubile per non crearci da noi stessi illusioni, che poi producono spesso tragici disinganni. Se le donne però però potessero crearsi da sé s é gli uomini e gli uomini le donne, non riuscirebbero a farli punto diversi da quel che sono. L'esperimento lo ha dimostrato, e la filosofia da' la ragione dell'esperimento fallito. I filosofi affermano
essere le idee una realtà realt à, anzi la sola realtà realt à. Le idee uomo e donna non le abbiamo foggiate noi, ma Dio o la natura, o non sappiamo chi; e se noi avessimo la potenza di attuarle come la hanno Dio, o la natura, o non sappiamo chi, arriveremmo soltanto a fare quel che hanno gi à fatto questi onnipotenti maestri . Dopo una breve pausa, il dottore soggiunse: - Ho conosciuto un uomo singolare a cui la ricchezza, l'ingegno, la forte volontà volont à permisero di cavarsi il capriccio di crearsi una donna... - Oh! Oh! - urlarono tutti. - La vostra incredulità incredulit à non mi stupisce - riprese il dottore, calmo e col solito bonario sorriso su le labbra. - Ma io non vi spaccio una teorica; voglio raccontarvi un fatto, avvalora lorato to dall dallaa mia mia testimon testimonianza ianza.. Ho veduto veduto,, ho toccato con mano; e per quanto esso esso sia meravigl meraviglioso ioso e quasi quasi incredibile, non è meno vero. Nel maggio del 1881 incontrai a Londra un intimo amico che non rivedevo da parecchi anni; tornava allora dalle Indie. «Che sei andato a fare colà colà?» gli domandai. Rispose: «Un viaggio scientifico». «Da naturalista?». «Per iniziarmi nell'altra scienza, nella RagiYog». Era la prima volta che ne sentivo parlare, e perciò perciò chiesi spiegazioni. Insomm Insomma, a, il mio amico, amico, attrat attratto to dalle dalle pubblicazioni occultiste della signora Blavatsky e del colon colonnel nello lo Olcott Olcott,, era andato andato a Adya Adyar, r, nella provincia di Madras; e, fatto il suo noviziato mistico, di sette anni, nelle solitudini del Himalaja, aveva ricevuto la comunicazione dei grandi poteri dell'antica occulta scienza indiana posseduta dai mahatma del Tibet, come dire dai grandi maghi, depositari gelosi di una scienza a petto della quale la nostra fisica e la nostra chimica, coi loro piú pi ú meravigliosi trovati, sembrano veri giuochi da fanciulli. Da prima io credetti che il mio amico volesse divertirsi a mie spese; poi, di mano in
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mano che udivo le sue spiegazioni, cominciai a sospettare che fosse ammattito, sconvolto dalle astinenze, dai digiuni, dalle mistiche esaltazioni del suo noviz noviziat iato o di sette sette anni. anni. Infatt Infattii aveva eva preso preso aspet aspetto to da asceta asceta,, magro, magro, con con barba barba e capelli già già grigi, con lo sguardo vago e sbalorditivo di chi ha visto cose straordinarie, di un altro mondo, e non sa rendersi ancora conto se ha visto davvero o sognato. «A che che scopo scopo tutto tutto questo? - gli dissi all'ultimo. - Non era meglio che tu avessi continuato la tua vita di godimenti e di amori che la giovinezza e la ricchezza ti consentivano?». consentivano?». «Appunto, un terribile disinganno di amore...». «Volevo ben dire che non c'entrasse la donna!» lo interruppi. «Ma ora sono sul punto di raggiungere la felicità felicità suprema; potrò potrò crearmi una donna a modo mio». «Sarà «Sarà una bella cosa! Ed hai cominciato?». «Appena «Appena arriverò arriverò a È Napoli. il luog luogo o prescelto». «Parto per Napoli anch'io. Potrò Potr ò assistere all'esperimento?». Dovetti dir questo con cosí cos í mal dissimulata incredulità incredulità, che il mio mio amic amico o crol crolll ò il capo capo compassionandomi, e soggiunse soltanto: «Vedrai!». Durante la traversata da Marsiglia a Napoli, Enrico Strizzi m'iniziò m'iniziò con molta pazienza - ero ricalcitrante - nei misteri della scienza occulta, pel tanto che occorreva perché perch é io capissi quel che egli voleva fare. Soprattutto mi spiegò spieg ò che cosa sono gli elementali: granuli, atomi viventi, sparsi nell'aria, capaci di ricevere, da chi ne ha il potere, la virtú virtú di esplicarsi in una forma determinata. Bisognava afferrare uno di questi atomi, assoggettarlo, incubarlo, trarne insomma la creatura nuova, la donna perfetta che egli
intendeva creare per sé s é. «Vedrai!». Gli avevo ormai udito ripetere questa parola tante volte e con tale seriet à, che cominciavo a sentirmi scosso ed a pensare: «Ma sarà sarà possibile? Vedrò Vedr ò proprio questo miracolo?». E l'ho veduto! Vi giuro che l'ho veduto. Non è stata stata un'allucin un'allucinazion azione. e. Ho veduto veduto e toccato toccato con mano! Enrico Strizzi stava chiuso da un mese in quella bella casetta sul Vomero, scelta per operarvi l'esperimento, ed io avevo rare notizie di lui per mezzo di qualche laconico biglietto, che mi assicurava: «Tutto va bene!». «Ma sarà sarà possibile? Vedrò Vedr ò proprio questo miracolo?». Me lo domand domandav avo o ogni ogni giorno, giorno, ogni ogni momento, e non senza un gran timore che alla fine io non dovessi assumermi il triste incarico di condurre il mio amico al manicomio. Questo timore diventò diventò certezza per me la mattina in cui riceve riceveii un biglie biglietto tto di Enrico Enrico che che mi dicev diceva: a: «Vieni!». E, per precauzione, mi feci portare lassú lassú da una carrozza carrozza chius chiusa, a, che, che, caso caso mai, mai, avrebbe potuto servire a quello scopo. Prima di introdurmi nel laboratorio, - non so come chiamare la stanza dov'egli faceva l'esperimento - Enrico volle spiegarmi la ragione per cui aveva scelto Napoli, e non un altro paese, pel suo tentativo. Anche gli elemental elementalii sentono sentono l'influsso l'influsso del clima, clima, dell'ambiente; e lui, meridionale, voleva crearsi una donna donna meridio meridional nale, e, forse orse in omaggi omaggio o al proverbio: moglie e buoi dei paesi tuoi. Era divenuto piú pi ú scarno, piú pi ú pallido; e nel suono della voce e nel tremito di tutta la persona appariva una straordinaria concitazione nervosa. «Tu soffri» gli dissi. «Un po'! Parte della mia vitalità vitalit à si è trasfusa nell'opera mia. Vieni; ma non fare bruschi movimenti, e parla a bassissima voce. Stupirai». La stanza mi parve al buio. Poi cominciai a distinguere la luce dei vetri rosso cupi di parecchie lanterne, e, finalmente, in un angolo, aguzzando lo sguardo, potei discernere una forma biancastra, vaporosa, che oscillava lentamente per aria. «Eccola!» mi sussurrò sussurr ò all'orecchio.
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Sembrava la proiezione di una bella statua rappresen rappresentante tante una dormente, dormente, fatta col mezzo mezzo della lanterna magica, sul nero del drappo che rivestiva le pareti e la volta. Se non che quel corpo aveva una trasparenza maggiore di quella dell'alabastro; ed era cosí cos í lieve, che i nostri fiati bastavano a imprimergli un movimento di ondulazione. Si spostava a poco a poco, girando attorno; e quando passava davanti a uno di quei vetri rossi delle lanterne, si coloriva di un rosso tenero tenero,, inespri inesprimib mibile ile.. Ci fu un moment momento o che che esso mi passò pass ò cosí cosí vicino e cosí cos í lentamente, da permettermi di scorgere quella specie di involucro sottolissimo che lo teneva chiuso e lo proteggeva dalle impressioni esterne. «Tutto questo deve solidificarsi. Occorre Occorreran ranno no altri altri due mesi mesi prima prima ch'el ch'ella la si svegli alla vita e rompa l'involucro elementale». Credevo di sognare. Mai la mia ragione e il mio scett scettici icismo smo erano stati messi messi a piú piú dura prova! «Avrà «Avrà tutte le perfezioni - mi disse Enrico uscendo di là l à. - Ho voluto incarnare il piú pi ú alto ideale di donna che mente umana possa concepire. E sarà sar à mia e m'amerà m'amer à, come io amo me stesso; è parte di me, e la più pi ù eletta!». Due Due mesi mesi dopo dopo,, il gran gran porte portent nto o era era compiuto. Quella creatura incredibile aveva rotto l'involucro elementale, e si era come dest destat ataa da un lung lungo o sonn sonno. o. I suoi suoi occh occhii non non potevano tollerare la luce viva del giorno; tutti i suoi suoi sensi sensi erano erano incerti incerti nelle nelle loro loro funzio funzioni, ni, simili a quelli di un neonato. Ma pochi giorni bastarono perché perché io non potessi piú pi ú distinguere lei da qualunque altra donna che avesse raggiunto l'età l'età di vent'anni. Che incanto per ò! Che freschezza di carnagione e di tinte! Anche Enrico sembrava ringiovanito. Oh, era felice! Io mi sentivo cosí cos í sconvolto da quella realtà realt à che non potevo piú pi ú negare, da sembrarmi, in certi momenti, di essere sul punto di perdere la ragione. ragione. Fortunatame Fortunatamente nte cominciai cominciai a riflettere che che quel quel portent portento, o, se era avvenu avvenuto to - e come come resistere alla testimonianza di tutti i miei sensi? - se era avvenuto, bisognava crederlo un fatto natura naturale le simile simile a tanti tanti altri altri che che l'abit l'abitudi udine ne di ogni giorno, di ogni minuto, ci fa stimare meno
miracolosi, meno stupefacenti! stupefacenti! E già gi à invidiavo la felicità felicità del mio amico ... Ahimè Ahimè! Né lui né né io avevamo preveduto che si possono spingere, s í , fino oltre certi limiti le forze della natura, ma non mai ridurle diverse da quel quel che che sono. sono. Egli Egli aveva veva potut potuto o creare creare,, infatti, una donna ideale perfetta, ma in questa creatura si era incarnata l'idea superlativa della donna coi pregi e coi difetti che ne costituiscono l'essenza. Perciò Perci ò in Eva - l'aveva chiamata cos í tutto era riuscito estremo; e mai donna ordinaria avev avevaa accumula accumulato to in s é tanto orgoglio orgoglio,, tanta vanità vanità, tanta leggerezza, tanta tenerezza, tanta sensualità sensualità, tanta gelosia, tanta caparbietà caparbiet à, tanta elevatezza e tanta miseria, da renderla a dirittura insopportabile! Il povero mio amico ne fu spaventato. Dopo sei mesi egli odiava la sua creatura, e già gi à pensava al modo di disfarsene. «Commetteresti un delitto!» gli dissi. «Ne ho già già commesso uno assai maggiore esclamò esclamò - violentando la natura!». «Abbandona costei alla sua sorte!». «No!». Era geloso che altri potesse possederla. E, un giorno, mi condusse a casa sua. Non ho mai assistito a spettacolo più pi ù spaventevole e piú pi ú triste. La bella creatura era già gi à ridotta di nuovo forma vaporosa, evanescente. Tutte le supreme angosce dell'agonia ne scomponevano il bellissimo viso; gli occhi smorti nuotavano gi à nell'ultimo sonno, sotto l'influsso di un potere omicida altrettanto forte quanto quello che l'aveva evocata alla vita. Enrico Strizzi - entrato in un convento di frati trappisti - vi medita ancora, nel silenzio, la vanità vanità della scienza e attende, espiando, la morte!
Madame Blavatsky
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UNO SPIRITO IN UN LAMPONE di Iginio Ugo Tarchetti.
Anche di Iginio Tarchetti abbiamo parlato nel precedente numero dello Zibaldone. Qui aggiungiamo che lo scrittore si arruol ò giovanissimo nell'esercito e partecip ò alla repressione di quello che è stato definito impropriamente 'brigantaggio', per designare la rivolta delle popolazioni del Sud che non accettarono l'occupazione piemontese senza combattere. Di certo l'esperienza avuta in Calabr Calabria, ia, e più probab probabilmen ilmente te una leggenda leggenda locale,gli suggerirono l'idea di questo racconto. La prosa, anche in questo caso, è quella dell'e dell'epoc poca a e non si è intervenuto ad alterare alterare alcunché del testo originale. °°°
Nel 1854 un avvenimento prodigioso riemp ì riemp ì di terrore e di meraviglia tutta la semplice popolazione d'un piccolo villaggio della Calabria. Mi attenterò attenterò a raccontare con quanta maggior esatte esattezza zza mi sarà sarà possibile possibile,, questa questa avve avventura ntura meravigliosa, benchè benchè comprenda esser cosa estremamente difficile l'esporla in tutta la sua verità verità e con tutti i suoi dettagli più pi ù interessanti. Il giovine barone di B. - duolmi che una promessa formale mi vieti di rivelarne il nome aveva ereditato da pochi anni la ricca ed estesa baronia del suo avo paterno, situata in uno dei punti più più incantevoli della Calabria. Il giovine erede non si era allontanato mai da quei monti s ì s ì ricchi di frutteti e di selvaggiume; nel vecchio maniere della famiglia, che un tempo era stato
un castello feudale fortificato, aveva appreso dal pedagogo di casa i primi erudimenti dello scrivere, e i nomi di tre o quattro classici latini di cui sapeva citare all'occorrenza alcuni distici ben conosciuti. Come tutti i meridionali aveva la passione della caccia, dei cavalli e dell'amore - tre passioni che spesso sembrano camminare di conserva come tre buoni puledri di posta potevale appagare a suo talento, né n é s'era mai dato un pensiero di più pi ù; non aveva neppur mai immaginato che al di là l à di quelle creste frastagliate degli Appennini vi fossero degli altri paesi, degli altri uomini, e delle altre passioni. Del resto siccome la sapienza non è uno dei requisiti indispensabili alla felicità felicità - anzi parci l'oppo l'opposto sto - il giovin giovinee barone barone di B. sentiv sentivas asii perfettame perfettamente nte felice felice col semplice semplice corredo corredo dei suoi distici; e non erano meno felici con lui i suoi domestici, le sue donne, i suoi limieri, e le sue dodici livree verdi incaricate di precedere e seguire la sua carrozza di gala nelle circostanze solenni. Un solo fatto luttuoso aveva, alcuni mesi prima dell'epoca a cui risale il nostro racconto, portata la desolazione in una famiglia addetta al servigio della casa e alterate le tradizioni pacifiche del castello. Una cameriera del barone, una fanciulla che si sapeva aver tenute tresche amorose con alcuni dei domestici, era sparita improvvisamente dal villaggio; tutte le ricerche erano riuscite vane; e bench è pende pendesse ssero ro non poch pochii sospe sospetti tti sopra sopra uno dei guarda guardabos bosch chii - giovin giovinee d'indo d'indole le violen violenta ta che che erano stato un tempo invaghito, senza esserne corrisposto - questi sospetti erano poi in realtà realt à cos ì vaghi aghi e cos cos ì infond infondati ati,, che che il conteg contegno no calmo e sicuro del giovane era stato pi ù che sufficiente a disperderli. Questa Questa sparizione sparizione misteriosa misteriosa che pareva pareva involgere in sè sè l'idea di un delitto, aveva rattristato profondamente l'onesto barone di B.; ma a poco poco a poco poco egli egli se n'er n'eraa dime dimenti ntica cato to spensierandosi coll'amore e colla caccia: la gioja e la tranquillità tranquillità erano rientrate nel caste castello llo;; le livree livree verdi erdi erano erano tornate tornate a darsi darsi buon tempo nelle anticamere; e non erano trascorsi due mesi dall'epoca di questo avvenimento che nè n è il barone, nè n è alcuno de' suoi domestici si ricordava della sparizione della
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fanciulla. Era nel mese di novembre. Un mattino, il barone di B. si svegliò svegli ò un po' turbato da un cattivo sogno, si cacci ò fuori del letto, spalancò spalancò la finestra, e vedendo che il cielo era sereno, e che i suoi limieri passeggiavano immalinconiti nel cortile e raspavano alla porta per uscirne, disse: "Voglio andare a caccia, io solo; vedo laggiù laggi ù alcuni stormi di colombi selvatici che si son dati la posta nel seminato, e spero che ne salderanno il conto colle penne." Fatta questa risoluzione fin ì fin ì di abbigliarsi infilzò infilzò i suoi suoi stiv stivali ali impene impenetra trabili bili,, si butt buttò il ò le due fucile ad armacollo, armacollo, accomiat accomiatò due livr livree ee verdi che lo solevano accompagnare e usc ì usc ì circondato da tutti i suoi limieri, i quali agitando la testa, testa, face faceva vano no scoppi scoppietta ettare re le loro loro larghe larghe orecchie, e gli si cacciavano ad ogni momento tra le gambe accarezzando colle lunghe code i suoi stivali impenetrabili.
Il barone di B. si avvi ò direttamen direttamente te verso verso il luogo ove aveva veduto posarsi i colombi selvatici. Era nell'epoca delle seminagioni, e nei campi arati di fresco non si scorgeva pi ù un arbusto od un filo d'erba. Le piogge dell'autunno avevano ammollito il terreno per modo, che egli affo affond ndaava nei nei solc solchi hi fino fino al gino ginocc cchi hio, o, e si vedeva ad ogni momento in pericolo di lasciarvi uno stivale. Oltre a ciò ci ò i cani, non assuefatti a quel genere di caccia, rendevano vana tutta la strate strategia gia del caccia cacciator tore, e, e i colomb colombii aveva vevano no appostate qua e là l à le loro sentinelle avanzate, precisamente come avrebbe fatto un bravo reggimento della vecchia guardia
imperiale. Stizzito da questa astuzia, il barone di B. continuò continuò nond nondim imen eno o a pers perseg egui uita tarl rlii conmaggiore accanimento, quantunque non gli venissero mai al tiro una sola volta; e sentivasi stanco e sopraffatto dalla sete, quando vide l ì l ì presso in un solco una pianticella rigogliosa di lamponi carica di frutti maturi. -Strano! disse il barone, una pianta di lamponi in ques questo to luogo luogo... ... e quant quantii frutti! frutti! come come sono sono belli e maturi! E abbassando la focaja del fucile, lo colloc ò presso di sè sè, si sedette; e spiccando ad una ad una le coccole del lampone, i cui granelli di porpora parevano come argentati graziosamente di brina, estinse, come potè pot è meglio, la sete che aveva incominciato a travagliarlo. Stette Stette cos ì seduto una mezz'ora; in capo alla quale si accorse che avvenivano avvenivano in lui dei fenomeni fenomeni singolari.
Il cielo, l'orizzonte, la campagna non gli parevano più più quelli; cioè cioè non gli pareano esse essenzi nzialm alment entee mutati mutati,, ma non li vede vedeva va più pi ù colla colla stessa stessa sensaz sensazion ionee di un'ora un'ora prima; prima; per servirsi d'un modo di dire più pi ù comune, non li vedeva più più cogli stessi occhi. In mezzo a' suoi cani ve n'erano taluni che gli sembrava di non aver mai veduto, e pure riflettendoci bene, li conosceva; se non che li osservava e li accarezzava tutti quanti con maggior rispetto che non fosse solito fare: parevagli in certo modo che non ne fosse egli il padrone, e dubitandone quasi, si prov ò a chiamarli: Azor, Fido, Aloff! I cani chiamati gli si avvicinarono prontamente, dimenando la coda. -Meno male, disse il barone, i miei cani cani
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sembra sembrano no essere essere proprio proprio ancor ancoraa i miei miei cani. cani... .. Ma è singolare questa sensazione che provo alla testa, testa, ques questo to peso.. peso.... .. E che che cosa cosa sono sono ques questi ti strani desideri che sento, queste volontà volont à che non ho mai avute, questa specie di confusione e di duplicità duplicità che provo in tutti i miei sensi? Sarei io pazzo?... Vediamo, riordiniamo le nostre idee.... Le nostre idee! S ì S ì perfettamente.... perchè perchè sento che queste idee non sono tutte mie. Per ò... è presto detto riordinarle! Non è possibile, sento nel cerve cervello llo qualc qualche he cosa cosa che che si è disorganizzata, disorganizzata, cioè cioè... ... dir dirò megli meglio.. o.... che che si è organiz organizzato zato diversa diversamente mente da prima... prima... qualche qualche cosa di superfluo, di esuberante; una cosa che vuol farsi posto nella testa, che non fa male, ma che pure spinge, urta in modo assai penoso le pareti pareti del cranio cranio... ..... Parmi Parmi di esser esseree un uomo uomo doppio doppio.. Un uomo uomo doppio doppio!! Che stran stranezz ezza! a! E ì, senza dubbio... capisco in questo pure.. pure.... s ì, momento come si possa essere un uomo doppio. Vorrei sapere perchè perchè questi anemoni mezzo fradici per le piogge, ai quali non ho mai badato in vita mia, adesso mi sembrano cos ì cos ì belli e cos ì cos ì attraenti... Che colori vivaci, che forma semplice e graziosa! Facciamone un mazzolino. E il barone allungando la mano senza alzarsi, ne colse tre o quattro che, cosa singolare! si pose in seno come le femmine. Ma nel ritrarre la mano a sè, provò provò una sensazione ancora pi ù strana; volev olevaa ritra ritrarre rre la mano mano,, e nel nel temp tempo o stes stesso so vole voleva va allung allungar arla la di nuovo nuovo;; il bracci braccio o mosso mosso come come da due volont olontàà opposte opposte ma ugualmen ugualmente te potenti, rimase in quella posizione quasi paralizzato. -Mio Dio! disse il barone; e facendo uno sforzo violento usc ì usc ì da quello stato di rigidità rigidit à, e subito osservò osservò attentamente la sua mano come a guardare se qualche cosa vi fosse rotto o guastato. Per la prima volta egli osservò osserv ò allora che le sue mani erano brevi e ben fatte, che le dita erano piene e fusolate che le unghie descrivevano un ellissi perfetto; e l'osservò l'osservò con una compiacenza insolita; si guardò guardò i piedi e vedendoli piccoli e sottili, non ostante la forma un po' rozza de' suoi stivali impenetrabili, ne provò provò piacere e sorrise. In quel momento uno stormo di colombi si
innalzò innalzò da un campo vicino, e venne a passargli d'innanzi al tiro. Il barone fa sollecito a curvarsi, ad afferrare il suo fucile, ad inarcarne il cane, ma... cosa prodigiosa! in quell'istante si accorse che aveva paura del suo fucile, che il fragore dello dello sparo sparo lo avreb avrebbe be atterrit atterrito; o; ristett ristettee e si lasciò lasciò cader l'arma di mano, mentre una voce interna gli diceva: che begli uccelli! che belle penne che hanno nelle ali!... mi pare che sieno colombi selvatici... -Per l'inferno! esclamò esclamò il barone portandosi le mani alla testa, io non comprendo pi ù nulla di me stesso... sono ancora io, o non sono pi ù io? o sono io ed un altro ad un tempo? Quando mai io ho avuto paura di sparare il mio fucile? quando mai ho sentito tanta pietà piet à per questi maledetti colombi che mi devastano i seminati? I seminati! Ma... veramente parmi che non sieno più più miei questi seminati.. Basta, basta, torniamo al castello, sarà sar à forse effetto di una febbre che mi passerà passer à buttandomi a letto. E fece atto di alzarsi. Ma in quello istante un'altra volontà volont à che pareva esistere in lui lo sforzò sforzò a rimanere nella posizione di prima, quasi avesse voluto dirgli: no, stiam stiamo o ancor ancoraa un poco poco seduti. Il barone sent ì sent ì che annuiva di buon grado a questa volontà volont à, poichè poichè dallo svolto della via che fiancheggiava il campo era comparsa una brigata di giovani lav lavoratori oratori che che tornav tornavano ano al villag villaggio gio.. Egli Egli li guardò guardò con con un certo certo sens senso o di inte intere ress ssee e di desiderio di cui non sapeva darsi ragione; vide che ve ne erano alcuni assai belli; e quando essi gli passarono d'innanzi salutandolo, rispose al loro saluto chinando il capo con molto imbara imbarazz zzo, o, e si accors accorsee che che aveva eva arrossi arrossito to come una fanciulla. Allora sent ì sent ì che non aveva più più alcuna difficoltà difficoltà ad alzarsi, e, si alzò alz ò. Quan Quando do fu in pied piedii gli gli parv parvee di esse essere re più più leggiero dello usato: le sue gambe parevano ora ingran ingranch chite ite,, ora più più sciolt sciolte; e; le sue sue move movenze nze erano più più aggraziate del solito, quantunque fossero poi in realtà realtà le stesse movenze di prima, e gli paresse di camminare, di gestire, di dimenarsi, come aveva fatto sempre per lo
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innanzi. Fece atto di recarsi il fucile ad armacollo, ma ne provò provò lo stesso spavento di prima, e gli conve convenne nne adatta adattarse rselo lo al bracc braccio, io, e tenerl tenerlo o un poco discosto dalla persona, come avrebbe fatto un fanciullo timoroso. Essendo arrivato ad un punto in cui la via si biforcava, si trovò trov ò incerto per quale delle due strade avrebbe voluto avviarsi al castello. Tutte e due vi conducevano del paro, ma egli era solito percorrerne sempre una sola: ora avrebbe voluto passare per una, e ad un tempo voleva passare anche per l'altra: tentò tentò di muoversi, ma riprovò riprovò lo stesso fenomen fenomeno o che avev avevaa prova provato to poc'anzi poc'anzi:: le due volontà volontà che parevano dominarlo, agendo su di lui colla stessa forza, si para paraliz lizza zaro rono no reciprocamente, resero nulla la loro azione azione:: egli egli rest restò immobile sulla via come come impi impiet etrit rito, o, come come colp colpit ito o da cata catale less ssi. i. Dopo Dopo qualc qualche he moment momento o si accorse che quello stato di rigidità rigidità era cessato, che la sua titubanza era svanita, e svoltò svolt ò per quella delle due strade che era solito percorrere. Non aveva fatto un centinaio di passi che s'abbatt é nella moglie del magistrato la quale lo salutò salut ò cortesemente. -Da quando in qua, disse il barone di B. io sono solito a ricevere i saluti della moglie del magistrato? Poi si ricordò ricordò che egli era il barone di B., che egli era in intima conoscenza colla signora, e si meravigliò meravigliò di essersi rivolta questa domanda. Poco più più innanzi si incontrò incontrò in una vecchia che andava razzolando alcuni manipoli di rami secchi lungo la siepe. ì, Caterina, le disse egli abbracciandola, -Buon d ì, e baciandola sulle guance; come state? avete poi ricevuto notizie di vostro suocero? -Oh! Eccellenza.... quanta degnazione...
esclamò esclamò la vecch vecchia, ia, quasi quasi spave spaventata ntata dalla insolita famigliarità famigliarità del barone, le dirò dirò... Ma il barone l'interruppe dicendole: Per carità carit à, guardatemi bene, ditemi: sono ancora io? sono ancora il barone di B.? -Oh, signore!... diss'ella. Egli Egli non stette stette ad atten attender deree altra altra rispost risposta, a, e prosegu ì prosegu ì la sua strada, cacciandosi le mani nei capel capelli, li, e escla esclaman mando: do: io sono sono impaz impazzit zito, o, io sono impazzito. Gli avveniva spesso lungo la via di arrestarsi a contemplare oggetti o persone che non avevano mai destato in lui il minimo interesse, e vedeali sotto sotto un aspet aspetto to affatt affatto o divers diverso o di prima. prima. Le belle contadine che stavano sarchiando nei campi coll'abito rimboccato fin sopra il ginocchio, non avevano più pi ù per lui alcuna attrattiva, e le parevano rozze, sciatte e sguaiate. Gettando a caso uno sguardo su' suoi limieri che lo prece precede deva vano no col muso muso basso basso e colla colla coda coda penzoloni, disse: "Tò "T ò! Visir che non aveva che due mesi adesso sembra averne otto suonati, e s'è s'è cacciato anche lui nella compagnia dei cani scelti." Mancavangli pochi passi per arrivare al castello, quando incontrò incontr ò alcuni de' suoi domestici che passeggiavano ciarlando lungo la via, e, cosa singolare singolare!! li vede vedeva va doppi; doppi; prova provava va lo stesso stesso fenomeno ottico che si ottiene convergendo tutte e due le pupille verso un centro solo, per modo d'incrociarne la visuale; se non che egli comprendeva che le causa di questo fenomeno erano affatto diverse da quelle; poiché poich é vedeali bens ì bens ì doppi, ma non si rassomigliavano totalmente nella loro duplicità duplicit à; vedeali come se vi fossero in lui due persone che guardassero per gli stessi occhi. E questa questa strana strana duplicit duplicitàà incominciò incominciò da quel quel moment momento o ad esten estender dersi si su tutti tutti i suoi suoi sensi; sensi; vedeva doppio, sentiva doppio, toccava doppio; e, - cosa ancora più pi ù sorprendent sorprendente! e! - pensav pensavaa doppio. Cioè Cioè, una stessa sensazione destava in lui due idee, e queste due idee venivano svolte da due forze diverse di raziocinio, e giudicate da due diverse coscienze. Parevagli in una parola che vi fossero due vite nella sua vita, ma due vite opposte, segregate, di natura diversa; due vite che non potevano fondersi, e che lottavano per contendersi il predominio de' suoi sensi d'onde la duplicità duplicità delle sue sensazioni.
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Fu per ciò ciò che egli vedendo i suoi domestici, conobbe bens ì bens ì che erano i suoi domestici; ma cedendo ad un impulso pi ù forte, forte, non pot potè a meno di avvicinarsi ad uno di essi, di abbracciarlo con trasporto e di dirgli: oh! caro Francesco, godo di rivedervi; come state? come sta il nostro barone? - e sapeva benissimo di essere egli il barone - ditegli che mi rivedr à fra poco al castello. I domestici si allontanarono sorpresi; e quello tra loro che erane stato abbracciato, diceva tra se stesso: io mi spezzerei la testa per sapere se è, o se non è veramente il barone che mi ha parlato. Io ho già gi à inteso altre volte quelle parole... non so... ma quella espressione... quell'aspetto... quell'abbraccio... certo, non è la prima volta che io fui abbracciato in quel modo. E pure... il mio degno padrone non mi ha mai onorato di tanta famigliarità famigliarità. Pochi passi più pi ù innanzi, il barone di B. vide un pergol pergolato ato che che s'appo s'appoggi ggiav avaa ad un angol angolo o del recinto d'un giardino, per modo che quando era coperto coperto di foglie foglie dove doveva va essere essere affatto affatto inacce inaccessi ssibil bilee agli agli occhi occhi dei curiosi curiosi.. Egli Egli non poté poté resis resister teree al deside desiderio rio di entrarv entrarvi, i, quantunque vi fosse in lui un'altra volont à che l'incitava ad affrettarsi verso il castello. Cedette al primo primo impuls impulso, o, e appen appenaa seduto sedutosi si sotto sotto la pergola, sent ì sent ì compiersi in sé sé stesso un fenomeno psicologico ancora più pi ù curioso. Una nuova coscienza si formò form ò in lui: tutta la tela di un passato mai conosciuto si distese d'innanzi a suoi occhi: delle memorie pure e soavi di cui egli non poteva aver fecondata la sua vita venne vennero ro a turba turbare re dolce dolcemen mente te la sua anima anima.. Erano memorie di un primo amore, di una prima colpa; ma di un amore più pi ù gentile e più più elevato che egli non avesse sentito, di una colpa pi ù dolce e più pi ù generosa che egli non avesse commesso. La sua mente spaziava in un mondo di affetti ignorato, percorreva regioni mai viste, evocava dolcezze mai conosciute. Nond Nondim imen eno o tutt tutto o ques questo to assi assiem emee di rimembranze rimembranze,, questa questa nuova nuova esistenz esistenzaa che era venuta ad aggiungersi a lui, non turbava, non confondeva le memorie speciali della sua vita.
Una linea impercettibile separava le due coscienze. Il barone di B. passò pass ò alcuni momenti nel pergolato, dopo di che sent ì sent ì desiderio di affret affrettar tarsi si verso verso il villag villaggio gio.. E allora allora le due volontà volontà agendo su di esso collo stesso accordo, egli ne sub ì sub ì un impulso cos ì cos ì potente che non potè potè cons conserv ervar aree il suo suo pass passo o abit abitua uale le,, e fu costretto a darsi ad una corsa precipitosa. Queste Queste due volont volontàà incomincia incominciarono rono da quell'istante a dominarsi e a dominarlo con pari forza. Se agivano d'accordo, i movimenti della sua persona erano precipitati, convulsi, violenti; se una taceva, erano regolari; se erano contrarie, i movimenti venivano impediti, e davano luogo ad una paralisi che si protraeva fino a che la pi ù potente di essa avesse predominato.
