S DE MIIC DA ST ST TO OR RIIA A D EII M CR RO OF FO ON NII D A S TU UD DIIO O
Di Emanuele Giorgetti e Luigi Chelli
IIN NT TR RO OD DU UZ ZIIO ON NE E:: Nel 1920 l’avvento del broadcast radiofonico, la registrazione elettronica di dischi e il cinema sonoro stimolarono in modo deciso la ricerca e lo sviluppo di microfoni da studio di alta qualità: microfoni omnidirezionali a condensatore e dinamici dapprima, unidirezionali e bidirezionali a gradiente di pressione dai primi anni ’30. Al giorno d’oggi queste categorie non sono ancora cambiate; numerose e importantissime innovazioni sono state però introdotte sottoforma di nuovi design, materiali sempre più sofisticati, migliori performances e dimensioni sempre più miniaturizzate. Ci troviamo tuttora sommersi da miriadi di modelli diversi e la scelta del giusto microfono da parte del tecnico può essere tanto difficile quanto di fondamentale importanza per la qualità finale del suo lavoro. La scelta deve essere basata sia su una profonda conoscenza delle specifiche tecniche del prodotto, sia su una vasta esperienza personale sul campo con differenti fonti sonore e diversi ambienti di registrazione. Idealmente desidereremmo tutti un microfono universale, perfetto per ogni applicazione, ma tale apparecchio non esiste, perché ogni situazione ha necessità diverse. Diversamente da un amplificatore o un altoparlante, nei quali si ricerca teoricamente la massima linearità, ogni microfono ha la sua risposta in frequenza, a seconda dell’uso che se ne deve fare. Ad esempio la musica classica spesso richiede una risposta piatta per una riproduzione fedele del timbro, mentre per la musica pop si cercano di esaltare particolari caratteristiche di una voce per riuscire a vendere più dischi. Lo scopo che ci prefiggiamo con questa relazione è quello di tracciare e sottolineare la storia della ricerca e commercializzazione dei vari microfoni da studio di alta qualità, dalla loro introduzione sul mercato fino ai giorni nostri, e di spiegarne tecnologie di funzionamento, limiti tecnici e compromessi da accettare quando si deve effettuare una scelta.
P ST PE ER RC CO OR RS SO O S TO OR RIIC CO O:: Individuare l'Inventore del microfono è un compito arduo ma Johann Philipp Reis è senza dubbio uno dei maggiori candidati al titolo. Il fisico tedesco nel 1861 ottimizzò il suo " sound trasmitter " usando una lamina metallica appoggiata su una membrana con un punto metallico di contatto che completava il circuito elettrico. La membrana vibrava, il punto metallico "saltava" su e giù producendo contatti intermittenti e di conseguenza una variazione di corrente sincrona con le vibrazioni. Reis credeva che l'altezza del "salto" e la forza della ricaduta causassero variazioni in ampiezza della corrente proporzionali all'intensità del suono captato. Questo metodo funzionava entro certi limiti per la musica ma non abbastanza bene per il parlato a causa del diaframma troppo delicato.
”Reis Phone”
Il secondo tentativo di cui abbiamo notizie certe è quello di Elisha Gray, inventore americano e co-fondatore della Western Electric Company. Il progetto di Gray era chiamato " liquid transmitter " dove un diaframma era attaccato a una barra mobile immersa in una soluzione acida, una seconda barra fissa accanto alla precedente continuava il circuito attraverso la soluzione con una batteria che collegava le due barre. Le variazioni della pressione sonora attraverso il diaframma causavano la separazione delle due barre in proporzione al suono, producendo corrispondenti cambiamenti nella resistenza elettrica dentro la cella e quindi della quantità di corrente che scorreva all'interno del circuito.
Il 10 Marzo del 1876, Alexander Graham Bell impiegò un trasmettitore molto simile per la prima trasmissione di parlato intelligibile attraverso un sistema telefonico rudimentale ("Mr.Watson come here. I want you"). Bell è considerato l'inventore del telefono per poche ore, infatti è stato appurato che il suo brevetto è stato depositato alcune ore prima del modulo di Gray che proteggeva la propria invenzione in attesa del brevetto vero e proprio. La disputa nasce anche dal fatto che la prima demostrazione del telefono di Bell fu fatta impegando un "liquid transmitter " di un tipo sviluppato e mostrato pubblicamente prima da Gray e non con il tipo documentato nel brevetto di Bell.
“Liquid transmitter” di Alexander Graham Bell
La bassa qualità dei " liquid transmitters " spinse numerosi inventori a cercare percorsi alternativi per la progettazione dei microfoni, e tra questi troviamo David Edward Hughes. Già coinvolto nella neonata industria telegrafica brevettò nel 1855 uno strumento telegrafico type-printing che entrava in concorrenza con il sistema morse monopolizzato dall'American Telegraph Co. e vide la sua diffusione in America e in una parte d'Europa. Nel 1878 progettò un nuovo tipo di microfono usando granuli di carbone liberi di muoversi in un dato spazio. In risposta alla variazione di pressione data da un diaframma, la resistenza elettrica attraverso i granuli di carboni cambiava proporzionalmente. Nonostante questa tecnologia fosse ancora qualitativamente distante da quella odierna (presentava molto rumore e distorsione) fu un significante passo tecnologico che permise la trasmissione vocale in ambito telefonico.
