PROGETTARE PER L’AUTISMO
Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” Corso di laurea in Architettura UE
Candidato Sara De Franceschi n° matricola 357623
Relatore Sabrina Lucibello
A/A 2010/2011
Correlatore Francesca Giofrè
PROGETTARE PER L’AUTISMO
Premessa Cosa significa progettare per l’autismo? C’è qualcosa che il design può fare per le persone con autismo? Queste sono state le prime domande che mi sono posta iniziando a lavorare a questo tema. «Il problema di design nasce da un bisogno» dice Archer. Allora quali sono i bisogni di un individuo autistico? Cos’è l’autismo e cosa comporta esserne affetti? Fare ricerca su questo argomento, di cui all’inizio non sapevo nulla è stato come immergermi in un mondo parallelo, e pur nella sua crudeltà, incredibilmente affascinante. Ho avuto la fortuna di partire per gli Stati Uniti a fine ottobre, dove sono entrata in contatto con terapisti occupazionali, educatori, ricercatori e ho visitato centri e scuole per bambini e adolescenti con autismo. È stata l’occasione per osservare da vicino una realtà che in Italia è prevalentemente nascosta, poco conosciuta e abbandonata troppe volte a sé stessa. Comprenderne o intuirne le dinamiche, le mille sfumature ed i bisogni inespressi è stato il primo passo per rispondere alle mie domande e capire perché una progettazione standard non soddisfa le esigenze di un individuo autistico.
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1. AUTISMO 1.1 Cos’è? La prima cosa che mi ha detto chiunque io abbia interpellato sull’argomento è che ogni caso è diverso, ed una diagnosi racconta ben poco della persona che, in quanto tale, è unica. Il termine autismo deriva dal greco αὐτός ([aw'tos], stesso), e come malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, la scomparsa dell’iniziativa, le difficoltà psicomotorie e il mancato sviluppo del linguaggio. Con la pubblicazione del DMS-IV (quarta revisione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il disturbo autistico viene inserito fra i disturbi generalizzati dello sviluppo, cioè fra quei disturbi caratterizzati da una grave e generalizzata compromissione in diverse aree dello sviluppo. La parola autismo venne utilizzata per la prima volta nel 1908 da Eugen Bleuler, psichiatra
svizzero
sostenitore
della
psicanalisi,
per
indicare
un
sintomo
comportamentale della schizofrenia. Secondo Bleuler l’autismo era caratterizzato da un restringimento delle relazioni con le persone e con il mondo esterno, così estremo da escludere qualsiasi cosa eccetto il Sé proprio della persona. Solo con Hans Asperger, nel 1938, il termine autismo viene inteso in senso moderno e con Leo Kanner nel 1943 passa ad indicare una specifica sindrome patologica. Kanner aveva osservato un gruppo di bambini tendenti all’isolamento, autosufficienti, felicissimi se lasciati soli, “come in un guscio”, poco reattivi in ambito relazionale, molto resistenti al cambiamento, muti o con linguaggio ecolalico, spesso dotati di specifiche abilità molto sviluppate accanto ad un ritardo mentale generalizzato. Caratterizzati quindi da un comportamento di chiusura che egli, inizialmente, ipotizzò causato da «un’innata incapacità a comunicare» accusando poi i genitori di freddezza e meccanizzazione dei rapporti umani. Asperger, quasi contemporaneamente, definì allo stesso modo un disturbo che interessava una determinata popolazione infantile con sintomatologia in gran parte simile a quella descritta da Kanner, ma con capacità cognitive nettamente superiori, alla base della quale egli ipotizzò un disturbo nel contatto allo stesso profondo livello dell’affetto e/o dell’istinto. I soggetti di Asperger erano caratterizzati da una forma di pensiero concreto, dall’ossessione per alcuni argomenti, dall’eccellente memoria e spesso da modalità comportamentali e relazionali eccentriche. Nel ventennio successivo le teorie psicodinamiche furono il principale riferimento nello studio dell’autismo. La maggior parte degli sforzi nella ricerca furono per indagare la possibilità che la sindrome autistica fosse dovuta ad una alterazione del rapporto madrebambino. Bettelheim fu uno dei primi autori a interessarsi a questo argomento, sviluppando il concetto di “madre frigorifero” per descrivere un tipo di rapporto
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caratterizzato da carenza di contatto fisico, pratiche alimentari anomale, difficoltà nel linguaggio e/o nel contatto oculare con il figlio. Nella sua ottica il bambino, percependo nella madre un desiderio (reale o immaginario) di annullarlo, verrebbe colto dalla paura di annientamento da parte del mondo, dal momento che questo è rappresentato proprio dalla madre, dalla quale si difenderebbe proprio con l’autismo, che sarebbe perciò un meccanismo di difesa. Già nel 1959 Goldstein propose di considerare l’autismo come un meccanismo di difesa secondario ad un deficit organico, «espressione di meccanismi di difesa messi in atto passivamene allo scopo di salvaguardare l’esistenza del malato in situazioni di pericolo e di angoscia insopportabili». A partire dagli anni ’60 le critiche al modello psicodinamico, accusato di colpevolizzare ingiustamente i genitori, si fanno sempre più forti. Il primo autore a sostenere in modo sistematico che la causa della sindrome autistica non fossero i genitori, ma che il disturbo avesse una base organica è stato Rimland, sostenendo che fosse provocata da alterazioni morfologiche e funzionali a base organica. Ne scaturì l’approccio organicista, che cercava di individuare alterazioni organiche alla base della sindrome. Nonostante la varietà di elementi raccolti congruenti con questa ipotesi, non ne è stato ancora isolato uno in particolare che possa essere considerato come caratteristico di tutte le forme di autismo, tanto che attualmente si è portati a credere che non esista un unico autismo, ma che in questa categoria siano invece comprese diverse patologie e manifestazioni sintomatiche provocate da diverse cause organiche. Da uno studio di Wing e Gould del 1979 è emerso che disturbi della socializzazione, della comunicazione e dell’immaginazione hanno la tendenza ad apparire insieme piuttosto che in maniera isolata. Dal momento che questa caratteristica è particolarmente evidente nell’autismo, da allora si preferì diagnosticarlo in base a queste tre aree sintomatiche. Nella nuova classificazione internazionale l’autismo è compreso nei disturbi dello sviluppo, con una componente organica altamente probabile, anche se non ancora individuata con sicurezza. La Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) all’interno
delle
linee
guida
specifiche
definisce
l’autismo
«una
sindrome
comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita» ed aggiunge che « Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri. L’Autismo, pertanto, si configura come una disabilità “permanente” che accompagna il soggetto nel suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo.»