Mentre egli correva cos ì cos ì verso il castello, uno de' suoi domestici lo vide, e temendo di qualche sventura, lo chiamò chiamò per nome. Il barone volle arrestarsi, ma non gli fu possibile; rallent ò il passo e si fermò ferm ò bens ì bens ì per qualche istante, ma ne segu ì segu ì una convulsione, un saltellare, un avanzarsi e un retrocedere a sbalzi per modo che sembrava invasato, e gli fu gioco forza continuare la sua corsa verso il villaggio. Il villaggio non pareagli più pi ù quello, parevagli che ne fosse stato assente da molti mesi: vide che il campanile della parrocchia era stato riattato di fresco, e quantunque lo sapesse, gli sembrava tuttavia di non saperlo. Lungo la strada si abbattè abbatt è in molte persone che sorprese di quel suo correre, lo guardavano con atti di meraviglia. Egli faceva a tutte di cappello, benchè benchè comprendesse che nol doveva; e quelle rispondevangli togliendosi i loro berretti, e mera meravig viglia liando ndo di tanta tanta cortesi cortesia. a. Ma ciò ciò che sembrav sembravaa ancora ancora più più singo singolar laree era che che tutte tutte quelle persone consideravano quasi come naturale quel suo correre, quel suo salutare; e pareva loro di aver travisto, intuito, compreso
qualche cosa in que' suoi atti, e non sapevano che cosa fosse. Ne erano per ò impaurite e pensierose. Giunto al castello si arrestò arrest ò; entrò entrò nelle anticamere; baciò baciò ad una ad una le sue cameriere; strinse la mano alle sue livree verdi, e si buttò buttò al collo di una di esse che accarezz ò con molta tenerezza, e a cui disse parole colme di passione e di affetto. A quel quella la vist vistaa le came camerie riere re e le livr livree ee verdi erdi fuggirono, e corsero urlando a rinchiudersi nelle loro stanze. Allora il barone d ì d ì B. sal ì sal ì agli altri piani, visitò visitò tutte le sale del castello, e essendo giunto alla sua alcova, si buttò butt ò sul letto, e disse: "Io vengo a dormi dormire re con con lei, lei, sign signor or baro barone ne." ." In quell'intervallo di riposo, le sue idee si riordinarono, egli si ricordò ricordò di tutto ciò ciò che gli era avvenuto durante quelle due ore, e se ne sent ì sent ì atterrito; ma non fu che un lampo - egli ricadde ben presto nel dominio di quella volont à che lo dirigeva a sua posta. Tornò Tornò a ripetersi le parole che aveva aveva dette poc'anzi; "Io vengo a dormire con lei, signor
barone." E delle nuove memorie si suscitarono nella sua anima; erano memorie doppie, cio è le rimembranze delle impressioni che uno stesso fatto lascia in due spiriti diversi, ed egli accoglieva in sè s è tutte e due queste impressioni. Tali rimembranze però però non erano simili a quelle che aveva già gi à evocato sotto la pergola; quelle erano semplici, queste complesse; quelle lascia lasciava vano no vuota, vuota, neutra neutrale, le, giudic giudicee una parte parte dell'anima; queste l'occupavano tutta: e siccome erano rimembranze di amore, egli comprese in quel momento che cosa fosse la grande unit à, l'immensa complessività complessività dell'amore, il quale essendo nelle leggi inesorabili della vita un
sent sentim imen ento to divi diviso so fra due, due, non non può può essere compr compreso eso da ciascu ciascuno no che che per met met à. Era la fusione piena e completa di due spiriti, fusione di cui l'amore non è che una aspirazione, e le dolcezze dell'amore un'ombra, un'eco, un sogno di quelle dolcezze. Nè N è potrei esprimere meno confusamente lo stato singolare in cui egli si trovava. Passò Passò cos ì circa un'ora, scorsa la quale si accorse che quella voluttà volutt à andava scemando, e che le due vite che parevano animarlo si separavano. Discese dal letto, si pass ò le mani sul sul viso viso come come per cacci cacciarne arne qualche qualche cosa cosa di leggiero... un velo, un ombra, una piuma; e sent ì sent ì che il tatto non era più pi ù quello; gli parve che i suoi suoi lineam lineamen enti ti si fosse fossero ro mutati mutati,, e prov prov ò la stessa sensazione come se avesse accarezzato il viso di un altro. V'era l ì presso uno specchio e corse a contemplarvisi. Strana cosa! Non era più pi ù egli; o almeno vi vedeva riflessa bens ì bens ì la sua immagine, ma vedeala come fosse l'immagine di un altro, vedeva due immagini in una. Sotto l'epidermid l'epidermidee diafana diafana della sua persona, persona, traspariva una seconda immagine a profili vaporosi, instabili, conosciuti. E ciò ci ò gli pareva naturalissimo, perchè perchè egli sapeva che nella sua unità unità vi erano due persone, che era uno, ma che era anche due ad un tempo. Allontanando lo sguardo dal cristallo, vide sulla parete opposta un suo vecchio ritratto di grandezza grandezza naturale, naturale, e disse: disse: "Ah! questo questo è il signor barone di B... Come è invecchiato!" - E tornò tornò a contemplarsi nello specchio. La vista di quella tela gli fece allora ricordare che vi era nel corridoio del castello un immagi immagine ne simile simile a quell quellaa che che avev avevaa vedu veduto to poc'anzi trasparire dalla sua persona nello ì domina spec specch chio, io, e si sent sent ì dominato to da una smania smania invincibile di rivederla. Si affrettò affrett ò verso il corridoio. Alcune delle sue cameriere che vi passavano in quell'istante furono prese da uno sgomento ancora più più profondo di prima, e corsero fuggendo a chiamare le livree verdi che stavano assembra assembrate te nell'antica nell'anticamera, mera, concertando concertandosi si sul da farsi. Intanto nel cortile del castello si era radunato buon numero di curiosi: la notizia delle follie commesse dal barone si era divulgata in un
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attimo nel villaggio, e vi aveva fatto accorrere il medico, il magistrato ed altre persone autorevoli del paese. Fu deciso di entrare nel corridoio. Il disgraziato barone fu trovato in piedi d'innanzi ad un ritratto di fanciulla - quella stessa che era sparita mesi addietro dal castello - in uno stato di eccitamento nervoso impossibile a definirsi. Egli sembrava in preda ad un assalto violento di epilessia; tutta la sua vitalità vitalit à pareva concentrarsi in quella tela; pareva che vi fosse in lui qualche cosa che volesse sprigionarsi dal suo corpo, che voles volesse se uscirne uscirne per entrare entrare nell'i nell'imma mmagin ginee di quel quadro. Egli la fissava con inquietudine, e spiccava salti prodigiosi verso di lei, come ne fosse attratto da un forza irresistibile. Ma il prodigio più più meraviglioso era che i suoi lineamenti lineamenti parevan parevano o trasformars trasformarsi, i, quanto quanto più più egli affissava quella tela, ed acquistare un'altra espressione. Ciascuna persona riconosceva bens ì bens ì in lui il barone di B., ma vi vedeva ad un tempo una strana somiglianza coll'immagine riprodotta nel quadro. La folla accorsa nel corridoio si era arrestata compresa da un panico indescrivibile. Che cosa vedeva vedevano no essi? Non lo sapevano: sapevano: sentivano di trovarsi d'innanzi a qualche cosa di soprannaturale. Nessuno osava avvicinarsi, - nessuno si moveva; - uno spavento insuperabile si era impadronito di ciascuno di essi: un brivido di terrore scorreva per tutte le loro fibre... Il barone continuava intanto ad avventarsi verso il quadr quadro; o; la sua esaltaz esaltazion ionee cresc crescev eva, a, i suoi suoi profili si modificavano sempre più pi ù, il suo volto riproduceva sempre più più, esattamente l'immagine della fanciulla... e già gi à alcune persone parevano voler prorompere in un grido di terrore, quantunq quantunque ue uno spave spavento nto misterioso misterioso li avesse avesse resi resi muti muti od immobi immobili, li, allorc allorch hè una una voce oce si sollevò sollevò improvvisamente dalla folla che gridava: "Clara! Clara!" Quel grido ruppe l'incantesimo. "S ì "S ì,, Clara! Clara!" ripeterono unanimi le persone radunate nel corridoio, precipitandosi l'una sull'altra verso le porte, sopraffatte da un terrore ancora più più gran grande de,, e quel quel nome nome era era il nome nome dell dellaa fanciulla sparita dal castello, la cui immagine
era stata riprodotta dalla tela. Ma a quella voce, il barone di B. si spicc ò dal quadro, e si slanciò slanci ò in mezzo alla folla gridando: "Il mio assassino, il mio assassino!" La folla si sparpagliò sparpagli ò, e si divise. Un uomo era in terra svenuto - quello stesso che aveva gridato - il giova giovane ne guarda guardabos bosch chii su cui pende pendeva vano no sospetti per la sparizione misteriosa di Giara. Il barone di B. fa trattenuto a forza dalle sue livree verdi. Il guardaboschi rinvenuto domandò domand ò del magistrato, cui confessò confess ò spontaneamente di aver uccisa la fanciulla in un eccesso di gelosia, e di averla sotterrata in un campo, precisamente in quel luogo dove, poche ore innanzi, aveva veduto lo sfortunato barone sedersi e mangiare le coccole del lampone. Fu data subito al barone di B. una forte dose di emetico che gli fece rimettere i frutti non digeriti, e lo liberò liberò dallo spirito della fanciulla. Il cadavere di essa, dal cui seno partivano le radici del lampone, fu dissotterrato e ricevette sepoltura cristiana nel cimitero. Il guardaboschi, tradotto in giudizio, ebbe condanna a dodici anni di lavori forzati. Nel 1865 io lo conobbi nello stabilimento carcerario di Cosenza che mi era recato a visitare. Mancavangli allora due anni a compiere la sua pena; e fu da lui stesso che intesi questo racconto meraviglioso. meraviglioso.
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VIAGGIO DI ISTRUZIONE di Neera
Anna Anna Radius Radius Zucca Zuccari, ri, in arte arte Ne Neer era, a, fu una straordinaria figura di donna e scrittrice, molto amata nella sua epoca. Nata a Milano nel 1846, trascorse lunghi anni a Caravaggio. A causa della prematura morte della madre fu costretta a interrompere gli studi, ma ci ò non le imped ì di raggiungere vette di celebrit à , tanto che molte sue opere furono tradotte anche in francese, in tedesco e in inglese. Intelligenza vivissima e uno stile venato anche di umorismo, insieme a una fine introspezione dei suoi personaggi, ne fanno una scrittrice scrittrice ingiustam ingiustamente ente condanna condannata ta all'oblio, tutta da riscoprire. Mor ì a Milano nel 1918. In ques questo to godibi godibilis lissim simo o racc raccont onto o è magi magist strralme alment ntee narr narrat ato o il rappo apport rto o scrittore/editore/lettore.
°°° Dal momento che Filarete Assioli ebbe licenziato per le stampe il suo romanzo "Ineso "Inesorab rabilm ilment ente", e", non ebbe ebbe più più pace pace né di giorno né né di notte. Di giorno appostava il procacci procaccia, a, ansioso ansioso di ricevere ricevere dal suo editore editore una lettera che gli annunciasse l'edizione esaurita; di notte non vedeva che donne ideali curve sulle nitide pagine dove egli aveva posto tanta parte di se stesso, dove palpitava la
sua anima di giovane entusiasta confinata nelle anguste pareti notarili di uno studiolo da villaggio. Ma la lettera dell'editore non veniva e nessuna fra le celesti creature dei suoi sogni si decideva a prendere veste mortale per cingergli la chioma coll'alloro del vincitore. Il magg maggio iorr crucc cruccio io di Fila Filare rete te era era quel quello lo di doversene stare neghittoso colle mani in mano mentre l'opera sua correva il mondo a briglia sciolta. Egli numerava tutte le città citt à d'Italia, i borghi dove il suo libro sarebbe apparso e le belle vetrine rilucenti dei librai, immaginandosi le person personee che che si ferma fermava vano no di botto botto colpit colpitee dalla tinta signorile della copertina sulla quale spiccava in caratteri bizzarri quel titolo enigmatico: "Inesorabilmente". Quant Quantee citt città, quan quanti ti borghi, quante vetrine, quante persone! A non contare l'estero, dove pure il suo suo edit editor oree gli gli aveva promesso di mandarne qualche qualche copia, copia, quanti quanti occhi si erano già gi à posati sulle parole scritte da lui, sui suoi pensieri, sulle belle fantasie della sua mente mente cos ì a lungo lungo carezzate e che dovevano portare a' suoi fratelli il saluto di un cuore vergine asse assetat tato o di bellez bellezza za ideale. E dunque perché perch é s ì eterno silenzio?... Gli avevano detto (era questo forse il più più sottile e il più più celato dei suoi desideri) che gli autori ricevono talvolta graziose letterine di ignoti; specie di sorrisi, specie di baci, specie di fiori che la platea lancia all'artista preferito e che trasporta d'anima ad anima nel mistero della lontananza il calore benefico di una simpatia ricambiata. Oh! una forte e leale mano virile che che a trave traverso rso poche poche parol parolee di appro approva vazio zione ne fosse venuta a stringere la sua in quel momento di battaglia! Oh! una manina lieve, graziosa, un po' tremante, che gli avesse scritto.... Che cosa? Non sapeva, non voleva pensarlo, non toccava a lui; ma che qualcuno avesse risposto a tutti i
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gridi d'amore e di dolore che aveva messo nel suo libro come un disperato appello alla umanità umanità, questo! La provincia, si sa, è goffa. Non si aspettava nulla dal nucleo di piccoli possidenti fossilizzati in farmacia attorno ai barattoli della cassia, nè nè dalle beghine che facevano la spola fra la casa e la chiesa intente a scacciare, peggio che mosche a luglio, ogni parvenza di idee nuove che ronza ronzasse sse loro loro attorno attorno.. Né il suo suo patr patron ono, o, il notaio, avrebbe permesso che gli si parlasse di libri all'infuori dei classici; né né il dottore per la sua professione asso assorb rben ente te,, né il segretario per la sua poca poca cultur cultura, a, né il maestro per la sua dura cervice, né né don Anselmo per i suoi pregiudizi, nessuno, nessuno poteva inte intend nder ere, e, amar amare, e, proteggere il suo libro. In famig famiglia lia subiv subivan ano o il cont contra racc ccol olpo po dell dellaa pros prostr traazion ione che finalmente aveva aveva invaso l'ani l'anima ma cand candid idaa di Filarete. La sua buona mamma che aveva più pi ù di ogni altro sognato e palpitato insieme con lui, senza chiedere nemmeno che cosa fosse quel sogno, lo guardava di sottecchi sospirando e raccomandandolo al Signore come fosse in pericolo di vita; ma il padre crollando la testa forte e dura di lavoratore sembrava appoggiare ad ogni colpo i pronostici già gi à fatti sul cattivo esito della speculazione. Non sapeva chiamare con altra parola la follia di suo figlio che aveva ridotto in carta inutile le poche economie raggranellate a stento: cattiva speculazione. Le sorelle non fiatavano. - Ouf! - fece una mattina Filarete tendendo i pugni al cielo, - se continua questa epidemia di silenzio, mi suicido. Intanto leggeva nelle
gazzette cittadine il fervore di vita pulsante pi ù che mai verso la fine dell'anno; i teatri aperti, i negozi riforniti, il fiotto di persone che si river riversa sava va per per le vie vie atta attard rdan ando dosi si fin sott sotto o i riverberi della luce elettrica davanti alle bacheche seducenti. Il mio libro è là - pensava Filarete - tutti lo hanno visto, molti senza dubbio lo hanno comperato; lo si discute, lo si loda, lo si attacca forse.... e quel cane di editore non mi dice nulla! Correv Correvaa con ansia ansia febbr febbrile ile alla alla pagin paginaa delle delle recensioni sempre sperando di trovare un articolo e l'articolo non c'era. Si era preparato da tanto tempo a ricevere il trionfo con modestia, l'attacco con fermezza, lo scherno, se per disgrazia fosse venuto, con dignit à; e tutti gli accordi presi con sè s è stesso riuscivano vani perchè perchè non era nè n è ammirato, nè nè attaccato, nè nè schernito. Rifaceva allora nella sua mente tutto il romanzo: come era nato, come si era svolto nel pi ù grande ardore della ispirazione, come lo aveva curato per farlo mondo da ogni improprietà impropriet à, con quale corag coraggio gio si era posto posto a sfrond sfrondarl arlo o in diver diversi si punti punti per rende renderlo rlo più più snello snello,, più più agile, agile, più più alato, più più degno di quel pubblico intellettuale al quale lo dedicava con un atto profondo di umilt à e di fede. Egli scrivendolo aveva pianto, aveva riso, si era innalzato al vertice del lirismo ed era sceso nei più pi ù torbidi recessi del cuore umano. Tutta la vita colle sue passioni, coi suoi eroismi, colle sue viltà vilt à si agitava là là dentro e c'era tanto pensiero da interessare il filosofo, tanto movimento da tener desta l'attenzione dell'uomo di mond mondo, o, tant tanto o amor amoree tant tanto o entu entusi sias asmo mo da cattivarsi ogni cuore femminile. Oh! la donna intellettu intellettuale ale come dove doveva va comprende comprenderlo! rlo! Egli l'aveva veduta nei ritratti delle Riviste alla moda, nelle descrizioni di romanzi, nei cenni suggestivi dei giornali all'indomani di una premiè première o di una conferenza celebre e l'aveva amata per la sua bellezza fatta di intelligenza, per per la sua sua eleg elegan anza za comp compos osta ta nei nei filtri filtri più pi ù misteriosi della grazia e della sovranità sovranit à. Era lei che voleva commuovere, perché perch é alle perle che cingevano il suo collo leggiadro egli, Filarete, aveva sognato di aggiungere la perla viva di una lagrima strappata ai bellissimi occhi. – Addio mamma, vado. Non ne posso più pi ù. –
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Cos ì il giovane autore si accomiatò accomiat ò dalla sua famiglia in un mattino di dicembre lasciandosi dietro quella fredda casa, quel freddo borgo che gli gelavano il cuore e corse alla voragine ardente della grande città citt à. Bisogna vedere, bisogna muoversi, bisogna imparare - pensava Filarete facendosi strada in mezzo alla folla della capitale e porgendo un orecchio attento ai discorsi che udiva colla vaga speranza di afferrare idee nuove, magari qualche rivela rivelazio zione. ne. Le donne donne soprat soprattutt tutto o lo interessavano nel loro numero stragrande, nella varietà varietà delle loro acconciature, nella scioltezza delle movenze che era l'indice di una raffinatezza ignota alle donne del suo paese; ma fu poco fortunato perché perch é a farlo apposta tutte quelle che segu ì segu ì per raccoglierne la voce e le idee non parlarono mai d'altro che di nastri e di stoffe. ò nel Col Col cuor cuoree che che gli gli batt batteeva Fila Filare rete te entr entrò negozio del suo editore che era anche libraio. Non si erano mai visti, il contratto essendo stato fatto per lettera, e lo scrittore novellino si apparecchiava ad un momento di grande commozione. Non ne fu nulla però per ò. L'editorelibraio stava ravvolgendo in un foglio di carta un libro libro sul quale quale Filare Filarete te fece fece scorrer scorreree l'occ l'occhio hio curioso. Era la Guida per Nizza e Montecarlo che un signore elegante prese, pag ò e si pose sotto il braccio. Quando egli ebbe annunciato il proprio nome, il libraio che si era già gi à rivolto da un'altra parte per sgridare un ragazzo che gli ì, o guastava il gomitolo della cordicella, l ì l ì per l ì, che non avesse inteso bene o che la sua mente fosse troppo lontana, non diede con nessun atto quella speciale dimostrazione di piacevole sorpresa che Filarete si aspettava da lui. Questo piccolo fatto bastò bastò a sconcertarlo. Arross ì Arross ì lievemente e ripeté ripet é con dolcezza: Filarete Assioli, l'autore di "Inesorabilmente". - Ahah!... Piacere. - Anzi Anzi,, si figuri figuri,, il piac piacer eree è mio, mio, - ripres ripresee Filarete con grande premura, sorridendo. Stettero mezzo minuto a guardarsi nel bianco degli occhi. L'editore disse: - E lei è venuto per le feste? Magnifica occasione; la città citt à si trova nel suo momento
migliore. Abbiamo uno spettacolo d'opera.... - Ma no, ma no. Io Sono venuto per sapere come va il mio romanzo. Pronunciando queste parole le guance del giovane autore di rosa peonia che erano passarono al rosso fragola. - Il suo romanzo? Non va niente affatto. - Ni....en....te? - Af-fat-to. Ne vuole la prova? Pietro (chiamò (chiam ò il commesso) quante copie hai venduto di "Inesorabilmente"? - Neppur una, - rispose il commesso senza piet à. E si ha compassione per quelli che si rompono una gamba! Quaranta giorni di letto fra morbidi guanciali, accarezzati dai parenti, visitati dagli amici che recano fiori, dolciumi, giornali illustrati.... Ah! veramente il cuore è fuori di posto. Siccome Filarete brancicava il banco come uno che mal si regge in piedi, l'editore gli offerse una sedia con sufficiente cordialità cordialit à.
- Prego, Prego, s'accomod s'accomodi, i, non faccia faccia complimen complimenti. ti. Un autore, qui, è un poco in casa sua. Certo occorre abituarsi all'ambiente; nel nostro mestiere non sono tutte rose, anzi, al contrario.. contrario.... .. Pietro, Pietro, hai mandato mandato "Aphrodit "Aphrodite" e" alla marchesa Luparelli? Filarete si rimetteva a poco a poco. Sembra Sembrando ndogli gli che che quel quel librai libraio o in fondo fondo non fosse un cattivo uomo si arrischiò arrischi ò a domandare: - Leggono molto le signore dell'alta societ à? ì, specie se sono di un - Romanz omanzii franc francesi esi,, s ì, certo genere.... Pare che sia alla moda perch è non domandano che quello. - Ma vi saranno pure le intellettuali.... – Intell Intellett ettual uali?. i?... .. Non Non sapre saprei. i. Vi sono sono le vecch vecchie ie intellettu intellettuali ali abbonate abbonate tutte alla "Revue des deux mondes" e quanto alle
giovani si servono del gabinetto di lettura dove si trova un po' di tutto. – Il gabinetto di lettura? Libri in prestito? ì. Due e cinquanta al mese: tre volumi per - S ì. settimana. - Ma questo è buono per le cameriere! - esclamò esclam ò Filarete. - Pare che vi trovino il loro tornaconto anche le signore perché perché serviamo a questo modo le miglio migliori ri case. case. Duches Duchessa sa Vallese allese,, contes contessa sa di Sira, principi Belmondo, le signore Guttierez, Vicobelli, Altalena, della Buscaglia.... tutte clienti del gabinetto di lettura. Quanto vi ha di meglio in fatto di nobiltà nobiltà e di finanza. - Ma - tornò tornò a dire Filarete del tutto disorientato - questi libri che vanno in mano di chiunque, del bottegai bottegaio o unto, unto, del giovinas giovinastro tro avvina avvinazzat zzato, o, di persone a cui quelle nobili dame non vorrebbero a niun niun prezzo prezzo toccare toccare un dito.. dito.... .. e in case case sudici sudicie, e, in letti letti ignoti ignoti... ... ques questi ti libri libri pieni pieni di infezioni e di microbi.... sui quali il vizio e la malattia hanno posato misteriosamente le loro traccie invisibili.... questi libri della comunità comunit à e della miseria che non si sa di dove vengono, carichi di fiati e di sputi.... che non si sa dove andranno portando via l'effluvio del salotto elegante dove posarono un giorno tra gli oggetti intimi e più più cari.... no, questi libri non possono soddisfare il gusto raffinato di quella parte di femminilità femminilità che tutte le altre donne guardano con invidia e che noi poeti collochiamo cos ì cos ì alto nel nostro ideale. Il libraio si strinse nelle spalle e rispose con finta bonomia: - Che vuole, la vita è cara. cara. I guanti guanti devo devono no essere freschi tutti i giorni al pari dei fiori, i nastri nastri si gualci gualcisc scono ono,, le trine trine si strac straccia ciano, no, i cappelli si sformano prima che finisca la stagione. Un abito appena appena decente costa due o trecento lire, le mantelline duecento, trecento, cinquecento, ottocento a seconda dei ricami. Converrà Converrà che una signora vestita a questo modo non può pu ò portare scarpe scalcagnate e che se versa una goccia di profumo sul suo fazzoletto non può può essere che una essenza da quindici lire la boccetta. Allora è naturale che per fare un po' di economia si permetta solo due e cinquanta al mese di intellettualità intellettualit à. Caso singolarissimo in dicembre, Filarete si
sentiva la fronte madida di sudore. Egli seguiva ora col pensiero la corsa misteriosa e fatale di quei libri e gli sembrava di scorgere i bacilli del tifo tifo annida annidati ti tra le pagine pagine sorg sorgere ere e rampa rampare re lungo gli abiti eleganti di due o trecento lire, sulla bianca mano, nelle morbide chiome che in sogno aveva tante volte baciate.
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privata perché perché le due copie circolanti del gabinetto di lettura non bastavano a soddisfare la curiosità curiosità di tutte. - Anche "Quo Vadis" ha avuto a suo tempo un bel successo per ò. ì, anche quello. Vede, o preti o.... Ci vogliono - S ì, questi due argomenti per far fortuna. Ognuno ha il suo pubblico speciale e in giornata si specializza tutto. Se lei scriverà scriver à un altro romanzo ci pensi prima: o preti o.... Filarete abbassò abbassò il capo. Le ombre del crepusco crepuscolo lo inverna invernale le oscurav oscuravano ano già gi à la soglia soglia del negozio; altre ombre si addensavano nell'anima nell'anima sua. Era dunque stato inutile tanto amore e tanto ardore? A un tratto tratto l'ombr l'ombraa sulla sulla sogli sogliaa apparv apparvee più più cupa; una persona l'aveva ostruita in parte. Il commesso si affrettò affrettò ad accendere la luce elettrica facendosi innanzi ad un giovane che si avanzava timidamente sbirciando la fila dei libri schierati sul banco. - In che cosa posso servirla? L'incognito, portava un pastrano nero con bavero di velluto piuttosto usato e cappello a cencio schiacciato sull'occhio, mostrò mostr ò un leggero imbarazzo continuando a guardare
E dietro quei microbi da ospedale quanti altri microbi ancora non catalogati, microbi di cancr cancrene ene morali morali e di inaudi inaudite te volgarit olgaritàà non vedev edevaa egli egli corromp corrompere ere le più più pure sorgen sorgenti ti delle delle sue illusi illusioni oni!! Stett Stettee cos ì qualche tempo assorto, assorto, dimenticato dimenticato dal libraio che si affaccendava intorno a clienti migliori, finché finch é approfittando di una sosta nel negozio arrischi ò timidamente un'altra osservazione: osservazione: - E gli scrittori? Essi sono una falange. Questi uomini intelligenti non comperano mantelli da cinquecento lire nè nè profumi rari. Si interessano ben essi all'opera letteraria dei confratelli. - Ah! caro signore, gli scrittori non leggono che se stessi. È il magro compenso che loro resta. ì. Inchio Filarete Filarete ammutol ammutol ì. Inchioda dato to sulla sulla sedia, sedia, in mezzo alle piramidi di libri che coprivano le pareti egli ne leggeva macchinalmente i titoli come si leggono in un cimitero le epigrafi delle furtivamente te le copertine. copertine. Finalment Finalmentee disse a lapidi. Tutti morti - pensava - eppure qualcuno furtivamen voce voce bassa, bassa, quell quellaa voce che che tradis tradisce ce deve pur vendersi poiché poich é il libraio vive. Quasi gli avesse divinato il pensiero, l'editore- immancabilmente lo stato della scarsella: libraio prese l'iniziativa di altre spiegazioni e – Vorrei vedere vedere il nuovo nuovo romanzo romanzo pigliando dallo scaffale or l'uno or l'altro uscito:"Inesorabilmente" di Filarete Assioli. volume venne commentando: Come mai non si accorse del giovine che diede balzo o sull sullaa sedi sediaa a due due pass passii da lui? lui? Il – Ogni tanto capita un successo. Questo un balz strizzò l'occhio da quella parte col per esempio: "Mé "M émoires d'une femme de commesso strizzò fare di chi la sa lunga e porse il volume chambre". Non una delle mie clienti se ne è
richiesto. Allora si vide una pantomima curiosa. Il nuovo arrivato, in piedi sotto la lampadina elettric elettrica, a, sfog sfoglia liava va adagin adagino o le pagine pagine introducendo il dito nei fogli ancora congiunti per tentare di allargare lo spiraglio, dando segni di interesse, di curiosità curiosit à, di piacere; e Filarete dall'a dall'ango ngolo lo semibu semibuio io dove dove si trov trovaava abbandonato sulla sedia seguiva con ansia ogni movi movime ment nto, o, ogni ogni pieg piegaa dell dellaa fron fronte te o delle delle labbra e cercava a sua volta di indovinare approssimativamente quale era il capitolo o il periodo che quello stava leggendo; quando lo vedeva sorridere si sentiva invaso da una straordinaria letizia e quando facevasi serio e attento tutta la sua anima trasmigrava nel corpo dello sconosciuto per scrutarne le sensazioni. A un certo punto il foglio chiuso da tutti i lati accrebbe la curiosità curiosit à del lettore e diede a Filarete un brivido di febbre. - Ebbe Ebbene ne,, quan quanto to cost costa? a? - diss dissee l'uom l'uomo o dal dal pastrano nero; e prima ancora che il commesso potesse rispondere, avendo gettato uno sguardo ò terrorizzato: sul dorso del volume volume,, esclam esclamò terrorizzato: Quattro lire! - Il volume ha quattrocento sessanta pagine, - si affrettò affrettò a dire il commesso, - l'edizione è elegante, caratteri nuovi.... nuovi.... Una viva contrarietà contrarietà si era diffusa intanto sul volto olto dello dello sconos sconosciu ciuto; to; la sua tasca, tasca, quell quellaa tasca che aveva già gi à dato il tono alla sua voce e che andava ora palpando malinconicamente modificò modificò d'un d'un tratt tratto o i guiz guizzi zi liet lietii dell dellaa sua sua fisionomia. Depose il volume sul banco mormorando: - Ci penserò penserò. La sua voce era umile, scorata, mentre a passi incerti si avviava fuori della soglia. Filarete non fece che un salto. Lo afferr ò per la manica del nero pastrano e con voce ancora pi ù umile, ancora più pi ù scorata, gli pose nelle mani il suo suo romanz romanzo o sospir sospirand ando o lieve lieve:-L :-Lo o accet accetti, ti, la prego, lo accetti in omaggio.... Sono l'autore.
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Vanno in Maremma di Renato Fucini.
Renato Fucini, noto anche con l'anagramma di Neri Neri Tanfucio, anfucio, nacque nacque a Montero Monterotond tondo o Marittimo nel 1843 1843 e mor ì a Empoli, nel 1921. Medico mancato, avendo abbandonato ben presto la facolt à , si laureò successivamente in Agraria ma la sua passione era la letteratura. I suoi numerosi componimenti poetici nonch é le raccolte raccolte di racconti racconti e poesie, gli gli fruttarono una una catt catted edrra di Bell Bellee Lett Letter eree a Pist Pistoi oia a e poi poi un incarico incarico di Ispettor Ispettoree Scolastic Scolastico. o. Nel 1916 fu nominato socio dell'Accademia della Crusca. I suoi suoi racc raccont ontii sono sono ambien ambientat tatii prevalentemente prevalentemente nella Maremma Maremma toscana toscana e nei paesi dell'Appennino pistoiese, come quello che presentiamo. La descrizione dei personaggi del racconto è superlativa, un vero monumento a un'epoca passata della quale, per ò , rimangono ancora propaggini nelle zone pi ù depresse del Paese. Il finale è memorabile... cosa sono quelle cose?
Questa me la raccontò raccont ò nel canto del f òco l'amico ò a cena a Raffa Raffaell ello, o, quell quellaa sera sera che che m'inv m'invit itò mangiare le pappardelle sulla lepre. Il sei di dicembre dell'anno passato, te ne ricorderai e se non te ne ricordi non importa, fece un tempo da diavoli. A guardare la montag montagna na poi, poi, era uno spave spavento nto;; e anche anche di quaggiù quaggiù si sentiva la romba della bufera che mugolava fra i castagni, mandando fino a noi qualche qualche foglia foglia secca secca insieme insieme col sinibbio sinibbio che strepitava sui vetri delle finestre come la grandine. Io son fatto peggio delle gru: pi ù
cattivo è il tempo, e più più sento il bisogno d'essere in giro. E volli uscire con lo schioppo in cerca di qualche animale. A un mezzo miglio da casa, sulla via maestra, incontrai Maso del Gallo tutto imbacuccato, e lo fermai per sentire se sapeva punti beccaccini. "Dio signore! signore! sor Raffaello", Raffaello", mi disse disse soffiandosi nelle mani, "non mi faccia fermare; mi par d'esser diventato un pezzo di marmo." "Insegnami un beccaccino." beccaccino." "Ce n'ho uno nella madia che l'ammazzai l'altra sera all'aspetto. Se vò v òl quello, lo vada a pigliare, ma altri non ne so davvero." "O come mai?" "O dove li vò v òl trovare, benedetto lei, se è tutto una spera di ghiaccio? Torni, torni indietro, ch é piglierà piglierà un malanno. Ma non lo sente che lavoro è questo?" Infatti si durava fatica a star ritti, tanta era la forza forza del vento vento gelato gelato che, che, avendo avendogli gli voltato voltato contro contro le spalle, spalle, ci tormentav tormentavaa sbacchia sbacchiandoc ndocii nel nel collo collo un nevis nevisch chio io duro duro e taglie tagliente nte come come vetro. Distratto da una truppa di cinque persone che ci passarono accanto, domandai a Maso: "O que' disgraziati?". "Son montanini; non li vede? Vanno in ìa, in bocca al Maremma. Maremma... .. Arrivederlo Arrivederlo signor signor ìa, lupo; ma torni indietro, dia retta a un ignorante... brèèè brèèè!..." !..." E si allontanò allontanò lesto lesto, battendo forte i piedi per riscaldarsi. Io rimasi un momento a guardare impensierito quei poveri diavoli. Quella era di certo una di quelle famiglie che nell'inverno emigrano dalla montag montagna, na, snida snidate te dal rigore rigore della della stagio stagione ne e dalla fame: il babbo, la mamma, due ragazzetti sotto i dodici anni e una bambina che, come seppi dopo, ne aveva otto appena compiti. Il babbo, un ometto sulla cinquantina, basso, gi à curvo, con le gambe a roncolo, stava avanti alla piccol piccolaa brigata brigata,, stras strascic cican andos dosii dietr dietro o faticosamente i suoi gravi zoccoli con le suola di legno alta tre dita; aveva in capo un berrettaccio intignato di pelle di volpe, calzoni formati di cento toppe di altrettanti colori sudici e sbia sbiadi diti ti,, e giac giacch chet etta ta di mezz mezzaa lana lana quas quasii nuova, di sotto alla quale scaturiva la lama d'una roncol roncolaa e il manic manico o d'una d'una manna mannaret retta ta raccomandate alla cintola, e teneva per il ferro
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una scure, scure, serve servendo ndosen senee come come di mazza. mazza. Col bastone si teneva sulla spalla sinistra un sacchetto di castagne. Dietro a lui subito venivano i due bambini vestiti press'a poco come il babbo; con pi ù una straccio di pezzola passata sopra al berretto e legata sotto la gola per difendersi il collo dalla neve. Il primo, con un ombrellone a tracolla tenuto da uno spago, spago, se la rideva rideva diverte divertendo ndosi si a fare fare i passi lunghi dietro a quelli del babbo, mentre tirava a stratte misurate il fratello minore che gli andava dietro frignando e zoppicando, forse pei geloni ammaccati dentro un paio di scarponi da uomo sfondati e senza leg àcciolo. Questo piccolo disgraziato, a forza di rasciugarsi il mocc moccio io e le lacr lacrim imee con con la mani manica ca dell dellaa giacchetta, se l'era ridotta, fino al gomito, un cartoccio di ghiaccio.
Dieci passi addietro veniva la mamma, pallida, smunta, impettita, con gli occhi a terra, camminando a ondate gravi come tutti gli abitanti delle montagne, la quale, avendo infilato il braccio sinistro nel manico d'un paniere, teneva la mano sotto al grembiule, e con l'altr l'altraa quas quasii stras strascic cicav avaa la bambi bambina na che, che, inciam inciampan pando do in tutti tutti i sassi sassi,, le anda andava va dietro dietro come un orsacchiotto, rinfagottata in un lacero giacchettone da uomo che le toccava terra. Aveva i suoi duri zoccoletti di legno, e le mani rinvoltate dentro a degli stracci fermati al polso con fili di ginestra. La strada doveva a loro sembrare in quel momento momento poco faticosa faticosa,, perch perch é il vento se li portava quasi in collo e li balestrava ora di qua, ora di là là dalla via, facendo schioccare schioccare come fruste que' po' di cenci che avevano addosso.
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"Vanno in Maremma!", aveva detto Maso. "Qua "Quand ndo o ci arriv arriver eran anno no?? Come Come ci arriveranno?": questo chiedevo a me stesso, e non non sape sapev vo leva levarr gli gli occh occhii da doss dosso o a quel quel compassionevole gruppo che fra pochi minuti non avrei avrei più più potuto potuto scorgere scorgere attrave attraverso rso alla nebbia del nevischio. Volli andargli dietro, volli discorrere col vecchio capofila, e affrettando il passo, in pochi salti gli fui accanto. "Stagion "Stagionaccia accia,, galantuo galantuomo", mo", dissi dissi per attaccar attaccar discorso. "Bella non è davvero, signor mio." "Andate molto lontano?" "Per le Maremme." "In che luogo?" "Talamone." Egli, vedendomi fare un movimento che voleva dire un "perdio!" di quelli che chi li tiene in corpo è bravo, mi guardò guardò, sorrise, e continuò continu ò: "Non c'è c'è mica poi tanto, sapete. Di qui passer à poco le cento miglia. Si va su su, adagio adagio, coll'aiuto di Dio, e quest'altra settimana, alla pi ù lunga sabato, s'arriva. La strada, non dubitare, la conos conosco co bene; bene; sono sono trenta trentacin cinqu quee anni anni che che la facc faccio; io; la sorte sorte m'ha m'ha sempr sempree assis assistit tito, o, e per grazia del cielo eccomi qui. L'anno passato ci menai menai questo questo solo", solo", disse, disse, accennan accennandomi domi con una spallata il bambino che misurava il passo, il quale nel sentirsi rammentare perse il tempo per guardarmi, e dando un inciampicone negli zoccoli di suo padre, andò and ò a battere il naso nel sacchetto delle castagne che il vecchio teneva a spalla. "Ci menai questo solo l'altr'anno. Fino a Grosseto, come Dio volle, ce la fece; l ì l ì però però gli si sbucciò sbucciò un piede e mi toccò tocc ò a portarmelo a cavalluccio... Son poche miglia di l ì l ì a Talamon alamone. e. Ma ques quest'a t'anno nno,, caro caro signo signore, re, m'è m' è toccato menarli tutti." "È la tua famiglia questa?" "Que "Quest stii due due sono sono miei miei,, siss sissig igno nore re;; e quel quella la bimbetta l ì l ì che, se la guardate, ha ott'anni finiti e non gli se ne darebbe sei da' gran patimenti di su' madre che non gli ha mai voluto bene, è d'un mi' fratello che anno di là l à mor ì mor ì alla macchia d'una perniciosa. Mi si raccomandò raccomand ò tanto che ci pensassi io, che quando la su' mamma quest'agosto riprese marito, non gliela volli lasciare; come che avendo anche l'approvazione
del curato, non gliela rendo più pi ù. E quella è Zita, la mi' moglie." "Buon giorno, sposa", risposi ad un saluto malinconico che mi fece con gli occhi, movendo appena la testa. "E perché perché, dovendo condurre questi poveri piccini, non sei andato col vapore o almeno con un po' di barroccio?" "Ci sarei andato volentieri anch'io, caro signore, con un bel barroccio che ci si va anche con poco", disse guardandomi sgomento, "ma come si fa? Se le cose andranno bene, state allegri ragazzi", disse volgendosi ai piccini, "si vedr à di farne un po' in barroccio al ritorno." "Più "Più volentieri", continuò continuò volgendosi di nuovo a me, "più "più volentieri li avrei fatti restare tutti a casa; ma non avevo da lasciargli nulla, signore mio, mio, nulla nulla!! nemm nemman anco co un po' po' di farin farinaa per per isvernare." "Sta bene; ma per la via come la rimed î rimed î ?" ?" "Si fa alla meglio, a dirlo a voi; si va alla carit à di questi contadini, e, per dirla giusta, pochi fin qui me l'hanno ricusata la capanna per dormire e un tozzerello di pane. L ì L ì ci abbiamo de' necci," e mi accennò accennò il paniere della moglie, "e qui dentro ci ho delle castagne, che se non ci segue disgrazie di doverci fermare, ci basta quasi per arrivare al posto." Detti Detti un'oc un'occh chiata iata al paniere paniere,, al sacch sacchet etto to e a quelle cinque facce sofferenti, e mi sentii correre instintivamente la mano al portafogli. Presi quel poco che mi parve, perché perch é, tu lo sai, disgraziatamente ho da pensare troppo a me, e accostatomi al bambino maggiore gli detti con cautela, perché perché non vedesse suo padre, un piccolo foglio. Mi guardò guardò spaurito, guardò guardò quel che aveva nella mano, e chiamando suo padre incominciò incominciò a gridare: "O babbo! o babbo! guardate cosa m'ha dato questo signore! O cos'è cos' è? o cos'è cos' è". "Digli "Dio vi rimeriti" a questo signore, Tonino; digli "Dio vi rimeriti"..." "Non "Non importa importa,, non import importa. a. Addio Addio,, monell monello; o; buon viaggio e buona fortuna, galantuomo." "Altrettanto a voi, signore, e state fiero." Quando la madre, che aveva mantenuto i suoi dieci passi di distanza, mi pass ò davanti "Dio vi
benedica!" mi disse. E stetti qualche momento a vederli ederli allont allontana anare re tra la bufera bufera,, che che rammulinava la neve sempre più pi ù gelata e più più folta, fischiando attraverso gli alberi brulli della via. Qui Raffaello s'interruppe per dire a Gano che buttasse un altro ciocco sul fuoco; poi, dopo esser rimasto qualche momento col capo basso a pensare, lo rialzò rialzò per domandarmi: "Che ne sarà sar à stato?". L'AUTORE BENEVOLO di Mark Twain.