“Microfono a grani di carbone”, David Edward Hughes
A Hughes dobbiamo anche il termine odierno di "microfono": dopo una dimostrazione in cui amplificò il rumore di alcuni insetti dentro una scatola sonora su un giornale scrisse che l'apparecchio "funziona per l'orecchio nello stesso modo in cui un microscopio serve l'occhio, da qui il suo nome". (il termine generico di "microfono" è apparso per la prima volta in un dizionario nel 1683, "micro" e "fono" dal greco "piccolo" e "voce" indicava uno strumento attraverso il quale piccoli suoni venivano intensificati, per esempio apparecchi acustici come trombe auricolari e megafoni di allora). Thomas Alva Edison nel 1886 affina il microfono a granuli di carboni dando vita al trasmettitore carbon-button. Esso consisteva in una cavità riempita con granuli di antracite carbonizzata confinati tra due elettrodi, uno dei quali era attaccato ad un fine diaframma di ferro. Il trasmettitore di Edison era semplice ed economico da costruire ma anche efficente e durevole nel tempo, divenne così la base dei trasmettitori telefonici venendo usato in milioni di telefoni di tutto il mondo per la maggior parte del secolo scorso.
“Microfono carbon-button”, Thomas Alva Edison
Con l'avvento della registrazione elettrica del disco e della trasmissione radio nei primi anni '20, venne stimolato lo sviluppo dei microfoni a carbone volto ad una maggiore qualità. Forse il più conosciuto è quello con un design ottagonale spesso visibile in fotografie delle prime stazioni radio: il Marconi-Reisz "transverse-current". Fù inventato in Germania da un giovane impiegato della Reisz, Georg Neumann (che continuò poi a costruire microfoni col proprio nome). Nel 1925 il Marconi-Reisz fu impiegato giornalmente nella neonata BBC dove fu usato per oltre una decade. “Marconi-Reisz”, Georg Neumann
Il problema dell'instabilità dovuta ai granuli di carbone scatenò la ricerca di una migliore alternativa. Una via intrapresa fu quella del trasduttore piezoelettrico (a cristallo), basato sulla fondamentale ricerca dei Curie svolta nel secolo precedente. Questi trasmettitori originariamente usavano il quarzo o sali di Rochelle ma la qualità sonora non era particolarmente buona. Oggi le lamine piezoelettriche nei microfoni a contatto sono fatte di ceramiche specifiche con risultati molto rispettabili. Il primo microfono a condensatore (e preamplificatore associato per adattamento dell'impedenza) fu sviluppato da Wente nel 1917 grazie al lavoro svolto ai laboratori della Bell in America. Era usato come strumento per la misurazione dell'intensità sonora in laboratorio e solo dal 1920 iniziò ad essere prodotto per la registrazione e per la trasmissione. La valvola termoionica inventata nel 1907 da Lee de Forest fu un fattore chiave per lo sviluppo del progetto di Wente, in quanto un microfono a condensatore richiede una conversione dell'impedenza impossibile da raggiungere all’epoca con altri metodi. I microfoni a condensatore furono impiegati in misura limitata alla BBC dal 1926 ma avevano la reputazione di essere "metereopatici" poiché suscettibili all'umidità, che introduceva rumori (“ friggeva” ). I microfoni elettromagnetici (a bobina mobile, a nastro, ecc...) erano relativamente attardati sulla scena perché i magneti permanenti erano deboli, e solo gli elettromagneti potevano creare una sufficiente densità di flusso. Come conseguenza di ciò il primo microfono a bobina mobile era molto grande e necessitava di alimentazione elettrica. Il Marconi-Sykes (sviluppato da un brevetto Sykes del 1920) fu il primo progetto a diventare popolare e fu adottato dalla BBC nel 1923, dove era conosciuto come " meat safe". Usava una bobina fatta da sottile alluminio schiacciato, posta in un nucleo cilindrico sospeso da fili di cotone, il tutto all'interno di un contenitore metallico e quindi libero di muoversi alla sollecitazione delle onde sonore. Il campo magnetico era creato da un grande elettromagnete alimentato da una batteria a 8V. “Marconi-Sykes “
Il rinomato Alan Blumlein lavorò anche al microfono a bobina mobile per complementare il suo sistema di registrazione elettrica quando era alla Columbia Graphophone Company (che poi diventerà EMI). Usò un diaframma fatto da una lamina di legno di balsa impregnato di cellulosa rivestito da un sottile foglio di alluminio. Una bobina di alluminio anodizzato era fissata al diaframma, nei primi test l'elettromagnete era alimentato dalle batterie delle macchine di alcuni colleghi. Il suo primo microfono, l'HB1A (sigla che prende il nome dai suoi principali inventori Holman e Blumlein), fu testato nel novembre del 1930 e venne comparata direttamente con il microfono Western Electric Condenster Transmitter che era il miglior standard dell'epoca. Dopo numerosi accorgimenti, tra cui una vite per regolare la risonanza del diaframma, il risultato (l'HB1B) fu largamente usato negli studi di registrazione della EMI e dalla nuova stazione televisiva della BBC ad Alexandra Palace quando aprì nel 1936.
“HB1”, Alan Bumlein
Il primo microfono a nastro risale al 1930 e si crede sia stato sviluppato da Harry Olson basandosi su una modifica degl'altoparlanti a nastro (inventati da E. Gerlach nel 1924). I primi modelli erano eccessivamente grandi, pesanti e scomodi da usare ma la qualità era direttamente comparabile a quella dei microfoni a condensatore del tempo senza però essere soggetti all'umidità. Il microfono a nastro BBC/Marconi Tipo A fu introdotto nel 1935 e divenne il microfono di punta per i servizi radiofonici della BBC, mentre il microfono a bobina mobile HB1B (e varianti: HB2, HB3, HB4B) furono preferite per i servizi televisivi. Questa divisione trova parzialmente la sua spiegazione nei relativi costi dei tuoi microfoni: il Tipo A costava 9£ mentre l'HB1B l'enorme cifra di 40£.
