POPOLAZIONE, ECONOMIA, SOCIETÀ Il XVI secolo fu caratterizzato da un notevole aumento au mento della popolazione che, anche a causa dell’immigrazione, dell’immigrazione, interessò in modo particolare le città. Le cause di questo fenomeno non sono chiare: forse un rallentamento delle epidemie, forse un abbassamento dell’età del matrimonio. matrimonio. La crescita della popolazione provocò un aumento dei prezzi dei generi di prima necessità così forte forte da far parlare di di una “rivoluzione dei prezzi”. prezzi”. L’aumento della domanda di grano e altri prodotti favorì le aziende
agricole, ma la struttura agraria più diffusa continuò ad essere la signoria, che prevedeva diversi oneri a carico dei contadini, e la produttività della terra restò assai bassa. Un’altra conseguenza dell’aumento dell’aumento dei prezzi agricoli fu la diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori urbani, addetti alla produzione di manufatti, all’interno del sistema delle corporazioni di mestiere. L’aumento dei prezzi riguardò anche questo tipo di beni urbani, ma la
domanda di essi risentiva immediatamente di ogni piccolo innalzamento dei prezzi dei prodotti agricoli, facendo precipitare nell’indigenza nell’indigenza anche
molti artigiani indipendenti. L’aumento della popolazione comportò anche una crescita delle attività
commerciali e, con esse, di quelle finanziarie e creditizie, anche su scala internazionale. Si costituirono compagnie commerciali, spesso dotate di privilegi, e in grado di ottenere ottenere alti profitti dalle loro attività. Anche Anche il prestito ai sovrani, benché rischioso, fu spesso assai redditizio. redditizio. La crescita della popolazione, non adeguatamente sostenuta da un aumento delle risorse disponibili, generò un aumento della povertà che, a sua volta, attrasse l’attenzione di molti governi cittadini, preoccupati di mantenere imi istituti di assistenza ai poveri che l’ordine. Furono così creati i pr imi
svolgevano contemporaneamente contemporaneamente un ruolo di assistenza e di repressione. Alla fine del ‘500 una grave crisi di mortalità diede il via ad un
rovesciamento della tendenza alla crescita demografica. Anche qui le cause non sono ben note, ma è probabile che sia intervenuto un innalzamento dell’età del matrimonio. matrimonio.
VIAGGI OCEANICI E SCOPERTE GEOGRAFICHE L’interruzione delle tradizionali vie di comunicazione con l’Oriente, dovuta alle conquiste dell’Impero ottomano, spinse g li europei, e in
particolare i portoghesi, a cercare di aprirsi una via marittima verso le Indie. Le spedizioni esplorative culminarono nel 1497-1498 con la circumnavigazione dell’Africa da parte di Vasco da Gama. Queste imprese
furono facilitate dai progressi tecnici nelle costruzioni navali e in particolare dalla caravella. Nave portoghese veloce e maneggevole. Inoltre fu proprio il Portogallo a lanciarsi alla conquista di empori commerciali e piazzeforti lungo le coste dell’Africa e dell’Oriente, fino all’India,
costituendo un impero marittimo e ottenendo il monopolio quasi assoluto del commercio delle spezie. Il successo delle imprese portoghesi spinse anche la Spagna, da poco unificata, a lanciarsi nei viaggi oceanici e ad accogliere la proposta di Cristoforo Colombo di raggiungere le Indie navigando verso occidente. Fu la scoperta dell’America (1492), anche se non fu Colomba, ma Vespucci,