Chiudiamo la serie dei “racconti di ieri” cos ì come l'abbiamo aperta: con un racconto breve e spietato del grande Mark Twain. La lezione morale è opportuno che la traiate da soli.
Uno scrittore alle prime armi, giovane giovane e pove povero, ro, avev avevaa tentato tentato inutilmente inutilmente di far pubbli pubblica care re i suoi suoi manosc manoscritti ritti.. Alla Alla fine, fine, vedendosi vedendosi di fronte agli orrori della fame, fece presente presente il suo caso a uno scrittore scrittore famoso, famoso, implorand implorandone one i consigli consigli e l'aiuto. l'aiuto. Quell'uomo Quell'uomo gener eneros oso o mis misee sub subit ito o da da part partee le prop proprie rie ò a esamin faccend faccendee e cominci cominciò esaminare are uno dei manoscritti manoscritti dispre disprezza zzati. ti. Quand'ebb Quand'ebbee finito finito la sua benefica incombenza, strinse cordialmente la mano al povero giovane, dicendo: - Vedo che qui c'è c'è del merito; tornate da me luned ì luned ì.. All'or All'oraa stab stabilit ilita, a, il cele celebre bre autor autore, e, con con un un dolce dolce sorriso, ma senza senza dire niente, niente, apr ì apr ì una rivista rivista ancora ancora fresca fresca di stampa. stampa. Quale Quale non fu lo stupore stupor e del povero giovane nel riconoscere ricono scere il suo articolo in quella pagina stampata! - Come potrò potrò mai, - disse, cadendo in ginocch ginocchio io e scoppian scoppiando do in lacrime, lacrime, dimostrar dimostraree la mia gratitudine gratitudine per una cos ì cos ì nobile condotta! Il celebre celebre scrittore scrittore era il famoso famoso Snodgras Snodgrass; s; il povero povero giovane giovane esordiente, cos ì cos ì salvato dall'oscurità dall'oscurità e dalla fame, era il dipoi non meno famoso Snagsby Snagsby. Che un simile piacevole piacevole episo episodio dio ci ammoni ammonisca sca a presta prestare re un
orecchio orecchio caritatev caritatevole ole a tutti i principianti principianti bisognosi di aiuto. SEGUITO:. La settimana settimana dopo, Snagsby Snagsby era di ritorno con cinque manoscritti respinti. Il celebre celebre autore fu un pochettin pochettino o sorpreso, sorpreso, perch perch é con con i lib libri il giovane in angustie aveva aveva avuto bisogno di una sola spintarell spintarella, a, a quanto quanto sembrav sembrava. a. Comunque, si diede a scavare fra quelle carte, sradicando inutili fiori e ripulendo diversi acri di sterpeti sterpeti di agg aggettivi ettivi,, e quindi quindi riusc ì a fare accettare due degli articoli. ì, e il gra Passò Passò una settima settimana na o giù giù di l ì, grato Snagsby arrivò arrivò con un altro carico. Il celebre scrittore aveva provato dentro di s é una gran vampata vampata di soddisfazione, soddisfazione, la prima volta che era felicemente riuscito a dare una prova prova di amicizia al povero povero giovane giovane nei guai; e con grande compiacimento si era paragonato ai personaggi generosi generosi dei libri; ma ora cominciava a nutrire il sospetto di avere scoperto qualcosa di nuovo, nel campo dei nobili episodi. Il suo entusiasmo inizi ò a raffred raffreddar darsi. si. Tuttav uttavia, ia, non se la sent sentiv ivaa di di respingere il giovane scrittore inguaiato che si aggrappava aggrappava a lui con tanta fiducia e tanta tanta bella semplicità semplicità. B Bene, ene, la conclusione di tutto questo ò a dover fu che che il celeb celebre re autor autoree si ritrov ritrovò dover sopportare di continuo il povero povero giovane giovane principiante. Tutti i suoi sforzi discreti per scaricare quel fardello andarono a vuoto. Dovette Dovette dare consigli quotidiani e quotidiani incoraggia incoraggiamenti menti;; dove dovette tte continua continuare re a fare fare accettare gli scritti dalle riviste, e poi a rattoppare rattoppare i manoscritti manoscritti per renderli renderli presentabili. Quando finalmente il giovane aspirante cominciò cominciò a farsi strada, raggiunse la celebrità celebrità con un salto improvviso, descrive descrivendo ndo la vita privata del celebre autore con un umorismo cos ì cos ì caustic caustico, o, e con tanta precisione di particolari scottanti, che il libro ebbe una tiratura enorme, e al celebre celebre autore si spezzò spezzò il cuore dalla mortificazione. Col suo ultimo respi respiro, ro, egli egli disse: disse: - Ahimè Ahimè, i libri libri mi hanno hanno ingan ingannat nato; o; i libri non non raccon raccontan tano o la storia storia tutta intera. intera. Guardate Guardatevi vi dai giovan giovanii autori autori inguaiati inguaiati,, amici amici miei. Quelli Quelli che che Iddio giudica meritevoli di morire di fame l'uomo non li deve presuntuosamente aiutare, per evitare che gliene venga morte e perdizione.
Racconti di oggi. Apriamo la sezione dedicata ai racconti di oggi con una tenerissima storia di una madrecoraggio.”Intender non pu ò chi non lo prova”, direbbe Dante di fronte a queste prove stra straor ordin dinari ariee di amore amore,, e noi con lui. lui. Ogni Ogni parola sarebbe superflua, ogni sentimento espresso sarebbe inutile merletto all'abito della verit à.
UN GIORNO DI SOLE
(ovvero elogio delle persone con autismo che cercano di abbattere i muri eretti dagli “altri”. Storia di Riccardo) di Silvia Mineo.
“La Preside le deve parlare!” – tuon ò la voce del bidello, appena Riccardo ed io giungemmo a scuola. Varco ogni giorno quella soglia con l’aria un po’ spaurita: mio figlio ha quella espressione sul sul viso viso perc perch hé è autis autistic tico, o, io ho inizia iniziato to ad assumerla perché perché sono la mamma di un autistico. Ogni giorno, nella testa si accavallano sempre gli stessi interrogativi:“Il professore di sostegno sarà sar à anche oggi in malattia?” e l’assistente (che presto andrà andr à via perché perché il suo contratto scade a febbraio) mancherà mancher à anche lei?” “Ci saranno professori disponibili per supplire supplire l’assen l’assenza za del professo professore?” re?” “Con “Con chi trascorrerà trascorrerà la mattina mio figlio? Acco Accomp mpagn agnare are e lascia lasciare re a scuola scuola un figlio figlio disabile non è la stessa cosa di lasciarne uno normale.
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L’ho vissuto con il mio primogenito, più più grande di Riccardo di due anni. Dopo il saluto di rito e mentre lo guardavo allontanarsi per andare verso la sua sua clas classe se,, la sen sensazi sazion onee era era che il mio mio compito compito di genitor genitoree fosse fosse terminato. terminato. Sarebbe Sarebbe ricominciat ricominciato o al suono suono della campanella campanella dell’ultima ora. Era una lampadina che “salvificamente” si accendeva e si spegneva. Quando lascio a scuola Ric la lampadina non si spegne mai… continua a lampeggiare anche a distanza. Mai potrei potrei lasciare lasciare che che ogni cosa cosa segua segua il suo corso. Questa sensazione cresce giorno dopo giorno, come la consapevolezza consapevolezza che i suoi docenti non conoscono nulla riguardo l’autismo. Ogni Ogni bambin bambino o può può impara imparare, re, in un ambien ambiente te naturale, anche semplicemente semplicemente mentre la maestr maestraa parla parla.. Per Per un bambi bambino no con autism autismo, o, questo è molto difficile. Ha bisogno che l’ambiente che lo circonda sia modificato e che le tecniche di apprendimento siano strutturate. Il linguaggio delle immagini e quello del corpo prendono sovente il posto del linguaggio delle parole. Con un bambino con autismo bisogna sapersi lasciare alle spalle il superfluo, diventare legge leggeri, ri, e conce concentr ntrars arsii solo solo sulle sulle cose cose importanti…. E, a volte, le parole non servono. Ci vuole il coraggio di saper cambiare, di abbattere i muri dentro i quali spesso ci muoviamo, che non sono solo architettonici. Un bambino con autismo è diverso e allo stesso tempo uguale ad ogni altro bambino. Ha anche lui il diritto di imparare, e non è assolutamente sufficiente essere dei bravissimi docenti: è necessario necessario proporg proporgli li degli degli insegname insegnamenti nti attraverso le tecniche a lui accessibili. E’ quello che si fa con le persone non udenti, usando il linguaggio dei segni. Nessuno si sognerebbe di parlare ad un non udente e pretendere di essere “sentito”… invece, è quello che comunemente si chied chiedee ad un bambin bambino o con autism autismo… o… comprendere una lingua diversa dalla sua. E poi molti si stupiscono se qualche bambino autistico è aggressivo! Quando una mamma tenta di mettere a
disposizione della scuola il proprio vissuto e la propria propria esperienza esperienza,, cercando cercando di preve prevenire nire dei problemi che con molta probabilità probabilit à potrebbero verificarsi quando non si è preparati ad accogliere un bambino con autismo, i docenti pensano di te che sei una persona pedante e alcu alcuni ni si preo preocc ccup upan ano o che che la loro loro “professionalità “professionalit à” sia messa in discussione, accettando i consigli di un semplice genitore.Ci genitore.Ci viene chiesto di affidare alla scuola i nostri figli 6 giorni su 7, per 9 mesi l’anno! Credo che per qualsias qualsiasii genito genitore re questo questo richieda un grande atto di fiducia. Le porte si chiudono, tuo figlio sta tra quelle mura e tu non sei più pi ù con lui. Non Non puoi più più fare da tramite tra il suo mondo e quello degli altri. E’ completamente in balia delle parole altrui! Questa scuola che ci chiede la sua fiducia, spesso non d à fiducia fiducia ai genitori! genitori! Veniamo eniamo visti come strani esseri in una terra di mezzo tra autismo e normalità normalità. Forse, anche come dei dei pov poveri disg disgra razi ziat atii gravemente provati dalla vita, troppo coinvolti emotivamente e per questo poco attendibili. Perché Perché non lo dovremmo esse essere re emotiv emotivii e magari magari anch anchee incazz incazzati ati?? A volte ci sentiamo come delle tigri in gabbia, con la pelle ferita, esposta ad una tempesta di sale, ma abbiamo lo strano dono, regalatoci dai nostri figli, figli, di capir capiree le situaz situazion ionii attra attrav verso erso pochi pochi elemen elementi. ti. Anche Anche su di noi, noi, il lingua linguaggi ggio o del corpo e delle immagini, ha preso il posto del linguaggio delle parole. E’ un po’ “Il mito della caverna” che si ripropone, con il suo prigioniero, obbligato, nel passato, a stare con lo sguardo rivolto verso il fondo della caverna caverna a guardare le ombre proiet proiettate tate su di essa essa crede credendo ndole le l’unic l’unicaa vera realtà realtà. Liberato, infine, conosce la luce vera del sole, e vorrebbe raccontare agli altri prigionieri che quello che loro credevano reale era solo una proiezione, ma difficilmente
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sarebbe creduto, probabilmente non sarebbe capito, e preso per folle. Su noi genitori di bambini speciali pende una “spa “spada da di Damo Damocl cle” e”,, ovver vvero o ci sent sentia iamo mo in obbligo di dover essere simpatici ai professori, perché perché, se non accettano noi, come potrebbero accettare i nostri figli?! Ci rivol rivolgi giam amo o a loro loro con con il cuor cuoree trema tremant nte, e, cerch cerchiam iamo o di sfode sfoderar raree il miglio migliore re dei dei nostri nostri sorris sorrisii e tent tentia iamo mo di scrutare, tra le pieghe delle loro espressioni, l’effetto delle nostre parole. Ci rimane, sempre, il dubbio di aver aver detto detto qualcosa qualcosa di trop troppo po o di sbag sbagli liat ato, o, nel nel tentativo di raccontare loro i nostri ragazzi. Quando Quando ci rendiamo rendiamo conto di essere stati inascoltati e non ci rimane altro che mettere da parte il sorriso e lottare, siamo visti come folli, come il prigioniero liberato dalla caverna. Quel Quel giorno, giorno, Ricca Riccardo rdo conti continua nuava va a saltel saltellar laree nervos rvoso o. Erav ravamo amo accomunati dallo stesso destino di dover attend attendere ere:: io la Presid Preside, e, lui qualc qualcuno uno che lo avrebbe accompagnato in classe. Finalm Finalment entee la porta porta si apr apr ì e fui fui invi invitat tataa ad accomodarmi nella stanza, mentre Riccardo raggiungeva la sua classe accompagnato da un bidello. Ero stata convocata per conferire sulla modalità modalit à d’interazione degli operatori di Riccardo con la scuola. Venivo da un’esperienza, alla scuola elementare, piuttosto positiva. L’inserimento a scuola di un bambino con autismo non può pu ò prescindere dalla collaborazione di professionisti specializzati. Istituzionalmente l’organo l’organo di riferimento è l’ASL, ma, nella realtà realtà, la sua funzione è prettamente burocratica, poiché poiché il personale
è sanitario numeric numericame amente nte scarso scarso,, insufficientemente formato e aggiornato, e oberato da troppo lavoro. Accade, quindi, che questi questi profess professionis ionisti ti specializz specializzati ati sono quelli quelli che si riesce a trovare privatamente, se si ha la fortuna di poterselo permettere. Cos ì Cos ì trovai delle psicolog psicologhe he giovan giovanii e motivat motivate. e. Queste Queste furono furono accolte accolte dalle maestre maestre delle delle elemen elementari tari come delle colleghe e dalla scuola con molta disponibilità disponibilità, nonostan nonostante te non rappresen rappresentasse tassero ro alcun organo istituzionale. Per le maestre, collabora collaborare re con professi professionis onisti ti dell’autism dell’autismo, o, fu considerato un’occasione di crescita individuale e professionale. Tutti gli obiettivi da far raggiungere a Riccardo erano partecipati tra la scuola, le psicologhe e la famiglia. Quando si verificava un problema era immediatamente condiviso e, insieme, si concordavano le strategie per arginarlo. Si crearono, insomma, quelle sinergie necessarie sia nel processo didattico, che in quello d’integrazione, senza le quali e senza la necessaria continuità continuit à tra scuola, terapia e famiglia, un bambino autistico rischia di perdersi. Prima di iscrivere Riccardo alla scuola media, avevo parlato con il dirigente. Le avevo raccontato del percorso percorso svolto svolto presso presso la scuola scuola elementare e della necessità necessità, per poterlo continuare, di trovare un ambiente poco formale e molto accogliente, in modo che le sue psicologhe avrebbero potuto continuare, con i nuovi docenti, il lavoro svolto presso il ciclo di studi precedente. Si mostrò mostr ò comprensiva… “…certamente, questa è una scuola dove siamo stati sempre aperti di fronte alle problematiche dei dei porta portato tori ri di hand handic icap ap.. Qui Qui c’è c’è una una gran gran sensibilità sensibilità!”, ma dalla dalla sua adesio adesione ne formale formale,, subito subito dopo dopo l’inizio l’inizio della scuola, scaturirono scaturirono pregiudiz pregiudizii e difficoltà difficoltà burocratiche, sorti, soprattutto per accondiscendere accondiscendere alle obiezioni dell’insegnante di sostegno, il quale non aveva aveva alcuna volontà volont à a confrontarsi con le psicologhe. “Perché “Perché dovre dovreii parla parlare re con con loro? loro?”, ”, esord esord ì al nostro nostro primo incontro. incontro. “Posso “Posso documenta documentarmi rmi sull’autismo attraverso internet!”, aggiunse. Avevo iniziato, quindi, a considerare l’autismo come una magnifica cartina di tornasole: quando davanti a me avevo una persona che non
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vole voleva va mette mettersi rsi in discus discussio sione ne e impara imparare, re, la cartina si colorava… e questo nella scuola da quel momento accadeva spesso. Mi chie chiese se di acco accomo moda darmi rmi con con il suo suo soli solito to sorriso. “Buong “Buongiorn iorno, o, mi scusi scusi se l’ho l’ho distur disturbat bata, a, le volevo dire che la psicologa di suo figlio non può può entrare nella classe.” Mi avevano evano detto detto che che avreb avrebber bero o accetta accettato to la cons consul ulen enza za e la colla collabo bora razi zion onee da parte parte dei dei terapi terapisti sti di Ricca Riccardo rdo,, per il suo inserim inseriment ento o scolastico, e adesso la Preside mi stava dicendo che la psicologa non poteva entrare in classe per condividere il lavoro e confrontarsi per un’ora con il professore di sostegno?! Era come telefonare al dottore, dirgli di avere il mal di pancia e volere la diagnosi a distanza. La scuola italiana ha abolito le scuole speciali legiferando sull’integrazione. Di fatto, però per ò non ha attivato gli strumenti per affrontare l’inserimento di un bambino con autismo. Tutto è relegato alla volontà volont à del singolo professore e/o del dirigente scolastico. Solo in pochi casi, si assiste alla volontà volontà di non trasformare, i limiti oggettivi del sistema, in limiti umani. Quello che stavo cercando di fare era di offrire, io, il servizio che la scuola mi avrebbe avrebbe dovuto dovuto dare, ovvero, ovvero, la consulenza di professionisti dell’autism dell’autismo o per agevo agevolare lare l’inserimento l’inserimento scolastico di mio figlio. Dal mio punto di vista, per la scuola sarebbe sarebbe stata un’opportunit un’opportunitàà, ma la paura del cambiamento cambiamento e del confronto si era
insinuata. La preside continuava con il suo bla bla bla, erge ergendo ndo barrica barricate te di parole parole,, mentre mentre io, fuori fuori dalle mura della scuola, guardavo tristemente un magnifico “sole”.
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Ogni persona con autismo è portatrice di doni speci speciali ali,, ma solo solo per color coloro o che deside desideran rano o riceverli. Non so come sarebbe stata la mia vita senza il mio strano essere a metà met à tra il cielo e la terra. Mi ha insegnato l’amore, il donarsi senza aspettarsi nulla in cambio, la felicità felicit à nelle piccole, infinitesime, cose. E’ stato lo stimolo per imparare a fare cose di cui mai avrei sospettato di essere capace. A noi tutti in famiglia, ci ha resi più pi ù forti e più più uniti. Mi lascia incantata il pensare che è un essere semplice semplice che non non sa cosa sia sia l’ipocrisia. l’ipocrisia. E’ il più più grande esempio di apertura e disponibilità disponibilit à nei confronti di tutte le persone con ogni tipo di “difetto “difetto”, ”, persino persino nei rigua r iguardi rdi del suo insegnante di sostegno! I suoi sentimenti sono nitidi. E’ come un meraviglioso animale selvaggio che, con i suoi sensi ipersensibili, può pu ò percepire cose che noi non possiamo. Ogni giorno provo a guardare attraverso i suoi occhi che sanno cogliere un’infinità un’infinit à di dettagli che, che, solitam solitament entee al mio cerve cervello llo strutt struttura urato to e pieno filtri sfuggono… e mi sento più pi ù libera.
Acqua stagnante di Marcello Vicchio.
Acqua stagnante, dappertutto. Galleggiavamo Galleggiavamo quasi sopra l’acqua. Il treno sembrava avere avere una chiglia e solcare solcare l’acqua invece invece di correre sopra un tratto di palude. Il fumo che usciva dalla locomo locomotiv tivaa a tratti tratti si misch mischia iava va alla alla nebbia nebbia greve greve di esalazioni, odorante stantio, trasudando trasudando abbandono. Un sole pallidissimo non riusciva a penetrare col suo soffio vitale i fluidi morti, impregnati di gas gas gorgogliante senza soste soste dalle viscere viscere della della terra, fuochi fuochi fatui fatui e borborigmi borborigmi d’inferi. Un velo di umidità umidit à si formava incessantemente sui vetri del finestrino, colando in gocce sporche di fuliggine che sembravano sporcare ancor di più pi ù il mefitico paesaggio che ci circondava. L’ansare della locomotiva, il brontolio stanco stanco del vapore vapore che che si sprigionava sprigionava dagli ugelli incrostati di ruggine, facevano temere che alla prima difficoltà difficoltà, un pendio, una salita un po’ più pi ù ripida, i polmoni di metallo consunti dal tempo, potessero cedere di schianto lasciandoci nudi, nudi, a galleggiare galleggiare in un limbo dove dove non si distingueva più pi ù il cielo dalla terra, il sotto dal sopra, l’oggi dal domani. Nonostante il bocch bocchegg eggiar iaree rumoro rumoroso so delle delle caldai caldaiee a pression pressione, e, riuscivo riuscivo a distingu distinguere ere il richiamo richiamo stridente di qualche uccello di palude, cosa che mi parve parve invero invero strana, perché perché non conoscevo nessuna nessuna creatura creatura delle delle paludi paludi che avesse avesse voci voci cos ì stridule e potenti. Forse un intero stormo si era appollaiato sopra il tetto del nostro scompartimento e approfittava dell’occasione per procurarsi un passaggio passaggio verso verso altre zone di pesca senza spendere proprie energie. Un sorrisetto mi venne alle labbra al pensiero di molti uccelli disposti ordinatamente in fila sopra le nostre teste, intenti a scrutare l’orizzo l’orizzonte nte alla ricerca della della pozza pozza adatta nel quale affondare i lunghi becchi. In quel momento l’uomo di fronte, fino ad allora teso come me nell’inutile sforzo di penetrare con lo sguardo l’aria spessa, fece un lento movimento con gli occhi , girandoli verso di me. Le sue sclere erano innaturalmente giallastre, come se soffrisse di qualche qualche malattia malattia di fegato, fegato, e anche il suo colorito non era dei pi ù sani. Un grigiore
diffus diffuso o sulle sulle guance guance e sulla sulla fronte fronte,, del tutto simile alla nebbia che ci circondava, tanto che pensai che fosse egli stesso parte di essa, testimoniava, credevo, la precarietà precariet à della sua salute. Il resto del viso era coperto da una lunga barba nera, qua e là là spruzzata di rame, rame, che gli dava un aspetto ben più pi ù vecchio di quanto il resto del corpo, lungo e magro, non tradisse. Nel suo sguardo lessi un barlume di interesse, subito però però fugato da chissà chiss à quale contrasto interno che parev parevaa mortificargli ogni accesso accesso di vitalità vitalità. Ebbi l’impressione l’impressione che che aavesse vesse paura, o timore timore di manif manifes estar taree qualc qualche he interes interesse se per alcunché alcunché, come se la sua mente si fosse inaridita e il cuore fosse fosse incapace incapace di battere per qualsiasi qualsiasi cosa che non fosse il semplice battere. La lunga palandrana nera, il cilindro anch’esso nero e i guanti di capretto che indossava anche mentre scriveva su un quaderno, facevano di lui una macchia d’inchiostro a volte intonata col colore colore plumbeo plumbeo circostan circostante, te, altre volte violentemente in contrasto con i toni suffusi di luce proiettati dallo sfondo del vetro. vetro.
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che credeva credeva di tenere per sé s é e si era era stupito stupito che qualcuno potesse essere penetrato cos ì cos ì,, da un momento all’altro, nel suo intimo. In ogni caso, caso, qualunqu qualunquee fosse fosse il motivo motivo della sua sorpre sorpresa, sa, ormai ormai il dado era tratt tratto o ed egli egli dove dovette tte giudicare giudicare estremam estremamente ente scortese scortese ignorare la domanda e risolvere tutto con una ò stavo scrolla scrollata ta di spalle spalle.. Perci Perciò stavolta lta si voltò oltò decisa decisamen mente te verso verso di me, dando dandomi mi modo modo di osservare anche lo sguardo profondo e malinconico delle iridi marroni. In quel corpo sembravano l’unica cosa veramente viva.
– Permettete allora che mi presenti – disse. – Mi chiamo Rodenbach.
Ben presto l’uomo ritornò ritorn ò ai suoi appunti, senza dire una parola. Non aveva aperto bocca da quando era entrato nello scompartimento, parecchie miglia prima, e credo non non lo avreb avrebbe be fatto fatto se il treno, treno, a un certo punto, non avesse avuto un brusco arresto. Le valvole di sfiato degli stantuffi gemettero di un lamentoso e prolungato sospiro e le ganasce afferrarono le ruote in un inesorabile ed efficace abbraccio di metallo. Il treno sobbalzò sobbalzò due o tre volte e poi si arrestò arrest ò.
Si sfilò sfilò il guanto destro e si protese in avanti, tendendomi la mano. La strinsi. Era asciutta e fredda, e non presentava la minima callosità callosit à. Era una di quelle mani da artista, pittore forse, che non avevano mai sopportato altro che pesi molto leggeri. La stretta era comunque cordiale, un po’ di più più da quanto ci si potesse attendere da una conoscenza casuale.
L’uomo sospirò sospirò. Depose il quaderno sulle ginocchia, ginocchia, si tolse il cilindro cilindro e appoggiò appoggiò la nuca - Graf - dissi a mia volta. volta. alla consun consunta ta imbottitura imbottitura di vellu velluto to rosso rosso del – Deduco che non sia la prima volta che sedile. viaggiate su questo treno. Sospirò Sospir ò:- E’ lui. - No, in realtà realtà è la seconda; e per la seconda Lo scrutai da sopra gli occhiali rotondi. – Mi volta la locomotiva si arresta su questo tratto di scusi se mi permetto – dissi. – Lui chi? palude. Stranamente Stranamente mi parve che l’uomo non si Si lasciò lasciò ricadere sullo schienale, mormorando:aspettasse quella domanda, domanda, eppure eppure era naturale Temo che dovrò dovr ò rivederlo ancora. Ma già gi à, voi vi che mi avrebbe incuriosito un’affermazione del starete chiedendo chi… gener enere. e. Fors Forsee non non si era era reso reso cont conto o di aver ver Non vorrei sembrarvi invadente o troppo parlato ad alta voce, di aver espresso qualcosa
curios curioso, o, signor signore. e. Se crede credete te che che io sia stato stato indiscreto o se temete che la mia domanda possa essere causa di affanni, allora vi prego di dimenticare l’incidente. Io tornerò torner ò senz’altro al giornale che stavo leggendo fino a poco fa, e non vi chiederò chiederò più più nulla.
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ì, dipinge S ì, dipingeva. va. Io Io mi reputo reputo invec invecee un poeta, e tutti e due venivamo da queste parti in cerca di ispirazione, lui per le sue tele, io per i miei versi.
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Le parole a volte escono di bocca fuori dalla nostra volontà volont à – replicò replicò, - ma di questo non non biso bisogn gnaa certo certo farne farne colp colpaa agli agli altri altri.. La verità verità è che, nel mio intimo, forse cercavo una persona persona alla quale quale rivelare rivelare una una storia storia che ha dell’incredibile.
“ L’acqua degli antichi canali è debole e di mente così tetra, tra le citt à morte… Acqua così dolente, al punto da sembrare mortale. Perch é così nuda e già così nulla? E cos’ha, preda della sua sonnolenza, dei suoi sogni inaciditi, per ridursi cos ì a uno specchio di brina traditore dove la stessa luna fatica a vivere?”
Fuori si era fatto silenzio. Gli uccelli palustri, che che fino a poco poco prima si eran erano o scamb scambia iati ti segnali e richiami, d’improvviso tacevano, come se si fosse avvicinato uno spietato predatore ed essi avessero cercato scampo sugli alberi pi ù alti e lontani. Perfino i sibili di vapore che avrebbero avrebbero dovuto dovuto soffiare dai pistoni in attesa di rimettersi in moto rimanevano inerti, in attesa di chissà chissà quale nuovo impulso vitale. La nebbia nebbia era una coltre continua continua di spesso spesso cotone.
Venivamo in questa palude preferibilmente nelle ore del pomeriggio, in vicinanza del tramonto, e trascorrevamo qui anche una parte della notte, a volte fino al mattino, a osservare i fuochi fatui e a sentire i rumori del buio. L’uomo sembrava ormai parlare a se stesso.
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Un giorno, salendo su un piccolo colle, trova trovammo mmo i ruderi ruderi di un palaz palazzo zo costru costruito ito l à chissà chissà da chi. chi. Non vi era nulla nulla into intorno rno che che potesse giustificare una tale costruzione: non un paesaggio allettante, non una fonte d’acqua salubre, non una cava di materiale vicino che potesse far pensare a un basso costo delle pietre
L’uomo si torse nervosamente le mani e poi le affondò affondò fra le cosce, come per nasconderle. Sono passati più pi ù di cinque anni. All’ep All’epoca oca parte parte di questa questa che che ora è palude sorgeva sorgeva dall’acquitrino, lasciando scoperte ampie zone d’asciutto. E’ stata colpa di alcuni lavori del Genio Militare sull’argine del fiume ad avere innalzato il livello dell’acqua e causato l’affonda l’affondament mento o di esse. In quel quel tempo io e il mio amico Wolfg Wolfgang ang Moer Moer abitavam abitavamo o in una città città a poche miglia da qui. Lui faceva il pittore…
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Ah! – Esclamai. – Pittore?
e della della manodo manodope pera. ra. Rove Rovesci sciate ate per terra vi erano due alte colonne di marmo bianco, scanalate e montate con perizia antica, mentre qui e là là si intravedevano vecchi pezzi di muro
grondanti edera, mattoni, spezzoni di travi consunte. Wolfgang fu certo di aver trovato il post posto o adatto adatto per per diping dipingere ere ciò ciò che che aveva eva in mente, ossia la degradazione di tutte le umane faccende, l’imputridirsi di ogni attività attivit à, l’eterno incancrenirsi dell’opera dell’opera dell’uomo. Tutto diventava acqua morta. Rodenbach si interruppe e scrut ò fuori, protetto dal vetro, nell’impossibile impresa di perforare la bruma.
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Il mio mio amic amico, o, come come scop scopri riii successivamente, aveva preso l’abitudine di recarsi laggiù laggiù anche da solo, non attendendomi quando ero occupato occupato in altre faccende, faccende, e a poco poco a poc poco o la sua sua semb sembrr ò divent diventare are una vera vera e propria ossessione. ossessione. Trascorreva Trascorreva più pi ù tempo in quelle rovine di quanto non ne trascorresse in città città con me o altri amici. A volte scompariva per giorni interi, altre volte volte dava dava appuntamenti ai quali non si presentava e per i quali quali non dava dava alcuna alcuna giustificazione. Ma il suo qua quadro non giungeva mai a termine. A me sembrava che il paesa esaggio ggio fosse completo e che non vi fosse fosse più più nulla nulla da aggiungere, ma lui asseriva sempre che mancava un’ultima pennellata, un estremo sbuff sbuffo o di color colore, e, una piccol piccolaa sfumat sfumatura ura che che ponesse il suggello all’opera. Un giorno venne da me, in preda a una strana agitazione. Tirava profonde boccate di fumo dalla pipa e sbuffava quasi come questa locomotiva. Parlando si bilanciava su un piede e poi sull’altro, mentre tutto il suo corpo corpo fremeva fremeva di apprensi apprensione one mal repressa. Si tormentava coi denti il labbro inferio inferiore re e poi vi passa passava va contin continuam uament entee la lingua sopra, in un gesto che non gli avevo mai visto fare prima. Pensai anche che avesse cominciato a fare uso di laudano o altre sostanze chimiche che gli avessero eccitato il cervello, ma mi sbagliavo. ì il treno, Una folata folata di vento vento improvviso improvviso invest invest ì facendo ondeggiare lievemente i vagoni.
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Rodenbach ruotò ruotò la testa verso l’alto, chiudendo gli occhi, occhi, come come per annusa annusare re meglio meglio,, senza senza l’impaccio della vista, l’aria stagnante ora mossa dal vento. Lo sent sento o – mormo mormorrò. Poi, Poi, apren aprendo do di scatto gli occhi:- Vi sto annoiando?
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Tutt’altro – risposi. – Continuate, vi
prego.
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Wolfgang mi disse che finalmente aveva scoperto che cosa mancava al suo quadro: ì, mancavano le voci mancavano le voci. S ì S ì,, è cos ì, della palude, quelle di coloro che erano diventati fango nel fango, liquidi che soltanto in apparenza non avevano vita, acque che custod custodiv ivano ano segret segretii immensi immensi ed antichi. antichi. Mancavano i sospiri di mille e mille persone che avev avevano ano vissuto vissuto in quella casa, le vibraz vibrazion ionii dei loro loro fluidi biologici, sangue, urine, sperma, sudore che erano fluiti nella nella palude e che avevano feco feconda ndato to il fango fango,, gli insetti, i topi, le nutrie, gli uccelli. Il suo quadro non aveva questi suoni e fin quando non l’avesse avuti avuti non si potev potevaa dire dire che che fosse fosse compl completo eto.. Non sapev sapevo o se protestare protestare o asseconda assecondarlo, rlo, se tentare di dissuaderlo da quello che mi sembrava un part parto o folle olle dell dellaa sua sua ment mentee o se lasc lascia iarr correre e sperare che rinsavisse dal suo proposito bislacco. Mentre ancora ero indeciso sul da farsi, lui strizzò strizz ò un occhio e mi disse: << Vieni a sentire>>. Mi accorsi che era molto tempo che non andavo con lui nella palude, anzi si pu ò dire che avevo avevo come la sensazione di un qualcosa che, a un certo punto, avesse stabilito di tenermi lontano ì, non sapevo per quale ragione. Una da l ì, sensazio sensazione ne di pericolo, pericolo, forse, forse, e certamente certamente di disagio, silente, non udibile dalla volont à, ma certamente presente nelle sua impalpabile ma massiccia leggerezza.
Volevo olevo quindi quindi protestare protestare,, ma a Wolfgang olfgang era impos impossib sibile ile negar negarsi si quando quando aveva eva preso preso una decis decision ione. e. Mi prese prese sottob sottobrac raccio cio e quas quasii mi condusse di peso per strada, fino alla stalla dove tenevamo tenevamo i cavalli. cavalli. Partimmo di gran carriera. Non lo avevo mai visto prima di allora frustare in quel modo modo la sua bestia. bestia. Non era cattivo cattivo nei colpi, ma frenetico, come se ogni istante e ogni miglio che lo separasse dalla meta fosse per lui un insopportabile intermezzo di inutilità inutilit à in una miss missio ione ne pera peralt ltro ro impr impres esci cind ndib ibile ile e urgentissima. Più Più cercavo di parlargli e consigliargli di andare a passo lento invece che al galoppo e più pi ù lui accelerava l’andatura. Non mi restò restò che correrg corrergli li dietro dietro e stargli stargli vicino vicino,, perché perché un senso di paura aveva cominciato a opprimermi il petto. Ave Avevo vo il timore che anche anche la sua personalità personalit à, intossicata dai miasmi mefitici mefitici dell’acqua dell’acqua immota, immota, avess avessee iniziato iniziato a sgretolarsi e marcire come un’esile pianta strappata dalle radici e abbandonata al ribollire dei gas gas e all’aggressione della muffa. Una nebbia fitta era intanto scesa nella palude e io deside desidera rav vo che che finalme finalmente nte si arresta arrestass ssee la nostra corsa, perché perch é temevo di precipitare dentro un fosso o una scolina; ma lui accelerava ancora, non curandosi di nulla. Sembrava che in tutto quel periodo di frequentazione avesse acquistato la facoltà facoltà di una vista supplementare, che che gli gli cons consen entiv tivaa di giung giungere ere dove dove occhi occhi comu comuni ni non non giun giunge geva vano no,, e un nuo nuovo e più pi ù potente senso di orientamento, simile a quello degli uccelli migratori che vedevamo passare a frotte da quelle parti. Non so come riuscii a stargli dietro e a giungere al piccolo rialzo di terreno, dove ci fermammo in prossimità prossimità delle colonne cadute. Wolfgang legò legò il suo cavallo a un arbusto. Io lo imitai. Ormai si era fatto buio fitto e la nebbia, che sentivamo sulla nostra pelle invece che vederla, era una cappa più pi ù spessa del solito. Ovattava i rumori rumori e i suoni, suoni, gli sciab sciabord ordii ii giung giungev evan ano o somme sommessi ssi e i richia richiami mi degli degli animal animalii notturn notturnii lontani, estranei, lunari. S ì S ì,, da qualche parte era d’impro d’improvvis vviso o sorta la luna, ma non riuscivo riuscivo a vederla. La immaginavo piuttosto, e in qualche modo quel pensiero mi rassicurava un po’.