BBC/Marconi Tipo A
Si dovette aspettare il secondo dopoguerra per ridurre le dimensioni dei microfoni quando diventarono disponibili potenti magneti permanenti. I primi microfoni a nastro utilizzati presentavano dei diaframmi relativamente lunghi e corrugati che erano molto fragili (bastava un soffio per romperli). Nel 1958 Eugen Beyer cambiò questa situazione introducendo il primo microfono a nastro al mondo dotato di uno " short diaphragm". La sua capsula aveva dimensioni similari ai trasduttori a bobina magnetica del tempo e il suo progetto originale è ancora prodotto oggi. I primi microfoni a carbone e a condensatore erano omnidirezionali (" pressure operated ") mentre quelli a nastro quando avevano il diaframma esposto da entrambi i lati avevano una risposta bidirezionale (“ a 8 ”). La RCA sviluppò presto un modello a cardiode del microfono a nastro dove la parte superiore del diaframma era aperta su entrambe le facciate (gradiente di pressione) mentre la parte inferiore era chiusa ("pressure operation"). RCA 44BX Ribbon (al lato)
Un approccio alternativo, impiegato dalla Western Eletric e ST&C, impiegava una capsula a nastro (gradiente di pressione, risposta con figura a 8) e una capsula separata a bobina mobile (" pressure operated ", risposta omni) nella stessa unità. I diaframmi delle due capsule erano in stretta vicinanza e le loro uscite combinate elettricamente in serie per produrre un diagramma polare cardiode. Anche se ingombranti, questi modelli erano robusti e molto affidabili, diventando un punto fermo nelle attrezzature delle prime televisioni. Più tardi emerse un modo più pratico di creare una risposta cardioide: un singolo trasduttore con un sistema di " phase-shifting ". Questo progetto fu rapidamente adottato dalla Western Electric, Shure e Electrovoice in America mentre in Europa da Neumann, AKG, ST&C e altri. La tecnica fu sviluppata ulteriormente in Germania con l'introduzione di una capsula con doppio diaframma a condensatore. Gli output dalla risultante coppia di capsule cardiodi erano combinati, e al variare del voltaggio di polarizzazione delle capsule una gamma di differenti risposte polari potevano essere ottenute.
ALTEC 639 Multi-Pattern Ribbon mic
Le industrie del cinema e della televisione si stavano evolvendo e venivano richiesti microfoni con una maggiore direzionalità per complementare le nuove lenti delle macchine da presa. I primi tentativi per incrementare la direzionalità facevano affidamento su una rozza tecnica con più microfoni omnidirezionali adattati con schermi acustico planari. Più tardi alcune rifiniture includevano il montaggio di un microfono omnidirezionale nel fuoco di un riflettore parabolico ma nel 1930, la Western Electric e RCA svilupparono un sistema più pratico. Questo sistema usava un lungo pacchetto di tubi con foro stretto montato davanti e perpendicolarmente al piano del diaframma. Per i suoni in asse i tubi non avevano un ruolo significante visto che il suono passava attraverso di essi arrivando coerentemente al diaframma. I suoni fuori asse, invece, entravano nei differenti tubi a distanze variabili dal diaframma e quindi erano largamente incoerenti quando vi arrivavano soffrendo una grande quantità di cancellazione. Questa tecnica fu rifinita nel corso degli anni sfociando nei microfoni a fucile ("interference tube") comunemente usati tutt'oggi, sfortunatamente però, la direzionalità alle basse frequenze rimane un problema a meno che il tubo di interferenza sia estremamente lungo. Comunque, i sistemi di trattamento digitale del segnale uniti ad una serie multipla di capsule, sembrano fornire una strada futura e Audio Technica ha sfruttato questo tipo di approccio con il loro microfono direzionale AT895.
Audio Technica AT895
Uno dei problemi che attanagliavano i primi microfoni a condensatore era la loro suscettibilità all'umidità. Essenzialmente la capsula operava ad impedenze molto alte. L'aria circostante, se molto umida, forniva un percorso a bassa impedenza attraverso il quale la carica polarizzata si disperdeva causando rumori e "friggendo". Nel 1924 Riegger portò il principale microfono a condensatore RF come mezzo di misurazione delle variazioni di pressione sonora sotto gli 0.1Hz. Usò un microfono a condensatore in un circuito risonante a bassa impedenza eccitato da un oscillatore di frequenze radio. Le variazioni del condensatore dovute alle onde sonore causavano un corrispondente cambiamento della frequenza di risonanza e demodulazione di questo segnale RF variabile, fornendo la frequenza in output.
