SPECIALE BIANCO NERO
SVILUPPO E STAMPA IN CAMERA OSCURA Quale attrezzatura attrezzatura occorre per operare in camera oscura? Come sviluppare un negativo? E per per stampare un ingrandimento? ingrandimento? Elenchiamo, brevemente, le fasi del procedimento e ciò che serve.
La prima domanda è davvero elementare: dove sistemare la camera oscura? La risposta è altrettanto semplice: in un locale che sia perfettamente oscurabile e che possibilmente disponga di acqua corrente, perché la presenza di acqua semplifica il lavoro di lavaggio-risciacquo delle copie stampate. Disporre di acqua corrente non è strettamente indispensabile, per cui è chiaro che può essere possibile anche sistemarsi in una camera oscura di fortuna, diversamente allestita, ad esempio con una vasca d’emergenza che sia utile per un primo lavaggio, alla quale si provvederà poi a cambiare l’acqua eseguendo ulteriori lavaggi a fondo in un secondo momento, ma è certo più comodo. Quanto alla tenuta di luce, non c’è dubbio che la camera oscura deve essere realmente oscura. I suggerimenti sono due: il primo è di entrare nella stanza e di attendere un minuto per dare modo agli occhi di abituarsi all’oscurità. Così sarà più facile notare se sono visibili infiltrazioni di luce, leggere luminescenza sotto la porta d’ingresso o lungo i bordi della finestra e si potrà quindi studiare dove esattamente provvedere a mascherare con pannelli di cartoncino nero e nastro adesivo, ad esempio. Il secondo metodo è più sofisticato: si tratta di lasciare nella
camera oscura per qualche minuto un foglio di carta sensibile, parzialmente coperto da un oggetto appoggiato a contatto sopra di esso. E poi svilupparlo e fissarlo: se si noterà una differenza tra i due settori sarà perché la parte esposta ha preso luce e allora si inizierà a cercare il punto dell’infiltrazione luminosa. In camera oscura, oltre alla luce normale occorrerà provvedere ad una illuminazione di sicurezza . Va Va bene la classica lampadina rossa, oppure la lampada giallo-verde per fotografia. Una volta che la camera oscura è allestita, si potrà procedere con lo sviluppo svilu ppo del negativo, e poi con la stampa. Quando si scatta una fotografia si sa che la luce attraversa il diaframma dell’obiettivo e che l’otturatore, aperto, le concede di entrare nella fotocamera e raggiungere la pellicola. Sul rullino disegna l’immagine. Un’immagine latente, naturalmente, un’immagine che effettivamente esiste, perché i granuli di alogenuro d’argento della pellicola sono stati modificati, ma che non si vede. Più esattamente: che non si vede fino a che non sia stata rivelata per mezzo di un adatto trattamento di sviluppo. Lo sviluppo si chiama anche rivelatore. Subito dopo lo sviluppo, naturalmente, occorrerà un fissaggio, necessario per
rendere il negativo inalterabile e dunque per poterlo osservare normalmente… accendendo la luce, e poi per stamparlo con l’ingranditore. IL PRIMO PASSO, SVILUPP SVILUP PARE UN NEGATIVO Iniziamo, pensando a ciò che occorre per sviluppare le pellicole. In primo luogo serve una sviluppatrice, detta tank. È il contenitore a tenuta di luce nel quale va introdotta la pellicola e dove si verseranno poi in successione sviluppo e fissaggio. Vedremo poi come è fatta e come si usa. Occorrono un paio di bicchieri o di cilindri graduati - da 100 e 500ml - utili per preparare il rivelatore e il fissaggio, un imbuto, un termometro per uso fotografico, delle pinze appendi-pellicola, una pelle di daino, un cronometro. Il rivelatore
Eccoci al punto. Occorre in primo luogo scegliere un rivelatore. Ne esistono di diversi tipi. Si distingue di solito tra due tipi di prodotti: quelli in polvere e quelli liquidi. I rivelatori in polvere sono di facile uso: si sciolgono in una quantità dosata d’acqua, mescolando molto bene. Quelli liquidi sono anch’essi da diluire in acqua in modo da raggiungere precise propor-
Due diversi diversi allestimenti allestimenti della camera oscura per separare separare le operazioni “bagnate” da quelle “asciutte”.
Ecco differenti soluzioni di ingressi a tenuta di luce in camera oscura. Il primo esempio esempio prevede prevede due porte a “saloon”, con apertura comandata elettricamente da due pedane o, più semplicemente, con ritorno a molla ed apertura... a pedata. Nel secondo caso, una porta ruotante nera. Segue un ingresso con porta rientrante che dà su un vano dal quale partono altre porte. La stessa soluzione soluzi one può essere rearealizzata con porte normali o a soffietto. Due semicilindri neri possono fungere da “labirinto” per la luce (in camera oscura per la stampa, e non per il trattamento dei negativi), così come con normali pareti è possibile realizzare labirinti di maggior efficacia.
zioni, variabili a seconda dei risultati che si vogliono ottenere. Qual’è lo sviluppo migliore? La chimica fotografica ne produce di tanti tipi, con diverse caratteristiche: ad alto contrasto, adatti a forzare la sensibilità delle pellicole, oppure finegranulanti, prodotti utili per avere una grana finissima, ma spesso anche caratterizzati dalla particolarità di abbassare la sensibilità delle pellicole al di sotto di quella nominale.
