ricerche e approfondimenti
UNA
NUOVA FONTE PER LA MUSICA DI GIULIO R EGONDI EGONDI Il manoscritto di J. A. Hudleston per Madame Pratten di Stefan Hackl
G
iulio Regondi (1823-1872): difficilmente si trova un compositore così tanto acclamato dai suoi contemporanei e di cui ci sia pervenuta così poca musica. Soltanto cinque opere furono pubblicate durante la sua vita, alcuni Studi comparvero su periodici nei primi anni del Novecento e soltanto nel 1987 fu scoperta in Russia da Matanya Ophee una copia completa dei dieci Studi. Anche la riscoperta dei pezzi di Regondi che oggi fanno parte del repertorio discografico e concertistico cominciò relativamente tardi: nel 1981 grazie a Leif Christensen e più tardi a David Starobin. Oggi Regondi è considerato una pietra miliare nella storia della chitarra e tutto quello che abbiamo di lui è considerato una preziosità. Alcune delle opere che figuravano più spesso nelle recensioni dei suoi concerti erano date per disperse, finché non mi imbattei in un manoscritto del lascito di Karl Scheit.
con la scritta “Guitar Manuscript” : 250 pagine di musica manoscritta su carta blu in bella rilegatura e sulla copertina a lettere dorate: COPIED / FOR / MME. R. S. P RATTEN B Y / J. A. HUDLESTON ESQ. Le pagine da 1 a 182 contengono musica di Hudleston che sembra scritta tutta in una volta. In appendice invece ci sono brani più corti, di differenti autori e, probabilmente, aggiunti in un secondo tempo. Uno sguardo più attento allo scatolone portò alla luce un altro volume di circa 250 pagine (la numerazione non è sempre continua) con copie di pezzi di compositori noti e meno noti: Sor, Carcassi, Giuliani, Aguado, de Fossa, Zani de Ferranti, Bobrowicz, Eulenstein, Huerta, Ciebra, Süssmann, Padowetz, L. Moretti e per concludere Regondi. Come il primo volume, la prima parte sembra essere stata tutta di seguito inuna volta (cominciando con un paio di pezzi di Sor, poi quattro pezzi di de Fossa, ecc.). Si vede chiaramente che certe pagine, alcune di carta gialla, sono state aggiunte più tardi. Quando guardai l’appendice, notai al primo colpo d’occhio che si trattava di un manoscritto importante:
LA FONTE Quando visitai per la prima volta la collezione di Karl Scheit1 inciampai in un manoscritto che, a giudicare dall’aspetto, non sembrava appartenere allo scatolone in cui era stato riposto. In mezzo ad album con canzoni dell’epoca del movimento dei “Wandervogel”, c’era un volume
Eight studies for the Guitar by Giulio Regondi, dedicated to J. A. Hudleston, 1857, e sotto a ma-
1. Karl Scheit (1909-1993), fu professore di chitarra alla Musikochschule di Vienna e uno dei più importanti didatti e revisori di musica per chitarra del Dopoguerra (pubblicò per la Universal Edition e per la Doblinger di
Vienna). La vedova Luise Scheit fece donazione della sua vasta collezione di musica per chitarra, libri, recensioni e registrazioni alla ‘Universität für Musik und Darstellende Kunst’ di Vienna. 14
Copertina del primo volume del manoscritto di Hudleston per Madame Pratten
tita: For my dear friend Mrs. Pratten [Otto studi
notazioni a matita sui compositori; tuttavia non si trova indicazione alcuna che possa far pensare a un progetto di pubblicazione. La musica del XIX secolo generalmente non era prioritaria nel lavoro di Scheit come revisore; pubblicò soltanto gli studi più importanti e alcuni brani di Sor, Giuliani e Diabelli. Le composizioni virtuosistiche della metà del XIX secolo non erano per lui così importanti. All’epoca delle ultime edizioni di Scheit, negli anni Ottanta, anche se le edizioni complete delle opere di Sor e Giuliani avevano appena fatto la loro apparizione, rimanevano ancora inedite molte altre importanti opere; infatti la riscoperta dei compositori del Secondo Ottocento come Mertz, Coste, Schulz, Padowetz e Regondi non era ancora in atto o stava appena iniziando il suo corso.
per la Chitarra di Giulo Regondi, dedicati a J. A. Hudleston, 1857 / Per la mia cara amica la Sig.ra Pratten] .
Per anni si era andati in cerca di questi Studi e finalmente Matanya Ophee era riuscito a sco varli in Russia, ma ad alcuni era ancora rimasto qualche dubbio circa la loro autenticità. Avevo di fronte a me la più antica fonte degli Studi di Regondi, copiati dalla mano di colui che fino ad allora era rimasto sconosciuto: il dedicatario in persona! Scorrendo le pagine a ritroso trovai ulteriori pezzi di Regondi, Fete villageoise , Rêverie , 1er e 2me Air Varié e, infine, due brani la cui esistenza fino ad allora era nota soltanto attraverso gli annunci dei suoi concerti: Solo on Don Giovanni partly from Thalberg’s piece [Solo su Don Giovanni in parte dal pezzo di Thalberg ] e
J. A. HUDLESTON
Air varié de l’opera di Bellini “I Montecchi e Capuletti” .
