PROGETTARE APPRENDIMENTI SIGNIFICATIVI E PERCORSI INDIVIDUALIZZATI IN LETTERATURA CON IL COOPERATIVE LEARNING di Angelo CHIARLE1
1. PREMESSA 1.1. Scuola di follia? Ragazzi che danno alle fiamme le scuole. Le allagano. Scambiano l’aula per il set il set d’una d’una spicciola e squallida cinematografia home made. made. Bullismo. Professori non solo non più rispettati nel loro ruolo, ma bersagliati a volte anche fisicamente, al punto che c’è chi si è chiesto incredulo (ma con approccio rigorosamente scientifico) se siano gli insegnanti a diventare pazzi, ovvero se solamente i pazzi facciano gli insegnanti (Lodolo D’Oria, 2005). Uno scenario tanto allarmante da imporre provvedimenti urgenti. Che, in effetti, sono stati presi. La presi. La nuova maturità raddoppia i bocciati. bocciati. Scuola, ritorno al passato. Fioroni ripristina gli esami di riparazione. riparazione. Titoli di tal fatta siamo stati abituati a leggere in questo ultimo periodo sui giornali. Molti, docenti e non, avranno sicuramente tratto un respiro di sollievo. Una domanda, tuttavia, s’impone doverosa. Con questa “svolta” all’indietro — necessaria, forse, sotto taluni aspetti —, c’è la ragionevole certezza di procedere nella direzione giusta? 1.2. Le sfide in campo Molte sono le sfide a cui la scuola è chiamata a dare una risposta, a livello non solo italiano ma internazionale. Tre, in particolare, sono quelle che, sulla 1
Docente di Lettere presso il Liceo Scientifico Statale «Ch. Darwin» di Rivoli (TO).
248 Angelo Chiarle scorta dell’esperienza del quotidiano lavoro in classe con gli studenti, mi sembra si impongano come prioritarie. In primo luogo, c’è la questione della precarietà degli apprendimenti. «Quanto resta di ciò che si è appreso a scuola dopo cinque, dieci, venti anni?», si chiedeva Jean Piaget. Specifica meglio Benedetto Vertecchi (1999): «[…] i contenuti dell’apprendimento scolastico decadono con grande rapidità»; «[…] quello che sta emergendo è l’effetto di un apprendimento non interiorizzato». Con una allarmante conseguenza: «[…] ad un oblio così rapido degli apprendimenti non possono che corrispondere co rrispondere profili culturali piuttosto gracili». In secondo luogo, si pone la questione dell’eclissi del pensiero critico. In termini volutamente polemici la pone l’esprit l’esprit libre di Goffredo Fofi (2006), scaturito dalla stessa Sicilia di Danilo Dolci: «Più scuola vuol dire più stupidità […]. Se accettiamo la legge del non-pensiero, non possiamo stupirci di vivere in una umanità manipolata, dove le persone rinunciano a decidere con la loro testa cosa possono o devono fare. O non fare». In termini, invece, più ampi e costruttivi il Ministero: «La scuola potrà perseguire alcuni obiettivi, oggi prioritari. Dovrà insegnare a ricomporre i grandi oggetti della conoscenza — l’universo, il pianeta, la natura, la vita, l’umanità, la società, il corpo, la mente, la storia — in una prospettiva complessa, volta cioè a superare la frammentazione delle discipline e a integrarle in nuovi quadri d’insieme. Dovrà promuovere i saperi propri di un nuovo umanesimo: la capacità di cogliere gli aspetti essenziali dei problemi; la capacità di comprendere le implicazioni, per la condizione umana, degli inediti sviluppi delle scienze e delle tecnologie; la capacità di valutare i limiti e le possibilità delle conoscenze; la capacità di vivere e di agire in un mondo in continuo cambiamento»2.
È, in ultima analisi, la sfida planetaria del nuovo umanesimo di cui parla Edgar Morin: «È necessario umanizzare i saperi per limitare la dispersione della conoscenza. Una conoscenza priva di contestualizzazione è una conoscenza povera. Come fare a riunire i saperi delle varie discipline? Serve un pensiero complesso che permetta di unire ciò che è separato. Oggi serve un nuovo umanesimo […]: un umanesimo concreto. È necessaria una riforma della conoscenza del pensiero, un nuovo umanesimo u manesimo globale che sappia affrontare i temi della persona e del pianeta. I giovani oggi si sentono persi, non trovano le ragioni dell’essere. Oggi i giovani sono chiamati ad affrontare un compito ancora più ampio: la salvezza del genere umano. Hanno una missione grande davanti a loro e dobbiamo educarli ad apprendere e a maturare una conoscenza adeguata ad assolvere a questo compito co mpito fondamentale a cui sono chiamati»3. 2
Cfr. Cultura Scuola Persona. Verso le indicazioni nazionali per la Scuola dell’Infanzia e per il Primo Ciclo di Istruzione. (2007, 3 aprile). Da http://www.pubblica.istruzione.it/ ministro/comunicati/2007/indicazioni_na stro/comunicati/2007/indicazioni_nazionali.shtml. zionali.shtml. 3 Cfr. intervento alla presentazione del documento Cultura scuola persona, persona, cit., da http://www.pubblica.istruz http://www.pubblica.istruzione.it/ministro ione.it/ministro/comunicati/2007/i /comunicati/2007/intervento_morin.sh ntervento_morin.shtml. tml.
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In terzo luogo, una questione che sta emergendo con una certa urgenza, anche nei documenti ufficiali, è quella della personalizzazione dei curricoli e degli apprendimenti. «Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e con l’unicità della rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione. […] L’obiettivo non è di accompagnare passo dopo passo lo studente nella quotidianità di tutte le sue esperienze, bensì di proporre un’educazione che lo spinga a fare scelte autonome e feconde, quale risultato di un confronto continuo della sua progettualità con i valori che orientano la società in cui vive. […] L’obiettivo è quello di valorizzare l’unicità e la singolarità dell’identità culturale di ogni studente»4.
1.3. Come Ercole al bivio I docenti finiscono, insomma, col ritrovarsi di fronte a una scelta difficile, un po’ come l’Ercole dell’apologo di Senofonte. Posti di fronte, però, a un discidium non altrettanto ameno di quello affrontato dall’eroe mitico. Da un parte, infatti, non si colloca certo la femminile sensualità della Voluttà ritratta da Annibale Carracci, ma una certa nostalgia del “bel tempo che fu”. Si potrebbe ben esprimere questa sottile tentazione di opporre alla complessità di queste sfide un “gran rifiuto” tramite le parole del celebre sfogo di Giuseppe Verdi a conclusione della lettera a Francesco Florimo del 5 gennaio 1871: «Torniamo all’antico e sarà un progresso. Per colpa della moda, per desiderio di rinnovare, per affetto di sapere, si rinnega la nostra arte, il nostro istinto, il nostro modo di fare; è assurdo e stupido»5.
Dall’altra, potremmo paragonare la gravitas la gravitas mascolina della Virtù del quadro carracciano all’atteggiamento di molti insegnanti, che, preso atto che il mondo cambia, non si spaventano di fronte al cambiamento e si assumono le proprie responsabilità accettando le sfide. In ultima analisi, essi concordano con quanto asseriscono alcuni autori: «Ogni riforma è complessa, non lineare […], piena di cambiamenti di direzione imprevedi bili e di iniziative frammentate. Purtroppo questa è la natura della “bestia” in società complesse a livello socio-politico. Inoltre, non abbiamo la possibilità di evitare il cambiamento soltanto perché è disordinato» (Fullan, 1992, p. 2). 4
Cfr. Ministero Pubblica Istruzione, doc. cit., pp. 8, 10-11. Cfr. Caponi, J. (1886). Verdi a Parigi. In Conati, M. (2000). Verdi. Interviste e incontri. incontri. Torino: EDT, pp. 205-206, n. 14.
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250 Angelo Chiarle «Noi tutti dobbiamo diventare esperti di cambiamento, sia a livello di sapere che di saper fare. Ognuno all’interno di una scuola deve diventare, in un certo senso, agente di cambiamento. Invece che essere spettatori o soggetti al cambiamento impostoci da altri, dobbiamo capire il processo, e attraverso tale comprensione prenderne il controllo» (Hopkins, Ainscow, & West, 1994, p. 14).
2. UN’ESPERIENZA DI SPERIMENTAZIONE “STRATIFICATA” 2.1. Un caso significativo Sonia frequenta la Quarta Liceo Scientifico. È una ragazza diligente, studiosa, attenta, molto interessata, affidabile, costante. Tutti i suoi insegnanti sono molto soddisfatti di poter premiare il suo impegno con ottime valutazioni. Sonia è inserita in una classe di diciannove ragazzi, dei quali, in seguito a trasferimento, sono diventato insegnante di Italiano e Latino solamente in Quarta. Abituata a metodi d’insegnamento rigorosamente tradizionali, la classe mi fu presentata come la più problematica del Liceo. Nell’àmbito della ricerca medica, il presente contributo sarebbe in effetti considerato un Case Report . Grazie a un’allieva come Sonia ho avuto modo di effettuare una piccola ricerca-azione, la quale, a mio giudizio, consente di afferrare un importante Inverse Insight , «relativamente raro», come sostiene Bernard Lonergan (1997, pp. 43-50), però «lungi dall’essere senza importanza». Per arrivare a questa “intellezione inversa”, è necessario porsi una domanda per l’intelligenza e la riflessione. In che cosa rimane danneggiata un’alunnamodello come Sonia, se nessuno dei suoi insegnanti accetta nessuna delle sfide poste sopra in evidenza? 2.2. Una “cornice” necessaria: il Cooperative Learning L’orizzonte del costruttivismo costituisce il fondamentale presupposto teorico in base al quale da diversi anni ho rimesso in discussione il mio lavoro di “docente”. La metodologia e le tecniche del Cooperative Learning hanno rap presentato e rappresentano la “strada maestra” grazie alla quale ho provato a tradurre in azione l’approccio costruttivista alla didattica. Dopo poche settimane di tentativi, è apparso evidente come, in una classe come quella di Sonia, il Cooperative Learning da Learning da solo avrebbe dato ben pochi frutti. Dopo undici anni di insegnamento trasmissivo tradizionale, dopo tre anni di didattica liceale molto rigida e del tutto centrata sull’autorità dei docenti, mi sono trovato di fronte una classe di ragazzi diciassettenni assolutamente passivi
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nei confronti dello studio, del tutto de-responsabilizzati, ma soprattutto incapaci di quel minimo di focalizzazione sul compito necessaria per assicurare il funzionamento di qualsiasi struttura di apprendimento cooperativo. Nella maggior parte delle volte, quindi, mi sono quindi limitato a brevi attività di Cooperative Learning informale Learning informale6. 2.3. Insegnamento per la comprensione profonda Il primo elemento inserito all’interno di questa “cornice” necessaria è stato l’insegnamento per la comprensione profonda, sulla scorta della metodica dell’Understanding dell’Understanding by Design di Grant Wiggins e Jay McTighe (2004). Le condizioni precarie, sopra accennate, in cui si è svolta la mia didassi non hanno reso possibile la costruzione di compiute unità di apprendimento come quelle illustrate dai due autori americani. Dall’articolata “progettazione a ritroso” da loro teorizzata (ed esemplificata) ho estrapolato quattro idee-perno a mio avviso irrinunciabili. 2.3.1. Stabilire le priorità. priorità. Il primo lavoro è stato quello di ripensare tutta la programmazione al fine di individuare gli “oggetti concettuali” che meritano comprensione profonda. Posto che «tutto l’insegnamento implica decidere in parte cosa non insegnare», si è trattato soprattutto di accettare «la sensazione di fare grandi sacrifici e rinunce per una comprensione promettente e desiderabile». In effetti, le difficoltà esperite in questa classe hanno confermato che davvero «la sfida è puntare all’essenziale» (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 52, 183, 198, 228). In questo preliminare lavoro di ripensamento, dovendo programmare un’unità di apprendimento su Ariosto, ho iniziato, ad esempio, con la Scheda di lavoro 4.1 (McTighe & Wiggins, 2004, p. 101, Figura 101, Figura 1). 1).