alcuni anni dopo, a rendersi conto che non si trattava delle Indie bensì di un nuovo continente. Attirati dalle grandi ricchezze che sembravano provenire dalle nuove terre, i sovrani di Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra promossero altri viaggi che portarono a ulteriori scoperte. Le prime spedizioni spagnole si erano limitate alle isole Antille e fu solo nel 1519, con Cortes, che ebbe inizio la conquista del continente. All’arrivo dei conquistatori, alcune delle civiltà del nuovo mondo
presentavano una struttura sociale complessa, una vita politica evoluta, una florida economia e una raffinata cultura. Gli Aztechi, insediatisi di recente nell’altopiano del Messico, avevano costituito un vasto impero
sottomettendo le popolazioni della regione e costringendole a pagare pesanti tributi. E fu proprio l’appoggio ricevuto da queste popolazioni a
consentire agli spagnoli di portare a termine in breve tempo la conquista del territorio Azteco. Oltre ai domini aztechi, gli spagnoli conquistarono l’impero dei Maya, che
vivevano nella penisola dello Yucatan attorno a centinaia di luoghi di culto, avevano un complesso sistema di scrittura e un avanzatissimo calendario. Infine, in Però, approfittando di una crisi dinastica, sottomisero
l’impero degli Incas, il meglio organizzato di tutti, almeno sul piano
politico. La facilità con cui gli spagnoli portarono a termine le loro conquiste non si spiega solo con la superiorità delle loro armi e l’appoggio delle popolazioni sottomesse, ma anche con la “paralisi culturale” che colpì gli
amerindi di fronte alle sventure di cui erano vittime e con la diffusione di malattie nei confronti delle quali non avevano difese immunitarie. I massacri e il lavoro coatto nelle miniere d’oro e d’argento fecero il resto. Ne derivò un gravissimo crollo demografico. L’organizzazione politica e sociale introdotta dagli europei ricalcava il
modello feudale della signoria spagnola, ma la corona intervenne a più riprese sia per difendere i propri diritti, sia per mitigare lo sfruttamento degli indigeni. L’attività economica più importante era costituita dall’estrazione di oro e argento, per la quale venivan o utilizzati gli indigeni ma anche i nuovi schiavi provenienti dall’Africa. L’importazione di metalli preziosi dall’America ebbe importanti conseguenze sull’economia
europea, aggravando il processo di inflazione già in atto. Con la conquista del nuovo mondo gli europei scoprirono l’“altro”. Di fronte alle popolazioni indigene l’atteggiamento fu spesso di totale
chiusura e molti conquistatori si abbandonarono alle più efferate e gratuite forme di crudeltà. Tuttavia alcuni missionari e persino alcuni avventurieri adottarono un atteggiamento più attento nei confronti degli amerindi, lasciandoci preziose testimonianze del loro modo di vivere.
LA RIFORMA All'inizio del '500 da più parti si avvertiva l'esigenza di una profonda riforma della Chiesa, che mettesse fine all'assenteismo del clero e all'eccessivo coinvolgimento del papato negli affari mondani. Le crescenti esigenze finanziarie della Curia romana spinsero invece il papa a lanciare una nuova campagna di «vendita» delle indulgenze. Il monaco agostiniano tedesco Martin Lutero contestò questa operazione, negando la capacità della Chiesa di rimettere pene inflitte da Dio, e per questa sua affermazione venne scomunicato. Prima di rendere effettiva la condanna di scomunica Carlo V accettò di convocare Lutero alla Dieta di Worms, dove fu invitato a ritrattare le sue tesi, cosa che rifiutò fermamente di fare. Messo in salvo dall'elettore di