Meccanica Quantistica non relativistica Dispense per il Corso di Istituzioni di Meccanica Quantistica - Laurea Triennale in Astronomia
F. Paccanoni Febbraio 2005
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Prefazione Questo testo presenta in forma ridotta, adatta quindi al nuovo Corso di Laurea in Astronomia, gli argomenti di Meccanica Quantistica che per molti anni hanno fatto parte del programma di Istituzioni di Fisica Teorica. Ai testi di E. Merzbacher e J.J. Sakurai devo la linea logica della presentazione e, di questi testi, alcuni paragrafi compaiono qui con piccole modifiche perch`e in questo modo venivano svolti a lezione. Questo testo `e diviso in cinque capitoli: Il Capitolo 1 `e dedicato, nella prima parte, allo spin e ai sistemi a due livelli. Partendo dall’esperimento di Stern e Gerlach si arriver`a a comprendere i postulati fondamentali della meccanica quantistica nei casi semplici in cui la complessit` a matematica non oscura il concetto fisico. Nella seconda parte vengono esposte le basi matematiche dello spazio degli stati, spazio vettoriale complesso, e degli operatori che agiscono su di esso. Il Capitolo 2 d`a l’interpretazione fisica del formalismo sviluppato nel secondo capitolo. Appaiono qui alcuni dei pi` u importanti concetti della meccanica quantistica, dalla teoria della misura alle regole di commutazione canoniche. Il Capitolo 3 descrive lo stato di moto di un sistema quantistico. La dinamica quantistica viene sviluppata sia nella visuale di Schr¨odinger che nella visuale di Heisenberg e gli ultimi paragrafi del capitolo sono dedicati all’oscillatore armonico. Il Capitolo 4 tratta di un problema importante in meccanica quantistica: il momento angolare. Dopo aver trovato gli autovalori e gli autostati del momento angolare si accenna al problema della composizione dei momenti angolari in un caso semplice. Il Capitolo 5 descrive brevemente alcuni metodi di approssimazione in meccanica quantistica, essenzialmente le basi della teoria perturbativa, con esempi. L’ Appendice `e dedicata ai postulati della meccanica ondulatoria e ad alcune propriet`a dell’equazione di Schr¨odinger. Sono anche qui raccolti iii
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PREFAZIONE i complementi ai diversi capitoli che non fanno parte del programma ma possono chiarire i concetti pi` u importanti.
Pu`o essere utile leggere con cura i problemi proposti, perch´e in essi sono contenute molte informazioni e spiegazioni che non hanno trovato posto nel testo.
Indice Prefazione
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1 Lo spin 1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . 1.2 Stern-Gerlach . . . . . . . . . . . . 1.3 Stati di spin . . . . . . . . . . . . . 1.4 Sovrapposizione e indeterminazione 1.5 Lo spazio degli stati . . . . . . . . 1.6 Ket e bra . . . . . . . . . . . . . . 1.7 Operatori lineari . . . . . . . . . . 1.8 Autovalori e autoket . . . . . . . . 1.9 Matrici . . . . . . . . . . . . . . . . 1.10 Cambiamento di base . . . . . . .
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1 1 2 5 8 9 12 14 16 19 22
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2 Interpretazione fisica 2.1 Misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Osservabili compatibili e incompatibili 2.4 Le relazioni di indeterminazione . . . . 2.5 Lo spettro continuo . . . . . . . . . . . 2.6 Operatore di traslazione . . . . . . . . 2.7 Regole di quantizzazione . . . . . . . .
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27 27 29 34 38 40 44 49
3 Dinamica quantistica 3.1 L’equazione del moto . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Autoket dell’energia . . . . . . . . . . . . . . 3.3 La visuale di Heisenberg . . . . . . . . . . . . 3.4 Relazione di indeterminazione tempo-energia 3.5 Un esempio: oscillazioni dei neutrini . . . . . 3.6 Costanti del moto e propriet`a di invarianza . 3.7 L’oscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . 3.7.1 Autovalori e autoket di H . . . . . . . 3.7.2 La rappresentazione {N } . . . . . . .
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51 51 55 59 64 65 69 70 71 73
v
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INDICE 3.7.3
Evoluzione temporale dell’oscillatore . . . . . . . . . .
75
4 Il momento angolare 4.1 Isotropia dello spazio . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Relazioni di commutazione . . . . . . . . . . 4.3 Autovalori e autostati del momento angolare 4.4 Rappresentazioni dell’operatore di rotazione . 4.5 Composizione di momenti angolari . . . . . .
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5 Teoria perturbativa 5.1 La perturbazione come causa di transizioni 5.1.1 Probabilit`a di transizione . . . . . . 5.1.2 Perturbazione indipendente da t . . 5.1.3 Perturbazione periodica. Risonanze
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95 . 95 . 98 . 100 . 103
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107 . 107 . 107 . 108 . 109 . 110 . 110 . 114 . 115 . 115 . 116 . 117 . 118 . 121 . 124 . 124 . 127
. . . .
Appendice .1 Meccanica Ondulatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1.1 I postulati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1.2 Propriet`a generali dell’equazione di Schr¨odinger . .1.3 Evoluzione del valor medio di una osservabile . . .2 Note al Capitolo 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2.1 L’operatore densit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . .2.2 Oscillatore armonico in equilibrio termodinamico .3 Note per il Capitolo 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3.1 Definizione generale di un gruppo . . . . . . . . . .3.2 Definizione di rappresentazione . . . . . . . . . . .3.3 Operatori infinitesimi di una rappresentazione . . .3.4 Gli angoli di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . .3.5 Simmetrie discrete, l’operatore parit`a . . . . . . .4 Note al Capitolo 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4.1 Teoria di Rayleigh-Schr¨odinger . . . . . . . . . . .4.2 Interazione fra dipoli magnetici . . . . . . . . . . Bibliografia
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77 77 80 84 87 90
133
Elenco delle figure 1.1
a) Schema dell’apparato di Stern-Gerlach: gli atomi d’argento emessi dal forno T vengono collimati dalla fenditura F e, deflessi dal gradiente del campo magnetico, condensano sulla lastra L; b) Espansioni polari dell’elettromagnete: Bz `e positivo e ∂Bz /∂z negativo, la traiettoria della figura (a) corrisponde ad un atomo con µz negativo e componente z dello spin positiva. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Esperimenti di Stern-Gerlach in successione. . . . . . . . . . . Rappresentazione degli stati di spin nello spazio complesso. Spin su e gi` u si riferiscono all’apparato di Stern-Gerlach della figura (1.1a). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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2.1 2.2 2.3 2.4
Misure ideali in successione di osservabili incompatibili. Misure ideali in successione in assenza del filtro B. . . . Misure di componenti incompatibili dello spin. . . . . . La misura di Sx non viene fatta. . . . . . . . . . . . . .
36 37 38 38
1 2
Definizione degli angoli di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . 119 Livelli energetici di due particelle di spin 1/2 nel campo statico B0 . A sinistra compaiono i livelli di H0 mentre, a destra, i livelli perturbati dall’interazione dipolo-dipolo. . . . . . . . . 130
1.2 1.3
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2 6
viii
ELENCO DELLE FIGURE
Capitolo 1
Lo spin e lo spazio degli stati 1.1
Introduzione
La meccanica ondulatoria riguarda la descrizione quantistica di una particella considerata come punto materiale senza struttura interna. In tal caso lo stato della particella pu`o essere completamente specificato dando la sua funzione d’onda Ψ in funzione delle sue coordinate spaziali x, y, z che, come vedremo, costituiscono un insieme completo. Una descrizione alternativa ed equivalente si basa sulle componenti dell’impulso px , py , pz che pure rappresentano un insieme completo di variabili dinamiche poich`e φ(px , py , pz ) contiene le stesse informazioni sullo stato di Ψ(x, y, z). L’integrale di Fourier lega le due descrizioni equivalenti e permette di calcolare φ da Ψ e viceversa. E’ importante capire che la completezza di un insieme di variabili dinamiche `e legata ad un particolare modello del sistema fisico che vogliamo descrivere. Nuovi fatti sperimentali possono richiedere una profonda modifica del modello e una descrizione pi` u dettagliata e, di solito, pi` u complessa. Il modello semplice di particella puntiforme permette di risolvere molti problemi fondamentali della fisica atomica e nucleare ma l’evidenza sperimentale mostra che a molte particelle elementari, come elettroni, protoni e neutroni, dobbiamo attribuire un momento angolare intrinseco, o spin, e un momento magnetico ad esso associato. L’introduzione di questa nuova variabile dinamica ci sar`a di guida nella costruzione di una forma molto pi` u generale ed astratta della meccanica quantistica che permetter`a una descrizione unificata della meccanica ondulatoria e della teoria dello spin. Dal punto di vista del fisico, l’astrattezza matematica non sembra molte volte una virt` u ma il formalismo generale che costruiremo permetter`a di affrontare in modo semplice ed elegante un gran numero di problemi relativi a sistemi fisici ben diversi dalla particella puntiforme. Sistemi a molte particelle, nuovi gradi di libert`a come lo spin 1
2
CAPITOLO 1. LO SPIN
isotopico e lo stesso campo elettromagnetico potranno essere descritti con il medesimo formalismo.
1.2
L’esperimento di Stern e Gerlach
L’evidenza sperimentale per il momento magnetico intrinseco dell’elettrone si basa sull’esperimento di Stern e Gerlach. Gli atomi, o le molecole, di cui vogliamo misurare il momento magnetico, vengono fatti passare attraverso un campo magnetico non uniforme B e sono deflessi da una forza che, secondo la fisica classica, `e data da F = ∇(µ · B) dove µ `e il momento magnetico delle particelle che compongono il fascio. Nella regione, attraverso la quale passa il fascio, la direzione di B varia lentamente ma la sua intensit`a dipende molto dalla posizione. Quindi, se la proiezione di µ nella direzione di B `e indicata con µB si ha approssimativamente F = µB ∇B. (1.1) La forza pu`o essere determinata dalla deflessione subita dal fascio, misurata dalla traccia lasciata su uno schermo (una lastra fotografica nell’esperimento originale), e, conoscendo la forza, si ricava µB . Uno schema dell’apparato di Stern e Gerlach `e mostrato in fig.(1.1)
z6 T
F
z 6
L
S
1
S
-
O
-
-
y N
x @ @
N (a)
(b)
Figura 1.1: a) Schema dell’apparato di Stern-Gerlach: gli atomi d’argento emessi dal forno T vengono collimati dalla fenditura F e, deflessi dal gradiente del campo magnetico, condensano sulla lastra L; b) Espansioni polari dell’elettromagnete: Bz `e positivo e ∂Bz /∂z negativo, la traiettoria della figura (a) corrisponde ad un atomo con µz negativo e componente z dello spin positiva.
1.2. STERN-GERLACH
3
I risultati di questi esperimenti erano sorprendenti. Classicamente si prevedeva una singola traccia continua, corrispondente a valori di µB nell’intervallo −µ, +µ, le osservazioni mostravano invece un certo numero di tracce distinte ed equidistanti che dimostravano la natura quantistica, discreta, del momento magnetico. Poich`e si misurava la proiezione del momento magnetico lungo l’asse dell’apparato e questa poteva assumere solo valori discreti, `e diventato abituale parlare di quantizzazione spaziale. Stern e Gerlach hanno anche misurato i valori permessi di µB ed hanno trovato che i valori di µB , entro gli errori sperimentali, andavano da un minimo, −µ, ad un massimo, +µ, che viene convenzionalmente considerato come il momento magnetico della particella. Per interpretare questi risultati ricordiamo l’ipotesi di Amp`ere che propriet`a magnetiche della materia sono riconducibili a correnti elettriche. Cos`i, le correnti dovute agli elettroni negli atomi producono un momento magnetico µ associato al momento angolare orbitale dalla relazione classica µ=
e L 2me c
(1.2)
in unit`a cgs-Gauss 1 . Ci si aspetta che l’equazione (1.2), essendo una semplice relazione di proporzionalit`a, valga anche in meccanica quantistica . Poich`e ogni componente di L ha 2l + 1 autovalori, la proiezione di µ lungo una direzione fissa nello spazio, come quella di B, dovrebbe avere anche lei 2l + 1 autovalori e dovrebbe potersi esprimere nella forma µB =
e¯h m = −β0 m 2me c
dove il numero quantico magnetico m pu`o assumere i valori −l, −l+1, . . . , l− 1, l. Per un elettrone il magnetone di Bohr β0 =
|e|¯h 2me c
(1.3)
ha il valore 9.2732 × 10−21 erg/gauss. Essendo l un intero, ci aspettiamo un numero di tracce dispari, (2l + 1), nell’esperimento di Stern e Gerlach. L’esperimento classico, in cui veniva usato un fascio di atomi d’argento, dava invece due tracce, cio`e un numero pari, e un valore di |µ| eguale a |µ| =
|e|¯h . 2me c
(1.4)
Inizialmente, non comprendendo le straordinarie conseguenze dell’esperimento, si `e tentato di spiegare il risultato supponendo che il singolo elettrone 1
La carica e pu` o essere sia positiva che negativa (o nulla) ed e < 0 per l’elettrone.
4
CAPITOLO 1. LO SPIN
di valenza (l’argento `e paramagnetico ed ha un singolo elettrone di valenza; per questo si trova nel primo gruppo del sistema periodico) si trovasse nello stato P (l = 1), ma che lo stato con m = 0 fosse soppresso in modo tale che, di 2l + 1 = 3 tracce, solo due fossero visibili. Questa era una ipotesi non plausibile, data la temperatura a cui veniva creato il fascio e il fatto che, in un potenziale attrattivo, la stato di energia minima `e uno stato S (l = 0) e non uno stato P . Possiamo anche chiederci se l’equazione classica (1.1) possa essere usata in presenza di un fenomeno quantistico. Le relazioni di indeterminazione mostrano che la descrizione classica del moto degli atomi d’argento `e corretta. L’incertezza sulle lunghezze, dell’ordine di qualche millimetro (come la larghezza delle fenditure che collimano il fascio), e l’incertezza sulle velocit`a, dell’ordine di qualche metro al secondo, mostrano che ¯h ∆l · ∆v ≥ MAg `e sicuramente soddisfatta perch`e MAg ≈ 1.8 × 10−22 g e h ¯ ≈ 10−27 erg sec. Questo `e il motivo per cui l’elettrone, che `e l’oggetto che ci interessa maggiormente in questo esperimento, deve viaggiare attaccato all’atomo. Se ripetessimo l’esperimento di Stern e Gerlach con elettroni liberi, le tracce non sarebbero visibili per effetti di interferenza. L’interpretazione corretta `e arrivata dopo che Goudsmit e Uhlenbeck, partendo da risultati spettroscopici, hanno avanzato l’ipotesi di un elettrone puntiforme con un momento di dipolo magnetico finito la cui proiezione pu`o assumere solo due valori. A questo momento magnetico, in base alla teoria degli spettri atomici, veniva associato un momento angolare intrinseco, lo spin, per il quale possiamo trovare una ragione d’essere indipendente dalla spettroscopia. Infatti, se l’elettrone non possedesse un momento angolare intrinseco, il momento angolare di un atomo isolato non potrebbe conservarsi. L’elettrone atomico, in moto in un campo elettrico E, vede anche un campo magnetico v × E/c ed interagisce con esso tramite il suo momento magnetico intrinseco. L’energia potenziale associata con queste forze `e v µ· ×E c e, se il campo di forze `e centrale: E = f (r) r, `e proporzionale a µ · v × r, ossia a µ · r × p = µ · L. Il fattore di proporzionalit`a dipende solo dalla coordinata radiale r. Cos`i l’energia dell’elettrone dipende dall’orientazione relativa del momento magnetico rispetto al momento angolare orbitale e l’operatore Hamiltoniano contiene un termine di interazione proporzionale a µ · L oltre al potenziale centrale. E’ evidente che L, le cui componenti non commutano, non pu`o pi` u
1.3. STATI DI SPIN
5
essere una costante del moto. Solamente se l’elettrone partecipa con lo spin intrinseco, associato a µ, al momento angolare in gioco si pu`o riottenere la conservazione del momento angolare totale. Nell’esperimento di Stern e Gerlach, l’atomo d’argento possiede un momento magnetico eguale al momento magnetico di spin dell’elettrone pi` u esterno e possiamo affermare che, in questo esperimento, si misura lo spin dell’elettrone. Scegliendo gli assi come in figura (1.1a), il risultato dell’esperimento e la relazione (1.2) ci portano a concludere che la componente z dello spin dell’elettrone `e una grandezza fisica quantizzata che pu`o assumere solamente due valori: ±¯h/2. Il postulato della meccanica quantistica relativo alle grandezze fisiche misurabili, che vedremo in dettaglio nel prossimo capitolo, afferma che questa componente dello spin `e descritta da un operatore lineare ed Hermitiano Sz . Sz avr`a uno spettro discreto che comprende solo due autovalori, ±¯h/2. Poich`e tutte le direzioni dello spazio hanno le stesse propriet`a e l’asse dell’apparato, definito dalla direzione del campo magnetico B, pu`o essere orientato arbitrariamente, la misura della componente dello spin in una direzione arbitraria dovr`a dare uno dei due risultati: +¯ h/2 oppure −¯h/2. Quindi, anche Sx e Sy , per esempio, avranno gli stessi autovalori di Sz . A differenza degli operatori ed autofunzioni del momento angolare orbitale, che sono funzioni determinate delle variabili spaziali, gli operatori ed autofunzioni dello spin non hanno, come vedremo, una espressione funzionale in termini delle variabili spaziali. Sarebbe errato, d’altra parte, associare lo spin a qualche rotazione spaziale interna della particella che, nel caso dell’elettrone, resta puntiforme. Lo spin deve essere considerato come una nuova variabile dinamica, oltre a x, y, z. Inoltre, essendo proporzionale ad ¯h, `e un effetto puramente quantistico. Vedremo nel prossimo paragrafo come si pu`o descrivere lo stato fisico di una particella con spin.
1.3
Descrizione degli stati di spin
Con un apparato di Stern-Gerlach si possono eseguire alcuni esperimenti ideali sugli atomi d’argento e, con l’aiuto dei postulati della meccanica ondulatoria, arrivare ad una rappresentazione degli stati di spin di un elettrone. Il dispositivo di figura (1.1a) pu`o agire come ”polarizzatore atomico” se, all’uscita dall’elettromagnete, blocchiamo la componente con autovalore −¯h/2 di Sz , che chiameremo Sz −, e lasciamo passare la componente con autovalore +¯ h/2 di Sz , Sz +. Si produce cos`ı un fascio di atomi che sono tutti nello stesso stato di spin con componente +¯h/2 lungo z. Tale dispositivo agisce sugli atomi come un cristallo di tormalina agisce su un’onda luminosa e ne deduciamo che le ”onde” elettroniche possono essere polarizzate. Sul fascio di atomi, cos`ı preparato, un secondo apparato di Stern-Gerlach agisce come
6
CAPITOLO 1. LO SPIN
un ”analizzatore” e, se lo stato di spin degli atomi non `e perturbato fra la preparazione e la misura, permette di misurare una qualsiasi componente dello spin. Indichiamo con SGn un dispositivo di Stern-Gerlach con il campo magˆ e supponiamo di preparare un fascio di netico non uniforme nella direzione n atomi d’argento in uno stato in cui Sz `e +¯ h/2. La misura di Sz con il dispositivo di figura (1.2a) mostra che una sola componente del fascio, Sz + compare nello stato finale: per il postulato della ”riduzione del pacchetto d’onda” solo la componente Sz + esce dall’analizzatore, come si osserva sperimentalmente. Nel secondo esperimento, rappresentato nella figura (1.2b), Sz +
Sz +
-
- SGz
- SGz
(a) Sx +
Sz +
-
- SGx
- SGz
Sx − (b)
- SGz
Sz +
Sx +
Sz +
- SGx
-
SGz
-
Sz − (c)
Figura 1.2: Esperimenti di Stern-Gerlach in successione. la misura di Sx distrugge ogni precedente informazione su Sz . Sebbene gli atomi siano stati preparati nello stesso modo, c’`e una indeterminazione nel comportamento degli atomi presi individualmente e l’intensit`a dei fasci Sx + e Sx − che escono da SGx `e la stessa. Il terzo esperimento, in figura (1.2c), `e di pi` u difficile interpretazione. Pur avendo bloccato la componente Sz − dopo il polarizzatore, questa riappare nella misura di Sz se, nel frattempo, misuriamo Sx . Questi esempi sono spesso usati per illustrare il fatto che, in meccanica quantistica, non possiamo determinare simultaneamente Sz e Sx . I risultati di questi esperimenti presentano diverse analogie con le misure possibili in un semplice esperimento di ottica che consiste nel far passare un’onda luminosa piana, monocromatica e polarizzata linearmente attraver-
1.3. STATI DI SPIN
7
so uno, o pi` u, analizzatori. Se la direzione di propagazione dell’onda coincide ˆ come versore che descrive la sua polarizzazione, con l’asse z e scegliamo x l’onda `e caratterizzata da un campo elettrico della forma ˆ ei(kz−ωt) , E(r, t) = E0 x
(1.5)
dove E0 `e una costante e si sottointende che, del secondo membro di (1.5), dobbiamo prendere la parte reale, la sola che abbia significato fisico. Facciamo ora passare quest’onda attraverso un prisma di nicol o una lamina di polaroid (analizzatore) e ruotiamo, nel piano (x, y), l’asse ottico dell’analizzatore. Con gli assi ottici, dell’analizzatore e del polarizzatore, paralleli si ha il massimo di trasmissione, con gli assi ottici incrociati la trasmissione `e nulla e, se gli assi ottici formano un angolo θ fra di loro, l’intensit`a dell’onda uscente `e proporzionale a cos2 θ secondo la legge di Malus. In particolare, un fascio di luce polarizzata con il campo elettrico (1.5), se passa attraverso una lamina di√ polaroid con l’asse ottico a 45o ˆ 0 = (ˆ ˆ )/ 2, acquista una componente della rispetto all’asse x, e versore x x+y polarizzazione lungo l’asse y. La misura della polarizzazione lungo x0 annulla ogni precedente informazione sulla polarizzazione dell’onda. L’analogia con gli esperimenti di Stern e Gerlach in successione, in figura (1.2), diventa pi` u stretta se si stabilisce la seguente corrispondenza atomi Sz ± ↔ luce polarizzata x, y
(1.6)
atomi Sx ± ↔ luce polarizzata x0 , y 0 .
(1.7)
Questa corrispondenza suggerisce che si potrebbe rappresentare lo stato di spin di un atomo d’argento con un vettore in uno spazio vettoriale bidimenˆ ey ˆ costituiscono una base per il vettore sionale astratto. Proprio come x polarizzazione della luce `e ragionevole introdurre i vettori di base |+ > e |− > che corrispondono rispettivamente agli stati Sz + e Sz −. Ricordiamo che l’asse z, per convenzione, gioca un ruolo particolare nell’esperimento di Stern e Gerlach. Ogni stato di spin potr`a essere rappresentato come combinazione lineare di questi vettori di base 2 . In particolare, per i vettori che rappresentano gli stati Sx + e Sx −, la corrispondenza (1.7) rende possibile la seguente congettura 1 (1.8) |± >x = √ (±|+ > +|− >), 2 √ √ ˆ 0 = (ˆ ˆ )/ 2, ma y ˆ 0 = (−ˆ ˆ )/ 2. Cos`ı, la componente, non perch`e x x+y x+y bloccata che esce dal secondo dispositivo SGx della figura (1.2c) deve essere considerata come una sovrapposizione di Sz + e Sz − nel senso della (1.8) e questo spiega perch`e due componenti emergono dal terzo dispositivo SGz. 2
Nella notazione di Dirac, tali vettori si chiamano ket.
8
CAPITOLO 1. LO SPIN
Per descrivere gli atomi Sy ±, in questo formalismo, notiamo che, se nell’esperimento di figura (1.2b) ruotiamo l’apparato SGz di π/2 attorno all’asse z e sostituiamo SGx con un dispositivo SGy, la situazione risultante dovrebbe essere la stessa. Ritornando all’analogia con l’onda luminosa, consideriamo un fascio di luce polarizzato circolarmente che possiamo ottenere facendo passare luce polarizzata linearmente attraverso una lamina quarto d’onda. Otteniamo una combinazione lineare di luce polarizzata lungo x e di luce polarizzata lungo y con Ey che oscilla sfasato di π/2 rispetto ad Ex : h i 1 ˆ ei(kz−ωt) + y ˆ ei(kz−ωt±π/2) = E = √ E0 x 2
1 √ E0 ei(kz−ωt) (ˆ x ± iˆ y). (1.9) 2 Quando facciamo passare questa luce polarizzata circolarmente attraverso una lamina di polaroid otteniamo di nuovo luce polarizzata linearmente. Se stabiliamo che un atomo Sy + corrisponde ad un’onda destrogira ed un atomo Sy − ad un’onda levogira, possiamo descrivere anche gli stati di spin degli atomi per i quali una misura di Sy d`a i valori ±¯h/2 tramite i vettori 1 |± >y = √ (|+ > ±i|− >). (1.10) 2 Lo spazio a due dimensioni introdotto per descrivere lo spin degli atomi d’argento deve essere uno spazio vettoriale complesso. Ritorneremo nel seguito su queste corrispondenze, e sui risultati (1.8) e (1.10), quando avremo chiarito la struttura di questo spazio vettoriale e le leggi di trasformazione degli stati di spin per rotazioni nello spazio tridimensionale ordinario.
1.4
Sovrapposizione e indeterminazione
I concetti esposti nel precdente paragrafo sono alla base di tutti i futuri sviluppi e discendono dal principio di sovrapposizione che deriva dalla linearit`a dello spazio degli stati e porter`a ad una dinamica quantistica lineare. Cerchiamo di chiarire meglio il significato e l’importanza di questo principio prendendo dal libro di P.A.M. Dirac, Quantum Mechanics, le frasi pi` u illuminanti. Definiamo dapprima il concetto di stato. Consideriamo un qualsiasi sistema atomico, composto di particelle o corpi con propriet`a note (masse, momenti di inerzia, ecc.) che interagiscono con forze che seguono leggi note. Ci saranno molti moti possibili delle particelle consistenti con le forze date, ognuno di questi moti `e chiamato uno stato del sistema. Possiamo definire uno stato come un moto imperturbato che `e vincolato da condizioni compatibili con la teoria; tali condizioni sono imposte preparando opportunamente il sistema, per esempio tramite l’apparato di
1.5. LO SPAZIO DEGLI STATI
9
Stern e Gerlach, e lasciandolo indisturbato dopo la preparazione. Classicamente, si pu`o specificare uno stato dando i valori di tutte le coordinate e delle velocit`a delle varie parti componenti il sistema ad un certo istante. L’esperimento di Stern e Gerlach ci mostra che non possiamo osservare lo spin degli atomi d’argento con tutti i dettagli suggeriti dalla teoria classica. Per una trottola classica, per esempio, possiamo specificare contemporaneamente tutte le componenti del suo momento angolare, cosa che non accade per lo spin degli atomi. Il principio di sovrapposizione della meccanica quantistica si applica agli stati di un sistema dinamico qualunque e assume che fra questi stati esista una relazione particolare tale che, quando il sistema `e con certezza in uno stato, possiamo considerarlo come se fosse contemporaneamente in ciascuno di due o pi` u altri stati. Lo stato originale deve essere considerato come una specie di sovrapposizione di due o pi` u nuovi stati in un modo che non si presenta nella teoria classica. Dal punto di vista di un matematico, questo `e un processo sempre permesso e usuale in ottica fisica quando si considera la decomposizione spettrale di un’onda e si risolvono le sue componenti tramite i teoremi di Fourier. La necessit` a di questa decomposizione, tuttavia, non compare mai in meccanica classica. Il nuovo stato `e completamente definito dagli stati in cui si scompone quando sono noti i loro pesi relativi nel processo di sovrapposizione. Il risultato di una misura coincider`a con il risultato relativo ad uno degli stati che compaiono nella sovrapposizione con una probabilit`a che dipende dal suo peso relativo. Se l’esperimento `e ripetuto un gran numero di volte, ogni particolare risultato sar`a ottenuto in una frazione definita del numero totale di volte, cosicch`e c’`e una probabilit`a ben definita di ottenerlo ed `e questa probabilit`a che la teoria permette di calcolare. La natura non classica del processo di sovrapposizione si chiarisce se consideriamo la sovrapposizione di due stati, chiamiamoli |1 > e |2 >, tali che, se osserviamo il sistema nello stato |1 > siamo sicuri di ottenere il risultato 1 e, se lo osserviamo nello stato |2 >, siamo sicuri di ottenere il risultato 2. Se sovrapponiamo questi due stati e osserviamo il sistema, il risultato sar`a qualche volta 1 e qualche volta 2, in accordo con una legge probabilistica che dipende dai pesi relativi di |1 > e |2 > nel processo di sovrapposizione. Non otterremo mai un risultato intermedio, l’osservazione potr`a dare solamente una delle due risposte: 1 oppure 2.
1.5
Lo spazio degli stati
Ricordiamo che, in meccanica ondulatoria, il primo postulato stabilisce che lo stato fisico di una particella, al tempo t, `e descritto completamente dalla funzione d’onda normalizzata Ψ(r, t). L’insieme delle possibili funzioni
10
CAPITOLO 1. LO SPIN
d’onda costituisce uno spazio vettoriale complesso 3 e, per il terzo postulato della ”misura di una grandezza fisica”, qualsiasi stato fisico pu`o essere rappresentato come una somma Ψ=
X
ci Ψi ,
dove le Ψi sono le autofunzioni di un operatore hermitiano e ci sono numeri complessi. Questo risultato deve essere interpretato nel modo seguente: data una base {Ψi }, i coefficienti {ci } caratterizzano lo stato di una particella in modo altrettanto completo della funzione d’onda Ψ. La situazione `e analoga a quella incontrata nello spazio tridimensionale ordinario: la posizione di un punto nello spazio pu`o essere descritto da una terna di numeri, che rappresentano le sue coordinate rispetto al sistema di assi che abbiamo scelto. Cambiando gli assi, una diversa terna di numeri corrisponder`a allo stesso punto. Ma il concetto geometrico di vettore, come classe di segmenti orientati, e il calcolo vettoriale ci permettono di evitare l’introduzione di un sistema di assi semplificando notevolmente sia le formule che il procedimento logico del calcolo. Sostituiamo quindi il primo postulato, sullo stato, con il seguente: lo stato quantistico di qualsiasi sistema fisico `e caratterizzato da un vettore di stato che appartiene ad uno spazio astratto, che chiamiamo spazio degli stati del sistema. Ci`o non solo semplifica il formalismo ma permette una sua generalizzazione a sistemi fisici la cui descrizione quantistica non pu`o essere fatta mediante una funzione d’onda che dipende solo dalle coordinate spaziali. Nel caso degli atomi d’argento dell’esperimento di Stern e Gerlach `e facile visualizzare il vettore di stato. Per un sistema con spin 1/2, 3
Ricordiamone brevemente la definizione: si chiama spazio vettoriale un insieme M di elementi qualsiasi per i quali sono state definite due leggi di composizione, la somma fra elementi di M e il prodotto per un numero reale o complesso. Ambedue queste leggi di composizione soddisfano le stesse propriet` a richieste nella definizione dei vettori dello spazio tridimensionale ordinario della geometria classica: ~ +Y ~ =Y ~ +X ~ commutativit` a) X a ~ + (Y ~ + Z) ~ = (X ~ +Y ~)+Z ~ associativit` X a ~ eY ~ , esiste un unico vettore Z ~ tale che X ~ =Y ~ + Z. ~ Z ~ `e la differenza c) dati due vettori X ~ ed Y ~ e, la differenza fra vettori eguali, definisce il vettore nullo. Il vettore di X ~ −X, ~ `e definito come quel vettore che, sommato ad X, ~ d` opposto ad X, a il vettore nullo. ~ la moltiplicazione per il numero, reale o complesso, α fa corrispondere Ad un vettore X ~ (prodotto di X ~ per il numero) con le seguenti propriet` un nuovo vettore αX a: ~ ~ a’) 1 X = X
b)
b’) c’)
~ = (αβ)X ~ associativit` α(β X) a ~ ~ ~ (α + β)X = αX + β X ~ +Y ~ ) = αX ~ + αY ~ distributivit` α(X a.
1.5. LO SPAZIO DEGLI STATI
11
trascurando tutti gli altri gradi di libert`a, lo stato pi` u generale pu`o essere considerato come combinazione lineare dei vettori di base |+ > e |− >, che abbiamo gi`a introdotto, |α >= c1 |+ > +c2 |− >,
(1.11)
con c1 e c2 numeri complessi. La figura (1.3) rappresenta schematicamente questa situazione.
Spin su |+ > c2 >
6
|α >
c1
-
|− >
Spin gi` u
Figura 1.3: Rappresentazione degli stati di spin nello spazio complesso. Spin su e gi` u si riferiscono all’apparato di Stern-Gerlach della figura (1.1a). Sempre in base al terzo postulato, |c1 |2 e |c2 |2 sono, rispettivamente, le probabilit`a di trovare +¯ h/2 e −¯h/2 in una misura di Sz . In altri casi, se la funzione d’onda dipende da una variabile, per esempio x, che pu`o assumere qualsiasi valore reale fra −∞ e +∞, le dimensioni dello spazio degli stati diventa infinito non numerabile. Tuttavia, l’analogia con la geometria ordinaria resta e le componenti del vettore di stato su questa base infinita forniranno tutti i valori (complessi) che pu`o assumere la funzione d’onda. Nel seguito, useremo la notazione di Dirac per il vettore di stato. Questa elegante notazione ha molti vantaggi quando si abbia a che fare con problemi agli autovalori per operatori Hermitiani e unitari. I prossimi paragrafi saranno dedicati alle propriet`a formali dello spazio degli stati e agli operatori che agiscono su questo spazio.
12
1.6
CAPITOLO 1. LO SPIN
Spazio vettoriale complesso e spazio duale
Consideriamo uno spazio vettoriale lineare a n dimensioni, dove n dipende dalla natura del sistema fisico che consideriamo. Nel caso dell’esperimento di Stern e Gerlach, questo spazio complesso ha due dimensioni che corrispondono al numero di traiettorie possibili che un atomo d’argento pu`o percorrere dopo aver attraversato l’elettromagnete. Abbiamo visto che, in altri casi, n pu`o diventare infinitamente grande e potranno sorgere problemi di convergenza delle serie, infinite, e dubbi sulla legittimit`a di certi limiti. Il passaggio da uno spazio ad un numero finito di dimensioni, che consideriamo ora, ad uno spazio ad infinite dimensioni richieder`a ulteriori condizioni sui vettori e sugli operatori che, nel seguito, specificheremo solo in parte e supporremo sempre soddisfatte. Abbiamo gi`a definito uno spazio vettoriale nella nota (3) e, anche in quel caso, si trattava di uno spazio complesso, quello delle funzioni d’onda della meccanica ondulatoria. Nel paragrafo precedente abbiamo associato ad ogni stato dinamico di un sistema fisico un vettore di stato, che chiamiamo ket e che rappresentiamo con il simbolo | >; il ket α `e rappresentato da |α >. Se moltiplichiamo un ket |α > per un numero complesso c, otteniamo ancora un ket e, come vedremo, |α > e c|α > rappresentano lo stesso stato fisico 4 . I ket formano uno spazio vettoriale lineare e ogni combinazione lineare di pi` u ket `e ancora un ket, per esempio cα |α > +cβ |β >= |γ >, dove |γ > `e un vettore dello spazio dei ket e, cα , cβ sono numeri complessi. I k vettori |αi >, (i = 1, 2, . . . k) si dicono linearmente indipendenti se la relazione k X
λi |αi >= 0,
(1.12)
i=1
ha come unica soluzione λ1 = λ2 = . . . = λk = 0. Si dice che uno spazio vettoriale ha n dimensioni se il numero massimo di vettori linearmente indipendenti `e n. Le altre propriet`a dei ket possono essere dedotte dalla nota (3). Ad ogni spazio vettoriale pu`o essere associato il suo duale. Ogni funzione lineare del ket |α >, γ(|α >), definisce un vettore nello spazio duale, che chiamiamo bra ed indichiamo con il simbolo < γ|. In effetti, γ(|α >) possiede la propriet`a di sovrapposizione caratteristica dei vettori perch`e, essendo lineare, si ha γ(cα |α > +cβ |β >) = cα γ(|α >) + cβ γ(|β >), 4 Lo stato `e rappresentato da un raggio nello spazio vettoriale complesso, intendendo con raggio una direzione in questo spazio.
1.6. KET E BRA
13
e ogni combinazione lineare di due funzioni, γ1 e γ2 , gode della stessa propriet`a. Rappresentiamo con il simbolo < γ|α > il valore (in generale complesso) assunto dalla funzione γ(| >) per il particolare ket |α > 5 . Per introdurre una metrica nello spazio degli stati, supponiamo che ci sia una corrispondenza biunivoca fra i vettori dello spazio dei ket e dello spazio dei bra: ad ogni ket |α > corrisponde un bra, coniugato ad |α >, che indichiamo con il simbolo < α|. Questa corrispondenza ”duale”, che permette di considerare lo spazio dei bra come immagine speculare dello spazio dei ket, `e una corrispondenza antilineare. Al ket c|α > corrisponde il bra c∗ < α| e, il bra coniugato al ket cα |α > +cβ |β >, `e c∗α < α| + c∗β < β|. La corrispondenza biunivoca fra i due spazi ci permette di definire il prodotto interno, o scalare del ket |α > con il ket |β > come il numero complesso < β|α >. Per consistenza con le propriet`a del prodotto scalare delle funzioni d’onda della meccanica ondulatoria postuliamo che < β|α >=< α|β >∗ ,
(1.13)
cio`e che il prodotto interno di |α > per |β > sia il complesso coniugato del prodotto interno di |β > per |α >, e che la norma di un ket sia reale e non negativa < α|α > ≥ 0. (1.14) La realt`a della norma discende immediatamente dalla (1.13) e il segno di eguaglianza in (1.14) vale solo se |α > `e il ket nullo. Due ket si diranno ortogonali se il loro prodotto interno `e nullo. Dai postulati (1.13) e (1.14) `e facile ottenere la disuguaglianza di Schwarz; per due ket arbitrari | < β|α > |2 ≤ < β|β >< α|α > .
