244. Nelle ferie che ammettono la celebrazione di una memoria facoltativa, per giusta causa si può celebrare con il medesimo rito (cfr. nn. 234-235) 234-235) l’Ufficio di qualche santo iscritto in quel giorno nel Martirologio Romano o nella sua Appendice debitamente approvata. 245. Eccetto che nelle solennità, nelle domeniche do meniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, nel Mercoledì delle Ceneri, nella Settimana santa, durante l’ottava di Pasqua e nel 2 novembre, per causa pubblica o per devozione si può celebrare, in tutto o in parte, un Ufficio votivo: ciò può avvenire, per esempio, a motivo di un pellegrinaggio, di una festa locale, della solennità esterna di qualche santo. Nella prima colonna (1 Univ) Univ) sono riportate le celebrazioni presenti nel Calendario Francescano Universale approvato dalla Congregazione per il Culto Divino ed i Sacramenti il 12 dicembre 2001 (decreto 1672/96/L). Nella seconda colonna (2 Ita) Ita) sono riportate le celebrazioni riportate nel calendario per la famiglia francescana in Italia (approvato il 29 settembre 2008). Nella terza colonna (3 Conv) sono Conv) sono riportate le celebrazioni del proprio dei Frati Minori Conventuali (approvato il 28 marzo 2003). Nella quarta colonna (4 OFM) OFM) sono riportate le celebrazioni del proprio dell’Ordine dei Frati Minori approvato approvato il 15 febbraio 2008. Nella quinta colonna (5 Capp) Capp) sono riportate le celebrazioni del proprio dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini approvato il 6 dicembre 2002 (decreto 1350/02/L).
CALENDARIO LITURGICO FRANCESCANO GENNAIO 3
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Santissimo Nome di Gesù. Calendario Romano: Memoria facoltativa Famiglia Francescana: Memoria Martirologio: 3 gennaio Santa Angela da Foligno, vedova, religiosa, III Ord. OFM Conv, TOR e OFS: Memoria facoltativa Martirologio: 4 gennaio (*) Beato Diego Giuseppe da Cadice, presbitero, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa (trasferi (trasferito to dal 22 maggio) Martirologio: 24 marzo (*) San Carlo da Sezze, religioso, I Ord. OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 6 gennaio San Tommaso da Cori, presbitero, I Ord. OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 11 gennaio San Bernardo da Corleone, religioso, I Ord. OFM Capp: Memoria Martirologio: 12 gennaio Beato Odorico da Pordenone, presbitero, I Ord. OFM e OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 14 gennaio (*) Santi Berardo e compagni, protomartiri francescani, I Ord. Famiglia Francescana: Memoria OFM: Festa Martirologio: 16 gennaio Santa Eustochio Smeralda Calafato da Messina, vergine, II Ord. II Ordine e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 20 gennaio Beato Giovanni Battista Triquerie, presbitero e martire, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 21 gennaio (*) Santa Angela Merici, vergine, III Ord. TOR e Calendario Romano in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 27 gennaio Beato Francesco Zirano, sacerdote e martire, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 29 gennaio (*)
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Santa Giacinta Marescotti, vergine, III Ord. Famiglia Francescana: Memoria Martirologio: 30 gennaio
FEBBRAIO 4 6 7
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San Giuseppe da Leonessa, presbitero, I Ord. OFM Capp: Memoria Martirologio: 4 febbraio Santi Pietro Battista, Paolo Miki e compagni martiri. I e III Ord. Calendario Romano e Famiglia Francescana: Memoria Martirologio: 6 febbraio Santa Coleta da Corbie, vergine, II Ord. Famiglia Francescana: Memoria II Ordine: Festa Martirologio: 6 marzo Sant’Egidio Maria di San Giuseppe, religioso, I Ord. Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa OFM: Memoria facoltativa (Il Calendario proprio dell’OFM la fissa al 7 febbraio) Martirologio: 7 febbraio San Giovanni da Triora, presbitero e martire, I Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa OFM: Memoria facoltativa (Il Calendario proprio dell’OFM la fissa al 7 febbraio) Martirologio: 7 febbraio (9 luglio con i martiri di Cina) San Corrado Gonfalonieri da Piacenza, eremita, III Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa TOR e OFS: Memoria Martirologio: 19 febbraio (*) Beato Sebastiano di Aparicio, religioso, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 25 febbraio (*)
MARZO 2
3 5
Sant’Agnese di Boemia, Boemia, vergine, II Ord. Famiglia Francescana: Memoria facoltativa OFM, II Ordine e Famiglia Francescana in Italia: MO Mrtirologio: 2 marzo Beati Liberato Weiss e compagni, martiri, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 3 marzo (*) San Giovanni Giuseppe della Croce, presbitero, I Ord.
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OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 5 marzo Beata Angela Salawa, laica, III Ord. OFM Conv, TOR e OFS: Memoria facoltativa Martirologio; 12 marzo (*) San Salvatore Grionesos da Horta, religioso, I Ord. OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 18 marzo San Benvenuto Scotivoli da Osimo, vescovo, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 22 marzo San Pietro Regalado da Valladolid, presbitero, I Ord. Famiglia francescana in Italia: Memoria facoltativa (trasferito dal 13 maggio) Martirologio: 30 marzo
APRILE 4 5 16 16 21
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San Benedetto Larcari il Moro da Sanfratello o da d a Palermo, religioso, I Ord. OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 4 aprile Beata Maria Crescenza Höss, vergine, III Ord. TOR e OFS: Memoria Martirologio: 5 aprile San Benedetto Giuseppe Labre, laico, pellegrino, III Ord. TOR e OFS: Memoria facoltativa Martirologio: 16 aprile Rinnovo della professione dei fratelli della Famiglia Francescana. San Corrado da Parzham, religioso, I Ord. Famiglia francescana: Memoria facoltativa OFM, TOR e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa OFM Capp: Memoria Martirologio: 21 aprile Beato Egidio di Assisi, religioso, I Ord., compagno di San Francesco Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa (fissata al 22 aprile) OFM, OFM Conv, II Ordine e TOR: Memoria facoltativa Martirologio: 23 aprile (*) San Fedele de Sigmaringen, presbítero, martire, I Ord. Calendario Romano; Memoria facoltativa Famiglia francescana: Memoria OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria OFM Capp: Festa Martirologio: 24 aprile
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Beato Lucchede da Poggibonsi, laico, Primo Terziario, III Ord. TOR e OFS: Memoria facoltativa Martirologio: 28 aprile Beato Benedetto da Urbino, presbítero, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 30 aprile
Sabato dopo la III domenica di Pasqua: Beata Vergine Maria Madre del Buon Pastore OFM Capp: Festa
MAGGIO 4 8 8 9
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Beati Tommaso, Enrico, Arturo, Giovanni e Carlo, martiri, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Beato Geremia da Valacchia, religioso, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 5 marzo (*) Beata Vergine Maria, Mediatrice di tutte le grazie. OFM: Memoria facoltativa Santa Caterina Vigri da Bologna, vergine, II Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa II Ordine: Memoria Martirologio: 9 marzo Sant’ Sant’Ignazio Ignazio da Laconi, religioso, I Ord. OFM Capp: Memoria Martirologio: 11 maggio San Leopoldo Mandic da Castronovo, presbitero, I Ord. Famiglia francescana: Memoria OFM Capp, OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria (trasferito dal 30 luglio) Martirologio: 30 luglio San Pietro Regalado da Valladolid, presbitero, I Ord. OFM: Memoria facoltativa (Famiglia Francescana in Italia: lo celebra il 30 marzo) Martirologio: 30 marzo Santa Margherita da Cortona, penitente, III Ord. Famiglia francescana: Memoria TOR: Festa Martirologio: 22 febbraio San Pasquale Baylon, religioso, I Ord. Famiglia francescana: Memoria Martirologio: 17 maggio San Felice da Cantalice, religioso, I Ord.
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Famiglia francescana: Memoria OFM: Memoria OFM Capp: Festa Martirologio: 18 maggio San Teofilo da Corte, presbitero, I Ord. OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 19 maggio San Crispino da Viterbo, religioso, I Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa OFM Capp: Memoria Martirologio: 19 maggio San Bernardino da Siena, presbítero, I Ord. Calendario Romano: Memoria facoltativa Famiglia francescana: Memoria OFM: Festa Martirologio: 20 maggio DEDICAZIONE DELLA BASÍLICA DI SAN FRANCESCO IN ASSISI Famiglia Francescana: Festa Santa María Anna di Gesù de Paredes, vergine, III Ord. TOR e OFS: Memoria facoltativa Martirologio: 26 maggio Beata Camilla Battista Varano, vergine, II Ord. II Ordine: Memoria facoltativa Martirologio: 31 maggio (*)
GIUGNO 2
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San Felice da Nicosia, religioso, I Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa OFM Capp: Memoria (trasferita dal 29 maggio) Martirologio: 31 maggio Beato Nicola da Gesturi, religioso, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 8 giugno (*) Beata Iolanda, religiosa, II Ord. II Ordine: Memoia facoltativa Martirologio: 11 giugno (*) Beata Florida Cevoli, vergine, II Ord. OFM Capp e Clarisse Cappuccine: Memoria facoltativa Martirologio: 12 giugno (*) Beato Antonio Bajewski, presbitero, e Compagni, martiri, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 8 maggio (*)
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Sant’Antonio Sant’Antonio di Padova, presbitero, presbitero, dottore della Chiesa, I Ord. Calendario romano: Memoria Famiglia francescana: Festa Martirologio: 13 giugno Beato Giovanni da Parma, presbitero, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 19 marzo (*) Beato Aniceto Koplinski, presbitero, e Compagni, martiri, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 16 ottobre (*) Sant’Alberto Chmielowski, religioso, I Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 25 dicembre (*) Beati Patrizio, Conn, Conor e Giovanni, martiri, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 1 febbraio (*) Santi Giovanni Fisher, vescovo, e Tommaso More, martiri, III Ord. Calendario Romano: Memoria facoltativa Martirologio: 22 giugno Beato Andrea Giacinto Longhin, vescovo, I Orden. OFM Cap: Memoria facoltativa Martirologio: 26 giugno (*) Beato Giacomo da Ghazir, presbitero, I Ord. OFM Cap: Memoria facoltativa Beato Raimondo Lullo, martire, III Ord. OFM: Memoria facoltativa (TOR celebra la Memoria il 27 novembre) Martirologio: 29 giugno (*)
LUGLIO 1 4 8
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Beato Raimondo Lullo, martire, III Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 29 giugno (*) Santa Elisabetta di Portogallo, laica, III Ord. Calendario Romano: Memoria facoltativa Martirologio: 4 luglio Santi Gregorio Grassi, vescovo, Maria Erminia, vergine, e Compagni, martiri, I – – III III Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 9 luglio Santi Nicola Pieck, Willaldo e Compagni, martiri, I Ord. OFM: Memoria Martirologio: 9 luglio
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Santa Veronica Giuliani, vergine, II Ord. Famiglia francescana: Memoria OFM Capp e Clarisse Cappuccine: Festa Martirologio: 9 luglio Santi Giovanni Jones e Giovanni Wall, presbiteri, martiri, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 12 luglio (Jones) e 22 agosto (Wall) Beati Emmanuele Ruiz e Compagni, martiri, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 10 luglio (*) Beata Angelina da Montegiove dei Conti di Marsciano, vedova, III Ord. TOR: Memoria facoltativa Martirologio: 14 luglio (*) San Francesco Solano, presbitero, I Ord. Famiglia francescana: Memoria facoltativa Martirologio: 14 luglio San Bonaventura da Bagnoregio, vescovo, dottore della Chiesa, I Ord. Calendario Romano: Memoria Famiglia francescana: Festa Martirologio: 15 luglio San Simone da Lipnica, presbitero, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio; 18 luglio (*) San Giovanni da Dukla, presbitero, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 29 settembre San Lorenzo da Brindisi, presbitero, dottore della Chiesa, I Ord. Calendario Romano: Memoria facoltativa Famiglia francescana: Memoria OFM Capp: Festa Martirologio: 21 luglio (morto il 22 luglio) SANTA BRIGIDA DI SVEZIA, RELIGIOSA, III ORD. COMPATRONA D’EUROPA. Calendario Romano: Festa Martirologio: 23 luglio Beato Antonio Lucci, vescovo, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 25 luglio (*) Beata Ludovica di Savoia, religiosa, II Ord. II Ordine: Memoria facoltativa Martirologio: 24 luglio (*) Beata Maria Maddalena Martinengo, vergine, II Ord. OFM Capp, II Ordine e Clarisse Cappuccine: Memoria facoltativa Martirologio: 27 luglio (*) Santa Cunegonda, religiosa, II Ord.
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II Ordine: Memoria facoltativa (trasferita dal 23 luglio per la concomitanza con la festa di Santa Brigida) Martirologio: 24 luglio Beata Mattia Nazarei, vergine, II Ord. II Ordine: Memoria facoltativa Martirologio: 28 dicembre (*) Beata María Teresa Kowalska, mártir, II Orden. OFM Capp e Clarisse Cappuccine: Memoria facoltativa Martirologio: 25 luglio (*)
AGOSTO 2 5 7 8
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SANTA MARIA DEGLI A NGELI ALLA PORZIUNCOLA . Famiglia francescana: Festa Beato Federico Jansoone, presbitero, I Orden. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 4 agosto (*) Beati Agatangelo e Cassiano, presbiteri e martiri, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 7 agosto (*) SANTO PADRE DOMENICO, PRESBITERO, FONDATORE DELL’ORDINE DEI PREDICATORI. Calendario Romano: Memoria Famiglia francescana: Festa Martirologio: 8 agosto (morto 6 agosto) SANTA MADRE CHIARA D’ASSISI, VERGINE, II ORD. Calendario Romano: Memoria Famiglia Francescana: Festa II Ordine: Solennità Martirologio: 11 agosto Beato Marco d’Aviano, presbitero, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 13 agosto (*) SAN MASSIMILIANO MARIA K OLBE, PRESBITERO E MARTIRE, I ORD. Calendario Romano: Memoria Famiglia francescana: Memoria Famiglia Francescana in Italia: Festa OFM Conv: Festa Martirologio: 14 agosto San Rocco di Montpellier, laico, III Ord. TOR e OFS: Memoria facoltativa Martirologio: 16 agosto Santa Beatrice de Silva Meneses, vergine, fondatrice dell’Ordine della Immacolata Concezione, II Ord.
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OFM: Memoria II Ordine: Festa Concezioniste: Solennità (Famiglia Francescana in Italia: celebra la memoria facoltativa il 1 settembre) Martirologio: 17 agosto Beati Luigi Armando Adam e Nicola Savouret, presbiteri e martiri, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 13 luglio (* Adam) e 16 luglio (Savouret) Beati Gianluigi Loir e Compagni, presbiteri e martiri, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 19 maggio (Loir) San Ludovico di Tolosa, vescovo, I Ord. Famiglia francescana: Memoria facoltativa Martirologio: 19 agosto Beato Bernardo da Offida, religioso, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 22 agosto (*) San Ludovico (Luigi IX) Re di Francia, laico, III Ord. Calendario Romano: Memoria facoltativa Famiglia francescana: Memoria TOR e OFS: Festa (Patrono del III Ordine) Martirologio: 25 agosto San Junipero Serra, presbitero, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 28 agosto (*)
SETTEMBRE 1
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Santa Beatrice da Silva Menezes, vergine, II Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa (Trasferita dal 17 agosto) Martirologio: 17 agosto Beato Giovanni Burté, presbítero, I Ord, Severino Girault, presbitero, III Ord., e Compagni, martiri della Rivoluzione Francese. TOR e OFS: Memoria OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 2 settembre (*) Beato Apollinare da Posat, presbitero, e Compagni martiri della Rivoluzione Francese, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 2 settembre (*) Santa Rosa da Viterbo, vergine, III Ord OFM Conv, TOR e OFS: Memoria facoltativa
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Martirologio: 6 marzo (*) Beato Bonaventura da Barcellona, presbitero, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 11 settembre (*) Santa Caterina Fieschi da Genova, religiosa, II Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 15 settembre Beata Vergine Maria Addolorata. Terziari Cappuccini: Solennità (patrona della Congregazione) IMPRESSIONE DELLE STIMMATE DEL SANTO PADRE FRANCESCO. Famiglia francescana: Festa San Giuseppe da Copertino, presbitero, I Ord. Famiglia francescana: Memoria Famiglia Francescana in Italia: Memoria OFM Conv: Festa Martirologio: 18 settembre San Francesco Maria da Camporosso, religioso, I Ord. OFM Capp e Famiglia Francescana in Italia: Memoria (trasferita dal 20 settembre per concomitanza con la celebrazione obbligatoria di Andrea Kim e compagni martiri) Martirologio: 17 settembre Sani’Ignazio da Santhià, presbitero, I Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa OFM Capp: Memoria Martirologio: 22 settembre San Pío da Pietrelcina, presbitero, I Ord. Calendario Romano in Italia, OFM e OFM Capp: Memoria Martirologio: 23 settembre Ritrovamento del corpo di Santa Chiara d’Assosi II Ordine: Memoria facoltativa San Pacífico Divini da San Severino, presbitero, I Ord. OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 24 settembre Sant’Elzeario de’ Sabrán e Beata Delfina, coniugi, III Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa TOR e OFS: Memoria Martirologio: 27 settembre (Elzeario) e 26 novembre (* Delfina) Beato Aurelio de Vinalesa, presbitero, e Compagni, martiri, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 28 agosto (*) Beato Inocencio de Berzo, presbítero, I Orden. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 3 marzo (*)
OTTOBRE 3 4
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Transito del Nostro Padre San Francesco d’Assisi, diacono e fondatore. NOSTRO PADRE SAN FRANCESCO D’ASSISI, DIACONO FONDATORE DEI TRE ORDINI. Calendario Romano in Italia: Festa Famiglia francescana: Solennità Martirologio: 4 ottobre Santa María Francesca delle cinque piaghe, vergine, III Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa TOR: Memoria facoltativa Martirologio: 6 ottobre Santi Daniele, presbitero, e Compagni martiri, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 10 ottobre San Giovanni XXIII, papa, III Ord. OFM e Calendario Romano in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 3 giugno (*) San Serafino da Montegranaro, religioso, I Ord. OFM Capp: Memoria Martirologio: 12 ottobre Beato Onorato da Biala, presbitero, I Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Martirologio: 16 dicembre (*) San Pietr o d’Alcántara, presbitero, I Ord. Famiglia francescana: Memoria facoltativa OFM: Memoria Martirologio: 18 ottobre Beato Contardo Ferrini, laico, III Ord. TOR e OFS: Memoria facoltativa Martirologio: 17 ottobre (*) Beato Giacomo degli Strepa, vescovo, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 20 ottobre (*) Beata Giuseppina Leroux, vergine e martire, II Ord. II Ordine: Memoria facoltativa Martirologio: 23 ottobre (*) San Giovanni da Capestrano, presbitero, I Ord. Calendario Romano: Memoria facoltativa Famiglia francescana: Memoria Martirologio: 23 ottobre Sant’Antonio María di Sant’Anna Galvão, presbitero, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 23 dicembre (*)
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Beata María Gesù Masiá Ferragut e Compagne martiri, II Ord. OFM Capp e Clarisse Cappuccine: Memoria facoltativa Beato Buonaventura da Potenza, presbitero, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 26 ottobre (*) Celebrazione dello “Spirito di Assisi” DEDICAZIONE DELLA PROPRIA CHIESA (nelle chiese consacrate francescane per le quali non si conosce la data esatta della dedicazione) Famiglia Francescana: Solennità Beato Angelo d’Acri, presbitero, I Ord. OFM Cap: Memoria facoltativa Martirologio: 30 ottobre (*)
NOVEMBRE 6 6 8
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Martiri di Spagna del XX secolo. MO (Calendario Romano General y propio de España) Beato Alfonso Lopez e Compagni martiri, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Beato Giovanni Duns Scoto, presbitero, I Ord. Famiglia Francescana in Italia: Memoria OFM, Clarisse e Concezioniste: Memoria OFM Conv e Clarisse Cappuccine: Memoria facoltativa Martirologio: 8 novembre (*) San Diego d’Alcalá, religioso, I Ord. OFM: Memoria Martirologio: 12 novembre Santi Nicola Tavelic e Compagni, presbiteri e martiri, I Ord. Famiglia francescana: Memoria Martirologio: 14 novembre SANTA ELISABETTA D’U NGHERIA, PATRONA DEL III ORDINE Calendario Romano: Memoria Famiglia francescana: Festa Martirologio: 17 novembre Beata Salomea da Cracovia, vergine, II Ord. II Ordine: Memoria facoltativa Martirologio: 17 novembre (*) Sant’Agnese d’Assisi, vergine, II Ord. OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa II Ordine: Memoria Martirologio: 16 novembre (*) Beati Pascual Fortuño Almela e Compagni, martiri e presbiteri, I Ord. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 8 settembre (*)
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Beati Salvatore Lilli, presbitero, I Ord., e Compagni martiri. OFM: Memoria facoltativa Martirologio: 22 novembre (*) Sant’Umile da Bisignano, religioso, I Ord. OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa Martirologio: 26 novembre San Leonardo da Porto Maurizio, presbitero, I Ord. Famiglia francescana: Memoria OFM: Memoria Martirologio: 26 novembre Beato Raimundo Lulio, martire, III Ord . TOR: Memoria (La Famiglia Francescana lo celebra il 30 giugno) Martirologio: 29 giugno (*) San Francesco Antonio Fasani, presbitero, I Ord. Famiglia francescana: Memoria OFM, OFM Conv e Famiglia Francescana in Italia: Memoria Martirologio: 29 novembre San Giacomo della Marca, presbitero, I Ord. Famiglia francescana: Memoria facoltativa OFM: Memoria Martirologio: 28 novembre TUTTI I SANTI DEI TRE ORDINI FRANCESCANI. Famiglia francescana: Festa Conmemorazione di tutti i defunti dei tre Ordini Francescani. Famiglia Francescana: Commemorazione in giorno prestabilito libero da celebrazioni) Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa (5 novembre)
DICEMBRE 2
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Beata Maria Angela Astorch, vergine, II Ord. OFM Capp: Memoria facoltativa Clarisse Cappuccine: Memoria Martirologio: 2 dicembre Beato Raffaele Chylinski, presbítero, I Ord. OFM Conv: Memoria facoltativa Martirologio: 2 dicembre (*) Inmacolata Concezione della Beata Vergine Maria, Patrona della Famiglia Francescana. Calendario Romano Generale e Famiglia Francescana: Solennità
GENNAIO 3 gennaio
SANTISSIMO NOME DI GESÙ Calendario Romano: Memoria facoltativa Famiglia francescana: Memoria
Il Santissimo Nome di Gesù fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel secolo XIV cominciò ad avere culto liturgico. Grande predicatore e propagatore del culto al Nome di Gesù, fu il francescano san Bernardino da Siena (1380-1444), continuato da altri confratelli, soprattutto dai beati Alberto da Sarteano (13851450) e Bernardino da Feltre (1439-1494). Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle varie Famiglie e Corporazioni spesso in lotta fra loro. Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano predicato o soggiornato. Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano Bernardino, quando arrivava in una nuova città a predicare e sulle tavolette di legno che il santo francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta al termine benediceva i fedeli. Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS che sono le prime tre del nome Gesù in greco ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma si sono date anche altre spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)” il motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum Salvator”. Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato, il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità. Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti come i dodici Apostoli e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini, la fascia che circonda il sole rappresenta la felicità dei beati che non ha termine, il celeste dello sfondo è simbolo della fede, l’oro dell’amore. Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H. Il significato mistico dei raggi serpeggianti era espresso in una litania; 1° rifugio dei penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3° rimedio degli infermi; 4° conforto dei sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei predicanti; 7° merito degli operanti; 8° aiuto dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10° suffragio degli oranti; 11° gusto dei contemplanti; 12° gloria dei trionfanti. Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino
tratte dalla Lettera ai Filippesi di san Paolo: “Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”.Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa, anche s. Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi fu adottato anche dai Gesuiti. Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnov are e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione. In effetti Bernardino ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in alcuni Dottori della Chiesa e in s. Fran cesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere fr equente del nome di Gesù. La Compagnia di Gesù, prese poi queste tre lettere come suo emblema e diventò sostenitrice del culto e della dottrina, dedicando al Ss. Nome di Gesù le sue più belle e grandi chiese, edificate in tutto il mondo. Fra tutte si ricorda, la “Chiesa del Gesù” a Roma, la maggiore e più insigne chiesa dei Gesuiti; vi è nella volta il “Trionfo del Nome di Gesù”, affresco del 1679, opera del genovese Giovanni Battista Gaulli detto ‘il Baciccia’; dove centinaia di figure si muovono in uno s pazio chiaro con veloce impeto, attratte dal centrale Nome di Gesù. Nel 1530, papa Clemente VII autorizzò l’Ordine Francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù; e la celebrazione ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa da papa Innocenzo XIII nel 1721. Il giorno di celebrazione variò tra le prime domeniche di gennaio, per attestarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa. Papa Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.
