PIERO POZZATI Professore ordinario nella Università di Bologna
TEORIA E TECNICA DELLE STRUTTURE Volume secondo
SISTEMI DI TRAVI Parte prima
L'interpretazione elastica
UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE TORINESE
PREFAZIONE
©
1977 Unione Tipografico~Editrice Torinese corso Raffaello, 28 - 10125 Torino
Tipografia Sociale Torinese corso Monte Cucco, 108 - 10141 Torino
Il volume II di questa Teoria e tecnica delle strutture è dedicato ai sistemi di travi e si articola in tre parti: di esse, la prima riguarda soluzioni imperniate sull'elasticità lineare; la seconda tratta applicazioni sia numeriche, sia pratiche; mentre temi tanto teorici quanto applicativi, riguardanti le analisi probabilistica e limite, nonchè gli effetti sismici, saranno svolti nella terza, lasciata ultima per il suo carattere meno omogeneo e in parte complementare. Il presente volume, che costituisce la prima delle tre parti citate, e che viene dato alle stampe insieme con la seconda, concerne quindi l'interpretazione elastica; la quale, benchè sia in genere da considerare circoscritta ali' esame delle situazioni di esercizio, costituisce, anche nel quadro di valutazioni più complete, un indispensabile termine di riferimento. Coerentemente con le linee generali appena abbozzate nel primo volume, si troveranno ampiamente sviluppati, per i casi iperstatici, le due vie che già vennero definite, per il loro significato intrinseco, del!' equilibrio e della congruenza, preferendo quindi trattare vari problenii strutturali come esempi e casi particolari dei n1etodi, non viceversa. Dare un quadro degli innumerevoli contributi, o anche soltanto dei più rilevanti di essi, appare oggi giorno problematico, e forse comporterebbe il pericolo di perdere il filo conduttore delle idee ispiratrici; per cui occorre operare delle scelte, preferendo soffermarsi sui modi di .Procedere che servano a stimolare qualche riflessione concludente, e a costituire strunienti di portata non troppo ristretta. Ciò anche perchè l'impiego degli elaboratori elettronici ha sconvolto niolte scale di valori, comportando, per la straordinaria rapidità dell'esecuzione .dei calcoli, il livellamento dell'importanza delle varie tecniche, e favorendo quindi i procedimenti di indagine più generali. Nel presentare il metodo dell'equilibrio farò ricorso, oltre che alla definizione di movilnenti indipendenti e forze correlative, ai i< coefficienti di rigidezza», dei quali sono casi particolari e importanti le già definite rigidezze alla rotazione e alla traslazione. Ciò consentirà una scrittura delle equazioni risolventi molto compatta e significativa, utile sia per derivare i possibili modi di procedere, sia per rendere evidenti le peculiari prerogative del metodo: le quali sono numerose, e in particolare comprendono il fatto di non dovere effettuare la scelta della configurazione principale, che resta sempre quella delle varie membrature con gli estremi pe1fettan1ente incastrati, qualunque sia
Prefazione
PrefaZione
il grado (anche nullo) di iperstaticità; e di ottenere vantaggi tanto più notevoli, rispetto ad altri procedimenti, quanto più è elevato il livello dell'indeterminazione statica. Dbninuendo tale livello può risultare utile il metodo della congruenza il quale, al contrario del precedente, presenta l'ovvio vantaggio di aver nulle le incognite nei casi isostatici. Le varie equazioni risolventi e i passaggi operativi si prestano, soprattutto seguendo il metodo del!' equilibrio, a venire scritti ancora più sinteticamente con le notazioni n1atriciali, senza alcuna preparazione particolare. Lasciando quindi evidente il ruolo proprio delle matrici, che è quello di fornire una stenografia operativa; ed evitando quindi l'equivoco, non infrequente sentendo parlare di «metodi matriciali}), che i soliti concetti espressi per tramite delle matrici possano dare origine a metodi a sè stanti. Il cap. XV, dedicato all'impiego delle matrici, poggerà quindi ancora sul cardine dei due metodi del!' equilibrio e della congruenza; impiego che non ho introdotto sin dall'inizio della trattazione dei nzetodi sia per lasciar più netta la genesi dei concetti, in nessun n1odo subordinata ad esso, sia per nzettere in evidenza la sua utilità principalmente in vasti calcoli da eseguire per mezzo di un elaboratore. A proposito di questa presentazione unitaria con o senza matrici, d'altronde non nuova, e di un'esposizione che ancora indugerà su procedimenti approssimativi, può essere opportuno soffermare per un n101nento l'attenzione su un aspetto che non sempre viene considerato nell'illustrare i metodi di calcolo per le strutture; riprendendo in poche righe alcune osservazioni che, già accennate nella pren1essa del primo volume, verranno più estesamente esposte nella conclusione del capitolo citato. Per l'uso degli elaboratori elettronici, che consente di effettuare calcoli malte volte in1pensabili per le possibilità u1nane, acquista basilare importanza la traduzione della soluzione matematica in progran1n1i, ossia in codtficazioni operative adatte al funzionamento del calcolatore, basate su criteri di esecuzione atti a richiedere il 1ninor numero possibile di interventi soggettivi. È chiaro allora che, esistendo la possibilità, attualmente già molto diffusa, di fare ricorso a programn1i elaborati una volta per tutte da specialisti, sussiste il pericolo che l'ingegnere, essendo spesso incapace di ripercorrere il camn1ino che ha consentito di mettere a punto gli stessi programmi, si trovi nella condizione di doversi assumere responsabilità di calcoli che non può comprendere, o di dover passar la delega ad altre persone. Inoltre è opportuno aver presente che una cosa è il progetto di una struttura, altra cosa è il calcolo; confusione purtroppo non infrequente da parte di chi, non essendo impegnato nella parte più tipica della professione, tende a identijicare l'uno con l'altro, e a dilatare l'importanza del secondo. Infatti, anche restando nel!' ambito del solo lavoro teorico, esistono altre fasi del progetto di decisiva importanza delle quali già si disse proprio nella premessa alla presente opera: la scelta della soluzione strutturale; il din1ensionamento di massima dell'opera; la definizione di uno schema di calcolo sufficienten1ente rispondente alla realtà, ma non tale da mettere in gioco un nu1nero di risposte tanto elevato da corifondere la con1prensione e la necessaria sintesi; il controllo dell'ordine di grandezza dei risultati, per garantirsi che non sia stato con1piuto qualche errore nel!' approntamento delle schede dei programmi. Orbene per tutto questo è quanto mai opportuno l'impiego di procedimenti di calcolo rapidi, basati su limpide e immediate giustificazioni logiche.
Di ciò ho desiderato ancora una volta far cenno per richiamare !'attenzione sul fatto che, per la progettazione di una struttura, sono ugualn1ente necessari tanto calcoli semplici, anche di portata largamente approssimativa, quanto analisi più sofisticate per gli accertamenti e le messe a punto finali. Per cui ho cercato di tener conto di tale duplice esigenza nel testo che seguirà, aiutato dalla fortunata circostanza che spesso la risposta a entrambe dette esigenze può essere unitaria, ossia trarre origine dal lnedesimo metodo di calcolo, che in genere è quello dell'equilibrio; e un certo spazio verrà dato anche ai procedimenti iterativi, per i quali ho preferito in genere operare sui valori globali delle incognite (anzichè sui loro incrementi), col vantaggio di ottenerne l'« autocorrezione». S'intende che, quando si impieghi un elaboratore, poichè il nun1ero delle incognite preoccupa limitatamente, almeno entro i limiti della sua capacità di me1noria, alle volte - come per i tralicci spaziali - può essere conveniente anche l'uso del metodo che verrà detto <1 globale», col quale le condizioni sia di equilibrio, sia di congruenza vengono introdotte congiuntamente. I procedin1enti di calcolo relativi ai sisten1i di travi saranno sviluppati negli ultin1i cinque capitoli, e per la loro comprensione è indispensabile la conoscenza di base in1partita nel primo corso di Scienza delle costruzioni. La precedente parte, che occupa all'incirca metà del volun1e, è stata riportata principalmente per con1odità del lettore, e per dare unità all'esposizione. Essa riguarda richiami matematici (matrici, soluzioni di siste1ni di equazioni lineari, serie trigonometriche, differenze finite), s'intende nella lin1itata prospettiva del!' analisi strutturale. E riguarda anche la trave isolata: ad asse rettilineo e curvo; a parete aperta sottile, secondo la teoria di Vlassov; a sezione «mista)} (acciaiocalcestruzzo) e« obliqua>>; su suolo elastico; simultanean1ente ù{f/.essa e soggetta a sforzo assiale. In tutti i casi ho cercato con qualche esempio di illustrare le proprietà salienti, insistendo, quando appaia opportuno, sul!' interpretazione fisica delle operazioni analitiche. Ogni capitolo è stato scritto com.e un discorso quasi a sè, tuttavia sufficiente a maturare autonome conclusioni; e penso che ciò possa renderne più agevole la lettura e la consultazione. Oltre agli argon1enti che rappresentano quella che, a mio avviso, è una base indispensabile per potere affi·ontare seria1nente il progetto di un sistema di travi, il volume comprende alcune parti che possono suscitare il desiderio di un 1naggiore approfondin1ento; per cui mi sono preoccupato di corredare il testo di notizie bibliografiche abbastanza diffuse e commentate, sia nel corso del!' esposizione, sia al termine di essa. Mi congedo da questo libro, che mi è costato non lieve fatica, in un ten1po travagliato per l'Università. Sotto certi aspetti avrei voluto che non nascesse, soprattutto per il fatto che inevitabiln1ente sarà breve la sua vita; e non mi sarei deciso, se non fosse stato per il desiderio di poter forse, in qualche modo, continuare ad essere vicino ad alcuni allievi, anche quando si appresteranno ad approfondire le loro conoscenze di base, e a percorrere il camn1ino non facile della loro professione. Infine un vivo ringraziamento, che non è di prammatica, alla Casa editrice U.T.E.T. la quale, pur nelle difficoltà del momento, non ha concesso alcuna trascuratezza, coerentemente con la sua a1nmirevole tradizione.
IV
Bologna, febbraio 1977.
V
INDICE
A) Richiami di alcuni procedimenti di calcolo numerico ricorrenti nello studio dei sistemi di travi. I. Matrici. 1.1. Premessa
P·
1.2. Definizioni
1.3. Operazioni sulle matrici 1.3.1. 1.3.2. 1.3.3. 1.3 .4.
Somma di matrici Prodotto di matrici Determinante di una matrice Inversione di una matrice. Proprietà relative alla matrice inversa 1.3.5. Derivata e integrale di una matrice
3 6
» Jì
1>
8 8 9 13
14 17
II. Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari. 2.1. Considerazioni introduttive 2.2. Risoluzione di un sistema di equazioni con la regola di Cramer e con l'inversione della matrice dei coefficienti: sostanziale coincidenza dei due metodi
P·
18
»
19
2.3. Risoluzione delle equazioni per eliminazione: metodo di Gauss e metodi <{ di eliminazione diretta l> 2.3.1. Metodo di Gauss Ese1npio 2.1. 2.3.2. Cenno ai metodi di eliminazione diretta o di fattorizzazione triangolare (Banachiewicz, Cholesky, Crout, Doolittle): schema operativo secondo Crout. Sostanziale coincidenza con lo schema tabellare de1 metodo di Gauss Esempio 2.2.
21 21
»
22
24
24
VIII
Indice
Indice
2.4. Risoluzione delle equazioni per iterazione 2.4.1. Iterazione continua. Metodo di Seidel Esempio 2.3. 2.4.2. Procedimento iterativo ((per rilassamento l) Esempio 2.4.
2.5. Equazioni lineari. Osservazioni a) Equazioni non 01nogenee b) Equazioni omogenee e) Impiego di sottomatrici nella scrittura di un sistema di equazioni d) Equazioni sfavorevolmente condizionate (o di tipo «instabile)>)
IV. Archi.
P·
25
>)
26
4.1. Osservazioni introduttive
27 28
4.2. Equazioni indefinite di equilibrio- e di congruenza
67
29
4.3. L'arco a due cerniere
72
>) >)
30 >) >) >)
Esempio 4.1. (coefficienti elastici per un arco a due cerniere parabolico e circolare) Esempio 4.2. (arco incernierato: linea d'influenza della spinta)
30 30
31
4.4. L'arco incastrato
32
2.6. Autovalori e autovettori Esempio 2.5. Esemp~o 2.6. (vibrazioni di masse collegate da moUe) Esempio 2.7. (carico critico di un sistema di aste) Esempio 2.8. (carico critico di una trave di sezione variabile)
IX
a) Le espressioni delle incognite staticamente indeterminate b) Una variazione di sezione conveniente e) Influenza delle variazioni di sezione e di forma dell'arco sullo
33 >) >)
2.7. Matrici (e operazioni matriciali) particolari connesse con il calcolo degli autovalori
34 36 38 40
d) e) f) g)
41
2.7.1. Matrice degli autovalori 2. 7 .2. Matrice degli autovettori 2.7.3. Trasfonnazione di una matrice in una matrice diagonale
41 41 42
2.8. Matrice «ortogonale» e matrice ({rotazione». Cambiamento degli assi di riferimento e trasfonnazione di matrici
43
2.8.1. Matrice ortogonale 2.8.2. Can1bian1ento degli assi coordinati. Matrice «rotazione)) 2.8.3. Trasformazione di matrici
43 44
4.5. Arco con movimenti impressi alle estremità Esempio 4.8. (archi parabolico e circolare con le estremità soggette a movimenti impressi)
47
Cenni storici e bibliografici
stato di sollecitazione Archi non simmetrici Il metodo della spinta addizionale Variazioni termiche Deformata di un arco. La notevole rigidezza dell'arco rispetto alla corrispondente trave Esempio 4.3. (arco parabolico incastrato: linea d'influenza delle reazioni) Esempio 4.4. (arco parabolico incastrato: reazioni per una variazione di temperatura) Esempio 4.5. (condizioni di carico più gravose) Esempio 4.6. (arco parabolico incastrato: linea d'influenza dello spostamento verticale in chiave) Esempio 4.7. (arco circolare incastrato, caricato uniformemente sull'orizzontale)
48
P·
>) >) >) >) >)
67
73 75
75 75 79 80 83 83 84
84
85 88 88 89 >)
90 91
>)
92
p.
94
V. Travi snelle a parete sottile aperta. 5.1. Premessa
B) La trave isolata: richiami ricorrenti nello studio dei sistemi di travi.
5.2. Travi a parete sottile e aperta soggette a sforzo tag1iante a) Lo stato di tensione b) Le condizioni affinché lo sforzo tagliante non provochi torsione. Il centro di taglio e) Un'osservazione sul calcolo di un integrale ricorrente Esempio 5.1. (centro di taglio per un profilato con la sezione a [) Esempio 5.2. (diagramma delle tensioni tangenziali e centro di taglio per una sezione a corona circolare sottile aperta)
III. Travi. 3.1. Travi prismatiche con le estren1ità incastrate, articolate, cedevoli: richiami a) La trave con le estremità incastrate perfettamente b) La trave con un'estremità articolata, l'altra incastrata e) I momenti alle estremità di una trave in funzione dei carichi e dei n1ovimenti delle sezioni estreme 3.2. Travi di sezione variabile Tabella 3.1. Trave appoggiata con <(mensole)) rettilinee è sitnmetriche: coefficienti elastici !faa• f/Jba Tabella 3.2. Trave doppiamente incastrata, con «mensole J) rettilinee e simmetriche, soggetta a carico uniforme: momenti d'incastro perfetto Tabella 3.3. Trave con appoggio e incastro soggetta a un mo1nento («mensole)) simn1etriche e rettilinee) Tabella 3.4. Trave di sezione variabile linearmente da un'estremità all'altra: coefficienti elastici Tabella 3.5. Trave prismatica: momenti d'incastro perfetto
P·
55 55
58
5.3. Trave a parete sottile e aperta soggetta a momento torcente 5.3.1. Osservazioni introduttive. I centri di torsione e di taglio coinw cidono 5.3.2. Azione torcente variabile lungo l'asse della trave: consew guenti tensioni normali e tensioni tangenziali di membrana Esen1pio 5.3. (trave a parete sottile aperta soggetta a mow mento torcente variabile lungo l'asse) 5.3.3. Trave a parete sottile aperta soggetta a deformazione di tipo torsionale: equazione differenziale di equilibrio 5.3.4. Trave a parete sottile aperta, soggetta ad azione torcente, con alcune sezioni impedite di ingobbirsi Esempio 5.4. (trave a parete sottile aperta soggetta a mow mento torcente, con le estremità impedite di ingobbirsi)
59
60 61
62 63 63 64 B. -
POZZATI, Il-1.
>)
98 98
99 >) >)
>)
104 104 106
107 107 111 115 117 118 119
Indice
X
Indice
5.4. Sistemi equilibrati di forze longitudinali applicati alle estremità di una trave a parete sottile aperta. Bimomenti e relativi p. stati di tensione
121
Esempio 5.5. (smorzamento degli effetti provocati da un bimo-
mento)
125
5.5. Travi a parete sottile aperta: sollecitazioni per le strisce di parete trasversali; I 'importanza degli irrigidimenti alle estremità della trave
126
7.2.1. L'equazione della linea elastica 7.2.2. La trave con le estremità articolate a) Carico ripartito uniformemente b) Carico trasversale Q concentrato nella mezzeria e) Coppie M., simmetriche applicate alle estremità d) Coppie Man antimetriche applicate alle estremità e) Coppia Mu applicata all'estremità A della trave Esempio 7.1. (trave inflessa e compressa soggetta a un carico ripartito e concentrato) 7.2.3. Trave con le estremità impedite di ruotare
7.3. Trazione e carichi trasversali
Esempio 5.6. (sollecitazioni trasversali per una trave a parete sottile aperta di sezione circolare)
128 129
5.6. Bibliografia
XI
p. J)
>>
i>
160 161 162 163 163 163 163
164 164 l>
Esempio 7.2. (determinazione dello sforzo esistente nella catena di un arco)
165 168
7.4. Cenni bibliografici
169
VI. La trave su appoggi elastici infinitamente vicini. 6.1. Osservazioni introduttive. Equazione della linea elastica e sua integrazione P· a) Premessa b) Integrali particolari e) L'integrale generale
6.2. La trave di lunghezza illimitata
»
133 133 133 133 136 139 139 140
6.3. La trave di lunghezza finita 6.3.1. Condizioni di carico che non inflettono la trave 6.3.2. Soluzioni per Ja trave considerata indeformabile 6.3.3. La trave deformabile sottoposta a forze e a coppie sulle sezioni estreme 6.3.4. La trave di lunghezza finita caricata in modo generico Esempio 6.1. (trave di fondazione soggetta a due carichi sulle sezioni estreme) Esempio 6.2. (trave di fondazione in varie condizioni ai limiti) Esempio 6.3. (trave di fondazione soggetta a più carichi) Esempio 6.4. (reticolo di travi assimilato a una trave su suolo elastico) Esempio 6.5. (trave su suolo elastico precompressa) Tabella 6.1. Valori delle funzioni I} (x), 'P (x), s (x), d (x) Tabella 6.2. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler). Momenti per P0 Tabella 6.3. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler). Momenti MD Tabella 6.4. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler). Pressioni per P 0 Tabella 6.5. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler). Pressioni per M 0 Tabella 6.6. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler), soggetta alle azioni P 0 , M 0 • Movimenti delle se~ zioni estreme
VIII. Trave su appoggi obliqui.
140 144 146 147 148
150 150 152 »
156 156
8.3. Trave appoggiata soggetta a carichi
i>
171 171 172
l)
173 173 174
1>
174
»
8.3.1. La soluzione ottenuta considerando in una prima fase del calcolo la trave con le estremità incastrate 8.3.2. Trave appoggiata: carico concentrato in un punto qualunque 8.3.3. Carico ripartito uniformen1ente
8.4. Osservazioni sull'attendibilità delle formule ottenute
174
175 175 l>
176
l>
176 177
p.
179
Esempio 8.1. (ponte su appoggi obliqui caricato uniformemente; confronti tra i comportamenti di trave e di piastra) 8.5. Cenni bibliografici
157 157
IX. Travi « miste» di acciaio e calcestruzzo. 9.1. Premessa e richiami
180
9.2. Sezione soggetta a mon1ento flettente
180 181
a) Sezione di acciaio e calcestruzzo
9.3. Sezione soggetta a sforzo tagliante
182
9.4. Tensioni conseguenti al ritiro del calcestruzzo
183
9.5. Deformazioni
p. 159 >)
170 171
))
b) Sezione di calcestruzzo precompresso e ordinario
VII. Travi soggette a carichi trasversali e a sforzo assiale. 7.2. Con1pressione e carichi trasversali
8.2. Coppie applicate alle sezioni estreme 8.2.1. Coppie MzA applicate alle sezioni estreme a) Coppie simmetrice MzA b) Coppie antimetriche e) Una coppia MzA applicata alla sola sezione A d) Effetti di una coppia MzA• essendo l'estremità B incastrata 8.2.2. Coppie MxA applicate a11e sezioni estreme
P·
154
155
6.4. Cenni bibliografici
7.1. Premessa
8.1. Premessa
160
Esempio 9.1. (sezione soggetta a M, T e agli effetti del ritiro del calcestruzzo)
9.6. Bibliografia
»
185
l>
186
188
Indice
Indice
XII
11.4. Affinamento delle approssimazioni per estrapolazione
X. L'impiego delle serie di Fourier nello studio delle travi (prismatiche e anulari). 10.1. Premessa 10.1.1. Serie e coefficienti di Fourier 10.1.2. Osservazioni. Proprietà dei termini delle serie a) Simmetrie e antimetrie presentate dai termini della serie b) II caso della funzione impulsiva e) Cambiamento di denominazioni
J)
»
191 194 194 196 197
mediante un 'equazione algebrica
i>
227
Esempio 11.5.
l)
228
p.
233
11.5. Soluzione di un sistema di equazioni alle differenze espressa
198 l) l)
198 198 200 200 200
» 201 l>
l)
201 203 204 205
10.3. L'impiego delle serie di Fourier nello studio delle travi ad
anello
206
Carichi radiali Carichi radenti Carichi normali al piano dell'anello Momenti esterni m" Esempio 10,4. (anelio soggetto a carichi radiali, ripartiti uniforn1emente su tratti) Tabella 10.1. Carichi antimetrici rappresentati con serie di Fourier Tabella 10.2. Carichi simmetrici, rappresentati con serie di Fourier
207 208 209 209
10.3.1. 10.3.2. 10.3.3. 10.3.4.
10.4. Cenni bibliografici
225 226
C) Sistemi di travi iperstatici. - L'interpretazione elastica.
10.2. L'impiego delle serie di Fourier nello studio delle travi prismatiche 10.2.1. La trave appoggiata a) Condizione di carico qualunque b) Effetti di una coppia concentrata in un punto generico e) Carico radente lungo uno dei lembi d) Trave appoggiata alle estremità, su suolo elastico e) Trave inflessa e soggetta a sforzo normale, vincolata a un suolo elastico (appoggiata alle estren1ità) Esempio 10.1. (trave appoggiata, soggetta a varie condizioni di carico, risolta impiegando le serie di Fourier) 10.2.2. La trave doppiamente incastrata Esempio 10.2. (trave incastrata, soggetta a varie condizioni di carico, risolta impiegando le serie di Fourier) Esempio 10.3. (trave su suolo elastico soggetta a carichi equidistanti)
191
p. >)
Esempio 11.4.
p. »
XIII
210 211 212
»
213
XII. Premesse e richiami. 12.1. Condizioni di equilibrio di una struttura espresse con i coef-
ficienti di rigidezza 12.1.1. Strutture caricate in corrispondenza dei nodi 12.1.2. Strutture genericamente caricate. Il ricorso a vincoli ausiliari 12.1.3. Casi particolari dei coefficienti di rigidezza: rigidezze alla rotazione e alla traslazione a) Rigidezza alla rotazione b) Rigidezza al1a traslazione 12.1.4. Distribuzione di un momento tra più aste aventi rigidezza alla rotazione nota 12.1.5. Distribuzione di una forza tra più aste aventi rigidezza alla traslazione nota 12.1.6. Osservazioni
233 J>
237
» »
238 238 238
»
240
»
11.1. Differenze finite. Premessa
11.2. Applicazioni allo studio delle travi a) Travi prismatiche b) Travi di sezione variabile
indeterminata. Coefficienti di deformabilità
l>
modi di applicare il principio dei lavori virtuali
248
XIII. Il metodo dell'equilibrio (o delle deformazioni).
p.
13.1. Equazioni risolventi
e) Trave su suolo elastico secondo Winkler
Esempio 11.1.
p.
214
»
217
per strutture ricorrenti
217
13.3.1. Telai piani con i Esempio 13.3. Esempio 13 .4. 13.3.2. Sistemi di telai e Esempio 13.5. 13.3.3. Telai piani aventi Esempio 13.6. 13.3.4. Telai piani aventi Esempio 13.7. Esempio 13.8.
220 220 221
11.3. Affinamento delle approssimazioni operando sulle condi-
zioni ai limiti mediante sviluppi polinomiali Esempio 11.2. Esempio 11.3.
i>
222
l)
223
224
244
12.3. Metodo dell'equilibrio e metodo della congruenza: due
251
253 258 260
Esempio 13.1. Esempio 13.2.
» » »
243
12.2. Condizioni di congruenza per una struttura staticamente
13.2. Osservazioni
XL L'impiego delle differenze finite nello studio delle travi.
241
13.3, Applicazioni del 1netodo dell'equilibrio: equazioni tipiche nodi che ruotano e che traslano
>) >)
mensole soggetti ad azioni orizzontali i nodi che ruotano e non traslano
262 262 266
l)
267
>)
268
>)
271
>)
>)
i nodi che traslano senza ruotare
275 276 278
>) >)
280 282
Indice
XIV
J3.4. Applicazioni del metodo dell'equilibrio: procedimenti iterativi per l'equilibramento dei momenti P· 13.4.1. Osservazioni sui metodi iterativi 13.4.2. Telai con nodi che ruotano ma non si spostano: il n1etodo di Cross a) Il procedimento Esempio 13.9. b) Osservazioni e) Il metodo di Cross operando sui valori totali dei momenti ripartiti e trasmessi (anzichè sui loro incrementi): il procedimento diviene autocorrettivo 13.4.3. Telai con nodi che ruotano e si spostano. Metodo di Cross generalizzato Esempio 13.10. Esempio 13.11. 13.4.4. Telai con nodi spostabili: il caso del telaio simmetrico a una sola campata (le torri) Esempio 13.12. Esempio 13.13. 13.4.5. Travi Vierendeel Esempio 13.14. 13.4.6. Strutture i cui nodi subiscono spostamenti noti a) Telai soggetti a variazioni della temperatura media b) Effetti per cedimenti noti dei vincoli e) Osservazioni 13.4.7. Sollecitazioni secondarie per tralicci aventi le aste collegate rigidamente e caricati in corrispondenza dei nodi
13.5. Riduzione del numero dei movimenti incogniti e delle relative condizioni di equilibrio. Procedimento ((dei movimenti primari impressi » Esempio 13.15. Esempio 13.16. Esempio 13.17.
15.2. Matrice delle rigidezze e matrice delle deformabilità
282 282 283 283
>)
,,
286 287 288
>) >) >)
289 292 295
296 297 298
>) >) >) >)
,,
,,
299
303 307 307 308 309 309
,,
>)
>)
312 314 316 319
XIV. Il metodo della congruenza (o delle forze). 14.1. Il modo di procedere Esempio 14.l. Esempio 14.2. 14.2. Applicazioni del 1netodo della congruenza: equazioni tipiche per strutture ricorrenti 14.2.1. Trave continua su appoggi rigidi o soggetti a spostamenti di valore prescritto: equazione dei tre momenti 14.2.2. Trave continua su appoggi cedevoli elasticamente: equazione dei cinque momenti Esempio 14.3. 14.2.3. Reticoli di travi Esempio 14.4. Esempio 14.5.
>)
321 322 325
>)
327
P·
p. 340
15.3. L'impiego delle matrici nel metodo dell'equilibrio 15.3.1. La matrice delle rigidezze per l'elemento strutturale isolato Esen1pio 15.1. Esempio 15.2. 15.3.2. Insiemi di travi: matrice delle rigidezze e matrice delle sollecitazioni a) Procedimento ordinario b) Procedimento diretto Esempio 15.3. Esempio 15.4. Esempio 15.5. 15.3.3. L'impiego delle matrici nel metodo dell'equilibrio. La conciusione del calcolo a) Strutture caricate nei nodi b) Strutture caricate in modo qualunque e) Stati di sollecitazione coattivi Esen1pio 15.6. 15.3.4. Le equazioni risolventi hanno una parte dei termini noti nulli 15.4. Impiego delle matrici nel metodo della congruenza 15.4.1. Strutture isostatiche: relazioni tra azioni interne, movimenti e forze 15.4.2. Strutture iperstatiche: calcolo delle incognite statican1ente indeterminate Esempio 15.7. Esempio 15.8.
342 342 345 347 348 348 348 349 353 354 >) >)
355 355 356 357 357 358
>)
359 359
>) >)
15.5. Tralicci piani e spaziali: procedimento di ca1colo «globale)> impiegando le matrici
362 363 364 365
Esempio 15.9.
367
15.6. Qualche osservazione conclusiva. L'impiego degli elaboratori elettronici nel calcolo delle strutture
368
XVI. Procedimenti semplificativi. 327
>) >)
329 331 332 335 336
XV. L'impiego delle matrici nell'analisi delle strutture. 15.1. Premessa 15.1.1. Generalità 15.1.2. Simboli e numerazione dei nodi
xv
Indice
p. 338 >) >)
338 339
16.1. Premessa 16.2. Telai aventi lo stato di sollecitazione poco influenzato dagli spostamenti dei nodi
p.
372
l>
373
I 6.3. Telai aventi lo stato di sollecitazione poco influenzato dalle rotazioni dei nodi 16.4. Telai aventi lo stato di sollecitazione influenzato sia dalle rotazioni, sia dagli spostamenti dei nodi 16.5. Il comportamento delle strutture «a telaio)) interpretato con fittizi schen1i continui
374
J>
377
379
Indìce
XVI
16.5.1. Premessa 16.5.2. Pareti irrigidenti con una o più serie di fori allineati verticalmente Esempio 16.1. Esempio 16.2, Esempio 16.3. 16.5,3, Parete irrigidente collegata a un telaio soggetta a carichi orizzontali Esempio 16.4,
16.6. Sistemi strutturali soggetti a comportamento spaziale per carichi orizzontali. - Le azioni sulle varie strutture compoM nenti. Un procedimento di calcolo semplifìcativo Notizie bibliografiche e storiche Indice degli autori
p.
379
» »
380 387 388 390 393 396
398 » 403 411
A)
MATRICI E RISOLUZIONE DEI SISTEMI DI EQUAZIONI LINEARI - RICHIAMI RICORRENTI NELLO STUDIO DEI SISTEMI DI TRAVI
1 -
POZZATI, JI-1.
CAPITOLO
I
MATRICI
1.1. l'rentessa. a) Le difficoltà crescenti della soluzione dei problemi connessi con le attività della tecnica hanno fatto avvertire sempre maggiore l'importanza di poter disporre di un linguaggio matematico che, senza divenire eccessi-
vamente ermetico, fosse il più possibile sintetico e semplice. La definizione delle matrici e della relativa analisi corrispose a tale esigenza. Infatti, poichè nei calcoli si deve effettuare spesso il maneggio di vari elementi suscettibili delle medesime operazioni, si ritenne opportuno aggregarli in «matrici » (ossia in insiemi) ciascuna distinguibile con un solo
simbolo; e poichè certe operazioni tra gli elementi di due o più di esse sono ricorrenti, fu conveniente tradurle una volta per tntte in ben determinate proprietà e regole, dando così vita a una corrispondente algebra che, se per certi aspetti mantiene legami e somiglianze con quella tradizionale, per altri possiede peculiari attributi e sviluppi meritevoli di essere ricordati. Con l'introduzione delle matrici si è compiuto un passo importante nel simbolismo matematico, la cui definizione fu tutt'altro che rapida e prese corpo a mano a mano che si complicarono i problemi e le relative risposte. AH 'inizio, quando il pensiero matematico si co1ninciò a organizzare, le operazioni vennero descritte con espressioni prese esclusivamente dal linguaggio; poi si cercò di abbreviare i discorsi usando particolari vocaboli e segni Cl.1 ).
L'intendimento restava però fondamentalmente quello di costituire una più duttile intesa inatematica e passò un lungo tempo prima che nascesse I'al-
gebra, ossia prima che, con l'impiego delle lettere nel calcolo, i simboli perdessero il diretto aggancio con particolari significati e stessero a indicare invece entità e numeri generici; di questi, impiegando l'algebra, si poteva far restare soltanto il concetto più generale fissando, con processi operativi non contingenti, proprietà e riferimenti immutabili espressi con un linguaggio di ampia portata. (t.tJ Principalmente per merito del matematico greco Diophantus, vissuto nel terzo secolo dopo Cristo. Diophantus creò una forma di scrittura matematica, ma i simboli e i vocaboli rappresentarono soprattutto delle abbreviazioni e furono adottati per indicare particolari e non generiche entità e operazioni; tuttavia l'incognita o le incognite vennero indicate con lo stesso simbolo, indipendentemente dal problema trattato.
Capitolo primo
Matrici
Ciò che ci appare ora tanto spontaneo e semp_lice richiese però un lungo tempo di maturazione con il fallimento di innumerevoli tentativi, e la stessa scelta dei simboli fu non di rado di decisiva importanza per lo sviluppo del pensiero scientifico: agli antichi greci, per esempio, che impiegarono le lettere dell'alfabeto associate a un apice per rappresentare i numeri, probabilmente riuscì difficile l'idea di usare le lettere per indicare un numero generico (1 • 2); e si pensi a ciò che ha comportato Poter rappresentare chiaramente qualunque grandezza nu1nerica impiegando soltanto dieci simboli aventi il valore ancorato alla loro posizione (1. 3). b) Con il complicarsi dei calcoli si trovò conveniente, una volta accertata la validità di un certo processo operativo, lasciar la dimostrazione da parte e definire determinate regole pratiche e complessi di operazioni, detti « algoritmi », a loro volta rappresentabili con simboli <1 •4). Si vennero così costituendo vere e proprie \(macchine mentali », ossia automatismi con i quali le operazioni, seguendo schemi preordinati, il più delle volte vengono adottate passivamente. Per citare un esempio il più elementare possibile, si pensi quando, nell'effettuare un'addizione, il riporto relativo alla somma dei numeri di una colonna viene aggiunto come addendo alla colonna a sinistra, in genere senza chiedersi se esso rappresenti decine, centinaia o migliaia: in questa banale operazione è già insita l'idea, comune agli algoritmi ben più complessi, di fornire, in relazione a un certo scopo, regole pratiche il più possibile se1nplici e di poter operare in un certo modo spesso senza preoccuparsi di darne ogni volta giustificazione; e il vantaggio può essere notevole, pnrchè non si perdano di vista i limiti dì applicabilità delle regole e il ricordo del loro significato. È evidente che, introdotti tali automatismi mentali, l'esecuzione materiale delle operazioni si presentò come il fatto più affaticante; e sempre più si avvertì la necessità di rendere automatico lo sviluppo degli stessi algoritmi, ossia di poter disporre anche di macchine calcolatrici. La prin1a di queste,
inventata da LEIBNIZ verso la 1netà del 1600, traduceva n1eccanican1ente proprio quella regola dell'addizione citata come esempio di un algoritmo tra i più elementari; e i movimenti necessari al funzionamento vennero prima effettuati a mano, poi elettricamente. Ma i primi calcolatori numerici veramente automatici vennero realizzati negli Stati Uniti durante il secondo conflitto mondiale, e con essi si fu in grado, mediante impulsi di corrente o altro sistema [comunque utilizzando elementi costitutivi funzionanti a due stati C1 • 5>] di scrivere un numero espresso con il sistema binario di BOOLE (1. 5) e di sviluppare operazioni sui numeri, utilizzando l'algebra conseguente allo stesso sistema e trasformazioni funzionali realizzate dai circuiti della macchina: il sistema binario, poco congeniale alla sensibilità umana, essendo basato sui due soli caratteri O e 1, è invece adeguato alla capacità degli elementi costitutivi dell'elaboratore di dare soltanto due soli tipi di risposta, ma in tempi straordinariamente brevi, dell'ordine, attualmente, di 10-'-:- J0- 9 secondi. Si potè così disporre di elaboratori di calcoli di straordinaria efficacia: tuttavia per essi occorreva poter programmare le operazioni impiegando un simbolismo il più possibile chiaro e sintetico; e le matrici, con la relativa algebra, poterono rispondere pienamente a tale esigenza. Fu questo fortunato incontro con le necessità presentate dal funzionamento dei calcolatori elettronici a favorire la grande diffusione dell'algebra 1natriciale, a parte s'intende la sua utilità immediata di stenografia operativa: essa è quindi strumento assai utile per l'esecuzione di calcoli che, senza l'impiego degli elaboratori elettronici, sarebbero impensabili per la capacità dell'uomo. Vedremo nel cap. XV alcune particolari applicazioni riguardanti i sistemi di travi, ma ormai le matrici sono correntemente impiegate per il calcolo di qualunque tipo di struttura, in particolare quelle continue, trattate con gli elementi finiti. Può essere però opportuno osservare sin da ora che l'utilità dell'algebra delle matrici, essendo soprattutto connessa con l'uso degli elaboratori elettronici, non può venire efficacemente illustrata con esempi elen1entari, per
4
(i.zJ I nun1eri 1, 2, 3, ... venivano indicati con oc', \3', y', ... ; tale scrittura si sviluppò verso il quinto secolo avanti Cristo. . (L 3 l Il matematico arabo Muhammad ibn Musà visse intorno al1'800 dopo Cnsto e venne chiamato al-Khuwarizmi 0 con riferin1ento alla regione dalla quale proveniva. Di due sue opere una si intitolava deformando il suo nome nella traduzione latina, Algoritn1; dicit e il titolo ispirò la den~n1inazione di uno dei concetti basilari nella matematica; il libro tra l'altro riportava il sistema decimale, escogitato da matematici indiani che avevano da tempo adottato il <1 sistema dei valori di posizione l>, intendendo con ciò il fatto che in un numero il valore della cifra cambia a seconda del suo posto (nel numero 2002, il primo 2 è mille volte maggiore dell'altro; ma ovviamente.il valore .di .posizione non è circoscritto al sistema decimale). La seconda delle opere citate era intitolata Alshebr... (sistemazione ...); e dal titolo derivò la parola {(algebra)'/. , . (lAl A tale proposito può essere interessante ricordare quanto LAPLACE affermo in un passo della sua Exposition du système du monde (~ 799): «.... La. fecondit.à del~'anali.si .algebrica è così grande che basta tradurre nel suo linguaggio universale i fatti speciali per veder crescere dalla sua semplice forma di espressione una quantità di fatti nuovi e inaspettati)'/, . _ , . . In questa visione delle possibili conquiste del pensiero matematico trovano lun1tato spazio l'intuizione e la fantasia; e molte acquisizioni sono il risultato del funzionamento di una vera e propria macchina mentale.
5
(1.G) Terminali di transistori ai quali può venire applicato o no un impulso di corrente, o che possono essere portati a due diversi stati di tensione; elementi magnetici con due sensi di polarizzazione, ecc. <1 · 6 l G. BooLE, An InvestigaNon ;nto the Laws of Thought ... , London, 1856. Adottando la base 2, ossia il sistema binario, si impiegano soltanto i nun1eri O, 1. Ad esen1pio il numero 43 può essere rappresentato nel seguente modo:
43~4·10 1 +3
· 10°=1·25 +0. 2 4 +1·2 3 +0. 2 2 +1·21 +1. 2°;
quindi, scrivendo in ordinata successione i coefficienti che moltiplicano le potenze di base 2, 1a scrittura in forma binaria è 101011. . L'osservazione di Boole, che sen1brò relegata al campo matematico e filosofico, trovò invece un impiego pratico utilissimo per esprin1ere il linguaggio degli elaboratori elettronici: questi infatti, trasmettendo o bloccando ad esempio un impulso elettrico, sono in grado, come figurativan1ente si dice, di rispondere soltanto si=l, no=O, quindi di esprimere in forn1a binaria un numero. Dallo stesso Boole venne sviluppata un 'algebra binaria.
6
Capitolo primo
Matrici
i quali i consueti metodi operativi possono alle volte riuscire p1u efficaci; essa si può chiaramente rivelare soprattutto nei casi complessi.
trici, essa corrisponde all'unità nell'algebra e viene detta anche matrice identità. Quando n= 1 si ha la matrice colonna o vettore, che conviene distinguere col simbolo:
1.2. Definizioni.
7
a, a,
a) Si definisce matrice di ordine (o rango) mXn l'insieme ordinato di m X n elementi (entità qualsiasi, prive o dotate di dimensioni fisiche tra loro a={a}=
anche non omogenee) distribuiti in m «righe» ed n «colonne» secondo il quadro: a,, On a,, aain 022 2n
[1.3]
1
A=[A]= aml
a~J,
am2
[1.1]
nel quale con ai1 si indica, come di consueto, il generico elemento appartenente alla riga i e alla colonna j. L'insieme [1.1] può essere indicato anche in altri modi: [Al,nxn. [a], [a,;], A; e generahnente l'ordine non viene annotato, se non è necessario per la comprensione delle operazioni C1 •7l. Appare quindi chiaro che a una matrice non corrisponde alcun valore numerico e che pertanto la sua definizione nulla ha a che vedere con quella di determinante (v. par. 1.3.3). A seconda della loro configurazione, alle matrici sono state attribuite diverse denominazioni che può convenire una volta per tutte definire. Quando m=n, una matrice è detta quadrata e sono chiamati principali gli elementi a,, collocati lungo la diagonale. Casi particolari di essa sono: la matrice simmetrica (a,1=a1,) e la matrice diagonale (nulli tutti gli elementi eccettuati quelli sulla diagonale principale); ed è evidente che un numero può esser considerato una matrice quadrata di ordine 1 x I. Inoltre è rilevante la definizione della matrice unità (indicata col simbolo I), che è una matrice diagonale (quindi quadrata) con tutti gli elementi principali uguali ad 1, ad esempio del tipo:
[1]=[1] 3 =
l~
o 1
[1.2]
Per essa, che ha particolare importanza, vengono frequente1nente usati altri simboli, quali {ai}, {A}, e gli elementi a1 ••• arn sono spesso detti componenti o coordinate del vettore a; qualunque gruppo di numeri o di variabili può essere definito come vettore. Inoltre, mentre le matrici rettangolari o quadrate verranno usualn1ente rappresentate, con1e si è detto, con lettere maiuscole, i vettori saranno indicati con lettere minuscole e i relativi elementi (componenti) avranno naturalmente un solo indice (l. 8J. Tra le matrici aventi caratteristiche particolari è opportuno citare anche le nlatrici triangolare superiore e triangolare inferiore: la prhna di esse ha nulli tutti gli elementi posti sotto la diagonale principale, la seconda tutti gli elementi al di sopra; per esempio:
l
Gn
a,,
o [1.4]
a,,
Data una 1natrice A, si definisce sua trasposta At (o AT, A') la 1natrice dedotta dalla A scambiando le corrispondenti righe e colonne, col risultato che per la A' ogni elemento a',1 risulta uguale ad a;, e l'ordine m X n diviene n x n1. Così, ad esempio:
l
au
A'= [A]'=
a12
[1.5]
_ G13
In particolare una niatrlce riga può essere considerata 1a trasposta di una matrice (o vettore) colonna:
o a'={a}'=[ a1
per la quale al solito, quando è possibile, l'indice si sottintende; per le ragioni che vedremo a proposito del prodotto o della divisione di ma-
a 2 a,],
[1.6]
e pertanto {a}t o at sono i simboli con i quali essa viene di solito indicata. <1 •7 l
Nel presente capitolo le matrici verranno indicate per semplicità, seguendo una diffusa preferenza, con semplici lettere maiuscole e corsive (per es. A). Nelle applicazioni riguardanti le strutture (cap. XV) preferiremo in genere, onde evitare confusioni, racchiudere le lettere maiuscole tra parentesi quadre (per es. [A]).
ti.s) Ne] presente capitolo i vettori, o matrici colonne, verranno indicate per semplicità, seguendo una diffusa preferenza, con semplici lettere minuscole e corsive tra parentesi graffa;
per es., {a}.
Matrici
Capitolo primo
8
Ovviamente una matrice simmetrica (aii=a1i) coincide con la sua trasposta; e la trasposta di una matrice triangolare superiore diviene triangolare inferiore e viceversa. Inoltre due matrici sono definite uguali, se sono uguali tutti i loro corrispondenti elementi; pertanto l'uguaglianza può esistere soltanto fra matrici del 1nedesimo ordine. Una matrice è detta nulla se tutti i suoi elementi sono uguali a zero. Matrici di tipo particolare verranno definite nei par. 2.7, 2.8. b) Sottomatrici. Una matrice può comprendere elementi di diversa natura o dotati di proprietà diverse, che può convenire raggruppare in sottomatrici suddivise da linee tratteggiate. Così, ad esempio, per la matrice
9
1.3.2. Prodotto di matrici. a) Non è un'operazione ovvia. Si definisce prodotto di due matrici A, B una matrice C il cui generico elemento c,i è la so1nma dei prodotti, elemento per elemento, degli elementi della riga i di [A] con quelli della colonna j di [B]. Ad esempio:
con: c11=a11 b11 +a12 h21,
c12=a11 h12+a12 b22,
C13=ll11 b13+a12 b23'
C21 =G21 b11 +a22 b21, ... ;
pertanto l'espressione del generico elemento della matrice e risulta (se n è il numero delle colonne della A, e anche il numero delle righe della B): n
può convenire la segmentazione indicata, volendo dar rilievo al particolare carattere di alcune sue parti, ossia alla presenza della sottomatrice A 12 unitaria e alla A 22 nulla. Ovviamente i termini A11 , ... , A 22 sono da considerare a loro volta elementi di una matrice, suscettibili pertanto di qualunque operazione definita nell'analisi matriciale.
cii=
Un esempio numerico: AB= [
1.3.1. Somma di matrici.
A+B+C=(A+B)+C. À
Volendo moltiplicare una matrice per un numero ). (ossia sommarla volte), si deve moltiplicare ogni elemento per },, quindi: ÀA=À[ a1; ]=[ Aa;;].
In particolare, se il numero 2 moltiplica una matrice unità, ad esempio di ordine 3, si ottiene:
Al=l ~ la matrice AI è detta scalare.
o },
[1.8]
8=1
~
! l [!
-~ ~
]
= [
~:: ~:: ~::
Cu=[ 1 3]
[
! ]=J • 1+3 ·4=13,
c 23 =[ 2 4 ]
[
~
1.3. Operazioni sulle matrici.
Si somn1ano matrici di uguale ordine sommando i loro corrispondenti elementi; matrici di ordine diverso non possono venire sommate. Regola analoga vige per la sottrazione. Evidentemente valgono le proprietà commutativa e associativa: A-!-B=B+A,
E a18 • b81 •
] ,
] =2 · 3+4 · 6=30;
per cui si ottiene: 13 C= [ 18
13 21 16 30
l
·
b) Possono essere opportune alcune osservazioni. Innanzi tutto, conseguentemente alla definizione data, il numero degli elementi di una qualunque riga della A deve essere uguale a quello degli elementi di una qualunque colonna della B, ossia le colonne della A debbono esser tante quante le righe della B: quando questa condizione è soddisfatta, le matrici« fattore» si dicono compatibili e il loro prodotto può essere eseguito. Quindi la condizione di compatibilità richiede che, indicando con m X n l'ordine della prima matrice fattore e qX r quello della seconda, si abbia n=q; e l'ordine della matrice prodotto risulta m X r:
Ovviamente, per il prodotto di più matrici: [1.7]
o si deve avere q=r, s=t, e l'ordine della matrice finale D è p X u.
10
Matrici
Capitolo prin10
Da quanto è stato detto si ha che il prodotto di un vettore
{a}'
riga (di
n componenti) con un vettore {b} colonna (di m componenti) può essere eseguito soltanto se m=n, e il risultato è una matrice di ordine 1 X 1, com-
II
Inoltre, se AB=I, si ha anche BA=I: infatti, posto BA=C e postmoltiplicati entrambi i membri per B, si ha BAB=CB; ma, essendo AB=I e BI=IB, si ottiene IB=CB, e in definitiva C=I, BA=I.
prende quindi un solo elemento; ad esempio:
{a}'{b}=[ a1 a2 ] iuvece il prodotto ordine mxn:
{a}{b}'
[
~:] =[(a b +a,b 1 1
d) Valgono le proprietà distributiva e associativa, ossia: 2)] ;
è sempre possibile e fornisce una matrice di
[I.IO]
ABC=(AB) C=A (BC).
[1.11]
e) Per quanto riguarda la trasposizione di un prodotto, è facile rendersi conto che: [1.12] (AB)'=B'A' .
{a} {b}'=[ :: ] e) Il prodotto non gode della proprietà commutativa, quindi in genere si ha: AB#BA;
Infatti, detta C la matrice prodotto, un generico elemento di questa, per la regola data, può essere simbolicamente scritta (r=riga, c=colonna):
c,;=r; (A) ci (B), o anche, per la definizione di matrice trasposta:
infatti, ad esempio:
A
A (B+C)=AB+AC,
=[ - I3
AB=[
9
-3
-n· ~~].
B
=[ ~
;]
'
BA=[~ ~] ;
e in particolare l'esempio mostra che il prodotto di due matrici non nulle può risultare nullo. A causa di tale proprietà, è necessario precisare se una matrice viene premoltiplicata o postmoltiplicata per un'altra; nel prodotto AB, B è premoltiplicata da A e, viceversa, A è postmoltiplicata da B. Però, quando si abbia a fattore la matrice unitaria, la proprietà commutativa è valida, ossia: [1.9] IA=AI=A.
c,;=c, (A') r; (B')=r; (B') e, (A') ; pertanto, poichè un qualunque elemento della
et vale ctii=ci" per la [a]
si ottiene:
Ctij=l"i (Bt') Cj (At)'
quindi C'=B'A'. Così, ad esempio, date le due matrici:
si ha:
7 IO] [23 34 ,
(AB)'= 15 22
10] . B'A'= 157 22 [ 23 34
Di ci~ è immediata la constatazione applicando la solita regola del prodotto; ad esen1p10:
[6 ~ l
[a]
In maniera analoga è semplice constatare che:
(AB C)'=C'B'A',
[~
[1.13]
j) Il prodotto di matrici simmetriche genera una matrice in generale non simme~ trica: infatti, una matrice simmetrica deve coincidere con la sua trasposta, inoltre
(punto e) (AB)'=B'A'; quindi (AB)' risulta uguale a BA (essendo per ipotesi A, B e l'ordine della matrice unitaria (che è quadrata) dev'essere uguale al numero delle
righe o a quello delle colonne della [A], a seconda che il legame sia di premoltiplic~z1one
o postmoltiplicazione. Appare quindi chiara la ragione per la quale la matrice I è detta spesso, come è stato accennato, <(identità»; in particolare l'opera~ zione la riproduce il vettore a, quindi la e a sono la medesima cosa.
simmetriche) e non ad AB, come dovrebbe essere se la matrice prodotto AB fosse simmetrica. Per quanto è stato detto, se A è simmetrica, la matrice AA è ancora simmetrica: la matrice AA è indicata con A 2 , e una notazione simile si usa per potenza della matrice A di più elevato indice.
12
Capitolo primo
Matrici
g) Il prodotto L 1 L 2 L 3 ... di matrici triangolari inferiori è una matrice inferiore; e una proprietà analoga vale per quelle superiori. Ad esempio:
[g
3 -1
o
-n rn
2 1
o
~J~rn
7
-1
o
~~l
·
h) Il prodotto D 1 D 2 D 3 ••• di matrici diagonali è una matrice diagonale, nella quale ogni elemento è uguale al prodotto dei corrispondenti elementi; ad esempio:
[g
o -3 o
~] [-g
o 3 o
~] [-g
o -9 o
l·
13
1.3.3. Determinante di una matrice. L'analisi delle n1atrici viene utilmente impiegata, insieme con la teoria dei determinanti, nella risoluzione dei sistemi di equazioni, per cui può essere conveniente il richiamo di alcuni risultati salienti di tale teoria.
a) Definizioni. Con i simboli:
g
20
[1.14]
i) Moltiplicazione di matrici comprendenti sottomatrici. E stato accennato che alle volte può convenire di raggruppare gli elementi in sottomatrici e che nulla vieta di considerare queste a loro volta elementi, rimanendo ovviamente valide tutte le operazioni dianzi definite. Vediamo un esempio: il sisterna:
può essere, come è indicato, suddiviso in sottomatrici e rappresentato nel seguente modo, con evidente impiego dei simboli:
si indica il determinante di ordine n di una 1natrice quadrata di ordine n x n. Le definizioni di matrice e di determinante non hanno nulla in comune: La prima, come si è detto, è un insieme di elementi che in genere si indica racchiuso tra parentesi quadre; il secondo, con gli elementi posti tra semplici barre, esprime invece un preciso valore numerico, ottenibile seguendo ben determinate operazioni. Ricorrendo queste nell'importante problema della risoluzione dei sistemi lineari, si trovò conveniente una volta per tutte codificarle; e poichè sono abbastanza semplici seguendo la regola di Laplace, può essere opportuno un breve loro richiamo, unitamente con le più rilevanti proprietà.
sviluppando il prodotto, si ottiene:
Dato un determinante J a I, si chiama minore Mii di un elemento aii il determinante ottenuto sopprimendo in j a I la riga i e la colonna j. Quindi, ad esempio, per il determinante:
Ia e s'intende che la suddivisione in sottomatrici deve rispettare, nel caso del prodotto, la regola della compatibilità. l) Prodotto di una matrice con una matrice diagnonale. Come è stato detto, una matrice dif!gonale D ha nulli tutti gli elementi non appartenenti alla diagonale principale. E facile riconoscere che se B=DA si ha (Pi=riga generica; dt=elemento della riga e della colonna i appartenenti a1la matrice quadrata D):
an
i~ a,,
Ia,,
a,, a,, a22
a2a
a32
a3a
I,
i minori M 11 , M 21 sono:
Mn=[
a22
a23 [,
G32
G33
Si definisce inoltre con/attore C,1 di un elemento a,1 : C,1=(-l)t+i M11,
per cui, riferendosi al caso precedente:
'" (B)~d, '"(A) ;
infatti, sviluppando ad esempio il prodotto: La definizione di confattore è utile per ricavare il valore di un determinante e per definire il segno del relativo minore; può essere con1odo aver presente la seguente tabella riguardante la matrice degli elementi: si trova: b11 (elemento della 1a riga)=d1 a11 , Analogamente, se B=A D, c1 (B)~d, c1 (A).
+-+- .. . -+-+ .. . +-+- .. .
Matrici
Capitolo primo
14
b) Sviluppo di un determinante. Regola di Laplace.
Il valore di un determinante può essere calcolato impiegando i confattori c,1 degli elementi di una qualunque riga o di una qualunque colonna. Nel primo modo, se n è l'ordine del determinante:
b) Deduzione diretta della matrice inversa. Data una matrice A, gli elementi x,1 della matrice inversa A-1 debbono, per la [l .17], soddisfare la condizione:
n
I aJ=E a,1 Ci;;
[1.15]
1=1
ossia il valore di un determinante è ugnale alla somma dei prodotti di tutti gli elementi di una sua riga qualunque per i relativi confattori; oppure, se lo sviluppo viene attuato prescegliendo una colonna j: n
[l.16]
JaJ=Ea, 1 c,1 • i=l
[
Xn
X12
•.•
X1n ]
X21
X22
··•
X2n
Xn1
Xn2
.......
2 3I -i Ii ~ =1 l-i
l
~l+ 2 C-l)[i ~[+c- 3 l[i
-i[=
..
. . .
[
Xnn _
1 O ... O] o .. .
Gn a12 ••• 0 1n ] [ G21ll22···G2n=Ol
Gn1
Gn2
...
O O
Gnn
•.•
1
Poichè si tratta di moltiplicazioni di matrici (par. 1.3.2), le somme dei prodotti degli elementi della prima riga di A-1 per i corrispondenti elementi della prima, seconda, ... , ennesima colonna di A, debbono essere ordinata~ mente uguali agli elementi c11 , c12 , ••• , c1n della matrice prodotto, ossia in questo caso a 1, O, ... , O, quindi:
Ovviamente i confattori sono, per la definizione precedentemente data, determinanti di ordine (n-1), a loro volta calcolabili applicando la medesima regola; per cui, con operazioni a catena, ossia gradualmente declassando l'ordine del determinante, si può giungere al risultato finale. Così, ad esempio, sviluppando il seguente determinante con gli elementi della prima linea sì ottiene:
15
G11 X11 +a21 X12
+... +an1 X1n =
1,
ll12 X11+a22 X12+ ... +an2 X1n=O,
per cui ripetendo analoghe operazioni per le rimanenti righe della A-1, si ottengono n sistemi di equazioni indipendenti tra loro, che consentono di definire la matrice inversa. Per esempio, volendo ricavare la matrice inversa nel seguente caso:
I 2 -3] [1 OO] [24 -51 26 oO O1 oI '
=1 (-10 -6) -2 (8 -12) -3(4+10)=-50'
=
ed è immediato constatare che il valore non cambia operando sugli elementi di una qualunque altra riga o di una qualunque colonna. gli elementi
X 1i,
x12 , x 13 si ottengono dalle equazioni:
1.3.4. Inversione di una matrice. Proprietà relative alla matrice inversa. a) Tale operazione ricorre, come vedremo, nella soluzione dei sistemi di equazioni impiegando le matrici; la definizione di matrice inversa è utile anche per dare espressione formalmente esplicita alle incognite di un sistema, con vantaggi operativi. 1 Data una matrice quadrata A, si definisce sua matrice inversa A- una matrice, anch'essa quadrata e dello stesso ordine, tale che il loro prodotto sia uguale alla matrice unitaria I (vedi par. 1.2 a); quindi per definizione, e tenendo presente che se AB=l anche BA=I (v. par. 1.3.2 e): [l.17 a]
[l.17 b]
X11+4X12+2X13=l
2X11-5X12+ X13=0 -3x11 +6x12 +2xu1=0
e valgono (a meno di -1/50) X11 =-16, x 12 =-7, x 13 =-3. In modo analogo si calcolano i rimanenti elementi incogniti.
e) La mat1'.ice inversa dedotta i111piegando i con/attori. Per la regola [l.15] di Laplace si può scrivere, con riferimento ai soliti simboli: [l.18 a] n { A I per r=i,
E a,1 c,1
1~1
ed è evidente l'analogia con l'algebra ordinaria. L'inversione di una matrice può essere ottenuta direttamente dalla definizione [1.17], come vedremo nel punto b), oppure utilizzando particolari proprietà connesse con i determinanti (punto e).
=J =
O
per r,,< i
Cl.DJ.
[1.18 b]
<1 •9 > Se una 1natrice quadrata ha due righe (o due colonne) uguali il determinante è nullo. Lo sviluppo [1.18b] coincide con quello relativo alla riga r di {1na matrice avente a, 1=a,i.
Matrici
Capitolo primo
16
Prepariamo quiudi la matrice dei confattori C,1 degli elementi
C12
a,1
della A:
...
C2n
Cn 2
••• •
C,:,, '
quindi trasponendo il primo membro della [a] e tenendo presente la [1.13],
(A'~A),
(AA- 1 A')'~A(A- 1)'A'~A(AA-')'~AJ~A,
C,n]
C22
17
[b]
e confrontando la [a] con la [b] si ottiene: [1.22] per cui la A-1, risultando uguale alla sua trasposta, è sìm1netrìca.
e consideriamo la sua trasposta, o come brevemente si dice, la matrice ·ag~ giunta À" della originaria A:
Infine notia1no che: [1.23]
[l.19]
come si ha immediata conferma premoltiplicando entrambi i membri per AB. A titolo d'esempio, determiniamo per la matrice:
È allora facile ottenere, sviluppando il prodotto delle matrici A e À" e ricordando le relazioni [l.18]:
r· "· .. 1l ".
a21
G22
...
Gn1
Gn2
".
c,,
r
~::1 ~· 1:1 ..... '1"1:1 1
G2n
c., Cm
C22
Gnn _
Cm
C2n
c••
=
A~
4 2
-5 1
6 , 2
la sua inversa, già calcolata nel punto b) precedente con procedin1ento diretto. Il determinante della A vale I A [~-50 (par. 1.3.3b). La matrice dei confattori e la relativa trasposta, ossia l'aggiunta di A sono (ricordando l'alternanza dei segni indicata nello schema al par. 1.3,3a):
"
c~[=1~
ossia, per la [1.7]:
À" Aw=I.
ÀÀ"=\A I I,
[1 2-3]
-
3
: li],
-18
-16
A"~C'~ [
-13
11
quindi, secondo la [1.20] , Quindi in definitiva risulta, per la definizione [l.17] (AA-1 =1): À"
[J.20]
A-'=w, e gli ele1nenti
aii
-146 [
0,06] 0,36 0,26
14
(gli elementi della prima riga coincidono con quelli ricavati ne1l 'ese1npio dente par. b).
della matrice inversa valgono: cji
a,1=g.
prece~
[1.21]
1.3,5. Derivata e integrale di una matrice.
Sono di conseguenza chiare alcune proprietà della matrice inversa: la
I I;
1
matrice A dev'essere quadrata, per poter calcolare A la stessa A- risulta quadrata, essendo tale quella aggiunta; la A non deve essere singolare ci.io). Inoltre è facile verificare che l'inversa di una matrice simmetrica A (per la quale quindi À=À') mantiene il carattere di simmetria. Infatti, essendo per definizione, AA-1 =! si ha, postrnoltiplicando per At, AA-1 A'~IA'~A'~A; [a] <1.10)
A-'~(- 5~)
Si deriva (o si integra) una matrice derivando (o integrando) ogni suo elemento. Ad esempio: X
A= [ 3x3
2x 2 4x4
] . '
dA
dx =
[ 1
9x 2
4x ·1 16x3
'
Altre particolari operazioni e altre matrici frequenten1ente impiegate (matrice «ortogonale» e matrice «rotazione») verranno ~icordate nei pa~ ragrafi 2.7 e 2.8.
Una matrice viene detta singolare quando il suo determinante è nullo. 2 -
POZZATI, II-1.
Equazioni lineari
quando, per chiarezza, sia ritenuto opportuno mettere in evidenza tali notazioni. Abbiamo già accennato che le incognite x1 , ... , Xn sono dette componenti del vettore x e, analogamente, i dati c1 , ... , Cn componenti del vettore c. In termini sintetici, l'equazione [2.3], o l'equivalente [2.4], può essere interpretata dicendo che il prodotto Ax di una matrice per un vettore x è uguale a un altro vettore e; quindi la matrice A può essere considerata alla stregua di nn operatore. La soluzione della [2.3] può essere scritta, ntilizzando la definizione di matrice inversa (par. 1.3.4): [2.5]
CAPITOLO II
RISOLUZIONE DEI SISTEMI DI EQUAZIONI LINEARI
2.1. Considerazioni introduttive. Nello studio delle strutture si presenta frequentemente la necessità di risolvere sistemi di equazioni lineari. Infatti, a parte i proble1ni caratterizzati da un numero finito di gradi di libertà, i casi continui elastici possono essere in genere trasformati in problemi algebrici, convertendo le equazioni differenziali in equazioni alle differenze. Un sistema di n equazioni lineari in n incognite x1' ... , Xn è del tipo: ai1
~1 +a12 X2.+ ... +a1n Xn: C1
G21 X1
+a:::z X2 +... +a2n
Xn - C2
............
I •
'
[2.1]
lln1X1 +an 2 X2+··· +ann Xn=Cn
i nu1neri ai1 sono detti I< coefficienti >> e i numeri e.i, sono i «termini noti » del problema; un'equazione avente nullo il termine noto è detta «omogenea», e analogamente viene detto omogeneo un sistema nel quale tutti i termini noti sono nulli. In forma matriciale il sistema di equazioni [2.1] può essere scritto:
[2.2]
e si possono ottenere facilmente i valori delle incognite Xt una volta che sia stata calcolata, qualora esista, la matrice inversa A-1, dipendente soltanto dalla A. La scrittura sintetica [2.5] della soluzione, che consente di esplicitare il vettore incognito x, ossia una serie di quantità incognite, con1e se si trattasse di un'incognita soltanto, è utile nei processi algebrici. Per il calcolo concreto è necessario determinare la matrice inversa; ed è allora facile constatare (par. 2.2) la coincidenza, sotto il punto di vista operativo, con la regola di Cramer. I metodi di calcolo escogitati per la soluzione dei sistemi di equazioni lineari sono numerosi; pertanto ci limiteremo a ricordare quelli che hanno maggiore rilevanza sia per la loro convenienza pratica (e l 'ìnversione della 111atrice non è tra questi), sia per le proprietà che essi mettono in luce soprattutto in relazione al calcolo delle strutture. Un cenno verrà dato anche ai sistemi di equazioni omogenei che, anche se raramente ricorrono nei problemi trattati in questo volume, hanno notevole importanza nell'analisi strutturale.
2.2. Risoluzione di un sistema di equazioni con la regola di Cramer e con l'inversione della matrice dei coefficienti: sostanziale coincidenza dei due metodi. a) Regola di Cramer
come si può verificate immediatamente avendo presente la regola del prodotto di matrici (par. 1.3.2); oppnre, più sinteticamente:
Ax=c,
[2.3]
indicando eventualmente le stesse lettere fra parentesi quadre e graffe: [A]
{x}={c},
19
[2.4]
C2 .1J.
Il valore di ogni incognita può essere ottenuto come quoziente di due determinanti: a denominatore il determinante della matrice dei coefficienti aiJ; e a numeratore quello della stessa matrice, nella quale però la colonna dei coefficienti relativi all'incognita che si vuole determinare è sostituita con la colonna dei termini noti. Ricordando che una lettera maiu~ scola compresa tra due barre sta a significare il determinante di una ma~ <2 ·1 l
Si veda la nota bibliografica.
20
Capitolo secondo
Equazioni lineari
trice (par. 1.3.3), la suddetta regola può venire scritta: [2.6]
di 1/I A I, moltiplicando la r1 (Aa), ossia la riga j della matrice aggiunta Aa (che, secondo. la [1.19], è .la trasposta della matrice dei confattori C), per la colonna dei .ternum noti e; m.a la riga j della A• comprende gli elementi della colonna J della matnce dei confattori, quindi il prodotto di tale r· per la colo?na dei termini noti coincide, per ]a [2.8], con A; iga In defimtiva la [2.9] è una formulazione sintetica della regola di Cramer estesa a tutte le incognite: Ma rispetto a questa presenta, lo abbiamo già acc~nnato, 11 v~ntagg1~ di mettere in evidenza sia la correlazione diretta tr~ 1 d1:'e vetton :'' e, sia la parte del lavoro, richiesto dal calcolo dei determman!J A, dipendente soltanto dai coefficienti a,1. Inoltre la soluzione nella forma [2.9] può riuscire vantaggiosa quando il sistema di equazioni debba venir risolto. per numerose serie di termini noti, come ad esempio a~cade nel calco.Io d1 cer~e lin~e d'in~uenza; infatti essa presenta il vantaggio, nspetto ad altn proced1ment1, che il lavoro è pressochè tutto concentrato nd .calcolo cli A-1, dipendente soltanto dai coefficienti ossia dalle carattens!Jche della struttura, non dalle condizioni di carico. Un esempio di calcolo della matrice inversa è riportato nel par. l.3.4c.
I I·
con: 011
a21 a22
... ...
a2i
...
Gn1 Gn2
...
a.,
...
"11 a12
!Al=
21
...
au
G1n 02n
I A;j=
a12
021 022
...
...
c, C2
... ...
a,. a,.
[2.7]
lln1 Gn2 ••· Cn ... Gnn
ann
I I,
Poichè, secondo la regola di Laplace, essi possono venir calcolati come somma dei prodotti dei termini di una qualunque colonna per i relativi confattori (par. 1.3.3. b), si può porre, scegliendo per lo sviluppo di A; la colonna dei termini noti:
I I
n
I A, l=L' c, e,,. i=l
[2.8]
a,,,
La regola di Cramer non costituisce in genere il metodo più conveniente ', per la risoluzione dei sistemi di equazioni lineari; come vedremo, l'algoritmo di Gauss è in genere preferibile sotto il punto di vista pratico. Tuttavia l'espressione [2.6] delle incognite consente di trarre alcune utili osservazioni: quando tutti i termini noti ci sono nulli, ossia quando il sistema è omogeneo~ esiste, per la [2.8], la soluzione «banale» x=O. Ma la soluzione può essere non nulla se, per il dato sistema omogeneo, la matrice dei coefficienti è « singolare» [nota (i.lo)], ossia se è nullo il determinante A\; e risulta in tale caso
, c) Abbiamo accennato (punto b) che, quando il sistema è omogeneo ed e nullo il determmante A dei coefficienti, il sistema è indeterminato os · I I . . . . fi ' sia e so uz1on1 sono In numero 1n nito. Quindi, attribuito un generico valore À a nna delle incognite x,, (n-1) equazioni a scelta del sistema servono p~r c~l~olare le _restanti incognite in funzione di À, per cui restano deter~ mma!J 1 rapporti x,/x,.
indeterminata, poichè la [2.6] diviene
2.3. Risoluzione delle equazioni per eliminazione: Metodo di Gauss e metodi «di eliminazione diretta» c2 •21.
.
I
o x1= 0 . Iuoltre
un sistema non omo-
geneo (ci' O) ammette in genere una soluzione unica quando la matrice A non è singolare; e invece non ammette soluzione quando si abbia I=0. Torneremo in seguito, nel par. 2.5, a verificare con qualche commento tali proprietà, prendendo spunto da un esempio semplice; inoltre nel par. 2.6 si darà un cenno alla soluzione dei sistemi omogenei e agli autovalori.
IA
b) Sostanziale coincidenza della regola di Cramer con il calcolo effettuato mediante l'inversione della matrice dei coefficienti.
È già stato accennato che le operazioni necessarie per mettere in atto i due modi cli procedere sono le medesime. La verifica di ciò è immediata: Secondo l'espressione [l.20] della matrice inversa, il vettore incognito x può venire scritto: Aa
x=A-1c = - - c ·
IA I '
[2.9]
quindi, per la regola del prodotto di due matrici, una generica componente del vettore x, ossia una generica incognita x1, può essere ottenuta, a meno
I I
2.3.1. Metodo di Gauss. . F~equentemente è tutt~ra il metodo più conveniente sotto l'aspetto apphcat1vo: esso consente d1 trasformare la matrice dei coefficienti a di un sistema di equ~zioni del tipo [2.1] in un~ m.atrice triangolare su~eriore, nella . quale puo converure por_re 1 coefficienti della diagonale principale ugu.ali .a .1; la trasform~z10ne viene ottenuta effettuando opportune combinaz10m linean e scambi delle equazioni date. Per richiamare in breve il procedimento conviene riferirci al seguente sistema di tre equazioni: ' (I)
a11 X1+a12 x2+a1s x 3+c1=0,
(II)
a21
(III)
Gs1 X1 +as2 x 2+a33 x 3+c3=0 .
2 2 ( • >
X1 +a22
Si veda la nota bibliografica.
X2+a23 X3+C2=0'
[2.10]
22
Capitolo secondo
Equazioni lineari
I modi di procedere possono essere diversi. Ad esempio, l'equazione (I) divisa per -a11 fornisce (a' 12 =-a12/a11 , ecc.):
Il calcolo può essere sviluppato come mostra il seguente schema:
(I,)
x,
x,
5 -0,25
-3 0,15
Xz
quindi sommando la (II) alla (11) moltiplicata per a 21 e la (III) alla stessa (I,) moltiplicata per a31 si ottiene l'eliminazione dell'incognita x1 :
a' 22 x 2 +a' 2a x3 +c2 '=0,
(II,) (III1 )
I (a)
-1
II
I -21
(b)
Si ripete poi il procedimento sul sistema di equazioni (II1), (III1). L'equazione (II1) divisa per -a' 22 diviene:
23
20
-5 0,25 8 -0,5
2 0,5
(j)
I 7,5 -1
e sommando la (III1) alla (II 2) moltiplicata per a' 32 si ha:
III (e)
-5 0,75
(III,)
(g)
I -4,25 I
(e)
I
e -Il 0,55
4 -0,3
-4 -1,1
2,5 -0,33333
3,7 -0,49333
-5,1 0,68
16 -0,75
-7 0,45
1,41665 16,66665 -1
2,09665 -4,45335 0,2672
9 1,65 -2,89 7,76 -0,4656
~o ~o
~o
~o
(II2)
(i) (I)
Dividendo infine la (III2) per -a" 33 risulta:
~o
~o
(III3) Le equazioni (I1), (II2), (III,) costituiscono un sistema «triangolare» equivalente a quello originario: dalla (III3) si ottiene x 3 ; sostituendo il valore ottenuto nella (II 2) si ha x,; infine, dalla (I1), x1 . Le varie operazioni precedentemente descritte possono venire raccolte in una tabella con qualche ulteriore risparmio di operazioni (es. 2.1); cambiando le posizioni delle equazioni conviene fare in modo che, per attenuare gli errori dovuti al concatenamento delle operazioni, il coefficiente a11 associato alla prima incognita che si vuole eliminare abbia, rispetto agli altri, il maggior valore assoluto; un'analoga osservazione vale per le successive fasi del calcolo (par. 2.4.la) c2.2i. Un'interessante e istruttiva interpretazione fisica del metodo di Gauss è stata fornita da F. CIAMPOLINI (v. note bibl.).
IV (d)
-3 0,5
(h)
-2,5
(m)
4 -0,5
-10 0,3
0,83333 j 4,33333
1,23333
I
1,15787 -7,3088 -1
(n) (o)
-12 1, 1
~o
-1,7 -2,0176 -14,6176 -2
~o
..I coefficienti. dell~ quat~ro equazioni vengo:11-o s.critti nelle righe I, II, Ili, IV;
dlV!d.endo .quelli dell equaz10ne I per ( -20), s1 ottiene la riga (a). 81 molt1phcano 1 coeffic1ent1 -2 (riquadrato nella riga II), 3 (riquadrato nella III) e 2. (nquadrato nella IV) per i coefficienti (0,25; -0,25; 0,15; 0,55) della riga (a) e SI ottengono le nghe (b), (e), (il). '
. Sommando i coefficienti in colonna si ha la riga (e) e dividendo questa per (-7 5) ' Il coefficiente (riquadrato) -4,25~ -5+0,75 viene moltiplicato per la riga (/)
m~la@
Esempio 2.1. Risolvere con il metodo di Gauss il seguente sistema di equazioni: 20 -2 3 2
l
-5 8 -5 -3
l
X1J ~: + x,
l-llj -i
=0.
ottenendo la (g); anche quello (nquadrato) -2,5~-3+0,5 viene moltiplicato per la (f), .ottenendo la (h).E.così di seguito. Qu1nd1 al posto del sistema dato può essere considerato il sistema a scala: -xl +0,25 X2-0,25
Xa+0,15 X4+0,55 - Xz-0,33333 x,-0,49333 xd-0,68
-12
3) L'equazione, con1e ad esen1pio la I, in1piegata per l'eliminazione di un'incognita nelle restanti equazioni è detta in lingua inglese ({ pivotal )); e« pivot l) (<
) dell'incognita che viene eliminata. La scelta dei <{ pivots » influenza sensibilmente il lavoro necessario per ottenere un certo grado di approssimazione. Nell'analisi delle strutture tale scelta frequentemente non è necessaria, presentandosi spontanea la prevalenza dei coefficienti de11a diagonale principale.
-x,+0,2672
(i.
=O ~o
x,-0,4656~0
-x4 -2
=0;
dalla quarta equazione si ricava x 4 = - 2; sostituendo ~ella terza si ha x =-O 2672 . : 2-0,4656=-1, ecc.; si ottiene in definitiva x1 =1, x 2 =1,99999 (il ;alore 'esatto
e 2), Xs=-1, X4=-2.
25
Capitolo secondo
Equazioni lineari
2.3.2. Cenno ai metodi di eliminazione diretta o di fattorizzazione triangolare (Banachiewicz, Cholesky, Crout, Doolittle): schema operativo secondo Crout. Sostanziale coincidenza con lo schema tabellare del metodo di Gauss.
si ricava, seguendo le semplici operazioni precedentemente indicate (imperniate
24
a) Col metodo di Gauss la matrice A dei coefficienti e il vettore dei termini noti vengono gradualmente trasformati sino ad ottenere il sistema finale a matrice triangolare U, e debbono venire registrati gli elementi delle varie matrici contenenti un numero di incognite sempre più ridotto. Ma essendo alla fin fine necessario conoscere soltanto la matrice triangolare U e il correlativo vettore dei termini noti À, si è pensato di potere ottenere U, A evitando il calcolo delle matrici corrispondenti alle fasi intermedie del calcolo. I metodi proposti (BANACHIEWICZ, CHOLESKY, CROUT, DOOLITTLE) si basano sostanzialmente sulla scomposizione di una matrice A nel prodotto di due matrici triangolari (inferiore L e superiore U; A~LU); pur presentando aspetti interessanti ed un'elegante idea informativa, non forniscono in genere salienti vantaggi pratici rispetto al metodo di Gauss trattato in forma tabellare; ed anzi constateremo (es. 2.2) la sostanziale coincidenza dello schema operativo di Crout con quello tabellare del metodo di Gauss. b) La matrice A dei coefficienti e dei termini noti del sistema [2.1] può essere uguagliata al prodotto di due matrici triangolari, una inferiore (L), l'altra superiore (U), e precisamente:
l
a11 ll12
a 21 a 22
a,n -e, a211 -c2
l
r/11
/ 21
o1 oO 22
oO
11-1O u,,1 !113
a,:, ~n; .:. ~n~ :__~n _= In: I,:, in: . :f~n _
U2s
À1
l
·:· ~'2: ~2 . U1n
O O O ... I
Àn
I coefficienti incogniti li1' ui1 vengono calcolati a catena, uguagliando ogni coefficiente noto a,1 alla somma dei prodotti degli elementi della riga i di L con quelli della colonna j di U. Ad esempio: a 11 ~i11 · l, a,,=111 u,,, ... , -c1 =/i1 • À1 ; a 21 =/21 , a 22 =/21 u12 +122 , e così di seguito. In particolare si ha uli=a1i/a11' !il =Gt1· Le incognite vengono ottenute dal sistema di matrice triangolare U. Esempio 2.2.
Risolvere, impiegando lo schema di Crout, il sistema di equazioni già risolto
col metodo di Gauss (es. 2.1). Soluzione. a) Essendo:
A=
5 -3 20 -5 -4 4 -11 -2 8 2 9 ~ -5 16 -7 -3 4 -10 -12
l
J'
tutte sulla regola del prodotto di matrici):
o
L=
U=l~
-2 l 20
~
-0,25
1
o o
o
7,5 o ooo -4,25 16,§ -2,5 4,3 -7,3088 0,;!5 0,3 1
o
-0,15_ 0,493 -0,2672 1
J'
-0,55 -068 g'.4656
J .
b) È facile constatare che le varie operazioni sono uguali a quelle necessarie per ricavare i coefficienti della tabella dell'es. 2.1 (metodo di Gauss): di conseguenza i coefficienti della matrice L coincidono con i numeri riquadrati nello schema tabellare, e i coefficienti della matrice U coincidono con quelli della matrice triangolare riportati nella stessa tabella. Ad esempio, /32 si ottiene dall'operazione: a 32 =131 • u12 +132 • 1 +133 ·O, quindi sostituendo, -5=3(-0,25)+132 , da cui /32 =-4,25; nella tabella del punto a), che opportunamente ordina i coefficienti necessari procedendo col metodo di Gauss, il coefficiente -4,25 (riquadrato nella rigag) è dato da -5+3 · 0,25. Analogamente, per la matrice V, ad esempio u 34 viene ricavato dall'operazione: a 34 =/31 • u14+ / 32 • u,.+l,, · e sostituendo, -7=3(-0,15)+(-4,25) · 0,493+ 16,6 · u,., da cui u,.=-0,2672; nella solita tabella, il coefficiente 0,2672 (riga I) è dato da [-7+ +3 · 0,15+(-4,25)(-0,493)]: (-16,6). Le operazioni sono quindi uguali.
u,,,,
2.4. Risoluzione delle equazioni per iterazione. I metodi iterativi, con i quali la soluzione è ottenuta per successive approssimazioni, sono stati largamente impiegati per evitare la soluzione diretta
dei sistemi di equazioni, benchè si disponesse da lungo tempo del semplice metodo proposto da Gauss. Ovviamente, perchè il loro impiego possa essere vantaggioso, le varie fasi del calcolo debbono presentare una soddisfacente convergenza e richiedere operazioni il più possibili semplici e automatiche: ma i sistemi di equazioni connessi con lo studio delle strutture presentano non di rado caratteristiche per le quali può essere ottenuto rapidamente un primo valore attendibile delle incognite; inoltre - riprenderemo questo argomento nel cap. XV - l'uso di un elaboratore elettronico può essere indispensabile quando la soluzione richieda di ripetere un gran numero di volte un ciclo di operazioni; e d'altronde le soluzioni iterative consentono
preziosi vantaggi nei problemi della memorizzazione dei coefficienti in un elaboratore elettronico. L'idea di perfezionare progressivamente un determinato calcolo ha dato luogo a procedimenti assai utili nell'affrontare le questioni poste dall'ingegneria, le cui soluzioni sono in genere da considerare non in termini di esattezza, bensì di accettabile grado di approssimazione. Inoltre i metodi iterativi possono essere vantaggiosi anche nello studio di problemi non lineari.
Equazioni lineari
Capitolo secondo
26
2.4.1. Iterazione continua. Metodo di Seidel <2 · 41. a) Per semplicità di esposizione, consideriamo il sistema di 3 equazioni [2.10] che, in forma conveniente per i successivi calcoli, può essere scritto:
27
Ovviamente la convergenza è tanto più rapida quanto più è tenue l'influenza che, su ciascuna delle x, poste in evidenza nel sistema [2.11], hanno le rimanenti incognite, ossia quanto più sono piccoli, rispetto a 1, i coefficienti aih quindi prevalgono, come è stato detto, i coefficienti della diagonale principale del sistema di equazioni originario [2.10] sugli altri coefficienti.
X1 =/31 +a12 X2+a13 X3'
X2=f32+a21
X1 +a23 X3'
[2.11]
Xa=f3a+aa1 x1+aa2 X2 ·
Può essere opportuno precisare subito che un sisten1a di equazioni si presta ad essere risolto per approssimazioni successive se la matrice dei coefficienti presenta la diagonale prevalente. In particolare, la convergenza è assicurata se in ogni equazione il valore assoluto del coefficiente associato a una delle incognite non è inferiore alla somma dei valori assoluti degli altri coefficienti, e se ciò avviene per incognite diverse nelle varie equazioni (2• 5); per cui queste possono essere ordinate in modo che la loro matrice dei coefficienti presenti gli elementi dominanti a,, disposti sulla diagonale principale. Ed è appena il caso di osservare che, per la suddetta condizione, in ogni equazione scritta nella forma [2.11] la somma dei vari a,1 deve risultare s; I. Nello studio delle strutture frequentemente si ottengono sistemi di equazioni a diagonale prevalente, rappresentando spesso ogni coefficieute a,, l'effetto «locale>> della relativa incognita; e la scelta della struttura principale può avere notevole importanza per il verificarsi di tale prevalenza (voi. I, par. 9.3).
I I
Ed ecco coine si possono svolgere le iterazioni. Prima fase: Ponendo nella prima equazione x 2 =x3 =0 si ricava per l'incognita x 1 il valore approssimato x/1) (l'in. dice in alto significa, la fase del calcolo); dal1a seconda equazione si. ott'tene X2 (l), ponendo x 1 =x/1) e x 3 =0; dalla terza, x 3C1\ con x 1 =x/1) e x2 =x2<1). Seconda fase: si ritorna. alla p~ima equazione e si ottiene i~ valore più approssi.mato x1< 2), tenend~ 1 conto dei valori precedentemente calcolati x 2 =x/)), x 3 ~x 3 C), dal~~ sec~nda s1 ha x2<2), ponendo x8 =x3 C1), ma introducendo, per Xi, il ~al?re ptu a&g1ornato x1 C2); dalla terza si ricava x} 2\ con x1 =x1 ( 2\ x 2 =x2<2): Po1 s1 pr~se$ue 1i;i- ~odo analogo, finchè in due fasi successive si ottengono, per 11 numero d1 cifre s1gn1ficative desiderate, due serie uguali di valori delle incognite~ ma il seguente prospetto, meglio delle parole, può servire a illustrare il procedimento:
ogni fase del calcolo, per cui al posto dei precedenti valori delle incognite si possono introdurre valori di tentativo diversi: le operazioni successive varranno ad apportare le correzioni necessarie per rendere soddisfatte le varie equazioni, e la convergenza risulterà accelerata o ritardata a seconda che il valore di tentativo abbia comportato un avvicinamento o un allontanamento rispetto a quello finale. Da ciò consegue che un eventuale errore viene automaticamente corretto e che, quando nell'affinamento di un progetto si debbono modificare i dati, e quindi ritoccare i coefficienti o i termini noti del sistema di equazioni, si possono adottare, come valori di tentativo, i valori delle incognite precedentemente ottenuti. Inoltre nello sviluppo delle operazioni conviene aumentare progressivan1ente il numero delle cifre significative, a mano a mano che i calcoli vengono affinati. Esempio 2.3.
Per illustrare il procedimento, risolviamo il sisten1a di equazioni già risolto col metodo di Gauss (es. 2.1), che conviene scrivere nella forma [2.111:
x1 = X2 = x,~
0,55 +0,25 x2 -0,25 x3 +0,15 X4 , 0,50+0,25 Xi-0,25 X3-0,50 X4, -0,5625-0,1875 x,+0,3125 x,+0,4375
X4=-1,20+0,2 X1-0,3
1° ciclo:
x,C1l~p,+O+O
x,(')~
0,5+0,25 · 0,55~0,638,
X2(l)= fJ2+a:nX1 (l)+O
x,(')~-0,5625-0,1875
>-!- az3Xa(l)
X 2<2)= {J 2 +a 21 x 1<2
X3( 2)=f1a+aa1X1(z)+aazX2( 2) •••
Si veda la nota bibliografica. . È stato dimostrato che tale condizione è sufficiente ma non necessana.
x,,
X2+0,4 X3;
0,55,
X1 (z)= fJ1 -j- a12X2(1) + a13X3(1)
t 2 -5 )
Non è necessario che le iterazioni vengano iniziate considerando nulli x 2, x 3, ..• , Xn; qualunque valore di tentativo può essere adottato per varie xi, con ovvie ripercussioni sulla convergenza. La stessa osservazione vale per
x1 ( 1)=
X3 (l)= {J3 + CL31 X1 (l)+ aa2X2 (1);
<2 . .i)
b) Il procedimento è autocorrettivo.
· 0,55+0,3125 · 0,638~-0,466, x.(')~-1,2+0,2 · 0,55-0,3 · 0,638-0,4 · 0,466~-1,468;
2° ciclo: x 1 (')~ x,(')~
0,55+0,25 · 0,638+0,25 · 0,466-0,15 ·
1,468~0,606,
0,5+0,25 · 0,606+0,25 · 0,466+0,5 · 1,468~ 1,502,
x,(')~
-0,5625-0,1875 · 0,606+0,3125 · 1,502-0,4375 ·
1,468~
x.(')~
-1,20+0,2 · 0,606-0,3 · 1,502-0,4 · 0,849~ -1,869.
-0,849,
Capitolo secondo
28
Procedendo in modo x,(')=0,857, x,( 4)=0,959, x,(')=0,991 ,
analogo: x,(')= 1,861, x,(4)= 1,966, x,(')= 1,993,
x,(') = -0,960 , x,(')= -0,991 , x,(5)= -0,998,
Equazioni lineari x.(')= -1,971 , x,(')= -1,994, x.(5)= -1,999.
I valori esatti sono: x 1 =1, x 2 =2, x 3 =-1, x 4 =-2. Pertanto la convergenza risulta soddisfacente benchè sia stato scelto un esempio non favorevole nei confronti della condizione citata nel punto a). e) L'iterazione operando sugli incrementi delle incognite.
Il procedimento di Seidel può essere svolto considerando nelle varie fasi, al posto dei valori delle incognite gradualmente tendenti alla soluzione, gli incrementi di detti valori, i quali invece tendono a estinguersi. Nella sostanza non vi è differenza tra i due modi di procedere: le approssimazioni, in ciascun ciclo, sono le medesime, e resta uguale il numero delle operazioni. Per contro si ha lo svantaggio che il sistema non è più autocorrettivo, nel senso illustrato nel precedente punto b); inoltre occorre fare attenzione sull'entità dei vari incrementi che, ovviamente, si modificano in genere sostanzialmente nel succedersi delle varie fasi. Appare quindi naturale a tale punto chiedersi quali ragioni potrebbero motivare la scelta di questo modo di procedere: ma vedremo che con alcuni metodi di calcolo le strutture vengono risolte in modo iterativo pensando di applicare ad esse opportuni vincoli fittizi, alternativamente rimossi e riapplicati. Orbene tali procedimentil congeniali agli ingegneri per l'evidenza del significato fisico delle operazioni, corrispondono pienamente alla soluzione per via iterativa sugli incrementi del sistema di equazioni cui può condurre lo studio del problema; pertanto essi, molto validi sotto il punto di vista fisico e didattico, possono con grande semplicità venir modificati in modo da operare sui valori globali delle incognite. La diversità fra i due modi di procedere è banale. Facendo riferimento al solito sistema [2.11] di equazioni, e ponendo all'inizio x 2 =x3 =0 si ottengono i primi incrementi: identici a quelli ottenuti procedendo sui valori globali delle incognite. Nella fase successiva si calcolano i nuovi incrementi dovuti a quelli precedenti, quindi: Llx3<2)=a 31 Llx1 C2)+a32 Llx 2<2) , e così di seguito. Perciò la diversità rispetto all'iterazione sui valori globali delle incognite è sostanzialmente nel fatto che, dopo il primo ciclo, non si deve tener più conto dei termini noti ({Ji, {3 2 ,{33), già impiegati per calcolare il primo incremento delle incognite. In definitiva, volendo passare da un procedimento col quale si opera sugli incrementi al corrispondente sui valori globali, basta riconsiderare in ogni fase i termini noti; e questa semplice avvertenza è sufficiente a rendere autocorrettivo il calcolo.
2.4.2. Procedimento iterativo «per rilassamento ». Tale procedimento non è autocorrettivo; tuttavia la sua conoscenza può essere opportuna perchè si sono ispirati ad esso vari procedimenti iterativi proposti per lo studio delle strutture. In un sistema [a] Ax=c, i valori delle quantità x debbono rendere le varie equazioni identicamente nulle;
29
se essi sono approssimati, generalmente danno luogo, in ogni equazione, a un residuo l'i, per cui il sistema [a] può venire corrispondentemente scritto: Ax-c=r;
[b]
e il termine r viene al solito detto, nel linguaggio matriciale, vettore residuo. Con il procedimento di rilassamento si introducono all'inizio valori approssimati delle incognite; valori che vengono poi corretti aggiungendo incrementi positivi o negativi sino a rendere trascurabili i residui, e dosando in genere ogni incremento in modo da rendere nullo il residuo in una delle equazioni. Un esempio può chiarire alcuni accorgimenti.
Esempio 2.4. Dato il sistema: 5x1 +3x2 -x3 -22,8=0,
2x1 +3x2 +x3 -24,1=0,
raccogliamo innanzi tutto nello specchio seguente i residui che nelle varie equazioni sono provocati da incr~m~~ti u?it~ri delle i?c?gnite (è chiaro che, ad e~empio per Llx1=l, nelle tre equaz1on11 res1du1 Llr parz1alI valgono 5, 2, -1, per cu1 la matrice dei Llr è la trasposta di quella dei coefficienti): Llx1
Lix,
Lix,
o o
1
o
Llr,
o
o
1
o
5 3 -1
1
Anche le varie operazioni possono convenienten1ente venir raccolte in un quadro, come è mostrato in seguito. Prima fase del procedimento: considerando tutte le incognite x nulle, i residui sono i termini noti. Seconda fase: attribuiamo alla prima incognita l'incremento Ax1 =4 (con Llx2 =Ax3 =0), in modo da render minimo, impiegando una sola cifra, il residuo (-22,8) nella prima equazione; i residui causati da Llx1 =4 si calcolano facilmente utilizzando i coefficienti della prima riga della precedente tabella (Lfr1 = =4 · 5=20; Llr2 =8; Llr3 =-4); sommiamo quindi tali residui con quelli ottenuti nella prima fase (-22,8+20=-2,8, ecc.). Terza fase: attribuiamo alla x 2 l'incre~ mento Llx2 =5 tale da render minimo il residuo (-16,1) nella seconda equazione, e così di seguito, sino a estinguere i residui. I valori delle incognite sono dati dalle somme dei vari incrementi Llxi. fase
I
I
o o o -1 o o 0,2 o o
I' 2' 3a 4a 5a 6• 7a 8' 9' 10' 11'
~
Lix,
-0,1
!
o o 5 o o -1 o o 0,2 o o
3,1
I
4,2
4
I
Lix,
I
Lix,
Il
r,
r,
Llr,
r,
Llr,
-24,1 -16,1 -1,1 4,9 2,9 -0,1 -1,1 -0,7 -0,1 0,2
8 15 6 -2 -3 -1 0,4 0,6 0,3 -0,2
-9,7 -13,7 -23,7 0,3 1,3 3,3 -0,7 -0,9 -1,3 -0,1
-10 24 1 2 -4 -0,2 -0,4 1,2 0,1
!
o o o 6 o o -1 I! o o I 0,3 o 11 I
5,3
11
-22,8 -2,8 12,2 6,2 1,2 -1,8 -0,8 0,2 0,8 0,5
o
20 15 -6 -5 -3 1 1 0,6 -0,3 -0,5
I!
o
o
-4
30
Equazioni lineari
Capitolo secondo
La convergenza può essere accelerata introducendo incrementi tali da dar luogo a residui di segno opposto nelle equazioni.
se a1b2 -a2b1 =0 (quindi a,fa1 =b2/b 1 =c), può venire scritto: x 1 +cx2 =a 0 /a1 x 1 +cx2 =b 0 /b 1
2.5. Equazioni lineari. Osservazioni. a) Equazioni non omogenee.
Può essere opportuno riassumere alcune delle proprietà generali precedentemente segnalate ed illnstrarle con alcuni esempi elementari. Per un sistema di nt equazioni con n incognite in genere non esiste un 'unica soluzione se m è diverso da n. Infatti se è m
alla x1 , e viceversa. E nello stndio delle strutture iperstatiche, quando si scrivono le equazioni di equilibrio per una configurazione principale isostatica soggetta ai carichi e alle azioni incognite staticamente indeter1ninate (in soprannumero rispetto alle suddette equazioni), a tali incognite possono,' essere attribuiti valori qualsiasi, ottenendo soluzioni tutte equilibrate. Quando invece m>n, ossia si hanno più equazioni che incognite, la soluzione può risultare unica soltanto se le equazioni in soprannumero sono in_ sostanza ripetizioni delle altre, ossia non costituiscono aggiuntive «informazioni». Così, date le due terne di equazioni:
x,+2x2 =l [a]
X1-2X2 =0,
x1+2x 2 =1 X1-2X2=0,
2x1 + x 2=3
4x,+4x2 =3
•
La soluzione è evidentemente possibile soltanto se a 0/a1 =b 0/b1 , ossia se a1b0 -b1 a0 =0; quindi la seconda equazione è una ripetizione della prima, e si ricade nel caso di ineno equazioni che incognite, le quali ammettono, come si è detto, infiniti valori. Ed è appena il caso di notare che le condizioni a1b2 -a,b1 =0 (nullo il determinante dei coefficienti) e a1 b0 -b1 a 0 =0 possono ovviamente essere ottenute dalla regola di Cramer (par. 2.2.a). b) Equazioni omogenee.
Quando, facendo ancora riferimento al precedente esempio di due equazioni, il sistema è invece omogeneo (a0 =b 0 =0), esiste ovviamente la soluzione banale x 1 =0, x 2 =0; ma se è a1 b2 -a2b1 =0 (quindi a2 /a 1 =b,/b1 =c), la seconda equazione è ancora una ripetizione della prima e da questa (x1 +cx2 =0) possiamo ottenere non i valori delle incognite, ma soltanto il loro rapporto x 1/x 2 = -c. Risultato, questo, ovviamente ancora confer1nato dalla regola di Cramer, secondo la quale un sistema omogeneo può ammettere soluzioni non nulle soltanto se I A I è nullo; e si è già accennato che in tale caso, essendo indeterminato il sistema, cioè infinito il nu111ero delle soluzioni, è possibile ottenere soltanto il rapporto dei valori delle incognite (par. 2.2.b). Cosi, ad esempio, per il sistema di equazioni: X1-2X 2 -5x 3 =0
[b]
2x1 +3x,+4x,=0
[d]
4x1 +5x,+6x,=0,
la soluzione non è possibile per il sistema a), perchè i valori x 1=0,5, x 2 =0,25, dedotti ad esempio dalle prime due equazioni, non soddisfano la terza, la quale fornisce quindi una relazione contraddittoria; mentre, per il sistema b), gli stessi valori - che costituiscouo la soluzione delle prime due equazioni (quindi di una loro combinazione lineare) - soddisfano anche la terza, che per l'appunto è ottenuta sommando la seconda equazione alla prima moltiplicata per 3. Per il sistema b), la terza equazione è dunque accettabile, ma costituisce un 'infor1nazione inutile. Può essere utile ricordare che sulla compatibilità di m equazioni lineari ad n incognite sussiste il sintetico teorema di Rouché-Capelli. In definitiva, la soluzione è in genere unica se m=n, ossia se il numero delle equazioni è uguale a quello delle incognite, a meno che, per i sistemi non omogenei, non si abbiano particolari legami sia tra i coefficienti, sia fra questi e i termini noti. Così, ad esempio, il siste1na:
a1 x1 +a 2x 2 =a 0
31
[e]
il determinante risulta (sviluppato con gli elementi della prima riga):
I A I= 1 (18-20) - (-2)(12-16) -5 (10-12) =o; quindi il sisten1a ammette una soluzione non nulla, ma indeterminata. Per cui, attribuito un generico valore e all'incognita x 3, da due qualunque delle tre equazioni [d], e ad esempio dalle prime due:
x1 -2x2 =5c 2x1 +3x2 =-4c,
e) Inipiego di sottomatrici nella scrittura di un siste1na di equazioni.
Spesso nei sistemi di equazioni riguardanti lo studio delle strutture compaiono gruppi di incognite aventi caratteristiche diverse: per i sistemi di travi, ad esempio, le equazioni che scaturiscono dal metodo dell'equilibrio
Capitolo secondo
Equazioni lineari
contengono, quali incognite, le rotazioni e gli spostamenti dei nodi. L'impiego delle sottomatrici, che già definimmo nel par. 1.2.d, può allora consentire una scrittura significativa, che chiaramente e sinteticamente mostra la presenza dei gruppi di incognite diverse, ognuno con la propria aggregazione di coefficienti e di termini noti. Ad esempio il sistema di equazioni:
la soluzione è x 1 =50, x 2 =5; ma basta che per il termine noto si assuma il valore 80,080 (differenza di 0,006%), perchè i valori delle incognite divengano x 1 =40(20%), x 2 =0(100%). Evidentemente sotto il punto di vista geometrico l'esempio può essere interpretato come la ricerca del punto d'incontro di due rette pressochè parallele. Per quanto riguarda l'analisi delle strutture, la scelta della struttura principale può essere importante per non trovarsi a dover risolvere sistemi di equazioni sfavorevolmente condizionati, e per evitare quindi che le loro matrici dei coefficienti abbiano righe o colonne pressochè proporzionali o che le incognite si ottengano da differenze di numeri molto grandi (voi. I, par. 9.3).
32
ai1X1 +a12X2+a13X3+h11Y1 +b12Y2=U1
a21X1 +a22X2 +a23Xs+h21Y1 +h22Y2=U2 G31X1 +as2X2+assXa+bs1Y1 +hs2Y2=U3
[2.12]
C11X1 +c12X2+C13Xs+d11Y1 +d12Y2=V1
33
C21X1 +c22X2+C23Xa+d21Y1 +d22Y2=V2
2.6. Autovalori e autovettori.
può essere scritto, in forma matriciale, [2.13]
Lo studio di numerosi problemi, rignardanti soprattutto la dinamica e la stabilità delle strutture, comporta la soluzione di sistemi di equazioni lineari del tipo: (a11 -À) X 1 +a12 x 2 a1 nXn=0 a 21x1 +(a22
essendo A, B, C, D matrici rispettivamente di ordine 3, 3 x 2, 2 X 3, 2; e svio: luppando a sua volta l'equazione matriciale [2.13], possiamo rappresentare il sistema originario nella forma:
Ax+By=u Cx+Dy=v,
[2.14]
nella quale i coefficienti delle equazioni sono matrici e le incognite e i termini noti sono vettori. Occorre naturalmente che anche ogni prodotto di sottomatrici sia compatibile. d) Equazioni sfavorevolmente condizionate (o di tipo «instabile»). Nel par. a) è stato osservato che, nella soluzione dei sistemi di equazioni lineari, il determinante dei coefficienti gioca un ruolo importante per prevedere certe proprietà. E poichè, nelle espressioni risolventi [2.6] delle incognite, compare al denominatore, è da attendersi che, quando è molto piccolo rispetto all 'nnità, dipendendo il suo valore dalla differenza di numeri poco diversi tra loro, se ne vanno le prime cifre significative e restano le ultime che sono le più incerte. La conseguenza è che un piccolo errore o cambiamento dei dati può provocare grandi ripercussioni e che, se si risolve il sistema di equazioni adottando incautan1ente un procedimento iterativo, si può trovare che questo non converge (da cui il nome di sistema instabile); il metodo di calcolo più conveniente è in genere quello per eliminazione (Gauss). Ad esempio, per il sistema:
x 1 -2x2 =40 2,002x1 -4,003x 2 =80,085,
+... -A) x +... a nXn=0 2
2
[2.15]
che in forma matriciale possono essere scritti (in particolare per la [1.7]):
(A-Al)x=O,
ÀX=Ax;
[2.16]
essendo À una quantità scalare e la matrice I di ordine n, ossia del medesimo ordine della 1natrice A dei coefficienti; i valori di À sono da determinare in modo che i suddetti sistemi abbiano soluzioni diverse da x=O. Si tratta dunque di un caso particolare dei sistemi di equazioni omogenei esaminati nel par. 2.2; e sappiamo che, perchè possa esistere una soluzione non nulla, dev'essere nullo il determinante dei coefficienti dello stesso sistema:
I A-AI[=O.
[2.17]
Può essere utile il riferimento a un caso semplice: se il sistema [2.15] comprende due equazioni, la [2.17] fornisce: (a11 -A)
l a21
I-o .
(aa" -A) 22
'
[2.18]
e sviluppando il determinante si ottiene: (a11 -A) (a 22 -À)-a12a21=0,
À2 -(a11 +a,,)À+[ A [ =0,
[2.19]
con I A I=a11a 22 -a12a 21 • L'equazione [2.19], di secondo grado, ammette due radici À,, À2 [reali, se (a11 +a22) 2 -4 [A [ >0; uguali, se tale quantità è 3 -
POZZA TI, II~ 1.
34
Capitolo secondo
Equazioni lineari
nulla; complesse coniugate, se negativa]. Vedremo in seguito (in particolare in alcuni esempi) come, per ogni À, si calcolano le incognite xi (o, più brevemente, il relativo vettore x). Nel caso generale, dall'equazione [2.17] si ottiene, una volta sviluppato il determinante (par. 1.3.3.b):
Si suppone l'arco parabolico, con sezione variabile secondo la legge J=J0 /cos {} (voi. I, par. 10.2) e con la «freccia» f~l/5.
35
a) È incognita la direzione r, quindi la sua inclinazione a rispetto all'asse x. Le componenti della forza P secondo x, y valgono Px=Pcosa e Py=-Psena; quelle dello spostamento O, O cos a e -O sena. Quindi, se si indicano con O' xx'
[2.20] e le costanti C, dipendono dagli elementi della matrice [A]. L'equazione [2.17], o la [2.20], è detta equazione caratteristica (o polinomio caratteristico) di [A]; essa amn1ette n radici reali o complesse, non necessaria1nente distinte [distinte e reali, se la matrice è simmetrica e reale C2 · 6l]. Tali radici },,, À2, ... , Àn sono dette autovalori della matrice A e il vettore x(À,) (ossia la serie delle incognite) ottenuto risolvendo il sistema [2.15] con À=À;, è l'autovettore (o autosoluzione) corrispondente a Ài. In definitiva viene chiamato « autovalore » un valore À per il quale il sistema [2.16] ammette una soluzione non nulla; e ogni soluzione non nulla è a sua volta detta «autovettore ». È chiaro che se x è un autovettore lo è anche kx per qualunque valore di k. Ossia, per quanto è stato detto in inerito ai sistemi on1ogenei che ammet.:.; tono una soluzione non banale (par. 2.2), ogni vettore non è unico, essendo la soluzione non nulla ma indeterminata; per cui, posta una delle incognite x,=c (e non ha importanza quale), il sistema di equazioni [2.15], tralasciata una qualunque delle stesse equazioni, consente di definire le rimanenti incognite (componenti del relativo vettore) in funzione di x,, quindi del generico moltiplicatore c (es. 2-6, 7, 8). In pratica può convenire di nornializzare ciascun vettore x (Aì) dividendone ogni con1ponente per la sua «lunghezza» (o norma) (2.7J: [2.21] ed è evidente che, così facendo, la costante e si elimina e scompare l'indeterminatezza del vettore.
ly A Fig. 2,1
r
P cosa· iVxx-Psen a· O'xy=O cosa Pcos a· f/vx-Psen a· O'yy=-0 sena, ossia: (P O'xx-0) cos a-P b'xy sen a=O [a]
P O'yx cos a-(P flyy-(J) sen a=O,
che sono del tipo: (a11 -J.) x 1 +a1 2x2=0 ll21X1+(a22_-À)
[b]
X2=0 ·
Il sistema [b] ammette soluzione non nulla se:
Pa',.-o I
[e]
p O' vx
e sviluppando tale determinante si ottiene: 02 -(P O'xx+P 6' 11 y) O+P 2 (0'xxlì'vv-O~~)=O.
b) I valori dei coefficienti elastici.
[y~ 1{ (lx-
cipio dei lavori virtuali si trova (si
Per l'arco della fig. 2.1, libero in A e incastrato in B, determinare quale direzione debba avere una forza P applicata alla sua estremità libera A, affinchè la traslazione O della sezione A si sviluppi lungo la stessa direzione r della forza.
l·--1. '13
X
a
ò'xy= O'yx, O'YY i coefficienti elastici, ossia gli spostamenti provocati dalle azioni unitarie Px=l e Py=l, valgono evidentemente le relazioni:
Poichè l'arco è parabolico Esempio 2.5.
p
"I
:/
{}
l
f
[d]
x')], applicando ad esempio il prin-
suppone/~ 1/5):
l
f
1
dx
o',.~ y'ds/EJ~ y'. cos I! EJ,: cos I!
8 / 2/ 15 EJ, =0,02131'/EJ,,
fl'
L. Fox (vol. cit. nella bibl.), p. 42; F. SCHEID (vol. cit.), p. 349. Se un vettore, dato un riferimento cartesiano in un piano che contiene lo stesso vettore, amn1ette le componenti xi. x 2 , la sua lunghezza vale x1 2 +x2 2 • Generalmente, un qualunque insieme di numeri o di variabili può esser considerato un vettore; se, in uno spazio a n dimensioni (iperspazio), n sono le componenti Xi. x 2, .. ., x,,, si chiama norma (o lunghezza) la quantità l*=Vx12+ ... +x,. 2 • Si 11or1nalizza un vettore dividendo ogni sua componente per la lunghezza. Ad esempio. dati x,~3c, x,~4c, si,ha l'~cV3'+4' ~se, quindi lix, 11~3/5, Il x, i[~4/5.
ò' xy= ({ yx= - 3Elc = -0,06 /3/EJc'
<2 · 6 l
( 2 .?)
o'yy~0,31'/EJ,.
V
e) Autovalori di ò e relativi autovettori. L'equazione caratteristica è la [d], e da essa si ottengono, dopo aver sostituito i valori calcolati in b), i due autovalori: 0 1 ~0,34698
k,
a,~0,0016853
k,
con
k~Pl'/EJ,.
Capitolo secondo
Equazioni lineari
Ora si debbono detern1inare gli autovettori, ossia le soluzioni del sistema [a] quando si pone 0= 01 e O= 02 • Cominciando da 01 e ricordando che le soluzioni sono indeterminate, poniamo nella prima equazione (il risultato non cambia se si opera sulla seconda) x 1 =cosa 1 =c e otteniamo (Pb'xx=0,0213k, PO'xy=-0,06k, a~a,~0,34698 k): (0,0213-0,34698) kc+o,06 k sen a 1 ~0,
loro estremità. Se si indicano con u1 e u2 gli spostamenti (il sistema ha due gradi di libertà), le due masse ricevono dai vincoli le forze -k1u1 e -k1u2 e si trasmettono l'azione mutua ±k2(u2 -u1 ). Le equazioni di equilibrio dinamico, tenendo conto delle forze d'inerzia, sono (fìg. 2.2.b):
36
quindi x 2 =sen a 1 =4,8847 e, x 2 /x1 =tg a 1 =4,8847, a 1 = ,....,78°26'. Procedendo in modo .analogo per 0=èl 2 si trova tg a 2 = -0,2047, a 2 =,..., -(11°34'); quindi poichè risulta a1 -a 2 =90°, esistono, come d'altronde si verifica subito con il teorema di Betti (2..s), due direzioni tra loro ortogonali tali da soddisfare la condizione richiesta. I due autovettori in definitiva valgono: X1=COS
0,34698 k 0,007685 k
e
il
x,11 ~x,/l*~0,2006,
ii2 =-co 2 u2):
o,~0,03897
k e,
Esempio 2.6.
Si è già accennato che il calcolo di autovettori ricorre frequentemente nello studio della dina1nica e della stabilità dell'equilibrio delle strutture. L'esame di alcuni casi significativi può essere utile per farsi un'idea di come gli autovettori intervengono in tale genere di problemi.
Fig. 2.2
(-mw'+k,+k,)A 1 -k,A,~O -k,A 1 +(-mw'+k,+k,)A,~O.
ln~""èl
lll
K1
~'7'C"1"C'c;fil
"
-El- -El--0Sll01J'- -
[b]
Esse ammettono soluzione non nulla se ( - mco 2 è il parametro da determinare): (k1 +k2 -mw 2) I -k,
I
-k,
(k,+k,-mw') ~o'
[e]
e sviluppando tale determinante si ottiene l'equazione caratteristica (detta «delle frequenze »):
(k,+k,)±k, m Di conseguenza gli autovalori sono:
la cui soluzione è
w2
w
2-
i
k1-l-2k2
k,
O)
m
'
"'--K2
!}j
Consideriamo il moto armonico, ossia i movimenti rappresentabili con funzioni trigonometriche (si avrà conferma che le [a] vengono soddisfatte):
x 2 I! ~0,9797.
d) Con /~1/2 si ottengono invece gli autovettori 01 ~0,4277 k, di conseguenza, a 1 :::::29°31'.
a)
[a]
quindi le equazioni [a] diventano, cambiando segno a tutti i termini (ii1 = -w 2u1'
4,8847 e -0,2047 e
e
-
d 2u1
di'-k1 u1 +k,(u,-u,)~O
a
Come è stato detto, I 'indeterminatezza degli autovettori può essere eliminata normalizzandoli, ossia dividendoli per la loro norma (nota 2. 7). Per 0= Oi, ad esempio, la norma vale l*=Vx1 2 +x 2 2 =4,986c e si ha quindi che le componenti del primo autovettore sono: '
Il
-m
37
2=-·
m'
e procedendo come si è visto nelPesempio precedente, i due autovettori valgono:
w'
X1=À1
X2=À2
k,+2k, m
e
-e
e
e
k, m
a) Vibrazioni di due masse collegate da mo/le (fìg. 2.2).
Due masse uguali m sono collegate a vincoli esterni rigidi e fra di loro mediante molle (aventi massa trascurabile rispetto a m); k 1 e k 2 sono le caratteristiche elastiche delle molle, ossia le forze che provocano lo spostamento relativo 1 delle <2 ·B) La forza P provoca uno spostamento secondo la sua stessa retta d'azione r; quindi per una forza Q avente direzione ortogonale a r è nu11o il lavoro indiretto [Q ·O (P)=O]. Allora per il teorema di Betti deve aversi ancheP •O (Q)=O, per cui la forza Q, ortogonale alla P, gode della stessa proprietà della forza P.
Nel primo caso le due masse oscillano con spostamenti uguali ma di senso opposto e con il maggior valore di w 2 • Nel secondo, gli spostamenti sono uguali e dello stesso senso: il moto ha carattere di antimetria e la molla centrale resta inerte. Problemi di questo tipo si presentano frequentemente nello studio di vibrazioni di sistemi e di masse soggette a piccole oscillazioni. e l'equazione delle frequenze può essere generalizzata. Vediamo, sempre a titolo dì esempio, un altro caso che comporta il calcolo di tre autovalori.
38
Capitolo secondo
Equazioni lineari
b) Vibrazioni di tre masse collegate da molle.
gati da cerniere elastiche: si indica con ki il momento capace di provocare Ja rotazione relativa unitaria delle due sezioni contrapposte unite da ciascuna cerniera.
Supponendo molle e masse eguali (fig. 2.3), in tale caso I 'equazione caratteristica [e] dell'esempio precedente è (!.~mw'/k, A,~x,):
1 2~/o
(2-::_\) -1
- ~ 1~0 (2-1.)
39
a) Le condizioni che esprimono la possibilità dell'equilibrio per una configurazione deformata piccolissima sono (Mcst. =M1nt. in corrispondenza di ogni cerniera; nella cerniera 1, ad esempio, v1 provoca la rotazione relativa 2v1 /a, v2 provoca v2 /a):
;
e da essa si ottiene subito, sviluppando il determinante per esempio con gli elementi della prima riga (par. 1.3.3.b): (2-.l) [(2-}.)'-1]-(-1) [-(2-1.)]~0, À3
[a]
-6A'+ 10}.-4~0,
le cui radici sono (tutte reali essendo la matrice simmetrica): À1 =2-J/2: À2=2, À3 =2+ ~Il modo di procedere è poi sempre lo stesso: il sistema originario delle
Quindi, se le cerniere hanno eguali caratteristiche (k1 =k2 =k3), posto Pu/k=À, i1 'sistema di equazioni omogeneo [a} ammette soluzione non nulla se (sono incogniti Vi, V2, V3): ,p 1 À-2 [b] 1 À-2
Fig. 2.3
fT
:'lT!I
0
(l
'
~X1=À1
À1
e
À,
-e e
},,
X2=À2
Xa=À3
Vz e o -Vz e
e e e
/,;/,
I
Tale equazione è formalmente identica a quella ottenuta nell 'es. 2.6b, e non staremo a ripeterci. Il minore dei tre autovalori, ossia il minor valore del carico critico, è Àmin=2-J/2, quindi
I
[e]
'..t' -
-.
(}/
I
!
