«H
ino-san, sei meravigliosa», Komatsu mi strinse a sé con impazienza. «Davvero?», risi piano scostandomi da lui. In un attimo la mia gonna cadde a terra sotto gli occhi del ragazzo. «Beh? Cosa aspetti? Non vorrai farlo vestito» «No, certo...», balbettò cercando di sbottonarsi velocemente la camicia della tenuta estiva. Era teso, impacciato e pieno di desiderio. Mi piaceva Komatsu, era un ragazzo gentile e carino. In quel momento era quanto di più somigliante a un’ancora di salvezza potessi avere vicino. «Ti fa bene giocare a calcio, hai davvero un bel fisico», passai lentamente la mia mano sul suo petto glabro. Lui rimase immobile, mi lasciò fare mentre lo accarezzavo e gli stringevo le braccia intorno al collo, poi inclinò leggermente la testa e io chiusi gli occhi e mi liberai di tutto. Finalmente potevo prendere ciò che volevo. Niente più freni. Niente più sensi di colpa. «Hino-san...», sussurrò il ragazzo baciandomi sulle labbra e stringendomi ai fianchi. «Per favore, non parlare», lo rimproverai e lui si zittì immediatamente. Le sue mani iniziarono a sfiorarmi la schiena, risalendo fino al mio seno, stringendolo delicatamente. Per un attimo provai fastidio ma fu solo un istante perché finalmente la sua immagine inondò i miei pensieri... «Sì, così...», sussurrai e di colpo le mani di lei si sostituirono a quelle di lui: i suoi occhi penetranti, le sue labbra calde, i suoi capelli di seta che avrei voluto tanto stringere tra le dita... adesso potevo avere tutto del mio amore proibito. Tutto. «Hino-san! Hino-san!», mi scosse delicatamente Komatsu, riportandomi alla realtà. «Si può sapere che ti prende?», lo apostrofai contrariata. «Ho sentito dei passi, sembra che qualcuno stia salendo quassù», si agitò. Feci appena in tempo a girarmi verso l’ingresso della stanza che la porta si aprì di scatto. «Ah… Sato-san…», sussultò Komatsu infilandosi rapidamente la camicia. 2
«Che state facendo?», si scurì in volto Eriko. «Sarebbe potuto entrare chiunque. Cos’avete nella testa?», ci rimproverò. «Ecco, noi... veramente…», blaterò il ragazzo. «Vattene Komatsu», gli ordinai fissando negli occhi il mio peggior tormento. Il ragazzo rimase per un attimo sconcertato dalla mia richiesta ma poi, capendo forse che non era il caso d’intromettersi tra due amiche, prese in fretta le sue cose e se ne andò lasciandoci sole. «Che ti è saltato in mente, vuoi farti espellere?», si infuriò Eriko. «Cosa?», mi avvicinai lentamente a lei. «Mi espelleranno solo perché me la spasso un po’ con un ragazzo nel sottotetto della scuola?», la provocai. «Sei una stupida!», chiuse la porta alle sue spalle. «Avresti dovuto chiudere a chiave almeno», strinse gli occhi. Sembrava al limite della pazienza. «Che c’è di male? Non fai anche tu queste cose col tuo amato Kobaiashi?», la schernii avvicinandomi al suo volto. «Ipocrita...», dissi piano mentre i suoi occhi si spalancavano di colpo. Potevano esistere occhi più belli? No. Erano splendidi anche quand’era così arrabbiata: rilucevano come due smeraldi grezzi e affilati. «Ti ho solo detto di fare più attenzione la prossima volta», ribadì stringendosi nelle braccia. «Sei venuta perché eri sicura che mi sarei dimenticata la porta aperta?», risi facendo scivolare la mano dietro la sua schiena. «Ecco, adesso è chiusa», girai la chiave facendo scattare la serratura. «Che significa?», s’innervosì. «Così nessuno ci potrà disturbare, no?», scrutai a fondo la sua espressione. «Non sei divertente», girò la testa di lato mentre le sue guance prendevano fuoco. «Dici?», mi allontanai. «Io trovo molto indiscreto interrompere in questo modo due amanti», mi accostai alla pila di materassini che non venivano più utilizzati in palestra. «Si può sapere cosa ti prende?», si agitò Eriko venendomi vicino. «Non ti riconosco più!», mi accusò e a quel punto abbassai gli occhi sconfitta. «Ritsuko, ti prego…», mi poggiò delicatamente una mano sulla spalla. 3
