Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970)
Una lenta incubazione, un’esplosione improvvisa: questi i due tempi che scandiscono la diffusione dello strutturalismo e della semiotica semiotica nella cultura cultura italiana. Grandi maestri della linguistica e della storia sto ria della lingua come Benvenuto Terracini, Bruno Migliorini e Giacomo DeD evoto conoscevano bene i testi di Ferdinand de Saussure o di Nikolaj Sergeevi™ Trubeckoj, ma in quelle opere non avevano mai ravvisato i fondamenti di un programma scientifico che, attraverso la descrizione del fatto linguistico e letterario, fosse in grado di sostituirsi allo storicismo che fin dal principio del Novecento – l’Estetica di Benedetto Croce esce nel 1902 – dominava nella ricerca filologica. A quei libri, che essi es si avevano letto precocemente in lingua originale oppure in traduzione francese o inglese, non riconoscevano neppure la capacità di pervenire a quella tortuosa forma di compromesso con il magistero crociano che fu la cosiddetta critica stilistica (Domenico Petrini, Alfredo Schiaffini, Giuseppe De Robertis, Mario Fubini e l’austriaco Leo Spitzer ne sono gli esponenti più noti). Un ruolo pionieristico va riconosciuto a «La Cultura», rivista che dopo la scomparsa di Cesare Cesar e De Lollis – lo studioso di letterature comparate che l’aveva diretta dal 1921 al 1928 – stabilì la sua sede a Milano e a Roma, con il fiorentino Migliorini redattore capo. Negli anni successivi «La Cultura» andò raccogliendo, accanto a maestri più anziani come Terracini, Devoto, Vittorio Lugli, Giorgio Pasquali, Ferdinando Neri, Attilio Momigliano, Luigi Salvatorelli, Pietro Paolo Trompeo, una schiera di collaboratori molto giovani. Uno di essi, particolarmente precoce, il ventunenne slavista Leone Ginzburg, dedicò nel maggio 1930 un breve articolo alla contesa tra Formalisti e marxisti: «In Russia Russia [sovietica] seguita seguita la lotta per rendere ortodossamente marxistica anche la critica letteraria. I formalisti, costituendo come una scuola, sono i più presi di mira; ma del resto è accusato pubblicamente chiunchiunque sia sospetto d’idealismo». La cronaca si concludeva con un interrogativo lungimirante: «Senza dubbio i marxisti finiranno con lo schiacciare i formalisti; ma le idee di questi?» Poche settimane prima, a Mosca, il 14 aprile 1930, Vladimir Majakovskij si era tolto la vita con un colpo di pistola; il 5 giugno un suo giovane giovane amico, Roman Jakobson, Jakobson, terminava il saggio Una generazione che ha dissipato i suoi poeti , do dove ve alal-
lineava il destino di Majakovskij a quelli di Aleksandr Blok, Nikolaj Gumilëv, Sergej Esenin e Velimir Chlébnikov. Tre anni più tardi, proprio sulla «Cultura» (XII, luglio-settembre 1933, n. 3), Jakobson presentava ai lettori italiani La scuola sistema teorico teorico bene svilinguistica di Praga: «si tratta di un sistema luppato, all’elaborazione del quale hanno partecipato linguisti, filosofi della lingua e cultori di estetica; di più, un sistema che non vuol perdere il contatto con co n l’empiria linguistica, e che non è, in fondo, che che un esame dei fatti linguistici linguistici in quanto entità. […] La concezione strutturalistica strutturalistica trasforma notevolmente la linguistica: le ricerche scientifiche non sono tanto arricchite da nuovi materiali (la scienza d’anteguerra aveva messo in circolazione un materiale considerevole) quanto fecondate dalla rivelazione di rapporti esistenti tra i fatti linguistici che sembravano precedentemente senza coerenza, e dai contatti istituiti istituiti tra fatti linguistici linguistici e fatti d’altro ordine. […] È fuor di dubbio che la scuola linguistica di Praga è il risultato di una simbiosi del pensiero cèco e russo, come la linguistica russa contemporanea porta le tracce della simbiosi della scienza russa e polacca. È fuori di dubbio che la scuola di Praga ha tenuto anche conto dell’esperienza linguistica occidentale: i lavori della scuola di Ginevra, la linguistica americana, l’anglistica moderna, le ricerche dei dotti olandesi: tutto codesto non poteva restare senza influsso. […] L’organizzazione della collaborazione sistematica con i dotti che lavorano nella stessa direzione nei campi cam pi scientifici prossimi, e lo sviluppo della collaborazione con i linguisti stranieri d’analogo orientamento, tali sono i compiti attuali del Circolo linguistico di Praga». L’articolo di Jakobson era stato tradotto da Bruno Migliorini; benché offrisse il necessario per sollecitare la curiosità degli studiosi italiani, la sua provocazione non ebbe seguito. Tra i giovani scrittori di quegli anni, uno solo – Tommaso Landolfi – aveva potuto leggere alcuni testi di formalisti russi (Boris Ejchenbaum, Viktor Vinogradov, Viktor æirmunskij) mentre preparava la sua tesi t esi di laurea sulla poesia di Anna Achmatova, discussa a Firenze nell’autunno 1932; 1932; ma nemmeno lui proseguì in quella direzione. In Italia, il silenzio quasi completo su formalismo e linguistica strutturale durò per molti anni, fin dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1950 Migliorini avrebbe, sì, incluso il termine tecnico strutturale (e il
Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970) suo derivato strutturalismo) fra le ottomila voci dell’ Appendice da lui compilata per la nona edizione del Dizionario moderno di Alfredo Panzini. Ma un vero legame tra la cultura italiana e le nuove discipline si doveva stabilire solo grazie all’opera di un giovane e però espertissimo filologo romanzo, nonché critico letterario militante: Gianfranco Contini, nato a Domodossola nel 1912. Già nel 1937, in un saggio sulle varianti dell’Orlando furioso (Come lavorava l’Ariosto, 1937), Contini adoperava il termine «sistema». Dieci anni più tardi, da una sua lettera pubblicamente indirizzata al collega Giuseppe De Robertis, prenderà le mosse un’analoga indagine su Giacomo Leopardi: Contini vi sostiene che le scelte correttorie di un poeta non vanno considerate in maniera atomistica, come semplici migliorie dipendenti dal suo gusto, ma come gli assestamenti progressivi di un sistema. In questo modo si supera la dicotomia tra «lingua» intesa come norma e «stile» (individuale) inteso come scarto dalla norma, che era stata il motto fondativo della critica stilistica. Anche un singolo testo dovrà quindi essere inteso come un tutto integrato, come una struttura entro la quale la modifica di un singolo elemento comporta il cambiamento di posizione – e di valore – di tutti gli altri elementi. Negli anni trenta, il lavoro sulle correzioni manoscritte del Furioso era stato intrapreso da un grande maestro di Contini, Santorre Debenedetti. Scomparso quest’ultimo nel 1948, toccherà a un suo nipote appena ventenne, Cesare Segre, il compito di raccoglierne l’eredità, a cominciare dalla curatela delle carte ariostesche. In questo vero e proprio rito di passaggio, Contini avrà il ruolo di trait d’union fra la generazione di Debenedetti e la nuova leva di Segre e dei filologi suoi coetanei, come d’Arco Silvio Avalle, Maria Corti, padre Giovanni Pozzi, Ezio Raimondi. Saranno loro, nella pratica del lavoro scientifico prima ancora che nei testi teorici, quei linguisti innovatori che la cultura italiana aveva atteso tanto a lungo. Ne renderanno testimonianza, nel 1960, i due tomi dei Poeti del Duecento, curati da Contini per la collana «La letteratura italiana. Storia e testi» dell’editore Ricciardi, dove la nuova filologia italiana si troverà schierata quasi al completo. Ben prima, però, di completare quel lavoro di coordinamento metodologico sui testi delle Origini che lo impegnò dieci anni, Contini ebbe un guizzo altrettanto audace: tra il 1953 e il 1954 suggerì a Giulio Einaudi una collezione di «classici della linguistica» destinata a colmare il ritardo italiano tenendosi via via aggiornata sugli studi più promettenti. Nel brano decisivo della sua lettera al redattore einaudiano in cui aveva completa fiducia, Daniele Ponchiroli (è il 22 febbraio 1954), Contini osserva che in due antologie di studi linguistici da lui proposte per la futura collana, allestite rispettivamente da Iorgu Iordan nel 1932 e da Leo Spitzer nel 1929-30, «manca, per ragion cronologica, la sezione della linguistica strutturale, a cui si potrà pensare un giorno. E io penso che bisognerebbe proprio cominciare dal Cours de Linguistique Générale di Ferdinand de Saussure. I Grundzüge der Phonologie di Trubetzkoy, del resto tradotti in un’ottima edizione france-
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se, sono forse troppo tecnici; Br°ndal e Hjelmslev sono molto difficili; ma una buona scelta di ginevrini, praghesi, danesi e parigini (segnalo, oltre ai nominati, Jakobson, Martinet, Frei, Kury¬owicz ecc.), da operare, meglio che nei volumi, nelle riviste (Cahiers de Saussure, Travaux du Cercle Linguistique de Prague, Lingua ecc.), servirebbe bene allo scopo». In questo breve lacerto epistolare troviamo la massima porzione di quanto nutrirà la linguistica, la filologia e la storia della lingua italiane nei decenni a venire. Si sarà notato che Contini – l’estensione e completezza delle cui letture, a quell’altezza di tempo, è sbalorditiva – non si limita a suggerire opere monografiche, ma indica gli studi più notevoli sparsi nelle riviste specializzate: tre riviste che corrispondono, rispettivamente, alle scuole linguistiche di Ginevra, di Praga e di Copenhagen. La figura 1 allinea quindici delle sue proposte, documentando i destini di ciascuna e misurando lo scarto tra la prima pubblicazione in lingua originale e quella in italiano, talvolta presso una casa editrice diversa da Einaudi (che, di fatto, non raccolse la proposta di Contini); alcuni fra gli autori e libri suggeriti, peraltro, non appariranno mai in traduzione italiana. Dalla rappresentazione grafica emerge lampante l’entità del ritardo peninsulare in un settore di studi che solo a partire dai primi anni sessanta avrebbe registrato di anno in anno – anzi, si direbbe, di mese in mese – progressi vistosi quanto tumultuosi, sia nel campo degli studi sia nelle loro proiezioni editoriali. Tra i molti che mai giunsero in Italia ci fu un autore basilare, uno almeno, che era apparso fin dal 1949, e proprio da Einaudi: quell’anno la «Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici» – la celebre «collana viola» coordinata da Cesare Pavese e da Ernesto de Martino – presentava Le radici storiche dei racconti di fate di Vladimir Ja. Propp. Era la prima versione di Propp in una lingua occidentale, suggerita dallo storico Franco Venturi e destinata per lunghi anni a rimanere la sola. L’edizione russa era recente, 1946; il libro, dunque, era stato scritto diciotto anni dopo Morfologia della fiaba , l’opera cui Propp deve tuttora la sua fama. Diciotto anni, e un clima politico radicalmente mutato. Nelle Radici la traccia morfologica era sempre visibile, ma qui la storia schiacciava la morfologia: una storia delle basi materiali (sociali, economiche, folkloriche, mitologiche, religiose) del racconto di magia, con tanto di menzioni esplicite dei patriarchi marxisti, Marx-Engels-Lenin-Stalin: anche di Stalin vivente e regnante sull’Unione Sovietica. Il giovane scrittore Italo Calvino, provvisorio redattore culturale del quotidiano comunista «l’Unità», edizione di Torino, recensì Propp elogiandone appunto i «passi di piombo»: «Il vantaggio che un etnologo marxista come il Propp ha sugli studiosi borghesi è che la minima variazione e contraddizione tra una favola e l’altra, lungi dall’essergli di impedimento, serve a spiegargli l’evoluzione storica dei riti». Non poteva essere più diverso il parere di Benedetto Croce, che nei suoi «Quaderni della Critica» si lanciò in una recensione tra il sarcastico e l’inferocito: non gli sfuggirono affatto gli elementi
1900
1925
1950
1975
Otto Jespersen, Growth and Structure of the English Language, Teubner, Leipzig 1905
2000 Storia della lingua inglese, a cura di Simona Milanese, con un saggio di Fausto Cercignani, Unicopli, Milano 1986
Antoine Meillet, Aperçu d’une histoire de la langue grecque, Hachette, Paris 1913
Lineamenti di storia della lingua greca, introduzione di Diego Lanza, traduzione di Emidio De F elice, Einaudi, Torino 1976
Ferdinand de Saussure, Cours de linguistique générale, publié par Charles Bally et Albert Séchehaye avec la collaboration de Albert Riedlinger, Payot, Lausanne-Paris 1916
Corso di linguistica generale, a cura di Tullio De Mauro, Laterza, Bari 1967
Edward Sapir, Language: An Introduction to the Study of Speech, Harcourt, Brace & Co., New York 1921
Il linguaggio. Introduzione alla linguistica, a cura di Paolo Valesio, Einaudi, Torino 1969
Joseph Vendryès, Le Langage. Introduction linguistique à l’histoire, La Renaissance du livre, Paris 1921 Hugo Schuchardt, Hugo Schuchardt-Brevier: ein Vademekum der allgemeinen Sprachwissenschaft, als Festgabe zum 80. Geburtstag des Meisters zusammengestellt und eingeleitet von Leo Spitzer , Niemeyer, Halle an der Saale 1922 Antoine Meillet, Esquisse d’une histoire de la langue latine, Hachette, Paris 1928 Il Circolo Linguistico di Praga, Le tesi del ’29, in «Travaux du Cercle Linguistique de Prague», n. 1 (1929), introduzione di Emilio Garroni, traduzione di Sergio Pautasso, Silva, Milano 1967
«Travaux du Cercle Linguistique de Prague», rivista, Prague 1929
Leo Spitzer, Meisterwerke der romanischen Sprachwissenschaft , 2 voll., Hueber, München 1929-30 Iorgu Iordan, Introducere în studiul limbilor romanice. Evolut ¸ia ¸si starea actualå a lingvisticii romanice, Institu tul de Filolog ie Românå, Ias¸i 1932
Iorgu Iordan e John Orr, Introduzione alla linguistica romanza, con una nota di D’Arco Silvio Avalle, trad. it. di Luciana Borghi Cedrini, Einaudi, Torino 1973
An Introduction to Romance Linguistics: Its Schools and Scholars, revised, translated and in parts recast by John Orr, Methuen, London 1937 Nikolaj Sergeevi™ Trubeckoj, Grundzüge der Phonologie, in «Travaux du Cercle Linguistique de Prague», n. 7 (1939)
Fondamenti di fonologia, a cura di Giuliana Mazzuoli Porru, Einaudi, Torino 1971
Principes de phonologie, traduits par J. Cantineau, Klincksieck, Paris 1949 Viggo Brøndal, Prœpositionernes theori: Indledning til en rationael betydningslœre, Københavns Universitet, K øbenhavn 1940
Teoria delle preposizioni. Introduzione a una semantica razionale, trad. dal francese di Amalia Ricca Ambrosini, Silva, Milano 1967
Théorie des prépositions: Introduction à une sémantique rationnelle, a cura di Pierre Naert, Munksgaard, Copenhague 1950 «Cahiers Ferdinand de Saussure», rivista, Société Genevoise de Linguistique, Genève 1941 Louis Hjelmslev, Omkring sprogteoriens grundlœggelse, Munksgaard, København 1943
I fondamenti della teoria del linguaggio, a cura di Giulio C. Lepschy, Einaudi, Torino 1968
«Lingua: International Review of General Linguistics / Revue internationale de Linguistique générale», rivista, Elsevier, Haarlem-Amsterdam 1948
libro pubblicato da Einaudi
libro pubblicato da un altro editore
libro non tradotto in italiano
Figura 1. La collezione di linguistica progettata da Gianfranco Contini (1953-54). La pubblicazione del volume di Iordan e Orr è stata propiziata, più che dalle edizioni risalenti agli anni trenta, dal volume An Introduction to Romance Linguistics: Its Schools and Scholars (This book is a translation, in parts augm. and rev. by John Orr; rev. with a supplement Thirty years on, by R. Posner), University of California Press, Berkeley 1970.
Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970) morfologici dell’opera di Propp, ma si rifiutò esplicitamente di entrare nel merito delle sue tesi: in parte per quella presenza di Stalin («adulazioni che anche in Italia si facevano durante il fascismo»), in parte perché il cercare l’origine delle fiabe era secondo Croce (che se n’era occupato da giovane) uno sforzo privo di senso: «Non sembra, dunque, che gli “occidentali” debbano rammaricarsi troppo se a loro non è dato di dissetarsi alla sterilizzata fonte scientifica delle università russe». Sterilizzata quella fonte lo era forse allora, nel 1946, ma certo era stata viva di sali scientifici soltanto venti o trent’anni prima: la verità è che il Propp del dopoguerra risultò sgradito così nel proprio paese – per il suo residuo formalismo – come qui da noi per i vistosi compromessi politici delle sue Radici storiche: le quali in Italia non attecchirono, tanto è vero che quando lo stesso Calvino si trovò impegnato a raccogliere e riscrivere, ancora per Einaudi, le fiabe della tradizione italiana, fu indotto a costruirsi «un sistema di formule e numerazioni a mio uso»: «Nel mio lavoro procedo così: di ogni fiaba che leggo, segno un rapido appunto; poi la classifico in base a tipi numerati che mi sono fissato da me secondo le necessità mie e che man mano aumento a ogni tipo nuovo che incontro. Ogni tipo ha la sua scheda su cui segno il titolo della fiaba; quando tra poco comincerò la stesura, d’ogni tipo o sottotipo prenderò la variante migliore eventualmente integrandola con le altre». Calvino stava aprendo il suo laboratorio al folklorista Giuseppe Cocchiara, che lo aiutò grandemente nella sua ricerca sulle fiabe e che – coincidenza – aveva prefato a suo tempo le Radici di Propp. Quando Fiabe italiane uscì come strenna Einaudi per il Natale 1956, Calvino specificò nel saggio introduttivo che «la tecnica con cui la fiaba è costruita si vale insieme del rispetto di convenzioni e della libertà inventiva. Dato il tema, esistono un certo numero di passaggi obbligati per arrivare alla soluzione». Sappiamo ormai che Calvino aveva delineato, appunto a proprio uso, un sistema di quei passaggi; molti anni più tardi gli sarebbe scappato di dire che do it yourself , si era fabbricato da sé il suo Propp: quel “vero” Propp morfologo che nel 1956 era di là da venire. È solo sulla soglia degli anni sessanta, cioè in concomitanza con il prepotente affermarsi dello strutturalismo in Francia, che la nuova formula strutturalista diventa egemone anche fra i critici italiani. Una parte notevole del merito va riconosciuta a Umberto Eco, uno studioso e consulente editoriale non ancora trentenne (era nato ad Alessandria nel 1932) che si era formato a Torino presso la scuola dell’estetica ermeneutica di Luigi Pareyson e che fu presto in contatto, tramite la rivista milanese «il verri», con l’approccio fenomenologico di Luciano Anceschi che l’aveva fondata nel 1956. L’attesa stava per terminare. Da quel momento in poi, le traduzioni, gli articoli, i nuovi libri e le nuove riviste si moltiplicheranno fino a mandare rapidamente – e un po’ frettolosamente – in soffitta l’egemonia crociana e la «linea De Sanctis Gramsci» sostenuta fino a quel momento dalla politica culturale di un Partito comunista sempre vigile su ciò che accadeva fra gli scrittori, i critici e gli artisti.
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Sono due le differenze di rilievo fra lo strutturalismo e la semiotica italiana e i loro omologhi francesi. La prima è che le nuove metodologie avrebbero fatto presa principalmente fra gli studiosi di letteratura, diffondendosi poi, come in Francia, nella nascente disciplina dello studio delle comunicazioni di massa. Di uno strutturalismo antropologico, filosofico o psicoanalitico italiano non è il caso di parlare: Claude Lévi-Strauss, Louis Althusser o Jacques Lacan non hanno alcun equivalente nella penisola. La seconda differenza consiste nel fatto che, proprio perché propugnato da studiosi di impostazione filologica e storico-linguistica, lo strutturalismo italiano non si sarebbe mai messo in contrasto con il solido impianto storicistico della loro formazione: sarebbe impensabile, in Italia, una polemica “contro la storia” come quella condotta da Claude Lévi-Strauss in una Francia dove, come testimoniano autori quali Roland Barthes o Algirdas Julien Greimas, erano pur sempre forti le ipoteche epistemologiche del razionalismo cartesiano e della riflessione morale giansenista. Per questa medesima ragione, d’altronde, in Italia conoscerà una fortuna solo tardiva e molto derivata quel post-strutturalismo (Jacques Derrida e Paul de Man, Michel Foucault e Michel de Certeau ecc.) che si trovava già in pieno sviluppo nella seconda metà degli anni sessanta; e contro cui polemizzava Umberto Eco, in un testo chiave come La struttura assente (1968), considerandolo nulla più che una forma nichilistica e rovesciata di quella tendenza a ontologizzare le strutture già latenti in quasi tutti i principali esponenti dello strutturalismo e della semiologia francesi. Gli intrecci fra lo strutturalismo e la letteratura italiana del secondo Novecento bisognerà andarli a cercare lungo piste diverse da quelle troppo battute; è ben conosciuto, difatti, l’episodio di Calvino che completa un racconto di Le Co smicomiche – titolo: Un segno nello spazio ; siamo nel 1965 – ispirandosi a un recentissimo saggio di Emilio Garroni su La crisi semantica delle arti, e che per quello stesso racconto si merita l’elogio di Benvenuto Terracini sul paludato «Archivio Glottologico Italiano». Allo stesso modo, una eccessiva notorietà ha riscosso l’impresa, dovuta ancora una volta a Calvino, di un racconto combinatorio come Il castello dei destini incrociati, scritto dopo aver ascoltato a Urbino, nell’estate 1968, la relazione del giovane semiologo Paolo Fabbri su Il racconto della cartomanzia e il linguaggio degli emblemi, nel corso dei seminari annuali promossi dall’ateneo urbinate e diretti da Algirdas Julien Greimas. L’impatto dei nuovi saperi fu più ampio, e fu ben più profondo; riguardò l’intera cultura italiana ben oltre i confini della sua repubblica letteraria. Fu una mutazione dello sguardo quella che allora, alla svolta degli anni sessanta, rapidamente si verificò. In un breve lasso di tempo venne decretata la sconfitta – a ogni livello – dell’arte come documento, come impressione fotografica, come referto o rispecchiamento del mondo. Cambiò, quindi, la stessa percezione dell’arte e della realtà. Il trapasso non fu pacifico, fu anzi una battaglia che tra gli innovatori vide schierati – per tenersi alla sola lettera-
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L’età del benessere
1968:
tre fascicoli del bimestrale «Problemi» su linguistica, strutturalismo, antropologia Trieste
1960: Paolo Valesio, Strutturalismo e critica letteraria, «il verri» 1965: Gianni Celati, Salvazione e silenzio dei significati, «Marcatré»; 1965:
Jean Starobinski, Le parole sotto le
parol e. Gli anagr ammi di Fe rdina nd d e Saussure, «Palatina»
Parma
Bologna 1968:
Romano Luperini, Le aporie dello stru ttura lismo e il marx ismo, «Problemi»
Pisa Firenze
André Martinet, La considerazione funzionale del linguaggio, il Mulino; Luigi Rosiello, Struttura, uso e funzioni della lingua, Vallecchi 1966: Luigi Heilmann fonda «Lingua e Stile»; Guido Guglielmi e Elio Pagliarani, Manuale di poesia sper imen tale, Mondadori; Stephen Ullmann, La semantica, il Mulino 1967: seminario sullo strutturalismo all’Istituto Gramsci, con Umberto Eco; Lo strutturalismo linguistico, fascicolo de «il verri», a cura di Luigi Heilmann; Guido Guglielmi, La letteratura come siste ma e come funzio ne, Einaudi; Ezio Raimondi, Tecniche della critica letteraria, Einaudi 1969: Gianni Celati, Struttura logica del racconto letterario, «sigma»; Viktor \klovskij, Lettura del Decameron, il Mulino Urbino
Tommaso Landolfi si laurea in letteratura russa Bruno Migliorini traduce Roman Jakobson, La scuola linguistica di Praga prima menzione di «strutturale» e «strutturalismo» in un dizionario italiano 1963: Aldo Rossi, Storicismo e strutturalismo, «Paragone. Letteratura» 1964: Aldo Rossi, Strutturalismo e analisi letteraria, «Paragone. Letteratura» 1966: Paolo Fabbri, Le comunicazioni di massa in Francia, e Pier Paolo Giglioli, La sociologia delle comunicazioni di massa in Italia, «Rassegna Italiana di Sociologia» 1967: Marcello Pagnini, Struttura letteraria e metodi critici, D’Anna 1968: I ferri vecchi e quelli nuovi. Ventuno domande di Renzo Federici a Gianfranco Contini, «Prisma»; Stephen Ullmann, Stile e linguaggio, Vallecchi 1969: Gianfranco Contini, Varianti e altra linguistica, Einaudi 1970: Marcello Pagnini, Critica della funzionalità, Einaudi
1967:
seminario sui metodi del l’analisi del racconto; Algirdas Julien Greimas,
Modelli semiol ogici, Argalìa
1932: 1933: 1950:
1968:
secondo seminario, con la partecipazione di Italo Calvino; Paolo Fabbri, Sociologia» 1970: Paolo Fabbri e Giuseppe Paioni fondano, con Carlo Bo, il Centro Internazionale di Semiotica e Linguistica, direttore Greimas Linguaggio sociologico e semantica strutturale, «Rassegna Italiana di
1966:
André Martinet, Elementi di linguistica gene rale , Laterza; Viktor \klovskij, Viaggio sent iment ale, e Una teoria della prosa, De Donato 1967: Ferdinand de Saussure, Corso di linguistica gene rale , Laterza; Viktor \klovskij, La mossa del Cavallo, De Donato 1968: Boris Ejchenbaum, Il giovane Tolstoj, e Jurij Tynjanov, Avanguardia e tradizione, De Donato 1969: Viktor \klovskij, Il punteggio di Amburgo, De
Roma
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Donato Sebastian K. \aumjan, Linguistica dinamica, Laterza Bari
1964:
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1970:
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1969:
Berkeley
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strut tural e, Einaudi
Figura 2. Geografia storica dello strutturalismo italiano: le opere e gli eventi (1930-70).
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Vocabulorum Constructio in Dante’s Sonnet «Se vedi li occhi miei», «Studi
danteschi»
Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970)
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1949: Charles Morris, Segni, linguaggio e comportamento, Longanesi 1958-59: Umberto Eco legge il Cours de linguistique générale di Saussure 1960: Roland Barthes, Il grado zero della scrittura, Lerici; Galvano Della
Domodossola Gianfranco Contini, Implicazioni leopardiane, «Letteratura»
1947:
Volpe, Critica del gusto, Feltrinelli; Claude Lévi-Strauss, Tristi tropici, il Saggiatore 1962: Roland Barthes, Miti d’oggi, Lerici; Umberto Eco, Opera aperta, Bompiani 1963: Charles Bally, Linguistica generale e linguistica francese, il Saggiatore; Enzo Paci, Struttura , «aut aut» 1964: Claude Lévi-Strauss, Il pensiero selvaggio, il Saggiatore, e Il totemismo oggi, Feltrinelli 1965: «aut aut», fascicolo su Claude Lévi-Strauss; Strutturalismo e critica, inchiesta a cura di Cesare Segre, il Saggiatore; Usi e significati del termine «struttura», a cura di Roger Bastide, Bompiani; d’Arco Silvio Avalle, «Gli orecchini» di Montale, il Saggiatore; Umberto Eco, Le strutture narrative in Fleming , in Il caso Bond , Bompiani; Roman Jakobson e Claude Lévi-Strauss, «Les chats» di Charles Baudelaire, «Il Corpo»; Roman Jakobson, Aspetti linguistici della traduzione, «il verri»; Otto Jespersen, Umanità, nazione e individuo dal punto di vista linguistico, Feltrinelli 1966: Stefano Agosti, Mallarmé e il linguaggio dell’ontologia, «sigma»; Il Circolo Linguistico di Praga, Le tesi del ’29, Silva; Victor Erlich, Il formalismo russo, Bompiani; Roman Jakobson, Saggi di linguistica general e, Feltrinelli; Claude Lévi-Strauss, Antropologia strutturale, e Il crudo e il cotto, il Saggiatore; Eugenio Montale, recensione negativa a \klovskij, Una teoria della prosa, «Corriere della Sera» 1967: Viggo Br °ndal, Teoria delle preposizioni, Silva; Armanda Guiducci, Dallo zdanovismo allo strut tural ismo, Feltrinelli; Lazar´ Osipovi™ Reznikov, Semiotica e marxismo, Bompiani; Viktor \klovskij, Majakovskij, il Saggiatore 1968: Linguaggi nella società e nella tecnica, convegno nel centenario della nascita di Camillo Olivetti; Gianfranco Bettetini, Cinema: lingua e scrittura, Bompiani; Umberto Eco, La struttura assente, Bompiani; Georges Mounin, Storia della linguistica dalle origini al XX secolo, Feltrinelli; Ferruccio Rossi-Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato, Bompiani; Viktor \klovskij, C’era una volta, il Sag giatore; Jurij Tynjanov, Il problema del linguaggio poetico, il Saggiatore 1969: L’analisi del racconto, a cura di Roland Barthes, Bompiani; I sistemi di segni e lo strutturalismo sovie tico, a cura di Umberto Eco e Remo Faccani, Bompiani; Algirdas Julien Greimas, La semantica strut tural e, Rizzoli; Claude Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela, Feltrinelli 1970: Linguaggi nella società e nella tecnica, atti, Edizioni di Comunità; Franco Fortini, Fra strut tural ismo e se miologi a, «Uomini e libri»; Claude Lévi-Strauss, Dal miele alle ceneri, il Saggiatore Milano
Torino Leone Ginzburg, Formalisti e marxisti, «La Cultura» 1949: Vladimir Ja. Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, Einaudi 1954: Charles Morris, Lineamenti di una teoria dei segni , Paravia 1956: Charles Sanders Peirce, Caso, amore e logica, Taylor 1959: Nynfa Bosco, La filosofia pragmatica di Ch. S. Peirce, Edizioni di Filosofia 1960: d’Arco Silvio Avalle tiene un seminario su «Gli 1930:
orecchini» di Montale
1965:
Alberto A rbasino, Preziosi e ridicoli, Venerdì Letterari ACI; Gian Luigi Beccaria, voce «Strutturalismo», in Grande Dizionario Enciclopedico Utet ; Georges Mounin, Teoria e storia della traduzione, Einaudi 1966: Roland Barthes, Elementi di semiologia, e Saggi critici, Einaudi; Propp, Morfologia della fiaba, Einaudi; Viktor \klovskij, Zoo, o lettere di non amore, Einaudi; Benvenuto Terracini, recensione di Italo Calvino, Le Cosmicomiche, «Archivio glottologico italiano» 1967: Claude Lévi-Strauss, Razza e storia, Einaudi 1968: I formalisti russi, a cura di Tzvetan Todorov, Einaudi; seminario autogestito di semiologia all’università, nel pieno della contestazione studentesca; Louis Hjelmslev, I fondamenti della teoria del linguaggio, Einaudi; André Martinet, Economia dei mutamenti fonetici, Einaudi 1969: Roland Barthes, Critica e verità, Einaudi; Gérard Genette, Figure I. Retorica e strutturalismo, Einaudi 1970: d’Arco Silvio Avalle, L’analisi letteraria in Italia, Ricciardi; Roland Barthes, Sistema della Moda, Einaudi; Hjelmslev, Il linguaggio, Einaudi; Lévi-Strauss, La vita familiare e sociale degli Indiani Nambikwara, Einaudi
Pavia 1965: Maria Corti, La nostra lingua: come funziona, in Feltrinelli 1955-65 1966: d’Arco Silvio Avalle, Maria Corti, Dante Isella e Cesare Segre fondano «Strumenti critici» 1967: Jurij M. Lotman, Metodi esatti nella scienza letteraria sovietica, «Strumenti critici» 1969: Maria Corti, Metodi e fantasmi, Feltrinelli; Segre, I segni e la critica, Einaudi 1970: I metodi attuali della critica in Italia, a cura di Maria Corti e Cesare Segre, Eri
Genova 1960 :
Piero Raffa, Struttura e semantica, «Nuova Corrente»
Figura 3. Geografia storica dello strutturalismo italiano: le opere e gli eventi (1930-70).