Sassonia, suo diretto signore, si dedicò alla traduzione in tedesco della Bibbia e alla precisazione dei contenuti della sua dottrina, che si diffuse rapidamente in Germania, ottenendo il consenso di vasti strati della popolazione. La diffusione della dottrina luterana fu enormemente facilitata dall'invenzione della stampa, che consentì di riprodurre i suoi scritti in migliaia di esemplari. Lutero aveva voluto essere un riformatore religioso, tuttavia in molti casi le sue parole furono interpretate in senso politico, dando l'avvio a numerose rivolte. La prima fu quella dei cavalieri, che fu rapidamente repressa. Molto più grave fu la guerra dei contadini - scoppiata nel 1524 che protestavano contro le usurpazioni compiute ai loro danni dai signori feudali e chiedevano il rispetto delle parole del Vangelo. Contro la rivolta dei contadini Lutero ebbe parole durissime e incoraggiò i principi territoriali nella loro opera di repressione. Il successo delle dottrine luterane e la loro diffusione in gran parte della Germania provocarono una spaccatura tra i principi tedeschi, che si unirono in due leghe contrapposte, protestante e cattolica. Questo portò a una serie di scontri e di tentativi di riconciliazione tra protestanti e cattolici che si conclusero nel 1555 con la pacificazione di Augusta: Carlo V accettò la presenza del luteranesimo all'interno dell'Impero e stabilì che
ogni suddito avrebbe dovuto seguire la religione del suo signore territoriale. Le istanze di riforma dottrinaria non ebbero come unico punto di riferimento Lutero e i suoi allievi. In molte città svizzere e tedesche, teologi come Butzer e Zwingli portarono avanti loro personali percorsi di riforma, in genere con il pieno consenso delle autorità cittadine, che in questa maniera assumevano il controllo delle Chiese locali e mettevano fine al drenaggio di risorse a favore della Curia romana. Anche a Ginevra si ebbe qualcosa di simile, ad opera di Giovanni Calvino, uno dei più rigorosi teologi dell'area riformata. Sotto la sua guida gli ordinamenti politici vennero modificati in base al principio della stretta integrazione tra spirito religioso e comunità politica. Tutta la vita degli abitanti della città era organizzata in ottemperanza ai dettami evangelici e strettamente controllata dalle autorità. Forte fu l'intransigenza dottrinaria di Calvino, che non esitò a condannare al rogo l'antitrinitario Serveto. L'adesione alla Riforma fu massiccia in molte aree d'Europa. In Francia, nei Paesi Bassi, in alcuni territori tedeschi, in Scozia, in Ungheria si diffuse il calvinismo, mentre il luteranesimo fece proseliti in parte della Germania e in Scandinavia. In Inghilterra, Enrico VIII diede vita - dopo il rifiuto del papa di annullare il suo matrimonio - alla Chiesa anglicana (1534), con un distacco dalla Chiesa di Roma che fu politico piuttosto che dottrinario. Le ragioni di questo successo sono complesse e non si possono ridurre al rapporto con il nascente spirito del capitalismo, come aveva ipotizzato Max Weber. In Italia la Riforma ebbe una limitata diffusione, sia perché l'ostilità contro la Curia romana era minore che altrove, sia perché non ottenne l'appoggio di alcun potere politico. Grande influenza ebbe tuttavia Valdés, i cui seguaci furono variamente perseguitati. Altri «eretici», costretti a emigrare, ebbero una grande influenza sulla cultura europea, diffondendo idee di tolleranza religiosa che erano estranee sia ai cattolici sia ai riformati.