Questa tecnica di laboratorio fu perfezionata da FGHull nel 1946 e JJ.Zaalberg van Zelst nel 1947, ma non fu applicata ai microfoni per la registrazione prima degl'anni '60. L'incentivo era quello di rimpiazzare il convertitore d’impedenza valvolare, che era molto ingombrante, con circuiti a transistor più piccoli. I transistor bipolari sono apparecchiature a bassa impedenza e, benché non potessero essere impiegati con i sistemi a condensatore convenzionali si adattarono perfettamente alla tecnica dei condensatori RF. Sennheiser fece da pioniere per le tecniche di microfonazione e continua tutt’oggi a fabbricare una larga gamma di microfoni a condensatore RF. La miniaturizzazione dei convenzionali microfoni a condensatore dovette aspettare l'avvento del Transistor Field Effect con il loro ingresso ad alta impedenza, che rimpiazzasse il convertitore d’impedenza valvolare. Altri tentativi di miniaturizzazione datati 1950 miravano alla stretta integrazione del trasduttore con il circuito di amplificazione. In uno dei primi esempi, Olson accoppiò il diaframma ad un'asta imperniata che faceva da elettrodo all'interno di una valvola termoionica, modulando il flusso di corrente direttamente con lo spostamento del diaframma. Più tardi, Sikorski usò un diaframma per far vibrare una puntina di zaffiro attaccata alla regione trasmettitore del transistor, lo stress meccanico indotto modificava la sua conducibilità. Rogers operò con qualcosa di simile con un diodo tunnel negli anni 60. Più recentemente la National Semiconductor produsse una pellicola di silicone costruita su un substrato flessibile e dichiarava una risposta lineare fino a 20khz (anche se con una sensibilità relativamente bassa). Il microfono a condensatore, è stato sempre più sfidato dalle sofisticate capsule prepolarizzate negl'ultimi 20 anni. La nota serie di microfoni B&K (oggi DPA) 4000 fu la prima tra i primi electrets ad essere accettati per la loro qualità nelle applicazioni di registrazione. L’AKG ha recentemente introdotto il C4000, il primo microfono prepolarizzato multi-diaframma con 3 schemi polari selezionabili.
AKG C4000
IIN NN NO OV VA AZ ZIIO ON NII:: L'attuale interesso verso i sistemi digitali ad alta frequenza di campionamento (96, 192 kHz e il formato DSD sony) ha incoraggiato i costruttori di microfoni di progettare nuovi prodotti avvantaggiati da questa nuova fedeltà. Il Sony C2 è un microfono a tre capsule ha una banda passante dichiarata di oltre 100Khz ed è stato usato per alcune registrazioni DSD, mentre Sennheiser ha una versione rielaborata del pluripremiato microfono a condensatore MKH80 RF. L'MKH800 ha una risposta lineare dichiarata fino ad oltre 50Khz. Molti microfoni della Earthworks hanno una risposta che si estende oltre i 40Khz, così come i nuovi corpi microfonici Schoeps della serie XT. Una delle più importanti innovazioni nei microfoni è stata la capsula Soundfield (figura a lato), concepita e sviluppata negli anni '70 per creare materiale in formato surround Ambisonic . Questa tecnica fu svliluppata da Michael Gerzon (dell'istituto matematico di Oxford) e da P. B. Fellgett (università di Reading). I concetti basilari dell' Ambisonic sono relativamente semplici, e derivano dall'investigazione sullo stereo di Blumlein di 40 anni prima; comunque sia la loro implementazione è estremamente complessa è altamente matematica. Il microfono Soundfield comprende quattro capsule a condensatore sub-cardioide schierate su un tetraedro, producendo un segnale "A-format". Queste capsule sono combinate elettronicamente (con compensazione per la separazione fisica tra di esse) per produrre segnali "B-format" che sono alla base dell' UHJ Ambisonic . Questi segnali rappresentano gli output dei quattro microfoni virtuali che consistono in tre figure a 8 perpendicolari e mutevoli: sinistra/destra (X), avanti/dietro (Y), su/giù (Z) e una componente omnidirezionale (W). Tutto questo può essere pensato come un'estensione tridimensionale dell'orginale configurazione MS di Blumlein. Un decoder Matrix Ambisonic calcola quali combinazioni dei segnali B-format indirizzare verso gli altoparlanti (segnali "D-format"), fornendo l'informazione del loro numero, posizione approssimata e come processarli per creare immagini sonore surround incredibilmente stabili e accurate. Gli ultimi sviluppi alla Soundfield Technology erano improntati su un decoder specializzato nella creazione di un output 5.1 compatibile con il microfono Soundfield (o altre sorgenti B-format). Il decoder è effetivamente preconfigurato per produrre un outuput per 5 altoparlanti corrispondenti alla posizione del convenzionale sistema 5.1: conosciuto anche come "G-format".