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tura – anche scrittori che non esibirono legami vistosi con le nuove scienze umane d’importazione. Per fare un esempio soltanto: la forma del trattato, sulla quale Giorgio Manganelli modellò il suo primo libro (Hilarotragoedia, Feltrinelli, Milano 1964), si presentò sulla scena letteraria italiana con una puntualità sconcertante rispetto a un tempo che appunto di quella forma pareva essere in attesa: e ciò accadde malgrado le radici del trattato di Manganelli fossero tutt’altre. Strutturalismo e semiotica giunsero in Italia per indicare, in modi diversi, la natura astratta del linguaggio: incoraggiavano a trattare la letteratura come oggetto altro e difforme dalla realtà, come un universo con le sue leggi da indagare, con un suo funzionamento complesso. Imponevano, in questa maniera, il divorzio tra la materia verbale e la cosa che essa pretendeva rappresentare, o alla quale si piccava di equivalere. E fu proprio Manganelli che approfittò con gioia liberatoria del nuovo stato di cose. Il suo saggio La letteratura come menzogna, che pure non è un testo di osservanza strutturalista, uscì nel 1967: e impresse una svolta. La gioia però, e una gioia sbalordita, c’era chi aveva saputo esprimerla con toni squillanti qualche anno prima: «I Formalisti Russi apparvero prima di tutto come Leggenda. Fino a poco fa le loro teorie erano quasi ignote, gli scritti inesorabilmente introvabili, inesistenti le traduzioni in qualche lingua accessibile. Nessuno ce ne aveva mai parlato: chi sapeva teneva le informazioni gelosamente per sé, o più probabilmente non se ne occupava affatto; dunque sembravano addirittura vaghi i nomi e i titoli, imprecisissimo il senso e l’arco di quell’attività ormai favolosa… Per mettere le mani su qualche testo bisognava ricorrere alla gentilezza e ai consigli di uno slavista particolarmente generoso e squisito: ah, le conseguenze d’una remota conversazione “seminale” con Ripellino su un lento treno austriaco da Salisburgo a Praga, seguita dal prestito del volume dell’Erlich!…» È la voce di Alberto Arbasino, che nel 1964 dedicava a Viktor √klovskij il primo di tanti articoli. Arbasino sarà il più inventivo, il più entusiasta, il più infaticabile messaggero sulla scena dello strutturalismo italiano. Fece quasi tutto da sé, perché anche colui che ci ha indicato come suo consigliere, lo slavista Angelo Maria Ripellino, citerà assai parcamente i formalisti nel suo saggio più celebre di quel periodo: Il trucco e l’anima. I maestri della regia nel teatro russo del Novecento , uscito nel 1965 da Einaudi. Per alcuni scrittori l’avvento italiano dello strutturalismo, del formalismo, della semiologia fu una caccia al tesoro prima, una festa intellettuale poi. Non si contano le volte che Arbasino ha rievocato la sua ricerca di «quel tomo folto e azzurro e storico-dottrinario di Victor Erlich […], rimasto a lungo l’unico repertorio occidentale del Formalismo Russo: formalmente, romanzesca inchiesta e insieme collage ragionato di preziose rivistine apparse tra Leningrado e Mosca nel vortice degli Anni Venti, e smisurato intreccio di celebri articoli scomparsi nei meandri delle biblioteche sovietiche. Come protagonisti, critici mitici; o meglio, miti di critici: sovente di nome Viktor – √klovskij, Vinogradov, æirmunskij – oltre a Roman Jakob-
son, Jurij Tynjanov, Boris Ejchenbaum, Boris Toma∫evskij. Come comprimari o comparse, Pasternàk e Achmatova, Propp e Belyi, √ostakovi™ e Mejerchol´d. E Majakovskij, che esclama “la poesia è un tipo di produzione, molto complicato, però sempre produzione!” E poi: “l’arte non è una copia della natura, ma la decisione di deformare la natura secondo le riflessioni della coscienza individuale”». Questa radice affettivo-infantile, questa elettricità adulta e stregata andrà tenuta in considerazione, anche perché il complimento più schietto alle nuove dottrine lo ha dedicato uno scrittore per l’infanzia, Gianni Rodari, allorché nella sua Grammatica della fantasia viene a parlare di alcuni libri di Umberto Eco: «Li ho letti, annotati e dimenticati, ma sono sicuro che qualcosa della loro festosità intellettuale mi ha grandemente aiutato». Chi invece, giovane e onnivoro, niente smarriva delle proprie letture era Gianni Celati, che nella sua Bologna seguiva un corso universitario di Luigi Heilmann sui dialetti della Val di Fassa – e fu la rivelazione: le reti invisibili che allacciano le persone – e che per proprio conto studiava l’ Anthropologie structurale di Claude Lévi-Strauss. Qui, nel capitolo sull’«efficacia simbolica», Celati trovava descritti i riti sciamanici dei Cuna di Panama: le cure delle partorienti per mezzo della parola. «Lo sciamano – scrive l’antropologo francese – fornisce alla sua ammalata un linguaggio nel quale possono esprimersi immediatamente certi stati non formulati, e altrimenti non formulabili. E proprio il passaggio a questa espressione verbale […] provoca lo sbloccarsi del processo fisiologico». Alla radice di tutto quanto Celati scriverà in futuro sono queste due letture: gli intrecci discorsivi degli incolti e la parola come partitura medicale. Nel primo saggio da lui pubblicato, Salvazione e silenzio dei significati (1965), Celati già prendeva posizione contro la «cultura dei significati» a favore di una empatia del significante: fin dal principio Celati crede nell’effetto curativo che la parola in quanto orchestrazione di suoni saprà produrre sull’insieme di corpo e psiche. Il saggio di Celati usciva su «Marcatré», rivista diretta da Eugenio Battisti e legata alla neoavanguardia. A dispetto di quanto si potrebbe credere, il Gruppo 63 (con l’eccezione tanto vistosa di Arbasino e con quella meno visibile di Manganelli) non accolse con troppo entusiasmo le nuove discipline. Il capofila del Gruppo, Edoardo Sanguineti, trent’anni dopo avrebbe spiegato che «in fondo, non ci fu uno strutturalismo italiano, e quando questo agiva non agiva come strutturalismo, dato che si assumevano quegli strumenti accanto ad altri e raramente in maniera esclusiva. Forse in Italia si è stati più prudenti, con minori risultati ma anche con minori derive». Questa diagnosi varrebbe di certo per il maggiore antagonista teorico della neoavanguardia, Pier Paolo Pasolini: il quale, perfino quando sembrerebbe impugnare la strumentazione linguistico-strutturale – così in una serie di saggi teoricoautobiografici destinati a confluire nella raccolta Empirismo eretico (1972), che si apre appunto con una sezione intitolata Lingua – la adopera con scarso rigore, tanto da meritarsi una frase sprezzante di Maria Corti: «la forza di Pasolini viene
Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970) sempre dalla sua tendenza a semplificare, dovuta anche al fatto che egli si documenta poco». Nel presente saggio vengono offerti al lettore i documenti sulla fortuna italiana dello strutturalismo e della semiotica fino a tutto il 1970. I dati bibliografici essenziali sono ripartiti fra due mappe, che mettono in evidenza i principali centri di quelle discipline, con ciò che di notevole vi accadde tra il 1930 e il 1970. Si tratta, essenzialmente, di una geografia di autori e di ricerche in corso. Le città segnate sulla cartina corrispondono dunque alle sedi dove questi autori vivono, insegnano e svolgono i loro studi, non alle case editrici che stampano le loro opere. Queste ultime – le case editrici – sono invece indicate sulla mappa allorché traducono opere straniere: in tali casi è la scommessa sull’ignoto, è il libro d’importazione a “fare data”, contribuendo in una prima fase a recuperare il cospicuo ritardo culturale e più tardi a garantire un tempestivo aggiornamento del lettore italiano. Lo stacco cronologico tra le edizioni originali e le versioni italiane si farà man mano sempre più esiguo: la svolta definitiva giunge nel 1964, quando Umberto Eco ottiene da Roland Barthes il permesso di tradurre in italiano gli É léments de sémiologie – che il loro autore considerava soltanto un brogliaccio di lavoro – appena pubblicati nella rivista «Communications»: in questa occasione, l’interlocutore straniero ha colto l’importanza del testo con un anticipo assoluto. La seconda data importante è subito successiva, 1965. Tocca stavolta a Giacomo Debenedetti il ruolo di regista, in due occasioni diverse e per una stessa casa editrice, il Saggiatore di Alberto Mondadori: il cui Catalogo generale, 1958-1965 si apre, grazie all’iniziativa del direttore letterario Debenedetti, con una inchiesta destinata a fare epoca, Strutturalismo e critica, a cura di Cesare Segre. È il mese di agosto; prendono la parola studiosi di tutte le discipline umanistiche, italiani e stranieri, tra i quali spiccano una volta di più i nomi di Barthes e di Lévi-Strauss, che nel corso degli anni sessanta è il saggista più conteso dagli editori italiani. Il 1965 del Saggiatore di Debenedetti si concluderà, in dicembre, con la stampa del primo vero esercizio italiano di critica strutturale applicata: il saggio di D’Arco Silvio Avalle «Gli orecchini» di Montale, accolto nella elegantissima «Biblioteca delle Silerchie», collana ormai conclusa ma che per l’occasione aggiunge un numero – il centounesimo – alla serie. Scriveva Debenedetti all’autore qualche mese prima, il 21 giugno: «Per uno come me, dell’altra generazione, esso [il saggio sugli Orecchini] suscita una quantità di problemi; soprattutto invita a riflettere sulla plausibilità della via da noi battuta, e se valga la pena di insistervi. Forse proprio l’essere nati sotto la copertura di Croce, ci ha fatto dimenticare la necessità dell’esercizio che Lei compie di continuo, e in maniera tanto fruttuosa: cioè la verifica degli strumenti simultanea al loro impiego». Come facilmente prevedibile, le città decisive per queste movimentate vicende risultano Milano – anche per la presenza dell’industria editoriale, in particolare di Bompiani, dove grande è stata l’influenza di Eco – e Torino, che a partire dal
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1966 ha rappresentato, con l’editore Einaudi, il luogo di massima confluenza di autori italiani e traduzioni straniere riconducibili allo strutturalismo, laddove in Bompiani si concentravano per lo più i titoli legati alla semiotica (in realtà, però, non sussisteva una netta distinzione). Seguono Firenze, Bologna e altri centri minori, con “finestre” affacciate sulla Gran Bretagna (Reading) e sugli Stati Uniti (Berkeley e Harvard). Risulterà inoltre evidente, in questa geografia storica dello strutturalismo italiano, l’importanza di Pavia, nella cui università hanno insegnato a lungo Maria Corti, Cesare Segre e Dante Isella; altrettanto vale per Urbino sullo scorcio del decennio, grazie all’opera di giovani studiosi come Paolo Fabbri e Giuseppe Paioni, e alla già ricordata presenza di Greimas. Un discorso completamente diverso andrebbe svolto se questa ricognizione si spingesse oltre l’anno 1970. Dopo tale data infatti, pur perdurando egemone il paradigma strutturale (nel frattempo cospicuamente trasfuso nell’insegnamento della letteratura nelle scuole secondarie), l’edificio comincia a mostrare le prime crepe, che saranno allargate da studiosi – per limitarsi all’Italia – come Franco Brioschi, Costanzo Di Girolamo, Mario Lavagetto, mentre lo stesso Umberto Eco si andrà allontanando progressivamente dalla pretesa strutturalista di una descrizione esatta del fenomeno del senso, virando sempre più le sue ricerche semiotiche nella direzione di un 24 22
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i l i r e n i t o z a n o v a i ic h i e t o p i a n a t e r l i S l u d i n l i a e r l e c c u a m n o i L r a i l t g M D L l E F l e a g B o V a e i S D l i Figura 4. Editori con il maggior numero di opere pubblicate fino al 1970, individuali e collettanee; le riviste contano per una unità. Il dato di Einaudi comprende la rivista «Strumenti critici», quello di Feltrinelli la rivista «il verri» e il catalogo Feltrinelli 1955-65, quello del Mulino le riviste «Lingua e Stile» e «Rassegna Italiana di Sociologia», quello di Silva la rivista «sigma».