(A~Pa/k):
{/
dei tre autovettori (ossia delle tre deformate), due hanno carattere di simmetria, uno di antimetria (es. 2.6b); quello corrispondente a Àmin è simmetrico.
f
{/
I
b) Notiamo per inciso che, se per una trave prismatica lunga l e senza cerniere immaginiamo di concentrare in corrispondenza di tre nodi distanti a=l/4 la deformabilità che compete a ciascun tratto a (fìg. 2.4.c), si ottiene, essendo k=EJ/a (come risulta considerando il momento costante per ogni tratto e ponendo la rotazione relativa
x,
x,
.l,
1/2
11Vz
1/2
A,
-11v2
o
11v2
).,
1/2
-11V2
P"~(2-V2) EJ/a'~9,37 EJ/l' (invece di 9,8696; differenza di ~ 5%). e) Per un'asta incernierata alle estremità, essendo Mint.=-EJv zione di equilibrio indifferente Mest.=M1nt. è (r.i'"=P/EJ):
1/2
Esempio 2.7.
I
Determinare il carico critico per l'asta indicata nella fig. 2.4 C2 •9): essa ha le estremità articolate ed è costituita da quattro tratti uguali e indeformabili, colleBELLUZZI,
i
I
x,
Si veda, per esempio, O.
I
a)
__ !____ ({ __ _
I
La prima configurazione dinamica e la terza sono simmetriche; la seconda è antimetrica (A 2 =0). Gli autovettori possono essere resi unici normalizzan~oii (nota 2.7); e poiché per i tre autovalori si ha l*(l. 1 )~cj/4 ~2c, l*(A,)~V2 e, l*(A,)~2c, risulta:
<2·0>
~ 1~0.
}e
tre equazioni an1mette in tale caso tre autovalori, a ognuno dei quali corrisporide un correlativo autovettore; posto per esempio À=A1 e x 3 =À 3 =c, da due qualunque delle stesse tre equazioni si ottengono x 1 e x 2 in funzione del moltiplicatore e indeterminato. In definitiva:
Scienza delle costruzioni, cap. XXXII, es. 1914.
! !ì
II
d'v --+a 2 v=O,
dx'
0 ,
[d]
Ja condi-
[e]
con le condizioni ai limiti v=O per x=O e x=l. L'equazione [e], scritta alle differenze finite (cap. XI), in corrispondenza di un generico punto x risulta (indicando con a la lunghezza di ciascun tratto): [/]
41
Capitolo secondo
Equazioni lineari
Divisa ad esempio la trave in quattro tronchi uguali e considerando v3 = v1 (ossia la deformata simmetrica), l'equazione [e] alle differenze, scritta nei punti 1 e 2 (fig. 2.5), diviene:
Condizioni ai limiti: v1=0 per x=O, quindi C 2 =0; dv 2 /dx=O per x=l, quindi C3 =C4 tg a 2/. Inoltre, dovendo essere v1 =v 2 e dv1 /dx=dv 2/dx per x=l1 , si ottiene:
40
C1 sen a 1 l 1 = C4 (sen a 2 /i · tg a 2l+cos a2l1)
[e]
C1 a 1 cos a 111=a2C 4 (cos a 2/1 · tg a 2/-sen a 2 / 1).
Al solito, il sistema può ammettere una soluzione non nulla se (posto a 2 a 2 = À):
I
1
A-2
I
,\-2 ~o,
2
Al solito, tale sistema può ammettere una soluzione non nulla se si annulla il determinante dei coefficienti, per cui, sviluppato questo, si ottiene (dividendo i vari termini per a 1 · sen a 1l 1 • cos a 2 / 1):
a,
-
a,
quindi se:
(tg a 2 1-tg a,1,)-cotg a,I, (tg a,I, · tg a,I+ 1)~0.
).-2~±V2;
(X-2) 2 -2~0,
[d]
p
2
Pa e il minor valore di}, risulta Àmin=(aa) 2 = EJ =2-V2 , da cui (a=l/4):
Poc~9,37
Elfi'.
Come è logico, si ottiene lo stesso valore ottenuto in b).
Fig. 2.6
i· "
(1)
Ma tg a 2 1,~tg viene:
11,
a,(1-1,)~(tg
a 21-tg a,I,) : (1 +tg a2 1 · tg a,l,), quindi la [d] di[e]
I
a
i-
Q)
L'equazione [e] può essere risolta per tentativi, o con interpolazione analitica o
v,
I
grafica. Ad esempio, per J 2 =2J1 , 12 =1/3 ( a1 l1=
(I
t' (Jj
v,
a1/a 2=
yli),
Jl2a 2 ~ l=0,9428 a l; 2
a 2l2 =a2l/3;
la [eJ risulta soddisfatta con a 2/= 1,324 quindi Pcr=Ef2a2 = 1,75 EJ2 /l2. 2
a
Fig. 2.5
j_
2.7. Matrici (e operazioni matriciali) particolari connesse con il calcolo degli autovalori.
Ese1npio 2.8.
2.7.1. Matrice degli autovalori <2•10l.
a) Nello studio di problemi riguardanti la stabilità dell'equilibrio o il regime vibratorio delle strutture si può giungere, anche nei casi aventi natura non discreta, a sistemi di equazioni omogenee; siste1ni che derivano dalle condizioni ai limiti, come mostra il seguente esempio. b) Determinare il carico critico per la trave a sbalzo della fig. 2.6, compren~ dente due tratti prismatici con sezioni e lunghezze diverse. In relazione agl.i assi di riferimento adottati, le condizioni di equilibrio limite (Mint.=Mest) per I due tratti sono: [a]
e gli integrali valgono
Viene definita «matrice degli autovalori» S la matrice diagonale i cui elementi sono gli autovalori dell'equazione caratteristica [2.20]:
oo ... ... oo J 2. 7.2. Matrice degli autovettori <2 .nJ.
Abbiamo visto che a un sistema di n equazioni omogenee nelle incognite x 1 ••• Xn del tipo [2.15] corrisponde l'equazione caratteristica di grado n [2.20]; e che, natu-
(a,'~P/EJ,, a,'~P/EJ,):
[b]
[2.22]
O ••• An
2 10 ( • )
<2 ·11 )
Detta spectral matrix nei testi inglesi. Detta moda! 1natrix nei testi inglesi.
42
Capitolo secondo
Equazioni lineari
ralm~n~e, ciascuna radice },! delle ~ radici di questa, genera, a meno di un arbitrario molt1ph.cat?re, una rosa di valori x 1(J.,) ... xn(Ài) delle incognite, oppure, come in breve si dice, g~nera un ~utovettore x(Ài). Tali n autovettori possono essere scritti come ~oloni:e ~I una rnatnce quadrata M che per I 'appunto viene detta «degli auto~ vettori 1>; qu1nd1 : x1 (À1) xi(}.,) ... x 1(Àn) M~ x,(A1) x,(À,) ... x,(Xn) [ .
Le matrici A, S, relative agli stessi autovalori, sono dette omoge~ee. _Pertanto la relazione [2.29] consente di trasformare una matrice A in una matrice diagonale, che è quella dei relativi autovalori: basta premoltiplicarla per l'inversa ~ella ma: trice M degli autovettori, e postmoltiplicarla per la stessa M. Tale operazione puo essere detta «trasformazione in matrice omogenea )>.
J
l
x;,(!.;) .
x~(X;) .:. x~(in)
2 231
'
e, ovy~amente, gli ,autovett?ri possono figurare nella M normalizzati (nota 2.7). In de:fin1tlva la M puo essere 1ntesa come «matrice riga» degli autovettori, ossia: M~[x(À1 ) ••• x(Àn)J. [2.24] Relativamente all'esempio 2.6b, le matrici degli autovalori e degli autovettori (normalizzati) sono: 2 -1
s~r ~J/z ~ ~ J.
l
o
M~r1~V2 -l~~
l 112
o 2+vz
11V2
1/rz] 112
2.7.3. Trasformazione di una matrice in una matrice diagonale. Con~ideriamo a~cora una volta un sistema di equazioni omogenee del tipo (2.15], che puo essere scritto, secondo la (2.16],
Ax=Ax;
e se n sono le equazioni e le incognite x 1 ... Xn, si hanno n autovalori A1 ... A che lo sodd_isfano. _QuiJ?-di, e l '.a~biamo ripetutamente detto, a ogni Ai corrisp~nde, a meno d1 un ar_b1t:rano Il_lOlhphcatore, la relativa serie dei valori delle incognite x1(Xi), •.. , Xn(J.i), ossia 11 ~elat~vo v~ttore x(Ai); per cui l'equazione [2.16] risulta verificata per Ai. ... , An e s1 puo scrivere: A· X (lc 1 )~À1 •X (À1) X (Àn)~).n ·X
A·
[2.25]
(Àn).
La «matrice degli auto~et~ori_ » M relativa alla matrice A può essere scritta nena forma (2.24]; se la premolt1pllch1amo per la stessa matrice A si ottiene: AM~A [x (À1)
•••
x (!cn)J~[A · x (!.1)
•••
A· x (Àn)J,
[2.26]
43
2.8. Matrice « ortogonale» e matdce « rotazione». Cambiamento degli assi di riferimento e trasformazione di matrici. 2.8.1. Matrice ortogonale. a) Si definisce matrice ortogonale nna matrice quadrata che ha l'inversa uguale alla trasposta, ossia: [2.30]
Le matrici ortogonali godono di alcune proprietà che è utile ricordare. Riferendoci, per fissar le idee, a una matrice del secondo ordine, si ha, per definizione, - [ au Aa21
a12] G22
[2.31]
'
Inoltre, essendo A A-1 =1, per la [2.30] si ha anche A A'=l, e la matrice I, per la regola del prodotto, dev'essere anch'essa del secondo ordine:
/=[ ~ ~ l· Sviluppando il prodotto A A' e uguagliando i vari termini a quelli corrispondenti della matrice I, si ottiene, per gli elementi di A A' sulla diagonale principale (con i simboli r, e si indica una riga e una colonna), r 1 (A) · c1(A')=a 211 +a 212 =1
[2.32]
r2(A) · c2(A')=a 221 +a'22 =1.
e tenendo conto delle [2.25], AM~[À1 • x
(.:t1)
•••
Àn
·X
(X,,)].
[2.27]
Ma essendo anche À' A=l, risulta:
Ma è semplice verificare che, sviluppato il prodotto:
MS~[x (,\1 ) si trova:
0... 01
À1
•••
x (!.•)]
~
f. o
[2.33]
.
~' ·:· 0.
Inoltre, calcolando gli altri elementi della A À'=l si trova:
o ... .:t,,
AM~MS;
r1(A) · c2(A')=a11a 21 +a12a22 =0 e, dovendo essere anche AtA=l,
per cui, pren1oltip1icando entrambi i membri della [2.28] per M-1, risulta: M-1 AM~M- 1 MS~S.
[2.34]
[2.28]
[2.29]
r1 (A') ·
c2
(A)=a11a 12 +a21a 22 =0.
[2.35]
Capitolo secondo
Equazioni lineari
Quindi, per le [2.32] e le [2.33], tanto le righe quanto le colonne della A sono vettori unitari (ossia di lunghezza I; si veda la nota 2. 7); e per la [2.34] e la [2.35] si ha che le colonne (e le righe) sono vettori tra loro ortogonali (di qui l'origine della denominazione) (2. 12J. Talf-proprietà sono state ricavate per una matrice del second'ordine, ma valgono in generale; quindi si può in definitiva affermare che in una ma~ trice ortogonale sia le righe, sia le colonne sono vettori unitari ortogonali. In formule, essendo AA'=l si deve avere:
rispetto a un secondo diverso riferimento cartesiano lo stesso vettore O-A ha tre diverse componenti, e può venir segnato:
44
"
{ I (per i=j) , O (per i# j) ;
n
{
!:, a,,aN=
I (per i=j), .
(A'= I I=
I II
I=
ortogonale, quanto quello della sua trasposta hanno lo stesso valore
3
3
b) Per quanto riguarda il determinante di una matrice ortogonale 1), poichè valgono le relazioni generali A A-1 I ('· 13l, A 2 14 1 At I ( • ), I At J I A- l=l, si ha che tanto il determinante di una matrice
=A-
=!
È utile determinare i legami tra i due diversi sistemi di coordinate. Indi-
chiamo con a 1 1' a 12 , a 13 gli angoli che l'asse 0-1 del primo riferin1ento forma con i tre assi del secondo, e con a11 , a 12 , a 13 i relativi coseni (coseni direttori); pertanto, dei due indici che accompagnano i simboli, il primo si riferisce al primo sistema di assi, il secondo al secondo sistema ruotato. Simboli analoghi stanno a indicare gli altri coseni direttori.
ed essendo anche A'A=I:
J;a,,a,,= O (per l·~·i r=l rj
45
A
A
1-
IX3
± l.
I
,O
T
L /"2 I/
I
---x;---
2.8.2. Cambiamento degli assi coordinati. Matrice « rotazione >>2
a) Un vettore O-A, che ammetta lungo i tre assi di un riferimento carte(fig. 2.7), può essere indicato con il simbolo: siano le componenti 1 2
2
x x x,
Fig. 2.7
La somma delle proiezioni di X1 , X2, X3 sull'asse 0-1 fornisce x1 ; altrettanto per x 2, x 3, quindi: 2 12
x1 =a11 X1 +a21X2 +a31X3
Per due vettori «tridimensionali» - ossia del tipo y=[x1 x 2 x 3] - (À1 , /ti. V1), (À 2, µ 2 , v2) siano i coseni direttori, ossia i coseni degli angoli che ogni vettore forma con i tre assi ortogonali del sistema di riferimento. L'angolo w compreso tra essi è dato dalla relazione: cos w=À1Àz+ft1µ2+v1V2. <·
J
Quindi, se i due vettori sono ortogonali tra loro (w=90°), si ha: Inoltre valgono le relazioni: 2 2 À1 +1.i1 -l-v/'=l, ( 2 •13 >
x2 =a12X1 +a22X2 +a32X3 X3
=a13X1 -·l-a23X2 +assXs .
Se si pone:
22 2 +µ2 2 +v2 2 =l.
R=
Può essere verificato che, se A, B, C sono matrici quadrate per le quali:
l
a,2
az1
au
G22
031
G32
a" G23
a,,
[2.36]
J
,
quindi Rt=
l
au G12
G21
a,2
a,, a,,
a" a32
j ,
[2.37]
ass
AB=C,
si ha anche:
IAI
1s1~1
le relazioni [2.36] possono venir scritte, in forma matriciale:
ci.
Di conseguenza, poichè per definizione AA-1=1 ed essendo
! Jl=l,
risulta:
I A 11A-'1~1 [è im1nediato verificare, con la regola di Laplace (par. 1.3.3b), che I I! =1]. 2 14 ( · -) Tra le varie proprietà dei determinanti si ha che non can1bia il determinante di una matrice, se in questa si scambiano ordinatamente le righe con le colonne. Di conseguenza risulta I A I~I A' I .
11
G21
G12
az2
a13
a2,
lx J la 1
X2 X3
=
a" G32 G33
j
lf:J
La R è detta matrice rotazione.
oppure
x=RtX.
[2.38]
46
Capitolo secondo
Equazioni lineari
b) Per proprietà riguardanti i coseni direttori si ha (v. nota 2.12):
a +a 21 +a a1=l 2 11
2
2
a 12+a 222+a 232=l, a 21a+a 223+a 2aa= 1 2
avendo posto:
a211 +a212-l-a21a=l
e analoga1nente
a221-f-a222+a22a=l. a 2a1+a 2s2+a 2aa=1
47
µ=sen..J.
[2.41]
x=Rx.
[2.42]
Per le [2.38] e [2.39] si ha:
Inoltre, essendo gli assi del secondo sistema fra loro ortogonali,
2
a11 a 12 +a21 a22 +a31 a 32 =0 (ortogonalità tra 0-1 e 0-2)
a 12 a13 +a22 a 23 +a32 a33 =0 (
»
» 0-2 e 0-3)
a 11 a13 +a21 a 23 -f-a31 a 33 =0 (
»
)) 0-1 e 0-3)
(e altrettanto dicasi per quelli del primo). Si ha quindi che la matrice rotazione è del tipo ortogonale e che, di conseguenza (par. 2.8.lb), il suo determinante è uguale a 1. Inoltre può essere opportuno osservare che ogni elemento aki=cos aki della matrice R non cambia considerando (360°-ak,) al posto di ak,. Dunque l'equazione [2.38] consente di esprimere le coordinate rispetto _a un secondo riferimento S, quando siano note quelle di un primo riferimento S. Ciò che avviene per il tramite della trasposta di una matrice [R] il cui elemento generico aki è il coseno dell'angolo che l'asse k di S (primo riferimento) fa con quello i di S (secondo riferimento). c) Dalla [2.38] si ottiene anche x=[R1]-1 x, quindi (essendo per una matrice ortogonale [R 1]-1 =[R']'=R) [2.39] X=Rx,
ossia (ed è un fatto ovvio che poteva essere ottenuto direttamente) il legarne che esprime un primo riferimento Sin funzione di un secondo riferimento S è espresso direttamente dalla stessa matrice R il cui elemento generico akh può essere opportuno ripeterlo, è il coseno dell'angolo che l'asse k di S (primo riferimento) fa con l'asse i del nuovo riferimento S. d) Cambiamento di assi coordinati per vettori con riferimento biassia/e.
In questo caso evidentemente si ha, posto a 11 =-& (fig. 2.8) e ricordando che dei due indici associati ai simboli il primo riguarda il primo sistema di assi (l'altro il secondo):
T
Fig. 2.8
2.8.3. Trasformazione di matrici. Le proprietà precedentemente illustrate consentono di rendere automatica la trasformazione di un'equazione data in forma matriciale quando si cambi il sistema di riferimento. Ossia, dati due vettori X, Y, riferiti entrambi a un dato riferimento cartesiano S, e legati dalla relazione: y=Ax,
passando a un secondo riferimento S, al posto della [2.43] si ha in genere una diversa relazione: y=Bx, [2.44] per la quale è facile determinare il legame della matrice B con la A. Infatti, per la [2.38], è y=R'y=R'Ax; e per la [2.39] x=R x; quindi si ha: y=R1ARx, per cui, essendo anche y=Bx, risulta: B=R'AR,
[2.46] Se il riferimento è biassiale, l'espressione di R è data dalla [2.40].
a12=sen {},
R= [ au
a"]
a21 a,,
[2.45]
o anche (poichè per la matrice« rotazione», che è ortogonale, si ha R'=R-1):
a 12 =270° +-& , quindi: a11 =COS {},
[2.43]
[
a 21 =-sen {},
cos .,J sen -& ]=[ À -µ -sen-& cos .,J
Gzz=COS {}'
~]
[2.40]
48
Capitolo secondo
CENNI STORICI E BIBLIOGRAFICI a) La teoria dei determinanti (così denominati da Gauss ncl 1801) è strettamente legata a quella dei sistemi di equazioni lineari. La loro storia, riguardando quindi uno dei fondamentali capitoli delle matematiche è densa di una vastissima messe di contributi tra i quali, dopo i primi basilari studi di matematici giapponesi (XVII sew colo) e di LEIBNIZ (1646-1716), spiccano quelli fondamentali di LAPLACE (17491827; fu pubblicata nel 1772 la sua regola di sviluppo di un determinante), CAUCHY (1789-1857; già nel 1815 diede un primo magistrale inquadramento delle principali proprietà dei determinanti) e JACOBI (1805-1851). Le matrici vennero introdotte neIIe matematiche, con esposizione organica, probabilmente da A. CAYLEY (<(A Memoir on the Theory of Matrices i>, Philos. Trans. Royal Soc. London. vol CXL, 1857); esse si svilupparono grandemente dopo le applicazioni che, nel 1925, Heisenberg, Born e Jordan fecero in studi riguardanti la meccanica quantistica, e soprattutto, come è stato detto nella premessa (par. 1.1),' con il rivoluzionario avvento degli elaboratori elettronici. I calcoli impiegati per sccpi pratici e teorici, principalmente nella meccanica dei mezzi continui e nell'elettronica, indussero ad occuparsi sempre più a fondo degli aspetti algoritmici di tali scienze e del conseguente utile impiego delle matrici. Pertanto il giudizio sulla loro importanza non può essere disgiunto dalla considerazione del peso rilevante che la simbologia ha avuto nello sviluppo del pensiero scientifico: tra i numerosi libri di interesse divulgativo che considerano ciò in una sintetica e chiara visione della storia della matematica vanno citati, ad esempio: B. CoLERUS, Piccola storia della matematica, Einaudi, Torino, 1939; F. WAJSMANN, Introduzione al pensiero matematico, Einaudi, 1939; il I vol. della raccolta, curata da F. BNRIQUES, Questioni riguardanti le matematiche elementari, Zanichelli, Bologna, 1928. In merito ai contributi dati nel campo matematico, sono utili le note storiche e le osservazioni disse1ninate nei 3 voli. dell'Analisi n1atematica di G. MORETTI, Hoepli, Milano, 1952. b) Abbiamo già ricordato che la soluzione dei sistemi di equazioni lineari è in genere connessa, più o meno direttamente, con gli studi sui determinanti: la regola di Leibniz-Cramer fu enunciata per la prima volta da LEIBNIZ nel 1678, poi da CRA~ MER nel 1750. Vari decenni dopo, precisamente nel 1810, GAuss (1777-11155), trovandosi a dover risolvere, in problemi di geodesia, sistemi di equazioni lineari derivanti dall'applicazione del metodo dei minimi quadrati, rese noto il suo semplice e pratico metodo di eliminazione progressiva delle incognite, ossia di trasformazione della matrice quadrata di un sistema in una matrice triangolare superiore. Osservazioni e ritocchi all'algoritmo di Gauss furono poi apportati da W. JORDAN (Handbuch des Vermessungskunde, Bd. 1, 7a ed., Stuttgart, 1920) e da A. C. AITKEN (« Studies in Practical Mathematics. IL The Evaluatìon of the Latent Roots a. Latent Vectors of a Matrix », Proc. Roy. Soc. Edinburgh, voi. LVII, 1937); chiare ~_intesi di esso e osservazioni s_i trovano, per.esempio, nelle memorie di R. MEMKE, «Uber die zweckmlissigste Art, lineare Gleichungen aufzulOsen )ì, Zeit. angew. Math. Mech., 1930; e di G. WoRCH, stesso tit., stessa rivista, 1932 (è del medesimo Autore il chiaro capitolo del Beton Kalender, 1966). Con il metodo di Gauss, e con i procedimenti da esso derivati, la matrice A dei coefficienti e il vettore dei termini noti vengono gradualmente trasformati sino ad
Equazioni lineari
49
otte~e~e. il siste~a finale a ~atrice triangolare U, calcolando un certo numero di matrici 1ntermed1e. La deter1?-1nazione di queste può essere aggirata, aln1eno formaln;ente, scomponendo la. A 1?- due matrici triangolari (una inferiore L, una superiore U): a tale elegante idea informativa si sono riportati i metodi di BANACHIEWICZ CHOLESKY, CROUT, DOOLITTLE; abbiamo visto che il semplice schema di CrouÌ nefla sostanza non diffe~isce, sotto il punto di vista operativo, dal metodo di Gauss, svilup~:;tto nella conve~iente. fori;na tabella~e indic<,tta nel par. 2.3.1. Un .1ntere~s~nt~ e, 1strutt1va I?terpretaz1one fisica del metodo di Gauss (detta « ~ell.e 1~t~r~1z1o:r~1 l)) ~ stata fornita da F. 0AMPOLINI, ((Un metodo di risoluzione dei c1rcu1t1 lineari)), L Elettrotecnica, 1963, 10; F. CIAMPOLINI-R. TROILI <(Il metodo delle interdizioni nello studio di sister;ii fisici lineari con più generat~rì )), L'Ingegnere, 19.68, 9 (nella seconda nota s1 trovano illustrate applicazioni a problemi strutturah). . Un'accurata disamin~ sui. vari procedimenti di risoluzione delle equazioni lineari s1 trova data,. ad esempio, in: C. LANczos, Applied Analysis, Prentice-Hall, Inc., Ei:glew~od Chffs, N. J., 1956; I. S. SorcoLNIKOFF-R. M. REDHEFFER, Mathen1atics oj Plryszcs.a. Modern.Engineering, McGraw-HiII, N. Y., 1958; L. A. PIPEs, Applieà Mathematzcs [or Engzneers a. Physicists, McGraw-Hill, 1958 (2a ed.)· R. BELLMAN lntroduction to matrix ana"!ysis, McGraw-Hill, N. Y., 1960; M. G. SA~VADORI, M. L: BARON, Nzunerical Methods in Engineering, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, N. J., 1961; L. Fox, An lntroduction to Nu1nerical Algebra, Clarendon Press, Oxford 1964; F. SCHEID, Numerica! Analysis, McGraw-Hill, Schaum's outline series, 1968:
e) L'importanza pratica dei 1netodi iterativi è strettamente subordinata alla sempl,icità ~ell.e operazioni d~ rip~tere e alla rapidità della loro convergenza. A JAco~.I e att~1bi~1to lo schema 1ter~t1vo per fasi distinte, secondo il quale il valore di ?n inc?gmt.a 1n :ina certa fase e ottenuto tenendo conto soltanto dei valori delle 1ncogn1te r1cavat1 ne11a fase precedente; mentre sembra che il metodo di iterazione continu~, in ge~ere di :più rap~da convergenza (par. 2.4), sia stato per la prima volta (1~2~; s1 veda il ::ontr1buto d1 FORSYTIIE, cit. Jn seguito) indicato da C. F. GAUSS P.01 ripreso e defìn~to da .P. L. SEIDEL, che trattò condizioni per la convergenza(« -Obe; e~.n Verph"!-ren; d.~e Ge1c~ungen, auf welche die Methode der kleinsten Quadrate fuh.-~t, sow1e hneare Gle1cungen ùberhaupt, durch successive Annaherungen aufz~losen », Abh, Bayer: Akad. Wiss. Math.-Phys., Munch. Akad., voi. XI, 1874). L ess~nza ?e1. metod1 1terat1v1,. fec,ond1 an~he nella .soluzi~ne d.i sistemi di ~quazioni non hnear1 (s1 veda ad esempio I opera d1 MILNE tn seguito citata), può significativamente e in forma generale venire espressa (Fox, op. cit., cap. VIII): [a]
nella quale x può esse~·e un numero o una funzione o un vettore, b(r) è indipendente da x. ma non ?ecessa:1amente da, r ~indice che numera la fase del calcolo), fr è una funz1on~ o un oper~~to,ne che puo dipendere da r. E s'intende che l'uso del calcolatore. pu~ essere 1!-tthss1mo .quando, per condizioni di non buona convergenza, il ragg1ung1~ento d1 u~ so?~1sfacente grado di app!os~imazione rìc~iede, per grande ~umer.o .d1 {;01te, la r1pet1z1one delle stesse operaz1ont. Se le equazioni sono lineari, I term1n1 b ) nella [aJ sono costa?t~ e f'operatore fr si riduce, per.c~ascuna componente xi, a un co~ffic1ente .. Per cui'. 1n~1ca:ido ~on D, L, U le .matr1c1 che rappresentano, d~lla matr1~e A. dei coeffic1ent1, rISpett1vamente la diagonale principale, la p~rte tnango~are 11ller1ore e quella superiore (A=D+ L+ U), i due citati metodi d1 JACOBI e d1 GAUSS-SEIDEL possono venire compendiosamente scritti:
4 -
POZZATI, ll-1.
DxC"+ 1J~b-(L+ U)xC"),
[b]
(D+ L)xC>"+iJ~b- UxVJ.
[e]
50
Capitolo secondo
d) I nzetodi di rilassantento (par. 2.4.2) nella sostanza non si differenziano da quelli iterativi ricordati nel punto e precedente. Seguendo lo schema indicato nel par. 2.4.2, .si ha l'incon".'eniente che il procedimento non è autocorrettivo, come sempre avviene quando s1 procede calcolando i valori delle incognite per incren1enti successivi (ma s'intende che si può procedere anche con i valori con1plessivi delle in~ cognite, come è stato mostrato per «l'iterazione continua »); la differenza con i metodi iterativi_ è pri?-~ipalme~te ~ipo~ta nel semplice. conce~to di « re~iduo l> e nel f~tto che, co?s1deratl 1 coe~c1entl d'influenza delle 1ncogn1te x, ogni incremento d1 una Xt puo essere dosato 1n modo da accelerare, volendo, la convergenza. Però, qualora ~i intenda ~ogliere questo particolare aspetto, si ha, rispetto al metodo di Gauss-Se1del, un minor grado di automaticità e «con l'esperienza, e soltanto con l'esperienza il calcolatore può apprendere gli accorgimenti che abbreviano il suo lavoro ... >> (G. ALLEN, cap. XIII del!' op. Handbook of Engineering Mechanics, diretta da W. FLi.iGGE, McGraw-Hill, 1962). Nel par. 2.4 sono stati illustrati alcuni metodi iterativi per la soluzione di sistemi di equazioni lineari. Nello studio delle strutture staticamente indeterminate, tali s~st~mi possono derivare dal <{metodo della congruenza)) e da quello <( dell 'equihbrlo l> (cap. XIV, cap. XIII): i procedimenti iterativi si adattano soprattutto per le equazioni ottenute da quest'ultimo metodo, perchè esse presentano spesso una forte . preval~nza dei coefficienti della diagonale principale, quindi una notevole rap1di~à dt convergenza. Inoltre le varie operazioni analitiche possono trov~re una cornspondenza fisica molto significativa; e il soddisfacimento di un'equa::-_ z1one (o _l'annullamento del suo ), elaborato da G. E. FORSYTHE, del val. Mathe1natiques modernes pour l'ingenieur, diretto da E. F. BECKENBACH (trad. frane., Dunod, Paris, 1965). e) Alla soluzione dei sisten1i di equazioni non lineari è dedicata l'opera di W. E. MILNE, Nun1erical Calculus, Princeton, Univ. Press, N. J., 1949; si veda anche il cap. XVI (<( Methodes non linéaires 1>) elaborato da C. E. MoRREY nell'op. di BECKENBACH dianzi citata.
. f) Vari dei metodi di calcolo citati per la soluzione dei sistemi di equazioni lineari s1 trovano, ad esempio, chiaramente esposti in capitoli delle seguenti opere, oltre a quelle di Fox e di SALvADoru-BARON precedentemente citate: H. MULLERBRESLAU, Statik der Baukonstr., vol. II, 5a ed., Stuttgart, 1922; K. BEYER, Die Statik iln Eisenbetonbau, vol. I, 2a ed., Springer, Berlin, 1933; O. BELLUZZI, Scienza
Equazioni lineari
51
delle costruzioni, val. II, Zanichelli, Bologna, 1950; M. F. RIIBINSTEIN, Matrix Computer Analysis of Structures, Prentice-Hall, 1966. g) Tra i numerosi volumi che trattano l'analisi delle n1atrici come premessa al calcolo delle strutt1;1re, ricordiamo: S. TIMOSHENKo-D. H. YouNG, Theory o/ Structures, McGraw-H1ll, 1965; H. C. MARTIN, Introduction to Matrix Methods of Struc~ural Analysis, McGr~w, Int. stu~ent ed., 19.66; M. F. RIIBINSTEIN (voi. cit., 1966), P. C. WA1;G, Numerica! a. Matnx Me_thods in St1:uctural Mechanics, J. Wìley, Inc., N. Y., 1966, G. N. SMITH, An Introductlon to Matnx a, Finite Element Methods i'! Ci~il E,ngineerìng, Applied Science Pubi. LTD, London, 1971. Un'esposizione sintetica s1 trova data da L. A. PIPES nel cap. XIII del voi. Mathén1atiques modernes pour l'in~enieu;, r~datto d~ E. F. ~ECKENBACH (trad. francese, Dunod, Paris, 1956). Cons1der~z1on1 generah, con. riferimento all'analisi delle strutture, si trovano nena nota d1 c. MEYER, (~ Solutton of Linear Equations-State-of-the-Art)} Journal of the Structural Divlsion », 1973, 7. '
B)
LA TRAVE ISOLATA: RICIIlAMI RICORRENTI NELLO STUDIO DEI SISTEMI DI TRAVI
CAPITOLO
III
TRAVI
3.1. Travi prismatiche con le estremità incastrate, articolate, cedevoli: richiami. a) La trave con le estremità incastrate perfettamente. È una condizione di vincolo di notevole interesse perchè costituirà tra l'altro uno dei punti di partenza per il calcolo degli insiemi di travi. Ci limiteremo a considerare il caso, di gran lunga il più frequente, in cui le forze esterne giacciono nel piano contenente l'asse della trave e la flessione risulta ovunque retta, con la conseguenza che l'asse geo1netrico incurvandosi non esce dal suo piauo. Il calcolo, come per qualunque caso staticamente indeterminato, può essere effettuato in diversi modi, a seconda della struttura principale isosta-
tica prescelta. Qui conviene assumere la trave semplicemente appoggiata (fig. 3.1), soggetta ai carichi e ai momenti incogniti Ma, M,, usando i simboli soprassegnati per indicare le reazioni degli incastri perfetti, e ricordando che i momenti applicati alle sezioni estreme sono considerati positivi, come d 'altronde le rotazioni estreme, quando il loro senso è· orario, ossia destrorso (vol. I, par. 8.3); per cui, in relazione all'usuale convenzione, Ma coincide
col momento flettente in A, mentre M, è uguale ma di segno opposto al momento flettente in B. _ I momenti d'incastro M., M, debbono rendere nulle le rotazioni delle sezioni estre1ne, quindi, indicando
Capitolo terzo
Travi
e con
Inoltre, se la condizione di carico è simmetrica o antimetrica, conviene adottare simmetrici o antimetrici anche i momenti unitari ausiliari (fìg. 3.2). E, relativamente ai coefficienti elastici, per due coppie simmetriche o antimetriche risulta, utilizzando i valori [3.3],
56
'Paa +'Paa Ma +'Pab M,=0
[3.1]
57
I l I raa3EJ +----6EJ - 2EJ (coppie simmetriche)
m
e da esse facilmente si ricavano Ma, Mb. È necessario però calcolare preliminarmente Tao, 'Pbo e i coefficienti elastici. Se si impiega il principio dei lavori virtuali, e si vuole ad esempio determinare le rotazioni in A, occorre immaginare di applicare in A una coppia ausiliaria Ma= 1; quindi, indicando con M il momento dovuto alle azioni q a)
r
Lo._
[3.5]
I
3
EJ -
l
6
l
.
EJ = E.T 6
Dalle equazioni [3.1], tenendo presenti le relazioni [3.3], s1 ha, dopo facili riduzioni,
2EJ M,=-- - (2cp,,+cp.,). 1
B
[3.6]
p
-;:i1
aAj: - a~,.,..,r~- b-----!
+
~B
!il
j
b)L
l----"i
1
~a~
Fig. 3.2
J
~a:;;;fi
~b----1
esterne in una sezione generica della struttura principale (trave appoggiata), X
Fig. 3.3
/-X
con M'(Ma)=y il momento corrente per Ma=l e con M'(M,)=--1 quello per M,=1 (fìg. 3.1), si ottiene
'Paa=fM,·M'(Ma)dx/EJ=fM,; dx/EJ, 'Paa=J[M'(M.)] dx/EJ=J( ;)'dx/EJ,
.
.h coppie ant1metnc e) .
11r =-2
A
2
(
x
1-x -dx/EJ, 1
Iz ·-
cp.,=-
cA)~~-x-~.,.q-"~--< h=J- ~B "'---a~
Un caso di particolare interesse è quello della trave prismatica sottoposta a un carico concentrato (fìg. 3.3 a), per il quale si ottiene
M.=-Pab 2/1 2
[3.2]
,
M.=Pa 2 b/l2 ;
[3.7]
e se agiscono due carichi simmetrici,
e s'intende che gli integrali vanno estesi all'intera lunghezza della trave, e che risultano sinistrorse quelle rotazioni per le quali si ottiene segno negativo. Essendo prismatica la trave, le [3.2] forniscono, come è ben noto, per la coppia agente in A, l l [3.3] 'Pa,=- 6EJ; quindi il valore della rotazione delle sezioni estreme della trave appoggiata soggetta soltanto ai momenti M., M, destrogiri vale [3.4]
M.=-M,=-Pab/l.
[3.8]
Tali valori consentono, sovrapponendo gli effetti, di calcolare con semplicità i momenti d'incastro per qualunque condizione di carico: ciò che è evidente quando si abbiano più forze concentrate; mentre, se il carico è distribuito con continuità, basta integrare gli effetti provocati da una forza infinitesima di intensità qx · dx. Così, ad esempio, per la trave della fìg. 3.3c si ottiene facilmente, utilizzando le relazioni [3.7] (q,=qx/a, a=a/I),
-
f
qa2
M.=-Jq,x(l-x) 2 dx/l 2 =-3o (IO-I5a+6a 2),
qa' M,= (5a-4a 2). 20
Capitolo terzo
Travi
S'intende che tutte le considerazioni fatte non cambiano qualunque sia la causa dello stato di sollecitazione: se, per esempio, una trave ha le estremità incastrate soggette a uno spostamento relativo o (fìg. 3.4), nelle [3.6] è da porre 'Paa=g;,,=o/l, ottenendo (M.=M,=M)
provvisoriamente impedisca la rotazione della sezione A, si calcolano i momenti d'incastro M,, M, indicati nella fìg. 3.6 con il loro senso positivo,
58
M=-6EJ o/12 ,
[3.9]
T=2M/l= 12EJ o/l',
e il valore di M si poteva ricavare immediatamente considerando che i momenti antimetrici debbono annullare la rotazione o/l che avverrebbe se la trave priva degli incastri seguisse lo spostamento ocon movimento di corpo rigido. Nella tab. 3.5, al termine del presente capitolo, sono riportati i valori dei momenti d'incastro per consuete condizioni di carico. Da tali dati si
59
todo dei vincoli ausiliari (voi. I, es. 9.1): applicato un vincolo fittizio che
quindi destrogiro; poi si allenta il vincolo, ossia si applica la sua reazione M, cambiato di segno, per cui sovrapponendo gli effetti si trova ~
Ma M,=M,---· 2
[3.12]
Inoltre la rotazione dell'estremità appoggiata si manifesta soltanto nella seconda fase in cui si applica alla trave il momento -M., quindi
M,l g;.=- 4EJ.
[3.13]
Pertanto, per il calcolo del momento d'incastro M,, possono essere utilizzati i valori della tab. 3.5, da introdurre s'intende nella relazione [3.12].
Fig. 3.6 Fig. 3.5
possono evidentemente trarre anche le rotazioni delle sezioni estreme per la trave semplicemente appoggiata, che per la [3.4] evidentemente valgono (si veda a tale proposito il punto seguente) l g;.,= EJ (-2M.+M,), 6
l
-
-
g;,,= EJ (-2M,+M,). 6
e da tali espressioni si ottengono facilmente i valori dei momenti per asse-
È di particolare interesse, soprattutto per il calcolo degli insiemi cou procedimenti iterativi, il caso noto della trave sottoposta alla coppia M,: il momento d'incastro perfetto è determinato dalla condizione g;,,M,+g;,,M,=0, dalla qnale, ricavato M,, si può dedurre ogni altra quantità, in particolare ottenendo, avendo supposto la trave prismatica (fìg. 3.5),
3 M,
Abbiamo già ricordato che, per una trave prismatica appoggiata, soggetta ai momenti M., M,, le rotazioni delle sezioni estreme valgono (rei. 3.4)
[3.1 O]
b) La trave con un'estremità articolata, laltra incastrata.
T=--· 2 I
e) I momenti alle estremità di una trave in funzione dei carichi e dei movimenti delle sezioni estreme.
[3.11]
Quando la condizione di carico è generica, il momento d'incastro perfetto si ricava dalla seconda delle [3.1] ponendo M,=0. Oppure, se è già stata risolta la trave con dupliée incastro, si può utilmente impiegare il me-
gnate rotazioni
2EJ M,=- - (2g;,+g;,), 1
2EJ M,=-- (2g;,+g;.), 1
[3.14]
valori che potevano essere ottenuti anche direttamente dalle [3.6] ponendo -rpa, -rplJ al posto di (/Jao,
Capitolo terzo
60
'Paa~J( ~
le stesse [3.14]. Quindi ricordando la [3.9], si ottiene
-
2EJ
1
M.~M.+--
6EJd (2'Pa+'P,)---2 - ; 1
[3.15]
~0,1928
e un'analoga espressione vale per M,. Il significato fisico dei termini che compongono la relazione [3.15] è chiaro: al momento che si av.rebbe ~on l~
}J,
'dx 2(12,5+4 · 21,232+2 · 32,77+ ...
(il coefficiente vale 0,333 per la sez. cost.),
~0,04852
PI' EJ, (0,056 per la sez. cost.),
M,~ -q;,,/q;,,~ -0,252
L ===i
f
f(x)dx;;;
,Jt (f,+4J,-i-2f,.+
[3.16]
PI (0,168 per la sez. cost.).
b) Per farsi un'idea dell'influenza che può esser data da una variazione della sezione C3 . 1), nella tabella 3.1 si trovano riportati i valori dei coefficienti elastici
Trave appoggiata con «mensole » rettilinee e simmetriche: coefficienti elastici
TABELLA 3 .1.
a/l
I
J,/J,
I 0,60 I0,40
0,20 I0,151 0.10 I0,081 0,061 0,041 0,02 J
o
+4J,+2J,+ ... +4Jn-1+fn)' in cui / 0 , / 1 , ••• , fn. sono i. valori della fun-. zione integranda 1n corrispondenza delle estremità dei tronchi Lix, il cui numero deve ' o,139Pl essere ovviamente pari. ',,, __ __..,,, Ad esempio, la trave della fig. 3.7 è ',,,.---soggetta a un carico P_, concentrato ~Ila Fig. 3.7 distanza x=0,41, ed ha 11 tratto À prossimo all'estremità A di altezza variabile con andamento parabolico (dh~ dh, !;'/A'). I dati necessari per il calcolo del coefficiente 2
elastico relativo al momento Ma=1 (IPaa= ; 2 fx ·dx/El), della rotazione dovuta al carico p (1Pao= jM0 x · dx/lEJ) e infine del momento Ma d'incastro sono riportati nella seguente tabella:
h J x'/J M, M,x/J
10
9
8
7
6
5
4
3
fattore
2
1,5625
1,25
1,0625
1
1
1
h,
8 12,5
3,815
1,953 32,770
1,199 40,867
1 36
16
1 9
0,8 3,277
1,2 7,006
1,6 9,6
1 25 2,0
1 1 2,4 9,6
1,8 5,4
J, dx'/J, Pdx Pdx'/J,
o o
21,232 0,4 0,944
10
)~
-JM,(P)x __ 1_ dx • • _ EJI dx- EJ,l 3 Pdx 2 (0+4 0,944+2 3,277+ ...)-
3.2. Travi di sezione variabile. a) Se la sezione della trave è variabile, nella sostanza n?lla ~ambia rispetto .a quanto si è visto precedentemente a proposito della trave.Er1smat1~a, e ad .e~emp10 valgono le relazioni [3.2], con la sola avvertenza c~e negh int~grah presenti .~n es~e si deve ora introdurre il momento d 1nerz1a p variabile della sezione. Però in genere è con]L1xjc 8 a --. ? . o _JL_ veniente o·nec7ssario 7ffettuare i1;1-·.modo ap71 f : i h prossimato l '1ntegraz1one, sudd1v~dendo la 2 JL~~i\dh" ~x----s.-l 71 trave in tronchi e pr?cedendo mediante ~e~le A~-À -~ 13 ordinarie sommatorie o, molto prefer1b1l, mente, con la nota formula di Simpson
61
'Paa-
estremità incastrate si aggiungono le ripercussioni dovute a1 mov1ment1 delle sezioni estreme.
nn
r:, ~E},/' ~X
Travi
0,1
I
fattore
0,939 0,900 0,852 0,834 0,816 0,810 0,798 0,789 0,771 0,728
0,2
0,882 0,813 0,723 0,693 0,660 0,645 0,627 0,609 0,582 0,504 'Paa
0,3
0,837 0,735 0,612 0,573 0,525 0,504 0,480 0,453 0,417 0,316
0,4
0,792 0,666 0,513 0,462 0,408 0,381 0,351 0,318 0,273 0,152
0,1
0,990 0,984 0,978 0,973 0,970 0,966 0,964 0,962 0,960 0,944
0,2
0,966 0,942 0,912 0,900 0,887 0,880 0,870 0,860 0,846 0,792 'Pba
0,3
0,93010,882 0,812 0,791 0,762 0,745 0,726 0,708 0,678 0,568
0,4
0,882 0,800 0,690 0,649 0,601 0,582 0,552 0,516 0,468 0,296
l/3EJ,
-l/6EJ,
<3.ii Utili tabelle si trovano riportate su nun1erose opere dedicate al calcolo dei telai; in paiiicolare ricordiamo, tra le prin1e, quelle riportate-da A. STRASSNER nel suo volun1e Neuere Methoden zur Statik der Rahmentragwerke, Ernst, Berlin, 1925 (3" ediz.), vol. 1°. Numerosi ed accurati diagrammi si trovano nelle opere di R. GULDAN, Rahmentragwerke und Durch/auftriiger, Springer, Wien, 1949, 4a ediz. (mensole rettilinee e paraboliche simmetriche o da una sola parte della trave; rotazioni delle estremità per effetto di coppie, di carichi concentrati e di un carico distribuito uniformemente). - J. M. GERE, Moment Distrihution, Van Nostrand, Princeton, N. Y., 1963. - P. CHARON, Le calcul pratique des constructions à inertie variab[e, Eyrolles, Paris, 1961.
62
63
Travi
Capitolo terzo
3.3. Trave con appoggio e incastro soggetta a un momento(« mensole» metriche e rettilinee).
nel caso frequente in cui i tratti estremi della trave presentano l'altezza della sezione crescente con legge lineare (tratti con «mensole >> rettilinee). Relativamente alla stessa trave considerata nella tab. 3.1 precedente e sottoposta a un carico q distribuito uniformemente sull'intera lunghezza, può convenire di notare che, espressa la rotazione della sezione A nella forma 'Pba
TABELLA
sim~
r
in cui evidentemente il termine tra parentesi si riferisce al caso prismatico, i valori del coefficiente Cao al variare delle sezioni coincidono con quelli relativi a Cfba e riportati nella stessa tabella (quindi, ad esempio, per a/l=0,2 e J 0/J1=0,2, Cao vale 0,912): infatti è facile riscontrare che, impiegando il principio dei lavori virtuali nel calcolo di dette rotazioni, quindi la formula [3.2], nei due casi è costante il rapporto delle funzioni M 0 • M; (a. z). Pertanto è facile calcolare il momento d'incastro per la trave caricata uniformemente, con un'estremità incastrata e l'altra appoggiata (M=
I
a/l
I J,/J, I0,60 I0,40 I0,20 I0,1510,10 I0,0810,0610,0410,02 I o I fattore
0,1
0,527 0,547 0,574 0,583 0,59610,598 0,605 0,612 0,623 0,648
0,2
0,548 0,579 0,631 0,649 0,673 0,684 0,694 0,704 0,727 0,786
M,
0,3
0,556 0,600 0,662 0,691 0,726 0,738 0,756 0,781 0,813 0,899
0,4
0,557 0,602 0,670 0,700 0,738 0,764 0,786 0,811 0,857 0,974
0,1
0,904 0,840 0,760 0,736 0,700 0,696 0,676 0,656 0,628 0,563
M
TABELLA
0,2
0,824 0,720 0,580 0,536 0,480 0,456 0,432 0,408 0,364 0,257
'Pa
a/l
I J,/J, I0,60 I0,40 I0,20 I0,1510,10 I0,0810,0610,0410,02 I o I
0,1 0,2
1,062 1,100 1,160 1,181 1,206 1,216 1,229 1,242 1,263 1,320
0,3
1,071 1,124 1,196 1,225 1,261 1,275 1,292 1,316 1,345 1,420
0,4
1,073 1,126 1,20611,238 1,272 1,299 1,320 1,344 1,385 1,480
0,772 0,628 0,460 0,400 0,332 0,304 0,276 0,236 0,188 0,081
0,4
0,728 0,568 0,376 0,314 0,249 0,212 0,179 0,145 0,097 0,0105
l/4EJ,
I
fattore
Può essere utile disporre anche dei coefficienti elastici «Paa' 'Pbb• 'Pab=
1,036 1,060 1,094 1,105 1,118 1,121 1,130 1,136 1,151 1,180 M
0,3
-ql'/12
3.4. Trave di sezione variabile linearmente da un'estremità all'altra: coef ftcienti elastici.
TABELLA
~l-~l
}~ ' B A
Inoltre si è già accennato che una condizione di carico ricorrente nei metodi di calcolo iterativi è quella del momento M applicato all'estremità di una trave con appoggio e incastro; se l'altezza della sezione dei tratti terminali varia con linearità e simmetricamente, utilizzando i dati dello specchio 3.1, si ricavano facilmente anche i valori riportati nella tab. 3.3.
J,/J,
I 0,60 I 0,40 I 0,20 I 0,151 0,10 I 0,081 0,061 0,041 0,02 I 0,01 I fattore
'Paa
0,681 0,501 0,294 0,237 0,171 0,144 0,114 0,084 0,048 0,027
l/3EJ,
M'=1 (pensando di
'Pbb
0,879 0,792 0,657 0,609 0,546 0,516 0,471 0,420 0,345 0,282
l/3EJ,
applicare due coppie ausiliarie simmetriche); nel caso di una coppia Ma applicata a una estremità, volendo ricavare la rotazione dell'altra sezione estrema, M 0 =Ma»/l, M'=
'Pub
0,774 0,630 0,438 0,378 0,300 0,270 0,228 0,186 0,126 0,084
-l/6EJ,
3 2
<• >
~1
Infatti nel caso del carico uniforme si ha M 0 =
(l-x)/l.
i (/x-x
2 ),
Travi
Capitolo terzo
64
MOMENTI D'INCASTRO PERFETTO(•)
TABELLA 3.5
r-(j)=1~-------q---------------+-cQ)=2----f<;---a""'-
---l-
A~!!! I!! I!!! I ~B -
-
2
Ma--Mb= - JJ1_ 12
TRAVE PRISMATICA: MOMENTI D'INCASTRO PERFETIO -
-;.;_:,-,"'-
---l-
{ill1q
HJJ); a"a!l
Ma=--Mb= -4,2a2(3_2a)
®
'
q A{In==- r;;,Ba=all ,, fE--- a -3>\2 2 2 Ma=-JJk 'fa('- a+q3a)
@
tp
ifj
m
>I a I< /E-- b ----'-"l
>I ah:
b/t
(tpt~(B
@)A"'( &)1(lt> a ava
a~
l~ia -
(*) Positivi se destrogiri.
-
-
@A
q
!a .-
-22 2 Ma-- al 30 a(10_15a+6a)
afa df5Aa)
®
M
A~
( ~Ba=a!l +a+-- b~ fl=b/l
Ma= M{J(2a-fJ) Mb= Ma(2{J_a)
tp
Ma=-Mb=-Pa
tE4
2 Ma--Mb--tJL.1§__ --1232
Mb=
2 3 Mb- ..fJ]; 30 2a(5_3a)
- ! - - - - - - --------/------------~
~
2 Ma--Mb-- qJ:, 12 JL 32
%
l/4
l/4
~
® 2
-A~~dtB
l/4
l/4
~
~ +o--l 2 Ma--4 - 30 Mb- _IJ12. 20
Ma-- - Mb-- _ __g_[ 19,2
@
A~AJ{,~B
@A,~B
-
65
2
Ma--Mb-- Pl 12 i+o.s i
tP
@
1iJ +--li2--+
f).
Ma=-Mb=-1/;l
@
A~JJ:tJJ:~B '
-
z::ia
MPli~1 a-- Mb---12z-
66
Capitolo terzo
TRAVE PRISMATICA: 21
tP b_J
A~
I• a' I'
Ma=- Pab2;1 -
2
B CAPITOLO
2
JY!b= Pa b!l
@>
MOMENTI D'INCASTRO PERFETTO
IV
ARCHI 2
4.1. Osservazioni introduttive.
A~VC\V~stg
24
l
-,.J-l!n J.,-
1
t
A ttr--.~s--,---f};, B h !i1I= ti Vi T
qx= qsen n7x (n=2,4.) -
-
Il comportamento statico di un arco può essere molto più favorevole di quello di una trave ad asse rettilineo, soggetta agli stessi carichi e di eguale luce, ma il vantaggio è fortemente influenzato dalle condizioni di vincolo e di carico, per cui può essere opportuna qualche considerazione preliminare.
2
Ma=Mb=-~
Linea d'influenza di
Ma
Linea d'influenza di V0 (mezz)
Fig. 4.1
i;;::
"~
Consideria1no, per esempio, un arco a tre cerniere soggetto a due carichi
a
('-..L--
I
qt
Q3
05
Lba~rave appogg)
07
Lb= spostamento in mezzeria
- - x/l .,-.-,
0,1
x/l
Mi>; 0,081
0,2
0,4
q5
q5
0,144
0,125
0,096
0,162 0,224
0;25
0,224 0,162 0,088 01026
q944
1,00
0,944 0,7"92 0,568 0,296
q3
0)28 0,147
'bi
0,026 0,088
Lba
0,296 0,568 0,792
0,7
qB
q9 fattore
0,063 0,032 0,009
~··
~·
-Pl }p/3
4BE]
concentrati simmetrici (fig, 4.1): praticato un taglio in chiave, per simmetria si ha il solo sforzo normale N=H=Pa/f, al quale consegue la tensione a0 =Pa/Af, indicando con A l'area della sezione; mentre nella mezzeria della trave ngualmente caricata e di uguale luce, al momento flettente M,=Pa consegue la tensione massima, considerando la sezione rettangolare b · h, '1,=6Pa/bh 2 =a.
r,
Quindi, essendo in genere f»h, la trave, nella sezione
considerata, risulta molto più sollecitata dell'arco; e tale prerogativa in sostanza dipende dal fatto che, per l'arco, le azioni H equilibranti la coppia (Pa) sono associate al braccio f, mentre per la trave la medesima coppia è equilibrata dalle risultanti R delle tensioni che hanno il braccio h, molto minore della freccia f.
Capitolo quarto
68
Archi
Se si pensa invece l'arco vincolato con cerniera e carrello (fig. 4.lc), lo stato di sollecitazione differisce assai poco da quello della corrispondente trave, e in particolare coincidono i diagrammi dei momenti.. Ma se il vi~colo è in grado di fornire un'azione orizzontale
1! che co.ntrasti coi: ~fficac1a ~o
spostamento relativo delle imposte, i momenti flettenti compless1v1, cabno m genere fortemente, rispetto al caso del carrello semplice, m v1rt~ dei momenti negativi forniti dalla spinta H; anzi, dato un arco iperstatico con le estremità vincolate da cerniere fisse o incastri, se per la sua
configuraz~on.e
principale a tre cerniere risulta assiale la curva o la poligonal~ de~e pre~s10m, di solito lo stato di sollecitazione per detta struttura isostatica e dommant~ e gli effetti delle azioni staticamente indeterminate hanno .s~ars.o pes.o. C10 avviene vale la pena di ricordarlo (voi. I, cap. 6), per condiz10m che m pratica
so~o frequentemente verificate,
e quanto più ci si
appro~sima a t~le st~t?
69
nella fìg. 4.2, in cui gli assi y, z si ritengono coincidenti con quelli principali d'inerzia della sezione, sulla faccia anteriore in generale agiscono lo sforzo assiale N, due sforzi di taglio (T., T,), e tre momenti, di cui uno è torcente (M,); due sono flettenti; e per tali sei caratteristiche di sollecitazione il senso è considerato positivo se i vettori che le rappresentano sono rivolti contrariamente agli assi, pensando, s'intende, di rappresentare le coppie con i relativi asse-momenti. Ovviamente tutte le azioni interne invertono il segno e s'incrementano di quantità infinitesime, pari ai rispettivi differenziali, quando, spostandosi nel senso degli archi crescenti, si passa alla faccia posteriore del tronco; quindi per tale seconda sezione i sensi dei vettori che rappresentano
le varie sollecitazioni concordano tutti con quelli stabiliti per i tre assi di riferimento. Inoltre le azioni esterne (ossia le forze unitarie qx, qy, qz e le
static~,
di cose tanto più l'arco comporta, per la sua forma, no:evoh vantaggi
quindi anche estetici, come testimonia~o g:i inn~erev.oh ardn~enti cos~ru~t1v1. Dalla presenza della spinta H, qumdi degli sforzi norma.II che prmcrpal-
mente da essa sono provocati, dipende la differenza sostanziale del compo~ tamento degli archi rispetto a quello delle travi. E va da sè che, se le co!'d1zioni di carico rendono deboli le spinte, i privilegi consentiti dalla soluz1?ne ad arco tendono a svanire, come per esempio avviene per la struttur.a snn-
Fig. 4.2
metrica soggetta a carichi verticali antimetrici della fig. 4.ld, che evidentemente non provocano azioni orizzontali.
z~
dw
y
.
Per archi di limitata importanza, si adotta in genere la forma crrcolare 0
parabolica; mentre nei casi notevoli, essendo _opportuno ri~u~re al massllTI?
i momenti flettenti, di solito l'asse dell'arco viene fatto comc1dere col pohgono funicolare dei carichi permanenti (eventualmente ass?ciati a un~ ,quot~ di quelli accidentali) passante per i baricentri delle sez10m d1 estre~rt.a e dr mezzeria. Un dato importante per gli archi è il ribassamento, ossia 11 rapporto tra la freccia e la luce, il cui valore pratico in genere si aggira intorno a 1/5 71/6. . . . Analogamente a quanto è stato fatto per le travi, supporremo che il piano contenente l'asse dell'arco sia di simmetria, e che di conseguenza, per effetto di forze agenti nello stesso piano, l'asse geometrico deformandosi ~~n ~se~
da esso. Inoltre ci limiteremo a considerare, in vista del calcolo degh ms1em1
coppie unitarie mx, my, mz distribuite lungo l'arco) sono ritenute positive se rivolte concordemente con gli stessi assi. È evidente che, aflìnchè sia assicurato l'equilibrio dell'elemento, debbono
risultare soddisfatte le sei equazioni indefinite di equilibrio; indefinite nel senso di relazioni da ricavare per un generico tronco elementare, prescindendo
dalle condizioni ai limiti valide per la struttura in cui esso si trova inserito. Tali equazioni, delle quali ovviamente tre riguardano le traslazioni lungo gli assi di riferimento e tre le rotazioni, indicando con apici le derivate ri-
spetto alla linea s, risultano (f' =df7ds):
di travi, i casi staticamente indeterminati dell'arco isolato di piccola curvatura con le estremità articolate e incastrate.
Riteniamo anche utile (vedremo nel par. 10.3 alcuni esempi) una breve premessa sulle equazioni indefinite di equilibrio e di congruenza dell'arco piano soggetto a stato di sollecitazione piano e spaziale.
4.2. Equazioni indefinite di equilibrio e di congruenza. a) Se si pensa di estrarre un tronco infinitesimo dell'arco,. sulle due se: zioni A B che lo delimitano debbono essere applicate le vane componenti
dell'azi~ne
interna. Precisamente, adottato il riferimento cartesiano indicato
-T"+M/+m,=0,
Mx'-Mv/r+m,=0,
T,+M/+M"/r+mv=O.
[4.1]
Ciascuna di esse si ottiene annullando la somma di tutte le componenti dell'azione esterna e interna lungo ciascuna delle tre direzioni prescelte; così, ad esempio secondo x (fig. 4.3), trascurando gli infinitesimi di ordine supe-
riore, dN-Tv · ds/r+q,ds=O. È inoltre da notare che ogni azione compie lavoro a causa del correlativo movimento, il quale deve avere carattere di continuità, dovendo risultare compatibile con la compagine del materiale; quindi, essendo sei le azioni interne, si hanno sei relazioni indefinite di congruenza, ognuna delle quali
Archi
Capitolo quarto
70
esprime il legame tra la variazione infinitesima di un movimento e la deformazione ad opera della relativa caratteristica di sollecitazione. Se u, v, w sono gli spostamenti secondo gli assi coordinati x, y, z e
v'+u/r=-rp,+fi(Ty),
rp,'-
w'='Pv+fi(T,),
[4.2]
rp,' =fi(M,),
rpy' +rp,/r={J(My) ,
al solito ponendo f'=df/ds. Tali relazioni si ottengono facilmente appena si rifletta che, per il tronco infinitesimo A-B=ds, lo spostamento della sezione B rispetto alla A lungo
X
y
(V\ y
V
u+du 7
_,.,/
è noto, porre
{J(N)=N/EA, fi(M,,)=Mx/GJ,,
{J(Tv)=cvTvfGA , fi(Mu)= MvfEJv,
{J(T,)=c,T,/GA , fJ(M,)=M,/EJ,.
[4.3]
Inoltre in genere è lecito trascurare la deformazione degli sforzi taglianti quindi considerare ' {i( Ty);;; O , {i( T,) ;;; O ; e se può essere omessa anche quella di N, come frequentemente avviene, si ha {J(N)=O. b) L'arco circolare.
Dalle suddette equazioni di congruenza si possono ricavare le relazioni che consentano di esprimere le azioni interne in funzione dei movimenti tenuto conto dei legami [4.3]. In particolare, se si ammette il raggio costante: e se si omettono le deformazioni per gli sforzi taglianti e normale risulta (ponendo ora }=dfjdw, con dw=dsjr, fig. 4.2) '
EA (' ) N =-,.u-v ,
EJ, .. M,=-7 (v+v),
EJu .. Mv=7(w+rp,r), [4.4]
\v+dv
w+w=r'(MvfEJv-M,/GJ,), 1....--u·dw
""k02
Fig. 4.4
71
0 71u+du
essendo, come si è detto, f=df/dw. ~a pr~ma e la seconda relazione riguardano l'arco caricato nel suo piano, ed e ovv10 che, facendo tendere all'infinito il raggio, esse coincidono con le
Fig. 4.3
una generica direzione a avviene in genere per il dnplice contributo della rotazione della sezione A (intorno all'asse normale al piano ds-a) e della deformazione operata dalla caratteristica di sollecitazione che per lo stesso spostamento compie lavoro. Così, per la seconda relazione riguardante lo spostamento secondo y, ad esempio, lo spostamento relativo espresso per ds tramite delle funzioni spostamento, vale dv+u- (fig. 4.4); e deve d'altronde
Fig. 4.5
/'
risultare eguale, come si è detto, a -rp,ds+fi(Ty) · ds, essendo chiaro che, per la convenzione assunta nei riguardi dei segni, una rotazione positiva della sezione A intorno a z comporta uno spostamento della B contrario ad y; e che il taglio Ty applicato in B provoca, sempre per le ipotesi fatte sui segni (fig. 4.2), uno spostamento secondo y positivo. Le relazioni [4.2] godono di validità abbastanza generale. In esse, se si ammettono le consuete ipotesi valide per i corpi a prevalente sviluppo lineare, e avendo supposto il raggio di curvatura dell'arco grande rispetto alla relativa dimensione della sezione, si può poi, come
formule relative alla trave; dalla seconda, noto M,,,, si ricava v, quindi u, per integrazione, dalla prima delle [4.4] [supponendo fi(N);;;O]:
u=Jvaw+c.
[4.5]
Noti gli spostamenti u, v è poi facile passare agli spostamenti orizzontale e verticale (fig. 4.5) ç=u sen w+v cos w,
11=-u cos
w~t--v
sen w.
[4.6]
Capitolo quarto
Archi
Le formule [4.4], [4.5] verranno estesamente utilizzate, ad esempio, nelle soluzioni, ricavate mediante le serie di Fourier, degli anelli soggetti a carichi complanari e normali al piano dell'anello (par. 10.3).
[4.7], della deformazione per effetto dello sforzo normale è trascurabile (voi. I, par. 5.2), e in particolare è molto piccolo il secondo termine della funzione integranda al denominatore.
4.3. L'arco a due cerniere.
b) Come si è detto (par. 4.1), nei casi d'importanza non corrente può essere opportuno, eliminata la connessione angolare in chiave, ossia adottato
72
a) È un caso assai semplice, poichè ammette al massimo una sola incognita staticamente indeterminata che, a seconda della struttura principale isostatica sulla quale si intende operare, può essere il momento in corrispondenza di una cerniera introdotta lungo l'asse o l'azione orizzontale X applicata alle estremità. Se M,, N, stanno a indicare il momento flettente e lo sforzo normale in una generica sezione dell'arco soggetto ai carichi e con l'estremità A libera di traslare orizzontalmente, e se si suppone la X rivolta verso l'interno, le azioni interne complessive risultano (fig. 4.6)
M=M,-Xy,
N=N,-X cos {} ;
e all'azione ausiliaria X=l (rivolta anch'essa verso l'interno), che viene fatta intervenire per l'applicazione del principio dei lavori virtuali, conseguono le azioni interne :fittizie M'=-y, N'=- cos {}. Quindi, supponendo che sus-
73
l'arco a tre cerniere come struttura principale isostatica, assumere l'asse della
struttura coincidente con la curva delle pressioni, quindi con la funicolare dei carichi permanenti passante per i baricentri delle sezioni d'imposta e di mezzeria. S'intende che, anche operando in tale modo, non è possibile toglier di mezzo completamente il momento flettente: infatti l'arco svincolato per esempio in A e soggetto ai carichi e alle reazioni trovate per la configurazione a tre cerniere, risulta semplicemente compresso, per cui è inevitabile un accorciamento del suo asse e un conseguente piccolo avvicinamento di A all'altra estremità B; quindi, per rispettare la congruenza, si deve applicare in A una forza orizzontale LIX, comunemente detta «spinta adclizionale », la quale in genere risulta di segno opposto e molto piccola rispetto alla spinta X, che compete all'arco a tre cerniere. E già vedemmo le ragioni (voi. I, cap. 6) per le quali risultano in genere inessenziali le alterazioni sia della spinta rispetto al valore X"' sia dello stato di tensione della struttura principale dominato dal solo sforzo assiale. Tuttavia qualora sia opportuno calcolare LIX perchè non sussistono le circostanze che ne rendono trascurabili gli effetti, essendo allora M 0 nullo in ogni sezione e, se i carichi sono verticali, N,=-X,/cos {}, la [4.7] diviene (con bxa=O) LIX
Fig. 4,6
-X,{ds/A+Ea,lto' j(y'-l-e 2 cos 2 fJ) ds/J.
[4.8]
In genere per l'integrale al denominatore il secondo termine ha piccola sista uno spostamento orizzontale ~xa verso l'interno e una variazione termica uniforme e positiva t0 ', l'equazione dei lavori virtuali risulta, omettendo la
deformazione della sollecitazione tagliante,
f
J
-M,y+Xy 2 El ds+
da cui, ponendo
e2 =J/A, X
importanza.
e) Effetti di azioni applicate alle sezioni estreme.
-N,cosfJ+Xcos2 fJ EA
essere utile conoscere i movimenti alle estremità di un arco e i diagrammi delle
ds · cos fJ=dx, si ottiene
sollecitazioni in conseguenza di azioni applicate alle sezioni estreme. Nel1'es. 4.1 si troveranno risolti alcuni casi per l'arco parabolico e circolare.
fM,y ds/J+fN,dx/A-1-Ea,lto' -1-Ebxa j(y2+e 2 cos 2 fJ) ds/J
Nello studio dei sistemi di travi in cui si abbiano elementi ad arco può
[4.7]
e per le integrazioni da estendere all'intero asse dell'arco può essere conveniente la formula di Simpson (relaz. 3.16). Frequentemente il contributo, nella
Esempio 4.1 (coefficienti elastici per un arco a due cerniere parabolico e cir-
colare). Per un arco simmetrico a due cerniere, soggetto a una coppia Mb applicata a un'estremità (fig. 4.7), calcolare la reazione orizzontale dei vincoli e le rotazioni delle sezioni estreme considerando l'arco stesso parabolico e circolare.
74
Capitolo quarto
Archi
a) Arco parabolico.
75
c) Linea d'influenza della spinta X (4.i).
L'asse dell'arco è definito dall'equazione (fig. 4.6):
y~
7,
[a]
(lx- x') .
Il calcolo dell'incognita staticamente indeterminata si semplifica se la sezione è variabile con la legge (indicando con A 0 , J 0 la sezione e il momento d'inerzia della sezione di chiave): [b] A=A 0 /cos f}, È utile considerare tale variazione, seppure poco adatta per gli archi articolati alle estremità (comporta infatti una sezione crescente verso le imposte, con aumento però piccolo per gli usuali ribassamenti), perchè fornisce significativi risultati che poco si scostano, per archi abbastanza ribassati (f/l<;,1/5), da quelli
Applicando ripetutamente la formula [4.7] si può definire per punti il diagramma che fornisce i valori della spinta di un arco a due articolazioni fisse per effetto di un carico verticale P= 1 agente in un qualunque punto; ed è facile constatare che esso coincide con il diagramma degli spostamenti verticali conseguenti a una traslazione relativa delle imposte, secondo la direzione x della spinta, 8xa= -1 (4.2), Nell'esempio 4.2 sono riportati vari valori della linea d'influenza per l'arco parabolico. Esempio 4.2 (arco incernierato: linea d'influenza della spinta).
Calcolare la linea d'influenza della reazione orizzontale dei vincoli per un arco parabolico simmetrico, avente le estremità articolate e la sezione variabile con la legge J~J,/cos fJ (v. es. 4.1). Soluzione. - Procedendo come nell'esempio 4.1 si ottiene (J.=x/l):
Fig. 4.7
X=
relativi a un arco di sezione costante e di forma leggermente diversa. Le semplificazioni consentite dalle relazioni (b) (che vennero introdotte da Winkler e da Ritter; val. I, par. 10.2) dipendono dal fatto che in virtù di esse si ha ds/J~(dx: cos fJ)/(J,: cos fJ)~dx/J, e ds/A~dx/A,. Dalla [4.7], essendo:
M,~ -M,x/l,
JM,ydx/J,~
Jy'dx/J,~
-M,fl/3J,,
!6f'l/30J,,
5
-8 M,/f~0,625 M,jf.
[e]
Tale valore coincide ovviamente con quello relativo all'arco soggetto a due coppie M/2 simmetriche. Nota la reazione dei vincoli, applicando ad esempio il principio dei lavori virtuali si trovano facilmente le rotazioni delle sezioni estreme: [d]
'Pa,~M,l/24EJ,,
entrambe destrogire. b) Arco circolare di sezione costante. Procedendo come nel punto a), si ottengono i valori raccolti nella seguente tabella (tra parentesi le differenze con i valori relativi all'arco parabolico):
fil
0,10
0,15
0,20
0,25
0,30
fattore
X(M,)
0,6258 0,1304 (4,3%) 0,0443 (6,3%)
0,6265 0,1374 (9,9%) 0,0476 (14,2%)
0,6276 0,1470 (17,6%) 0,0524 (25,7%)
0,6289 0,1626 (30,1%) 0,0589 (41,3%)
0,6304 0,1752 (40,2%) 0,0670 (60,8%)
M,/f M 01/EJ
'Pao(M,)
ove PJ.l/2/ è la spinta per l'arco a 3 cerniere. J.
X(P)
O, 1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,0613
0,1160
0,1588
0,1860
0,1953
fattore Pl/f
Come è stato detto, la stessa linea d'influenza può essere impiegata, con buona approssimazione, anche per archi di forma leggermente diversa, a parità s'intende di //I.
si ottiene, trascurando la deformazione per effetto dello sforzo normale: X~
PJ./ 1-27.'+J.' 2/ 0,8 '
M,l/EJ
4.4. L'arco incastrato. a) Le espressioni delle incognite staticamente indeterminate. In genere presenta triplice grado di indeterminazione statica, e le tre relative azioni incognite vengono calcolate riconducendo al rispetto della congruenza la struttura principale, ossia la configurazione provvisoriamente priva dei vincoli iperstatici. Dalla scelta di tale configurazione può risultare notevolmente influenzata la laboriosità dei calcoli e, come è noto, di <4-1l <4.z1
Si veda, per es., O. BELLUZZI, Scienza delle costruzioni, cap. XIX, par. 408. Si considerino due sistemi: il primo, quello effettivo, soggetto al carico P=l nel punto generico C e alla spinta incognita X in A; il secondo (arco con appoggio in B e carrello in A) sottoposto all'azione X* che provoca lo spostamento 8x,.(X*)=-1. Se indichiamo con v(X*) lo spostamento verticale in C ad opera della stessa X*, per il teorema di Betti si ha P · v(X*)+X · 8x,.(X*)=X* ·O, da cui, essendo P=l, Ox,.(X*)= -1 (la forza X* ha le din1ensioni :fisiche di una forza su una lunghezza): X~v(X*).
Tale risultato è un caso particolare del teorema di LandMColonnetti (vedi, per es., op. cit., cap. XVIII, par. 381).
O. BELLUZZI,
Capitolo quarto
Archi
solito conviene che lo stato di sollecitazione iniziale, dovuto ai soli carichi agenti sulla struttura principale, si scosti il meno possibile da quello definitivo (4 • 3); quindi, almeno sotto questo punto di vista, l'arco a tre cerniere presenta prerogative molto favorevoli, poichè alle estremità mette già in gioco le spinte dalle quali dipende fortemente lo stato di sollecitazione effettivo; mentre risulta poco opportuno lo schema isostatico dell'arco a sbalzo. Ma per quest'ultimo - fu Mohr a segnalare tale proprietà CUJ - le relative tre condizioni di congruenza possono venire scritte in modo che ciascuna di esse contenga una sola incognita, per cui tutto sommato conviene optare di solito per la seconda configurazione principale. Su questo argomento avemmo già occasione di intrattenerci per illustrare alcune questioni generali riguardanti la scelta della struttura principale; ora interessa soffermarci su
zione terminale A*. Evidentemente il trasferimento delle condizioni di congruenza da A ad A* non modifica nulla, essendo, carne si è detto, considerato indeformabile il tratto A-A*; rna comporta ai fini calcolativi una rilevante semplificazione che risulta evidente appena si scrivano le condizioni di compatibilità relative ai vincoli. Per esprimere queste impiegando il principio dei lavori virtuali, si adottano, come è ben noto, le azioni ausiliarie XG=l, Y 0 =1, M 0 =1, a ognuna delle quali [attribuendo ad esse gli stessi segni delle corrispondenti azioni incognite e considerando l'origine degli assi coordinati in G (fig. 4.8)] conseguono le relative sollecitazioni fittizie (N' = -cos ff, M' = -y; N'=-sen{}, M'=-x; N'=O, M'=l). Consideriamo l'arco soggetto, oltre ai carichi, a una variazione uniforme t0 1 della temperatura; inoltre la sua impostaA presenti cedimenti noti Ua (secondo x), v. (secondo y), ip. (destrogira), che danno luogo, per la fittizia sezione terminale A*, ai movimenti UG= =Ua-TaYa, Va=Va-Taxa, Po=Ta (destrogira). Allora, se indichiamo con l'indice o le azioni interne conseguenti ai carichi agenti sulla struttura principale, poichè le sollecitazioni effettive valgono, in una generica sezione S,
76
'11.
B
T f ,l
77
N=N,-X0 cos ff-YG sen ff,
[4.9]
~l------~
y
si scrivono con facilità le equazioni di congruenza. Ad esempio, l'equazione riguardante la traslazione secondo x, omettendo al solito la deformazione dovuta allo sforzo tagliante, risulta (l'origine degli assi coordinati è in G) B ,,
Fig, 4.8
ciò che soprattutto concerne gli aspetti applicativi e il lavoro preparatorio necessario per affrontare il calcolo di insiemi di travi, dei quali la trave ad arco sia uno degli elementi. Pensiamo quindi, dovendo risolvere un arco incastrato che per il rnornento supponiamo sirnrnetrico (fig. 4.8), di sopprimere uno dei suoi incastri, per esempio quello A a sinistra, e di applicare quindi alla stessa estremità A la relativa reazione definibile, ad esempio, col momento Ma e le compo~ nenti Xa., Ya orizzontale e verticale. Conviene però, fu questo il suggerimento di Culrnann e di Mohr, pensare che l'arco prosegua, con un fittizio braccio indeformabile, oltre la sezione A sino a raggiungere, con la sua nuova estremità A*, il baricentro G delle masse ds/EJ (pesi elastici) considerate distribuite lungo l'asse dell'arco, e valutare, al posto dei tre parametri (Xa, Ya, Ma) della reazione in A, quelli Xa=Xa, Ya= Ya, Ma relativi alla nuova se<4 . 3 J
Si veda, ad es., vol. I, par. 9.3.1. o. 4 J Si veda, ad es., voi. I, par. 9.3.2.
I
N, cos ff ds EA
(Y ds MGJ EJ
+ [4.10]
ed è facile riscontrare che i vari termini presenti alla destra del segno di uguaglianza corrispondono, per I 'arco considerato provvisoriamente a sbalzo, agli spostamenti orizzontali della sezione A* conseguenti ai rnornenti flettenti e agli sforzi assiali dovuti ai carichi e alle azioni incognite Ma, Xa, Ya; per cui la stessa equazione con evidente significato dei simboli può venire scritta [4.11]
Ma tornando all'equazione risolvente [4.10] si nota che il coefficiente di M 0 è nullo, corrispondendo al momento statico delle masse ds/EJ rispetto a un asse passante per il loro baricentro G; altrettanto avviene, avendo supposto l'arco simmetrico, per il coefficiente di Y a, poichè esso è il momento
Capitolo quarto
Archi
centrifugo delle stesse masse rispetto agli assi x, y <4 "J. Analoghe osservazioni possono essere fatte a proposito delle altre due equazioni. In definitiva si ottiene (e 2 =J/A)
Tale rilevante proprietà venne già ampiamente illustrata a proposito di alcuni criteri generali importanti nel progetto delle strutture (voi. I, cap. 6) e non staremo quindi a ripeterci. Interessa concludere sottolineando che la deformazione {J(N) per effetto dello sforzo assiale gioca quindi in genere un ruolo irrilevante per gli archi esili: quando la configurazione principale
78
Ma
-jM, dsfJ+EcpG
79
fds/J
a tre cerniere è inflessa, le incognite staticamente indeterminate hanno impor-
JM,y ds/J+fN, cos{} ds/A+Ea,It;-Eua J(y +e cos ds/J JM,x ds/J+{N, sen {} ds/A +Eva Y=Y= · a a Jx• ds/J
tanza, ma sono in genere pochissimo influenzate da {J(N); e quando la medesima configurazione è soggetta a puro sforzo assiale, frequentemente sono le stesse incognite ad avere limitato peso sullo stato di tensione definitivo. Infine è appena il caso di notare che, avendo supposto l'arco simmetrico, se la condizione di carico è simmetrica le incognite staticamente indeterminate
2
2
2
[4.12)
{})
r
Le integrazioni debbono ovviamente venire estese all'intero arco e, quando le funzioni integrande sono complesse, possono venire trasformate in somme suddividendo l'arco in tronchi e ricorrendo, se il numero di questi è pari,
alla formula di Simpson (relaz. 3.16). Se sull'arco agisce anche una variazione termica variabile linearmente lungo l'altezza h della sezione (sinnnetrica rispetto all'asse) con i valori 7' all'estradosso e -!' all'intradosso, a ciascun numeratore delle tre relazioni [4.12) si aggiunge uno dei termini (posto
X-*"' A Fig. 4.9
•I
3..
6
r B~X
lì
sono soltanto due (la Ya= Ya è nota); e che si riducono a una quando i carichi, o in genere le azioni sollecitanti, sono antimetriche (voi. I, cap. 10); così, ad esempio per l'arco della fig. 4.9, la spinta Xa (quindi lo sforzo normale in chiave) risulta nulla; e le reazioni V.= -V, e M.= -M, sono evidentemente legate dalla condizione di equilibrio giratorio.
1
Inoltre, a proposito delle espressioni risolventi [4.12), è opportuno ricordare che frequentemente risultano trascurabili i lavori cli deformazione relativi agli sforzi assiali, per cui possono essere tralasciati sia gli integrali contenenti N, sia, al denominatore della seconda relazione, l'addendo contenente e2 • Tale semplificazione, è di regola lecita quando la struttura è snella e la curva delle pressioni è abbastanza eccentrica per effetto dei carichi pensati agenti sulla struttura principale. Quando, per la configurazione principale a tre cerniere, la curva delle pressioni relativa ai carichi è perfettamente assiale, è evidente che la deformazione per effetto di N, è l'unica causa delle azioni staticamente indeterminate; però il calcolo di queste diviene spesso inessenziale, poichè le tensioni da esse provocate sono tenui rispetto a quelle dovute ai soli carichi. <4 . 5 l L'arco è simmetrico rispetto all'asse y; quindi il momento centrifugo relativo a metà struttura è uguale e contrario a quello relativo all'altra metà. È un caso particolare della proprietà generale riguardante il momento centrifugo di un sistema di masse rispetto
ai due assi principali d'inerzia (vol. I, par. 9.3.2a).
b) Una variazione di sezione conveniente.
Il calcolo degli integrali presenti nelle formule [4.12] si semplifica notevolmente se l'arco è parabolico e la sezione è variabile con la legge A/A, cos {}, J/Jc cos ff, essendo Ac, Jc l'area e il momento d'inerzia della sezione di chiave (voi. I, par. 10.2 d). Ta~e variazione è adatta all'arco incastrato, che ha in genere le azioni interne crescenti dalla chiave verso le imposte; ma comporta, per gli usuali ribassamenti, una limitata modificazione della sezione. Essa è utile perchè fornisce, con notevoli facilitazioni per i calcoli, valori delle sollecitazioni che, per archi abbastanza ribassati (f/1~1/5), poco si scostano da quelli relativi a un arco di sezione costante e con andamento dell'asse leggermente diverso, per esempio circolare anzichè parabolico; per cui è possibile far riferimento ai risultati che competono a tale caso nei calcoli di massima e specialmente in quelli che richiedono il tracciamento delle linee d'influen;a ossia dei diagrammi che forniscono, in una prescelta sezione, le sollecitazioni e i movimenti per effetto di un carico unitario mobile lungo l'asse dell'arco. Nella fig. 4.10 sono riportare le linee d'influenza cli M., X., Ya all'imposta (ossia i loro diagrammi per posizione variabile di un carico concentrato verticale), i cui valori, calcolati nell'es. 4.3, possono essere frequentemente utilizzati per i motivi precedentemente detti. Note M 0 , X 0 , Y,, che sono
80
Capitolo quarto
le grandezze staticamente indeterminate, ogni altra caratteristica di sollecitazione può venire facilmente dedotta, e nella fig. 4.11 è ad esempio riportata la linea d'influenza del momento in chiave M,. Similmente a quanto avviene per l'arco parabolico con le estremità incernierate, se il carico è ripartito uniformemente sull'orizzontale per l'intera luce e se si trascura la deformazione per effetto dello sforzo assiale, Io stato di
Fig. 4.11. - Arco parabolico incastrato (J=Je/cos 1>): Linea d'influenza del momento in chiave.
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•B
x/I
Fig. 4.10. - Arco parabolico incastrato (J=Jcfcos 1>): Linee d'influenza deile reazioni d'incastro.
l'\1 o
/
sollecitazione per l'arco incastrato coincide con quello relativo all'arco a tre cerniere, per il quale la curva delle pressioni è notoriamente centrata. e) Influenza delle variazioni di sezione e di forma dell'arco sullo stato di sollecitazione.
Il confronto delle linee d'influenza di M 0 , x., Y. per un arco di forma assegnata, ma con sezioni diversamente variabili, può dare utili indicazioni della misura in cui tale circostanza si ripercuote sul valore delle sollecitazioni: la fig. 4.12 ne riporta gli andamenti per un arco parabolico, con f/1=1/5, nei tre casi di sezione costante, o variabili secondo la legge J=J,/cosfJ (con J. di conseguenza fissato dal rapporto //I e di solito poco maggiore di J,) e
Ma
/
qoBPl i-i-t---i----i--i"t'---t-r--+-t---'
\ ®, J
6 -
POZZATI,
II-1.
Fig. 4.12. - Linee d'influenza relative all'arco parabolico incastrato: I (sezione costante, conf=l/5); 2 (J=JclcosD); 3 (variazione della sezione secondo Whitney).
Capitolo quarto
Archi
secondo l'altra legge (considerando l'origine dell'asse x nel centro dell'arco
bolico e circolare conf=l/5, e anche in questo caso le reazioni Xa e Y. si rivelano meno sensibili di M •.
82
e le ascisse positive) J=_}c__f} : [l-(1-c)2x//], con c=0,15 (quindi con J.= cos =J,/c·cosff0 fortemente maggiore di Jc) <4 •6l; e dai diagrannni si ha conferma del fatto che, qnando gli archi sono sufficientemente ribassati, per i primi due casi si hanno risultati poco diversi, e che per la Xa la differenza è addirittura graficamente inapprezzabile.
M ],!!: /--...: ,C' /f Ma
_o,oBPI
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I \\ I'-' .. ___, I
d) Se l'arco non è simmetrico e si vogliono mantenere separate le incognite nel sistema di equazioni risolvente (4.12], i due assi di riferimento baricentrici debbono, per quanto si è visto, venir scelti in modo che, rispetto ad essi, sia nullo il momento centrifugo dei pesi elastici ds/EJ, ossia che sia nullo il movimento secondo x provocato da una forza unitaria avente come retta d'azione y: per cui, assegnato un asse (per esempio orizzontale) risulta fissata (e in genere non verticale) la direzione del secondo asse detto coniugato; oppure, preferibilmente, volendo mantenere i due assi tra loro ortogonali, entrambe le direzioni risultano fissate e i due assi sono detti principali C4 .7l, Spesso, trattandosi di un arco non simmetrico, può convenire di far riferimento a una generica coppia di assi ortogonali baricentrici ma non principali, e allora risulta isolata la sola incognita MG·
Xa
- ~'.
'' \\
83
t,oP
Fig. 4.13. - Linee d'influenza relative all'arco incastrato (sez. cost.; flz=D,2): Arco parabolico (diagr. continuo). - Arco circolare (diagr. tratteggiato).
Il medesimo confronto effettuato mantenendo invece costante la sezione e leggermente variabile l'andamento dell'asse può utilmente indicare come le sollecitazioni risentono di piccole variazioni di forma: ad esempio nella fig. 4.13 sono riportate le linee d'influenza di M., X., Ya per gli archi parau.o) C. S. WHITNEY, ((Design of simmetrical concrete arches », Trans. ASCE, 1925, p. 931 e T[ans. ASCE, 1934, p. 1268; le sollecitazioni sono state calcolate per alcuni valori di c. E stata adottata anche la legge J=(Jcfcos 1!) : [1-(1-c) 4x2 // 2]. In merito alla correlazione tra forma dell'arco e stato di sollecitazione si veda, ad es., C. B. McCoLLOUGH- E. S. THAYER, EfasNc Arch Bridges, Wiley, N.Y., 1931.
e) Il metodo della spinta addizionale.
Nei casi d'importanza non corrente può essere opportuno, adottato l'arco a tre cerniere come struttura principale, assumerne l'asse coincidente con la funicolare dei pesi permanenti (ed eventualmente di una parte dei carichi accidentali) passante per le imposte A, B e per la chiave; per cui, se Xa è la componente orizzontale della reazione in A, Io sforzo assiale in un qualunque punto vale N,(ff)=-Xa/cos ff. Consideriamo ora l'arco a sbalzo soggetto ai carichi e, in corrispondenza dell'estremità A liberata daU'incastro, allo sforzo normale Na= - X./cosff. precedentemente determinato: la curva delle pressioni risulta ancora centrata e l'estremità A, se la struttura è simmetrica, compie, per effetto dell'accorciamento dell'asse, il solo movimento . ds . Pertanto, secondo le [4.12], riverso l'mterno o,,=JN,ds EA cos ff=X, EA
J
sultano nulli MG e ,Ya e la spinta «addizionale » capace di annullare quello spostamento, ossia di provocarne uno uguale e contrario, con ottima approssimazione vale, per la seconda delle citate espressioni (ds/A LIXGoe-x. ( , y'ds/J
[4.14]
ed ha segno opposto a quello della x. (le ordinate y sono da valutare rispetto all'asse baricentrico). Con tale procedimento, ideato da M6rsch e frequentemente detto «della spinta addizionale», al primitivo stato di puro sforzo assiale si aggiungono gli effetti della LJXG passante per il baricentro elastico e rivolta in genere verso l'esterno; per cui il diagramma dei momenti è dato, <4 . 7 >
Si veda il voi. I, par. 9.3.2a.
84
Capitolo quarto
Archi
a meno di L1Xa, dallo stesso asse dell'arco riferito alla retta x baricentrica e le sollecitazioni in definitiva valgono
centro) vale 0,000489/0,000326=1,5, ed è quindi assai minore di quello rela-
N=-X./cosfJ-LlXacosfJ,
M=-L1Xay,
T=-LlXasen{},
essendo da attribuire a LlXa, secondo la [4.14], segno negativo. In genere la L1Xa è trascurabile rispetto alla spinta X. e le tensioni ad essa conseguenti hanno limitata importanza se la struttura è snella (voi. I, cap. 6); quindi il procedimento della spinta addizionale è opportuno, a parte la semplicità dei calcoli, perchè automaticamente conduce ad attribuire all'arco una forma tale da rendere dominante, per i carichi permanenti, lo stato di tensione più favorevole, che è quello conseguente allo sforzo normale. In relazione alla forma dell'arco è da tener presente che, nell'espressione [4.14], diminuendo il denominatore con i quadrati delle ordinate y dell'asse, la LlXa risulta all'incirca, a parità di luce, inversamente proporzionale al quadrato del ribassamento f/l, per cui i momenti massimi risultano all'incirca inversamente proporzionali a///; vale a dire più gravosi per gli archi ribassati.
85
. .condizioni di vincolo ( g : 2 =4) ; tivo alla trave prismatica, in eguali 384 384 ciò che conferma l'importanza limitata che, sullo stato di deformazione di un arco, hanno le condizioni di vincolo a confronto di quel che corrisponFig. 4.14. - Linea d'influenza dello spostamento verticale in mezzeria (arco parabolico; J= =Jc/cosf>): Estremi incastrati (diagr. continuo).·. Estremi incernierati (diagr. tratteggiato),
&
\
X_,,. ~l----f
/ ' / --\,, ' /,,/,
'
cA
x/l q3 \\,
g) Deformata di un arco. La notevole rigidezza del!' arco rispetto alla corrispondente trave.
Spesso può interessare conoscere l'entità di uno dei movimenti di una sezione di un arco per effetto dei carichi accidentali, e tracciarne la relativa
linea d'influenza. Ed è noto che una tale linea, ossia il diagramma di un certo movimento oper effetto di un carico 1 mobile sul ponte, ad esempio verticale, coincide, in virtù del teorema dei lavori muti, con il diagramma degli spostamenti verticali conseguenti a un'azione fittizia unitaria correlativa a O (ossia conseguenti a un carico verticale oppure orizzontale se, ad esempio, O è lo spostamento verticale od orizzontale). Per esempio nella fig. 4.14 è riportata la linea d'influenza dello spostamento verticale in chiave, calcolata nell'es. 4.6 per un arco parabolico avente le estremità articolate e incastrate, e da essa si può trarre qualche utile indicazione: il rapporto delle ordinate centrali delle due linee corrispondenti alle due condizioni di vincolo (ordinate che ovviamente corrispondono agli spostamenti della sezione di mezzaria per effetto di un carico applicato nel
.
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f- ~ \, j',\ '
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\\ I I 3 o,ooo326Pl!E.fc \
Osservazioni del tutto analoghe a quelle sviluppate nel precedente punto in merito al calcolo della spinta addizionale valgono per gli effetti dovuti a
stato tensionale sensibile, in genere più gravoso per gli archi ribassati, per quanto è stato detto in chiusura del precedente punto, a parità delle altre grandezze geometriche. Tuttavia, a proposito delle azioni termiche, giova aver presente quanto venne detto nel par. 7.1 del I volume.
/!
'F
,.,
f) Variazioni termiche.
una variazione termica t0 ' uniforme, come d'altronde appare chiaramente dalle espressioni risolventi [4.12] (es. 4.4). La conseguente Xa può provocare uno
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~ '
~
I'-
qa
i--..1 1,0
Fig. 4.15. - Linee d'influenza dello spostamento verticale in mezzeria: 1 (trave appoggiata); 2 (trave incastrata); 3 (arco parabolico a due cerniere); 4 (arco parabolico incastrato).
dentemente accade per le travi. Inoltre può essere anche istruttivo il raffronto, riportato nella fig. 4.15, delle due linee d'influenza relative all'arco parabolico e alla trave prismatica di uguale luce, per mettere in evidenza le doti di rigidezza dell'arco, connesse con la presenza della spinta e dello sforzo normale (par. 4.1). Esempio 4.3 (arco parabolico incastrato: linee d'influenza delle reazioni). Un arco incastrato parabolico avente la sezione variabile con 1~ legge J=Jc/cos {} (par. 4.4b) è soggetto a un carico P verticale applicato in un punto generico
Archi
Capitolo quarto
86
distante e dalla mezzeria {fig. 4.16). Dedurre le linee d'influenza delle reazioni d'incastro, adottando la struttura principale indicata nella stessa figura.
87
quindi, dalle espressioni [4.12]:
PI Ma=--z (À,'+Àd-1/4),
Soluzione.
a) L'equazione dell'asse dell'arco, con l'origine degli assi nel vertice, è:
4fx'
Yi=--,-, 1
quindi la distanza del centro elastico G da x1 risulta (le integrazioni sono estese a metà arco; ds=dx/cos ff):
y
,,,-~
À,
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
Fattore
M,
o o
-0,064 0,096 0,896 0,32 -0,012
-0,03675 0,16537 0,784 0,22 -0,01012
o 0,216 0,648 0,180 0,008
PI Pl/J
Ya MG M,
l 0,5
o
-0,06075 0,03037 0,972 0,405 -0,00512
;;,
o
-0,1
-0,2
-0,3
-0,4
Fattore
M,
0,03125 0,23437 0,5 0,125 0,04687
0,048 0,216 0,352 0,08 0,008
0,04725 0,16537 0,216 0,045 -0,01012
0,032 0,096 0,104 0,02 -0,012
0,01125 0,03037 0,028 0,005 -0,00512
PI Pl/f
x.
R e
X·
Attribuendo all'ascissa e del carico vari valori, si deducono le linee d'influenza (si riporta anche quella del momento in chiave M,=Ma-Xaf/3):
G
B
ìf ,.l
x. Y, Ma M,
A Fig. 4.16- Condizioni di carico accidentale più gravose.
Essendo il momento dovuto al carico, e alla destra di questo, Mc= -P(c-x), l'origine degli assi in G, e y= { -y,, si ottiene (À,=c/I):
f
a
a
J
M,dx= M,dx+f M,dx=-
p;• (À,'+Ààli4),
f
p
PI PI
Tali linee d'influenza sono riportate nelle figg. 4.10, 4.11. Come è stato detto, esse possono essere utili anche per lo studio di archi aventi sezione costante o forma leggermente diversa (par. 4.4c) ('-'). b) Per effetto di un carico q uniformemente distribuito sull'intera proiezione orizzontale, considerando l'arco parabolico a tre cerniere, la curva delle pressioni risulta centrata e la spinta vale Xa=ql 2/Sf; quindi la situazione statica non si modifica anche quando l'arco è incastrato, se non si mette in conto la deforma~ zione per lo sforzo normale. Pertanto, poichè nel precedente punto le reazioni d'incastro sono state calcolate trascurando tale deformazione, indicando con r;(Ma) e r;(Xa) i valori delle reazioni che le [4.12] forniscono per un carico concentrato alla generica distanza x=c dalla mezzeria, è facile constatare che fqdxr;(Ma)=O e q dx r;(Xa)=qf'l·/Sf, considerando gli integrali estesi all'intero arco, quindi con i limiti 0;1/2 e -1/2;0.
f
e
-l/2
p
PI PI
Pl'f M,ydx=-- - (-li/+À,'/2-1/16), 3
Jx' dx=l'/12 ;
<4 · 8 > Linee d'influenza e varie tabelle relative all'arco circolare incastrato di sezione costante si trovano accuratamente calcolate per es. da J. PARCEL e R. B-. MooRMAN, Analysis o/ statically indeterniinate Structures, J. Wiley, New York, 1955.
88
Capitolo quarto
Archi
Esempio 4.4 (arco parabolico incastrato: reazioni per una variazione.di- temperatura);
d) Nella fig. 4.18 sono schematicamente raffigurate le condizioni di carico più grav
Lo stesso arco dell'es. 4.3 è soggetto a una variazione uniforme t 0 ' della t~peratura. Soluzione. Dalla seconda delle espressioni [4.12] si ottiene, trascurando la deformazione per effetto dello sforzo assiale (I 'integrale al denominatore è stato calcolato nel~ l'esempio precedente)~
•lini( ..
jJ_
)fi''
I
~
--~-
r
"'e
5
Xa=4 EJ,a,t,'ff' ; il diagramma dei momenti (fig. 4.17) ha le ordinate, massime:
)!
M,=-M,/2 ..
Esempio 4.6 (arco parabolico incastrato: linea d'influenza dello spostamento verticale in chiave). Per l'arco parabolico dell'es. 4.3 determinare la linea d'influenza dello spostamento verticale Ve della sezione di mezzeria.
A~
+---[---+
Fig. 4.17
~max.
Per l'arco i.ncastrato dell 'es. 4.3 determinare su quali- suoi tratti deve agire un carico q (distribuito uniformemente sull'orizzontale) per provocare i valori massimi positivi e negativi dei momenti agli incastri (Ma) e in chiave (Mc). Soluzione. La· determinazione di Ma, Mc, qualunque sia la condizione di carico verticale, è semplice utilizzando le linee d'influenza calcolate nell'es. 4.3; per il calcolo degli integrali può essere impiegata la formula di Simpson (rei. 3.16). · a) Valore n1assimo negativo del momento d'incastro.
Esa1ninando la serie dei valori riportati nella tabella deU'es. 4.3, si riscontra chè il carico dev'essere esteso al tratto compreso fra Ac=0,5 e Ac=0,1, quindi (Llx=l/10): . .dx
Ma=-- (0-4.0,06075-2.0,064-4.0,03675-0) q/=-0,0173 ql';
3
per la stessa condizione di carico si trova, utilizzando ancora le linee d'influenza. dell'es. 4.3:
ql'/J,
Y.~0,349
J1imax. positivo
negativo ++
EseIÌtpio 4.5 (condizioni di carico più gravose).
Xa~0,0397
89
-3/8/->i-
i"'-3/8/4
~~ A{; max. positivo
~max. rz,egativo
Fig. 4.19
Fig. 4.18 - Condizioni di carico approssimativa~ mente più gravose.
Soluzione.
Tale linea d'influenza coincide con il diagramma degli spostamenti verticali conseguenti a un carico P agente in mezzeria (par. 4.4g): il calcolo di tale diagramma è semplice procedendo con il principio dei lavori virtuali, essendo noto lo stato di sollecit~zione provocato dallo stesso carico P (es. 4.3) e assumendo la condizione dì carico ausiliaria, anch'essa simmetrica, indicata nella fig. 4.19. Si ottiene, posto a~a/l e per O<;;a<;;0,5: v,=(-0,015625 a'+0,072916 a 3 -0,078125 a4 )Pl'/EJ,,
ql,
e, variando a, si ricava qualunque valore del diagramma:
b) Valore massimo positivo del momento d'incastro.
Procedendo come in a) si -trova: a=a/l
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
fattore
Dunque, com'era da attendersi, Ma (neg. max)=Ma (pos. max) e la somma dei due valori della spinta ottenuti in a), b) vale: x. (tot.)=(0,0397+0,0853) ql'if= ~ql'/8f: la ragione si trova detta nel punto b) dell'es. 4.3. ·
v,
-0,0911
-0,1666
-0,0703
0,1666
0,3255
PI" /1000 EJ,
Per provocare i valori massimi positivo e negativo del momento in chiave
vale
Ma~0,0173
e)
ql',
x.~0,0853
ql'/f,
Y.=0,151 ql.
3
.
debbono essere caricati i tratti 1/4 (centrale) e 2 · 8 /(laterali); utilizzando le linee d'influenza si ottiene: M,(max pos.)=0,00536 ql', Mc(max neg.)~-0,00536 ql',
x.~ -0,0562
ql'/J,
Xa= -0,0688 ql'/f;
Lo spostamento
conseguente a un carico concentrato in mezzeria (a=0,5) 1 Pl'/EJ,=16 (2Pl'/384EJ,); risulta quindi 16 volte infe-
Ve
v,~0,000325521
riore a quello di una trave prismatica (Jc) di uguale luce, con le estremità incastrate. Nella fig. 4.15 si trovano riportati i diagrammi Ve per l'arco parabolico incastrato e a due cerniere. Per quest'ultimo le ordinate valgono, a meno di P/3/1000 E/0 e per a=O,l~ ... -0,5: -0,2199; -0,2498; -0,0428; 0,2929; 0,4883.
Capitolo quarto
90
Archi
Esempio 4.7 (arco circolare incastrato, caricato uniformemente).
Ad esempio per:
Arco circolare incastrato di sezione costante soggetto a un carico distribuito uniformemente sull'orizzontale (fig. 4.20).
IJ.~,,14 (l~rvz, fll~0,2071, YG~0,90032 r, yg'~0,09968 r)'
-J xG~I
MG~
Soluzione.
a) Lo sforzo di taglio è nullo in chiave. Si può considerare metà arco a sbalzo (fig. 4.20) scegliendo al solito come centro di riduzione, per il calcolo della reazione interna (Nc=Xc, MG), il baricentro elastico della struttura principale:
M, ds:
M,y ds
Jds~-qr'(-0,071349510,785398)~0,09084 qr'~0,04542
M.(incastro)~(0,09084+0,8737
l
ql',
=Iy' ds~ -qr(-0,0053116/0,0060793)~0,8737 qr~0,6178 ql'
Mo(chiave)~(0,09084-0,8737
~----
91
· 0,09968) qr'~0,003748 qr'~0,001874 ql',
· 0,19321-0,25) qr'~0,009655
qr'~0,004828
ql'.
-----»1 ..Y_
''
A >,
''
' "r',,, '\ fJ> ''
a
Ì l
{;
Fig. 4.21
Per vari valori di fil si ottiene (ql'l8f è il valore della spinta per l'arco a 3 cerniere):
Fig. 4.20
sono quindi incognite le azioni Xa, MG ancora date dalle relazioni [4.12] per le quali essendo: x=rsen {}, yG=r sen fra/'&a,
y~r(cos
IJ-sen IJ.llJa),
0,15
0,20
0,25
1,006
1,017
1,022
1,035
0,00123
0,00256
0,00451
0,00700
0,30
Fattore
1,048
ql'l8f
0,00998
ql'
b) Per l'arco parabolico uniformemente caricato sull'orizzontale i momenti sono nulli, se si trascura il lavoro di deformazione per sforzo assiale.
,,,
Jds~IJ.r,
4.5. Arco con movimenti impressi alle estremità.
' -qr' sen' IJl2,
,,,
I
0,10
l=2r sen fra,
gli integrali valgono:
M,~ -qx'l2~
fil
M,yds~-
3 qr' [sen /Ja 3 2
sen /Ja ( 1J.-2sen21J. 1 )] ------w;:-
·
Sostituendo tali valori nelle relazioni [4.12] si ricavano (omettendo il lavoro di deformazione per sforzo assiale) Ma, Xa, quindi:
a) Le espressioni risolventi [4.12] consentono facilmente di ricavare per un arco i valori delle azioni applicate alle sezioni estreme quando queste siano soggette a movimenti; ossia di esprimere ad esempio il momento M. nella forma (adottando per le azioni e i movimenti i sensi positivi indicati nella fig. 4.21) [4.15] in cui evidentemente ogni coefficiente K, corrisponde al valore di M • per effetto del movimento unitario associato allo stesso [(;,, considerando i rima-
Capitolo quinto
92
Archi
nenti moviinenti nulli (al solito positive, per le sezioni estreme, le rotazioni e le coppie destrogire, le azioni orizzontali verso destra e le azioni verticali verso l'alto). Così, ad esempio, relativalnente alla rotazione destrogira rpc,,, essendo (par. 4.4a) "fPg='fla, uG=-
Ya2
12
+ Jy'ds/J + 4/x'ds/J
) '
[4.16]
Procedendo in modo analogo si ricava Ya' -+ ./y'ds/J 1
K 2 =Ma(
Eya
K4 =Ma(by=I)
jy'ds/J '
Similmente per la spinta Xa (
4 •9)
X.=K,
/2 ) 4fx 2ds/J ' [4.17]
El 2f x'ds/J
e per le altre azioni si ricava
('Pa-ro+
i:), [4.18]
Mb~K1
b) Arco in regime di simmetria e di antimetria. Nel caso che si abbia
[4.20] Esempio 4.8 (archi parabolico e circolare con le estremità soggette a movimenti impressi).
Per l'arco parabolico simmetrico con J=Jc/cos {}(es. 4.3) e per l'arco circolare di sezione costante calcolare le espressioni [4.16], [4.17] dei coefficienti Ki. ..., K 4 che definiscono le azioni alle estremità in conseguenza di movimenti impressi. a) Arco parabolico. -
Procedente come nell 'es. 4.3 si trova facilmente (si veda
anche !'es. 10.6 del voi. I): EJ, K1 = --. (1+5+3)~9EJJI, 1 K,~7,5 EJ,/fl,
K,~6
EJ,/l'.
Si veda ad es. K. BEYER, Die Statik im Eisenbetonbau, Springer, Ber1in, 1933 ediz.), vol. 1°, cap. 41. Chiara e corredata di tabelle è l'opera di PARCEL~MooRMAN (cap. 8, III), cit. nella nota 4.8. { 4 .oi
(za
b) Arco circolare. -
93
Nell'es. 4.7 si trovano le espressioni degli integrali che
definiscono i coefficienti K,, ... , K,: ad esempio per if0 ~n/4 (f/l~0,2071, r~l/j/2) si ottiene Ya=0,1932 r, fds=nr/2,
Jy ds=0,0l2159 r 2
3
,
Jx 2ds=0,285398 r 3 , K 1 =
EJ//, K,~2,765 EJ/I, K,~6,582 EJ/fl, K,~4,955 EJ/1 2• Alcuni valori dei coefficienti Ki sono riportati nella tabella seguente (si veda l'op. cit. nella nota 4.8): ~7,720
fil
0,1
0,15
0,20
0,25
0,30
Fattore
K,
8,67
8,62
7,79
7,25
6,70
EJ/l
K,
2,95
2,87
2,78
2,67
2,56
EJ/l
K,
7,27
6,98
6,64
6,24
5,83
EJ/fl
K,
5,72
5,41
5,02
4,58
4,13
EJ/I'
Travi a parete sottile aperta
I
I CAPITOLO
V
95
b) Innanzi tutto è opportuno osservare che le travi a parete sottile aperta oppongono in genere rigidezza assai limitata all'azione di una coppia torcente esterna, poichè questa si distribuisce lungo la linea media della sezione dando luogo a coppie interne aventi bracci molto piccoli, minori dello spessore dell'esile parete; le sezioni presentano un appariscente ingobbimento e può avere notevole ripercussione il fatto che per alcune di esse l'ingobbimento si trovi ad essere efficacemente contrastato. Le tensioni tangenziali conseguenti all'azione torcente sono distribuite pressochè linearmente lungo lo spessore, divenendo nulle in corrispondenza della snperficie media. Ma, se il momento torcente è variabile lungo l'asse della trave, lo stato di tensione
TRAVI SNELLE A PARETE SOTTILE APERTA
5.1. Premessa. a) Le sezioni delle travi inflesse vengono frequentemente conformate in modo da presentare aree addensate dove la loro utilizzazione è migliore quindi, con le necessarie connessioni, il più possibile lontane dai presumibili assi di rotazione. Seguendo questo criterio, sono state create sezioni cave delle più svariate forme, e numerose serie di profilati: la loro caratteristica comune è di essere costituite da lastre sottili, o pareti, aventi forma tale da ottenere grande rigidezza nei confronti della principale azione flessionale esterna, con spessore piccolo rispetto alle dimensioni che caratterizzano la sezione; ma il più delle volte le pareti, per esigenze funzionali o costruttive, non si possono richiudere su se stesse, per cui le sezioni si presentano interrotte, come si ha per la maggior parte dei più correnti tipi di profilati, o per le sezioni intere di scafi di veicoli, di ponti e di coperture di edifici {figg. 5.1, 5.2). In seguito a ciò, tali travi sono dette a parete sottile e a sezione aperta o, più sbrigativamente, a parete sottile aperta. Per esse, quando sono sufficientemente snelle, come supporremo nel presente capitolo, spesso è lecito adottare ancora I'ipotesi che le sezioni si conservino piane allorchè sono soggette a sforzo normale e a momento flettente. Tuttavia sul loro modo di comportarsi sono opport1me alcune annotazioni perchè possono acquistare notevole rilievo certi effetti che per le sezioni compatte sono invece generalmente trascurabili, con il manifestarsi di sollecitazioni e di deformazioni che interessano la trave in condizioni di vincolo sia isostatiche, sia iperstatiche: e la ricerca di tali effetti si semplifica notevolmente se si pensa che ogni sezione, pur ingobbendosi, mantenga invariato il suo contorno; invariato nel senso che, se per esempio esso è circolare, resta circolare anche dopo la deformazione della trave, per cui all'ipotesi della conservazione delle sezioni piane si sostituisce quella del contorno indeformabile nel suo piano. Lo studio delle travi a parete sottile aperta è stato sviluppato da Vlasov, dopo fondamentali contributi di Timoshenko e Weber (v. bibl.); esso presenta non pochi aspetti delicati, e può convenire premettere un cenno su quanto ci apprestiamo a prendere in esame.
o
Fig. 5.1
I I
risulta più complesso e si manifestano, oltre a tensioni normali, ulteriori
tensioni tangenziali in aggiunta a quelle precedentemente citate: le prime, ossia qnelle normali, scaturiscono dalla condizione che la parete mantenga integra la sua continuità longitudinale, ed hanno pertanto carattere di indeterminazione statica; le seconde, ossia le aggiuntive tensioni tangenziali, sono legate a quelle normali da condizioni di equilibrio, ed hanno, al contrario delle tensioni tangenziali primarie dalle quali derivano, valore pressochè costante lnngo lo spessore. La notevole sensibilità delle travi a parete sottile aperta all'azione torcente rende particolarmente interessanti le questioni connesse con il centro di taglio, essendo tale centro il punto per il quale deve passare lo sforzo tagliante esterno per non provocare torsione e potendo essere rilevante la sua lontananza dal baricentro della sezione. Un significativo esempio è quello della sezione aperta della fig. 5.1: è chiaro che, se la sezione a sottile corona circolare fosse chiusa, un carico centrato quale il peso proprio non provocherebbe torsione e le tensioni tangenziali avrebbero il loro massimo valore in corrispondenza dell'asse neutro; per cui, se si pensa di praticare l'incisione
I Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
longitudinale a indicata nella stessa figura all'altezza di tale asse, si modificano fortemente le tensioni tangenziali, costrette evidentemente ad addensarsi nella parte della sezione integra; quindi la loro risultante risulta non centrata e un momento torcente deve intervenire per riportare la retta d'azione della stessa risultante a coincidere con quella dello sforzo di taglio esterno. Analoghe osservazioni possono essere fatte per la sezione a [ (fig. 5.lb), esempio ormai classico, perchè fu proprio tale tipo di trave ad essere impiegato nelle prime esperienze di Bach, per mettere in luce l'importanza dell'eccentricità del centro di taglio.
citata, gli effetti restano notevoli a distanze molto maggiori del diametro della sezione; e analogamente per il profilato a doppio T della fig. 5.3b, seppure con una propagazione in genere più frenata. Per l'importanza di tale fatto, in relazione anche al principio di De Saint Venant, possono essere
96
p p
Fig. 5.2
Fig. 5.3
Pertanto lo sforzo tagliante, quando dia luogo ad un'azione torcente, può provocare tensioni normali e tre diversi flussi di tensioni tangenziali, due dei
quali sono legati alle stesse tensioni normali, o più precisamente alle loro variazioni.
e) Per la facilità con la quale le sezioni sottili è aperte si ingobbiscono e ruotano intorno all'asse della trave, sistemi equilibrati di forze parallele all'asse, applicati su una sezione estrema, possono provocare sensibili stati di deformazione e di tensione aventi lento smorzamento. Nel determinare tale fenomeno, la forma e la sottigliezza della parete hanno ovviamente grande importanza; così, ad esempio, nel caso di una trave caricata come è indicato nella fig. 5.3a, avente quella sezione sottile e circolare già precedentemente
opportune alcune osservazioni preliminari
97
C5-1).
Consideriamo due travi a sbalzo, aventi la lunghezza uguale, con l'estremità soggetta a un uguale sistema equilibrato di forze, costituito da due coppie di momento ±M; le sezioni, rettangolare in un caso e a doppio T nell'altro, hanno le medesime dimensioni a, b pensate piccole rispetto alla lunghezza (fig. 5.3c). È chiaro che, nella trave di sezione rettangolare, per il principio di De Saint Venant le tensioni possono essere ritenute - come in realtà sono - trascurabili a una distanza pari alla maggiore delle dimensioni a, b. Invece per la trave avente la sezione a doppio T, le dimensioni a, b della sezione caricata sono 1nolto maggiori di una delle dimensioni che caratterizzano la forma del corpo, precisamente dello spessore s dell'anima; per cui non è più lecito affermare che gli effetti sono smorzati alla distanza a o b dalla sezione estrema. E a riprova di ciò basta osservare che se pensassimo l'anima di spessore s evanescente, ciascuna delle due ali sarebbe soggetta a un diagramma di momenti costante; crescendo lo spessore s, si fa via via più sensibile l'opposizione alla penetrazione degli effetti indotti dalle azioni equilibrate, sino al caso limite della sezione rettangolare. Vedremo che tale particolare comportamento delle travi a parete sottile aperta deriva dal}'esistenza di uno stato di tensione normale che ammette una caratteristica entità analitica, significativamente chiamata '' bimomento '', che, pur corrispondendo a un sistema equilibrato, provoca rotazioni delle sezioni intorno all'asse, tipiche deU'azione torcente; ossia proprio di quell'azione per la quale le stesse travi presentano scarsa capacità di resistenza. Quest'ultimo rilievo indica la necessità di considerare con attenzione gli effetti di carichi longitudinali concentrati, quindi di condizioni di vincolo che li n1ettono in gioco, come ad esempio quelle indicate nella figura 5.4. d) Le travi a parete sottile aperta risultano sensibili anche ad azioni che, agendo sulle strisce trasversali, le inflettono impegnandole con il loro piccolo spessore: tali effetti possono essere importanti ad esempio per i ponti, o per le travi corrugate di calcestruzzo impiegate nelle coperture, precompresse longitudinalmente ma non trasversalmente, per cui le sollecitazioni trasversali, quale m• (fig. 5.2), che agiscono su una sezione alta quanto lo spessore, richiedono apposite verifiche e armature, in particolare in prossimità delle sezioni estreme.
<5 .i) -Si veda, ad es., M. FILONENKo-BoRODICH, Theory of Elasticity, Moscow, Foreign Languages Publishing House; V. FEODOSYEV, Strength of Materials, Moscow, Mir Publishers, 1968; V. z. VLASOV, V. bibliografi.a.
7 -
PoZZATI, II-1.
98
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
99
cui al solito si ottiene, considerando il valore assoluto delle tensioni tangenziali, (dM,= Ty dx)
lP p
Ph
Ph
r
~)T"S,* ( 1y J,s
,
[5.1)
o
.~
' ~
,§,
<>.
<>.
~
~
~
~
+
essendo s lo spessore della parete nel punto b in cui s'intende ricavare il valore della.,;; S,*=.fy dA il momento statico della sezione a-b (di area A*) rispetto A•
all'asse neutro z; Jz il momento d'inerzia dell'intera sezione rispetto al mede-
simo asse. S'intende che le tensioni tangenziali debbono risultare nulle sui bordi esterni 1, 2, e infatti in corrispondenza di questi si annulla il momento statico Sz *; gli sforzi unitari rs diventano massimi dove Sz * raggiunge il valore
R R
+ •b
{
Fig. 5.4 '
'
\
,' '
~
5.2. Travi a parete sottile e aperta soggette a sforzo tagliante.
Fig. 5.5
~
a) Lo stato di tensione.