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1.2 Perché? L’autismo è un disturbo comportamentale complesso caratterizzato da comportamenti stereotipati e difficoltà nell’interazione sociale e nella comunicazione. La maggior parte dei bambini con autismo ha anche difficoltà cognitive. Il ruolo di alcuni fattori ambientali è attualmente dibattuto, ma esistono numerose evidenze che la componente genetica in questo disturbo eserciti un ruolo di fondamentale importanza. Molte teorie patogenetiche sono state preposte e sembrano avere un ruolo in almeno alcuni sotto-fenotipi nella patogenesi della sindrome autistica: disturbo nello sviluppo di alcune strutture cerebrali, disfunzioni dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale, anomalie immunologiche, processi autoimmuni, disturbi del metabolismo purinico, ecc. Dal punto di vista neuropatologico, gli studi condotti su cervelli di soggetti autistici comparati con soggetti normali mostrano aumentata densità cellulare e ridotte dimensioni delle cellule neuronali nel sistema limbico e nel cervelletto. Lesioni in queste aree producono effetti prominenti sulla motivazione, sull’emozione, sull’apprendimento, sulla memoria e le interazioni sociali, comportamenti che sono anormali nei soggetti con autismo. Il carattere delle lesioni suggerisce che le alterazioni di sviluppo cerebrale siano cominciate nel primo trimestre di gravidanza. Studi sui gemelli o attraverso tecniche di linkage e l’osservazione di anomalie cromosomiche suggeriscono che, seppur non geneticamente determinato, l’autismo è sicuramente geneticamente influenzato. È difficile, se non impossibile, attribuirne l’insorgenza a specifiche anomalie cromosomiche, essendo troppo numerosi i cromosomi che, a vario titolo, sono coinvolti nello sviluppo di tale disturbo. Oggi si parla molto della “Teoria della mente” di Simon Baron-Cohen, che sembra gettare un po’ di luce sui processi mentali difettosi del bambino autistico oltre che far prevedere alcune possibilità di intervento adeguato ed efficace. È una teoria recente ed ancora poco conosciuta e applicata, ma che ci porterà sicuramente elementi nuovi di conoscenza del bambino autistico e non mancherà di orientare i nostri progetti terapeutici e pedagogici futuri. Secondo l’autore esistono quattro meccanismi su cui si fonda lo sviluppo della mente ed ognuno di essi riflette le quattro proprietà innate del mondo psichico: l’atto di volontà, la percezione, l’attenzione partecipata, gli stati epistemici. The intentionaly detector (Id) – rivelatore dell’intenzionalità: è una modalità percettiva che interpreta gli stimoli al movimento come primitivi stati mentali che eprimono uno scopo e un desiderio. Sono la base necessaria per essere capaci di dare un senso ai movimenti universali di tutti gli animali. L’idea di base è che questa modalità è attivata ogni qualvolta vi è un input percettivo in grado di identificare qualcosa come un agente; un agente può essere qualsiasi cosa che abbia un movimento come persona, farfalla, palla, gatto, nuvola, uomo, ecc. Proprio per il loro movimento autoindotto, tutti
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quanti sono subito interpretati come agenti con scopi e desideri, al di là della varietà delle forme. Id è veramente basilare e lavora attraverso i sensi (visione, tatto, udito). The eye direction detector (Edd) – rilevatore della direzione degli occhi: questo meccanismo funziona solo attraverso la visione e ha tre funzioni basilari: 1) rileva la presenza degli occhi o degli stimoli come occhi; 2) realizza se gli occhi sono rivolti verso di sé o verso qualcun altro (contatto mutuale); 3) deduce se gli occhi di un altro organismo sono diretti su qualcosa o che cosa esso sta vedendo (l’agente vede me, io vedo l’agente): rappresentazione diadica. The shared-attention mechanism (Sam) – il meccanismo dell’attenzione condivisa: la funzione chiave è la costruzione delle rappresentazioni triadiche che sono la rappresentazione di una relazione triadica: un agente e il Sé, ambedue attenti ad un terzooggetto (mamma vede che io vedo il bambino). Dai 14 mesi il bambino gira gli occhi nella stessa direzione in cui un’altra persona sta guardando e mostra più volte sguardi alternativi per essere sicuro che lui e l’altra persona stanno guardando lo stesso oggetto. The theory of mind mechanism (Tomm) – la teoria del meccanismo della mente: Tomm è un sistema utile per ricavare tutta la gamma degli stati mentali dal comportamento. Gli altri meccanismi consentono di leggere il comportamento in termini di stati mentali volontari (desiderio e scopo) o di leggere la direzione degli occhi in stati mentali percettivi (ad es. vedere) o di verificare che una persona diversa può sperimentare gli stessi stati mentali con lo stesso oggetto o evento (attenzione condivisa). Nel soggetto autistico le cose andrebbero, però, nel modo seguente: Id e Edd sono intatti mentre Sam, che costruisce le rappresentazioni triadiche necessarie per verificare se un agente pone attenzione allo stesso oggetto o evento è molto alterato per quanto riguarda la modalità visiva, tattile e uditiva. Gli autistici non mostrano alcun comportamento d’attenzione congiunta o condivisa, né sguardi per controllare, né comportamenti collegati al tentativo di catturare l’attenzione di altri, usando gesti protodeclarativi. Nessuna rappresentazione triadica può essere fatta e Sam non ha alcuna possibilità di stimolare Tomm. I bambini autistici hanno difficoltà a comprendere gli stati mentali epistemici e non distinguono il vero dal falso, ecc., riconoscono le emozioni semplici, ma hanno difficoltà a riconoscere le emozioni di sorpresa legate alle opinioni. Sanno giudicare quando le emozioni sono causate dalle circostanze o da un desiderio, ma ben poco capiscono delle emozioni basate sulle opinioni.
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2 COSA COMPORTA? I Disturbi dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorders – ASD) sono più frequenti nella popolazione pediatrica di quanto non lo siano disturbi più conosciuti, come il diabete, la spina bifida oppure la Sindrome di Down, la prevalenza, secondo studi condotti in alcuni stati degli USA, nel Regno Unito, in Europa e in Asia, viene stimata in un range da 2 a 6 casi di ASD su 1000 bambini, oscillazione che indica la necessità più precoce e più accurato dei sintomi. Quanto più precocemente il disturbo è diagnosticato, tanto più tempestivamente il bambino può essere aiutato con un intervento terapeutico. I primi sintomi di ASD possono inizialmente essere trascurati dai pediatri, dai medici di famiglia, da educatori, insegnanti e genitori che ottimisticamente considerano il bambino solo un po’ in ritardo e in grado di “recuperare”. Si stima che soltanto il 50% dei bambini affetti da ASD riceva la diagnosi prima dell’ingresso alla scuola materna, quando un intervento precoce ha un impatto drammatico nel ridurre i sintomi e nell’incrementare la capacità del bambino di maturare e di apprendere nuove abilità. Tutti i bambini con Disturbo dello Spettro Autistico manifestano dei deficit in tre aree: interazione sociale, comunicazione
verbale
e
non
verbale, comportamenti e interessi stereotipati. A questo si associano reazioni
anomale
ad
esperienze
sensoriali, come a certi suoni o alle caratteristiche di certi oggetti. Ognuno
di
questi
sintomi
può
manifestarsi in una scala di gravità da lieve a grave e con modalità diverse da bambino a bambino. Ad esempio un bambino può imparare a leggere senza gravi difficoltà ma nello stesso tempo manifestare un’interazione sociale molto deficitaria. Ogni bambino manifesterà un quadro comunicativo, sociale e comportamentale peculiare, che tuttavia rientra nei criteri diagnostici generali degli ASD. I bambini con Disturbo dello Spettro Autistico non seguono i modelli tipici dello sviluppo infantile. In alcuni bambini il sospetto di problemi può manifestarsi fin dalla nascita. Ad un anno, risultano dominanti la povertà del contatto, la quantità limitata dei sorrisi sociali e delle mimiche poco espressive. A due anni, presenti sono ancora la povertà del contatto ed il limitato valore espressivo delle manifestazioni emotive, ma ci sono pure le stereotipie, le posture bizzarre e la labile attenzione che permettono d’identificare i bambini con autismo. Nella maggioranza dei casi i problemi connessi alla comunicazione
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e alle capacità sociali risultano più evidenti nel momento in cui il bambino viene inserito in un contesto in cui siano presenti suoi coetanei, chiaramente più avanti nello sviluppo. Altri bambini inizialmente si sviluppano abbastanza bene, mentre il modo diverso di reagire alle persone ed altri comportamenti insoliti si manifestano, il più delle volte, tra il 18° e il 36° mese di vita. Alcuni genitori riferiscono che il cambiamento è stato repentino e che il loro bambino ha iniziato all’improvviso a rifiutare le persone, a comportarsi in modo strano ed a perdere le abilità linguistiche e sociali acquisite in precedenza. In altri casi esiste un plateau, o un arresto dei progressi, che rende più evidente la differenza tra il bambino autistico ed i suoi coetanei. I Disturbi dello Spettro Autistico sono definiti da una serie di comportamenti che oscillano in un range da molto lievi a gravi. In una pubblicazione del Center for Disease Control and Prevention vengono elencati una serie di sintomi e segnali indicatori possibili. Una persona con ASD potrebbe: -
Non rispondere se chiamato per nome, dai 12 mesi
-
Non indicare oggetti mostrando interesse, dai 14 mesi
-
Non giocare a “fare finta”, dai 18 mesi
-
Evitare il contatto oculare e desiderare di stare solo
-
Aver problemi nel comprendere cosa provano gli altri
-
Avere un ritardo nel linguaggio e nell’espressione verbale
-
Ripetere parole o frasi in maniera ecolalica
-
Rispondere alle domande in maniera inappropriata
-
Non sopportare neanche il più piccolo cambiamento
-
Avere interessi ossessivi
-
Muovere le mani come ali, dondolare con il corpo, girare su sé stessa
-
Reagire in maniera anomala a suoni, odori, sapori, sensazioni tattili, immagini
I bambini con sviluppo tipico sono degli esseri sociali fin dai primi giorni di vita. Molto presto rivolgono lo sguardo sulle persone, si voltano verso la voce umana, afferrano il dito e sorridono. Al contrario, la maggior parte dei bambini affetti da ASD sembra avere enormi difficoltà nell’imparare a prendere parte alla reciprocità dell’interazione umana quotidiana. Inoltre, nei primi mesi di vita molti non interagiscono e rifiutano il contatto oculare. Sembrano indifferenti agli altri e spesso sembra che preferiscano stare da soli. Talvolta respingono le premure, oppure accettano passivamente abbracci e coccole. Più tardi, raramente cercano la consolazione dei genitori o rispondono in modo appropriato alle loro manifestazioni di disappunto o d’affetto. I dati della ricerca suggeriscono che, benché i bambini affetti da ASD siano affezionati ai loro genitori, le manifestazioni dell’attaccamento sono insolite e difficili da cogliere. Ai genitori può sembrare che il bambino non provi alcun affetto per loro. I genitori, che non vedono l’ora di poter coccolare, educare e giocare con i figli, possono sentirsi distrutti da questa mancanza delle tipiche manifestazioni d’affetto che di aspettano dal bambino.
