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La poesia e lo spirito Potrà questa bellezza rovesciare il mondo?
Botta e risposta: Enzo Bianchi – Vito Mancuso Pubblicato da lapoesiaelospirito su aprile 30, 2009
Com’è difficile dialogare
di Enzo Bianchi Da anni vado ripetendo che con la fine della cristianità e lo sviluppo di una società civile sempre più consapevole della propria laicità e della molteplicità di culture e religioni che si incontrano e intrecciano nel quotidiano, la capacità di dialogo e di ascolto reciproco diventano condizioni indispensabili indispensabili non solo per una crescita cresc ita in umanità ma, in prospeiva, prospeiva, pe perr la stessa ste ssa sopravviv sopravvivenza enza di una convivenza civile degna di tale nome. Ma accanto a questa convinzione se ne riafferma in me anche un’altra: nonostante i numerosi sforzi che da più parti si compiono in questo senso, restiamo ancora “all’età della pietra” per quello che concerne il dialogo, tuora balbeanti nel definire e soprauo nell’ ne ll’assumere assumere una autentica autentic a “deontolog “deon tologia ia del dialogo”. dialogo”. Ne ho avuto un’amara conferma nei giorni scorsi quando il mio ultimo libro, Per un’etica condivisa, è stato fin troppo benevolmente recensito dal “laico” Corrado Augias su queste pagine. Man mano che procedevo nella leura, mentre riconoscevo le mie affermazioni – sempre correamente virgoleate – le vedevo interpolate con considerazioni a me estranee e con precisazioni che ne snaturavano le intenzioni. Augias, gli va dato ao, non mi aribuiva frasi da me mai scrie, ma le sue chiose, quasi sempre laudative, laudative, allontanavano allontanavano il leore dall’humus dall’humus in cui c ui le mie affermazioni erano nate e ne facevano un’applicazione a soggei ecclesiastici secondo i suoi giudizi e non secondo le
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mie intenzioni, intenzioni che una leura maggiormente disposta all’ascolto non frammentario o preconceo avrebbe potuto cogliere facilmente. “Guàrda “Guàrdati ti dal criticare criticare meschinamente meschinamente e con amarezza, ama rezza, senza amore, la chiesa … Nella chiesa non amare ama re un’astrazione o una visione troppo personale, ma la comunità vivente in cui Dio aende il tuo impegno e il tuo tuo ministero. ministero. Se devi crit c riticare, icare, fallo fa llo senza ferire le persone, con l’auda l’audacia cia evangelica, con la forza della parola di Dio, l’umiltà di d i chi critica per fare un servizio di purifica zione nei confronti di sua ma dre. Altrimenti Altrimenti è meglio megli o tacere” . Così recita la Regola di Bose, e a questi principi ho sempre cercato di
aenermi nel mio prendere la parola in pubblico, a voce o per iscrio. D’altronde è questo un tipo di disagio per me non nuovo – lo dico con rincrescimento – nel leggere Corrado Augias, uno dei più prolifici interpreti del dialogo tra pensiero laico e mondo caolico. L’impressione che avevo ricevuto dai suoi due titoli precedenti – Inchiesta su Gesù , con Mauro Pesce, Pesce, e Inchiesta sul cristianesimo , dintorni , , scrio con Vito con Remo Cacii – si è rinnovata in me alla leura di Disputa su Dio e dintorni Vito Mancuso Manc uso e in libreria in questi giorni: giorni: la sensazione se nsazione di vedere vedere gli gli interlocutori liberi di formulare formulare e articolare le proprie tesi, ma sempre incalzati e come invischiati in un intreccio dove i concei e i preconcei ostili alla fede cristiana hanno il sopravvento non per una maggiore consistenza oggeiva ma per la costante forzatura di affermazioni e la frequente parzialità con cui molti aspei del dibaito vengono affrontati. Certo, anche Disputa su Dio e dintorni, come i ravvicinatissimi volumi precedenti, vuole mantenere un tono divulgativo, in cui discussioni sui massimi sistemi si intrecciano ora a riflessioni su fai registratisi nella storia cristiana, ora su casi scoanti dell’aualità politica politica e sociale italiana; certo, c erto, il linguag linguaggi gioo vuole essere esse re ccomprensibi omprensibile le al grande pubblico, ma ccii si potrebbe comunque aspeare un più accurato rigore storico anche da parte della voce laica. Le caricature – il Dio dei cristiani traeggiato come “un vecchio con la barba bianca e un triangolo dietro la testa che giudica ogni nostra azione e tenacemente impegnato a dividere i caivi dai buoni” – e le affermazioni ad effeo sono sempre pericolose, quando non totalmente fuorvianti: come si fa, per esempio, a dire che “in una democrazia non esistono principi non negoziabili”? Come dobbiamo considerare allora la dichiarazione universale dei dirii dell’uomo? Quanto a Mancuso, teologo che ama definirsi eterodosso, occorre riconoscere che le domande che pone nei suoi scrii sono urgenti e necessitano una risposta da parte delle teologia caolica e della chiesa, ma a mio giudizio le risoluzioni che propone Mancuso si collocano nello spazio della gnosi in cui la storia è di per sé storia di salvezza e in cui non c’è da parte di Dio né rivelazione né grazia. È vero che qua e là nella discussione con Augias affiorano alcune affermazioni che correggono la “gnosi” presente nel precedente libro di Mancuso, Sull’anima e il suo destino, ma restano deboli. No, “il regno dei cieli” non è l’equivalente del “regno delle idee” di Platone o del “regno dei fini” di Kant come afferma il nostro teologo.Il libro appare così una disputa con a volte i toni della chiacchierata tra un cristiano “che ha idee difformi rispeo a certe dorine stabilite” e un ateo che con eccessiva disinvoltura annovera “tra i misteri della religione caolica la famosa incongruenza di un Dio che è nello stesso tempo uno e trino” e afferma che “il cristianesimo nel IV secolo cambiò pelle e cessò di essere una fede per diventare una religione”, che legge l’eucarestia caolica come “un residuo di antropofagia sacra”… Sì, lo dico con molto rispeo ma con tristezza: in un approccio simile c’è veramente poco ascolto dei cristiani e della loro fede. Queste mie osservazioni non vogliono esprimere ingratitudine verso chi ha cercato e cerca di interloquire su tematiche etiche che stanno a cuore a molti oggi, dentro e fuori la chiesa, ma soltanto testimoniare il rincrescimento per un’altra occasione sfumata di dialogo autentico, in cui l’ascolto in profondità dell’altro dell’altro resta più importante importante di qualsiasi riaffermazione riaffermazione delle proprie convinzioni. Sì, dobbiamo ancora percorrere molta strada per imparare a capirci e a farci capire perché non solo usiamo usiamo linguagg linguaggii a volte sfasati, sfa sati, quasi “non-conte “non- contemporanei”, mporanei”, ma più spesso ancora anc ora travisiamo travisiamo il “senso” di quanto l’altro dice: non il tanto significato, ma l’origine, la direzione, l’intenzione cui mira, lo scopo del suo pensare e parlare.
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Famiglia Famiglia cristiana crist iana del 19 aprile 2009
* Cosa vuol vu ol dire dire la salvezza s alvezza al di fuori della della Chiesa
di Vito Mancuso Proprio quando arriva arriva in libreria una raccolta rac colta di saggi saggi di Benedeo XVI dal titolo L’Elogio della chiedersi qual qualee sia ogg oggi la la situazione situazione della della coscienza caolica. caolica. Lo spunto coscienza , è interessante chiedersi mi è dato dall’accusa mossami da Enzo Bianchi di essere gnostico, un’accusa teologicamente infondata che scambia per eresia gnostica l’esercizio della libertà di coscienza a livello teologico. Dietro l’accusa di gnosi verso la mia teologia basata sul primato della coscienza, c’è lo statuto auale della verità dorinale caolica basata sulla tradizione e l’autorità. Ovvero: è così perché è stato stabilito che è così, e chi l’ha stabilito è più importante di te e tu devi obbedire. Insegnava Ignazio di Loyola al termine degli Esercizi spirituali: «Dobbiamo sempre tenere questo criterio: quello che io vedo bianco lo credo nero, se lo stabilisce la Chiesa gerarchica». Ancora oggi la forma della verità caolica continua a essere basata sul passato (la tradizione) e sulla forza (l’autorità)e per questo motivo si accusa di gnosi chi al primo posto nel suo rapporto con la verità non pone l’autorità ma la coscienza personale, e in fedeltà alla coscienza dichiara bianco ciò che vede bianco. Un anno fa fu Bruno Forte sull’ Osservatore Romano a definire il mio pensiero “una gnosi di ritorno”. Ora Enzo Bianchi su Famiglia cristiana scrive : “Quanto a Mancuso , teologo che ama definirsi eterodosso, occorre riconoscere che le domande che pone nei suoi scrii sono urgenti e necessitano di una risposta da parte della teologia caolica e della Chiesa, ma, a mio giudizio, le risoluzioni che propone Mancuso si collocano nello spazio della gnosi, in cui la storia è di per sé storia di salvezza e in cui non c’è da parte di Dio, né rivelazione, né grazia”. Bianchi continua dicendo che nel mio ultimo libro ( Disputa su Dio e dintorni, insieme a Corrado Augias) vi sono affermazioni che “correggono la gnosi presente nel precedente” ( L’anima e il suo destino) che però “restano deboli”. E conclude: “Il regno dei cieli non è l’equivalente del regno delle idee di Platone o del regno dei fini di Kant, come afferma il nostro teologo”. Quanto al fao che amerei definirmi eterodosso, dico semplicemente che ciò che amo è la trasparenza, e siccome so che certi miei pensieri non sono allineati alla dorina ufficiale, lo dichiaro io per primo, per onestà ai leori. Tuo qui. Vorrei però precisare che se talora meo in discussione la dorina ufficiale è per amore della coerenza e della logica, perché condivido la prospeiva secondo cui nel cristianesimo il posto d’onore spea all’ a ll’affermazione affermazione “in principio era il logos”, logos”, e laddove laddove non n on vedo rispeato il primato del logos, esercito la mia coscienza perché lo sia. Quanto all’accusa di gnosi, ripeto a Bianchi ciò che replicai a Forte, cioè che non ha fondamento. Lo gnosticismo infai si basa su tre principi fondamentali: 1) è la conoscenza che salva; 2) questa conoscenza è rivelata a pochi da un inviato divino rivelatore e redentore; 3) il contenuto della conoscenza è la distanza del mondo da Dio all’insegna della più acuta contrapposizione materiaspirito. Al contrario io sostengo che: 1) è la giustizia che salva; 2) la giustizia può essere auata da ogni uomo, dentro o fuori la Chiesa, essendo legata alla logica della creazione; 3) la creazione è il cardine teologico decisivo e tra materia e spirito non c’è alcuna contrapposizione. Mentre la gnosi è una dorina segreta riservata a pochi dalla cui conoscenza dipende la salvezza, io all’opposto lego la salvezza alla pratica della giustizia, come sostiene Gesù in Maeo 25 e in numerosi altri passi. Mentre la gnosi consiste in una totale svalutazione della natura, aribuita a un Dio minore e malvagi malvagio, o, io all’opposto faccio facc io della creazione il traato teologi t eologico co decisiv de cisivoo e dell’adesione dell’adesione alla sua logica il principio salvifico. Bianchi però dice che sono gnostico. Perché un tale abbaglio? Perché scambia per gnosi l’esercizio della libertà di coscienza coscie nza a livello livello teolog te ologico. ico. Ma M a nel ne l richiamo di Bianchi Bianchi
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alla “storia della salvezza” è in gioco soprauo lo statuto della salvezza. Per secoli si è creduto che solo il caolicesimo offrisse la salvezza agli uomini e che tui i non caolici ne sarebbero stati esclusi all’insegna dell’assioma “extra ecclesiam nulla salus” (fuori della Chiesa non c’è salvezza). So bene che Bianchi non condivide questa angusta prospeiva, lui che iniziò il suo impegno sul fronte dell’ecumenismo quando io ancora giocavo all’oratorio, e del resto quasi nessuno nella Chiesa di oggi la condivide. Mi permeo però di ricordargli questo passo di Simone Weil: “La credenza che un uomo possa essere salvato fuori della Chiesa visibile esige che tui gli elementi della fede siano ripensati daccapo, pena l’incoerenza completa. Perché l’intero edificio è costruito aorno all’affermazione contraria, che oggi quasi nessuno oserebbe sostenere. Eppure non si vuole ancora riconoscere la necessità di una simile revisione. Ci si sorae ad essa con miserabili artifizi. Si mascherano le sconnessioni con saldature fiizie, con salti logici clamorosi”. Bianchi non me ne voglia, ma non posso fare a meno di inserire tra i salti logici clamorosi anche l’aribuzione l’aribuzione di gnosticismo gnosticismo a un pensiero come il mio che ne è il più convinto avversario. Il punto è esaamente il nesso salvezzastoria. Per la visione cristiana tradizionale (derivante da san Paolo e difesa da Bianchi) la salvezza è legata all’evento storico di duemila anni, è storia della salvezza, ed è quindi inevitabile che tui coloro che a quel singolo evento storico non partecipano (cioè la gran parte dell’umanità visto che la specie Homo sapiens ha origine 160.000 anni fa) ne vengano esclusi. Da qui extra ecclesiam nulla salus. Non erano caivi i padri della Chiesa, gli scolastici, i papi e i monaci che per secoli sostenevano questo assioma. Erano semplicemente coerenti con l’impostazione che lega la salvezza a una storia particolare. Se infai la salvezza viene da una storia particolare, o si partecipa a quella storia (partecipazione garantita dalla Chiesa e dai suoi sacramenti) o non si è salvi. La sal vezza pensata in dipendenza da un evento storico produce necessariamente la teologia dell’ extra ecclesiam nulla salus. Oggi si rifiuta questa teologia angusta e si ritiene che la salvezza non sia riservata ai soli caolici. Perfeo. Ma allora come continuare a sostenere la dipendenza della salvezza da una storia particolare? Lo si può fare solo a prezzo di “miserabili artifizi”, “saldature fiizie”, “salti logici clamorosi”. In realtà, se si vuole parlare con fondamento della salvezza (cioè della partecipazione all’eternità divina), occorre superare la superstizione della cronologia e comprendere l’insegnamento di Gesù: “Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità” ( Giovanni 4,24). Vale a dire: ogni essere umano che nella sua coscienza e nel suo cuore vive nello spirito della verità (la cui esperienza più alta si chiama pratica del bene e della giustizia) entra nella dimensione peculiare del divino e quindi è salvo, si trai di un uomo dell’età della pietra, di un antico egizio, di un ebreo o di un indù di oggi. In questa prospeiva, contrariamente alla gnosi e al cristianesimo paolino che sostengono la necessità per la salvezza di una rivelazione particolare, io sostengo (come Bianchi rileva esaamente, ma sbagliando nel dire che si traa di gnosi perché ne è l’esao contrario) che ogni momento della storia è capace di salvezza. E quindi, a differenza di chi lega la salvezza “Ogni uomo che vive nello spirito della verità entra nel divino ed è salvo” a una storia particolare, io posso rifiutare in perfea coerenza la teologia dell’ extra ecclesiam nulla salus in quanto nemica degli uomini e incapace di comprendere la paternità universale di Dio. Ringrazio infine Enzo Bianchi (illustre collega all’Università San Raffaele nonché amico da lunga data) per aver riconosciuto che sollevo domande “urgenti che necessitano di una risposta da parte della teologia caolica e della Chiesa”, ma sarebbe interessante capire come fa lui a tenere insieme una salvezza universale con una storia particolare. Perché una cosa deve essere chiara: dire che “il regno dei cieli non è l’equivalente del regno delle idee di Platone o del regno dei fini di Kant” significa riproporre in versione aggiornata la medesima pretesa ecclesiastica dell’ extra ecclesiam nulla salus. di 37
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La Repubblica 28 aprile 2009 Questo post è stato pubblicato il aprile 30, 2009 a 12:00 pm ed è archiviato in Pensiero. Contrassegnato da tag: Enzo Bianchi , , Vito Mancuso. Puoi seguire tue le risposte a questo articolo araverso il RSS 2.0 feed. I commenti sono al momento chiusi, ma puoi trackback dal tuo sito.