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<< Ascolta>>, disse W Wolfgang. olfgang. Tesi le orecchie; anzi, si può può dire tesi tutto il mio mio essere essere affinché affinché non perdesse un frammento di realtà realt à, un brandello di suono, un alito di vento umido e raref rarefatt atto. o. Nulla Nulla,, non udiv udivo nulla nulla oltre oltre i soliti soliti rumori. Il mio amico, amico, invece, invece, sembrava sembrava stesse stesse ascoltando il più più bel concerto mai scritto nell’universo. Immaginavo, più pi ù che vedere, che avesse gli occhi chiusi, il busto eretto e il capo lievemente gettato all’indietro, e che stesse dondolando, seguendo note a lui soltanto note e armonie mute ad orecchie non esercitate. esercitate. Forse Forse è proprio proprio quest questo o ciò ciò che che fanno fanno i musici musicisti sti quando immaginano un pezzo d’opera, una suonata d’archi, un pizzicare di corde. Rimasi in attesa non so per quanto tempo, immobile, teme temend ndo o in qualc qualche he modo modo di distu disturb rbar aree la melodia che assaporava e non pensando ad altro che a ripararmi dall’umidità dall’umidità, infagottandomi ancor di più più nel cappotto. Non so quanto tempo trascorse trascorse prima che lui si riscuotesse riscuotesse e mi toccasse un braccio. << Ci sei?>>, mi domandò domand ò. Io c’ero, ma avev avevo o il bruciante bruciante presentim presentimento ento che fosse toccato a lui perdersi. Rodenbach si arrestò arrest ò, inseguendo pensieri remoti remoti ma non fiaccati fiaccati dal dal tempo. tempo. Percepi Percepivo vo un’intensa un’intensa malinconia trasparire dalle sue parole e intuivo che il dramma del suo amico non si fosse fosse esaurito esaurito nel rincorrere rincorrere le impossibili sonorità sonorità di una tela. Un nuovo rumore si era aggiunto ai sibili che il vento evocava scivolando sui vagoni, sulle ruote, sui respingenti e i cavi del treno. Un tonfo sordo e cadenzato cadenzato,, come una serie serie di passi passi sul tetto tetto del nostro nostro scompartime scompartimento. nto. I rumori rumori di sopra, sopra, lenti e attutiti dal metallo, andavano andavano e venivan venivano, o, con con estr estrem emaa lent lentez ezza za,, come come se chi chi o cosa cosa li provocasse provocasse non fosse del tutto sicuro del proprio equilibrio. Forse si trattava di gru che erano erano ritornate ritornate a occupa occupare re quella quella posizi posizione one privilegiata, oppure di altri animali palustri che, spinti dalla curiosità curiosità o dalla fame, fame, si aggiravano dove sentivano calore o annusavano il cibo.
Rodenbach continuava a tenere gli occhi chiusi, come se fosse in ansiosa attesa di qualcosa che non poteva poteva essere percepito percepito con la vista ma che non non era era muto muto agli agli altri altri sens sensi, i, cos cos ì massimamente all’erta. Caracollava Caracollava la testa da un lato all’altro, seguendo quei rumori misteriosi e di tanto in tanto annuiva, seguendo chissà chissà quale remoto filo di pensieri. Io rimasi immobile al mio posto, respirando piano, avendo timore che perfino il rumore del mio fiato potesse essere di disturbo. Rodenbach forse stava componendo, in quel preciso momento, qualche altra sua poesia e non volevo essere io a spezzare spezzare quel magico magico incanto che a volte olte prende prende l’artis l’artista ta e che si tramuta tramuta,, ipso facto facto,, in opera opera d’arte d’arte se lasciato lasciato esprim esprimers ersii pienamente. Il mio compagno di viaggio parve riscuotersi. Abbozzò Abbozzò un sorriso di scusa e riprese:- Wolfgang Wolfgang era sempre più più lontano, lontano, più più estraneo estraneo.. Se prima prima di quell quellaa sera sera qualc qualche he volta mi cercava, da allora non lo fece più più. Ogni tanto lo vedev vedevo o passare sotto sotto casa mia, smagrito, sciatto nel vestire e coi capelli in disordine, lui che era stato sempre molto attento alla sua persona e che non sareb sarebbe be mai mai uscito uscito per per strad stradaa se non accuratamente sbarbato. A volte olte aveva il suo suo quad quadro ro sotto sotto bracci braccio, o, altre altre volte olte no: una tela che non aveva mai la dignità dignità della della firma finale. finale. Quelle Quelle volte che mi risolve risolvev vo ad andare a fargli visita, o non lo trovavo a casa oppure faceva finta di non esserci e non apriva l’uscio. Finché Finché un giorno non conclusi che dovevo dovevo farlo vedere da un medico. Convinsi il dottor dottor Heinrich Heinrich a seguirmi seguirmi a casa casa di di lui ed ero fermamente intenzionato a non andare via e rinunciare anche se Wolfgang Wolfgang avesse avesse protestato protestato e dato di testa. testa. Ma non ce ne fu bisogno bisogno perché perch é lui a casa casa non c’era, c’era, come come potei potei vedere edere una volta forzata forzata la serratura serratura della della porta. Dentro Dentro regnava un disordine inverosimile e un odore di chiuso e di stantio, che mi ricord ò quello della palude. I miei occhi corsero immediatamente al cavalletto che teneva vicino
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alla finestra. finestra. Il quadro quadro era stato stato ridotto quasi quasi a brandelli. Lunghe fenditure impresse da un coltello tagliente avevano ridotto la tela a una serie serie di strisc striscee colora colorate te che che pende pendeva vano no inerti inerti dall dallaa corni cornice ce.. Ero Ero certo certo che che si trat tratta tass ssee del del quadro oggetto della sua ossessione ma, avvicinandomi meglio, potei vedere che non si trattava di quello, bens ì bens ì di un autoritratto dipinto con colori colori tetri e per nulla nulla naturali naturali.. Allora Allora la mia preoccupazione preoccupazione aumentò aumentò fortemente, perché perché percepii percepii in quell’att quell’atto o un messaggi messaggio o di annichilamento, di auto-distruzione, e dentro di me cominciai cominciai a senti sentire re un un impuls impulso o a correre, correre, fare presto, perché perché sentivo il terreno franarmi sotto sotto i piedi piedi e il il tempo tempo scorrere scorrere via portando portando con sé sé ciò ciò che rimaneva del mio povero amico. Passai di corsa davanti a un inebetito inebetito dottor Heinrich Heinrich e inforcai la mia cavalcatura, non ponen ponendo do esita esitazio zioni ni in mezzo mezzo e non non risparmian risparmiando do colpi colpi di frustino. frustino. Era l’im l’imbr brun unir iree quand uando o raggiu raggiunsi nsi le rovin rovine. e. Il suo cavallo era l ì l ì,, libero da pastoie, pastoie, che pascola pascolava va tranquillo. Mi aggirai aggirai tra le rovine in preda a un’agita un’agitazion zionee crescent crescente, e, frugando ogni anfratto con gli occhi, chiamandolo a gran voce. Inutilment Inutilmente. e. Infine mi accasciai, la schiena a una colonna, mentre fiotti di sudore gelato mi scendevano dal collo collo dentro dentro la camici camicia, a, inzupp inzuppand ando o perfino perfino i pantal pantaloni oni e le scarpe. scarpe. Cerca Cercav vo di riprend riprendere ere fiato… quando lo udii. Dapprima lontano, remoto, una voce portata dalle ali del vento; poi un po’ più pi ù forte. Saltai di nuovo in piedi e mi inoltrai in una macchia di canne che delimitavano un angolo di acquitrino. La scostai con una una furia tale da da scorticarmi scorticarmi le mani. mani. Lui era dentro l’acqua, fino alla gola, lontanissimo da me. Teneva il quadro con le due mani sopra la testa, e cantava. Cantava a voce alta una
nenia che non conoscevo, conoscevo, o che forse non riuscivo a riconoscere a causa della distanza distanza e del vento vento che che spinge spingeva va verso verso di me soltanto soltanto spezzoni di strofe. Urlai con quanto fiato avev avevo o in corpo, scongiurandolo di fermarsi, di attendermi ché ché presto sarei andato a prenderlo e lo avrei avrei riportato a riva. riva. Gli dissi dissi che ave avevo vo scoperto una locanda dove avevano del meraviglioso meraviglioso vino cotto, cotto, che ave avevo vo composto composto un’ode un’ode in suo onore, onore, che una signora bellissima mi aveva insistentemente chiesto di lui. Fu inutile. Non mi udiva. E dopo poco non lo udii più più neppure io. Vidi scomparire sott’acqua prima la sua testa, poi le sue mani, infine il quadro.
Rodenbach tacque e rimase immobile, come se ascoltass ascoltassee l’eco delle sue stesse parole che vibravano vibravano ancora ancora nello scompartimento. Il mio compagno di viaggio si era definito un aspirante poeta e tale lo era veramente, almeno per quel che riguardava l’abilità l’abilità nel maneggiare le parole, le pause, l’inflessione della voce. Forse il suo era nient’altro che un esercizio di stile, scaturitogli dentro dalla situazione contingente che l’aveva ispirato. Chi può pu ò sapere che cosa passa passa nella mente mente di un poeta? poeta? Forte dello scetticismo che non mi aveva mai abbandonato in ogni ogni occa occasi sion onee dell dellaa vita vita,, e intim intimam amen ente te convinto della superiorità superiorit à psicologica del dubitare, mi limitai a commentare con un laconico:- Una storia interessante di follia. Ma Rodenbach fece un gesto nervoso con la mano, dicendo:- Tacete… ascoltate. Tesi l’orecchio sul nulla. Oltre al sibilo del vento non sentivo più pi ù
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niente. I tonfi sul tetto erano scomparsi, nessun rumore vivo disturbava disturbava la quiete del treno che che sembrava sembrava sospeso sul vuoto. Stavo Stavo per scuotere scuotere la testa e ritornare al mio giornale, quando sentii un gorgoglio lontano, sulle prime appena percettibile. Era come se innumerevoli bollicine di gas avessero deciso di librarsi in aria tutte nell nello o stes stesso so mome moment nto, o, e subi subito to altr altree e altr altree ancora ne avessero avessero preso preso il posto per perpetuare perpetu are il ciclo. Le sentivo sentivo crepitare come foglie foglie secche secche sotto uno stivale, ma il loro non era un rumore fastidioso, bens ì bens ì una successione di suoni ordinati in frequenze di alti e bassi, come se una mano mano sapien sapiente te dalle dalle dita infinite infinite le sping spingess essee delicatamente ad una ad una e le facesse esplod esplodere ere a pelo pelo d’acq d’acqua ua in minusc minuscole ole note note musica musicali. li. Non Non sapev sapevo o cosa cosa stess stessee ascolta ascoltando ndo Rodenbach in quell’istante, ma indubbiamente qualcosa di inconsueto giungeva anche alle sue orecchie. Ondeggiava con tutto il corpo avanti e indietro, inseguendo chissà chiss à quali misteriosi percorsi acustici. Avevo bisogno della mia pipa, in quel momento, e del mio buon tabacco Minerville, ma l’avevo dimenticati a casa e non mi restò restò che immaginarne l’aroma. L’odore della palu palude de,, che che fino fino a poco poco temp tempo o prima prima aveva eva oppres oppresso so lo scomp scomparti artimen mento, to, non era più più lo stesso. L’aria sembrava più pi ù leggera e fragrante, satura di odori odori che ricordavano ricordavano le pagode della Birmania, i fumi dei bracieri d’incenso d’incenso o i grani grani di mirra. Era come se ogni effluvio avesse avesse una una propria propria scia particolare particolare,, caratteris caratteristica tica e distinguibile dalle altre, ma facente parte di un tutto armonico. Sembravano… pennellate di odori. Intanto Intanto altri suoni suoni si erano erano aggiunti aggiunti al concerto dell’acqua. Non sapevo sapevo che le paludi paludi da quelle parti ospitassero grilli, eppure dovevano esservene a migliaia, se tutti insieme avev avevano ano deciso deciso di sfregare sfregare le loro loro zampette zampette all’unisono, con un pizzicare leggero di piccole corde d’arpa. E gli uccelli, gli insetti, le carpe carpe del del fondo ondo melm melmos oso; o; e gli gli uomi uomini ni e le donne persi dentro sabbie mobili o risucchiati da infidi flutti, tutti univano le voci al coro sommesso degli acquitrini. Ebbi Ebbi la sensazione che che il tren treno o si stes stesse se stac stacca cand ndo o dai dai bina binari ri e veleggiasse in un plumbeo limbo, come il
veliero veliero fantasm fantasmaa di un corsaro schiantat schiantatosi osi a Capo di Buona Speranza. Mi sentivo leggero anch’io. I movimenti delle braccia e delle gambe erano rallentati, impacciati, come se fossi stato immerso nell’acqua fino al collo. Ma gli occhi occhi sembra sembravan vano o aver aver acquista acquistato to facolt facoltàà fino ad allora negate. La nebbia scomparve e potei vedere finalmente il paesaggio di fuori. Il pianoro più più volte nominato da Rodenbach era a pochi passi da noi. Vedevo molto bene i muri soffocati dall’edera e da ciuffi di erba che vi avevano posto radici ed erano cresciuti rigogliosi; vedevo le colonne di marmo bianco, spezzate spezzate e abban abbandonat donate; e; le cime confuse confuse del canneto. canneto. Un caval cavallo lo brucava brucava tranquill tranquillo o l’erba l’erba fresc frescaa e umida, umida, dondo dondolan lando do pigram pigrament entee la coda. Poi vidi due mani tenere i bordi della scena, e piano piano allontanarsi da noi, mentre attorno alla cornice si addensava di nuovo la nebbia. E oltre le mani, le braccia; e oltre le braccia un uomo che teneva alto il quadro sopra la sua testa grondante piccoli rivoli d’acqua dai lunghi capelli. Le canne si agitavano al vento. vento. Il cavallo aveva di colpo rialzato la testa, come se un rumore lo avesse incuriosito e allarmato, ma poi, rassicurato, era tornato a pasteggiare tranq tranquill uillo. o. E più più il quad quadro ro si allont allontana anava va più più diventava un punto di luce e colore, stagliandosi netto contro contro lo sfondo sfondo opaco opaco dell’aria umida e densa, densa, mentre mentre l’uomo diventav diventavaa nebbia nebbia nella nebbia. Distante udivo una voce cantare in una lingua che non capivo, trasportata a sprazzi dal vento. Poi anche la voce divenne un gorgoglio nel nel ribol ribolli lire re dei dei suon suoni, i, nota nota di un conc concert erto o accorato, vibrazione unisona alle altre. Il cavallo, laggiù laggiù, alzò alzò la testa al cielo e lanciò lanci ò un ultimo, sommesso nitrito, prima di essere accol accolto to nel grembo grembo dell’a dell’acq cqua ua stagna stagnante nte.. Mi addossai al sedile, aspirando a pieni polmoni boccate di aria pesante che non si decideva a scend scendere ere in gola. gola. Dava Davanti nti a noi un fischio fischio poderoso risuonò risuonò, lacerando le coltre fittissima. Sbuffi di vapore, sospinti con forza nei pistoni, urlarono la loro potenza. E il treno tornò tornò a muoversi ancora.
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L’ESILIO di Rocco Di Tolve.
Tutto sommato non me la stavo cavando male. Riusci Riuscivo vo ancora ancora a manten mantenere ere il mio cerve cervello llo entro i binari della normalità normalit à, riuscivo a sopportare il contatto con gli altri senza cedere al ribrezzo e la lingua non si inceppava mentre parlavo. parlavo. Il mio capoufficio capoufficio ( si fa per dire) non poteva lamentarsi di me , cos ì cos ì come i colleghi o i condomini ( si fa per dire) del palazzo nel quale abitavo. Non sapev sapevo o esattamen esattamente te quanto quanto avrei avrei resistito resistito ma, tant’è tant’è, per il momento tenevo ancora duro. Tutto nell’universo ha una fine ( e un fine) . Perfino il masso di granito più pi ù compatto o il
titanio più più duro alla fine si sgretolano e anch’io, che sono in parte di metallo, alla fine restituirò restituir ò i miei atomi alla terra in tempi, spero, ragionevolmente lunghi. Ma non li avrei restituiti a questa terra. L’esilio un giorno sarebbe terminato e io avrei nuovamente respirato l’aria della libertà libert à e quella del mio pianeta. Era questione di tempo e questione di riuscire a sopravvivere senza essere sopraffatto dal disgusto e dai ricordi. L’esilio è una delle sciagure peggiori che possano capitare all’individuo. E’ una morte in vita, un albero al quale sono state tagliate le radici. Essere Essere sradicati dalla propria casa, dalla propria città città, dal proprio mondo, significa vivere una vita con la testa voltata all’indietro. Si è ma non si è mai pienamente, ogni progetto ha il sapore delle cose caduche e inutili, ogni casa che si voglia edificare ha le fondamenta poggiate sulla sabbia.
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E quando il mondo intorno non è il tuo, quel cielo non è il tuo, gli altri non sono come te, la disperazione e lo sconforto possono attanagliarti e ucciderti. ucciderti. L’unica ’unica cosa a sorreggerti sorreggerti è un punto punto luminoso luminoso che vedi vedi lontanissim lontanissimo, o, quasi quasi irraggiungibile, eppure presente e costante nei pensieri : la consapevolezza che un giorno potr à finire. Vi era un’altra alternativa, quella di ammettere pubblicamente di aver sbagliato, di aver tramato contro la patria e scorgere, cos ì cos ì,, il trionfo nel sorriso duro degli avversari. Poteva essere una soluzione accettabile per chiunque altro, altro, ma non per per me. Piutto Piuttost sto o che sfilare sfilare a capo capo chin chino o tra due due ali ali di foll follaa sile silenz nzio iosa sa e implorare perdono a chi mi aveva umiliato, avrei preferito mille volte morire in una fogna dimenticata da tutti. Proprio quella nella quale, appunto, mi trovavo.
a notte fonda, era troppo invitante perch é nessuno ne approfittasse. Arrivarono in due, strisciando furtivamente ( secondo loro) alle mie spalle. Uno dei due spalancò spalancò di colpo la portiera dal mio lato, mentre l’altro mi teneva sotto il tiro della sua pistola dal lato opposto. - Scommetto che hai un portafogli gonfio, bello. Le checche come te fanno dei bei regali agli amichetti. Mi afferrò afferrò per il bavero della giacca e mi tir ò di peso fuori dalla vettura. La punta di un coltello sfregò sfregò contro il mio mento. - Adesso vediamo prima il colore dei soldi, poi quello del tuo sangue. Che ne dici, bellezza ? - Dico che che sei morto, imbecille. Un orga organi nism smo o in parte parte biol biolog ogic ico o e in parte parte meccanico è un’impareggiabile macchina da guerra. Prima che il bullo riuscisse a mettere un solo muscolo in movimento, le mie dita penetrarono nei suoi globi oculari, perforarono le orbite e affondarono nel suo cervello. Contemporaneamente, con l’altra mano, gli strappai il coltello e lo scagliai contro il compare dall’altra parte dell’auto : tutto in una frazione di secondo. Dalla gola dell’assalitore usc ì un gorgoglio e un fiotto di sangue, ed egli mor ì ancor prima di aver capito che cosa accadesse. Facile, fin troppo facile, maledizione. ***
Oh, come mi mancava la caccia ai Larin e gli inseg inseguim uiment entii ai branc branchi hi di Kalu Kalu dalla testa testa bianca bianca ! Chi mi aveva eva esili esiliato ato sapev sapevaa molto molto bene come ferirmi e scoraggiarmi e aveva provveduto, perciò perciò, a scegliere un posto dove non potevo esercitare quello che è lo scopo della nostr nostraa vita: la caccia! caccia! Sulla Sulla Terra Terra non c’era c’era niente di particolarmente interessante da cacciare, tranne ovviamente gli umani. E non tutti tutti gli gli uman umani. i. Solo Solo alcu alcuni ni dei dei più più giovani avevano di tanto in tanto muscoli, armi e intelligenza appena sufficienti a darmi qualche piccolo fastidio. Per il resto non c’era alcuna soddisfazione, davvero. La mia automobile parcheggiata dentro il parco,
ò Il vecc vecchio hio ascens ascensore ore scese scese cigola cigolando ndo e tocc toccò pian piano o terra terra nell nello o stes stesso so mome moment nto o in cui cui dal dal portone entrò entrò la donna. Doveva abitare da poco nel palazzo perché perch é non ricordavo di averla mai vista prima di allora. Dal mio primo giorno sulla Terra non avevo avuto particolare interesse per le femmine umane e neppure in quel momento sentii sentii un’attr un’attrazion azionee particolare particolare.. In una certa misura misura l’esil l’esilio io su un pianeta pianeta neces necessita sita di un condizionamento psicologico preventivo che tutti noi esiliati subiamo, chi in misura maggiore chi in forma più più leggera, a seconda degli scopi e dell dellaa crude crudelt ltàà del del giud giudic ice. e. Senz Senzaa condizionamento psicologico, come sarebbe possibile sopportare la vicinanza stretta di un
essere totalmente alieno ? La donna, secondo i parametri umani, non era affatto da disprezzare. Era alta e bruna , con gli occh occhii azzurro azzurro mare. mare. Quegli Quegli stess stessii occh occhii non guardavano i miei mentre avanzava, avanzava, guardavano invece le mie mani che erano sporche di sangue. Non mi ero affatto curato di lavarle dopo aver ucciso i bulli nel parco e ora la mano destra, che staz stazio iona nav va nei nei pres pressi si del del puls pulsan ante te dell’ascensore, spiccava come un guanto rossastro solcato da rivoli secchi. Per un attimo credetti che si sarebbe messa a urlare e correre via, ma non fece nulla di tutto questo. Continu ò a camminare e mi si affiancò affianc ò. - Vi siete ferito ? - domandò domand ò. ì. Mi sono tagliato col cric della macchina. - S ì. Ho forato tornando a casa. - Allora dovreste medicarvi. - Lo farò farò appena su. La donn donnaa sorris orrisee e pren prende demm mmo o insi insiem emee l’ascensore. Scoprii che abitava nel mio stesso pianerottolo, che si chiamava Luigia e che era da poco in città citt à. Lavorava come cassiera in un superme supermerca rcato, to, era appassionata di pugilato e si stava stava appass appassion ionan ando do a me. Inizialmente pensai che la sua presenza sarebbe stata un’inutile complicazione nella mia vita : non avevo affatto desiderio sessuale e non vedevo lo scopo di avere una presenza intorno che in qualche modo avrebbe finito per limitare i miei movimenti. Poi, a poco a poco, quasi trascinato dagli eventi, comin comincia ciaii a non rifiutar rifiutaree la sua compa compagni gnia. a. Luigia era discreta, allegra, simpatica, piena di energia e di premure. premure. La mia, in fondo, era una sensazione veramente nuova. Da quando ero stato costretto in quella fogna di pianeta nessuno si era mai veramente interessato a me. Luigia sembrava dotata di un sesto senso tutto speciale speciale che le facev facevaa indovina indovinare re le cose che più più desidera desideravo vo in ogni particolare particolare momento. momento. Capiva quando volevo stare solo o quando mi
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faceva piacere la sua compagnia, quando volevo dormire o ridere o parlare. Aveva veva scoperto che che mi piaceva il thè th è con latte e non vi era giorno in cui ero in casa che non si presentava con una tazzina fumante. Luigia non chiedeva nulla, si accontentava di agire in maniera discreta cercando ogni volta di più più di dare un po’ di colore alla mia vita, però per ò senza invaderla. Fu una sera, mentre assistevamo a un incontro di pugilato fra dilettanti che se le davano di santa ragione, che mi accorsi che cominciavo a desiderarla sessualmente. sessualmente. Dapprima un pensiero, poi l’indugiare sul pensiero, infine la voglia di averla accanto : la stessa voglia che leggevo nei suoi occhi. Se di condizionamento psicologico si trattava, dev devo dire dire che che gli gli psicologi su di me avevano svolto un buon lavoro. Ora mi sembrava natura naturale le che che uno come come me desid desidera erasse sse una una come lei. Luigia si era accorta di questo questo cambiamen cambiamento to ed era visibilmente felice, e ciò ciò la faceva apparire ancor più pi ù bella. Mi piaceva come si muoveva, come rideva. Mi piacevano i suoi occhi luminosi e il profumo della sua pelle che sapeva di selva. Un giorno ci ritro ritrovammo vammo a letto letto e facem facemmo mo l’amore. E mentre riflettevo tra me : “ Che strano, da quando conosco lei non ho pi ù avuto il desiderio della caccia. Da quando conosco lei perfino l’esilio mi sembra sopportabile. E’ accaduto l’impossibile “, Luigia mi disse : - Sai, la prima volta che ci siamo incontrati in ascensore, ricordi ? Ho avuto paura di te. Eri sporco di sangue e ho pensato : forse costui è un assassino, un maniaco, e adesso uccider à anche me. Luigia fece una risata argentina : - Che stupida! Piegò Piegò la testa all’indietro. Vidi la sua
gola sussultare, le arterie palpitare nel collo, i capelli disegnare disegnare una morbida onda. Mi sforzai sforzai di scacciare via il pensiero che mi diceva dentro il cervello : “ No, non sono un assassino, sono un cacciatore cacciatore ! Come sarebbe sarebbe facile spezzare spezzare questo suo magnifico collo... Facile, fin troppo facile”. - E pensi ancora che io sia un assassino ? Lei si drizzò drizzò a sedere. - Perché Perché no ? Mi colp ì colp ì il torace con i suoi piccoli pugni, ripetutamen ripetutamente. te. - Tu Tu sei l’omon l’omonee cattivo cattivo che uccide le povere donne indifese come me per bere il loro sangue.
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sareb sarebbe be stata stata capac capacee di offrirti offrirti tutto tutto ques questo to e accendere i tuo sensi ? Povero scemo, il lungo esilio ti ha rammollito. Avrei voluto dirle che stavo sperimentando una sensazione nuova e bellissima, che mi piaceva essere innamorato di lei, umana o no che fosse, e che più pi ù della sbarra di acciaio piantata nella schiena mi bruciava la delusione. La delusione per aver aver scoperto che era una bugiarda e che, che, dopo dopo tutto, tutto, era una caccia cacciatric tricee verame eramente nte da poco, perché perché non aveva disattivato il mio chip di memoria memoria che che stava stava regis registra trando ndo gli ev eventi enti e “ Ti prego, non dirlo. Potrei farlo, Luigia, potrei farlo veramente... E il desiderio di farlo avrebbe trasmesso tutto al centro di controllo. Ben presto sarebbe stata lei la preda. aumenta se tu continui a dirlo”. Mentre un velo nero copriva i miei occhi e la - Tu sei il vampiro cattivo . Sbadigliai, fingendomi annoiato , cos ì cos ì speravo gola era secca come l’inferno, udii le sue la smettesse di insistere su quel tema che mi parole : -E’ stato facile... Fin troppo facile… turbava. Non volevo farle del male, ma fra poco Stupida. avrei potuto non rispondere più pi ù della mie azioni. Final Finalmen mente te propos proposee : - Girati Girati amore amore.. Voglio oglio mettermi sulla tua schiena schiena e grattarti le spalle. spalle. ò la mano Mi mostr mostrò mano dall dallee ungh unghie ie lung lunghe he e laccate laccate di rosso. rosso. Mosse Mosse le dita ad artiglio. artiglio. - Ti voglio graffiare un po’. Mi gira giraii e aff affonda ondaii la test testaa nell nell’in ’inca cav vo del del braccio. Luigia si mise a cavalcioni sopra di me. Cominciai a ridere anch’io, ma la risata mi mor ì mor ì in gola gola quando quando avv avverti ertiii il primo colpo. colpo. La sbarra appuntita di acciao trapassò trapass ò il mio torace, inchiodandomi sul letto. La pompa di endorfine saturò saturò il mio sangue, impedendomi di sentire un dolore violento , ma il senso di oppressione che attanagliò attanagliò il mio petto era peggio di qualsiasi dolore. La sbarra era conficcata proprio in mezzo alle scapole, in una posizione irraggiungibile dalle mie mani . La vista mi si offuscò offuscò. Sentii la vita scorrere via. La seconda barra che mi trapassò trapass ò la schiena era del tutto inutile : un cacciatore più pi ù esperto avrebbe risparmiato quel colpo. Luigia entrò entrò nel mio ristretto campo visivo, che diventava sempre più pi ù fioco, giusto per alcuni istanti. – Corteggiamento, ferormoni, desiderio... come hai potuto pensare che un’umana
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Xhuàni (*1) di Alessandro Rennis.
Una realt à d'altri tempi quella raccontata magistralmente da Alessandro Rennis. Oggi pochi ricordano quali fossero le condizioni di vita dei paesi interni della Calabria negli anni '50 – '60 del secolo scorso, quali i sentimenti che agitavano gli uomini, quali le speranze che li animavano. Tutto da leggere, per non dimenticare.
di ogni altro; il saluto dei commilitoni, la divisa nuova nuova di zecca zecca fatta fattagli gli recapi recapitar tare, e, le pacc pacche he sulle spalle anche da parte dei superiori, che lo trattavano – allora – come un loro pari grado, gli tolsero anche la voglia di cenare; in quanto al dormire dormire,, non se ne parla parlava va proprio proprio!! Troppi roppi i pensieri ingombranti: la figlia, la moglie, i parenti, i paesani. Insomma trascorse una nottata inseguendo, in confusa sequela, volti e parole di persone care, e di gente appena conosciuta. Vai a capire il perché perch é di tante ingombranti presenze! Il viaggio per treno gli parve eterno; passava il tempo contando la sequenza di stazioni, con e senza fermate fermate obbligatorie: obbligatorie: stazioni di cui, cui, pur senza conoscerle, conoscerle, si sforzava sforzava di leggere leggere il nome ( …aveva imparato appena a sillabare e a tracciare tortuosamente la propria firma, durante l’unico anno di scuola frequentato da ragazzo!). Da Pordenone, giù gi ù giù giù lungo la linea adriatica,
Era agli sgoccioli del suo periodo di naia - ben 18 mesi a quel tempo, per lui intervallati da soli quin quindi dici ci giorn giornii per per il matri matrimo monio nio – quan quando do Xhuà Xhuàni fu raggiunto da due buone notizie. Chiamato a colloquio, in pieno orario di esercitazioni, dal caporale di brigata viene informato che la sua giovane consorte, il giorno prima, e proprio alla festa di Santa Lucia, aveva messo al mondo una bambina. Xhu àni non ebbe neppu neppure re il tempo tempo di piang piangere ere dalla gioia gioia che che un’altra buona notizia lo fece letteralmente saltare sui tacchi, in atto di saluto fuori luogo:
Ancona, Ancona, Pescara Pescara,, Vasto: asto: tutti nomi non tanto difficili da leggere. Il problema gli parve insormontabile allorché allorché la sua carrozza si fermò ferm ò un po’ lontano da una anonima stazioncina, e questa questa volta volta proprio di fronte ad un cartellone cartellone di diffici difficile le lettur lettura: a: Chlorodont e , poco più pi ù sotto, “Anticarie”. < E che paese è questo? >, si disse Xhuà Xhuàni. E poi : < Provincia Provincia di Anticarie! Chi l’ha mai sentita? ! >. Boh! Molto pi ù facile il nome del suo paese natio: Lungro, scritto a grandi caratteri proprio sulla parete frontale di casa Nociti: s ì s ì,, Lungro m. 500 sul l.m. Non si era mai chiesto cosa significassero quelle due
per la circostanza gli veniva concessa una licenza premio e perciò perciò, considerato che ormai
lettere “ l.m.”, che solo ora vedeva estranee alla
il suo periodo di naia volgeva a termine, sarebbe stato congedato: < … Inutile farti rientrare in
sua vita di ieri. Ma che gli importava adesso!? Magari Magari un giorno lo avrebb avrebbee chiesto chiesto Nxh ì Nxh ìkut kut
caserma solo per qualche altro giorno… >, gli
(*2), l’unico dei cugini impegnato negli studi; e
dicono.