Non si può dire che, in assoluto, un rivelatore sia migliore di un altro. Si può dire invece che il migliore rivelatore, per un fotografo, è quello che lui stesso conosce meglio in tutti i dettagli di comportamento. È ovvio che per conoscere bene un rivelatore occorre tempo, occorre esperienza, occorre avere sviluppato negativi anche molto differenti tra loro. Quando, alla fine, si giunge al risultato di sapere prevedere piuttosto bene come si comporterà quello specifico rivelato-
re in quella data condizione di ripresa, ecco che si potrà dire sì, conosco bene questo rivelatore che per me è il migliore di tutti. Per ulteriori approfondimenti consultare l’articolo di Giampaolo Bolognesi su questo stesso fascicolo. Una questione di conservazione
Quando un rivelatore è stato preparato, occorre fare attenzione al fatto che ogni soluzione di sviluppo tende ad ossidarsi,
anche molto rapidamente, a contatto con l’aria. Bisogna quindi ricorrere ad alcune precauzioni per proteggersi da questo inconveniente. Occorre fare particolare attenzione ai rivelatori in polvere: è vero che sono comodi perché, in polvere, si mantengono bene nel tempo. Però una volta che sia stata preparata la soluzione bisogna dire che spesso essa dura davvero poco. Diviene quindi indispensabile studiare delle precauzioni specifiche. Va ricordato che l’ossidazione deteriora i bagni di sviluppo tanto più rapidamente, quanto maggiore è la loro diluizione; bagni molto diluiti sono sempre degli usae-getta. E’quindi conveniente partire dalla massima concentrazione possibile – compatibilmente con la solubilità dei prodotti, nel caso dei rivelatori in polvere salvo poi diluire al momento dell’uso. Un metodo, in stile fai da te, è quello di introdurre nella bottiglia in cui si conserva il rivelatore un palloncino di quelli usati dai bambini per giocare e poi gonfiarlo, prima di chiudere la bottiglia, allo scopo di espellere il più possibile l’aria in essa presente. Riducendo in questo modo la possibilità di contatto del rivelatore con l’ossigeno, si limita drasticamente il deterioramento. Bisogna prenderci la mano, può non essere facile, specie se il collo del flacone è stretto. Un sistema classico è il ripristino del livello del flacone con palline di vetro, che vanno a sostituire il consumo di rivelatore. Un sistema più comodo, meno empirico, è quello di servirsi di bottiglie di plastica appositamente progettate, realizzate con una struttura a fisarmonica che le rende comprimibili. Si usano schiacciandole fino a portare il liquido a filo con il tappo. Poi si chiudono, con il tappo a vivi te che assicura una tenuta ermetica. Infine, questi contenitori si possono lasciare sullo scaffale senza che l’aria sia a contatto con il rivelatore. Adoperare rivelatori liquidi, da diluire nelle proporzioni richieste, di solito ha un vantaggio: questi bagni sono meno soggetti ad alterarsi, durano più a lungo degli altri e possono essere conservati ad esempio anche per 3 mesi (non suggeriremmo di spingersi troppo in là). La tank, ovvero la sviluppatrice
Tank, termine inglese che significa contenitore, serbatoio (vuol dire anche carro armato, ma non in questo caso). In-
COPERCHIO
Sezione di una tank di sviluppo: la tank è progettata per permettere permettere l'introduzione l'introduzione e la fuoriscita della chimica im pedendo pede ndo il passaggi pass aggioo della luce. La pellicola va inserita nella oscurità completa, mentre il ricambio dei liquidi avviene alla luce.
IMBOCCATURA A PROVA DI LUCE PER INTRODURRE GLI SVILUPPI
SPIRALE PER L’AVVOLGIMENTO DELLA PELLICOLA
somma: scatola a tenuta di luce. In italiano si chiama sviluppatrice. Di solito è una sorta di barattolo dotato di un coperchio a tenuta di liquido, che incorpora un sistema a labirinto semplificato che permette di introdurre o scaricare dei liquidi, appunto lo sviluppo o il fissaggio, senza però consentire l’ingresso alla luce. All’interno della sviluppatrice, sviluppatrice, o tank, va messa la pellicola da trattare; questa sarà avvolta sulla cosiddetta spirale dotata di guide per l’avvolgimento l’avvolgimento della pellicola. A ben guardare, guardare, per quanto quanto riguarda riguarda il trattamento di un negativo la camera oscura serve solo per consentire al fotografo di aprire nel buio assoluto il caricatore della pellicola impressionata e per avvolgere il rullino nella spirale. Una volta che la spirale è stata chiusa nella tank, si potrà accendere la luce e avviare l’operazione di sviluppo. Esistono sviluppatrici per trattare contemporaneamente più rullini. Ne esistono per il formato 35mm e per il medioformato; a volte hanno i dischi della spirale mobili in modo da adattarsi all’uno o all’altro formato. Un po’ di esercizio esercizio
licola già sviluppata, al quale non si tiene particolarmente, provando a caricarlo e scaricarlo più volte sulla spirale. Dapprima si condurrà l’operazione in piena luce e poi, acquisiti i movimenti, anche al buio. Fatta la necessaria pratica e presa dimestichezza con il metodo, si passerà al caricamento - al buio! - ed allo sviluppo del primo rullino. Occorre fare attenzione all’operazione di estrazione della pellicola dal caricatore 35mm. Si può letteralmente demolire il caricatore, sfilando l’intero rocchetto che porta la pellicola (si può usare una pinza o un apriscatole; con alcuni rullini l’operazione è difficoltosa perché i fondelli sono saldati), oppure si può sfilare la pellicola recuperando l’esca, se questa è sparita all’interno del caricatore, servendosi di un apposito estrattore. Per semplificarsi la vita, sarebbe meglio non riavvolgere del tutto la pellicola nel caricatore, lasciando che rimanga fuori l’estremità; ciò richiede una certa esperienza, ma facilita non poco le operazioni da fare al buio. La pellicola, tolta dal caricatore, può essere preparata all’introduzione nella sviluppatrice smussando gli angoli con una forbice allo scopo di rendere più facile l’introduzione della pellicola nella spirale.