60 Risposte to “Botta e risposta: Enzo Bianchi – Vito Mancuso”
1. Nerone detto aprile 30, 2009 a 1:14 pm
E’ l’allod l’allodola… ola… No, è l’usignolo… No! E’ l’allodol l’allodola… a… No! E’ l’usignolo… l’usignolo… Sbaglierò, ma in queste discussioni c’è molta razionalizzazione. E non è forse vero che si salva chi ha fede?
2. Fides&ratio detto aprile 30, 2009 a 3:09 pm
concordo con Mons. Bianchi mentre Mancuso ormai è il clone di se stesso. Oltretuo usa le Scriure solo quando gli fa comodo, quando sono scomode dice che in esse vi sono contraddizioni e non servono per fare chiarezza… furbo no? F&R
3. Nemo detto aprile 30, 2009 a 4:20 pm
belliss bellissim imoo questo confronto… confronto… Personalmente concordo con Bianchi, pero apprezzo la libertá con cui Mancuso presenta le sue idee. sono maledeamente “affamato di dialogo”: dialogo”: purtroppo non sempre é visibile nella Chiesa di oggi.
4. Giovanni Cossu detto
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maggio 1, 2009 a 8:08 am
Per quanto mi riguarda, seguirei sempre con aenzione il dialogo tra persone che si pongono sulla strada del “confronto”. Ma vedo che con i caolici si affaccia sempre lo stesso vizio – come adesso con Enzo Bianchi – che pare connaturato al loro stesso modo di essere. Al loro modo di credere. A ciò che credono. “Man mano che procedevo nella leura, mentre riconoscevo le mie affermazioni – sempre correamente virgoleate – le vedevo interpolate con considerazioni a me estranee e con precisazioni che ne snaturavano le intenzioni. inten zioni. Augias, Augias, gli va va dato ao, non mi aribuiva aribuiva frasi da me mai scrie, ma le sue chiose, quasi sempre laudative, laudative, aallontanav llontanavano ano il leore dall’humus dall’humus in cui le mie affermazioni erano nate e ne facevano un’applicazione a soggei ecclesiastici secondo i suoi giudizi e non secondo le mie intenzioni, intenzioni che una leura maggiormente disposta all’ascolto non frammentario o preconceo avrebbe potuto cogliere facilmente.” Questo dice Enzo Bianchi, rispeo a quello che Augias dice delle sue posizioni. Ma poi, tranquillamente, contando sulla riconosciuta fama di onestà che lo dovrebbe contraddistinguere, fa, sulle posizioni di Mancuso, la stessa operazione di cui si era lamentato prima, senza accorgersi di andare a trasformarsi da viima in carnefice. E’, a parer mio, un modo diabolico di condurre il dialogo. Anzi è un modo per rifiutarlo, per sabotarlo, se il dialogo arriva a un punto in cui, per proseguire, risulta necessario che IL CATTOLICO METTA IN FORSE QUALCOSA CHE CONSIDERA BASILARE DELLA SUA FEDE. La cosa risulta quasi umoristica, perché è così: Enzo Bianchi pretende che il suo interlocutore – nel caso: Augias – “non dia interpretazioni” del “suo” pensiero, perché, in ogni caso, lui, titolare di quel pensiero, dirà che è un’interpretazione sbagliata. Dirà, sempre, che quello che pensa lui lo può stabilire solo lui stesso. Ma questo “non è dialogo”. E’ soltanto quello che pretendono tui i “pescatori” di questo mondo: solo loro reggono la lenza, e, gli altri, possono avere a che fare con loro solo se diventano pesci, aaccati al loro amo. Prede non fratelli con la stessa dignità. Per questo, al contrario di Mancuso, ho deciso da tempo di non “dialogare” più con i caolici. L’”amo” piantato nel mio palato mi impediva di articolare “verbo”.
5. Michael Shano detto maggio 1, 2009 a 11:42 am
Leggendo come uno straniero oriundo dagli Stati Uniti e Olanda mi fa impresione la integrità e erudizione di Vito Mancusi e la continuata urgenza del suo referimento al passo di Simone Weil. Non vedo però un dialogo perche Bianchi non ha ancora risposto.
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Il ripensamento degli elementi della fede sembra bloccato non da una mancanza di intelleo ma da un ecclesiologia poco ecumenico e conciliare che conserva gli elementi che hanno contribuito alla separazione dal patriarchato romana dal patriarchato di Costantinopoli ormai da secoli. Bianchi scrive se come Mancuso non fa nemeno parte della chiesa. E questo che non promee molta speranza per un serio ripensamento della fede.
6. Giovanni Cossu detto maggio 1, 2009 a 1:27 pm
Bianchi scrive convinto che il dialogo debba, comunque, svolgersi come se si fosse sempre in agone. Partendo convi c onvinti nti di sapere dove dove si trov t rovii il “vero” “vero” tragu t raguardo, ardo, è chiaro che c he la vioria vioria sarà sempr se mpree dell’agonista dell’agonista che si auto.aribuisce la funzione di giudi giudice ce di gara. gara. Pretendere che l’altro non dia interpretazioni del nostro pensiero – perché solo noi saremmo in grado di darne la giusta interpretazione – è confondere il “linguaggio” che serve per dialogare – forrmulazione di proposizioni che possono essere interpretate e sooposte a verifica – col “linguaggio privato”, che è il linguaggio della propriocezione del singolo, che nessuno, infai, può meere in dubbio. Ma questo non è dialogo: è solipsismo. * “Diventa sempre più importante poter acceare il trauma della “demonopolarizzazione” come esperienza positiva [...]. Il che significa riconoscere come condizione irriducibile[...] la vicarianza e l’asimmetria l’asimmetria di molti molti punti vista. Ma significa significa anche soolineare l’esigenza l’esigenza di ciò che c he Maruyama definisce “trans-spezione”: meersi nella testa di un altro senza ridurre la logica dell’altro dell’altro alla propria logica, logica, e lasciare che c he l’altro l’altro compi co mpiaa un’analoga un’analoga operazione ope razione di “transspezione nei nostri confronti.” Mauro Ceruti, La hybris dell’onniscenza e la sfida della complessità, in “La sfida della complessità”, Feltrinelli 1985. “Ma dal punto di vista ontogenetico il linguaggio nasce come conseguenza dell’interazione di almeno due individui. E’ uno stato dinamico, uno stato che Humberto Maturana definisce di “accoppiamento struurale”. Se si assume questa posizione dialogica, allora non possiamo più porci delle domande ingenue del tipo: t ipo: “Qual’è “Qual’è la risposta di B alla domanda domanda di A?”. A? ”. Il problema divent diventa: a: “Qual’è l’interpretazione l’interpret azione di A della risposta di di B all’interpreta all’interpretazione zione di B alla domanda domanda di A?” A? ” Heinz von Foerster, Cibernetica ed epistemologia: storia e prospeiva, in op.cit. * Ho paura che Enzo Bianchi sulla dialogica, ancora oggi, dialoghi soltanto con San Tommaso.
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7. Mario Pandiani detto maggio 1, 2009 a 10:06 pm
Un giorno un anziano an ziano monaco eremita mi disse a proposito di quanto si diceva e scriv sc riveva, eva, sui vari confronti e dialoghi: non noti in quelle parole, sempre, dell’ira?
8. Michael Shano detto maggio 1, 2009 a 10:50 pm
Non credo che sia correo qui di discuere i commenti o i commentatori qui senza riferimento al continuto degli articoli in questione. La saggezza di un anziano monaco eremita può certamente essere relevante ma non per spazzare via il tema. Anch’io ho un ricordo. Una volta sentivo un teologo referire refe rire alla ira dei teologhi feministi, credendo di disquali disqualific ficare are loro programma programma con co n la semplice constatazione del loro ira. Intanto questo teologo si ha trovato il suo posto remoto nell’armadio dei libri come San Tomaso o meglio Ptolomeo. Allora è Bianchi o Mancuso chi non sa dialogare e perchè pensi cosi? Povera Simone Weil. Ha sofferto tanto a causa della ideologia teologica di Jacques Maritain, ma adesso anche lui si è messo di riposare accanto al Ptolomeo, mentre la saggezza e intensa spiritualità di Weil rimane. Almeno Maritain era cosciente della base della sua ideologia filosofica, mentre Bianchi non sembra di di essere in communicazione con l’età post-moderna. Abbiamo imparato delle cose negli scorsi 200 anni, no?
9. Giovanni Cossu detto maggio 1, 2009 a 11:10 pm
L’anziano monaco, che c he nell’eremo aveva aveva imparato imparato a non colpev c olpevolizzare olizzare sempre gli altri, ma a pensare, si chiese allora: come mai i mei fratelli che sono rimasti a vivere in cià sono presi dall’iraa, quando si parla di confronti e di dialoghi? Forse perchè, qualcuno, una persona, un’organizzazione, una moltitudine, quando si traa di dialogare, non sa nemmeno di cosa si traa, e confonde la passione dell’interlocutore con un aacco personale, e non con una contestazione c ontestazione delle delle sue idee? idee? E lo accusa perciò, dall’alto della sua amorevole posizione, di essere violento e perciò negato al dialogo? Ma d’altronde, disse l’eremita di sé, io, in quanto eremita, non per questo meccanicamente possiedo la saggezza saggezza che mi aribuiscono, aribuiscono, anzi, isolato nel ne l mio mio rifugio rifugio dal mondo, sono l’ultimo l’ultimo a poter emeere giudizi sul mondo e su chi il mondo lo abita.
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Io, disse l’eremita, posso tu’al più avere sapienza, sapienza della mia interiorità, ma certo non la posso condividere con gli altri. E’ mia e basta. Impossibile descriverla: ciò che direi sarebbero soltanto parole ingannevoli, per i più. E’ per questo che ho lasciato il mondo e mi sono rifugiato in questo eremo: amo più me stesso che i miei fratelli, anche se nascondo questo fao chiamando la mia interiorità con tui i nomi che voglio. Ogni tanto,infai, anche all’eremita, poteva capitare di essere saggio, ma quando pensava, ogni tanto, come a tui.
0. Roberto Plevano detto maggio 2, 2009 a 9:48 am Mancuso sostiene sostiene che c he è la giust sogni di di sostenere sostenere qualcosa giustizia che salva , e credo che nessuno si sogni
come “la giustizia non ha nulla a che vedere con la salvezza”. In iustitia tua libera me et eripe me inclina ad me aurem tuam et salva me , canta il salmista. salmista. IlIl
cristianesimo ha aggiunto un preciso evento salvifico al compimento della legge, che è la vera (e sola) patria del popolo eleo, e i cristiani si riconoscono col riferirsi necessariamente a questo evento (altrimenti sarebbero tu’al più un circolo filantropico). Come già fao notare, assumere un criterio di giustizia astrao e astorico come connotazione di una fede e di una chiesa significa camminare su un terreno assai infido. In piena e buona coscienza, un cacciatore paleolitico avrebbe ucciso e mangiato i suoi nemici e concorrenti (senza nemmeno cuocerli troppo, la carne è più buona al sangue), un sacerdote precolombiano avrebbe solennemente eseguito sacrifici umani (erano piuosto diffusi nell’antichità, un caraere della natura umana?), un uomo d’onore sterminerebbe familiari e amici di una famiglia nemica. E che dire della buona coscienza dei cavalieri crociati all’ingresso in Gerusalemme? (“il sangue nelle strade arrivava alle ginocchia”). E di quella dei conquistadores che hanno posto termine ai sacrifici umani? (e a intere popolazioni). “Giustizia” ha radice in una valutazione che certi individui hanno originariamente dato di se stessi come “buoni” e quindi “giusti”, e non in senso morale, né tantomeno in senso religioso, ma in quanto espressione di trai desiderabili, desiderabili, neces ne cessari sari alla sopravvi sopravvivvenza, che implica implica la sopraffazione di altri individui. Poi, quando “gi “ giustizia” ustizia” assume una connotazione c onnotazione morale, morale, trova trova il suo culm c ulmine ine nella ne lla moralità moralità socratica, che non mi sembra molto compatibile con quella cristiana (a meno di non considerare la morte di Gesù come una sorta di suicidio, interpretazione eretica, non preparate il rogo per favore). Ecco quindi che il discorso di Mancuso rischia di scivolare nel relativismo assoluto, perché davvero sembra escludere ogni prospeiva di rivelazione. Invece i contenuti della rivelazione, che vanno bene interpretati, con serietà e competenza, e per questo che servono i teologi, offrono una fuoriuscita allo sceicismo e al relativismo.