….<…che diamine! Se non lo sa neppure lui !? …>, gli scappò scapp ò di pensare. Ma inutile
Il resto della giornata, in vista della partenza nella mattinata successiva, gli parve pi ù lungo
fantasticare: Lungro era ancora molto lontana:
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 37
lontan lontanaa un giorno giorno ed una notte di viaggi viaggio. o. “Bari “invece…eccola! …La lesse in un attimo. Sorret Sorretto to
dalle dalle
poche poche
sue
conosc conoscenz enzee
geografiche si rese conto che, …finalmente!..., si stava stava avvic avvicina inando ndo alla alla sua terra. terra. Il treno, treno, quasi per fagli dispetto, diventava sempre pi ù lento man mano che scendeva nel Meridione. E mentre il sole del sud – rosso come i cocomeri dell dellaa pian pianaa di Siba Sibari ri – lenta lentame ment ntee si alza alzava va all’orizzonte, all’orizzonte, Xhuà Xhuàni fu vinto dalla stanchezza e dal sonno! Il mare sottostante alla linea ferrov ferroviaria iaria sembra sembrava va bagnasse bagnasse le rotaie, rotaie, tanto
domanda perché perché caricasse e scaricasse persone e baga bagagl glii due due volte olte al giorn giorno o !!! !!! Con Con quel quel cognome, che mestiere poteva mai fare?) era del tutto seconda secondario rio per i paesani. paesani. Era “Luigi” “Luigi” e basta! Il soprannome soprannome “Mazzaciucci”, “Mazzaciucci”, invece, invece, se l’era meritato per aver travolto ed ammazzato un somaro lungo la strada del servizio giornaliero Lungro/Spezzano Scalo, in andata e ritorno, due volte al giorno.
era vicino. I colori, i profumi della sua terra si inseg inseguiv uivano ano sotto i suoi suoi occh occhii chius chiusi; i; ma li sentiva, li vedeva: incerto fra sogno e realt à. E quando a Sibari uno scossone, il fischio lungo della locomotiva, voci concitate e sportelli pesantemente sbattuti lo riportano alla realtà realt à, è già già giorno. Gli aveva vevano no spieg spiegato ato che che sulla sulla tesser tesseraa di via c’era scritto che a Sibari avrebbe dovuto cambiare; ma questo lo sapeva, perbacco, e in tutta fretta scese dal lungo treno per salire, con altrettanta fretta, su uno corto corto:
due
mono-carrozze pronte per la partenza verso la stazioncina di Spezzano Albanese. Era, questo, il “ciuffi ciuffi”, come lo chiamavano in paese, tanto per distinguerlo dai treni più pi ù nobili e di lunga percorrenza. Ed infatti fu brevissima la corsa: Sibari, Doria, Spezzano! Finalmente,
Poch Pochee
perso persone ne
di
Firmo, Firmo,
tre
paesa paesani ni
frettolosa frettolosament mentee salutati salutati con un abbraccio, abbraccio, il passaggio del suo bagaglio di congedato a “Nuziatino” (figlio di Luigi), arrampicato sulla scaletta issata posteriormente all’automezzo, perché perché lo sistemasse sulla tettoia e….via verso Lungro.
ecco il blu intenso della “ littorina” (*3) che lo
Il paesa paesaggi ggio, o, tutt’ tutt’int intorno orno,, non gli era nuov nuovo: eppure eppure appari appariva va di altro altro color coloree Xhuà Xhuànit, nit, che che
avreb avrebbe be
Come Come non riconos riconosce cerla rla?? Attorn Attorno o a ques questa ta già già sbraitava
ì,, la strada non vedeva l’ora di essere a casa. S S ì
Luigi “Mazzaciucci”, col suo vocione che gli
salita salita verso verso il Brego, Brego, le person personee incont incontrat ratee e
usciva da due labbra sottilissime e sempre livide, a corredo di una faccia pi ù nera del fumo
salutate frettolosamente…tutto portava alla sua
puzzolente che scaricava il suo vecchio
certamente da qualche giorno i suoi cari, messi
polv polvero eroso so e scarca scarcassa ssato to vetturo etturone ne della della ditta ditta
al corrente del suo rientro dal Maresciallo dei
Asti. “Luigi” era il nome dell’autista, ma per la
Carabi Carabinie nieri ri del del posto. posto. L’inco ’incontr ntro o con tutti tutti i
gente “Luigi” era direttamente quell’automezzo:
familiari gli parve scontato: i suoi occhi
più più mezzo mezzo che auto! Che poi fosse fosse pugliese, pugliese,
inseguivano quel fagottino di pochi giorni,
sposato a Lungro, ….. e che avesse come
raggomitolato in una culla accanto al letto
cognome “Tricarico” (….e poi uno
grande di casa. Ma non ebbe il coraggio neppure
portato portato
a
Lungr Lungro. o.
si
per Lungro, il vecchio corso, la chiesa, e poi la
vecchia povera casa paterna dove l’attendevano
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 38
di toccarla toccarla la sua creatu creatura. ra. Come Come osare osare di tocca toccare re quel quel piccol piccolo o volto olto traspa trasparen rente te con le sue mani dure, dure, nodose, nodose, vergate vergate di nervi ben marcati, per lunghe fatiche nei campi, presi a mezzadria da suo padre? Si limitò limit ò a guardarla e
lavoro. Sapeva fare di tutto nei campi: con la zappa o
ciò ciò gli parve già già un bacio. Era bellissima, la sua Lucia Lucia ! L’ave ’avevan vano o chiamata chiamata cos ì cos ì solo perch perché
con la vang vanga; a; lungo lungo i coston costonii scosce scoscesi si dove dove
nata il giorno di Santa Lucia, contravv contravvenendo enendo
gibbosi alberi di ulivo; sotto la calura estiva o frustato dai rigori del freddo invernale. Xhuà Xhu àni
alle abitudini familiari e paesane che prevedono sempre di “ fare” (* 4) il nome dei genitori genitori ( di lui o di lei) appunto quale memoria di famiglia.
neppur neppuree l’arat l’aratro ro pote poteva arrivare arrivare o ai piedi piedi di
era sempre tra i campi; e veniva chiamato “a giornate” da tutti i proprietari terrieri, perché perch é
bionda come lei, a giudicare da quanto lasciava
lavorava davvero più pi ù di tutti e le sue giornate lavorati lavorative ve finivano finivano sempre sempre più più tardi di quelle
capire la tenera peluria di pochi giorni di vita;
degli
ma il taglio degli occhi, il profilo del naso e del mento mento ne face faceva vano, no, già già ben ben dist distin into to,, il suo suo
D’inve D’inverno, rno,
ritratto da piccolo.
avevano bisogno di manodopera notturna e Xhuà Xhuàni non non si tira tirava va mai mai indi indiet etro ro.. Mica Mica era era
Era Era rose roseaa di carna carnagi gion one, e, come come la madr madre, e, e
altri
operai poi,
giornalieri avev avevaa
come
lui.
l’oppo l’opportunit rtunitàà
di
guadagnare anche di notte. I frantoiani di paese
fesso, lui, a rinunciare ad una doppia giornata! Non si stancava mai; e quando perfino il mulo, stretto a capestro alla stanga della grossa macina, macina, si fermava, fermava, quasi quasi a riprendere riprendere fiato, Xhuà Xhuàni interveniva con un perentorio “ uillàà uill àà”” per spingerlo, spingerlo, sempre a occhi bendati, bendati,
a
riprendere il solito passo, senza perdere tempo. [….] La famiglia, adesso che nuove braccia (.. e che braccia! ) erano intervenute a sostenerla, sostenerla, si A chi gli faceva domande su domande, in quei
avviava lentamente verso un tenore di vita, se
minuti, rispondeva senza rendersi conto se
non proprio buono, almeno decoroso; e la
stesse dicendo cose sensate. A cosa pensava?
bimbetta cresceva nei giorni e, frettolosamente,
Ecco: la vedeva in un bel abitino, proprio come
negli anni. E Xhuà Xhu àni si ritrovò ritrovò in un baleno con
una
una figliuola di due anni e passa, quasi senza accorgersi, ma già già sistemato nella nuova casetta,
signori signorinel nella, la,
prepa preparars rarsii
alla alla
prima prima
comunione; la inseguiva all’uscita dalla scuola ( perché perché lei, s ì s ì,, a scuola scuola dovev dovevaa andarci! andarci! Mica poteva
lasciarla
semianalfabeta
ai margini del paese, ottenuta in affitto da un lont lontan ano o pare parent ntee a un prez prezzo zo che che gli gli semb sembrr ò
come suo padre!) ; si spingeva a immaginarla gi à grande, già già vestita con l’abito da sposa, già gi à….. Ma cosa
mese; mese; una cosa cosa da niente niente per lui. Anche Anche la
andava andava rimuginando con la fantasia!!! fantasia!!! L’unica
mogl moglie ie,, Zina Zina (*5) (*5),, lo aiuta aiutava va nei nei lav lavori sui sui
cosa a cui dedicarsi era, invece, il lavoro: lavorare lavorare e lavorare lavorare ( <… già già da subito; già gi à da
campi: campi: d’inv d’invern erno o nella nella racco raccolta lta delle delle olive olive e
domani >, si diceva!) per non far mancare niente
sistem sistemare are cov covoni sull’a sull’aia. ia. E la sera sera Zina Zina non
alla sua creatura. E la sua fu davvero una vita di
tornava a casa mai a mani vuote: un taglio di
subito conveniente: tre giornate lavorative ogni
delle castagne; d’estate a spigolare o a legare e
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 39
verdure verdure selvatiche selvatiche ; qualche frutto di stagione, stagione, e sul dorso, ben legato “ me teljn (*6) a giro collo, un fascio di legna legna minuta raccolta raccolta qua e là , per il caminetto caminetto di casa, casa, in aiuto di quella quella più più robusta accatastata durante le lunghe giornate estive, in vista dei rigori invernali. Un giorno arrivò arrivò a casa casa del vecc vecchio hio padre padre t’Xhuà t’Xhuànit (*7) (*7) una lettera lettera dagli dagli USA: USA: era un suo zio, emigrato da …sempre… ( …ma dopo oltre venticinque anni di silenzio, chi si ricordava più più di lui, in casa o in paese !?...). Per essere precisi, non è che non si ricordassero di lui, in famiglia: più più semplicemente non vollero mai sapere notizie da una persona che aveva
della quale aveva fatto fortuna, là l à in America. Almeno era questo ciò ci ò che – tra parole italiane, inglesi e albanesi – riusc ì riusc ì a capire il dotto di famiglia, Nxh ì Nxh ìku. ku. E intendeva affidare al nipote, qualora fosse stato disposto a raggiungerlo, tutta la “ farm”. …< E che ci faccio in una farmacia, io? io? > , lo inte interru rrupp ppee Xhu Xhu àni! ni! ..< ..< Ma qual qualee farmacia ! La farm è una fattoria > gli spiegò spiegò ìku. Nella lettera, più Nxh ìku. più avanti, lo zio si soffermava a precisare il tipo di lavoro al quale era chiam chiamato ato:: accudi accudire re al bestia bestiame, me, guidar guidaree alcuni neri nei lavori più pi ù pesanti, organizzare i
“disonorato” (!!!!) la famiglia.
turni di raccolta di quanto quanto si produce produceva va nella
Si era innamo innamorat rato, o, e poi aveva eva osato osato anch anchee sposare, contro la volontà volont à di tutti, una ragazza di
contenitori – avviarlo al mercato del centro città citt à più più vicino. “ Tutto qui ? “ si domand ò più più volte
sua “ farm”
e
–
sistemato sistematolo lo
in
appositi appositi
Firmo! Passi il fatto che lei
Xhuà Xhuàni.
fosse di Firmo, con i cui
….un
abitan abitanti ti , da sempr sempre, e, non
pensierino…..Boh!
corre correva va
L’America America
buon buon
sangue sangue,,
Quasi Quasi
quasi quasi
era
cos ì
ma…. figlia del becchino,
lontana dal suo mondo!
proprio no! Ma come?”…
E poi come lasciare la
Një Një bilë bilë kambusandà kambusandàri? “
propria propria
famig famiglia lia??
A
(*8) (*8).. Mai e poi poi mai! mai! Il padre padre “kambu “kambusan sand d àr”
meno che…!
…”ngit eshtra të vdé vdékurish” (*9) e lui sposava una sua figlia ???
rispose rispose subito subito alle alle sua sua
ù sentirne parlare . E Insomma, non vollero pi più quan quando do sepp sepper ero o che che parti partiva va per per gli gli Usa, Usa, fu l’unica cosa che li rese contenti: “ ….almeno non lo vediamo più pi ù davanti agli occhi e la gente presto si dimenticherà dimenticherà di lui “!
ì! Il vecchio zio Ma s ì! perplessità perplessità, avanzate per lettera via-aerea, scritta in perfetta lingua italiana da Nxh ì Nxh ìku. ku. Gli comunicava comunicava che il fatto fatto di essere sposato sposato e padre di di una figlia non era di ostaco ostacolo lo al suo passaggio negli Usa: che, anzi, “l’atto di richiamo” ( necessario per quel tempo ), che era pronto pronto ad inoltra inoltrare re alle alle autorit autoritàà preposte preposte agli uffici di immigrazione statunitensi, avrebbe
Ma questo vecchio zio, col tempo, aveva perdonato tutto e tutti, perché perch é , maturatosi nella
avut avuto o una corsia corsia prefe preferen renzia ziale, le, tratta trattando ndosi si di
cultura statunitense, guardava le piccole cose di
famiglia con minori al seguito.
ques questo to mondo mondo con altro altro occh occhio! io! Ebbene Ebbene,, già gi à
Si era sparsa la voce in paese che Xhu àni presto sarebbe partito per gli Usa e già gi à tutti lo
maturo negli anni, sposato e senza figli, voleva ritirar ritirarsi si dalla dalla sua sua “farm” “farm” ( chiss chissàà cos’era cos’era la “farm”, si chiese Xhuà Xhu àni !) nella conduzione
chiamavano l’ “americano”. Essere “americano” in paese si accompagnava sempre e soltanto
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 40
all’idea di persona “ricca”, di “spendaccione”, piuttosto che di emigrato in America; ma Xhuà Xhuàni non non lo era ancor ancora, a, n é in un senso né né nell’altro: eppure per tutti era gi giàà “Merik àni”! Aveva veva appen appenaa comuni comunicat cato o allo allo zio di esser esseree disp dispos osto to -
lui lui con con mogl moglie ie e figli figliol olet etta ta – a
raggiu raggiung ngerl erlo o negli negli Usa, Usa, che che in capo capo a pochi pochi giorni ricevette tutti i documenti da firmare per l’emig l’emigraz razion ione, e, unitam unitament entee ai tre biglie biglietti tti,, già già paga pagati, ti, da esib esibir iree alla alla parte partenz nzaa dal dal molo molo di Napol apoli: i: la data data era era quel quella la ben ben evide vident ntee sul sul tagliando di ciascun biglietto. “Ma quanta
compito di mettere insieme le cose essenziali per per il viag viaggi gio; o; la vecch ecchia ia suoc suocer eraa quel quello lo di mettere in ordine, “ ket bag ùlji “ (*10) , tutta la biancheria migliore che aveva dato al figlio il giorno delle nozze. nozze. L’andava ’andava sisteman sistemando do con cura nella capiente cassa cassa approntata approntata per la bisogna e col dorso della mano la sfiorava sfiorava quasi quasi come per un’ultima carezza, quasi come la vigilia delle nozze del suo Xhuà Xhu àn.
fretta”! - si diceva diceva in casa da tutti i componenti della famiglia! Il vecchio padre, ora che Xhu Xhuààni
si era
sistemato alla meglio, non voleva che partisse; ma più più che l’allontanamento del figlio, lo tormentava quello della nipotina: questa la verità verità! La madre, invece, non parlava, ma i suoi silenzi erano assai più pi ù eloquenti di ogni commento. Contavano i giorni i vecchietti, ma con loro li contavan contavano o tutti in famiglia, famiglia, e con sens sensaz azio ioni ni
assa assaii
dive divers rse: e:
c’er c’eraa
la
preoccupazione per l’impatto con un sistema di vita ben lontano dal dal presente, ma anche la gioia di poter uscire – finalmente e definitivamente ! da una condizione economica di bisogno; c’era il
torme torment nto o
degl deglii
affe affett ttii
fami famili liari ari,,
inevitabilmente compromessi dalla lontananza, ma anche la fiducia di poter tornare in paese appena appena possibile possibile . In fondo, mica mica si andava andava a morire in America! E poi, se tutto non gli fosse andato a genio, c’era sempre la possibilità possibilit à di un rient rientro ro in paes paese, e, per per fare fare la vita vita di prima prima.: .: questo si ripeteva Xhuà Xhu àni tra sé sé e sé s é, e questo ripeteva alla moglie nelle lunghe notti di vigilia. E quando la data della partenza divent ò davvero vigilia, tutto in casa andò and ò assumendo un colore diverso: non si parlava più pi ù liberamente, perché perché ognuno
temeva
di
disturbare
i
Non piange piangeva va quanto quanto avrebbe avrebbe voluto, voluto, ma solo per non far far soffrire soffrire quel quel suo vecch ecchiet ietto to che, che, curvo in avanti sulla bocca ampia del caminetto, inseguiv inseguivaa
senza senza
parole parole
le
scintille scintille che sprigionava il grosso ceppo, già gi à avanti nel
consumo. consumo. Sapeva, Sapeva, il vecc vecchio, hio, che quell quello o era l’ultimo allegro ceppo che scoppiettava in quella casetta: domani sarebbe tornata al silenzio dopo la partenza parten za di…… non aveva aveva neppure la forza ì, Xhuà di pensare!. S ì, Xhuàni gli aveva lasciato una copia delle foto di tutti e tre i partenti, avanzate dopo la compilazione della carta di identità identit à, ma sapere che quelle, fin dall’indomani, sarebbero state state l’unic l’unico o legam legamee col col passa passato, to, e…pian e…pianse, se, come non credeva di essere capace di fare; tir ò dalla dalla tasca tasca quel quel fazz fazzole oletto tto rossa rossast stro, ro, con su
pensieri
tante palline bianche, che usava solo per
dell dell’al ’altr tro; o; e le paro parole le – semp sempre re più più rade rade e sempre più più a bassa voce – mal celavano
asciug asciugare are quell quellaa lacrimu lacrimucci cciaa che che di tanto tanto in tanto tanto gli sfuggi sfuggiva va dall’ dall’ occh occhio io destro destro:: era la
sentimenti contrastanti. Zina si assunse il
vecchiaia, gli avevano detto. Ma questa volta gli
serv ì serv ì a nascondere un altro tipo di lacrima!. Xhuà Xhuàni vide tutto e si sent ì sent ì dentro il petto un turbinio di sensazioni mai provate fino ad allora, perché perché mai prima di allora aveva visto suo padre piang piangere ere..
Fu sul sul punto punto di mandare mandare tutto tutto a monte. “…..Perché “…..Perché far soffrire due poveri vecchi solo per inseguire il miraggio di una vita migliore?”… pensò pensò. E poi, c’era anche la sua piccol piccolaa che che da alcun alcunii giorni giorni accusa accusava va stran stranii disturbi , accompagnati sempre da febbre - ora lieve lieve,, ora con con rapidi rapidi picch picchii verso erso l’alto l’alto - al punto che sua moglie, Zina, volle correre dal medico del paese per farla visitare.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 41
distrattamente per dare l’idea di essersi trovano nei paraggi per caso; ma, in verit à, cap ì cap ì che si era presentato nella speranza di chiudere con un abbraccio il litigio di giorni prima. Gli passò pass ò vicino, posò posò il bagaglio di viaggio e si strinse al collo dell’amico, che non aspettava altro. Non si dissero una sola parola: ma tanto bastava a tutti e due per chiudere la ferita. Solo in quel momento Xhuà Xhuàni girò girò lo sguardo verso la casa appena lasciata: vide i volti dei suoi due vecchie vecchietti tti nella nella cornice cornice della finestrola finestrola (*13) (*13)
- Niente Niente di grave grave,, si sent sent ì rispondere. - Una
della cucina che li seguivano impietriti, dietro
banale forma influenzale…una febbre da
quei mille fiocchi di neve che legavano cielo e
crescita….
terra, e gli si strinse il cuore; vide anche agitarsi , con lento moto dall’alto verso il basso e viceversa, quel fazzoletto rosso a tondi bianchi che suo padre padre usava….. usava….. per la lacrima, ma con cui in quel quel moment momento o sembra sembrava va chied chieder ergli gli il ritorno. Ebbe la forza di sorridere ai due suoi cari, salutandoli con mano decisa, decisa, per non farli farli soffrire, ma avrebbe voluto piangere anche lui in quei momenti. Girò Girò l’angolo, giù giù verso piazza Damis; e poi giù gi ù giù giù, lungo la stradicciola che costeg costeggia gia la chies chiesa, a, verso verso il corso, corso, dov dove già gi à
Il giorno giorno della della partenza partenza della famigliol famigliolaa “ t’ Xhuà Xhuànit” nit” il paes paesee si pres presen entt ò velato velato di neve neve recente: tanto bastò bast ò ad attutire ogni voce, ogni suono suono di vita vita paesan paesana; a; e uno strano strano silenz silenzio io accompagnò accompagn ò i saluti e qualche lacrima: di parenti, parenti, di amici, amici, “ t’ gjitonis gjitonisëë (*11). Xhuà Xhuàni vide anche Nicola , un vecchio amico di giochi, ma col quale aveva avuto un violento battibecco alcuni alcuni giorni addietro addietro nella cantina cantina “ t’ Kapità Kapitànit “ (*12); e non lo aveva aveva menato menato solo per non correre il rischio di essere incriminato, fino a macch macchiar iarsi si il docume documento nto di
“Buona “Buona
Condotta” : necessario e indispensabile per l’espatrio, allora!. Lo vide aggirarsi quasi
l’attendeva la littorina “Luigi”. Abbracciò Abbracci ò i due amici che fino a l ì l ì gli avev avevano ano trasportato trasportato “ baguljin”; salutò salutò
i pochi paesani che si trova trovavan vano o nei pressi pressi dell’autome dell’automezzo; zzo; aiutò aiutò la mogl moglie ie a sali salire re,, dopo dopo aver pres preso o tra tra le sue sue braccia la figliola , e sal ì sal ì egli egli stess stesso o per un viaggio che solo allora gli parve davvero strano. Ma come non pensarci prima che gli sarebbe costato tanto allontanarsi dal suo paese?
Dunque, Dunque, questo questo hanno hanno sofferto tutti quelli quelli che partirono prima di lui? […..] Il viaggio verso verso il porto di Napoli, da cui era fissata la partenza per oltreoceano, fu un andirivieni di ricordi per un passat passato o di sacrifi sacrifici, ci, di preoc preoccup cupazi azioni oni per un presente tutto da interpretare, di interrogativi per un futuro da costruire; ma soprattutto lo tormentava – e tormentava sua moglie – la
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 42
salute della piccola Lucia. La febbre, nel corso del viaggio, non l’aveva lasciata in pace per un sol minuto, quella
decisi decisioni oni del medico medico,, fiducio fiduciosi si in una rapida rapida
creatura! Di tanto in tanto si dimenava, semiaddormentata tra le braccia ora di lui ora della
ripresa della loro loro figliola. E quello fu il viaggio più più breve, ma anche il più pi ù doloroso della loro
mamma, mamma, emettend emettendo o un lamento lamento espress espresso o con
esistenza. Attesero, muti e impazienti, davanti davanti
parole indecifrabili; gli occhi sempre socchiusi,
la vetra etrata ta del del pron pronto to socc soccor orso so e dopo dopo poco poco
le si aprivano solo raramente, quasi per
videro la loro piccola su di una barella,
accertarsi della presenza dei genitori; soltanto il
trasportata di corsa verso i reparti interni
dondolio della carrozza del treno le agevolava il
dell’ospedale. dell’ospedale. Nessuno diceva diceva niente; niente; ma loro
sonno. Avvolta in uno scialle, portata a braccia (
non erano erano i genit genitori? ori? Non Non aveva vevano no diritto diritto di
anche anche se la bimbetta bimbetta avev avevaa circa tre anni ed erastata sempre autonoma ), si risvegliò risvegli ò in un
sapere? Non ? ………Attesero. Attesero per un
ampio ampio andron androne, e, scossa scossa da voci voci insis insisten tenti ti di
finalmente… finalmente…
gente sconosciuta. Una specie di grande
accompagnato da un nugolo di altri medici ed
camerata accoglieva, infatti, uomini, donne,
infermieri, a colloquio con quello delle stellette
bambini, interi nuclei familiari in partenza per
e con altri in divisa, avanzano verso i due e …… -” Lucia non c’è c’ è più più! “ - Un grido straziante
oltreoceano. Dialetti diversi, ma quasi tutti meridionali, si intrecciavano in quell’immenso carnaio in attesa di controlli su persone, cose, documenti documenti,, destinaz destinazione ione ecc. Xhuà Xhu àni e Zina Zina,, con la piccola Lucia, non pensavano pi ù alla
tempo
che
a
loro ecco, ecco,
parve
eterno!
ecco….!
Un
Ma… medico, medico,
della povera povera Zina e il cupo cupo lamentoso pianto pianto t’ë t’ë Xhuà Xhuànit crearono un clima di indescrivib indescrivibile ile commozione in tutti i presenti: eppure con la morte , in ambienti come quello, si familiarizza
tormentav tormentavaa più più di ogni altra cosa. cosa. Bisogna Bisognava va
con quotidiana normalità normalità. Ma la vicenda di quei poveretti aveva commosso anche i pi ù avvezzi
chiedere l’intervento di un medico. Ed un
ad affrontare i dolorosi casi di vita e di morte,
medic medico, o, in camice camice bianco bianco e stell stellett ettee militari militari,, accompagnato accompagnato da due commilitoni, commilitoni, fu sollecito
seguiti seguiti in altre circosta circostanze nze con comprensi comprensibile bile distac distacco co.. Anzi, Anzi, il medico medico più più anziano,
a fare fare il prop proprio rio dov dovere. ere. Non Non era era poss possib ibil ilee
abbracciando
risol risolv vere ere il caso caso su due due pied piedi, i, diss dissee ai due due
confortarli prestandosi a fare tutto il necessario
genitori; si rendeva rendeva necessario il ricovero ricovero della della piccola nell’ ospedale più pi ù vicino. Dagli uffici
per le esequie, fino a seppellire la loro creatura nella propria tomba di famiglia. Passò Pass ò Xhuà Xhuànit
della capitaneria di porto chiamò chiam ò un’ambulanza, ò, con medico e che che in poco tempo tempo si present presentò
un foglio di carta su cui aveva scritto il proprio
infermieri a bordo. Dopo un rapido consulto col
studio, sottopose ai due tutta una serie di fogli
personale della capitaneria si procedette al
prestampa prestampati ti da sottoscriv sottoscrivere ere quale quale necessaria necessaria
ricove ricovero. ro.
consuetudine, fece salire a sull’ambulanza
autorizzazione alle esequie, ed infine li accompagnò accompagn ò a dare l’estremo saluto alla loro
anche i genitori della piccola: e come avrebbe
creatura. Commosso fino alle lacrime pure lui,
potut potuto o lascia lasciare re a terra terra quei quei due disgra disgrazia ziati? ti? Xhuà Xhuàni e Zina sapevano di doversi fermare nel
non gli fu facil facilee conv convinc incer erli li a stacca staccarsi rsi dalla dalla
parten partenza: za: la preocc preoccupa upazio zione ne per la bimba bimba li
Il
medico, medico,
contrariame contrariamente nte
alla
porto anche più pi ù di qualche giorno, in attesa dei controlli previsti alla partenza e perciò perci ò, affidato il bagaglio agli agenti di porto, seguirono le
i
due
sventurati,
cerc ò
di
indirizzo e il numero di telefono del proprio
piccola e a fidarsi della sua promessa; ma ancora meno facile gli risultò risult ò convincerli che per loro fosse necessario continuare il viaggio verso un domani migliore.
*10= *10= “ke “kett bagulj bagulji” i” Leggi Leggi “ ket ket bagùgli “ :
[…….] La nave , col suo carico di vite e di dolori, partita dal porto di Napoli verso luoghi sconosciuti, lanciava a ripetizione contro il cielo il suo allarme di addio e Zina ne seguiva con sguardo sguardo smarrito la lunga lunga scia spumeggi spumeggiante ante,, che sembrava la volesse tenere legata a s é per un passato da non dimenticare. Fu quella scia a tenere viva il lei e nel marito la speranza di un ritorno in quella terra che abbracciava la loro piccola Lucia come loro non erano riusciti più più ad abbracciare. E tornarono! Tornarono dopo tanti anni, ricchi di dollari e di ricordi. Non trovarono il dottore che era stato cos ì genti gentile le con loro: loro: aveva veva lascia lasciato to ques questo to mondo qualche anno prima. Fu il figlio di lui ad accompagnarli fino alla tomba di famiglia. C’era un fiore anche davan davanti ti al logoro ritratto della piccola Lucia, che era sistemata proprio accanto alla lunga lapide dietro la quale riposavano i resti del suo benefattore: cos ì cos ì aveva raccoman raccomandato dato
ai
familiari familiari
quel quel
medico, medico,
quell’uomo dal cuore grande: grande come il cuore di tutti i napoletani del mondo.
NOTE: *1= Leggi : Giuàni ( Giovanni) Giovanni) *2 = Leggi : Ngìku ( France rancesco sco)) *3 = Littor Littorina ina,, nella accezione paesana, era quello che oggi chiamiamo pullman; mentre in realt à il termine indica motrice di treno a scartamento ridotto. Analogamente, in paese si chiamava “vitor èt” ogni tipo di piccola auto: calco italoalbanese della parola “vettura”, al diminutivo.*4 = “Fare il nome” significa attribuire un nome di famiglia alla prole, maschile o femminile. *5 = Leggi Sina = Rosina. *6 = “me teljin” Leggi “ Me teglin : corda che serviva a legare la legna, sul dorso, facendo poi leva con i due capi al giro collo anteriore. *7 = Significa “ di Giovanni”
*8
=
Kambusand àr
significa
“becchino”; addetto al camposanto. *9 = Tutta l’espressione significa “ tocca ossa di morti” !
grossa grossa e pesante pesante cassa cassa in legno legno stagionato, stagionato, utile per la roba necessaria ad affrontare lunghi viaggi. *11 = gjtonjis : la “gjtonia”
è
il
vicinato. *12 = Cantina “del Capitano” : soprannome finestrella.
.*13
“
finestrola”
sta
per
Letteratura. NATA NATALIA LIA GINZBURG GINZBURG,, LA SCRITTRICE SCRITTRICE DELLA SEMPLICITA’ di Anna Maria Bonfiglio
Nell’ottobre del 1991 ci lasciava una delle più pi ù importanti scrittrici del secondo Novecento Italiano, Natalia Ginzburg, romanziera, autrice teatrale e saggista. Nata a Palermo nel 1916 e vissuta fin dall’infanzia a Torino, dove la famiglia si era trasferita, pubblicò pubblic ò il suo primo raccon racconto, to, I bambi bambini, ni, a dicias diciasse sette tte anni anni sulla sulla rivista Solaria. Natalia Levi (questo il cognome della famiglia di origine ebrea) era l’ultima dei figli di Leone Levi, medico e insigne docente universitario, e di Lidia Tanzi, nella casa dei quali si radunavano intellettuali, scrittori e politici antifascisti. La giovane respira fin dall’adolescenza un’atmosfera di impegno culturale culturale,, segue segue privatamen privatamente te le classi classi elementari, frequenta il liceo ma, iscrittasi all’Università all’Universit à, non arriverà arriverà mai a laurearsi. Nel 1938 sposa sposa Leone Leone Ginzbu Ginzburg, rg, docent docentee universitario di origine russa e geniale autore di saggi e traduzioni. A causa del suo antifascismo egli viene inviato al confino in Abruzzo, dove lo raggiu raggiung ngee la moglie moglie Natal Natalia ia con con i due figli, Carlo Carlo e Andrea Andrea,, ai quali quali si aggiu aggiung nger eràà dopo poco tempo l’ultima nata, Alessandra. E’ l à che la Ginzburg scrive il suo primo romanzo, La strada che va in città citt à, che però per ò firma con lo pseudoni pseudonimo mo di Alessand Alessandra ra Tornimparte ornimparte e che Giulio Einaudi pubblicherà pubblicherà nel 1942. Nel 1944, dopo dopo vari vari arresti arresti e rilasci rilasci,, Leone Leone Ginzbu Ginzburg rg muore a Regina Coeli sotto le torture fasciste. Tornata a Torino, Ginzburg lavora per la casa
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 44
editrice Einaudi dove incontra e segue nei suoi primi passi Italo Calvino; nel 1947 pubblica il ì, al quale suo second secondo o romanz romanzo, o, E’ stato stato cos cos ì, viene assegnato il premio “Tempo”. Nel 1950 sposa il saggista e studioso di letteratura inglese Gabriele Baldini, direttore dell’istituto Italiano di Cultura di Londra, dal quale avrà avr à due figli: Susanna, nata nel 1954 con un grave handicap, e Anto Antoni nio, o, nato nato il 6 genn gennai aio o del del ’59 ’59 e morto morto appena un anno dopo. A Londra scrive Le voci della sera. Con il romanzo Lessico famigliare, forse fra i suoi il più pi ù ricordato, vince l’edizione del 1963 del premio Strega. Una storia di famiglia, come lei stessa precisa nell’avvertenza che che prec preced edee la narra narrazi zion one, e, e non non un’autobiografia, perché perché non è di se stessa che l’autrice racconta, ma delle persone che costituiscono l’ambito familiare, padre, madre, fratelli, e di quelle che attorno a quest’ambito gravitano: personaggi del mondo della cultura, della vita politica e sociale, di quella letteraria e universitaria, un universo umano che si raccorda tanto con la Storia quanto con la vita individuale e privata di quelli che lo costituiscono. Lessico famigliare ricostruisce le vicende dei Levi in un arco di tempo che va dagli anni Trenta agli anni Cinquanta raccontate attraverso la riproduzione del lingua linguagg ggio io che che si parla parlava va nella nella famig famiglia lia.. Quello dell’iroso padre Giuseppe, burbero ma amoroso, della madre Lidia, ilare canterina, dei litigiosi fratelli. I motti, i modi di dire che si ripetono sempre uguali nella routine quotidiana evocano momenti ed esperienze, in un continuo gioco di richiami, e costituiscono un cifrario che permette ai componenti del nucleo familiare di riconoscers riconoscersi. i. “Noi “Noi siamo cinque cinque fratelli. fratelli. Abitiamo in città città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso” – annota l’autri l’autrice ce nell’a nell’avv vverte ertenza nza -“Quan -“Quando do ci incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indiff indiffere erenti nti o distra distratti, tti, ma basta basta,, fra noi, noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi frasi antic antiche he,, senti sentite te e ripetut ripetutee infinit infinitee volte olte nella nella nostra nostra infanz infanzia” ia”.. Nel 1969 Natalia Ginzburg rimane ancora una volta vedova. Durante gli anni ’70 inizia ad
interessars interessarsii attivamen attivamente te di politica politica militando militando nelle file della sinistra indipendente. E' anche un momento di fertile produzione letteraria, ai romanzi, ai saggi e agli articoli si aggiungono i test testii teat teatra rali, li, fra fra i qual qualii Ti ho spos sposat ato o per per allegria, che viene rappresentato con rilevante successo. Nel 1983 pubblica La famiglia Manzoni, Manzoni, ricostruzion ricostruzionee storico-f storico-familia amiliare re della stirpe appartenente allo scrittore Alessandro Manzoni, e contemporaneamente, viene eletta al Parlame Parlamento nto come indipendente indipendente nelle liste del PCI. PCI. La scrittu scrittura ra della della Ginzb Ginzburg urg si distan distanzia zia dalla dalla generaz generazione ione degli degli “impegna “impegnati”, ti”, essendo essendo quello che scrive frutto della memoria e della fantasia che per istinto, e non per pratica programma programmata, ta, si agganci agganciaa alla letteratura. letteratura. La sua cosiddetta “semplicità “semplicit à”, il suo riferirsi all’esistenza con sguardo sereno, nonostante le dolorose vicissitudini vissute, che produsse in Pavese una reazione di incredulità incredulit à e di critica, è la risposta ad una letteratura manipolata e sperimentalistica, è l’analisi puntuale e discreta delle multiformi facce dell’esistenza e si connota per l’ironia, l’umanità l’umanit à ed il confronto con il vissuto. Natalia Ginzburg muore fra il 6 e il 7 ottobre del 1991. Al suo funerale, che per scelta dei figli è officiato con il rito cattolico, partecipa commosso il mondo della letteratura, dell’arte e del cinema. Opere LA STRADA CHE VA IN CITT À, 1942 come Alessandra Tornimparti È STATO COSI, 1947 VALENTINO, 1951 TUTTI NOSTRI IERI, 1952 LA MADRE, 1957 SAGITTARIO, 1957 LE VOCI DELLA SERA, 1961 LE PICCOLE VIRTÚ, 1962 LESSICO FAMIGLIARE, 1963 TI HO SPOSATO PER ALLEGRIA, 1966 FRAGOLE E PANNA, 1966 LA SEGRETARIA, 1967 L'INSERZIONE, 1968 MAI DEVI DOMANDARMI, 1970 PAESE DI MARE, 1972 CARO MICHELE, 1973 PAESE DI MARE, E ALTRE COMMEDIE, 1973 VITA IMMAGINARIA, 1974 FAMIGLIA, 1977 BORGHESIA, 1977 LA FAMIGLIA MANZONI, 1983
LA CITTÀ E LA CASA, 1984 L'INTERVISTA, 1988 SERENA CRUZ, O LA VERA GIUSTICA, 1990 É DIFFICILE PARLARE DI SÉ, 1999 - a cura di Cesare Garboli e Lisa Ginzburg
Come nacque “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin proposto da Morena Bacchi.
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dov doveva eva esse essere re messo messo alla alla berlin berlina. a. Se avess avessii cono conosc sciu iuto to gli orro orrori ri dei dei camp campii di concentramento tedeschi non avrei potuto fare il dittator dittatore; e; non avre avreii certo potut potuto o prenderm prendermii gioco della follia omicida dei nazisti . Ma ero ben deciso a mettere in ridicolo le loro mistiche scemenze sulla purezza del sangue e della razza (…). Lettere preoccupatissime mi furono spedite dall'ufficio di New York,per implorarmi di non fare il film, dichiarando che non sarebbe mai stato proiettato né in Inghilterra né in America. Ma io ero ben deciso a portarlo a termine, avessi anche dovu dovuto to nolegg noleggiar iaree pers persona onalme lmente nte le sale sale da proiezione. Prima della fine del Dittatore l'Inghilterra dichiar ò guerra ai nazisti.
è Questo Questo document documento o dedicato dedicato all'arte all'arte cinematografica, è una pagina delle memorie di uno tra i maggiori maggiori registri registri e attori del secolo, secolo, Charlie Charlie Chaplin, Chaplin, nella quale quale egli ricorda ricorda la Il messaggio finale del film. contrastata genesi del suo film (1940) . “ Mi dispiace ma io non voglio fare Il grande dittatore ,parodia su Hitler. Fa seguito l'Imperatore,non è il mio mestiere, non voglio il discorso pronunciato dal barbiere ebreo governare e conquistare nessuno, vorrei aiutare ,protagonista del film e sosia di Hitler,che tutti, ebrei,ariani,uomini neri e bianchi,tutti noi conclude il film medesimo. dovre dovremo mo aiutarci aiutarci sempre sempre , dovre dovremo mo soltanto soltanto Tratto da C. Chaplin , La mia autobiografia . godere della felicit à del prossimo,non odiarci e Nel 1937 Alexander Korda mi aveva suggerito disprezzarci l'un con l'altro. un film su Hitler ,gioca ,giocato to su uno scamb scambio io di In questo mondo c' è posto per tutti,la natura è identità identità dovuto al fatto che il vagabondo ( uno ricca,è suffic sufficie ient ntee per per tutt tuttii noi noi ,la ,la vita vita può dei personaggi di C. Chaplin) aveva baffi essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo uguali ai suoi (…). Ma certo! Nei panni avrei dimenticato. potu potuto to arring arringar aree la folla folla un gergo ergo L'avidit à ha avvelenato i nostri cuori,ha incomprensibile o dicendo tutto quello che precipitato il mondo dell'odio,ci ha condotti a volevo . passo d'oca a fare le cose più abbiette ,abbiamo E in quelli del vagabondo vagabondo potevo potevo tacere tacere quasi quasi mezzi per spaziare ,ma ci siamo chiusi in noi completamente. stessi. Un film su Hitler era l'ideale l'ideale per una parodia parodia e La macchina dell'abbondanza ci ha dato una pantomima (…). povert à , la scienza ci ha trasformato in Mi misi a scrivere il soggetto . Occorsero due cimici,l'avidit à ci ha resi duri e cattivi,pensiamo anni per portarlo a termine (…). troppo e sentiamo poco . Pi ù che macchinari ci Mentre ero a met à del dittatore cominciai ad serve umanit à , più che abilit à ci serve bont à e avere allarmanti comunicazioni da parte della gentilezza, Unite United d Artists Artists (…). Stav Stavo o per per caccia cacciarmi rmi nei senza queste qualit à la vita è violenza e tutto è guai (…) erano molto preoccupati all'idea di perduto. girare un film anti - hitleriano e dubitavano L'avi L'aviazi azione one e la radio radio hanno hanno ravvi ravvicin cinato ato le che lo si potesse proiettare in Gran Bretagna. genti, la natura stessa di queste invenzioni Ma io ero deciso a tirar avanti, perché Hitler reclama la bont à nell'uomo ,reclama la
fratellanza universale,l'unione dell'umanit à. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di uomini, donne e bambini disperati,vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente . A coloro che mi odono ,io dico,non disperate! L'avidit à che ci comanda è solo un male passeggero , l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritorner à al popolo e qualsiasi mezzo usino la libert à non può essere soppressa”.
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ritrovi ritrovi il senso senso del viver viveree civile. civile. L'ignor L'ignoranza anza,, che che viene viene incor incoragg aggiat iata a a piene piene mani mani per far pascere un popolo nell'insipienza, deve essere combat combattut tuta a con tutte tutte le armi armi a dispo disposiz sizion ione. e. L'incivilt à e l'incultura, elette a metodo di vita da imitare, devono essere contrastate con l'entu l'entusia siasmo smo della della giovin giovinezz ezza, a, con la ponderatezza dell'et à matura e con la saggezza della vecchiaia. Che mai pi ù si permetta che l'Ital l'Italia, ia, dalle dalle Alpi Alpi alla alla punta punta della della Sicilia Sicilia,, si rotoli nella melma che si vuole ci sommerga. Se anche una sola persona legger à queste pagine di Silvio Silvio Pellico, ellico, un'altra un'altra piccola pietra pietra sar à stata inserita nell'ingranaggio del perfido progetto che ci vuole tutti abbrutiti e sottomessi. Marcello Vicchio.