Acquistata una sviluppatrice, è opportuno impratichirsi nell’operazione di avvolgimento sulla spirale prima di trattare davvero il primo rullino. A questo sco- Precauzioni po basta esercitarsi con un pezzo di pel- Si faccia attenzione al sudore ed all’u-
Come avvolgere la pellicola sulla spirale Caricare la spirale di una tank t ank non è facilissimo, ma non è nemmeno particolarmente difficile. La vera difficoltà nasce dal fatto che l’operazione deve essere eseguita al buio completo, basandosi quindi esclusivamente sul tatto. L’operazione di avvolgimento della pellicola sulla spirale non è difficile e viene effettuata con un moto rotatorio alternato, avanti e indietro, dei dischi; così facendo la pellicola procede nella spirale e non può tornare indietro per effetto di una sferetta che blocca il ritorno della striscia. Le spirali devono essere perfettamente asciutte; eventuali gocce d’acqua renderebbero molto difficoltoso il caricamento della pellicola.
Il necessario necessario per sviluppare una pellicola: tank, forbici, estrattore di pellicola. Ricordiamo che l’estrazione della pellicola va fatta in totale oscurità.
Con la forbice si sagoma la coda della pellicola per facilitarne l'invito nella spirale.
Con un movimento rotatorio alternato alternato sulle due parti della spirale si avvolge la pellicola all'interno della spirale.
Un sistema per estrarre la pellicola quando la coda è rientrata, è strappare con una pin za uno dei due copricopr irocchetti (in completa oscurità).
Si introduce la coda sagomata nella spirale fino ad oltre passare le due sfere d'acciaio di aggancio pellicola.
Qualche centimetro prima che la pellicola sia com pletamente avvolta si taglia con una forbice forbice la coda per separarla separarla dal rocchetto. rocchetto. È sempre buona norma eliminare completamente tutta la parte di pellicola coperta dal nastro nastro adesivo per evitare evitare che i collanti di quest'ultimo inquinino lo sviluppo.
midità della pelle; toccare con le dita la parte emulsionata della pellicola potrebbe lasciare impronte e segni indelebili; maneggiare quindi la pellicola tenendola sempre per i bordi. Attenzione anche a quando si sfila la pellicola dal rullino; eventuali granelli di polvere tra i feltrini potrebbero rigare l’emulsione. Gli esempi fin qui fatti riguardano il trattamento di una emulsione 35mm. Se si prende in esame il medio formato le cose cambiano un po’; invece che dal caricatore, la pellicola formato 120 è infatti protetta da una carta apposita, che deve essere rimossa prima di procedere al trattamento chimico. Anche questa è un’operazione da fare nel buio totale, srotolando completamente il rullino fino a raggiungere il pezzetto di adesivo che tiene unita la pellicola alla carta di protezione. Per il resto si procede come con la pellicola 35mm.
La tecnica per una corretta agitazione L’agitazione della tank permette di rinnovare continuamente il rivelatore a contatto con la pellicola, garantendo uniformità di sviluppo; è uno dei parametri importanti del trattamento, perché influisce in modo sensibile sul risultato. Le modalità operative sono sostanzialmente due: 1) per rotazione della spirale, tramite il perno che fuoriesce dal coperchio della tank; 2) per rovesciamento della tank. Qualunque sia la scelta, è consigliabile agitare con continuità per i primi 30 secondi, e poi per 5 secondi ogni 30 o 60 secondi. Nelle confezioni delle pellicola sono spesso date le istruzioni per l’agitazione. In realtà, ricordiamo che il risultato del processo dipende da molti fattori: tipo di emulsione, esposizione, modalità del trattamento. La scelta dell’armonizzazione fra questi elementi costituisce la fondamentale, necessaria e ineliminabile, fase di personalizzazione, che ciascuno deve compiere per ottenere buoni risultati. In questa fase si potrà anche scegliere una modalità di agitazione diversa da quella suggerita dal fabbricante. La nostra raccomandazione è sempre la stessa: una volta trovata una agitazione che dà buoni risultati, si rimanga fedeli al metodo collaudato.
Le temperature
Il controllo della temperatura è sempre importante nei processi chimici e la fotografia non fa eccezione. Si adopera un buon termometro, di facile lettura, di solito graduato graduato da zero a +50° C, a passi di mezzo grado. Le temperature che ci interessano, in modo specifico, sono quelle compres compresee tra 18° 18° C e 24° C. Ad esse esse sono riferite, di solito, le istruzioni dei fabbricanti di pellicole e rivelatori. È opportuno controllare la temperatura di tutti i bagni perché essa influisce sullo sviluppo, e perché la pellicola è sensibile ai forti sbalzi di temperatura. Attenzione però: il termometro non deve essere estratto da un bagno e subito introdotto nell’altro, perché così facendo si rischia di inquinare il secondo. Ad esempio non si deve togliere il termometro dal fissaggio ed introdurlo direttamente nello sviluppo, che ne verrebbe contaminato. Ricordarsi quindi di lavare sempre lo strumento dopo ogni misurazione. Per portare i chimici alla temperatura prescritta dal fabbricante della pellicola, o dello sviluppo, li si mette a bagnomaria.
A intervalli regolari occorre effettuare il capovolgimento della tank per consentire al rivelatore di mescolarsi e agire efficacemente efficacemente sull'emulsione. Il tipo e il numero di capovolgimenti possono determinare differenze di contrasto.
Il trattamento
Una volta che lo sviluppo è pronto, lo si versa in un recipiente graduato per dosarne con precisione la quantità da utilizzare. Si è pronti, in questo modo, a fare partire il trattamento. Si farà partire il crono-
Dopo ogni capovolgimento capovolgimento la tank va battuta su una superficie piana e dura per scollare le eventuali bolle d'aria formatesi sulla superficie dell'emulsione.