Una generica sezione retta di nna trave a parete sottile e aperta è soggetta a uno sforzo tagliante Ty agente secondo il suo asse principale y bari~ centrico (fig. 5.5); per la determinazione delle tensioni tangenziali, nulla sostanzialmente cambia rispetto al caso della sezione avente forma compatta,
e basta riportarsi col pensiero alla deduzione della semplice formula di Jourawsky. Consideriamo dunque un generico elemento a-b-c-d della trave, isolato mediante due sezioni rette vicinissime, distanti dx, e un terzo taglio b-d alla distanca e' dal bordo libero a-e, praticato dove si vuol conoscere il va-
lore della tensione tangenziale .,;; volendo ottenere il massimo valore della .,;, · si deve pensare di eseguire tale ultimo taglio secondo un piauo normale alla· linea media della sezione, potendo poi supporre che per l'esilità della parete' la tensione tangenziale resti costante nello spessore s. Le risultanti degli sforzi normali agenti sulle facce a-b, c-d siano N1 e N 2 , con N 2 > N, pensando il momento flettente positivo e crescente secondo il senso dell'asse x: per ristabilire l'equilibrio alla traslazione secondo x ed essendo il tratto esterno a-e scarico, alla faccia b-d deve essere applicato uno sforzo tangenziale longitudinale tale che (fig; 5.5) .,; s · dx=N2 -N1 =Jda · dA= dM, A* Jz
Jy dA; A*
per ·
massimo, ossia a livello dell'asse neutro z. Inoltre le tensioni tangenziali longitudinali, ossia quelle parallele a x, debbono mantenere, se l'asse neutro incontra una sola volta la parete (fig. 5.5), ugual segno indipendentemente dalla posizione del taglio b-d, perchè mantiene lo stesso segno la prevalenza (N2 -N1 ) degli sforzi normali agenti sulle facce trasversali dell'elemento esaminato; quindi, per il teorema di reciprocità, mantiene ugual senso la 7: agente sulla sezione, quando si pensi di percorrere la linea media di questa partendo da un punto estremo e raggiungendo l'altro.
b) Le condizioni affinchè lo sforzo tagliante non provochi torsione. Il centro di taglio. Ovviamente le azioni interne debbono realizzare nel loro complesso una caratteristica di sollecitazione nguale a quella esterna, quindi la risultante Y(.,;), secondo y, delle azioni tangenziali infinitesime .,; · dA=w · dc deve valere T", mentre dev'essere nulla quella [Z(.,;)) diretta secondo l'altro asse principale z; ed è facile constatare che tali condizioni sono in effetti rispettate,
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
pur non essendo state esplicitamente chiamate in causa <5• 2). Inoltre non è stata imposta la condizione che la retta d'azione della sollecitazione interna coincida con quella y della forza assegnata Ty, supposta baricentrica soltanto per rendere più concreto il caso in esame, ma che ovviamente, purchè parallela a y, può essere qualunque: poichè la retta d'azione y' della Y(r)~T" non coincide in genere con quella y della Ty (fig. 5.6), è necessario, se z, è la distanza tra y' e y (e vedremo come può essere determinata), associare la Y(r) a una coppia nel piano della sezione, quindi torcente, di momento M,~Y(r)z,~Tyz,; ed è soltanto a tale punto che l'uguaglianza tra l'azione interna e quella esterna è pienamente assicurata.
Ma tale espressione può essere scritta in forma pii1 conveniente: consideriamo la funzione, che chiameremo area settoriale,
100
Y'
101
w~f~ dc,
[5.3]
per la quale l'integrale è esteso da un'origine arbitraria a a un punto generico i della linea e, e i momenti elementari dc · r sono considerati positivi se destrogiri. Il differenziale dw~r · dc corrisponde al doppio dell'area del triangolo infinitesimo di base dc e di altezza r; pertanto w è il doppio dell'area racchiusa tra la linea media e le congiungenti i punti a, i con il polo P (fig. 5.6c). Integrando per parti l'espressione [5.2] si ottiene C5. 3J:
y
T"f
[5.2,]
M(P)=y w y dA ,
' '
per cui, se il polo è un punto P' della retta y' dev'essere:
f:"
y
dA~O.
[5.4]
Ma è facile constatare che c•.•J:
f
:"(P')y dA=f:"(P)y dA+z, J,,
J
(5,3)
Fig. 5.6
La retta d'azione y' (parallela a una direzione principale), che lo sforzo tagliante esterno deve avere per non dar luogo a momento torcente, può essere determinata con facilità. Rispetto a un qualunque punto (o polo) P, il momento delle azioni tangenziali vale, tenendo presente la [5.1] e indicando con r la distanza corrente valutata secondo la normale (fig. 5.6b),
M(P)~Jr dA r= e
(5.2)
Ty f S,*r dc, Jz J~
Y(r)=JTsdc sen iì=jrsdy=
[5.2]
S 2*r ·dc=fsz*dw=[S~*w]'-fds 1 z*w
con le integrazioni estese all'intera lunghezza della linea media. Ma il termine tra parentesi quadra è nullo, perchè S 2 * è nullo negli estremi dell'intervallo; inoltre dS2*= -s·dc·y (vedi nota 5.2), quindi risulta (s·dc=dA): Js2*r•dc=-jdS2 *w=Jw·y·dA. < Al Un generico elemento dw dell'area settoriale è uguale, a parte infinitesimi di ordine superiore, al doppio della differenza tra le aree dei triangoli 1-3-P, 2-3-P (fig. 5.7): dw=dc·r=dz·y-dy·z. [a] 5
Rispetto ai due sistemi di assi di riferimento indicati nella fig. 5.7 si ha quindi, per l'arco AB: [bi
y
~:JS * dy;
z~dZ"'j
2
y,
)\
integrando per parti si ottiene:
,
J S,*dy~[S,*yJ;-Jas:. y, con le integrazioni estese all'intera lunghezza e della linea media de11a sezione. Ma il termine tra parentesi quadra è nullo perchè sz* si annulla agli estremi dell'intervallo; inoltre dSz* y= Js dc y 2 =Jz (il segno negativo per dSz* dipende dal fatto che, dalla essendo parte delle ordinate y positive, a uno spostamento dy verso il lembo esterno della sezione corrisponde una diminuzione del momento statico), risulta Y(r)=T. In modo ana!Ogo si verifica che Z(r)=O, poichè è nullo il momento centrifugo dell'are; della sezione rispetto ai due assi principali y, z.
'
A/~
z,, Fig. 5.7
z
-J
li
P,
z
e integrando i vari termini moltiplicati per y ·dA:
f
f
wzy•dA= w 1 y·dA +z0Jz.
[e]
Capitolo quinto
102
Travi a parete sottile aperta
con il punto P' sulla retta y'; e per la [5.4] il primo integrale è nullo.
103
dev'essere associata al momento torcente:
Quindi risulta: f,w(P)y dA J,
Zo=
[5.9] [5.5]
In definitiva, l'operazione pratica è semplice: fissati gli assi della fig. 5.6, il polo P e il senso della percorrenza lungo e, se, considerando positivi i momenti dw destrogiri, la quantità ,w y dA risulta positiva, allora z, è negativa,
J
per cui alle tensioni tangenziali fornite dalla [5.6] debbono essere aggiunte quelle, facilmente calcolabili (par. 5.3), dovute al momento torcente. È chiaro quindi che le travi a sbalzo della fig. 5.1, soggette a un carico passante per il \Jaricentro della sezione, quale può essere ad esempio il peso proprio, si deformano anche per torsione.
e y' si trova a sinistra rispetto a y. Analogamente, cambiando senso all'asse z, il segno nella [5.5] è da assumere positivo (v. nota 5.4), e y' è ancora a sinistra di y (5•5).
S'intende che il passaggio al caso generale, quando lo sforzo tagliante T abbia direzione generica, è semplice, poichè basta considerare le due componenti Ty, T, secondo le due direzioni principali y e z. Quindi la complessiva tensione tangenziale dovuta a T, ricordando la [5.1], vale: [5.6] Fig. 5,8
la risultante degli sforzi tangenziali ha il modulo uguale a T, e passa per un punto O le cui coordinate valgono, riferite a un generico polo P (che alle volte può convenire far coincidere col baricentro G della sezione) e secondo le direzioni principali (fig. 5.8), [5.7]
z,
con i segni definiti in relazione a quanto è stato detto precedentemente, e
'' '' "'-----z,-'t'
In certi casi la posizione del centro di taglio O è determinabile a colpo d'occhio: così per la sezione a doppio T simmetrica (fig. 5.9a), O coincide con G essendo rispetto a tale punto nulli i momenti delle -r: dA indotte sia da Ty, sia da T,; se la sezione comprende due parti rettangolari (fig. 5.9b), evidentemente O è nel punto d'incontro dei due assi, poichè lungo questi agiscono le risultanti delle azioni tangenziali; e per la sezione a Z (fig. 5.9c) il centro di taglio cade a metà dell'anima, poichè si riconosce subito che rispetto ad esso è nullo il momento delle azioni interne tangenziali.
in particolare nella nota 5.4. Di conseguenza, se si pensa il polo in O, .
deve risultare
f;o
f;o
[5.8]
L' T-!-1 _
N;,
~I - N,1
-11,~
I
iI
Le coordinate z 0 , y 0 , come mostra la [5.7], sono indipendenti dai valori Ty, T,; quindi, qualunque sia la retta d'azione e il valore del taglio T, conside-
rando l'elasticità lineare e l'ipotesi della conservazione delle sezioni piane, si ottiene la stessa posizione del punto O, detto centro di taglio. Si può concludere osservando che, se lo sforza tagliante T passa per O, non si ha momento torcente per la sezione, perchè passa per O anche la risultante delle azioni -r: • dA (con la -r: definita dalla [5.6]); diversamente, se T ammette l'eccentricità d, (fig. 5.8), la risultante R(-r:) degli sforzi interni -r: • dA, per riprodurre T, 5 5 < • > S'intende che la stessa espressiOne [5.5] di z 0 può essere ottenuta dividendo il p:iomento M(P) dato dalla [5.21] per ~ ; ma le osservazioni fatte sono state necessarie per definire il segno di z 0 in relazionè ai Ysensi adottati per gli assi.
i()_ -b)
10
I
I
i
I !()_ i' !
I
j
!I
y
z
Fig. 5.9
e) Da quanto è stato detto è chiaro che, se si vuole evitare il ricorso alle proprietà geometriche sancite dalle [5.7], il centro di taglio O può essere ricavato direttamente: basta determinare le tensioni tangenziali -r: per effetto degli sforzi tangenziali T,, Ty (che conviene al solito pensare agenti secondo le direzioni principali), ottenendo poi il centro O come punto d'intersezione delle rette d'azione delle due risultanti delle stesse -r: • dA.
Travi a parete sottile aperta
Capitolo quinto
104
d) Un'osservazione sul calcolo di un integrale ricorrente.
In un tratto dell'intervallo d'integrazione, l'integrale presente nella [5.5] o nella [5.7] frequentemente può essere scritto nella forma:
I~
J w
(y)(c1 +c2 y) s dc.
[a]
~) Non ha i~portan~a, come si è avv~r.tit~, .la ~celta del polo P e dell'origine a deH intervallo d 1ntegraz1one. Con le pos1z1on1 indicate nella fig. 5.11, ad esempio, sì ottiene, scomponendo per semplicità i diagrammi trapezoidali in parti rettan~ golarì e triangolari, e tenendo presente il par. 5.2d (alcuni contributi si annullano, essendo, per aree Q uguali, le distanze Yc uguali e opposte):
f
wy dA~2
Ma, se si indica con:
(2 2
lbh2 h) s (2h T) (anima)+
3
+(]_ h 2 hs)"- (ali)~ bh's +2- b'h's, 2 2 12 4 sh' J,~ -12 (h+6b) (v. punto a),
[b]
l'area del diagramma w (y) s tracciato lungo la linea e, l'integrale [a] vale: I~ .Q (c1 +c,y,),
105
[e]
hh+9b' h+6b
essendo Yc il valore della y in corrispondenza del baricentro della stessa area D.
3b' ) ( h+ h+ 6b (negativa, quindi a sinistra del polo P).
Esempio 5.1.
Per il profilato avente la sezione a [ e lo spessore costante (fig.5. 10a), determinare la posizione del centro di taglio e la tensione tangenziale massima conseguente a uno sforzo di taglio Ty baricentrico.
Fig. 5.12 Fig. 5.11 Fig. 5.10
a) Il centro di taglio. Si trova sull'asse z di simmetria- e la distanza dall'arbi- · trario J.>Olo P di riferimento è data dalla [5.5]. Ponendo nel punto 1 (fig. 5.!0b) tanto il polo P q.uanto l'origine a dell'intervallo d'integrazione, si ha:
w (1-2)~0,
w,~hh/2
w,~ -bh/2,
(destrogira, quindi positiva),
y,~h/2,
y,~'-h/2 ;
quindi (v. par. 5.2d; si indica, per chiarezza, con s1 lo spessore delle ali e con s2 quello dell'anima): h 2h h'h's1
f '
wydA~2
(Tsi"zh)
~--,
4
< 1 ~6Ty
(h+6b)/12,
(b+h/4): [sh (h+6b)];
per h=20 cm, b=S cm, s=l cm risulta: <1 ~0,0574
Tu.
d) Diagrammar per il momento torcente Mt (conseguente all'eccentricità di Ty, supposto baricentrico, rispetto al centro di taglio):
di G dall'asse dell'anima)~h'/(h+2h)~l,8 cm, cm, M,~ Tv (1,8+2,8)~4,6 Ty, i (M,; rei. 5.12)~3 Mtfcs'~3.4,6 Tu/36~0,3833 Ty (sui lembi).
3b 2s 1 hs2 +6bs1
a)~-2,8
e) Tensione tangenziale massima:
e il segno negativo sta a indicare che il centro di taglio O è alla sinistra del polo. h=S cm,
J,~sh 2
(h'/8+hh/2),
zG~(distanza
h'
h=20 cm,
S,*~s
z, (v. punto
J,~s 2 h'/12+2hs 1 (h/2)'~ Ll (hs 2 +6bs,),
zo=
e) Diagrammar considerando Ty passante per il centro di taglio O. Ad esempio nel centro dell'anima, ossia nel punto I (fig. 5.12), secondo la [5.1] si ottiene:
risulta
z0 = -2,8 cm.
•max=0,0574 Ty+0,3833
Ty~0,441
Ty (in kg/cm', con Ty in kg) ;
l'importanza del momento torcente è quindi notevole.
Capitolo quinto
106
-r----Zol
y
, (T )= Ty 2(cosq;-cos a). P Y Rs 2a-sen 2a
R
\
"
R
---P
,,--+o
z
107
quindi dalla [5.1] (J, è stato calcolato in a):
---:---,;,\
/
'
Travi a parete sottile aperta
Per a=n/2 e a=n, la tensione massima risulta:
Ty 2
b)
a)
2R~J
e) Fig. 5.13
<:max(q;=O)=~R
-,
s " quindi i valori delle <:max risultano uguali, pur essendo le aperture diverse; ciò accade perchè, per a >n/2, cresce la superficie resistente, rispetto ad a=n/2, ma una parte delle -r: fornisce componenti secondo y di senso opposto a quello di Ty.
-a Fig. 5.14
Fig. 5.15
b)
a)
b)
a)
Esempio 5.2. Per la sezione indicata nella fig. 5.13 determinare la posizione del centro di taglio e la tensione tangenziale massima per Io sforzo tagliante T11 baricentrico. a) Centro di taglio. Essendo arbitrario il polo P per il calcolo della funzione ro, conviene collocarlo nel centro dell'arco di circonferenza; l'origine a dell'intervallo d'integrazione viene considerata sull'asse z di simmetria. Pertanto si ha:
e) Diagramma centrico e a=n.
Poichè
z,~2R
?:
per il momento torcente, quando lo sforzo tagliante è bari-
(v. punto a): Mt=Tu2R,
•-(M,; rei.
5.12,)=3Mtf2nRs'~ T~ _'!_(sui lembi), s
"
inolto maggiore della ?:max calcolata in b).
w(
y=R sentp,
5.3. Trave a parete sottile e aperta soggetta a momento torcente.
" wydA~-2R'sf
J
5.3.1. Osservazioni introduttive. I centri di torsione e di taglio coincidono.
"
J,~2sfy'R dp~R's(2a-sen 2a)/2, z,~R
per
a~n/6
4 (sena-a cosa) a-sen 2a
(positiva, quindi a destra del polo P);
(30°); n/2; n, risulta: z0 ~
1,02776 R ,
4 z 0 =-R,
"
z 0 =2R.
(a)
b) Diagramma< considerando Ty passante per il centro di taglio O (fig. 5.14):
" Sf(
•
a) Prima di entrare nel merito di questioni particolari può essere opportuno commentare brevemente la circostanza, altre volte rilevata, che le travi di cui ci stiamo occupando hanno rigidezza torsionale in genere fortemente minore di quella che si manifesta quando la sezione, pur essendo cava, è chiusa. Il fatto appare manifesto appena si consideri un caso concreto, ad esempio quello relativo alla sezione di una trave a parete circolare e di uniforme sottigliezza, soggetta a momento torcente M,: per quella anulare e continua (fig. 5.15a), in ciascun punto le tensioni tangenziali rimangono pressochè invariate nello spessore (le diremo di membrana) e gli sforzi tangenziali u dc agiscono con bracci elevati pari a 2R. Invece per la sezione anulare interrotta (fig. 5.15b) le tensioni tangenziali cambiano segno nello spessore ed hanno valor medio nullo, come appare evidente appena si pensi all'analogia idrodinamica o all'altra della membrana; per cni l'azione torcente
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
viene realizzata da sforzi interni che han bracci poco diversi dallo spessore, con l'evidente conseguenza che tensione massima e deformazione subiscono un forte aggravio rispetto alla corrispondente configurazione chiusa della
travi aventi la sezione costituita da più rettangoli (alcuni esempi sono indicati nella fig. 5.17), il momento torcente M, risulta dalla somma dei momenti parziali Mtt forniti dalle varie parti; e anche giovandosi di esperienze basate suil'analogia con la membrana, si è avuta conferma che i vari contributi M" sono poco diversi da quelli che si avrebbero considerando per i rettangoli, soggetti alla medesima deformazione unitaria{}, le tensioni fornite dalla [5.10], per cui è lecito scrivere C5 -8l:
108
sezione (5 •6).
Volendo poi passare a valutazioni concrete, può essere opportuno ricordare preliminarmente che per una sezione rettangolare molto allungata di lati a, b il valore massimo della tensione tangenziale e il valore della defor-
fJ~M,/GJ,,
rJ!lf ì
r
--y -
a ~'l-w+"'t-----z
.l'UJ '
1J=3 M,/Gcs 3
It[l TI
b)
Fig. 5.17
mazione unitaria {} (la cui dimensione fisica è l'inverso di una lunghezza) risultano (fig. 5.16a) 1'xu (max)~i'~ 3MJab 2
,
fJ ~ 3M,/Gab 3
;
formule [5.10], valide per la sezione rettangolare molto allungata, valgono anche per le sezioni sottili e aperte aventi la linea media curva, per le quali quindi può essere ancora scritto: i.'=3 M,/cs 2
[5.10]
inoltre r si manifesta sui lembi dei lati b maggiori e il diagramma dello scorrimento, quindi anche delle tensioni tangenziali, varia quasi linearmente lungo la mediana più breve, d'accordo con la circostanza che le fibre corte, più rigide delle altre, si conservano pressochè rettilinee c5•7J. Nel caso di C5·6l Per i casi citati, i rapporti delle tensioni 'massime e delle {} valgono rispettivamente all'incirca [per la formula di Bredt e per la 5.12J 3R/s e 3(R/s) 2 • , t 5 . 7 > Quindi per una sezione rettangolare di spessore esilissimo lo stato di sollecitazione può essere raffigurato (fìg. 5.16b, e) con due forze H (che, di segno opposto, applicat~ nel: l'intorno dei due lati corti, interpretano la presenza del flusso di tensioni h.~ngo 1 lat~ minori della sezione) e con una distribuzione, uniforme lungo l'altezza a, di momenti unitari (dy=l):
[a]
~
[5.12]
,
ottenendo così il risultato che si avrebbe per una sezione rettangolare di lati e, s. Inoltre, utilizzando l'analogia con la membrana, si è constatato che le
-k- h--4-
(il braccio del momento è uguale a
[5.11]
avendo indicato con at, si la lunghezza e lo spessore di una generica parte rettangolare. Di conseguenza, se lo spessore è costante,
a
Fig. 5.16
109
b per la linearità del diagramma -rXll, del quale con i
si indica il valore massimo). Pensando di isolare un elemento della parete di altezza generica e profondità dx (fig. 5.16d), la sua faccia superiore 1~3 è libera da azioni interne ed esterne,
,
1J=3 M,/Gcs 3
[5.121]
,
indicando con e la lunghezza della linea media e con s lo spessore. Tali espressioni si possono ricavare anche per via teorica <5 •9). mentre quella inferiore 2~4 è soggetta, per il teorema di reciprocità, al momento myx · dx. Considerando allora l'equilibrio alla rotazione intorno all'asse y, si ottiene H · dx=mxu ·dx, quindi: [b] H=mxy· Infine, il momento interno deve uguagliare quello esterno M 1, ossia: Ha+mxy · a=M1 ;
allora per la [b] e per la [a] risulta: ~b 2
M1
-6-=2a·
'"i=Mtf3ab 2
•
Supponendo che, per la rigidezza del collegamento, le varie parti rettangolari presentino un'uguale rotazione unitaria #, per ognuna di esse (di Iati a,, si) si ha, in virtù della seconda delle [5.10], Mu=Gf>.lu. con .lu,=ais.3/3. Quindi, dovendo essere .EM11 =M, e 'i=Afi.s.f.lfi=G#s;, si ricavano le relazioni [5.11]. <5 . 9 l Si' è visto che per la sezione rettangolare molto allungata le azioni H interpretano la presenza del flusso di tensioni lungo i lati minori (fìg. 5-16b). Nel caso della sezione cir<5 .s)
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
b) La precedente osservazione, che per le sezioni aperte la tensione tangenziale sulla linea media è nulla, interessa per alcune consegnenze rignardanti, come vedremo, lo stato di tensione e di deformazione. E a proposito di questo può essere opportuno notare che una sezione soggetta soltanto a momento torcente ruota intorno a un punto, centro di torsione, coincidente col centro di taglio O, come si riconosce subito in virtù del teorema di Betti: infatti, applicata la coppia, è chiaro che uno sforzo tagliante T comunque diretto e passante per O rende {} nullo, e non fa compiere ad essa lavoro mutuo. Invertendo allora l'ordine di applicazione delle due azioni, M, non fa compiere lavoro mutuo a T; quindi, risultando nulla la traslazione del punto O lungo la retta d'azione del taglio, che può essere generica, è possibile concludere che la sezione ruota intorno al centro di taglio C5 •10).
e) Oltre alle consuete ipotesi, per le sezioni anulari aperte si suppone anche che esse, pur ingobbendosi per effetto dell'azione torcente, mantengano invariata la loro proiezione piana, ossia che, gli spostamenti relativi secondo l'asse della trave siano molto prevalenti rispetto a quelli nel piano della sezione. L 'ingobbimento è in genere notevole e, come vedremo, può esser causa di tensioni normali che, ovviamente di risultante nuIIa, possono avere sensibile importanza.
110
5.3.2. Azione torcente variabile lungo l'asse della trave: conseguenti tensioni normali e tensioni tangenziali di n1cmbrana. a) Data la sezione di una trave a parete sottile aperta soggetta a un momento torcente, pensiamo di isolare l'elemento 1-2-3-4 della parete della trave indicato nella fig. 5-19, avente la base dx· dc e l'altezza s: i punti 3, 4 si spostano in 3', 4' e, se si indica con{} la rotazione unitaria (dx= I) intorno al centro di torsione O distante r dalla tangente 3-4, si ha, in corrispondenza della superficie media dell'elemento considerato, 3 - 3';:;; 4-4' = (i!dx)r, quindi: a=Dr, [5.13]
colare (fig. 5.18), dette azioni non sono più parallele tra loro, n1a l'uguaglianza tra azioni esterne e interne è ripristinata dalla presenza di sforzi tangenziali (,rp; di tale fatto può esser data la seguente semplice giustificazione. V al go no le relazioni: ttp;e=Jr~z,
(,rp= frxqi(l +z/R)dz,
m'P=Jr'P'"'z · dz,
m:ap= f-c.,rp(l +z/R)z · dz,
[a]
con tutti gli integrali estesi tra i limiti ±s/2, e con 1:px=Txrp· Ma si ha t'PX=O, per l'equilibrio del generico elemento 1-2-3-4 alla traslazione secondo x (fig.5. 18b); quindi, dalla seconda e dalla terza delle relazioni [a], risulta:
con 11 data dalla relaz. [5.12].
[b]
avendo posto
mrpz~ mxip
111
y
perchè lo spessore è supposto molto piccolo rispetto al raggio.
o
X
z
Fig. 5.19
Fig. 5.18
Considerando i momenti nixip (quindi per la [b] anche le azioni fxip) distribuiti uniformemente, uguagliando l'azione interna a quella esterna Afi, e indicando con e la lunghezza della linea media, si ottiene: mxqP+(txpR)c=Mi, mxrp=M1/2c;
All'angolo a corrisponderebbe, qualora aVvenissero altri movimenti, una modificazione degli angoli retti relativi alla superficie elementare 1-2-3-4, quindi uno scorrimento; ma dovendo questo essere nullo perchè, come è stato osservato, la tensione tangenziale è nulla lungo la linea media della sezione, deve aver luogo una ulteriore rotazione tra le fibre ({J=a) tale da ripristinare la conservazione degli angoli retti e da provocare quindi lo spostamento (indicando con u gli spostamenti secondo x):
per cui la tensione tangenziale sui lembi risulta: -~ 7:=
,_3M, 6mzrps 1 - csz
,
La presenza degli sforzi tangenziali fzp deriva in sostanza dal fatto che sull'elemento di superficie curvo e normale a x (fig. 5.18c), essendo le tensioni tangenziali sui lembi uguali tra loro (debbono essere uguali a quelle conseguenti a mrpJ, le due risultanti delle azioni tangenziali sopra e sotto la linea media 0-0 hanno valori diversi, essendo diverse le relative aree. <0 •10> Una sezione soggetta a momento torcente e a sforzo normale in genere non ruota intorno al centro di taglio (salvo che essa non ammetta due assi di simmetria). L'osservazione è interessante per lo studio della stabilità dell'equilibrio di travi a parete sottile aperta.
[5.14] per cui, posto r dc=dco, si ottiene:
I
u=-i!J~dc+C=-ilw+c;
[5.15]
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
e il segno meno dipende dal fatto che, stabiliti i sensi positivi per l'asse x e per la percorrenza lungo la linea media della sezione, e pensando sia gli spostamenti 3-3 ', 4-4', sia dw positivi, dcu ha senso opposto a quello fissato per x (fig. 5.19). La quantità:
tria, si ha C' =0 <5 •11l e la prima delle [5.19] è automaticamente soddisfatta. Altrilnenti, adottata un'origine a generica, si calcolano w e C'. Notiamo inoltre che la
112
[5.16] che è l'area settoriale definita precedentemente (re!. 5.3), è ora da calcolare assumendo come polo il centro O di torsione, ossia il centro di taglio; inoltre, se interessa conoscere soltanto l'ingobbimento della sezione, ossia lo spostamento relativo secondo x fra due punti a, i, questi costituiscono i limiti dell'in-
tervallo d'integrazione e non ha importanza la determinazione della costante C. Secondo la [5.15], lo spostamento u lungo la linea media di una sezione varia come la funzione w; e poichè, secondo quanto è stato già notato, w corrisponde al doppio dell'area racchiusa tra il tratto a-i cui si riferisce l'integrazione e le congiungenti O-a, O-i, è facile rendersi conto che per essa si possono avere anche ripetute variazioni di segno (es. 5.3). L'entità degli spo-
stamenti relativi, quindi dell'ingobbimento di una sezione, dipende ovviamente da ff, ossia dalla rotazione di due sezioni distanti dx~ 1; quindi detta entità resta costante se, pensando invariabile la sezione, il momento torcente non si modifica lungo l'asse della trave. Se Mt varia, come spesso avviene, si hanno dilatazioni per le fibre secondo x con conseguenti tensioni normali, e per la [5.15] si può scrivere, poichè la costante C è da considerare tale dC dff per una data sezione ma può variare lungo x, posto C' = - dx : dx '
du d{} d{} a ~Es ~E-=-E-(w+C')=-E-w* x x dx dx dx
[5.17]
w*=w+C'
[5.18]
con:
e con la costante C' facilmente determinabile: infatti, dovendo risultare (dA~sdc):
f~x dA~O,
quindi E
f
~: :;i* dA=O
[5.19]
113
diversa da quelle " primarie " che le hanno causate e che, come si è detto,
hanno invece valore nullo in corrispondenza della snperficie media. Il modo di calcolarle è quello già ricordato nel par. 5.2 e non staremo quindi a dilungarci: considerando al solito l'equilibrio alla traslazione secondo x di un tratto elementare di parete lungo dx, e tenendo presenti i simboli a suo tempo specificati, si trova (considerando Lh: concorde con x):
Lh · s dx= -fda., · dA ,
[5.21]
A•
e per la [5.17] (essendo C', secondo la [5.20], indipendente da x, avendo supposto invariabile la sezione):
I
d'{} w*dA,
Lh:·s~E-d 2 X
[5.22]
A'
con dA=s dc, A* area della sezione compresa tra uno dei bordi e il punto i generico, w* data dalla [5.18]. Inoltre, come si è detto, la costante C' (relazione 5.20) è nulla se la sezione è simmetrica e se si ha l'avvertenza di calcolare la funzione integranda w ponendo l'origine sul!' asse di simmetria, per cui w=w*. Nel caso generale, l'origine può essere arbitraria, ed è il valore della costante C' che provvede a render soddisfatta la condizione [5.19]. b) Osservazioni. Lo scorrimento è stato considerato nullo lungo la linea media e con tale condizione, unita a quella del contorno indeformabile, è stato
definito lo stato di deformazione e il conseguente ingobbimento delle sezioni trasversali. Quando il momento torcente è variabile, l'ingobbimento risulta disuniforme: nascono, per congruenza interna, tensioni normali e, per equilibrio, ulteriori tensioni tangenziali Ll'f, però, come si è detto, pressochè co-
(l'integrale è esteso all'intera sezione), deve aversi:
stanti lungo lo spessore; quindi, essendo le tensioni tangenziali non nulle sulla
C'=
[5.20]
e s'intende che, nel caso che la sezione sia simmetrica, se, per valutare la funzione w, si pone l'origine a dell'intervallo d'integrazione sull'asse di simme-
linea media, sono non nulli anche gli scorrimenti, contrariamente all'ipotesi
8 -
POZZATI, 11-1.
114
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
adottata. In generale ciò comporta una tenue influenza, pur avendo casi, ad esempio quando si hanno sezioni impedite d'ingobbirsi, in cui le Llr possono acquistare sensibile importanza; per cui la teoria precedentemente vista può essere considerata la fase iniziale di un procedimento di calcolo più complesso, eventualmente iterativo, però di non sempre soddisfacente convergenza.
Il fatto di trovare le conseguenze scaturite da una certa ipotesi in disaccordo con l'ipotesi stessa non è nuovo nello studio degli stati di tensione: per determinare ad esempio le tensioni tangenziali dovute a uno sforzo tagliante, si utilizza l'espressione che definisce le tensioni normali con l'ipotesi della conservazione delle sezioni piane, in contrasto in genere con la presenza delle stesse tensioni tangenziali. Inoltre, tanto le tensioni a quanto quelle Llr di membrana frequentemente presentano, dipendendo dalla funzione w*, ripetuti ca1nbiamenti di segno in una sezione trasversale (fig. 5.21): infatti per i termini elementari dw*=r · dc, disseminati lungo la linea media da percorrere dall'origine verso i punti estremi, i segni (positivi se destrorsi) variano a seconda della loro posizione rispetto al centro di rotazione. e) Proprietà relativa ali' area settoriale (conseguente al fatto che gli sforzi normali applicati a una sezione costituiscono un sistema equilibrato). L'area settoriale w*, per la definizione [5.18] precedentemente data, deve soddisfare la condizione:
f~*dA=O,
Esempio 5.3. La trave a parete sottile aperta e di sezione circolare indicata nella fig. 5.20 ha le estremità appoggiate e irrigidite con timpani [par. 5.5] ed è soggetta lungo un nx bordo al carico orizzontale distribuito con la legge qx=q cos - - (per x=O, in 1 mezzaria, qx=9_; per x=l/2, qx=O). Determinare gli effetti del momento torcente.
Fig. 5.20
a) Il momento torcente, che, nella mezzeria è nullo, alla distanza x dal centro, indicando con e la distanza della retta d'azione del carico dal centro O di torsione o di taglio, vale:
r - nx Mt= Jqx · e dx=Mt sen - -, con Mt=qel/n. X
1
f~*zdA=O.
Mt
[5.19, ripetuta]
nx [relaz. 5.121 ; J,=cs'/3], 1
ff= GJ, sen - -
dff E qe nx aX =-E-w*=---w*cosdx GJ, I [relaz . 5.17],
_
3Mt
x = - 2-
es
nx
sen -
I
[relaz. 5.121 ] ,
Llr= - -Efjen - sen -nxfw* dA [relaz. 5.22]. G J, ls I
[5.8, ripetuta]
.tli;,
b) Calcolare il valore delle tensioni massime per:
Essendo, in una data sezione, la funzione ro* proporzionale alla tensione normale a [rei. 5.17] e ponendo adA=dN, si ha allora oltre alla condizione f,dN=O, dalla quale per l'appunto venne ricavata la [5.19],
a=30°,
s=S cm, v (coeff. Poisson)=0,15,
1=15 m,
q=IOO kg/m=l kg/cm.
Si ottiene:
I:dN=O,
[d]
R=c0 /2sena=c 0 =5 m, y, (es. 5.2)=1,02776 R,
per cui gli sforzi normali dN applicati ad ogni sezione retta della trave costituiscono, come debbono, un sistema equilibrato.
[a]
Di conseguenza:
spontaneamente rispettata, se la sezione è simmetrica, calcolando w con l'origine sull'asse di simmetria. Inoltre il suo polo deve essere il centro di taglio, quindi per le [5.8], valide qualunque sia l'origine dell'intervallo d'in~ tegrazione, risulta anche (gli assi y, z sono baricentrici e principali; la costante C' risulta moltiplicata per fattori nulli):
f~*ydA=O,
115
e=y,-R cos a=0,1617 R=S0,9 cm,
M,=1·80,9 · 1500/n=38630 kgcm, J,=cs'/3=0,34907 s' R.
[b]
[e]
[d] [e]
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
Essendo la sezione simmetrica, conviene calcolare i valori della funzione ro* ponendo l'origine a dell'intervallo d'integrazione sull'asse di simmetria. Poichè il polo dev'essere il centro di taglio, si ottiene (fig. 5.20):
proporzionale a M, (quindi a /), e LIT (max) dipende da 1//. Pertanto l'importanza
116
•
•
ro*(p)~ Jr dc~RJ(y, cos fJ-R) dfJ~R (y sen
[/]
0
da cui, per
w*/R =0;
0,00394;
0,00245;
-0,00972.
2(1+v)l · 0,1617 . ,_ , 0,00972 R -5,60 kg/cm . 0,34907 s'
La tensione tangenziale primaria, diretta conseguenza del momento torcente (rel. d), alle estremità acquista il massimo valore (c=2a R=524 cm) i.'
Può essere interessante notare che a (max) è indipendente da /; mentre r è di Ll-r rispetto a i diminuisce con l'aumentare della snellezza della trave. e) Condizioni di carico complesse possono venire vantaggiosamente studiate impiegando le serie trigonometriche (cap. X).
5.3.3. Trave a parete sottile aperta soggetta a deformazione di tipo torsio-
Il diagramma ax è simile a quello della funzione w* ed ha l'ordinata massima (per x=O, nella mezzeria della trave, v. rel. e) a (max)
117
3 · 38630 524 . 8,
3,46 kgIcm , .
nale: equazione differenziale di equilibrio. Si è visto che, quando il momento torcente è variabile, si hanno tensioni tangenziali del tipo tanto variabile nello spessore, qnanto di membrana: I'uno con valore nullo sulla linea media e valore massimo I r [ sui lembi, l'altro con valore .dr pressochè costante nello spessore; ovviamente in una generica sezione ciascuno di essi dà luogo a una correlativa caratteristica di sollecitazione torcente, la cui somma deve uguagliare l'azione esterna applicata. Il momento torcente interno conseguente alle tensioni tangenziali di membrana vale, per la [5.22] e indicando con r la distanza dal centro di torsione, f d'ff f [5.23J M(Lh)=J~Lh; · s dc) r=E dx' J'f' dw*, avendo posto, con i simboli precedentemente significati, 'f=fw* dA. À~'
Ma integrando per parti si ottiene:
\
'
J:dw*=['Pw*Ji-f~w* dA) w*=-f;n*' dA,
"tJ'
\1 \ I
[5.24]
perchè il termine tra parentesi quadre scompare, essendo la quantità 'P nulla tanto nel punto iniziale, in cui A*=O, quanto nel punto terminale per la relazione [5.19]. Pertanto, se si pone:
\
Fig. 5.21
Anche la tensione tangenziale di membrana Lfr raggiunge il valore massimo (x~l/2, rei. e); e poichè l'integrale
l 00 =f;n*' dA,
[5.25J
alle estremità
"
f w* dA~R'sf(y0 sen {}-RfJ) A*
per
dfJ~R's [-yo(cos a-cos
(a'-
•
vale (a meno di R's) 0,000615; 0,000232; -0,000442;
O (fig. 5.21), si ottiene Lfr
l'espressione [5.23] del momento può esser scritta (la dimensione fisica di 100 è L 6): d'ff [5.26] M,(Llr)=-E dx' J00 •
(max)~ -2(1 +v) ~,;~9~~!:, ~ ~-0,34
150~. s
0,000615 R's~
kg/cm' (piccola rispetto a i.').
Inoltre il momento torcente interno conseguente alle r variabili nello spessore vale, per la [5.11], M, (i)=GJ,ff,
[5.27]
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
e un legame fra i due contributi [5.26], [5.27], di natura elastica, è stato tacitamente introdotto considerandoli generati l'uno direttamente dalla deformata {}, l'altro dalla derivata seconda della stessa {}. In conclusione si deve avere, come indicò Weber (v. bibl.) C5 •12J,
tuno tuttavia notare che, in una sezione in cui si abbia 1J=0, risulta per la [5.27] M,(r)=O, per cui il momento torcente esterno viene realizzato soltanto con tensioni Llr di membrana, in contrasto quindi, nell'intorno della sezione in questione, con I 'ipotesi inizialmente fatta. Concludiamo osservando che, come mostra I'esempio seguente, la presenza di vincoli Che contrastano con efficacia l 'ingobbhnento di una o più sezioni attenua fortemente il valore delle tensioni tangenziali 'i nell'intorno di ogni sezione irrigidita.
118
d'{}
M, (Lh:)+M, (i)=-Elw dx' +GJ,{}=M,;
[5.28]
119
per cui, posto : [5.29]
si ottiene l'equazione (a ha la dimensione fisica dell'inverso di una lunghezza, ossia L-1), d 2 {}
- - - a 2 if=-a 2
dx'
M, -- ,
GJ,
[5.30]
Esempio 5.4. Una trave, a parete sottile aperta, è incastrata a un'estremità ed è soggetta all'altra estremità, impedita di ingobbirsi, a un 'azione torcente Mt (fìg. 5.22). a) Lo stato di deformazione e di sollecitazione è approssimativamente definito dall'equazione differenziale [5.30], della quale un integrale particolare ovviamente è r-z12,~----11i--4
che esprime la deformazione {} della trave per un dato momento torcente e che quindi, per tramite delle formule precedentemente ricavate, consente di calcolare le sollecitazioni e le tensioni. La soluzione dell'equazione [5.30], se si indica con {}P un suo integrale particolare, risulta:
{}={}v+C1 cosh ax+C, senh ax,
con le costanti
e,, e,
[5.31]
• Fig. 5.22
it
I JI Bfil-c)Mt
'---x
#p=MtfGJt. Le costanti C1' C 2, presenti nella soluzione [5.31], sono determinate dalle condizioni che per x= ±l/2 si abbia fr=O, ossia dalle due equazioni, posto a!/2~À,
C1 cosh A-!-C2 senh A= -{}P
da determinare mediante le condizioni ai limiti.
C1 cosh A-C2 senh À=-{}p,
dalle quali,
5.3.4. Trave a parete sottile aperta, soggetta ad azione torcente, con alcune
sezioni impedite di ingobbirsi. Quando una sezione è impedita di ingobbirsi, non può aver luogo, lnngo la sua linea media, alcuna variazione dello spostamento u secondo l'asse_ della trave, quindi, per la [5.14], in essa è nulla anche la rotazione unitaria{}. Il fatto che, qualora si pensasse impedito l'ingobbimento di tntte le sezioni, {} risulterebbe ovunque nulla, per cui la trave soggetta a momento torcente non si deformerebbe, può a prima vista lasciare perplessi. Invece la conclusione appare chiara appena si rifletta che la deformazione{}, essendo univocamente connessa, nella schematizzazione teorica adottata, con l'inR
gobbimento delle sezioni, risulta nulla quando la mobilità della struttura viene limitata con l'ipotesi che l'ingobbimento non sussista.
Lo studio della trave a parete sottile aperta con alcune sezioni impedite d'ingobbirsi può essere effettuato impiegando l'equazione [5.30]. È opporL'espressione [5.26], connessa con Ja presenza di tensioni tangenziali Li-r di membrana ripartite pressochè uniformemente nello spessore, è in contraddizione con l'ipotesi dalla quale essa dipende (rel. 14 e seguenti), che gli scorrimenti, quindi le tensioni tangenziali, siano nulli in corrispondenza della linea media di una generica sezione. Ciò nonostante, i risultati sono in genere attendibili (un errore abbastanza sensibile può essere compiuto nello studio di travi aventi sezioni impedite d'ingobbirsi; par. 5.3.4). ~ <5 ·12l
quindi: coshax). cosh A
Per le formule [5.27], [5.26], [5.17] si ottiene M. "')
"' ~ E
M.(Lh)=M,G
M.
fw
'
(l
J;a'
(1'~al/2,
a'=GJtfEJw):
cosh ax ) ,
[b]
coshÀ
coshax
cosh,\
df} Mta senh ax w*=Ew* dx GJ, cosh À
a=~E-
[a]
M t
coshax coshJ. '
Mtro* aJw
senh ax cosh .lt
[e]
1
[d]
l/2
J M,l ( tgh1') OA·B~2j"!dx= GJ, 1 - - . - ·
[e]
In definitiva lo stato di sollecitazione risulta identico a quello di mezza trave avente un'estremità incastrata e l'altra libera soggetta all'azione Mt, come d'altronde dev'essere per evidente condizione d'antimetria; ·l'avremmo quindi potuto ottenere imponendo per quest'ultima sezione la condizione ai limiti che siano nulle le tensioni normali.
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
b) UD caso numerico. Profilato HEA 300 (fig. 5.23), 1~300 cm, v~0,3. Per il calcolo dell'area polare w* l'origine a dell'intervallo di integrazione viene posta nel baricentro G della sezione (C'=O, par. 5.3.2); anche il polo, che dev'essere il centro di taglio, coincide con G. La funzione w* è indicata nella fig. 5.23
e) Per un profilato IPE 300 di uguale lunghezza si ottiene (fra parentesi i valori calcolati per HEA 300): a (max)~ 96, 7 · 10-2M, (22, 7 · 10-2) ,
120
[fw•s·dc~4s,(+
J 00 [relaz. 5.25; par. J, [relaz. 5.11]~
Ll• (max)~3,2 · 10-2M,
~)]:
b:
b'h 2 bh) s1h'b' , (J6 · 3 4 ~-z;r-~1,1998 · 10' cm ,
Ea, · s, 2 ~
3
J, x~al/2~0,661
(1,3 · 10- 3) ,
'i' (rnax)~25,3 · 10-2M, (4,3 · 10-2) ;
5.2c]~4s 1
1
121
3
senh tgh
JCù s1_14 ! i
(5,3),
Ll• (max)/T (max)~0,13 (0,30),
1
(2 · 30 · 1,4'+27,6 · 0,85')~60,53 cm', a=4,405 · 10-3 cm~ 1 ,
19,404. 10-''
'
a (rnax)/r (max)~3,8
x~0,7102,
cosh x~ 1,2265,
x~o,5790.
y
M,l/GJ,
(0,124).
Nella fìg. 5.23c sono indicati i diagrammi delle tensioni Ll7: e a: i segni delle tensioni Lf-,; sono facilmente controllabili dovendo esse riprodurre, completamente o in parte, il momento torcente esterno; determinati i segni delle LI-,;, è facile controllare i segni delle tensioni a (equilibrio dell'elemento 1-2-3-4 della fig. 5.23c), deducibili per altro dal diagramma w* [fig. 5.23b; per la a) iJ' è negativa].
5.4. Sistemi equilibrati di forze longitudinali applicati alle estremità di una trave a parete sottile aperta. Bimomenti e relativi stati di tensione.
IQ)
G~P-a1--~z
a)
OA-n~0,252
a) Nel precedente paragrafo si è visto che l'esistenza di una deformazione 1} variabile lungo l'asse di una trave a parete sottile aperta comporta la presenza di tensioni normali:
X
d{}
<1=-E--w* dx
Fig. 5.23
In mezzeria
(x~O):
M,(T) [relaz.
b]~M,(1- l, 2; 65 )~o,185 M,, M,(Ll•)~0,815
a=O (in accordo con la configurazione antimetrica), i (max)~M,(i) s1 /J,~4,28 · 10-2M, kg/cm' (M, in kgcm).
All'estremità B
(x~l/2):
M,(i)~O
(quindi
i'~O),
Mw*
a (max)=---'---J tgh .1~22,68 · 10-3M,(w* ,,,.,~bh/4) ; a
e che a tali tensioni corrisponde per ogni sezione un sistema di sforzi equilibrato; circostanza, questa, fissata dalle relazioni (par. 5.3.2c):
f w* dA=O,
M,,
ro
[5.17, ripetuta]
'
fw*ydA=O,
f
~l,29
A•
OA-B [relaz. e]~0,124 M,l/GJ,.
· 10-'M,;
dA
[5.32]
Jw* zdA=O,
nelle quali la funzione w* è l'area settoriale calcolata assumendo come polo il centro O di taglio; e i suoi momenti statici w*y, w*z sono da valutare rispetto agli assi principali baricentrici della sezione. Inoltre è facile rendersi conto che se, per una data sez!one, si considerano le tensioni normali <1 (conseguenti alle caratteristiche di sollecitazione N, M,, My) valutate considerando l'elasticità lineare e la conservazione delle
sezioni piane, l'integrale:
il valore massimo della tensione tangenziale di membrana si ha nelle sezioni A, B, e per la [5.22] vale (a'~GJ,/EJ00 ): M, Mt S1b 2 h Ll• (max)=-J w* dA=-J 16 wS1 wS1
<1
[5.33]
risulta nullo: infatti, perio sforzo normale, u=
~,
quindi B=
~
Jw* dA =0,
in virtù della prima delle relazioni [5.32]; e ad esempio per il momento M,,
122
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
essendo a=M,y/J,, si ha B= M, fw*y dA=O, nulla anch'essa per la seconda J,
J'
delle stesse relazioni. Diversamente stanno le cose se la tensione a è data dalla [5.17], ossia, come si è ricordato, in assenza di N, M,, My; infatti in tale caso, ricordando la definizione [5.25] di Jm, si ha:
B=-E d{} fw* 2 dA=-E d{} J dxJ~
dx
w'
[5.34]
certamente non nulla, mantenendosi la funzione integranda ru* 2 sempre po-
sitiva. Pertanto l'entità B, alla quale competono le dimensioni fisiche FL 2, gode della proprietà di annullarsi quando esistono le caratteristiche di sollecita-
123
rilevare la correlazione formale tra le relazioni [5.36], [5.35], [5.34] e quelle relative allo stato fiessionale: My dM a=--, dx =T, J A proposito del valore del bimomento può essere opportuno notare anche che, nel caso di carichi longitudinali applicati alla sezione estrema di una trave, la tensione a non è nulla soltanto nelle zone di applicazione delle forze; per cui, nel caso di n carichi addensati su aree molto piccole, l'espressione [5.33] diventa, essendo in corrispondenza dell'intorno ±J di ogni carico P, (in cui si può considerare costante il valore di w*) dA=P,.
J,a
n
B=E P,w,*,
[5.37]
i=l
essendo w,* il valore della funzione w* in corrispondenza del relativo carico P,. p
p
(
(
r
~Mt
/
\
''
''
Fig. 5.25 Fig. 5.24
a)
b}
e)
a)
'' '' '' ''
'
"'\ '' '' b)
'' ''
d)
Così, ad esempio, per la trave avente la sezione a corona circolare aperta zione direttamente produttrici di tensioni normali, e viceversa di potere esi-:
stere quando esse sono nulle; e va da sè quindi che, se per nn dato stato di tensione la relazione [5.33] fornisce un certo valore di B non nullo, oppure B ha un valore assegnato, per le [5.17, 5.34] si ha: [5.35]
In conseguenza della sua genesi, alla quantità B, dipendente dall'azione simultanea di due coppie di senso opposto e agenti su due piani distinti e paralleli (fìg. 5.25), è stata data la denominazione di "himomento ". Ma è opportuno tener presente che con un momento essa nulla ha a che vedere: non per dimensioni fisiche, non per la possibilità di esser calcolata utilizzando condizioni di equilibrio; B è soltanto un'entità analitica di comodo. Inoltre, derivando rispetto a x la [5.34], si ottiene la [5.26], per cui risultando: dB dx =M, (Llr) ,
[5.36]
il bimomento è legato al momento torcente come, nella teoria della flessione semplice, il momento flettente è legato al taglio; ed è interessante
della fig. 5.24a (w*=n R 2 , es. 5.2, con
B=2 Pn R';
[5.37,]
e per la sezione a doppio T della fìg. 5.24b (il diagramma w* è riportato nella fig. 5.23):
d·h
B=4P-2
[5.37,]
o soltanto:
d·h
B=P-2
[5.37,]
nel caso di un solo carico, per il quale ovviamente sono da considerare anche le consuete caratteristiche di sollecitazione. Lo studio dello stato di deformazione per effetto di bimomenti applicati alle sezioni estreme di una trave scaturisce dall'equazione differenziale [5.30], la quale ovviamente in tale caso è omogenea, essendo nullo il momento torcente esterno; per cui la soluzione [5.31] diventa: fJ=C1 cosh ax+c2 senh ax.
[5.31,]
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
b) Deformazioni e tensioni si smorzano in genere lentamente per effetto di un bimomento agente su una trave a parete sottile aperta.
e con sezioni a doppio T (avente ali e anima tra loro uguali), a E e a corona circolare tagliata: per avere, ad esempio, soltanto il dimezzamento della e (e delle relative conseguenze), occorre una distanza da1l'estremità caricata pari h h in cifra tonda, in ciascuno dei tre stessi casi, a h · 0,23 - ; h · 0,27 - ; D s s D · 0,55- · Quindi, per una snellezza h/s=D/s=30 (paragonabili ai valori s ricorrenti per i profilati), a distanze pari all'incirca a 7 h; 8 h; 16 D.
124
Pensiamo che una trave a parete sottile aperta, cli lunghezza illimitata, abbia la sezione estrema soggetta a un bimomento B0 • Se si pone l'origine dell'asse x sull'estremità, poichè, per x=co, cosh ax=senh ax e gli effetti si possono considerare estinti (#=0), nell'equazione [5.31 1] si ha C2 =-C1 , quindi (cosh ax-senh ax=e-•"; a 2 =GJ,/EJw), D=C1e-~=(·'U') X=O e-•x '· 0
[5.38) Esempio 5.5.
d# ed essendo B=-E dx Jw, si ottiene, per x=O, B,=-E(-C1 a)J00 , C1 =BJaEJ00
•
125
[5.39)
Da1la formula [5.38] risulta d#/dx= -ae, d 2#/dx 2=a 2 #, pertanto, in base alle relazioni [5.17] [5.22], tutti gli effetti si propagano con lo stesso andamento deUa funzione e. Come vedremo nell'esempio 5.5, il valore del parametro a è tale che, per le sezioni a parete sottile aperta, in genere occorrono notevoli distanze x, molto superiori aUa maggiore delle dimensioni che caratterizzano la sezione, per ottenere sensibili smorzamenti; quindi, scaturendo il bimomento B da un sistema cli forze in equilibrio, per tale tipo di azione esterna le travi aventi sezione a parete sottile aperta possono comportarsi diversamente da quelle con sezione compatta, in relazione al principio di De Saint Venant. Sia l'entità del bimomento conseguente ad assegnate condizioni di carico, sia lo smorzamento dei relativi effetti dipendono fortemente, come vedremo nell'esempio 5.5, dalla forma deUa sezione e dall'esilità dei suoi spessori in relazione aUe altre dimensioni. Nel caso indicato nella fig. 5.25, o in casi analoghi, è facile rendersi conto, come già abbiamo accennato nella premessa, che la propagazione degli effetti di norma può spingersi assai lontano dalla sezione estrema soggetta al disturbo di cui il bimomento fornisce la misura: se le due ali fossero completamente separate l'una dall'altra, evidentemente il momento agente su ciascuna ala si propagherebbe conservando immutato il suo valore. Ma l'anima deve intervenire per mantenere collegate le due parti che tenderebbero a subire crescenti spostamenti relativi, essendo soggette a momenti di segno opposto; e ovviamente il suo intervento è tanto meno efficace quanto meno essa è rigida, ossia quanto più è piccolo il rapporto dello spessore con l'altezza. Inoltre può essere utile notare che la deformazione è simile a quella provocata da un momento torcente; ossia che il bimomento provoca, come Mh una rotazione unitaria {} la quale, penetrando nella trave, porta con sè una scia di tensioni tangenziali dei due tipi (i, Lh)
e cli tensioni normali. Per quanto poi riguarda l'influenza che la forma della sezione può avere su tale fenomeno di forte propagazione degli effetti, può essere utile citare i tre casi che verranno trattati nell'esempio seguente, riguar-
danti travi di grande lunghezza, con bimomento non nullo a un'estremità
Calcolare per alcuni tipi di trave a parete sottile aperta, aventi lunghezza infinita e l'estremità soggetta a un bimomento, l'entità dello smorzamento degli effetti.
Fig. 5.26
a) Sezione metallica, a corona circolare interrotta (fig. 5.26). L'area polare vale, considerando come polo il centro di taglio e l'origine dell'intervallo d'integrazione sull'asse di simmetria (z0 =2R, v. es. 5.2 e fig. 5.13),
w*=R' (2sen
•
2
Jw=2fw* 2 dA=2nR 5s(~ G~E/2
-2),
(con v~0,3),
(1 +v)
a'~GJ,/EJ00 ~0,099394
1 ' 2nR, Jt=3s
s'/R',
a~0,3153
s/R',
Per la [5.38], f>=fr 0 e-1X,'C; quindi la rotazione unitaria f> e le relative conseguenze ad esempio si dimezzano, rispetto ai valori iniziali, alla distanza x dalla sezione estrema per la quale e-«x=0,5, ossia ax=0,693. Sostituendo il valore di a si ottiene
x~2R (0,55
2 :),
[a]
che è notevole per avere soltanto il dimezzamento del disturbo impresso. Secondo
la [a], lo smorzamento è tanto più fievole quanto più è piccolo s/R.
126
Travi a parete sottile aperta
Capitolo quinto
b) Sezione n1etallica a doppio T, di spessore costante.
Le varie quantità si calcolano semplicemente (es. 5.4, fig. 5.23): lw~h'h's/24,
Per
J,~(2b+h)
a'~GJ,/EJ00 •
s'/3,
applicate sulle due facce, avendo come dianzi si è notato senso opposto, si neutralizzano. Di conseguenza l'azione tangenziale unitaria (dc=!) da considerare agente in un punto generico della stessa striscia vale, ricordando la relazione [5.1],
b~h:
d(-r:s)
a~ 3s/h 2
--dx= dx
;
e procedendo come in a) si ottiene che il disturbo impresso ad esempio si dimezza alla distanza: x:;;,h (0,23 h/s). [b]
x~
•
d(TyS,*/J,)
d(r:s)
7:S=t, - - = t '
. SI
dx;
dx dTy
e poichè la sezione e costante e dx
dx
Per un profilato HEA 300 (es. 5.4) si ottiene invece:
127
=
-qY, ponendo, per il tratto dc= I,
ottiene: S*
t'=-~
[5.41]
J,
157 cm-;:;5,7 h;
[5.40]
e per un IPE 300, x~3,5
?',,,
h.
\
e) Sezione metallica a E con b=h e di spessore costante (fìg. 5.26). Zo
(es. 5.1)
3b's1 6bS1+ hS2
_
w,*~w,*+bh/2~0,2857
Jw~
f
w*'
dA~2s(
i-
h', Fig. 5.27
w,*' ; ) (anima)+2bs [w,*'+(w,*-w,*)'/3+
+w,* (w,*-w,*)] J,~hs'
\
3 h 7 '
(ali)~0,05952
(v. punto b),
h's,
a=2,54 s/h 2
;
e procedendo come in a), il disturbo impresso ad esempio si dimezza per x:;;,h (0,27 h/s).
5.5. Travi a parete sottile aperta: sollecitazioni per le strisce di parete trasversali; l'importanza degli irrigidimenti alle estremità della trave. a) Per una trave di sezione costante soggetta a lID carico unitario qy siano note le caratteristiche di sollecitazione Ty, Mz in una generica sezione, di cui con y e z si indicano al solito gli assi principali baricentrici. Se immaginiamo di isolare una striscia, di larghezza dx (fig. 5.27), sulle due facce che la delimitano debbono essere applicate le tensioni normali e tangenziali poste in evidenza dai tagli clie si pensa di avere praticato; le tensioni ovviamente in:vertono il loro senso passando da una faccia all'altra, e si incre1nentano di una quantità piccolissima pari al loro differenziale. Pertanto la striscia consideratà, che è una struttura piana, si trova in equilibrio sotto l'azione dei correlativi carichi e dei suddetti sforzi interni, dei quali però, per quanto concerne lo stato di sollecitazione piano,· interessano soltanto i differenziali delle tensioni tangenziali, poichè le parti finite
A tale punto per la striscia, che per semplicità può essere considerata di larghezza dx= 1, possono venire calcolati i diagrammi delle sollecitazioni, essendo note tutte le forze agenti su di essa: sono sollecitazioni che agiscono su sezioni aventi la larghezza dx=! e l'altezza pari allo spessore s della parete e che possono avere importanza ad esempio per strutture precompresse longitudinalmente, impiegate per coperture, di tipo analogo a quello indicato nella fig. 5.2. L'espressione dell'azione t', legata a quella delle tensioni "• (par. 5.2), vale nell'ipotesi che si possano considerare piane le sezioni, quindi per travi sufficientemente snelle. È ovvio che la superficie media di traslazione della parete può avere direttrice delle più svariate forme, anche poligonale (fig. 5.2). I lirniti di attendibilità dei valori delle sollecitazioni trasversali forniti dalla [5.41] sono evidenti appena si rifletta, come si è detto, sulle ipotesi che la legittimano; ad esempio per una trave prismatica soggetta a carico qv uniforme il diagramma delle azioni tangenziali t' resta costante lungo l'asse della stessa trave, insensibile quindi alle condizioni di vincolo in cui si trovano le sezioni estreme. b) L'importanza degli irrigidimenti alle estremità (timpani). Se si considera la striscia sugli appoggi in fregio a una delle testate (figura 5.28), per essa si deve tener conto, essendo la faccia 2 esterna, delle
129
Travi a parete sottile aperta
Capitolo quinto
128
azioni tangenziali t=u=TyS,*/J, applicate alla sezione interna I, oltre, s'intende, alle reazioni degli appoggi e ai carichi esterni agenti direttamente sulla striscia stessa. Tale concentrazione di azioni richiede in genere, per strutture di una certa importanza, l'irrigidimento delle sezioni estreme mediante sottili pareti verticali, o ispessimenti del bordo, o anche semplici tiranti (fig. 5.2). S'intende che se la trave è continua sugli appoggi, anche la faccia 2 si trova soggetta a sforzi che aggravano, rispetto al caso di appoggio semplice, lo stato di sollecitazione della striscia interessata dalle reazioni dei vincoli.
b) Carichi q/2 distribuiti lungo i bordi.
Rispetto al caso precedente, il momento dovuto alle azioni ( non si modifica (basta aver presente ]a rei. 5.41, in cui è da porre qy=q), mentre quello dovuto al carico vale (per qJ=O)-
~ R sena; quindi, per a=30°, si ottiene:
m.(
-0,320 qRa~ -0,1676 qR.
e) Può essere utile confrontare, ad esempio per il caso considerato in a), le massime tensioni per mrp (che agisce nel piano z-y) e M,,, (applicato alla sezione della trave), assumendo a=30° (c 0 =R), l=6c 0 , c0 =35 s (fig. 5.27) e considerando il materiale omogeneo, poichè interessa soltanto l'ordine di grandezza delle tensioni,
Iii (m,) I ~6m,/s'~ 10 q/s,
m, (max)~-0,0455 qc,,
M, (max)~ql'/8,
a,~M,ym.xfJ,~M,
· 0,088904 R/0,0016818
R's~ 238
q/s.
Fig. 5.28
Esempio 5.6.
Una trave a parete sottile aperta, appoggiata alle estremità, ha la sezione ad arco circolare ed è sottoposta a un carico distribuito uniformemente sulla superficie (fig. 5.29b) e a carichi q/2 applicati lungo i bordi rettilinei (fig. 5.29d).
A
a) Pressione uniforme. Con i simbo1i indicati nella figura si ha: Jz=R 3s (a+sen a cos a-2 sen 2 afa), sen_
(cos a-l)l+
a 2 +a sena cos a-2sen 2 a
m,(
con buona approssimazione si ha (per 15°:s;::a:s:;:35°):
-0,09 qRa ;
m, è indicato nella fig. 5.29c.
d)
·
qR;
5.6. Bibliografia.
per a=20°, m,(
Fig. 5.29
Pertanto, per le travi snelle soggette a condizioni di carico correnti, le tensioni normali per le strisce trasversali hanno valori molto minori di quello massimo in direzione longitudinale; tuttavia esse possono ugualmente interessare quando la trave sia precompressa soltanto longitudinalmente.
Per a=30° si ottiene:
il diagramma di
e)
~q/2
(1-cos a) (1-sen a/a)+0,5 sen' a-0,5 a sena ]
m,(
j_
>
il momento unitario mrp massimo dovuto, nella sezione di mezzaria (rp=O), al carico e all'azione tangenziale t' vale:
+ [2pR'a'
-i ~-o,09qaR
a
2aR;
m.(
'P
qR;
L'esistenza di azioni torcenti causate da carichi non passanti per il centro di taglio venne sperimentalmente rilevata nella memoria di C. BACH, " Versuche iiber die tatstichliche Widerstandsftihigkeit von Balken init E fOrmigem Querschnitt ", Zeitschrift des Vereines Deutscher Ingenieure, vo1. LIII, 1909, p. 1790; Bach nelle sue esperienze scelse con accortezza profilati aventi sezione a [, particolarmente idonea per inettere in luce l'esistenza della torsione anche quando il piano di sollecitazione è baricentrico, e, assegnando posizioni variabili alla retta d'azione del ca9 -
POZZATI,
TTM1.
Capitolo quinto
Travi a parete sottile aperta
rico, individuò sperimentalmente quella che non dava luogo a rotazione per torsione. Il problema fu per la prima volta risolto in un caso part!colare (trave con sezione semicircolare) da S. P. TIMOSHENKO, «Use of Stress Funct1on to Study Flexure and Torsion of Prismatic Bars » (in russo), Politecnico di St. Petersburg, 1913 (si trova notizia di ciò nella bibliografia del volume di S. P. TIMOSHENKO-!. M. GERE, Mechanics of Materials, Van Nostrand, New ~ork, 1_972).. La so~uz1one g_enerale "."e?TI-e chiaramente illustrata da R. MAILLART 1n vari suoi lavori, apparsi sulla r1v1sta Schweizerische Bauzeitung, dei quali in particolare ri~ordiamo <1 Zur Frage der Biegung », voi. LXXVII, 1921, p. 195 e 'Der Schubm1ttelpunkt », voi. LXXXIII, 1924, p. 109, p. 176: fu Maillart a proporre, tra l'altro, l'appropriata denommaz1one di «centro di taglio 1>. Interessanti osservazioni si trovano in una breve nota cnttca (riportata sotto forma di una lettera alla riv~sta) di A. EGGENSCH~YLER, Schwe~zeri sche Bauzeitung, vol. LXXVI, 1920, p. 206; s1 veda anche, a proposito della tor~1one, i chiari capitoli XII, p. 219, di H. PARKUS, Mechanik der festen_ Kiirper, ~pr1nger, Wien, 1966 (2a ed.), e p. 200, di W. FLUGGE, Festigkeitslehre, Spnnger, Berhn, 1967. Della posizione del centro di taglio trattano anche i lavori: W. L. ScHWALBE, «-Ober den Schubmittelpunkt in einem durch eine Einzellast gebogenen Balken l>, z.eit: schrift filr Angewandte Mathematik und Mechanik, voi. XV, 1935, p. 138 (sez10m di forma qualunque, non aventi una dimensione piccola rispetto alle altre; le equazioni differenziali esprimenti i legami di equilibrio tra le tensioni e di congruenza interna tra dilatazioni e scorrimenti, sono risolte con l'introduzione di due funzioni delle tensioni); E. TREFFTZ, «O-ber den Schubmittelpunkt in einem durch eine Einzellast gebogenen Balken », lbid., voi. XV, 1935, p. 220. . La torsione d~. profilati aventi sezione qualunque venne accuratamente studiata da C. WEBER, ' Ubertragung des Drehmornentes in Balken mit doppelflanschigem Querschnitt », Zeitschrift fiir Angewandte Mathematik und Mechanik, val. VI, 1926, p. 85 (dello stesso Autore 'Biegung und Schub in geraden Balken », Ibid., voi. IV, 1924, p. 334): nel primo dei due lavori cit~ti (1926, p. 93) si trova ricavata, ;;er trave soggetta a momento torcente var1ab1le, 1 equazione differenziale [5.30] (lì -r: 2&= = -a 2 MtfGJt) esprimente la suddivisione dell'azione torcente nelle du~ parti realizzate con tensioni tangenziali di membrana o ad andamento intrecciato, determinando le conseguenti tensioni normali a (la presenza e la possibile importanza di queste per profilati a doppio T era stata già rilevata da S. TIMOSHENKO~ Z~itschr. far Mathematik und Physik, 1910, p. 361); nel par. 3 della stessa memona Sl. trova rilevata, sostanzialmente impiegando il teor~ma d~l lavoro mutuo, _la co.1nc1~enza (in assenza di sforzo normale) del centro d1 tors1one col centro d1 taglio; In un esempio numerico l'esperienza di Bach è verificata con ottima concordan~a. P~r la correlazione tra centro di taglio e di torsione, impiegando il teorema d1 Betti, si veda: J. MANDEL, « Détermination du centre de torsion à l'aide du théorème de réciprocité », Anna/es des Ponts et Chaussées, voi. CXVIII, 1948, p. 271. Per il bimomento si veda BESCHKINE, «Théorie de la torsion flexion des poutres prismatiques », Anna/es de l'Jnstitut technique du Bdtiment et des Travaux_ Pub/ics, 1947. . . V. Z. VLAsov ha contribuito notevolmente alla soluzione e alla semphficaztone di numerosi problemi riguardanti le lastr~ sottili e. in partic?l.are l~ ~!avi a .parete' sottile aperta. Per queste da tempo era chiaro che v1 sono casi in cui 1 1ngobbnnento delle sezioni acquista grande importanza. yiassov ut!lizzò l'ip?tesi. della .«conservazione della forma del contorno » della sezione, con 11 vantaggio dt far dipendere lo stato di sollecitazione dalla sola deformazione unitaria {} e introdusse il concetto di «area settoriale»; è evidente che l'ipotesi dianzi citata è meno restrittiva di quella della conservazione delle sezioni piane. Per la determinazione del centro di tagli? O, !:impiego delle ?efinizioni rigua:danti l'area s~tto!iale conse~te qualc?e se~phfica~1one dei calcoli rrnpetto al procedimento, tuttaVIa di gran~e ev1de1?za fisica, di deter~t~are il punto O (secondo Timoshenko e Maillart) come 1ntersez1one delle rette d azione degli sforzi tangenziali conseguenti a due azioni taglianti che conviene fare agire
secondo le direzioni principali; inoltre col procedimento di Vlasov il centro di taglio scaturisce come proprietà intrinseca della sezione. L'introduzione del concetto di « area settoriale » e della quantità J w ad essa correlata ha consentito a Vlasov di calcolare, tra l'altro, gli stati di sollecitazione e di deformazione conseguenti a sistemi di carico equilibrati connessi con l'esistenza di quella particolare entità ana~ litica, indice dell'effetto d)ngobbimento e di penetrazione all'interno della trave, chiamata « bimomento ». E evidente che a un'impostazione così fatta dello studio delle travi a parete sottile aperta sono state dischiuse le porte a ·una trattazione, in parallelo a quella sviluppata con l'ipotesi della conservazione delle sezioni piane, di molti problemi delle travi a parete sottile aperta. A tali problemi Vlasov dedicò un nutrito numero di lavori, pubblicati a partire dal 1936 sino al 1949 circa. I risultati più significativi si trovano raccolti nel suo volume (del quale la 1a ed. in russo apparve nel 1940, la 2• ed. nel 1958) V. Z. VLASOV, Thin-walled Elastic Beams, tradotto dal russo, Israel Program for Scientific Translations, Jerusalem, 1961. Inoltre sono di particolare interesse i seguenti lavori: H. WAGNER, « Verdrehung und Knickung von offenen Profilen », Festschrift 25 Jahre T. Hochschule (Danzic), 1929. - H. WAGNER und W. PRESCHER, « Verdrehung und Knickung van offenen Profilen », Lufthartforschung, 1934, p. 174 (l'ipotesi adottata è analoga a quella del contorno indeformabile estesamente introdotta nel 1936 da Vlassov). - F. BLEICH und H. BLEICH, « Biegung, Drillung und Knickung van Sta.ben aus diinnen Wanden », Vorbericht Zweiter Kongress Internationale Vereinigung /tir Briickenbau und Hochbau (Berlin), ottobre 1936. - A. R. RzHANITSYN, « Combined Resistance of Thin-walled Profiles with Inflexibible Contour at and Beyond the Elastic Limit », Trudy Laboratorii stroitel'noi mekhaniki, 1941; dello stesso Autore, «The Stability of Thin-walled Beams Beyond the Elastic Limit », Ibid., 1949. - H. N. lIILL, 'Torsion of Flaged Members with Cross Sections Restrained against Warping », National Advisory Committee /or Aeronautics, Technical Note, n. 888, 1943. - T. von KARMAN e CH:rusTENSEN, «Methods of Analysis far Torsion with Variable Twist», Journal of the Aeronautica! Sciences, vol. XI, 1944. - S. TIMOSHENKO, « Theory of Bending, Torsion and Buckling of Thin-walled Members of Open Cross Section », Journal of the Franklin Institute, voi. CCXXXIX, 1945, p. 201 e seguenti. - W. J. DuNCAN, «The Flexural Centre or Centre of Shear l>, Journal of the Royal Aeronautica! Society, voi. LVII, 1953, p. 594. - M. CAPURSO, ' Sul calcolo delle travi di parete sottile in presenza di forze e distorsioni (5 note), La Ricerca scientifica, anno 34 (II-A), vol. VI, 1964, pp. 213-286, voi. VII, pp. 5-106 (accurata trattazione generale dell'equilibrio elastico delle travi di parete sottile soggette a carichi e ad ~zioni distorcenti); dello stesso Autore, Lezioni di Scienza delle costruzioni, Pitagora, Bologna, 1971, cap. VII-7. - V. FRANCIOSI, «Le travi a sezione sottile», Rendiconti del Corso di Perfezionamento per le costruzioni in c. a., Tamburini, Milano, 1965. - A. MIGLIACCI, «Sul problema della torsione di travi continue con sezione aperta di piccol~ spessore», Rivista di Ingegneria, ottobre 1965. - H. PARKUS, E. TuNGL, « Der E1nfluss van Eigenspannungen auf die Torsion diinnwandiger offener Profile » [monografia riportata a p. 135 del voi. H. GREGG, W. PELIKAN, F. REINITZHUBER, Stahbau und Baustatik aktue/le Prableme (in onore di Beer e Sattler), Springer, Wien, 1965]. A. PmLLIPS, «The Shear Center in Creep of Beams of Thin-walled Open Cross Sections l> (contributo riportato a p. 65 degli Atti del Congresso, tenuto nell'Università di Stanford, California, Creep in Structures, editi da N. J, HoFF, Springer, Berlin, 1962). - J. L. NowINSKI, «Theory of Thin-walled Bars », Applied Mechanics Surveys, ed. Abramson et al., Spartan Books, Washington, 1966, p. 325 (la questione del centro di taglio inquadrata nella trattazione generale di travi soggette a flessione e torsione). - S. DEI Pou-G. RAMPI, «Viscoelastic Stress Analysis by Finite Strip Method », Costruzioni in cemento armato, Corso di perfezionamento Fondaz. Pesenti, ed. Tamburini, Milano, 1974, p. 271 (si trovano trattati esempi di travi a parete sottile aperta). - F. MOLA, «Sul problema della flesso-torsione in fase viscosa
130
I
131
132
Capitolo quinto
lineare di travi in parete sottile a sezione aperta l>, Ist. Scienza e Tecnica delle costruzioni, Polit. di Milano, Nota tecnica n. 21, gennaio 1974. Magistrali capitoli sono contenuti nelle seguenti opere: V. FEODOSYEV, Strength of Materials, Mir Publishers, Moscow, 1968, cap. Xl. - S. TIMOSHENKo-J. 1':f· GERE, op. cit., cap. VIII. - J. CouRBON, Résistance des matériaux, Dunod, Fans, 1971,
voi. Il, cap. X. Per quanto riguarda il calcolo delle sollecitazioni trasversali, il procedimento «a trave l>, che consente di dedurle dando per buone le tensioni O'z, Txy dedotte dal1'ipotesi della conservazione delle sezioni piane, fu suggerito da U. FINSTERWALDER, « Die Theorie der zylindrischen SchalengewOlbe System Zeiss-Dywidag und i~re Anwendung auf die Crossmarkthalle in Budapest )>, Intern. Assoc. Bridge and Struct. Engineering, 1932, p. 127. Si veda in proposito H. LUNDGREN, Cylindrical Shells, Danish Technical Press, Copenhagen, 1951 (2a ediz.).
CAPITOLO
VI
LA TRAVE SU APPOGGI ELASTICI INFINITAMENTE VICINI
6.1. Osservazioni introduttive. Equazione della liuea elastica e sua integrazione. a) Frequentemente si presenta la necessità di conoscere il comportamento di una trave soggetta a vincoli elastici distribuiti, che applicano in ogni punto dell'asse una reazione proporzionale allo spostamento trasversale. Reazione che può essere effettivamente continua, come, ad esempio, per le travi di fondazione, schematizzando approssimativamente il terreno alla stregua di una distesa di molle elastiche indipendenti tra loro e vicinissime; ma che può anche agire in punti distanziati ed esser pensata invece diffusa, come può supporsi nello studio di certi reticoli di travi. Si comprende quindi che, per la possibilità di riportare innumerevoli problemi pratici al comportamento della trave su appoggi infinitamente ravvicinati, le soluzioni e i procedimenti sen1p1ificativi sono stati numerosi, per cui ci dovremo limitare a trattare l'argomento nelle sue linee di maggior rilievo per i casi che più interessano le applicazioni. La natura del sostegno continuo che vincola la trave, o come usualmente si dice del « suolo elastico alla Winkler », in ricordo di chi diede le prime soluzioni (v. bibl.), è caratterizzata dal «modulo del suolo» k, ossia dalla pressione che si deve applicare al « suolo » per avere lo spostamento v= l in direzione normale all'asse della trave. Per cui le dimensioni fisiche di k sono FL- 3 , e k si misura per esempio, in kg/cm3 ; e, se indichiamo con b la larghezza della sezione della trave in corrispondenza del lembo a contatto col mezzo vincolante, la reazione su un tratto lungo 1, se lo spostan1ento è v, vale r=-kbv=-{Jv, con senso opposto a quello di v; e al parametro:
competono le dimensioni fisiche di una pressione (FL- 2). Quindi se la trave è prismatica, e se si trascurano le eventuali azioni radenti (parallele all'asse) applicate dal suolo, l'equazione della linea elastica, con le note ipotesi, vale (fig. 6.1): d4 v EJ - d • =q-{Jv , X
[6.1]
Capitolo sesto
134
Travi su suolo elastico
e ponendo: (/3=kb)
[6.2]
la rotazione
(a è l'inverso di una lunghezza),
135
M=-EJv'',
T=-EJv'",
r=-f3v,
(6.6]
nelle quali le derivate hanno le seguenti espressioni:
vrv +4a'v=q/EJ.
[6.3]
La sua soluzione è data dalla somma di un integrale particolare, che tiene conto dell'eventuale carico q, e dell'integrale generale dell'equazione resa omogenea (q=O), col quale si prescrivono le condizioni di vincolo per le
v'=a[(-A+B)e-•' cosax+(-A-B)e-= sen ax+(C+D) e= cos ax+ +(-C+D) e= senax],
v"=2a 2 [-B e-r%C cos ax+A e-oci; sen ax+D era cos ax-C ea.x senax],
[6.7]
v"'=2a3[(A+B) e-"' cos ax+(-A+B) e-"' sen ax+ +(-C+D) e"' cos ax+(-C-D) e= sen ax];
per cui risultano simili le espressioni della v e delle sue derivate; ognuna delle quali, nota la prima, può essere immediatamente ricavata, per similitudine, dalla precedente.
Fig. 6.1
sezioni estreme. Formulando la [6.3], si pensa inoltre il «suolo» in grado di reagire indipendentemente dal senso dello spostamento e con il medesimo modnlo.
Con notazione matriciale (cap. 1) la scrittura risulta molto semplice: infatti posto: H~[A,
B, C, D],
b) Integrali particolari. Se il carico esterno applicato lungo la trave varia
con la legge q=cxn, con
n~ 3,
un integrale particolare della [6.1] risulta: v=cxn/{3,
[6.4]
come facilmente si verifica constatando che esso rende soddisfatta la stessa equazione [6.1]; per cui, essendo r=-f3v=-cxn=-q, il carico si riversa immutato sul suolo, il quale si deforma come se la trave non esistesse. Se n=O (carico uniforme) o n=l (carico variabile linearmente), la trave è per di più inerte (M= -EJv" =0), e il carico q ha come unica conseguenza quella di caricare il suolo. Se n=2, la superficie caricata s'incurva, e allora per la trave, costretta a seguirla, risulta costante il momento flettente; se n=3, è costante lo sforzo di taglio; ma sia il primo (n=2), sia il secondo stato di sollecitazione possono sussistere senza che la trave riceva alcuna azione esterna ripartita (q, 0 " =q-f3v= -T' =0). e) L'integrale generale.
Può essere scritto in due forme che, pur essendo del tutto equivalenti, conviene riportare entrambe per qualche vantaggio di ordine applicativo. Una prima espressione è: v=Ae-•x cos ax+Be-= sen ax+ce= cos ax+De"' sen ax,
[6.5]
e le costanti A, B, C, D, sono da determinare con le condizioni ai limiti della trave (due per ogni sezione estrema). Ottenuta la linea elastica v, si deducono
X=
l
J
e-"" cos ax e-a.x sen ax ea.x cos ax ' ea.x sen ax
o -1 o l-1 u~ g -1o 1 o 1
-rl
si ha: v=HX,
v'=HUX,
v'''=HU 3X,
[6.8]
[6.9]
ed è facile verificare l'uguaglianza delle [6.7] e delle [6.9]. L'integrale generale può essere espresso anche nella seguente seconda forma, comoda perchè pone in evidenza le funzioni che hanno carattere di simmetria (le prime due) e di antimetria:
v=A cosh ax cos ax+B senh ax sen ax+C senh ax cos ax+ +D cosh ax sen ax;
[6.10]
e le derivate, ricavabili, come si è detto, a catena, valgono:
v'=a [(C+D) cosh ax cos ax+(-C+D) senh ax sen ax+ +(A+B) senh ax cos ax+(-A+B) cosh ax sen ax],
v =2a 2 [B cosh ax cos ax-A senh ax sen ax+ +D senh ax cos ax-C cosh ax sen ax], 11
[6.11]
v"'=2a3 [(-C+D) cosh ax cos ax+(-C-D) senh ax sen ax+ +(-A+B) senh ax cos ax+(-A-B) cosh ax sen ax]. Inoltre, come per la precedente espressione, risulta sintetica la scrittura matriciale.
Travi su suolo elastico
Capitolo sesto
136
6.2. La trave di luughezza illimitata. La soluzione particolarmente semplice di tale caso è di prammatica, essendo utile non soltanto perchè per suo mezzo può essere studiata la trave di lunghezza finita (par. 6.3), ma anche per le indicazioni che da essa si traggono e per il fatto che in alcuni casi il valore della lunghezza può risultare trascurabile sullo stato di sollecitazione. Consideriamo la trave illimitata soltanto da una parte, soggetta a un carico P 0 o a una coppia Mo (q=O; fig. 6.2), applicati nella sezione iniziale; nel punto in cui agiscono le azioni esterne viene posta l'origine degli assi coordinati. Dovendo annullarsi la v e la v' per x=oo, è chiaro che nell'espressione [6.5] dell'integrale generale debbono essere nulli quei termini che, per la presenza della funzione e"",
137
Pertanto un qualunque effetto provocato da una forza e da una coppia in corrispondenza di una generica sezione (che ovviamente può essere anche quella dove agiscono P 0 e M,) pressochè si annulla spostandosi della lunghezza d'onda À; ossia al di là di À ogni effetto è praticamente smorzato e la trave resta inerte, per cui non ha importanza il fatto che essa prosegua, sia vincolata o cambi forma. In definitiva, se la lunghezza è maggiore di À la trave si comporta in pratica come se fosse illimitata; e il tratto attivo, sede di sollecitazioni e movimenti, è evidentemente tanto minore, come indica la [6.13], quanto più è elevato il parametro {!/El ossia, come d'altronde è ovvio, quanto più è rigido il mezzo vincolante ed è deformabile la trave. Che poi in tale tratto l'andamento della v (quindi di ogni altra conseguenza) sia oscillatorio, appare chiaro appena si rifletta che, per una trave illimitata da una }c-,- .. 2n"a.A.4
T \fosax l1
' '8(x)
>jet:x'r\\, __ /
Fig. 6.2
risultano invece crescenti con x; deve quindi aversi C=D=O, mentre le costanti A, B sono da determinare mediante le condizioni ai limiti in corrispondenza della sezione caricata. Pertanto sia la linea elastica v, sia le derivate successive, come risulta dalle relazioni [6.7], sono funzioni del tipo: [6.12] quindi funzioni oscillatorie smorzate, derivando il primo attributo dalla · presenza della f(x), e il secondo dall'intervento della funzione e-""=l/e"", che per l'appunto tende a zero aumentando x indefinitamente. Il valore della funzione trigonometrica f(x) in un generico punto evidentemente si ripete incrementando l'argomento di 2n, quindi incrementando l'ascissa x di un intervallo Llx=À, tale che a(x+À)=ax+2n; da cui si ottiene la lunghezza: À= 2n =2n1'/ 4EJ , a V f!
[6.13]
che viene detta «lunghezza d'onda». È interessante anche notare che se F(x) è il valore della nostra funzione in un generico punto x, alla distanza (x+À) si ha, per la [6.12], F(x+À)=e-•Cx+'>f(x+À)=e-•Cx+>lj(x)=r"' e-•"f(x)= =e-•'F(x)c;;F(x)/535,
essendo, per la [6.13], e-•'=e-'"c;; 1/535.
[6.14]
a) /
/+
!~
1
>{ax'r
\
/ \,_/ Fig. 6,3
sola parte, sottoposta a P, e a M 00 l'equilibrio tra la reazione del suolo (r=f!v) e le azioni esterne evidentemente non sussisterebbe se lo smorzamento della v avvenisse con legge assintotica. Quindi, come per altro mostrano le relazioni [6.5], [6.7], nell'espressione analitica di ogni effetto delle azioni P00 M, figura sempre una delle funzioni:
1J{x)=e-ccv cos ax'
'f(X)=r"" sen ax,
s(x)=il(x)+'P(x),
d(x)=il(x)-'P(X),
[6.15]
per le quali la variabile x è da assumere sempre col suo valore assoluto, anche quando vengono calcolate per ascisse negative. Di tali funzioni, vari valori sono elencati nella tab. 6.1, al termine del presente capitolo; il loro andamento è qualitativamente riportato nella figura 6.3, con l'indicazione in tratteggio di quello che si avrebbe per la presenza delle sole componenti oscillatorie, non tenendo conto cioè della funzione esponenziale e-a.l:. Nelle seguenti formule, la cui validità è legata all'ipotesi che la reazione del suolo agisca nei due sensi, il primo segno vale per la trave a destra del1'origine degli assi, il secondo per quella a sinistra; sono inoltre assunti positivi gli spostamenti verso il basso e le rotazioni destrogire.
Capitolo sesto
Travi su suolo elastico
a) Trave illimitata da uua sola parte, sottoposta al carico P, in x=O (fig. 6.2): 2a + 2a' v==i=P, ff(x),
d) Trave illimitata da entrambe le parti, sottoposta alla coppia M, in x=O (fig. 6.4): a' a' V= ±M, T '/)(X) ,
138
T
73
P,
M=±-'P(x), a per x=O:
T=:j=P, d(x);
2a 2a 2 v==i=P, T'
T
T
M==!=M,s(x),
T
per x=O:
b) Trave illimitata da una sola parte, sottoposta alla coppia M, in x=O (fig. 6.2): 2a 2 • 4a3 cp=±M, ff(x), v==M, d(x), [6.17] T==f2M,a'/)(x) ;
M,a T=---.
v=O,
2
e) Trave illimitata da entrambe le parti, con un tratto caricato uniformemente (fig. 6.4b). Un carico elementare q · dx, applicato alla distanza x da un generico punto X (distante a, b dagli estremi del tratto caricato), provoca in X lo spostamento dv e il momento flettente dM forniti dalla prima e dalla terza delle relazioni [6.18] in cui si ponga P,=q ·dx; integrando quindi da O ad a e da O a b si ottiene, in un generico punto del tratto caricato,
v=
per x=O:
~ [2-ff(a)-ff(b)] ,
essendo ad esempio, per le [6.15], e) Trave illimitata da entrambe le parti, sottoposta al carico P, in x=O (fig. 6.4a).
139
[6.20] ff(a)=e-~
cos aa.
6.3. La trave di lunghezza finita. 6.3.1. Condizioni di carico che non inflettono la trave. In seguito a quanto è stato notato a proposito degli integrali particolari dell'equazione indefinita di equilibrio (par. 6.lb), per la trave sottoposta a un generico carico trapezoidale (fig. 6.5) le sollecitazioni sono nulle, essendo
~~, Se ne ottiene la soluzione pensando di praticare un taglio in O (x=O) e considerando mezza trave con le relative condizioni ai limiti. Risulta quindi:
+
a
v= +P,
/3 2
+
P,
s(x) ,
M=+~d(x),
per x=O:
a'
73 'J'(X),
P,
T==J=- ff(x) ; 2
[6.18]
Fig. 6.5
i----
l
----4
la reazione del terreno uguale e opposta al carico <6 •1l. Quindi lo spostamento in un generico punto risulta: q v=p' essendo q=q,+(q2 -q1 ) x/l e f3=kb. 61 C • > Una trave illimitata, soggetta a un carico variabile linearmente, è inerte; pertanto nulla accade se pensiamo di isolare, mediante tagli, un suo tratto.
Travi su suolo elastico
Capitolo sesto
140
6.3.2. Soluzioni per la trave considerata indeformabile. Il diagramma delle reazioni kv del suolo evidentemente coincide con quello delle tensioni di una sezione rettangolare, avente i lati lungi /, b, premuta eccentricamente secondo la direzione del lato I maggiore; per cui, calcolata la reazione del suolo, facilmente possono essere calcolati i diagrammi delle sollecitazioni. Consideriamo, a titolo di esempio, il caso della trave soggetta ad azioni esterne applicate ad una delle sezioni estreme.
avendo indicato con 'J!,, s,, d, i valori delle funzioni [6.15] '/!(x), s(x), d(x) per x=l. Determinati M 0 ' , P 0 ' si ottengono quindi le sollecitazioni e i movimenti in qualunque sezione; ad esempio, per il caso simmetrico:
P' 0
M(x)=-- ['/!(x)+'f!(x')J+M,' [s(x)+s(x')], a v(x)=P/
!"--·-- l
ie
4P,
(~-~') .
J . .
[d(x)+d(x')].
J)M, ;,,
so;;vas;~Jyw,: Fig. 6.8
Fig. 6.7
[6.21] Riportiamo i valori delle azioni T 0 ' , M 0 1 , per alcune condizioni di carico, essendo, lo ripetiamo,
Due carichi simmetrici P, (fig. 6.7): [6.22]
2
M=P,l (-~ +e),
6.3.3. La trave deformabile sottoposta a forze e a coppie sulle sezioni estreme. a) Gli effetti provocati da forze e coppie applicate alle estremità di una
trave possono venire determinati semplicemente sovrapponendo le due soluzioni relative alla stessa trave A-B considerata di lunghezza indefinita da A verso destra in un primo caso,· e da B verso sinistra in un secondo, con le estremità A, B sottoposte a una forza e a un momento flettente aventi valore tale da rendere soddisfatte le condizioni ai limiti prescritte C6 · 2l. Così, ad esem-. pio, per due carichi simmetrici P, (fig. 6.7), sovrapponendo gli effetti dei due casi b), e) e impiegando per ciascuno di essi le relazioni [6.16], [6.17], le condizioni relative al taglio e al momento risultano: -P,' +(P,' d,+M/ 2mp,)=-P,,
T
[b]
~=x/l).
2P, fiv,=--1-'
fiv,=-1-,
[D(x)+D(x')]-M,'
SWV;,&;,1 1
"' MM
12M,
T
2a 2
!<--- x•--->j
At(~w
~=x/l).
2a
--~
M,(l'?' ;_ -'a) Coppia M 0 applicata a un'estremità (fig. 6.6,
141
M/+(M,'s,-P/'J!,/a)=O,
[a]
2 {B. ) In genere viene invece assunta, come configurazione principale, la trave illimitata nei due sensi (si veda, ad esempio, l'art. di H. BLEICH, cit. nella bibl., e l'op. di I<. BEYER, p. 144). La trave illimitata in un solo senso è una configurazione di solito più prossima a quella reale, ed è quindi preferibile.
l+s, P/=P, (1-d,) (l+s,)-2% 2
P' M'=-'-~. 0 a
1 +s0
[6.23]
'
due carichi antimetrici P, (fig. 6.8): 1-s P,'=P, (l+d,)(l-;,)-2% 2
P' / O 'lfJo • M o=-~ 1-so'
[6.24]
due coppie simmetriche M, (fig. 6.7): 1-d
M,'=M,
(1-d,)(l+~)-2%''
2tpo ' M' P o= o a l-d ;
[6.25]
'
due coppie antimetriche M, (fig. 6.8): M' 2% , P o=o a I+do •
[6.26]
Ovviamente gli effetti di una forza o di una coppia applicata a una sola estremità (fig. 6.9) si possono ottenere scomponendo tali azioni esterne in un'azione simmetrica e in una antimetrica. ,
142
Capitolo sesto
b) Gli effetti provocati da coppie e forze simmetriche o antimetriche possono venire calcolati anche impiegando l'espressione [6.10] dell'integrale generale. Consideriamo, ad esempio, la trave soggetta a due carichi simmetrici (fig. 6.10): le costanti C, D debbono esser nulle, perchè il terzo e il quarto termine dell'integrale citato (quindi della linea elastica) acquistano valori uguali ma di segno contrario in sezioni simmetriche. Le condizioni ai limiti
sono:
per cui, utilizzando le relazioni [6.11], si ottiene, posto al/2=y, cosh y cos y senhy seny
senhy seny senh 2y+sen 2y
A=B-~--
noti tali valori, utilizzando ancora le stesse [6.10], [6.11], si ottiene qualunque effetto (r=v', M=-EJv", T=-EJv"'). Le espressioni si trovano riportate in numerosi testi <6• 3),
l;tx~
~(A"'~"':&'-"i!"'="'W-"i>"'k"%&"""'k"'Y"""'"'0"B .,_--I--~
Fig. 6.9
Fig. 6.10
e) Diagrammi dei momenti flettenti e delle pressioni. Nelle figure 6.11, 6.12 sono riportati alcuni diagrammi che forniscono, in funzione di al, i momenti flettenti in varie sezioni della trave per effetto di un carico P 0 e di una coppia M 0 applicati ad una sezione estrema. I valori
1--,-!'.x_lff
7,0
sono raccolti nelle tabelle 6.2 e 6.3, riportate al termine del presente capitolo. Diagrammi e tabelle forniscono i momenti per al variabile da O a 6. Ma per al<0,8 i valori dei momenti sono pochissimo diversi da quelli relativi alla trave immaginata indeformabile (relaz. 21, 22); mentre per a/>6 i momenti uel tratto sensibilmente sollecitato possono essere calcolati considerando la trave di lunghezza illimitata (la lunghezza 1=6/a è poco diversa dalla lunghezza d'onda A=2n/a). Nelle tabelle 6.4, 6.5 sono elencati i valori delle pressioni in varie sezioni, provocate dalle forze P,, M, applicate ad uno degli estremi della trave.
Si vedano, ad esempio, le opere, citate nella bibliografia, di K.
(vol. 1°
Ww~WJsv/hYA%
~-
M_µ,Af,, -i--,_
,.._
0,8
l_l1;J ~
0,6
',
xl4t/s
ì+-
0,4
;x_d/a , I ~~
Fig. 6.12
I-'--
al
I
'·
i'-1'-
1-
,X-7/fs ' I
,_e-.
I 2
', "i---
'"'~ I">
I I °' r---,
-,__ t-
',
''
,x~~i/s
0,2
0,0 _0,05
'-, '
'
BEYER
r-·r-
I I
Anche i movimenti delle sezioni estreme di una trave A-B per effetto di una forza P, e di una coppia M, applicate in A possono facilmente essere
p. 143), M. HETENYr, P. PozzATI.
-~
X 2/{s
d) Diagrammi dei coefficienti elastici.
<5.sJ
!"'-X --j 1tfsro M(o1234s·s1a 0
11
',
''
'
3
' 'e--
'" '
"
'
'
"'-i---
e-,_
I'-, ,__ 4
·-~ ~
i'-
5
e- t 6
2,8
144
Capitolo sesto
SEZIONE A
2p
calcolati come è stato dimostrato nei precedenti punti a), b): i valori, riportati nelle figg. 6.13, 6.14 e nella tab. 6.6, che si trova al termine del presente capitolo, sono dati dalle espressioni (positivi gli spostamenti verso il basso e le rotazioni destrorse): movin1enti della sezione A: 2P0 a 2P 0 a Vap=-{J- (senhal cosha1-senalcosal): D=C, -{!-,
p'
" ,.________ l ________,.
2,4
2.2 I
I\
" "r-.c;
'\
1,4
1,2
..
-~
_·
~
16
e' con buona approssimazione lzlleare ~
~
18
2.0
-
e valgono le espressioni per l== C3 C2 t -
r--_
-----
14
12
i==
per al< 0,8 la reazione del terreno
-:::::::~
--;-~C
1,0
2,2
2f3
2(3
2#
3,0
3,2
3,4
Fig. 6.13
[6.28]
, 2Moa2 Vbm=-C2 (3 ' (cosa/ senh al+sen al cosh al): D=-C3 '
'lzm=~f,o
p
Ì'-
"' " e,
t
0,8
4M a 3
2Moa'!
-i----···-
2P a' 2P a'
'Pbm=---t-
a_ -
'\: i'--
al
1,0
2P,a 2P,a v,v=--{J- (sen al cosh a/-cos al senhal): D=-C1 ' -{!-,
p'
-
~
movinienti della sezione B:
,rr
" ""G? JJ;J -----
'Pam
,\' 1,6
~1...i
Vip=~fo
2
[6.27]
1"•
'kp~c, 21~ 'lzm~C
\
1,8
T;
M0~t° A
I
A'
\
4Ma3
p
R
Moi;f
2,0
2P a' 2P a 2 'Pap=---j- (senh 2 al+sen 2 a1): D=-C,
(senhal cosh al+sen al cos al): D=-C3
-
4,0
SEZIONE B
-
4M,a 3
f3
f--'-
3,6
M0~~
-1_,,
E
,
con:
3,2
2/3
2
\
vbm =-c;2M,p /µ
\
\ '\.
'-
\
',\
I"\.
~ e2
---~
\'--- C'3
6.3.4. La trave di lunghezza finita caricata in modo generico. ad una serie di carichi concentrati, si può pensarla in una prima fase caricata ma di lunghezza illimitata, ed è allora semplice determinare lo stato
f]!bm=-C;4Moafµ
~
\
2,0
1,2 ~ ~
\
al
----
tQC' ""'I"" C'1
'
10 -
2
2,4
1==
vbp-{fl _-2Po
\I
1,6
a) Data la trave di lunghezza finita della fig. 6.15, soggetta per esempio
'
l
vbp =-c;21;5 a/µ
D=senh 2 a/-sen 2 al.
La tabella 6.6 e i diagrammi delle figure 6.13, 6.14 forniscono i valori dei coefficienti correttivi e,, e,, e, delle quantità 2a/{J, 2a 2/{J, 4a3/{J, che sono i coefficienti elastici relativi alla sezione iniziale A quando la trave ha la lunghezza illimitata (par. 6.2): per al> 3 tali coefficienti valgono all'incirca 1 per la sezione A e O per la sezione B, per cui la trave si comporta in pratica come se fosse illimitata; per al< 0,8 i coefficienti elastici sono dati con buona approssimazione dalle formule [6.21, 6.22] relative alla trave considerata indeformabile.
1~111v~r. l0
0
.
1,0
POZZATI,
11-1.
I
--1,4
.
i--- r-t-
1,8 Fig. 6.14
~
2,2
2,6
3,0
3,4
3,8
Capitolo sesto
146
Travi su suolo elastico
di sollecitazione e di deformazione, e in particolare gli sforzi di taglio r., Tb e i momenti flettenti Ma, Mb in corrispondenza delle sezioni estreme A, B (par. 6.2). Essendo però tali sezioni in realtà libere, occorre annullare in esse le sollecitazioni trovate, ossia considerare la trave A-B isolata sottoposta, in corrispondenza delle sezioni estreme, alle azioni Ta, Ma, Tb, Mb, con segno
r.. f.
ponendo gli effetti dei due carichi; ad esempio nella mezzeria, per k=2(al=3), si
ottiene
(P,/a~37,59
~, \Pi
(~ &
.i11;,(
Fig. 6.15
tm)
M(mezz.)~-2
· 0,2091 · 37,59~-15,72 tm.
In modo analogo possono venire facilmente calcolate le pressioni; ad esempio, alle estremità e nella mezzeria della trave si ottiene, utilizzando la tab. 6.4 (k=2, a/~3):
p(x~O)~(l,007-0,113) P,2a/b~0,317
AJP,,,,0 !avlB
~1)J ! ' ~ r. 1r.
147
p(x~l/2)~2
t1ì
· 0,0163 P,2a/b~0,012
kg/cm', kg/cm'
(considerando la trave indeformabile si sarebbe ottenuto p~2P,/bl~0,118 kg/cm').
~i)M[ ~ ç) bl1b .. ,,,;,;.•.,,, .,,,)Mb
Esempio 6.2• Per la trave su suolo elastico dell'esempio precedente, però con /=8 m (al= =0,266 · 8';;;,.2,1), risolvere i casi indicati nella fig. 6.17.
M,
M,
opposto a quello risultato nella prima fase: lo studio della trave A-B isolata è semplice utilizzando il procedimento e i diagrammi illustrati nel par. 6.3.3c (o le tabelle riportate al termine del presente capitolo).
G:@_bh&dYAY~ A
a)
B
b) Per condizioni di carico complesse, possono essere vantaggiosamente utilizzate le serie trigonometriche (cap. X, es. 10.3): nel caso della trave libera da vincoli alle estremità, si può pensarla in una prima fase del calcolo appoggiata; e occorre poi al solito annullare le reazioni degli appoggi immaginari. Il calcolo può essere eseguito vantaggiosamente utilizzando anche le linee di influenza (v. bibl.).
Esempio 6.1. Calcolare il diagramma dei momenti e delle pressioni per la trave su suolo elasticq
della fig. 6.16. I dati sono: 1~11,3 m, k~2
kg/cm', a'~300/
a~2,66
a) Trave con le estremità soggette a due coppie simmetriche Ma=-Mb=10 tm
J~750
/3~kb~300
kg/cm',
(4 · 2 · 10' · 750 · 10
· 10-3 cm-1 =0,266 m- 1
b~l50cm,
dm',
,
4
)~50
E~2
5
· 10 kg/cm',
· 10- cm- 4 , 15
a/';;;,.3,0,
(fig. 6.17a).
·
Dovendo essere nullo lo spostamento delle sezioni estreme, dalla tab. 6.6 si ottiene (-1,0965+0,4499) M,2a'f/3+ (1,1084-0,3634) V2a/f3~0, V~0,8681 Maa, quindi, sovrapponendo gli effetti dei momenti Ma e delle reazioni V, dalla stessa tabella risulta, ad esempio,
V2a 2//3~
· 10-•).
b) Trave con le estremità soggette a due coppie antimetriche Ma=Mb=10 tm
(fig. 6.17b). Fig. 6.16
o
Divisa la trave in 8 tratti, la tab. 6.2 (al termine del cap.) o i diagrammi della fig. 6.11 forniscono i valori riportati nella fig. 6.16 per k~2 e k~lO kg/cm', sovrap-
Procedendo come in a) si ottiene, ad esempio, V=l,051 Ma/a,
poggiata.
Travi su suolo elastico
Capitolo sesto
148
Utilizzando .le due soluzioni ricavate nei precedenti punti a), b) (coppie simmetriche e antimetriche) si ricava %~(168,4+85,5) · IQ-'/2~ 126,8 · 10-•,
149
Fig. 6.18
d) Trave con un'estremità soggetta a una coppia e con l'altra estremità incastrata (fig. 6.17c). Per quanto è stato ricavato nel punto e) si ottiene, dalla condizione che sia nulla la rotazione della sezione B, e tralasciando il fattore 1o~a,
-41,6·Ma+126,8 M0 ~0, M0 ~0,328 Ma, (senza il suolo elastico M1;=0,5 Ma); quindi, sovrapponendo gli effetti di Ma, Mb, 'Po~ 113,2 · 10-• M 0 (senza il suolo, 133,3). e) Le estremità della stessa trave si spostano relativamente di V=0,1 cm senza ruotare (fig. 6.17d). Le azioni incognite P 0 , M 0 sono determinate dalle condizioni ai limiti qJ1;=0, v1;=ii. Utilizzando la tab. 6.6, dalla prima condizione si ricava M 0 =0,6711 P 0 /a; poi, sovrapponendo gli effetti, P,~1,1521 µii/a, quindi M,~0,773 Pv/a'~32,8 tm (senza il suolo, M,~6EJv/l'~l4,l tm).
/) Trave di lunghezza illimitata soggetta a carichi concentrati P equidistanti (fig. 6.17e). Si può procedere in due modi diversi. Sovrapponendo gli effetti dei vari carichi concentrati e utilizzando quindi le formule [6.18] e la tab. 6.1, si ottiene ad esempio, nelle sezioni A in corrispondenza dei carichi, p
M0 ~4a [1+2d(ax~2,1)+2d(ax~4,2)+ ...]~
p
~-;;r,;-(1-2
· 0,1675+2 · 0,0057+2 · 0,0018)~0,1700 P/a,
Pa
v 0 ~2jf [1+2s(ax~2,1)+2s(ax~4,2)+ ... J~l,0507
40
tm
a) Prima fase (soluzione particolare): trave illimitata.
Dalle relazioni [6.18] si ha, ad esempio, (v. fig. 6.15) 1
essendo x la distanza di ciascun carico dalla sezione A [vari valori delle funzioni' d(ax), fJ(ax) sono riportati nella tab. 6.1]. Quindi, poichè risulta: (per x~l m, canco P,) ax;;;:0,27, d(ax)~0,5327, fJ(ax)~0,7358; (per x~7 m, carico PJ ax~l,86, d(ax)~-0,1929, fJ(ax)~~0,0443; (per x~13 m, carico P,) ax~3,46, d(ax)~-0,0201, fJ(ax)~ -0,0299, Sl ottiene
Pa/2P.
Si può considerare anche una campata A-A isolata, con le estremità soggette alle azioni P/2, Ma: il momento Ma è determinato dalla condizione che la rotazione delle sezioni A risultino nulle; e tale condizione viene scritta facilmente utilizzando la tab. 6.6.
Ma
q/µ-1,0507 Pa/2p~o, (senza il suolo,
P~l,9036 q/a,
M0 ~ql'/12~0,0833
Ma~0,17 P/a~0,0734 ql',
ql').
Esempio 6.3. .·La trave d) fondazione della fig. 6.18, avente la complessiva lunghezza di 14 m, è- soggetta ai carichi P 1 =70 t, P 2 =95 t, P 3 =70 t; i dati per la sezione e per il terreno sono quelli della trave dell'esempio 6.1, ossia k=2 kg/cm3 , a=0,266 m-1, P~kb~300 kg/cm'. Calcolare il diagramma dei momenti seguendo il procedimento del par. 6.3.4.
4
1 . o, (70 · 0,5327-95 · 0,1929- 70 · 0,0201)~ 16,5 tn\ , 266 1
P.~-z(70
· 0,7358-95 · 0,0443-70 · 0,0299)~22,6 t.
Procedendo in modo analogo,
g) Trave incastrata e caricata uniformemente (fig. 6.17/). La soluzione è ottenuta facilmente utilizzando i risultati del precedente punto/),
ossia imponendo per la trave di lunghezza illimitata (soggetta a un carico uniformemente distribuito sull'intera lunghezza e alla serie dei carichi concentrati inco'gniti P) che le sezioni A non si spostino. Così operando si ottiene (lo spostamento del solo carico uniforme vale q/p)
3
I: P,d(ax), 4a k=l
M.~-
M,~61,1
M 1 =44,3 tm,
tm.
b) Seconda fase (soluzione complementare): trave di lunghezza finita con le estremità soggette ai carichi Pa=Pb=22,6 t (verso il basso) e ai momenti Ma= ~M,~ -16,5 tm (tese le fibre superiori). Per a~0,266 m-', risulta al~0,266 · 14~3,72;:;: 3,8, P0 /a~22,6/0 266~85 tm; quindi, divisa la trave in 8 tronchi, dalle tabelle 6,2, 6,3 si ricava ' X
µ(Pa) µ(Po) µ(tot.) M(P0 ) µ(M.) (tot.) M(Ma)
o o o o o 1 -16,5
1/8
21/8
31/8
41/8
0,2843 0,0038 0,2881 -24,5
0,3143 0,0228 0,3371 -28,6
0,2379 0,0673 0,3052 -25,9
0,1423 0,1423 0,2486 -24,2
0,8294 -13,9
0,5265 -8,7
0,2877 -4,7
0,2004. -3,3
Fattore P0 /a~85
tm
» »
tm M.~-16,5
tm
tm
150
Capitolo sesto
Travi su suolo elastico
Tracciati i due diagrammi dei momenti relativi alle due fasi del calcolo, si ottiene il diagramma definitivo (fig. 6.18). In tratteggio è riportato il diagramma dei momenti supponendo la trave indeformabile (reazione del suolo lineare). In modo analogo può venire calcolato il di~gramma delle pressioni.
gramma dei momenti comprendente (se si considera nulla la reazione del terreno) una parte costante, dovuta alle eccentricità degli ancoraggi (supposte uguali alle estremità), e una parte M(prec.) variabile lungo l'asse. Quest'ultima può essere espressa con una serie di seni: se l'andamento è ad esempio parabolico, con ordinata massima M 0 , si può scrivere (cap. X) 32 M 0 1 nnx M(prec.)~--;a--f ll'sen--, (11~!, 3, 5, ...) [a] 1
Esempio 6.4. Il reticolo della fig. 6.19 è costituito da un elevato numero di travi appoggiate parallele tra loro,_ collegate da una nervatura longitudinale; nel nodo C è applicato un carico concentrato, avente direzione normale al piano del reticolo. a) Qualunque sia la condizione di carico agente sulla trave trasversale A-B, lo studio del reticolo può essere sempre riportato al carico concentrato i_n C: basta infatti considerare in una prima fase un appoggio ausiliario in C e calcolare la sua reazione P 0 , poi applicare questa cambiata di segno. Un siffatto reticolo può schematizzare, ad esempio, i vari tra1-'i+i->1< i 'i vetti portanti di un solaio con un cordolo di col_________ 4 _____ _ legamento centrale; oppure, nell'impalcato di un ponte, la serie dei traversi appoggiati su due travi principali e collegati da un longherone. e l Si considerano le travi trasversali tutte uguali (con la sezione di momento d'inerzia Jt) e sufficientemente accostate per poter ritenere continuo il -='=='========
1
l
P~F,/i~4SEJtfil'.
Il calcolo è allora immediato utilizzando le formule [6.18]: per esempio, il momento :flettente massimo (x=O) per la nervatura longitudinale risulta M=P0 /4a, essendo a4 ={3/4EJ; e il carico che si riversa sulla trave A-B trasversale vale Pt= =!'max. i=/3Vmax. i=Poai/2, essendo Dmax=Poa/2{3. Una precisazione può essere opportuna a proposito delle condizioni che legittimano la schematizzazione adottata: poichè si debbono considerare, come si è visto, le forze F 1 ripartite uniformemente sui vari tratti i, questi debbono poter essere ritenuti rigidi, per cui (par. 6.3.3c) aiS:::0,8; inoltre la lunghezza L deve risultare non sensibilmente inferiore alla lunghezza d'onda A=2n/a, per poter considerare illimitata la nervatura. b) Se le travi trasversali sono continue e le loro estremità si possono considerare incastrate, si ha /3=192EJtfil 3 , quindi, a parità di dimensioni, ainc.=V2 aapp. (smorzamento più rapido). Esempio 6.5. Trave su suolo elastico precompressa, libera alle estremità. a) La presenza della reazione del terreno annulla in parte gli effetti della ..P!ecompressione. Consideriamo la trave (o il suo tratto precompresso pensatd d1v_1so dalle parti restanti) provvisoriamente appoggiata alle estremità e sogget_ta al- ~ia-
151
o anche, arrestando lo sviluppo al primo termine per la forte convergenza della serie, nx M(prec.);;;:M,sen-- · [b] 1
Gli effetti provocati dalle due coppie estreme si determinano facilmente, impiegando i diagrammi dati precedentemente (par. 6.3.3c). Il diagramma [b] dei momenti suscita ulteriori reazioni del terreno e sia v~vsennx/l [e] la linea elastica; il momento complessivo M, dovuto per una parte a1la precompressione [b] e per una parte (M,) alla relativa reazione r del suolo (r~ -Pv~ ~-Pvsennx/l), vale (essendo M,"~Pv): M~(M,-fivl'/n') sen nx/1. [d] Dovendo poi essere v"~-M/EJ, utilizzando le [e], [d] e posto
PI' + n'EJ ,
y~ 1
[e]
si ottiene [j]
in definitiva, dalla [d], M, M=-- sen nx/1. y
[g]
La reazione di ciascun appoggio fittizio risulta
I
l
1 R~T
fi
Pv dx~ n'y
M,1' EJ ,
[h]
rivolta verso il basso se M 0 è positivo. Occorre infine eliminare le reazioni R, ossia applicarle alle estremità della trave cambiate di segno (e si possono utilizzare i soliti diagrammi). b) A titolo indicativo per la trave dell'esempio 6.1 si ha, dalla [e],
y=l+300 · 11,3' · 10 8/(n 4 • 2 · 10 8 • 0,75 · 10 7 )~4,348; e per M,~ 10 tm e per la [h], 300 10". 11,3'. 10 6 2141 R "' · 4,348 2 · 10 5 • 0,75 · 10' kg (rivolte verso il basso). Di conseguenza, applicate le reazioni R rivolte verso l'alto e utilizzando la tab. 6.2 (a/;;;:3,0), il momento totale nella mezzaria (x~l/2) vale: M, R 10 2,141 M(rnezz.J~y-+-;;- µ~ , 4 348 + 0, 266 2 · 0,2201~2,30+3,54~5,84 tm; la reazione del terreno provoca una riduzione del momento di precompressione pari a circa il 42%.