CAPO LXIV
Per dir vero, se la pena era severissima ed atta ad irritare, avevamo nello stesso tempo la rara rara sorte sorte che che buoni buoni fosse fossero ro tutti tutti color coloro o che che vedevamo. Essi non potevano alleggerire la nostra condizione se non con benevole e Da “Le mie prigioni”, rispett rispettos osee manier maniere; e; ma ques queste te erano erano usate usate da tutti. tutti. Se v'era v'era qualc qualche he ruvidez ruvidezza za nel vecchio ecchio di Silvio Pellico. Schiller, quanto non era compensata dalla nobiltà nobiltà del del suo suo cuor cuore! e! Pers Persin ino o il mise misera rabi bile le Se vi è un libro che dovrebbe essere letto da ogni ogni amant amantee della della libert libert à , dell'onor dell'onore, e, Kunda (quel condannato che ci portava il dell'idea dell'ideale le – qualunq qualunque ue esso sia, purch purché sia- pranzo, e tre volte al giorno l'acqua) voleva che ci accorgessimo che ci compativa. Ei ci ebbene questo dovrebbe essere “ Le mie prigioni”. Questo libro dovrebbe far parte del spazzava la stanza due volte la settimana. Una bagaglio culturale di ogni giovane, di qualsiasi mattina, spazzando, colse il momento che paese del mondo, perché il tema che tratta è Schiller s'era allontanato due passi dalla porta, e davvero universale. Finch é esisteranno esempi m'offerse un pezzo di pan bianco. Non l'accettai, gli strin strinsi si cord cordia ialme lment ntee la mano mano.. Quel Quella la come Pellico, Maroncelli, Oroboni, e moltissimi ma gli altri meno famosi, l'umanit à , e soprattutto la stretta di mano lo commosse. Ei mi disse in cattivo tedesco (era polacco): “Signore, le si d à nostra nazione, non potranno dirsi perduti. cos ì poco da mangiare, che ella sicuramente L'ignobile e interessato sudario che si stende ora cos ì volutamente volutamente da anni, sempre sempre di più , sull'anima patisce la fame”. Assicurai di no, ma io assicurava di un'Ita un'Italia lia oppre oppressa ssa e mortifi mortificat cata a sin nella nella fibra fibra più intima intima da una barba barbara ra schia schiatta tta di l'incredibile. Il medico, vedendo che nessuno di noi truffaldini intellettuali, che si mascherano potea potea mangiare mangiare quella quella qualit qualitàà di cibi cibi che che ci dietro uno pseudo- efficientismo vacuo che non eano dato dato ne' ne' primi primi giorn giorni, i, ci mise mise tutt tuttii a appart appartien ienee alla alla nostr nostra a cultu cultura ra,, deve deve aveano quello che chiamano quarto di porzione , cioè cioè al necessariamente essere sollevato perch é si
vitto dell'ospedale. Erano tre minestrine leggerissime al giorno, un pezzettino d'arrosto d'agnello da ingoiarsi in un boccone, e forse tre once once di pan pan bian bianco co.. Sicc Siccom omee la mia mia salu salute te s'andava facendo migliore, l'appetito cresceva, e quel quarto era veramente troppo poco. Provai di tornare al cibo dei sani, ma non v'era guadagno a fare, giacché giacch é disgustava tanto ch'io non poteva mangiarlo. Convenne assolutamente ch'io m'attenessi al quarto. Per più pi ù d'un anno conobbi quanto sia il tormento della fame. E questo tormento lo patirono con veemenza anche maggiore alcuni de' miei compagni, che essendo più pi ù robusti robusti di me erano avve avvezzi zzi a nutrirs nutrirsii più più abbondan abbondanteme temente. nte. So d'alcuni d'alcuni di loro che accettarono pane e da Schiller e da altre due guardie addette al nostro servizio, e perfino da quel buon uomo di Kunda. “Per la città città si dice che a lor signori si dà d à poco da mangiare” mi disse una volta il barbi barbiere ere,, un giovinotto praticante del nostro chirurgo. “È verissimo” risposi schiettamente. Il seguente sabato (ei veniva ogni sabato) volle darmi di soppiatto una grossa pagnotta bianca. Schiller finse di non veder l'offerta. Io, se avessi ascoltato lo stomaco, l'avrei accettata, ma stetti saldo a rifiutare, affinché affinché quel povero giovine non fosse tentato di ripetere il dono; il che alla lunga gli sarebbe stato gravoso. Per la stessa ragione, io ricusava le offerte di Schiller. Più Più volte mi portò portò un pezzo di carne lessa, pregandomi che la mangiassi, e protestando che non gli costava niente, che gli era era avanza anzata ta,, che che non non sape sapeaa che che farne farne,, che che l'avrebbe davvero data ad altri s'io non la prendeva. Mi sarei gettato a divorarla, ma s'io la prendeva, non avrebb'egli avuto tutti i giorni il desiderio di darmi qualche cosa? Solo due volte, ch'ei mi recò rec ò un piatto di cirie ciriege ge,, e una una volta olta alcu alcune ne pere pere,, la vist vistaa di quella frutta mi affascinò affascinò irresistibilmente. Fui pentito d'averla presa, appunto perché perch é d'allora in poi non cessava più pi ù d'offrirmene.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 48
CAPO LXV
Ne' primi giorni fu stabilito che ciascuno di noi avesse, due volte la settimana, un'ora di passeggio. In seguito questo sollievo fu dato un giorno s ì s ì,, un giorno no; e pi ù tardi ogni giorno, tranne le feste. Ciascuno era condotto a passeggio separatamente, fra due guardie aventi schioppo in ispalla. Io, che mi trovava alloggiato in capo del corridoio, passava, quando usciva, innanzi alle carceri di tutti i condannati di Stato italiani, eccetto Maroncelli, il quale unico languiva dabbasso. “Buon passeggio!” mi sussurravano tutti dallo sportello dei loro usci; ma non mi era permesso di ferma ermarm rmii a salu saluta tare re nessuno. Si discendeva una scala, si traversava un ampio cortile, e s'andava sovra un terrapieno situato ì, donde a mezzo mezzod d ì, donde vedeasi edeasi la città città di Brü Brünn e molto tratto di circostante paese. Nel cortile suddetto erano sempre molti dei condannati comuni, che andavano o venivano dai lavori, o passeggiavano in frotta conversando. Fra essi erano parecchi ladri italiani, che mi salutavano con gran rispetto e diceano tra loro: “Non è un birbone come noi, eppure la sua prigionia è più più dura della nostra”. Infatti essi aveano molta più pi ù libertà libertà di me. Io udiva queste ed altre espressioni, e li risalutava con cordialità cordialità. Uno di loro mi disse una volta: “Il suo saluto, signore, mi fa bene. Ella Ella forse orse vede sulla sulla mia fisiono fisionomia mia qualc qualche he cosa che non è scelleratezza. Una passione infelice mi trasse a commettere un delitto; ma, o signore, no, non sono scellerato!”. E proruppe in lagrime. Gli porsi la mano, ma egli non me la pot é stringere. Le mie guardie, non per malignità malignit à, ma per le istruzioni che aveano, lo respinsero. Non doveano
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 49 lasciarmi avvicinare da chicchesifosse. Le parole che quei condannati mi dirigevano, fingeano per lo più più di dirsele tra loro, e se i miei due soldati s'accorgeano che fossero a me I tempi della "staffa" al Montetabor rivolte, intimavano silenzio. sulla porcopoli , Passavano anche per quel cortile uomini e la nota sulla porcopoli di varie condizioni estranei al castello, i quali tratto da “Milano sconosciuta” di Paolo venivano a visitare il soprintendente, o il Valera. cappellano, o il sergente, o alcuno de' caporali. “Ecco uno deg'Italiani, ecco uno degl'Italiani!” diceano sottovoce. E si fermavano a guardarmi; e più più volte li intesi dire in tedesco, credendo ch'io non li capissi: “Quel povero signore non invecchierà invecchierà; ha la morte sul volto”. Io infatt infatti, i, dopo dopo esser esseree dappri dapprima ma migliorato di salute, languiva per la scarsezza del nutrimento, e nuove febbri sovente m'assalivano. Stentava a strascinare la mia cate catena na fino fino al luog luogo o del del pass passeg eggi gio, o, e l à mi gettava sull'erba, e vi stava ordinariamente Paolo Valera ( Como,18 gennaio 1850 – Milano, finché finché fosse finita la mia ora. 1° maggio 1926) giornalista e scrittore di fede Stavano in piedi o sedeano vicino a me socialista, riassume in s é due caratteristiche che le guardie, e ciarlavamo. Una d'esse, per nome spesso vanno a braccetto con la genialit à: Kral, era un boemo, che, sebbene di famiglia l'insofferenza verso l'ipocrisia e il desiderio di conta contadin dinaa e pove povera, ra, avea vea ricev ricevut uto o una certa certa esprimere, sempre e comunque, il proprio educazione, e se l'era perfezionata quanto pi ù pensiero senza freni, in ossequio soltanto a ciò avea potuto, riflettendo con forte discernimento che che si sente sente intima intimamen mente te come come vero vero.. su le cose del mondo e leggendo tutti i libri che Giovanissimo prese parte alla Terza Guerra di gli capitav capitavano ano alle mani. Avea Avea cognizio cognizione ne di Indipendenza come garibaldino. Esule a Klopstock, di Wieland, di Goethe, di Schiller e Milano, Milano, inseguito inseguito dalla giustizia giustizia piemontes piemontese, e, di molti altri buoni scrittori tedeschi. Ne sapea tornò a Milano nel 1898 per partecipare ai moti un'infinità un'infinità di brani a memoria, e li dicea con popolari, stroncati violentemente del generale generale intellige intelligenza nza e con sentimen sentimento. to. L'altra L'altra guardia guardia Bava Beccaris. Condannato al carcere, si era un polacco, per nome Kubitzky, ignorante, iscr iscris isse se al Parti artito to Soci Social alis ista ta e fu più volte ma rispettoso e cordiale. La loro compagnia mi persegu perseguitat itato o dalla giustizia giustizia.. Ne Nell 1924 scrisse scrisse era assai cara. una biografia di Mussolini, che defin ì un voltag voltagabba abbana, na, e che che gli gli valse valse sia l'espulsio l'espulsione ne dal PSI che l'ostracismo del fascismo. un'impietosa tosa raccolta raccolta di Milano sconosciuta, sconosciuta, un'impie reportage sulla citt à che denunciano il degrado di tutte le classi sociali cittadine, fu causa per lui di un proce processo sso per per diffamaz diffamazion ione; e; ma il lettore di oggi, grazie alla penna straordinaria di Valera, viene scaraventato in un mondo vero, vivo vivo e reale reale,, al di fuori fuori di ogni ogni stucc stucche hevo vole le retor retorica ica,, tanto tanto che che viene viene da chied chieder ersi si se da allora sia davvero cambiato qualcosa. Da notare notare quel “porcopo “porcopoli” li” davvero davvero molto suggestivo! °°°
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 50
Erano i tempi della signorilità signorilit à meneghina. C'era sindaco Belinzaghi, un omino elegante in tuba, conosciuto come la betonica, che si metteva in circolazione tra le cinque e le sei per l'aperitivo dal Rainoldi, il salumiere di lusso del bottegone sul Corso Vittorio Emanuele. Era la buvette del patriziato moribondo. Vi si affollava sul marciapiede tutto ciò ci ò che c'era di signorile come in una vetrina. La vendita dei fiori era privilegio della Teresina, una bella ragazza formosa dai cape capell llii neri neri bipa bipart rtit iti, i, con con trec trecce ce meravigliosamente attorcigliate alla nuca. Ella era venuta dalla campagna con un canestro di viole ed era cresciuta tra i signori delle massime buvettes dei massimi restaurants e di massimi teatri. È finita a Genova con molti biglietti da mille e con lo sfregio alla guancia inflittole da un'ordinanza di un volontario mascalzone. Dal Rainoldi si vedeva pure alla stessa ora in mezzo alla consorteria il Leone Fortis, il noto autore autore delle conver conversazi sazioni oni che riversa riversava va nella nella Illumi Illumina nazio zione ne Italia Italiana na del Treve reves. s. Egli Egli era il direttore del Pungolo, un quotidiano sempre in bolletta, sempre in giro fra i signori con la tuba in mano. mano. L'Hag L'Hagy y non è più più la buvette buvette d'una volta. Vi si aperitizzavano i giornalisti conosciuti, i democratici, gli ex eroi del periodo gariba garibaldi ldino. no. Il maggi maggiore ore fra ques quest'u t'ulti ltimi mi era Achille Bizzoni, il direttore del Gazzettino Rosa, sempre cercato, sempre in prigione per delle giornate da scontare, sempre in lotta con le autorità autorità giudiziarie o di questura. Fu l ì l ì che la spia Besana ricevette da lui un potente manrovescio. Bizzoni non era mai disoccupato. Quanto mancava per delle ore si sapeva che egli era era sul sul terre terreno no con con la scia sciabo bola la in mano mano.. Ha avuto 69 duelli. Buono. Si credeva sempre al verde. Spendaccione, innamorato tutta la settimana. Se parlava delle sue penurie il finanzi finanziere ere finiva finiva per invita invitarvi rvi a pranzo pranzo,, con con delle bottiglie in fondo. Vi vedevi sovente Francesco Giarelli, un giornalista, enciclopedico che che non spett spettaava la penna penna che che per dormir dormire. e. Scriveva anche a pranzo. Magnifico cornista. Il suo suo aperiti aperitiv vo era il Vermouth ermouth.. Questa Questa è la Milano che sfioro e che dobbiamo rifare. Per queste buvette è passato anche un'altra celebrità celebrit à: Angelo Sommaruga, finito editore delle Forche Caudine, di Pietro
Sbarbaro, il professore che in "regina o repubblica" ha scritto più pi ù porcaggini di tutti i pornografi pornografi della esistenza esistenza letteraria. letteraria. Lo profileremo fra poco. Egli ha scritto di tutto: delle donne ch'egli ha presentato come sgualdrine; dei tribuni ch'egli ha messo in circolazio circolazione ne come scrocconi scrocconi e cortigiani; cortigiani; dei deputati corrotti e venderecci che avevano fatto chiasso alla tribuna parlamentare. Dei ministri ch'eg ch'egli li ha svilla svillaneg neggia giato to con le inve invetti ttive ve più più maiuscole del frasario dei libertini. La borghesia vi si dimezzava nelle ore pomeridiane. Gran parte spariva con i calessi. Si dava alla "staffa" alle porte cittadine, al bicchiere o al calice di vino bianco al Sempione. I più più noti ritrovi al di là là o al margine delle porte daziarie come quello al Montetabor, proprio
nell'angolo del dazio a destra di Porta Romana che voltava per il bastione che costeggiava gli alti ippocas ippocastani tani che protegg proteggev evano ano le più pi ù belle cava cavalca lcatric tricii della della casa casa d'equi d'equitaz tazion ionee di porta porta Nuova. L'entrata era in margine al porticato che ospitava la famiglia del tenente delle guardie daziarie. L'entrata del Montetabor era un ampio portone che che mett metteeva in una una larg largaa zona zona di verde erde,, ai fianchi fianchi della quale quale c'erano c'erano parecch parecchii berceaux berceaux,, dove dove cena cenava va e pranza pranzava va la scapi scapigli gliatu atura ra del teatro teatro e del libro libro e dell'i dell'indu ndustri striaa che che face faceva va quattrini. quattrini. Pranzi Pranzi squisiti. squisiti. Vivande Vivande della nostra nostra milaneseria ghiotta d'intingoli; del manzo brasato, dei risottini coi tartufi, delle fritturine
miste, miste, dei mines minestro troni ni che che non mangi mangiamo amo in questi giorni di proibizioni. Fra le figure che arrivano sul tilbur ì tilbur ì per il vino bianco si vedeva il dottor Panseri, colui che aveva aggiustato e raddrizzato, e rese possibili le membra di tutti i ragazzi della strada. Con il dottor Panzeri si può pu ò dire che la Milano dei deformati e dei rachitici era scomparsa. Per capire che tutto quel movimento non era un lusso, abbiamo dovuto venire enire ai nostri nostri tempi. tempi. Tempi empi di ladreri ladrerie, e, di mangerie mangerie,, di strozzine strozzinerie. rie. Quello Quello che bastav bastavaa per tutta la tavola e per tutte le bevande con il brumista come finale non basta ora per mancia al camerie cameriere re moderno moderno.. I cocch cocchieri ieri dei dei tempi tempi della staffa erano graziosi biroeu in gilet rosso, che adescano la clientela con la gentilizza di una curva iniziale; tutto vi era ambientato. Il vino bianco era l'aperitivo di quasi tutti gli avventori. Vi si vedevano i milanesoni, quelli che mang mangia iano no un manz manzo o che che ades adesso so non non si mangi mangiaa più più né agli agli alberg alberghi, hi, né ai picc piccol olii e grandi grandi restaura restaurants. nts. L'ultimo L'ultimo restaura restaurant nt che ha chiuso bottega con tutte queste leccornie ambrosiane e con tutto questo mondo che viveva di tradizioni culinarie con il tacchino arrosto, la trippa al sabato, i marroni arrosto nella stagione inve invernal rnale, e, i tortell tortellii che che face faceva vano no bere bere litri di vino grimello e tante vivande squisite, di
memorie perdute, fu la "Ferrata" di via Cusani, demolita dalla speculazione. La "Ferrata" è scappata a Como ed è ora la "Barch "Barchett etta", a", in faccia al lago. Tempi passati. Con essa è sparito il personaggio che riceveva le famiglie, le comitive, la clientela con il largo benvenuto all'entrata e offriva le vivande saporite che dovevano dileguare in
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bocca, come il manzo che il cuoco preparava con gli intingoli preziosi. Uno di questi pers person onag aggi gi che che ha fatt fatto o stori storiaa e fortu fortuna na nei nei tempi della bonomia sociale, fu certamente il signor Consonni, dell'"Orologio", ora alla stazione centrale con la figlia. L'"Orologio" nelle sue mani valeva un milione o due. Era una miniera. Noi giornalisti scapoli, eravamo della sua bottega. - Lasci Lasci fare - diceva diceva all'avv all'avvento entore re che voleva voleva mangiare bene - Non dubiti, vado io in cucina -. Riceveva tutti col sorriso del padrone di casa uscito uscito dalla dalla bont bontà dei dei "Prome "Promessi ssi Sposi" Sposi" che che addita additava va i posti posti,, che che sugge suggeriv rivaa le vivand vivandee e faceva portare dai vaselli litri di ottimo grignol grignolino ino e di barber barbera, a, che che face faceva va giusti giustizia zia contro tutte le sgarberie o le tardanze o i piatti che non piacevano. Per degli anni l'"Orologio" è stato il restaurant di tutti i banchetti: dei medici, dei giornal giornalist isti, i, dei parla parlamen mentari, tari, degli degli industriali. Persino il "Manzoni", della Corazza De Benedetti, vi ha brindato come banchettante alla alla sua sua spec specula ulazi zion onee che che lo ha mand mandat ato o in prigione. Il Montetabor era troppo lontano per penetrare nell'atmosfera di mezzo milione di persone. Vi capitava chi capitava. Erano più pi ù avventizi avventizi che "habituè "habituès". Vi torreggiava la famiglia come alla
"Carità "Carità", nella sua viuzza omonima, in margine al corso Lodi. La Milano del dopo guerra non ha confronti. Vi si mangia la carne; dappertutto si spendono gli occhi della testa senza i godimenti di una volta. Quello che si spendeva in quei giorni per tutto un pranzo coi vini squisiti e frutta fragrante e caff è profumato, non basta oggi per i sigari o per le sigarette. Neanche i miliardari possono
mangiar bene in questa città citt à di cenciaiuoli. Non c'è c'è più più niente di culinaria dei nostri avi. Il "Monte "Montetab tabor" or" non esiste esiste più più. Era un largo portone portone spalanca spalancato to che lasciav lasciavaa passare passare nella vasta zona verde le arie di una campagna in fiore. Vi manteneva le sue facce storiche che non variavano a colazione, che si mutavano a pranzo, che rimanevano quelle del giuoco delle bocce fino allo spegnimento del gas; che rimanevan rimanevano o fissi ai "berceaux "berceaux"" come posti di predilizione. Tutto è finito. Il "Montetabor" è rimasto apolitico anche quando era frequentato dal dal maggio maggiore re Chiesa Chiesa,, come come la sua sua gamba gamba di gomma. A fianco dell'entrata a destra era, come ho detto, l'abitazione del tenente delle guardie daziarie che vi finiva la chilificazione seduto tutte le sere con il virginia in bocca. In faccia all'altro casino egli vedeva come si svolgeva la vita vita dazi daziari ariaa fra fra le guar guardi diee e l'im l'impi pieg egat ato o di notturna. Tutto è perito nelle mani dei capimastri che hanno rovesciato tutto il comfort e le bellezze della tradizione milanese. Di un ambiente cos ì cos ì splendido hanno fatto fuori una stazione di morti! Non vi sentite più pi ù che odore di cadaveri. Non udite più pi ù che marcia funebre! Accidenti agli amministratori capimastri! Cos ì chiudo il volume con due note sulla porcopoli porcopoli.. Purtroppo, Purtroppo, non è ancora ancora finita. finita. In questa città città di molti ipocriti e di molti depravati, la pretura ha ieri l'altro documentato la lussuria delle nuove femmine e dei nuovi maschi. I locali annessi al teatro Carcano, adibiti a Tabarin e ad alberg albergo, o, si cancan cancanegg eggia iava va in tutto tutto il mondo, mondo, nudi e vestiti. Non c'era più pi ù scrupolo. scrupolo. Senza Senza scrupolo non aveva più pi ù ritegni. Cinedi, eté etére, giovani e giovane, si abbandonavano a tutti i quadri plastici. Le età età erano saltate via. Danzavano in tutte le fogge. Voluttuosi tanto, jazz eccitanti e rimescolanti. Sulla terrazza venivano servite cene ai piccoli tavoli a due e a quattro, illuminati dalle lampade sormon sormontat tatee dagli dagli abat-jo abat-jours urs variop variopint inti, i, attraverso cui filtrava la luce ammorbidendosi in tenui penombre. Un giornale ha descritto queste danze con queste parole: "Nel quartiere di porta Romana correvano vaghe leggende di strane danze in abiti quali indossavano Adamo ed Eva nel paradiso terrestre ed altre sollazzevoli storie che
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avrebbero fatto arrossire messer Boccaccio". I licenziosi convegni demoralizzavano il teatro e la società società proprietaria ha querelato per lenocinio l'affittuario. Bisogna notare che alcuni salottini particolari erano stati trasformati in camere, dove si afferma finissero le danze e i pranzetti succolenti innaffiati dal tradizionale champagne. Tutto è finito in una condanna a sei mesi per lenocinio lenocinio al conduttor conduttoree dell'alber dell'albergo, go, Martino Martino Giazzi. Il documento è tutta una rivelazione: Milano è stata trascinata nella pozzanghera di tutti i vizi!
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Storia tanti castelli federiciani del meridione d’Italia. Nelle limpide e cristalline acque del mar Jonio, l’antico mare della Calabria Citeriore, in quel Il mistero del “Castrum Petrae Roseti” mare miceneo dove la leggenda volle fa nascere di Loredana Chiarello Venere, il mito pagano e cristiano si coniugano perfettamente. In quel tratto di mare denominato < Della rosa fronzuta / diventer ò pellegrino; / “ Costa degli Achei”, con chiaro riferimento alla ch’io l’aggio così perduta. / Perduta non voglio frequentazione achea della zona, tra la foce del che sia, / né di questo secolo gita, / ma l’uomo fiume Ferro a nord e la foce del Trionto a sud, che l’ha in balia, / di tutte gioie l’ha partita>. nella Piana di Sibari, è incastonata la cittadina di Roseto Capo Spulico. Il nome Roseto deriva dal latino latino "rosetum" "rosetum" in quanto quanto in questo questo territorio territorio era diffusa la coltivazione delle rose che cresc crescev evano ano anch anchee nei mesi rigidi, rigidi, mentre mentre la dicitura Capo Spulico è stata aggiunta nel 1970 perché perché il comune è vicino al “Capo Spulico”, che che sepa separa ra il Golf Golfo o di Taran aranto to da quel quello lo di Corigliano Calabro e un tempo era il confine tra la Sibaritide Sibaritide e la Siritide. Nell’antichità Nell’antichità Roseto era una delle venticinque città citt à che gravitavano intorno intorno a Sibari Sibari,, la più più famosa colonia achea. Caduta la Magna Grecia, si trovò trov ò sotto la dominazione romana. La Roseto odierna nacque nel X secolo d.C. e raggiunse il suo massimo splendore intorno al 1260, in epoca federiciana. La Calabr Calabria, ia, infatt infatti, i, era parte parte integr integrant antee del regno di Federico II di Svevia e faceva parte di Un affascinante percorso naturale, storico, una una dell dellee due due gran grandi di circ circos oscri crizi zion onii religioso ed architettonico architettonico si snoda nell’ amministrative: il Capitanato Generale « a entroterra calabrese, in particolare fra le flumine Tronto usque ad portam Roseti » prov provinc incee di Cosen Cosenza za e Croton Crotone. e. Un perco percorso rso comprendente la Campania, la Puglia e la affascinante e misterioso che si coniuga con la Lucani porta Rose Roseti ti usqu usquee ad Lucania, a, e quell quello o « a porta “leggenda” e in cui sono riconoscibili numerose flumen Salsum » comprendente appunto la tracce che si impongono con forza alla furia del Calabria e la Sicilia orientale. Proprio nel tempo e della modernità modernit à, tracce collegabili territorio di Roseto Capo Spulico, incastonato soprattutto all’età all’età sveva ed all’ imperatore nella roccia, su uno scoglio leggermente Federico II, Stupor Mundi , che fu molto più più di rialzato, in riva alle chiare acque del mare Jonio, un impera imperator tore: e: spirito spirito raffina raffinato to e indag indagato atore, re, sorg sorgee un magni magnifico fico e misteri misterioso oso caste castello llo,, il uomo di scienze e di lettere, personaggio Castrum Petrae Roseti , che fa parte del sistema affascinante, dal grande spessore politico e dei castelli federiciani sparsi nella Penisola, una culturale culturale,, dalla versati versatilit litàà creativa creativa,, dal vigore vigore serie di avamposti che l’imperatore volle vitale, dalla forza equilibratrice che seppe dare, edifi edifica care re per per cont contro roll llar aree e pres preserv ervar aree il suo suo con parametri parametri che a volte volte trascendono trascendono la stessa territorio. territor io. L’origine del maniero non è ancora norma e la stessa coscienza del Medioevo, ben precisata, ma si ritiene che la fortificazione vigore vigore ed orgogl orgoglio io alle alle genti genti del meridio meridione. ne. possa risalire ad epoca pre-federiciana, quando Questo percorso calabrese legato a Federico II Roberto il “Guiscardo” e il fratello Ruggero si è tracciato dal sentiero che collega idealmente i divisero la Calabria e decisero di eleggere la
“Porta Roseti” quale confine dei relativi possedimenti. Nel 1229, già gi à Tempio dell'Ordine, il maniero fu requisito da Federico II ai Cavalieri Templari, per ritorsione al loro tradimento durante la VI Crociata in Terra Santa (1228). Il primitivo complesso fortificato fu poi ristrutturato dall’imperatore e riadattato a fortezza militare. L’intrusione angioina nel ò Mezz Mezzog ogio iorno rno d’Ita d’Itali liaa proc procur urò altri rimaneggiamenti all’edificio.
Recentemente sottoposto a lunghi interventi di restauro, il castello è stato dotato di un piccolo anfite anfiteat atro ro all'ap all'aperto erto,, all'in all'intern terno o del del quale quale nei nei mesi estivi vengono ospitate manifestazioni culturali. Di pianta trapezoidale, e' circondato da mura merlate che sul lato sud si aprono in un ampio ampio ingres ingresso so con con un impone imponente nte portale portale in stile gotico che conserva ancora la rosa crociata, i petali di giglio, il cerchio di Salomone e lo stemma con grifone, emblema del casato Svevo. La struttu struttura ra presen presenta ta possen possenti ti torri, torri, una una delle delle quali più più alta, merlata, è a pianta quadrangolare. All'interno della rocca vi sono un ampio cortile, dotato di cisterna centrale, i resti delle scuderie, magni magnifici fici e ampi ampi salon saloni. i. Ma c’è c’è qualcosa di misterioso che aleggia attorno al Castrum Petrae Roseti: negli anni recenti esso è divenuto sempre sempre più più insisten insistenteme temente nte oggetto oggetto di studio studio non solo per gli storici, ma anche argomento trattato da scienze religiose, mistiche ed esoteriche. A questo proposito, circa la derivazione di questo castello da modelli templari alchemico-esoterici si è espressa una recente ipotesi, che ne farebbe derivare le forme dal Tempio di Gerusalemme. Sul portale del
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castello, come ho scritto sopra, è inciso il simbolo della rosa crociata e il castello è citato dall’alchimista Robert Floudd come uno “ dei soli soli nove nove colleg collegii al mondo mondo dove dove i Rosac Rosacro roce ce risiedevano” ( i “Rosa “Rosa Croce” erano un ordine segreto, nato nel XV secolo secolo e la cui cui conoscenza venne diffusa nel XVII secolo, ed erano probabilmente riformatori religiosi e morali, che utiliz utilizza zava vano no mezzi mezzi per per l'epoc l'epocaa ritenut ritenutii scientifici, in particolare l'alchimia, per far conoscere le proprie opinioni opinioni ). Inoltre, sempre sempre secondo questi ultimi studi, ci sarebbe anche un altro episodio da correlare a questi simboli templari e rosacrociani sparsi per il castello. Si ipotiz ipotizza za infatt infattii che che la torret torretta ta centra centrale le abbia abbia ospitato, nel periodo compreso tra il 1204 e il 1253, la Sacra Sindone, o meglio le Sacre Bende che avrebbero ricoperto dopo la morte il corpo di Cristo. Nel settembre settembre del 1999 1999 le principesse principesse Yasmin asmin e Kathrin Von Hohenstau Hohenstaufen fen,, discen discenden denti ti dirett direttee di Feder Federico ico II di Svev Svevia, ia, sostennero di aver scoperto negli archivi delle cappel cappelle le di famig famiglia lia un docume documento nto di epoca epoca normanna secondo il quale la Sindone, le Sacre
Bende ( Sindone et Sudario Christi ) e l’Onfale Loculo o Ubi Christ Christii Cenavi Cenavit t ( Locul ) cont conten enen ente te il Santo Graal, non solo sarebbero appartenuti a Federico II, ma sarebbero anche transitati proprio proprio dal Castello di Roset Roseto o Capo Spulico. Spulico. Questa casuale scoperta avrebbe consentito di dimostrare dove vennero custodite le sacre bende bende nel nel periodo periodo in cui cui scompa scomparve rvero, ro, prima prima che riapparissero intorno al al 1356. 1356. Nel 944 d.C. le sacre sacre bende bende furon furono o traspo trasportate rtate a Bisanz Bisanzio io dopo essere state esposte e venerate ad Edessa
( l’attuale Urfa, in Turchia). A Bisanzio gli imperatori conservarono le reliquie con immensa cura fino a quando , in segui seguito to al sacch sacchegg eggio io della della citt citt à operato operato dai crociati nel 1204, se ne persero le tracce. Misteri Misteriosa osame mente nte,, intorno intorno al 1356 , il nobile nobile france francese se Geoffro Geoffroy y de Charny Charny espos esposee in una chies hiesaa del del suo suo feud feudo o un suda sudario rio che che venne enne presentato come quello in cui era stata composta la salma di Cristo. Da allora la reliquia comp ì comp ì un cammino che si concluse a Torino, dove è custodita tuttora. Dunque del lenzuolo si persero le tracce proprio nel periodo compreso tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo. Fu appunto in questo periodo che, secondo le ricerche dettagliate delle principesse Von Hohenstaufen, l’imperatore Federico II venne in possess possesso o delle delle Sacre Bende Bende ereditand ereditandole ole dal Barbarossa, che le aveva inizialmente celate nel Monastero di Buren a Lorch ( a dieci chilometri dal castell castello o Hohenstau Hohenstaufen fen). ). Federico Federico II portò portò quindi le reliquie con sé s é nella Corte Itinerante e le custod ì custod ì,, tra l’altro, proprio nel Castello di Roseto, nel “Castrum Petrae”.
Le Bende e la Sindone furono rubate a Federico II durante l’eccidio di Parma, nel 1248, e l’imperatore non si diede pace. Fu proprio da quel quel moment momento o che che egli egli divenn divennee il “pellegrino” della “ Rosa Fronzuta”, come appunto egli amava chiamare il sacro lenzuolo, il lenzuolo che conteneva la “rosa” pi ù pura del parad paradiso iso,, il Cristo. Cristo. La tesi delle delle principe principesse sse eredi di Federico II sono state pienamente accolte accolte anche anche dall’eminen dall’eminente te studioso studioso di sindon sindonolo ologia gia,, il prof. prof. Baime Baime Bollon Bollone, e, che che le considera considera degne degne di di attenzione attenzione.. Il nome della della principessa Kathrin von Hohestaufen, inoltre, è
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legato anche ad una rivelazione derivante da una scoperta quasi casuale. Durante gli ultimi lavori di ammodernamento del maniero di Roseto Capo Spulico , un muratore avrebbe per caso scoperto un palla ovoidale in calce e pietra con i simboli templari dell’Agnello mistico, della Croce e del Giglio dove, secondo la tesi della principessa, sarebbe stata conservata la coppa del “Graal” “Graal”,, il calice calice in cui Ges Ges ù Cristo istitu ì l’Eucarestia durante l’Ultima Cena e dove nel suo interno, il giorno successivo, Giuseppe d’Arimatea avrebbe raccolto il sangue del Redentore, dopo averlo calato dalla croce. Dunque , questo oggetto-simbolo, ammantato di fascino e mistero e fonte di ispirazione per la letteratura, la musica,la scienza e l’arte, la cui ricerca ha impegnato nei secoli cavalieri e ricercatori, a ancora oggi, periodicamente, viene viene riprop ripropos osta ta attra attrav verso erso opere opere letter letterarie arie o indagini storiche, avrebbe trovato ospitalità ospitalit à, insieme alle Sacre Bende, tra le mura del “Castrum Peatre Roseti”. “Della Rosa Fronzuta sarò sarò Pellegrino” è una piece teatrale, patrocinata dall’UNESCO, scritta dalla principessa Yasmin Von Hohenstaufen, per la quale la principessina Kathrin è autrice della colonna sonora celticomedie medieva vale. le. La Princip Principess essaa Katrin Katrin von von Hohenstaufen, medico chirurgo onco-ematologo di fama fama interna internazio zional nale, e, ha ricevut ricevuto o la cittadinanza onoraria di Roseto Capo Spulico e, proprio per i suoi studi storici sull' itinerario delle reliquie del Golgota, ha ricevuto altres ì altres ì un Charter di riconoscimento dal Cardinal Ersilio Tonini. Grazie a Roseto Capo Spulico e a Federico II la Calabria acquista a pieno titolo un posto di grande rispetto nell’alveo del più pi ù grande mistero della cristianità cristianità, quello legato al Sacro Graal e alla sua “quê “qu ête”. C’è C’è dunque uno stretto legame tra questa terra e gli avvenimenti che che a Gerus Gerusal alem emme me , circ circaa duem duemila ila anni anni fa, fa, hanno hanno cambia cambiato to il corso corso della della storia storia.. Ogni Ogni luogo della Calabria nasconde uno scrigno di storia, leggende, valori, arte, cultura. Non averlo fatto conoscere ai più pi ù è stato il vero delitto della politica e del modo culturale calabrese.
Dalla Dea Madre alla Vergine Maria: un archetipo che accompagna l'umanit à
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Tale concetto fu proclamato ufficialmente dalla di Gandolfo Dominici
chiesa cattolica con il Concilio di Efeso nel 431. d.C. E' importante specificare che l'incarnazione di Gesù Gesù è cosa diversa dalla semplice manifestazione del divino in forma umana comune alla mitologia di molte religioni pagane o dal concetto di “ avatar ” della religione induis induista. ta. Nel Nel primo primo caso caso si tratta tratta di “apparizioni” temporane temporanee, e, nella religione induista si tratta invece di discesa del divino nel mondo umano. Il Cristo è qualcosa di diverso: non è Dio che scende in terra (come l’avatar) ma una sua emanazione (il Figlio) che ha luogo sui due piani materia materiale le e spiritu spirituale ale,, ma che che è di carne e sangue. Tale concetto rispecchia dunque la mentalità mentalità storico-materialista dei romani piuttosto che quella degli ellenici. Non a caso di tale tale conc concet etto to non non si tro trova trac tracci ciaa nel nel primo primo cristianesimo fondato da San Paolo (greco) ma appare appare solo solo succe successi ssiva vamen mente te a seguit seguito o della della “romanizzazione” della religione cristiana.
caratterist caratteristiche iche essenzia essenziali li del cattolicesimo odierno è il culto della Vergine Maria. Esso è anche uno dei principali motivi di
Il Dio incarnato trova alcuni fondamenti nell nell’i ’imp mpor orta tanz nzaa data data al “ femminino ” nella dottrina gnostica in cui è presente l’idea
disaccor disaccordo do teologico teologico con le chiese chiese protesta protestanti nti
della “ Dea Madre” in grado di guidare l’uomo verso verso la conosc conoscenz enzaa suprem suprema. a. “ Sophia” è la
Una Una
delle
insieme al culto dei santi. La differenza, su cui in questa sede non ci dilungheremo, è di
saggezza saggezza creatrice creatrice che forma forma la Sacra Sacra Trinit Trinitàà
carattere filosofico- teologico e si riassume in una domanda: “Può l’uomo arrivare a Dio da
familiare Padre-Figlio-Madre. La Madre, nella
solo o necessit à di entit à mediatrici che intercedano per lui e gli indichino la direzione
suo connotato femminile per divenire “neutro” Spirit ito o Sant Santo o. pneuma cioè lo Spir
del percorso?”