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I bambini con ASD sono anche più lenti nell’imparare ad interpretare il pensiero e i sentimenti degli altri. Segnali sociali sottili come un sorriso, un ammiccamento o una smorfia, possono avere scarso significato. Per un bambino al quale sfugge il significato di questi segnali, le parole «vieni qua» avranno lo stesso significato in qualunque modo siano pronunciate, sia allargando affettuosamente le braccia che con viso arcigno e i pugni sui fianchi. Senza la capacità di interpretare i gesti e l’espressione del viso, il mondo può apparire scorcentante. Per di più, le persone affetta da ASD hanno difficoltà a vedere le cose dalla prospettiva altrui. La maggior parte dei bambini di cinque anni ha la capacità di capire che gli altri possono avere informazioni, sentimenti e finalità diverse tra loro. Questa capacità può mancare alle persone affette da ASD, impedendo loro di prevedere o di comprendere le azioni degli altri. Inoltre è comune, anche se non universale, per le persone con ASD, avere difficoltà nel controllare le proprie emozioni. Questo può manifestarsi con un comportamento “immaturo”, come piangere in classe, o con esplosioni verbali che appaiono inappropriate alle circostanze. Le persone con ASD possono anche presentare distruttività e talvolta aggressività fisica, che aggravano ulteriormente le difficoltà di relazione sociale. Hanno la tendenza a “perdere il controllo”, specialmente quando si trovano in un ambiente sconosciuto ed opprimente, oppure quando sono arrabbiati o frustrati. Talvolta possono rompere oggetti, o avere comportamenti aggressivi o autolesionisti: quando si sentono frustrati alcuni si percuotono il capo, si strappano i capelli o si mordono le mani.
2.1 Difficoltà comunicative All’età di tre anni la maggior parte dei bambini ha oltrepassato quelle che sono considerate le pietre miliari sul cammino verso l’apprendimento del linguaggio, di cui il balbettio è una delle prime forme. All’età di un anno il bambino con sviluppo tipico dice alcune parole, si volta quando sente pronunciare il proprio nome, punta l’indice verso il giocattolo che vuole e, quando gli viene offerto qualcosa che non gli piace, esprime con chiarezza la risposta “no”. Alcuni bambini con diagnosi di ASD restano muti per tutta la vita, altri, che mostreranno più tardivamente i segni di ASD
,
dopo aver iniziato a ciangottare e balbettare nei primi mesi di vita, si bloccano di colpo. Altri ancora
possono
sviluppare
tardivamente il linguaggio ad un’età compresa tra 5 e 9 anni.
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Alcuni possono imparare ad usare sistemi di comunicazione come le immagini oppure il linguaggio dei segni. Quelli che possiedono il linguaggio verbale lo usano spesso in modo insolito. Sembrano incapaci di combinare le parole in frasi significative; alcuni si esprimono solo con parole singole, mentre altri ripetono sempre la stessa frase. Alcuni bambini con ASD ripetono a pappagallo quello che sentono, un fenomeno chiamato ecolalia. Anche molti bambini con uno sviluppo tipico attraversano una fase nella quale ripetono ciò che sentono, ma questa fase si conclude di norma entro i 3 anni di età. Alcuni bambini affetti da una forma più lieve possono mostrare solo lievi ritardi di linguaggio, o addirittura sembrano esibire un linguaggio precoce e un vocabolario insolitamente
ampio,
sebbene
presentino
grandi
difficoltà
nel
sostenere
una
conversazione. La difficoltà che incontrano sta nel botta e risposta di una conversazione normale, anche se sono capaci di prodursi in un monologo sul loro tema favorito, senza lasciare agli altri alcuna opportunità di interloquire. Un’altra difficoltà consiste nell’incapacità di comprendere il linguaggio del corpo, il tono della voce, oppure i modi di dire. Possono interpretare alla lettera frasi del tipo «Ma quanto sei bravo!», pronunciata con un’intenzione sarcastica. Se comprendere quello che dicono i bambini con ASD può essere difficile, altrettanto difficile è capire il loro linguaggio del corpo. Le espressioni del viso, i movimenti ed i gesti, raramente corrispondono a quello che stanno dicendo. Anche al tono della voce, spesso acuta, cantilenante, o piatta come quella di un robot, manca una corrispondenza coi i sentimenti che dovrebbe esprimere. Alcuni bambini con abilità linguistiche relativamente buone parlano come piccoli adulti, senza produrre il linguaggio infantile tipico dei loro coetanei. Prive della gestualità o del linguaggio significativi per chiedere, le persone affette da ASD si trovano nell’impossibilità di far capire agli altri ciò di cui hanno bisogno. Di conseguenza, possono semplicemente strillare o afferrare ciò che vogliono. Finchè non vengono insegnati loro modi più appropriati per esprimere i propri bisogni, i bambini con ASD fanno ciò che possono per rivolgersi agli altri. Con la crescita, le persone con ASD diventano sempre più consapevoli delle proprie difficoltà nel comprendere gli altri e nel farsi capire, e possono sviluppare per questo motivo ansia o depressione.
2.2 Comportamenti ripetitivi Sebbene i bambini con ASD abbiano di solito un aspetto normale ed un buon controllo muscolare, i loro comportamenti bizzarri e ripetitivi li distinguono dagli altri. Questi comportamenti possono assumere forme estreme e molto evidenti o più sottili. Alcuni bambini agitano frequentemente le braccia in modo ripetitivo per lunghi periodi, o camminano sulla punta dei piedi; altri improvvisamente si immobilizzano in una certa
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postura; dei bambini possono passare ore a mettere in fila macchinine e trenini, piuttosto che usarli per un gioco immaginario. Alcuni possono essere fortemente disturbati se un giocattolo viene accidentalmente spostato. I bambini con ASD necessitano ed esigono che il loro ambiente sia assolutamente coerente. Ogni piccolo cambiamento di routine, gli orari dei pasti, il rituale del vestirsi o di fare il bagno, andare a scuola ad una certa ora e per una certa strada, può risultare estremamente disturbante. Forse l’ordine e la ripetizione conferiscono una certa stabilità in un mondo caotico. I
comportamenti
ripetitivi
assumono
talvolta la forma di una preoccupazione intensa e persistente. Ad esempio il bambino
può
essere
ossessionato
dall’imparare tutto sugli aspirapolvere, sugli orari dei treni o sui fari; spesso manifesta un interesse spiccato per i numeri,
i
simboli,
o
per
argomenti
scientifici. Dall’osservazione
di
comportamenti
stereotipati fatta in questi anni sull’uso di oggetti da parte dei bambini con ASD, ci si è resi conto di come tutti si concentrano sulle qualità dell’oggetto, partecipandole, riuscendole
a
farle
roteare,
vibrare,
risuonare con una precisione ritmica di equilibri sicuramente irraggiungibili da una persona normale, fino a diventare tutt’uno con l’oggetto, con le sue peculiarità, realizzando una continuità nella percezione sensoriale dello stesso. Una simbiosi con materie diverse. Viene da pensare che la non accettazione del distacco primario trovi appagamento in queste capacità di entrare in simbiosi con un oggetto d’amore.
