Dal micanon al clavicembalo
Micanon 1323 Johannes de Muris, nel suo trattato ‘Musica speculativa’ , riporta la più antica descrizione di uno strumento cordofono a penna azionato da una tastiera. La forma della cassa è triangolare con uno dei tre lati curvo, l’estensione è di due ottave. Risale al 1360 il libro contabile dal quale apprendiamo l'esistenza di uno strumento musicale chiamato 'Eschequir' presso la corte inglese. Il termine compare con una leggera variante in un verso nel poema 'La Prise d'Alexandrie' del 1367 di Guillame de Machaut, con un preciso riferimento all'Inghilterra (l'eschaquier d'Engletere). Una descrizione dell'eschequir o chekker, sembra essere quella riportata in una lettera del 1388 scritta da Giovanni I d'Aragona, in cui si parla di uno strumento che ha le sembianze di un organo ed il suono prodotto da corde. In una lettera del 1397, il giurista padovano Lodovico Lambertacci, racconta del suo incontro con Hermann Poll, un giovane viennese inventore, a suo dire, di un nuovo strumento musicale chiamato ‘clavicembalum’. Nonostante la scarsa attendibilità della notizia, questo documento è importante in quanto vi compare, per la prima volta nella storia, il termine ‘clavicembalo’ in una delle sue numerose varianti; dovremo attendere il 1404 per poterlo trovare di nuovo all’interno del poema di Eberhard Cersne intitolato ‘Minnergeln’: [...] Noch portitiff, psalterium, Noch figel sam cannale Noch lute, clavicymbolum [...]
Minden In un bassorilievo del 1425 situato nella cattedrale di Minden (Germania), è scolpita la più antica rappresentazione di un clavicembalo. Lo strumento appare di dimensioni molto ridotte, simili a quelle del salterio posto alla sua sinistra, con un’estensione un’estensione probabilmente inferiore alle tre ottave. Un angelo è raffigurato nell’atto di suonare lo strumento sistemato su di un piano orizzontale, con co n entrambe le mani sulla tastiera. Sulla tavola armonica sono presenti tre rosette e si può notare chiaramente una barra di
arresto dei saltarelli. La forma della cassa contiene una significativa particolarità: la posizione della parte curva è alla sinistra dell’esecutore, dunque la successione delle note dal basso all’acuto, doveva essere inversa.
Arnaut de Zwolle La prima descrizione organologica di un clavicembalo compare attorno al 1440, nel celebre manoscritto del medico e astrologo Henri Arnaut de Zwolle, Zwolle, il quale realizza un vero e proprio proprio disegno tecnico, completato da un gran numero di particolari costruttivi. cos truttivi. La tastiera ha un’estensione di 35 note cromatiche (si2-la4). (si2 -la4). Sono presenti cinque rosette e quattro catene diagonali. Sia la cassa che il ponticello posto sulla tavola armonica, hanno una curva a forma di semicerchio, elemento questo che accomuna lo strumento di Arnaut alla gran parte dei clavicembali che compaiono nell’iconografia quattrocentesca. Nella stessa pagina del manoscritto, sono illustrati minuziosamente quattro meccanismi, ognuno dei quali in grado di produrre l’eccitazione della corda; corda; tre a pizzico (clavisimbalum) ed uno a percussione (dulce melos). Tra i meccanismi di pizzico riportati da Arnaut, non compare il saltarello. Il 15 novembre 1461, il costruttore modenese Sesto Tantini, scrive una lettera al duca Borso d’Este, per sollecitare sollecitare il pagamento di un ‘clavicinbalo’; è questo, curiosamente, il primo do cumento comprovante la costruzione di clavicembali nell’Italia del ‘400.
Claviciterio del Royal College of Music Risale al 1480 ca. il più antico cembalo giunto ai nostri giorni. Si tratta del claviciterio conservato al Royal College of Music di Londra. La sua cassa è costruita con fiancate sottili ed ha una forma molto simile a quella del clavisimbalum di Arnaut; l’ambito della tastiera è più ampio (l’attuale di 40 note: mi2-sol4, mi2 -sol4, non è originale), la meccanica è basata su saltarelli posti orizzontalmente, privi di smorzatori. Da una scritta contenuta in un frammento di carta incollato al suo interno è stato possibile risalire a Ulm (sud della Germania) come probabile città di origine. Attraverso il confronto di questo strumento – strumento – unico unico superstite del XV secolo – secolo – con con il manoscritto di Arnaut e con alcune rappresentazioni coeve, è possibile tracciare una descrizione approssimativa del clavicembalo così come doveva apparire nel suo primo secolo di storia: La struttura è molto simile quella del salterio (più precisamente del micanon), la cassa di piccole dimensioni ha fianchi sottili fissati attorno al perimetro del fondo. Il ponticello è posto sulla tavola armonica in posizione molto mo lto ravvicinata al fianco curvo. E’ presente un solo ordine di corde per un unico registro di 4’. La progressione della porzione vibrante deriva, con ogni probabilità, dalle misure di un registro d’organo. Il materiali utilizzati per i plettri sono la penna, penn a, il cuoio o il metallo. Il saltarello non è l’unico meccanismo di pizzico; dal manoscritto di Arnaut, appare evidente l’utilizzo di svariati sistemi per produrre l’eccitazione della corda, tra cui una forma rudimentale di martelletto. L’estensione dei cembali varia in accordo al crescente ambito delle tastiere d’organo, passando dalle due ottave del bassorilievo di Minden (1425) alle quattro ottave fa1-fa5 (similmente al clavicordo raffigurato nella tarsia lignea di Urbino del 1480). Le ottave sono divise divis e in dodici tasti, salvo l’ottava bassa, che può essere priva di uno o più cromatici.
