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Collana “Scienza e Conoscenza” I edizione eBook: 2009 Copertina Matteo Venturi ISBN: 978-88-7507-960-4
Macro Edizioni via Giardino 30 47023 Diegaro di Cesena (FC) www.macroedizioni.it
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Copia dell’opera è stata depositata per la tutela del diritto d’autore, a norma delle vigenti leggi. 4
INDICE:
Premessa bibliografica ......................................................6 Capitolo 1:
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Il vuoto di Newton e di Einstein e il “Pieno” di Todeschini ...........................................13 Capitolo 2: La Spaziodinamica dell’Etere: dalle Particelle alle Galassie.......................................28 Capitolo 3: La Teoria delle Apparenze: dalla Materia allo Spirito ...........44 Capitolo 4: L’Anima come Ricetrasmittente e i Poteri Metapsichici ..................................................5 6 Capitolo 5: Riflessioni conclusive ......................................................71 Riferimenti bibliografici essenziali ..................................77 Note bibliografiche...........................................................78 L'autore.............................................................................79 Altre pubblicazioni dell'autore..........................................80
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PREMESSA BIBLIOGRAFICA
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Marco Todeschini nacque a Valsecca di Bergamo il 25 aprile 1899 e morì a Bergamo il 13 ottobre 1988, per poi essere sepolto nel suo paesino natale, dove in suo onore fu eretto un romantico cippo. Si laureò a Torino nel 1921 in ingegneria, dopodiché si specializzò in svariati rami della fisica e della neurofisiologia. Lavorò presso il Genio militare di Pavia. Fu docente sia nelle scuole superiori che come professore ordinario di meccanica razionale ed elettronica al biennio di Ingegneria Superiore “STGM” di Roma. Iniziò gli studi che lo avrebbero reso uno scienziato controverso e al contempo famoso in tutto il mondo nel 1914 e li terminò nel 1946, ma ne divulgò i risultati soprattutto negli anni successivi, nel corso dei quali scrisse trattati molto corposi che
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ebbero un’ampia diffusione sia in Italia che nel mondo. Per l’imponenza e l’originalità della sua ricerca ebbe il riconoscimento di alcuni esponenti della scienza accademica del periodo, tra cui il matematico Tullio Levi-Civita, i fisici Enrico Fermi, B. Finzi, G. Castelfranchi, Q. Majorana, E. Medi e l’ingegnere Guglielmo Marconi, con i quali ebbe occasione di collaborare e dai quali la sua teoria venne considerata con grande serietà e oggettività. Inoltre Todeschini ebbe fruttuosi scambi di idee con insigni fisici stranieri come N. Bohr, C. Chain, A.W. Heisenberg, W. Pauli, P. Blackett, D. C. Anderson, P. Dirac e con illustri clinici cattedratici come N.W. Walker, il quale tra l’altro istituì la prima cattedra universitaria di Psicobiofisica negli USA. Tuttavia, a parte alcuni estimatori, Todeschini era complessivamente abbastanza emarginato dal resto della comunità accademica, e la sua opera è ancor più ignorata ai giorni nostri: infatti non si trovano libri di Todeschini nelle facoltà universitarie di fisica. Molti illustri cattedratici del nostro tempo non hanno ritenuto nemmeno fosse il caso di prendere in considerazione il lavoro di Todeschini: un atteggiamento irrazionale, antiscientifico, o per lo meno di chiusura o pigrizia mentale, o forse di semplice timore di vedersi crollare sotto i piedi un terreno scientifico che si è sempre creduto (a-criticamente) solido, monolitico, assodato e indiscutibile. E invece Todeschini
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rappresentava quello che dovrebbe essere il prototipo dello scienziato vero, tutto proteso a ricercare la verità, costi quello che costi, e al di fuori di qualunque compromesso. 3 7 6 3 0 1 0 2 . n e n i d r O o r a b u T o c i r e d e F
Ma cercare realmente la verità, quella scientifica, ha un prezzo altissimo: comporta spesso e inevitabilmente uno scontro con i paradigmi e i dogmi correnti, che come sempre sono duri a morire. Forte delle sue conoscenze nei rami più svariati della fisica, dell’ingegneria, della fisiologia, della storia della scienza e della filosofia, egli dedicò la sua vita interamente alla scienza. Con obiettivi ben chiari nella mente, che andavano ben oltre la mera erudizione, egli fondò una scienza fisica completamente nuova denominata “Psicobiofisica”, per la quale, nonostante i numerosi contrasti con l’accademia del tempo, fu perfino proposto nel 1974 per il premio Nobel per la fisica. Questa nuova scienza, che lo stesso Todeschini definì come la “scienza unitaria del terzo millennio”, inglobava in sé la fisica, la biologia e la psicologia. La Psicobiofisica, una scienza il cui scopo era una reale unificazione di tutte le leggi del creato, partiva dall’assunzione che tutti i moti nell’universo, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, nascessero da un etere universale in perenne moto vorticoso in grado di influenzare sia la materia che gli esseri viventi e il loro spirito. La Psicobiofisica di
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Todeschini infatti comprende tre specifici settori tra loro strettamente interagenti: a) una parte fisica con la quale egli dimostra come tutti i fenomeni naturali si identifichino in particolari movimenti di spazio fluido (ciò che lui intende per “etere”); b) una parte biologica con la quale dimostra come i movimenti di spazio fluido, urtando contro i nostri organi di senso, producono in essi delle correnti elettriche che vengono trasmesse dalle linee nervose del cervello, suscitando così nella psiche le sensazioni di luce, elettricità, calore, suono, odore, tatto e forza, dimostrando così che tutti gli organi del nostro sistema nervoso funzionano in base a una vera e propria tecnologia elettronica; c) una parte psichica – dove la psiche viene intesa come un atto di volontà che si serve del sistema nervoso come di un semplice strumento – che fornisce la dimostrazione scientifica dell’esistenza dell’anima umana, del mondo spirituale e di Dio. Con questa scienza Todeschini riuscì a superare le tantissime contraddizioni della scienza ufficiale, dimostrando che la frammentazione della scienza nelle sue innumerevoli branche è alla radice della nostra ignoranza sulla reale natura dell’Universo e sulla nostra stessa vita. Solo una teoria completamente unificata, che congiunga il non vivente al vivente, può spiegarci la reale struttura dell’universo, la sua finalità e il ruolo dell’umanità in esso. Todeschini sviluppò la sua teoria non solo come mera
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astrazione, ma anche effettuando esperimenti che la comprovassero e perfino inventando strumenti tecnologici che si avvalessero di questa teoria. Per quanto egli fosse piuttosto inviso alla comunità ufficiale degli accademici, soprattutto per aver basato la sua teoria sull’esistenza dell’etere, che invece era stato bandito dal paradigma fisico del tempo e per essersi messo in urto frontale sia con la fisica newtoniana che con la relatività di Einstein (nascente proprio mentre nasceva la Psicobiofisica), non gli mancarono comunque i riconoscimenti anche nel mondo accademico. Infatti, fu nominato membro d’onore di 25 Accademie e Società Scientifiche sia in Italia che all’estero (in Francia, in particolare), ed ebbe occasione di esporre la sua teoria in svariati congressi scientifici internazionali, in modo particolare al Congresso Internazionale di Fisica a Roma nel 1949, presieduto dal fisico Enrico Medi. Oltre alla sua partecipazione ai convegni ufficiali, fondò a Bergamo il Centro Internazionale di Psicobiofisica (CIP). Todeschini, pur dissentendo con la teoria ufficiale del tempo, in particolare con la relatività, ebbe un dialogo molto stretto e continuativo con i colleghi del suo tempo – anche con quelli con cui non si trovava d’accordo – cosa che gli permise di fondare la sua nuova teoria su una solida conoscenza della scienza standard del tempo, in particolare della fisica. Pertanto, pur perseguendo in maniera deter-
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minata la sua strada, non commise mai l’errore di chiudersi in se stesso, e quando c’era da difendere il suo operato lo fece in maniera decisa e con coraggio, fino alla fine della sua vita. Marco Todeschini fu autore di oltre un migliaio di pubblicazioni, tra libri, articoli e comunicazioni a congressi. Nonostante il non celato dissenso – e spesso anche l’indifferenza – all’interno del mondo accademico più tradizionalista la sua opera è stata comunque analizzata da centinaia di scienziati, filosofi e teologi dalla mente aperta, che hanno scritto articoli su di lui e sulla sua teoria. Alcuni scienziati e studiosi stanno tuttora continuando la sua opera, mentre all’estero, in particolare in America Latina e negli Stati Uniti, sono sorte delle vere e proprie cattedre universitarie di Psicobiofisica. Ancora una volta uno scienziato diventa “dissidente” solo per aver stabilito che lo spazio che ci circonda non è vuoto, ma è costituito da una sostanza fluida denominata “etere”, in grado di governare non solo tutti i meccanismi che hanno luogo nell’universo, ma anche la vita di chi ci vive e lo spirito che alberga in quelle vite. Una teoria tanto rivoluzionaria come quella di Todeschini – che ai giorni nostri trova riscontro in importantissime scoperte sulla natura dell’etere (o “campo di punto zero” come viene denominato oggi) – non può certamente sfuggire alle menti di noi umani del terzo millennio, oggi così bisognosi di interrogarci su noi stessi in un
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mondo completamente materialista e incerto, e soprattutto di trovare nuove sorgenti di energia in grado di sostituire quelle inquinanti – nate da una fisica e da una tecnologia mal impostate – che stanno sconvolgendo il nostro mondo e il suo clima. 3 7 6 3 0 1 0 2 . n e n i d r O o r a b u T o c i r e d e F
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CAPITOLO 1 IL VUOTO DI NEWTON E DI EINSTEIN E IL “PIENO” DI TODESCHINI
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Il pensiero di Todeschini raccoglie in parte quello del filosofo della natura Cartesio, il quale, sulla base della ferma convinzione che lo spazio non fosse vuoto, ma riempito di una sostanza denominata “etere”, nella quale possono prodursi vortici e onde, riteneva che lo stesso sistema solare fosse un gigantesco vortice di etere in cui i pianeti sarebbero immersi e costretti a effettuare rivoluzioni intorno al Sole, astro centrale del sistema. Allo stesso modo, alla fine del ’700, il fisico Augustin Jean Fresnel spiegò la natura ondulatoria della luce come una vibrazione dell’etere, ipotesi sostenuta anche dal fisico olandese Christian Huygens, e circa un secolo dopo, prima ancora del famoso esperimento di Michelson con il quale si pretese di dimostrare l’inesistenza dell’etere, il fisico Heinrich Rudolph Hertz dimostrò che anche la teoria classica dell’elettromagnetismo confermava l’ipotesi che lo spazio fosse pervaso da un etere fluido e vibrante, dove le onde si propagano per oscillazione attraverso di esso. Ciò era supportato anche dal fisico Michael Faraday e dal fisico Lord Kelvin, in partico-
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lare con la sua teoria dei “vortici atomici”. Nei primi del ’900 Guglielmo Marconi usò proprio il concetto di etere per realizzare la sua telefonia senza fili. E ancora prima di Cartesio la stessa idea, da un punto di vista più filosofico, era nata dal caposcuola Anassagora, seguita e rielaborata da Leucippo e poi adottata dai grandi filosofi Platone e Aristotele, che seppur rivali su aspetti fondamentali, condividevano l’idea che non esistesse spazio vuoto, ma che la materia fosse immersa in una sostanza che l’uno chiamava “spazio pieno” e l’altro “etere”, ma che in realtà era la stessa cosa, quella che gli orientali hanno sempre chiamato prana e i fisici di oggi chiamano “campo di punto zero”. La teoria di Todeschini è in aperto contrasto con la teoria della gravitazione universale di Isaac Newton la quale, negando l’esistenza dell’etere, contempla l’esistenza di misteriose “forze” che si manifesterebbero in corpi dotati di massa, i quali sarebbero in grado di muoversi di moto uniforme all’interno di uno spazio assolutamente vuoto e quindi privo di attrito. Secondo Todeschini, nel vuoto assoluto la forza ben nota descritta dal Secondo Principio della Dinamica di Newton, secondo il quale F=m·a (dove F è la forza, m è la massa e a è l’accelerazione), sarebbe nulla, denotando il fatto che nel vuoto assoluto non è possibile né produrre forze, né accelerazioni, né velocità, dal mo-
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mento che quelle che appaiono come “forze” sono possibili solo in presenza di una massa soggetta a un moto generato da un vortice di etere con una densità ben precisa. La formula sopra citata diventa valida solo all’interno di quello che Todeschini chiama “spazio ponderale”, non uno spazio inteso come astratta estensione geometrica, ma costituito da un fluido con una data densità, proprio come l’etere. Solo all’interno di questo etere è possibile imprimere una velocità a una massa e mantenerla, applicando la forza F. In tal modo il movimento delle masse – costituito da accelerazioni o decelerazioni – sarebbe completamente ed esclusivamente determinato dall’urto tra tali masse e l’etere stesso. Ciò dimostrerebbe che nell’Universo non esiste uno spazio vuoto assoluto, come riteneva Newton, ma solamente uno spazio assoluto ben separato dal tempo (a differenza delle assunzioni della relatività di Einstein) avente una determinata densità in grado di influenzare il moto delle masse. Quella che viene chiamata “forza di inerzia”, secondo Todeschini, è dunque provocata dal movimento relativo tra lo spazio fluido dell’ambiente (ovvero l’etere) e i corpi che si trovano in esso immersi. In questa luce quella che viene definita come “forza di inerzia” e il peso stesso dei corpi non sono proprietà caratteristiche della materia indipendenti dallo spazio fluido che li circonda, come si riteneva nell’ambito della fisica newtoniana, ma dipendono dalla densità dell’etere e dall’accelerazione re-
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lativa a tale etere. L’inerzia, secondo Todeschini, non sarebbe altro che una “apparenza di forza” generata dalla resistenza opposta dall’etere all’accelerazione dei corpi in esso presenti. 3 7 6 3 0 1 0 2 . n e n i d r O o r a b u T o c i r e d e F
L’impostazione Cartesiana di Todeschini si esplica nel fatto che tutti i fenomeni del mondo fisico – siano essi meccanici, elettromagnetici, elettrodeboli o nucleari – sono riconducibili a una sola dinamica, che descrive il movimento e l’urto di masse all’interno di un movimento eterno e vorticoso dell’etere. Dunque tutti i fenomeni in natura risultano essere semplici azioni fluidodinamiche dello spazio eterico fluido sulla materia all’interno di esso, i vortici di etere formerebbero sia i sistemi atomici che quelli astronomici, mentre le varie forme di energia radiante nelle forme e frequenze che conosciamo non sarebbero altro che onde prodotte dalle vibrazioni di questo etere. Al contrario, il fatto che la fisica abbia creato tante “meccaniche” diverse e relative leggi, a seconda delle masse descritte (dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande), non ha portato all’unificazione della scienza, ma alla sua divisione in tante branche separate. Questa frammentazione, secondo Todeschini e non solo secondo lui, ha allontanato l’uomo dalla verità e ha portato la scienza fisica a un vicolo cieco, nonché alla confusione nella mente delle persone in merito alla struttura intima della realtà.
