Hator Go-Rex
Tratto dall’interpretazione della Torah, ossia il Pentateuco, i primi cinque libri dell’Antico Testamento Testamento scritti da Mosè in cui è esposta la Legge divina, l’insegnamento cabalistico è sostanzialmente finalizzato alla comprensione della natura di Dio attraverso lo studio della creazione e delle forze che la governano. Penetrando il senso profondo e non meramente letterale della Torah la narrazione biblica si rivela, secondo la Cabala, come l’espressione completa della manifestazione divina, ogni verso, ricco di arcano significato, cela una sfumatura della dinamica interazione tra le potenze divine e il mondo, attuata per la Cabala ebraica attraverso l’emanazione delle Sephirot. La loro origine, ossia il nocciolo primordiale da cui nasce ogni cosa, l’Ain-Soph (senza fine), essendo un concetto umanamente inaccessibile anche alla contemplazione più profonda, è quindi per noi deducibile unicamente attraverso lo studio della natura finita delle cose, percorrendone a ritroso il movimento di esternazione fino all’origine e viceversa, poiché
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“Tutto proviene dall’Uno e tutto ritorna all’Uno ’. La spinta iniziale del principio creativo è denominata Volontà infinita o primeva, scaturita dal desiderio divino di manifestarsi, precede quindi il pensiero attraverso cui, poi, si farà atto. La volontà si evolve in idea e l’idea in azione, l’Ain-soph, l’unità emanante, in tal modo si separa rivelandosi via via nella generazione delle Sephirot che rappresentano i vari stadi d’irradiazione in cui Egli, man mano, scopre se stesso dall’infinito al finito. Le Sfere, emerse dalla sostanza divina nel suo traboccare , sono quindi veri e propri ‘contenitori’ delle potenze di Dio. Un’attenta traduzione della frase iniziale della Genesi biblica “ Beeshit Barà Elohim Et Ashmain Veet Haaretz”, vede la parola Elohim come l’unione di un articolo singolare el con un sostantivo plurale ohim e tradotta quindi con “ Egli-gli Dei”, analogamente il verbo Barà, sulla base dell’integrazione masoretica e con un occhio rivolto ai principi qabbalistici, tradotto con emanò, come spiega Apis nel saggio introduttivo del libro “ Gli illuminati nella società umana”, delineano un significato quale: “Il Principio Primo creò, per emanazione, gli dei da cui furono formati cielo e terra”. Tale concetto di emanatismo non è riscontrato solo nella Cabala ma ridonda in varie dottrine, ad esempio nel sufismo, nella filosofia greca, nell’enoteismo egizio la cui teologia menphitica vede Ptah come Principio Supremo Creatore da cui hanno origine tutte le altre divinità. Nel neoplatonismo, secondo Plotino, l’Ain-Soph, essendo perfetto, bastando a se stesso e non avendo quindi alcuna necessità di creare, trova tale spinta nella sua fertile sovrabbondanza, come una fonte che riempie il suo ba-
cino e quando straripa da esso alimenta un'altra fonte, che a sua volta riempie il proprio bacino e straripa , spiega egregiamente il concetto Dion Fortune nel suo scritto “La cabala mistica”. L’Uno tracima quindi della sua sostanza che, dividendosi, perde la perfezione iniziale dando origine alle Sephirot che rappresentano la sequenzialità dei piani dell’esistenza, dai più sottili e completi, ai più grossolani e imperfetti, intesi come stati differenti di consapevolezza e percepiti in rapporto all’espansione coscienziale raggiunta dell’essere. Le Sfere sono strumenti preziosi per l’evoluzione interiore, a ognuna viene corrisposto uno dei dieci nomi di Potere dell’Ineffabile che, utilizzati nelle operazioni magiche, invocano le potenze divine nella loro essenza più spirituale. Per comprenderle al meglio va analizzata la radice ebraica da cui proviene tale denominazione, Sefirà, Sepiroth al plurale, deriva da Safar (Samekh – Peh – Resh ) i cui tre significati principali sono: numero, libro o storia, luce. Per quanto ri-