GUERRE D’ITALIA E FORMAZIONE DEGLI STATI TERRITORIALI
Gli ultimi decenni del '400 in Italia furono contrassegnati da una crescente instabilità politica, che si tradusse in congiure e rovesciamenti di potere all'interno di vari Stati. Alle ragioni interne dì turbolenza bisogna poi aggiungere le pressioni di francesi e aragonesi che, per motivi strategici e dinastici, miravano a conquistare o mantenere possedimenti in Italia. La situazione precipitò quando, rispondendo anche all'appello di Ludovico il Moro, che si era appena insediato al potere nel Ducato di Milano, scacciandone il legittimo erede, Carlo VIII, re di Francia, entrò in Italia alla testa del suo esercito. La discesa di Carlo VIII (1494) in Italia incontrò così pochi ostacoli da spaventare gli Stati italiani, che si allearono tra loro in funzione antifrancese: Carlo VIII fu sconfitto e rientrò rapidamente in Francia. A Firenze, la signoria medicea, che gli aveva aperto le porte della città, fu deposta e fu instaurata una repubblica popolare guidata da Girolamo Savonarola. Le mire delle potenze straniere sull'Italia non cessarono e anzi il re di Francia e quello di Aragona si accordarono per spartirsi il Regno di Napoli. La guerra che seguì al fallimento di questa intesa riattivò gli intrighi dei diversi Stati italiani, e in particolare del papa Alessandro VI Borgia e di Venezia. Nel 1516, con la pace di Noyon promossa da Leone X, si giunse a una fase di distensione, ma presto il conflitto tra le due principali potenze europee per il controllo dell'Italia riprese. Nel 1516 i due principali protagonisti delle guerre d'Italia erano cambiati: sul trono di Francia sedeva ora Francesco I e su quello unificato di Spagna Carlo d'Asburgo. Nel 1519 quest'ultimo fu anche eletto imperatore del «Sacro Romano Impero della nazione tedesca» col nome di Carlo V, e si trovò cosi a regnare su territori vastissimi. L'Italia continuò comunque a costituire il terreno di scontro tra le due potenze rivali. Alla morte del duca di Milano, Carlo V occupò quella regione, e ciò riaccese la lunga lotta con la Francia, che ne uscì sconfitta. Dopo un'ennesima pace, la guerra riprese con il nuovo re di Francia Enrico II, che spostò l'asse del conflitto dall'Italia alla Germania (ove ebbe l'appoggio dei principi luterani), finché
non si concluse con la pace di Cateau-Cambrésis (1559) che regolò gli equilibri politici europei per circa mezzo secolo. Non fu però Carlo V a firmare questa pace. Nel 1556 egli infatti abdicò, dividendo l'impero tra il fratello Ferdinando I (che ebbe la corona imperiale, le terre degli Asburgo, Boemia e Ungheria) e il figlio Filippo II (Spagna, Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna, Paesi Bassi, colonie americane); con questo atto riconosceva l'irrealizzabilità dell'impero universale. Gli Stati del primo '500 avevano caratteristiche assai diverse da quelli odierni. L'Impero germanico era formato da centinaia di territori relativamente autonomi rispetto al potere imperiale. Il potere politico era esercitato congiuntamente dall'imperatore, elettivo, e dall'assemblea dei ceti, la Dieta. Tra l'uno e l'altra esisteva un rapporto che era contemporaneamente di collaborazione e di competizione. Anche nei regni iberici Carlo V aveva a che fare con delle assemblee rappresentative dei ceti - le Cortes - ma qui la struttura politico-istituzionale era meno frammentata. Organi di rappresentanza - gli Stati generali - esistevano pure in Francia, ma il loro potere era minore che altrove. Il bisogno di denaro, legato alle guerre, spinse le monarchie europee a cercare di rafforzare il controllo sui loro territori. In modo da accrescere le possibilità di ricavarne finanziamenti, e ad ampliare l'apparato burocratico. Anche l'accordo con la Chiesa di Roma fu utilizzato come strumento per l'accrescimento del potere monarchico.
LA CONTRORIFORMA Già prima di Lutero si erano manifestati nella Chiesa movimenti riformatori e una diffusa richiesta di una severa opera di moralizzazione, ma la decisione del papa Paolo III di convocare un concilio fu strettamente legata alla necessità di reagire alla diffusione delle dottrine luterane. Tuttavia, le speranze di fare del concilio di Trento (1545-1563) un'occasione di riconciliazione naufragarono ancor prima che esso si aprisse. Sul piano dottrinario i decreti del concilio segnarono una netta chiusura nei confronti di tutte le innovazioni introdotte da Lutero a proposito della salvezza, dei sacramenti e dell'organizzazione della comunità dei fedeli. Sul piano disciplinare fu ribadito l'obbligo del celibato ecclesiastico, e furono presi provvedimenti tesi a migliorare la formazione del clero e la sua attività pastorale. Alla diffusione delle dottrine riformate la Chiesa reagì anche attraverso il potenziamento dell'apparato repressivo costituito per combattere le eresie (il tribunale dell'Inquisizione) e il rafforzamento della censura (con la creazione di un Indice dei libri proibiti). Questo sforzo repressivo fu tuttavia accompagnato da un rinnovato spirito di evangelizzazione, che si espresse anche nella formazione di nuovi ordini religiosi, quali la Compagnia di Gesù. Allo scontro tra cattolici e protestanti si accompagnarono una rinnovata persecuzione contro gli ebrei e una capillare repressione dei culti popolari. Particolarmente cruento fu il fenomeno della caccia alle streghe: decine di migliaia di persone furono mandate a morte in tutta Europa, con l'accusa di stregoneria.