2.3 Problemi sensoriali I bambini dotati di percezioni adeguate possono imparare attraverso ciò che vedono, toccano e sentono. Viceversa, se l’informazione sensoriale è difettosa, le esperienze provenienti dal mondo esterno possono risultare estremamente confuse. Molti bambini con ASD sono particolarmente, e perfino dolorosamente sensibili ad alcuni suoni, tessuti, gusti e odori. Alcuni trovano quasi insopportabile il contatto dei vestiti sulla pelle. Certi rumori, l’aspirapolvere, il telefono, uno scoppio improvviso, perfino
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l’infrangersi delle onde sulla riva,
provocano
in
questi
bambini la reazione immediata di coprirsi le orecchie e urlare. Nei
Disturbi
dello
Spettro
Autistico il cervello sembra incapace di bilanciare i sensi in modo appropriato. Alcuni bambini con ASD sono insensibili al dolore o al freddo pungente. Un bambino con ASD può non piangere neanche se cadendo si rompe un braccio. Altri non esitano a battere ripetutamente la testa contro il muro, mentre un tocco leggero sulla spalla li fa urlare di paura.
2.4 Cosa cambia? Molto spesso il bambino autistico presenta un periodo iniziale nel quale lo sviluppo appare come normale con le sue risposte sensoriali, i movimenti dei quattro arti e del capo, le prime parole. Un’osservazione accurata può evidenziare anomalie: movimenti rotatori del capo e del corpo, lo stare seduti immobili per diverso tempo, camminare e gattonare in forma un po’ scoordinata, un balbettare monotono, sono segnali d’allarme per
un
esperto,
ma
sui
quali
facilmente
si
sorvola.
Tra i 18 e i 30 mesi il bambino non segnala gli oggetti e le persone, non guarda negli occhi, non segue l’attenzione degli altri, non risponde alle modulazioni espressive dei familiari. A partire dai 2-3 anni compaiono altre caratteristiche peculiari dell’autismo: il linguaggio è assente o in ritardo, si notano facilmente manierismi e stereotipie, il bambino non ha interesse per le iniziative e la presenza degli altri e tende ad isolarsi, non sopporta cambiamenti e/o spostamenti di oggetti intorno, si irrita enormemente, ha crisi oppositive spesso aggressive, manifesta un deficit delle capacità associativo-deduttive ed incoerenza nelle risposte comportamentali.
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Temple Grandin, una donna autistica verbale, professoressa associata dell’Università Statale del Colorado, parlando della sua capacità di comprendere solamente le emozioni più “semplici, forti, universali”, restando sconcertata da quelle più complesse o simulate, si definisce “un’antropologa su Marte” ed in una delle sue illuminanti testimonianze spiega che “i bambini non imparano da soli, ma vanno guidati all’esplorazione e alla comprensione del mondo”. Gli
aspetti
emotivo-affettivi presentano deficit poiché
manca
capacità
la di
riconoscere emozioni
e
sentimenti altrui, il comportamento appare slegato al contesto,
non
sono
funzioni
imitative
e
ci né
autosoddisfazione nei rapporti interpersonali, non si strutturano legami di reciprocità e di gratitudine, gli interessi sono limitati, non c’è preoccupazione per capire l’uso e il significato pratico degli oggetti ed il pensiero deriva solamente dall’esperienza percettiva e/o affettiva, risultando precluso il sistema simbolico.
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3 CHE FARE? Il Disturbo Autistico viene attualmente considerato una sindrome comportamentale. La diagnosi, cioè, si basa su una serie di manifestazioni “osservabili”, le quali rappresentano l’espressione di una compromissione funzionale nelle aree dell’interazione sociale, della comunicazione, degli interessi e delle attività. Ne deriva che il progetto terapeutico prevede l’attivazione di una serie di interventi finalizzati a migliorare l’interazione sociale, arricchire la comunicazione, favorire un ampliamento degli interessi ed una maggiore flessibilità degli schemi di azione.
Se non si interviene precocemente attraverso un adeguato intervento il quadro autistico evolve verso la cronicità peggiorando inesorabilmente le condizioni di vita della persona autistica.
3.1 Le strategie terapeutiche Per garantire una soddisfacente qualità di vita alla persona con autismo e alla sua famiglia, l’intero arco dell’età evolutiva è il periodo durante il quale vengono messi in atto una serie di interventi finalizzati a correggere comportamenti disadattavi, pilotare la spinta maturativa per facilitare l’emergenza di competenze sociali, comunicativolinguistiche, cognitive - che possano favorire il futuro adattamento all’ambiente quotidiano, favorire lo sviluppo di un soddisfacente adattamento emozionale - controllo degli impulsi, modulazione degli stati emotivi, immagine di sé. Non esiste un intervento che va bene per tutti i bambini autistici o per tutte le età, né un intervento che può rispondere a tutte le molteplici esigenze direttamente ed indirettamente legate all’Autismo. E’ molto importante, al fine di garantire la continuità e la qualità del percorso terapeutico, coinvolgere sempre i genitori, scegliere in itinere gli
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obiettivi intermedi da raggiungere e quindi gli interventi da attivare, coordinate, in ogni fase dello sviluppo, i vari interventi individuati per il conseguimento degli obiettivi, nonché verificare le strategie messe in atto all’interno di ciascun intervento. Solitamente vengono suggeriti ed adottati percorsi terapeutici che rientrano in due grandi categorie: • gli approcci comportamentali • gli approcci evolutivi
3.2 Gli approcci comportamentali L’analisi del comportamento (Behavior Analysis) è lo studio del comportamento, dei cambiamenti del comportamento e dei fattori che determinano tali cambiamenti. L’analisi del comportamento applicata (Applied Behavior Analysis = ABA) è l’area di ricerca finalizzata ad applicare i dati che derivano dall’analisi del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra determinati comportamenti e le condizioni esterne. In questa prospettiva l’ “analista comportamentale” utilizza i dati ricavati per formulare teorie relative al perché un determinato comportamento si verifica in un particolare contesto e, conseguentemente, mette in atto una serie di interventi finalizzati a modificare il comportamento e/o il contesto. Le informazioni ricavate dall’analisi del comportamento, pertanto, vengono utilizzate in maniera propositiva e sistematica per modificare il comportamento. L’ABA prende in considerazione i seguenti 4 elementi: • gli antecedenti (tutto ciò che precede il comportamento in esame); • il comportamento in esame (che deve essere osservabile e misurabile); • le conseguenze (tutto ciò che deriva dal comportamento in esame); • il contesto (definito in termini di luogo, persone, materiali, attività o momento del giorno) in cui il comportamento si verifica. Il programma di intervento (= la modifica del comportamento) viene realizzato su dati che
emergono
dall’analisi,
utilizzando
le
tecniche
abituali
della
terapia
del
comportamento: la sollecitazione (prompting), la riduzione delle sollecitazioni (fading), il modellamento (modeling), l’adattamento (shaping) e il rinforzo. Recentemente esiste una tendenza ad utilizzare il paradigma dell’ABA implementandolo negli ambienti che “naturalmente” il bambino frequenta (famiglia, scuola, attività del tempo libero). Ciò comporta il coinvolgimento dei genitori, dei fratelli, degli insegnanti e dei coetanei, con opportuni training per l’implementazione dei programmi di intervento sul bambino. Tale tendenza traduce l’orientamento verso un tipo di intervento sempre più “centrato sul bambino”, sulla stimolazione della sua iniziativa e sulla facilitazione del suo sviluppo sociale
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3.3 Gli approcci evolutivi (o interattivi) Gli approcci evolutivi (o interattivi) si muovono in una cornice concettuale completamente differente rispetto ai precedenti. Nella filosofia di questo tipo di programmi è implicita l'importanza della dimensione emozionale e relazionale in cui si realizza l’agire del bambino. Normalmente le diverse aree dell’emotività, delle funzioni cognitive , delle competenze comunicative e così via, evolvono e si influenzano reciprocamente definendo un sistema dinamico che non può essere considerato la semplice somma delle componenti che partecipano alla sua realizzazione. Si tratta, anche, di un sistema dinamico “aperto”, che in relazione all’apporto esperenziale si attesta su livelli funzionali progressivamente più evoluti, senza che sia possibile individuare quale delle modifiche dei singoli componenti sia maggiormente determinante. In questa prospettiva l’intervento si caratterizza come un intervento “centrato sul bambino” per favorire la sua libera espressione, la sua iniziativa, la sua partecipazione. In questa prospettiva, l’ambiente non è solo concepito come uno spazio fisico in cui implementare i programmi di intervento secondo i principi dell’ABA, ma assume di per se stesso una valenza “terapeutica”, in quanto luogo privilegiato di interazione, di scambio e di conoscenza. Un contesto naturale rappresenta la premessa indispensabile per attivare l’espressività, l’iniziativa e la partecipazione del bambino e favorire quindi una proficua utilizzazione dell’apporto esperenziale. Peraltro, in accordo a questi aspetti di inscindibilità fra cognitivo, emozionale, comunicativo e relazionale, il ruolo degli operatori preposti alla realizzazione del progetto diventa critico non solo per gli “esercizi” che possono somministrare, ma per il loro modo di porsi e di relazionarsi. La terapia della psicomotricità – abitualmente utilizzata in Italia – rientra nell’ambito di tali approcci. In particolare, essa rappresenta una proposta terapeutica che si propone una serie di obiettivi: • favorire la comparsa di segnalatori sociali (contatto oculare, sguardo referenziale, sorriso, etc.); • aumentare i tempi di attenzione; • facilitare un uso più appropriato degli oggetti; • stimolare la comunicazione; • arricchire il vocabolario; • scoraggiare determinati comportamenti (iperattività, stereotipie motorie, condotte autolesive, etc.). La terapia della psicomotricità inoltre si configura come una prassi terapeutica che privilegia una modalità di approccio in grado di facilitare nel bambino: • la percezione e la "conoscenza" di Sé come persona; • la percezione e la "conoscenza" dell'Altro; • la percezione e la "conoscenza" delle emozioni che sottendono i vari comportamenti; • la percezione e la "conoscenza" delle "leggi" emozionali e sociali che regolano i rapporti interpersonali.