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pragmatismo interpretativo ispirato a Charles Sanders Peirce: un’impostazione, in fondo, non incompatibile con quella del suo maestro torinese Luigi Pareyson. Ma qui si entrerebbe in tutt’altra storia. La nostra storia, invece, si conclude per l’appunto sul terminus ad quem del 1970 e in particolare sull’uscita del volume collettivo, curato da Maria Corti e Cesare Segre, I metodi attuali della critica in Italia. Stampato a Torino dalla Eri, questo libro sancisce la definitiva egemonia della critica di impianto strutturalistico e semiotico nella cultura italiana. L’impostazione del suo indice ha un andamento prevedibilmente cronistorico ma anche sottilmente teleologico: si comincia infatti col documentare quei metodi critici che, pur nella loro durevole dignità, appaiono più vetusti (le prime tre sezioni sono dedicate a La critica sociologica, La critica simbolica e La critica psicanalitica) per terminare in crescendo con i metodi consacrati dall’attualità accademico-editoriale: La critica formali stica , La critica strutturalistica, La critica semiologica. Gianfranco Contini è l’unico autore presente in due sezioni diverse del libro, la quinta (La critica stilistica, a cura di Dante Isella, dove figura col saggio del 1955 Il linguaggio di Pascoli) e l’ottava (La critica strutturalistica, a cura di Segre, che include le Implicazioni leopardiane del 1947). Contini apparirebbe, insomma, maggiormente à la page in virtù di un saggio critico più vecchio di otto anni rispetto all’altro, che pare invece rappresentarlo in abiti intellettuali più frusti. È ovvio che le cose non stanno così, e che tantomeno si può parlare – per un lettore rigorosissimo quale Contini fu sempre – di eclettismo onnivoro. È più giusto concludere che, sul finire degli anni cinquanta, l’Italia era entrata definitivamente nell’epoca in cui tutti i metodi efficaci vanno considerati contemporanei, e primeggerà fra gli studiosi chi risulterà capace di innestare quelle opzioni critiche le une nelle altre, senza lasciarsi andare a esplicite professioni di fede, ma potenziandole e fecondandole a vicenda nell’attimo stesso in cui, per qualche verso almeno, le trasgredisce. È un possibile ritratto di Gianfranco Contini, certo, ma è anche il possibile ritratto di un suo gemello antipodale che, direttore letterario di una casa editrice milanese, lavorò con assidua umiltà per dare all’Italia del dopoguerra i libri di cui essa aveva bisogno: Giacomo Debenedetti. daniele giglioli e domenico scarpa i. calvino, Vladimir Ja. Propp, «Le radici storiche dei racconti di fate» («l’Unità», ed. piemontese, 6 luglio 1949), in id., Saggi, 1945-1985, a cura di M. Barenghi, Mondadori, Milano 1995, pp. 1541-43; b. croce, Recensione a v. i. propp, Le radici storiche dei racconti di fate, in «Quaderni della Critica», VI (novembre 1949), n. 15, poi in id., Ter-
ze pagine sparse raccolte e ordinate dall’autore, Laterza, Bari 1955, tomo II, pp. 21-27; i. calvino, Introduzione, in Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lin gua dai vari dialetti da Italo Calvino (1956), Einaudi, Torino 1982, p. xxxv; c. lévi-strauss, Antropologia strutturale (1958), il Saggiatore, Milano 1990, p. 222; u. eco, Opera aperta: il tempo, la società, in id., Opera aperta (1962), Bompiani, Milano 1976, pp. v-xxiii; a. arbasi-
no, Viktor √klovskij (1964), in id., Sessanta posizioni, Feltrinelli, Milano 1971, pp. 410-11; e. garroni, La crisi semantica delle arti, Officina, Roma 1964; i. calvino, Le Cosmicomiche , Einaudi, Torino 1965; g. celati, Salvazione e silenzio dei significati , in «Marcatré», n. 14-15 (maggio-giugno 1965), pp. 118-23; p. p. pasolini, Dal laboratorio (Appunti «en poète» per una linguistica marxista) (1966), in id., Empirismo eretico, Garzanti, Milano 1972, e ora in id., Saggi sulla let-
teratura e sull’arte, a cura di W. Siti e S. De Laude, Mondadori, Milano 1999, pp. 1307-42; m. corti, Le orecchie della «neocritica» (1967), in id., Metodi e fantasmi, Feltrinelli, Milano 1969, p. 86; g. manganelli, La letteratura come menzogna, Feltrinelli, Milano 1967; i. calvino, Il castello dei destini incrociati, in Tarocchi. Il mazzo visconteo di Bergamo e New York, analisi di S. S. Ludovici, testo di I. Calvino, Franco Maria Ricci, Parma 1969; g. rodari, Grammatica della fanta sia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino 1973, pp. 179-80; i. calvino, Cocchiara e le «Fiabe italiane», in aa.vv., Demologia e folklore. Studi in memoria di Giuseppe Cocchiara , Flaccovio, Palermo 1974, pp. 397-404; b. terracini, I segni, la storia, Guida, Napoli 1976; m. mincu (a cura di), La semiotica letteraria italiana, Feltrinelli, Milano 1982; Cinquant’anni di un editore. Le edizioni Einaudi negli anni 1933-1983, Einaudi, Torino 1983; t. de mauro, Gli studi di linguistica, in Cento anni Laterza, 1885-1985. Testimonianze degli autori, Laterza, Roma-Bari 1985, pp. 102-5; c. segre (a cura di), Strutturalismo e critica, in Casa editrice Il Saggiatore catalogo generale 19581965, il Saggiatore, Milano 1965, nuova ed. 1985; u. eco, La mae stria di Barthes, in aa.vv., Mitologie di Roland Barthes. I Testi e gli Atti, a cura di P. Fabbri e I. Pezzini, Pratiche, Parma 1986, pp. 297-304; a. m. cirese, Italo Calvino studioso di fiabistica, in d. frigessi (a cura di), Inchiesta sulle fate. Italo Calvino e la fiaba, Lubrina, Bergamo 1988, pp. 17-26; g. contini, Lettere all’editore (1945-54), a cura di P. Di Stefano, Einaudi, Torino 1990; t. landolfi, Opere, vol. I, 1937-1959, a cura di I. Landolfi, Rizzoli, Milano 1990; g. debenedetti, Preludi. Le note editoriali alla «Biblioteca delle Silerchie» , a cura di M. Gulinucci, Theoria, Roma-Napoli 1991; g. contini, La critica degli scarta facci e altre pagine sparse, a cura di A. Roncaglia, Scuola Normale Superiore, Pisa 1992; b. stasi, Landolfi e i formalisti russi, in «Intersezioni», XII (agosto 1992), n. 2, pp. 291-310; f. gambaro, Colloquio con Edoardo Sanguineti. Quarant’anni di cultura attraverso i ricordi di un poeta intellettuale, Anabasi, Milano 1993, p. 101; e. montale, Il secondo mestiere. Prose, 1920-1979, a cura di G. Zampa, Mondadori, Milano 1996; g. l. beccaria (a cura di), Quando eravamo strutturali sti, Edizioni dell’Orso, Alessandria 1999; Catalogo generale Bompiani, 1929-1999, Bompiani, Milano 1999; l. mangoni, Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta, Bollati Boringhieri, Torino 1999; c. segre, Per curiosità. Una specie di autobiografia, Einaudi, Torino 1999; i. calvino, lettera del 9 maggio 1955 a Giuseppe Cocchiara e lettera del 26 ottobre 1965 a Emilio Garroni, in id., Lettere, 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Mondadori, Milano 2000, pp. 427-29, 890-92; r. j. west, Gianni Celati. The Craft of Everyday Storytelling , University of Toronto Press, Toronto 2000, p. 224; Le edizioni Laterza. Catalogo storico 1901-2000, a cura di R. Mauro, M. Menna e M. Sampaolo, Laterza, Roma-Bari 2001; l. leonardi (a cura di), Per d’Arco Silvio Avalle. Ricordi lettere immagini, Edizioni del Galluzzo, Firenze 2005; l. meneghello, Opere scelte, progetto editoriale di G. Lepschy, a cura di F. Caputo, Mondadori, Milano 2006; 1958-2008, il Saggiatore, il Saggiatore, Milano 2008; c. segre, Introduzione (2008), in id., I segni e la critica. Fra strutturalismo e semiologia (1969), nuova ed., Einaudi, Torino 2008, pp. v-xxxv ; g. celati, Memoria su certe letture. Conversazione con Rebecca West , in «Riga», n. 28 (2008), Gianni Celati, a cura di M. Belpoliti e M. Sironi, pp. 38-39.
Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970) Cronologia
Gli eventi di uno stesso anno sono in ordine alfabetico per città, il che potrà provocare qualche sfasatura nella cronologia. Per le città con più eventi nello stesso anno, sono collocati per primi quelli legati a riviste, opere collettive o incontri di studio, poi quelli riguardanti gli autori di opere individuali: il tutto sempre in ordine alfabetico, nel primo caso per titolo e nel secondo per cognome. 1930 Torino. Leone Ginzburg pubblica in maggio, sulla rivista mensile «La Cultura», l’articolo Formalisti e marxisti.
1956 Torino. Per iniziativa di Nicola Abbagnano, che ne cura anche la traduzione con sua moglie Marion Taylor Abbagnano, di origine statunitense, viene pubblicato Caso, amore e logica, prima antologia italiana di Charles Sanders Peirce, uno dei due padri della semiotica (l’altro essendo Ferdinand de Saussure). L’edizione originale, Chance, Love, and Logic: Philosophical Essays , era uscita a New York nel 1923 presso Barnes & Noble, con una introduzione di Morris R. Cohen e un saggio di John Dewey ripresi anche nell’edizione italiana, stampata dalla casa editrice Taylor che era diretta dalla signora Abbagnano.
1932 Firenze. Il 17 novembre Tommaso Landolfi si laurea in letteratura russa con una tesi su Anna Achmatova, relatore lo slavista Ettore Lo Gatto.
1958-59 Milano. Umberto Eco, che collabora con il musicista Luciano Berio alla sede Rai di Milano (firmeranno insieme l’«esperimento sonoro» Omaggio a Joyce), legge svogliatamente – su una copia prestatagli proprio da Berio – il Cours de linguistique générale di Ferdinand de Saussure, senza trarne per il momento una grande impressione.
1933 Firenze. Bruno Migliorini traduce per «La Cultura» (XII, luglio-settembre, n. 3) l’articolo di Roman Jakobson La scuola lingui stica di Praga.
1959 Torino. Nynfa Bosco, La filosofia pragmatica di Ch. S. Peirce. Pubblicata dalle Edizioni di Filosofia, è la prima monografia dedicata a Peirce.
1947 Domodossola. Gianfranco Contini, Implicazioni leopardiane, in «Letteratura», IX (marzo-aprile), n. 33; il testo è datato «Domodossola, 11-14 aprile 1947». Saggio in forma di lettera a Giuseppe De Robertis; Contini sostiene che le varianti di Leopardi indagate da De Robertis non sono di gusto bensì di sistema. De Robertis risponderà nel fascicolo successivo con un Biglietto per Gianfranco Contini.
1960 Bologna. Paolo Valesio, Strutturalismo e critica letteraria, in «il verri», IV (giugno), n. 3. Quando pubblicò questo saggio sulla rivista milanese diretta da Luciano Anceschi, il ventunenne Valesio studiava presso la facoltà di lettere dell’Università di Bologna; e in effetti il testo era un paper universitario redatto l’anno precedente. Più tardi «il verri» affiderà a Valesio la rubrica di linguistica.
1949 Milano. Traduzione italiana di Charles Morris, Segni, linguag gio e comportamento (Signs, Language and Behavior , Prentice-Hall, New York 1946); il volume appare presso Longanesi, a firmare la versione è lo specialista di cibernetica Silvio Ceccato. Nel 1954 l’editore torinese Paravia tradurrà, di Morris, i Lineamenti di una teoria dei segni , a cura di Ferruccio Rossi-Landi (Foundation of the Theory of Signs , University of Chicago Press, Chicago 1938).
1960 Genova. Piero Raffa, Struttura e semantica, in «Nuova Corrente», n. 19 (luglio-settembre).
1949 Napoli. Benedetto Croce stronca («Quaderni della Critica», V, novembre, n. 15) Le radici storiche dei racconti di fate di Vladimir Ja. Propp, contestandone sia il fondamento ideologico marxista sia i residui d’impostazione formalista (pur senza ricorrere a questa qualificazione tecnica). A Propp toccano, in Italia, svariate recensioni che gli rimproverano la sua ortodossia stalinista, laddove nell’Unione Sovietica era stato invece attaccato come ex formalista “filo-occidentale”. L’articolo di Croce è oggi raccolto in Terze pagine sparse, Laterza, Bari 1955. 1949 Torino. L’editore Einaudi pubblica Le radici storiche dei racconti di fate di Vladimir Ja. Propp, apparso tre anni prima presso l’Edizione dell’Università Statale di Leningrado dell’ordine di Lenin. La prefazione è del folklorista Giuseppe Cocchiara, la traduzione di Clara Coïsson. Il volume è il settimo della «Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici» diretta da Ernesto de Martino e Cesare Pavese: la celeberrima «collana viola». A suggerire la pubblicazione era stato lo storico Franco Venturi. 1950 Firenze. «Strutturale» entra per la prima volta fra i lemmi di un dizionario italiano, con la seguente definizione: «Della struttura, che concerne la struttura. Der. strutturalismo (= linguistica strutturale)». Il merito spetta al linguista fiorentino Bruno Migliorini, il quale include il termine nell’ Appendice di ottomila voci che completa la nona edizione del Dizionario moderno di Alfredo Panzini, pubblicato per la prima volta nel 1905. Il volume esce da Hoepli, Milano, a cura di Migliorini e del suo collega Alfredo Schiaffini.