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La particolare situazione di questa classe costituisce, a modo suo, una specie di “residuo empirico”, di cui tener conto non tanto di per sé, ma nella misura in cui esso «è connesso con qualche intelligibilità compensatoria più alta di notevole importanza» (Lonergan, 1997, p. 50). Come si vedrà alla fine, questa compensating higher intelligibility intelligibility ritengo sia uno dei risultati di questa sperimentazione.
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Fig. 1 2.3.2. Domande, 2.3.2. Domande, non risposte. risposte. «Pervenire alla comprensione significa sollevare domande, ipotizzare teorie, mettere alla prova, controllare, rivedere». In altre parole, la tentazione a cui l’insegnante deve resistere è esattamente quella di essere lui «a mostrare ciò che è più importante» (McTighe & Wiggins, 2004, p. 256). Se si vuole ottenere una comprensione durevole, è necessario l’insorgere di un insight come lo storico Eureka! di Archimede che balza fuori nudo dalle terme di Siracusa. Un insight , però, non può essere “spiegato” a parole. Esso «dipende da un abituale orientamento, da una vigilanza perpetua anche solo nel porsi la piccola domanda “Perché”» (Lonergan, 1997, pp. 29, 197-198, 579582). Scaturisce, quindi, dal dinamismo intenzionale della coscienza. Quello che può fare l’insegnante è creare le condizioni per cui i ragazzi continuino «a chiedersi le stesse domande», ovvero fare «emergere il bisogno di teorizzare, interpretare, usare e vedere in prospettiva» al fine di ingenerare nella classe una ricchezza di insights come risultato tangibile dell’avvenuta comprensione significativa. Il suo, insomma, è uno scaffolding uno scaffolding (sostegno) (sostegno) intellettuale per guidare e
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incoraggiare gli studenti «a esplorare le domande fondamentali» (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 34, 47-48, 80, 92, 136, 153). In ultima analisi, sostiene Jerome Bruner, la sfida è «coltivare la capacità di riflettere» con l’obiettivo di fare dei ragazzi degli adulti migliori. Sensibili, cioè, a «cogliere il valore intrinseco ed estrinseco della vita intellettuale» (McTighe & Wiggins, 2004, p. 239). «La coscienza dell’uomo è mossa da un dinamismo di domande. Sono le domande che conducono il soggetto ad una piena soggettività» (Triani, 1998, p. 150). Da qui il consiglio operativo di Wiggins e McTighe (2004, p. 57): «Organizzate programmi, corsi e unità di studio e lezioni intorno a domande», trasformando in forma di domande gli standard dei contenuti. La sfida lanciata dagli autori americani è stata uno stimolo decisivo a ripensare in toto il concetto stesso di “spiegazione”, e a riprogrammare di conseguenza il mio lavoro con gli studenti. Il senso del mio lavoro può essere esemplificato tramite le Schede 1 e 2, che riassumono un’attività svolta in una classe Seconda liceale, con esiti molto incoraggianti sia durante la fase “frontale” sia durante le interrogazioni conclusive. Scheda 1 dell’UdA: dell’UdA: Trovatori, Trovieri, S. Francesco, Iacopone da Todi, scuola poetica siciliana, rimatori siculo-toscani, Dolce siculo-toscani, Dolce stil novo. novo .
Focus
I lezione “aggancio”: “aggancio”: discussione con brain-storming sul brain-storming sul tema: «L’amore, questo affascinante sconosciuto». Modalità di lavoro: i) lezione frontale con discussione (70 %, vista v ista la difficoltà dei testi). La spiegazione si appunta su espressioni o sintagmi da cui vengono estrapolate grandi domande, che vengono di volta in volta discusse con la classe e riformulate in base ai contributi dei ragazzi; ii) lettura di poesie a gruppi di 3-4 (30 %): consegna: leggere una poesia enucleando domande essenziali, secondo il metodo seguito nelle lezioni frontali; iii) al termine viene compilato e consegnato a tutti i ragazzi un elenco di domande essenziali che serviranno da punto di partenza per le interrogazioni. Valutazione: Valutazione: interrogazioni programmate conclusive a partire dall’elenco di domande enucleate al termine delle lezioni frontali e nei lavori a gruppi. Domande-tipo durante le interrogazioni: interrogazioni: «La risposta a quale domanda hai trovato in questa poesia?». «Tra tutte le domande qual è, a tuo avviso, la più essenziale? In quale poesia hai trovato la risposta secondo te più convincente?». «Che cosa di veramente importante e prezioso puoi dire di esserti “messo in tasca” dopo aver studiato tutti questi poeti?».
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Scheda 2 Domande sulla letteratura del Duecento 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23.
Che cosa dà un senso alla vita? Innamorarsi di una persona vuol dire, in realtà, innamorarsi di sé stessi? Possiamo parlare solo di quello che conosciamo per esperienza diretta? È vero che il matrimonio è la tomba dell’amore? L’amore è una responsabilità? La cultura, cul tura, per p er sopravvivere sop ravvivere,, ha per forza bisogno bisogno del potere politico politico che che la sostenga? sostenga? I poeti provenzali erano veramente femministi? Amore e sofferenza sono inseparabili? L’amore è una follia? Come ci si salva dalla follia? Cosa spinge un poeta a scrivere poesie? In amore bisogna soffrire? La sofferenza va accettata o respinta sempre e comunque? Esiste una sofferenza accettabile? Di che cosa deve parlare una poesia? Cosa deve trasmettere una poesia? Essere sé stessi vuol dire non cambiare mai? L’amore è la culla della poesia? In amore è meglio sognare o essere ben desti? Si può sopravvivere alla morte dei sogni? Come? Quali sono gli “ingredienti” dell’amore? In tempi difficili come i nostri la dolcezza può ancora trovare spazio? In che cosa consiste la dolcezza?
N. B. Per B. Per l’interrogazione scegli le domande che ti intrigano maggiormente, e trova le risposte nelle poesie selezionate. Verranno valutate le conoscenze acquisite di letteratura, unitamente alla capacità di ragionare sui testi poetici a partire da alcune grandi domande.
Questa impostazione didattica senza dubbio ha avuto il pregio di attivare e sostenere in tutti i ragazzi la sesta delle disposizioni della mente individuate da Arthur Costa e Bena Kallick (2007), «Fare domande e porre problemi». Le discussioni hanno reso poco alla volta la classe un ambiente più “ricco di pensiero” (Costa & Kallick, 2007, pp. 145-146), riuscendo a coinvolgere maggiormente i ragazzi su un argomento di per sé piuttosto ostico (la letteratura del Duecento). Un thinking tool molto tool molto valido per allenare la quarta disposizione, «Pensare in maniera flessibile» (Costa & Kallick, 2007, p. 47), è sicuramente la Scheda di lavoro 6.3 (McTighe & Wiggins, 2004, p. 141, 141, Figura 2). 2). Utilizzare le “lenti” dei sei aspetti della comprensione (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 77-101) per generare possibili domande essenziali, è in effetti un esercizio davvero efficace.
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Fig. 2 L’insegnante viene indotto ad alcuni cambiamenti di prospettiva molto significativi che richiedono uno sforzo critico di auto-coscienza di non poco momento. In sostanza, egli deve: a) ripensare tout court il court il concetto di studio; b) rinunziare al tradizionale ruolo di “allenatore di memoria” imposto dalla tradizionale impostazione mnemonico-riproduttiva dello studio; c) chiedersi su quale dei sei possibili “esercizi mentali” intende che il ragazzo focalizzi il suo lavoro di rielaborazione critica: d) ripensare la tipologia delle prove di verifica, scritte e orali; e) cambiare i propri criteri di valutazione, inserendo, accanto alla dimensione delle conoscenze, quella della d ella riflessività critica e autonoma dell’allievo. In ambito scolastico, mi sembra la si possa definire una non piccola “rivoluzione copernicana”: «andare oltre l’assimilazione deferente e rispettosa» delle conoscenze, «verso la riflessione attiva, la verifica, il dare significato» (Wiggins & McTighe, 2004, p. 53). È la direzione recentemente additata dal Ministero con molta chiarezza: «Per questo l’obiettivo della scuola non può essere soprattutto quello di inseguire lo svilup po di singole tecniche e competenze; piuttosto, è quello di formare saldamente ogni persona sul piano cognitivo e culturale, affinché possa affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolez-
256 Angelo Chiarle za degli scenari sociali e professionali, presenti e futuri. Le trasmissioni standardizzate e normative delle conoscenze, che comunicano contenuti invarianti pensati per individui medi, non sono più adeguate. […] In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato» 7.
Anche ai ragazzi è richiesto un cambio di attitudine nei confronti dello studio e delle prove di verifica, cambio che necessita di qualche tempo e di sostegno. Essi, infatti, spesso intendono le varie verifiche un po’ come una corsa ad ostacoli, per non dire una lotteria. Recentemente, riflettendo con lei sul suo calo di motivazione, Roberta, alunna di un’altra Quarta, solitamente molto impegnata per conseguire i migliori risultati possibili, mi ha spiazzato dicendomi, in tutta franchezza, che per gli studenti tutto dipende dal capire «i desideri del “cliente”». In effetti, il fatto che gli studenti spesso dedichino «una grande quantità di energia nel cercare di capire le intenzioni dell’insegnante» (Costa & Kallick, 2007, p. 142) appartiene a un modello di scuola esattamente agli antipodi rispetto a quello di cui si sta parlando. «Grazie a queste lezioni penso di aver capito quanto sia difficile cercare di trovare dei significati a delle parole o delle risposte a delle domande, senza averle studiate da nessuna parte». Il candido feed-back candido feed-back di di Veronica, al termine del lavoro su Ariosto, penso consenta un efficace insight circa insight circa un altro cambio di attitudine richiesto ai ragazzi: passare da una concezione “binaria” di conoscenza (giusto vs. sbagliato), a una visione più complessa. La conoscenza come perenne work in progress, progress, la faticosa conquista della «struttura dinamica di un’intelligenza che indaga» mossa da un «incondizionato desiderio di conoscere» (Lonergan, 1997, pp. 139, 660-661). Una conoscenza soggetta a un costante lavoro di ripensamento e raffinamento progressivo (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 190-191, 202): ecco un meta-obiettivo di comprensione profonda di per sé di fondamentale importanza nella prospettiva del Lifelong del Lifelong Learning . In concreto, la Scheda 3 suggerisce un possibile itinerario di un’unità di ap prendimento in questa direzione da me realizzata in una classe Terza. La Figura La Figura 3 riproduce la Place la Place Map assegnata nella fase a gruppi. La Scheda 4 riporta la risposta di un alunno a una delle sei domande significative.
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Cfr. Ministero Pubblica Istruzione, doc. cit., pp. 6, 8.
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Scheda 3 Focus dell’UdA: dell’UdA: il Canzoniere di Francesco Petrarca
I lezione “aggancio”: “aggancio”: discussione con brain-storming sul brain-storming sul tema: «L’amore, estasi o calvario?». II lezione: introduzione all’UdA ( La La vita, l’opera e la personalità di Francesco Petrarca) Petrarca) e consegna del foglio con le sei grandi domande sui sei aspetti della comprensione. Modalità di lavoro: 1. lezione frontale con discussione (25 %, le poesie più difficili e/o importanti). La spiegazione si appunta su espressioni o sintagmi da cui vengono estrapolate grandi domande, che vengono di volta in volta discusse con la classe e riformulate in base ai contributi dei ragazzi; 2. lettura e commento di vari sonetti a gruppi di 3-4 con Place con Place Map (75 %). Valutazione: Valutazione: alla fine dell’UdA ogni ragazzo ha accumulato 4 o 5 valutazioni: i) al termine di ogni lezione frontale, esercizio di cinque minuti: «Quale idea fondamentale hai appreso in questa lezione?» (Wiggins & McTighe, 2004, p. 137); ii) per ogni ogni Place Map, Map, un voto composito (media aritmetica o ponderata tra la consegna individuale e quella di gruppo); iii) interrogazione orale o elaborato scritto sulle sei grandi domande (per migliorare il voto risultante da i) + ii), lasciando facoltà ai ragazzi di scegliere le domande a cui rispondere, nonché di riformularle liberamente.