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«Prima Hishikawa, ora Komatsu... girano delle brutte voci sul tuo conto, lo sai?» «Te lo ha detto Kobaiashi?», rialzai lo sguardo su di lei. «È preoccupato per te» «Certo, lo immagino», scossi la testa sentendo salire la rabbia. «Ma insomma, si può sapere perché ce l’hai tanto con lui? Una volta era il tuo migliore amico, te ne sei dimenticata?» «Non ho mai avuto ‘migliori amici’», replicai. «Sai sempre come ferirmi, vero?», il volto di Eriko si contrasse in una smorfia. «È la verità», insistei nella speranza che se ne andasse e mi lasciasse da sola col mio dolore. Ma lei fece l’esatto contrario. «Avanti, rivestiti e usciamo di qua», mi tirò per la camicia ma il suo gesto maldestro finì per slacciare gli ultimi due bottoni. «Devi smetterla adesso! O… non riuscirò più a controllarmi...», le strinsi una mano al polso esasperata. «Il controllo l’hai perso da parecchio tempo ormai», mi guardò con biasimo. «Sei così arrabbiata...», la tirai a me con forza. «Perché ti da così fastidio quello che faccio?» «Che domande! È perché ci tengo a te, possibile che tu non te ne renda conto?», mi inveì contro. «Già... Ma non è la stessa cosa che provo io», mi chinai su di lei sfiorandole le labbra con un bacio. Eriko si scostò bruscamente, portandosi una mano alla bocca: «Sei impazzita?» «Probabilmente sì», risi abbassando la testa poi sentii le sue mani stringersi al colletto della mia camicia. «Saresti da prendere a schiaffi, sai?», mi scosse. Rialzai il capo e di nuovo i suoi occhi s’intrecciarono ai miei: non avevo più possibilità di fuga. «Provaci», la spinsi contro i tappetini, facendola cadere a terra. «Ritsuko...», mormorò Eriko sconvolta. «Perché?» 5
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«È... complicato», le bloccai i polsi. «Ma se vuoi posso provare a spiegartelo», mi chinai di nuovo su di lei. Sembrava consapevole di quello che stavo per rifare ma stavolta non oppose resistenza e continuò a fissarmi mentre mi riprendevo le sue labbra. A quel punto non riuscii a trattenermi: spinsi la mia lingua nella sua bocca, baciandola con impeto ed Eriko strinse gli occhi mugolando. Che cosa le stavo facendo? Ero impazzita? Forse, semplicemente, non riuscivo più a resisterle... Finalmente non avevo più bisogno di immaginarla mentre lo stavo facendo con qualcun altro. Non avevo più bisogno di fantasticare su di lei mentre ero da sola. Non avevo più bisogno di distruggermi di desiderio... Avevo finito le lacrime per quell’amore impossibile. Avevo finto di essere felice per lei quando si era innamorata del nostro migliore amico. Avevo sofferto in silenzio. Avevo bevuto il fiele della mia gelosia... «Ritsuko...» Mi ripresi sentendo la sua voce rotta. «È per via di Akito-kun?», chiese. «Sei arrabbiata perché si è messo con me... invece che con te?» Gli occhi di Eriko erano lucidi e sofferenti. Possibile che per lei fosse così fuori dal mondo accettare una cosa del genere? «Mi stai davvero chiedendo questo? Tu pensi sul serio che io mi stia comportando così con te perché in realtà... potrei essere innamorata di Kobaiashi?», strinsi le labbra. «Sei stupida o cosa?» «Non lo so... Vuoi umiliarmi?», chiese mentre le lacrime iniziavano a rigarle il volto. «Eriko...», le lasciai i polsi asciugandole le guance col dorso della mano. «Sono innamorata di te, non di Kobaiashi», ammisi finalmente mentre anche i miei occhi si riempivano di lacrime. «Che cosa?», cambiò espressione Eriko. «Mi dispiace. Merito il tuo disprezzo», mi morsi il labbro inferiore cercando le forze per rialzarmi e lasciarla libera di andarsene dal suo ragazzo. Eriko mi bloccò prendendomi il volto tra le mani: «È la verità?», chiese in un lamento. 8