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3.4 Attenzione ai sensi! «Disordini di integrazione sembrano essere associati a disturbi dell’elaborazione sensoriale, della stimolazione, e della modulazione delle emozioni» (De Gangi, 1995) L’integrazione sensoriale è l’abilità di ricevere informazioni dall’ambiente esterno e dal proprio corpo, attraverso i sensi, metterle insieme alle informazioni già immagazzinate nel cervello, e quindi dare una risposta significativa. E’ necessaria praticamente per qualsiasi attività in quanto la combinazione delle varie sensazioni è essenziale per comprendere ciò che ci circonda; ha a che fare con tutti i sette sensi, interconnessi tra loro e critici per la nostra sopravvivenza poiché ci permettono di sperimentare, interpretare, e rispondere agli stimoli che provengono dall’ambiente.
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4 I SETTE SENSI Al contrario di quanto siamo abituati a pensare, i sensi non sono soltanto cinque.
4.1 I sensi esterni Udito, vista, tatto, gusto e olfatto sono i cosiddetti “sensi esterni”, quelli che ricevono le informazioni provenienti dall’ambiente, la cui origine è al di fuori del nostro corpo. Sono detti anche “sensi ambientali”. L’udito è un sistema estremamente complesso, il primo senso a svilupparsi nel feto ed a permettere il contatto col mondo esterno. Elemento chiave è l’orecchio, organo che permette di sentire i suoni anche da una certa distanza. Alterazioni di questo sistema possono provocare risposte negative o paure riferite a suoni e rumori, spesso manifestate battendo le mani sulle orecchie, come pure assenza totale di risposte agli stimoli uditivi tanto da far sembrare il soggetto sordo. La vista è il senso mediante il quale è possibile percepire gli stimoli luminosi e, quindi, la forma, il colore, la dimensione e la posizione degli oggetti. Tale percezione avviene attraverso gli occhi. Può succedere che la persona autistica manifesti difesa evitando lo sguardo, sia soggetta a mal di testa e faccia fatica ad osservare e preferisca guardare lateralmente. Muovere le mani davanti agli occhi, cercare luci molto forti o al contrario essere ipersensibili a luce e contrasti, rispondere in ritardo ad eventuali ostacoli, non percepire la profondità degli spazi, non distinguere tra oggetti in movimento ed oggetti fermi, sono tutte possibili manifestazioni di un’alterazione del sistema visivo. Il tatto permette di rilevare con precisione la presenza di stimoli dovuti al contatto della superficie cutanea con oggetti esterni. Si tratta di un senso complesso e diffuso su un’ampia superficie corporea, i cui recettori danno sensazioni di caldo, freddo, tocco leggero, pressione, dolore. Iper o iposensibilità possono condurre ad isolamento, irritabilità, eccessiva reattività, intolleranza alle routine quotidiane, fino ad evitare, o al contrario cercare continuamente, qualsiasi forma di contatto corporeo.
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Il gusto, i cui recettori sono le gemme gustative presenti nelle papille gustative della lingua, nel palato molle, nella faringe, nelle guance e nell’epiglottide, dipende dalla percezione sinergica di cinque gusti fondamentali: amaro, aspro, dolce, salato e umami. Attraverso la bocca fornisce informazioni su sapore, temperatura, consistenza, di cibi e bevande. Può manifestarsi una sorta di difesa tattile all’interno della bocca, che provoca angoscia quando si spazzolano i denti o dal dentista, oppure un’intolleranza o un’ipersensibilità nei confronti di certi cibi o della loro temperatura, ed al contrario un bisogno continuo di masticare. L’olfatto rende possibile, tramite i chemiorecettori presenti nella mucosa nasale, la percezione delle sostanze chimiche volatili e dei gas presenti nell’aria. Alterazioni di questo senso possono portare, oltre al gesto di tapparsi il naso, a manifestazioni di angoscia per odori che spesso le persone neuro tipiche non notano.
4.2 I sensi interni Meno familiari sono invece i “sensi interni”, chiamati anche “nascosti” o “speciali”, dei quali non siamo consci, ma grazie ai quali siamo consapevoli della nostra presenza nel contesto. La propriocezione è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, anche senza il supporto della vista, e di conseguenza
aggiustare
automaticamente
la
posizione del proprio corpo. Segnali
comuni
di
una
disfunzione di questo senso sono
la
tendenza
goffaggine,
una
a
una
cadere,
mancanza di consapevolezza della posizione del proprio corpo, difficoltà a stare seduti a lungo e necessità di tenere i piedi poggiati a terra. L’apparato
vestibolare
assicura
l’equilibrio
del
corpo
registrando la posizione ed il movimento della testa nello spazio. Contribuisce all’orientamento spaziale, regola la postura e il movimento, mantiene gli occhi in posizione corretta
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durante i movimenti della testa. L’ipersensibilità di questo senso può provocare terribili reazioni ad attività di movimento normali legate ad oscillazioni e superfici in pendenza, come pure difficoltà a salire e scendere le scale, o a camminare su superfici instabili o non omogenee; l’iposensibilità dell’equilibrio porta alla ricerca continua di esperienze sensoriali di movimento molto intense, come saltare, piroettare, girare eccessivamente.
