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Appunti dalle Lezioni di Fisica Tecnica Ambientale
Termodinamica Applicata
Introduzione, Primo e Secondo Principio
Prof. F. Marcotullio Marcotullio Ottobre 2013
ii
Indice Avvertenze
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Testi consigliati
vii
1 Sistemi di unità di misura
1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8
1
Generalità . . . . . . . . . . . . . . Grandezze fond ondamentali e derivate Sistema C.G.S . . . . . . . . . . . Sistema M.K.S o Giorgi . . . . . . Sistema Tecnico . . . . . . . . . . . Sistema inglese . . . . . . . . . . . Sistema internazionale . . . . . . . Fattori di conversione . . . . . . .
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2 Concetti di base e definizioni
1 2 4 4 5 5 5 7 11
2.1 2.1 Og Ogge gett ttoo del della la term termod odin inam amic icaa e sua sua met metod odol olog ogia ia . . . . . . . . . . 11 2.2 2.2 Il sist sistem emaa term termod odin inam amic icoo e gli gli stat statii di di equ equil ilib ibri rioo . . . . . . . . . 12 2.3 2.3 Gran Grande dezz zzee di stat statoo e equa equazi zion onii di stat statoo . . . . . . . . . . . . . . . 13 2.3.1 La pressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 2.3 2.3.2 Il volu olume spec pecifico e la densità . . . . . . . . . . . . . . . 14 2.3. 2.3.33 La temp tempeeratu ratura ra e il Princ rincip ipio io Zero Zero . . . . . . . . . . . . . 15 2.4 Le trasfo trasforma rmazio zioni ni termodi termodinam namic iche he e le grande grandezze zze di process processoo . . 20 2.4.1 Trasformazion rasformazionii quasi static statiche he con scambi scambi di lavoro lavoro termotermodinamico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 2.4.2 2.4 .2 Trasf rasfor orma mazi zion onii quas quasii sta stati tich chee con con scam scambi bi di calo calore re . . . . 26 3 Le Le proprietà termo d diinamiche delle sostanze pure
3.1 3.1 Gli Gli stat statii di aggr aggreg egaz azio ione ne dell dellaa ma mate teri riaa . . . . . . . 3.2 3.2 Il diag diagra ram mma p-vp-v-T T per per un una sos sosta tanz nzaa pura pura . . . . . 3.3 3.3 I sist sistem emii mo mono nofa fase se e il diag diagra ramm mmaa p-T p-T . . . . . . . 3.4 Il gas perfetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5 3.5 I gas gas real realii e la legg leggee deg degli li stat statii cor corri risp spon onde den nti . . . 3.6 3.6 I sis siste temi mi bifa bifase se,, il il diag diagra ramm mmaa p-v p-v e i vap vapor orii satu saturi ri iii
29
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29 30 31 32 36 39
iv
INDICE
4 Il primo principio della Termodinamica
4.1 4.2 4.3 4.4 4.4 4.5 4.5 4.6 4.6 4.7
L’energia interna . . . . . . . . . . . . . . . . L’entalpia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Esper perimento di Joule . . . . . . . . . . . . . . L’en L’ener ergi giaa inte intern rnaa e l’en l’enta talp lpia ia del del gas gas idea ideale le . . La tra trasf sfor orma mazi zion onee adi adiab abati atica ca quas quasii stat static icaa del del I cal calor orii spec specifi ifici ci alla alla luce luce del del Prim Primoo Prin Princi cipi pioo Limiti del Primo Principio . . . . . . . . . . .
43
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . gas gas idea ideale le . . . . . . . . . . . .
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5 Secondo Principio della Termodinamica
5.1 5.1 5.2 5.2 5.3 5.3 5.4 5.4 5.5
5.6 5.7 5.8 5.9
La con conversi ersion onee dell dell’e ’ene nerg rgia ia e le ma macc cchi hine ne . . . . . . Trasf rasfor orma mazi zion onii reve revers rsib ibil ilii e non non rev reversi ersibi bili li . . . . . Enun Enunci ciat atoo di Kelv Kelvin in-P -Pla lanc nck k del del Seco Second ndoo Prin Princi cipi pioo Enun Enunci ciat atoo di di Cla Claus usiu iuss del del Sec Secon ondo do Prin Princi cipi pioo . . . . Il teorema di Carnot . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.5.1 Il ciclo di Carnot . . . . . . . . . . . . . . . 5.5. 5.5.22 La scal scalaa asso assolu luta ta della ella temp tempeeratu ratura ra . . . . L’entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Entropia e irreversibilità . . . . . . . . . . . . . . . Entropia del gas ideale . . . . . . . . . . . . . . . . Il diagramma di stato T-s . . . . . . . . . . . . . .
43 45 46 47 48 50 51 55
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55 56 57 59 60 61 62 64 68 70 71
Avvertenze La presente dispensa didattica è rivolta agli allievi del Corso di Fisica Tecnica Ambientale (Corso di Laurea in Ingegneria Edile - Architettura) e costituisce la raccolta completa degli argomenti svolti in aula. Disporre della dispensa tuttavia non esime né dai doverosi approfondimenti sui testi consigliati, né soprattutto dalla frequenza delle lezioni e delle esercitazioni. Saranno graditi suggerimenti nonché la segnalazione di errori ed inesattezze.
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AVVERTENZE
Testi consigliati Testi consigliati in lingua italiana: 1. M.W. Zemansky Zemansky,, M.M. Abbott e H.C. Van Ness, Fondamenti Ness, Fondamenti di Termodinamica per ingegneri , Zanichelli, Zanichelli, Bologna 1979 2. M. Felli, Felli, Lezioni Lezioni di Fisica Tecnica - Volume I: Termodinamica, Macchine, Impianti , Morlacchi Editore, Perugia 1998 3. G. Moncada Lo Giudice, Giudice, Termodinamica Termodinamica applicata , Masson, Milano 1999 4. A. Cavallini Cavallini,, L. Mattarolo, Mattarolo, Termodinamica Termodinamica applicata , Cleup, Padova 1992 5. Yunus A. Çengel, Termodinamica Çengel, Termodinamica e trasmissione del calore , McGraw-Hill - Libri Italia, Milano 1998
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viii
TESTI CONSIGLIATI CONSIGLIATI
Capitolo 1
Sistemi di unità di misura 1.1 1.1
Gene Genera rali lità tà
Nello studio della Fisica Fisica e dell’Ingegn dell’Ingegneria eria ha interesse interesse l’analisi dei fenomeni fenomeni da un punto di vista quantitativo quantitativo.. Il risultato di una tale indagine porta alla scrittura di relazioni matematiche (leggi (leggi del fenomeno) fenomeno ) tra i valori i valori assunti assunti da certe grandezze capaci di caratterizzare il fenomeno stesso le quali, come tali, debbono risultare misurabili risultare misurabili . Eff ettuare ettuare la misura di una grandezza consiste nel confrontarla, secondo un assegnato criterio, con un’altra, omogenea alla prima, scelta come campione e detta unità detta unità di misura . In generale, quindi, indicando con G la grandezza generica e u la sua unità ¯ di G è pari a: di misura, la misura G ¯ = G G u ¯ il rapporto tra grandezze omogenee, rappresenta un numero in cui , essendo G puro. puro. La scelta dell’unità di misura è ovviamente convenzionale ed arbitraria. Ne risulta che se per G si fosse assunta una diversa unità di misura, ad esempio: u′ = m · u ¯ ′ di G allora la misura G di G sarebbe stata: ¯ ¯′ = G = G = 1 G = G G u′ m·u mu m ed m ed m o 1/m 1 /m costituisce costituisce il fattore il fattore di conversione tra conversione tra le due unità di misura. ¯ o Come si vede, al variare dell’unità di misura varia anche la misura ( G ′ ¯ G nell’esempio precedente) della grandezza G. G . E’ necessario necessario quindi esprimere esprimere ¯ o G ¯′) e sempre una grandezza con il numero (puro) che ne esprime il valore ( G la relativa unità di misura allo scopo di evitare grossolani errori di valutazione. 1
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1.2
CAPITOLO CAPITOLO 1. SISTEMI SISTEMI DI UNITÀ UNITÀ DI MISURA MISURA
Grand Gr andez ezze ze fonda fondamen mental talii e deriv derivate ate
In linea di principio, per quanto detto finora, man mano che le diverse grandezze si presentano, si potrebbe procedere alla definizione delle relative unità di misura . Ciò tuttavia tuttavia diventerebbe diventerebbe scomodo scomodo da un punto di vista pratico. Si pensi solo ai problemi connessi con l’istituzione prima e la realizzazione pratica poi di campioni delle unità adottate la cui funzione è quella di costituire in qualsiasi momento un riferimento attendibile , preciso, preciso, riproducibile , accessibile ed invariabile . Poiché tra le grandezze intercorrono, come mostra l’esperienza, delle relazioni a volte costituite dalle definizioni delle stesse stesse (come accade per la velocità media, ad esempio, intesa come rapporto tra uno spazio percorso ed il tempo impiegato a percorrerlo) o da relazioni da relazioni geometriche geometriche (l’area (l’area di una superficie di un rettangolo data dal prodotto delle lunghezze dei due lati) o, ancora, da principi o legge generali (la generali (la forza data come prodotto della massa per l’accelerazione dalla seconda legge della dinamica) si è preferito, per comodità, scegliere un certo numero di grandezze fisiche indipendenti denominate fondamentali o primarie . Da queste si ricavano ricavano tutte le altre che perciò sono dette derivate dette derivate o secondarie secondarie a patto che siano definite e date tutte le leggi e le equazioni che le correlano alle prime . Fissate allora le unità di misura delle grandezze fondamentali, le unità di misura delle grandezze derivate si ottengono inserendo nelle relazioni che esprimono le corrispondenti grandezze, al posto delle grandezze fondamentali le relative lative unità di misura. misura. Nel caso si considerasse considerasse,, come si farà, la velocità come grandezza derivata mentre come fondamentali la lunghezza (con unità di misura il metro) e il tempo (con unità di misura il secondo), l’unità di misura della velocità si ottiene partendo dalla sua definizione: v =
s metro = t secondo
e si usa dire nella fattispecie, che, la velocità ha dimensione [1] per [1] per la lunghezza e dimensione [−1] 1] per il tempo intendendo per dimensione dimensione di una grandezza derivata derivata rispetto ad una fondament fondamentale ale l’esp l’ esponen onente te che questa presenta presenta nella definizione della prima . Si usa scrivere a proposito, una relazione del tipo: [v] = L T −1
denominata equazione denominata equazione dimensionale . Se una grandezza derivata presenta dimensione nulla rispetto a tutte le grandezze fondamentali, si dice che la grandezza è adimensionale . Essa assume lo stesso valore valore qualunque qualunque sia il sistema sistema di unità di misura scelto purché coerente . Si cog coglie lie l’occasi l’occasione one per ricord ricordare are che che tutte tutte le equazioni non solo esprimono uguaglianza numerica, ma anche dimensionale dei due membri dell’equazione stessa. La scelta delle grandezze fondamentali, la scelta delle relative unità di misura, (unità fondamentali), la individuazione delle relazioni o leggi fisiche in base alle quali ricavare le grandezze derivate e le relative unità di misura (unità derivate) consentono di definire un sistema di unità di misura.
1.2. GRANDEZZE FONDAMENT FONDAMENTALI ALI E DERIVA DERIVATE
3
La scelta delle grandezze fondamentali è stata scandita dallo sviluppo storico della scienza. scienza. La geometria, che è forse la scienza scienza di più antiche antiche tradizioni, tradizioni, si basa principalmente sul concetto di lunghezza che lunghezza che fu perciò la prima grandezza fondamentale. L’astronomia ha poi associato al concetto di lunghezza quello di intervallo di tempo che divenne la seconda grandezza fondamentale. Fino a questo punto era possibile definire definire tutte le grandezze grandezze cinematich cinematiche. e. Nel seguito, la necessità necessità di studiare i fenomeni dinamici costrinse alla scelta di una terza grandezza fondamentale. Tale grandezza poteva essere indi ff erentemente erentemente la massa la massa o la forza la forza . Dall’adozione della prima scaturisce un sistema di unità di misura più comunemente impiegato nel campo scientifico (CGS, MKS). L’adozione della seconda origina un sistema di unità di misura più orientato a soddisfare la maggior parte delle applicazioni applicazioni più comuni comuni (sistema (sistema tecnico). Tali sistemi sistemi consenton consentonoo lo studio di tutti i fenomeni meccanici. In seguito, l’introduzione della termodinamica richiese l’adozione di una ulteriore grandezza fondamentale: la temperatura . Lo studio dei fenomeni elettromagnetici impose l’introduzione di una quinta grandezza. dezza. Tra le varie varie possibilità possibilità (la carica elettrica, elettrica, la resistenza resistenza elettrica, elettrica, ...) prevalse l’indicazione fornita dalla moderna elettrodinamica: l’intensità l’ intensità di corrente elettrica . La sesta sesta grandezz grandezzaa fondamen fondamental talee fu l’intensità l’intensità luminosa luminosa per i fenomeni fenomeni ottici e, infine, la settima: la quantità la quantità di materia particolarmente materia particolarmente utile nel campo della chimica-fisica. Sebbene, come già accennato, la scelta delle unità di misura sia completamente arbitraria, essa deve rispettare tuttavia certi criteri di convenienza e di praticità, come l’adozione di unità che non siano così grandi né così piccole da imporre, poi, nei calcoli l’uso di troppi prefissi per multipli e sottomultipli. Ciò nonostante, tale criterio non è sempre applicabile in quanto spesso non è compatibile patibile con la costruzione costruzione pratica pratica del campione campione dell’unità dell’unità di misura. misura. Questo deve essere definibile in maniera semplice , univoca e completa ; possibilmen possibilmente te attraverso un campione naturale invariabile nel tempo e nello spazio e di facile riproducibilità. Un sistema di unità di misura si dirà: • completo quando completo quando in esso sono definite un numero di grandezze fondamentali in grado di rappresentare tutti i campi della Fisica; • assoluto quando le unità in esso adottate sono invariabili in ogni tempo e luogo e sono definite teoricamente senza alcun riferimento a definizioni sperimentali; • coerente coerente quando il prodotto o il quoziente di più unità di tale sistema forniscono una nuova unità il cui valore sempre unitario; • decimale decimale quando i multipli e i sottomultipli delle sue unità sono scelte secondo potenze di 10. Per motivi storici i sistemi di unità di misura ancora oggi maggiormente di ff usi usi sono il sistema il sistema inglese (i inglese (i primi tentativi di unificazione risalgono al tredicesimo secolo) e quello metrico (relativamente più recente essendo stato introdotto da
4
CAPITOLO CAPITOLO 1. SISTEMI SISTEMI DI UNITÀ UNITÀ DI MISURA MISURA
Napoleone negli ultimi anni del settecento). Sebbene il secondo abbia vantaggi sensibili rispetto al primo (unità di misura riferite a campioni ritenuti allora invariabili, grandezze caratterizzate da una sola unità di misura con multipli e sottomultipli decimali) ancora oggi, come allora, il sistema inglese è in uso sia in Inghilt Inghilterr erraa che che nei suoi domini domini (Stati Uniti com compre presi) si).. Con l’avve l’avvent ntoo dell’era industriale, di quella spaziale, di nuove e più sofisticate tecnologie, di un più stretto scambio commerciale e scientifico a livello internazionale, non solo si è sentita l’esigenza oggettiva di un sistema di unità di misura che dovesse rispondere rispondere a esigenze esigenze scientifiche scientifiche e tecnologic tecnologiche he (precisione (precisione e definizione definizione dei campioni campioni pi spinta), spinta), ma anche di unificazione unificazione.. Nonostante Nonostante siano oggi ben 41 i paesi industrializzati che fanno capo alla Conferenza Generale dei Pesi e Misure (CGPM) e sia stato messo a punto il sistema internazionale (SI), la relativa diff usione usione avviene con lentezza essendo nelle persone profondamente radicata l’abitudine l’abitudine a pensare p ensare in termini di unità da troppo tempo introdotte. introdotte. L’entità L’entità di questa trasformazione, d’altra parte, non deve essere valutata solo in base a consid considera erazio zioni ni di natura natura psicologi psicologica ca ma anche anche di natura natura economica economica.. Basti Basti pensare al costo derivante dalla sostituzione degli strumenti di misura e di quelli per il controllo della produzione in ambito industriale. Nel seguito si illustreran illustreranno no sia il sistema sistema inglese inglese ( ancora fortemente fortemente radicato nella letteratura tecnica e scientifica anglosassone e soprattutto americana) che quelli derivati derivati dal sistema sistema metrico: più sommariamente sommariamente il CGS, M.K.S. e Tecnico, più di ff usamente, usamente, per ovvie ragioni, il Sistema Internazional Internazionale. e. Sono riportate, sebbene limitate agli scopi che qui si perseguono, alcune tabelle che elencano sia le unità di misure fondamentali che derivate e le relative simbologie, sia i fattori di conversione che consentono il passaggio da un sistema all’altro.
1.3 1.3
Sist Sistem ema a C.G. C.G.S S
Risale al 1881. Nella versione originale prevede tre sole grandezze fondamentali: Lunghezza (L), Massa (M), Tempo (T) scegliendo come unità di misura, rispettivamen tivamente, te, il centimetro centimetro (cm), il grammo massa massa (g) e il secondo secondo (s). Esistono Esistono anche altri due distinti sistemi: il C.G.S. elettrostatico e il C.G.S. elettromagnetico allo scopo di estendere l’uso di questo sistema anche a grandezze elettriche. Il sistema C.G.S. metrico decimale, assoluto e coerente in quanto tutte le unità derivate derivate hanno valore unitario. unitario. E’attualmen E’attualmente te molto usato dai fisici mentre mentre i tecnici ne fanno un limitato uso per i piccoli valori che assumono le unità derivate derivate rispetto rispetto a quelli quelli di uso com comune une nelle applicazioni applicazioni tecniche. tecniche.
1.4 1.4
Sist Sistem ema a M.K M.K.S .S o Gio Giorg rgii
Nei primi anni di questo secolo si iniziò l’uso del sistema M.K.S. che prevede le medesime grandezze fondamentali del C.G.S. (lunghezza, massa e tempo) ma diverse diverse unità di misura (metro, kg massa e secondo). secondo). Nel seguito fu corredato corredato di una nuova grandezza fondamentale (l’intensità di corrente elettrica) la cui
1.5. SISTEMA SISTEMA TECNICO TECNICO
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unità è l’Ampère l’Ampère . Anche Anche questo sistema, al pari del C.G.S., C.G.S., è decimale, decimale, assoluto e coerente. La larga di ff usione usione avuta dal sistema Giorgi è dovuta essenzialmente al fatto che esso ben si presta presta sia ad usi tecnici che che scientifici scientifici e didattici. Esso è, di fatto, la base per il Sistema Internazionale (SI).
1.5
Sist Sistem ema a Tecni ecnico co
E’dett E’dettoo anche anche Pratic Praticoo o degli degli Ingegne Ingegneri. ri. Esso Esso è basato basato su tre grandezze grandezze fondamentali: damentali: lunghezza lunghezza (metro), (metro), tempo (secondo) e forza (Kg peso). Ne risulta che la massa, a diff erenza erenza degli altri sistemi fin qui elencati, è una grandezza derivata la cui unità (U.T.M. unità tecnica di massa) è definita come la massa che sotto l’azione l’azione del Kg forza riceve una accelerazi accelerazione one pari all’acceler all’accelerazione azione di gravità g . Essendo Essendo l’accelerazione l’accelerazione di gravità variabi variabile le da luogo a luogo, anche anche l’unit l’unitàà di misura misura risulta risulta variabi variabile, le, in genera generale, le, nel tempo tempo e nello nello spazio spazio.. Ne deriva, deriva, quindi, che il S.T. non è assoluto. Inoltre Inoltre esso non è coerente. coerente. Infatti Infatti nella definizione definizione di alcune alcune grandezze grandezze derivate, derivate, le relative relative unità di misura misura hanno coefficiente ciente diverso da uno. Ad esempio, esempio, la massa, grandezza grandezza derivata derivata ha una unità di misura (UTM) pari a: 1 UTM = UTM =
1 kgf 1 = kgf m−1 s2 m g s g 2
o l’unità di potenza, spesso impiegata, espressa dal cavallo (o (o cavallo vapore ): vapore ): CV = 75 1 CV =
1.6 1.6
kgf m s
Sist Sistem ema a ingl ingles ese e
E’ basato sulle stesse tre grandezze fondamentali di sistemi C.G.S. e M.K.S. ma con diverse unità di misura (Iarda ( Iarda = Secondo ). I = 91 91..4 cm, cm , Libbra = Libbra = 0.454 454 K K g, Secondo). multipli multipli e sottomultipl sottomultiplii non sono decimali. decimali. Per la lunghezza, lunghezza, infatti, si usano di frequente anche il Pollice (1 ( 1 Inch = di Iarda) e il Piede Inch = 2, 54 54 cm cm e pari a 1/36 36 di (1Foot = 12 12 Inch 30,, 5 cm). Per i multi multipli pli e sottomult sottomultipl iplii Inch = 1/3 Iarda = 30 cm ). Per dell’unità di massa si usano, rispettivamente, lo Stone (1 Stone = Stone = 14 14 Libbre Libbre = = 6, 4 K g) e l’Oncia l’Oncia (1 Oncia = 1/16 Libbra = 28 gr). sistema ingles inglesee non gr ). Il sistema è né decimale decimale né coerente per cui il relativo relativo uso non é semplice. semplice. Esiste Esiste anche un sistema di unità di misura misura Pratico Pratico (Lunghezza, (Lunghezza, Forza, Forza, Tempo). Tempo). Le unità di misura corrispondenti sono: la Iarda, la Libbra-forza e il secondo.