«Sì...», continuai a fissarla mentre la mia maschera andava definitivamente in frantumi. «Ma allora… perché lo fai con Komatsu?», mi spinse cogliendomi di sorpresa. «Spiegamelo!», ordinò cambiando espressione: era di nuovo furiosa. Rimasi imbambolata ad ammirarla. «Dove riesci a trovare tutta questa forza?», mi sfuggì ritrovandomi di colpo sotto di lei. Eriko si chinò su di me e mi morse piano sull’incavo della spalla facendomi gemere. «Tutti questi mesi... quante volte ti sei chiusa qui dentro con quei due?», sibilò. «Tutte le volte che ero al limite e non potevo averti», rivelai mentre il cuore accelerava la sua corsa e il verde smeraldo dei suoi occhi si faceva ancora più intenso. «E sarei io la stupida?», mi accarezzò una guancia. «Eriko...», adagiai la mia mano sulla sua. Lei la strinse portandola sopra la mia testa, si chinò su di me e mi baciò lasciandomi sconvolta. «Hai ragione», si staccò per un istante. «Siamo due stupide», affermò risentita. «Vuoi dire che...?», le parole mi morirono tra le labbra mentre mi rendevo improvvisamente conto che non c’eravamo davvero mai capite. Eriko abbassò lo sguardo sul mio corpo fasciato solo dal completo intimo e dalla camicia sbottonata che avvolgeva le mie braccia. «Sei bellissima...», disse in un soffio. «Eriko…», ansimai, sentendo la sua lingua correre sulla mia pelle fino al bordo del mio reggiseno. «Se è un sogno... Non svegliarmi» «No, non lo farò», disse rivelandomi un lato di lei che non potevo conoscere. La tirai di nuovo a me sciogliendole il fiocco della divisa mentre il suo petto si alzava e abbassava sempre più veloce in un respiro affannoso, facendomi impazzire. «Hai un odore così buono», sprofondai tra i suoi soffici capelli biondi poi la condussi di nuovo a terra accarezzandola come avevo potuto fare solo nelle mie fantasie più intime. «Anche il tuo lo è», ribatté mordendomi piano le dita della mano. 9
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Trattenni il respiro: Eriko era così eccitante che avrei potuto raggiungere l’estasi solo guardandola. In un attimo sfilai le dita dalla sua bocca e feci scivolare la mano lentamente lungo il suo corpo, fin dentro gli slip. «Ritsuko...», mi chiamò in un lamento, tentando di bloccarmi. «Sono già dentro di te», ansimai spingendomi in quel mare caldo. «Non fermarmi... ti prego» Eriko mi lasciò libera e io la baciai di nuovo con passione, penetrandola delicatamente, perdendomi in lei, finché la sua voce si ruppe e la sentii esplodere di piacere. L’ammirai in quell’attimo perfetto, ancora ansante. Non riuscivo a credere che il mio sogno fosse diventato realtà.... «È stato così bello», sussurrò Eriko riaprendo gli occhi. «Lasciati andare...», intrecciò le sue dita tra i miei capelli tirandomi a sé. Trattenni il respiro scivolando sotto di lei mentre mi baciava con la sua morbida bocca e le sue mani mi riempivano. Ero in sua completa balia, avvolta dal suo profumo, dal suo odore... Eriko si sciolse dal bacio, mi fissò un istante con i suoi occhi ardenti e poi fece correre le labbra sul mio seno a succhiare avide un nettare fino ad allora sconosciuto. Era la nostra prima volta, eppure... sembrava non ci fossero segreti su come dare piacere l’una all’altra. Non avrei mai creduto che anche lei fosse così piena di passione nei miei confronti. Non avrei mai immaginato di poter smettere di desiderarla come avevo fatto fino a quel momento. Dove finiva lei, cominciavo io... e viceversa. Quella fu davvero la prima volta che provai piacere nel fare l’amore. Forse perché per me è sempre stata solo lei ‘l’amore’, fin dall’inizio.