F FU UT TU UR RO O:: Negli ultimi anni, gli approcci più radicali al design dei microfoni hanno incluso il rilevamento del movimento in risposta alle variazione della pressione sonora di particelle cariche, un sistema analogo a quello degl'altoparlanti ionici. Un'altra idea è quella del trasduttore “ laser-velocity ” dove una superficie vibrante riflettente è scannerizzata da un laser a bassa potenza, e l'effetto doppler risultante veicola il segnale audio. Anche la ricerca sui microfoni ottici sta dando i suoi frutti. Per un certo periodo di tempo sono stati usati nei sistemi di laboratorio ma sono ancora troppo ingombranti per i sistemi di registrazione pratica. Sennheiser ha sviluppato un microfono ottico compatto da usare nelle stazioni di estrazione di gas per individuare il suono di perdite senza il rischio di esplosione accidentale casato dal voltaggio di polarizzazione dei microfoni tradizionali. Lo sviluppo è continuo nella speranza di usare questa tecnica in ambito teatrale dove la tipica capsula elettrica subisce rapidamente danni dai trucchi degli artisti, dalla loro traspirazione cutanea e dal sudore. Tuttavia attrezzature sviluppate dalle industrie della telecomunicazione come piccoli diodi laser e fotodiodi stanno favorendo la costruzione di microfoni ottici qualitativamente notevoli. Nel 2001 questa tecnologia presentava più distorsione e meno range dinamico dei microfoni tradizionali, anche se dotata di meno rumore intrinseco. La ricerca è diretta anche all'individuazione del movimento del diaframma tramite sensori ottici ma le tecnologie attuali ne limitano lo sviluppo. Forse un approccio più promettente è di usare un " feedback forzato" in congiunzione con un microfono ottico. Una tecnica d’interferometria ottica ( l'interferometria è la tecnica d’impiego degli interferometri, per eseguire misurazioni di lunghezze d'onda, di distanze e di spostamenti) individua il movimento del diaframma (o della capsula del condensatore) in risposta alle variazioni della pressione sonora. Un circuito di feedback applica un voltaggio alla capsula creando una forza elettrostatica che si oppone al movimento (lo sforzo richiesto deve essere proporzionale alla pressione sonora che agisce sul diaframma) e un segnale analogico o digitale di output può essere derivato dal disegno del circuito. Benché il livello massimo di pressione sonora superiore ai 135dB possa essere adattato e benché la risposta in frequenza del sistema sia dettata interamente dal feedback elettronico, questa tecnica è sfortunatamente considerata troppo costosa per essere messa in commercio a breve.
T DII T TR TE EC CN NO OL LO OG GIIE E D RA AS SD DU UZ ZIIO ON NE E::
MICROFONO ELETTROSTATICO A CONDENSATORE:
Questo microfono prevede che il diaframma costituisca una delle armature di un condensatore; l’altra di solito chiamata contro-elettrodo è fissa ad una distanza opportuna e variabile. Dato che la capacità in un condensatore dipende dalla distanza tra le armature, il movimento del diaframma determina variazioni istantanee della capacità e conseguentemente seguendo la legge: Capacità = Quantità di carica * Potenziale elettrico, riscontriamo una variazione proporzionale anche della tensione in uscita al circuito.
Affinchè alla variazione di capacità corrisponda una variazione di tensione elettrica tra i due elettrodi, tra le armature deve essere stabilita una carica elettrica Q di valore costante: A) Nei condensatori a polarizzazione esterna, la quantità di carica necessaria alla polarizzazione del condensatore è data da un circuito dedicato, alimentato da una tensione continua (detta phantom, solitamente a +48 V) fornita da una sorgente di alimentazione esterna (quasi sempre fornita dal preamplificatore, attraverso lo stesso cavo bilanciato di segnale). B) Nei condensatori a electret, ad una delle armature viene associata una sottile membrana di teflon (o altro materiale di caratteristiche equivalenti) la quale, sottoposta a trattamenti, tende a ritenere una polarizzazione permanente, che esclude il bisogno dell’alimentazione esterna. Sono sempre comunque dotati di una batteria di 1,5 volt che alimenta i circuiti di preamplificazione e di adattamento d’impedenza. Le prestazioni sono inferiori rispetto a quelli a polarizzazione esterna, e si corre il rischio di una depolarizzazione della lamina con il passare degli anni, con un conseguente calo nella sensibilità d’uscita. Essendo per costruzione esposta una sola faccia del diaframma, il modello esposto sarebbe un microfono trasduttore di pressione, cioè omnidirezionale.
I microfoni a gradiente di pressione possono invece essere ottenuti predisponendo un insieme costituito di una coppia di diaframmi e di un contro elettrodo doppio (come se due microfoni a pressione fossero montati dorso a dorso), per poi combinare tramite differenza i contributi dei due elementi. Questo favorisce l’introduzione di switch sul corpo microfonico che permettono la scelta del bilanciamento tra le due capsule accoppiate, offrendo la possibilità di variare il diagramma polare. Un metodo per ottenere una direzionalità fissa e non modificabile in seguito è quello di permettere al fronte d’onda di raggiungere anche il lato posteriore del diaframma, attraverso un percorso forzato che ne determina uno spostamento di fase rispetto alla parte che investe il lato anteriore, attenuando così la sensibilità ai suoni provenienti fuori asse, secondo i classici diagrammi polari a sub-cardioide, cardioide, supercardioide, ipercardioide, e bidirezionale.
In realtà un trasduttore secondo lo schema semplificato di cui abbiamo parlato presenterebbe prestazioni molto limitate, in quanto capace di convertire efficacemente solamente una gamma limitata di suoni, presentando un grande picco di risposta solo in coincidenza con la frequenza di risonanza del diaframma, scelta al margine superiore della banda udibile. Per questo si usa ricavare nel diaframma, piccole cavità, dimensionate in maniera da poter contribuire allo smussamento della risposta in frequenza del microfono.
Una complicazione rispetto al microfono dinamico che vedremo di seguito deriva dalla necessità di ovviare all’elevata impedenza del trasduttore con una sezione elettronica che bilanci l’accoppiamento con gli stadi successivi. I pregi di questo tipo di microfono sono l’elevata banda passante, la buona linearità, una gamma dinamica elevata, una ottima sensibilità, il bassissimo rumore di fondo e la regolazione di pattern direzionale nei casi a doppio diaframa.