1. Giovanni Cossu detto
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maggio 2, 2009 a 5:26 pm
“Ecco quindi che il discorso di Mancuso rischia di scivolare nel relativismo assoluto, perché davvero sembra escludere ogni prospeiva di rivelazione. Invece i contenuti della rivelazione, che vanno bene interpretati, con serietà e competenza, e per questo che servono i teologi, offrono una fuoriuscita allo sceicismo e al relativismo.” [Roberto Plevano] Sono stato molto indeciso se intervenire ancora. Sono ateo, e quasi mai mi capita di entrare nel merito dei contenuti, quando si discute di religione. I miei interventi precedenti erano giustificati, soltanto, dal fao che intervenivo sulle modalità che un dialogo deve seguire, a mio parere, per essere considerato dialogo alla pari. Ed è con lo stesso spirito che ora voglio soolineare alcune incongruenze presenti, secondo me, nell’interv nell’intervento ento che precede questo. Roberto contrappone “giustizia” e “rivelazione”, contestando a Mancuso il fao che la “giustizia” non offra riparo rispeo al relativismo [“assoluto” o meno è cosa senza significato, traandosi, in questo caso di aggeivazione retorica in senso propagandistico]. Ma non spiega perché la “rivelazione” non dovrebbe soffrire la stessa debolezza della “giustizia” se, come lui dice, “i contenuti della rivelazione, […] vanno bene interpretati, con serietà e competenza, e per questo che servono i teologi”. Mascherando surreiziamente quello che sta invocando contro il relativismo, che non sono i contenuti rivelati [nessun contenuto ripara dal relativismo], ma un principio di autorità, esterno a questi, che li imponga come “unica verità” per tui. Ma, a quanto mi par di capire – io non ho leo alcun libro di Mancuso -, è proprio questa “autorità”, che c he fissa i limiti limiti della “rivelazione”, “rivelazione”, l’obieivo primo primo della critica di Mancuso. Man cuso. D’altronde, senza questa autorità, nulla impedirebbe che i lacerti del “sacro” che rendono legiimi – ai loro occhi – i comportamenti di un cacciatore paleolitico, di un sacerdote precolombiano, di un uomo d’onore, dei cavalieri cristiani, dei conquistadores – che non hanno commesso delii più terribili terribili di quanti hanno creduto nella n ella “vera rivelazione rivelazione dei teologi”, anzi, essendo compresi essi stessi in questo elenco – vengano considerati parte della “rivelazione”. Perché, per assurdo, è proprio quello che si chiede: ciò che è necessario. Altrimenti rimane valido ciò che tui sembrano negare: “extra ecclesiam nulla salus” (fuori della Chiesa non c’è salvezza). Non si capisce infai come gli assassinii commessi dai maya annullino la validità della teologia maya, e invece i roghi dell’Inquisizione e il sangue “che arrivava alle ginocchia dei cavalli” versato dai cavalieri cristiani a Gerusalemme non abbiano niente a che vedere, non inficino la validità della rivelazione cristiana. Perché le “scriure” (purificate dalle contorsioni teologiche) non prescrivono delii? Ma il cristianesimo non è solo scriura, senza la chiesa non sarebbe niente. E la chiesa i suoi delii non ha mancato di prescriverli e di commeerli. La teologi t eologiaa cristiana c ristiana sarebbe quindi più più valida valida di quella quella maya, maya, ma soltanto soltant o perché perc hé è una teologia ipocrita?
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2. Roberto Plevano detto maggio 2, 2009 a 7:45 pm
È vero, non ho argomentato il passaggio tra “infondatezza” del criterio di giustizia e affermazione di assoluta validità della rivelazione (cristiana, nella faispecie), perché non ho inteso contrapporre specularmente “giustizia” e “rivelazione”. Sono entrambe nozioni assai complesse, d’altra parte. Difficile trovare due filosofi d’accordo sul conceo conc eo di giustizi giustiziaa (più ( più facile per i giuristi, giuristi, unicuique suum tribuere , o qualcosa qualcosa del genere). Quanto a rivelazione, mamma mia! Che significa “regno dei cieli”? Gesù è venuto a realizzarlo con la comunità dei fedeli o a annunciarlo con la fine dei tempi? Su questo le discussioni sono iniziate durante la predicazione di Gesù e non sono ancora finite. Più semplicemente, a me pare che l’insieme della tradizione cristiana sia un fenomeno piuosto diverso da quello delle altre religioni storiche. Per avere dato luogo a un singolare intreccio tra elementi razionali ed elementi di fede, tanto che procedure razionali hanno avuto la funzione di modulo di controllo sul discorso di fede (beh, qualche volta), e viceversa l’ambito di fede ha più volte stabilito il terreno della praxis desiderabile e acceabile (ovviamente in termini contestuali al periodo, alle sensibilità, ecc.). Per aver, faticosamente e di recente, prodoo una nozione del diverso, diverso, nozione che non è proprio il principio principio di tolleranza proprio dell’illum dell’illuminism inismo. o. (continua…)
3. Giovanni Cossu detto maggio 2, 2009 a 8:09 pm
Ringrazio Ringrazio Roberto Robe rto Plevano per i chiarimenti.
4. Roberto Plevano detto maggio 2, 2009 a 8:31 pm
Per essere, anche agli occhi di qualcuno che non crede, una religione “plausibile”, o un messaggio che programmaticamente pone al suo centro la “verità”. Io non credo che si possa contrapporre il relativismo a un qualsiasi “contenuto di verità”. Il relativismo, caso particolare dello sceicismo, è un clima culturale prima ancora che un pensiero articolato. E il discorso dello sceico finisce con il confutare se stesso. È ovvio che alcuni contenuti della rivelazione valgano per chi crede, e non abbiano valore per l’ateo. Ma l’ateo che dice “tuo è praxis”, “tuo è gioco”, “tuo è volontà di potenza” non può porre il problema dell’origine della forma di vita che pone queste risposte, per lui tuo è un infinito presente, tuo è immanenza. Un po’ come araversare il deserto, avere sete e spiegare l’arsura dicendo “tuo è sete”, e rifiutarsi di pensare che deve pure esistere l’acqua, da qualche parte.
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5. Roberto Plevano detto maggio 2, 2009 a 8:32 pm
ops… Ringrazio anche io per l’occasione di “boa e risposta”.
6. Germano Federici detto maggio 7, 2009 a 3:18 pm
S. Ireneo sosteneva che ci sono cose chiarissime nella Bibbia e altre che chiare non sono, ma che possono essere comprese a partire da quelle chiarissime. A sostegno delle tesi di Vito Mancuso, cito il brano di Maeo 25, 31-46 (vado a memoria), dove si dice, all’interno di un genere leerario di tipo apocaliico, “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete ecc. ecc..”. Questo è il cardine per l’ortoprassi (ma abche per l’ortodossia evangelica): la giustizia rispeo ai bisogni radicali (che non sono solo quelli materiali). Il resto, anche le preoccupazioni dell’oimo Enzo Bianchi rispeo alla madre chiesa da non offendere(perché? “Casta puana”, la definivano i Padri della Chiesa dei de i primi primi secoli, sec oli, dove dove l’agg l’aggeivo eivo casto cast o eera ra giustific giustificato ato non dalla dalla fondamentale fon damentale e indimostrabile bontà della stessa, ma dalla presenza “in spe” del Cristo) per me è irrilevante. Se così è, la creazione è già la redenzione (sempre S. Ireneo, “Adversus haereses”)e seguire la propria coscienza praticando la giustizia secondo Maeo 25,31-46 è contribuire alla salvezza. Se è gnostico Vito Mancuso lo è ancora di più S. Ireneo, che pochi – anche tra i teologi – conoscono, preferendo fondare tuo o quasi su S. Agostino e sulle sue nevrosi non del tuo risolte.
7. Fides&ratio detto maggio 7, 2009 a 3:42 pm
potrebbe gentilmente citare i passi precisi dove s.Ireneo farebbe le affermazioni che lei sostiene? grazie F&R
8. Nerone detto maggio 7, 2009 a 5:59 pm
Questa frase: “Vale a dire: ogni essere umano che nella sua coscienza e nel suo cuore vive nello spirito della verità (la cui esperienza più alta si chiama pratica del bene e della giustizia) entra nella dimensione peculiare del divino e quindi è salvo, si trai di un uomo dell’età della pietra, di un antico egizio, di un ebreo o di un indù di oggi.” 12 di 37
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Secondo me non ci si può salvare riferendosi direamente a Dio. Secondo me bisogna riferirsi a Gesù, che è Via, Verità e Vita. Non si spiega, se no, perché Dio abbia mandato suo Figlio nel mondo; non si può prescindere da questa volontà del Padre, di mandare Gesù nel mondo. Riferendoci a Gesù abbiamo un insegnamento fao nei modi che noi possiamo comprendere; riferendoci a Dio, oppure alla nostra coscienza, non abbiamo questi riferimenti certi, e non possiamo dire di avere alcuna certezza.
9. Germano Federici detto maggio 7, 2009 a 7:04 pm
nella vita non faccio il teologo e certi argomenti li ho affrontati moltissimi anni fa, per cui mi servirebbe del tempo per documentare puntualmente la mia affermazione, che comunque non ha pretese di verità assoluta. Intanto vado ancora a memoria, con una frase che si è stampata nella mia mente e che è stata usata anche da Ra\inger in un intervento di qualche tempo fa: “Perché la gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la visione di Dio”. L’uomo (senza l’aggeivo “cristiano”), l’uomo così com’è è la gloria di Dio. E un’altra ancora in cui si parla del Verbo come “impresso dall’inizio in forma di croce sulla creazione intera”. Frasi che io ho appunto interpretato nel modo in cui ho deo: la redenzione coincide con la creazione. La vicenda terrena del Verbo ne è lo sviluppo, non legato secondo Ireneo al peccato originale. Tanto che da qualche parte afferma che Dio si sarebbe incarnato anche se Adamo non avesse peccato…. ben diverso il pensiero di Agostino. Mi scuso per le imprecisioni inevitabili legate alla memoria.
0. Fides&ratio detto maggio 8, 2009 a 12:44 am
incipit del traato contro le eresie di s. Ireneo “La Chiesa, sparsa in tuo il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevee ric evee dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell’unico Dio, Padre onnipotente, che fece il cielo la terra e il mare mare e tuo ciò che in essi è contenuto conte nuto (cfr. At 4, 24). La Chiesa accolse la fede nell’unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi per la nostra salvezza. Credee nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò manifest ò il disegno divino divino di salvezza: salvezza: e cioè c ioè la venuta di Cristo, nostro Sig S ignore, nore, la sua nascita nasc ita dalla Vergine, Vergine, la sua passione e la risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per «ricapitolare tue le cose» (Ef 1, 10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo, nostro Signore e Dio e Salvatore e Re secondo il beneplacito del Padre invisibile «ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e soo terra, e ogni lingua lo proclami» (Fil 2, 10) ed egli pronunzi su tui il suo giudizio insindacabile.” [Ireneo di Lione, Contro le eresie,I, 10,1-3]
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e poi: La gloria di Dio dà la vita; perciò coloro che vedono Dio ricevono la vita. E per questo colui che é inintelligibile, incomprensibile e invisibile, si rende visibile, comprensibile e intelligibile dagli uomini, per dare la vita a coloro che lo comprendono e vedono. E’ impossibile vivere se non si é ricevuta la vita, ma la vita non si ha che con la partecipazione all’essere divino. Orbene tale partecipazione consiste nel vedere Dio e godere della sua bontà. Gli uomini dunque vedranno Dio per viv vivere, e verranno resi re si immortali immortali e divini divini in forza della visione visione di Dio. Questo, Que sto, come c ome ho deo prima, era stato rivelato dai profeti in figura, che cioè Dio sarebbe stato visto dagli uomini che portano il suo Spirito e aendono sempre la sua venuta. Così Mosè afferma nel Deuteronomio: Oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l’uomo e l’uomo aver la vita (cfr. Dt 5, 24). Colui che opera tuo in tui nella sua grandezza e potenza, è invisibile e indescrivibile a tui gli essere da lui creati, non resta però sconosciuto; tui infai, per mezzo del suo Verbo, imparano che il Padre è unico Dio, che contiene tue le cose e dà a tue l’esistenza, come sta scrio nel vangelo: “Dio nessuno lo ha mai visto; proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1, 18). Fin dal principio dunque il Figlio è il rivelatore del Padre, perché fin dal principio è con il Padre e ha mostrato al genere umano nel tempo più opportuno le visioni profetiche, la diversità dei carismi, i ministeri e la glorificazione del Padre secondo un disegno tuo ordine e armonia. E dove c’è ordine c’è anche armonia, e dove c’è armonia c’è anche tempo giusto, e dove c’è tempo giusto c’è anche beneficio. Per questo il Verbo si è fao dispensat dispensatore ore della grazia del Padre per pe r l’utilità degli degli uomini, uomini, in favore fa vore dei quali ha ordinato tua l’econ l’economia omia della della salvezza, mostrando Dio agl a glii uomini e presentando present ando l’uomo a Dio. D io. Ha salvaguard salvaguardato ato però pe rò l’invisibil l’invisibilità ità del Padre, perché l’uomo non disprezzi Dio e abbia sempre qualcosa a cui tendere. Al tempo stesso ha reso visibile Dio agli uomini con molti interventi provvidenziali, perché l’uomo non venisse privato completamente di Dio, e cadesse così nel suo nulla, perché l’uomo vivente è gloria di Dio e vita dell’uomo è la visione di Dio. Se infai la rivelazione rivelazione di Dio D io araverso il creato dà la vita a tui gli esseri cche he si trovano trovano sulla terra, te rra, molto più la rivelazione del Padre che avviene tramite il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio. [Id,IV, 20, 5-7; SC 100, 640-642. 644-648] e ancora Egli Egli si è fao uomo dalla dalla vergine vergine affinché per quella via dalla dalla quale ebbe luogo luogo la disobbedienza provocata dal serpente per quella stessa via essa fosse annientata, Eva infai, quando era ancora vergine incorroa concepì la parola del serpente e partorì disobbedienza e morte. Invece Maria, la Vergine, accolse fede e gioia quando l’angelo Gabriele le recò il lieto annunzio che lo spirito del Signore sarebbe venuto su di lei (…) di conseguenza(…) troviamo Maria, la Vergine, obbediente (…) Eva disobbedì quando era ancora vergine (…) e divenne per tui causa di morte (…)Maria invece con la sua obbedienza, per sé e per tuo il genere umano, divenne causa di salvezza [Id., III, 958-960] il passo secondo cui la creazione sarebbe essa stessa redenzione non l’ho trovato, ma quello che possiamo dire per certo è che Ireneo, combaendo le eresie e nello specifico lo gnosticismo che negava valore alla sarx-carne-creazione (negando così il valore salvifico dell’incarnazione del Logos),abbia riportato l’aenzione su quel verseo della genesi in cui JHWH “vide “vide quanto aveva aveva fao ed ecco,era cosa molto buona” (Gn.2,31)e soprauo all’affermazione del prologo di Giovanni ” o logos sarx egheneto” dunque “non senza la carne si salva l’uomo” ovvero la salvezza è per l’uomo intero- corpo, anima, spirito- e non solo, come predicavano gli gnostici,nella sola dimensione spirituale. spirituale. 14 di 37
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perdonate la prolissità ma Ireneo è argomento quasi inesauribile F&R
1. Germano Federici detto maggio 8, 2009 a 8:14 am
Ireneo è proprio inesauribile… ultimo spunto, dopo rapida ricerca tra vecchi appunti. Si parla del Verbo come “inexistens in forma crucis in tota creatione” in 5,18,3. Ireneo insiste molto sul fao che il Dio Creatore è lo stesso Dio Redentore, contro certe tesi eretiche. Anche il brano citato da Lei, che termina con “Se infai la rivelazione di Dio araverso il creato dà la vita a tui gli esseri che ch e si trov t rovano ano sulla terra, te rra, molto più la rivelazione rivelazione del Padre che c he avviene avviene tramite il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio.” viene da me, forse erroneamente, interpretato come l’ affermazione dell’identità tra creazione e redenzione, tra le quali sussisterebbe una differenza per così dire quantitativa, ma non qualitativa.
