UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN SCIENZE DEI BENI CULTURALI ANNO ACCADEMICO 2004/2005
«Musique céleste»: le musiche di scena di Ildebrando Pizzetti per La Rappresentazione di Santa Uliva nella messa in scena di Jacques Copeau (Maggio Musicale Fiorentino – 1933)
Elaborato finale di GIOVANNI SALIS Matricola 642160
Relatore: Chiar.mo Prof. EMILIO SALA Correlatore: Chiar.mo Prof. CESARE FERTONANI
Alla mia famiglia, con affezione e gratitudine.
E il tutto converge verso lo stesso centro, si collega alla stessa idea grazie a un ordine segreto e alla musica avvolgente. JACQUES COPEAU
INTRODUZIONE
Il 5 giugno 1933, nel chiostro di Santa Croce a Firenze, in occasione della prima edizione del Maggio Musicale Fiorentino, circa 1500 persone assistettero a La Rappresentazione di Santa Uliva, sacra rappresentazione cinquecentesca riportata a nuova vita dall’allestimento di Jacques Copeau, con le musiche di scena di Ildebrando Pizzetti.1 Per coloro che furono presenti fu un evento memorabile, ma fu anche un unicum,2 che non tardò a diventare, in qualche modo, leggenda, sia per quelli che erano là quella sera, che per quelli che non hanno avuto quel privilegio e si sono dovuti accontentare dei ricordi dei presenti. Nel corso degli anni alcuni studiosi di teatro, in particolare di Copeau, si sono a più riprese occupati di quello spettacolo, mettendone a fuoco i vari aspetti, sottolineandone l’importanza nel cammino artistico del regista francese, e nella storia del teatro in generale.3 Tra le varie caratteristiche della Santa Uliva del 1933, quella musicale fu tra quelle che maggiormente colpirono il pubblico, come testiQuesti i dati più importanti sullo spettacolo, (tratti da SANTA ULIVA 1933): Principali personaggi e interpreti: La vergine Maria: Rina Morelli; L’Angelo Annunziatore: Cesare Bettarini; Uliva: Andreina Pagnani; Un barone dell’imperatore, Il Diavolo, L’Oste, Un Barone del Re di Bretagna, Un messaggero: Memo Benassi; L’Imperatore: Ruggero Lupi; Il Re di Bretagna: Carlo Lombardi; La Regina di Bretagna: Sarah Ferrati; La Madre del Re di Castiglia: Maria Laetitia Celli; Il Re di Castiglia: Nerio Bernardi. Orchestra Stabile Fiorentina; coro misto e coro di bambini; soprano solista: Ginevra Vivante; direttore d’orchestra: Ildebrando Pizzetti; direttore del coro: Andrea Morini. Coreografie: Maja Lex. Costumi: Gino Sensani. 2 L’esecuzione integrale dello spettacolo avvenne solo alla prima delle tre serate previste, alla seconda serata lo spettacolo fu interrotto a causa del mal tempo, e alla terza non fu possibile neanche iniziarlo. Vedi le testimonianze di Alessandro d’Amico (MISSIROLI D’AMICO 1993, p. 93) e di Guido M. Gatti (lettera a Silvio d’Amico dell’ 8 giugno 1933, in ALIVERTI 1982, p. 95). La Rappresentazione di Santa Uliva, sempre con le musiche di Pizzetti dirette dall’autore, fu rimessa in scena, con scarso successo, il 31 agosto del 1944, a Roma, nel cortile della Sapienza, con la regia di Gualtiero e Beryl Tumiati. Segnalo, infine, l’allestimento di Mario Massiroli del 1993 al Teatro Vascello di Roma (che riutilizza l’adattamento di Copeau-D’Errico, ma non le musiche di Pizzetti); per approfondimenti vedi MISSIROLI D’AMICO 1993. 3 Sull’allestimento de La Rappresentazione di Santa Uliva vedi: ALIVERTI 1979; ALIVERTI 1982; ALIVERTI 1986; ALIVERTI 1993. La messa in scena è esaminata anche negli studi di carattere generale su Copeau, tra i tanti vedi: DOISY 1954; CLÉMENT 1960; CRUCIANI 1971; MIGNON 1993. Fondamentali sono le riflessioni dello stesso Copeau: COPEAU 1937 e COPEAU 1945. 1
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moniano le recensioni dello spettacolo, in cui quasi tutti i critici furono concordi nel ritenere l’aderenza delle musiche allo spirito della messa in scena di Copeau come uno degli aspetti più riusciti dell’intera rappresentazione. Riporto, a questo proposito, alcuni giudizi significativi: non si debbono risparmiare lodi a quelli che a lui [Copeau] si sono associati e prima di tutti al maestro Pizzetti che ha composto per questa rappresentazione musica di bellissima ispirazione, che si direbbero quasi nate col dramma, tanto ne rivelano la commozione e la perfezionano. Nessuno poteva essere più adatto di Ildebrando Pizzetti per creare musiche che aggiungessero una maggiore suggestione poetica alla rappresentazione sacra. […] si è messo dinanzi all’opera cinquecentesca con quella freschezza e purezza d’anima, di cui egli, sovra ogni altro, è capace ed ha colto i momenti del dramma che in special modo evocassero la musica.4
Vorrei dunque concentrarmi sull’aspetto musicale dello spettacolo, probabilmente il meno studiato in modo approfondito, tentando un’analisi delle relazioni che intercorrono tra le note di Pizzetti e le note immaginate sulla carta da Copeau nel suo manoscritto di regia, per scoprire in che modo Pizzetti abbia aderito e partecipato al progetto di Copeau.
4 DAMERINI 1933; SIMONI 1933. Interessante anche il giudizio di Paolo Milano, sebbene non pienamente positivo: «le musiche, i cori, gli a solo (le une e gli altri indovinati in sé) erano forse troppo frequenti. Il rischio che assai facilmente si corre in questi casi, è quello di rovesciare i rapporti: per cui l’azione scenica, a un certo punto, scade d’importanza, si sottopone alla musica, arieggia a melodramma. E qui tanto più grande è stato il pericolo in quanto i commenti musicali recavano il segno di Ildebrando Pizzetti» (MILANO 1933, p. 288).
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I. DALL’ANONIMO FIORENTINO AL MANOSCRITTO DI REGIA DI COPEAU
Le vicende piuttosto travagliate che portarono alla creazione di questo complesso spettacolo sono state ben documentate altrove;5 mi limiterò a citare solo le fasi e gli aspetti più importanti, nonché quelli che hanno una relazione con le musiche pizzettiane. Il progetto di mettere in scena una sacra rappresentazione italiana rientrava nell’idea di Silvio d’Amico di una rinascita in chiave religiosa del teatro. Come regista dello spettacolo sia d’Amico che Guido M. Gatti (direttore del Maggio) furono concordi nell’indicare il nome di Jacques Copeau.6 La scelta del testo da rappresentare, proposto da Gatti a d’Amico, cadde su La Rappresentazione di Santa Uliva, una tarda sacra rappresentazione fiorentina, la cui prima stampa conosciuta è del 1568.7 Per quanto riguarda il soggetto non si tratta certo di un’opera originale: viene, infatti, sviluppato il topos della fanciulla perseguitata, di cui si conoscono innumerevoli versioni.8 Ecco sinteticamente (per quanto possibile) la storia nella versione dell’Anonimo fiorentino: l’Imperatore, che ha perso da tempo la moglie, dopo aver cercato invano una donna degna della defunta consorte, ha deciso di sposare sua figlia Uliva, l’unica che possiede le sue stesse doti e che, in particolare, ha le sue stesse bellissime mani. Uliva rifiuta la proposta paterna, si taglia le mani e le manda all’Imperatore che, infuriato, la condanna a morte. Ma i servi che dovrebbero ucciderla si impietosiscono e, invece di ucciderla, l’abbandonano nel bosco di Bretagna. Qui viene trovata dai cacciatori del Re di Bretagna, che la portano a corte, dove il re e la regina le affidano il loro figlio. Il Barone del Re di Bretagna, innamoVedi ALIVERTI 1982. La scelta di Copeau non è certamente casuale. La riflessione sul teatro, sulla sua crisi e la sua rinascita, sono temi comuni a D’Amico e Copeau. Nel 1929 d’Amico pubblica Tramonto del grande attore, in cui è presente un articolo sul regista francese. Copeau è visto da d’Amico come modello di regia da esportare in Italia, in anni in cui la stessa parola regia era poco nota nel nostro paese. Copeau, inoltre, pubblica su Scenario (la rivista diretta da d’Amico) alcuni articoli, tra i quali ricordo almeno La crisi religiosa del teatro (1934), mentre pochi anni prima, nel 1931, d’Amico aveva pubblicato il suo importante libro La crisi del teatro. La messa in scena fiorentina di Santa Uliva può essere dunque letta anche come una concreta proposta di risoluzione della tanto discussa ‘crisi del teatro’. 7 Per una bibliografia esauriente delle edizioni antiche vedi: BATINES 1852, CIONI 1961, TESTAVERDE EVANGELISTA 1988. Il testo di riferimento per la riduzione teatrale del 1933 D’ANCONA 1863. 8 Vedi D’ANCONA 1863 (Introduzione), VESELOVSKIJ 1866 e BEDUSCHI 1985. 5 6
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rato di Uliva, la importuna mentre tiene il bambino in braccio, e Uliva mentre si difende fa cadere il bambino, che muore. Per questo Uliva è nuovamente abbandonata in un bosco. Qui prega la Madonna, la quale appare ridonandole le mani e mostrandole un monastero dove rifugiarsi. Uliva si reca in questo monastero dove un prete, attratto dalla sua bellezza, per non cadere in tentazione l’accusa di un furto per cacciarla via. Viene dunque messa in una cassa e gettata in mare. Quindi viene trovata da alcuni mercanti che, avendone notato la bellezza, ne fanno dono al Re di Castiglia, il quale si innamora anch’egli di Uliva e le chiede di sposarlo. Uliva accetta e si celebrano le nozze, nonostante l’opposizione della regina madre che, dopo aver litigato col figlio, si ritira in un convento. Scoppia poi la guerra tra il Re di Navarra e il Re di Castiglia. Durante l’assenza del Re per la guerra, Uliva partorisce un bellissimo bambino. Viene mandato un messaggio per avvisare il Re, che viene però sostituito dalla Regina (quando il corriere si ferma riposare nel convento) con un altro messaggio nel quale vi è scritto che Uliva ha generato un mostro, ponendo così dei dubbi sulla sua innocenza prima del matrimonio. Il Re però nutre ancora fiducia in Uliva, ma il suo messaggio di ritorno è nuovamente cambiato dalla Regina Madre, con un altro in cui il Re condanna a morte Uliva e suo figlio. Ma il Viceré, disobbedendo al falso messaggio, rimette Uliva con il bambino in una cassa nel mare. In questo modo Uliva giunge miracolosamente alle foci del Tevere, dove viene trovata e ospitata da due vecchie, mentre il Re, tornato dalla guerra e saputa la verità, fa bruciare il convento con la madre al suo interno. Passano dodici anni il Re, pentito del suo gesto, si reca a Roma per chiedere il perdono al Papa. Uliva, saputo della venuta del Re di Castiglia, manda il figlio alla corte dell’Imperatore, dove il Re è ospite, e si rivela come suo figlio. Non viene però creduto, fin quando non interviene la stessa Uliva, che viene riconosciuta dall’Imperatore, suo padre, e da suo marito. La rappresentazione si conclude con l’assoluzione e la benedizione papale e il ringraziamento di tutti a Dio. Tutto questo succedersi di eventi, già complicato in sé, era ulteriormente complicato da tredici intermezzi dal significato allegorico e varie inframmesse poste qua e là nella storia,9 e da una generale prolissità e pomposità tipica del tempo. Dunque il primo problema che si pone a Gatti e d’Amico è quello di un adattamento della sovraccarica versione rinascimentale. Così scrive d’Amico a Nicola Lisi, a cui venne chiesto per primo il lavoro di adattamento: Opera deliziosa alla lettura, ma difficile a tradursi – almeno così, com’è – alla vita scenica, per i gusti di un pubblico d’oggi. Bisogna studiare di adattarla senza tradirla: di portare fino ad essa il pubblico, senza farla scendere troppo di tono.10
Il proposito di d’Amico è in questa lettera molto chiaro:
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Per il ruolo degli intermezzi e delle inframmesse in Santa Uliva vedi VENTRONE 1984. Lettera di Silvio d’Amico a Nicola Lisi, [agosto 1932], in ALIVERTI 1982, pp. 51-53.