(1.15)
Questa disuguaglianza pu`o essere usata per definire un angolo fra due ket dal confronto con l’analoga propriet`a per il prodotto scalare di due vettori (reali) nello spazio ordinario |A · B|2 ≤ |A|2 |B|2 . 5 Questo spiega l’origine della terminologia usata da Dirac: il simbolo < . . . > `e chiamato ”bracket” in inglese.
14
CAPITOLO 1. LO SPIN
Problema.
Dimostrare la disuguaglianza di Schwarz (1.15).
Soluzione Si costruisce il ket |γ >= |α > +λ|β >, dove λ `e un parametro complesso che calcoliamo ottimizzando la disuguaglianza (1.14) per |γ >: < γ|γ >= (< α| + λ∗ < β|)(|α > +λ|β >) ≥ 0.
(1.16)
La forma migliore per questa disuguaglianza si ottiene scegliendo λ in modo da rendere minimo il membro sinistro di (1.16). Derivando, per esempio, rispetto a λ∗ si trova il minimo per < β| · (|α > +λ|β >) = 0, e quindi λ=−
< β|α > . < β|β >
Sostituendo qesto valore di λ in (1.16), si ottiene la disuguaglianza di Schwarz. Il segno di uguaglianza in (1.16) vale solo se |γ > `e il ket nullo, cio`e se |α > e |β > sono multipli l’uno dell’altro (”paralleli”).
Se un ket non `e nullo, possiamo costruire un ket normalizzato |ˆ α> p dividendo |α > per la sua ”lunghezza” < α|α >, o norma, 1 |α > < α|α >
|ˆ α >= p
con la propriet`a < α ˆ |ˆ α >= 1. Poich`e |α > e il suo prodotto per un numero complesso, c|α >, rappresentano lo stesso stato fisico, si pu`o richiedere che i ket, usati per rappresentare gli stati fisici, abbiano norma uno. L’ambiguit`a nella rappresentazione di uno stato, tramite il ket |ˆ α >, si riduce allora alla possibilit`a di moltiplicare |ˆ α > per una fase arbitraria. Nelle considerazioni fatte finora `e essenziale che i ket abbiano una norma finita. Quando tratteremo gli spettri continui, sar`a necessario introdurre dei vettori di lunghezza infinita. Si dimostra che `e possibile costruire combinazioni lineari normalizzabili di questi vettori.
1.7
Operatori lineari
Il secondo postulato, sulle grandezze fisiche, afferma che ogni grandezza fisica misurabile `e descritta da un operatore lineare e Hermitiano che abbiamo chiamato osservabile. Osservabili sono, per esempio, le componenti dello spin, di cui abbiamo parlato all’inizio del capitolo.
1.7. OPERATORI LINEARI
15
Un operatore trasforma ogni ket dello spazio degli stati in un’altro ket dello stesso spazio e diremo che il ket |β > `e il risultato dell’azione di un operatore A sul ket |α > se |β >= A(|α >) = A|α > . e che A `e l’operatore nullo se |β > `e nullo qualunque sia |α >. L’ultimo passaggio, nell’equazione precedente `e lecito se A `e un operatore lineare A(cα |α > +cβ |β >) = cα A|α > +cβ A|β > .
(1.17)
Gli operatori possono essere moltiplicati per una costante, sommati o moltiplicati fra di loro. Queste operazioni sugli operatori soddisfano le seguenti regole: 1. la somma `e associativa e commutativa, 2. il prodotto fra operatori `e associativo e distributivo rispetto alla somma ma, in generale, non `e commutativo 6 . Un esempio banale di operatore lineare `e l’operatore identit`a, indicato con 1, con la propriet`a |α >= 1|α > qualunque sia |α > 7 . Definiamo ora l’azione di un operatore A sullo spazio duale dei bra. La linearit`a di A implica che il prodotto scalare < β| · (A|α >) sia una funzione lineare di |α >. A questa funzione `e associato un bra < γ| =< β|A e la corrispondenza fra < β| e < γ| `e lineare. Potremo quindi scrivere (< β|A) · |α >=< β| · (A|α >) =< β|A|α >,
(1.18)
visto che le parentesi diventano inutili. La convenzione `e sempre quella di porre i bra a sinistra degli operatori ed i ket a destra. Il ket A|α > e il bra < α|A non sono, in generale, coniugati l’uno dell’altro. La corrispondenza duale definisce un operatore lineare, chiamato Hermitiano coniugato di A, o aggiunto di A, che si indica con il simbolo A† : A|α >↔< α|A† .
(1.19)
In base all’equazione (1.18), avremo che < β|A|α >=< β| · (A|α >= [(< α|A† ) · |β >]∗ = 6
La non commutativit` a fra due operatori, A e B, si esprime dicendo che il loro commutatore [A, B] = AB − BA `e diverso dall’operatore nullo. 7 L’operatore c1, dove c `e un numero complesso, moltiplica ogni ket per c e pu` o essere scritto semplicemente come c. Nel seguito, useremo il carattere grassetto per tale operatore solo se `e necessario per la chiarezza del testo.
16
CAPITOLO 1. LO SPIN =< α|A† |β >∗ .
(1.20)
Notiamo anche che l’aggiunto, di un prodotto di operatori, rovescia l’ordine degli operatori: (AB)† = B † A† . Per definizione, un operatore lineare H si dice Hermitiano se coincide con il suo aggiunto H = H†
(1.21)
e, per esso, in base alla relazione (1.20) < β|H|α >=< α|H|β >∗ .
(1.22)
Se moltiplichiamo il ket |β > per il bra < α|, nell’ordine, otteniamo un operatore, |β >< α|, che si chiama prodotto esterno di |β > e < α| ed `e facile dimostrare che (|β >< α|)† = |α >< β|. E’ sufficiente applicare questo operatore ad un generico ket |γ >: (|β >< α|) · |γ >= |β > (< α|γ >), e calcolare il corrispondente duale (< α|γ >)∗ < β| = (< γ|α >) < β| =< γ| · (|α >< β|). In tutti questi calcoli, la propriet`a associativa della moltiplicazione gioca un ruolo fondamentale. Altri prodotti leciti fra ket compaiono quando si considera il prodotto tensoriale di due spazi vettoriali che pu`o descrivere un sistema quantistico di due particelle o gradi di libert`a indipendenti relativi alla stessa particella, per esempio lo spin e il momento angolare orbitale di un elettrone. Per calcolare l’aggiunto di un’espressione complicata, in cui compaiono numeri complessi, bra, ket ed operatori, esiste una regola semplice: sostituire ovunque i numeri con il loro complesso coniugato, i bra con i ket coniugati e viceversa, gli operatori con il loro Hermitiano coniugato e invertire l’ordine dei bra, dei ket e degli operatori. Per esempio: il coniugato del ket AB|α > < β|C|γ > `e il bra < γ|C † |β >< α|B † A† .
1.8
Autovalori e autoket
Il ket non nullo |a0 > `e chiamato autoket dell’operatore lineare A se A|a0 >= a0 |a0 >
(1.23)
e, quindi, l’effetto dell’operatore A su |a0 > `e semplicemente quello di moltiplicarlo per un numero (in generale complesso) a0 . Per definizione, a0 `e un autovalore di A e |a0 > l’autoket associato ad esso, nel seguito verranno
1.8. AUTOVALORI E AUTOKET
17
indicati con la stessa lettera. Se esistono pi` u autoket, linearmente indipendenti, associati allo stesso autovalore si parla di degenerazione e l’ordine della degenerazione, per definizione, `e pari alle dimensioni del sottospazio degli autoket relativi allo stesso autovalore. Assumiamo, per ora, che, per ciascun autovalore, ci sia solo un ket linearmente indipendente, il problema della degenerazione verr`a considerato pi` u avanti. Di particolare interesse `e il caso in cui A `e Hermitiano e, se osservabile 8 , rappresenti una qualche grandezza fisica. Se A = A† , la corrispondente duale della relazione (1.23) diventa < a0 |A = a0∗ < a0 |. Supponiamo che a” sia un’altro autovalore di A e consideriamo il prodotto scalare di |a0 > per il ket A|a” >= a”|a” > < a”|A|a0 >= a”∗ < a”|a0 > . D’altra parte, il prodotto scalare di (1.23) per il ket |a” > d`a < a”|A|a0 >= a0 < a”|a0 >, e la differenza fra queste due relazioni `e 0 = (a0 − a”∗ ) < a”|a0 > .
(1.24)
Di conseguenza, se a0 = a”, otteniamo a0 = a0∗ = reale, perch`e < a0 |a0 > > 0, e se a0 6= a”, vediamo che gli autoket associati ad autovalori diversi sono ortogonali < a”|a0 >= 0,
se a0 6= a”.
Abbiamo quindi dimostrato che, per un operatore Hermitiano, 1. gli autovalori sono reali; 2. gli spettri degli autovalori, relativi ai ket e ai bra, sono identici; 3. autoket associati ad autovalori distinti sono ortogonali e possono essere normalizzati < a”|a0 >= δa”a0 . (1.25) Se ogni vettore di norma finita pu`o essere sviluppato in serie di questi autoket, si dice che essi formano un sistema completo e che l’operatore Hermitiano, come osservabile, ha una interpretazione fisica. Il numero di autoket, in tal caso, `e pari alle dimensioni n dello spazio degli stati e, per semplificare la scrittura, adottiamo ora una notazione alternativa indicandoli con il simbolo |a(i) >, dove i = 1, 2, . . . , n, e a(i) saranno gli autovalori reali 8
Le osservabili sono operatori Hermitiani, ma non `e sempre vero il viceversa.
18
CAPITOLO 1. LO SPIN
corrispondenti: A|a(i) >= a(i) |a(i) >. La condizione che gli |a(i) > siano ortogonali e normalizzati, ovvero ortonormali, assume la forma < a(i) |a(j) >= δij ,
(1.26)
e questi autoket costituiscono una base nello spazio vettoriale complesso. Essendo autoket dell’operatore A, diremo che essi sono i vettori di base della rappresentazione {A}. Un ket |β > arbitrario potr`a essere sviluppato su questa base |β >=
n X
bi |a(i) >,
(1.27)
i=1
con bi numeri complessi. Il prodotto scalare di (1.27) con l’autoket |a(j) > d`a, ricordando l’ortonormalit`a della base (1.26), < a(j) |β >= bj , e, quindi |β >=
X
|a(i) >< a(i) |β >=
X
(|a(i) >< a(i) |)|β >,
(1.28)
i
i
avendo usato la propriet`a associativa della moltiplicazione. L’arbitrariet`a di |β > permette di ricavare da (1.28) una importante relazione n X
|a(i) >< a(i) | = 1,
(1.29)
i=1
nota come relazione di completezza o di chiusura. Nel seguito, useremo molto spesso le equazioni (1.26) e (1.29) che sono le equazioni fondamentali della rappresentazione {A}. L’operatore identit`a, 1, pu`o essere inserito ovunque senza cambiare il risultato, per esempio X
< β|β >=< β|(
|a(i) >< a(i) |)|β >=
i
=
X
< a(i) |β >∗ < a(i) |β >=
i
X
| < a(i) |β > |2 ,
i
da cui, se |β > in (1.27) `e normalizzato ad uno, si ottiene X i
|bi |2 =
X
| < a(i) |β > |2 = 1.
i
L’operatore |a(i) >< a(i) | `e lineare ed Hermitiano e, applicato ad un generico ket |α > seleziona la parte di |α > parallela ad |a(i) >. Per questa
1.9. MATRICI
19
ragione `e chiamato operatore di proiezione o proiettore, e se definiamo il simbolo Pi per esso, Pi ≡ |a(i) >< a(i) |, vediamo che gli operatori di proiezione hanno la seguente propriet`a Pi Pj = δij Pj ,
(1.30)
che discende dall’ortonormalit`a della base. La relazione di completezza pu`o essere riscritta come PA =
n X
|a(i) >< a(i) | =
i=1
n X
Pi = 1,
(1.31)
i=1
e l’operatore PA proietta tutto lo spazio dei ket e realizza la decomposizione dell’unit`a rispetto agli autovalori di A.
1.9
Ket e operatori come matrici
Nella rappresentazione {A}, in cui A|a(i) >= a(i) |a(i) > (i = 1, 2, . . . , n), per ogni ket |α > si ha |α >= PA |α >=
n X
|a(i) >< a(i) |α >,
(1.32)
i=1
come abbiamo visto, e le quantit`a < a(i) |α > possono essere considerate come gli elementi di una matrice ad una colonna di cui i `e l’indice di riga. La conoscenza di questa matrice determina completamente il ket |α > nella base data. Analogamente, per ogni bra < β| si ha < β| =< β|PA =
n X
< β|a(i) >< a(i) |,
(1.33)
i=1
e le quantit`a < β|a(i) >, complesse coniugate delle componenti del ket |β >, < a(i) |β >, possono essere considerate come gli elementi di una matrice ad una riga ed n colonne, essendo ora i l’indice di colonna. Con questa convenzione, il bra, coniugato duale di un ket dato, `e rappresentato dal complesso coniugato del trasposto 9 del vettore che rappresenta questo ket. Se calcoliamo, con questa convenzione, il prodotto scalare di due ket < β|α >=< β|PA |α >=
X
< β|a(i) >< a(i) |α >,
i 9
La matrice trasposta di una matrice M , M T , si ottiene da M tramite lo scambio delle righe con le colonne (M T )kl = Mlk .
20
CAPITOLO 1. LO SPIN
otteniamo un numero complesso, prodotto di una matrice ad una riga ed n colonne per una matrice con n righe e una colonna. Anche gli operatori possono essere rappresentati mediante matrici, in questo caso si tratta di matrici quadrate (n × n). Ogni operatore lineare, B, pu`o essere scritto nella forma B = PA BPA =
XX i
|a(i) >< a(i) |B|a(k) >< a(k) |,
(1.34)
k
e ci sono n2 numeri (in generale complessi) della forma < a(i) |B|a(k) >, dove n `e la dimensione dello spazio dei ket. Possiamo pensare questi numeri come elementi di una matrice quadrata in cui i `e l’indice di riga e k l’indice di colonna. La matrice Bik =< a(i) |B|a(k) > rappresenta l’operatore B nella base definita dagli autoket di A. La relazione (1.20), che definisce l’operatore aggiunto < α|B † |β >=< β|B|α >∗ , pu`o essere riscritta nella forma † ∗ Bik =< a(i) |B † |a(k) >=< a(k) |B|a(i) >∗ = Bki
(1.35)
per gli elementi di matrice. La matrice che rappresenta l’operatore aggiunto, B † , si ottiene prendendo la complessa coniugata della trasposta della matrice che rappresenta B. Tutti i prodotti definiti per i vettori e gli operatori sono rappresentati dai prodotti delle matrici corrispondenti. Cos`ı, il prodotto di due operatori F = BC `e rappresentato dagli elementi di matrice < a(i) |F |a(k) >=< a(i) |BPA C|a(k) >=
X
< a(i) |B|a(l) >< a(l) |C|a(k) >,
l
cio`e dagli elementi della matrice, prodotto delle matrici corrispondenti a B e C. Analogamente, l’equazione < γ| =< α|B pu`o essere espressa come una relazione fra matrici < γ|a(i) >=
X
< α|a(k) >< a(k) |B|a(i) > .
k
Nella rappresentazione {A}, la forma della matrice associata all’operatore A `e particolarmente semplice perch`e A|a(i) >= a(i) |a(i) > e < a(i) |A|a(k) >= a(k) < a(i) |a(k) >= a(k) δik .
(1.36)
Quindi la matrice che rappresenta A, nella base dei suoi autoket `e diagonale e l’equazione A = PA APA =
X i
a(i) |a(i) >< a(i) | =
X i
a(i) Pi ,
(1.37)
1.9. MATRICI
21
`e chiamata decomposizione spettrale dell’operatore Hermitiano A. Prima di mostrare con un esempio l’utilit`a della (1.37), `e importante sottolineare il fatto che, mentre un operatore `e definito indipendentemente dalla scelta della base, la sua rappresentazione matriciale dipende dalla scelta partico` conveniente quindi usare una notazione che lare della base di ket usata. E distingue fra l’operatore e la sua rappresentazione matriciale. Consideriamo, come esempio, un sistema di spin 1/2 per il quale avevamo introdotto la base costituita dai ket |+ > e |− >, autoket di Sz con autovalori ±¯h/2, ¯h Sz |± >= ± |± > . (1.38) 2 La scelta di una base ortonormale implica che < +|+ >=< −|− >= 1 e < +|− >=< −|+ >= 0. La relazione di chiusura (1.29) |+ >< +| + |− >< −| = 1, assicura la completezza della base, cio`e ogni stato, rappresentato dal generico ket |α >, pu`o essere scritto come sovrapposizione di |+ > e |− > |α >= c1 |+ > +c2 |− >, con c1 =< +|α > e c2 =< −|α > numeri, in generale, complessi. decomposizione spettrale (1.37) permette di scrivere Sz nella forma Sz =
¯ h (|+ >< +| − |− >< −|). 2
La
(1.39)
Nel costruire le matrici che rappresentano gli operatori momento angolare si `e soliti associare gli indici di riga, e di colonna, alle componenti del momento angolare in ordine decrescente, cio`e l’indice 1 corrisponde alla massima componente del momento angolare, l’indice 2 a quella immediatamente pi` u bassa e cos`ı via. Nel caso di spin 1/2, otteniamo dalle equazioni (1.32) e (1.33) ! ! 1 0 . . |+ >= , |− >= , 0 1 e
. < +| = ( 1 0 ),
. < −| = ( 0 1 ),
mentre l’equazione (1.34) permette di associare una matrice a Sz ¯ . h Sz = 2
1 0 0 −1
!
.
. Il simbolo = sta per ”`e rappresentato da” e ci ricorda che vettori e operatori non vanno identificati con le matrici che li rappresentano in una base particolare.
22
1.10
CAPITOLO 1. LO SPIN
Cambiamento di base
Una rappresentazione {A} definisce, tramite gli autoket dell’operatore A, una base nello spazio vettoriale complesso e presenta una certa analogia con l’introduzione di un sistema di coordinate nello spazio euclideo ordinario. Alle rotazioni dei sistemi di coordinate della geometria analitica corrisponderanno trasformazioni, da una rappresentazione ad un’altra, nello spazio degli stati della meccanica quantistica. Nell’esempio, alla fine del precedente paragrafo, abbiamo considerato la rappresentazione {Sz } ma avremmo potuto usare la rappresentazione {Sx } in cui i ket di base sono |± >x . I due diversi insiemi di vettori formano una base nello stesso spazio e siamo interessati a trovare come le due descrizioni sono legate fra loro o, in altre parole, a studiare come si realizza un cambiamento di base o di rappresentazione. In una rappresentazione {A}, in cui i ket di base sono gli autoket |a(i) > dell’operatore A, un ket generico |γ > `e sviluppato secondo la (1.28) |γ >=
X
|a(i) >< a(i) |γ > .
i
In un’altra rappresentazione {B}, in cui la base `e definita dagli autoket |b(i) > di B, il ket |γ > si scriver`a come |γ >=
X
|b(i) >< b(i) |γ > .
i
Ambedue le basi sono ortonormali < a(i) |a(j) >= δij ,
< b(i) |b(j) >= δij ,
e complete X
|a(i) >< a(i) | =
X
i
|b(i) >< b(i) | = 1.
i
Con l’aiuto di queste relazioni si pu`o stabilire qual’`e il legame fra le due rappresentazioni < b(i) |γ >=< b(i) |PA |γ >=
X
< b(i) |a(j) >< a(j) |γ > .
(1.40)
j
I numeri complessi < b(i) |a(j) > sono i coefficienti della trasformazione che realizza il cambiamento di rappresentazione da {A} a {B}. L’ortonormalit`a e la completezza di entrambe le basi mostra che X
< a(j) |b(i) >< b(i) |a(k) >=< a(j) |a(k) >= δjk ,
(1.41)
< b(i) |a(j) >< a(j) |b(k) >=< b(i) |b(k) >= δik .
(1.42)
i
e X j
1.10. CAMBIAMENTO DI BASE
23
La matrice, che nella base |a(i) > ha elementi Uji =< a(j) |b(i) >, connette la vecchia base con la nuova e soddisfa le condizioni (1.41) e (1.42) X
† Uji Uik = δjk ,
i
X
Uij† Ujk = δik ,
j
cio`e la matrice |Uij | `e unitaria. L’operatore U , definito dalla |b(i) >= U |a(i) > per ogni i, che fa passare dalla base |a(i) > alla nuova base |b(i) >, `e U = P (k) >< a(k) |. L’operatore U ` e unitario k |b U U † = U †U = 1
(1.43)
e, chiaramente, < a(j) |U |a(i) >=< a(j) |b(i) >. Notiamo che l’equazione (1.40) pu`o essere riscritta come < b(i) |γ >=
X
< a(i) |U † |a(j) >< a(j) |γ >,
(1.44)
j
ed `e facile ottenere la relazione tra i vecchi elementi di matrice ed i nuovi per un operatore C, < b(k) |C|b(l) >=
XX m
XX m
< b(k) |a(m) >< a(m) |C|a(n) >< a(n) |b(l) >=
n
< a(k) |U † |a(m) >< a(m) |C|a(n) >< a(n) |U |a(l) >,
n
che rappresenta una trasformazione di similitudine per l’operatore C C 0 = U † CU.
(1.45)
In questo cambiamento di rappresentazione, alcune propriet`a caratteristiche della matrice < a(m) |C|a(n) > restano inalterate; il determinante, la traccia, gli autovalori di questa matrice non cambiano. Sia infatti C|c(i) >= c(i) |c(i) >,
(1.46)
l’equazione agli autovalori per l’operatore C, che supponiamo Hermitiano. Nella rappresentazione {A}, la (1.46) diventa X
< a(k) |C|a(j) >< a(j) |c(i) >= c(i) < a(k) |c(i) >,
(1.47)
j
e, come equazione fra matrici, `e un insieme di n equazioni lineari e omogenee, nelle incognite < a(k) |c(i) > che possiede soluzioni non banali se, e solo se, det(Ckj − λδkj ) = 0.
(1.48)
Questa equazione di grado n nell’incognita λ `e chiamata equazione secolare o caratteristica, essa possiede n radici reali 10 e, se le radici sono tutte distinte, 10
C `e Hermitiano per ipotesi.
24
CAPITOLO 1. LO SPIN
fornisce n autoket linearmente indipendenti tramite le loro componenti sulla base |a(i) >. Le n radici di (1.48), λ = c(i) , sono gli autovalori di C. La propriet`a dei determinanti det (M N ) = det M det N, e la trasformazione (1.45) mostrano che gli autovalori sono indipendenti dalla rappresentazione det (C 0 − λ1) = det [U † (C − λ1)U ] = det (C − λ1) = 0, perch`e U U † = 1. Inoltre, se sviluppiamo l’equazione secolare (1.48) in potenze di λ (−λ)n + (Tr C)(−λ)n−1 + . . . + det C = 0,
(1.49)
il coefficiente di ogni potenza di λ deve essere indipendente dalla scelta della rappresentazione. L’equazione (1.49) ci permette di concludere che Tr C =
X i
c(i) ,
det C =
Y
c(i) .
i
Scegliamo ora un autovalore c(1) , soluzione dell’equazione caratteristica (1.48), e calcoliamo il corrispondente autoket. Supponiamo che c(1) sia una radice semplice dell’equazione caratteristica e riscriviamo il sistema di equazioni (1.47) nella forma X
(Ckj − δkj c(1) ) < a(j) |c(1) >= 0,
(1.50)
j
che mette in evidenza il fatto che il sistema comprende (n − 1) equazioni linearmente indipendenti; la n-esima discende dalle precedenti e quindi `e automaticamente soddisfatta. Ma abbiamo n incognite, quindi il sistema ha infinite soluzioni, e tutte le < a(k) |c(1) > (k = 1, . . . , n) possono essere determinate univocamente se fissiamo una di esse, per esempio < a(1) |c(1) >. Otteniamo allora un sistema di (n − 1) equazioni lineari non omogenee, con determinante non nullo, perch`e le (n − 1) equazioni sono indipendenti e, a membro destro di ognuna di esse, compare il termine con k = 1. Gli autoket associati a c(1) differiscono solo per il valore scelto per < a(1) |c(1) > e possiamo dire che, a meno di un fattore costante, un solo autoket corrisponde a questo autovalore. Se l’autoket `e normalizzato ad uno, questo fattore costante diventa un fattore di fase. Questa operazione deve essere ripetuta per ogni autovalore e, alla fine, fornir`a una base ortonormale e completa. Si pu`o dimostrare che questo `e vero anche in presenza di autovalori ripetuti (o di degenerazione).
1.10. CAMBIAMENTO DI BASE
25
Notiamo che, se due operatori A e B commutano, gli autoket di A sono anche autoket di B. Infatti, se [A, B] = 0, < a(i) |[A, B]|a(j) >= (a(i) − a(j) ) < a(i) |B|a(j) >= 0, e quindi < a(i) |B|a(j) >= 0 per ogni coppia (i, j) per cui a(i) 6= a(j) . Se non c’`e degenerazione, l’operatore B `e rappresentato da una matrice diagonale nella rappresentazione {A}: B=
X
|a(k) >< a(k) |B|a(k) >< a(k) |,
k
e B|a(i) >=
X
|a(k) >< a(k) |B|a(k) >< a(k) |a(i) >=< a(i) |B|a(i) > |a(i) > .
k
(1.51) La (1.51) non `e altro che l’equazione agli autovalori per l’operatore B, gli autovalori di B sono b(i) =< a(i) |B|a(i) > e possiamo indicare con il simbolo |a(i) b(i) > un autoket simultaneo di A e B. Questa possibilit`a sar`a considerata, pi` u in dettaglio, nel prossimo capitolo.
Problema. Studiare il problema agli autovalori per un operatore unitario U . Soluzione Un generico operatore unitario pu` o sempre essere scritto nella forma U + U† U − U† +i = A + iB, 2 2i dove A e B sono entrambi Hermitiani. A e B commutano, perch`e U commuta con U † per la (1.43), e i loro autoket comuni |a0 b0 > sono anche autoket di U con autovalori u0 = a0 + ib0 (a0 , b0 reali). U=
Si ha anche A2 + B 2 =
1 1 (U + U † )2 − (U − U † )2 = U † U = 1, 4 4
da cui otteniamo che a02 + b02 = 1 e, quindi, gli autovalori di U hanno modulo uno e, ponendo a0 = cos c0 e b0 = sin c0 , possono essere scritti nella forma 0
u0 = eic .
(1.52)
Una conseguenza importante della (1.52) si ottiene definendo un operatore C con autovalori c0 e autoket |c0 >= |a0 b0 >. Essendo questa una base completa, avremo per U la decomposizione spettrale X 0 U= eic |c0 >< c0 | = eiC . (1.53) c0
26
CAPITOLO 1. LO SPIN
Ogni operatore unitario pu`o essere espresso, tramite un operatore Hermitiano, con una relazione della forma (1.53).
Il formalismo descritto in questi paragrafi deve essere completato con una discussione del caso in cui `e presente una degenerazione, pi` u autoket corrispondono allo stesso autovalore, e dello spettro continuo. Ambedue questi problemi verranno affrontati nel prossimo capitolo.
Bibliografia consigliata: [1], [3], [4].
Capitolo 2
Interpretazione fisica del formalismo generale 2.1
Misure
Il postulato sulla misura afferma che la misura di una grandezza fisica deve dare come risultato uno degli autovalori dell’osservabile corrispondente. Esso non `e di facile interpretazione e richiede alcune precisazioni. In particolare, cosa significa l’affermazione che ”i soli valori che pu`o assumere una grandezza fisica A sono quelli dello spettro degli autovalori dell’operatore A (osservabile) ad essa associato” ?. Prima di fare una misura dell’osservabile A, il sistema `e rappresentato da un ket che possiamo scrivere come combinazione lineare di autoket di A |α >=
X
|a0 >< a0 |α >,
(2.1)
a0
A|a0 >= a0 |a0 > essendo l’equazione agli autovalori per l’operatore A. La misura, di solito 1 , cambia lo stato del sistema che ”precipita” in uno degli autoket dell’osservabile A, |a0 > per esempio, |α > quando si misura A =⇒ |a0 > .
(2.2)
In questo caso, diciamo che l’autovalore a0 , corrispondente all’autoket |a0 >, `e il risultato della misura di A. Si tratta di un cambiamento non causale, una perturbazione non controllabile provocata dall’interazione del sistema con l’apparato di misura. Pensiamo quindi di poter eseguire una misura ideale in cui tutti gli effetti, dovuti alle condizioni particolari in cui la misura `e stata fatta, possono essere trascurati e solo la perturbazione non controllabile, specifica dei fenomeni quantistici, entra in gioco. In una misura 1 La sola eccezione si verifica quando lo stato del sistema `e gi` a un autostato della osservabile che viene misurata.
27
28
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
ideale, l’apparato di misura funziona come un ”filtro perfetto” e seleziona solo una componente dello sviluppo (2.1). In questo senso, l’apparato di Stern-Gerlach fornisce una misura ideale dello spin degli atomi d’argento. La seconda parte, del postulato della misura, afferma che la probabilit`a che il sistema salti in qualche particolare autoket di A, |a0 >, `e data da Probabilit` a che il risultato sia a0 = | < a0 |α > |2 ,
(2.3)
se |α > `e normalizzato: < α|α >= 1, altrimenti il membro destro di (2.3) deve essere diviso per < α|α >. L’equazione (2.3) definisce una distribuzione statistica delle misure della grandezza fisica A, associata all’osservabile A. Sperimentalmente, questa distribuzione corrisponde alla distribuzione dei risultati ottenuti quando si effettua la misura di A su un gran numero di sistemi fisici preparati in modo identico, indipendenti e che si trovano, all’istante della misura, nello stesso stato dinamico. Tutti i sistemi sono caratterizzati, all’inizio del processo di misura, dallo stesso ket |α > e definiscono ci`o che si chiama un insieme puro. Un esempio di insieme puro `e fornito dagli atomi d’argento , tutti nello stato |+ >, che escono da un apparato di Stern-Gerlach SGˆ z con la componente |− > bloccata. L’interpretazione probabilistica della misura, data da (2.3), `e uno dei postulati fondamentali della meccanica quantistica ed `e in accordo con le propriet`a generali di una probabilit`a, definita come rapporto fra il numero di casi favorevoli al verificarsi di un certo evento e il numero di casi possibili. La probabilit`a di un qualsiasi evento deve essere positiva , o nulla, e la somma delle probabilit`a, relative a tutte le possibili alternative, deve essere uno. Entrambe queste condizioni sono soddisfatte da (2.3). Ritroviamo anche il postulato di ”riduzione del pacchetto d’onda” perch`e, se |α > coincide con |a0 >, la probabilit`a di ottenere a0 , come risultato della misura, `e uno mentre `e nulla, per ogni altro autovalore a” 6= a0 , a causa dell’ortogonalit`a tra |a0 > e |a” >. Ad ogni stato dinamico del sistema corrisponde una certa distribuzione statistica dei valori che possono assumere le variabili dinamiche che caratterizzano lo stato. Conoscendo, da (2.3), questa distribuzione statistica possiamo definire il valore di aspettazione, o valor medio, di A nello stato |α >, che supponiamo normalizzato ad uno, < A >=< α|A|α >
(2.4)
e, per una funzione qualunque, F (A), di una osservabile data A, < F (A) >=< α|F (A)|α > .
(2.5)
Qualunque sia F (A), l’espressione (2.5) non cambia se moltiplichiamo il ket |α > per un fattore di fase exp(iφ) arbitrario (φ `e reale). Ad ogni stato
2.2. APPLICAZIONI
29
dinamico corrisponde un vettore definito a meno di un fattore di fase o, in altre parole, lo stato `e definito da un raggio nello spazio degli stati, come abbiamo gi`a visto nel primo capitolo. Possiamo riscrivere la definizione (2.4) nella forma < A >=
XX a0
< α|a” >< a”|A|a0 >< a0 |α >=
a”
=
X
a0 | < a0 |α > |2 ,
(2.6)
a0
essendo < a”|A|a0 >= a0 < a”|a0 >= a0 δa0 a” . L’ultima riga dell’equazione (2.6) `e in accordo con la nostra nozione intuitiva di valore medio come somma dei prodotti dei valori misurati, a0 , per la probabilit`a di ottenerli. E’ importante distinguere gli autovalori di una osservabile dai suoi valori medi. Misurando Sz di un atomo d’argento, con l’apparato di Stern-Gerlach, i risultati possibili sono ± ¯h/2 ma il valore medio di Sz , < Sz >, che risulta dalla misura su molti atomi, pu`o assumere ogni valore reale compreso fra −¯h/2 e +¯ h/2.
2.2
Applicazione dei postulati della misura ai sistemi di spin 1/2
Il postulato della misura, discusso nel paragrafo precedente, permette di determinare gli autoket |± >x e |± >y degli operatori Sx e Sy e di confermare i risultati gi`a ottenuti per analogia con la polarizzazione della luce. In un esperimento di Stern-Gerlach sequenziale, prepariamo dapprima un fascio di atomi di spin 1/2, tutti nello stato |+ >x , e facciamo quindi passare il fascio attraverso un dispositivo SGˆ z. Otteniamo due componenti, |± >, di eguale intensit`a e ci`o significa che le probabilit`a di ottenere gli autovalori ±¯h/2 di Sz sono le stesse e pari a 1/2. Dalla (2.3) abbiamo che 1 | < +|+ >x | = | < −|+ >x | = √ 2
(2.7)
e, a meno di una inessenziale fase globale, 1 1 |+ >x = √ |+ > + √ eiδ1 |− >, 2 2
(2.8)
con δ1 reale. Il ket |− >x deve essere ortogonale a |+ >x , perch`e le due alternative si escludono a vicenda, e questa condizione porta a 1 1 |− >x = √ |+ > − √ eiδ1 |− >, 2 2 sempre a meno di una fase globale.
(2.9)
30
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
Possiamo anche costruire l’operatore Sx , dalla sua decomposizione spettrale ¯h ¯h Sx = + |+ >x x < +| + − |− >x x < −|, 2 2 e, inserendo le equazioni (2.8) e (2.9), Sx =
i ¯ h −iδ1 h e |+ >< −| + eiδ1 |− >< +| 2
(2.10)
che determina l’operatore Hermitiano Sx nella base degli autoket di Sz . Ripetendo lo stesso ragionamento per Sy , si ottiene 1 1 |± >y = √ |+ > ± √ eiδ2 |− > 2 2
(2.11)
e
i ¯ h −iδ2 h e |+ >< −| + eiδ2 |− >< +| 2 con δ2 reale, ma diverso da δ1 .
Sy =
(2.12)
Se consideriamo un fascio di atomi di spin 1/2, che si muovono nella ˆ, e eseguiamo un esperimento SGˆ direzione z x seguito da SGˆ y, dovremo avere in analogia con (2.7) 1 |y < ±|+ >x | = |y < ±|− >x | = √ , 2
(2.13)
perch`e il fascio |± >x si scinde in due componenti con la stessa intensit`a nella misura di Sy , e quindi le due probabilit`a devono avere lo stesso valore. Calcoliamo ora, usando (2.8) e (2.11), y < ±|+ >x y
< ±|+ >x =
1 < +| ± e−iδ2 < −| · |+ > +eiδ1 |− > = 2
1 1 ± ei(δ1 −δ2 ) , 2 e sostituiamo questo risultato in (2.13), ottenendo
=
1 1 1 ± ei(δ1 −δ2 ) = √ , 2 2
che `e equivalente a q
1 ± cos(δ1 − δ2 ) = 1.
Vediamo che deve essere
(2.14)
π (2.15) 2 e che l’introduzione dei numeri complessi appare come un aspetto essenziale della meccanica quantistica. Se, infatti, scegliamo opportunamente la fase δ1 − δ2 = ±
2.2. APPLICAZIONI
31
globale nella definizione degli autoket di Sz , |± >, possiamo porre δ1 = 0, mentre la scelta di δ2 , δ2 = ±π/2, `e legata alla scelta del sistema di coordinate: levogiro o destrogiro. La scelta corretta, per un sistema di coordinate levogiro, risulta essere δ2 = π/2. Per riassumere, abbiamo 1 1 |± >x = √ |+ > ± √ |− >, 2 2
(2.16)
1 i |± >y = √ |+ > ± √ |− >, 2 2
(2.17)
e
mentre ¯ h [|+ >< −| + |− >< +|], 2
(2.18)
¯ h [−i |+ >< −| + i |− >< +|]. 2
(2.19)
Sx = e Sy =
Notiamo che i risultati (2.16) e (2.17) sono in accordo con quanto trovato precedentemente perch`e solo la fase relativa fra |+ > e |− > ha significato fisico. Nella base dei suoi autoket, l’operatore Sz `e diagonale ed ha la seguente decomposizione spettrale Sz =
¯ h [|+ >< +| − |− >< −|]. 2
(2.20)
A questo punto diventa particolarmente interessante e semplice introdurre il formalismo a due componenti di Pauli per i sistemi di spin 1/2. Nella rappresentazione matriciale dei ket, bra e operatori abbiamo la corrispondenza per i ket di base (autoket di Sz ) 1 0
.
|+ >=
!
e
0 1
.
|− >=
!
,
(2.21)
mentre, per un arbitrario ket di stato, si avr`a .
|α >=
< +|α > < −|α >
!
,
(2.22)
e, analogamente, i bra saranno rappresentati da matrici ad una riga e due colonne. La matrice colonna (2.22) `e chiamata spinore a due componenti e si pu`o scrivere nella forma .
|α >=
c+ c−
!
≡ χ,
.
< α| =
c∗+ c∗−
≡ χ† ,
(2.23)
32
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
dove c+ e c− sono, in generale, numeri complessi. Dalle equazioni (2.18), (2.19) e (2.20) si trovano immediatamente le matrici che rappresentano gli operatori di spin Sk (k = 1, 2, 3 ovvero x, y, z) e, ponendo .