1960 Milano. Presso l’editore Lerici esce la prima opera di Roland Barthes tradotta in italiano, Il grado zero della scrittura (Le Degré zéro de l’écriture, Seuil, Paris 1953; la versione italiana è di Giuseppe Bartolucci), cui farà seguito nel 1962, sempre da Lerici, Miti d’oggi ( Mytholo gies, Seuil, Paris 1957, trad. it. di Lidia Lonzi). È ancora un Barthes prestrutturalista – ma semiologo ante litteram, dato il grande rilievo offerto alla questione del segno. 1960 Milano. Traduzione presso il Saggiatore di Tristi tropici di Lévi-Strauss (Tristes Tropiques, Plon, Paris 1955; la versione italiana è della psicoanalista Bianca Garufi, la Leucò degli omonimi Dialoghi di Cesare Pavese). Anche se Lévi-Strauss ha già alle spalle da più dieci anni svariati tentativi di elaborare un’antropologia strutturale, vale lo stesso discorso appena svolto per Barthes: Tristi tropici non è un’analisi modellizzante bensì un resoconto etnografico. 1960 Torino. Nella primavera, D’Arco Silvio Avalle tiene un seminario su Gli orecchini di Eugenio Montale, primo saggio italiano di analisi strutturale applicata a un testo poetico. L’esercizio interpretativo di Avalle confluirà nel volume «Gli orecchini» di Montale (il Saggiatore, Milano 1965) voluto da Giacomo Debenedetti nella sua «Biblioteca delle Silerchie». Nato nel 1920 e formatosi a Ginevra dove fu allievo di Albert Séchehaye, co-editore del Cours de linguistique générale , Avalle aveva letto Saussure fin da ragazzo, nel 1939; novecentista sul principio della sua carriera, a partire dai primi anni cinquanta brillantissimo filologo romanzo, nel 1971 diverrà titolare della prima cattedra di semiologia istituita in Italia, a Torino. 1962 Milano. Umberto Eco pubblica Opera aperta presso Bompiani; ancora una volta, un testo che Eco in persona definisce «pre-semiotico». Il volume esce in giugno sollevando discussioni vivacissime, pro e contro le sue tesi estetiche, i suoi accostamenti fra cultura
Daniele Giglioli e Domenico Scarpa, Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970), in Atlante della letteratura italiana, vol. III, pp. 882-91. www.einaudi.it
2 alta e bassa, e – soprattutto – il suo stesso titolo. Prenderanno la parola, fra gli altri, Eugenio Montale ed Eugenio Battisti, Elio Pagliarani e Lamberto Pignotti, Angelo Guglielmi e Renato Barilli, Emilio Garroni e Bruno Zevi, Walter Pedullà e Carlo Levi. François Wahl, traduttore dell’edizione francese, farà notare poco più tardi a Eco la contiguità delle sue ricerche con quelle degli strutturalisti francesi, che egli continua a non conoscere. Intorno al 1963 leggerà infine La Pensée sauvage di Claude Lévi-Strauss, i saggi linguistici di Roman Jakobson, e il manuale di Victor Erlich sul formalismo russo: tre libri non ancora tradotti in italiano, «tre shock» per sua stessa ammissione. Anche il successivo libro di Eco, Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, apparso nuovamente da Bompiani nel ’64, rimane un’opera pre-semiotica. Eco non ha fatto in tempo a trasfondere nelle sue analisi – presto celeberrime – di Superman e di Salgari e della tivù, di Charlie Brown e di James Bond e della fantascienza americana, il nutrimento (e la strumentazione critica, e il glossario tecnico) che ha ricavato dalle sue recentissime letture di linguistica strutturale e di semiologia. 1963 Firenze. Aldo Rossi, Storicismo e strutturalismo, in «Paragone. Letteratura», XIV (ottobre), n. 166. Nel dicembre 1964, sempre su «Paragone. Letteratura» (XV, n. 180), apparirà Strutturalismo e analisi letteraria. Fra i primi a interessarsi delle metodologie strutturali, il 29 marzo 1963 Rossi aveva però recensito assai negativamente Opera aperta di Eco su «Paese Sera». Nel settembre 1966 parteciperà come rappresentante della critica italiana ai Colloqui di Cerisyla-Salle, in Normandia, diretti da Georges Poulet e dedicati a Les Chemins actuels de la critique. 1963 Milano. Il filosofo Enzo Paci analizza il termine «struttura» nella rivista «aut aut» (XIII, gennaio, n. 73). È il primo approdo dello strutturalismo su questa rivista, fondata e diretta dallo stesso Paci, che negli anni sessanta tentava di coniugare fenomenologia e marxismo. L’articolo compare nella rubrica «Il senso delle parole», che Paci redigeva personalmente. 1963 Milano. Su suggerimento di Giacomo Debenedetti, Cesare Segre cura e introduce per il Saggiatore Linguistica generale e lingui stica francese di Charles Bally ( Linguistique générale et linguistique française, Leroux, Paris 1932, trad. it. di Giovanni Caravaggi), gettando un ponte fra la critica stilistica (in Italia, rappresentata soprattutto da Domenico Petrini, Alfredo Schiaffini, Giuseppe De Robertis, Giacomo Devoto, Benvenuto Terracini, Gianfranco Contini; con la forte influenza di romanisti come Karl Vossler e Leo Spitzer) e la nascente critica strutturalista. Filologo romanzo, allievo di Santorre Debenedetti e di Benvenuto Terracini, Segre ricorda di aver letto già all’università, su indicazione di Terracini (che aveva recensito fin dal 1919, sul n. 25 del «Bollettino di filologia classica», il Cours di Saussure), autori fondamentali per la linguistica strutturalista come appunto Saussure e Trubeckoj. Sempre nel 1963, sempre a Milano, Segre pubblicava da Feltrinelli una raccolta di saggi d’impostazione prestrutturalista: Lingua, stile e società. 1964 Roma. Ignazio Ambrogio pubblica Il metodo formale nella teoria della letteratura nel fascicolo di maggio de «Il Contemporaneo», supplemento mensile del settimanale «Rinascita», legato al Pci; il saggio confluirà più tardi nel suo volume Formalismo e avanguardia in Russia, Editori Riuniti, Roma 1968. Variegato, in generale, l’atteggiamento della critica marxista. Nel 1968 Romano Luperini, giovane studioso vicino alle posizioni della sinistra extraparlamentare, pubblica sul n. 7 della rivista «Problemi» (gennaio-febbraio) l’articolo Le
aporie dello strutturalismo e il marxismo: anche allo strutturalismo, argomenta Luperini, è sottesa un’ideologia che lo costringe a formulare giudizi di valore sulla realtà, tanto più insidiosi quanto più impliciti, tanto più normativi quanto più si pretendono avalutativi. Lo strutturalismo, insomma, non è oggettivo. Con queste premesse, Luperini riafferma il «punto di vista marxista, la sua oggettiva garanzia, e la stessa possibilità di fare non solo (come lo strutturalismo e le altre attuali ideologie neocapitalistiche) un discorso constatativo, ma alternativo». Avverso allo strutturalismo era stato anche un maestro dell’estetica marxista, pur non organico all’egemonia della linea De Sanctis - Croce - Gramsci, come Galvano Della Volpe (Critica del gusto, Feltrinelli, Milano 1960). Più conciliante lo slavista Vittorio Strada (Stile, struttura, storia, in «sigma», n. 9, marzo 1966). Decisamente interlocutoria, infine, la posizione di Franco Fortini, quale risulta dalla sua recensione a Cesare Segre, I segni e la critica. Fra strutturalismo e semiologia (Einaudi, Torino 1969: la si legge in «Uomini e libri», VI, dicembre 1970, n. 31, e sarà ripresa col titolo Critica letteraria e scienza della letteratura, in Saggi italiani, De Donato, Bari 1974). Con un misto di curiosità, diffidenza, piacere intellettuale e timore reverenziale, Fortini accoglie i risultati dello strutturalismo linguistico, ma non vorrebbe rinunciare a impugnarli come strumenti dell’antagonismo politico che gli sta a cuore: «il critico letterario non potrà non servirsi dei contributi della filologia e di una possibile scienza letteraria (oggi, della linguistica, della semiologia, delle indagini strutturali), ma a patto di servirsene nel loro volgare, non nel loro latino; di impadronirsene, ove sappia e possa, con l’ostinazione dello specialista ma per usarne solo per quanto di sapere comune, o più comune, contengano, comportino o anticipino».
1964 Roma. Emilio Garroni, La crisi semantica delle arti, Officina. Garroni è un’importante figura di raccordo tra la disciplina dell’estetica e il campo semiologico. Un anno più tardi, la lettura di questo suo primo libro si rivelerà feconda per Italo Calvino, allora impegnato a scrivere Le Cosmicomiche. 1964 Roma. Pier Paolo Pasolini, Nuove questioni linguistiche, in «Rinascita», XXI (26 dicembre), n. 51. L’articolo – dal quale ha origine una «nuova questione della lingua» che si protrarrà per oltre un anno su molti quotidiani, settimanali, riviste accademiche e di cultura generale, e su cui interverranno decine di scrittori e studiosi – è il testo di una conferenza tenuta la prima volta a Torino il 27 novembre per l’Associazione Culturale Italiana e replicate nei giorni successivi a Milano, Roma e Napoli. Confluirà nella raccolta Empirismo eretico (Garzanti, Milano 1972) dove occupa la posizione di apertura. 1965 Bologna. Gianni Celati, Salvazione e silenzio dei significati, in «Marcatré», n. 14-15 (maggio-giugno). Celati esordisce simultaneamente come narratore e come saggista: nella rivista diretta da Eugenio Battisti precedono Salvazione alcune pagine tratte dal «pararomanzo» al quale sta lavorando; il titolo è, infatti, Studi per «Gli annegati della baia blu». 1965 Bologna. André Martinet, La considerazione funzionale del lin guaggio, il Mulino (A Functional View of Language, Clarendon Press, Oxford 1962, trad. it. di Giovanna Madonia). 1965 Bologna. Luigi Rosiello pubblica Struttura, uso e funzioni della lingua (Vallecchi, Firenze). 1965 Milano, La rivista «aut aut» dedica l’intero numero 88 (luglio) a Claude Lévi-Strauss. Il fascicolo comprende il testo della lezione inaugurale pronunciata da Lévi-Strauss al Collège de France il
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3 5 gennaio 1960, quando gli venne affidata la cattedra di antropologia sociale. Intitolata Anthropologie et Histoire, la lezione sarà tradotta col titolo Elogio dell’antropologia e inclusa nel volume Razza e storia e altri studi di antropologia (Einaudi, Torino 1967). Un anno prima del fascicolo di «aut aut», nel ’64, si erano rese disponibili in italiano altre due opere di Lévi-Strauss: Il pensiero selvaggio presso il Saggiatore (La Pensée sauvage, Plon, Paris 1962, trad. it. di Paolo Caruso), e Il totemismo oggi da Feltrinelli (Le Totémisme aujourd’hui, Puf, Paris 1962, trad. it. di Danilo Montaldi). 1965 Milano. Per il Catalogo generale 1958-1965 della casa editrice il Saggiatore, Cesare Segre cura l’inchiesta Strutturalismo e critica, il cui tema è stato suggerito da Giacomo Debenedetti. Intervengono, fra gli altri, D’Arco Silvio Avalle, Giulio Carlo Argan, Maria Corti, Enzo Paci, Luigi Rosiello, Jean Starobinski, Vittorio Strada, Mario Bortolotto, Hugo Friedrich, Roland Barthes, Claude Lévi-Strauss. In ottobre (il volume del Saggiatore è stampato in agosto) sarà distribuito in libreria Feltrinelli 1955-1965. Guida alla lettura e catalogo generale delle edizioni Feltrinelli, che include il saggio di Maria Corti La nostra lingua: come funziona. 1965 Milano. Umberto Eco pubblica il saggio Le strutture narrative in Fleming in un volume collettaneo dedicato a Il caso Bond , di cui ha promosso la pubblicazione da Bompiani firmandone la curatela con Oreste Del Buono. 1965 Milano. Sul primo numero della rivista «Il Corpo», datato marzo, appare la traduzione dell’ormai celeberrimo articolo firmato a quattro mani da Roman Jakobson e Claude Lévi-Strauss e dedicato all’analisi di «Les chats» de Charles Baudelaire. Pubblicato originariamente nel fascicolo di gennaio-aprile della rivista parigina di antropologia «L’Homme», quel saggio è ormai assurto a punto di riferimento esemplare di ogni successivo esercizio di analisi strutturale del testo poetico. Direttore responsabile de «Il Corpo» era il poeta Giancarlo Majorino, affiancato in redazione dal filosofo Luciano Amodio, dallo storico Sergio Caprioglio e dallo psicoanalista Elvio Fachinelli; l’impostazione grafica era di Tullio Pericoli. 1965 Milano. Bompiani pubblica la traduzione italiana del volume curato da Roger Bastide, Usi e significati del termine «struttura». Nelle scienze umane e sociali, apparso in Francia tre anni prima (Sens et usage du terme structure: dans les sciences humaines et sociales, Mouton & Co., ’s Gravenhage 1962, trad. it di Lidia Basso Lonzi). I diciannove saggi qui raccolti spaziano dalla biologia all’economia, dalla psicopatologia alla storia, dal diritto alla linguistica. Fra gli autori troviamo Henri Le febvre, Claude Lévi-Strauss, Raymond Aron e Lucien Goldmann. Il saggio introduttivo di Bastide era stato anticipato nel n. 18 (dicembre 1964) de «il verri», rivista pubblicata in quegli anni da Feltrinelli. 1965 Milano. Il fascicolo de «il verri» dedicato a Classicità e contem poraneità (n. 19, ottobre) comprende il saggio di Roman Jakobson Aspetti linguistici della traduzione, risalente al 1959 e tradotto dall’inglese dal poeta Fernando Bandini.
Le parole sotto le parole. Gli anagrammi di Ferdinand de Saussure, apparso in versione originale sul «Mercure de France» di febbraio 1964. Diretta dal critico d’arte Roberto Tassi, nel ’65 la rivista aveva fra i suoi redattori un giovane Mario Lavagetto. Su «Palatina» Pier Paolo Pasolini pubblicava nel 1959 (III, aprile-giugno, n. 10) una Nota su Spitzer .