Josiah Andrew Hudleston (1799-1865) fu tra le figure più interessanti del mondo chitarristico britannico del XIX secolo. Nacque il 22 Febbraio 1799 a Bray nel Berkshire, quarto figlio di John Hudleston, un membro della Pubblica Amministrazione della Honourable East India Company e membro del Parlamento. Hudleston studiò al College della East India Company, a Haileybury nello Hertfordshire negli anni 1815-1816 e poi si imbarcò per l’India, arrivando a Madras (ora Chennai) il 25 giugno
Non è più possibile chiarire in quale maniera i manoscritti siano passati da Madame Pratten a Karl Scheit. La collezione di Madame Pratten fu venduta dopo la sua morte – non si sa esattamente quando e a chi – e venne di conseguenza smembrata; quanto a Scheit, è un fatto noto che una volta si era aggiudicato un grosso plico di musica d’antiquariato dall’Inghilterra. Scheit deve aver esaminato il secondo volume con una certa attenzione perché ha aggiunto piccole an15
1817, dopo almeno sei mesi in mare. A Madras rimase ininterrottamente per trentanove anni ed ebbe una brillante carriera nella Pubblica Amministrazione lavorando nei tribunali, assurgendo alla fine alla posizione di Capo della Riscossione, un posto di considerevole importanza. Hudleston tornò in Inghilterra nel marzo 1856 e visse con suo fratello a Cheltenham, nello Gloucestershire per il resto dell’anno, poi si trasferì in Irlanda nel 1857, dove visse a Killiney, Contea di Dublino, fino alla morte av venuta per insufficienza cardiaca il 19 agosto 1865. Nell’introduzione al suo Treatise on Harmonic Sounds del 1841, Hudleston scrisse che le sue attività musicali avevano avuto inizio 25 anni prima, dunque attorno al 1816, cioè poco dopo la prima comparsa di Sor sulla scena londinese. È plausibile ipotizzare che Hudleston abbia ascoltato Sor e che forse questo ascolto lo ispirò e lo spinse ad intraprendere lo studio della chitarra. È anche possibile che Hudleston conoscesse il chitarrista italiano Philip Verini, noto negli ambienti in cui si muoveva la famiglia Hudleston. Durante la sua permanenza in India Hudleston era musicalmente molto attivo; anzi era tanto coinvolto nella musica quanto lo era nei suoi doveri presso la East India Company. Conosceva i musicisti locali, inclusi quelli della famiglia Zscherpel che erano responsabili per la musica alla Cattedrale di S. Giorgio. Era anche socio della Society of Amateurs di Madras, che pare fosse una società di musica da camera; Hudleston può esserne stato il bibliotecario, dato che una grossa parte della loro musica fa parte della sua collezione. A Madras c’era pure un’orchestra composta da musicisti dell’Esercito, e per quanto Hudleston possa non esservi stato direttamente coinvolto, certamente ne avrà ascoltato (o dovuto sopportare!) le esibizioni in occasione di eventi ufficiali. Hudleston mentre viveva a Madras mise insieme una collezione di musica per chitarra dav vero vasta e impressionante; solo una piccolissima parte di quelle musiche venne da lui ac-
quistato prima della sua partenza dall’Inghilterra e molto poco venne aggiunto alla collezione dopo il suo ritorno. Sebbene la musica a stampa e gli strumenti fossero disponibili per via di alcuni importatori – erano disponibili perfino le chitarre Panormo “manufatte espressamente per quel clima”, come pubblicizzava un importatore – è comunque notevole quanta musica fosse stato capace di acquistare Hudleston e quanto aggiornata fosse la sua collezione. Altrettanto degno di nota è il fatto che Hudleston fosse a conoscenza delle più importanti figure del mondo chitarristico britannico – e non vi sono notizie secondo le quali egli abbia mai lasciato l’India nei quasi quarant’anni precedenti il suo pensionamento – ma è perfino più sorprendente quanto in fretta Hudleston si sia integrato sulla scena chitarristica britannica dopo il suo ritorno. Importanti compositori gli dedicarono brani, come Leonhard Schulz e Carl Eulenstein (quest’ultimo gli dedicò Le Retour de l’Allemagne ), conobbe gli Huerta e almeno uno dei Ciebra (a cui Hudleston dedicò un Air with Variations ). Certamente incontrò Regondi e Madame Sidney Pratten. Regondi tenne un concerto a Cheltenham nel novembre 1856, ed è probabile che Hudleston lo abbia conosciuto là. Nell’aprile 1861 Regondi tenne tre concerti a Dublino e i due probabilmente si incontrarono di nuovo. Sembra anche che Regondi e Hudleston abbiano tenuto in quel periodo, e per diversi anni, una corrispondenza epistolare. Nell’edizione di Madame Pratten delle ultime composizioni di Leonard Schulz, Hudleston è menzionato come insegnante di chitarra e la dedica a lui ci suggerisce che probabilmente Hudleston conoscesse anche Schulz: The last Compositions of / MR . LEONARD SCHULZ / AS PLAYED BY MADAME R . SIDNEY PRATTEN , WITH THE GREAT EST SUCCESS AT PUBLIC & PRIVATE CONCERTS . / Written at the request of / MADAME R . SIDNEY PRATTEN , / for / Josiah Andrew Hudleston Esq. / Teacher of the Guitar / TO HER ROYAL HIGHNESS THE PRINCESS LOUISE . / LONDON : MADAME R . SIDNEY PRATTEN ”2