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guarda il numero (Mispar ) possiamo a esse associare le qualità, intese come valore esoterico, espresse nei primi dieci numeri interi; nell’aspetto di libro (Sefer o racconto) (Sippur ) come importanti testi contenenti miti, avvenimenti, sim boli, tradizioni e quindi portatrici di tali saggezze; nell’aspetto di luce o pietra preziosa (Sapir, zaffiro ) come centri irradianti il riflesso della Coscienza Divina capaci di arricchire coloro che ne acquisiscono le proprietà. Le dieci Sephirot sono ripartite nell'albero cabalistico su tre colonne, sulle due laterali quelle corrispondenti alle funzionalità energetiche, maschili nel pilastro della misericordia e femminili in quello della severità, mentre le Sfere collocate sul pilastro centrale i livelli di consapevolezza raggiunti nell'equilibrio delle suddette forze opposte; Daath, la Sephirot occulta, posta tra Kether e Tiphereth nel così detto abisso, è la porta di passaggio allo stato di coscienza più elevato raggiungibile dall’anima umana in cui il sapere e l’Essere si fondono nell’emersione del Sé e nella vera e propria comunione con il Divino. Tale disposizione macrocosmica si rispecchia in un preciso riferimento microcosmico, come viene detto nel secondo capitolo della Genesi Dio creò infatti l’uomo a sua immagine e somiglianza e l’albero cabalistico delinea appunto l’Adam Qadmon, l’uomo primordiale. Il triangolo formato dalle prime tre Sfere Kether, Cokhmah e Binah, detto superno corrisponde alla testa che, assieme alla coppia successiva Chesed e Geburah, le braccia, delineano l'Io Superiore; Tipharet, la quinta Sfera, si trova nel centro del glifo ed è il tronco microcosmico, il punto di contatto con l'io inferiore o personalità, composto da Netzach, Hod, le gambe, Yesod è il fallo, il pilastro cosmico e generatore in cui tutte le potenze superiori vengono incanalate per prendere forma in Malkuth, il Regno, culmine e obbligatorio passaggio per risalire al Divino come suggerisce lo Zohar “ Chi entra, deve farlo attraverso questa porta”. Le triadi sono formate da coppie di Sephirot le cui forze opposte si equilibrano nella terza. I quattro inferiori rappresentano tutto ciò che è ingabbiato nella forma mentre i sei superiori i loro principi archetipali e metafisici. Le Sfere, che nell'insieme formano il glifo dell'Albero della Vita, sono collegate le une alle altre da 22 linee chiamate sentieri , corrispondenti alle 22 lettere dell’alfabeto ebraico, non a caso lo studio della Ghematria è fondamentale per ogni cabalista; tali vie (22 sentieri+10 Sephirot) sono i canali attraverso cui Dio scende nell’uomo e viceversa, nel percorso inverso di reintegrazione, con cui l’uomo può ascendere alla Divinità.
L'Albero, considerato da un punto di vista iniziatico, è il nesso tra il microcosmo, che è l'uomo, e il macrocosmo, che è Dio reso manifesto nella Natura , spiega Dion Fortune nella sua opera “La Cabala mistica”. Le Sephirot sono talvolta paragonate a dei veli o delle vesti che man mano coprono, attenuando, la luce dell’Ain-Soph poiché l’uomo, allo stato attuale di coscienza, non è in grado di sopportarne la diretta intensità luminosa se non attraverso un’ascesa graduale, di Sfera in Sfera, come fossero gradini di una scala ciascuno rappresentante un grado su-
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periore di illuminazione. Ogni Sephirot è un mondo a sé, pur rispecchiandosi le une nelle altre si differenziano tra loro dalle forze archetipali contenute. La loro difficoltà interpretativa, dovuta alle molteplici interazioni e agli altrettanto diversi raggruppamenti in cui possono essere considerate, rende il loro simbolismo dinamico e poliedrico, in quanto non può limitarsi a quello della singola Sfera ma va osservato in un modo più ampio e relativo allo schema di differente correlazione preso in esame. Essenzialmente sono almeno sei gli aspetti da considerare per comprendere in modo completo ciascuna: la sua facciata indipendente, quella della Sfera emanante, l’influenza di quest’ultima, le proprietà delle Sephirot che la precedono e in essa quindi contenute, il suo potere di emanazione in base all’insieme di questi fattori e il suo aspetto contenuto nella Sephirot da lei emanata; da queste correlazioni si intuisce che, oltre il flusso di emanazione discendente dall’alto verso il basso, ve ne sia anche uno inverso e ascendente, un’interconnessione