2. Fides&ratio detto maggio 8, 2009 a 9:50 am
la citazione così com’è non dice granché se non confermare che Cristo ha salvato la creazione con la croce ed esiste in essa da sempre e per sempre. per il resto se legge tuo il corposo testo di Ireneo la “qualità” del Signore come vero uomo e vero Dio è affermata praticamente in ogni pagina come qualcosa di “altro” rispeo all’uomo semplice creatura. per ogni altra spiegazione direi che J.Wolinsk J.Wolinski,i, Ireneo: Ireneo: Economia trini trinitaria taria e salvezza salvezza in Gesù Cristo, Cristo, in in B.Sesboué-Ch.Theobald B.Sesboué-Ch.Theobald- J.Wolinsk J.Wolinski,i, Storia Storia dei dogmi dogmi,1,Piemm ,1,Piemme, e, Casale Monferrato, Monferrato, 2000 e G.Peters, I Padri della Chiesa,1: dalle origini al concilio di Nicea,Borla, Roma 1994 possano dare tue le spiegazioni del caso. F&R
3. Germano Federici detto maggio 8, 2009 a 10:08 am
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a me quella affermazione dice tuo, ma non voglio insistere, con il rischio di annoiare altri. Ringrazio F&R per la discussione, che potrà eventualmente continuare in sede privata. Il mio indirizzo di posta eleronica è
[email protected]
4. Domenico detto maggio 12, 2009 a 5:10 pm
Personalmente preferisco mantenermi fuori da un dibaito teologico (per il quale non sarei certamente preparato) e non potrei “prendere posizione” per l’uno o l’altro dei due interlocutori – non certo contendenti – di cui sono un convinto ammiratore. Credo all’importanza delle questioni portate in campo, alla necessità che questi dibaiti entrino sempre di più nei discorsi di tui, tui i giorni, cosa che di per sé già costituirebbe una “salvezza”. E’ su questo “rumore di fondo” che possiamo pensare ad un futuro più civile, è su basi come queste queste che si costruisce costruisce un edificio social socialee coeso e solidal solidale. e. Enzo Bianchi (non Monsignore, per carità…) è un perfeo padre spirituale. Vito Mancuso non accea dogmi in contrasto con le nostre auali conoscenze. Non si traa di farne una disputa tra Guelfi e Ghibellini, ma di analizzarne i pensieri, le proposte, le domande che nascono da tanta fede e impegno.
5. Federico Lenchi detto agosto 23, 2009 a 10:58 pm
A proposito della discussione tra Vito Mancuso ed Enzo Bianchi e vedendo che l’ultimo vostro intervento risale al 12 maggio intervengo domandandovi perchè, secondo voi, le teorie eretiche del Prof. Mancuso continuino a meritare tuo questo interesse. Mancuso, vestendo l’abito del teologo caolico fedele alla sua Chiesa, ne scardina in realtà i fondamentali dogmi che sono i punti fermi, non cancellabili e non revisionabili che caraerizzano e su cui si fonda una religione essendone i punti fondamentali definitivi. Chi lo fa è, molto semplicemente senza tanti giri di parole, un eretico che propaga eresie. Naturalmente, come tui gli eretici della storia, lui nega di esserlo invocando la libertà di espressione teologica. E questa sua giustificazione è veramente curiosa per non dire comica. Molte sue teorie non sono poi neppure originali in quanto prese da altri eminenti pensatori che lo hanno preceduto. Leggiamo Leggiamo ad esempi ese mpioo su questo quest o stesso ste sso blog che ” …ogni uomo che viv vive nello n ello spirito spirito di verità entra nel divino ed è salvo”. Mi è venuto subito in mente, come credo anche a voi, Pelagio quanda affermava che l’uomo si salva in virtù dei propri meriti e non per l’opera salvifica di Cristo. Concordo pienamente con quanto ha deo Nerone il 9 aprile: in queste discussioni c’è molta razionalizzazione, e la fede? E se lo dice lui. che i cristiani li usava come torce nei giardini vaticani, c’è da credergli. federico lenchi
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6. Federico Lenchi detto seembre 6, 2009 a 12:58 pm
Esaminando “L’Anima e il suo Destino” nel capitolo che traa dell’inferno l’A. arriva ai seguenti risultati: 1-il diavolo non esiste concretamente come persona oppure se esiste sarà obbligato da Dio a una conversione forzata che lo costringerà a vedere le sue tenebre sbaragliate dall’irrompere della forza della luce divina divina ; 2-la punizione degli uomini abitati totalmente dal male, sarà o temporanea , e quindi non eterna , oppure vi sarà una distruzione della personalità del peccatore in cui non si è trovato altro che odio. Devo subito precisare che si traa di antiche concezioni, elaborate fin dai primi tempi della Chiesa, come vedremo, ae a meere in dubbio fino a rifiutarla l’inquietante rivelazione sull’inferno relativa alla sua eternità. L’A. pertanto non dice nulla di nuovo ma ripropone quanto già deo a partire dal III secolo da Origene e dagli Origenisti. (cfr.pp. 275-76) Vediamo da subito come queste teorie siano in neo contrasto con quanto insegnato dal Magistero Caolico che indica l’inferno, dal latino “luogo che sta soo”, come uno stato o situazione di infinita sofferenza determinata dal rifiuto totale e definitivo di Dio, degli altri, di se stessi e del mondo, in contrasto con la vocazione di vivere in comunione. La Bibbia, al fine di indurci ad opporci con tue le forze al male, ci presenta la possibilità di dannazione con immag immagini ini di morte e di disperazione, immagini immagini che vanno indubbiamente indubbiamente interpretate ma non sminuite (cfr. Mt. 10,28; I Cor. 3,17; Gal. 6,7; Fil. 3,19; Ap. 2,11; 20,6.14;21,8). La Bibbia altresì evidenzia con assoluta chiarezza i diversi aspei della realtà del peccato: -IDOLATRIA Adamo ed Eva volevano essere come dei -RIVENDICAZIONE DI ASSOLUTA AS SOLUTA AUTONOMIA MORALE, MORALE , cioè decidere in modo modo autosufficiente ciò che è bene e ciò che è male; -RIFIUTO DELLA CONDIZIONE CREATURALE, ovvero perdita della relazione vitale con Dio. In altre parole la radice del peccato va rintracciata nel libero arbitrio dell’uomo, nella sua libertà di opporsi al suo progeo. Per tali ragioni il peccato è descrio nell’Antico Testamento e confermato nel nuovo, come, infedeltà, adulterio, fornicazione ossia come rinnegamento del pao di amore che Dio ha stipulato con l’uomo. L’aspeo più inquietante della rivelazione rivelazione sull’inferno è, come abbiamo visto, visto, quello della sua irreversibilità ed eternità. Per tale ragione già nei primi secoli presero corpo alcune teorie di cui le principali sono quelle relative all’Apocatastasi e all’Annichilazione. Fu Origene, soprannominato Adamanzio “uomo d’acciaio”(185?-250) che per primo, in ambito cristiano, sviluppò la teoria dell’Apocatastasi. Per valutare correamente il suo pensiero teologico bisogna innanzi tuo tenere ben presente l’epoca in cui scrisse le sue opere. Egli nella ricerca della conoscenza esaa dei divini misteri si incammina in territori sconosciuti ed inesplorati formulando ipotesi che non avevano la pretesa di soluzioni definitive e non potendo contare quindi, su quella grande auctoritas, strumento preziosissimo per il teologo, che è il Magistero della Chiesa che, con i grandi Concili del IV e V secolo, fisseranno con la Regula
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fidei argini invalicabil invalicabilii per la ricerca ricerc a teolog te ologica. ica. L’opera di Origene, tesa a rafforzare la fede con il ragionamento ma non in modo frammentario chiarendo quel particolare punto o mistero, ma cercando globalmente tua l’economia della salvezza , inserendo tue le vicende e tui gli aori, oltre che per l’Apocatastasi fu condannata più in generale per il pensiero ellenico che vi compariva anche se scriveva, ben consapevole che la filosofia è un’arma a doppio taglio:” approfiano di questa conoscenza che hanno dell’ellenismo per generare dorine eretiche e fabbricare, per così dire, vitelli d’oro a Betel” ( I Principi). Era però del parere che i barbari ( i cristiani) sono capaci di scoprire le dorine ma che i greci sono più abili a giudicare, fondare e adaare alla pratica delle virtù le scoperte dei barbari per cui conclude che “chiunque arriva all’insegnamento cristiano delle dorine dalle dorine e dalle discipline discipline dei greci, è in grado grado di giudicare giudicare della sua verità” stabilendo in tal modo una certa c erta affinità almeno propedeutica tra le due verità: quella ellenica e quella cristiana. Senza addentrarmi nel pensiero di questo autentico genio creativo, grandissimo precursore della ricerca teologica, ricordo che la condanna formale di Origene avvenne con il V Concilio di Costantinopoli nel 553, voluto dall’imperatore “teologo” Giustiniano in cui furono pronunciati 15 anatematismi anat ematismi che lo riguardav riguardavano. ano. La L a controversi co ntroversiaa sull’ortodossia del suo pensiero, pen siero, fu iniziata nel 394 dal vescovo Epifanio di Salamina e portata a termine da Girolamo che in un primo momento ne era stato un convinto ammiratore. Questo portò a una delle più aspre e meno edificanti polemiche tra Girolami e il suo vecchio amico Rufino di cui parlò anche Agostino nei seguenti termini:” magnum et triste miraculum”. Ma per tuo il secolo precedente i grandi Padri greci e latini, da Gregorio taumaturgo fino ad Ambrogio di Milano avevano avuto parole di grande elogio ed apprezzamento. Ma gli anatematismi con cui fu condannato a posteriori, riportano passi presi dalle opere di Evagrio e non da quelle di Origene. In tuo il pensiero di Origene è sempre presente un vero spirito ecclesiale, tanto che volle sempre servire esclusivamente la sua Chiesa e fu sempre pronto a soomeersi al suo giudizio: “ Se io che porto il nome di presbitero e che ho annunciato la parola di Dio, tradissi mai la dorina sella Chiesa e la regola del Vangelo, cosicché a te, Chiesa, fossi motivo di scandalo, possa l’intera Chiesa con unanime decisione, mozzare e geare via me, sua destra”. Tali parole avrebbero dovuto impedire che Origene fosse annoverato tra gli eretici e l’intera sua opera proscria: Ben diverse quelle del modernista Loisy che riporto a memoria:” non è in me la facoltà di cancellare il fruo delle mie ricerche”. RITENGO AUSPICABILE CHE LA CHIESA, CHE TANTO DEVE AD ORIGENE; RIVEDA LA CONDANNA; A SUO TEMPO TEMP O TROPPO AFFRETTAT AFFRETTATAMENTE AMENTE ESPRESSA:: ES PRESSA:: federico lenchi (continua)
7. Federico Lenchi detto seembre 7, 2009 a 11:12 pm
Continuando il discorso sull’Inferno vediamo come Mancuso, oltre all’apocatàstasi, prenda in considerazione l’annichilazione ovvero la riduzione al niente del dannato. Ma né l’apocatàstasi,né tanto meno l’annichilazione trovano alcun fondamento nella Scriura. D’altro canto, Le due leere cui si fa riferimento per giustificare tali teorie e cioè, la leera ai Corinzi (I, 15-18) che afferma che alla fine del mondo, Dio sarà tuo in tui, e quella ai Colossesi