Sk =
¯ h σk , 2
si ottiene σx =
0 1 1 0
!
0 −i i 0
, σy =
!
, σz =
1 0 0 −1
!
,
(2.24)
che sono le famose matrici di Pauli. In questo formalismo, il valor medio < Sk > pu`o essere espresso tramite χ e σk : < Sk >=< α|Sk |α >=
X X
< α|a0 >< a0 |Sk |a” >< a”|α >=
a0 =± a”=±
=
¯h † χ σk χ. 2
(2.25)
Alcune propriet`a della matrici di Pauli sono evidenti Tr(σi ) = 0, det(σi ) = −1,
σi2 = 1.
(2.26)
L’ultima equazione delle (2.26), insieme alla propriet`a σi† = σi , mostra che le matrici di Pauli sono sia unitarie che Hermitiane. L’Hermiticit`a `e legata al fatto che gli operatori Sk sono osservabili. Da (2.24), o dalle equazioni (2.18), (2.19) e (2.20), troviamo anche le regole di commutazione 2 [σi , σj ] = 2iijk σk ,
(2.27)
che si traducono nelle corrispondenti regole per gli operatori di spin [Si , Sj ] = i¯hijk Sk ,
(2.28)
e le relazioni di anticommutazione {σi , σj } = 2δij .
Problema. Dimostrare l’identit`a (σ · a)(σ · b) = a · b + iσ · (a × b), dove a e b sono vettori tridimensionali che commutano con σ. 2
La somma sugli indici ripetuti `e implicita.
(2.29)
2.2. APPLICAZIONI
33
Soluzione Si ha (σ · a)(σ · b) =
X
σj aj
j
=
X
σ k bk =
k
1X aj bk ({σj , σk } + [σj , σk ]). 2 j,k
Dalle (2.27) e (2.29) si ottiene (σ · a)(σ · b) =
X
aj bk (δjk + ijkl σl ) =
j,k,l
= a · b + iσ · (a × b).
Le relazioni di commutazione (2.28) sono quelle di un qualsiasi momento angolare. Ricordiamo che, per l’operatore momento angolare orbitale L, ad esempio, valgono le relazioni di commutazione [Li , Lj ] = i¯hijk Lk . Le relazioni di anticommutazione (2.29), invece, costituiscono una propriet`a peculiare dello spin 1/2. Sx2
ˆ + Sy y ˆ + Sz z ˆ e S2 = Possiamo anche definire gli operatori S = Sx x 2 2 2 + Sy + Sz . Dalla (2.29), moltiplicando per ¯h /4, otteniamo {Si , Sj } =
¯2 h δij , 2
da cui Si2 = h ¯ 2 /4; l’operatore S2 risulta essere un multiplo dell’operatore identit`a 3 S2 = ¯h2 1 4 e, quindi, commuta con tutte le componenti di S [S2 , Sj ] = 0.
Problema. In presenza di una interazione spin-orbita, nell’Hamiltoniano compare un termine della forma L · S. L non `e pi` u una costante del moto perch`e non commuta con l’Hamiltoniano. Mostrare che il momento angolare totale J = L + S commuta con L · S. Soluzione
34
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
Consideriamo la componente Jz e il suo commutatore con S · L, ricordando che [S, L] = 0 perch`e l’operatore L agisce solo sulle coordinate x, y, z mentre S mescola le componenti di uno spinore, [S · L, Jz ] = S · [L, Lz ] + [S, Sz ] · L = −i¯ hSx Ly + i¯hSy Lx − i¯hSy Lx + i¯hSx Ly = 0. In modo analogo, si pu` o dimostrare la commutativit`a per le altre componenti di J.
2.3
Osservabili compatibili e incompatibili
Due osservabili A e B si dicono compatibili se gli operatori, A e B, commutano [A, B] = 0 (2.30) e incompatibili quando [A, B] 6= 0.
(2.31)
Per esempio, S2 e Sz sono osservabili compatibili mentre Sx e Sz sono osservabili incompatibili. Se l’equazione (2.30) `e soddisfatta e |a0 > `e un autoket comune di A e B, allora si ha anche [A, B]|a0 >= 0 ed `e possibile dimostrare il teorema: Se due osservabili commutano, esse possiedono un insieme ortonormale completo di autoket comuni e, viceversa, l’esistenza di un insieme comune e completo di autoket assicura la commutativit` a delle due osservabili. Fisicamente, questo significa che le variabili dinamiche rappresentate da queste due osservabili possono essere definite, in modo preciso, simultaneamente: sono delle variabili compatibili. In particolare, `e possibile effettuare simultaneamente una misura ideale delle variabili A e B e il ket di stato, dopo la misura, sar`a un autoket comune di A e B. Dimostriamo dapprima che, se A e B sono osservabili compatibili e gli autovalori di A (|a0 >) sono non degeneri, gli elementi di matrice < a”|B|a0 > sono diagonali < a”|B|a0 >= δa0 a” < a0 |B|a0 > . (2.32) Infatti < a”|[A, B]|a0 >=< a”|(AB − BA)|a0 >= (a” − a0 ) < a”|B|a0 >= 0 quindi < a”|B|a0 > deve annullarsi, a meno che a” = a0 , e questo prova l’equazione (2.32). Cos`ı A e B possono essere rappresentate da matrici diagonali con lo stesso insieme di ket di base, gli autoket di A. Allora B=
XX a0
a”
|a0 >< a0 |B|a” >< a”| =
X a”
|a” >< a”|B|a” >< a”|
2.3. OSSERVABILI COMPATIBILI E INCOMPATIBILI
35
e, facendo agire B su un autoket di A, si ha B|a0 >=
X
|a” >< a”|B|a” >< a”|a0 >= (< a0 |B|a0 >) · |a0 > .
(2.33)
a”
Ma (2.33) `e proprio l’equazione agli autovalori per l’operatore B, con autovalore b0 ≡< a0 |B|a0 >, (2.34) e, perci`o, il ket |a0 > `e un autoket simultaneo di A e B e lo possiamo indicare con |a0 , b0 > perch`e A|a0 , b0 >= a0 |a0 , b0 >, (2.35) e B|a0 , b0 >= b0 |a0 , b0 > .
(2.36)
Viceversa, se A e B posiedono un insieme ortonormale e completo di autoket comuni, si ha AB|a0 , b0 >= a0 b0 |a0 , b0 >= BA|a0 , b0 > (2.37) e [A, B]|a0 , b0 >= 0, che, essendo vera per ogni ket della base 3 , vale anche in senso operatoriale, cio`e [A, B] = 0. Possiamo ora affrontare un problema importante, legato al concetto di degenerazione, che avr`a una soluzione semplice in base al teorema appena dimostrato. Un operatore Hermitiano A pu`o avere due o pi` u autovalori coincidenti (degeneri), cio`e pi` u autoket linearmente indipendenti possono appartenere allo stesso autovalore. Supponiamo, per esempio, che un autovalore a0 corrisponda a due autoket linearmente indipendenti e normalizzati: A|a0 1 >= a0 |a0 1 >, A|a0 2 >= a0 |a0 2 > . Evidentemente, qualsiasi combinazione lineare λ|a0 1 > +µ|a0 2 > `e pure un autoket di A con autovalore a0 . Poich`e gli autoket di un operatore Hermitiano A formano un insieme ortonormale completo, `e possibile usare questo insieme di autoket come ket di base caratterizzandoli con gli autovalori corrispondenti. Tuttavia, se `e presente una degenerazione, pi` u autoket appartengono ad un particolare autovalore e il simbolo |a0 > non `e sufficiente per caratterizzare il ket. Ma, se potessimo trovare un secondo operatore Hermitiano B, che commuta con A e tale che il sistema di autoket comuni |a0 , b0 > sia unico, allora avremmo risolto il nostro problema e, in tal caso, diremo che A e B formano un 3
Pu` o succedere che (2.37) sia vera in un sottospazio dei ket anche se A e B non sono compatibili. Per esempio, uno stato con ` = 0 (stato S), `e autostato simultaneo di Lx e Lz , anche se Lx e Lz non commutano, con autovalore zero per entrambi gli operatori.
36
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
insieme completo di osservabili compatibili. Altrimenti, si dovr`a trovare un terzo osservabile C, che commuta con A e B, e cos`ı via, finch`e gli autoket comuni siano caratterizzati in modo univoco. In generale, diremo che le osservabili A, B, . . . , G formano un insieme completo di di osservabili compatibili se esse possiedono un insieme completo di autoket comuni e uno solo. In altre parole, ogni autoket |a0 , b0 , . . . , g 0 > `e caratterizzato univocamente dagli autovalori di queste osservabili 4 . In un esperimento si dovr`a preparare il sistema effettuando su di esso la misura simultanea di un insieme completo di osservabili compatibili, il suo stato dinamico sar`a cos`ı completamente determinato all’istante iniziale. Lo stato del sistema cambier`a poi, secondo l’equazione di Schr¨odinger, in modo noto e, successivamente, si potr`a prevedere esattamente la distribuzione statistica dei risultati di una data misura. Consideriamo, ora, le osservabili incompatibili che, come abbiamo visto, non possono avere un insieme completo di autoket in comune. Misure successive di osservabili che non commutano cambiano, in generale, il ket di stato del sistema e presentano alcune peculiarit`a che posssiamo chiarire tramite un esempio. Pensiamo ad una successione di misure ideali, di tre osservabili non compatibili A, B, C, che generalizzi gli esperimenti sequenziali di Stern e Gerlach, considerati nel secondo capitolo, nel senso che, in ogni misura, si seleziona un solo autoket dell’osservabile corrispondente. Uno schema dell’apparato `e mostrato in Fig. 2.1.
|a0 -
A
> -
|c0 >
|b0 > B
-
C
-
Figura 2.1: Misure ideali in successione di osservabili incompatibili. Supponiamo che sia normalizzata ad uno l’intensit`a del fascio che esce dal primo dispositivo, che misura A. Allora, l’intensit`a del fascio finale, o la probabilit`a di ottenere |c0 >, `e il prodotto delle probabilit`a | < c0 |b0 > |2 · | < b0 |a0 > |2
(2.38)
Sommiamo, ora, su b0 per calcolare la probabilit`a di ottenere c0 , come risultato dell’ultima misura, indipendentemente dal risultato della misura di B. 4
Un esempio semplice `e fornito dal momento angolare orbitale. Gli autovalori di L2 e Lz sono, rispettivamente, ¯ h2 `(`+1) e ¯ hm; per caratterizzare il momento angolare orbitale, `e necessario specificare sia ` che m: |`, m >.
2.3. OSSERVABILI COMPATIBILI E INCOMPATIBILI
37
B funziona sempre come un filtro perfetto e si ripete la misura per ogni autovalore di B, bloccando tutti gli altri. Ci`o significa che si considera la somma delle probabilit`a di ottenere c0 per ogni possibile risultato della misura ideale di B. Si ottiene cos`ı X
| < c0 |b0 > |2 | < b0 |a0 > |2 =
X
b0
< c0 |b0 >< b0 |a0 >< a0 |b0 >< b0 |c0 >,
b0
(2.39) e possiamo vedere come l’effettiva registrazione delle probabilit`a, di passare attraverso le diverse vie b0 , influisca sul risultato che otteniamo nella misura di C. Sarebbe infatti errato pensare che, avendo sommato su tutti i possibili risultati della misura di B, l’espressione (2.39) rappresenti anche la probabilit`a di ottenere c0 nel dispositivo di Fig. 2.2.
|a0 > A
-
-
|c0 > C
-
Figura 2.2: Misure ideali in successione in assenza del filtro B. Ora, la probabilit`a di ottenere c0 `e | < c0 |a0 > |2 e possiamo sempre considerare il fascio puro |a0 >, che esce dal primo filtro (A), come combinazione lineare di autoket di B |a0 >=
X
|b0 >< b0 |a0 > .
b0
Quindi, la probabilit`a diventa in questo caso 2 X | < c0 |a0 > |2 = < c0 |b0 >< b0 |a0 > = 0 b
=
XX b0
< c0 |b0 >< b0 |a0 >< a0 |b” >< b”|c0 >,
(2.40)
b”
che `e diversa da (2.39). Il risultato della misura di C varia a seconda che la misura di B sia stata fatta o no, anche se consideriamo tutti i possibili risultati della misura di B. Se A e B, oppure B e C, avessero un insieme completo di autoket comuni, cio`e [A, B] = 0 oppure [B, C] = 0,
38
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
le due probabilit`a (2.39) e (2.40) coinciderebbero, come si pu`o facilmente verificare. La diversit`a fra queste due espressioni `e una caratteristica delle osservabili incompatibili. Le figure che seguono dovrebbero chiarire completamente questo importante concetto. Si ha infatti
- SGz
Sz +
Sx +
Sz +
- SGx
-
SGz
-
Sz −
50% 50%
(c) Figura 2.3: Misure di componenti incompatibili dello spin. ma Sx +
Sz + - SGz
- SGx
- SGz
Sx −
Sz + -
Sz −
100% 0%
(c) Figura 2.4: La misura di Sx non viene fatta.
2.4
Le relazioni di indeterminazione
Data una osservabile A, definiamo lo scarto quadratico medio o fluttuazione di A come 1 ∆A = (< A2 > − < A >2 ) 2 , (2.41) dove il valore medio di A deve essere preso nello stato fisico che stiamo considerando. Nella maggior parte dei casi, ∆A rappresenta l’incertezza su A e si annulla quando lo stato in questione `e un autoket di A. Per esempio, se A `e l’osservabile Sx , e lo stato considerato `e l’autoket |+ > di Sz , abbiamo dalla (2.18): < Sx >= 0 e < Sx2 >= h ¯ 2 /4. La fluttuazione ∆Sx , in questo stato, `e ¯h ∆Sx = , 2 mentre ∆Sz `e nullo. Cio`e, nello stato |+ >, Sz `e ben definito mentre Sx `e mal definito.
2.4. LE RELAZIONI DI INDETERMINAZIONE
39
Consideriamo, ora, due osservabili, A e B, che verificano l’equazione [A, B] = iC,
(2.42)
con C operatore Hermitiano 5 . Allora, per qualsiasi stato, varr`a la seguente disuguaglianza 1 1 ∆A ∆B ≥ | < [A, B] > | = | < C > |. 2 2
(2.43)
Per dimostrarlo, introduciamo le osservabili Aˆ = A− < A >,
ˆ = B− < B > . B
E’ chiaro che ˆ B] ˆ = iC, [A, e che ∆A = ∆Aˆ =< Aˆ2 >1/2 ,
ˆ =< B ˆ 2 >1/2 . ∆B = ∆B
Supponiamo che lo stato dinamico del sistema sia rappresentato da un ket |α >, normalizzato, e applichiamo la disuguaglianza di Schwarz (si veda il ˆ > e B|α ˆ >: capitolo I) ai ket A|α ˆ 2 |α > ≥ | < α|AˆB|α ˆ > |2 . (∆A)2 (∆B)2 =< α|Aˆ2 |α >< α|B ˆ nella parte Hermitiana e Separando il prodotto AˆB ottiene ˆ B} ˆ + 1 [A, ˆ B] ˆ = 1 {A, ˆ B} ˆ + ˆ = 1 {A, AˆB 2 2 2
(2.44)
anti-Hermitiana, si i C, 2
e si pu`o riscrivere la disuguaglianza (2.44) nella forma 2
2
(∆A) (∆B) ≥
2
1 ˆ ˆ {A, B} 2
+
C 2
2
e, a maggior ragione, 1 ∆A ∆B ≥ | < C > |. 2
(2.45)
Le relazioni di indeterminazione di Heisenberg, posizione-impulso, discendono direttamente dalla (2.45) se A `e una componente dell’operatore posizione, B `e la corrispondente componente dell’operatore impulso e C `e proporzionale all’operatore identit`a: C = h ¯ 1. 5 Il commutatore di due operatori Hermitiani, X = [A, B], `e anti-Hermitiano, X = −X † , e il suo valore medio `e immaginario puro.
40
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
Problema. Trovare le condizioni per cui il prodotto ∆A ∆B `e uguale al suo valore minimo | < C > |/2 . Soluzione ˆ > e B|α ˆ > La disuguaglianza di Schwarz deve ridursi ad una identit`a, quindi A|α devono essere paralleli: ˆ >= λA|α ˆ > B|α (2.46) ˆ B} ˆ > deve essere nullo: con λ costante arbitraria, e il valor medio < {A, ˆ B} ˆ >= (λ + λ∗ ) < α|Aˆ2 |α >= 0, < {A, cio`e λ + λ∗ = 2Re λ = 0 e λ deve essere immaginario puro. Dalla condizione (2.46) si ha anche ˆ >= λ(∆A)2 e < α|AˆB|α
ˆ A|α ˆ >= 1 (∆B)2 , < α|B λ
e, sommando i membri destri di queste due equazioni si deve ottenere zero (valor medio dell’anticommutatore), mentre la differenza deve dare i < C >: λ(∆A)2 +
1 1 (∆B)2 = 0 e λ(∆A)2 − (∆B)2 = i < C > . λ λ
Eliminando ∆B da queste equazioni, si pu`o esprimere λ tramite ∆A λ=
i
. 2(∆A)2
(2.47)
Vedremo, quando considereremo le osservabili posizione e impulso, le conseguenze di questa condizione.
2.5
Lo spettro continuo
Finora abbiamo considerato uno spazio degli stati di dimensioni finite, n. Se n diventa infinito, i problemi matematici, riguardanti la convergenza delle serie e la completezza della base, diventano pi` u complessi in questo limite. Possiamo ancora definire la matrice che rappresenta un operatore Hermitiano ma, per esempio, la sua traccia diventa la somma di infiniti autovalori (e il suo determinante il prodotto di infiniti autovalori) e pu`o non esistere nel limite continuo. Nel seguito, ci sar`a sufficiente sapere che esiste una formulazione matematica rigorosa di uno spazio vettoriale lineare con infinite, anche non numerabili, dimensioni e che le generalizzazioni esposte nel seguito dovranno essere accompagnate da una certa cautela nel definire le propriet`a di un operatore. Per esempio, se n `e finito, la condizione U U † = 1 `e sufficiente per affermare che l’operatore U `e unitario mentre, se n → ∞, anche la condizione U † U = 1 deve essere soddisfatta indipendentemente.
2.5. LO SPETTRO CONTINUO
41
Supponiamo che l’operatore Hermitiano A < α|A|β >=< β|A|α >∗ , presenti uno spettro degli autovalori che consiste di punti discreti e di una parte continua. Gli autoket corrispondenti agli autovalori discreti possono essere normalizzati ad uno mentre, nella parte continua dello spettro, assumiamo che l’autoket sia una funzione continua dell’autovalore. L’interpretazione fisica della teoria richiede che, nella parte continua dello spettro, abbiano significato fisico solo quelle soluzioni, dell’equazione agli autovalori A|a0 >= a0 |a0 >, per le quali a0 `e reale ed `e possibile adottare la normalizzazione < a0 |a” >= δ(a0 − a”), (2.48) in analogia con < a0 |a” >= δa0 a” per gli autovalori discreti. Con queste normalizzazioni, tutte le formule, per i casi discreto e continuo, sono molto simili ed `e sufficiente sostituire il simbolo di Kronecher con la funzione generalizzata δ di Dirac e la somma discreta sugli autovalori con un integrale. Cos`ı un ket arbitrario |α > pu`o essere scritto come |α >=
X
0
0
|a >< a |α > +
Z
|a” > da” < a”|α >,
(2.49)
a0
dove la somma corre sugli autovalori discreti e l’integrale viene esteso alla parte continua dello spettro. | < a0 |α > |2 `e la probabilit`a di trovare il valore a0 , per l’osservabile A nello stato |α >, se siamo nella parte discreta dello spettro. Analogamente, | < a”|α > |2 da” `e la probabilit`a di trovare un valore compreso fra a” e a” + da”, quando a” giace nella parte continua dello spettro. Un esempio, tratto dalla meccanica ondulatoria per una particella puntiforme che si muove in una dimensione, permette di chiarire questi concetti. Sia |α > il ket di stato della particella. Poich`e possiamo misurare la posizione ˆ , deve esistere un operatore Hermitiano x, osservadella particella sull’asse x bile, i cui autovalori formano un continuo perch`e una misura della posizione d`a, come risultato, un numero reale compreso fra −∞ e +∞. Indichiamo con |x0 > i corrispondenti autoket x|x0 >= x0 |x0 >, che, con la normalizzazione < x”|x0 >= δ(x” − x0 ),
(2.50)
42
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
formano un insieme ortonormale e completo Z
|x0 > dx0 < x0 | = 1
(2.51)
Partendo dallo sviluppo del ket |α > su questa base |α >=
Z
+∞
|x0 > dx0 < x0 |α >,
(2.52)
−∞
possiamo chiarire cosa si intende per una misura ideale dell’osservabile posizione. Immaginiamo un rivelatore molto sottile, posto in modo tale da scattare solo quando la particella si trova in x0 . Quando il rivelatore scatta, lo stato |α > ”precipita” in |x0 > e, subito dopo la misura, possiamo dire che lo stato `e |x0 >. In pratica, un rivelatore reale pu`o localizzare la particella in un piccolo intorno di x0 (x0 − ∆/2, x0 + ∆/2) e la misura della posizione produce un brusco cambiamento di stato che si pu`o schematizzare cos`ı: |α >=
Z
+∞
|x” > dx” < x”|α > ⇒
−∞
Z
x0 +∆/2
x0 −∆/2
|x” > dx” < x”|α > .
Se < x”|α > non cambia in modo apprezzabile in questo piccolo intervallo, e scriviamo dx0 al posto di ∆, la probabilit`a che il rivelatore scatti `e data da | < x0 |α > |2 dx0 . Ovviamente, la probabilit`a di trovare la particella da qualche parte, tra −∞ e +∞, deve essere uno Z
+∞
dx0 | < x0 |α > |2 = 1,
(2.53)
−∞
che `e certamente vera se il ket |α > `e normalizzato: < α|α >= 1. Tutto ci`o `e in accordo con la definizione generale data sopra. Nella relazione (2.52), le componenti < x0 |α > dello sviluppo definiscono una funzione complessa della variabile reale x0 e permettono di stabilire un legame esplicito fra la funzione d’onda della meccanica ondulatoria e il ket di stato. La relazione corretta, fra il ket di stato |α > e la funzione d’onda Ψα (x0 ) risulta essere Ψα (x0 ) =< x0 |α >, (2.54) e i valori complessi, che assume la funzione Ψα (x0 ), sono le componenti del ket |α > in uno spazio vettoriale ad infinite dimensioni in cui x0 etichetta i ket di base. Poich`e la base `e fornita dagli autoket dell’operatore x, possiamo dire che la meccanica ondulatoria `e la meccanica quantistica in rappresentazione {x} o rappresentazione coordinate. Da questo punto di vista, Ψα (x0 ) `e solo uno dei molti modi possibili di rappresentare il ket di stato.
2.5. LO SPETTRO CONTINUO
43
Possiamo convincerci che questo legame `e corretto considerando, per esempio, il prodotto scalare di due ket Z
< β|α >=
< β|x0 > dx0 < x0 |α >=
Z
+∞
∞
Ψ∗β (x0 )Ψα (x0 ) dx0 ,
(2.55)
o il valor medio di una funzione f (x) dell’operatore x. Si ha infatti, dalla < x”|x|x0 >= x0 δ(x” − x0 ), che gli elementi di matrice di f (x) sono < x”|f (x)|x0 >= f (x0 ) δ(x” − x0 ), e, in generale, Z
+∞
< β|f (x)|α >= −∞
Ψ∗β (x0 )f (x0 )Ψα (x0 ) dx0 ,
(2.56)
in accordo con le convenzioni della meccanica ondulatoria. Il risultato (2.56) discende immediatamente dalla Z
f (x)|α >=
|x0 > dx0 < x0 |f (x)|x” > dx” < x”|α >= Z
=
|x0 > dx0 f (x0 )Ψα (x0 ).
L’estensione a tre dimensioni della nozione di autoket di posizione richiede l’ipotesi che la base |x0 > sia completa e quindi che i tre operatori x, y, z formino un insieme completo di osservabili compatibili. Dovremo perci`o assumere che [xi , xj ] = 0, (2.57) (i, j = 1, 2, 3) dove, come al solito, x1 , x2 , x3 stanno per x, y, z. Le tre componenti del vettore posizione possono essere, allora, misurate simultaneamente con precisione arbitrariamente grande e il ket di stato di una particella puntiforme (senza spin) pu`o essere sviluppato sugli autoket di x, x|x0 >= x0 |x0 >, nel modo seguente |α >=
Z
|x0 > d3 x0 < x0 |α > .
(2.58)
Non `e difficile generalizzare tutte le formule, che abbiamo ottenuto in una dimensione, al caso tridimensionale purch`e ci si ricordi che (2.57) `e alla base di questa generalizzazione e che, ora, < x”|x0 >= δ 3 (x” − x0 ) = δ(x” − x0 )δ(y” − y 0 )δ(z” − z 0 ), mentre < x0 |α >= Ψα (x0 ).
44
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
2.6
Operatore di traslazione
Avendo visto che l’estensione al caso tridimensionale non presenta difficolt`a, restiamo in una dimensione e definiamo l’operatore di traslazione T (ξ), come l’operatore che cambia uno stato localizzato attorno ad x0 in uno stato localizzato attorno ad x0 + ξ: T (ξ)|x0 >= |x0 + ξ > .
(2.59)
x0 e ξ sono numeri con le dimensioni di una lunghezza e, per la (2.59), |x0 > non `e un autoket di T (ξ). In rappresentazione coordinate, gli elementi di matrice dell’operatore traslazione sono < x”|T (ξ)|x0 >=< x”|x0 + ξ >= δ(x” − x0 − ξ),
(2.60)
e, se consideriamo due traslazioni successive ξ e η, T (η)T (ξ) = T (ξ)T (η) = T (ξ + η),
(2.61)
cio`e due traslazioni successive sono equivalenti a una traslazione risultante che non dipende dall’ordine in cui abbiamo eseguito le due traslazioni. Per definizione, T (ξ) preserva l’ortonormalit`a e la completezza dei ket di base ed `e quindi un operatore unitario che possiamo scrivere nella forma T (ξ) = eiA(ξ) ,
(2.62)
con A(ξ) operatore Hermitiano. Se poniamo η = ξ in (2.61), otteniamo (T (ξ))2 = T (2ξ) ovvero 2A(ξ) = A(2ξ). Non `e difficile, a questo punto, provare che, per ogni numero razionale n, vale la relazione nA(ξ) = A(nξ) e che, se l’operatore A `e una funzione continua di ξ, A(n) = nA(1), per tutti i numeri reali n. Segue che A(ξ) ∝ ξ e che T (ξ) ha la forma T (ξ) = e−iξk ,
(2.63)
dove k `e un operatore Hermitiano. Se ξ rappresenta uno spostamento infinitesimo, ξ = dx0 , T (dx0 ) = 1 − idx0 k (2.64) e l’operatore k `e chiamato il generatore delle traslazioni infinitesime 6 . 6
Nel caso tridimensionale, l’equazione (2.64) diventer` a: T (dx0 ) = 1 − idx0 · k.
2.6. OPERATORE DI TRASLAZIONE
45
L’effetto di T (ξ), su un ket arbitrario, discende dalla relazione −iξk
T (ξ)|α >= e Z
=
0
|α >= T (ξ)
0
0
|x + ξ > dx < x |α >=
Z
Z
|x0 > dx0 < x0 |α >=
|x0 > dx0 < x0 − ξ|α >,
(2.65)
dove il cambiamento di variabile non cambia gli estremi di integrazione che sono −∞ e +∞ per tutti gli integrali. Cos`ı, nella traslazione, lo stato con funzione d’onda Ψα (x0 ) =< x0 |α > `e mutato nel nuovo stato con funzione ¯ 0 α (x0 ) =< x0 − ξ|α >= Ψα (x0 − ξ). d’onda Ψ Sviluppiamo in serie di potenze di ξ (Mac-Laurin) il secondo ed ultimo termine dell’equazione (2.65) e uguagliamo i coefficienti delle potenze ξ n . Notando che 0
< x − ξ|α >=
∞ X 1 n=0
∞ X ∂n (−1)n 0 n < x − ξ|α > ξ = × ∂ξ n n! ξ=0 n=0
n!
∞ X ∂n (−1)n 0 n < x − ξ|α > ξ = ∂(x0 − ξ)n n! ξ=0 n=0
!
×
!
si ottiene
∂n < x0 |α > ξ n , ∂x0n
1 ∂n k |α >= n |x0 > dx0 0n < x0 |α > . (2.66) i ∂x L’effetto di una qualsiasi funzione di k, che pu`o essere sviluppata in serie di potenze, sar`a quindi Z
n
Z
0
0
1 ∂ Ψα (x0 ), i ∂x0
(2.67)
1 ∂ Ψα (x0 )dx0 i ∂x0
(2.68)
|x > dx f
f (k)|α >=
e, in particolare, Z
+∞
< β|k|α >= −∞
Ψ∗β (x0 )
Dalla (2.66) si pu`o calcolare il commutatore [x, k]. Infatti, per un ket arbitrario |α >, si ha xk|α >= e
1 i
Z
|x0 > dx0 x0
∂ < x0 |α > ∂x0
1 ∂ kx|α >= |x0 > dx0 0 (x0 < x0 |α >), i ∂x quindi, sottraendo dalla prima equazione la seconda, Z
1 (xk − kx)|α >= − i
Z
|x0 > dx0 < x0 |α >= i|α > .
(2.69)
46
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
Valendo la (2.69) per un ket arbitrario |α >, vale la relazione fra operatori [x, k] = i1,
(2.70)
che `e una relazione familiare e mostra che l’operatore di traslazione ha un significato fisico e che h ¯ k, o (¯ h/i)∂/∂x0 , corrisponde alla componente x dell’impulso. Ritorneremo, fra un momento, a questo importante risultato. Per l’operatore Hermitiano k possiamo scrivere l’equazione agli autovalori k|k 0 >= k 0 |k 0 >, con k 0 reale. Notiamo che anche l’operatore T (ξ) ha gli stessi autoket, con autovalori exp(−ik 0 ξ). Se, nella equazione (2.66) con n = 1, poniamo |α >= |k 0 > e moltiplichiamo a sinistra per < x”|, otteniamo l’equazione differenziale ∂ ik 0 < x”|k 0 >= < x”|k 0 > . ∂x” La soluzione di questa equazione `e 0
< x”|k 0 >= g(k 0 )eik x” ,
(2.71)
senza nessuna limitazione sui valori di k 0 , a parte la condizione di realt`a. Quindi lo spettro di k comprende tutti i numeri reali fra −∞ e +∞. L’ortonormalit`a degli autoket di k determina g(k 0 ) a meno di un fattore di fase. Infatti Z < k”|k 0 >= δ(k” − k 0 ) = < k”|x0 > dx0 < x0 |k 0 >= ∗
0
Z
+∞
= g (k”)g(k )
0
0
ei(k −k”)x dx0 = 2π|g(k 0 )|2 δ(k 0 − k”).
−∞ 0 Perci` √ o, a meno di un fattore di fase che scegliamo eguale ad uno, g(k ) = 1/ 2π e 1 0 0 (2.72) < x0 |k 0 >= √ eik x . 2π
L’identificazione di ¯hk con l’impulso p della particella ha motivi pi` u profondi che non la semplice analogia delle relazioni (2.70) con la regola di commutazione [x, p] = i¯h1 (2.73) Abbiamo visto infatti che, all’autoket dell’osservabile k, corrisponde l’onda piana (2.72). D’altra parte, un’onda piana corrisponde ad una densit`a di probabilit`a costante per la presenza della particella lungo l’asse x. In accordo con la relazione di De Broglie, p0 = h ¯ k 0 , ci`o significa che l’impulso della particella `e ben definito. Cio`e exp(ik 0 x0 ) caratterizza l’autoket corrispondente a p0 = h ¯ k 0 . L’operatore k corrisponde al vettore d’onda della teoria classica.
2.6. OPERATORE DI TRASLAZIONE
47
L’operatore p = h ¯ k `e Hermitiano e definisce una base tramite i suoi autoket |p0 >, p|p0 >= p0 |p0 >, e i suoi autovalori sono reali. Gli autoket di p possono essere normalizzati |p0 >=
Z
1 |x0 > dx0 < x0 |p0 >= √ 2π
Z
0 0
eip x /¯h |x0 > dx0 ,
e possono essere usati come base di una rappresentazione, che chiameremo rappresentazione impulso , mentre le funzioni (2.72) 1 0 0 < x0 |p0 >= √ eip x /¯h . 2π sono le funzioni di trasformazione dalla rappresentazione x alla rappresentazione p. Un ket di stato arbitrario, |α >, pu`o essere sviluppato sulla base |p0 > |α >=
Z
|p0 > dp0 < p0 |α >,
e il legame fra la rappresentazione coordinate e la rappresentazione impulso `e dato dalla 0
< p |α >=
Z
1 < p |x > dx < x |α >= √ 2π 0
0
0
0
Z
0 0
e−ip x /¯h < x0 |α > dx0 . (2.74)
Se indichiamo con φα (p0 ) =< p0 |α >, la funzione d’onda nella rappresentazione {p}, vediamo che essa `e la trasformata di Fourier di Ψα (x0 ) 1 φα (p ) = √ 2π 0
Z
+∞
−∞
0 0
Ψα (x0 )e−ip x /¯h dx0 ,
(2.75)
e, viceversa, 1 Ψα (x0 ) = √ 2π
Z
+∞
−∞
0 0
φα (p0 )eip x /¯h dk 0 .
(2.76)
Consideriamo ora una particella nello spazio tridimensionale. Ogni traslazione in questo spazio pu`o essere ottenuta mediante traslazioni successive lungo i ˆ e l’asse z ˆ quello che abbitre assi coordinati. Possiamo ripetere per l’asse y 0 ˆ . Se |x > `e il ket che corrisponde amo detto per le traslazioni lungo l’asse x ad una particella, localizzata in x0 , avremo T (ξ)|x0 >= |x0 + ξ >
48
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
dove
T (ξ) = e−iξ ·p/¯h .
(2.77)
Una propriet`a fondamentale delle traslazioni impone che traslazioni sucˆ e y ˆ , commutino. cessive in direzioni diverse, per esempio nelle direzioni x Il gruppo delle traslazioni `e commutativo (o abeliano). I generatori delle traslazioni infinitesime, definiti generalizzando l’equazione (2.64), devono commutare [pi , pj ] = 0. (2.78) Anche la generalizzazione della relazione (2.70) diventa semplice perch`e le traslazioni lungo assi ortogonali sono indipendenti e quindi [xi , pj ] = i¯hδij 1,
(2.79)
con i, j = 1, 2, 3. Inoltre, dalla relazione di De Broglie, si ha che la probabilit`a di trovare, per una particella nello stato |α >, un impulso compreso fra p0 e p0 + dp0 `e | < p0 |α > |2 dp0 = |φα (p0 )|2 dp0 . Dalle (2.45) e (2.79) discendono immediatamente le relazioni di indeterminazione di Heisenberg ¯h (2.80) ∆xi ∆pi ≥ . 2
Problema. Si determinino le condizioni che devono essere imposte alla funzione d’onda affinch`e la disuguaglianza ∆x ∆px ≥
¯ h , 2
si riduca ad una uguaglianza. Soluzione Dalle condizioni (2.46) e (2.47), con A = x e B = px , otteniamo (px − < px >)|α >=
i¯h (x− < x >)|α >, 2(∆x)2
che, moltiplicata a sinistra per < x0 |, d`a h d ¯ i¯h − < px > Ψα (x0 ) = (x0 − < x >)Ψα (x0 ), i dx0 2(∆x)2 essendo, dalla (2.66), ¯ h px |α >= i
Z
|x0 > dx0
∂ Ψα (x0 ). ∂x0
(2.81)
2.7. REGOLE DI QUANTIZZAZIONE
49
Il pacchetto d’onda gaussiano, soluzione normalizzata di (2.81), (x0 − < x >)2 < px > x0 1 0 Ψα (x ) = exp − +i , 4(∆x)2 ¯h [2π(∆x)2 ]1/4
(2.82)
`e chiamato, per questo motivo, pacchetto d’onda di minima incertezza.
Notiamo che, nel limite ∆x → ∞, il pacchetto d’onda gaussiano (2.82) "
#
1 (x0 − < x >)2 < px > x0 Ψα (x ) = exp − + i , 4(∆x)2 ¯h [2π(∆x)2 ]1/4 0
diventa un’onda piana, che si estende su tutto lo spazio, con < px > /¯h =< k >; la probabilit`a di trovare la particella in un intorno dx0 di x0 , |Ψk (x0 )|2 dx0 , `e indipendente da x0 . Se ∆x → 0, otteniamo da (2.82) una funzione d’onda, nello spazio delle coordinate, simile ad una δ di Dirac: la probabilit`a di osservare la particella si annulla molto rapidamente per |x0 − < x > | > 2 ∆x. E’ istruttivo calcolare, seguendo questa linea, la funzione d’onda nello spazio degli impulsi, per la quale sia ∆x ∆px = h ¯ /2. Lo stesso risultato pu`o essere ottenuto facendo la trasformata di Fourier della (2.82). Questo esercizio viene lasciato al lettore 7 .
2.7
Regole di quantizzazione
Le relazioni di commutazione fra gli operatori Hermitiani, che rappresentano le coordinate e gli impulsi [xi , xj ] = 0, [pi , pj ] = 0, [xi , pj ] = i¯hδij 1, che abbiamo trovato nella sezione precedente, sono consistenti con il principio di corrispondenza. Possiamo formulare questo principio nel modo 7
Tutti gli integrali, che servono, possono essere ricondotti all’integrale di Eulero ∞
Z
e−t tz−1 dt
Γ(z) =
(Rez > 0),
0
ed `e sufficiente sapere che Γ(1/2) =
√ π,
Γ(n + 1) = n!,
con n intero, e che vale la relazione di ricorrenza Γ(z + 1) = zΓ(z).