L’apice della negazione del ruolo del femminile
A tale tale doma domand ndaa ognu ognuno no può può forni fornire re la sua sua risposta.
(Dea Madre) si ebbe con l’eresia Ariana. Ario rifiuta rifiutava va la natu natura ra divi divina na di Ges Gesù
Ma vediamo ora di capire il motivo storico di
consid considera erando ndolo lo
questa differenza.
conseguenza rifiutava anche il ruolo dello
“Da dove origina nella religione cattolica
Spir ito
“romana” il culto della Vergine Madre di
La reazione della chiesa romana alla concezione
Dio?”
Ariana fu netta e dovuta ad una cultura fortemente radicata in idee molto più più antiche del
religione cristiana degli albori, viene privata del
un
Santo
sempl semplice ice e
di
profe profeta ta
di
Mar ia.
cristia cristianes nesimo imo come come il Mitrai Mitraismo smo,, il culto culto di
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Cibele e quello eterno della Dea Madre presente anche
nella ella
dottri ttrin na
gnostic tica.
Non per caso, il femminile ritorna a Efeso, in
- fu assassinato dai suoi nemici che gli
terra gnostica con una concezione del ruolo di
trapassarono
Maria che si presta a forti parallelismi con il
-
concetto archetipo ed onnipresente di Dea
- il giorno consacrato al Dio Sole era il dies
Madr Madree di tutt tuttii gli gli uomi uomini ni che tro trova la sua sua
solis (ted. Sonntag; ingl. Sunday), celebrato in
espressione nei culti mariani odierni. Prima di Gesù Ges ù anche Mitra e Horus e Horus nacquero
modo particolare nel culto di Mitra come primo
il 25 Dicembre da madre vergine. La religione
giorno del Signore» (dies dominica) dai
mitraica ebbe un forte influsso sulla religione
cristiani.
cattolica romana, le due religioni convissero per
L’origi ’origine ne
il ò resu resusc scit itò
costato al
con
una
terzo
lancia; giorno rno
giorno della settimana, e in seguito definito «il
circa due secoli, competendo per divenire
dottri dottrine ne marian marianee nel cristianesimo deriva però per ò molto probabilmente
religione ufficiale dell’Impero. La religione
da un altro altro culto, culto, anch anch’es ’esso so origina originario rio come come
tradizionale romana era infatti ormai decaduta dal punto di vista spirituale e ridotta alla mera
quello di Mitra nell’Asia minore. Il culto di Cibele fu il terzo terzo grande grande competi competitor tor per la
veste rituale e celebrativa il cui significato
supremaz supremazia ia religiosa religiosa nell’Impe nell’Impero ro romano romano nei
spirituale era stato dimenticato. Per colmare tale
primi primi secoli secoli d.C. Come Come il mitrai mitraismo smo,, si era
vuoto altre religioni si contendevano il primato e convissero per più pi ù di due secoli La
propa propaga gato to
competizione si risolse con il sincretismo delle
stessa stessa region regionee dov dove i primi primi cristia cristiani, ni, raccol raccolti ti
dott dottrin rinee mitra mitraic iche he e del del cult culto o di Cibe Cibele le nel nel
attorno
cristianesimo. Il personaggio di Mitra ha moltissime analogie con quello di Ges ù:
l’evangelizzazione dei “gentili”. Non vi era pace
-
Sole ole;
cristiani rappresentarono la Dea madre Cibele,
- nacqu nacquee il 25 dicemb dicembre, re, giorno giorno del solst solstizi izio o
come una “ prostituta coronata di torri”, seduta
d'inverno secondo i calendari dell’epoca;
sul mostro mostro da lei
- alla sua nascita fu adorato dai pastori, che gli
imma immagi gine ne
recarono in dono le primizie dei greggi e dei
nell’iconografia mariana come la Vergine che
frutti
ter ra
schiacc schiaccia ia la testa testa del serpente) serpente) o la dama del
- ascese in cielo, venne posto sul trono accanto al dio del Sole, cioè cio è, divenne partecipe della sua
liocorno che ne accoglie la testa sul grembo. La Dea Madre Madre Cibele Cibele,, era analog analogaa all’ all’Artemide Artemide
onnipotenza, e infine fu parte di una Trinit à.
greca, all’Ishtar babilonese, alla dea solare degli
- un giorno sarebbe tornato a risvegliare e a
antichi
giudicare
“Chi
era
l’in l’inca carn rnaazione ione
della
i
del
morti.
delle delle
a
partire partire dall'A dall'Asia sia minore minore,,
e
specificatamente dalla Frigia (oggi Turchia), la a
Giovanni
e
Paolo,
iniziarono
tra le due confessioni religiose, tanto che i primi
è
addomest addomesticat icato o (questa (questa ritorn ritorner eràà successivamente
sciti. allor allora a la Madre Madre degli degli Dei? Dei? Lei
è
la
- era il demiurgo fra cielo e terra, fra Dio e l'umanità l'umanità, il Redentore del mondo e il
sorgente degli Dei intellettuali e creativi, che a
Salvatore;
sposa del mitico Zeus; venne per succedere ma
- era accostato all'immagine del gallo e delle
anche per regnare insieme col grande Creatore;
chiavi, entrambi simboli del dio del Sole;
Lei ha il controllo di ogni forma di vita, e la
- fece fece scaturi scaturire re l'acq l'acqua ua dalla dalla roccia roccia come come il miracolo della rupe di Mosè Mos è e il miracolo della
Causa di tutte le generazioni; Lei porta
fonte di S. Pietro;
turno guidano gli dei visibili: lei
è
sia madre e
facil facilmen mente te alla alla perfe perfezio zione ne tutte tutte le cose cose che che
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 58
sono fatte. Senza dolore Lei porta alla nascita [...] Lei
è
la Vergine senza Madre, al fianco
dello dello stess stesso o Zeus, Zeus, e in assol assoluta uta verit verit à lei
è
Madre di tutti gli Dei [...]” .
genitali del figlio-amante Attis, che diviene cos ì cos ì
Imperatore Giuliano II, Orazione a Cibele.
Dio della vegetazione, che ogni anno muore e resuscita. Dopo alcuni giorni infatti la madreamante lo rianima e lo sposa in una sanguinosa ierogami ierogamia. a. Il Figlio Figlio viene viene considera considerato to amante amante della madre per sancire il ripetersi dell’unione con l’energi l’energiaa creatri creatrice ce e al termine termine del ciclo ciclo annuale deve morire per rinascere con l’intera natura. Lo stesso principio, in un’altra forma mitica, lo troviamo anche nei Misteri di Eleusi a proposito della dea Demetra, che scende negli inferi alla ricerca della figlia Kore-Persefone, prigioniera di Ade-Plutone.
La Dea Madre, che non è la creatrice dell’universo, ma è mandata dal Dio Creatore per mettere all’opera l’energia universale. Ma potenze oscure avverse (il Nemico della
La morte del Figlio corrisponde alla morte del
tradizione ebraica o i Giganti della tradizione
Sole-Toro del mitraismo: il “taurobolo”. Il
germanic germanica) a) si accanisc accaniscono ono contro contro quest quest’o ’opera pera
rituale consisteva nel fare ricevere ai fedeli il
compromettendola. Il mondo verrebbe distrutto, senza l’opera salvifica di un'altra entit à
sangue del toro, un battesimo con sangue. Nel
divina: il Figlio che ha avuto il compito di
testicoli venivano uniti alle corna e trasportati
rinnovare l’armonia sconfiggendo il Nemico e
nel tempio della Dea e deposti ai piedi
rinnovando annualmente l’azione del creatore. La Dea partori partorisce sce dunqu dunquee un figlio, figlio, Attis, da Vergine cioè cioè senza il dominio del maschio (la
dell’altare.
vergine
non
era
colei
che
si
asteneva
dall'accoppiamento, ma colei che non era sottoposta all'uomo, dunque non aveva marito;
culto di Cibele il toro veniva anche evirato e i
Un’altra Un’altra corrispondenza è quella con Ishtar ed il suo
figlio-amante
Tammuz
ed
Iside ed Osiride La sanguinosa agonia di Attis è per molti versi analoga alla Passione Passione cristiana. cr istiana. Tutto il mito è carico di significati esoterici e
"vir "virgo go inta intacta cta") ").. Il Figl Figlio io da adul adulto to divi divien enee
metafisici sul senso della vita e della rinascita dell’uomo. Attis è un modello archetipo
l’amante della madre. Ma quando Attis la
dell’esse dell’essere re umano umano che, che, con la sua evoluzio evoluzione ne
tradisce innamorandosi della figlia del re Mida,
person personale ale e con l’aiut l’aiuto o della della MadreMadre- Spirito Spirito
la madr madree gelos elosaa si vendi endica ca e lo rend rendee folle olle
divino, si accinge alla rinascita iniziatica dopo la morte. La morte non è dunque la fine di tutto
la vergine nel senso odierno era chiamata invece
spingendolo ad evirarsi. Cibele seppelisce i
ma un “passaggio” attraverso il superamento della realtà realtà visibile. La religione di Cibele è, come il cristianes cristianesimo, imo, una religione religione salvifica salvifica,, che estende estende la possibilit possibilitàà di risorg risorgere ere a tutta tutta l’umanità l’umanità a prescindere dalla razza. Tale bisogno spirituale era diffuso nei primi secoli d.C. a causa causa dello dello svuotame svuotamento nto dei contenuti contenuti metafisici ed esoterici dei culti ufficiali dell’Impero. Cibele è la
rappresen rappresentazio tazione ne
Arte Preraf Preraffa faell elliti iti e Dante Dante Gabrie Gabriele le Rossetti, l’umanissimo volto di una setta esoterica inglese di Marcello Vicchio
concreta concreta
dell’ene dell’energia rgia creatrice, creatrice, il principio principio genera generatore tore che
muo muove
e
tras trasfforma orma
il
mond mondo, o,
personificazione della creazione permanente che che opera opera per avanz avanzare are dalla dalla materi materiaa prima prima verso erso la Pietra Pietra filoso filosofa fale; le; il altre altre parol parolee è il soffio che da la vita, parte dell’eterna Trinit à divina che al “neutro” verrà verr à chiamata chiamata Spirito Santo. Siamo Siamo dunqu dunquee di fronte fronte a quello quello che Jung Jung archetip etipo o dell’incon dell’inconscio scio defini definireb rebbe be un arch collettivo o se si preferisce dell’ inconscio esoterico che si manifesta con il perpetuarsi in
tutte le culture, in tutti i tempi ed in tutti i luoghi dell’i dell’icon conaa della della Dea Madre Madre Vergin erginee del Sole Sole Salvatore che rinasce al solstizio d’inverno per portare
la
Luce
al
Mondo.
Nel sette settembr mbree del del 1848, 848, in una sonnac sonnacch chios iosaa Inghilterra quasi per nulla sfiorata dal ciclone che travolge travolgeva va l’Europa, l’Europa, un gruppo di giovani giovani artisti del tutto insoddisfatti del freddo convenzionalismo convenzionalismo della Royal Royal Academy Academy, insofferenti delle rigide regole imposte dall’arte di Stato e soffocati dalle sulfuree etichette urbane della nuova civiltà civilt à delle macchine, macchine, si riun ì al n° 83 di Gowe Gowen n Street, Street, a Londra, Londra, per fondare la Confraternita dei Pre-raffaelliti (PRB= Pre-Raphaelite Pre-Raphaelite Brotheroo Brotherood). d). Erano Erano in sette: Dante Gabriel Rossetti, Rossetti, William H. Hunt, John E. Millais, Thomas Woolner, James Collison, Frederick G. Stephens, Michael Rosset Rossetti ti e tra di loro vi erano pittori, pittori, scultori scultori e poeti. La passione passione che li univa univa era la ribellione artistica nei confronti di un ambiente che sentivan sentivano o culturalmen culturalmente te stantio. stantio. Vi era in loro un tumulto creativo che anelava al ritorno di un più più forte contatto con la natura e alla riaffermazione di un senso etico che non ignorasse i problemi sociali causati dall’imporsi della società società industriale industriale.. Con tali presu presuppos pposti ti l’emblema simbolico/estetico da colpire era
Raffaello, colpevole di aver diffuso un concetto di arte improntato a una “bellezza” ideale lontanissima della cruda verità verit à del mondo reale e, per questo, del tutto fasulla. L'arte, quindi, sarebbe dovuta tornare a confrontarsi col vero, col dramma, dramma, con con la vita e il gruppo di giovan giovanii artisti avrebbe dovuto perciò perci ò assumere il titolo di preraffaelliti. di preraffaelliti.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 60
erudito che si conquistò conquist ò nella Dominante Dominante del Regno fu cos ì cos ì grande che, anche dopo il ritorno al potere potere di Ferdi Ferdinan nando do IV di Borbone, Borbone, egli egli venne riconfermato nel suo incarico. Dopo Dopo il Congre Congresso sso di Vienn Viennaa la passi passione one di Gabriele per la causa italiana aumentò aument ò sempre di più più, e quando un suo vecchio vecchio amico già gi à ufficiale di Murat, il generale Guglielmo Pepe, insorse a Nola inalberando i colori della ò a mett Carbon Carboneria eria,, egli egli non esit esitò metter ersi si al suo suo fianco. Il re, premuto dall'esercito, dall'esercito, fu costretto costretto a conceder concederee la Costituzi Costituzione one e Rosset Rossetti ti festegg festeggii ò nazione l’avv l’avvenime enimento nto innalzand innalzando o l’ode l’ode “ Alla nazione italiana dal re delle Due Sicilie”. Ma l’entusiasmo durò durò poco perché perché, non appena ì,, il sovr la situaz situazion ionee politic politicaa lo conse consent nt ì sovran ano o ritirò ritirò la Costituzione e il patriota divenne improvvisamente un proscritto. Dall'altare alla polvere il passo fu breve: Gabriele Rossetti fu costretto a entrare in clandestinità clandestinit à.
Questa posizione, molto critica socialmente, non diede mai luogo luogo a manifes manifestazio tazioni ni rivoluzionarie “attive”, “attive”, nel senso che nessuno ò la propria dei componen componenti ti la PRB svilupp sviluppò azione oltre il ristretto ambito culturale e teorico ( anzi qualcu qualcuno no di loro alla alla fine fu allettato allettato e fagoc fagocitat itato o dal sistem sistema), a), ma la spinta spinta ideale ideale impressa dal gruppo si estese ben presto oltre la Manica e improntò improntò l’arte e la cultura mondiale, r aphaé lisme lisme anglais érapha con effetti duraturi: “ Le Pr é est est aux aux sour source cess du symb symbol olys ysme me,, indiscutibuilment. On ne saurait saurait valablement valablement compre comprendr ndree Gustav Gustavee Moreau, Moreau, ni le Modern Modern Style, ni certaines formes de l’acad é m émisme isme 1 europé en en sans la vision de son repertoire . Per Per quan quanto to strano strano possa possa sembr sembrare are,, la Confra Confratern ternita ita dei Preraff Preraffael aelliti liti ha le proprie proprie radici nella Napoli carbonara dei primi dell’Ottocento. Qui, proveniente da Vasto, nell’Abruzzo, nell’Abruzzo, giunse nel 1806 Gabriele Rossetti, padre del pittore Dante Gabriel, chiamat chiamato o da Giuseppe Giuseppe Bonaparte a occuparsi occuparsi degli scavi di Pompei, e qui, nel 1809, il letterato fu iniziato alla Carboneria. La fama di
1 R. Barilli, Les Préraphaélites.
La Fortuna, Fortuna, alla quale quale gli antichi antichi attribuiv attribuivano ano un potere potere perfino perfino superiore superiore agli agli Dei, arrivò arrivò in suo socc soccors orso o sotto sotto le fatte fattezz zzee di Dora Dora Eden d’Auc d’Aucklan kland, d, moglie moglie dell’ammira dell’ammiraglio glio inglese inglese a Napoli, Graham Graham Moore, che ave aveva va conosciuto conosciuto l’italiano nel salotto dell’attrice Carlotta Marchioni ed era rimasta impressionata dai suoi versi versi e dalla dalla sua immensa immensa cultu cultura. ra. La donna donna organizzò organizzò una fuga avventurosa per il poeta, che lo portò portò dapprima al riparo nella nave ammiraglia Rockfort , poi a Malta e infine a
Londra. Londra. Qui l’esule l’esule mise mise radici. radici. Per vive vivere re insegnò insegn ò la lingua italiana e scrisse, prima di diventare diventare cieco, cieco, pagine pagine memorabili sull’opera sull’opera dantesca ( Sullo spirito anti-papale che produsse la Riforma; Il mistero dell’Amor platonico nel medio Evo; La Beatrice di Dante). Sua moglie, Frances Polidori, gli diede quattro figli: figli: Maria Maria France Francesca sca,, Christi Christina na,, Michae Michaell e Dante Gabriel. Saranno i due fratelli che, diventati adulti, avranno l’idea di fondare la PBR. Dante Gabriel erediterà erediter à dal dal padre padre anche anche l’amor l’amoree per l’esoterismo dantesco, lo spirito rivoluzionario e la pass passio ione ne per per le sett settee segre segrete, te, sicch sicchéé la Confraternita Confraternita sarà sarà ideata sulla base del mistico numero sette: sette gli affilia affiliati ti attivi attivi (con (con possibilità possibilità di nuov nuovo acce access sso o solo solo in caso caso di fuoriuscita o morte di un adepto), un incontro ogni sette giorni, un rituale da praticare settimanalmente e cos ì cos ì via. Michael Rossetti, versato in lettere come la sorella Chri Chrisstina tina,, disc discre reta ta poetess poetessa, a, si occuper occuperàà della della pubblicaz pubblicazione ione di una una rivis rivista ta a supp support orto o e veicolo delle idee del gruppo: The germ ( Il germogli germoglio), o), titolo titolo quanto quanto mai evocativo evocativo perché perché dà l’idea di una nuova pianta nata nata da un seme prolifico. prolifico. La Confraternita Confraternita dei Preraffae Preraffaelliti, lliti, forte delle delle esperi esperienz enzee rosset rossettia tiane, ne, non appare appare allora allora più pi ù come una semplice associazione di giovani e irrequieti talenti artistici, bens ì bens ì come un ponderato tentativo, da parte di personalità personalit à forti e sensibili, di coniugare l’esoterismo con l’arte e di trasformare l’uno nel motore dell’altra (e viceversa), ovvero, per dirla alla Dante Alighieri, di coniugare vita attiva e vita
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Quarant’anni più più tardi ancora ancora contemplativa. Quarant’anni Londra sarà sarà nutrice di un’altra società societ à segreta che inciderà inciderà profondamente sulla cultura e sull’arte europea, la primitiva Golden Dawn di Samuel Mathers, che annovererà annoverer à nelle sue file personagg personaggii del calibro calibro di W.B. Yeats, eats, premio premio Nobel per la letteratura. Quella volta la connotaz connotazione ione sarà sarà più più magica e occultistica, in piena antitesi con una società società industriale annegata nel positivismo e con un sentimento roma roman ntic tico orma ormaii tra trasforma rmatos tosi in sentimenta sentimentalismo lismo.. Per la PRB, PRB, inv invece, ece, era era determi rminante la riscoperta del Medio Evo italian italiano o come come epoca epoca artistica non contaminata da orpelli posticci e, soprattutto, la divulgazione dell'opera di Dante Alighieri, vate di un lin lingua guaggio ggio simbolico-allegorico che molto diceva ai cuori e poco era compreso, a meno meno che che non non si fosse osse come lui “in simil grado Fedele d’Amore” e a men meno che non non si comprendessero linguaggio segreto, temi esoterici e filosofie occulte. Sembra che un filo sottile abbia legato in uno stesso destino Dante Alighieri con Dante Gabriel Gabriel Ros Rosse setti tti,, a distan distanza za di secoli secoli l'uno l'uno dall'altro. dall'altro. Come Come il poeta poeta fiorentin fiorentino, o, anche anche il pittore divenne inviso a una societ à che aveva analogie con la Firenze del 1300. Dante Gabriel agli agli occhi occhi dei benpe benpensa nsanti nti era un papis papista, ta, libertino, quasi un criminale, mentre di fronte ai suoi stessi compagni di avventura col tempo
andò andò trasformandosi in un ateo. Dante ò Alighi Alighieri, eri, prima prima guelfo guelfo,, col tempo tempo divent diventò ghibellino per infine entrare, anche lui, in contrasto con gli altri Fedeli d'Amore che non ne condividevano scelte e metodi di lotta. Collison, un preraffaellita della prima ora, scrisse una lettera di commiato al pittore, che terminava con un “c aro Dante Gabriel, in quanto cattolico sincero, io penso di non poter accettare più a lungo di essere chiamato PRB nel senso fraterno del termine”. Possiamo affermare che Dante Gabriel segu ì segu ì il modello modello rappresen rappresentato tato dal Sommo Sommo Poeta Poeta fino alla alla fine della della sua sua esiste esistenza nza,, rincorre rincorrendo ndo una propria Beatrice in maniera quasi ossessiva e rappresentandola in numerosissime tele che avevano evano per sogge soggetto tto,, da un certo certo moment momento o della vita in poi, sempre e solo la Donna. Come Dante Alighieri, che che si era sempre sempre più più rifugiato nella “vita contemplativa” dopo il crollo di ogni ideale politico e il fallimento della restaurazione di un impero impero universale, universale, anche Dante Gabriel si collocò collocò volontariamente ai margini della società societ à proprio quando essa cominciava ad accettarlo e a tributargli onori, rinnegando una “vita attiva” per ricercare una bellezza ideale che continuava a cambiargli in mano, finendo per assomigliare ai canoni proprio di colui che da giovane aborriva: Raffaello. Raffaello. Tuttavia, mentre mentre per Dante Dante Alighi Alighieri eri e i Fede Fedeli li d’Amo d’Amore re la Filoso Filosofia fia (la Donna) e la “vita contemplativa” erano di consolazione e conforto, per Rossetti la Bellezza era una sorta di dannazione che gli sfuggiva, come gli era sfuggita per sempre la donna che più pi ù aveva amato: Elisabeth Siddal, la sua Lizzy, in un accesso di rabbia e gelosia si era data data la morte morte col laudan laudano, o, l'11 l'11 febbr febbraio aio 1862, lasciandolo solo. A Dante Gabriel saranno certamente venute in mente, in quel momento, le rime della “Vita Nuova” che l’Alighieri sembrava avesse scritto proprio per lui:“Li occhi dolenti per piet à del core/hanno di lagrimar sofferta pena/s ì che per vinti son remasi ormai”. Di fronte al suo tumulto interiore e alle passioni passioni travolg travolgenti enti il cuore cuore e ottenebra ottenebranti nti la mente, mente, a nulla valsero valsero insegnam insegnamenti enti teorici, teorici, pratiche filosofiche ed esercizi speculativo-
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esoteri esoterici. ci. Tutto utto si spens spensee col tempo tempo e Dante Dante ò semp Gabriel Gabriel sprofo sprofond ndò sempre re di più più nel malinc malinconi onico co tramon tramonto to del del proprio proprio Io, che che si confuse con gli aloni aranciati e sommessi delle sue immagini visive e poetiche. La Confraternita Confraternita creata col fratello fratello l'ave l'aveva va di molto preceduto preceduto sul viale viale dell'ob dell'oblio. lio. Già Già nel 1853 Michael Michael Rosset Rossetti ti avev avevaa scritto la parola parola fine con un epitaffio che lascia l’amaro in bocca e moltissimi interrogativi su quanto veramente oggi sappiamo di quell’associazione : “ Le riunioni della PRB non sono pi ù ormai un’istituzione sacra, e il codice solenne che mi ritrovo mi sembra diventato una lettura comica”.
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Filosofia. È ANCORA POSSIBILE LA FELICITÀ?
di Bertrand Russell.
Gustosissimo brano del filosofo e matematico ingles inglese, e, re degli degli scet scettic tici. i. Col suo solito solito stile stile graffia graffiant ntee e ironi ironico, co, Russe Russell ll si chiede, hiede, e ci chiede, se sia possibile che oggi l'uomo possa essere felice. Passa poi a classificare i vari tipi di felicit à , non accorgendosi per ò di compiere un'operazione alchemica gi à nota a tanti Saggi dell'antichit à , ovver ovvero o l'individu l'individuazio azione ne dei due poli dell'uomo:cuore e cervello. Forse la felicit à è possibile solo quando questi due poli si coniugano.
alternative, alternative, dipende, naturalmente, naturalmente, dalle tesi che debbono essere provate. Al momento non mi inte nteress ressaa di dimo dimost stra rare re alcuna una tesi, si, ma semplicemente di descrivere. Forse il modo più faci facile le di desc descri rive vere re la diff differ eren enza za tra tra le due due specie di felicità è di dire che una specie è acce access ssib ibil ilee a ogni ogni esse essere re um uman ano, o, e l'al l'altr traa solamente a coloro che sanno leggere e scrivere. Quando ero ragazzo, conoscevo un uomo che scoppiava di felicità, ed era scavatore di pozzi. Era eccezionalmente alto e aveva dei muscoli portentosi; non sapeva né leggere né scrivere e quan quando do,, nel nel 1885 1885,, otte ottenn nnee un voto voto per per il parlamento, apprese allora per la prima volta l'esiste l'esistenza nza di quell'is quell'istitu tituzio zione. ne. La sua felicit felicitàà non non deri deriva vava va da font fontii inte intell llet ettu tual ali; i; non non era era basata sulla fede nella legge naturale, o sulla perfe perfett ttibi ibilit litàà della della specie specie,, o sulla sulla propri propriet etàà pubblica delle utilità pubbliche, o sul trionfo definitivo degli avventisti del settimo giorno, o su di uno qualsiasi degli altri credi che gli intel-
Fin qui abbiamo preso in esame l'uomo infelice; abbi abbiam amoo ora ora il più più piac piacev evol olee comp compit itoo di esaminare l'uomo felice. Dalle conversazioni e dai libri di alcuni amici miei sono quasi stato indotto a concludere che nel mondo moderno la felicità è diventata impossibile. Trovo però che ques questa ta opin opinio ione ne tend tendee ad esse essere re diss dissip ipat ataa dall dall'in 'intro trospe spezi zione one,, dai dai viaggi viaggi all'es all'este tero ro e dai discorsi del mio giardiniere. giardiniere. L'infelicità dei miei lettuali considerano necessari per vivere bene. basata ata sul vig vigore ore fis fisico, co, sul sul lavoro voro amici letterati l'ho considerata in un capitolo Era bas precedente; in questo capitolo voglio passare in assicurato in misura sufficiente, e sulla capacità rassegna le persone felici che mi è capitato di di abbattere gli ostacoli non insuperabili che gli si pres presen enta tava vano no nell nelloo scav scavar aree la rocc roccia ia.. La conoscere nel corso della mia vita. La felicità è di due specie; sebbene, natural- felicità del mio giardiniere è della stessa specie: mente, vi siano dei gradi intermedi. Le due egli è impegnato in una guerra perenne contro i conigl gli, i, dei dei qual qualii parl parlaa esat esatta tame ment ntee come come specie cie dell elle qual qualii parl parloo poss possoono esser sseree coni Scotland nd Yard dei bol bolsce scevi vichi chi;; li consi consider deraa qualificate semplice e fantasiosa, o animale e Scotla biech chi, i, fero feroci ci e infi infidi di,, ed è del del pare parere re che che spirituale, o del cuore e del cervello. La scelta bie possono essere combattuti unicamente con della definizione, da farsi tra queste due
mezzi di un'astuzia pari alla loro. Come gli eroi del Valhalla, che passavano tutte le loro giornate a cacciare un certo cinghiale selvatico, che ogni sera sera ucci uccide deva vano no,, ma che che mi mira raco colo losa same ment ntee rit ritorna rnava in vit vita il matt attino dop dopo, il mi mioo giar giardi dini nier eree può può ucci uccide dere re un gior giorno no il suo suo nemico senza temere che il giorno seguente il nemico sia scomparso. Sebbene abbia passato di molto i sett settan anta ta,, lavo lavora ra tutt tuttoo il gior giorno no e perc percor orre re quoti quotidia dianam nament entee in bici bicicle cletta tta,, per recars recarsii da casa al lavoro voro e vic vicevers versaa, venti entiqquat uattro chilometri di strada in collina; ma la fonte della sua gioia è inesauribile, e sono « quei conigli » che gliela forniscono. Ma, obbietterete, queste semplici gioie non sono per persone superiori come noi. Quale gioia pos possi siam amoo mai mai trov trovar aree nel nel mu muov over er guer guerra ra a creatu creature re insig insignif nific icant antii quali quali sono sono i conigl conigli? i? L'obbiezione, a parer mio, è molto debole. Un coniglio è molto più grosso di un bacillo della febbre gialla, eppure una persona superiore può trova rovare re la feli feliccità nel mu muoovere vere guer guerra ra a quest'ultimo. quest'ultimo. Una gamma di piaceri esattamente esattamente affini a quelli del mio giardiniere, per quanto riguarda il loro contenuto emotivo, è accessibile alle persone le più raffinatamente educate. La differe differenza nza creata creata dall'edu dall'educazi cazione one sta soltanto soltanto nell nellee atti attivi vità tà medi median ante te le qual qualii si poss posson onoo raggiungere tali piaceri. I piaceri, che derivano dal dal ragg raggiu iung ngim imen ento to di uno uno scop scopo, o, esig esigon onoo all'inizio delle difficoltà tali da far dubitare del successo, sebbene alla fine solitamente lo si consegua. Questa è forse la ragione principale per per la qual qualee una una stim stimaa non non ecce eccess ssiv ivaa nell nellee proprie capacità è una sorgente di felicità. L'uomo che si sottovaluta resta sempre sorpreso di fronte ai suoi successi, mentre l'uomo che ha un eccess eccessiv ivoo concet concetto to di sé resta resta altre altrett ttant antoo spesso sorpreso di fronte ai suoi insuccessi. La prima forma di sorpresa è piacevole, la seconda spiac iacevole vole.. È qui quindi ndi sagg saggiio non non esse essere re eccessivamente pieni di sé, sebbene sia saggio anche non essere modesti al punto di rinunciare all'intraprendenza. Tra gli strati sociali composti di persone che hanno ricevuto una educazione superiore, i più feli felici ci al gior giorno no d'og d'oggi gi sono sono gli gli uomi uomini ni di scienza. Molti dei più eminenti tra di loro sono uomini di semplici emozioni, e ricavano dal loro lavoro lavoro una soddisfa soddisfazion zionee così profonda, profonda, che sono in grado di trovar piacere nel cibo e
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persino nel matrimonio. Gli artisti e gli uomini di lettere considerano de rigueur essere infelici nel matrim matrimoni onio, o, ma gli scienz scienzia iati ti rimang rimangono ono molto mol to spess spessoo capaci capaci di gusta gustare re un'ant un'antiqu iquata ata felicità domestica. La ragione di ciò è che la par parte te supe superi rior oree dell dellaa loro loro inte intell llig igen enza za è completamente assorbita dal loro lavoro, e non le è permesso di disturbare le zone nelle quali non ha da adempiere ad alcuna funzione. Nel loro oro lavoro voro son son fel felici ici perc perché hé nel nel mondo ondo moderno la scienza è progressista e potente, e perché la sua importanza non viene messa in dubbio né da loro stessi né dai laici. Essi non hanno quindi bisogno di emozioni complesse, poiché in loro le emozioni più semplici non incontrano alcun ostacolo. La complessità nelle emozioni è come la schiuma in un fiume. È prodo prodotta tta da ostac ostacoli oli che rompon romponoo il placid placidoo fluire della corrente. Ma fintanto che le energie vitali non vengono ostacolate, non producono increspature alla superficie e la loro forza non è palese allo spettatore disattento. Tutt uttee le condi condizio zioni ni della della feli felicit citàà si trovan trovanoo realizzate nella vita di un uomo di scienza. Egli ha una attività che utilizza al completo le sue capa capaci cità tà,, ed otti ottien enee risu risult ltat atii che che appa appaio iono no importanti non solo a lui stesso, ma anche al pubblico, anche quando questo non li può capire che in minima parte. In ciò egli è più fortunato dell'a dell'arti rtist sta. a. Quando Quando il pubbl pubblico ico non riesce riesce a capire un quadro o una poesia, ne conclude che si tratta di un brutto quadro o di una brutta poesia. Quando non può capire la teoria della relatività, ne conclude (a ragione) che la sua educaz educazio ione ne è insuf insuffi ficie ciente nte.. Di conseg consegue uenza nza Einstein viene onorato, mentre i migliori pittori vengono lasciati morire di fame nelle soffitte, ed Einstein è felice, mentre i pittori sono infelici.
La morte di Dio Friedrich W. Nietzsche (brano proposto da Morena Bacchi).
Nel brano riportato il filosofo tedesco Friedrich W. Nietzsche, descrive in in forma allegorica le conseguenze della morte di Dio,ossia il tramonto del mondo cristiano da lui predetta. Il testo è tratto da La gaia scienza ,in Opere 18821895, ed è la testimonianza di uno degli aspetti della “rivoluzione intellettuale “ che tra il XIX e XX attraversò il mondo culturale.
Avete sentito di quel folle uomo che accese una lantern lanternaa alla alla chiar chiaraa luce luce del mattin mattino,c o,cors orsee al mercato e si mise a gridare incessantemente : “ Cerco Dio! Cerco Dio!” E poiché poiché proprio là là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio,suscitò Dio,suscit ò grandi risa.” E' forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro.” Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? E' emigrato?” Gridavano e ridevano in una gran confusione .Il folle uomo balzò balzò in mezzo a loro e li trapassò trapass ò con i suoi sguardi:” Dove se n'è n' è andato Dio? Gridò Gridò ve lo voglio dire ! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti tutti suoi suoi assas assassin sini! i! Ma come come abbiam abbiamo o fatto fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all'ultima goccia? Chi ci dette la spugna per strusciar via l'intero orizzonte? Che mai mai facem facemmo, mo, a sciog scioglie liere re ques questa ta terra terra dalla dalla catena del suo sole? Dov' è che si muove ora? Dov'è Dov'è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro,di fianco,in avanti da tutti i lati? Esiste ancora ancora un alto e un basso?
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Non stiamo forse vagando come attraverso un infin infinit ito o null nulla? a? Non Non alita alita su di noi noi lo spaz spazio io vuoto? Non si è fatto più più freddo? Non seguita a venir notte, sempre più pi ù notte? Non dobbiamo accender accenderee lanterne lanterne la mattina? mattina? Dello strep strepito ito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione ? Anche gli d èi si decompongono! decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi l'abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi,gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più pi ù sacro e di più pi ù possente possa possa avere avere il mondo possedev possedevaa fino ad oggi,si è dissanguato sotto i nostri coltelli : chi detergerà detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo potremmo noi lavarci? lavarci? Quali riti espiatori quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande,per noi,la grandezza di questa azione? Non abbiamo noi stessi stessi diventa diventare re dei ,per apparire apparire almeno almeno degni di essa ? Non ci fu mai una azione pi ù grande : tutti coloro che verranno dopo di noi apparterann apparteranno, o, in virtù virtù di questa azione ad una storia più più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!” A questo punto il fole umano tacque e rivolse di nuovo lo sguardo su i suoi ascoltatori :anche 'essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò gettò a terra la sua lanterna che and ò in frantumi e si spense .” Vengo troppo presto,prosegu ì presto,prosegu ì ,non è ancora il mio tempo . Questo enorme è ancora per strada e sta facendo il suo suo camm cammin ino o :non :non è ancora ancora arrivat arrivato o fino all'orecchio degli uomini . Fulmini e tuono vogliono tempo,il lume delle costel costellaz lazion ionii vuole vuole tempo tempo anche anche dopo dopo esser esseree state compiute ,perché ,perch é siano vedute e ascoltate . Quest'azione è ancora ancora sempre sempre più più lontana lontana da loro delle più più lontane costellazioni: eppure sono loro che l'hanno compiuta! “ Si racconta ancora che che l'uomo l'uomo folle folle abbia abbia fatto fatto irruzion irruzionee ,quell ,quello o stesso stesso giorno,in giorno,in dive diverse rse chiese chiese e quivi quivi abbia intonato il suo suo Requiem Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato , che si dice che fosse limitato a rispondere in questo modo :” Che altro sono ancora queste chiese , se non le fosse e i sepolcri di Dio?”
