L’esistenza come desiderio meta-fisico
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Emilio Baccarini
L’ESISTENZA COME DESIDERIO META-FISICO
PREMESSA
Il tema di queste mie riflessioni ha bisogno di qualche chiarificazione preliminare, se non altro nella sua intenzionalità e nel suo obiettivo. Il titolo stesso esige una breve delucidazione. È chiaro che quando si parla di ‘esistenza’, non si vuole rendere tema un’astrazione, neppure ontologica, occorre, invece, sostituire al sostantivo astratto il concreto ‘esistente’, la singolarità esistenziale. È questa singolarità la scena del desiderio, il luogo in cui il desiderio si rappresenta come quella particolare struttura formale orientata orientata alla (T)trascendenza meta-fisica. L’analitica fenomenologica ci permetterà di cogliere nelle strutture formali che costituiscono l’esistente, una struttura più fondamentale che delle altre diventa condizione di possibilità, quindi fondamento. L’orizzonte della riflessione può essere espresso in questo modo: il desiderio articola il dinamismo della soggettività esistenziale come la specifica struttura formale in cui si evidenzia la ‘funzione meta ’ che la costituisce come meta-fisica . Nel titolo del testo è suggerita una sorta
di eguaglianza tra desiderio ed esistenza, che in realtà corrisponde alla mia intenzione: esistere è desiderare, sebbene nella complessità del significato che questo breve saggio cercherà di mostrare1. Ciò che 1 L’espressione
è semanticamente equivalente a quella di Jaspers in Ragione ed Esistenza secondo cui “l’esistenza è trascendenza”.
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Emilio Baccarini
segue cercherà di giustificare questo assunto. Naturalmente ciò va colto a partire dall’esplicitazione del significato complesso della parola desiderio, in cui si condensa un’incredibile molteplicità di elementi. Per tentare questa esplicitazione avremo bisogno di un’analitica della soggettività che permetta la manifestazione manifestazione delle strutture costitutive. Il metodo che proporremo quindi, non va dall’analisi del desiderio, come struttura formale, all’esistenza come suo terreno di esercizio, bensì, al contrario, dall’analitica dall’analitica della soggettività all’evidenziazione che il senso di questa soggettività si compie come desiderio. In ciò troverà giustificazione la dimensione meta-fisica della soggettività. La fenomenologia come analitica ‘dal basso’ consente di prendere in carico la propria soggettività come il terreno a partire da cui possiamo innalzarci a una dimensione paradigmatica. Il metodo fenomenologico consente una sorta di introspezione, – Selbstbeo – la chiamava Husserl, che si traduce in una riflessività asbachtung – solutamente particolare. Come Husserl ha mostrato nel secondo libro delle Idee 2, la soggettività non può diventare tema e tuttavia può in qualche modo appropriarsi appropriarsi di sé attraverso la polarità costituente degli atti che compie. Il desiderare in quanto tale è un atto egologico3 proiettato in un orizzonte totalmente estraneo all’io. Nel dinamismo del desiderare si coagulano i molti significati che la preposizione meta ha ha nella lingua greca e che diventeranno per noi qui altrettanti indicatori di percorso. Meta come: come: oltre – dopo – al di là; la dimensione spazio-temporale e quella che si colloca ‘al di là del tempo e dello spazio’, al di là di essere e tempo? 4 2 E.
Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica ,
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L’esistenza come desiderio meta-fisico
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IM-MANENZA E TRANS-(A)SCENDENZA
Il primo dato fenomenologico che attingiamo, e che è intimamente collegato alla dinamica costitutiva dell’esistente, è quello di una spazialità, un qui, e di una temporalità, un ora, come bisogno di permanenza 5. L’esistente vive nell’instabilità dell’istante in cui si manifesta un carattere particolare: la consapevolezza del bisogno d’essere . Nell’essere-qui, nell’essere-ora viene a manifestazione una strana struttura che designa la carenza ontologica dell’esistente. Il bisogno d’essere è l’indice più manifesto della finitezza, ma, al tempo stesso, collega a un fuori di sé. Sono, ma non sono da me, l’esistenza di cui ho bisogno, di cui sono bisognoso, mi è continuamente data . Abitare il finito significa abitare un mondo con tutta la sua complessità in maniera finita: il mondo è l’oggetto del mio interesse, ma proprio in questo interesse per l’esperienza del mondo si produce un nuovo bisogno che nasce però dal desiderio, il bisogno della Vollkommenheit , per utilizzare il termine kantiano della Dialettica trascendentale , il bisogno della ragione della totalità dell‘esperienza. L’esistente si coglie nell’orizzonte della datività . Nella datità immanente è detta così una non garantita permanenza. Il bisogno del tempo, nella presenza di sé a se stesso, si proietta nell’al di là del limite. Lo statuto dell’io, quindi, sfuggirà ad ogni costituzione ontologicamente statica, per conoscersi deve ‘uscire da sé’. La soggettività quale si manifesta nell’esercizio della ragione è e-sposta , dislocata fuori di sé. Come abbiamo appreso da Kant, la ragione è abitata da una forza alienante che che è però la sua stessa natura e che quindi non ne fa una realtà alienata, bensì un’esposizione all’oltre se stessa, al dopo di sé, all’al di là 6. È questo uno dei passaggi più rilevanti in cui si ma-
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Emilio Baccarini
nifesta la struttura immanente del del meta 7. Io sono, ma non sono in grado di andare al di là dell’affermazione di me. Tuttavia, la ragione umana non può non porre la questione che riguarda l’incondizionato. Le strutture spazio temporali della ragione mirano all’oltre con un’intenzionalità diversa da quella dell’intelletto. L’intenzionalità L’intenzionalità della ragione, se recuperiamo la modalità fenomenologica del darsi delle cose, ci pone di fronte a un’altra modalità dell’esercizio della ragione, attraverso cui l’esistente coglie se stesso. Naturalmente la questione si complica, perché saremmo di fronte a un darsi di ciò che non può in alcun modo essere contenuto noematico di un atto intenzionale. E, tuttavia, abbiamo la consapevolezza non accertabile che nell’umano ci sia questa possibilità. È la paradossalità dell’umano, da sempre colto come quella struttura essenzialmente intermedia che patisce il il finito e tende all’infinito. all’infinito. La stessa modalità di abitare il tempo si presenta come continua dislocazione; nella presenza del presente, nell’ ora , non si esaurisce il tempo che, al contrario, è perennemente pro-teso. La struttura tensionale dell’intenzionalità è pro-tesa al futuro, alla possibilità, all’oltre. L’intenzionalità è forse la struttura e il modello più interessante che permette di cogliere l’umano e la razionalità in esso come anticipazione continua e inarrestabile. inarrestabile. L’Erlebnisstromm, il fluire dell’esperienza, deve procedere necessariamente in avanti. È questo lo spazio proprio del desiderio: tensione permanente all’oltre, al dopo, all’aldilà. LA STRUTTURA META-STATICA: PROGETTO E POSSIBILITÀ
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L’esistenza come desiderio meta-fisico
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mente l’uscita dalla stabilità, dalla stasis . È un termine che ha una fama orrenda presso la sensibilità contemporanea, benché la sua sfumatura medica non le appartiene essenzialmente, essenzialmente, o in primo luogo. Il vocabolo ‘metastasi’ evoca infatti une forza che “spinge ogni cosa verso un al di là delle sue forme o del suo senso, che si tratti di enti reali o di entità semantiche” (Breton, p. 51). Breton insiste su questo dinamismo delle cose di cui non si conosce il vero orientamento, di cui perciò non si può affermare l’ovvia consistenza d’origine. Spiega il suo pensiero richiamando a un passo del De anima di di Aristotele ripreso da Tommaso d’Aquino: l’anima non ha natura, se non quella di poter essere tutte le cose mediante la conoscenza 8. La metastasi, come l’anima conoscitiva, non ha alcuna natura propria; priva di determinazione previa, è suscettibile di divenire tutto. In riassunto, per Breton, “il termine ‘metastasi’ impone […] all’essere-verso una incertezza che non ha ancora un movimento” 9 chiaramente orientato, che è solo una possibilità indeterminata di mobilità o di trasformazione. A risultati risultati analoghi analoghi arriviamo, arriviamo, se cerchiamo cerchiamo di cogliere cogliere il dinamidinamismo intenzionale a cui accennavo e che ci danno un senso della ‘meta-stasi’ come il movimento che caratterizza l’esistente dalla ‘stasis’ all’‘exstasis’. L’intenzionalità L’intenzionalità infatti, qualifica il soggetto come capacità di apertura, come tensione-verso, come attesa, e infine come inquietudine. L’essere intenzionale non ha soltanto la struttura fagocitante del possesso, come potrebbe a prima vista apparire nell’analisi gnoseologica, ma è piuttosto determinato da un’insoddisfazione, un’insoddisfazione, da una carenza che trova appagamento nel polo noematico dell’ Erfüllung . Se provassimo a scandagliare le profondità ontologiche di questa Erfüllung , al di là e oltre la trascendentalità perciò, ci troveremmo probabilmente di fronte a un essere ontologicamente carente, un