IL RINASCIMENTO MATURO: LE ARTI, LE LETTERE, LE SCIENZE Lo splendore dell'Italia del Rinascimento è anche legato a quello delle sue corti, che furono centri di vita artistica e culturale oltre che di intrighi politici. Per il prestigio annesso all'arte e alla cultura, il mecenatismo divenne strumento della politica e i diversi principi - italiani ed europei fecero spesso a gara per assicurarsi i servizi di un artista o scienziato di grido. La presenza delle corti comportò anche un'evoluzione dei modelli di consumo: lo sviluppo del commercio internazionale mise a disposizione degli europei molti manufatti provenienti dall'Oriente e il loro successo presso il pubblico stimolò le manifatture europee a produrre oggetti analoghi. Uscendo dal chiuso delle università, la cultura subì una trasformazione, abbandonando lo stile delle dispute accademiche per mettersi al servizio della vita politica e diplomatica. I maestri furono individuati negli antichi, ma la riscoperta dell'antico interessò molti altri campi del sapere, dalle arti figurative alle teorie scientifiche. Anche i saperi pratici accumulati dagli artigiani nell'esercizio del loro mestiere contribuirono all'evoluzione della cultura tecnico-scientifica del Rinascimento. Altrettanto fecero i viaggi oceanici e le scoperte geografiche. Nel corso del ‘500 l’ottimismo dei primi umanisti cedette spesso il passo al
disincanto. Con Machiavelli iniziò una riflessione sul potere e sulla politica che proseguì con i pensatori politici delle generazioni successive, tutti ugualmente animati dal desiderio di definire la sovranità per porre argine alla violenza distruttrice delle guerre.
VITTORIE E SCONFITTE DELLE MONARCHIE EUROPEE In Francia ai problemi economici e finanziari derivati da cinquant'anni di guerre si aggiungeva un contrasto sempre più profondo tra cattolici e protestanti (ugonotti) che sfociò nella guerra civile (il più grave episodio fu, nel 1572, il massacro della notte di San Bartolomeo). La situazione si aggravò con l'ascesa al trono di Enrico III. Quando degenerò in guerra di tutti contro tutti. Dopo l'assassinio del re salì al trono il Borbone col nome di Enrico IV, ma la sua successione fu riconosciuta solo dopo che si fu convertito al cattolicesimo (1593). Nel 1598 l'editto di Nantes sancì, con una soluzione di compromesso tra cattolici e ugonotti, la pacificazione interna. Nei Paesi Bassi, dove si erano diffuse le dottrine riformate, le violazioni del principio dell'autogoverno e la politica antiprotestante perseguita da Filippo II provocarono una rivolta. La ferocia della repressione spagnola spinse le protestanti province del Nord a proclamarsi indipendenti e a dare vita alla Repubblica delle Province Unite. In Inghilterra, dopo i capovolgimenti religiosi legati ai brevi regni di Edoardo VI (protestante) e Maria Tudor (cattolica), il lungo regno di Elisabetta (1558-1603) fu contrassegnato da un orientamento moderatamente filo protestante. Un grave problema per la sovrana inglese fu tuttavia costituito dalla presenza in Inghilterra della regina di Scozia, Maria Stuart, al centro di intrighi per la restaurazione del cattolicesimo. Ragioni religiose, politiche ed economiche accesero una profonda rivalità tra l'Inghilterra e la Spagna di Filippo II, ma la spedizione dell'"invincibile Armata» si rivelò un fallimento. Durante il regno di Elisabetta l'Inghilterra conobbe un periodo di sviluppo economico. Grazie alla crescita del settore tessile e soprattutto all'incremento dell'attività delle compagnie commerciali, cui la corona concedeva privilegi in cambio di una partecipazione ai profitti. Come nel resto d'Europa, però, si accentuarono i fenomeni di pauperismo, cui si rispose con la Poor law. Lo scontro tra cristiani e musulmani nel Mediterraneo si riassumeva in quello tra Impero ottomano e Spagna. Alla guerra aperta si mischiava la