1.7
Sistem Sistema a inter internaz nazion ionale ale
Nasce nel 1960 e rappresenta una estensione ed un perfezionamento del sistema M.K.S. M.K.S. Esso è decimale, decimale, assoluto e coerente. coerente. Le grandezze fondamenta fondamentali, li, come già ricordato, sono:
6
CAPITOLO CAPITOLO 1. SISTEMI SISTEMI DI UNITÀ UNITÀ DI MISURA MISURA • la Massa la Massa (M) (M) che ha come unità di misura il chilogrammo (Kg) corrispondente alla massa di un cilindro di platino-iridio conservato e Sevrès. Esso dovrebbe corrispondere, a meno di errori per i nostri scopi trascurabili, alla massa di un decimetro cubo di acqua distillata alla sua massima densità (4 gradi centigradi); • la Lunghezza Lunghezza (L) che ha come come unità di misura misura il metro (m). (m). Esso Esso corrisponde ad un multiplo (1.650.763.73 volte) della lunghezza d’onda nel vuoto della riga arancio-rossa arancio-rossa del del Cripto 86. Del metro esiste, esiste, come moto, anche un campione campione materiale conserv conservato ato a Sevrès. Sevrès. Esso è costituito costituito da una barra di platino irido, tenuta a zero gradi centigradi, su cui sono incise due tratti alla distanza, appunto, di un metro; • il Tempo il Tempo (T) che ha come unità di misura il secondo (s) ed equivale ad 1/86.400 1/86.400 del giorno solare medio. medio. Più esattamente esattamente la definizione definizione del campione viene legata a fenomeni atomici e molecolari invariabili e suscettibili di misure estremamente estremamente precise. precise. Perciò Perciò il secondo secondo è attualment attualmentee definito come la durata di 9.192.631.770 cicli della radiazione emessa tra due particolari livelli energetici del Cesio 133; • la la Temperatura che Temperatura che ha come unità di misura il grado Kelvin (K) il quale rappresenta 1/273.16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell’acqua. Il grado Kelvin coincide con il grado centigrado che rappresenta la centesima parte dell’intervallo compreso tra il punto di solidificazione (zero gradi centigradi) e ebollizione (cento gradi centigradi) dell’acqua alla pressione di 1 atmosfera. Se si trattano, quindi di ff erenze erenze di temperatura, esse possono essere indi ff erentemente erentemente espresse in gradi centigradi e gradi Kelvin; • l’Intensità l’Intensità di corrente elettrica che elettrica che ha come unità di misura l’Ampère (A). L’ampère rappresenta l’intensità di corrente elettrica che se mantenuta in due conduttori elettrici, paralleli, rettilinei, di lunghezza infinita, di sezione circolare trascurabile rispetto alla distanza, posti alla distanza di un metro l’uno dall’altro nel vuoto produce fra di essi una forza di 2 ×10−7 N per ogni metro di lunghezza; • l’Intensità l’Intensità luminosa che che ha come unità di misura la Candela Internazionale (Cd). Essa rappresenta l’intensità l’intensità luminosa, nella direzione perpendicolare, di una superficie di 1/600.000 di metro quadrato di un corpo nero alla temperatura di solidificazione del platino alla pressione atmosferica; • la Quantità la Quantità di sostanza che sostanza che ha come unità di misura la mole (mol). Essa rappresenta la quantità di sostanza che contiene tante entità elementari quant quantee ne sono contenu contenute te in 0.012 0.012 Kg di carboni carbonioo 12. Poic Poiché hé la massa massa del carbonio 12, per convenzione internazionale, è stata fissata proprio in 0.012 Kg, la quantità di sostanza, corrispondente ad una massa assegnata, è data dal rapporto tra la massa (Kg) e la massa molare (Kg/mol).
1.8. FATTORI DI CONVERSIONE CONVERSIONE Pr efi efi s ss so
Fatt or or e
exa p et a tera giga mega kil o
1018 1015 1012 109 106 103
S im imb ol ol o
E P T G M k
7
P re re fis fiss o
Fatt or ore
Si mb mb ol ol o
P re re fis fis so so
Fat to tore
etto deca — deci centi milli
102
h da — d c m
micro nano pico femto atto
10 10 − 9 10−12 10−15 10−18
101 1 10−1 10−2 10−3
−
6
Si mb mb ol ol o
µ n p f a
Tabella 1.1: Denominazio Denominazione ne e simboli simboli dei prefissi prefissi dei multipli multipli e sottomultip sottomultipli li decimali delle grandezze fondamentali e derivate del S.I. Oltre alle predette sette grandezze fondamentali sono previste due grandezze supplementari che nella loro definizione fanno ricorso a unità di lunghezza e di area: • l’angolo l’angolo piano che piano che ha come unità di misura il radiante il radiante (rad). (rad). Esso rappresenta l’angolo piano che su una circonferenza di raggio qualsiasi, avente centro nel vertice dell’angolo, intercetta un arco di lunghezza uguale al raggio della circonferenza stessa; • l’ango l’angolo lo solido solido che ha come unità di misura lo steradiante (sr) (sr).. Esso Esso rappresenta l’angolo solido che, su una sfera avente centro nel vertice dell’angolo e raggio qualsiasi interessa una calotta di area pari a quella di un quadrato avente lato uguale al raggio della sfera stessa. Per quelle grandezze, fondamentali o derivate, che risultassero troppo grandi o troppo piccole per la particolare applicazione, sono raccomandati alcuni prefissi per la designazion designazionee dei multipli multipli e sottomultip sottomultipli li che sono assunti decimali. decimali. Tali prefissi, i relativi fattori e simboli sono mostrati nella Tab....
1.8
Fattori attori di conv conversion ersione e
Le trasformazioni tra diverse unità di misura è una operazione ricorrente per i motivi motivi più volte volte richia richiamat mati. i. Il calcol calcoloo passa passa attrave attraverso rso la scritt scrittura ura delle equazioni di conversione: 1 m ≈ 39 39..37 37 in in 1 N ≈ 0.225 225 lb lbf ovvero ovvero nella determinazi determinazione one dei fattori fattori di conversion conversionee che si ottengono ottengono dalle precedenti dividendo per il primo membro: in m lbf 1 ≈ 4.158 N 1 ≈ 39 39..37
CAPITOLO CAPITOLO 1. SISTEMI SISTEMI DI UNITÀ UNITÀ DI MISURA MISURA
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La trasformazione di una unità derivata da un sistema all’altro si può eff ettuare ettuare impiegando impiegando sia le equazioni equazioni che i fattori fattori di convers conversione. ione. A solo titolo di esempio si voglia esprimere in unità S.I. (J) un lavoro pari a 30 lb f ft. • Impiegando Impiegando le equazioni di conversione conversione:: 1 ft ≈ 0.305 305 m m 1 lbf ≈ 4.448 448 N N da cui: 30 30 lb lb f ft = ft = 30 30 · · 1 1 lb lb f · 1 · 1 ft ft ≈ 30 30 · · 0 0..305 305 m m · · 4 4..448 448 N N ≈ 40 40..7 J • mediante mediante i fattori fattori di conversion conversionee si sarebbe ottenuto: m ft N 1 ≈ 4.448 lbf 1 ≈ 0.305
e in definitiva 30 30 lb lbf ft = ft = 30 30 lb lb f ft · ft · 1 1 · · 1 1 ≈ 30 30 lb lb f ft · ft · 0 0..305
m N · 4. 4.448 40..7 J ≈ 40 ft lbf
Nel seguito sono riportati i fattori di conversione tra alcune unità di misura (fondamentali e derivate) di più largo impiego per le nostre finalità e relativi ai sistemi di unità di misura già descritti.
1.8. FATTORI DI CONVERSIONE CONVERSIONE
Tabella 1.2: Fattori di conversioni per unità di massa. Per convertire da a moltiplicare per grammi, g chilogrammi 1.00 × 10−3 UTM chilogrammi 9.80665 Libbra-massa, lbm chilogrammi 0.4536
Tabella 1.3: Fattori di conversion conversionii per unità di lunghezza. lunghezza. Per convertire da a moltiplicare per centimetro, cm metro 1.00 × 10−2 pollice, in metro 2.54 × 10−2 piede, ft metro 0.3048 iarda metro 0.9144
Tabella 1.4: Fattori di conversioni per unità di forza. Per convertire da a moltiplicare per dina newton 1.00 × 10−5 kg-forza, k kg-forza, kggf newton 9.80665 libbra-forza, l libbra-forza, lbbf newton 4.4482
Tabella 1.5: Fattori di conversion conversionii per unità di energia. energia. Per convertire da a moltiplicare per e rg joule 1.00 × 10−7 kcal joule 4186.8 kWh joule 3.6 × 106 chilogrammetro, k chilogrammetro, kggf · m joule 9.80665 libbra-forza· libbra-forza·piede, l piede, lbbf · f t joule 1.3558
Tabella 1.6: Fattori di conversion conversionii per unità di pressione. pressione. Per convertire da a moltiplicare per dine/cm2 Pa (N/m2 ) 0.100 2 2 kgf /m (mm H2 O) Pa (N/m ) 9.80665 2 2 lbf /in Pa (N/m ) 68794.76 68794. 2 atmosfera, atm Pa (N/m ) 1.013 × 10−5 2 bar Pa (N/m ) 1.00 × 10−5 tor (mm Hg) Pa (N/m2 ) 133..32 133
9
10
CAPITOLO CAPITOLO 1. SISTEMI SISTEMI DI UNITÀ UNITÀ DI MISURA MISURA
Capitolo 2
Concetti di base e definizioni 2.1
Oggett Ogge tto o della della term termodin odinami amica ca e sua metod metodoologia
La Termodinamica Termodinamica costituisce quella parte della Fisica che si interessa essenzialmente ai fenomeni nei quali sono implicati scambi di calore, lavoro e energia e energia in generale esaminandone i limiti della reciproca trasformabilità trasformabilità . Tenuto conto che è praticamente impossibile trovare una qualche applicazione di interesse dell’ingegneria in cui non si abbia a che fare, in modo più o meno diretto, con processi in cui sono coinvolti scambi di energia, una conoscenza sufficientemente approfondita dei concetti fondamentali della Termodinamica è da sempre ritenuta parte essenziale della preparazione dell’ingegnere. Per lo studio della Termodinamica possono essere seguiti due approcci: quello fenomenologico lo fenomenologico e quello quello molecolare . Il primo si fonda su pochi principi generali di natura sperimentale e su un numero numero limitato limitato di grande grandezze zze direttame direttamente nte misurabili misurabili e per percepibi cepibili li dai nostri nostri sensi (termodinamica classica). classica) . Il secondo richiede, al contrario, la conoscenza della struttura della materia e si basa sull’anal sull’ analisi isi statistic statistica a di un numero molto elevato di grande grandezze zze non direttamente misurabili né capaci di impressionare i nostri sensi (termodinamica statistica). statistica). I vantaggi del primo approccio costituiscono i difetti del secondo. Infatti, se la termodinamica classica presenta lo svantaggio di non poter dire nulla su aspetti importanti come quello della struttura della materia e della natura dell’energia, presenta il vantaggio di basarsi su verità sperimentali ed essendo essendo particolarme particolarmente nte adatta all’analisi all’analisi delle applicazion applicazionii della termodinatermodinamica all’ingegner all’ingegneria ia è quella che si seguirà in questo corso. corso. La termodinamica termodinamica classica si basa su quattro principi (o postulati) fondamentali stabiliti per via sperimentale: Il principio Il principio zero che si occupa dell’equilibrio termico. 11
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
12
Il primo Il primo principio o di equivalenza o di Mayer-Joule (1842-43) Mayer-Joule (1842-43) che riguarda la conservazione dell’energia. Il secondo Il secondo principio o di Carnot (1824) Carnot (1824) che si occupa della trasformabilità tra forme diverse di energia e dello studio dei fenomeni reali. Il terzo Il terzo principio o di Nerst (1906) (1906) che si occupa delle proprietà della materia in prossimità dello zero assoluto e proprietà particolari interne dei corpi più specifiche della chimica che esulano dalle finalità di questo corso.
2.2
Il siste sistema ma term termodi odina nami mico co e gli stat statii di equiequilibrio
Si definisce: • Sistema Termodinamico quella Termodinamico quella parte dell’universo che è oggetto del nostro studio studio.. I sistem sistemii possono esser esseree in quiete o in moto n nell ello o spazio. spazio. Nel seguito seguito si farà riferimen riferimento, to, salvo diversa diversa esplicita indicazione esplicita indicazione a sistemi in quiete. • Mezzo o Mezzo o Ambiente Circostante Circostante quella quella parte dell’universo che non è sistema ma che interagisce con il sistema. Il sistema viene distinto dall’ambiente circostante confinandolo all’interno di una superficie che ne costituisce la frontiera; essa può essere reale o immaginaria. Le interazioni tra sistema e mezzo, come pure i conseguenti scambi di energia, avvengono attraverso la frontiera; la natura delle interazioni e della forma dell’energia dell’energia scambiata scambiata dipendono dipendono dalle caratteristich caratteristichee della frontiera frontiera stessa. stessa. In particolare: • Se la frontiera è deformabile , possono presentarsi interazioni di tipo mectipo meccanico. canico. Queste, Queste, al contrario, contrario, sono certament certamentee assenti in presenza di una frontiera rigorosamente rigida rigorosamente rigida . • Se la frontie frontiera ra è diatermica è diatermica (una superficie metallica metallica ad esempio) esempio) possono presentarsi interazioni di natura termica natura termica le le quali sono assenti in presenza di una frontiera adiabatica frontiera adiabatica . • Se la fronti frontiera era è permeabile è permeabile alla alla materia, le interazioni consistono in scambi di massa tra sistema (denominato in questo caso aperto caso aperto)) e l’ambiente circostante. Se la frontiera è impermeabile è impermeabile alla alla materia, le predette interazioni sono assenti ed il sistema è detto chiuso. chiuso. • Se la frontiera è tale da impedire qualunque tipo di interazione, allora siamo siamo in presen presenza za di un sistema isolato isolato.. Osse Osserv rviam iamo o che il siste sistema ma e l’ambiente circostante costituiscono, nel loro insieme, un sistema isolato. Si dice che un sistema è in equilibrio quando esso non non è in grado di compiere cambiamenti spontanei. L’equilibrio può essere chimico essere chimico,, meccanico e meccanico e termico termico.. Si dice che un sistema chimicamente sistema chimicamente inerte è inerte è in equilibrio termodinamico equilibrio termodinamico quando
2.3. GRANDEZZE DI STA STATO E EQUAZIONI DI STA STATO
13
sono assenti al suo interno ed in corrispondenza della sua frontiera interazioni di tipo meccanico e termico.
2.3
Gran Gr ande dezz zze e di stato stato e equa equazi zion onii di stato stato
Consideriamo un sistema in equilibrio in equilibrio termodinamico. termodinamico. L’esperienza L’esperienza mostra mostra che a questa condizione sono associabili precisi valori di valori di un certo numero N , N , generalmente limitato, di grandezze di grandezze fisiche riferiti fisiche riferiti al sistema al sistema nel suo insieme i insieme i quali definiscono, in modo oggettivo, lo stato (di equilibrio) equilibrio) del sistema sistema stesso. Tali grandezze si dicono variabili o funzioni di stato e si distinguono in estensive o intensive a intensive a seconda che, rispettivamente, dipendano o meno dalla massa del sistema1. In taluni casi può risultare utile riferirsi all’unità di massa del sistema. In queste circostanze si parla di grandezze di stato specifiche stato specifiche le le quali, come tali, divengono intensive divengono intensive . In generale, non tutte le N grandezze indipendenti nel senso N grandezze di stato sono indipendenti che, fissate un certo numero i numero i di di esse, restano fissate le restanti N restanti N − i. Il numero indipendenti è caratteristico del sistema e viene detto i di grandezze di stato indipendenti varianza del del sistema stesso. La varianza si ricava dalla regola delle fasi di Gibbs: i = n = n − f + + 2
(2.1)
dove n dove n rappresenta rappresenta il numero dei componenti (specie chimiche) che costituiscono il sistema ed f il numero delle fasi (solida, (solida, liquida, gassosa) presenti. presenti. Sistemi di interesse per questo corso e per molteplici applicazioni dell’ingegneria sono: • le sostanze pure , ossia una singola specie chimica (n ( n = 1), in un’unica fase (f = 1). In questo caso la varianza è i = i = 3 − f . f . Si hanno sistemi costituiti da un’unica fase (solida, liquida, aeriforme) per i quali i quali i = 2. Interessanti per la tecnica sono anche sistemi costituiti da un’unica specie chimica in due fasi (f (f = 2) per i quali i = 1. Sistemi Sistemi costituiti costituiti da un’unica specie chimica in cui coesistono le tre fasi in equilibrio presentano i = i = 0. • le miscele monofasi di più specie chimiche . Un caso ricorren ricorrente te riguarda riguarda miscele miscele di più gas chimicamen chimicamente te inerti. In questo caso la varianza varianza è i = n − 1 + 2 = n + 1. Si vedrà vedrà a suo tempo tempo che che l’aria umida umida (l’aria (l’aria che ci rirconda) è costituita da due componenti (aria secca e vapor d’acqua) e, come tale, presenta una varianza i = 2 + 1 = 3. 3. Una volta che le i le i variabili variabili di stato indipendenti sono state fissate, qualsiasi altra grandezza di stato è legata alle prime dalla cosiddetta equazione di stato. stato . Esiste una equazione di stato per ciascuna delle N − i variabili di stato dipendenti; le N − i equazioni di stato costituiscono il sistema delle equazioni di stato. stato. Le 1
A solo titolo di esempio si consideri una massa m di gas confinato in un serbatoio di volume V. Si immagini immagini di suddivide suddividere re idealmente idealmente il serbatoio serbatoio in due parti uguali: per ciascuna ciascuna delle due parti le funzioni di stato intensive risultano dimezzate a di ff erenza erenza di quelle intensive.
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
14
equazioni di stato sono di origine sperimentale e il più delle volte sono date in forma di tabelle o di grafici detti diagrammi di stato. stato. I sistemi che saranno trattati qui possono essere descritti attraverso grandezze dezze di stato stato facilm facilmen ente te misura misurabil bilii quali quali il volume volume V , V , la pressione pressione p e la temperatura T temperatura T .. La prima è estensiva, le restanti due sono intensive.
2.3. 2.3.1 1
La pres pressi sion one e
La pressione è una grandezza scalare, definita come il rapporto tra il modulo della forza agente ortogonalmente a una superficie e l’area della superficie stessa. Nelle unità del sistema internazionale si misura in Pascal (1 Pa = 1mN ). La prespressione assume particolare importanza in numerose discipline per cui continuano ad essere impiegate molte unità di misura. Oltre alle anglosassoni, si sente spesso parlare di atmosfera di atmosfera standard standard (1 atm = 1. 1.013 × 105 Pa), Pa), di bar (1 (1 bar = 105 Pa) Pa) unitamente ai suoi sottomultipli (più noto è il millibar il millibar spesso spesso impiegato per le variazioni della pressione atmosferica in conseguenza di variazioni climatiche). Continuano ad essere impiegate unità di misura manometriche della pressione le quali si basano sulla pressione generata dal peso di una colonna di liquido di una certa altezza h altezza h e e base pari ad 1 m 1 m 2 . Si parla di mm di Hg (1 ( 1 atm = 760 mmHg mmHg) 2 o metri di colonna d’acqua (1 (1 atm = 10. 10.33 3322 mH2 O) . 2
2.3.2 2.3.2
Il volu volume me speci specifico fico e la la densi densità tà
Una variabile di stato estensiva è il volume V volume V occupato occupato dal sistema. L’unità di misura del volume nel S.I. è il m 3 . In Termodinamica si usa riferirsi più spesso al volume al volume specifico v, definito come il volume occupato dall’unità di massa: v =
V m
m3 kg
Una ulteriore grandezza di stato intensiva è la densità ρ definita come la massa contenuta nell’unità di volume: ρ =
m 1 = V v
kg m3
La densità dei solidi dei solidi e e dei liquidi dei liquidi è è fortemente influenzata dalla temperatura; in genere la densità diminuisce all’aumentare della temperatura in quanto i solidi e i liquidi si dilatano all’aumentare della temperatura. A questa regola, tuttavia, esistono delle eccezioni. L’acqua, ad esempio, nell’intervallo 0-4°C presenta una contrazion contrazionee di volume volume e quindi un’aumento un’aumento della densità. densità. La densità dei gas è influenzata dalla pressione (il volume di un gas diminuisce con la pressione a temperatura costante) e dalla temperatura (il volume di un gas aumenta con la temperatura a pressione costante). 2
Si ricorda che la densità densità dell’acqu dell’acqua a e del mercurio mercurio valgono valgono,, alla temperatura temperatura ambien ambiente, te, 1000 e 13589 kg/m3 rispettivamente
2.3. GRANDEZZE DI STA STATO E EQUAZIONI DI STA STATO A
15
B B
A
x1
x1
B
A
y1
y1
B
A
B
x2
A
x2
y2A
y2
B
Figura 2.1: Sistemi in equilibrio termico
2.3.3 2.3.3
La tem tempera peratur tura a e il Prin Princip cipio io Zero Zero
Meno immediata immediata è la definizione definizione di temperatura. temperatura. Allo scopo supponiamo supponiamo che il sistema chiuso A si trovi in uno stato di equilibrio. equilibrio. Supponiamo Supponiamo altresì, per A fissare fissare le idee, idee, che che il sistem sistemaa sia bivariante . Sian Sianoo xA variabilii 1 e y1 le due variabil indipendenti che ne caratterizzano lo stato A1 . Si consideri consideri ora un secondo sistema B stema B,, anch’esso bivariante anch’esso bivariante , il cui stato B stato B 1 sia rappresentato dalle grandezze B di stato xB inter1 e y1 . Si supponga ora di porre a contatto i due sistemi con interposta una parete diatermica (Fig.2.1) che ne conserva l’identità permettendo, contemporaneamente, una interazione di tipo termico come già si è detto. Si osserva sperimentalmente che i due sistemi non permangono nello stato iniziale ma, interagendo mutuamente attraverso la parete diatermica, evolvono nella direzione che annulla annulla tali interazion interazioni. i. Gli stati finali raggiunti raggiunti sono di equilibrio per ciascuno dei due sistemi e le coppie di variabili di stato che li caratterizzano non terizzano non sono sono indipendenti dovendo esprimere l’equilibrio ( detto ( detto equilibrio equilibrio termico) dell’insieme dell’insieme dei due sistemi sistemi interagen interagenti. ti. Il legame viene stabilito dal Principio Zero della Termodinamica il quale a ff erma erma che esiste per qualunque sistema termodinamico in equilibrio una grandezza di stato chiamata temperatura. L’uguaglianza della t emperatura emperatura è condizione condizione necessaria necessaria e su ffi ciente per ffi ciente l’equilibrio termico. termico. Sulla Sulla base del princip principio io zero per i due sistem sistemii A e B di Fig. 2.1 si possono possono scrivere le equazioni di stato seguenti: A f ( f (xA 2 , y2 ) = T
e
B g (xB 2 , y2 ) = T
che costituiscono il legame cercato. La temperatura è è misurabile . Allo scopo è necessario necessario fissare una scala, scala, una unità unità e una serie serie di regole regole che che ne consen consenton tonoo la misura misura.. Per Per far ciò si farà farà riferimento ancora al principio al principio zero della zero della termodinamica. Si è visto, infatti, che
16
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
se è dato un sistema A in uno stato di equilibrio di cui si voglia conoscere la temperatura, è sufficiente mettergli a contatto un secondo sistema B mediante B mediante una parete diatermica. Allorché l’equilibrio termico è stato raggiunto il sistema B sarà B sarà caratterizzato dalla medesima temperatura di A (in virtù del principio zero) e da un certo numero di grandezze di stato (il cui numero e la cui natura dipendenti dal sistema considerato) che si sono portate dai valori relativi allo stato iniziale iniziale a quelli quelli relativi allo stato finale di equilibrio. equilibrio. Supporremo Supporremo che il sistema B sistema B abbia abbia caratteristiche tali da non indurre variazioni apprezzabili nello stato iniziale di A e quindi quindi delle delle variabi ariabili li di stato stato tempera temperatur turaa com compre presa. sa. Il sistema B B verrà denominato termometro e una qualsiasi delle sue variabili di stato, che indichiamo indichiamo genericame genericamente nte con X , caratteristica caratteristica termometrica termometrica . Le restanti (una sola se B se B è è bivariante) assumono valori costanti e definiti. Il legame funzionale T = T ( T (X ) tra la caratteristica termometrica X e la temperatura T temperatura T viene viene denominata funzione denominata funzione termometrica . Questa funzione è del tutto arbitraria e per essa si può ipotizzare una struttura semplice del tipo: T = aX La costante a può essere determinata associando convenzionalmente un valore della temperatura ( temperatura (T T rif rif ) a un assegnato valore della caratteristica termometrica (X rif Anche questa associazione associazione è del tutto arbitraria arbitraria sebbene sia utile tenere rif ). Anche presente la facile riproducibilità dello riproducibilità dello stato di riferi riferimen mento to per ovvi ovvi motivi. motivi. Si avrà allora: T rif rif T rif da cui a = rif = aX rif rif X rif rif e infine: T =
X T rif rif X rif rif
L’equazione precedente definisce una scala della temperatura. Lo stato di riferimento mento riconosciut riconosciutoo come punto fisso standard standard della termometria termometria è il cosiddetto cosiddetto punto triplo dell’acqua. dell’acqua. Esso si riferisce alla coesistenza, coesistenza, in equilibrio, equilibrio, dei tre stati di aggregazione aggregazione dell’acqua: dell’acqua: solido liquido liquido e aeriforme. Alla temperatura temperatura di questo stato si attribuisce, convenzionalmente, il valore di 273,16 K (gradi Kelvin ) per cui: X T = T = 273. 273.16 (2.2) X rif rif Il grado Kelvin, che rappresenta l’unità di misura della temperatura nel S.I., è definito come la 1 la 1//273 273,, 16 16 parte parte di quella del punto triplo dell’acqua. Anche per il termometro si può adottare, in linea di principio, un sistema termodinamico qualsiasi sebbene nella pratica risulta comodo riferirsi ad una sostanza pura monofase (bivariante). Un gas chiuso in un recipiente (v=cost) che varia la sua pressione, varia anche la sua temperatura (essendo questa una variabile di stato). Quindi si può scrivere che: T = T ( T ( p) p) v = cost = cost
2.3. GRANDEZZE DI STA STATO E EQUAZIONI DI STA STATO
17
Serbatoio di mercurio
h Capillare
Bulbo Indice
Figura 2.2: Termometro a gas Allo stesso modo, un liquido in un capillare, a pressione costante, che varia il suo volume (ovvero la sua lunghezza L) L ) varia anche la sua temperatura: T = T ( T (L)
p = cost = cost
Un resistore elettrico per una prefissata geometria cambia la sua resistenza R con la temperatura: T = T ( T (R) Per ognuno dei termometri considerati si potrà scrivere una relazione analoga alla (2.2). Così per il termometro a gas a volume costante: p T = T = 273. 273.16 prif Per il termometro a liquido a pressione costante: 273.16 T = T = 273.