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(I,20) secondo cui Dio in Cristo ha voluto riconciliare a sé tue le cose, vanno lee ed interpretate nella loro interezza, non limitandosi a queste due affermazioni. L’ ipotesi dell’apocatàstasi, va contro ogni logica, perché non rispea la serietà e l’impegno della vita terrena che in tal modo assumerebbe le faezze di una colossale commedia giocata sulla pelle degli uomini, negherebbe la gravità del peccato, per cui nulla farebbe più la differenza tra un agire reo e un agire all’insegna del male, toglierebbe poi significato al libero arbitrio umano e degli degli angeli decaduti e svuotere svuoterebbe bbe di ogni significat significatoo di redenzione reden zione l’altissim l’altissimoo prezzo pagato da Cristo in croce. Parimenti l’annichilazione non rispeerebbe la scelta dei perduti che ostinatamente hanno rifiutato Dio e renderebbe lo stesso Dio artefice di un progeo di distruzione delle creature da Lui create. Fermo restando che io ritengo come assoluta verità, quella insegnata dalla “mia” Chiesa mi sembrerebbe più logico pensare che: Dio nella sua infinita misericordia abbia stabilito che chi, con assoluta ostinazione libera volontà e piena coscienza, abbia roo il suo rapporto con Lui trasgredendo le sue leggi per perseguire pervicacemente il male, verrà posto, per l’eternità, in una terra d’oblio, di tenebre e di silenzio come si legge in Dt (32, 22) e in Gb (26,5; 36, 16-17) ovvero una terra di ombre. Questa visione non sarebbe in contrasto con l’A.T. e concilierebbe la Giustizia con la Misericordia. Federico Federico Lenchi Lenc hi
8. Federico Lenchi detto seembre 16, 2009 a 10:46 pm
Caro Michele, continuando l’analisi teologica dell’Anima e il suo destino, ti invio una breve riflessione prendendo spunto da quanto affermato dal Prof. Mancuso a pag. 165 e più precisamente al paragrafo 59 con il sootitolo: Due dogmi che fanno a pugni tra loro: origine dell’anima dell’anima e peccato pecc ato originale. originale. Mancuso scrive:” La fede caolica ci obbliga (???) a ritenere che le anime vengono create direamente da Dio, e nello stesso tempo assoggearla alla corruzione e alla concupiscenza ponendola in uno stato di inimicizia con lui (scrio minuscolo, scusa la pignoleria) al punto che si deve parlare di “morte dell’anima”, dell’anima”, come stabili st abilito to sempre se mpre dal Magistero nel Concilio C oncilio di Trento (vedi DH 1512). E prosegue più oltre: “Se l’anima è partecipe della natura divina, non può essere corroa; se invece è corroa, non può essere partecipe della natura divina”. Ora dato che -continua Mancuso- “neppure Agostino sapeva risolvere il problema di questo conflio confl io dogmatico…per dogmatico…per risolverlo risolverlo ci c i sono tre possibilità: possibilità: -si tiene il dato della creazione direa dell’anima spirituale da parte di Dio; -si tiene il dato dell’anima che nasce spiritualmente morta perchè soggea al peccato originale; -non si tiene nessuno dei due. Mancuso afferma che le prime due ipotesi siano insostenibili per cui aderisce alla terza via e a conclusione del paragrafo ribadisce:” …è sulla base di Dio come Logos che si vede che il dogma del peccato originale, così com’è non tiene” (cfr.pp.165-167). Riassumendo, secondo l’Autore: 1-l’anima non può essere creata da Dio in quanto corroa; 2-e neppure nascere spiritualmente morta;
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3- per pe r i motivi motivi suddei le prime due ipotesi sono razionalmente razionalmente insostenibili. A mio giudizio, sempre razionalmente, la prima ipotesi è, contrariamente a quanto creduto da Mancuso, Manc uso, sostenibil soste nibilissim issimaa alla luce della Rivelazione. Rivelazione. Infai il peccato originale fu commesso non dal solo corpo o dalla sola anima dei progenitori ma dal concorso di entrambe secondo la concezione biblica, riaffermata dal Catechismo della Chiesa Caolica (1992, par.365) che considera l’uomo come unità di anima e corpo in maniera così profonda che si deve considerare l’anima come forma del corpo. Da cui ne deriva che lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte ma un’unica natura. In altre parole, è Adamo inteso come “unica natura” che ha peccato e noi, suoi discendenti , ereditiamo questa colpa solo all’ao del concepimento quando a nostra volta diventiamo diventiamo un’ unità e acquisiamo acquisiamo la nostra n ostra identità di uomini, uomini, ovvero ovvero quando avviene la fusione tra il corpo materiale datoci dai genitori e l’anima creata da Dio. Ma l’anima creata da Dio e da Lui donataci quale soffio vitale, è da ritenersi indenne da colpa fino a quando non diviene una sola sostanza col corpo dando origine ad una realtà unitaria, l’uomo. Prima che ciò avvenga avvenga l’anima l’anima non ha h a colpe, c olpe, esce esc e pura, viv viva non morta dalle mani di Dio, in quanto non è ancora partecipe della creaturalità umana. Mi sento quindi di rifiutare con decisione, l’affermazione di Mancuso secondo cui ” …il dogma del peccato originale, così com’è non tiene”. Ma capitolo dopo capitolo analizzeremo tuo il lavoro. Su una cosa concordo pienamente con Mancuso quando dice che nei tempi andati le menti migl migliori iori si dedicavano dedicavano alla teologi te ologiaa mentre oggi oggi quelle stesse ste sse menti, men ti, si dedicano alla scienza o ad altre aività più remunerative. Da questo bel cielo di Sardegna, dove mi trovo in vacanza, ti saluto cordialmente. Federico Federico Lenchi Lenc hi __________ Informazioni da ESET NOD32 Antivirus, versione del database delle firme digitali 4431 (20090916) __________ Il messaggio è stato controllato da ESET NOD32 Antivirus. hp://www.nod32.it
9. Federico Lenchi detto seembre 18, 2009 a 5:27 pm
Ps.Questo non significa che l’anima sia preesistente al corpo ma solo che all’ao della sua creazione, nel momento in cui viene creata, questa è sola con Dio e quindi pura. Questo in virtù del fao che il conceo di tempo non si applica all’Essere Supremo. Ma il Dio ipotizzato da Mancuso è vicino all’uomo, capisce la sua fragilità, partecipa ai suoi dolori? Io ritengo di no. Mi sembra un Dio fruo di una eccessiva razionalità, non sua, ma di Mancuso. Cercherò di spiegare più avanti perchè. F.Lenchi
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0. Federico Lenchi detto seembre 20, 2009 a 10:48 am
Signor Pandiani, mi scusi ma lei non mi ha leo bene: io sostengo esaamente l’opposto. Ho sempre deo che le Scriure sono in quanto verità rivelata da Dio, la materia imprescindibile su cui deve fondarsi la teologia (fides) mentre la ratio ne è la comprensione. E’ Mancuso che sostiene che la La Scriura è troppo piena di contraddizioni per essere ritenuta sempre ispirata dallo Spirito Santo. E cita la Pareusia che sarebbe dovuta avvenire entro la generazione di San Paolo e Gesù stesso, come si legge nel Vangelo, e l’A.T che invitava a sfracellare la testa dei bambini dei nemici. Sulla pareusia tornerò per rispondere a Mancuso e spiegargliela alla luce dell’esegesi. Mi farebbe piacere se da oggi anche lei intervenisse nella discussione teologica. Se con tua la fatica che faccio per difendere l’ortodossia vengo poi così frainteso, povero me! Questa sera, tornerò sull’argomento. Buona domenica F. Lenchi
1. Mario Pandiani detto seembre 20, 2009 a 1:58 pm
Ha ragione, c’era un a capo che mi ha trao in inganno, e forse per non gravare perennemente sulle spalle del povero Mancuso, del quale non condivido forse neanche l’ortografia, ho fao fare a lei la parte del capro espiatorio, che le venga riconosciuto come merito, l’aver portato per alcune ore un peso che non le speava. Non parteciperò alla discussione perchè come ho deo non è un terreno che mi trova favorevole, troppetentazioni polemiche, e poi come dicono i miei amati Padri; non parlare di Dio, parla con Dio. Complimenti comunque per la dedizione con cui, come dice ; difende l’ortodossia, mi farebbe piacere sapere come vede la chiesa che ortodossa lo è anche di nome. Un caro saluto e scuse ancora per il fraintendimento, è una delle trappole delle discussioni in rete e una delle ragioni che me ne tengono lontano, tuavia ci saranno certo occasioni di parlare.
2. Federico Lenchi detto seembre 20, 2009 a 5:59 pm
caro signor signor Pandiani, Pan diani, mi scuso per aver scrio Pareusia. Volevo dire con fonetica greca Parousia. D’ora in poi userò il termine Parusia. Per quanto concerne la domanda sulla confessione ortodossa che a dire il vero ci è stata, teologicamente parlando maestra, penso che sia troppo critica nei nostri confronti e troppo rigida: ad esempio ci considera non salvi perchè siamo baezzati per aspersione e non come
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fanno loro per immersione. Non posso continuare per un impegno urgente ma tornerò a dialogare questa sera. La ringrazio e saluto fraternamente scusandomi per la frea. F.Lenchi
3. Mario Pandiani detto seembre 20, 2009 a 11:36 pm
Il termine baesimo significa propriamente immersione, (qualche zelante senza il senso del ridicolo, traduce persino il nome del Precursore con San Giovanni l’immergitore, rendendolo, pur nella correezza etimologica, irriconoscibile al leore italofono), è vero che le costituzioni apostoliche prevedono l’aspersione in casi di strea necessità, dove questi si verifichino, nel deserto per esempio basterebbero poche gocce d’acqua, ma non è questo evidentemente il punto, la chiesa ortodossa non dice che i caolici non sono salvi perchè baezzati per aspersione, la posizione ortodossa dice invece che chi si è allontanato da quanto si formulò nei primi see concili ecumenici si pone fuori dalla chiesa, per questo non sono riconosciuti tui i sacramenti della chiesa latina, ma afferma che la salvezza spea unicamente a Dio e alla disposizione disposizione di ogni uomo a perseguirla, perseguirla, in questo que sto San S an Paolo Pao lo è molto chiaro c hiaro persino sulla salvezza dei pagani che non avevano conosciuto Cristo. Ciò che tiene rigorosamente separate le posizioni della chiesa ortodossa dalle chiese che hanno operato innovazioni rispeo all’ortodossia dei see concili è il fao che queste disposizioni che l’intero corpo della chiesa ha stabilito, ( e che non hanno più avuto luogo per l’impossibilità di riunire tui i vescovi dopo lo scisma, che quindi non sarebbero più stati propriamente concili ecumenici) sono strumenti di grazia irrinunciabili, e questo è fondato sull’esperienza dei padri oltre che sulla scriura. D’altra parte, l’esperienza dell’ecumenismo che si aprì con l’abbraccio tra Atenagora e Paolo VI, (che ebbe il merito di interrompere una confliualità che, se ci prendiamo il disturbo di studiare storicamente, ha visto episodi di violenza violenza inimmaginabile inimmaginabile nei confronti c onfronti del cristianesim c ristianesimoo orientale), ha mostrato che non c’è un riferimento preciso tra la posizione ortodossa, che non manca certo di chiarezza e un oceano di posizioni teologiche, politiche e spirituali di ogni forma e contenuto che la chiesa romana esprime oggi, cosa che vedo la impegna molto nel tentativo di riportare le cose ad un punto di vista più omogeneo e tradizionale, ma che difficilmente sarà acceato, proprio per quel pluralismo di posizioni che ormai è rivendicato e fa parte integrante del mondo caolico. L’ortodossia non si affida al dogma in quanto tale, che è sempre un’affermazione necessaria ma non esaustiva essendo la realtà che indica incomprensibile e incomunicabile, ma alla pratica della vita spirituale, si potrebbe dire che la realtà religiosa ortodossa non è che un’ortoprassi, da questa il dogma ha riconoscibilità, non è l’appartenenza che salva ma la sinergia tra uomo e Dio che si aua araverso i mezzi che ci meono in relazione allo Spirito Santo che è Dio. Ma, come dico, in discussioni di questo genere è facile fare accademia, e si rischia di polarizzare posizioni rendendo di fao un caivo c aivo servizio servizio alla realtà a cui ci rivolgiamo rivolgiamo tui. Capisco lo spirito che la anima a difendere il deato più proprio della sua chiesa, ma, se posso fare una considerazione, non è a colpi di dogma che si rimee in piedi la fede di una comunità. Lieto di questo confronto, la leggerò volentieri.