MICROFONO ELETTRODINAMICO A BOBINA MOBILE:
Questa tipologia è la più economica e resistente agli urti, maneggiamenti ed altre problematiche a cui un microfono può andare incontro. Il diaframma è saldamente collegato ad una bobina di rame, ed il fronte d’onda che investe la superficie frontale del microfono si traduce in un movimento di quest’ultima nel traferro, una fessura appositamente ricavata tra polo positivo e polo negativo, di un magnete permanente. Il sistema è equiparabile ad un solenoide che si muove in un campo magnetico: per la legge di Faraday-Neumann-Lenz sull’induzione magnetica, il solenoide produce una differenza di potenziale e quindi una a forza elettromotrice indotta proporzionale alla variazione nel tempo del flusso !" del campo di induzione magnetica B. Essendo un solo lato del diaframma esposto al campo sonoro, il trasduttore a bobina mobile è un evidente esempio di trasduttore a pressione. Per permettere di ottenere un gradiente di pressione, e quindi una direzionalità di risposta, devono essere lasciate cavità che permettano al fronte d’onda di investire anche il lato posteriore del diaframma, con un opportuno spostamento di fase, a seconda del grado di direzionalità richiesto.
Come nei microfoni a condensatore anche questo tipo di design, presenta un grande picco di risposta solo in coincidenza con la frequenza di risonanza del diaframma, scelta questa volta al centro della banda udibile. Sono ricavate quindi nella parte fissa, il gruppo magnetico, più cavità, che risuonando a frequenze opportune (alla stregua di una cassa armonica di uno strumento musicale o del bass-reflex di un woofer), contribuiscono all’ampliamento della risposta in frequenza del microfono. L’impedenza di questo trasduttore è bassa, per cui può rendersi necessario un suo affiancamento con un trasformatore di uscita. I suoi punti di forza sono la grandissima gamma dinamica, un’eccellente robustezza e il costo ridotto. D’altro canto possiede una linearità non eccellente e una sensibilità mediamente bassa
MICROFONO ELETTRODINAMICO A NASTRO:
E’un secondo esempio di trasduttore di tipo dinamico. La sua caratteristica principale è legata al diaframma, costituito da un sottilissimo nastro di materiale conduttore, il cui spessore è dell’ordine del millesimo di millimetro. Il nastro ( ribbon) è irrigidito da leggere pieghe lungo il suo asse principale, ed è sospeso immerso in un campo magnetico. Una volta che entra in vibrazione, alle sue estremità può essere rilevata una tensione variabile per lo stesso principio di Faraday-Neumann-Lenz menzionato prima. Il diaframma è, salvo modifiche introdotte appositamente, interessato al campo sonoro da entrambi i suoi lati; producendo un diagramma polare di tipo bidirezionale (figura ad 8). Il valore d’impedenza è risultante è molto basso e necessita quindi un trasformatore per essere adattabile agli ingressi microfonici standard. Il picco di risonanza del diaframma è scelto ai limiti inferiori della banda udibile, e smussato ed ampliato verso l’alto attraverso la variazione dello spazio tra il nastro e le protuberanze di materiale magnetico che lo tengono sospeso, quindi incrementando la resistenza acustica a causa del flusso più viscoso d’aria tra il nastro e il materiale di supporto.
Il Microfono a nastro ha una buona risposta in frequenza, la migliore risposta ai transitori d’attacco, ma una scarsa sensibilità. E’ necessario dotarsi di un preamplificatore con molto guadagno ed un buon rapporto segnale rumore se si desidera utilizzare microfoni a nastro con sorgenti sonore di media o bassa intensità, data la scarsa sensibilità. Questa tipologia di microfoni è inoltre più ingombrante e delicata rispetto ai modelli a bobina mobile ed a condensatore, a causa del relativamente ampio e fragile nastro sospeso.
P LE AL TIIP DII PR RO OB BL LE EM MA AT TIIC CH HE E L EG GA AT TE E A LL LE E T PO OL LO OG GIIE E D M E S SP TE MIIC CR RO OF FO ON NO O E PE EC CIIF FIIC CH HE E T EC CN NIIC CH HE E:: Per illustrare le problematiche legate ai vari tipi di trasduttori, inizieremo analizzando le specifiche che le case costruttrici ci mostrano nei datasheet dei loro prodotti. RISPOSTA IN FREQUENZA
Qui di seguito vediamo un grafico della risposta in frequenza di un microfono Schoeps CMC6 con capsula cardioide MK4.
La curva di risposta in frequenza mostra l'abilità del microfono nel trasformare l'energia acustica in segnale elettrico; essa non dà assolutamente riferimenti sicuri alla qualità sonora del microfono, poiché misurata in particolari condizioni di assenza di riflessioni (camera anecoica), solamente in asse con il diaframma (0°), e ad una determinata distanza soltanto (solitamente 1m). Pochissimi produttori ci forniscono diagrammi comprendenti molteplici curve a diversi gradi d’incidenza, in modo da rendersi maggiormente conto di come il microfono potrebbe rispondere all'uso in campo diffuso. (imm. a lato)
Le curve di risposta, inoltre, sono il frutto di una media ai test eseguiti su un campione di centinaia di microfoni, "smussati" ulteriormente dalla casa produttrice per meglio competere nel mercato. Quali informazioni possiamo quindi trarre da tali rappresentazioni? Veramente poche…. Malgrado ciò, qualche sicurezza in più cela forniscono le marche più importanti, indicando la "finestra di tolleranza" in cui sono contenute le deviazioni dal grafico medio.