2. Le ultime Composizioni del / SIG.
LEONARD SCHULZ / COM E SUONAT E DA MADAME SIDNEY PR AT TEN, CON GRANDISSIMO SUCCESSO A CONCERTI PUBBLICI & PRIVATI./ scritto su richiesta di / MADAME R. SIDNEY PRATTEN, / per / Josiah
Andrew Hudleston Esq. / insegnante di Chitarra / DI SUA ALTEZZA REALE LA PRINCIPESSA LUISA. / LONDRA: MADAME R. SIDNEY PRATTEN.
16
Il lavoro di Hudleston come compositore e arrangiatore iniziò negli anni Quaranta del 1800. Le sue composizioni originali sono esclusivamente per chitarra sola, e sono perlopiù variazioni su canzoni popolari e arie. Sono tutte molto impegnative dal punto di vista tecnico (scale veloci spesso per la sola mano sinistra, arpeggi virtuosistici, tremolo e uso estensivo di armonici sono tutte caratteristiche incontrate assai sovente) tuttavia dal punto di vista armonico sono piuttosto banali. Gli arrangiamenti di Hudleston sono invece più interessanti. Per chitarra sola arrangiò opere di Handel, Mozart, Beethoven, Paganini, Bellini così come una valanga di opere di meno noti compositori del momento. Ha anche realizzato arrangiamenti per clarinetto e chitarra terzina, una combinazione assai rara, senza dubbio ispirata dalla presenza di un buon clarinettista a Madras. Così come le sue composizioni, gli arrangiamenti di Hudleston richiedono il possesso di una tecnica chitarristica di alto livello e inoltre sono molto fedeli alle opere originali, a volte eccessivamente fedeli! Sebbene non vi sia testimonianza di una pubblica esibizione di Hudleston, si può facilmente presumere, vista musica che ci ha lasciato, che avesse una profonda familiarità con la chitarra. Durante i quasi quarant’anni in cui visse in India – dall’inizio del boom chitarristico inglese quando Fernando Sor fece la sua apparizione in scena, fino ai giorni dei grandi virtuosi come Regondi e Schulz – la chitarra e la musica per chitarra continuarono a svilupparsi notevolmente, ed è estremamente affascinante vedere come Hudleston sia riuscito a seguire questa evoluzione. La collezione musicale di Hudleston – per chitarra e per diversi altri strumenti – è ora conservata presso la Royal Irish Academy of Music di Dublino. La collezione di musica per chitarra venne scoperta per la prima volta da Simon Honeyman, che iniziò il lavoro di ri-assemblamento nel 1992. Michael McCartney ha proseguito quel lavoro completandolo nel 1997, dopo cinque anni: il catalogo che ne risulta, assai dettagliato, ha subito sostanziali revisioni ed ampliamenti e dovrebbe essere prossimamente reso pubblico. La collezione è enorme: solo quella per chitarra contiene oltre 1000 opere a stampa e più di 800 opere manoscritte, il che la ren-
La foto di J.A. Hudleston che si trova incollata all’interno della copertina del manoscritto
de più vasta delle collezioni Rischel & BirkettSmith, Boije o Olcott-Bickford. Tutte le opere nella collezione sono di contemporanei di Hudleston. Le stampe contengono diteggiature scritte a mano (sempre assai ben scelte), e note e commenti scritti a inchiostro o a penna a indicare quando e per chi egli avesse copiato le opere, o da chi le avesse ricevute. Sebbene indicava di aver copiato molti brani per Regondi, la collezione inspiegabilmente non contiene alcuna opera dello stesso Regondi. 3
3. Per questa biografia di Hudleston ci siamo basati sul lavoro di Michael Mc Cartney che appare nel sito: www.hudleston-music.co.uk Per maggiori informazioni rimandiamo i lettori a questo sito. 17
M.ME SIDNEY PRATTEN