L Lrif
T = T = 273. 273.16
R Rrif
Per il termometro a resistenza:
E’ semplice, a questo punto, verificare che tutti i termometri così costruiti se segnano lo stesso valore di T in T in prossimità di 273.16 di 273.16 K, indicano valori diversi in ogni altra condizione essendo diverso in generale il legame che la caratteristica termometrica ha termometrica ha con la temperatura. Ne consegue che: T = f (X,Termometro (X,Termometro))
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
18
O2 ) P ( T
Aria N 2 H 2 P Figura 2.3: Termometro a gas
Quindi, per la corretta definizione di una scala delle temperature è anche necessario fissare, oltre ad uno stato di riferimento, anche un termometro di riferimento. Il termometro in parola è quello a gas a volume costante (vedi Fig.2.2). Il motivo risiede nelle seguenti osservazioni sperimentali: • Si misuri una temperatura con un termometro a gas a volume volume costante. costante. Si otterrà: otterrà: p T ( p) p) = 273. 273.16 prif ′
′
′
• Si manometta ora il termometro diminuendo la massa di gas nel bulbo e quindi la pressione di riferimento prif . Se or ora si si eff ettua ettua ancora la medesima misura precedente si trova: ′′
′′
p T ( p) p) = 273. 273.16 prif ′′
′′
Si eff ettuino ettuino ulteriori misure della stessa temperatura in corrispondenza di volumi di gas contenuti nel bulbo sempre più piccoli e quindi di pressioni di riferimento sempre minori. Si osserva che i valori T , T , T , . . . pur . pur se riferiti ad una stessa temperatura temperatura sono diversi . Per Per un termom termometr etroo a gas a volum volumee si può aff ermare ermare che: T = T ( T ( p, prif ) ′
′′
′′′
Se la medesima misura viene ripetuta con il medesimo termometro contenente, però, un gas diverso dal primo, le nuove temperature di ff eriscono eriscono non solo tra di loro ma anche dai dati della serie precedente come chiaramente mostrato dalla Fig.2.3. Fig.2.3. Si dovrebbe, dovrebbe, quindi, scrivere scrivere che: che: T = T ( T ( p, prif , gas) gas)
2.3. GRANDEZZE DI STA STATO E EQUAZIONI DI STA STATO
19
Dalla medesima figura si osserva, tuttavia, che la dipendenza della temperatura misurata dal gas e dalla pressione di riferimento si attenua man mano che la massa del gas posto nel termometro (e con esso la pressione) diminuisce. Sembra anzi che se p se p gas → 0 il termometro misura la medesima temperatura qualunque sia il gas impiegato. Si ha cioè: T = T ( T ( p) p) Questo Questo com comport portame amento nto,, com comune une a tutti tutti i gas in condiz condizion ionii limite limite ( p → 0), viene viene attribu attribuito ito ad un ipoteti ipotetico co gas, non riscon riscontrab trabile ile in natura natura,, denomi denominanato gas ideale . Si usa usa defini definire re temperatur temperatura a del gas ideale ideale quella che si ottiene dall’equazione: p T = T = 273. 273.16 lim prif →0 prif Notiamo che sia la definizione della scala della temperatura del gas ideale, sia delle modalità operative di misura sono legate, come si è appena visto, alle proprietà generali dei corpi in fase gassosa. Nel seguito vedremo che è possibile introdurre introdurre una scala delle temperature temperature indipendente indipendente da qualunque qualunque sostanza. Il termometro a volume costante a gas rappresenta il campione assoluto. Il suo uso, tuttavia, tuttavia, è delicato delicato e riservato riservato a laboratori laboratori specializzati. specializzati. Per tale motivo è stata introdotta una scala internazionale pratica delle temperature (SIPT) costituita da una serie di temperature, determinate con estrema precisione mediante il termometro a gas, relative ad altrettanti stati facilmente riproducibili (punti tripli, punti di fusione o di ebollizione normali di sostanze pure) e da un insieme di regole che indicano indicano come interpolare tra i punti fissi. Rispetto Rispetto a questa questa scala ogni termometro termometro secondario deve deve essere tarato. Oltre alla scala assoluta della temperatura termodinamica (che verrà a suo tempo discussa), quella del termometro a gas (o del gas ideale) ampiamente illustrata in precedenza e alla SIPT, sono in uso anche altre scale empiriche empiriche che utile ricordare. Scala Celsius . Utiliz Utilizza za una unità unità di misura misura (il grado grado Celsiu Celsiuss o centig centigrad rado) o) la cui ampiezza ampiezza coincide con il grado Kelvin. Kelvin. Essa è definita mediante mediante due punti fissi: fissi: quello quello del punto punto triplo triplo dell’acq dell’acqua ua (0 ( 0, 01 01gradi gradi centigradi = 273, 273, 16 gradi Kelvin) e quello del vapore d’acqua che condensa a pressione atmosferica (100 ( 100 gradi centigradi = centigradi = 373, 373, 16 16 K). K). Si ha: T ( T (K) = T ( T (C) + 273. 273.15
(2.3)
Scala Fahrenheit . E’ molto usata nei paesi anglosassoni anglosassoni ed è definita definita anch’essa mediante gli stessi due punti fissi della scala Celsius a cui, però, sono associati valori diversi (punto triplo: 32 32 F; F; vapore d’acqua a pressione atmosferica: 212 F). Il grado Fahrenheit quindi è più piccolo di quello Celsius essendo lo stesso intervallo di temperatura espresso da 212 da 212 − 32 = 180 F 180 F e da 100 da 100 gradi gradi centigradi. Si ha quindi che 1 che 1F F = = 100/ 100/180 = 5/ 5/9 C. In definitiva: 9 T ( T (F) = 32 + T ( T (C) 5 5 [ T ((F) − 32] T ( T (C) = [T 9
(2.4)
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
20
Scala Rèamur . E’ usata soprattutto in Francia e definita ancora con i soliti due punti fissi a cui sono per associati rispettivamente 0 e 80 R. Ne risulta che il grado Rèamur è più grande di quello centigrado e, quindi, del grado F. Con riferimento al grado centigrado si avrà che: T ( T (R) = 4/5T ( T (C)
(2.5)
Scala Rankine . E’ utilizzata, utilizzata, al pari di quella quella Fahrenhei Fahrenheitt nei paesi anglosassoni. anglosassoni. Essa è una scala assoluta al pari della scala Kelvin (entrambe hanno lo zero a 273..15 15 C) C) ma a diff erenza erenza di questa presenta come unità di misura il grado −273 Fahrenheit. In altri termini il legame tra la scala Rankine e la scala Farhrenheit è analogo a quello esistente tra la scala Kelvin e Centigrada. Si ha infatti che: T ( T (R) = T ( T (F) + 459. 459.67 essendo lo zero assoluto pari a −459 459..67 67 F. F. Tenendo conto della prima delle 2.4 si ricava il legame tra la scala centigrada e Rankine: T ( T (R) = 1.8T ( T (F) + 491. 491.67 Un confronto visivo tra le scale di temperatura su riportate è mostrato in Fig.2.4. K
°F
°R
°C 283.15
10
278.15
5
273.15
0
509.67
50
500.67
41
491.67
32
Figura 2.4: Scale di Temperatura
2.4
Le trasf trasform ormazi azioni oni ter termodin modinamic amiche he e le grangrandezze di processo
Un sistema che permane indefinitamente in condizioni di equilibrio termodinamico presenta presenta scarso interesse interesse per le finalità finalità proprie proprie della Termodinami Termodinamica ca Applicata. Applicata. E’ più utile, utile, al contrario, contrario, che che il sistema sistema compia una una trasformazione termodinamica termodinamica che lo porti da uno stato di equilibrio A (detto stato iniziale le della trasformazione) ad uno stato di equilibrio B B (detto stato finale finale della trasformazione). Durante una trasformazione:
2.4. 2.4. LE TRASF TRASFORM ORMAZI AZIONI ONI TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE E LE GRAND GRANDEZZE EZZE DI PROCE PROCESSO SSO 21 21 1. variano, variano, in generale, generale, tutte le grandezze grandezze di stato del sistema; 2. si manifestano scambi di energia, nelle sue varie forme, tra il sistema e l’ambiente attraverso la frontiera. Si hanno diff erenti tipologie erenti tipologie di trasformazioni. Una prima classificazione distingue tra: 1. trasformazio trasformazione ne aperta aperta , quando lo stato iniziale stato iniziale A è A è diverso diverso da da quello finale quello finale B. Se si indica con X X una grandezza di stato qualsiasi essa subisce, in conseguenza della trasformazione, una variazione pari a X B − X A che dipende solo dagli stati iniziale e finale della trasformazione e non non dalla trasformazione stessa; 2. trasformazio trasformazione ne ciclica (o ciclo) ciclo ) se, al contrario, lo stato iniziale coincide de con quello finale (A ( A ≡ B ). Ne conseg consegue ue che, che, essendo essendo X A = X B , è nulla nulla la variazione di una qualunque variabile di stato prodotta dalla trasformazione trasformazione ciclica . L’esperienza mostra che per indurre un sistema in equilibrio termodinamico a compiere una trasformazione è sufficiente creare, tra sistema ed ambiente e/o all’interno dello stesso sistema, uno squilibrio delle variabili di stato intensive (pressione e temperatura ). temperatura ). Tuttavia, uttavia, le modalità seguite per produrre i suddetti suddetti squilibri squilibri hanno ripercussioni ripercussioni su questioni questioni di primaria primaria importanza. importanza. Pensiamo, solo per fissare le idee, ad un corpo solido (il ( il sistema ) che si trovi in equilibrio termico con un fluido un fluido che che lo lambisce (l’ambiente ( l’ambiente ). ). La temperatura di ogni punto del sistema è pari a quella, T f fluido. Se si vuole vari variare are f 1 , del fluido. la temperatura del sistema è sufficiente variare la temperatura T f del fluido. f Immaginiamo, ad esempio, che al tempo t tempo t 1 la T la T f venga variata istantaneamente f da T da T f f 1 a T f f 2 > T f f 1 . Ora è semplice convincersi del fatto che, mentre la temperatura dei punti del sistema immediatamente a contatto con il fluido assumono valori uguali a quella del fluido stesso, i punti interni aumentano la propria con ritardi ritardi temporali crescenti crescenti con la distanza distanza dalla frontiera. frontiera. Con la temperatura temperatura variano, da punto a punto e nel tempo, le altre grandezze di stato del sistema. Partendo dall’istante t dall’istante t 1 il sistema percorre una trasformazione che dura fino all’istante t2 allorché la temperatura di ogni punto interno al sistema si porta al valore T f Nell’interv rvallo allo di tempo tra l’istante l’istante t1 (prima del quale f 2 > T f f 1 . Nell’inte il sistema era in equilibrio) e l’istante t2 (dopo il quale il sistema è ancora in equilibrio) il sistema attraversa stati di non di non equilibrio equilibrio per i quali non è possibile possibile parlare di valori univoci valori univoci delle delle variabili di stato riferiti al sistema nel suo insieme. Quindi, Quindi, nel corso della trasformazione trasformazione ipotizzata, ipotizzata, è impossibile impossibile descrivere il sistema in modo sintetico (come vuole la Termodinamica classica) dalla conoscenza dei valori valori di un numero limitato numero limitato di variabili di stato ognuno riferito al sistema nel suo insieme. Un discorso analogo analogo vale anche anche in presenza presenza di squilibri di pressione. pressione. Si pensi ad un cilindro adiabatico munito di pistone mobile, anch’esso adiabatico, adiabatico, che racchiude un fluido (il (il sistema ) in equilibrio in equilibrio meccanico con un altro fluido esterno al cilindro (l’ambiente (l’ambiente ). ). In tali ipotesi, il valore della della pressione pressione all’interno all’interno
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
22
del pistone è uguale uguale a quello p1 che regna regna nel fluido fluido estern esterno. o. Si immagini, immagini, al tempo t tempo t 1 di comprimere il gas variando istantaneamente il valore della pressione esterna da p da p 1 a p 2 > p1 . In conseguenza di ciò la pressione all’interno del sistema si porterà istantaneamente al valore finale p finale p 2 nei punti della massa fluida a contatto con la superficie del pistone, mentre nei punti più lontani dal pistone l’aumento della pressione si presenterà con ritardi temporali crescenti con la distanza distanza dalla superficie mobile. mobile. Con la pressione pressione variano, variano, da punto a punto punto e nel tempo, le altre grandezze di stato del sistema. Partendo dall’istante t dall’istante t 1 il sistema percorre una trasformazione che dura fino ad un istante t2 allorché ogni punto interno al sistema si porta ad un valore unico della pressione pari a p a p 2 > p1 . Tra l’istante t l’istante t 1 (prima del quale il sistema era in equilibrio) equilibrio) e l’istante l’istante t t 2 (dopo il quale il sistema è ancora in equilibrio) il sistema attraversa stati di non equilibrio non equilibrio per i quali non è possibile parlare di valori univoci valori univoci delle delle variabili di stato riferiti al sistema nel suo insieme. Ancora una volta si osserva che, nel corso della trasformazione, è impossibile descrivere impossibile descrivere il sistema in modo sintetico (come vuole la Termodinamica classica) dalla conoscenza dei valori valori di un numero limitato numero limitato di variabili di stato ognuno riferito al sistema nel suo insieme. Per non rinunciare alla comodità derivante della descrizione sintetica adottata per i sistemi in equilibrio termodinamico si potrebbe pensare ridurre la ridurre la velocità con cui viene provocato lo squilibrio di temperatura e di pressione necessario per indurre il sistema a trasformarsi. Si riconsideri il processo di riscaldamento e si immagini di variare la temperatura del fluido da T da T f a T f f 1 a T f 2 in due step. Nel primo, la temperatura venga variata da T da T f valore T f m intermedio tra T tra T f e T f f 1 , ad esempio, al valore T f 1 e T f 2 e si attenda un tempo sufficiente perché si raggiunga una condizione di equilibrio termodinamico con il sistema alla temperatura uniforme T uniforme T f m . A questo punto punto si procede, in modo del tutto analogo, con il secondo step portando il sistema dalla temperatura T temperatura T fm fm alla temperatura T temperatura T f f 2 . Così facendo, il massimo valore dell’indeterminazione della temperatura all’interno del sistema è pari a (T ( T f f 2 − T f f 1)/2. Se si opera realizzando n do n passi l’indeterminazione massima della temperatura è ( è (T T f /n. Non f 2 − T f f 1 )/n. è complicato convincersi che un risultato del tutto identico si ottiene pensando di condurre per passi una trasformazione di espansione o di compressione. Se si fa tendere all’infinito all’ infinito il il numero dei passi 3 : • tende a zero la velocità velocità della trasformazione; • tende a zero la di la di ff erenza tra erenza tra i valori che le variabili di stato intensive presentano tra punto e punto; in tal modo il sistema attraversa, nel corso della trasformazione, infiniti stati di quasi equilibrio infinitamente prossimi. Una trasformazione condotta secondo le modalità appena descritte si dice quasi statica . E’ appena il caso di precisare che una trasformazione quasi statica, principalmente per la sua infinita lentezza, non trova riscontro nel mondo reale. Ciò 3
Ovvero sino ad un numero sufficientemente elevato da garantire che le di ff erenze erenze di temperatura all’interno del sistema siano, ad esempio, dello stesso ordine di grandezza degli errori di misura o dello spessore della linea che rappresenta la trasformazione su un diagramma.
2.4. 2.4. LE TRASF TRASFORM ORMAZI AZIONI ONI TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE E LE GRAND GRANDEZZE EZZE DI PROCE PROCESSO SSO 23 23
F S ds
p
v
Figura 2.5: Lavoro di espansione o di compressione nonostante, la trasformazione quasi statica rappresenta un’utile schematizzazione almeno per due motivi: a) esistono a) esistono situazioni in cui la trasformazione reale avviene secondo modalità che molto approssimano quelle di una trasformazione quasi statica4 ; b) nei casi in cui ciò non si verifica, il ricorso alla trasformazione quasi statica consente di ricavare, in modo relativamente agevole, risultati che costituiscono un utile riferimento per la corrispondente trasformazione reale.
2.4.1 2.4.1
Trasfor rasforma mazio zioni ni quasi quasi static statiche he con scambi scambi di lavo lavoro ro termodinamico
Sempre l’esperienza mostra che durante una trasformazione si manifesta costantemente un stantemente un trasferimento di energia tra il sistema e l’ambiente attraverso la frontiera la frontiera . Se gli squilibri prodotti tra sistema e ambiente riguardano la pressione sione e la frontiera è deformabile e adiabatica , si ha trasferimento di energia solo sotto forma di lavoro di lavoro 5 . Il lavoro a cui si sta facendo riferimento si trasferisce dall’ambiente al sistema o viceversa in conseguenza della deformazione della frontiera frontiera dovuta dovuta all’applicazio all’applicazione ne di una forza di pressione. pressione. Si parla in questo caso di di lavoro termodinamico o di lavoro di lavoro di variazione di volume 6 . 4
L’elevata velocità con cui una variazione di pressione si propaga all’interno di una massa gassosa (la velocità del suono nel gas è dell’ordine delle centinaia di m/s) fa sì che la variazione della pressione avvenga istantaneamente in ogni punto della massa fluida (i tempi di rilassamento mento sono enormeme enormemente nte piccoli). piccoli). Per tale motivo i rapidi rapidi processi reali di compress compressione ione e di espansione di un gas possono essere approssimati a processi quasi statici a fronte di una insignific insignificant antee perdita perdita di precisione precisione nei risultati. risultati. Ciò non si verifica verifica nei processi di riscaldariscaldamento e di raff reddamento. reddamento. La ridotta velocità con cui si propaga il calore in una massa fluida (specialmente gassosa), ovvero il lungo tempo di rilassamento, procura diff erenze erenze significative di temperatura tra punto e punto del sistema nel corso di una trasformazione reale. 5 Ricordiamo che in Fisica il lavoro è definito come il prodotto scalare di una forza per lo spostamento del punto di applicazione della forza stessa. 6 Vedremo a suo tempo che i sistemi aperti hanno, in genere, il contorno rigido e scambiano lavoro con l’esterno attraverso sistemi collegati ad un albero ruotante (turbine, compressori, ventilat ventilatori). ori). In questo caso si parla di lavoro all’asse o di lavoro tecnico.
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
24
p 2
1
l v2
v1
v
Figura 2.6: Significato geometrico del lavoro in un piano di Clapeyron Si consid consideri eri il sistem sistemaa costit costituit uitoo dall’ dall’unità unità di massa di un gas racchiuso all’interno di un cilindro a pareti rigide rigide munito di pistone mobile pistone mobile senza peso e di area S (vedi S (vedi Fig.2.5); supporremo che: a) la superficie del cilindro e del pistone siano adiabatiche in modo da poter ritenere assenti interazioni di tipo termico e b) che b) che il sistema sia in equilibrio termodinamico sotto l’e ff etto etto della forza F forza F 7 . Siano p Siano p e v la pressione ed il volume specifico del sistema. Il gas può essere fatto espandere dal volume v a v + dv + dv semplicemente diminuendo la forza antagonista F F di una quantità dF . dF . In consegue conseguenza nza dell’e dell’e-spansione, il pistone subisce uno spostamento ds = dv/S verso verso l’alto e poiché il sistema esercita sul pistone una forza pari a p · S · S esso cede una quantità di energia sotto forma di lavoro pari a:
δℓ = pdv = pdv
(2.6)
esprimibile attraverso le variabili di stato p e v. Per una trasformazi trasformazione one finita quasi statica statica tra uno stato iniziale 1 ( p1 , v1 ) ed uno stato finale 2 ( p2 , v2 ) il lavoro di espansione fatto dal sistema è dato dall’integrale: v2
ℓ =
v1
pdv
J kg
(2.7)
L’equazione appena ricavata permette il calcolo del lavoro ceduto dall’unità di massa del sistema nel corso di un processo quasi statico di espansione purché sia noto il percorso il percorso seguito dalla trasformazione ovvero, in un piano di Clapeyron, la funzione p funzione p = = p p((v). La (2.6) e la (2.7), benché benché ottenute ottenute per un caso particolare particolare,, hanno validità generale. In maniera del tutto analoga e nelle medesime ipotesi si sarebbe potuto incrementare di dF dF la forza F provocando F provocando una compressione infinitesima con il volume specifico che passa da v a v − dv. dv. In questo questo caso il lavoro lavoro è è ricevuto 7
Non è necessario specificare la natura di F . La forza antagonista può essere dovuta ad un peso e/o all’attrito. all’attrito. E’ importante importante solo che ci sia.