pirateria, fenomeno centrale nella storia dell'epoca. La pirateria musulmana costituiva un pericolo per tutte le rotte e le coste del Mediterraneo, ed aveva il suo principale centro ad Algeri. Ma ben diffusa era anche la pirateria cristiana, che non era rivolta solo contro i musulmani. La tensione tra spagnoli e ottomani precipitò in conseguenza della conquista turca di Cipro. A Lepanto (1571) la flotta della Lega santa - formata dal papa, dalla Spagna e da Venezia - inflisse ai turchi una sconfitta che, se non fu decisiva, limitò notevolmente la loro presenza nel Mediterraneo. La lotta contro i turchi ravvivò in Spagna lo spirito di crociata, che portò all'interno a una feroce persecuzione dei moriscos. Il dominio spagnolo sull'Italia non fu tutto e soltanto negativo. La pax hispanica consentì una ripresa delle attività economiche e l'integrazione nell'impero spagnolo costituì un vantaggio per le élites di governo. Tuttavia l'alleanza con la Chiesa si tradusse in rigida censura e repressione del dissenso. L'aumento della pressione fiscale, dovuto alla partecipazione della Spagna alla guerra dei Trent'anni. Sconvolse gli equilibri tra le fazioni che si contendevano il potere. A Napoli l'introduzione di una nuova gabella, che fu ritenuta illegittima dalla popolazione, scatenò una rivolta, che assunse caratteri antibaronali, oltre che antispagnoli. Tuttavia il capo della rivolta, Masaniello, fu ucciso ed essa fallì.
LA GUERRA DEI TRENT’ANNI
In Germania, la frammentazione politica era stata rafforzata dalla divisione religiosa. Dopo alcuni decenni di pace e relativa tolleranza, all'inizio del '600 il conflitto religioso si riaccese (costituzione dell'Unione evangelica e della Lega cattolica) e precipitò con l'avvento al potere dell'imperatore Mattia d'Asburgo e l'assunzione della corona di Boemia da parte del cugino Ferdinando di Stiria. La politica di restaurazione cattolica perseguita da Ferdinando in Boemia provocò la ribellione della nobiltà locale (1618), che affidò la corona al capo dell'Unione evangelica. Con l'aiuto dell'esercito spagnolo, Ferdinando sconfisse i boemi nella battaglia della Montagna Bianca. I successi imperiali e la dura repressione antiprotestante spinsero il re di Danimarca a intervenire contro le forze asburgiche (nel frattempo Ferdinando era divenuto imperatore col nome di Ferdinando II), ma anch'egli fu sconfitto e dovette firmare la pace. L'editto con il quale Ferdinando II ordinava che si restituissero alla Chiesa cattolica i beni confiscati dopo il 1552, unito alla pretesa di rendere ereditaria la corona imperiale, a favore degli Asburgo, suscitò la ferma opposizione dei principi tedeschi, intimoriti anche dall'enorme potere acquisito dall'esercito imperiale guidato da Wallenstein. Sollecitato dalla Francia e dai principi protestanti, il re di Svezia Gustavo Adolfo intervenne con successo contro la Lega cattolica, ma perse la vita in battaglia. Ferdinando II, fatto uccidere Wallenstein, si affidò alle armi spagnole, riuscendo a concludere la pace con i principi tedeschi protestanti. Dopo aver sostenuto, anche finanziariamente, l'intervento in guerra di danesi e svedesi, Richelieu decise di intervenire direttamente. La violenza stessa della guerra, che in questi anni toccò il suo apice, convinse il nuovo imperatore Ferdinando III a concludere la pace di Vestfalia (1648), che sancì la sconfitta del disegno politico asburgico, la divisione della Germania in unità politico-territoriali indipendenti e il drastico ridimensionamento dell'autorità dell'imperatore al di fuori dei suoi domini ereditari di Austria, Boemia e Ungheria.