Tarsia di San Lorenzo La più antica rappresentazione di un clavicembalo italiano risale ai primi anni del ‘500 e si trova in una tarsia lignea della cattedrale di San Lorenzo a Genova. Lo strumento, che viene raffigurato di tre quarti, mostra già molte caratteristiche tipiche della scuola costruttiva italiana; una cassa sottile e allungata, con fianchi sottili impreziositi da una modanatura inferiore e superiore. Ha un solo ordine di corde ed una tastiera (estensione fa1-sol4) fa1-sol4) delimitata da una ‘nameboard’ con ai bordi due modiglioni a cartiglio. Sulla tavola sono visibili due rosette. Una singolarità è data dal fianco curvo, che appare spezzato in due semicerchi, una caratteristica non riscontrabile nel resto dei cembali italiani. Le scuole costruttive europee. Nel XVI secolo assistiamo ad un rapido sviluppo dell'arte cembalaria in ogni regione d'Europa. Numerosi documenti attestano la presenza di costruttori in Francia, Inghilterra, Germania, Italia e Paesi Bassi. Nonostante questa radicata diffusione del clavicembalo, la gran parte degli strumenti superstiti del '500 (circa 50 cembali ed oltre 100 spinette) è stata costruita in Italia. Soltanto tre clavicembali e otto virginali fiamminghi sono giunti ai nostri giorni. Un solo clavicembalo clavicembalo tedesco (Hans Muller del 1537. Roma) ed un solo clavicembalo costruito in Inghilterra (parte del claviorgano di Lodewijk Theewes del 1579) sono scampati alla distruzione. Al momento, non si si hanno notizie circa resti di strumenti strumenti francesi risalenti al XVI secolo. La ragione che sta alla base della grande disparità numerica tra gli strumenti superstiti italiani e quelli costruiti al di là delle Alpi è alquanto misteriosa. Alcuni, nel tentativo di fornire una spiegazione, hanno fatto riferimento al tipo di legno impiegato dagli italiani nella costruzione - il cipresso - una essenza in grado di resistere al tarlo. Esistono tuttavia strumenti italiani del '500 costruiti in acero molto ben conservati, ad esempio il Bertarini del 1577 (museo Bardini, Firenze) oppure alcuni strumenti di scuola napoletana. Una seconda ipotesi è quella relativa alla struttura struttura del cembalo italiano, la quale sarebbe sarebbe stata facilmente adattabile ai mutamenti delle esigenze musicali. Un'ultima ipotesi, forse la più suggestiva, fa riferimento alla particolare cura costruttiva, dunque all'intrinseca bellezza ed eleganza dei cembali italiani, che avrebbe fatto loro da scudo contro la furia distruttrice del tempo. Esaminando gli strumenti cinquecenteschi a nostra disposizione, possiamo già definire un elemento comune a tutte le scuole costruttive europee: il meccanismo di pizzico basato sul saltarello. Tale congegno, verrà utilizzato per oltre tre secoli nella produzione di clavicembali, spinette e virginali, conservando sostanzialmente intatto il suo principio di funzionamento. Una struttura fragile e leggera della cassa, basata su fianchi sottili e ornata da modanature, appare negli strumenti italiani a cominciare dal clavicembalo più antico antico conservato, il Vincentius Livigimeno del 1515. Una simile struttura è rintracciabile nei tre strumenti superstiti della prima metà del '500 costruiti a nord delle Alpi (il cembalo di Hans Muller 1537, i vir ginali di Ioes Karest 1548 e 1550). Tale caratteristica verrà adottata stabilmente dai cembalari italiani, i quali continueranno a praticare questa tipologia costruttiva (con la variante della falsa custodia) fino alla fine del '700. I fiamminghi si orientano, già dalla seconda metà del '500, a favore di una cassa più pesante, basata su fianchi spessi e solidi, privi di modanature esterne. Questa scelta traccia una netta linea di demarcazione tra la scuola italiana e quella fiamminga, con importanti conseguenze sulle caratteristiche acustiche degli strumenti.