2.4. 2.4. LE TRASF TRASFORM ORMAZI AZIONI ONI TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE E LE GRAND GRANDEZZE EZZE DI PROCE PROCESSO SSO 25 25 p
p
(a)
(b) 2
2
1
1
l (-)
l (+) v2
v1 p
v1
v p
(c)
v
v2
v
(d)
l (+)
v1
v2
l (-)
v2
v1
v
Figura Figura 2.7: Lav Lavoro oro scambiato scambiato nel corso di trasformazio trasformazioni ni aperte e cicliche cicliche dal sistema e può essere ancora espresso, a meno del segno, segno, mediante la (2.6) e per una trasformazione di compressione finita, sempre a meno del segno, vale la (2.7). In un diagramma di stato p stato p − v la (2.7) acquista il noto significato geometrico: il lavoro ℓ compiuto dall’unità dall’unità di di massa di un sistema quando passa dallo stato 1 stato 1 allo stato 2 stato 2 è è rappresentato dall’area racchiusa dall’asse delle ascisse, le isocore v = v1 e v = v2 e la curva che rappresenta rappresenta la trasformazione trasformazione (Fig.2.6). (Fig.2.6). Dalla (2.6) si vede che, essendo p sempre positiva, il segno di ℓ dipende dal segno di dv. dv. Quindi: > 0 ℓ > 0
se
dv > 0
ℓ < 0 < 0
se
dv < 0
Diremo perciò che è positivo il lavoro ceduto dal sistema e negativo il lavoro ricevuto dal ricevuto dal sistema. Ritornando al diagramma di Clapeyron, il lavoro mostrato in Fig.2.7 Fig.2.7,a è è positivo, quello in Fig. 2.7,b 2.7, b negativo. Il lavoro scambiato nel corso di una trasformazione una trasformazione ciclica è ciclica è dato dall’integrale circolare non circolare non nullo: nullo : ℓ =
δℓ
Per una trasformazione ciclica reversibile reversibile l’integrale precedente può essere calcolato mediante la: ℓ =
pdv
(2.8)
che, che, in un piano di Clapeyr Clapeyron, on, misura l’area l’area racchiusa racchiusa dalla trasformazio trasformazione ne ed assume valore positivo o negativo a seconda del verso di percorrenza del ciclo. ciclo. E’ facile facile verifi verificar care, e, infatt infatti, i, che che il lavoro lavoro compiuto compiuto in un ciclo ciclo chiuso chiuso è
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
26
positivo se il ciclo viene percorso in senso orario, orario, negativo nel caso contrario (vedi Fig.2.7,c,d Fig.2.7,c,d ). ). Da quanto detto finora, emerge chiaramente che: 1. il lavoro termodinamico termodinamico non non è una proprietà del sistema 8 . E’ sbagli sbagliato ato,, pertanto, pertanto, parlare parlare di variazione variazione di lavoro lavoro;; è corret corretto, to, inve invece, ce, parlare parlare di quantità di lavoro trasferita tra il sistema e l’ambiente (o viceversa) durante una trasformazione. Si è voluto enfatizzare quanto appena a ff ermato ermato indicando il lavoro infinitesimo ceduto dal o al sistema con δℓ con d ℓ δ ℓ e non con d con cui si usa indicare il di ff erenziale erenziale di una funzione (in Termodinamica la variazione infinitesima di una funzione di stato: dV , dV , dT d T ,, dp). dp ). 2. il lavoro lavoro termodi termodinam namico ico è una grande grandezza zza di proc processo esso nel sens sensoo che che si presenta solo nel corso di una trasformazione; 3. il lavoro lavoro termodinamico termodinamico dipende dipende dal dal percorso seguito dalla trasformazione stessa; al contrario la variazione di una grandezza di stato dipende solo dagli stati estremi estremi della trasformazione; trasformazione;
2.4.2
Trasforma rasformazion zionii quasi static statiche he con scamb scambii di calore calore
Se tra sistema ed ambiente vengono prodotti squilibri di temperatura e la frontiera è diatermica e indeformabile , il sistem sistemaa subisc subiscee una trasfor trasformaz mazion ionee nel corso della quale si osserva trasferimento, tra sistema e ambiente o viceversa, di energia sotto forma di calore di calore . Il calore, in e ff etti, etti, è una forma di energia che si manifesta solo manifesta solo in in presenza di una di ff erenza erenza di temperatura e si trasferisce, spontrasferisce, spontaneamente 9 , dal corpo a più alta temperatura a quello a più bassa temperatura ovvero, all’interno di uno stesso corpo, dalla regione a più alta temperatura alla regione a più bassa temperatura. A solo titolo di esempio si consideri un sistema di massa unitaria , in equilibrio termico alla temperatura T temperatura T ,, separato dall’ambiente da una superficie che supporremo indeformabile e diatermica . Si immagini immagini ora di modificare la temperatura dell’ambiente portandola, ad esempio, da T a T + dT . dT . E’ esperie esperienza nza corrente che il sistema si porterà dallo stato di equilibrio iniziale ad uno stato di equilibrio equilibrio finale con l’ambien l’ambiente te circostante. circostante. Nel corso del processo ci sarà trasferimento dall’ambiente (alla temperatura più alta) al sistema (a più bassa temperatura) di una quantità di calore infinitesima che, per unità di massa del sistema, indichiamo con δ q q . Per una trasformazione finita quasi statica che porti l’unità di massa del sistema da uno stato iniziale 1 (alla temperatura T temperatura T 1 ) ad uno finale 2 (alla temperatura T temperatura T 2 > T 1 ), la quantità di calore globalmente ricevuta dal sistema è pari a: 2 J (2.9) δ q q = = q kg 1
8
Se così fosse l’integrale espresso dalla (2.8) dovrebbe essere nullo I processi spontanei , o naturali , sono quelli che avvengono in natura senza necessità di un intervento esterno. 9
2.4. 2.4. LE TRASF TRASFORM ORMAZI AZIONI ONI TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE E LE GRAND GRANDEZZE EZZE DI PROCE PROCESSO SSO 27 27 Assumeremo, per convenzione, positiva la positiva la quantità di calore ricevuta calore ricevuta dal dal sistema. Agli stessi risultati si giunge considerando considerando una trasformazion trasformazionee quasi statica finita che porti il sistema da una temperatura T 1 ad una temperatura T 2 < T 1 . In questo caso il calore q espresso espresso dalla (2.9) transita dal sistema all’ambiente circostante e viene convenzionalmente assunto negativo. negativo. Del calore q calore q per per unità di massa può essere trasferito, al netto, netto, al o dal sistema sistema anche nel corso una trasformazione ciclica quasi statica . In questo caso q caso q è è dato dall’integrale circolare non circolare non nullo: nullo : q = =
δ q q
J kg
(2.10)
ed è positivo positivo o negativo negativo a seconda del verso di percorrenza percorrenza del ciclo. Da quanto sopra si può dedurre che: 1. il calore non è non è una proprietà del sistema 10. E’ sbagliato sbagliato parlare di variavariazione di calore; è corretto,invece, parlare di quantità di calore trasferita tra il sistema e l’ambiente (o viceversa) durante una trasformazione. Si è voluto enfatizzare quanto appena aff ermato ermato indicando una quantità di calore infinitesima con δ q q ee non con dq con dq con con cui si usa indicare il di ff erenziale erenziale di una funzione (dV (dV ,, dT , dT , dp). dp ). 2. il lavoro è una grandezza di processo processo nel senso che si presenta solo nel corso di una trasformazio trasformazione; ne; 3. la quantità di calore trasferita tra sistema ed ambiente ambiente durante una trasformazione dipende dal percorso dal percorso seguito dalla trasformazione stessa. Fatte salve alcune eccezioni, è esperienza corrente che la somministrazione di calore ad un sistema o, al contrario, la cessione di calore da parte di un sistema provoca, rispettivamente, l’aumento o la diminuzione della temperatura del sistema stesso in una misura che dipende dal sistema. Si definisce capacità termica C C di un sistema di massa m il m il rapporto tra la quantità di calore δ Q scambiata dal sistema nel corso di una trasformazione infinitesima e la corrispondente variazione di temperatura: δ Q C = = dT La capacità capacità termica termica C C di di un sistema: 1. si misura in
J K nelle
unità del sistema internazionale;
2. è una grandezza grandezza estensiv estensivaa dipendendo dalla massa ( δ Q = m = m δ q q ); ); 3. dipende dal dal sistema; sistema; 4. dipende, dipende, in generale, generale, dalla temperatura; temperatura; 5. dipende dalla trasformazio trasformazione ne dipendendo dalla trasformazio trasformazione ne il calore scambiato. 10
Se così fosse l’integrale espresso dalla (2.10) dovrebbe essere nullo
28
CAPITOLO CAPITOLO 2. CONCETTI CONCETTI DI BASE E DEFINIZIONI DEFINIZIONI
Legato alla capacità Legato capacità termica termica è il calore calore specifico specifico che costituisce costituisce la capacità capacità termica termica dell’unità dell’unità di massa: δ q q c = (2.11) dT Il calore specifico presenta la medesime proprietà della capacità termica, ma si J misura in kgK . Consideriamo due stati generici 1 generici 1 e 2 2 appartenenti a due distinte isoterme, una alla temperatura temperatura T T e l’altra alla temperatura T + dT . dT . Poic Poiché hé posso possono no essere infinite le trasformazioni impiegabili per portare il sistema dallo stato 1 allo stato 2 , sono ugualmente infiniti i valori del calore specifico attribuibili al sistema sistema considerato. considerato. Inoltre, Inoltre, l’esperienza l’esperienza mostra che i calori specifici specifici possono assumere anche valori negativi il che significa che, nel corso di taluni processi, il sistema si riscalda pur cedendo calore ed in altri, al contrario, si ra ff redda redda pur assorbend assorbendoo calore calore.. Sebbene Sebbene da un punto punto pratic praticoo siano siano cv e c p quelli di maggiore interesse in conseguenza dell’importanza applicativa che rivestono le trasformazioni isocore trasformazioni isocore e e isobare isobare , una spiegazione dell’ampia variabilità del calore specifico specifico sarà illustrata nel seguito. seguito.
Capitolo 3
Le proprietà termodinamiche delle sostanze pure 3.1
Gli Gli stati stati di aggreg aggregaz azio ione ne della della mat mater eria ia
E’ esperienza comune che, in assegnate condizioni termodinamiche, una sostanza pura pura può presentarsi in diff erenti erenti stati di aggregazione aggregazione detti detti anche anche fasi 1 . Si parla di fase fase solida solida , liquida e aeriforme 2 . Ciascu Ciascuna na di esse esse presen presenta ta proprie proprie peculiarità. La fase La fase solida solida è caratterizz caratterizzata ata da forze di coesione rilevanti. rilevanti. Le particelle elementari, pertanto, si presentano l’una accanto all’altra, più o meno ordinate, ed oscillano intorno intorno ad un punto fisso senza però spostarsi spostarsi liberamente. liberamente. Per tali motivi un solido ha forma e volume propri. Nello stato Nello stato liquido l’energia liquido l’energia delle particelle è più elevata che nello stato solido: esse non sono legate saldamente e, pur non potendo allontanarsi come nello stato aeriforme, scivolano le une sulle altre rompendo legami tra loro e formandone di nuovi in continuazion continuazione. e. Un liquido, pur avendo un proprio volume, volume, non ha forma propria ed assume la forma del recipiente che lo contiene. La fase La fase aeriforme è costituita costituita da molecole molecole indipendenti indipendenti l’una dall’altra, dall’altra, dotate di energia cinetica cinetica e soggette soggette ad un movimento movimento del tutto disordinato. disordinato. La mancanza di azioni reciproche tra le molecole fa sì che esse, nel loro insieme, assumano la forma e il volume del recipiente che le contiene. E’ esperienza corrente, inoltre, che in appropriate condizioni termodinamiche possano coesistere due fasi in equilibrio. Si pensi, ad esempio, ad acqua liquida in cui galleggiano pezzi di ghiaccio. Allo stesso modo è possibile osservare stati 1
Per fase si intende una porzione omogenea di materia dotata di propietà chimico-fisiche invariabili (o variabili con continuità) e confini ben definiti 2
Meno conosciuto, sebbene di gran lunga più comune nell’universo, è lo stato di plasma. Esso Esso è stato stato ricono riconosci sciuto uto come come tale tale solo solo in tempi tempi recen recenti ti grazie grazie allo allo svilup sviluppo po delle delle teorie teorie atomiche e ha importanza per particolari applicazioni che esulano dai nostri interessi.
29
CAPITOLO LO 3. LE PROPR PROPRIET IETÀ À TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE DELLE DELLE SOST SOSTANZE ANZE PURE PURE 30CAPITO di equilibrio termodinamico in cui coesistono, in equilibrio, tutti e tre gli stati di aggregazione.
3.2
Il diagr diagram amma ma p-vp-v-T T per una una sosta sostanz nza a pura pura
v = vC
T
M
p
p = pC o d i u q i l
C
H
+ o d i l o S
E F B D
N O Li q q u ui i d d o o + v a a p p o o r re
A
S o l li i d o d o + v a a p p o o r re
Q
T = T C
Linea del punto triplo
v
Figura 3.1: Superficie p − v − T per T per una sostanza pura L’equazione L’equazione di stato F ( F ( p, v, T ) T ) = 0 di una sostanza sostanza pura chimicament chimicamentee inerte ed in equilibrio termodinamico è determinata per via sperimentale ed è rappresen rappresentabile tabile graficamente graficamente da una superficie superficie su un diagram diagramma ma di stato stato tridimensionale p tridimensionale p − v − T il T il cui andamento tipico è mostrato in Fig.3.1. Su di essa sono individuabili individuabili diverse diverse zone. Alcune Alcune si riferiscono riferiscono al sistema sistema monofase monofase come la zona della fase solida (S), (S), quella della fase liquida (L) ed, infine, della fase aeriforme. Quest’ultima, a seconda della zona sul diagramma, presenta caratteristiche diff erenti erenti per cui è prassi parlare della zona del vapore (V), (V), del gas (G) e del fluido (F) 3 . Altre si riferiscono alla coesistenza di due fasi in equilibrio. Si ha così la zona del liquido+vapore del liquido+vapore , quella del solido+liquido del solido+liquido e quella del solido+vapore . Esiste Esiste una una linea linea (linea (linea del punto triplo) triplo ) i cui punti rappresentano gli stati termodinamici nei quali coesistono i tre stati solido, liquido ed aeriforme. Una linea come la A la A − B − D − E − F − H rappresenta rappresenta una isobara una isobara (il (il luogo dei punti con p con p = = cost cost), ), mentre una curva come la M la M − N − O − Q una isoterma una isoterma (il luogo dei punti con T = cost) cost) . Una isoterma isoterma particolare particolare è quella passante passante 3
Come si vede per T > T C la sostanza sostanza non può esistere esistere allo stato liquido. In particolare, particolare, per p < pC siamo in presenza di gas, mentre per p > p C di fluido. Per Per T < T C la sostanza può esistere allo stato aeriforme (vapore ) se la pressione è bassa oppure allo stato liquido se la pressione è su fficientemente elevata.
3.3. I SISTEMI MONOF MONOFASE ASE E IL DIAGRAMMA DIAGRAMMA P-T
31
per il punto C punto C (punto critico) critico ) detta isoterma detta isoterma critica . Essa giace nel piano p − v e presenta, presenta, in corrispondenz corrispondenzaa del punto punto triplo, un flesso. flesso. Pertanto Pertanto l’isoterma l’isoterma critica deve rispettare le due condizioni seguenti: ∂ p ∂ v
T =T C
=0
∂ 2 p ∂ v 2
=0
(3.1)
T =T C
L’isobara che passa per il punto critico ( p ( p = = p p C ) è detta, analogamente isobara analogamente isobara critica .
3.3
I siste sistemi mi mon monof ofas ase e e il diag diagra ramm mma a p-T p-T
Proiettando la superficie p superficie p − v − T di T di Fig.3.1 sul piano p piano p − T si T si ottiene il grafico mostrato in di Fig.3.2 detto anche diagramma delle fasi . In esso sono visibili le zone di esistenza dei sistemi mono-fase le quali sono racchiuse dalle tre curve seguenti: • La curva di sublimazione o di brinamento (a-t ) che si estende verso le basse temperature ed i cui punti rappresentano stati di equilibrio di un sistema bifase solido+vapore bifase solido+vapore . • La curva La curva di fusione o di solidificazione (t-b) t-b ) i cui punti rappresentano stati di equilibrio di un sistema bifase solido+liquido bifase solido+liquido.. Essa Essa si estend estendee verso le alte pressioni (finora si sono raggiunte alcune decine o centinaia di migliaia di atmosfere). • La curva curva di vaporizzazione di vaporizzazione o di condensazione (t-c ) i cui punti rappresentano stati di equilibrio di sistemi bifase liquido+vapore . Essa Essa si esten estende de fino al punto critico caratterizzato da una ben precisa coppia della temperatura e della pressione (temperatura pressione (temperatura critica e pressione critica) propria della particolare sostanza. Il punto t t da cui si dipartono le curve di cambiamento di fase rappresenta lo stato ( stato ( p pt , T t) in cui possono sussistere in equilibrio i tre stati aggregati ed è detto punto triplo. triplo. Esso al pari del punto critico è caratteristico della sostanza. Alla sinistra della curva a-t-b si trova la zona di esistenza della fase solida ; a destra della curva a-t-c a-t-c il dominio di esistenza della fase gassosa gassosa e tra le curve t-b e t-c t-c quello della fase liquida . La limitat limitataa estens estension ionee della della curva curva di vaporizzazione rende in un certo senso arbitraria la suddivisione in zone cui si è fatto fatto prima prima riferime riferimento nto.. Così Così la zona del liquido liquido è limita limitata ta dalla curva curva di fusione e dall’isoterma critica e la stessa isoterma critica rappresenta il confine tra la fase vapore fase vapore (la (la fase aeriforme caratterizzata da p < pc e T < T c che come tale può essere condensata sia diminuendo la temperatura che aumentando la pressione) pressione) e quella gassosa vera e propria. Più precisamente precisamente la regione del gas è caratterizzata da T > T c e p < p c . Così un gas può essere sempre condensato diminuendone la temperatura. La zona con T con T > T c e p e p > pc racchiude uno stato
CAPITOLO LO 3. LE PROPR PROPRIET IETÀ À TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE DELLE DELLE SOST SOSTANZE ANZE PURE PURE 32CAPITO p e b n s io fu i d SOLIDO va r u c
pc
FLUIDO
c
isobara critica
LIQUIDO t
pt
a
o n e i o z z z a z p o r i a v i a d c u r v VAPORE
d i a n e r v i o c u m a z i b l s u
T t
a c i t i r c a m r e t o s I
T c
GAS
T
Figura 3.2: Diagramma p Diagramma p − T di T di una sostanza pura che presenta presenta caratteristiche che non permettono di stabilire una distinzione netta tra gas tra gas e liquido. liquido. Si parla così di zona del fluido. fluido. Le curve di sublimazione (o di brinamento) e di vaporizzazione (o condensazione) hanno sempre pendenza positiva. Ciò significa che la pressione che caratterizza lo stato di un sistema bifase solido-vapore o liquido-vapore è una funzione monotona crescente con la temperatura. Al contrario, la curva di fusione (o di solidificazione) può presentare, a seconda della sostanza, una pendenza positiva o negativ negativa. In particolare, particolare, la pendenza pendenza è positiva positiva quando la solidificazione solidificazione avviene con aumento di densità (diminuzione di volume) ed è negativa quando la solidificazione avviene con diminuzione di densità (aumento di volume)4 . L’interesse pratico per i sistemi monofase monofase di una sostanza pura pura è rivolto a processi e sistemi che coinvolgono prioritariamente le regioni del gas e del vapore.
3.4 3.4
Il gas gas per perfetto etto
L’osservazione sperimentale del comportamento dei gas (che costituiscono un fluido termodinamico) termodinamico) inizia intorno intorno al XVII secolo. secolo. Tali osservazioni osservazioni originaoriginarono una serie di conclusioni che si concretizzarono in alcune leggi importanti che sono qui riassunte: riassunte: 1. Leg Legge ge di Boyle e Mariotte: Mariotte: a temper temperatur atura a costante, costante, il volume di un gas varia inversamente alla pressione . Con riferim riferimen ento to all’unit all’unitàà di massa si ha: 1 v ∝ (3.2) p 4
L’acqua, L’acqua, unitamente unitamente a poche altre sostanze, sostanze, si espande espande solidificando solidificando.. Se così non fosse i ghiacci ghiacci si deporrebbe deporrebbero ro sul fondo degli degli oceani dove costituireb costituirebbero bero ghiacciai ghiacciai perenni impedendo lo sviluppo della vita e dell’evoluzione delle attuali specie viventi.
3.4. 3.4. IL GAS GAS PERFE PERFETTO TTO
33
p T = T 2 p = p 2 v = v2
p = p2
X
(II)
T = T 1 p = p 2 v = v X
2
(I)
T = T 1 p = p 1 v = v1
1 v
Figura 3.3: Gas perfetto o anche in altra forma: ( pv) pv)T = cost = cost = f f 1 (gas) gas)
(3.3)
Ciò vuol dire che, per un dato gas, presi due stati qualsiasi 1 e 2 2 purché caratterizzati dallo stesso valore della temperatura, i valori della pressione e del volume volume ad essi relativi relativi (v ( v1 , p 1 , v 2 , p 2 ) non sono indipendent indipendentii ma sono legati dalla relazione: p1 v1 = p 2 v2 Inoltre dalla (3.3) deriva che in un piano di Clapeyron una trasformazione isoterma è rappresentata da un ramo di iperbole (essendo p sempre positiva). 2. Legge Legge di Gay-Lussa Gay-Lussac: c: riscalda riscaldando ndo un gas a pressio pressione ne costante costante,, il volume volume del gas aumenta con la temperatura . Ancora Ancora per l’unità l’unità di massa si può scrivere: v ∝ T (3.4) ovvero
v T
p,gas
= cost = cost = f f 2 (gas) gas)
(3.5)
dove T rappresenta rappresenta la temperatura, in gradi K, misurata da un termometro a gas ideale. ideale. Così, Così, presi due stati stati qualsias qualsiasii 1 e 2 caratterizz caratterizzati ati dalla medesima pressione, i relativi valori del volume e della temperatura (v ( v1 , T 1 , v 2 , T 2 ) non sono indipendenti ma legati dalla relazione: v1 v2 = T 1 T 2 In un diagramma T,v diagramma T,v una trasformazione isobara è rappresentata da una retta passante per l’origine. l’origine.