Pa P a s so p a sso ss o , l ’ o p era er a z i o n e d i s v i l u p po po L’operazione avviene in piena luce. Si prepara il rivelatore e lo si versa nel bicchiere graduato, nella quantità richiesta dalla sviluppatrice. 1) Si fa partire il cronometro e si versa il rivelatore nella sviluppatrice, rapidamente. Ci si ricordi di battere la tank sul tavolo, per staccare eventuali bollicine d’aria aderenti all’emulsione. Agitare la tank regolarmente per evitare che lo sviluppo a contatto con l’emulsione si esaurisca. Terminato il tempo di trattamento, si vuota la sviluppatrice. Ricordiamo che si può usare un rivelatore del tipo usa e getta, che va eliminato definitivamente dopo ogni sviluppo, o un rivelatore che permette più trattamenti; in questo caso normalmente si allunga leggermente il tempo di trattamento dopo ogni sviluppo per compensare la progressiva perdita di efficacia. Questi sviluppi dovranno ovviamente essere recuperati in un opportuno contenitore. 2) Terminato lo sviluppo, è opportuno eliminare i residui di bagno che aderiscono alla pellicola e alla tank: la loro alcalinità deteriorerebbe il successivo fissaggio, riducendone le prestazioni. E’ consigliabile quindi un bagno cosiddetto di arresto di 30-60 secondi in acido acetico al 2%, un usa-e-getta, da agitare con continuità.
3) Vuotata la tank dal bagno d’arresto, si passa al
trattamento di fissaggio, indispensabile per eliminare dalla pellicola i sali d’argento non interessati dalla luce che ha generato la scena ripresa. Devono essere eliminati per consentire al fotogramma di essere osservato alla luce; senza il fissaggio si correrebbe il rischio di vedere il negativo annerirsi completamente. L’azione del fissaggio elimina l’aspetto lattiginoso del fotogramma e lo rende trasparente in tutte le aree non esposte alla luce. Come per lo sviluppo, anche il fissaggio deve essere versato rapidamente nella tank: il trattamento dura un arco di tempo da un paio di minuti a una decina. La differenza dipende dalla concentrazione del prodotto, definita dalla formulazione del bagno. Basta seguire le istruzioni fornite dal produttore. Un consiglio: anche durante il fissaggio sarà opportuno agitare la tank per assicurarsi che l’effetto del fissaggio sia uniformemente distribuito su tutta la superficie della pellicola. 4) Alla fine del trattamento di fissaggio la pellicola non potrà più annerirsi, ma la gelatina sarà impregnata di prodotti chimici. E’ quindi necessario un prolungato lavaggio per preservare la pellicola nel tempo.
Dopo aver introdotto nel foro foro centrale della spirale il cilindretto che serve per mantenere la spirale in posizione ed evitare evitare le infiltrazioni Con il termometro si verificherà a di luce, si introduce la spirale cari- intervalli, durante il corso dello svi Dopo Dop o l'arresto l'a rresto si luppo, la temperatura della soluziocata nella tank. fissaggio. ne, per correggere eventualmente il Terminato lo sviluppo si rove- passerà al fissaggio. scerà immediatamente la tank Dopo il fissaggio, il tempo di sviluppo, diminuendolo se elimin are il rivelatore rivelat ore e si lavaggio, possibilla temperatura è superiore a quella per eliminare prevista o aumentandolo se la tem- verserà nella tank l'arresto. L'o- mente con iniettore perazione va fatta fat ta senza sen za esitaesita - per ridurne ridurne i tempi e peratura è inferiore. inferiore. zioni, per evitare che lo svilup- migliorarne l'effica po continui ad agire. cia.
metro e si verserà nella tank il rivelatore. Quanto rivelatore? Semplice: quello previsto dal costruttore della tank e di solito riportato nelle istruzioni o impresso sul fondo della stessa sviluppatrice. Una buona regola è quella di usare un volume di rivelatore – sempre lo stesso, per il massimo della riproducibilità – che lasci 50ml d’aria al di sopra: è una precauzione necessaria a garantire una buona agitazione, specie quando la si pratichi per rovesciamenti, che è la procedura migliore per realizzare un efficace ricambio del rivelatore sulla superficie della pellicola. Si farà partire il tempo nel momento in cui si comincerà a versare il rivelatore nella tank. L’operazione di r iempimento dovrà essere condotta in modo rapido: vogliamo infatti che tutta la pellicola sia coperta dal rivelatore quasi nello stesso momento e che la durata del trattamento sia uniforme per tutto il rullino. Conviene tenere inclinata la tank durante l’operazione di riempimento, allo scopo di facilitare l’ingresso del liquido. Qualche colpetto della tank sul tavolo, appena conclusa l’operazione di riempimento, può essere utilissima per staccare dalla pellicola eventuali bollicine d’aria che potrebbero creare irregolarità di trattamento.
perché da un efficace lavaggio, oltre che da un fissaggio condotto bene, dipende la durata nel tempo di un negativo. Il metodo più facile è quello di collegare un tubetto di gomma al rubinetto del bagno e poi, infilata tale canna al centro della tank di sviluppo, aprire il rubinetto. Naturalmente occorre qualche precauzione. L’acqua di lavaggio non deve essere troppo calda, meglio non superi i 25° C; una temperatura eccessiva potrebbe infatti danneggiare l’emulsione, ancora molto morbida; l’acqua di lavaggio non deve essere troppo fredda, perché un brusco raffreddamento potrebbe creare una reticolatura sull’emulsione, con un danno irreparabile. irreparabile. E’ caldamente caldamente raccoraccomandato che tutti i bagni, lavaggio compreso, abbiano una temperatura che non si discosti discosti di oltre 2° C da quella del rivelatore. Quanto tempo deve durare un processo di lavaggio? La risposta è: da 20 a 30 minuti: un lavaggio ben fatto è garanzia di lunga durata dei negativi. In mancanza di acqua corrente in camera oscura, occorre disporre di un paio di secchi di plastica, in cui immergere il materiale dopo il fissaggio. Al termine della sessione, ci si potrà trasferire in cucina o in bagno, per eseguire un lavaggio a fondo, efficace. Per evitare che durante l’asciugatura si formino macchie di calcare sulla pellicola, si può ricorrere, dopo il lavaggio, ad un risciacquo finale con acqua distillata, magari addizionata ad un tensioattivo; bastano un paio di minuti di questo lavaggio.