parti principali del manoscritto sono state realizzate molto accuratamente. Hudleston ha copiato ogni dettaglio della notazione, titolo e didascalie testuali commettendo pochissimi errori che per la maggior parte riguardano i segni di alterazione. Nelle note a matita sugli originali ha annotato con precisione l’inizio e la fine del la voro di copiatura; veniamo così a sapere che per la copiatura di un brano di grandi proporzioni gli ci volevano almeno due o tre settimane.4 I brani in appendice sono stati evidentemente scritti più in fretta, dato che contengono correzioni più vistose, passaggi cancellati e pezzi frammentari. L’ordine delle copie non corrisponde sempre alla data di copiatura e sembra essere cambiato in un secondo tempo. Un’ulteriore complicazione è rappresentata dal fatto che a volte non è possibile distinguere tra la data di composizione da quella di copiatura. Tutto ciò può significare che la rilegatura non venne fatta prima del 1865. Lievi differenze nel materiale di rilegatura suggeriscono che il secondo volume possa essere stato rilegato successivamente, forse per ordine di Madame Pratten. La copertina del primo volume reca una dedica a lettere dorate e all’interno è incollata una foto di Hudleston: né la dedica né la foto appaiono nel secondo volume. La numerazione delle pagine mostra anche che i due volumi sono solo una parte di un più vasto numero di copie. Il volume I ha 182 pagine nella parte principale seguite da due fogli bianchi, altri due blocchi con pezzi diversi (numerati 1-44 e 25-28) e alcuni singoli pezzi numerati separatamente. Alcuni pezzi datano ancora del periodo indiano di Hudleston, mentre l’ultima copia è datata 13 agosto 1860. Il volume II comincia con la pagina 93 e arriva a pagina 320 interrotto da due sezioni con
M.me Sidney Pratten nacque nel 1821 come Catherina Josepha Pelzer,* a Mühlheim in Germania, figlia del chitarrista tedesco Ferdinand Pelzer (1801-1860). Catherina era una bambina prodigio: all’età di sette anni tenne il suo concerto di debutto a Londra. Suonò in concerto insieme a famosi virtuosi come Ignaz Moscheles e anche col giovane Regondi: “I bambini prodigio – Catherina Josepha Pelzer e Giulio Regondi – si erano incontrati, e vennero presentati insieme. Erano tanto piccoli i due esecutori che “si perdevano” sul grande palco. Per essere visti oltre che sentiti, vennero issati su un tavolo. Madame Pratten era solita parlare di quei giorni in cui suonava in duetto con Regondi, del quale lodava sempre altamente le capacità.”3
Dopo le sue nozze col rinomato flautista Robert Sidney Pratten nel 1854, Catherina Pelzer venne solitamente chiamata Madame Sidney Pratten, e divenne famosa come insegnante di chitarra (tra i suoi allievi si annoverano la Principessa Beatrice e la già citata Principessa Luisa). I suoi manuali Le ar nin g th e Gu ita r Si mpli fi ed e Instructions of the Guitar Tuned in E Major ebbero enorme successo. Madame Pratten diresse anche una casa editrice dedicata specificamente alla musica per chitarra e pubblicò alcune composizioni e arrangiamenti di Hudleston (attorno al 1860). Morì nel 1895. IL MANOSCRITTO I due volumi manoscritti sono entrambi redatti sulla stessa carta (eccetto alcune pagine dell’appendice): una carta blu, con marchio ad acqua A. Cowan & Sons/Patent 1854 . Le copie nelle
* N.d.R.: per maggiori informazione su Catherina Josepha Pelzer Pratten cfr. anche PETER PIETERS, I bambini prodigio della chitarra nella prima metà dell’ Ottocento, “il Fronimo”, n. 100, luglio 1997, pp. 91-93.
mounted upon a table. Madame Pratten often used to speak of these days when she played duets with Regondi, whose abilities she always highly praised.” FRANK MOTT H ARRIS ON, Reminiscences of Madame Sidney Pratten: Guitariste and Composer , Bornemouth, 1899, pp. 19-20)
3. “The infant prodigies – Catherina Josepha Pelzer
4. Ringrazio Michael McCartney per l’accurata e dettagliata catalogazione della collezione Hudleston e per aver decifrato la calligrafia di Hudleston nel presente manoscritto.