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Ma Todeschini è in netto contrasto anche con la teoria della relatività di Albert Einstein, teoria nata proprio nel periodo in cui lui stava sviluppando la sua Psicobiofisica. Anche Einstein, che si avvalse strumentalmente dell’esperimento ottico di Michelson progettato apposta per dimostrare l’inesistenza dell’etere, negava che lo spazio fosse pieno di un fluido universale, e fondava tutta la sua teoria sulla finitezza della velocità della luce (300.000 km/sec), e sull’equivalenza della massa e dell’energia nella sua famosa equazione E=m·c2 (1) (m è la massa, c è la velocità della luce). Tutte assunzioni che erano in totale contrasto con la teoria di Todeschini. In particolare Todeschini, pur assumendo come valida l’equazione di cui sopra, che viene ben verificata nella bomba atomica, non ne condivide affatto il significato fisico. In primo luogo, in virtù delle proprietà dinamiche dell’etere da lui scoperte, egli dedusse che le particelle nucleari (nucleoni) compiono rivoluzioni attorno al nucleo atomico a una velocità 1,41 volte superiore alla velocità della luce, contravvenendo così al limite insuperabile di Einstein. A questo risultato Todeschini arrivò assumendo che le particelle di massa m, costituenti il nucleo atomico, compiano delle rivoluzioni attorno al suo centro con velocità v in modo tale da sviluppare un’energia (“forza viva” secondo Leibniz, “energia cinetica” come la intendiamo oggi) definita come E=1/2·m·v (2). Ma sapendo anche 2
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che nella disintegrazione del nucleo atomico (come avviene nella bomba atomica) le particelle sviluppano un’energia descritta dalla famosa equazione di Einstein, eguagliando tra loro i secondi termini delle equazioni (1) e (2) e risolvendo rispetto a v si ottiene il sorprendente risultato di v=0.41·c. In tal modo Todeschini convalidò la famosa equazione di Einstein sull’energia partendo dalla semplice formula della forza viva di Leibniz senza alcun bisogno di ricorrere a quella teoria della relatività che Einstein vedeva come unica interpretazione della sua famosa equazione. Secondo Todeschini dunque, il fatto che la velocità di rivoluzione dei nucleoni sia superiore (anche se di poco) alla velocità della luce è comprovato sperimentalmente proprio dal fatto che l’energia prodotta da una bomba atomica è esattamente quella – seppur mal interpretata – di Einstein. Todeschini dunque avrebbe scoperto il vero significato della famosa formula inventata da Einstein: ciò consisterebbe nella liberazione esplosiva dell’enorme energia cinetica intrinseca dei nucleoni in rotazione superluminale attorno al centro del nucleo atomico. E questa rotazione non sarebbe dovuta ad altre cause se non al trascinamento prodotto dal moto vorticoso dell’etere nei nuclei atomici, quel moto vorticoso che è completamente ignorato anche da Einstein. «Come si può pensare a un moto vorticoso dell’etere se l’etere non esiste?» si chiedeva Einstein.
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Ecco perché secondo Todeschini la storica formula derivata da Einstein, seppur giusta matematicamente, aveva avuto un’interpretazione fisica errata: il reale significato fisico di questa formula secondo Todeschini non è la trasformazione della massa in energia, come riteneva Einstein, ma solo l’effetto di suddivisione di una massa, avente una determinata energia, in tante masse più piccole – che nell’esplosione si frantumano – aventi energie minori, la cui somma è uguale a quella iniziale. Attraverso svariate analisi e sperimentazioni Todeschini arriverà anche a dimostrare che le presunte “prove cruciali” della relatività – come ad esempio la deviazione dei fasci della luce delle stelle passanti vicino al sole, o lo spostamento del perielio di Mercurio – si spiegano in realtà con la fluidodinamica dello spazio eterico, che rappresenta la base della sua teoria, senza alcun bisogno di utilizzare astruse metriche spazio-temporali, ma rimanendo ben vincolati alla classica geometria euclidea. In merito alla teoria di Einstein, Todeschini commentava: «Einstein riduce l’idea del mondo a un’ibrida e inconcepibile astrazione di tensori, senza tuttavia farci vedere il meccanismo col quale si svolgono i fe-
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nomeni, e ciò senza contare che anche con tali “cronotopi” non si è potuto sinora scoprire quale sia il substrato della materia, dei suoi campi di forza e delle varie energie ondulatorie, e come e perché si trasmettano nel vuoto, né tanto meno unificare i campi elettromagnetico e gravitico per raggiungere la tanto auspicata scienza unitaria».
E in merito al presunto contrasto tra l’esito del famoso esperimento effettuato dal fisico Albert Michelson 1 nel 1881 e l’aberrazione della luce astronomica scoperta dall’astronomo James Bradley nel 1726 – contrasto che avrebbe confutato l’esistenza effettiva dell’etere – Todeschini disse a proposito di Einstein: «Mentre tutti i grandi scienziati dell’epoca cercavano di risolvere questo contrasto senza rinnegare l’esistenza dell’etere perché questo risultava indispensabile alla spiegazione di tutti i fenomeni, Einstein invece di indagare se il contrasto tra questi due fenomeni ottici esistesse veramente o meno, lo ritenne per certo, e per eliminarlo negò l’esistenza dell’etere e postulò la costanza della velocità della luce rispetto a qualsiasi osservatore comunque mosso. Ma essendo ciò in contrasto con la relatività classica di Galileo, fu costretto a sostituire quest’ultima con una pseudo-relatività da lui postulata in base a supposte contrazioni che subirebbe lo spazio e
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dilatazioni che subirebbe il tempo se valutati da sistemi diversamente mossi rispetto a quello dove si svolgono i fenomeni considerati».
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Todeschini, sulla base di calcoli matematici, dimostrò l’inesistenza di questo contrasto, scoprendo che entrambi tali esperimenti ottici (quello di Michelson e quello di Bradley) confermano non solo l’esistenza dell’etere, ma anche che una corrente di questo mezzo fluido, avente una velocità di 30 Km/sec, spinge effettivamente la Terra a compiere le sue rivoluzioni attorno al Sole. Einstein costruì quelle che chiamò “teorie metriche”, lo scopo delle quali era di descrivere la struttura di un presunto “spazio-tempo” e le “leggi di invarianza” che si possono ricavare da esso, e soprattutto di giustificare la costanza della velocità della luce. Ma secondo Todeschini queste teorie erano basate solo ed esclusivamente (e arbitrariamente) su un presunto contrasto riscontrabile negli esperimenti di Michelson e Bradley, e come tali erano da ripudiare perché smentite dal risultato di due esperimenti che invece erano stati interpretati come contrastanti al puro e semplice scopo di far tornare i conti alla relatività di Einstein. Pertanto, secondo Todeschini, la velocità della luce non è una quantità assoluta e insuperabile, come riteneva Einstein, ma varia a seconda della velocità del sistema di riferimento. Nel caso particolare,
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secondo Todeschini, la corrente di etere che trascina la Terra a velocità V , trascina anche l’onda prodotta nel fluido, che si identifica con quella della luce (con velocità c = 300.000 Km/sec). In tal modo la velocità risultante W di tale onda rispetto a un sistema ancorato al Sole viene data dalla somma delle due velocità, cioè W = V + c. Todeschini prese atto che il fatto che la velocità della luce possa superare il limite c – e quindi che effettivamente esista quello che viene definito “moto tachionico” – sarebbe anche confermato dalle “velocità superluminali” (anormalmente, secondo la relatività) misurate di alcune sorgenti astronomiche extragalattiche come i Quasar. In realtà gli astrofisici hanno immediatamente creduto di risolvere il problema invocando macchinosi “effetti di prospettiva” relativi all’osservatore, ma queste astuzie ingegnosamente costruite per far tornare i conti della relatività e i suoi riscontri osservativi, non hanno certamente convinto tutti. Todeschini, già nel 1935 e circa 40 anni prima di alcune conferme sperimentali (pressoché ignorate a livello ufficiale) avvenute anche con esperimenti di collisioni tra particelle che dimostrarono di fatto l’esistenza del “moto tachionico” – ovvero superiore al limite invalicabile della velocità della luce fissato da Einstein – comprese che per togliere la scienza dal vicolo cieco in cui si era cacciata nel corso di secoli di diatribe inconcludenti non restava altra solu-
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zione che riportarla alle concezioni della realistica relatività classica di Galileo – che considerava spazio e tempo come entità separate, con uno spazio che in sostanza rappresentava uno “spazio assoluto” qual è l’etere – e sostituire i campi sferici di forze centrali agenti nel vuoto della vecchia fisica newtoniana e gli astrusi equilibrismi matematici relativi allo spaziotempo einsteiniano, con uno spazio tridimensionale (ben separato dalla coordinata “tempo”) di densità esilissima (10-20 la densità dell’acqua, secondo i calcoli di Todeschini) e mobile come un fluido. Infatti, nei particolari movimenti che hanno luogo all’interno di questo fluido universale, che di fatto è l’etere, Todeschini fu convinto di riconoscere tutti i fenomeni fisici naturali. Inoltre Todeschini era in contrasto anche con la teoria quantistica classica di Werner Heisenberg e di Erwin Schrödinger, la quale, pur ponendosi a sua volta in contrasto sia con la fisica classica newtoniana che con la relatività di Einstein, riduceva la realtà più intima della natura – quella dell’infinitesimamente piccolo – a una pura “funzione di probabilità”, assolutamente priva di finalità e di determinismo. La meccanica quantistica, secondo Todeschini, rendeva l’Universo inconoscibile ai suoi livelli più profondi, ma questo era completamente confutato dalla stessa teoria di Todeschini che in-
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vece manifestava un chiaro determinismo a tutti i livelli e che, al contempo, pur nell’ambito di una trattazione completamente razionale, era in grado di agganciare il mondo della materia – principale terreno della scienza tradizionalista – al mondo dello spirito – principale terreno della religione – nel contesto di una unica grande scienza unitaria in grado di descrivere la realtà a tutti i livelli. L’intelletto fino e il grande equilibrio di Todeschini, seppur egli fosse profondamente convinto dell’esistenza dell’etere e dei suoi influssi sulla materia, lo portavano ad analizzare in maniera piuttosto obiettiva, ben bilanciata ma a tratti anche spietata la dicotomia intellettuale in cui si trovava (e si trova tuttora) il mondo accademico. A tal proposito egli affermava: «Quelli che sostengono il vuoto, se riescono a trovare le relazioni matematiche tra le forze e le accelerazioni di massa, che danno le leggi che dominano i fenomeni, non riescono a spiegarli nella loro essenza e nel loro meccanismo; viceversa quelli che sostengono il pieno (ovvero l’esistenza dell’etere), se riescono a spiegare qualitativamente i fenomeni non riescono sempre a spiegarli quantitativamente, cioè a trarne le leggi relative».