ritmica tra causa che si fa effetto e da effetto che ritorna come causa. Inoltre ogni Sephirot ha un ulteriore quadruplice natura rispettiva ai quattro mondi ca balistici intesi come quattro diverse fasi della Creazione: Atziluth, il Mondo Archetipale, Divino, del puro spirito o delle Emanazioni dove vengono concepite le idee che daranno vita al Cosmo - Briah, Il Mondo della Creazione, chiamato anche Khorsia, il Mondo dei Troni, la mente archetipale della nel quale avviene la progettazione - Yetzirah, il Mondo della Formazione e degli Angeli, dell’immagine e della coscienza astrale dove tali progetti vengono disegnati- Assiah, il Mondo dell'Azione, della Materia, nel suo aspetto denso e sottile e dove ogni cosa prende forma; tali mondi non sono da intendere come separati bensì compenetranti l’uno nell’altro. Vediamo ora l'ordine di emanazione dall’alto verso il basso, le denominazioni e le caratteristiche principali di ognuna. 1) Kether è “l’Uno”, la prima manifestazione dell’Ain-Soph, il senza forma in cui non vi è dualità, è l’immoto equilibrio raggiunto degli opposti; viene chiamato Corona e corrisponde microcosmicamente al Shamsara Chakra, il loto dei mille petali che si trova appunto sopra il capo, anello di congiunzione tra corpo e mondo spirituali, e nel parallelo sephirotico tra il cosmo e l’infinito. Lo stato dell’essere corrispondente a tale Sfera è il fine ultimo, ossia la comunione con il Creatore, il limite consentito di ogni esperienza mistica poiché al di là di essa vi è l’infinito, insondabile e incomprensibile per qualsiasi coscienza umana. Kether è il punto di concentrazione dell’Ain-Soph da cui traboccano tutte le Sue forze, è la Sfera che contiene in sé tutto il mondo manifesto e ogni suo stato dell’essere. La virtù di Kether quindi è, parlando in termini alchemici, il compimento della Grande Opera. Eheieh, Io Sono Colui Che Sono, puro essere, è il nome di Dio in Kether.
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2) Cokhmah la saggezza ; se Kether è il potenziale la sua prima manifestazione sarà una forza dinamica, attiva, fecondatrice. Cokhmah è quindi il Padre archetipale, il maschile, l’energia generatrice ma per comprenderla appieno va considerata nell’interazione con la terza Sephirot, Binah, l’organizzatrice della forza, il femminile, colei che stabilizza e dà forma a tale energia, l’utero primordiale e metafisico. Da queste due Sfere, e quindi dalla prima congiunzione tra le forze contrarie dei Superni, si intesse tutta la vita del cosmo, sono poste al vertice dei due pilastri laterali quello positivo della grazia, intesa come forza creatrice, e quello negativo della severità, intesa come costruttrice di forma mediante la delimitazione dell’energia in un contenitore. In Chokmah vige quindi l’azione fecondatrice, la Parola intesa come Verbo, la matrice vitale che si impianta nell’utero cosmico da cui viene organizzata e costruita. A tale Sephirot viene attribuito il nome di Dio Jehova, il Testo yetziratico chiama Chokmah “Intelligenza Illuminante”, possiamo associarla alle parole bibliche “Sia fatta la Luce”, a un lampo, un’intuizione che fa brillare l’intelletto. 3) Binah "intelligenza o comprensione”; è la terza Sephirot del triangolo superno, rappresenta il femminile, la matrice delle forme archetipali stabilizzante la forza creativa di Chokmah. Posta al vertice del pilastro della severità essa la rappresenta in quanto disciplinante un’energia che altrimenti si perderebbe nel cosmo senza manifestarsi, in Binha nascono gli archetipi della materia che troveranno sviluppo finale nella sfera di Malkuth. A tale Sfera viene inoltre attribuita la generazione della fede poiché contiene una verità esistente ma non ancora manifesta, parallelamente la fede è per l’appunto un'adesione fondata su di una realtà invisibile che si ritiene possibile , seppur sconosciuta. A Binah corrisponde la virtù del silenzio, della ricettività, il cui vizio, inteso come avarizia, sta nel suo eccesso divenendone la qualità negativa. Il nome di potere a lei attribuito è Jehovah Elohim. Da ciò fin ora esposto si evince la complementarietà delle due Sfere, ciascuna contenente una potenzialità essenziale affinchè si manifesti, nella loro congiunzione, l’aspetto creativo. Per intenderci meglio potremmo paragonare Chokmah alla benzina e Binah al motore, e comprendere in tale familiare metafora come l'impulso energetico andrebbe perduto se non trovasse un contenitore in cui venire raccolto, organizzato e quindi trasmesso; lo stesso raffronto si può fare con l'apparato riproduttivo dove la qualità generatrice maschile, necessita di fecondare quella incubatrice femminile affinché avvenga la nascita. Il