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«Ecco, bevi un po’ di questo» «Grazie», stringo il calice mentre Eriko versa del vino. «Bordeaux», leggo. «Hai aperto una bottiglia di vino francese per me. Sono lusingata» Eriko non risponde, si limita a riempire anche il proprio bicchiere e si appoggia al lavandino della cucina pensierosa. «È davvero squisito», dico sorseggiando il liquido rosso, poi distolgo lo sguardo da lei cercando di darmi un tono. Stasera ho dato davvero il peggio di me, non mi stupisco che sia arrabbiata. «Non avresti dovuto farlo», rompe il silenzio Eriko. «A cosa ti riferisci?», fingo indifferenza. «Lo schiaffo a tua figlia. Avresti potuto evitarlo», mi scruta con quegli occhi che ancora hanno il potere di turbarmi. «Come quella stupida domanda che hai rivolto a Miyuki» «Quale domanda?», sfido il suo sguardo. «Sai benissimo di cosa sto parlando», dice in un sibilo. «Hai chiesto a mia figlia se lascerà cadere Rei in un baratro senza fine come ho fatto io con te!» «Già...», la mia mano stringe più forte il tavolino al quale sono appoggiata. «Ma un po’ ve lo siete meritato, non credi? Dopotutto Rei mi ha mancato di rispetto e tu... non è forse vero che mi hai lasciato cadere in un baratro?» Eriko sussulta. È a due passi da me, posso sentire il suo nervosismo, il suo desiderio di colpirmi come io ho colpito mia figlia. «Non sei d’accordo?», la provoco vedendola trattenersi. «No, non lo sono», si morde le labbra. Finisco il mio bicchiere e lo lascio scivolare alle mie spalle sul tavolino, poi faccio i due passi che ci separano e mi accosto a lei. «Mi stai giudicando?», le sfioro la maglia leggera che indossa. «Pizzo ricamato? Da quando hai così buon gusto?», rido. «Smettila!», mi ammonisce bloccandomi la mano, ricordandomi per un attimo l’Eriko del passato. «Ti comporti ancora come una ragazzina» «Ho detto che mi va bene, non hai sentito?», le stringo il mento costringendola a guardarmi negli occhi. «Vediamo quanto ti somiglia tua figlia», mi sfugge senza riuscire a pensare: la rabbia si è ormai fatta largo tra i miei buoni propositi. 14
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«Non ti permettere!», si libera dalla mia presa lei. «Miyuki e Rei ci hanno dato una bella lezione stasera, dovresti imparare da loro!» «Imparare da loro?», allungo le braccia dietro la schiena di Eriko fino a sfiorare il piano da lavoro accanto ai fornelli. «Spiegami meglio cosa vuoi dire», la provoco ancora. Adesso i nostri corpi aderiscono perfettamente l’uno a l’altro. «Non farmi pentire di averti dato da bere», distoglie lo sguardo Eriko che sembra improvvisamente aver bisogno di più aria. «Che c’è? Sembra che tu abbia appena fatto una corsa», le riprendo di nuovo il mento tra il pollice e l’indice. «Il tuo cuore... sta battendo forte», sposto la mano sul suo petto e lei deglutisce. Adesso anche i nostri occhi sono allacciati gli uni agli altri. «Non sono dell’umore giusto stasera, piantala per favore!», cerca di liberarsi ma io non glielo permetto. Rinforzo la mia presa e annullo la distanza tra di noi. «Ritsuko!», cerca di opporre malamente resistenza mentre la bacio su quella bocca che ancora, dopo così tanti anni, trovo irresistibile. «Piano Eriko... piano... o ti farai sentire dalle