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Si pubblicano i contributi presentati e discussi nel IX “Incontro” promos- so dal Giornale di Metafisica a Lecce sul tema “Metafisica e archè”. Il convegno si è svolto nei giorni 5 e 6 novembre del 1991 con il patroci- nio dell’Università di Lecce ed è stato organizzato da Mario Signore e dal Dipartimento di Filosofia. Filosof ia.
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Nunzio Incardona
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Nunzio Incardona
BREVIARIUM PRINCIPII prosènanchos archèten
Sussiste enigmatica nel recesso sempre futuribile della divisione da tutti i tempi del tempo e della differenza sempre incoata da questo stesso e dalla sua intrinsecazione a tutto quanto sta: ultimamente e fin da principio; immota nella contrazione identitaria del non essere posta a sé, ma in sé posta ad altro e così non incontraddittoriamente ma contraddifferendo; sé movente nell’involgimento delle sue segmentazioni che fissa la dynamis a se stessa e libera ogni internamento pur sempre dialektikòteron ma, appunto, per flessione discorsiva e non per atto dialettico; separata da un suo estremo all’altro suo non opposto estremo e dunque come inanemente rastremata all’infinito nella durata imperscrutata e non percettibile dell’uscita perenne alla finitezza: e pure, così, assoggettata alla proposizione costitutiva del disfacimento dell’intero e alla pretesa del differimento come distanza ricostituita di ogni parte come totalità dell’intero diviso; e ancora prosènanchos impedita a se stesso e, così, come divaricata e sbalzata archèten fino agli inferi aorgici del principio ancora più oscuro e radicale perché contemporaneo alla solare vertigine delle radici spiantate, pure non bruciate, dall’horror mentis; e però impedita a se stessa e divaricata fino al primordio in ogni modo: che è questo così così indeterminatamente determinato e determinatamente determinativo, determinativo, segno sempre incoato della complessione prosènanchos archèten, di quella stessa che non riesce nel-
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Nunzio Incardona
l’uno che pure è non per sé ma per ciò che di questo stesso è segno e di questo stesso è anche criterio di elementarità per la frammentazione cosmica; e in fine fin dall’inizio compiuta secondo la incompibilità ancestrale dei compimenti dell’essere iniziato e dell’essere per questo finito; per tutto questo interamente secondo una perenne inchoatio finis incommensurabilmente rastremata nel contrario che la possiede nell’origine senza per questo svelare il principio o indurre l’essere iniziato all’inizio e l’inizio a ogni inizio; per tutto questo sussiste interamente definita nella sua totalità, impatibile e però possibile nella elementarità della destinazione e nella sua consecutiva privazione, la fondatezza di un traslato εξαιφ νη ν ης rinserrato in una vincolatezza aorgica nella quale un cominciare pur che sia adegua se stesso al conoscere qualcosa. È questo senza se stesso nemmeno non determinatamente ma in realtà sempre interminatamente, il primordio di ciò che per chorismòs risulterà atto: ma in quanto stante all’inizio di questo stesso come la stessa stabilità di ciò che identifica sé stesso identificando topos e chronos e identificando l’uno e l’altro nel loro essere come medesimo e indiviso da questo essere come stare, inscioglibilmente, prima e da tergo: così originando la indivisibilità di questo essere come principio e fine dell’essere uno di topos e chronos; ma così, anche, acuendo la svelatezza del traslato εξαιφ νη νης. In questo senso la primordialità, a sua volta, interamente aorgica secondo la impatibilità di quella fondatezza, è essa stessa un risultare anticipato all’atto che risulterà dopo, cioè in fine, la stessa ultimativa terminazione del primordio: il non essere di ogni inizio e il compimento di ogni essere iniziato; e dunque, così, la privazione del primordio e la primordialità di ogni negazione fino alla separazione del traslato da se stesso e fino alla liberazione dell’ εξαιφ νη ν ης. Ma la privazione del primordio, in realtà e secondo un che radi radicato della verità che scioglie e risolve la verità nella veritatività e dunque soltanto e ultimativamente nella svelatezza, non si ridetermina nella formalizzazione di una indeterminatezza che torna a sussistere, rispetto alla privazione e rispetto al primordio, come primordialità non della negazione ma del conato della stessa in quan-
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agita dalla costanza simultaneamente non negabile e non patibile di privatibilità, in modo tale da costituire a inizio della negazione pluralizzata negli elementi o, più propriamente, dichiarata positivamente nei suoi elementi costitutivi, la ricostituzione della struttura diffusa e con-fusa del primordio come forma ancestrale di conoscenza del principio: come primordialità, appunto, per la quale la destinazione a termine della sua stessa terminatività è propriamente la indeterminatezza della negazione come negata nella pluralità di se stessa; capace, cioè, soltanto di terminatività rispetto rispetto alla forma ancestrale di conoscenza del principio e consecutivamente, per questo, patibile di determinatezza a termine di tutto quanto del principio rimane a principio: la primordialità cioè come consecuzione del primordio e come risoluzione in sé di tutti gli elementi aorgici della forma ancestrale di conoscenza del principio. In questa infatti gli elementi costitutivi non sono ma risultano di volta in volta inizio origine essere iniziato e comunque tali da essere non per sé ma per e in quanto la complessione stessa della loro destinazione prima che a se stessi, al loro compimento; che dunque così, alla fine, diventa, d’altra parte, la loro stessa in-finitezza: in questo la destinazione del termine che ne risolve