perando una pelle di daino o apposite pinze tergi-pellicola: suggeriamo di porre una particolare attenzione perché l’emulsione impregnata d’acqua è davvero delicata e un eventuale granello di polvere finirebbe per rigare lungo tutta l’emulsione. Qualcuno preferisce far scorrere con delicatezza la pellicola fra due dita della mano. Abbiamo detto delle pinze appendipellicola, che consigliamo. Gli amanti del fai-da-te possono preferire le normali mollette da bucato, e siamo d’accordo sulla semplicità e basso costo della soluzione. Occorre però essere certi della tenuta delle mollette, perché vedere una intera pellicola, bagnata, cadere a terra e avvolgersi su se stessa spazzando il pavimento è un’esperienza… demoralizzante. Quanto deve durare l’essiccamento? La risposta è semplice: fino a quando il lato emulsione non diventa completamente e uniformemente opaco e non più “appiccicoso al tatto”; una prova si può fare sul bordo della pellicola. L’ambiente non deve ovviamente essere polveroso. Un consiglio: appendete la pellicola e poi andate a fare qualcos’altro. Tenete i familiari lontano dalla pellicola che sta asciugando, se occorre con minacce di feroci rappresaglie. Esistono strumenti appositi per l’asciugatura delle pellicole, piccoli armadi verIl tempo di sviluppo La durata del trattamento è legata all’eticali con un flusso di aria tiepida, filtranergia del rivelatore. Per cominciare conta. Sono utili, ma sono dedicati a chi sviviene seguire scrupolosamente le indiluppa molti rullini. cazioni del produttore dello sviluppo, sia Un altro consiglio: non cercate di alleper quanto riguarda il tempo, che per la stire soluzioni improvvisate con un faitemperatura. Di solito i tempi di svilupda-te modesto come quello di incanalapo sono più lunghi per le pellicol pellicolee a mag- Asciugatura re l’aria calda di un asciugacapelli sulla gior sensibilità. Siamo giunti all’ultima fase del tratta- pellicola; la bombardereste inevitabilUna volta fatta esperienza, si potranno mento prima della stampa. mente con tutta la polvere presente nel provare valori diversi, fino a personaliz- Per asciugare il negativo occorre muo- locale, rovinando i negativi. zare il trattamento secondo i propri gu- versi con attenzione: la pellicola va tol- Quando la pellicola è asciutta, i negativi sti. Vale sempre comunque la seguente ta dalla spirale, l’emulsione non deve es- sono pronti per essere stampati. regola: al crescere del tempo di sviluppo sere toccata con le mani e la pellicola de- Non conservate il rullino arrotolato su se aumenta il contrasto del negativo. ve essere maneggiata tenendola per i bor- stesso: meglio tagliare la pellicola a striLo sviluppo offre quindi una certa fles- di. sce di 4 o 6 fotogrammi, da infilare in apsibilità operativa; si può ad esempio La si può appendere, con le apposite pin- positi raccoglitori porta-negativi. Tra queesporre la pellicola come se avesse una zette, ad un filo teso orizzontalmente sti, quelli in carta semitrasparente sono sensibilità superiore rispetto a quella no- nella stanza, ad un’altezza sufficiente; preferibili a quelli in plastica perché non minale e prolungare il tempo di tratta- un rullino 35mm da 36 pose è lungo cir- si caricano di elettricità statica e quindi mento in modo da compensare la mino- ca 1.60m; un’altra pinzetta in fondo al- difendono meglio il contenuto dalla polre esposizione. la pellicola permetterà di tenerla in ten- vere. sione. Sulle pagine dei raccoglitori annoterete Il lavaggio L’eccesso di acqua sulla pellicola potrà anche data, luogo, argomento delle riNon è una operazione da sottovalutare essere rimosso, con molta cautela, ado- prese.
LA GRANDE AVVENTURA DELLA STAMPA Per il processo di stampa è necessario l’ingranditore, il pezzo più importante della strumentazione di laboratorio, e SPECCHIO poi una serie di tre bacinelle per le operazioni di sviluppo, fissaggio, risciacquo della carta. Il formato delle bacinelle dovrà naturalmente essere proporzionato alle dimensioni delle stamCONDENSATORE pe che si vorranno ottenere. SuggeriaPORTA mo di non scendere al di sotto d ella miNEGATIVI sura 24x30cm. Serviranno poi due o tre bottiglie di plastica in grado di contenere ciascuna un litro di soluzione e uno straccio pulito, OBIETTIVI quest’ultimo utile per asciugare e pulire attrezzature ed ambiente. Esploso di un ingranditore a Il processo di stampa, per alcuni versi, luce condensata: la luce della assomiglia ad una ripresa fotografica in lampada riflessa dallo speccui il soggetto è il negativo, e il foglio di chio attraversa i condensatocarta sensibile la pellicola da impressiori, il negativo e l'obiettivo per nare. formare l'immagine sul piano dell'ingranditore. La scelta dell’inquadratura Si inserisce il negativo nel portanegativi dell’ingranditore e si proietta l’immagine sul piano dell’ingranditore, sul quale avremo posto un foglio di carta comune non sensibile per scegliere l’inquadratura. Meglio è disporre di un marginatore che consente una maggiore premente si fa partire il cronometro in mo- luppo