and Giulio Regondi – had met, and were brought out together. Such diminutive performers were “lost” on a large platform. To be seen as well as heard, they were
18
Una parte della versione-Suite del 2me Air varié : fine di Reverie e inizio di Fête Villagoise
numeri di pagina corretti a matita (213-241; 268275). L’appendice contiene gli studi di Regondi (numerati pp. 1-13), un pezzo non identificato (pp. 1-3: probabilmente un arrangiamento di musica per pianoforte) e dieci pagine in carta gialla (numerate solo in parte). In ogni caso, il manoscritto ci pone alcune domande, per ora senza risposta. Rispondere a queste domande potrebbe gettare più luce sul mondo chitarristico britannico della metà del XIX secolo. I pezzi di Regondi sono gli ultimi brani della parte principale del secondo volume. L’appendice del secondo volume comincia con otto Studi di Regondi (copiati nel 1857). Un breve frammentario pezzo sempre nell’appendice riporta la nota a matita: “as played by Regondi” [“come suonato da Regondi” ]. L’autore del brano non è svelato, potrebbe essere lo stesso Regondi. Dal confronto delle copie del 1er e del 2me Air Varié (datate 1864) con le versioni a stampa (stampate da André Offenbach sempre nel 1864), risulta chiaro che Hudleston disponeva di un’altra fonte. Ciò risulta da alcune piccole differenze in vari dettagli quali bassi aggiuntivi, abbreviazioni di ornamentazioni e notazione degli armonici, soprattutto però dalla diversa versione del 2me Air Varié . La differenza tra la versione stampata del 2me Air Varié e la copia di Hudleston è molto in-
teressante: tre pezzi sembrano essere combinati qui come a formare di proposito una suite, scritta evidentemente in una sola e continua stesura e senza interruzioni. La versione del manoscritto comincia con l’introduzione della Reverie op. 19, poi segue il 2me Air varié (senza l’introduzione della versione a stampa), quindi la parte principale della Reverie e infine Fete villageoise . Tra i pezzi vi sono doppie stanghette, ma sono le stesse di quelle tra le variazioni, e l’inizio di Fête villageoise si trova sullo stesso rigo della fine della Reverie ! Tutti i pezzi sono nella stessa tonalità ed è quindi possibile ipotizzare che Regondi usava suonare questi tre pezzi “en suite” . Il fatto non è chiaramente evidente dalle recensioni dei suoi concerti: sul programma di un concerto a Londra il 14 maggio 1862 troviamo solo il 2me Air Varié (questa potrebbe essere la “versione suite”), il programma del concerto del 30 giugno 1864 invece elenca Rever ie , Fe te vil la geo is e e In tr od uc tio n et Caprice . Il Solo on Don Giovanni partly from Thalberg’s piece [Solo su Don Giovanni in parte dal pezzo di Thalberg] fu copiato il 29 [sic] febbraio 1865
ed è probabilmente l’ultimo documento del la voro di Hudleston che morì lo stesso anno. Forse un giorno emergeranno ulteriori manoscritti.
L’inizio degli Studi di Regondi come appare nel manoscritto Hudleston, 1857
19
Lo sviluppo dello stile di Regondi come appare nella prime misure di Solo on Don Giovanni (1840), Air varié sur l’opera de Bellini (1845) e 2me Air varié (versione a stampa, 1864)
Le copie di Hudleston dei pezzi di Regondi ci offrono la possibilità di uno sguardo approfondito sul modo di lavorare di un grande compositore, la cui vita e opera sono ancora avvolte nel mistero. Ad eccezione del manoscritto dell’ Etude 4b , che è datato 1854, tutte le fonti sono degli anni Sessanta dell’Ottocento, l’ultimo periodo delle apparizioni pubbliche di Regondi. Ora abbiamo uno spaccato della musica per chitarra di Regondi a cominciare dalla sua giovinezza: inizia copiando Thalberg (Solo on Don Giovanni partly from Thalberg’s piece , eseguito per la prima volta nel 1840 all’età di diciassette anni); segue l’ Air varié de l’opera di Bellini “I Montecchi e Capuletti” dal 1845, ancora influenzato da Thalberg ma già foriero dello stile personale delle opere degli anni successivi [cfr. esempio nella pagina precedente]; e poi le opere della piena maturità ( 1er e 2me Air Varié ). Le differenze che appaiono nelle versioni degli Studi e in particolar modo nel 2me Air Varié mostrano anch’esse un lavoro in evoluzione che merita un’indagine approfondita.
I BRANI PERDUTI Solo on Don Giovanni partly from Thalberg’s piece
Regondi scrisse il pezzo all’età di diciassette anni e lo suonò in concerto per lungo tempo, dal 1840 al 1861. Era probabilmente il suo pezzo da concerto di maggior successo, molto acclamato dai critici: “Le elaborazioni da lui fatte nel secondo e terzo concerto […] dalle thalberghiane “Fantasie degli Ugonotti e di Don Giovanni” piacquero in modo straordinario, e catturarono la meraviglia del pubblico in tale misura, come mai ancora mi era capitato di constatare in un’esibizione alla chitarra, né mai avevo immaginato che fosse possibile.”5
Per la prima volta il brano compare come bis nel secondo concerto viennese, il 17 Dicembre 1840. La volta successiva (concerto di Vienna del 21 dicembre 1840) Don Giovanni faceva già parte del programma. Da quel momento in poi que-
5. “Allgemeine Theaterzeitung”, n. 307, 23 Dicembre 1840, p. 1394. “Die von ihm im zweiten und dritten
ordentlich, und fesselten die Aufmerksamkeit des Publikums in einem Grad, wie ich es noch nie bei einer Production auf der Guitarre wahrgenommen, ja nie für möglich gehalten hatte.”