CAPITOLO LO 3. LE PROPR PROPRIET IETÀ À TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE DELLE DELLE SOST SOSTANZE ANZE PURE PURE 34CAPITO Si considerino, ora, due stati qualsiasi 1 qualsiasi 1 e 2 di 2 di un certo gas su di un diagramma di Clapeyron (vedi Fig.3.3) e si passi da 1 a 2 2 mediante: • una trasformazione trasformazione isoterma isoterma (I) (I) che porti il sistema da 1 (a temperatura T = T 1 ) ad uno stato intermedio X con p = p2 . Lo stat statoo X X è quindi caratterizzato p caratterizzato p 2 , vX , T 1 ; • una trasformazione trasformazione isobara isobara (II) (II) che che porti il sistema da X a 2 . Per le predette trasformazioni è possibile scrivere rispettivamente le leggi di Boyle e Mariotte: p1 v1 = p 2 vX (T = T 1 ) e di Gay-Lussac:
vX v2 = ( p = p = p p 2 ) T 1 T 2 Eliminando v Eliminando v X dalle precedenti si ottiene: p1
v1 v2 = p 2 T 1 T 2
e poiché i punti punti scelti sono qualsiasi, qualunque sia lo stato di un gas di parametri di stato p stato p,, v,T potrà scriversi: v T
p
gas
= cost
La costante a secondo membro dell’equazione precedente non dipende dallo stato del gas ma solo dalla sue proprietà ed è denominata, per questo motivo, costante motivo, costante del gas . Essa varia, varia, quindi, quindi, da un gas all’altro all’altro e viene comuneme comunemente nte indicata indicata con R con R . L’equazione L’equazione precedente precedente può essere essere scritta perciò: ′
′
pv = pv = R R T
(3.6)
che nota sotto il nome di equazione di equazione di Clapeyron e Clapeyron e rappresenta l’equazione di stato del gas. Alcune precisazioni sono doverose. Le leggi di Boyle e Gay-Lussac che hanno permesso di ricavare l’equazione (3.6) sono, come si è detto, di natura sperimentale e sono dedotte dallo studio del comportamento dei gas alle basse pressioni. Ci si chiede a questo punto quanto quanto le relazioni relazioni che abbiamo abbiamo qui impiegato rispecchiano il comportamento e ff ettivo ettivo di un gas. Verific erifiche he con strume strument ntii ad alta precis precision ionee hanno hanno mostrat mostratoo che, che, a rigore, rigore, anche per pressioni basse, il comportamento dei gas di ff erisce erisce da quello descritto dall’equazio dall’equazione ne di Clapeyron. Ciò nonostante nonostante sembra sembra chiara una tendenza: tendenza: la (3.6) approssima sempre meglio il comportamento del gas al diminuire della sua densità cioè quanto più grande è il volume che il gas ha a disposizione per una data massa, ovvero ovvero quanto più l’interazi l’interazione one molecolare è limitata limitata alle collisioni collisioni recipr reciproch oche. e. Un gas che segue rigorosam rigorosamen ente te la (3.6), (3.6), che che com comee tale tale è quindi quindi una astrazione, si dice gas perfetto e la (3.6) è detta equazione di stato di un gas perfetto. perfetto. Sebbene Sebbene un’astrazion un’astrazione, e, esistono vari vari motivi validi validi per introdurre introdurre il concetto e lo studio di un gas perfetto:
3.4. 3.4. IL GAS GAS PERFE PERFETTO TTO p
35 v
p
T
v v
p T
T
Figura 3.4: Trasformazioni di un gas perfetto • nella nella pratic praticaa applic applicati ativ va non è raro raro tratta trattare re con gas a pressi pressioni oni relativame tivament ntee basse. basse. In tali condizio condizioni ni i calcol calcolii e ff ettuati ettuati impiegando impiegando l’equazione del gas perfetto e le sue conseguenze mostrano una su fficiente approssimazione; • il concetto concetto di gas perfetto perfetto e le sue leggi leggi sono utili quali limiti limiti di validit validitàà delle leggi dei gas reali. Da un punto punto di vista metodologico metodologico può risultare risultare spesso utile esprimere, ad esempio, alcune proprietà dei gas reali partendo da quella del gas ideale ed apportando una correzione commisurata alle relative imperfezioni. ′
Ulteriori considerazioni riguardano la valutazione della costante R e più esattamente la sua dipendenza dalle proprietà del gas a cui si riferisce. E’ possibile dimostrare che vale la: R M = R ′
La costante R costante R è quindi valida per ogni gas ed è denominata costante universale dei gas . La (3.6) si trasforma allora nella: pv = pv = o più in generale: pV =
R T M
m RT = nRT M
(3.7)
′
che evidenziano evidenziano la semplice semplice dipendenza di R dal gas. Il valore di R può essere valutato una volta per tutte, ad esempio per via sperimentale, determinando il volume molare per assegnati valori della pressione e temperatura (per altro arbitrari) di un gas qualunque. Ne risulta che: R = 8.314
Pa m3 J = mol K mol K
dove con mol si è indicato la mole della specie gassosa il cui valore è rappresentato dalla massa molecolare espressa in grammi in grammi . E’ interessante considerare a questo punto l’andamento delle trasformazioni quasi statiche isoterme (T ( T = cost), cost),
CAPITOLO LO 3. LE PROPR PROPRIET IETÀ À TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE DELLE DELLE SOST SOSTANZE ANZE PURE PURE 36CAPITO isobare ( p ( p = cost) cost) e isocore (V (V = cost) cost) nei diversi diagrammi di stato: p − v ; p − T ; T ; v − T . T . • Diagramma Diagramma di stato stato p − v (Fig.3.4,a (Fig.3.4,a ). ). Poiché p = p =
RT 1 M v
una isoterma è rappresentata in un punto p punto p − v da una iperbole equilatera equilatera tanto più alta quanto più alta è la temperatura. • Diagramma Diagramma di stato stato p − T T (Fig.3.4,b (Fig.3.4,b ). Poiché: p = p =
R M · · v
T
le isocore sono rappresentate da un fascio di rette passanti per l’origine con un coefficiente angolare che decresce al crescere del volume. • Diagramma Diagramma di stato stato v − T (Fig.3.4,c ). ). Analogamente si ricava che: T (Fig.3.4,c v =
R M · p · p
T
Ne deriva che le isobare sono rappresentate da un fascio di rette passanti per l’origine con un coe fficiente angolare decrescente al crescere di p. p . Il lavoro conseguente ad una variazione di volume del gas ideale nel corso di una trasformazione isoterma trasformazione isoterma quasi quasi statica vale: v2
L =
v1
RT pdv = pdv = M
v2
v1
dv RT v 2 = ln v M v1
Per un processo isobaro processo isobaro si ottiene facilmente che: v2
L = p = p
dv = dv = p p (v2 − v1 )
v1
Per un processo caratterizzato dalla legge pvk = cost che, come si vedrà, corrisponde ad una trasformazi trasformazione one adiabatica adiabatica quasi quasi static staticaa di un gas ideale ideale,, si ottiene: k v p2 v2 − p1 v1 p1 v1 p2 k −1 L = pdv = pdv = = 1−k 1−k p1 v
1
3.5
2
−1
I gas reali reali e la legge legge degli degli stati stati corr corrispon isponden denti ti
Per pressioni pressioni superiori a qualche qualche decina di bar il comportamen comportamento to di un gas reale si discosta da quello di un gas perfetto in misura non tollerabile per le usuali applicazioni dell’ingegneria. Tale scostamento è dovuto principalmente al fatto
3.5. I GAS REALI E LA LEGGE DEGLI STA STATI CORRISPONDE CORRISPONDENTI NTI
37
Tabella 3.1: Costanti dell’equazione di van der Waals per alcune sostanze Sostanza a b × 103 Sostanza a b × 103 m6 Pa/kg 2 m3 /kg m6 Pa/kg2 m3 /kg Elio 850..64 850 11.76 Ossigeno 152..40 152 1.06 Argon 85 85..4 0.81 Azoto 72 72..72 0.89 Idrogeno 6093.08 6093. 13.2 Cloro 130..86 130 0.79 Metano 886..97 886 2.67 Amminiaca 503..45 503 1.28 An. Carbonica 404..24 404 1.42 Acqua 1908. 1908.74 1.79
che le particelle hanno un volume proprio e presentano nella realtà interazioni molecolari molecolari non nulle nulle le quali crescono crescono all’aumentare all’aumentare della pressione. pressione. Sono state proposte numerose equazioni che possono rendere conto del comportamento dei gas non ideali. Per una raccolta esaustiva ed una discussione critica si rimanda ai testi consigliati5 . Nel seguito viene discussa la sola equazione di stato di Van der Waals (1873) sia per pure ragioni storiche, ma anche perché porta in modo quasi naturale al principio principio degli stati corrispondenti. corrispondenti. Van der Waals ha modificato modificato l’equazione l’equazione di stato dei gas perfetti (3.6) come segue: a p + 2 (v − b) = R ′ T (3.8) v I termini
a v2
e b hanno lo scopo di tenere conto:
• del volume proprio delle molecole . Allo Allo scopo si può ipotizz ipotizzare are in prima approssimazione che, a temperatura costante, la pressione p pressione p → ∞ quando il volume tende ad assumere quello proprio delle molecole. Questa condizione è ottenuta sostituendo il volume specifico v specifico v presente nella (3.6), con il termine v termine v − b dove b dove b è detto covolume detto covolume ;; • delle forze di attrazione molecolare . Si ipotizza che che le forze di attrazione attrazione molecolare presentano risultante nulla sulle molecole poste all’interno della massa gassosa mentre presentano risultante non nulla e diretta verso l’interno della massa gassosa nei riguardi delle particelle poste nelle vicinanze del recipiente che contiene il gas. Tutto va come se il gas presentasse una pressione pressione più elevata elevata rispetto a quella del gas perfetto a parità di ogni altra condizione in una misura che cresce al crescere del numero di particelle presenti nell’unità di volume (densità) ovvero al diminuire del volume specifico. Le due costanti a e b, al pari di R′ , sono sono caratte caratteris ristic tiche he del gas e sono sono determinate sperimentalmente (vedi Tab.3.1). 5
Si veda ad esempio M. Felli, Lezioni di Fisica tecnica - Volume I: Termodinamica, Macchine , Impianti, Morlacchi Editore, Perugia, 1998, pp. 68-75
CAPITOLO LO 3. LE PROPR PROPRIET IETÀ À TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE DELLE DELLE SOST SOSTANZE ANZE PURE PURE 38CAPITO E’ interessante, tuttavia, tentare di determinare le costanti a, a , b in b in modo tale che la (3.8) verifichi le condizioni (3.1). Allo scopo si ricava che:
∂ p ∂ v ∂ 2 p ∂ v 2
R′ T c
=−
2
(vc − b) 2R′ T c
T =T C
=
(vc − b)3
T =T C
+
−
2a 2 a =0 vc3
(3.9)
6a =0 vc4
le quali, risolte, forniscono: forniscono:
a = 3 pc vc2 ; b =
1 vc 3
(3.10)
Poiché la (3.8) deve valere al punto critico: a pc + 2 vc
(vc − b) = R ′ T c
si può eliminare eliminare il volume critico. critico. Allo scopo si pongano le (3.10) nell’equazion nell’equazionee precedente; si ricava: 3 R′ T c vc = 8 pc
(3.11)
Se, allo stesso modo, le costanti a costanti a e b si pongono nella (3.8) si ottiene: 3 pc vc2 p + v2
ovvero:
pc pv 1 + 3 p
1 v − vc = R = R ′ T 3
vc v
2
1−
1 vc = R = R ′ T 3 v
(3.12)
Il rapporto vc/v si ottiene dividendo ambo i membri della (3.11) per v: vc 3 R′ T c 3 pR 1 = = v 8 vp c 8 T R Z
(3.13)
nella quale si è indicato con p con pr = ppc e T r = T T c la pressione la pressione ridotta e e la temperatula temperatupv ra ridotta rispettivamente ridotta rispettivamente e con Z con Z = R T il cosiddetto fattore cosiddetto fattore di compressibilità il quale, per come è definito, assume costantemente valore unitario per un gas perfetto e o ff re re una misura qantitativa della deviazione del comportamento di un gas reale dal quello ideale. Sostituendo Sostituendo la (3.13) nella (3.12) si ottiene con semplici passaggi: ′
pr Z − 1 + 8T r 3
Z 2 +
27 pr 27 p2r − Z =0 64 T r2 512 T r3
3.6. I SISTEMI BIFASE, BIFASE, IL DIAGRAMMA DIAGRAMMA P-V E I VAPORI VAPORI SATURI SATURI
39
L’equazione precedente fornisce, una volta risolta, i valori del co fficiente di compressibilità Z in Z in funzione delle due sole grandezze adimensionali pr e T r (vedi Fig.3.5). Osserviamo immediatamente che: a) l’equazione a) l’equazione precedente discende direttamente dall’equazione di stato di Van der Waals e b) non contiene contiene alcuna grandezza che faccia esplicito riferimento ad una particolare specie chimica. Si può pertanto concludere che due che due qualsiasi gas presentano gas presentano comportamento simile in condizioni termodinamiche equidistanti dalle condizioni critiche (ossia uguali valori della pressione pressione ridotta e della temperatura ridotta). 3.0 2.0
Z , à t i l i 1.0 b i 0.8 s s e r 0.6 p 0.5 m o 0.4 c i d 0.3 e r o 0.2 t t a f 0.1 0.1
1.4 1.6 2 3 4 6 8 10 15
1.0=Temperatura ridotta
0.7
0.75
1.3
0.8
15 1.6 2.0 1.4 1.0
1.2 1.15 1.1 1.05 1.03 1.01
0.9
0.5 0.6
0.9
1.2 0.7
1.1
Z
1.0
0.8
Tr = 0.8 0.9
1.0=Temperatura ridotta
0.2
0.3 0.4
0.6 0.8 1
2
3
4
0.7 0
0.1
6
8 10
0.2
0.4
0.3
pressione ridotta
20
30 30
pressione ridotta, ridotta, pr
Figura 3.5: Fattore di compressibilità Z in Z in funzione della pressione ridotta p r e della temperatura ridotta T ridotta T r .
3.6 3.6
I sist sistem emii bifa bifase se,, il diagr diagram amma ma p-v p-v e i vapori apori saturi
L’esperienza mostra che in particolari condizioni un sistema monofase può trasformarsi in uno polifase (bi-trifase) in cui, cioè, coesistono più fasi in equilibrio. La trasformazio trasformazione ne è detta cambiamento detta cambiamento di fase . A ciascun ciascun cambiamento cambiamento di fase è consuetudine consuetudine associare una dizione precisa (vedi (vedi Fig.3.6). Si definisce fusione definisce fusione e solidificazione , rispettivamente, la transizione dalla fase solida a quella liquida e viceversa. Per evaporazione evaporazione si intende il passaggio dalla fase liquida a quella gassosa; la trasformazione contraria si dice condensazione . La sublimazione sublimazione identifica il passaggio diretto dalla fase solida a quella aeriforme. Il passaggio inverso si chiama brinamento, brinamento, ma talora è indicato anch’esso come sublimazione. Quale che sia il cambiamento di fase, esso è sempre associato ad un trasferimento di calore denominato genericamente calore genericamente calore di trasformazione intendendo trasformazione intendendo con ciò la quantità di calore necessaria per far cambiare di stato l’ unità di di massa di una certa sostanza pura (kcal/kg ( kcal/kg ovvero kJ/kg ). ). E’ caratter caratterist istico ico della della sostanza e, per una certa sostanza, varia con la temperatura assumendo valore
CAPITOLO LO 3. LE PROPR PROPRIET IETÀ À TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE DELLE DELLE SOST SOSTANZE ANZE PURE PURE 40CAPITO
LIQUIDO
L I Q U E F A Z I O N E
N E I O S U F
E N I O Z A I C F D I
I S O L
E V A
P O
SUBLIMAZIONE
R A Z I O N E AERIFORME
SOLIDO
BRINA INAMEN TO
Figura 3.6: Cambiamenti di fase nullo in corrispondenza della temperatura critica (vedi Fig.3.7). Esso è positivo (viene fornito al sistema dall’ambiente) nella sublimazione, fusione e vaporizzazione e viene reso, nella stessa misura, dal sistema all’ambiente (negativo) nel corso delle trasformazioni contrarie (brinamento, solidificazione e liquefazione).
3000
] g
i k 2000 / d J e [ t e n e n o t a i z l a e z r i z o r l a o 1000 C p a v
0 0
100
200 Temperatura [°C]
300
Punto Critico
400
Figura 3.7: Calore latente di vaporizzazione dell’acqua Nonostante la cessione o l’assorbimento di calore di trasformazione, l’esperienza mostra che nel corso di un cambiamento di fase la temperatura resta temperatura resta costante (purché la pressione la pressione resti resti costante). Per questo motivo si usa parlare di calore latente calore latente per distinguerlo distinguerlo da quello quello sensibile che, sensibile che, come accade usualmente, provoca una variazione di temperatura. Per lo studio dei processi che prevedono cambiamenti di fase, risulta più utile riferirsi al diagramma di fase nel piano di Clapeyron ottenibile dalla proiezione della superficie di Fig.3.1 su un piano p − v (Fig.3.8). In esso sono identificabili, infatti, sia le zone di esistenza della fase singola sia quelle di esistenza dei sistemi in equilibrio equilibrio bifase. In quest’ultimo quest’ultimo caso, essendo il sistema sistema monova monovarian riante, te, per
3.6. I SISTEMI BIFASE, BIFASE, IL DIAGRAMMA DIAGRAMMA P-V E I VAPORI VAPORI SATURI SATURI
41
p F c
S + L
S
a
isobara critica
L o r tu a s o i d u q li
v a p o r e s a t u r o
L + V
G i s o t e r m a c r i t i c a
V linea del punto triplo
S + V
b
v
Figura 3.8: Diagramma p Diagramma p − v di una sostanza pura una data temperatura restano assegnate, tra l’altro, la pressione di saturazione e i volumi specifici delle singole singole fasi. Il volume specifico specifico della miscela (che si legge sulle ascisse del diagramma di stato p − v ) è funzione della composizione della miscela miscela stessa, ovvero delle masse delle singole fasi. Allo scopo di determinare determinare tale dipendenza si osserva che per un sistema bifase: V M M = V 1 + V 2 essendo il volume una grandezza estensiva. Dividendo per la massa della miscela si ottiene: ottiene: V 1 V 2 vM = + mM mM e, tenuto conto che V che V 1 = m = m 1 v1 e V 2 = m2 v2 , si ha: vM =
m1 m2 m1 mM − m1 v1 + v2 = v1 + v2 mM mM mM mM
dove si è tenuto conto del principio di conservazione della massa (m ( mM = m 1 + m Introducendo il titolo il titolo del componente 1 (x (x = /mM ) si ottiene in definim2 ). Introducendo tiva: vM = x · v1 + (1 − x) · v2 = v 2 + x · (v (v1 − v2 ) 1
Dalla equazione precedente si ricava anche che: x =
vM − v2 v1 − v2
(3.14)
dalla quale si vede che il titolo è esprimibile graficamente come rapporto di segmenti segmenti da leggersi leggersi direttamente direttamente sul diagramma diagramma di stato. Particolare interesse viene riservato in Termodinamica agli stati di equilibrio bifase liquido-vapore i quali sono rappresentati dai punti sotto la curva a curva a ′ − c − b detta curva di Andrews dal Andrews dal nome di colui che ne iniziò lo studio sistematico (vedi Fig.3.9). Essa culmina nel punto critico. A sinistra di esso (tratto a ′ − c)
CAPITOLO LO 3. LE PROPR PROPRIET IETÀ À TERMOD TERMODINA INAMIC MICHE HE DELLE DELLE SOST SOSTANZE ANZE PURE PURE 42CAPITO p Isoterma critica
T = T o t a d d e r f o f d a r i o u t t q i o L s
c vapore saturo secco ps (T) Liquido saturo + vapore saturo saturo (vapore umido)
liquido saturo
x = 0.0 a’
0.1
0.2
0.3
0.4
Gas
Vapore surriscaldato
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
b x = 1
v
Figura Figura 3.9: Sistemi Sistemi liquido-v liquido-vapore. apore. Andament Andamentoo delle isotitolo si estende la curva detta del liquido saturo (titolo in vapore x = 0) mentre alla destra (tratto a − c) quella detta del vapore saturo secco (titolo in vapore x = 1). Nella Nella medesi medesima ma figura figura sono sono riportat riportatee le curve curve isotitolo isotitolo determin determinate ate ¯ mediante l’impiego della (3.14). Consideriamo una certa temperatura (T ( T = T ) T ) e indichiamo con p con p s la pressione del vapore saturo corrispondente. Un vapore alla pressione p pressione p s il cui stato sia rappresentato da un punto qualsiasi alla destra della curva del vapore saturo secco si trova costantemente ad una temperatura più alta di quella relativa al vapore saturo alla stessa pressione. E’ per questo motivo che la zona tratteggiata nel diagramma di Fig.3.9 è detta anche zona del vapore surriscaldato. surriscaldato. In manier manieraa del tutto analoga, analoga, è possibi possibile le vedere vedere che un liquid liquidoo alla pressione di saturazione p saturazione p s il cui punto rappresentativo sia localizzato alla sinistra della curva del liquido saturo si trova costantemente ad una temperatura più bassa di quella quella relativ relativaa al liquid liquidoo saturo saturo alla stessa stessa pression pressione. e. La zona tratteggiata nello stesso diagramma di Fig.3.9 è detta, perciò, zona del liquido sottora ff reddato. reddato .