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dare (con Santa Uliva o con altro testo), al pubblico nostro, una colorita idea di quello che fu, quattro secoli addietro, la sacra rappresentazione fiorentina. S’intende che s’ha da restar fedeli così all’apparato scenico – palcoscenico multiplo, diviso in tanti «luoghi deputati» (…) per arrivare a ciò io non esiterei a variare e ad arricchire il testo prescelto, anche con eventuali «contaminazioni» di spunti attinti ad altri testi e anche a formulari scenici; in modo da adunare, nello spettacolo, tutti i più suggestivi elementi dei nostri antichi «misteri».11
Elenca poi i principali interventi che ritiene necessari per Santa Uliva: 1) semplificare la trama, che specie nel centro diviene farraginosa, e ripete vicende già accadute; 2) sviluppare, con estrema delicatezza, qualcuna delle scenette di tipo popolaresco, comico-realistico, frequenti nelle ultime sacre rappresentaz. e di cui in Sant’Uliva c’è un solo esempio, all’osteria; 3) sostituire radicalmente gli «intermezzi» di musica e danza con altri. Vero è che per questo punto occorre un’intesa diretta col regista. E quanto a musiche del tempo, commento indispensabile e in cui bisogna abbondare, se n’avrà quante se ne vuole.12
Questo lavoro di adattamento, dopo che Lisi declina l’offerta, viene affidato a Corrado D’Errico,13 coadiuvato da Silvio d’Amico. La trama fu notevolmente alleggerita, in alcuni punti modificata, e furono eliminati tutti gli intermezzi. Nella prima giornata il bambino affidato ad Uliva non muore, ma viene rapito dal barone, che lo abbandona in un fiume; a Uliva viene ordinato di ritrovarlo, altrimenti sarà condannata a morte. Nella sua ricerca incontra la Madonna che dapprima compirà il miracolo dei frutti che si piegano dagli alberi per dissetare e Uliva e poi, una volta trovato il bambino sul fiume, le ridonerà le mani perché possa raccoglierlo. La ricerca del bambino, il miracolo dei frutti e delle mani, costituiscono un grande affresco drammatico in cui si fondono recitazione, danza e musica, e che funge anche da intermezzo, in sostituzione degli intermezzi originali eliminati. Nella seconda giornata sono stati eliminati gli episodi del prete, del monastero bruciato e tutto il finale è stato notevolmente snellito.14 Il testo così modificato passa infine nelle mani del regista, che taglia ancora qualche lungaggine mantenuta da D’Errico e aggiunge qua e la alcuni versi precedentemente tolti dall’adattatore. Ma ancora più importanti sono gli interventi che Copeau fa su alcuni ruoli: vengono introdotti i personaggi del Diavolo, che riassumeva in sé tutti i personaggi che sono causa di azioni malefiche nei confronti della protagonista, e dell’Angelo Annunciatore. Inoltre, «Copeau riscrive il testo assieme Ibid. Ibid. 13 Corrado D’Errico (1902-1941), autore e regista teatrale e cinematografico. Tra i suoi film si ricordano: Tutta la vita in una notte (1939), Il cammino degli eroi (1936, film documentario sulla guerra in Abissinia), Miseria e nobiltà (1941), Capitan tempesta (1942, postumo). 14 Il testo nella versione rimaneggiata si trova in D’ERRICO 1936. Ci furono alcune critiche a questo adattamento, alcune velate (GIACHETTI 1933), altre decisamente negative (MARTIN PESCATORE 1933); queste due critiche sono brevemente discusse in DE ANGELIS 2004, pp. 118-119. 11 12
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alla regia, cosicché il manoscritto di regia si snoda come una narrazione continua, come un dramma narrato dal regista».15 L’ultimo passo era quello di mettere effettivamente in scena il testo. Le idee di Copeau in questo ambito divergevano notevolmente da quelle di d’Amico. Quest’ultimo, infatti, aveva un’idea filologica ed erudita della messa in scena: voleva essenzialmente riproporre un mistero medievale così come era stato fatto nel Cinquecento. Ma Copeau non condivideva questo approccio al testo teatrale: Nous ne cherchons pas matière à des réflexions littéraires, mais la pulsation de la vie. L’avertissement que donne le drame à qui sait l’écouter: pas seulement une histoire ni des personnages. Sonorité, allure, mouvement, style, tout est dans le texte, rien que dans le texte. Le texte reste frais et vivant. Ni le raisonnement ni l’érudition ou tradition ne remplacent le signe qu’un homme de théâtre fait, à travers les siècles, à un autre homme de théâtre.16
Ancora più chiaramente (se è possibile) si esprime in una conferenza tenuta al Maggio Musicale Fiorentino del 1938: Il regista dovrà evitare due scogli: quello della ricostruzione fredda per eccesso di rispetto e quello di una modernizzazione spinta, dietro il pretesto di avvicinare a sé l’opera del passato. Si tratta semplicemente di mettersi in stato di sensibilità per ritrovare la vita, per rianimare lo stile. Si rianima lo stile solo creando condizioni di rappresentazione analoghe, ma nient’affatto identiche, a quelle che hanno visto nascere l’opera che ci si propone di far rivivere, sia che essa esiga una stretta costrizione, sia che necessiti per espandersi di una estrema libertà scenica. In una parola, penso che bisogna ispirarsi alle convenzioni dell’epoca, all’interno delle quali ci si sforzerà di fare affluire e circolare la vita, con una naturalezza capace di suscitare un’eco nel pubblico contemporaneo, senza mai lusingarlo con quegli anacronismi facili e grossolani che sono troppo di moda oggi. 17
La caratteristica principale di tutto il teatro medioevale era la scena divisa in mansioni (che era poi quello che voleva realizzare d’Amico), Copeau nel suo allestimento di Santa Uliva rimane fedele a questa divisione dei luoghi, ma non nel modo tradizionale: egli si lascia guidare dal luogo della rappresentazione, il chiostro di Santa Croce, per creare, con lo scenografo André Barsacq, un palcoscenico
15 ALIVERTI 1993, p. 36. Il manoscritto di regia di Copeau è stato pubblicato in edizione critica da Maria Ines Aliverti (ALIVERTI 1993). Pur avendo visionato l’originale, i miei riferimenti e citazioni si riferiscono al testo pubblicato (di cui ho rispettato i criteri di edizione), per comodità di consultazione, mia e del lettore. 16 Citato in ALIVERTI 1982, p. 18. 17 COPEAU 1938; trad. it. in ALIVERTI 1988, p. 144. È una posizione in opposizione, soprattutto, alla regia spettacolare e tecnicista del suo ‘nemico’ Reinhardt, che – casualità – lavorava non lontano da lui, per il Maggio Musicale Fiorentino di quell’anno, al Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. In sintesi, Copeau oppone alla regia spettacolare e sovrabbondante del regista tedesco la semplicità e sincerità della sua messa in scena (COPEAU 1945). Sul confronto tra le due regie vedi anche D’AMICO 2004.
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multiplo18 (una scena principale al centro del chiostro e quattro agli angoli, unite da passerelle, più il Paradiso in alto, dove stavano la Vergine Maria e i due angeli protettori di Uliva)19 dove far fluire l’azione con «un ritmo costante e ininterrotto» e con «una utilizzazione complessa e armonica dei vari elementi del linguaggio scenico».20 In conclusione questa messa in scena di Santa Uliva riconferma in pieno le caratteristiche della regia di Copeau: la profonda unità di struttura scenica e di forma drammatica, il principio della contrainte, l’articolazione dello spazio e del tempo scenici, la qualità dello spettacolo come insieme ritmico, mimico e spaziale.21
Sulla scenografia vedi COPEAU 1934, COPEAU 1945 e BARSACQ 1950. Scrive Copeau: «la disposizione scenica simultanea del Medioevo è la sola possibile quando si tratta di un’azione narrativa di ritmo accelerato e in un certo modo sinfonica. […] Gettate lo sguardo su una riproduzione della Passione di Memling, che si trova nella Pinacoteca di Torino. Tutto il dramma vi è rappresentato – scoperto in un sol colpo, come sotto l’occhio di Dio» (COPEAU 1934; trad. it. in COPEAU 1988, pp. 135). 19 Molto affascinante il ricordo di Copeau sugli angeli che accompagnavano Uliva: «Non posso evocare nel mio animo la realizzazione di questi Miracoli [sta parlando dei Miracles de Notre-Dame] senza essere assordato da un gran fruscio d’ali, e come accecato dal loro biancore […] Il vecchio Mistero italiano […] comportava per la santa eroina un lungo viaggio attraverso il mondo, costellato da varie tribolazioni. Ora, nel momento in cui cominciavano queste prove, a causa del bando che il padre di Uliva pronuncia ingiustamente contro di lei, si vedeva il Paradiso illuminarsi, e due angeli, fianco a fianco, discenderne e incamminarsi lentamente per ricevere Uliva all’uscita del palazzo e per non lasciarla, guidando i suoi passi, sostenendola nei suoi mancamenti, risollevandola nelle sue cadute, vegliando sul suo sonno, inclinando fino alle labbra di lei il frutto che la dissetava. Mi è quasi impossibile ricordare oggi la forma di Uliva separata dai suoi sovrannaturali compagni» (COPEAU 1934; trad. it. in COPEAU 1988, pp. 138-139). 20 ALIVERTI 1982, p. 22. 21 ALIVERTI 1993, p. 38. 18
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II. «MUSICA AVVOLGENTE»: LA MUSICA NEL DRAMMA
II. 1 Il progetto di d’Amico di riproporre una sacra rappresentazione medieovale investiva anche l’aspetto musicale, come si può dedurre dalla sua lettera precedentemente citata, in cui parlava di «musiche del tempo».22 L’importanza della musica è sottolineata anche da Gatti: molto mi riprometto dall’elemento musicale che dovrà essere – a mio avviso – copioso e adeguato. Ma non se ne potrà parlare prima che io abbia ricevuto la risposta di Copeau.23
Quanto a Copeau, sulla musica (come sugli altri aspetti dello spettacolo) all’inizio attendeva delle indicazioni da Gatti e d’Amico: j’aimerais savoir aussi […] quelle part joueront dans la représentation la musique, la figuration et les chœurs; qui aura la direction musicale.24 Il faudrait en outre que je sois assuré de m’entretenir sur la place […] avec le musicien s’il s’agit d’une musique inédite ou avec le chef d’orchestre s’il s’agit d’une musique ancienne, car il m’est indispensable pour procéder à la mise-en-scène de savoir d’avance quel sera le volume de chacune des parties musicales.25
Alla fine fu presa la decisione di utilizzare musiche inedite e non musiche del tempo. La scelta del compositore cadde su Ildebrando Pizzetti, al quale, la sera del 5 febbraio 1933, Gatti chiede di comporre le musiche di scena per Santa Uliva. Pizzetti accetta, si mette al lavoro a metà marzo e termina la composizione il 23 maggio.26 Fin dall’inizio è evidente che Copeau ritiene molto importante la collaborazione, si mette, infatti, subito in contatto con il musicista parmense, come mostra Lettera di d’Amico a Nicola Lisi, [agosto 1932], in ALIVERTI 1982, pp. 51-53. Lettera di Gatti a d’Amico del 31 dicembre 1932, in ALIVERTI 1982, p. 76. 24 Lettera di Copeau a d’Amico del 12 novembre 1932, in ALIVERTI 1982, p. 59. 25 Lettera di Copeau a Gatti del 13 gennaio 1933, in ALIVERTI 1982, p. 78. 26 B. PIZZETTI 1980, pp. 239-241. 22 23
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questa prima lettera del 10 febbraio 1933, cioè pochi giorni dopo che Pizzetti aveva accettato di scrivere le musiche di scena per lo spettacolo: Comme vous avez bien voulu me le propose, puis, je vous demande de m’envoyer le plus vit possible à Paris 7 rue Moncey l’exemplaire de Santa Uliva qui est en votre possession? Cela m’est indispensable pour commencer mon travail.27
Una successiva lettera del 26 aprile è una testimonianza ancora più significativa della collaborazione tra i due artisti: Je quitterai Paris vendredi matin, le 28. J’arriverai à Milan le soir même à 23.50. Le lendemain matin, samedi 29, j’irai frapper à votre porte et nous aurons toute la journée pour travailler ensemble, devantage s’il le faut. 28
Questa stretta collaborazione è poi confermata da una frase di Copeau in una sua lettera a d’Amico: «le Maestro Ildebrando Pizzetti me réclamait des indications pour son travail et m’annonçait sa visite imminente à Paris».29 Altrettanto importante è la lettera del 26 maggio che Copeau scrive a Pizzetti da Firenze, durante le prove dello spettacolo: La première exécution de votre musique à la répétition de ce matin a soulevé l’enthousiasme des acteurs et grâce à elle j’ai pu leur faire comprendre un peu de ce que je m’efforçais depuis plusieurs jours d’inculquer. […] je ne peux presque plus faire de progrès dans mon travail sans votre partition. Je l’attends donc avec une impatience qui grandit d’heure en heure. […] Je serais un peu soulagé quand j’aurais reçu au moins la partition jusqu’à la fin de la première journée.30
Emerge, dunque, dal carteggio una forte attenzione per l’aspetto musicale della messa in scena. Questa problematica musicale non è certamente nata in Copeau con Santa Uliva, ma accompagna il regista francese per tutta la sua attività artistica, ponendosi come uno dei nodi fondamentali sia per il problema educativo dell’attore, sia per risolvere la citata crisi del teatro e favorirne il suo rinnovamento. Così scriveva in una lettera a Jaques-Dalcroze del 1921: Più che mai sento, vedo e proclamo che quel che mi manca è la musica, che la musica sola dovrà servire alla prima formazione dei giovani che vogliamo iniziare […] Ciò che mi occorre è un maestro di musica che sia capace e deciso a lavorare in accordo con me, in armonia con l’insegnamento generale della mia scuola, senza perdere di vista un istante la ragion d’essere dei nostri sforzi e il loro fine, il loro compimento,
Lettera di Copeau a Pizzetti del 10 febbraio 1933, inedita. Lettera di Copeau a Pizzetti del 26 aprile 1933, inedita. 29 Lettera di Copeau a d’Amico del 8 maggio 1933, in ALIVERTI 1982, p. 89. 30 Lettera di Copeau a Pizzetti del 16 maggio 1933, in PIZZETTI 1980, p. 240. 27 28
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che è il dramma. Tutto l’insegnamento della scuola deve essere impregnato, saturato di spirito drammatico.31
Questo forte legame tra musica e dramma viene ulteriormente chiarito da Copeau in una conferenza del 1926: È proprio dell’essenza del dramma, all’origine, essere nello stesso tempo canto e parola, poesia e azione, colore e danza, e per dirla con una sola parola, come facevano i Greci: musica. Ritrovare l’essenza del dramma, è ritrovare questa musica.32
Un aiuto per comprendere che cosa sia «questa musica» può essere dato da un altro grande rinnovatore del teatro, che Copeau ammirava tantissimo e di cui era amico: Adolphe Appia.33 Così ne sintetizza il pensiero Copeau stesso: Appia ci insegna che la durata musicale che avvolge, comanda e regola l’azione drammatica, genera nello stesso tempo lo spazio in cui questa si sviluppa. Per lui l’arte della messinscena nella sua pura accezione è solo la configurazione di un gesto o di una musica, resa sensibile all’azione vivente del corpo umano e dalla sua reazione alle resistenze che gli oppongono i piani e i volumi costruiti. Da ciò l’eliminazione dalla scena di ogni decorazione inanimata, di ogni tela dipinta, la dominante del praticabile e il ruolo attivo della luce.34
Alla fine del precedente capitolo erano emersi i concetti di ritmo e armonia per definire il fluire dell’azione nella messa in scena di Santa Uliva.35 Dunque, unendo le precedenti riflessioni con quanto detto ora, mi sembra evidente che quando Copeau parla di musica non intende solamente la musica in senso stretto, intesa
Lettera di Copeau a Jaques-Dalcroze del 26 luglio 1921, trad. it. in COPEAU 1988, pp. 91-92. COPEAU 1926, trad. it. in COPEAU 1988, p. 181. 33 Queste le parole di Appia riportate da Copeau: «Vede, siamo in un periodo di transizione. Impossibile dire esattamente dove andiamo. Ma è certo che attualmente solo la musica può darci una direzione. Non dico questo perché sono musicista. Non è una questione di gusto né di attitudine. è una questione di necessità. Non so da che parte, né che posto avrà la musica nel dramma futuro, una volta realizzato, se essa vi sarà incorporata, se ne sarà rigettata. Ma sono sicuro che la musica è la nostra sola guida, per il presente, e l’unica base costante delle nostre ricerche» (COPEAU 1916; trad. it. in COPEAU 1988, p. 174). 34 COPEAU 1928; trad. it. in COPEAU 1988, p. 190-191. Il passo è simile al seguente: «Appia voleva che la durata musicale, imprigionando l’azione nel tempo, la regolasse ugualmente nello spazio, vale a dire che essa costruisse intorno a sé il suo spazio proprio e vi conformasse il gioco degli attori. Come la musica crea la frase e le associa il gesto che genera, essa crea pure il percorso, che misura nei suoi spostamenti ascendenti e discendenti, su una superficie piana o accidentata. La musica crea dunque una scenografia essenziale». COPEAU 1935; trad. it. in COPEAU 1988, p. 203-204. È singolare come questi due passi sembrino descrivere proprio la messa in scena di Santa Uliva. A questo proposito scrive la Aliverti: «è questa forse la regia più «appiesca» di Copeau, quella che risente più da vicino del fascino che Appia, musicista e architetto, esercita su Copeau», ALIVERTI 1992, p. 39. 31 32
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come arte dei suoni (anche se quest’ultima resta fondamentale), ma una complessa armonia che deve regolare tutta la messa in scena.36
II. 2 L’attività musicale di Pizzetti è dedicata principalmente al teatro, egli è un compositore essenzialmente drammatico, e al rapporto tra musica e dramma sono rivolte le sue principali riflessioni teoriche.37 Coglie in pieno questo aspetto Guido M. Gatti all’inizio della sua monografia sul musicista di Parma: Al centro del problema critico pizzettiano sta il dramma: in principio erat drama. È il problema essenziale della sua poetica, quello per cui si risolve l’equazione della sua opera, si scopre il segreto della sua creatività.38
Nell’universo teatro sono incluse anche le musiche di scena, sebbene su di esse Pizzetti non esprima un giudizio estetico completamente positivo, infatti pur avendole praticate a varie riprese fin dal 1908 (anno della Nave dannunziana) e con notevoli risultati, le musiche di scena restano estranee alla forma mentis (parawagneriana) di Pizzetti che rimprovera loro di introdurre inevitabilemente un «dislivello di espressione» nella rappresentazione (ma è proprio questa la loro specificità drammaturgica!). Tale formula di condanna viene ripresa negli stessi anni anche dal pizzettiano Gavazzeni che imputerà all’introduzione di tale «dislivello espressivo […] l’imbastardimento e la menzogna estetica della “musica di scena”».39
Pizzetti conclude poi la sua critica alle musiche di scena affermando che l’opera di teatro di poesia e musica non può dare un’impressione di unità, di perfezione se il suo linguaggio, dal principio alla fine, non sia poetico e musicale insieme.