Fig. 3
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Scheda 4 Luca, classe III, marzo 2006 INTERPRETAZIONE In che misura la spiritualità di Petrarca ha a che fare con la mia? La vena spirituale di Petrarca è quasi inconsistente [ sic [ sic]] nella maggior parte delle sue poesie. Come si è già affermato in precedenza, è il poeta dei sentimenti, dei moti dell’animo più profondi. Centro della sua produzione è l’amore, di cui si sente totalmente schiavo. I riferimenti a Dio e alla religione cristiana non sono molti. Ma nell’ultima canzone, rivolta alla Madonna, la sua vena spirituale emerge tutta in un colpo, quando ormai Petrarca è vecchio. Stupisce la sua decisione di scrivere Vergine bella, che di sol vestita come ultima poesia del Canzoniere. Segna la sua volontà di riavvicinarsi alla fede, e a un mondo, quello ecclesiastico, che non sentiva suo. Personalmente, mi identifico nel poeta in questo suo modo di interpretare la religione e la fede. Devo ammetterlo: proprio come il poeta, sento di non essere mai stato, per così dire, un buon cristiano. Non vado a Messa, prego poco, e non mi attengo sempre ai principi e alla morale cattolica. Inoltre, come il poeta, non sento particolarmente vicina la Chiesa. Trovo che molti religiosi siano ancora troppo chiusi e tradizionalisti, pronti solo a fare i moralisti su tutto. Ci tengo a precisare, però, che questo essere distaccato non è dovuto al disinteresse, quanto piuttosto ad una mia scelta. Mi pongo molte domande in merito, domande che il più delle volte rimangono solo uno dei tanti punti interrogativi. Che conforto può dare la religione? Perché vale la pena essere cristiani? o ancora: cosa vuol dire avere fede? Forse qualcuno avrebbe da obiettare che un buon cristiano deve avere le risposte a questi interrogativi, e che stanno alla base della scelta di essere cristiano. Ma penso che nessuno sappia con precisione che cosa voglia dire professare una religione piuttosto che un’altra. Forse c’è l’esigenza di credere in qualcosa di più grande. Chissà, magari si crede per dare un senso alla propria vita, che, in un certo qual modo, è l’inizio di un cammino che prosegue nell’aldilà… Quelle che sovente mi pongo non dovrebbero essere tanto dissimili dalle domande che, un tempo, si poneva anche Petrarca. Da quando ho letto la sua vita e alcune poesie, mi sono fatto l’idea che egli volesse sapere, in particolare, che cos’è la fede. Beh, è da molto che me lo chiedo incessantemente anche io, ed è forse grazie a Petrarca che sono riuscito a rispondermi. Fede significa credere in Dio, e soprattutto nella sua misericordia. Penso che conti davvero essere religioso dentro, più che cercare di apparirlo esteriormente. Petrarca sa benissimo di non essere un buon cristiano, per quanto riguarda la morale, ma dimostra di esserlo nella sostanza. Ha, infatti, l’umiltà e la dignità di ammettere i propri errori e di pentirsene. Conduce un vero e proprio esame di coscienza, dal quale trapela la grande fede che nutre in Dio e nella sua misericordia verso i peccatori. Forse bisogna essere vecchi e vedere davanti a sé la fine del cammino della vita per esaminare la propria anima come ha fatto Petrarca, perché io ancora non riesco a farlo. Ma resta viva la volontà di interrogarsi e di scoprire, s coprire, come del resto faceva il poeta quando era giovane.
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2.3.3. L’arte 2.3.3. L’arte di provocare. provocare . Le grandi domande, le cosiddette Overarching Questions, Questions, non possiedono di necessità un’intelligibilità immanente (Lonergan, 1997, pp. 100-101). Per com prenderne la portata e la significatività può essere necessario un insight . Per questo motivo, le domande essenziali non vanno buttate dall’alto sulla testa degli studenti a inizio di un’unità di apprendimento. Occorre studiare una strategia, tracciando «un piano di domande progressive», una sorta di coaching intellettuale pianificato (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 30, 65). Il momento senza dubbio più delicato, ma anche quello più ricco di sorprese, della sequenza WHERE è senz’altro l’“aggancio” iniziale (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 194-197). Il segreto consiste nel provocare ad arte i ragazzi, sfidandoli «a risolvere problemi del mondo reale» (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 180182), discutendo fatti di attualità, raccontando delle storie emblematiche, introducendo elementi di mistero, ma soprattutto avendo cura di lasciare le cose in sospeso. L’aggancio deve essere, naturalmente, studiato con attenzione. Per esempio, per introdurre Ariosto con una classe ho suscitato una discussione sulla questione dei pantaloni a vita bassa. L’obiettivo che mi prefiggevo era di portare i ragazzi a riflettere sul fatto che lo stile (letterario ovvero di vita) non è solo questione di forma, ma anche di sostanza profonda. A volte, tuttavia, è necessario sapere improvvisare. Nella classe di Sonia, per esempio, la discussione iniziale partì dall’occasionale rimprovero da me rivolto a un allievo per il suo atteggiamento troppo esuberante in corridoio. Si sviluppò una discussione molto accalorata sul ruolo fastidioso delle pressioni esogene (il regolamento d’istituto, per esempio), e sulla necessità di pressioni endogene (il desiderio di migliorarsi). Conclusi la discussione evidenziando, tra le varie idee emerse, quelle sulle quali Ariosto sarebbe stato d’accordo, e quelle sulle quali invece avrebbe avuto da ridire. «Come educatori dobbiamo trovare un delicato equilibrio tra rispettare i nostri studenti e sfidare il loro modo di pensare e le loro convinzioni» (Wiggins & McTighe, 2004, p. 252). Credo sia questo il modo migliore per sintetizzare il senso di questa sfida nella sfida. 2.3.4. Progettare 2.3.4. Progettare le verifiche fin dall’inizio. dall’inizio . Fino a tre anni fa ero abituato ad “andare avanti” il più possibile col programma, per poi decidere, a un certo punto, quale prova di verifica far svolgere ai ragazzi, stabilendola lì per lì abbastanza estemporaneamente, a seconda anche
260 Angelo Chiarle delle varie contingenze. La “progettazione a ritroso” propugnata dai due autori americani richiede sic richiede sic et simpliciter un simpliciter un habitus mentis radicalmente differente. Anche riguardo le prove di verifica all’insegnante è richiesto di mettere in moto un “curricolo a spirale” «continuamente evolutivo» (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 227-229). La progettazione di un compito di prestazione richiede, infatti, di: 1. identificare i risultati desiderati, chiedendosi che cosa meriti e richieda comprensione profonda (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 45, 48); 2. pre-determinare evidenze di accettabilità, interrogandosi sulla validità delle evidenze che consentiranno inferenze affidabili sull’avvenuta comprensione profonda (McTighe & Wiggins, 2004, pp. 271-272); 3. pianificare le esperienze didattiche, chiedendosi quali esperienze di apprendimento e di insegnamento saranno in grado di promuovere comprensione, interesse ed eccellenza. Una vera e propria vera «conversione intellettuale» (Triani, 1998, p. 261; Sala, 2006, p. 68). Il passaggio decisivo a un punto di vista superiore lungo l’impegnativo cammino al quale anche il «dinamismo coscienziale» della professionalità docente viene chiamato (Triani, 2006, p. 124). Al di là della sua necessaria funzionalità pratica, questa quarta idea-perno della “progettazione a ritroso” penso vada valorizzata in tutta la sua ricchezza e complessità epistemologica. 2.4. Valutazione autentica Insegnare per la comprensione profonda, ri-orientare le attività in classe in modo da non ridurle alla sterile acquisizione di conoscenze fatalmente destinate a rimanere inerti, per cercare invece di potenziare nei ragazzi, come sostiene David Perkins, la disposizione a «pensare e agire in modo flessibile» con ciò che ch e apprendono (Wiggins & McTighe, 2004, p. 71). Tutto ciò implica di necessità il passaggio dalla valutazione tradizionale a quella autentica o alternativa. «La prospettiva di una “valutazione alternativa” in sostituzione di quella tradizionale è stata proposta da Grant Wiggins (1993)8 e sta a indicare una valutazione che intende verificare non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa” fondata su una \ prestazione \ prestazione dell’apprendimento. […] reale e adeguata dell’apprendimento. La valutazione autentica o alternativa si fonda quindi anche sulla convinzione che l’apprendimento scolastico non si dimostra con l’accumulo di nozioni, ma con la capacità di generalizzare, di trasferire e di utilizzare la conoscenza acquisita a contesti reali. Per questo nella 8
Wiggins, G. (1993). Assessing student performance: Exploring the purpose and limits of testing . San Francisco, CA: Jossey-Bass.
Progettare apprendimenti significativi …
261
valutazione autentica le prove sono preparate in modo da richiedere agli studenti di utilizzare processi di pensiero più complesso, più impegnativo e più elevato» (Comoglio, 2002).
Il compito autentico di accertamento o di prestazione costituisce la consummatio di un’unità di apprendimento, la prova principale e decisiva «per giudicare lo studente colpevole di comprensione» significativa (Wiggins & McTighe, 2004, p. 121). Un compito di prestazione si può progettare in maniera accurata ed efficace compilando la matrice GRASPS sulla scorta di alcuni elenchi di possibili ruoli, destinatari e prodotti o prestazioni (Schemi 9.3-5; Schede di lavoro 9.1 e 3; McTighe & Wiggins, 2004, pp. 169-171, 176, 178). Esso può anche essere svolto individualmente al temine di una UdA (che può includere varie attività in Cooperative Learning ) in classe ma anche a casa. La Figura 3 riproduce il compito di prestazione da me progettato per suggellare l’unità su Ariosto. La Scheda 5, 5, invece, riporta il compito realizzato da un’allieva della Quarta in cui sperimentai questa tipologia di verifica per la prima volta. Un compito di prestazione può anche essere ideato in maniera più agile e un po’ meno strutturata (Schemi 8.1-2; Scheda di lavoro 8.1; McTighe & Wiggins, 2004, pp. 155-157), come esemplificato dalle Schede 6-7 . La Scheda 8 riporta il compito realizzato da un compagno di Sonia. Quando gli studenti abbiano acquisito familiarità con questa nuova modalità, può non essere neppure più l’insegnante a escogitare il compito di prestazione. La Scheda 9, 9, un compito pensato e realizzato da Sonia in completa autonomia, dimostra come, proseguendo su questa strada, diventi possibile affidarsi alla libera creatività dei ragazzi. In effetti, se è vero che la valutazione scolastica a tutti gli effetti potrebbe essere definita, con Pierre Bourdieu, un «campo di forze», allora «affinché l’originalità e l’innovazione possano emergere, occorre che il campo modifichi la sua struttura» (Santagata, 2007, pp. 48-52). Grazie alla valutazione autentica la «massa critica di creatività» che la scuola arriva a produrre rischia di essere assolutamente eccezionale, come dimostra l’elaborato realizzato da un’allieva di Seconda con un’istruzione formale diretta da parte mia ridotta9 (Scheda 10). 10).
9
A conferma dell’apparente paradosso secondo cui veramente «insegnare meno può significare apprendere di più» (McTighe & Wiggins, 2004, p. 249).