____________________________________________________________________ I NVITATORIO Ant. Al santissimo Nome di Gesù, che è al di sopra di ogni altro nome: rendiamo l’omaggio della nostra venerazione. Salmo invitatorio come nell’Ordinario ____________________________________________________________________
Ufficio delle letture I NNO O Gesù, sei la nostra salvezza, sei l’amore e la nostra speranza. Creatore del mondo e Signore fatto uomo alla fine dei tempi. Nella tua infinita clemenza hai portato i peccati dell’uomo, e soffrendo una morte crudele
l’hai salvato da eterna rovina. Discendendo degli inferi al regno liberasti i tuoi servi fedeli; or trionfi glorioso nel cielo dove siedi alla destra del Padre. Il tuo amore per noi ti sospinga al perdono dei nostri peccati, affinché ci possiamo saziare contemplando per sempre il tuo volto. O Gesù sii la nostra letizia, Tu che un giorno sarai nostro premio: solo in Te noi possiamo gloriarci oggi e sempre nei secoli eterni. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Il proprio francescano prevede salmi propri e prima lettura propria. 1 Ant. O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! SALMO 8 O Signore, nostro Dio, † quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: * † sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. Con la bocca dei bimbi e dei lattanti † affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, * per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, * la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, * il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, * di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, * tutto hai posto sotto i suoi piedi;
tutti i greggi e gli armenti, * tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, * che percorrono le vie del mare. † O Signore, nostro Dio, * quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! 1 Ant. O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! 2 Ant Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra. SALMO 18 I cieli narrano la gloria di Dio, * e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio * e la notte alla notte ne trasmette notizia. Non è linguaggio e non sono parole * di cui non si oda il suono. Per tutta la terra si diffonde la loro voce * e ai confini del mondo la loro parola. Là pose una tenda per il sole † che esce come sposo dalla stanza nuziale, * esulta come prode che percorre la via. Egli sorge da un estremo del cielo † e la sua corsa raggiunge l’altro estremo: * nulla si sottrae al suo calore. La legge del Signore è perfetta, * rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è verace, * rende saggio il semplice. Gli ordini del Signore sono giusti, * fanno gioire il cuore; i comandi del Signore sono limpidi, * danno luce agli occhi.
Il timore del Signore è puro, dura sempre; * i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, più preziosi dell’oro, di molto oro fino, * più dolci del miele e di un favo stillante. Anche il tuo servo in essi è istruito, * per chi li osserva è grande il profitto. Le inavvertenze chi le discerne? * Assolvimi dalle colpe che non vedo. Anche dall’orgoglio salva il tuo servo * perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, * sarò puro dal grande peccato. Ti siano gradite * le parole della mia bocca, davanti a te i pensieri del mio cuore, * Signore, mia rupe e mio redentore. 2 Ant Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra. 3 Ant Lodate il Signore e invocate il suo Nome; proclamate che il suo Nome è sublime. SALMO 23 Del Signore è la terra e quanto contiene, * l’universo e i suoi abitanti. È lui che l’ha fondata sui mari, * e sui fiumi l’ha stabilita. Chi salirà il monte del Signore, * chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, † chi non pronunzia menzogna, * chi non giura a danno del suo prossimo. Egli otterrà benedizione dal Signore, * giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, * che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.
Sollevate, porte, i vostri frontali, † alzatevi, porte antiche, * ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? † Il Signore forte e potente, * il Signore potente in battaglia. Sollevate, porte, i vostri frontali, † alzatevi, porte antiche, * ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? * Il Signore degli eserciti è il re della gloria 3 Ant Lodate il Signore e invocate il suo Nome; proclamate che il suo Nome è sublime. V. Io loderò il tuo Nome, o Signore R. Canterò inni a te con riconoscenza. PRIMA LETTURA Dagli Atti degli Apostoli
4, 1-16 Dio glorifica il suo Figlio Gesù
Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta «Bella» a chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio. Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l'elemosina. Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!». E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta Bella del tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto. Mentr'egli si teneva accanto a Pietro e Giovanni, tutto il popolo fuor di sé per lo stupore accorse verso di loro al portico detto di Salomone. Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: «Uomini d'Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci
come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest'uomo? Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un assassino e avete ucciso l'autore della vita. Ma Dio l'ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni. Proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest'uomo che voi vedete e conoscete; la fede in lui ha dato a quest'uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi. R ESPONSORIO
Lc 1, 31; 2,21; Mt 1, 21
R. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù: * Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati. V. Gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo, prima di essere concepito nel grembo della madre. R. Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati. SECONDA LETTURA Dall'opera sul «Vangelo eterno» di san Bernardino da Siena (Sermone 49, art. 1 - Opera Omnia, IV, pp. 495 ss). Grande fondamento ella fede è il nome di Gesù per il quale siamo fatti figli di Dio Il Nome santissimo dagli antichi Patriarchi e Padri fu desiderato, con tanta ansietà aspettato, con tanti sospiri, con tante lagrime invocato, ma nel tempo della grazia misericordiosamente è stato donato. Scompaia il nome dell'umana sapienza, non si senta nome della vendetta, rimanga il nome della giustizia. Donaci il nome della misericordia, risuoni il nome di Gesù nelle mie orecchie, poiché allora veramente la tua voce è dolce e grazioso il tuo volto. Grande fondamento della fede pertanto è il Nome di Gesù, per il quale siamo fatti figli di Dio. La fede della religione cattolica consiste nella conoscenza e nella luce di Gesù Cristo; che è illuminazione dell’uomo, porta della vita, fondamento della salute eterna. Se qualcuno non lo ha o lo ha abbandonato, è come se camminasse senza luce nelle tenebre e per luoghi pericolosi ad occhi chiusi; e sebbene splenda il lume della ragione, segue una guida cieca quando segue il proprio intelletto per capire i segreti celesti, come colui che intraprenda la costruzione della casa senza curarsi del fondamento, oppure, non avendo costruita la porta, cerca poi di entrare per il tetto. Questo fondamento è Gesù, porta e luce che, mostrandosi agli erranti, indicò a tutti la luce della fede per la quale è possibile ricercare il Dio sconosciuto, e ricercandolo credere, e credendo trovarlo. Questo fondamento sostiene la Chiesa fondata nel Nome di Gesù.
Il Nome di Gesù è luce ai predicatori, poiché fa luminosamente risplendere, annunciare e udire la sua parola. Da dove credi che provenga tanta improvvisa e fervida luce di fede in tutta la terra, se non dalla predicazione del Nome di Gesù? Forse che Dio non ci ha chiamati all'ammirabile sua luce attraverso la luce e la dolcezza di questo Nome? A coloro che sono illuminati e che vedono in questa luce, giustamente l'Apostolo dice: «Una volta eravate tenebre, ora siete luce nel Signore: camminate dunque quali figli della luce». O nome glorioso, o nome grazioso, o nome amoroso e virtuoso! Per mezzo tuo vengono perdonate le colpe, per mezzo tuo vengono sconfitti i nemici, per te i malati vengono liberati, per te coloro che soffrono sono irrobustiti e gioiscono! Tu onore dei credenti, maestro dei predicatori, forza di coloro che operano, tu sostegno dei deboli! I desideri si accendono per il tuo calore e ardore di fuoco, si inebriano le anime contemplative e per te le anime trionfanti sono glorificate nel cielo: con le quali, o dolcissimo Gesù, per questo tuo santissimo Nome, fa' che possiamo anche noi regnare. Amen! R ESPONSORIO
Cfr. Sal 5, 12; 88, 16
R. Gioiscano ed esultino * quanti amano il tuo Nome, Signore. V. Essi in te si rifugiano e camminano sempre alla luce del tuo volto R . quanti amano il tuo Nome, Signore. Orazione come alle Lodi mattutine
Lodi mattutine I NNO O Gesù, Tu sei mite e clemente, sei la sola speranza di gioia, sei la vera letizia del cuore sei sorgente di grazia e dolcezza. Sei speranza per l'uomo pentito, sei bontà per colui che t'implora: chi ti cerca con cuore sincero ti ritrova, e a lui doni te stesso. O Gesù, col sublime tuo amore sei il cibo che nutre la mente: dello spirito plachi la brama mentre accresci di più il desiderio. Dilettissimo nostro Signore, a te l'anima nostra sospira;
ti cerchiamo piangendo e sperando, t'invochiamo col grido del cuore. Con noi resta per sempre, Signore, Tu sei come la luce del giorno, della notte le tenebre scacci ed illumini tutto il creato. Della Vergine Madre sei il fiore, o Gesù, nostro amore e dolcezza, a Te salga per sempre la lode nel tuo Regno di gioia infinita. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Il proprio francescano prevede i salmi della domenica della I settimana con antifone proprie e lettura breve propria. 1 Ant L'anima mia ha sete del tuo santo Nome, o Signore. Salmi e cantico della dom. I sett. 2 Ant Glorioso e adorabile il tuo santo Nome, degno di lode e di onore nei secoli. 3 Ant I giovani e le fanciulle, i vecchi insieme ai bambini, lodino il Nome del Signore, perché solo il suo Nome è sublime. LETTURA BREVE
At 4, 12
In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati. R ESPONSORIO BREVE R . Io loderò sempre * il tuo Nome, o Signore. Io loderò sempre il tuo Nome, o Signore. V, Farò ricordare in mezzo al popolo: il tuo Nome, o Signore. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Io loderò sempre il tuo Nome, o Signore.
Ant, al Ben. Volle sacrificarsi per la salvezza del suo popolo e procurarsi nome eterno. I NVOCAZIONI A Gesù, mite e umile di cuore, rivolgiamo la nostra preghiera: Re amantissimo, pietà di noi. Gesù, nel quale abita la pienezza della divinità, - rendici partecipi della tua divina natura. Gesù, nel quale sono racchiusi tutti i tesori della sapienza e della scienza, - manifesta al mondo per mezzo della Chiesa la tua multiforme sapienza. Gesù, nel quale il Padre ha riposto ogni sua compiacenza, - concedi a noi di essere sempre in devoto ascolto della tua parola. O Gesù, della cui pienezza tutti abbiamo ricevuto, - effondi largamente la verità e la grazia del Padre. O Gesù, fonte di vita e di santità, - rendici santi e immacolati nel tuo amore. Padre nostro. ORAZIONE Guarda, o Padre, questa tua famiglia che onora il santo Nome di Gesù tuo Figlio: donaci di gustare la sua dolcezza in questa vita, per godere la felicità eterna nella patria del cielo. Per il nostro Signore La seguente orazione è invece quella prevista nel Calendario Romano: O Dio, che nell'incarnazione del tuo Verbo hai posto fondamento all'opera della salvezza del genere umano: concedi la tua misericordia al popolo che la implora, perché tutti riconoscano che non c'è altro nome da invocare per essere salvati, se non quello del tuo unico Figlio. Egli è Dio.
Vespri I NNO O Gesù, trionfatore sovrano, Tu sei degno di tutta la gloria: sei dolcezza ineffabile e pura che soddisfa la sete del cuore. O Gesù, hai sconfitto il maligno, il dolore, il peccato, la morte, con gloriosa vittoria hai dischiuso per gli uomini il Regno dei Cieli. A Te cantano i cori celesti con un inno di lode perenne: hai portato nel mondo la grazia conciliando col Padre i suoi figli. O Gesù, con la pace tu regni, quella pace cui l'anima aspira: è la pace che Tu ci hai offerto immolandoti sopra la Croce. Gesù, il nostro canto tu accogli, a Te salga la lode e la prece: e Tu un giorno concedi benigno di goderti per sempre nel cielo. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Il proprio francescano prevede salmi e antifone proprie e lettura breve propria. 1 Ant Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo Nome. SALMO 45 Dio è per noi rifugio e forza, * aiuto sempre vicino nelle angosce. Perciò non temiamo se trema la terra, * se crollano i monti nel fondo del mare. Fremano, si gonfino le sue acque, *
tremino i monti per i suoi flutti. Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio, * la santa dimora dell'Altissimo. Dio sta in essa: non potrà vacillare; * la soccorrerà Dio, prima del mattino. Fremettero le genti, i regni si scossero; * egli tuonò, si sgretolò la terra. Il Signore degli eserciti è con noi, * nostro rifugio è il Dio di Giacobbe. Venite, vedete le opere del Signore, * egli ha fatto portenti sulla terra. Farà cessare le guerre sino ai confini della terra, † romperà gli archi e spezzerà le lance, * brucerà con il fuoco gli scudi. Fermatevi e sappiate che io sono Dio, * eccelso tra le genti, eccelso sulla terra. Il Signore degli eserciti è con noi, * nostro rifugio è il Dio di Giacobbe. 1 Ant Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo Nome. 2 Ant Offrirò sacrifici di lode e invocherò il Nome del Signore. SALMO 115 Ho creduto anche quando dicevo: * «Sono troppo infelice». Ho detto con sgomento: * «Ogni uomo è inganno». Che cosa renderò al Signore * per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza * e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore, * davanti a tutto il suo popolo. Preziosa agli occhi del Signore * è la morte dei suoi fedeli. Sì, io sono il tuo servo, Signore, † io sono tuo servo, figlio della tua ancella; * hai spezzato le mie catene. A te offrirò sacrifici di lode * e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore * davanti a tutto il suo popolo, negli atri della casa del Signore, * in mezzo a te, Gerusalemme. 2 Ant Offrirò sacrifici di lode e invocherò il Nome del Signore. 3 Ant Tutti i popoli che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, o Signore, per dare gloria al tuo Nome. CANTICO
Fil 2, 6-11
Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, * non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, † assumendo la condizione di servo * e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso † facendosi obbediente fino alla morte * e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato * e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi † nei cieli, sulla terra * e sotto terra;
e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, * a gloria di Dio Padre. 3 Ant Tutti i popoli che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, o Signore, per dare gloria al tuo Nome. LETTURA BREVE
2 Ts 1, 11-12
Noi preghiamo di continuo per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l'opera della vostra fede; perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. R ESPONSORIO BREVE R. Esaltate con me * il Nome del Signore. Esaltate con me il Nome del Signore. V. E' grande, terribile e santo: il Nome del Signore. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Esaltate con me il Nome del Signore. Ant. al Magn, Grandi cose ha fatto l'Onnipotente, e santo è il suo Nome. I NTERCESSIONI Ricorriamo, fratelli, a Gesù, che è il riposo delle nostre anime, e preghiamo: Re amantissimo, pietà di noi. Gesù, re e centro di tutti i cuori, che ci ami con eterna carità e a te ci attiri con tanta misericordia, - rinnova con tutti gli uomini il tuo patto di amore. Gesù, nostra pace e riconciliazione, che per mezzo della croce hai distrutto ogni inimicizia, facendo di tutti i popoli un solo uomo nuovo, - apri a noi la via che conduce al Padre. Gesù, nostra vita e nostra risurrezione, riposo delle anime e ristoro di quelli che sono oppressi, - attira i peccatori al tuo Cuore misericordioso.
Gesù, obbediente per noi fino alla morte, per la tua immensa carità - concedi ai fedeli defunti la pace e la felicità eterna. Padre nostro. ORAZIONE Guarda, o Padre, questa tua famiglia, che onora il santo Nome di Gesù tuo Figlio: donaci di gustare la sua dolcezza in questa vita, per godere la felicità eterna nella patria del cielo. Per il nostro Signore. La seguente orazione è invece quella prevista nel Calendario Romano: O Dio, che nell'incarnazione del tuo Verbo hai posto fondamento all'opera della salvezza del genere umano: concedi la tua misericordia al popolo che la implora, perché tutti riconoscano che non c'è altro nome da invocare per essere salvati, se non quello del tuo unico Figlio. Egli è Dio.
4 gennaio
SANTA ANGELA DA FOLIGNO, VEDOVA, PENITENTE, TERZIARIA OFM Conv, TOR e OFS: Memoria facoltativa
Angela nacque a Foligno (Perugia) nel 1248 in una ricca famiglia e visse fra i benesseri e i piaceri del mondo. Si sa con certezza che si sposò, ebbe dei figli e la madre soddisfaceva tutti i suoi capricci. Ma cominciò, come lei stessa racconterà al Direttore Spirituale, il Conventuale Minore A. (la tradizione decifra la A. con fra’Arnaldo) a «conoscere il peccato», come è riportato nel Memoriale steso dallo stesso francescano. Andò a confessarsi, ma «la vergogna le impedì di fare una confessione completa e per questo rimase nel tormento». Pregò San Francesco che le apparve in sogno, rassicurandola che avrebbe conosciuto la misericordia di Dio. E la pace arrivò nel 1285, attraverso una confessione totale: aveva 37 anni. Iniziò così una vita di austera penitenza: povertà dalle cose, povertà dagli affetti, povertà da se stessa. A motivo della drastica conversione dovette affrontare ostilità ed ingiurie da parte della famiglia. Ma lei perseverò anche quando morirono madre, marito, figli. Dopo la morte del marito distribuì tutti i suoi beni ai poveri e si iscrisse al Terz’Ordine della Penitenza. Angela si presenta come una delle più brillanti incarnazioni dell’ideale francescano d ella fine del Duecento. In un primo tempo, in preda a strani fenomeni, fu giudicata sospetta dai frati minori; ma intorno al 1290 la accettarono fra i penitenti del Terz’ordine. Il teologo Ubertino da Casale (citato nella Divina Commedia) fu conquistato dal suo ideale spirituale e con lui fu strettamente coinvolta nelle controversie che laceravano l’Ordine francescano, diventando una dei responsabili del movimento rigorista. Il Memoriale fu sottoposto ad esperti, fra cui il Cardinale Giacomo Colonna, che lo approvò intorno al 1297. Questa autobiografia spirituale mostra i trenta passi che l’anima compie raggiungendo l’intima comunione con Dio, attraverso la meditazione dei misteri di Cristo, l’Eucaristia, le tentazioni e le penitenze. Esso rappresenta la pri ma sezione del Liber. La seconda parte, nota come Instructiones, contiene documenti religiosi di vario tipo, curati da diversi e ignoti redattori, dove si trovano anche le lettere che Angela scriveva ai suoi figli spirituali. Nel 1291, come la mistica narrò al suo confessore, lungo il cammino che la conduceva ad Assisi, fu alla presenza della Trinità: «Ho visto una cosa piena, una maestà immensa, che non so dire, ma mi sembrava che era ogni bene. (…) dopo la sua partenza, cominciai a strillare ad alta voce (…) Amore non conosciuto perché? (…) perché mi lasci?». La mistica di Foligno insegna che non c’è vera vita spirituale senza l’umiltà e senza la preghiera. Questa può essere corporale (vocale), mentale (quando si pensa a Dio) e soprannaturale (contemplazione): «In queste tre scuole uno conosce sé e Dio; e per il fatto che conosce, ama; e perché ama, desidera avere ciò che ama. E questo è il segno del vero amore: che chi ama non trasforma parte di sé, ma tutto sé nell’Amato».
Morì il 4 gennaio 1309 e venne sepolta a Foligno nella chiesa di San Francesco. Nel corso dei secoli, fra i tanti che aderirono alla sua spiritualità, ricordiamo Santa Teresa d’Avila e la Beata Elisabetta della Trinità. Angela comprese che la profonda comunione con Dio non è un’utopia, m a una possibilità, impedita solo dal peccato: di qui la necessità della mortificazione e del sacrificio; per raggiungere l’unione profonda con il Signore sono indispensabili l’Eucaristia e la meditazione della Passione e Morte di Cristo, ai piedi della Croce, insieme a Maria Santissima. Il 3 aprile 1701 furono concessi Messa ed Ufficio propri in onore della Beata. Infine il 9 ottobre 2013 Papa Francesco, accogliendo la relazione del Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha concesso la canonizzazione per equipollenza (possesso antico del culto; costante e comune attestazione di storici degni di fede sulle virtù o sul martirio; ininterrotta fama di prodigi) ed ha iscritto Angela da Foligno nel catalogo dei Santi, estendendone il Culto liturgico alla Chiesa Universale.
Dal Comune delle sante: religiose, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dagli «Scritti spirituali» di santa Angela da Foligno; sua ultima lettera (ed. M. Faloci Pulignani: Autobiografia e scritti della B. Angela da Foligno. Città di Castello 1932, pp. 395-402). Il Mistero dell'Incarnazione principio della nostra salvezza Mio Dio, fammi degna di conoscere l'altissimo mistero che proviene dall'infuocato e ineffabile tuo amore e dall'amore delle tre Persone della Trinità, il mistero cioè della tua santa Incarnazione, da cui ebbe inizio la nostra salvezza. L'Incarnazione compie in noi due cose; la prima è che ci riempie d'amore; la seconda che ci rende certi della nostra salvezza. O carità che nessuno può comprendere! O amore al di sopra del quale non c'è amore maggiore; il mio Dio si è fatto carne per farmi Dio! O amore sviscerato: hai disfatto te per far me nel momento in cui ti rivestivi della nostra carne. Hai disfatto te: non certo nel senso che da te e dalla tua divinità sia venuto a mancare qualcosa! L'abisso del tuo farti Uomo strappa alle mie labbra parole appassionate! Tu, l'ncomprensibile, ti sei fatto comprensibile; Tu, l'Increato, ti sei fatto creatura; Tu, l'Inconcepibile, divenuto concepibile; Tu, purissimo spirito, ti fai toccare dalle mani degli uomini! Dio, fammi degna di gettare uno sguardo nella profondità di questo altissimo amore che hai voluto mettere in comune con noi nella tua Incarnazione. Fammi degna, Dio increato, di conoscere il fondo del tuo amore e di comprendere la tua ineffabile carità, che hai messo in comune con noi quando in essa ci hai mostrato il tuo Figlio Gesù Cristo e il tuo Figlio ci ha rivelato te come Padre. Fammi degna, Signore, di conoscere e comprendere il tuo inestimabile amore nei nostri riguardi; fammi capace di penetrare la tua inestimabile e infuocata carità, congiunta a quell'amore profondo con cui da sempre hai prescelto il genere umano a godere della tua visione.
O Essere sommo, fammi degna di comprendere questo dono che supera ogni altro dono: tutti gli angeli e i santi non provano altra felicità che nel vederti, nell'amarti e nel contemplarti! O dono che è sopra ogni dono, perché tu sei lo stesso Amore! O sommo Bene, ti sei degnato di farti conoscere come Amore, e ci fai amare questo Amore. Tutti quelli che verranno alla tua presenza, saranno appagati secondo l'amore che ti portarono. Nient'altro conduce le anime contemplative alla contemplazione estatica, se non il vero amore. R ESPONSORIO ℞ . Una sola cosa è necessaria: * tu hai scelto la parte migliore, che non ti sarà tolta. ℣. Seduta ai piedi di Gesù, ascoltavi la sua parola: ℞ . tu hai scelto la parte migliore, che non ti sarà tolta. ORAZIONE O Dio, che hai dato alla santa Angela da Foligno una profonda conoscenza dei misteri del tuo Figlio, per i suoi meriti e la sua intercessione donaci di vivere in questo mondo nella verità del Cristo, per meritare la gioia della tua manifestazione nella gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
5 gennaio
BEATO DIEGO GIUSEPPE LÓPEZ CAAMAÑO DA CADICE, SACERDOTE OFM Capp: Memoria facoltativa (trasferito dal 22 maggio)
Nacque a Cadice (Spagna) il 30 marzo 1743 dalla nobile famiglia López Caamaño. Esser frate è l’ultima cosa che può pensare o desiderare: prova una grande ripugnanza (lo dirà lui stesso) per la vita religiosa in genere e per quella cappuccina in particolare. Ad appena 9 anni è già orfano di mamma e quella che ne prende il posto appartiene alla schiera delle donne velenose e spietate. Il bambino non sa cosa siano gli slanci devozionali con cui una certa agiografia dipinge santi ancora in fasce; a scuola non è certo un “secchione” e si accontenta del minimo necessario alla promozione. Ep pure la sua adolescenza comincia ad essere caratterizzata da “sussulti” (lui li chiamerà proprio così), che sono delle autentiche incursioni di Dio nella sua vita. Il primo di questi lo prova a 13 anni e, quasi per uno scherzo del destino, proprio in una chiesa cappuccina, in cui è entrato per consolarsi di un’interrogazione di filosofia andata male. I frati stanno cantando in coro la Liturgia delle Ore e la sensazione provata dal ragazzino è indescrivibile: non se ne torna a casa senza prima essersi fatto prestare le vite di San Fedele e di San Giuseppe da Leonessa. Sarà per queste letture, o più facilmente perchè Dio è entrato prepotentemente nel suo cuore, fatto sta che l’anno dopo già veste l’abito cappuccino, proprio quello per il quale aveva provato ta nta ripugnanza e, allo scoccare dei 15 anni, il 31 marzo 1758, inizia il noviziato tra i Frati Minori Cappuccini a Siviglia. Ma l’inaspettato slancio spirituale non si accompagna ad un maggior impegno scolastico e il novizio sembra più interessato alla poesia castigliana che agli studi teologici. Ed ecco un altro “sussulto”, questa volta decisivo, che improvvisamente viene a ravvivare una lezione di teologia stancamente seguita. Nel giovanotto si sveglia un inaspettato desiderio di conoscere Dio, e in maniera tale da poterlo far conoscere agli altri. Che non sia fuoco di paglia, lo dimostra il fatto che a 23 anni è pronto per l’ordinazione sacerdotale e, subito dopo, a tuffarsi nell’apostolato attivo. Siamo negli ultimi trent’anni del 1700 e il giovane cappuccino si sente mandato a “dichiarar guerra al dominante libertinaggio e oscurissimo illuminismo di questo secolo tenebroso”. Lo fa, con crescente successo, utilizzando il sistema delle missioni parrocchiali, delle quali egli diventa il predicatore ricercato ed efficace che sa scuotere le coscienze, muovere a conversione, richiamare i lontani, riscaldare i tiepidi. Nella celebrazione di avvio è solito “mandare avanti” la Madonna, la sua “Divina Pastora”, quasi a farsi aprire da lei le strade delle coscienze e l’intelligenza degli uditori. Poi è lui a riscaldarsi nella predicazione contro l’illuminismo ateo, senza risparmiare la cattiva stampa, le corride, i balli, le commedie e i commedianti. Si fa un sacco di nemici, anche in ambito ecclesiastico, perché nel denunciare il male e nel richiamare a conversione non guarda in faccia nessuno, fossero pure i ricchi preti che hanno il coraggio di defraudare i poveracci.