Copeau si spinge anche più in là, paragonando l’interpretazione di un testo teatrale al lavoro interpretativo del musicista e affermando che la conoscenza profonda di un testo drammatico «è una facoltà di contatto, una intuizione naturale, una rivelazione che, oserei dire, è di essenza musicale». (COPEAU 1938, trad. it. in COPEAU 1988, p. 142-144). 37 I suoi scritti più importanti su questo argomento sono raccolti in PIZZETTI 1945. Quelli presi in esame per questo lavoro sono PIZZETTI 1932 (che contiene anche delle riflessioni sulla musica nel teatro medioevale: pp. 31-38) e PIZZETTI 1938 (dedicato specificatamente alle musiche di scena). Mi sembra utile, preliminarmente, chiarire cosa Pizzetti intendesse per dramma, utilizzando le sue parole: «Io credo che la più alta espressione di arte sia il dramma, e penso che per dramma non possa intendersi se non una espressione e rappresentazione di vita in divenire», PIZZETTI 1945, p. 14. «Il dramma è la forma suprema dell’arte, quella che non è esaltazione di un attimo fuggevole e di un’apparenza transitoria della vita, ma è vita piena e totale compiutamente espressa», PIZZETTI 1945, p. 14-15. 38 GATTI 1954, p. 11. 39 SALA 2003A, p. 55, (le citazioni di Pizzetti e Gavazzeni sono tratte, rispettivamente da PIZZETTI 1932, p. 186, e GAVAZZENI 1954, p. 143, corsivo dell’autore). Rimando per un approfondimento del problema musiche di scena al citato SALA 2003A (dedicato specificamente alle musiche di scena scritte da Pizzetti per La Pisanelle di d’Annunzio) e a SALA 2003B. 36
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[…] Bisogna rassegnarsi a considerare il teatro recitato con musica una forma ibrida e in un certo senso precaria.
Questa posizione critica non impedisce comunque al compositore di Parma di dedicare una parte cospicua della sua produzione teatrale alle musiche di scena. Infatti, prima della conclusione appena citata, il saggio di Pizzetti affronta una questione importante, e cioè «se e quando […] la musica intercalata in un’opera teatrale recitata possa aumentarne e perfezionarne l’efficacia espressiva».40 La sua risposta è la seguente: Io ho sempre pensato […] che qualsiasi opera di teatro composta di parole manifesta l’anelito alla integrazione musicale e la necessità di una integrazione musicale ogni qual volta il poeta supera in essa il limite della mediocre realtà quotidiana, ogni qual volta cioè la rappresentazione, azioni e parole, riesce ad acquistare un significato universali. Opera di teatro veramente grande è quella che crea un clima musicale e suggerisce la necessità dell’integrazione musicale.41
Frase, quest’ultima, che riecheggia un’altra lapidaria affermazione dello stesso musicista: nell’opera drammatica lo spirito della musica non può che essere tutt’uno con lo spirito del dramma. Dove è dramma, quivi può essere musica. […] Un dramma senza la musica è un dramma incompleto.42
Fermo restando il fatto che per Pizzetti il culmine del dramma rimane il dramma interamente musicale, mi sembra che questo clima musicale, questa necessità dell’integrazione musicale, possano comunque essere messi in relazione con l’esigenza di musica che sentiva Copeau. Significativo mi sembra inoltre il fatto che sia Pizzetti che Copeau hanno tra i loro punti di riferimento teatrali, due esperienze del passato, il teatro greco e quello medioevale, dove la musica aveva un ruolo di primo piano. A proposito del teatro medioevale, ho trovato delle affinità molto significative, ai fini del mio studio, tra alcune affermazioni dei due uomini di teatro. L’affermazione di Pizzetti riguarda, ancora una volta, il suo concetto di dramma: Definiscimi la vita e ti darò la definizione di dramma. Vivere, che è? È forse respirare e camminare, mangiare e bere, dormire? No certo. Intendere alla conquista di un bene non materiale, e operare per conquistarlo: questo è, certo, vivere. […] Ora, se tu pensi che ogni aspirazione al bene e ogni attività per il bene sono insidiate e combattute dalle forze del male, misteriose oscure, multiformi, ingannevoli, tentatrici, che ogni uomo ha, presenti sempre e deste e attive, in sé e intorno a sé, tu vedi, tu comprendi che la vita è dramma.43 PIZZETTI 1938, p. 183. PIZZETTI 1938, p. 184. 42 PIZZETTI 1932, p. 47. 43 PIZZETTI 1932, p. 43. 40 41
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Questa vita, questo dramma, come lotta tra bene e male è suggestivamente evocata da Copeau riguardo i Miracles de Notre-Dame: Il soggetto centrale di questi Miracoli è lo scontro del bene e del male, della natura e della Grazia, la lotta degli angeli con i demoni, l’interiore combattimento dell’anima peccatrice e redenta. Abbiamo sotto gli occhi l’incarnazione delle forze che si esercitano, in ogni momento, per influenzare, nei suoi minimi comportamenti, la volontà dell’uomo; per tendergli trappole, avvertirlo, turbarlo o soccorrerlo; per sollecitare dall’alto e dal basso il suo libero arbitrio. I demoni tirano giù e gli angeli sollevano. La Vergine Immacolata, madre di Dio per l’eternità e madre degli uomini per il Calvario, mette in questo gioco il peso del suo amore.44
Ma tutto questo non è altro che il tema dominante di ogni rappresentazione sacra medioevale, un dramma universale45 che anche la Rappresentazione di Santa Uliva esprime, e che Copeau e Pizzetti si sono ritrovati insieme a realizzare, concordi nel rivestirlo di musica (come facevano i loro predecessori medioevali), una musica che Copeau, nel descrivere una miniatura raffigurante un mistero medioevale, definisce «avvolgente»: Vi invito ad osservare una miniatura di Fouquet, spesso riprodotta. Rappresenta un Mistero di santa Apollonia. Si è osservato che grazie alla disposizione della logge e delle mansioni, dei luoghi e delle gallerie, attori e spettatori si mischiano nel modo più inestricabile. Tanto meglio. In una simile rappresentazione non tutti gli spettatori hanno la stessa visione dello spettacolo. Ma l’azione si articola in modo tale che ciascun gruppo di spettatori, qualunque sia la posizione che occupa, vede sempre qualcosa, che c’è sempre per lui un’azione principale, accompagnata, sostenuta, contrappuntata in lontananza da azioni secondarie, accessorie, fatto che accresce l’emozione. […] E il tutto converge verso lo stesso centro, si collega alla stessa idea grazie a un ordine segreto e alla musica avvolgente.46
Resta dunque da scoprire, come ultimo passo, quale contributo le musiche di scena pizzettiane abbiano apportato alla realizzazione di questa «musica avvolgente». COPEAU 1934; trad. it. in COPEAU 1988, p. 138. «Un grande affresco della vita dell’uomo come pellegrinaggio in questa terra, dalla creazione del mondo al peccato originale, al riscatto attraverso il sacrificio di Cristo, al Giudizio Universale: i grandi misteri ciclici, ma anche solo alcuni momenti culminanti (la Passione e Resurrezione, la vita di un Santo o di una Santa, ecc.), sempre però secondo il principio della parte per il tutto. Una perpetua ricerca di Dio senza che ci sia mai l’esperienza del totale (Dio) ma dove la più piccola esperienza, la creatura più insignificante rimanda a Dio», FALLETTI 2004, p. 19. Vedi anche, su questo tema, la bella riflessione di Erich Auerbach: «Ogni scena della rappresentazione drammatica medioevale, sorta dalla liturgia, fa parte di un unico grande dramma, il cui inizio è la creazione del mondo e il peccato originale, il cui punto culminante è l’incarnazione e la passione, e la cui fine ancora attesa è il ritorno di Cristo e il giudizio universale. […] non c’è motivo di preoccuparsi di raggiungere l’unità di luogo tempo o azione; perché esiste un solo luogo: il mondo; un solo tempo: adesso, che fin dall’inizio è di ogni tempo; e un’unica azione: caduta e redenzione dell’uomo» AUERBACH 1956, p. 173. 46 COPEAU 1934; trad. it. in COPEAU 1988, p. 136. 44 45
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ANDRÉ BARSACQ, Pianta del dispositivo scenico, (Paris, Bibliothèque Nationale de France, Département des Arts du Spectacle, Collection André Barsacq).
JEAN FOUQUET, Il martirio di Santa Apollonia, miniatura, Libro d’ore di Etienne Chevalier, f. 121r, (Chantilly, Musée Condé).
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III. «MUSIQUE CÉLESTE»: IL DRAMMA NELLA MUSICA
III. 1 Per la Rappresentazione di Santa Uliva Pizzetti scrive 18 numeri musicali: 47 PRIMA GIORNATA I II III IV V VI VII VIII IX
Introduzione. Lauda di Uliva e delle sue ancelle. Il sacrificio delle mani. Lamento. a) Scena dell’osteria; b) Coro dei bevitori; c) [Scena dei tre istrioni]; d) Ripresa del coro dei bevitori. a) La caccia; b) [Coro dei cacciatori]; c) [Richiamo dei cacciatori]; d) Il ritorno dalla caccia; e) [I cacciatori bevono e cantano]. La Ninna Nanna di Uliva. Il viaggio di Uliva, alla ricerca del bambino rubato. Il miracolo delle mani. SECONDA GIORNATA
I II III IV V VI
Introduzione. La corte del Re di Castiglia. a) La Marcia Nuziale; b) Marcia Nuziale. a) Chiamata alla battaglia; b) Primo Episodio di battaglia (Navarra). Secondo Episodio di battaglia (Castiglia). Il viaggio di Uliva verso le foci del Tevere.
47 Ho ricavato questo elenco dallo spartito delle musiche di scena (PIZZETTI 1935); nei pochi casi in cui non era presente un titolo ho provveduto a inserito io, indicandolo tra parentesi quadre. PIZZETTI 1935 è la principale fonte musicale della rappresentazione, a cui ho fatto costante riferimento per il mio studio. Mi sono servito anche di PIZZETTI 1944A, che contiene le parti vocali e orchestrali dell’allestimento del 1944, ma che pone una serie di problemi che ho discusso nel capitolo dedicato alle fonti.
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VII VIII IX
L’Inno dell’Imperatore. Danza di corte. Finale.
La prima cosa che si può notare è la gran quantità di musica presente nello spettacolo.48 È una constatazione che può sembrare banale, ma da cui nasce una domanda assolutamente non banale: tutta questa musica è drammaturgicamente giustificata? Ovvero, riutilizzando le parole di Pizzetti: come questa musica aumenta, perfeziona l’efficacia espressiva del testo teatrale? Una prima risposta la suggerisce Aliverti, che mette bene in evidenza, seppure sinteticamente, il ruolo attivo che la musica svolge nella costruzione del dramma, un ruolo variegato e multiforme: La musica, composta da Ildebrando Pizzetti su indicazioni molto precise del regista, riveste un ruolo fondamentale in questo spettacolo. I brani musicali, strumentali o vocali, precedono o accompagnano le varie scene, predisponendo gli spettatori […] o accentuando le loro impressioni […]. La musica si associa inoltre alla recitazione in forma di melologo, imprigiona nella sua durata il tempo dell’azione, la regola nello spazio.49
E proprio a causa di questa varietà vorrei proporre una classificazione, ovviamente imperfetta (come del resto tutte le classificazioni), ma che ritengo comunque utile per mettere a fuoco i vari ruoli (che ho riassunto in quattro principali) che la musica assume durante la rappresentazione, sempre tenendo ben presente la vocazione pizzettiana al dramma, che investe ogni episodio musicale di una tensione drammatica più o meno intensa, in relazione a ciò che avviene sulla scena.50 Ecco, dunque, la mia classificazione: Musica giustificata dall’azione: ho riunito in questa definizione tutta quella musica strettamente legata e tendenzialmente interna alla situazione scenica. È quella musica che, come scrive Pizzetti stesso, entra nel teatro recitato «come elemento costituzionale, come inevitabile modo di essere e di apparire».51 Per esempio sono quei casi, come chiarisce ancora lo stesso musicista, «in cui il dramma o la commedia, presentando su la scena un personaggio che suona uno strumento è inevitabile che si debba udire la musica su quello strumento sonata».52 Ne La Rap48 Vedi il commento di Milano riportato nella nota 4. rimando inoltre al già discosso Pizzetti 1938 per il problema della maggiore o minore presenza di musica nel teatro recitato. 49 ALIVERTI 1993, p. 39. 50 Il concetto è chiarito molto bene, come al solito, da Pizzetti stesso: «come […] può essere concepita e intesa la musica nel teatro recitato se non come linguaggio più o meglio della parola proprio a creare nel dramma, intorno ai personaggi o alle loro parole, un’atmosfera tale da dare maggior risalto e maggior e potenza espressiva a un dato episodio, a una data scena, a un determinato discorso?» (PIZZETTI 1938, p. 184). 51 PIZZETTI 1938, p. 185. 52 PIZZETTI 1938, p. 186. Pizzetti fa anche l’esempio del coro nella Nave di D’annunzio, coro che, «avendo un ufficio quasi liturgico non potrebbe non cantare, perché cantare (prescindendo dalle
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presentazione di Santa Uliva appartengono a questa categoria tutti i brani che si associano a cerimonie di corte, quali La corte del re di Castiglia, L’Inno dell’Imperatore, Danza di corte, e la Marcia nuziale. In questo gruppo si inserisce anche la Lauda di Uliva e delle sue ancelle e La Ninna Nanna di Uliva, nonché gli interventi del coro nelle scene dell’osteria e della caccia. Vale la pena sottolineare come questa musica sia molto significativa per il trattamento drammaturgico a cui viene sottoposta dal regista e dal compositore, infatti più di una volta la ‘musica giustificata dall’azione’ subisce delle intensificazioni drammatiche, che variano notevolmente da brano a brano, ma non sono mai totalmente assenti, nemmeno in quei brani che appaiono totalmente statici (casi esemplari sono La Ninna Nanna di Uliva, La corte del re di Castiglia e la Marcia nuziale). Commento e guida all’azione drammatica: svolgono questo ruolo soprattutto l’Introduzione alla prima giornata, solenne Introitus che immerge in un clima religioso tutta la rappresentazione, il Finale, che ha il compito di chiudere altrettanto religiosamente lo spettacolo. Sono questi i momenti in cui il coro, come si diceva prima, assume una funzione religiosa, quasi liturgica (e il testo stesso che canta è tratto dalla Liturgia). Altro brano in cui il coro è protagonista è il Lamento, e dove, come in una tragedia greca, trae spunto dalla vicenda di Uliva per fare una dolorosa meditazione sull’esistenza umana. Musica che funge da intermezzo (assieme alla danza) in sostituzione degli intermezzi eliminati della versione rinascimentale. Questa è una delle modifiche più radicali al testo originale, come ho fatto notare nel primo capitolo citando una lettera di D’Amico: «sostituire radicalmente gli “intermezzi” di musica e danza con altri».53 Nella versione del 1933 il più esteso intermezzo dello spettacolo è Il Viaggio di Uliva, alla ricerca del bambino rubato, il quale ha anche una notevole importanza drammaturgica. Intermezzi, invece, nel puro significato del termine sono i due Episodi di battaglia, la scena della caccia e la scena dell’osteria. Ci sono, infine, quei momenti in cui la musica si inserisce tanto incisivamente nell’azione drammatica da assurgere a ruolo di guida. In questa categoria si possono inserire tutti quei momenti in cui compare un melologo e dove, come sottolinea Aliverti, la durata musicale influenza il tempo dell’azione. È il caso de Il sacrificio delle mani, de Il Viaggio di Uliva, alla ricerca del bambino rubato, de Il miracolo delle mani e, nella seconda giornata, de Il Viaggio di Uliva verso le foci del Tevere. Vorrei evidenziare come questo avviene in modo particolarmente intenso in tutte quelle situazioni in cui interviene nell’azione il sovrannaturale: ciò significa che in questi momenti la musica rende tangibile la presenza del divino (ma anche del diaboli-
forme date dal musicista al suo canto) è il suo modo di essere» (PIZZETTI 1938, p. 186). In alcune situazioni è anche il caso del coro in Santa Uliva, ma non mi sembra che questo ruolo del coro possa rientrare in questa prima categoria, mentre quando il coro impersona una massa che canta sì. 53 Lettera di Silvio d’Amico a Nicola Lisi, [agosto 1932], in ALIVERTI 1982, pp. 51-53.