Per dire lo stesso concetto in altre parole, Cartesio credeva nell’esistenza di un “pieno” e, pur spie-
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gandone il perché, non calcolava nulla di convincente che rivelasse come esso si manifesti, mentre Newton che credeva nel vuoto, pur essendo in grado di calcolare tutto e di comprendere il modo in cui i fenomeni si verificavano, nella sostanza non spiegava niente sulle cause che determinavano certi effetti. L’intento di Todeschini era allora di mettere a punto la sua “teoria del pieno”, sviluppatasi principalmente con il pensiero di Cartesio, colmandone le lacune matematiche e sperimentali. Fu proprio l’analisi critica di questa situazione che Todeschini riuscì a effettuare dopo aver studiato a fondo i dilemmi della fisica in tutta la sua storia fino ai nostri tempi, che gli permise di superare i limiti dei sostenitori dell’etere, e cioè la loro capacità di spiegare i fenomeni solo intuitivamente (come, aveva fatto Cartesio) e non quantitativamente. Todeschini riuscì infatti a dare una struttura sia matematica che sperimentale, seppur altamente semplificata rispetto ai complessi calcoli della fisica standard, alla sua teoria. Ferma restando l’assunzione di base in merito all’esistenza dell’etere, attraverso la quale si potevano comprendere tutti i fenomeni dell’Universo come eventi di natura fluidodinamica, la vera grande rivoluzione introdotta da Marco Todeschini consisteva nel fatto che il suo era un Universo fisico con una finalità precisa, creato apposta per la vita e per lo spi-
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rito che vi alberga. E al contempo era un Universo decisamente meccanicistico, seppur mosso da scopi divini, la cui fisica non riguardava solo il mondo della materia, ma anche quello dello spirito. Todeschini ruppe almeno cinque dei più grossi “paradigmi indiscussi” della fisica del tempo (e in gran parte anche di quella dei giorni nostri): la negazione dell’etere, l’esistenza delle forze – come entità reali e non pure apparenze – e dei relativi campi in natura, l’insuperabilità della velocità della luce, la negazione che la materia sia strettamente connessa allo spirito e l’esclusione di Dio da ogni scienza. Marco Todeschini, per sua stessa ammissione, si sentì invece ispirato proprio da Dio nel mettere a punto la sua teoria, un Dio che mosse la sua mente in maniera talmente tenace da sconvolgere l’architettura atea della scienza del tempo per sostituirla con una fisica omnicomprensiva completamente nuova, dove l’uomo veniva finalmente posto al centro di un Universo retto dalla finalità e non dai moti casuali di una materia inerte in uno spazio completamente vuoto.
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NOTE
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(1) L’Esperimento di Michelson. Supponendo che la Terra sia in moto rispetto all'etere, dato che sarebbe strano credere che il sistema di riferimento dell'etere coincida con la Terra, vari osservatori terrestri dovrebbero misurare velocità diverse della luce, a seconda della direzione di propagazione; la velocità della luce dovrebbe essere minima quando viaggia nella stessa direzione e verso della Terra e massima nel caso opposto. Inoltre la velocità della luce dovrebbe essere influenzata dal moto della sorgente. Michelson, con il suo esperimento effettuato in varie fasi (anche assieme al suo collaboratore Edward Morley) tra il 1887 e il 1906, cercò di trovare un'eventuale dipendenza della velocità della luce dal moto della Terra. Il risultato – come da oltre un secolo si vuol far credere – fu che la velocità della luce è indipendente sia dal moto dell'osservatore iniziale che la riceve, sia dal moto della sorgente. Questo risultato era in contrasto con le trasformazioni di Galilei (che aveva costruito la “relatività classica”), per le quali, invece, passando da un sistema inerziale a un altro, la velocità della luce avrebbe dovuto modificarsi secondo la composizione delle velocità,e soprattutto confutava l’esistenza di un etere cosmico.
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CAPITOLO 2 LA SPAZIODINAMICA DELL’ETERE: DALLE PARTICELLE ALLE GALASSIE
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La base della teoria Biopsicofisica di Todeschini è quella che lui definì “Spaziodinamica”. Secondo questa nuova scienza, da lui stesso fondata al fine di rapportare tutti i moti della materia all’etere, qualunque moto nell’Universo avviene all’interno di uno spazio riempito di fluido ed è proprio questo fluido universale a costituire l’etere e a determinare i movimenti che avvengono su tutti i corpi esistenti. Essi non si muovono perpetuamente nel vuoto animati da misteriose “forze”, come ritenevano Newton e i suoi seguaci, bensì il loro moto è completamente determinato dagli urti con un fluido in perenne moto vorticoso. L’origine dei vortici di questo fluido eterico è secondo Todeschini scaturita dalla mano di esseri spirituali superiori o da Dio stesso, che partendo dalle particelle infinitesimamente piccole hanno messo in moto l’Universo, creando vortici all’interno dell’etere. In questa luce, prima della nascita dell’Universo come lo conosciamo, esisteva solamente un infinito oceano di etere. La materia fu creata per volontà spirituali superiori semplicemente
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facendo vorticare questo etere, etere che rappresenta la natura intrinseca dello spazio stesso. Dunque qualunque dinamica che ha luogo all’interno dell’Universo non è altro che dinamica dello spazio. Inizialmente, nel processo che portò alla creazione della materia ottenuta dinamizzando lo spazio, si partì dalle particelle elementari, per poi arrivare alle galassie che costituiscono il nostro Universo. Ma come avviene il processo della creazione nel mondo microscopico e particellare secondo Todeschini? Lo spazio, inteso non come semplice estensione geometrica ma come etere composto da un fluido, è dotato di una mobilità propria, allo stesso modo di un fluido o di un gas. In tal modo diventa possibile spiegare qualitativamente e quantitativamente tutti i fenomeni naturali, assumendo che la materia, prima della quale esisteva solo uno spazio fluido inerziale immobile, sia nata improvvisamente dall’applicazione di coppie di forze scaturite da una volontà divina, la quale per una qualche ragione decise di creare e poi plasmare la materia mettendo improvvisamente l’etere in moto vorticoso. In questo modo, secondo Todeschini, si realizzava la sacra e solenne azione espressa dalla frase latina “Lux Fuit ”. Secondo la cosmogonia che sta alla base della sua teoria, grazie all’applicazione di due coppie di forze provenienti da piccolissimi elementi sferici che costituivano tale etere, che da queste
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vennero posti in rotazione attorno al loro asse polare, si originarono i nuclei atomici. Ciascuno di essi, ruotando su se stesso, trascinò con sé una serie di strati sferici concentrici di etere, fino ad arrivare a una nuova struttura sferica di raggio molto più grande e avvolgente la prima: in tal modo nacquero gli atomi, come sfere di spazio fluido rotante che avvolgevano i loro nuclei. Attraverso lo stesso procedimento vorticoso, entro strati concentrici simili a una cipolla, si formarono gli elettroni e in seguito, come conseguenza della formazione di tanti atomi costituiti da elettroni orbitanti attorno ai loro nuclei, nacque tutta la materia aggregata, sia vivente che non vivente, così come la conosciamo. Così sarebbe dunque venuto alla luce l’Universo. La morte della materia, che secondo Todeschini può avvenire solo per decisione divina, così come avvenne la sua nascita, si verificherebbe nel momento in cui venissero tolte le coppie di forze che hanno originato la creazione del mondo come lo conosciamo. In questo caso infatti, i nuclei degli atomi cesserebbero di ruotare su se stessi e di conseguenza gli strati sferici esterni cesserebbero il loro moto. In tal modo il nucleo e il campo di elettroni di ciascun atomo non avrebbero più un movimento rispetto allo spazio che li circonda, ma diverrebbero un tutt’uno con esso, dato che essi all’origine non sono al-
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tro che spazio fluido posto in movimento rotatorio. In fondo è un po’ come dire che se l’Universo fosse un essere vivente, sarebbe nato dalla polvere e alla polvere ritornerebbe alla sua morte. Una “polvere” che rappresenta la matrice di tutto: l’etere, in antitesi a quello “spazio assolutamente vuoto” di cui la fisica newtoniana e la fisica relativistica avevano voluto far credere con convinzione l’esistenza, per far tornare i conti delle loro complesse e eleganti equazioni. Ma secondo Todeschini erano quelle equazioni a essere vuote, vuote di reale significato, anche se in sé armoniose e rispondenti solo all’apparenza della realtà e al “come” le cose sembrano verificarsi, ma non alla sua essenza. Todeschini studiò a fondo proprio l’essenza della realtà dell’Universo e al contempo, seppur nell’ambito di una semplificazione formale probabilmente eccessiva, riuscì a darne anche una rappresentazione quantitativa. Riportiamo direttamente le sue parole quando ci descrive il meccanismo di funzionamento di un atomo e delle forze che si generano in esso quando si trovi immerso in un etere fluido: «L’atomo è costituito da una sfera centrale di spazio fluido (nucleo) che ruota su se stessa a velocità √ 2 volte superiore a quella della luce e trascina in movimento,
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per attrito, lo spazio fluido circostante che si muove, suddiviso come una cipolla in strati sferici concentrici di spessore costante, aventi velocità di rotazione inversamente proporzionale alla radice quadrata del loro raggio (1/ √ R). La serie di strati sferici mobili concentrici tra il nucleo e la superficie esterna di sponda, ove il moto si estingue per eccesso di attrito rispetto al residuo della forza centrale, costituisce il campo rotante di forza centripeta dell’atomo. Tra questi strati aventi velocità degradanti verso la periferia, si genera, per effetto dell’accartocciamento, la rotazione di piccole sfere di spazio fluido che costituiscono gli elettroni. Questi, ruotando su se stessi, ed essendo investiti dalla corrente circolare di spazio fluido del campo, sono soggetti all’Effetto Magnus [cioè
una forza inclinata rispetto alla direzione del raggio che le congiunge al centro del campo] che ne inclina l’asse rispetto al piano di rivoluzione. Perciò essi risentono di una spinta F che si può scomporre in altre tre: una F tangente alle linee di moto circolari che provoca e mantiene il moto di rivoluzione dell’elettrone intorno al nucleo centrale; una F diretta verso il centro del campo che equilibra la forza centrifuga che l’elettrone sviluppa per effetto del suo moto di rivoluzione; una F diretta in senso normale alle prime due». T
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Con queste parole Todeschini ci spiega in termini semplici che la sua teoria Spaziodinamica è in grado di dimostrare che le tre forze da lui contem-
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plate per descrivere la nascita della materia, partendo dall’infinitamente piccolo, sono, secondo l’ordine, la Forza Elettromotrice F , la Forza Gravitazionale F e la Forza Magnetica F . Viene così svelato che queste tre forze hanno oggettivamente la stessa natura fisica, sono della medesima qualità, essendo le tre componenti ortogonali di una unica forza fluidodinamica, la quale sarebbe l’unica forza esistente che domina la materia, dalle sue particelle più piccole fino alle galassie. Tre campi che la fisica tradizionale aveva frammentato con tre forze diverse sono in realtà la manifestazione di una unica forza nata dalla dinamica dello spazio, che quindi può essere definita generalmente come “spaziodinamica” e più specificamente, accettando la natura di fluido eterico costituente lo spazio stesso, come “fluidodinamica”. In modo particolare la forza di gravità, quell’entità misteriosa di cui ancora ai giorni nostri nessuno è riuscito a scoprire l’origine, si identifica interamente con la forza elettrostatica 2, con l’unica differenza nelle masse coinvolte nei due tipi di forze. T