262 Angelo Chiarle
Fig. 4
Progettare apprendimenti significativi …
263
Scheda 5
Elisa, classe IV, maggio 2005 AMORE È SAPER DIRE: HAI RAGIONE Ci siamo conosciuti in una trasferta di lavoro. Scopriamo di essere nello stesso albergo, la mia camera di fronte alla sua. Mi bevo mezzo frigobar per farmi coraggio e chiamo dal telefono interno. Parliamo fin quasi all’alba, divisi da due porte. E scopro che ci separano 500 km. Due giorni dopo mi gela con una mail: «Il mio fidanzato è in crisi, ma lui vuole rimettere le cose a posto, credo sia giusto dargli una possibilità». Rispondo con un «addio». Lei torna a cercarmi e ci incontriamo in un’altra trasferta di lavoro. La sera mi bacia all’improvviso per strada. E un abbraccio che continua tutta la notte in albergo…teme che la mia sia una semplice infatuazione, ma anche lei si dichiara sempre più attratta da me. Poi si rifà vivo il suo ex con attacchi isterici e minacce di suicidio. Lei mi chiede due giorni per riflettere. Capisco che è finita, invece torna a chiamarmi: «Avevo bisogno di silenzio per capire», spiega, « e nel silenzio ho capito di non poter fare a meno di te». Riprendiamo a vederci in un escalation di passione. Dice di avermi cercato per tutta la vita…Nel frattempo l’ex comincia ad offrirle tutto ciò che fin ora le aveva “omesso”, ma lei (così mi riferisce ) gli spiega che è tardi. Il nostro ultimo incontro è ancora durante una trasferta. Lei commette un errore che compromette il mio lavoro e io mi arrabbio. È la prima lite vera, ma la sera ci rassereniamo dentro la vasca da bagno. Facciamo l’amore di continuo (con l’ex, racconta, era motivo di grande insoddisfazione). Mi riempie di regali, continuiamo a dichiararci innamoratissimi. innamoratissimi. Ci congediamo come le altre volte, poi al termine di una lunga telefonata notturna lei comincia a sostenere di non essere come la desidero e di non gradire i tentativi di cambiarla. Rispondo che non voglio cambiarla, semplicemente trasmetterle ciò che ritengo di sapere, invitandola a fare altrettanto con me, per arricchirci. Il giorno dopo non ricevo il quotidiano messaggio di buon risveglio. Le scrivo io e lei mi gela: «Ho bisogno di due giorni per riflettere». La cerco in tutti i modi. Mi risponde alle 3 di d i notte e mi conferma che deve pensare. Attendo due giorni invano, quindi chiamo: è un addio. Le chiedo cosa aspettasse a farsi viva. Replica: «Mi mancava il coraggio». Domando se è tornata con il suo ex. Lascia intendere di sì, sostenendo però di aver deciso di lasciarmi in quanto i nostri caratteri non erano compatibili. Richiamo per proporle un ultimo incontro. Mi risponde con tono arrogante di non chiamarla perché è finita, non mi ama più, nel suo ex ha ritrovato l’uomo che amava e lo sposerà. Ho rinunciato a capire, ma non riuscirò mai a dimenticare quella persona che ora non esiste più. Caro Marco, il tuo amore è certamente sbagliato, ma come biasimarti se tanto lo desideri? Intanto bisogna premettere che il destino è beffardo, e questo nessuno può negarlo: ti saresti potuto innamorare di qualsiasi altra donna, ma esso ha fatto in modo che ti incontrassi con lei. Cosa può averti colpito tanto? La sua bellezza? O forse molte erano le cose che avevate in comune. Questo poco conta, in quanto il fato ha fatto si che perdessi la testa proprio per lei: il problema? Una storia appena finita. Sicuramente la ferita ancora non si era rimarginata e probabilmente pensarci ancora fa male. Per questo, al primo ripensamento del suo ex, che ritorna sbandierando tutti i buoni propositi che si è prefisso, lei ha barcollato, ed è subentrata l’incertezza. Ciò che voglio dirti è che non considero quel che a te è successo strano. Sappi, caro lettore, che nella vita non si realizza nulla di quello che desideriamo. Spesso rincorriamo sogni impossibili. Perché questo avviene? Non vi è risposta a codesto quesito. Possiamo solo dire che è così che le cose vanno. Hai confidato così tanto in questo rapporto, forse tanto da idealizzarlo,
264 Angelo Chiarle e alla fine è svanito nel nulla, come fosse stato solo un sogno, sicuramente bello, ma comunque un sogno. Ciò è la dimostrazione di quanto appena detto. Triste e duro da ammettere, ma bisogna guardare in faccia alla realtà. È vero, quando di mezzo vi sono i sentimenti ciò è difficile: si tenta di ingannarsi, dicendo a se stessi che le cose non possono andare poi tanto male. Si trovano scuse su scuse perché non si riesce ad ammettere come realmente stanno le cose. L’amore fa cambiare le persone, le rende diverse. Questo avviene però automaticamente. Io stesso, un tempo razionale, a causa dei sentimenti ho perso la mia saggezza. Per questo appare ai miei occhi tanto insolita e infondata la paura della tua amata di mutare, e il suo insinuare che tu stesso l’amavi per quello che sarebbe potuta essere e non per ciò che era. Solo una cosa posso dirti in proposito: in base a questo posso con sicurezza affermare che ciò che sosteneva di provare non era puro, non era reale. Questo perché quando davvero si ama poco conta la testa. L’irrazionalità L’irrazionalità con il passare dei giorni prevarica tutti le certezze che fin a quel momento credevi di avere. Noi crediamo di sapere cosa sia il bene e cosa sia il male e tu hai pensato, e forse ancora credi, che questa donna per te rappresenti fonte di felicità. È come se amore significasse stare male, se questo fosse una sensazione che ti logora dentro. Voglio però concludere infondendo in te speranza: i sentimenti sono la trama della vita, per questo non perdere mai fiducia e continua a cercare, prima o poi la donna della tua vita busserà alla tua porta. Ariosto Scheda 6 dell’UdA: Focus dell’UdA:
Virgilio
Obiettivo di comprensione profonda: profonda: cogliere l’essenza della poesia di Virgilio, e la diversità della sua visione della vita rispetto ad altri poeti studiati in precedenza. Compito di prestazione: prestazione: «Catullo, Orazio, Ariosto e Tasso scrivono allo sventurato Orfeo ognuno un messaggio con parole di solidarietà e comprensione per la terribile perdita di Euridice». Modalità di svolgimento: svolgimento: lavoro da svolgere individualmente in classe al termine dell’UdA. Modalità di lavoro: Jigsaw lavoro: Jigsaw con 4 gruppi di esperti (testi in traduzione italiana): 1. vita e opere; 2. Egloga I; 3. Egloga IV; 4. Georgiche, Georgiche, passi scelti dai libri II, III, IV. Valutazione: Valutazione: voto finale calcolato tramite media ponderata fra tre voti parziali: i) lavoro del gruppo di esperti (25 %); ii) lavoro dei gruppi-casa (25 %); iii) compito di prestazione finale (50 %).
Progettare apprendimenti significativi …
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Scheda 7 Focus dell’UdA: dell’UdA: Vittorio Alfieri
Periodo dell’a. s.: s.: fine maggio Durata: Durata: 200-240 min. Obiettivo di comprensione significativa: significativa: avere un’idea di massima della personalità di Alfieri, ponendola a confronto con quella di altri poeti studiati in precedenza. “Aggancio”: “Aggancio”: discussione con la classe sulla decisione di sanzionare il comportamento troppo esuberante di un ragazzo in un corridoio della scuola. Compito di prestazione: prestazione: « Orgoglio e autonomia del letterato rispetto al potere costituito: Ariosto, Alfieri, Virgilio e Orazio si scrivono». Modalità di svolgimento: svolgimento: lavoro da svolgere individualmente in classe al termine dell’UdA. Modalità di lavoro: lavoro: Cooperative Learning informale Learning informale (gruppi di tre ragazzi con interdipendenza di materiale). Consegna di lavoro: lavoro: lettura e comprensione del saggio di Carla Sacchi, Vittorio Alfieri. Uom, di sensi, e di cor, libero nato. nato . Valutazione: Valutazione: voto finale calcolato tramite media ponderata fra tre voti parziali: i) lavoro di gruppo (30 %); ii) compito di prestazione finale (70 %). Scheda 8
Luca, classe IV, maggio 2007 Scambio epistolare tra Ariosto, Alfieri, Virgilio e Orazio Esimio Poeta Orazio, mi presento, sono Vittorio Alfieri, tragediografo del ’700. La apprezzo per lo stile solenne con cui lei scrive, non solo esprimendo le sue idee, ma denunciando ciò che questo mondo ha come malanno. Amaramente è così. Io ho sempre scritto con un tono di pessimismo e rabbia nei confronti degli Stati tiranni, quindi in modo molto differente dal suo. Lei, con la sua satira, ha portato un messaggio positivo senza dissacrare alcunché, e per questo la apprezzo. Il suo errore, però, è che è caduto nella rassegnazione: è partito sconfitto in partenza, influenzato dalle paure che circolavano a quei tempi. Noi scrittori, in realtà, siamo migliori e degni di lode perché abbiamo la letteratura. Noi partiamo in vantaggio, in realtà. Anche lei, come me, si è sentito oppresso da tutti quei beni di proprietà personale che la legavano troppo ai desideri di Mecenate. Immagino che lei non abbia avuto spazio a sufficienza per esprimersi, o a volte ne aveva fin troppo. Io, invece, ho rinunciato al mio vassallaggio per poter avere libero sfogo. Questa analogia ci lega nel profondo: noi siamo figli dello stesso mondo in rovina. Solamente seminando su più terre i nostri ideali possiamo far nascere un mondo migliore, o cadendo per liberarci dal male, lontano da tirannie e della miopia dei molti, che non vedono i reali valori della vita: lei questi ultimi li ha saputi illuminare e mostrar la giusta via. Attendo una risposta.