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co); ciò che è una presenza misteriosa si rivela attraverso la musica, (quasi una versione riveduta e corretta del suono «dispensateur du Mystère»54 di Mallarmé). Musicalmente emerge, innanzitutto, l’uso di temi chiari e ben definiti (che si adattano perfettamente alla messa in scena concreta ed essenziale di Copeau, il quale più di una volta indica quale tema musicale deve essere usato), temi che ricorrono e si trasformano varie volte nel corso della rappresentazione, contribuendo a creare il ritmo e l’armonia ricercate da Copeau tra le varie scene (con suggestive corrispondente tra gli altri elementi del linguaggio scenico, in particolare la luce), temi che si modellano sulla personalità dei personaggi e delle varie situazioni drammatiche che la musica è chiamata a sostenere.55 Tutto questo viene attuato da Pizzetti attraverso le principali caratteristiche del suo linguaggio musicale (che questo musiche di scena ripropongono), in primo luogo la sua personale rivisitazione del modalismo e degli ethé musicali, in chiave espressiva. Sulla teoria dell’ethos Pizzetti si era espresso già nel commentare la sua prima opera importante (le musiche di scena scritte per La nave di d’Annunzio): Io dunque ho composto le melodie della Nave nei modi dimenticati della musica liturgica primitiva, che è quanto dire nei modi della musica greco-latina. E ho scelto per ogni caso il modo in che comporre la melodia, che avesse l’ethos più rispondente al significato, all’espressione del testo poetico. Il quale ethos non ho voluto considerarlo stabilito nella definizione degli antichi teorici greci o latini, dei filosofi o dei primi musicologi della chiesa, ma ho voluto sentirli io stesso in me profondamente.56
Ora, nonostante la personalizzazione fattane dal musicista, gli ethé che Pizzetti infonde nella sua musica non sono poi così differenti, in fondo, dalle concezioni che ne avevano i teorici greci e, ancora di più, i primi padri della Chiesa. Si tratta, in sostanza, della contrapposizione tra modo diatonico e modo cromatico, il primo associato ad un ethos positivo, il secondo ad un ethos negativo, il primo identificato con la musica di Dio, del bene, l’altro a una musica che allontana da Dio. Pizzetti non fa altro che rivisitare questo dualismo, come ben chiarisce Santi: Pizzetti, all’uopo, esplica la pratica modale adottando il criterio distintivo dei generi diatonico e cromatico, inteso, quest’ultimo, nel senso greco-medievale di un abbassamento e di un innalzamento vario e irregolare dei gradi mobili interni all’ambito fisso del modo (tetracordo e pentacordo).57 […] simile maniera di praticare la modalità è tecnicamente importante, proprio in ordine all’operazione riduttiva, in quanto consente di classificare agevolmente i sensi o le allusioni emotive messi in agitazione. […] così tutti i sensi forti, quelli che alluderanno a un superamento delle miserie e delle debolezze umane, perché riferiti o alla solennità di Dio, o alla virilità guerriera, MALLARMÉ 1887, p. 296. Come nota Damerini nella sua recensione dello spettacolo: «È un Pizzetti di una più larga melodiosità e di una semplice e forte drammaticità» (DAMERINI 1933). 56 PIZZETTI 1907, p. 855. 57 Questo processo è, per esempio, evidentissimo nella trasformazione che Pizzetti opera del tema di Uliva nel Lamento. 54 55
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o alla purezza dell’animo, o alla soavità del consolo, o simili, si ascolteranno sostenuti da un declamato di genere diatonico; viceversa tutti i sensi deboli, connessi alla nostra terrena natura, nutriti cioè dalle «passioni», dalle «aspirazioni», dai «vizi», dai «peccati», dalle «colpe», dalla «tristezza», dalla «miseria», dalla «speranza» […] saranno opportunamente serviti da un declamato di genere cromatico. Ma anche quando non vi sarà parola, nella musica strumentale, il protrarsi della modulazione e della dialettica modale fra genere diatonico e genere cromatico, non mancherà d’evocare sensi forti e sensi deboli.58
Questo dualismo, comunque, non è mai l’applicazione meccanica di una teoria, come chiarito da Pizzetti stesso nel passo citato, e ribadito ancora da Santi: «Sono intonazioni, codeste, di cui va constatato non tanto la rigida corrispondenza a una teoria modale, quanto il rigore tecnico dell’intenzione espressiva».59 Intenzione espressiva che trova il suo culmine nelle pagine musicali in cui Pizzetti deve rappresentare musicalmente la presenza di Dio: quella musica che Copeau, significativamente (quando Uliva invoca la Vergine Maria prima di sacrificare le sue mani) chiama «Musique céleste».60 Se questa «musique céleste» trova il suo culmine negli episodi sopra descritti, è bene rilevare come tutte le musiche di scena per Santa Uliva sono investite da un’atmosfera sacrale, conseguenza del personalissimo processo compositivo pizzettiano ispirato alla modalità,61 che fa di tutte queste musiche di scena una sorta di continua, avvolgente, «musique céleste».
III. 2 Dopo aver indicato sommariamente le caratteristiche drammaturgiche e musicali della partitura pizzettiana, procedo ora ad un’analisi più dettagliata, confrontando le musiche con il testo della messa in scena del manoscritto di regia di Copeau. Non voglio certo fare una pura analisi descrittiva della musica (che sarebbe inutile), né pretendo elencare minuziosamente tutte le sfumature (a volte poche note, una minima variazione nel ritmo, nell’armonia) che Pizzetti crea per accompagnare musicalmente il dramma. Voglio solo cercare di mettere in evidenza, segnalando per ogni brano i tratti salienti, la straordinaria simbiosi tra testo teatrale e testo musicale, che, come ricordavo all’inizio, è stato uno dei principali motivi del successo di questo spettacolo.
SANTI 1980, pp. 99-100. SANTI 1980, p. 100. 60 COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 49. 61 «Il modalismo è poeticamente adottato da Pizzetti per l’afflato religioso derivato ad esso dal sodalizio liturgico, piuttosto che per ricollegarsi ad una precisa tradizione musicale». SANTI 1980, p. 90. Si può comunque inserire questo recupero del modalismo sulla linea del recupero del medioevo che in quegli anni si stava svolgendo in vari campi, e di cui il progetto teatrale della Rappresentazione di Santa Uliva è testimonianza esemplare. Per approfondimenti su questo argomento si veda GHERARDI 1980. 58 59
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PRIMA GIORNATA I. INTRODUZIONE L’Introduzione, che apre solennemente la sacra rappresentazione, può essere suddivisa in quattro parti ben definite: 1) batt. 1-16: Andante sostenuto; 2) batt. 17-39: Andante largo; 3) batt. 40-65: Molto sostenuto; 4) batt. 66-81. Come inizio dello spettacolo Copeau prescrive un contrasto luminoso: Les stalles du public sont éclairées. Le champ dramatique est tenu dans l’ombre, à l’exception peut-être des 4 pelouses faiblement éclairées par les rampes des buis. Trompettes – Extinction des lumières du publique.62
La prima parte non ha una specifica corrispondenza nel manoscritto di regia di Copeau, visto che all’inizio della composizione pizzettiana le trompettes non ci sono. Ci sono invece le sedici battute dell’Andante sostenuto, in cui è esposto il tema di Uliva, il cuore di queste musiche, tema conduttore che riapparirà più volte, variamente elaborato, durante lo spettacolo. Anzi, si potrebbe dire che il dramma di Uliva, trasportato nella partitura, altro non è che la continua trasformazione di questo tema. È necessario, dunque, analizzarlo più a fondo. Si tratta di una maestosa melodia diatonica (costruita interamente da intervalli di seconda maggiore, terza minore e quarta giusta) che si sviluppa, con un fraseggio molto regolare, attraverso ripetizioni lievemente variate di un nucleo tematico fondamentale (bb. 1-2). Si crea così un continuo movimento ad arco e un continuo aumento della tensione, sia per lo slittamento all’insù del culmine melodico (innalzando il motivo di base di una quarta alla battuta 5 e di una sesta minore alla battuta 6), sia per la diminuzione dei valori delle note (crome, dalla battuta 4). Dalla battuta 9 comincia poi una breve elaborazione polifonica della testa del tema per inversione (bb. 9-12). Se questa prima pagina musicale, con le caratteristiche appena descritte, ben rappresenta il personaggio di Uliva, cioè la fanciulla innocente che trova la sua forza solo in Dio, non mancano comunque degli accenni musicali alle persecuzioni e sofferenze che dovrà affrontare prima del trionfo finale. Innanzitutto ci sono quelle acciaccature in levare, che spezzano la regolarità della frase e danno un senso di inquietudine fugace, in sottofondo, fin dall’inizio, (e che rimarranno sempre, anche nel trionfo finale). Altro elemento destabilizzante è poi il passaggio al motivo che parte da la bemolle alla fine della battuta 6: infatti, al contrario del passaggio alla battuta 5 del motivo di base una quarta sopra, qui il nuovo segmento si percepisce con maggior fastidio, come un passaggio ad una tonalità lontana. L’inquietudine di 62
COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 43.
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questo movimento melodico è, non a caso, sottolineato da Pizzetti, con i bassi (bb. 7-8 e 12-16), che spezzano con una pausa prima dell’ultima nota l’ariosità del tema; tema che, comunque, solennemente armonizzato, chiude questa prima pagina musicale.
Esempio 1: Introduzione (bb. 1-16).
Le restanti sezioni dell’Introduzione seguono le indicazioni di Copeau: [X] Orchestre – Venant de droite et de gauche, d’abord les anges en file, puis la Vierge Marie gagnent la loge VII et se tiennent debout sans prendre encore place. Puis, sans interruption, au rez-de-chaussée, tous les acteurs, figurants, porteurs d’accessoires s’avancent par le passage P, gravissant les trois marches, se répartissant des deux cotés de V jusqu’en d et E. l’ange Annonciateur est au centre A.V. Tous saluent devant eux, à droite, à gauche. Puis se mettent à genoux. [X] Chœurs – Pendant l’agenouillement, la musique cesse, et les deux chœurs entonnent à capelle une courte phrase.
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Silence La prière terminée, les acteurs se débandent, et sous musique vont gagner assez rapidement la place qui leur a été indiquée, soit à proximité du lieu scénique qu’ils vont occuper. Alleluia L’ange annonciateur n’a pas quitté, sa place en A. Pendant que le mouvement précédent s’exécute, il avance lentement vers E. D. cependant que la lumière et l’éclaire seul, et que, soutenu par l’orgue, il parle : Devoti di Gesù dolce Signore, […] [X] L’Ange ayant dit, s’éloigne par D.C.AIV.BIV.BII.aII et va sortir en VI par la gauche. Musique pour accompagner sa retraite.63
Non si può non sottolineare il carattere di rito religioso che avvolge quest’inizio di spettacolo: la processione degli attori si può accostare al momento iniziale di una messa, quando il celebrante con i suoi aiutanti (in questo caso l’Angelo annunciatore con gli altri attori) compie il percorso verso l’altare.64 La musica accompagna solennemente questa processione con un Movimento di marcia lenta e solenne, caratterizzata da un’atmosfera di ieraticità e atemporalità. Segue l’intervento corale, nettamente diviso in due sezioni: la prima affidata ad un coro misto a cinque voci e la seconda a un coro di ragazzi a tre voci (definito coro celeste).65 Il testo del coro a cinque voci – a conferma del carattere di rito religioso dello spettacolo – è tratto dalla Liturgia: «Omnis terra adoret te, deus, et psallat tibi: psalmum dicat nomini tuo, Altissime».66 Il coro celeste intona invece un gioioso alleluia, accompagnato da quella che nello spartito è indicata come «Seconda Orchestra».67 Non avendo la partitura del 1933 non posso dire con esattezza quali COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, pp. 43-44. Per una agevole lettura delle citazioni tratte dal manoscritto di regia di Copeau riporto qui i criteri di edizione utilizzati dalla Aliverti nel pubblicarlo, e qui da me riprodotti: « Si sono distinte le parti scritte a penna, che rappresentano la prima stesura della regia che Copeau elaborò a Pernand, dalle parti a matita corrispondenti presumibilmente a modifiche introdotte nel corso delle prove a Firenze, procedendo come segue: le parti aggiunte sono state riportate tra parentesi quadre e inserite nel testo nei punti indicati nel manoscritto; […] le sottolineature a matita nera o, più raramente, rossa (quest’ultime spesso riferite a elementi in relazione con la musica in scena) sono state riprodotte uniformemente; si sono rese in neretto parole particolarmente marcate nel manoscritto; i segni diacritici in forma di croci a matita rossa, usati per evidenziare a margine o in seno alla pagina musiche, suoni o rumori, sono stati resi con [X]» (ALIVERTI 1992, p. 42). Questi ultimi segni sono presenti solo nella prima giornata. Le lettere si riferiscono alla pianta del dispositivo scenico. 64 Scrive Copeau a riguardo: « Per entrare nell’idea di una rappresentazione sacra, per penetrarne il senso e conservarne tutto il significato, bisogna prima di tutto sapere fino a che punto essa resta implicata nella cerimonia che l’ha originata e che ne è governata senza confonderle l’una con l’altra. Questa cerimonia è la Santa Messa. La messa è un’azione. Alle origini è così designata: azione di sacrificio, azione di grazie, azione domenicale, azione della cena di nostro Signore […] Ecco il nuovo nocciolo sacro attorno al quale fruttificheranno altre cerimonie», COPEAU 1934; trad. it in COPEAU 1988, p. 133. 65 PIZZETTI 1935, p. 6. 66 Il testo è tratto dal Salmo 65,4 e utilizzato nell’Introitus della Domenica II post Epiphaniam, (vedi Graduale Sacrosanctae Romanae Ecclesiae de Tempore et de Sanctis). 67 PIZZETTI 1935, p. 6. 63
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strumenti facessero parte di questa Seconda Orchestra (comunque nello spartito sono indicati organo e celeste). L’indicazione è comunque di fondamentale importanza, soprattutto se si osservano tutti i punti in cui questa Seconda Orchestra compare nello spartito, cioè in tutte le situazioni che richiamano un intervento divino, come gli interventi miracolosi (il miracolo dei frutti e il miracolo delle mani). Il coro celeste compare anch’esso più volte, e precisamente dopo il miracolo delle mani (nel brano omonimo) e nel momento in cui Uliva approda alle foci del Tevere (Il viaggio di Uliva verso le foci del Tevere). In tutti i casi il coro celeste è musicalmente caratterizzato da una diatonicità totale. L’ultima parte di quest’Introduzione riprende il tema di Uliva, incorniciando l’intervento dell’Angelo Annunziatore (che nel corso della rappresentazione parlerà sempre, come adesso, su di un sottofondo musicale). Infine i richiami dei corni e delle trombe (forse le trompettes segnalate da Copeau precedentemente) e gli accordi ribattuti degli archi (altra costante musicale di queste musiche), finalmente annunciano al pubblico l’inizio dello spettacolo. II. LAUDA DI ULIVA E DELLE SUE ANCELLE La Lauda di Uliva e delle sue Ancelle è un breve e canto a tre voci femminili, su testo di Iacopone da Todi,68 che si ispira alle laude spirituali polifoniche, di cui ripropone la semplicità armonica e melodica. III. IL SACRIFICIO DELLE MANI Questo è uno dei momenti cruciali dell’intero spettacolo: Uliva ha appena rifiutato la proposta di suo padre e chiede aiuto alla Vergine. Proprio subito dopo questa invocazione di aiuto interviene la musica. Così scrive Copeau: «Musique céleste. Comme une réponse à la prière d’Uliva. Le ciel se découvre. Douce activité de la Vierge et des Anges».69 Compare qui una melodia eseguita dalla tromba sorretta dagli arpeggi dell’arpa, un altro tema ricorrente che si potrebbe chiamare tema dell’intervento divino.