Capitolo 4
Il primo principio della Termodinamica 4.1
L’en L’ener ergia gia inte intern rna a
Si è mostrato a suo tempo che per una trasformazione ciclica ciclica di un sistema chiuso a riposo gli integrali q integrali q = = δ q q e ℓ = δℓ sono quantità in genere diverse genere diverse da zero e dipendono dalla trasformazione. L’osservazione sperimentale mostra che, per un qualunque qualunque sistema, purché chiuso e a riposo, e per una qualsiasi trasformazione purché ciclica purché ciclica , vale sempre il bilancio:
q = = δ q
δℓ
(4.1)
ossia che che nel corso di una qualsiasi trasformazione ciclica il lavoro netto scambiato tra il sistema e l’ambiente (preso con il proprio segno) uguaglia sempre il calore netto scambiato (preso con il proprio segno) . In altre parole, se il sistema riceve durante riceve durante una trasformazione ciclica, al netto al netto,, una certa quantità di calore (positiva per convenzione), deve cedere al netto, netto, durante la stessa trasformazione ciclica, una uguale quantità di lavoro (positiva per convezione). Un ciclo che opera in tal senso viene detto ciclo diretto ciclo diretto.. Allo stesso stesso modo, se il sistema sistema riceve nel corso di una trasformazione ciclica, al netto, netto, una certa quantità di lavoro (negativo per convenzione), deve cedere, nel corso della stessa trasformazione ciclica, ciclica, una uguale quantità quantità di calore (negativ (negativaa per p er convezione). convezione). Un ciclo che opera in tal senso viene detto ciclo inverso. inverso. L’osservazione sperimentale mostra, altresì, che se la trasformazione è aperta tra uno stato 1 e uno stato 2 (la 1a2 di Fig.4.1), il bilancio tra il calore ed il lavoro scambiati tra il sistema e l’ambiente circostante durante la trasformazione non chiude a zero. In altre parole si osserva costantemente che:
δ q q̸ =
1a2
1a2
43
δℓ
(4.2)
44
CAPITOLO CAPITOLO 4. IL PRIMO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
c 2
b
a 1
Figura 4.1: Energia interna Interessanti conclusioni, tuttavia, si possono trarre immaginando di riportare il sistema da 2 a 1 attraverso una trasformazione che segua un percorso ( 2b1) distinto da quello (1a (1a 2) 2) seguito dalla prima come mostrato mostrato in Fig.4.1. Fig.4.1. Anche Anche per tale ultima trasformazione, essendo aperta, si ha:
δ q q̸ =
2b1
δℓ
2b1
Tuttavia, poiché la trasformazione complessiva 1a 1 a2b1 è ciclica, vale anche la:
q + + δ q
1a2
q = = δ q
2b1
δℓ +
1a2
δℓ
(4.3)
2b1
Alla stessa conclusione si sarebbe giunti se per ricondurre il sistema da 2 a 1 si fosse impiegata una qualsiasi altra trasformazione come la 2c1 di Fig.4.1. In tale circostanza per il ciclo 1a 1 a2c1 si sarebbe scritto:
δ q q + +
1a2
δ q q = =
2c1
δℓ +
1a2
δℓ
(4.4)
2c1
Sottraendo la (4.4) dalla (4.3) si ottiene:
q − δ q
2b1
ovvero:
q = = δ q
2c1
δℓ −
2b1
δ q q − δℓ =
2b1
δℓ
2c1
δ q q − δℓ
2c1
Il risultato appena ottenuto mostra che la di ff erenza erenza δ q q − δℓ no dipende dal percorso seguito dalla trasformazione, esso dipende solo dagli stati iniziale e finale della trasformazione stessa qualunque qualunque sia il sistema (purché chiuso e a riposo) e qualunque qualunque sia la trasformazio trasformazione ne (purché (purché aperta aperta tra gli stessi stessi stati inizia iniziale le e finale) finale).. Ciò equiv equivale a dire dire che che per i sistem sistemii chiusi e a riposo esiste
4.2. L’ENTALPIA L’ENTALPIA
45
una funzione di stato u la cui variazione tra lo stato finale e iniziale di una qualunque trasformazione aperta misura esattamente il saldo netto tra quantità di calore calore e di lavo lavoro ro scambiat scambiatee nel corso della della trasfo trasforma rmazio zione ne stessa. stessa. Si può scrivere pertanto che: = u 2 − u1 = q = q − ℓ (4.5) ∆u = u e per una qualunque trasformazione trasformazione infinitesima infinitesima vale la: du = du = δ q q − δℓ
(4.6)
La funzione di stato u stato u viene viene denominata energia denominata energia interna , è estensiva e e si misura, al pari di q e ℓ, in J/kg. Come si vede, in una trasformazion trasformazionee aperta il calore fornito al sistema sistema (positivo) viene in parte restituito al mezzo circostante come lavoro (positivo) ed in parte va ad incrementare l’energia interna del sistema (du > 0). Allo Allo stes stesso so modo il lavo lavoro ro forni fornito to al siste sistema ma (negativo) negativo ) viene in parte restituito all’ambiente sotto forma di calore (negativo (negativo)) ed in parte va ad incrementare l’energia interna del sistema (du ( du > 0). 0 ). Vale la pena di evidenziare che: 1. dell’energia interna si può calcolare solo una variazione e non i relativi valori assoluti; 2. se la trasformazio trasformazione ne è quasi statica statica ed il lavoro contempl contemplato ato è solo quello conseguente ad una variazione di volume, la (4.6) si può scrivere anche come: du = du = δ q q − pdv (4.7) nella quale si è tenuto conto della (2.6). Dividendo ambo i membri della (4.7) per dT si ricava: du q dv δ q = − p dT dT dT e tenendo conto della (4.3) si ha: c =
du dv + p dT dT
(4.8)
la quale quale vale per una qualun qualunque que trasfor trasformaz mazion ionee quasi quasi static staticaa che che contem contempli pli variazioni ariazioni di temperatura temperatura e volume volume specifico. Per una trasformazione trasformazione isocora (dv = dv = 0) la (4.8) diventa: du cv = (4.9) dT v
4.2 4.2
L’en L’enta talp lpia ia
In taluni casi è utile introdurre una funzione ausiliaria, legata all’energia interna, detta entalpia. detta entalpia. Essa, con riferimento all’unità di massa, è data dall’equazione seguente: h = u = u + pv (4.10)
46
CAPITOLO CAPITOLO 4. IL PRIMO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
Vuoto
Gas
Figura 4.2: Dispositivo di Joule la quale mostra che l’entalpia, essendo funzione di grandezze di stato, è essa stessa una grandezza di stato. Inoltre, Inoltre, essendo funzione funzione di grandezze di stato estensive, sive, è essa stessa estensiv estensiva. a. La variazione variazione di entalpia per una trasformazione trasformazione infinitesima è: dh = dh = du du + + d ( pv) pv ) (4.11) che, per una trasformazione infinitesima quasi statica, vale: dh = dh = (du + pdv) pdv ) + vdp = vdp = δ q q + + vdp
(4.12)
nella quale si è tenuto conto della (4.7). Dividendo la precedente per dT si ha: δ q dh q dp = +v dT dT dT
ovvero:
dh dp (4.13) −v dT dT la quale vale per una qualunque trasformazione quasi statica che contempli variazioni di temperatura e pressione. Per una trasformazione isobara l’equazione precedente diventa: dh c p = (4.14) dT p c =
4.3
Esper Esperime imen nto di Joul Joule e
Intorno alla metà del XIX secolo Joule condusse un delicato esperimento tendente a valutare la variazione di temperatura conseguente all’espansione libera di un gas a bassa pressione. Allo scopo un gas a bassa pressione viene confinato in un recipiente a pareti rigide ed adiabatiche il quale è collegato, tramite un condotto chiuso da un rubinetto a perfetta tenuta, ad un recipiente analogo in cui è fatto il vuoto (vedi Fig.4.2). Misurata accuratamente la temperatura T temperatura T del gas, viene aperto il rubinetto consentendo al gas di espandersi liberamente nel secondo recipiente. Una volta che il nuovo stato di equilibrio è stato raggiunto
4.4. L’ENERGIA L’ENERGIA INTERNA INTERNA E L’ENTALPIA L’ENTALPIA DEL GAS IDEALE IDEALE
47
viene nuovamente misurata la temperatura del gas. Joule ha osservato di ff erenerenze di temperatura decrescenti con la pressione iniziale del gas ed ha ipotizzato che quando p quando p → 0 tende parimenti a zero la variazione di temperatura qualunque sia que sia il gas. gas. Assumi Assumiamo amo questo questo com comport portame ament ntoo com comune une ad ogni ogni gas per p che tende a zero come ideale ideale e l’espansione libera come espansione libera del gas ideale. Essendo Essendo il contenitor contenitoree adiabatico (δ q q = = 0) e nullo il lavoro raccolto nell’espansione (δℓ = 0) la (4.6) consente di concludere che du = 0, ossia che è nulla la variazione subita dall’energia interna del gas ideale in conseguenza dell’espansione libera. Inoltre, dato che la sola variabile termodiamica che non è cambiata è la temperatura si può concludere che l’energia interna di un gas ideale è funzione della sola temperatura:
u = u = u((T ) T )gas ideale
4.4
(4.15)
L’ener L’energia gia inter interna na e l’en l’entalpia talpia del del gas idea ideale le
Un gas è bivarian bivariante. te. L’energia L’energia interna interna può essere posta come funzione di due qualsiasi variabili di stato. Si ponga, ad esempio, che: u = u = u((T , v) La variazione du variazione du di di u si esprime, quindi, come il diff erenziale erenziale di una funzione di due variabili che nel caso specifico è: du = du =
∂ u ∂ T T
∂ u ∂ v
dT +
v
dv
(4.16)
T
Se il gas ha comportamento ideale si ha che: ∂ u ∂ v
=0 T
in virtù della (4.15). Di conseguenza, la (4.16) si riduce alla: du = du =
du dT
dT
(4.17)
v
e ricordando la (4.9) l’equazione precedente diventa: du = du = c c v dT
(4.18)
L’esperienza mostra che per i gas monoatomici la dipendenza di cv dalla temperatura è debole; esso, infatti, è sensibilmente costante in costante in un ampio campo di temperature ed assume un valore molto prossimo a 3/ 3 /2R′. Per i gas biatomici, invece, c invece, c v si mantiene costante alle temperature ordinarie ed pari a circa 5/ 5 /2R′ mentre a temperature più elevate tende a crescere con T . T . Per i gas poliatomici, il calore specifico a volume costante varia con la temperatura in modo diverso da gas a gas.
CAPITOLO CAPITOLO 4. IL PRIMO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
48
Dall’equazione (4.10) si ricava facilmente che anche l’entalpia di un gas ideale è funzione della sola temperatura, ossia 1:
h = h = h((T ) T )
(4.19)
Inoltre, assumendo quali variabili di stato indipendenti p e T , T , il diff erenziale erenziale dell’entalpia si scrive come: dh = dh =
∂ h ∂ T T
∂ h ∂ p
In virtù virtù della della (4.19) (4.19) il termin terminee precedente si riduce alla:
dT +
p
∂ h ∂ p
dh = dh =
T
dh dT
dp T
è costantemen costantemente te nullo nullo e l’equazione l’equazione
dT
(4.20)
p
che per la (4.14) diventa: dh = dh = c c p dT
(4.21)
L’esperienza mostra che per i gas monoatomici c p è sensibilmente costante in un ampio campo di temperature ed assume un valore molto prossimo a 5/2R′ . Per i gas biatomici, invece, il calore specifico a pressione costante si mantiene costante costante alle temperature temperature ordinarie ordinarie ed pari a circa 7 circa 7//2R′ mentre a temperature più elevate tende a crescere con T . T . Come Come pure per il calore calore specific specificoo a voluvolume costante, anche il calore specifico a pressione costante dei gas poliatomici presenta una dipendenza dalla temperatura diversa da gas a gas. Concludiamo osservando per un gas perfetto, la (4.11) si scrive come: dh = dh = du du + R′ dT la quale, tenuto conto delle (4.21, 4.18), permette di evidenziare l’esistenza di un legame tra c tra c p , c v e la costante del gas R ′ : c p − cv = R ′
4.5
(4.22)
La trasformaz trasformazione ione adiabatica adiabatica quasi quasi statica statica del gas ideale
La trasformazione adiabatica è caratterizzata dall’assenza di scambio di calore tra sistema sistema ed am ambie bient nte. e. Ciò si verifi verifica ca quando quando la front frontier ieraa del sistema sistema è 2 costituita da materiale rigorosamente impermeabile al calore . Se il sist sistem emaa è 1
Per un gas perfetto, infatti, sia l’energia interna che il prodotto pv sono funzioni della sola temperatura. 2 A suo tempo si vedrà che i materiali che consentono di simulare, a tutti gli e ff etti etti pratici, una superficie adiabatica esistono e sono detti isolanti termici .
4.5. 4.5. LA TRASF TRASFORM ORMAZI AZIONE ONE ADIABA ADIABATIC TICA A QUASI QUASI STA STATICA TICA DEL GAS IDEALE IDEALE 49 49 costituito dalla massa unitaria di gas ideale (bivariante ( bivariante ), ), la legge della trasformazione adiabatica esprime un legame tra la coppia di variabili indipendenti (ad esempio tra p tra p e v, v , p e T , T , T e v). v ). Qualora le variabili indipendenti siano p siano p e e v v,, l’equazione della trasformazione adiabatica quasi statica si ricava combinando le equazioni generali del Primo Principio della Termodinamica (4.7, 4.12) con le equazioni caratteristiche del gas ideale (4.18, 4.21). Infatti, per una trasformazione adiabatica quasi statica infinitesima valgono le: du = du = − pdv
dh = dh = vdp vdp
ottenute ponendo δ q = 0 nelle (4.7, 4.12). Le precedenti, per un gas perfetto e q = in conseguenza delle (4.18, 4.21), si modificano nel modo seguente: cv dT = − pdv
c p dT = vdp
Dividendo membro a membro la seconda per la prima delle equazioni appena ottenute si ricava: dp c p p = − dv cv v ovvero, ponendo k ponendo k =
cp : cv
dp dv = −k p v
Il valore di k , sempre positivo e maggiore maggiore dell’unità del l’unità in virtù della (4.22), dipende in generale dalla dalla temperatura. temperatura. Se si può ipotizzare, ipotizzare, come accade per le applicazioni di interesse per l’ingegneria edile, che i campi di temperatura siano relativamente ridotti, è lecito assumere k k costante. costante. In questa circostanza, circostanza, l’equazione precedente può essere integrata tra uno stato iniziale 1 iniziale 1 ( p1 , v 1 ) e uno stato finale 2 ( p2 , v 2 ). Si ottiene in definitiva che: p 2 v 2 ln = −k ln = ln p1 v1
v2 v1
−k
ovvero: p1 v1k = p 2 v2k Poiché gli stati estremi della trasformazione sono qualsiasi, si ottiene infine la: pvk = cost
(4.23)
In un diagramma p − v le trasformazioni adiabatiche sono rappresentate da dp una famiglia di curve curve ciascuna ciascuna caratterizz caratterizzata ata dal proprio proprio k. k . La pendenza dv di queste curve è: dp p = −cost cost k v−k−1 = −k dv ad v
50
CAPITOLO CAPITOLO 4. IL PRIMO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA p
< 0 δ l < δq < 0
i s o t e r m a ( d T = 0 )
> 0 δ l > δq > 0
δq = 0
i s o t e r m a ( d T = 0 )
a d i a b a t i c a
isocora (dv=0)
= 0 δ l = isobara (dp=0)
T+dT
1
T v
Figura 4.3: Calori specifici Le trasformazioni isoterme di un gas ideale ( pv ( pv = R′ T = cost) cost) nello stesso piano p piano p − v costituiscono una famiglia di iperboli equilatere ciascuna delle quali corrisponde ad un diverso valore di T con T con pendenze pari a: dp dv
p =− v T
Ne consegue che in dato punto del piano p − v , una isoterma ha una pendenza negativa più piccola di quella dell’adiabatica passante per lo stesso punto. Si lascia a chi legge verificare che se la coppia di variabili indipendenti è v , T T si ottiene: T vk−1 = cost (4.24) mentre se si sceglie p sceglie p e T , T , la (4.23) si trasforma nella: T p−
4.6
k−1 k
= cost
(4.25)
I calor calorii specific specificii alla alla luce luce del del Primo Primo Prin Princip cipio io
Si ricorda che, per definizione, il calore specifico vale: c =
δ q q
dT
=
du + δℓ dT
Senza per questo questo togliere generalità generalità ai risultati risultati ma solo per semplicità semplicità di trattazione, si consideri un gas a comportamento ideale alla temperatura T (punto T (punto 1 dell’isoterma di Fig.4.3) e si immagini di sottoporlo ad una trasformazione che
4.7. LIMITI DEL PRIMO PRIMO PRINCIPI PRINCIPIO O
51
A
B
T A
TB
Figura 4.4: Processi reali: diminuzione del livello energetico del calore lo porti ad una temperatura T temperatura T + dT . dT . Qualunque Qualunque trasformazione trasformazione che unisce un punto dell’isoterma alla tempartaura T T ad un punto qualunque dell’isoterma alla temparatura T + dT è dT è idonea allo scopo e, benché ognuna diversa dall’altra, esse sono caratterizzate da una identica una identica variazione dell’ene variazione dell’energia rgia interna. interna. Si consideri, consideri, per prima, la trasformazione trasformazione adiabatica adiabatica di Fig.4.3. Fig.4.3. Lungo questa trasformazione sformazione non vi è scambio di calore per definizione. definizione. La variazione variazione di energia interna è dovuta al lavoro di compressione ricevuto dal sistema: δ ℓad du = du = δℓ
Ne consegue che per ogni altra trasformazione che porti il sistema da T a T + T + dT si può scrivere: scrivere: δ q δ ℓad + δℓ q = = δℓ
(4.26)
Ciò premesso, è semplice comprendere che nel corso delle trasformazioni che giacciono giacciono alla sinistra sinistra dell’adiaba dell’adiabatica tica il sistema sistema riceve riceve lavoro lavoro di compressiocompressione in una misura tale che |δℓ | > |δℓ ad |. Dall Dallaa (4.2 (4.26) 6) si rica ricav va che per tali trasformazioni δ q < 0 e c < 0. 0 . Per le trasformazioni che giacciono alla destra dell’adiabatica, ma alla sinistra dell’isocora (per la quale δℓ = 0 e δ q qv = |δℓ ad |), il sistema riceve ancora lavoro, ma in una misura tale che |δℓ | < | δℓ ad |. Ne consegue consegue che in questi casi Per le trasforma trasformazio zioni ni alla destra destra dell’i dell’isoco socora ra il lavo lavoro ro è di δ q > 0 e c > 0. Per espansione (ceduto all’ambiente) e cresce via via che il punto finale della trasformazione si porta verso valori crescenti di v. v . Tra le trasformazioni alla destra dell’isocora vi è l’isobara per cui si può concludere che è sempre c p > cv .
4.7
Limit Limitii del del Pr Primo imo Pr Prin inci cipi pio o
Il Primo Principio della Termodinamica stabilisce che il calore è una forma di energia al pari del lavoro e ne a ff erma erma l’equivalenza metrologica. Consideriamo i due processi naturali seguenti ed esaminiamoli alla luce del Primo Principio della Termodinamica.
CAPITOLO CAPITOLO 4. IL PRIMO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
52
corpi A e B di Fig.4.4 sono inizialmente a temperatura T temperatura T A Processo 1 - I due corpi A e T B con T A > T B e posti all’interno di un contenitore a pareti rigide ed adiabatiche. Il sistema costituito dai due corpi non può scambiare né calore né lavoro con l’esterno ed essendo chiuso e a riposo, il primo principio prevede che la relativa energia interna sia costante: A+B
∆U
= ∆U A + ∆U B = 0
ovvero: A
∆U
= −∆U B
L’equazione precedente, conseguenza diretta del Primo Principio della Termodinamica, aff erma erma che se uno dei due corpi aumenta la la sua energia interna, l’altro dovrà diminuire dovrà diminuire la la propria della stessa quantità. Così è ugualmente ugualmente lecito ipotizzare che: A
•
< 0 (A diminuisce la propria energia interna e quindi la propria temperatura: ∆T A < 0) 0 )
•
> 0 (B aumenta la propria energia interna e quindi la propria temperatura: ∆T B > 0) 0 )
∆U
B
∆U
ma è ugualmente lecito ipotizzare che: A
•
> 0 (A aumenta aumenta la propri propriaa energi energiaa inter interna na e quindi quindi la propri propriaa temperatura: ∆T A > 0) 0 )
•
< 0 (B diminuisce la propria energia interna e quindi la propria temperatura: ∆T B < 0) 0 )
∆U
B
∆U
Nel primo caso osserveremmo che il corpo più freddo (B ( B ) si riscalda a spese dell’energia interna di quello più caldo (A ( A) che si raff redda. redda. Nel secondo secondo caso, al contrario, il corpo più caldo (A ( A) si riscalda riscalda ulteriormente ulteriormente a spese dell’energia dell’energia interna del corpo più freddo (B ( B ) che si ra ff redda redda ulteriormente. L’esperienza quotidiana ci insegna che i due processi sono in e ff etti possibili etti possibili con la diff erenza erenza che mentre il primo è spontaneo (ovvero avviene senza alcun intervento esterno), il secondo non secondo non è è spontaneo e come tale richiede un interven3 to esterno che prevede un costo. costo. Quanto Quanto appena detto può essere essere riformulato riformulato aff ermando: ermando: 1. che l’energia termica presenta presenta un livello un livello energetico tanto più elevato quanto più è elevata la temperatura a cui è disponibile; 2. che i processi processi naturali naturali (quelli (quelli spontanei) avvengono sempre nella direzione della diminuzione della diminuzione del livello energetico del calore. 3
La macchina frigorifera di casa fa eff ettivamente ettivamente questo.
4.7. LIMITI DEL PRIMO PRIMO PRINCIPI PRINCIPIO O
53
R
G
Figura Figura 4.5: Processi Processi reali: diminuzione diminuzione della qualità dell’energia dell’energia isolato R all’interno all’interno del quale si trova Processo 2 - Consideriamo un recipiente isolato R un fluido che viene mescolato da un’elica in moto sotto l’azione di un grave G. Il tutto è posto posto all’in all’inter terno no di un contenit contenitore ore a pareti pareti rigide rigide ed adiabatiche (Fig.4.5). L’insieme del contenitore R e del grave G G costituisce un sistema isolato il cui contenuto energetico totale, per il Primo Principio della termodinamica, rimane costante : R G (4.27) ∆E + ∆E = 0 con: R
R R = ∆E C + ∆E P + ∆U R = ∆U R
G
G G G = ∆E C + ∆E P + ∆U G = ∆E P
∆E ∆E
dove con E C e E P C e E P si sono indicate l’energia cinetica e potenziale rispettivamente. Sostituendo i risultati delle precedenti nella (4.27) si ottiene: G
∆E P
+ ∆U R = 0
ovvero: G
∆E P
= −∆U R
(4.28)
Il risultato appena ottenuto mostra che è lecito prevedere che sia: G
•
∆E P
< 0 (G ( G diminuisce la sua energia potenziale e quindi la sua quota)
•
> 0 (C C aumenta aumenta la propri propriaa energia energia interna interna e quindi quindi la propri propriaa temperatura)
R
∆U
ma anche che sia:
CAPITOLO CAPITOLO 4. IL PRIMO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
54
G
•
∆E P
> 0 ( 0 (G G aumenta la sua energia potenziale e quindi la sua quota)
•
< 0 (C C diminuisce la propria energia interna e quindi la propria temperatura)
R
∆U
Nel primo caso l’energia interna di R di R aumenta, aumenta, unitamente alla sua temperatura, a spese dell’energia dell’energia potenziale di G G che viene trasformata continuamente in calore calore a causa causa della presenz presenzaa di attrit attritii inter interni ni al fluido. fluido. Nel secondo secondo caso, al contrario, contrario, è l’energia l’energia potenziale di G ad G ad aumentare a spese dell’energia interna di R che si raff redda. redda. L’esperienza quotidiana ci insegna che è possibile sia la trasformazione di energia meccanica in energia termica (prima ipotesi), sia la trasformazione di energia termica in energia meccanica (seconda ipotesi). La di ff erenza erenza sostanziale è che il primo fenomeno avviene spontaneamente avviene spontaneamente mentre mentre il secondo ha bisogno di un intervento esterno4 che prevede un costo un costo.. Quanto Quanto appena detto può essere essere riformulato aff ermando: ermando: 1. che l’energia l’energia meccanica presenta presenta una qualità qualità più elevata dell’energia ter5 mica ; 2. che i processi processi naturali naturali (quelli (quelli spontanei) avvengono sempre nella direzione della diminuzione della diminuzione della qualità dell’energia. Senza esemplificare esemplificare ulteriormente ulteriormente si possono trarre alcune conclusioni conclusioni di carattere generale. Il Primo Principio Principio della Termodinam Termodinamica: ica: 1. non è in grado di prevedere la direzione direzione verso verso cui evolv evolvono ono i processi naturali in quanto quanto considera considera tutte le trasformazioni trasformazioni ugualmente ugualmente possibili. 2. consid considera era in manier manieraa simmetrica simmetrica l’energia l’energia termica e quella meccanica meccanica poiché non tiene conto né del livello né della qualità della qualità dell’energia. dell’energia. Se ne conclude l’esigenza di un ulteriore principio (Secondo ( Secondo Principio della Termodinamica ) che tenga conto sia della qualità che qualità che del livello dell’energia e del verso privilegiato secondo cui tali caratteristiche si modificano nel corso di un processo termodinamico.