signore ha fatto la donna dalla saggezza dell'uomo e così lei è l'incarnazione della saggezza animata dal sentimento d'amore; ed il sentimento d'amore è la vita stessa, così la donna è la scintilla della vita nella saggezza, mentre l'uomo è la saggezza , scrive Emanuel Swedemborg nella sua opera “Conversazioni con gli angeli”, riferendosi proprio al maschile e al femminile nella loro mas-
sima espressione metafisica, quella delle due Sephirot. 4) Chesed, grazia; la quarta sfera contiene la grazia equilibrante la severità di Ge burah, in essa ha inizio il mondo manifesto e, diversamente dai tre precedenti superni solamente intuibili, Chesed è uno stato di consapevolezza raggiungibile attraverso una vera e propria esperienza. Da qui il concetto astratto formulato in Binah comincia a concretizzarsi, l'idea archetipale si sviluppa nell'immagine di un atto futuro che verrà via via realizzato nella discesa dei piani. In tale stato coscienziale si ricevono le influenze dei Maestri non incarnati, tali ispirazioni si indirizzano al favore collettivo e non individuale e per farsene tramite indispensabile è quindi avere sacrificato completamente il proprio egoismo. La quarta Sephirot viene detta
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dell’intelligenza Coesiva, la sua virtù è l’obbedienza, il nome di Potere è El. 5) Geburah, forza, severità ; per comprendere la quinta sfera, chiamata anche il Sacerdote sacrificale o il Distruttore e le sue qualità apparentemente negative, va capito innanzitutto il significato più profondo della parola sacrificio, inteso come la libera e cosciente rinuncia a un qualcosa per beneficiarne un altra, un necessario coraggioso abbandono paragonabile metaforicamente alla potatura di una pianta. Proviamo a pensare come l'eccesso di ogni qualità divenga deleterio, persino negativizzante, ad esempio una smisurata indulgenza sfocerebbe in buonismo, la troppa pazienza in debolezza, una smodata passione in follia, l'eccessiva forza in crudeltà ed è proprio qui che interviene la severità di Geburah, nel limitare o incrementare l'una o l'altra mantenendo l’equilibrio attraverso la disciplina, poiché tutto necessita del giusto rigore, anche l'amore. Questa Sephirot ci mostra due importanti valori, l'obbedienza e la rinuncia, da comprendere attraverso le esperienze restrittive che la vita ci offre, distruttive in apparenza per ciò che riguarda la realtà temporale, ma costruttive al servizio di ciò che è eterno, essa insegna inoltre la giusta visione e manipolazione del potere e della potenza. Il nome ineffabile a Lei corrisposto è Elohim Gebor. 6) Tipharet , bellezza o compassione ; posta al centro dell’Albero rappresenta il punto di contatto tra l'Io superiore e quello inferiore, a essa sono correlati i Misteri della Crocefissione poiché Dio vi discende manifestandosi nella consapevolezza umana tramite il figlio Gesù-Cristo. In questa Sephirot si esplica la comprensione del sacrificio inteso come morte eroica, atto sprigionante una forza di redenzione necessaria a riequilibrare e redimere le forze avverse del Regno. Per comprenderne meglio il significato dob biamo prendere nuovamente in esame la qualità del sacrificio già riscontrata in Geburah nel suo senso magico-trasmutatorio, ossia come trasformazione dell'energia liberata da una forma, affinchè ne componga un'altra in un fine non egoistico, un dare per gli altri, e nell'apice del suo significato, un donare se stessi partecipando all'ideale più elevato, quello della reintegrazione universale; per opposto il vizio assegnato a Tipharet è l'orgoglio. Trovandosi sul pilastro centrale, indica uno stato di consapevolezza, un’illuminazione superiore e non più relativa alle esperienze sensoriali, caratteristica delle quattro Sephirot sottostanti. Nel raggiungere tale sfera si acquisisce la vera veggenza udendo la voce dell'Io superiore, e quindi dello stesso Creatore essendo Tipharet il riflesso di Kether, nonchè l’intermediario tra macrocosmo e microcosmo; in ebraico significa bellezza, intesa come armonia delle proporzioni. Il suo nome ineffabile è Tetragrammaton Aloah Va Daath. 