50
CAPITOLO 2. INTERPRETAZIONE FISICA
seguente: Se un sistema quantistico ha un analogo classico, i valori medi degli operatori si comportano, nel limite ¯h → 0, come le corrispondenti quantit` a classiche. Vedremo infatti, nel prossimo capitolo, che l’analogia formale fra la teoria classica e la teoria quantistica `e realizzata completamente nella visuale di Heisenberg della dinamica. Le regole dell’algebra delle parentesi di Poisson classiche sono simili a quelle dei commutatori e vale in generale (Dirac, 1925) lim
h→0 ¯
< [G, F ] > = {Gc , Fc }class. i¯h
(2.83)
dove F e G sono operatori e Gc , Fc sono le corrispondenti grandezze classiche. Le parentesi di Poisson sono definite, tramite tutte grandezze classiche {Gc , Fc } =
X ∂Gc ∂Fc i
∂xi ∂pi
∂Gc ∂Fc . ∂pi ∂xi
−
Per completare le regole di quantizzazione, oltre alle relazioni di commutazione fondamentali, dovremo introdurre un operatore Hermitiano H, identico in forma all’Hamiltoniano classico 8 , in cui tutte le coordinate e gli impulsi sono rimpiazzati dai corrispondenti operatori. Lasciamo al prossimo capitolo la verifica della corrispondenza (2.83) e notiamo solo che la validit`a delle seguenti regole di commutazione [xi , G(p)] = i¯h
∂G , ∂pi
[pi , F (x)] = −i¯h
∂F , ∂xi
(2.84)
che discendono dalle (2.83), pu`o essere derivata dalle relazioni fondamentali di commutazione, per tutte le funzioni G(p) e F (x) che possono essere espresse come serie di potenze nei loro argomenti, come il lettore pu`o facilmente dimostrare (per induzione completa).
Bibliografia consigliata: [1], [3], [2].
8
La condizione che H sia Hermitiano risolve ogni possibile ambiguit` a.
Capitolo 3
Dinamica quantistica 3.1
L’equazione del moto
Secondo il postulato fondamentale dell’evoluzione temporale, lo stato di un sistema fisico, all’istante t, `e completamente determinato da un ket |α, t > in uno spazio vettoriale caratterizzato dalla natura del sistema. Inoltre, se |α, t0 > `e lo stato iniziale di un sistema isolato, il ket |α, t >, che rappresenta il suo stato all’istante successivo t, `e esattamente determinato da |α, t0 > se, nel frattempo, non eseguiamo misure sul sistema. Questa forma quantistica del principio di causalit`a cessa di valere se il sistema interagisce con uno strumento, il risultato della misura non `e causale ma `e determinato da una distribuzione statistica. Assumiamo anche che il principio di sovrapposizione valga durante l’evoluzione temporale: se |α, t0 > e |γ, t0 > evolvono separatamente in |α, t > e |γ, t >, allora una sovrapposizione dei ket λ |α, t0 > +µ |γ, t0 > evolver`a in λ |α, t > +µ |γ, t >. Ci`o significa che la corrispondenza fra |α, t0 > e |α, t > `e lineare e definisce un operatore lineare U(t, t0 ), che chiamiamo operatore di evoluzione temporale: |α, t >= U(t, t0 )|α, t0 > .
(3.1)
Poich`e, per quanto detto sopra, U(t, t0 ) non dipende da |α, t0 >, segue che |α, t2 >= U(t2 , t1 )|α, t1 >= = U(t2 , t1 )U(t1 , t0 )|α, t0 >= U(t2 , t0 )|α, t0 >, e gli operatori di evoluzione godono della propriet`a gruppale U(t2 , t0 ) = U(t2 , t1 )U(t1 , t0 ), mentre, per definizione, U(t, t) = 1. La condizione (3.2) implica che [U(t, t0 )]−1 = U(t0 , t), 51
(3.2)
52
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
e un’altra propriet`a importante discende dalla richiesta che la norma del ket |α, t > resti costante nel corso del tempo. Supponiamo che, al tempo t0 , il ket di stato |α, t0 > normalizzato sia sviluppato su un insieme di autoket di qualche osservabile A |α, t0 >=
X
|a0 >< a0 |α, t0 > .
a0
Ad un istante successivo, abbiamo |α, t >=
X
|a0 >< a0 |α, t >
a0
e, in generale, i moduli dei singoli coefficienti dello sviluppo saranno diversi | < a0 |α, t0 > | = 6 | < a0 |α, t > |. Ma, se vogliamo che | < a0 |α, t > |2 sia la probabilit`a di trovare il sistema, al tempo t, con il valore a0 per l’osservabile A, la somma di tutte le probabilit`a dovr`a essere sempre eguale ad uno X a0
| < a0 |α, t0 > |2 =
X
| < a0 |α, t > |2 = 1.
a0
Se il ket di stato `e inizialmente normalizzato ad uno, < α, t0 |α, t0 >= 1, deve rimanere normalizzato ad uno in tutti gli istanti seguenti, < α, t|α, t >= 1, e questa condizione richiede che l’operatore di evoluzione sia unitario: U † (t, t0 ) U(t, t0 ) = 1.
(3.3)
Per una traslazione infinitesima nel tempo possiamo scrivere U(t + dt, t) = 1 −
i H(t)dt, ¯h
(3.4)
con H operatore Hermitiano 1 che, in analogia con la meccanica classica dove l’Hamiltoniana `e il generatore dell’evoluzione temporale, identifichiamo con l’operatore Hamiltoniano. Vedremo che questa identificazione `e in accordo con la legge di Einstein E=h ¯ ω, e che, da essa, si riottiene l’equazione di Schr¨odinger della meccanica ondulatoria. 1
E’ facile provare che l’operatore H `e Hermitiano per l’unitariet` a di U , equazione (3.3). Infatti deve essere (1 + e, quindi, H = H † .
i † i i H dt)(1 − Hdt) = 1 + (H † − H)dt + O(dt2 ) = 1 ¯ h h ¯ h ¯
3.1. L’EQUAZIONE DEL MOTO
53
Poich`e, dalla (3.2), si ha U(t + dt, t0 ) = U(t + dt, t)U(t, t0 ), in base alla (3.4), per U deve valere l’equazione differenziale dU(t, t0 ) U(t + , t0 ) − U(t, t0 ) i = lim = − H(t)U(t, t0 ), →0 dt ¯h che pu`o essere scritta nella forma i¯h
dU(t, t0 ) = H(t)U(t, t0 ), dt
(3.5)
con la condizione iniziale U(t0 , t0 ) = 1. L’equazione (3.5) per l’operatore di evoluzione temporale permette di ricavare U(t, t0 ) se conosciamo l’operatore H. Conoscendo U(t, t0 ) `e possibile ottenere il ket di stato |α, t >, per qualsiasi t, applicando U(t, t0 ) ad |α, t0 > e risolvendo cos`ı il problema dell’evoluzione. La dinamica quantistica richiede l’esistenza dell’operatore H, ma non contiene una ricetta generale per costruirlo. Le regole di quantizzazione, enunciate nel capitolo precedente richiedono che H sia identico in forma all’Hamiltoniana classica in cui le coordinate e gli impulsi sono sostituiti dai corrispondenti operatori. Questo `e possibile se il sistema quantistico ha un analogo classico, altrimenti si deve ricorrere alle propriet`a di simmetria del sistema quantistico e ai risultati degli esperimenti. L’equazione del moto del ket di stato discende immediatamente da (3.5). Se moltiplichiamo (3.5), a destra, per |α, t0 > otteniamo i¯h
dU(t, t0 ) |α, t0 >= H(t)U(t, t0 )|α, t0 >, dt
ma |α, t0 > non dipende dal tempo e quindi l’equazione del moto cercata `e i¯h
d|α, t > = H(t)|α, t > . dt
(3.6)
La scelta di una funzione Hamiltoniana classica , per un sistema conservativo, della forma p2 Hclass (x, p) = + V (x), 2m dove x, p sono il vettore posizione e l’impulso classici, permette di ritrovare l’equazione di Schr¨odinger della meccanica ondulatoria. L’operatore Hamiltoniano ha la stessa forma con x e p operatori e, nella rappresentazione coordinate, x|x0 >= x0 |x0 >, avremo, per l’operatore V (x) < x0 |V (x)|α, t >= V (x0 ) < x0 |α, t >
54
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
e, per l’energia cinetica
2
p2 ¯h2 02 , α, t >= − 2m 2m 0
dove ∇0 f (x0 ) `e il gradiente di f (x0 ) rispetto ad x0 . Dalla (3.6), moltiplicando a sinistra per < x0 | e ponendo < x0 |α, t >= Ψα (x0 , t),
(3.7)
si ha l’equazione di Schr¨odinger "
#
∂Ψα (x0 , t) ¯h2 02 i¯h = − ∇ + V (x0 ) Ψα (x0 , t). ∂t 2m
(3.8)
Il problema principale che dobbiamo risolvere ora `e perci`o quello di ricavare le soluzioni dell’equazione (3.5) per l’operatore di evoluzione. Spesso H non dipende dal tempo e, allora, U pu`o essere ottenuto per intervalli di tempo finiti applicando la relazione (3.2) ripetutamente a n intervalli temporali, ognuno di lunghezza = (t − t0 )/n. Dalla (3.4) abbiamo, con dt = e U(t0 , t0 ) = 1,
U(t, t0 ) =
lim →0 n→∞
i 1 − H ¯h
n
i (t − t0 ) = lim 1 − H n→∞ ¯h n
n
.
Il limite `e la definizione della funzione esponenziale e i
U(t, t0 ) = e− h¯ (t−t0 )H .
(3.9)
Se l’operatore Hamiltoniano dipende esplicitamente dal tempo, la costruzione di U(t, t0 ) con il procedimento che porta a (3.9) non vale pi` u. Se tuttavia [H(t1 ), H(t2 )] = 0, cio`e gli operatori Hamiltoniani a tempi diversi commutano, `e facile provare che la soluzione di (3.5) `e i −h ¯
Rt
U(t, t0 ) = e
t0
H(t0 )dt0
,
perch`e dU(t, t0 ) i −i = − H(t) e h¯ dt ¯h 2
Rt t0
H(t0 )dt0
i = − H(t)U(t, t0 ). ¯h
Riscriviamo, allo scopo, l’equazione (2.67) nella forma
Z f (px )|α >= per ogni componente di p.
|x0 > dx0 f
¯ ∂ h i ∂x0
< x0 |α >,
(3.10)
3.2. AUTOKET DELL’ENERGIA
55
Nel caso pi` u generale, in cui gli operatori H(t) a tempi diversi non commutano, U(t, t0 ) resta sempre definito dalla (3.5) e una soluzione formale di questa d`a l’equazione integrale i U(t, t0 ) = 1 − h ¯
Z
t
H(t0 )U(t0 , t0 )dt0 ,
(3.11)
t0
che soddisfa la condizione iniziale, U(t0 , t0 ) = 1, e pu`o essere risolta per iterazione 3 . Dall’equazione (3.6) `e possibile calcolare l’evoluzione temporale del valor medio di un operatore A, che non dipende esplicitamente dal tempo, i¯h
d < α, t|A|α, t >= − < α, t|H † A|α, t > + < α, t|AH|α, t >= dt =< α, t|[A, H]|α, t >,
(3.12)
ricordando che H `e Hermitiano. Se A commuta con H, il valor medio di A `e costante e si dice che A stesso `e una costante del moto. Tramite l’equazione (3.12) si riprende il contatto con le quantit`a misurabili e, per il principio di corrispondenza, con i concetti classici. Se A dipende dal tempo, per esempio nel caso in cui `e presente un campo esterno che agisce sul sistema e varia nel tempo, al membro destro di (3.12) dovremo aggiungere il termine i¯h < α, t|∂A/∂t|α, t >: d ∂A i¯h < A >=< [A, H] > +i¯h . dt ∂t
3.2
(3.13)
Autoket dell’energia
Se il sistema `e conservativo la sua energia, rappresentata dall’operatore H, non dipende esplicitamente dal tempo e l’operatore di evoluzione U(t, t0 ) `e dato dall’espressione (3.9). L’azione di questo operatore su un ket generico |α, t0 > pu`o essere facilmente valutata se i ket di base, usati per sviluppare |α, t0 >, sono autoket dell’energia o, pi` u in generale, di un operatore A che commuta con H: [A, H] = 0. Allora, se |a0 > `e un autoket di A, H|a0 >= Ea0 |a0 >,
(3.14)
dove abbiamo indicato con Ea0 gli autovalori di H. Avremo anche e−i(t−t0 )H/¯h =
XX a0
3
|a” >< a”|e−i(t−t0 )H/¯h |a0 >< a0 | =
a”
Si ottiene una serie, la serie di Dyson, inserendo in (3.11), come approssimazione
R t0
zero, U(t0 , t0 ) = 1 ottenendo 1 − (i/¯ h) t H(t”)dt”, in prima approssimazione, e cos`ı 0 via. Si arriva ad uno sviluppo perturbativo che, troncato ad un certo ordine, approssima l’operatore di evoluzione con la precisione voluta (se la serie converge).
56
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA =
X
|a0 > e−i(t−t0 )Ea0 /¯h < a0 |,
(3.15)
a0
che permette di risolvere ogni problema se `e noto il ket iniziale |α, t0 > e il suo sviluppo sulla base {|a0 >}. Infatti, se |α, t0 >=
X
|a0 >< a0 |α, t0 >=
a0
X
ca0 (t0 )|a0 >,
(3.16)
a0
si ha, dalla (3.15), |α, t >= e−i(t−t0 )H/¯h |α, t0 >=
X
|a0 > ca0 (t0 )e−i(t−t0 )Ea0 /¯h
(3.17)
a0
e il generico coefficiente dello sviluppo varia nel tempo, ma il suo modulo resta costante. Le fasi relative delle varie componenti cambiano, invece, nel tempo perch`e le frequenze di oscillazione sono diverse. Se lo stato iniziale `e un autoket comune di A e H, |α, t0 >= |a0 >, allora il sistema resta in tale autostato per tutti gli istanti seguenti. Ci`o `e consistente con l’equazione (3.12): se A e H commutano, A `e una costante del moto, cio`e il suo valor medio < A > `e costante. In un autostato dell’energia, anche il valor medio di un’altra osservabile B, che non commuta necessariamente con A o H, `e indipendente dal tempo. Infatti, poich`e |a0 , t >= U(t, t0 )|a0 , t0 >, si avr`a < a0 , t|B|a0 , t >=< a0 , t0 |U † (t, t0 )BU(t, t0 )|a0 , t0 >= =< a0 , t0 |ei(t−t0 )Ea0 /¯h Be−i(t−t0 )Ea0 /¯h |a0 , t0 >= =< a0 , t0 |B|a0 , t0 >,
(3.18)
che non dipende da t. Per questo motivo, un generico autostato dell’energia viene chiamato stato stazionario. Diverso `e il caso in cui lo stato iniziale `e una sovrapposizione di pi` u autoket dell’energia. In questo stato, non stazionario, si ha inizialmente lo sviluppo (3.16) e, dalla (3.17), < α, t|B|α, t >=
XX a0
c∗a0 (t0 )ca” (t0 ) < a0 |B|a” > e−i(t−t0 )(Ea” −Ea0 )/¯h .
a”
(3.19) Il valor medio ora consiste di una somma di termini oscillanti con frequenze determinate dalla condizione di Bohr ωa” a0 =
Ea” − Ea0 . ¯h
(3.20)
3.2. AUTOKET DELL’ENERGIA
57
La considerazione di un sistema quantistico con uno spazio degli stati bidimensionale, come per esempio uno spin 1/2, permette di risolvere completamente il problema dinamico e di chiarire alcuni punti importanti. Come base scegliamo gli autoket, |a1 > e |a2 >, dell’Hamiltoniana H, i cui autovalori sono rispettivamente E1 e E2 H|ai >= Ei |ai >
i = 1, 2.
(3.21)
Questa base `e ortonormale, < ai |aj >= δij (i, j = 1, 2), e un ket di stato arbitrario al tempo t = t0 , |α >, pu`o essere sviluppato su questa base |α >= c1 |a1 > +c2 |a2 > .
(3.22)
Supponiamo che le radici dell’equazione caratteristica per H siano distinte, E1 6= E2 , e che t0 = 0. Evidentemente, l’equazione (3.17) risolve il problema dell’evoluzione temporale |α, t >= c1 e−iE1 t/¯h |a1 > +c2 e−iE2 t/¯h |a2 >,
(3.23)
ma `e interessante arrivare allo stesso risultato per altra via. Se f (H) `e una funzione, sviluppabile in serie di potenze, dell’operatore H, avremo che f (H)|α >= c1 f (E1 )|a1 > +c2 f (E2 )|a2 >, ed `e facile provare la seguente uguaglianza fra operatori f (H) = f (E1 )
E2 1 − H E1 1 − H + f (E2 ) , E2 − E1 E1 − E2
notando che essa vale per un ket arbitrario |α >. Infatti (E2 1−H)/(E2 −E1 ), agendo sul ket (3.22) proietta il sottospazio relativo all’autoket |a1 > E2 1 − H E2 − E1 |α >= c1 |a1 >= c1 |a1 > E2 − E1 E2 − E1 e, analogamente, (E1 1−H)(E1 −E2 ) `e il proiettore su |a2 >. Avremo quindi e−iHt/¯h = e−iE1 t/¯h
E2 1 − H E1 1 − H + e−iE2 t/¯h , E2 − E1 E1 − E2
che, evidentemente, rid`a l’equazione (3.23) e, se raccogliamo gli operatori 1 e H, pu`o essere scritta nella forma e−iHt/¯h = +
1 E2 e−iE1 t/¯h − E1 e−iE2 t/¯h + E2 − E1
H e−iE2 t/¯h − e−iE1 t/¯h . E2 − E1
(3.24)
58
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
Un sistema il cui Hamiltoniano ha due autovalori distinti pu`o essere chiamato un sistema a due livelli. La formula (3.24) risponde a tutte le questioni che possiamo porci sul suo moto. Consideriamo, per esempio, un elettrone, con momento magnetico e¯h/(2me c) (e < 0 per l’elettrone), ˆ. in un campo magnetico esterno, statico, uniforme e diretto lungo l’asse z L’Hamiltoniana classica del sistema, Hclass = −µ · B, diventa l’operatore e eB H=− S·B=− Sz . me c me c
(3.25)
Gli autoket |+ > e |− > di Sz , con autovalori ±¯h/2, sono anche autoket di H e i corrispondenti autovalori dell’energia sono E± = ∓
e¯hB ¯hω ≡± 2me c 2
se poniamo ω = |e|B/(me c), in modo che la differenza E+ − E− sia proprio ¯hω. Supponiamo che , per t = 0, il sistema si trovi in un autoket di Sx , per esempio |+ >x 1 |α >= |α, 0 >= |+ >x = √ (|+ > +|− >), 2 e vogliamo calcolare l’ampiezza di probabilit`a per una transizione dallo stato iniziale |+ >x allo stato |− >x . Ricordando che H = ωSz e ponendo E2 = E+ ed E1 = E− , dalla (3.24) si ottiene x<
−|e−iωSz t/¯h |+ >x =
ω −iωt/2 − eiωt/2 , x < −|Sz |+ >x e ¯hω
perch`e x < −|1|+ >x = 0 per l’ortogonalit`a degli autoket di Sx , e dalla x<
−|Sz |+ >x =
¯ h (< +|− < −|) · (|+ >< +|− 4
−|− >< −|) · (|+ > +|− >) =
¯h , 2
si ricava finalmente x<
−|e−iωSz t/¯h |+ >x =
1 −iωt/2 e − eiωt/2 . 2
(3.26)
Nella probabilit`a, che si ottiene da questa espressione facendone il modulo quadro, appare un termine di interferenza P|+>x →|−,t>x
e−iωt/2 − eiωt/2 2 2 ωt = . = sin 2 2
(3.27)
3.3. LA VISUALE DI HEISENBERG
59
All’istante t = π/ω, il sistema si trova certamente in |− >x e la probabilit`a di ritornare in |+ >x `e determinata dal modulo quadro del coefficiente dell’operatore identit`a in (3.24): P|+>x →|+,t>x
e−iωt/2 + eiωt/2 2 ωt . = = cos2 2 2
(3.28)
La somma delle due probabilit`a `e uno per qualsiasi t perch`e l’operatore di evoluzione temporale `e unitario. Il valor medio di Sx pu`o essere facilmente calcolato dall’equazione (3.12). Il calcolo diventa ancora pi` u semplice se ricordiamo che il valor medio di un operatore A `e dato da < A >α =
X
a0 | < a0 |α > |2 ,
a0
cio`e dalla somma dei prodotti degli autovalori per le corrispondenti probabilit`a. Avremo allora ¯ h ωt cos2 2 2
< Sx >=
+ −
¯ h ωt sin2 2 2
=
¯ h cos(ωt). (3.29) 2 Si lascia come esercizio al lettore il calcolo di < Sy > e la dimostrazione che, in questo caso, < Sz >= 0. Si ottiene quindi un moto di precessione dello spin nel piano x − y. =
3.3
La visuale di Heisenberg
Nella descrizione dei fenomeni, adottata finora, lo stato del sistema `e rappresentato da un vettore ket |α, t > che evolve nel tempo. Invece le grandezze fisiche, almeno quelle che non dipendono esplicitamente dal tempo, sono rappresentate da osservabili che non dipendono dal tempo e i loro autoket sono vettori fissi nello spazio degli stati. Questa descrizione dei fenomeni quantistici porta il nome di visuale di Schr¨odinger 4 perch`e l’equazione del moto d|α, t > i¯h = H|α, t >, dt porta direttamente all’equazione d’onda scoperta da Schr¨odinger. L’esistenza di altre formulazioni, o visuali, equivalenti della meccanica quantistica 4
La chiamiamo visuale, e non rappresentazione, perch`e non si tratta di una rappresentazione dei vettori e degli operatori tramite matrici; c’`e la stessa differenza che si presenta fra trasformazioni unitarie delle matrici e trasformazioni unitarie dei ket e degli operatori.
60
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
`e dovuta al fatto che le entit`a matematiche, come i ket di stato e gli operatori, non sono direttamente accessibili alla misura. Solo gli autovalori e i prodotti scalari di ket entrano nelle predizioni della teoria: nella misura di un osservabile A si trova uno dei suoi autovalori a0 e la probabilit`a di quel particolare risultato `e data da | < a0 |α > |2 , se |α > indica lo stato del sistema. Ne segue che ogni formulazione della meccanica quantistica `e accettabile, come la visuale di Schr¨odinger, se nella nuova visuale: 1. le osservabili hanno lo stesso spettro di autovalori, come nella visuale di Schr¨odinger, 2. i prodotti scalari del ket di stato con i ket di base, o le proiezioni del ket di stato sulla base, non cambiano nella nuova visuale. Una qualsiasi trasformazione unitaria soddisfa entrambe queste condizioni perch`e, se |¯ α >= U |α > e |β¯ >= U |β >, si ha ¯ α >=< β|U † U |α >=< β|α >, < β|¯ mentre, se A `e un operatore che trasforma |α > in |β >: |β >= A|α >, ¯ `e determinato dalla l’operatore che trasforma |¯ α > in |β¯ >, A, U |β >= U AU † U |α >, cio`e A¯ = U AU † . Nella nuova visuale, gli autovalori restano gli stessi A|a0 >= a0 |a0 >⇒ (U AU † )(U |a0 >) = a0 (U |a0 >),
(3.30)
solo gli autoket cambiano, da |a0 > ad |¯ a0 >= U |a0 >. Si passa dalla visuale di Schr¨odinger alla visuale di Heisenberg effettuando sul ket di stato e sulle osservabili la trasformazione unitaria dipendente dal tempo, U † (t, t0 ). Indichiamo con l’indice S le vecchie grandezze e con l’indice H le nuove. Il ket di stato |α, t >S = U(t, t0 )|α, t0 >S , che rappresenta lo stato dinamico del sistema all’istante t, diventa un ket immobile |α >H = U † (t, t0 )|α, t >S = |α, t0 >S , (3.31) mentre una osservabile AS della visuale di Schr¨odinger viene trasformata in AH (t) = U † (t, t0 )AS U(t, t0 ).
(3.32)
3.3. LA VISUALE DI HEISENBERG
61
Anche se AS non dipende esplicitamente dal tempo, AH cambia continuamente nel tempo. Il valor medio di una osservabile `e lo stesso in entrambe le visuali H<
α|AH (t)|α >H = S < α, t|UU † AS UU † |α, t >S = = S < α, t|AS |α, t >S ,
(3.33)
come deve essere per la relazione fra valor medio e risultato della misura. Ricordando l’equazione (3.5) i¯h
dU(t, t0 ) = HU(t, t0 ), dt
deriviamo la (3.32) rispetto al tempo i¯h
dAH ∂AS = −U † HAS U + i¯hU † U + U † AS HU = dt ∂t = U † [AS , H]U + i¯hU †
∂AS U ∂t
(3.34)
e notiamo che, se poniamo HH = U † HU, si ha U † [AS , H]U = [AH , HH ], mentre U † ∂AS /∂t U definisce l’operatore ∂AH /∂t. L’equazione (3.34) diventa allora dAH ∂AH i¯h = [AH , HH ] + i¯h , (3.35) dt ∂t che `e nota come equazione del moto di Heisenberg. Confrontandola con l’equazione del moto in visuale di Schr¨odinger, (3.13), vediamo che i valori medi sono spariti, (3.35) `e una equazione fra operatori. Ricapitolando, la visuale di Heisenberg si ottiene imprimendo allo spazio dei ket della visuale di Schr¨odinger un moto di insieme tale che lo stato dinamico del sistema quantistico sia rappresentato da un ket immobile |α >H . Ogni ket, indipendente dal tempo, della visuale di Heisenberg rappresenta un moto possibile del sistema. D’altra parte, le osservabili cambiano nel tempo secondo la (3.32) e gli autoket di queste osservabili cambiano anch’essi per la (3.30) |a0 , t >H = U † (t, t0 )|a0 , t0 >S . (3.36) Una conseguenza importante della (3.36) `e che i ket di base, nello spazio degli stati, cambiano con il tempo e, dalla (3.36), si ha i¯h
d 0 |a , t >H = −U † (t, t0 )H † U(t, t0 )U † (t, t0 )|a0 , t0 >S = dt
62
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA = −HH |a0 , t >H ,
(3.37)
che, a parte il segno meno, `e l’equazione di Schr¨odinger per il ket di stato 5 . Se vogliamo che il ket di stato resti immobile, gli operatori e i loro autoket, cio`e la base, devono ”ruotare” in direzione opposta. Abbiamo quindi trovato due visuali perfettamente equivalenti e si possono costruire molte altre visuali intermedie in cui il moto del ket di stato `e determinato da una parte dell’operatore Hamiltoniano. In pratica, la visuale di Schr¨odinger `e utilizzata pi` u spesso, perch`e una equazione fra vettori `e, in genere, pi` u facile da risolvere di una equazione fra operatori, ma la visuale di Heisenberg ha una connessione pi` u stretta con la fisica classica. In visuale di Heisenberg, il moto di un sistema quantistico si traduce in un moto delle osservabili dinamiche che descrivono il sistema, esattamente come in meccanica classica. Consideriamo, infatti, un sistema con analogo classico, per esempio una particella puntiforme senza spin. Le coordinate, xi , e gli impulsi, pi , diventano operatori che dipendono dal tempo in visuale di Heisenberg. Le regole di commutazione fondamentali valgono ancora purch`e le osservabili vengano prese a tempi uguali [xk (t), xj (t)] = [pk (t), pj (t)] = 0, [xk (t), pj (t)] = i¯hδkj 1,
(3.38)
e l’equazione del moto (3.35) d`a 1 dxi (t) = [xi (t), H], dt i¯h
(3.39)
e
dpi (t) 1 = [pi (t), H]. (3.40) dt i¯h In base al principio di corrispondenza e all’equazione (2.83), queste espressioni diventano formalmente identiche alle equazioni di Hamilton ∂H dxi = , dt ∂pi
dpi ∂H =− . dt ∂qi
(3.41)
Il commutatore [AH , HH ]/i¯h, nel limite h ¯ → 0, pu`o essere infatti identificato con la parentesi di Poisson classica {Aclass. , Hclass. }. Concludiamo questo paragrafo illustrando, con un esempio, l’equivalenza fra la visuale di Schr¨odinger e quella di Heisenberg. Consideriamo un sistema che, all’istante t0 , si trova in un autoket |a0 > dell’osservabile A. Ci chiediamo: qual’`e la probabilit`a che, al tempo t, esso si trovi in un autoket |b0 > dell’osservabile B ?. Poich`e, all’istante t, il sistema `e nello stato U(t, t0 )|a0 >, la risposta, nella visuale di Schr¨odinger, `e fornita dal quadrato del modulo di < b0 |U(t, t0 )|a0 >: | < b0 |U(t, t0 )|a0 > |2 5
(3.42)
Notiamo che, se vale la soluzione (3.9) per U , HH = H indipendente dal tempo.
3.3. LA VISUALE DI HEISENBERG
63
Se ci poniamo la stessa domanda nella visuale di Heisenberg, la risposta `e ancora pi` u semplice. Il ket di stato del sistema `e |a0 >H = |a0 > e non cambia nel tempo, ma l’autoket di B `e cambiato e la probabilit`a `e il quadrato del modulo di H < b0 , t|a0 > |H < b0 , t|a0 > |2 . (3.43) Le due probabilit`a coincidono P|a0 >→|b0 ,t>H = |H < b0 , t|a0 > |2 = | < b0 |U(t, t0 )|a0 > |2 ,
(3.44)
e P viene chiamata probabilit`a di transizione dallo stato |a0 > a |b0 >, modulo quadro di una ampiezza di transizione. Problema. Calcolare, nella visuale di Heisenberg, i commutatori degli operatori posizione, a tempi diversi, per una particella libera di massa m. Quali conclusioni possiamo trarne per l’incertezza sulle coordinate ?. Soluzione L’Hamiltoniana `e
p2 2m e, poich`e pj commuta con ogni funzione di pk , si ha dalla (3.35) H=
1 dpj = [pj , H] = 0, dt i¯ h
(j = 1, 2, 3),
e l’operatore impulso `e una costante del moto, lo stesso a tutti gli istanti: pj (t) = pj (0). Ricordando che, dalla (2.84), [xj , F (p)] = i¯h abbiamo anche
∂F , ∂pj
dxj 1 pj pj (0) = [xj , H] = = . dt i¯ h m m
(3.45)
Risolvendo la (3.45) si ha xj (t) = xj (0) +
pj (0) m
t,
che ricorda l’equazione classica di un moto rettilineo e uniforme. Ora `e possibile calcolare il commutatore degli operatori xj (t) e xj (0) a tempi diversi notando che, a tempi eguali, vale la (3.38) pj (0) ¯h [xj (t), xj (0)] = , xj (0) = −i t. (3.46) m m Applicando la relazione di indeterminazione (2.43), si ha ∆xj (t) ∆xj (0) ≥
¯t h . 2m
(3.47)
64
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
Questa relazione implica che, anche se la particella `e ben localizzata per t = 0, la sua posizione diventa sempre pi` u incerta al passare del tempo. A questa conclusione si pu` o giungere anche studiando l’evoluzione temporale di un pacchetto d’onda gaussiano.
3.4
Relazione di indeterminazione tempo-energia
In meccanica quantistica il tempo `e un parametro, non `e una variabile dinamica, e non `e possibile definire lo scarto quadratico medio, o fluttuazione, del tempo. La relazione di indeterminazione tempo-energia ha un’origine ed una interpretazione diversa dalle relazioni di indeterminazione posizioneimpulso. Partendo dalla visuale di Heisenberg `e facile dare un enunciato rigoroso di questa relazione. Poich`e |α >H non dipende dal tempo, l’evoluzione nel tempo del valor medio di una osservabile AH `e determinata dall’equazione d d dAH = H < α|AH |α >H = H < α| |α >H , dt dt dt e, se A non dipende esplicitamente dal tempo, tramite la (3.35) si ottiene d 1 = < [A, H] > dt i¯h
(3.48)
che coincide con (3.12). Supponiamo che A sia una osservabile di un sistema quantistico il cui Hamiltoniano H non dipende esplicitamente dal tempo. Consideriamo la disuguaglianza (2.49), dimostrata nel capitolo precedente, 1 ∆A ∆B ≥ | < [A, B] > |. 2 Se identifichiamo B con l’Hamiltoniano H del sistema e poniamo ∆E = (< H 2 > − < H >2 )1/2 , otteniamo la disuguaglianza ∆A ¯h ∆E ≥ , |d < A > /dt| 2
(3.49)
avendo usato l’equazione (3.48) per eliminare il valor medio del commutatore. Il tempo τA , definito dalla τA =
∆A , |d < A > /dt|
3.5. UN ESEMPIO: OSCILLAZIONI DEI NEUTRINI
65
`e un tempo caratteristico dell’evoluzione della distribuzione statistica di A: `e il tempo necessario affinch`e il centro di questa distribuzione, < A >, si sposti di una quantit`a pari alla sua larghezza ∆A o, in altre parole, il tempo necessario affinch`e questa distribuzione statistica sia modificata sensibilmente. In tal modo si pu`o definire, per ogni variabile dinamica del sistema, un tempo caratteristico di evoluzione. Se τ `e il pi` u piccolo dei tempi cos`ı definiti, τ pu` o essere considerato come un tempo caratteristico di evoluzione del sistema stesso: in un intervallo di tempo inferiore a τ , la distribuzione statistica dei risultati di una qualunque misura non cambia sensibilmente. Dalla disuguaglianza (3.49) discende la relazione di indeterminazione tempoenergia ¯h (3.50) τ ∆E ≥ . 2 Nel problema della precessione dello spin in campo magnetico, con Hamiltoniana (3.25), il ket di stato, che inizialmente `e |+ >x , comincia a perdere la sua identit`a dopo un tempo τ≈
¯ h 1 = , 2∆E ω
come risulta chiaro dalla (3.29), perch`e < Sx >, al tempo τ , diventa ∼ ¯h/3.7 mentre inizialmente era h ¯ /2.
3.5
Un esempio: oscillazioni dei neutrini
Nella radioattivit`a β un neutrone libero, con una vita media di 918 secondi, decade spontaneamente secondo la reazione n → p + e− + ν¯e e, viceversa, un fascio di neutrini νe prodotto in un acceleratore pu`o interagire con un neutrone di un nucleo per dare un protone νe + n → p + e− .
(3.51)
Esiste in natura una particella, il leptone µ, le cui propriet`a fisiche sono analoghe, a parte la massa mµ ' 200 me , a quelle dell’elettrone e sono noti fenomeni di ”radioattivit`a” β in cui interviene il leptone µ ma associato con un neutrino diverso, il νµ . Si osserva cos`ı la reazione νµ + n → p + µ− e il modo dominante nel decadimento del mesone π + `e π + → µ+ + νµ
(3.52)
66
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
ma `e stato rivelato anche il decadimento π + → e+ + νe . Non sono stati osservati finora processi in cui il νµ `e associato all’elettrone, o il νe al µ, e le reazioni (3.51) e (3.52) permettono di distinguerli. Il neutrino interagisce debolmente e νe , νµ sono autostati delle interazioni deboli che si accoppiano solo all’elettrone e al µ, rispettivamente 6 . Questi autostati deboli del neutrino non sono, in generale, stati di massa definita ed esistono limiti sperimentali talmente restrittivi sulle masse che hanno portato finora a pensare che νe e νµ siano particelle fermioniche a massa nulla che si propagano con la velocit`a della luce. Ci sono tuttavia alcune osservazioni sperimentali, in disaccordo con la teoria, che potrebero trovare una soluzione se i neutrini avessero massa. Nei processi di fusione nucleare che avvengono sul sole, il cui effetto complessivo `e 4p → 4 He + 2 e+ + 2 νe , vengono prodotti molti neutrini elettronici νe e il flusso di questi neutrini `e predetto da modelli teorici delle reazioni nel sole, i modelli solari. Questi neutrini di bassa energia, circa 1 M eV , vengono rivelati sulla terra da strumenti, sensibili principalmente ai νe , che misurano flussi di neutrini molto pi` u bassi di quelli predetti dai modelli solari. Questo risultato potrebbe essere spiegato se i neutrini avessero massa e fosse possibile la conversione di un νe in un neutrino diverso. I neutrini ”atmosferici” sono prodotti dall’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre e quindi rivelati da strumenti posti in laboratori sotterranei per limitare il ”rumore” dovuto ad altre particelle. Un neutrino infatti, a differenza di altre particelle, pu`o attraversare la terra senza subire interazioni ed `e estremamente difficile da rivelare. Sperimentalmente, il rapporto νµ /νe `e risultato molto minore di quanto ci si aspettava e, sebbene il flusso di raggi cosmici che producono i neutrini atmosferici sia isotropo, si `e misurata una inesplicabile asimmetria nel flusso di νµ provenienti dall’alto rispetto a quelli provenienti dal basso. Il flusso di νe rispetta invece questa simmetria alto-basso. Poniamoci quindi il problema di come si possa misurare la differenza di massa fra i neutrini νe e νµ tramite un effetto di oscillazione quantistica. Supponiamo che i neutrini siano prodotti in un acceleratore con un impulso 6
Esiste un terzo neutrino, associato al leptone τ che ha una massa pari a circa 3000 me , il neutrino ντ . Nel seguito non lo considereremo in quanto sono sufficienti due tipi di neutrino per capire il fenomeno delle loro oscillazioni.