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Secondo la teoria di Todeschini, sia la forza di gravità che la forza elettrostatica non sono altro che la spinta centripeta esercitata dal fluido del vortice sui corpi in esso immersi: si identificano entrambe in una pura azione fluidodinamica nata
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dall’interazione tra le masse e il fluido eterico stesso. Il che si tratti di “forze”, come le intendeva Newton, è puramente illusorio: secondo Todeschini non si tratta di masse in grado di produrre misteriose forze di origine inspiegata, bensì della resistenza che tali concentrazioni di materia oppongono al fluido in cui esse sono immerse. Per dimostrare il reale principio con cui opera la gravità, come spinta centripeta subita da un corpo immerso in un vortice di etere (inteso come spazio fluido), Todeschini inventò e brevettò un geniale congegno che denominò “motore a forza propulsiva centrifuga”, costituito da due masse sferiche che, ruotando su se stesse e rivolvendo in sensi contrari attorno a un centro comune, sarebbero in grado di diminuire di peso e di sollevarsi da Terra. C’è oggi chi sta tentando di continuare su questo progetto, mentre da un altro lato non manca chi ha inteso vedere in questo meccanismo un sistema in grado di permettere una propulsione a levitazione. Lo scopo è infatti quello di creare un veicolo avente una forza di gravità indipendente e che si muove per levitazione in base ai comandi del pilota senza alcuna influenza da parte dei campi gravitazionali esterni. Dunque, secondo Todeschini, tutta la materia nell’Universo è nata e si è sviluppata come proces-
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Schema del motore a forza propulsiva centrifuga di Todeschini
so dinamico che si verifica unicamente nell’etere universale. In tal modo gli atomi, il loro nucleo e tutte le particelle che lo costituiscono risultano formate da una serie di sfere concentriche di spazio fluido, aventi diametri e velocità di rotazione specifici, ma formate tutte di un’unica sostanza: l’etere universale. Si svela così che ogni particella di materia non è altro che spazio fluido in rotazione rispetto allo spazio fluido ambiente. Più grande è la velocità di rotazione del nucleo atomico, maggiore
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è il diametro del campo vorticoso che lo circonda e dell’atomo che forma, maggiore la sua forza di attrazione (che per Todeschini non è altro che la forza centripeta all’interno del fluido), il suo peso e la sua durezza. In questo meccanismo, due vortici di fluido che ruotano nello stesso verso si attraggono, mentre due vortici che ruotano in verso opposto uno rispetto all’altro si respingono. In tal modo viene spiegata sia la gravità come la conosciamo che la “gravità negativa”. La materia è nata da una perturbazione di etere, e i suoi moti si sono sviluppati come una continua interazione meccanica con esso. Al suo interno, gli elettroni (particelle negative) e i protoni (particelle positive) non sono altro che microvortici elementari dello stesso mezzo, ma con sensi di rotazione opposta. Quella che veniva chiamata “attrazione coulombiana” (dal fisico Coulomb) tra le cariche viene quindi spiegata all’interno di un meccanismo fisico dove le forze elettriche, quelle magnetiche e quelle gravitazionali sono il risultato di un’unica forza universale. Questa è secondo Todeschini la “teoria unificata” tanto cercata dai fisici, ma con l’unica fondamentale differenza che non si tratta di una “teoria di campo”, ovvero di una teoria basata su campi generati da forze, perché secondo Todeschini le “forze” sono solo un’apparenza generata dall’urto di masse contro l’etere.
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Così come la teoria dei vortici eterici – ovvero la Spaziodinamica – è in grado di spiegare l’esistenza delle particelle elementari e i loro moti, allo stesso modo essa è in grado di spiegare l’esistenza di macrostrutture come i pianeti e i loro moti nell’Universo. Il meccanismo è esattamente lo stesso, cambiano solamente le dimensioni di spazio coinvolto e l’entità delle masse. In tale ambito le orbite dei pianeti vengono spiegate non come reali orbite di masse rivoluenti attorno a masse più grandi costituenti quella che i newtoniani denominano “forza centrale”, ma come il processo di trascinamento delle masse planetarie più piccole all’interno del vortice di etere che la rotazione del corpo centrale crea attorno a sé e che è tanto più forte ed esteso quanto maggiore è la concentrazione di materia in esso. Queste interazioni tra spazio fluido (etere) e materia determinano la forza centripeta che è all’origine della forza di gravità e la forza centrifuga che permette ai pianeti di effettuare le loro rivoluzioni attorno all’astro centrale. In particolare, se è lo spazio fluido a circolare attorno a un corpo di materia immobile, allora questo corpo sarà sottoposto a una forza centripeta; se viceversa è il corpo che circola contro lo spazio fluido immobile, allora il corpo va soggetto a forza centrifuga. Questo meccanismo armonioso di scambio biunivoco tra materia e spazio fluido ci rivela che la forza di gravità che nasce dalla attrazione
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centripeta e la forza centrifuga, quantità molto misteriose nelle loro origini secondo Newton, sono in realtà della stessa natura fluidodinamica, perché entrambe si identificano nella resistenza che si crea quando ha luogo un’accelerazione radiale e relativa tra i corpi di materia e lo spazio fluido in cui essi sono immersi. Allo stesso modo la altrettanto misteriosa “forza di inerzia”, espressa dal secondo principio della dinamica di Newton (già ampiamente discusso nei paragrafi precedenti), che bisogna applicare a un corpo per imprimergli un’accelerazione, risulta spiegata come la forza che deve vincere la resistenza che lo spazio fluido circostante oppone allo spostamento del corpo stesso. Nel caso del Sistema Solare il moto dei pianeti viene descritto come una conseguenza del vortice di etere indotto dalla rotazione del Sole sul proprio asse, che trascinando con sé il fluido circostante finisce per generare un “campo sferico centro-mosso” che con il suo movimento induce i pianeti a effettuare rivoluzioni attorno alla stella. Questo campo, di natura esclusivamente fluidodinamica, è caratterizzato da una velocità variabile decrescente dal centro verso la periferia del sistema dinamico. Ma questa non è altro che una deduzione della stessa legge dedotta da Keplero da un punto di vista cinematico e geometrico e successivamente dallo stesso Newton
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dal punto di vista dinamico (implicante cioè l’esistenza di forze). Le equazioni trovate da Newton, sia il secondo principio della dinamica che la legge di gravitazione universale, sono esatte da un punto di vista matematico. Ciò che secondo Todeschini è errato è la loro interpretazione fisica. 3 7 6 3 0 1 0 2 . n e n i d r O o r a b u T o c i r e d e F
La Terra stessa sarebbe immersa in uno spazio fluido centro-mosso (per via della rivoluzione della Terra attorno al Sole), la cui velocità in prossimità del suolo è di 9 Km/sec e tale corrente produrrebbe sui corpi in essa immersi una spinta diretta verso il centro del pianeta pari al loro peso e li spingerebbe a cadere verso il suolo con un’accelerazione pari a 9,81 m/sec2. In tal modo verrebbe spiegata la forza di gravità che noi riceviamo ogni momento. Allo scopo di verificare se questa corrente di etere esistesse veramente, Todeschini ideò e costruì alcune attrezzature sperimentali pensate per testare la sua teoria. Dagli esperimenti, effettuando i quali si avvalse di modellini di pianeti in miniatura immersi in una vasca semisferica riempita d’acqua, risultò che il nostro pianeta sarebbe immerso in un campo rotante di spazio fluido centro-mosso che si estende fino alla Luna, il quale a sua volta sarebbe immerso nel più vasto campo sferico di spazio rotante intorno al Sole, campo che trascina la Terra nel suo mo-
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to di rivoluzione a circa 30 Km/sec. I risultati di uno di questi esperimenti, in cui Todeschini paragonò un fluido come l’acqua all’etere cosmico, lo riportiamo direttamente con le sue parole: 3 7 6 3 0 1 0 2 . n e n i d r O o r a b u T o c i r e d e F
«Immerse poi due sfere rotanti attorno ai loro assi in una vasca d’acqua, sì che il liquido producesse intorno a esse i rispettivi campi rotanti; constatai con op portuni dispositivi che le due sfere si attraevano o si respingevano a seconda della loro rotazione ora equiversa ora controversa e che la forza d’attrazione dipendeva dalla loro velocità ed era inversamente proporzionale al quadrato delle loro distanze in perfetta rispondenza della legge di gravitazione universale. Avevo quindi sco perto il modo e il meccanismo di originare la forza misteriosa di gravitazione con la quale si attraggono fra loro i corpi, dimostrando che essa è una apparenza della spinta fluido-dinamica che esercitano tra loro i gorghi prodotti dagli atomi costituenti».
Effettuando questo semplice esperimento – usando un marchingegno denominato “idroplanetario” – utilizzando un modellino in scala del sistema solare immerso in un fluido come l’acqua che simula l’etere, Todeschini verificò che la forza esercitata verso il centro del campo sulle sferette planetarie era dovuta alla spinta centripeta che il liquido circolante esercitava
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contro di esse, e non a una misteriosa attrazione della sfera centrale. Todeschini arrivava così a concludere che la forza di gravità non è nient’altro che la spinta centripeta dovuta a un fluido. Più precisamente, egli dedusse che la forza con la quale si attraggono due sfere rotanti nello stesso senso, immerse in un liquido, è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza e che i quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianetini immersi nel vortice stanno fra di loro come i cubi dei raggi delle loro orbite, proprio come la forza di gravità con la quale si attraggono due frammenti di massa qualsiasi. Assume coerenza allora la sua formulazione quando ricava quella che non è nient’altro che la terza legge di Keplero3, partendo però dall’assunzione che la massa planetaria non è una proprietà del corpo indipendente dallo spazio fluido in cui si muove, ma dipende dalla densità del mezzo (ovvero dell’etere inteso come spazio fluido), dalla velocità relativa e dal numero di atomi costituenti, e ciò smentendo l’assunzione di Newton, secondo la quale egli asseriva che i corpi immersi in vortici fluidi non potessero mai verificare tale legge. Sulla base dei suoi esperimenti, Todeschini dedusse che le traiettorie di una sfera in un campo rotante sono delle spirali. Todeschini dimostra dunque come tutto, dai nuclei atomici alle galassie, possa essere originato
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dal movimento di vortici sferici di un etere fluido che rappresenta l’essenza dello spazio stesso nell’ambito del quale esiste l’Universo. Questi vortici, roteando attorno al loro centro, creano, per attrito, la rotazione di strati concentrici successivi. Nella microfisica (fisica nucleare) ciò determina la creazione delle particelle elementari che costituiscono i mattoni della materia, che a seconda del loro verso di rotazione creano le forze attrattive o repulsive che le contraddistinguono e che sono responsabili delle forme di aggregazione della materia stessa. Nella macrofisica (astronomia) ciò determina il moto dei pianeti nelle loro orbite, le quali altro non sono che il risultato del trascinamento dei pianeti stessi all’interno del vortice di spazio fluido generato dalla stella centrale.