68 Tra il testo citato in partitura e le edizioni da me consultate delle Laude di Iacopone da Todi ci sono delle leggere divergenze. Questo è il testo presente nello spartito: «Jesù, dolce meo sposo,│ dimme che posso fare │che eo te possa amare│quanto te so’ tenuta;│chè a Te non fò penoso│ per me pena portare│ volendo me salvare│ch’en colpa era caduta» (Pizzetti 1935, pp. 9-10). Riporto inoltre il testo nell’edizione più vicina nel tempo alla Santa Uliva del I933, che è anche il più simile a quello cantato nella Rappresentazione: «Iesú, dolce mio sposo, – dimme que posso fare│che io te possa amare – quanto te so tenuta:│ch’a te non fo penoso – per me pena portare│volendome salvare – ch’en colpa era caduta » ( IACOPONE 1930, p. 149). La lauda in questione è la LXV (IACOPONE 1930, pp. 144-150) di cui riporto l’incipit: «Ad l’amor ch’è venuto – en carne a noi se dare, │andiamo a laude fare – e canto con onore». 69 COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 49.
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Esempio 2: Il sacrifico delle mani, bb. 3-6.
Segue il sofferto dialogo-preghiera tra Uliva e Dio, dove la recitazione tende a fondersi con la musica, fino al culmine raggiunto nell’ultima invocazione di Uliva: «Gesù, Gesù, Gesù, Misericordia!», scandito ritmicamente, come una voce recitante, sui tremoli degli archi e i suoni spezzati dei fiati che riprendono le prime note del tema dell’intervento divino (qui quasi un eco del lamento di Uliva). La musica, intanto, ha continuamente trasformato, quasi straziato, il tema di Uliva, fino alla catastrofe conclusiva.
Esempio 3: Il sacrifico delle mani, bb. 26-32.
IV. IL LAMENTO Nel Lamento, si manifesta chiaramente il dualismo diatonico-cromatico in funzione espressiva. È, ancora una volta, il tema di Uliva il protagonista: qui Pizzetti alla chiarezza del «supremo bene» invocato da Uliva (e che si manifestava nella diato-
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nicità dell’inizio della Rappresentazione) sovrappone l’oscura presenza del male trasformando cromaticamente il tema:
Esempio 4: Lamento, bb. 1-3.
Tutto il brano si può leggere come una esplicitazione musicale della vicenda di Uliva quale paradigma dell’esistenza umana: l’uomo deve continuamente scegliere tra «la conquista del supremo bene» che «della vita placar potrà le pene», e i «fallaci desiri», i «van pensieri│che nell’umane menti ogn’or si fanno», come dice l’Angelo Annunziatore poco dopo, che non portano altro che sofferenza e morte. Sofferenza e morte che si fanno tangibili nella tragica melodia esposta dapprima all’unisono, e poi per quarte sovrapposte, dall’orchestra; nella declamazione dell’Angelo, accompagnata dall’ossessiva ripetizione delle prime tre note del tema di Uliva; e, infine, nel coro di voci femminili che chiude questo momento con un dolente lamento cromatico: «Ahi, mondo ingrato, cruda e triste sorte│Ch’in un punto ci mostri vita e morte». V. L’OSTERIA La scena dell’osteria aveva, come già detto precedentemente, una grande importanza per gli organizzatori di questo spettacolo. Benché la storia di Uliva qui passi in secondo piano (protagonisti sono l’ostessa e l’oste-diavolo) non si può dare all’episodio un significato completamente estraneo al resto dell’azione drammatica: infatti, oltre al recupero dell’inframessa comica tipica delle sacre rappresentazioni, il fatto che Copeau abbia unito la figura del diavolo con quella dell’oste getta una luce ‘mefistofelico-goliardica’ su tutta la scena, nettamente in opposizione alla presenza immobile di Uliva sulla scena. La musica di Pizzetti (strutturata in quatto sezioni), è qui ricca di acciaccature, veloci scale ascendenti, staccati, e contribuisce a creare quest’atmosfera, come si può notare nella prima sezione, strumentale:
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Esempio 5: Scena dell’osteria, bb. 7-18.
La sezione successiva (che si sussegue senza interruzione dalla prima) è un coro di bevitori. Il testo è tratto da un antico canto carnascialesco,70 mentre la melodia è la stessa del brano strumentale iniziale. La terza sezione vede l’esibizione di tre istrioni. Questo episodio è stato introdotto per volere di Copeau, in accordo con Pizzetti: «Dans le petite scène de l’auberge, qui était bien terne, j’ai introduit, d’accord avec Pizzetti, un très court petit divertissement formé par trois comédiens ambulants».71 Nel suo manoscritto di regia Copeau indica «une danse rapide et violent»,72 che Pizzetti realizza con una danza in tre, in cui un ossessivo accompagnamento di quinte vuote funge da sostegno a una rapida melodia (fatta quasi esclusivamente di gradi congiunti) che ambiguamente oscilla tra modo maggiore e modo minore. L’ultima sezione infine ripropone il coro dei bevitori e la danza (accorciata), che in questo caso è danzata dai coniugi albergatori ed è definita da Copeau come «danse grotesque».73 70 Il testo è il seguente: «Ciascheduno ha la sua dama,│Che la notte non rincresca.│Com’è giorno ognuno brama│Di ballare alla moresca│E così d’accordo in tresca│Ce ne andiam, cantando, a bere», PIZZETTI 1935, pp. 18-19. 71 Lettera di Copeau a d’Amico del 8 maggio 1933, in ALIVERTI 1982, p.91. 72 COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 51. 73 COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 54.
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VI. LA CACCIA Anche questo brano è suddiviso in varie sezioni, corrispondenti ad altrettante indicazioni del manoscritto di regia di Copeau. La caccia assieme al torneo era una delle inframmesse di carattere coreografico più frequenti nelle tarde sacre rappresentazioni ed era arricchita da arie particolari (Su alla caccia): nel rifacimento novecentesco l’aria di caccia è un brano corale di Pizzetti.74
Il tema della caccia viene esposto non appena Uliva termina la sua preghiera: «aussitôt qu’elle s’est tue, un air de chasse».75 Segue, dopo una breve battuta del re di Bretagna il vero e proprio episodio della caccia. Terminata questa sezione musicale segue il saluto del Re alla Regina, poi una ripresa dell’aria di caccia, alla fine della quale avviene il ritrovamento nel bosco di Uliva da parte di un gruppo di cacciatori. Dopo un breve dialogo tra questi ed Uliva, c’è un altro lungo intervento musicale: Il ritorno dalla caccia. Musicalmente è tutto come prima (base di tutti questi brani è l’aria di caccia iniziale), tranne un breve momento (bb. 39-45) in cui l’orchestra esegue un lungo trillo e il coro canta «La cerva è presa», con una evidente allusione al ritrovamento di Uliva nel bosco.
Esempio 6: Il ritorno dalla caccia, bb. 39-45.
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ALIVERTI 1993, p. 90. COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 55.
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L’ultima sezione, Cacciatori intorno al fuoco, avviene subito dopo il rifiuto di Uliva al tentativo di seduzione del diavolo. È un brano solo corale, la cui melodia riprende il tema dell’aria di caccia.
Esempio 7: La Ninna nanna di Uliva, bb. 13-20.
VII. LA NINNA NANNA DI ULIVA Sull’ultimo accordo del coro (si bemolle maggiore) si insinua un si bemolle suonato dai violini, che funge da collegamento al brano musicale successivo, La Ninna Nanna di Uliva (versi di Corrado d’Errico76). È un brano particolarmente significativo 76 Gesù ti guarda, Gesù ti culla,│Dormi sereno figlio di Re.│Splendono gli astri sulla tua culla,│Sia dolce il sonno, è Iddio con te.│Tra lotte ardenti, guerre e tornei,│Un gran Monarca ti generò:│Ei t’ha affidato ai preghi miei.│Donna ferita ti veglierò…│Gesù ti guarda, Gesù ti culla,│Dormi sereno figlio di re.│Sogna di questa mamma fanciulla│ Che la tua mamma, bimbo non è.│Azzurre notti, notti divine│ Coltri al tuo sonno Dio stenderà,│E del tuo regno sopra il confine│Eterno il sole rinascerà. (D’ERRICO 1936, p. 53). I versi 11-16 non sono stati musicati da. Anche nel manoscritto di regia dopo l’indicazione:«Uliva berce l’enfant du Roi en Chantant» seguono, infatti, solo i primi dieci versi di D’Errico (COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1933, p. 59). A cantare il brano non era l’attrice che impersonava Uliva (Andreina Pagnani), ma il soprano Ginevra Vivante.
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per il modo in cui Pizzetti drammatizza un brano che all’apparenza si presenta come intermezzo lirico. In realtà proprio alla fine della ninna nanna si verifica uno degli eventi più importanti della storia, cioè il rapimento per opera del Siniscalcodiavolo, respinto precedentemente da Uliva, del bambino che era stato affidato alla stessa Uliva. Per questo fatto Pizzetti riveste l’intero brano di un clima espressivo ambiguo (in forte opposizione alla serenità del testo di d’Errico), soprattutto grazie a un tessuto armonico notevolmente instabile, che genera una tensione continua. Come esempio si prendano le battute 13-20 (esempio 7), dove il testo che sottolinea le serenità e la protezione data da Dio («Splendono gli astri sulla tua culla│Iddio è con te») è accompagnato da una lunga modulazione che da sol maggiore (tra l’altro non ben definito: nell’accompagnamento c’è un fa naturale e nel canto un do diesis) porta a sol minore. Inoltre è presente un disegno ritmico di quattro semicrome (bb. 14, 15 e 17, ma che aveva fatto la sua prima comparsa alla battuta 11) che sembra trasportare nella musica la presenza in scena del diavolo. Che questo disegno ritmico si riferisca al diavolo è confermato nel finale: alla ripresa della melodia iniziale (b. 33) tutto sembra pacificarsi, Uliva termina il suo canto e si addormenta, ma è a questo punto che interviene il diavolo («Questo mio core non si può placare…») e rapisce il bambino. La sua sinistra presenza è sottolineata da Pizzetti con una sola nota (la bemolle) che riprende il precedente disegno ritmico di semicrome.
Esempio 8: La Ninna nanna di Uliva, bb. 40-49.
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VIII. IL VIAGGIO DI ULIVA, ALLA RICERCA DEL BAMBINO RUBATO Si tratta del numero musicale più esteso della rappresentazione. Si tratta di un ampio pannello coreografico-musicale, diviso in quattro parti, di cui Copeau nel suo manoscritto di regia annota minuziosamente lo svolgimento: Les quatre intermèdes suivant donneront une note de renaissance païenne qui est dans l’original. Ils marqueront au même temps l’espace parcouru par Uliva et la durée de ses courses. Quatre saisons et quatre heures du jour. 1. L’hiver – La nuit 2. Le printemps – L’aurore – Les oiseaux et les branches fleuries 3. L’été – Midi – La moisson 4. L’automne – Le coucher du soleil. Un marché. Retour de vendanges. […] Chacun de ces tableaux chorégraphiques sera séparé du suivant par une marche d’Uliva, toujours plus dure, sur une thème qui passera d’un instrument à l’autre.77
Seguono poi altre indicazioni, ancora più minuziose, su ciò che deve avvenire sulla scena. Inutile dire come la parte musicale (giustamente giudicata tra più belle dell’intero spettacolo) sia qui di primaria importanza, come anche le annotazioni di Copeau dimostrano. Delle lunghe note ribattute introducono il Largo iniziale, dall’incedere lento e pesante, che ripropone il tema di Uliva, qui trasformato in un lamento quasi disperato. Dico quasi perché alla battuta 13 lentamente la melodia prende un po’ di vita, fino a sfociare nel tema dell’intervento divino (che qui si presenta più come un’invocazione dell’intervento stesso), che trova una breve risposta nello stesso tema che si ripropone per poche battute, come un eco, eseguito dalla Seconda Orchestra. Vista l’esposizione dei vari temi, si potrebbe leggere questa prima parte come una sintesi di tutto il viaggio di Uliva: sofferenza, invocazione d’aiuto, risposta divina. Dopo questo inizio Copeau (è la prima delle minuziose indicazioni ricordate poco prima) segnala: «Passage de la femme à l’enfant»;78 questo episodio è così descritto nelle didascalie dello spartito: Una donna passa con una bambino in braccio cantando una ninna nanna. Uliva la vede. Sta in ascolto. La ninna nanna che essa canta le ricorda l’altra che essa cantava al figlio del Re. Si precipita verso la donna e cerca di vedere il bambino.79
COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1933, pp. 61-62. COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 62. 79 PIZZETTI 1935, pp. 44-45. 77 78
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La ninna nanna cantata dalla donna è una semplice melodia dal carattere popolareggiante che richiama una filastrocca infantile:
Esempio 9: Il viaggio di Uliva, alla ricerca del bambino rubato, bb. 30-38.
Molto intenso il contrasto musicale tra la serenità e semplicità di questa melodia e l’inquieto sottofondo strumentale che l’accompagna, che subisce una brusca accelerazione (più mosso agitato) nel momento in cui Uliva cerca di vedere il bambino della donna: veloci terzine di semibiscrome sorreggono il frammento iniziale del tema di Uliva ossessivamente ripetuto in uno slancio vano, fino a quando «la donna col bambino impaurita fugge»,80 e il tema si trasforma in un mesto lamento. Dopo questo episodio segue la prima esposizione del tema che accompagna il cammino di Uliva, uno dei momenti di maggiore intensità dell’intero spettacolo. Come mette in evidenza Gatti, è un tema umile che par voglia esprimere la dura ascesa di lei verso la luce che le sfugge e il ripiegarsi dell’anima dolorante, un tema che non vuole emergere per la sua bellezza e peregrinità ma così perfettamente aderire alla figura della protagonista da non farci desiderare variazioni o nuove incarnazioni o altri accorgimenti.81
80 81
PIZZETTI 1935, pp. 44-45. GATTI 1954, pp. 67-68.
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Esempio 10: Il viaggio di Uliva, bb. 48-55.