3.5. UN ESEMPIO: OSCILLAZIONI DEI NEUTRINI
67
p ben definito e che, se E `e la loro energia, si abbia E mc2 per cui E=
q
p2 c2 + m2 c4 ∼ pc +
m2 c4 , 2pc
(3.53)
e che i neutrini si propaghino, con ottima approssimazione, alla velocit`a c della luce. Se H `e l’Hamiltoniana di un neutrino libero di impulso p, indichiamo con |ν1 > e |ν2 > gli autostati di H H|ν1 >= E1 |ν1 >
E1 = pc +
m21 c4 , 2pc
(3.54)
H|ν2 >= E2 |ν2 >
E2 = pc +
m22 c4 , 2pc
(3.55)
dove m1 e m2 sono le masse dei due autoket |ν1 > e |ν2 > e supponiamo che m1 6= m2 con m1 > m2 . Gli autostati dei neutrini prodotti o rivelati non sono |ν1 > e |ν2 > ma delle combinazioni lineari |νe >= |ν1 > cos θ + |ν2 > sin θ,
(3.56)
|νµ >= −|ν1 > sin θ + |ν2 > cos θ,
(3.57)
dove θ `e ”l’angolo di mescolamento” che dipende dalla teoria considerata. I ket |ν1 > e |ν2 > sono ortonormali come lo sono |νe > e |νµ >. Se, all’istante t = 0, si produce un neutrino di impulso p nello stato |νµ > `e facile calcolare lo stato del neutrino al tempo t, |ν(t) >, in funzione di |ν1 > e |ν2 > |ν(t) >= e−iHt/¯h |νµ >= −|ν1 > sin θ e−iE1 t/¯h + |ν2 > cos θ e−iE2 t/¯h . (3.58) Dalla equazione (3.58) possiamo calcolare la probabilit`a che questo neutrino (prodotto nello stato |νµ > a t = 0) sia rivelato nello stato |νe > al tempo t. Calcoliamo dapprima l’ampiezza di probabilit`a < νe |ν(t) >= cos θ < ν1 |ν(t) > + sin θ < ν2 |ν(t) >= = − sin θ cos θ e−iE1 t/¯h + sin θ cos θe−iE2 t/¯h e infine, ponendo ∆E = E1 − E2 , la probabilit`a Pνµ →νe (t) = | < νe |ν(t) > |2 = sin2 (2θ) sin2
∆Et . 2¯h
(3.59)
Notiamo che, dalle equazioni (3.54) e (3.55), ∆E `e esprimibile tramite la differenza dei quadrati delle masse ∆m2 = m21 − m22 ∆E = E1 − E2 =
m21 − m22 4 ∆m2 c4 c = . 2pc 2pc
(3.60)
68
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
Poich`e i neutrini vengono rivelati ad una distanza ` dal punto di produzione `e conveniente esprimere la probabilit`a (3.59) tramite ` e, essendo il tempo di volo pari a t = `/c, si avr`a dalla (3.60) !
2
2
Pνµ →νe (t) = sin (2θ) sin
∆m2 c4 ` × , 4¯hc pc
(3.61)
dove h ¯ c ' 2·10−10 eV Km. Ci si aspetta una differenza di massa ∆m2 molto piccola e quindi l’esperimento non riveler`a oscillazioni a meno che il rapporto `/pc non sia sufficientemente grande. Per esempio, in un esperimento in cui pc = 10 GeV = 1010 eV , ∆m2 c4 ` ∼ 0, 125 × ∆m2 c4 (eV )2 × ` (Km), 4¯ hc pc e se vogliamo rivelare un effetto dell’ordine di ∆m2 c4 ' 1 (eV )2 con una probabilit`a apprezzabile dovr`a essere, indipendentemente dal valore di θ, `'
π ∼ 12.6 Km. 2 × 0.125
Nella pratica questo esperimento pu`o cercare o la creazione di neutrini νe nel fascio di νµ o la scomparsa di una parte del flusso originale e, determinata sperimentalmente la probabilit`a in (3.61), tracciare una curva in un diagramma (sin2 2θ, ∆m2 c4 ). Si determinano cos`ı le regioni permesse per questi parametri. Ricordiamo che 1 eV ' 1.6 × 10−19 J. Problema. Calcolare la fluttuazione di H, definito dalle equazioni (3.54) e (3.55), nello stato |νµ > in equazione (3.57). Dalla relazione di indeterminazione tempo-energia determinare il tempo caratteristico di evoluzione di questo stato. A quale distanza dal punto di produzione il |νµ >, che viaggia con velocit`a vicina a c, comincia a perdere la sua identit`a ?. Soluzione Posto ∆E = (< H 2 > − < H >2 )1/2 si ha (∆E)2 = E12 sin2 θ + E22 cos2 θ − (E1 sin2 θ + E2 cos2 θ)2 = 1 = (E1 − E2 )2 sin2 (2θ) 4 e, dalla relazione di indeterminazione tempo-energia si ottiene τ ∆E =
1 ¯ h τ (E1 − E2 ) sin(2θ) ≥ , 2 2
dove τ `e il tempo caratteristico di evoluzione, e quindi τ≥
¯h . (E1 − E2 ) sin(2θ)
(3.62)
` DI INVARIANZA 3.6. COSTANTI DEL MOTO E PROPRIETA
69
Poich`e τ = `/c, il µ comincer` a a perdere la sua identit`a ad una distanza `'
3.6
(2pc)(¯ hc) hc ¯ = 4 . (E1 − E2 ) sin(2θ) c ∆m2 sin(2θ)
Costanti del moto e propriet` a di invarianza
Ricordiamo dapprima come si affronta questo problema in meccanica classica. Se la Lagrangiana, funzione delle coordinate qi e delle loro derivate ˙q i (i = 1, 2, . . . , n), non dipende dalla coordinata j-esima si ha ∂L = 0, ∂qj e, dalle equazioni del moto, segue che d ∂L = 0. dt ∂ q˙j Essendo, per definizione, ∂L/∂ q˙j = pj l’impulso generalizzato, si ottiene dpj = 0. dt Cos`ı, se L non cambia per la traslazione qj → qj + δqj , il momento canonico coniugato di qj si conserva o, in altre parole, pj `e una costante del moto. Analogamente, dalle equazioni di Hamilton, se ∂H = 0, ∂qj allora dpj /dt = 0. In meccanica quantistica, la nozione di costante del moto diventa particolarmente semplice in visuale di Heisenberg. Una variabile dinamica, che non dipende esplicitamente dal tempo, `e una costante del moto se l’osservabile CH , che la rappresenta in visuale di Heisenberg, resta costante nel tempo. Per una costante del moto vale quindi la relazione, dalla (3.35), i¯h
dCH = [CH , HH ] = 0, dt
(3.63)
e costanti del moto saranno quindi tutte le osservabili che commutano con l’Hamiltoniana. Ci`o `e vero anche nella visuale di Schr¨odinger, perch`e CH (t) = CH (t0 ) = CS = C.
70
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
In visuale di Schr¨odinger, se il sistema si trova in un autostato di C, all’istante t0 , con autovalore c0 , si avr`a, poich`e C commuta con l’operatore di evoluzione, CU(t, t0 )|c0 >= U(t, t0 )C|c0 >= c0 U(t, t0 )|c0 > . In altre parole, se (3.63) `e soddisfatta, un autoket di C rimane sempre un autoket di C con lo stesso autovalore. Diremo, in tal caso, che c0 `e un buon numero quantico. Nel problema, che precede questa sezione, abbiamo visto che l’impulso p `e una costante del moto per una particella libera. L’Hamiltoniana infatti commuta con p ed `e facile mostrare che `e anche invariante per una traslazione infinitesima ξ·p . T (ξ) = 1 − i ¯h L’invarianza di H rispetto alla traslazione T implica che T † HT = H, ma questa relazione `e certamente soddisfatta, perch`e [p, H] = 0 per una particella libera.
3.7
L’oscillatore armonico
Insieme con l’atomo di idrogeno, l’oscillatore armonico `e uno dei pochi problemi realistici che si sappia risolvere esattamente in meccanica quantistica. In meccanica classica, l’oscillatore armonico `e una particella che si muove ˆ , soggetta ad una forza di richiamo prolungo un asse, per esempio lungo x porzionale alla sua distanza da un punto fisso sull’asse. Il problema quantistico corrispondente `e quello di una particella, in una dimensione, con Hamiltoniano p2 mω 2 x2 H= + (3.64) 2m 2 dove le osservabili x e p soddisfano le relazioni di commutazione [x, p] = i¯h1. L’importanza dell’oscillatore armonico `e dovuta al fatto che un Hamiltoniano della forma (3.64) compare in elettrodinamica quantistica, e pi` u generalmente in teoria quantistica dei campi, nella teoria delle vibrazioni delle molecole e dei cristalli e in tutti i problemi in cui intervengono oscillazioni quantizzate.
3.7. L’OSCILLATORE ARMONICO
3.7.1
71
Autovalori e autoket di H
Consideriamo dapprima il problema degli autovalori di H, nell’equazione (3.64), che ci fornir`a anche gli stati stazionari del sistema. E’ conveniente introdurre un nuovo operatore, non Hermitiano, r
a=
mω p x+i , 2¯ h mω
(3.65)
e il suo aggiunto a† †
a =
r
mω p x−i . 2¯ h mω
(3.66)
La relazione di commutazione [x, p] = i¯h1 d`a [a, a† ] = 1
(3.67)
N = a† a,
(3.68)
H=h ¯ ω(a† a + 1/2) = ¯hω(N + 1/2).
(3.69)
e, ponendo si ottiene facilmente
Da (3.67) e (3.68), otteniamo anche le identit`a importanti N a = a(N − 1),
N a† = a† (N + 1),
(3.70)
ed ora abbiamo tutti gli elementi per determinare gli autoket comuni di N ed H. Se |ν > `e un autoket di N e ν l’autovalore corrispondente, avremo N |ν >= ν|ν >,
< ν|ν > > 0,
(3.71)
ed `e facile vedere che ν deve essere positivo o nullo. Infatti, la norma del ket (a|ν >) deve essere positiva o nulla, quindi (< ν|a† ) · (a|ν >) =< ν|N |ν >= ν < ν|ν > ≥ 0,
(3.72)
e ν ≥ 0. Il caso ν = 0 implica anche a|ν >= 0, mentre la norma di a† |ν > `e sempre positiva (< ν|a) · (a† |ν >) =< ν|(N + 1)|ν >= (ν + 1) < ν|ν > . Le identit`a (3.70) provano che a|ν > `e un autoket di N con autovalore (ν −1) N a|ν >= a(N − 1)|ν >= (ν − 1)a|ν >,
(3.73)
72
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
e, analogamente, a† |ν > `e un autoket di N con autovalore (ν + 1): N a† |ν >= a† (N + 1)|ν >= (ν + 1)a† |ν > .
(3.74)
Possiamo pensare di applicare l’operatore a pi` u volte ad un autoket |ν > di 7 N creando la successione di autoket a|ν >, a2 |ν >, . . . ap |ν > . . . con i corrispondenti autovalori, per la (3.73), ν − 1, ν − 2, . . . , ν − p, . . . Questa successione ha certamente un numero finito di termini perch`e gli autovalori di N sono limitati inferiormente dallo zero: ν ≥ 0. In altre parole, i ket di questa successione sono tutti nulli a partire da un certo ket, per esempio, da an+1 |ν >: l’azione di a sull’autoket non nullo an |ν >, che corrisponde all’autovalore ν − n, d`a zero; per la (3.72), anche ν − n deve essere nullo, cio`e ν = n con n = 0, 1, 2, . . .. Lo spettro degli autovalori di N `e dato dalla successione dei numeri interi non negativi. Dalla (3.69) otteniamo il risultato importante: l’equazione agli autovalori per H diventa H|n >= h ¯ ω(n + 1/2)|n >, (3.75) e gli autovalori sono En = h ¯ ω(n + 1/2).
(3.76)
Possiamo anche determinare tutti gli autoket normalizzati di H < n|n0 >= δnn0 ,
(3.77)
partendo dal ket |0 >. Se confrontiamo le equazioni (3.73) e (3.74) con l’equazione agli autovalori N |n >= n|n >, si vede che deve essere a† |n >∝ |n + 1 >,
a|n >∝ |n − 1 >,
e, dalla condizione di normalizzazione (3.77), √ √ a† |n >= n + 1 |n + 1 >, a|n >= n |n − 1 >, (n > 0)
(3.78)
mentre a|0 >= 0.
(3.79)
Con l’aiuto delle equazioni precedenti si pu`o esprimere un autoket |n > generico tramite il ket |0 > 1 1 |n >= √ a† |n − 1 >= p (a† )2 |n − 2 >= . . . = n n(n − 1) 7
Questo procedimento si chiama ”metodo della scala” o ”ladder method”.
3.7. L’OSCILLATORE ARMONICO
73
1 = √ (a† )n |0 > . n!
(3.80)
La generalizzazione ad uno spazio a 2, 3, . . . dimensioni segue le stesse linee. L’Hamiltoniano totale `e la somma di tanti Hamiltoniani della forma (3.64), e lo spazio degli stati `e il prodotto diretto degli spazi degli stati relativi a pi` u oscillatori unidimensionali. Il ket di stato sar`a della forma |n1 , n2 , . . . >= |n1 > |n2 > . . . dove gli indici si riferiscono ai diversi oscillatori armonici unidimensionali. L’energia del sistema sar`a, in p dimensioni, (n1 + n2 + . . . + np + p/2)¯ hω ma, a differenza del caso unidimensionale, gli autovalori saranno degeneri. In effetti ci saranno pi` u successioni diverse di numeri interi (n1 + n2 + . . . + np ) che danno la stessa somma.
3.7.2
La rappresentazione {N }
I ket |0 >, |1 >, |2 >, . . . formano una base ortonormale completa di una rappresentazione che chiameremo rappresentazione {N }. Dalle equazioni (3.77) e (3.78) si ottengono gli elementi di matrice √ √ < n0 |a|n >= nδn0 , n−1 , e < n0 |a† |n >= n + 1δn0 , n+1 che, assieme alle relazioni s
x=
s
¯ h (a + a† ), p = −i 2mω
m¯hω (a − a† ), 2
permettono di ricavare gli elementi di matrice degli operatori x e p s
< n0 |x|n >= s 0
< n |p|n >= −i
√ ¯ √ h ( nδn0 , n−1 + n + 1δn0 , n+1 ), 2mω
√ m¯hω √ ( nδn0 , n−1 − n + 1δn0 , n+1 ). 2
(3.81)
(3.82)
Siccome a, a† , x e p non commutano con N , nella rappresentazione {N } le matrici che rappresentano questi operatori non sono diagonali e si invita il lettore ad esplicitare la struttura di queste matrici sulla base delle formule appena ricavate. Nel formalismo che stiamo sviluppando, gli operatori N, a† ed a non hanno alcun significato fisico immediato. In teoria quantistica dei campi, e nella teoria delle vibrazioni dei cristalli e delle molecole, il problema degli autovalori di H ha un’altra interpretazione. Poich`e i livelli energetici sono equidistanti di h ¯ ω, si pu`o considerare H come l’Hamiltoniano di un sistema di corpuscoli indistinguibili, che possiedono tutti l’energia h ¯ ω e il cui numero N pu`o cambiare. Ogni autostato di H corrisponde ad un valore ben preciso
74
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
di N e quindi ad un valore determinato dell’energia dell’insieme. Cos`ı |n > rappresenta uno stato con n corpuscoli, |0 > il vuoto con zero corpuscoli e, quando si passa dallo stato |n > allo stato |n + 1 >, il numero di corpuscoli cresce di una unit`a e l’energia totale aumenta di h ¯ ω. L’operatore a† trasforma, in questa interpretazione, uno stato di n corpuscoli in uno stato con (n + 1) corpuscoli: a† `e un operatore di creazione. L’operatore a diminuisce, invece, di uno il numero di corpuscoli presenti: a `e un operatore di annichilazione o distruzione. Troviamo, ora, le autofunzioni dell’energia nello spazio delle coordinate: < x0 |n >. Moltiplichiamo l’equazione (3.79) per il ket |x0 > e, ricordando la (3.65), otteniamo r
0
< x |a|0 >=
mω p < x0 |x + i |0 >= 0. 2¯h mω
Come abbiamo gi`a visto, < x0 |p|α >= −i¯h∂ < x0 |α > /∂x0 e l’equazione precedente diventa una equazione differenziale per < x0 |0 >:
¯ d h x + mω dx0 0
< x0 |0 >= 0,
(3.83)
che, definendo la scala delle lunghezze dell’oscillatore come s
x0 ≡
¯ h , mω
pu`o essere risolta nella forma (normalizzata) 0
< x |0 >=
π
1 1/4 √
!
x0
− 12
e
x0 x0
2
.
(3.84)
Le autofunzioni dell’energia per gli stati eccitati si ottengono dalla (3.80) 1 < x0 |n >= √ < x0 |(a† )n |0 >= n! n 1 d n 1 √ =√ x0 − x20 0 < x0 |0 >, dx 2x0 n! che, per la (3.84), possiamo scrivere nella forma
< x0 |n >=
1 √
1
!
n+1/2
π 1/4 2n n!
x0
d x0 − x20 0 dx
n
− 12
e
x0 x0
2
.
(3.85)
La relazione di questa soluzione con quella ottenuta dall’equazione di Schr¨odinger sviluppando in serie l’autofunzione, si basa sull’identit`a fra operatori
x0 −
d dx0
1 02
≡ −e 2 x
d − 1 x02 e 2 , dx0
3.7. L’OSCILLATORE ARMONICO
75
e sulla definizione dei polinomi di Hermite Hn (x) = (−1)n ex
3.7.3
2
d dx
n
2
e−x .
(3.86)
Evoluzione temporale dell’oscillatore
Consideriamo l’oscillatore armonico in visuale di Heisenberg. Quello che abbiamo fatto finora varr`a ad un certo istante, per esempio a t = 0, e gli operatori x, p, a, a† possono essere considerati come operatori nella visuale di Schr¨odinger, per ogni t, o come operatori nella visuale di Heisenberg per t = 0. Trascureremo, nel seguito, l’indice H e, anche se non lo scriveremo esplicitamente, x significher`a xH (t), ecc.. Scriviamo le equazioni di Heisenberg per gli operatori a e a† i¯h
da = [a, H] = ¯hωa, dt
i¯h
da† = [a† , H] = −¯hωa† , dt
(3.87)
dove abbiamo usato le (3.67) e (3.69). Non `e difficile risolvere queste equazioni, le soluzioni sono a(t) = a(0)e−iωt ,
e
a† (t) = a† (0)eiωt .
(3.88)
Queste equazioni mostrano che N ed H sono indipendenti dal tempo anche nella visuale di Heisenberg e permettono di ricavare x(t) e p(t) dalle (3.65) e (3.66). Infatti, dalle equazioni (3.88), esplicitando a e a† in termini di x e p, si ha p(t) p(0) −iωt x(t) + i = x(0) + i e , mω mω p(t) p(0) iωt x(t) − i = x(0) − i e , mω mω
e, sommando e sottraendo queste due equazioni, x(t) = x(0) cos(ωt) +
p(0) sin(ωt), mω
p(t) = −mωx(0) sin(ωt) + p(0) cos(ωt).
(3.89) (3.90)
In un oscillatore armonico classico, la posizione e l’impulso sono funzioni periodiche semplici del tempo con pulsazione ω. Finora l’analogia con il caso quantistico `e perfetta. Se fissiamo l’energia dell’oscillatore classico, i valori medi su un periodo della posizione e dell’impulso sono nulli, inoltre l’energia cinetica e l’energia potenziale medie sono eguali ed indipendenti dal tempo.
76
CAPITOLO 3. DINAMICA QUANTISTICA
L’oscillatore quantistico in uno stato stazionario, |n >, ha un’energia ben precisa e costante nel tempo: (n + 1/2)¯ hω = En . In uno stato stazionario, otteniamo subito da (3.89) e (3.90) < n|x|n >=< n|p|n >= 0, perch`e a e a† hanno elementi diagonali nulli nella rappresentazione {N }, mentre ¯h En < n|x2 |n >= < n|a† a + aa† |n >= (3.91) 2mω mω 2 e m¯hω < n|p2 |n >= < n|a† a + aa† |n >= mEn . (3.92) 2 L’identit`a dei valori medi classici e quantistici, per ogni n, `e una propriet`a caratteristica del solo oscillatore armonico. Dalle equazioni (3.91) e (3.92) otteniamo immediatamente le relazioni di indeterminazione per gli operatori x e p nello stato |n > s
∆x ∆p =
En p En · mEn = = (n + 1/2)¯ h, 2 mω ω
(3.93)
e, per lo stato fondamentale, con n = 0, le relazioni di indeterminazione sono soddisfatte come uguaglianza. Ci`o non deve stupirci in quanto la funzione d’onda nello stato fondamentale `e un pacchetto d’onda gaussiano.
Capitolo 4
Il momento angolare 4.1
Isotropia dello spazio ordinario e trasformazioni del ket di stato
L’argomento che affronteremo nel seguito riguarda le rotazioni nello spazio tridimensionale ordinario e la loro descrizione formale nello spazio astratto dei ket; esso ha un ruolo importante in molte applicazioni della meccanica quantistica. La meccanica quantistica `e basata sull’ipotesi fondamentale che lo spazio tridimensionale ordinario obbedisca alle leggi delle geometria Euclidea e sia omogeneo e isotropo. Ci`o significa che possiamo cambiare la posizione e l’orientazione dell’intero apparato di misura e del sistema quantistico senza modificare il risultato dell’esperimento. Ci`o `e vero nello spazio vuoto per un sistema chiuso, o isolato, ma, in fisica quantistica che si occupa di processi atomici o nucleari in cui gli effetti gravitazionali hanno di solito un ruolo trascurabile, anche la gravit`a pu`o essere quasi sempre dimenticata. Per esempio, se ruotiamo l’intero apparato di Stern e Gerlach, attorno a qualsiasi asse e di un angolo arbitrario, il risultato delle misure di spin non cambia. Per una rotazione del sistema fisico, cambia tuttavia il ket di stato che lo descrive. Data una operazione di rotazione R, nello spazio tridimensionale ordinario, possiamo associare ad essa un operatore D(R) nello spazio dei ket, in modo che |α >R = D(R)|α >, (4.1) dove |α >R e |α > rappresentano i ket di stato del sistema ruotato e del sistema originale, rispettivamente. Mentre R agisce sullo spazio tridimensionale in cui viviamo, l’operatore D(R) agisce su uno spazio vettoriale complesso le cui dimensioni dipendono dal sistema fisico considerato. Sappiamo, dalla meccanica classica, che il momento angolare `e il generatore delle rotazioni, come l’impulso e l’Hamiltoniana sono, rispettivamente, 77
78
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE
i generatori delle traslazioni spaziali e dell’evoluzione temporale. Definiamo quindi l’operatore momento angolare J richiedendo che l’operatore per una ˆ k di un angolo dφ sia rotazione infinitesima attorno all’asse x D(ˆ xk , dφ) = 1 − i
Jk dφ ¯h
(4.2)
o, in generale, ˆ J·n D(ˆ n, dφ) = 1 − i ¯h ˆ `e il versore dell’asse di rotazione. dove n
dφ,
(4.3)
Se tutte le probabilit`a devono essere invarianti per rotazione, D(R) dovr`a essere un operatore unitario e ci`o implica, come ben sappiamo, che gli operatori Jk (k = 1, 2, 3) siano Hermitiani. Una rotazione finita si ottiene tramite successive rotazioni infinitesime attorno allo stesso asse. Per esempio, se vogliamo l’operatore corrispondente ad una rotazione finita di un ˆ, considereremo il limite angolo φ attorno all’asse z Jz D(ˆ z, φ) = lim 1 − i n→∞ ¯h
φ n
n
= e−iJz φ/¯h .
(4.4)
L’esponenziale di un operatore `e definito, come al solito, dal limite in (4.4) o dallo sviluppo in serie di potenze dell’esponenziale. L’equazione (4.4) si pu`o facilmente generalizzare al caso di una rotazione finita attorno ad un ˆ asse definito dal versore n D(ˆ n, φ) = e−iJ·ˆnφ/¯h .
(4.5)
Per ottenere le relazioni di commutazione delle componenti dell’operatore momento angolare, richiediamo che la corrispondenza fra le rotazioni R dello spazio tridimensionale e gli operatori di rotazione D(R) sia biunivoca e postuliamo che gli operatori D(R) godano delle stesse propriet`a gruppali delle rotazioni R. Per chiarire il significato di questo postulato `e necessario aprire una parentesi. Consideriamo, per esempio, una rotazione nello spazio tridimensionale attorno all’asse z ≡ x3 . Se φ `e l’angolo di rotazione attorno a quest’asse, le coordinate xi , (i = 1, 2, 3), di un punto trasformano nel modo seguente x1 0 = x1 cos φ − x2 sin φ,
x2 0 = x1 sin φ + x2 cos φ,
x3 0 = x3 .
(4.6)
Se pensiamo ai vettori xi e xi 0 come matrici con tre righe e una colonna, la matrice di trasformazione, ortogonale e con determinante uno, corrispondente a (4.6) `e cos φ − sin φ 0 R3 (φ) = sin φ cos φ 0 , (4.7) 0 0 1
4.1. ISOTROPIA DELLO SPAZIO
79
e la matrice R3 (φ) soddisfa la relazione R3 (φ1 + φ2 ) = R3 (φ1 )R3 (φ2 ), come `e facile verificare eseguendo il prodotto delle matrici R3 (φ1 ) e R3 (φ2 ). Se sviluppiamo la matrice R3 (φ) in serie intorno al punto φ = 0 si ottiene 1 R3 (φ) = 1 + r3 φ + . . . , dove
0 −1 0 r3 = 1 0 0 . 0 0 0
(4.8)
r3 `e la matrice corrispondente ad una rotazione attorno all’asse z, definita dalla condizione che 1 + r3 φ `e, a meno di infinitesimi di ordine superiore, la matrice di rotazione di un angolo φ infinitesimo attorno all’asse z. Allo stesso modo si definiscono le matrici 0 0 r1 = 0 0 0 1
0 −1 0
0 0 1 r2 = 0 0 0 , −1 0 0
,
(4.9)
che corrispondono alle rotazioni attorno agli assi x e y, rispettivamente, come `e facile verificare permutando circolarmente gli indici x, y, z delle righe e delle colonne. Per definizione 2
dRk (φ) rk = dφ φ=0
(4.10)
e, d’altra parte,
d eφrk dφ
= rk .
(4.11)
φ=0
Dalle equazioni (4.10) e (4.11) segue, per l’unicit`a della soluzione di una equazione differenziale, che Rk (φ) = eφrk ,
k = 1, 2, 3.
(4.12)
r1 , r2 , r3 vengono chiamati gli operatori infinitesimi della rappresentazione di SO(3) nello spazio tridimensionale. Il gruppo di tutte le matrici ortogonali e di determinante uno costituiscono una realizzazione del gruppo SO(3). Si 1
(n)
Una serie di matrici A(1) + A(2) + . . ., dove A(n) = |ajk |, `e convergente se ognuna (1)
(2)
delle serie sjk = ajk + ajk + . . . `e convergente. La somma della serie `e la matrice |sjk |. 2 La derivata di una matrice a(t) = |ajk (t)| `e la matrice |a0 jk (t)| ottenuta derivando ogni elemento di a(t).
80
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE
spiega cos`ı il nome dato a questo gruppo: 3 si riferisce alle dimensioni dello spazio, O alle matrici ortogonali e S significa speciale, riferendosi al fatto che il determinante `e uno. La determinazione di tutte le rappresentazioni d’ordine finito del gruppo SO(3), in uno spazio R a n dimensioni, `e basata sul fatto che gli operatori infinitesimi sono sempre legati fra di loro dalle stesse relazioni delle matrici infinitesime rk , k = 1, 2, 3 anche se le dimensioni dello spazio sono diverse, Ci`o che rimane la stessa, in ogni rappresentazione, `e l’algebra dei commutatori, o algebra di Lie del gruppo SO(3), che si ottiene da (4.8) e (4.9) calcolando le grandezze [ri , rk ] = ri rk − rk ri , i, k = 1, 2, 3. Queste relazioni fondamentali hanno la forma [r1 , r2 ] = r3 , [r2 , r3 ] = r1 , [r3 , r1 ] = r2 ,
(4.13)
oppure, in forma pi` u compatta, [ri , rj ] = ijk rk ,
(4.14)
dove ijk `e il tensore completamente antisimmetrico di rango 3, in tre dimensioni, e la somma su k `e sottointesa.
4.2
Relazioni di commutazione del momento angolare. Esempi
Le relazioni di commutazione (4.14), degli operatori infinitesimi di SO(3), permettono di determinare le relazioni di commutazione del momento angolare. Abbiamo infatti postulato che gli operatori di rotazione D(R) nello spazio dei ket abbiano le stesse propriet`a gruppali delle rotazioni R dello spazio tridimensionale ordinario. Confrontando le equazioni (4.12) con la (4.5), vediamo che, in questo caso, i generatori infinitesimi rk sono stati scritti nella forma Jk rk = −i (k = 1, 2, 3). (4.15) ¯h Le relazioni fondamentali (4.14), che sono le stesse in ogni rappresentazione di SO(3), diventano [Ji , Jk ] = i¯hikl Jl (4.16) ovvero, esplicitamente, [Jx , Jy ] = i¯hJz , [Jy , Jz ] = i¯hJx , [Jz , Jx ] = i¯hJy .
(4.17)
Le (4.16), o le (4.17), sono note come le relazioni fondamentali di commutazione del momento angolare e sintetizzano in modo compatto tutte le propriet`a fondamentali delle rotazioni in tre dimensioni e il loro effetto sullo spazio dei ket di qualunque sistema fisico.
4.2. RELAZIONI DI COMMUTAZIONE
81
Abbiamo gi`a ricavato esplicitamente le formule, analoghe alle (4.16), per gli operatori di spin nell’equazione (2.28) [Si , Sk ] = i¯hikl Sl ,
(4.18)
usando le rappresentazioni esplicite (2.18), (2.19) e (2.20) per questi operatori nella base degli autoket di Sz . Non `e ovvio a priori che in natura esista effettivamente la realizzazione dimensionalmente pi` u bassa (bidimensionale) della (4.16), ma numerosi esperimenti provano l’esistenza dello spin e che questa realizzazione esiste. Supponiamo di eseguire una rotazione nello spazio tridimensionale di un ˆ. L’effetto sul ket di un sistema di spin 1/2 `e angolo φ attorno all’asse z |α >R = D(ˆ z, φ)|α >,
(4.19)
dove |α > `e il ket prima della rotazione ed |α >R il ket dopo la rotazione, e dalla (4.4) si ha D(ˆ z, φ) = e−iSz φ/¯h . (4.20) L’effetto di questa rotazione sui valori medi < Sx > e < Sy >, per esempio < Sx > →
R < α|Sx |α >R =< α|D
†
(ˆ z, φ)Sx D(ˆ z, φ)|α >,
(4.21)
pu`o essere valutato con lo stesso metodo usato in un problema analogo, la precessione dello spin in campo magnetico, nel capitolo precedente. L’Hamiltoniana di uno spin 1/2 in campo magnetico era della forma H = ωSz , dall’equazione (3.25), e l’operatore di evoluzione temporale era U(t, 0) = e−iHt/¯h = e−iSz ωt/¯h , che ha la stessa struttura dell’operatore di rotazione (4.20), se identifichiamo φ con ωt. Si capisce allora perch`e H causa la precessione dello spin. La formula fondamentale (3.24) vale anche se poniamo H = Sz e t = φ e identifichiamo E2 e E1 con ±¯h/2, rispettivamente. Otteniamo una relazione importante fra operatori e−iSz φ/¯h = 1 cos
φ 2
i φ − 2 Sz sin , ¯h 2
(4.22)
che pu`o essere generalizzata al caso in cui Sz `e sostituito dalla proiezione ˆ dello spin in una direzione arbitraria di versore n −iS·ˆ nφ/¯ h
e
φ = 1 cos 2
ˆ S·n φ − 2i sin , ¯h 2
(4.23)
ˆ ha gli stessi autovalori di Sz , ±¯h/2, per l’isotropia perch`e l’operatore S · n dello spazio.
82
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE Il calcolo di < Sx >R in (4.21) diventa semplice se usiamo la (4.22) eiSz φ/¯h Sx e−iSz φ/¯h = φ 2
= 1 cos = Sx cos2
2i φ Sz sin ¯h 2
+
φ 2
· Sx · 1 cos
2i φ Sz sin ¯h 2
−
=
φ 2i φ φ 4 φ + [Sz , Sx ] sin cos + 2 Sz Sx Sz sin2 . (4.24) 2 ¯ h 2 2 2 ¯ h
Dalle (4.18), ricordando che gli operatori Si anticommutano mentre Si2 = ¯h2 /4, si ottiene facilmente eiSz φ/¯h Sx e−iSz φ/¯h = Sx cos φ − Sy sin φ
(4.25)
e, per il valor medio nello stato ruotato, < Sx >R =< Sx > cos φ− < Sy > sin φ.
(4.26)
Con lo stesso procedimento si ottiene < Sy >R =< Sx > sin φ+ < Sy > cos φ
(4.27)
mentre < Sz >R =< Sz >. Il valor medio dell’operatore di spin si comporta, per rotazioni, come se fosse un vettore classico < Sk >R =
3 X
Rkl < Sl >
(k = 1, 2, 3),
(4.28)
l=1
dove la matrice R, in questo esempio, `e proprio la (4.7). Ci`o `e vero anche per un qualsiasi momento angolare, per questo motivo gli operatori S, J e L si chiamano operatori vettoriali. E’ importante notare che, mentre la (4.28) `e vera per qualsiasi momento angolare, la relazione (4.22) vale solo per lo spin 1/2. Il fatto che gli operatori Si anticommutino `e una propriet`a caratteristica del solo spin 1/2. Nel formalismo a due componenti di Pauli, le formule (4.22) e (4.23) assumono una forma pi` u semplice. Poich`e, nella base degli autoket di Sz , si ha h . ¯ S = σ. 2 dove σ ha come componenti le matrici di Pauli, la formula generale (4.23) diventa e−iS·ˆnφ/¯h = e−iσ ·ˆnφ/2 = 1 cos .
φ 2
φ , 2
ˆ sin − iσ · n
(4.29)
4.2. RELAZIONI DI COMMUTAZIONE
83
Dalla (4.29) `e facile ottenere la matrice che rappresenta l’operatore di roˆ . Si ottiene la matrice, tazione di un angolo φ attorno all’asse con versore n unitaria e di determinante uno, e−iσ ·ˆnφ/2 =
cos φ2 − inz sin φ2 (−inx + ny ) sin φ2
(−inx − ny ) sin φ2 cos φ2 + inz sin φ2
!
(4.30)
ˆ `e un versore: come il lettore pu`o facilmente verificare ricordando che n 2 2 2 nx + ny + nz = 1. Ogni matrice unimodulare (cio`e il determinante vale uno) e unitaria della forma (4.30) pu`o essere interpretata come una rappresentazione di una rotazione nello spazio dello spin e ha la struttura generale ! a b , (4.31) −b∗ a∗ dove a e b sono numeri complessi e |a|2 + |b|2 = 1 per la condizione di unimodulariet`a. Le matrici (4.31) formano un gruppo che si chiama SU (2), dove 2 `e la dimensione dello spazio, U sta per unitario e S si riferisce alla propriet`a che il determinante vale uno. La corrispondenza fra SO(3) e SU (2) non `e biunivoca. Matrici ortogonali ed unitarie rappresentano entrambe delle rotazioni ma, mentre una rotazione di 2π nello spazio tridimensionale ordinario corrisponde alla matrice unit`a, una rotazione di 2π nello spazio degli stati di spin 1/2 cambia segno a tutti . ˆ π) = −1 e i ket di stato. Infatti, dalla (4.29), D(ˆ n, 2π) = exp(−iσ · n |α >R(2π) = −|α > . Solo una rotazione di 4π riporta tutti i ket di stato nelle condizioni iniziali e, ad ogni matrice di SO(3) corrispondono due matrici di SU (2), la matrice (4.31) e la matrice che si ottiene da questa cambiando segno ad a e b. ˆ , con Problema. Nel formalismo di Pauli, costruire l’autospinore di σ · n ˆ `e un vettore unitario in una direzione definita dagli autovalore +1, dove n angoli polari θ e φ. Soluzione ˆ fosse diretto lungo l’asse z ˆ la soluzione sarebbe Se n 1 χ+ = , 0 autoket di σz con autovalore +1. Si tratta quindi di ruotare il versore dell’asse ˆ finch`e assume la direzione (θ, φ) e vedere quale effetto ha questa rotazione sullo z spinore. Dobbiamo eseguire dapprima una rotazione attorno ad Oy di un angolo
84
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE
θ, D(ˆ y, θ), e poi una rotazione attorno a Oz di un angolo φ, D(ˆ z, φ); l’operatore corrispondente alla rotazione complessiva `e quindi Dtot (θ, φ) = D(ˆ z, φ)D(ˆ y, θ) Entrambi gli operatori di rotazione possono essere calcolati esplicitamente dalla (4.30) e −iφ/2 e cos(θ/2) −e−iφ/2 sin(θ/2) . Dtot (θ, φ) = . (4.32) eiφ/2 sin(θ/2) eiφ/2 cos(θ/2) ˆ con autovalore +1 `e quindi L’autospinore di σ · n −iφ/2 e cos(θ/2) −e−iφ/2 sin(θ/2) 1 χ= = 0 eiφ/2 sin(θ/2) eiφ/2 cos(θ/2) =
e−iφ/2 cos(θ/2) eiφ/2 sin(θ/2)
ˆ χ = +χ. e σ·n
4.3
Autovalori e autostati del momento angolare
La soluzione dell’equazione agli autovalori per il momento angolare segue dalle relazioni di commutazione (4.16). Consideriamo il problema agli autovalori per una delle componenti di J, diciamo Jz , e costruiamo gli operatori J+ = Jx + iJy ,
J− = Jx − iJy ,
(4.33)
e J2 = Jx2 + Jy2 + Jz2 .
(4.34)
Di questi tre operatori, solo J2 `e Hermitiano, J− `e l’aggiunto di J+ . Dalle relazioni di commutazione (4.16) deduciamo che [Jz , J± ] = ±¯hJ± ,
(4.35)
[J+ , J− ] = 2¯hJz ,
(4.36)
[J2 , J] = 0,
(4.37)
e che si dimostra in modo analogo alla [S2 , S] = 0 per lo spin 1/2. Notiamo anche l’identit`a J2 − Jz2 ± ¯hJz = J± J∓ , (4.38) che discende dalla (4.34) e dalle relazioni J± J∓ = Jx2 + Jy2 ± i[Jy , Jx ] = Jx2 + Jy2 ± ¯hJz .