Idroplanetario di Marco Todeschini
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NOTE
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(2) Proviamo a vedere entrambe queste forze come vengono considerate dalla fisica newtoniana. Da un lato, la Forza Elettrostatica, che ha luogo tra due cariche puntiformi q1 e q2, è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Questo risultato è espresso dalla “legge di Coulomb” (dal fisico francese Charles Augustin de Coulomb) F = (q1·q2)/4 π··r nella quale dipende dalle proprietà dello spazio in cui sono poste le cariche e prende il nome di costante dielettrica assoluta, e r rappresenta la distanza di separazione tra le due cariche. Da un altro lato la Forza di Gravità, che ha luogo tra due masse m1 e m2 (come ad esempio quelle della Terra e del Sole), dice che qualsiasi oggetto dell’Universo attrae ogni altro oggetto con una forza diretta lungo la linea che congiunge i baricentri dei due oggetti, di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza r . Si esprime infatti con la formula F = G·(m1·m2)/r 2, dove G è la costante gravitazionale. Come si vede entrambe le forze funzionano allo stesso modo, anche se sono state arbitrariamente frammentate in due settori separati. Ma in realtà si tratta della stessa legge! E Todeschini se ne era accorto. E
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(3) La terza legge di Keplero, applicata ad esempio all’orbita dei pianeti attorno al Sole, approssimando per semplicità le orbite a dei cerchi, è descritta da T2=K·r 3, dove T è il periodo di rivoluzione, r il raggio dell’orbita e K una costante che dipende dal corpo celeste considerato. Questo risultato anticipa cinematicamente le successive scoperte di Newton.
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CAPITOLO 3 LA TEORIA DELLE APPARENZE: DALLA MATERIA ALLO SPIRITO
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Todeschini scoprì che la vera ragione della frammentazione nelle scienze sta nel fatto che l’uomo ha inventato tante scienze differenti quanti sono gli organi di senso di cui è provvisto il suo corpo. In tal modo ha creato l’ottica perché abbiamo l’organo della vista e abbiamo creduto che la luce e i colori siano realtà oggettive. Ha creato l’acustica perché abbiamo l’udito e abbiamo ritenuto che il suono e i rumori ci provengano dal mondo fisico circostante. Ha creato la termodinamica perché nella pelle abbiamo dei corpuscoli che suscitano nella nostra psiche la sensazione del calore. Ha creato l’elettrologia perché abbiamo corpuscoli che suscitano nel nostro io la sensazione di una successione di urti rapidissimi che abbiamo chiamato “elettricità”. Ha creato la dinamica perché abbiamo organi di tatto che sollecitati da urti materiali, suscitano nella nostra psiche la sensazione di forza. Il punto focale del discorso di Todeschini e che costituisce il nocciolo della sua “teoria delle apparenze” è che noi avremmo dunque scambiato queste sensazioni per delle realtà oggettive. Vedremo in se-
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guito che la radice di questo concetto sta tutto nella base Spaziodinamica del pensiero di Todeschini. L’uomo avrebbe dunque inventato tante scienze quanti sono i sensi per studiarle, ma non solo. Allo stesso modo, non capendo che l’Universo stesso (in cui l’uomo vive) è fatto di un solo corpo con tante sfaccettature e non di tanti corpi che richiedano uno studio separato, l’uomo avrebbe inventato – ad esempio nel campo della fisica – tantissime leggi non connesse tra loro che in realtà possono essere ricondotte tutte a una unica semplice legge. Come vedremo in seguito, questa legge universale è derivabile solo attraverso una radicale reinterpretazione della legge di inerzia di Newton, e non si limita a descrivere l’Universo, ma anche la sfera biologica e spirituale che con esso convive da sempre. Dunque ecco il bisogno di Todeschini di capire che cosa sono esattamente le sensazioni che ci derivano dai sensi di cui siamo provvisti, e da dove esse si originano. Per Todeschini le sensazioni da noi percepite come una realtà non sono realtà oggettive, ma sono solo realtà soggettive che nascono nella nostra psiche quando essa riceve dal cervello le informazioni che gli provengono da tutti i sensori di cui è dotato il corpo umano. Infatti egli, studiando con molta minuzia – in parallelo alla fisica – la fisiologia degli organi di senso, scoprì che le sensazioni di luce, di suo-
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no, di calore, di gusto, di olfatto, di tatto, di elettricità e di forza non esistono come realtà fisiche oggettive, ma solamente come entità psichiche. Queste sensazioni sarebbero innescate nella nostra psiche dalle correnti elettriche generate nei nostri organi di senso quando sono stimolati dall’urto della materia contro di essi, correnti che poi sarebbero trasmesse al cervello tramite le fibre nervose che collegano gli organi di senso a esso. Possiamo fare due esempi con il suono e la luce. Il suono è un fenomeno fisico oggettivo se si considera la vibrazione atmosferica che lo produce, ma diventa un fenomeno psichico quando la vibrazione acustica produce una sensazione ben precisa nella nostra psiche non appena la vibrazione viene a colpire la membrana del timpano dei nostri orecchi. Pertanto noi percepiamo direttamente il suono e non la vibrazione atmosferica che l’ha prodotto, e infatti siamo certi dell’esistenza del primo, che è un fenomeno psichico, mentre la seconda, seppur reale e oggettiva, non siamo in grado di percepirla nella sua essenza. Per citare l’esempio della luce, possiamo dire che se noi vediamo, ciò è perché la nostra psiche trasforma in luce le vibrazioni buie in arrivo dagli occhi al cervello. Queste sensazioni, a differenza di quanto asserito dalla fisica e dalla fisiologia del paradigma tradizionale, sono del tutto irreperibili nel mondo fisico, incluso il nostro corpo. Il nostro organismo e con esso la nostra psiche può percepire
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la dinamica dei movimenti di etere solo dopo che questi movimenti siano decodificati attraverso i nostri sensi e la conseguente elaborazione cerebrale. Ciò significa che le sensazioni non occupano spazio, ma sono del tutto immateriali. Ma al contempo esse sono una realtà perché sono una attività della psiche la cui natura è spirituale. Todeschini identifica la psiche con l’“anima”, pertanto l’anima è l’unico mezzo che ci permetta di percepire il meccanismo della vita in tutta la sua luce, nei suoi colori, nei suoi suoni e nelle sue infinite variazioni. Se fossimo privi di anima semplicemente saremmo senza vita, e le meraviglie del creato non potrebbero contemplare se stesse tramite noi umani, altri esseri viventi nell’Universo e la vita di tutti. Si può vivere solo se si è capaci di percepire delle sensazioni. Se le vibrazioni che giungono al cervello tramite linee nervose venissero ricevute da una mente “materiale” (ovvero uno strumento che si limita a elaborare e non a produrre sensazioni), questa non farebbe che vibrare e trasmettere gli urti ricevuti dai movimenti di etere, senza produrre alcuna sensazione. In tal caso noi saremmo solo delle macchine e non degli esseri viventi dotati di uno spirito: ciò è esattamente quello su cui si basa il paradigma corrente di quella che è secondo Todeschini una scienza completamente atea, cieca e irrealistica in merito alla natura reale dell’Universo e della vita.
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Ma Todeschini riesce a superare la crisi della scienza tradizionale proprio perché egli riesce a effettuare quell’opera di “Grande Unificazione” delle scienze, mettendo al suo centro l’uomo e il suo spirito. A tal proposito riportiamo le sue parole: 3 7 6 3 0 1 0 2 . n e n i d r O o r a b u T o c i r e d e F
«La meta da raggiungere è unificare le varie scienze in una sola con la quale spiegare qualitativamente e quantitativamente tutti i fenomeni fisici, biologici e psichici che costituiscono i misteri del creato. Necessitava insomma che io rivedessi tutto il pensiero umano dal tempo degli antichi filosofi greci sino ai moderni scienziati... per eliminare tutte le antitesi che minano da secoli la coerenza che dovrebbe avere la logica del pensiero scientifico».
Ciò lo porterà inevitabilmente a scoprire, spinto dalla sete di conoscenza che scaturiva dalla sua anima e al contempo facendo ragionamenti e calcoli scientifici, che la psiche è proprio la sede dell’anima, quella che produce le sensazioni e quindi i pensieri che ne derivano. Secondo Todeschini è l’anima che pensa e non i neuroni della materia cerebrale. La materia cerebrale, che di fatto è una realtà obiettiva, è solo un fondamentale strumento al completo servizio dell’anima. Il cervello è quella centralina elettronica che permette di smistare le informazioni provenienti dai cinque sensi. Ma se tutto si fermasse a questa centrali-
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na elettronica – come la scienza tradizionale erroneamente ritiene – i nostri pensieri sarebbero costituiti solo da ricordi di onde corpuscolari. Invece i nostri ricordi sono costituiti da evocazioni di immagini che nascono dalla sensibilità (come quelle prodotte da un raggio di luce, da un suono, da un odore, da una sensazione tattile ecc.). Dunque noi non evochiamo i fenomeni meccanici che riceve la materia cerebrale, ma solo le sensazioni e queste sorgono esclusivamente nell’anima. Da tutto ciò si deduce che gli organi cerebrali sono un complesso di strumenti il cui scopo è quello di ricevere e trasmettere esclusivamente vibrazioni, movimenti la cui unica origine è nell’etere. Il cervello non riceve delle sensazioni, perché queste sono esclusive dell’anima umana. Ma Todeschini andrà oltre. L’anima non produce solo sensazioni, ma concorre a mantenere la salute del nostro corpo tramite un meccanismo armonioso che la collega al corpo su cui essa agisce. A questo proposito egli affermò: «Di qui la rivelazione di come l’anima possa re golare anche l’azione chimica secretiva delle ghiandole endocrine, concorrendo a ripristinare la salute (Psicoterapia). Di qui le prove neurofisiologiche che il corpo umano è un complesso di strumenti elettronici posti a disposizione dell’anima di natura spirituale».
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Dunque l’Universo secondo Todeschini sarebbe costituito solamente di spazio fluido inerziale i cui moti rotanti costituiscono i sistemi atomici e astronomici che formano la materia e i cui moti ondosi, quando e solamente quando colpiscono i nostri organi di senso, suscitano in noi le varie sensazioni. Le nostre sensazioni nascerebbero allora come pure vibrazioni dell’etere, vibrazioni che tramite gli organi di senso e il cervello noi percepiremmo appunto come sensazioni quando e solo quando l’informazione raccolta su queste vibrazioni giunge alla psiche. In tal modo tutte le dinamiche percepite dai nostri sensi e poi di seguito trasmesse alla psiche come sensazioni andrebbero fatte risalire a una e una sola legge dinamica descrivibile dalla legge d’inerzia F=m·a . Si tratta della legge fondamentale della dinamica di Newton, che però secondo la teoria di Todeschini non va interpretata come una realtà oggettiva, come riteneva Newton, ma come una pura “apparenza” nata da uno stimolo esterno costituito dall’urto dell’etere contro i nostri organi di senso il cui scopo è quello di ricevere le vibrazioni dell’etere in tante frequenze quante sono quelle dei nostri organi di senso. Ma il meccanismo realmente oggettivo che sta a monte di tutto questo processo è uno solo: i movimenti dell’etere. Un meccanismo straordinariamente armonioso. È come se Dio per acquisire coscienza di se stesso all’interno di un etere infinito ed eterno,
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avesse avuto bisogno di creare la vita dall’etere per conoscere se stesso tramite noi che ne contempliamo la creazione.