Esiliato da una città, va a predicare in un’altra; perseguitato in una provincia va ad esporsi pub blicamente in un’altra; confinato per anni in un convento, appena libero si spinge fino in Portogallo ed anche nella parte settentrionale del Marocco, per essere ovunque “missionario della misericordia”. A farne le spese è la sua salute, indebolita sempre più dalle fatiche dei viaggi e dai dispiaceri patiti. Si spegne, non ancora sessantenne, il 24 marzo 1801 ed il 1° aprile 1894 Leone XIII proclama beato Diego Giuseppe da Cadice: incredibile a dirsi, malgrado dalla morte siano passati più di 90 anni, il suo ricordo e la notizia della sua beatificazione disturbano ancora il sonno (e la coscienza) degli eredi dei suoi nemici di un tempo.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dal Decreto «Ad gentes» del Concilio ecumenico Vaticano II sull’attività missionaria della Chiesa (Nn. 4-5) Andate, istruite tutte le genti Il Signore Gesù Cristo, prima di sacrificare liberamente la sua vita per il mondo, istituì il ministero apostolico e promise di mandare lo Spirito Santo in modo che entrambi collaborassero sempre e in ogni luogo nel portare ad effetto l’opera della salvezza. Lo Spirito Santo tiene unita nella comunione e nel ministero tutta la Chiesa in tutti i tempi e la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici, vivificando, come anima, le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore dei fedeli lo stesso spirito missionario da cui era stato spinto Cri sto stesso. Previene visibilmente l’azione apostolica, l’accompagna e la dirige senza posa in vari modi. Il Signore Gesù, fin dall’inizio, chiamò presso di sé quelli che volle e fece sì che fossero dodici con lui e li mandò a predicare (cfr. Mc 3, 13-15). Così gli apostoli furono al tempo stesso il seme del nuovo Israele e l’origine della sacra gerarchia. In seguito, compiuti in se stesso, con la sua morte e risurrezione, i misteri della nostra salvezza e della restaurazione di tutte le cose, il Signore, cui competeva ogni potere in cielo e in terra, prima di ascendere al cielo, fondò la sua Chiesa come sacramento di salvezza. Mandò gli apostoli in tutto il mondo, come egli a sua volta era stato mandato dal Padre. E comandò loro: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 19-20). Da qui deriva alla Chiesa il dovere di propagare la fede e la salvezza del Cristo. E ciò in forza di un esplicito mandato che l’ordine dei vescovi ereditò dagli a postoli, a cui si affiancano i sacerdoti insieme con il successore di Pietro, che è il supremo Pastore
della Chiesa. Ma la Chiesa esplica il suo compito missionario anche in forza della vita che Cristo comunica alle sue membra. La Chiesa, obbediente all’ordine di Cristo e mossa dalla grazia e dall’amore dello Spirito Santo, si rende attualmente presente a tutti gli uomini e popoli per condurli, con l’esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con tutti gli altri mezzi della grazia alla fede, alla libertà e alla pace di Cristo. Apre così la via spedita e sicura alla partecipazione piena del mistero di Cristo. R ESPONSORIO
Mc 16, 15-16; Gv 3, 5
R. Andate in tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura. * Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo. V. Se uno non rinasce dall’acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio. R. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo. ORAZIONE O Dio, che hai concesso al beato Diego da Cadice la sapienza dei santi e gli hai affidato la salvezza del suo popolo, concedi a noi, per sua intercessione, di discernere ci che è buono e giusto, e annunciare a tutti gli uomini la ricchezza insondabile che è Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
7 gennaio
SAN CARLO MELCHIORI DA SEZZE, RELIGIOSO OFM e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa
Giancarlo Melchiori nacque a Sezze (Latina) il 19 ottobre 1613 da Ruggero Melchiori (o Marchionne) e Antonia Maccione, contadini piissimi e di buona condizione. Carlo fu battezzato il 22 dello stesso mese, come risulta dall'unico registro contemporaneo esistente tuttora presso la cattedrale di S. Maria. Per motivi di salute dovette sospendere gli studi elementari: fece il pastore e poi il contadino. A diciassette anni emise il voto di perpetua castità in onore della Vergine e quindi, contro il parere dei genitori e dei parenti che lo avrebbero voluto sacerdote, preferì, per spirito di umiltà, rendersi religioso converso. Vestì, pertanto, l'abito dei Frati Minori nel convento di S. Francesco in Nazzano il 18 maggio 1635 e, dopo aver superato molte difficoltà, professò il 18, o il 19 maggio dell'anno seguente. Risiedette successivamente nei conventi di S. Maria Seconda in Morlupo, di S. Maria delle Grazie in Ponticelli, di S. Francesco in Palestrina, di S. Pietro in Carpineto Romano, di S. Pietro in Montorio e di S. Francesco a Ripa in Roma. Tra il 1640 e il 1642 dimorò per breve tempo nei conventi di S. Giovanni Battista al Piglio e in quello di S. Francesco in Castelgandolfo. NelI'ottobre 1648, ascoltando la Messa nella chiesa di San Giuseppe a Capo le Case in Roma, al momento dell'elevazione, ricevette dall'Ostia divina una ferita di amore al petto. Impiegato negli uffici propri del suo stato, di cuoco, ortolano, portinaio, questuante e sagrestano, Carlo si distinse per l'umiltà, l'ubbidienza, la pietà serafica e l'amore verso il prossimo, riuscendo ad unire alla più intensa vita interiore e contemplativa una instancabile attività caritativa e apostolica che lo condusse a Urbino, a Napoli, a Spoleto e in altre città. Laici, sacerdoti, religiosi, vescovi, cardinali e pontefici si giovarono dell'opera di Carlo, che aveva avuto da Dio doni straordinari, tra i quali, in particolare, quelli del consiglio e della scienza infusa (riconosciuto, questo prorsus mirabile dal breve stesso della beatificazione). Ad Alessandro VII, che lo interrogava su Girolama Spada, giustiziata come eretica a Campo de' Fiori il 5 luglio 1659, Carlo rispose che non si era mai recato a casa della donna, sapendo che in lei non v'era nulla di buono. Clemente IX lo inviò a Montefalco per esaminarvi lo spirito di una monaca, falsamente ritenuta santa. Carlo predisse il supremo pontificato ai cardinali Fabio Chigi (Alessandro VII), Giulio Rospigliosi (Clemente IX), Emilio Altieri (Clemente X) e Gianfrancesco Albani (Clemente XI). Pur non avendo una grande preparazione culturale e teologica, scrisse varie opere spirituali e ascetiche, nelle quali trasfuse i frutti della sua eccezionale esperienza mistica. Morì a Roma nel convento di San Francesco a Ripa, il 6 gennaio 1670. Dopo la morte comparve sul petto di Carlo un singolare stigma, che fu riconosciuto di origine soprannaturale da un'apposita commissione medica e fu addotto come uno dei due miracoli richiesti per la beatificazione. I processi canonici, iniziati poco dopo la morte, subirono notevoli ritardi dovuti a contingenze storiche. Clemente XIV dichiarò
l'eroicità delle virtù il 14 giugno 1772; Leone XIII, con breve del 1° ottobre 1881, lo beatificò il 22 gennaio 1882, e Giovanni XXIII lo canonizzò il 12 aprile 1959.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio. ORAZIONE O Dio, gaudio e luce dei beati, che hai ornato di doni celesti san Carlo da Sezze, ardente di carità divina; per la sua intercessione ascoltaci nella tua bontà, e accendi i nostri cuori con il fuoco del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Si riporta di seguito un estratto dall’Omelia (in latino) di Giovanni XXIII in occasione della sua canonizzazione. Dalla Omelia di Giovanni XXIII in occasione della cerimonia di canonizzazione di San Carlo da Sezze (Basilica Vaticana – 12 aprile 1959) Carolus a Setia, humili loco natus, iam a puero ex agrorum cultura sibi cotidianum comparare victum coactus est; Ioachima vero de Vedruna nobili genere orta est, eique, inde a tenella aetate ea omnia arridere visa sunt, quae divitiae, quae honores, quae fluxae huius vitae voluptates facile pollicentur. Uterque tamen ad bona potiora ac defutura numquam vocatus, pedetemptim ad excelsum sanctitatis apicem pervenit. Alter enim innocentiae candore ita enituit, ut adhuc puellus pastores agricolasque comites ad se alliceret, eosdemque, qua exemplo suo, qua piis narratiunculis de rebus a Iesu Christo vel a Sanctis Caelitibus hac in mortali vita gestis, qua denique adhortationibus summa benignitate ac simplicitate animi habilis, ad christianam assequendam virtutem advocabat. Tam incensa autem flagrabat erga Deum, erga pauperes caritate, ut nihil magis cuperet quam piis precibus piisque meditationibus vacare, atque egenis aptiore modo, quo posset, de suo subvenire. Virginitatis lilium, quam inde ab adulescentia Immaculatae Virgini Mariae consecraverat, paenitentiae spinis saeptum, omni semper diligentia illibatum servavit; utque non modo sensuum illecebras et voluptatum blandimenta coërceret atque edomaret, sed ut etiam peccatorum hominum flagitia expiaret, innocens corpus suum extenuabat ieiuniis flagellisque cruentabat. Attamen semper benignitate summa, superna laetitia, caelestique gaudio perfusus excipiebat omnes, quos poterat, eosque alloquio et opera, pro viribus, consolabatur. In Franciscalium Ordinem, ut vehementer optabat, tandem adscitus, processus cotidie maiores in christianis adipiscendis virtutibus fecit; ac divina aspirante faventeque gratia ad evangelicam vitae perfectionem citato gradu contendit. Tum praesertim visus est angelicam, potius quam humanam, vitam gerere; ita ut non modo
sodalibus, sed moderatoribus etiam suis praeclaro esset exemplo. Et quo inde a puerili aetate in Deum hominesque ferebatur amore, eo succrescentibus annis tam vehementer exarsit, ut ad barbaras regiones proficiscendi veniam a moderatoribus suis expeteret, operam non tantum daturus fratribus, sed sanguinem etiam, si oporteret, pro iis effusurus ad catholicam religionem ad probosque mores reducendis. Peculiari autem pietate Divinum Redemptorem Eucharisticis velis delitescentem adamabat; quamobrem, quotiescumque sibi vacuum erat, ad eius aram longas traducere horas adorando, precando, contemplandoque in deliciis habebat. Ob cuius quidem incensissimae caritatis studium quodam die, ut memoriae traditur, caeleste praemium accipere dignatus est. Etenim, cum in almae huius Urbis tempio divinam hostiam publico cultui propositam adoraret, in eamque flagrantissimam suam effunderet caritatem, ex eadem vidit refulgentem proficisci radium, qui ipsius cor, caelesti aestuans amore, quasi demissum iaculum vulneravit. Ex eo igitur potissimum die has Sancti Pauli sententias sibi tribuere potuit: « Mihi... vivere Christus est et mori lucrum » (2); « desiderium habens dissolvi et esse cum Christo ». Quod quidem placidissimo decessu evenit ante diem octavum idus Ianuarias, anno millesimo sescentesimo ac septuagesimo.
11 gennaio
SAN TOMMASO PLACIDI DA CORI, SACERDOTE FONDATORE DEI RITIRI DELL’ORDINE FRANCESCANO OFM e Famiglia francescana in Italia: Memoria facoltativa
Nacque a Cori (Latina) il 4 giugno 1655 dalla famiglia Placidi, poveri agricoltori al battesimo fu chiamato Francesco Antonio Placidi; già a 14 anni era orfano di entrambi i genitori, e così ancora ragazzo dovette mandare avanti da solo la famiglia. A 22 anni, sistemate in modo decoroso le due sorelle, entrò nell’Ordine dei Frati Minori Francescani, nel convento della SS. Trinità in Orvieto il 7 febbraio 1677, cambiando il suo nome di Francesco Antonio in quello di frà Tommaso. Per 5 anni fu allievo del celebre Lorenzo Cozza e nel 1683 a Velletri fu consacrato sacerdote ricevendo nel contempo la patente di predicatore. Esercitò l’apostolato nella Diocesi di Subiaco e in quelle confinanti con tale successo e profitto per quelle popolazioni, da essere classificato come "l’apostolo del Sublacense". Grande maestro di santità, espertissimo direttore spirituale, fu veduto più volte stare nel confessionale, "dalla mattina fino a sera" digiuno. Le sue efficaci predicazioni furono raccolte in un volume manoscritto; era molto richiesto per l’assistenza spirituale al letto degli infermi. Aveva il dono di riportare la pace serafica fra persone in contrasto, operò per riformare i pubblici costumi. Sin da novizio divenne esempio di perfezione cristiana e religiosa e come tale, specchio per i suoi confratelli, compreso quelli più anziani. Ancora in lui si condensarono tante altre virtù così come viene riportato dal "Sommario dei processi" istruiti per la causa di beatificazione: la povertà. Non volle mai accettare offerte per la celebrazione della s. Messa; l’umiltà, giunse perfino a farsi calpestare dai confratelli all’ingresso del refettorio; una grande pazienza nel sopportare continue tentazioni nello spirito e per una piaga in una gamba che lo tormentò per quarant’anni. Pregava così profondamente assorto da sembrare fuori di sé e immobile come una statua. Gesù Bambino gli apparve più volte durante la celebrazione della Messa. Ebbe il dono dei miracoli, come la moltiplicazione di cibi, guarigioni, ecc., frequenti estasi, apparizioni di Gesù, della Vergine, di s. Francesco. Ma il suo nome è legato soprattutto alla grande opera dei "Ritiri" dell’Ordine Francescano. Seguendo l’esempio del beato Bonaventura da Barcellona, fondò i ‘ritiri’ di S. Francesco in Civitella (ora Bellegra) e di S. Francesco in Palombara Sabina, dei quali fu ripetutamente superiore. Scrisse le Costituzioni del Ritiro che si conservano ancora autografe a Bellegra, regole rigide di meditazione e vita religiosa; il Capitolo Generale di Murcia del 1756 le estese a tutti i ritiri dell’Ordine Francescano.
Molti venerabili confratelli compreso s. Teofilo da Corte passarono per il ritiro di Bellegra, che divenne così una fucina di aspiranti in santità.
Fu per molte anime maestro di santità ed esperto direttore di spirito. Benché adornato da Dio di tanti doni soprannaturali, andò spesso soggetto a tentazioni, aridità di spirito, incomprensioni e sofferenze di ogni genere, che sopportò sempre con invitta pazienza. Morì a 74 anni nel ritiro di Bellegra l’11 gennaio 1729. La causa di beatificazione fu introdotta il 15 luglio 1737, auspici le Diocesi di Subiaco, Velletri e Sabina. Fu beatificato da Pio VI il 3 settembre 1786 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 29 novembre 1999.
Dal comune dei santi: religiosi o dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio. ORAZIONE O Dio, che hai ispirato al beato Tommaso da Cori di cercarti nella solitudine e di nutrire una squisita carità verso il prossimo, concedi a noi, sul suo esempio, di essere protesi nella contemplazione dei beni del cielo, così da restare attenti alle necessità dei fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Si riporta di seguito un estratto dall’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della sua canonizzazione. Dalla Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della cerimonia di canonizzazione di San Tommaso da Cori (Basilica Vaticana – 21 novembre 1999, nn. 4-5) "Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura" (Ez 34, 11). Tommaso da Cori, sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori, è stato immagine vivente del Buon Pastore. Come guida amorevole, ha saputo condurre i fratelli affidati alle sue cure verso i pascoli della fede, animato sempre dall'ideale francescano. Nel Convento dimostrava il suo spirito di carità, rendendosi disponibile a qualsiasi esigenza, anche la più umile. Visse la regalità dell'amore e del servizio, secondo la logica di Cristo che, come canta la Liturgia odierna, "ha sacrificato se stesso immacolata vittima di pace sull'altare della croce, operando il mistero dell'umana redenzione" (Prefazio di Cristo Re). Da autentico discepolo del Poverello d'Assisi, san Tommaso da Cori fu obbediente a Cristo, Re dell'universo. Meditò ed incarnò nella sua esistenza l'esigenza evangelica della povertà e del dono di sé a Dio ed al prossimo. Tutta la sua vita appare così segno del Vangelo, testimonianza dell'amore del Padre celeste, rivelato in Cristo e operante nello Spirito Santo, per la salvezza dell'uomo. Rendiamo grazie a Dio che, lungo i sentieri del tempo, non cessa di suscitare luminosi testimoni del suo Regno di giustizia e di pace. I dodici nuovi Santi, che oggi
ho la gioia di proporre alla venerazione del Popolo di Dio, ci indicano il cammino da percorrere per giungere preparati al Grande Giubileo del Duemila. Non è, infatti, difficile riconoscere nella loro esemplarità alcuni elementi che caratterizzano l'evento giubilare. Penso, in particolare, al martirio ed alla carità (cfr Incarnationis Mysterium, 12-13). Più in generale, l'odierna celebrazione richiama il grande mistero della comunione dei santi, fondamento dell'altro elemento qualificante del Giubileo che è l'indulgenza (cfr Ivi, 9-10). I Santi ci mostrano la via del Regno dei cieli, la via del Vangelo accolto radicalmente. Sostengono, al tempo stesso, la nostra serena certezza che ogni realtà creata trova in Cristo il suo compimento e che, grazie a Lui, l'universo sarà consegnato a Dio Padre pienamente rinnovato e riconciliato nell'amore. Ci aiutino San Cirilo Bertrán con gli otto Compagni, San Inocencio de la Inmaculada, San Benedetto Menni e San Tommaso da Copri a percorrere anche noi questo cammino di perfezione spirituale. Ci sostenga e protegga sempre Maria, Regina di tutti i Santi, che proprio oggi contempliamo nella sua presentazione al Tempio. Sul suo esempio, possiamo anche noi collaborare fedelmente al mistero della Redenzione. Amen!
12 gennaio
SAN BERNARDO LATINI DA CORLEONE, RELIGIOSO OFM Capp: Memoria
Filippo Latini nacque il 6 febbraio 1605 a Corleone, in Sicilia. Forse esagerano un po’ i contemporanei a definirlo “la prima spada di Sicilia”, ma certo è che chiunque viene a duello con lui ne esce irrimediabilmente sconfitto. O anche peggio, come quel tal Vito Canino, che resta ferito ad un braccio e sarà permanentemente invalido. Non è, però, un attaccabrighe e un litigioso; semplicemente, un po’ troppo spesso viene presso dalla “caldizza”, cioè gli ribolle il sangue davanti a ingiustizie e soprusi e così mette mano un po’ troppo facilmente alla spada. Viene da un paese, Corleone, che per noi oggi è più famoso per l’ex primula rossa mafiosa che per aver dato i natali a lui nel 1605. La sua casa viene comunemente definita “casa di santi” per la bontà dei suoi fratelli e soprattutto per la carità di papà, calzolaio e bravo artigiano in pelletteria, che è abituato a portarsi a casa gli straccioni e i poveracci incontrati per strada, per ripulirli, rivestirli e sfamarli. L’unica “testa calda” è lui, giovanottone dalla costituzione forte ed imponente, che impara a fare il ciabattino nella bottega di papà fino al giorno famoso in cui ferisce quel tal Canino che lo aveva sfidato a duello. La vista del sangue e, soprattutto, il timore della vendetta e delle conseguenze di quel gesto, lo consigliano di cercare rifugio nel convento dei cappuccini, dove pian piano matura la sua vocazione religiosa. Ha appena 19 anni e i superiori fanno fare anticamera alla “prima spada di Sicilia”, tanto che solo a 27 anni può indossare il saio nel convento di Caltanissetta. I suoi bollenti spiriti si stemperano lentamente con l’esercizio continuo della preghiera, della penitenza e della meditazione, e alla fine viene fuori un uomo nuovo. Analfabeta e pertanto destinato ad essere un frate laico, svolge in convento i lavori più umili, in cucina e in lavanderia. Superiori e confratelli sembrano esercitarsi a farlo bersaglio di incomprensioni, malignità e umiliazioni attraverso le quali lui, adesso, passa imperturbato. Anche il demonio non lo lascia tranquillo, apparendogli sotto forma di animale e bastonandolo così rumorosamente da impaurire tutto il convento, ed egli lo tiene a bada soltanto con la preghiera, perchè, dice, “l’orazione è il flagello del demonio ed egli teme più l’orazione che i flagelli e i digiuni”. Anche se lui non fa economia né di questi né di quelli, sottoponendosi a penitenze che hanno dell’incredibile, soprattutto per un uomo della sua stazza e dall’appetito robusto, che si accontenta di qualche tozzo di pane duro ed a volte si priva anche di quello. Da stupirsi che, come dice la gente, attorno a questo frate fioriscano cose prodigiose che fanno gridare al miracolo? Consumato dalle penitenze e dalla fatica, trova il suo posto accanto al tabernacolo, dove prega in continuazione, e qui si ammala il giorno dell’Epifania del 1667. Muore il 12 gennaio, ad appena 62 anni e prima di seppellirlo devono cambiare per ben 9 volte la sua tonaca, perché tutte erano state fatte a pezzettini dai fedeli che volevano avere una reliquia. Beatificato da Clemente XIII il 15 maggio
1768 e e canonizzato da Giovanni Paolo II il 10 giugno 2001, Bernardo da Corleone, dopo 400 anni, diventa oggi un simbolo per la sua città, che vuole riscattarsi dalla fama di coppole e padrini che fanno ormai parte dell’immaginario collettivo.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Da un «Sermone» di san Bonaventura, vescovo (Opera omnia, ed. Quaracchi, IX, 463-470). Facciamo penitenza e soffriamo con Cristo In sé la croce è una cosa orribile (e soprattutto prima che Cristo patisse), ma dobbiamo desiderarli molto perché è proprio la croce la sorgente di vita. Tutti cercano e desiderano la vita eterna; non si trova persona, fosse anche un delinquente, che non la desideri e la cerchi. Ma i cattivi non lo fanno nel modo dovuto, poiché questa vita vogliono possederla insieme con le loro malvagità e i loro turpi peccati. La strada che porta alla vita eterna non è questa, ma quella che passa attraverso il ponte voluto da Cristo, la croce, che è combattimento e vittoria sopra i nostri nemici. La croce, a vederla di fuori, è orribile, ma a saperci leggere dentro è cosa desiderabile: considerata dall'esterno, si rivela come un legno di morte; ma a chi sa guardarla nella sua essenza, appare come l'albero della vita, in considerazione di Colui che su di essa fu crocifisso. Essa è la fonte della vita e la dona con l'infusione della grazia, come si legge nella Lettera ai Romani: «Il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna». La croce è l'albero della grazia che ci fa vivi, e noi diventiamo nuovi in Cristo se ci lasciamo irrigare dall'acqua della grazia che sgorga dalla penitenza. C'è un legno che ha il potere di riportare l'uomo dall'aridità alla vita verdeggiante, dalla morte alla vita: è il legno della croce. Perché mai il Figlio di Dio affrontò la passione per gli uomini e non per gli angeli? Perché l'uomo, non l'angelo, è capace di penitenza. L'uomo è quell'albero che comincia a germinare quando sente l'umore dell'acqua, cioè della grazia penitenziale. Se dunque la croce è l'albero della grazia che ci dà la vita e se noi, che tante volte siamo morti per causa dei nostri peccati, desideriamo quest'albero, dobbiamo soffrire con Cristo. Dice Pietro: «Cristo soffrì nella carne e voi dovete armarvi degli stessi sentimenti». Se non facciamo penitenza, non vedo come potremo rispondere in giudizio. Se vuoi dunque dar frutti spirituali, devi morire nella carne. Giovanni ci riporta l'esempio stesso di Cristo: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Se vogliamo ottenere i frutti dell'albero della vita insieme con Cristo che è morto in croce, dobbiamo farci crocifiggere con lui.
Chi vuole incontrarsi col Signore, lo trova sulla croce: e perciò, chi abbandona la croce, abbandona il Signore. Chi ardentemente desidera la croce e il Signore, lo trova sulla croce da cui scaturiscono le cristalline sorgenti della grazia. R ESPONSORIO
Rm 12, 1-2
℞ . Vi esorto, o fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: * è questo il vostro culto spirituale. ℞ . Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio: ℞ . è questo il vostro culto spirituale.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Benedetto sia il Padre, che in Cristo ci ha scelti per essere santi ed immacolati al suo cospetto nella carità. ORAZIONE O Dio, che ci presenti il beato Bernardo come modello straordinario di penitenza attuata nella pratica delle virtù evangeliche, aiutaci a vivere quaggiù nella rinuncia temporale per essere degni della ricompensa eterna. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Chi vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Si riporta di seguito un estratto dall’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della sua canonizzazione. Dalla Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della cerimonia di canonizzazione di San Bernardo da Corleone (Basilica Vaticana – Solennità della Santissima Trinità – 10 giugno 2001, nn. 1.4.7) "Sia benedetto Dio Padre, e l'unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi" (Ant. d'inizio). Sempre, ma specialmente nell'odierna festa della Santissima Trinità, l'intera Liturgia è orientata al mistero trinitario, sorgente di vita per ogni credente. "Gloria al Padre, gloria al Figlio, gloria allo Spirito Santo": ogni volta che proclamiamo queste parole, sintesi della nostra fede, adoriamo l'unico e vero Dio in tre
Persone. Contempliamo attoniti questo mistero che ci avvolge totalmente. Mistero di amore; mistero di ineffabile santità. "Santo, Santo, Santo il Signore, Dio dell'universo" canteremo tra poco, entrando nel cuore della Preghiera eucaristica. Il Padre ha tutto creato con saggezza e amorevole provvidenza; il Figlio con la sua morte e risurrezione ci ha redenti; lo Spirito Santo ci santifica con la pienezza dei suoi doni di grazia e di misericordia. Possiamo a giusto titolo definire l'odierna solennità una "festa della santità". In questo giorno, pertanto, trova la sua più opportuna cornice la cerimonia di canonizzazione di cinque Beati: Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès. […] "Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo". Alla luce del mistero della Trinità acquista singolare eloquenza la testimonianza evangelica di san Bernardo da Corleone, anch'egli elevato oggi agli onori degli altari. Di lui tutti si meravigliavano e si domandavano come un frate laico potesse discorrere così altamente del mistero della Santissima Trinità. In effetti, la sua vita fu tutta protesa verso Dio, attraverso uno sforzo costante di ascesi, intessuta di preghiera e di penitenza. Coloro che lo hanno conosciuto attestano concordi che "egli sempre stava intento nell'orazione", "mai cessava di orare", "orava di continuo " (Summ., 35). Da questo colloquio ininterrotto con Dio, che trovava nell'Eucaristia il suo centro propulsore, traeva linfa vitale per il suo coraggioso apostolato, rispondendo alle sfide sociali del tempo, non scevro di tensioni e di inquietudini. Anche oggi il mondo ha bisogno di santi come Fra' Bernardo immersi in Dio e proprio per questo capaci di trasmetterne la verità e l'amore. L'umile esempio di questo Cappuccino costituisce un incoraggiamento a non stancarci di pregare, essendo proprio la preghiera e l'ascolto di Dio l'anima dell'autentica santità. […] "O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Sal 8,2.10). Contemplando questi fulgidi esempi di santità, ritorna spontanea nel cuore l'invocazione del Salmista. Il Signore non cessa di donare alla Chiesa e al mondo mirabili esempi di uomini e donne, nei quali si riflette la sua gloria trinitaria. La loro testimonianza ci spinga a guardare verso il Cielo e a cercare senza posa il Regno di Dio e la sua giustizia. Maria, Regina di tutti i Santi, che per prima hai accolto la chiamata dell'Altissimo, sostienici nel servire Dio e i fratelli. E voi camminate con noi, santi Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès, perché la nostra esistenza, come la vostra, sia lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Amen!