TABELLA 6.1. Valori delle funzioni l}(x), tp(x), s(x), d(x).
ax
l}(x)
o 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
1 0,95004 0,90031 0,85105 0,80241 0,75459
0,30 0,35 0,40 0,45 0,50
tp(x)
o
s(x)
d(x)
0,04754 0,09033 0,12862 0,16265 0,19267
1 0,99758 0,99064 0,97967 0,96506 0,94726
1 0,90250 0,80998 0,72243 0,63976 0,56192
0,70773 0,66196 0,61742 0,57415 0,53228
0,21893 0,24164 0,26104 0,27734 0,29078
0,92666 0,90360 0,87846 0,85149 0,82306
0,48880 0,42032 0,35638 0,29681 0,24150
0,55 0,60 0,65 0,70 0,75
0,49186 0,45296 0,41559 0,37981 . 0,34562
0,30157 0,30988 0,31594 0,31990 0,32198
0,79343 0,76284 0,73153 0,69971 0,66760
0,19029 0,14308 0,09965 0,05991 . 0,02364
n/4 0,80 0,85 0,90 0,95 1,00
0,32240 0,31305 0,28208 0,25272 0,22496 0,19878
0,32240 0,32233 0,32111 0,31848 0,31458 0,30956
0,64479 0,63538 0,60319 0,57120 0,53954 0,50834
0,00000 -0,00928 -0,03903 -0,06576 -0,08962 -0,11078
1,05 1,10 1,15 1,20 1,25
0,17412 0,15099 0,12934 0,10913 0,09034
0,30354 : 0,29666 0,28901 0,28072 0,27189
0,47766 0,44765 0,41835 0,38985 0,36223
-0,12942 -0,14567 --0,15967 -0,17159 -0,18155
1,30 1,35 1,40 1,45 1,50
0,07290 0,05677 0,04191 0,02827 0,01578
0,26260 0,25295 0,24301 0,23286 0,22257
0,33550 0,30972 0,28492 0,26113 0,23835
-0,18970 -0,19618 -0,20110 -0,20459 -0,20679
1,55 1,60 1,65 1,70 1,75
0,00441 0,00000 -0,00590 -0,01519 -0,02354 -0,03097
0,21220 0,20788 0,20181 0,19145 0,18116 0,17099
0,21661 0,20788 0,19591 0,17626 0,15762 0,14002
-0,20779 -0,20788 -0,20771 -0,20664 -0,20470 -0,20196
1,80 1,85 1,90 1,95 2,00
-0,03756 -0,04333 -0,04835 -0,05267 -0,05632
0,16099 . 0,15115 0,14153 0,13215 0,12306
0,12343 0,10782 0,09318 0,07948 0,06674
-0,19855 -0,19361 -0,18988 -0,18482 -0,17938
2,10 2,20 2,30
-0,06182 -0,06521 -0,06680 -0,06702 -0,06689 -0,06576
0,10570 0,08958 0,07476 0,06702 0,06128 0,04913
0,04388 0,02437 0,00796 0,00000 -0,00561 -0,01663
-0,16752 -0,15479 --0,14156 -0,13404 -0,12817 -0,11489
n/2
3n/4 2,40 2,50
TABELLA 6.1 (segue). Valori delle funzioni l}(x), tp(x), s(x), d(x). l}(x) ax tp(x) s(x)
-
d(x)
2,5 2,6 2,7 2,8 2,9 3,0
-0,06576 -0,06364 -0,06076 -0,05730 -0,05343 -0,04929
0,04913 0,03829 0,02872 0,02037 0,01316 0,00703
-0,01663 -0,02535 -0,03204 -0,03693 -0,04027 -0,04226
-0,11489 -0,10193 -0,08945 -0,07767 -0,06659 -0,05632
3,1 3,3 3,4 3,5
-0,04501 -0,04321 -0,04069 -0,03642 -0,03227 -0,02828
0.00187 0,00000 -0,00238 -0,00582 -0,00853 -0,01059
-0,04314 -0,04321 -0,04307 -0,04224 -0,04080 -0,03887
-0,04688 -0,04321 -0,03831 -0,03060 -0,02374 -0,01769
3,6 3,7 3,8 3,9 4,0
-0,02450 -0,02097 -0,01769 -0,01469 -0,01197
-0,01209 -0,01310 -0,01369 -0,01392 -0,01386
-0,03659 -0,03407 -0,03138 -0,02861 -0,02583
-0,01241 -0,00787 -0,00400 -0,00077 0,00189
4,1 4,2 4,3 4,4 4,5
-0,00953 -·0,00735 -0,00544 -0,00377 -0,00234
-0,01356 -0,01307 -0,01243 -0,01168 -0,01086
-0,02309 -0,02042 -0,01787 -0,01545 -0,01320
0,00403 0,00572 0,00699 0,00791 0,00852
4,6 4,7 3n/2 4,8 4,9 5,0
-0,00113 -0,00011 0,00000 0,00072 0,00139 0,00191
-0,00999 -0,00909 -0,00898 -0,00820 -0,00732 -0,00646
-0,01112 -0,00921 -0,00898 -0,00748 -0,00593 -0,00455
0,00886 0,00898 0,00898 0,00892 0,00871 0,00837
5,1 5,2 5,3 5,4 5,5
0,00230 0,00258 0,00277 0,00287 0,00290
-0,00564 -0,00487 -0,00415 -0,00349 -0,00288
-0,00334 -0,00229 -0,00138 -0,00062 0,00002
0,00794 0,00745 0,00692 0,00636 0,00578
5,6 5,7 5,8 5,9 6,0
0,00287 0,00279 0,00268 0,00254 0,00238
-0,00233 -0,00184 -0,00141 -0,00102 -0,00069
0,00054 0,00095 0,00127 0,00152 0,00169
0,00520 0,00463 0,00409 0,00356 0,00307
6,1 6,2 2n 6,3 6,4 6,5
0,00221 0,00202 0,00187 0,00184 0,00165 0,00147
-0,00041 -0,00017 0,00000 0,00003 0,00019 0,00032
0,00180 0,00185 0,00187 0,00187 0,00184 0,00179
0,00262 0,00219 0,00187 0,00181 0,00146 0,00115
" 3,2
.
TABELLA
6.2. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler) - Momenti per P 0
(fig. 6.11) - Valori dei coefficienti µ(M~-µP,/a). ·-·
TABELLA
6.3. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler) - Momenti per lt-'10
(fig. 6.12) - Valori dei coefficienti
-
µ(M~µM,). x~61/8
x~71/8
x~l/8
x~21/8
x~31/8
0,0082
0,0
0,9570
0,8437
0,6836
0,5000
0,3164
0,1562
0,0430
0,0373
0,0109
0,6
0,9569
0,8433
0,6830
0,4993
0,3159
0,1559
0,0429
0,0870
0,0463
0,0135
0,8
0,9565
0,8424
0,6816
0,4979
0,3147
0,1552
0,0426
0,1472
0,1032
0,0548
0,0160
1,0
0,9558
0,8405
0,6787
0,4948
0,3122
0,1537
0,0422
0,1997
0,1691
0,1181
0,0626
0,0182
1,2
0,9546
0,8370
0,6736
0,4894
0,3077
0,1511
0,0413
0,2183
0,2241
0,1888
0,1312
0,0693
0,0201
1,4
0,9526
0,8313
0,6653
0,4806
0,3005
0,1468
0,0400
0,1682
0,2413
0,2457
0,2053
0,1418
0,0744
0,0214
1,6
0,9495
0,8229
0,6531
0,4676
0,2899
0,1405
0,0380
0,1848
0,2620
0,2637
0,2180
0,1491
0,0776
0,0222
1,8
0,9452
0,8113
0,6361
0,4496
0,2753
0,1319
0,0353
2,0 2,2
0,2003
0,2798
0,2774
0,2261
0,1526
0,0786
0,0223
2,0
0,9397
0,7959
0,6138
0,4262
0,2564
0,1208
0,0318
0,2148
0,2943
0,2864
0,2291
0,1519
0,0770
0,0215
2,2
0,9326
0,7767
0,5863
0,3975
0,2332
0,1072
0,0276
2,4 2,6
0,2280
0,3056
0,2904
0,2270
0,1472
0,0731
0,0201
2,4
0,9241
0,7539
0,5537
0,3638
0,2064
0,0916
0,0228
0,2400
0,3135
0,2898
0,2201
0,1388
0,0671
0,0180
2,6
0,9143
0,7278
0,5171
0,3264
0,1768
0,0746
0,0175
2,8
0,2508
0,3184
0,2850
0,2091
0,1272
0,0593
0,0154
2,8
0,9033
0,6991
0,4774
0,2865
0,1458
0,0569
0,0121
3,0 3,2
0,2606
0,3204
0,2766
0,1948
0,1134
0,0505
0,0125
3,0
0,8913
0,6684
0,4360
0,2458
0,1148
0,0396
0,0069
3,4
0,2693
0,3202
0,2655
0,1784
0,0983
0,0411
0,0095
3,2
0,8786
0,6366
0,3941
0,2057
0,0850
0,0233
0,0022
0,2772
0,3180
0,2523
0,1606
0,0827
0,0317
0,0065
3,4
0,8653
0,6043
0,3528
0,1675
0,0576
0,0088
-0,0020
3,6 3,8
0,2843
0,3143
0,2379
0,1423
0,0673
0,0228
0,0038
3,6
0,8515
0,5718
0,3129
0,1321
0,0334
-0,0034
-0,0053
0,2907
0,3093
0,2226
0,1243
0,0529
0,0147
0,0014
3,8
0,8373
0,5397
0,2751
0,1002
0,0126
-0,0132
-0,0079
4,0
0,3014
0,2963
0,1913
0,0906
0,0280
0,0018
-0,0022
4,0
0,8229
0,5082
0,2397
0,0720
-0,0043
-0,0206
-0,0096
4,4
0,3098
0,2804
0,1607
0,0618
0,0095
-0,0064
-0,0041
4,4
0,7932
0,4472
0,1765
0,0269
-0,0275
-0,0284
-0,0107
4,8
0,3159
0,2624
0,1319
0,0385
-0,0028
-0,0103
-0,0045
4,8
0,7627
0,3895
0,1233
-0,0046
-0,0387
-0,0291
-0,0096
5,2 5,6
0,3199
0,2429
0,1056
0,0204
-0,0099
-0,0111
-0,0040
5,2
0,7315
0,3353
0,0794
-0,0250
-0,0413
-0,0253
-0,0074
6,0
0,3220
0,2225
0,0819
0,0070
-0,0132
-0,0100
-0,0031
5,6
0,6997
0,2849
0,0439
-0,0368
-0,0384
-0,0194
-0,0048
6,0
0,6676
0,2384
0,0158
-0,0422
-0,0327
-0,0133
-0,0025
x~61/8
x~l/8
x~21/8
x~31/8
x~41/8
0,6
0,0574
0,0843
0,0878
0,0749
0,0527
0,0281
0,8
0,0765
0,1122
0,1169
0,0996
0,0700
1,0
0,0955
0,1400
0,1455
0,1239
1,2
0,1143
0,1671
0,1733
1,4
0,1328
0,1934
1,6
0,1508
1,8
x~71/8
x~41/8
x~51/8
al
x~5l/8
al
--
6.4. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler) - Pressioni per P 0 (jig. 6.9.) - Valori dei coefficienti n[p~n(P,2a/b)]. -
TABELLA
x=O x=l/8 X=2/j8 al - - --- - - -2,510 2,236 2,019 1,843 1,699 1,580 1,480 1,395 1,325 1,265 1,215 1,173 1,138 1,108 1,084 1,049 1,027 1,014 1,007 1,003 1,001 1,001 1,001 1,001 1,001 1,001 1,001 1,000 1,000
0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2,0 2,1 2,2 2,4 2,6 2,8 3,0 3,2 3,4 3,6 3,8 4,0 4,2 4,4 4,6 4,8 5,0
2,035 1,810 1,631 1,486 1,365 1,264 1,178 1,104 1,041 0,9859 0,9378 0,8956 0,8586 0,8258 0,7967 0,7477 0,7078 0,6746 0,6459 0,6203 0,5968 0,5745 0,5531 0,5323 0,5119 0,4919 0,4723 0,4531 0,4342
1,561 1,387 1,247 1,132 1,036 0,9547 0,8844 0,8230 0,7688 0,7204 0,6769 0,6375 0,6015 0,5684 0,5378 0,4827 0,4341 0,3908 0,3515 0,3158 0,2829 0,2525 0,2242 0,1979 0,1733 0,1504 0,1289 0,1088 0,0901
x~31/8
x~41/8
x=5l/8
x=6l/8
x=7l/8
x=l
1,089 0,9660 0,8666 0,7842 0,7147 0,6548 0,6023 0,5556 0,5136 0,4753 0,4400 0,4071 0,3764 0,3475 0,3201 0,2693 0,2234 0,1818 0,1444 0,1110 0,0816 0,0557 0,0333 0,0139 -0,0026 -0,0167 -0,0286 -0,0385 -0,0466
0,6202 0,5488 0,4907 0,4422 0,4007 0,3645 0,3322 0,3030 0,2761 0,2510 0,2275 0,2051 0,1838 0,1634 0,1437 0,1068 0,0731 0,0428 0,0163 -0,0062 -0,0247 -0,0395 -0,0508 -0,0590 -0,0644 -0,0676 -0,0688 -0,0685 -0,0670
0,1530 0,1342 0,1187 0,1053 0,0933 0,0825 0,0724 0,0627 0,0535 0,0444 0,0356 0,0268 0,0181 0,0096 0,0013 -0,0147 -0,0294 -0,0423 -0,0529 -0,0610 -0,0664 -0,0693 -0,0699 -0,0686 -0,0657 -0,0616 -0,0567 -0,0512 -0,0455
-0,3128 -0,2782 -0,2506 -0,2281 -0.2094 -0,1936 -0,1802 -0,1686 -0,1586 -0,1498 -0,1420 -0,1350 -0,1288 -0,1232 -0,1181 -0,1089 -0,1008 -0,0933 -0,0861 -0,0790 -0,0719 -0,0647 -0,0575 -0,0504 -0,0435 -0,0369 -0,0307 -0,0249 -0,0197
-0,7779 -0,6897 -0,6185 -0.5595 -0,5096 -0,4666 -0,4289 -0,3953 -0,3650 -0,3374 -0,3119 -0,2881 -0,2659 -0,2450 -0,2253 -0,1889 -0,1564 -0,1274 -0,1021 -0,0802 -0,0617 -0,0464 -0,0339 -0,0239 -0,0160 -0,0100 -0,0054 -0,0021 0,0002
-1,243 -1,101 -0,9858 -0,8903 -0,8091 -0,7386 -0,6764 -0,6205 -0,5697 -0,5229 -0,4793 -0,4385 -0,3999 -0,3634 -0,3288 -0,2646 -0,2071 -0,1565 -0,1130 -0,0767 -0,0475 -0,0248 -0,0079 0,0038 0,0114 0,0158 0,0177 0,0178 0,0167
6.5. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler) - Pressioni per M 0 (fig. 6.9) - Valori dei coefficienti n[p~n(M,2a'/b)].
TABELLA
-
al x=O --
x=l/8
x=2l/8
x=3l/8
x=4l/8
x=5l/8
x~61/8
X=7//8
x=l
4,754 3,788 3,104 2,605 2,232 1,949 1,731 1,562 1,430 1,327 1,246 1,183 1,134 1,097 1,068 1,031 1,012 1,003 1,000 1,000 1,001 1,001 1,002 1,002 1,001 1,001 1,001 1,001 1,000
3,533 2,800 2,277 1,892 1,601 1,377 1,200 1,059 0,9451 0,8521 0,7754 0,7115 0,6579 0,6124 0,5735 0,5105 0,4612 0,4206 0,3854 0,3534 0,3235 0,2950 0,2675 0,2409 0,2152 0,1903 0,1662 0,1431 0,1210
2,331 1,836 1,480 1,215 1,013 0,8538 0,7262 0,6220 0,5353 0,4622 0,3997 0,3,456 0,2982 0,2563 0,2190 0,1550 0,1019 0,0570 0,0184 -0,0151 -0,0445 -0,0704 -0,0933 -0,1136 -0,1314 -0,1470 -0,1605 -0,1721 -0,1818
1,145 0,8924 0,7087 0,5700 0,4618 0,3749 0,3033 0,2429 0,1911 0,1459 0,1058 0,0699 0,0376 0,0082 -0,0185 -0,0652 -0,1040 -0,1356 -0,1607 -0,1799 -0,1939 -0,2035 -0,2092 -0,2118 -0,2117 -0,2094 -0,2054 -0,1998 -0,1930
-0,0265 -0,0335 -0,0413 -0,0497 -0,0589 -0,0687 -0,0790 -0,0898 -0,1009 -0,1123 -0,1237 -0,1351 -0,1463 -0,1571 -0,1673 -0,1857 -0,2004 -0,2106 -0,2162 -0,2171 -0,2138 -0,2071 -0,1975 -0,1858 -0,1727 -0,1588 -0,1445 -0,1303 -0,1163
-1,189 -0,9469 -0,7759 -0,6510 -0,5577 -0,4867 -0,4319 -0,3891 -0,3555 -0,3289 -0,3076 -0,2906 -0,2767 -0,2653 -0,2557 -0,2402 -0,2270 -0,2144 -0,2011 -0,1866 -0,1709 -0,1543 -0,1372 -0,1200 -0,1032 -0,0871 -0,0721 -0,0584 -0,0461
-2,344 -1,852 -1,501 -1,240 -1,042 -0,8884 -0,7662 -0,6675 -0,5867 -0,5197 -0,4634 -0,4157 -0,3747 -0,3393 -0,3083 -0,2568 -0,2155 -0,1813 -0,1524 -0,1273 -0,1053 -0,0859 -0,0688 -0,0537 ...c-0,0406 -0,0293 -0,0198 -0,0119 -0,0055
-3,497 -2,754 -2,220 -1,824 -1,520 -1,282 -1,091 -0,9355 -0,8064 -0,6979
-4,648 -3,654 -2,939 -2,405 -1,996 -1,673 -1,413 -'- l,200 -1,023 -0,8722 -0,7434 -0,6321 -0,5351 -0,4500 -0,3751 -0,2510 -0,1549
- -- -
0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2,0 2,1 2,2 2,4 2,6 2,8 3,0 3,2 3,4 3,6 3,8 4,0 4,2 4,4 4,6 4,8 5,0
~0,6055
-0,5261 -0,4572 -0,3970 -0,3441 -0,2563 -0,1874 -0,1335 ~0,0819 -0,0915 -0,0281 -0,0594 0,0095 0,0341 -0,0354 0,0484 -0,0178 0,0548 -0,0052 0,0033 0,0555 0,0523 0,0088 0,0467 . 0,0121 0,0399 0,0137 0,0142 0,0328 0,0258 0,0138
Travi su suolo elastico
157
6.6. Trave di lunghezza finita su suolo elastico (Winkler), soggetta alle azioni P 0 , M 0 - Movimenti delle sezioni estreme (jig. 6.13; 6.14).
TABELLA
2
e 1/,m=2p' 2Ma
V
-
c'2Moa2
bm-- ,__,---,
al
Chavl
C,'(v,p)
C,(rap)
C,'('P,p)
C.C'Paml
C,'('P,ml
0,6 0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2,0 2,1 2,2 2,3 2,4 2,5 2,6 2,8 3,0 3,2 3,4 3,6 3,8 4,0 4,2 4,4 4,6 4,8 5,0
3,3374 2,8636 2,5597 2,2360 2,0189 1,8432 1,6991 1,5795 1,4795 1,3954 1,3247 1,2650 1,2148 1,1727 1,1375 1,1084 1,0845 1,0649 1,0492 1,0368 1,0270 1,0138 1,0065 1,0029 1,0014 1,0008 1,0007 1,0007 1,0007 1,0006 1,0005 1,0004 1,0003
1,6635 1,4236 1,2427 1,1007 0,9858 0,8903 0,8090 0,7386 0,6763 0,6205 0,5696 0,5228 0,4793 0,4384 0,3999 0,3634 0,3287 0,2958 0,2645 0,2349 0,2070 0,1564 0,1130 0,0767 0,0475 0,0248 0,0079 -0,0038 -0,0114 -0,0158 -0,0177 -0,0178 -0,0167
8,3710 6,1737 4,7543 3,7882 3,1041 2,6050 2,2323 1,9493 1,7314 1,5623 1,4302 1,3269 1,2460 1,1830 1,1341 1,0965 1,0680 1,0466 1,0310 1,0197 1,0119 1,0033 1,0004 1,0000 1,0005 1,0011 1,0015 1,0015 1,0013 1,0010 1,0008 1,0005 1,0003
8,3110 6,0921 4,6480 3,6538 2,9386 2,4054 1,9958 1,6732 1,4134 1,2003 1,0225 0,8722 0,7434 0,6320 0,5350 0,4499 0,3751 0,3091 0,2509 0,1997 0,1549 0,0819 0,0281 -0,0095 -0,0341 -0,0484 -0,0548 -0,0555 -0,0523 -0,0467 -0,0399 -0,0328 -0,0258
14,1116 9,0061 6,1560 4,4486 3,3699 2,6601 2,1782 1,8430 1,6056 1,4353 1,3121 1,2225 1,1574 1,1102 1,0761 1,0519 1,0349 1,0232 1,0154 1,0103 1,0072 1,0044 1,0037 1,0037 1,0036 1,0032 1,0027 1,0021 1,0015 1,0010 1,0006 1,0003 1,0002
13,8118 8,6565 5,7569 4,0002 2,8727 2,1146 1,5850 1,2031 0,9201 0,7056 0,5398 0,4095 0,3058 0,2225 0,1550 0,1002 0,0557 0,0196 -0,0094 -0,0324 -0,0504 -0,0739 -0,0846 -0,0863 -0,0817 -0,0733 -0,0628 -0,0517 -0,0408 -0,0309 -0,0222 -0,0149 -0,0091
'
6.4, Cenni bibliografici.
Vengono citate le opere che più particolarmente trattano la trave su suolo elastico secondo Winkler: B. WINKLER, Die Lehre von der Elastizitii.t und Festigkeit, Praha, 1867. - H. ZIMMERMANN, Die Berechnung des Eisenbahnoberbaues, Berlin, 1888. - K. HAYASHI, Theorie des Trii.gers auf elastischer Unterlage, Berlin, Springer, 1921. - H. Mfu.LER-BRESLAU, Die graphisce Statik der Baukonstruktionen, B.II, Leipzig, KrOner, 1925 c2a ed.), par. 18. - s. TIMOSHENKO-M. LESSELS, Festigkeitslehre,
158
Capitolo sesto
Berlin, Springer, 1928, par. 37. - K. BEYER, Die -Statik ini Eisenbetonbau, Berlin, Springer, 1933, par. 22. - C. B. BIEZENO-U. GRAMMEL, Technische Dynamik, Berlin, Springer, 1939, cap. IV, par. 3 e cap. VII, par. 3. - O. BELLUZZI, Scienza delle costruzioni, Bologna, Zanichelli, 1944, cap. XII C. - M. HETBNYI, Beams on elasttc foundation, Ann Arbor, Michigan, University of Michigan Press, 1946. - P. Poz~ ZATI, Metodi per il calcolo delle fondazioni, Bologna, Zanichelli, 1953. - V. Z. VLASOV e U. N. LEONT'Ev, Beams, Plates and She!ls on elastic Foundations, Israel Program Scientifìc Translation, Jerusalem, 1966. - J. CoURBON, Résistance des matériaux, Paris, Dunod, 1971 (2a ed.), voi. Il, cap. II. - R. BALDACCI, Scienza delle costruzioni, vol. II, UTET, Torino, 1976, par. 32. Tra gli studi riguardanti la trave su appoggi elastici infinitamente vicini ricordiamo: J. W. SCHWEDLER, «Beitrage sur Theorie des Eisenbahnoberbaues », Zeits. Bauverw., 1889. -A. FruruNn, <(Theorie der gleichmiissig elastisch gestfitzten KOrper», Beton u. Eisen, 1917, 1918. - A. F'REDh'D, « Beitrag zur Berechnung der biegsamen Gri.i:ndungssohlen )), Z. Bauwes., 1924. - H. CRAEMER, , Beton u. Eisen, 1928. - H. FruTZ, << Einfiussftache des biegefesten Balkens auf elastischer Bettung i>, Beton u. Eisen, 1930. - P. NEMENYI, « Tragwerke auf elastischer Unterlage i>, Z. angew. Math. Mech., 1931. - H. BLEICH, « Berechnung von Eisenbeton Streifenfundamenten i>, Bautechnik, 1937. - G. MAGNEL, «Le calcul des poutres sur terrain élastique », La Tèchnique des Travaux, 1938. - A. RETI, «Calcul des semelles continues croisées», Travaux, 1949. - A. RAITHEL, «Un metodo di iterazione per la trave su suolo elastico)>, Rend. Ace. Se. Fis. Mat., Napoli, 1951. - O. ZANABONI, «Soluzione abbreviata della trave su suolo elastico », Ingegneria ferroviaria, 1955. - V. FRANCIOSI, «Contributo allo studio delle trav~ su mezzo el'.1stico »,L'Ingegnere, 1957. - C. RAYMOND!, «Sul problema delle travi con appoggio elastico continuo», Atti dell'Ist. di Scienza d. costruz. di Pisa, 1957. - E. FANELLI, «Travi di lunghezza finita su suolo elastico», Giornale Genio Civile, 1957. - B. BARBARITO, <, Il Cemento, 1961; «Linee d'influenza della trave semiinfinita su mezzo elastico l> (note I, Il, III), Costruzioni metalliche, 1970, 1971; «Le linee d'influenza della trave finita su mezzo elastico ... », 5 note, Giorn. Genio Civ., 1972, 1973, 1974. - M. MELE, «Proprietà e determinazione dei parametri caratteristici di un nuovo model~o di fondazione», Tecnica italiana, 1966. - F. M. MAZZOLANI, «La progettazione delle travi di fondazione sul suolo di Winkler )>, Rivista italiana di Geotecnica, 1967. G. ToNIOLO, « Sul calcolo dei coefficienti elastici delle travi appartenenti ai graticci di fondazione», Costruzioni metalliche, 1973.
CAPITOLO
VII
TRAVI SNELLE SOGGETTE A CARICHI TRASVERSALI E A SFORZO ASSIALE
7.1. l're!llessa. Per una trave snella prismatica soggetta a carichi trasversali che la inflettono, lo sforzo assiale P può alterare sensibilmente, quando oltrepassi certi valori, lo stato di tensione, a causa dell'eccentricità acquisita in seguito all'incurvamento. Ovviamente i risultati sono diversi a seconda che p sia di trazione o di compressione; e infatti nel primo caso I 'inflessione si allevia,
mentre si aggrava nel secondo, sino a ottenere valori nulli della rigidezza, ossia l'annullamento delle capacità reattive della trave, qnando si pensi ragginnta la soglia dell'instabilità dell'equilibrio. Inoltre, per il calcolo delle azioni staticamente indeterminate relative a membrature snelle, può presen-
tarsi l'opportunità, in pratica fortunatamente non freqnente, di tener conto dell'influenza dello sforzo assiale, che può risultare sensibile anche per valori di P abbastanza scostati da quelli critici: così, per dare un 'indicazione a titolo orientativo in merito alla ripercussione sui movimenti, la rotazione delle sezioni estreme di un 'asta soggetta a due coppie di estremità simmetriche, che vale rp,~Ml/2EJ quando lo sforzo normale è nullo, diviene rp-:;;; 1,27 rp00
per P di compressione pari a nn quarto del valore critico, e rp:;;; 0,83 rp"' per ugual valore di P, ma di trazione; e s'intende che, nel caso di aste tese, P può essere notevolmente superiore, in valore assoluto, a quello critico. Si troveranno trattati in seguito alcuni casi, in particolare l'asta compressa
soggetta a una coppia applicata ad una sezione estrellla, essendo tale schema ntile per studiare iterativamente strutture complesse. Inoltre verrà anche risolta l'asta tesa soggetta a un carico concentrato nel mezzo; caricamento, questo, che può essere attuato, ad esempio, per determinare il preesistente
sforzo normale della catena di una volta. Vedremo che, naturalmente nell'ambito dell'elasticità lineare, lo studio delle travi soggette a sforzo normale e inflesse è semplificato notevolmente dalla circostanza che, pensando costante il valore di P, è ancora lineare il legame tra carichi trasversali e loro conseguenze, per cni è legittima la sovrapposizione degli effetti; inoltre una significativa formula consente di ottenere ottime approssimazioni quando la configurazione è simmetrica e le estremità sono articolate.
Nei punti seguenti snpporremo la trave prismatica.
Capitolo settimo
160
Travi soggette a sforzo assiale
161
7.2. Compressione e carichi trasversali.
7.2.2. La trave con le estremità articolate.
7.2.1. L'equazione della linea elastica.
Se l'origine dell'asse x è in corrispondenza di uno degli appoggi, le costanti C1 , C2 sono determinate dalle condizioni che Io spostamento v sia nullo per x=O e x=l. Nei casi simmetrici, con l'origine di x nel centro della trave (fig. 7.lb), nell'espressione della v scompare il termine C2 sen ax che ha carattere di antimetria (poichè cambia il suo segno nelle due metà della trave). Quindi, ponendo À=al/2, [b]
Data la trave prismatica soggetta all'azione simultanea di un carico q(x) trasversale e dello sforzo assiale P (fig. 7.la), il complessivo momento flettente comprende, volendo considerare l'influenza dovuta allo sforzo assiale e indicando con v la linea elastica della trave, la parte Mtr conseguente ai carichi q(x)
a)
l'..._.A,g;=i VI i~B
1 --- --i-=
b) PA_gJl x•
f
tfl
l'integrale [7.2] diventa, in seguito alla condizione v=O per x= ±1/2, e con
-
Vv
simmetrico,
[7.3]
l!~B
In merito all'integrale particolare Vp vedremo alcuni esempi. Una soluzione approssimata dello stato di sollecitazione e di deformazione può essere ottenuta semplicemente. Esprimendo la funzione incognita v sotto forma di una serie trigonometrica (cap. X) ed arrestando questa al primo termine, si può scrivere:
·t
c)PA~B Fig. 7.1
:n:x V"'fcos ·
-
trasversali e quella Pv dovuta a P. Quindi l'equazione della linea elastica, nell'ambito delle consuete ipotesi, risulta d 2v
EJ dx' =-M,,.-Pv
[7.1]
l '
[7.4]
le condizioni ai limiti sono rispettate (v=O per x= ±1/2) ed f rappresenta lo spostamento massimo (v=f per x=O). Analogamente, per effetto del solo carico trasversale,
e in essa Mtr è termine noto, ossia indipendente da v, perchè si considerano gli spostamenti molto piccoli rispetto alla lunghezza I della trave. Se si pone a 2 =P/EJ
[a]
(la dimensione fisica di a è l'inverso di una lunghezza), la soluzione dell'equazione vale [7.2] essendo vP una soluzione particolare, e C1 , C2 le costanti d'integrazione da determinare con le condizioni ai limiti. Se si pensa di mantenere costante il valore del carico longitudinale P, il legame tra carichi trasversali q(x) e loro conseguenze complessive (ossia di q e P insieme) risulta lineare: infatti risulta lineare il legame tra la funzione v e il complessivo momento poichè, di questo, la parte M,,. è proporzionale ai carichi trasversali e la parte Pv, quando P resti invariato, è proporzionale alla stessa v.
:n: 2 nx quindi M,,=-EJv;;=EJ /2 f,, cos - - · 1 Sostituendo queste relazioni nell'equazione [7.1] si ha allora, essendo n 2EJ/l 2 =P" ed eliminando il fattore comune cos nx/l,
J-__J._,~ p
[7.5]
1-p"
Tale espressione può essere impiegata per varie condizioni di carico e anche per altre condizioni di vincolo (purchè interpretabili con una serie trigonometrica), sostituendo, s'intende, a Per il correlativo valore; però l'approssimazione può risultare non soddisfacente quando il carico non è 11 -
POZZATI, IIMl.
Capitolo settimo
162
Travi soggette a sforzo assiale
simmetrico, e non viene quindi rispettato l'andamento simmetrico della v e delle sue conseguenze iutrodotto adottando le relazioni [7.4], [c]. Poichè M=-EJv'', tenendo conto delle [7.4], [c], si ottiene//f,,=M/M,,
quindi, per la [7.5] , [7.6]
M
le approssimazioni sono in genere peggiori di quelle che si ottengono per la freccia (es. 7.1). a) Carico ripartito uniformemente. q/2 qx 2
b) Carico trasversale Q concentrato nella mezzeria. - In tale caso si ha (ponendo ancora l'origine dell'asse x nella mezzeria) M,,=Ql/4-Qx/2, quindi un integrale particolare della [7.1] è Vv=-M,,/P. Pertanto risulta (M,,,x~o= =Q 1/4, f,,=Q l'/48EJ, rp,,=Q f2/16EJ)
tg À Mmax=Mtr_A_,
f=fti
3(tg A-A)
;,s
'
2(1-cos A) A2 cos A
[7.10]
c) Coppie M, simmetriche applicate alle estremità. - In tale caso si ha M,,=M,, v,=-M,,/P. Quindi (f,,=MJ 2/8EJ, rp,,=M, l/2EJ)
Con l'origine nel centro, essendo
M,,=---2, un integrale particolare della [7.1] è (P=EJa 2) 8
163
f= f,,
tg A
2(1-cos A) A2 cos A
[7.11]
vp=-M,,/P-EJ q/P 2 =-M,,/EJa 2 -q/EJa 4 ,
d) Coppie Ma. antimetriche applicate alle estremità. - Per tale condizione di carico trasversale, con l'origine degli assi nella mezzeria, si deve
come si accerta immediatamente constatando che la stessa equazione [7.1] risulta soddisfatta. Quindi, sostituendo nella [7 .3],
senax V= -(v,),~ '·" sen A +vP '
q (cosax - EJa 4 cos A
v-
M
porre, analogamente alla [7.3],
a'- 1), " q
con vP=-MtrfP, M,,=Man 2x/l. Procedendo come si è visto precedentemente, si ottiene (rp,,=Ma.lf6EJ)
2
M=-EJv"=..'L(cosax -l)= q/ 2(cosax -l)· a2 cosA 8 A2 cosA
I valori massimi di v e di M si hanno per x=O: q ( 1 a'l' ) Vrrmx=f= EJa 4 COSA --8-- l =
__ 5 tj/4_ [~ (-1__ A'-1)] - 384 EJ 5A 4 cos A 0, 5 '
M max
= ql 8
2
[2 ).2
[7.7]
cosÀ
Mal 'Paa= EJ
' ql' [ 3(tg A-A) (v )x~z12=
[7.8]
l
[7.9]
(positive le rotazioni destrogire). I fattori posti fra parentesi quadra nelle ultime tre formule costituiscono i coefficienti di amplificazione dei valori che si avrebbero per effetto del solo carico trasversale e tendono al valore 1 per P tendente a zero (es. 7.1); tendono al valore infinito per P tendente al valore P"=n'EJjl2, cui corrisponde l'instabilità della trave (infatti per esso risulta A=al/2=n/2, cos A=O).
[7.12]
e) Coppia Ma applicata all'estremità A della trave (fig. 7.2). - È stato accennato nel par. 7.2.1., e d'altronde è evidente dalle varie formule ottenute, che è valido il principio della sovrapposizione degli effetti, pensando s'intende di tener costante P; quindi, utilizzando le espressioni date nei punti [e], [d] precedenti, e considerando positive le rotazioni destrogire, 3
1-cos A ] •
3(1-A cotg A) A2
3
Mal
4T (tg A-cotg À+ l/A)= 3EJ
Kaa,
[7.13] Mal rp,.= - GEJ
3
2T
Mal (tg A+cotg A-1/A)= - GEJ K, •.
I diagrammi dei coefficienti Kaa• K,. si trovano rappresentati nella fig. 7.2 in funzione di P/P,,, quindi di A=al/2=
~ VP/EJ= ~ VP/P";
alcuni valori
sono riportati nella seguente tabella. Da essi, sovrapponendo gli effetti, si possono ricavare immediatamente i valori delle rotazioni delle sezioni estreme,
quindi delle rigidezze alla rotazione, per coppie simmetriche o antimetriche; e può essere risolto senza alcuna difficoltà il caso della trave con appoggio e incastro.
164
Capitolo settimo
TABELLA 7.1. Trave compressa e soggetta a una coppia Ma (fig. 7.2). ~ r-~-
'Pa=Kaa Mal/3EJ,
'l»=K,. Mal/6EJ,
-··
(P"=n'EJ/l') --~-
P/P" Kaa K,.
o
0,1 0,2 0,3 0,7 0,9 1,0 0,4 0,5 0,6 0,8 1 1,073 1,162 1,277 1,427 1,636 1,946 2,460 3,480 6,527
''
---·-··
Ma __.__ ~- W p~ ~b ~,__,_MZ---~$$B
1-----
t
~A 'I!
a
3,0
--
---~
I I
- - --··
Esempio 7.1.
Data una trave appoggiata, soggetta a carico uniforme o concentrato nel centro, calcolare il momento massimo e la freccia per vari valori del carico P, impiegando anche le formule approssimate [7.5], [7.6].
I
2.5
I
'
m[
[
I
,
V2
Per P/P"=0,25; 0,5; 0,75 (7.=n/4; n/4; V3nf4), dalle formule [7.7], [7.8] si ha: f!f.,.= 1,334 ; 2,004 ; 4,011 ;
/ /
I
I
I I I
,_A1-p -
.
[
~I
3,0 - l',_ J:
I 2,0
a) Carico uniforme.
(K,,Kz}
I
--aa
---
I
I I
I
I I
I
I I l I I I I ~\
B\,_t
1-_._ ~ ! ! ! ! ! ! ! ~ ~ "'il B~
2,5 ~-A
/
1,5
[
M/M.,.=1,343 ; 2,030; 4,093.
/
/
-
/
Dalle [7.5], [7.6] si ottiene invece
•/
1,0
f/ft,=M/M.,.=1,333;
2; 4,
/-
o,o
2,0
0,2
o,sPlf,.
0,4
Fig. 7.2
con gli errori massimi di 0,2% per f e di 2,3% per M.
) ~~-
1,5
....
b) Carico Q concentrato in mezzeria. 1,0
Per i medesimi valori di P/P", dalle [7.10] risulta: ffft,=1,329;
0,0
1,986; 3,958 ;
D,5
__
,
1,op;:
P:d2itJ17?)
Fjg. 7 .3. - Diagrammi dei coefficienti K 1, K 2 : (trave doppiamente incastrata)
M/M.,.=1,273 ; 1,817; 3,551.
-
MmQ.=-K1
Dalle [7.5], [7.6] si ottiene invece:
ql"
l2•
(trave con incastro e appoggio)
ffft,=M/M.,.= 1,333 ; 2 ; 4,
-
con gli errori massimi di 1,1% per f e di 16,2% per M.
qP
Mme.=-K2g. 25•+--t-+++--t-+~-t-++-Hl-+--t+-I
7.2.3. Trave con le estremità impedite di ruotare.
~~
--1--
1-1-+++--fc .,_
È stato ripetutamente sottolineato il fatto che, pensando di mantenere
costante il carico longitudinale P, deformazioni e momenti sono proporzionali al carico trasversale, per cui può essere applicato il principio della sovrapposizione degli effetti. Ciò consente di risolvere facilmente la trave avente le estremità incastrate perfettamente o inserita ·in un insieme di membrature elastiche, utilizzando in quest'ultimo caso i procedimenti che verranno in seguito sviluppati; e anche quando lo sforzo normale non rimanga costante al variare del carico
trasversale, può essere facilmente istituito un calcolo per iterazioni.
!/
2,0 -~-
1,5
V/
1,0
y
o
0,5
··--
Fig. 7.4. - Diagrammi dei coefficienti Cba• Ka M C M. M 0 l) ( ba= ba2• (f>a=K,. 4EJ •
Travi soggette a sforzo assiale
Capitolo settimo
166
Consideriamo, ad esempio, la trave con entrambe le estremità impedite di ruotare, soggetta a un carico trasversale Q concentrato in mezzeria. Dev'essere nulla la rotazione delle sezioni estreme, quindi
-
-
Ma=Mtr
2(1-cos .l.) ,,..1 senA1
[7.14]
;
poi, sovrapponendo gli effetti del carico trasversale e dei momenti (/,,= =Q/3/192 EJ), 12 [ 2(1-cos .l.)' [7.15] f=ft,;;s tg.l.-.l.- sen2.l. ·
l
Per P tendente al valore P"=4n 2EJ/1 2 (.l.=n), M. e la freccia f tendono al valore infinito; valori approssimati della freccia e del momento si possono ottenere anche dalle formule [7.5], [7.6]. Può essere interessante a tale proposito un riferimento numerico: ad esempio per P=0,5 P"=2n'EJ/l' (À=nj/2/2), le [7.14], [7.15] forniscono
dalle formule approssimate [7.5], [7.6] si ottiene invece
7.3. Trazione e carichi trasversali. a) Le soluzioni possono essere dedotte procedendo in modo del tutto analogo a quanto è stato visto per la compressione. associata a carichi tra.. sversali. Ma, quando sono noti i casi relativi a tale condizione, conviene utilizzare le espressioni già ricavate sostituendo -P a P, -a 2 a a 2, ia ad a, i.l. a .l., essendo i l'unità immaginaria; impiegando poi le formule di correlazione tra funzioni circolari e iperboliche
sen ix= i senh x,
cos ix=cosh x ,
con l'errore di 10,1% per il momento d'incastro; per diverse condizioni di carico e uguale rapporto P/Pcr l'errore può essere sensibilmente maggiore.
Per la trave con entrambe le estremità impedite di ruotare, soggetta . a un carico distribuito uniformemente, procedendo nello stesso modo si ottiene per esempio con facilità M=- q/2 3(tg.l.-.l.) 2
.l. tg.l.
K1 (-ql'/12),
[7.16]
e altrettanto facilmente può essere ottenuta l'espressione del momento d'incastro quando soltanto un'estremità sia incastrata [Mn=K2 (-q/2/8)]. Nella fig. 7.3 sono riportati i diagrammi che forniscono i coefficienti di amplificazione K 2 , K 1 per la trave caricata uniformemente, con una o con entrambe le estremità incastrate. Procedendo in modo analogo, per la trave con appoggio e incastro, soggetta a una coppia M •• si ottiene Ma Mba=2
Kba
Ma
K=-2-
••
Cba'
I M.Z 'Pa= EJ (M.K•• -M,.K.,/2)= 4EJ Ka, 3
tg ix= i tgh X.
Ad esempio, per la trave appoggiata, soggetta a un carico Q concentrato nella mezzeria, dalle [7.10] si ottiene Ql tgh .l.
Ql'
f= 48EJ
3(.l.-tgh .l.) .l.3
;
[7.18]
e per la trave ugualmente caricata, però con le estremità impedite di ruotare, dalle [7.14], [7.15] risulta
f/ft,=M/M,,.=2,
12
con K •• , K.,=K,. dati dalle [7.13] e dai diagrammi della fig. 7.2 o della tabella 7.1; al solito, M, e 'Pa tendono all'infinito per P tendente al valore P,,=2,046 (n'EJ/1 2), che provoca l'instabilità della trave con appoggio e incastro. I diagrammi dei coefficienti e,., Ka sono riportati nella fig. 7.4.
Mmax=4-.l.~'
f/ft,= 1,986,
167
[7.17]
Ql 2(cosh.l.-l) M.=-3 .l.senh.l. '
[7.19]
3
f
Q/ 12 [ 192EJ JF .l.-tgh .l.
2(1-cosh .l.)'] · senh 2.l.
b) Anche nel presente caso di una trave soggetta a trazione e a carichi trasversali è applicabile il procedimento che ha ispirato le formnle approssimate [7.5], [7.6], le quali diventano, dovendo cambiare segno al carico P,
f
f,, p
1+P,,
M
M,,. p
[7.20]
1+P,,
e forniscono in genere buone approssimazioni per configurazioni simmetriche; approssimazioni, al solito, migliori per le frecce che per i momenti. È appena il caso di notare il fatto facilmente intuibile che lo sforzo assiale di trazione gioca nel senso di attenuare l'inflessione che si ha per effetto dei soli carichi trasversali . e) I coefficienti di riduzione delle frecce f per effetto di un carico trasversale Q concentrato in mezzeria, considerando la trave con le estremità ap-
168
Capitolo settimo
Travi soggette a sforzo assiale
poggiate e incastrate, sono riportati nella fig. 7.5; la conoscenza di tale caso pnò risultare utile ad esempio per determinare, mediante una prova di carico, la trazione preesistente nelle catene degli archi (es. 7.2). È opportuno notare che, se è elevata la prevalenza di P su Pc,, l'influenza dell'incastro
(K,,K4) o,o - p - - _,._LS--
-
.[,
-
~-----
V
\
P,,~4n'EJ/l'~ 12920
cm,
P~( t;-1) Pa~l,089·12920~14070
•i(,
V
K4
I
kg.
kg,
a(P)~914
kg/cm' ;
pertanto, dalla seconda delle stesse formule [7.20], si ha anche
~
Mmaxç;;Q//8: (l+P/P,,)~3875:
y
~
0,5
-
11- I/ V
----- I9l
I o
-------
p ~
2
1
3
2,089~1855
kgcm,
/
quindi amax(M)~103 kg/cm' (dalla formula [7.19], essendo J.~3,28, si ottiene invece Mmax=2191, con la conferma che la [7.20] non fornisce in genere approssimazioni molto buone per i momenti).
"-V
1,0
J,,~2Ql'/384 EJ~0,493
,V
Q"25
oB
a) Con la formula approssimata [7.20], considerando le estremità incastrate perfettamente. Il valore teorico della freccia dovuta al solo carico Q=50 kg e il carico critico risultano (E=2 · 10 6, J=62,88 cm4 ; si assume /=6,2 m)
Utilizzando quindi il valore sperimentale /~0,236 cm della freccia (che tiene conto di P e Q insieme) si ottiene che lo sforzo assiale esistente vale
--p
_,___,--
169
---
I
KJ! 1à
f
b) Se, al posto della formula approssimata, si impiega l'espressione [7.19] della freccia, operando per tentativi si ricava A.=3,32, quindi P=14430 kg.
r· -
.{·
Fig. 7.5. - Diagrammi dei coefficienti
1 hPiP*(P:~2Eif,/ w ' p;p•
Q/' Ql" ) Ka, K4 ( fa=Ka 48EJ • J,=K. 192EJ ,
c) Qualora si considerassero le estremità articolate, si otterrebbe
(P"~3230
è in generale piccola sul valore della freccia: infatti, adottando la formula [7.20], si può scrivere, per le estremità articolate e incastrate,
ftr,i
per cui, nel caso del carico concentrato in mezzeria, essendo !tr,i= =!tr,a/4, Pcr,i=4 Pcr,a• si ottiene (quando, come si è detto, sia P>>Pcn p
kg,
f,,~ 1,97
cm)
P~ ( 0~;376 -1) 3230~23730
kg.
Tale risultato conferma, anche in questo caso particolare in cui P non è fortemente diverso da Per. che il valore dello sforzo assiale P è influenzato molto meno della ftr dalle ipotizzate condizioni di vincolo. d) Nel caso in cui si disponga, avendo rilevato le dilatazioni alle estremità per effetto di Q, del valore del momento d'incastro M,(Q), si ha
!
~
8Ql' 3(7.-tgh J.) 384EJ l.'
M,l' 2(cosh J.-1) . SEJ .!' cosh J.
quindi p-:Pl; v. fig. 7.5)
"
,.
J,,,,
,.
,,-;;--~p-~Ja
•
1+Pcr,i Esempio 7.2.
Determinazione dello sforzo esistente nella catena di un arco. La catena di un arco di un vecchio edificio ha la luce netta di 6 m e la se-zione rettangolare di 7 x 2,2 cm2 (con il lato di 7 cm in direzione verticale). Per conoscere lo stato di sollecitazione, viene applicato nella mezzeria un carico concentrato progressivamente crescente, e per Q=50 kg si rileva la freccia di 0,236 cm; inoltre le dilatazioni sui lembi, lette in prossimità sia del centro sia delle sezioni estreme, risultano, a parte il segno, pressochè uguali tra loro (per cui è buono il grado d'incastro) e gli estensimetri sulla linea media confermano pressochè nulla la dilatazione (sono dati che riguardano un'effettiva prova). Deterrrùnare lo sforzo assiale esistente della catena.
poichè l'unica incognita è A, si può ricavare questa (quindi P) per tentativi; resta sempre significativo il confronto con i risultati relativi a condizioni di vincolo limiti. 7.4. Cenni bibliografici.
La trave soggetta a carichi trasversali e a sforzo assiale si trova di solito trattata nei testi che si occupano della stabilità dell'equilibrio. In particolare ricordiamo le s~guenti opere: H. ZIMMERMANN, Knickfestigkeit der Stabverbindungen, Ernst, Berhn, 1925. - J. RATZERSDORFER, Die Knickfestigkeit von Stiiben und Stabwerken, Springer, Vienna, 1936, - L. CEsARI, F. CONFORTO, C. MINELLI, Travi continue inflesse e sollecitate assialmente, Ist. per applicaz. del calcolo, C. N. R., Roma, 1941, - o. BELLUZZI, Scienza delle costruzioni, Zanichelli, Bologna, cap. XIII e, 1951. - R. K. LIVESLEY e D. B. CHANDLER, Stability Functions /or Structural Frameworks, Manchester University Press, 1956. - M. PAGANO, Strutture, Liguori, Napoli, parte 2•, 1963 (l'effetto instabilizzante di carichi verticali nel calcolo dei telai piani). - E. GIANGRECO, Teoria e tecnica delle costruzioni, Liguori, Napoli, vol. II, cap. IV, 1966. - V. FRANCIOSI, Scienza delle costruzioni, Liguori, Napoli, vol. V, 1967.
Travi su appoggi obliqui
171
sueto, di rappresentare le coppie mediante il loro asse momento, col senso stabilito in base al senso giratorio orario; e in modo analogo verranno indicate le rotazioni: così il simbolo MnA starà a significare il momento, in corrispondenza della sezione A, avente n come asse; inoltre i semplici simboli M, C indicheranno i momenti flettente e torcente. Si suppongono parallele
tra loro le linee dei due appoggi e costante la sezione della trave. CAPITOLO
VIII
TRAVE SU APPOGGI OBLIQUI
8.1. Premessa. Data una trave su appoggi obliqui, la rotazione di ciascuna sezione estrema è consentita liberamente nel piano di traccia n normale alla linea di appoggio, ed è invece impedita secondo l'altra direzione ortogonale (fìg. 8.1); per cui appare subito chiaro che la soluzione della trave, anche quando essa rignarda l'appoggio semplice, si presenta in tale caso di solito staticamente indeterminata, non essendo più libera di avvenire liberamente la rotazione secondo x; e vedremo che l'obliquità può comportare forti alterazioni dello stato di sollecitazione relativo all'usuale caso della linea d'appoggio ortogonale all'asse. Lo studio delle travi snelle su appoggi obliqui risulta semplice procedendo con il metodo dei vincoli ausiliari, ossia considerando le rota~ zioni delle sezioni estreme in un primo tempo bloccate ad opera di fittizi vincoli e dei relativi momenti d'incastro (soluzione particolare); poi consentite, applicando tali momenti cambiati di segno (soluzione complementare). Accade infatti che, quando la trave è supposta incastrata perfettamente, I'ipotesi di rotazioni nulle delle sezioni estreme intorno a z e x rende spon~ taneamente nulla anche la rotazione intorno all'asse n, per cui l'obliquità non fa risentire alcun effetto, s'intende ragionando nei termini sintetici e imperfetti della conservazione delle sezioni piane: allora le conseguenze dell'obliquità si possono riportare tutte al caso semplice di trave soggetta soltanto a coppie estreme; caso che verrà considerato subito, anche perchè esso consente di risolvere facihnente le travi oblique continue. Le ipotesi saranno al solito quelle relative ai solidi aventi prevalente sviluppo lineare; però la presenza dell'obliquità, che comporta in prossimità degli appoggi Ull funzionamento fortemente bidimensionale, rende opportune alcune osservazioni su cui ci soffermeremo a conclusione del presente esame approssimativo, che può essere utile per disporre di risultati limiti semplici e per saggiare le conseguenze derivanti dall'esistenza degli appoggi obliqui. Verrà fatto riferimento a una terna di assi cartesiani (fig. 8.1), di cui y è verticale e x coincide con l'asse della trave; di una seconda terna t- n -y, t è diretto lungo la linea dell'appoggio. Inoltre si conviene, come di con-
Fig. 8.1
8.2. Coppie applicate alle sezioni estreme. 8.2.1. Coppie
M~A
applicate alle sezioni estreme.
a) Coppie simmetriche M,A (fig. 8.2).
Come è stato accennato, la reazione lungo ogni appoggio obliquo deve sviluppare il momento staticamente indeterminato MnA per impedire la rotazione della sezione terminale intorno all'asse n ('!'nA=O); pertanto il momento
z MZA
AI
2
I
J
X
' "'-n
'"
t
I
i
iO ' I
4
'
;M(momjlett.)
~~--~-----------Fig. 8.2
'
;C(mom torc.)
.
flettente e quello torcente, considerati positivi se sono concordi coi sensi
degli assi coordinati, hanno i valori costanti C=MnAsena.
L'equazione dei lavori virtuali, che rende esplicita la condizione di congruenza ('!'nA=O) per tramite dell'azione ausiliaria MnA=Mnn= 1, risulta (M'=-l·cosa, C'=l·sena)
0=-f;1'1 cosa dx/EJ+Jf
sena dx/GJ,,
Travi su appoggi obliqui
Capitolo ottavo
172
e) Una coppia M,A applicata alla sola sezione A (fig. 8.4).
e da essa si ottiene, posto
y=l +e tg'a,
e=EJ/GJ,,
[8.1]
C=M,A tga/y,
[8.2] n
Le rotazioni delle sezioni estreme e la freccia si hanno immediatamente considerando la trave libera da vincoli, soggetta ai due momenti flettenti M dati dalla seconda delle [8.2] 'fJ,A=-
1) 1-y
M,A/
[8.3]
2EJ ,
Ar
Fig. 8.4
-f
X
È facile rendersi conto che il momento torcente nella sezione retta di mezzeria (quindi in ogni altra sezione) è nnllo (voi I, par. 10.5); pertanto l'obliquità non fa risentire effetti, e si ha
I
I
u..
M,A/ ( 3 ) q;,s=- 6EJ l - 2y '
a)
b)
I
I
,/
-r'
1*7(1
M,Alb
[8.8]
I
IO I
[8.7]
v1 =v,+ 24EJ ctg a,
MzA
2 X
132&
[8.6]
La rotazione 'Pxo della sezione di mezzeria può essere calcolata osservando che, se provvisoriamente non si tiene conto della presenza degli appoggi
/
}'
I
/B I
antimetriche, si ottiene
[8.4]
MzA
/
b
Scomponendo questa in due coppie M,A/2 simmetriche e in due ±M,A/2
b) Coppie antimetriche (fig. 8.3).
A/ .I
173
/B
I
I
7'
d) Effetti di una coppia M,A, essendo l'estremità B incastrata (fig. 8.5).
X
+
B
Fig. 8.5
Fig. 8.3
Per quanto è stato visto nel precedente paragrafo, l'equazione di congruenza (q;,s=O), necessaria per calcolare l'incognita M,s staticamente indeterminata risulta:
obliqui, le rotazioni terminali intorno a z hanno i valori, uguali tra loro, dati dalla [8.4], rappresentabili con i due vettori %A indicati nella fig. 8.3d; ad esse dev'essere poi sovrapposta la rotazione di corpo rigido Txo=IJ?zA ctga,
tale che il vettore-rotazione risultante sia diretto secondo l'asse I. Quindi risulta M,Alb [8.5] v1 = -v2 =q;,, b/2= EJ ctg a . 12
e da essa si ottiene
y-1,5 y-0,75 ,
[8.9]
Capitolo ottavo
174
M,Al ( 3 )
+ M,sl 6EJ
Travi su appoggi obliqui (
3 ) l-ly .
[8.10]
175
diretta o iterativa (cap. XIII), sia quello della congruenza (cap. XIV); e forse quest'ultimo in tale caso è conveniente, essendo limitato il grado di indeterminazione statica.
Ad esempio, per e= I e a=45° (y=2),
8.3.2. Trave appoggiata: carico concentrato in un punto qualunque. Procedendo come è stato indicato nel precedente paragrafo, si ottiene ad esempio, per un carico concentrato in un generico punto dell'asse, distante a, b dai punti estremi,
8.2.2. Coppie M..,A applicate alle sezioni estreme (fig. 8.6).
Pab'
[ Pab
2
I )
(
Pa'b
I
MA=--1-,- (l' fase)+ - -,- 1-2y - --,- y 1 1 2
l
(2' fase)=
Fig. 8.6
Procedendo in modo del tutto analogo a quello visto precedentemente, si trova e tga etga [8.11] M=MxA---, M n A=-MA x ycosa ' y M,Al e tga %A=-
[8.12]
Gli effetti delle due coppie MxA possono venire anche determinati, con riferimento ai relativi vettori, scomponendo questi secondo le direzioni n (tali momenti non danno conseguenze) e z (M,A=MxA · ctg a); e utilizzando quindi i risultati del par. 8.2.1 a.
8.3. Trave appoggiata soggetta a carichi. 8.3.1. La soluzione ottenuta considerando in una prima fase del calcolo la trave con le estremità incastrate. Secondo quanto è stato accennato nella premessa, lo studio della trave su appoggi obliqui è immediato seguendo il procedimento dei vincoli ausiliari: quindi alla situazione particolare della trave incastrata in entrambe le sezioni estreme e soggetta ai carichi, per la quale, nell'ambito delle consuete ipotesi, l'obliquità non produce alcun effetto, occorre aggiungere quella conseguente ai soli momenti d'incastro cambiati di segno, che è nota per quanto è stato precedentemente visto. In particolare le rotazioni terminali sono dovute soltanto a quest'ultima fase; e se una sola estremità è appoggiata, la soluzione complementare correttiva riguarda la trave con incastro e appoggio (par. 8.2.ld), quivi soggetta, al solito, al momento calcolato nella prima fase, cambiato di segno. La soluzione della trave continua su appoggi obliqui è semplice, perchè nella sostanza nulla cambia applicando sia il metodo dell'equilibrio per via
[8.13]
1
Pab
=--1-2y' [8.14] Se il carico è eccentrico, per la trave provvisoriamente incastrata debbono ;enir calcolati anche i momenti torcenti MxA' MxB; è facile poi completare il calcolo, quando vengono applicati cambiati di segno, avendo nota la soluzione del par. 8.2.2. 8.3.3. Carico ripartito uniformemente.
a) Entrambe le estremità sono appoggiate. Procedendo come è stato indicato nel precedente paragrafo, si ottiene ad esempio
ql' MA=Ms=-'-u (!' fase)+
+i~
(i-+) (2' fase, con due coppie simm.)=- i~ 7,
ql' ql' ( 1 -1-) , M, (nella mezzeria)=+-+24 12 y 4
2
2
q/ q/ 1 v,= 384EJ (!' fase)+Ll 8EJ
(
1-yI )
[8.15]
2
C= q/ tga' 12 y
[8.16]
(2' fase)= [8.17]
[8.18]
Capitolo ottavo
176
Travi su appoggi obliqui
b) Un'estremità appoggiata, l'altra incastrata.
Ad esempio, utilizzando il caso risolto nel par. 8.2.ld, il momento per la sezione B d'incastro vale [8.19]
8.4. Osservazioni sull'attendibilità delle formule ottenute. Può essere opportuno ricordare le semplificazioni introdotte, per rendersi meglio conto dell'attendibilità delle varie formule precedentemente ricavate. al
/,
'
''
X
''
-P
'
,! , I
/a
'
!I
l
177
Per la stessa struttura, considerata con1e trave e con1e piastra, calcolare anche la linea d'influenza dello spostamento nel centro. a) Carico uniformemente ripartito.
Per tale condizione di carico, il calcolo c9rne trave è stato indicato nel par. 8.3.3: supponendo lo spessore s piccolo rispetto alla larghezza b, risulta Jt~bs 3/3, quindi (v= 1/6), G=E/2(H->), e=EJ/GJ,=0,5833. Per effettuare i confronti, si considerano i valori medi dei momenti nella sezione di mezzeria, ossia m=Mnctt.fb, nitore.= =C/b(p=q/b). Per a=60°, ad es., risulta y=2,75; quindi, dalle [8.16], M,=0,0947 ql', C=0,0525 ql'. : v,=0,01302 pbl'/EJ,
mx=0,1250 pl2 ,
a=60°) come trave : v,=0,00923 pbl'/EJ, >) » , ) come piastra (b/1=1/3): v,~0,00859 >) ) )) » (b/I~ 1/2): v,=0,00819 >) >) ) (b/1=2/3): v,=0,00785
mx=0,0947 pi', m,=0,0884 >), mx=0,0845 >), mx=0,0808 >),
a=45°) come trave : v,=0,00658 pbl'/EJ, l) ) come piastra (b/1=1/3): v,=0,00484 » , )) ) » » (b/1=1/2): v,~0,00421 » ) » (b/1=2/3): v,=0,00377 »
mx=0,0724 plz, mx=0,0556 i> , m,=0,0464 » , tnx=0,0399 1> ,
a=90°)
mtorc.=0,0525, 111torc. =0,0321
0,0349 n1torc.=0,0368
mtorc. =
lntorc. =0,0526 .J mtorc. =0,0359 mtorc. =0,0377 ffltorc. =0,0357
b) Linea d'influenza dello spostamento nel centro. Fig. 8.7. - Linee d'influenza dello spostamento v in O:
Vi
(come trave); v1 (come lastra).
Al solito la struttura dev'essere snella, per poter ragionare in termini di caratteristiche di sollecitazione; e sussiste anche la circostanza che, per i tratti estremi della trave, risultano malamente definibili l'andamento dell'asse e la connessa entità delle sezioni rette. Quindi lo stato di sollecitazione è in genere attendibile al di fuori di tali tratti, tanto meno estesi, rispetto alla luce, quanto più b è piccolo rispetto ad essa ed è minore il grado di obliquità della trave. A tale riguardo si troveranno sviluppati, nell'es. 8.1, confronti tra i risultati ottenuti considerando, con il procedimento illustrato, la struttura come trave, poi anche come piastra obliqua, utilizzando per il calcolo di questa i numerosi casi già risolti (v. bibl.). Un sintetico giudizio indicativo può scaturire dall'esame delle varie linee d'influenza dello spostamento del centro O riportate nella fig. 8.7 e commentate nello stesso esempio. Esempio 8.1. Un ponte è realizzato con una soletta di calcestruzzo armato (v= 1/6) su appoggi obliqui. Calcolare le sollecitazioni e lo spostamento nel centro per. effett~ di un carico uniformemente ripartito, ponendo a=60° e a=45°; confron!are 1 valori che· si ottengono considerando il ponte come trave o come lastra, e In quest'ultimo caso per vari valori del rapporto b/a.
I dati sono uguali a quelli riportati nel punto a). La linea d'influenza dello nel _centro ~ella soletta coincide con il ~agramma degli spostamenti dovuti a un carico apphcato nel centro. Effettuando Il calcolo come trave, si ottiene il seguente valore dello spostamento nel centro (relaz. 8.3) spost~mento
2PI' . v,= 384EJ (trave mc.)+
(PI) I' (l--y1) = 3848 8 8EJ
3)
PI' ( EJ l - 4y ;
quindi per a=60° (y=2,75) e a=45° (y=l,583) il coefficiente di riduzione (l-3/4y) del valore della freccia per a=90° (8 Pl'/384EJ) acquista i valori 0,727; 0,526. Le linee d'influenza si ottengono sovrapponendo gli effetti del carico in mezzeria e delle coppie (fìg. 8. 7); nella stessa figura sono riportati gli andamenti per la piastra obliqua e per b/l=l/3 (v. bibl.). Ad esempio, le ordinate massime, a meno di Pl'/48EJ, valgono:
(calcolo come trave), (calcolo come piastra, b/I= 1/3) ;
per a=60°)
0,727 0,687
per a=45°)
0,526 (calcolo come trave), 0,400 (calcolo come piastra, b/I= 1/3).
8.5. Cenni bibliografici.
Per il calcolo della trave ad asse rettilineo su appoggi obliqui si veda J. CoURBON, Résistance des matériaux, Dunod, Paris, vol. Il, cap. VIII, 1971; la trave ad arco è 12 -
POZZATI, Il-1.
178
Capitolo ottavo
stata studiata da C. CEccou-M. MERLI, «Volta parabolica con appoggi obliqui rispetto ali 'asse l}, Inarcos, Bologna, n. 3, 1974. La bibliografia riguardante la lastra obliqua è molto estesa e interessa poco il presente paragrafo, dedicato al semplice calcolo come trave. Ricordiamo tuttavia in particolare, essendo stata utilizzata per i confronti numerici, l'opera di J. BALASA. HANUSKA, Inftuence surfaces far skew plates, Slovenskej Akadémie, Bratislava, 1964, nella quale si trovano accuratamente calcolate le superfici d'influenza degli spostamenti e dei momenti più significativi per vari valori di a e del rapporto bjl.
CAPITOLO
IX
TRAVI «MISTE» DI ACCIAIO E CALCESTRUZZO
9.1. Premessa e richiami. Pensiamo di dover determinare lo stato di tensione di una trave costituita da un profilato metallico e da una soletta di calcestruzzo (fig. 9.1) collegate tra loro tanto saldamente da poter supporre che la legge della conservazione delle sezioni piane sia soddisfacentemente verificata. Deriva da ciò che, se s1 ed s2 sono le dilatazioni in due punti distanti y 1 , y, dall'asse neutro, e se tali due punti giacciono l'uno sulla sezione metallica l'altro su quella di calcestruzzo, si può scrivere, ammettendo la validità della legge di Hooke: (a./E.) (a,/E,)
Y1
Y2
con n=E./E" ma col valore del modulo di elasticità E, del calcestruzzo non facilmente definibile, perchè esso risente, come accenneremo, di numerose circostanze.
I' G z
a)
q,
1y
1 d
l Fig. 9.1
Si ritrova quindi che, salvo la presenza del coefficiente n, vale ancora la relazione per i corpi omogenei, per cni è possibile adottare tutti i risultati della teoria ad essi relativa: è necessaria la sola avvertenza di fare riferimento a una sezione ideale comprendente l'area di calcestruzzo effettiva e quella metallica amplificata secondo il coefficiente n (oppure, ed è la stessa cosa, la sezione comprendente l'area metallica effettiva e quella di calcestruzzo ridotta secondo il rapporto n); e ciò vale ovviamente qualunque sia l'azione
180
Travi
Capitolo nono
interna che provoca lo stato di dilatazione, ossia tanto per lo sforzo assiale, quanto per la flessione semplice o composta. È chiaro che le ipotesi e le proprietà dianzi richiamate sono precisamente quelle poste alla base dello studio delle travi di calcestruzzo armato; quindi non ci staremo a dilungare, se non per quel tanto che più particolarmente interessa le sezioni in cui la parte inetallica, che sopperisce alla carente resistenza a trazione del calcestruzzo, è costituita, invece che da barre, da un profilato o da una trave composta di acciaio (fig. 9.1). Principalmente per le travi miste di acciaio e calcestruzzo, le deformazioni lente derivanti dalla viscosità e dal ritiro di quest'ultimo mettono in gioco delicate questioni per l'evoluzione del valore del rapporto n dei moduli di elasticità; e poichè tali questioni potranno essere in seguito soltanto accennate a causa del loro carattere specialistico, in merito ad esse si troverà riportata una bibliografia abbastanza estesa (saranno trattate in generale nel cap. I del voi. II parte 2") ..
miste»
181
dipendendo esso non soltanto dalla qualità del calcestruzzo, dalla sua età e dall'ambiente in cui avvengono Ia presa e l'indurimento, ma anche, e forte~ mente, dalla durata di applicazione dei carichi e dal numero delle loro ripetizioni. Quindi, anche dando per buona l'ipotesi dell'elasticità lineare, che invece sappian10 essere malamente verificata, resta l'influenza del fluage del calcestruzzo, ossia dell'accrescimento spontaneo della sua deformazione sotto carico. Accontentandosi di esaminare le cose nelle grandi linee, ossia dell'ordine di grandezza dei risultati, si può assumere, quando i carichi siano applicati per breve tempo, il valore del modulo di elasticità per compressione (9.l):
E/ (istantaneo)=2!000 VR,,' (kg/cm 2) ,
[9.5]
essendo R,' la resistenza (in kg/cm 2) del calcestruzzo a compressione, ovviamente al tempo in cui comincia ad essere soggetto allo stato di tensione; per i carichi permanenti si può adottare:
E,' (permanente);;;E,' (istantaneo)/3.
9.2. Sezione soggetta a momento flettente.
[9.6]
Ad esempio, per R/=400 kg/cm 2 si ha E/ (istantaneo)=420000 e
a) Sezione di acciaio e calcestruzzo.
E/ (permanente);;; 140000 kg/cm 2, quindi i due corrispondenti valori, in
Se ammettiamo, come di solito si ha per sezioni comprendenti profilati metallici, che l'asse neutro si trovi al di sotto della soletta di calcestruzzo, e che quindi questa risulti interamente compressa dal momento flettente che supponiamo positivo, le distanze del baricentro G della sezione complessiva (di area A) dai baricentri Ga, G, delle sezioni d'acciaio (A,) e di calcestruzzo (A,) valgono (fig. 9.1): [9.1] con: [9.2] essendo E, il modulo di elasticità del calcestruzzo. Ricordando allora la teoria della flessione semplice per sezioni omogenee, l'asse neutro passa per G, e le tensioni in corrispondenza di un generico punto della sezione di calcestruzzo e metallica risultano: <5a=nMy/J,
[9.3]
ove y è la distanza del punto in cui si calcola la tensione dall'asse neutro, J il momento d'inerzia della sezione ideale trasformata tutta in calcestruzzo: [9.4]
Pertanto la posizione del baricentro della sezione omogeneizzata (quindi anche lo stato di tensione e di deformazione) dipende dal coefficiente n il cui valore, come abbiamo già accennato, è purtroppo tutt'altro che certo,
cifra tonda, n ~ 5 e n ~ 15; valori che, conviene ripeterlo ancora una volta, sono da considerare soltanto indicativi. A tale proposito può essere opportuno tener presente che, a parte altre incertezze, introdurre nella valutazione di quantità dipendenti dalla deformazione viscosa l'ipotesi di un fittizio comportamento elastico lineare, e ispirare a tale assunzione ad esempio il calcolo delle azioni staticamente indeterminate, anche se sul piano della concretezza consente utili risultati, in effetti maschera l'essenza dello stesso fenomeno, che al contrario ha nella deformazione differita una componente pressochè irreversibile, di natura tutt'altro che elastica e lineare. b) Sezione di calcestruzzo preco1npresso e ordinario.
Nulla sostanzialmente cambia rispetto al caso precedente della sezione mista di acciaio e calcestruzzo, per cui valgono le formule ad esso relative. Si modifica ovviamente il valore del coefficiente n che, corrispondendo al rapporto dei valori medi dei moduli relativi al calcestruzzo precompresso e ordinario, spesso si assume prossimo a 1,4. Ed è prevedibile che un tale valore abbia piccola ripercussione sul diagramma delle tensioni, avendo presente quel che accade per le sezioni comprendenti acciaio e calcestruzzo (v. es. 9.1).
<9 .ll
Secondo le Raccon1andazioni del C.E.B. (Bulletin n. 84, maggio 1972).
182
Capitolo nono
Travi «miste»
9.3. Sezione soggetta a sforzo tagliante. Come è noto, la formula di Jourawsky che consente di ricavare la tensione tangenziale è: [9.7] e tale espressione, essendo dedotta da una condizione di equilibrio alla traslazione nella quale interviene il differenziale delle tensioni normali a eredita le ipotesi e le conseguenti limitazioni che vengono introdotte per 'ricavare le stesse tensioni normali. In essa 7: è il valor medio delle tensioni tangenziali 7:xy su tutti i punti della generica fibra trasversale i parallela all'asse neutro, b è la larghezza della sezione in corrispondenza della stessa fibra, J il momento d'inerzia rispetto all'asse neutro della sezione ideale reagente, S* il momento statico, rispetto allo stesso asse neutro, dell'area che precede (o di quella che segue) la medesima fibra; ed è chiaro che occorre moltiplicare per il coefficiente n le aree metalliche presenti nelle espressioni di S* e di J. Il valore massimo della tensione tangenziale si ha dunque in corrispondenza della corda per la quale è massimo il rapporto S* /b. Quindi, se, come di solito avviene, l'asse neutro interseca l'anima della trave metallica di spessore sa, si ha: [9.8] poichè si ha S*max=S. * quando la fibra i coincide con n, e J/Sn * corrisponde d'altronde al braccio h, della coppia interna. Spesso, in pratica, lo sforzo di taglio è assorbito pressochè interamente dall'anima (di altezza ha) della nervatura metallica; e lungo l'anima, se le ali sono consistenti rispetto ad essa, varia poco s. *, quindi anche la 7: (fig. 9.3.c). Pertanto è lecito porre: t'max~'fmedia (anima
trave)=T/hasa.
Notiamo infine che le tensioni tangenziali sono in genere debolmente influenzate dal valore di n (fig. 9.3c).
9.4. Tensioni conseguenti al ritiro del calcestrnzzo. Supponiamo la trave, avente sezione mista, appoggiata. Se, considerato un suo elemento lungo dx= l, si pensa di praticare un taglio che divida il profilato dalla soletta di calcestruzzo, quest'ultima per effetto del ritiro subisce l'accorciamento sr per cui, risultando non rispettata la congruenza interna, è inevitabile l'instaurarsi di autotensioni che, se si ammettono ancora le consuete ipotesi, e in p~rticolare la conservazione delle sezioni piane, possono essere calcolate semplrcemente. A~e~d~ praticato il taglio di cui dianzi si è detto, pensiamo dapprima, per npnstmare la congruenza, di applicare uno sforzo normale N 1 alla sola soletta (fig. 9.lb); se E, è il modulo di elasticità del calcestruzzo, il cui valore come si è detto è influenzato da numerose circostanze (si veda in proposito anche la nota 9.4) risulta: [9.10] Si avrebbe tale stato di tensione se la trave fosse perfettamente incastrata alle estremità: gli incastri ovviamente fornirebbero lo sforzo N 1 di trazione, e la trave non manifesterebbe alcun palese movimento; ma gli incastri non esistono, quindi si deve applicare lo sforzo N 1 cambiato di segno ad entrambi gli estremi, dando cosi luogo a un diagramma dei momenti costante. Pertanto, in quest'ultima fase del calcolo, l'intera sezione della trave (di area A e momento d'inerzia J) si trova soggetta allo sforzo assiale N 1 e al momento N 1 d, (fig. 9.lc). In corrispondenza dell'asse neutro deve essere nulla la tensione quindi, se si indica con YG la sua distanza dal baricentro, si può scrivere:
[9.8]
Inoltre, se si pratica un taglio verticale della soletta di calcestruzzo di spessore s" a filo con l'ala della trave metallica, la tensione tangenziale orizzontale risulta dalla stessa formula [9.7] e vale: [9.9] essendo S* il momento statico dell'area indicata con tratteggio nella fig. 9.la. Lo sforzo di scorrimento unitario tra la parte metallica e quella di calcestruzzo vale F 1 =7:1 b,, essendo 7:1 il valore della tensione tangenziale all'estradosso dell'ala superiore del profilato e b1 la larghezza della stessa ala. Lo sforzo di scorrimento F,, che per tramite della 7:1 dipende dal taglio, deve essere fronteggiato con adeguata armatura (fig. 9.4); esso acquista in genere i valori massimi nei tratti estremi della trave, dove agisce anche l'influenza del ritiro del calcestruzzo (par. 9.4).
183
o, da cui: [9.11]
ove [rei. 9.4] : J=J,+A,d/+n (J.+Aada'),
[9.12]
n=Ea/E,.
[9.13]
Se si indica con:
[9.14] la tensione media in corrispoudenza del baricentro G della sezione totale (che certamente cade nella parte metallica), in due generici punti apparte-
184
Capitolo nono
Travi « miste »
nenti rispettivamente alle sezioni metallica e di calcestruzzo si ha, tenendo conto della tensione applicata alla soletta nella prima fase del calcolo e pensando il calcestruzzo non fessurato:
(di trazione) o all'altra (di compressione) e valere quindi (per la 9.15):
f
F=J<1• · dA= Aa
[9 .15] essendo, come si è detto, Y la distanza dall'asse neutro. Per quanto riguarda il valore del modulo E, di elasticità del calcestruzzo, si deve in particolare tener conto che, relativamente al ritiro, si ha a che fare con uno stato di tensione per1nanente.
185
~s.,
Yc
[9.16]
essendo Sa il momento statico, dell'area dell'acciaio rispetto all'asse neutro (v. fig. 9.ld). È appena il caso di osservare che si è fatto riferimento a una trave appoggiata, ma nulla sostanzialmente cambia, per quanto riguarda lo stato di tensione, se la trave, anzichè appoggiata, è a sbalzo.
9.5. Deformazioni.
Fig. 9.2
Il diagramma delle tensioni è indicato nella fìg. 9.ld; ad esso evidentemente non corrisponde alcuna caratteristica di sollecitazione, essendo il risultato di due sforzi N1 uguali e contrari; inoltre la congruenza è certamente soddisfatta, poichè cosi avviene in entrambe le due fasi del calcolo. Infine può essere opportuno osservare che la soluzione ottenuta comporta la presenza delle tensioni [9.15] anche alle estremità della trave, per cui, avendo supposto questa appoggiata, occorre annullarle, ossia applicarle alle sezioni estreme cambiate di segno (fig. 9.2). Però non corrispondendo ad esse alcuna caratteristica ,di sollecitazione, come è stato dianzi ricordato, i loro effetti non si fan risentire oltre i tratti terminali lunghi quanto la maggior dimensione della sezione della trave, per cui sulla sezione B-B1 (fìg. 9.2), le tensioni possono essere ritenute smorzate, beninteso per effetto delle azioni applicate alle sezioni estreme nella situazione correttiva considerata per rispettare le condizioni ai limiti. In detti tratti ha particolare importanza Io sforzo longitudinale di scorrimento tra calcestruzzo e acciaio che, per l'equilibrio alla traslazione di ciascun tronco terminale di nervatura o di soletta, deve eguagliare il complessivo sforzo normale applicato all'una
Il calcolo di un generico movimento di una qualunque sezione può essere effettuato facilmente impiegando il principio dei lavori virtuali, e considerando quindi, come sistema di forze equilibrato, l'azione unitaria (con il suo corredo di conseguenze) correlativa al movimento incognito. Per le travi a sezione mista isostatiche, venendo i calcoli spesso ricondotti agli schemi semplificati precedentemente detti, il momento d'inerzia J dev'essere determinato cercando di attribuire al coefficiente n il valore adeguato alle varie circostanze alle quali si è fatto ripetutamente cenno. Poichè si tratta di calcolare le deformazioni, occorre considerare reagente l'intera sezione, anche quando la soletta di calcestruzzo armato risulta moderatamente tesa ed è pressochè inevitabile la formazione di fessure capillari: in tale caso si adotta, s'intende, nt=Ea/Ect al posto di n=Ea/Ec', essendo Ec' ed E" i valori dei moduli di elasticità del calcestruzzo compresso e teso; ed è chiaro che la presenza cli nna permanente e sensibile tensione di trazione comporta in genere, con armature ben proporzionate e distribuite, diffuse microfessure, delle quali si può in qualche modo tener conto adottando per n, un limitato valore (si veda la nota 9.4). In particolare notiamo che, in conseguenza del ritiro del calcestruzzo, per una trave prismatica, ad esempio semplicemente appoggiata, la rotazione delle sezioni estreme e la freccia valgono (ammesso che E, possa essere ritenuto costante):
[a]
con M=N1d, (rei. 9.10); e relativamente al valore da attribuire al modulo di elasticità E, del calcestruzzo, occorre fare riferimento all'entità della tensione alla quale la soletta è sottoposta a causa sia del ritiro, sia dei carichi pern1anenti. Per il calcolo delle incognite staticamente indeterminate si ha anche la complicazione di non conoscere a priori quale sia l'ampiezza dei tratti aventi la soletta tesa o compressa e quale sia quindi il momento d'inerzia da attribuire ad essi. In genere conviene procedere iterativamente, considerando dapprima costante il rapporto n dei moduli d'elasticità; poi, determinati
Capitolo nono
Travi «miste»
i tratti soggetti a momento negativo, si ripete il calcolo del diagramma dei momenti tenendo conto questa volta della variazione del momento d'inerzia e determinando un nuovo valore della lunghezza degli stessi tratti. E cosi si prosegue;: in genere la convergenza è rapida e non conviene, per le nume-
Il diagramma a per n~15 e n~5 è riportato nella fig. 9.3b: dal valore di n è maggiormente influenzato il valore massimo della tensione del calcestruzzo (passa da 7,1 a 9,2 kg/cm') che quello dell'acciaio (da 165 a 154).
186
rose incertezze, affinare molto i risultati. Esempio 9.1.
b) Tensioni tangenziali conseguenti a T ~ 100 t. Si riportano in vari punti della sezione i valori deile tensioni per n= 15, indicando tra parentesi queIIi per n=5:
•(all'intradosso dell'ala metallica
Per la trave avente la sezione mista acciaio-calcestruzzo indicata nella fig. 9.3 calcolare i diagrammi delle tensioni per effetto del momento M= 100 tm, del taglio T~ 100 t e del ritiro.
183
r'"
1
145
187
•max~392
• (ali 'estradosso dell'ala
super.)~383
kg/cm' (392),
(392), infer.)~ 300
(282) ;
la tensione tangenziale media per la sola anima vale 20·3,2
•m~431
n=(/
b)/
a)
Le tensioni tangenziali sono poco influenzate dal coefficiente n (fìg. 9.3c). All'estradosso dell'ala superiore del profilato (dove l'acciaio è a contatto col calcestruzzo) si hanno le tensioni tangenziali e i conseguenti sforzi di scorrimento:
/ / " n=15
T
1 <{;=r
o
50
'=P134·2)
kg/cm'.
kg/cm'
o
100
7:( T=10ot)
cr(M=100tm)
100
300
300
kg/cm'
kg/cm'
cr(ritiro cak.)
per
n~ 15)
•~ 13,8,
F~552
per
n~5)
T=15,6,
F~624;
kg/cm,
agli sforzi di scorrimento (compresi quelli dovuti al ritiro) debbono resistere adeguate armature (fig. 9.4).
Fig. 9.3
a) Tensioni normali conseguenti a M= 100 tm. Per la sola tra ve metallica si ha Aa=655 cm 2
Ja=229 · 104 cm4 ,
,
da'=54 cm.
Per la trave intera, considerando n= 15 e la sezione ideale omogeneizzata (ridotta tutta a calcestruzzo) <11 •2> A~450
· 20+n · 655~ 18.825 cm' ;
dG' =distanza del barie. dal lembo infer. = 111 cm , J~[450
· 203/12+9000 · 62'] (cale.)+
+n [229 · 10'+655 (111-54)']
(acciaio)~ 10.117
Fig. 9.4
· 10' cm',
aa (lembo infer.)~n · 100 · 105 • 111/10.117 · 10'~164,6 kg/cm',
e) Tensioni conseguenti al ritiro del calcestruzzo. Si assume, a titolo esemplificativo,
a,ai,. (lembo super.)~-100 · 10 5 • 72/10.117 · 10'~-7,1 kg/cm'.
e,=30 · lQ-5 ( 9•3), (9.2) Ovviamente il risultato non cambia considerando la fittizia sezione omogenea di calcestruzzo o di acciaio: nel primo caso si ha:
a~=My/Jc,
a,.=nMy/Jc ;
nel secondo: a,.=My/Ja,
a,~
I
-
n
(My/J,) ,
[a]
[b]
con n=E,,/Ec; e le tensioni ottenute nel secondo sono identiche a quelle del primo, essendo J,,=Jcfn,
E,1 =100.000 kg/cm' (M),
9 3 < • l Il ritiro si aggira sul valore 40 · 10-5 ; ma si può assumere un valore ridotto per tener conto che una parte del ritiro avviene quando il calcestruzzo possiede un limitato grado d'indurimento. 9 4 C • > La trazione del calcestruzzo provocata dal ritiro può prevalere o no rispetto a un precedente stato di compressione: nel secondo caso (pensando la trave appoggiata una parte dei carichi permanenti in generale agisce sulla sezione completa) la trazione pro~ voca una decompressione, e il modulo di elasticità è quindi praticamente quello all'origine del diagramma a-e (ma, essendo le azioni di lunga durata, dev'essere poi ridotto, secondo
Capitolo nono
Travi « miste ))
riportando tra parentesi, per utili confronti, anche i risultati relativi a Ect= =50.000 kg/cm'. Per la sezione omogeneizzata (ridotta tutta a calcestruzzo):
lata dai valori dei rispettivi moduli di elasticità e dalla deformazione a lenta evolu~ zione propria del calcestruzzo. Si comprende quindi che il comportamento delle strutture «miste)), cosi come è stato trattato nel precedente paragrafo, schematizza rozzamente un fenomeno complesso che è già stato oggetto di estese indagini teoriche e sperimentali.
188
A.=655 cm',
A,=450 · 20=9000,
d=119 cm,
a. (rei.
A=9000+20 · 655=22.100 cm' (35.200),
9.1)=48,5 (30,4)'
d,=70,5 cm (88,6),
J=(450 · 20'/12+9000 · 70,5 2) (calc.)+20 (229 · 10 4 +655 · 48,5') (acciaio)= = 121,6 · 10' cm' (186,8 · 10'), aG(rel. 9.14)=-244 kg/cm' (-153),
]G (rei. 9.11)=78 cm (59,9),
244 a. (lembo infer.; rei. 9.15)=73 24,5=77 (63), a. (lembo super.)=-
244
78 · 120,5=-377
(-308),
a"'1,, (lembo super.; rei. 9.15)=30 (1-0,827)=5,2 kg/cm' (4,9). Lo sforzo di scorrimento (rei. 9.16): s.=655 (54-24,5)=19.320 cm'' F=244 · 19.320/78=60,4 t (49,4). 9.6. Bibliografia. a) Il calcestruzzo quando viene sottop~sto a _uno stato di tensione, prolu;ngato nel tempo, manifesta, dopo una deformaz~one «1stant_anea » (pressoche ela~tica s_e la tensione ha valore moderato), un ulteriore accresc1mento spontaneo de1 moVImenti: tale deformazione, detta «viscosa», tanto più sensibile quanto più il calce: struzzo è giovane, ossia di recente costituzione, raggiunge valor~ che normalmente s1 aggirano sul doppio di quello istantaneo, con _andan:ento assa.1 lent~, ave?te carat: tere asintotico, simile al decorso del ritiro. L'1mped1mento dei. mov1ment1 naturah conseguenti in un corpo alla viscosità e al ritiro dà lu~go ovviamente a uno s~a~o di tensione: così accade, ad esempio, per le strutture in conglomerato cement1z10 armato o precompresso, e segnatamente per quelle ~ette «com~os~e », o anche «miste» («Verbundtriiger)} in lingua tedesca, « Compos.1te ~eams » 1n 1ngle:se) comprendenti una soletta di calcestruzzo, ad armatura ord1n~r1a o pr~tesa, sol~dale con una trave metallica; ed è ovvio che, per la n~tura. stat1cai_nent~ 1ndet~rt?1~ata del problema, la collaborazione delle parti costituite dai due diversi mater1ah sta rego-
quanto è stato accennato nel par. 9.2a). Nel primo caso le cose sono più incerte: la resistenza a trazione del calcestruzzo può essere calcolata con la formula Rc1;;;8+0,06 R/ (in kg/cm 2, indicando con R/ la resistenza a compressione; "."· bolle~tino ~it. nella nota 9.1, p, 77); per il modulo di elasticità E01 del calcestruzzo teso si ve~a 11 cap1t<;ilo.I del vol. II, parte 2a. Relativamente al calcolo delle deformazioni di elei;t1-e~t1 st~utturah d~ calcestr.uzzo permanentemente e sensibilmente tesi (par. 9.5), o delle azioni stati~mente. 1n~etenmnate dipendenti da tali deformazioni, si è soliti adottare un valore ~asso (a titolo d1 one~tam~nto Ec =50.000 kg/cm 11) per tener conto in modo approssimativo ~ella ~rest:nza d1 m1c:ofe~surazioni, la cui entità è fortemente condizionata dal tempo d1 applicazione del ~anco e dalla tensione delle barre di acciaio, alle quali deve essere com1:1-nque affidat.o l '~ntero sforzo di trazione. In seguito a tutto ciò appare evidente quantm siano notevoli le incertezze e le approssimazioni.
189
b) Le strutture «miste)> e le questioni ad esse relative sono state particolarmente trattate nelle seguenti opere: E. M6RSCH, Statik der GewOlbe und Rahmen, Stuttgart, Wittwer, 1947, parte A, p. 442. - K. SATTLER, Theorie der Verbundkonstruktionen, Ernst, Berlin, 1953. - F. SCHLEICHER, Taschenbuch fiir Bauingenieure, cap. «Stahlbau », p. 715, Springer, Berlin, 1955 (con ampia bibliografia). I. M. VIEST, R. S. FoUNTAIN, R. C. SINGLETON, Composite Construction in Steel and Concrete for Bridges and Buildings, McGraw-Hill, New York, 1958. - B. FRITZ, Verbundtrllger, Springer, Berlin, 1961. - H. WIPPEL, Berechnung von Verbundkonstruktionen aus Stahl u. Beton, Springer, 1963. - I. M. VIEST, «Composite Construction l>, cap. XIV del Structural Engineering Handbook, ed. da E. e C. Gaylord, McGraw-Hill, New York, 1968 (un breve par. anche sul calcolo limite). - S. I. CoLOMBINI, Le strutture miste acciaio-calcestruzzo, Roma, Cavalletto, 1975. e) Tra le numerose memorie ricordiamo per il loro particolare interesse: F. STt.iSSI, « Profiltriiger, kombiniert mit Beton, auf Biegung beansprucht » (esperienze), IVBH, Kongress Paris, 1932. - H. WoLF, « Stahlskelett u. Eisenbeton als kombinierte Bauweise », Beton u. Eisen, 1932. - M. L. BAES, « Poutrelles métalliques enrobées l>, Ossature metallique, Bruxelles, 1933. - H. MEIER-LEIBNITZ, << Versuche iiber das Zusammenwirken von I Triigern mit Eisenbetondecken )}, Bautechnik, 1941, p. 265. - A. ALBRECHT, « Der Verbundtriiger », Sch-weiz. Bauzeitung, 1945, nn. 2, 4 (esper. statiche e dinamiche in laboratori Svizzeri e di altri Paesi su travi «miste l>, con particolare riferimento a diversi tipi di collegamenti; citati i primi lavori su travi «miste»). - H. FROHLICH, « Einfluss des Kriechens auf Verbundtriiger 1>, Bauing., 1949, p. 300; 1950, p. 80 (« Theorie der Stahlverbund-Tragwerke »; confronto dei calcoli eseguiti con vari metodi su 3 diversi tipi di sezione; cenno allo stato limite). F. DrsCIDNGER, << Stahlbrilcken im Verbund mit Stahlbetondruclcplatten ... l), Bauing., 1949, p. 321. - W. KLINGENBERG, « Schubsicherungen », Bauingenieure, 1950, p. 77, [analisi critica di vari tipi di collegamenti (« connectors )) in inglese), con riferimento anche a risultati sperimentali eseguiti in America (Proc. ASCE, 74, 1948, p. 287) e in Svizzera (Schweiz. Bauz. 125, 1945, nn. 2-4; cit. in seguito). Il fascic, 3 dell'annata 1950 della rivista Bauingenieur è dedicato al convegno sulle «StahlverbundBauweise i> tenutosi nel dicembre 1949 in Hannover; il fascicolo si conclude con varie relazioni su ponti realizzati]. - K. ZENDLER, «Beitrag zur Entwicklungsgeschichte der Verbund-Trligerdecke », Bauing., 1950, p. 88 (dedicato alle coperture; esiti di prove su modelli). - B. FRITZ, « Vorschliige fiir die Berechnung durchlau~ fender Triiger in Verbund-Bauweise )}, Bauing., 1950, p. 271. - F. LEONHARDT, «Gedanken zur Baulichen Durchbildung von Durchlauftriigern in Verbund-Bauweise », Bauing., 1950, p. 284. - D. FucHs, « Versuche mit Spannbeton Verbundtriigern l), Bauing., 1950, p. 289 (prove spinte a rottura su un modello con soletta precompressa). - O. GRAF, « Versuche iiber den Verschiebewiderstand von Diibeln filr Verbundtrliger », Bauing., 1950, p. 297 (prove su modelli per saggiare il comportamento di vari tipi di collegamento). - R. BusEMANN, «Kriechberechnung von Verbundtriigern unter Benutzung von zwei Kriechfasern l), Bauing., 1950, p. 418. G. KRALL, «Armature metalliche, centine per ponti in c. a. e nuovi metodi d'impiego informati alla viscosità dei calcestruzzi », Ingegneria ferroviaria, Roma, maggio 1950. - W. KLlNGENBERG, « Verbundbauweise im Strassenbriickenbau gegenwiirtiger Stand und uberblick tiber laufende Versuche », Bauing., 1952, p. 186 (citate le esperienze di vari ricercatori; in particolare una di O. GRAF riguardante una trave «mista)) sottoposta a vibrazioni). - R. HfilLIG, « Zur Theorie des starren Verbunds »,
190
Capitolo nono
Stahlbau, 1953, p. 85. - K. SATTLER, «Die Fliessichereit von Vollwand-Verbundkonstruktionen », Bautechnik,, 1953, p. 153; 1954, p. 72 (« Ein einfache Naherungsberechnung fiir statisch unbestinunte vollwandige Stahltriigem-Verbundkonstruktionen »); Beton u. Stahlbetonbau, 1954,
p. 8 (« Kriecken u. Schwinden bei Vor-
gespannten Verbund - Stahlbeton Konstruktionen u. beliebigen Stahltragem Verbundkonstruktionen (procedimenti di calcolo anche approssimati per l'analisi di strutture «miste» staticamente determ. e indeterm., con o senza precompr., soggette a viscosità e ritiro). - K. KLOPPEL-H. WEIHBRMULLER, «Versuche mit Verbundtragern », Stahlbau, 1954, p. 121 (accurate esperienze con diversi tipi di collegamento). - E. MuLLER, « Beitrage zur Ermittlung der Kriechabhiingigen Spannungen von Verbundtrtigern 1>, Bautechnik, 1955, p. 145. - F. DE MIRANDA, «Le distorsioni elastiche impresse nei ponti a travata continua in sistema misto acciaio-calcestruzzo », Costruzioni metalliche, 1960, n. 4. - P. MATILDI, «Influenza della viscosità e del ritiro dei calcestruzzi giovani sul comportamento delle strutture miste in acciaio-calcestruzzo», Rendiconti (1962) del Corso di perfezionamento per le costruzioni in cemento armato, Tamburini, Milano, 1964, p. 96 (ampia, chiara trattazione, con analisi critica dei principali metodi di calcolo). - R. G. SLUITER e G. C. DruscoLL, « Flexural Strength of Steel-Concrete Composite Beams )), Proc. ASCE, aprile 1965. - R. G. SLUTTER e J. W. FISHER, «Fatigue Strength of Shear Connectors" Highway Research Board, 1965. - F. DE MIRANDA-M. MELE, «Travate da ponte presollecitate in acciaio e cemento armato collaborante l>, Costruzioni metalliche, 1972, n. 3. d) Il sistema misto acciaio-calcestruzzo si presentò come soluzione naturale nella realizzazione dei ponti in acciaio, e sono numerosi gli articoli che ne hanno descritto le caratteristiche. Vari esempi di impalcati di ponti (oltre a quelli riportati, come si è detto, nel fase. 3, 1950, della rivista Bauingenieur) sono stati riportati da F. Sri.issi, «Trager in Verbundbauweise », EMPA -Bericht n. 149, Ziirich, 1944. Un notevole esempio, per quel tempo, di un ponte a travate continue di 4 campate a Zagabria Umax~55 m) venne descritto da J. EREGA, Bauing., 1941, p. I; per la stessa opera un interessante confronto tra i valori sperimentali e teorici (n=6) è stato presentato da F. ScHLEICHER, Bauing., 1950, p. 101. Numerosi anche i riferimenti riguardanti le ossature degli edifici (si veda, per esempio l'art. cit. di ZENDLER). Accurate esperienze con sollecitazioni ripetute (500.000 cicli) su un viadotto di acciaio-calcestruzzo comprendente campate appoggiate di 20 m di luce sono state accuratamente illustrate da L. DONATO, L. SANPAOLESI, E. LEPORATI, «Esperienze a fatica e misure dinamiche su un viadotto di acciaio-calcestruzzo l>, Atti dell'Istituto di Scienza delle costruzioni dell'Università di Pisa, vol. XIII, 1973.
CAPITOLO
X
L'IMPIEGO DELLE SERIE DI FOURIER NELLO STUDIO DELLE TRAVI (PRISMATICHE E ANULARI)
10.1. Premessa. 10.1.1. Serie e coefficienti di Fourier. a) Si definisce serie trigonometrica una somma del tipo
b,+t;a. sen nz+f;bn cos nz, n=l
(10.1]
n=l
in cui ogni termine comprende una costante moltiplicata per il seno o il coseno del multiplo, secondo il numero intero n, dell'argomento z; la costante è detta an1piezza, e coincide col massimo valore che può acquisire il relativo termine. Se i coefficienti b, e bn sono nulli, la [IO.I] è detta serie di seni; se sono nulli i coefficienti an, è detta serie di coseni e la costante b0 può essere riguardata come il suo primo termine, ottenuto ponendo n=O. Una serie trigonometrica, quando converge, evidentemente rappresenta
una funzione f(z) periodica di periodo 2n, essendo periodici tutti i suoi termini; per cui è sufficiente esaminarla in un qualunque intervallo di ampiezza 2n, quindi, ad esempio, da ~n a n, da O a 2n. Viceversa, una funzione f(z) definita in un intervallo O:o;;z<2n può essere rappresentata, sotto certe condizioni, con una serie trigonometrica e venire quindi scritta
f(z)=b,+Lan sen nz+t;bn cos nz. n=l
(10.2]
n=l
Si dice allora che laf(z) è sviluppata in serie cli Fourier; e le costanti b"' an, bn vengono chiamate coefficienti di Fourier. Infatti fu Jean Baptiste Fourier, in una sua memoria presentata nel 1807 all'Accademia di Francia, dopo le soluzioni in forma sinusoidale di Taylor e di Bernoulli relative al problema delle corde vibranti, a indicare per primo la possibilità di rappresentare una funzione nella forma 10.2. La sua idea segnò uno storico passo nell'evoluzione del pensiero matematico e fornì un
potente mezzo di risoluzione delle equazioni differenziali, ancora pienamente attuale, che dallo stesso Fourier venne impiegato per i suoi fondamentali
Capitolo decimo
Serie di Fourìer nello studio delle travi
studi sulla trasmissione del calore; e che soprattutto consente, s'intende sotto determinate condizioni, d'interpretare ogni funzione, di conseguenza ogni fenomeno ad essa collegato, come somma di infinite funzioni elementari opportunamente ordinate e dosate, con l'evidente vantaggio di potere uti-
In modo ai:a!ogo si r!cavano i valori degli altri coefficienti: quelli hn, moltiplicando ~ntramb11 membn della.[10.2]_per co~nz·dz,_anzichè per sennz·dz, e integra;ido, la costante h0 , con diretta 1ntegraz1one de1 termini della serie moltiplicati per dz.
lizzare su scala generalizzata le loro semplicissime proprietà. Si ritenne quindi, sotto certi aspetti con giusta ragione, di aver detern1inato l'elemento primigenio delle funzioni, così come è stato per l'infinita gamma dei colori e dei suoni, riconducibili sempre a componenti fondamentali. In particolare il confronto si poneva con i suoni realizzati con strumenti a corda che, per quanto complessi ed elaborati, comprendono i suoni puri corrispondenti ai
Le espressioni dei coefficienti [10.3] sono state ottenute dando però per sco~tata la rapi:resentabilità di una funzione con una serie trigonometrica,
192
più semplici andamenti assunti dalla corda; andamenti che per l'appunto hanno forma sinusoidale. E in riferimento a tale «modello musicale », i termini delle serie di Fourier vennero chiamati «armoniche». b) Lo stesso Fourier definì quale dev'essere l'espressione dei coefficienti b,, an, bn affinchè la serie trigonometrica rappresenti una funzione f(z) assegnata. Ammessa la convergenza della serie ad essa e considerate lecite certe integrazioni termine a termine, egli ottenne: 1 2n b,= Zn { f(z) dz,
'"J, f(z) sen nz dz,
a.=I n
'"J f(z) cos nz dz,
bn=1 n
[10.3]
o
con la costante b, che evidentemente corrisponde al valor medio della funzione data. Fourier adottò un metodo già indicato da Eulero alcuni anni prima per un caso particolare. Volendo, ad esempio, esplicitare an, egli notò che basta moltiplicare nella relazione [10.2] tanto la /(z) quanto tutti i termini della serie per sen nz · dz, poi integrarli nei limiti 0-2n: allora è facile constatare che i termini si annullano tutti, eccettuato quello contenente an, che risulta pertanto definito. Infatti, avendosi 2n
2n
f
f
cos
sen nz dz=O,
mz · sen nz dz=O,
o
per qualsiasi n, m si annullano h0 e tutti i termini della serie dei coseni; ed essendo l'integrale 2n
f
sen mz · sennz dz
o
nullo per m=l=n ed uguale a n per m=n, vengono eliminati anche tutti i termini contenenti am, per qualunque m, ad eccezione di quello avente I'ampiezza an. Per cui rimane 2n
f
2n
f
f(z) sen nzdz=an sen 2 nzdz=ann.
o
193
ossia no~ considerando sotto_ quali condizioni la rappresentabilità possa essere legittimata: Per quanto nguarda tali condizioni, definite principalmente per merito d1 D1r1chlet e di Riemann, ci limitiamo ad osservare che assai frequentemente esse sono rispettate nei problemi ricorrenti nell'analisi delle strutt~re; e che se la funzione è discontinua in un punto, la serie di Fourier associata ad essa fornisce, se converge, la media aritmetica dei valori che la /(z) acquista immediatamente alla sinistra e alla destra dello stesso punto. e) Le serie di Fourier definibili nei problemi riguardanti le strutture pres~n~ano convergenza in genere buona, non di rado tanto rapida da poter
!mutare la somma al solo primo termine (oltre s'intende ab,), il quale viene spesso chiamato «armonica fondamentale», mentre sono denominati «armoniche superiori » i rimanenti termini; e si dice che viene fatta «l'analisi armonica» di una funzione quando si determinano i coefficienti della serie di Fourier associata. Ricordiamo inoltre, sempre in tema di proprietà generali, che qualora la funz10ne f(z) sia periodica con periodo 2n, la serie di Fourier associata, se converge, è uguale ad essa per qualunque valore di z ossia anche fuori dell'interva!lo 0-2n. Se la /(z) non è periodica e ci inte;essa rappresentarla In un solo intervallo, la serie di Fourier corrisponde a una funzione periodica che può coincidere con la funzione data soltanto in quell'intervallo: qnindi nell'espressione [10.2] non è lecito usare il segno di uguaglianza; o se per c~mod1tà lo si mantiene, dev'essere chiaro che la rappresentabilità si riferisce solamente allo stesso intervallo. S~ una serie di Fourier associata a una funzione f(z) diverge, la serie ottenuta mte!';'.andola t~rmine a te:mine converge e rappresenta l'integrale di/(z), q~alora s mtende sia mtegrab1le la stessa f(z); e poichè l'integrazione «migliora>> la convergenza di una serie di Fourier, è chiaro che la derivazione la peggiora; fatto, questo, che frequentemente avremo occasione di constatare. Quando si impiegano le serie di Fourier nella soluzione delle equazioni diffe:enziali, è opportuno aver presente che a ognuna delle due classi di funz1on1 componenti la stessa serie Q'una di seni, l'altra di coseni) compete un proprio corredo di condizioni ai limiti che occorre confrontare con le condizioni connesse col problema in esame. Per quanto concerne l'impiego delle serie di Fourier nel calcolo delle travi prismatiche e anulari, ricordiamo che notevoli vantaggi si possono ottenere nello studio di casi aventi iperstaticità diffuse, ma è principalmente per la soluzione delle lastre caricate nel piano o inflesse che l'utilità può essere di grande rilevanza. 13 -
POZZATI, ll-1.
Capitolo decimo
194
Serie di Fourier nello studio delle travi
195
10.1.2. Osservazioni. Proprietà dei termini delle serie.
a) Simmetrie e antimetrie presentate dai termini della serie. Il riconoscimento di alcune proprietà dei termini di una serie trigonometrica può essere utile sia per rendersi conto delle ragioni che dan luogo a certi frequenti risultati dell'analisi armonica, sia perchè le funzioni da rappresentare godono spesso di particolari caratteri di simmetria o di antimetria che possono esser messi in relazione con quelli dei termini della serie. Cominciamo con i termini an sen nz, per alcuni dei quali la fig. IO.la riporta l'andamento, con l'origine degli assi in O. Dalla stessa figura è quindi immediato constatare che l'ordine n corrisponde al numero delle semionde nel mezzo intervallo e che tutti i termini sono antimetrici rispetto ai punti di ascissa O, n, 2n, per cui frequentemente si dice che essi hanno carattere d'antimetria; pur essendo opportuno in sottordine osservare che altri ana~ loghi rilievi sarebbero possibili, e che ad esempio i termini a denominazione dispari (n=l, 3, 5, ...) presentano, contrariamente agli altri pari, simmetria rispetto a n/2. È evidente che tali proprietà si presentano completamente rovesciate per i termini bn cos nz (fig. 10.lb), per i quali si dice invece che
Fig. 10.1
!
I
hanno carattere di simmetria.
rt
Deriva da ciò che, in definitiva, ogni funzione f(z) risulta espressa dalla sovrapposizione di termini simmetrici e antimetrici, per cui, a seconda delle
sue caratteristiche, spesso possono senz'altro venire esclusi o. gli uni o gli altri; inoltre la costante b0 , facente parte dell'insieme dei termini simmetrici,
è evidentemente nulla, per la prima delle relazioni [I0.3], se la funzione data ha ordinata media nulla, come ad esempio avviene quando essa rappresenti un sistema di forze equilibrato. Volendo chiarire con un esempio quanto è stato detto, consideriamo la funzione periodica a gradino della fig. I0.2: utilizzando le espressioni [I0.3] si trova facilmente b,=0, bn=O,
'"J f(z) sennz dz=-f, 2 "J sennz dz=---' 2J; (cos nz),"; n nn
1 a,=n
0
ì µ.
•
b)
j!
! 1 t::---1 . 1~1~
[I0.4]
Fµ
I '
I_........
0
ma (cos nz ): si annulla per n pari ed è uguale a - 2 per n dispari, per cui
4[, an=--, n:n:
(n= l, 3, 5, ... )
4[, sennz f(z)=J;a, seu n z = - J ; - - . n=l n n n
(n= I, 3, 5, ... )
[10.5] Fig. 10.2
[10.6]
Ma l'annullarsi di una parte dei suoi termini può essere rilevata immediatamente notando che l'ordinata media è nulla per l'intervallo 0-2n (quindi b,=0); che, essendo l'andamento antimetrico rispetto agli estremi, risulta bn=O; ed essendo simmetrico rispetto a n/2 si annullano i termini sen nz di indice n pari (fig. IO.la). Lo stesso esempio consente di rendersi conto come
Fig. 10.3
si attua il graduale avvicinamento alla funzione data al crescere di n: con la prima sinusoide (n= I) si ottiene dalla [I0.6], nel centro (z=:n:/2), il valore J;=4[?/:n:;;:..1,273 [, (fig. I0.2b); il secondo termine (n=3) comincia a correggere il precedente andamento, e insieme col primo fornisce, nel centro (fig. I0.2c),
~
(1-+)=0,849[,; e così di seguito.
Capitolo decimo
Serie di Fourier nello studio delle travi
Notiamo inoltre che, ponendo l'origine nel centro di nn gradino (figura I0.2d), si ottiene analogamente, dalle [I0.3], b,=0, an=O,
È chiaro a colpo d'occhio che lo sviluppo di una funzione impulsiva non converge; ma possono convergere, come vedremo in seguito a proposito di un carico concentrato, le sue conseguenze (e son quelle che interessa conoscere), d'accordo con quanto è stato detto sul miglioramento della convergenza connesso con l'operazione d'integrazione (par. IO.I.I). Inoltre si è già accennato alla possibilità di ottenere l'espressione del coefficiente di una funzione continua utilizzando la [IO.li] relativa a una funzione impulsiva. Ad esempio per il caso della fig. I0.3c, si ha dF=
196
'"f
I h.=n
4 /(z) cos nz dz=-f, :n;
0
"''f 0
4J; (sen nz),"i'; cos nz dz=--' nn
n-I nn ma (sen nz),"12 si annulla per n pari, e per n dispari vale sen 2=(-I) 2 ' quindi 4J; n- I cos nz [10.7] f(z)=J::b.cosnz=-' L; (-!) 2 - - ; n :n; ~~··· n
=f(z) dz=f,z dz, e quindi, dalla [IO.IO],
"
~
(1-+++-.. )=1,.
'+'f
na.= f(z) sen nz dz=
(2•-,+')I
+
nn
"f:
0
2/, 2/, =---cos nn=-(-I)n+I. nn
[10.12]
n11:
Se la funzione impulsiva ha carattere di simmetria (fig. I0.3d) si ottiene, procedendo in modo analogo
I valori dei coefficienti di Fourier relativi a varie funzioni ricorrenti si troveranno raccolti nelle tabelle IO.I, 10.2 al termine del presente capitolo. Una citazione particolare può essere opportuna per la rappresentazione di una funzione impulsiva essendo possibile dedurre da essa, per integrazione, altri casi. Volendo esprimere con una serie trigonometrica la funzione indicata nella fig. I0.3a, si ha evidentemente, per la sua natura antimetrica, b,=0, b.=O, come d'altronde si ottiene impiegando le relazioni [10.3]. Da queste risulta inoltre
o
011:
[I0.8]
b) Il caso della funzione impulsiva.
'"f
"f
2dF 2J; an= --sennz=~ nz· sennz· d(nz)=
ed è facile constatare che tale serie fornisce risultati coincidenti con quelli dell'espressione [I0.6]: infatti, ad esempio nel centro (z=O), come con la [10.6] si ottiene
f,
197
2F hn=-cosne.
"
e) Cambiamento di denominazioni.
Se il mezzo periodo viene indicato con a anzichè con n, e se si indica con x la corrispondente variabile, si deve porre nella relazione [I0.2] z=nx/a; quindi Io sviluppo in serie può essere scritto
f(x)=b,+f; an senanx+f bn cos a.x, I
/, sen nz dz+ [I0.9]
f 0 sen nz dz=---;- sen ne sen nO .
e le espressioni di b,, a., bn sono ancora date dalle [I0.3], che diventano pertanto
(2n-e-<'J)
Quindi il coefficiente della funzione impulsiva della fig. I0.3b può essere dedotto dalla precedente espressione ponendo F=/, 2b, e facendo tendere b sennb) . a zero ( nO -+ 1 ; per cui si ottiene 2F an=-- senne,
1 b,=2a
"Jt
[IO.li]
"J
I /Cx) sen a.x dx, a.=a -a
-a
[I0.15)
I ].f(X)cosa.xdx. h.=-
a
[IO.IO]
"
oo 2F w f(z)=J:: a. seu nz=-J:: senne sen nz. I n I
[10.14]
I
dove
e-d
4j,
[I0.13]
-a
x
Negli integrali definiti [10.15] la variabile è stata indicata con per evitare di confonderla con x quando le stesse relazioni [I0.15] vengano sostituite nell'espressione [I0.14]; ma s'intende che, se tale possibilità di equivoco non sussiste, può essere impiegato il medesimo simbolo.
199
Capitolo decimo
Serie di Fourier nello studio delle travi
Quando una funzione periodica si sviluppa lungo una circonferenza di raggio r, e il suo periodo interessa una parte 2ff,r dello sviluppo della stessa circonferenza (con 2,, multiplo di 2ff,), la sua rappresentazione con serie di Fourier è ancora possibile, purchè nella [10.14] si ponga
Nella tabella 10.1 sono riportati i valori dei coefficienti di Fourier per alcuni casi ricorrenti. Quindi la funzione carico è nota e può venire espressa con lo sviluppo in serie [10.17] q(x)=fq. sena. x; (an=n,,/l)
198
x={}r;
n=l
n" n" pertanto l'argomento an x=---;;- X diviene a. ff=Tff. In particolare, per {}
0
'
=;n;, nelle relazioni [10.15] è da porre a=nr,
la linea elastica, mantenendo il carattere di antimetria della causa dalla quale è prodotta, è anch'essa esprimibile con una serie di seni
v(x)=
[10.16]
x=1Jr,
10.2. L'impiego delle serie di Fourier nello studio delle travi prismatiche.
f
Vn
sen an
[10.18]
(a.=n,,/l)
X,
n=I
ma ha le ampiezze "• incognite. Il legame tra le due funzioni è fornito dall'equazione differenziale EJ v'v=q; per cui, derivata l'espressione [10.18], per il principio di identità delle serie sussiste la relazione
10.2.1. La trave appoggiata.
[10.19]
(a.=n,,/l)
a) Condizione di carico qualunque. Evidentemente nulla cambia se si considera la trave appoggiata quale tratto di una trave comprendente infinite campate caricate antimetricamente
dalla quale risulta [10.20] Una volta nota l'ampiezza
Vn,
risulta determinata la linea elastica e ogm
altro effetto (q;=v', M=-EJv", T=-EJv'"); per cui si ottiene (a.= v( )=-1_•_ Eoo q. sen a. X x n 4E'J 1 n4
t
~,4 e)
i
i
t
p~,J.,,.i .LSO
Fig. 10.4
u
d) ~·'1t
12 Eoo q. sen a. x
M(x)= 2 " '
2t i i i i
I
i
p~',[
:A
l'una rispetto alle adiacenti (fig. I 0.4): infatti essendo antimetrica la condizione di carico (quindi ogni sua conseguenza) rispetto ai punti x=O, x=l, in tali punti, poichè risultano nulle le quantità che hanno carattere di simmetria (v=O, M=O), vengono rispettate le condizioni di vincolo della trave appoggiata.
n
2
'
,
/
3
Eoo q. cos a. n' 1
I !f. q. cos a. x
T(x) =-"'-' " '
n;)
X
' [10.21] ·
n
In definitiva la prima cosa da farsi è il calcolo dell'ampiezza qn dipendente dal dato del problema, che è il carico (tab. IO.I). Da essa si ottiene poi ogni altra quantità sviluppando la relativa somma, la cui convergenza è alle volte tanto notevole (specialmente per gli spostamenti) che è possibile ottenere buone approssimazioni anche limitandosi al solo primo termine, ossia all'armonica fondamentale (es. IO.I): naturalmente, per un dato carico, la convergenza dello sviluppo è più rapida per lo spostamento v di una sezione che per la sua rotazione
Serie di Fourier nello studio delle travi
Capitolo decimo
200
b) Effetti di una coppia concentrata in un punto generico.
La linea elastica v (quindi ogni altra conseguenza) dovuta a una coppia M= 1, concentrata alla distanza generica e da un appoggio, può essere dedotta derivando, rispetto alla variabile e, l'espressione della v relativa a un carico P= 1 concentrato nel medesimo punto (es. 10,1). Si può infatti pensare di realizzare la coppia di momento unitario mediante due carichi normali all'asse, agenti con un braccio L1e pic1 colissimo (fig. 10.4), aventi i valori (tra loro uguali e opposti) ±Te; allora se i;(e) è
201
La trave è appoggiata alle estremità: il carico e la linea elastica possono essere rappresentati con le sole serie di seni, secondo quanto è stato visto nel par. 10.2.la; quindi si ottiene, operando sull'equazione [a] e tralasciando il fattore comune sen an x,
e in definitiva
l'effetto di un carico P=l concentrato alla distanza e, entrambi i carichi producono 1/Lle [i;(e+Lle)-i;(e)], quindi, passando al limite, lo stesso effetto provocato dalla coppia risulta di;/de (v. es. IO.le).
[I0.25]
e) Carico radente lungo uno dei lembi (fig. I0.5).
Ad esempio sia applicato, lungo l'estradosso, il carico parallelo all'asse t(x)=l: fn cos Un x;
(u.=n n/l)
[10.22]
n
e) Trave inflessa e soggetta a sforzo normale, vincolata a un suolo elastico (appoggiata alle estremità).
L'equazione differenziale è quella vista nel cap. VII.
tale condizione di carico può essere utile per studiare insiemi di travi giacenti anche in piani diversi e collegate lungo i lembi.
-t- ~..L--··----
Fig. 10.5
il carico (che interviene nella definizione di Mtr) possono essere rappresentati con sole serie di seni. Però Mtn che è il momento provocato dai carichi trasversali,
l
in questo caso è conseguente tanto alle azioni esterne quanto alla reazione del suolo, ed è quindi esprimibile con la terza delle relazioni [10.25]. Pertanto, sostituendo nell'equazione [b] ed eliminando il fattore comune sen anx, si ottiene
l
In una generica sezione alta h si ha (le azioni t · dx hanno, lungo l'intero lembo della trave, risultante nulla, e sono quindi nulle le reazioni degli appoggi) fn N(x)= } t(x) dx=l:- son un x, n
[b]
e al solito, essendo la trave semplicemente appoggiata, tanto la linea elastica v quanto
t(x)~ff tn cosanx
1Fx t
EJv"=-Mtr-Pv,
a.'+kb/EJ
da cui si ricava vn e in definitiva v=J: Vn sen an X,
Un
X
[10.26]
Pvn,
1
[10.23]
M(x)=EJ
J:1 an
2
Vn
sen an
X.