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Quella che Todeschini denominò “Teoria delle Apparenze” fu da lui così battezzata perché tutti i fenomeni che noi percepiamo non sono che “apparenze”, che nascono dall’effetto generato nella nostra psiche dalla vibrazione del fluido cosmico quando esso viene a contatto con i nostri sensi. I fenomeni differenziati che noi percepiamo tramite i nostri sensi sono apparenze perché sono il risultato dell’elaborazione effettuata dalla psiche degli stimoli nervosi che scaturiscono dall’incontro tra il movimento del fluido universale, di diversa frequenza, e i nostri organi sensori, i quali, una volta giunti alla psiche, vengono trasformati nelle sensazioni relative, sensazioni che sono una realtà esclusivamente soggettiva. Ma nella realtà oggettiva, se non ci fossero organi di senso atti a trasmetterli e una psiche che li riceve, queste vibrazioni del fluido universale non sono altro che onde di etere silenziose, buie, insapori, inodori, atermiche, e sono diverse solo nella loro frequenza. È indispensabile che ci siano organi di senso per percepirli e una psiche in grado di elaborarli. In tal modo se l’Universo fosse fatto senza esseri viventi dotati di organi di senso e di psiche, sarebbe un Universo completamente insensato. Pertanto l’U-
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niverso è stato creato per la vita! Ma così non la pensa la scienza del monolitico paradigma tradizionale. Secondo questa scienza – che potremmo battezzare come “la vera pseudo-scienza” – è vero il contrario, e cioè che la vita è un fatto puramente fortuito nato da una serie di cause e concause scaturite dal caso. Ma che razza di “Universo” sarebbe questo? Davvero la pensano così anche gli altri probabili esseri intelligenti sparsi nell’Universo in qualcuno dei 1020 pianeti in esso esistenti secondo le statistiche più recenti? Il fatto stesso che invece noi percepiamo delle sensazioni è, secondo Todeschini, una potente dimostrazione scientifica dell’esistenza di un mondo spirituale (una realtà completamente soggettiva e non oggettiva, una specie di “mondo interno”, se vogliamo) che trasforma il buio e il silenzio del mondo della materia – fatto interamente di etere e dai suoi movimenti – in un mondo luminoso e armonioso, fatto di gioie e di drammi, un mondo vivo. Per poter percepire la creazione nel suo divenire è allora indispensabile che esistano due realtà tra loro interagenti e interdipendenti: quella oggettiva e quella soggettiva. Da questi concetti così rivoluzionari che legano il mondo oggettivo dell’etere al mondo soggettivo delle sensazioni scaturite nella psiche, tutte le leggi naturali possono essere unificate in un’unica legge del tipo. Proprio da questa
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semplicissima equazione che è la legge di inerzia, Todeschini ricavò dieci “variazioni cromatiche” di una stessa unica grande equazione, le quali, come corollari dell’unica legge fondamentale, descrivono le sensazioni di peso, tattili, magnetiche, elettriche, elettromotrici, acustiche, termiche, luminose, odorifiche e saporose. Queste non sono altro che una generalizzazione della legge fondamentale di Newton, che invece Todeschini reinterpreta in maniera radicale. Con queste dieci variazioni di un’unica equazione Todeschini dimostra in maniera compatta la corrispondenza fra le decelerazioni della materia (e dell’etere a essa associato) contro il corpo umano e le sensazioni che sorgono nella psiche svelando che tutte le sensazioni seguono la legge più generale S =m·a , dove m è la massa, a è l’accelerazione e S rappresenta l’apparenza della forza che genera ciascuna sensazione. L’enorme importanza di questa teorizzazione così incredibilmente semplice consiste nel fatto che per la prima volta si vengono a introdurre nelle scienze esatte, oltre ai fenomeni fisici e fisiologici, anche i corrispondenti fenomeni psichici soggettivi, che sinora erano stati completamente trascurati. N
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Per arrivare a questi rivoluzionari risultati Todeschini aveva studiato a fondo la struttura degli organi sensori dell’uomo realizzandone una vera e propria
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mappatura elettronica attraverso la quale scoprì il loro funzionamento. Questo lo fece arrivare alla conclusione che mentre è un fenomeno fisiologico oggettivo il passaggio della corrente elettrica stimolata dagli organi di senso attraverso i nervi, invece è un fenomeno psichico soggettivo la corrispondente sensazione che sorge nel nostro Io, non appena questa corrente giunge alla parte preposta a questa funzione del nostro cervello. Pertanto gli organi di senso di cui siamo provvisti costituirebbero un ponte tra una realtà oggettiva e quella soggettiva che ci fa sentire vivi in un mondo di luce, colori, sapori, odori ecc. Ma con tutto questo Todeschini ci dice che la realtà, quella che noi realmente viviamo – ovvero quella soggettiva – è la realtà dello spirito. Essa è una “illusione” se la rapportiamo alla realtà oggettiva che sta dietro alle sensazioni da noi percepite. La nostra vita, le nostre emozioni, tutto quanto costituisce il nucleo della nostra esistenza, è dunque il frutto dell’elaborazione della nostra psiche di movimenti oggettivi dell’etere e della materia che si trova immersa in esso. Ciò dimostra che la vera matrice della vita è spirituale e il solo mezzo per percepirla è l’anima, mentre la materia è lo strumento che Dio avrebbe creato innescando vortici nell’etere proprio come mezzo per creare sensazioni e quindi farci sentire vivi. Questa di Todeschini è una scoperta sconvolgente, non solo per le conclusioni che se ne traggono, ma per il fatto che essa è
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derivata direttamente dalla scienza. Una scienza che non solo unifica tutte le forze del mondo fisico in una sola, ma che unisce in una unica struttura unitaria le branche più disparate della scienza, dal mondo fisico al mondo biologico, fino al mondo psichico. Una unica grande fisica che unisce in maniera armoniosa la materia allo spirito e che al contempo spiega all’uomo cosa è la vita. Secondo Todeschini, tutti i fenomeni fisici si riducono a movimenti di spazio provocati da forze applicate a esso da parte del mondo spirituale, secondo un disegno unitario Divino che si esplica e si mantiene per volontà di Dio. In oltre 30 anni di studi Todeschini si rese conto che affinché la vita esista nella forma in cui la conosciamo deve esistere un ponte di passaggio tra il mondo materiale e quello spirituale. Questo ponte lo battezzò “principio unifenomenico”.
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CAPITOLO 4 L’ANIMA COME RICETRASMITTENTE E I POTERI METAPSICHICI
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Ritorniamo ora all’equazione di Newton F=m·a , completamente reinterpretata da Todeschini come semplice apparenza fornita dalle sensazioni di moti provenienti dall’etere che poi infrangendosi sui nostri organi di senso determinano la sensazione puramente psichica di freddo, caldo, suono, calore, luce ecc. Todeschini afferma che questa semplicissima equazione è vera sia leggendola da destra che da sinistra. Nel primo caso ciò significa che una massa, decelerando contro il nostro corpo, suscita nella nostra psiche la corrispondente sensazione spirituale di forza. Nel secondo caso significa che la nostra anima, emettendo una sensazione di forza, può di fatto incanalare correnti elettriche lungo i nervi per azionare una delle nostre mani a imprimere a una massa una accelerazione a . Poiché le piccole forze della nostra anima non possono scatenare nient’altro che l’energia elettrica concentrata nella materia grigia della nostra spina dorsale, che è senza dubbio insufficiente a muovere tutte le masse dell’Universo, bisogna accettare che le forze immense necessarie a questo scopo provengo-
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no da entità spirituali infinitamente più potenti dell’anima umana. E infatti queste forze di infinita potenza sono proprio quelle che hanno generato quella coppia di forze nell’etere fino a farlo vorticare a energie smisurate partendo dalle particelle elementari del microcosmo per poi estendere il processo a tutto il macrocosmo delle stelle e delle galassie fino a determinare la creazione completa dell’Universo. Ma secondo Todeschini esistono condizioni particolari in cui anche l’anima umana in certi casi può innescare energie che vanno oltre il controllo meccanico del corpo che le è asservito. Queste energie non sono altro che quei misteriosi e incredibili “poteri paranormali” da un lato accettati e riveriti a-criticamente da individui irrazionali, che non hanno la più pallida cognizione della reale fisica dell’Universo, dall’altro confutati e fermamente rigettati altrettanto irrazionalmente da una scienza presuntuosamente “positivista”, opportunista e perbenista. Ma per Todeschini questi fenomeni non hanno nulla di “paranormale”, bensì rientrerebbero nelle leggi dell’Universo e sarebbero spiegati straordinariamente bene come scienza proprio dalla sua Psicobiofisica. Questa scienza dunque spiegherebbe bene anche i fenomeni metapsichici come la telepatia, la visione remota, la rabdomanzia, le capacità terapeutiche dei guaritori, la telecinesi e lo spi-
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ritismo più in generale. La mente umana più autentica, secondo la teoria di Todeschini, non è il risultato della fredda meccanica dei processi informativi neuronali che hanno luogo nella materia grigia, pertanto il cervello sarebbe solo il braccio di una mente più grande. Questa “mente” sarebbe la psiche stessa, ovvero quella che poi da Todeschini viene identificata come “Anima”. In particolari condizioni essa è in grado di interagire direttamente sia con altre menti che con gli oggetti stessi della realtà. Ciò avverrebbe – soprattutto sotto forma di fenomeni come la telecinesi e il “ poltergeist ” – per un meccanismo inverso a quello in cui la psiche decodifica tramite gli organi di senso i movimenti provenienti dall’etere. Sarebbe in questo caso la psiche a mettere in moto l’etere, generando essa stessa delle vibrazioni che si infrangono nell’etere e successivamente nelle menti di chi assiste al fenomeno. Infatti Todeschini riteneva che questi fenomeni comportano emissione di radiazione da parte del corpo umano. In tal modo essi devono essere generati da oscillatori che si trovano dentro di noi. Il mezzo attraverso il quale questi “processi radiativi” si possono propagare è proprio l’etere fluido. Affinché la radiazione emessa possa essere raccolta è necessario che esistano delle specie di “risonatori organici e psichici” riceventi, che possono essere uno o più esseri umani assieme. Con la Psicobiofisica di Tode-
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schini la metapsichica trova allora una sua collocazione scientifica – ovvero biofisica – uscendo così dall’oscurantismo in cui era stata tenuta per secoli.