14 gennaio
BEATO ODORICO MATTEUCCI DA PORDENONE, SACERDOTE OFM e OFM Conv: Memoria facoltativa
Nacque a Villanova di Pordenone, nella seconda metà del XIII secolo dalla famiglia Matteucci (Mattiuzzi), giovanissimo si fece francescano a Udine. Fu uno dei rari viaggiatori occidentali in Estremo Oriente nel Medio Evo. Il racconto del suo viaggio, dettato a frate Guglielmo da Solagna, è ritenuto autentico e affidabile. Per contro, quello scritto in antico francese, nella seconda metà del XIV secolo fu arricchito da John Mandeville con scene e racconti immaginari. Entrato giovane in convento, dopo una esperienza di vita eremitica, fu ordinato sacerdote a 25 anni. Dopo alcuni anni da predicatore in vari conventi d'Italia, nel 1314 fu inviato dal suo Ordine in Oriente. Partì per mare da Venezia da dove raggiunse Costantinopoli, da qui ancora per mare raggiunse Trebisonda. Visse in terra armena per un certo periodo presso un convento della sua comunità a Erzurum, per approfondire la conoscenza delle lingue orientali. Scese poi nei territori dell'attuale Iraq da prima a Tabriz e poi a Sultaniya, anche qui soggiornò presso un convento del suo ordine. Scese poi a sud toccando varie città persiane tra cui Kashan, Yazd, Persepoli e Shiraz per raggiungere il Golfo Persico. A Ormuz si imbarcò per l'India, dove sbarcò dopo un viaggio di una ventina di giorni a Thana, città nei pressi dell'attuale Bombay. In questa città quattro suoi confratelli: fra Tommaso da Tolentino, Giacomo da Padova, Demetrio Georgiano e Pietro da Siena. vennero martirizzati alcuni anni prima. I corpi dei martiri furono portati dal padre domenicano Jordanus Catalani a Supera, cittadina ad una quarantina di chilometri a nord di Bombay dove vennero sepolti. Odorico ne dissotterrò i corpi e prese con se le spoglie nel lungo viaggio verso la Cina. Riprese il viaggio per mare scendendo le coste occidentali dell'India, raggiunse probabilmente l'isola di Ceylon, risalì la costa orientale indiana per portarsi sulla tomba di san Tommaso apostolo a Maylapur nei pressi di Madras. Lasciate le coste indiane su una giunca, raggiunse l'isola di Sumatra, toccò vari porti meridionali di questa isola e poi raggiunse l'isola di Giava e probabilmente del Borneo. Qui le descrizioni del viaggiatore si fanno confuse, in quanto i nomi citati non sono più riconoscibili oggi. Secondo alcuni toccò varie isole dell'arcipelago filippino e forse anche alcune isole meridionale del Giappone. Giunse in fine nel porto di Chin-Kalan l'attuale Canton nella Cina meridionale. Qui fu grande lo spavento di Odorico nell'apprendere che i doganieri avrebbero ispezionato la nave in cera di merce proibita all'importazione. Tra queste merci proibite vi erano le ossa dei martiri. Ma gli ispettori non trovarono le ossa dei martiri francescani e Odorico le poté portare fino al porto di Xiamen (Amoy) dove furono in fine traslate in uno dei due conventi dell'Ordine esistenti in città. Interessante notare come i figli di san Francesco, morto appena cento anni prima, già avevano raggiunto gli estremi confini del mondo allora conosciuto. Questa espansione, come spiegò Odorico, fu in parte favorita dallo sterminato Impero Mongolo, instauratosi in quegli anni in Asia. I Mongoli,
non avendo una religione propria, furono influenzati dalle religioni dei popoli che incontrarono. Divennero mussulmani in Persia, buddisti in India e seguaci di Confucio in Cina e furono anche affascinati dalla predicazione dei missionari cristiani che raggiunsero le loro contrade. Proseguì il viaggio verso nord, toccò Fuzhou e attraverso il monte giunse a Zhejiang e Hangzhou, allora conosciuta come la città più grande del mondo. Proseguì poi per Nanchino e attraversato il fiume Azzurro si imbarcò sul Gran Canale per raggiungere la capitale dell'impero allora chiamata Kambalik l'attuale Pechino. Qui visse per tre anni presso la missione del suo confratello e arcivescovo Giovanni da Montecorvino allora già molto anziano. Riprese il cammino verso casa attraverso l'Asia Centrale, ma qui il racconto di fra Odorico si fa meno preciso e i riferimenti geografici sono confusi. Probabilmente attraversò il Tibet, giunse nel nord della Persia e poi di nuovo in Armenia fino al porto di Trebisonda dove si imbarcò per Venezia giungendovi alla fine degli anni venti. Nel maggio del 1330, su richiesta del suo superiore Guidotto, Odorico, ospite del monastero presso la Basilica di Sant'Antonio, dettò il resoconto del suo viaggio al frate Guglielmo di Solagna. Da lì Odorico, per adempiere il compito affidatogli dall'arcivescovo Giovanni da Montecorvino di informare il Papa su quanto visto in Estremo Oriente, riprese il cammino per raggiungere la curia papale ad Avignone; l'itinerario prescelto prevedeva un viaggio via terra fino a Pisa, poi via mare fino a Marsiglia e quindi ad Avignone. Il suo viaggio si interrompe a Pisa: non ce la fa più. Cade ammalato e faticosamente torna ad avviarsi verso il Friuli. Fa una sosta ancora a Padova, ed eccolo infine ricoverato nel convento udinese di San Francesco. Qui frate Odorico si spegne il 14 gennaio 1331, subito venerato come operatore di miracoli. Ma solo nel 1755 un Pontefice (Benedetto XIV) sanzionerà il culto per lui, col titolo di beato. I suoi resti sono stati collocati nella chiesa udinese della Madonna del Carmelo. Lo stesso Benedetto IV due anni più tardi concesse all'Ordine dei Frati Minori la facoltà di celebrarne la festa, facoltà poi estesa alle diocesi di Udine e di Concordia-Pordenone. Nel XX secolo dopo la pubblicazione dell'edizione critica nel 1929 della relazione del viaggio missionario di Odorico, si ridestò l'interesse per la ripresa della Causa di canonizzazione del beato. Nel 1982 si svolse un Convegno di studio sulla vita e l'opera del beato Odorico e nel 1994 il Ministro provinciale di Padova, padre Agostino Gardin, avanzava esplicita richiesta per la ripresa della Causa. Il 15 aprile 1994 il postulatore padre Ambrogio Sanna ha presentato il supplex libellus all'Arcivescovo di Udine, che ha proceduto all'istituzione di una commissione di storici per la raccolta della documentazione che consenta di provare non solo la continuità del culto, ma soprattutto l'eroicità delle virtù esercitate dal beato Odorico. Il 9 gennaio 2002 vi fu l'apertura solenne del processo di canonizzazione del grande missionario friulano in Oriente.
Dal Comune dei pastori: per un missionario, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dal Decreto «Ad gentes» del Concilio Vaticano II sull'attività missionaria della Chiesa. (Nn. 4-5) Andate, istruite tutte le genti Il Signore Gesù Cristo, prima di immolare liberamente la sua vita per il mondo, ordinò il ministero apostolico e promise l'invio dello Spirito Santo in modo che entrambi collaborassero sempre e dovunque nella realizzazione dell'opera della salvezza. Ed è ancora lo Spirito Santo che in tutti i tempi «unifica tutta la Chiesa nella comunione e nel ministero, e la munisce con diversi doni gerarchici e carismatici», vivificando — come loro anima — le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore dei fedeli quello spirito missionario, da cui era stato spinto Gesù stesso. Talvolta anzi previene visibilmente l'azione apostolica, come, in varia maniera, incessantemente l'accompagna e dirige. Il Signore Gesù, fin dall'inizio «chiamò presso di Sé quelli che Egli voleva e ne costituì dodici perché fossero con Lui e per mandarli a predicare». Gli Apostoli furono così ad un tempo il seme del nuovo Israele e l'origine della sacra gerarchia. In seguito, una volta compiuti in se stesso, con la sua morte e risurrezione, i misteri della nostra salvezza e dell'universale restaurazione, il Signore, che aveva ricevuto ogni potere in cielo ed in terra, prima ancora di essere assunto in cielo, fondò la sua Chiesa come il sacramento della salvezza ed inviò i suoi Apostoli nel mondo intero, come egli a sua volta era stato inviato dal Padre, e comandò loro: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato». Da qui deriva alla Chiesa il dovere di diffondere la fede e la salvezza del Cristo, sia in forza dell'esplicito mandato, che l'Ordine Episcopale, coadiuvato dai Sacerdoti ed unito al Successore di Pietro che è il Supremo Pastore della Chiesa, ha ereditato dagli Apostoli, sia in forza di quella vita che Cristo comunica alle sue membra: «Da lui infatti tutto quanto il corpo, costruito e compaginato per ogni giuntura che serve a somministrare il necessario secondo la funzione di ciascun membro, opera il proprio accrescimento edificandosi nella carità». Pertanto la missione della Chiesa si esplica attraverso quell'operazione per la quale, in adesione all'ordine di Cristo e sotto l'influsso della grazia e della carità dello Spirito Santo, diventa in atto pieno presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l'esempio della vita e la predicazione, con i sacramenti e con gli altri mezzi della grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, aprendo loro libera e sicura la via per partecipare in pieno al mistero di Cristo.
R ESPONSORIO
Mc 16, 15-16; Gv 3, 5
℞ . Andate in tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura; * chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo. ℣. Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio. ℞ . Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Non siete voi a parlare, ma lo Spirito del padre vostro che parla in voi. ORAZIONE O Dio, che per lo zelo apostolico del beato Odorico hai condotto alla tua Chiesa molti popoli dell’Oriente, concedici, per sua intercessione, di restare saldi nella fede e di vivere nella speranza del Vangelo, da lui predicato. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Questo è il servo saggio e fedele, che il padrone ha preposto alla sua famiglia con l’incarico di darle il cibo al tempo dovuto.
16 gennaio SANTI BERARDO DE’ LEOPARDI DA CALVI E COMPAGNI,
PROTOMARTIRI FRANCESCANI
PIETRO DE’ BONANTI DA SAN GEMINI, OTTONE DE’ PETRICCHI,
SACERDOTI, ACCURSIO VACUZIO E ADIUTO DA NARNI, RELIGIOSI Famiglia Francescana: Memoria OFM: Festa
Sei anni dopo la sua conversione, fondato l’Ordine dei Frati Minori, San Francesco si sentì acceso dal desiderio di martirio e decise di recarsi in Siria per predicare la fede e la penitenza agli infedeli. La nave su cui viaggiava finì però a causa del vento sulle rive della Dalmazia ed egli fu costretto a ritornare ad Assisi. Il desiderio di ottenere la corona del martirio continuò comunque a pervadere il cuore di Francesco e pensò allora di mettersi in viaggio verso il Marocco per predicare il Vangelo di Cristo al Miramolino, capo dei musulmani, ed ai suoi sudditi. Giuntò in Spagna, fu però costretto nuovamente a fare ritorno alla Porziuncola da un’improvvisa malattia. Nonostante i due insuccessi subiti, organizzò l’Ordine in province e provvide a mandare missionari in tutte le principali nazioni europee. Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto furono tra i primi giovani provenienti da Calvi, San Gemini, Stroncone e forse da Narni, che vollero unirsi a Francesco d'Assisi. Nella Pentecoste del 1219 diede inoltre licenza al sacerdote Otone, al suddiacono Berardo ed ai conversi Vitale, Pietro, Accursio, Adiuto, di recarsi a predicare il Vangelo ai saraceni marocchini, mentre egli optò per aggregarsi ai crociati diretti in Palestina, al fine di visitare i luoghi santi e convertire gli infedeli indigeni. Ricevuta la benedizione del fondatore, i sei missionari raggiunsero a piedi la Spagna. Giunti nel regno di Aragona, Vitale, capo della spedizione, si ammalò, ma ciò non impedì agli altri cinque confratelli di proseguire il loro cammino sotto la guida di Berardo. A Coimbra, in Portogallo, la regina Orraca, moglie di Alfonso II, li ricevette in udienza. Si riposarono alcuni giorni nel convento di Alemquer, beneficiando dell’aiuto dell’infanta Sancha, sorella del re, che fornì loro degli abiti civili per facilitare la loro opera di apostolato tra i mussulmani. Così abbigliati, si imbarcarono alla volta della sontuosa città di Siviglia, a quel tempo capitale dei re mori. Non propriamente prudenti, si precipitarono frettolosamente alla principale moschea ed ivi si misero a predicare il Vangelo contro l’islamismo. Furono naturalmente presi per folli e malmenati, ma essi non si scomposero e, recatisi al palazzo del re, chiesero di potergli parlare. Miramolino li ascoltò di malavoglia e, non appena udì qualificare Maometto quale falso profeta, andò su tutte le furie ed ordinò di rinch iuderli in un’oscura prigione. Suo figlio gli fece notare che farli decapitare subito sarebbe stata una sentenza troppo rigirosa, quanto sommaria, ed era dunque preferibile osservare perlomeno qualche formalità. Dopo alcuni giorni il sovrano li fece chiamare davanti al suo tribunale e, avendo saputo che desideravano
trasferirsi in Africa, anziché rimandarli in Italia li accontentò imbarcandoli su un vascello pronto a salpare per il Marocco. Compagno di viaggio dei cinque missionari fu l’infante portoghese Don Pietro Fernando, fratello del re, assai desideroso di ammirare la corte di Miramolino. Sin dal loro arrivo nel paese africano, Berardo, conoscitore la lingua locale, prese subito a predicare la fede cristiana dinnanzi al re ed a criticare Maometto ed il Corano, libro sacro dei musulmani. Miramolino li fece allora cacciare dalla città, ordinando inoltre che fossero rimandati nelle terre cristiane. Ma i frati, non appena furono liberati, rientrarono prontamente in città e ripresero a predicare sulla pubblica piazza. Il re infuriato li fece allora gettare in una fossa per farveli perire di fame e di stenti, ma essi, dopo tre settimane di digiuno, ne furono estratti in migliori condizioni rispetto a quando vi erano stati rinchiusi. Lo stesso Miramolino ne restò alquanto meravigliato. Ciò nonostante dispose per una seconda volta che fossero fatti ripartire per la Spagna, ma nuovamente essi riuscirono a fuggire e tornarono a predicare, finché l’infante di Portogallo non li bloccò nella sua residenza sotto sorveg lianza, temendo che il loro eccessivo zelo potesse pregiudicare anche i cristiani componenti il suo seguito. Un giorno Miramolino, per sedare alcuni ribelli, fu costretto a marciare con il suo esercito, richiedendo anche l’aiuto del principe portoghese. Quest’ultimo vi erano però anche i cinque francescani ed un giorno, in cui venne a mancare l’acqua all’esercito, Berardo prese una vanga e scavò una fossa, facendone scaturire un’abbondante sorgente di acqua fresca con innegabile grande meraviglia da parte dei mori. Continuando però a predicare malgrado la proibizione del re, furono nuovamente fatti arrestare, sottoposti a flagellazione e gettati in prigione. Furono poi allora consegnati alla plebe, perché facesse vendicasse le ingiurie da loro proferite contro Maometto: furono così flagellati ai crocicchi delle strade e trascinati sopra pezzi di vetro e cocci di vasi rotti. Sulle loro piaghe vennero versati sale e aceto misti ad olio bollente, ma essi sopportarono tutti questi dolori con tale fortezza d’animo tanto da sembrare impassibili. Miramolino non poté che rimanere ammirato per tanta pazienza e rassegnazione e cercò dunque di convincerli ad abbracciare l’Islam promettendo loro ricchezze, onori e piaceri. I cinque frati però respinsero anche le cinque giovani loro offerte in mogli e perseverarono imperterriti nell’esaltare la religione cristiana. A tal punto il Miramolino non resistette più a cotante avversioni e, preso dalla collera, impugnò la sua scimitarra e decapitò i cinque intrepidi confessori della fede: era il 16 gennaio 1220, presso Marrakech. In tale istante le loro anime, mentre spiccavano il volo per il cielo, apparvero all’infanta Sancha, la loro benefattrice, che in quel momento era raccolta in preghiera nella sua stanza. I corpi e le teste dei martiri furono subito fuori del recinto del palazzo reale. Il popolo se ne impadronì, tra urla e oltraggi di ogni genere li trascinò per le vie della città ed infine li espose sopra un letamaio, in preda ai cani ed agli uccelli. Un provvidenziale temporale mise però in fuga gli animali e permise così ai cristiani di recuperare i resti dei frati e trasportarli nella residenza dell’infante. Questi fece costruire due casse d’argento di differente grandezza. Nella più piccola vi depose le teste, mentre nella più grande i corpi martiri. Tornando in Portogallo, portò infine con sé le preziose reliquie, che destinò alla chiesa di Santa Croce di Coimbra, ove furono oggetto di venerazione. Tale esperienza fece maturare nel giovane agostiniano portoghese Sant’Antonio da Lisbona (da noi conosciuto come Antonio di Padova) l’idea di passare dall’Ordine dei Canonici Regolari ai Frati Minori. Appresa la notizia del martirio dei cinque suoi figli, San Francesco esclamò: “Ora posso dire che ho veramente cinque Frati Minori”. Furono canonizzati dal pontefice francescano Sisto IV il 7 agosto 1481 con la bolla Cum Alias ed il Martyrologium Romanum li commemora al 16 gennaio, anniversario del loro glorioso martirio. Recentemente il vescovo dalla Diocesi di Coimbra (dove i frati erano stati sepolti nel 1220) ha permesso che le reliquie dei cinque Protomartiri Francescani tornassero a riposare sul suolo umbro e dal 13 giugno 2010 le reliquie dei santi protomartiri sono custodite e venerate nella chiesa di Sant’Antonio da Padova a Terni, ora santuario dei protomartiri francescani. Nello stesso anno la Diocesi di Terni-Narni-Amelia, in collaborazione con istituzioni pubbliche e religiose, ha inaugurato l'itinerario di pellegrinaggio che tocca i borghi natali dei Protomartiri e i luoghi salienti legati alla memoria francescana e benedettina.
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalla «Cronaca dei Ministri Generali» dell'Ordine dei Frati Minori (Analecta Franciscana, III, pp. 15-19) Disprezziamo tutto per Cristo Il beato Francesco, per ispirazione divina, inviò nel Marocco sei degnissimi Frati perché predicassero coraggiosamente la fede cattolica agli infedeli. Giunti nel regno d'Aragona, frate Vitale si ammalò gravemente e poiché tardava a rimettersi, non volendo che l'opera di Dio fosse ostacolata per motivo della sua infermità, ordinò agli altri cinque di adempiere il comando di Dio e del Serafico Padre. I santi Frati dunque obbedirono e, lasciato frate Vitale, proseguirono per Coimbra. Continuando il viaggio giunsero travestiti a Siviglia, allora occupata dai Saraceni. Un giorno, animati da fervore, si spinsero fino alla moschea principale e volevano entrarvi; ma furono impediti dai Saraceni che fecero irruzione su di loro con grida, spinte e percosse. Infine, avvicinatisi al portone del palazzo del sovrano dei Mori, cominciarono a dire che essi erano stati mandati al re come ambasciatori del Re dei re, cioè Gesù Cristo Signore. Dopo che ebbero esposto al re molte cose intorno alla fede cattolica per indurlo alla conversione ed a ricevere il battesimo, questi, pieno di furore, ordinò che venisse loro amputata la testa; ma poi sentito il parere degli anziani, li fece imbarcare per il Marocco come era loro desiderio. Entrati nella capitale, cominciarono immediatamente a predicare il Vangelo alla gente che stava nelle piazze della città. Ma avendo il Sultano risaputo la cosa, ordinò che venissero messi in prigione, dove restarono per venti giorni senza cibo e bevanda, nutriti solo delle consolazioni divine. Poi il sovrano li fece convocare dinanzi a sé. Ma avendoli trovati fermissimi nella professione della fe de cattolica, acceso di sdegno, ordinò che venissero torturati in vari modi e, in luoghi separati, sottoposti ai flagelli. Allora gli sgherri, legatili mani e piedi e con le funi al collo, cominciarono a trascinarli per terra con tanta violenza, che quasi ne apparivano al di fuori le viscere. Sulle loro ferite versarono aceto e olio bollente e infine li gettarono sui loro giacigli ricoperti di frammenti e di rottami, seguitando a tormentarli per tutta la notte. Dopo di ciò il re del Marocco, pieno di furore, ordinò che venissero ricondotti davanti a lui. Incatenati e seminudi furono condotti alla presenza del re. Questi, avendoli trovati ancora saldissimi nella fede, allontanate le altre persone, fece entrare
alcune donne e cominciò a dire: «Frati convertitevi alla nostra fede, vi darò queste donne per mogli e molto denaro, e sarete onorati nel mio regno». Ma i beati Martiri risposero: «Non vogliamo né le tue donne né il tuo denaro, ma tutto questo disprezziamo per amore di Cristo». Allora il Sultano montò in furore e, afferrata una scimitarra e separati uno dall'altro i santi frati, spaccò loro la testa, vibrando tre colpi sulla loro fronte; li uccise così di propria mano. R ESPONSORIO ℞ . I santi martiri non paventarono i tormenti dei loro persecutori, e diedero la vita * per possedere eternamente il Signore. ℣. Soffrirono nelle loro membra, per amore di Dio, atroci supplizi: ℞ . per possedere eternamente il Signore.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Grazie alla sua bontà misericordiosa, Dio ci ha santificati venendo a visitarci dall’alto, e per mezzo dei santi martiri ha rischiarato con la luce della fede molti popoli e nazioni. ORAZIONE O Dio, che hai consacrato gli inizi dell'Ordine Serafico con l'eroico martirio di san Berardo e dei suoi compagni, concedi anche a noi di darti la testimonianza della vita, come essi ti hanno dato quella del sangue. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Martiri santi, avete sparso il sangue glorioso; amici di Cristo nella vita, lo avete seguito nella morte: per questo vi è donata la corona di gloria.
19 gennaio
SANTA EUSTOCHIO SMERALDA CALAFATO DA MESSINA, VERGINE II Ordine e Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa
Smeralda di nome e di fatto: doveva essere bellissima la figlia di Bernardo Cofino, se molti sostengono che servì da modella al suo coetaneo Antonello da Messina per dipingere la celebre “Annunziata”. Ma forse è solo una leggenda, che tuttavia nulla toglie alla sua celebrata bellezza di cui anche oggi ci si può rendere conto: perché, dopo più di 500 anni, il suo corpo è ancora miracolosamente incorrotto, ha passato indenne anche il terremoto del 1908 ed è conservato in una teca di vetro in posizione eretta. La “santa in piedi” (come la chiamava Giovanni Paolo II°) nasce a Messina. il 25 marzo 1434. Suo papà, soprannominato Calafato (destinato a diventare il cognome di tutta la famiglia) è un commerciante che esercita anche via mare il trasporto conto terzi, la mamma è un’autentica cristiana che si è lasciata conquistare dallo spirito francescano, si è iscritta al Terz’Ordine e riesce a trasmettere un grande amore per Chiara e Francesco soprattutto alla figlia Smeralda. Che a 11 anni, a sua insaputa, si ritrova fidanzata con un maturo vedovo trentacinquenne e subisce questo legame per due anni, fino a quando cioè il “fidanzato” muore improvvisamente, facendola meditare sulla brevità della vita e sulla necessità di usare bene il tempo. Non ha neppure 14 anni, ma decide di entrare in convento per dedicarsi completamente a Dio. Netto il rifiuto di papà, al quale non mancano certo altre richieste di matrimonio, anche ghiotte, per quella figlia tanto bella: lei rifiuta ogni proposta, scalpita, litiga con papà e cerca addirittura di scappare da casa. La strada per il convento sembra spianarsi il giorno in cui papà muore in Sardegna, durante uno dei suoi frequenti viaggi commerciali, ma adesso sono le monache a non volerla: hanno paura di vedersi incendiare il convento, come i fratelli di Smeralda hanno minacciato di fare. Riesce comunque a realizzare il suo sogno e ad entrare dalle Clarisse ancor prima di compiere 16 anni, ma quello che a lei sembrava essere il paradiso in terra si rivela completamente diverso da come lo aveva immaginato. La vita spirituale si è rilassata; dispense e favoritismi hanno ammorbidito la penitenza per venire incontro alle esigenze delle ragazze di buona famiglia che non hanno voluto rinunciare completamente ai loro agi e alle loro comodità; la badessa, troppo invischiata nelle cose temporali, ha perso di vista lo spirito di povertà che dovrebbe essere proprio delle figlie di Santa Chiara. Smeralda, che insieme al velo ha preso il nome di suor Eustochia, si oppone a questo stile di vita e invoca un ritorno alla Regola originaria, dando lei per prima l’esempio di una vita austera, penitente, intessuta di preghiera e di servizio alle sorelle anziane o ammalate. Inevitabile lo scontro con la badessa e lo strappo doloroso, ma necessario: esce dal convento per fondarne un altro, che più fedelmente segua la Prima Regola di Santa Chiara. Ci riesce a fatica nel 1464, seguita da sua mamma, da una sua sorella e da poche fedelissime, incontrando incomprensioni anche dai Frati Minori Osservanti, che per otto mesi lasciano il nuovo convento senza assistenza religiosa. Quando si stabilisce a Montevergine, il suo monastero si consolida, si ingrandisce e lei lo guida con la saggezza e la spiritualità proprie dei santi. Si spegne a 51 anni, il 20 gennaio 1491
e la firma di Dio sulla sua vita santa sono i miracoli che accompagnano questa suora in vita e in morte, rendendola veneratissima. Nel 1782 Pio VI ne approva il culto “ab immemorabili” e finalmente Giovanni Paolo II°, nel 1988, proclama Eustochia Calafato santa, proprio come già da 5 secoli era ritenuta dai messinesi e dalle Clarisse. A Messina viene festeggiata il 20 gennaio, ma nel calendario per i francescani in Italia la data è quella del 19 gennaio.