4.3 Ginnastica per i sensi In presenza di problemi di decodifica dell’informazione sensoriale, quindi in presenza di disordini dell’integrazione sensoriale, a causa di una risposta insufficiente o esagerata, una persona può cercare continuamente stimoli, oppure manifestare scarse abilità motorie, avere un controllo problematico della postura, bassi livelli di attenzione e disorganizzazione in genere. In questi casi ciò che serve è una “dieta sensoriale” che preveda una serie di attività in grado di fornire input sensoriali, necessari per avere una migliore integrazione sensoriale e di conseguenza risposte adattive agli stimoli del mondo esterno. Diverse metodologie e tecniche riabilitative possono essere utilizzate per la riabilitazione e si basano sui processi neurologici sottostanti e sull’idea di una plasticità neuronale. L’integrazione sensoriale è il fondamento per apprendimenti e comportamenti più complessi. Gli approcci di integrazione sensoriale propongono l’applicazione di esperienze sensoriali
pianificate,
controllate
e
individualizzate,
così
da poter creare una connessione di base necessaria sviluppo
allo di
attività
più complesse. L’intervento riabilitativo
nella
disfunzione dell’integrazione sensoriale dei pazienti autistici
si
deve
realizzare essenzialmente offrendo informazioni sensoriali estremamente chiare che aiutino ad organizzare il sistema nervoso centrale e consentendo una leggera latenza nel
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tempo di reazione; assistendo nella modulazione delle informazioni sensoriali; aiutando a rispondere ad uno stimolo per volta. La terapia di integrazione sensoriale si pratica in un ambiente progettato specificamente per stimolare e sfidare tutti i sensi, attraverso oggetti, attrezzi e dispositivi tecnologici. Il terapeuta lavora a stretto contatto col paziente per fornire il livello di stimolazione sensoriale di cui questo ha bisogno, e incoraggiare il movimento all’interno della stanza, tenendo presente sempre che le sfide poste devono essere alla portata del paziente, la sua risposta deve essere adattiva, la partecipazione attiva e le sue preferenze utilizzate per avviare esperienze terapeutiche. Un paziente iposensibile può essere esposto a sensazioni forti come vibrazioni e sfregamenti, mentre in caso di ipersensibilità le attività proposte saranno più tranquille. Le ricompense sono molto importanti e possono essere utilizzate per incoraggiare la tolleranza di attività normalmente evitate. Oggetti,
attrezzi,
dispositivi tecnologici vengono
utilizzati
all’interno del setting terapeutico scopo
di
con
lo
stimolare,
educare, allenare ogni singolo senso. Si lavora sull’udito per educare all’ascolto, al riconoscimento, ripetizione
alla e
all’emissione spontanea dei suoni; può essere cruciale desensibilizzare gradualmente, migliorare la gestione dei rumori, abbassare la difesa ed aumentare il contatto con la realtà esterna. La musica è solitamente uno stimolo gradito che può essere utilizzato come feedback positivo o come strategia per veicolare un messaggio o un’istruzione; quando si lavora sulla comunicazione, gesti, espressioni ed eventuali supporti visivi vanno utilizzati per rinforzare la parola, che spesso risulta di difficile ricezione. Spesso quello della vista è il senso su cui si fa più leva, per attrarre l’attenzione, ad esempio utilizzando colori sgargianti, per comunicare, attraverso segni, immagini, simboli che rinforzino l’evanescenza delle parole. La luce può essere utilizzata come elemento mediatore di un feedback positivo, o per arrivare all’altro.
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Il tatto è un senso cruciale, spesso alterato nelle persone con autismo. E’ importante abituare il paziente a diverse sensazioni, gradualmente, per desensibilizzarlo, ridurre la difesa tattile ed incoraggiare l’avvicinamento e l’interazione. Fondamentale soprattutto perché legato all’alimentazione che, se squilibrata, porta facilmente a scompensi nella crescita, il gusto va educato offrendo stimoli di vario tipo che preparino la bocca all’esplorazione di nuovi sapori. Un olfatto alterato può essere soprattutto motivo di distrazione e frustrazione in ambienti quotidiani, come pure di comportamenti inappropriati. Abituare il naso agli odori, sottoposti gradualmente al paziente durante la terapia è necessario per riequilibrare la risposta agli stimoli sensoriali di quest’area. Per quanto riguarda la propriocezione, avere a disposizione oggetti morbidi, da stringere ed abbracciare, abiti avvolgenti, sottoporre il corpo a massaggi e allungamenti, spingere o tirare, sono attività fondamentali che aiutano a percepire la presenza del proprio corpo nello spazio. Importantissimo per muoversi con disinvoltura e vivere pienamente l’ambiente circostante è il senso dell’equilibrio che va stimolato progressivamente ma senza mai sovraccaricare.
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5 COSA C’ENTRA IL DESIGN? All’interno del documento “I diritti dell’individuo ad un trattamento efficace”, pubblicato nel 1989 dall’Associazione per l’Analisi Comportamentale si afferma che «un individuo ha diritto ad un ambiente terapeutico. Un ambiente fisico e sociale che sia sicuro, umano, e risponda alle esigenze individuali è un necessario per un trattamento efficace. Un ambiente di questo tipo permette non solo l’apprendimento, ma anche uno standard di vita accettabile. Le dimensioni di un adeguato ambiente quotidiano sono complesse e variabili; tuttavia alcuni elementi sono essenziali. Le persone dovrebbero avere accesso ai servizi terapeutici, le attività di svago, ed i materiali che sono tanto divertenti quanto istruttivi. In questo modo, la preferenza della persona, insieme a fattori come l’età e la valenza educativa, è rilevante nella scelta di attività e materiali. Un ambiente adeguato comprende anche genitori, insegnanti, ed uno staff che sia competente, reattivo e capace di prendersi cura. Queste qualità possono essere caratterizzate in termini di frequenti interazioni
positive
che
siano
dirette
al
divertimento,
all’apprendimento
e
all’indipendenza. Infine uno spazio terapeutico esige il minor numero di restrizioni necessarie possibile, mentre assicura crescita e sviluppo personale. Libertà di movimento personale ed accesso alle attività preferite, piuttosto che tipologia o localizzazione della sistemazione, sono le caratteristiche di un ambiente meno restrittivo.»
5.1 Quali sono i bisogni? Il design nasce da un bisogno quindi dobbiamo chiederci quali siano i bisogni a cui dare una risposta progettuale. Per una persona con autismo è difficile comunicare le proprie esigenze, per cui dobbiamo riferirci a bisogni inespressi. L’osservazione ci posta a riconoscere come bisogni sicurezza, ordine, coerenza, assenza di caos. Oltre a questi dobbiamo tentare di intervenire su quelli che sono i bisogni terapeutici: favorire la comunicazione, aumentare gli interessi e stimolare l’immaginazione, educare i sensi.
5.2 Lo spazio L’ambiente a cui dobbiamo far riferimento non è certamente solo quello della terapia. Sia perché spesso non esiste un luogo per la terapia e si preferisce utilizzare gli spazi della
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quotidianità, sia perché, quando esiste, è comunque un ambiente in cui la persona si trova per poche ore. L’attenzione maggiore va rivolta allo spazio domestico e a quello scolastico. Ho avuto modo di capire a che punto si trovi la ricerca attraverso il lavoro dello studio GA Architects di Londra, parlando con Clare Vogel, che ho incontrato a New York e con l’osservazione diretta ed un confronto con terapisti, insegnanti e genitori. Nella sua ricerca Clare Vogel sottolinea che «Progettare uno spazio pensando alle esigenze di un bambino con disturbi dello spettro autistico può essere un compito scoraggiante dal momento che lo spettro è troppo ampio per poter dire quali caratteristiche sarebbero ideali. Si sa, comunque, che un ambiente terapeutico è quello che soddisfi i bisogni psicologici, informativi, sociali degli utenti». Sintetizzando possiamo affermare che uno spazio “autism-friendly” dovrebbe rispondere ad una serie di requisiti: flexibility, non-threatening, non-distracting, predictability, controllability, sensory-motor attuned, safety, non institutional. FLEXIBILITY per educare al cambiamento Progettare per favorire i cambiamenti delle esigenze dei bambine e per permettere loro di sistemare e suddividere gli spazi in funzione delle proprie necessità. Offrire un ambiente flessibile è uno dei componenti più importanti nella progettazione per utenti speciali con esigenze differenti. Considerare in che modo arredamento, materiali e disposizioni spaziali possono essere manipolati non solo dagli adulti, ma anche dai bambini, è molto importante. Quando vengono utilizzati arredi flessibili e materiali aperti a qualsiasi interpretazione, i bambini tendono a dedicarsi ad una serie di attività che incoraggiano sviluppo e apprendimento. Possono diventare più competenti nelle loro abilità fisiche e sviluppare indipendenza e fiducia in sé stessi. Sviluppano abilità specifiche, consapevolezza di sé, prontezza e rispetto per chi sta loro intorno. Soluzioni progettuali • Partizioni mobili o divisori creano zone di attività differentemente dimensionate mentre scaffali mobili su ruote permettono di fare ordine in maniera flessibile. • Anche piattaforme mobili permettono ai bambini di creare sistemazioni differenti. • Scovare angoli vuoti e spazi potenziali per zone tipo caverna, come pure posti per stare appollaiati. • Finestre e lucernari dovrebbero essere usati ogni volta sia possibile.