4.3. AUTOVALORI E AUTOSTATI DEL MOMENTO ANGOLARE 85 Poich`e, dalla (4.37), Jz commuta con J2 `e possibile ottenere autoket simultanei per questi due operatori. Se indichiamo gli autovalori di Jz con m¯h e quelli di J2 con λ¯h2 , il problema agli autovalori diventa Jz |λm >= m¯h|λm >,
(4.39)
J2 |λm >= λ¯h2 |λm > .
(4.40)
Gli autovalori m e λ, appartenenti allo stesso autoket, devono soddisfare la disuguaglianza λ ≥ m2 . (4.41) Questa disuguaglianza segue dal fatto che 1 1 † † J2 − Jz2 = (J+ J− + J− J+ ) = (J+ J+ + J− J− ) 2 2 e un operatore della forma AA† ha valori medi non negativi < λm|J2 − Jz2 |λm > ≥ 0. Ora procediamo come nel caso dell’oscillatore armonico con il metodo della scala. Se facciamo agire le (4.35) sul ket |λm >, otteniamo Jz J+ |λm >= (m + 1)¯ hJ+ |λm >,
(4.42)
Jz J− |λm >= (m − 1)¯ hJ− |λm >,
(4.43)
mentre J2 J± |λm >= λ¯h2 J± |λm > . Quindi, se |λm > `e un autoket di Jz e J2 con autovalori m¯h e λ¯h2 , allora J± |λm > `e pure un autoket di questi stessi operatori ma con autovalori (m ± 1)¯ h e λ¯h2 . Confrontando le (4.42) e (4.43) con la (4.39) possiamo scrivere J± |λm >= c± (λ, m)¯ h|λ, m ± 1 >, (4.44) dove c± (λ, m) sono numeri complessi da determinare. Per una dato valore di λ la disuguaglianza (4.41), λ ≥ m2 , limita il valore in modulo di m. Ci sar`a quindi un valore massimo di m, m = j, per ogni λ dato. Se applichiamo J+ all’autoket |λj > non possiamo ottenere un nuovo autoket e J+ |λj >= 0. Se moltiplichiamo questa condizione per J− e ricordiamo l’identit`a (4.38), otteniamo J− J+ |λj >= (J2 − Jz2 − ¯hJz )|λj >= (λ − j 2 − j)¯ h2 |λj >= 0,
86
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE
dalla quale segue la relazione fra j e λ λ = j(j + 1).
(4.45)
Analogamente deve esistere un valore minimo di m, m = j 0 , tale che J− |λj 0 >= 0, ovvero J+ J− |λj 0 >= (λ − j 02 + j 0 )¯ h2 |λj 0 >= 0, e quindi λ = j 0 (j 0 − 1).
(4.46)
Le equazioni (4.45) e (4.46) sono consistenti solo se j 0 = −j oppure j 0 = j + 1. La seconda soluzione viola l’ipotesi che j fosse il pi` u grande valore di m, e 0 j il pi` u piccolo. Quindi j 0 = −j. Siccome gli autovalori hanno sia un limite superiore che inferiore, dato λ o j deve essere possibile raggiungere |λ, −j > da |λj > applicando l’operatore J− un numero sufficiente di volte. Quando si scende di un gradino, m decresce di una unit`a e segue che j − j 0 = 2j deve essere un intero non negativo. Perci`o j deve essere o un intero o un semi-intero non negativo, cio`e i valori possibili di j sono 3 1 (4.47) j = 0, , 1, , 2, . . . 2 2 e conveniamo di usare il simbolo |j, m > per gli autoket simultanei di J2 e Jz . Per un dato valore di j gli autovalori di Jz sono 2j + 1 in numero e m = j, j − 1, j − 2, . . . , −(j − 1), −j, mentre la (4.40) diventa J2 |j, m >= j(j + 1)¯ h2 |j, m > .
(4.48)
Con l’aiuto dell’identit`a (4.38) calcoliamo ora i coefficienti c± nelle (4.44). Notiamo che la corrispondente duale della (4.44) `e, nella nuova notazione, < j, m|J∓ =< j, m ± 1|c∗± ¯h, e quindi < j, m|J∓ J± |j, m >= |c± |2 ¯h2 < j, m ± 1|j, m ± 1 > . Assumendo che gli autoket |j, m > siano normalizzati ad uno e ricordando che < j, m|J∓ J± |j, m >=< j, m|(J2 − Jz2 ∓ ¯hJz )|j, m >=
4.4. RAPPRESENTAZIONI DELL’OPERATORE DI ROTAZIONE
87
= [j(j + 1) − m2 ∓ m]¯ h2 , concludiamo che |c± |2 = j(j + 1) − m2 ∓ m = (j ∓ m)(j ± m + 1). Le fasi possono essere scelte arbitrariamente e, di solito, vengono poste eguali a zero. Abbiamo allora J+ |j, m >=
q
J− |j, m >=
q
e
(j − m)(j + m + 1) h ¯ |j, m + 1 >,
(4.49)
(j + m)(j − m + 1) h ¯ |j, m − 1 > .
(4.50)
Da queste equazioni possiamo ricostruire le matrici che rappresentano gli operatori J+ , J− , Jx = (J+ + J− )/2 e Jy = (J+ − J− )/(2i) nella base degli autoket comuni di Jz e J2 . Notiamo infatti che, dalle (4.49) e (4.50) si ha < j 0 , m0 |J± |j, m >=
q
(j ∓ m)(j ± m + 1) h ¯ δj 0 j δm0 ,m±1 .
(4.51)
Nella derivazione delle (4.51) abbiamo usato solamente le relazioni di commutazione e il fatto che J `e un operatore Hermitiano. La soluzione del problema agli autovalori cos`ı ottenuta si estende a tre operatori qualsiasi che soddisfano le relazioni di commutazione (4.16), per esempio agli operatori di spin isotopico 3 che appaiono in fisica delle particelle.
4.4
Rappresentazioni dell’operatore di rotazione
Siamo ora in grado di studiare gli elementi di matrice dell’operatore di rotazione D(R): (j) Dm0 m (R) =< j, m0 |D(R)|j, m > . (4.52) Gli elementi di matrice fra stati con j diverso sono nulli perch`e D(R)|j, m > `e ancora un autoket di J2 con lo stesso autovalore j(j + 1)¯ h2 : J2 D(R)|j, m >= D(R)J2 |j, m >= j(j + 1)¯ h2 D(R)|j, m > . (j)
La matrice (2j + 1) × (2j + 1) formata dagli elementi Dm0 m (R) `e chiamata la rappresentazione irriducibile (2j + 1)-dimensionale dell’operatore D(R). La matrice (77) ne `e un esempio con j = 1/2. 3
Le forze nucleari non distinguono fra protoni e neutroni che differiscono per la loro carica, il momento magnetico e la massa. Se si potesse spegnere l’interazione elettromagnetica neutrone e protone sarebbero indistinguibili come un elettrone con spin |+ > e un elettrone con spin |− > in un campo magnetico che, pur avendo energie diverse, sono sempre lo stesso elettrone. Protone e neutrone sono gli stati |+ > e |− > di una entit` a con spin isotopico 1/2 e l’Hamiltoniana delle interazioni forti `e invariante per rotazioni nello spazio dello spin isotopico. Queste trasformazioni formano un gruppo SU (2), analogo al gruppo delle trasformazioni di uno spinore per rotazioni.
88
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE
Per capire il significato fisico della matrice di rotazione, consideriamo uno stato |j, m > e vediamo l’effetto su questo stato di una rotazione R nello spazio tridimensionale ordinario |j, m >⇒ D(R)|j, m > . Anche se j non cambia, otteniamo in generale stati con m diverso da quello originale perch`e D(R)|j, m >=
X
|j, m0 >< j, m0 |D(R)|j, m >=
m0
=
X
(j)
|j, m0 > Dm0 m (R).
(4.53)
m0 (j)
Perci`o Dm0 m (R) `e l’ampiezza di probabilit`a di trovare lo stato ruotato in |j, m0 > essendo |j, m > lo stato originale. Abbiamo gi`a calcolato, nell’equazione (4.32) dell’ultimo problema, la matrice di rotazione (per j = 1/2) che corrisponde ad una rotazione di un angolo θ attorno ad Oy, D(ˆ y, θ). In tal caso potremmo scrivere (j=1/2) Dm0 m (ˆ y, θ)
=
m0
= 1/2 m0 = −1/2
m=1/2 m=-1/2 ! cos(θ/2) − sin(θ/2) , sin(θ/2) cos(θ/2)
(4.54)
ma, per momenti angolari maggiori, il metodo usato per ottenere la (4.54) diventa pi` u lungo e laborioso visto che la (4.29) non vale pi` u. La soluzione pi` u semplice si basa sul fatto che, per quanto riguarda le propriet`a di trasformazione per rotazioni e solo per queste, possiamo visualizzare ogni oggetto di momento angolare j come un oggetto composto di 2j particelle di spin 1/2. Formule esplicite per le rappresentazioni irriducibili dell’operatore D(R) , con j qualsiasi, si trovano nei testi citati nella bibliografia. Consideriamo ora il caso del momento angolare orbitale, allora j `e un intero non negativo. Per una particella senza spin, o per la quale ignoriamo lo spin, il suo momento angolare coincide con il momento angolare orbitale L = r × p. Per l’operatore L, valgono le relazioni di commutazione che abbiamo trovato per J. Sappiamo dalla meccanica ondulatoria che, per una particella priva di spin in un potenziale a simmetria sferica 4 , l’equazione d’onda `e separabile in coordinate sferiche e le autofunzioni del’energia si possono scrivere come < x0 |n, `, m >= Rn` (r)Y`m (θ, φ),
(4.55)
4 Classicamente, in un potenziale centrale, la forza ha momento nullo rispetto al centro e il momento angolare si conserva. La componente della velocit` a perpendicolare al raggio
4.4. RAPPRESENTAZIONI DELL’OPERATORE DI ROTAZIONE
89
dove la posizione della particella, x0 , `e specificata dalle coordinate sferiche r, θ, φ e n rappresenta il numero quantico radiale per uno stato legato o l’energia per onde sferiche libere. La forma (4.55) per la funzione d’onda `e una conseguenza della simmetria dell’Hamiltoniana per rotazioni, H commuta con Lz e L2 e questi tre operatori definiscono un insieme completo di osservabili compatibili con autoket comuni. In (4.55) `e stata messa in evidenza la dipendenza angolare tramite le armoniche sferiche ˆ |l, m >= Y`m (θ, φ),
(4.56)
dove |ˆ n > `e l’autoket dell’operatore che rappresenta la direzione specificata da θ e φ, ` `e un intero non negativo e −` ≤ m ≤ +`. La connessione fra le armoniche sferiche e le rappresentazioni degli operatori di rotazione pu`o essere stabilita partendo dalla relazione |ˆ n >= D(R)|ˆ z>
(4.57)
dove D(R) = D(ˆ z, φ)D(ˆ y, θ). Scrivendo la (4.57) come |ˆ n >=
XX `
D(R)|`, m >< `, m|ˆ z >,
m
e, moltiplicando quest’ultima equazione per |`, m0 >, si ottiene < `, m0 |ˆ n >=
` X
(`)
Dm0 ,m (R) < `, m|ˆ z>
(4.58)
m=−`
per la condizione di normalizzazione < `0 , m0 |`, m >= δ`,`0 δm,m0 , vettore pu` o essere espressa, in modulo, come L/(mr) e l’energia totale diventa E=
1 2 L2 pr + + V (r) 2m 2mr2
dove pr `e la componente radiale dell’impulso. Il problema diventa unidimensionale (nella variabile r) con un potenziale effettivo Vef f (r) = V (r) +
L2 . 2mr2
La situazione in Meccanica Quantistica `e analoga se definiamo pr nella forma pr =
¯ 1 ∂ h r i r ∂r
90
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE
e per il fatto che D(R) ha elementi di matrice nulli fra stati con ` diversi. Poich`e < `, m|ˆ z >= Y`m ∗ (0, φ) e, per θ = 0, Y`m `e nulla per m 6= 0, si ha 5 s
< `, m|ˆ z >=
2` + 1 δm0 4π
e, dalla (4.58), s m0 ∗
Y`
(θ, φ) =
2` + 1 (`) Dm0 0 (R), 4π
(4.59)
che fornisce la relazione cercata fra le armoniche sferiche e le matrici di rotazione.
4.5
Composizione di momenti angolari
Quando si considerano contemporaneamente due sistemi fisici distinti, che sono descritti in due spazi vettoriali diversi, gli stati del sistema composto sono vettori nello spazio che `e il prodotto diretto dei due spazi vettoriali. Lo stesso succede se si considerano due insiemi distinti di variabili dinamiche relative allo stesso sistema. La descrizione di una particella con spin, per esempio, deve tener conto dei gradi di libert`a spaziali, oltre allo spin, e i ket di base saranno della forma |x0 , ± >= |x0 > ⊗|± >, e ogni operatore nello spazio dei ket |x0 > commuta con ogni operatore nello spazio bidimensionale generato da |± >. Ogni operatore che riguarda uno solo dei due spazi nel prodotto diretto, agisce come un operatore identit`a sull’altro spazio e, se consideriamo gli operatori di rotazione, invece di scrivere J = L + S, `e pi` u corretto scrivere J = L ⊗ 1 + 1 ⊗ S,
(4.60)
dove il primo operatore identit`a agisce sullo spazio bidimensionale di spin e il secondo sullo spazio infinito dimensionale degli autoket dell’operatore posizione. La funzione d’onda di una particella con spin diventa allora < x0 , ±|α >= ψ± (x0 ) che, ricordando il formalismo di Pauli, possiamo disporre in un vettore colonna ! ψ+ (x0 ) , ψ− (x0 ) 5
Ricordiamo che
r (0) Y` (θ, φ)
e che P` (1) = 1.
=
2` + 1 P` (cos θ) 4π
4.5. COMPOSIZIONE DI MOMENTI ANGOLARI
91
dove |ψ± (x0 )|2 sono le densit`a di probabilit`a di trovare la particella in x0 con spin su o gi` u, rispettivamente. Consideriamo ora la somma di due momenti angolari (il caso pi` u semplice) in generale J = j1 + j2 dove j1 e j2 sono i momenti angolari di due sistemi diversi che formano, insieme, il sistema in considerazione. Supponiamo che si conosca un insieme completo di autoket |α j1 j2 m1 m2 > comuni agli operatori j21 , j22 , j1z e j2z . α rappresenta l’insieme degli autovalori delle osservabili {A} che formano, insieme con j21 , j22 , j1z e j2z un insieme completo di osservabili compatibili. Notiamo che A, j21 e j22 commutano con J e cerchiamo di costruire gli autoket di J2 e Jz tramite gli autoket di questi operatori. E’ facile mostrare che vale il seguente teorema fondamentale: Nello spazio a (2j1 +1)×(2j2 +1) dimensioni sotteso dai ket |α j1 j2 m1 m2 > (α, j1 , j2 fissi; m1 e m2 variabili), 1. i valori possibili di J sono j1 + j2 , j1 + j2 − 1, . . . , |j1 − j2 | cio`e J prende tutti i valori tali che j1 + j2 + J `e intero e che j1 , j2 e J possono formare i lati di un triangolo; 2. ad ognuno dei valori possibili di J corrisponde una, e una sola, serie di (2J + 1) autoket |J M > del momento angolare totale. Un esempio semplice ci permetter`a di capire il significato di questo teorema. Consideriamo due particelle diverse di spin 1/2, per esempio l’elettrone e il protone in un atomo di idrogeno, senza tener conto degli altri gradi libert`a. L’operatore di spin totale `e S = S1 ⊗ 1 + 1 ⊗ S2
(4.61)
e lo spazio degli stati ha 4 = 2 × 2 dimensioni. Le componenti di S1 e S2 obbediscono le solite regole di commutazione e inoltre [S1k , S2l ] = 0,
(k, l = 1, 2, 3).
Quindi l’operatore di spin totale obbedisce le stesse regole di commutazione di S1 e S2 : [Sk , Sl ] = [S1k + S2k , S1l + S2l ] = [S1k , S1l ] + [S2k , S2l ] =
92
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE = i¯ hklj S1j + i¯hklj S2j = i¯hklj Sj ,
e S2 commuta con S21 e S22 ma non commuta con S1z e S2z . Infatti [S2 , S1z ] = [S1 2 + S22 + 2S1 · S2 , S1z ] = 2[S1 · S2 , S1z ] = = 2[S1x S2x + S1y S2y , S1z ] = 2i¯h(−S1y S2x + S1x S2y ), e il commutatore di S2 con S2z `e eguale ed opposto al precedente, in modo che S2 commuti con Sz . Il prodotto diretto degli spazi di spin, individuati dalle due particelle, fornisce una base ortonormale formata dagli autoket dei quattro osservabili S21 , S1z S22 , S2z , indichiamola con {|1 , 2 >}. Esplicitamente questa base sar`a determinata dai ket {|1 , 2 >} = {|+, + >, |+, − >, |−, + >, |−, − >}
(4.62)
e
3 2 S21 |1 , 2 >= S22 |1 , 2 >= h ¯ |1 , 2 >, 4 h ¯ ¯h S1z |1 , 2 >= 1 |1 , 2 >, S2z |1 , 2 >= 2 |1 , 2 > . (4.63) 2 2 Anche le quattro osservabili S21 , S22 , S2 , Sz commutano e formano un insieme completo di osservabili compatibili diverso dal precedente perch`e S2 non commuta con S1z e S2z . Indichiamo con |s, m > la nuova base che soddisfa le equazioni 3 S21 |s, m >= S22 |s, m >= ¯h2 |s, m >, 4 S2 |s, m >= s(s + 1)¯ h2 |s, m >,
(4.64)
Sz |s, m >= m¯h|s, m >,
(4.65)
dove i valori di m variano fra −s e +s con passo di una unit`a. Il problema che vogliamo risolvere `e quello di trovare i valori possibili di s e di m e di esprimere i ket |s, m > tramite la vecchia base. Gli autovalori di Sz sono gli stessi in entrambe le rappresentazioni e 1 Sz |1 , 2 >= (S1z + S2z )|1 , 2 >= (1 + 2 )¯ h|1 , 2 >, 2 cio`e m = 12 (1 + 2 ) e m pu`o assumere i valori +1, 0, −1. I valori m = 1 e m = −1 non sono degeneri, mentre m = 0 `e due volte degenere perch`e `e associato a due autoket linearmente indipendenti |+, − > e |−, + >. I valori possibili di s sono s = 1, perch`e m = 1 `e il massimo valore di m, e s = 0 perch`e l’autovalore m = 0 si presenta due volte e solo uno di questi fa parte del sottospazio caratterizzato da s = 1. Gli stessi argomenti determinano i possibili valori di j nel caso generale in cui j1 e j2 sono arbitrari.
4.5. COMPOSIZIONE DI MOMENTI ANGOLARI
93
Il ket |+, + > della base (4.62) `e il solo autoket di Sz associato con m = 1. Possiamo scegliere la fase del ket |s = 1, m = 1 > in modo tale che |1, 1 >= |+, + > .
(4.66)
Gli altri stati del tripletto m = +1, 0, −1 si determinano applicando l’operatore ”a scala” S− = S1− + S2− a questo stato e usando la relazione (4.50) q √ S− |1, 1 >= h ¯ (1 + 1)(1 − 1 + 1)|1, 0 >= h ¯ 2|1, 0 >, che d`a
1 |1, 0 >= √ S− |1, 1 > . ¯h 2
(4.67)
Esplicitamente, tramite la base {|1 , 2 >}, 1 1 |1, 0 >= √ (S1− + S2− )|+, + >= √ (|−, + > +|+, − >), ¯h 2 2
(4.68)
e, applicando ancora una volta S− a |1, 0 > si trova |1, −1 >= |−, − > .
(4.69)
Lo stato |s = 0, m = 0 >, stato di singoletto, deve essere ortogonale agli autoket |1, m > determinati sopra. A meno di una fase si ha 1 |0, 0 >= √ (|+, − > −|−, + >). 2
(4.70)
Questo metodo pu`o essere generalizzato alla composizione di momenti angolari arbitrari. I coefficienti che compaiono a membro destro delle (4.66), (4.68), (4.69) e (4.70) sono gli esempi pi` u semplici di coefficienti di ClebschGordan, elementi di matrice della trasformazione che connette la base {|1 ,2 >} alla base {|s, m >}. Bibliografia consigliata: [1], [3], [7], [8], [2].
94
CAPITOLO 4. IL MOMENTO ANGOLARE
Capitolo 5
Teoria perturbativa In ogni campo della fisica i problemi risolubili esattamente sono molto pochi e la meccanica quantistica non fa eccezione. Esistono sistemi fisici, come l’oscillatore armonico e l’atomo di idrogeno, con Hamiltoniane abbastanza semplici da permettere di risolvere esattamente l’equazione agli autovalori ma se, per esempio, vogliamo tenere conto delle correzioni dovute al fatto che il protone non `e puntiforme, l’equazione per l’atomo di idrogeno non `e pi` u solubile esattamente. Per i casi frequenti in cui una soluzione analitica non `e possibile, esistono metodi di approssimazione che permettono di ottenere soluzioni analitiche approssimate e una stima dell’errore senza far ricorso ad un calcolatore. La teoria perturbativa usa due metodi diversi a seconda cha la perturbazione causi un cambiamento negli stati del sistema non perturbato oppure il sistema, per effetto della perturbazione, compia transizioni fra stati non perturbati diversi. Con il primo metodo si paragonano gli stati stazionari del sistema perturbato con quelli del sistema non perturbato, con il secondo metodo si considera uno stato stazionario del sistema non perturbato e si studia la sua variazione nel tempo sotto l’influenza della perturbazione. Nelle applicazioni, sceglieremo il primo metodo quando la perturbazione non dipende dal tempo e il problema stesso non si riferisce ad alcun istante particolare di tempo mentre il secondo metodo deve essere usato, indipendentemente dal fatto che la perturbazione dipenda o no dal tempo, se il problema coinvolge il tempo come nei fenomeni transienti o nel calcolo delle probabilit`a di emissione o di assorbimento.
5.1
La perturbazione come causa di transizioni
Consideriamo ora i metodi approssimati di soluzione dell’equazione di Schr¨odinger. Sapendo che il sistema quantistico in esame si trova in un certo stato all’istante t0 si tratta di determinare il suo stato al tempo t e, in pratica, di determinare il pi` u esattamente possibile l’operatore U(t, t0 ) che fornisce 95
96
CAPITOLO 5. TEORIA PERTURBATIVA
l’evoluzione nel tempo del ket di stato nella visuale di Schr¨odinger. Affrontiamo quindi il secondo dei due casi cui abbiamo accennato nell’introduzione a questo capitolo. L’operatore di evoluzione U(t, t0 ) ´e sempre definito dall’equazione i¯h
∂ U(t, t0 ) = H(t)U(t, t0 ) ∂t
(5.1)
con la condizione iniziale U(t, t0 ) = 1. L’equazione di Schr¨odinger (5.1) `e equivalente all’equazione integrale i U(t, t0 ) = 1 − ¯h
Z
t
H(τ )U(τ, t0 )dτ
(5.2)
t0
nella quale l’operatore identit`a compare per soddisfare la condizione iniziale. Supponiamo ora di poter scrivere l’Hamiltoniano H nella forma H(t) = H (0) (t) + V (t)
(5.3)
dove H (0) (t) `e l’Hamiltoniano di una equazione di Schr¨odinger che sappiamo integrare esattamente. Se U (0) (t, t0 ) `e l’operatore di evoluzione corrispondente ad H (0) (t), supponiamo che U (0) (t, t0 ) si sappia costruire in modo esatto. Per esempio, se H (0) non dipende dal tempo, si avr`a semplicemente U (0) (t, t0 ) = e−iH
(0) (t−t )/¯ 0 h
e anche tutti gli autoket e autovalori di H (0) saranno supposti noti. Per poter considerare l’equazione integrale (5.2) come punto di partenza per uno sviluppo perturbativo dovrebbe comparire sotto il segno di integrale la perturbazione V (τ ), che consideriamo piccola nel senso precisato nei paragrafi precedenti, e non H(τ ). Conoscendo U (0) (t, t0 ) conviene allora porre U(t, t0 ) = U (0) (t, t0 )UI (t, t0 ), (5.4) con UI (t0 , t0 ) = 1, e sostituire (5.4) nella (5.1) ottenendo i¯hU
(0) ∂UI
∂t
=
HU
(0)
∂U (0) − i¯h ∂t
!
UI
Se moltiplichiamo a sinistra questa equazione per U (0) † e usiamo l’equazione del moto per U (0) si ha, per l’unitariet`a degli operatori di evoluzione i¯h
∂UI = (U (0) † V U (0) )UI . ∂t
(5.5)
5.1. LA PERTURBAZIONE COME CAUSA DI TRANSIZIONI
97
Ponendo VI (t) = U (0) † (t, t0 ) V (t) U (0) (t, t0 )
(5.6)
otteniamo una equazione differenziale per l’operatore UI analoga alla (5.1) in cui H(t) `e sostituito da VI (t) e una equazione integrale nella forma desiderata 1 Z i t UI (t, t0 ) = 1 − VI (τ )UI (τ, t0 ) dτ. (5.7) ¯h t0 L’equazione integrale (5.7) pu`o, almeno formalmente, essere risolta per iterazioni. Calcoliamo UI (τ, t0 ) dall’equazione (5.7) e lo sostituiamo nell’integrale del secondo membro della stessa equazione ottenendo i UI (t, t0 ) = 1 − ¯h
Z
t
VI (τ )dτ + t0
−i ¯h
2 Z
t
Z
τ
dτ t0
dτ 0 VI (τ )VI (τ 0 )UI (τ 0 , t0 ).
t0
(5.8) Iterando ancora, cio`e calcolando UI (τ, t0 ) dalla (5.8), sostituendolo nella (5.7) e ripetendo lo stesso processo all’infinito, si ottiene uno sviluppo in serie UI (t, t0 ) = 1 +
∞ X
(n)
UI (t, t0 )
(5.9)
n=1 (n)
dove UI
`e l’integrale
(n) UI
=
Z
τ2
...
−i ¯h
n Z
t
Z
τn
dτn t0
dτn−1 . . . t0
dτ1 VI (τn )VI (τn−1 ) . . . VI (τ1 ).
(5.10)
t0
con l’ordine cronologico dei tempi di integrazione t > τn > τn−1 > . . . > τ1 > t0 . Dalla condizione di unitariet`a e dalla legge di composizione degli operatori di evoluzione temporale si ricava la relazione U † (t, t0 ) = U(t0 , t) e possiamo ottenere uno sviluppo analogo a (5.9) per U(t, t0 ) se moltiplichiamo la (5.9) per U (0) (t, t0 ) e ricordiamo le (5.4), (5.6). Notando che U (0) (t, t0 )U (0) † (τn , t0 )V (τn )U (0) (τn , t0 )U (0) † (τn−1 , t0 )V (τn−1 )× ×U (0) (τn−1 , t0 ) . . . U (0) † (τ1 , t0 )V (τ1 )U (0) (τ1 , t0 ) = U (0) (t, τn )V (τn )U (0) (τn , τn−1 )V (τn−1 ) . . . U (0) (τ2 , τ1 )V (τ1 )U (0) (τ1 , t0 ), 1
Si tratta di una nuova visuale, intermedia fra la visuale di Schr¨ odinger e quella di Heisenberg, che viene chiamata visuale di interazione. In questa visuale, l’evoluzione del ket di stato, |α, t >I = UI (t, t0 )|α, t0 >S , `e determinata solo dalla perturbazione VI (t) e questa evoluzione sar` a molto lenta se la perturbazione `e piccola.
98
CAPITOLO 5. TEORIA PERTURBATIVA
si ottiene lo sviluppo U(t, t0 ) = U (0) (t, t0 ) +
∞ X
U (n) (t, t0 )
(5.11)
n=1
con U (n) = Z
τ2
...
−i ¯h
n Z
t
Z
τn
dτn t0
dτn−1 . . . t0
dτ1 U (0) (t, τn )V (τn )U (0) (τn , τn−1 )V (τn−1 ) . . .
t0
× . . . U (0) (τ2 , τ1 )V (τ1 )U (0) (τ1 , t0 ).
(5.12)
Gli sviluppi (5.9) e (5.11) sono il punto di partenza dei calcoli perturbativi che vedremo nei prossimi paragrafi. Se U (0) (t, t0 ) differisce poco da U(t, t0 ) questi sviluppi in serie di potenze di V potranno convergere rapidamente e, mentre U (0) rappresenta l’approssimazione di ordine zero, U (n) rappresenta la correzione di ordine n a questa approssimazione. Vista la difficolt`a pratica del calcolo degli ordini superiori, l’utilit`a di questi sviluppi dipende in modo essenziale dalla rapidit`a della loro convergenza.
5.1.1
Calcolo perturbativo delle probabilit` a di transizione
Il significato delle correzioni perturbative all’approssimazione di ordine zero risulta evidente se H (0) non dipende dal tempo. L’operatore di evoluzione diventa allora (0) U(t, t0 ) = e−iH (t−t0 )/¯h (5.13) e scegliamo una rappresentazione in cui H (0) `e diagonale con autovalori Ek0 e autoket |ak > entrambi noti (k = 1, 2, . . .). La scelta di uno spettro discreto non `e necessaria ma rende pi` u chiari gli sviluppi successivi. In questa base la perturbazione V (t) `e determinata dai suoi elementi di matrice, che indichiamo con la notazione semplificata Vkj (t) =< ak |V (t)|aj >,
(5.14)
e poniamo Ek0 − Ej0 , ¯h che `e la frequenza di Bohr della transizione |aj >↔ |ak >. ωkj =
(5.15)
Supponiamo ora che il sistema si trovi, all’istante iniziale t0 , in un autostato di H (0) , per esempio |aj >. Vogliamo calcolare la probabilit`a di trovare il sistema, all’istante successivo t, in un’altro autostato |ak > di H (0) . Indichiamo con Wj→k questa probabilit`a Wj→k = | < ak |U(t, t0 )|aj > |2 ,
(5.16)
5.1. LA PERTURBAZIONE COME CAUSA DI TRANSIZIONI
99
che `e la probabilit`a di transizione da |aj > ad |ak >. Se V (t) fosse nullo si avrebbe U (0) (t, t0 )|aj >= exp(−iEj0 (t − t0 )/¯h)|aj > e Wj→k sarebbe nulla per k 6= j data l’ortonormalit`a della base < ak |aj >= δkj . Se sostituiamo nella (5.16) lo sviluppo (5.11) otteniamo ∞ X
< ak |U(t, t0 )|aj >=
< ak |U (n) (t, t0 )|aj >
(5.17)
n=1
dove U (n) `e dato dalla (5.12). E’ istruttivo calcolare i contributi delle correzioni agli ordini pi` u bassi. Al primo ordine si ha < ak |U (1) (t, t0 )|aj >= −
i ¯h
Z
t
h
0
dτ e−iEk (t−τ )/¯h ×
t0
−iEj0 (τ −t0 )/¯ h
×Vkj (τ )e
i
,
(5.18)
mentre, al secondo ordine, < ak |U (2) (t, t0 )|aj >= h
Z τ ∞ Z t 1 X dτ dτ 0 × (i¯h)2 n=1 t0 t0
0
0
× e−iEk (t−τ )/¯h Vkn (τ )e−iEn (τ −τ 0
×Vnj (τ 0 )e−iEj (τ
0 −t )/¯ 0 h
i
0 )/¯ h
×
.
(5.19)
Per ricavare la (5.19) abbiamo usato due volte la relazione di chiusura per gli autoket di H (0) e, infine, la relazione di ortonormalit`a. Possiamo interpretare queste ampiezze di transizione nel seguente modo: al primo ordine il sistema resta nello stato |aj > fino all’istante τ in cui la perturbazione V (τ ) lo fa passare allo stato |ak >, al secondo ordine la perturbazione agisce due volte e Vkn (τ ) induce una transizione allo stato intermedio |an > che viene chiamato stato virtuale per distinguerlo dagli stati reali |ak > e |aj >. Al terzo ordine compariranno due stati virtuali e la perturbazione agir`a tre volte e cos`ı via. La probabilit`a di transizione all’ordine n sar`a Wj→k ' | < ak |U (1) (t, t0 )|aj > + < ak |U (2) (t, t0 )|aj > + . . . . . . + < ak |U (n) (t, t0 )|aj > |2 e, esplicitamente, la probabilit`a di transizione al primo ordine `e 2 1 t iωkj τ e Vkj (τ ) dτ , (5.20) Wj→k ' | < ak |U (t, t0 )|aj > | = 2 ¯h t0 perch`e il modulo cancella le fasi che non dipendono da τ . In questa approssimazione, ma non agli ordini superiori, (1)
2
Z
Wj→k ' Wk→j . Nel seguito ci limiteremo a considerare solamente le transizioni del primo ordine.
100
5.1.2
CAPITOLO 5. TEORIA PERTURBATIVA
Perturbazione indipendente da t
L’espressione (5.20) per la probabilit`a di transizione al primo ordine pu`o essere calcolata esplicitamente nel caso in cui V non dipenda esplicitamente dal tempo. Se t0 = 0 e indichiamo con |a > lo stato iniziale e |b > lo stato finale, ambedue autoket di H0 , l’equazione (5.20) d`a Wa→b '
1 |Vba |2 f (t, ωba ) ¯h2
(5.21)
dove la funzione f (t, ω) `e Z
f (t, ω) =
0
t
2
eiωτ dτ = 2
1 − cos ωt . ω2
(5.22)
Il grafico di f (t, ω) in funzione di ω, a t fissato 2 , presenta un picco molto pronunciato attorno al valore ω = 0 con una larghezza pari a 2π/t. L’altezza del picco `e t2 , come si vede facilmente sviluppando in serie la funzione f (t, ω) intorno al punto ω = 0, e l’area sotto la curva `e Z
+∞
Z
f (t, ω)dω = 4 −∞
0
∞
sin2 ωt dω = 2πt. ω2
Fra i vari limiti che riproducono la funzione generalizzata δ di Dirac consideriamo il seguente 1 1 − cos ωt δ(ω) = lim , t→∞ π tω 2 e, nel limite t → ∞, si ha f (t, ω)|t→∞ ∼ 2πtδ(ω).
(5.23)
Per un dato valore di t, Wa→b dipende in modo semplice dallo stato finale b; `e una costante, che comprende il modulo quadrato dell’elemento di matrice della perturbazione, modulata dal fattore f (t, ωba ) che dipende dalla frequenza di Bohr della transizione a → b. Poich`e questo fattore di modulazione ha un picco molto pronunciato di larghezza 2π/t per ωba = 0, le transizioni avvengono preferibilmente verso gli stati la cui energia `e compresa in un intervallo di larghezza δE0 '
2π¯h t
intorno all’energia dello stato iniziale. Si pu`o dire che le transizioni conservano l’energia non perturbata a meno di 2π¯h/t. L’analogia con la relazione 2
E’ utile notare che f (t, ω) = t2 (sin u/u)2 dove u = ωt/2 e che, a t fissato, questa funzione d` a la figura di diffrazione per l’intensit` a della luce trasmessa da una fenditura rettilinea indefinita
5.1. LA PERTURBAZIONE COME CAUSA DI TRANSIZIONI
101
di indeterminazione tempo-energia `e apparente ma non rigorosa. L’energia in esame `e l’energia H (0) e non l’energia totale del sistema e il tempo t `e il tempo della misura di H (0) e non il tempo caratteristico di evoluzione del sistema. Per uno stato b dato, f (t, ωba ) determina il comportamento di Wa→b come funzione di t. Se la transizione conserva rigorosamente l’energia non perturbata, ωba = 0, f (t, ωba ) cresce come t2 , altrimenti `e una funzione 2 con il periodo 2π/ω . W oscillante fra 0 e 4/ωba ba a→b oscilla con lo stesso periodo attorno al valore medio 2|Vba |2 /(Eb − Ea )2 mentre cresce come t2 solo per valori piccoli di t rispetto a questo periodo. 3 Se l’energia Eb appartiene alla parte continua dello spettro di H (0) non possiamo misurare la probabilit`a di trovare il sistema in uno stato ben definito al tempo t, ma solo la probabilit`a di transizione ad un certo insieme di stati finali. Chiariremo questo punto con un esempio concreto: la diffusione di una particella, senza spin e di massa m, da un potenziale V (r) che non dipende dal tempo. Supponiamo che lo stato iniziale della particella sia l’autoket di H (0) |a >, appartenente allo spettro discreto, e sviluppiamo questo autostato sulla base degli autoket |p > con impulsi ben definiti e energie E = p2 /(2m), 4 Le autofunzioni corrispondenti sono onde piane e la densit`a di probabilit`a associata con una misura dell’impulso `e 1 E − Ea | < p|V |a, t > | = 2 | < p|V |a > |2 f t, . ¯h ¯h
2
(5.24)
Un rivelatore ideale dovrebbe emettere un segnale quando la particella `e diffusa con l’impulso pb , ma un rivelatore reale emetter`a un segnale quando l’impulso p della particella diffusa appartiene ad un angolo solido δΩb che comprende pb e l’energia della particella `e compresa in un intervallo δEb con centro in Eb = p2b /(2m). Nello spazio degli impulsi questi intervalli definiscono una regione Db , parte di un cono con vertice nell’origine e asse pb , e la probabilit`a che il rivelatore emetta un segnale `e quindi Z
δW (pb , t) =
d3 p| < p|V |a, t > |2 .
(5.25)
p∈Db
Trasformiamo ora l’integrale (5.25) facendo√comparire un integrale sull’e√ nergia con il cambiamento di variabile p = 2mE, p2 dp = m 2mE dE. Si ha √ d3 p = p2 dp dΩ = m 2mE dE dΩ ≡ ρ(E)dE dΩ, (5.26) √ dove la funzione ρ(E) = m 2mE `e chiamata densit`a degli stati finali, e 3
E’ bene ricordare che, essendo una probabilit` a, Wa→b non pu` o mai superare il valore uno. 4 Abbiamo eliminato l’apice, scrivendo p invece di p0 , non essendoci nel seguito possibilit` a di confondere l’operatore p con l’autovalore p0 .