7) Nezach, costanza, vittoria; detta anche Sfera di Venere, rappresenta gli istinti emozionali, da essa genera la forza primaria che muove ogni essere, l’istinto naturale, le energie sessuali, capaci sia di elevare che frammentare l’individuo a seconda dello stato superiore o infimo che le pervade. In questa Sfera ha sede l’amore in tutte le sue variegate sfumature, dalle più spirituali alle più fisiche. Netzach e Hod, la Sfera che la segue, parallelamente alle coppie superiori, rappresentano energia e struttura agenti stavolta non su di un piano puramente metafisico ma su quello della manifestazione. Hod rappresenta l’intelletto, e Netzach la forza che in esso si attiva creando delle vere e proprie forme pensiero, senza questa energia che dinamizza la mente immaginifica, vivificandola, Hod rimarrebbe sterile, teorica. Il suo nome di potere è Jehovah Tzabaoth, il Signore degli Eserciti. 8) Hod, maestà, gloria; come abbiamo visto è strettamente correlata a
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Netzach, le due Sephirot agiscono e si muovono nel piano astrale, ossia quello emotivo originando, attraverso la loro unione, il desiderio. Il flusso discendente di tale emanazione, una volta raggiunto Malkuth, risale portando in esse il riflesso delle esperienze sensoriali tratte dal Regno, da ciò si intuisce quanto le Sfere ne siano influenzate e come il piano astrale di conseguenza sia un vero e proprio ricettacolo di psico-creature generate dalla mente dell’uomo, assioma che ricorda e ridonda nella Tavola di smeraldo: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare il miracolo di una cosa sola ”. Hod ha la capacità di sublimare, direzionare, controllare la forza dinamica di Netzach inibendo la natura animale e istintiva attraverso il raziocinio. In lingua ebraica significa gloria, poiché proprio in essa le forze naturali prendono forma e l’iniziato, raggiunta tale sfera di consapevolezza, riuscirà a scorgere in ogni elemento della natura lo splendore e quindi la gloria di Dio. Hod è la sfera attribuita a Mercurio-Ermete, dio della scienza e dei libri, dell’intelletto e quindi della Verità celata in ogni cosa, il suo vizio in opposizione è quindi l’imbroglio, l’illusione, la falsità. Il suo appellativo ineffabile è Elohim Tzabaoth, il Dio delle Schiere. 9) Yesod, fondamento ; questa Sfera è il vero e proprio trasmettitore nonchè il ricettacolo di tutte le emanazioni precedenti che culminano attraverso di essa nel regno, Malkuth. Viene infatti descritta come la sfera che regola il meccanismo dell'universo la cui base, partecipe sia del mondo materiale che mentale, è l'Akasha o l'Etere del Saggio, il quinto elemento, non manifesto, in cui trovano spiegazione gli altri quattro. Magicamente, ogni operazione il cui effetto deve trovare riscontro nel mondo fisico, va effettuata attraverso Yesod, poichè essa, e quindi il piano astrale, è il tramite tra Spirito e materia, in quanto l'uno non può agire direttamente sull'altro, ma solo attraverso la mente, tramite l'etere, il regno riceve gli influssi divini. Yesod è chiamata anche Sfera della Luna, e collegata quindi all'astro che parallelamente riflette la luce solare in Malkuth, questi influssi, dette maree lunari, crescono e decrescono in un ciclo di ventotto giorni raggiungendo l'apice della loro intensità al plenilunio, regolando in ampia misura sia i processi fisiologici che le operazioni magiche. Il suo nome di potere è Shaddai el Chai, l'Onnipotente Dio Vivente. 10) Malkhut , regno; si può notare dal glifo che, diversamente dalle precedenti, questa Sfera non fa parte di alcuna triade, posizionata all’estremità del pilastro centrale, a cui convergono anche i due laterali, contiene e condensa l’insieme di tutte le emanazioni precedenti e va considerata in particolare relazione con l'unica a lei direttamente collegata, Yesod. Malkuth viene denominata Madre inferiore in quanto, come Binah (Madre superiore) fa con Cokhmah, è in grado di racchiudere le energie vitali di Yesod donando loro in tal modo una forma. Malkuth è il nadir dell'evoluzione, ma esso dovrebbe essere considerato