La successiva sezione musicale inquadra l’episodio della primavera: è un Movimento di minuetto, piuttosto sostenuto, caratterizzato da una sinuosa melodia ad arco che sembra descrivere il gioioso travaglio della natura che si risveglia. Nella seconda parte invece si trova una imitazione del canto degli uccelli, con un melodizzare per toni interi dal sapore debussiano. Dopo la riesposizione del tema del cammino di Uliva (un’ottava sotto la precedente esposizione e con un accompagnamento quasi da marcia funebre) si colloca l’episodio dell’Estate, il cui momento più rilevante è quando Uliva intravede tra i mietitori alcuni bambini, Uliva vuole vederli da vicino, ma i mietitori la mandano via. Pizzetti qui pone un episodio musicale simile a quello che accompagnava la scena della donna col bambino. Dopo quest’ultimo vano tentativo Uliva è esausta, e si lamenta della sua situazione, della sua lunga e inutile ricerca e della terribile sete che la tormenta. A questo lamento risponde la Vergine Maria. Questo nuovo intervento dall’alto è, ancora una volta, rafforzato, sottolineato dalla musica, e non una musica qualsiasi, ma la musica celeste, così come indica questa annotazione di d’Errico, che Copeau riprende nel suo manoscritto di regia: «Si ode una musica celeste, e in essa la voce della Vergine Maria».82 Nuovamente quindi compaiono tremoli nella regione acuta e sovracuta, accordi ribattuti, mentre, al momento de Il miracolo dei frutti, la seconda orchestra e la riproposizione del tema dell’intervento divino. Dopo che la Vergine, sempre accompagnata dalla musica, ha rivelato a Uliva che il bambino si trova in una barca sul fiume, ha finalmente termine la peregrinazione di Uliva.
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D’ERRICO
1936, p. 58; COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 62.
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Esempio 11: Il miracolo delle mani, bb. 1-6.
IX. IL MIRACOLO DELLE MANI Segue immediatamente l’ultimo numero musicale della prima giornata, Il miracolo della mani. Uliva ha trovato il bambino, ma non può prenderlo dalla barca, perché non ha più le mani, e nuovamente chiede l’aiuto della Vergine Maria. Le prime tredici battute seguono intensamente questo momento drammatico: all’inizio una breve scala discendente in fortissimo mostra tutta la disperazione di Uliva. L’incapacità di Uliva e la risposta della Vergine Maria sono felicemente condensate in tre accordi: un sol maggiore che arriva a un la minore per Uliva, e ancora un sol maggiore che approda a un si bemolle maggiore per la Vergine Maria (esempio 11). Il miracolo vero e proprio è accompagnato da accordi continuamente cangianti (così come il tema di Uliva esposto nella regione medio-grave): una tensione eccezionale che sfocia nella gioiosa esultanza del coro celeste dei bambini, accompagnato dalla Seconda Orchestra.
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Esempio 12: Il miracolo delle mani, bb. 7-16.
Conclude il brano, e la prima giornata, la ripresa della ninna nanna (questa volta senza interventi di disturbo): questo finale è un bell’esempio di quella «musica» ricercata da Copeau, che qui si concretizza in una armonica corrispondenza tra musica, luce e movimenti dei personaggi in scena: Elle s’éloigne, portant dans ses bras l’Enfant du Roi et reprenant la Berceuse, qui s’élargit. [Allegresse des 2 Anges. Paradis.] Le champ du drame est absolument vide. Toutes les lumières s’éteignent.83
83
COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 64.
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SECONDA GIORNATA I. INTRODUZIONE La seconda giornata si apre con una breve Introduzione affidata al suono solenne delle trombe, quasi un richiamo per segnalare la ripresa dello spettacolo. Al termine l’Angelo Annunciatore espone sinteticamente le vicende di Uliva non rappresentate sulla scena. II. LA CORTE DEL RE DI CASTIGLIA Come rilevato precedentemente, questo è un brano molto importante drammaturgicamente, e le annotazioni di Copeau ne sono una conferma. All’inizio della scena il Re di Castiglia, circondato dal suo seguito di servitori, guardie e baroni, accoglie dei mercanti che gli recano varie mercanzie. Copeau annota: «Une musique discrète accompagne la scène»84. La musica di Pizzetti presenta qui delle inflessioni melodiche e ritmiche spagnoleggianti, per poi svilupparsi con una carattere più inquieto e languido, con frequenti cromatismi e dissonanze (bb. 30-39). La musica si interrompe quando due mercanti arabi presentano come dono al re Uliva e riprende quando il re manda Uliva dalla madre. In questo punto Copeau fa una breve, ma significativa annotazione: Musique Pendant qu’Uliva se déplace vers la Mère du Roi, en A.III ey que le Roi la regarde s’éloigner, la musique exprime le trouble amoureux qui s’est saisi du prince. Elle continuera piano durant l’entrevue d’Uliva avec la Mère, puis accompagnera la plainte du Roi jusqu’à la réplique de son Baron.85
Il manifestarsi di questo turbamento amoroso nella musica (che, comunque, sottilmente pervade anche la prima parte del brano, come un’anticipazione musicale dei sentimenti del Re) è evidente quando la musica riprende: la tonalità passa dal fa diesis maggiore iniziale al mi bemolle minore, le formule melodiche, ritmiche e armoniche si fanno sempre più ossessive. Culmine di questo turbamento sono le battute 67-81, con la ripresa del melodizzare inquieto della prima parte del brano, intensificato dall’ossessività del ritmo e dall’instabilità dell’armonia:
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COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 64. COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 65.
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Esempio 133: La corte del Re di Castiglia, bb. 67-81.
Così un brano che si presentava come un semplice ‘contorno musicale’ diventa il veicolo più efficace per esprimere dei sentimenti nascosti (come, qui, l’amore del Re per Uliva) che altrimenti sarebbero rimasti inespressi, o espressi in modo incompiuto. III. MARCIA NUZIALE Le nozze del re di Castiglia con Uliva sono accompagnate da una Marcia Nuziale, contraddistinta timbricamente dai fiati che a gruppi espongono un semplice tema:
Esempio 14: Marcia nuziale, bb. 1-8.
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L’interesse della Marcia Nuziale sta nel fatto che Copeau in questa scena inframezza ripetutamente la musica alla recitazione e agli eventi in scena, dando così anche a questo semplice brano una intensità drammaturgica che apparentemente non avrebbe: dopo la lite tra il Re e sua Madre (che non vuole che il figlio sposi Uliva) Copeau prescrive «volée de trompettes joyeuses [Suono trombe]»; seguono due battute di Alardo e Uliva e poi «Nouvelles volée de trompettes [trombe] joyeuses, plus hautes, suivies d’une courte marche qui amène Uliva vers E».86 Le due «volée de trompettes joyeuses» e la «courte marche», prescritte da Copeau non hanno una corrispondenza nello spartito (così come le trompettes dell’inizio dello spettacolo): posso solo ipotizzare che le trombe suonassero le prime battute della Marcia nuziale (appunto affidate alle trombe). Infine il Re chiede in sposa Uliva, che accetta, e poi dice: Su presto, suonatori, agl’istrumenti. [Illumination en B.b.II. groupe de Musiciens avec instruments.] Empite le mie nozze di letizia, Oggi è quel dì che tutti e miei contenti Potrò lieto pigliare a gran dovizia [Musique]87
E qui comincia la prima esecuzione della Marcia Nuziale, che viene interrotta dall’ingresso in scena della Madre del Re di Castiglia, come evidenzia Copeau in questa importante annotazione: «Entrée de la MADRE, par la gauche. [Arrête da la Musique ou pianissimo.]».88 Aliverti mette in evidenza come L’entrata della Madre, che arriva gridando da lontano mentre si stemperava la musica della marcia nuziale, è uno dei tanti esempi dell’efficacia ritmica dello spettacolo; in particolare lo si confronti con la sintassi dell’originale: «in questo mezzo si suona e farsi festa, e la Madre del re esce di camera, e viene dove sono le nozze, e veduto che ‘l figliuolo l’ha sposata, irata dice: […]».89
La seconda esecuzione della Marcia Nuziale avviene subito dopo l’intervento disturbatore della Madre: Elargissement [spandere] de la musique. Cloches [campane]. Le roi et Uliva se sont levés et s’acheminent [incamminano] vers la gauche. L’obscurité se fait sur le théâtre. La musique s’achève [termina] dans l’obscurité.90
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COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 67.
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COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 68. COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 68.
88 89
ALIVERTI 1993, p. 91.
90
COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 69.
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Si ha una qui un’altro gioco di corrispondenze tra musica e luce, motivo per cui il finale di questa seconda esposizione della Marcia nuziale è diverso dalla prima: non compaiono più trombe e corni, ma legni e archi in pizzicato, che concludono il pezzo con una dinamica che va gradatamente a diminuire. IV-V. EPISODI DI BATTAGLIA Sono due intermezzi coreografico-musicali caratterizzati da una grande concisione tematica e una forte intensità ritmica. Nel primo episodio domina il ritmo ossessivamente ripetuto del tamburo che accompagna il canto del coro e il tema principale del brano, basato esclusivamente su di una triade maggiore. Anche il secondo episodio di battaglia presenta un elemento tematico molto semplice, ma questo materiale di base così povero viene abilmente sviluppato da Pizzetti, creando due affreschi sonori di grande intensità. Riporto, come esempio, il tema del Secondo episodio di battaglia – (Castiglia):
Esempio 15: Secondo Episodio di battaglia – (Castiglia), bb. 1-8.
«L’articolazione delle varie scene e i loro tempi sono a questo punto abbastanza complicati»,91 infatti, gli avvenimenti che si susseguono tra gli episodi di guerra sono tanti (il parto di Uliva e le varie scene dei messaggi che vengono inviati e successivamente scambiati dalla madre del re). Sono tutte scene che si susseguono molto velocemente e il manoscritto di regia è, in queste pagine, ricco di altrettante brevi indicazioni musicali, che si alternano alle varie scene e agli episodi di battaglia. Ma nello spartito ci sono solamente tre brani: la Chiamata alla battaglia e i due episodi di guerra. Alla Chiamata alla battaglia corrispondono Le prime indicazioni musicali, che riguardano l’inizio della guerra: «les sonneries [suonate] militaires se répondent [rispondono]» e, poco più avanti, «[tambours] Acclamations musique
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ALIVERTI 1993, p. 91.
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guerrière».92 Gli episodi di battaglia sono invece indicati come «Premier épisode de la guerre» e «Deuxième épisode de la guerre».93 Le altre annotazioni di carattere musicale sono poste durante gli spostamenti del Diavolo-messaggero e di Siniscalco, che portano i vari messaggi (veri e falsi) dal Re alla madre del Re e al Viceré Sinibaldo: «sonneries militaires (fanfara)», durante il viaggio del Diavolo-messaggero dal re alla madre del re; «rappel de la Guerre à l’Orchestre», durante il viaggio di Siniscalco verso la madre del re, che nel frattempo ha bruciato le lettera del re; «Musique» durante il viaggio di Siniscalco verso Sinibaldo; infine appena dopo, alla battuta della Madre del Re «Troppo la mia vendetta avea tardato: «Ici ancore un rappel à l’orchestre serait bien nécessaire».94 Ma altri appunti di Copeau: eliminano tutti questi momenti musicali : «Couper la Musique pour le voyage du Diable entre la Madre et le Roi, entre le Roi et la Madre, entre le Madre et le Sénéchal aller et retour».95 VI. IL VIAGGIO DI ULIVA VERSO LE FOCI DEL TEVERE È questo il brano musicale che riassume in sé le indicazioni musicali di Copeau per la scena che rappresenta il nuovo abbandono di Uliva in una barca e il suo approdo presso le foci del Tevere. Anche qui le indicazioni sono dettagliate e si mirano a creare, attraverso precisi richiami tematici, il dramma interiore dei personaggi, nonché, come già visto più volte, una rete di corrispondenze tra le varie scene: [Musique – Uliva et ses femmes. On la dépouille de sa parure] alors Uliva et son cortège se retire lentement et disparaît par EV a’ b.II, etc. Ce cortège [corteo] est accompagné d’une Musique qui rappelle [ricorda] les quatre marches de Uliva dans sa recherche de l’enfant, à la fin de la première journée. Et en même temps, sur peu d’instruments, une marche légère et assez rapide [assai rapida] ramène le Roi de Castille et ses compagnons, par BI et DV en C.A.B: IL RE Dov’è Uliva, la Speranza mia COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 71. COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 71-72. 94 COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 74-75. 95 COPEAU 1933B, in ALIVERTI 1933, p. 91. Nel testo della riduzione teatrale di d’Errico ci sono due annotazioni manoscritte di Pizzetti che segnalano un brano non presente nello spartito: *** sul tema del 2 episodio di battaglia XV» e «Ripetizione del pezzo XV». Queste annotazioni si riferiscono al Movimento di marcia lenta, solenne, che compare nelle parti d’orchestra destinate alla rappresentazione del 1944. Il brano andava ripetuto due volte, come è anche segnalato nelle parti orchestrali. Le posizioni nel testo di queste due annotazioni coincidono con la prima e la quarta annotazione musicale di Copeau citate prima. Si potrebbe ipotizzare che questo brano fosse stato previsto fin dal 1933, ma alla fine non utilizzato (e quindi non inserito nello spartito), ma la presenza dello stesso brano nelle modifiche del 1944 di Pizzetti pone seri dubbi su tale ipotesi. Per ulteriori approfondimenti rimando al capitolo dedicato alle fonti. Ho, inoltre, riportato in partitura il brano in questione nell’ APPENDICE. 92 93
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Che sotto la tua guardia, ahimè, lasciai? La Musique du cortège d’Uliva reprend et monte [sale]. Puis Sinibaldo se jette aux pieds du Roi.96
Esempio 16: Il viaggio di Uliva verso le foci del Tevere, bb. 1-16.
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COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1993, p. 76.
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Pizzetti rispetta fedelmente queste indicazioni, creando una intensa pagina musicale: il tema del viaggio di Uliva, (qui eseguito, come la prima volta, dall’oboe), ha come cornice una serie di accordi discendenti che poi si trasformano in accordi ribattuti nel momento in cui il compositore richiama la figura del Re di Castiglia con un tortuoso disegno cromatico di crome, che si fonde con il tema del viaggio di Uliva (esempio 15). Poi, prosegue Copeau, La Musique continue, se développe, sur le thème [tema] d’Uliva. Elle imite maintenant la haute mer, le vent, la tempete, puis elle va s’apaiser jusqu’au plus miséricordieux sourire [sorriso] […] [Alleluia !] Puis la lumière s’éteint [spegne] en A.III. Ici se place la conclusion musicale du thème précédent [precedente]. [en VI le ciel s’allume] et ,en même temps, un jeu de lumière, en CDC, laisse voir Uliva, passant de A.IV à AIII, tenant par la main un petit enfant qui marche à coté d’elle. Elle s’installera [si metterà] en A.III dans l’obscurité.
In questo punto la musica si fa descrittiva, contribuendo a rappresentare la tempesta che Uliva affronta nel suo viaggio per mare e, finalmente, il suo approdo. La suggestiva nota di Copeau, «miséricordieux sourire», introduce nuovamente nel dramma l’intervento divino: Uliva è stata nuovamente miracolosamente salvata. La salvezza miracolosa di Uliva è messa in luce da un nuovo, breve, intervento del coro celeste che canta «Alleluia», su di un terso accordo di sol maggiore, seguito dall’intervento di un coro di donne che, su di un’amonizzare altrettanto limpido, canta la dossologia minore. Conclude il brano la ripresa del tema del viaggio di Uliva, ovviamente ‘diatonicamente purificato’. VII. L’INNO DELL’IMPERATORE – VIII. DANZA DI CORTE Poco prima che l’Imperatore faccia il suo ingresso in scena Copeau scrive: « la Musique annonce l’arrivée de l’Empereur». Questa musica è l’Inno dell’Imperatore, solenne corale dove domina il timbro degli ottoni. Dopo il disvelamento finale di Uliva si inserisce invece la Danza di corte, una elaborata Sarabanda. Come mette in evidenza Aliverti «l’inno dell’Imperatore e le raffinate danze figurate creavano l’atmosfera sontuosa della corte». Non mancano comunque anche qui alcuni riferimenti tematici che uniscono questi brani alle altre composizioni della rappresentazione, come l’inizio dell’Inno dell’Imperatore che riprende il tema di Uliva (si ricordi che l’Imperatore è suo padre), o il ritmo puntato che serpeggia nella Danza di corte che ricorda chiaramente il tema del viaggio di Uliva del brano musicale omonimo.