ragazze», dico impedendole di sfuggirmi. Cerco di baciarla ancora ma lei non sembra intenzionata a ricambiarmi. Le sue mani aggrappate alle mie spalle tentano disperatamente di allontanarmi. «Non fermarmi...», la supplico passando gentilmente la lingua sulle sue labbra poi gliele mordo e gliele lecco ancora. «Dopo ti lascerò in pace... forse», rido piano, facendo scivolare una mano dentro la sua camicetta. Eriko prende un respiro, dischiude le labbra e finalmente posso farmi largo e assaporare il gusto del bordeaux dalla sua bocca. «Eriko...», continuo a ripetere come fosse un mantra e lei a poco a poco si lascia andare. Quando arrivo a slacciarle il reggiseno non trovo più resistenza. Sprofondo sul suo petto e finalmente stringo le labbra al suo seno morbido, facendola mugolare. Continuo a baciarle il seno, a succhiarlo piano, poi spingo la mano sotto la sua gonna e risalgo fino all’intimo, insinuandomi oltre la stoffa. Il respiro mi viene a mancare: «Sei già così bagnata...», dico soddisfatta. Spingo con forza le dita dentro di lei e un altro lamento si strozza nella gola di Eriko. 16
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«Ancora un po’ di pazienza. Voglio farti venire così...», dico prima di chinarmi sul suo ventre. Faccio scendere la zip della sua gonna e la lascio cadere a terra, le sfilo la graziosa biancheria che indossa e vado a raggiungere le mie mani che le stanno dando piacere. «Ritsuko...», sussurra Eriko mentre mi stringe le mani tra i capelli. «Ti prego...» A quella richiesta inizio a muovermi con più decisione fuori e dentro di lei: mi riempio del suo sapore, del suo piacere, dei suoi sospiri, finché non sento le sue gambe tremare forte... Mi fermo e mi scosto appena per guardarla: i capelli scomposti sul volto, gli occhi socchiusi, le labbra lucide... Come potrei non amarti ancora? Solo tu Eriko. Sempre... «Non ci abbiamo messo molto, visto?», dico con freddezza mentre le sistemo la biancheria, le rimetto in ordine la gonna e infine le riabbottono la camicia. «Fatto», mi allontano da lei ritrovando la mia compostezza. Eriko, immobile, non dice niente ma so da come mi guarda che è più arrabbiata di prima. «Che c’è, non ti è piaciuto?», arcuo un sopracciglio atteggiandomi, cercando lo scontro. «No, non mi è piaciuto abbastanza», le sento dire e per un attimo la mia maschera cade. Il cuore vacilla e le gambe diventano instabili. «Ti è passata la voglia di fare la sbruffona, adesso?» Non rispondo. Abbasso gli occhi mentre Eriko si avvicina. Anche se me la sono cercata non posso fare a meno di sentirmi ferita. «Apri la bocca», ordina spingendomi contro il tavolino. Io eseguo la richiesta e chiudo gli occhi mentre la sua lingua scivola sulla mia: è un bacio morbido, dolce, sexy... Ho il cuore di nuovo in tumulto. «Manca questo... per farmelo piacere completamente», dice stendendomi con audacia sul tavolo della cucina, liberandomi dai vestiti. Sembra aver dimenticato i suoi doveri di madre. 18