ogni di versità vers ità,, il princip prin cipio io cioè cio è in quanto qua nto termine term ine di conosce con oscenza nza seconsec ondo la sua stessa forma ancestrale, è essa stessa impedimento posto (secondo la radicatezza del che della verità o della svelatezza, appunto, radicata) a principio o, più propriamente, anticipato anticipato assolutamente da tergo, alle spalle del non essere stesso del principio e dell’essere determinato di tutti gli elementi identificati della sua forma ancestrale di conoscenza: l’inizio l’inizio l’orig l’origine ine l’esser l’esseree iniziato, l’originazione fino alla fondatezza del dis-creto radicato che rimane pur sempre il primordio nei confronti degli elementi confusi che lo costituiscono. D’altra parte si può già comprendere che la forma ancestrale di conoscenza del principio in quanto sia e sia secondo il primordio, è svelatamente, e dunque senza possibilità e senza necessità, simultaneamente la reciprocazione aorgica del dis-creto e del con-fuso in quanto propri del primordio (e della sua notizia ) nel di là da che che lo limita a sé e nel di qua da che che (da questo stesso) lo capisce intera interamente in sé: così determinando per assunzione, e dunque indif-
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Nunzio Incardona
ta degli elementi con-fusi del primordio. E però anche secondo questo modo abbreviato di di ricevere per notizia ancestrale ancestrale la consecuzione di potenza di questo dialektikòteron che restringe il pensare (una sua prima inopinata e inopinabile apparizione) in un suo atto infra-noumenico fino a un dinamismo dell’atto che lo muove al contrario fino al dativo originario, la indeterminatezza di questa reciprocazione ha termine nel non essere principio da parte dell’essere determinato che ne consegue: per cui ne consegue in verità, svelatamente, che la reciprocazione riguarda propriamente il non avere principio-e-la determinazione fino ad un inveramento finito di questo stesso per cui il non avere principio si ribalta sulla determinazione in modo tale per cui essendo la determinazione a non avere principio è l’essere stesso della determinazione-non avente principio a divenire fino fino a tornare ad essere come essere determinato, per una parte; e per l’altra è il principio in fine a a non essere in quanto avente della determinazione l’essere determinato! In questo senso rimane annientato perché vero, svelato cioè compiutamente e senza residui, l’ εξαιφ νη νης del traslato la cui fondatezza originaria risolve la propria stabilità nella hypotheticità di se stessa in quanto in qualche modo, nei modi molteplici e pluralizzati che stanno a principio dell’essere determinato e del non essere della privazione, risulta opinatamente e opinabilmente ristabilita nel termine come teticità del fondamento o come fondamento dipendente, e in questo senso, determinato, dalla caduta a inizio di sé della stessa hypotheticità; ma questo stesso pregiudica assolutamente e correlativamente allo svelamento dell’ εξαι φ ν ης, la stabilità della fondatezza e la posizione del fondamento in quanto il dinamismo della reciprocazione che sta pur sempre all’origine, identifica il principio non come tale ma come termine al quale tende incoativamente e a suo perenne inizio il fondamento stesso: che è la linea di movimento più appropriato alla pluralizzazione di una segmentazione che rende elementare ogni inizio fino a determinarlo, surrettiziamente, surrettiziamente, come elemento del principio non in quanto tale ma in quanto termine della stessa incoatività del fondamento. Di più: l’annientamento dell’ εξαι φ νη ν ης, a parte la originazione dell’essere determinato come per altra parte generato fino al tem-
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come radice inclusiva e propriamente determinativa determinativa della temporalità del tempo (scissa appunto per annientamento dell’ εξαι φ ν ης dall’ εξαιφ νη νης): infatti in questo senso che è l’ultimo di tutti i sensi così possibili, il traslato, fondato, è la continuità di un passaggio dal determinato in quanto tale non essente, al conosciuto in quanto tale essente questo stesso, che è propriamente ciò che prima di essere come tale, passato, è pensato e e per ciò determinato ad essere e ad essere soltanto passato. E cioè: l’internamento del passato a se stesso e ai suoi elementi non tollera interruzione se non e soltanto per quella che ne svela la terminatività come εξαιφ νη νης; ma nel momento nel quale lo svelamento del traslato conosce come irriducibile il fondamento e la sua incoatività fino alla potenza di insorgenza dell’inizio verso il principio, questo stesso insedia nel punto limite della vincolatezza degli elementi del traslato la interruzione fondamentale per la quale capire questo questo conoscere e possederne la vincolatezza vincolat ezza fino a dominarne do minarne il termine te rmine di potenza p otenza della interruzione riconducendolo a principio e dunque all’atto in quanto inter pens are assolutamente rotto, è pensare assolutamente prima e attorno e differentemente rispetto al limite del traslato e così ad ogni limite: quello stesso, questo atto interrotto, che è, in questo senso soltanto, il che di meta- fisico fisic o per per il quale indifferentemente all’internamento vincolato e vincolante: la metafisica. met afisica. Non tutto quanto per per epistème successivamente e per filosofia consecutivamente è stato conosciuto come metafisica a sua volta sciente della sua epistème e delle filosofie conseguenti, ma quale è è stato, così, del che di metafisico tutto quanto condeterminato, limitatamente a principio e a principio interamente determinato fino a pensare pensare e al pensare pensare metafisica. Questi lineamenti che disegnano appena i contorni di un’abbre viazione radicale che ha concetto nell’atto e termine termi ne nell’inizio nell ’inizio di