266 Angelo Chiarle Vittorio Alfieri *** Egr. Sig. Alfieri Vittorio, ultimamente sono venuto in possesso di un suo libretto sul tema della libertà di pensiero, e mi sono appassionato a tutti i suoi scritti. La mia lettera è di appoggio e comprensione per la situazione oppressiva in cui uno scrittore come lei si trova ad affrontare per la semplice espressione delle proprie idee. Io mi ritrovo in una situazione molto simile. Ogni giorno si rischia di esser corrotti o di perdere le proprie proprietà, magari ora in mano a qualcun’altro. Io ho sognato un mondo diverso, migliore, dove non ci sia più il bisogno di soffrire per poter vivere. Ho persino incoraggiato il mio Imperatore, narrando la mitica genesi di Roma, con origini persino nell’eroe osservatore della pietas che è Enea. Le sue gesta dovrebbero fungere da esempio, ed io con il mio talento spero d’aver lasciato, con la sua storia, una forte impronta sull’animo di molti. Se capissimo che non siamo figli della malignità, ma siamo di essa servi, potremmo rompere le catene che ci segregano a questo male che imperversa sul mondo. Vivendo in contesti come la campagna e la città, mi sono trovato sempre a disagio. Nelle mie Bucoliche vi sono analogie con la mia vita, Come con lei, che tra illustri Accademie e regni cosiddetti “Illuminati” non ha trovato nulla di ciò che gli altri pareva avessero trovato. Sono persone che non hanno inteso che l’indipendenza è l’obbiettivo da raggiungere, e che i piaceri di vita non sono nell’adulare i padroni per mali ricchezze. Penso che ora lei abbia pensato proprio a Metastasio, da lei accusato giustamente. Non vorrei che mi paragonasse a lui, perché, le assicuro, l’Augusto Imperatore, nel bene e nel male, condivise il mio stesso sogno. Ma, ahimè, quel sogno, tra errori e debolezze, non si è avverato. Spero di esser stato di piacevole compagnia per lei, e gradirei la sua opinione in merito. Ego te saluto. Publio Virgilio Marone *** Egr. sig. Alfieri Vittorio, volevo manifestare la mia comprensione per la situazione oppressiva in cui lei ha vissuto. Anch’io, in vita, ho subito continui obblighi e inibizioni da parte di una persona, il Cardinale Ippolito d’Este di cui ero segretario. Più lavoravo, più ero oppresso, ma ho saputo anche avere una grande pressione endogena, endogena, con cui mi sono auto-convinto che con la letteratura si poteva esser superiori. Proprio come lei afferma. Mi sono rifiutato di vendere l’anima per un tozzo di pane, anche se rischiavo di perdere tutto. Ma, a differenza di lei, Signor Alfieri, ho preferito sfruttare l’ironia. Ho scritto con leggerezza, e con piacere fatto dono dei miei scritti ad amici. Se si ha uno sguardo troppo giudicante, si affonda in un pessimismo che ti mangia da dentro. È vero che, come giustamente afferma, che solo in certe condizioni sono nati grandi scrittori, ma credere che solo in morte ci si possa liberare dal tiranno è errore. Io mi sono liberato con l’ironia, con la mia donna amata a Firenze. Spero che le mie parole siano state di conforto e piacere per lei. Attendo una risposta. Distinti Saluti. Ludovico Ariosto *** Illustre sig. Ariosto Ludovico, la saluto con questo q uesto appellativo per esprimerle la mia gratitudine nell’aver ricevuto la lettera da lei recentemente inviatami. Mi rendo conto che lei è uomo di grande intelligenza e animo. Ha saputo raggiungere ciò che io credo sia il sublime: la libertà esistenziale. Reputo però importante
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che ognuno affronti le proprie chimere in modo diverso, in base ai propri principi. Gli eroi, infatti, si contraddistinguono per differenti gesta, e noi scrittori, come eroi, dobbiamo scrivere per poter auto-affermarci, esprimere sdegno e contemplare il nostro ideale. Se ho espresso del pessimismo è perché non potevo comportarmi diversamente. Non sono stato come Torquato Tasso, che era di un livello di esasperazione oltre il limite, che lo ha portato in uno stato di alienazione e diffidenza dalla società. Invece, io ho tenuto in mano la mia razionalità che con la letteratura ha reso il mio pensiero libero e superiore. Spero che lei abbia colto il significato di ciò che ho detto e, in reciproca stima, ti auguro un aldilà più che felice, anche perché di aldiquà non possiamo più parlare (spero tu abbia apprezzato la mia ironia). Nel frattempo, tra le sponde del fiume Lete, riguarderò con calma gli episodi della mia vita e di quella odierna del mondo, che non si è ancora liberato dal male dei tiranni. Saluti a Lei, Vittorio Alfieri Scheda 9
Sonia, classe IV, maggio 2007 Machiavelli, La Machiavelli, La Mandragola Molière, Il Molière, Il malato immaginario Caro Argante, ho deciso di rispondere alla tua lettera pubblicata pochi giorni fa sulla rivista di noi protagonisti di commedie. Conoscerai sicuramente il noto scrittore Machiavelli. Lui è stato l’autore della mia storia, proprio come Molière della tua. Desidero raccontartela. Il mondo in cui ho vissuto era privo di ideali, dominato da calcoli, interessi meschini e passioni irrefrenabili. E qui sta proprio la prima similitudine. s imilitudine. Se non sbaglio, infatti, il dramma descritto dall’autore della tua commedia, Molière, è chiaramente ambientato nel XVII sec., egli ha voluto mostrare la condizione dei medici del tempo: davano cure dubbie, solo per soldi, infatti «tutta l’eccellenza dell’arte loro consiste in un pomposo gergo, in un cicaleccio, che vi dà parole per ragioni, e promesse per fatti». Ci sono inoltre dei riferimenti alla personale guerra dell’autore contro i medici. La mia vita si basa sulla beffa e sul raggiro ai danni di un marito idiota; il mio amore era tutt’altro che casto. Machiavelli si è servito di me? Certo! Per descrivere quel mondo che ai suoi occhi appariva degradato e in rovina e, incapace di accettare correzioni, ha ironizzato su di esso in modo tagliente, ma disilluso. Nonostante lo sfondo tutt’altro che ottimista, è stato bravo: la commedia è riuscita piacevole e divertente. Ma torniamo a me: dopo aver vissuto per anni a Parigi, dove a quanto pare è ambientata anche la tua storia, sentii parlare casualmente della virtù della bella, ma sposata, Lucrezia. Nonostante non l’abbia mai vista, me ne innamorai. Non riuscivo a governare la passione che avevo per la nobildonna. Mi travolse fisicamente e moralmente. I miei sentimenti contrapposti (speranza e timore, felicità e disperazione) mi facevano soffrire e mi provocavano estremi scarti di umore, pensai addirittura che fosse «meglio morire che vivere così. Se io potessi dormire la notte, se io potessi conversare…». Questo è un fatto un po’ ridicolo. Ti chiederai come abbia fatto ad innamorarmi di una donna sconosciuta, ma non sempre tutta la realtà ci appare chiara. A questo proposito, vorrei chiederti, dopo aver letto la tua storia, come mai tu avessi più paura di vivere che di morire. In un certo senso mi sono risposto da solo; con una moglie avida, fedifraga, ingannatrice e opportunista come la tua non mi stupirei più di tanto; avrei anche io lo stesso pensiero! In fondo, sembrava innamorata e devota ai tuoi occhi. In realtà, innamorata lo era davvero, ma del tuo denaro e non vedeva l’ora che tu morissi!
268 Angelo Chiarle Tornando comunque alla mia storia, posso solo dirti che, pur di avere Lucrezia, tramai un piano con il perfido Ligurio, uno scioperato che per pochi soldi ed un paio di pasti era deciso ad aiutarmi. So cosa puoi pensare, che tutto questo avrebbe potuto nuocere ai danni dell’onore della donna che amavo e del marito Nicia, «el più semplice ed el più sciocco uomo di Firenze». In parte hai anche ragione. Infatti, sfruttando il desiderio frustrato dei coniugi di avere un figlio, mi spacciai per un dottore venuto da Parigi e consigliai a Nicia di far bere alla moglie Lucrezia una fantomatica pozione a base, a mio dire, di mandragola. Non ritieni che tutto questo sia molto astuto? In parte ne vado fiero. C’è una cosa che desidererei chiederti: in realtà qual è l’oggetto della satira della commedia in cui sei il protagonista? I medici o il malato? Forse per Molière l’uno e gli altri. La mania del malato coincide con quella dei medici: è esattamente la stessa. Tu e i tuoi terapeuti siete soltanto il tramite di una realtà che vi trascende: l’illusione umana. Mi dispiace dirtelo, so che può essere doloroso, ma credo che Molière attraverso di te abbia voluto rappresentare l’uomo nel suo momento più tragico, quando è vittima dei propri miti. Tu ed io in fondo ci assomigliamo: tutti e due abbiamo tramato un inganno ai danni di qualcuno anche se per motivi differenti. E tutti e due abbiamo ottenuto qualcosa; tu, fingendoti morto, hai potuto capire la lealtà e il bene che tua figlia provava nei tuoi confronti e hai potuto rimediare allo sbaglio commesso prima non permettendole di sposare Cleante che lei amava con tutto il cuore. Inoltre, aspetto non meno importante, si è rivelata la vera personalità della tua moglie ingannatrice e hai capito chi erano le persone che tenevano seriamente a te. Proprio un grande traguardo! Sarai però curioso di sapere come è finita la mia avventura con la pozione. Devi sapere che questa aveva il potere di rendere fertile Lucrezia, ma avrebbe ucciso il primo uomo che avrebbe giaciuto con lei. Per ovviare a questo “inconveniente”, proposi a Nicia di costringere un giovane ad unirsi alla donna: questo sarebbe morto ucciso dal veleno che avrebbe assorbito e Nicia avrebbe potuto così unirsi alla moglie senza alcun pericolo. Con l’aiuto di Fra’ Timoteo, l’impenitente confessore di Lucrezia, mi finsi un “garzonaccio”, fui così rapito e “costretto” a unirmi con la ritrosa Lucrezia. Compiuta la beffa, non potevo credere che tutto proseguisse come pianificato e dubitai addirittura di essere degno di tutta quella fortuna; iniziai a chiedermi «per quali meriti io debba avere cosi tanti beni». Rivelai, allora, la mia identità e il mio amore alla non più ingenua donna, mentre Nicia, ignaro del raggiro, mi dimostrò tutta la sua gratitudine. Strana la vita a volte vero? Le persone da cui meno te lo aspetti possono raggirarti senza scrupoli. Nel tuo caso sono stati i medici che ti diagnosticavano ogni sorta di malattia e prescrivevano medicine a caso, e soprattutto tua moglie, che grazie alla sua doppia personalità ti faceva sentire amato quando invece non lo eri per nulla da lei. Per quanto riguarda me, non è esattamente lo stesso, perché sono stato io ad ingannare un pover’uomo che desiderava solo un figlio, fingendomi prima un medico poi un garzone. Mi sento in colpa? No, perché tutto questo ha portato al raggiungimento del mio unico desiderio. Se non l’avessi esaudito, mi sarei addirittura potuto togliere la vita! Che dire… Questa commedia è una perfetta conferma per la frase famosa detta da Machiavelli: «in guerra e in amore tutto è lecito». Un ultimo aspetto che abbiamo in comune tu ed io, Argante, è il fatto che, come tu stesso hai scritto, Molière, l’autore dell’opera di cui sei protagonista, si è immedesimato in te. Di salute precaria, voleva rivelare la stizza e la disperazione nei confronti dell’impotenza e del ridicolo della medicina. La vita è quindi per te, ma forse alla fine anche per Molière, malattia, e solo una malattia immaginaria immaginaria può tenere a bada e forse sconfiggere il vero malanno dell’esistenza. Spero tu mi possa rispondere presto, per avere magari un nuovo confronto. Callimaco
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Scheda 10
Elena, classe II, maggio 2006 Intervista a Maria di Francia Intervistatore: Intervistatore: Buongiorno, Maria. Finalmente posso parlarle! Avrei piacere di fare due chiacchiere con lei riguardo il tema dell’amor cortese. Maria: Maria: Certo, molto volentieri: sono qui per questo. Intervistatore: Intervistatore: Bene, inizierei subito allora parlando dei suoi Lais suoi Lais.. Maria: Maria: Li ha letti? Intervistatore: Intervistatore: Sì, devo dire che li ho trovati molto interessanti. Ma mi tolga una curiosità: sono storie vere o inventate? Maria: Maria: Non ho notizie certe su quanto narrato. Si tratta di storie che ho sentito raccontare e che ho voluto raccogliere e scrivere perché non fossero dimenticate. Intervistatore: Intervistatore: Posso chiederle quale di questi racconti l’ha colpita maggiormente? Intendo dire quello che le è piaciuto di più o che ha trovato particolarmente interessante. Maria: Maria: C’è da dire che il tema di ogni racconto è pressoché lo stesso per tutti: matrimonio, tradimento, vendetta. Uno dei Lais dei Lais della raccolta, però, presenta una storia leggermente differente dalle altre. Intervistatore: Intervistatore: Il lai Eliduc lai Eliduc?? Maria: Maria: Sì, proprio quello. Immagino sappia già la storia… Intervistatore: Intervistatore: Non solo, devo dire che lo considero uno tra i miei preferiti, soprattutto soprattutto per il finale a sorpresa. Chi mai si aspetterebbe una reazione del genere da una donna tradita? Maria: Maria: Già. E non si può neanche dire che ella non fosse davvero innamorata del suo cavaliere. Il lai racconta che la dama aspettava sempre il suo sposo, nonostante egli si trattenesse a lungo durante i suoi viaggi. E fu sempre fedele a lui. Intervistatore: Intervistatore: Pensa che la fedeltà sia la regola prima dell’amore? Maria: Maria: Non proprio. Penso sia sbagliato parlarne in questo modo. Sono convinta che la fedeltà non sia una regola da imporsi, bensì una condizione spontanea che viene rispettata al di là della volontà di ognuno. Intervistatore: Intervistatore: Cosa mi dice quindi del tradimento? È un errore? Maria: Maria: Il tradimento non credo sia propriamente un errore. Penso che possa essere considerato come la conferma che ciò che abbiamo di fronte non è un amore reale, ma soltanto un sentimento che definiamo impropriamente “amore” per il semplice fatto che quello vero non l’abbiamo ancora mai incontrato. Intervistatore: Intervistatore: Quindi, lei mi sta dicendo, per assurdo, che tradire non significa altro che dare una conferma? Maria: Maria: Esatto. La dama, realizzando che il suo destino non sarebbe stato al fianco dell’uomo che credeva di amarla e che credeva di amare, gli concede di vivere con la sua nuova donna. E questo tradimento è la conferma del fatto che l’uomo a lei destinato era un altro. Intervistatore: Intervistatore: Lei quindi crede che l’amore sia predestinato? Maria: Maria: Sì, unico e predestinato. Penso che sia parte di un destino già scritto. Un’entità che sa già dove andare a infiltrarsi per essere vissuta. Intervistatore: Intervistatore: A proposito di questo, mi ha colpito molto una frase scritta nel lai Lanval lai Lanval : «Amore lo punge…
270 Angelo Chiarle Maria: Maria: …con la scintilla che accende e brucia». Un esempio perfetto che ci fa capire come sia l’amore a scegliere gli amanti e non gli amanti a scegliere sé stessi. Si tratta di ciò che voi definite “colpo di fulmine”, non è così? Intervistatore: Intervistatore: Sì, ora che mi ci fa pensare è proprio così. Maria: Maria: E sempre per citare Eliduc, Eliduc, il momento in cui la giovane fanciulla incontra il cavaliere è sintetizzato nell’espressione: «Amore le lancia il suo messaggio e la invita ad amarlo». Intervistatore: Intervistatore: C’era un altro punto di cui volevo parlarle. Nel lai Lanval lai Lanval si si narra di “segreto d’amore”. Il protagonista, svelandolo, compromette il legame con l’amata. La domanda che le pongo è questa: l’amore può esistere solo a condizione di un’assoluta segretezza? Maria: Maria: Non è proprio così. L’amore, se è realmente di questo che si tratta, è percepibile solo da parte di chi lo sta vivendo. Il segreto esiste perché nessuno (neanche gli amanti) è in grado di razionalizzare l’amore o di dargli una spiegazione logica. Per questo, ogni tentativo di rivelare ciò che riguarda l’amore, sia anche l’identità di uno degli amanti, come nel caso di Lanval, è inutile e non fa altro che danneggiare il legame stesso. Anche Andrea Cappellano nel suo De Amore afferma che l’amore è adorazione segreta e quindi il «ben celare», cioè il non pubblicizzare il proprio sentimento è regola essenziale. Intervistatore: Intervistatore: Ah, certo, il De il De Amore. Amore. Ne ho letto alcuni passi. Se non sbaglio Cappellano afferma anche che il vero amore a more può essere soltanto extraconiugale. Lei cosa ne pensa? Maria: Maria: Beh, è certo che in una società in cui il matrimonio è organizzato secondo ben altre esigenze, esso non può essere sinonimo di amore. Ma fortunatamente si tratta di tempi lontani e anche la concezione del matrimonio sta cambiando… Intervistatore: Intervistatore: Secondo lei, è giusto compiere sacrifici per amore? Maria: Maria: Secondo me, non è giusto parlare di sacrifici. Se si fa qualcosa per l’amato lo si fa perché ci si sente nella condizione di compiere un gesto per amore, ma non deve essere vissuto come una rinuncia o un atto di sottomissione. Non bisogna cadere nella soppressione della propria volontà, altrimenti non si tratterebbe più di un legame stabile sulla base di un amore libero. Intervistatore: Intervistatore: Legame stabile sulla base di un amore libero. Non le sembra una contraddizione? Maria: Maria: No. Credo che in amore la stabilità sia data dall’assenza di vincoli. Anche perché se si tratta di amore reale, esso stesso è il vincolo che tiene legati gli amanti. In fondo, credo che l’unica regola per amarsi sia amarsi senza regole. Intervistatore: Intervistatore: Mi sembra un’ottima frase per concludere. Mi ha fatto molto piacere poter parlare con lei e la ringrazio per avere rilasciato quest’intervista. Maria: Maria: È stato un piacere anche per me. Arrivederci.