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Emilio Baccarini
viamo le analisi insuperate di Agostino della intentio, intentio, della extensio e extensio e della distensio10. Il tendere-verso caratteristico dell’intenzionalità, trova il suo punto zero di orientamento in una tensione interiorizzante che scende, prima di aprirsi nelle profondità dell’essere; si concentra prima di espandersi. Questa struttura intenzionale dell’uomo è essenziale per la qualificazione di un’esistenza nel mondo11. Occorre tuttavia procedere oltre in questa nostra ricognizione. Il tendere-verso dell’intenzionalità, oltre che come struttura gnoseologica, si realizza essenzialmente all’interno di una temporalità. L’uomo si scopre finito, temporale, ma animato da un insaziabile desiderio di infinito12. L’esistenza in generale, ha come propria struttura temporale il futuro, la dimensione aperta del non-ancora, di ciò che sarà. Il futuro è il tempo dell’attesa che nella proiezione esistenziale assume una sua particolare connotazione di presenza. E. Bloch a questo proposito parlava di antizipierende Bewusstsein (coscienza Bewusstsein (coscienza anticipatrice) 13 e più precisamente di Noch-Nicht-Bewussten (non Noch-Nicht-Bewussten (non ancora cosciente) che non solo è una neue Bewusstseinsklasse (nuova (nuova classe di coscienza), ma più propriamente è la Bewusstseinsklasse des Neuen (classe Neuen (classe di coscienza del nuovo)14. Nel tempo si produce in questo modo una frattura, quasi la presenza di un inedito, una presenza estranea, assente. In maniera più fondamentale credo che si possa affermare che nella temporalità dell’essere umano risiede la condizione di possibilità del darsi di questa forma esistenziale. Ma oltre che come anticipazione e come attesa, il 10 Si
veda S. Agostino, De Trinitate , L. IX, c. I; Confessiones , L. Xl. 11 Cfr. D. Souche-Dagues, Le développement de l’intentionnalité dans la phénoménologie de Husserl , Nijhoff, La Haye 1972.
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L’esistenza come desiderio meta-fisico
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futuro istaura nell’esistenza una dialettica di notevole rilevanza teoretica. La tematizzazione tematizzazione della lebendige Gegenwart (presente (presente vivente) e della Protention, Protention, ma anche della Gegenwärtigung (presentificaz Gegenwärtigung (presentificazione) ione) e Vergegenwärtigung (ripresentificazione) (ripresentificazione) tentate da Husserl, ci saranno di grande aiuto15. Come si accennava sopra, il soggetto umano ‘percepisce’ il tempo come un fluire di Erlebnisse nella nella presenza. Ciò significa che se fermiamo la nostra attenzione sulla modalità del darsi del futuro, emerge immediatamente il fatto che il soggetto, se vive, può vivere soltanto nella tensione-verso, nell’essere-diretto-sul-futuro. Scrive Husserl: [...] Il futuro è pre-tracciato in quanto passivamente attendibile. Attendibile significa: dirigersi attivo: l’io deve attendersi attendersi che ciò che è pretracciato si stabilisca attraverso una realizzazione, realizzazione, attraverso una presentazione riempiente; tutto ciò che è futuro, che è pre-tracciato come remoto, e cioè come vero e proprio futuro, può giungere al riempimento soltanto se perviene alla sua originaria seità in quanto vivente-presente nel presente-vivente, l’unica sede di realizzazione in generale16.
Proseguendo la nostra indagine possiamo dire che l’uomo è l’unico essere capace di porre delle anticipazioni. In altri termini è una sua proprietà questa particolare possibilità. Questa è la ricchezza
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Emilio Baccarini
una dynamis e perciò insoddisfazione, apertura, ricerca di identità, di un’Erfüllung un’Erfüllung che che la esaurisca. Ma la tensione del desiderio oltrepassa e trasborda il limite delle condizioni nell’incondizionato. Se l’anticipazione spezza l’attesa passiva del fluire del tempo, ciò è possibile soltanto perché crea una frattura, rompe i limiti e immette il soggetto in un orizzonte aperto ove sperare equivale a separare. L’uomo che spera prende coscientemente la distanza dalla fattualità e dalla chiusura del tempo e delle condizioni per proiettarsi e innalzarsi a un poter-essere-altro che, non potendo prefigurare conclusioni, conclusioni, pone come proprio orizzonte la possibilità infinita, la totalità delle possibilità, l’infinito. Questa tensione metafisica qualifica in maniera essenziale l’esistente. Ma torniamo un momento ancora alla indagine sulla possibilità che non è soltanto la pote la potentia ntia intesa intesa come condizione necessitante dell’atto, secondo la connessione aristotelica prima e scolastica poi. La possibilità a cui qui io mi riferisco è l’operatività stessa del soggetto, la capacità che questo ha di inserzione intenzionale nella trama delle situazioni anonime dell’esistenza. La struttura meta-statica della soggettività esistente, come si vede, appare di grande ricchezza e suggestione. Si può affermare che il desiderio è in essa la vera struttura formale.