deve essere sempre portato a foncisione. Si regola l’altezza dell’ingranditore in do da esporre il foglio di carta per il tem- do. Se l’ingrandimento si sta annerendo troppo, vuole dire che la posa è stamodo da coprire il formato desiderato po stabilito. Per la massima precisione e per garan- ta troppo lunga ed è meglio rifare la con l’inquadratura migliore. Si mette a fuoco l’obiettivo dell’ingran- tirsi una accurata ripetitività delle espo- stampa. ditore, magari aiutandosi con un foco- sizioni è molto utile servirsi di un conta Arresto Arrest o e fissagg f issaggio io metro (uno strumento semplice ed eco- secondi. Una delle difficoltà è la scelta del corUn rapido passaggio nel bagno di arrenomico costituito da una lente di ingrandimento che permette di controllare se retto tempo di esposizione; per questo sto è utile per preservare il fissaggio. l’immagine proiettata è perfettamente a occorre fare delle prove con diversi tem- Il fissaggio deve durare da due a dieci mipi, prove dette appunto “provini”. nuti, secondo le istruzioni del fabbricante. fuoco). Un fissaggio bene eseguito, con un bagno Si dispone il filtro rosso sotto l’obiettiIl trattamento non esaurito, è importante per assicurare vo dell’ingranditore. Lo svilup sv iluppo po una lunga vita alla stampa e quindi non c’è Si immerge il foglio di carta nella baci- dubbio che sia sempre preferibile disporre L’esposizione In luce rossa di sicurezza , si apre il pac- nella dello sviluppo. Di solito accade che di un bagno rinnovato abbastanza di fre fissano co di carta sensibile, si sfila un foglio e quando si pone una stampa da sviluppa- quente. Con un litro di fissaggio si fissano lo si dispone sul piano di stampa al po- re nella bacinella del rivelatore, l’imma- efficacemente circa due metri quadrati di sto del foglio campione (ricordarsi di con- gine – nel caso di una carta RC - inizia a carta da stampa. trollare che il pacco di carta sensibile sia comparire dopo una ventina di secondi. Lavag gio Si rinforza progressivamente e raggiun- Lavaggio stato richiuso). Si verifica l’inquadratura, si chiude il dia- ge la pienezza dei toni dopo circa 60 se- Dopo il fissaggio si passa al lavaggio, da condurre per un tempo piuttosto prolunframma dell’obiettivo di un paio di scat- condi. ti in modo che l’ottica lavori al meglio. Occorre fare attenzione quando si giu- gato al fine di rimuovere con certezza Si spegne la luce dell’ingranditore, si to- dica la foto che si sta sviluppando: di ogni residuo. La carta da stampa classiglie il filtro rosso, si accende la luce del- solito si tende a sovrastimare l’anneri- ca, il cartoncino baritato, deve essere lal’ingranditore e si inizia l’esposizione mento e si è tentati di estrarre la copia vata a fondo almeno per mezz’ora. Le della carta sensibile. Contemporanea- anzitempo. È meglio non farlo, lo svi- carte politenate richiedono invece un tem-
po di lavaggio molto minore, anche soltanto tre minuti primi; dispongono infatti di uno strato di polietilene a protezione che impedisce che la carta si imbeva di soluzione. L’asciugatura L’asciuga tura
Una volta lavate le stampe vanno appese per eliminare l'acqua in eccesso. Si può anche tranquillamente appoggiarle sulle piastrelle del bagno attendendo che l'acqua in eccesso scoli. Esistono comunque in commercio dei rulli da premere sulla stampa per eliminare l'acqua in eccesso. Esistono due tipi di carte, baritate e politenate, che richiedono tempi differenti. Se la carta è politenata, una volta che l'acqua in eccesso è stata eliminata, sarà sufficiente appoggiarla su un telo perché questa si asciughi nell'arco di pochi minuti. Il processo può anche essere accelerato con l'ausilio di un phon. Se la stampa è baritata il tempo è decisamente maggiore, più lungo.
La sensibilità al colore Le carte da stampa sono naturalmente sensibili alla luce, ma a quale luce? Intendiamo: a quale colore della luce sono sensibili? La risposta è importante perché tale sensibilità influisce sulla facilità del lavoro in camera oscura. Normalmente, una carta per BN non è sensibile ai colori che vanno dal verde al rosso. Questa caratteristica è voluta ed è importante perché permette di operare in camera oscura tenendo accesa una lampada rossa, o giallo-verde, senza correre il rischio di velare le carte. Attenzione però: quando si carica in nella tank una pellicola bianconero è necessario che l’operazione avvenga nel buio totale. Le pellicole bianconero infatti sono sensibili a tutti i colori dello spettro visibile! Alcune carte BN fanno tuttavia eccezione; sono le carte pancromatiche, cioè le carte bianconero usate per stampare in bianconero i negativi a colori. Infine, le carte a contrasto variabile: necessitano di luci di sicurezza particolari, perché sono realizzate espressamente in modo da essere sensibili a colori diversi e, in funzione del colore della luce che le colpisce, possono variare la loro gradazione di contrasto. È necessario, caso per caso, accertare quale sia la luce di sicurezza indicata dal produttore di tali carte.