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• Installare interruttori dimmer, sistemi di illuminazione che possa essere controllata per avere diversi punti luce nella classe. • Provare lampade con morsetto, illuminazione su binari, punti luce a pavimento o da tavolo che offrono possibilità che le luci fluorescenti non danno.
NON THREATENING per accogliere La disposizione dello spazio fisico accogliente
favorisce gli incontri, la comunicazione e le
relazioni. Tutti i bambini hanno bisogno di un ambiente accogliente che allevi le sensazioni di paura, stress e ansia legati talvolta a scuola e terapia. Per poter imparare, un bambino deve esplorare, il che è possibile soltanto quando si sente protetto e sicuro. Per un bambino con autismo, questo tipo di ambiente è cruciale, dato che la paura può causargli una chiusura totale, con l’effetto di bloccare qualsiasi input ambientale e sociale. Gli ambienti sono più confortevoli e meno stressanti se contengono elementi che sono morbidi o che reagiscono al contatto. Inserire elementi del mondo della natura può ulteriormente lenire i sensi. Forse l’aspetto più importante nel progettare una classe “non-threatening” è uno spazio di transizione invitante, accattivante che permetta di lanciare uno sguardo all’interno. Da questa prospettiva i bambini dovrebbero riuscire a vedere varie zone per attività attraenti, in modo da potersi assicurare che all’interno accadono cose belle. La coerenza in tutte le aree condurrà all’esperienza di uno spazio classe migliore, più caldo e familiare. Soluzioni progettuali • Includere spazi per oggetti morbidi: sedute “a sacco”, divani gonfiabili, moquette, sabbia, terra, animali di peluche, altalene, argilla, pittura e acqua. • Evitare grandi spazi aperti per i bambini che tendono ad orbitare per mantenere del proprio corpo. • Decorare con una tavolozza di colori tenui, attutiti e rifiniture semplici, a tinta unita; riscaldare gli spazi di transizione con trame, piante e materiali interessanti. • Fornire ai bambini uno spazio personale – un gancio appendiabiti, un riparo, un armadietto, fotografie di sé stessi e della propria famiglia • Fornire una tabella grafica con il programma della giornata, istruzioni, visual timer, menù del giorno, etc. • Utilizzare vetro trasparente su finestre e porte, o spioncini.
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NON DISTRACTING per evitare sovraccarichi sensoriali Uno spazio on disordinato, visivamente e acusticamente confortante, diminuirà le possibilità di un sovraccarico sensoriale. A causa di una ipersensibile consapevolezza (percezione e reazione cognitiva) nei processi sensoriali, molti bambini con autismo, o con sindrome da deficit di attenzione, hanno difficoltà a concentrarsi quando si sentono assaliti da uno o più sensi. La salute fisica e il benessere di un bambino sono importanti bisogni da considerare nello sviluppo del progetto di uno spazio che utilizzeranno spesso. Le luci tremolanti non solo distraggono, possono anche causare delle crisi. Allo stesso modo, un’eccessiva stimolazione uditiva, tattile e olfattiva può portare alcuni bambini alla perdita di equilibrio e autocontrollo. L’arredamento dovrebbe dare un contributo ai concetti di ordine e spazio del bambino, la progettazione dovrebbe prevedere spazi per soddisfare le esigenze di bambini che sono sia “sensory-defensive” che “sensory-seeking”. Si può pensare di suddividere gli ambienti e di caratterizzarli attraverso l’uso di schermi, muri bassi, scaffali e altri complementi d’arredo in modo che possano accogliere tutti. Soluzioni progettuali • Uniformare materiali e colori della maggior parte delle superfici (pavimenti muri e finestre) in modo che la stimolazione educativa
si distingua chiaramente
dalla stimolazione ambientale. • Usare specchi a due vie per l’osservazione, ma stare attenti agli effetti del vetro riflettente. • Rimpiazzare le tremolanti lampade fluorescenti con lampadine nuove, ridurre il numero di quelle accese ed utilizzare più luce naturale. •
Utilizzare
materiali
fonoassorbenti
come
la
moquette ed arredi imbottiti per controllare la trasmissione del suono. • Evitare la vicinanza degli spazi per lo studio o la terapia ad altri spazi rumorosi. • Assicurarsi che le cose siano al loro posto: fili staccati, tappeti grinzosi o libri piegati sugli scaffali.
PREDICTABILITY per incoraggiare il problem solving Un ambiente che minimizzi le possibilità di disorientamento e confusione spazio-temporale fornendo una piccola quantità di informazioni per volta. La sistemazione di strutture, oggetti e attività dovrebbe incoraggiare scelte, problem solving e scoperte nel processo di apprendimento. Tre cose essenziali dovrebbero essere prese in considerazione – leggibilità, “immaginabilità” e ridondanza di input (Weisman, 1981). Assicurarsi che uno spazio sia facile da “leggere”con una configurazione
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progettuale, una segnaletica, una numerazione chiare. L’ambiente deve anche essere facile da ricordare e descrivere nei termini di certe caratteristiche, zone, percorsi, bordi e nodi - delle aree che definiscono lo spazio e tengono conto dell’aggregazione sociale (Lynch, 1960). Infine, uno spazio classe o uno spazio di transizione dovrebbero
fornire informazioni sullo
spazio utilizzando input multisensoriali – segni, suoni, odori, sapori e contatto. Soluzioni progettuali • Favorire l’orientamento e la facile identificazione con segnali e numeri, mappe, caratteristiche chiare e percorsi evidenziati. • Incoraggiare l’uso dei vari sensi negli spazi di transizione – colori, immagini, istruzioni scritte, canzoni, balli ed esperienze tattili. • Considerare in che modo la sistemazione degli arredi è in armonia col programma scolastico. L’orientamento spaziale può suggerire ad un bambino una grande quantità di informazioni. • Consentire ai bambini di guardare all’interno della classe da un punto di vista sicuro e protetto, per esempio un’anticamera. Usare un vetro antiriflesso, open windows (?). • Concedere del tempo in più in modo che gli studenti con autismo possano esplorare lo spazio senza nessuna distrazione o minaccia sociale.
CONTROLLABILITY per uno spazio “user-centered” Un ambiente che offra ai bambini vari modi per esplorare le relazioni spaziali attraverso il proprio corpo. Lo spazio può e spesso limita la quantità di scelte per bambini ed insegnanti. Sfortunatamente, i gruppi che sono maggiormente colpiti dal proprio ambiente sono quelli che hanno il minor controllo relativo al loro comportamento quotidiano al loro interno. Dovrebbe esserci una serie di disposizioni nella classe con stimoli differentemente controllati, e qualsiasi piccolo stimolo dovrebbe essere controllabile. Ci sono altri mezzi per provvedere a questo senso di controllo sull’ambiente. L’autocontrollo di un bambino autistico può essere alterato dalla possibilità di stare da solo, specialmente quando si sente stanco, indesiderato ed oppresso. Fornire attrezzature regolabili/spostabili è un altro modo per rendere lo spazio “user-centered”. Inoltre, queste
attrezzature
dovrebbero
essere
più
confortevoli,
intuitive,
componibili,
tecnologicamente efficienti ed accattivanti. Questo aiuterebbe insegnanti e bambini a raggiungere i propri obiettivi di apprendimento. Soluzioni progettuali • Arredi modulari che possano essere girati ed impilati in modi diversi.
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• Un’organizzazione spaziale che tenda a ridurre gli spazi quadrati, così da spezzare un ambiente in zone d’attività dalla forma irregolare. • Manipolare il perimetro per formare angoli di interesse per differenti attività. • Progettare tutti gli spazi in modo da incoraggiare l’attività in piccoli gruppi (14-16 gruppi) all’interno dei gruppi più grandi ed in piccole zone per 2-5 bambini. • Un’aula altamente prevedibile si trasforma in un’aula altamente controllabile; fornisce input visivi chiari ed utili. • Per un bambino che ha difficoltà nell’affrontare la costante presenza di altre persone, costruire un “rifugio” o degli spazi dove fare un momento di pausa, come un angolo tranquillo od uno spazio rialzato.