non come l'infimo abisso della materialità, ma come la boa di virata di una regata. Qualsiasi yacht prenda la via di casa prima di aver girato la boa viene squalificato. Lo stesso è dell'anima, spiega metaforicamente Dion Fortune nella sua “ Cabala Mistica” volendo indicare la caduta come un processo necessario alla risalita in quanto l’animo umano, proprio attraverso le esperienze sensoriali, avrà modo di imparare a disciplinarsi, correggersi, dominarsi e infine trascendere la materia ascendendo verso l'Unità con consapevolezza. Da questo si intuisce l'estrema importanza che le varie incarnazioni posseggono in tale processo essendo quindi l'unico modo in cui trarre i giusti insegnamenti per la nostra rettificazione, le prove che la vita ci offre altro
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non sono che gradini per un’evoluzione spirituale. Il nome di potere di Malkuth è Adonai Melekh o Adonai ha Aretz. Da quanto fin ora detto si intuisce come l'emanazione esplichi una continuità tra emanatore ed emanato e come perciò ogni essere sia parte della divinità, il limite nel comprendere tale verità risiede quindi nella mancata e scarsa cognizione mentale, incapace di scorgere la reale essenza di ogni cosa. L’idea che “ Dio sia l’anima delle anime” ne dichiara la consustanzialità a quella umana, seppur intesa come neshamah, ossia nella sua parte più alta (nefesh) non contingente al corpo, che non discende affatto nei mondi inferiori ma che li irradia e incapace di peccare, un modus operandi che vede quindi Dio in essa, e quindi nel mondo ma allo stesso tempo fuori da esso. L’uomo tuttavia non percepisce il divino che è in lui finché non comincia la propria rettificazione e il conseguente percorso di ascesa, un riavvicinamento che man mano darà così modo al Creatore di svelarsi. La possibilità di correggerci viene data solo nel regno di Malkuth, ovvero dove le forze impure scaturite dai piaceri del mondo sensibile possono agire, venire comprese, contrastate e trascese attraverso gli insegnamenti della sofferenza, lo studio, la meditazione, fino alla completa catarsi delle passioni, dissoluzione dell’ego e conseguente volontaria obbedienza ai precetti del Creatore. L’uomo è l’unico essere in grado di discernere il male, respingerlo e rettificare così i propri desideri, solo in tal modo potrà ottenere l’intercessione divina, l’unica capace di redimerlo interiormente e che può agire solo previa il consenso dell’umana volontà, quando l’individuo avrà compreso e rifiutato la sua natura egoistica e opposta a quella del Creatore. L’Ineffabie trova piacere nel dare, l’uomo, al contrario, nel ricevere, è infatti questo divario che da Lui ci allontana poiché le affinità dipendono dalle vicinanze spirituali, non fisiche e l’unico modo di reintegrarci è quello di acquisire le qualità divine. “Il nostro cuore è la somma dei nostri desideri egoistici e il piccolo punto che si trova al
suo interno è parte del desiderio spirituale e altruistico che vi è stato inserito dall’Alto, dal Creatore stesso. È nostro compito nutrire questo embrione di desiderio spirituale, nella misura in cui possa (lui e non la nostra natura egoistica) determinare tutte le nostre aspirazioni. Allo stesso tempo, il desiderio egoistico del cuore si arrenderà, si contrarrà, appassirà e alla fine scomparirà. Dopo essere nato nel nostro mondo, l’uomo è obbligato a cambiare la natura del proprio cuore da egoistica ad altruistica, mentre vive nel mondo. Questo è lo scopo della sua vita, la ragione della sua presenza nel mondo e lo scopo di tutta la creazione ”. (Zohar, la luce della Kabbalah – traduzione e commento del Prof. Michael Laitman) . �
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