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«Guardami», dice in un soffio e quando riapro gli occhi mi perdo nei suoi. «Voglio vederti venire così...», ripete la mia frase e mi toglie il respiro. Le prendo il volto tra le mani e il suo sguardo mi rivela quello che non ha più il coraggio di dirmi, quello che vuole negarsi... «Ti amo...», dico io per entrambe, abbandonandomi completamente. *** «Buonanotte Eriko-san, grazie di tutto», fa un piccolo inchino Rei prima di raggiungermi in macchina. Eriko la saluta con altrettanta gentilezza poi mi lancia uno sguardo fugace. Io cerco di sostenerlo finché posso poi mi tiro indietro: fa troppo male. «Buonanotte Ritsuko-san», richiama la mia attenzione Miyuki. Le faccio un cenno con la testa poi mi volto verso Rei: «Andiamo», la esorto a chiudere lo sportello. Ingrano la marcia e spingo l’acceleratore. Un dolore ben conosciuto si insinua tra le mie costole, nella mia carne e mi blocca il respiro... Mi volto verso mia figlia che non ha un’espressione migliore della mia mentre fissa Miyuki fuori dal finestrino: è tesa e provata. Anche tu ti senti andare in frantumi quando sei costretta ad allontanarti da lei? Vorrei parlarle, sapere cosa pensa, cosa prova... ma non appena il mio sguardo si posa sulle sue labbra non posso non pensare di essere la peggiore della madri: il taglio causato dal mio schiaffo è scuro ed evidente. Perdonami... «Domani torna papà da Shangai?», chiede Rei rompendo il silenzio. «Sì, sarà a casa per quando rientrerai da scuola» «Bene. Parlerò anche con lui», dice con sicurezza continuando a guardare la strada che scorre davanti a noi. «Gli dirai che hai lasciato il tuo promesso sposo miliardario per metterti con una ragazzina che sogna di diventare una brava pasticcera?», le getto un’occhiata di traverso. «Sì, trovo sia un’ottima idea dirglielo appena rientrerà da un viaggio di lavoro così faticoso, ne sarà entusiasta» 21
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Rei non risponde, si limita a rivolgermi uno sguardo torvo. «Che c’è? Ho detto qualcosa di sbagliato?» «Non è quello che dici... è come lo dici», ribatte nervosa. Penso sia la prima volta che io e mia figlia litighiamo in questo modo. «Ma è la verità. Tuo padre non la prenderà affatto bene e poi... andiamo, Miyuki-chan è una ragazzina adorabile, quanto pensi che ci metterà a trovarsi un uomo che farà di tutto per averla? Non è meglio lasciar passare un po’ di tempo? Almeno fino alla fine del liceo» Rei non risponde, appoggia la testa allo schienale del sedile e chiude gli occhi. La nostra discussione è già finita. Quando arriviamo a casa, mia figlia prende le scale di camera senza neppure salutarmi. Ottimo. Schiocco la lingua dirigendomi anch’io verso la mia stanza. È stata una serata diversa da quella che mi aspettavo. Eriko mi aveva chiamata su di giri dicendomi che mi avrebbe preparato un dolce favoloso, solo che... non mi aspettavo una ciliegina del genere. Sciolgo i capelli e li lascio liberi sulle spalle, siedo sul puff davanti allo specchio e mi chiedo se il destino mi abbia giocato l’ennesimo brutto scherzo: Miyuki e Rei. Stringo le labbra, faccio scivolare via la maschera dietro la quale mi nascondo da un’eternità e finalmente lascio che le lacrime inondino il mio viso... Perché anche mia figlia deve provare questo tormento? Non è giusto... non è affatto giusto...
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Orange Cream - Flavoured di Scarlett Bell
con i disegni di Aeryn Sun
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