SENSORY-MOTOR ATTUNED per offrire attività stimolanti, sfide ed occasioni Un ambiente che coinvolga i sensi, meravigli, incuriosisca e faccia ragionare attraverso una molteplicità di materiali e attività. Una ragione per la quale un bambino con autismo spesso non interagisce nel suo ambiente fisico può essere il fatto che non sa come cominciare e mantenere questo tipo di interazione. Non si può semplicemente inserire un bambino in una classe ed aspettarsi che sappia cosa fare – ha bisogno di insegnanti, altri bambini,
ed
una
sistemazione
della
classe
estremamente comunicativa. Nel giusto contesto ambientale, il bambino sarà in grado di integrare le sensazioni che non ha mai integrati prima (Ayres, 2005). Per questi bambini, altezze, velocità, sensazioni differenti, possono sviluppare forza, integrazione sensoriale ed una consapevolezza della propria forza e abilità.
La
loro
capacità
di
apprendimento
è
intensificata. Bisogna essere consapevoli questi spazi sensoriali devono offrire attività eccitanti per tutti i bambini comprese sfide ed occasioni per utilizzare le proprie abilità in modo che i bambini con autismo ne siano inclusi. Soluzioni progettuali • Per bambini con problemi di difesa sensoriale, progettare almeno uno spazio chiuso/isolato che sia privo di luci fluorescenti e distrazioni visive.
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• Si dovrebbe poter guardare l’acqua, sentirne il rumore, toccarla. • Fornire uno spazio per attività che comprendano schiacciare, spingere, saltare, dondolare ed aggrapparsi. • Utilizzare materiali naturali ogni qual volta sia possibile. Per esempio, sostituire i cestini di plastica con cestini in fibre naturali per una diversa esperienza sensoriale. • Inserire mobili che offrano “deep touch pressure”. • Far migliorare i problemi di elaborazione visiva con palle terapeutiche, computer portatili che non tremolano, fogli di carta marroni o nei toni pastello che riducono i forti contrasti, e superfici opache che riducono l’abbagliamento.
SAFETY senza paura di farsi male Un ambiente protettivo, confortevole, dove farsi male e danneggiare l’aula sia improbabile. Creare un ambiente sicuro per un bambino è una sfida. Dal momento che un bambino con autismo spesso esibisce comportamenti - autolesionismo, capricci - potenzialmente dannosi, è importante prendere delle precauzioni. È anche possibile che ci siano maggiori reazioni a sporcizia, germi e tossine rispetto ai bambini neuro-tipici, dunque l’igiene è un altro elemento di cui tenere conto. Un senso di scampo e sicurezza per ciò che riguarda le scuole, può essere rinforzato progettandole in modo che funzionino come spazi comunitari, piuttosto che enfatizzando la separazione da casa, genitori, etc. Piccoli spazi confinati aumentano la sensazione di intimità, confidenza e sicurezza. Aree ben definite impediscono ai “giochi in corso” di essere interrotti dagli intrusi, quali i bulli. Soluzioni progettuali • Progettare in modo che siano possibili il lavoro in gruppo e le lezioni frontali, attraverso l’uso di tende, la
sistemazione
delle
scaffalature,
o
divisori
trasparenti. • Superfici morbide come comma, spugna, moquette, possono ridurre i danni potenziali. • Assicurare le scaffalature ai muri e al pavimento, mettere una serratura “dead bolt” alla porta dell’aula, e chiudere a chiave gli armadietti. • Plexiglas davanti agli scaffali dissuade i bambini dall’arrampicarsi. • Utilizzare su divani e sedie, rivestimenti che possano essere facilmente rimossi e lavati. • Bisogna prestare un’attenzione particolare a finiture e mobilio utilizzati nelle stanze per fare pausa, che devono essere a prova di danno. • Talvolta i muri a secco sono da preferire alla muratura.
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NON INSTITUTIONAL per far emergere le connessioni tra le persone Esibire caratteristiche residenziali attraverso l’arredamento, le rifiniture, lo schema delle luci ed un’aspettativa di comportamento coerente. Per un bambino con autismo, andare da casa a scuola può essere come dirigersi verso un riformatorio. Con una
progettazione
appropriata,
a
misura
di
abitazione, l’ansia associata a questo spostamento si ridurrebbe drammaticamente. Un’aria confortevole, come in una casa, fa emergere forti connessioni tra le persone che condividono l’ambiente, come pure un senso di appartenenza e sicurezza. Provare ad evitare i mobili standardizzati dei cataloghi e le attrezzature commerciali in modo da evitare la sensazione di sterilità. Prestare inoltre particolare attenzione ai passaggi verso le aule, così come a quelli dentro le classi.
Se
possibile,
corridoi,
ingressi
e
aule
dovrebbero somigliare ad un soggiorno, oppure al parco di quartiere. Soluzioni progettuali • Fare affidamento alla luce naturale il più possibile, e ridurre le luci fluorescenti in alto. • Creare un senso di delicatezza nella selezione di colori, mobili, luci e materiali. • Utilizzare mobili a misura di bambino, soprattutto nei servizi igienici. • Creare un luogo dove stare tutti insieme che somigli ad un soggiorno. • Utilizzare colori neutri piuttosto che il bianco, e permettere ai bambini di colorare l’ambiente con la propria presenza e la propria arte. • Utilizzare tessiture interessanti piuttosto che elementi grafici appesi, e piante ed elementi dal mondo naturale.
5.3 Gli oggetti Nell’approcciare alla progettazione di oggetti è assolutamente necessario tenere presente il rapporto simbiotico che talvolta si crea. Sembra esserci un’attenzione iperbolica per i dettagli, capace di catturare il bambino per molto tempo. Forme tonde, colori accesi, oggetti luminosi, suoni e musiche, sembrano fare spesso la differenza in termini di attrazione. La comprensione dei meccanismi che provocano reazioni può essere utilizzata per realizzare oggetti graditi attraverso i quali si possa insegnare o fare terapia in maniere più efficace.
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Non sembra esserci una progettazione di oggetti per l’autismo, fatta eccezione per quelli di supporto ad alcuni metodi terapeutici o quelli ispirati direttamente all’esperienza diretta di persone con questo disturbo.
Si può fare terapia viene con qualsiasi tipo di oggetto, spesso ciò che si può trovare in casa risulta adatto all’obiettivo terapeutico del momento. Problematico è però utilizzare giochi per bambini, soprattutto per bambini piccoli, progettati per lo più per attrarre il genitore acquirente che per stimolare correttamente l’utente finale. Si tratta di oggetti quasi sempre sonori, molto colorati, con elementi luminosi che intrattengono senza dare input didattici, sovraccaricando i sensi anziché educandoli.
6 L’IDEA: progettare per bambini con autismo Dopo qualche mese di ricerca ha preso forma l’idea di progetto. Considerando l’assenza di una progettazione ad hoc, l’enorme importanza di un intervento precoce e la specificità di ogni singolo senso, nonché il pericolo dei disordini sensoriali, ho scelto di pensare ad una serie di oggetti capaci di stimolare, educare i sensi, offrendo molteplici possibilità di gioco.
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Laura Malvasi, Luciano Pantaleoni (a cura di) (1999), Manifesto delle esigenze abitative dei bambini – quando le idée dei bambini trovano casa, Maggioli Editore;
10. Temple Grandin (2001), Pensare in immagini, Edizioni Erickson; 11. Montessori, Claudio Lamparelli (a cura di) (2008), Educare alla libertà, Oscar Mondadori; 12. Enrico Micheli, Marilena Zacchini (2001), Verso l’autonomia, Vannini Editrice; 13. Tonucci (2005), La città dei bambini, Editori Laterza; 14. Giulio Bertagna, Aldo Bottoli (2009), Perception Design, Maggioli Editore; 15. Hugo Lagercrantz (2010), Il cervello del bambino – come si forma la mente, Giunti Editore;
Filmografia Temple Grandin, regia di Mick Jackson (2010); Nell, regia di Michael Apted (1994); Ben X, regia di Nic Balthazar (2007); La fiamma sul ghiaccio, regia di Umberto Marino (2006); Snow Cake, regia di Marc Evans (2006); The Black Balloon, regia di Elissa Down (2008); Elle s’appelle Sabine, regia di Sandrine Bonnaire (2008); Rosso d’autunno, regia di Bruce Beresford (1994); Rainman, regia di Barry Levinson (1988); Chocolate, regia di Prachya Pinkaew (2008); Codice Mercury, regia di Harold Becker (1998); Adam, regia di Max Mayer (2009); Crazy in love, regia di Petter Næss (2005); Il ragazzo che sapeva volare, regia di Nick Castle (1986);