4
Il motore della nostra automobile fa eff ettivamente ettivamente questo. Si usa dire anche che l’energia meccanica rappresenta una forma di energia più nobile specie e quella dell’energ dell’energia ia termica. termica. Si usa anche denominare denominare l’energia meccanica meccanica di prima specie s pecie cie . termica di seconda spe 5
Capitolo 5
Secondo Principio della Termodinamica 5.1
La conv conversione ersione dell’ dell’ene energi rgia a e le macc macchine hine
Si dice macchina dice macchina un un sistema termodinamico finalizzato alla conversione continua conversione continua dell’energia da una forma ad un’altra ovvero nella stessa forma, ma di di ff erenti erenti caratteristi caratteristiche che.. L’efficienza η con cui la macchina provvede alla conversione è misurata quantititativamente dal rapporto η tra l’energia convertita E u resa dalla macchina e l’energia E l’energia E s ricevuta dalla macchina per essere convertita: η =
E u E s
L’esperienza mostra che che la conversione conversione di E s in E u non avviene mai avviene mai integralmen integralmente con la conseguenza che η è sempre sempre minore minore dell’unità dell’unità in una misura, tuttavia, tuttavia, che dipende dalle forme di energia coinvolte. Nelle macchine non termiche, nelle quali cioè avviene la conversione continua tra forme di energia che escludono il calore, si osserva che η è molto prossimo all’unità; all’unità; la riduzione riduzione modesta deriva deriva dalla presenza presenza di fenomeni fenomeni dissipativi spontanei che provocano la conversione continua in calore della di ff erenza erenza di 1 E s − E u . Sebbene, a rigore, gli e ff etti etti dei fenomeni dissipativi non possano essere completamente eliminati, essi possono tuttavia essere fortemente attenuati; è pensabile quindi ad una macchina tecnologicamente perfetta che, eseguendo trasformazioni perfette, ossia prive ossia prive di di fenomeni che peggiorano la qualità dell’energia, possa raggiungere η ≃ 1. Le forme di energia che, eliminando i fenomeni dissipativi, consentono di essere convertite integralmente l’una nell’altra, sono dette di prima di prima specie . 1
Si pensi, ad esempio, ad un trasformatore elettrico, all’accoppiamento di ruote dentate,
ecc.
55
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
56
Al contrario, nelle macchine finalizzate alla conversione di calore in lavoro (macchine termiche ) termiche ) si osserva che η è nettamente inferiore all’unità. La causa è duplice: 1. la presenza presenza di processi processi di di degradazione dell’energia . In eff etti, etti, questa volta, oltre alla conversio conversione ne di lavoro lavoro in calore derivante derivante dalla inevitabile inevitabile presenza presenza di fenomeni dissipativi, va aggiunta la diminuzione del livello energetico del calore procurato dai trasferimen trasferimenti ti spontanei di calore sotto l’eff etto etto di diff erenze erenze finite di temperatura caratteristiche delle trasformazioni reali. 2. la parziale parziale trasformabilit trasformabilità, à, osservabile osservabile in natura, natura, di calore in lavoro lavoro in modo continuo. continuo. Del calore calore ricevu ricevuto, to, la mac macch china ina in e ff etti etti ne trasforma solo una parte restituendo la restante ad una temperatura inferiore e, come tale, non riutilizzabile direttamente nella macchina stessa. Si osserva altresì che la quantità di calore restituita è tanto più grande (il valore di η è tanto più piccolo) quanto più è bassa la temperatura a cui il calore da convertire è stato fornito alla macchina. Questa parziale Questa parziale trasformabilità è peculiare del peculiare del calore il quale, di conseguenza, si presenta come una forma di energia di qualità inferiore inferiore rispetto alle altre. E questa qualità è tanto più bassa quanto più è bassa la temperatura a cui il calore è disponibile. Per quanto appena ricordato si usa dire che il calore è una forma di energia di seconda specie . Allo scopo di eliminare eliminare ogni dubbio dubbio è bene ribadire che, pur se la macchina fosse costruita in modo perfetto e perfetto e le trasformazioni fossero condotte in modalità tali da eliminare i eliminare i processi di degradazione dell’energia, il valore di η sarebbe comunque minore dell’unità. Le trasformazioni termodinamiche, inesistenti in natura, che conservano il valore valore dell’energia dell’energia messa in gioco nel corso della trasformazione trasformazione stessa ossia avvengono senza processi di degradazione dell’energia, sono dette reversibili e la macchina che opera solo con processi reversibili è detta macchina reversibile.
5.2
Trasfor rasformaz mazion ionii revers reversibil ibilii e non rev reversibil ersibilii
Una trasformazione si dice reversibile reversibile quando avviene in modo tale che, una volta terminata, sia il sistema che l’ambiente circostante possano essere riportati nelle rispettive condizioni condizioni termodinamic termodinamiche he originarie originarie senza che ciò lasci traccia nel sistema e nell’ambiente. Se si esaminano le varie tipologie di trasformazioni naturali, naturali, è possibile possibile osserva osservare re che esse presentano presentano almeno una delle seguenti seguenti caratteristiche che le rendono irreversibili : irreversibili : 1. non sono soddisfatte le condizioni di equilibrio termodinamico (ovvero (ovvero per sistemi chimicamente inerti non sono soddisfatte le condizioni di equilibrio termico e meccanico). 2. sono presenti e ff etti etti dissipativi quali viscosità, attriti, resistenze di varia natura.
5.3. ENUNCIATO ENUNCIATO DI KELVIN-PLANCK KELVIN-PLANCK DEL SECONDO SECONDO PRINCIPIO 57 In eff etti etti una trasformazione reale trasformazione reale avviene avviene sempre con velocità finita e questo costringe il sistema ad attraversare condizioni di non equilibrio con l’ambiente esterno (irreversibilità esterna) e tra punti diversi del sistema (irreversibilità interna). Se gli squilibri riguardano la temperatura si ha trasferimento spontaneo di calore sotto l’eff etto etto di diff erenze erenze finite di temperatura e, pertanto, si ha diminuzione del livello energetico del calore. Se gli squilibri riguardano la pressione si hanno fenomeni di turbolenza ed in definitiva conversione spontanea conversione spontanea di di lavoro in calore per e ff etti etti viscosi con conseguente diminuzione della qualità dell’energia. Se si vuole che la trasformazione sia reversibile è necessario eliminare queste cause di degradazione degradazione dell’ener dell’energia. gia. Si è visto che se la trasformazio trasformazione ne è quasi statica statica il sistema passa per stati di equilibrio equilibrio termodinamico termodinamico che possono essere essere attraversati in un verso e nel verso opposto. Se sono assenti gli e ff etti etti dissipativi, tutto il lavoro messo in gioco nel corso di una trasformazione può essere messo nuovamente in gioco nella trasformazione opposta. Si può concludere pertanto che una trasformazione reversibile: 1. è quasi statica; statica; 2. non presenta fenomeni fenomeni dissipativi. dissipativi. Una trasformazione reversibile conserva la quantità e la qualità dell’energia messa in gioco e pertanto costituisce un’astrazione nel senso che non può essere realizzata lizzata nella pratica. Essa, tuttavia, tuttavia, al pari della trasformazione trasformazione quasi quasi statica costituisce un utile riferimento per le corrispondenti trasformazioni reali.
5.3
Enunc Enunciato iato di Kelvin-Planc Kelvin-Planck k del Secondo Secondo Principio
Si è ripetuto più volte che la conversione continua di lavoro in calore è spontanea . Al contrario, contrario, la conversion conversionee di calore in lavoro lavoro meccanico, meccanico, sebbene sia possibile possibile alla luce del Primo Principio, non è non è spontanea e quindi richiede la realizzazione di macchinari, appositamente concepiti, che chiamiamo macchine chiamiamo macchine termiche motrici o o a ciclo diretto. diretto. Sebbene da un punto di vista tecnico e tecnologico possano esistere diff erenze erenze anche rilevanti tra una macchina termica motrice e l’altra, da un punto di vista termodinamico esse sono sempre riconducibili ad un sistema termodinamico termodinamico (un fluido) che segue una trasformazi trasformazione one ciclica. ciclica. Il ciclo, per ragioni di opportunità realizzative, è costituito da una sequenza di trasformazioni termodinamiche ognuna delle quali avviene in un’idonea un’ idonea apparecchiatura. apparecchiatura. Se, come prassi, indichiamo con q con q la la quantità di calore che, per unità di massa, la macchina riceve macchina riceve al al netto dall’ambiente con ℓ il lavoro termodinamico che, per unità di massa, la macchina cede al cede al netto all’ambiente, il Primo Principio ci assicura che: q = = ℓ Se, per ipotesi, la macchina attua una sequenza di trasformazioni trasformazioni reversibili , si conserva anche il valore dell’energia valore dell’energia messa in gioco nelle sue varie forme.
58
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA T 1 q
1
M
q
2
T 2
Figura Figura 5.1: Macchina Macchina termica motrice Ora, poiché il processo di conversione del calore in lavoro costituisce in una valorizzazione dell’energia, valorizzazione dell’energia, non è possibile che la macchina converta in lavoro tutto il tutto il calore ricevuto; dovrà verificarsi nel corso del ciclo un qualche fenomeno spontaneo e non desiderato (detto di compenso di compenso)) il quale procuri una equivalente devaloriz devalorizzazion zazionee dell’energia dell’energia messa in gioco nelle sue varie forme. Ciò, in altri termini ed in modo conciso, è quanto a ff erma erma l’enunciato di Kelvin-Palnck del Secondo Principio: è impossibile costruire una macchina operante ciclicamente il cui unico risultato sia quello di trasformare in lavoro tutto il calore assorbito da un’unic un’unica a sorgente sorgente termica; termica; una parte di esso dovrà essere ceduto ceduto ad una temperatura più bassa di quella alla quale è stato ricevuto. Sulla base dell’enuciato di Kelvin-Planck una macchina termica motrice (vedi Fig.5.1) Fig.5.1) opera tra due sorgenti sorgenti termiche, termiche, intendend intendendoo per sorgente sorgente termica un sistema a capacità termica infinita (l’acqua di falda, l’atmosfera, il mare, i prodotti della combustione combustione di un generatore generatore di calore, ...). Dalla prima, quella a temperatura più elevata T 1, riceve il calore q 1 ; alla seconda sorgente, quella a temperatura inferiore T 2 , viene invece invece restituito restituito il calore q 2 . Per il il Prim Primoo Principio si ha che: q = q = q 1 − q 2 = ℓ Sono evidenti i processi di valorizzazione e di devalorizzazione dell’energia: trasformazione di q 1 − q 2 in lavoro netto ℓ (valorizzazione); passaggio del calore q 2 = q 1 − ℓ dalla temperatura temperatura T 1 , più alta, alla alla tempera temperatur turaa T 2 più bassa (devalorizzazione). La misura dell’efficienza con cui la macchina termica motrice opera la conversione di calore in lavoro è data dal rendimento termodinamico: termodinamico : η =
ℓ
q 1
=
q 1 − q 2 q 2 =1− q 1 q 1
il quale è compreso tra 0 e 1 ovvero tra lo 0% e il 100%. L’equazione precedente mostra inequivocabilmente che il rendimento termodinamico di una macchina
5.4. ENUNCIA ENUNCIATO TO DI CLAUSIUS CLAUSIUS DEL SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO
59
T 1 q
1
M
q
2
T 2
Figura 5.2: Macchina termica a ciclo inverso termica motrice è sempre minore di 1 anche se si ipotizzano trasformazioni reversibili e quindi si escludono fenomeni dissipativi dissipativi di qualunque genere.
5.4
Enunc Enunciato iato di di Clausiu Clausiuss del Sec Second ondo o Princip Principio io
E’ esperienza quotidiana che il calore può transitare con continuità e spontaneamente da una sorgente a più alta temperatura verso una sorgente a più bassa temperatura2 . Al contrario, il trasferimento continuo di calore da una sorgente a bassa temperatura verso una sorgente a più alta temperatura è possibile, ma non è spontaneo e quindi richiede la realizzazione di macchinari finalizzati allo scopo denominati macchine denominati macchine termiche operatrici o a ciclo inverso. inverso. Poiché il trasferimento di calore da bassa ad alta temperatura costituisce una valorizzazione dell’energia, deve verificarsi nel corso della trasformazione ciclica, un qualche fenomeno (il fenomeno di compenso) che peggiori la qualità di altra energia in gioco. gioco. Ciò è quanto quanto aff erma erma l’enunciato di Clausius: è impossibile costruire una macchina operante ciclicamente il cui unico risultato sia quello di trasferire calore da un corpo a temperatura più bassa ad uno a temperatura più elevata 3 . Si distinguono due tipologie di macchine termiche a ciclo inverso in relazione al fenomeno di compenso: 1. macchine macchine termiche termiche a compressione di vapore le vapore le quali, per il loro funzionamento, namento, debbono ricevere lavoro dall’ambien dall’ambiente te esterno; esterno; questo questo lavoro lavoro meccanico viene degradato viene degradato dalla macchina in calore (fenomeno di devalorizzazione del lavoro); lo schema di una macchina termica a compressione di vapore è mostrato in Fig.5.2. 2
In inverno l’aria di un ambiente cede con continuità calore all’aria esterna. L’enunciato di Kelvin-Planck e quello di Clausius sono del tutto equivalenti. E’ possibile dimostrare che la validità o la falsità del primo comporta la validità o la falsità del secondo. Fondamenti di Termo Termodinamic dinamica a per ingegneri , pag. 141 Vedi M. W. Zemansky Fondamenti 3
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
60
2. macchine macchine termiche termiche ad assorbimento le quali, per il loro funzionamento, debbono ricevere calore ricevere calore da da una sorgente ad alta temperatura e lo rendono ad una sorgente a temperatura più bassa (fenomeno di devalorizzazione del calore). calore). Una macchina termica ad assorbimen assorbimento, to, quindi, richiede richiede quattro sorgenti come sarà visto in seguito. Una ulteriore distinzione riguarda lo scopo del trasferimento di calore da bassa ad alta temperatura. Si parla di: • macchine frigorifere se frigorifere se lo scopo è quello di sottrarre calore dalla sorgente a bassa temperatura; • pompe di calore se calore se lo scopo è quello di riversare calore alla sorgente ad alta temperatura. temperatura. Sul funzionamento e sull’efficienza delle macchine frigorifere e delle pompe di calore, sia a compressione di vapore che ad assorbimento, si tornerà di ff usamente usamente a suo tempo. Interessa a questo punto a ff rontare rontare alcuni punti di fondamentale importanza per lo studio delle macchine termiche. In particolare: • la precisa individuazione individuazione quantitativ quantitativa a dei limiti di trasformabil trasformabilità ità del calore in lavoro; • la dipendenza di tali limiti limiti dalle caratteristi caratteristiche che della della macchina quali: 1. la natura del fluido che compie la trasformazione trasformazione ciclica; ciclica; 2. la struttura struttura del ciclo; 3. la temperatura delle sorgenti sorgenti temiche. temiche.
5.5 5.5
Il teor teorem ema a di di Car Carno nott
Una risposta a tali quesiti è data dal teorema di Carnot, del quale non si darà la dimostrazione, e che si articola in tre parti: 1. nessuna macchina termica operante tra due sorgenti assegnate può presentare un rendimento termico superiore a quello di una macchina di Carnot che operi tra le medesime due sorgenti; 2. il rendimento di una macchina di Carnot dipende solo dalle temperature delle due sorgenti; 3. il rendimenento di una macchina di Carnot è indipendente dal fluido che percorre il ciclo.
5.5. 5.5. IL TEOREM TEOREMA A DI CARNOT CARNOT
61
p 1 2 T 1
T 2 4
3
v
Figura 5.3: Ciclo di Carnot nel piano p − v
5.5. 5.5.1 1
Il cicl ciclo o di di Car Carno nott
Il ciclo di Carnot è un particolare ciclo costituito da due trasformazioni isoterme (T 1 e T 2 ) e da due trasformazioni adiabatiche le prime e le seconde entrambi reversibili reversibili (vedi Fig.5.3). Fig.5.3). Poiché Poiché la terza parte del teorema di Carnot a ff erma erma che il rendimento di una macchina di Carnot è indipendente dal fluido operante, si descriverà il ciclo di Carnot a gas ideale . Con riferimento ad un ciclo diretto, si consideri l’unità l’unità di massa del massa del gas nello stato 1 stato 1 che viene fatto espandere isoespandere isotermicamente (T = T 1 ) fino al punto 2 punto 2 . Nel corso della predetta trasformazio trasformazione ne il sistema è posto a contatto con la sorgente calda a temperatura T 1 dalla quale assorbe il calore q calore q 1 e contemporaneamente produce il lavoro: ℓesp = q 1
essendo per un gas ideale u = u = u((T ) T ) e ∆u = 0 per l’isoterma. Al punto 2 punto 2 termina termina la cessione di calore e il gas viene fatto espandere in modo adiabatico fino adiabatico fino a quando la temperatura non raggiunge il valore T valore T 2 (punto 3 (punto 3 ). ). Il gas viene posto a contatto con la sorgente fredda a temperatura T 2 e compresso isotermicamente. In questa fase viene fornito al sistema il lavoro: = q 2 ℓcomp = q La compressione isoterma prosegue fino al punto 4 che si trova sulla adiabatica che passa per 1. Il gas viene viene riporta riportato to nello stato iniziale iniziale median mediante te una compressione adiabatica. Il rendimento vale: ℓcomp q 2 =1 − (5.1) ηC = 1 − q 1 ℓesp e può essere calcolato facilmente nel caso in cui le trasformazioni possono essere ritenute reversibili. Infatti in questa ipotesi si ha: v2
|ℓesp | =
v1
pdv = pdv = R R ′ T 1 ln
v 2 v1
(5.2)
62
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
e:
v4
|ℓcomp | =
pdv = pdv = R R ′ T 2 ln
v3
v 3 v4
(5.3)
I volumi specifici presenti nelle due equazioni precedenti non sono indipendenti. Tra essi infatti sussistono le equazioni: p1 v1 = p = p 2 v2 p3 v3 = p = p 4 v4 ovvero:
p2 v1 p3 v4 = e = (5.4) p1 v2 p4 v3 derivanti dall’appartenenza degli stati 1 stati 1 e 2 2 all’isoterma T all’isoterma T = T 1 e degli stati 3 stati 3 e 4 all’isoterma T all’isoterma T = T 2. Inoltre si ha: p1 v1k = p 4 v4k p2 v2k = p 3 v3k
ovvero: p2 p1
v2 v1
k
p3 = p4
v3 v4
k
che derivano dall’appartenenza degli stati 1, 4 e 2, 3 3 a due adiabatich adiabatiche. e. L’equazione quazione precedente precedente per le (5.4) fornisce: v2 v1
k−1
v3 v4
=
k−1
o anche
v2 v3 = v1 v4
che poste nella (5.2) e (5.3) consentono di scrivere per il rendimento: ηC = 1 −
T 2 T 1
(5.5)
La (5.5) ha validità generale in virtù del teorema di Carnot; essa esprime, infatti, il rendimento di un ciclo di Carnot reversibile operante tra due sorgenti alle temperature T temperature T 1 e T 2 e come tale rappresenta il limite superiore del rendimento di un qualsiasi ciclo reversibile tra le medesime temperature.