[I0.27]
Esempio 10.1. quindi, essendo M = seni, si ottiene
-
EJ v", ed esprimendo al solito anche la v con una serie di
v=Evnsenanx,
Vn=
[10.24]
Trave appoggiata agli estremi, soggetta a varie condizioni di carico, studiata impiegando le serie di Fourier. a) Carico ripartito uniformemente:
n
4q nn
qn (tab. IO.I)=- ; d) Trave appoggiata alle estremità, su suolo elastico.
Nel cap. VI abbiamo visto che per una trave prismatica posata su vincoli elastici tra loro vicinissimi vale l'equazione differenziale d'v EJ dx' =q(x)-kbv,
freccia (rei. I0.21, x=l/2):
[a]
indicando con k il modulo del " suolo " ideale al quale può venire assimilata l'azione dei vincoli, e con b la larghezza della sezione a contatto con lo stesso suolo.
e tenendo conto soltanto del primo termine, il coefficiente vale:
-4,= 0,01307 (invece di 0,01302, con l'errore di 0,38%); "
Capitolo decimo
202
Serie di Fourier nello studio delle travi
momento nel centro [rei. 10.21, x=l/2]:
203
Coppia applicata alla sezione estrema A (e=O); rotazione 'PA (x=O):
(dv)
Mo=:, ql' (1- 31' + 51' - .. .).
'PA(M)= dx
.-r=O
2Ml ~ 1 J; - . n EJ 1 n 2
(n=l, 2, 3, ...).
=2
[e]
e arrestando lo sviluppo al. primo termine, il coefficiente risulta: La somma ha una lenta convergenza: tenendo per esempio conto dei primi _±_=O 129 (invece di 1/8=0,125; errore di 3,2%);
"'
5 termini, la rotazione risulta, a meno di Ml/EJ, 0,2966 (invece di 0,333; errore
di 11%).
'
Coppia applicata alla sezione estrema A (e=O); rotazione
rotazione di un'estremità [re!. 10.21, x=O]: 4 ql' (
1
1
)
'Pa=7 EJ 1+3'+5'+ ... '
e arrestando lo sviluppo al primo termine:
2Ml ) = n 2EJ
J: cos nn 1
-n-,-;
2 ( -1+22-3'+ 1 1 ... ) ~
b) Carico concentrato nel centro:
2P 1
nn
2
[d]
tenendo conto per esempio dei primi 5 termini, la rotazione risulta, a meno di Ml/EJ:
0,04106 (invece di 1/24=0,04167; errore di 1,5%).
q. (tab. 10.1)=-- sen
(n=l, 2, 3, ...);
2P~ = - --(-1) 2 1
=-0,1699
(invece di O, 1666; errore di 2%).
freccia [re!. 10.21, x=l/2]:
d) Due coppie simmetriche applicate alle estremità.
Sovrapponendo le linee elastiche [re!. b] provocate dalle due coppie ±M ap-
plicate alle ascisse e, (l-e), si ottiene: e con il solo primo termine:
2=0 02053 "' '
(M)= 4Ml' J; cos an e· sen a0 x v n;SEJ n ns '
(invece di 1/48=0,02083; errore di 1,5%);
(n= 1, 3, 5, ...)
[e]
quindi:
momento nel centro [re!. 10.21, x=l/2]:
[/]
2 ( 1+3'+5'+ 1 1 ... ) ' M 0 =7Pl
10.2.2. La trave doppiamente incastrata.
e con il solo primo termine: ..2__=0,2026 (invece di 0,25; errore di 19%).
"'
e) Coppia applicata a una sezione estrema. . La linea elastica per effetto di un carico P concentrato alla distanza e dall'appoggio A, dove si pensa collocata l'origine degli assi coordinati, vale (re!. 10.21 e tab. 10.1): 2Pl3 ~ sen an e · sen an x [a] V (p ) = - - " -
n4EJ
1
n4
•
La linea elastica per effetto di una coppia di mom~nto uni~ario, applicata ~n 1;lll generico punto di ascissa e, può essere ottenuta der1va:id? rispetto alla. var1ab1le e l'espressione precedente con P=l (par. 10.2.lb), qumd1 (figura 10.4).
_ 2Ml2 _E cos ane · sen anx . v(M)- n'EJ. 1 n'
[b]
a) Come per la trave appoggiata, nulla cambia se al posto della trave incastrata si considera un tratto I di una trave comprendente infinite campate caricate simmetricamente (fìg. 10.6). Lo sviluppo in serie di Fourier [10.14] comprende i soli termini aventi carattere di simmetria; per cui interessa soltanto il calcolo dei coefficienti b., b., dei quali la tab. 10.2 riporta i valori per alcuni casi rilevanti. Può essere opportuna qualche osservazione sulla costante b0 : se, ad esempio, per la trave la configurazione è simmetrica (ossia simmetrica rispetto alla sezione di mezzeria), b0 è evidentemente nullo per la funzione che, comprendendo insieme i carichi e le reazioni, rappresenta un sistema necessariamente equilibrato, quindi di ordinata media nulla. La linea elastica, invece, contiene il termine costante incognito v0 , da calcolare con la condizione che lo spostamento delle sezioni estreme sia nullo (es. 10.2), d'accordo con la circostanza che il caso è staticamente indeterminato.
Serie di Fourier nello studio delle travi
Capitolo decimo
204
In genere il procedimento di calcolo è del tutto analogo a quello già visto per la trave appoggiata: si rappresenta con serie di Fourier il carico e le reazioni, poi, mediante la solita equazione differenziale (EJv'v=q), si determinano le ampiezze Vn. Anche per la trave su suolo elastico le cose sostanzialmente non cambiano, a parte il fatto che v, è da determinare con una condizione di equilibrio.
Inoltre risulta:
qza
cosa X n · n2 '
e.o
M=-EJv''=---2 L: 2n 1
ql' ( ad es., per x=O, M=- 2n 2
205
(n= 1, 2, 3, ...)
1 ql' f Jl2=12 , 00
essendo
1 "') f !ì2=6 · 00
b) Carico concentrato P nella mezzeria.
Sovrapponendo i due casi (2, 4) riportati nella tab. 10.2 (il valore medio è al solito nullo, essendo il complessivo carico equilibrato; 2a=l, an=2nn/l): 2P r.t> P e.o q(x)=- L: [-l+(-1)"] cos a.x= - - L;cos "n x, a 1 a i
(n= 1, 3, 5, ... )
4P
q.=--,-.
Procedendo come si è visto per il caso precedente, si ottiene:
'"' V =~ 4n4EJ -;i
(1-cos an x)
(il coefficiente relativo alla freccia
Fig. 10.6
n4
(n= 1, 3, 5, ...)
f
risulta, con il solo primo termine 1/2n 4 =
=1/194,8, invece di 1/192); M=-Pl Ecosanx
Esempio 10.2.
n2
Soluzione, in serie di Fourier, della trave incastrata soggetta a un carico uniforme e a un carico concentrato nel centro. a) Carico uniformemente ripartito.
Il termine costante b0 della serie che rappresenta le reazioni concentrate
P=ql (caso 2 della tab. 10.2) insieme con l'azione esterna q uniformemente di-
stribuita è evidentemente nullo, essendo il complessivo carico equilibrato. Pertanto si ha (2a=l): 2P oo a=~= q(x)= - -COS an X, • a I 1
2mt)
(
f
2P q.=--1-=-2q·
Linea elastica:
00
V=v 0
n
[ad es., all'incastro (x=O) e per n= 1 si ottiene M= -Pl/9,87 invece di -Pl/8]. Esempio 10.3.
Studiare, impiegando le serie trigonometriche, una trave di lunghezza illimitata, appoggiata su suolo elastico e soggetta a una serie di carichi equidistanti. La soluzione della trave su suolo elastico è già stata trattata nel cap. VI: in generale l'impiego delle serie trigometriche non offre particolari vantaggi; alle volte può essere utile per ricavare integrali particolari relativi a condizioni di carico complesse. Venendo al caso in esame, poichè i carichi e la reazione del suolo di modulo k (r=kbv) costituiscono un sistema equilibrato, si ha b,=0 quindi (caso 2 della tab. 10.2; 2a=l, an=2nn/l):
+.E Vn COS an X•
q(x)= L: (qn-kbvn)
1
n
Dall'equazione EJ v1v =q si ottiene:
00
1
an X,
(n=l, 2, 3, ...)
q.=2P/l.
la costante v0 è determinata dalla condizione che per x=O sia v=O, quindi:
=-l.:vn,
COS
con
EJan 4 Vn=qn;
V0
(n= 1, 3, 5, ...)
n2
ql'
00
v=---L: 81-éEJ i
(1-cos "n x) n4
;
ql' ( 1 1 ) f=v(x=l/2)= 8n'EJ 2 l+34+s<+ ... 4
(con un solo termine, il coefficiente numerico vale 2/8n =1/389,6 invece di 1/384).
Linea elastica:
v=v0 + Evn cos an n
(n=l, 2, 3, ...)
X,
dove (par. 10.2.ld) EJa.'v.=qn-kbv., quindi, posto:
e
kbl' 16n 4EJ'
"•
q. EJa.'(l+efn')
206
Capitolo decimo
Serie di Fourier nello studio delle travi
La costante v0 è determinata dalla condizione che la risultante delle reazioni del terreno relative a una campata eguagli P:
del periodo (fig. 10. 7), valgono ancora sia l'espressione dello sviluppo [10.14], sia le tabelle IO.I, 10.2, purchè in esse si ponga (par. IO.le):
f'
a=nr,
r · dx=P, da cui, essendo r=kbv, kv 0 bl=P,
207
[10.28]
x=fJr,
Una volta definita la funzione carico, si passa al calcolo delle sne conseguenze (rappresentate anch'esse con serie trigonometriche), utilizzando. le formule che legano la prima alle seconde: per l'anello circolare tali formule
(n= I, 2,3, ... ) dove il primo termine rappresenta Io spostamento che si avrebbe se la trave fosse indeformabile; 2 M=-EJv''=_!!_E n cosanx. 2 2:ri: n n4 +e
Ad esempio, per P=IOO t, J=IOOO dm'=l07 cm', 1=8 m, b=120 cm, k=5 kg/cm', E=2 · 10' kg/cm', si ottiene: 5 • 120 · 0,8' · IO"
16n' · 2 · 105 • 10 7
0,07884,
p
10'
kbl
5. 120. 800
PI'
8n'EJ
100. 10'. 0,8'. 10' 8·n'·2· I0'· 107
0,2083 cm,
0,0329cm,
PI 2n 2 =40,53 tm ;
quindi lo spostamento e il momento per x=O (dove agisce il carico) valgono, arrestando lo sviluppo ai primi 5 termini:
v(x=0)=0,2083+0,0329 (0,9270+0,0622+0,0123+0,0039+0,0016)=0,241 cm ; M(x=0)=40,53 (0,9270+0,2487+0,lll0+0,0625+0,0400)= =40,53 · 1,3893=56,3 tm. Per quanto riguarda il momento flettente può essere opportuno notare che il resto della somma, pressochè indipendente da e, vale 0,1813 (I l/n'=n'/6 per n=l, 2, 3, ... ); quindi il valore effettivo è:
a) Fig. 10.7
furono ricavate nel par. 4.2; e pertanto dovremo anche qui supporre che le dimensioni della sua sezione retta siano piccole in confronto al raggio e che un asse principale d'inerzia della sezione giaccia nel piano dell'anello. Il riferimento cartesiano (fig. 10. 7) sarà ancora quello indicato nello stesso cap. IV. 10.3.1. Carichi radiali (fig. 10.8).
M(x=0)=40,53 (1,3893+0,!813)=63,7 tm. Considerando il carico ripartito uniformemente si sarebbe ottenuto: M=Pl/12=66,7 tm. Fig. 10.8
10.3. L'impiego delle serie di Fourier nello studio delle travi ad anello. È già stato accennato che, volendo rappresentare una funzione con serie trigonometriche, nulla camhia se essa si sviluppa con andamento periodico lungo una circonferenza anzichè lungo una retta. Nel nostro caso, al solito, la funzione primaria da rappresentare è il carico con le relative eventuali reazioni dei vincoli, e debbono essere impiegate le serie di coseni o di seni a seconda del loro carattere di simmetria o di antimetria. Non staremo a ripetere le osservazioni già fatte, ancora tutte valide; ricordiamo soltanto che, se r è il raggio della circonferenza caricata, e se 2fJ,r~2nr è la lunghezza
Pensiamo il carico rappresentabile con nna serie di coseni e che quindi il suo generico termine: [a] sia simmetrico rispetto all'origine {}~O (in seguito ai sensi adottati per l'asse y, si ritiene positivo il carico rivolto verso l'interno). Considereremo inoltre le conseguenze dovqte alla generica armonica [a], potendo poi da esse passare alle somme e quindi ai valori globali. È evidente che le varie
208
Capitolo decimo
formule servono anche quando il carico sia rappresentabile, per propria natura antimetrica, con una serie di seni, essendo sufficiente, per i relativi suoi effetti, scambiare cos nfJ con sen n{} e viceversa. Mostriamo per questa prima condizione di carico i passaggi, essendo poi possibile trattare gli altri casi in modo del tutto analogo. Dalla prima e dalla seconda delle relazioni [4.1] si ottiene (ds=r · d{}; l'ordine di derivazione rispetto a {} viene indicato con un corrispondente numero di punti) N+N=-qyr, quindi:
N=N. cos n{},
u= un sen nfJ ,
u.=
q
r' [
n~".._1
2
r 1 ] n 2 (n 2 -l)EJ, + EA ·
Il caso n= 1 è privo di significato, poichè la corrispondente condizione di carico non è equilibrata.
qyn I'
N = --· n n2-J
Dalla prima delle citate relazioni (Ty=N):
dalla quarta
209
Serie di Fourier nello studio delle travi
Fig. 10.9
(M,= T"r):
10.3.3. Carichi normali al piano dell'anello (fig. 10.10). Il generico termine del carico, pensato agente verso il basso, sia qz=-qzn cos nfJ
.. Mzr 2 Infine, essendo v+v=-EJ [form. 4.4], risulta:
(senso opposto a quello dell'asse z, fig. 10.7)
' V=Vn
cos n{} ,
qzn r2 n-
EJ,(n'-1)'
Myn=-.--I,
EA . ed essendo N=-- (u-v) [form. 4.4]: r
u= un sen n{} ,
u.
qyn r' ( r' n(n'-1) EJ,(n'-1)
Mvn Mxn=--,
1 )
+ EA
n
· W=Wn
Le precedenti formule non valgono per n=O, n= 1. Nel primo caso si ha N=-qr, M,=0; nel secondo la condizione di carico non è equilibrata.
cos nfJ,
wn
q,. r< (n 2 -1) 2
[
1 EJ"
1
+ n GJ, 2
] ·
i
10.3.2. Carichi radenti (fig. 10.9).
I
Il generico termine del carico sia
Fig. 10.10
qxn
r2
n(n'-1)
I I
I casi n=O, n= 1 sono privi di significato, poichè le corrispondenti condizioni di carico non sono equilibrate.
•
10.3.4. Momenti esterni m., (fig. 10.11). Il generico termine del momento esterno sia
V=Vn
cos nfJ,
n(n'-1) 2EJ,'
[a] 14 -
POZZATI, ll-1.
Capitolo decimo
210
TABELLA
mxnr Mvn=--,-1,
Carichi a:ntimetrici mjJjJresentati con serie di Fourier_ q(x)=] q senan x ltfa,,= nati\ n=t n a I
n-
W=Wn
cos nff,
mxn r Wn
3
(n'-1)'
(
I EJy
+
10.J.
n
I ) GJ, .
Il caso n~ I è privo di significato, poichè la condizione di carico [a] non è equilibrata.
Fig. IO.Il
~ ~ 4.({Jj
.
'2
Esempio 10.4. Studiare, impiegando la serie trigonometriche, l'anello della fig. 10.12 (#0 =n,
IJ1 =n/8).
3
a) Valgono le formule ricavate nel par. 10.3.l con (condizioni 1 e 3 della tab. 10.2; a=nr, anx=nff, c=nr/8, ·ana=nn)
4q 1 nn qy(IJ)=qo+-X:- sen cosnlJ. 8 n n n
(n=2, 4, 6, ... ) 4
5
! illJl~q--- ~e~ !>l2cl< >l2cl< i ! i lp I · !
~
sq senan c.senan e 13 a an 1 ,s, ...
I
P1
I
iI
t,J,s, ...
Fig. 10.12
Il carico radiale uniforme q0 =q/4 provoca N=-qo r; i vari coefficienti della somma che rappresenta il carico valgono (per n=2, 4, ... , 10, e a meno di q)
6
0,4502; 0,3183; 0,1500; O; -0,0900. Quindi, ad esempio per IJ=O, M,(IJ=O)=qr' (0,1501 +o,0212+0,0043+0-0,0009)=0,175 qr'. b) Considerando l'anello soggetto a due forze P uguali ed opposte:
n+1
2q (_7)
7
a an
8
~~(-1) 2,
qyn=2Pjnr;
1 1 M,(IJ=O)=l-_ Pr (2._+- + - + · · ·), " 3 15 35 e arrestando ad esempio il calcolo a n=lO si ottiene 0,909 Pr/n (invece di Pr/n).
Bq
ri.n
a2
n-1
qs, ...
212
Capitolo decimo
Serie di Fourier nello studio delle travi
213
10.4. Cenni bibliografici. TABELLA
10.2.
Carichi· simmetrici mppresentati con serie di Fourier,, . = f. n:rr) q(x)~q + 1: qn cosanx \CXn~--a0 n.. 1 . qn
~.
j«---a 1
2
3
'
'
I I I I I I I I
-?>12c\<'' 'p
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I I
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I I I I
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{[Ilj] i [)IlJJ
I I· I I I I I
-fEe*e;.I
'
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I I
I
1,2,3, ...
n senan e qc -2qfi)--a a an
~213, ...
p
2a
n
p (-i)
1,2,3, ...
a
2qc 4q senan c.cosan e 1,2,q ... a a a,,
I I I I
pi
I I I I
I
Ia
.
I I I
_E_ a
I
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'.l::- !
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1,2,3, ...
I
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'
qc 2q sena,, e a- -a;;-
a
p'
I I
I
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8
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x.,
n
q
I I I
~I~
p
2f cosan.e
1,2,3, ....
~
4q 1 (;!~
1,3,5,. .•
a-
4q
~ - a2
a;1
1,3;5, .••
Tra i numerosi testi che trattano le serie di Fourier, ricordiamo L. TONELLI, Serie trigonometriche, Zanichelli, Bologna, 1928; G. MoRIDTI, Analisi matemati'ca, cap. XXI, Hoepli, Milano, 1953; T. v. KARMÀN-M. BroT, Mathematical Methods in Engineering, cap. VIII, McGraw, 1940; H. LEBESGUE, Leçons sur !es séries trigonométriques, Paris, 1906; valori delle ampiezze per vari casi di carico si trovano raccolti, ad esempio, nel 2° vol. del Beton-Kalender, 1963, p. 437. Numerose applicazioni allo studio delle travi prismatiche furono effettuate da S. TIMOSHENKO, « Application of general coordinates in solution of problems on bending of bars and plates », Boli. Ist. Po/it., Kiew, 1908; G. ALBENGA, «Su di alcune applicazioni di serie trigonometriche alla determinazione di linee elastiche i>, Atti R. Ist. Veneto, 1913. Per l'impiego delle serie di Fourier nella soluzione delle travi anulari si veda: W. FLUGGE, Stresses in Shells, Springer, Berlin, 1960 (appendice, p. 478); gli anelli su suolo elastico sono stati studiati da R. ALEss1 e A. CmARUGI, ((Travi anulari su suolo elastico sottoposte a condizioni di carico qualsiasi», Inarcos, Bologna, 1974.
Differenze finite nello studio delle travi
215
della soluzione per via numerica approssimata delle equazioni differenziali, verrà premesso un brevissimo richiamo di alcune proprietà relative alle differenze finite; l'impiego riguardante le travi è un caso particolare, nel quale, per altro, l'efficacia del procedimento trova limitata evidenza; vantaggi di ben maggiore utilità si ottengono, ad esempio, nello studio delle lastre piane e curve. CAPITOLO Xl
L'IMPIEGO DELLE DIFFERENZE FINITE NELLO STUDIO DELLE TRAVI
b) Di una funzione continua f(x) siano noti i valori in corrispondenza di una serie di pnnti equidistanti di ascisse x+kh, essendo Llx=h la lnnghezza
j(x)
11.1. Differenze finite. Premessa. a) Lo studio di numerosi problemi ricorrenti nell'ingegneria richiede frequentemente la soluzione di equazioni differenziali, ma non di rado le difficoltà sono tali da dover ricorrere a metodi numerici approssimati. Di questi, uno dei più efficaci è il metodo delle differenze finite, la cui idea ispiratrice, assai semplice e di vecchia data <11•1 ), consiste nel sostituire alle equa~ zioni differenziali le corrispondenti equazioni alle differenze, riconducendosi alla soluzione di tm sistema di equazioni algebriche: si ha quindi che l'espres-
X
1h 2h Fig. 11.1
sione continua dell'equazione differenziale viene spezzata in condizioni da
attuare in un adeguato numero di punti, pagando l'evidente prezzo dell'approssimazione e della perdita di utili indicazioni qualitative frequentemente fornite dalla soluzione generale, ma rendendo semplice la deduzione dei risultati che alla fin fine, purchè attendibili, sono quel che più importa all'ingegnere. Resta, è vero, la verifica del grado di approssimazione: ma frequentemente esso può essere saggiato con facilità, specialmente con l'ausilio di un elaboratore, confrontando gli esiti di calcoli relativi a differenze di diversa ampiezza; inoltre, come accenneremo in seguito, spesso è possibile, senza alterare le caratteristiche del metodo, affinare le approssimazioni sia direttamente, ricorrendo a particolari legami polinomiali, sia per estrapolazione,
una volta esaminati dne o più casi relativi a diverse lunghezze degli intervalli. Per l'importanza dell'argomento, che riguarda quindi il problema generale 1 <11 · l La prima trattazione organica delle equazioni alle differenze finite venne data da BROOKS TAYLOR, The Method of Increments (ricordata nel vol. in seguito cit. di v. KiirmRn); nun1erosi contributi furono forniti da lSAAC NEWTON. Per un ampio e appro~ fondito esame, in merito alle differenze finite, si veda il vol. di L. CoLLATZ, The Numerica/ Treatment of Dijferential Equations, Springer, Berlin, 1960, 3a ediz. (Band 60 della collana «Die Grundlehren der Mathematischen Wissenschaften in Einzeldarstellungen J)). Chiare e sintetiche esposizioni si trovano, ad esempio, in capitoli delle seguenti opere: K. BEYER, op. cit. (v. bibl.), 1933 (za ediz.), vol. 1°, p. 129; T. v. KARMAN e M. A. BroT, Mathematical Methods in Engineering, McGraw, 1940 (9" ediz.), cap. 11; C. T. WANG, Applied Elasticity, McGraw, 1953, cap. 6. Per impieghi pruticolari relativamente al calcolo delle strutture di fondazione: P. PozZATI, Metodi per il calcolo delle fondazioni, Zanichelli, Bologna, 1953 (capp. 6 e 7).
>i
I<
h=/J.x
di ogni intervallo tra due valori consecutivi di x, e k un numero intero. La fig. I I.I mostra la curva f(x): per il valore che essa assume in un punto
(x+kh) adotteremo per semplicità la scrittura [I I.I]
quindi in un generico punto O, di ascissa x=x,, e nei punti che da O distano ad esempio h, -h, indicheremo con f,, fin, f-in i corrispondenti valori della funzione.
Pensiamo di sostituire all'effettivo andamento della f(x) una poligonale avente le ordinate coincidenti con quelle della stessa funzione in corrispondenza degli estremi degli intervalli; se h è sufficientemente piccolo, nel punto O è lecito scrivere df) ~f1n-fo LIJ [J 1.2] ( ax , h T' ove Llf è detta prima differenza (a destra) della funzione in O, e Llf/h rapporto incrementale o delle differenze prime. Avremmo potuto esprimere, sempre in modo approssimativo, la prima derivata con il rapporto incrementale a sinistra df) ~f,-J_... [J 1.3] ( dx , h '
Capitolo undicesimo
Differenze finite nello studio delle travi
e s'intende che, per la derivata prima, una migliore approssimazione può essere ottenuta mediando i due precedenti valori, ossia scrivendo
Tali «differenze a destra » possono venire facilmente dedotte a catena in forma tabellare; così ad esempio per la funzione f=2(x/h)3
216
(dxdf) , -f,,,-f-1n, 2h
iJf
I
x/h [11.4]
o
o
I
2
iJ'f
iJ'f
217
iJ'f
2
e facendo pertanto riferimento al coefficiente angolare della corda BC. La derivata seconda in O della funzione può essere approssimativamente calcolata dividendo per h la differenza tra i coefficienti angolari dei due lati della poligonale sostitutiva, posti alla destra e alla sinistra del punto O, e scrivendo quindi
12 14
2
12
16
24 38
3
o
12
54
36 74
d'f) "'(/,,,-/, ( dx 2 0 h
4
[11.5]
In modo analogo possono essere ricavati i valori delle successive derivate.
Cosi, se per brevità poniamo s=d'f/dx', si ottiene
-
d'f) =(~) Srn-S-rn - (f,-2f,,,+f,,,)-(f_27,-2f_,,,+f,) ( dx', dx,2h 2h3 [11.6]
-[_,,, +2f-11,-2J;,,+J,.
Cose del tutto analoghe possono esser dette per le «differenze a sinistra». Può essere interessante notare che un errore relativo al valore in O della funzione fa risentire effetti in genere crescenti aumentando l'ordine delle differenze. Ciò, ad esempio, trova conferma nella sequenza delle differenze segnate nella seguente tabella, che mostra la propagazione di un errore localizzato unitario:
o o
2h3 [11. 7]
128
o
o o
iJf,=J;.-f,' iJ'f,=iJJ;,-iJf,=f,-2J;,,+f21,' iJ'f,=-f.+3frn-3J,,+f,,,
[11.8]
1
-3
1
-2
o o
o o
IO
-20
6
3
-1
o
-4
1
1
e) Le precedenti ospressioni [11.4], ... , [11.7] vengono dette rapporti «delle differenze centrali », per sottolineare il fatto che in esse compaiono le ordinate della funzione in punti posti a cavallo di O. Ma è possibile esprimere le derivate in O, seppure in genere con peggiore approssimazione, mediante valori (oltre a/,) posti soltanto alla destra o alla sinistra del punto O: abbiamo già visto che la differenza prima a destra della/(x) può essere definita come l'incremento (f,,-f,) che la funzione acquisisce spostandosi dal punto O al punto lh; analogamente la differenza seconda può essere calcolata come differenza delle differenze prime negli stessi punti, e così di seguito; per cui:
o
-10
-4
1
-1
o
11.2. Applicazioni allo studio delle travi. a) Travi prismatiche. - Divisa la trave in tratti lunghi h, l'equazione fondamentale indefinita EJv•v=q (ove al solito si indica con v la linea elastica) può essere scritta, mediante la [11.7] alle differenze finite, ricavando quindi, in corrispondenza di un generico punto O: 6v,-4 (v,. +v_11,) +v 21, +v_,.=q,h4/ EJ.
[11.9]
Analogamente è possibile scrivere, per le sollecitazioni in O, ,,
EJ
M,=-EJv, -;;;"fii" (2v,-v_,.-v,,,),
[Il.IO]
Differenze finite nello studio delle travi
Capitolo undicesimo
218
[11.11] È interessante notare che la relazione [11.9] può essere ricavata anche scrivendo l'equazione di equilibrio del nodo O alla traslazione verticale, com'è d'altronde da attendersi appena si rifletta alla genesi della stessa equazione (dT/dx=-q). Basta isolare i due tratti lunghi h e applicare le azioni interne rese esplicite in conseguenza dei tagli effettuati (fig. 11.2): espressi allora i momenti in funzione degli spostamenti, poi (mediante le condizioni di equilibrio alla rotazione) gli sforzi taglianti in funzione dei momenti, la condizione di equilibrio alla traslazione per il tratto infinitesimo collegato alla
Fig. 11.2
sezione O fornisce immediatamente l'equazione [11.9] (ll.zJ. Pertanto l'equazione [11.9] garantisce, se i carichi sono concentrati nei nodi, l'esattezza degli incrementi L1 T degli sforzi taglianti; e, se in una sezione viene prescritto il valore esatto del taglio, degli stessi sforzi taglianti T e degli incrementi L'.JM=TLix; infine l'esattezza anche dei momenti, se di questi è noto e viene imposto in una sezione il valore esatto (ad esempio valore nullo all'estremità di una trave appoggiata, o all'estremità libera di una mensola, esempio Il.la, b) (ll. 3J. Comunque, anche nei casi staticamente indeterminati per i quali lo stato di sollecitazione, dipendendo da quello di deformazione, risulta inevitabilmente approssimato, spesso si ottengono approssimazioni
soddisfacenti anche con un numero limitato di intervalli. Inoltre, per quanto è stato osservato nella nota 11.2, è chiaro che, se agisce in O il carico concentrato P 0 , il termine noto da introdurre nella [11.9] al posto di q,h 4/EJ vale [11.12] P,h'/EJ; 2 (ll.lll Facendo riferimento alla :fig.11.2, Mb=(2vb-va-v0 ) EJ/h , M 0 =(2v,,-vb-vJ EJ/h"', M =(lv -v -va) EJ/h 2 • Per l'equilibrio alla rotazione dei due tronchi h collegati al nodo O de~e es;ere" T0 b=(M0 -Mb): h, T0 c=(Mc-M,,): h; per l'equilibrio alla trasl~zione de~ nodo O si deve avere P0 -T0 b+T0 c=O, da cui (2M0 -M0 -Mc): h=P0 • Sostituendo fil momenti le relative espressioni segnate ali 'inizio della nota, si ottiene la rei. [11.9] con qh~P,. d . . fl . (p . h" {n. 3> S'intende che si ottiene il diagramma esatto e1 momenti ettenti er cane I concentrati nei nodi) anche se vengono imposti, essendo noti, i valori del momento in due sezioni (ad es., momenti nulli per entrambe le estremità di una ti·ave appoggiata).
219
e se il carico è ripartito con una generica legge (o agiscono carichi concentrati tra nodo e nodo), si applicano in O le reazioni, cambiate di segno, calcolate per i tratti h considerati indipendenti l'uno dall'altro appoggiati in corrispondenza degli stessi nodi. Pertanto, nel caso di un carico variabile linearmente (fig. 11.3), si può assumere h
P,=6 (q_ 1n+4q,+q1a).
[11.13]
Vediamo ora il modo di procedere. Divisa la trave in tratti di uguale lunghezza, si scrivono le equazioni di equilibrio alla traslazione [11.9] in corrispondenza delle varie sezioni (nodi) che delimitano gli intervalli, ma limitatamente a qnelle che sono suscettibili di traslare; ciò perchè, se lo spostamento di nn nodo k è nullo per la presenza di un vincolo, non è incognito v,, e d'altronde non ha senso imporre nna condizione di equilibrio che la reazione del vincolo è sempre in grado di soddisfare. Il numero delle incognite risnlta però più elevato di quello dei nodi e quindi delle stesse equazioni [11.9]. Infatti, se la sezione estrema O di una trave (e ad esempio quella di sinistra) può spostarsi, accade che nella relativa equazione compaiono due incognite v_11,,, v_ 21i relative a nodi giacenti sull'ideale prolungamento della trave, d'accordo col carattere della stessa equazione indefinita di equilibrio, la quale è stata ricavata per l'appunto prescindendo dalle condizioni di vincolo, ossia considerando la trave di lunghezza illimitata; ma le cose si sistemano, perchè alle due incognite supplementari (ausiliarie) che si sono aggiunte fanno riscontro le due correlative condizioni ai limiti. Osservazioni
Fig. 11.3
analoghe possono esser fatte quando l'estremità k è appoggiata o incastrata: in tale caso l'equazione deve venire scritta per il nodo adiacente a k, essendo vk=O, per cui interviene una sola incognita ausiliaria, d'accordo col fatto che, essendo già stato imposto vk=O, resta una sola condizione riguardante il momento o. la rotazione. Si ha quindi in conclusione che il numero delle incognite, comprese quelle ausiliarie, è nguale a quello complessivo delle equazioni di equilibrio e ai limiti. Ma può essere opportuno scrivere esplicitamente queste ultime per alcuni casi ricorrenti. Per l'estremità O appoggiata le due condizioni sono:
EJ
M, e;;; hz (2v,-v_ 1.-v1n)=O -+
V-Ili= -Vlli ;
(deformata antimetrica)
[11.14]
Capitolo undicesimo
220
Differenze finite nello studio delle travi
Esempio 11.1.
per l'estremità O incastrata: 0
--+ V-1n=V11t ; (deformata simmetrica)
[11.15]
Studiare, impiegando le differenze, travi prismatiche variamente vincolate.
a) Trave appoggiata e caricata uniformemente.
per l'estremità O soggetta a nn momento M, e a un taglio T, positivi:
b) Travi di sezione variabile. - Le relazioni differenziali che restano valide, perchè non dipendono dalla variazione della sezione, sono M'=T,
T'=-q.
[11.17]
6v,-4v1 =qh'/EJ. 14 qh'/EJ, v,=4 qh'/EJ=0,0137 ql'/EJ (il valore rigoroso
a)
b) qh 1111/lom
fltfttfOOff'ftttOfft <
h jqh jqh tqh I
I
3=-zt 2
B'
11.4a), l'equazione [11.9] scritta per i
6v1 -8v,=qh'/EJ,
!---
Quindi si ottiene, posto EJ=B,
fi~.
Divisa la trave in 4 tratti (h""'.1/4;
nodi 1, 2,, te;riendo conto della simmetria e delle condizioni di vincolo [vA=O; MA=O qu1nd1 v3 =-V 2 , rei. 11.14], fornisce il sistema:
[11.16]
M=-EJv",
221
-I
2+
A
I 2 !<------- l -----4
yqh
t---1-- I
I
I
2
4
3
~--i
A
5
1<--l __,,
T=-Bv"'-B' v,,=-Bv' 11 +-M, B
[11.18]
Fig. 11.4
Bvrv+2B' v'"+B" v"=q.
[11.19]
è 0,0130). D_alla [Il.IO] si ottiene M1 =(2v1 -2v2) EJ/h'=2qh'=ql'/8, che coincide col valore rigoroso [par. 11.2a; tener conto della simmetria comporta imporre
Le quantità B, B', B" sono note, essendo assegnata la sezione della trave in ogni punto. Quindi, mediante le relazioni [ll.4], ... , [11.7] l'equazione [11.19] in ogni nodo può essere espressa alle differenze.
T1 =0].
b) Trave a sbalzo caricata uniformemente. L'e.9-uazione [11.9] scritta per i nodi 1, 2, fornisce (nella prima il termine noto e posto uguale a zero, perchè di qh/2 si terrà conto nelle condizioni ai
Per quanto concerne le condizioni ai limiti, nulla cambia, rispetto a quanto è stato visto per la trave prismatica, se esse chiamano in causa lo spostamento, o la rotazione o il momento all'estremità. Ma anche la condizione che
limiti, fig. 11.46)
riguarda il taglio, la cui espressione è ora data dalla [11.18], coincide con quella valida per la trave prismatica qnando nella sezione in esame si ha M=O, oppure B'=O.
Condizioni ai limiti:
e) Trave su suolo elastico secondo Winkler. - Lo studio alle differenze non presenta alcuna difficoltà, bastando considerare nell'equazione [11.9] [o nella 11.19, se la sezione è variabile] il carico (q,-kbv,) al posto del solo carico q,, essendo k il modulo del suolo (cap. VI) che può essere anche variabile. Approssimazioni migliori si ottengono, secondo la [ll.13], considerando, come termine noto, [11.20]
[a]
6v,-4v1 +v,+v,=qh'/EJ. )A=O -+ Vr;=V2,
Mi=O -+
V3
=2v1 -v 2 ,
T, =-qh/2 _,. v4 -2v,+2v,=- q:
~~.
La soluzione è:
v,=qh'/EJ, v,=2,5 qh'/EJ=0,156ql'/EJ (valore esatto O' 125·' errore 24' 8%)· o ' MA=-2v,EJ/h'=-2qh'=-ql'/2 (coincidente col valore esatto, par. 11.2a).
Si ottiene lo stesso risultato uguagliando a qh'/EJ la prima delle equazioni [a] e ponendo T1 =0. c) Trave doppiamente incastrata, caricata uniformemente.
In modo semplice possono essere risolti altri problemi che presentano iperstaticità diffusa.
Divisa· la trave in 4 tratti (fig. 11.4c), le condizioni di vincolo forniscono VA=O, Va=V2.
Differenze finite nello studio delle travi
Capitolo undicesimo
222
valori che si possono anche ottenere direttamente per analogia con quelli precedenti. È chiaro che, con tale modo di procedere, la funzione viene rappresentata mediante uno sviluppo polinomiale limitato ai soli addendi con esponenti compresi tra O e 3 <11 •4!.
Equazione [11.9] scritta per i nodi 1,2:
6v1 -8v,=qh'/EJ, 8v,-4v1 =qh'/EJ; La soluzione è:
v
'
223
5 qh'/EJ 8 '
=-
b) Ovviamente anche il procedimento ordinario alle differenze può essere visto nel quadro della rappresentazione di una funzione mediante sviluppi polinomiali. E a tale proposito può essere opportuno osservare che, considerato un polinomio di secondo grado
v1 =qh'/EJ=ql'/256 EJ (val. esatto 1/384, errore 50%). Di conseguenza, dalla [11.l O]: 10
MA=-2v 2 EJ/h'=-3 qh'=0,937 (-ql'/12),
v(x)=C,+c,x+C,x 2 ,
6 M, =g qh'= 1,125 (ql'/24) ;
se si vuole che esso assuma i valori v_1h, v0 , v1n in corrispondenza di una terna di punti -lh, O, lh (con l'originale delle ascisse in O), le costanti debbono valere
[MA[+ [M1 [=2qh'=ql'/8 (coincidente col valore esatto per l'equilibrio giratorio della trave, par. 11.2a).
11.3. Affinamento delle approssimazioni operando sulle condizioni ai limiti mediante svilnppi polinomiali. a) Approssimazioni migliori di quelle ottenute precedentemente nello studio di travi aventi sezioni estreme incastrate o libere si possono ottenere attribuendo l'andamento di una parabola cubida
v(x)=C,+c,x+C,x'+C,x'
[11.21]
al tratto della linea elastica interessato da due incognite ausiliarie e da altrettanti spostamenti incogniti effettivi. Posta l'origine delle x in O, imponendo le condizioni che in corrispondenza dei punti -2h, - Ih, O, Ih la funzione acquisti i valori v_ 2h, v_1 11., v 0 , v11"' per le costanti si ottengono i valori
e,
e,
per cui le derivate prima e seconda in O
coincidono con le espressioni [11.4], [11.5] del procedimento ordinario. Ma la derivata seconda coincide anche con la seconda delle relazioni [11.23]; quindi per la trave semplicemente appoggiata nulla cambia se si utilizzano, per esprimere le condizioni di vincolo, polinomi di secondo o di terzo grado. Esempio 11.2. Studiare, esprimendo le condizioni di vincolo mediante un polinomio di terzo grado, la trave a sbalzo caricata uniformemente, già risolta nell'es. 11.lb con il procedimento alle differenze ordinario. Soluzione.
[11.22]
e,
1 C3 = h' (-v_,.+3v_'"-3v,+v11,). 6
L'equazione fondamentale [11.9], scritta per i nodi 1, 2, fornisce (fig. 11.4b): 6v 1 -4v 2 -4v3 +v4 =0
6v,-4v1 +v,+v,=qh'/EJ,
Le derivate in O (x=O) valgono [11.23] Volendo invece che, sempre con l'origine delle x in O, la parabola cubica acquisti i valori v_1n, v 0 , v1h, v 2h (e correlando quindi una sola incognita ausiliaria con tre valori interni al dominio della funzione), i valori delle costanti sono: 1 [11.24] C1 = -611 (2v_11,+3v,-6v11,+v,.) ,. ..
quindi sin qui nulla di nuovo rispetto al procedimento solito. Risultano invece modificate le condizioni ai limiti, a parte quella riguardante il momento:
<11 A> Procedendo come si è detto, non si modifica la semplice espressione [11.9] del}'equazione differenziale del 4° ordine, e si opera soltanto sulle condizioni ai limiti. Migliori affinamenti, con espressioni più elaborate, si trovano esposti nel vol. di CoLLATZ citato nella nota 11.1. Interessante è il par. 6.6 del vol. di WANG, citato nella stessa nota.
Differenze finite nello studio delle travi
Capitolo undicesimo
224
quindi per le [11.23], [!J.24], ma con riferimento all'estremità destra, 2va+3vA-6v2+V1=0'
V5=3V2-0,5 Vi;
e per le [11.22], [! J.23], M 1 =-EJvi''=0 -+ v3 =2v1 -V2; EJ T1 =-EJv1 "'=-qh/2 -+ li' (-v,+3v,-3v1 +v,)=qh/2.
225
11.4. Affinamento delle approssimazioni per estrapolazione. Data una funzione f(x) continua insieme con le sue derivate negli intervalli alla destra e alla sinistra di un punto O in cui si considera posta l'origine delle ascisse, sono leciti gli sviluppi di Taylor:
±h, posti
h2
h3
h4
hn=f,+hlo'+-2 f,"+3! /,"'+ 41 Jr+ ... [11.25]
Effettuate le sostituzioni, si ottiene il sistema
v1 -2v,=qh'/2EJ -2,5 v1 +8v,=qh'/EJ.
Sottraendo membro a membro tali espressioni divise per 2h si ottiene:
La soluzione è
v1 =2 qh'/EJ (coincidente col valore esatto),
J,.-f_,.
v,=0,15 qh'/EJ (valore esatto 0,7083),
2h
v5 = 1,25 qh'/EJ.
Di conseguenza, per la [11.1 O] , EJ MA=-h' (v,+v,)=-2qh' (coincidente col valore esatto), M 2 =-0,5 qh
2
Studiare, esprimendo le condizioni di vincolo mediante un polinomio di terzo grado, la trave incastrata e caricata uniformemente, già risolta nell'es. 11.lc con il procedimento alle differenze ordinario.
[11.26]
per cui l'errore che si compie esprimendo la derivata prima della funzione con il rapporto delle differenze prime vale h4 rv E _,., _ Li'" _1_,, - - h' - ,.,,, __ 01-10 h 3! Jo 5! Jo -
(coincidente col valore esatto).
Esempio 11.3.
LI/, Lix
.
[11.27]
••• '
e sommando invece membro a membro le medesime espressioni divise per h 2, si trova che, quando la derivata seconda in O viene espressa con .il rapporto Ll 2/,,/h 2 delle differenze seconde, l'errore risulta [11.28]
Soluzione.
L'equazione fondamentale [11.9] al solito fornisce (fig. 1J.4c; vA=O): 6v1 -8v,=qh'/EJ 6v,-4v1 +v,+v,=qh'/EJ.
È facile quindi, procedendo in modo analogo, ottenere la rilevante proprietà che l'errore conseguente al fatto di esprimere la derivata di ordine n di una funzione con il rapporto delle corrispondenti differenze può essere scritto nella forma <11 .5)
Dovendo aversi 'PA=vA'=O, per le [11.23], [11.24], risulta
LI•/,,
,,.
E,n=lo•--~,=(h/l)'A,+(h/l)'B,+(h/[) 6 C,+
V3=3V2-Ù,5 V1;
... ,
[11.29]
quindi v1=0,75 qh'/EJ=0,00293 ql'/EJ (valore esatto 0,00260, errore 12,7%; col procedimento ordinario l'errore è stato invece del 50%, v. es. 11.lc), v,=0,4375 qh'/EJ, v,=0,9375 qh'/EJ;
MA=
EJ
li' (-v,-v,)= -1,375qh'=1,031 · (-ql'/12), M 1=0,625 qh.'=0,937 · (ql'/24);
IMAI + IM11=2 qh'=ql'/8
(coincidente col valore esatto).
essendo / l'ampiezza del dominio in c1ù si considera la funzione, e Am B0 , e,, ... quantità che, dipendendo soltanto dai valori delle derivate della f(x) in O, non risultano infinenzate dall'ampiezza dell'intervallo h, ossia mantengono (s'intende relativamente al punto O) il medesimo valore Ìl)dipendentemente dal rapporto h/l; ovviamente esse sono invece funzioni dix (o dix, y nel caso di un dominio bidimensionale). L'errore è quindi influenzato dalle cn.nJ W._ F. SHEPPARD, «Central Differences l>, Proc. London Jv[ath. Soç·., vol;· 31; 1899. Si veda, ad es., il chiaro par. 6.7 del voi. di WANG citato nella. nota ll.l.
15 -
PozzATI,
Il~1.
226
Differenze finite nello studio delle travi
Capitolo undicesimo
sole potenze con esponente pari di h, e la serie dei termini da cui esso dipende si smorza rapidamente, se h è piccolo rispetto a I. Ma, nella soluzione di un problema definito da un'equazione differenziale lineare e da condizioni ai limiti pure esse lineari, la proprietà [11.29] riguardante la derivata di ordine n della funzione vale anche per la funzione stessa; ossia anche l'errore nel valutare questa dipende soltanto dalle potenze pari di h C11 •6l, Pertanto, quando, relativamente a un'equazione alle differenze, siano stati calcolati in un punto O più valori/,, della funzione che si vuole determinare, avendo adottato ogni volta un diverso numero di intervalli h, lo sviluppo [11.29] consente di istituire un sistema di equazioni in cui figurano come incognite, oltre al valore più affinato f 0 * della funzione, le costanti A 0 , B 0 , ••• , e come termini noti i vari ..foi· S'intende che, quanto più questi sono numerosi, tanto maggiore può essere l'affinamento, ma in genere la velocità della con~ vergenza è notevole, ed è sufficiente un numero molto limitato di equazioni; se per f,, * si ottiene il valore rigoroso, ciò significa che le derivate al di là del! 'ordine considerato non hanno influenza.
227
Soluzione. a) Adottati due soli intervalli nisce (es. 11.lc) v,~0,0078125
v,~0,00390625
il consueto calcolo alle differenze for-
MA~-ql'/16~-0,0625
ql'/EJ,
Adottati 4 intervalli
(h~ 1/2),
(h~l/4)
ql'/EJ,
ql',
M,~0,0625
ql'.
si ottiene invece (es. 11.lc) MA~-0,078125
ql',
M,~0,046875
ql'.
b) Valore affinato di v., arrestando al solo primo termine lo sviluppo [11.29) (applicato alla funzione anzichè alla derivata):
E1 (h~tf2)~v 1 *-0,0078125 ql'/EJ~(l/2)' A, E 1 (h~l/4)~v 1 *-0,00390625 ql'/EJ~(l/4)' A,;
risulta
v,*~0,002604167
ql'/EJ, coincidente col valore esatto.
e) Valore affinato di MA*: MA*+0,0625 ql'~(l/2)' A,
Esempio 11.4.
MA *+0,078125 ql'~(l/4) 2 A, ;
Col metodo dell'estrapolazione affinare il calcolo della freccia e dei momenti per una trave incastrata, soggetta a un carico uniformemente distribuito (fìg. 11.5).
b)
a) q ~ nunhnnnn1uu ~ !<-----
l ________,,
I< h=l/21
~
I
1
h=l/4
I< 'i
~
~ 2I
I
1
I
2
11.5. Soluzione di nn sistema di equazioni alle differenze espressa mediante un'equazione algebrica Cll.7J •
~
.
Per quanto si è visto, un'equazione alle differenze relativa a un punto di ascissa x può essere scritta nella forma
Fig. 11.5 <11· 6 > Ad
risulta MA*= -0,0833 ql 2 , coincidente col valore esatto. Anche per M 1 * si ottiene il valore esatto.
[11.30]
esempio, data l'equazione differenziale dnf =0, se / 1 e / 2 sono rispettivamente
dx"
la sua soluzione esatta e quella di una corrispondente equazione alle differenze, si ha
Per tale equazione resa omogenea (b,=0), se si adotta la soluzione
[a], [b]
Per la [11.29], applicata alla funzione / 2, è lecito scrivere:
[cl
quindi, tenendo presente la [b], e sottraendo la [e] dalla [a] si ottiene
(/1 -/,)~-
1
[d]
Ma l'operatore differenziale dd'l è indipendente da h, come le costanti A 0 , B 0 ,
••• ;
e
allora l'errore E=fi-/2 riguardante la funzione è esprimibile anch'esso nella forma:
[11.32] [11.33]
ottenendo quindi, se le n radici
••• ,
n
[e]
Evidentemente, se lo sviluppo al secondo membro della relazione [e] viene la valutazione dell'errore risulta approssimata.
e
(4)'A,- (4)'B,...
x"
[11.31]
essendo C una costante arbitraria, risulta, effettuate le sostituzioni,
d"/, Ll"f, (h)' dx':-y= T A.,+ (h)' T B.,+ ... ; ::;,
f,=Cq;•,
troncato~
f,= E
'Pn sono distinte,
e, q;,• ,
[11.34]
i=l
cii.7 > Si veda, ad es., il chiaro cap. XI dell'op. di KARMAN e B1or citato nella nota 11.1 •.
Capitolo undicesimo
228
Differenze finite nello studio delle travi
con le costanti e, da determinare mediante le condizioni ai limiti che la funzione J-i: deve soddisfare; esse, come abbiamo visto, vengono inevitabilmente chiamate in causa nella scrittura del sistema delle equazioni alle differenze. In definitiva, la soluzione dell'equazione [11.30] può essere ottenuta (continuando a utilizzare la corrispondenza tra le proprietà delle equazioni differenziali e alle differenze) sommando alla soluzione [11.34] dell'omogenea associata una soluzione « particolare», che tiene conto del termine noto hx.
Adottata la soluzione particolare M,= C sostituendo nella [/] si ricava C= -ql'/12. La s?luzio'.'e generale dell'equ~zione [/] è data dalla somma d~lla soluzione dell associata omogenea (al solito con C2 =0 per la ragione vtsta nel punto a) e di una soluzione particolare: M,=C, (-0,26795)x-ql'/12,
Esempio 11.5.
a) Trave di infinite campate, con la sezione iniziale soggetta a un momento M, (fig. 11.6a)
(il.8)_
·
Rese indipendenti le campate mediante tagli praticati sugli appoggi, ed esplicitati i momenti Mi (i=l, 2, ... , x, ...), l'equazione ricorrente di congruenza è («equazione dei tre momenti», par. 14.2.1)
[g]
e imponendo la condizione che per x=O sia Mx=O, si ottiene
Mx= -
Risolvere, sostituendo al sistema di equazioni alle differenze la corrispondente equazione algebrica, una trave prismatica continua a campate uguali, variamente caricata.
229
ql'
JT [1-(-J)X (0,26795)'].
[h]
:r:a1~ risultato può essere ottenuto immediatamente con il metodo dei vincoli aus11Iar1, come conseguenza del caso trattato nell 'es. a): pensando, in una prima
M
. oc; O
b)
a) z::
I
z:: :zs: 2 3
J!1 tf';)f' !UJ!I ti '!R O
I
2
3
e)
~:zs: O I 2 X
Fig. 11.6
[a]
che, evidentemente, è un'equazione del tipo [11.30]. Posto Mx=C
Le radici sono
[b]
[e]
Mx=C, (-0,26795)"+C, (-3,73205)'.
[d]
Le costanti Ci, C 2 sono da deterniinare·con le condizioni ai limiti: i momenti si debbono estinguere facendo tendere x. all'infinito, pertanto dev'essere C 2 =0; inoltre per x=O si deve avere Mx=M0 , quindi C1 =M0 • In definitiva la soluzione risulta [(-0,26795)x=(-J)x (0,26795)x]
Mx=M, (-1)" (0,26795)".
[e]
b)' 'trrave di infinite campate cariccite uniformemente (fig. 11.6b). tr~
momenti in questo caso è (form. 14.3;
[/]
Si veda, ad es., il par. 3 del cap. citato nella nota 11.7. Tale equazione [b] puç, essere ·ottenuta direttamente. Infatti, avendo la trave infinite campate uguali, si ha: (ll.s)
,
;per
.(11 .9 >
e~~·
Mx
Mx+l
Mx-1
= Mx :;
detto
Mx.r1
M,_, = M,
Mx
M,_,
c) T;ave di n campate, soggetta a un carico variabile linearmente (figura ll.6c) (s1 veda la nota 11.8). L'equazione dei tre momenti in questo caso è (form. 14.4)
e la soluzione della [a] vale, secondo la [11.34],
L 'equazion~ dei
fase pr?vvisoria, ~a sezi
~ppogg1 .sono t,uttt ugualI a
2
=
,e.sostituendo nen•e(iuaziùne [a] si ottiene subito là [b].
'P
Mx-1+4Mx+Mx+1=-
qn/2
----z;:;- X=-ax.
[i]
Adottata la soluzione particolare Mx,p=Cx, sostituendo nella [i] si ricava C(x-1)+4C · x+C(x+l)=-ax,
C=-a/6,
Mx,p=-ax/6.
[I]
. La soluzione generale dell'equazione [i] si ottiene come somma della soluztone [d] dell'associata omogenea (ora C 2 è diversa da zero perchè le campate non sono infinite) e della soluzione particolare [/] ' Mx~C, (-0,26795)"+C, (-3,73205)'-ax/6.
[m]
. Dovendo aversi Mx=O per x=O, risulta C 2 = -C1 ; si ha inoltre l'ulteriore condizione Mx=O per x=n. La soluzione è quindi definita.
C)
SISTEMI DI TRAVI IPERSTATICI L'INTERPRETAZIONE ELASTICA
CAPITOLO
XII
PREMESSE E RICHIAMI
12.1. Condizioni di equilibrio di una struttura espresse con di rigidezza.
coefficienti
12.1.1. Strutture caricate in corrispondenza dei nodi. a) Una struttura è costituita in genere da più elementi (o membrature) connessi l'uno all'altro in corrispondenza dei nodi, nei quali si pensano agenti le azioni esterne; spesso, per semplicità, chiameremo tali azioni genericamente «forze" F, indipendentemente dal fatto che si tratti di forze vere e proprie o di coppie. Analogamente, saranno indicati con la denominazione sintetica di «movimenti >> tanto gli spostamenti, quanto le rotazioni delle sezioni _o dei nodi; e in generale verranno presi in considerazione i movimenti a tra loro indipendenti, ossia necessari e sufficienti per rendere definita la configurazione deformata della struttura. Così, volendo citare un esempio, per il telaio della fig. 12.l gli spostamenti orizzontali dei nodi B e C debbono
"
E
" F
Fig. 12.1
essere uguali a quello del nodo A, se si omette, come è in genere lecito, la deformazione per lo sforzo assiale; per cui i movimenti effettivamente indipendenti sono complessivamente nove, ossia le rotazioni dei sei nodi e le traslazioni delle due travate e del montante. Inoltre un movimento che interviene interamente nel far compiere lavoro a una data forza viene detto ad essa correlativo; e naturalmente vale la definizione inversa. S'intende che agli n movimenti indipendenti dei nodi (a1 , a 2 , ••• , an) corrispondono in genere n correlative forze (F1 , F 2 , ... , Fn); e che in pratica alcune di esse pos-
234
Capitolo dodicesimo
Premesse e richiami
sono esser nulle, pur sussistendo i correlativi movimenti, e viceversa. In merito ai simboli che verranno più frequentemente impiegati, delle forze F si indicheranno con P i carichi e con M i momenti; e se sarà opportuna una maggiore specificazione, con X, Y, Z e Mx, My, Mz le relative componenti secondo gli assi di un riferimento cartesiano; però con X si indicheranno anche le forze incognite agenti su una struttura. Analogamente, per quanto riguarda i movimenti, o saranno gli spostamenti (u, v, w le componenti secondo x, y, z, se sarà necessario specificarle),
Per quanto riguarda le convenzioni sui segni da attribuire alle varie azioni presenti nelle equazioni di equilibrio, riteniamo positivi i momenti destrogiri, le forze orizzontali verso destra, quelle verticali verso il basso; e analoghe convenzioni vengono adottate per i movimenti (voi. I, par. 8.3). Qualche chiarimento può essere opportuno anche in merito ai segni attribniti ai termini presenti nel sistema [12.1], per il quale la generica equazione può venire in breve scritta
b) Se pensiamo di imprimere ad un qualunque nodo di una struttura un movimento a;= 1 considerando tutti gli altri movimenti indipendenti nulli, è in generale semplice ricavare le conseguenti sollecitazioni S e le forze F che si manifestano in corrispondenza sia del nodo direttamente interessato, sia dei nodi circostanti; tali forze vengono dette coefficienti di rigidezza k, per cui, con il consueto significato degli indici, k,J è la forza F, dovuta al movimento isolato a!= I. Data una struttura caricata nei nodi, se pensiamo di conoscere tutti i suoi movimenti effettivi a, risulta definita, per il significato attribuito agli stessi a e per l'unicità della soluzione elastica, la sua configurazione deformata che, essendo l'effettiva, deve risultare in equilibrio; pertanto dev'essere in equilibrio anche ogni suo nodo, e la somma delle forze F di una certa natura, che un qualunque nodo riceve dalle membrature ad esso collegate, deve equilibrare la corrispondente forza esterna. Di conseguenza, avendo presente la definizione data di coefficiente di rigidezza, le equazioni di equilibrio (dei nodi o di elementi della struttura) corrispondenti ai movimenti a possono venire scritte nella forma
235
n
- J: k,! · a;+F,=0,
[12.l ']
f=l
mettendo così in risalto le dne essenziali presenze della forza esterna e del complesso delle azioni interne, queste ultime conseguenti ai vari movimenti indipendenti a. Che le azioni interne debbano figurare col segno negativo, è facile rendersi conto per la definizione data dei coefficienti di rigidezza, i
k11 ,,-"
I
\
A
•,' ,li,__
Cf,=1
'
I
B,.!
M;,b ' ~r:: q;-1
\..!:;(.LS'(
e
A
e
~A
Ate
Ikll =A'{,,,+~ I
k,2 ,--,
fl':z =1 :
'A
'B -k,2 :
I \ I
Bf
~è:
e
A
A
~=1
~
a)
k 11a 1 +k12 a 2 + ... +k,!aJ+··· +k,.a.=F1 k21a 1 +k22a 2 + ... +k,JaJ+··· +k,.a.=F2 [12.l]
kn 1a,+k.2a2 + ... +k.!a!+ ... +knnan=Fn, ed è evidente che in tali equazioni, che sono lineari avendo supposta lecita la sovrapposizione degli effetti, per il teorema di reciprocità (o di Betti) risulta kiJ=Jç1i <12•1 ). 12 1 < · > Per effetto di un generico movimento <1J=l isolato (ossia con tutti gli altri movimenti indipendenti nulli) si abbia il sistema di forze [Fri]=[k11 , k 21 , ... , kn11; per un secondo movimento isolato a 1=1 si abbia il sistema {Fr;]=[kli, k 21 , ... , kn;]. Il lavoro esterno mutuo che il primo sistema di forze [Fr;l compie per i movimenti correlativi (che si ridu~ cono al solo a 1=1) dovuti al secondo sistema vale L1 z=k;j · 1; il lavoro esterno del secondo sistema [Fr;] causato dai movimenti (a1=1) dOvuti al primo vale L 2 , 1 =ki 1 • 1. Quindi per il teorema di Betti risulta k,i=ki•·
Fig. 12.2
cui segni, per le convenzioni adottate, sono concordi con quelli dei correlativi movimenti a. Infatti, riferendoci per maggiore concretezza al semplice esempio della fig. 12.2a, è chiaro che il coefficiente di rigidezza k 11 =M•• +M., è il fittizio momento che sarebbe necessario applicare al nodo A (o più precisamente alle estremità A delle aste A-B, A-C) per fare avvenire la sola rotazione a1 =1; momento considerato positivo, quindi con senso orario, con1e la stessa a 1 • Analogamente, per fare avvenire la sola rotazione a 2 =1 del
Premesse e richiami
Capitolo dodicesimo
236
nodo B, occorre l'intervento di un vincolo ausiliario nel nodo A (o più precisamente all'estremità A dell'asta A-B) in grado di impedirne la rotazione e di fornire il momento fittizio k 12 ; e s'intende che anche questo va slip• posto positivo, quiudi destrorso. Ma nell'equazione figurano le azioni interne (in questo caso i momenti) trasmesse al nodo in esame dalle varie membrature; e allora, secondo quanto è indicato nella figura, tali azioni hanno senso opposto a quello dei momenti k, che come si è detto si pen• sano applicati alle estremità delle aste. Incidentalmente notiamo che i coefficienti di rigidezza per la trave prismatica della fig. 12.2b, avente l'estremità destra suscettibile di subire i due movimenti indipendenti a1 , a 2, valgono (i sensi delle «forze » F1 , F2 sono assunti secondo la citata convenzione; R=EJ/l) [a]
k 11 =4R,
e) In qualche caso può essere opportuno determinare i coefficienti k per effetto di un movimento a1= 1 considerando non tutti nulli i rimanenti movimenti indipendenti; ossia, ad esemp~o, se a1 è uno spostamento, supporre nulli tutti gli altri spostamenti e invece libere di avvenire -le rotazioni (par. 13.5). d) Se l'elemento strutturale è complesso, per il calcolo dei coefficienti di rigidezza può essere conveniente l'impiego del principio dei lavori virtuali: consid~riamo. ad esempio l'arco della fig. !2.2c per il quale si voglìa determinare lo stato d1 sollec1tazione conseguente alla sola traslazioiie a1 =Ua=1 secondo l'asse x. Dette Xa, Ya, Ma le incognite staticamente indeterminate presenti nella sezione A, si fanno intervenire una per volta le azioni ausiliarie Xa= 1, Ya= 1, Ma.= 1, da associare ai movimenti prescritti per la sezione A (ua=l, Va= O, IPa=O); quindi, se. con M'(Xa), M'C!a)~ M'(Ma) indichiamo i momenti in una generica sezione dovuti alle suddette az1oru unitarie, le equazioni che esprimono il principio dei lavori virtuali sono, ?met;tendo~ come è di solito lecito per una struttura del genere, i lavati interni relativi aglr sforzi taglianti e ·assiali, ·
1· l
=J M · M'(Xa) ds/EJ,
f
0= M · M'(Yal dsjEJ,
f
[b]
0= M · M'(Ma) ds/EJ,
essendo M (momento effettivo)=Xa · M'(Xa)+Ya · M'(Y.)+Ma · M'(M.). Dalle equazioni [b], esprimenti la compatibilità coi vincoli, si ricavano Xa=k11 , Ya=k 21 , Ma=k3i. che sono i coefficienti di rigidezza in A; e dalle condizioni di equilibrio per l'arco si ottengono X1;, Y 1"' M1;, coefficienti di rigidezza in B. e) Ricavati i movimenti ai dal sistema di equazioni [12.1], lo stato di sollee;ita.:. zione può essere determinato utilizzando il lavoro preliminare svolto per la definizione dei coefficienti di rigidezza (es. 13.1); in particolare una qualunque sollecita-
237
zione può venire espressa nella forma S1,=hì1a1+hi 2a 2 + ... +f41a1+ ... +hinan,
[12.2]
avendo indicato con hii il valore della stessa sollecitazione Si per a1= 1; ed è chiaro che, in genere, non tutti i movimenti interverranno nell'espressione [12.2]. 12.1.2. Strutture genericamente caricate. Il ricorso a vincoli ausiliari.
a) In genere è conveniente suddividere il calcolo nelle seguenti due fasi: I. Si considera la struttura soggetta ai carichi e fornita nei nodi di vincoli ausiliari, ossia fittizi, atti a rendere nulli i movimenti indipendenti (vol. I, cap. 9); in generale tutti i movimenti indipendenti, alle volte in parte, come vedremo, ma è chiaro che si fa ricorso a vincoli fittizi soltanto quando la loro applicazione risulta conveniente. li calcolo da effettuare è in generale semplice, perchè per ora non viene coinvolto il comportamento dell'intera struttura; nelle sezioni estreme delle membrature incastrate si hanno le sollecitazioni S d'incastro perfetto; in corrispondenza dei nodi, le reazioni F dei vincoli ausiliari. In tale soluzione particolare la congruenza è rispettata, pèrchè la presenza dei vincoli ausiliari non provoca discontinuità delle deformate; e ad esempio un morsetto, che impedisca la rotazione di un nodo, rende tutte nulle, quindi non diverse tra loro, le rotazioni delle sezioni delle aste che si collegano nello stesso nodo. Però la struttura non è in genere equilibrata, essendo i nodi soggetti alle reazioni immaginarie dei vincoli fittizi. 2. I vincoli ausiliari in realtà no:ti esistono, quindi debbono essere soppressi; ciò che equivale ad applìcare le loro reazioni F cambiate di segno, ossia a considerare la struttura soggetta, soltanto in corrispondenza dei nodi, alle forze
F=F,-F,
[12.3]
avendo indicato con F0 le azioni esterne. E così si ricade nel caso, esaminato nel punto precedente, per il quale le condizioni di equilibrio possono essere espresse nell'utile forma [12.l] C12• 2>; non staremo a insistere, perchè per quanto ci sarà necessario può bastare il cenno fatto, e anche perchè il metodo dei vincoli ausiliari venne già precedentemente illustrato. Ci limitiamo a ricordare· che, se una quantità è nulla nella pri:ffia fase, il suo valore ovvia~ mente coincide con quello che si ricava nella seconda: ciò per l'appunto accade per i movimenti dei nodi provvisoriamente vincolati; quindi, ad esempio per la struttura della fig. 12.3, a tale effetto. le condizioni di carico a), e) sono equivalenti (proprietà dell'equivalenza; voi. I, par. 9.2.3). <12 · 2 > Con riferimento alla fig. 12.3, si ha, ad es. ne1Ia prima fase (nodi bloccati) pensando le aste prismatiche: Mb,,=q1 a 2/12 (destrors_o),_ Mh 0 =-q1bz/12 (sinistrorso), M 0 b= .:o=q1 b~/12. Quindi, nella seconda fase, si debbono applicare, ad es., in corrispondenza del' nbdo B, le <1 forze» F 4 = -(q1 a 2/12-q1 b 2/12), F 3 =q1 (a+b)/2; e nel nodo C,
F,~M,.-(q,b'/12).
238
Capitolo dodicesimo
Premesse e richiami
S'intende che per ottenere il valore totale di una qualunque sollecitazione S, occorre poi sovrapporre gli effetti ricavati nelle due suddette fasi, ossia sommare al valore [12.2] quello d'incastro perfetto della prima, scrivendo in definitiva S, (totale)=S,+S,{a)=S,+E h,1a1 • [12.4]
Per l'arco parabolico avente la sezione variabile con la legge J=Jofcos {} (fig. 12.4), nei quattro casi già citati per la trave prismatica si ha (par. 4.5)
q,
_,_ n
q,
E
lj,
"'
"'
E
F
-
'I,
_,_
lj,
F
e )M,,
B
a)
essendo R,=EJ,jl; e quando l'arco è abbastanza ribassato (freccia non grande rispetto alla luce), tali rigidezze differiscono non molto da quelle relative all'arco circolare di sezione costante, per il quale, ad esempio, la rigidezza alla rotazione vale, se l'estremità B è incastrata e f=l/5,
W.=7,79R (v. es. 4.8).
t
a~h
G
[12.7]
Tmve prismatica (RJJ/l} a)
_,_
_,_
"
239
A
~GA
B 1Tf-4RI
b)
"Te;.
Tf-3R
M
e)
M
M
d)
:dG B A
Tf-2R
_;;,M Jll{.6R
B
Fig. 12.3
12.1.3. Casi particolari dei coefficienti di rigidezza: rigidezze alla rotazione e alla traslazione. a) Rigidezza alla rotazione. - Alcuni valori dei coefficienti di rigidezza definiti precedentemente (par. 12.1.1) hanno particolare importanza in relazione ai procedimenti di calcolo che verranno in seguito illustrati, e in particolare a quelli atti a fornire facilmente valutazioni approssimate delle sollecitazioni; di tali coefficienti si è già precedentemente parlato (voi I, par. 8.7), ma può essere utile un loro rapido richiamo, unitamente con alcune relat.ive proprietà. Data una trave A-B, pensiamo di imprimere alla sua sezione terminale A la rotazione op.=l, considerando gli altri movimenti di entrambe le estremità nulli: definiamo rigidezza alla rotazione w. il correlativo momento, che può esser pensato indifferentemente causa o effetto di detta rotazione. Evidentemente w., lo abbiamo detto, non è altro che uno dei coefficienti di rigidezza definiti nel par. 12.1 e, come è stato accennato per essi, in certi casi può esser conveniente non impedire tutti i movimenti. Citiamo alcuni casi di particolare interesse: per la trave A-B prismatica con le estremità aventi nullo lo spostamento relativo, se la sezione B è incastrata (fig. 12.4a)
Ma 4EJ W.=--=--=4R ; '7'a I
[12.5]
nei casi in cui la sezione B sia lasciata libera di ruotare, o si abbiano configurazioni simmetrica o antimetrica (fig. 12.4b, e, d),
Wa=3R,
W.=2R (per coppie simmetriche), [12.6]
Wa=6R (per coppie antimetriche).
trave prismatica (R.Ej!l}
0~ 1 6Rll
T
A,q_~,
I
PI
r'-
p
_p/
A
_, 3R//.
Ò
3R I'
b)
l
_F//2 arco po,mbolico (J.J/cos{},]\.Ej/l}
Pc
~~1'5~ ~-./
~:'.~
I
b) Rigidezza alla traslazione. - Data una trave A-B, pensiamo di imprimere alla sua sezione terminale A la traslazione o.= 1 lungo una data direzione, considerando gli altri movimenti cli entrambe le estremità di solito nulli: definiamo rigidezza alla traslazione u. la correlativa forza, che può essere pensata causa o effetto, indifferentemente. Citiamo alcuni casi ricorrenti: per
Capitolo dodicesimo
Premesse e richiami
l'asta A-B prismatica, con l'estremità A soggetta allo spostamento normale al suo asse o= 1 e con l'altra estremità B impedita di ruotare {fig. 12.5a),
Allora per una qualunque asta s risulta, utilizzando la relativa espressione M;,= W,, 'Pi [relaz. 12.11],
240
12EJ 12R Ua=-,-=--p:-; 1
[12.8]
[12.14]
[12.9]
ossia il momento esterno si ripartisce tra le varie aste in modo proporzionale alle rispettive rigidezze alla rotazione; e e è il coefficiente di ripartizione. Può
e se la sezione B è invece libera di ruotare, 3EJ u.=-1-,-.
241
Nel caso dell'arco parabolico simmetrico (fig. 12.5), avente le rotazioni delle sezioni estreme bloccate o consentite (par. 4.5), le rigidezze alla traslazione lungo la corda valgono:
essere opportuno notare che le espressioni [12.5 e 12.6] delle rigidezze (relative ad aste prismatiche) potranno essere impiegate soltanto quando i nodi ruotano senza traslare; ed è chlaro che se la sezione di un'asta è variabile, posA ,.
a)
[12.10]
12.1.4. Distribuzione di un momento tra piu aste aventi rigidezza alla rotazione nota. A un nodo J in cui si collegano n aste per le quali è nota la rigidezza alla rotazione, sia applicato un momento M; (fig. 12.6); è allora utile, in relazione anche allo studio di strutture complesse, conoscere come M 1 si ripartisce tra i vari elementi strutturali. Se il collegamento è rigido, la rotazione 'Pi del nodo dev'essere uguale, per congruenza, alla rotazione delle sezioni estreme delle aste che si saldano in J; per cui esse ricevono i momenti, ricordando la definizione di rigidezza alla rotazione,
B Fig. 12.6
sono essere utilizzate le tabelle date nel par. 3.2. Un esempio molto semplice di ripartizione di un momento tra due aste aventi uguale rigidità R=EJ/I, ma diversamente vincolate, è riportato nella stessa fig. 12.6b:
M 1a= YV1a ffi Mi,= Wio'PJ
[12.11] 3R M,, =M _3_R_+_4~R-
Se il momento Mi è destrogiro, debbono esser tali sia la rotazione 'Pi• sia i momenti applicati alle estremità delle varie aste; quindi il nodo riceve, oltre al momento esterno, i momenti sinistrogiri Mi•• ... , Mi• (fig. 12.6), e per il suo equilibfio giratorio si deve avere n
Mi-}; Mi,=0.
[12.12]
i=l
E
Sommando allora membro a membro le relazioni [12.11], si ottiene Mi,=M;='Pi E i
w,,,
[12.13]
3 7 M,
12.1.5. Distribuzione di una forza trn piu aste aventi rigidezza alla traslazione nota. a) S'intende che tanto la forza quanto le rigidezze debbono essere correlative al medesimo movimento. Tutto è analogo a quanto è stato visto relativamente alla ripartizione di un momento: consideriamo una trave j indeformabile, che collega più aste ad essa ortogonali aventi rigidezza alla traslazione nota, soggetta a nna forza P1 assiale {fig. 12.7). Lo spostamento b; della trave dev'essere uguale, per congruenza, allo spostamento relativo delle estremità delle varie aste; qnindi per ciascuna di esse, ricordando la definizione di rigidezza alla traslazione, la parte assorbita del carico, ossia lo 16 -
PozzATI, II-1.
242
Capitolo dodicesimo
Premesse e richiami
Pja='U;a /!Jj P,,=[fiv ~,
cendo riferimento alla struttura indicata nella fig. 12.8, le colonne di un medesimo piano j hanno le sezioni estreme che subiscono un uguale spostamento relativo; quindi la forza applicata alla travata j di tale piano (che coincide con lo sforzo di taglio complessivo in una ideale sezione che in-
sforzo tagliante, vale [12.15]
243
tersechi tutte le colonne inferiori), vale, facendo riferimento al caso indicato,
Ma per l'equilibrio della trave j alla traslazione si deve avere n
[a]
P1-L; P1,=0,
T1=P1 +P,+P3 . La forza T1 dev'essere ripartita, secondo la [12.17], proporzionalmente alle rigidezze alla traslazione delle colonne; ma nell'espressione che definisce le rigidezze sono comuni i valori di E, di i=h1 e del coefficiente numerico, quindi la ripartizione può essere eseguita in parti
i=I
quindi, sommando membro a membro le relazioni [12.15], si ottiene
P,
~
..-~~..,,_~~~--.,
[12.16] traVataj
e per una qualunque asta s, utilizzando la relativa espressione [12.15], [12.17] ossia il carico esterno si ripartisce tra le varie aste proporzionalmente alle rispettive rigidezze alla traslazione. Un esempio è riportato nella stessa fig. 12.7
,
D
proporzionali ai momenti d'inerzia J1 delle sezioni dei vari ritti del medesimo piano; e, ad esempio, per l'asta a risulta
a)
p 8· 2-. J A
8· "1Jr
B
[12.18]
e
lJa
l
_l
pd p Lo- ....J. Fig. 12.7
Fig. 12.8
ljb
l}c
riguardante tre aste uguali ma diversamente vincolate: le rigidezze alla traslazione, posto c=EJ/l', valgono U31 =3c, U42 =12c, U35 =12c; e ad esempio per l'asta 4-2 risulta 12 T 42 =PTI' b) Può essere opportuno osservare che i diagrammi degli sforzi taglianti e dei momenti flettenti dei ritti di un telaio comprendente più piani sono calcolabili con semplicità quando i nodi possono soltanto traslare e sono note tutte le forze orizzontali applicate in corrispondenza delle travate. Fa-
essendo la somma estesa a tutte le aste dello stesso piano j. Ovviamente l'osservazione fatta vale anche quando il telaio sia soggetto a forze orizzontali agenti anche non in corrispondenza dei nodi, essendo sufficiente, per applicare le cose dette, ricorrere ad appoggi ausiliari che provvisoriamente blocchino gli spostamenti orizzontali. Utilizzando le rigidezze alla traslazione è immediato il calcolo della defor-
mata del telaio che ha i nodi liberi di traslare ma non di ruotare; infatti lo spostamento relativo di una travata j rispetto alla sottostante j-1 vale, per la [12.16], [12.19] essendo T, lo sforzo tagliante « del piano » in questione. 12.1.6. Osservazioni.
La validità delle equazioni di equilibrio [12.1], del tutto generale nell'ambito delle ipotesi fatte, è indipendente dall'essere la struttura isostatica o iperstatica. Dal grado di iperstaticità dipende il numero dei movimenti indi-
244
Capitolo dodicesimo
pendenti che intervengono quali incognite uelle stesse equazioni [12.l]; quindi si verifica la singolare circostanza che se, aumentando il numero dei vincoli, diminuiscono i movimenti, diminuisce il nu1nero delle incognite da determinare. In conclusione, dalle equazioni [12. l] scaturisce il procedimento, detto «dell'equilibrio» (voi. I, cap. 8), che tende a semplificarsi aumentando il numero dei vincoli, e viceversa a complicarsi via via che la struttura si approssima all'assetto isostatico; ciò fa intravedere, come più estesamente vedremo nel par. 12.3, la dualità di tale metodo rispetto a quello «della congruenza», col quale, considerando come incognite le azioni staticamente indeterminate, le difficoltà crescono invece con l'aumentare del grado d'indeterminazione statica. Dualità d'altronde già chiaramente insita nelle equazioni [12.1] e in quelle [12.20], che vedremo a proposito del secondo metodo: infatti i coefficienti di rigidezza comportano per loro definizione il rispetto della congruenza, perchè quando s'imprime a un nodo j un movimento isolato ai=l, e se ne trovano i riflessi su una qualunque parte o sezione i della struttura, al movimento del nodo .i partecipano uguahnente tutte le sezioni ad esso collegate; quindi con le equazioni [12.I] si determina l'unica soluzione che, tra le infinite congruenti, ha la prerogativa di essere equilibrata. II discorso si rovescia per il metodo della congruenza col quale, introducendo sin dall'inizio la condizione dell'equilibrio, si determina l'unica soluzione che, tra infinite equilibrate, ha la prerogativa della congruenza.
12.2. Condizioni di congruenza per una struttura staticamente indeterminata. Coefficienti di deformabilità. a) Le equazioni di congruenza espresse con i coefficienti di deformabilità. Una struttura iperstatica che presenta n gradi di indeterminazione statica può essere resa isostatica sopprimendo un corrispondente numero di vincoli esterni e interni, ed applicando al loro posto le relative reazioni incognite X,, da determinare con le condizioni di dar luogo a una deformazione della stessa struttura congruente e compatibile con la presenza dei vincoli eliminati. In una generica posizione della struttura principale isostatica (soggetta alle azioni esterne e a quelle incognite X,), dove è stato praticato uno dei tagli per rimuovere la connessione iperstatica, indichiamo con a10 il movimento, per effetto dei carichi, correlativo all'azione X; messa in evidenza dallo stesso taglio; con a1i il movimento ~ conseguente a una generica altra azione Xi= 1; movimenti che sono ritenuti positivi se hanno segno concorde con quello assunto per l'azione X;. Allora le condizioni di congruenza sono esprimibili nella forma (gli indici, come per il sistema [12.l], non significano più una posizione, ma una diretta dipendenza tra azioni e movimenti; si pensano per
Premesse e richiami
245
il momento nulli cedimenti dei vincoli e distorsioni): anX1 +a12X2 + ... +awY,+ ... +a1.x.+a10 =0 [12.20] an1X1 +an2X2+ ... +anjXi+··· +annXn +an 0 =0 ;
e sono sostanzialmente le equazioni di Miiller Breslau, che con espressiva sintesi risolvono il problema staticamente indeterminato. I coefficienti ~t e i termini noti aio possono essere calcolati applicando il principio dei lavori virtuali. Le loro espressioni valgono, omettendo la deformazione per gli sforzi taglianti,
a"=E{f M'"'M"" ds/EJu+f M',,M,, ds/EJ,+ m
'
'
[12.21]
+f,M',,M,, ds/GJ,+f,N,'N, ds/EA}, a,1=E{f My,'My( ds/EJ"+f M,,'M,( ds/EJ,+ m
'
'
[12.22]
avendo indicato con (My1', .•• , N1') le componenti dell'azione interna in una generica sezione riferite a una terna di assi ortogonali (di cui y, z sono da assumere paralleli agli assi principali della stessa sezione), per effetto dell'azione virtuale X,=l correlativa al movimento a,; (M"" ... , N,) le analoghe sollecitazioni provocate dalle azioni esterne; (My/, ... , N/) le sollecitazioni provocate da una generica azione Xi= 1 agente in i. Gli integrali sono evidentemente da calcolare per l'intero sviluppo s di ciascun elemento strutturale. Le somme debbono essere estese alle m membrature componenti la struttura principale isostatica, con l'avvertenza, quando si calcola ~1 , di includere nella somma anche la stessa membratura j, se essa (ad esempio un'asta di un traliccio) è stata resa inattiva per ottenere la configurazione principale. Fatto questo che appare chiaro appena si rifletta a come viene dedotta l'equazione [12.22] applicando il principio dei lavori virtuali (par. 12.3); ossia tenendo presente che una forza X 1=1 (considerata sulla struttura principale per calcolare a1,) non sollecita, tanto per rifarsi all'esempio citato del traliccio, l'asta .i recisa perchè sovrabbondante; ma che la stessa asta è sollecitata invece dalla X,= I considerata per ricavare a;1. Nel caso che gli effetti esterni provochino auto tensioni (ossia uno stato di tensione indipendente dai carichi e dovuto, ad esempio, a variazioni di temperatura o a cedimenti di vincoli), rimane inalter~to il calc:olo dei vari ai1; mentre al posto delle deformazioni conseguenti ai carichi e relative a tratti
Capitolo dodicesimo
Premesse e richiami
di lunghezza unitaria (My,/EJ", .. ., N,/EA) sono da porre i corrispondenti movimenti provocati dal disturbo agente (ad es., nel caso di una variazione uniforme di temperatura su una membratura, a N 0 /EA dev'essere sostituito a,t,'); e se si hanno distorsioni piu alcuni punti delle varie membrature
In tutte le valutazioni precedenti, riguardanti distorsioni o cedimenti dei vincoli, particolare attenzione è da porre nell'attribuzione dei segni (nota 12.3). In casi incerti, conviene rifarsi alla formulazione diretta del principio che, come vedremo (par. 12.3), comporta in genere operazioni pratiche identiche a quelle espresse sinteticamente dalle equazioni [12.20].
246
247
[12.23] essendo S/ la caratteristica di sollecitazione correlativa a {3, conseguente all'azione unitaria X,=l, correlativa ad a, (es. 14.1) <12• 3l. S'intende che, se il vincolo in corrispondenza del quale si scrive una delle condizioni di congruenza [12.20] subisce un movimento di valore prescritto a, o di natura elastica (caratterizzata dal coefficiente a,.), al secondo membro della stessa equazione si deve porre, anzichè zero, ai oppure xi . Utv· E se è la stessa configurazione principale a possedere vincoli cedevoli (es. 14.2), si deve allora considerare, per quanto riguarda il contributo dato dalla cedevolezza del vincolo (si veda la nota 12.3)
b) S'intende che coefficienti di deformabilità per elementi strutturali costituiti da travi prismatiche possono essere frequentemente dedotti da formule note. A tale proposito si ricorda che la rotazione dell'estremità A di una trave prismatica AB appoggiata può venire calcolata con l'espressione
avendo indicato con M., M. i momenti d'incastro perfetto supposti destrogiri (v. tab. 3.5) e applicati alla trave cambiati di segno, quindi sinistrogiri. E per la trave con un'estremità A appoggiata e l'altra B incastrata,
[12.24] [12.25] dove L1v,, è il movimento (del generico vincolo cedevole s) impresso, o elastico per effetto delle azioni esterne agenti sulla struttura principale; R,,' è la reazione dello stesso vincolo, correlativa a Av 08 , per effetto dell'azione virtuale Xi=!. Definizioni analoghe possono essere date a proposito della [12.25], essendo L1v,1 il movimento elastico provocato dalla generica azione
x,=L
<12 · 3 > Il termine a10 si ricava in questo caso adottando come sistema di forze equilibrate l'azione Xi=l e le sue conseguenze, e come sistema di movimenti, piccolissimi e congruenti, le distorsioni 'fi; pertanto, per il principio dei lavori virtuali:
I·
a,.+2: S/p~o,
e) Il sistema dei movimenti indipendenti espresso in funzione delle forze esterne.
Data una struttura iperstatica, dopo aver risolto il problema staticamente indeterminato, si è in grado di calcolare, applicando ancora per esempio il principio dei lavori virtuali (i diagrammi delle sollecitazioni effettive sono ora noti), gli n movimenti indipendenti dei nodi che definiscono la deformata di una struttura. E se con F 1, ... , Fn si indicano le forze correlative a tali movimenti, si può scrivere, pensando la struttura caricata soltanto nei nodi,
a1 =c11F1 +c12F2 + ... +c1;F1 + ... +c,nFn
[a]
e il segno di un generico termine della sommatoria è positivo se il senso della sollecitazione S/ coincide con quello della correlativa distorsione "jj. Per esempio, nel caso di una asta riscaldata di una travatura reticolare, se l'asta è tesa da S;', i due sforzi uguali e contrari applicati ai nodi che delimitano l'asta («si allontanano» dai nodi) compiono lavoro virtuale negativo (quindi a 1" è positivo), perchè, per effetto dell'accresciuta lunghezza dell'asta, il senso del loro spostamento relativo è contrario al loro segno (es. 14.1).. Altrettanto può essere detto per il cedimento Lfv0 di un vincolo s [rel. 12.24, 12.25]; e il segno è da assumere positivo (pensando, come nella [aJ, tutti i termini portati al primo membro), se il senso della correlativa R 81 ' (reazione del vincolo provocata da Xi=l) è lo stesso del cedimento (es. 14.2). Per il calcolo di a;o dato dalla [12.21} [uguale osservazione vale per la 12.22], nell'equazione dei lavori virtuali il segno di ogni contributo infinitesimo [ad es., N/(Nads/EA)] è negativo (pensando, come nella [a], tutti i termini portati al primo membro) se N/, N 9 hanno uguale segno (entrambi di trazione o di compressione), come si riconosce facilmente constatando che le due azioni mutue N/ (per es. di trazione), applicate alle due sezioni della struttura privata del tronco ds, compiono lavoro negativo per un allungamento dello stesso tronco (si veda, in proposito, il par. 5.4 del vol. I).
[12.26]
avendo indicato con c1i il generico coefficiente di deformabilità, ossia il movimento j prodotto dalla forza unitaria correlativa a un altro qualunque movimento i. Tale sistema corrisponde a quello [12.1]; vedremo nel cap. XV le proprietà, in termini matriciali, che legano i due sistemi, i quali stabiliscono in veste duale la dipendenza tra cause e relativi effetti. Quando i carichi non agiscono soltanto nei nodi, basta al solito, per calcolare i movimenti degli stessi nodi, considerare le forze F,-F [rei. 12.3], al posto delle sole F.
248
Capitolo dodicesimo
Premesse e richiami
12.3. Metodo dell'equilibrio e metodo della congruenza: due modi di applicare il principio dei lavori virtuali. È già stato accennato che le equazioni di equilibrio [12.I] relative a una struttura staticamente indeter1ninata individuano I'unica soluzione equilibrata tra le infinite configurazioni congruenti possibili, essendo le condizioni di congruenza introdotte indicando, ad esempio, con Io stesso simbolo
Consideriamo un generico nodo di una struttura sede di un certo movimento a1• Volendo esprimere la condizione di equilibrio dello stesso nodo (considerato quale elemento strutturale) nei confronti del citato movimento, associamo al sistema delle forze (che supponiamo applicate nei nodi) e a quello delle sollecitazioni effettivo il movimento :fittizio elementare a1= 1, con tutti gli altri movimenti indipendenti nulli e con la deformata ad esso conseguente. Allora l'unica azione esterna a compiere lavoro è la Fj correlativa al movimento virtuale impresso; per cui se si indica, per brevità di scrittura, una sola componente (ftessionale) dell'azione interna complessiva, si ha [a]
essendo al solito M il momento flettente effettivo ed M'(a1) il momento conseguente ad a1= 1; e intendendo la somma estesa a tutte le membrature m che si deformano per effetto dello stesso movimento virtuale. Ma, poichè si è supposto che le azioni esterne siano applicate nei nodi (ciò che non toglie generalità alle nostre osservazioni, par. 12.1.2), il momento effettivo può venire espresso come somma dei momenti provocati dagli n movimenti indipendenti, fatti avvenire uno per volta, M~M(a,)+ ... +M(a,)+ ... +M(an),
249
per cui l'equazione [a] può venire scritta
F,~;;f[M(a,) M'(a1) ds/EJ+ ... +M(a,) M'(a1) ds/EJ+ ...
[b]
... +M(an) M'(a;) ds/EJ]+ ...
A questo punto è facile constatare, ricordando la definizione di coefficiente di rigidezza, che, ad esempio, ;;JM(a,) M'(a1) ds/EJ~(k!ia,) · 1 (•'-'),
per cui, sostituendo nell'equazione [b], si ottiene Fj=k11 a1+ ... +k1i at+ ... +k1n an'
che coincide con la corrispondente equazione del sistema [12.1]. . La conclusione è quindi che il sistema di equazioni [12.1] non è altro che l'espressione intrinseca del principio dei lavori virtuali, applicato associando al sisteina di azioni effettive quei certi sistemi fittizi di movimenti elementari a1 =1, ... , an=l, ognuno considerato con la relativa parte di struttura deformata. b) Le equazioni di congruenza [12.20} ottenute impiegando il principio dei lavori virtuali.
Resa libera, mediante opportuni tagli, una struttura staticamente indeterminata dai '7ncoli iperstatici, di essa può essere considerata la corrispondente configurazione isostatica soggetta alle azioni esterne e a quelle interne incognite Xi. ... , Xn; queste ultime, poste in evidenza in seguito ai tagli praticati, debbono avere valore tale che le singole parti deformate possano venire composte insieme, in modo da ricostituire I 'integrità della struttura data. La condizione di congruenza riguardante il movimento a1 (correlativo a una qualunque Xj) può venire e~pressa co~s!derando ~p:elicato alla co~gurazione principale il sistema ausiliario d1 forze equ1hbrate cost1tu1to dalla sola azione Xj= 1 (con tutte le altre azioni nulle) e dai relativi suoi effetti. Associando a tale sistema di forze il sistema di movimenti effettivi, si ottiene, se si indica per brevità di scrittura una sola componente (:tìessionale) dell'azione interna complessiva, 1.
o~;: J
[M'(X;) M ds/EJ+ ... ],
[a]
es~endo M il momento flettente effettivo, M'(Xj) il momento dovuto alla Xj= 1; e intendendo la somma estesa a tutte le membrature m che si deformano per effetto della stessa azione virtuale. Ma il momento effettivo può venire espresso come somma dei momenti provocati dalle azioni esterne e interne M~M,+M(X,)
+ ... +M(X,)
+ ... -1- M(Xn);
[b]
112 .4> Il coefficiente di rigidezza kit è la forza (correlativa al movimento ai) conseguente al solo movimento unitario a;,. Per calcolare k 1, adottiamo come sisten1a di forze (e di sollecitazioni) quello che provoca il solo a 1=1; e come sistema di movimenti quello el~mentare t4=1, con la conseguente deformazione. Delle «forze», compie lavoro la sola azione che si trova associata all'unico movimento (virtuale) che avviene nei nodi: tale azione è, per definizione, il coefficiente di rigidezza k 11 , e il suo lavoro virtuale vale quindi Le=k1, • 1. Il corrispondente lavoro interno risulta Li= -.f,j[M'(ctt) · M'(a1) ds/EJ+ ... ]; e se si indica M(a1)=a1M'(a1), è verificato quanto è stato detto.
Capitolo dodicesimo
250
e poichè è facile constatare, ricordando la definizione di coefficiente di deformabilità, che, ad esempio, IJ[M'(X;) M(X,) ds/EJ+ ... J~aJiX,
e
(12.5J,
'"
!;' J[M'(X;)M, ds/EJ+ ...J~a1 0 , CAPITOLO
sostituendo nell'equazione [a] si ottiene a1o+a11X1+ ... +a1nXn=O
che coincide con la corrispondente equazione del sistema [12.20]. La nota conclusione è quindi che il sistema di equazioni [12.20] non è altro che l'espressione intrinseca del principio dei lavori virtuali applicato associando al sistema di movimenti effettivi quei certi sistemi di azioni elementari X1 =1, .. ., Xn= 1,_ ognuno considerato con la relativa parte di struttura deformata. e) E appena il caso di rilevare la completa dualità dei ragionamenti fatti in questi
due ultimi punti del presente capitolo. E una dualità radicata nei due modi di applicare il principio dei lavori virtuali, diversi nel fatto che ciascuno pone a premessa quel che l'altro persegue come fine; ed è una dualità che accompagna indissolubilmente i due procedimenti di calcolo in tutte le loro molteplici derivazioni. <12 · 6 > Il coefficiente di deforn1abilità aii è il movimento a 1 conseguente alla forza X,;= 1. Per calcolare ai1 adottiamo co1ne sistema di movimenti (e di deformazioni) quello provocato dalla sola X,;=1; e come sistema di forze, quello elementare X1=1 (e relative sollecitazioni). Nel lavoro esterno figura il contributo dato dall'unica forza virtuale esistente (Xj=l) per il correlativo movilnento che, per definizione, è a1,. Il corrispondente lavoro interno vale L,=-Jij[M'CX;)M'(,Xi)ds/EJ+ ... ]; ma M(Xj)=X;M'(X1), per cui è verificato quanto è stato detto.
XIII
IL METODO DELL'EQUILIBRIO (O DELLE DEFORMAZIONI)
13.1. Equazioni risolventi. a) Equazioni «dei movimenti equilibranti>>.
Il metodo di calcolo delle strutture fondato sulla soluzione del sistema di equazioni [12.l], e che quindi si attua esprimendo le condizioni di equilibrio relative a una configurazione assunta congruente, è detto «metodo dell'equilibrio» (par. 12.1.6); esso viene applicato seguendo in genere, secondo quanto è indicato nella fig. 13.1, alcune fasi tipiche di operazioni che conviene distintamente ricordare. 1. Si pensano nulli, in virtù dell'applicazione di vincoli ausiliari, i 1novimenti indipendenti dei nodi a 1 , a 2 , ••• , a1' ... , an (fig. 13,lb), e si calcolano le sollecitazioni S (alle estremità degli elementi strutturali) e le conseguenti «forze » F (nei nodi); S ed F sono dunque le reazioni degli incastri immaginari che impediscono i movimenti a. _,_ D
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b)
f)
e) Fig. 13.1
B
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
2. Si considera la struttura soggetta, soltanto in corrispondenza dei nodi, alle forze F=(F,-F) (rei. 12.3), correlative ai movimenti a. 3. Si calcolano i coefficienti delle equazioni di equilibrio del sistema [12.1]. A tal fine si imprime un movimento a; unitario per volta, ossia considerando tutti i rimanenti a nulli, e si determinano le sollecitazioni S(a;) che interessano i coefficienti di rigidezza k,; (par. 12.1), ossia le forze necessarie per realizzare la configurazione deformata impressa: nella fig. 13.lc,d sono raffigurate le deformate per i movimenti possibili (trascurando la deformazione per effetto dello sforzo assiale) impressi al solo nodo A, ma ovviamente debbono essere considerati isolatamente tutti i movimenti indipendenti dei nodi. 4. Sovrapponendo gli effetti, si è allora in grado di scrivere le n equazioni di equilibrio corrispondenti agli n movimenti a; e ad esempio, nei confronti del generico movimento ah l'equazione, come si è visto, è del tipo (13·1 )
nella fase 3: precisamente si applica a ciascun nodo, libero al solito di effettuare un solo movimento aio quindi con tutti gli altri movimenti impediti, la correlativa forza Fj= 1 e si determinano i coefficienti d'induzione fiJ, ossia le forze indotte in tutti i nodi, compreso quello sul quale si opera; nella fìg. 13.le,/ sono indicate, ad esempio, le deformate per effetto delle azioni unitarie Ma=1, Pa=1 correlative ai due movimenti indipendenti che può compiere il nodo A. Pertanto 1'equazione di equilibrio corrispondente al movimento ai può esser scritta
252
n
J;
-
kjia1,=F01-FJ,
[13.1]
i=l
essendo F01 l'azione correlativa esterna, e -Fj quella derivante dalle reazioni, cambiate di segno, dei vincoli ausiliari. 5. Dal sistema di equazioni [13.1] si ottengono i valori dei movimenti a. 6. Si risale dai movimenti alle corrispondenti sollecitazioni S(a), utilizzando, totalmente o in parte, il calcolo eseguito nella fase 3. 7. Le sollecitazioni complessive si ottengono sommando i valori ottenuti nelle fasi 1 e 6 [13.2] s,0 ,. =S +s (a) . Il metodo dell'equilibrio, basato evidentemente sull'applicabilità del principio della sovrapposizione degli effetti, scaturisce quindi dal ripetuto impiego di vincoli ausiliari, utilizzati nella fase l, quando si tiene conto dei carichi con tutti i movimenti a nulli, e nella fase 3, ogni volta che si determinano gli effetti provocati da uno solo dei vari movimenti a. Il calcolo dei coefficienti k;; e la soluzione del sistema delle equazioni [13.l] costituiscono le fasi essenziali del procedimento; e poichè l'equilibramento dei nodi avviene in virtù dei movimenti provvisoriamente bloccati nella fase 1, le stesse equazioni [13.1] possono essere dette «dei movimenti equilibranti». b) Equazioni «delle azioni equilibranti». È possibile scrivere le equazioni di equilibrio [13.1] facendo comparire, al posto dei movimenti incogniti a, le forze F* ad essi conseguenti, Volendo operare in tale maniera, è opportuno adattare alle nuove esigenze il calcolo preparatorio eseguito (1 3 •11 Nell'equazione [13.1] l'indicej distingue il movimento relativamente al quale viene scritta la condizione di equilibrio; l'indice i (i= 1, 2, .. ., j, ... , n) tutti i possibili movimenti. Il significato degli indici è quindi rovesciato rispetto all'equazione [12.1']. Ciò perchè si indicherà in seguito con J il generico nodo (o la generica parte) della struttura per il quale verranno imposte le condizioni di equilibrio.
253
[13.3]
essendo Fi* le forze equilibranti incognite. L'equazione [13.3] differisce solo formalmente dalla [13.1]: uguale è il concetto ispiratore, uguale il numero delle incognite, uguale 1'accorgimento nel lavoro preparatorio (fase 3) di fare avvenire un movimento per ~1 =4R· volta; però può presentare il vantaggio di far /l"':i C/},=1 comparire, nelle equazioni risolventi, grandezze (~ incognite (F*) omogenee con le grandezze note
(F, -
FJ, trattandosi,
per le une e per le altre,
t
k,,~ 5RJt
sen1pre di «forze)). Però vedremo che fre- ~=V'/[ Bu.. . . quentemente conviene assumere come incognite ( ~ }ht'"~ i movimenti a. V ':;ts. È cosa immediata determinare il legame tra '.!;1=!7 i coefficienti d'induzione f e quelli k di rigiFig. 13.2 dezza: infatti la forza Fi da applicare a un nodo per il suo solo movimento diretto ai vale kiiai; d'altronde una generica forza Fj per effetto di !4, risulta Fj=k1ta,,, e per kjiai . d. effetto della forza Jii=l, Fj=fji= k··a· , qu1n 1
-4-----
" ' [13.4]
Ad esempio, per la trave con appoggio e incastro della fìg. 13.2 si ha k 11 ~4R (par. 12.1.3), k,,~2R, k,,~6Rfl (con R~EJ/l); quindi (ed è immediato constatare la correttezza dei risultati) f21 ~k2 i/k11 ~1/2, f31 ~k 31 /k11 ~3/2/.
S'intende che, determinate le forze F*, è facile risalire, utilizzando i risultati calcolati nella fase 3 preparatoria, ai valori complessivi delle sollecitazioni
S, 0 ,. = S +S(F*) ;
[13.5]
relazione che evidentemente corrisponde alla [13.2].
13.2. Osservazioni. a) Nell'applicazione del metodo dell'equilibrio, che come è noto risale a una idea di Navier C13 • 2), il numero delle incognite dipende dai movimenti dei nodi, non
<19 · 2 > Loms M. II. NAVIER (1785-1836) nella sua classica opera Résumé des lecons de Mécanique (1826) trattò col metodo dell'equilibrio (o «delle deformazioni))) proprio il problema (per l'appunto detto <(di Navier ))) deU'insieme di aste aventi un comune nodo «a
cerniera>) (voi. I, par. 8.2). Anche l'accorgimento di scrivere le equazioni di equilibrio con-
Capitolo tredicesimo
Metodo del! 'equilibrio
dal numero delle aste che si collegano negli stessi nodi; così, ad esempio, le incognite restano due per entrambe le strutture a), b) della fìg. 13.3, indipendentemente dal fatto che la prima di esse è isostatica e non la seconda. Quindi, in relazione al numero delle incognite, il metodo dell'equilibrio, come è già stato accennato nel precedente capitolo (par. 12.1.6), è tanto più vantaggioso rispetto a quello della congruenza (col quale si assumono incognite le azioni staticamente indeterminate) quanto più è elevato il grado di iperstaticità; e può allora risultare non conveniente per strutture a basso grado di indeterminazione statica o addirittura isostatiche (cosi, ad esempio, per la struttura della fìg. 13.3c, quattro volte statican1ente indeterminata, i movimenti incogniti sono 17, e restano tali anche quando si abbia un semplice ordine di diagonali, ossia quando la struttura sia isostatica). Proprio per questa circostanza il metodo dell'equilibrio è rimasto a lungo in ombra, finchè gli ingegneri furono co-
una innaturale condizione di vincolo; procedimenti che ovviamente trovano un preciso riflesso nella risoluzione per via iterativa dei sistemi di equazioni risolventi. A proposito di tali sistemi di equazioni che si ottengono applicando il metodo dell'equilibrio, può essere opportuno notare che essi sono in generale fortemente stabili nel senso che venne precisato nel par. 2.5d: ossia le matrici dei loro coefficienti presentano di solito una forte prevalenza dei coefficienti della diagonale principale. Inoltre esse hanno spesso configurazione a banda molto addensata lungo detta diagonale, con conseguenti facilitazioni dei calcoli, risultando ogni incognita direttamente sensibile a un ristretto numero di altre incognite; addensamento dipendente dal fatto che, nell'equazione che esprime l'equilibrio di un nodo nei confronti di un certo movimento, interviene in genere la ripercussione dei movimenti dei soli nodi più vicini. Infine è chiaro che, se un movimento ai è nullo per la presenza di un vincolo, e ugualmente si scrive la corrispondente equazione di equilibrio, in questa compare incognita la correlativa forza Fj, che è la reazione dello stesso vincolo.
254
a)
Fig. 13.3 stretti, per le difficoltà operative connesse con procedimenti laboriosi, a non scostarsi da schemi strutturali moderatamente iperstatici. Però, come vedremo, esso presenta anche il notevole vantaggio di poter scrivere le equazioni risolventi di solito in modo più facile che col metodo della congruenza (cap. XIV), tra l'altro senza doversi preoccupare di come scegliere la struttura principale; vantaggio che si è rivelato decisivo a mano a mano che, con il perfezionamento delle macchine calcolatrici, emerse quale impegno primario proprio la scrittura delle citate equazioni. E anzi, come vedremo nel cap. XV, quando si usi un elaboratore elettronico, è possibile, essendo poco preoccupati della mole dei calcoli, ridurre questi a un vero e proprio algoritmo (cap. I), ossia a un complesso di operazioni basate su criteri automatici di esecuzione che nulla o ben poco lasciano all'intervento soggettivo. Ma esiste anche l'altra esigenza, fondamentale per l'ingegnere, di poter disporre di metodi rapidi che consentano valutazioni approssimate delle sollecitazioni, necessarie per le progettazioni di massima e per il controllo dei risultati di calcoli più approfonditi; e il metodo dell'equilibrio può risultare anche a tale fine molto vantaggioso, presentando tra l'altro quel suo utile requisito dell'evidente significato fisico attribuibile alle operazioni analitiche. E con tutta probabilità è stato proprio tale requisito a far nascere l'idea, come dettagliatamente vedremo in seguito, di allentare i vincoli ausiliari in modo progressivo, e a far proporre, per conseguire maggiore semplicità o convergenza, vari modi di procedere 1n tale operazione di rilassamento della struttura posta in sentendo un movimento per volta è di vecchia data (si veda ad es., in proposito, la bibl. e in particolare il cap. 38 dell'opera di K. Beyer, 1933, za ediz.). Chiare esposizioni dei metodi dell'equilibrio (o delle deformazioni) e della congruenza (o delle forze) si trovano in numerose opere. Tra queste ricordiamo, oltre a quella di I(. BEYER dianzi citata: o. BELLUZZI (vol. II, par. 445, v. bibl.); J. GRAHAM-W. G. GODDEN, «Structural Analysis », Section 1 del manuale Structural Engineering Handbook, edito da E. GAYLORD-C. GAYLORD, McGraw, 1968. Per varie altre citazioni si veda la bibliografia.
255
b) Stati coattivi. Un richiamo particolare può essere opportuno quando le sollecitazioni sono dovute a cause estranee ai carichi, ad esempio a cedimenti dei vincoli e a variazioni termiche. La sostanza di quanto è stato detto nel par. a) resta immutata, perchè anche in questi casi i vincoli ausiliari applicati nella fase 1 hanno la funzione di rendere il più possibile semplice il calcolo delle conseguenze dei «disturbi», adottando una configurazione congruente ma non equilibrata. Consideriamo ad esempio il solito telaio (fig. 13.4): se la sezione d'incastro H subisce una prescritta rotazione qi, nella fase 1 si realizza tale rotazione mantenendo nulli tutti gli altri movimenti indipendenti (fi.g. l3.4a) (13 «1); se la stessa sezione subisce un cedimento verticale V, si im-
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Fig. 13.4 prime tale movimento alla stilata determinando le conseguenti azioni S alle-estremità delle aste B-C, E-F (fig. 13.4b) <13 •4 ); se, infine, la travata superiore è soggetta a una variazione termica t/ uniforme (fìg. 13.4c), posto un appoggio fisso ausiliario per esempio nel nodo E, sono noti i movimenti U1 , U2 delle estremità delle due aste D-E, E-F (se si omette al solito la deformazione per effetto dello sforzo assiale), per cui si calcolano semplicemente le conseguenti azioni S alle estremità delle aste A-D, 13 3 < • l Se l'asta è prismatica si ha ad esempio, Mhc=4R"',(j), Mch=2R"';tf;; nelle fasi successive la sezione H (che è già ruotata dell'angolo 'iji) dev'essere considerata incastrata. 3 4 (i • J Per esempio, se l'asta B-C è prismatica, Mb 0 =M0 b=-6RhtV/b; la reazione verticale
. tn . B vaIe Yb=-fj2 12 ii (Rb +Ret, ) con-R=EJ//. d eli 'appoggio 0
256
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
C-F (1a.5). In modo analogo possono essere introdotte nella fase 1 altre cause di sollecitazione; mentre le fasi successive non differiscono da quelle già illustrate.
camente applicate le sole azioni verticale ql/2 e orizzontale qF·/Sf, relative all'arco a tre cerniere; inoltre, quando la struttura è snella, se le imposte sono collegate da un tirante, spesso ha scarsa importanza il loro spostamento relativo.
e) Più volte, per nodi situati su travate rettilinee, e allineati quindi lungo un asse x, abbiamo ammesso uguali i loro spostamenti Oz, considerando trascurabile, come in generale è lecito per le strutture inflesse, la deformazione per effetto dello sforzo assiale. In caso contrario, al posto dell'unico spostamento indipendente secondo x, abbiamo tanti spostamenti Dx quanti sono i nodi; per cui occorre ~mpri: mere, in corrispondenza di ogni nodo, uno spostamento Ox= 1 considerando i nodi adiacenti fermi, e scrivere poi la corrispondente equazione di equilibrio. I J
Fig. 13.5
d) Se la sezione estrema di un elemento strutturale è incernierata, come ad esempio la sezione G della struttura della fig. 13.1, il modo di procedere resta inalterato: al solito nella fase 1 si considerano nulli tutti i movimenti indipendenti (compresa la rotazione q; 0 ); e ovviamente occorre calcolare anche i coefficienti di rigidezz~ relativi alla sola rotazione unitaria di tale sezione e scrivere in corrispondenza d1 essa una delle equazioni di equilibrio (riguardante la rotazione) [13.1] o [133]. Analoghe osservazioni valgono per altre condizioni di vincolo diverse dall '1ncastro.
/) Può essere opportuna qualche ulteriore osservazione in merito a casi particolari, per i quali però non si modifica in nulla l'essenza del metodo dell'equilibrio. Per le travi a traliccio con nodi a cerniera e caricate in corrispondenza degli stessi nodi (fig. 13.3c), le equazioni di equilibrio riguardano soltanto i possibili spo~ stamenti O, che sono due nei problemi piani e tre in quelli spaziali; e se i collegamenti anzichè a cerniera sono rigidi, e se le aste sono snelle, le tensioni dovute ai momenti staticamente indeterminati hanno di solito scarsa importanza rispetto alle tensioni conseguenti agli sforzi normali (par. 13.4.7). Nel caso di carichi agenti fuori dei nodi, lo stato flessionale e le condizioni di continuità angolare per le varie aste ovviamente non sono più trascurabili, e possono alle volte essere influenzati dalla presenza dello sforzo N (cap. VID. Quando i ritti che si collegano a una trave sono diversamente inclinati tra loro (fig. 13.6a), la sola traslazione orizzontale impressa alla trave comporta anche una sua inflessione, a causa di uno spostamento relativo (non indipendente) in direzione verticale. Ad esempio, per la struttura indicata nella citata figura si ha, omettendo la 6 deformazione per sforzo assiale, A-A 2 =~ (quindi, perii ritto, Mac= - E:1 11 1 12EJ1 1 ) sen "1 sen 81 ' Tac=~ sen 01 • Se i ritti sono paralleli tra loro e la trave è inclinata rispetto ad essi (fìg. 13.6b), la loro inflessione non cambia, in confronto al caso .di elementi ortogonali, quando si pensa di imprimere una sola traslazione O alla stessa trave pensata indeformabile; per cui, ad esempio, alle estremità di un ritto generico prismatico di lun-
e) Se ad un nodo si collega l'estremità di un arco, quando nella preparazione dei coefficienti di rigidezza, si imprime un moviment~ ~solato (che può .essere una rotazione o uno spostamento), occorre conoscere la r1g1dezza alla rotazione o alla traslazione relative all'arco: il calcolo di tali grandezze è semplice, se l'asse è :earabolico e la sezione varia con la legge J=Jc/cos (}(par. 4.4b); e può essere. conven1ente ricordare che i valori di tali rigidezze si modificano poco se l'arco ha invece la sezione costante e l'asse circolare, purchè sia sufficientemente ribassato . (f < !/5). Ed è chiaro che, se nel nodo confluisce anche un tirante, come ad esempio avviene per il nodo A della struttura della fig. 13.5, nell'equazione di equilibrio alla trasfazione dello stesso nodo secondo la direzione x del tirante, interviene anche Il contri-
buto di questo pari a
E: Oa, purchè il suo sforzo finale risulti di trazione.
A proposito di strutture per le quali esiste una configurazione principa~e isostatica in cui i carichi provocano soltanto sforzo assiale, le grandezze staticamente indeterminate hanno spesso scarsa importanza sotto certe condizioni (voi. I, cap. VI), delle quali soprattutto contano la rigidezza dei vincoli e la snellezza della str:uttur~. Così, facendo ancora una volta riferimento alla fig. 13.5, se l'arco è parabolico e Il carico q è uniforme sull'orizzontale, nella fase 1 possono essere frequentement_e trascurati i momenti d'incastro perfetto, e al nodo A, ad esempio, vengono pratiPer esempio, Mad=6R,,,;ii1/h; l'appoggio ausiliario in E fornisce la forza X.= (-Ra.1ll1 - + Rrtllz -) •
<13 •5 )
12 =Ji2
257
A
Fig, 13.6
ghezza lt si hanno le sollecitazioni Ti,=12EJi0//i 3 , Mab=Mba=-Tili/2'. In particolare, per la trave a doppio ginocchio della fig. 13.6c, se si omette la deformazione per effetto dello sforzo assiale e se le estremità A, D non sono cedevoli orizzontalmente, non può aversi uno spostamento relativo verticale delle sezioni B, C; di conseguenza una traslazione verticale v in B· comporta un eguale spostamento in C e, se si considerano i nodi impediti di ruotare, un carico Pb si ripartisce proporzionalmente alle rigidezze alla traslazione dei due elementi orizzontali (par. 12.1.5). Per le str4tture simmetriche, condizioni di carico simmetriche o antimetriche si riflettono in cOrrispondenti condizioni per i movimenti, sicchè' il numeto delle incognite risulta in genere sensibilmente diminuito rispetto a quello relatiyo a una condizione di carico generica. Infine nessuna complicazione interviene nella scrittura delle ·equa,zioni [13.1] o [13.3], se una o· più aste dell'insieme sono vincolate a «un suolo elastico »: in tale caso sono utili i diagrammi ricavati nel cap. VI. 17 -
PozzATI, 11-1.
258
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
Esempio 13.1.
la cui soluzione è
Risolvere il telaio della fig. 13.7 con il metodo dell'equilibrio, adottando come incognite i movimenti o le azioni equilibranti; le aste hanno uguale rigidità R=EJ/l.
'1'1 =0,07936 · 10'/R,
S_i hanno tre incognite.
Utilizzando i valori calcolati in a), ... , d) si ottiene ad esempio:
a) I nodi sono impediti di ruotare (positivi i momenti destrorsi e le forze orizzontali verso destra)
M,,=1·4'/12=1,33·10' kgcm,
M,,=-1,33 tm,
X,,=-2000 kg;
»t r-:) 1"' ~· .'. Y r 8=1
·!
'1'2 =0,30159 · 10'/R,
y= J/h=0,42857 · 10'/R.
1. Equazioni «dei movimenti equilibranti)).
~~
259
(,:;
M, 4
M,= 7
"
l,333+4R'f'1 -6R~/h= -0,921
tm,
M12=0,921,
M 21 =1,365,
M 24 =-1,365,
M 31 =-3,746,
8et
d)
1
M 13 = e analogamente
P=I
·lnr:i.n 3
Fig. 13.7
M 42 =-1,968 tm.
2. Equazioni «delle forze equilibranti» (momenti in tm, forze in t). a) I nodi sono bloccati (risultati uguali a quelli del punto precedente):
Mrn=-M31 =1,33 tm. b) effetti del momento M,* (fig. 13.7e; si veda il par. 12.1.4)
X13 =-(M13 +M,,)/h=-0,1875 M,*; e) effetti del momento M 2 *:
b) viene impressa la sola rotazione rp1 :
X 13 = -(M,,+ M,,)/h= -6R'f'1fh
; d) effetti della forza X* (si veda il par. 12.1.5):
e) viene impressa la sola rotazione rp 2 :
M13=M31 =-Xi 3 h/2=-1X*,
d) viene impresso il solo spostamento J
12EJ
X,,=X,.=~
[Jl (N)=O]:
, J=l2RJ/h ,
Le tre equazioni di equilibrio (alla rotazione dei nodi 1, 2 e alla traslazione deila trave) risultano
I M,*+0,25 M,*-1 X*=-1,33
Mu=M,,= -X,,h/2=-6RJ/h, 0,25 M,*+I M,*-1 X*=O
Ad esempio l'equazione di equilibrio della trave 1-2 alla traslazione risulta: -(-6R'P1/h-6R'Pafh+2 · 12RJjh'-2000)=0;
e la loro soluzione è:
e quella di equilibrio alla rotazione del nodo 1: -(M,,+M,,)=0--.. -(4R'f',+2R'P 2)-(1,33 · 10'+4R'P1 -6Ry)=O.