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IX. FINALE In questo brano conclusivo l’esigenza di Copeau di armonizzare ogni aspetto dello spettacolo viene in primo piano: ricompaiono, come all’inizio della rappresentazione, l’Angelo Annunziatore e il coro, con il compito di concludere solennemente, e religiosamente, questa sacra rappresentazione. Si viene così a creare un perfetto parallelismo con l’inizio dello spettacolo, parallelismo che si manifesta anche nel fatto che il testo di questo coro è, come anche il coro iniziale, tratto dalla liturgia: «Justus ut palma florebit, sicut cedrus Libani multiplicabitur. Alleluia».97 Il testo liturgico riassume, inoltre, l’insegnamento finale a cui tutta la rappresentazione tendeva, insegnamento sottolineato poco prima anche dall’ultimo intervento dell’Angelo Annunziatore: Popol devoto e pien di reverenzia,│Veduto avete la novella istoria│Di questa Santa piena di prudenzia;│Pigliate esempio a sua degna memoria,│La qual fu ornata di vera eloquenzia│Se volete fruir l’eterna gloria.│Vivete sempre in pace con amore;│Perdon vi chieggio se c’è nato errore.98
Pizzetti contribuisce a questo finale con un brano corale «solenne e trionfale, magistralmente elaborato a 7 voci, austero, nobile e alto».99 Degno di nota è soprattutto il disegno musicale di semicrome intonato sulle parole ut palma florebit, un efficace madrigalismo (esempio 17). Questo frammento di quattro semicrome è quindi ripetuto dall’orchestra mentre il coro canta la sezione di testo rimanente: sicut cedrus Libani multiplicabitur (esempio 18). Ancora un madrigalismo, dunque, reso ancora più significativo se si considerano le quattro semicrome come l’ennesima elaborazione del tema di Uliva: sembra quasi che Pizzetti, con questo moltiplicarsi della cellula tematica che germoglia dal tema di Uliva, voglia mostrare musicalmente il moltiplicarsi dei giusti che seguiranno l’esempio della Santa (in questo caso il «popol devoto» che ha assistito alla sacra rappresentazione). Infine tutto si conclude nel segno dell’inizio (e non poteva essere altrimenti): è il tema di Uliva che, infatti, finalmente trionfa tra un tripudio di suoni, mentre il coro canta semplicemente: «Alleluia!».
97 Il testo è tratto dal Salmo 91,13 e utilizzato in vari parti della Liturgia: Graduale e Offertorium nella messa Commune non Pontificis; Introitus nella messa De eodem Communi. Alia Missa; Alleluia nella messa De eodem communis. Missa pro Abbatibus; (vedi Graduale Sacrosanctae Romanae Ecclesiae de Tempore et de Sanctis, p. 260). 98 COPEAU 1933A, in ALIVERTI 1933, p. 81. 99 BONAVENTURA 1933.
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Esempio 17: Finale, bb. 12-15.
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Esempio 18: Finale, bb. 17-20.
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CONCLUSIONE
Spero che, giunto alla fine di queste pagine, i motivi del forte legame (oserei dire, a questo punto, indissolubile) tra le musiche di scena di Pizzetti e il progetto registico di Copeau siano emersi con chiarezza. Dico questo perché, nonostante l’ammirazione da varie parti testimoniata per questa composizione pizzettiana, non sempre il giudizio su di essa è stato rispettoso della sostanza della composizione stessa, cioè del suo essere musica di scena. Valga, come esemplificazione, il giudizio espresso da Gavazzeni nel suo citato saggio sulla musica di scena di Pizzetti. Il critico, dopo aver dissertato sulla pazzia di un genere per lui inesistente, cita, per confutarle, due obiezioni che si potrebbero opporre al suo ragionamento. La prima obiezione è la musica nella tragedia greca, la seconda è la speciale riuscita di rappresentazioni composite, tra cui spicca La Rappresentazione di Santa Uliva, presa da lui appunto come esempio: La Sacra rappresentazione di Santa Uliva […] rimase memorabile per quanti vi assistettero proprio per la perfezione armonica e il gioco mutevole di pitture, suoni recitazioni. Ma si trattava appunto, in quell’occasione effimera, di spettacolo sommamente composito dove suggestioni, ricordi culturali, forme poetiche pittoriche musicali concorrevano ciascuna con suoi linguaggi, ciascuna con le sue armonie, e c’era spazio per tutto. Era spettacolo, insomma. Non una dramma; non una commedia. E uno spettacolo ricostruito su quella particolare inclinazione all’arcaico, al primitivo, che, nel gusto moderno, ha giocato e gioca, come si sa, una parte tanto importante. La musica (dovuta a Ildebrando Pizzetti) costituiva dunque la sola partecipazione direttamente attuale a quell’inclinazione spettacolare, ed era la sola presenza nuova, individuale. Che stabiliva la verità di un rapporto e di una reazione. Da qui che sia rimasta, dopo, come cosa indipendente; come il solo elemento campato, passata la contingenza della rappresentazione. Perché era anche il solo elemento che, al di fuori di un gusto composito, recasse una firma precisa, attribuibile e riferibile a una figura, a una storia , a uno stile di musicista. Rimasta, la musica, quasi il segno definitivo della rappresentazione si rendesse reperibile soltanto nei suoi cori e frammenti di danze e canzoni.100
Molte sarebbero le riflessioni da fare su questo lungo passo, ma quello che mi preme qui mettere in evidenza è il fatto che l’analisi della rappresentazione fatta 100
GAVAZZENI 1954, p. 146.
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da Gavazzeni sia, nella sostanza, esatta: egli parla di perfezione armonica, di gioco mutevole di pitture, suoni, recitazione, di vari linguaggi artistici che vivono a stretto contatto; purtroppo da questa analisi non ne consegue un giudizio altrettanto esatto: «era uno spettacolo, non un dramma». Il dramma Gavazzeni lo fa risiedere tutto nella musica, come è chiaramente esplicitato qualche pagina dopo: È il musicista che guida la Sacra Rappresentazione; e lui solo che la regola come gli pare. Libero di darle un ritmo, di fornirgli spazi e tempi dell’intervento musicale, libero ancora, di dare un volto ai personaggi, un complesso di tinte alle vesti del coro, di far scendere angeli dal cielo, di farne udir le voci, o di lasciarle al mistero della vita celeste.101
È evidente che se Gavazzeni avesse letto il manoscritto di regia di Copeau, probabilmente non sarebbe giunto a queste conclusioni, ma le sue affermazioni sono comunque un’ulteriore conferma di come la musica di Pizzetti veramente avvolgesse tutto lo spettacolo, a tal punto da far considerare anche a un critico attento come Gavazzeni tutto il resto come un piacevole contorno e attribuire tutto il progetto drammaturgico al compositore, dimenticando completamente il ruolo del regista. Ma, come il lavoro è stato teso a dimostrare, le musiche di scena di Pizzetti rientrano in un disegno musicale più ampio, il cui ideatore e guida è Copeau. Ovviamente il fatto che non sia il compositore a guidare la rappresentazione nulla toglie all’importanza delle musiche pizzettiane: non è certo questo che ha impedito a Pizzetti di scrivere dei brani musicali di notevole bellezza e, soprattutto, di utilizzare il suo personale linguaggio musicale al servizio di un progetto drammaturgico non suo, ma che si è trovato felicemente a condividere con un altro. Spero, infine, di avere sufficientemente dimostrato quanto questa collaborazione tra i due artisti sia stata feconda, a tal punto da poter affermare che difficilmente Copeau avrebbe potuto realizzare pienamente il suo progetto di unità, di armonia dello spettacolo, la sua avvolgente «musique céleste», senta le note scritte da Ildebrando Pizzetti.
101
GAVAZZENI 1954, p. 179.
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FONTI E DOCUMENTI
1. FONTI DELLA MESSA IN SCENA DI COPEAU Il materiale riguardante la messa in scena di Jacques Copeau per La Rappresentazione di Santa Uliva è conservato in F-Pn102 (Département des Arts du Spectacle, Collection Jacques Copeau). Una descrizione dettagliata di questo materiale è già stata pubblicata,103 dunque citerò qui solamente il materiale da me preso in considerazione per la sua inerenza con il mio lavoro.
COPEAU 1933A Le Mistère de Santa Uliva. Mise en scène autographe de Jacques Copeau. Florence 1933, F-Pn, F – Col – 1/774 COPEAU 1933B Santa Uliva Deuxième journée, dattiloscritto, F-Pn, F – Col – 1/455 COPEAU 1933C Notes sur la mise en scène, la musique, la choréographie, les accessoires, la lumiere, F-Pn, F – Col – 1/456 COPEAU 1933D Musique. Partitions, F-Pn, F – Col – 1/461 COPEAU 1933C e COPEAU 1933D riportano semplicemente un elenco delle musiche di scena, non aggiungendo dunque nulla alle informazioni presenti in COPEAU 1933A, e alle informazioni che si possono ricavare delle fonti musicali.
102 Per le collocazioni dei testi ho utilizzato le seguenti sigle rism: F-Pn: Paris, Bibliothèque Nationale de France. I-PAc: Parma, Biblioteca Palatina, sezione musica. 103 ALIVERTI 1993, pp. 39-41.
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2. FONTI DELLE MUSICHE DI SCENA DI PIZZETTI La principale fonte musicale dello spettacolo del 1933 (non avendo la partitura) è lo spartito (PIZZETTI 1935). La copia da me consultata all’Archivio Pizzetti del Conservatorio di Parma104 è interessante perché contiene delle annotazioni manoscritte a matita di mano di Pizzetti. Tali annotazioni sono complementari ad altre annotazioni (più numerose, sempre di mano di Pizzetti e anch’esse scritte a matita) contenute nella copia, conservata nello stesso archivio, di D’ERRICO 1936.105 Tutte queste annotazioni (ovviamente di carattere musicale) si riferiscono all’allestimento di Santa Uliva fatto a Roma nel 1944. Infatti, trovano corrispondenza in PIZZETTI 1944A, che contiene le parti vocali e orchestrali manoscritte che sono servite per quell’allestimento. Infine, PIZZETTI 1944B consiste in alcune pagine musicali manoscritte di Pizzetti che riportano le modifiche effettuate (nella versione pianistica). Dalle informazioni contenute in questi testi si evince che le musiche di scena utilizzate nel 1944 coincidono con quelle del 1933, tranne che in alcuni punti. Per questo PIZZETTI 1944A, in mancanza della partitura del 1933, è una fonte attendibile per capire quale sia stata l’orchestrazione delle musiche di scena eseguite a Firenze.
PIZZETTI 1935 ILDEBRANDO PIZZETTI, La rappresentazione di Santa Uliva, riduzione per canto e pianoforte di Aurelio Maggioni, Milano: Carisch, 1935. I-PAc, F.PIZZ.C.MUS.1130. Riporto le annotazioni manoscritte più significative: p. II: dedica di Pizzetti alla moglie, in inchiostro nero (A Rirì│il suo│Ildebrando│Milano. 10 ott. 1935). p. 24 e 93: no. Si riferiscono, rispettivamente, al brano VI a) La caccia e alla Danza di Corte. P. 32, 33, 37: le lettere c) d) e) del brano VI della prima giornata sono cancellate e sostituite con le lettere b c d, scritte con una matita blu. pp. 44-45: Due segni diacritici, X, posti tra le bb. 28 e 36. Si tratta del canto della donna nel Viaggio di Uliva, alla ricerca del bambino rubato. In effetti queste battute non sono presenti in PIZZETTI 1944A. pp. 71-72: La musica è cassata con una linea trasversale per pagina. Si tratta del brano IV a) Chiamata alla battaglia. Anche questo brano non è presente in PIZZETTI 1944A. p. 88: 2 altri pezzi. Si tratta del Movimento di marcia lenta, funebre che si trova in PIZZETTI 1944A e in PIZZETTI 1944B. 104 Per approfondimenti sulla storia e il materiale contenuto nell’Archivio Pizzetti (conservatorio di Parma, Sezione Musicale della Biblioteca Palatina) vedi NARDELLA 2002. 105 È per questo motivo che ho inserito questo testo (o meglio: questa copia del testo) nelle fonti musicali, pur essendo la versione dell’adattamento teatrale.
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D’ERRICO 1936
La rappresentazione di Santa Uliva, libero rifacimento di CORRADO D’ERRICO, Roma: Edizioni Sud, 1936. I-PAc, F.PIZZ.C.LETT.59. Il testo è cassato in moltissimi punti. Non ho ritenuto necessario, in questo contesto, segnalare i versi eliminati, comunque il testo rimanente coincide, grossomodo, con il testo usato da Copeau nella rappresentazione fiorentina.106 Le annotazioni manoscritte di Pizzetti si riferiscono ai brani musicali da eseguire durante la rappresentazione del 1944. I brani sono indicati in numeri romani progressivi da I a XVIII,107 non sempre è presente il titolo 8e, quando c’è, spesso è scritto in modo abbreviato. I brani corrispondono a quelli dello spartito, con le seguenti variazioni: pp. 57-58: i numeri VIII e IX della prima giornata sono divisi in modo diverso: VIII Il viaggio di Uliva (p. 57), IX Il miracolo dei frutti e il miracolo delle mani (p.58). Questa suddivisione è adottata anche in PIZZETTI 1944A. p. 84: (…) sul tema del 2 episodio di battaglia XV; p. 86 Ripetizione del pezzo XV. p. 90-91: Danza (…) XVI; p. 92: n. VII; p. 93: n. VII chiusa. Si tratta de Il viaggio di Uliva verso le foci del Tevere, anche se la scena è parzialmente diversa dalla versione di Copeau, infatti qui viene mantenuto il dialogo tra le due vecchie che trovano Uliva. Anche la musica in questo punto si presenta diversa (vedi Pizzetti 1944B. Ci sono, ogni tanto, delle indicazioni musicali precise: corone: p. 37: nel momento in cui Uliva decide di bruciarsi le mani; p. 41: sopra l’intervento dell’Angelo «O fallaci desiri…» p. 92: dopo l’intervento della prima delle due vecchie che trovano Uliva alle foci del Tevere. indicazioni ritmiche: a p. 54 il disegno ritmico di quattro quartini di semicrome, segnalato nell’analisi delle Ninna nanna di Uliva, è scritto prima e dopo l’intervento del Siniscalco «Questo mio core non si può placare…». indicazioni strumentali: indicazioni generiche come Orch. e Coro in vari punti. p. 28: trombe Altre annotazioni, di carattere non musicale, nelle ultime due pagine: per l’ultima scena: offerta di doni omaggio di bambine altri atti di omaggio di baroni e sudditi fanciulle che recano ghirlande di fiori bambini Disegno (abbozzato) di un teatro.
106 Mi sembra comunque interessante segnalare un particolare: a p. 37 nel verso di Uliva «Io ho pensato le mie mani bruciare», la parola «bruciare» è sottolineata con forza, ed è l’unica parola ad essere stata sottolineata in tutto il testo. 107 Ma c’è una sovrapposizione di numeri in due casi: XVI (VII) e XVII (VIII).
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Viste le sue annotazioni e i tagli fatti al testo, si potrebbe a questo punto ipotizzare che questo libro sia stato utilizzato come una sorta di guida per la regia dell’allestimento romano di Santa Uliva.