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Ma come avviene secondo Todeschini il processo tramite il quale hanno luogo i fenomeni metapsichici, o “paranormali” che dir si voglia? Il meccanismo funzionerebbe nella maniera descritta di seguito. Gli organi di senso e di moto presenti nel corpo umano sono collegati da linee nervose a quelli della spina dorsale e del cervello, il quale funziona da centralina di smistamento di tutte le informazioni ricevute dagli organi sensori. Gli organi di senso ricevono informazioni vibratorie dal mondo esterno, le quali vengono poi trasformate in sensazioni dalla psiche, ma possono anche trasmettere loro stessi un contenuto informativo, qualora la psiche che li comanda lo decida. In tal modo essi funzionano come veri e propri apparecchi teletrasmettenti, in virtù della meravigliosa macchina elettronica con cui è progettato e costruito l’intero organismo umano. Ma le linee nervose che li collegano alla centralina cerebrale sono percorse da una corrente elettrica che, proprio in virtù delle leggi dell’elettromagnetismo del fisico James Clerk Maxwell, genera campi magnetici concatenati che si propagano nello spazio circostante al corpo umano a maggiore o minore di-
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stanza a seconda della frequenza di oscillazione delle correnti. In tal modo i campi magnetici generati da queste correnti oltrepassano il corpo umano fino ad arrivare a un soggetto ricevente. In modo particolare Todeschini riteneva che i circuiti nervosi che azionano gli organi di moto sono percorsi da corrente a bassa frequenza, la quale determina la generazione di campi magnetici circoscritti a breve distanza dal corpo umano. Diversamente dai circuiti nervosi i circuiti degli organi di senso sono invece in grado di generare campi elettromagnetici oscillanti che possono avere frequenze altissime, che per loro natura possono essere trasmettesse a grande distanza. Sarebbe allora l’anima umana stessa a dare origine a queste “forze”, che si manifesterebbero nella produzione di correnti elettriche il cui scopo è quello di mettere in moto a volontà gli organi di senso del corpo umano. L’anima dunque sarebbe un vettore della volontà e dell’intenzione. Pertanto l’anima non sarebbe solo preposta alle funzioni più convenzionali, come il pensiero o la ricezione di segnali dal mondo esterno, ma potrebbe anche provocare correnti elettriche che dall’interno raggiungono gli organi di moto e di senso periferici producendo degli impulsi che, a loro volta, metterebbero in oscillazione lo spazio fluido oggettivo del mondo esterno al corpo.
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Questa non è altro che un’interazione diretta tra mente e materia, e rappresenterebbe proprio quei meccanismi fisici che oggi, agli inizi del terzo millennio, vengono studiati con grande rigore in centri scientifici prestigiosi come il P.E.A.R. di Princeton, dove da anni grazie allo sforzo congiunto di fisici, biofisici, biologi, psicologi, statistici e ingegneri sono stati raggiunti straordinari risultati sia teorici che sperimentali. Tutti risultati che ovviamente vengono quasi completamente ignorati dagli scienziati del vecchio entourage , più preoccupati a rassicurare il popolo e soprattutto se stessi. Se dalle nuove ricerche che vengono condotte venisse sviluppata una tecnologia basata sull’interazione tra mente e materia, l’ordine socio-economico-religioso come lo conosciamo crollerebbe di schianto. E questo “ordine” precario che subiamo ancora adesso si basa solo sulla frammentazione di tutto (ma qui vale anche il detto latino “divide et impera ”) proprio perché è fondato sull’ignoranza dei veri meccanismi che governano l’Universo e che lo uniscono ovunque alle creature viventi. Al contrario, la nuova scienza che sarebbe in grado di descrivere anche i misteriosi e inquietanti “fenomeni paranormali” è una scienza che poggia le sue fondamenta sul concetto di “unità” di tutte le forze nell’Universo, nonché di “compartecipazione” di tutti gli esseri che vivono in esso. Certamente ascrivere il dominio dei fenomeni paranormali all’ir-
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razionale, come è stato fatto per almeno 10 secoli, è pura follia. Ciò ha creato terreno fertile per paragnosti e per sette para-religiose che hanno giocato con questi fenomeni senza comprenderne le leggi. Ma questa in fondo è la stessa follia che mandò al rogo il filosofo Giordano Bruno, solo per aver detto che l’Universo è meno ristretto di quello che si voleva far credere, e ancora non si parlava di scienza applicata ai fenomeni paranormali, ma solo di una radicale estensione della normale scienza della materia. I fenomeni paranormali devono rispondere per forza a leggi fisiche razionali e deterministiche, e come tali possono essere studiati scientificamente nel momento in cui l’uomo prenda atto dell’esistenza di un legame con l’Universo che va oltre la materia. La razionalità è l’unico metodo per spiegare le leggi dell’Universo, ma per poterla esplicare in maniera completa è necessario scoprire tutte le carte e non solo quelle che fanno comodo. Nell’Universo non esiste nulla di “paranormale”, ma tutto quanto vi avviene segue solo ed esclusivamente leggi fisiche a cui possiamo avere accesso solo se apriamo un po’ di più la mente e non ci lasciamo condizionare ipnoticamente e acriticamente dall’inganno del paradigma corrente. Todeschini fu uno dei primi al mondo a lottare affinché questa nuova scienza dell’Universo emergesse. Una scienza dedicata non
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a pochi adepti, ma una scienza da distribuire a tutti, e che tutti possano comprendere al fine di migliorare la loro vita espandendone gli orizzonti e il potenziale recondito che essa nasconde. Scopi certamente non dissimili da quelli del geniale inventore Nikola Tesla, con il suo sogno di energia inesauribile scaturita dall’etere e dell’ancora più geniale (e al contempo tormentato) fisico quantistico David Bohm, con la sua cosmologia dell’ordine implicato dello spirito in costante interazione sincronica e non-locale con l’ordine esplicato della materia. Per descrivere in maggior dettaglio i meccanismi biofisici che generano i fenomeni ancora impropriamente chiamati “paranormali”, secondo Todeschini occorre invocare una serie di processi differenziati a seconda delle frequenze interessate: 1. Se le vibrazioni sono nella gamma radio a bassa frequenza e di particolare intensità, esse provocano oscillazioni spaziali che si estendono a breve distanza dal corpo umano e che possono causare lo spostamento di oggetti esterni, come avviene con il fenomeno della telecinesi o quello del poltergeist . 2. Se le vibrazioni emesse sono nella gamma radio ad alta frequenza, esse possono produrre oscillazioni spaziali oggettive (ovvero: vibrazioni atmo-
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sferiche) che, interagendo con la membrana acustica, possono produrre sensazioni uditive come suoni, rumori o voci misteriose. 3. Se la frequenza aumenta fino a interessare la gamma del visibile, possono essere prodotte vibrazioni elettriche nella retina degli occhi, che possono più o meno estendersi nello spazio esterno a seconda della loro intensità, fino a determinare l’apparizione di luci o colori anomali, o quelli che nel vecchio mondo spiritista venivano chiamati “ectoplasmi”. I fenomeni di telepatia – ovvero di lettura del pensiero di una mente trasmittente da parte di una ricevente – secondo Todeschini possono essere causati dalle radiazioni umane ad alta frequenza. Il pensiero può formarsi, infatti, evocando scene visive mentali da parte dell’anima, che mettono in vibrazione il centro psico-fisico della materia cerebrale, inducendo nei suoi circuiti la formazione di immagini elettroniche, che venendo trasmesse alle fibre del nervo ottico e della retina, vengono poi irradiate da questa a grande distanza dal corpo umano, che le emetterebbe con la velocità della luce, provocando per induzione correnti elettriche simili nel centro psico-fisico del ricevente, che nella propria mente visualizzerà le corrispondenti immagini trasmessegli da lontano. Per quanto questa descrizione sia in li-
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nea con la Psicobiofisica, non convince comunque la propagazione di questo tipo di segnali alla velocità della luce. Esperimenti molto più recenti sembrano mostrare che la trasmissione del pensiero non sia in realtà la trasmissione di un “segnale”, bensì un “effetto di risonanza” di tipo non-locale – e quindi istantaneo – che sarebbe completamente indipendente dalla distanza. Trasmissioni istantanee di informazione di questo tipo sarebbero state invocate perfino dalla stessa teoria quantistica con il suo ben noto “paradosso EPR” (dalle iniziali dei fisici Einstein, Podolsky e Rosen). Allora la realtà di questi fenomeni potrebbe essere ben più sorprendente di quella – tutto sommato ancora abbastanza “canonica” ca” in termini biofisici – di Todeschini. Todeschini. Secondo il modello previsto dalla Psicobiofisica, i fenomeni metapsichici sono dunque veri e propri fenomeni fisici (negli effetti prodotti) che traggono origine dalla realtà soggettiva propria del mondo dell’anima e che si esplicano nella realtà oggettiva propria del mondo della materia. Queste forze, in apparenza inquietanti, possono essere provocate sia dall’anima umana, la quale a sua volta è figlia del mondo spirituale, che da sorgenti provenienti dal mondo spirituale esterno all’uomo. Entrambe queste forze, qualunque sia la loro origine, sono in grado di provocare correnti corpuscolari organiche o movimenti
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spaziali che sono di natura prettamente fisica. Queste correnti a loro volta producono un campo magnetico identificabile con movimenti rotanti o vibranti dell’etere. Il campo magnetico è associato all’emissione di radiazione di frequenza variabile a seconda dei fenomeni che vengono prodotti. I fenomeni metapsichici sono dunque il più sommo esempio di interazione tra mente e materia, e la loro peculiarità rispetto ai fenomeni più consueti della natura e della fisiologia – ugualmente spiegati dalla Psicobiofisica di Todeschini – consiste nel fatto che essi nascono direttamente dalla mente con effetti sulla materia e/o su altre menti e non dalla materia che si infrange sugli organi di senso fino ad arrivare alla mente. Ancora una volta, tutto questo può essere compreso leggendo la semplicissima equazione S =m·a (generalizzazione di Todeschini della legge della dinamica newtoniana) da entrambi i sensi. N
Un ulteriore aspetto di grandissima importanza, in merito alla capacità della Psicobiofisica di spiegare i fenomeni metapsichici, è rivestito da quella pratica oggi definita come “para-medica” che è la pranoterapia. Essa, alla luce della grande teoria di Todeschini, può essere spiegata come il risultato dell’emissione di radiazione da parte di chi possiede questi poteri. Non si tratta di “poteri magici” che talora possono portare un malato alla guarigione da
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certi sintomi, ma si tratta di fenomeni radianti che si verificano secondo princìpi fisici ben precisi. Secondo Todeschini Todeschini – così come secondo certuni cert uni pranoterapeuti che oltre a conoscere bene le potenzialità da essi esplicate hanno studiato e compreso a fondo la teoria di Todeschini – durante una seduta il pranoterapeuta effettua contemporaneamente due tipi di azioni che si esplicano nella trasmissione di “biofotoni” dal cervello e nella trasmissione del “flusso bioplasmico” e bioelettrico proveniente dalle mani del pranoterapeuta, che verrebbero poi usate come vettore di questa energia. Dunque in conclusione, secondo Todeschini, tutti questi fenomeni tanto strani quanto reali implicano l’emissione di radiazioni da parte del corpo umano. Essi devono quindi essere generati da oscillatori elettromagnetici che si trovano all’interno del nostro organismo, devono percorrere uno spazio (un mezzo di trasmissione che in questo contesto è uno spazio pieno riempito di quella sostanza fluida che è l’etere) fino a giungere a contatto con degli organismi riceventi. È una specie di trasmissione di energia senza fili avente come mediatore l’etere circostante, in grado di rispondere alle vibrazioni ricevute dalla mente allo stesso modo (biunivoco) in cui la mente è in grado di rispondere alle vibrazioni meccaniche prodotte dall’etere. Un meccanismo meraviglioso, armo-
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nioso e rispondente a leggi esatte e di grande semplicità, certamente non alle farneticazioni dei paragnosti di turno o alle insinuazioni pseudoreligiose di certe sette. Per padroneggiare questi meccanismi è assolutamente necessario conoscere la fisica su cui essi si basano. In caso contrario qualunque utilizzo di queste forze senza la dovuta preparazione (sia scientifica che spirituale) è equivalente all’uso di una pistola carica da parte di un bambino incosciente. Ma ciò avviene anche nella fisica più ordinaria, ad esempio quando creiamo un composto chimico in grado di dare reazioni esplosive. Siamo in grado di controllare e pilotare la reazione perché ne conosciamo il meccanismo come ce lo insegna la scienza. Fu così che, avendo derivato una solida e al contempo semplice base scientifica per fenomeni quali apparizioni, fenomeni ESP, spiritismo o quant’altro abbia a che vedere con la metapsichica, Todeschini riuscì a strappare questi fenomeni dalla gestione incosciente di maghi e stregoni. Dall’altro versante la scienza ufficiale – anche quella dei giorni nostri – se si fa eccezione per pochi centri di eccellenza sparsi in qua e in là nel mondo, nega in maniera fideistica e antiscientifica l’esistenza di fenomeni del genere, preferendo trincerarsi dietro il fragile velo di un paradigma scientifico ormai in pezzi, che sta in piedi solo ed esclusivamente per il sistema politico-economico e
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istituzionalmente religioso che lo alimenta e lo vuole ancora funzionante. Nonostante questo, menti eccelse, coraggiose e determinate, proprio come quella di Todeschini, proseguono indipendentemente al puro e semplice scopo di creare una scienza al servizio dell’umanità, una scienza comprensibile a tutti e unificata in tutte le sue branche. In tal modo, a cominciare da Todeschini, ma non solo da lui, sono stati inventati svariati apparecchi, che non sono altro che l’applicazione ingegneristica di concetti fisici non convenzionali, ma ben compresi. Fu in questa maniera che Todeschini – e pochi altri dopo di lui che ne continuano le ricerche in maniera non eclatante, ma discreta e completamente disinteressata – con l’aiuto di geniali e determinati collaboratori come il chimico Omero Speri e l’ingegnere elettronico Piero Zorzi, mise a punto strumenti atti a rivelare campi elettromagnetici fluttuanti direzionali di potenziale diverso in una vasta gamma di frequenze provenienti dal cervello delle persone. Si menzionano a questo scopo strumenti denominati “rivelatori psicobiofisici” come il Fluidometro, in grado di misurare l’energia cinetica del fluido emesso dalle mani dei guaritori senza che questi tocchino l’apparecchio, il Fluidoscilloscopio, in grado di rivelare il tracciato luminoso dell’onda di spazio fluido particolare che viene emessa da una persona (una specie di “impronta digitale bioelettronica” delle persone), il Fluidondulatore Trasmittente, in grado di
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produrre onde di spazio fluido (etere) in tutte le frequenze dello spettro al fine di indurre correnti elettriche nervose che, per ristabilire la salute, vanno a eccitare le ghiandole endocrine e a costringerle ad accelerare o ritardare l’emissione di particolari composti chimici. Questi strumenti sono in grado di testare sperimentalmente la teoria di Todeschini a scopi terapeutici, ma sono strumenti (anche di misura) che alla loro base hanno altri strumenti inventati da Todeschini – come il Fluidorivelatore e il Fluidondulatore Ricevente – il cui scopo più generale è quello di funzionare come rivelatori dell’etere, e cioè di provare l’esistenza di quel fluido che sta alla base di tutta la sua teoria.