bruciatura, uno stampatore esperto rie- trastata. sce ad ottenere risultati di grande rilie- Se il fotografo ha una buona dose di abiLe carte carte per la stampa stampa vo. La stampa è una fase fondamentale lità, può modificare il contrasto all’inEsistono diversi tipi di carte da stampa. del processo creativo ed infatti quando terno della medesima stampa. Si può cioè La principale caratteristica è il contrasto, un fotografo non stampa da sé ha sempre esporre una zona della stampa, maschetenendo presente che vi sono carte a gra- un suo stampatore di fiducia. rando il resto, con un determinato fildazione fissa e carte a gradazione varia- Una considerazione anche in merito al traggio, e poi esporre l’altra parte in mobile. tono della carta . Le carte al bromuro do da ottenere un diverso contrasto. Le carte da stampa morbide, o a basso d’argento sono carte definite anche a tocontrasto, sono quelle che mostrano una ni neri e sono abbastanza sensibili alla Le superfici delle carte estesa gamma di toni di grigio. Poi ci so- luce. L’emulsione sensibile è in notevo- La finitura della carta ha un ruolo imno carte via via più contrastate che pre- le parte costituita da bromuro d’argento. portante nel risultato finale della stamsentano marcati passaggi tra chiaro e scu- Sono disponibili di solito in quattro o cin- pa. Si può scegliere tra una carta lucida ro. que gradazioni di contrasto. ed una opaca (o matt), oppure una semiLe gradazioni delle carte vanno da 0 (ze- Le carte al cloruro d’argento sono anche opaca (semi-matt). ro) a 1, 2, 3, 4, 5, in un crescendo di con- dette a toni neri caldi. Oltre al bromuro La massima impressione di brillantezza trasto. Attenzione, non esistono standard d’argento contengono anche del cloruro si ha con le carte lucide; sono da prefecodificati per cui non è detto che la car- d’argento. Sono meno sensibili alla luce rire per una resa spettacolare. Soffrono, ta di gradazione 3 di una marca mostri lo rispetto alle precedenti ma offrono toni naturalmente, per i possibili riflessi di lustesso contrasto della gradazione 3 di più caldi. ce; in mostra occorre quindi curare con un’altra marca. Quindi dopo avere proattenzione l’illuminazione. vato una marca e fatta esperienza su di Le carte a contrasto variabile La massima capacità di smorzare i riflessi essa è opportuno restarle fedele per stu- Sono carte bianconero caratterizzate da è fornita dalle carte matt, dette anche opadiarla a fondo. una struttura simile a quella delle carte che. Offrono un’ottima resa nella fotoA cosa serve giocare giocare con il contrasto del- da stampa a colori. Ovvero: sono carte grafia nel ritratto. Nella fotografia di paele carte? Semplice: è utile per compen- bianconero dotate di un’emulsione com- saggio possono aiutare nel produrre una sare le differenze di contrasto presenti plessa, a due strati; uno di questi è sen- resa pittorica delle immagini. sui negativi. Un negativo molto morbi- sibile - cioè si può annerire - alla luce In posizione intermedia sono le carte sedo potrà essere vivacizzato notevolmen- verde, l’altro a quella blu. Ne deriva che, mi-matt, o semi opache. te, in stampa, ricorrendo ad una carta ad esponendo il foglio di carta sensibile al- Ciascuno di questi tre tipi si può diffealto contrasto. Uno molto contrastato, po- la luce dell’ingranditore modificata con renziare poi in base al peso della carta, trà essere ammorbidito ricorrendo ad una filtri colorati, ad esempio magenta o gial- cioè alla grammatura. carta morbida o extra-morbida. Combi- lo, cambia il contrasto della carta stessa. nando il contrasto della carta con tecni- Variando il colore dei filtri si può passa- L’ingranditore che di stampa quali la mascheratura e la re così da una carta morbida ad una con- È lo strumento principe della camera
Il provino: come calcolare l’esposizione Il metodo più antico e collaudato è quello di effettuare una serie di provini con esposizioni scalate. A questo scopo basta sacrificare un pezzo di carta sensibile abbastanza lungo. Lo si dispone sul piano di stampa e lo si copre con un cartone opaco lasciando sporgere soltanto un piccolo riquadro. Attenzione a scegliere un particolare significativo dell’immagine. Si accende la luce dell’ingranditore e si proietta il negativo, facendo partire il contasecondi. Dopo tre secondi si sposta il cartone protettivo in modo da scoprire un’altra zona del foglio. Dopo altri tre secondi, si sposta nuovamente il cartone scoprendo un’ulteriore zona, e così via. Infine, si spegne l’ingranditore e si immerge la carta sensibile nel bagno di sviluppo. In breve: avremo esposto diverse parti del foglio di carta con una serie di esposizioni scalate di tre secondi. La prima zona avrà ricevuto luce durante tutte le esposizioni, la seconda avrà tre secondi in meno, la terza sei secondi in meno della prima e così via. Una volta concluso lo sviluppo converrà annotare, a margine di ogni quadratino esposto, l’esposizione corrispondente: ad esempio, dalla più chiara alla più scura, 3, 6, 9, 12, 15, 18, 21, 24 secondi. Esaminando il provino potremo scegliere l’esposizione più adatta per la nostra stampa. Questo sistema ha il difetto che non permette di confrontare l’esposizione sul medesimo particolare dell’immagine; un’alternativa quindi al metodo indicato prima è quella di effettuare tre (o più) provini singoli dello stesso particolare, e poi confrontarli. Abbiamo parlato di tempi di posa, ma non abbiamo indicato a quale diaframma operare. Se stiamo stampando un formato 18x24cm suggeriamo di iniziare con una posa di 3 secondi e con l’obiettivo regolato su f/5.6. Se operiamo con il formato standard 10x15cm potremmo provare f/11.
In questo questo provino provino è stata stata usata la gradagrada zione 1 per per l'immagine l'immagine di sinistra sinistra e la 2 per quella di destra. I tempi di esposi zione, partendo partendo dal riferimento riferimento 1 fino al 5 sono stati: 10", 20", 30",40" e 50".
In questo questo pro provino vino sono state usate le gradazioni 1 e 2 per le immagini in alto, rispettivamente di sinistra e di destra, e le gradazioni 00 e 0 per le immagini in basso, rispettivamente di sinistra e di destra. I tempi tempi di esposizione, esposizione, partendo partendo dal dal riferiferimento 1 fino al 5 sono stati: 5", 10", 20", 30" e 40".
Masc Ma er a tu turr a e b r uc ra : i n t erv er v ent en t i di esp es p o s i z i o n e Massc s ch era u ci a t u ra: e rv rven Copia esposta senza interventi. Il cielo è troppo chiaro.
Il paesaggio è chiaro, bisogna eseguire una bruciatura. Il fogliame è troppo scuro.
Su questa zona si sceglie esposizione e contrasto della carta: 9 secondi secondi a f/11, 2. grad grad.. 11 / 2.
Esposizione supplementare di 9 secondi sul paesaggio e sul cielo.
Queste due zone sono ancora troppo chiare e richiedono sulla copia finale un ulteriore aumento dell’esposizione di 36 secondi che viene eseguito mediante bruciatura con la mascherina.