1965 Roma. «Il Contemporaneo» risponde nel fascicolo di gennaio alle Nuove questioni linguistiche di Pasolini, apparse il 26 dicembre 1964 in «Rinascita», con l’editoriale – anonimo, ma di Michele Rago – Lingua e società. Nello stesso fascicolo intervengono quattro scrittori; nell’ordine: Italo Calvino (L’italiano, una lingua fra le altre lin gue), Vittorio Sereni (Un’esperienza poetica), Elio Vittorini (È il lavoro che giudica il mondo ), Franco Fortini (Scritto e parlato), mentre Vittorio Spinazzola affronta il tema Lingua e film: dal romanesco al neoitaliano, e Tiziano Rossi offre Dati statistici sull’unità della lingua. «Il Contemporaneo» esce a fine gennaio: pochi giorni più tardi «Rinascita» (XXII, 6 febbraio, n. 6) entrerà a sua volta nella discussione con Linguistica e sociologia di Mario Spinella. Luigi Rosiello, che interviene nella medesima sede su Il processo di unificazione, sarà il solo, fra quanti prendono la parola nelle due riviste, a servirsi di strumenti linguistico-strutturali. Il dibattito su «Rinascita» proseguirà a lungo; da menzionare, il 17 aprile, un intervento di Lamberto Pignotti sul tema Un centro-sinistra culturale con l’esclusione dell’avanguardia? 1965 Roma. Il settimanale «La fiera letteraria» lancia l’inchiesta Come parleremo domani? Articolata in quattro domande, si sviluppa nei fascicoli del 21 febbraio e del 7 e 28 marzo. Interpellati – fra i tecnici – Avalle, Migliorini, Rosiello, Segre, Terracini, Isella, Corti. Edoardo Sanguineti svolge un discorso sociopolitico, terminando con una citazione da Lukács. Maria Corti denuncia il ritardo culturale italiano, che porta da noi nel 1963 un’opera di Charles Bally, Lin guistica generale e linguistica francese, risalente al 1932. 1965 Roma. Tullio De Mauro, Introduzione alla semantica, Laterza, Bari. 1965 Torino. Alberto Arbasino tiene il 29 gennaio, ai Venerdì Letterari dell’Associazione Culturale Italiana, la conferenza Preziosi e ridicoli, «mostrando le tavole di Lévi-Strauss sulla struttura sociale dei Bororo, applicate alla società non solo letteraria italiana». Replicata a Milano, Firenze, Roma e Napoli, viene pubblicata a cura dell’Aci in un fascicolo che include anche le Nuove questioni linguistiche di Pasolini. 1965 Torino. Gian Luigi Beccaria, «Strutturalismo», voce pubblicata nell’ Appendice 1964 al Grande Dizionario Enciclopedico Utet fondato da Pietro Fedele. Il testo verrà ripreso in forma ampliata nel saggio Origini e caratteri dello strutturalismo, in «sigma», n. 18, giugno 1968. 1965 Torino. Georges Mounin, Teoria e storia della traduzione, Einaudi (Les Problèmes théoriques de la traduction , Gallimard, Paris 1963, trad. it. di Stefania Morganti). Tre anni più tardi Feltrinelli tradurrà Storia della linguistica dalle origini al secolo (Histoire de la linguistique: des origines au e siècle, Puf, Paris 1967, trad. it. di Maria Maglione). xx
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1965 Milano. Otto Jespersen, Umanità, nazione e individuo dal punto di vista linguistico, Feltrinelli (Mankind, Nation and Individual from a Linguistic Point of View, Aschehoug, Oslo 1925, trad. it. di Piero Bernardini). 1965 Parma. «Palatina», rivista trimestrale di lettere e arti pubblicata fra il 1957 e il 1966, traduce – collocandolo in apertura del suo fascicolo di aprile-giugno (IX, n. 30) – il saggio di Jean Starobinski
1966 Bologna. Luigi Heilmann fonda presso il Mulino il quadrimestrale «Lingua e Stile», legato ai «Quaderni dell’Istituto di Glottologia» dell’Alma Mater; il primo fascicolo è datato gennaio-aprile. Con il suo allievo Luigi Rosiello, Heilmann è il punto di riferimento della ricerca strutturalistica bolognese. Il comitato di direzione è composto da Boris Cazacu (Bucarest), Gustav Herdan (Bristol), Alberto
Daniele Giglioli e Domenico Scarpa, Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970), in Atlante della letteratura italiana, vol. III, pp. 882-91. www.einaudi.it
4 Pasquinelli (Bologna), Ezio Raimondi (Bologna) e Harald Weinrich (Colonia). Dalla Presentazione: «Nei due termini “lingua” e “stile” il titolo intende indicare le dimensioni della ricerca sul piano della lingua comune, della lingua poetica e, più in generale, del sistema linguistico. La rivista affronterà dunque questioni linguistiche e stilistiche (sino, naturalmente, alla linguistica matematica e alla linguistica applicata), ma farà largo posto a un tempo ai problemi di logica ed epistemologia, di semiologia e di comunicazione, che possano contribuire a illuminare il fenomeno centrale del “linguaggio”». Ai fascicoli successivi collaboreranno fra gli altri Renato Barilli, Gianni Celati (con un saggio su Northrop Frye), Emidio De Felice, Tullio De Mauro, Guido Guglielmi, Marcello Pagnini, Paolo Valesio e lo studioso di logica Enzo Melandri. 1966 Bologna. Stephen Ullmann, La semantica: introduzione alla scienza del significato , il Mulino (Semantics: An Introduction to the Science of Meaning , Blackwell, Oxford 1962; ed. it. a cura di Luigi Rosiello, trad. it. di Anna Baccarani e Luigi Rosiello). 1966 Pavia. D’Arco Silvio Avalle, Maria Corti, Dante Isella e Cesare Segre fondano la rivista quadrimestrale «Strumenti critici», il cui primo numero esce in ottobre. Pubblicata da Einaudi, diventa il principale house organ dello strutturalismo italiano. Il titolo si ispira alla raccolta poetica Gli strumenti umani di Vittorio Sereni, apparsa nel ’65, anch’essa da Einaudi. Oltre ai contributi degli studiosi italiani, la rivista tradurrà importanti voci straniere, ospitando in breve tempo capostipiti come Roman Jakobson e Benvenuto Terracini nonché figure prestigiose della nuova generazione come Algirdas Julien Greimas, Jurij M. Lotman e Jurij Tynjanov, affiancati da grandi studiosi non propriamente strutturalisti come Giovanni Macchia, Giovanni Nencioni, Francesco Orlando, Jean Rousset, Jean Starobinski e Paul Zumthor. La presentazione del primo numero, non firmata, comincia con queste parole: «“Strumenti critici” sono quelli che occorrono per accostare e comprendere un’opera d’arte, un movimento letterario o culturale. Gli “strumenti” devono essere continuamente rettificati, perché la posizione del critico, il contesto in cui egli opera, la natura stessa degli oggetti d’osservazione vanno mutando senza sosta». Una sezione della rivista, «Microfilm», ospita testi creativi inediti: vi appaiono a più riprese gruppi di nuove poesie di Montale destinate a confluire in Satura. 1962-1970 (Mondadori, Milano 1971). Montale le affida a Maria Corti in una forma lievemente provvisoria, con puntini sospensivi e con date abbreviate, consentendo a farle stampare insieme con la riproduzione dei manoscritti: materiali pronti (magari con un’ombra d’ironia) per l’affondo di quegli strumenti critici che vorranno esercitarvisi. 1966 Milano. Per iniziativa di Umberto Eco, Bompiani pubblica il profilo storico-critico dedicato da Victor Erlich a Il formalismo russo (Russian Formalism, Mouton & Co., ’s Gravenhage 1954, 2ª ed. 1964, trad. it. di Marcella Bassi). È il primo grande bilancio pervenuto in Italia. 1966 Bari. André Martinet, Elementi di linguistica generale, a cura di Giulio C. Lepschy, Laterza (É léments de linguistique générale, Colin, Paris 1963). Dello stesso autore Einaudi pubblicherà nel 1968 Economia dei mutamenti fonetici. Trattato di fonologia diacronica,acura di Giovanni Caravaggi ( É conomie des changements phonétiques: Traité de phonologie diachronique , Francke, Berne 1955). 1966 Bari. Prima traduzione italiana di Viktor √klovskij, Una teoria della prosa, presso De Donato. Il titolo originale è O teorii prozy, la data della prima apparizione è il 1925, il duplice sottotitolo della
versione italiana – firmata da Maria Olsoufieva – è L’arte come arti ficio. La costruzione del racconto e del romanzo. Con qualche mese di anticipo sulla sua opera principale, gli editori De Donato ed Einaudi avevano già stampato, rispettivamente, Viaggio sentimentale: ricordi 1917-1922 (Sentimental´noe pute∫estvie, 1923, a cura di M. Olsoufieva), e Zoo, o lettere di non amore (Zoo, ili Pis´ma ne o ljubvi, 1923, trad. it. di Sergio Leone e Sergio Pescatori). Di qui alla fine degli anni sessanta, tre editori stamperanno cinque ulteriori opere di √klovskij; nell’ordine: La mossa del Cavallo. Libro di articoli, De Donato, Bari 1967 (Chod Konja, 1923, trad. it. di M. Olsoufieva); Majakov skij, il Saggiatore, Milano 1967 (O Majakovskom, 1940, trad. it. di M. Olsoufieva); C’era una volta, il Saggiatore, Milano 1968 (æili-Byli, 1964, a cura di Sergio Leone); Il punteggio di Amburgo , De Donato, Bari 1969 (Gamburgsky s™ët , 1928, trad. it. di M. Olsoufieva); Lettura del Decameron: dal romanzo d’avventura al romanzo di carattere , il Mulino, Bologna 1969 (saggio tratto dalla raccolta Chudo∆estvennaja proza: razmy∫lenija i razbory, 1959, trad. it. di Alessandro Ivanov). 1966 Bologna-Roma. Guido Guglielmi e Elio Pagliarani, Manuale di poesia sperimentale, Mondadori. Sotto l’etichetta del manuale i due curatori presentano un’antologia della poesia italiana contemporanea, per la quale firmano il saggio introduttivo La funzione poetica della lingua. L’indice generale prevede due macro-sezioni, La funzione dell’espressione (testi di Erba, Orelli, Zanzotto, Cattafi, Volponi, Risi, Giudici, Raboni, Crovi, Giuseppe Guglielmi, Giuliani, Pasolini, Vivaldi) e La funzione della comunicazione (sezione 1, Significanti: Giuliani, Sanguineti, Vivaldi, Balestrini, Porta, Pagliarani, Spatola; sezione 2, Significati: Pasolini, Risi, Roversi, Volponi, Leonetti, Guglielmi, Pagliarani, Majorino, Pignotti, Sanguineti, Spatola). Spiegano i curatori: «I poeti dell’antologia [nati dopo il 1920] sono ripartiti in due gruppi: quelli che hanno portato avanti la poetica dell’espressione da una parte; quelli che se ne sono distaccati o hanno inteso distaccarsene dall’altra, a loro volta distinti nelle sezioni dei significanti e dei significati. Per poetica dell’espressione s’intende una poetica dei valori linguistici piuttosto che degli elementi semantici della lingua. […] Le sezioni dell’antologia saranno pertanto sezioni aperte. In ciascun poeta si troveranno elementi semantici accanto a elementi extrasemantici e espressivi. La distribuzione è fatta secondo il prevalere dei primi o dei secondi; spesso, laddove le ambiguità non consentono una definizione rigorosa, anche sulla base di preoccupazioni di poetica, secondo che i poeti si siano posti o no un problema di comunicazione». Un anno più tardi, nel saggio Le orecchie della «neocritica» (in «Strumenti critici», I, giugno 1967, n. 3; poi in Metodi e fantasmi, Feltrinelli, Milano 1969) Maria Corti rimprovera a Guglielmi-Pagliarani «un’assunzione del tutto esteriore e decorativa dello strutturalismo, che si trasforma così in sovrastrutturalismo; dall’altra la frequenza, stucchevole persino per un linguista che si interessi di letteratura, della terminologia specialistica fa sì che il vocabolo scientifico sia usato ora in senso tecnico, ora paratecnico, ora metaforico, ora nebuloso e impressionistico, con allusione a qualcosa che non si sa bene che cosa sia, ma comunque non è il concetto scientifico che corrisponde a quel dato linguistico. Siamo cioè di fronte a un uso mistificato della scienza linguistica». 1966 Firenze. Nel primo fascicolo (VII, gennaio-marzo) della trimestrale «Rassegna Italiana di Sociologia», edita dal Mulino e diretta da Camillo Pellizzi, l’allora ventisettenne Paolo Fabbri pubblica Le comunicazioni di massa in Francia. Antropologia - Sociologia - Semiologia. Nello stesso fascicolo, Pier Paolo Giglioli firma La sociolo gia delle comunicazioni di massa in Italia. Fabbri e Giglioli erano en-
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5 trambi, a quell’epoca, assistenti di sociologia nella facoltà di scienze politiche di Firenze. 1966 Milano. Il Circolo Linguistico di Praga, Le tesi del ’29, pubblicato dall’editore milanese Silva con introduzione di Emilio Garroni, come terzo volume dei quaderni della rivista «sigma», stampata anch’essa da Silva. I quaderni sono diretti da Sergio Pautasso, che firma la versione italiana dei testi. In apertura è riprodotto il frontespizio del primo fascicolo della rivista «Travaux du Cercle Linguistique de Prague», Praga 1929, dal titolo Mélanges linguistiques dédiés au Premier congrès des philologues slaves. La stesura delle Tesi si deve a Vilém Mathesius, che aveva fondato nel 1926 il circolo, con la collaborazione di Nikolaj Sergeevi™ Trubeckoj, Roman Jakobson e Sergej Karcevskij. 1966 Milano. Eugenio Montale recensisce negativamente Una teoria della prosa di Viktor √klovskij sul «Corriere della Sera» del 13 novembre, titolo redazionale Il pathos non più sovrano: «se Croce “scavalcava” l’arte intesa come forma tecnica risolvendo in puro contenutismo l’iniziale rigoroso formalismo del suo punto di partenza, il brillantissimo Sklovskij [sic] scavalca a sua volta quei contenuti che una lunga tradizione romantica, non in tutto rinnegata dal Croce, aveva reso inseparabili dall’idea di un’arte letteraria intesa nelle sue varie forme storiche». Se questa è la riserva teorica avanzata da Montale, più interessante risulta un suo affondo pratico-autobiografico: «L’artista non ha un programma e non ha uno scopo definibile in partenza. Quello che lo muove è il senso di un vuoto da riempire, il presentimento di una forma ch’egli conoscerà solo quando sarà raggiunta. E i congegni di cui si serve non sono gratuiti, ma appartengono a un fondo ch’è sempre stato a disposizione degli uomini nati per creare. Di qui la sola e vera garanzia delle forme che divengono Forma quando si organizzano in un contesto che entra nella storia viva – per poi uscirne provvisoriamente. E proprio in questo senso della contestualità dei vari elementi che concorrono a formare un’opera d’arte noi possiamo scorgere il primo germe di quella che poi sarà la teoria strutturalista dell’arte». 1966 Milano. Stefano Agosti, Mallarmé e il linguaggio dell’ontolo gia, in «sigma», n. 10 (giugno). Agosti – le cui analisi degli anni sessanta confluiranno nell’influente volume Il testo poetico, Rizzoli, Milano 1972 – è la principale figura di contatto fra la metodologia strutturalista e la critica psicoanalitica di ispirazione lacaniana. 1966 Milano. Roman Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli. Prima opera organica di Jakobson ad apparire in lingua italiana, a cura di Luigi Heilmann. La traduzione – dall’inglese – è dello stesso Heilmann e di Letizia Grassi. Questo volume antologico raccoglie undici testi del periodo 1948-62 preceduti da un breve scritto A guisa di prefazione, datato «Ossabaw Island, aprile 1966». 1966 Milano. Claude Lévi-Strauss, Antropologia strutturale, il Saggiatore ( Anthropologie structurale, Plon, Paris 1958: la versione italiana è di Paolo Caruso). Seguono di Lévi-Strauss varie altre opere, di qui al 1970: Il crudo e il cotto. Mitologica 1, il Saggiatore, Milano 1966 (Le Cru et le cuit: Mythologiques 1, Plon, Paris 1964, trad. it. di Andrea Bonomi); Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi, Torino 1967 (volume antologico allestito, a cura di Paolo Caruso, per il lettore italiano; il saggio eponimo, Race et Histoire, veniva scritto nel 1952 per incarico dell’Unesco); Le strutture elementari della parentela, a cura di Alberto M. Cirese, Feltrinelli, Milano 1969 (Les Structures élémentaires de la parenté , Puf, Paris 1949); Dal miele alle ceneri. Mitologica 2, il Saggiatore, Milano 1970 (Du miel aux cendres:
Mythologiques 2, Plon, Paris 1966, trad. it. di Andrea Bonomi); La vita familiare e sociale degli Indiani Nambikwara, Einaudi, Torino 1970 (La Vie familiale et sociale des Indiens Nambikwara, Société des Américanistes, Paris 1948, trad. it. di Paolo Caruso).