Dal Comune delle vergini con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Da una lettera di santa Chiara a santa Agnese di Boemia (S. Chiara di Assisi; Protomonastero di S. Chiara – Assisi, 1969, a cura di Chiara Augista Lainati O.S.C., pp. 120-121) L’anima fedele è dimora di Dio
Colloca la tua mente davanti allo specchio dell’eternità, la tua anima nello splendore della gloria, il tuo Cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e trasfórmati interamente, per mezzo della contemplazione, nell’immagine della divinità di Lui: anche tu proverai allora ciò che è riservato ai suoi amici, gustando la segreta dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall’inizio a coloro che lo amano. Senza concedere nemmeno uno sguardo alle seduzioni che in questo mondo fallace ed irrequieto tendono lacci ai ciechi che vi attaccano il cuore, ama con tutto il tuo essere Colui che per amor tuo tutto si è donato, Colui la cui bellezza è stupore al sole e alla luna, i cui premi sono di un pregio e di una grandezza infiniti: voglio dire quel Figlio dell’Altissimo, che la vergine ha partorito senza cessare d’essere vergine. Stringiti alla sua dolcissima Madre, che nel piccolo chiostro del suo sacro seno raccolse e nel suo grembo verginale portò Colui che i cieli non potevano contenere. Chi non sdegnerebbe con orrore le insidie del nemico del genere umano, che, facendo balenare innanzi agli occhi il luccicore delle cose transitorie e delle glorie fallaci, tenta di annientare ciò che è più grande del cielo? Si, perché è ormai chiaro che la più degna di tutte le creature, cioè l’anima dell’uomo fedele. È per la grazia di Dio più grande del cielo. Mentre il cielo, infatti, con tutte le altre cose create non può contenere il Creatore, l’anima fedele, invece, ed essa sola, è sua dimora e soggiorno, e ciò soltanto in forza della carità, di cui gli empi sono privi. È la stessa Verità che lo assicura, dicendo: «Colui che mi ama, sarà amato dal Padre mio; ed io pure l’amerò; e verremo a lui e in lui dimoreremo». Come, dunque, la gloriosa Vergine delle vergini portò Cristo materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia, specialmente dell’umiltà e povertà, nel tuo corpo casto e verginale puoi sempre, senza alcun dubbio, portarlo spiritualmente.
R ESPONSORIO
Ct 8, 6-7; 6, 2
R. Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, perché forte come la morte è l’amore. * Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me. V. Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo. R. Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me. ORAZIONE O Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature miti e deboli per confondere la potenza del mondo, concedi a noi, che celebriamo la memoria di santa Eustochio vergine, di imitare la sua costanza nell’adempimento della tua volontà. Per il nostro Signore.
20 gennaio
BEATO GIOVANNI BATTISTA TRIQUERIE, SACERDOTE E MARTIRE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE OFM Conv: Memoria facoltativa
Giovanni Battista Triquerie nacque a Laval (Maine, Francia) il 1 luglio 1737. In giovane età era entrato tra i Frati Minori Conventuali di Olonne, di cui fu pure superiore. In seguito, essendo un religioso di singolare pietà e di stretta osservanza, fu eletto cappellano e confessore delle clarisse di diversi monasteri. Dopo la soppressione del convento di Buron presso il quale esercitava il ministero, si ritirò a Laval presso un cugino. Durante la rivoluzione francese rifiutò decisamente di emettere il giuramento imposto dalla legge civile, contrario alla Chiesa, alla quale volle rimanere fedele anche a costo della vita. Per questo fu arrestato il 5 gennaio 1793 e messo in prigione, insieme con altri 13 sacerdoti e religiosi Per i quattordici prigionieri i mesi trascorsero lunghi e monotoni. I vandeani, insorti contro i rivoluzionari, nell’ottobre 1793 erano riusciti ad occupare Laval ed a rimetterli in libertà, ma essendo stati ricacciati quasi subito dall’esercito repubblicano, i sacerdoti furono nuovamente improgionati nell’ex-convento. Il 21 gennaio 1794 ricorreva l’anniversario della decapitazione del re Luigi XVI, che il pontefice Pio VI con la bolla “Quare lacrymae” il 17 giugno 1793 aveva riconosciuto quale martire ucciso in odio alla fede cattolica. Per la commissione rivoluzionaria, volta a punire il fanatismo vandeano, l’anniversario costituiva una data assai propizia per vendicarsi degli scacchi subiti. Perciò. la mattina del 21 gennaio i quattordici sacerdoti progionieri furono condotti al palazzo di giustizia per essere giudicati. L’interrogatorio di Jean-Baptiste Triquerie manifestò in modo inequivocabile il motivo religioso della persecuzione e della condanna. Alla richiesta del giuramento prescritto dalla legge, infatti, egli rispose: “Cittadino, io sono figlio di San Francesco; in forza del mio stato devo essere morto al mondo, ne ignoro quindi le leggi. Mio unico scopo quello di pregare Dio per la mia patria, cosa che non ho mai cessato di fare”. Assai turbato il presidente lo ammonì: “Non venire qui a farci delle prediche. Dal momento che non sei più cappellano delle monache, chi ti ha dato i mezzi per vivere, non avendo tu beni di fortuna?”. Il frate rispose di esserre sopravvissuto grazie alla carità dei fedeli e che sarebbe comunque rimasto “fedele a Gesù Cristo sino all’ultimo respiro”. Anche tutti gli altri sacerdoti rifiutarono categoricamente il giuramento loro richiesto, poiché contrario alla coscienza, e furono perciò condannati alla ghigliottina. Udita la sentenza, i condannati esclamarono “Deo gratias!” e poi si prepararono alla morte confessandosi vicendevolmente. Si misero poi in coda aspettando il loro turno, cantando la Salve Regina ed il Te Deum. A mezzogiorno di quel 21 gennaio 1794 tutto era finito. I corpi dei giustiziati furono seppelliti nelle lande di Croix-Bataille, ma nel 1816, con la restaurazione dell’antico regime, i loro resti furono esumati e traslati nella chiesa di Avesnières. Già durante la Rivoluzione, però, i fedeli non avevano
mai cessato di recarsi a pregare di nascosto sulle loro tombe. Il 19 giugno 1955 giunse finalmente il giorno della glorificazione terrena di questi martiri, che vennero beatificati da Pio XII insieme ad altre cinque vittime uccise singolarmente sempre a Laval.
Dal Comune di un martire, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalla Esortazione Apostolica “Ecclesia in Europa” di Giovanni Paolo II (nn. 6. 13.) Il martirio è la suprema incarnazione del Vangelo della speranza. In un tempo di persecuzione, di tribolazione e di smarrimento per la Chiesa all’epoca dell’Autore dell’Apocalisse (cfr Ap 1,9), la parola che risuona nella visione è una parola di speranza: “Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1,1718). Siamo messi così di fronte al Vangelo, al “lieto annuncio”, che è Gesù Cristo stesso. Egli è il Primo e l’Ultimo: in Lui tutta la storia trova inizio, senso, direzione, compimento; in Lui e con Lui, nella sua morte e risurrezione, tutto è già stato detto. È il Vivente: era morto, ma ora vive per sempre. Egli è l’Agnello che sta ritto in mezzo al trono di Dio (cfr Ap 5,6): è immolato, perché ha effuso il suo sangue per noi sul legno della croce; è ritto in piedi, perché è tornato in vita per sempre e ci ha mostrato l’infinita onnipotenza dell’amore del Padre. Egli tiene saldamente nelle sue mani le sette stelle (cfr Ap 1,16), cioè la Chiesa di Dio perseguitata, in lotta contro il male e contro il peccato, ma che ha ugualmente il diritto di essere lieta e vittoriosa, perché è nelle mani di Colui che ha già vinto il male. Voglio riproporre a tutti, perché non sia mai dimenticato, quel grande segno di speranza costituito dai tanti testimoni della fede cristiana, vissuti nell’ultimo secolo, all’Est come all’Ovest. Essi hanno saputo far proprio il Vangelo in situazioni di ostilità e persecuzione, spesso fino alla prova suprema del sangue. Questi testimoni, in particolare quanti tra di loro hanno affrontato la prova del martirio, sono un segno eloquente e grandioso, che ci è chiesto di contemplare e imitare. Essi ci attestano la vitalità della Chiesa; ci appaiono come una luce per la Chiesa e per l’umanità, perché hanno fatto risplendere nelle tenebre la luce di Cristo. Ancora più radicalmente, essi ci dicono che il martirio è la suprema incarnazione del Vangelo della speranza. I martiri, infatti, annunciano questo Vangelo e lo testimoniano con la loro vita fino all’effusione del sangue, perché sono certi di non poter vivere senza Cristo e sono pronti a morire per lui nella convinzione che Gesù è il Signore e il Salvatore dell’uomo e che, quindi, solo in lui l’uomo trova la pienezza vera della vita. In tal modo, secondo l’ammonimento dell’apostolo Pietro, si mostrano pronti a rendere ragione della speranza che è in loro (cfr 1Pt 3,15). I martiri, inoltre, celebrano
il “Vangelo della speranza”, perché l’offerta della loro vita è la manifestazione più radicale e più grande di quel sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, che costituisce il vero culto spirituale (cfr Rm 12,1), origine, anima e culmine di ogni celebrazione cristiana. Essi, infine, servono il “Vangelo della speranza”, perché con il loro martirio esprimono in grado sommo l’amore e il servizio all’uomo, in quanto dimostrano che l’obbedienza alla legge evangelica genera una vita morale e una convivenza sociale che onora e promuove la dignità e la libertà di ogni persona. R ESPONSORIO
2 Tm 4, 7-8: Fil 3, 8-10
R. Ho combattuto la buona battaglia, sono giunto al traguardo, ho conservato la fede: * ora è pronta per me la corona di giustizia. V. Tutto ho stimato una perdita, pur di conoscere Cristo e partecipare alle sue sofferenze, conforme a lui nella morte: R. ora è pronta per me la corona di giustizia. ORAZIONE Dio onnipotente, che hai concesso al beato Giovanni Battista, sacerdote, di servire fedelmente la tua Chiesa fino al dono supremo della vita, conseguendo la palma del martirio, concedi a noi, animati della stessa carità, di servirti con sincera dedizione e perseveranza. Per il nostro Signore.
27 gennaio SANT’ANGELA MERICI, VERGINE, TERZIARIA FRANCESCANA E
FONDATRICE DELLE ORSOLINE
TOR e Calendario Romano in Italia: Memoria facoltativa
Nacque a Desenzano del Garda (Brescia) nel 1474. in una povera famiglia contadina; entrò giovanissima tra le Terziarie francescane. Rimasta orfana di entrambi i genitori a 15 anni, partì per la Terra Santa. Qui avvenne un fatto insolito. Giunta per vedere i luoghi di Gesù, rimase colpita da cecità temporanea. Dentro di sé, però, vide una luce e una scala che saliva in cielo, dove la attendevano schiere di fanciulle. Capì allora la sua missione. Tornata in patria, nel 1535 fondò a Brescia la Compagnia di Sant'Orsola, congregazione le cui suore sono ovunque note come Orsoline. Le prime aderenti vestivano come le altre ragazze di campagna. La sua idea di aprire scuole per le ragazze era rivoluzionaria per un'epoca in cui l'educazione era privilegio quasi solo maschile. La regola venne stampata dopo la morte, avvenuta a Brescia il 27 gennaio del 1540. Fu beatificata nel 1768 da Papa Clemente XIII e canonizzata nel 1807 da Papa Pio VII.
Dal Comune delle vergini o delle sante: educatrici, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dal "Testamento spirituale" di sant'Angela Merici, vergine. Trattiamo con soavità come Dio Mie carissime madri e sorelle in Gesù Cristo, sforzatevi, coll'aiuto della grazia, di acquistare e conservare in voi tale intenzione e sentimento buono, da essere mosse alla cura e al governo della Compagnia solo per amore di Dio e per lo zelo della salute delle anime. Se tutte le vostre opere saranno così radicate in questa duplice carità, non potranno portare se non buoni e salutieri frutti. Perciò dice il Salvator nostro: "Un albero buono non può produrre frutti cattivi" (Mt 7, 18) come volesse dire che il cuore, quando è informato alla carità, non può produrre se non buone e sante opere. Onde
ancora diceva sant'Agostino: Ama e fà quel che vuoi, come se dicesse chiaramente: La carità non può peccare. Vi supplico ancora di voler ricordare e tenere scolpite nella mente e nel cuore tutte le vostre figliuole ad una ad una; e non solo i loro nomi, ma ancora la condizione e indole e stato ed ogni cosa loro. Il che non vi sarà cosa difficile, se le abbraccerete con viva carità. Anche le madri secondo la carne, se avessero mille figliuoli, tutti se li terrebbero nell'animo totalmente fissi ad uno ad uno, perché così opera il vero amore. Anzi pare che, quanti più ne hanno, tanto più cresca l'amore e la cura particolare per ciascuno. Maggiormente le madri secondo lo spirito possono e devono far questo, perché l'amore secondo lo spirito é, senza confronto, molto più potente dell'amore secondo la carne. Dunque, mie carissime madri, se amerete queste nostre figliuole con viva e sviscerata carità, sarà impossibile che non le abbiate tutte particolarmente impresse nella memoria e nel cuore. Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, e non imperiosamente né con asprezza; ma in tutto vogliate esser piacevoli. Ascoltate Gesù Cristo che raccomanda: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11, 29); e di Dio si legge che "governa con bontà eccellente ogni cosa" (Sap 8, 1). E ancora Gesù Cristo dice: il mio giogo é dolce e il mio carico leggero" (Mt 11, 30). Ecco perché dovete sforzarvi di usare ogni piacevolezza possibile. Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza: poiché Dio ha dato ad ognuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e consiglia. Non dico però che alle volte non si debba usare qualche riprensione ed asprezza a tempo e luogo secondo l'importanza, la condizione e il bisogno delle persone, ma solamente dobbiamo essere mosse a questo dalla carità e dallo zelo delle anime. R ESPONSORIO
Cfr. Ef 5, 8-9; Mt 5, 14. 16
R. Voi siete luce nel Signore: comportatevi come figli della luce. * Frutto della luce è ogni cosa buona, giusta e vera. V. Voi siete la luce del monso: splenda la vostra luce davanti agli uomini R. Frutto della luce è ogni cosa buona, giusta e vera. ORAZIONE O Dio, Padre misericordioso, che in sant’Angela Merici hai dato alla tua Chiesa un modello di carità sapiente e coraggiosa, fa’ che per il suo esempio e la sua intercessione possiamo comprendere e testimoniare la forza rinnovatrice del Vangelo. Per il nostro Signore.
29 gennaio
BEATO FRANCESCO ZIRANO, SACERDOTE E MARTIRE OFM Conv: Memoria facoltativa
Francesco Zirano nacque a Sassari intorno all’anno 1564, in una famiglia di modesti contadini dalla fede genuina. Erano probabilmente quattro fratelli che purtroppo rimasero presto orfani di padre. Profonda era in casa la devozione verso i protomartiri Gavino, Proto e Gianuario e da Sassari partivano annualmente due pellegrinaggi solenni al santuario di Porto Torres, anche a rischio di improvvisi attacchi di corsari a cui la zona era soggetta. Francesco mantenne sempre forte questa devozione. L'infanzia trascorse normale e in un'epoca in cui l'analfabetismo era la norma, ricevette una certa istruzione dai frati di S. Maria di Betlem. Aveva una grande devozione per la Madonna, maturò la vocazione e a soli quindici anni seguiva le regole del convento. A ventidue anni fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo Alfonso de Lorca. Era presente e ne condivideva la gioia il cugino Francesco Serra, figlio di una sorella della madre, che da poco aveva vestito l’abito. Padre Zirano svolse varie mansioni, in chiesa a contatto con i fedeli o in comunità, a servizio dei confratelli, fino a quando, nel 1590, un avvenimento sconvolse la sua vita. Il cugino fu fatto schiavo dai corsari turchi sbarcati in Sardegna e condotto ad Algeri. Per otto anni padre Zirano, mentre svolgeva scrupolosamente i suoi incarichi, di economo, di questuante e di procuratore del convento, soffriva e pregava per l’infelice cugino. Ad un certo punto giunse all’ardita decisione che sarebbe andato a liberarlo. Occorreva reperire il denaro necessario per il riscatto e in Sardegna erano i Mercedari che questuavano per la liberazione degli schiavi. Il 19 marzo 1599 la richiesta di Francesco venne accolta da Clemente VIII che l’autorizzava per un triennio. In essa si legge l’invito a donare con generosità all'umile frate "di circa trentatrè anni, di bassa statura, occhi neri e barba castana". Padre Zirano percorse tutta l’isola per raccogliere le offerte, dando conforto ai familiari di altri schiavi e impegnandosi per la liberazione di alcuni di essi. Nella primavera del 1602, pieno di trepidazione e di speranza, forte nella fede, partì facendo tappa in Spagna dove ebbe dal Re Filippo III per compagno fra Matteo de Aguirre. A sua insaputa però il frate di Maiorca aveva una missione politica da realizzar e, nell’ambito della guerra in atto tra Algeri e il re di Cuco che era sostenuto dagli spagnoli. Resosi conto della difficoltà padre Zirano, travestito da mercante, con un interprete, il 18 agosto partì da Cuco e dopo tre giorni di cammino era sotto le mura di Algeri. La situazione era tesa, si intravedevano le navi spagnole presso l'isola di Ibiza e un bando limitava la libertà dei cristiani. Ultima complicazione fu l'arresto di un rinnegato proveniente da Cuco che portava alcune lettere di fra Matteo a padre Zirano e ad altri cristiani. Le
lettere erano in realtà la rinuncia a occuparsi del riscatto degli schiavi, ma padre Zirano restò prudentemente lontano dalla città. Se ne tornò a Cuco portando con sé quattro cristiani liberati nei dintorni di Algeri e, impossibilitato ad agire, divenne aiutante di fra Matteo. Intanto in carcere il cugino faceva coraggio ai compagni di sventura e aveva imparato l'arabo, tra fatiche e umiliazioni. Il conflitto divenne quindi più acuto. Il Re di Cuco conseguì una vittoria e ritenne opportuno comunicarlo al Re di Spagna. Padre Zirano fu incaricato di portare la lettera, ma forse con una manovra premeditata, fu tradito e consegnato al nemico. Gli avvenimenti furono riferiti in seguito da uno schiavo spagnolo. Francesco fu spogliato, percosso, incatenato e condotto ad Algeri il 6 gennaio 1603. In carcere trovò altri cristiani. Padre Zirano era stato scambiato per frate Matteo de Aguirre, venne isolato e stabilito un enorme riscatto. Ricevette la visita del cugino Francesco Serra che purtroppo ebbe il compito di comunicargli la condanna a morte. Il servo di Dio chiese solo un confessore, ma ciò non fu possibile. Confidando in Dio diede testimonianza ai compagni di galera di restare forti nella fede. Tra la prima e la seconda visita del cugino si tentò il suo invio a Costantinopoli, capitale dell'Impero turco da cui dipendeva anche Algeri. Era in partenza una nave inglese e i soldati che presidiavano Algeri avrebbero inviato padre Zirano per rassicurare i turchi che la guerra contro il re di Cuco non aveva intaccato la loro signoria. Il tentativo fallì a causa del consistente riscatto richiesto. Il 24 gennaio venne radunato il Consiglio della città per decidere senza interrogatorio la condanna. Il Gran Consiglio aveva capito che stava condannando non l'odiato ambasciatore spagnolo, fra Matteo, ma il sardo padre Zirano. Non mancò la proposta infame dell’abiura, ma Francesco non avrebbe mai rinnegato il Signore. Trascorse la notte precedente l'esecuzione in preghiera. Un banditore proclamò per le vie della città che il condannato aveva "rubato" quattro schiavi ed era "una spia". L’esecuzione venne atrocemente eseguita il 25 gennaio del 1603. Vestito con una tunica e con una catena al collo, attraversò l’affollata strada centrale di Algeri tra urla e insulti. Francesco pregava ad alta voce recitando il canto biblico dei tre fanciulli, come raccontò un testimone. Fu scorticato vivo e la pelle, imbottita di paglia, fu esposta presso una porta della città. I cristiani si appropriarono di alcuni lembi, custodendoli. Alcuni arrivarono in Italia, in Sicilia venne portata una mano e la pelle di un braccio, come ci informa un testo del 1605. Oggi se ne è persa notizia. Il cugino, che trovò poi la libertà e poté riscattare a sua volta alcuni schiavi cristiani, r iuscì in seguito a dare al corpo straziato una sepoltura. La fede di padre Zirano suscitò un’ammirazione commossa e la fama del suo martirio è giunta sino ai nostri giorni. È stato beatificato il 12 ottobre 2014 a Sassari, con celebrazione presieduta dal Card. Angelo Amato. Poiché il giorno della sua morte coincide con il 25 gennaio, festa della Conversione di san Paolo la memoria liturgica è stata fissata al 29 gennaio.
Dal Comune di un martire, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalla deposizione sul martirio di Giovanni Andrea da Cagliari. (Antonio Daza, Chronica, pars IV, c. 51, Valladolid 1611, pp. 257-258) Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito In Valladolid, 29 di marzo 1606, davanti a me Francesco di Santander, fra Antonio Daza, a nome dell’Ordine del padre san Francesco, presentò come testimone
Giovanni Andrea Sardo, originario della Sardegna. Dopo aver prestato giuramento in nome di Dio e al simbolo della croce, su cui mise la mano destra secondo la legge, promise di dire la verità sui fatti di cui era a conoscenza. Interrogato riguardo all’istanza, il testimone dichiarò che sul contenuto della petizione ciò che lui sapeva era che: mentre lui era prigioniero nella città di Algeri da oltre di 22 anni, il padre fra Matteo de Aguirre mandò, con una lettera per il re Don Filippo nostro sovrano, il suo compagno fra Francesco di cui non sa il cognome, solo che era un frate, sacerdote, di circa 30 anni, di barba castana, di media statura, originario della città di Sassari del regno di Sardegna. I mori che lo guidavano lo tradirono con l’inganno, per cui invece di condurlo al porto per l’imbarco lo portarono nel territorio dei Turchi, dove fu fatto prigioniero dai ministri del re di Algeri. Non acconsentirono alla richiesta di riscattarlo e ritenendo che fosse il citato fra Matteo de Aguirre lo condannarono a morte. Lo condussero per eseguire la sentenza nella città di Algeri, presso il Diwan cioè il Consiglio, dove fu deciso che lo scorticassero vivo e lo misero in una buca fino alla cintola. Questo testimone vide come i Mori e i Turchi, mentre lo portavano al martirio, cercavano di convincerlo a rinnegare la nostra amata fede cattolica e che il frate Francesco professando e predicando la verità della nostra santa fede, diceva che in essa era nato e in essa voleva morire. Vedendo ciò portarono un boia greco rinnegato, privo di orecchie, il quale affermava che gliele avevano tagliate i cristiani e che l’uomo davanti a lui doveva pagare per questo. Così il teste vide come il boia si avvicinò con un coltello al condannato che aveva le mani legate ed era stato spinto nella citata buca scavata nel terreno; lì gli inferse un taglio dall’orecchio all’indietro, incidendo fino alla vita e il frate Francesco sopportava con grandissima fermezza invocando il santissimo nome di Gesù e di nostra Signora, recitando i salmi. Il boia proseguì scorticandolo con enorme crudeltà. Arrivato alle mani gli tagliava la pelle e amputava le mani all’altezza dei polsi e dopo procedeva alla stessa maniera con i piedi. Mentre gli scorticava i quarti anteriori questo testimone vide che allorché il boia, strappando la pelle, arrivava fino alla bocca dello stomaco, il suddetto fra Francesco, con tremendo dolore, rivolti gli occhi al cielo disse: «Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito: mi hai redento, Signore, Dio fedele». Con queste parole spirò. Il boia finì di scorticarlo e, presa la pelle, la riempì di paglia e la pose in cima alla porta che chiamano di Babason. Buttarono il corpo e le ossa nella campagna. Questo testimone e altri Cristiani schiavi andando a raccoglierli, non trovarono dette ossa, ma venne a sapere che altri le avevano prese e portate in terra di cristiani. R ESPONSORIO
Cf. Gal 6,14; 2,20; Fil 1,29
R. Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, * che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. V. Riguardo a Cristo, a me è stata data la grazia non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui: R. Che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
ORAZIONE O Dio, che hai suscitato nel beato Francesco, sacerdote, il coraggio di rischiare la vita per liberare il prossimo restando fedele a Cristo fino al martirio, per sua intercessione concedi a noi di testimoniare il Vangelo con fede viva, carità operosa, speranza certa. Per il nostro Signore.