Concerte (...) gegebenen Vorträge nach den Thalbergschen „Hugenotten- und Don-Juan-Fantasien“ gefielen außer-
20
Fine di Air varié sur l’opera de Bellini e inizio di Solo on Don Giovanni
sto pezzo fece parte del repertorio standard dei concerti di Regondi col violoncellista Joseph Lidel a Vienna, Praga (1841) e Dresda (1846), e delle matinées del 22 maggio e 19 giugno 1852 a Londra (con Joseph Lidel). L’ultima testimonianza è il programma del concerto annuale a Londra del 9 giugno 1861. Sigismund Thalberg (1812-1871) fu certamente molto importante per lo sviluppo musicale di Regondi. Regondi incontrò Thalberg a Londra nel 1837 e nel 1839 in occasione della loro partecipazione agli stessi concerti. Negli anni a seguire Regondi aveva diverse opere di Thalberg nel suo repertorio: Souvenir de “Les Ghibellins” , Solo on “Don Giovanni” , e Les Huguenots . Un altro fatto sorprendente riguardante la relazione tra Regondi e Thalberg è che Thalberg era in possesso di un manoscritto autografo incompleto di un Rondò di Regondi per chitarra. 6 Thalberg e il suo rivale Franz Liszt svilupparono un nuovo tipo di Opernfantasie che va ben oltre le semplici variazioni o i potpourris d’intrattenimento, addentrandosi nel profondo dei personaggi e della filosofia delle opere. La musica per pianoforte di Thalberg, tecnicamente molto esigente, era caduta nell’oblìo già nella metà del XIX secolo così come gli arrangiamenti d’opera in generale. Regondi è uno dei pochissimi che si sono arrischiati a trascrivere per chitarra la musica virtuosistica per pianoforte di Thalberg. Per quanto ne sappiamo lo hanno fatto anche Adolphe
Steinfels (Souvenir de Pest op. 64, una delle opere più elaborate di Thalberg, comparabile alla lisztiana Rapsodia Ungherese ) e Francisco Tárrega (Trémolo, Tema y estudio de concierto , Marche Funèbre , Estudios sobre dos fragmentos de Thalberg ). Don Giovanni sembra essere una delle fonti d’ispirazione più importanti nell’opera di Thalberg. Oltre alla Grande Fantaisie et Variations pour le Piano Forte sur deux motifs de l’opéra Don Juan de Mozart op. 14, ci sono Aria del Don Giovanni op. 70 n. 9 e Fantaisie sur la serenade et le minuet de ‘Don Juan’ , op. 42. La Grande Fantaisie op. 14 è tecnicamente un tour de force musicale: la prima parte è una mo-
numentale introduzione di 93 battute, basata sull’aria “Là ci darem la mano”, la seconda parte consiste del tema e di otto variazioni virtuosistiche che fanno mostra di tutti i tipi di acrobazie pianistiche, quali rapide scale, ottave veloci, arpeggi e difficili successioni accordali. La semplice melodia mozartiana è elaborata con armonie appartenenti a tonalità lontane, complesse strutture contrappuntistiche e fuochi d’artificio di figurazioni pianistiche. Regondi trasferisce tutto ciò sulla chitarra, a volte seguendo strettamente l’originale e a volte trattando il tema in un modo molto simile ma personalizzato. Le prime otto battute sono copiate quasi nota per nota, anche il tema con accompagnamento di terzine (Thalberg, misure 21-44, Più lento). Regondi adatta lo stile pianistico (estesi passaggi di ottave e passaggi cromatici, armonie piene) in un modo mai udito prima: “La chitarra sotto le sue mani diventa uno strumento polifonico e armonicamente completo come non l’avevamo mai conosciuto. […] Certamente costui sviluppa sulla chitarra, con sequenze di accordi, con uno stile polifonico e le-
6. Cfr. HELMUT C. J ACOBS , Der junge Gitarren-und Concertinavirtuose Giulio Regondi: Eine kritische Dokumentation seine Konzertreise durch Europa 1840 und 1841, Bochum, Augemus, 2001, p. 34. 21
gato, con un ricchissimo accompagnamento del canto, una compiutezza ineguagliabile; ma ancor più degno di meraviglia mi parve il suo dispiegamento armonico nelle parti facilmente cantabili. Non si riconosceva più lo strumento; il suono ritornava in eco, palpitava; si sentivano proprio delle parti legate più lunghe e melismi leggeri soavemente sussurrati: difficilmente si può rendere a parole l’idea di tanta tenerezza.”7
Air Varié de l’opera de Bellini “I Montecchi e Capuletti” Air Varié de l’opera de Bellini “I Montecchi e Capuletti” è il primo di tutti i pezzi di Regondi nel manoscritto. Sopra il titolo si può leggere: “ L[‘]amo l[‘]amo Aria composta e dedicata alla sua allieva La Signorina Donovan di Dublino / nel 1845 . Non sappiamo nulla della dedicataria