Di seguito illustriamo il procedimento di realizzazione che porta alle curve trovate nei datasheet commerciali. Nella figura di sinistra sono presenti quattro linee: la nera indica la risposta di un singolo microfono testato, le rosse delimitano i punti massimi e minimi degli altri campioni, e la blu è data dalla media risultante. Nell’imagine a destra notiamo come la curva risultante sia stata smussata per renderla più simile a quelle che siamo abituati a vedere.
DIAGRAMMA POLARE
Un'altra metodologia per rappresentare la risposta in frequenza ai vari gradi d’incidenza è quella del diagramma polare. Mostriamo a fianco l'esempio di un microfono ominidirezionale. Il diagramma polare è usato per mostrare come alcune frequenze testate sono riprese a 360° dal microfono, fornisce quindi un'indicazione riguardante la "colorazione" fuori asse che risulterà. Le tipiche figure rappresentanti i vari tipi di microfono (cardioide, supercardioide, ecc...) non sono altro che il diagramma polare ottenuto con una sinusoide a 1kHz. Questo tipo di rappresentazione e quella a curve multiple, illustrata nel paragrafo precedente, forniscono in linea di massima le stesse indicazioni, con la differenza che il diagramma polare mostra la risposta a tutte le angolature di poche frequenze scelte, mentre le curve di risposta multiple mostrano la risposta, a determinate angolature, di ogni frequenza. SENSIBILITA’:
Il livello di uscita dei microfoni è dato dalla tensione sviluppata ai terminali di uscita quando il diaframma è sottoposto d un certo quantitativo di pressione sonora. Solitamente la pressione di riferimento è di 10 microbar (94 dB SPL) a 1000 Hz. Quando la tensione d’uscita di un microfono in questa condizione è di 1 V si dice che la sensibilità è 0 dB. Poiché differenti costruttori possono usare differenti livelli di riferimento di pressione, è necessario sapere le condizioni di misura originarie quando si confrontano due prodotti. E’ da sottolineare che la sensibilità ha poco a che fare con la qualità del microfono, in quanto strettamente dipendente dalla tecnologia di trasduzione.
INTERFERENZE DEL DIAFRAMMA E DEL CORPO MICROFONICO
Dalle figure precedenti notiamo come non esistano microfoni che mantengono la risposta costante a tutte le angolazioni di ripresa, ciò è causato essenzialmente dal fatto che è impossibile introdurre un oggetto nel campo di propagazione di un onda sonora senza disturbarla in qualche modo. Il microfono può essere considerato come un ostacolo acustico, e la pressione del fronte d’onda che agisce sul diaframma sarà diversa da quella che esisteva prima di introdurre l’oggetto. Questo effetto è causato principalmente dalla diffrazione. La diffrazione sonora porta ad una distorsione del fronte d’onda sonoro data dal fatto che parte dell’energia incidente viene deviata, riflessa e diffusa dall’ostacolo, interferendo quindi con il fronte sonoro in arrivo. Possiamo identificare tre conseguenze importanti di questo fenomeno diffrattivo:
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Aumento della pressione a causa delle riflessioni della superficie frontale del microfono. Effetto “ombra” dietro l’ostacolo creato dal microfono. Diffusione del suono dai bordi della capsula e del corpo microfonico. L’intensità di questo effetto dipende dalla grandezza e dalla forma del microfono, ed è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda del suono incidente.
Nella figura a fianco possiamo vedere una rappresentazione semplificata dell’introduzione di un corpo microfonico sul tragitto di un onda sonora (0° di incidenza) all’estremo superiore dello spettro udibile.
Notiamo un aumento della pressione nella zona frontale, il cono d’ombra generato dietro all’ostacolo, e le radiazioni sferiche prodotte da ognuno degli angoli del corpo microfonico. A frequenze basse, quest’effetto è minimo e quindi trascurabile, eccetto che per la tecnologia direzionale, a gradiente di pressione. Infatti questo tipo di interferenza è del tutto simile a quella generata artificialmente dalla capsula microfonica per investire diversamente i lati del diaframma, e determinare la risposta polare del trasduttore. L’aumento di pressione sulla superficie frontale del microfono può quindi avere un pesante effetto sulla sua risposta in frequenza, variando però a seconda della tecnologia di funzionamento.
La curva A nella figura sottostante ci mostra l’incremento al centro del diaframma per un microfono di 20mm di diametro, con corpo cilindrico; un trasduttore elettrodinamico a bobina mobile invece sarà soggetto all’aumento mostrato dalla curva B. In generale poi dobbiamo considerare che tali variazioni si verificano relativamente all’angolo di incidenza dell’onda sonora rispetto al diaframma: a circa 90° questo effetto è negligibile.
Considerato tutto ciò, ci rendiamo conto che il microfono perfetto per linearità dovrebbe essere infinitamente piccolo, per annullare gli effetti di disturbo che la sua introduzione nel campo sonoro produrrebbe. Alcuni ingegneri del suono che si occupano di musica classica, stanno volgendo le loro attenzioni sempre più a microfoni omnidirezionali miniaturizzati, come il DPA 4060 (figura a fianco), incombendo però in altri problemi quali l’elevato rumore autogenerato dall’elettronica così miniaturizzata.
DIRETTIVITA’ E RISPOSTA IN FREQUENZA:
Generalmente i microfoni omnidirezionali hanno una buona risposta sulle basse frequenze, nel caso di tecnologia a condensatore la frequenza di taglio del filtro passaalto di cui sono dotati può essere portata in basso fino a raggiungere pochissimi Hertz. Nel caso dei microfoni direzionali a gradiente di pressione la situazione è ben diversa però, ad esempio un bidirezionale (figura ad 8) ha un roll-off di 6 dB per ottava nelle frequenze gravi. Il punto di taglio esatto è determinato dal costruttore, e dipende dalla sensibilità richiesta, e dal rapporto segnale rumore desiderato. La variazione della pendenza del filtro è determinata dal grado di direttività del microfono; in altre parole dalla proporzione di risposta polare tra omnidirezionale e bidirezionale.