Si può operare in modo creativo, quando si esegue una stampa BN, ad esempio intercettando una parte del fascio di luce dell’ingranditore. Ciò allo scopo di limitare l’esposizione di una zona e di aumentare l’esposizione delle aree circostanti. È la tecnica della mascheratura, eseguibile con le mani o con cartoncini ritagliati nelle forme più adatte e magari sostenuti da un sottile filo di ferro. Una osservazione a questo punto è importante: mani o cartoncini dovranno essere sempre tenuti in leggero movimento, durante l’esposizione, per evitare che il loro profilo venga tracciato nitidamente, e non desiderabilmente, sul foglio di carta sensibile. Per la stessa ragione, dovranno anche essere tenuti ad una certa distanza dal piano del foglio di stampa. Procedura inversa della mascheratura, è la bruciatura. Un foro di forma e dimensioni opportune, realizzato in un pezzo di cartoncino, permetterà di iniziare la stampa sulla parte isolata dal foro, mentre il resto del cartone protettivo impedirà alla luce di proiettare sulla carta sensibile il resto dell’immagine. Tolto poi il cartone, si potrà procedere all’esposizione dell’intero foglio. I due metodi, della mascheratura e della bruciatura, possono essere anche adottati entrambi in un ingrandimento e possono consentire veri virtuosismi di stampa. Per operare con maggiore facilità sarà opportuno che l’esposizione sia controllata da un timer che tenga acceso l’ingranditore per il tempo prefissato e lasci libere le mani del fotografo.
Questa zona è ancora troppo chiara, si eseguirà una ulteriore esposizione di 9 secondi nella copia finale.
Ulteriore esposizione di 9 secondi sul cielo, proteggendo con la mano la zona sottostante, viene anche ridotto il contrasto della carta a 1.
oscura. In termini semplicistici, si potrebbe dire che è un proiettore con la funzione, appunto, di proiettare l’immagine del negativo sul piano di base, su cui viene appoggiata la carta fotografica sensibile. Lo strumento, per operare bene, deve però essere progettato con intelligenza e fabbricato con cura, per molti motivi. È importante, per esempio, che il gruppo illuminatore smaltisca molto bene il calore della lampada, senza scaldare e quindi deformare il negativo durante la stampa. È importante anche che la luce sia diffusa in modo da rischiarare uniformemente il negativo. A questo proposito proposito alcuni ingranditori hanno la lampada montata in un dispositivo diffusore; altri usano una o più lenti per far sì che il negativo sia investito da un fascio di luce a raggi paralleli. Un’altra soluzione, usata specialmente in alcuni ingranditori professionali è quella della luce puntiforme; una lampada speciale, con un filamento di piccole dimensioni, è tenuta a una distanza variabile dal negativo; la sua posizione va regolata in funzione dell’ingrandimento. La luce puntiforme consente il massimo dei risultati in termini di nitidezza, in particolare nel caso di fortissimi ingrandimenti. La lampada dell’ingranditore è normalmente di tipo opalino, proprio per aumentare la diffusione della luce e per evitare che l’immagine del filamento possa essere in qualche modo proiettata sul piano di stampa. Tra la lampada dell’ingranditore e il portanegativi c’è normalmente un gruppo ottico con condensatori accuratamente dimensionati per distribuire al meglio la luce su tutta la superficie. I condensatori sono di solito calcolati in funzione della focale dell’obiettivo dell’ingranditore e del formato fotografico coperto. Cambiando obiettivo e passando ad un formato diverso, ad esempio dal 24x36mm al 6x6cm, si deve di solito cambiare la posizione dei condensatori o adottare una diversa e specifica coppia di condensatori. La costruzione di un ingranditore deve essere molto accurata, in termini meccanici: il piano dove alloggiare il negativo deve essere perfettamente parallelo al piano di stampa. Elevata la robustezza per non correre il rischio di movimenti durante la posa; la precisione dell’esecuzione è l’elemento che distingue ingran-
ditori di buon livello da strumenti economici. Il gruppo porta-negativi di un ingranditore può essere del tipo con vetri di tenuta o senza. I porta-negativi con vetri sono certamente in grado di mantenere perfettamente in piano il negativo, ma presentano l’inconveniente non trascurabile di essere dei veri e propri collettori di polvere e richiedono una continua pulizia. In più, espongono al rischio della comparsa di anelli di Newton, un fenomeno indesiderato di iridescenza. Sono però indispensabili con i formati maggiori di negativo, già a partire dal formato format o 6x6cm. Attenzione: non è mai tempo sprecato eseguire una perfetta pulizia del portanegativi con vetri; consente infatti di risparmiare un lungo e laborioso lavoro di spuntinatura, per eliminare i tanti puntini bianchi prodotti sulla stampa dalla polvere depositatasi sul vetro del portanegativi. Ottiche da stampa
L’obiettivo dell’ingranditore dell’ingranditor e deve essere di buona qualità e con caratteristiche da riproduzione: infatti il suo compito è proiettare perfettamente un originale piano su di una superficie piana, a differenza degli obiettivi da ripresa che si trovano di fronte a un soggetto tridimensionale. Ad un obiettivo da ingranditore si chiede la capacità di distribuire la luce in modo molto uniforme su tutto il piano ed essere il più possibile esente da fenomeni di distorsione; deve assicurare una elevata planeità di campo e non mostrare differenze di nitidezza tra centro e bordi. Non è necessario che un’ottica da ingranditore sia caratterizzata da una elevata luminosità: le pose da effettuare per realizzare una stampa sono infatti normalmente di parecchi secondi e disporre di un diaframma più aperto di solito non cambia sostanzialmente il modo di operare. Sono interessanti le focali leggermente grandangolari; poter disporre di un obiettivo di focale più corta, a parità di formato di negativo coperto, ha il vantaggio di permettere forti ingrandimenti senza dover spostare tropp o in alto la testa illuminante, vicino all’estremità della colonna, condizioni in cui sono più probabili vibrazioni del sistema che inducono deleteri effetti di micromosso.