«Il sapere contemporaneo, ancora di più il sapere sull’uomo [la pedagogia], richiede collaborazione e, correlativamente, creatività» (Triani, 2006, p. 124). Si potrebbe usare questo statement questo statement come come assiomatico explicit per explicit per questo paragrafo. Più empiricamente, mette conto evidenziare quali significativi “corollari” derivino dal passaggio alla valutazione autentica.
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I. Abbandono del mito, ancora fortemente radicato nella scuola, dell’oggettività della conoscenza (Sala, 2006, p. 68)10 e, di conseguenza, della valutazione, a causa della natura ambigua e sfuggente dell’ob-iectum dell’ob-iectum 11 da valutare . Le rubriche, da consegnare insieme con la consegna del com pito di prestazione all’inizio dell’UdA, sono uno strumento per dichiarare ai ragazzi i traguardi verso i quali si intende condurli (McTighe & Wiggins, 2004, p. 184). Non certo per rendere oggettiva la valutazione. Proprio perché «l’oggettività genuina è frutto della soggettività autentica» (Triani, 1998, p. 149), ho inteso elaborare una rubrica di valutazione olistica con descrittori un po’ “folkloristici” ( Figura Figura 5). 5).
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È «inseparabile l’oggettività della conoscenza dal soggetto concreto che conosce. Solo in un conoscere che si attua concretamente è possibile raggiungere l’oggettività. […] Ciò significa che l’oggettività autentica non è questione di capacità logica o analitica o di spirito di osservazione ma, ripete più volte Lonergan, di una “soggettività autentica”» (Triani, (Triani, 1998, p. 94). 11 «Avere come obiettivo la comprensione significa mirare a qualcosa di più sfuggente e ambiguo rispetto ad altri obiettivi» (Wiggins & McTighe, 2004, p. 123).
272 Angelo Chiarle Fig. 5
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II. Trasformazione del ruolo del docente che valuta: da giudice neutrale che valuta con imparziale distacco la prova dell’allievo, sorvegliando che essa si svolga in condizioni di inflessibile regolarità, a coach che cerca di portare il proprio coachee a prestazioni il più eccellenti possibili, perché è proprio su di esse che si misura la qualità della sua professionalità. In tal senso va interpretato l’utilizzo di rubriche di valutazione tratto-analitiche, come strumento per una verifica formativa in-progress (Wiggins & McTighe, 2004, pp. 242-244; McTighe & Wiggins, 2004, pp. 145-146; Figura 145-146; Figura 6 ). ). III. Trasformazione del setting del setting tradizionale tradizionale di svolgimento delle prove di verifica. I compiti di prestazione autentica, infatti: a. non debbono essere “secretati” fino al giorno della verifica, anzi vanno comunicati fin dall’inizio; b. non è detto che vadano svolti dai ragazzi tutti insieme, nello stesso posto e nello stesso momento; c. non è detto che debbano essere identici per tutti; d. dal momento che è improbabile una comprensione profonda on one-shot , al primo “colpo” (Wiggins & McTighe, 2004, p. 202), e dal momento che l’apprendimento scaturisce dalla progressività dalla progressività circolare del dinamismo coscienziale (Triani, 1998, pp. 139-140, 146), possono essere corretti o perfezionati, ovvero rifatti più volte. IV. Improntata alla diversa filosofia dell’autenticità, sottratta finalmente alla diffusa (in)cultura del sospetto, della paura e della falsificazione, la valutazione scolastica, anziché essere, come spesso lamentano i docenti, un forte ostacolo alla creazione di relazionalità piena e “calda”, diventa uno strumento per costruire relazione con allievi che sentono accolto il proprio naturale bisogno di essere rispettati e valorizzati.
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Fig. 6
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2.5. Personalizzazione dei percorsi di apprendimento «Non è più sostenibile l’idea di un insegnamento che non colga in profondità le differenze e i bisogni dei singoli studenti» (Comoglio, in Tomlison, 2006, p. 8).
La forte motivazione intrinseca da lei posseduta fa sì che ogni nuovo stimolo venga prontamente accolto Sonia. Se Aurora, sua compagna, possedesse anche solo la metà della readiness di Sonia, visto il suo spiccato talento creativo, raggiungerebbe di sicuro risultati eccellenti. Purtroppo, ciò non s’è ancor verificato, per alcuni problemi famigliari e — come lei stessa mi ha confessato, spiegandomi i motivi per cui si è trovata un lavoretto un birreria — per perdita di fiducia nei confronti della scuola. In Paola, invece, l’incostanza, dovuta a numerose assenze, si mescola a una debole autostima: questo fa sì che i risultati non siano all’altezza delle sue possibilità. Luca, l’autore dell’elaborato su Alfieri, è rimasto impressionato dall’esperienza lavorativa poco felice del fratello: quest’anno ha deciso che vuole dedicarsi, tra le varie materie, solo a ciò che più gli dà soddisfazione. È un ragazzo che possiede una verve critica capace di spunti notevoli. Esattamente come un secondo Luca, un free-thinker un free-thinker piuttosto vigoroso: come evitare di scontrarsi con il suo spiccato orgoglio, per guidarlo alla realizzazione degli originali e incisivi percorsi di apprendimento che ha dimostrato di saper elaborare? Se il passaggio alla valutazione autentica, s’è detto, richiede una «conversione intellettuale», una superiore «conversione morale» ritengo sia il presupposto per riuscire a fare scuola nella prospettiva della Differentiated Instruction propugnata da Carol Ann Tomlinson (2006). Una risignificazione del proprio ruolo di docenti tramite uno spostamento dell’«asse dei propri dei propri giudizi di valore» (Triani, 1998, p. 161): questo appare necessario per cercare di trasformare i problemi di ordinaria amministrazione nella classe di Sonia (come in tutte le classi) in una risorsa per l’apprendimento. In concreto, ho provato a sperimentare personalizzazioni a tre livelli concentrici di ampiezza. 2.5.1. Personalizzazione a livello “micro” di singolo compito di prestazione «Se, come insegnante, la mia fede in te è infallibile e se io ti riconosco e ti accordo la piena dignità dovuta a un essere umano, farò del mio meglio per assicurare che tu possa diventare tutto ciò che dovresti essere. Ciò significa che il mio obiettivo è garantirti la massima opportunità di sviluppare le tue possibilità» (Tomlinson, 2006, p. 51).
Per dare concretezza operativa a questo splendido statement splendido statement , sono ricorso alla matrice GRASPS. In una Terza, per il compito di prestazione sul De bello
276 Angelo Chiarle Gallico di Cesare ho studiato alcune “curvature” in base alle aspirazioni future dei miei allievi, cercando di “agganciare” lo studio di questo autore agli interessi personali dei ragazzi (Scheda Scheda 11). 11). Tra i risultati più convincenti considero l’interrogazione di Pietro (da lui preferita a un elaborato scritto). Pietro è un calciatore: in lui notai subito un disinteresse per lo studio astratto della letteratura. Gli chiesi, quindi, di leggere Cesare trovando (in latino) dieci consigli da dare a un allenatore di calcio. Tramite questa “prestazione” in Pietro ebbi modo di apprezzare una buona capacità di sintesi e un inaspettato acume critico. Scheda 11 Compito di prestazione per un futuro avvocato Obiettivo (Goal ) il tuo compito è inviare una relazione segreta al Senato della Repubblica romana per accertare se esitano gli estremi per incriminare il proconsole Giulio Cesare di crimini contro l’umanità l’obiettivo è relazionare puntualmente circa gli eccidi compiuti da Cesare il problema/la sfida è capire se questi eccidi fossero giustificabili come ordinarie operazioni di guerra l’ostacolo da superare è il fatto di possedere solo fonti documentarie di parte (il De bello Gallico), Gallico), per cui sarà necessario leggere tra le righe di quanto dichiarato dall’indagato stesso.