La guerra dei Trent'anni ebbe conseguenze gravissime: il passaggio dei soldati favorì la diffusione delle epidemie e le terribili devastazioni subite dalla Germania provocarono un crollo demografico che ebbe effetti profondi anche sulla struttura sociale del paese. All'interno dell'impero spagnolo, il disegno riformatore di Olivares e gli sforzi finanziari e militari legati alla guerra aggravarono le tensioni politiche, provocando rivolte in Catalogna e Portogallo, che si proclamarono indipendenti. Solo il Portogallo mantenne tuttavia l'indipendenza, mentre la Catologna tornò a dichiararsi fedele alla corona. In Francia, dopo la fine delle guerre di religione, Enrico IV e, dopo la sua morte, Luigi XIII e soprattutto il suo primo ministro, cardinale Richelieu, avviarono un processo di consolidamento dell'apparato burocratico dello Stato, attraverso la vendita delle cariche pubbliche, e di rafforzamento del potere della corona. Anche in Francia, però, lo sforzo finanziario legato alla guerra dei Trent'anni provocò rivolte, da parte sia dei ceti popolari, sia di quelli privilegiati (la Fronda).
LE RIVOLUZIONI INGLESI Dopo la morte senza eredi diretti di Elisabetta (1603), sul trono d'Inghilterra salì Giacomo I Stuart, che adottò una politica di moltiplicazione dei titoli nobiliari, di riaffermazione dell'autorità della Chiesa anglicana, di inasprimento della tassazione. Tali scelte suscitarono un forte malcontento. Il malcontento si acuì dopo l'ascesa al trono di Carlo I Stuart. La repressione dell'opposizione religiosa anche interna all'anglicanesimo (e i sospetti di criptocattolicesimo con cui fu accolta), i provvedimenti finanziari e fiscali adottati senza la consultazione del Parlamento, lo sfarzo della corte furono tutti elementi che accrebbero l'ostilità della Camera dei Comuni nei confronti del re e dei suoi ministri. Una rivolta della Scozia puritana e l'invasione dell'Inghilterra da parte dell'esercito scozzese costrinsero Carlo I a convocare il Parlamento, all'interno del quale si era però aggregato un forte fronte di opposizione contro la politica del sovrano. La situazione si aggravò in seguito allo scoppio della rivolta cattolica irlandese, che fece crescere i timori di un complotto “papista”. Un
tentativo (non riuscito) di colpo di Stato da parte di Carlo I fece scoppiare la guerra civile (1642). La guerra civile ebbe una svolta dopo la comparsa sulla scena dì Oliver Cromwell, che sconfisse l'esercito del re. Il fronte dei vincitori era tuttavia attraversato da divisioni politiche e religiose, con la formazione di gruppi radicali. Nel 1648 Cromwell sconfisse definitivamente il re, che fu arrestato, processato e condannato a morte, e proclamò la Repubblica (1649) dopo aver espulso dal Parlamento coloro che ancora avrebbero voluto pervenire ad un accordo con Carlo I. Dopo aver ristabilito l'ordine in Inghilterra e aver duramente represso la rivolta irlandese, Cromwell puntò - con l'Atto di navigazione, attraverso trattati con Svezia, Portogallo e Danimarca e tramite un'alleanza con la Francia - a incrementare la potenza commerciale inglese ai danni di Olanda e Spagna. Sul fronte interno, tuttavia, la situazione costituzionale rimaneva instabile. Tra le rivendicazioni del nuovo Parlamento repubblicano e le trame dei realisti, Cromwell impose quindi una dittatura militare, che fu rapidamente rovesciata dopo la sua morte. Nel 1660, con l'approvazione del Parlamento, fu dunque restaurata la dinastia degli Stuart, nella persona di Carlo II.