Disobbedienza Civile
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 66
di Henry David David Thoreau
Henry Henry David Thorea Thoreau, u, (Concor (Concord, d, 12 12 luglio luglio 1817- Concord, 6 maggio 1862) grazie al Saggio sulla Disobbedienza Disobbedienza Civile è oggi considerato uno dei padri ideali della resistenza non violenta e dei movimenti di protesta contro il potere oppressivo dei governi. Quando ques quest'u t'ultim ltimii divent diventano ano un mero mero strume strumento nto di potere, volgendo tutto a svantaggio dei cittadini onesti onesti,, si rende rende giust giusto o e necess necessari ario o oppor opporsi. si. Anche a un governo eletto dalla maggioranza dei cittadini non è concesso di agire impunemente, mascherandosi dietro la volont à popolare, perché bisogna comunque rispettare le minoranze. Thoreau, una delle menti filosofich filosofichee più sottov sottovaluta alutate te d'America d'America,, come ebbe ebbe ad asseri asserire re Cavell Cavell,, scris scrisse se il saggi saggio o in occasione di una guerra contro il Messico che lui consid consider erav ava a del del tutto tutto ingius ingiusta. ta. Fu anche anche incar incarce cera rato to per un brev brevee period periodo o di tempo tempo perch é , coerentemente, si rifiut ò di pagare le tasse per quella guerra. Oggi pi ù che mai il suo saggio dovrebbe essere letto e diffuso. Accetto di tutto cuore l'affermazione, - "Il governo migliore è quello che governa meno," e vorrei vederla messa in pratica più pi ù rapidamente e sistematicamente. Se attuata, essa porta infine a quest'altra affermazione, alla quale pure credo, - "Il miglior governo è quello che non governa affatt affatto," o," e quand quando o gli uomini uomini sarann saranno o pronti pronti,, sarà sarà proprio quello il tipo di governo che avranno. Il governo è nell'ipotesi migliore solo un espediente; ma la maggior parte dei governi sono di solito espedienti inutili, e tutti i governi sono tali di quando in quando. Le obiezioni che sono sono state state solle solleva vate te contro contro l'esis l'esisten tenza za di un esercito permanente, ed esse sono molte, sono
consiste consistenti nti e meriterebbe meriterebbero ro di preval prevalere, ere, potrebber potrebbero o essere essere sollevat sollevatee anche anche contro contro l'esistenza di un governo permanente. L'esercito permanente è solo un braccio del governo permanente. Il governo stesso, che è soltanto la forma nella quale il popolo ha scelto di esercitare la propria volontà volont à, è allo stesso modo suscettibile di abusi e di deviazioni, prima ancora che il popolo possa agire mediante esso. Prova di ciò ciò è l'attuale guerra contro il Messico, ad opera di un numero relativamente piccolo di individui che si servono del governo permanente come come di un prop proprio rio strum strumen ento to;; in fondo ondo,, il popo popolo lo non non avreb vrebbe be acco accons nsen enti tito to a quest'impresa. Questo governo americano, - che cos'è cos' è se non una tradizione, anche se recente, che si sforza di trasmettersi inalterata ai posteri, ma che sta perdendo parte della propria integrit à istante dopo istante? Non ha la vitalità vitalit à e la forza di un singolo uomo vivente, dal momento che un solo uomo è in grado di piegarlo alla sua volontà volontà. Si trat tratta ta di una una sorta sorta di cann cannon onee di legn legno o per per il popo popolo lo stes stesso so;; e, se le pers person onee dovessero usarlo per davvero gli uni contro gli altri, sicuramente si spezzerà spezzer à. Ma è necessario nonostante ciò ciò, perché perché il popolo deve avere un qualche complicato macchinario, e deve poterne sentire il rumore, per soddisfare la sua idea di gove governo. rno. In ques questo to modo modo i gove governi rni mostra mostrano no come sia facile che gli uomini si lascino ingannare, persino che essi stessi si autoingannin ingannino, o, per proprio proprio vantaggio vantaggio.. È notevole, dobbiamo tutti ammetterlo; tuttavia questo governo, da parte sua, non ha mai portato port ato avanti avanti nessuna nessuna impresa con la stessa stessa alacrità alacrit à con la quale è venuto meno ai propri compiti. Esso non mantie mantiene ne libero libero il paese. paese. Esso Esso non coloni colonizza zza l'Ovest. It does not educate. Esso non fornisce istruzione. Il carattere innato del popolo americano ha ottenuto tutto quello che è stato ottenuto; ed avrebbe fatto qualcosa di pi ù, se il governo non si fosse talvolta messo in mezzo. Infatti il governo è un espediente mediante il quale gli uomini potrebbero tranquillamente lasciarsi in pace a vicenda; e, come si è detto, quanto più più i governati vengono da esso lasciati in pace, tanto più pi ù è vantaggioso.
Se scambi scambi e commer commerci ci non fossero fossero fatti di gomma, non riuscirebbero mai a superare gli osta ostaco coli li che che i legi legisl slat atori ori pong pongon ono o continuamente sulla loro strada; e se uno dovesse giudicare questi uomini soltanto in base agli effetti delle loro azioni, e non, in parte, in base base alle alle loro loro inten intenzio zioni, ni, essi essi meriter meritereb ebbe bero ro d'essere considerati e puniti come quei malvagi che ostruiscono i binari ferroviari. Tuttavia, per parlare in modo pratico e da cittadino, a differenza di coloro che si definiscono anarchici io non chiedo che si abolisca immediatamente il governo, ma chiedo immediatamente un governo migliore. Si lasci che ogni uomo renda noto quale tipo di governo susciterebbe in lui il rispetto, e quello sarà sar à il primo passo per riuscire ad ottenerlo. Dopo tutto, la ragione pratica per la quale, quando il potere è per per una una volta olta nelle nelle mani mani del popolo, si permette ad una una magg maggio iora ranz nzaa di governare, e lo si fa per un lungo periodo ininterrotto, non non sta sta nel nel fatto atto che che la cosa cosa più più probabile è che essa sia nel giusto, né n é nel fatto che ciò ciò sembra la cosa cosa più più equa equa alla alla minoranza, ma nel fatto che la maggioranza è fisica fisicamen mente te la più più forte. forte. Ma un gove governo rno nel quale la maggioranza comandi in tutti i casi non può può essere basato sulla giustizia, neppure nei limiti nei quali gli uomini la intendono. Non può può esistere un governo nel quale non siano le maggioranze a stabilire, virtualmente, il giusto e l'ingiust l'ingiusto, o, bens ì la cosc coscie ienz nza? a? - nel nel qual qualee le maggioranze decidano soltanto le questioni alle quali quali sia possi possibile bile applic applicare are la regola regola dell'opportunità dell'opportunità? Deve il cittadino - anche se solo per un momento, od in minima parte affidare sempre la propria coscienza al legislatore? Perch Perché allo allora ra ogni ogni uomo uomo ha una una coscienza? Io penso che dovremmo essere prima uomini, e poi cittadini. Non è desiderabile coltivare il rispetto della legge nella stessa misura nella quale si coltiva il giusto. Il solo solo obbl obblig igo o che che ho dirit diritto to di assu assume mermi rmi è quello di fare sempre ciò ci ò che ritengo giusto. Si dice abbastanza correttamente che una
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 67
corporazione non abbia coscienza; ma una corporazione costituita da uomini di coscienza è una corporazione con una coscienza. La legge non ha mai reso gli uomini neppure poco pi ù giusti; ed anzi, a causa del rispetto della legge, perfino gli onesti onesti sono quotidia quotidianame namente nte trasformati in agenti d'ingiustizia. Un risultato comune e naturale del non dovuto rispetto per la legge è il seguente, che potresti vedere una fila di soldati, colonnello, capitano, caporale, soldati semplici, trasportatori di esplosivi, tutti che marcia marciano no verso verso le guerre guerre in bell'o bell'ordi rdine, ne, per per monti e valli, contro la propria volontà volont à, ahimè ahimè, contro il proprio buon senso e le proprie coscienz coscienze, e, cosa che rende rende la marcia marcia molto molto faticosa, e che produce una palpitazione del cuore. Essi non hanno dubbi sul fatto d'essere coin oinvolti lti in un maledetto maledetto pasticci pasticcio; o; sono sono tutti tutti uomi uomini ni d'animo d'animo pacifico. pacifico. E ora ora, cosa osa sono? ono? Uomini? oppure fortini e depositi di armi ambulanti, al servizio di qualche potente senza scrupoli? "Visitate l'arsenale, e prendete un "marine," ecco l'uomo che il governo americano riesce a creare, ecco come può pu ò ridurre un uomo con la sua magia nera - una mera ombra, un vago ricordo d'umanità d'umanit à, un uomo ancora vivo e già già, si potrebbe dire, sepolto sotto le armi con tanto di corteo funebre, anche se potrebbe succedere che "Non un tamburo si udiva, non una nota funebre, Mentre in fretta trasportavamo il suo cadavere al riparo; Non un soldato spar ò un colpo colpo d'addi d'addio o sopra sopra il sepol sepolcro cro nel quale quale seppel seppellim limmo mo il nostr nostro o eroe. eroe."" La massa massa degli degli uomini serve lo stato in questo modo, non come uomini soprattutto, bens ì bens ì come macchine, con i propri propri corpi. corpi. Essi Essi forma formano no l'eser l'esercit cito o permanente, e la milizia, i secondini, i poliziotti, i posse comitatus, ecc. Nella maggior parte dei casi non v'è v' è alcun libero esercizio della facoltà facolt à di giudizio o del senso morale; invece si
mettono allo stesso livello del legno e della terra e delle pietre, e forse si possono fabbricare uomini di legno che serviranno altrettanto bene allo allo scopo scopo.. Uomin Uominii del gene genere re non incuto incutono no maggior rispetto che se fossero di paglia o di sterco. Hanno lo stesso tipo di valore dei cavalli e dei cani. Tuttavia persino esseri simili sono comunemente stimati dei buoni cittadini. Altri, come la maggior parte dei legislatori, dei politici, degli avvocati, dei ministri del culto, e dei funzionari statali, servono lo Stato principalmente con le proprie teste; e, dato che raramente fanno delle distinzioni morali, sono pronti a servire nello stesso tempo il diavolo, pur senza volerlo, e Dio. Pochissimi, come gli eroi, i patrioti, i martiri, i riformatori in senso elevato, e gli uomini, servono lo Stato anche con la propria coscienza, e dunque per la maggior parte necessariamente gli si oppongono; e sono comunemente trattati da esso come nemici. Un uomo saggio sarà sar à utile soltanto come uomo, e non si sottometterà sottometterà ad essere "argilla," né n é "ad otturare un buco per non far entrare il vento," ma lascerà lascerà questo compito alle sue ceneri almeno: - "Sono di nascita troppo nobile per diventare di proprietà proprietà, Per essere il secondo al coman comando do,, O un utile serv servo o e strumen strumento to Di qualunq qualunque ue stato sovran sovrano o al mondo." mondo." Chi si concede interamente ai propri simili appare loro essere un uomo inutile ed egoista; ma chi si conce concede de loro loro solo solo in parte, parte, è considera considerato to un benefattore ed un filantropo. Come deve compo comportars rtarsii un uomo, uomo, oggi, oggi, nei confro confronti nti di questo governo americano? Io rispondo che non può può esserv esservii associ associato ato senza senza che che ciò ci ò sia sia un disonore. Non mi è possibile neppure per un momento riconoscere come il mio governo quell'organizzazione politica che sia anche un governo schiavista. Tutti gli uomini riconoscono il diritto diritto alla rivolu rivoluzio zione ne,, quind quindii il diritto diritto di rifiutare l'obbedienza, e d'opporre resistenza al governo, quando la sua tirannia o la sua ineffic inefficien ienza za siano siano grandi grandi ed intoll intollera erabil bili. i. Ma quasi tutti sostengono che non sia questo il caso ora. ora. Ma lo era, era, essi essi pensan pensano, o, all'ep all'epoca oca della della Rivoluzione del '75. Ma se qualcuno mi dicesse che quello era un cattivo governo perch é tassava certe merci merci straniere straniere d'importazio d'importazione, ne, è molto probabile che io non solleverei difficolt à su ciò ciò, perché perché posso fare a meno di quelle merci: tutte
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 68
le macchine hanno il loro attrito, ed esso ha forse orse un lato lato posit positiv ivo o in grado grado di controbilanciare quello negativo. Ad ogni modo, è un gran male darvi molto peso. Ma quando l'attrito arriva ad avere la sua macchina, e l'oppressione ed il ladrocinio sono organizzati, allora io dico, non teniamoci questa macchina più più a lungo. In altre parole, quando un sesto della popolazione di una nazione che si è impegnata ad essere il rifugio
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 69
Poesia
REGINA DELLA NOTTE LA SCONOSCIUTA.
di Paola Martino
Di Paola Martino
Notte, scendi invocata e donami una piccola gemma dei tuoi aurei tesori. Dammi il Respiro. Forse è giunto il tempo di far esplodere frecce di luce profumata e girasoli d'ambra dorata.. il Bozzolo corazza deposta vede l'aspirante Farfalla. Sorridimi.. Notte. Il tuo trono di nero onice e freddo diamante non taglia la mia carne consunta ma libera da antichi legami.
Pioggia suona per me un antico concerto mentre nuda in uno stupito grigio silenzio sto. Colpisci il mio viso intreccia gocce di madreperla e parlami di sussulti e gridami il dolore e rivelami quel punto del mondo confine del Regno. Ch' io nuoti beata nella evanescenza del mio Nulla! Ch'io rinasca all'albore delle mie Contraddizioni! Ch'io cresca in stupore adulta e bambina nel Velo delle Grazie fanciulle.. Ch'io possa danzare su lucidi specchi su laghi di giada seguendo un bagliore remoto il mio laccio di fuoco che arde arde arde.. e veda il volto della Sconosciuta.. Ch'io sappia di essere Lei Che Lei accetti di essere Me Si uccidano pugnali d'argento Sia muta la parola del Niente Tu sei questo tempo straniero Tu sei spazio del mio abbraccio.
SENSUALITA' di Paola Martino
Bianchi spumosi cavalli galoppano su granitici scogli in una distesa infinita di grigio che emana barbagli di luce violenta. Roboanti e tumultuose passioni scuotono profondita' sconosciute nel mitico antro di suadenti Sirene che conquistano il cuore e lo gettano via. Spasima il Vento che insegue le Onde ne squarcia le verdi cortine ritrose ed esse si tuffano vinte e stordite nel cocchio dorato di Nettuno lascivo. L'urlo gioioso di un cavaliere impaziente si unisce e si annulla nei sospiri danzanti nei dolci lamenti di un'azzurra Ninfa marina.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 70
In un campo di stelle di Ida Lo Sardo
Sono inciampata in un campo di stelle anche se era giorno, ho visto uccelli volare e posarsi su alberi danzanti in piena città citt à, ho sentito la meraviglia attraversarmi il cuore, ho goduto di un raggio di sole in questo freddo inverno, e i miei passi farsi leggeri nell’erba bagnata, ho sussurrato al vento i miei pensieri, ho aspettato una risposta e forse l’attendo ancora … notte stellato mondo !!!
Il fluire di Piero Capalbo
Il fluire magmatico del tempo pervade melensi vagheggiamenti in cono d’ombra su altari perenni, vestigia di inerti simulacri. Mi approssimo all’epilogo con intatti i miei aneliti di escutere il futile senso della realtà realt à. Il dono di un ilare giullare mi dispensa dal dipingere le mie tele di pianto.
Canti disarmonici di Piero Capalbo
Granelli di pane di Ida Lo Sardo
sei ritornato a beccare i miei granelli. Silenziosa la tua venuta. Quasi ti affacci alla mia finestra e cinguetti parole che hanno un altro suono. Ho con me altro pane nella mano, ma la tua danza non può pu ò arrestarsi. Io resto sulla soglia e guardo al giorno che si riempirà riempirà di attimi sino alla sera. Presagi, memorie sono nell’aria, non ci sono distanze, mi hai condotta nel viaggio del cuore, era da tempo che lo aspettavo, era da tempo che lo sapevo, ma non sapevo che sarebbe stato un viaggio solitario…
Canti disarmonici incrociano stazioni di periferia. Si paventa il giogo di inusitate atmosfere per tetri scenari. Tempo verrà verr à a delineare il barlume che vivifica sulle sponde di acque che fluiscono lente. Svilisce l’attesa in bilico sul filo di una giornata particolare.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 71
Ed ora di Mimmo Martinucci
Ed ora, che la mia strada già già volge alla meta, non guarderò guarder ò di certo indietro, ma mi proietterò proietterò al di là là, dove il traguardo forma porta al tunnel di vera Conoscenza. Anche se il dubbio mi tormenta, il miele spremerò spremerò alle mie stelle e mi ricoprirò ricoprirò di brina rilucente, poi varcherò varcherò la soglia. La mia strada non avrà avrà alcun nome, ma le mie tracce parleran di me e chi le sfiorerà sfiorer à avvertirà avvertirà profonde e arcane vibrazioni. Muta, oramai la vita mia parlerà parlerà in un sussurro a chi saprà sapr à ascoltare nel silenzio.
Ho camminato di Mimmo Martinucci
Ho camminato per tratturi stretti, ho camminato per sentieri erti ed ho percorso strade dai riflessi bianchi, con polvere e con sassi da inciampare. Ho passeggiato per i viali estivi, ho colto fiori dal profumo vario, ho colto rose dalle spine rubre, ed ora che le foglie virano sul giallo, sento il profumo dei passi miei già gi à stanchi. I miei ricordi mi rimangon dietro ad inseguirmi piano, per non affaticarmi. E colgo ancora fiori lentamente, sfiorando i petali dai colori vari che cedono al mio tatto volentieri, in un sussulto di sopiti desideri mai soddisfatti per timore altrui. Son voli d’ali in quest’autunno lungo che di colori è mago, per tacitar timori del gran salto, dove in quel tunnel è vago anche il traguardo.
Ma chi t’avia fattu?
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 72
di Mario Scamardo
Si tu la me rabbia duci, forsi, si sulu ‘nna duci rabbia, forsi m’illudu ancora… fuvi lu to jocu capricciusu… capricciusu… Fusti jurici siveru e… m’appizzasti a un croccu! Ccu cori duru mi fa piniari e m’ammazzi adaciu adaciu. ‘Nta lu priatoriu, ca è già accupusu nun mi truvasti postu, mancu n’agnuniddu piatusu. Nun ci fù nne pirdunu nne fidi, nuddu scuntu di pena, mi sbattisti a lu ‘nfernu!... e ancora m’addumannu, ma chi t’avia fattu?... T’avia sparagnatu un gran duluri, chiddu d’uddiari lu to stessu sangu, ca tanti voti ti fù tradituri e ti tirau spissu ‘nta lu fangu… Vulennu iu la paci ppi forza, mi carricavi tutta la visazza, la portu ancora e nun haiu cchiù vrazza, l’haiu sigillata sta vuccuzza! E’ megghiu megghiu uddiari a mia ca a to suruzza, maestra di ‘mpirugghi e di ‘ntrallazza… sulu ogni tantu m’acchiana la stizza, nnuccenti, ppi tia sugnu la fezza, un catu ammunsiddatu di di munnizza, un cantaru chinu di pisciazza, un fummiraru fummiraru chi ti duna puzza, lu cagnuleddu di la peggiu razza. Ma chi t’avia fattu?... Nun viu cchiù suli e stiddi, nun viu cchiù celu e luna, nun cci su strati nnè camminamenti cc’è sulu friddu e scuru e tu, davanti a mia notti e jornu, davanti a st’occhi sicchi, chini di sali e di pruvulazzu, occhi di cani ‘mmistizzi scammusciuti comu li fanfazzi . ‘Nta sta negghia, nun lu capisciu si sugnu ancora a chistu munnu… viu lu mecciu ca già fumulia, l’ogghiu già finiu ‘nta la lanterna… cchi vali la me vita senza tia, sulu nna sputazzata , o picca cchiù!
Poesia di ieri proposta da Anna Maria D'Apolito.
ARTURO GRAF Nelle liriche e nei poemetti drammatici di Arturo Graf ( 1848-1913 ) v' è una sconsolata visione della vita, una tragica contemplazione del destino umano, un profondo pessimismo , un senso senso tragi tragico co del miste mistero ro che che tutto tutto avvolg avvolge, e, della morte: il tempo fugge veloce e consuma la vita degli uomini.
LA DANZA DELLE ORE Pel ciel fra mezzo le stelle remote, dell'etra nel limpido algore, si svolge, con lunghe fantastiche rote, la danza leggiera delle ore. La danza leggiera dell'ore infinite, che sempre, mai sempre, con blando, con pendulo ritmo fuggenti, pel mite sereno si van dileguando. Di tenere e pure fanciulle han sembianze, che danzin, d'aprile, sui fiori, nei candidi petti chiudendo speranze arcane, reconditi amori. Sen van senza fine, volubili e pronte, le vergini bionde, le brune; le più più di mestizia velata han la fronte, giulive sorridono alcune. Vestite di lievi, diafani veli, fiorite di rose e viole, sen vanno per l'arco gemmato dei cieli snodando l'eterne carole; sen vanno in un sogno, rapite al sussurro perenne d'ignoti concenti; sen vanno fra gli astri, sen van per l'azzurro aeree, fugaci, fluenti. E ognuna da lunge passando mi invita, e ognuna, seguendo sua via, un poco si toglie dell'egra mia vita, un poco dell'anima mia.
Varia. Donne: Donne: qu quand ando o l’ani l’anima ma selvag selvaggia gia si risveglia di Ida Lo Sardo.
Vive in ogni donna un’ anima selvaggia, una parte istintuale che si fa sentire sin da quando si è piccole. La vita e tutte le sue convenzioni, gli schemi, l’educazione mettono in ombra la parte selvaggia, la fanno tacere. Le donn donnee si amma ammala lano no nel nel corpo corpo,, ma anco ancorr prima nell’anima. Si ammalano per matrimoni sbagliati, per amori impossibi impossibili, li, per violenze violenze mentali, mentali, perch perch é non sono mai state accarezzate dalla propria madre o viste dal proprio padre. Le donne donne addormentat addormentatee sono belle si, intelligenti si, ma spente, non conoscono la loro verità verità. Non Non conos conoscon cono o la via dell’ dell’ istint istinto, o, dell’intuizione, della sensitività sensitivit à, dell’amore per il femmi femminin nino o sacro sacro,, non hanno il tempo tempo per per fermarsi e imparare a stare da sole, non gli è stato stato insegnat insegnato o che la mestruazio mestruazione ne è il filo rosso che ci unisce alle altre donne. Quando una donna trova il filo rosso che la congiunge alle altre donne ,rinasce, si risveglia, incomincia il viaggio. Quando una donna vuole guarire se stessa, lotta come una una iena, come un animale animale che che trapassa trapassa le sbarr sbarree dell dellaa sua sua prigi prigion one, e, perc perch h é ha una una forza ,che è quella del ventre che partorisce, pari alla stessa forza con la quale madre natura mette in moto i cataclismi. Nelle tribù tribù aborigene di tutto il mondo ,i maschi ricev ricevono un ‘inizi ‘iniziazi azione one,, nelle nelle donne donne non è necessaria necessaria,, perch perch é dopo dopo il mena menarc rcaa incontrer incontreranno anno la fertilit fertilitàà , la gra gravida vidanz nzaa e il parto sarà sarà la loro iniziazione. Da tanto le donne scrivono di questo risveglio, di questo questo tema, tema, condivido condividono no in cerchi cerchi le loro esperienze. Molte sono sono le donne donne che oggi oggi lavoran lavorano o su se stesse. Molte le strade che portano alla consapevolezza. Ed è bello sentire il potere femminile
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 73
risvegliarsi in questa nuova era. Il serpen serpente te si sta muo muovendo endo e vuol vuolee che la donna risvegli il suo ventre. Donne piene di amore, belle come le dee, calde come come un lago lago in cui cui imme immerg rger ersi si,, non non più più a servizio unico delle famiglie, non solo pronte ad accomodare, contenere, mantenere gli equilibri delle vite altrui, ma chiamate ad un compito nuovo: la bellezza del mondo al femminil femminile. e. Nutrire l’intera umanità umanità, senza separazioni, rigenerare l’amore, l’armonia, la sapienza. Libere Libere figlie della della madre madre,, pronte pronte a partire partire,, a lasciare a casa, i propri cari, le proprie sicurezz sicurezze, e, per imparare imparare l’autonomi l’autonomia, a, e insegnarla alle generazioni future. E poi,poetesse di un nuovo amore tra uomo e donna, un amore che per chiamarsi tale ,non ha bisogno delle convenzioni, ma del riconoscersi. Un amore che viene viene dall’anima, dall’anima,che che guarisce, che passa attraverso la corporeità corporeit à e non è più più tabù tabù, perché perché il corpo non è un confine, non è solo passione e carne, è il veicolo della trascendenza, trascendenza, della trasformazione. trasformazione. Donne selvagge tremano ,si emozionano e vibrano come la terra stessa , donne di tutte le età età ,senza un’età un’età, non più più martiri, né né vittime, né né schiave, ma regine sedute allo stesso trono della Madre, pronte a riscrivere la storia della Nuova Era. Benven Benvenute ute Sorelle Sorelle nel nuovo nuovo mondo mondo abbiamo abbiamo varcato la soglia.
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 74
ò lo stesso uomo della “La natura non solo dot dotò rapidità rapidità del pensiero, ma gli attribu ì attribu ì,, quali suoi servi e messaggeri, i sensi, e gli infuse, come principi di conoscenza, abbozzi di intelligenze embrio embriona nali li
e
non
bene bene
svilup sviluppat patee
di
innumerevoli cose, e gli dette forma corporea perfettame perfettamente nte
consona consona
e
confac confacente ente
alla
missione dell’uomo. Infatti, mentre fece prone per per ciba cibars rsii tutt tuttee le altr altree crea creatu ture re,, fece fece solo solo l’uomo eretto, e lo sollecitò sollecit ò alla contemplazione contemplazione del cielo, che è come dire: alla contemplazione della della sua disce discende ndenza nza e della della sua origina originaria ria dimora. Inoltre, gli conformò conformò l’aspetto del viso,
Finché Finché simulavo la saggezza, mi sentivo pazzo. Abbandonandomi alla follia, mi sentivo savio. Basta, afflitto, come dicevo, dal dubbio di esser pazzo, volli consigliarmi con un medico circa l’opportunità l’opportunità di sottopormi ad un esame psichiatrico. “Ma sei pazzo?” mi disse quegli. “Perch é vuoi farlo? Sarebbe una pazzia andare a mettersi in bocca al lupo”. “Naturalmente”, dissi “se sono pazzo, niente di strano che commetta delle pazzie”. “Che vuol dire?” esclamò esclam ò l’altro, ridendo bonariamente. “Anch’io sono pazzo. Ma non lo dico a nessuno. Fossi matto”. “Perché “Perché?”. “Ma andiamo, dovrei esser pazzo a rivelare d’esser pazzo. Simulo. Fa’ altrettanto tu e non ti crear problemi”. Mentre me ne andavo mi richiamò richiamò. “Per carità carit à non lo dire a nessuno”. “Che cosa?”. “Che sono pazzo!”. “Credo che già già si sappia”.
s ì da potervi far esprimere i profondi ed ascosi sentimenti. Infatti, e gli occhi fin troppo vivacemente svelano i sentimenti e gli affetti del nostro animo, e quello che chiamasi volto, che in nessun nessun altro altro esser esseree tranne tranne che che nell’u nell’uomo omo potrebbe aversi, palesa la nostra indole” (Cicerone). Proposto da Raffaella Cambriglia.
Pazzi Io certe volte sospetto di essere pazzo. E certe volte ne ho l’assoluta certezza e allora vorrei abbandonare ogni finzione di saviezza. Come è riposante non simulare più pi ù! La cosiddetta saggezza non è assenza di pazzia, perché perch é tutti abbiamo la stoffa dei pazzi. E’ soltanto possibilità possibilità di simulare e possesso maggiore di alcuni freni. Il bello è, poi, che quando mi convinco di essere pazz pazzo o e deci decido do di getta ettarr la masc masche hera ra dell dellaa saggezza, mi sento in un certo senso rinsavito.
Andai da un amico. “Vorrei simulare la saggezza” gli dissi. “Ti consiglio di non imitare me, allora” allora” mi disse disse.. Malgra Malgrado do il parer pareree del medico medico,, mi presen presentai tai al manico manicomio mio e chies chiesii d’esse d’esserr messo messo in osserv osservaz azion ione. e. “Che “Che sintom sintomii avete?” mi domandò domandò il direttore. “Ecco, io mi considero pazzo”. “Non basta. Bisogna assodare se lo siete davvero”. “Perché “Perch é? Nel caso che io sia pazzo, lei mi considererebbe pazzo?” “Evidentem “Evidentemente” ente” “E sbagliere sbaglierebbe. bbe. Se io fossi fossi realmente pazzo, non sarei pazzo a considerarmi pazzo. Mentre se non lo fossi, è chiaro che lo sarei per il fatto di ritenermi tale”. “Ma in che consisterebbe allora la vostra pazzia?” “Nel credermi pazzo senza esserlo”. “Ma allora non
sareste pazzo, se non lo siete”. “Lo sarei in quan quanto, to, senza senza esse esserlo rlo mi ritengo ritengo tale. tale. Se mi ritenessi pazzo essendolo realmente, questo mio credermi pazzo non sarebbe pazzia; mentre lo è se non lo sono”. Il direttore del manicomio si passò pass ò una mano sulla fronte. “Voi mi fate diventare pazzo”. Si volse volse all’assistente:” Cosicché Cosicché, dovremmo metterlo al manicomio se non è pazzo?” “Precisamente “Precisamente ”fece l’assistente. “Perché “Perch é, non essendo essendolo, lo, ritiene di esserlo. esserlo. Questa Questa è la sua forma di pazzia”. “Ma con questo ragionamento” obiettò obiett ò il direttore “se fosse pazzo non lo metteremmo al manicomio”. “Beninteso, è pazzo pazzo se non è pazzo”. “Ma siete pazzo voi!”. “Sarei pazzo se non ritenessi pazzo uno che non essendo pazzo si considera pazzo e che non sarebbe pazzo a considerarsi pazzo se fosse realmente pazzo”. A tagl taglia iarr corto corto il dire dirett ttor oree mi sott sottop opos osee a una una minuziosa visita, sperimentò speriment ò le mie reazioni, mi interrogò interrogò e alla fine mi batté batt é affettuosamente la mano sulla spalla e disse congedandomi: “Andate, andate tranquillo; questo vostro ritenervi pazzo non è sintomo di pazzia, inquantoché inquantoch é siete realmente pazzo”. Me ne andai tranquillizzato, sereno, ormai, esse essendo ndomi mi tolto tolto un gran gran peso peso dallo dallo stoma stomaco: co: dunque non sono pazzo, visto che sono pazzo. Campanile,, Gli asparagi asparagi e l’immortali l’immortalittà (A. Campanile dell’anima ). Proposto da Raffaella Cambriglia.
LA SPLENDIDA DESCRIZIO IZION NE DELL'APPARIZIONE DI ISIDE A LUCIO, IN SOGNO, SOGNO, NELL'XI NELL'XI LIBRO LIBRO DELL'ASINO DELL'ASINO D'ORO DI APULEIO.
Proposta da Paola Martino.
Avevo appena chiuso gli occhi, quand’ecco che sulla sulla superfic superficie ie del mare mare apparv apparvee una divina divina immagi immagine, ne, un volto olto degno degno d’esse d’essere re vene venerat rato o dagli stessi dei. Poi la luminosa parvenza sorse a poco a poco con tutto il corpo fuori dalle acque e a me parve di vederla, ferma, dinanzi a me. me. Mi prov proverò erò a descri descrive vervi rvi il suo suo aspett aspetto o mirabile [...] Anzitutto i capelli, folti e lunghi, appena ondulati, che mollemente le cascavano
sul collo divino. Una corona di fiori variopinti le cingeva in alto la testa e proprio in mezzo alla fronte un disco piatto, a guisa di specchio ma che rappresentava la luna, mandava candidi barbagli di luce. Ai lati, a destra e a sinistra, lo stringevano le spire irte e guizzanti di serpenti e, in alto alto,, era era sormo sormont ntat ato o da spig spighe he di gran grano. o. Indossava una tunica di bisso leggero dal color cangiante [...] ma [...] soprattutto confondeva il mio sguardo [...] la sopravveste nerissima, dai cupi riflessi, che - girandole intorno alla vita - le risaliva su per il fianco destro fino alla spalla sinistra e di qui stretta da un nodo le ricadeva sul davanti in un ampio drappeggio ondeggiante [...] Quei lembi e tutto il tessuto erano disseminati di stelle scintillanti e in mezzo a esse una luna piena diffondeva la sua vivida luce: lungo tutta la balza di questo magnifico manto, per quanto esso era ampio, correva un’ininterrotta ghirlanda di fior fiorii e di frut frutti ti d’og d’ogni ni spec specie ie.. Gli attributi della dea erano poi i pi ù diversi. Nella destra recava, infatti, un sistro di bronzo [...] [...] Dalla Dalla mano mano sinist sinistra, ra, inve invece ce,, pende pendeva va un vasello d’oro a forma di barca dal manico ornato da un’aspide con la testa ritta e il collo rigonfio. Ai suoi piedi divini calzava sandali intessuti con foglie di palma, il simbolo della vittoria. Tale e cos ì cos ì maestosa [...] si degnò degn ò di parlarmi la dea. Eccomi o Lucio, [...] io la madre della natura, la signora di tutti gli elementi, l’origine e il principio di tutte le età et à, la più più grande di tutte le divinità divinità, la regina dei morti, la prima dei celesti, colei che in sé s é riassume l’immagine di tutti gli dei dei e di tutt tuttee le dee, dee, che con con il suo suo cenn cenno o governa le altezze luminose del cielo, i salubri venti del mare, i desolati silenzi dell’oltretomba e la cui potenza, unica, tutto il mondo onora sotto sotto varie varie forme, forme, con con divers diversii riti e diffe differen renti ti nomi. Per questo i Frigi [...] mi chiamano Pessinunzia (1) Madre degli dei, gli autoctoni attici Minerva Cecropia (2), i Ciprioti circondati dal dal mare mare Vener eneree Pafia Pafia (3), (3), i Cret Cretes esii arci arcieri eri famo famosi si Dian Dianaa Ditt Dittin inna na (4), (4), i Sicu Siculi li trili triling ngui ui Proserp Proserpina ina Stigi Stigiaa (5), (5), gli antic antichi hi abitat abitatori ori di Eleusi Eleusi Cerer Cereree Attic Atticaa (6), (6), altri altri Giunon Giunone, e, altri altri Bellona (7), altri Ecate, altri ancora Ramnusia, ma [gli] Etiopi [...] e gli Egizi, cos ì cos ì grandi per la loro antica sapienza [...], mi chiamano con il mio vero nome: Iside Regina.
Album di fotografie
Lo Zibaldone del povero Vic, pag. 76
Cosa c' è di più immediato di una fotografia, un quadro, una cartolina particolare, un disegno per descrivere uno stato d'animo, un'epoca, un momento, una ricorrenza? Le immagini hanno potenza descrittiva ed evocativa istantanea che punta punta diritto diritto al cuore, cuore, scavalcan scavalcando do la mediazione del cervello e della ragione. Non a caso, caso, davanti davanti ad alcune alcune opere opere d'arte, alcuni soggetti soggetti hanno addirittura delle sindromi sindromi con sintomi fisici reali. Il nome tecnico tecnico è "sindrome di Stendhal", ma il freddo tecnicismo è del tutto inadatto a descrivere ci ò che io definisco una "sindrome "sindrome poetica applicata all'immagine", poichè si tratta di un'espressione di sensibilit à estrema dell'animo, che reagisce ad alcuni Messina (Frascino) (Frascino) messaggi subliminali, piuttosto che di malattia. E allora, perché non inserire nella Zibaldone Prima del terremoto devastante del 1908. una sezion sezionee dedica dedicata ta alle alle immagi immagini? ni? Graz Grazie ie alla collaborazione di Ambrogio Frascino e di Franco Ferraro, che hanno messo mano ai loro archivi archivi fotografici, fotografici, è stato stato possibile possibile allestir allestiree queste pagine. I commenti sono miei. Marcello Vicchio.
Banda (Ferraro)
Gruppo Gruppo di musici musicisti sti degli degli anni '30. '30. Da notar notaree l'abbi l'abbig gliament liamento o di alcuni alcuni compon component entii e, soprattutto,la capigliatura artistica del primo a destra in foto.
Cacciatori ( Ferraro).
All'apparenza questi cacciatori non farebbero paura nemmeno alla quaglia più sprovveduta. Il secondo a sinistra, poi, assomiglia proprio a Tot ò.
Localit à Ciuffarello - 1933 (Ferraro).
Questi sembrano un pochino pi ù seri rispetto ai cacciatori. Saranno le divise? Il primo a destra sembra un ascaro che si è appena svegliato dai fumi di alcool di cocco.
(Frascino)
Splend Splendida ida Napol Napolii dell'8 dell'800. 00. Speria Speriamo mo che che la vecchia capitale del Regno un giorno torni agli antichi splendori.
Famiglia(Ferraro)
Abbigliamento fantastico. Bella presenza.
(Frascino) (Frascino)
Sar à la pubblicit à di qualche liquore o elisir? Certo che Rosa Bonheur del bicchiere non sa che farsene.
Sciantosa napoletana con un pratico cappellino e un reggiseno movimentato.