Si ottiene quindi il sistema di equazioni (posto y=J/h): 8R'f'1 +2R'f',-6Ry =-1,33 · 10',
-0,1875 M,*-0,1875 M,*+ I X*-2=0
2R'f'1 +8R'P2 -6Ry=O,
6R'f'1 +6R'f'2 -24Ry=-8 ·IO'
M 1*=0,6349 tm,
X*=2,5714 t.
Utilizzando i valori calcolati in a), ... , d) si ottiene ad esempio
M 13 =l,333+0,5 M,*-X*=-0,921 tm, M 12 =0,5 M 1*+0,25 M 2*=0,921 tm.
260
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
I:a matrice ~ei co_efficienti
Esempio 13.2. Risolvere il telaio di acciaio della fig. 13.8: la tr'ave e le colonne sono realizzate con HE 240 A (!=7763 cm', A=76,8 cm'); le diagonali con profilati U 40 (A= =6,21 cm2), posti di schiena l'uno all'altro; si tiene conto della deformazione conseguente allo sforzo normale soltanto per le aste diagonali (pensando che anche quella compressa possa reagire).
261
del sistema di_ ~quazio~i è apparentemente non sim-
metr~ca; basta 1nfattl, essendo y=O/h, esphc1tare l'incognita IJ correlativa all'itl-
cogmta X. Quindi, dai valori riportati nei punti a), ... , d), si ricava ad esempio:
M,,=l,33 · 10'+77,63 E
1. Equazioni dei movimenti equilibranti,
2. Equazioni delle forze equilibranti.
a) I nodi sono bloccati:
Mrn=-M31 =1,3J trn,
a) I nodi sono bloccati:
M13=-M31 =1,33 tm, b) effetti del momento M 1 *=1 tm (par. 12.1.4):
M 13 =0,60,
M 12 =0,40,
M 31 =0,30,
M 21 =0,20 tm,
X1a= -0,225 t ;
e) effetti del momento M 2*=1 tm: M 12.=0,20,
Fig. 13.8
b) viene impressa la· s·ola rotazione q;1 (E in kg/çm 2 , M in kgcm, X in kg):
M 12 =4R12q;1 =51,752
d) effetti della forza X*= 1 t (par. 12.1.5):
Rigidezza alla traslazione delle colonne 1-3, 2-4 (E=2 · 10' kg/cm')
E
U,,= U,,= 12EJ/h'=2911 kg/cm ;
M 21 =25,876 E
rigidezza alla traslazione delle aste 2-3, 1-4 (1=721 cm, cos il=0,8321)
X13 =(M13 +M31)/h=-0,29111 Ep,; e) viene impressa la sola rotazione
U,,= U.,= (E:),, cos' il= 11.926 kg/cm
M 12 =25,876 Eq; 2
X 24 = -0,225 t ;
(è prevalente la rigidezza delle diagonali, sollecitate a sforzo assiale, nonostante la loro piccola sezione).
,
La forza X*=! t si ripartisce quindi nelle parti (EU=2 · 2911 +2 · 11926= =29674) X13 =X,.=2911/29674=0,0981 t, X,,=X14 =0,4019 t;
d) viene impresso il solo spostamento o (y=o/h):
e provoca i momenti
EA)' X,,=X14 = ( ~ o· cos' il=2,38514 Ey, . 1 ~3
M13 =M31 =M,.~M.,=-0,0981
h/2=-0,1962 tm.
Le equazioni di equilibrio risultano quindi:
l M 1 *+0,20 M 2*-0,1962X*=-l,3J Le equazioni di equil.ibrio. alla r9tazione per i. nodi 1, 2 e alla traslazione per la trave risultano (E in kg/cin', M in kgcm, X in kg):
-0,225 M,*-0,225 M,*+X*=2
-129,382 Elp1 -25,876 E
e la loro soluzione è
-25;876 Elp,-129,382Ep,+116,446 Ey=O ,,·0,2911 Ep1 +0,2911 E
M 1 *=1,0800 tm,
-10•~0,
M,*=0,5866 tm,
X*=l,8890 t.
Utilizzando i valori calcolati in a), ... , d) si ottiene M 13 =0,315 tn1, Mu.=-0,315, M 21 =0,019,
e da esse si ottiene (E'lri kgÌcm') ·· Ey=0,3183 · 103
0,20 M 1 *+l M,*-0,1962 X*=O
•
Ma1 =-2,028,
M 42 =-0,195 tm,
X,,~0,4019
X*=0,759 t.
262
Capitolo tredicesimo
Metodo dell 'equìlibr10
13.3. Applicazioni del metodo dell'equilibrio: equazioni tipiche per strutture ricorrenti. Nei casi particolari che ci apprestiamo a prendere in esame il modo di procedere generale non viene per nulla modificato, e tutto si riduce a specificare le equazioni di equilibrio [13.1] o [13.3] che, riguardando strutture tipiche, possono venire scritte una volta per tutte. Vedremo nel cap. XV che, utilizzando l'analisi matriciale (cap. I), il calcolo può essere organizzato per consentire lo sviluppo pressochè automatico delle operazioni, quando si impieghi un elaboratore elettronico.
3. Per la sola rotazione cpa:
4. Per lo spostamento relativo ~ia· Al posto di tale movimento conviene considerare il rapporto [13.6]
ossia la rotazione che la trave dovrebbe effettuare, quale corpo rigido, per dar luogo allo stesso spostamento relativo delle sue sezioni estreme· ritenen' dola al solito positiva se destrogira, si ha allora M1a=Mai=~6Ry1 a,
13.3.1. Telai piani con i nodi che ruotano e che traslano. Le equazioni ricorrenti relative al presente caso possono essere scritte nelle due forme, sostanzialmente coincidenti, dei movimenti o delle azioni
263
Ti.=-Ta;=-l2Ry1./l.
In totale: [13.7]
6R 'I'ia=T;.+--(ip,+tpa-2Y;a). 1
-6E}8.· 1. ~ p/'
[13.8]
2
Fig. 13.9
equilibranti. Ricaveremo tali equazioni nella prima delle due forme a titolo di esempio, e per certi impieghi che ne faremo in seguito; nella seconda forma vedremo alcuni casi particolari.
a) Momenti e sj'orzi taglianti alle sezioni estreme di una trave, in funzione dei movimenti delle stesse sezioni. Pensiamo che per le sezioni estreme di una trave J-A (fig. 13.9) siano noti Io spostamento relativo 1• (positivo, indipendentemente dalla giacitura della trave, se risulta destrogira la rotazione della congiungente j-a) e le rotazioni
o
b) Le equazioni.
Consideriamo un telaio comunque caricato, costituito da ritti verticali e travi orizzontali, con i nodi liberi (tutti o in parte) cli ruotare e di traslare, alcuni orizzontalmente, altri verticalmente (fig. 13.10). f d Per l'equilibrio alla rotazione di un generico nodo J, contornato --r--~-tn-~-~---+----1---h D dai nodi A, .. ., D e soggetto al momento esterno M1, si deve avere !f.___.~c:::.rIIIr(rtj\,id___J__,A4----l---(j) (ritenendo al solito positivi i momenti destrogiri alle estremità delle _,_f----~B(ijllllilllilmm~llilm:uj aste) M1 -E~,=0, (i=A,B,C,D) [a]
per cui, tenendo conto della relazione [13.7], l'equazione di equilibrio alla rotazione dello stesso nodo J risulta [le varie sezioni collegate al nodo J ruotano del medesimo
f
e e
Fig. 13.10
1fa=1fa ·
2. Per la sola rotazione tp1 (R=EJ/l):
r,. (rivolto verso
il basso)=-T.1=(M1.+M.1)/1=6Rip1/l.
[13.9] ove le somme sono da estendere a tutte le aste collegate al nodo, escludendo ovviamente quegli ele1nenti il cui contributo nella relativa so1nma non esiste essendo nulli i carichi, o la rotazione tp,, o lo spostamento 011 (quindi y 1,)'.
264
Capitolo tredicesimo
Metodo del! 'equilibrio
Prendiamo ora in esame, trascurando al solito la deformazione per sforzo assiale, una travata j del telaio suscettibile di spostamenti relativi rispetto alle travate vicine a, b. Per l'equilibrio alla traslazione lungo il suo asse dev'essere (ritenendo positivi gli sforzi taglianti verso destra per le estremità degli elementi collegati alla trave)
la quarta somma, vale per le strutture i cui nodi ruotano soltanto (par. 13.3.3); e che un'osservazione analoga può esser fatta in merito all'equazione [13.10], se i nodi traslano senza ruotare (par. 13.3.4).
[b]
con la somma estesa a tutti gli elementi compresi tra la travata j e le due contigue a, b. Tenendo conto della formula [13.8] e dei segni degli sforzi taglianti espressi in funzione delle rotazioni (positivi, se la travata li riceve rivolti verso destra; i tagli ~i sono considerati positivi, se applicati verso destra alle relative sezioni) si ottiene lequazione di equilibrio alla traslazione della travata j R!i ~' P -l: -'Zj,+61: -(rp +rp,-2y ,)-6};--(rp +rp,-2y ,)~0, [13.10] 1
i
1
aji
1
1
1
bjì
1
265
d) Una semplificazione.per lo studio approssimato dei telai soggetti a forze orizzontali applicate nei nodi. L'esame di un caso particolare consente di rendersi conto dei limiti di una rilevante semplificazione apportabile alle equazioni risolventi del metodo
1
ove la prima somma è da estendere a tutti gli elementi che si collegano alla travata j; la seconda a quelli compresi tra le due travate j, a (con y 1, uguale per tutti gli elementi della medesima lunghezza); la terza a quelli tra j e b. Ovviamente l'equazione [13.10] vale anche per una trave verticale quale la f (fig. 13.10), con l'intesa però di ritenere positivi tanto l'eventuale carico applicato alla stessa trave f, quanto gli sforzi taglianti T" agenti alle estremità delle membrature collegate alla f, se essi sono rivolti verso il basso; inoltre la seconda somma è da intendere estesa aUe travi a sinistra e la terza a quelle a destra. e) Di equazioni del tipo [13.9], ne debbono essere scritte tante quanti sono i nodi liberi di ruotare (quindi anche in corrispondenza di eventuali sezioni articolate, da considerare alla stregua di un nodo comprendente una sola membratura); del tipo [13.10], quante sono le travate libere di traslare (orizzontalmente o verticalmente). Non stiamo a dilungarci su osservazioni che già facemmo a proposito del modo di procedere generale; ci limitiamo a rilevare l'unica lieve variante di aver considerato gli spostamenti relativi f51i (e le corrispondenti y1,) anzichè quelli totali. Deriva da ciò che, se una travata, quale ad esempio la d del telaio della fig. 13.10, è impedita di spostarsi, ovviamente si deve porre, per congruenza, òb4=-(!Jb1+01a+òae-l-òce), con l'evidente passaggio alle corrispondenti rotazioni y, dovendo risultare nullo lo spostamento relativo tra livello di fondazione e appoggio. Ed è chiaro che altrettanto può essere osservato per la travata verticale f Le equazioni [13.9], [13.10] furono ricavate in forma un po' diversa da GEHLER <13 · 6!. È appena il caso di osservare che l'equazione [13.9], escludendo <13 • 6 > L'equazione di equilibrio alla traslazione venne scritta, anzichè per una travata, per l'intera parte del telaio posta al di sopra di una sezione orizzontale; ciò che richiede la conoscenza dello sforzo tagliante totale: W. GEHLER, «Rahmenberechnung mittels der
Fig. 13.11
dell'equilibrio [13.9] [13.10], quando esse riguardano un telaio soggetto a forze orizzontali agenti in corrispondenza delle travate. Riferiamoci alla struttura della fig. 13.11, per la quale supponiamo il numero delle campate pari, gli elementi di ogni travata uguali tra loro e, tra due travate consecutive, i momenti d'inerzia J, delle sezioni dei ritti interni doppi di quelli J, relativi ai ritti esterni; in tale caso è facile constatare che, nell'ambito delle consuete ipotesi, tutti i nodi appartenenti a una stessa travata ruotano ugualmente (val. I, par. 10.4), per cui il numero delle incognite si riduce, e diviene doppio di quello dei piani. Si comprende allora che, per i telai soggetti ad azioni orizzontali, può spesso essere introdotta la semplificazione di considerare uguali /e rotazioni dei nodi appartenenti a un medesimo piano, con risultati tanto meglio approssimati quanto più ci si trova vicini alle citate condizioni del telaio della fig. 13.11. Sommando allora le equazioni di equilibrio alla rotazione relative Drehwinkel », Otto Mohr zun1 achtzigsten Geburtstage, Berlin, Ernst, 1916; il suo procedimento venne illustrato anche nel suo volume Der Rahn1en, Berlin, Ernst, 1913, 1919. Lin1itatamente ai telai coi nodi che ruotano soltanto, l'equazione di equilibrio alla rotazione di un nodo con incognite le rotazioni venne ricavata, però a proposito di un caso particolare, da O. MoHR, «Die Berechnung des Fachwerks mit starren Knotenverbindungen )), Zivilingenieur, 1892, 1893; poi, in forma generale, da A. BENDIXSEN, «Die Methode der Alpha-Gleichungen... )), Berlin, Springe1\ 1914. Per altre citazioni si veda la bibliografia.
266
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
a tutti i nodi di una medesima travata, ossia a tutti i nodi che, per l'ipotesi fatta, subiscono uguale rotazione (es. 13.3), si ha ovviamente che, ricavati i movimenti e calcolati i momenti alle estremità delle varie aste, le condizioni di equilibrio alla rotazione in corrispondenza di ciascun nodo risultano non esattamente soddisfatte. Ma, relativamente ai valori degli spostamenti, gli errori sono in genere lievi finchè, oltre alla poco diversa rigidità degli ele-
menti di ciascuna travata, si ha anche, citiamo ciò a titolo puramente orientativo, J,
Studiare il telaio della fig. 13.12a con il metodo dell'equilibrio, scrivendo le equazioni dei movimenti equilibranti (Gehler); le rigidità R=EJ/l dei vari elementi vengono supposte uguali. Confrontare i risultati con quelli approssimativi che si ottengono supponendo o uguali le rotazioni dei nodi (13.3.ld) o indeformabile la travata (par. 12.1.5). Considerare anche lo stesso telaio avente il solo ritto interno con sezione di momento d'inerzia 4J.
:} ©} Ir'M R
~
y=h=0,07639 e .
Inoltre è immediato constatare che le equazioni [a] coincidono con quelle relative al telaio della :fig. 13,12b; e si trova così conferma di una proprietà rilevata precedentemente (voi. I, par. 10.4). Si ottengono infine, applicando le rei. [13.7], [13.8], i momenti alle estremità delle aste: M 13 =4R
M 31 = -0,3542 Ph,
M.,=-0,2083 Ph.
b) Supponendo uguali le rotazioni dei nodi.
Sommando le due prime equazioni [a] di equilibrio alla rotazione, scritte nel punto precedente per i nodi 1 e 2, e ponendo
Esempio 13.3.
2P (i)
Poichè
267
quindi [inoltre, ad es., M,,= -0,3 Ph (invece di -0,25 Ph); M,,=0,2 Ph (invece di 0,25 Ph); come già si è osservato, l'equilibrio del nodo non è soddisfatto e gli errori sono sensibilmente più elevati per le rotazioni e le sollecitazioni che per lo spostamento]. e) Considerando la trave indeformabile rispetto ai ritti risulta
0
&=2P/EU,=2P/(3 · 12EJ/h')=0,05556 eh,
R
1@
,
a)
,
b)
©
"
invece di 0,07639 eh, con l'errore di 27,3%; inoltre 2P h - h ('invece d'1 -0,25 Ph). M13=-3z=-0,33P
e)
Fig. 13.12
Soluzione. a) Le equazioni [13.9], [13.10] di equilibrio alla rotazione dei nodi 1, 2 e alla traslazione della travata 1-5 risultano: 4
y=0,07222 e (invece di 0,07639 e; errore di 5,4%) ;
[a]
R
2P+6 h [(
<13 • 7 > In definitiva, procedendo in tale modo semplificato, si ottiene per le rotazioni una specie di valor medio; il procedimento trova la sua giustificazione soltanto in riferimento al caso della fig. 13.11. Semplificazioni sono illustrate anche nella memoria di C. CEccoLr, «Sistemi di telai multipli connessi con elementi di elevata rigidezza e soggetti a carichi orizzontali», Giornale del Genio Civile, sett. ott. 1969: considerando per ogni nodo uguali le rotazioni dei due nodi adiacenti appartenenti aUa medesima travata, nel calcolo intervengono matrici d'ordine mai superiore al numero dei piani.
d) Lo stesso telaio ba tutte le aste di eguale rigidità R, salvo il ritto centrale di rigidità 4R. La soluzione esatta è (c=Ph'/EJ) y=0,04563 e,
tp1 =tp6 =0,02381 e,
Supponendo le rotazioni uguali, si ottiene invece y=0,04589 e (errore 0,6%);
Capitolo tredicesimo
268
Metodo dell'equilibrio
equazione di equilibrio alla traslazione [13.10] per la trave 1-2: R
qh/2+6 h (q>,+
0,5R
-h-(q>,-2y)~O.
Dal sistema di equazioni si ottiene (a meno di qh3/EJ) '1'1 ~0,00718'
q>,~0,04023'
q>,~0,14511
q nR( i @ ) Fig. 13.13
R
R/2
0
FI>
'
y~0,08525.
ìh
l
Mediante la [13.7] si calcolano i momenti alle estremità delle aste; nella fig. 13.13 è riportato il diagramma dei momenti.
269
Passando poi al telaio, rimangono immutate le equazioni [13.9] per i vari nodi, mentre le equazioni di equilibrio alla traslazione per le sue travate sono ancora date dalla [13.10], nella quale però al posto di P1 si deve porre (P1-X;), con X1 dato dalla relazione [13.11]. In definitiva il numero delle incognite aumenta per la presenza delle rotazioni Cf!m, che sono tante quanti sono i piani (es. 13.5). Le sollecitazioni della mensola possono venire poi calcolate in funzione · delle azioni X1, oppure con le solite relazioni [13.7], [13.8]. Poichè i valori delle azioni X; dipendono dalle condizioni di congruenza per gli spostamenti orizzontali del telaio e della mensola (condizioni che vengono introdotte assu1nendo per l'una e per l'altro uguale ciascun oji), gli errori sono spesso modesti se, nell'ambito delle ipotesi indicate nel paragrafo 13.3. ld, si considerano uguali tra loro le rotazioni di tutti i nodi appartenenti a una medesima travata del telaio. E se le rigidità R~EJ/l dei ritti sono inferiori a quelle delle travi che li collegano, dette rotazioni possono
13.3.2. Sistemi di telai e mensole soggetti ad azioni orizzontali <13 •8>. a) Sisten1i piani comprendenti telai e mensole.
Spesso i vani riservati alle scale e agli ascensori degli edifici sono delimitati da pareti di calcestruzzo che possono avere un ruolo notevole nella resistenza alle azioni orizzontali. In genere è lecito ritenere che le pareti funzionino come mensole iD;castrate alla loro base. Inoltre i solai hanno rigidezza molto elevata nei confronti di azioni agenti nel loro piano medio, e sono quindi in grado di fornire un vincolo ·assai efficace per quanto riguarda gli spostamenti orizzontali; per cui questi verranno considerati uguali in corrispondenza degli stessi solai. Nella fig. 13.14 è indicato un telaio collegato, mediante bielle poste alle quote dei vari piani, a una mensola; J, A, B siano le sezioni della stessa mensola ai livelli di tre piani consecutivi, e sia X1 l'azione mutua incognita agente in J. Considerando un brevissimo tronco comprendente la stessa sezione J alla stregua di un nodo isolato, per esso l'equazione di equilibrio [13.10] risulta, se si pensa prismatico ogni tratto lungo li(Rim=EmJmtfli; l'indice m distingue le quantità relative alla mensola),
lJ
Fig. 13.14
essere con modesti errori considerate nulle (par. 16.3), semplificando quindi notevolmente la scrittura delle equazioni, nelle quali figurano, relativamente al telaio, le sole rigidezze alla traslazione.
[13.11] b) Sistemi spaziali di telai e mensole. '
(rn,sJ Per utili considerazioni e criteri semplificativi sulla ripartizione dei carichi tra telai e controventamenti si veda C. CECCOLI, memoria citata nella nota 13.7; F. M. MAzzoLANr-R. RAMAsco, , Inarcos, Bologna, aprile-maggio 1972.
Un edificio comprende in genere più telai e mensole:, e se si hanno sensibili dissimetrie in pianta O- irregolarità di forma e- di caricamento (ci si riferisce sempre ad azioni orizzontali), la citata presenza_ dei solai, considerati alla stregua di. lastre indeformabili nel loro piano, fa si :che, tra gli spostamenti dei nodi appartenenti ad uno stesso piano_, si stabiliscano dipendenze di tipo lineare; Pensiamo che, in corrispondenza dei piani, gli sforzi taglianti Tx esterni, immagiriahdo di praticare varie. sezioni orizzontali, ·agiscano lungo una· direzione principale x; e che_ siano quindi tali, omett~ndo per ora. la presenza di eventuali azioni
270
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
torcenti, da provocare soltanto spostamenti secondo la medesima loro direzione. Il. calc~lo può allo.ra ess~re svo~to come si è_ visto nel punt<;> precedente, ed è possibile qu1nd1 determtn~re, in_cornspondenza d1 un generico piano, la retta d'azione rx della risultante degli sforzi taglianti applicati ai vari elementi verticali dello stesso piano; retta azione, e;he _in genere TIOI_l coincide_ con quella dell '.azione tagliante esterna, per cui, se ey e Il d1sassamento, s1 ha un'azione torcente pari a Tx · ey. Ripetendo il medesimo calc<_'lo per l'altra direzione principale y, si ottiene l'analoga retta d'azione ry della risultante degli sforzi taglianti secondo y, quindi il relativo centro O, punto d'intersezione delle due rette rx, ry. Si conosce quindi, per ogni piano, il momento torcente Mt e il centro di torsione, che come è noto coincide col centro di taglio (par. 5.2c); per cui non resta ora che determinare gli effetti dei soli momenti torcenti noti. Per costruire il sistema di equazioni riguardanti tali effetti, si percorre il solito tipico it~r del metodo dell'equilibrio: si pensa di fare avvenire un movimento per volta, ossia in questo caso, le rotazio~i relative 1f intorno all'asse verticale z, di un solaio rispett~ a quello sottostante (con i conseguenti spostamenti orizzontali), e le rotazioni tp dei nodi (che spesso, in via approssimativa, possono essere considerate nulle); espresse quindi le azioni interne in funzione dei vari movimenti possibili, si pone la condizione che la somma dei momenti rispetto all'asse z per il centro O, ad esse conseguenti, eguagli il momento noto Mt; e s'intende che nell'equazione possono intervenire anche le azioni torcenti, espresse in funzione di {}, relative alle membrature dotate di sensibile rigidezza torsionale. È evidente che tale calcolo coinvolge in genere equazioni in numero elevato e di scrittura laboriosa, per cui è quanto mai utile i 'ausilio delle matrici e di un elaboratore elettronico; vedremo P.er l'appunto nel cap. XV come si impieghino le matrici nel calcolo delle strutture,.pm nel cap. VII (voi. II, parte 2') 'luestioni specifiche inerenti alla statica degll alti edifici e un esempio concreto dt ripartizione delle azioni esterne in sistemi comprendenti vari telai e setti. Per ora può essere opportuno ancora una volta accennare al fatto che, essendo il basilare problema della ripartizione dei carichi esterni. orizzontali strettamente connesso con le deformabilità nei confronti degli spostamenti per le strutture tra loro collegate, è spesso lecito adottare l'ipotesi che siano uguali le analoghe rotazioni dei nodi appartenenti ad una medesima travata; e alle volte, se i ritti hanno rigidità non superiore a quella delle relative travi, che dette rotazioni siano. nulle. Ipotesi semplifìcatrici che, se legittime, sono quanto mai opportune, per snelhre e meglio comprendere le linee di un calcolo greve, inevitabilmente affetto da molte incertezze sui dati di partenza. Un calcolo approssimativo molto semplice verrà esposto nel par. 16.6.
citazione della parte superiore del telaio si trova aggravato anzichè alleviato dalla presenza della mensola. Occorre però aver presente, in merito al grado di attendibilità di tali risultati teorici che, nello sche1na strutturale adottato nei calcoli, spesso è problematico tener conto di irrigidimenti che invece possono alterare sensibilmente le condizioni di congruenza: basta a tale proposito riflettere sull'influenza derivante dai tramezzi e dalle pareti di tamponamento. Inoltre anche i cedimenti delle fondazioni possono avere notevole importanza (cap. VII del val. II parte za). Terminiamo osservando che, quando il numero dei piani è elevato, è possibile ottenere notevoli vantaggi trasferendo la soluzione dal discreto al continuo (paragrafo 16.5). Cosi facendo, si ritrova, per certe condizioni di carico e di vincolo,
d.'
e) Osservazioni. Le mensole presentano in genere deformabilità molto limitata nel tratto inferiore, ma fortemente crescente verso l'alto per cui, a causa di tale comportamento sensibilmente diverso da quello dei telai, si possono avere risultati non sempre prevedibili nella ripartizione delle forze esterne. Consideriamo, a tale proposito, il semplice sistema della fìg. 13.15, comprendente una mensola c?nnessa con un telaio avente le due travate indeformabili, sog· getta a una forza orizzontale P a livello del primo piano. Qualora pensassimo di effettuare la ripartizione dell'azione esterna stabilendo le condizioni di congruenza in corrispondenza della sola travata inferiore, avremmo t5:u= 01 t per il telaio, ma 62m sensibilmente maggiore di 61m per la mensola (fig. 13.15b). Ed è allora evidente che, quando s1 rende completa la congruenza, il telaio deve fornire alla mensola, in corrispondenza della travata 2, una forza di segno opposto a quello della forza P (fig. 13.15c). Questo particolare comportamento si riscontra di frequente nello studio dei sistemi costituiti da mensole e telai (es. 13.5), per cui accade che lo stato di solle-
271
@
ffR
p ~
(J)
.
.
.
a)
b) Fig. 13.15
evidente quell'azione di sostentamento alla sommità della mensola di cui precedentemente si è parlato; inoltre viene implicitamente introdotta la semplificazione di considerare uguali le rotazioni di tutti i nodi appartenenti a una medesima travata (par. 13.3.ld). Esempio 13.5. Il telaio simmetrico della fig. 13.16 ha ritti e travi di eguale rigidità R~EJ/l, ed è collegato a una mensola avente rigidità Rm=lOOR. Confrontare le soluzioni considerando la situazione effettiva, oppure indeformabili le travi del telaio rispetto ai ritti. Soluzione.
Indichiamo con gli indici e, i le stilate esterne e interne (il telaio è simmetrico); quindi, ad es.,
R~EJ/l
(rigidità della mensola
R).
Le equazioni. Scriviamo a titolo d'esempio tre equazioni tipiche. Equazione di equilibrio alla traslazione per la travata 4 del telaio [form. 13.10]:
con X, dato dalla [13.11]
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
272
equazione di equilibrio alla rotazione per il nodo 4-i [13.9]: 6R 4'p" · 4R+2R ('P«+P,,+'P«+
'"h
Momento alla base della mensola
(h~3,5
273
m):
M,m~Rm[o+29'1m-6 (o,~O) ]~-10,64Ph
(sinistrogiro)
(se la mensola assorbisse l'intero carico, il momento varrebbe Mtot.=-24,5 Ph; quindi M 0 m=0,434Mtot.; si veda in proposito la fig. 13.17. Pertanto la presenza del telaio influenza sensibilmente più il momento che lo sforzo tagliante della mensola; ciò a causa della forte azione, di sostentamento per la mensola, applicata in sommità; par. 13.3.2c). Momento alla base del ritto della pilastrata interna i, compreso tra·i piani O, 1. (M,,),~R
6-f
[0+2
(o,-OJ] h ~-0,193Ph
h
s-f h
4-f h
3-f h
2 I
"* h
-'!· h
,
Fig. 13.16
e
:7-
, :i_
(se il telaio assorbisse l'intero carico e le travate fossero indeformabili rispetto ai . . . bb 1 . 6,5 p h ritti, SI avre e, per a stessa sezione, M=--4- z=-0,8125 Ph; quindi (M,,) 1 ~0,237
M. Si veda in proposito la fìg. 13.18).
b) Travi del telaio considerate indeforn1abili rispetto alle colonne.
I ritti (o colonne) sono considerati tutti di uguale rigidità R; rigidità della mensola Rm=100 R. Il numero delle equazioni scende da 28 a 14, essendo nulle le rotazioni dei nodi del telaio. Le incognite acquistano i seguenti valori. Spostamenti 0'1 , ••• , 0' 7 (a meno di Ph 2 /R; per ogni valore è segnata la differenza percentuale rispetto al caso di travi e ritti di uguale rigidità R):
e
0,03091 (23%);
0,09450 (34%); 0,16410 (38%);
0,27824 (43%); 0,31701 (46%);
0,22709 (41%);
0,34729 (48%).
Rotazioni cp 1 m, ... , rp 7m delle sezioni 1, ... , 7 della mensola (a meno di Ph/R): 0,07917; 0,11424; 0,12223; 0,11471; 0,10002; 0,08500; 0,07819.
Rotazioni
Rotazioni
.. ,
X 7 agenti sulla mensola (a meno di P).
Si calcolano con la [13.11]. 2,078;
1,352; 0,943; 0,776;
0,614;
1,096;. -1,370.
In sommità la mensola riceve quindi il notevole carico verso sinistra (X1= secondo quanto è stato detto nel par. J3,3.2c. . . Le sollecitazioni. Vengono calcolate con le formule [13.7], [13.8]; nporllamo alcuni esempi. Taglio alla base della mensola (Rm~lOO R): ~-1,370 P),
6Rm[rp m-2 T 0 m=-h1
(o,-0)] h =-5,45 P
(verso s1n1s ··t ) ~~
(se la mensola assorbisse l'intero carico, lo sforzo tagµante Varrebbe Ttot. = _:6,5 P; quindi Tom=0,838 Ttot.·- -Ovviamen~e T0 m·deve. risultare ugual~ alla somma delle Xi, che infatti risulta poco diversa; precisamente EXi~ 5,49 P).
0,06767; 0,05751; 0,04470; 0,03344; 0,02870.
Per esempio, ]o sforzo tagliante e il momento alla base della mensola valgono (tra parentesi i valori ottenuti per travi e ritti di eguale R)
Rotazioni Cf1i• ••• , 'P1i: 0,03602; 0,05401; 0,05836; 0,05509; 0,04816; 0,04291; 0,02273. I carichi X1 ,
... , rp 7m (a meno di Ph/R):
0,05347; 0,06961;
T,m=-5,01 P (-5,45 P; differ. 8,1%), Ph (-10,64 Ph; differ. 26%).
M,m~-1,85
Per interessanti confronti, si vedano le figure 13.17, 13.18. Come si è detto, nella fig. 13.18 sono indicati, per i valori dei momenti agli estremi dei piedritti, i loro rapporti con i valori che si avrebbero considerando il telaio isolato e le sue travate indeformabili. e) Possono interessare i valori dei momenti flettenti della mensola al variare del rapporto RmfRp (considerando indeformabili le travate del telaio). Per Rm/Rp= 100; 1000; 10.000, i valori M 0 m, ... , M 6 m sono, rispetto a quelli che si avrebbero per la mensola isolata:
Sez. Rm/Rp~lOO Rm/Rp~lOOO
Rm/Rp=l0.000 18 -
o
1
2
0,320 0,706 0,952
0,172 0,621 0,938
0,044 0,521 0,920
PoZZATI, IIML
3 -0,084 0,390 0,896
4 -0,236 0,192 0,859
5 -0,622 -0,181 0,789
6 -1,75 -1,24 0,60
Metodo dell'equilibrio
275
13.3.3. Telai piani aventi i nodi che ruotano e non traslano.
iljl
,,1'
È un caso particolare rilevante della soluzione dei telai trattata nel par. 13.3.1. Vedremo che i telai con i nodi liberi soltanto di ruotare possono in pratica venir studiati vantaggiosamente impiegando il procedimento iterativo di Cross, derivante pure esso dal metodo dell'equilibrio; utile anche per l'evidente significato fisico insito nelle sue operazioni (par. 13.4.2). Tuttavia può essere istruttivo e in qualche caso conveniente lo studio attraverso la scrittura delle equazioni di equilibrio, r---~
)) :a----,.--
1
I
L._
I l!Jj
A(
I B I I i---y, ,---11 I I
I
--r-I
J_ a)
1
I
-L
I
-L
b)
I
-L
I
-L
e)
d).
Fig. 13.19
~~ot.inc.
0,7
0,6
5
0.4
0,3
0,2
0,1
o che in forma tipica possono essere ricavate nelle due forme, nella sostanza coincidenti, dei movimenti o delle azioni equilibranti (par. 13.1).
Fig. 13.17
a) Equazione dei 111ovimenti equilibranti. 2 896
4, 888
3,236 a,5p
.,çc::·::.:_~~~~~,~~-!-~~,r7,~~~~~lil '
I
I
p p p
; 'Rt
,,
7
Rp
6
5
4
p
3
p
2
p
1
'
"':"
e
~??.
i
"
i '
~~
e
_ _ telaio isolato·
_____ Rm/Rrroo NB. i ritti hanrio lutti eguale rigidito:Rp=Elpfa
Dall'equazione generale [13,9], considerando nulli gli spostamenti ~ (quindi i corrispondenti y), si ottiene <13 . 9)
Mt==EAft,+4'P1ER;,+2ER;i'Pt i
i
(i==A, .,., D; fig. 13.19a)
[13,12]
Di tali equazioni se ne debbono scrivere tante quanti sono i nodi della struttura che possono ruotare, comprese quindi le estremità articolate, da considerare quali nodi comprendenti una sola asta (es. 13.4): ognuna di esse contiene al massimo 5 incognite (
Volendo scrivere l'equazione di equilibrio per un generico nodo J della struttura, non si fa altro che ripetere il ragionamento generale (par. 13.1), facendo avvenire un movimento per volta. Il nodo J si trova soggetto al movimento esterno M, (fig, 13.19) e ai momenti (cambiati di segno trattandosi di azioni mutue) che le sezioni estreme delle varie travi J-A, ... , J-C ricevono per le seguenti circostanze (fig. 13.19): I) Per i carichi in assenza delle rotazioni dei nodi: a una sezione generica è applicato il momento· d'incastro perfetto ~i supposto positivo, ossia destrogiro; il nodo riceve -};~i (i=a, b, e, d). i
Fig. 13.18
i
(lS, 9) BENDIXSEN,
v. nota 13.6.
276
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo Il) Per la sola rotazione destrogira q;1 : deriva da essa il momento
Momenti d'incastro perfetto.
~:r.,
somma dei momenti destrogiri applicati, per effetto di rp1, alle varie sezioni collegate in J; i1 nodo riceve - M 1*. III) Per le rotazioni, una alla volta, dei nodi circostanti A, ... , D, i cui effetti si ripercuotono sull'equilibrio del nodo J: se, ad esempio, indichiamo con _fja il momento applicato alla sezione J della trave J-A per effetto di Ma*= 1 (essendo Ma*, al solito, il momento che deriva dalla sola rotazione Cfa) il nodo riceve -fjaMa* dalla trave J-A, e dai vari nodi circostanti -EhiMi*· i
M 78 =-33,6 tm; al nodo 7 è applicato il momento sinistrogiro di -5,2 tm. Equazioni di equilibrio [13.12].
In definitiva, l'equazione di equilibrio alla rotazione del generico nodo J risulta C1a.10)' (i~a, b, e, d) [13.13] M,~EMJi+M,*+Efi,M;*; i
~.2pt1m
i
. I I lt lf I
©
[13.14]
Af,,~M,,+M,*e;<+M,*f.1,
[13.15]
® I 40l.J5
~ (j)
tc---7.50
qA;O
®
·ttftll.f
40/Js %
'30{,5
® z
:::; o/,
::i
4fYJ5 ~
7,;
'?7,
t
--+
Scriviamo ad esempio l'equazione per il nodo 7 (qi8=-
l'equ~zioi:e per i~·«~~do;> 1 fornisce, essendÙ l'asta 1-4 scarica,
M,,~M1,+ M/eii+ M,*e,,/2.
i
- -
6,00---;.f-- 6,00~ 7,50
Fig. 13.20
[13.16]
10-•~o
4,272
Esempio 13.6.
l,5914
Determinare lo stato di sollecitazione per la struttura della fig. 13.20. 1. Equazioni dei movimenti equilibranti (E=2 · 105 kg/cm 2).
1-4 2-5 4-5 5-6 5-7 7-8
....
,6)
@
e se la trave ha sezione costante, per la [13.14] si ottiene
Asta
7565
(j)
q:S.ot.4n, . ~,oo
L'equazione [13.14] dev'essere scritta per tutti i nodi che possono ruotare: per un nodo interno, essa presenta in generale le cinque incognite M 1*, Ma*, ... , Mri*; i coefficienti ht delle incognite Ma* ... , Ma* sono di solito molto minori del coefficiente (uguale a 1) di M 1*, e ciò è conveniente per la risoluzione del sistema di equazioni per via iterativa (cap. 2; secondo la [13.14], nel caso di quattro travi uguali [i,~ 1/8). Se la struttura ha un'estremità E incernierata (fig. 13.19), l'equazione dev'essere scritta anche per tale sezione; tuttavia essa può essere evitata tenendo conto della presenza della cerniera nel calcolo sia del momento d'incastro in F, sia della rigidezza, sia dei coefficienti di ripartizione (13 .n). Calcolate le azioni M*, si risale facilmente, sovrapponendo gli effetti, ai momenti agenti alle estremità delle varie travi. Infatti per una generica membratura i-i risulta
I
9
e se le aste sono prismatiche evidentemente si ha (par. 12.1.4) fi,~e,1 /2.
277
la cui soluzione è
I
(EJ/l) · 10-s
(h/b)
J (dm')
dm
(kgcm)
35/35 40/35 65/35 65/35 40/35 75/35
12,5 18,7 80,1 80,1 18,7 123,1
45 45 75 60 47 120
0,5556 0,8311 2,1360 2,6700 0,7957 2,0517
Sezione
(la.io> F. TAKABEJA, «Nouvelle méthode de calcul des ossatures ... », L'ossature métallique, 1935, 5; dello stesso A., ((Nuovo metodo di calcolo dei telai irregolari a nodi rigidi», Acciaio, 1962, 1; V. DI BERARDINO, «Il metodo delle deformazioni a una svolta... », Ingegneria ferroviaria, 1962, 1; V. DI BERARDINO e altri A.: «Nuovo metodo di calcolo: le strutture a telaio risolte con i momenti non equilibrati di nodo e di piano l}, Ingegneria ferro~ viaria, 1971, 10. 13 t .n> Se l'asta è prismatica, ed è caricata uniformemente, si ha M 1e=---ql2/8, Wfa=3R.
10-•'
10-3'
10-•.
I momenti flettenti alle estremità delle aste vengono calcolati con la [13.7] po' nendo r=O; per es. M,.~M.,+4R.,
2. Equazioni delle forze equilibranti.
Le incognite sono M4*• M5*, M?*; l'incognita M 1* può essere evitata avendo presente la nota 13.11. Rigi~ez~.e all~ rotazione. W ~necessarie per il calcolo dei coefficienti e; par. 12.1.4; momenti d inerzia delle sezioni e lunghezze delle aste si trovano riportate nel punto precedente). asta
1-4
2-5
4-5
5-6
5-7
7-8
e
3 0,833
4 1,662
4 4,272
4 5,340
4 1,591
2 2,052
w~cJ/l
Capitolo tredicesimo
278
Coefficienti di ripartizione L'W;,~
Nodo 5)
e 56 ~0,415,
Nodo 7)
q,.~0,563,
'
e.
W46 + W.,~5,105,
Nodo 4)
Metodo dell'equilibrio
q.,~4,272/5,105~0,837,
e.. ~o,163 ;
eirn=0,129'
e75 =0,437.
I momenti d'incastro perfetto sono stati riportati nel punto precedente; al nodo 7 è applicato il momento sinistrogiro di -5,2 tm. Equazioni di equilibrio [13.13]. Scriviamo ad esempio l'equazione per il nodo 7 (e 57 =0,124): 0,124
2
279
sp?ndenza di sezioni che intersecano tutti i ritti di un piano), lo studio è molto sempltce (par. 12.1.5): lo.sforzo tagliante Ti di un generico ritto viene ottenuto ripartendo lo sforzo taghante complessivo proporzionalmente ai momenti d'inerzia delle ~e~ioni dei vari ritti. appartenenti a un medesimo piano (o proporzionalmente alle r1g1dezze alla traslazione, nel caso di aste di diversa altezza); poi i momenti aUe estren1ità dei ritti vengono ottenuti moltiplicando i relativi tagli per la mezza lunghezza ?elle ~ste (o per I~intera lunghezza se sono incernierati alla base) . . ~a.se I1.t.el
-5,2~-33,6+M,*+--M,*.
a) Equazione dei movimenti equilibranti.
Si ottiene quindi il sistema:
Dall'equazione [13.10], considerando nulle le rotazioni (si pensano le aste prismatiche)
M,*-14,06~0
M,*+0,166
Ms*+0,4185 M,*+0,2185
M,*+0,062
Ms*-28,4~0
la cui soluzione è (il procedimento iterativo del par. 2.4.ta ha forte convergenza, come è mostrato nel punto seguente; altrimenti conviene il metodo di Gauss) M 7 *=29,36 tm.
Momenti flettenti alle estremità delle aste. Vengono calcolati con la [13.16]; per es.
P,-x:ri,-12L'-1-r"+12 L'--r"~o, i ajl b j1ì
[13.17]
R1i
Rii
co~ il significato dei simboli a suo tempo iUustrato. Di tali equazioni se ne debbono scnvere tante quante sono le travate che possono spostarsi. Ricavate le incognite y, ossia gli spostamenti, si calcolano le azioni alle estremità delle varie aste mediante le [13.7], [13.8], in cui sono da porre ancora nulle le rotazioni
b) Equazione delle azioni equilibranti.
M45 ~M45 +M,*e 45 +Ms*e"/2~-14,06+ 13,91-2,56~ -2,71
tm.
È riportato il diagramma dei momenti. b) Soluzione per iterazione continua del sistema di equazioni.
Seguendo il procedimento illustrato nel par. 2.4.la si ottiene: 1° ciclo) M 4*=14,06,
dei nodi, si ottiene
-
M,*+2,06~0
M 5 *= -15,43,
M 6*=-7,94,
M 7 *=28,89;
2°
» ) M 4*=15,38,
M 5 *=-14,81,
.M7*=29,32 ;
3°
)) ) M 4*=16,52,
M 5 *=-15,38,
M,*~29,35.
Consideriamo una travata generica j della struttura, soggetta alla forza esterna p. e agl~ sforz~ taglianti, cam?iati di segno, delle estremità dei ritti ad essa collegate; sforzi che dipendono al sohto, trascurando la deformazione per sforzo assiale dalle . ' seguenti circostanze (fig. 13.21): _!) Dai carichi in assenza degli spostamenti delle travate; e se indichiamo con Tjì Io ~orzo di taglio (positivo verso destra) per una generica sezione, la trave riceve -.J;Jjh essendo la somma da estendere a tutti i ritti collegati ad essa. II) 'Per la sola traslazione 01 positiva (verso destra) della trave j: agisce su di essa la forza -PJ*• somma (cambiate di segno) degli sforzi di taglio applicati aIIe
sezioni dei ritti in conseguenza di tale movimento. III) Per la sola traslazione Oa della trave inferiore a: alla trave j viene applicata la forza -f-Pa*L}i·ai• essendo la somma da estendere a tutti i ritti A-J, ed essendo raJ a
13.3.4. Telai piani aventi i nodi che traslano senza ruotare. · · Atiche qu~to è un caso particolare della soluzione dei telai trattata nel paragrafo 13.3.1. E interessante considerarlo perchè in pratica, quando i carichi agiscono nei nodi e hanno la direzione delle travate libere di spostarsi lungo il loro asse, frequentemente lo stato di sollecitazione è poco influenzato dalle rotazioni dei nodi ed è dominato dagli spostamenti; gli errori che si ottengono sono in genere non gravi, finchè le rigidita R dei ritti non superano quelle delle travi. E l'osservazione acquista particolare importanza, essendo sempre possibile, mediante operazioni preliminari con vincoli ausiliari, riportarsi al caso in cui i carichi agiscono nei nodi. Può essere opportuno ricordare che per i telai di forma regolare, per i quali le travate non sono interrotte e sono noti gli sforzi taglianti dei piani (ossia in corri-
il coefficiente di ripartizione per ogni ritto A-J quando avviene Io spostamento Oa (par. 12.1.5). IV) ;er la sola traslazione 00 : la trave j riceve, analogamente al pC1.nto III, la forza +Pb· }}r:bJ· b
In definitiva l'equazione di equilibrio è
P1-J;~i-P1*-l-Pa*J: -r:n1+Pb* J: -r:v1=0. '
Tal~
a
[13.18]
b
equazione, in cui le f~rze P* sono le incognite, dev'essere scritta per tutte le travi che possono traslare; 111 essa la seconda somma è da estendere a tutti gli ele~ menti che collegano j con a, e la terza a quelli tra j e· b.
·
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
280
Calcolate le forze P*, è semplice il calcolo delle sollecitazioni per un generico ritto J-A, lungo la, compreso tra le due travi j, a; e ad esempio, se il -ritto è prismatico·: 1Ja* (per le forze P*)=Pi*Tja-Pa*-raf, [13.19] Maj=Ma1-T1a*la/2; M1a=M1a--:-T1a*la/2,
o, ~0,03947
.{
.{
À3
o,~0,03509
e.
I momenti flettenti si calcolano con la relazione [13.7] e si ricava ad es.: M.,~-6Ry,.~
M56 ~-6Ry'"~0,0263
-0,2368 Ph,
Ph,
-0,0526 Ph.
Nella figura è indicato il diagramma dei momenti. 2. Forze equilibranti. a) Coefficienti di ripartizione delle forze (,,~
t
Considerando spostabile la sola travata 1:
u,: EU,,
par. 12.1.5).
T41=T52=T56=1/3 ;
I,,
A,
e,
M,,~ -6Ry 37 ~
T1,
b
J,
(c~Ph'/R~Ph 3/EJ)
1B2
IB,
1J
e quindi si ottiene
281
l
considerando lo spostamento della sola trave 2 (U65 =8U73), 7: 73 =1/9,
T65=8/9,
Equazioni di equilibrio [13.18] per le travi I, 2: P-P,*+ P,*8/9~0,
1t --IJ'[ r lS 1\ -,I I
>16; i" I I I
,
I
I
I I
I
•,_
•$,
I I
A,
I
I
2
>Ìò"' a
-P,*+P,*1/3~0,
>16'1" ~
I
R•
I
E
I
~
~----i
I
I I I
...L
...L
I I
?
6
•$,
iI
'I
h
...L
ì l 2h
ì l
I
"
@
Fig. 13.21
Fig. 13.22
e per un piedritto J- B, [13.20]
e da esse si ottiene 27
P,*~19P,
Quindi dalle relazioni [19.20] risulta, ad es.:
Esempio 13.7. Per il telaio della fig. 13.22 si considerano i nodi liberi soltanto di traslare, essendo prevalente la rigidità (R~EJ/l) delle travi rispetto a quella delle colonne. Le colonne hanno uguale sezione. 1. Movimenti equilibranti (t5i, i52 traslazioni delle travi 1, 2). Essendo y 14 =y 25 =81/h, y56 =(62 -t51)/h, y37 =fl 2/2h, l'equazione di equilibrio 13.17 fornisce per le travi 1, 2: P-12R · 2ò,/h'+ 12R (6,- o,)/h'~O,
-12 [R (o,-o,)/h'+(R/2) (l/2h)
6,1 ,,,J~o,
* _ 27 I _ 9 T 41 *-P1 T41-19P3-19P, ,,
Mu~M,.~-T.,* 2~-
9
38 Ph~-0,2368Ph.
b) Ogni forza P*, come è stato detto, è la forza che provoca il definitivo spostamento correlativo, essendo i rimanenti spostamenti interdetti. Quindi, posto c=EJ/h3 , si ottiene, ad es.: 27 I o, ~P,*/EU,~19 P 3 . 12 e 0,03947 Ph'/EJ.
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
282
Esempio 13.8. Risolvere il telaio della fig. 13.23, i cui nodi traslano soltanto; tutti i ritti hanno la medesima sezione (la colonna 4-1 è articolata alla base). Soluzione. Equazione dei movimenti equilibranti. , . . .. . In questo caso la sezione 1 è libera di ruotare. L equa~1one d1 equ1hbr10 all~ rotazione [13.9] scritta per <1 il nodo» 1, e quelle alla traslazione [13.10] per ,le travi 1,2 forniscono (y14=y25):
)-o
2 · 0,5R 2h·y37-,
qh ( 2R - + 6 ---y'" 2 h
e da esse si ottiene [c~qh'/EJ, y,,~JJ2h~(y 06 +y,.)/2] y 14 =0,09609 e,
cp1 =0,16497 e,
y"=0,02636 e.
6
ì
2
q
e in particolare con procedimenti iterativi, 1nediante i quali, se convergono, si tende alla soluzione ripetendo più volte un determinato ciclo di calcoli sino a raggiungere la voluta accuratezza. Le operazioni che vengono effet~ tuate con tali procedimenti possono avere una corrispondente interpretazione fisica utile agli ingegneri, sia per la comprensione dell'effettivo significato delle operazioni stesse, sia per le indicazioni che se ne possono trarre ai fini della progettazione delle strutture. In pratica i metodi iterativi sono convenienti se soddisfano due esigenze non sempre concordanti tra loro: da un lato quella di dar luogo alla ripetizione di semplici operazioni; dall'altro di ottenere la soluzione, o meglio un sufficiente livello di approssimazione, con soddisfacente velocità del processo iterativo. In qualche caso, come per il procedimento di Cross che vedremo nel paragrafo seguente, entrainbi tali requisiti si trovano· soddisfatti; in altri occorre cercare· una giusta via di mezzo. È opportuno aver presente che l'impiego degli elaboratori elettronici ha sconvolto la scala d'importanza di molti metodi matematici risolutivi, ma di ciò parleremo a suo tempo (cap. XV); giova però osservare che i metodi iterativi possono essere molto vantaggiosi nell'essenziale lavoro di tentativi e di verifiche che accompagna la scelta di una soluzione strutturale. 13.4.2. Telai con nodi che ruotano ma non si spostano: il metodo di Cross (13,l2).
2h
1 h
l
283
l
a) Il procedimento.
13.4.1. Osservazioni sui metodi iterativi.
Con tale procedimento tutti i nodi sono considerati all'inizio provvisoriamente bloccati e si calcolano, per effetto delle azioni esterne, i momenti d'incastro perfetto alle estremità delle varie aste, ottenendo al solito una soluzione congruente ma non equilibrata. Poi i nodi vengono allentati (quindi equilibrati) uno per volta, considerando impediti di ruotare i nodi intorno a quello sul quale si opera; ed è proprio questa idea del provvisorio incastro dei nodi circostanti che costituisce la chiave del procedimento, poichè sono allora note le rigidezze alla rotazione delle aste, ed è possibile applicare la semplice operazione di equilibramento illustrata nel par. 12.1.4. Equilibrato un nodo e calcolati i momenti di trasmissione (ossia i disturbi) nei nodi circostanti, si passa a un altro nodo e si ripete la medesima operazione sino ad ottenere lo smorzamento dei momenti trasmessi; smorzamento che, come vedremo, è in generale rapido, sicchè bastano pochi cicli di operazioni per ottenere il risultato voluto, ossia la soluzione equilibrata. Il procedimento richiede i seguenti calcoli preparatori: I. Momenti d'incastro perfetto. Al solito tali momenti sono considerati positivi quando essi hanno senso destrorso (ossia orario) alle estremità delle travi; se per una trave AB un'estremità è incernierata, non è necessario appli-
I sistemi di equazioni risolventi [13.l] o [13.3], tipici del metodo d')ll'e~ui: librio contengono quali incognite i movimenti a o le corrispondenti az1on1 equilibranti F*; le incognite possono essere calcolate in vari modi (cap. ID,
(13 ·12l H. CROSS, «Analysìs of continuous frames by distrìbuting fixed-end moments », Proceedings ASCE, 1930. Per altre citazioni si veda la bibliografia.
rj)
Fig. 13.23
Dalla [13.7] si ricava ad es.: M 52 =-6Ry14 =-0,5765 qh 2 , M.,~qh'/12+2Rg>,-6Ry 14 ~-0,1633 qh';
e analogamente, M00 ~-0,2415
qh',
M,,~ -0,1837
qh'.
Il diagramma dei momenti è indicato nella figura.
13.4. Applicazioni del metodo dell'equilibrio: procedimenti iterativi per l'equilibramento dei momenti.
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
care in corrispondenza di essa l'incastro provvisorio, e naturalmente il. momento d'incastro in B deve tener conto che l'estremità A è considerata hbera
(=-8 · 0,364); -2,9; -2,2, indicati con il numero II e scritti in colonna con quelli I; tali momenti II provocano nelle estremità opposte C, E i momenti trasmessi III=-2,9/2;;::-1,5 tm. Per ricordare che il nodo B è equilibrato, si traccia una linea dopo i momenti IL _ Si blocca il nodo Be si passa al nodo C: si calcola L'M=+l6,0-l,5= = + 14,5 tm, tenendo quindi conto anche del momento III trasmesso da B.
284
di ruotare. I loro valori per alcuni casi rilevanti sono riportati nella tab. 3.5. 2. Rigidezze alla rotazione. Vennero definite nel par. 12.1.3. Se, per una trave prismatica, l'estremità opposta a quella in cui si considera la rotazione è incastrata (vedremo che tale caso è fondamentale) si ha
285
(R=EJ/l);
W=4R, se è incernierata,
W=3R. D
E se la trave si trova in condizione di simmetria o di antirnetria
W (configurazione simmetrica)=2R,
W (configurazione antimetrica)=6R.
Relativamente alla trave di sezione variabile, si veda il cap. 3.2. 3. Coefficienti di ripartizione e. Sono stati definiti nel par. 12.1.4, a proposito della distribuzione di un momento M; applicato a ':1n nod~ in cui si uniscono più travi di rigidezza nota; per una qualunque dt esse s1 ha
M 1a=M1e1a,
con
e1a= W1a/EW 1,. i +22,4 Il+ 0,6
4. Coefficiente di trasmissione c. Data una trave AB, tale coefficiente definisce il momento d'incastro in B per una coppia agente in A, e vale 1/2 se la trave è prismatica, ossia
Il- 2,2
1+24,0
B 1"3641
lo=I
A
e
1 +mo
L'illustrazione del metodo è semplice seguendo l'esempio della fig. 13.24, per il quale si è supposto che tutte le aste abbiano la medesima rigidità R=EJ/l; può essere comodo disporre i dati come è indicato. nella stessa figura. Si calcolano dapprima i momenti d'incastro alle estrem~tà delle as:e caricate, e si scrivono i loro valori in corrispondenza delle relative estrennta, sopra o sotto l'asse della trave, indicandoli col numero romano I (M"= =-3 · 8'/12=-16,0 tm, M,,=+16,0 tm; inoltre, essendo l'estremità A incernierata, M,.= +3 · 8 2/8= +24 tm). Si comincia a equilibrare un nodo qualunque, per esempio B, mantenendo i nodi vicini bloccati (in questo caso il solo nodo C): si calcola il momento non equilibrato.EM=-16+24=+8 tm, che è fornito dal vincolo ausiliario; poichè tale vincolo non esiste, occorre annullare la sna reazione, ossia aggiungerla cambiata di segno. Quindi si ripartisce -.EM=-8 tm in parti proporzionali alle rigidezze delle travi che si uniscono in B (W,,=4R, W,,=4R, W,a=3R; e,,=4/11=0,364, e,,=0,3~4, e,.=3/11=0,272; i coefficienti di ripartizione e sono riquadr.ati i~ ~orrispon denza delle relative aste): si ottengono così i momenti di npartiz10ne -2,9
11-4,8
11/+0,5 li -Oi2 +[0,0
·-2,5 11!-0,1
I o
I
0
///- 1,5
Ovviamente il coefficiente di trasmissione è nullo se l'estremità B è semplicemente appoggiata; se la trave è di sezione variabile, si veda il par. 3.2.
-5,0 1/-0,2 11-4,8
~
fil
///-2,4
O
~1:;,<1~} I
!
--:::: ::::
I
j
F Fig. 13.24
Si cambia segno a .EM e si ripartisce -14,5 in parti proporzionali alle rigidezze delle travi che si collegano in B(W,a=W,1 =W,,=4R; e=4/12;;:: ;;::0,333); si ottengono così i momenti II=-14,5 · 0,333;;::-4,8, e i momenti III=-4,8/2=-2,4 tm. Per ricordare che il nodo C è equilibrato, si traccia una linea dopo i momenti IL Si blocca il nodo Ce si torna al nodo B, che non è più equilibrato, avendo ricevuto il momento III=-2,4 causato dalla rotazione del nodo C. Si ripartisce pertanto il momento III cambiato di segno, ossia lo si moltiplica per i soliti coefficienti di ripartizione, ottenendo i nuovi momenti II (0,9= + +2,4 · 0,364; 0,9; 0,6) e i corrispondenti III=0,9/2;;::0,5 tm. E così si prosegue, sino ad avere trascurabili momenti di trasmissione. Si sommano infine i momenti I, II, III in ogni estremità, e si ottengono i momenti definitivi; la loro somma, per le estremità facenti capo a l-Ìno stesso
286
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
nodo, dev'essere uguale all'eventuale momento esterno, quindi il più delle volte nulla. Il diagramma dei momenti flettenti può quindi essere tracciato facilmente, portando le ordinate dalla parte dei lembi tesi delle travi (fìg. 13.24). Se le aste hanno rigidità R diversa non si ha alcuna complicazione, come è mostrato nell'esempio seguente.
287
b) Rigidezze e coefficienti di ripartizione. Per esempio:
Nodo 4
aste
J(dm')
/(dm)
w
4-5 4-1
80,1 12,5
75 45
4J/l=4,272 3J/1=0,833
0,837 0,163 1,000
Esempio 13.9.
Studiare con il metodo di Cross la struttura della fig. 13.25, già esaminata con diverso procedimento nell'es. 13.6.
'
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""= ""- ""'
· J/-0,24 - - - - 1//-0,12 -JB,39 +.B,81
I
I I
I
W,,
@
(j) Fig. 13.25
Soluzione. a) Si calcolano i momenti d'incastro perfetto I: ad es., M,,=-3 · 7,5'/127" = -14,06 tm. Il momento applicato dallo sbalzo al nodo 7 è sinistrogiro; quindi è destrogiro quello applicato all'estremità incastrata dello stesso sbalzo (2,6 · 2'/2= =+5,2 tm).
La rigidezza dell'asta 7-8 vale 2R; quella dello sbalzo collegato al nodo 7 è nulla. e) Si comincia, per es., ad equilibrare il nodo 4 ottenendo i momenti II: +14,06·0,837=+11,77; 14,06·0,163=+2,29 tm; all'estremità 5 viene trasmesso il momento III=ll,77/2=5,89 tm. Si passa al nodo 5: l.'M=-12+14,06+5,89= =+7,95; si ottengono i relativi momenti II e III. Si passa al nodo 7, ove si ripartisce la somma, cambiata di segno, dei momenti I e III -(-33,6-0,49+5,20)=28,89; poi si torna al nodo 4, e così si prosegue sino a raggiungere l'approssimazione voluta. Si sommano infine, in ogni estremità, i momenti I, II, III; ad es., M 4 r,= -2,71 tm. Il nodo 6 è da considerare incastrato, perchè esso non ruota in virtù della configurazione simmetrica.
b) Osservazioni. Si è già accennato che, terminato il procedimento, la somma dei momenti relativi alle estremità di uno stesso nodo dev'essere uguale all'eventuale momento esterno: ad esempio, nel nodo 7 della struttura studiata nell'es. 13.9 si ha -17,07+ +11,87=-5,2 tm, uguale al momento sinistrogiro applicato allo stesso nodo (a sua volta uguale e contrario al momento d'incastro per lo sbalzo). . In corrispondenza dell'estremità J di una generica trave J-A, ogni momento ha un chiaro significato fisico: quello I è il momento d'incastro perfetto; la somma dei II fornisce il momento che provoca la rotazione della sezione J con l'altra estremità A incastrata; la somma dei III è conseguente alla rotazione della sezione A con quella J bloccata. Si ha pertanto che, per la definizione di rigidezza alla rotazione,
288
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
rotazione e le travi hanno rigidezza nota; il momento applicato a un'estremità di una trave (fig. 13.26c) dev'essere considerato, per il calcolo del momento I, .alla stregua di una qualunque condizior.ie ~i carico :elativa .a. una trave con appoggio e incastro, alla quale dev'essere attr1bu1ta al solito la rigidezza 3R. Poichè le rigidezze alla rotazione sono relative a travi aventi le estremità impedite di spostarsi, col metodo di Cross si studiano telai aventi i nodi liberi. soltanto di ruotare. Ma in certi casi è possibile tener conto anche degli spostamenti, adottando valori adeguati delle rigidezze (par. 13.4.4).
i disturbi sono i momenti III e il termine noto è la EM;;. Pertanto ogni operazione di ripartizione in un nodo corrisponde :fisicamente alla rotazione (non all'incremento di rotazione) dello stesso nodo, la quale raggiunge il suo valore finale al termine del processo iterativo. Il vantaggio, già illustrato nel par. 2.4.lb, è che il procedimento risulta autocorrettivo, per cui, se si compie un errore, questo può venire automaticamente eliminato nelle ope-
'
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~:~. 11-(;24)"'51 llc(l/24}2;5
:~
1+1/12
$
lilli
l?l§J
b) momenti a m&w di' qf
al, momenti a rneno di qf._
- 2;11 Il +13,91•
_::_1/!!!______
q' R
M
M
.
C: "® r A3RB4R~ e)
'
.
dbwm,enti__g,JI1ff!1Q_di_gl= Fig. 13.26
289
ff+(l/12) 1/3
1-1/12
BI®~-
"f1~ "''
-14-.06
lii- 2,56•
+15,87 •Il -5,11.
Il +13,83 lff-2,46
•111+6,92 // -4,92
Il +12,87
Ì//+6,44 ~
lii- 1,32 /I+ 11,77 I -14,06•
ll-2{i4
@]
//{+5,89 •I +14,06
lo41s I
I +12,00 111-3,19
e) Il metodo di Cross operando sui valori totali dei momenti ripartiti e trasmessi (anzichè sui loro incrementi): Il procedimento diviene autocorrettivo.
Se, in corrispondenza di ogni nodo, ogni volta viene ripartito il complessivo momento squilibrato somma dei momenti III e dei momenti d'incastro perfetto, si ottengono i momenti II e III totali, anzichè i rispettivi incrementi. Tale modo di procedere, che sostanzialmente non differisce dal procedimento originale già illustrato, è indicato nella fig. 13.27, nella quale è trattata la stessa struttura dell'es. 13.9: segnata in ogni nodo la J.:M;, (riquadrata), il primo ciclo coincide con quello solito; poi, nel secondo ciclo, si ripartisce, ad esempio per il nodo 4, la somma cambiata di segno dei momenti trasmessi (in questo caso il solo -1,32) e dei momenti d'incastro (EM=-14,06) e si ottengono i momenti totali, ovviamente approssimati, II ( +12,87, +2,51) e III ( +6,44). E così si prosegue sino a far coincidere i valori consecutivi dei momenti ripartiti. I momenti complessivi vengono ottenuti in ogni sezione estrema sommando al momento I gli ultimi II e III segnati nella figura con asterischi. La giustificazione di tale modo di procedere può esser riportata al fatto che, per quanto è stato osservato nel paragrafo b) precedente, il metodo di Cross coincide con la risoluzione iterativa del sistema di equazioni in cui figurano le azioni equilibranti incognite M,*=J.: lit,. Con l'iterazione continua vedemmo (par. 2.4.la) che per determinare, ad ogni fase, un valore più approssimato del valore di un'incognita, si deve sommare ai disturbi dovuti alle altre incognite il termine noto; ed è chiaro che nel nostro caso
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+B,81
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8l a· I
(j)
"" Fig,
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" 13.27
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razioni successive; in particolare, se viene cambiato il dimensionamento della struttura, e modificati di conseguenza i coefficienti di ripartizione, il proce- . dimento può essere proseguito adottaudo i valori dei momenti già ottenuti come valori approssimati. 13.4.3. Telai con nodi che ruotano e si spostano. Metodo di Cross generalizzato. È possibile tener conto anche degli spostamenti dei nodi e mantenere buona la convergenza del processo iterativo aggiungendo alcune operazioni a quelle del metodo di Cross, che, come si è accennato, è applicabile quando i nodi non si spostano; con il procedimento che verrà esposto è possibile studiare telai che abbiano, come si ha nella maggioranza dei casi, noto lo sforzo tagliante per ogni sezione generale che interessi tutti i ritti di un medesimo piano, ossia telai soggetti a qualunque condizione di carico, ma vincolati soltanto alla loro base (fig. 13.28) (lB.rnJ. 13 13 · >
<
19 -
Per alcune citazioni si veda la bibliografia. POZZATI,
11~1.
Capitolo tredicesin10
Metodo dell'equilibrio
a) Consideriamo il telaio della fig. 13.28, costituito da elementi prismatici, con il generico nodo J soggetto a un momento M positivo. Immaginiamo, in una prima fase, di impedire provvisoriamente mediante vincoli ausiliari, ossia con morsetti e appoggi, le rotazioni dei nodi (ad eccezione naturalmente del nodo J) e gli spostamenti delle travi: il momento può quindi essere ripartito nel modo consueto proporzionalmente alle rigidezze alla rotazione W= =4EJ/l; e se indichiamo al solito con e i coefficienti di ripartizione e con
ritti del piano comprendente quello i in esame. Analogamente, agli estremi di un generico ritto s del piano superiore sono applicati i momenti
290
291
[e]
e) Per la presenza dei momenti IV in corrispondenza delle estremità J-A e J-B, il nodo J non è equilibrato, per cni occorre applicare al nodo J l'ulteriore momento
F4
[d]
Hi,
che provocherà, come si è visto per Mi, il momento M/'=cM1'=c 2M1 ; questo, a sua volta, il momento M'"=c 3Mb e così di seguito, sino a raggiungere l'equilibrarnento del nodo. Gli effetti totali sono provocati quindi dal momento M, M,*=M,(l +c+c 2 +. .. )= - - = k1M1 [e] 1 -e essendo, per la [d], 1
Itr 11, 7,b,
Fig. 13.28
~"'
""'
i numeri II e III i momenti ripartiti e trasmessi, si ottiene, ad esempio per il ritto JA inferiore, [a]
b) Gli appoggi provvisori hanno dovuto fornire le azioni orizzontali 3 3 /h , con 1. sensi. m . d"1cati. nelia lì gura. p er el'1m1nare . /h H,=H a =-II·1aa' 2rr., J' 2 la presenza di tali appoggi, applichiamo le loro reazioni cambiate di segno, considerando ora tutti i nodi liberi di traslare ma non di ruotare (compreso il nodo J): allora le travi si spostano come è indicato nella stessa figura, e si inflettono soltanto i ritti collegati alla travata comprendente il nodo J, essendo infatti nullo lo sforzo di taglio complessivo ovviamente per i piani superiori (ai vari ritti collegati alla travata comprendente J), ma anche per i piani inferiori, poichè le azioni H a due a due si annullano. I momenti relativi a tal~ seconda fase, nella quale i nodi si spostano soltanto, possono essere calcolati semplicemente (par. 12.1.5): per un piedritto i del piano inferiore, essi sono sinistrogiri e uguali ad entrambe le estremità, e valgono
IV,= -(H0 J,jL:J) h./2= -s,II1,
,
[b]
essendo [13.21] \
il coefficiente di spostamento, J, il momento d'inerzia della sezione del ritto per il quale viene calcolato il momento IV cli spostamento, e L:J relativa ai
k1-·~---- l-e1aSa-(!jbSb
[13.22]
I momenti complessivi, corrispondenti all'equilibramento alla rotazione del nodo J (che ruota e si sposta) e dei piani (avendo eliminato le azioni degli appoggi ausiliari) dipendono da M,*, e sono dati dalle relazioni [a], [b], [e] moltiplicate per k 1• Pertanto, relativamente alle sezioni facenti capo a un nodo, per ottenere i momenti II1i si può ripartire il momento originario M1 per i coefficienti cli ripartizione [13.23]
mentre l'equilibrio del nodo J è ricomposto dai momenti di spostamento
IV, 0 =-IJ.iasa,
[13.24]
che verranno indicati tra parentesi.
d) Inoltre si hanno momenti cli spostamento anche per le altre estremità dei ritti che si collegano alla trave comprendente il nodo J; essi si ottengono facilmente, ad esempio per un piedritto i del piano inferiore, dalla relazione [b], ossia moltiplicando -II10 per s,; e per un piedritto s del piano superiore, dalla relazione [e], ossia moltiplicando II,, per s,. Ecco allora giustificato un punto saliente del procedimento: quando si vuole avere ad entrambe le estremità X cli un generico ritto x il momento IV, (dovuto allo spostamento relativo delle due travate alle quali si collega lo stesso ritto), si moltiplica per il coefficiente s, la somma, cambiata di segno, dei momenti II presenti in tutte le estremità dei ritti del piano, esclusa l'estre-
292
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
11
mità X stessa, perchè di II, si è già tenuto conto nell'eqnilibramento del nodo (punto e).
R
® R
e) In conclnsione il procedimento si svolge attraverso le seguenti fasi:
1. Si calcolano, per effetto dei carichi sia verticali, sia orizzontali, i momenti alle estremità pensate impedite di ruotare. 2. Si calcolano, in corrispondenza di ciascun nodo, i soliti coefficienti di ripartizione e=W/J.:W (con la somma estesa a tutte le aste del nodo);
poi, per i ritti di ogni piano, i coefficienti di spostamento
® R
41
R
R~E]!l
R
Esempio 13.10.
4m
R
® Rh
R
® i= I --- ®
R
R
a)
s=4 Jfl.:J (con
modificazione, ai casi non consueti di telai aventi colonne articolate alla base o di diversa altezza, o elementi strutturali di sezione variabile.
T
_,._ ® 21
---@
3
la somma estesa a tutti i ritti del piano). Si è allora iu grado di determinare, per i vari nodi, i coefficienti correttivi k [relaz. 13.22]; quindi i definitivi coefficienti di ripartizione e*=ke. 3. Prima di effettuare l'equilibramento dei momenti in corrispondenza di un qualunque nodo, si calcolano, per le sezioni estreme dei ritti (due o un~) collegate allo stesso nodo, i momenti di spostamento IV, seguendo la semplice operazione indicata nel punto d). È chiaro che, all'avvio del procedimento, tali momenti IV sono nnlli, poichè dipendono dai momenti ripartiti II presenti agli estremi dei ritti. · 4. Conviene applicare il metodo di Cross nella forma modificata, operando sul valore globale dei momenti (par. 13.4.2c). Quindi, in corrispondenza del nodo sul quale si intende operare, si moltiplica la somma, cambiata di segno, dei momenti I e degli ultimi III, IV (se vi sono) per i coefficienti di ripartizione, ottenendo i vari momenti II. Poi si moltiplicano i momenti II (cambiati di segno) delle sole sezioni estreme dei ritti collegate allo stesso nodo per i relativi coefficienti di spostamento; i prodotti vengono segnati tra parentesi. Il nodo è ora equilibrato. 5. Le stesse operazioni, indicate nei due punti precedenti, vengono effettuate per i vari nodi. Il calcolo ha termine quando i momenti ricavati in una fase dell'iterazione sono pressochè uguali a quelli della fase precedente. 6. I momenti definitivi vengono dedotti sommando i momenti I con gli ultimi II, III, IV (indicati negli esempi con asterischi). Come si è accennato, la convergenza è veloce, anche quando la rigidità dei ritti è superiore a quella delle travi. Il procedimento può facilmente venire adottato, con qualche leggera
293
5m
l
R
@) Rh
R
b)
@
e) Fig. 13,29
Soluzione.
1. Momenti d'incastro perfetto I. Si sono considerate azioni esterne orizzontali, ma nulla cambierebbe se agissero anche carichi verticali e coppie; nel presente caso si ha (par. 12.1.5)
I 13 , 1 =11 , 3 =-3 l+0,
Studiare, con il metodo di Cross generalizzato, il telaio simmetrico a due cam-
5
5 ;r=-5,00 tm,
pate della fig. 13.29, costituito da travi e ritti di eguale rigidità R e soggetto a forze
l4,i=I2,4=-2,5 tm.
orizzontali. Come è noto (vol. I, par. 10.4b), può essere considerato mezzo telaio con i momenti d'inerzia delle sezioni dei ritti centrali dimezzati e soggetto alla metà delle azioni orizzontali; per cui il telaio che rimane da studiare non è più simmetrico.
In corrispondenza di ogni nodo vengono segnate le relative somme dei momenti d'incastro perfetto,
294
Capitolo tredicesimo
2. Coefficienti di ripartizione e. Per il nodo 3: es,4=e3,1=es,r;=l/3. 0,5 Nod o 4: Q4,2=e4,6 O,S+l+O,S 0,25, e4,s=0,5. Nodo 5: e5 , 6 =e 5 , 3 =0,5. Nodo 6: e6 , 4 =0,333, e6, 6 =0,667. 3. Coefficienti di spostamento s (form. 13.21). Per il primo piano: s 3 , 1 =
!
Metodo dell'equilibrio
295
s~mma degli sforzi .di taglio ~ei ritti appartene!1ti ad uno stesso piano deve eguaglr~re lo_ sforzo taglrante del piano. Per l'esemp10 trattato si Ira: T(2o piano)=! t,
e mfatt1 (-0,32-l,44-1,26-0,97)/4=0,998; T (1° piano)= (-5,46-3,83-2,58-3,07)/5=2,99 t.
3 t, e infatti
Esempio 13.11.
Studiare !l telaio si~etrico della fig: 13.30, avente travi e ritti di uguale rigidità R=EJ/l. Puo essere studiato mezzo telaio soggetto ad azioni orizzontali dimezzate.
l;O,S =0,5, s4 ,2=0,25.
Secondo piano: S 3, 5 =0,5, s 6,4-=0,25. I coefficienti s vengono segnati lateralmente. 4. Coefficienti k (form. 13.22). 1 Nodo 3: k,=~-----
1 -es,1Ss,1-ea,1>sa,s
i
i
1 1-0,333. 0,5-0,333. 0,5 -J,S.
1 Nodo 4 ' k,- 1-0,25 · 0,25-0,25 · 0,25 Nodo 5: k,=1,333. Nodo 6: k 6 = 1,091.
1,143.
5. Coefficienti definitivi di ripartizione e*=ke. Nodo 3: ea,4*=ea,1*=ea,i;*=l,5 • 1/3=0,5. Nodo 4: Q4,2*=e4,6*= 1,143 · 0,25=0,286; e4 , 3*=0,571, ecc. I coefficienti q* vengono segnati intorno ai rispettivi nodi. 6. Può quindi venire iniziato il procedimento. Nodo 3: il momento IV è nullo, perchè non si hanno ancora momenti ripartiti; si moltiplica -2 I= +6,33 tm per i coefficienti e*=0,5 ottenendo i momenti ripartiti 11=+3,16 e quelli 111=+1,58; si moltiplicano i momenti II cambiati di segno dei ritti (-3,16) per i coefficienti di spostamento (0,5; 0,5), ottenendo i momenti -1,58; -1,58, scritti tra parentesi di fianco ai relativi II; ora il nodo 3 è equilibrato. Nodo 4: si calcola il momento «di spostamento» moltiplicando -EII (relativa alle estremità dei ritti del piano, in questo caso -3,16) per il coefficiente di spostamento del ritto (0,25), per cui si ottiene IV4 , 2 =-0,79, e analogamente IV4 , 6 =-0,79; quindi -EM=-E(I, III, IVJ=-(-3,11+1,58-0,79-0,79)=+3,17, u.,,=II.,,=3,17 · 0,286=0,91, rr.,,= =+1,82 con i relativi III uguali ai II dimezzati; i momenti Il, cambiati di segno, dei piedritti moltiplicati per i relativi s forniscono i momenti scritti tra parentesi (-0,23; -0,23). Il nodo 4 è equilibrato. Nodo 5: IV5 , 3 =-(3,16+0,91) 0,5=-2,04; -1.'(I, III, IV)=-(-l,33+1,58-2,04)=+1,79; II,,,=II,,,=+l,79·0,667= =+1,19; si pone tra parentesi il prodotto -1,19 · 0,5=-0,60. Nodo 6: IV,,,= =-(+0,91+3,16+1,19)0,25=-1,32; -1.'(I, III, IV)=-(-0,67+0,46-1,32+ +0,6)=+0,93; II,,.=+0,34, II,,,=+0,68; si pone tra parentesi il prodotto -0,34 · 0,25=-0,08. Si torna al nodo 3: IV,,i=-0,91·0,5=-0,46; IV,,,= =-(1,19+0,91+0,34)0,5= -1,22; -1.'(I, III, IV)= -(-6,33+0,91-0,46+0,60- l,22)=+6,50; II,,.=II,, 1 =Il 30 =+6,5 · 0,5=+3,25; si pone tra parentesi il prodotto -3,25 · 0,5=-1,62. E 'cosi si prosegue, sino ad ottenere uguali i valori dei momenti II per due iterazioni consecutive. La convergenza è ottima; bastano due iterazioni. 7. Controlli: Oltre ad avere nulla (o uguale all'eventuale momento esterno) la somma dei momenti delle sezioni collegate a ciascun nodo, si deve avere che la
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Fig. 13.30
Soluzione.
1. Momenti d'incastro perfetto: I,,,=-0,5. 4/2=-1,0 tm;
I,,,=-1,5. 5/2=-3,75 tm.
2. Coefficienti di ripartizione e (la rigidezza delle travi vale 6R): 4 4+4+6
0,286,
Q,,,=6/14=0,428;
es,a=0,6.
3. Coefficienti di spostamento (si considera mezzo telaio): s (lo piano)=s (20 piano)=3/4=0,75. 4. Coefficienti k:
k,
1 1-2 (0,286. 0,75)
1,751'
k,
1 1-0,4. 0,75
1,429.
Capitolo tredicesimo
296
Metodo dell'equilibrio
5. Coefficienti di ripartizione definitivi e*=ke:
tanto, se immaginiamo soltanto i nodi J liberi di ruotare, i ritti J-A, J-B, impediti di ruotare in A e in B, si trovano esattamente nelle condizioni della mensola dianzi citata; le rigidezze alla rotazione delle aste collegate in J valgono:
es,3*=0,571,
1]3 , 4 *=0,75,
297
Lo sviluppo del solito procedimento è indicato nella figura.
[13.27]
13.4.4. Telai con nodi spostabili: il caso del telaio simmetrico a una sola campata (le torri) <13. 14J. Un cenno al caso particolare di un telaio a due stilate uguali può essere interessante, per completare il quadro dello studio iterativo delle strutture a nodi spost~ bili, e come utile premessa all'esame della trave Vierendeel; ovviamente lo studio
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Yl;);.R.Jb
1~ ...... ::,M
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Fig. 13.31
fff,;.~
A
A
b)
a)
1
J
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'"m
Esempio 13.12. w,
Studiare il telaio della fig. 13.32, avente travi e ritti di uguale rigidità, già, risolto nell'es. 13.11 con il procedimento generale.
:m
può essere effettuato con il procedimento generale (es. 13.11), ma qualche osservazione può risultare opportuna e istruttiva. Per una mensola J-A incastrata in A e con I 'estremità J libera da vincoli e soggetta a un solo momento M, si ha la rotazione rp1=M/R, quindi la rigidezza alla rotazione (fig. 13,31a) [13.25] W=R,
Soluzione. 1. Momenti d'incastro perfetto (v. es. 13.11).
2. Coefficienti definitivi di ripartizione: ea,1=Q3,5
e il coefficiente di trasmissione, essendo Ma= -M, c~-1.
e il momento esterno ~ può essere ripartito proporzionalmente ad esse. Il passaggio al caso generale è allora facile: consideriamo lo stesso telaio soggetto ad azioni orizzontali; condizione di carico, questa, alla quale con appoggi ausiliari può essere riportata ogni altra condizione. Se immaginiamo al solito in una prima fase i nodi liberi soltanto di traslare, sappiamo facilmente calcolare i momenti d'incastro M alle estremità dei ritti; poi pensiamo di equilibrare due nodi simmetrici per volta, ripartendo la -E~i proporzionalmente alle rigidezze [13.27], e tenendo presente che i momenti trasmessi sono uguali e contrari ai momenti ripartiti, ossia che, secondo la [13.26], i coefficienti di trasmissione sono_ uguali a -1. E chiaro quindi che si riJ_Jete tale operazione di equilibramento per ogni coppia di nodi, e che la velocità d1 convergenza è molto forte perchè, pensando ad esempio travi e ritti di uguale rigidità R, ad ogni ripartizione un ritto assorbe soltanto 1/8 del momento squilibrato. Essendo la situazione antimetrica, il calcolo viene svolto operando su metà struttura. È facile rendersi conto che tale procedimento coincide in sostanza con quello generale: basta confrontare i risultati degli esempi 13.12 e 13.11, e constatare che i momenti ripartiti delle travi sono uguali. Mentre le apparenti diversità nel ricavare i momenti dei ritti dipendono dal fatto che con le rigidezze W=R si tiene conto simultaneamente dei due movimenti di sola rotazione e solo spostamento, mantenuti invece disgiunti nel procedimento generale (momenti II e IV). Notiamo infine che, se alla base le estremità sono incernierate, i pilastri inferiori hanno rigidezza alla rotazione nulla.
[13.26]
Tale richiamo è utile per l'esame del telaio simmetrico della fig. 13.31b, sottoposto a due coppie antimetriche ~: evidentemente sono nulle le azioni oriz~ontali alla base, perchè se esistessero dovrebbero essere antimetriche, ma sarebbero incompatibili con l'equilibrio della struttura; e sono nulli anche gli sforzi taglianti d~i ritti, per ognuno dei quali è quindi costante, se esiste, il diagramma dei momentt. Per(1 3 .1 41 p. PozzATI, «Una notevole semplificazione nello studio dei telai a due piedritti uguali, sottoposti a condizione di carico antisimmetrica», Il Ce1nento, 1946, 9.
R R+R+6R R R+6R
0,125'
0,143'
e,,,~6/8~0,75,
e,,,~6/7~0,857.
Lo sviluppo del procedimento è indicato nella fig. 13.32. Nelle iterazioni, come si è visto per il metodo di Cross (par. 13.4.2c), conviene operare sui valori globali dei momenti, ciò che richiede l'avvertenza di ripartire, ad ogni ciclo, la somma cambiata di segno degli ultimi momenti III e dei momenti iniziali I. Conviene iniziare il procedimento dal nodo 3, più fortemente squilibrato del nodo 1: moltiplicando la somma, cambiata di segno, dei momenti d'incastro per-
298
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
fotto -(-3,75-1)~4,75 per i coefficienti di ripartizione, si ottengono i momenti II ripartiti 3,56; 0,59; 0,59; questi ultimi due danno luogo ai momenti (III) -0,59. Si blocca il nodo 3, che è ora equilibrato. Si passa al nodo 5: il momento -E(I +III)~ ~1,59 dà luogo ai momenti (II) 1,36; 0,23, e al momento (III) -0,23. Bloccato il nodo 5, si torna al nodo 3: la somma dei momenti I (-4,75) e degli ultimi III (in questo caso il solo -0,23), cambiata di segno, viene ripartita; e così si prosegue, sino ad ottenere la stabilità dei valori II. I momenti definitivi si ottengono sommando 11+1,39• 11+{36
e) Telaio con i ritti caricati; la condizione di carico è antimetrica (fig. 13.33c).
In questo caso può essere evitata l'applicazione di un appoggio ausiliario, poichè i ritti, quando si considerano i nodi B, C impediti di ruotare, deformandosi egualmente non si trasmettono uno sforzo tagliante mutuo. Il momento d'incastro si calcola con la condizione che la sezione di sommità di ciascun ritto, soggetto al relativo carico, non ruoti; quindi si ottiene M,.~
-qh'/6,
Rigidezze e coefficienti hanno i valori calcolati in a); nella figura sono riportati i valori dei momenti.
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9
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W=R
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299
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A,
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(j) Fig. 13.32
IM~qf/321 Fig. 13.33
al momento I gli ultimi II, III segnati con asterisco (se avessimo operato sugli incrementi dei momenti, sarebbe invece stato necessario sommare tutti i momenti incolonnati). Esempio 13.13. Casi per i quali è sufficiente una sola ripartizione. Per semplicità si considerano trave e ritti di eguale rigidità R. a) Telaio soggetto a una forza orizzontale (fig. 13.33a). È il caso più semplice del procedimento esposto nel presente paragrafo. Momenti di incastro per le estremità dei ritti: M=-Ph/4. Rigidezze e coefficienti di ripartizione: eoa~ 1/7,
nella stessa figura sono riportati i valori dei momenti. b) Telaio con la trave soggetta a carico verticale antimetrico (fig. 13.33b). q(l/2)' . Momento d'incastro perfetto Mbc= - - -- · 8 Rigidezza e coefficienti di ripartizione hanno i valori ricavati in a); nella figura sono riportati i valori dei momenti.
13.4.5. Travi Vierendeel. a) Sono travi costituite da due correnti in genere rettilinei, collegati da aste verticali, comunemente dette montanti (fig. 13.34). L'unione rigida delle aste nei nodi è condizione indispensabile .rer l'equilibrio, quindi non potendo questo risultare soddisfatto dalla presenza dei soli sforzi assiali, le travi Vierendeel sono sensibilmente più onerose delle corrispondenti travature reticolari, e vengono di solito impiegate quando non può essere accettato l'ingo1nbro determinato dalla presenza delle aste diagonali. Se i correnti sono paralleli e i vincoli esterni sono appoggi semplici, poco resta da aggiungere, per la soluzione della trave Vierendeel, a quanto è stato detto a proposito dello studio dei telai, essendo chiaro che, calcolate le reazioni degli appoggi e ruotata la trave di 90° (fig. 13.34d), essa diviene un normale telaio per il quale le due stilate sono i correnti e le travi sono costituite dai montanti (le reazioni H alla base sono ovviamente nulle, essendo il carico nel suo complesso equilibrato). Proprio per la banale osservazione fatta e per quanto è stato detto a proposito dei telai a due stilate (par. 13.4.4), è facile rendersi conto che, se i due correnti sono uguali, l'ipotesi dei nodi che traslano soltanto, ossia dei montanti indeformabili rispetto alle relative aste dei correnti, può dar luogo in genere ad errori non elevati, almeno finchè la rigidità Rm~EJmfh dei primi non è inferiore a quella R,~Elc/). delle seconde; infatti le rigidezze dei montanti (ossia delle travi) valgono 6Rm, mentre quelle nelle aste dei correnti (ossia dei ritti) valgono Re. In ogni caso, e specialmente
Capitolo tredicesimo
Metodo del! 'equilibrio
quando i correnti sono eguali (es. 13.12), il perfezionamento del calcolo è semplice. Ciò purchè non si debba mettere in conto la deformazione per effetto dello sforzo assiale, cosa, come sappiamo, in genere lecita, purchè la trave Vierendeel non sia molto snella; o non sia, ad esempio, incastrata alle estremità, perchè allora l'inde~ terminazione statica riguardante il diagramma dei momenti relativo alla trave Vie~ rendeel considerata nel suo complesso (che, come vedremo, interviene nel calcolo delle azioni interne) deve passare attraverso particolari condizioni di congruenza.
tera trave (accennammo già ad esso nel punto precedente) si ripartisce proporzionalmente ai momenti d'inerzia delle sezioni delle coppie di aste dei correnti, per cui
300
J.,
T.,~ T, J. +J. ab
de
,
301
Ta,~T, J. +J. ab
e se Mt è il momento flettente dell'intera trave (in corrispondenza della mezzeria del campo considerato), gli sforzi assiali dei correnti valgono N.,~-N.,~-Mtfh.
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a)
e) Fig. 13,34
i; ,..<.....>....
tH
...<......>...
!H
In ogni caso lo sforzo (non la deformazione) assiale gioca un ruolo rilevante nello stato di sollecitazione dei correnti; mentre per i montanti acquista in genere importanza lo sforzo tagliante, oltre, s'intende, all'azione ftessionale. Sempre in tema di questioni preliminari, notiamo infine che per una trave Vierendeel semplicemente appoggiata è immediato il calcolo dei diagrammi dello sforzo tagliante T, e del momento flettente M, per l'intera trave (fig. 13.34b,c); diagrammi che saranno utili per quanto verrà esposto. b) Soluzione approssimata considerando i 1nontanti indeformabili rispetto alle aste dei correnti (spostamenti dei nodi senza rotazioni).
Questo calcolo, che, come si è detto, in genere non dà luogo a forti errori fìnchè Rm :;;::: Re, è in ogni caso utile premessa per successivi affinamenti; esso ricalca com-
pletamente quanto già è stato detto a proposito dei telai con nodi che traslano soltanto (par. 12.1.Sb). Possiamo pensare che i carichi agiscano in corrispondenza dei nodi, essendo in ogni caso facile ricondursi a tale schema con il solito ricorso ad appoggi ausiliari. Allora le maglie si deformano nel modo indicato nella fig. 13.35b, e le due aste çrizzontali di una stessa maglia hanno, per l'ipotesi fatta, le estremità che non ruotano e si spostano ugualmente, per cui hanno un flesso nelle mezzerie. Quindi, se immaginiamo di praticare un taglio a metà di un generico campo A (fig. 13.35c), le azioni interne si riducono ai soli sforzi taglianti e assiali facilmente calcolabili. Infatti, per quanto sappiamo (par. 12.1.5), lo sforzo di taglio T, dell'io-
S'intende che, in conseguenza degli sforzi taglianti [13.28], alle estremità delle aste dei correnti si hanno i momenti
entrambi sinistrogiri (se Tt è positivo), quindi negativi; e poichè lo stesso calcolo può esser fatto per l'adiacente campo Ab, alle estremità del montante si ha M,0 =-(M,a+M,1), T,,~T,,~(M,,+M,b)/h.
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
302
Il calcolo è quindi molto semplice. Consideriamo ad esempio la trave Vierendeel della fig. 13.36, per la quale il momento d'inerzia del corrente superiore è doppio di quello relativo al corrente inferiore. Gli sforzi taglianti e i momei:ti flettenti complessivi (ossia per l'intera trave) nelle mezzerie A, B, C delle tre maghe valgono 3 p p
TA=4P,
Ts=-4,
Tc=-4'
1 M e =-Pk 8 ' ["-- I.~-- 2!. ---~ !. ~
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quindi, per le aste dei correnti si ha
T2,a=Ta,4=-P/6,
T 6 , 5 =P/4, T,,,= T,, 6 = -P/12, 2).
).
M 2 , 1 =M1,2=-T2,1 z=-PÀ/4,
M,,,=M,,,=-T,,, 2=+PA/6,
M,,,=M,,,=+PA/12,
M" 6 =M,,.=-P)./8,
Mo. 7 =M,,,=+PA/12,
M,,,=M,,,= +PJ./24 ;
e per i montanti, ad es.,
M,, 6 =-(M,,,+M,,,)=+PA/12, 1 T,,.=(M,,,+M,,,)/h=g
M 6 , 2 =+PA/24, p).
h;
.
p).
h
Anche il calcolo della deformata è semplice, ricordando che (poichè~ secondo l'ipotesi fatta, i nodi traslano senza ruotare) lo spostamento relativo delle sezioni estreme di una generica asta i orizzontale vale Vt= TiJ.;, 3/12EJi. Occorre però avere presente che, una volta sommati gli spostamenti vi delle varie aste di un corrente, le sezioni in corrispondenza degli appoggi di solito presentano uno spostamento rela" tivo Ll, e non risultano quindi a livello (fig. l3.36a); per cui occorre imprimere alla trave una rotazione rigida Ll/L e valutare i conseguenti movimenti. Tornando al caso dianzi svolto (fig. 13.36) -
PJ.3 24EJ '
e) Montanti defor1nabili (i casi in cui le rotazioni dei nodi hanno sensibile in" fiuenza) (la.1t>).
Fig. 13.36
3 2J T,,,=4P3J=P/2
1 2
N2s=-- - - ,
P J.' '1 n.' v, (totale)=4 12EJ --y; ).= 32EJ .
11 11 I
111111111111111111+111111111
3 p). N12=-N5s=-MAfh=-- - - , ' • 8 h
quindi, ad es. sotto il carico risulta
8
--
I
infine gli sforzi assiali per i correnti valgono
PJ.' ( 1 8 1 ) '1=vo.,+v,,,+v,,,= !2EJ 4-12-12 =
4
i
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I '2]
'2]!
a)
'e
!B
303
Quando la rigidità Rm=EJm/h dei montanti è inferiore a quella delle aste dei correnti, l'ipotesi dei nodi che traslano soltanto può dar luogo a sensibili errori. Però i 'affinamento del calcolo è molto semplice se i correnti sono uguali, e quanto è stato esposto nel punto b precedente costituisce la fase preliminare necessaria per la deter" minazione dei momenti d'incastro perfetto. Calcolati questi, può poi essere appliM cato il procedimento iterativo esposto nel par. 13.4.4, a proposito dei telai aventi due stilate uguali e soggetti a carichi orizzontali: l 'identita dei due tipi di strutture è al solito evidente quando si consideri la trave Vierendeel ruotata dt 90°, soggetta oltrechè ai carichi alle reazioni degli appoggi (fig. l 3,34d) e tenendo presente che, come osserveremo in seguito, i due correnti non subiscono spostamenti relativi a causa della deformazione dei montanti. Quindi le rigidezze valgono Wm=6EJm/h per i montanti, W0 =EJ0 /A 0 per le aste dei correnti; e i coefficienti di trasmissione valgono -1; occorre l'unica avvertenza, per altro ovvia, di effettuare le operazioni di ripartizione anche in corrispondenza dei nodi estremi. Ma non è il caso di dilun" garsi, perchè nulla cambia rispetto a quanto venne illustrato a suo tempo, ed essendo il calcolo mostrato con evidenza nell'es. 13.14. Lo studio della trave Vierendeel, considerando i nodi liberi di ruotare oltrechè di spostarsi, resta abbastanza semplice anche quando i correnti sono diversi, potendo applicare il metodo di Cross generalizzato (par. 13.4.3), del quale venne mostrata un'applicazione proprio per un telaio avente due stilate diverse (es. 13.11). Esempio 13.14.
Studiare la trave Vìerendeel della fig. 13.37 (avente i due correnti uguali), tenendo conto sia degli spostamenti, sia delle rotazioni dei nodi. C13•10 > P. PozzATI, «Sul calcolo delle travi Vierendeel », Giornale del Genio civile, 1947, 2; Bollettino Ingegneri Costruttori, Bologna, 1948, 10. Un ampio capitolo dedicato allo studio de11e travi Vìerendeel (anche continue) si trova nel vol. di l(LouCEK citato nella bibl. finale.
Capitolo tredicesimo
304
Metodo dell'equilibrio
= AM1ot.; ma, essendo la trave appoggiata, si ha L'(AM, 01 ,.)~0 [infatti 2(- 7,89+ +2,63+2,90+2,37)= ~01. È nulla anche la somma dei momenti definitivi in tutte le estremità delle aste dei correnti, perchè le operazioni di ripartizione non hanno comportato modificazioni dello sforzo tagliante delle aste dei correnti [infatti: -6,76-9,04+4,34+ +o,91 +2,67+3,13+2,32+2,41 = ~01. È nulla anche la somma dei momenti alle estremità dei montanti, dovendo essa eguagliare (per l'equilibrio dei nodi) la precedente somma. E allora è nulla la somma
Soluzione: a) Momenti d'incastro perfetto (nodi liberi soltanto di traslare): M,,,=M,,,=-V,J1,,/4=-7,89 tm, M,,,=M,,,=(-7,89+10) 5/4=+2,63 tm, ecc.; b) Rigidezze e coefficienti di ripartizione:
asta 1-2)
J (sez. a T)=230,9 dm',
asta 1-6)
J (sez. 70/40)=114,3,
1=40 dm, W (a meno di E)=lJ//=5,77 dm';
a)
I
'1i
W=6J/l=18,05;
quindi, in corrispondenza del nodo 1, Q1,,= 18,05/(18,05+5, 77)=0,758'
J.<.A=4m
L~ --~~ - m~ l
~
400
500
~--
('
i'
b)
80
1
550
450
------· con defarmazione per iforzo assiale .
fl-2.41• 1/-2,35
o
-9,04-
Il -0,82
/{ -0.90 ffl +0,60• •111-081 /I -083• •11-0,9! ~
•I +2,90 I +2,37• lii +0,72 Il -0,65 IL~ llt+0.67 lll+0,82 ff -0.73. Il -060 ffl +0.60'• •lll+0,83 ff -073• •Il -0,50 +2,32
Q2
1-l=H QI
+2 7
•I +2,63 I +2,90• 11/-0,89 11-0.72 {f -0.80 111+0.53 flf-0,82
l
d} liriee elasticlie ;___ senza deformazione per efor;:o assiale
[@j®
111-2,18 Il +0,82 Il +1.03 111+0,90• Il +2J6• •iiT-2,16 !I +0;81• +4,34 -ti76 '11/ +1,01
tI rI
40
----'4
Q
111-1,1! Il +2,18 111-1,03*
I
=-----
>I f< -------,,
lrf=2,11t
111-1,st !!+Q89 I!+ 1.11 111+0,80
t'
~=4m
.
Il +!,91
rI
l I
I I I I I l/F~~
C} diagramma dei momenti flettenti: - - - senza, ~efonµazione jler iforzo assiale -----· ron dç/ormm:ùme per fforzo assiale
- r~ ·[.. ,jr:: 4,
1f=?89t
I -7,89• ., -7,89 f +2,53•
,,.
>I 80 f<
1-·-·-·-·2-.--·-·-·-3-·-·-·-·--4-------·5
~
i' t' I'
N.B. tulle le aste hanno la sezione 70140
lh,z=0,242.
In modo analogo vengono calcolati gli altri coefficienti di ripartizione.
t"''
305
t
,,
0.3an 1conE=250000kg/cm21
___ _____ _ ..:.
•! +2,37 !//+Ofi5 Il -o,67 •fll+0,73 •li -D,68
------------ ------------
--- ------·
+2,4!
----~
Fig. 13.38
+3,t3
+0,91
degli sforzi di taglio dei montanti; per cui se avessimo pensato di impedire gli spostamenti orizzontali dei correnti con appoggi ausiliari, le reazioni di questi sarebbero in definitiva nulle. In conclusione, per la deformazione fl.essionale delle aste, i correnti non manifestano uno spostamento relativo orizzontale.
Fig. 13.37
e) Il calcolo è indicato nella fig. 13.37: le varie operazioni d~ ripartizione sono state iniziate nel nodo 1; quando, dopo esser giunti ~l nod? 5 SI .tor~a al nod l,_ si debbono ripartire (volendo procedere calcolando I ~alor1 totah dei i;iom~ntl Il e III; v. par. 13.4.4) gli ultimi momenti trasmessi. III (m questo caso s1 ha 1! solo -1,11) associati di nuovo alla somma dei momenti d'incastro I (-7,89). !~pro.cedimento viene protratto sino a ottenere valori dei momenti II e III stab11Izzat1. Le somme dei momenti indicati con asterisco forniscono i momenti definitivi.
d) La somma dei momenti I è nulla, perchè per ogni maglia di luce Ji. la somma dei quattro momenti alle estremità delle due aste dei correnti è uguale a Ttot.A=
1
d) Osservazioni. Nei procedimenti di calcolo precedentemente illustrati non si è tenuto conto, per le aste dei correnti, della deformazione per effetto dello sforzo assiale. Nella fig. 13.38 sono riportati i diagrammi dei momenti flettenti ottenliti mettendo o no in conto l'influenza di tale deformazione per una trave Vierendeel a maglie uguali, con correnti e montanti di eguale sezione, per due diversi valori del rapporto h/J.; e si ha quindi conferma che I 'influenza è modesta anche per sensibile snellezza della 20 -
POZZATT, 11-1.
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
trave. Tuttavia, come è già stato accennato, vi sono c~si (ad e~empio la !!ave doppiamente incastrata) in cui per la natura staticamente 1ndeterm1nata del diagramma dei momenti il calcolo dev'essere completo. .
mente alla precompressione (fig. 13.41). Si comprende che, in tali casi ibridi, il comportamento «a trave Vierendeel » resta limitato alla parte della struttura comprendente le maglie quadrangolari. Ricordiamo infine che i correnti delle travi Vierendeel,
306
La trave Vierendeel continua (fig. 13.39) può essere .studiata adotta;:ido .co':"e
-
configurazione principale la trave semplicemente appogg1a~a ~ogget~a ai ca~i~h1 e
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alle reaz1om degh appoggi iper-
statici, da determinare con le relative condizioni di congruenza; e a tale proposito può essere utile quanto è stato osservato nel precedente punto b in merito alla deformata di una trave Vierendeel. Un valore approssimato di dette reazioni può essere ottenuto adottando per esse i valori relativi alla trave continua prismatica. La trave Vierendeel viene impiegata abbastanza frequentemente negli edifi~i _ad .1:so 17bi: tazione, quando a1 p1an1 inferiori occorre eliminare qualche pilastro e, per l'utilizzazione degli spazi, non è possibile far ricorso a travi reticolari con aste dia-
gonali (o «di
Fig. 13.39
paret~»):_fatrave
può comprendere più p1an1, r~a lizzando una specie di Vierendeel multipla (fig. 13.40 e fig. 16.4); _oppure es~ere m~ trodotta in corrispondenza di un solo piano, preferendo cosi localizzare le difficolta HE400R I ! \
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Fig. 13.41
e in particolare quello compresso, debbono essere adeguatamente controventati, onde impedire sbandamenti laterali.
13.4.6. Strutture i cui nodi subiscono spostamenti noti. a) Telai soggetti a variazioni della temperatura media. In tale caso gli spostamenti dei nodi sono noti se la struttura e gli effetti termici sono simmetrici, e se si omette al solito la deformazione per effetto dello sforzo assiale.
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Fig. 13.40
J % r ~ ~% %ii?ì costruttive. In questo caso è possibile alle volte far r~corso a una configurazione mista comprendente maglie quadrangolari e triangolate, ciò che co-1~se11;te la presenza delle aste di parete dove sono più elevati gli sforzi taglianti totalt, ricorrendo eventualw
Fig. 13.42
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Così, ad esempio, per il telaio della fig. 13.42 si ha Oa=a1laL1t1 (essendo a, il coefficiente di dilatazione termico), o,=a,l,Llt1 ; quindi, se le aste sono prismatiche, calcolati i momenti d'incastro perfetto con l'espressione Mi= =6EJ,!J,/h,', si diffondono poi gli effetti procedendo ad esempio col metodo di Cross; e se le travate hanno rigidità R sensibilmente superiore a quella dei ritti, il calcolo può essere arrestato alla prima fase. S'intende che il segno
Metodo dell'equilibrio
Capitolo tredicesimo
308
del momento d'incastro è conseguente al senso dello spostamento; e che, quando la colonna ha un'estremità articolata, si ha M,~3EJ,b,jh, 2 • Se la struttura non è sirmnetrica, lo studio può essere effettuato ricorrendo al solito ad appoggi ausiliari, da applicare preferibilmente in corrispondenza dei nodi destinati a subire i minori spostamenti, per avere una situazione statica iniziale il più possibile prossima a quella definitiva. Dunque, una volta applicati gli appoggi ausiliari, si pensa la struttura soggetta agli
effetti termici; e allora gli spostamenti sono noti e le sollecitazioni possono essere calcolate facilmente. Poi si considera la stessa struttura soggetta alle reazioni degli appoggi fittizi cambiate di segno, ricadendo in procedimenti di calcolo noti. Nella fig. 13.43 è riportato sinteticamente il calcolo relativo a un caso elementare, per il quale si suppone la trave indeformabile rispetto ai ritti. Gli effetti del ritiro del calcestruzzo sono approssimativamente riportabili, per quanto riguarda il calcolo delle caratteristiche di sollecitazione, a
l __,, 2S:
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~" Mba=-3E]ojt';,,-3C 2 Mbc =+6EJ8/z =+6c.
e) Osservazioni.
È opportuno aver presente che gli stati di sollecitazione considerati in questo paragrafo derivano dafl'ipotesi del comportamento elastico, spesso poco credibile quando si tratta di strutture di calcestruzzo armato: infatti, se tali effetti maturano molto lentamente, le strutture iperstatiche trovano la possibilità di attuare i movimenti impressi con notevoli capacità di adattamento per tramite di fessurazioni del calcestruzzo, delle attitudini plastiche e viscose dello stesso calcestruzzo e dei vincoli. E evidente che queste complesse vicende, rese ancor più incerte quando le azioni sono ripetute, non possono venire interpretate dall'ipotesi elastica, facendo ricorso a un :fittizio valore da assegnare al modulo di elasticità. I risultati che si ottengono operando in tale modo sono da considerare soltanto indicativi, per cui in genere non vale la pena di affinare molto i calcoli che si fondano su basi poco attendibili. Su tale argomento, che già molto brevemente considerammo (vol. I, cap. VII), torneremo in seguito a proposito delle questioni pratiche da tener presenti nella progettazione (vol. II, parte za, par. 4.2.2c).
13.4.7. Sollecitazioni secondarie per tralicci aventi le aste collegate rigidamente e caricati in corrispondenza dei nodi.
Fig. 13.43
J<'-l
309
- C30/) + C30/7 11-3C 3/7! "-3C 4/7 1-3C I l.+6C
®
Fig. 13,44
nn 'equivalente diminuzione della temperatura. A tale classe di effetti conseguenti a valori prescritti degli spostamenti dei nodi sono riferibili anche quelli dovuti a deformazioni di natura viscosa (voi. II, parte 2", par. 1.2.4), particolarmente importanti per strutture precompresse. b) Effetti per cedimenti noti dei vinco/i. Lo stato di coazione può derivare anche da cedimenti dei vincoli di entità prescritta. I loro effetti si calcolano nel modo consueto: ossia facendo avvenire i movimenti considerando i nodi ) impediti di ruotare (non necessariamente dove le estremità sono articolate); poi, determinati i momenti d'incastro perfetto, si completa il calcolo procedendo come si è visto precedentemente. Un semplice esempio è riportato nella fig. 13 .44.
a) Osservazioni preliminari. All'esame di strutture iperstatiche per le quali i valori degli spostamenti dei nodi sono praticamente indipendenti dalle incognite staticamente indeterminate, può essere come vedremo ascritto il calcolo dei momenti flettenti per le travature triangolate (o tralicci) aventi le aste collegate tra loro rigidamente. Infatti considerata, per un traliccio a nodi rigidi, la struttura principale ottenuta pensando che i nodi siano cerniere, si debbono introdurre alle estremità di ogni asta i momenti conseguenti agli svincolamenti praticati. Ma i carichi agenti sulla struttura principale inducono soltanto sforzi assiali, quindi è noto che, se le aste sono snelle, i momenti provocano variazioni molto tenui degli stessi sforzi assiali (voi. I, par. 6.2), per cui gli spostamenti dei nodi sono da ritenere praticamente dipendenti dalle sollecitazioni del solo regime isostatico. Inoltre, se le aste sono snelle, i momenti danno in genere un contributo poco rilevante anche allo stato tensionale; tuttavia può essere utile vedere come il calcolo possa venire effettuato nel caso in cui interessi conoscere gli effetti derivanti dalla connessione rigida nei nodi. Il metodo dell'equilibrio consente di scrivere le equazioni risolventi nelle forme [13.1] o [13.3], con incogniti i movimenti indipendenti a o le corrispondenti azioni F*; ed è chiaro che, per le travature reticolari piane a nodi rigidi, le incognite sono tre per ogni nodo (due spostamenti e una rotazione). Ma in pratica è lecito supporre, come abbiamo ricordato, che gli spostamenti dei nodi siano in genere pochissimo influenzati dalle azioni flessionali, per cui essi possono venire dedotti facilmente pensando la travatura con gli stessi nodi a cerniera C13 •16); quindi è facile calcolare i momenti d'incastro perfetto che annullano alle estremità dei vari elementi le rotazioni, rendendo però in genere non soddisfatto l'equilibrio dei nodi alla rotazione. L'equilibrio può essere poi ricomposto scrivendo le relative equazioni «dei movimenti equilibranti l>, o distribuendo i momenti secondo il metodo di Cross; e non s'incontra alcuna difficoltà, perchè in tale fase del calcolo gli spostamenti dei nodi possono essere considerati nulli. Per la determinazione delle rotazioni delle aste e dei conseguenti momenti d 'incastro perfetto, 1'applicazione del principio dei lavori virtuali comporta calcoli <13·16 l Nella memoria di MOHR citata nella nota 13.6 le equazioni di equilibrio de.i nodi con incognite le rotazioni vennero utilizzate per il calcolo dei momenti alle estremità delle aste dei tralicci.
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
spesso laboriosi, dovendo far ricorso a vari sistemi di forze ausiliarie (v. par. b); per cui può risultare conveniente il metodo grafico di Williot che ricordiamo brevew mente, anche per l'utilità del suo impiego nel calcolo della deformata di una travaw tura reticolare.
congiungente AC, indipendentemente dalla direzione della tras]azione del carrello), si costruisce facilmente proprio sulla base e'a, come è indicato nella stessa fig. 13.46b. In definitiva, sovrapposti i due diagrammi, lo spostamento del punto e
310
311
,c~'_.,___,c
b) La deformata di una travatura triangolata con i nodi a cerniera. Come è stato detto, è utile il metodo grafico di Williot (13·17\ Nella fig. 13.45 è indicata una semplice travatura per la quale il nodo A è fisso e l'asta AB mantiene la sua direzione orizzontale; procedendo per via grafica col metodo di Cremona, o per via analitica con più sezioni di Ritter, si calcolano le variazioni di ·1unghezza .,'.li di ogni asta. Nel diagramma della stessa figura gli spostamenti sono riferiti all'origine O coincidente col punto A che è fisso: il punto B, che non si sposta essendo l'asta 1 inerte,
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e) caso simmetricoi origine in O coincide anch'esso con il punto O; il segmento .J 5 è, nella scala prefissata, lo spostamento dell'estremità D (considerata appartenente all'asta 5) per l'allungamento della stessa asta 5; il segmento L1 4 è lo spostamento della sezione D (considerata appartenente all'asta 4) per l'accorciamento dell'asta 4. Le rette ortogonali ai segmenti L1 5, L1 4 rappresentano le traiettorie che le estremità D delle aste 5 e 4 de_bbono percorrere per tornare a congiungersi; e pertanto il loro punto d'intersezione d fornisce lo spostamento del nodo D rispetto ad A. E così si prosegue ricavando la posizione di un nodo, una volta determinata quella di due nodi vicini. Se non esiste un'asta che mantiene la sua giacitura fissa, non si hanno complicazioni. Riferendoci ad esempio alla travatura della :fìg. 13.46, basta supporre provvisoriamente che una qualunque asta, quale ad esempio la 1, mantenga la sua direzione originaria; per cui, procedendo come è stato ricordato precedentemente, è facile ricavare il diagramma degli spostamenti. È chiaro però che, così procedendo, il movimento del punto C non soddisfa la condizione che non debba aversi uno spostamento verticale relativo tra le due sezioni A, C; quindi è necessario sovrapporre agli spostamenti già determinati quelli che risultano da una rotazione rp dell'intera travatura intorno .ad A. Tale aggiuntivo diagramma di spostamenti si ottiene molto facilmente per via analitica o anche graficamente, come suggeri Mohr: basta osservare che, adottato un riferimento cartesiano con l'origine in A, se (x,., Yr) sono le coordinate di un generico punto R, nella rotazione da imprimere all 'intera travatura gli spostamenti di R (rispetto ad A) valgono Llxr='PYn Ayr='PXr· Per cui il diagramma dei movimenti aggiuntivi dei nodi (rispetto ad A) è dato da una figura simile allo schema del traliccio, disegnata a partire dal punto A e-ruotata di 90° rispetto allo stesso schema; figura che, essendo noto dal diagramma già tracciato Io spostamento e'a da imprimere al nodo C (~postamento ortogonale alla / <13 ·17 > M. WILLIOT, «Notions pratiques sur la statique graphiqUe», Anna/es du Génie civil, 1877. Si vedano ad es., per una chiara esposizione del procedimento, le opere citate nella bìbl. di o. BELLUZZI (vol. I, par. 312) e di s. 'T:rMOSHENKO (par. 6.3).
b) diagramma degli spostamenti
assumendo la direzione A ~B arbitrariamente fissa (origine inA)
Fig. 13.46
rispetto ad A è dato dal segment? e'e (rispettando così la condiz~one che tra A e C si abbia uno spostamento relativo soltanto secondo la traslazione del carrello); e lo spostamento di un generico punto R è dato dal v~ttc:>re .r'r. Ricordiamo infine che la scelta tanto del punto di riferimento, quanto della direzione dell'asta considerata fissa è arbitraria, e che pertanto una scelta felice può
f'VSVSVl 1,
Rf ;.