30 gennaio
SANTA GIACINTA MARESCOTTI, VERGINE, TERZIARIA Famiglia Francescana: Memoria
Clarice, nacque a Vignanello (Viterbo), diocesi di Civita Castellana, nel 1585, da Marco Antonio e Ottavia Orsini, principi romani. Sognava un marito, non il monastero. Era molto bella e aveva sott’occhio un giovane marchese Capizucchi, ottimo partito per una figlia del principe Marcantonio Marescotti, alta aristocrazia romana. E il principe, infatti, gli dette volentieri in moglie una figlia. Ma non era Clarice. Era Ortensia, la più giovane. Dopodiché Clarice diventò il flagello della casata, insopportabile per tutti. Una delusione simile poteva davvero inasprire chiunque, ma forse le accuse erano anche un po’ gonfiate per giustificare la reazione del padre, che all’età di vent’anni, nel 1605, la fece entrare nel monastero di San Bernardino a Viterbo, dalle Clarisse, dove c’era già sua sorella Ginevra. Qui lei prese il nome di Giacinta, ma senza farsi monaca: scelse lo stato di terziaria francescana, che non comporta clausura stretta. Viveva in due camerette ben arredate con roba di casa sua e partecipava alle attività comuni. Ma non era come le altre. Lo sentiva, glielo facevano sentire: un brutto vivere. Per quindici anni tirò avanti così: una vita "di molte vanità et schiocchezze nella quale hero vissuta nella sacra religione". Parole sue di dopo (dal piccolo diario autografo conservato nell’archivio del convento dei Ss. XII Apostoli, a Roma). C’è un “dopo”, infatti. C’è una profonda trasformazione interiore, dopo una grave malattia di lei e alcune morti in famiglia. Per suor Giacinta cominciano ventiquattro anni straordinari e durissimi, in povertà totale. E di continue penitenze, con asprezze oggi poco comprensibili, ma che rivelano energie nuove e sorprendenti. Dalle due camerette raffinate lei passa a una cella derelitta per vivere di privazioni: ma al tempo stesso, di lì, compie un’opera singolare di “riconquista”. Personaggi lontani dalla fede vi tornano per opera sua, e si fanno suoi collaboratori nell’aiuto ad ammalati e poveri. Un aiuto che Giacinta la penitente vuole sistematico, regolare, per opera di persone fortemente motivate. Questa mistica si fa organizzatrice di istituti assistenziali come quello detto dei “Sacconi” (dal sacco che i confratelli indossano nel loro servizio) che aiuta poveri, malati e detenuti, e che si perpetuerà fino al XX secolo. E come quello degli Oblati di Maria, chiamati a servire i vecchi. Nel monastero che l’ha vista entrare delusa e corrucciata, Giacinta si realizza con una totalità mai sognata, anche come stimolatrice della fede e maestra: la vediamo infatti contrastare il giansenismo nelle sue terre, con incisivi stimoli all’amore e all’adorazione per il sacramento eucaristico. Non sono molti quelli che la conoscono di persona. Muore il 30 gennaio 1640. Subito dopo la sua morte, tutta Viterbo corre alla chiesa dov’è esposta la salma. E tutti si portano via un pezzetto del suo abito, sicché bisognerà rivestirla tre volte. A Viterbo lei resterà per sempre, nella chiesa di San Bernardino del monastero delle Clarisse, distrutta
dalla guerra 1940-45 e ricostruita nel 1959. Fu beatificata da Benedetto XIII il 14 luglio 1726 e canonizzata da Pio VII il 24 maggio 1807.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Lettera di santa Giacinta Marescotti ad un sacerdote (Vita e scritti di santa Giacinta Marescotti. Edizione Monastero S. Bernardino, Viterbo 1982) Il Signore mi dia una scintilla del suo santo amore. “Desidero veramente che durante la preghiera delle «quarantore» lei preghi Gesù, perché mi liberi da tanta negligenza nel suo santo servizio e che mi dia la grazia, mentre sono in vita, di rallegrarmi e consolarmi solo in lui; che nessuna delle cose create mi sembri dolce e bella se non quelle che mostrano impresse in sé l’immagine del suo santissimo nome; e che, seguendo il suo esempio, mi faccia vivere in santa povertà, come vivevano quelle prime religiose fondate da santa Chiara e infine che mi dia almeno una scintilla del suo santo amore. E perciò le chiedo che durante il Sacrificio della santa Messa, quando avrà Gesù tra le mani, lo preghi e lo invochi. E si fermi alquanto a pregarlo con tutto il fervore possibile del suo animo e se lo faccia promettere. Sebbene io non meriti nulla, questo però lo domando a lui per la sua maggiore gloria. Metta questa mia richiesta, per ottenere l’esaudimento, nelle mani della gloriosissima Vergine, mio caro ed amabile sostegno, affinché la presenti al suo santissimo Figlio. E siccome mi sono tutta consacrata , promettendole di non più affezionarmi ai parenti, né agli animi, né a qualsiasi altra creatura, se non a ciò che è in Gesù ed a Gesù appartiene, ed avendo fatto per amore della Vergine molte rinunce che mi sono state dure ai sensi, così preghi Maria affinché ponga fine in me ad ogni amor proprio e mi stringa con ogni fortezza solamente alla croce del suo santissimo Figlio, facendomi morire al mondo e a me stessa. Chiami l’arcangelo Raffaele a me tanto caro, che per quel fuoco d’amore che gode, riscaldi il mio spirito nel divino amore del suo e nostro Creatore. Chiami san Lorenzo, mio glorioso aiuto nelle cadute e nelle fragilità, che mi rialzi per quel particolare amore che gli porto. Domandi per lei aiuto e grazia a Dio, per compiere la sua volontà ed ogni altra cosa che lui desidera. Anche io l’aiuterò come potrò, sebbene sia tanto miserabile e cattiva. E la stessa cosa la faccia chiedere nella preghiera a tutti gli altri religiosi, leggendo anche a loro questa mia richiesta. Gesù sia sempre con me”.
R ESPONSORIO
Cfr. Rm 8, 1-2. 6. 17
R. I desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. * Partecipiamo alle sofferenze di Cristo per partecipare anche alla sua gloria. V. Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, perché egli ci ha liberati dalla legge del peccato e della morte. R. Partecipiamo alle sofferenze di Cristo, per partecipare anche alla sua gloria. Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine I NNO dal comune delle vergini oppure il seguente (dal proprio delle clarisse). Giacinta, candido fiore modello di tanta fede, accogli inni di gloria che fervidi sciogliamo. Tu che seguisti la voce del tuo Signore e Sposo e nell’ora della morte alla gloria ascendesti. Nel cuore portasti impresse le ferite dell’Amore, il corpo insanguinasti con spine e duri flagelli. Spinta da santo ardore, tu soccorresti i poveri e guidasti i peccatori sulla via del Signore. Raduna i tuoi devoti attorno a Gesù e Maria, perché l’amor ricambiamo del Figlio e della Madre. A Dio, Unico e Trino, salga onore e gloria
che di Giacinta l’anima chiamò all’eterne nozze. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Ant. al Ben. La mia gloria è nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per il quale il mondo è per me crocifisso ed io per il mondo. ORAZIONE O Dio, che in santa Giacinta vergine hai dato al popolo cristiano un sublime esempio di eroica penitenza e di carità verso il prossimo, per sua intercessione concedi anche a noi di espiare le nostre colpe nella pratica assidua della mortificazione e nell’amore verso i fratelli sofferenti. Per il nostro Signore.
Vespri I NNO dal comune delle vergini oppure il seguente (dal proprio delle clarisse). Giacinta, fosti vittima di amore e penitenza e seguisti con ardore la parola del Signore. Portasti nel tuo corpo i segni della passione: con te accogliam la Croce sulla strada del dolore. Donasti a Cristo Signore un cuore acceso d’amore, ottienici dal Signore il perdono delle colpe. Guida la nostra vita verso sentieri fulgidi, riscalda i cuori gelidi del tuo santo ardore.
A Dio, Unico e Trino, salga onore e gloria che di Giacinta l’anima chiamò all’eterne nozze. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Ant. al Magn. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Orazione come alle lodi mattutine
FEBBRAIO 4 febbraio
SAN GIUSEPPE DESIDERI DA LEONESSA, SACERDOTE OFM Capp: Memoria
Eufranio Desideri nacque a Leonessa (Rieti) l’8 gennaio 1556. Famiglia importante, ricca e appartenente alla nobiltà del paese, ma sfortunata: i genitori, Giovanni Desideri e Francesca Paolini, muoiono in breve tempo quando lui è ancora piccolo. Fu accolto dallo zio paterno, Battista, “maestro di umanità” a Viterbo, sotto la cui guida si poté formare un’educazione religiosa e una notevole cultura. Ornato di eccellenti doti, non gli mancarono le prospettive di un ambito matrimonio, ma egli dimostrò di avere altre aspirazioni e costantemente rifiutò le proposte caldeggiate dai parenti. Colpito da grave malattia, fu consigliato di ritornare al paese natale dove cominciò a frequentare il convento dei Cappuccini e, in occasione di una visita del provinciale dell’Umbria, chiese di essere accolto in religione. Fece il suo noviziato alle Carcerelle di Assisi, vestendo l’abito a 17 anni nel gennaio 1572 e mutando il nome di Eufranio in quello di fra Giuseppe. I famigliari cercarono invano di strapparlo al convento, adducendo la necessità di assistenza che avevano le quattro sorelle, ma Giuseppe ai richiami del sangue, preferì la voce di Dio e, trascorso nel fervore l’anno di prova, fu avviato allo studio della filosofia e della teologia. Cominciò inoltre a distinguersi in modo particolare per lo spirito di penitenza. Prosegue negli studi teologici fino al sacerdozio (1580) e fa le sue prime esperienze di predicatore nelle campagne dell’Italia centrale. Il suo sogno, però, è la missione. E si realizza per lui a 31 anni, quando il suo Ordine lo manda con altri a Costantinopoli, l’antica capitale dell’Impero romano d’Oriente, che da un secolo è capitale dell’Impero turco (l’ha conquistata nel 1453 il sultano Maometto II sconfiggendo Costantino XI, l’ultimo imperatore, caduto in combattimento con gli ultimi difensori: greci, genovesi e veneziani). I turchi hanno lasciato al loro posto il patriarca e i vescovi “orientali”, cioè separati dalla Chiesa di Roma in seguito allo scisma nel 1094. I vescovi cattolici sono stati invece colpiti e allontanati. Tra i fedeli, molti vivono in schiavitù, e altri sono isolati e dispersi intorno a chiese in rovina. I missionari cappuccini hanno un loro programma graduale nella metropoli d’Oriente: assistenza ai cattolici in prigionia, ai malati, collegamento con i gruppi cattolici occidentali che sono a Costantinopoli per lavoro e commercio. E così fa lui, fra Giuseppe. Ma il suo temperamentolo spinge a fare di più, e subito: pensa di annunciare il Vangelo anche ai turchi, di rivolgersi personalmente al sultano Murad III. Anzi, tenta di infilarsi nel suo palazzo. E così lo arrestano come sovversivo, poi lo tengono per tre giorni appeso per una mano e un piede a un’alta trave, sotto la quale è acceso un fuoco. La tradizione vuole che egli sia stato salvato miracolosamente da un angelo. Infine, espulso, torna in Italia.
Rientrato in Italia, riprese con rinnovato fervore il ministero della predicazione itinerante, accompagnato da qualche confratello; e sempre a piedi, nello stile cappuccino (così può vedere il mondo con gli occhi di coloro che a piedi vivono e muoiono) accompagnandolo con costanti ed eroici esercizi di penitenza. Si impone ritmi quasi incredibili, che sfiancano i suoi compagni di missione: anche sei-sette prediche in un giorno; e pochissimo riposo, perché è importantissimo anche il colloquio con la persona singola, la famiglia singola. O con chi è condannato a morte e lo vuole accanto a sé nel carcere, per le ultime ore di vita. Per i malati, si sforza di far sorgere piccoli ospedali e ricoveri; a volte ci lavora anche con le braccia. E combatte l’usura che dissangua le famiglie, facendo nascere Monti di Pietà e Monti frumentari, per il piccolo credito a tasso sopportabile. Si nutriva con pochi legumi, o un po’ di pane macerato nell’acqua; dormiva su due sassi e un sacco di paglia, e continuava nella sua attività instancabile, arrivando a tenere anche otto prediche al giorno in luoghi diversi e distanti. Alla sua predicazione diede un carattere popolare, favorendo la pacificazione degli animi e il sollievo dei poveri, istituendo Monti di Pietà e Monti Frumentari, erigendo e riparando ospedali. Dagli Atti del processo di beatificazione risulta che Iddio lo favorì del dono dei miracoli, della scrutazione dei cuori, e di particolari grazie di orazione. Nella comunità ebbe l’ufficio di superiore locale e di segretario provinciale. Dio, che gli aveva risparmiato il martirio, gli riservò per purificazione una grave malattia che richiese un dolorosissimo quanto inefficace intervento. Trasferito nel convento di Amatrice, dove era superiore un suo nipote, Giuseppe si preparò serenamente alla morte che sopraggiunse, accompagnata da miracoli, il 4 febbraio 1612; aveva cinquantasette anni. Il suo venerato corpo, per volontà dei maggiorenti della città, fu sottoposto ad uno speciale intervento di conservazione e venne inumato nella chiesa conventuale di Amatrice, da dove, nel 1639, fu trasferito alla sua città natale, dove tuttora si venera. Fu beatificato da Clemente XII nel 1737 e canonizzato da Benedetto XIV il 29 giugno 1746; la festa liturgica è celebrata dal suo Ordine il 4 febbraio. Si conservano di lui lettere e prediche di cui alcune edite. Iconograficamente, è rappresentato sospes o sul patibolo o nell’atto di predicare.
Dal Comune dei pastori con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Da una predica di san Giuseppe da Leonessa (Da «Analecta» dell'Ordine dei Minori Cappuccini, 1897, pp. 281-283) Ogni cristiano è come un libro vivente di dottrina evangelica Il Vangelo e la buona novella dell'Avvento del Signore nel mondo per mezzo della Vergine non dev'essere scritto soltanto su pagine di carta, ma soprattutto nell'intimo del nostro cuore. Infatti fra la legge di Mosè e la legge di grazia c'è questa differenza: quella fu scolpita su tavole di pietra, questa invece si chiama legge di grazia, perché attraverso l'infusione della grazia dello Spirito Santo viene impressa nel cuore degli uomini. Così era stato promesso da Dio per mezzo di Geremia, che dice: «Stabilirò con voi il mio patto, non come quello che stabilii con i vostri padri». E riguardo a questo nuovo patto soggiunge: «Imprimerò la mia legge nel loro cuore». Quindi ogni cristiano
dev'essere un libro vivente, in cui si possa leggere la dottrina evangelica. Così diceva san Paolo ai Corinzi: «Siete voi la nostra lettera, scritta non con l'inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente attraverso il nostro ministero, non in tavole di pietra, ma sulle tavole di carne del cuore». Il foglio è il nostro cuore, chi scrive è lo Spirito Santo attraverso il mio ministero, perché «la mia lingua è come calamo di scriba che scrive velocemente». E Dio voglia che la lingua del predicatore, mossa dallo Spirito Santo, bagnata nel Sangue dell'Agnello immacolato, scriva oggi velocemente nei vostri cuori! Ma come si potrà scrivere sopra un foglio già scritto? Se non si cancella lo scritto precedente, non ci si può scrivere di nuovo. Nel vostro cuore c'è scritta l'avarizia, la superbia, superbia, la lussuria e gli gli altri altri vizi. Come ci potremo scrivere l'umiltà, l'onestà e le altre virtù, se i precedenti vizi non vengono cancellati? Se gli uomini portassero impresso in sé uno scritto di questo genere, sarebbero come un libro santo e con la loro condotta esemplare sarebbero di insegnamento agli altri. Perciò Paolo soggiunge nel passo sopra citato: «Voi siete una lettera che tutti possono leggere e conoscere». I superiori e i predicatori devono procedere in modo da attrarre delicatamente tutti sulla via della verità, giacché tutti non si possono convincere con gli stessi mezzi. Per questo Paolo, zelantissimo ministro di Cristo e conquistatore di anime, diceva: «Mi son fatto Giudeo con i Giudei e come uno che è sciolto dalla legge mosaica con coloro che non sono sottomessi alla legge». Insomma, si adattava a tutti; quindi conclude: «Mi son fatto tutto a tutti, per guadagnare tutti a Cristo». R ESPONSORIO ESPONSORIO
Cfr. 1 Cor 9, 26-27. 22
℞ . Io corro, ma non come chi è senza meta, e tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù * per salvare le anime. ℣. Mi sono fatto tutto a tutti ℞ . per salvare le anime. Oppure (tratta dal proprio dell’Arcidiocesi di Perugia) : Preghiera di san Giuseppe da Leonessa in preparazione all’ordinazione sacerdotale. sacerdotale. (Cfr. Collectanea concionatoria, cod. 19, f. 1r) Ora per sempre affido me stesso alla tua benedetta fedeltà Onnipotente misericordiosissimo Iddio, che me, indegno tuo servo, chiamato paternamente all’età di sedici anni dagli studi umanistici e le attività liberali, hai fatto ormai giungere alla fine del corso di sacra teologia, concedi benevolmente che io, credente e professante la fede cattolica, sempre, in tutto e sopra ogni cosa, col più grande amore a te, desiderando ardentemente ardentemente l’onor tuo ed il bene del prossimo, e pienamente sottomesso in tutto al giudizio di Santa madre Chiesa, giammai irretito in alcun errore neppur minimo, né con le parole né con gli scritti possa sembrare voler
dissentire o separarmi da te o dalla Chiesa. Tanto è grande in me, o Padre dolcissimo, il tuo dolce amore e tanto mi sta a cuore l’integrità della tua Chiesa, che per me, pur perdendoci la vita, mai può esserci esserci qualcosa di così giocondo della stessa occasione di poter mostrare veramente con il mio sangue, per tuo divin favore, quanto q uanto io sempre desideri onorarti, con il più profondo rispetto e timore e tremore, nella verità della tua Chiesa. Accogli perciò, Padre d’ogni clemenza, questa modesta offerta del mio perpetuo anche se indegno servizio, e se con il tuo aiuto ho compiuto qualcosa degno di lode, guardala propizio e perdona con clemenza quel che ho fatto con trascuratezza o per ignoranza. Se tuttavia (che non avvenga mai!) un qualche errore, quanto alle parole o agli scritti, debba ricadere su di me miserabile, attribuiscilo, ti prego, alla mia povera sprovvedutezza e alla negligenza di me che prendo appunti con rapidità, più che a cattiva volontà, ed abbimi per scusato al di là d’ogni falsità. Per la qual cosa ora per sempre affido me stesso alla tua benedetta fedeltà e alla singolare custodia della mia santissima tutrice Maria, del mio angelo custode e di tutti i santi angeli, e nel seno della tua Chiesa oggi e ogni giorno e nell’ora della mia morte umilmente affido tutti i pensieri, le parole, pa role, le azioni mie, e l’anima ed il corpo, in maniera che servendo te sino alla fine con ogni umiltà, u miltà, sotto la guida del mio beatissimo padre san Francesco e per suo mezzo sempre a te caro restando, correndo senza alcun inciampo la via dei comandamenti, possa p ossa finalmente giungere a te con ogni tranquillità, Padre mio vero. Te lo chiedo per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo figlio, il quale, di grazia, con il suo affetto mi visiti, mi protegga, mi sostenga sempre, adesso e nell’ora n ell’ora della morte. Amen. Perugia, 1580 R ESPONSORIO ESPONSORIO
Fil 3, 12. 13-14; Gal 2, 20
R. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che R. So mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, * perché anch’io sono stato stato conquistato da Cristo Cristo Gesù. V. Questa V. Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me, R. perché R. perché anch’io sono stato conquistato conquistato da Cristo Cristo Gesù.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Annunziava Ben. Annunziava il messaggio di Cristo, e la mano del Signore era su di lui. ORAZIONE O Dio, che ci hai dato in san Giuseppe da Leonessa un infaticabile predicatore del Vangelo, concedi a noi, per sua intercessione, di essere animati dallo stesso zelo
perché attraverso attraverso l’annuncio l’annuncio della Parola e la testimonianza della vita ogni ogni uomo possa giungere a conoscerti. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Mi Magn. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo.
6 febbraio
SAN PIETRO BATTISTA BLÁZQUEZ, PAOLO MIKI E COMPAGNI, PROTOMARTIRI DEL GIAPPONE Calendario Romano e Famiglia Francescana: Memoria
Paolo Miki nacque in Giappone a Kyoto tra il 1564 e il 1566 in una famiglia benestante e fu battezzato a cinque cinque anni. Entra in un collegio collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni anni è novizio, il primo religioso cattolico giapponese. Diventa un esperto della religiosità orientale e viene destinato, con successo, successo, alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddisti. Il cristianesimo è penetrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio. Paolo Miki vive anni fecondi percorrendo continuamente continuamente il paese e predicando con gran frutto il Vangelo ai suoi connazionali. Nel 1582- 1584 c’è la prima volta a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma proprio Hideyoshi capovolge capovolge la politica verso i cristiani diventando da tollerante a persecutore. E questo per un complesso di motivi: il timore che il cristianesimo minacci l’unità nazionale, già indeb olita dai feudatari; il comportamento offensivo e minaccioso di marinai cristiani (spagnoli) arrivati in Giappone; e anche i gravi dissidi tra gli stessi missionari dei vari Ordini in terra giapponese, tristi fattori di diffidenza. Un insieme di fatti e di sospetti che porterà a spietati eccidi di cristiani nel secolo successivo. Pietro Battista Blazquez, nato in Castiglia a Santo Steano, presso Avila, da nobile famiglia nel 1542, studiò all’università di Salamanca e poi si fece Frate Minore nel 1564. Lettore di teologia e filosofia, superiore in varie comunità, nel 1580 decise di andare in missione. Prima stette in Messico (1581) fondando vari conventi, poi nel 1583 andò nelle Filippine, grande apostolo nel proteggere i poveri dai potenti. potenti. A seguito dell’espulsione nel 1587 dei Gesuiti dal Giappone, i Frati Minori allora presenti nelle Filippine, chiesero, il 25 gennaio 1585, l’autorizzazione a Gregorio XIII di poterli sostituire. I Frati iniziarono una predicazione aperta e pubblica. Pietro Battista, inviato da Manila come ambasciatore e missionario in Giappone (1593), essendo stato ben accolto dall'imperatore, cominciò il suo apostolato di predicazione in Giappone, vivendo in povertà. Poté fondare tre conventi e due ospedali per poveri e lebbrosi. Ottenendo anche numerose numerose conversioni. Dotato del dono dei miracoli, nella festa di Pentecoste guarì una giovanotta lebbrosa. Per le complicazioni politiche tra la Spagna e il Giappone, si ebbe la reazione dello ‘shogun’ Hideyoshi, che emanò l’ordine di imprigionare i francescani e i neofiti giapponesi. I primi arresti vi furono il 9 dicembre dicembre del 1596 e i 26 arrestati subirono il martirio il 5 febbraio 1597. 1597. Si tratta di tre Gesuiti giapponesi giapponesi (fra cui Paolo Miki), sei Frati Minori e 17 Terziari francescani. Altri Francescani che subirono il martirio: Martino de Aguirre dell’Ascensione, Francesco Blanco, Filippo de Las Casas di Gesù, Francesco de la Parrilla di San Michele, Gonsalvo García. I Protomartiri del Giappone furono crocifissi e trafitti nella zona di Nagasaki, che prese poi il nome di “santa collina”, e proclamati santi da Pio IX l’8 giugno 1862.
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalle Lettere di San Pietro Battista Blasquez, (dei giorni 4 gennaio e 2 febbraio 1597, in A.I.A. 1916, pp.303-309) Perdiamo la nostra vita per la predicazione del Vangelo Dei frati (francescani) che ci troviamo qui, q ui, sei siamo stati presi e per molti giorni tenuti in carcere. La stessa sorte è toccata a 17 nostri terziari giapponesi, a un sacerdote della Compagnia di Gesù (il giapponese padre Paolo Miki) e a due suoi catechisti. Siamo ora in viaggio in questi freddi mesi invernali, ci conducono con cavalli sotto una così stretta sorveglianza che alcuni giorni hanno dovuto impiegare più di duecento soldati per custodirci. Ciò nonostante, ripieni di consolazione e di gioia nel Signore, andiamo avanti, poiché nella sentenza emessa contro di noi è stato stato detto che saremo crocifissi crocifissi per aver predicato il santo Vangelo; Vangelo; gli altri, perché perché seguaci del Vangelo. Per coloro che desiderano d esiderano morire per Cristo, ora si presenta una buona occasione. Sono persuaso che i fedeli di questo luogo si sentirebbero molto confortati se qui ci fossero i religiosi del nostro Ordine; ma siamo certi che fino a che in Giappone comanderà questo re, non potrebbero restare a lungo con il nostro abito, perché presto li metterebbe a morte, come ora avviene di noi. La sentenza di morte pronunciata su di noi è scritta su una tavola, che ci precede nel nostro itinerario. Riprendiamo il discorso: ad un certo momento ci hanno scarcerati e fatti salire su carri. Tagliataci una parte dell’orecchio, ci hanno condotti per le vie di Meàko Meàko accompagnati da molte persone e soldati. Poi ci hanno nuovamente nu ovamente riportati in carcere. Il giorno seguente con le mani legate dietro la schiena, a cavallo ci hanno condotti ad Osaka e ci hanno fatto girare per quella ed altre città. Non mancava mai il banditore nel nostro nostro girovagare; egli ci precedeva sempre. sempre. Sapevamo che eravamo stati condannati a morte, ma solo a Osaka siamo stati informati che ci dirigevamo a Nagasaki Nag asaki per esservi crocifissi. La vostra carità ci raccomandi molto al Signore, perché il nostro sacrificio sia a lui gradito. Stando a quello che ch e ho sentito, dovrebbero consumare il nostro martirio venerdì prossimo; infatti proprio di venerdì, ci tagliarono una parte dell’orecchio a Meàko: cosa che abbiamo accettato come un dono di Dio.