Esempio di risposta sulle basse frequenze di cinque modelli di microfoni Schoeps
EFFETTO PROSSIMITA’:
Microfoni a gradiente di pressione producono un aumento nella risposta delle frequenze gravi quando la sorgente sonora è posta relativamente vicina alla capsula. L’ammontare di questo fenomeno è direttamente proporzionale alla percentuale di componente bidirezionale nella risposta polare del microfono. Gli omnidirezionali quindi non saranno soggetti a questo fenomeno, mentre i bidirezionali produrranno il maggior incremento. Dobbiamo osservare con molta cautela i grafici che ci vengono forniti dai costruttori, in quanto la misurazione che leggiamo è spesso invalidata da questo fenomeno. Per una corretta risposta la distanza minima dove non si verifica l’effetto prossimità è approssimativamente metà della lunghezza d’onda della frequenza misurata. Ciò vuol dire 8.5 m a 20 Hz, 3.4 m a 50 Hz o 1.70 m a 100 Hz; correntemente la maggior parte delle curve che troviamo nei datasheet arrivano sotto ai 50 Hz, ma ben poche di esse sono state misurate ad almeno 3.4 m, anzi, la maggior parte è stata disegnata con la sorgente ad un metro soltanto di distanza, e in alcuni casi anche a distanze inferiori. Qua di seguito mostriamo delle misure di un Neumann KM84 (cardioide) a 5 diverse distanze dalla sorgene sonora.
Tale effetto, senza addentrarci particolarmente nella fisica e matematica, è riconducibile alle diverse approssimazioni del fronte d’onda sonoro in base alla distanza dalla sorgente: fronte sferico molto vicino, via via più cilindrico allontanandosi da essa. Ciò comporta un apparente riduzione del grado di attenuazione fuori asse che tipicamente i microfoni a gradiente hanno, risultando quindi in una maggiore sensibilità alle basse frequenze proporzionalmente a tutti gli angoli di incidenza. In parole povere qualsiasi microfono direzionale a gradiente di pressione sarà più “omnidirezionale” per le basse frequenze.
IIN CO N C ON NC CL LU US SIIO ON NE E::
Un paragone tra i contenuti della letteratura scientifica sui principi e le caratteristiche dei microfoni, e i modelli realizzati dall’industria, ci mostra come molte idee che sono state presentate non hanno mai avuto realizzazione pratica. Alcune di esse erano così avanzate che la tecnologia produttiva non ne ha permesso la commercializzazione, altre invece hanno perso la loro chance perché soluzioni preesistenti erano più “forti” per diverse ragioni. Dall’altro lato una continua ricerca scientifica sta progredendo ad esempio nel campo dei trasduttori ottici, riportando alla realtà vecchie idee come la misurazione di un campo acustico senza l’introduzione di un diaframma che ne disturberebbe lo stato. Allo stato attuale le tecnologie di produzione si sono notevolmente standardizzate, raggiungendo una posizione dominante tale che ci vorranno idee veramente convincenti per scalzarle dal mercato. La combinazione di modelli esistenti con dsp correttivi di nuova generazione potrebbe essere una conseguenza sempre più ovvia di tutto ciò, poiché permetterebbero di estendere i limiti delle attuali apparecchiature senza sconvolgere troppo le industrie produttrici. Al momento stanno entrando in commercio microfoni che includono una conversione analogico-digitale al loro interno, come ci mostra la Neumann GmbH, ma allo stesso tempo l’estensione dei limiti meccanici dei modelli tradizionali, uniti all’utilizzo di nuovi materiali, lasciano ai modelli classici analogici una buona chance sopravvivere per un lungo periodo oltre ai già 140 anni percorsi.
B BIIB BL LIIO OG GR RA AF FIIA A:: "Microphone Arrays for Stereo and Multichannel Sound Recording", Michael Williams, Il Rostro "Applicazioni dei Microfoni da Studio", Umberto Nicolao, Il Rostro "Close Miking", Umberto Nicolao, Il Rostro "Manuale della Registrazione Sonora", D.M. Huber R.E. Runstein, Hoepli "Tecniche Stereofoniche di Microfonaggio", Bruce Bartlett, Hoepli "Microfoni", Umberto Nicolao, Il Rostro 2004 (3a ed.) "Piezoelettricità", M. Della Rocca, Il Rostro Quaderni di aggiornamento 2 "Tecniche e tecnologie audio", a cura di Umberto Nicolao, Il Rostro "Microphones for Professionals and semi-professional use", G. Borè, G. Neumann Technical Editions "Microphones, Tecnique and Tecnology", N. Pawera, Arsis - AES E-Library: A History of High-Quality Studio Microphones by Olson, Harry F. - AES E-Library: Microphones for Recording by Olson, Harry F. - AES E-Library: Selected Highlights of Microphone History by Werner, Erhard E. - AES E-Library: The Bidirectional Microphone: A Forgotten Patriarch by Streicher, Ronald; Dooley, Wes - AES E-Library: The Microphone: Between Physics and Emotion by Wuttke, Jörg - AES E-Library: Choosing the right microphone by understanding design tradeoffs, B. Barlett