eccetto che Hudleston copiò almeno cinquanta pezzi per lei tra il 1857 circa e il 1864 (quasi gli stessi pezzi che copiò per Regondi e Madame Pratten, ma di più). Si tratta probabilmente della stessa Maria Donovan che figura come dedicataria di una Reverie per chitarra sola di Henry Rosellen (1811-1876) arrangiata da Hudleston e pubblicata da Madame Pratten. Regondi suonò il pezzo nei suoi concerti del decennio 1850-1860. Il brano era grandemente acclamato dai critici (“The Musical World”, 23 giugno 1855, p. 395) ed è documentato per la prima volta nel programma delle matinées del 22 maggio e 19 giugno 1852 a Londra (con Joseph Lidel). L’ultima testimonianza si trova nel programma del concerto annuale a Londra del 9 giugno 1857. Il brano consiste in una monumentale introduzione – una specie di introduzione drammatica nello stile di Thalberg (Thalberg scrisse pure una fantasia su I Montecchi e Capuletti op. 10, e alcune altre opere su temi di Bellini) – il tema (“ L’amo, l’amo, me sì cara”), quattro variazioni e un finale. Le opere di Bellini erano famose e venivano eseguite frequentemente in Inghilterra; Norma venne diretta dal’compositore in persona nel 1833. Le arie di Bellini apparivano spesso nei programmi da concerto di Regondi del decennio 1840-1850, cantate da Helena Fischer (Darmstadt 1840) e Therese Kühne (Vienna, 1840/1841 in cui cantò una Cavatina da I Capuleti ed i Montecchi ,
Il tema e le prime tre variazioni sono più o meno basate sul pezzo di Thalberg (variazioni 2, 3 e 5 e la seconda parte della sesta variazione), l’ultima è una creazione propria di Regondi. A volte Regondi impiega brevi passaggi o particolari figurazioni dell’originale in un nuovo contesto. Sebbene sia lungo solo metà dell’originale e sia composto di quattro variazioni soltanto (la stessa struttura delle variazioni su Bellini), il Don Giovanni di Regondi è un pezzo di grandi dimensioni se paragonato alla lunghezza media delle variazioni per chitarra. La struttura di base di questo pezzo – una lunga introduzione e solo quattro variazioni (lo standard era sei) – e molti elementi compositivi possono essere rintracciati successivamente nelle variazioni sul tema di Bellini (1845) e nelle opere della maturità di Regondi (1er et 2me Air Varié , 1862). I temi dal Don Giovanni di Mozart appartengono al più famoso repertorio per chitarra. “Là ci darem la mano” venne usato da Louis Wolf, Jean Baptist de Fier, H. C. Schmiedichen, Francesco Calegari, J. K. Mertz, J. Bobrowicz, Niccolò Paganini e altri. Il pezzo di Regondi, basato su un pezzo di Thalberg ispirato al Don Giovani, è una specie di “Mozart di terza mano” – simile all’adattamento delle variazioni di Beethoven “Ein Mädchen oder Weibchen” realizzato da Carulli. 8
7. Recensione del concerto di Praga in “Bohemia, ein Unterhaltungsblatt”, n. 26, 28 Febbraio 1846. “ Die Guitarre
einfach singenden Stellen. Man erkannte das Instrument nicht mehr; der Ton klang nach, bebte; man hörte selb st gebundene längere Stellen und leicht und duftig hin gehauchte Melismen, von deren Zartheit sich durch Worte schwer ein Begriff geben läßt .” 8. STEFAN H ACKL, Mozart and the guitar in “Soundboard”, 4/2006, pp. 25-33; Mozart und Gitarre in “Gitarre aktuell”, 1/2006, pp. 32-37; Mozart e la chitarra in “Il
wird unter seinen Händen zu einem vielstimmigen und volltönenden Instrumente, von dem wir keine Ahnung hatten. [...] Zwar entwi ckelt er auf der Guit arre in Accordenreihen, im mehrstimmigen, gebunden Style, in der Begleitung der Gesangstimme durch die reichsten Figuren eine unvergleichliche Fertigkeit, aber noch wunderwürdiger erschien mir seine Tonerzeugung in den
Fronimo”, n. 136, ottobre 2006, pp. 43-49.
22
e Dresda, 1846), e suonate da Joseph Lidel ( Introduktion und Variation aus Bellinis “Norma” di Friedrich August Kummer). Regondi suonava musiche ispirate a Bellini anche sulla concertina: Fantasia on Airs from Bellini’s opera La Sonnambula (1855, con pianoforte), Fantasia d’Alard sur Norma (1870), e la Grand Fantasia on “Deh! Conte” che venne composta per Regondi da Joseph Warren (eseguita da Regondi al Festival di Birmingham del 1837 e stampata a Londra nel 1855). D’altronde, i temi dalle opere di Bellini erano molto in voga nel repertorio per chitarra dell’Ottocento. I cataloghi WhistlingHofmeister elencano 154 arrangiamenti da opere di Bellini, numero che lo colloca al quinto posto, prima di Mozart! Ci sono più di cento pezzi basati su opere di Bellini nella collezione di Vahdah Olcott-Bickford e ce ne sono più di venti nella collezione Hudleston. Hudleston addirittura arrangiò l’intero secondo atto della Norma per chitarra sola! L’opera I Montecchi e Capuletti non appare in modo altrettanto vistoso come Norma o La Sonnambula. I brani più importanti su temi da quest’opera sono di J. N. Bobrowicz (op. 30, che si trova copiata anche nel manoscritto Hudleston), Johann Padowetz (op. 13, op. 17, op. 