5.5.2 5.5.2
La scala scala assol assoluta uta dell della a tempera temperatur tura a
Date due sorgenti di Fig.5.4 alle temperature empiriche ϑ 1 e ϑ 2 rispettivamente, rispettivamente, la seconda parte dell’enunciato del teorema di Carnot consente di scrivere che il rendimento della macchina di Carnot indicata con C vale: C vale: q 2 ηC = 1 − = F ( ( ϑ1 , ϑ2 ) q 1 o più semplicemente:
q 1 = f ( ( ϑ1 , ϑ2 ) q 2
(5.6)
5.5. 5.5. IL TEOREM TEOREMA A DI CARNOT CARNOT
63 θ1
q
1
q
1
A
A
q
3
θ3
C
C
q
3
B
B
q
2
q
2
θ2
Figura 5.4: Scala assoluta della temperatura La funzione f , f , indipendente dalla particolare macchina e dal particolare fluido operante nella macchina stessa, può essere esplicitata considerando le ulteriori due macchin macchinee termic termiche he di Carnot Carnot di Fig.5.4 Fig.5.4.. La macchin macchinaa A assorbe dalla sorgente alla temperatura ϑ1 la quantità di calore q 1 (come la macchina C ) e restituisce q 3 alla sorgente ausiliaria alla temperatura ϑ3 . La macc macchi hina na B assorbe q 3 dalla sorgente ausiliaria e cede alla sorgente a temperatura ϑ2 una quantità di calore q calore q 2 (auguale a quella ceduta dalla macchina C macchina C ). ). Per la macchina di Carnot reversibile A operante tra ϑ1 e ϑ3 si può porre che: q 1 = f ( ( ϑ1 , ϑ3 ) (5.7) q 3 Per la macchina di Carnot reversibile B operante tra ϑ3 e ϑ2 si può scrivere ancora che: q 3 = f ( ( ϑ3 , ϑ2 ) (5.8) q 2 Moltiplicando l’equazione precedente per la (5.7) si ottiene: q 1 = f ( ( ϑ1 , ϑ2 ) = f ( ( ϑ1 , ϑ3 ) · f ( ( ϑ3 , ϑ2 ) q 2
(5.9)
Ora, se il termine a sinistra dell’equazione precedente è funzione solo di ϑ1 e ϑ2 , lo deve essere anche quello di destra e come tale indipendentemente da ϑ3 . Questa condizione è soddisfatta solo se la funzione f ha f ha la forma: f ( ( ϑ1 , ϑ3 ) =
φ(ϑ1 ) ; φ(ϑ3 )
f ( ( ϑ3 , ϑ2 ) =
In tal modo la (5.6) si riduce alla: φ(ϑ1 ) q 1 = f ( ( ϑ1 , ϑ2 ) = φ(ϑ2 ) q 2
φ(ϑ3 ) ; φ(ϑ2 )
(5.10)
64
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
Il risultato risultato preceden precedente te permette permette di concludere concludere che per una qualsivogli qualsivogliaa macchimacchina di Carnot che operi tra una temperatura generica ϑ e quella di uno stato termodinamico di riferimento ϑrif si potrà sempre scrivere che: q φ ( ϑ) = q rif φ (ϑrif ) rif
(5.11)
Se si pone φ(ϑ) = a ϑ, la (5.11) può anche essere posta come: q ϑ = q rif ϑrif rif La precedente consente di a ff ermare ermare che due che due valori di ϑ stanno tra loro come le quantità di calore scambiate in una macchina di Carnot reversibile operante tra due sorgenti a tali temperature. Assumendo ϑrif = 273. 273.16 16 si si ha: 273.16 ϑ = 273.
q q rif rif
(5.12)
la quale mostra che la quantità di calore q calore q funge funge da da caratteristica termometrica e la temperatura ϑ è indipendente dalla sostanza termometrica. Per tale ultimo motivo la ϑ è detta temperatura assoluta assoluta o temperatura termodinamica e si misura in gradi Kelvin. Tenuto conto della (5.12), il rendimento di un ciclo di Carnot reversibile può essere espresso in funzione delle temperature assolute delle due sorgenti come: Q
ϑ2 273rif q 2 ϑ2 .16 = 1− = 1− ηC = 1 − Q rif ϑ1 q 1 ϑ1
(5.13)
273.16
L’esame della (5.13) permette di definire lo zero assoluto (ϑ = 0) come quella temperatura a cui dovrebbe trovarsi la sorgente fredda di una macchina di Carnot che presenta rendimento unitario. Se si confronta la (5.13) con l’espressione (5.5) del rendimento di un ciclo di Carnot reversibile in funzione delle temperature T 1 e T 2 del gas ideale si vede immediatamente che T che T ≡ ϑ ovvero che la scala la scala della temperatura termodinamica ottenuta con la scelta operata in precedenza e quella definita mediante l’impiego di un termometro a gas ideale a volume costante sono coincidenti . E’ per per tale tale motivo che da questo punto in poi si farà riferimento alla temperatura assoluta che si indicherà, ancora, con T . T .
5.6 5.6
L’en L’entr trop opia ia
Per una macchina termica che opera secondo un ciclo di Carnot vale la: q 1 q 2 = T 1 T 2
5.6. L’ENTROP L’ENTROPIA IA
65
p , 1
2
1
, 2
, 3
4 , 4
3
v
Figura 5.5: Integrale di Clausius ossia è costante il rapporto tra il valore assoluto della quantità di calore scambiata tra il sistema e l’ambiente e la temperatura assoluta a cui tale scambio avviene. Se alle predette quantità di calore viene attribuito il segno secondo la convenzione solita (q ( q 1 > 0 e q 2 < 0) 0 ) la precedente si scrive: q 1 q 2 + =0 T 1 T 2
(5.14)
o, più in generale:
q (5.15) =0 T Consideriamo il ciclo reversibile qualunque di Fig.5.5 ed un fascio di adiabatiche che lo intersecano. Consideriamo, poi, il tratto del ciclo compreso tra due adiabatiche qualsiasi e tracciamo tra le medesime adiabatiche una trasformazione isoterma tale che: ℓ12 = ℓ 11 2 2
′
′
ossia tale che il lavoro compiuto lungo la primitiva trasformazione 1, 1 , 2 sia esattamente uguale a quello compiuto lungo la spezzata 1, 1′ , 2′ , 2. Applic Applichia hiamo mo l’equazione l’equazione del primo principio alle due predette predette trasformazion trasformazioni: i: q 12 12 = (u2 − u1 ) + ℓ12 q 11 11 2 2 = (u2 − u1 ) + ℓ11 2 2 ′
′
′
′
che equivale alla:
q 12 12 = q 11 11 2 2 ′
′
(5.16)
Ma il calore scambiato lungo la spezzata è somma di quello scambiato lungo ciascuno dei suoi rami: q 11 = q 1 2 11 2 2 = q 11 11 + q 1 2 + q 2 2 = q ′
′
′
′
′
′
′
′
66
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
essendo 11 essendo 11 ′ e 2 ′ 2 due tratti di adiabatica. Ne deriva per la (5.16) che: q 12 12 = q 1 2 ′
′
la quale mostra come come sia sempre possibile sostituire ad una trasformazione reversibile qualsiasi (la 1 − 2) una seconda trasformazione costituita da una successione di un ramo di adiabatica, di uno di isoterma e di nuovo di un ramo di adiabatica in modo tale che la quantità di calore (e di lavoro) scambiata lungo di essa sia esattamente uguale a quella scambiata lungo la trasformazione di partenza . Riconsideriamo il ciclo di Fig.5.5 e sostituiamo ai tratti di trasformazione compresi tra due adiabatiche contigue tanti rami di isoterma con il criterio precedent precedentemen emente te descritto. Il ciclo originario originario viene quindi rimpiazzato rimpiazzato con una trasformazione costituita da una successione alternata di tratti di adiabatica e isoterma tale che il calore globalmente scambiato scambiato lungo di essa sia uguale a quello scambiato scambiato lungo il ciclo originario. originario. Consideriamo Consideriamo l’isoterma l’isoterma 1′ , 2′ e l’isoterma 3′ , 4′ . Lungo la prima viene scambiata la quantità di calore q 1 alla temperatura T 1 e lungo la seconda la quantità di calore q 2 alla temperatura T 2 . Poic oiché esse sono limitate dalle stesse due adiabatiche (1’,3’ ( 1’,3’ e 2’,4’), 2’,4’), la trasformazione 1’,2’,4’,3’ costituisce 1’,2’,4’,3’ costituisce un ciclo di Carnot reversibile per il quale si può scrivere una relazione del tipo (5.15). Un discorso del tutto analogo può essere ripetuto ogni coppia di adiabatiche. Si avrà allora per il primo ciclo: (1)
(1)
q 1
(1)
T 1 Per il secondo ciclo:
q 2
+
(1)
T 2
(2)
=0
(2)
q 1
(2)
T 1
q 2
+
(2)
T 2
=0
per l’n l’n -esimo -esimo ciclo: (n)
(n)
q 1
(n)
T 1
q 2
+
(n)
T 2
=0
Sommando le precedenti si ottiene che: n
i=1
(i)
n
(i)
q 1
T 1
+
i=1
(i)
q 2
(i)
T 2
=0
o anche, in maniera più compatta: n
i=1
q =0 T
Considerand Considerandoo il passaggio passaggio al limite: limite: n
lim
n→∞
q = T
i=1
q δ q T
(5.17)
5.6. L’ENTROP L’ENTROPIA IA
67
c 1 b
a 2
Figura 5.6: Entropia si ottiene per la (5.17):
q δ q T
=0
(5.18)
L’integrale nell’equazione precedente è noto come integr integrale ale di Clausius Clausius e la (5.18) mostra che esso è nullo per ogni ciclo reversibile. Si consideri ora un sistema che si porti da uno stato 1 ad uno stato 2 stato 2 median mediante una trasformazione reversibile (a ( a ) qualsiasi (vedi (vedi Fig.5.6). Quindi si ritorni allo stato iniziale iniziale seguendo seguendo una qualsiasi qualsiasi trasformazio trasformazione ne reversibile reversibile (b ). Poiché Poiché l’insieme delle due trasformazioni costituiscono un ciclo reversibile vale per esso l’equazione l’equazione (5.18). (5.18). L’integral L’integralee presente in tale equazione, equazione, tuttavia, tuttavia, può dividersi in due parti: la prima relativa relativa alla trasformazi trasformazione one (a (a ) e la seconda alla trasformazione (b (b ). Cioè: q δ q
1a2
T
+
q δ q
2b1
T
=0
(5.19)
Allo stesso risultato si giunge riportando il sistema allo stato iniziale seguendo una trasformazione (c (c ): ): δ q δ q q q + =0 1a2 T 2c1 T
Sottraendo la precedente alla (5.19) si ottiene che:
2b1
δ q q
T
=
2c1
δ q q
T
Essendo le due trasformazioni qualsiasi, il risultato appena trovato consente di aff ermare ermare che: δ q q ds = ds = (5.20) T è il diff erenziale erenziale di una grandezza di stato denominata entropia denominata entropia la la cui variazione tra gli stati estremi di una trasformazione reversibile reversibile è calcolabile mediante
68
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
l’integrale:
2
δ q q
(5.21) T L’ent L’entrop ropia ia è una grandezza grandezza di stato stato estens estensiv iva, a, ha le dimens dimension ionii di una unità di energia diviso una unità di temperatura e pertanto si misura, nel S.I., in Joule/Kelvin (J/K), mentre nel sistema tecnico è impiegata la kcal/Kelvin (kcal/K). Con riferimento all’unità di massa si parla di Joule/(Kelvin kg) ovvero di kcal/(Kelvi kcal/(Kelvin n kg). L’entropia L’entropia specifica, specifica, quindi, quindi, presenta presenta le stesse stesse dimensioni dimensioni del calore specifico. Dall’equaz Dall’equazione ione (5.20) si vede vede che la variazio variazione ne che subisce l’entropia può essere positiva o negativa e ciò dipende dal segno assunto da δ q q essendo T T sempre positiva. positiva. Così si avrà ds avrà ds > 0 se δ q > 0 (calore acquisito dal sistema) e ds e ds < 0 se δ q < 0 (calore ceduto dal sistema). s2 − s1 =
1
5.7
Entro Entropia pia e irrev irrevers ersibi ibilità lità
Consideriam Consideriamoo un ciclo irreversibile irreversibile operante operante tra due sorgenti a temperatura T 1 e T 2 rispettivamente che presenta un rendimento ηirr . Per esso esso vale senz’altro senz’altro la: ηirr < η C in cui si è indicato con ηC il rendimento di un ciclo di Carnot operante tra le medesime sorgenti. La precedente equivale alla: 1−
q 2 T 2 < 1 − q 1 T 1
Con semplici passaggi si ricava che: q 2 q 1 > T 2 T 1 Attribuendo alle quantità di calore i rispettivi segni (q ( q 1 > 0 e 0 e q q 2 < 0), 0 ), si ottiene la: q 1 q 2 + < 0 T 1 T 2 che è l’analoga della (5.14) valida per un ciclo di Carnot reversibile. Scomponendo il ciclo irreversibile seguendo il procedimento del precedente paragrafo, si ricava: δ q q < 0 (5.22) T che che è l’analo l’analoga ga della (5.18) valida valida per un ciclo ciclo reversib reversibile ile.. Essa Essa mostra mostra che l’integrale di Clausius per un ciclo irreversibile è sempre negativo. negativo. Consideriamo ora la trasformazione irreversibile (a) di Fig.5.7 che porta il sistema da uno stato 1 stato 1 ad uno stato 2 stato 2 . Riportiamo poi il sistema allo stato iniziale 1 ziale 1 mediante la trasformazione la trasformazione reversibile (b) come (b) come mostrato nella medesima figura. Per il ciclo 1a2b1 vale la:
q δ q
2
1
q δ q
q δ q
T
=
1
T
+
irr
2
T
< 0 rev
5.7. ENTROPIA ENTROPIA E IRREVERSIB IRREVERSIBILIT ILITÀ À
69
b 1
a 2
Figura Figura 5.7: Entropia Entropia e irreversibi irreversibilità lità Essendo la 2b1 la 2b1 reversibil reversibilee per p er ipotesi, la precedent precedentee si trasforma trasforma nella: 2
s2 − s1 >
δ q q
T
1
(5.23)
irr
o anche in termini di ff erenziali: erenziali: ds >
δ q q
T
(5.24) irr
la quale è l’analoga della (5.20) ricavata per trasformazioni reversibili . La (5.20) e la (5.24) possono anche compendiarsi nella: ds ≥
q δ q
T
(5.25)
dove il segno di uguaglianza si applica per le sole trasformazioni reversibili . Alcuni Autori preferiscono scrivere la (5.25) come: ds = ds =
q δ q T
+
qirr δ q i rr T
(5.26)
evidenziando così che la variazione di entropia subita dal sistema è conseguenza in generale: • sia del calore, calore, positivo o negativo, negativo , scambiato con l’ambiente nel corso della trasformazione (entrop (entropia ia scambiata scambiata ); ); • sia sia di quel quello lo,, sempre positivo positivo,, conseg conseguen uente te alle alle cause cause di irrev irrevers ersibi ibilità lità (entropia prodotta ). prodotta ). Osserviamo Osserviamo immediatamen immediatamente te dalla (5.25) o dalla (5.26) che una trasformazio trasformazione ne adiabatica (δ q q = = 0) è anche isoentropica anche isoentropica solo se è invertibile .
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA
70
Osserviamo, altresì, che la (5.25) applicata ad un sistema isolato ( δ q q = = 0) si trasforma nella: ds ≥ 0 (5.27) la quale mostra che in un sistema isolato l’entropia non può mai diminuir diminuire e qualun qualunque que sia la natura natura dei fenome fenomeni ni (reve (reversi rsibil bilii o non reversi reversibil bili). i). Essa Essa si conserva solo conserva solo se il sistema isolato isolato è sede di fenomeni reversibili . Riprendiamo i due corpi di Fig.4.4 che scambiano scambiano calore. PoiPoiEsempio 1 - Riprendiamo ché il processo processo è irreversibi irreversibile le ed il sistema, sistema, costituito dall’insieme dall’insieme dei due corpi, è isolato, deve essere per la (5.27) che: ∆S T ot = ∆S 1 + ∆S 2 =
q1 δ q
T 1
+
q2 δ q T 2
> 0
Ora, essendo evidentemente |δ q q1 | = |δ q q 2 | per il primo principio e T 1 > T 2 per ipotesi, la condizione precedente è verificata solo se δ q q 2 > 0 e, quindi, δ q q 1 < 0. 0 . Ciò vuol dire che il calore lascia il corpo più caldo per trasferirsi nel corpo più freddo freddo in accordo accordo con l’esperienza l’esperienza.. Esempio 2 - Riconsideriamo il sistema isolato di Fig.4.5. Per il primo principio si ha: ∆E G + ∆U R =
0
Essendo il recipiente a pareti rigide vale la dU R = (T dS )R e la precedente diventa: (T · dS )R = 0 (5.28) ∆E G +
Poiché il processo è irreversibile e il sistema è isolato per ipotesi, vale la (5.27) ovvero: (T · dS )R > 0 con la conseguenza che:
∆E G < 0
in accordo accordo con l’esperienza. l’esperienza.
5.8
Entr Entrop opia ia del del gas gas idea ideale le
La variazione che subisce l’entropia di un gas ideale nel corso di una trasformazione reversibile tra uno stato iniziale 1 e uno stato finale 2 finale 2 si si può calcolare agevolmente partendo delle equazioni già note: q = c = c v dT + pdv δ q q = c = c p dT − vdp δ q
5.9. IL DIAGRAMMA DIAGRAMMA DI STA STATO T-S
71
Dividendo le precedenti per T si T si ottiene: ds = ds = c c v
dT dv + R′ T v
ds = ds = c c p
dT dp − R′ T p
Integrando tra lo stato iniziale e quello finale si ha: 2
s2 − s1 =
cv
dT v 2 + R′ ln T v1
c p
dT p 2 − R′ ln T p1
1
2
s2 − s1 =
1
Qualora sia possibile ipotizzare c ipotizzare cv e c p indipendenti dalla temperatura, si ricava: s2 − s1 = c v ln
T 2 v 2 + R′ ln T 1 v1
s2 − s1 = c = c p ln
T 2 p 2 − R′ ln T 1 p1
Ricordando che ( che (cc p − cv ) = R ′ e ponendo k = c = c p /cv si ottiene che: s2 − s1 = c v ln
T 2 T 1
v2 v1
T 2 p1 s2 − s1 = c = c p ln T 1 p2
k−1
(5.29)
(5.30)
k−1 k
Le relazioni precedenti evidenziano che le variazioni di entropia per un gas ideale dipendono da due due variabili di stato ( T ( T , v ovvero T , p nei casi esaminati) a diff erenza erenza di quant quanto, o, inve invece, ce, accade accade per l’ener l’energia gia inter interna na e l’ent l’entalp alpia ia che, che, al contrario, dipendono dalla sola temperatura .
5.9 5.9
Il dia diagr gram amma ma di di stat stato o T-s T-s
Nello studio delle macchine termiche si usa fare riferimento al diagramma di stato T − s. s . Esso Esso riporta riporta l’entro l’entropia pia specific specificaa s in ascisse e la temperatura termodinamica T T in ordinate. ordinate. Dalla (5.20) riferita riferita all’unità all’unità di massa si ricava ricava che per una trasformazione infinitesima: q = T = T ds δ q
72
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA T
1 2
s2
q12
=
T ds s1
s
s2
s1
Figura 5.8: Significato geometrico del calore scambiato in un piano T − s per cui la quantità di calore scambiata tra sistema ed ambiente in una trasformazione reversibile finita tra due stati 1 e 2 è 2 è pari a: 2
q 12 12 =
T ds
1
che nel diagramma di stato T stato T − s rappresenta l’area della superficie sottesa dalla curva curva rappresen rappresentativ tativaa della trasformazione trasformazione (vedi Fig.5.8). Fig.5.8). Ne deriva deriva immediaimmediatamente che nel caso di una trasformazione ciclica l’area del ciclo rappresenta la quantità di calore netta scambiata nel corso della trasformazione. In particolare, se il ciclo è percorso in senso orario (ciclo diretto e macchine motrici) l’area del ciclo misura il calore netto ricevuto dalla macchina (positivo ( positivo); ); se il ciclo è percorso in senso antiorario senso antiorario (ciclo inverso e macchine operatrici) l’area del ciclo misura il calore netto ceduto dalla macchina (negativo ( negativo). ). Attraverso le (5.29, 5.30) è semplice verificare che le trasformazioni isocore e isobre reversibili isobre reversibili di un gas ideale presentano, in un diagramma di stato T stato T − s, l’andamento esponenziale espresso rispettivamente dalle: T = T 1 + e + e
s−s1 cv
; T = T 1 + e + e
s−s1 cp
Ne deriva che essendo sempre c p > cv una isocora è sempre più alta di una isobara (vedi Fig.5.9). Inoltre, ancora dalle (5.29, 5.30), si vede che per una trasformazione isoentropica deve essere: T 2 T 1
v2 v1
T 2 p1 T 1 p2
k−1
=1 =1
T 2 p1 ⇒ = T 1 p2
k−1 k
k−1
T 2 ⇒ = T 1
v1 v2
(5.31) k−1 k
(5.32)
Dalla prima delle precedenti deriva (vedi Fig.5.10,a Fig.5.10, a ) che una isoentropica taglia
5.9. IL DIAGRAMMA DIAGRAMMA DI STA STATO T-S
73
T
isocora
isobara
s
Figura 5.9: Isocore (dv ( dv = = 0) e isobare (dp (dp = = 0) nel piano T piano T − s
T
T
(a)
(b) p
v
s
s
Figura 5.10: Fascio di isocore (a ( a ) e di isobare (b (b ) nel piano T piano T − s
74
CAPITOLO CAPITOLO 5. SECONDO SECONDO PRINCIPIO PRINCIPIO DELLA TERMODINA TERMODINAMICA MICA T
T
(a)
T 1
T 1
(b) d
c
I a T 2 T 2
f III
e
II
b
s1
s2
s
s
Figura 5.11: Ciclo di Carnot nel piano T − s (a ( a ) e confronto del rendimento di cicli diversi (b (b ) un fascio di isocore a temperature che stanno tra loro in ragione inversa dei volumi (al crescere di T di T ,, v diminuisce). La (5.32) mostra, al contrario, che una isoentropica taglia un fascio di isobore a temperature che stanno tra loro come le pressioni pressioni (vedi Fig.5.10, Fig.5.10,bb ). La Fig.5.11,a Fig.5.11,a evidenzia evidenzia che in un piano T − s un ciclo di Carnot riferito all’unità di massa di fluido operante assume la forma semplice di un rettangolo. Esso è limitato dalle isoterme 1,2 (T = T 1 ) e 3,4 (T = T 2) e dalle adiabatiche 2,3 (s = s 2 ) e 4,1 (s = s 1 ). Ricordando Ricordando quanto quanto detto in precedenza precedenza,, si ha che in un ciclo diretto la quantità di calore q calore q 1 fornita al sistema dalla sorgente calda è espremibile molto semplicemente dalla: q 1 = T = T 1 (s (s2 − s1 ) mentre quella q quella q 2 ceduta dal sistema alla sorgente fredda è parimenti: q 2 = T 2 (s (s3 − s4 ) = T 2 (s (s2 − s1 ) Ne risulta che il rendimento termico del ciclo di Carnot si ricava agevolmente dalla definizione generale del rendimento: ηC = 1 −
q 2 T 2 = 1− q 1 T 1
Il lavoro del ciclo è: ℓ = q = q 1 − q 2 = (T 1 − T 2 ) (s2 − s1 )
che costituisce costituisce proprio proprio l’area l’area del ciclo. ciclo. La (Fig.5.11,b (Fig.5.11,b)) mostra, invece, come sia agevole provare, semplicemente con l’aiuto di considerazioni geometriche, che un ciclo reversibile qualunque (I) presenta un rendimento inferiore o al massimo uguale ad un ciclo reversibile di
5.9. IL DIAGRAMMA DIAGRAMMA DI STA STATO T-S
75
Carnot (II) Carnot (II) che che operi tra le medesime temperature del primo. Infatti se si considera il ciclo di Carnot 1,2,3,4 1,2,3,4 (III) che (III) che circoscrive quello qualsiasi (I) si ha certamente che: ηC,III = ηC,II = 1 −
q 2 b =1− q 1 a + b + c + d + e + f
(5.33)
mentre per il ciclo qualsiasi (I) qualsiasi (I) si ha: ηI = 1 −
q 2 b + e + f = 1− q 1 a + b + e + f
(5.34)
Dalle precedenti si deduce facilmente che: ηC,rev ηrev
essendo il numeratore ed il denominatore del secondo membro della (5.34) rispettiv spettivame ament ntee mag maggio giore re e minore minore degli analogh analoghii termin terminii della della (5.33). (5.33). Da un punto di vista geometrico possiamo dire, quindi, che quando più un ciclo qualsiasi riempie il rettangolo di un ciclo di Carnot reversibile realizzato nello stesso intervallo di temperature e di entropie, tanto più è alto il rendimento di tale ciclo arbitrario.