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4. Federico Lenchi detto seembre 21, 2009 a 12:15 am
Egr. Signor Pandiani. la ringrazio ringrazio per le spiegazioni spiegazioni sull’A.T. relative relative ai versei versei che sono stati stat i motivo di inciampo per il Prof. Mancuso. Evidentemente lei è uno specialista di cui in questo dibaito si sentiva la mancanza e della cui presenza pertanto mi rallegro. Ero rimasto solo nella difesa dell’ortodossia. Oltre a quello che lei così autorevolmente ha spiegato aggiungerò qualcosa sulla Parusia. Credo di aver capito che tuo l’impianto speculativo del prof. Mancuso sia partito dal tentativo di giustificare giustificare il male e la sofferenza nel mondo, problema che c he già già aveva aveva angustiato Sant’Agostino. Per farlo ha teorizzato un Dio per così dire lontano, che agisce per interposto Principio Ordinatore Impersonale cui ha demandato il governo del mondo, non privilegiando l’uomo ma agendo indifferentemente in favore di tue le cose. Nel suo ragionamento si avventura in conclusioni aberranti da un punto di vista caolico: 1)l’ anima come surplus di un’energia non meglio definita ma comunque di tipo fisico e come tale non creata da Dio ma mutuata dai genitori; 2) uomo che si salva indipendentemente dalla Grazia ma per esclusivo merito personale raggiunto con la “capacità di riprodurre in sè e fuori di sè la logica generale della natura physis”(già sentito da Pelagio anche se questi non parlava di natura physis) (cfr. pp. 306-307); 3)negazione dell’opera redentrice di Cristo al punto che”… l’immortalità non viene legata a un singolo evento del passato quale la risurrezione di Cristo, nè ricondoa a un ao divino unilaterale …” (cfr. pp. 307-308)e ancora:” Non è la risurrezione di Cristo, che per prima, vince la morte, ogni volta che è morto un uomo giusto, è già stata possibile possibile mediante le leggi div divine ine che c he governano governano il processo cosmico”: c osmico”: 4) rifiuto dei dogmi (già teorizzato dalla New-age e dalla Massoneria: 5) Negazione del diavolo e dell’inferno (dopo aver banalizzato il peccato si nega che il commeerlo coscentemente e pervicacemente, rifiutando fino all’ultimo il pentimento e la conversione a Dio possa comportare una pena. Mi fermo qui reputando che ce n’è abbastanza per provare disagio nei confronti di uno studioso che si definisce caolico e che definisce formali e non sostanziali le differenze tra il suo pensiero e quello della dorina caolica!!! Ma anche il Peccato originale e la risurrezione della carne sono per lui dorine senza fondamento. Ripeto ce n’è abbastanza per provare sofferenza nei confronti di un fratello in grave crisi di fede. Vediamo ora quali alibi invoca a sostegno delle sue tesi. Quello della Sacra Scriura e più precisamente quei passi dell’A.T. che l’amico Pandiani ha così magistralmente spiegato nel loro correo significato e in quelli della Parusia predicata da San Paolo che a mia volta volta cercherò cerc herò di spiegare spiegare ccome ome meglio meglio potrò;poi l’alibi l’alibi degli degli antichi Padri incorsi in errori che avevano una spiegazione nell’ essere loro i primi esploratori di una teologia cristiana ancora agli agli albori, inesplorata e pertanto privi privi di quell’aiuto quell’aiuto fondamentale che è l’auctoritas della Chiesa che verrà solo successivamente con i vari Concili. Infine altro alibi il primato della sua ragione impossibilitata ad acceare le dorine suddee. Come possa un caolico, che si dice grato alle suore e ai sacerdoti dell’oratorio per averli fao apprendere la fondamentale consuetudine alla preghiera, essere aore di tali e tante eresie da lui definite eufemisticamente “libertà di pensiero teologico” mi risulta non solo doloroso ma anche del tuo incomprensibile. Vista Vista l’ora l’ ora devo rimandare rimandare la discussione sulla Parusia a domani sperando che ch e il signor Pandiani 23 di 37
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continui a seguirci. Federico lenchi
5. Federico Lenchi detto seembre 21, 2009 a 7:33 pm
A proposito di questa leera testè commentata e di quella ai Corinzi che presto esaminerò, Mancuso dice: “A San Paolo non è stato concesso di sentire nessuna ultima tromba divina. Forse anche per questa delusione crescente, col passare del tempo egli cominciò a caricare di accenti negativi l’immagine del ritorno di Cristo, facendone più che un giorno di festa per i credenti, creden ti, un giorno di punizione per i malvagi malvagi”” (cfr.pp.289-292) (c fr.pp.289-292).. VEDIAMO CHE NON E’ COSI’o perlomeno non per le ragioni portate da Mancuso. La leera ai Tessalonicesi non parlava di Giudizio e di peccato per la semplice ragione che questa comunità aveva fede e si comportava reamente per cui Paolo non aveva con loro problemi di sorta se non quello di rassicurarli rassicurarli riguardo riguardo i cristiani che fossero già morti al momento momento della Parusia. Non così c osì possiamo dire dire di quella di Corinto che c he non godeva godeva certo c erto di una fama delle migliori. migliori. Di una ragazza poco seria si diceva “corinzia” al posto di meretrice. “Corintizzare” era un neologismo coniato per indicare un comportamento dissoluto. A Corinto vi era il tempio di Afrodite dove veniva veniva praticata la prostituzione sacra sac ra co conn migliai migliaiaa di sacerdotesse, come ci narra Strabone. Dovendo pertanto operare in tale contesto, Paolo introdusse quello di cui non era stato necessario parlare con i Tessalonicesi: il peccato e la sua punizione. A parte questo, un ulteriore difficoltà gli si presentava: la concezione ellenistica dell’uomo affine a quella elaborata in maniera filosofica da Platone. Si riteneva che la grandezza e la dignità dell’uomo fosse nella sua ANIMA e che il corpo ne fosse il carcere in cui si trovava , suo malgrado malgrado rinchiusa. Ma da esso doveva doveva liberarsi liberarsi mediante due vie vie rappresentate o dall’ascet dall’ascetism ismoo o dal libertinismo cioè dal corpo usato come esclusivo strumento di piacere e quindi totalmente svalutato svalutato in quanto quant o deputato alle funzioni organiche più basse e, proprio per i suddei motivi, motivi, destinato alla distruzione e non certo alla immortalità. Per un greco educato a tali teorie pensare alla risurrezione dei corpi come strumento di salvezza era totalmente assurdo, impossibile da credere. Ecco quindi la conclusione cui i Corinzi pervenivano rifiutando la risurrezione dei corpi (1 Cor. 15,12). In conclusione, e il discorso, sarebbe ancora lungo, Paolo incominciò a rivolgere la sua predicazione sul peccato non, come afferma Mancuso, per il nervosismo causato dalla Parusia che tardava tardava a compiersi, ma perchè doveva doveva rivolg rivolgersi ersi ad una comunità “dissoluta” e di costumi molto liberi che per l’educazione ricevuta,non riusciva ad acceare la risurrezione del corpo di Cristo come salvezza. Inoltre nel caso di Cristo,si traava di una morte ignominosa, oenuta con il supplizio della croce che veniva comminata comminata come massimo massimo disprezzo. Ancora vivo vivo poi ero lo smacco smacc o che ch e Paolo P aolo aveva aveva subito da parte degli Ateniesi con i quali aveva aveva avuto la pretesa di impostare un discorso sapiente ovvero di insegnare ai filosofi le questioni fondamentali di filosofia religiosa. religiosa. Per tale ragione, dalla lezione di Atene apprese un nuovo approccio incentrato non più sulla sapienza ma sulla croce. Ci resta da sviluppare un’altra importante concezione di San Paolo che prese l’avvio dalla 24 di 37
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conversione sulla strada di Damasco: quella che, ancora contrariamente a quanto afferma Mancuso, Manc uso, all’uomo non è possibile innalzarsi e progredire progredire sulla strada della giustizia giustizia senza il sostanziale aiuto di Dio. Damasco fu un autentico choc: Paolo credeva da giudeo osservante di agire a gloria di Dio e ode una voce che invece gli dice usando il suo nome ebraico:”Saulo, Saulo, perchè mi perseguiti?” Nella nube di luce accecante che lo avvolge Saulo incontra Gesù, il persecutore e il perseguitato. E si sente amato proprio da quel Gesù che odiava. Quella luce che lo fa diventare cieco gli fa capire di essere stato sempre cieco. Con Damasco Saulo diventa da persecutore a perseguitato; da violento a inerme ( anche se un certo caraere esplosivo lo accompagnerà sempre); da uomo che comanda a uomo su cui un Altro ha deciso; da chi aveva pianificato tuo a chi si sente espropriato di tuo. (continua) Terminando oggi un periodo di vacanza interverrò con tempi più lunghi. Federico Federico Lenchi Lenc hi
6. Tebaldo Cuoda detto seembre 22, 2009 a 12:12 am
Buongiorno a tui, scrivo su questo spazio dopo una ricerca su google di “vito mancuso” che ho avuto l’occasione di sentire per radio su radio radicale… (per la prima e unica, finora, volta). beh non pensavo pensavo sarei arriv arrivato alla alla fine dei post…! post…! :-) devo essere sincero: sapete una sacco di cose in materia di teologia. Io sono un uomo di scienza (diciamo galileiana) e mi occupo di ricerca…credo come voi in fondo. Mi anche ha colpito il fao che qualcuno abbia richiamato all’aenzioene il fao che oggi ci si occupi – lementi migliori diceva – piu di ricerca scientifica che di teologia. Non mi reputo mente migliore, ma uomo di scinza si e mi chiedo se avessi avessi imparato i vostri strumenti strumenti cosa scriverei scriverei oggi :-) In realtà tua la mia vita è stata una ricerca fino ad oggi (ho 35 anni) dal punto di vista umano… nella ricerca del senso della vita (e della morte) e sul lavoro. Ho un po di dubbi legati al fao che non ho strumenti teologici. Mancuso mi piace (in prima istanza…non ho leo ancora un suo libro) perche adoa un ragionamento che è piu simile a quello che possiam adoare nella ricerca biologica. Quindi forse semplicemente lo capisco meglio ;-) Vorrei lanciare però (…nonostante i miei limite “teologici” , nel senso che sono incuriosito da questa materia mate ria ma mi mancan proprio dei tasselli formativi formativi e gli gli strumenti di indagine) indagine) 2 cose sul tavolo: 1) faccio fatica a comprendere come si possa prendere basi di ragionamento serio gli scrii di qualcuno e contrapporli a quelli di un altro (es agostino vs Ireneo vs Pelagio vs Platone etc etc). Cioè come facciam a dire chi ha ragione? Forse in questo mi avvicino a Mancuso nell’”intepretare” cio che è alla luce di cio che è la nostra sensibilità/cultura/conoscenza del mondo di oggi (non eliminando il passato aenzione, non sto dicendo questo) piosto che alla luce di cio che ha scrio un vecchio e saggio e illuminato scriore (i.e.: Ireneo; credetemi non sono polemico sono solo su un altro piano) 2) credete che un ragazzo/uomo del nostro tempo, che si avvicina alla dimensione spirituale cristiana caolica (un ateo di ritorno italiano, come posso esserlo stato io per intenderci) non 25 di 37
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venga forse allontananato da “tanto ragionare” contrapposto (e mi ci meo dentro anche io ora;-) e che invece il discorso sugli uomini di buona volonta del Mancuso e sul primato della coscienza che ricerca il bene non possa essere una (la?) strada che oggi possiamo calcare per portare Dio agli uomini? e cito il mancuso: “comprendere l’insegnamento di Gesù: “Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità” ( Giovanni 4,24). Vale a dire: ogni essere umano che nella sua coscienza e nel suo cuore vive nello spirito della verità (la cui esperienza più alta si chiama pratica del bene e della giustizia) entra nella dimensione peculiare del divino e quindi è salvo, si trai di un uomo dell’età della pietra, di un antico egizio, di un ebreo o di un indù di oggi. poco chiaro come mi capita di essere… mi congedo. Tebaldo Cuoda
7. Tebaldo Cuoda detto seembre 22, 2009 a 12:17 am
una precisazione… credo che si possa e si debba prendere posizione. Il mio dubbio e su come si possa farlo in modo soddisfacente in materia teologica. Es. Se misuro qualcosa col metro posso riportare una misurazione adeguata se ho un metro preciso e in virtu del fao che a livello internazionale abbiamo convenuto su cosa è un metro (Sistema Internazionale). Quale è il metro di confronto in teologia? LA bibbia… il vangelo… la Chiesa in che misura cio che vie dopo? scusate se faccio domande ovvie…per me non lo sono!:-) TC
8. Mario Pandiani detto seembre 22, 2009 a 3:07 am
Caro signor Cuoda, lei uomo di scienza saprà naturalmente che alla fine del XVIII secolo venne pubblicata in Francia L’enciclopedia di Diderot e D’Alembert, fu una pubblicazione che portò un grande cambiamento nel modo di pensare e di ricercare scientifico. Più o meno negli stessi anni, venne pubblicata a Venezia la Filocalia, potremmo dire l’enciclopedia della preghiera del cuore, cioè una raccolta molto esaustiva degli scrii che i Padri antichi hanno lasciato riguardo il metodo, (“galileiano”, il termine calza bene), della preghiera cristiana e i modi per conseguirne il fine. Non ci sono infai metri di confronto teologici o ecclesiastici che possano stabilire con certezza assoluta la fede nel cuore di un uomo, la correezza della formulazione dei dogmi è necessaria a mantenere la chiesa nel solco che Cristo ha scavato, ma la fede come esperienza reale di prossimità, fino alla vera conoscenza di Dio si può oenere senza una laurea in teologia, è infai aperta agli umili e ai piccoli di questo mondo. 26 di 37
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La seduzione di un punto di vista come quello di Mancuso risiede nel fao che ibrida in qualche modo il pensiero moderno, scientista e antropocentrico con una parte di affermazioni estrapolate dal corpo della dorina caolica creando una religione fai da te che pesca le parti che piacciono e lascia quelle che fanno problema, ma non ci è stato chiesto di fare così nei vangeli, e adorare Dio in spirito e verità lascerebbe pensare ad una purezza interiore che andrebbe oenuta con una lunga pratica di quelle virtù come l’umiltà e la persevranza. Non c’è ragione di dubitare della sua buona fede, vescovi e alti papaveri della chiesa fanno lo stesso, ma la ragionevolezza umana di un assunto non corrisponde necessariamente alla volontà di Dio, che spesso si esprime in paradossi e contraddizioni, in fondo nei vangeli si parla della “porta strea”. La dimensione divina è un inesprimibile, perciò chiamiamo i sacramenti, cioè le cose più sacre della chiesa, misteri, misteri, per pe r questo la teolog te ologia ia dei padri si dedica più alla pratica della vita spirituale spirituale che alla speculazione esegetica, in quanto secondo questi, Teologo è chi ha conosciuto direamente Dio nell’esperienza mistica e non chi ha studiato i libri. Mi rendo conto che le mie non sono che poche gocce in un mare di voci che spesso è incomprensibile, ma per quel poco che ho avuto modo di constatare nella mia vita e nei miei scarsi studi, è che solo da una esperienza direa, da un faccia a faccia con dio, da una richiesta sincera, può arrivare una traccia da seguire, al di fuori di questo rapporto personale, come dice lei, è quasi impossibile abbracciare una posizione o un’altra con l’abbandono e la fiducia che Dio chiede a chi lo cerca, sappiamo infai che non tuo ciò che è stato fao in nome di Dio è edificante. Mi ha fao piacere leggere il suo commento, espresso con tanta franchezza e semplicità.