Apparecchi rivelatori dell’etere di Todeschini
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CAPITOLO 5 RIFLESSIONI CONCLUSIVE
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Considerando l’imponenza e la vastità degli studi di Marco Todeschini, nonché la logica piuttosto stringente su cui essi sono fondati, c’è veramente da ritenere che ci sia qualcosa di profondamente vero e autoconsistente nella teoria Psicobiofisica estesa a tutti i suoi aspetti. Ma al contempo va anche detto che essa deve essere sicuramente aggiornata e completata alla luce delle scoperte più recenti, come ad esempio quelle del gruppo P.E.A.R. per quello che riguarda i fenomeni che comportano l’interazione tra mente e materia, le ricerche sulla fisica del campo di punto zero e sulle onde elettroscalari di ricercatori come Thomas Bearden, le ricerche sulla levitazione magnetica, sulla propulsione elettrogravitazionale o su sistemi alternativi di propulsione come quelli studiati dal progetto BPP della NASA, alcuni aspetti delle ricerche quantistiche, in particolare la non-località, le ricerche sulla materia oscura e quelle sulla “materia-specchio”, le ultimissime scoperte in materia di fisica particellare, le ricerche sui tachioni, il modello olografico del cervello come quello messo a
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punto da neurofisiologi del calibro di Karl Pribram, le ultime scoperte in materia di cosmogonia del sistema solare, e infine la stessa architettura della teoria delle superstringhe. Come si vede, non si tratta di ricerche che riguardano un solo aspetto della realtà, bensì i più svariati aspetti di essa. Ma Todeschini aveva inglobato vari aspetti della scienza in una scienza unitaria. C’è da chiedersi se e come alcune di queste ricerche – che certamente non possiamo ignorare perché sono le più avanzate dei giorni nostri – possano essere agganciate alla teoria di Todeschini o per lo meno riderivate alla luce del pensiero di Todeschini, e in particolare della natura Spaziodinamica dei fenomeni in natura. Sicuramente alcune di queste teorie sono sofisticati costrutti intellettuali e matematici, nella maggior parte dei quali (specie la teoria delle superstringhe) manca ancora una vera e propria verifica sperimentale. Pertanto alcune di queste teorie potrebbero allontanarsi dalla realtà obiettiva dell’universo, e quindi dovrebbero essere scartate. Allo stesso modo in cui Todeschini sviluppò la sua scienza studiando prima a fondo i vari aspetti della scienza del suo tempo anche nella loro evoluzione storicofilosofica, non si può negare che per mettere a punto oggi una “scienza unitaria”, come lui la concepì ai suoi tempi, occorre prima studiare a fondo tutte le ricerche più recenti, in maniera tale da es-
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sere messi in condizioni di capire come, quanto e con quale peso queste ricerche recentissime siano realmente in grado di descrivere la realtà.
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Occorre inoltre ridefinire in maniera precisa il concetto di etere, fatta l’assunzione che esso, come Todeschini affermava, costituisca la principale condizione al contorno di tutta la realtà come la conosciamo. Non dimentichiamo che alla luce della cosiddetta “energia di punto zero”, quello che viene chiamato “etere” non contiene tanto caratteristiche di fluido, quanto quelle di energia fluttuante in eterno ribollire. Per cui occorre inglobare alcuni nuovi concetti, se si vuole riconsiderare in maniera concreta la teoria di Todeschini. Senz’altro, se si vuole ripartire dal punto in cui Todeschini si è fermato, occorre anche matematicizzare in maniera più spinta e precisa i concetti da lui elaborati con così tanta minuzia, qualitativamente parlando, e occorrono molte più sperimentazioni, soprattutto avvalendoci della sofisticata tecnologia dei nostri tempi. Le sue semplicissime formule erano senz’altro utili a fornire un chiaro quadro epistemologico e filosofico – seppur molto dettagliato – di problemi scientifici di così vasta portata. E il suo enorme sforzo – e fu un imponente sforzo scientifico a tutti gli effetti – consistette nella comprensione dei problemi, e nella costruzione di una rete smisurata di connessioni che unirebbero
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– anziché dividerle – tutte le scienze. Todeschini dedicò tutta la vita a “lanciare la palla”, quella palla che nessuno o quasi prima di lui aveva avuto il coraggio di maneggiare. Noi adesso dobbiamo raccoglierla e, dopo avere studiato a fondo pregi e difetti delle teorie più recenti riguardanti sia la struttura dell’Universo che i meccanismi fisiologici e psichici che regolano la vita degli esseri viventi, dobbiamo sviluppare analiticamente tutta la parte matematico-sperimentale, allo scopo soprattutto di risolvere i problemi la cui essenza era stata ben compresa con abile e impareggiabile sintesi da Marco Todeschini. In tal modo potremmo essere in grado di sviluppare una nuova tecnologia, e non solo espandere le nostre conoscenze astratte sulla natura della realtà. La tecnologia è il miglior vettore per trasmettere la scienza direttamente alle masse. E noi nell’Universo esistiamo non solo per conoscerne i meccanismi, ma anche per usarli in maniera tale da vivere una vita completa, fatta non solo di pensiero, ma anche di azione diretta. Sicuramente altri nell’Universo sono riusciti in questo intento. Forse si potrebbe partire dal progetto di Todeschini sul suo “motore a forza propulsiva centrifuga”, e vedere cosa riusciamo a ottenere con una tecnologia più aggiornata di 60 anni? Concludiamo questa breve digressione sull’opera di Todeschini direttamente con le sue parole che
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riassumono tutti i risultati raggiunti dalla Spaziodinamica e dalla Psicobiofisica:
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«Scoperto il primo bivio davanti al quale si è trovata la scienza moderna [seguire la via di Cartesio o seguire la via di Newton], ho scartate entrambe le vie in cui si biforcava e seguendo invece il filo di Arianna delle sensazioni, sono giunto ai seguenti eccezionali risultati: 1) Ho identificato tutti i fenomeni fisici in particolari movimenti di spazio fluido e ne ho dedotte tutte le leggi da quella basilare della fluidodinamica. 2) Ho riformato il metodo sperimentale di Galileo, ampliandolo sino a considerare non solo i fenomeni fisici oggettivi, ma anche quelli spirituali che sorgono nel soggetto osservatore. 3) Ho scoperto la meravigliosa tecnologia elettronica di tutti gli organi del corpo umano. 4) Ho dato le dimostrazioni scientifiche che non esistono solo realtà materiali, ma esistono anche quelle spirituali che dominano e splendono nell’Universo intero».
C’è da sperare che in un futuro più o meno prossimo qualcun altro abbia il fegato di mettere a punto una così imponente architettura scientifica, e di lottare tenacemente affinché le idee della nuova scienza possano farsi strada in una società – tuttora decadente sia sul piano morale che ecologico – bisognosa di riappropriarsi della vita nella più profonda accezione del termine. Noi non siamo “robot asser-
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viti” come qualcuno vorrebbe farci diventare, noi siamo esseri di spirito calati in un corpo nell’ambito di un misterioso meccanismo che solo una scienza completamente riformata e moralizzata potrà risolvere. Al servizio dell’umanità nella sua interezza, certamente non di lobby di potere. 3 7 6 3 0 1 0 2 . n e n i d r O o r a b u T o c i r e d e F
“La resistenza contro qualunque nuova idea è pro porzionale al quadrato della sua importanza”
Bertrand Russell
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI
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Todeschini M. (1949), La Teoria delle Apparenze – Spaziodinamica e Psicobiofisica , Istituto Italiano di Arti Grafiche, Bergamo. Todeschini M. (1961), Esperimenti Decisivi per la Fisica Moderna , Centro Internazionale di Psicobiofisica, Bergamo. Todeschini M. (1978), Psicobiofisica – Scienza Unitaria del Creato , Edizioni MEB (Collana Ricerche di Avanguardia).
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NOTE BIBLIOGRAFICHE
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Abbastanza numerosi sono gli studiosi di vario orientamento che si sono occupati di Marco Todeschini e della sua scienza. Articoli più o meno estensivi o analitici sono stati pubblicati sia su Internet che su varie riviste di divulgazione. Nei primi anni ’70 svariati articoli e lettere sono stati pubblicati su “Il Giornale dei Misteri”. Studiosi, scienziati e filosofi che hanno effettuato una valida e tenace opera di divulgazione in Italia sono ad esempio Angelo Moretti, Pietro Ubaldi, Vincenzo Colaciuri, Umberto Bartocci e, molto più recentemente, Marisa Uberti, Fiorenzo Zampieri della Associazione Culturale Nuova Ricerca ( A.C.N.R.), Massimo Tinazzi, Matteo Tenan, Salvatore Mattina. Non mancano i sensitivi e i bioterapeuti che hanno saputo trarre profitto in maniera critica e non fideistica dagli insegnamenti scientifici di Todeschini, e per questo non si può non citare Giuseppe (Peppe) Alesi e Luciano Muti (quest’ultimo è anche un inventore di apparecchiature elettroterapeutiche, in particolare del “detector energetico dinamico”). Un valido notiziario sull’opera di Todeschini è periodicamente pubblicato dall’associazione A.C.N.R. (http://www.nuovaricerca.org/).
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