Per questo tutti noi ci raccomandiamo fervidamente perché preghiate per noi e per la nostra santa santa perseveranza. Fratelli carissimi, aiutateci con le vostre preghiere perché la nostra morte sia accetta alla divina Maestà. Nel cielo, dove a Dio piacendo speriamo di arrivare, ci c i ricorderemo di voi; ma anche qui non mi sono dimenticato della vostra carità: con tutto il cuore vi ho amati e vi amo. La pace e l’amore del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti tutti voi. Vi saluto fratelli carissimi. Ormai non c’è più tempo per parlare. Arrivederci in cielo. Ricordatevi di me e di noi tutti. R ESPONSORIO ESPONSORIO
Cfr. Gal 6, 14; Fil 1,29
R. Di null’altro mai ci glorieremo se non della croce del Signore Gesù Cristo. Egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione: * per mezzo suo siamo stati salvati e liberati. V. A V. A voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui: R. per R. per mezzo suo siamo stati salvati e liberati. Si riporta anche la seconda lettura prevista nel Calendario Romano per la memoria di Paolo Miki e compagni: Dalla «Storia del martirio dei santi Paolo Miki e compagni» scritta da un autore contemporaneo (Cap. 14, 109-110; Acta Sanctorum Febr. 1, 769) Sarete miei testimoni Piantate le croci, fu meraviglioso vedere in tutti quella fortezza alla quale li esortava sia Padre Pasio, sia Padre Rodriguez. Il Padre commissario si mantenne sempre in piedi, quasi senza muoversi, con gli occhi rivolti al cielo. Fratel Martino cantava alcuni salmi per ringraziare la bontà divina, aggiungendo il versetto: «Mi affido alle tue mani» (Sal 30, 6). Anche Fratel Francesco Blanco rendeva grazie a Dio ad alta voce. Fratel Gonsalvo a voce altissima recitava il Padre nostro e l'Ave Maria. Il nostro fratello Paolo Miki, vedendosi innalzato sul pulpito più onorifico che mai avesse avuto, per prima cosa dichiaro ai presenti di essere giapponese e di appartenere alla Compagnia di Gesù, di morire per aver annunziato il vangelo e di ringraziare Dio per un beneficio così prezioso. Quindi soggiunse: «Giunto a questo istante, penso che nessuno tra voi creda che voglia vog lia tacere la verità. Dichiaro pertanto a voi che non c'è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani. Poiché questa mi insegna a perdonare ai nemici e a tutti quelli che mi hanno offeso, io volentieri perdono all'imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano».
Si rivolse quindi ai compagni, giunti ormai all'estrema battaglia, e cominciò a dir loro parole di incoraggiamento. Sui volti di tutti appariva una certa letizia, ma in Ludovico era particolare. A lui gridava un altro cristiano che presto sarebbe stato in paradiso, ed egli, con gesti pieni di gioia, delle dita e di tutto il corpo, attirò su di sé gli sguardi di tutti gli spettatori. Antonio, che stava di fianco a Ludovico, con gli occhi fissi al cielo, dopo aver invocato il santissimo nome di Gesù e di Maria, intonò il salmo Laudate, pueri, Dominum, che aveva imparato a Nagasaki durante l'istruzione catechista; in essa infatti vengono insegnati ai fanciulli alcuni salmi a questo scopo. Altri infine ripetevano: «Gesù! Maria!», con volto sereno. Alcuni esortavano anche i circostanti ad una degna vita cristiana; con questi e altri gesti simili dimostravano la loro prontezza di fronte alla morte. Allora quattro carnefici cominciarono ad estrarre dal fodero le spade in uso presso i giapponesi. Alla loro orribile vista tutti i fedeli gridarono: «Gesù! Maria!» e quel che è più, p iù, seguì un compassionevole lamento di più persone, p ersone, che salì fino al cielo. I loro carnefici con un primo e un secondo colpo, in brevissimo tempo, li uccisero. R ESPONSORIO ESPONSORIO
Cfr. Gal 6, 14; Fil 1,29
R. Il nostro unico vanto è nella croce del Signore Gesù Cristo, vita e salvezza e R. Il risurrezione per noi: * egli ci ha salvati e liberati. V. A V. A voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui: R. egli R. egli ci ha salvati e liberati. Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori Per virtù di colui che ci ha amati. ORAZIONE O Dio, forza dei martiri, che hai chiamato alla gloria eterna i santi Pietro Battista, Paolo Miki e i loro compagni attraverso il martirio della croce, concedi anche a noi, per loro intercessione, di testimoniare in vita e in morte la fede del nostro battesimo. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Cristo portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo perla giustizia. Orazione come alle Lodi mattutine.
7 febbraio
SANTA COLETA BOYLET DA CORBIE, VERGINE, RELIGIOSA TERZIARIA FRANCESCANA, POI RIFORMATRICE DEL II ORDINE Famiglia Francescana: Memoria II Ordine: Festa
E’ nata a Corbie in Francia il 13 gennaio 1381, quando ormai i genitori – Roberto Boylet (che lavorava comecarpentiere nel monstero benedettino) e sua moglie Caterina – non speravano più di avere figli. Questa santa fu regalata ai suoi genitori, in quanto sua madre la ebbe quando aveva già 60 anni, nonostante il suo desiderio di un figlio e anni di preghiera per averlo, non era mai stato mai esaudito. Dopo l’intercessione dell’allora tanto venerato S. Nicola di Bari, l’anziana signora il 13 gennaio1381 concepì la bambina, che chiamò, per ricordare il Santo, Nicoletta, abbreviata con Coletta. Già da bambina, Coletta fu particolarmente seria e si impegnava in opere di carità e mortificazione. Intraprese la sua particolare esperienza religiosa a 18 anni, dopo la morte dei genitori, dopo aver distribuito ai poveri le sue ricchezze. Dopo essere stata tra le beghine, poi tra le benedettine e tra le clarisse, vestì poi l’abito del Terz’Ordine francescano e condusse, in seguito, una vita di ancora maggiore abnegazione e penitenza, vivendo per tre anni come reclusa, presso la chiesa di Corbie. Conclude la sua esperienza a 25 anni su consiglio del francescano Enrico di Baume, tornando fra le clarisse, perché si sente chiamata alla riforma degli ordini religiosi istituiti da san Francesco e santa Chiara. La discplina delle clarisse infatti lasciava in alcune parti a desiderare. Per questo scopo passò all’ordine delle clarisse e fece nel 1406 a Nizza, davanti a Papa Benedetto XIII (Petrus de Luma), la professione dei voti. Da egli ottenne tutti i permessi per le necessarie riforme dell’ordine. Noncurante di tutti gli ostacoli, riuscì a realizzarle, riportando molti monasteri alla originale severità delle regole dell’ordine. Fondò inoltre 17 nuovi monasteri, le cui religiose si chiamano da allora ‘le colette’. Siamo ai tempi dello scisma d’Occidente, con papi e antipapi eletti da gruppi diversi di cardinali e ciascuno riconosciuto da una parte degli Stati europei. Dopo la morte di Gregorio XI (1378), a Roma si sono succeduti Urbano VI (Bartolomeo Prignano), Bonifacio IX (Pietro Tomacelli), Innocenzo VII (Cosimo Migliorati) e infine Gregorio XII (Angelo Correr). E a lui si oppone da Avignone lo spagnolo Pedro de Luna (Benedetto XIII), successore dell’altro antipapa avignonese, Roberto di Ginevra, chiamato Clemente VI. (In qualche momento saranno addirittura in tre a chiamarsi papa, finché al Concilio di Costanza, grazie alla rinuncia di Gregorio XII, verrà eletto unico pontefice Martino V, Oddone Colonna). E ci sono futuri santi da una parte e dall’altra: Caterina da Siena e Caterina di Svezia stanno col papa di Roma, mentre ai due avignonesi aderiscono Vincenzo Ferreri e appunto Colette. Per alcuni anni, lei vede fallire gli sforzi di riforma, e solo nel 1410 ha il suo primo monastero rinnovato a Besançon, seguìto poi da altri 16.
Accolgono la sua riforma anche alcuni conventi maschili, sempre sotto i loro superiori. Povertà senza attenuazioni, tenore di vita restituito all’originaria austerità, vita di preghiera personale e comunitaria, molta penitenza per l’unità della Chiesa. La rifo rma è tutta qui, animata però dal suo esempio, che entusiasma nei monasteri e fuori. Acquista fama di scrutatrice delle coscienze, capace di profezie e di clamorosi miracoli: addirittura risurrezioni, si afferma. La validità di questa riforma (approvata nel 1434 dal Ministro generale francescano e nel 1458 da Pio II) è testimoniata dalla sua tenuta nel tempo. Questa santa francescana, fu per molti aspetti una bambina prodigiosa e dotata di straordinari carismi: della vita di questa suora, che con eroica fede compì le richieste di Dio, sono note le estasi, levitazioni, profezie, sguardo al cuore e rivelazioni sulla vita dei defunti nell’aldilà nonché sorprendenti miracoli, fra cui anche resurrezioni. Fu anche nota la sua straordinaria volontà nel rispettare le originali leggi severe dell’ordine delle clarisse. Non può quindi stupire il fatto che, in tale esistenza, si siano verificate diverse volte interventi da parte degli angeli. Il francescano Pietro de Vaux, che la conosceva personalmente molto bene e che fu presente al momento della sua morte, il 6 marzo del 1447 a Gent (Belgio) racconta anche, oltre a tanti altri miracolosi eventi della vita di S. Coletta, di diverse apparizioni angeliche: diversi benefattori di S. Coletta, attaccati nel peggior dei modi da persone di animo cattivo, furono, in seguito alle preghiere di S. Coletta, protetti e tutelati dagli angeli. Anche lei stessa ricevette più di una volta l’aiuto e la protezione, tangibili e vistosi, degli angeli durante difficili prove ed afflizioni, soprattutto in momenti un cui fu perseguitata da spiriti maligni. Durante la morte di S. Coletta si sentì nei monasteri riformati e da lei particolarmente amati un canto meraviglioso degli angeli, durante il quale uno di loro diffuse il messaggio: ”la vener abile suora Coletta è tornata dal Signore.” Una suora, avente anch’essa particolari virtù e carismi, vide, al momento della morte della S. Coletta, una grande schiera celeste, nel cui centro l’anima della defunta venne portata con meravigliose melodie alla beatitudine di Dio. Beatificata nel 1604, Papa Pio VII santificò Coletta, che giustamente viene chiamata la seconda madre delle clarisse, il 24 maggio del 1807. Il suo corpo riposa a Poligny. Ma i monasteri “collettini” continueranno a vivere sulla linea tracciata da lei. Il XX secolo ne vedrà sempre attivi circa 140, per la maggior parte in Europa, ma anche in America, in Asia e in Africa.
Dal Comune delle vergini con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture I NNO dal Comune delle vergini, oppure (dal proprio delle Clarisse): Celebriamo con canti di lode questa donna dall’animo forte, che diffonde dovunque nel mondo l’ideale di vita cristiana. Progredì nell’amore per Cristo, rifiutò le lusinghe terrene; ella scelse la strada scoscesa che conduce alla gloria del cielo.
Moderò i desideri del corpo con digiuni e frequenti preghiere; si nutrì con il pane di Cristo e raggiunse la gloria del cielo. Cristo Re, che sei forza dei santi, solo tu fai prodigi grandiosi; per le sue preghiere, concedi quelle grazie che a te noi chiediamo. Sia gloria a Cristo Signore per la santa che oggi onoriamo; per i meriti suoi ci conceda la speranza dei beni futuri. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. SECONDA LETTURA Dal «Testamento spirituale» di santa Coleta (E. S. M. Perrin, La belle vie de Sainte Colette de Corbbie, Paris 1920, pp. 274-277) L'umile obbedienza è preziosa al cospetto di Dio Figlie dilettissime, prendete coscienza della vostra vocazione, della vostra grande dignità e della vostra debita perfezione: l'ignoranza infatti è molto dannosa, mentre la conoscenza è molto feconda; imparate quindi a conoscere dove per la divina ispirazione e la santa vocazione possiate entrare. Il nostro dolce Salvatore dice: «Nessuno può venire dietro di me, se il Padre mio non lo avrà attratto» mediante l'ispirazione. Questo felice ingresso nel fertile campo della perfezione evangelica, non è altro che la rinuncia alle attrattive del mondo, della concupiscenza e della propria volontà. Così infatti dice Gesù benedetto nato dalla Vergine Maria: «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso e prenda la sua croce», non cessando di fare penitenza per i peccati commessi, perché non offenda il Signore e perché conservi meglio la divina grazia. Considerate quindi, dilettissime figlie, che per divina grazia siete chiamate alla perfetta obbedienza, e quindi in tutte quelle cose che non comportano offesa al Signore ubbidite sempre; Gesù si è fatto obbediente fino alla morte. E non basta obbedire soltanto per un po' di tempo e solo in alcune cose, ma in tutte quelle cose che non sono contrarie al Signore, alla nostra anima e alla Regola. Non dobbiamo mai preferire il nostro discernimento a quello dei superiori. Il vero sapiente si sottomette volentieri a Gesù e alla sua dolce Madre. Il vero obbediente porta a termine quello che compie, unicamente per Dio, e non ad altro pensa che ad obbedire e con tanta reverenza come se avesse ricevuto l'obbedienza dalla stessa
bocca di Gesù, anche perché il comandare è più facile secondo l'intendimento umano, e dinanzi a Dio è più preziosa l'umile obbedienza, poiché dalla disubbidienza provengono molti mali. Vale più una sola preghiera di chi è obbediente, che cento preghiere di uno che è disobbediente; se obbediamo Dio, egli obbedirà a noi. Dopo aver rinnegato noi stessi il Signore vuole che prendiamo la nostra croce ed in ciò consiste il voto della santa povertà. È pesante la croce quando desideriamo avere qualche cosa all'infuori di colui che ha portato la croce sulle sue spalle e si è degnato di morire sopra di essa. O figlie dilettissime, amate, amate questa bella virtù sull'esempio di Gesù Cristo, del glorioso nostro Padre S. Francesco e la nostra santa Madre Chiara. Siate felici nelle vostre ristrettezze, perché possiate più facilmente arrivare al regno al quale siete state chiamate, per quella stessa povertà che liberamente avete promesso osservare. Cercate quindi di vivere come vere povere e restare così fino alla morte, dilette figlie, come fece per noi sulla croce il nostro caro Salvatore. E poiché pochi sono nel mondo quelli che amano la povertà, un motivo di più per noi per amare questa virtù dopo la santa obbedienza, che a voi raccomando sopra ogni cosa. Dobbiamo osservare fedelmente quello che abbiamo promesso, e se per umana fragilità manchiamo in qualche cosa, sempre e senza indugio dobbiamo rialzarci per mezzo della santa penitenza, sforzandoci di vivere bene e di morire santamente. Il Padre di tutte le misericordie, il divin Figlio per i meriti della sua santa passione e lo Spirito Santo benedetto, fonte della pace, della dolcezza e dell'amore, ci riempiano tutti delle celesti consolazioni. Amen. R ESPONSORIO
Gc 2, 5; Mt 5, 3
℞ . Dio ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno, * che Dio ha promesso a quelli che lo amano. V. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli, ℞ . che Dio ha promesso a quelli che lo amano. Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine I NNO dal Comune delle vergini, oppure (dal Proprio delle Clarisse): Cinque soltanto le vergini sagge, quelle che entrarono insieme allo sposo: anche nel sonno brillavan le lampade senza timore che l’olio finisse. Sempre di notte risuona l'annuncio: “Ecco lo sposo, corretegli incontro!”.
Il suo ritardo è fuoco che brucia: solo l’argento resiste alla prova. Come una lampada il cuore ti attenda Gesù che torni nell’ultimo giorno; e sia l’attesa una lode operosa e il suo ritardo accresca la luce. Allora insieme entreremo alle nozze e canteremo la gloria in eterno a te, al Padre e allo Spirito Santo, unica fonte di vita e di grazia. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Ant. al Ben. Costei fu onorata dai contemporanei, fu un vanto ai suoi tempi. Orazione Signore, che hai dato a molte vergini santa Coleta come modello e guida alla perfezione, fa’ che conserviamo nella sua genuina purezza lo spirito serafico, da lei sapientemente insegnato e avvalorato dall’esempio della sua santità. Per il nostro Signore.
Vespri I NNO dal Comune delle vergini, oppure (dal Proprio delle Clarisse): Coleta, fosti vittima di amore e penitenza e seguisti con ardore la parola del Signore. Donasti a Cristo Signore un cuore acceso d’amore, ottienici dal Signore il perdono delle colpe. Guida la nostra vita verso sentieri fulgidi, riscalda i cuori gelidi del tuo santo ardore.
A Dio, Unico e Trino, salga onore e gloria che di Coleta l’anima chiamò all’eterne nozze. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Ant. al Magn. Tu sei splendido onore della nostra gente perché tutto hai saputo compiere con grande risolutezza d’animo, sostenuta dal vigore della tua verginità. Orazione come alle Lodi mattutine
8 febbraio SANT’EGIDIO MARIA PONTILLO DI SAN GIUSEPPE, RELIGIOSO
Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa OFM: Memoria facoltativa (Il Calendario proprio dell’OFM la fissa al 7 febbraio)
Francesco Pontillo nacque a Taranto in Puglia il 16 novembre 1729, da Cataldo e Grazia Procaccio, in un’umile casetta di uno dei tanti tortuosi vicoli della vecchia città medioevale. La sua famiglia era composta da modestissimi artigiani, che sbarcavano il lunario, come si dice, con il misero guadagno lavorando le funi. Al battesimo ebbe il nome di Francesco, Antonio, Pasquale quasi un presagio dell’Ordine Serafico che avrebbe abbracciato, nella rigida Riforma promossa dal mistico s. Pietro d’Alcantara, di cui una stella di prima grandezza fu s. Pasquale Bayl on; infatti divenuto religioso egli imiterà la povertà e la penitenza di s. Francesco, ripeterà i miracoli di s. Antonio da Padova ed i fervori eucaristici di s. Pasquale. Crebbe aumentando ogni giorno di più il fervore a Gesù Sacramentato, Comunione frequente, visite quotidiane e la devozione alla Madonna, iscrivendosi subito alla Confraternita del SS. Rosario. Probabilmente non conobbe mai la scuola, perché ancora ragazzo, fu mandato in una bottega di felpaiolo a guadagnarsi il pane; anche sul lavoro av eva un atteggiamento devoto, prima d’iniziare, faceva il segno della Croce e prima ancora assisteva alla s. Messa; il suo padrone di bottega diceva: “Da che tengo con me Francesco, la mia bottega è diventata un oratorio”. A 18 anni gli morì il padre e così superando il forte dolore, si trovò ad essere il sostegno della già povera famiglia, che comprendeva la madre e altri tre fratellini più piccoli; lasciò il mestiere di felpaiolo e si dedicò a quello un po’ più redditizio di funaiolo; del suo guadagno una parte era anche destinata ai poveri, non conservando niente per sé. In seguito la madre convolò a seconde nozze, fra il dispiacere di Francesco, ma i disegni di Dio erano ben definiti, il patrigno conquistato dalle sue virtù, lo liberò dal peso della famiglia, dandogli la disponibilità dei suoi guadagni, facilitandogli così l’attuazione del suo sogno di farsi religioso; vocazione che sin dalla adolescenza era fiorita in lui e che la repentina morte del padre aveva ritardato. Il 27 febbraio del 1754, a 24 anni, realizzando la sua antica aspirazione di "poter pensare e lavorare soltanto per il Signore", dopo di aver adeguatamente provveduto alle necessità della famiglia, fu accolto come fratello laico tra i Frati Minori "Alcantarini" della Provincia di Lecce, da poco presenti in città. Fu iniziato alla vita francescana nel convento di Galatone (Lecce). A Galatone fece il suo noviziato, cambiando il nome in frate Egidio della Madre di Dio, in questo ambiente di formazione e perfezione religiosa frate Egidio si trovò a suo agio, estasiato da tanta povertà, da tanto fervore e da tanta intima pace; suscitando ben presto l’ammirazione e l’affetto dei Superiori e Confratelli.
E nel convento di S. Maria delle Grazie a Galatone, alla fine dell’anno di prova, il 28 febbraio 1755 fece la sua professione solenne emettendo, nelle mani del Ministro provinciale Fr. Damiano di Gesù e Maria, i tre voti cardini della povertà, obbedienza e castità, il suo nome si modificò in fra Egidio Maria di S. Giuseppe. Dal febbraio del 1755 e fino ai primi mesi del 1759, dimorò nel convento di Squinzano (Lecce) con l'ufficio di cuoco della Fraternità. Nel 1759 fra Egidio verrà destinato dai superiori al Convento di S. Pasquale a Chiaia in Napoli, che renderà illustre e conosciuto, con la santità della sua vita. All’inizio ebbe l’incarico di cuoco, poi quello del lanificio conventuale e infine l’ufficio di portinaio, che secondo le regole degli Alcantarini, veniva affidato al migliore dei fratelli laici, perché dal comportamento del portinaio, spesso ne derivava la stima ed il buon nome dei frati. L’accoglienza, la pazienza, la carità che aveva verso i poveri, che nella grande città erano numerosi e affluivano giornalmente alla porta del convento, fecero sì che il suo nome e le sue virtù, venissero esaltate dagli stessi poveri che le diffusero per tutta Napoli. Tutto ciò convinse i Superiori, che frate Egidio era una lucerna da non tenere nascosta e quindi con le virtù che emanava e trasparivano dalle sue parole e comportamento, poteva essere più utile alla gloria di Dio, portando anime alla Sua Misericordia e gli affidarono l’incarico di questuante che tenne per 50 anni. E da quel giorno Egidio lo si trovò sempre in giro per tutte le strade, vicoli, piazze, rioni e case di Napoli, passava gran parte della giornata girando per la questua, ma il suo giro era più una visita di carità e di buon esempio, che un raccogliere elemosine per la sua bisaccia. Tutti prendevano da lui una parte della sua intima pace e l’appassionato consolatore, s e ne tornava al Convento col cuore pieno di pianti e pene e così andava a piangere di notte, dopo le preghiere del coro, ai piedi della sua ‘Madonna del Pozzo’ venerata con questo titolo in quel convento; implorando la salute per gli ammalati, la provvidenza alle famiglie povere, la pace agli sventurati, il pentimento o il perdono per gli oppressori del popolo. La sua presenza era desideratissima presso il letto degli ammalati e dei moribondi, nessuno, scettico o credente, popolano o nobile, disdegnava di avvicinarlo, per chiedere consigli nelle difficoltà della vita e implorare da lui preghiere al Signore. Fu chiamato il “Consolatore di Napoli”. Divenne anche famoso per i prodigi che effettuava, così da divenire un emulo dei grandi taumaturghi, spesso li operava con la reliquia di s. Pasquale; sono così numerosi da non poterli elencare in questo scritto, ma costituirono un corposo incartamento dei Processi Canonici in cui sono registrati e descritti. Profezie, predizioni, guarigioni improvvise, apparizioni di oggetti, frutti, pesci, risuscitazioni, moltiplicazioni di cibi, ecc. lo resero popolarissimo in Napoli, al punto che durante l’occupazione francese, le Autorità lo temevano per possibili insurrezioni, visto la gran folla che lo seguiva o si adunava al suo passaggio. Cito solo un episodio, il più noto e caratteristico; i frati di S. Pasquale avevano una vitellina che se ne girava per le vie di Napoli, da tutti conosciuta, perché portava una targhetta di metallo con il nome di s. Pasquale e chiamata ‘Catarinella’; ricordo che siamo nel 1799 e traffico automobilistico non ce ne stava, alla sera la vitella si ritirava sempre da sola in convento. Una sera ciò non avvenne, i frati addolorati lo riferirono ad Egidio, il quale la mattina dopo andò dritto da un macellaio della popolare zona della ‘Pignasecca’ e senza preamboli dice in tono deciso “prendi la chiave e la lanterna e seguimi nella grotta, Catarinella dove l’hai messa?”. La grotta era il frigorifero dell’epoca; il macellaio furfante fu preso da tanta tremarella che non obiettò l’ordine; la vitella era stata sezionata e scuoiata, frate Egidio fece distendere la pelle con dentro tutti i pezzi, situati al loro posto naturale, ricongiunse i lembi della pelle tra loro e tracciando un segno di croce a voce alta disse: “In nome di Dio e di s. Pasquale, alzati Catarinella e …al convento”. Seguì un grande muggito, uno scuotimento di tutte le membra e la vitella balzò su viva e vegeta come prima; lo scalpore fu enorme e la vitella fu accompagnata in processione dalla Pignasecca al convento di San Pasquale a Chiaia.