9. Federico Lenchi detto seembre 22, 2009 a 8:33 am
Questo si chiama dialogo. Complimenti a tue e due! Federico Federico Lenchi Lenc hi
0. Federico Lenchi detto seembre 22, 2009 a 8:36 am
Ps. Scusatemi: tui e due.
1. Federico Lenchi detto seembre 25, 2009 a 3:14 pm
Enzo Bianchi ha ragione: Mancuso è uno gnostico. Prima di dire il perchè,una risposta all’amico Barbieri. federico lenchi said 27 di 37
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September 25, 2009 at 3:08 pm Forse però non ha capito che le mosche si prendono con lo zucchero. Perchè non prova a fare come Gisto, il capo dei rossi di Cabassa che, nella loro foga di far guerra al Padreterno,volevano randellare il parroco e tirare giù la chiesa del paese. Sto riferendomi a “Piccolo mondo borghese” di Giovanni Guareschi. Ascolti cosa diceva ai compagni il Gisto (un intelleuale ingambissima- ce lo presenta Guareschi-, uno che aveva studiato a scuola e poi aveva studiato in prigione- siamo nel dopoguerra- poi aveva studiato all’estero e poi era ritornato a studiare a casa. Capace di fare discorsi che duravano due ore senza neanche tirare il fiato…): ” Abbiamo davanti un nemico intelligente e fortissimo, quindi bisogna baersi con astuzia : non si può dire ad un cristiano (come fa lei signor Barbieri!) tu non devi più credere e non devi andare più in chiesa. Invece bisogna dirgli: “Bravo, sono anch’io un cristiano come te e in chiesa ci andremo insieme”. Poi lo si piglia a bracceo, e parlando di Santi e di Madonne, lo si porta per un’altra strada, la nostra strada. E più avanti Guarescghi racconta che i compagni volevano fare una parodia per boicoare il Natale. E il Gili: “Parodia un accidente! Stiamo freschi se tiriamo fuori le parodie! Una cosa seria, spaventosamente seria. Il segreto è nella sua serietà: la gente deve trovarsi ingannata, trovarsi nel ròccolo senza saperlo. Il conceo è chiaro: noi facciamo una rievocazione della Natività tale e quale la fanno i preti. Con gli stessi identici, precisi elementi.PERO’ MENTRE I PRETI DIMOSTRANO LA TESI DEL FIGLIO DI DIO CHE SI FA UOMO, NOI DIMOSTREREMO LA TESI DEL FIGLIO DELL’UOMO CHE SI FA DIO. ROBA CHE LI’ PER LI’ SFUGGE, MA CHE E’ DI IMPORTANZA BASILARE”. Guaresci scrivendo queste cose cinquant’anni fa,dimostrava con quell’ironia che gli era propria, di conoscere la psicologia e le debolezze umane anche se è indubitabile che con il mutare dei tempi poco o nulla è cambiato c ambiato nell’animo nell’animo umano. Anche lei, vuole distruggere, come i compagni della bassa di sessant’anni fa il Padreterno, perlomeno quello dei caolici, ma non è esao dire che lo fa sempre smaccatamente. Dai suoi interventi traspare che, almeno inizialmente l’ha fao in maniera più levantina. Un esempio l’abbiamo nella risposta che lei ha dato alla signora Luciana il 13 seembre. Con me, zoccolo duro, viene fuori tuo l’astio, che è l’opposto di quello che io provo per lei. Enzo Bianchi etichea come gnostico Vito Mancuso il quale cade dalle nuvole e non si riconosce tale. Invece lo è! Nel prossimo intervento dimostrerò perchè. Federico lenchi
2. Federico Lenchi detto seembre 30, 2009 a 5:09 pm
federico lenchi said September 25, 2009 at 4:41 pm Nel boa e risposta con Vito Mancuso, Enzo Bianchi afferma: È vero che qua e là nella discussione con Augias affiorano alcune affermazioni che correggono la “gnosi” presente nel precedente libro di Mancuso, Sull’anima e il suo destino, ma restano deboli. Al che Mancuso così risponde:
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Quanto all’accusa di gnosi, ripeto a Bianchi ciò che replicai a Forte, cioè che non ha fondamento. Lo gnosticismo infai si basa su tre principi fondamentali: 1) è la conoscenza che salva; 2) questa conoscenza è rivelata a pochi da un inviato divino rivelatore e redentore; 3) il contenuto della conoscenza è la distanza del mondo da Dio all’insegna della più acuta contrapposizione materiaspirito. Al contrario io sostengo che: 1) è la giustizia che salva; 2) la giustizia può essere auata da ogni uomo, dentro o fuori la Chiesa, essendo legata alla logica della creazione; 3) la creazione è il cardine teologico decisivo e tra materia e spirito non c’è alcuna contrapposizione. Mentre la gnosi è una dorina segreta riservata a pochi dalla cui conoscenza dipende la salvezza, io all’opposto lego la salvezza alla pratica della giustizia, come sostiene Gesù in Maeo 25 e in numerosi altri passi. Mentre la gnosi consiste in una totale svalutazione della natura, aribuita a un Dio minore e malvagio, io all’opposto faccio della creazione il traato teologico decisivo e dell’adesione alla sua logica il principio salvifico. Bianchi però dice che sono gnostico. Perché un tale abbaglio? Perché scambia per gnosi l’esercizio della libertà di coscienza a livello teologico. Ma nel richiamo di Bianchi alla “storia della salvezza” è in gioco soprauo lo statuto della salvezza. Per secoli si è creduto che solo il caolicesimo offrisse la salvezza agli uomini e che tui i non caolici ne sarebbero stati esclusi all’insegna dell’assioma “extra ecclesiam nulla salus” (fuori della Chiesa non c’è salvezza). So bene che Bianchi non condivide questa angusta prospeiva, lui che iniziò il suo impegno sul fronte dell’ecumenismo quando io ancora giocavo all’oratorio, e del resto quasi nessuno nella Chiesa di oggi la condivide. Ma di quale Gnosi si sta parlando. Fuor di luogo quella con cui al tempo della Scuola Alessandrina venivano definiti i Teologi. Vediamo di capire insieme di quale tipo di Gnosi si sta parlando. Sul frontespizio del tempio di Delfi sta scrio: ” Uomo, conosci te stesso, e conoscereai l’Universo e gli Dei che lo dimorano”. Se ne deduce che la Gnosi non è l’acceazione di concei astrai e Dogmi ma,la personale sperimentazione delle leggi cosmiche, araverso la conoscenza di sè medesimo. La Gnosi ha per argomento l’intero Universo, ovvero tuo ciò che esiste e che viene conosciuto grazie alla meditazione e al progressivo risveglio della coscienza. Per tale motivo anche la Paleontologia e l’Antropologia assumono grande importanza perchè i reperti fossili e i siti archeologici sono testimoni della Natura nel suo continuo divenire, sono i custodi di antiche saggezze, di regole eterne che governano la vita umana quale massimo vertice che l’Universo ha saputo fin qui esprimere. Lo gnosticismo è in grado di fornire a chiunque le chiavi dell’autoconoscenza, indispensabile per sviluppare la propria potenzialità divina. La filosofia gnostica è espressa nel Veda, nella Bibbia, nei dialoghi platonici, è presente nei Sufi persiani e nei mistici cristiani del medioevo. La mistica gnostica ha come obieivo la riunione dell’Anima, oenuta con tui gli strumenti sopra elencati, con l’essenza Divina che abita nella profondità della psiche umana. Allora, avevano ragione Forte ed Enzo Bianchi che vedevano forti elementi gnostici nell’opera di Mancuso? Mi sembra assolutamente logico pensare di sì. Mancuso per giustificare la sua posizione cita Sant’Ignazio: “Insegnava Ignazio di Loyola al termine degli Esercizi spirituali: «Dobbiamo sempre tenere questo criterio: quello che io vedo bianco lo credo nero, se lo stabilisce la Chiesa gerarchica». 29 di 37
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Si potrebbe obieare che più occhi (quelli della Tradizione, del Magistero, dei Sinodi, Dei Concili, delle Encicliche) vedono meglio di due. Ma poi siamo veramente convinti che quello che i due occhi di Mancuso vedono bianco, lo sia veramente?. Federico Lenchi luciana said
3. Giulio detto oobre 3, 2009 a 11:05 am
Quello che mi meraviglia è il sentire tui parlare come se sapessero di che cosa stanno parlando, spesso citando o confrontando due o più teorie, come se le stesse fossero o avessero , sia pure in parte, un contenuto di verità. Mancuso si rende conto che, al di là della rivelazione e di come ciascuno sente la propria personale adesione ad essa, l’unico metro universale con il quale possiamo confrontarci è la ragione, avendo fiducia nel linguaggio e nella sua capacità di unire. Quando cerca di definire l’indefinibile, cioè l’essenza di Dio e le ultime verità, Mancuso espone una sua personale opinione, non potendo in alcun modo dare prova di ciò che afferma, come nessuna prova poteva dare Agostino circa l’esistenza della cià divina o della cià terrena o della razza dannata. Mancuso ritiene che solo alcune proposizioni siano universali e su di esse possa trovarsi un consenso: per lui è fondamemtale l’esperienza del bene e l’adesione ad esso per giungere alla santità , mi viene in mente “cercate il regno di Dio e la Sua giustizia e tuo il resto vi sarà dato in più”, e mi sembra che Mancuso si eserciti in questa ricerca necessaria e , secondo il Vangelo, essenziale.
4. Tebaldo Cuoda detto oobre 4, 2009 a 3:01 pm
ecco giulio…hai esaamente deo quello che cercavo di dire/chiedere a chi discea di teologia. Meere contro due o piu modi di vedere (e.g. bianchi vs mancuso) che pero hanno un debole aggancio con una realtà oggeiva. Cioè sono idee costruite su altre idee che a loro volta sono costruite su altre idee. Come si fa a dire quale sia la piu “esaa”. In effei Mancuso cerca un quid, in ambito teologico, che unisca credenti e non credenti. In qualche modo cerca uno standard. Questo a me piace. Questo fa dialogare. Questo allontana da “extra ecclesia nulla salus”. Il che, rispeo alla mia vita di fede, non implica necessariamente: 1) non credere 2) smeere di credere 3) perdere le proprie radici cristiane. (per capire: ho dimenticato di dirlo prima… sono un uomo di scienza ma anche e soprauo un credente inserito aivamente nel tessuto ecclesiale) E cosa piu importante, questo allontanare lo spero di “extra ecclesia nulla salus” non implica in me scandalo/paura per il chi si trova “extra ecclesia” anzi mi fa cercare con amore la diversità forte della mia identità. a piccoli passi ci sono arrivato. Grazie giulio TC
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ps: gnostico o non gnostico…è cosi grave (me lo chiedo mooolto sinceramente)? anche perche nella sua “discolpa” :-) dall’essere gnostico Vito Mancuso non traccia una brua figura del suo modus operandi nella ricerca teologica. (ma tan’tʹè …ve l’ho deo in teologia vado a tentoni) la domanda è perche meerlo all’indice
5. Federico Lenchi detto oobre 6, 2009 a 4:37 pm
Egr. Signor Cuoda, il punto non è se sia grave essere gnostici ma se Enzo Bianchi abbia ragione a intravedere elementi della filosofia gnostica in Mancuso. Secondo me, senz’altro per i motivi che ho già deo. Nessuno poi vuole vuole gheizzarlo. Ma certamente il suo non è pensiero di un caolico come sostiene di essere. Riguardo all’ ” Extra ecclesia” bisogna rifarsi al periodo in cui fu pronunciata e al perchè. La Chiesa era alle prese con scismi ed eresie che la preoccupavano non poco. Infine coniugare scienza e fede come cerca di fare Mancuso mi sembra sinceramente improponibile. Se si potessero spiegare i misteri che in quanto tali sono appunto ai di fede con gli strumenti della scienza non si potrebbe più parlare di fede, non sarebbe più fede ma rientrerebbe nell’ambito delle leggi che governano il mondo . Senza contare che comunque non è nelle possibilità e neppure nelle finalità della scienza fare investigazioni di tipo escatologico. La ragione, come già diceva Sant’Agostino può rafforzare la fede e viceversa ma senza strumenti che tirano in ballo fotoni, quanti, e così via. Cordiali saluti f. Lenchi
6. Giulio detto oobre 6, 2009 a 10:32 pm
Su quale sia il “vero” pensiero caolico credo che nessuno possa dirlo. Mancuso espone chiaramente che nella lunga storia della Chiesa vi siano state opinioni esaamente contrarie da parte di Pontefici, che hanno sostenuto nel tempo, l’uno una tesi e l’altro esaamente il contrario, e proprio in materia di fede. Mi sembra che tui quelli che criticano Mancuso, o non hanno leo i suoi libri, o li hanno lei senza soffermarsi sulla logica stringente con cui affronta gli argomenti e pone i problemi. E ciò Mancuso fa, non per affermare una “sua” verità, ma per coinvolgere più persone in una ricerca , che è legiima se si ritiene, come lui ritiene, che Dio ci abbia dato, insieme al resto, un intelligenza per evolversi e comprendere il mondo in cui ci ha posto nel Suo misterioso disegno. Coniugare scienza e fede non solo è proponibile, ma direi auspicabile. Purtroppo la scienza è giunta a livelli tali di complessità che, mentre tui sono in grado di apprezzare i vantaggi delle sue applicazioni pratiche, pochi sono quelli in grado di comprendere le implicazioni teoriche e le ricadute sulla concezione della materia, della fisicità, e del mondo, quale siamo abituati ad immaginarlo e quale lo hanno sempre immaginato gli uomini dall’ dall’antichità a tempi te mpi recenti. recent i. Per chi c hi ha voglia voglia di documenta documentarsi rsi su tali problematiche consiglio consiglio la leura di “Nuova fisica e nuova teologia” scrio da Padre Michal Heller, sacerdote e cosmologo,
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insegnante di teologia alla Pontificia Accademia Teologica di Cracovia, ed. San Paolo, con una presentazione di George V. Coyne, Direore emerito della Specola vaticana “un approccio alternativo alla convinzione (diffusa anche in ambiente teologico) che scienza e teologia siano contraddiorie o indipendenti”. Nel Simposio Internazionale organizzato per iniziativa d Giovanni Paolo II e tenutosi a Castel Gandolfo sel sembre del 1987, col tema: La nostra conoscenza di Dio e della natura: Fisica, Filosofia e Teologia, circa l’applicazione delle moderne scienze sperimentali alla teologia il Papa disse: “….il problema è urgente. Gli sviluppi odierni della scienza provocano la teologia molto più profondamente di quanto fece nel tredicesimo secolo l’introduzione di Aristotele nell’Europa occidentale. Inoltre questi sviluppi offrono alla teologia una risorsa potenziale importante. Proprio come la filosofia aristotelica, per il tramite di eminenti studiosi come San Tommaso d’Aquino, riuscì finalmente a dar forma ad alcune delle più profonde espressioni della dorina teologica, perché non potremmo sperare che le scienze di oggi, unitamente a tue le forme del sapere umano, possono corroborare e dar forma a quelle parti della teologia riguardanti i rapporti tra natura, umanità e Dio ?”