PIZZETTI 1944A ILDEBRANDO PIZZETTI, La Rappresentazione di Santa Uliva, parti del coro e dell’orchestra, mss., [1944], I-PAc, F.PIZZ. mss B 28 I/CXII Le parti di ogni strumento sono conservate in cartelle a due lembi, mentre le parti vocali sono tutte insieme, tenute unite da una fascia di cartoncino. Ogni numero romano corrisponde ad un fascicolo di fogli, ogni parte è costituita da uno a tre fascicoli (per fascicolo si intende anche un solo foglio, come le parti vocali del coro di ragazzi). La segnatura è indicata nella prima pagina di ogni fascicolo; esisteva una segnatura precedente, cancellata in ogni fascicolo con un correttore. Tutte le parti sono scritte con inchiostro nero (a parte il titolo in inchiostro blu delle parti vocali del coro di ragazzi). Le mani sono varie; numerose le annotazioni musicali a matita (di vari colori) probabilmente fatte dagli stessi strumentisti. I fogli sono di tre formati: 289x220 mm, 317x218 mm, e 325x239 mm. Elenco delle parti: Coro di ragazzi: 4 parti di Soprano I (I-IV) 5 parti di Soprano II (X-XIV) 5 parti di Contralto (XV-XVIII, XXIII) Coro misto: 2 parti di Soprani I (V-VI) 3 parti di Soprani II (V-IX) 4 parti di Contralti (XIX-XXII) 1 parte di Baritoni o Bassi I (XXIV) Parti strumentali: Ottavino (XXV-XXVII) Primo flauto (XXVIII-XXX) Secondo Flauto (XXXI-XXXIII) Oboe (XXXIV-XXXVI) Clarinetto in si bemolle (XXXVII-XXXIX) Corno inglese (XL-XLII) Primo fagotto (XLIII-XLV) Secondo fagotto (XLVI-XLVIII) Primo corno (XLIX-LI) Secondo corno (LII-LIV)
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Terzo corno (LV-LVII) Quarto corno (LVIII-LX) Prima tromba (LXI-LXIII) Seconda tromba (LXIV-LXVI) Terza tromba (LXVII-LXIX) Trombone tenore (LXX-LXXII) Tuba bassa (LXXIII-LXXV) Arpa (LXXVI-LXXVIII) Celeste (LXXIX-LXXX) Timpani (LXXXVI-LXXXII) Batteria (LXXXIII-LXXXIV) 3 parti di Violino primo (LXXXV-LXXXVI / LXXXVII-LXXXVIII / LXXXIX-XC) 3 parti di Violino secondo (XCI-XCII / XCIII-XCIV / XCV-XCVI) 3 parti di Viole (XCVII-XCVIII / XCIX-C / CI-CII) 3 parti di Violoncelli (CIII-CIV / CV-CVI / CVIICVIII) 2 parti di Contrabbassi (CIX-CX / CXI-CXII)
Ho confrontato in vari punti queste parti con le indicazioni strumentali presenti nello spartito e, salvo le modifiche riportate anche in PIZZETTI 1944B e alcuni particolari di orchestrazione, coincidono.108 Come si può notare le parti vocali sono incomplete: è presente solo una parte maschile del coro. Questa parte, tra l’altro, è priva di testo fino al f. 4r, da 4v a 6r è scritto invece a matita. L’aspetto più rilevante delle parti strumentali è la mancanza della parte dell’organo, rilevante perché nell’allestimento fiorentino aveva una grande importanza (anche, ovviamente, simbolica); l’organo è chiaramente indicato in vari punti dello spartito e più volte menzionato nelle recensioni del 1933. Per quanto riguarda i brani musicali corrispondono alle musiche di scena del 1933, con l’aggiunta del brano Movimento di marcia lenta, funebre già citato precedentemente, e le soppressioni segnalate in PIZZETTI 1935 del primo episodio della caccia e della Chiamata alla battaglia. Viene confermata l’unione del miracolo dei frutti con Il miracolo delle mani, già segnalata in D’ERRICO 1936. Inoltre la Danza di Corte è unita al Finale (ma del resto nello spartito questi due brani, benché separati numericamente, sono da eseguire senza interruzioni). Segnalo poi la cancellazione, in ogni parte strumentale, della Danza di corte. Rimando a PIZZETTI 1944B per l’approfondimento delle altre modifiche.
108 Ovviamente per avere una conoscenza esatta di questo materiale le parti andrebbero messe in partitura. Ho fatto questo lavoro per Il sacrificio delle mani, rilevando appunto la sostanziale coincidenza delle indicazioni strumentali dello spartito. Le differenze, in questo caso, riguardavano alcuni arpeggi della Celeste riportati nello spartito ma non presenti nella parte della Celeste stessa e le note del tam-tam nell’ultima battuta del brano, pure presenti nello spartito ma assenti nella parte della Batteria.
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Riporto, infine, un elenco dei brani. Ho utilizzato i titoli già utilizzati per l’elenco dei brani presenti nello spartito, dato che, spesso, nelle parti viene indicato solo il numero romano. PRIMA GIORNATA VII VIII IX X XI XII X XI XII
Introduzione. Lauda di Uliva e delle sue ancelle. Il sacrificio delle mani. Lamento. a) Scena dell’osteria; b) Coro dei bevitori; c) [Scena dei tre istrioni]; d) Ripresa del coro dei bevitori. a) [Coro dei cacciatori]; b) [Richiamo dei cacciatori]; c) Il ritorno dalla caccia; d) [I cacciatori bevono e cantano]. La Ninna Nanna di Uliva. Il viaggio di Uliva. Il miracolo dei frutti e delle mani. SECONDA GIORNATA
VI VII VIII IX X X XI XII XIII
Introduzione. La corte del Re di Castiglia. a) La Marcia Nuziale; b) Marcia Nuziale. Primo Episodio di battaglia (Navarra). Secondo Episodio di battaglia (Castiglia). Movimento di marcia lenta, funebre. Il viaggio di Uliva verso le foci del Tevere. L’Inno dell’Imperatore. Danza di corte – Finale.
PIZZETTI 1944B
ILDEBRANDO PIZZETTI, Santa Uliva. Modificazioni alla versione originale, mss., 1944, IPAc, F. PIZZ. mss 43 I/VI Si tratta di due fascicoli di fogli così distribuiti: Primo fascicolo: 4 ff. (321x240 mm.) ‘avvolti’ da un doppio foglio pentagrammato bianco. Il primo foglio non è pentagrammato. I fogli sono firmati nei ff. 1r e 2r. segnatore nel f. 2r (43 I). Ho segnalato per ogni pagina il contenuto della musica con il titolo dato da Pizzetti all’inizio di ogni pagina. Tutti i fogli riguardano il coro celeste, che non subisce modifiche: probabilmente queste parti sono state riscritte perché le parti strumenta-
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li, in quei punti subiscono delle modifiche, che sono oggetto dell’altro fascicolo di fogli. Unica modifica è l’integrazione, nell’alleluia del Finale, delle voci bianche, che cantano assieme ai soprani. 1r
1v 2r-2v
3r 3v 4r 4v
La Sacra Rappresentazione di Santa Uliva Parte del Coro Celeste (voci di bambini) Riv. per canto e pianoforte per il M. del coro [Vuoto]. La Sacra Rappresentazione di Santa Uliva Parte del Coro Celeste (voci bianche) Parte 1A n. I Parte 1A n. IX (Il miracolo dei frutti e il miracolo delle mani) Parte 2A n. VII (Il viaggio di Uliva per mare verso la foce del Tevere) Parte 2A n. IX (Finale) [Vuoto].
Secondo fascicolo: 12 ff. (200x300 mm.). I fogli sono firmati nel f 1r e 2r. le segnature si trovano nei ff. 2r (43 II), 4r (43 III), 6r (43 IV), 8r (43 V), 10r (43 VI). Ho segnalato per ogni pagina il contenuto della musica con il titolo dato da Pizzetti all’inizio di ogni pagina e, quando necessario, un brevissimo commento. 1r
1v 2r
2v-3r
3v 4r-4v
5r-v 6r
La Sacra Rappresentazione di Santa Uliva Modificazioni alla versione originale Riv. per pianoforte 1944 [Vuoto]. La Sacra Rappresentazione di Santa Uliva Finale della parte 1A Parte del soprano solo Riv. per canto e pianoforte Santa Uliva Soprano solo Finale della parte 1A (n. IX) [Non ho rilevato modifiche]. [Vuoto]. Santa Uliva Parte 1A n. VIII Il viaggio di Uliva alla ricerca del bambino rubato [Soppressione del canto della donna nell’episodio della donna col bambino]. [Vuoti]. Santa Uliva (movimento di marcia lenta, funebre) Parte 2A n. VI
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6v-7v 8r-9v
10r
10v 11r
11v-12v
[Vuoti]. Santa Uliva Parte 2A n. VII Il viaggio di Uliva per mare verso la foce del Tevere [Cambia l’accompagnamento della prima parte (bb. 1-15), mentre l’episodio della tempesta in mare è completamente diverso]. Dalla 7a battuta della pagina 52 [Il riferimento è alla pagina dello spartito: sono state soppresse le bb. 152-162 de Il viaggio di Uliva e sostituite con 4 battute]. IX le pag. 53-54-55 dello spartito vengono sostituite dalla nuova versione seguente [Si tratta dell’episodio del miracolo dei frutti: le bb. 165, 167, 169 dello spartito passano da 4/4 a 2/4]. [vuoti].
4. CORRISPONDENZA TRA COPEAU E PIZZETTI Nell’Archivio Pizzetti di Parma sono conservate le seguenti 8 lettere scritte da Copeau a Pizzetti:
Lettera del 10 febbraio 1933, I-PAc, F.PIZZ. DOC 240 Lettera del 26 aprile 1933, I-PAc, F.PIZZ. DOC 241 Lettera del 16 giugno 1934, I-PAc, F.PIZZ. DOC 242 Lettera del 17 gennaio 1938, I-PAc, F.PIZZ. DOC 243 Lettera del 30 marzo 1938, I-PAc, F.PIZZ. DOC 244 Lettera del 13 aprile 1938, I-PAc, F.PIZZ. DOC 245 Lettera del 29 aprile 1938, I-PAc, F.PIZZ. DOC 246 Lettera del 18 giugno 1938, I-PAc, F.PIZZ. DOC 239/I e 239/II (la busta della lettera).
Le prime due (che sono quelle da prese in considerazione) riguardano La rappresentazione di Santa Uliva. Le lettera del 1934 è un breve ringraziamento di Copeau a Pizzetti per un telegramma mandato da quest’ultimo probabilmente per complimentarsi della prima del Savoranola di Copeau. Le lettere del 1938 riguardano la collaborazione tra Copeau e Pizzetti per il Maggio Musicale Fiorentino di quell’anno, al quale Copeau partecipò allestendo As you like it di Shakespeare, Pizzetti scrivendone le musiche di scena. Esistono inoltre altre 11 lettere conservate all’archivio Pizzetti dell’Istituto Treccani di Roma, che non ho potuto consultare.
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5. RIPRODUZIONI DI FONTI E DOCUMENTI 1. Lettera di Copeau a Pizzetti del 10 febbraio 1933
Roma 10.2.33 Cher Monsieur Pizzetti Comme vous avez bien voulu me le proposer, puis-je vous demander de m’envoyer le plus vit possible à Paris 7 rue Moncey l’exemplaire de Santa Uliva qui est en votre possession ? Cela m’est indispensable pour commencer mon travail… Je vous remercier, cher Monsieur. Laissez moi espérer que nous collaborerons ensemble et vous assure de ma sympathie. Mon respection vous savez, je vous prie, à madame Pizzetti, et croyez moi. Bien cordialement Votre dévote Jacques Copeau
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2. Lettera di Copeau a Pizzetti del 26 aprile 1933
Paris 26.4.33 Cher Maitre et Ami Je quitterai Paris vendredi matin, le 28. J’arriverai à Milan le soir même à 23.50. Le lendemain matin, samedi 29, j’irai frapper à votre porte et nous aurons toute la journée pour travailler ensemble, devantage s’il le faut. Au revoir. Dans trois jours je serai près de vous, et m’en réjouis Votre dévote Jacques Copeau
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3. D’ERRICO 1936: p. 84.
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4. PIZZETTI 1944A: parte dei Violini primi, F.PIZZ. mss. B 28 LXXXV, f. 5v.
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5. PIZZETTI 1944B: F. PIZZ. mss. 43 V, f. 8r e 8v.
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APPENDICE: MOVIMENTO DI MARCIA
È qui presentato in partitura il Movimento di marcia lenta, solenne, brano VI della Seconda Giornata dell’allestimento romano de La Rappresentazione di Santa Uliva. Questo brano, come già detto, doveva essere ripetuto due volte. Nelle parti non ci sono indicazioni di ritornello: la ripetizione è indicata in ogni parte a matita, con l’indicazione che la seconda volta il brano va eseguito più piano della prima volta. Queste indicazioni dicono tutte la stessa cosa, ma in vari modi (D.C. tutto pp nella parte del trombone tenore; la seconda volta pianissimo nella parte della Tuba bassa; 2 volte nelle parti di Timpani e Tamburo: seconda volta pppp nella parte delle Viole etc.). Tutte le mie integrazioni sono indicate tra parentesi tonde.
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MOVIMENTO DI MARCIA
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BIBLIOGRAFIA
RECENSIONI D’AMICO 1933A SILVIO D’AMICO, Shakespeare, Santa Uliva e 2 regie, «Gazzetta del popolo», 26 maggio 1933. D’AMICO 1933B SILVIO D’AMICO, Sacra rappresentazione a Santa Croce, «Gazzetta del popolo», 26 maggio 1933. Il testo è stato ripubblicato in: ID., La rappresentazione di Santa Uliva, «Nuova antologia», n. 1470, 16 giugno 1933, pp. 618-622; ID., Sacra rappresentazione (Santa Uliva), in Invito al Teatro, Brescia: Morcelliana, 1935, pp. 151-163; ID., «Santa Uliva» a Santa Croce, in Cronache del teatro, 2 voll., Laterza: Bari, 1964, II, pp. 247-255; inoltre, con minimi aggiustamenti, come prefazione a D’ERRICO 1936. BUCCIOLINI 1933 BUCCIOLINI, Stasera prima rappresentazione di «Santa Uliva» nel chiostro del Brunellesco in Santa Croce, suppl. al n. 131 di «Il nuovo giornale», 5 giugno 1932. BONAVENTURA 1933 ARNALDO BONAVENTURA, Il vibrante successo della «Rappresentazione di Santa Uliva». Le musiche, «La Nazione», 6 giugno 1933. GIACCHETTI 1933 CIPRIANO GIACCHETTI, Il vibrante successo della «Rappresentazione di Santa Uliva». Lo spettacolo e gli interpreti, «La Nazione», 6 giugno 1933. DAMERINI 1933 ADELMO DAMERINI, La sacra rappresentazione di Santa Uliva, «La Stampa», 6 giugno 1933. MILANO 1933 PAOLO MILANO, Fiaba e dramma sacro, «Scenario», II, 6 (giugno 1933), pp. 285-288.
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LVI/143
(17 giugno 1938),
PIZZETTI 1945 ILDEBRANDO PIZZETTI, Musica e dramma, Edizioni della Bussola, Roma: 1945.
73
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INDICE
INTRODUZIONE
p. 7
I. DALL’ANONIMO FIORENTINO AL MANOSCRITTO DI REGIA DI COPEAU
p. 9
II. «MUSICA AVVOLGENTE»: LA MUSICA NEL DRAMMA
p. 14
II. 1
p. 14
II: 2
p. 17
III. «MUSIQUE CÉLESTE»: IL DRAMMA NELLA MUSICA
p. 21
III. 1
p. 21
III. 2
p. 25
PRIMA GIORNATA
p. 26
SECONDA GIORNATA
p. 41
CONCLUSIONE
p. 51
FONTI E DOCUMENTI
p. 53
APPENDICE 1: MOVIMENTO DI MARCIA
p. 66
BIBLIOGRAFIA
p. 71
78