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L’esistenza come desiderio meta-fisico
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in un altrove. Nella prospettiva che si intende qui, pensare l’esistenza come metafora vuol dire coglierla come trans-locazione , cioè appunto come movimento. In questa ottica l’esistenza è strutturalmente, ‘essenzialmente’ dis-locata rispetto a se stessa. La sua temporalità qualificante è l’oggi, l’istante puntuale o, più esattamente, la puntualità degli istanti che si rincorrono incessantemente incessantemente senza poter mai proporre, neanche come possibilità ontologica una sin-ossi . Il suo spazio è sempre altrove, senza un ubi consistam definitivo e assoluto. Questa temporalità e questa spazialità, se da un lato mostrano che ogni esistente è centro a se stesso, dall’altra, secondo un’irriducibile gratuità, in cui l’ontologia non si raccapezza più, ridefiniscono il singolo esistente attraverso una categoria ontologica negativa, come mancanza d’essere, come abbiamo già detto. Nell’essere ‘metafora’ si manifesta uno degli aspetti più interessanti che qualificano l’esistente umano: nell’essere se stesso, il suo essere se stesso, non è propriamente referenziale. La struttura metaforica, in cui il desiderio si mostra nella sua forma forse più interessante, permette di leggere altrimenti l’umano. In questo contesto l’antropologia l’antropologia cristiana, a partire dall’inquietudine agostiniana, dall’imago Dei bonaventuriana, fino alla prospettiva ontologico-metafisica di Tommaso e giungendo fino a Pascal, ha visto nell’uomo la ‘testimonianza dell’assoluto’. La finitezza si riempie di significato proprio in questo andare oltre se
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Emilio Baccarini
ci in prima battuta di un passaggio di Jaspers, un autore che andrebbe preso maggiormente in considerazione in questa indagine. Scrive Jaspers: L’uomo non può essere mero esserci, egli deve, o salire trascendendo nello slancio o affondare perdendo la Trascendenza. L’esserci si fa trasparente quando è originario essere-se-stesso, e per un momento si annulla in lui l’inquietudine: allora il tempo tace, il ricordo solleva l’essere; il sapere di ciò che fu diventa eterno presente del passato. Ciò non è più esserci, e quindi, non è possibile trovarvi essere alcuno, ma solo la Trascendenza dell’esserci verso l’essere che nell’esserci si rivela. A questo, proposito il punto decisivo è che la coscienza come esserci non è già per se stessa sulla via del trascendere, ma, a partire dalla libertà, è possibilità per questa via, che solo l’esistenza aperta alla sua Trascendenza è in grado di percorrere. A questo punto dipende solo dall’esistenza se nel trascendere giunge a se stessa, o se nell’esserci si perde nell’esserci disordinato. La sua essenza è che non può essere solo esserci 17.
Se, a questo punto proviamo a tirare delle conclusioni assolutamente provvisorie, la fenomenologia dell’atto del conoscersi esercitata con diverse metodologie non manifesta soltanto un manque-à-être che, a sua volta, non è soltanto percezione del limite, bensì autentica ‘prossimità all’infinito’. Soltanto perché l’infinito mi abita sono in grado di percepire l’insoddisfazione. La struttura ontologica del-
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L’esistenza come desiderio meta-fisico
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bensì l’esigenza della ragione che solo in quanto ‘esposta’ all’assoluto si percepisce come ‘ad-eguata’ a se stessa. Nell’interrogarsi sulla propria natura la ragione si scopre pro-tesa verso un aldilà del limite, come ‘colpita’ da un bisogno ‘eccedente’ in cui l’assoluto o l’infinito testimonia di sé e che la ragione semplicemente ‘desidera’. Ma questo desiderio costituisce il suo più autentico stesso senso d’essere18.
Emilio Baccarini EXISTENCE AS META-PHYSICAL DESIRE
Abstract The existing singularity is the scene of the desire, the place in which desire is represented as that particular formal particular formal structure oriented towards metaphysical (T)transcendence. Phenomenological analytics will make it possible to perceive in the formal structures that constitute the existing a more fundamental structure which of the others becomes a condition of possibility, and hence the foundation. foundation. The horizon of reflection can be expressed expressed in this way: desire articulates the dynamism of existential subjectivity as the specific formal formal structure structure in which which there there is highligh highlighted ted the ‘meta functi ‘meta function’ on’ that that constitutes constitutes it as meta-physics.
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