26), Wilhelm Neuland (op. 21, pianoforte e chitarra), Pietro Pettoletti (op. 17, op. 22) e J. K. Mertz. L’aria L’amo, ah, l’amo venne usata da Padowetz (op. 13), Pettoletti (op. 17), e Neuland (op. 21). Senza dubbio la versione di Regondi è la più raffinata, davvero uno dei suoi pezzi più belli. Così come succede nelle opere a stampa numerate da 19 a 23, la partitura contiene ben poche indicazioni per l’esecutore: alcuni simboli per le dinamiche, l’articolazione e il fraseggio e poi “diteggiature indirette” come corde a vuoto, armonici, legature, glissandi e alcune indicazioni di posizioni (in numeri romani) e corde ( sur la si,…). I numeri per la diteggiatura della mano sinistra appaiono raramente. I simboli di ottava (8) sotto le note indicano che i pezzi necessitano di corde addizionali nei bassi. È risaputo che Regondi comprò una chitarra a otto corde da Johann Anton Stauffer a Vienna durante la sua tournée nel 1840/41. Suonò quella chitarra nel suo secondo concerto il 17 dicembre 1840 e in seguito si servì quasi esclusivamente di quella. 9 Sebbene
L’incipit dell’Etude n.2 come appare nel manoscritto e nell’edizione moderna a cura di Matanya Ophee
la Variazioni su Bellini non riportino i simboli di ottave, la notazione e la diteggiatura suggeriscono che la copia di Hudleston sia una versione a sei corde di un brano originariamente concepito per otto corde. In alcuni passaggi dove le note non possono essere tenute per la durata indicata, forse Regondi avrebbe previsto e usato la settima o l’ottava corda a vuoto. Dettagli interessanti si possono trovare anche nei commenti a matita degli Studi: ad esempio una nota che riguarda il Lied ohne Worte n. 7 di Mendelssohn, o “I cannot play this so fast as played Regondi” [“Non posso suonare questo tanto velocemente come suonava Regondi” ] nello studio n. 6. Lo studio n. 4 riporta testualmente la didascalia “Magnificent” e “NB. The bass played in sons etouffées / The Air in sustained sounds ”. Queste prime versioni manoscritte de-
gli Studi aiutano anche a chiarire alcune situazioni ambigue e a individuare errori esistenti nei manoscritti russi sui quali si sono basate le edizioni moderne pubblicate da Matanya Ophee (nell’edizione più recente, la terza delle Editions Orphée, alcuni di questi errori sono già stati corretti). Alcune volte la notazione originale – che presumiamo sia stata copiata da Hudleston con esattezza – dà un’impressione visuale più chiara dell’idea musicale rispetto alla notazione “modernizzata” dell’edizione a stampa che realizza la conduzione delle voci in maniera diversa, modificando di conseguenza la direzione delle gambe delle note, cambiando i valori di alcune note e inserendo pause. (Cfr. esempi qui sopra.) Senza alcun dubbio le copie di Hudleston ci forniscono nuovi aspetti dell’opera di Giulio Regondi. Soprattutto, però, arricchiscono in modo importante il repertorio della chitarra, perché opere di questo calibro non si trovano tutti i giorni.
9. Vedi J ACOBS, op. cit ., pp. 97-100. 23
R INGRAZIAMENTI : Ringrazio Walter Würdinger (Universität für Musik und Darstellende Kunst, Vienna), il custode della collezione Scheit, e Michael McCartney (Galles) per avermi fornito informazioni su J. A. Hudleston
BIBLIOGRAFIA
AMISICH, ALESSANDRO BORIS, Giulio Regondi. La carriera concertistica nelli anni ’40 , “Il Fronimo”, n. 58 (1987), pp. 34-43. AMISICH, ALESSANDRO BORIS, Giulio Regondi. Compositore e concertista, “Il Fronimo”, n. 62 (1988), pp. 28-40. H ARRISON, F RANK MOTT , Reminiscences of Madame Sidney Pratten: Guitariste and Composer , Bornemouth 1899 J ACOBS, HELMUT C., Der junge Gitarren- und Concertinavirtuose Giulio Regondi, Eine kritische Dokumentation seiner Konzertreise durch Europa 1840 und 1841 [Il giovane virtuoso di chitarra e di concertina Giulio Regondi, Una documentazione critica dei suoi viaggi di concerti attraverso l’Europa nel 1840 e 1841 ], Bochum, Augemus 2001.
L AWRENCE, THOMAS, The Guitar in Ireland 1745-1866 , Ph. Diss., University College of Dublin, 1998. L AWRENCE, THOMAS, Regondi in Ireland , “Classical Guitar”, Vol. 18 (2000), n. 7, pp. 18-26. MCC ARTNEY , MICHAEL, J. A. Hudleston, A guitarist in India , seminario tenuto presso la Queen’s University of Belfast, 1995. MCC ARTNEY , MICHAEL, Catalogue of the Hudleston Collection of Guitar Music in the Royal Irish Academy of Music, Dublin, edizione 2006, stampa privata. R ODGERS, DOUGLAS, Giulio Regondi, Guitarist, Concertinist or Melophonist , “Guitar Review”, n. 91 (1992) pp. 1-9, n. 92 (1993) 14-21 e n. 97 (1994) pp. 11-17. W YNBERG, SIMON, Giulio Regondi. Cenni biografici , “Il Fronimo”, n. 42 (1983), pp. 8-14.
24