7. Michael Shano detto oobre 7, 2009 a 12:08 am
Caro Signor Cuoda, Da maggio seguo questo discorso fondamentale e il tuo intervento è il primo che non mi da l’impressione di essere profondamente in contao con qualcuno chi è al corrente del discorso publico, non provinciale, della scienza teologica. Imagino che Lei, come io, non sopporta i “cacciatori delle streghi” o fondamentalisti moderni chi osano denunciarmi come un noncaolico perchè i miei posizioni non sarebbero conforme a una particolare scuola filosofica che è aivo nella chiesa mondiale. Mi fa pensare ai macCarthyisti negli Stati Uniti negli anni 50 con il loro pogrom contro i “non-americani”. Conosci ovviamente lo stato di pluralismo scientifica e teologico in cui ci troviamo oggi. Capisci anche, penso, cosa intende dire Mancusi quando dice che le sue differenze sono solo formale e non del contenuto della fede. Il signor Lenchi, invece non sembra di essere “on speakinng terms” con il mondo publico della scienza e con l’ermenutica e nemeno con la spiritualità ortodossa che sembra di essere rappresentato dal Signore Pandiani. Il Signore Pandiani parla mille volte più evangelicamente ed umanamente che i cacciatori dei streghi, ma non sodisfa perchè non sembra di rendersi conto di ciò che abbiamo imparato dalla criticà, che ha durato ben 200 anni, del Illuminismo oocentesco a cui accenava col riferimento a Diderot. Come un forestiero, il (mancato) dialogo qui sembra, mi dispiace a dire, provinciale e non alieno. Mancusi almeno è in communicazione con il publico mondiale colto e, come hai visto, merita di essere preso sul serio. Il signor Giulio, giustamente, Lei fa conoscere meglio la sua identità pluralista perchè anche lui fa parte del mondo caolico che non ha dimenticato il doppio imperativo di cercare la giustizia evangelico e la saggezza inclusiva e senza l’arroganzia dei vari ideologie monolitiche che non sanno vivere nella storia o interpretare la loro storia. Come osano decretare chi appartiene alla chiesa o no, questi fondamentalisti? 2 di 37
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Quest’aeggiamento aveva causato la Riforma che ha spaccato la chiesa nel 500, quando gli interloquitori non chievano altro che una discussione raggionevole. Le forze dominanti a Roma poi demonizzavano anche i greci ortodossi. Intanto la chiesa ufficiale ha chiesto scusa. Ma lo spirito ecumenico, dov’è si può intravederlo in questa discussione? Nel paese in cui sto per molto tempo in Italia un santo patrone è Vincenzo Ferreri. Era un notorio anti-semita che era uno dei fondatori dei geo nella Spagna. Scriveva che non puoi essere un buon cristiano con un ebreo come vicina di casa. Avrebbe airato la ira di Dio su di noi! Dopo le sue prediche tanti ebrei erano assassinati, ma lui, dicano non era responsabile. Voleva sola convertirli, dicano. Oggi conosciamo meglio la dinamica sociale culturale è non hanno scusa oggi, la gente che fa la “caccia delle streghe” nella communita dei credenti. Un problema che non sembra risolto nell’ambiente d’Italia è questa paura che ciò che chiamano ‘relativismo’. Lei, Signor Cuoda, sembra di aver superato questo impedimento e spero che continui di seguire le luci che hai. Mica sei solo.
8. Michael Shano detto oobre 7, 2009 a 12:13 am
Signore Cuoda, Ovviamente si deve eliminare il primo ‘NON’ nella primo periodo che ho appena scrio. Disgraziatamente, non ho rileo bene ciò che ho scrio. Sono stato molto contento con il tuo intervent, come avrei capito se leggevi il resto.
9. Michael Shano detto oobre 7, 2009 a 12:29 am
Caro Giulio, Dico Amen a ciò che Lei ha scrio!. Quando scrivevo al Signo Cuoda non l’avevo ancora visto. Referiva a 1987! Posso capire che anche Lei perde la pazienza con discorsi come sono fai qui perch1e dopo più di trent’anni si deve ancora accenare a le cose da Lei scrio. Grazie per il Suo intervento chiaro.
0. Sandokan detto oobre 18, 2009 a 7:31 pm
Ma voi pensate veramente di saper distinguere….. Facciamo un esempio: Due uomini onesti, padri di famiglia, che vivono con modestia e serenità le loro vite. Il primo crede. 3 di 37
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Il secondo no. (il secondo non crede che il Padreterno si sia scomodato a guardare il popolo ebraico sulla terra, e abbia mandato un angelo a una fanciulla e poi abbia inserito in un suo ovulo maturo un DNA complementare di 3 miliardi e mezzo di basi, con solo l’uno per cento di DNA codificante, sapendo come fare i geni dell’emoglobina e della insulina ecc. ecc. , e facendo il resto a caso – come fa un Dio a fare le cose a caso? – e poi avendo cura dello sviluppo, perché sennò magari a un certo punto le cellule si dividevano male e il bimbo nasceva senza braccia… Non crede queste cose, ma crede fermamente nell’importanza dell’amore tra gli uomini). Allora, il primo si salva e l’altro no? Siete sicuri?
1. Giulio detto oobre 18, 2009 a 11:15 pm
La tua domanda mi fa pensare che non hai leo il libro di Mancuso “L’anima e il suo destino” che affronta questo stesso problema , te lo consiglio caldamente.
2. Federico Lenchi detto oobre 19, 2009 a 10:36 am
Egr. signor Giulio, un problema per volta. Un conto è quando un Pontefice parla a titolo personale e un conto quando lo fa ex cathedra. Ora, la prego, mi elenchi su quali argomenti di fede intesi come dorina, un pontefice ha contraddeo un altro. Sarei curioso di saperlo perchè a me non risulta assolutamente a parte la questione del Limbo. Grazie F.lenchi
3. Yanez detto oobre 19, 2009 a 11:29 am
è una telenovela già vista…
4. Federico Lenchi detto oobre 19, 2009 a 3:55 pm
EGR. SIGNOR SANDOKAN, DOVREBBE RIVOLGERE LA SUA DOMANDA DIRETTAMENTE A DIO. 4 di 37
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VOGLIO SPERARE DI Sì, CHE SI SALVERA’. SU QUESTO ARGOMENTO UNA RISPOSTA CE LA DIEDE GESU’ QUANDO GLI CHIESERO QUAL’ERA IL COMANDAMENTO PIU’ IMPORTANTE E LUI RISPOSE: ” AMA IL SIGNORE DIO TUO CON TUTTO IL TUO CUORE, CON TUTTA LA TUA ANIMA E CON TUTTA LA TUA MENTE” E AGGIUNSE: “IL SECONDO è SIMILE AL PRIMO: AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO”. MA DA QUESTA RISPOSTA SI EVINCE CHE IL PIU’ IMPORTANTE E’ COMUNQUE IL PRIMO. F. LENCHI
5. Federico Lenchi detto oobre 19, 2009 a 6:36 pm
Per riassumere: 1) Dal primo comandamento derivano tui gli altri, infai 2) se si ama Dio non si può uccidere, rubare le cose altrui, rubare la donna d’altri, dire falsa testimonianza, ect.perchè 3)Il bravo cristiano non si comporta bene per paura dell’inferno ma per non dispiacere a Dio. 3)Se si ama Dio col cuore, si dovrebbe avere il massimo rispeo e amore per il prossimo perchè Dio non ama solo me, ma in egual misura anche il mio prossimo da cui ne deriva che anch’io mi sforzerò di amare ciò che Dio ama. Il compendio del cristianesimo sta tuo qui: amare Dio con tuo me stesso e il mio prossimo come me stesso. La domanda faa da Sandokan a cui provocatoriamente si è autorisposto è sbagliata nei termini. La condizione ideale sta quindi nel preoccuparsi di Dio, ovvero nel credere e comportarsi reamente e non nel credere e comportarsi male e neppure nel non credere e comportarsi bene. Anche il diavolo crede ma come si sa si comporta da omicida. Se però non si crede nè a Dio nè al diavolo che almeno ci si comporti bene. Dio è misericordioso e non vendicativo per cui saprà arrivare dove noi neppure immaginiamo. F.Lenchi
6. Calim. detto oobre 19, 2009 a 7:56 pm
Dio parla al cuore dell’uomo, ma se è così, l’uomo, da solo, può saperlo, se nessuno glielo dice?
7. Tebaldo Cuoda detto oobre 19, 2009 a 9:43 pm
ecco qui …calim ha aggiunto un pezzeo che è collegato alla salvezza dell’uomo…il tema dell’annuncio. per quello che mi hanno trasmesso… 5 di 37
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(provo a sintetizzare per punti) 1) l’uomo che non crede e non riceve mai l’annuncio del Cristo …ma vive secondo l’amore: si salva 2) se ne deduce che anche prima di Cristo fosse cosi 3)l’uomo che non crede e riceve l’annuncio del Cristo (ma fao bene e comprensibile da lui) e sceglie di non vivere vivere secondo sec ondo l’amore…beh l’amore…beh non si salv s alva. a. 4) se uno riceve invece l’annuncio male…beh allora è come se non l’avesse mai ricevuto pero qui si apre un capitolo enorme…come facciamo noi a giudicare se questo messaggio (buona novella) gli è stato trasmesso correamente (comprensibile a colui che lo riceve e per il suo vissuto… che badate puo essere un ostacolo molto grosso?) credo che per arrivare a certi uomini sia proprio difficile (perche non hanno mai sentito niente o male su Dio e sull’amore) e credo che, forse, l’incontro (le 4 del pomeriggio) non sia sempre dietro l’angolo. l’angolo. Ma questa quest a potra avvenire avvenire magari magari tardi. La responsabili re sponsabilità tà qui è di chi annuncia. annunc ia. Spesso poi in certi casi di annuncio …quest’ultimo è fao talmete male…da allontanare ancora di piu un’uomo (mi ci meo dentro ne!!!) In questo ambito (salvezza/non salvezza) …credo che ci sia tua la onnipotenza di Dio (non comprensibile a noi ;-) nel vedere che cosa c’è nel cuore di ogni uomo spero di eesermi riuscito a spiegare :-) TC ps: per rispondere alla domanda di sandokan…anche i non credenti si salvano. Certo per tuo quello che ho deo prima occorrerebbe vedere se gli hanno mai parlato “bene” di Dio (in modo che potesse comprendere) comprendere) al padre non credente ;-))
8. Tebaldo Cuoda detto oobre 19, 2009 a 9:51 pm
ho dimenticato di dire che per me il Signore che parla al cuore dell’uomo …lo fa in modo preferenziale araverso un altro uomo,e tramite la preghiera. MA l’intervento relazionale è fondamentale. Non riesco ancora a vedere un intervento direo sulle cose :-) Da scienziato ateo convertito …qui mi fermo… e mi fido, considerando troppi di piu per me sono i motivi per credere anzicheno:-) pero vi dico una cosa. mi sono reso conto di correre il rischio di deviare dall’oggeo del blog Voglio Voglio comprarmi un un libro di Vito mancuso per capire meglio(è meglio(è di questo che c he si parlava) parlava) e cosi ricomincerò a scrivere senza deviare piu tanto, …quindo …dopo averlo leo.
9. Calim. detto oobre 21, 2009 a 8:11 pm
Il fraintendimento è sul primato della coscienza. Secondo me ci si può discostare dal primato della Chiesa nell’intimità della propria coscienza. La
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scusa addoa nell’articolo non regge il discorso che ne segue. Si dovrebbe prima vagliare bene questo fao del primato della coscienza e poi continuare il discorso. Costruire sopra una premessa come quella dell’esercizio della libertà di coscienza a livello teologico è – secondo una mia mia modestissima e perdonabile opinione – costruire c ostruire sopra un vuoto vuoto privo di significat significato. o.
0. Michael Shano detto oobre 23, 2009 a 11:35 am
Caro Calim, Posso capire che Lei vede qui un reciproco fraintendimento. ~E il primato della coscienza è un aspeo relevante. IL dialogo, come vede, non procede. Quasi vediamo una repetizione del confronto dei due campi che hanno differenti posizione sul rapporto fra la fede e il ratio nel XI secolo come Pier Damiano e Anselmo. Le differenze, secondo me, hanno molto da da fare con c on differnte differnte concezione c oncezione di che cosa c osa è ‘la ‘ la chiesa’, l’assemblea apostolico dei fedeli o il magistrato giuridico di una epoca culturale in flusso. Forse lei puo spiegare di più cosa intende. Sugerisce che la libertà di coscienza non è relevante ‘a livello’ teologico. Grazie per il tentativo di moderare questo blog. Al momento lʹinserimento di commenti non è consentito. « L’inchino del predone di Marina Pizzi Intervista a Giuseppe Iannozzi »
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