La restaurazione degli Stuart fu seguita da un periodo di pacificazione politica e religiosa durato oltre un decennio. Ma, preoccupato per la politica filofrancese di Carlo II e temendo un possibile ritorno all'assolutismo e - una volta che fosse salito al trono il fratello del re - una restaurazione cattolica, il Parlamento stabilì l'esclusione di tutti i non anglicani dalle cariche pubbliche e definì ulteriormente il diritto di Habeas corpus. Sul problema della successione si determinarono due opposti schieramenti politici: i Tories, favorevoli alla successione di Giacomo Stuart, e i Whigs, che invece erano contrari. Nel 1685 Giacomo II salì al trono, ma presto la sua politica filocattolica gli alienò ogni simpatia. Nel 1688 il Parlamento offrì la corona a Guglielmo d'Orange e alla moglie Maria Stuart. La seconda rivoluzione inglese portò a una monarchia costituzionale fondata sulle prerogative del Parlamento e sui limiti del potere monarchico. La rivoluzione inglese, il protettorato di Cromwell e la restaurazione furono periodi di intensa attività intellettuale ed elaborazione politica. Particolarmente importanti per il futuro del pensiero politico furono le teorie assolutistiche di Hobbes e quelle liberali di Locke.
“IL DISAGIO DELL’ABBONDANZA”: L’OLANDA DEL ‘600
La Repubblica delle Province Unite conservò un'organizzazione statale poco strutturata: ogni provincia e ogni città mantenne i suoi organi e le sue tradizioni di autogoverno, anche se la provincia dell'Olanda, più ricca e sviluppata delle altre, esercitò una forte influenza sul resto del paese. I primi anni di vita della Repubblica furono segnati dalla rivalità tra favorevoli e contrari al proseguimento della guerra contro la Spagna, che videro schierati sui due fronti contrapposti anche due delle principali cariche dello Stato, il Gran pensionario e lo Stadhouder (governatore militare). Importanti furono anche i dissidi religiosi all'interno della Chiesa calvinista, che culminarono nello scontro tra arminiani e gomaristi e nella repressione dei primi ad opera dei secondi. Questi avvenimenti contribuirono a convincere le autorità laiche della necessità di tenere separate le questioni dottrinarie da quelle politiche e a creare quel clima di relativa tolleranza che costituì uno dei caratteri distintivi della Repubblica. La fioritura dell'Olanda del '600 fu legata allo sviluppo del commercio internazionale, che si avvalse anche della formazione di compagnie commerciali privilegiate come la Compagnia Unificata delle Indie orientali. Questa fu così potente che in Oriente arrivò in pratica a costituirsi uno Stato. Ma importanti furono anche lo sviluppo delle manifatture e dell'agricoltura. Il relativo benessere del paese si tradusse in una accresciuta domanda di prodotti di tutti i generi, facilitata dal fatto che le città portuali dell'Olanda si stavano trasformando nei principali empori commerciali d'Europa. Grande importanza assunse la pittura, che fu utilizzata sia in funzione semplicemente decorativa, sia come strumento di autoesaltazione da parte delle élites cittadine. Tanta abbondanza creò tuttavia qualche disagio alla severa morale calvinista, cui si rispose con l'esaltazione dell'ordine e della pulizia come metafore della virtù.