102
CAPITOLO 5. TEORIA PERTURBATIVA
sostituendo in (5.25) δW (pb , t) =
1 ¯h2
Z
dΩ dE ρ(E)| < p|V |a > |2 f [t, (E − Ea )/¯h]
Ω∈δΩb ; E∈δEb
(5.27) dove f (t, ω) `e la funzione definita nell’equazione (5.22). Se t `e sufficientemente grande la funzione f [t, (E − Ea )/¯h] pu`o essere approssimata con 2π¯htδ(E − Ea ) mentre la variazione di ρ(E)| < p|V |a > |2 con l’energia sar`a certamente pi` u lenta. Supponiamo di poter trascurare la variazione di questa funzione su un intervallo di energia di larghezza 4π¯h/t con centro in Ea e che δΩb sia molto piccolo. Allora, se Ea appartiene all’intervallo δEb (Eb ∼ Ea ) δW (pb , t) = δΩb
2π t | < pb |V |a > |2 ρ(Eb = Ea ), ¯h
(5.28)
altrimenti δW (pb , t) = 0. Questa probabilit`a cresce linearmente con il tempo e il tempo t, pur essendo sufficientemente grande per poter approssimare la funzione f (t, ω) con una δ(ω), `e limitato dalla condizione che una probabilit`a come δW non pu`o mai essere maggiore di uno. Se introduciamo la densit`a di probabilit`a di transizione per unit`a di tempo e per unit`a di angolo solido Ωb , w=
2π | < pb |V |a > |2 ρ(Eb = Ea ) ¯h
(5.29)
otteniamo una ”velocit`a di transizione” indipendente dal tempo. L’equazione (5.29) `e una caso particolare della regola d’oro di Fermi. Consideriamo, come applicazione della (5.29), il problema della diffusione elastica di una particella da parte di un potenziale V i cui elementi di matrice nella rappresentazione coordinate sono dati da < r|V |r0 >= V (r)δ(r − r0 ).
(5.30)
Se lo stato iniziale del sistema `e un autoket dell’impulso |a, t0 = 0 >= |pa >, la probabilit`a di diffusione di una particella incidente con impulso pa negli stati con impulso p in un intorno del valore pb (con |pb | = |pa |) `e data, per unit`a di tempo e di angolo solido attorno a p = pb , dalla (5.29) w(pa , pb ) =
2π | < pb |V |pa > |2 ρ(Eb = Ea ). ¯h
Per un’onda piana incidente si ha
< r|p >=
1 2π¯h
3/2
eip·r/¯h
(5.31)
5.1. LA PERTURBAZIONE COME CAUSA DI TRANSIZIONI
103
√ e, essendo per la (5.26) ρ(E) = m 2mE, otteniamo 1 2π p m 2mEa ¯h 2π¯h
w(pa , pb ) =
2 6 Z d3 r ei(pa −pb )·r/¯h V (r)
(5.32)
dove, a membro destro, compare la trasformata di Fourier del potenziale. Se dividiamo la probabilit`a (5.32) per la corrente di probabilit`a associata all’onda piana incidente
Ja =
1 2π¯h
3
¯ ka h = m
1 2π¯h
3 s
2Ea , m
otteniamo la sezione d’urto di diffusione in approssimazione di Born σ Born (θ, φ) =
w(pa , pb ) = Ja
2 m2 3 i(pa −pb )·r/¯ h d r e V (r) 4 4π 2 ¯h dove θ e φ sono gli angoli polari di pb . Z
=
5.1.3
(5.33)
Perturbazione periodica. Risonanze
Al primo ordine, la probabilit`a di transizione Wa→b Z 2 1 t iωba τ , e V (τ )dτ ba ¯h2 t0
Wa→b =
`e proporzionale al modulo quadrato dell’ampiezza con la frequenza ωba nella decomposizione spettrale della funzione Vba (t), con la convenzione di porre Vba = 0 al di fuori dell’intervallo (t0 , t). Questa analisi armonica `e particolarmente semplice quando la perturbazione V non dipende dal tempo ed ha come conseguenza, l’abbiamo visto nel paragrafo precedente, la ”conservazione dell’energia non perturbata”. Il caso pi` u generale in cui V (t) `e una funzione periodica del tempo `e altrettanto semplice e d`a luogo al fenomeno, importante dal punto di vista pratico, della risonanza. Supponiamo che V sia una funzione periodica semplice del tempo con frequenza ω. Essendo V un operatore Hermitiano pu`o essere scritto nella forma V = Aeiωt + A† e−iωt (5.34) dove l’operatore A non dipende dal tempo. Ponendo t0 = 0, per semplicit`a, la probabilit`a di transizione Wa→b al primo ordine `e Wa→b
1 ' 2 ¯h
Z < b|A|a >
0
t
i(ωba +ω)τ
e
†
dτ + < b|A |a >
Z
t
i(ωba −ω)τ
e 0
2 dτ
(5.35)
104
CAPITOLO 5. TEORIA PERTURBATIVA
che dobbiamo confrontare con la (5.21). Nella (5.35) l’ampiezza di transizione si compone di due termini ma, se t `e abbastanza grande, il primo termine diventa grande solo quando ωba + ω ha un valore vicino a zero cio`e quando l’energia Eb giace in un intervallo di larghezza 2π¯h/t attorno al valore Eb = Ea − ¯hω, (5.36) mentre il secondo termine diventa importante solo nell’intervallo, con la stessa larghezza, attorno al punto Eb = Ea + ¯hω.
(5.37)
Capita, in molte applicazioni, che t 2π/ω e quindi sia abbastanza grande affinch`e le due regioni (5.36) e (5.37) siano distinte. In tal caso Wa→b diventa apprezzabile solo per le transizioni nelle quali il sistema non perturbato emette o assorbe la quantit`a di energia ¯hω in accordo con l’equazione (5.36) o (5.37), rispettivamente. Nel primo caso, vale la (5.36), solamente il primo termine appare nell’ampiezza di transizione e la probabilit`a di transizione si riduce a Wa→b '
1 |Aba |2 f (t, ωba + ω). ¯h2
La differenza importante con la (5.21) sta nella sostituzione di ωba con ωba + ω. Possiamo anche considerare transizioni ad un gruppo di livelli situati in un intervallo di energia ∆E ( 2π¯h/t) attorno al punto Ea − ¯hω e definire una probabilit`a di transizione per unit`a di tempo che ha ancora una forma simile alla (5.29), la sola differenza `e che ora gli stati finali hanno un’energia inferiore di h ¯ ω a quella dello stato iniziale. Le stesse considerazioni possono essere fatte per le transizioni nelle quali il sistema assorbe l’energia h ¯ ω. Nel caso, ancora pi` u generale, in cui V `e una funzione periodica, ma non periodica semplice, del tempo con frequenza ω vale lo sviluppo di Fourier V =
∞ X
An einωt + A†n e−inωt ,
n=1
il contributo dei diversi termini di questa serie alla probabilit`a di transizione non interferiscono, se t 2π/ω, perch`e le transizioni causate da ciascuno dei termini corrispondono a scambi diversi di energia. Problema. Un atomo di idrogeno `e sottoposto ad un campo elettrico oscillante E = E0 cos ωt la cui frequenza angolare ω `e superiore alla sua frequenza di ionizzazione me4 /(2¯ h2 ). L’atomo si trova inizialmente nel suo stato fondamentale, qual’`e la probabilit`a di transizione per unit`a di tempo ad uno stato ionizzato (si pu`o supporre che le funzioni d’onda che rappresentano stati
5.1. LA PERTURBAZIONE COME CAUSA DI TRANSIZIONI
105
ionizzati siano onde piane) ? Qual’`e la distribuzione angolare dell’elettrone emesso in questo processo di eccitazione dell’atomo ? . Soluzione L’Hamiltoniano quantistico dell’elettrone dell’atomo di idrogeno sottoposto al campo elettrico oscillante E `e 5 5
P `e l’impulso generalizzato, si vedano le dispense di ”Teoria dei campi”, 1 [P − eA(t)]2 + U (R) 2m
H=
dove U (R) `e il potenziale centrale creato dal nucleo e R il raggio vettore dell’elettrone rispetto al nucleo supposto immobile nell’origine. Visto che il potenziale vettore A non dipende dalla posizione, come E, possiamo scrivere H = H0 + V (t), dove H0 `e l’Hamiltoniano dell’atomo di idrogeno imperturbato, H0 = P2 /(2m) + U (R), e V (t) ' −
e P · A(t) m
(5.38)
avendo trascurato il termine in A2 . Nel nostro caso, dalla relazione E = −∂A/∂t, otteniamo dalla (5.38) e V (t) = P · E0 sin(ωt), (5.39) mω che `e equivalente alla forma pi` u intuitiva V (t) = −eR · E a meno di una trasformazione di gauge. Possiamo riscrivere la (5.39) come V (t) =
e P · E0 eiωt − e−iωt 2imω
che `e nella forma (5.34) e solo il secondo termine corrisponder` a all’assorbimento dell’energia h ¯ ω se t `e sufficientemente grande. Possiamo quindi ripetere il ragionamento che ci ha portato alla (5.29) e scrivere la probabilit` a di transizione per unit` a di tempo come δw =
π e2 | < pb |p · E0 |a > |2 ρ(Eb ' Ea + h ¯ ω)δΩb . 2¯ h m2 ω 2
(5.40)
Il calcolo dell’elemento di matrice < pb |p · E0 |a > si esegue facilmente ricordando che < R|p|a >= −i¯ h∇Ψa (R) e che
Z E0 · < pb |p|a >= E0 ·
d3 R < pb |R > (−i¯ h∇)Ψa (R)
dove Ψa (R) `e l’autofunzione dello stato fondamentale dell’atomo d’idrogeno. Quindi, per l’Hermiticit` a di p < pb |p|a >=
=
1 2π¯ ha0
3/2
3/2
1 √ π
1 2π¯ ha0
1 √ π
Z
Z
d3 r e−ipb ·r/¯h (−i¯ h∇)e−r/a0 =
d3 r i¯ h∇e−ipb ·r/¯h e−r/a0 =
106
CAPITOLO 5. TEORIA PERTURBATIVA
Bibliografia consigliata: [2], [3], [1], [6].
=
1 2π¯ ha0
3/2
pb √ π
Z
d3 r e−ipb ·r/¯h e−r/a0 .
(5.41)
Con integrazioni elementari si ottiene
Z
d3 r e−ipb ·r/¯h e−r/a0 = −
8π 1 , a0 1/a20 + p2b /¯ h2
ed infine, dalle (5.40) e (5.41) δw =
4e2 a30 2 p δΩb . b (E0 · pb ) 4 [1 + (pb a0 /¯ h)2 ]4 mω 2 ¯ h
Se indichiamo con θ l’angolo fra E0 e pb , la distribuzione angolare dell’elettrone emesso `e data da cos2 θ.
Appendice .1
Meccanica Ondulatoria
.1.1
I postulati
E’ utile ricordare sinteticamente le basi di quello che si `e gi`a studiato. La meccanica ondulatoria che, come vedremo, coincide con la meccanica quantistica in rappresentazione coordinate, `e basata su sei postulati che elenchiamo di seguito. 1. Stato. Lo stato fisico di una particella al tempo t `e descritto completamente dalla funzione d’onda normalizzata ψ(r, t), |ψ(r, t)|2 `e la densit`a di probabilit` a di trovare la particella nella posizione r al tempo t. Se ψ1 e ψ2 descrivono stati del sistema anche una loro combinazione lineare descrive una situazione fisica possibile (principio di sovrapposizione). 2. Grandezze fisiche. Ogni grandezza fisica misurabile `e descritta da un operatore lineare e hermitiano; questo operatore `e una osservabile (per esempio: p = −i¯ h∇). 3. Misura. La misura di una grandezza fisica A deve dare come risultato uno degli autovalori dell’osservabile corrispondente. Se Aψj = A0j ψj e
Z
(A hermitiano)
ψi∗ ψj dV = δij
qualsiasi stato fisico pu` o essere rappresentato come una somma Z X ψ= ci ψi , ci = ψi∗ ψ dV e la probabilit` a di ottenere come risultato della misura di A l’autovalore A0i `e |ci |2 (decomposizione spettrale). 4. Riduzione del pacchetto d’onda. Se la misura della grandezza fisica A sul sistema nello stato ψ d` a come risultato A0i , lo stato del sistema immediatamente dopo la misura `e ψi (nel caso non degenere, in generale la proiezione normalizzata sul sottospazio di A0i ). 5. Evoluzione nel tempo. L’evoluzione nel tempo dell’autofunzione `e determinata dall’equazione di Schr¨ odinger ¯h2 2 ∂ψ = − ∇ + V (r) ψ i¯ h ∂t 2m
107
108
APPENDICE dove V (r) `e l’energia potenziale classica della particella.
I seguenti principi permettono di chiarire la relazione fra meccanica ondulatoria e fisica classica. Il principio di corrispondenza (Bohr 1923) nota che le predizioni della meccanica quantistica tendono al limite classico quando o h ¯ → 0, oppure quando i numeri quantici dei sistemi legati diventano grandi, n → ∞. Il principio di indeterminazione (Heisenberg 1927) collega le larghezze intrinseche di pacchetti d’onda finiti, ∆x · ∆k ∼ 1 e ∆t · ∆ω ∼ 1, con la scala h ¯ attraverso le relazioni di De Broglie e di Planck, p = ¯hk ed E = ¯hω. Ne > > risultano le relazioni di indeterminazione ∆x · ∆p ∼ ¯h e ∆t · ∆E ∼ ¯h che ritroveremo, in forma pi` u precisa, nel seguito. Il principio di complementariet` a (Bohr 1928) stabilisce che qualsiasi esperimento pu` o rivelare o la natura ondulatoria o la natura particellare della radiazione o della materia, ma non entrambe.
.1.2
Propriet` a generali dell’equazione di Schr¨ odinger
Consideriamo una particella di massa m in un potenziale reale V (r) che si annulla a distanza infinita, r → ∞, in ogni direzione. In uno stato stazionario (autostato dell’energia) l’equazione di Schr¨odinger indipendente dal tempo pu`o essere scritta nella forma (¯h = h/2π) ¯h2 4 + V (r) Ψ(r) = EΨ(r) (42) HΨ(r) = − 2m e, in questa equazione agli autovalori, l’autofunzione Ψ(r) corrisponde all’autovalore E dell’operatore H. Il problema agli autovalori (42) `e ben definito solo se specifichiamo le condizioni di ”regolarit` a” e le condizioni al contorno cui deve soddisfare l’autofunzione Ψ. Tali condizioni devono essere compatibili con l’interpretazione data alla funzione d’onda, che vedremo in dettaglio nel prossimo paragrafo. Imponiamo, per il momento, che Ψ(r) e le sue derivate parziali del primo ordine siano funzioni continue, uniformi e limitate, in tutto lo spazio. Si pu`o allora dimostrare che valgono i risultati seguenti, che accettiamo senza dimostrazione,: 1. Se E < 0, l’equazione (42) ha soluzione solo per certi valori di E che formano uno spettro discreto. Le autofunzioni corrispondenti si annullano alR l’infinito, in modo che l’integrale |Ψ(r)|2 dr, esteso a tutto lo spazio delle configurazioni, sia un integrale convergente. Si dice allora che la particella si trova in uno stato legato essendo nulla la probabilit`a di trovare la particella all’infinito. 2. Se E > 0, l’equazione (42) pu`o essere risolta per qualsiasi valore positivo di E. Si dice che le energie possibili formano uno spettro continuo. Ma le autofunzioni corrispondenti non si annullano all’infinito perch`e il loro comportamento asintotico `e analogo a quello di un’onda piana exp(ik · r). La particella non `e pi` u localizzata in un dominio finito e le funzioni d’onda di questo tipo compaiono essenzialmente nei problemi d’urto. Si parla allora di uno stato non legato oppure di uno stato stazionario relativo ad un urto.
.1. MECCANICA ONDULATORIA
.1.3
109
Evoluzione del valor medio di una osservabile
Sia A(r, p, t) una grandezza classica in cui r e p cambiano nel tempo in accordo con le equazioni del moto. In A(r, p, t) appare quindi una dipendenza esplicita dal tempo e una dipendenza implicita tramite r e p. Alla grandezza classica A(r, p, t) corrisponde un operatore Hermitiano, una osservabile, A = A(r, p, t) che si ottiene da A rimpiazzando r e p con operatori i cui autostati ed autovalori non dipendono pi` u dal tempo. La dipendenza dal tempo di r e p, caratteristica dell’evoluzione temporale dello stato classico, compare ora nella funzione d’onda Ψ(r, t). In meccanica ondulatoria si definisce il valor medio di una osservabile A come Z ¯h < A >= drΨ∗ (r, t)A(r, ∇, t)Ψ(r, t) (43) i ed `e questo numero, che dipende solo da t, che deve essere confrontato con il valore assunto dalla grandezza classica A(r, p, t) all’istante t. Le equazioni
∂Ψ ∂Ψ∗ = HΨ, i¯h = −(HΨ)∗ , ∂t ∂t permettono di ottenere l’evoluzione temporale di < A > e di mostrare come ci`o fornisca un legame fra la meccanica classica e la meccanica ondulatoria. Con l’aiuto dell’equazione Z Z Ψ∗ (HΨ)dr = (HΨ)∗ Ψdr i¯ h
otteniamo infatti, dalla (43), d 1 < A >= < AH − HA > + dt i¯ h
∂A ∂t
(44)
e, se A non dipende esplicitamente dal tempo, d 1 < [A, H] > . < A >= dt i¯h
(45)
Una semplice applicazione di quest’ultima equazione alle osservabili r e p ci permetter`a di ottenere il teorema di Ehrenfest. Consideriamo una particella in un potenziale indipendente dal tempo V (r) con Hamiltoniano p2 H= + V (r). 2m I commutatori degli operatori r e p con H si possono derivare dalle regole di commutazione canoniche, [x, px ] = i¯ h 1, [y, py ] = i¯h 1, [z, pz ] = i¯h 1 e tutte le altre parentesi di commutazione nulle, e sono [r, H] =
i¯ h p, m
[p, H] = −i¯h∇V (r).
Si ottengono cos`ı due equazioni d 1 < r >= dt m
(46)
110
APPENDICE
e
d < p >= − < ∇V (r) > (47) dt che esprimono il teorema di Ehrenfest e ricordano le equazioni classiche del moto di una particella. Combinandole si ottiene infatti m
d2 < r > = − < ∇V (r) > dt2
che `e l’analogo della seconda legge di Newton essendo il secondo membro una ”forza”. Supponiamo che la funzione d’onda Ψ(r, t), che descrive lo stato della particella, sia un pacchetto d’onda come quello studiato nel problema all’inizio di questo capitolo. Indichiamo con < R > (t) il centro del pacchetto d’onda all’istante t, al passare del tempo il centro del pacchetto descrive una traiettoria. Se le dimensioni del pacchetto sono molto minori delle altre distanze in gioco, possiamo approssimare il pacchetto d’onda stesso con il suo centro e la descrizione quantistica della particella non differisce di molto da quella classica. Resta da vedere se effettivamente il centro del pacchetto obbedisce alle leggi della meccanica classica. La forza classica nel punto rc in cui si trova il centro del pacchetto `e [∇V (rc )]rc = che, in generale, non coincide con < ∇V (r) > . In altre parole il valor medio di una funzione non `e uguale al valore che essa assume prendendo il valor medio della variabile. Solamente se il pacchetto d’onda `e sufficientemente localizzato si ha < ∇V (r) >≈ [∇V (rc )]rc = e, in tal caso, il moto del pacchetto diventa quello di una particella classica di massa m in un potenziale V (r). Ci`o si verifica per molti sistemi macroscopici quando le lunghezze d’onda di de Broglie sono molto minori delle distanze su cui il potenziale varia sensibilmente.
.2 .2.1
Note al Capitolo 3 L’operatore densit` a
Il formalismo della meccanica quantistica sviluppato finora fornisce predizioni statistiche per un insieme di sistemi fisici preparati in modo identico. In una misura ideale, tutti gli elementi di questo insieme devono essere caratterizzati da un medesimo ket di stato |α >. Abbiamo gi`a considerato esperimenti ideali in cui l’apparato di Stern e Gerlach, con una delle due componenti bloccata, agisce da filtro fornendo fasci di atomi tutti nello stesso stato di spin. Ma, se consideriamo gli atomi d’argento che escono dalla fornace prima di entrare nell’apparato di Stern e Gerlach, ci
.2. NOTE AL CAPITOLO 3
111
rendiamo conto che il formalismo che abbiamo a disposizione non permette di descrivere questo insieme di atomi che `e completamente casuale per quanto riguarda l’orientazione dello spin. Si tratta di un insieme non polarizzato e nessun ket di stato, anche il pi` u generale, pu` o descrivere questo insieme. Quando abbiamo a che fare con un insieme statistico di N sistemi, tutti con la stessa struttura ma in stati quantistici diversi, tutto quello che possiamo fare `e una specie di censimento per sapere che una frazione N1 /N di sistemi si trova nello stato |α1 >, N2 /N nello stato |α2 > e cos`ı via. Non potendo identificare i singoli membri dell’insieme, ci accontentiamo di dire che un sistema dell’insieme ha certe probabilit` a w1 , w2 , . . . di trovarsi negli stati rappresentati dai ket |α1 >, |α2 > , . . .. Evidentemente le popolazioni percentuali dei vari stati devono soddisfare la condizione di normalizzazione X wi = 1, (48) i
e wi ≥ 0. Per esempio, per un sistema di spin 1/2, il 40% degli spin pu`o trovarsi nello stato |+ >, il 30% nello stato |+ >x e il restante 30% nello stato |− >y . Vediamo che i ket |αi > non devono essere necessariamente ortogonali, anche se possiamo sempre supporre che siano normalizzati, e che il numero di termini, nella somma (48) pu` o non coincidere con la dimensionalit`a dello spazio degli stati, che `e due in questo caso. Data una certa miscela statistica di stati, supponiamo di effettuare la misura di una osservabile A. Il valor medio < A > dei risultati della misura ha una certa probabilit` a wi di essere uguale a < A >i =< αi |A|αi >, supponendo che < αi |αi >= 1. Possiamo quindi scrivere X < A >= wi < αi |A|αi >, (49) i
e, se |a0 > `e un autoket di A, < A >=
XX
wi | < a0 |αi > |2 a0 .
(50)
a0
i
Il concetto di probabilit` a compare in (50) due volte: in | < a0 |αi > |2 , per la probabilit` a che lo stato |αi > si trovi in un autostato |a0 > di A, e nel fattore wi che d`a la probabilit` a di trovare nell’insieme uno stato dinamico caratterizzato da |αi >. E’ comodo descrivere una miscela statistica tramite l’operatore densit`a X ρ= wi |αi >< αi |,
(51)
i
perch`e il valor medio della osservabile A `e la traccia di (ρA) < A >= Tr(ρA). Infatti, in una base generica {|b0 >} X XX < A >= wi < αi |b0 >< b0 |A|b” >< b”|αi >= i
b0
b”
(52)
112
APPENDICE ! =
X
X
b0 b”
i
0
wi < b”|αi >< αi |b >
< b0 |A|b” >,
e gli elementi di matrice di ρ diventano in questa base X < b”|ρ|b0 >= wi < b”|αi >< αi |b0 > . i
Quindi < A >=
XX b0
< b”|ρ|b0 >< b0 |A|b” >= Tr(ρA).
b”
L’operatore ρ `e Hermitiano, come si vede subito dalla definizione perch`e il proiettore |αi >< αi | `e Hermitiano, e Tr(ρ) = 1, (53) perch`e il valor medio dell’operatore identit`a 1 `e 1. L’operatore densit`a `e un operatore Hermitiano definito positivo 6 e la sua traccia `e uno. Dalla (50) otteniamo la probabilit`a che il risultato della misura di A sia proprio il suo autovalore a0 nella forma X wi | < a0 |αi > |2 i
che possiamo scrivere come Tr(ρ|a0 >< a0 |). Poich`e `e sufficiente conoscere ρ per calcolare tutte le quantit` a fisicamente misurabili, valori medi e distribuzioni statistiche, possiamo considerare identiche due miscele statistiche che abbiano lo stesso operatore densit` a. Ogni miscela quantistica di stati `e completamente definita dal suo operatore densit` a. Il formalismo dell’operatore densit`a permette anche di trattare i casi puri come caso particolare di una miscela statistica. Un insieme puro `e specificato da wk = 1 per un certo |αk > e wi = 0 per i 6= k; in questo caso ρ = |αk >< αk |, e ρ2 = ρ `e un operatore idempotente. Abbiamo anche, ma solo per un insieme puro, Tr(ρ2 ) = 1. Calcoliamo, come esempio, la matrice densit`a di un fascio puro di atomi con spin 1/2, tutti nello stato |+ >, nella base degli autoket di Sz . Si avr`a 1 1 0 . ρ = |+ >< +| = ( 1 0 )= , 0 0 0 e
¯ h , < Sx >= 0, < Sy >= 0. 2 Se il fascio di atomi fosse completamente polarizzato nella direzione negativa delˆ , e quindi nello stato |− >x , si avrebbe l’asse x 1 1/2 −1/2 . ρ = |− >x x < −| = (|+ > −|− >)(< +|− < −|) = . −1/2 1/2 2 < Sz >= Tr(ρSz ) =
6
Un operatore Hermitiano X `e definito positivo se < α|X|α >≥ 0, qualunque sia |α >.
.2. NOTE AL CAPITOLO 3
113
In entrambi i casi, come si pu` o verificare facilmente, ρ2 = ρ e Tr(ρ2 ) = Tr(ρ) = 1.
Problema. Scrivere la matrice densit`a per un fascio parzialmente polarizzato di spin 1/2, miscela statistica al 75% e 25% di due insiemi puri negli stati |+ > e |+ >x , rispettivamente. Soluzione Dalla definizione (51) si ha ρ=
3 1 . |+ >< +| + |+ >x x < +| = 4 4
7/8 1/8
1/8 1/8
.
Il calcolo dei valori medi delle osservabili d`a < Sx >=
¯h , 8
< Sy >= 0, < Sz >=
3¯h . 8
Si noti che, in questo caso, ρ2 6= ρ e Tr(ρ2 ) = 13/16.
Problema. Il fascio di atomi di spin 1/2, che escono dalla fornace nell’apparato di Stern e Gerlach, non `e polarizzato e pu`o essere considerato come una miscela incoerente degli stati |+ > e |− > in eguali proporzioni. Il suo stato di spin pu`o essere scritto come 1 √ (e1 |+ > +e2 |− >), (54) 2 dove e1 ed e2 sono numeri complessi di modulo 1 con fase relative casuali 7 , cio`e soddisfano le relazioni |e1 |2 = |e2 |2 = 1,
e∗1 e2 = e∗2 e1 = 0,
(55)
dove la barra sopra una grandezza indica la media su tutti i valori della fase relativa. Calcolare la matrice densit` a, nella base {|+ >, |− >}, di questa miscela statistica e i valori medi delle osservabili di spin. Soluzione Calcoliamo dapprima il proiettore relativo allo stato ”incoerente” (54) 1 (e1 |+ > +e2 |− >)(e∗1 < +| + e∗2 < −|) = 2 1 (|+ >< +| + |− >< −| + e1 e∗2 |+ >< −| + e2 e∗1 |− >< +|). (56) 2 L’operatore densit` a `e la media, su tutti i valori della fase relativa, dell’espressione (56) e, dalle (55), si ottiene 1 1 1/2 0 . ρ = |+ >< +| + |− >< −| = . 0 1/2 2 2 =
7
Si noti la differenza con un ket di stato in cui la fase relativa deve essere definita.
114
APPENDICE
Questo insieme pu` o essere considerato come una miscela incoerente di un insieme |+ > e un insieme |− > con eguale peso (oppure di |+ >x e |− >x con lo stesso peso). Poich`e ρ, in queto caso, `e proprio la matrice unit`a, divisa per 2, si ha Tr(ρSi ) =< Si >= 0,
(i = 1, 2, 3),
perch`e Tr(Si ) = 0. Il risultato < S >= 0 `e ragionevole perch`e non ci deve essere nessuna direzione privilegiata dello spin in un insieme completamente casuale di spin 1/2.
Concludiamo questa sezione derivando l’evoluzione temporale di una miscela statistica. In visuale di Heisenberg, l’operatore densit`a resta immobile (ρH = ρt=t0 ) mentre le grandezze fisiche sono rappresentate da osservabili che evolvono nel tempo secondo l’equazione di Heisenberg (3.35). Passiamo alla visuale di Schr¨odinger. Se, all’istante t0 , lo stato dinamico del sistema `e rappresentato dalla miscela di ket |α1 , t0 >, |α2 , t0 >, . . . con i pesi statistici w1 , w2 , . . ., ogni componente della miscela evolve nel tempo |αi , t >= U(t, t0 )|αi , t0 >, mentre i pesi statistici wi restano gli stessi se l’insieme non viene perturbato. Avremo quindi ρ(t) =
X
U(t, t0 )|αi , t0 > wi < αi , t0 |U † (t, t0 ) =
i
= U(t, t0 )ρ(t0 )U † (t, t0 ), e, dall’equazione di Schr¨ odinger per U(t, t0 ), i¯h
∂ρ = Hρ − ρH = −[ρ, H]. ∂t
(57)
Le grandezze che figurano in (57) sono operatori nella visuale di Schr¨odinger e, malgrado la somiglianza, questa equazione non ha nulla a che fare con l’equazione di Heisenberg. L’equazione (57) `e l’analogo quantistico del teorema di Liouville in meccanica statistica classica 8 .
.2.2
Oscillatore armonico in equilibrio termodinamico
Un oscillatore armonico, in equilibrio termodinamico con un termostato alla temperatura T , non `e in uno stato puro, cio`e `e impossibile descrivere il suo stato con un ket |α >. Si dovr` a trattare come una miscela statistica di stati stazionari |n > 8 ∂ρclass. /∂t = −{ρclass. , H} dove ρclass. `e la densit` a nello spazio delle fasi e la parentesi `e quella di Poisson. Da qui, il nome di operatore densit` a per ρ.
.3. NOTE PER IL CAPITOLO 4
115
con pesi proporzionali ad exp(−En /(kT )), dove k `e la costante di Boltzmann ed En = (n + 1/2)¯ hω. L’operatore densit`a ha la forma ρ=
X e−En /(kT ) Z
n
|n >< n|,
(58)
dove Z=
X
e−En /(kT ) ,
(59)
n
per soddisfare la condizione di normalizzazione (48). Vogliamo calcolare l’energia media di questo oscillatore < H >= Tr (Hρ) =
1 X En e−En /(kT ) , Z n
(60)
e cominciamo con il calcolo di Z. Si ha, dalla (59), n X X Z= e−(n+1/2)¯hω/(kT ) = e−¯hω/(2kT ) e−¯hω/(kT ) , n
n
e riconosciamo, nell’ultima somma, la serie geometrica per cui Z=
e−¯hω/(2kT ) . 1 − e−¯hω/(kT )
(61)
La somma in (60) pu` o essere calcolata facilmente notando che dZ 1 X = (n + 1/2)¯ hωe−(n+1/2)¯hω/(kT ) , dT kT 2 n si ha quindi < H >= kT 2
1 dZ Z dT
e, dopo alcuni semplici calcoli, < H >=
1 ¯hω . hω + −¯hω/(kT ) ¯ 2 e −1
(62)
Si ritrova la formula di Planck, a meno della costante h ¯ ω/2, per l’energia media di un oscillatore quantizzato. Si noti che h ¯ ω/2 corrisponde allo stato fondamentale dell’oscillatore e, in questo stato, nessuna energia pu`o essere irraggiata dalla cavit`a. Come energia media, nella formula di Planck, dovremo prendere quindi < H > −¯hω/2.
.3
Note per il Capitolo 4
.3.1
Definizione generale di un gruppo
Un insieme G di elementi g1 , g2 , . . . `e chiamato un gruppo se: 1. `e definita in G una legge di composizione g1 g2 , detta prodotto di due elementi qualunque g1 , g2 ∈ G, e g1 g2 ∈ G;
116
APPENDICE
2. (g1 g2 )g3 = g1 (g2 g3 ) per tre elementi qualunque g1 , g2 , g3 ∈ G; 3. G contiene un elemento e tale che eg = ge = g
(63)
per ogni g ∈ G; l’elemento e `e detto elemento unit`a del gruppo G; 4. per ogni elemento g ∈ G, esiste un elemento h ∈ G tale che h g = g h = e.
(64)
L’elemento h `e detto inverso dell’elemento g e si indica con g −1 . Notiamo che, in un gruppo G, pu`o esistere un solo elemento unit`a e ad ogni elemento g corrisponde un solo inverso g −1 . Notiamo anche che, in generale, g1 g2 6= g2 g1 ; se g1 g2 = g2 g1 per ogni g1 , g2 ∈ G il gruppo si dice commutativo o abeliano 9 . Se gli elementi g1 , g2 , . . . sono tutte le rotazioni possibili dello spazio tridimensionale attorno ad un punto fisso, indichiamo queste rotazioni con i simboli R, R0 , R”, . . ., le condizioni precedenti sono tutte soddisfatte. Il prodotto R R0 di due rotazioni `e la rotazione ottenuta effettuando prima la rotazione R0 , poi la rotazione R; l’elemento unit`a del gruppo sar`a la rotazione di un angolo nullo e l’inverso di una rotazione R sar` a quella che, effettuata dopo R, ripristiner`a la situazione iniziale. Il gruppo di tutte le rotazioni, indichiamolo con SO(3) (vedremo fra un momento perch`e), `e chiamato gruppo delle rotazioni dello spazio tridimensionale. Una rotazione nello spazio a tre dimensioni puo’ essere applicata ai vettori di base o ai vettori dello spazio, queste due possibilit`a differiscono per il segno dell’angolo di rotazione. E’ infatti equivalente lasciare un vettore fisso e ruotare la base oppure lasciare la base fissa e ruotare il vettore in senso opposto. Nel seguito useremo quest’ultima possibilit`a. Le componenti di un vettore v, che indichiamo con vi dove i = 1, 2, 3, possono essere pensate come gli elementi di una matrice con tre righe ed una colonna e una rotazione R come una matrice 3 × 3 con elementi Rij . Allora v 0i = Rik vk rappresentera’ l’effetto della rotazione 10 e la condizione che la rotazione non cambi la lunghezza del vettore e l’angolo fra due vettori impone la condizione Rik Ril = δkl (65) cio`e la matrice R `e una matrice ortogonale e il suo determinante `e eguale ad uno. Il gruppo di tutte le matrici ortogonali e di determinante uno costituiscono una realizzazione del gruppo SO(3). Si spiega cos`ı il nome dato a questo gruppo: 3 si riferisce alle dimensioni dello spazio, O alle matrici ortogonali e S significa speciale, riferendosi al fatto che il determinante `e uno.
.3.2
Definizione di rappresentazione
La nozione di rappresentazione di un gruppo generalizza quella di funzione esponenziale. Si pu` o definire la funzione esponenziale eax , rappresentazione del gruppo 9
Queste sono solo alcune indicazioni indispensabili sulla teoria dei gruppi, per la teoria generale si vedano i testi specifici. 10 Si applica la convenzione che gli indici ripetuti si intendono sommati da 1 a 3.
.3. NOTE PER IL CAPITOLO 4
117
additivo dei numeri reali, come la soluzione continua dell’equazione funzionale f (x + y) = f (x)f (y),
(66)
che soddisfa la condizione iniziale f 0 (0) = a. La generalizzazione di questa equazione al caso di un gruppo qualunque G, ci conduce a considerare le funzioni scalari, definite su G, che verificano l’equazione f (g1 g2 ) = f (g1 )f (g2 ).
(67)
Ma, nel caso di un gruppo non commutativo, tali funzioni sono troppo poche perch`e dall’equazione (67) si otterrebbe f (g1 g2 ) = f (g1 )f (g2 ) = f (g2 )f (g1 ) = f (g2 g1 ). Perci`o le funzioni scalari, che soddisfano l’equazione (67), saranno insufficienti a fornire la decomposizione di una funzione arbitraria F (g) definita sul gruppo G. Per ottenere una famiglia sufficientemente ricca di soluzioni dell’equazione (67), si deve abbandonare le funzioni scalari e considerare funzioni i cui valori sono o delle matrici oppure delle trasformazioni lineari. Poich`e il prodotto di matrici non `e commutativo, la famiglia di tali soluzioni `e sufficientemente grande. Arriviamo cos`ı alle soluzioni dell’equazione funzionale T (g1 g2 ) = T (g1 )T (g2 ),
(68)
dove g1 e g2 sono elementi del gruppo G e T `e una funzione, definita su G, che assume i suoi valori nell’insieme delle trasformazioni lineari di uno spazio vettoriale M. Queste soluzioni sono chiamate rappresentazioni del gruppo G. La rappresentazione T (g) `e detta esatta se l’elemento unit`a, e, `e l’unico elemento del gruppo per il quale T (e) = E, dove E `e la trasformazione identit`a in M. M si chiama lo spazio della rappresentazione T (g). Una rappresentazione `e detta irriducibile se non esistono in M sottospazi invarianti rispetto a questa rappresentazione, eccetto l’elemento nullo (0) e lo spazio M tutto intero. Riconosciamo nell’insieme delle matrici ortogonali 3 × 3 con determinante uno, una rappresentazione del gruppo SO(3), lo spazio della rappresentazione essendo la spazio tridimensionale ordinario R3 .
.3.3
Operatori infinitesimi di una rappresentazione
Supponiamo che ad ogni valore reale di un parametro t corrisponda un elemento del gruppo G e che, per ogni coppia di parametri reali (t, s), si abbia g(t)g(s) = g(t + s).
(69)
Si dice allora che i g(t) formano una sottogruppo ad un parametro del gruppo G. Dall’equazione (69) si ricava che g(0) = e e che g(−t) = g −1 (t). Esempi di sottogruppi ad un parametro sono l’insieme delle rotazioni attorno ad un asse fisso, sottogruppo delle rotazioni dello spazio euclideo, e il sottogruppo delle traslazioni in una direzione fissa che fa parte del gruppo delle traslazioni dello spazio.