Role) Ruolo ( Role tu sei Marco Porcio Catone detto l’Uticense (95 a. C. - Utica, 46 a. C.), zio di Marco Giunio Bruto, il futuro cesaricida ti è stato chiesto di scrivere una dettagliata relazione il tuo lavoro è commissario ad acta
Compito di prestazione per un ragazzo interessato a Medicina Obiettivo (Goal ) il tuo compito è inviare una relazione per il Convegno «Dai fatti all’Etica Medica» che si terrà a Udine nel novembre 2007 con il patrocino della Commissione di Deontologia ed Etica Medica e della S.I.PE.M., Società Italiana di Pedagogia Medica l’obiettivo è per proporre «una riflessione rinnovata sulla necessità di un processo formativo» continuo dei Medici del XXI sec. a livello di etica professionale il problema/la sfida è trovare qualche idea originale e inconsueta in un’opera che apparentemente non c’entra assolutamente nulla, il De il De bello Gallico di Cesare l’ostacolo da superare è il fatto di dover “distillare” da un’opera storiografica alcuni principi principi etici concreti ed effettivamente applicabili da trasferire nell’ambito della professione medica
Ruolo ( Role Role) tu sei la dott.ssa Sara Casati o il dott. Paolo Dordoni ti è stato chiesto di scrivere una dettagliata relazione il tuo lavoro è medico
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Compito di prestazione per un ragazzo interessato all’Accademia militare Obiettivo (Goal ) il tuo compito è scrivere una relazione per il Pentagono con qualche suggerimento strategico circa la conduzione delle operazioni militari in Iraq l’obiettivo è predisporre una relazione puntale, con indicazioni precise e pragmatiche il problema/la sfida è capire in che modo l’esperienza di Cesare narrata nel De nel De bello Gallico si possa utilizzare nel XXI sec. l’ostacolo da superare sono le notevoli differenze tra la nostra e l’epoca di Cesare, a livello di mentalità, tecnologia, politico, sociale, economico etc.
Role) Ruolo ( Role tu sei Robert Harris, scrittore e giornalista televisivo inglese, famoso soprattutto per i suoi romanzi di successo, tra cui Pompei cui Pompei del 2003, e il recente Imperium recente Imperium,, dedicato alla figura di Marco Tullio Cicerone ti è stato chiesto di scrivere una dettagliata relazione il tuo lavoro è consulente esterno super esterno super partes
2.5.2. Personalizzazione a livello intermedio di singola UdA «Aiutate gli studenti ad imparare a darsi i loro obiettivi scolastici personali. Strettamente collegata alla crescente capacità degli studenti di valutare i propri risultati scolastici è la loro prontezza a darsi obiettivi personali di apprendimento. Oltre a sviluppare l’auto-consapevolezza l’auto-consapevolezza e il controllo della propria crescita nel tempo, questa capacità permette agli studenti di modificare le rubriche di classe per includere obiettivi di crescita personale e di collaborare in modo significativo con gli insegnanti nello stabilire obiettivi individualizzati» (Tomlinson, 2006, p. 86).
Al fine di stimolare progettualità e auto-imprenditorialità nei ragazzi anche nell’apprendimento scolastico, ho elaborato una Scheda di progettazione UdA ( Figura Figura 7 ). ). L’ho usata per l’unità di apprendimento su Catullo. A ciascun ragazzo è affidata la decisione riguardo i seguenti punti: angolatura di studio; ipotesi di lavoro: grande domanda a cui cercare una risposta; risultati auspicati in termini di comprensione significativa e/o di arricchimento personale; modalità di verifica (scritta o orale) e data; obiettivo di prestazione, ovvero il voto in decimi auspicato; aspetto/i di comprensione significativa preso/i come obiettivo/i; disposizioni da sviluppare o potenziare. La compilazione della Scheda è stata oggetto di negoziazione con me, sulla base delle indicazioni di lavoro da me indicate (Figura 8). 8). In esso mi sono premurato di indicare il livello di nozioni per la sufficienza, dando una serie di
278 Angelo Chiarle indicazioni per possibili approfondimenti e letture integrative. La sequenza operativa dello svolgimento dell’Uda è riassunta dalla Scheda 12. 12. Scheda 12 Focus dell’UdA: dell’UdA: Catullo
I lezione “aggancio”: “aggancio”: discussione con brain-storming sul tema: «L’amore è eterno finché dura?». II lezione: lezione: introduzione all’UdA, consegna del foglio con le indicazioni, e compilazione individuale scheda di progettazione Modalità di lavoro: lavoro: i) lezione frontale dei Carmina obbligatori (traduzione e commento); ii) Place Map a gruppi di 3-4 (commento). Valutazione: Valutazione: alla fine dell’UdA ogni ragazzo ha accumulato 6 o 7 valutazioni: i) al termine di ogni lezione frontale, esercizio di cinque minuti; ii) per ogni ogni Place Map, Map, un voto composito (media tra la consegna individuale e quella di gruppo); iii) prestazione finale secondo quanto deciso individualmente (interrogazione o elaborato scritto).
Sonia è stata l’alunna che ha risposto con maggiore consapevolezza ed entusiasmo alla nuova proposta. «Ho analizzato Catullo dal punto di vista di psicologo d’amore, di esperto d’amore per riuscire, grazie alla sua esperienza, a comprendere un po’ meglio questo complicato sentimento»: questa l’angolatura da lei scelta. «L’amore vero che dura in eterno esiste realmente?», era la sua grande domanda. Sonia al momento stava pensando di iscriversi a Giurisprudenza: abbiamo concordato quindi di focalizzare il lavoro sull’empatia, e di sviluppare le disposizioni della precisione e chiarezza nel comunicare, e della flessibilità nel riflettere. Sonia ha voluto farsi interrogare. L’esito ottimo è stato l’inizio di una spirale virtuosa di empowerment cognitivo, con conseguente notevole progresso del senso di autoefficacia, come spiega lei stessa nel suo portfolio: «Nella scheda di progettazione avevo elencato alcune disposizioni che mi ero prefissata di sviluppare durante l’interrogazione, quali inclinazione alla riflessione aperta, appunto, autovalutazione e pianificare ed essere strategici rispetto agli scopi da conseguire. Analizzando il risultato ottenuto, posso affermare di essere riuscita a potenziare questi obiettivi».
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2.5.3. Personalizzazione a livello “macro” di portfolio della materia e/o dello studente «Lo studente diventa più attivo e responsabile rispetto al suo apprendimento. Discute con l’insegnante i suoi obiettivi di apprendimento. Progetta attività che tendono ad evidenziare i suoi punti di forza, ma anche i suoi punti deboli. Riprogetta il suo lavoro» (Comoglio, 2003, p. 12).
Un paio d’anni di presa di distanza dal tanto controverso Portfolio delle competenze individuali introdotto con il Decreto Legislativo del 19 febbraio 2004, n. 59 e normato, con tanto di modulistica, dalla Circolare Ministeriale n. 84 del 10 novembre 2005, sono serviti per capire da quali fraintendimenti epistemologici sia scaturito il fallimento di questa importante “riforma nella riforma”. Qualche puntualizzazione non appare, quindi, fuori luogo, per chiarire il senso della mia sperimentazione. I. Il portfolio è il luogo privilegiato per tradurre in operatività concreta la «centralità dell’educando, e in genere del soggetto, dei suoi processi, e della personale capacità di conoscere i propri processi». In altri termini, «per formare un unico percorso abitato dalla tensione di pensare in modo fondante, sistematico, critico, il formarsi e l’essere formato dell’uomo» (Triani, 1998, pp. 16, 19). È quanto si può inferire anche da ciò che scrive Sonia: «È stata per me una cosa completamente nuova e di cui inizialmente non ne avevo compreso bene neanche la funzione e l’utilità. Mi sono dovuta ricredere, però, quando ho capito che mediante questo documento avrei potuto imparare e dimostrare molte cose di me».
II. Il portfolio non può essere estrapolato dal contesto della valutazione autentica. È la risposta alla domanda: «Come fare perché gli studenti si applichino al lavoro a scuola con la stessa passione, dedizione, responsabilità, costanza, interesse allo sviluppo continuo della propria “professionalità” che dimostrano un fotografo, un arredatore, ovvero i migliori professionisti del mondo del lavoro, nell’esercizio del loro mestiere?». III. Il portfolio non sostituisce la valutazione tradizionale, ma la integra, arricchisce la sua troppo asettica sinteticità. Funzione che Sonia dimostra di aver ben compreso: «Si può dire che ho la possibilità di giudicare molti aspetti di me: le mie qualità, per prima cosa, che i voti purtroppo non riescono a esprimere. Vorrei dimostrare, soprattutto, che sono capace di autovalutarmi e che sono riuscita a comprendere molte abilità che, fino ad ora, non avevo saputo apprezzare, sfruttare o addirittura conoscere. In un certo senso si può dire che la creazione del portfolio l’ho assunta come una specie di sfida con me stessa prima di tutto per quanto riguarda l’autovalutazione. Questo mi ha portata a porre
282 Angelo Chiarle l’attenzione su molti aspetti che magari in precedenza non avevo mai considerato molto. Per esempio, a capire quanto lavoro e quanta attenzione e quali abilità ero riuscita a sviluppare durante lo svolgimento di compiti a scuola e a casa. Insomma, come dicevo prima, tutto ciò che sfugge ai voti».
IV. In quanto strumento di valutazione autentica, ne condivide il fine di accrescere la «massa critica di creatività». In termini più espliciti, non può essere rigidamente standardizzato tramite una modulistica prefissata una volta per tutte. La sua costruzione deve essere lasciata, invece, all’autonoma responsabilità dell’allievo. Adeguatamente supportato e periodicamente monitorato dai docenti. V. Realizzare un portfolio è una sfida complessa: si configura come una «risignificazione costitutiva di sé», il possibile inizio di «una nuova sequenza la quale può rivelare una sempre maggiore profondità, ampiezza e ricchezza». In ultima analisi, è un «esercizio di libertà verticale» che aspira a condurre «a un’autenticità sempre più piena» (Triani, 1998, pp. 260-261). «Ho fatto la mia scelta», dichiara Sonia. In effetti, il portfolio non può essere reso obbligatorio ope legis: legis: deve restare una libera opzione da offrire agli studenti. Sempre che lo si voglia rendere uno strumento per coltivare pratique coltivare pratique e gouvernement de soi, soi, indicati dal Michel Foucault dell’ Herméneutique Herméneutique du Sujet come «compito urgente, fondamentale, politicamente indispensabile». In concreto, la Scheda 13 riassume la procedura da me seguita. Si tratta, in realtà, di una procedura piuttosto empirica, condizionata anche dal fatto di essere stato l’unico docente interessato a questa sperimentazione. Scheda 13 Portfolio dello studente Proposta interdisciplinare interdisciplinare facoltativa rivolta a tutta la classe a inizio anno Passaggi
A inizio anno: cosa è e cosa non è il portfolio, chiacchierata introduttiva, con esemplificazioni tratte dalla vita reale; vengono individuati gli studenti interessati; viene consegna lettera di spiegazione alle famiglie, da far leggere ai genitori; viene consegnata la scheda di progettazione, e la rubrica analitica per la valutazione finale (con le indicazioni circa la tempistica per la realizzazione del portfolio); i ragazzi vengono assistiti con particolare attenzione nella compilazione della scheda di progettazione; a loro viene richiesto di raccogliere, strada facendo, le verifiche da loro giudicate più significative — possibilmente di tutte le materie —, compilando una scheda di riflessione per ognuna di esse;
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strada facendo i ragazzi che hanno aderito vengono di tanto in tanto monitorati (spronati, rimotivati, etc.); da metà maggio i ragazzi incominciano la realizzazione del portfolio, con monitoraggio individuale più assiduo; alla fine dell’anno il portfolio viene valutato in 15esimi: il 10% circa di questo voto viene utilizzato per accrescere la media finale sulla pagella delle materie del docente proponente.