J
a)
IS
1SIZSJ7~1/l Fig. 13.47
b) semplificare il diagramma; cosi, ad esempio, se il traliccio simmetrico della fig. 13.46 è soggetto a condizione di carico simmetrica, conviene considerare fiss? il punto O .di mezzo dell'asta DE superiore, e tener conto che questa resta orizzontale (:figura 13.46c). Lo spostamentc:' relativo brs d~lle estr.e~ità. di .una gen~rica. as~~ R-s. può e~se~e determinato semphcemente per vta anahtica zmpzegando_ il pr1ncp10 dei lavori virtuali: si applicano nei nodi R e S due forze 1:nitarie di_ segno. oppos~o, entramb~ dirette normalmente all'asta (fi.g. 13.47); se S sono gh sforzi ass1alt conseguenti
312
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
a tali carichi ausiliari e S quelli effettivi,
313
dere più concrete le idee, il seguente sistema /ç11a1 +ku.a2+k13a3+/ç14a4=Fo1-F1
k21a1 +k22a2+k23a3+k24CT4=Fo2-F2
Tale modo di pro~e~e~e può essere conveniente quando è limitato il numero delle aste per le qualI s1 intende calcolare gli effetti derivanti dalla connessione, quindi gli spostamenti Or.~· e), Ji;Ion1enti flettenti per le aste (carichi agenti nei nodi). Per il calcolo dei momenti intere~sa .soltanto con
;
poi, se come si è già detto si procede ad esempio con il metodo di Cross (par. 13.4.2), i mo1nenti possono venire facilmente equilibrati. Frequentemente le .aste d~l c?rrente che sostiene direttamente l'impalcato di un
ponte o la copertura d1 un ed1fic10
~ono
i;10lto più rigide delle altre aste (fig. B.47);
e allora per queste ultime gli effeti1 ffess1onali possono essere tralasciati. . d) ,ca_richi agenti a_nche sulle aste. Con l'applicazione di vincoli ausiliari la soluz1c:ine e ricondotta facilmente al caso precedente: basta al solito considerare in una p~1~a fa~c la struttur~ .soggct~a al.le az~oni e~terne con g~i sros.tan1~nti
13.5. Riduzione del numero dei movimenti incogniti e delle relative condizioni di equilibrio. Procedimento «dei movimenti primari impressi». a) Il numero delle equazioni risolventi [13.l] o [13.3] può essere ridotto; e le operazioni sono abbastanza semplici eliminando i movimenti incogniti a
per i quali sono nulle le correlative azioni (F,-F). Consideriamo, per ren-
k 31a 1 +k32a 2 +k33a 3 +/ç34a 4 =0
[a]
k41a1 +k42a2-l-k4aaa+k44CT4=0'
con omogenee le due ultime equazioni di equilibrio relative ai movimenti a 3 , a 4 • È possibile esprimere a 3 , a 4 in funzione di av a 2 ponendo prima a 1 = J, az=O, poi a 1 =0, a 2 = 1: si ottiene a 3 =c31a 1 +c32a 2 , a 4 =c4l.a1 +c42 a 2 e, in definitiva, sostituendo nelle prime due equazioni, un sistema di sole due equazioni nelle incognite primarie a 1 , a 2 • I valori così ottenuti di a 3 , a 4 rendono
verificate le due equazioni di equilibrio riguardanti tali movimenti, qualunque siano i valori di av a 2 • Ed è chiaro l'aspetto sostanziale delle operazioni descritte: alcuni movimenti ai vengono impressi uno per volta, e in funzione di ciascuno di essi si determinano i valori che altri movimenti debbono acqui-
stare per rendere soddisfatte le correlative condizioni di equilibrio; impiegare il metodo dell'equilibrio operando su una struttura già in parte equilibrata corrisponde, quando si impieghi invece il metodo della congruenza, ad adottare una struttura principale iperstatica, per la quale qnindi una parte delle condizioni di congruenza è stata preliminarmente introdotta. Il modo di procedere illustrato può essere detto «dei movimenti primari impressi» per sottolineare l'operazione preparatoria con la quale, come si è visto, si riesce ad elin1inare una parte dei Inovimenti incogniti: frequentemente con1e movimenti primari è possibile adottare gli spostan1enti, essendo
nulle le coppie applicate nei nodi (es. 13.15); il calcolo può venire programmato per l'impiego di un elaboratore elettronico (par. 15.2.5) C13.l 8). Ovviamente la stessa riduzione può essere operata sul sistema di equazioni << delle azioni equilibranti ». b) È appena il caso di osservare che il medesimo procedimento può essere adottato, però con operazioni un po' più complesse, anche quando nel sistema non si abbiano equazioni omogenee. Riferendoci ancora al preceden~ caso di quattro equazioni, e indicando per brevità con vi i termini noti (F0 i-Fi), è possibile, ad esempio, eliminare a 3 , a 4 dalle prime due equazioni considerando ordinatamente nelle ultime due: a 1 =1, a 2 =v 3 =V 4 =0; a 2 =1, a1 =v3 =v4 =0; v3 , v4 , a1 =a 2 =0; e ricavando ogni volta i corrispondenti valori di x 3 , x 4 che vanno poi sostituiti nelle prime due equazioni, nelle quali compaiono quindi soltanto a1 , a 2 •
(rn.ia) Si veda ad es: P. PozzATI, «Il metodo delle deformazioni impresse: strutture spaziali - reticoli di travi ad asse rettilineo e curvilineo)), Costruzioni metalliche, 1959, 4. L'applicazione del n1etodo (con alcune oppurtune modificazioni) al calcolo delle dighe è illustrata nella nota di M. FANELLI, <1 Il calcolo approssimato delle lastre curve mediante funzioni d'influenza di una speciale classe di travi continue i>, Energia elettrica, 1967, 9. Per applicazioni a graticci, si veda per es. R. ALESSI, ((Reticoli di travi ortogonali ed obliqui)), Costruz;oni in c. a. (corso di perfezionamento presso il Politecnico di Milano),
1964.
314
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
È evidente che tale modo di procedere (in genere non conveniente per la risoluzione di un sistema di equazioni) si basa sul carattere lineare delle equazioni stesse e sulla possibilità quindi di sovrapporre gli effetti. Può essere alle volte adottato, ad esempio, nello studio delle strutture con i nodi spostabili, per isolare, come è stato già accennato, le sole equazioni di equilibrio correlative agli spostamenti, la cui scrittura risulta facilitata anche per il chiaro significato fisico delle operazioni, riportabili in definitiva alle seguenti fasi: 1) si pensano tutti i nodi impediti di spostarsi e, per effetto dei carichi, si consentono le rotazioni; ad es~pio per l'appoggio fittizio che impedisce lo spostamento ai si ha la reazione R1 ; 2) si imprime uno spostamento ai= 1 per volta, consentendo ogni volta le rotazioni; per cui, in corrispondenza dell'appoggio fittizio che impedisce lo spostamento flj, si trovano le reazioni l:R'1iai, essendo R'1i la reazione in j per effetto di ai=l; i 3) si scrivono le equazioni di equilibrio relative agli spostamenti. Ad esempio. per quanto riguarda il generico spostamento a1 risulta:
b) Si imprime il solo spostamento 0b=1 cm (c5a=O), e si consentono le rotazioni dei nodi (fig. 13.48d). Applicando ad es. ancora il metodo di Cross si ottiene:
-
(i=l, 2, ... ,j, .. ., n)
a)
M5,a=-2,532 Ob,
M 3 , 5 =-3,037 Oo,
315
M 3 , 1 =1,519 60 ,
M 1 , 3 =0,760 00
,
A tali momenti corrispondono le azioni orizzontali: H,~2,785
2t
b
5
Ha~ -3,924
J,,
J,.
"-
6
ì
~t 4m
4t
3
\.'.,-
_!!:
r.-
4m
dove i vari R'1i possono essere considerati ancora coefficienti di rigidezza, però con significato più generale; 4) determinati gli spostamenti primari °i si ricavano i vari effetti utilizzando il lavoro svolto nella fase 2. Quindi, in sostanza, non si ha nulla di diverso dal procedimento originale; il vantaggio di avere un numero ridotto di equazioni richiede il prezzo del lavoro preparatorio.
{}
I<-
l"6m
_,,,
2l X
-,
Ob,,,fcm
v_r,
__!J
Esempio 13.15. Studiare il telaio della fìg. 13.48 con il procedimento «dei movimenti primari impressi)). I ritti e le travi sono realizzati tutti con REA 240 (J=7763 cm4); le diagonali con U 40 (A~6,21 cm'). a) Si imprime il solo spostamento Oa=l cm (Ob=O) consentendo le rotazioni dei· nodi (fig. 13.48b): come abbiamo visto (par. l;l.4.6), questo caso può essere risolto molto semplicemente ad esempio col metodo di Cross perchè, una volta impresso lo spostamento prescritto (Oa=l cm), i nodi debbono esser poi mantenuti fissi (ed è in tale modo rispettata la condizione per l'applicabilità dello stesso metodo). Si ottengono così i seguenti momenti (fig. 13.48c; Oa in cm, M in tm)
3,038 Oa, Ma,1=-5,316 t5a, M 6 , 6 =-3,038 Oa, M5,3=
4,809 (ja, Mi. 3 =-5,569 Oa, M 3 , 4 = 0,506 aa. Ma,6=
A tali momenti corrispondono le azioni orizzontali: Hb=-2(M6 , 3 -'t-M3 , 6)/h=-3,924 Oa
(in t con Oa in cm; rivolta verso sinistÌa),
Ha~2(M,,,+M,,,)/h-2(M,,.+M.,,)Jh~+3,924+5,443~9,367
d)
Fig. 13.48
. Inoltre? a causa del movimento impresso, le diagonali danno luogo alle azioni or1zzontah H,~23,851 J,, H.~-23,851 o,. e) Le equazioni di equilibrio. Gli spostamenti Oa, 00 debbono aver valori tali da rendere le somme delle azioni Ha, Hb (calcolate precedentemente come loro funzioni) uguali ai carichi esterni, quindi:
(47,703 J.-23,851 J,)+(9,367 J.-3,924 J,)~4 (-23,851 J.+23,851 J,)+(-3,924 a.+Z,785 a,)~2;
Ja.
Inoltre, a causa del movimento impresso, le diagonali 4-5 e 4-1 (lunghe la=7,21 m) risultano tese, le altre due compresse; quindi danno luogo alle azioni orizzontali (E~2 · 10') EA Ha=4z;;cos 2 f>· 0a=47,703 Oa (in t con Oa in cm),
[a]
e si ottiene c5a=0,216 cm,
J,~0,301
cm.
L'~n~uenza delle diagon.a~i, deri';'ante ~elle equazio?-i d~~ primi t~rmini tra parentesi, e molto forte. Noti 1 valori degh spostamenti, utilizzando l calcoli svolti
316
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
nei punti a, b, si calcolano i valori delle sollecitazioni; ad esempio
fittizi. E s'intende che, se gli spostamenti di due (o più) nodi j, j' debbono avere ugual valore e senso concorde od opposto per condizione di simmetria o d'antimetria, conviene pensare simultanea l'applicazione dei loro spostamenti. Nel caso di un nodo sul bordo del reticolo (o interno) connesso elasticamente con un vincolo, nulla cambia rispetto al procedimento consueto: quando si imprime il movimento che deforma il vincolo, si deve mettere in conto la correlativa forza esterna provocata dallo stesso movimento. Infine, se la sezione di una trave è variabile, occorre valutare tale circostanza nel calcolo preparatorio relativo al reticolo soggetto
M,,,=+3,038 v.-2,532 o,=-0,104 tm, N (asta diagonale 4-1)=
N(asta diagonale
6-3)=~:
~:
317
cose· v.=3104 kg,
cosO(-a.+o,)=1210 kg;
e analogamente si ottiene M 3 , 5 =0,127,
M 3 , 1 =-0,694,
M,,,= -0,977 tm .
7
f
d) I coefficienti calcolati consentono di risolvere anche il telaio senza aste dia~ gonali. Nelle equazioni [a] basta omettere i primi termini che per l'appunto dipen~
16' I I I
} I
2
4
3
72
Il
'
I I
aa=l,778 cm,
5 :1
che sono molto superiori a quelli calcolati precedentemente. Dai risultati del punto e) si ha inoltre conferma della limitata importanza che, per le strutture snelle (vol. I, cap. VI), hanno in genere i momenti flettenti, dipendenti da condizioni di iperstaticità, quando esiste una configurazione isostatica per la quale i carichi inducono soltanto sforzi assiali. Utilizzando ancora i coefficienti ricavati nei punti a, b, si ottiene M5,a=3,038 Oa-2,533
'
I I I I I
I
l
dono dalla presenza di tali aste, e si ottengono gli spostamenti
8
:1
~ lI
M '
II
~
i
MX
w,w
w,>7/m,
a)
X
M 3 ,5=-1,24,
M 1 , 3 =-7,45 tm.
Esempio 13.16. a) Per lo studio di un reticolo piano di travi caricato normalmente al suo piano medio (x, y) si hanno, procedendo col metodo dell'equilibrio, 3 movimenti incogniti per ciascun nodo (lo spostamento Oz= w e le due rotazioni fPx, rpy), e può essere facilmente scritta la corrispondente equazione tipica facendo avvenire un movimento per volta, come si è visto ad esempio per ricavare l'equazione di Gehler (par. 13.3.1). Impiegando il procedimento «dei movimenti primari impressi» le incognite si riducono ai soli movimenti w. Al solito si pensa di imprimere lo spostamento w=l a un nodo j per volta, immaginando quindi tutti gli altri nodi impediti di spostarsi per la presenza di appoggi fittizi, ma liberi di ruotare; per cui le condizioni di equilibrio riguardanti i momenti risultano soddisfatte. I coefficienti di rigidezza, ossia le sollecitazioni (e in particolare le reazioni degli appoggi, compreso quello in j, necessario per mantenere immutato lo spostamento unitario ivi impresso) possono essere determinati applicando il metodo di Cross, mettendo eventualmente in conto anche le rigidezze torsionali delle travi, ammesso che valga la pena di computarle (punto e). Allora le equazioni di equilibrio [13.1] riguardano le sole traslazioni, per cui se con "Vj/ indichiamo la reazione nel nodo j per lo spostamento 1 impresso in i, i vari spostamenti w debbono acquistare valore tale che, ad esempio nel nodo j, [a]
essendo i 'indice i esteso a tutti i nodi, quello j compreso. Tutto ciò vale se i carichi F agiscono nei nodi. Se agiscono fuori di essi, gli accorgimenti sono i soliti: basta in una prima fase impedire gli spostamenti con appoggi
Fig. 13.49
ai movimenti elementari, utilizzando per esempio quanto è stato esposto nel par. 3.2 o in testi più ampiamente dedicati all'argomento (v. nota 3.1). Nel successivo capitolo (par. 14.2.3) vedremo che, in particolare per reticoli a maglie regolari con la possibilità (in pratica frequente) di omettere la rigidezza torsionale, il metodo della congruenza può venire utilmente impiegato. b) A titolo di esempio, consideriamo il graticcio della fig. 13.49, costituito da quattro travi della medesima sezione (due incastrate e due appoggiate alle estremità), soggetto a un carico P (normale al piano medio x, y) agente nel nodo 1. Pensiamo trascurabile la rigidezza torsionale, che d'altronde può essere introdotta facilmente (v. punto e). Imprimiamo ad es. lo spostamento unitario al nodo 1: procedendo come si è visto nel par. 13.4.6 vengono facilmente determinati i diagrammi dei mo~ menti (si considerano positivi quelli che comprimono l'estradosso), indicati nelle figure 13.49c,d; quindi, considerate le varie campate disgiunte e soggette alle estremità ai relativi momenti, si calcolano le reazioni degli appoggi fittizi. Le stesse operazioni vengono poi effettuate anche per i restanti nodi; in questo caso semplici, essendo uguale la «geometria » dei quattro nodi, quando sono soggetti allo spostamento 1. Riuniamo i risultati di tali calcoli preliminari nello specchietto a pagina seguente.
Capitolo tredicesimo
Metodo dell'equilibrio
Per lo spostamento w1 (si indicano con Mx, My i momenti aventi come asse momenti x e y; si pone c=EJ/l'):
Quindi, in corrispondenza del nodo 1, i coefficienti di ripartizione valgono
318
trave 6-1-2-9)
trave 7-1-4-12)
M 1 y=3,6cw1 ,
M 2y= -2,4cw1 ,
V1 =9,6cw1 /l,
V2 = -S,4cw1/l;
M1x= -5,6cw1 , M4X= -3,2cw1 ,
Mix=5,2CW1, M 1 2x= l,6cw1 ,
V,=19,2cw,/l,
V.= -13,2cw,/l.
V2 =9,6cw2 /l,
M 1y=-2,4cw2 , V1 =-8,4cw2/l;
Max= -5,6cw2 , M3x= -3,?cw2 ,
Mzx=5,2CWz, M 11 x= 1,6cw2,
V2 =19,2cw2 /l,
V,= -13,2cw,/l.
,
l
29,62 -8,80 0,05 -13,21
2
r
o
-13,2
-8,4
j {: :,'
"
}={
e,,.=0,392,
e,,,=0.043
-8,80 29,62 -13,21 0,05
0,05 -13,21 29,62 -8,80
-13,21 0,05 -8,80 29,62
J
poco diversa da q_uella trovata nel punto precedente omettendo la rigidezza alla torsione. In definitiva, i valori degli spostamenti, tenendo conto della rigidezza alla torsione, valgono (a meno di Pl'/EJ) W1~0,0548,
Wa=0,0202,
w,=0,0304
e non tenendone conto, come si è visto, W1=0,0573,
Analogamente per i nodi 3, 4. Le equazioni [a] riportate nel presente esempio valgono quindi (c=EJ/l')
__2~;! 2~:: -1~,2 -l6' o -13,2 28,8 -8,4
e,,,=0,043,
e già indicano la tenue importanza della rigidezza alla torsione delle travi 1-4, 1-7. In tale caso, eseguiti i semplici calcoli preliminari, la matrice dei coefficienti è
Per lo spostamento w2 : M 2y=3,6cw2
e,,,=4/7,667=0,522,
319
p~~)c}
28,8
w,=0,0267,
w,=0,0217,
Noti gli spostamenti si risale, utilizzando i calcoli preliminari, alle sollecitazioni. Esempio 13.17. Il procedimento dei .movimenti primari impressi può venire utilmente impiegato anche per lo studio approssimato di strutture a volta schematizzabili come un
e la soluzione è (a meno di Pl/c=Pl'/EJ) W1=0,0573,
w,=0,0267,
w3 =0,0217,
w,=0,0326
(considerando la trave 7-1-4 isolata, incastrata in 7 e in 4, si ottiene w1 =0,0417Pl3/EJ). Utilizzando infine i· precedenti calcoli preliminari risulta ad esempio:
z
M 7 x=-5,6 cw1 +1,6 cw4 =-0,269 PI, M1y=3,6 CW1-2,4 CW2=0,142PI' M 1 x=5,2 CW1 -3,2 CW4 =0,193 PI
(considerando la trave =-0,25 PI).
7-1~4
J
isolata, incastrata in 7 e in 4, si ottiene M 1x=-M1x= Fig. 13.50
e) Per Io stesso reticolo studiato in b) mettere in conto la rigidezza torsionale. Tale affinamento è semplice: nella ripartizione dei momenti in corrispondenza di un generico nodo, basta tener conto cfella rigidezza a torsione delle travi calcolando i corrispondenti coefficienti di ripartizione e. Calcoliamo ad es. i coefficienti e per il nodo 1 (valgono anche per i restanti nodi) relativi alla rotazione nel piano x; z. Le rigidezze valgono:
w,,,=4EJ/l,
w,,,=GJt!l,
w,,,=3EJ/I,
w,,,=GJtfl;
se le travi sono di calcestruzzo armato e la loro sezione è rettangolare con l'altezza h doppia della larghezza b, risulta
EJ 1,3 EJ 1 GJ,/l"' -l- (h/b)' "'-!- 3
.
reticolo di elementi a prevalente sviluppo lineare <13 ·19J. Un esempio significativo è quello di una diga realizzata con una lastra curva, vincolata al terreno lungo il contorno, salvo il bordo superiore ovviamente libero. Immaginiamo la superficie media della lastra solcata da due famiglie di linee tra loro ortogonali che per le loro caratteristiche possono e~ser dette «archi», aventi curvatura sensibile, e« travi» o« mensole», con curvatura piccola o nulla (fig. 13.50). In un nodo generico j sia l'origine dei tre assi coordinati z, y, x diretti rispettivamente secondo la normale e le tangenti alle due curve suddette che si incrociano nel <13 ·19 > Vedi nota (13.18). Per lo studio delle strutture bidimensionali sono preferibili i metodi «alle differenze» e ((degli elementi finiti», quando non siano possibili, s'intende, soluzioni <(esatte».
Capitolo tredicesimo
320
nodo: quando si imprime lo spostamento elementare le distorsioni angolari
az unitario si hanno per I 'arco
tratte dell'arco
XIV
CAPITOLO
IL METODO DELLA CONGRUENZA (O DELLE FORZE)
L1l1a= -1 sen 01a,
con conseguenti loro sforzi assiali, e azioni assiali (in genere trascurabili) per le due aste della mensola. Osservazioni analoghe sono possibili per lo spostamento by= 1 impresso allo stesso nodo j: si hanno le variazioni di lunghezza
14.1. Il modo di procedere. a) Il metodo di risoluzione delle strutture staticamente indeterminate che si attua esprimendo le condizioni di congruenza relative alla prescelta struttura principale, soggetta alle azioni esterne e a quelle staticamente indeterminate, può esser detto «della congruenza» (par. 12.3); esso viene appli-
con conseguenti sforzi assiali per le due aste dell'arco e sforzi tangenziali (di membrana, ossia nel piano x, y) per quelle della mensola; e s'intende che by provoca anche le distorsioni angolari Cfja =
n _n
-1 sen (}ja/ lja '
che però sono in genere trascurabili. In funzione della terna di spostamenti unitari impressi in ogni nodo si ottengono le sollecitazioni degli elementi strutturali e le componenti delle azioni lungo ciascuno dei tre assi di riferimento; e gli spostamenti debbono acquistare valori tali da rendere tali azioni eguali alle corrispondenti azioni esterne. Quindi tre incognite per nodo; ma spesso gli spostamenti bz sono prevalenti. In corrispondenza dei nodi le funzioni sollecitazioni presentano le discontinuità conseguenti all'aver considerato la lastra come un reticolo; conviene pertanto fare riferimento ai valori a metà dei tratti tra i nodi.
I'X,-1
X,-1
Fig. 14.1
cato seguendo in genere alcune operazioni tipiche che conviene distintamente ricordare (fig. 14.1): I. Data una struttura iperstatica, si immagina di effettuare su di essa un certo numero di tagli sufficienti a liberarla dai vincoli sovrabbondanti mettendo in evidenza le conseguenti azioni Xi, X 2, ••• , Xn staticamente inde~ terminate. La struttura con le X, tutte nulle viene chiamata «principale». 2. Per i vari elementi della struttura principale si calcolano le sollecitazioni conseguenti alle azioni esterne e alle azioni staticamente indeterminate; queste ultime considerate una per volta e di valore unitario. 3. Si scrivono le equazioni di congruenza [12.20]; per il movimento correlativo alla generica incognita X1 si può scrivere quindi (si veda in proposito la nota 13.1):
Ea1,X,+a1,=0. i
4. Si calcolano per la struttura principale i coefficienti a; e i vari a; utilizzando le relazioni [12.21], [12.22], convenientemente adat;~te, come sl è detto, qualora sussistano autotensioni. 5. Si determinano le incognite X,. 6. Utilizzando il calcolo svolto nel punto 2 si determina infine lo stato di sollecitazione.
Capitolo quattordicesimo
Metodo della congruenza
b) La scelta della struttura principale è importante per ottenere un sistema di equazioni «stabile» (par. 2.5d), che ammetta scrittura e soluzione semplici. Ci limitiamo a ricordare che per la definizione della più opportuna configurazione principale esistono i seguenti criteri di scelta orientativi: 1. È opportuno che per la struttura principale le sollecitazioni dovute ai carichi non siano molto maggiori di quelle definitive; perchè altrimenti nell'eseguire la differenza tra le sollecitazioni S, dei carichi e quelle S(X) delle azioni staticamente indeterminate il risultato dipende dalle ultime cifre che sono le più incerte. 2. È opportuno che i coefficienti della diagonale principale del sistema delle equazioni di congruenza [12.20] siano prevalenti sugli altri coefficienti, ossia che in ogni equazione di congruenza il movimento a11 conseguente all'azione correlativa unitaria sia maggiore dei 1novimenti dovuti alle altre azioni Xi poste anch'esse uguali ad 1; ciò influenza favorevolmente la « stabi .. lità » del sistema di equazioni e la velocità della convergenza dei procedimenti di risoluzione iterativa. In alcuni casi è possibile rendere nulli gli altri coefficienti, ossia separare le incognite entro iLsistema risolvente (voi. I, par. 9.3.2). 3. Alle volte conviene scegliere una configurazione principale iperstatica, e allora i vari a10 , a1i debbono venire calcolati tenendo conto delle incognite staticamente indeterminate mantenute implicite; con tale lavoro preparatorio, che corrisponde dualmente a quello del par. 13.5, il numero delle equazioni risolventi risulta ridotto. 4. Se per nna struttura principale snella i carichi provocano soltanto sforzi assiali, e le incognite staticamente indeterminate xi provocano invece anche momenti, allora le Xi> sotto certe condizioni, sono inessenziali, per cui lo stato di tensione conseguente ai soli carichi è dominante (voi. I, cap. VI).'
a) La struttura è soggetta ~i carichi. Adottata la configurazione principale della fìg. 14.2b, nella tabella a pagina seguente vengono raccolti i dati necessari al calcolo delle espressioni [12.21], [12.22] dei coefficienti di deformabilità.
322
Ea1 •0 = l: N 0 N 1 l/A=442,8 t/cm,
può essere scomposta in una simmetrica e in una antimetrica, col vantaggio
che le incognite staticamente indeterminate si presentano parzialmente separate. In corrispondenza dei tagli effettuati sull'asse di simmetria le sollecitazioni debbono mantenere il carattere di simmetria o di antimetria delle azioni esterne (voi. I, cap. X): pertanto, se il nnmero delle campate è dispari, possono sussistere soltanto in genere, nella sezione di mezzeria, momento flettente e sforzo assiale nel primo caso (quello simmetrico), soltanto sforzo tagliante nel secondo; azioni interne che, se sono staticamente indeterminate, vengono poi calcolate con le correlative condizioni di congruenza. Il metodo della congruenza si presenta quindi particolarmente conveniente per strutture simmetriche, a numero di campate dispari, caricate antimetricamente. Criteri analoghi valgono per le strutture sollecitate in modo spaziale.
Ea,,,= 193,1 .
Equazioni [12.20] di congruenza: 193,1 x 1 +20 x,+442,S=O,
20 X1 +193,1 X,+814,4=0,
X,=-4,049 t.
Fig. 14.2
~400~
Quindi, utilizzando i dati della tabella, si calcolano le sollecitazioni per le varie aste; ad es.
Studiare la trave reticolare della fig. 14.2, avente tutte le aste di uguale sezione. Tenere conto in un primo caso dei carichi segnati nella stessa figura, e in un secondo caso della variazione termica uniforme t 0 ' = 15° per la sola asta 2-3.
N 1•5 =6J/2 +o· X1 +1 · X,=4,437 t.
b) L'asta 2-3 è soggetta a 10 '=15° (coefficiente termico a~ I 1 · lQ-5 E=2 1. · 103 t/cm2). t- ' • ' Ea1.o=E(N1).,a,at0 '=-2,1·10' VI_ 1,1·l0-5 400 · 15=-98 . 2 ' (si veda, in merito al segno, la nota 12.3);
Equazioni di congruenza:
193,1 X,+20 X,-98=0, 20X,+193,l X,=0, X1 =0,5129 t,
Esempio 14.1.
Ea2 , 0 =819,4,
Ea1 •1 =l:N1 'l/A=193,1 ,
N,_.=2J/2+I·X1+0·X,=0,955 t,
e) Per le strutture piane simmetriche, una qualunque condizione di carico
323
X,=-0,0531 t.
Quindi ad es. (gli sforzi N, sono nulli) 1 N,,,=- J/2 X,=-0,3627 t.
324
Capitolo quattordicesimo
Metodo della congruenza
325
Esempio 14.2. ~
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Risolvere la trave reticolare simmetrica e continua della fig. 14.3, avente l'appoggio centrale cedevole elasticamente (Io spostamento dell'appoggio per effetto di una forza pari a 1 t vale c'=0,1 cm/t). Soluzione. a) Struttura principale isostatica ottenuta sopprimendo l'asta centrale 4-5 (figura 14.3b). Essendo cedevoli elasticamente i vincoli della struttura principale, oc5
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1•
.
Fig. 14.3
o
corre tener presente quanto è stato detto in proposito nel par. 12.2a. I dati necessari sono raccolti nella seguente tabella. o
o
*
Aste
I (cm)
1-6 6-7 7-8 2-3 3-4 1-2 2-6 6-3 3-7 7-4 4-8 4-5
600 o
,,' ,,
',, ,,
'o o o
"'"''
A
N,
N,
(cm')
(t)
(X1 ~1)
50 50 50 20 20 20 20 20 20 20 20 20
5,20 10,39 5,20 -10,39 -10,39 -10,39 10,39
-0,1667 -0,5 -0,8333 0,3333 0,6667 0,3333 -0,3333 0,3333 -0,3333 0,3333 -0,3333 1
o o 10,39 -10,39
o
N,N1 1/A
N1 '//A
-10,39 -62,36 -51,96 -103,93 -207,86 -103,93 -103,93
0,33 3 8,33 3,33 13,33 3,33 3,33 3,33 3,33 3,33 3,33 30/2
o o 103,93 103,93
o
Eai, 0 ~(J.:N,N1 1/A)+ER 1 (R,c')~
* ~-2.
"''
l<-6,om_,.j
C'
j~\l~\Z-\2\/\/\_ j\/\Z\{\1\7\ N
!~
~
o
o00
436,5+2,1·10'. 0,57773 (3. 9.
0,1)~2400,5;
il secondo addendo è assunto col segnò positivo perchè R 1 (reazione dell'appoggio centrale per effetto della X1 =1) è rivolta verso l'alto, mentre il cedimento correlativo dei vincolo (per effetto di R 0 ) avviene verso il basso, per cui il lavoro virtuale è negativo. quindi a 1 , 0 positivo [si veda, a proposito di ciò, la nota 12.3]; il primo
Metodo della .congruenza
Capitolo quattordicesimo
326
addendo è raddoppiato poichè la somma è stata calcolata per mezza trave. Inoltre Ea 1 , 1 ~EN,'l/A+ ER1 (R 1 c')~2
· 63,30+2,1 ·
103 •
327
per la trave considerata prismatica risulta invece
0,57733' · 0,1~ 196,6,
Ve=33 t,
e a proposito del segno vale quanto è stato dianzi osservato in merito ad a1 , 0 •
con la differenza di 6,5%.
Si ottiene quindi X1 ~ -12,2 t (di compressione).
14.2. Applicazioni del metodo della congmenza: eqnazioni tipiche per strutture ricorrenti.
Considerando l'appoggio centrale rigido si ottiene invece (c'=O): Ea 1 , 0 =~2
· 436,5,
X 1 =6,9 t (di trazione).
Ea 1 ,1 =2 · 63,30,
b) Struttura principale ottenuta sopprimendo l'appoggio centrale (fig. 14.3c). Aste 1-6 6-7 7-8 2-3 3-4 4-5 1-2 2-6 6-3 . 3-7 7-4 4-8
I
A
No
N,
(cm)
(cm•)
(t)
(X1 ~1)
600
50 50 50 20 20 20 20 20 20 20 20 20
12,99 33,78 44,17 -25,98 -41,57 -46,77 -25,98 25.98 -15,59 15,59 -5,19 5,19
0,2887 0,8661 1,4434 -0,5774 -1,1547 -1,7321 -0,5773 0,5773 -0,5773 0,5773 -0,5773 0,5773
,, ,, ,, ,, >)
,, >) >)
,, >) >)
Ea 1 , 0 ~EN1N,l/A~2 Ea 1 , 1 ~EN1 'l/A+ER 1 (R 1 c')~2
N 0 N 11/A
N 1 •1/A
45,9 351,0 765,1 450,0 1440,0 2430/2 449,9 449,9 270,0 270,0 89,9 89,9
1,000 9,002 25,001 10,002 40 90,005/2 9,998 >) >)
,, >) >)
14.2.1. Trave continua su appoggi rigidi o soggetti a spostamenti di valore prescritto: equazione clei tre inomenti <14•1). a) Data una trave continua caricata in modo qualunque, conviene scegliere come struttura principale quella che si ottiene sopprimendo la solidarietà angolare sugli appoggi e considerando cosi le singole campate semplicemente appoggiate, soggette ai carichi e ai momenti incogniti alle loro sezioni estreme (fig. 14.4). Se assumiamo come positivi i momenti aventi il senso indicato nella figura, l'equilibrio alla rotazione di un generico nodo interno j è soddisfatto avendo posto Ma=Mb= =~;e tra gli infiniti valori che M 1 può acquistare rendendo rispettato l'equilibrio, uno solo è possibile, ed è quello che assicura, unitamente con gli altri momenti
a)
· 5885,7,
· 189,996+2,1·103
•
risulta:
x1 ~-5886/189,996~-30,98
t,
j
b
~~b
~·J
•
Fig. 14.4
staticamente indeterminati, la continuità elastica dove sono stati praticati i tagli. L'equazione che esprime tale continuità ((P1_a=W1_b), ossia la circostanza che deve essere nulla la rotazione relativa di due sezioni j contrapposte, risulta (positive le rotazioni destrogire) -'P1aMa-('PiJ)j-a • M,-('P1a)j·a~('P11lJ-b • M,+'PjbM,+('Pja)j-b;
quindi, ad es., utilizzando i soliti dati della tabella, N,,,~-46,77-1,7321 x,~6,90
a
M·
e)
X1 =-19,95 t.
(c'~O)
b~~-
,....___ & - - - t, -->i
Utilizzando i dati della tabella si ottengono i valori degli sforzi delle varie aste, è per es. N,,,~-46,77-1,7321 X,~-12,2 t, che coincide col valore ottenuto nel punto a). Considerando l'appoggio centrale rigido
-:Z!:*DIIIDBIBD\~!}P'I'!!:lfc..,,,.,.--_J_~---,A" a JJ 1 Jb
T
1·0,1~589,992,
(per quanto riguarda i segni si veda la nota 12.3); a 1 , 1 X1 +a1 , 0 =0,
Analogamente a quanto si è visto .a proposito del metodo dell'equilibrio, anche procedendo con quello della congruenza si possono ricavare equazioni tipiche per strutture che frequentemente si presentano nella pratica del progettista; sebbene presentino in genere, rispetto alle precedenti, impiego meno fertile di applicazioni, può essere opportuna la loro citazione, perchè in alcuni casi possono risultare utili; come ad esempio nello studio della trave continua su appoggi cedevoli in modo elastico, per la quale l'equazione risolvente risulterebbe più complessa impiegando il metodo dell'equilibrio.
t.
e) Reazione dell'appoggio centrale rigido: confronto tra i valori per la trave reti~ colare e per la trave considerata ,prismatica. Per la trave reticolare si è ottenuto (v. ad es. punto b) V,=30,98 t (verso l'alto) ;
quindi, posto [14.1]
<14·1>
B. P.
CLAPEYRON,
Comptes rendus, 1857.
Capitolo quattordicesimo
Metodo della congruenza
e in essa i simboli hanno il consueto senso, d'altronde indicato nella stessa figura: cp10 è la rotazione relativa conseguente ai carichi; rp11 quella per .il ~olo .effett d~ ~= 1; rp1a,
14.2.2. Travi continue su appoggi cedevoli elasticamente: equazione dei cinque momenti.
328
(t
)M.+2(
t
+ ;, )M1+ ( ;, )M,+6E
Eliminata la solidarietà angolare in corrispondenza degli appoggi si hanno, come nel caso precedente, tanti momenti incogniti quanti sono gli appoggi intermedi (col metodo dell'equilibrio il numero delle incognite risulterebbe doppio); ovviamente nelle condizioni di congruenza alla rotazione intervengono gli effetti dei cedimenti degli appoggi. La soluzione può essere resa più compatta ricorrendo a vincoli ausiliari C14 ·3): si immaginano dapprima gli appoggi rigidi e si calcolano le loro reazioni Pi (fig. 14.6); poi si considera la travata soggetta alle -Pi, quindi caricata soltanto in corrispondenza degli appoggi. La condizione di congruenza ('1\-a=tJ>1_b) risulta,
[14.2]
Infine, se per le campate sono uguali la lunghezza e la sezione, si ottiene M,+4M1 +M,+6EJ
[14.3]
4~ o
1
f.- l -~
a)
i
2
b)
~''.f'~t
-~
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n
-
lIIIl[.i :ililll. . i-1
329
= t
!
i{'
i+t
go 11 o':2s.:
:zs: A i_t;
l
•
:~
:i,:
Fig. 14.5
e a proposito di un cas? particolare ma sign~cativ, ~oti~o che per la trave ~On· tinua a campate uguali, soggetta a un carico variabile ltnearmente e null.o in O (fig. 14.5), le due condizioni di carico b), c) riproducono, per due campate adiacenti! la condizione effettiva; ma quella c) provoca una deformata congruente, per cui resta il solo contributo del carico uniforme qi. Si può allora scrivere, se numeriamo progressivamente i vari appoggi, e se q1, è il valore del carico sull'appoggio j,
6EJ 6EJ ( q,l' ) q.i I' -1-'P1a=-1- 2 24EJ ~q,l'f 2 =n T
·
[14.4]
Le relazioni precedenti valgono naturalmente anche nel caso che lo stato di sollecitazione della travata sia dovuto a spostamenti degli appoggi di valore assegnato; se 01a, 01b sono gli spostamenti, rivolti verso il basso, di j rispetto ad a e b, si deve porre (6 6 ) 'P;.~ :,· + :: . [14.5] b) In modo analogo possono essere scritte le equazioni di congruenza quando i nodi di una trave continua sono contrastati elasticamente nelle loro rotazioni da vincoli di note caratteristiche: s'indende che, in corrispondenza di ciascun appoggio, al posto dell'unica incognita ~ si hanno i due momenti incogniti ~a' M·b, con due corrispondenti condizioni di congruenza (uguaglianza della rotazione delta sezione j-a con quella del vincolo elastico in j; e analogamente per la sezione j-b). L'equazione ricorrente, che contiene al massimo quattro incognite, è detta «dei quattro momenti» <14 •2). {1 4. 2J F. BLEICH, Die Berechnung statisch unbestimmter Tragwerke nach der Methode des Viermomentensatzes, Berlin, Springer, 1925; A. GIANNELLI, Lezioni sui telai elastici piani, Roma, Tipogr. del Senato, 1932.
specificando i vari suoi ternlini, e considerando positivi gli spostamenti verso il basso, positive le rotazioni destrogire e prismatica ogni campata,
-
01-0a
11
- + 6EJi 11
0 - Ob
lb
1 (-2111;-Ma)=-1-,-+ 6EJ,
(2M1+M,).
[14.6]
Indichiamo con k; il coefficiente di rigidezza dell'appoggio j (ossia la forza che si deve applicare a un generico appoggio per provocare lo spostamento 1) e con Jij la sua effettiva reazione. Allora evidentemente si ha, esprimendo fj in funzione del carico P1 e degli sforzi taglianti (a loro volta espressi in funzione dei momenti M a- M 1 M b- M 1 ) , incogniti), ( J;~ V,/k1~ P,+--- -+ z, . k;, 11 Oa= ( Pa+
M,-Ma la
+
111;-Ma) 11
: ka'
[14. 7]
quindi sostituendo nella [14.6], si ottiene la relazione risolvente. Nel caso in cui siano costanti le luci l, la sezione e i coefficienti di rigidezza k dei vincoli, posto e~6EJ/kl',
[14.8]
(e è un numero puro), l'equazione di congruenza [14.6] diventa Ct 4 .4 J
(4+6e) Mj-1-(l-4e) (Ma+M,)+e (M,+ Mà)~el (2P1-Pa-P,).
[14.9]
(14•3 > Si trova illustrata nelia nota: P. PozzATI, <(Reticoli di travi l>, Giornale del Genio Civile, 1958, 1. <1 .iAJ Si veda, per es., la pubblicazione citata nella nota 14.3.
Capitolo quattordicesimo
330
Metodo della congruenza
331
Nella fig. 14.7 sono riportati, a titolo esemplificativo, i diagrammi che forniscono, in funzione di k, i momenti incogniti (quindi, con la rel. 14. 7, anche i carichi sui sostegni cedevoli) per la trave su quattro appoggi, soggetta a un carico Pisolato; si possono così trarre indicazioni, per un numero di sostegni limitato, sui valori di k che rendono sensibile l'influenza dei cedimenti sullo stato di sollecitazione della
Pi
trave (14.s)_
Il caso della trave di lunghezza illimitata, quindi su infiniti appoggi, può essere studiato risolvendo l'equazione alle differenze finite [14.9] (v. par. 11.5) <1'-'l. Esempio 14.3. Le equazioni [14.6], [14.9] possono essere utilmente impiegate, e citiamo una loro applicazione, soprattutto per avere l'opportunità di osservare che, non essendo sempre facile definire i coefficienti di rigfrfezza k, in alcuni casi può essere opportuno fare riferimento a due situazioni limiti che comprendono la soluzione richiesta. Nella fig. 14.8 è riportata la sezione di un edificio industriale <14 •7J comprendente due telai longitudinali di calcestruzzo armato aventi i pilastri distanti 9 e 4,5 m, con la copertura a volta di laterizi armati e a spinta ebminata, irrigidita da archi. I pilastri, essendo sottoposti a un certo loro livello alle azioni orizzontali dovute a una gru a ponte e all'attacco di conduttori elettrici, sono collegati longitudinalmente da una trave piatta, di elevata rigidezza nel piano orizzontale, indicata con la lettera a nella fig. 14.8; per la deformabilità dei pilastri, possiamo considerare tale trave, agij effetti delle azioni orizzontali, come continua su appoggi cedevoli.
Fig. 14.7
80<35
_J/_
1,15
" 65
5 25
catena 1ca:vo 12 Le due situazwni limiti di vincolo
==f=.40
Fig. 14.9
t
135
4,25
t
23,50 Fig. 14.8
j..-3,:60ltHI-- S,30 135
90<30
Ma la determinazione del coefficiente di rigidezza k è problematica, essendo ogni pilastro collegato, per mezzo delle volte e degli archi, all'altro telaio longitudinale. Pertanto conviene considerare le due situazioni limiti di vincolo indicate nella figura 14.9, certamente comprendenti il comportamento molto complesso derivante dall'interazione dei telai: nella prima di esse la sommità del pilastro è pensata libera, nella seconda appoggiata rigidamente. <1 4-. 5 > Tabe1le per la trave continua su 3, 4, 5 e 6 appoggi si trovano nell'opera cit. nella bibl. di J. CoURBON, tomo 2, cap. IX, par. D. <14· 6 > Op. cit. nella nota 14.5. (14-.?J Della centrale termoelettrica ENEL a Porto Corsini (Ravenna); progetto dell'Autore. Si può vedere la pubblic. cit. nella nota 14.3.
332
Capitolo quattordicesimo
Metodo della congruenza
Per l'esempio citato, nelle due situazioni limiti si trova k' = 1700 kg/cm, k" =9400; nella fig. 14.10 sono riportati i diagrammi dei momenti e i valori delle reazioni per una condizione di carico.
Trave semplicemente appoggiata. Posto (fig. 14.11) a=a/l,
333
i;=x/I,
[14.10]
per un carico concentrato la linea elastica vale
PI' v= EJ /ll;[a(l+fi)-1; 2] , 6 PI' v= 6EJ a(l-1;) [1;(2-1;)-a'].
per t;,;,a: per t;;o,a:
A
X-si
[14.11]
B j
Fig. 14.11
. Se il .re~ic_olo ~a 111:aglie. iden!iche, i Eunti j (in ~ui si ca~co~ano ~li spostamenti) e i punti z (1n cui agisce il carico) capitano negh estremi di vari tratti uguali. P~rtanto divisa la lunghezza I della trave in n segmenti uguali e indicata con O l 'estre~ m1tà A e di conseguenza con n l'altra sezione estrema B, risulta (fìg. 14.11)
i;=j/n,
a=i/n,
fi=(n-i)/n,
[14.12]
e la prima delle .equazioni [14.11] diventa (facendo figurare al denominatore n' per ottenere una scrittura 9rnogenea con altri casi che verranno esaminati) (i 4 .s)
1,29
1,54
4,70
1 le reazioni ~ella Ila situazione limite qo3
3152 Fig. 14.10
7,92 : 9,13 : : 555,5 5555 6,60
1--
12,95
14.2.3. Reticoli di travi. a) Nello studio dei reticoli di travi il metodo della congruenza è spesso più vantaggioso di quello dell'equilibrio, specialmente se, come di solito avviene in pratica, le travi sono prismatiche ed ha scarsa importanza la rigidezza torsionale, che interviene per la solidarietà giratoria delle stesse travi nei loro punti d'incrocio (es. 13.16). Infatti, trascurando tale connessione, è chiaro che le incognite si riducono alle sole forze mutue agenti nei nodi e dirette normalmente al piano medio del reticolo; e vi sono casi in cui, per simmetrie geometriche e per simmetrie o antimetrie dei carichi è possibile conoscere a priori il valore dì alcune delle azioni incognite o i legami tra loro intercedenti. Inoltre frequentemente, per ragioni est~ tiche e costruttive, le travi sono mantenute ugualmente distanziate e allora, come vedremo nel punto successivo, è possibile rendere automatica la scrittura del sistema di equazioni risolvente. E opportuno aver presente che le travi del reticolo sono in genere solidali con la soletta che costituisce il piano del solaio o dell'impalcato, ed hanno quindi la seM zione a T; evidentemente anche la presenta della soletta influenza le condizioni di congruenza, per cui al di là di un certo numero di scomparti, il comportamento del reticolo si avvicina a quello di una lastra.
b) La linea elastica di travi prismatiche variamente vincolate, soggette a un carico concentrato in un qualunque punto.
V1=(6~J ~,)fj,
(14.13]
jj=P,n'[j(n-i) (2ni-j'-i')],
[14.14]
con jS::.i, ed è sufficiente la scrittura della prima delle [14.11] relativa a t;,;,a(j$;i), perchè, essendo fji=fi1, è sempre possibile riportarsi a tale caso. Alcuni valori dei coefficienti fj : n=2) f,=8P1 ; n=3)
n=4)
n=5)
n=6)
(!1f, )=[7263
f'} f, f.
= [288 352 224
r, 1 [
63 72
l (;: )
352 512 352
224] 352 288
{~:}
f, f. f,
800 1125 1000 575
1125 1800 1700 1000
1000 1700 1800 1125
575] 1000 1125 800
f, f, f, f,
2736 2808 2232 1224
2736 4608 4968 4032 2232
2808 4968 5832 4968 2808
2232 4032 4968 4608 2736
n[·~ =
{fjl ·~i
2232 2808 2736 1800
[14.15]
rn1
14 8 < • ) A. DANUSSO, «Contributo al calcolo pratico delle piastre appoggiate al contorno», Il Cemento, 1911, 1-10; Il cemento armato, 1925 (7-12), 1926 (1-8). Numerosi esempi di reticoli di travi appoggiate sono riportati nell'op. di O. BELLUZZI, cit. nella bibl. cap. 26, par. 645.
334
Capitolo quattordicesimo
Metodo della congruenza
335
Trave con appoggio e incastro (fig. 14.12).
Trave con entrambe le sezioni estreme incastrate (fig. 14.13).
La linea elastica per un carico concentrato è:
La linea elastica per un carico concentrato vale:
PI'
per ò:-S:a)
v= 6EJ v=
per {;:2-a)
P'ò
2
:~~ a(l~ò)'
[3a-(2+a) ò'],
PI'
per ò:-S:a)
v= 6EJ P'ò'[3a-(1+2a)li],
per {;:2-a)
v= EJ a'(l-<)' [3P-(1+2P) (1-"l];
[14.16]
[-2a'+(2+P+ap)I;];
[14.21]
PI' 6
si ha inoltre
si ha inoltre:
Ma=-Pla(J 2 ,
M,=-Pla'P.
[14.22]
[14.17]
r
A . x.sl .LS...
~o
""'---1-1--11~~~1-;.~~~n~ o 1 2 J
r
j
Fig. 14.13 Fig. 14.12
Se la trave è divisa in n tratti/ uguali, con le solite posizioni [14.12] si ottiene: Se la trave è divisa in n tratti uguali, con le solite posizioni [14.12] si ottiene: [14.18]
p j (n-i)' [3 ,. "(2 I-')] 2 n i-; n- z.
'
[14.19]
e conj:::;: i; ma la [14.19rpuò essere usata anche quando j ~i, scambiando j ~~osi zione della sezione, della quale si vuol conoscere lo spostamento) con i (pos1z1one del carico).
n=2)
n=4)
n=5)
n=6)
rl} [ rl 1 l f, f,
=
f, f, f,
175,5 172 66,5 512 621 424 143
nl""'' f, f, f, f,
=
(Pi) P,
23] 38.
1616 1390,5 832 261,5
172 224 100 621 918 692 244 1616 2560 2376 1472 472
66,5] 100 67,5 424 692 648 261
143 244 261 152 1390,5 2376 2551,5 1728 580,5
{~:} J
n=5)
J
[14.20]
{f
832 1472 1728 1408 536
472 580,5 536 287,5 .
™'1
[14.24]
n=6)
j~i,
scambiando
f 1 =2 P, ; (!1)=[16 f, 11
n=4) h)-[40 ( f, - 23
f;=P,i' (n-j)' [n (3j-i)-2ji] e con j~i; ma la [14.24] può essere impiegata anche quando j con i. Alcuni valori di jj:
Alcuni valori di fj:
n=3)
[14.23]
con
con 11= i
I' 1) v,= ( 6EJ fi' f1 '
{!'} f, f,
= [54 64 26
rl 1 l
11 16
l
64 128 64
f, f, f,
128 189 136 47
189 432 368 136
f, f, f, f,
416 378 232 74
416 1024 1080 704 232
n[~ =
(~:) 26] 64 54
{~:}
136 368 432 189 378 1080 1458 1080 378
136 47 189 128
J
232 704 1080 1024 416
[14.25]
{ft}
"1 rJ
232 378 416 250.
P, P, · P, P,
Esempio 14.4.
ml
Il solaio quadrato della fig. 14.14, caricato uniformemente, ha due Iati adia~ centi incastrati e due appoggiati, ed è realizzato con un reticolo di sei travi uguali (16 scomparti); si trascura la rigidezza alla torsione.
336
Metodo della congruenza
Capitolo quattordicesimo
Soluzione:
Soluzione.
Con buona approssimazione si può considerare il reticolo soggetto nei nodi ai carichi P~p!.'~pl'/16. Nei nodi e, f, h ogni carico si ripartisce ugualmente, per simmetria, tra le due travi che in essi si incrociano; si hanno quindi le sole azioni mutue incognite Xa, Xb, Xe, determinate dalle condizioni che i due ordini di nervature abbiano, nei nodi corrispondenti, uguali spostamenti. Le condizioni di congruenza si scrivono facilmente utilizzando i coefficienti [14.20] ricavati per la trave con appoggio e incastro e tralasciando il fattore comune, d
,
ì
i I
,,
l
I
,/
,@
@
0
J ./
_/b
e
a
'
I
I I I I I I
1
hl/
i~~
/
g
%.·
I carichi nei nodi valgono (!.~1V2/6): Pa~O,SP,
f1;-+x,,){t;. +X,)' P/,
~
J 0f
@
(J;.+x,,)
i
@
f
h
Ph
{i;--x,)
t
e
j
t
A
L'.S:b
A
@ ©
che figura nella [14.18], l'/6EJn'; così nel punto a si ottiene ad esempio la seguente equazione (fig. 14.14): 175,5 (;'-x.)+112(;'-x,)+66,5 ;' ;' +100 ( ;' +x,)+67,5 ( ;'
172 291,5 -66,5
100 ] -66,5 399,5
tx; tx;, e
a
~
l~zzando i coefficienti [14.15] già calcolati, le azioni mutue incognite nei nodi a~ e nsultano dalle due equazioni (negli altri nodi i carichi si ripartiscono in parti ugualì):
1
1
1
43 [352 P,/2+512 (P-XJ+352 P,/2]~
+x.),
{ X, x. }~P{ 131 90 } X, -41
e la soluzione è x.~0,1838 p, x,~0,3192 p, x,~ -0,0955 p. Note le X si calcolano, mediante la [14.17], i momenti d'incastro, e di conseguenza ogni altra sollecitazione; ad esempio, per la nervatura e, f, b, g, si ottiene M,~-0,298 PI, M,~0,151 PI, M1 ~0,l53 PI.
'
Z, 8 (Pa-Xa)~6'(1800Xa+2736 X,+2808 P/2+2232X,+1224Xa),
1 =@ (2736 Xa+4608 X,+4968 P/2+4032 X,+2232 XJ.
e in modo analogo si ricavano le altre due. Il sistema risulta 243 172 [ 100
t" d
Fig. 14.15
Fig. 14,14
~ 66,5
bA
e
.x;,t x,t
l
I
l
pb"' 0,9 p.
..In .qu~sto caso le lunghezz~ delle travi SOJ?-0 di_verse, quindi nello scrivere le cond!Zlom di congruenza non puo essere tralasciato 11 fattore l'/6EJn' [rei. 14.13]. Uti-
f
,,. / ''
337
Si ottiene Xa= -1,607 P, Xe=0,800 P, e di conseguenza, ad esen1pio per la trave a-c-d e per l= 15 m, p= 1 t/n1 2, · , . M.~-0,557 PÀ~-0,00729 pl'~-24,6
Ma~0,743 PA~0,00973 pi'~
tm,
32,8 tm.
. Se. il momento ~1el cen~r~ viene. calcolate? considerando 3:Pprossimati".aménte il solaio come una piastra, s1 ricava (Il valore tiene conto della ngidezza torsionale): Ma~
Esempio 14.5.
Il solaio quadrato della fig. 14.15, caricato uniformemente e appoggiato al contorno, è realizzato con un reticolo di travi parallele alle diagonali e di uguale sezione; si trascura la rigidezza alla torsione <14 •9).
<14. 9 > Tale tipo di reticolo si trova studiato, con procedimento un po' diverso, nell'op. cit. nella bibl., di K. BEYER, vol. II, par. 65.
22 -
POZZATI, ll-1.
-
pi' 27,1
À~29,4
tm.
Matrici nell'analisi delle strutture
339
15.1.2. Simboli e numerazione dei nodi.
CAPITOLO
XV
L'IMPIEGO DELLE MATRICI NELL'ANALISI DELLE STRUTTURE
a) È evidente che nell'organizzazione di un calcolo automatico, che tende quindi a limitare al massimo ogni intervento soggettivo, acqnista decisiva importanza la simbologia atta a stabilire il necessario collegamento tra il pensiero umano e il linguaggio formalizzato e inerte di un elaboratore. Già indicammo nel cap. XII il significato generale che attribuiamo ai termini« forza» e« movimento»; e quand'è che essi vengono detti «correlativi» tra di loro, e possono venire allora contraddistinti col medesimo indice (<1J, Fj; fig. 15.1). Pertanto uu vettore starà a indicare indifferentemente un movi-
15.1. Premessa. 15.1.1. Generalità. L'impiego delle matrici e della relativa analisi (cap. I) consente, anche per il calcolo delle strutture, di rappresentare sequenze complesse di operazioni in modo conciso e chiaro. Tale impiego non comporta per se stesso la fomulazione di nuovi metodi, ma fornisce una stenografia operativa quanto mai utile; molto idonea, tra l'altro, per redigere, con sintetiche istruzioni, un programma di calcoli da far svolgere da un elaboratore elettronico. In seguito, per illustrare le possibili applicazioni, verrà fatto riferimento ad esempi elementari. Tuttavia è evidente che della potenza dell'uso di un calcolatore e delle matrici che lo servono si può aver misura tanto più significativa quanto più è complesso il problema da risolvere: infatti i modi di procedere adatti per un elaboratore appaiono macchinosi per i casi semplici, ma costituiscono vie idonee a risolvere quelli complicati; mantenendo l'elaboratore quella sua caratteristica di poter dare risposte straordinariamente rapide e vaste servendosi di un linguaggio elementare, ma per nulla congeniale all'uomo (par. 1.1. nota 1.6). Ai fini della programmazione dei calcoli, vedremo i motivi che rendono il metodo «dell'equilibrio» ancora, in genere, nettamente più conveniente di quello «della congruenza». Ci dilungheremo quindi più sul primo che sul secondo; e un cenno verrà dato anche a quello, in alcuni casi utile, che può esser detto « globale », perchè si attna scrivendo simultaneamente tanto le equazioni di congruenza quanto quelle di equilibrio, ossia rinunciando a ottenere una diminuzione del numero delle incognite mediante l'utilizzazione delle prime nel formulare le seconde, o viceversa. Relativamente al metodo dell'equilibrio, può essere opportuno accennare sin da ora che verrà esaminato dapprima il caso dei sistemi di travi caricati nei nodi, in quanto che, come sappiamo (cap. XII), ad esso si può sempre ricondurre lo studio di una struttura genericamente caricata. Altre osservazioni saranno riportate al termine del presente capitolo; e le citazioni si troveranno inserite nella bibliografia conclusiva.
Fig. 15.1
mento o una forza <1 5·1); e l'indice significherà in genere non la pos1z1one di una certa grandezza, bensl la distinzione in un ordine nnmerico prestabilito, consentendo così il legame tra quantità che stanno tra loro nel rapporto di cause e di relativi effetti. b) Dei vantaggi insiti in tale simbologia ci si può render conto facilmente riflettendo sulla difficoltà per indicare, mediante i consueti simboli, un certo movimento in un dato nodo, per effetto delle varie possibili componenti (tre forze e tre momenti) agenti in un altro nodo; mentre un coefficiente di rigidezza kt1, ad esempio, col doppio indice risulta perfettamente definito. S'intende che non è immediata l'identificazione della natura e della sede di un certo movimento (o forza), ma esistono accorgimenti per facilitare tale identificazione. Ad esempio, si può assegnare a ciascuno dei nodi progressivamente numerati un determinato corredo di movimenti (o forze), anch'essi distinti con ordinata progressione numerica: cosi, per la struttura della fig. 15.1, se il suo stato di sollecitazione è piano, ad ogni nodo si assegna una terna di movimenti (o forze) numerati rispettando sia l'ordine seguito per i nodi, sia, per ciascuna terna, una prestabilita successione (a1, a1+i. a1+2 possono rappresentare gli spostamenti seconcfo x, y e la rotazione di un nodo). Pertanto, ad esempio, il movimento a14 è subito individuabile: poichè appartiene alla quinta terna, è relativo al nodo 5; e poichè occupa nella terna la seconda posizione è Io spostamento secondo y. E se, per lo stesso telaio, lo stato di sollecitazione è invece {ID.I) Le convenzioni sui segni sono quelle solite del metodo dell'equilibrio (par. 12.1.lb); unica differenza è che, per uniformità con la maggior parte delle opere interamente dedicate a tali questioni, assumeremo positivi gli spostamenti e le forze verticali verso l'alto.
Capitolo quindicesimo
Matrici nell'analisi delle strutture
spaziale, occorre assegnare un insieme di 6 movimenti (o forze) ad og~i nodo: allora in questo caso lo stesso a14, poichè appartiene al terzo insieme, è r~lat1vo al nodo 3; e se per ogni insieme si conviene di riportare prima gli spostamenti secondo x, y, z, poi le rotazioni intorno agli stessi assi, si tratta dello spostamento ~econdo y. ~nalo gamente, per la travatura reticolare della fig. 15.2, avente le aste articolate, ogni nodo è sede di due movimenti (o forze); di tre se il traliccio è spaziale. E s'intende che, nel caso di una sola incognita per sede (ad esemp~o 1:1Il te• laio piano avente i nodi che ruotano soltanto), 1'1nd1ce fa ~ riferimento anche alla posizione.
nate», ossia segnare sul suo contorno la sequenza delle forze e dei movi1nenti; così, ad esempio :
340
a1
' 21
l'"
kn1
e) A proposito di tali questioni riguardanti i sim-
bolismi, può essere opportuno a questo punto accennare che negli esempi che seguiranno si manterrà alle volte la vecchia convenzione di fare riferimento con gli indici alla sede, per di più cambiando il simbolo a seconda della natura del movimento o della forza; ma ciò verrà fatto soltanto per rendere più immediata la comprensione degli stessi esempi.
[F,F2 -
a1 a2 .
=
[ . an_
.
.
[15.l]
_Fn
o più brevemente [K] {a}={F},
Ka=F.
[15.2]
La matrice quadrata K dei coefficienti di rigidezza è detta «matrice delle rigidezze»: poichè, secondo quanto già osservammo (par. 12.1.1), k,;=k;,, essa è simmetrica; inoltre ha gli elementi della diagonale principale tutti positivi (15. 2). Gli indici consentono di riconoscere senza incertezze i coefficienti: kiJ è la «forza)> correlativa al movimento ai, dovuta al solo movi: mento a;= 1; tuttavia può essere alle volte opportuno, quando al posto de1 simboli si abbiano valori numerici, corredare la matrice delle sue «coordi(15.2) Imprimendo il solo n1ovimento a 1=1, la forza corr~lativa è per definizione kh, per cui il lavoro esterno vale (k1i • 1)/2. Essendo L~=L1 , e il lavoro interno al secondo membro sempre positivo, anche k;; risulta sempre positivo.
a•
F1
'"1
Jçn2
k,.
F,
knn_
Fn
La matrice delle rigidezze, che consente quindi la rappresentazione ordinata dei coefficienti delle equazioni [15.l], è l'elemento chiave del calcolo delle strutture risolte impiegando il metodo dell'equilibrio. b) Determinato lo stato di sollecitazione di nna struttura, i movimenti indipendenti dei suoi nodi possono essere espressi in funzione delle forze correlative, e il legame può venire espresso mediante il sistema di equazioni [12.26], che in forma matriciale può essere scritto:
15.2. Matrice delle rigidezze e matrice delle deformabilità. a) Il sistema di equazioni risolvente [12.1] del metodo dell'equilibrio, che lega, per tramite dei coeffiFig. 15.2 cienti di rigidezza, il vettore incognito {a} dei movimenti indipendenti a quello noto {F} delle forze esterne correlative applicate nei nodi della struttura, in forma matriciale può venire scritto
.. .
a, km k,,
341
C12
e,,
1- I [ 1
C1n C2n
F F2 .
Cnn _ _
a, a2
-
=
-
.
.
.
Fn
_Un_
[15.3]
o più brevemente
[C] {F}={a},
CF=a.
[15.4]
La matrice quadrata C dei coefficienti di deformabilità può essere detta «matrice delle deformabilità», e gode delle proprietà rilevate per quella precedente K; ossia è simmetrica ed ha gli elementi della diagonale principale tutti positivi. Per definizione di matrice inversa (par. 1.3.4), la [15.2] può venire scritta
a=K-1F,
[15.5]
e allora, confrontando quest'ultima con la [15.4], si ottiene C=K-1
,
[15.6]
per cui si ha che, per una .data strnttnra, la matrice C delle deformabilità coincide con l'inversa della matrice delle rigidezze; analogamente si ottiene K=C-1, e si ha inoltre KC=l, [15.7] essendo I la matrice unità. e) Un'o.sservazione può essere opportuna a proposito dei vincoli. Un movimento da essi impedito ovviamente non compare nel sistema [15.1],
342
Capitolo quindicesimo
Matrici nell'analisi delle strutture
e la corrispondente condizione di equilibrio può essere tralasciata; se viene scritta, serve per determinare la correlativa forza incognita, che è la reazione del vincolo. Il calcolo dei coefficienti di rigidezza si effettua, come a suo tempo mostrammo (cap. XIII), immaginando che avvenga un movimento per volta, e calcolando le corrispondenti forze; così si tiene automaticamente conto della presenza dei vincoli rigidi per il fatto che, quando si fa avvenire un movimento di un nodo interno, tutti gli altri movimenti, compresi quelli dei vincoli, vengono impediti. Alle volte può essere utile, per organizzare un calcolo automatico e per utilizzare in ogni caso la medesima matrice di un elemento della struttura indipendentemente dalle condizioni di vincolo in cui possono trovarsi le sue sezioni estreme, considerare anche i nodi esterni suscettibili di muoversi, intervenendo in un tempo successivo con le condizioni ai limiti (esempio 15.3b).
343
1) Asta soggetta soltanto a sforzo assiale (fig. 15.3). I vettori movimenti e azioni interne sono
S=[S1 S,]'. I coefficienti di rigidezza si calcolano al solito con facilità. Impresso ad esempio il solo spostamento f/1 =1 (dell'estremo A, nella direzione dell'asse e verso destra), si ha ki1=EA/l, k 21 =-EA/l (col segno meno, essendo per equilibrio rivolta verso sinistra); analogamente per f/ 2 • Pertanto la matrice delle rigidezze vale (!,
(!,
-EA!l] S, [ 1 EA/l s,=EA/l -1
EA/l k= [ -EA/l
i
-11 .
[15.9]
{3,,s, 0. .LS:
15.3. L'impiego delle matrici nel metodo dell'equilibrio. Fig. 15.3
Fig. 15.4
15.3.1. La matrice delle rigidezze per I'elemeuto strutturale isolato. a) La matrice delle rigidezze può essere definita per la struttura considerata nel suo complesso, ma anche per un suo elemento strutturale, e vedremo che tale particolare matrice è essenziale per ricavare quella complessiva. Pertanto, isolata mediante ideali tagli uua qualunque membratura r compresa tra due nodi vicini, occorre applicare alle sue sezioni estreme le azioni interne S (15 •3J messe in evidenza dai tagli che si sono praticati; oltre alle azioni S non agiscono altre forze, poichè in tale fase si è supposta la struttura caricata soltanto nei nodi. Se si indicano con {J i movimenti delle sezioni estreme correlativi alle azioni S, per la membratura r generica può esser scritta. una relazione del tutto analoga alla [15.2]
[kJ,{fJ},={S},, o più brevemente k,{J,=S,,
Fig. 15.5
2) Asta inflessa con gli estremi liberi soltanto di ruotare (fig. 15.4). I vettori movimenti e azioni interne sono
S=[S1 S,]'.
f!=[fl, (!,]''
[15.8]
Per il calcolo dei coefficienti di rigidezza, si imprime ad esempio la sola rota-
e k,, matrice delle rigidezze della membratura r, ha prerogative analoghe a quelle della matrice K, ossia è quadrata ed è simmetrica; i suoi elementi sono i coefficienti di rigidezza, relativi, s'intende, all'elemento, e vengono calcolati al solito facendo avvenire un movimento per volta. Essa in genere può essere calcolata facilmente, ed è ormai vasto il repertorio di casi già risolti. Ne riportiamo alcuni relativi all'asta prismatica, utili anche per gli esempi che seguiranno.
zione (!1 =1 (con (J,=O) e si ricava l<,1 =4EJ/l, k 21 =k11 /2=2EJ/l; analogamente per (!,. Pertanto la matrice delle rigidezze vale
Le (( azioni interne » possono non coincidere con le caratteristiche di sollecitazione (così, ad es., due forze S,,,, Sv possono essere non coincidenti con gli sforzi assiale e tagliante); tuttavia verranno alle volte chiamate in breve anche «sollecitazioni».
matrice delle rigidezze:
k=
~J
[i ~ l·
3) Asta inflessa, a sbalzo (fig. 15.5). Vettori movimenti e azioni interne:
f!=[fl, (!,]'' <15•5>
[15.10]
S=[S, S,]';
k- EJ [ 12/I' -
l
-6/l
-6/1] 4
.
[15.11]
Capitolo quindicesimo
344
Matrici nell'analisi delle strutture
4) Asta inflessa con gli estremi liberi di spostarsi e di ruotare (fig. 15.6). Vettori movimenti e azioni interne:
. l
S~ [S,
S 2 S, S,]' ;
11Ìa,trice delle rigidezzé:
EJ
12/I' -6/l
k~-1- -12/l'
-6/l
-6/1 4 6/1 2
-12/1 2 6/1 12/I'
6/1
. -6/l] 2 6/1 . 4
[15.12]
345
sformazione sia delle componenti dei vettori, sia delle matrici delle rigidezze; trasformazione che, secondo quanto venne indicato nel par. 2.8.3, può essere effettuata mediante la matrice R dei coseni direttori c;he, proprio per la funzione che è chiamata a svolgere, venne chiamata «matrice rotazione>). Pertanto, se si indicano con i simboli p, S, k le matrici di un elemento riferite al proprio sistema di assi coordinati, le stesse matrici riferite al nuovo sistema di assi risultano [15.14]
k=R'kR. '
Fig. 15.7
Fig. 15.6
5) Asta soggetta a flessione ed estensione (fig. 15.7). I due vettori movimenti- e . azioni interne contano 6 componenti ciascuno,_ per-
tanto sono 36 gli elementi della matrice delle rigidezze
/!1 1/e'
o o
-1/e' O
o
/!, o 12/1' -6/l o -12/1'
/3, o -6/1
-~
2
/!, -1/e'
4
o 6/1
o
o
1/e' O
o
/!, o -12/1' 6/1 o 12/I' ~
(e'~J/A):
/!, o ] s, -6/1 s, 2 s, o s, · 6/1 S,
·
[15.13]
4_~
Le matrici delle rigidezze dei vari casi precedentemente visti possono essere
subito dedotte dalla [15.13] cancellando le colonne e le righe relative ai movimenti /3 e alle azioni interne S che sono nulli.
b) È chiaro che quando l'asta si trova sottoposta a uno stato di sollecitazione spaziale, i due vettori azioni interne e movimenti possono c~m prendere al massimo 12 componenti ciascuno; per cui il numero degli elementi della matrice dèlle rigidezze salé a 144. · .Se si vuole che i coefficienti di rigidezza dell'elemento strutturale abbiano ·gli stessi indici, di quelli della struttura, evidentemente deve essere uguale la numerazione delle analoghe azioni e degli analoghi movimenti. 'e) Trasformazione della mcìtrice delle. rigidezze, cambiando il sistema di riferimento. Di solito tanto le grandezze geometriche, quanto quelle statiche dell'elemento strutturale (di conseguenza anche la sua matrice delle rigidezze) vengono riferite a un sistema di assi cartesiani locale, proprio dello stesso elemento. Ma passando, allo. studio dell,'intera struttura, occorre adottare un unico sistema di riferimento «generale» (fig. 15.8), .al quale le varie grandezze particolari debbono essere rapportate, allorchè si deve passare da un 'sistema di riferimento all'altro. Tale passaggio comporta in genere una tra-
.
La matrice [R] ha, come è già stato ricordato, quale suo generico elemento aii il (x,y,z) sist. di riJerim. locale coseno dell'angolo che l'asse i del primo ri- (x,y,z}sist di rifirim. generale ferimento forma con l'asse .i del secondo; Fig. 15.8 ed essendo essa rnrtogonale» (R'=R-'; paragrafo 2.8), si ha anche, quando si voglia passare dal nuovo riferimento al vecchio, S=RS, fl=R/3, k=RkR'. [15.15]
-
-
Come vedremo (es. 15.1), le relazioni tra i vettori S, S (o, (3, /3) possono essere ricavate direttamente.· E anche la matrice k pnò essere ottenuta per via ordinaria, facendo avvenire un movimento· [3 per volta, e tenendo conto dei legami di equilibrio tra le componenti del vettore { S}; si evita in tale modo il calcolo delle matrici· [R], però il procedimento richiede un lavoro preparatorio maggiore, perdendo quindi una parte dell'((automaticità» del calcolo. Esempio 15.1.
----
L'astà della fig. 15.9 è soggetta al vettore «forze» S~[S, s, s, S,]' riferito agli assi X,y ; calcola'.re la'traSformazione del vetto!e Se della matrice delle rigidezze quando Si pa~sa al sistema di riferimento x,
y.
.
Fig. 15.9
a) È semplice constatare che, in corrispondenza della sezione estrema A, [a]
e che analoghe relazioni valgono per le azioni applicate in B. Se si pone cos a=À,
sen a=ft,
Capitolo quindicesimo
346
Matrici
o, più brevemente,
[~]~[-1 l Jl l~J
'"
e scomponendo
a22=cos (j,y)=cos a.
k~
~
o o
EA [ I -I
O
o o
-1
p,
o]~·
El k=-1-
o o s, I o s,. o o s,
[d]
R'~l~ -~
! -~J,
R'k=~A l=~
o o o
p, o o o o o o
p, o
p, o
12//3 -6/l
-6/l 4
o
o
-12//2 -6/l
6/1 2
p,
p,
o o o o o o
o -12//2 6/l
p, o -6/l 2
o
o
12//3 6/l
6/1 4
s,
;s;. ~3.
[a]
s,
§.s
s,
La matrice «rotazione » può essere facilmente scritta tenendo presente, oltre a quant~ è _stato fatto per l'asta dell'esempio precedente, l'insensibilità delle rotazioni {J3 , {J 6 al sistema di riferimento:
La matrice [R] è data dalla [b]; si ottiene allora
o
Fig. 15.10
Soluzione. a) La matrice delle rigidezze k riferita agli assi X, ji è già stata indicata nel paragrafo 15.3.1 (caso 5); se pensiamo lo sforzo assiale nullo e si vuole rendere k compatibile, come vedremo, con la R, dovendo effettuare il loro prodotto, si ha
b) Asta soggetta soltanto a sforzo assiale: trasformazione della matrice delle rigidezze k. _ _ Se l'asta è soggetta soltanto a sforzo assiale, si ha S2 =S,~O. Gli elementi della matrice rigidezze k si ricavano facilmente facendo avvenire un movimento per volta:
p,
S2=S1 sen a=(fJ1e) Aµ;
Esempio 15.2. Calcolare per un'asta prismatica inflessa la trasformazione della matrice delle rigidezze cambiando gli assi di riferimento come è indicato nella fig. 15.10.
Quindi, per la seconda delle [15.14], s~R'S. Dovendo essere, per l'equilibrio dell'asta, S,~o, dalla [b] si ha O~-µS1 +J.S,, ossia S 2 =S1 tg a; e, analogamente, S 4 =S3 tg a.
p,
lungo i nuovi assi x, y:
infine per l'equilibrio dell'asta si ha 8 3 =-Si, S4=-S2 • Vengono così ricavati gli elementi della prima colonna della matrice k. In modo analogo si ottengono gli altri elementi.
a 12 =cos (X,y)=cos (270°+a)=sen a,
P1
S1
S1=S1 cos a=f11eA 2,
L'espressione [e] conferma la seconda delle [15.15], poichè la R non è altro che la matrice di coseni direttori, ossia la matrice «rotazione 1>: infatti
a 21 =cos (j, x)=cos (90°+a)=-sen a,
347
S1 ~N~p1EA/l~(p 1 e) J.;
[e]
a 11 =cos (X, x)=cos a,
delle strutture
(la traslazione lungo Y non interessa, avendo supposto che l'asta si deformi soltanto per sforzo assiale). Quindi (EA/l~e):
è semplice constatare che le precedenti espressioni possono venire scritte in forma matriciale
nell~analisi
-À
-µ À
À
µ
µ
-µ
À
O
O
o o o0 o o o o o
o
o I
[b]
e per la terza delle [15.14],
k=R'kR~ E: r_1;
Àµ µ' -Àµ
-˵
l-˵
-µ•
˵
-À' ).'
-ÀµJ -µ' Àµ •
[e]
µ'
e) Come è stato accennato nel punto e) del par. 15.3.l, la matrice k (riferita al nuovo sistema di assi) può essere ricavata per via ordinaria facendo avvenire ogni movimento (riferito anch'esso al nuovo sistema di assi) uno alla volta, quindi senza ricorrere alla matrice [R]. Imprimiamo ad es., relativamente al caso trattato in b), lo spostamento f31 secondo il nuovo asse x; lungo il primitivo asse X (coincidente con l'asse dell'asta) si ha (cos a~J.): p,~LJ1~p, cos a~p,;.
Procedendo come nell'esempio precedente, si ottiene
P1
p,
p,
p,
12µ 2// 3 ; -12Àµ/l' 12J.'//' simm. -6).jl 4 i 6µ/l ············---------------------·--··---··----------·-:---·········----·--·-····················· -12µ'/l' 12Àµ/l' -6µ/l i, 12µ'/l' 12J.µ/l' -12).'/l' 6)./1 -12J.µ/l' 12J. 2// 2 6µ/l -6).jl 2 -6µ/l 6)./1 4
!
-
El
k~R'kR=-
,,
i
1
!
s,
s,
s,
[e]
348
Capitolo quindicesimo
Matrici nell'analisi delle strutture
b) Come è stato mostrato nel punto e) dell'es. precedente, la matrice k può essere ricavata per via ordinaria.
349
Esempio 15.3.
-
Per il telaio della fig. 15.11, costituito da dUe travi uguali, determinare la matrice delle rigidezze procedendo per addizione dei coefficienti di rigidezza.
15.3.2. Insiemi di travi: matrice delle rigidezze e matrice delle sollecitazioni. Soluzione.
a) Procedimento ordinario. Abbiamo già accennato che la determinazione della matrice delle rigidezze costituisce una fase importante del metodo dell'eqnilibrio perchè, essendo gli elementi k,1 i coefficienti delle equazioni risolventi, il successivo calcolo confluisce nel problema generale della soluzione di un sistema 'di equazioni lineari. S'intende. che i coefficienti k<; possono essere calcolati come vedemmo nei capitoli 12 e 13, ossia immaginando che avvenga un movimento indipendente unitario per volta e determinando le relative conseguenze. Diremo pertanto tale procedimento «ordinario »; e nulla dovremmo aggiungere rispetto a quanto esponemmo a suo tempo, se esso, che appare sotto il punto di vista concettuale tanto semplice, non presentasse lo svantaggio di adattarsi malamente a un calcolo da tradurre in un programma per l'impiego di un elaboratore. Ma tale inconveniente può. essere aggirato con i due seguenti procedimenti.
a) Le matrici rigidezze kab' "f0ic delle due aste isolate, riferite agli assi «locali )}
(fig. 15.llb), coincidono con la [15.13].
b) Addizione (o assemblaggio) dei coefficienti di rigidezza. Tale modo di procedere, nella sostanza per nulla diverso da qnello ordinario, deriva da un'osservazione semplice, già altre volte tacitamente utilizzata: pensiamo che l'estremità di una membratura riceva, a causa di un movimento isolato {J1 una determinata· azione S,1 (s'intende di solito associata ad altre azioni); nel caso che si abbiano più sezioni collegate in corrispondenza di nn nodo, jn ciascuna di esse, a ca-Usa dello stesso movimento', si può manifestare un 'azione analoga, ossia distinta dai medesimi indici, ricordando il significato dato a questi. Pertanto l'azione risultante evocata dal movimento è la somma delle singole analoghe « forze»; e ciò equivale a dire che il generico elemento klJ della matrice K complessiva può essere ottenuto sommando gli elementi di eguale indice calcolati per le membrature isolate; gli indici svolgono pertanto un ruolo fondamentale. Però, se si vuole· rendere auton1atica questa operazione di somma vettoriale, occorre riferire gli elementi della matrice k di ogni membratura ad un medesimo sistema
Fig. 15.11
Per l'asta A-B il sistema di riferimento locale coincide con quello globale; mentre per l'asta B-C occorre intervenire con la matrice rotazione (v. es. 15.2):
R~
-o
o o o o o o o o o o 1 o o o ·······-----------------------------------------------------· o o o au a,, o o o o a,, o ll21 o o o o o 1
au a,,
o ! o o o o o ! o o o o o 1 i o o o ------------------------------------------------o o o ; o -1 o o o o ! 1 o o o o o j o o 1
a,, a,,
-I
1
[a]
Quindi, effettuate le operazioni di trasposizione e prodOtto richieste dalla terza delle (15.14], la matrice rigidezze dell'asta B-C, riferita al sistema di riferimento generale, risulta (convenepdo di adottare, per i movimenti e per le azioni corre· lative, la rappresentazione indicata nel par. 15.1.2b)
«generale}> di assi cartesiani, in modo che, volendo ad
{3,
k,,~R'k,,R~ ~J l-~20~;;:
esempio un coefficiente di rigidezza che corrisponde a una forza secondo un asse x, si sommino forze aventi tutte eguale direzione. È chiaro allora che, essendo invece ogni matrice-k riferita a un proprio sistema «locale» di assi coR
ordinati, occorrerà effettuare quell'operazione di trasformazione che abbiamo illustrato nel paragrafo precedente, resa sistematica dall'impiego della matrice di rotazione R (oppure ricavando la matrice k per via ordinaria; es. 15.lc). Tuttavia l'operazione di trasformazione è meno semplice di quanto possa ' apparire dal puntò di vista concettuale; se la struttura è complessa, per il calcolo della matrice delle rigidezze può convenire il procedimento «diretto » che verrà esposto nel successivo punto e).
-6/l
{3,
lr -1/e'
o
{3,
6;1
o 2
{3,
:;/~·o 6/1
{3,
f!,
s, s, S," s,
1/e'
o
- s,
4
[b]
s,
Le matrici kab' kbc possono essere addizionate per ottenere la matrice K del telaio. Naturalmente la matrice k può essere ottenuta per via ordinaria (v. es. 15.2b). b) Nel costituire le matrici kab• kl!c avremmo potuto_tener conto delle condizioni di vincolo considerando nulle le- componenti dei movimenti impedite di esplicarsi.
•
350
Capitolo quindicesimo
Matrici nell'analisi delle strutture
Tuttavia, volendo organizzare un calcolo automatico, può convenire di prescindere da tali condizioni nel lavoro preparatorio, introducendole alla fine, dopo avere rica-
ove fln, .. ., {J,. sono gli elementi della riga i della matrice A, e {J,1 rappresenta il contributo allo stesso movimento {J, dovuto al movimento indipendente a;=!. La matrice [A]"., per la condizione di continuità che essa esplica tra nodi ed estremi delle aste, può essere detta «della congruenza», e può essere facilmente calcolata facendo avvenire un movimento indipendente per volta e determinando i conseguenti {J; e poichè tali movimenti si esplicano a spese dei lavori di deformazione, per questi dev'essere eventualmente deciso se certi apporti possono o no venire omessi (ad esempio la deformazione per effetto dello sforzo assiale per le membrature inflesse). Per ogni membratura r, la relazione matriciale [15.8] {S},=[k],{fJ}, consente di esprimere il legame tra le sollecitazioni e i correlativi movimenti. S'intende che può essere definito il vettore, correlativo a quello [15.16] dei movimenti {J, comprendente tutte le s sollecitazioni presenti nelle sezioni estreme delle aste s, ]' ; [15.20] S1
vata la matrice generale K: per fare ciò si eliminano evidentemente le colonne riguardanti i movimenti nulli; e si omettono anche le righe intestate alle sollecitazioni correlative, perchè non interessa scrivere le corrispondenti equazioni di equilibrio se
non per ricavare le reazioni incognite dei vincoli (cap. 15.2c). Si ottiene in definitiva:
a, EJ
K~-,-
a,
a,
12/1'+ I/e'
-6/l 6/1
o
(1/e'+ 12/I')
l
O
-6/l -6/l
6/1
8 2
o
Pensiamo il telaio soggetto soltanto a ima coppia in B
a,
-6/IJ F, . O
2 4
(F,~M,
F, F, F,
fig. 15.11) e omet-
tiamo la deformazione per effetto dello sforzo assiale (a 4 =0, a5 =0). Le equazioni di equilibrio risultano (F,~O) (8 a,+2 a,) EJ/l~M
(2 a.+4 a,)
351
EJ/Z~O,
e allora il legame tra i vettori S, {J può venire scritto
da cui si ottiene a,~ -a,/2, a,~M/(7R), essendo R~EJ/l. Risultato che potevamo ottenere immediatamente per la proprietà [12.12] (W,.~4R, W,,~3R)
{S}=[k,] {fJ},
M
S=k,{J,
[15.21]
ove la matrice k,, evidentemente di ordine s, riunisce le matrici delle rigidezze delle membrature singole, e viene detta «matrice delle rigidezze dissociate». Essa pnò essere rappresentata con semplicità per sottomatrici, riportando le matrici delle rigidezze delle membrature isolate a, b, .. ., m in forma diagonale - ka o o
c) «Procedimento diretto» per il calcolo delle matrici rigidezze. Movimenti indipendenti (a1 , a,, .. ., a.) e movimenti delle sezioni estreme delle aste ({11 , {J,, .. ., {J,) vengono posti in relazione mediante le condizioni di congruenza. Quindi, data una struttura comprendente le membrature a, b, .. ., m, definito il vettore dei movimenti {J degli estremi delle stesse membrature
o
o
k,
k,=
[15.16]
{fJ}=[{J, {J, ... {J,]''
oppure
[15.22]
o
o
il legame tra i vettori {a} e {fJ} può essere espresso in forma matriciale f11 {J,
-
fln
f112
••• f111
•••
f11n -
a,
fln
{J,,
fln
...
{J,.
a!
ed è allora facile riconoscere che, essendo nulli tutti gli elementi sopra e sotto la diagonale principale, dalla relazione [15.21] si ritrovano le varie relazioni S,=k,{J, relative ai diversi elementi strutturali. Sostituendo l'espressione [15.18] fJ=Aa nella [15.21], si ottiene
[15.17]
S=k,Aa. {J,
{J,, {J,,
...
{J,,
{J,.
a•
Inoltre è facile constatare che tra i vettori delle n forze esterne e delle s sollecitazioni sussiste il legame
o più brevemente: {fJ}=[A] {a},
{J=Aa.
[15.23]
F~A'S,
[15.18]
[15.24]
ove At è la trasposta della matrice A di congruenza precedentemente definita. Infatti imprimiamo un movimento virtuale a1= 1; la colonna j della matrice rettangolare presente nella [15.17], che è la matrice A, riporta i corrispondenti movimenti {{J/h ove l'indice j sta a ricordare quale movimento fittizio è stata la causa,
Pertanto l'espressione del generico movimento {J, risnlta [15.19]
•
352
Capitolo quindicesimo
Matrici nell'analisi delle strutture
e l'apice che esso è unitario. Per il principio dei l~vt;>ri virtuali, s~ si indica co:° Si la generica componente del vettore delle s azioni interne effettive [15.20], s1 ha
e si ottengono da essa, come accennammo per la [15J3], tutti i casi particolari piani
I · Fj~E' (P/),S,.
[15.25]
aventi mobilità limitate. Ad esempio, nel caso di assiale,
f!1
i=l
La somma dei prodotti al secondo membro può essere espressa in. forma matriciale come prodotto della matrice riga dei movimenti fJ/ per la matrice c?lonna delle azioni S.,,, ossia, i_ndicando la matrice riga come trasposta della matr1_ce colonna, [15.26]
k~ EA I
FJ~{fi/}' {s}.
p,
[II 1I] S 84' ' 1
I (es. 15.4).
[15.27]
ll2·li
t"i~A~_~a~-~B71t __9\.F,
T
{F}~[A]' {s}. s~k 0 Aa;
Fig. 15.12
ossia si può ricavare la matrice delle rigidezze dell'intera struttura, una volta note la matrice della congruenza A e le singole matrici delle rigidezze disso. ciate ka, kb, ..., km. Quindi con questo procedimento si può evitare il ricorso alla matrice «rotazione}), poichè della conversione dei sistemi locali di riferimento in quello generale tiene implicitamente conto la matrice A. Per svincolarsi anche dai versi da attribuire ai sistemi locali di_ riferimento con-
'.Fig. 15;13
sulta, per un'asta prismatica, identica alla [15.13], a parte 1 segm
- Ife' EJ k=-1-
o
o
Ife' o o
12fl' -6fl o
12fl' -6fl
o
-6fl 4 o
-6fl 2
p, Ife'
o
p, o
o
l2fl' -6fl
Ife'
o
;,---"c__
o o
12fl' -6fl
~''1
Esempio 15.4. Ricavare la matrice delle rigidezze e delle soll,ecitazioni per il traliccio iperstatico della fig. 15.13; le aste hanno uguale sezione.
a) Procedimento ordinario. Ad esempio, impresso nel nodo B lo spostamento a 1 =1, si ha: f3a=1, I EA s.=(EAfl) ·I; Pa= ,,,, , s.~ ,,,, fJ.~o,5 EAfl; ku~s.+safVz =1,3536 EAfl, y2
y2/
k"~s.fVz ~o,3536EAf1. Quindi si ottiene: a,
K~
E:
a, 0,3536 1,3536
[ 1,3536 0,3f6
o
-1
a, o o 1,3536 -0,3536
a, ·
1
F -IO ] F, -0,3536 F, · 1,3536 F,
b) Procedimento diretto.
·r
-6fl
s,
2
S3
-6fl 4
_,,fl.E!3·lf
(e'~JfA):
p,
o
8
~ z_ ____,,,t, F
viene, per le membrature isolate soggette a stato piano di tensione, .to?side:fl:r~ positi~i i m_ovi~e~ti e I~ azioni c?rrelativ~ i~dicat~ ne~a fig: .15.12: qu~nd1 pos1tiv1 i mov1ment1 assiali corr1spondenti a sforzi d1 trazione, positive, al solito, le rotazioni destrogire; e positivi i movimenti -in dirèzione normale all'asse, se dan .Iuog? a una rotazione destrogira di corpo rigido (come nel par_. 13.3:1a). La matrice ri-
p,
b
1a"~·
quindi la [15.24] puÒ' essere scritta
per cm .1n definitiva, confrontando quest'ultima con la relazione [15.2] F=Ka, si ottiene [15.29]
jJ, ' o
d
l
[15.28]
P1
[15,31]
E: ·
Scrivendo n volte la relazione; cioè passando all'int~ro v~ttore ~elle fo~ze esterne, si ottiene infine, ricordando che, nella [15.27], la matnce riga {fi11t non e altro che la generica colonna della_matrice A ~ella congruenza, la relazione [15.24]
Ma, per la [15.23],
soggette soltanto a sforzo
per cui, esserido S 1 =S4 , si può far riferimento, anzichè 8.gli sforzi applicati alle estremità, allo sforzo S dell'asta per la correlativa defor1nazione specifica /3= 1; e la ma-
trice diventa e allora la [15.25] diventa
a~te
353
"1
,
s, s, s,.
[15.30]
•
A~[~> 23
~
a, o I o o
, I. ~~" [l
-I O o
p, flc, Pa
lfVz
-lfVz
{!,
1fV2
PozzATI,
a,
a, o o I o
II~l.
I
O
o
o I o o o
o o I
o o o
o 1fV2 o
o
o
"o
]
1fv2
,
354
Capitolo quindicesimo
. l l
EA A'k,=-1, EA K=A k,A=--
o o 1 o o 1 -1 o
O 1
g
o o
1
0,5 0,5
-0,5
o o
o
1,3536 -0,3536
-1
355
o o0,5 J '
o o
0,3536 1,3536
1,3536 O,:i536
Matrici nell'analisi delle strutture
J
-1 o . -0,3536 1,3536
M,, T,,
Esempio 15.5. Ricavare la matrice delle rigidezze per il telaio della fig., 15.14. Le aste sono uguali; si omette la deformazione per effetto dello sforzo assiale (aa=a1).
a,JJ
ì a;-:F;
,.---...
1
2
El [ 12/1
A'k,=-1-
-~Il
-6/l 4
o
o o
4 2
EJ[ 24/l' K=A'k,A=-- -6/1 l -6/l
~E;
12/1'
2 4
a,
a;,..f
r-..
2
o
-6/1]
-6/l
4
o
'
a,
a,
-6/1
-6/l] F, 2 F,
8
2
F,
8
h.l
lyl!
Fig. 15.14
c) Procedimento diretto, ma con una diversa formulazione della matrice A di congruenza.
l
X
a) Procedimento ordinario. Al solito, imprimendo un movimento per volta risulta facilmente:
El[
a,
-6/1
-6/l] F, 2 8·
8 2
F,. F,
Infatti, impresso ad_ esempio il solo spostamento a1' i tagli ~eri due ri.tti coincidono con la rigidezza alla traslazione {T14 =T23 =12EJ/l3); 1 momenti valgono -Tl/2, b) Procedbnento diretto. Le condizioni di congruenza sono, indicando con u Io spostamento parallelo a x:
Ai ritti 1~4 2-3 debbono essere attribuite le matrici ricavate dalla [15,30] considerando solta~to fJ 2 , /33 diversi da zero; alla trave 1-2, considerando i sol~ !11-ovimenti p,, p, (fig. 15.7). Pertanto le matrici A (della congruenza) e k, (delle rigidezze dissociate) risultano:
a, a, a, -1 A=
T.
o o 1 o o 1 o o o 1 1 o 0 o o 1
(/)14 (/)12 (/)21 ' U23
(/)23
(/Jra
-4
a,
a,
24/1' K=- -6/l I -6/l
Per i due ritti si considerano, al posto degli spostamenti relativi u 14 =uz3 =ah le rotazioni di corpo rigido y14 =yz 3=a1/h; poichè si pensa che ogni movimento avvenga isolatamente, le rotazioni y debbono essere annullate, e le sezioni superiori degli stessi ritti debbono ruotare, a causa di ah delle quantità cp14=-y14 = = -a1 /h,
"·(per h=I)=
O
O
! o- M,.
~' ~: T:::I.:::~:::::I:::·i. ~::. ....
O
:
i
O
O
:
i
4_ M 23
e si ritrova, con le solite operazioni di trasposizione e di prodotto,
EJ [ 24/l' K=A'k,A=- -6/l l -6/1
-6/l
-6/l]
2
8
8
2
.
15.3.3. L'impiego delle matrici nel metodo dell'equilibrio. La conclusione del calcolo.
a) Strutture caricate nei nodi. Come già abbiamo accennato, la determinazione della matrice K dei coefficienti di rigidezza dell'intera struttura costituisce la fase fondamentale dell'intero calcolo perchè, nota K, si conoscono i coefficienti del sistema delle equazioni [15.1], in cui figurano incogniti i movimenti indipendenti a. A questo punto può essere opportuno osservare che le varie fasi del calcolo - consistenti nel determinare K, ricavare dalle equazioni [15.l] i movimenti a e infine, mediante questi, risalire alle sollecitazioni - nella sostanza
356
Matrici nell'analisi delle strutture
Capitolo quindicesimo
non differiscono in nulla da quanto venne fatto nell'applicazione consueta del metodo dell'equilibrio (par. 13.1); la sola differenza è nella scrittura concisa dei passaggi operativi impiegando le matrici, e nel codificare tali passaggi, con appropriato corredo di indici, in schemi e fasi adatti per la programmazione dei calcoli da fare sviluppare da un elaboratore. Può anche essere opportuno chiedersi se, per la determinazione della matrice K, convenga adottare il procedimento «per addizione dei coefficienti di rigidezza» o quello «diretto». A prima vista il procedimento «per addizione» - nella sostanza in nulla diverso da quello «ordinario», a parte l'automazione del calcolo mediante l'impiego della « matrice rotazione» - può apparire conveniente per l'immediatezza del concetto che lo ispira; ma in effetti, e ciò già traspare dal banale esempio 15.3, esso si complica quando la struttura è complessa; per cui non di rado si ricava direttamente la matrice K (es. 15.lc).
In generale viene considerato preferibile il procedimento «diretto», che d'altronde è stato escogitato per sfruttare al massimo le prestazioni di un calcolatore elettronico. La matrice delle rigidezze K presenta frequentemente, adottando un'adeguata successione dei suoi elementi, per altro in genere spontanea, una con-
formazione « a banda» (ossia con i coefficienti addensati lungo la diagonale principale; v. par. 13.2a) utile per la risoluzione, da parte dell'elaboratore, del sistema di equazioni (cap. II). Risoluzione che viene effettuata adottando in genere procedimenti di calcolo numerico che introducono varianti ai me-
luogo, in ogni sezione i incastrata, alle sollecitazioni
poi considerare la struttura soggetta alle stesse
S, cambiate di segno, e queste
e) Stati di sollecitazione coattivi. Se lo stato di sollecitazione di una struttura staticamente indeterminata dipende non dalle forze ma da altri disturbi (quali, ad esempio, variazioni termiche e cedimenti dei vincoli) nulla cambia in sostanza nella procedura di calcolo illustrata. Basta pensare che avvengano tali disturbi, ma con i movimenti dei nodi provvisoriamente bloccati mediante vincoli ausiliari; per cui l'unica differenza è che nella relazione [15.36] i] vettore F non comprende componenti esterne. Esempio 15.6.
Risolvere, impiegando il procedimento« diretto», il telaio della fìg. 15.15 avente
le aste uguali. Soluzione.
Per tale telaio è già stata ricavata, nell'es. 15.5, la matrice delle rigidezze:
a,
a,
EJ [ 24/1' K = - -6// I -6/1
a,
-6/1 8 2
-6/1] F, 2 8
. (j) 3,D(
g' '
. . . ~.
per cui la matrice H delle sollecitazioni, che lega i vettori S e a,
3,0f'I..
1r0
[15.33]
F,. F,
~"11/m
@
e• ' 1-ru ')3.otm ----r..-' T'---3,0lm
0
h"6m
risulta definita, per confronto con la [15.32], dalla relazione
@
[15.34]
%'
Fig. 15.15
Influe, essendo per la [15.2] a=K-1F, il vettore S può essere scritto nella forma esplicita [15.35]
• b) Strutture caricate in modo qualunque. Le sollecitazioni fomite dalla [15.32] sono quelle definitive soltanto se la struttura è caricata nei suoi nodi; ma sappiamo (par. 13.2) cbe è facile ricondurre a tale schema le condizioni di carico più generali: Basta pensare, in una prima fase, applicati i carichi e impediti i movimenti indipendenti n1ediante vincoli ausiliari, dando coSì
[15.36]
essendo F=F,-F.
[15.32]
H=k,A.
d'incastro perfetto;
{S}=S+k,Aa=S+[k,AK-1 ] {F},
sollecitazioni mediante la relazione
{S}=[H] {a}
si
costituiscono, associate alle corrispondenti eventuali azioni esterne, le «forze » genericamente indicate con F. In definitiva, complessivamente si ha
todi matematici generali, in considerazione anche degli importanti problemi connessi con la memorizzazione dei coefficienti nell'elaboratore e con il controllo del grado di precisione dei risultati ottenuti. Determinati i movimenti a, è quindi facile il passaggio al calcolo delle
S=k,Aa;
357
'./.
f<..- [ 5m 0
l
~
Pertanto le equazioni risolventi risultano: (24 6 6 ) -EJ 1- pa1-ya2-ya4 =1,0·10a,
Capitolo quindicesimo
358
Matrici nell'analisi delle strutture
A titolo esemplificativo mostriamo come le sollecitazioni possono essere ricaN vate con l'inversione della matrice K, secondo la relazione [15.36]. L'inversa della matrice K risulta (par. 1.3.4): 1=
K-
/ [ 0,11905 I' EJ 0,07143 l 2 0,07143 l
0,07143 l 0,30952 -0,02381
0,07143 -0,02381 0,30952
I]
3,0 · 10'
essendo
[15.41] la matrice delle rigidezze ridotta.
.
Nell'es. 15.5c si trova riportata la matrice A della congruenza e quella ko delle rigidezze dissociate. Poichè il vettore delle forze vale F=[ 1,0 · 10'
359
b) Le sottomatrici presenti nella [15.37] possono essere calcolate ad esempio con il procedimento diretto, ossia per tramite della matrice A di congruenza. SuddiN visa questa nelle due sottomatrici Aa, Ab corrispondenti ad aa, a1.1 si ha (rel. 15.18)
{P}=[A
-3,0 ·IO']',
i
0
A•]{--~;-};
[15.42]
dalla [15.36] si ottiene S-J 0 AK-'F-
'
.
-
.
quindi M11~=-3,0
M 21 =
tm,
l
0,7143 tmJ M 14 2,2857 » M,.
e applicando ancora il principio dei lavori virtuali, come si è fatto per ricavare la [15.29], si ottiene (15-')
Mas
[15.43]
0,2857 !) -3,2857 )}
Mz1 '
M 12 (totale)=-3,0+2,2857=-0,7143 tm (=-M,.),
3,0 tm,
M 21 (totale)=
3,0+0,2857=
Utilizzeremo tale modo di procedere, a titolo di esempio, nello studio della ripartizione di azioni orizzontali per sistemi spaziali complessi comprendenti pareti e telai collegati dai solai dei vari piani (voi. II, parte 2•, cap. VII).
3,2857 tm (=-M,;).
15.4. L'impiego delle matrici nel metodo della congruenza. 15.3.4. Le equazioni risolventi hanno una parte dei termini noti nulli.
15.4.1. Strutture isostatiche: relazioni tra azioni interne, movimenti e forze.
a) Nel par. 13.5 si considerò la convenienza, quando alcune delle forze F appli-
cate ai nodi sono nulle, di esprimere una parte dei movimenti indipendenti in funzione dei restanti, con il vantaggio di ridurre il numero delle equazioni; chiamammo tale modo di procedere, tipico del metodo dell'equilibrio, «dei movimenti primari impressi)), per dar rilievo alle operazioni preparatorie. L'impiego delle matrici consente anche in questo caso una sintetica rappresentazione delle operazioni necessarie. Consideriamo i movimenti indipendenti divisi in due insiemi di valori aa, aò correlativi alle forze Fa, Fb, e supponiamo Fb=O (io. 4), Pertanto l'equazione matriciale [15.2] (F=Ka) può venire scritta semplicemente per sottomatrici [15.37] per cui [15.38] Da tali relazioni risulta
•
[15.39]
e, sostituendo nella prima delle equazioni [15.38], si ottiene il sistema di equazioni con le sole incognite aa: [15.40] (15 • 4) Ovviamente i movimenti a,, possono esistere pur essendo il vettore F,,=0. Ad es.,
relativamente al telaio della fi.g. 15.15 soggetto alla sola forza X, quindi con F 2 ed F 4 nulli (fi.g. 15.14), a 2 e a 4 sono diversi da zero.
a) Definito, per una struttura isostatica, il_ vettore. delle azioni interne relative alle sezioni estreme delle varie membrature che compongono la stessa struttura S=[S1 S, ... S, ... S,]t, [15.44] il legame tra qnest'ultimo e le n forze esterne può essere scritto nella forma {S}=[B] {F}, o semplicemente S=BF;
[15.45]
e per le azioni S i sensi sono considerati positivi secondo quanto si specificò a proposito del metodo della congruenza (cap. XIV). Quindi, da tale relazione matriciale, la generica azione interna risulta data nella forma [15.46] (15 • 5) Ad es., pensiamo i movimenti alt nulli e indichiamo con S1.,, {Jb i vettori dovuti ai movimenti ab; (Fa)1 sia una delle forze correlative ai movimenti aa. Se si adotta, come sistema di movimenti virtuali, a;=l e le relative conseguenze fJ;i' (i= 1, 2, '. .. ), in virtù del principio dei lavori virtuali si può scrivere (F,)1 · 1 ~E, (S,)1 (p/),~(p/}' {S,}.
Effettuando la stessa operazione per tutti i movimenti alt considerati uguali a 1, si ottiene Fa=A1t1 S,,=A~ k 0 {J,,=(A,/ k 0 A,,)a,,. 1
Avendo anche Fa=Ka,,a,,, risulta K~,,=A,/k0 Ab.
Capitolo quindicesimo
Matrici nell'analisi delle strutture
essendo i coefficienti bn ... b,n i vari elementi della riga i della matrice B, e bu il contributo alla «sollecitazione» S, da parte della forza Fj= !. La matrice B, che è la diretta e sintetica espressione delle condizioni di equilibrio dalle quali scaturiscono le sollecitazioui della struttura isostatica, è evidentemente di ordine s x ne viene detta« matrice delle sollecitazioni» (v. nota 15.3).
membrature dissociate»; essa può essere rappresentata con semplicità per sottomatrici, distribuendo le varie matrici [e] delle membrature a, b, ..., m lungo la diagonale principale
Se si immagina isolata la generica membratura r tra due nodi adiacenti,
[15.51]
360
o e,
o o
la relazione esistente tra il vettore delle azioni interne S (applicate alle
F,.a,
lf.a,
A
B
r:
::\
1~
~
~
f:3;j ~
o
tF,
4(~
<;,
a) Fig.'· 15.16
F;(
b):r!(~ S2..,_ .
?
Essendo allora fi=c,S, e per la [15.45] S=BF, risulta
"
fi=c,BF.
~ ~
sezioni estreme dell'asta r) e quello dei correlativi movhnenti può venire scritta
[c],{S},={fl},, o semplicemente c,S,=fl,,
[15.47]
ove [e], è, per la membratura r, la matrice delle deformabilità definita più generalmente nel par. 15.2b e corrisponde quindi alla [15.4]. Cosi, ad esempio, per una trave A-B appoggiata soggetta ai due momenti Si. S 2 (fig. 15.16a), si ha
[c],=[Cn
C21
C12] c 22 =
[
6 EJ
S1
s,
1
.l]/11. 2 /12 '
[2
[15.52]
Volendo ricavare i movimenti a di alcune sezioni (o· di alcuni nodi) è facile verificare che, detta [B"] la matrice delle sollecitazioni precedentemente definita, ma relativa al vettore delle forze unitarie correlative agli stessi movimenti a, vale la relazione [15.53] {a}=[B.J'{/I}, come è facile constatare, applicando ad esempio il principio dei lavori virtuali. Infatti, volendo ottenere il movimento effettivo ai, applicata la forza virtuale Fj= 1, dalla colonna j della matrice Ba si hanno le sollecitazioni {S/}, ove, al solito, l'indice sta a ricordare la forza dalla quale sono prodotte, e l'apice che detta forza è unitaria. Per il principio dei lavori virtuali, se si indica con fli la generica componente del vettore degli s movimenti effettivi, si ha [15.54]
[15.48]
e se la trave è a sbalzo (fig. 15.16b),
Tale relazione, per quanto è stato indicato nel precedente par. 15.3.2c, può essere posta sotto la forma [15.55]
. l[t'/3
[15.49]
[e],= EJ 1/2
S'intende che per la struttura complessiva, costituita come si è detto da m ·me.mbrature, possono ess_er considerati due vettori comprendenti l'uno le .s azioni interne applicate alle varie sezioni estreme, l'altro i correlativi movimenti:
S=[ S1 S, ... S,]',
361
/I=[ /11 /12 ... fi, ]' ;
{a}= [B"]' {P} . Ma per la [15.52] fi=c,BF, quindi la [15.53] può venire scritta
a=(Bjc,B)F,
•
·e allora, analogamente a quanto è stato fatto per le matrici rigidezze, il legame tra fi e S può venire scritto ·
{/l}=[c,] {S}, o semplicemente fi=c,S,
scrivendola n volte (ossia tante quante sono le forze), e ricordando che la riga {S/}t coincide con la colonna j della matrice BIZ., si ottiene:
[15.56]
e a proposito di tale relazione si può notare che essendo, per definizione di matrice deformabilità dell'intera struttura [rei. 15.4]
a=CF,
[15.50]
avendo riunito nella matrice [e,] tutte le matrici deformabilità e,. La [e,], evidentemente di ordine s, viene detta « matrice delle deformabilità delle
si ha (va ricordato
eh~
la struttura è isostatica) . C=B,;/c 0 B.
[15.57]
362
Capitolo quindicesimo
Matrici nell'analisi delle strutture
b) Può essere utile mettere a diretto confronto le relazioni che si sono ottenute nel precedente paragrafo (relativo al metodo dell'equilibrio) e in quello presente, nel quale si sono poste le premesse per l'applicazione del metodo della congruenza. Precedentemente si sono ricavate le relazioni:
Quindi, se per le condizioni di congruenza i movimenti a complessivi debbono essere nulli, si ottiene il sistema di equazioni
fl=Aa,
S=(k,A)a,
(A'k,A)a=F,
K=A'k,A,
[a]
dopo aver definito la matrice A della congruenza e quella k, (diagonale) delle rigidezze dissociate. In questo paragrafo si è ottenuto S=BF,
fl=(c,B)F,
(Bjc,B)F=a,
C=Bjc,B,
[b]
dopo aver definito la matrice B delle sollecitazioni (imponendo implicitamente le condizioni di equilibrio) e quella c0 (diagonale) delle deformabilità dissociate. È un confronto significativo che mette in risalto le possibilità di sintesi offerte dalle matrici e la corrispondenza duale sulla quale si fondano i due procedimenti. 15.4.2. Strutture iperstatiche: calcolo delle incognite staticamente indeterminate. a) Eliminati i vincoli iperstatici, la struttura «principale» isostatica che
si ottiene può essere considerata soggetta alle forze esterne e alle n reazioni staticamente indeterminate X messe in evidenza dai tagli che si sono praticati per rimuovere, come si è detto, i vincoli sovrabbondanti. Si ricade pertanto nella proprietà precedentemente illustrata per le strutture isostatiche. Il vettore delle azioni interne relative agli estremi delle varie membrature componenti la struttura può essere scritto
{S}=[B] {F}+[B1] {X},
363
[D1] {X}+[D] {F}=O,
[15.63]
dal quale si ricavano le incognite X; e mediante la [15.58] si risale infine alle sollecitazioni. Le incognite X possono essere rappresentate nella forma esplicita X=-D,-1 DF.
[15.64]
Condudiamo ripetendo che la scelta della struttura principale, derivante dal modo di praticare i tagli per togliere di mezzo i vincoli sovrabbondanti, è importante per la risoluzione del sistema di equazioni, ossia per evitare che si ottengano matrici sparse e malamente condizionate nel senso specificato nel par. 2.5d. Essendo la scelta della struttura principale affidata all'iniziativa dell'operatore, l'avvio dei calcoli seguendo il metodo .della congruenza non risulta automatico. b) Se la struttura staticamente indeterminata è soggetta a uno stato di autotensioni (provocato ad esempio da variazioni termiche o cedimenti dei vincoli) è possibile definire per la struttura principale isostatica il vettore {!~ [
{!,
{!, l
{!,
[15.65]
dei movimenti degli estremi delle membrature per effetto del disturbo esterno .. Quindi il sistema delle equazioni risolventi è ancora dato dall'espressione [15.63], nella quale al posto del termine noto [ {J,' e, B] {F} va posto [ B,'] {/)}, ottenendo
quindi
[ D, l {X}H B,' l {iì}=O
;
[15.66]
ricavato il vettore {X}, le sollecitazioni S sono fornite dalla relazione [15.58] {s}~[B,J {x}.
[15.58] Esempio 15.7.
essendo la matrice [B] quella definita nel punto precedente la [B1] la matrice delle sollecitazioni relativa, anzichè al vettore delle forze, a quello delle incognite X. Per effetto delle varie azioni X, (i= 1, 2, ... , n), il vettore dei correlativi movimenti a, risulta, per la [15.57] {a'}=[B,'c,B,] {X}=[D1]
{X},
avendo posto
[15.59]
• [DJ=[B,'c,B1 ]
;
[15.60]
per effetto delle forze esterne, i movimenti a (correlativi alle X) risultano {a"}=[B,'c,B] {F}=[D] {F},
Per il telaio isostatico della fig. 15.17 calcolare i movimenti a1' a 2 per le «forze)> correlative F1' F 2 •
[15.61]
Fig. 15.17
Soluzione. F,
F,
M,, M,, M,, M,. 12
essendo B la matrice delle sollecitazioni dovute alle forze F e avendo posto [D]=B,'c,B .
[15.62]
B=U
OJ M 1 O M2 1 O
M2s' Ms2
e,=
l
1
g
6EJ [2
1 2
o o
o o 4
2
'P12 oJ )21
2 4
1P2s '
'Ps2
Capitolo quindicesimo
364
Matrici nell'analisi delle strutture F,
F,
1 B-B'CoB - --[ 64/I' C -B' o::Co -6EJ
365
Il sistema delle equazioni di congruenza risulta [re!. 15.63]
4/la 4
1 ,
D 1X=-DF,
a2
per cui, tralasciando il fattore comune l: (y/2EA), si ottiene (F1 =2 t,- F 2 =_3 t)
o 2+V2 o
a,=4F1 l'/6EJ+4F,l/6EJ.
a 1 =F1 l'/EJ+4F,l'/6EJ,
Esempio 15.8.
X 5 =0,
11;' F, (]) X, X QJ X
3
2
5
J
4+j/2
e da tale sistema di equazioni risulta
Studiare il traliccio della fig. 15.18, tre volte staticamente indeterminato.
-
oo
X6 =-1,7574 t,
Infine, dalla [15.58], S=BF+ B 1 X, si ricavano le sollecitazioni
X,
S 1 = 1,4142-0,5224=0,8918 t,
4
S,=-2,1213+1,7651=-0,3562,
"
15.5. Tralicci piani e spaziali: procedimento di calcolo «globale » impiegando le matrici.
Soluzione. Si sceglie la configurazione principale indicata nella figura; Xs, X6, X1 sono le incognite staticamente indeterminate. X5 X6 X7 F, F, --1 o 1-1 o 1 1 -1 o -1 2 -1 o 2 o -1 -1 3 -1 o 3 1 1 o -1 1 4 o -1 4, B= j/2 B,= V2 o 5 o 5 V2 o o o 6 o o 6 o o 7 o o 7
V2
I Co=
EA
1
2
3
4
5
6
7
o o o o o o
V2
o
o o
o o o
o o o o 1 o o
o o o o o 1 o
o o o o o o
D=B1tc0 B
D1 =B1tc 0 B1
I V2EA
V2
o o o o
o o o o
V2o
t
l
f2EA
(2~j/2) o
S,=-2,1213+0,7203=-1,4010 t.
"
V,
Fig. 15.18
-v2
X,=-0,7388 t.
o o
•
1
~] ,
[O ~
o (2+j/2)
o
o (4+V2)
J
.
a) Nello studio delle strutture staticamente indeterminate può venire scritto simultanean1ente il sistema di equazioni comprendente tanto le condizioni di equilibrio, quanto quelle di congruenza, e ciò comporta in genere, rispetto ai due metodi che abbiamo dianzi illustrato, un notevole aumento del numero delle incognite. Tuttavia in alcuni casi, e segnatamente nello studio delle strutture reticolari spaziali (le citazioni verranno riportate nella bibliografia conclusiva), la semplicità della formulazione delle relazioni di equilibrio, scritte per così dire allo stato puro, e la possibilità immediata di dedurre da esse quelle di congruenza possono rendere interessante questo modo di procedere qualora, s'intende, si disponga di un elaboratore elettronico. In quest'ordine di idee, pensiamo quindi di dover studiare una struttura a traliccio spaziale esternamente isostatica ma staticamente indeterminata internamente, con le connessioni delle aste prive di rigidezza ftessionale. Ipotesi questa in generale lecita anche se il co11egamento è rigido, purchè, tra l'altro, le forze esterne agiscano nei nodi (par. 13.4.7); e d'altronde sappiamo che anche se agissero in punti qualsiasi, è sempre possibile riportarsi alla sopraddetta co-;-idizione semplificata, applicando e poi rimuovendo appoggi ausiliari. Adottato un riferimento generale di assi ortogonali, la deformazione della struttura risulta definita se sono noti gli spostamenti dei nodi, quindi note le loro componenti a lungo gli assi coordinati. Ogni nodo si trova soggetto alle eventuali azioni esterne F correlative agli spostamenti a (effettive o provenienti dalla presenza dei vincoli) e agli sforzi assiali X trasmessi dalle varie aste, considerati al solito positivi se sono di trazione; e per ciascuno dei nodi debbono esser soddisfatte le tre condi~ zioni di equilibrio alla traslazione· secondo gli stessi assi coordinati. Pertanto, nei confronti della traslazione in direzione del generico spostamento ai, l'equazione di equilibrio sarà del tipo
[15.67] essendo au ... ais i coseni direttori, ossia i coseni degli angoli che gli assi delle s aste formano con la prescelta direzione dello spostamento a~. Scrivendo tali equa~
Capitolo quindicesimo
Matrici nell'analisi delle strutture
zioni per tutte le possibili traslazioni, che sono tante quanti sono gli n spostamenti a, si ottiene quindi il sistema [15.68] [A] {X}+{ F }~o,
gnite {X). Il sistema [15.68] com.Prende n equazioni (quanti sono gli spostamenti a); quello [15.71] s equazioni (quanti sono gli sforzi X); numero di equazioni e numero di incognite sono quindi ovviamente uguali. I due sistemi possono venire concisamente rappresentati per sottomatrici:
366
in cui A, evidentemente di ordine n x s, è la matrice dei coefficienti, dei quali la relazione [15.67] mostra la generica riga i. Passiamo ora alle condizioni di congruenza: le estremità delle aste debbono restare collegate ai nodi anche quando sono avvenuti i movimenti a; quindi una qualunque asta ha la sua deformazione definita dalla differenza delle proiezioni, lungo il suo asse, degli spostamenti dei due nodi ai quali essa si collega. Ma la scrittura delle equazioni esprimenti la condizione di continuità dianzi detta è resa immediata dalla circostanza che le matrici dei due sistemi di equazioni - il primo relativo all'equilibrio dei nodi, il secondo al loro assetto congruente - sono l'una la trasposta dell'altra (si veda la bibl.); per cui in pratica basta scrivere soltanto o le equazioni di equilibrio o quelle di congruenza. , b) Tale proprietà può venire dimostrata utilizzando il principio dei lavori virtuali. Come sistema di forze equilibrato adottiamo gli sforzi virtuali X tutti uguali ad 1 e positivi (aste tese), unitamente alle forze virtuali esterne applicate ai nodi per assicurarne l'equilibrio. E a tale proposito può essere opportuno notare che alla generica azione fittizia Xj= 1 fa riscontro un insieme di forze il quale, essendo dato dalla [15.68], coincide, a parte il segno, con la corrispondente colonna C1 della matrice A [a] { F';}~-C;.