118
APPENDICE
Se T (g) `e una rappresentazione di un sottogruppo ad un parametro g(t) del gruppo G ed esiste il limite T (g(t)) − E dT (g(t)) A = lim ≡ , (70) t→0 t dt t=0
si dice che l’operatore A `e l’operatore infinitesimo della rappresentazione T (g), associata al sottogruppo ad un parametro g(t). Se M1 `e il sottospazio, dello spazio M della rappresentazione di G, sul quale sono definiti gli operatori exp(tA), si avr`a d(etA ) = A. (71) dt t=0 Dalle equazioni (70) e (71) segue, per l’unicit`a della soluzione di una equazione differenziale, che T (g(t)) = etA . (72) Per un sottogruppo ad una parametro g(t), l’operatore infinitesimo A di questo sottogruppo definisce la rappresentazione T (g). Negli esempi che troveremo nel seguito, lo spazio degli operatori infinitesimi ha dimensione finita e questa dimensione `e uguale a quella del gruppo, cio`e al numero di parametri necessari per definire il gruppo. Nel caso del gruppo delle rotazioni dello spazio euclideo tridimensionale questa dimensione `e pari a tre, perch`e occorrono tre parametri per definire una rotazione nello spazio: i tre angoli di Eulero oppure due angoli, che definiscono il versore dell’asse di rotazione, e l’angolo di rotazione.
.3.4
Gli angoli di Eulero
Finora abbiamo specificato una rotazione nello spazio tridimensionale ordinario ˆ , che d`a la direzione e il verso dell’asse di rotazione, e l’angolo tramite il versore n di rotazione. Sono necessari quindi tre numeri reali, oltre all’angolo di rotazione φ ˆ . Anche una matrice dobbiamo specificare l’angolo polare e azimutale del versore n di SO(3) ha tre parametri indipendenti perch`e i nove elementi della matrice 3 × 3 sono vincolati dalla condizione di ortogonalit`a RRT = 1, che corrisponde a 6 equazioni indipendenti essendo la matrice RRT = RT R simmetrica. Un altro modo di caratterizzare una generica rotazione in tre dimensioni usa gli angoli di Eulero. Per descrivere le rotazioni di un corpo rigido attorno ad un punto fisso O, scegliamo un sistema di assi cartesiani fisso nello spazio Oxyz e un sistema di assi fisso con il corpo. Inizialmente gli assi dei due sistemi di riferimento coincidono e indichiamo con OXYZ il sistema di assi, fisso con il corpo, dopo le rotazioni di Eulero. Introducendo un asse Ou perpendicolare al piano OzZ, si veda la figura 1, gli angoli di Eulero sono 11 α = (Oy, Ou), β = (Oz, OZ),
γ = (Ou, OY).
La rotazione `e il risultato delle tre rotazioni seguenti, nell’ordine 11
La definizione adottata qui differisce un p` o da quella usata comunemente nella teoria del giroscopio. La definizione data `e la pi` u conveniente in meccanica quantistica, come vedremo pi` u avanti.
.3. NOTE PER IL CAPITOLO 4
119
6z
Z A K A
3 Y
A A β A A A A
γ
OA Q
x
Q Q
y
α Q Q Q Q QQ s
u
X Figura 1: Definizione degli angoli di Eulero
1. rotazione Rz (α) di un angolo α attorno ad Oz
(Oy diventa Ou),
2. rotazione Ru (β) di un angolo β attorno ad Ou
(Oz diventa OZ),
3. rotazione RZ (γ) di un angolo γ attorno ad OZ
(Ou diventa OY).
Indichiamo la rotazione risultante con R(α, β, γ) = RZ (γ)Ru (β)Rz (α). Questa forma delle rotazioni di Eulero non `e tuttavia conveniente per i nostri scopi. E’ preferibile lavorare solo con rotazioni fatte rispetto agli assi fissi nello spazio (Oxyz) e non `e difficile trovare le relazioni necessarie per questa trasformazione. Consideriamo, per esempio, la rotazione attorno ad Ou di un angolo β che si pu`o ottenere anche con le seguenti operazioni: prima si riporta l’asse Ou sull’asse Oy con la rotazione Rz−1 (α), poi si ruota di un angolo β attorno ad Oy e infine si ruota di un angolo α rispetto ad Oz. L’effetto su un qualsiasi vettore dello spazio `e chiaramente lo stesso e possiamo scrivere Ru (β) = Rz (α)Ry (β)Rz−1 (α). (73) Analogamente, si ha RZ (γ) = Ru (β)Rz (γ)Ru−1 (β)
(74)
e, sostituendo le (73) e (74) in R(α, β, γ), si ottiene la formula finale R(α, β, γ) = RZ (γ)Ru (β)Rz (α) = = Rz (α)Ry (β)Rz−1 (α)Rz (γ)Rz (α) = = Rz (α)Ry (β)Rz (γ),
(75)
120
APPENDICE
dove l’ultimo passaggio `e reso possibile dal fatto che rotazioni rispetto allo stesso asse commutano. L’operatore associato alla rotazione (75), nello spazio dei ket in considerazione, `e espresso da D(α, β, γ) = D(ˆ z, α)D(ˆ y, β)D(ˆ z, γ). (76) La rappresentazione matriciale, per un sistema con spin 1/2, nella base degli autoket di Sz `e, facendo uso della (4.29), σ α σ γ σy β . z z D(α, β, γ) = exp −i exp −i exp −i = 2 2 2 =
e−iα/2 0
0 eiα/2
cos(β/2) − sin(β/2) sin(β/2) cos(β/2)
e−iγ/2 0
0 eiγ/2
.
(77)
Il prodotto delle tre matrici in (77) `e una matrice unitaria e unimodulare. Gli elementi di matrice della rotazione attorno ad Oy sono reali, per la scelta fatta degli angoli di Eulero, ed `e l’unica rotazione che contiene elementi di matrice non diagonali. Gli elementi di matrice dell’operatore D(α, β, γ) nella rappresentazione scelta hanno un significato importante, sono le ampiezze di probabilit`a di trovare lo stato ruotato in un particolare stato di spin. Per generalizzare quanto abbiamo fatto finora, per lo spin 1/2, ad un generico momento angolare dobbiamo prima studiare gli elementi di matrice dell’operatore J per un momento angolare arbitrario.
ˆ , con autovalore Problema. Nel formalismo di Pauli, costruire l’autospinore di σ · n ˆ `e un vettore unitario in una direzione definita dagli angoli polari θ e φ. +1, dove n Soluzione ˆ fosse diretto lungo l’asse z ˆ la soluzione sarebbe Se n 1 χ+ = , 0 autoket di σz con autovalore +1. Si tratta quindi di ruotare il versore dell’asse ˆ finch`e assume la direzione (θ, φ) e vedere quale effetto ha questa rotazione sullo z spinore. Ricorrendo agli angoli di Eulero, dobbiamo eseguire una rotazione attorno ad Oy di un angolo θ e una rotazione attorno a Oz di un angolo φ, la rotazione di Eulero `e quindi R(α = φ, β = θ, γ = 0). L’operatore di rotazione corrispondente `e gi`a stato calcolato esplicitamente in (77) e −iφ/2 e cos(θ/2) −e−iφ/2 sin(θ/2) . D(φ, θ, 0) = . eiφ/2 sin(θ/2) e−iφ/2 cos(θ/2) ˆ con autovalore +1 `e quindi L’autospinore di σ · n −iφ/2 e cos(θ/2) −e−iφ/2 sin(θ/2) 1 χ= = 0 eiφ/2 sin(θ/2) e−iφ/2 cos(θ/2)
.3. NOTE PER IL CAPITOLO 4 =
e−iφ/2 cos(θ/2) eiφ/2 sin(θ/2)
121
ˆ χ = +χ. e σ·n
.3.5
Simmetrie discrete, l’operatore parit` a
Oltre alle operazioni di simmetria gi` a viste, come le traslazioni e le rotazioni nello spazio che dipendono da parametri che variano con continuit`a e perci`o sono dette simmetrie continue, esistono altre operazioni di simmetria che non possiedono questa caratteristica. La parit` a e l’inversione temporale sono associate ad operatori che non possono essere ottenuti applicando successivamente delle trasformazioni infinitesime. Nel seguito considereremo solo la parit`a, o inversione spaziale, da cui derivano importanti regole di selezione per le ampiezze di transizione. Se indichiamo con Π l’operatore unitario che rappresenta l’effetto di una inversione spaziale sul ket di stato |α >, `e naturale richiedere che il valor medio dell’operatore posizione x fra stati Π|α > cambi di segno < α|Π† xΠ|α >= − < α|x|α > .
(78)
Essendo vera per qualunque |α >, la relazione (78) richiede che Π† xΠ = −x, ovvero, moltiplicando a sinistra per l’operatore unitario Π, {Π, x} = 0.
(79)
Poich`e Π anticommuta con l’operatore x, avremo anche xΠ|x0 >= −Πx|x0 >= −x0 Π|x0 > e Π|x0 > `e un autoket di x con autovalore −x0 ; perci`o, a meno di una fase, Π|x0 >= | − x0 > .
(80)
Dalla (80) abbiamo anche Π2 |x0 >= |x0 >, cio`e Π2 `e l’operatore identit`a, e vediamo che Π `e sia unitario che Hermitiano e i suoi autovalori possono essere solamente ±1, Π−1 = Π† = Π. (81) Anche l’impulso p, che classicamente `e m dx/dt, anticommuta con Π ed `e quindi dispari per parit` a, come x. Sia x che p sono operatori vettoriali ”polari”, nel senso che il loro valor medio trasforma come un vettore polare (dispari rispetto alla parit`a), mentre un momento angolare deve comportarsi come un vettore assiale. Nello spazio tridimensionale ordinario l’inversione spaziale, che cambia le coordinate xk in −xk , (k = 1, 2, 3), `e rappresentata dalla matrice ortogonale −1 0 0 a) = 0 −1 0 , R(parit` 0 0 −1
122
APPENDICE
e, a parte il segno, coincide con l’identit`a. R(parit`a) commuta quindi con tutte le matrici ortogonali che rappresentano una qualsivoglia rotazione. In meccanica quantistica `e naturale postulare la corrispondente relazione per gli operatori unitari ΠD(R) = D(R)Π, da cui segue che [Π, J] = 0,
(82)
valida evidentemente anche per S e L. Dalla (82) otteniamo che l’operatore S · p si comporta come uno pseudoscalare Π† S · pΠ = −S · p, mentre, per uno scalare vero come L · S, si avr`a Π† L · SΠ = L · S. La funzione d’onda di una particella senza spin il cui ket di stato `e |α >, ψ(x0 ) =< x0 |α >, trasforma per parit`a nel seguente modo < x0 |Π|α >=< −x0 |α >= ψ(−x0 ).
(83)
Se |α > `e un autoket della parit`a, Π|α >= ±|α >, dalla (83) si ottiene immediatamente ψ(−x0 ) = ±ψ(x0 ) se Π|α >= ±|α >, (84) e lo stato |α > `e pari o dispari a seconda che la corrispondente funzione d’onda resti la stessa, oppure cambi di segno, per parit`a. Non tutte le funzioni d’onda di interesse fisico hanno parit`a definita nel senso della (84), per esempio un autoket dell’impulso non `e un autoket della parit`a, Π e p anticommutano, e un’onda piana exp(ip0 · x0 /¯h), che `e la funzione d’onda di un autoket dell’impulso, non ha parit`a definita. Questo potrebbe sembrare strano perch`e l’Hamiltoniana H di una particella libera commuta con p ed `e invariante per parit` a [H, Π] = 0. (85) Se la (85) `e soddisfatta e |n > `e un autoket di H con autovalore En H|n >= En |n >, anche il ket (1/2)(1 ± Π)|n > `e un autoket di H con autovalore En ed `e anche un autoket della parit` a con autovalori ±1, perch`e Π2 = 1. Se |n > `e un autoket non degenere di H, |n > e (1/2)(1 ± Π)|n > devono essere lo stesso stato, altrimenti si violerebbe l’ipotesi di non degenerazione, e quindi |n > `e anche un autoket della 0 parit` a. Nel caso degli autoket di p si ha degenerazione, perch`e |p√ > e |−p0 > hanno la stessa energia, e dobbiamo costruire le combinazioni lineari (1/ 2)(|p0 > ±|−p0 > ) per avere autoket della parit`a con autovalori ±1. Nel linguaggio delle funzioni d’onda, exp(ip0 · x0 /¯ h) non ha parit`a definita mentre cos(p0 · x0 /¯h) e sin(p0 · x0 /¯h) ce l’hanno.
.3. NOTE PER IL CAPITOLO 4
123
Possiamo ora chiarire l’origine delle regole di selezione dovute alla parit`a. Se |α > e |β > sono autostati della parit`a Π|α >= α |α >, Π|β >= β |β >, (α , β = ±1)
(86)
< β|x|α >=< β|Π† ΠxΠ† Π|α >= −α β < β|x|α >
(87)
allora
per la (86), e < β|x|α > `e nullo se α e β hanno lo stesso segno. La (87), nota anche come regola di Laporte prima della nascita della meccanica quantistica, si esprime nel linguaggio delle funzioni d’onda dicendo che Z
ψβ∗ xψα dr = 0
se ψα e ψβ hanno la stessa parit` a. Analogamente, un operatore pari avr`a elementi di matrice non nulli solo fra stati della stessa parit`a. Nell’applicare queste regole di selezione `e, molte volte, importante conoscere la parit` a delle funzioni d’onda associate agli autoket di L2 e Lz che sono autoket della parit` a perch`e L e Π commutano. E’ sufficiente allo scopo esaminare la trasformazione delle armoniche sferiche Y`m (θ, φ) quando x0 → −x0 o, in coordinate polari sferiche, quando r → r,
θ → π − θ,
φ → φ + π.
Basta considerare Y`0 (θ, φ) perch`e tutti gli stati con m 6= 0, a fisso `, si ottengono da |`, m = 0 > applicando ripetutamente gli operatori L+ e L− che commutano con Π, e quindi hanno la stessa parit`a. Ma Y`0 (θ, φ) `e proporzionale a P` (cos θ) che soddisfa la relazione P` (cos(π − θ)) = P` (− cos θ) = (−1)` P` (cos θ), e quindi Π|`, m >= (−1)` |`, m > .
(88)
Concludiamo questa appendice notando che l’invarianza dell’Hamiltoniana rispetto all’inversione spaziale non `e una propriet`a universale della natura e, nel caso delle interazioni deboli, questa simmetria viene a mancare. In un processo di decadimento possiamo avere stati finali che sono sovrapposizione di stati con parit`a opposta e la distribuzione angolare dei prodotti di decadimento pu`o dipendere da grandezze pseudoscalari come, per esempio, < S > ·p. La non conservazione della parit`a nelle interazioni deboli `e stata provata sperimentalmente.
124
.4 .4.1
APPENDICE
Note al Capitolo 5 Modifica dei livelli energetici causata da una perturbazione
Supponiamo di conoscere gli autoket e gli autovalori dell’energia di una Hamiltoniana H0 , cio`e di aver risolto esattamente l’equazione agli autovalori H0 |n(0) >= En(0) |n(0) > .
(89)
La teoria perturbativa di Rayleigh-Schr¨odinger permette di ottenere i livelli di energia di un sistema fisico il cui Hamiltoniano pu`o essere diviso nelle due parti Hermitiane H = H0 + λV (90) dove chiameremo H0 la parte non perturbata e λV la perturbazione. Il parametro reale λ varia fra zero e uno e permette di accendere o spegnere la perturbazione, per λ = 0 l’Hamiltoniano diventa quello imperturbato mentre per λ = 1 la perturbazione riacquista il suo vero valore V . Gli autovalori e gli autoket di H sono evidentemente funzioni di λ e possiamo applicare la teoria perturbativa quando questi autovalori e autoket si possono sviluppare in serie di potenze di λ nella speranza che gi`a i primi termini dello sviluppo possano fornire una approssimazione sufficientemente accurata. Si tratta del primo metodo cui abbiamo accennato nell’introduzione a questo capitolo. Assumiamo che lo spettro di H0 non sia degenere e cerchiamo di trovare una espressione approssimata per gli autovalori e gli autoket dell’equazione (H0 + λV )|n >= En |n >,
(91)
dove si sottointende che |n > ed En sono funzioni continue di λ , per λ → 0 devono (0) tendere a |n(0) > e En . Anche la variazione di energia dell’ennesimo livello, che si annulla per λ → 0, ∆n ≡ En − En(0) (92) sar` a una funzione continua di λ e, tramite essa, possiamo riscrivere l’equazione (91) in una forma pi` u adatta alle approssimazioni che faremo (En(0) − H0 )|n >= (λV − ∆n )|n > .
(93)
Se moltiplichiamo l’equazione (93) per |n(0) > a sinistra notiamo che, in virt` u della (89), il ket (λV − ∆n )|n > ha componente nulla lungo |n(0) > < n(0) |(λV − ∆n )|n >= 0
(94)
ottenendo cos`ı una relazione importante ∆n < n(0) |n >= λ < n(0) |V |n > .
(95) (0)
Per determinare |n > dalla (93) dobbiamo invertire l’operatore (En − H0 ) (0) assicurandoci che l’operatore inverso (En − H0 )−1 non agisca su |n(0) > perch`e in tal caso il risultato non sarebbe ben definito. Partendo dalla relazione di chiusura
.4. NOTE AL CAPITOLO 5
125
P (0) dei ket imperturbati, |k >< k (0) | = 1, definiamo un operatore di proiezione che proietta su tutti gli autoket eccetto |n(0) > X Φn ≡ 1 − |n(0) >< n(0) | = |k (0) >< k (0) |. (96) k6=n (0)
L’operatore (En − H0 )−1 Φn `e ora ben definito 1 (0) En
− H0
Φn =
1
X (0) k6=n En
−
(0) Ek
|k (0) >< k (0) |
(97)
e, poich`e (λV − ∆n )|n >= (1 − |n(0) >< n(0) |)(λV − ∆n )|n >= Φn (λV − ∆n )|n > per la relazione (94), possiamo ottenere |n > dalla (93) nella forma |n >= |n(0) > +
1 (0) En
− H0
Φn (λV − ∆n )|n > .
(98)
Il primo termine a membro destro della (98) `e la soluzione dell’equazione omogenea che assicura il limite corretto lim |n >= |n(0) > .
λ→0
L’autoket perturbato non risulta per`o normalizzato ad uno perch`e < n(0) |n >= 1, ci`o non `e grave perch`e, se `e necessario, possiamo sempre normalizzare gli autoket perturbati alla fine dei calcoli. Le formule che otterremo saranno pi` u semplici con questa normalizzazione e anche l’equazione (95), che insieme con la (98) ci dar`a i risultati cercati si semplifica ∆n = λ < n(0) |V |n > . Sviluppiamo ora |n > e ∆n in potenze di λ X |n >= λk |n(k) >,
(99)
(100)
k=0
∆n =
X
λk ∆(k) n
(101)
k=1
e uguagliamo nell’equazione (99) i coefficienti delle diverse potenze di λ. Otteniamo cos`ı, all’ordine k-esimo, (0) ∆(k) |V |n(k−1) > (102) n =< n e, al primo ordine, En (λ) = En(0) + λ < n(0) |V |n(0) > +O(λ2 ). Vediamo che, per calcolare la variazione di energia all’ordine λk , `e sufficiente conoscere |n > solo fino all’ordine λk−1 . Confrontando gli sviluppi (98) e (100) abbiamo 1 λ|n(1) > +λ2 |n(2) > + . . . = (0) Φn (λV − λ∆(1) n − En − H 0
126
APPENDICE (0) −λ2 ∆(2) > +λ|n(1) > + . . .) n − . . .) · (|n
e, tenendo conto che Φn |n(0) >= 0 e quindi il termine con la primo ordine, troviamo |n(1) >=
1 (0) En
− H0
(103)
(1) λ∆n
non contribuisce
Φn V |n(0) > .
(104)
Ora diventa facile calcolare la correzione, al secondo ordine in λ, all’energia imperturbata 1 (0) Φn V |n(0) > ∆(2) |V (0) n =< n En − H0 e, se poniamo Vkl ≡< k (0) |V |l(0) >, ottenere usando la (96) ∆n = En − En(0) = λVnn + λ2
|Vnk |2
X
(0)
k6=n
(0)
E n − Ek
+ ...
(105)
Nel caso che H0 non abbia livelli degeneri, il metodo accennato sopra permette di calcolare le correzioni all’ordine desiderato. Alla fine del calcolo λ deve essere posto eguale ad uno. (2)
Avendo calcolato ∆n , possiamo dare una stima dell’errore che si commetterebbe tenendo solo la correzione al primo ordine in λ. Consideriamo infatti il termine in λ2 in (105) e indichiamo con ∆E il valore assoluto della differenza fra (0) l’energia En , del livello che stiamo considerando, e quella del livello pi` u vicino. Per ogni p, abbiamo |En(0) − Ep | ≥ ∆E (2)
e il limite superiore di |∆n | sar`a |∆(2) n |≤
1 X < n(0) |V |k (0) >< k (0) |V |n(0) > ∆E k6=n
1 < n(0) |V [1 − |n(0) >< n(0) |]V |n(0) >≤ ∆E 1 ≤ [< n(0) |V 2 |n(0) > −(< n(0) |V |n(0) >)2 ] ∆E che possiamo riscrivere nella forma ≤
|∆(2) n |≤
1 (∆V )2 ∆E
(106)
dove ∆V `e lo scarto quadratico medio, o fluttuazione, della perturbazione V nello stato imperturbato |n(0) >. Nel limite in cui λ → 1, la (106) indica l’ordine di grandezza dell’errore commesso se teniamo conto solo della correzione al primo ordine. Il metodo che abbiamo sviluppato si applica anche se H0 ha autovalori degeneri purch`e il ket imperturbato |n(0) >, che vogliamo correggere, sia unico e ben definito,
.4. NOTE AL CAPITOLO 5
127
(0)
cio`e il livello En sia non degenere. Supponiamo ora che ci sia una degenerazione (0) di ordine g per il livello En prima di accendere la perturbazione V , ci`o significa che esiste un sottospazio di dimensione g in cui g autoket di H0 corrispondono tutti (0) alla stessa energia imperturbata En . La perturbazione V potr`a togliere completamente, o in parte, questa degenerazione ma non `e pi` u possibile determinare a quale ket imperturbato tenderanno i ket perturbati nel limite λ → 0. La base di ket imperturbati in questo sottospazio a g dimensioni pu`o essere scelta arbitrariamente ma non `e detto che il ket perturbato tenda ad uno di questi ket, scelti a priori, in quanto potrebbe tendere ad una loro combinazione lineare. Vale comunque la regola generale: per calcolare gli autovalori (al primo ordine) e gli autoket (all’ordine zero) dell’Hamiltoniano H in corrispondenza ad uno stato (0) imperturbato degenere En , `e sufficiente diagonalizzare la matrice che rappresenta (0) la perturbazione, ristretta al sottospazio associato con En .
.4.2
Interazione fra dipoli magnetici
Un esempio semplice di applicazione della teoria perturbativa stazionaria si ha studiando i livelli energetici per un sistema di due particelle di spin 1/2 poste in un campo magnetico statico B0 e interagenti tramite il loro momento di dipolo magnetico. Questo esempio illustra entrambi i casi della teoria perturbativa e, partendo dal caso non-degenere, affronteremo anche il problema della degenerazione se le particelle sono identiche. Siano S1 e S2 gli spin delle due particelle, che indicheremo nel seguito con (1) e (2), e M1 , M2 i corrispondenti momenti magnetici M1 = γ1 S1 ,
M2 = γ2 S2
(107)
dove γ1 e γ2 sono i rapporti giromagnetici delle due particelle (γ = e/(me c) per l’elettrone, e < 0). 12 Calcoliamo ora il potenziale di interazione V del momento magnetico M2 dovuto al campo creato da M1 in (2). Supponiamo le due particelle ˆ r il vettore che congiunge la particella (1) fisse nello spazio e indichiamo con r = n con la (2), allora il campo magnetico creato dalla particella (1) in (2) `e B=∇×A dove
13
A=
M1 × r . r3
Con l’aiuto della formula ∇ × (a × b) = (b · ∇)a − (a · ∇)b + a(∇ · b) − b(∇ · a) 12 13
Per un protone, il rapporto giromagnetico `e γp = 2.79e/(mp c). Questa espressione per A discende dalla A=
1 c
Z
j dV R
e, nel seguito, useremo le unit` a di misura CGS-Gauss.
128
APPENDICE
si trova
r r B = M1 ∇ · 3 − (M1 · ∇) 3 . r r Ma ∇ · (r/r3 ) = 0, se r 6= 0, e r 1 1 (M1 · ∇) 3 = 3 (M1 · ∇)r + r M1 · ∇ 3 = r r r =
M1 3r (M1 · r) − 3 r r5
ˆ r, da cui, sapendo che r = n B=
1 ˆ ) − M1 ]. [3ˆ n(M1 · n r3
(108)
Finalmente, l’energia di interazione magnetica, V = −M2 · B, diventa V = γ1 γ2
1 ˆ )(S2 · n ˆ )]. [S1 · S2 − 3(S1 · n r3
(109)
L’espressione (109) viene ora considerata come una perturbazione all’Hamiltoniano imperturbato delle due particelle in un campo magnetico statico B0 parallelo ˆ. Ponendo ω1 = −γ1 B0 e ω2 = −γ2 B0 si ha ad Oz, B0 = B0 z H0 = ω1 S1z + ω2 S2z ,
(110)
mentre, in presenza dell’interazione dipolo-dipolo V , l’Hamiltoniano totale del sistema diventa H = H0 + V (111) e supponiamo che B0 sia abbastanza grande per poter trattare V come una perturbazione. Con la notazione usata in 5.7, abbiamo per gli autoket e autovalori di H0 ¯h (112) H0 |1 , 2 >= (1 ω1 + 2 ω2 )|1 , 2 > 2 con i = ±, (i = 1, 2). ˆ, n ˆ = (sin θ cos ϕ, sin θ sin ϕ, cos θ), e ricordiamo Siano θ e ϕ gli angoli polari di n che Sx cos ϕ + Sy sin ϕ = =
e−iϕ eiϕ (Sx + iSy ) + (Sx − iSy ) = 2 2
1 −iϕ (e S+ + eiϕ S− ), 2
e che
1 S1 · S2 = S1z S2z + (S1+ S2− + S1− S2+ ). 2 Possiamo quindi riscrivere la (109) come γ1 γ2 1 −iϕ iϕ V =− 3 3 S1z cos θ + sin θ S1+ e + S1− e × r 2 1 × S2z cos θ + sin θ S2+ e−iϕ + S2− eiϕ − S1 · S2 2
(113)
.4. NOTE AL CAPITOLO 5
129
nella quale possiamo isolare il termine diagonale nella base |1 , 2 >, −
γ1 γ2 (3 cos2 θ − 1)S1z S2z r3
(114)
e, fra i termini che rovesciano entrambi gli spin, quelli che possono agire solo sui ket |+, − > e |−, + > γ1 γ2 (3 cos2 θ − 1) (S1+ S2− + S1− S2+ ). 4r3
(115)
Gli altri termini o rovesciano solo uno dei due spin oppure provocano transizioni del tipo |+, + >←→ |−, − >. Se le frequenze ω1 e ω2 in (112) sono diverse, i livelli sono tutti non degeneri e l’effetto di V pu` o essere calcolato al primo ordine conoscendo gli elementi diagonali della perturbazione, dati dalla sola (114), < 1 , 2 |V |1 , 2 >= − avendo definito Ω=−
1 2 ¯h2 γ1 γ2 (3 cos2 θ − 1) ≡ 1 2 ¯hΩ, 3 r 4
(116)
¯ γ1 γ2 h (3 cos2 θ − 1). 4 r3
In figura (2) sono evidenziati sia i livelli energetici dell’Hamiltoniano imperturbato H0 , con ω1 > ω2 > 0, sia l’effetto della perturbazione al primo ordine sui vari livelli. Affinch`e valga la teoria perturbativa dovr`a essere Ω ω1 − ω2 . Se applichiamo a questo sistema un campo a radiofrequenza B1 cos ωt parallelo ad Ox, otteniamo nello spettro alcune linee di risonanza magnetica che corrispondono alle frequenze di Bohr che possono apparire nell’evoluzione di < γ1 S1x + γ2 S2x >=
1 < γ1 (S1+ + S1− ) + γ2 (S2+ + S2− ) > . 2
Le transizioni indotte da S1x , fra gli stati |+, + >↔ |−, + > e |+, − >↔ |−, − >, hanno una frequenza di Bohr pari ad ω1 , in assenza di perturbazione, mentre se `e presente l’interazione dipolo-dipolo appaiono due linee con frequenza ω1 + 2Ω e ω1 − 2Ω. Analogamente, S2x connette gli stati |+, + >↔ |+, − > e |−, + >↔ |−, − >. In assenza di perturbazione la frequenza di Bohr di queste transizioni `e pari ad ω2 ma, se accendiamo la perturbazione, si ottengono due linee con frequenza ω2 + 2Ω e ω2 − 2Ω. Lo spettro di risonanza magnetica che, nel caso imperturbato, consiste di due linee alle frequenze ω1 e ω2 si scinde per effetto della perturbazione in due doppietti con centro in ω1 e ω2 . L’intervallo fra le due componenti di ogni doppietto `e pari a 4Ω. Se le due particelle hanno lo stesso rapporto giromagnetico allora ω1 = ω2 = ω = −γB0
(117)
e, dalla (112), si deduce che gli autoket |+, − > e |−, + > sono associati allo stesso autovalore nullo di H0 . Il livello con energia 0 `e quindi due volte degenere. Gli autovalori corrispondenti agli autoket |+, + > e |−, − > sono +¯hω e −¯hω rispettivamente. In un esperimento di risonanza magnetica si trover`a una sola linea
130
APPENDICE
|+, + >
6 ¯ hΩ
¯h(ω1 + ω2 )/2
|+, − > ¯h(ω1 − ω2 )/2
@ @
hΩ ?−¯
@ @
hΩ ?−¯
|−, + > −¯h(ω1 − ω2 )/2
|−, − > −¯h(ω1 + ω2 )/2
6 ¯ hΩ
Figura 2: Livelli energetici di due particelle di spin 1/2 nel campo statico B0 . A sinistra compaiono i livelli di H0 mentre, a destra, i livelli perturbati dall’interazione dipolo-dipolo. di frequenza angolare ω in assenza di perturbazione. L’interazione dipolo-dipolo cambia i livelli non degeneri di una quantit`a che `e ancora ¯hΩ, ma ora Ω=−
¯ γ2 h (3 cos2 θ − 1). 4 r3
e l’energia degli stati |+, + > e |−, − > aumenta di h ¯ Ω. Nel sottospazio dei ket di base {|+, − >, |−, + >}, che corrispondono allo stesso autovalore, l’effetto della perturbazione V si ottiene diagonalizzando il minore di V relativo a questo sottospazio. Gli elementi diagonali sono gli stessi di prima < +, −|V |+, − >=< −, +|V |−, + >= −¯hΩ,
(118)
mentre l’elemento non diagonale < +, −|V |−, + > ha un contributo dal termine (115), e solo da questo, < +, −|V |−, + >=
γ2 (3 cos2 θ − 1) < +, −|(S1+ S2− + S1− S2+ )|−, + > . 4r3
Ricordando la relazione (4.51) che, in questo caso, pu`o essere riscritta nella forma < m0 |S± |m >=
p (1/2 ∓ m)(1/2 ± m + 1) h ¯ δm0 ,m±1
.4. NOTE AL CAPITOLO 5
131
con m = ±1/2, otteniamo < +, −|V |−, + >=
¯h2 γ 2 (3 cos2 θ − 1) = −¯hΩ 4r3
(119)
e la matrice da diagonalizzare diventa 1 1 −¯hΩ = −¯hΩ(1 + σx ). 1 1 Gli√autovalori sono −2¯ hΩ e 0 e i corrispondenti autoket sono (|+, − > +|−, + > )/√2, che possiamo identificare con lo stato di tripletto |1, 0 >, e (|+, − > −|−, + > )/ 2 che `e lo stato di singoletto |0, 0 >. Poich`e Sx = S1x + S2x commuta con lo spin totale S = S1 + S2 , quando si applica il campo a radiofrequenza le transizioni sono possibili solamente fra gli stati di tripletto: |+, + >= |1, 1 > ↔ |1, 0 > e |1, 0 > ↔ |−, − >= |1, −1 >. Le frequenze di Bohr corrispondenti sono ω + 3Ω e ω − 3Ω, lo spettro di risonanza magnetica `e composto ora da un doppietto con centro in ω e separazione fra le due componenti pari a 6Ω. Il lettore `e invitato a disegnare i livelli energetici di H0 e di H in questo caso. Un esempio realistico a cui si applica il calcolo fatto sopra `e realizzato nella molecola d’acqua presente in un monocristallo di gesso in cui i protoni della molecola d’acqua occupano posizioni fisse nel cristallo. Poich`e l’interazione dipolodipolo decresce rapidamente con la distanza, si possono trascurare i protoni delle altre molecole d’acqua. Lo spettro osservato di risonanza magnetica contiene effettivamente un doppietto e la separazione fra le componenti dipende dall’angolo θ fra B0 e la congiungente i due protoni. Ruotando il cristallo rispetto a B0 varia la distanza fra le due componenti del doppietto ed `e possibile determinare le posizioni delle molecole d’acqua rispetto agli assi del cristallo.
132
APPENDICE
Bibliografia [1] E. Merzbacher, Quantum Mechanics, Wiley International. [2] A. Messiah, Mecanique Quantique, Dunod (Traduzione inglese: it Quantum Mechanics, North Holland). [3] J.J. Sakurai, Meccanica quantistica moderna, Zanichelli. [4] P.A.M. Dirac, Quantum Mechanics, Oxford University Press, (Traduzione italiana: I principi della Meccanica Quantistica, Boringhieri). [5] J.L. Basdevant, Mecanique quantique, Ecole Polytechnique. [6] C. Cohen-Tannoudji, B. Diu, F. Lalo¨e, Quantum Mechanics, WileyInterscience [7] N.Ja. Vilenkin, Fonctions sp`eciales et th`eorie de la repr`esentation des groupes, Dunod [8] A.R. Edmonds, Angular momentum in quantum mechanics, Princeton University Press
133
Indice analitico Algebra di Lie, 80 Ampiezza di transizione, 63 Angoli di Eulero, 118 Approssimazione di Born, 103 Armoniche sferiche, 89 Autofunzione, 108 Autoket, 16 Autovalore, 16, 108
SO(3), 80, 116 SU (2), 83 definizione, 115 rappresentazioni, 117 Hamiltoniana, 52 Indeterminazione tempo-energia, 64 Insieme puro, 28, 112 statistico, 111 Insieme completo di osservabili, 36 Interazione fra dipoli magnetici, 127 Isotropia dello spazio, 77
Base, 18 Bra, 12 Commutatore, 15 Commutatori a tempi eguali, 62 Composizione di momenti angolari, 90 Corrispondenza duale, 13 Costanti del moto, 55, 69
Ket, 12 Magnetone di Bohr, 3 Matrice di rotazione, 87 ortogonale, 116 Matrici di Pauli, 32 Miscela incoerente di stati, 113 Miscela statistica di stati, 111 Misura, 27–29 ideale, 27 Momento angolare autoket, 84 autovalori, 84 orbitale, 88 relazioni di commutazione, 80
Decomposizione spettrale, 21 Degenerazione, 35 Densit` a degli stati finali, 102 Disuguaglianza di Schwarz, 14, 39 Equazione del moto di Heisenberg, 61 Equazione di Schr¨odinger, 108 Schr¨odinger, 53, 55 Equazione secolare, 23 Equilibrio termodinamico, 114
Neutrini, 65 atmosferici, 66 oscillazioni, 67–69 solari, 66
Formalismo di Pauli, 31, 82, 83, 120 Formula di Planck, 115
Operatore aggiunto, 15 di proiezione, 19 Hermitiano, 16 Hermitiano coniugato, 15
Generatore dell’evoluzione temporale, 52 delle traslazioni, 44 Gruppo
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INDICE ANALITICO infinitesimo, 118 lineare, 14 momento angolare, 78, 84 osservabile, 17 parit` a, 121 unitario, 23 Operatore densit` a, 111 Operatore di annichilazione, 74 creazione, 74 evoluzione temporale, 51 rotazione, 77 traslazione, 44 Operatori vettoriali, 82 Ortonormalit` a, 18 Oscillatore armonico, 70–115 Osservabile, 14 Osservabili compatibili, 34 incompatibili, 34 Pacchetto d’onda, 49 Parentesi di Poisson, 50 Parit`a, 121 regole di selezione, 123 Potenziale centrale, 89 Principio di complementariet` a, 108 corrispondenza, 50, 108 indeterminazione, 108 sovrapposizione, 8 Probabilit` a, 28 Probabilit` a di transizione, 63, 98 Prodotto diretto, 90 esterno, 16 interno, 13 scalare, 13 Proiettore, 19 Quantizzazione spaziale, 3 Rapporto giromagnetico, 127 Rappresentazione, 18 {N }, 73 coordinate, 42 esatta, 117 impulso, 47 irriducibile, 117
135 Rappresentazione matriciale, 19 Regola d’oro di Fermi, 102 Regole di quantizzazione, 49 Relazione di chiusura, 18 di completezza, 18 di De Broglie, 48 Relazioni di Heisenberg, 48 indeterminazione, 38–40, 76 Relazioni fondamentali di commutazione, 49 Rotazioni di R3 , 116, 118 Serie di Dyson, 55 Singoletto, 93 Sistema a due livelli, 58 Sistema completo, 17 Spazio degli stati, 10 duale, 12 vettoriale, 12 Spettro continuo, 40, 108 Spettro discreto, 108 Spin, 1–8 Spin isotopico, 87 Spinore, 31 Stato legato, 108 quantistico, 10 stazionario, 56, 108 virtuale, 99 Stern e Gerlach, 2 Teorema di Ehrenfest, 109 Teorema di Liouville, 114 Teoria di Rayleigh-Schr¨odinger, 124 perturbativa, 95 Tripletto, 93 Valore di aspettazione, 28 medio, 28 Vettore di stato, 11 Visuale di Heisenberg, 60 interazione, 97 Schr¨odinger, 59