La Figura La Figura 9a-b riproduce la Scheda di progettazione, progettazione, la Figura la Figura 10 la rubrica di valutazione analitica necessaria per orientare il lavoro degli studenti. In particolare, un passaggio di cruciale importanza è la compilazione della Scheda di progettazione. progettazione. Fondamentale è individuare uno “scenario”. L’allievo deve indicare come si immagina nel proprio futuro, vicino o lontano, ma anche nel presente: se non ha idee semplicemente come studente, genericamente come lavoratore, persona adulta o cittadino, oppure, se già qualche “sogno nel cassetto”, come scienziato, artista, e via dicendo. Sulla base dello scenario scelto, vengono selezionate nell’elenco proposto le disposizioni del cosiddetto le curriculum nascosto da sviluppare o potenziare (Comoglio, 2003, pp. 24-36) in relazione allo scenario indicato. Con Consuelo, Cristina, Elena e Francesca, allieve di Seconda, per esempio, pensavano a sé come lavoratrici, ritenendo «molto importante far si un’idea su ciò che le aspetterà dopo la scuola, per essere pronte pronte a tutto». Con loro abbiamo quindi scelto persistenza, autoregolazione flessibilità nel riflettere, accuratezza e precisione, disponibilità all’avventura. Invece, Fabrizio, alunno di Terza, considerato che il «ruolo di studente occuperà almeno i prossimi sette o otto anni della sua della sua vita», si è limitato a uno scenario scolastico, puntando su persistenza, autoregolazione e flessibilità nel riflettere. Delle scelte di Sonia, futuro avvocato, si è già detto. Come s’è visto sopra (§§ 2.5.1-2.5.2), sulla base delle disposizioni selezionate sarà possibile concordare con i ragazzi quale “curvatura” imprimere ai compiti di prestazione autentica o alle unità di apprendimento. In questo modo il portfolio può divenire principium divenire principium individuationis del curricolo scolastico, prodotto creativo del noûs poietikós non di un’équipe un’équipe di docenti armati delle migliori intenzioni, ma dei ragazzi stessi.
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3. CONCLUSIONE Che cosa ha guadagnato Sonia da questa triplice sperimentazione? Che cosa ci guadagna un insegnante che con fatica si mette in discussione per accettare la sfida del cambiamento? Perché «la soluzione sta nel rifiutare la soluzione» (Triani, 1998, p. 119) del “ritorno all’antico”? A queste domande resta da dare una risposta. 3.1. Che cosa ci guadagnano i ragazzi «Al termine di tutto questo lavoro e, più in generale, di tutto l’anno scolastico, posso finalmente trarre le mie conclusioni. Devo ammettere che la stesura del Portfolio, per me, è stata una sfida. All’inizio dell’anno ero titubante, non sapevo ancora se l’avrei accettata o meno. Ma in seguito, per svariati motivi, ho fatto la mia scelta. E non mi sono affatto pentita: questo lavoro mi è servito a capire che cosa avrei dovuto e voluto sviluppare delle mie potenzialità. Il più di queste mi erano anche sconosciute o comunque non ci avevo mai prestato attenzione, ma sono molto contenta di aver avuto la possibilità di farlo perché mi ha aiutato a conoscermi meglio, sicuramente a giudicarmi in modo diverso e ad essere più sicura di me stessa. Su queste basi ho anche iniziato a riflettere sul mio futuro e a capire se i progetti che avevo potevano realmente adattarsi a me. Ritengo di esser stata capace di giudicarmi discretamente in tutte le abilità dimostrate, essendo la prima volta che lo facevo seriamente. In tutti i punti ho cercato le prove più significative, sia negative sia positive, che potessero caratterizzarmi in modo realistico. L’obiettivo in cui spero di migliorare ancora tanto è sicuramente l’autoregolazione, essendo l’abilità che ritengo più fondamentale di tutte. Spero, inoltre, di poter ottenere buoni risultati nell’autovalutazione, in cui pecco probabilmente ancora. Per quanto riguarda tutto il resto posso dirmi abbastanza soddisfatta per i risultati ottenuti quest’anno; ma conto di poterli ancora sviluppare, magari nel corso dell’anno seguente. Come dicevo prima, la creazione di questo Portfolio per me è stata una sfida, ma che rifarei perché mi ha aiutata a riflettere e a pensare più realisticamente e concretamente al futuro».
Sulla scorta di queste sue conclusioni, si possono realisticamente descrivere i miglioramenti di Sonia in termini di autostima, autoconoscenza, autovalutazione, autonomia, creatività, progettualità, accresciuta motivazione allo studio, coraggio di fronte alle nuove sfide, prestazioni (abilità nello scrivere). Sonia ha acquisito conoscenze “vitali”, non inerti né “incapsulate”, ma trasferibili C’è la speranza concreta che i suoi apprendimenti saranno più durevoli (è una scommessa aperta). Certo sono stati meno settoriali e le verifiche che ha svolto nel corso dell’anno possiedono un livello più alto di predittività circa i “talenti” sui quali Sonia potrà fare leva per avere successo nella sua vita, lavorativa e non. Ma quali sono queste Key queste Key Competencies? Competencies ? Se avesse proseguito lungo i sentieri della didattica tradizionale del tipo One-Size-Fits-All , Sonia certamente avrebbe continuato a sviluppare queste disposizioni: persistenza, accuratezza e precisione, timore reverenziale, preci-
288 Angelo Chiarle sione e chiarezza nel comunicare, disposizione alla chiarificazione, forse anche un po’ di flessibilità nel riflettere. Certamente, alcune disposizioni erano in lei già “connaturate”, indipendentemente dal tipo di didattica in cui è stata coinvolta: apprendere con continuità, curiosità e attenzione intellettuale, autoregolazione, pianificare ed essere strategici rispetto agli scopi da conseguire. Penso, tuttavia, sia corretto concludere che, senza questa triplice sperimentazione, molto difficilmente avrebbe sviluppato empatia, assunzione responsabile di rischi, autovalutazione e autoriflessione (metacognizione), complessità dei processi cognitivi (pensiero critico, transfert, ragionamento, pensiero creativo) e inclinazione alla riflessione aperta, disponibilità all’avventura e accettare le sfide senza paura. Ma, soprattutto, applicazione delle conoscenze acquisite a situazioni nuove e creazione di “cose” nuove. In queste due Key due Key Competencies Sonia ha dimostrato un estro che neppure lei sospettava. 3.2. Che cosa ci guadagnano gli insegnanti «È proprio un peccato: hanno perso la voglia di lavorare». «C’è un effetto di trascinamento verso il basso che è incredibile». «In Prima mi trovo benissimo: ho proprio l’impressione di fare lezione con delle persone. In Quinta, invece, ho la sensazione di parlare da sola. Ripasso la letteratura per me, perché mi fa comodo». «Non sanno gestirsi i compiti, le verifiche: deve essere sempre tutto spiegato, organizzato». «Non hanno l’idea che la vita possa essere una sfida». «Io spiego e banalizzo. I ragazzi prendono appunti e banalizzano. Alla fine nei compiti mi ritrovo delle cose incredibili!».
Piccoli riflessi quotidiani, colti qua e là tra i colleghi “in presa diretta”, d’un «quadro indubbiamente sconfortante» indagato con occhio clinico da Vittorio Lodolo D’Oria (2005). «Parti: esci. Esci dal ventre della madre, dalla culla, dall’ombra che scende dalla casa del padre e dai paesaggi giovanili. Al vento, alla pioggia: fuori mancano i ripari». Non appare fuori luogo affidarsi a una delle suggestioni di mente Michel Serres (1992, p. 28), per indicare forse l’unica possibile via di scampo in mezzo alla “globalità frantumata”, come il variegato mantello d’un ormai triste Arlecchino, della Scuola italiana. Accettare la sfida del cambiamento: un labor mentis senza dubbio faticoso, ma oltremodo arricchente e in nessun modo improbus. improbus. Anzi, necessario non solamente per evitare il baratro del burn-out , ma soprattutto per una possibile «seconda nascita», direbbe forse Serres, della professionalità docente. «Se l’apertura è la partenza e l’interrogazione è il viaggio, viaggio, l’autotrascendenza è la direzione. direzione. L’uomo realizza pienamente sé solamente attraverso un percorso di trascendimento in cui il riconoscimento e l’accoglienza
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dell’altro da sé comportano anche il ritorno in sé». Il pensiero di Bernard Lonergan è oltremodo incisivo nell’indicare il punto dell’intera questione. Come ogni essere umano, il docente è chiamato mantenere vitale il «dinamismo espansivo, progressivo e circolare» di una coscienza “innamorata”, cioè aperta, interrogante, auto-trascendente, capace di intenzionare «l’ampiezza della nostra esistenza» (Triani, 1998, pp. 140-154). Se è vero che «il bisogno più profondo e la conquista più stimata dell’uomo è l’autenticità», allora la posta in palio non è questa o quella riforma. Né tantomeno la fin troppo fluttuante voluntas dei timonieri che si succedono al governo della Scuola. «Ogni giorno siamo noi ad essere rimodellati nelle classi in cui insegniamo. Se ci concediamo di sviluppare la passione per il nostro lavoro, rinasceremo continuamente, diventeremo sempre più solidi e più squisitamente umani rispetto a come eravamo. Ne consegue che per insegnare in modo da rispondere ai bisogni dei nostri ragazzi più efficacemente, dobbiamo accettare due sfide fondamentali. Innanzitutto dobbiamo coltivare la passione per la professione docente; poi dobbiamo svestirci della nostra armatura protettiva — delle nostre difese — e permettere ai nostri studenti di incidere su di noi, di rimodellarci, a partire dalla riflessione su ciò che vediamo e dall’apprendimento che ne deriva. […] Coltivando passione per le persone e per ciò che insegniamo diventiamo ciò che possiamo essere, anche quando accettiamo la sfida idealistica di aiutare ogni studente che incontriamo a diventare ciò che può diventare» (Tomlinson, 2006, pp. 138-139).
3.3. Un’importante “intellezione inversa” L’esperienza di sperimentazione “stratificata” fin qui analizzata è indubbiamente caratterizzata da un involontario ma inevitabile bias, bias, dovuto alla formazione, alle convinzioni personali, alle peculiari “disposizioni della mente”, all’esperienza professionale e all’hic all’hic et nunc dell’ambiente di lavoro dello scrivente. In positivo, penso che essa possa dimostrare soprattutto che la ricerca pedagogica degli ultimi vent’anni mette a disposizione dei docenti ottimi strumenti per affrontare la complessità delle sfide di cui al § 1.2. Grazie ad essi davvero molto si può provare a fare, nella concretezza del quotidiano lavoro in classe con gli studenti Più importante, forse, appare l’insight l’insight controintuitivo controintuitivo composito che tramite questa esperienza credo si possa cogliere. È doveroso almeno abbozzare una tematizzazione di alcuni punti salienti, per concludere. I. Bullismo, vandalismo, assenza di motivazione, etc. più che la causa, vanno interpretati come l’effetto della crisi di una scuola incapace di una riforma che continua a non arrivare.
290 Angelo Chiarle II. Un riforma autentica che raggiunga davvero i suoi obiettivi non è detto che debba partire per forza dall’alto, ma forse più efficacemente deve nascere dal basso, da una rigenerata professionalità docente. III. In un mondo in cui le conoscenze si rinnovano a ritmo sempre più frenetico, il proprium il proprium della missione della scuola sembra debba passare dalla trasmissione di conoscenze standardizzate, all’educazione di abiti della mente. IV. A questo identico obiettivo dovrebbe essere riconvertita anche la formazione e la selezione degli insegnanti. V. Un passaggio di vitale importanza è la riforma della valutazione scolastica. La valutazione tradizionale non è imparziale, ma arbitraria e incontrollabile; non è predittiva, ma autoreferenziale e inadatta a valutare ciò che deve valutare; non è educativa, ma anzi demotivante e deresponsabilizzante. VI. Il modo più equo per coltivare l’eccellenza di alunni come Sonia non appare lo stimolo estrinseco di un premio in denaro quando ormai la “partita” della scuola è conclusa. È senza dubbio meno discriminante, e sicuramente più fecondo, fare in modo che essi, al pari di tutti i compagni meno “dotati”, possano fare affidamento di docenti al passo con i tempi soprattutto a livello delle nuove metodologie didattiche. «Senza esitare si rimise al lavoro, sgobbò sui nuovi trattati d’armonia e di strumentazione con un ardore affatto giovanile, studiò accanitamente le partiture dei grandi maestri tedeschi, si rifece in qualche modo la propria educazione». Questo omaggio nel 1890 il critico Étienne Rouillé-Destranges tributava al compositore che aveva saputo risorgere dalle sue ceneri dopo sedici anni di stasi (1871-1887) con i due estremi capolavori, Otello e Falstaff . Anche Giuseppe Verdi alla fine, dunque, comprese che veramente «la soluzione sta nel rifiutare la soluzione» di un impossibile ritorno al passato. Riuscirà la scuola italiana trarre esempio dalla grande lezione del maestro delle Roncole di Busseto?
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