367
[15.72] Può essere opportuno notare infine, per potere utilizzare la proprietà della matrice trasposta, che l'ordine di scrittura delle equazioni di equilibrio nei confronti delle varie traslazioni, deve coincidere con l'ordine adottato per la successione degli spostamenti incogniti a (viceversa, l'ordine di scrittura delle equazioni di congruenza relative alle varie aste deve rispettare l'ordine adottato per la successione delle inco~ gnite X); attenendosi a ciò si ha che, come dev'essere, se nel sistema di equazioni di equilibrio l'incognita Xj occupa la colonna j, l'equazione di congruenza relativa alla stessa asta deve occupare la riga j nel secondo gruppo di equazioni <16 •6>. Esempio 15.9. Studiare col «metodo globale» il traliccio della fig. 15.19: le aste hanno la medesima sezione; agisce la sola forza F 1 •
Come sistema di spostamenti assumiamo quelli effettivi ai dei nodi. Pertanto le forze conseguenti all'azione Xj=l compiono il lavoro virtuale .E(F'1)iah espri-
mibile, come più volte abbiamo notato, nella forma matriciale { F 11 }t' { a} , prodotto di una matrice riga con una matrice colonna; e allora le forze conseguenti a tutte le X unitarie compiono il lavoro virtuale esterno complessivo, tenendo presente la relazione [a], L 8 = - [ At] { a} . Per quanto riguarda il lavoro interno, ogni azione virtuale Xj= 1 , posto [b]
fornisce il contributo, associando la
X1
alla deformazione reale, -1 (Xje1 ) (per Fig. 15.19
' XiC!i esprimibile, con notail segno si veda la nota 12.3); quindi, in totale, Li=-.E
X
i=l
zione matriciale, nella forma -[ c0 ] {X} , essendo c0 la matrice diagonale dei coefficienti di deformabilità e,:
[ ,, e,~
o ez
:
o
.'.l
[15.69]
•
e) Di conseguenza, per il principio dei lavori virtuali, si può scrivere
[A'J{a}+[c,J{x}~o;
[15.70]
e se esistono aste soggette a variazioni termiche uniformi positive, si ha, posto
[A' l {a }+[e,] { x}+{/i}~o.
Soluzione.
[15.71]
Risulta quindi, come si era accennato, che la matrice associata agli· spostamenti incogniti {a} è la trasposta della matrice A associata, nella [15.68], alle inco-
a) Adottato il riferimento cartesiano indicato nella figura, si hanno 6 sforzi incogniti Xa, ... , X 1 (sono infatti 6 le aste) e 5 spostamenti (ai, ... , a 6). Pertanto le equazioni di equilibrio sono 5 (tante quanti sono i movimenti possibili dei nodi); quelle di congruenza 6 (tante quante sono le aste). Ad es. per il nodo B, l'equazione di equilibrio alla traslazione secondo x risulta, supponendo al solito positivi gli sforzi X di trazione (si allontanano dal nodo)
x,+x,: ~ +F1 ~0, crn.oi Infatti nel sistema delle equazioni di equilibrio [15.68}, l'elemento a;i (della riga i e della colonna /) della matrice [A] rappresenta, come si è detto, la componente della X1= 1 lungo la direzione dello spostamento a 1• Quindi la numerazione delle righe (ossia delle equazioni di equilibrio) coincide con quella degli spostamenti; e la numerazione delle colonne coincide con quella delle azioni X. Se si vuole che la proprietà delle matrici traSposte sussista, la successione delle righe del secondo sistema delle equazioni di congruenza deve coincidere con quella delle colonne del primo, ossia con quella delle azioni X.
Matrici nell'analisi delle strutture
Capitolo quindicesimo
368
quindi il sistema delle equazioni di equilibrio risulta
o o o o
o
o 11V2 o o -1/j/2 o o o -1 o -1/j/2 o o -1 o -11Vf o o o -11Vz o 1
o
-1
-1
Il sistema delle equazioni di congruenza è (e=l/EA):
o o
o o
o o o
-1
1
o
11Vz -11Vz
o
o
o o o
-1
o
o o o
-1
o
a,
-1
o
j
-1/Vf
=0.
[ a,
o
-11vr -11v2
a, a, +e a,
I due sistemi possono essere raggruppati in quello unico riportato nella fig. 15.20, corrispondente al sistema [15.72].
-
-
o .o 1 o Y12 o o -1 o o -y,12 o o o -1 o o Y12 o o o -1 o % ~1 o o o -y,12 o
o o o o -1 o -1 o o o ·-1 o -1 o o o o o -1 o y., -12 o o -1k_ o o -y,,"2 "2 o
~
p
~
-x
a,
E1
°'2
o o o o o =O o o o o o
a3
a;, a5
.x;, + ~
p p p
-x
p ~
X,, xd X,, X;-
Fig. 15,20
La soluzione è { X}=F,[ 0,5
0,5
{a }=F,e [ 2,4142
-0,5 0,5
-0,5
-1/]/2
1,9142
-0,5
1/J/21' ; 0,5 ]'.
15.6. Qualche osservazione conclusiva. L'impiego degli elaboratori elettronici nel calcolo delle strutture. a) Come si è visto, l'impiego delle matrici è utile per esprimere in modo
chiaro e conciso sia le linee concettuali dei metodi, sia le operazioni, che pos~ sono venire oganizzate in programmi di calcoli da sviluppare mediante un
369
elaboratore. Con tali programmi si mira, almeno per certi tipi ricorrenti di strutture, a concepire l'intero calcolo come un vero e proprio algoritmo, ossia come un complesso di operazioni che una volta per tutte possono essere stabilite e programmate. S'intende che occorre, come prima cosa, fornire i dati relativi alla geometria della struttura e alle sue condizioni di carico e di vincolo. Ma poi l'elaboratore, una volta dedotti i «valori ausiliari» (ad esempio le aree e i momenti d'inerzia delle sezioni delle aste, le rigidezze fiessionali), provvede al calcolo automaticamente, eseguendo gli ordini impartiti dal programma: ossia deduce i termini noti e i coefficienti del sistema; i valori delle incognite, le varie azioni interne e i movimenti richiesti. Ed effettua, volendo, le verifiche delle sezioni; giungendo anche - con l'impiego di un plotter, ossia di un tecnigrafo operante per punti - a fornire diagrammi riproducenti gli schemi della struttura e dei carichi, gli andamenti delle sollecitazioni, particolari costruttivi, quali le armature di aste di calcestruzzo armato. È chiaro che questi «blocchi » di operazioni, tanto sinteticamente citati, in realtà si frammentano in programmi e sottoprogrammi complessi e articolati. Inoltre, di fronte alle esigenze poste da tale notevole automazione, si presentano diversamente i vari metodi di calcolo: il metodo «dell'equilibrio» è in genere nettamente preferibile perchè, oltre alla forte diminuzione del numero delle incognite messe in gioco da altri procedimenti proprio nei casi che si prospettano più ardui per il loro elevato grado d'indeterminazione statica, non si richiedono scelte della configurazione principale, che è sempre quella, per strutture sia isostatiche sia iperstatiche, con tutti i movimenti indipendenti bloccati; inoltre di solito i sistemi di equazioni hanno le matrici dei coefficienti «a banda» e risultano bene condizionati per cui, già lo accennammo a suo tempo (par. 2.5d), gli esiti dei calcoli poco risentono degli arrotondamenti numerici, inevitabili nel concatenamento delle operazioni. Per contro, con il metodo « della congruenza», la scelta della configurazione principale, che è la struttura priva dei vincoli iperstatici, non è automatica, a causa degli infiniti modi di rendere isostatica la medesima struttura; per di più essa è spesso fortemente influente sul favorevole condizionamento del sistema di equazioni. In quanto al procedimento che abbiamo detto « globale», perchè conduce sul medesimo fronte le condizioni di equilibrio e di congruenza, il numero delle equazioni è in genere fortemente superiore a quello che si ottiene con gli altri due modi di procedere; tuttavia può offrire il vantaggio di un lavoro preparatorio particolarmente semplice nello studio delle travature reticolari spaziali. Può essere opportuno riflettere un momento su questa tendenza ali 'automazione assoluta dei calcoli ed accennare alle conseguenze non tutte favorevoli che da essa possono derivare. b) L'impiego del calcolatore ha profondamente modificato il modo di impostare le tecniche e i metodi di calcolo, perchè con esso quel che più conta non è la quantità delle operazioni, ma la possibilità di renderle auto24 -
PozzATI, 11-1.
370
Capitolo quindicesimo
matiche. Pertanto un gran numero cli procedimenti escogitati nel passato per risparmiare tempo nell'esecuzione manuale dei calcoli, ma che per altro
richiedono giudizi e scelte dell'operatore non facihnente traducibili in algoritmi matematici, si sono rivelati non più utili, con il vantaggio di vedere selezionato un ristretto numero di metodi essenziali. Viceversa, sono risultati
vantaggiosi alcuni procedimenti che erano stati abbandonati a causa dell'eccessiva loro laboriosità; e un chiaro esempio è dato da certe soluzioni iterative a convergenza lenta, per le quali l'uso del calcolatore può superare senza confronti ogni immaginabile possibilità dell'uomo. Inoltre il calcolatore consente di studiare schemi strutturali più completi, essendo non sempre essenziale la differenza, in termini di costi, di calcoli miranti a un diverso affinamento; e consente anche di mettere a punto, una volta per tutte, le soluzioni di alcuni problemi ricorrenti. Si è così a mano a mano costituita una vera e propria biblioteca di grossi programmi, ognuno con un proprio settore di utilizzazione preferenziale, corredato di manuali in cui si trovano raccolte le istruzioni per la preparazione delle relative schede di funzionamento del calcolatore a seconda dei «linguaggi» adottati C1 '·'!; programmi che, se presentano il vantaggio del lavoro effettuato una volta per tutte da specialisti, hanno l'inconveniente cli risolvere anche il problema semplice come caso particolare di quello più complesso, mettendo spesso in gioco grosse elaborazioni e lasciando in uno stato di mortificante e pericolosa passività l'utente che, costretto ad accettare i risultati «a scatola chiusa », non facihnente può effettuare controlli, e si abitua spesso a considerare inappellabili i risultati. Certamente però, con il diffondersi dell'uso dei calcolatori, i progettisti potranno acquisire più autonome posizioni, imparando ad effettuare con l'elaboratore un «dialogo» diretto e quanto mai proficuo. Ma non soltanto snl piano pratico la comparsa e lo sviluppo dei calcolatori hanno provocato e provocheranno profonde ripercussioni. Anche le matematiche sono restate coinvolte, soprattutto dalla richiesta di finalità strettamente connesse con il funzionamento dei calcolatori: il concetto di H soluzione}), non più identificato con l'acquisizione di una verità, tende a spostarsi verso l'obiettivo del risultato sufficientemente approssimato, ossia non troppo contaminato dagli errori che l'esecuzione del calcolo comporta. In definitiva l'essenziale sta nel valore; e questa visione utilitaristica della ricerca potrà comportare profonde conseguenze, corrompendo I'illuminante esigenza interiore del rigore. È naturale che le straordinarie prestazioni degli elaboratori elettronici, ai quali si legano storiche imprese dell'uomo, abbiano creato una profonda suggestione, che facilmente ha potuto indurre a magnificazioni. Invece, ovviamente, i calcolatori hanno i loro limiti. Tra l'altro occorre che il calcolo sia
Matrici nell'analisi delle strutture
371
sufficientemente «veloce» e « stabile», già ne parlammo a proposito della soluzione dei sistemi di equazioni e poi, in particolare, del metodo della congruenza. Inoltre, per quanto riguarda il pericolo della suggestione di cui d1auz1 s1 accennava, occorre aver presente che il progetto di una struttura
n_on. si identifica col calcolo: permangono fondamentali le scelte delle soluz1?n1 s~rutturali,. non. rip_o:tabili, se non in campi ristretti, a processi di ottim1zzaz1one; le s1ntes1 cr1t1che, una volta ottenuti i risultati numerici· il travaso dei risultati teorici nel progetto esecutivo, che è quello che ve;amente
importa: Per cui resta fondamentale, non ci stancheremo di ripeterlo l 'impiego . d1 procedimenti agili, aderenti ai fatti fisici, espressione im~ediata delle idee creative.
•
Procedimenti semplificativi
373
ziale il calcolo delle incognite staticamente indeterminate. Proprietà questa da fare risalire al fatto che le tensioni dovute ai momenti sono in grado di soddisfare con limitati valori le condizioni di congruenza scomposte ad opera dello stato di tensione per puro sforzo assiale provocato dalle azioni esterne.
CAPITOLO
XVI
PROCEDIMENTI SEMPLIFICATIVI
16.2. Telai aventi lo stato di sollecitazione poco influenzato dagli spostamenti dei nodi. Quanto verrà accennato riguarda il caso frequente di telai con numero abbastanza elevato di colonne e con campate di luci poco diverse, soggetti a carichi verticali di paragonabile intensità massima.
16.1. Premessa. Più volte, illustrando i vari metodi di calcolo, abbiamo avuto occasione di accennare al fatto che, per le ipotesi poste alla base della teoria, e in particolare per quella di perfetta continuità tra i vari elementi strutturali, le soluzioni relative ai casi staticamente indeterminati sono inevitabilmente approssimate; inoltre sono necessariamente semplificati gli schemi strutturali, e sono in genere convenzionali e molto numerose le condizioni di carico accidentali da considerare per dar luogo alle più gravose sollecitazioni, seppure limitatamente alla rosa delle sezioni maggiormente significative. Quindi il progettista ha la necessità di disporre di procedimenti di calcolo sbrigativi ed essenziali, per potere rapidamente prima di tutto saggiare l'accettabilità e la convenienza della soluzione strutturale adottata, poi controllare gli ordini di grandezza dei risultati forniti da una macchina calcolatrice o da metodi di calcolo complessi. In definitiva è necessario evitare che la mente, nel correr dietro ai particolari, perda di vista l'essenziale; e si abbia la possibilità di eseguire tutte quelle sintetiche verifiche che un progettista avveduto non deve mai mancare di mettere in opera. Pertanto, nell'ambito delle strutture staticamente indeterminate, essendo, come si è ricordato, tutte le nostre soluzioni approssimative, evidentemente il presente capitolo si riferisce a procedimenti per i quali vengono aggiunte ulteriori semplificazioni a quelle poste alla base dei metodi di calcolo classici. Ed è chiaro che si può ricavare una gran varietà di tali modi di procedere; per cui ne citeremo pochissimi, più che altro per mostrare alcuni esempi, rinviando maggiori particolari alla parte in cui verranno trattati gli aspetti che più interessano la pratica della progettazione. Inoltre può essere opportuno ricordare anche che un intervento semplificativo di particolare importanza è già stato illustrato in precedenza (voi. I, cap. VI): esso riguarda le strutture iperstatiche inflesse, per le quali, adottata tma configurazione principale isostatica, i carichi provocano puro sforzo assiale e sono quindi soltanto le incognite staticamente indeterminate a generare momenti flettenti. Allora per tali strutture si ha, sotto certe condizioni frequentemente verificate, che il semplice stato di sollecitazione dovuto ai carichi per la configurazione isostatica è dominante, ossia diviene inessen-
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I 1 ,
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Fig. 16.1
Per le ipotesi fatte, anche se la struttura non è simmetrica e non sono simmetriche le condizioni di carico, lo stato di sollecitazione è in genere poco influenzato dagli spostamenti dei nodi. Inoltre, poichè i momenti flettenti delle travi sono di solito debolmente influenzati dai carichi agenti sui piani vicini <16 •1), per il piano superiore e per quelli intermedi è lecito adottare rispettivamente gli schemi indicati nelle figure 16.la, b. Per di più, avendo supposto i carichi poco diversi tra loro (ovviamente a parte quelli della copertura), le sollecitazioni relative ad un piano variano in genere limitatamente rispetto a quelle dei piani vicini, e possono allora essere ritenute valide per una terna di travate consecutive, estraendo dalla struttura complessiva ~16 • 1} ~ facile constatare che, nell'ambito delle ipotesi fatte, le condizioni di vincolo e. d1 carico delle campate poste al di là di queUa in esame hanno limitata importanza. S1 veda vol. II, parte 2a, cap. V.
374
Capitolo sedicesimo
Procedimenti semplificativi
i telai ridotti indicati con tratto ingrossato {fig. 16.lc), e considerando poi per essi le più severe condizioni di carico accidentale (voi. II, parte 2', cap. V). Ed è chiaro che nella parte inferiore di telai aventi munerosi piani i pilastri diventano tanto rigidi da rendere le varie travi pressochè incastrate. I diagrammi dei momenti dedotti con tale procedimento semplificato sono in genere accettabili per i valori negativi, mentre è opportuno incrementarli nei tratti di ordinate positive, per tener conto delle cause che possono indebolire le condizioni di perfetta continuità presupposte nei calcoli. S'intende che alle rigidezze dei vari elementi possono non di rado essere attribuiti valori che rispecchiano in modo più accurato anche le condizioni dei nodi appartenenti ai piani vicini: così, per esempio, per la ricerca dei momenti flettenti dei pilastri esterni può essere adottato lo schema ridotto della fig. 16.ld, attribuendo ai ritti le rigidezze 6R (con R=EJ/l), corrispondenti all'ipotesi che le rotazioni dei nodi J, B, C siano uguali. Per cui, ad esempio, se la trave è soggetta a un carico uniforme, si ottiene facilmente, in base alle solite notazioni: q/2 6R1, M,,= ~ --12- -4-R-,-.+-6-R~,,-+-6-R-,, Tali modi di procedere su parti ridotte della struttura verranno illustrati nel cap. V della parte 2' del voi. II (dedicata alle applicazioni), mostrando in particolare le varie condizioni di carico da considerare.
375
rendendo quindi soddisfatto l'equilibrio del nodo [ma non l'uguaglianza delle rotazioni delle sezioni estreme delle varie aste; nel caso indicato nella figura, 15,6 3,6 Mab= - - 4 - 2 = - 7,02 tm, Maa= -5,94 tm, Ma,= -(- 7,02-5,94) 0,56= =7,26, Ma,=5,70 tm]. Per farsi un'idea dei limiti della validità del procedimento, ossia della _;igidità che gli elementi ritenuti indeformabili debbono avere rispetto agli i, 2 t f<-- 5.5 7,0 altri ad essi collega!~ per po5, 5 ~ _._ · 'f tere ancora ritenere 1 risultati ~~ significativi, può essere oppor2,1!,_'!rn---'li----=.,,,____"!, luno considerare il semplice g esempio del portale, soggetto <>ì a una forza orizzontale (esemWll="~"'W==--4--"111"1'1 pio 13.13a). Nella fig. 16.3 11 sono riportati i diagramn1i dei ·'i
-··+-
-f
i
·'=!mnnu~-----~il11.1.lllE6t
g
E'f
16.3. Telai aventi lo stato di sollecitazione poco inllnenzato dalle rotazioni dei nodi.
g
"'
a) Le forze dovute al vento e alle azioni sismiche agenti su un telaio possono essere frequentemente concentrate in corrispondenza delle travate;
e comunque si pnò sempre giungere a tale schema di carico mediante il preliminare ricorso ad appoggi ausiliari. Le sollecitazioni sono calcolabili con semplicità considerando i nodi liberi soltanto di traslare, ossia ritenendo indeformabili le travate rispetto ai ritti; ipotesi questa che è d'altronde un passaggio obbligato anche per più precise valutazioni, volendo procedere col metodo dell'equilibrio. Come vedemmo nel par. 12.1.5, per ottenere i momenti flettenti agli estremi di nn generico ritto A-B (fig. 16.2), basta ripartire lo sforzo di taglio del relativo piano proporzionalmente alle rigidezze alla traslazione dei vari ritti appartenenti al piano (quindi proporzionalmente ai momenti d'inerzia delle sezioni, se tutti i ritti hanno uguale lunghezza h), e si ricava cosi lo sforzo tagliante singolo T,,, dal quale si ottiene subito, per elementi prismatici, M.,=M,a= -T,,h/2 (sinistrogiri se le forze sono rivolte verso destra). I momenti flettenti per le estremità AC, AE delle travi possono infine essere valutati approssimativamente ripartendo la somma dei momenti dei ritti, cambiata di segno, proporzionalmente alla rigidità R delle stesse travi: si ottiene così, ad esempio, Mac=-(Mab+Maa) R
~~ae '
aa
____ diagr. Mper R,/Rp~=
.........
_ _ diagr:
10tm Fig. 16.2
MJ;erR,~Rp
Fig. 16.3
primo caso si ha dunque M 21 ' =M1 ' 2=-Ph/4=-}_ 28 Ph·' nel secondo M 2,16 8 =--23.Ph, M,,2=-23Ph, con una differenza massima di 14,3%, destinata evidentemente a diminuire per valori di R,> RP, ma già non grave per R,=Rp. Dato questo che può essere utile per rendersi conto dell'entità degli errori in cui si può incorrere considerando nulle le rotazioni dei nodi. Qnanto è stato osservato per i telai che hanno i nodi traslabili orizzontalmente vale anche per i casi in cui le traslazioni sono verticali: un'applicazione venne fatta a proposito della trave Vierendeel (par. 13.4.5b), e nell'esempio i momenti indicati col numero romano I sono per l'appunto quelli
Capitolo sedicesimo
Procedimenti semplificativi
che corrispondono all'ipotesi dei nodi liberi soltanto di traslare; gli errori, nei limiti precedentemente specificati, non sono in genere grandi, e ciò è confermato anche dai diagrammi della fig. 16.4 nella quale sono riportati i momenti calcolati per la trave Vierendeel multipla della fig. 13.40, considerando i nodi liberi o no di ruotare.
16.4. Telai aventi Io stato di sollecitazione influenzato sia dalle rotazioni, sia dagli spostamenti dei nodi.
376
a) L'ipotesi delle travate indeformabili rispetto ai ritti (ossia di nodi che traslano soltanto) può essere utile anche in quei casi in cui gli spostamenti dei nodi sono influenti pnr essendo i carichi verticali: è evidente infatti che
diagramma M
-- li --
1,51/m '10'30 '10 30
~
k350,i._ 700
"
'
qp+tfa
'
qp+0.9q
"
qp+QB~
I
Fig. 16.5
+
qp+0.7q
,, ,, T1 :R
"
SCALA DEI MQWENTI FLEITEN'11
a)
O 50 100 150/Jn
_ _ i nodi tmslano e ru_olano ____ i Mdi ruotano ndla situa:done'll;: ,, e traslano soltanto nella situazione .'b
Fig. 16.4
b) L'ipotesi dell'indeformabilità delle travate consente, qualora essa sia
ammissibile per la disparità di rigidezze tra piedritti e travi, di calcolare con semplicità le sollecitazioni anche per effetto di variazioni termiche (fig. 13.42): Se esiste una condizione di simmetria, si calcolano, a partire dai punti che sono fissi, le deformazioni per effetto termico; quindi sono noti gli spostamenti relativi il degli estremi delle varie membrature che vengono trascinate, e si ha che i relativi momenti valgono, se esse sono prismatiche e se la rota" zione y=il/l è positiva:
M=-6 EJo/l'. Se i punti di riferimento non sono noti, basta far ricorso in una prima fase ad appoggi ausiliari, e sovrapporre ai momenti che si ottengono in tale situazione quelli dovuti alle reazioni degli appoggi cambiate di segno, Ma non stiamo ad insistere su cose ripetutamente dette (par. 13.4.6).
-.J
a)
J==
_JS
4=
H,+ H,
1t rn
'
~ ~
~
li==
~
·'10/30
qp+tf.
377
~
e)
si ricade nel procedimento ricordato nel paragrafo precedente dopo avere, in una prima fase del calcolo, impedite le traslazioni mediante vincoli ausiliari, ma consentite le rotazioni dei nodi.
• . Si c~nsideri, a titolo d'ese!llpio, il semplice telaio della :fig. 16.5a, con le travate libere di spostarsi; le dimens1oni delle varie aste, tutte prismatiche, sono indicate, con la condizione di carico, nella stessa figura. Come è stato detto, si può pensare di seguire il procedimento di calcolo approssimato consistente nel sommare gli 0,136 0118 -0494
stati di sollecitazione conseguenti a due fasi d1st1nte: una, per la struttura con i nodi impediti di spostarsi, ma liberi di ruotare (fig. 16.5b); e la soluzione può essere ottenuta facilmente procedendo' ad esempio con il metodo di Cross. L'altra, viceversa, per la stessa struttura con i nodi che si spostano ma non
T r,( \. t
/\..f'";( 'r:t
J_
. l"I \..:
e ~·
(L
\....:: -0,166 -0,378
~~fi~a~;~v~te~gfi~!tie!~i~~fr;pc~:~~~: T ((
'-.I
0898 1,708
G(
(7}-,
\tJ
l}}§!:_t
([ 03641 \..: (J) ---1,694 -2,684
(j( (])
2
l},§.§ !_
di segno (fig. 16.5c); queste ultime !il esercitate dai vincoli ausiliari che si "'> sono pensati precedentemente applicati j_ (~ l"I ([ 0,5801 per impedire gli spostamenti dei nodi. \...:': \_: \...: ----Le reazioni H dei vincoli ausiliari -0,189 0,854 -1,342 si possono facilmente ricavare dal calcofo sviluppato nella prima fase (figuFig. 16.6 ra 16.5b): come mostra a titolo di esempi~ la fig. 16.6, per le estremità superiori dei piedritti le forze H (che occor" rer.à poi applicare cambiate di segno) sono uguali alla somma dei momenti calcolati alle estremità di ciascun pie~ritto divisa per l'altezza del piano corrispondente, e sono negative (rivolte verso sinistra), se la somma dei momenti è positiva (cioè destrogira); in particolare, per i tre piedritti del piano terreno risulta (i momenti
378
Procedimenti semplificativi
Capitolo sedicesimo
flettenti sono espressi in tm e le lunghezze in metri): ~-[-0,378-0,189+1,708+0,854
H,
35 ,
35 ,
-2,684-1,342]~058
35 ,
+
'
t.
S'intende che per le estremità inferiori dei piedritti valgono le stesse considerazioni precedenti, ma con il risultato che le forze H non vanno cambiate di segno;
379
b) Chiaramente nulla cambia, iu sostanza, anche se sui ritti agiscono azioni orizzontali, e si ritengono influenti tanto le rotazioni quanto gli spostamenti dei nodi; ovviamente è necessario tener conto dei carichi nel calcolare le reazioni H dei vincoli ausiliari. Altrettanto può essere detto per coppie agenti fuori o in corrispondenza dei nodi. Tale modo di procedere corrisponde al troncamento del metodo di Grinter alle prime due fasi (si veda la bibliografia).
16.5. Il comportamento delle strutture " a telaio " interpretato con fittizi schemi continni. 16.5.1. Premessa. Per le strutture iperstatiche complesse frequentemente può essere utile pensare le azioni concentrate di un certo numero di vincoli sostituite con
M&mJ'ì...
2
h6 1
•
h
* * * *-tH * * * h h h
_____ procedimento
_ _ procedimento 'èsatto''
semplificato
h
a)
Fig. 16.7
h
quindi si dovrà scrivere, ad esempio, per le estremità inferiori dei piedritti del piano compreso fra la prima e la seconda travata: H,
0,136-0,166 + 0,118+0,898 + -0,494-1,694 3,30 3,30 3,30
h
0,364 t.
h
La reazione complessiva del vincolo della prima travata vale pertanto: H,~0,580-0,364~0,216
l
t,
rivolta verso destra, ed è quindi da applicare, nella fase indicata nella fig. 16.Sc, rivolta verso sinistra. La fig. 16.7 mostra, per utili confronti, i diagrammi dei momenti flettenti ottenuti sia con il procedimento semRlifìcato cui dianzi si è fatto cenno (curve in tratteggio), sia tenendo conto dell effettiva deformabilità delle travi, a parte l'influenza degli sforzi taglianti e assiali. Nel caso esaminato, le massime sollecitazioni differiscono, a conti fatti, al massimo dell'ordine del 10%; ciò che conferma l'attendibilità dei risultati ottenibili mediante il procedimento semplificato, nell'ambito, s'intende, delle limitazioni specificate nel precedente par. 16.3, in merito all'ipotesi della trascurabilità degli eftétti dovuti alle rotazioni dei nodi quando si studiano telai soggetti a forze orizzontali.
o Fig. 16.8
h
* h
y
~7i?iW!i?!??l?!??i?!??i0'~-:'.;300fm
_
100tm o 60t 20 v (sposi seam.dii Y) _ _ senza la deformazione ~dei ritti per N ............. con la defarmamme ~ ilei ritti per N
10t
o
una corrispondente loro azione diffusa: è chiaro allora che, al posto dei sistemi di equazioni alle differenze esprimenti condizioni di congruenza o di equilibrio, si hanno equazioni differenziali, e che le quantità incognite si trasformano in funzioni, con il vantaggio, come vedremo, di ottenere solu-
Capitolo sedicesimo
Procedimenti semplificativi
zioni rapide e sintetiche, dalle quali possono emergere con utile evidenza aspetti qualitativi, ottenendo risultati che in vari casi possono essere sufficientemente precisi (es. 16.3), con approssimazioni evidentemente tanto migliori quanto più la condizione di vincolo reale si avvicina a quella ipotizzata. Di tale modo di procedere vedemmo già un'applicazione utilizzando la teoria della trave su suolo elastico nello studio dei graticci di travi (es. 6.4), ma è evidente che i problemi offerti dalla pratica, per la cui soluzione è possibile e conveniente passare dal discreto al continuo, sono innumerevoli. In seguito ci limiteremo ad esaminare alcuni esempi particolarmente significativi, rinviando l'illustrazione di altri casi al cap. VII (alti edifici) della 2' parte dello stesso voi. IL
chiameremo ancora «ritti» (o mensole), aventi le sezioni appiattite e costanti a 1 • s, a2 • s; ossia pensiamo distribuite le sollecitazioni che ad essi vengono applicate dai traversi aventi la luce netta a e la sezione di momento d'inerzia J,,: risultano allora uguali le linee elastiche dei due ritti (v1 =v2 =v), le rotazioni delle sezioni rette (cp1 =cp2 =dv/dx) e le curvature; per cui tra i momenti flettenti dei ritti sussiste la relazione:
380
381
[16.l] con J 1 =S · a1 3/12, J 2=s · a 23/12. Inoltre per i traversi, che supponiamo tutti uguali tra loro, il momento flettente è nullo in mezzeria (fig. 16.9), e le sollel
16.5.2. Pareti irrigidenti con una o più serie di fori allineati verticalmente <16 •2>.
a) Relazioni di base. Per la parete irrigidente indicata nella fig. 16.8, pensiamo continua la connessione tra i due elementi verticali, che in breve (lG.ll) Nello studio dei telai, lo schema dei traversi collegati con continuità ai ritti è stato introdotto da LETITIA Cm.rry, «On the Cantiliver Composed of a Number of Parallel Beams Interconnected by Cross Bars », Phil. .Mag., LXXVID, p, 685, ottobre 1947. In tale memoria, che mi è stata gentilmente segnalata dal prof. A. CHIAR.uor, si trova particolarmente trattato il telaio (soggetto a carico uniforme) costituito da due mensole uguali collegate da traversi equidistanti: tenendo anche conto della deformazione dei ritti per effetto dello sforzo assiale, viene ricavata e risolta l'equazione di base: m"-A 2m+qa 2x/2=0,
essendo m il momento applicato con continuità alle mensole dai traversi, a 2 =6J,,rf(Jhl) (corrispondente alla rei. 16.24), Ji. 2 =a 2 (l +4J/Al2) (corrispondente alla rei. 16.25); è trattato anche il caso del telaio con mensole diverse e di numero qualunque. Il lavoro della CHITI'Y è esposto anche nell'interessante volume di A. J. S. PIPPARD, Studies in Elastic Structures, ed. Edward Arnold, London, 1952, cap. 8. I telai «a connessione continua» sono stati studiati a fondo, pressochè contemporaneamente, da R. RosMAN e da H. BECK, considerando in particolare il caso frequente nella pratica dei ritti aventi Ia dimensione nel piano del telaio non più piccola rispetto alla lunghezza netta a dei trasversi, ossia nel caso in cui I non può essere considerato pressochè uguale ad a: R. RosMAN, (( Beitrag zur statische Berechnung waagrecht beJasteter Querwande bei Hochbauten », Der Bauingenieur, 1960, 4 (la prima nota, indicata nel lavoro cit., apparve sulla stampa tecnica iugoslava nell'aprile 1959); H. BECK, «Ein Beitrag zur Berilcksichtigung der Dehnungsverformungen bei Rahmen mit schlanken u. gedrungenen Konstruktionsgliedern », Der Bauingenieur, 1959, 5. Entrambi gli Autori hanno proceduto col metodo della congruenza operando su una funzione incognita «sollecitazione» (lo sforzo assiale N dei ritti per RosMAN; lo sforzo di taglio t dei trasversi per BECK). Vedremo questo procedimento nel punto 16.4.2e. Qui si procede col metodo dell'equilibrio e si ha come funzione incognita la linea elastica v dei ritti. Tale procedimento, non diverso nella sostanza da quello di RosMAN-BECK, può offrire qualche vantaggio nel caso di pareti con più serie di aperture (o in genere dei telai con più campate o di sistemi comprendenti più strutture), poichè la funzione incognita resta la sola v. Esso si complica volendo introdurre la deformazione dei ritti per effetto dello sforzo assiale, per altro spesso poco influente (es. 16.2; :fig. 16.8); di tale deformazione si può tenere conto con facilità adottando il procedimento di RosMAN-BECK che, come è stato accennato, assume come funzione incognita lo sforzo assiale (o la funzione taglio dei traversi direttamente legata a N). Un'esposizione panoramica di vati procedimenti si trova nella nota di G. MENDIIT01. RuscoNI CLERICI, (!Introduzione allo studio delle pareti di controventamento », Tecnica Italiana, 1973, 7-9.
citazioni negli estremi B, C valgono, trascurando per ora la deformazione dei ritti per effetto dello sforzo assiale (16 •3): 2M,,
12EJ,,l
a
a'
'P.
[16.2]
Pensando diffusa la presenza dei traversi, alla sezione di una lamella alta dx compete il momento d'inerzia J,,. dx/h e, per la [16.2], lo sforzo tagliante: l2EJ,,l k t ·dx [16.3] a'h cp dx=-1- cp · dx , avendo posto: l2EJ1,l2 [16.4] k a'h (k ha la dimensione fisica di una forza). <16 •3> Le sezioni estreme di un generico traverso ruotano entrambe dell'angolo
Mb=M0=Nfir=
6
~Jtr
(qi+: )=6EJ,,,hp/a
2
•
Capitolo sedicesimo
Procedimenti sen1plificativi
Pertanto, considerati i due ritti divisi in corrispondenza delle mezzerie dei traversi, è facile constatare che, neutralizzandosi il contributo degli sforzi mutui orizzontali, l'espressione del momento flettente per l'intera mensola costituita dai due ritti vale [per la 16.3, con
b) Integrali particolari. Carico q distribuito uniformemente (rivolto secondo y positivo; fig. 16.10): q(H-x)' , M,(x)=2 [16.13] M,(x) qEltot. Vp(X)=v(H)+ k
382
H
H
M(x)=Mo(x)+J~tdx)l=Mo(x)+kJ~v=Mo(x)+k [v(H)-v(x)],
[16.5]
tenendo conto, s'intende, delle convenzioni sui segni (fig. 16.8), e indicando con M,(x) il momento per effetto dei carichi esterni (positivo se il centro di curvatura è dalla parte degli spostamenti v negativi). Tra la linea elastica v(x) e il momento flettente totale sussiste la relazione: d 2v Eltot. dx' =-M(x),
[16.6]
383
k'
e si verifica con facilità che, sostituendo l'espressione di vp(x) nella [16.9], questa risulta identicamente soddisfatta. p Carico P in sommità : M,(x)=-P(H-x),
[16.14]
M,(x) Vp(X)=v(H)+-k-
q
con:
[16.7]
Carico triangolare: q 0 (H-x)' 6H
M,(x)=
Posto: a. 2 =k/Eltot.
[16.8]
(a. ha la dimensione fisica dell'inverso di una lunghezza), tenendo conto della [16.5], l'equazione [16.6] diventa: d 2v dx' -a. 2 v=-[M0(x)+kv(H)]/Elwt.,
[16.9]
e ammette l'integrale generale, somma di un integrale particolare vp(x) con quello dell'omogenea associata: v(x)=A cosh a.x+B senh a.x+vp(x),
[16.10]
essendo le costanti A, B da determinare con le condizioni ai limiti. Se, ad esempio, la mensola è incastrata alla base, dovendo essere all'incastro (x=O) nulla la rotazione dv/dx e nullo lo spostamento v, si ottiene: Ba.+v'p(x=O)=O,
M,(x) vp(x)=v(H)+ k
[16.15]
q,(H-x) Eltot. H k2
Fig. 16.10
e) Le sollecitazioni. Nota la linea elastica, si risale facilmente alle sollecitazioni sia dei ritti, sia dei traversi. Ad esempio, nel caso del carico uni· forme, si ha per uno dei ritti [dalle relaz. 16.10 e 16.13]: M,(x)=-EJ,v"=-El,a. 2 (A cosh a.x+B senh a.x)+EJ,q/k;
e per la [16.3] (
Hf
fçHf dv=/ç [v(H)-v(x)] .
N,= dN,=1 X
X
1
[16.17]
Per un traverso [per la prima delle 16.2]: 6EJ,,l dv
[16.11]
[16.16]
Mtr=~ dx
[16.18]
A+vp(x=O)=O.
Vedremo che nell'espressione di vp(x=O) figura v(x=H) dato dalla [16.10], ossia dalla: [16.12] v(H)=A cosh a.H+B senh a.H+vv(H). Con i segni adottati per il taglio T (:fig. 1-6.13b), il ritto a sinistra riceve da un generico traversg il momento positivo T(a+a 1)/2, e quello di destra T(a+aJ/2; in totale, T· l. Al momento M 0 (x) verrà attribuito segno negativo [rel. 16.13] per la condizione di carico indicata nella fi.g. 16.8. t16.4)
d) Osservazioni. Il procedimento può essere applicato ovviamente anche ai telai consueti, i cui ritti hanno in genere le dimensioni ai sensibihnente minori dell'altezza h dei piani <'"'l: diventa allora insignificante la defor
384
Capitolo sedicesimo
Procedimenti semplificativi
mazione dei ritti per sforzo assiale; deformazione sinora trascurata, e che comunque verrà presa in considerazione nel punto seguente.
385
in cui la parete si salda ai pilastri (es. 16.3); ma s'intende che alle cause di approssimazione precedentemente accennate si aggiunge quella della presenza delle sollecitazioni concentrate dai pilastri stessi. Per tramite delle condizioni ai limiti possono essere esaminate altre interessanti situazioni. pmmm?mM )( S '''"'""'"''T I Notiamo infine che, considerando, come è ' stato fatto, i traversi dotati di rigidezza flesf sionale, si ha uno stato di tensione e di defor- I I mazione intermedio a due stati limite (fig. 16.12): I l'uno corrispondente alla mensola costituita dai f ujJer traversi i'ndeJormahili / fR ==\.I ·\· lr 'J I due ritti funzionante come un'unica trave (tra- 1 i versi indeformabili); l'altro relativo ai ritti colleI I gati da semplici bielle (traversi di rigidezza nulla). I
S'intende che le azioni applicate dai traversi ai ritti provocano effetti localizzati i quali non possono venire espressi nè dal fittizio schema continuo considerato, nè, comunque, da una trattazione che attribuisca ai vari ele~ menti la conservazione delle sezioni piane. Inoltre, se i traversi hanno sezione
.~ =rrrraJ]J
I
I e) Il procedimento di Rosman-Beck (v. nota \ 16.2). Influenza della deformazione dei ritti per \ \ sforzo assiale. Come si è già notato, per l'ipo\ \ tesi dell'azione diffusa dei collegamenti, e \ trascurando ovviamente la deformazione di \ questi per sforzo assiale, le linee elastiche dei _ _ a per traversi effettivi ritti sono uguali; quindi nella mezzeria di cia- ,.... -.- _ a per traversi come bielle scun traverso, a causa delle rotazioni uguali e (R1,=o} dello spostamento verticale relativo delle sue Fig. 16.12 sezioni estreme, il momento flettente è nullo. Adottati gli assi di riferimento indicati nella fig. 16.13 (in questo caso conviene porre l'origine in sommità), consideriamo due traversi adiacenti,
.b=o=r='!d,,"F9F--,c: :{, J; h,, 7,«::;;;7'!~)Y?.07,7,
a)
b) Fig. 16.11
tozza rispetto alla loro lunghezza a, la stessa ipotesi diviene anche per essi inattendibile e si manifesta un comportamento di lastra con fori, malamente inter;retabile dallo schema di un insieme di travi. Secondo quanto è stato accennato nella nota 16.2, il procedimento non presenta difficoltà se la parete irrigidente ha più file di aperture (fig. 16.lla), o se il telaio comprende più campate, poichè la funzione incognita rimane ancora e soltanto la linea elastica (16.o); e ciò può essere utile soprattutto per le applicazioni nella dinamica. Più complesso è il caso indicato nella fig. 16.llb per il quale, se i carichi sono orizzontali, la soluzione può es.sere ottenuta imponendo le condizioni ai limiti in corrispondenza della sezione UG.Gl La soluzione può essere ottenuta anche con il procedime~to di 1:lOSMAN-BEcK, mettendo però in gioco tante funzioni incognite quanti ~?no le fil~ de1 traversi: R ..RosMAN, Die statische Berechnung van Hochhauswiinden ntit Offi1ungsre1hen, Ernst, Berlrn, 1965.
q{x
a)
t~
t~
o
000
D D D D
4
. aj.I oj
~
G
- H -
-
R
N
b)
e)
Fig. 16.13
distanti Llx=h. È evidente che lo spostamento verticale relativo Llu delle due sezioni C, C' comprende, ragionando ad esempio per il ritto 1 (fig. 16.13c): la parte 0-1 (verso il basso, considerando il momento flettente positivo) per 25 -
POZZATI, ll-1.
387
Capitolo sedicesimo
Procedimenti semplificativi
!'inflessione del tronco compreso tra i due traversi; l'aggiunta 1-2 (ancora verso il basso considerando lo sforzo normale positivo) per l'allungamento del tronco; i~fine la parte corrispondente alla differenza d'inflessione dei due traversi consecutivi. Quest'ultima evidentemente vale L1 T · a'/(24EJ,,) ed ha senso contrario alle precedenti; pertanto, pensando diffusa la presenza dei traversi, poichè alla sezione di una generica lamella alta. d~ c~mpete lo sforzo tagliante t ·dx e il momento d'inerzia J,,dx/h, e p01che. (md1cando con N lo sforzo assiale del ritto) dN=t ·dx, essa m defimtiva nsulta:
ove Nv(x) è nn integrale particolare che, ad esempio nel caso del carico
386
d'N dt · d'h/(24EJ,,)= dx' a3h • dx/(24EJ,,) .
[16.19]
Inoltre il momento flettente, sempre per il ritto 1, vale [re!. 16.5;
N=~'J,t·dx]=
uniforme, vale:
[16.27] e A, B sono le costanti da determinare con le condizioni ai limiti. Noto lo sforzo assiale N(x), ogni altra sollecitazione viene determinata facilmente (es. 16.3; relaz. f, g); diagrammi per facilitare i calcoli si troveranno riportati nel par. 7.3.2a della parte 2' del vol. II. Evidentemente ponendo À2 =a' si omette l'influenza della deformazione conseguente allo sforzo assiale dei ritti. Esempio 16.1.
Studiare, col procedimento esposto nel par. 16.5.2a, la parete d'irrigidimento
[16.20]
M 1 (x)=[M,(x)+N(x)/] ei,
della fig .. 16.8, alta H=31 m e dello spessore costante s=20 cm, è soggetta al canco umforme q=l t/m=lO kg/cm. Inoltre: a=l,O m,
ove Mo(x) è il momento totale dei carichi (per i segni si veda la nota 16.4) e:
e =J,/(J,+J,)
[16.21]
1
M 1 (x)dx EJ1
(a+a,) 2
+ N(x)dx EA 1
N''a 3h ·dx 24EJ,,
J1 =s · a1 /12=0,7146 m'=7146 · 10' cm',
J,,,, =J,+J,=11.646 • 10',
J,,=20'/12=1,33 · 10' cm',
E=3 · 10 kg/cm'. Soluzione.
du.
[16.22]
a) Con i dati si ottiene:
k=279,7 · 105 kg [re!. 16.4], a 2 =80,056 · 10-s cm- 2 [rei. 16.8],
a=S,947 · 10- 4 cm-1 ,
[16.22]; per cui, uguagliando le due espressioni, e per la [16.20], s1 otuene: [16.23]
cosh aH=8,0425,
aH=2,774,
senh aH=7,9801 .
Dalla re!. [16.13] si ottiene [Mo(x=0)=-1 ·31 2/2=-480,5 tm]: Vp(x=O)=v(H)-1,7179-0,4466=v(H)-2,1645 cm, Vp(x=H)=v(H)-0,4466 cm,
ove a' ha la solita espressione [16.8]: a'
J 2 =4500 · 104 cm' ,
5
Un'analoga relazione può essere scritta riferendosi al ritto 2, e, per congruenza, il relativo spostamento du dev'essere uguale al valore d~to dalla
d 2N a' dx 2 -}.'N=-1- M,,
h=3,l m,
3
è il coefficiente di ripartizione. Pertanto lo spostamento relativo du delle sezioni C, C', pensate distanti dx, risulta:
a2=3,0 m,
l=a+(a1 +a,)/2=4,25 m,
vp'(x=O)=qH/k=10 • 3100/279,7 · 10'=11,083 ·lo-•.
[16.24]
Costanti d'integrazione:
B[rel. 16.ll]=-vp'(x=O)/a=-1,2387 cm,
e: [16.25]
v(H) [re!. 16.lO]=A · 8,0425-f-B · 7,9801 +v(H)-0,4466,
da cui
L'integrale generale della [16.23] può venire scritto: N=A cosh .l.x+B senh .
[16.26]
A= 1,2846 cm,
e utilizzando la seconda delle condizioni [16.11], si ottiene A+v(H)-2,1645=0, quindi: v(H)=0,88 cm.
Capitolo sedicesimo
388
Si calcolano quindi facilmente le sollecitazioni. Per ese1npio, il momento tenie alla base dei ritti:
Procedimenti semplificativi flet~
389
Soluzione.
a) Nulla la defarmazione fi(N) dei ritti per N (come nell'es. 16.1). In tale caso si ha (v. es. precedente): À 2=a 2=80,056 · 10-s cm-2.
M,(x=O) [rei. 16.16]= -EJ,(a'A-q/k)= = -3 · 105 • 7146 · 10' (80,056 · IO-'· 1,2846-10/279,7 · 10')= -143,8 tm,
Poichè l'origine è stata posta in sommità (fìg. 16.13):
M,(x=O)=M,J,/J,=-90,6 tm;
M,(x)= -qx'/2,
considerando i traversi incernierati agli estremi si sarebbe ottenuto:
q qx' Np(x) [rei. 16.27]=·a'I +;u,
J,
M,=Mtot. J,+J, =-480,5·0,6136=-295 tm.
Condizioni ai limiti (origine degli assi in sommità).
Lo sforzo assiale alla base dei ritti vale:
In sommità (x=O) dev'essere N=O, quindi dalle [16.26], [16.27]:
N(x=O) [rei. 16.17]=k · v(H)/1=279,7 · 10' · 0,88/0,25=57.900 kg;
A+
ovviamente deve risultare:
a~l=O.
[a]
e infatti -143,8-90,6-57,9 · 4,25=-480,5 tm. I momenti alle estremità dei traversi possono essere dedotti dalla [16.2]. Naturalmente occorre calcolare prima la rotazione, che per la [16.1 O] vale: g;=v'=a (A senh ax+Bcosh ax)+q (H-x)/k; per cui, ad esempio, per x=12,4 m si ottiene (ax=l,109; coshax=l,6806, senh ax= 1,3507): v'(x= 12,4)=8,947 · 10' (1,2846 · 1,3507-1,2387 · 1,6806)+ +IO· 1860/279,7 · 10'=3,5485 · 10-• rad, Mtrnv. [rei. 16.2]=3,62 tm ; spesso i traversi sono fortemente sollecitati, e stente con la partecipazione di una parte dei Nella fig. 16.8 sono riportati i diagrammi conviene calcolare N(x) con la precedente rel.
occorre aumentarne la sezione resisolai. delle sollecitazioni più significative; [a].
b) L'andamento dei diagrammi dei momenti. L'andamento di tali diagrammi può a prima vista apparire un po' singolare (fig. 16.Sb), ma è facile rendersi conto che l'esistenza e il segno concordante delle derivate alla sommità di entrambi i ritti dipendono dai momenti mi applicati dai traversi. Consideriamo infatti uno dei due ritti: esso riceve una parte dei carichi esterni e le coppie m1,. Per l'equilibrio alla rotazione di un suo generico tronco elementare si deve avere: T,=dMddx+m,, ed m1,, che dipende dalla rotazione dv/dx, in sommità è in genere diverso da zero. Quindi, anche se T.,, fosse nullo, può esistere la derivata del momento flettente; e le derivate per i due ritti sono concordanti, avendo le coppie mi uguale senso. Esempio 16.2.
Studiare con il procedimento di Rosman la stessa parete d'irrigidimento considerata nell'esempio precedente, tenendo conto o no della deformazione dei ritti per lo sforzo assiale.
All'incastro (x=H) si deve avere dN/dx=O, perchè si ha
':J.: =t (sforzo
ta-
g~iant~ speci~co. dei traversi), 7alla ba~e l'ideale. element? dei collegamenti trasversali d1ffus1 non r1ch1ede alcuna azione statican1ente indeterminata per ricomporre la congruenza; pertanto, sempre dalle [16.26], [16.27]:
À(AsenhÀH+BcoshÀH)+ qf =O. Ma À= a, quindi (v. es. precedente): cosh ÀH=8,0425,
senh ÀH=7,9801 ;
per cui, sostituendo nelle due equazioni precedenti, si ottiene: A=-2,9391·10',
B=l,9026 • 10',
e dalla [16.26], ad esempio all'incastro (x=H): N(x=H)=AcoshÀH+BsenhÀH+-'L, + qH' = a1 21 =(-236,38+ 151,83+29,39+ 113,06) 103 =57,90. 10' kg' coincidente con il valore ottenuto nell'esempio precedente. b) Si tiene conto della deformazione dei ritti per N:
a 2 =80,056 · 10-s cm-2,
f1=7146 · 10 4 cm 4 ,
J,=4500. 10''
A,=350 · 20=7000 cm', ftot.
["' À 2/a'=
A,=6000,
A1+A2 A,A,
1,19957,
!.=9,7996 · 10-• cm-', cosh ÀH=I0,457,
J,,,.=11.646· IO', 1=425 cm,
0,19957, À2 =96,032 · 10-5 , ÀH=3,0379, senh ÀH=l0,4067.
Capitolo sedicesimo
390
Procedimenti semplificativi
Dalle solite condizioni (v. punto a; però ora A2 #;a 2) N=O per x=O, N'=O per x=H si ha: A +qa'/!.'1=0,
,l (A
e per l'equilibrio giratorio dell'intera parete: qH' - -+2M,-N(H)l,=0; 2
senh .lH+B cosh .lH)+qHa'/.l'l=O,
da cui: A=-2,0425·10 4 kg,
391
[e]
per cui, dalle citate formule [16.26], [16.27] si ottiene:
B=l,4396 · 10 4 kg,
e dalla [16.26], ad esempio per x=H (all'incastro): qa2 a2qH2 N(x=H)=Acoshlli+Bsenh.lH+ m+zw=
A=-qa'/.l'l,
[d]
qH' qHh, - -+-- -Al, cosh .lH-BI, senh .lH-Np(H) l,=O . 2 2
[e]
=(-213,54+149,82+20,36+94,25) 10'=50,89 · 10' kg. M,0 ,.(x=H)=Mo,tot.+N(x=H)l=-l · 31'/2+50,89 ·4,25=-264,2 tm, M 1 (x=H)=Mtot.g 1 = -162,1 tm.
X
Non tenendo conto della deformazione per N si è invece ottenuto N=57,9 t (errore 13,6%), M, = 143,8 tm (errore 11,3%) . . D~ll~ rei. [16.26], ed essendo M 1 (x)=[M,(x)-N(x)l]e,, si ottiene per x/h=lO; 9, ... , 2. N=50,9; 49,2; 44,9; 39,2; 32,8; 26,3; 20,1; 14,4; 9,1 t; M 1 =-162,1; -110,6; -71,6; -42,3; -20,6; -5,0; 5,3; 10,9; 12,0 tm.
Nella fig. 16.8 sono riportati i diagrammi. Esempio 16.3. 50,13t
. ~tudiare, con il procedimento di Rosman (par. 16.5.2e), la parete con aperture 1nd1cata nella fìg. 16.14, sostenuta da due pilastri e soggetta al carico orizzontale uniforme q= 1 t/m. I dati sono: parete:
a1=a2=5,0 m,
a=l,1 m,
h=3,1 m,
1=6,1 m,
"';,3,5
s=0,16 m,
H=24,8 m; Fig. 16.14
traversi: sezione 70x 16;
pilastri:
sezione 150/25,
Con i dati:
k [rei. 16.4]=148,476 · 10' kg,
Soluzione:
.l' [rei. 16.25]=a' · 1,22395=0,181728 · 10- 4 cm-',
a) Lo studio della struttura si semplifica ponendo approssimativamente: M,= qH }!i,_, 2 2
a' [rei. 16.8]=0,148476 · 10- 4 cm-•, .lH=l0,5721,
cosh ÀH~senh .lH= 19.515,3, [a]
ossia considerando trascurabile l'effetto della rotazione della sezione di sommità dei pilastri; ipotesi, questa, che può in ogni caso fornire un'utile situazione limite (essendo l'altra supposizione estrema, Mb=O, più distanziata dalla realtà). È chiaro che, come verrà accennato in seguito, la soluzione può essere ottenuta considerando il legame tra le funzioni N, v, e imponendo le effettive condizioni ai limiti; ma è opp?rtuno tener presenti, specialmente in questo caso, le varie cause di approssi~ mazione. . Pertanto: .per l'equazione [16.26], in cui Nv ha l'espressione [16.27], le condiz1on1 a1 ltnut1 sono : N(x)=O in sommità (x=O); [b]
M, [rei. a]=21,7 · 10' kgcm,
A [rei. d]= - 737,027 kg, Np(H) [rei. 16.27]=419,258 · 10' kg,
e dall'equazione [e] risulta: B=737,447 kg.
Quindi dalla solita relaz. [16.26] si ricava N(x). Ad esempio, per x=O; 2h; 4h; 6h; 8h (v. fig. 16.14) e per il ritto a sinistra (teso):
N=O;
3,26;
11,07; 24,40;
50,13 t (alla base della parete).
Capitolo sedicesimo
Procedimenti semplificativi
Nota l'espressione dello sforzo assiale N(x), può essere ottenuta qualunque altra sollecitazione. Così il momento flettente per un ritto si calcola con la [16.20]; e lo sforzo di taglio e il momento flettente massimo di un traverso posto alla
16.5.3. Parete irrigidente collegata a un telaio soggetta a carichi orizzontali (16, 7).
distanza x valgono (ponendo x,=x-h/2, x,=x+h/2; fig. 16.14):
a) Tale sistema (fig. 16.16), che venne risolto nel par. 13.3.2, può essere studiato approssimativamente passando dal discreto al continuo. Per il telaio adottiamo l'ipotesi, frequentemente accettabile (par. 16.3), che i nodi traslino senza ruotare, e supponiamo inoltre che i ritti di una medesima stilata siano tutti uguali e di uguale altezza: se si indica con T, lo sforzo tagliante
392
T,,=J'dN=N(x,)-N(x,),
[/]
M,,(max)= T,, · a/2 .
[g]
393
Ad esempio, per il traverso x=6h {x1 =17,05, x 2 =20,15 m), si ottiene dalla [16.26] N(x,)=20,21 t, N(x,)=27,93 t, T,,.(x=6h)=7,72 t, M,,(x=6h)=4,25 tm.
q
Fig. 16.16
in corrispondenza di un generico piano del telaio, lo spostamento relativo degli estremi dei ritti appartenenti al piano vale L1v=T,h3/(12EEJ,), ove la somma è estesa ai momenti d'inerzia delle sezioni degli stessi ritti.
Fig. 16.1
Passando allora dal discreto al continuo
Poichè il momento complessivo per l'intera parete (due ritti) vale:
(dv=~ ~v
dx), e posto (con gli
con N(x) dato dalla [16.26], l'equazione della linea elastica risulta (J,, ..=J,+J,):
indici t, m verranno distinte le quantità relative al telaio e alla parete a sbalzo, o «mensola »):
d'v EJ,01 • dx' = -M(x) ;
12E k,=-h, J;J,
M(x)=M,(x)+N(x)l,
[h]
[i]
ed è per tramite di essa che si possono imporre, se ne vale la pena, le condizioni ai limiti in casi più complessi [la rei. h è la 16.20]. Trascurando per i ritti la deformazione per sforzo assiale, alle quote già precedentemente considerate si sarebbe ottenuto:
N=O;
4,15; 13,69; 29,33; 50,13 t.
Ai motivi di a_pprossimazione precedentemente illustrati si aggiungono in questo caso quelli dovuti alla conformazione dei traversi, che sono tozzi, e alla concentrazione delle reazioni dei pilastri. b) Considerando i due ritti totalmente indeformabili (fig. 16.15), i tagli per i traversi risultano uguali e acquistano il valore medio (considerando sempre
M 0 =21,7 tm):
Ti,=50,13/9=5,57 t.
Con Mb=O (ossia trascurando la rigidezza fiessionale dei pilastri) si ottiene
N(lf)=43,93 t, T,,=4,88 t.
[16.28]
' (k, ha la dimensione fisica di una forza), si ottiene: [16.29]
Ora, al posto del telaio, si ha a che fare con un ideale elemento strutturale prismatico, per cui, indicando con M,(x) il momento flettente corrente 16 C •7 l R. ROSMAN, «Laterally loaded Systems consisting of Walls and Frames », Tall Buildings (Proceedings of Symposium in Univ. of Southampton, April 1966), Pergamon,
1967. - M. LAREoo, «Théorie générale du comportement mecanique des grandes structures dans l'espace », Travaux, 1967, 6. - A. CmARUGI, «Indagine sulla ripartizione delle azioni orizzontali in telai irrigiditi da pareti», Giornale del Genio Civile, 1970, 2. - R. ALESSIA. CmARuGI, «Sistemi di telai», Inarcos, Bologna, 1972·, 4 e 5.
Procedimenti semplificativi
Capitolo sedicesimo
394
e sussistendo il legame di equilibrio dM,fdx= Tt(x), la relazione [16.29] può
b) Le sollecitazioni. Viene fatto riferimento al carico uniforme.
venire scritta:
Per la mensola:
dv 1 d'M, dx 2 =k, dx' · 2
[16.30]
Mm(x)=M,-M,=-À cosh ax-B senh ax+q/a 2 , Tm(x)=T,-T,=T,-dM,/dx=-a(A senhax+Bcoshax);
La mensola è sottoposta al carico esterno che provoca le sollecitazioni M,, T,, e alla reazione del telaio, che provoca (a parte il segno) le stesse sollecitazioni precedentemente definite M,, T,. Av~ndo s_uppo~to il contatto continuo tra la parete e l'elemento strutturale che simula 11 tela10, debbono essere uguali sia le linee elastiche, sia le cnrvatnre [v" (parete)= =v" (telaio)]; per cui, dalla relazione [16.30], e indicando con Jm il mome_uto d'inerzia della sezione della mensola, l'uguaglianza delle curvature formsce
395
[16.38]
per il telaio:
dM, T,(x)=--. dx (! _ _ _ __ ~.
~/
\
i
[16.31]
r--1-
~
Posto: a 2 =k,/EJm
f
(a ha la dimensione fisica dell'inverso di una lunghezza), l'equazione [16.31] può venire scritta:
[16.33] e il suo integrale generale, somma di un integrale particolare M,P e di quello dell'omogenea associata, vale:
M,=A cosh ax+B senh ax+Mtp,
[16.34]
con le costanti da determinare per mezzo delle condizi~ni ai limiti. . . Alla base del telaio (x=O) dev'essere nulla la rotaz10ne dv/dx, qumd1, per la [16.29], essendo T,=dM,fdx, si deve avere dM,/dx=O, per cm: 1 dM," . B= - - - - (x=O) , a dx
[16.35]
in sommità (x=H), M, dev'essere nullo, quindi:
A coshaH+B senh aH+M,p(x=H)=O ·
[16.36]
Gli integrali particolari possono essere facilmente defi~iti. Ad esempio'. per il carico uuiforme q è immediato verificare che la [16.34] e soddisfatta cou. [16.37] essendo M,=-q(H-x)2/2.
L
[16.32]
L ,j_ z i
Fig. 16.17
'
e) Osservazioni. In sommità (x=H) è in genere non nulla la rotazione dv/dx quindi, per la [16.29], il telaio deve ricevere dalla parete un'azione concentrata; inoltre alla base, avendo supposto la parete incastrata, la rotazione non deve esistere, quindi, ancora per la stessa [16.29], dovendo essere uguale a zero il taglio, il carico che si riversa sul telaio ha risultante nulla. Pertanto il sistema del telaio e della mensola soggetta a carichi orizzontali tende a manifestare un comportamento particolare, per altro già rilevato quando la stessa struttura venne studiata tenendo conto delle connessioni puntuali (par. 13.3.2): infatti nella sua parte alta la mensola viene sostenuta dal telaio, per c1ù tende a perdere la sua funzione di elemento strutturale irrigidente (fig. 16.17); funzione che inoltre può sensibilmente risentire di cedimenti angolari alla base. Il modo di comportarsi del telaio espresso approssimativamente dalla relazione [16.29] può essere assimilato a quello conseguente agli scorrimenti subiti da una trave sottoposta a pnro sforzo tagliante; per questa ragione il telaio viene spesso indicato come struttura dotata di «rigidezza a taglio ». È bene aver presente che il procedimento di calcolo è stato limitato a strutture che presentano rigidità uniforme <16• 8l. (tG.sJ Per tener conto della variazione delle sezioni dei pilastri si veda ad esempio l'articolo di A. CmA.RUGI citato nella nota 16. 7. Il passaggio al continuo può essere ancora conveniente dividendo in pochi blocchi, ciascuno dei quali comprende piani uguali· altrimenti il metodo tende a perdere la sua peculiare caratteristica di poter fornire ~apide indicazioni qualitative.
396
Capitolo sedicesimo
Procedimenti semplificativi
Come funzione incognita può essere assunto il taglio mutuo T, al posto del momento Mh ma la sostanza del procedimento non cambia: ciò verrà mostrato nel par. 7.3.2d della parte 2" del voi. II, trattando anche il caso in cui al posto della parete piena irrigidente si abbia una trave reticolare; si troveranno riportati diagrammi per facilitare i calcoli, e verrà mostrata l'influenza che la cedevolezza della fondazione della parete può avere sullo stato di sollecitazione. Infine è opportuno notare che non è sempre legittima l'ipotesi delle travate del telaio indeformabili rispetto ai ritti e che allora, alle volte, è possibile definire un'attendibile rigidezza alla traslazione per calcolare il coefficiente k, (1•.•J. Il ricorso a continui strutturali equivalenti può essere vantaggioso nella soluzione di numerosi altri problemi.
Mediante la relaz. [16.38] è semplice calcolare i diagrammi delle sollecitazioni; tra parentesi sono riportati i valori calcolati per le effettive connessioni <16 •10), X
Mm: Ph Tm :P
X
T,: p
0
2h
h
-3,01 -0,51 -8,05 (-7,86) (-2,84) (-0,39) 7 3,49 1,71
397
3h
4h
5h
6h
7h
0,69
1,20 (1,26) 0,27
1,27 (1,31) -0,13
0,92 (0,95) -0,59
o o
(0,77)
0,79
h/2
3h/2
5h/2
7h/2
9h/2
llh/2
13h/2
1,56
3,05
3,32
3,0
2,45
1,85
1,41 I I I I I I
Esempio 16.4.
Il sistema mensola-telaio indicato nella fig. 16.18 è gia stato risolto tenendo conto delle effettive connessioni (es. 13.5); lo stesso sistema viene ora studiato
.,,,/
/1
Il carico orizzontale uniformemente ripartito corrispondente ai carichi appli-
H=7h,
(schema cont',;nuo) \
aH=4,8496,
senh aH=63,8407,
X
,/
M,p(x=H) [rei. 16.37]= -qfa'= -2,0835 Ph,
Dalle relaz. [16.35], [16.36]: B=-7 P/a=-10,1039 Ph,
!
') / T''"q I '---t'
a=0,6928/h ,
M'tv(x=O)=qH=7 P.
I I
,''
'
I
! ;-'- - - + ,--; ' , ,I 14/mensola)
Con i dati risulta inoltre:
cosh aH=63,8486,
I I
,
/1 I / /'{(telaio) I /' :..-/ /
cati vale q=P/h. 0,48/h',
,r
I ' I ' I '
Soluzione.
[rei. 16.32]
,,''
I
,,''
,,,;I '
considerando le connessioni diffuse. Si suppongono le travate indeformabili rispetto ai ritti (par. 16.3), e si fa riferimento, per i confronti con i risultati già ottenuti per il sistema discreto, al rapporto RmfRv= 100, essendo Rm=Elmfh la rigidità della mensola Rp=Elvfh quella dei pilastri del telaio pensati tutti uguali.
a2
-1,33
/
I
/
--sP
/ ..., .......
aPh
sPh
2Ph
o
/
,
,,.
.....,;·
~/ /1
\ // \ ,·~'~'-----
o
-----Mm(sistema contùzuo) A= 10,1353 Ph.
Per esempio, il momento flettente alla base della mensola (x=O) risulta [rei. 16.38]: Mm(x=O)= -A+q/a'=(-10,1353+2,0835) Ph= -8,052 Ph,
___ Mm(sistema effettivo) Fig. 16.18
Nella fig. 16.18 sono riportati i diagrammi: le approssimazioni ottenute sono ottime.
mentre per il sistema effettivo si trovò (es. 13.5) -7,855 Ph (differenza di 2,5%). Considerando la mensola isolata si sarebbe ottenuto Mm=-24,5 Ph. (16.D)
A. CHIARuGI, art. cit. nella nota 16.7.
(16 ·10> Ai fini della valutazione dei momenti flettenti delle colonne conviene calcolare il taglio T; a metà fra piano e piano perchè tali valori meglio corrispondono a quelli che si avrebbero nel telaio effettivo caricato in corrispondenza delle travate. Le sollecitazioni Mm, Tm della mensola sono invece calcolate in corrispondenza dei piani.
I
398
Capitolo sedicesimo
Procedimentti semplificativi
16.6. Sistemi strutturali soggetti a comportamento spaziale per carichi orizzontali. - Le azioni sulle varie strutture componenti. Un procedimento di calcolo semplificativo.
in teoria. Per cui tutto ciò conferma quanto è stato detto sull'opportunità di adottare frequentemente procedimenti approssimativi, mediante i quali, specialmente in sede di progettazione di massima, si possono ottenere orien· !amenti rapidi e tuttavia di solito abbastanza attendibili.
a) Nel precedente par. 16.5.3 abbiamo visto come possono venire attendibilmente risolte strutture piane costituite dall'associazione cli pareti e telai. Però non cli rado gli edifici comprendono numerose strutture e, per mancanza di simmetrie delle loro piante, possono dar luogo a funzionamenti spaziali complessi. Già ne demmo cenno nel par. 13.3.2b, a proposito di sistemi «discreti »; e sempre in tale ambito vedremo, nel cap. VII della 2a parte, come il calcolo possa venire impostato mediante le matrici, principalmente in vista dell'impiego cli un elaboratore. Ma, pnr adottando il metodo dell'equilibrio, e pur ricorrendo a matrici delle rigidezze « addensate», l'impostazione resta in genere tediosa; per di più non di rado si ha la remora che dallo schema statico adottato, benchè denso di connessioni iperstatiche, non si possa ottenere null'altro che rappresentazioni molto approssimative della realtà, non riuscendo a tener conto cli numerose circostanze (basta pensare alla presenza di tramezzature e di pareti di tamponamento) che possono influenzare notevolmente Io stato di deforvi. tem~ mazione, e quindi di sollecitazione generale. Pertanto per tale problema appare conveniente I'ipotesi di connessioni continue, specialmente in vista di risposte nel campo dinamico; giungendo così a considerare le strutture alla stregua di « mensole» verticali, deformabili per flessione, o per taglio (telai), o per l'una e l'altro insieme (parete con fori). Ed è opportuno aver presente, sempre a proposito dei risultati dei nostri calcoli, che tali mensole possono presentare, isolate e per carichi uguali, andamenti degli spostamenti profondamente dissimili, come risulta chiaro mettendo a confronto la deformata di una trave a sbalzo con quella di un telaio (fig. 16.19a, b): infatti, mentre la prima diFig. 16.19 pende in larghissima misura dal diagramma del momento flettente, la seconda, stando alla [16.29], è legata invece all'azione tagliante, per cui - facendo riferimento, a titolo esemplificativo, a un carico orizzontale uniforme, con l'origine de1l'asse x in sommità - si ha dv dx =-qx/k,, v=q (H2 -x 2)/2k,; e la rotazione della tangente alla linea eia-
...
stica risulta nulla in sommità e massima alla base. Di conseguenza le connessioni operate dai solai hanno in genere grande importanza; e dai calcoli, per le ipotesi schematiche che si debbono introdurre, si possono ottenere distribuzioni poco rispondenti a quel che avviene realmente, in virtù degli accomodamenti consentiti dai materiali e dai vincoli, e dall'esser questi di solito ben più complessi e diffusi di quelli adottabili
399
b) Consideriamo quindi, per render più chiare le cose, il caso già risolto nel precedente paragrafo della parete solidale con un telaio (fig. 16.18), e pensiamo che il carico esterno uniforme q si ripartisca tra le due strutture in due parti q1' q2 anch'esse uniformi (o in genere ripartite con la stessa legge
..... 0
q2
4
a) Fig. 16.20
- --
"h
'" --
]l
i
H
i I
i
b) /; /IM(pa:rete)
T(telaio)
-·-·-cale. approssimativo· del carico); sappiamo inoltre che telaio e mensola si trasmettono in sommità un'azione mutua T* concentrata (fig. 16.20). Per equilibrio, dev'essere ovviamente q2 =q-q1 ; e le incognite q1' T* possono venire determinate con le condizioni che siano uguali gli spostamenti orizzontali presentati dalle due «mensole» in sommità (x=O) e a metà altezza (x= H/2) (16.ll). Per il caso in questione si ha evidentemente (posto r;=H3 /EJ1 , essendo J 1 il momento d'inerzia della sezione della mensola 1):
mensola 1) · q1H/S,
x~O)
vi(q1)~n
x~H/2)
v 1 (q1)~0,35417
(nq 1H/S),
v 1 (T*)~n
· T*/3;
v 1 (T*)~0,3125
(nT*/3);
<16 •11l Per convenienza di calcolo, l'origine degli assi viene posta in sommità, al con~ trario di quanto è stato fatto in altri casi. Con tali condizioni resta non soddisfatta quella che, per «la mensola» simulante il telaio, sia nullo lo sforzo di taglio alla base (essendo tale mensola collegata con continuità all'altra deformabile per flessione e incastrata in fondo). Quest'ulteriore condizione potrebbe venire introdotta considerando, ad esempio, un aggiuntivo carico triangolare ripartito dalla base al primo piano (infatti I 'influenza di tale condizione è risentita soprattutto in corrispondenza di un breve tratto; vedi fig. 16.20c).
400
Capitolo sedicesimo
Procedimenti semplificativi
mensola 2 (telaio; Jp=J1 /IOO; h=H/7): per la relazione [16.28]: k,= 12EEJJh'= 12E4Jp/h'=23,52 EJ1 /H'=23,52 H/n, i
401
valutazioni. Inoltre, sia per i telai, sia per le mensole a sezione piena è possibile, volendo, tener conto anche della variazione della sezione che in genere i pilastri presentano passando da un piano all'altro; e tener conto anche di eventuali cedimenti delle fondazioni.
e per la [16.29], essendo T,=-q,x: X=O)
v,(qJ
q,(H'-x') 2 k, T*(H-x) k,
v,(T*) X=H/2)
v,(q,)=
3
4
n · q,H/47,04, ~
· T*/23,52;
d) Il comportamento spaziale di un sistema comprendente n strutture e soggetto, ad esempio, a un carico uniformemente distribuito, può agevolmente venire sondato con il calcolo precedentemente esposto. In generale ogni «mensola» i può presentare rigidezza alla deformazione in due piani verticali tra loro ortogonali, e anche rigidezza torsionale.
(n · q,H/47,04),
1 v,(T*)=-z (n • T*/23,52).
Quindi le due condizioni di congruenza sono: q,H/8-T* /3=(q-q1) H/47,04+ T* /23,52, 3 1 0,35417 · q 1H/8-0,3125 T*/3=4 (q-q,) H/47,04+-z T*/23,52;
da cui (P=qh, H=7h):
Fig. 16.21
T*=0,245 qH=l,72P (invece di 1,33 P, errore 29%); e ad esempio il momento aUa base della mensola risulta: M,=-0,776 qH'/2+T*H=-0,143 qH'=-7,01 Ph
(invece di -8,05 Ph, errore 13%). Nelle figure 16.20b, e sono riportati i diagrammi dei momenti flettenti per la parete e degli sforzi taglianti per il telaio. Per quanto riguarda qnesti ultimi, il primo tratto del diagramma prossimo alla base è ovviamente non significativo, non avendo introdotto la condizione ai limiti riguardante per l'appunto la base della mensola simulante il telaio (nota 16.11); per cui conviene adottare, al posto del segmento A-1 del diagramma, compreso tra il terreno e il primo piano, il tratto 0-1 {fig. 16.20c). I diagrammi tracciati con segno continuo e tratteggiato corrispondono ai calcoli eseguiti tenendo conto della congruenza con continuità, o seguendo il presente procedimento approssimativo. e) Rispetto al calcolo precedente nulla in sostanza cambia quando, al posto di una mensola a sezione piena, si ha uua parete con fori. Evidentemente i coefficienti elastici, necess·ari per imprimere le condizioni di con· gruenza alle due quote x=O, x=H/2, possono essere calcolati con la [16.10] o con la soluzione di Rosman; e nel cap. VIT della 2" parte (applicazioni) si troveranno riportati vari diagrammi atti a rendere molto semplici tali
Adottando un riferimento cartesiano con l'origine nel centro di torsione, l'asse z verticale e gli assi x, y coincidenti con le direzioni principali, proce-
dendo ad esempio col metodo della congruenza sono incognite le azioni, supposte distribuite uniformemente, qxi, qyf,, mti, e le forze, concentrate in sommità, T* ,,, T* "'' M*., (fig. 16.21). Se si considerano gli impalcati indeformabili nel loro piano, per gli spostamenti u, v lungo x, y, valgono le dipendenze lineari [indicando con fJ(z), u(z), v(z) i movimenti del piano posto al livello z]: a) u,=u(z)+ff(z)y,,
b) v,=v(z)+ff(z)x,,
e) ff,=ff(z).
Alle 6n incoguite corrispondono: 3 (n-1) equazioni di congruenza, relative ai 3 movimenti a), b), e) considerati in sommità (16.l'J; altrettante analoghe equazioni a metà altezza; 3 equazioni di equilibrio generale nei confronti delle azioni esterne e interne (nelle quali evidentemente non sono presenti le azioni concentrate in sommità, che costituiscono un sistema di forze Ad esempio, per due generiche mensole r, s, dalle relaz. [a], [e] si ottiene: Ur-frYr=Ua-frY8 ;
ed esprimendo ciascun movimento in funzione delle azioni interne si esplicitano le incognite. 26 -
POZZATI, ll-J,
402
Capitolo sedicesimo
equilibrato); infine 3 equazioni di equilibrio per quest'ultimo sistema di forze. Ed è chiaro che, frequentemente, varie azioni interne sono nulle; e non sono da scrivere le correlative condizioni di congruenza. Nel cap. VII della 2' parte mostreremo, con vari diagrammi, un esempio numerico. Ovvia1nente la soluzione può essere ottenuta anche col 1netodo del!' equilibrio, dando luogo, qualunque sia il numero delle mensole, al massimo a 6 incognite (3 movimenti U, V, f} in sommità; altrettanti a metà altezza). Può essere opportuno ripetere che da tale calcolo sono da attendersi soltanto dati orientativi, utili se si ha presente la complessità di soluzioni più affinate. Esso, in sostanza, può essere considerato a cavallo tra le due classi dei sistemi discreti e continui, e giudicato quindi, in un certo senso, eterogeneo: è infatti da ascrivere alla prima, per quanto riguarda le condizioni di congruenza; e alla seconda, per avere supposto carichi e reazioni ripartiti lungo l'intero sviluppo delle strutture. In definitiva i vari casi illustrati costituiscono soltanto alcuni esempi, tra gli innumerevoli offerti dalla pratica, della fertilità che per noi ingegneri hanno questi modi di procedere, con i quali si trasferiscono dal discreto al continuo le soluzioni di strutture che presentano dense connessioni.
NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE E STORICHE In merito agli argomenti trattati nei capitoli XII, ... , XVI la bibliografia è estesissima; quindi, essendo purtroppo inevitabili numerose omissioni, si troveranno anche alcuni commenti su1 contributi citati, ritenendo ciò utile per meglio realizzare uno sguardo d'insieme al cammino percorso. a) Innanzi tutto mi preme ricordare le opere che ho tenuto più presenti nel redigere i suddetti capitoli (quelle riguardanti specificatamente il cap. XV, ossia I 'impiego delle matrici, le citerò nel seguente punto g); altre sono state ricordate in note inserite nel testo): O. BELLuzzr, Scienza delle costruzioni,· Zanichelli, Bologna, 1950, val. Il. - K. BEYER, Die Statik im Eisenbetonbau, Berlin, Springer, 1° val., 1933 (2a ediz.), (la ediz. 1927). - B. DALL'AGLIO, Lezioni sulla scienza delle costruzioni, vol. I, parte 2a («I sistemi di travi 1>), ed. CEDAM, Padova, 1956. V. FRANCIOSI, Scienza delle costruzioni, Liguori, Napoli, 1971, vol. III, due tomi (« Teoria delle strutture})). - E. G1ANCRECO, Teoria e tecnica delle costruzioni, Liguori, Napoli, voi. Il, 1966. - R. GuLDAN, Rahmentragwerke und Durchlauftriiger, Springer, Wien, 1949 (4a ediz.; I• ediz. 1940). - S. P. T!MOSHENKO e D. H. YouNG, Theory of Structures, McGraw-Hill, 1965 (2• ediz.; 1• ediz. 1945). È inoltre doverosa la citazione delle seguenti opere, molto utili, anche se improntate a un'impostazione più generale della materia (oltre a quelle classiche di O. MoHR, Abhandlungen aus dem Gebiete der technischen Mechanik, e di H. MDLLER BRESLAU, Die graphisce Statik der Baukonstruktionen): R. BALDACCI, Scienza delle costruzioni, U.T.E.T., Torino, 1976, voi. II («Fondamenti di meccanica delle strutture»). - J. CouRBoN, Résistance des materiaux, Dunod, Paris, 1971 (2a ediz.), vol. II. - K. HmscHFELD, Baustatik, Springer, Berlin, 1959. - R. V. SOU1HWELL, Relaxation Methods in Engineering Science, Oxford, 1940. b) Nelle note bibliografiche e storiche riportate al termine del vol. I vennero già accennate le ragioni che tennero per lungo tempo in ombra il metodo dell'equilibrio (o delle deformazioni). Cosl accadde che, in un primo tempo, lo" studio dei sistemi di travi iperstatici fu affrontato impiegando in genere il metodo della congruenza (o delle forze); e con la scelta di opportune strutture principali vennero ricavate equazioni di congruenza tipiche, come, ad es., quelle (ricordate nel par. 14.2) di Clapeyron (1857), per la trave continua, e di Bleich (1925), per la trave a nodi non spostabili connessa con piedritti. Però lo scoglio maggiore per ottenere. tali equazioni consisteva proprio nel fatto di non potere fare riferimento a una ~celta della configurazione principale di tipo generale, collie invece era possibile impie"" gand_O il metodo dell'equilibrio. Infatti con questo, essendo ogni consegllenza .delle azioni esterne espressa in funzione dei movimenti indipendenti a dei nodi, si presenta spontanea e ricorrente I'idea di spezzare. lo ~tudio in due. fasi, cOnsiderandò dapprima gli effetti di dette azioni con tutti i movimenti a nulli, poi .le C()rrez.~o:n.i derivanti dai movi_mepti stessi: ossia di assumere co_me configì.rrazi?ne pr;ncipale qµella con ]e varie membrature incastrate perfe~ta:nlente agli i!$trem_i, s~_ggette a.i
404
Notizie bibliografiche e storiche
carichi o ai disturbi agenti sulla struttura; configurazione che si è confermata assai utile anche per una comoda scrittura delle equazioni risolventi (tra 1'altro idonea a soluzioni iterative) e per la scrittura di programmi di calcolo da far sviluppare da un elaboratore elettronico. Come è stato ricordato anche nelle note 13.6 e 13.16, fu MOHR (1892), dopo le indicazioni a lungo non utilizzate di NAVIER e di CLEBSCH (bibl. vol. I), a impiegare per primo il metodo dell'equilibrio in un caso significativo, e precisamente nello studio delle sollecitazioni secondarie (ossia dei momenti) nelle travate a tra~ liccio caricate nei nodi, considerando le aste collegate rigidamente tra loro; ed è sintomatico il fatto che emergesse la necessità del metodo dell'equilibrio in un caso in cui la sostituzione delle incognite rotazioni dei nodi ai momenti (agli estremi delle aste) comportava una drastica diminuzione del numero delle stesse incognite. Ma, sia per le ragioni generali a suo tempo accennate, sia per la secondarietà del tema strutturale, nonostante la grande autorità dell'Autore, dovettero passare ancora vari anni prima che la portata generale e i limiti di convenienza del metodo dell'equilibrio venissero esplicitamente messi a fuoco in un esauriente confronto col metodo della congruenza. W. GEHLER nel suo volume Der Rahmen (Ernst, Berlin, 1913; poi anche nella successiva ediz. del 1919), dopo una chiarissima premessa, non spinse le applicazioni oltre quelle del telaio a un solo piano o a una sola maglia; e l'ingegnere danese A. BENDIXSEN (1914), citato nella nota 13.6, utilizzò il metodo restando pressochè nell'ambito dei telai con nodi non spostabili. Fu lo stesso GEHLER, con la memoria (nota 13.6) presentata nel 1916 nella celebrazione degli 80 anni di Mohr, a ritornare sull'argomento, e a dare alle equazioni di equilibrio un'esplicita forma, volta alla soluzione generale dei telai a nodi spostabili. Ma forse il primo chlaro inquadramento si trova nell'aureo volumetto Die Deformationsmethode (Springer, Berlin, 1926) di A. OsTENFELD, professore nell'Università di Kopenhagen: nella premessa egli chiamò (credo per primo) i due metodi di risoluzione delle strutture « Kraftmethode> (metodo delle forze) e «Deformationsmethode », e ne illustrò le correlazioni duali; inoltre citò esempi chiaramente propri al secondo metodo, quali telai multipiani, sistemi contenenti travi ad arco, travi Vierendeel ad elementi anche non ortogonali tra loro. Un anno dopo, nel 1927, venne pubblicata la magistrale opera, già citata, di BEYER, nella quale i due metodi venivano presentati con le loro specifiche proprietà procedurali: «il calcolo attraverso l'eliminazione delle componenti di deformazione», l'uno; «il calcolo attraverso l'eliminazione delle azioni interne», l'altro. Certe caratteristiche delle matrici dei coefficienti delle equazioni di Gehler vennero illustrate da F. TAKABEYA nel suo volume Rahmentafeln (Springer, Berlin, 1930). e) Mohr nel 1881 aveva indicato la possibilità di studiare l'arco o il portale doppiamente incastrati facendo figurare separate, nelle equazioni di congruenza, le componenti staticamente indeterminate della reazione di uno dei due incastri (voi. I, par. 9.3). Forse anche questo precedente favori la ricerca più generale, per le strutture, di loro proprietà indipendenti dai carichi, determinabili una volta per tutte. Si può definire « punto fisso a sinistra » di una trave vincolata in modo qualunque ai suoi estremi appoggiati, il punto in corrispondenza del quale il momento è nullo quando la stessa trave è considerata nelle condizioni effettive all'estremo sinistro, ed è invece appoggiata e soggetta a un momento all'estremo destro; analoga definizione ovviamente vale per il punto a destra. La conoscenza di tali due punti per ogni campata consente di calcolare, per i soli carichl agenti su di essa, i momenti incogniti agli estremi (quindi l'intero diagramma), sia scrivendo due equazioni di congruenza, sia ripartendo i momenti d'incastro perfetto proporzionalmente a rigidezze d'insieme. In merito a tale metodo detto , che abbiamo citato soltanto per darne un'idea a titolo d'informazione, ricordiamo: W. RrITER, Anwendungen der graphiscen Statik, Zurich, 1888, ... , 1906
Notizie bibliografiche e storiche
405
(3° vol.). - E. SUTER, Die Methode der Festpunkte, Springer, Berlin, 1923. A. S1:RASSNER, Berechnung statisch unbestimmter Systeme, Ernst, Berlin, 1929 (2a ed1z.); Neuere Methoden, id., 1925 (3a ediz.; 5a ediz. 1951). - N. MAYER, Neue Statik .der Tragw~rke aus biegesteifen Stàben, Bauwelt-Verlag, Berlin, 1938. Inoltre esso s1 trova chiaramente esposto, ad esempio, nelle opere citate di BELLUZZI (par. 456, .. ., 460) e di GIANCRECO (par. 2.7). d) Equilibramento iterativo dei momenti per telai con nodi liberi soltanto di ruotare. Il procedimento iterativo proposto da Gauss-Seidel (1874; v. bibl. al termine del cap. II) per la risoluzione dei sistemi di equazioni lineari, e le caratteristiche de!le equ~io~i del m~todo dell'e~ui.librio (c~e, in genere, con la forte prevalenza dei coeffic1ent1 della diagonale pr1nc1pale assicurano una notevole velocità di convergenza) avevano reso possibile l'analisi di molte strutture senza dover ricorrere alla sol~ione diretta di .sis!em~ di equazioni. E un decisivo passo, evitando la stessa scnttura delle equaz1on1 e introducendo un semplicissimo meccanismo di iterazioni per di p~ù dotato di un palese e facile significato fisico, fu introdotto da H. CR.oss: «Analys1s of Continuous Frames by Distributing Fixed-End Moments », Proc. ASCE, 1930 (voi. 56), p. 919 e Trans. ASCE, 1932 (si veda anche H. CRoss e N. D. MoRGAN, C,ontinuous Frames of Reinforced Concrete, Wiley, New York, 1932). La memoria d1 c;ros~ solle':ò una v~stissima eco, come è testimoniato dalla copiosa letteratura tecmca. imperniata su di esso (punto /) e dai numerosi e spesso rilevanti interventi apparsi sulle « Discussions » operate sulla rivista in cui era apparso il lavoro (Proc. 1930, p. 1747, 1913, 2039; Proc. 1931, p. 119, 313, 369, 725, 1059, 1354; Proc. 1932, p. 95, 409, 559, 914). Con una sua not~ pubblicata alcuni anni dopo, A. CALrSEV rese noto (« Die Metho~e der sukzess1ven Annftherung I;>ei der Berechnung von vielfach statisch unbesti~mten. Syst.emen i>, A.I.1:.C., Zlinch, 1936, p. 199) di avere già proposto, numerosi anni addietro (Technicki List N. I, 2, 1922; N. 17, ... , 21, 1923), un me:. to~o m~Ito si~ile ~ia ~quello di Cross, sia all'estensione data da GRINTER (v. punto e), e riporto apphcazioTI,I al calcolo tanto delle sollecitazioni secondarie delle travature a tr~ccic:', quar~to di telai con nodi anche spostabili; citò inoltre una precedente p;ibbhcaz;1one .di J. A. L .. WADDELL (Bridge Engineering, 1916), in cui, con proceN dtmento iterativo molto simile, era stato risolto il problema degli sforzi secondari. In effetti il mecca?ismo opera~vo mostrato da èaiiSev aveva molti punti di c?ntatto .con 9uello di Cross, ma in sostanza assumeva più la veste di un procedimento iterativo per la soluzione dell'equazione« delle 5 rotazioni» scritta in forma opportu~a (par. 13.3.3a; equaz. [13] della mem. cit. di Calisev). Cross ha il notevole mento di ay~re. introdc:'tt~ il c?ncetto ~i rigidezza. all~ rotazione, e di aver presentato q~~l semphc1ss1?10 art1fì.c10 di co?sent1re le rotaziom una per volta, dando la possiN b1htà, ~o~e ~gh stesso. indicò, di seguire Io sviluppo analitico con corrispondenti operaz1om d1 bloccaggio e allentamento di morsetti, applicati idealmente ai nodi della struttura. Può .essere opportuno not~re .che. Cross. ebbe ~en presente anche l'importanza e la dehcate.zza delle. convenz1on1 sui segru, tant'e vero che nel suo testo citato, ~ pag; .92, SI trova g1usta~ente det~o «una delle più frequenti fonti di errori neIN 1 anahs1. (de11e s~rutture~ dipende dai segni»; tuttavia non impiegò la regola tanto vantaggiosa (nei metodi che operano sulle equazioni di equilibrio) di ç:onsiderare con lo stesso segno i momenti aventi uguale senso. . Un metodo che ha riscosso notevole interesse è stato anche quello di G. KANI, Die Berechnung mehrstOcktger Rahmen, Wittwer, Stuttgart, 1949, 1956 (Sa ediz.); Le, calcul d~s po~tiques à etages multiples, Dunod, Paris, 1958; per cui su di esso puo con"."en.1re d~ s?ffermar~ bre"."emente I:attenzione, considerando per semplicità Il caso di s1stem1 di aste prismatiche con i nodi che subiscono soltanto rotazioni.
Notizie bibliografiche e storiche
Notizie bibliografiche e storiche
Il momento all'estremo di una trave J-A, secondo la [13.7] può venire scritto:
of Continuous Frames by Balancing Angle Changes », Trans. ASCE, vol. 102, 1937; si veda inoltre la sua op. cit. in seguito). Di tale procedimento, arrestato però alla prima fase, abbiamo già visto un'applicazione nel par. 16.4: immaginando inizialmente i nodi impediti di spostarsi mediante appoggi ausiliari, si trovano (applicando ad es. il metodo di Cross) i momenti agli estremi delle varie aste e le reazioni degli stessi appoggi; poi, applicate tali reazioni cambiate di segno, si pensano i nodi (bloccati con morsetti) liberi soltanto di traslare, e si trovano aggiuntivi momenti d'incastro agli estrenù delle aste che hanno subìto gli spostamenti relativi; si riapplicano quindi gli appoggi ausiliari, permettendo nuove rotazioni dei nodi senza spostamenti, e così si prosegue. Il procedimento si trova illustrato, ad es., nell'op. cit. di BELLUZZI. Nelle fasi in cui avvengono le traslazioni, si considerano i nodi impediti di ruotare; ed è chiaro che tale configurazione è tanto più prossima alla realtà, e la convergenza tanto più marcata, quanto meno rilevante è l'azione dei morsetti, ossia quanto più le travi sono rigide rispetto ai ritti. Ossia la velocità della convergenza tende a cadere (e il lavoro può essere molto tedioso) proprio quando - ad es. per il consueto caso di carichi verticali e spostamenti dei nodi orizzontali - gli spostamenti possono avere maggiore influenza sui risultati finali. Fu possibile accelerarla sensibilmente, pur lasciando intatte la semplicità e la sostanza del procedimento originario, non attendendo a rimuovere gli appoggi fittizi (necessari per impedire gli spostamenti laterali) dopo avere esaurito completamente il metodo di Cross, ma permettendo lo spostamento dopo aver operato alla Ctoss per ogni piano (P. PozzATI, «Il metodo di Cross generalizzato», L'Ingegnere, aprile 1947); ma, nei casi di travi di rigidezza debole rispetto ai pilastri (circostanza questa che può presentarsi per telai con travi in spessore di solaio, o per i piani inferiori di telai multipiano), anche procedendo in tale modo la convergenza è in gent.:::re non rapida. E stato possibile accelerarla sensibilmente quando si è pensato di calcolare la rigidezza alla rotazione di un 'asta consentendo agli estremi di questa di spostarsi relativamente. Per il caso particolare di telai a due ritti uguali, soggetti a carichi antimetrici, tale rigidezza è semplice (W=EJ/l) e il metodo di Cross può essere applicato considerando, per le aste prismatiche, il coefficiente di trasmissione uguale a -1 anzichè a 0,5 (P. PozzATI, « Una notevole semplificazione nello studio dei telai con due piedritti uguali, sottoposti a condizioni di carico antisimmetrica )), Il Cemento, 1946. n. 9). Il procedimento, che è illustrato al par. 13.4.4, può esserP. vantaggiosamente impiegato anche nel calcolo delle travi Vierendeel a due correnti uguali (par. 13.4.5 e nota 13.15). E a proposito della trave Vierendeel con numerosi traversi, C. MINELLI mostrò, con notevole anticipazione rispetto ai procedimenti «al continuo 1> per i telai, gli ottimi risultati che si possono ottenere pensando la rigidezza dei traversi diffusa (« Metodo di calcolo per travi Vierendeel con grande numero di traversi i>, C.N.R., Roma, Pubblicaz. dell'Ist. per le applicaz. del calcolo, n. 49, 1939). La rigidezza generalizzata di un 'asta può essere ricavata anche per telai con numero qualunque di colonne e di piani, potendo così applicare il metodo di Cross con notevole convergenza: G. CoccHI, « Estensione del metodo di Cross ai telai con nodi spostabili l), Giorn. Genio Civ., luglio-agosto 1946 (in tale memoria, nella quale si assumono come quantità incognite i movimenti, la form. [8] fornisce la rigidezza generalizzata). - B. DALL'AGLIO, «Di una generalizzazione del metodo di Cross », Giorn. Genio Civ., giugno, luglio, agosto 1949 (in tale memoria si opera sui momenti, quindi in modo più aderente al metodo di Cross). - V. FRANcrosr, «Un metodo di rapida convergenza per il calcolo dei telai a nodi spostabili J>, L'Industria italiana del cemento, settembre 1949 (si opera sui momenti). Tali generalizzazioni comportano, nel caso di telai con più di due colonne, accanto al citato vantaggio di una forte convergenza, qualche complicazione nello schema operativo e nel calcolo dei coefficienti di trasmissione e d'induzione.
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1
MJa=MJa+ WJa/P1+2 Waj
[a]
e ponendo: M' aj = Wajf/J a/2, ~a=~a+2M'1a+M aj; 1
[b]
[c]
per cui, sommando i momenti relativi alle varie sezioni collegate al nodo J, se a questo non è applicata una coppia esterna, si ricava l'equazione di equilibrio (EAfi,~O): i
EM'1,~-+ (EM1,+EM',1). '
'
[d]
'
Il momento l.:M'1, è la metà di quello che provoca la rotazione effettiva del
' tutti i nodi circostanti incastrati. Di esso la generica trave J-A nodo J considerando assorbe la parte (e,.~ Wial EW,;): M'1a~- e1" (EM;,+EM';;). 2
i
[e]
i
Pertanto il procedimento si svolge per approssimazioni successive ripartendo tra le aste di ogni nodo la somma, cambiata di segno, dei momenti d'incastro perfetto e dei vari momenti M' relativi agli estremi circostanti; nella prima operazione i momenti M' (intorno al nodo nel quale si inizia ad operare) sono nulli, poi acquistano grandezze sempre più prossime alle definitive, che vengono raggiunte quando in due cicli consecutivi -si ottengono risultati pressochè uguali; infine, determinati i momenti M', si risale ai momenti effettivi utilizzando la relazione [c]. È chiaro che, nella sostanza, il procedimento di Kani non si differenzia dal metodo di Cross; infatti si consente la rotazione (ossia l'equilibramento) di un nodo alla volta, mantenendo tutti i nodi circostanti impediti di ruotare; e i momenti M'1i sono la metà dei momenti ripartiti secondo Cross. Presenta però il vantaggio di risparnùare la scrittura dei momenti di trasmissione III e di operare sul valore totale dei momenti, risultando in tal modo autocorrettivo; proprietà, quest'ultima, che si è ottenuta facilmente anche per lo stesso metodo di Cross, introducendo la semplice variante di sommare sempre ai momenti trasmessi III anche i momenti d'incastro perfetto I (par. 13.4.2c). Un piccolo svantaggio è quello di dovere risalire, terminate le iterazioni, dai momenti M' a quelli definitivi, che nel metodo di Cross sono ottenuti direttamente; inoltre, per le varie operazioni, è più riposto il significato fisico. Una chiara esposizione del procedimento di Kani si trova nell'op. cit. di FRANc1os1 (tomo II del vol. III) e in quella di GIANCRECO. Il volume di Franciosi è corredato anche di estese tabelle di coefficienti per il calcolo di travi di sezione variabile. e) Telai con nodi liberi di ruotare e di spostarsi.
Dopo la pubblicazione del metodo di Cross, l'attenzione si polarizzò sulla possibilità di superarne la limitazione applicando gli stessi criteri a telai con nodi spostabili; e le proposte furono numerose, per la difficoltà di escogitare un completamento che mantenesse i requisiti di semplicità, soddisfacente velocità di convergenza ed evidente significato fisico delle operazioni analitiche. L. E. GRINTER indicò per primo la soluzione iterativa considerando l'intera struttura alternativamente con i nodi liberi soltanto di ruotare o liberi soltanto di tr~slare (« Analysis
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Notizie bibliografiche e storiche
Notizie bibliografiche e storiche
Relativamente alla presente opera, per il calcolo dei telai a nodi spostabili è stato esposto (par. 13.4.3) un modo di procedere che, pur coincidendo nella sostanza con quello di Cocchi, Dall'Aglio e Franciosi, mantiene caratteristiche ope:ative che poco si scostano dal proc~di~en~o generalizzato ~1947) preceden~eme~~e c1t~~o: infatti le rigidezze e i coefficienh d1 spostamento rimangono quelh sohh, e i influenza dello spostamento viene apportata mediante un coefficiente che è il limite di una serie; utilizzando cosi una vecchia indicazione (P. PozzATr, «Il calcolo semplificato ed esatto dei telai se!llplicement~, connessi aventi i_ I_Iodi che si spostano )), Giorn. Genio Civ., febbraio 1948), p1u recentemente utthzzata anche nel . . . testo (par. 39) di Blaszkowiak in seguito citato. Ovviamente anche il metodo di Kani può essere adottato per l~ stu~10 dei telai con i nodi spostabili, seguendo, nella sostanza, la stessa generahzzaz1one (1947) precedentemente menzionata. Per accelerare la convergenza del metodo di Cross o d~ Kani s, Beton und Eisen, 1940. - F. M. MAZZOLANI, «Metodi di calcolo a rapida convergei:za » (2 parti), Giorn. Genio Civ., gennaio-marzo 1967. - G. MoRABITO, «Una modifica al procedimento di Kani », Giorn. Genio Civ., giugno 1965. - M. PAG~N?, «Sul calcolo dei telai a nodi spostabili», Giorn. Genio Civ., ottob~e 1957-. Tut~ 1 pr?ce: dimenti iterativi possono trovare una loro corrispondenza in modi particola~ d: risolvere iterativamente le equazioni alla Gehler: F. MATTIAZZO, «I metodi di calcolo dei telai piani per successive approssimazioni dedotti dal met?do ~elle deformazioni », Rivista di Ingegneria, ottobre 1953. - R. SPARAGIO, «La risoluzione per iterazione su schema delle equazioni dei nodi e dei piani », Giorn. Genio Civ., giugno 1960. . . . Significativi confronti tra le caratteristiche e la velocità d1 convergenza di vari procedimenti sono stati sviluppati nella nota citata ~i M~zzoL~I. e. nel. corso tenuto da M. PAGANO, «L'evoluzione del calcolo dei telai l>, leztom 1nser1te nel testo Jo Corso di teoria e tecnica delle strutture, Liguori, Napoli, 1961 (si ved~ anche Progetti di strutture in cem. arm., Liguori, Napoli, V?l. I e ~I) .. lnteressant~ osservazioni si trovano nei lavori: D. BONVICINI, « Su alcuni metodi di calcolo dei telai piani)>, Tecnica Italiana, settembre 1941. - G. CERADINI, «Alcune con~iderazioni sui metodi di calcolo per iterazione dei telai», Giorn. Ger;io Ci~., lu~ho 195?. V. SCHADOURSKY, « Berechnung der mehrstOckigen Rahmen In schr1ttwe1ser Annaherung », Bauingenieur, 1952. . . . . . Relativamente allo stato di sollecitazione causato dalla torsione indotta dal collegamento delle travi dei telai con i solai si veda: M. SALVATI, «Sul calcolo delle sollecitazioni trasversali nelle ossature... », L'Ingegnere, 1953. - P: MATIL~I, « Sul calcolo spaziale delle strutture intelaiate», Giorn. Genio Civ., gennaio-fe~braio 1957. - M. CAPURSO,
HALASZ, Anschauliche Verfahren zur Berechnung von ... Rahmen, Ernst, Berlin, 1951. J. JoHANNSON e G. RAczAT, Das Cross Verfahren, Springer, Berlin, 1955. - C. V. IUouèEIC, Distribution of Deformation, Artia, Prague, 1955, 3a ediz. ingl. V. KUPFERSCHMID, Ebene und riiumliche Rahmentragwerke, Springer, Wien, 1952. E. LIGHTFOOT, Moment Distribution, Spon, London, 1961. - O. LUETKENS, Die Methoden der Rahmenstatik, Springer, Berlin, 1949. - G. RAczAT, Das vervollstiindigte Cross Verfahren in der Rahmenberechnung, Springer, Berlin, 1962 (3a ediz.). - F. TAKABEYA, Multy-story Frames, Ernst, Berlin, 1965. - S. ZAYTZEFF, La methode de Cross et ses simplifications, Dunod, Paris, 1957. Una chiara esposizione dei principali metodi di calcolo delle strutture intelaiate è data da P. MATILDI, Lezioni di Scienza delle costruzioni, Adriatica Editrice, Bari (cap. III della parte III).
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/) Applicazioni ed esempi di metodi di calcolo iterativi per va~i tipi di. strutture si trovano trattati in numerose opere, delle quali hanno particolare interesse: S. BLASZKOWIAK e z. KAczKOWSKI, Iterative Methods in Structural Analysis, Butterworths, London, 1968. - C. e J. L. FllRNANDEZ CASADO, Ca/cui des grandes ossatures réticulaires à noeuds rigides (traduz. frane.), Dunod, Paris, 1954. P. CHARON, La méthode de Cross ... , Eyrolles, Paris, 1955. - W. DERNEDDE e R. BARBRÉ, Das Cross'sche Verfahren, Emst, Berlin, 1961 (4a ediz.). - J. M. GERE, Moment Distribution, Van Nostrand, Princeton, N. J., 1963. - L. E. GRINTER, Theory of Modern Steel Structures, Macmillan, New York, 1962, 2° voi. (3a ediz.; 1a ediz. 1936). - R. GULDAN, Die Cross Methode, Springer, Wien, 1955. - R. v.
409
g) Il calcolo delle strutture con l'impiego delle matrici venne introdotto principalmente per lo studio delle costruzioni aeronautiche. Delle numerose memorie ricordo: S. B. BENSCOTER, Trans. ASCE, 1947, p. 1109, sul calcolo matriciale delle travi continue col metodo della congruenza. - A. L. LANG e R. L. BrsPLINGHOFF, J. Aeronautica! Science, novembre 1951, che trattarono con le matrici il metodo della congruenza. - M. J. 'fuRNER, R. W. QouoH, H. C. MARTIN, L. J. ToPP, J. Aeron. Sci., settembre 1956, che illustrarono il «procedimento diretto » per l'impiego del metodo dell'equilibrio. - Un'accurata disamina sull'uso delle matrici, con bibliografia, è stata svolta da J. H. ARavrus, ' On the Analysis of Complex Blastic Structures », Appl. Mech. Rev., 1958, 7. Relativamente al cap. XV sono state particolarmente utili le seguenti opere: J. H. ARoYRis, Recent advances in Matrix Methods of Structural Analysis, Macmillan, New York, 1964. - R. H. GALLANGHER, A Correlation Study of Methods of Matrix Structural Analysis, Macmillan, New York, 1964. - J. GRAHAM e W. G. GonDEN, 'Structural Analysis », Section 1 dell'op. cli B. H. GAYLORD e C. N. GAYLORD (Structural Engineering Handbook). - A. S. HALL e R. W. WoonHEAD, Frame Ana!ysis, Wiley, New York, 1967 (2" ediz.). - R. K. LIVESLEY, Matrix Methods o/ Structural Analysis, Oxford, 1969. - H. C. MARTIN, Introduction to Matrix Methods of Structural Analysis, McGraw (Intern. Student Bclition), 1966. - J. S. l'RzEMIENIECKI, Theory of Matrix Structural Analysis, McGraw-Hill, 1968. M. F. RUBINSTEIN, Matrix Computer Analysis o/ Structures, Prentice-Hall, N. J., 1966. - G. ToNIOLO, Analisi strutturale con l'elaboratore elettronico, Tamburini, Milano, 1975. - J. J. TUMA e R. K. MUNSHI, Theory and Problems of Advanced Structural Analysis, Schaum's Outline Series, McGraw~HiH, 1971. - C. K. WANG, Matrix Methods o/ Structural Analysis, Intern. Textbook, Scranton, Pennsylv., 1970, za ecliz. Il metodo che venne chiamato «globale» (par. 15.5) è stato chiaramente illustrato, per i tralicci spaziali, da S. Dr PASQUALE, Metodi di calcolo per le strutture spaziali (Collana« Progettare acciaio», Italsider, Genova), Tamburini, Milano, 1971, con un ampio esame della correlazione esistente tra tralicci considerati con la loro effettiva configurazione «discreta », o come strutture costituite da materiale continuo. Infine, in merito al problema dei rapporti uomo-calcolatore si veda in partiM colare: E. GAGLIARDO, L'automazione dell'intelligenza, Zanichelli, Bologna, 1968. J. SINGH, Linguaggio e cibernetica, Mondadori, Milano, 1969.
INDICE DEGLI AUTORI A. c. A!TKEN, 48. G. ALBENGA, 213. _ A. ALBRECHT, 189. R. ALESSI, 213, 268, 313, 393. G. ALLEN, 50. J. H. ARGYRIS, 409. C. BACH, 129. M. L. BAES, 189. J. BALAS, 178. R. BALDACCI, 158, 403. T. BANACHIEWICZ, 24, 49. B. BARBARITO, 158.
R. BARBRÈ, 408. M. L. BARON, 49. H. BECK, 380. E. F. BECKENBACH, 50, 51. R. BELLMAN, 49. 0. BELLUZZI, 38, 50, 75, 158, 169, 254, 310, 333, 403, 405, 407. A. BENDIXSEN, 265, 275, 404. S. B. BENSCOTER, 409. BESCHKINE, 130, K. BEYER, 50, 92, 140, 158, 214, 254, 336, 403, 404. C. B. BIEZENO, 158. M. BmT, 213, 214, 227. R. L. B.ISPLINGHOFF, 409.
s.
BLÀSZKOWIAK, 408.
F. BLEICH, 131, 328. H. BLEICH, 131, 140, 142, 158, 403. D. BONVICINI, 408. G. BOOLE, 5. R. BusEMANN, 189. A. CALISEV, 405. M. CAPURSO, 131, 408.
A. L. A.
C. G.
L. D. P. A.
CAUCHY,
48.
48. CEccou, 178, 266, 268. CERADINI, 408. CESAIO, 169. B. CHANDLER, 169. CHARON, 61, 408. CHIARUGI, 213, 268, 380, 393, 395, 396. CAYLEY,
L. 0rrITY, 380. A. L. CHOLESKY, 24, 49. CHRISTENSEN,
131.
E. F.
CHWALLA, 158. CrAMPOLINI, 22, 49. B. P. CLAPEYRON, 327, 403, A. CLEBSCH, 404. R. W. CLOUGH, 409. G. COCCHI, 407, 408. E. CoLERus, 48. L. CoLLATz, 214, 223. C. B. McCoLLOUGH, 82. S. I. CoLOMBINI, 189. F. CONFORTO, 169.
L. Comru, 408. J. CouRBON, 132, 158, 177, 331, 383, 403. H. CRAE:MER, 158. G. CRAMER, 19, 20, 48. H. CRoss, 283, 405. P. D. CRouT, 24, 49. B. DALL'AGLIO, 403, 407, 408. A. DANUSSO, 333. V. DASEK, 408. S. DEI POLI, 131. F. DE MIRANDA, 190. W. DERNEDDE, 408. V. DI BERARDINO, 276. 'DIOPHANTUS, 3.
s. DI PASQUALE, 409. F. DISCHINGER, 189. L. DONATO, 190. M. H. DOOUITLE, 24, 49. G. C. DRISCOLL, 190. W. J, DUNCAN, 131. A. EGGENSCHWYLER, 130. F. ENRIQUES, 48. J. EREGA, 190. E. FANELLI, 158. M. FANELLI, 313. V. FEODOSYEV, 97, 132. C. e J, L. FERNANDEZ CASADO, 408. M. F'rLONENKO~BORODICH, 97. U. F':rNSTERWALDER, 132.
412
Indice degli Autori
J. W. FrsHER, 190. w. FLUGGE, 50, 130, 213. G. E. FoRSYTHE, 49, 50. R. S. FoVNTAIN, 189. J. B. FOURIER, 191. L. Fox, 34, 49. V, F'RANCIOSI, 131, 158, 169, 403, 406, 407, 408. A. Fru!UND, 158. B. FRrrz, 189. H. FRITZ, 158. H. F'R6HLICH, 189. D. FuCHS, 189. E. GAGUARDO, 409. R. H. GALLANGHER, 409. c. F. GAUSS, 21, 25, 48, 49, 405. c. N. GAYLORD, 254, 409. E. H. GAYLORD, 254, 409. W. GEHLER, 264, 404. J. M. GERE, 61, 130, 132, 408. E. GIANGRECO, 169, 403, 405, 406, 408. A. GIANNELLI, 328. G. GODDEN, 254, 409. 0. GRAF, 189. J. GRAHAM, 254, 409. U. GRAMMEL, 158. H. GREGG, 131. L. E. GRINTER, 379, 405, 406, 408. R. GULDAN, 61, 403, 408. R. v. HALASZ, 409. A. s. HALL, 409. A. HANUSKA, 178. K. HAYASHI, 157. R. FIEILIG, 189. M. HETENYI, 142, 158. H. N. HILL, 131. K. HrRscHFEW, 403. N. J. HOFF, 131. K. G. JACOBI, 48, 49. J, JOHANNSON, 409. W. JORDAN, 48. Z. KACZKOWSKY, 408. G. KANI, 405, 408. T. VON IURMAN, 131, 213, 214, 227. W. KLINGENBERG, 189. J(. KL6PPEL, 190. C. V. KLouCEK, 303, 409. G. KRALL, 189. V. KUPFERSCHMID, 409. C. LANCZOS, 49. A. L. LANG, 409. P. S. (DE) LAPLACE, 4, 48. M. LAREDO, 393. H. LEBESGUE, 213. G. W. LEmNiz, 5, 48.
Indice degli Autori
F. LEONHARDT, 189.
u.
N. LEONT'EV, 158. E. LEPORATI, 190. M. LESSELS, 157. E. LIGHTFOOT, 409.
R. K.
o.
169, 409. 409.
LIVESLEY,
LUJITKENS,
H. LUNDGREN, 132.
G. MAGNEL, 158. R. MAILLART, 130. J, MANDEL, 130~ H. C. MARTIN, 51, 409. P. MATILDI, 190, 408, 409. F. MATTIAZZO, 408. N. MAYER, 405. F. M. MAZZOLANI, 158, 268, 408. H. MEIER-LEIBNITZ, 189.
M. MELE, 158, 190. R. MEMKE, 48. G. MENDTITO, 380. M. MERLI, 178. C. MEYER, 51.
A. MIGLIACCI, 131. W. E. MILNE, 49, 50. C. MlNELLI, 169, 407. O. MoHR, 76, 265, 309, 403, 404. F. MOLA, 131. B. MooRMAN, 87' 92. G. MoRABITO, 408. G. MORETII, 48, 213. N. D. MORGAN, 405. C. E. MoRREY, 50. E. M6RSCH, 83, 189. MUHAMMAD IBN MUSA', 4. E. MDLLER, 190. H. Mi.iLLER BRESLAU, 50, 157, 403. R. K. MUNSHI, 409. L. NAVIBR, 253, 404. P. NEMENYI, 158. I. NEWTON, 214. J. L. NoWINSKY, 131. A. ÙSTENFELD, 404. M. PAGANO, 169, 408. J, PARCEL, 87, 92. H. PARCUS, 130.
P. PASTERNACK, 158. W, PELIKAN, 131. A. PmLLIPS, 131. L. A. PIPES, 49, 51. A. Y. s. Pn>PARD, 380. P. PozzATI, 142, 158, 214, 296, 303, 313, 329, 407, 408. W. PRAGER, 158. W. PRESCHER, 131. J, S. PRZEMIENIECKf, 409.
G. RACZAT, 409. A. RAITIIBL, 158. R. RAMAsco, 268. G. RAMPI, 131. J. RATZERSDORFER, 169. C. RAYMOND!, 158. M. REDHEFFER, 49. F. REINITZHUBER, 131. A. RETI, 158. w. RITTER, 404. R. RosMAN, 380, 384, 388, 390, 393. M. F. RUBINSTEIN, 51, 409. I. RUSCONI CLERICI, 380, 384. A. R. RzHANrrsYN, 131. M. G. SALVADOR!, 49. M. SALVATI, 408. K. SANDEN, 158. L. SANPAOLESI, 190. K. SATI'LER, 189, 190. V. ScHADOURSKY, 408. F. SCHEID, 34, 49. F. SCHLEICHER, 158, 189, 190. W. L. ScHWALBE, 130. J, W. SCHWEDLER, 158. P. L. SEIDEL, 26, 49, 405. W. F. SHEPPARD, 225. J. H. SIMPSON, 60. J. SINGH, 409. C. SINGLETON, 189. R. G. SLUITER, 190. G. N. SMITH, 51. I. S. SoKOLNIKOFF, 49. R. V. SoUTHWELL, 50, 403. R. SPARACIO, 408. A. STRASSNER, 61, 405. F. STi.issI, 189, 190. E. SUTER, 405,
413
F. TAKABEYA, 276, 404, 409. B. TAYLOR, 214. E. S. THAYER, 82. S. 'fIMOSHENKO, 51, 130, 131, 132, 157, 213, 310, 403. L. TONELLI, 213. G. TONIOLO, 158, 409. L. J. ToPP, 409. E. ThEFFTZ, 130. R. TROILI, 49. J. J. TUMA, 409. E. TuNGL, 131. M. J. TvRNER, 409. I. M. VIEST, 189. V. Z. VLASOV, 97, 130, 131, 158. J. A. L. W ADDEL, 405. H. WAGNER, 131. F. W AISMANN, 48. C. K. WANG, 409. C. T. WANG, 214, 223, 225. P. C. WANG, 51. C. WEBER, 130. H. WEIHERMilLLER, 190. C. S. WHITNEY, 82. M. WILLIOT, 310. E. WINKLER, 157. H. WIPPEL, 189. H. WoLF, 189. R. W. WOODHBAD, 409. G. WoRcH, 48. L. T. WRIGHT, 50. D. H. YoUNG, 51, 403. 0. ZANABONI, 158. S. ZAYTZEFF, 409. K. ZENDLER, 189, 190. H. ZIMMERMANN, 157, 169.
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