1966 Reading. Giulio C. Lepschy, La linguistica strutturale, Einaudi, Torino. Il Dipartimento di studi italiani dell’Università di Reading fu istituito nel 1961. Lo dirigeva Luigi Meneghello in qualità di Senior Lecturer in Charge, affiancato da John Scott (Senior Lecturer) e da Franco Marenco (Assistant Lecturer). Giulio C. Lepschy approda a Reading nel 1964, chiamato da Meneghello a coprire il ruolo di Lecturer; sarà promosso Reader nel 1967. Nel ’65 si aggiunge Stuart Woolf – traduttore di Primo Levi in inglese – come Reader in Italian History, e nel 1968 Lino Pèrtile. Meneghello, cui nel 1964 è stata offerta la cattedra di Professor, dirigerà il dipartimento fino al 1980. Lepschy descrive Reading come «un istituto di studi italiani fra i più fiorenti della Gran Bretagna, per numero d’insegnanti e studenti, vivacità di ricerca, e varietà di interessi». I primi importanti saggi di Lepschy erano apparsi nella rivista «L’Italia dialettale»: Fonematica veneziana , XXV (1962); Morfologia veneziana , XXVI (1963); Note sulla fonetica italiana, XXVII (1964). 1966 Roma. Arbasino, La maleducazione teatrale. Strutturalismo e drammaturgia, Feltrinelli. Si può considerare come una tarda postilla a questo volume (che esce in maggio) l’articolo Fonazioni (Primi ap punti per una sociologia della glottide) , apparso in «Nuovi Argomenti», n.s., n. 3-4 (luglio-dicembre 1966). In epigrafe, Arbasino colloca brani di Jakobson, di Fant & Halle (da Preliminaries to Speech Analysis)edai Principes de Phonologie di Trubetzkoy. Il testo riguarda il birignao dell’attore italico – Arbasino lo battezza «morellismo», dal cliché interpretativo di Rina Morelli e dall’«abbaglio di ravvisarvi una concentrazione di valori poetici esemplari» –, che qui è esaminato in base ai Sistemi Fonologici e alle Opposizioni Foniche Distintive (le maiuscole sono di Arbasino). Il morellismo è dunque uno «strumento» che, «studiato coi metodi delle scienze naturali, si riduce alla velarizzazione enfatica, ottenuta rigonfiando la radice della lingua fino a provocare uno spostamento della laringe, per esibire l’opposizione emotiva tra consonanti enfatiche e non enfatiche, nelle serie apicali, gutturali, sibilanti e laringee». Seguono esperimenti di trascrizione fonetica condotti su battute di dialogo russe (Ωechov) e italiane, i quali condurranno Arbasino a dimostrare che il morellismo è, in teatro, ciò che l’ermetismo e la prosa d’arte – e più tardi il neorealismo – sono stati e sono in letteratura: «il morellismo e l’ermetismo hanno ricoperto un medesimo ufficio nell’economia dell’equivoco neorealistico. Hanno cioè impastato di trasognatezza un imbarazzante verismo importato dall’America (Arthur Miller è qui l’inappuntabile pendant del “caso” Saroyan). Un identico lirismo impregnava le prime regìe di Visconti e i primi “coralli” di Einaudi: tutto un pervadere. Lo stesso equivoco ha generato dunque la paradossale confusione degli anni quaranta e cinquanta: una dolorosa intensità piccolo-borghese, sentimentalmente scambiata per Realismo, poiché fra la Pausa e il Simbolo timidamente s’affacciava la civetteria stilistica dell’Apposizione». 1966 Torino. B.T. [Benvenuto Terracini] recensisce Le Cosmicomiche di Italo Calvino in uno «stelloncino» di cronaca della rivista «Archivio Glottologico Italiano», LI, n. 1. Tra i dodici racconti del volume, apparso nel 1965 da Einaudi, Terracini si sofferma sul terzo, Un segno nello spazio: «un segno che sa di saussuriano lontano un miglio». 1966 Torino. Escono da Einaudi gli Elementi di semiologia di Roland Barthes, originariamente apparsi nel 1964 sul quarto fascicolo
Daniele Giglioli e Domenico Scarpa, Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970), in Atlante della letteratura italiana, vol. III, pp. 882-91. www.einaudi.it
6 di «Communications». Umberto Eco, amico di Barthes, glieli chiese subito per pubblicarli nella rivista «Marcatré», ma nella primavera 1966 (il libro fu stampato in maggio, nella traduzione di Andrea Bonomi) finirono per approdare in Einaudi, in quanto Elio Vittorini, prematuramente scomparso il 12 febbraio di quell’anno, aveva espresso il desiderio di accoglierli nella collana «Nuovo Politecnico» appena varata da Giulio Bollati. Solo in seguito alla richiesta italiana Barthes si era deciso a stamparli in volume anche in francese: É léments de sémiologie, Gonthier, Paris 1965. Il nuovo Barthes, semiologo strutturalista a titolo pieno, pubblicherà da questo momento in poi con Einaudi le sue opere maggiori. Già al principio del 1966 l’editore torinese stampava i Saggi critici (Essais critiques, Seuil, Paris 1964) nella traduzione di Lidia Lonzi. Seguiranno, nel 1969, Critica e verità,con una premessa scritta appositamente per i lettori italiani (Critique et vérité , Seuil, Paris 1966, trad. it. di Clara Lusignoli e Andrea Bonomi) e, nel 1970, Sistema della Moda (Système de la Mode, Seuil, Paris 1967, trad. it, di Lidia Lonzi). 1966 Torino. Einaudi pubblica l’opera maggiore di Vladimir Ja. Propp, Morfologia della fiaba, con uno scritto di Claude Lévi-Strauss (La struttura e la forma) e con una replica polemica di Propp. Morfologija skazki è del 1928: Gian Luigi Bravo cura l’edizione italiana. 1967 Bari. Con la fondamentale curatela di Tullio De Mauro, esce da Laterza il Corso di linguistica generale di Ferdinand de Saussure. De Mauro ha raccontato che furono l’editore Vito Laterza e il suo collaboratore Donato Barbone a proporgli, nel 1963, l’edizione italiana di Saussure: «Con grande ingenuità, risposi che si trattava dell’opera chiave dei nostri studi, che tutti i possibili interessati in Italia conoscevano e, certamente, possedevano in francese. Insomma, la traduzione era inutile. Prudentemente l’editore scrisse all’editore francese del Cours, Payot, per chiedergli notizie sulle vendite in Italia. Arrivò la risposta, fui cortesemente e allegramente sbeffeggiato, risultava che in cinquant’anni il Cours in Italia si era venduto in assai poche copie, qualche decina. Fui spinto a mettermi al lavoro». Nel 1972, cinque anni dopo quella versione italiana, lo stesso editore Payot avrebbe ripreso il commento di De Mauro in versione francese. Saussure (18571913) aveva tenuto a Ginevra fra il 1906 e il 1911 i tre corsi dai quali i suoi allievi Charles Bally e Albert Séchehaye ricavarono, con la collaborazione di Albert Riedlinger, il Cours de linguistique générale quale noi lo conosciamo, apparso postumo nel 1916 (Payot, Lausanne-Paris). 1967 Bologna. Presso l’Istituto Gramsci viene organizzato un seminario sullo strutturalismo, cui partecipa fra gli altri Umberto Eco. 1967 Bologna. «il verri» dedica il numero 24, pubblicato in giugno, a Lo strutturalismo linguistico, affidandone la cura a Luigi Heilmann che lo introduce con un saggio dallo stesso titolo. Gli altri testi raccolti sono di Giulio C. Lepschy, Paolo Valesio, André Martinet, Gustav Herdan e Pelio Fronzaroli. Nell’ Intervento di presentazione, non firmato, Luciano Anceschi rivendica alla rivista la precocità del suo interesse per la materia (ricordando il saggio su Strutturalismo e critica letteraria pubblicato dal giovanissimo Paolo Valesio, saggio che per la verità rimase in quegli anni, perlomeno sul «verri», un caso isolato) e manifesta la sua opzione per uno strutturalismo «fenomenologico». 1967 Bologna. Guido Guglielmi, La letteratura come sistema e come funzione, Einaudi, Torino. Il volume inaugura la nuova collana «La ricerca critica» – la cosiddetta collana verde, dal colore delle sue copertine – dedicata agli studi più vicini ai nuovi metodi. «La ricerca critica» era stata preceduta dall’omologa «La ricerca letteraria», coordinata da Guido Davico Bonino e ripartita in due serie, straniera e
italiana; nella seconda esordiscono fra gli altri, in questi anni, Alice Ceresa, Giuliano Scabia, Sebastiano Vassalli e Gianni Celati. 1967 Bologna. Ezio Raimondi, Tecniche della critica letteraria, Einaudi. Secondo volume de «La ricerca critica». 1967 Firenze. Marcello Pagnini, Struttura letteraria e metodi critici, D’Anna, Firenze-Messina. Con Aldo Rossi e Alessandro Serpieri, Pagnini è il principale rappresentante del polo fiorentino dello strutturalismo italiano. Nel 1970 Pagnini pubblicherà da Einaudi il suo Critica della funzionalità. 1967 Harvard. Paolo Valesio, Strutture dell’allitterazione: grammatica, retorica e folklore verbale, Zanichelli, Bologna. 1967 Milano. Viggo Br°ndal, Teoria delle preposizioni. Introduzione a una semantica razionale,Silva(Pr positionernes theori: Indledning til en rationael betydningsl re, K°benhavns Universitet, K°benhavn 1940; trad. dal francese di Amalia Ricca Ambrosini). La versione francese su cui è stata condotta quella italiana è la seguente: Théorie des prépositions. Introduction à une sémantique rationnelle, a cura di Pierre Naert, Munksgaard, Copenhagen 1950. Una parte del testo era stata anticipata nel 1965 sulla rivista «sigma» (n. 5, marzo) edita anch’essa da Silva. ^
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1967 Milano. Armanda Guiducci, Dallo zdanovismo allo strutturalismo, Feltrinelli. 1967 Milano. Lazar´ Osipovi™ Reznikov, Semiotica e marxismo: i problemi gnoseologici della semiotica, Bompiani (Gnoseologi™eskie vo prosy semiotiki, 1964, trad. it. di Alberto Pescetto). 1967 Pavia. In febbraio, sul numero 2 di «Strumenti critici», esce il primo saggio di Jurij M. Lotman pubblicato in italiano: Metodi esatti nella scienza letteraria sovietica. Tradotto e presentato da Vittorio Strada, è stato scritto appositamente per la rivista pavese. Il fascicolo comprende anche Sulla composizione dell’Evgenij Onegin di Jurij Tynjanov, ancora inedito in Russia. 1967 Urbino. L’università organizza il primo Seminario sui metodi dell’analisi del racconto. L’anno successivo parteciperà alla seconda edizione Italo Calvino, rimanendo colpito dalla relazione di Paolo Fabbri su Il racconto della cartomanzia e il linguaggio degli emblemi. Da questa sollecitazione intellettuale nascerà entro breve tempo il racconto combinatorio Il castello dei destini incrociati, pubblicato nel 1969 da Franco Maria Ricci, Milano. 1967 Urbino. Esce presso l’editore Argalìa Modelli semiologici di Algirdas Julien Greimas, a cura di Paolo Fabbri e Giuseppe Paioni. Questa raccolta di saggi rappresenta una svolta nella storia – editoriale, in primis – dello strutturalismo in Italia, trattandosi di saggi che l’autore non ha ancora riunito in volume nella lingua originale. Vale quindi la pena darne l’elenco analitico: Elementi per una teoria dell’interpretazione del mondo mitico, in «Communications», n. 8 (1966); La descrizione della significazione e la mitologia comparata, in «L’Homme», III (settembre-dicembre 1963), n. 3; La linguistica strutturale e la poetica, in «Revue internationale des Sciences sociales», I (1967); Struttura e storia, in «Les Temps Modernes», XXII (novembre 1966), n. 246; Considerazioni sulla teoria del linguaggio, in Atti del Convegno di Semiologia , Varsavia 1966; La scrittura cruciverbista, in To Honor Roman Jakobson: Essays on the Occasion of His Seventieth Birthday, 11 October 1966, Mouton, The Hague - Paris 1967 sgg. Nell’estate 1967 ( Modelli semiologici ha un «finito di stampare» del 20 luglio) l’edito-
Daniele Giglioli e Domenico Scarpa, Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970), in Atlante della letteratura italiana, vol. III, pp. 882-91. www.einaudi.it
7 ria intellettuale italiana, per di più situata in provincia, si ritrova all’avanguardia in Europa. Pochi mesi più tardi, un ulteriore saggio di Greimas ancora inedito in Francia – Semiotica o metafisica? – sarà pubblicato in «Strumenti critici» (II, febbraio 1968, n. 5). 1968 Bari. Boris Ejchenbaum, Il giovane Tolstoj: la teoria del metodo formale, De Donato ( Molodoj Tolstoj, 1922, trad. it. di Maria Olsoufieva). 1968 Bari. Jurij Tynjanov, Avanguardia e tradizione, De Donato ( Archaisty i novatory, 1967, trad. it. di Sergio Leone), con un saggio introduttivo di Viktor √klovskij. Nello stesso anno esce anche (presso il Saggiatore, Milano) un altro saggio di Tynjanov, Il problema del linguaggio poetico (Problema stihotvornogo jazyka, stat´i, 1963). La traduzione italiana è di Ljudmila Kortikova e Giovanni Giudici, poeta fortemente interessato ai nuovi metodi critici, grazie fra l’altro alla sua attività di traduttore da lingue come il ceco e il russo. 1968 Firenze. I ferri vecchi e quelli nuovi. Ventuno domande di Renzo Federici a Gianfranco Contini, in «Prisma. Rassegna mensile del libro», n. 1/2. Tanto sul piano storico-ricostruttivo quanto sul piano teorico-proiettivo, l’intervista vale un ampio, denso trattato: «E allora constatiamo che la critica, tanto la buona quanto la cattiva, si trasferisce in laboratorio. Quale può essere la teleologia, il traguardo finale, di una simile operazione? Evidentemente non quella di costruire, come si è pur proposto nel momento immediatamente successivo al primo Croce, un “equivalente” letterario dei cosiddetti mondi poetici. Credo che si dovrebbe arrivare, a norma di logica, a tutt’altro esito, cioè a quello della “esecuzione” dei testi». Prima di laurearsi in storia dell’arte alla Normale di Pisa, Federici aveva seguito a Friburgo i corsi di filologia romanza di Contini; lavorò poi per molti anni per Einaudi, come iconografo e come traduttore. 1968 Firenze. Stephen Ullmann, Stile e linguaggio, Vallecchi (Lan guage and Style: Collected Papers, Blackwell, Oxford 1964, trad. it. di Olga Rossi Devoto). 1968 Milano. Linguaggi nella società e nella tecnica, convegno promosso dalle industrie Olivetti per celebrare il centenario della nascita del fondatore, ingegner Camillo Olivetti. Il convegno ha luogo al Museo nazionale della scienza e della tecnica fra il 14 e il 17 ottobre. Gli atti usciranno da Edizioni di Comunità, Milano, nel 1970; e qui vale la pena trascrivere per intero l’indice della prima sezione, Struttura del linguaggio e struttura della società, che offre un’idea plastica dello stato dell’arte e della compresenza fra studiosi maturi e giovani ricercatori: Roman Jakobson, Language in Relation to Other Communication Systems; Émile Benveniste, Structure de la langue et structure de la société ; Giacomo Devoto, Lingua e società nell’antichità indoeuropea; Tullio De Mauro, Proposte per una teoria formalizzata del noema lessicale e della storicità e socialità dei fenomeni linguistici; Ferruccio RossiLandi, Problemi dell’alienazione linguistica; Thomas A. Sebeok, Zoo semiotic Structures and Social Organization; Umberto Eco, Codici e ideologie; Lucien Goldmann, Structuralisme génétique et analyse stylistique. 1968 Milano. Gianfranco Bettetini, Cinema: lingua e scrittura,Bompiani. 1968 Milano. Umberto Eco, La struttura assente. Introduzione alla ricerca semiologica, Bompiani. Così Alberto Arbasino accolse questo libro: «Uscita con fortunato tempismo un mese prima del maggio 1968, La struttura assente si leggerà a lungo come l’ultimo dei grandi romanzi-conversazione capaci di fissare con la precisione d’una Sum-
ma e con l’attenzione di un Huxley i lineamenti culturali di un’epoca, restituendo intatte le maggiori idee correnti e il tono esatto delle polemiche intellettuali fino alle minuzie che costituiscono – sommate – l’Air du Temps…» (Umberto Eco e altri, 1968, in Sessanta posizioni, Feltrinelli, Milano 1971). Importante opera di sistemazione e ricapitolazione delle ricerche in corso, La struttura assente si caratterizza per il tentativo di distinguere uno strutturalismo «metodologico» da uno strutturalismo «ontologico», che a parere di Eco domina nel panorama intellettuale francese (Claude Lévi-Strauss, Jacques Lacan, Louis Althusser, Michel Foucault). A una sintesi fra lo strutturalismo di matrice hjelmsleviana (ripreso in Francia da Algirdas J. Greimas, impegnato nel progetto di fondare una semantica strutturale che permetta di compiere, sul piano del contenuto, le stesse operazioni di descrizione esatta che la fonologia consente sul piano dell’espressione) e la semiotica del padre del pragmatismo americano Charles Sanders Peirce (orientata invece alla costruzione di un modello abduttivo-intepretativo), Eco perverrà alcuni anni più tardi nel suo Trattato di semiotica generale (Bompiani, Milano 1975). Da quel momento in poi, la matrice-Peirce sarà sempre più evidente nelle sue ricerche.
1968 Milano. Ferruccio Rossi-Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato. Una teoria della produzione e della alienazione linguistiche , Bompiani. Il saggio che dà il titolo al volume era apparso nella rivista «Nuova Corrente» (n. 36, 1965), di cui Rossi-Landi era redattore. Altri due saggi erano usciti fra il 1966 e il 1967 in «Nuovi Argomenti», mentre Ideologia come progettazione sociale era apparso nell’aprile 1967 come editoriale nel primo fascicolo di «Ideologie», la rivista che Rossi-Landi fondò con Mario Sabbatini, e che ebbe sedi redazionali a Roma e a Padova. 1968 Roma. Emilio Garroni, Semiotica ed estetica. L’eterogeneità del linguaggio e il linguaggio cinematografico, Laterza, Bari. 1968 Torino. Esce da Einaudi, a cura di Tzvetan Todorov, I formalisti russi. Teoria della letteratura e metodo critico, con prefazione di Roman Jakobson. In ordine alfabetico, gli studiosi rappresentati in questo volume antologico sono, oltre lo stesso Jakobson, i seguenti: Osip Brik, Boris Ejchenbaum, Vladimir Propp, Viktor √klovskij, Jurij Tynjanov, Boris Toma∫evskij e Viktor Vinogradov. L’antologia di Todorov, destinata al pubblico francese, era uscita nel 1965 (Seuil, Paris) col titolo Théorie de la littérature. Textes des formalistes russes. La cura editoriale della versione italiana è di Gian Luigi Bravo. 1968 Torino. Presso l’Istituto di filologia romanza, da febbraio a maggio, si tiene un Seminario interdisciplinare di semiologia: animati da D’Arco Silvio Avalle, autogestiti, gli incontri si svolgono nel pieno della contestazione studentesca. 1968 Torino. A cura di Giulio C. Lepschy, Einaudi traduce Louis Hjelmslev, I fondamenti della teoria del linguaggio (Omkring sprogteoriens grundl ggelse, Munksgaard, K°benhavn 1943; ma la versione italiana è stata condotta sull’edizione inglese: Prolegomena to a Theory of Language, Waverly Press, Baltimore 1953). Nuovamente a cura di Lepschy e nella traduzione di Anna Debenedetti Woolf, uscirà sempre da Einaudi, nel 1970, Il linguaggio (Sproget: En introduktion , Berlingske Forlag, K°benhavn 1963, edizione italiana condotta questa volta sulla versione francese: Le Langage: une introduction, a cura di Algirdas Julien Greimas, Éditions de Minuit, Paris 1966). ^
1968 Trieste. Giuseppe Petronio, comunista, titolare della cattedra di letteratura italiana nell’università giuliana nonché fondatore della rivista «Problemi» (con redazione a Roma), dedica largo spazio ai nuo-
Daniele Giglioli e Domenico Scarpa, Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970), in Atlante della letteratura italiana, vol. III, pp. 882-91. www.einaudi.it
8 vi temi linguistici, strutturali e antropologici offrendone una lettura improntata ai principî marxisti ma ospitando voci illustri delle varie discipline. Nel fascicolo n. 7 (gennaio-febbraio) apre la discussione Giacomo Devoto (La linguistica ieri e oggi), proseguita dal già citato articolo di Luperini (Le aporie dello strutturalismo e il marxismo) e da testi del medesimo Petronio (La struttura del linguaggio poetico) e di Bruno Porcelli (Per un esempio d’analisi strutturale). Nel n. 8 (marzo-aprile) intervengono Cesare Vasoli ( A proposito di Althusser, del marxismo e dello strutturalismo) e Paolo Ramat (Teoria e prassi nella ricerca linguistica), mentre il n. 10 (luglio-agosto) si apre con saggi di Vittorio Lanternari ( Antropologia culturale) e Corrado Maltese (Strutturalismo e figurazione). L’attenzione si manterrà costante negli anni successivi; qui si può segnalare, sul n. 13 del gennaio-febbraio 1969, l’articolo di Tullio De Mauro Quel che non sappiamo… sulla linguistica, apparso in una rubrica di aggiornamento dedicata ai nuovi strumenti della ricerca. Petronio raccoglierà gran parte di questi materiali nel volume Lo strutturalismo fra ideologia e tecnica , da lui curato nel 1972 per l’editore palermitano Palumbo, che stampava «Problemi» fin dal primo fascicolo.
trodotto da Roland Barthes, contiene scritti di Claude Bremond, Umberto Eco, Gérard Genette, Algirdas Julien Greimas, Jules Gritti, Christian Metz, Tzvetan Todorov.
1969 Berkeley. «Rassegna Italiana di Sociologia», aprile-giugno (IX, n. 2), numero speciale dedicato alla sociolinguistica, a cura di Pier Paolo Giglioli, che stava preparando in California un dottorato in sociologia. Dopo la sua Introduzione, il primo dei saggi – Per una sociologia del senso comune – è firmato da Algirdas Julien Greimas. Paolo Fabbri, ora incaricato di filosofia del linguaggio all’Università di Urbino, contribuisce con Linguaggio sociologico e semantica strutturale.
1969 Pavia. Cesare Segre, I segni e la critica. Fra strutturalismo e semiologia, Einaudi, Torino. Un primo bilancio metodologico.
1969 Bologna. Gianni Celati, Struttura logica del racconto letterario, in «sigma», n. 22 (giugno). In questo lungo saggio, datato giugno-ottobre 1968 e mai ripreso in volume, Celati incrocia le sue letture di antropologia, da Edward Burnett Tylor a Claude Lévi-Strauss, con i procedimenti logici che va apprendendo dal suo maestro bolognese Enzo Melandri e con la padronanza della cultura linguistico-semiotica di quegli anni, da Propp a Greimas, fino alla Anatomy of Criticism di Northrop Frye. Ne risulta un trattato di narratologia stilato a uso proprio e nutrito anche dalla partecipazione ai seminari di Urbino sul racconto. 1969 Firenze. Gianfranco Contini, Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi (1938-1968), Einaudi. Benché non contenga opzioni esplicite – né, tantomeno, esclusive – a favore della linguistica strutturale, questa prima importante campionatura del lavoro critico-filologico di Contini riunisce studi (a cominciare dalle Implicazioni leo pardiane del 1947) che hanno fatto tesoro delle sue lezioni di metodo e che segnano una data nella linguistica italiana contemporanea. 1969 Harvard. Tendenze attuali della critica americana, fascicolo monografico di «Strumenti critici» (III, giugno, n. 9) a cura di Dante Della Terza, che nell’ateneo di Boston insegna lingue e letterature romanze. I saggi principali qui raccolti portano le firme di Harry T. Levin, Northrop Frye, Angus Fletcher e Roy Harvey Pearce, mentre l’ospite d’onore della sezione «Microfilm» è I. A. Richards.
1969 Milano. I sistemi di segni e lo strutturalismo sovietico, Bompiani. Volume antologico, curato da Umberto Eco e Remo Faccani: raccoglie testi provenienti da sei diverse opere collettanee apparse nella Russia sovietica tra il 1962 e il 1968. Una parte cospicua del materiale è frutto delle ricerche condotte dalla scuola di Tartu, in Estonia, il cui più illustre rappresentante è Jurij M. Lotman. 1969 Milano. Algirdas Julien Greimas, La semantica strutturale. Ricerca di metodo, Rizzoli (Sémantique structurale: recherche de méthode, Larousse, Paris 1966, trad. it. di Italo Sordi). 1969 Pavia. Maria Corti, Metodi e fantasmi, Feltrinelli, Milano. Allieva del filosofo Antonio Banfi, co-fondatrice di «Strumenti critici», Maria Corti è con Cesare Segre la più prestigiosa animatrice della critica strutturalistica di scuola pavese.
1969 Torino. Gérard Genette, Figure I. Retorica e strutturalismo, Einaudi (Figures: essais, Seuil, Paris 1966, trad. it. di Franca Madonia). Il titolo italiano reca l’ordinale perché la seconda serie delle Fi gures di Genette era apparsa proprio nel ’69, di nuovo presso Seuil. 1970 Bari. Sebastian Konstantinovi™ √aumjan, Linguistica dinamica, a cura di Eddo Rigotti, Laterza (Strukturnaja lingvistika, 1958). 1970 Pavia. I metodi attuali della critica in Italia, a cura di Maria Corti e Cesare Segre, Eri, Torino. Sulla soglia degli anni settanta, il volume sancisce la definitiva egemonia della critica di impostazione formalistica: a un’unica sezione dedicata ai metodi “estrinseci” di analisi letteraria – La critica sociologica, affidata a Cesare Cases – fanno seguito: La critica simbolica, di Ezio Raimondi; La critica psicanalitica, di Michel David (vi figura fra gli altri Giacomo Debenedetti, con un saggio su Svevo); La critica stilistica, di Dante Isella; La critica e la storia della lingua italiana, di Gian Luigi Beccaria; La critica formalistica, di Marcello Pagnini; La critica strutturalistica, di Cesare Segre; La critica semiologica, di Umberto Eco. Apre il volume Maria Corti con uno scritto su Le vie del rinnovamento critico in Italia; concludono a firma congiunta i due curatori con La critica e la vita letteraria (Consuntivo in forma di dialogo). Il volume reca il corredo di un essenziale Glossario terminologico. Vale la pena notare che gli unici due scrittori-saggisti inclusi nell’antologia figurano entrambi, con Debenedetti, nel capitolo sulla critica psicoanalitica: sono due poeti, Umberto Saba (con una scelta di testi da Scorciatoie e raccontini, 1946, e da Storia e cronistoria del Canzoniere, 1948, alla quale è assegnato il titolo Eros e gli scrittori) e Andrea Zanzotto (con un saggio del 1965 su Giacomo Noventa).
1969 Roma. Raffaele Simone, Piccolo dizionario della linguistica moderna, Loescher, Torino.
1970 Torino. D’Arco Silvio Avalle, L’analisi letteraria in Italia. Formalismo, Strutturalismo, Semiologia, Ricciardi, Milano-Napoli. Una messa a punto teorica, preceduta da una sorta di preistoria dello strutturalismo italiano, dove si narra come la metodologia strutturalista discenda – con una discontinuità che non arriva mai alla rottura – dal doppio tronco della critica stilistica e della filologia di impostazione storicistica.
1969 Milano. L’analisi del racconto, Bompiani. Questo volume collettaneo è la traduzione del fascicolo n. 8 di «Communications»: L’Analyse structurale du récit: recherches sémiologiques, 1966. Curato e in-
1970 Urbino. Paolo Fabbri e Giuseppe Paioni fondano, con Carlo Bo, il Centro Internazionale di Semiotica e Linguistica. Il direttore scientifico è A. J. Greimas.
1969 Harvard. Roman Jakobson e Paolo Valesio, Vocabulorum Constructio in Dante’s Sonnet «Se vedi li occhi miei» , in «Studi danteschi», XLIII.
Daniele Giglioli e Domenico Scarpa, Strutturalismo e semiotica in Italia (1930-1970), in Atlante della letteratura italiana, vol. III, pp. 882-91. www.einaudi.it