Già sofferente di una grave forma di sciatica, frate Egidio venne colpito da un’asma soffocante e poi da una idropisia di petto, tutto sopportato con lucidità, rassegnazione e fiducia in Dio e raccomandandosi alla Madonna, morì alle ore 12 del 7 febbraio 1812, primo venerdì del mese, mentre le piccole campane della povera chiesa francescana invitavano a fare memoria del mistero dell'Incarnazione del Verbo nel seno della Beata Vergine Maria, fra i pianti dell’intera città di Napoli; il suo corpo venne sepolto nella chiesa conventuale di S. Pasquale a Chiaia. Fu iniziato subito il processo per la sua beatificazione; Pio IX il 24 febbraio 1868 lo dichiarò venerabile, riconoscendone l’eroicità delle virtù. Leone XIII il 5 febbraio 1888 lo dichiarò beato. Giovanni Paolo II, il 15 dicembre 1994, riconobbe come vero miracolo la guarigione da "coriocarcinoma uterino" della Signora Angela Mignogna, tuttora vivente, avvenuta nel 1937 per intercessione del nostro Santo, dichiarandolo valido ai fini della canonizzazione che ebbe luogo il 2 giugno 1996. La memoria liturgica ufficiale è l’8 febbraio, ma nel calendario approvato per l’Ordine dei Frati Minori (OFM) è stata fissata al 7 febbraio.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dall'Omelia di Giovanni Paolo II nel giorno della canonizzazione (02.06.1996) «A te la lode e la gloria nei secoli!» (Dan 3,52). La Chiesa oggi proclama la gloria di Dio manifestata nella santità di vita di Egidio Maria di san Giuseppe. Autentico figlio spirituale di san Francesco d'Assisi, Egidio attinse dalla contemplazione dei misteri di Cristo l'ardore di una carità senza confini, ispirando il proprio cammino spirituale all'umiltà dell'Incarnazione ed alla gratuità dell'Eucaristia. Egli seppe farsi attento ai bisogni delle persone che incontrava sia nello svolgimento dei compiti più umili della fraternità sia nel servizio ai poveri. Nelle sue quotidiane peregrinazioni per le strade di Napoli, dove visse lungamente, portò l'evangelica parola di riconciliazione e di pace in un ambiente percorso da tensioni sociali e segnato da situazioni di estrema povertà sia economica che spirituale. Nessuno era escluso dalla sua premurosa attenzione. Manifestava questo calore spirituale con l'esortazione spirituale: «Amate Dio, amate Dio!», invitando così tutti alla conversione del cuore verso Dio «misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà» (Es 34,6). Il nuovo santo, pugliese d'origine e napoletano d'adozione, fu docile strumento nelle mani di Dio per spronare gli uomini alla conversione e rivelare loro l'infinita tenerezza del Padre celeste, ricco di bontà e di misericordia. Con francescana semplicità in un'esistenza autenticamente povera, sant'Egidio Maria di san Giuseppe fu efficace annunciatore del Vangelo, da lui comunicato ai propri contemporanei soprattutto con la testimonianza della carità, mediante la quale seppe farsi carico delle sofferenze dei più bisognosi.
Il 'Consolatore di Napoli' come veniva chiamato mentre era ancora in vita, condusse la sua vicenda umana nella famiglia spirituale del Poverello d'Assisi, ispirandosi in particolare agli esempi della Madre del Signore. Egli cantò con Maria il 'Magnificat', lodando con la sua stessa esistenza Colui che riempie di beni gli affamati e semina gioia nel cuore degli oppressi e dei sofferenti. Ci aiuti il nuovo santo ad essere lieti dispensatori della gioia che viene dall'Alto, testimoniando coraggiosamente nella società la presenza viva di Cristo e la forza trasformante del Vangelo. R ESPONSORIO R. A quanti lo incontravano nel suo quotidiano peregrinare * sant'Egidio ripeteva: “Amate Dio, amate Dio!”. V. I poveri, gli emarginati e gli sfruttati scoprivano nell'umile questuante il volto misericordioso dell'amore di Dio. R. Sant'Egidio ripeteva: “Amate Dio, amate Dio!”.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Frate Egidio fu il padre, il fratello, l’amico di tutti, specialmente di coloro che versavano in gravi necessità. ORAZIONE O Dio, che in sant’Egidio Maria ci hai dato un mirabile esempio di semplicità e umiltà, concedi anche a noi di vivere fedelmente la nostra vocazione, per giungere alla perfetta carità che ci hai proposto nel tuo Figlio. Egli è Dio. Oppure (dal Proprio della Diocesi di Taranto, dove è compatrono): O Dio, che in S. Egidio Maria ci hai dato un mirabile esempio di amore al Santissimo Sacramento dell'Eucaristia, di devozione per il Natale del Redentore e per la Vergine Madre di Dio, concedi a noi di poter contemplare il volto di Cristo e di saperci accostare ai fratelli con carità e tenerezza. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Amante della Vergine Maria, lodò il Signore con il suo stesso cantico di lode. Si riporta di seguito il testo della Lettera Apostolica di éaèa Leone XIII in occasione della sua beatificazione.
Lettera Apostolica di Papa Leone XIII, in occasione della Beatificazione del Ven. S. d. D. Egidio Maria di S. Giuseppe. (5 febbraio 1888) Tra gli esimi cultori dell’umiltà si deve contare il Venerabile Servo di Dio Fra Egidio Maria di S. Giuseppe, che ebbe veramente davanti agli occhi il versetto dell’Ecclesiastico (3,20): “Per quanto tu sia grande, umiliati in tutte le cose e troverai grazia davanti a Dio”. Nacque a Taranto da genitori senza gloria ma illustri per pietà, il 16 novembre 1729 e nel battesimo fu chiamato Francesco. Formato bene alla pietà, fin da fanciullo mostrò una mirabile maturità e gravità di costumi, tanto che niente aveva del puerile e amava soltanto quanto riguardava il culto della religione. Francesco, ancora giovane, affidato ad un artigiano, attendeva al lavoro con singolare pazienza e superava di molto i suoi pari, che incitava al culto della vita cristiana con modestia e buone maniere, Al mattino, sorgendo sollecito dal letto interveniva alla Messa e, a sera, ritornando a casa, visitava la chiesa e pregava intensamente Dio. Per darsi con maggiore impegno alle cose divine, si iscrisse al Sodalizio del santissimo Rosario della Beata Vergine. E in quel Sodalizio brillò di tanta santità di costumi, che tutti ne rimanevano meravigliati. Frattanto, bruciando di maggiore amore verso Dio, decise di entrare in qualche pio Istituto. Si sa che Dio annuì ai suoi voti in modo mirabile; difatti, una notte, mentre dormiva gli parve che gli fossero presenti due uomini celesti, che lo invitarono con belle maniere. Al mattino, con l’animo teso, andato al convento di S. Pietro d’Alcantara, giunto all’altare maggiore, mentre pregava, alzando gli occhi riconobbe nelle sacre immagini lo stesso S. Pietro e S. Pasquale. Non ci fu bisogno di altro perché desse il suo nome tra i Frati Alcantarini e nel suo ventiquattresimo anno fu associato tra i fratelli laici col nome di Egidio Maria di S. Giuseppe. Iniziato il noviziato dette tali indizi di santità, da potersi capire che sarebbe arrivato facilmente ad un alto grado di virtù. Finito il noviziato, emise i voti religiosi nell’anno 1755. Da allora cominciò ad occuparsi delle cose celesti con maggiore impegno. Avendo le regole dell’Istituto come scolpite nell’animo, ne usava come di stimoli per esortarsi alla retta norma di azione. Per cui si portava a Dio con più sollecito studio, onorava fortemente la Madre di Dio e il suo casto sposo Giuseppe, di giorno e di notte pregava fervidamente ai loro altari. Suo piacere era la povertà, tanto che, benché andando alla questua, procurava ai frati tutto quanto era necessario, egli niente volle riservarsi per sé, si occultava nella povera stanzetta, vestiva una tonaca lisa, era contento di semplice pane, si dissetava con sola acqua. Spiccava per il pudore e la modestia, che brillava nel suo volto, tanto che, anche fiorente di giovinezza, sembrava un angelo mandato dal cielo. Di mirabile obbedienza anche nelle minime cose, obbedendo ai superiori con massima modestia, avendo sempre come unica norma della sua vita la loro volontà. Perciò abbracciava alacremente quanto ridondava ad umiltà di animo e a suo disprezzo. Niente gli era più accetto che carpire diligentemente l’occasione di un lavoro umile e faticoso, o andando alla questua o facendo il portinaio. Ma quando comparve alla vista degli uomini, Napoli ammirò le sue virtù. Nessuna zona di questa città, nessuna piazza, nessuna casa, nessun
luogo remoto ci fu che potesse tacere delle sue illustri azioni. Tutti celebravano con grandi lodi specialmente la sua larga carità. Ci fu una innumerevole moltitudine di poveri dei quali lenì la fame, il freddo, la nudità, asterse le lacrime, confortò il dolore; la sua misericordia senza essere richiesta, spontaneamente andava incontro agli eventi. Spiccò anche di tanta gentilezza, che con la dolcezza dei modi calmò uomini di indole feroce. Né a lui, rischiarato di luce celeste, mancava quella sapienza, con la quale componeva amichevolmente i dissidi e risolveva i casi più difficili. Per cui i fedeli accorrevano a lui, anche gli stessi uomini nobili dell’aula regia, che chiedevano consiglio nelle cose vacillanti indicava ispirato il retto modo di agire. E bisogna dire che proprio per volontà divina avvenne che il Venerabile Servo di Dio dimorasse a Napoli in quel tempo quando incominciavano a spandersi dottrine erronee e a propagarsi la corruzione dei costumi; ad ambedue queste situazioni portava rimedio con pii colloqui e con gli esempi di una vita più santa. Ormai vecchio e colpito da malattia mortale, previde che era vicina la fine della vita. Per niente spaventato, ma appoggiato alla coscienza del bene fatto, volgendo gli occhi a Cristo crocifisso, alla madre di Dio e a S. Giuseppe, sembrava che era molto consolato dalla loro visita. Così, munito dei sacramenti, il 7 febbraio 1812 dai dolori di questo secolo passò alla patria celeste. L’opinione di santità che già si era formata negli anni aumentò sempre di più dopo la morte e la allargarono incredibilmente i miracoli che si affermava essere avvenuti per divina virtù all’invocazione del suo nome.
8 febbraio
SAN GIOVANNI LANTRUA DA TRIORA, SACERDOTE E MARTIRE DELLA PERSECUZIONE CINESE Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa OFM: Memoria facoltativa (Il Calendario proprio dell’OFM la fissa al 7
Il primo annuncio del Vangelo in Cina avvenne nel V secolo. In epoca moderna, grazie all’invio di missionari come Matteo Ricci, molti cinesi si avvicinarono al cristianesimo, sia nelle classi alte sia in mezzo al popolo, senza mai rinnegare le proprie origini e la propria cultura d’appartenenza. Dove si evangelizza, però, non tarda ad arrivare il martirio. Padre Francesco Fernández de Capillas, domenicano ucciso nel 1648, è considerato il protomartire della Cina. A lui, nei tre secoli successivi, si aggiunsero non solo missionari occidentali, ma anche uomini e donne autoctoni, di ogni età e stato di vita, compresi alcuni seminaristi, contro i quali, nel 1811, era stato emanato un editto apposito. Francesco Maria Lantrua nacque a Molini di Triora (Imperia) il 15 marzo 1760. Figlio di genitori benestanti (Antonio Maria Lantrua e Maria Pasqua Ferraironi), dopo i primi studi a Triora, frequenta le scuole dei Barnabiti di Porto Maurizio (Imperia). Qui comincia a sentire l’attrazione per la vita religiosa, ottiene con fatica il consenso dei genitori, e a 17 anni nel 1777 lo accoglie a Roma un altro ligure di Ponente, Luigi da Porto Maurizio, provinciale dei francescani. Nell’Urbe egli indossa l’abito e cambia il suo nome di battesimo (Francesco Maria) in quello di fra Giovanni. Studia filosofia e teologia, viene ordinato sacerdote a 24 anni e poi passa da un convento all’altro come insegnante, e più tardi anche come padre guardiano. Ma nel 1799 , sentendosi chiamato ad un maggior impegno nel campo missionario lascia Roma, raggiunge Lisbona dove si imbarca per la Cina, e vi arriva circa otto mesi dopo. Perché la Cina? Perché già nel Duecento c'è stata nello sterminato Paese una presenza francescana. All’epoca di fra Giovanni, la vita delle comunità cristiane in terri torio cinese è molto dura, per ragioni soprattutto politiche. Il cristianesimo viene avversato non tanto in sé, ma piuttosto per la sua provenienza dal detestato e temuto “Occidente”. Operando nella grande regione centrale dello Hu-nan, fra Giovanni si dedica in particolare al recupero e all’incoraggiamento, rivolgendosi a individui e gruppi che avevano accolto la fede cristiana, staccandosene poi per paura; o perché lasciati soli, a causa dell’avversione del potere contro i missionari. Aiutato da generosi catechisti locali e dalle famiglie rimaste fermamente cristiane, il suo sforzo di evangelizzazione ottiene buoni risultati, dovuti anche alla sua capacità di ambientare la fede cristiana nella realtà locale, nonché alla fiducia personale che si conquista (a partire dallo studio accurato della difficilissima lingua). Fra Giovanni rianima comunità cristiane in crisi, ne crea di
nuove. Per sedici anni lavorò nell’Hu-nan per la propagazione della fede cristiana, raccogliendo copiosi frutti. Scoppiata la persecuzione la sua attività è considerata sovversione, e il 26 luglio 1815 egli viene arrestato e condotto a Chan-xa, incarcerato con un gruppo di cristiani cinesi. Questi finiranno schiavi e deportati, per aver rifiutato di abiurare calpestando la croce. Per lui, straniero, l’accusa è gravissima: "Entrato di nascosto, ha percorso varie province, ha raccolto discepoli". Pena di morte, dunque, accuratamente motivata e sottoposta all’approvazione imperiale: dopo settemesi di carcere sarà posto su una croce e strozzato. Lui chiede soltanto di potersi fare ancora il segno della croce, con i cinque inchini tradizionali dei cristiani cinesi. Poi si consegna al supplizio, che avviene il 7 febbraio 1816. Dopo un mese, il corpo di fra Giovanni viene recuperato, portato poi segretamente a Macao, e di lì infine a Roma, nella basilica di Santa Maria in Aracoeli. Fu beatificato da Leone XIII il 27 maggio 1900 insieme a 76 martiri della Cocincina e del Tonchino e fu canonizzato da Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000 insieme ad altri 119 martiri cinesi, tra i quali Agostino Zhao Rong. La memoria liturgica ufficiale è l’8 febbraio, ma nel calendario approvato per l’Ordine dei Frati Minori (OFM) è stata fissata al 7 febbraio.
Dal Comune di un martire, con salmodia del giorno dal salterio. ORAZIONE O Dio, che hai coronato di gloria eterna la lotta sostenuta per la fede dal santo martire Giovanni da Triora, per i suoi meriti concedi che i popoli che non conoscono Cristo siano illuminati dallo Spirito Santo e possano entrare anch’essi nella via della salvezza. Per il nostro Signore. Si riporta di seguito un estratto dell’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della canonizzazione dei 119 martiri cinesi, che si legge il 9 luglio nella memoria dei martiri cinesi. Dalla «Omelia nella canonizzazione dei beati martiri cinesi» del papa Giovanni Paolo II (AAS 92, 2000, pp. 849-850) Il sangue dei martiri testimonia la fede cristiana Consacrali nella verità. La tua parola è verità (Gv 17, 17). Questa invocazione, eco della preghiera che Cristo rivolse al Padre dopo l'Ultima Cena, sembra salire dalla schiera di santi e beati, che lo Spirito di Dio, di generazione in generazione, va suscitando nella sua Chiesa. A duemila anni dall'inizio della redenzione, oggi facciamo nostre quelle parole, mentre abbiamo dinanzi, quali modelli di santità, Agostino Zhao Rong e i 119 compagni, Martiri in Cina. Dio Padre li ha «consacrati nel suo amore», esaudendo la domanda del Figlio, che per acquistargli un popolo santo ha steso le braccia sulla croce e morendo ha distrutto la morte e proclamato la risurrezione (cfr Pregh. eucar. II, Prefazio).
La Chiesa è oggi grata al suo Signore, che la benedice e la inonda di luce con il fulgore della santità di questi figli e figlie della Cina. La giovinetta Anna Wang, quattordicenne, resiste alle minacce del carnefice che la invita ad apostatare e, disponendosi alla decapitazione, con il viso raggiante, dichiara: «La porta del Cielo è aperta a tutti» e mormora per tre volte «Gesù». E il diciottenne Xi Zhuzi, a coloro che gli hanno appena tagliato il braccio destro e si preparano a scorticarlo vivo, grida impavido: «Ogni pezzo della mia carne, ogni goccia del mio sangue vi ripeteranno che io sono cristiano». Uguale convinzione e gioia hanno testimoniato gli altri 85 cinesi, uomini e donne di ogni età e condizione, sacerdoti, religiose e laici, che hanno suggellato la propria indefettibile fedeltà a Cristo e alla Chiesa con il dono della vita. Ciò è avvenuto nell'arco di vari secoli e in complesse e difficili epoche della storia della Chiesa in Cina. In questa schiera di Martiri risplendono anche 33 missionari e missionarie, che lasciarono la loro terra e cercarono di introdursi nella realtà cinese, assumendone con amore le caratteristiche, nel desiderio di annunciare Cristo e di servire quel popolo. Le loro tombe sono là, quasi a significare la loro definitiva appartenenza alla Cina, che essi, pur con i loro limiti umani, hanno sinceramente amato, spendendo per essa le loro energie. «Noi non abbiamo mai fatto del male a nessuno – risponde il vescovo Francesco Fogolla al governatore che si appresta a colpirlo con la propria spada -. Al contrario, abbiamo fatto del bene a molti». R ESPONSORIO
Mt 5, 44 — 45. 48
R/ Amate i vostri nemici, e pregate per i vostri persecutori, * perché siate figli del Padre vostro celeste. V/ Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste, R/ perché siate figli del Padre vostro celeste.
19 febbraio
SAN CORRADO GONFALONIERI DA PIACENZA, EREMITA, TERZIARIO Famiglia Francescana in Italia: Memoria facoltativa TOR e OFS: Memoria
Corrado Gonfalonieri nacque a Piacenza nel 1290 ca. da nobile famiglia. Viveva secondo il suo stato, fra divertimenti e onori. All’età di venticinque anni ca., mentre era sontuosamente a caccia, con servi, cavalli, cani, furetti, falconi e astori, non riuscendo a stanare i conigli, fece appiccare il fuoco alla sterpaglia; l’incendio, alimentato dal vento, recò danni alle coltivazioni vicine e distrusse tutto. Non riuscendo a domarlo, tristemente se ne tornò a casa. Saputasi la cosa in città, le guardie di Galeazzo Visconti, signore di Piacenza, andarono sul luogo, e, trovato un uomo, credendolo colpevole, lo condussero in giudizio, dove fu condannato a morte, perché il danno era stato grandissimo. Corrado viene a conoscenza della ingiusta condanna, libera il malcapitato, affronta l’ira del Visconti, che, non potendolo condannare a morte perché nobile, lo priva dei suoi beni in città e fuori, riducendo lui e la sua sposa alla massima povertà. Ma questa profonda trasformazione aveva arricchito la sua spiritualità. Sembrò ad entrambi che il buon Dio li avesse chiamati all'abbandono di quella vita, tutta dedita ai piaceri di quel rango tanto potente. La coppia vendette gli averi restanti e ne diede il ricavo ai poveri del posto e abbracciate le regole di Francesco e Chiara decisero di diventare religiosi. Corrado quindi divenuto terziario francescano si ritirò in eremitaggio. Da quel giorno la vita di Corrado cambiò, attratto dalla fede visse con grande austerità il resto della sua vita. Egli vagò per tanto tempo in solitudine, fece un pellegrinaggio a Roma e si trasferì in varie località, finché approdò nell’isola di Malta, dove ancora esiste la grotta chiamata di San Corrado. Dall'isola di Malta ripreso il mare giunse al porto di Palazzolo e da qui in Sicilia, a Noto Antica, nelle cui vicinanze resterà fino alla morte, in soltitudine eremitica, senza tralasciare i contatti con gli abitanti del luogo. In un primo momento era vissuto alle Celle, presso Noto, con il beato Guglielmo Buccheri. Ma, poiché i Netini lo riverivano troppo, volle allontanarsi un poco, per maggiore solitudine. La preghiera e il lavoro manuale sono la sua vita quotidiana, austera e parca nel cibo, tanto che le sue tentazioni sono soprattutto di gola; ma la sua perseveranza è fortissima e il diavolo, contro il quale combatte in continuazione, se ne torna sempre sconfitto. Nella Vita beati Corradi, il più antico documento che abbiamo, scritta in dialetto siciliano da un anonimo verso la fine del Trecento, sembra di rileggere episodi e stile di vita come nei Fioretti di san Francesco e nelle Vitae Patrum (le vite degli antichi eremiti), oltre che nei Dialoghi di Gregorio Magno: aneddoti, miracoli, preghiera: anche gli uccelli si appoggiavano sulle sue spalle e sulle sue mani e cantavano dolcemente. Guarisce, con la preghiera e il segno della croce, un bambino ammalato di ernia: questo è il primo miracolo. La fama di fra Corrado diventa sempre maggiore, ma egli torna nella sua spelonca a lodare Dio, a cui umilmente attribuisce tutto il bene che opera. Lì è visitato dal
vescovo di Siracusa, che ne riconosce la santità; al vescovo ed al suo seguito Corrado offre pane fresco, miracoloso, e, alla meraviglia del prelato, si dichiara peccatore aggiungendo ch e “Dio ha fatto questa cosa, per sua grazia”. Il santo, poi, andrà a Siracusa a parlare con il prelato, segno della sua venerazione per la gerarchia ecclesiastica, in un periodo in cui spesso i rapporti fra gli uomini di chiesa erano abbastanza turbolenti, specialmente per i problemi sulla povertà, che l’Ordine francescano aveva al suo interno e con la Curia papale ad Avignone. Per accostarsi ai sacramenti della confessione e della comunione andava a Noto, dove c’era un prete suo devoto. Nella Vita traspare anche la sua devozione verso la vergine Maria, come dimostra la preghiera, che il frate recita ad un suo amico e devoto, che gli aveva chiesto di insegnargli a pregare. Il suo saluto era l’evangelico e francescano (con molta probabilità il santo apparteneva al Terz’Ordine): “La pace sia con te”, oppure: “Cristo ti dia la pace”. Dopo avere profetizzato prossima la morte, raccomandata l’anima a Dio, il santo muore, mentre è in preghiera, il 19 febbraio 1351, mentre ad Avola e a Noto le campane suonano da sole, annunciando così il glorioso trapasso. Gli abitanti delle due città accorrono per avere le reliquie; nello scontro, durissimo come una battaglia, grazie all’intervento miracoloso, nessuno resta ferito, nonostante le molte armi. Il fatto che il corpo di Corrado rimase fra i Netini dimostrò la volontà di Dio; fu perciò portato nella Chiesa Madre di Noto, dove fu seppellito. E nella Cattedrale barocca di Noto ancora oggi è conservato, in un’arca di argento di pregevole fattura, sulla cui sommità Cristo risorto è speranza e certezza di resurrezione per tutti. Beatificato da Leone X nel 1515, Urbano VIII, nel 1625, concesse ai francescani di celebrarne la festa con Messa e Ufficio propri. Alcune notizie della sua vita, trasformate dalla leggenda, si sono imposte anche nell’iconografia, come il suo separarsi dalla sposa, che si fa monaca; nelle fonti però non c’è accenno a questo matrimonio. Generalmente il santo è rappresentato come un vecchio, che dimostra molto più dei suoi anni, con la barba fluente, vestito da francescano, davanti ad un crocifisso e con il bastone a tau.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA ATTENZIONE : T ESTO NON UFFICIALE , TRADOTTO DALLO SPAGNOLO Da una lettera di san Girolamo, sacerdote, a Eliodoro monaco. (BAC 219, Cartas de San Jerónimo, I, Madrid 1962, pp. 71-83) Elogio della vita solitaria monastica Che cosa fai nel secolo, tu fratello, che sei più grande del mondo? Temi la povertà? Beati i poveri, dice Cristo! Ti spaventa la fatica? Nessun atleta riceve la corona del trionfo senza lottare. Sei preoccupato per il cibo? La vera fede non teme la fame. Temi che le tue membra, consumate dal digiuno, si incalliscano riposando sulla nuda terra? Dimentichi che Cristo dorme al tuo fianco. Ti preoccupi per i capelli spettinati sulla tua fronte già ruvida? Bene, Cristo è il tuo capo. Hai paura della vastità del deserto? Allora puoi con la mente andare a spasso per tutto il paradiso: è perché, quante incursioni fai in paradiso, tante altre ancora il deserto ti permette in piena libertà.
Oh deserto, fiorente con le rose di Cristo! O solitudine, dove, nella frase dell'Apocalisse, emergono le pietre con cui è costruita la città del grande Re! O deserto, a chi piace la presenza familiare di Dio! Le parole dell'Apostolo possono riferirsi alla solitudine: «Perché io credo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che deve manifestarsi in noi». Come, quindi, sei tu cristiano d’animo così timido? Il Figlio dell'uomo non ha dove posare il suo capo; e tu, invece, desideri dimorare in ampi portici e in ampi palazzi: non può essere coerede di Cristo chi cerca il godimento dell'eredità del mondo. Il deserto ama la nudità. Il corpo abituato a vestiti delicati non regge l’armatura, e la testa fasciata con un leggero fazzoletto resiste al casco. Il manico e l’elsa della spada irritano le mani fiacche. Siamo polvere e cenere; non avendo potere su nessun momento della vita, dobbiamo sempre ricordare l'imminenza del ritorno alla polvere. D'altra parte: molte volte non vogliamo uscire dalle ristrettezze di questo mondo? Nonostante ciò, se il digiuno provoca occasionalmente febbre o mal di stomaco, consideriamo una grave malattia ciò che potrebbe aprire le porte della vita eterna. R ESPONSORIO
Is 35, 1-2; 51, 3
R. Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. * Come fiore di narciso fiorisca. V. Giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e inni di lode! R. Come fiore di narciso fiorisca. Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi Mattutine Ant al Ben. Chi fa la verità viene alla luce, e appariranno le sue opere di figlio di Dio. ORAZIONE O Dio, che hai condotto san Corrado da Piacenza alla vita eremitica e lo hai reso modello di vita evangelica, per sua intercessione concedi a noi di riscoprire attraverso le vicende della vita il tuo disegno di salvezza e di lasciare ogni cosa per seguire te, fonte di ogni bene. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Avete abbandonato ogni cosa per seguirmi, avrete cento volte tanto e la vita eterna.
25 febbraio
BEATO SEBASTIANO DE APARICIO, RELIGIOSO OFM: Memoria facoltativa
Durante il secolo d’oro della sua spiritualità e della sua letteratura, la Spagna fu anche edificata da quattro santi fratelli laici appartenenti all’Ordine Francescano dei Frati Minori: San Pasquale Baylón (1540-1592), il Beato Andrea Hibernon (1534- 1602), il Beato Giuliano di Sant’Agostino (1553-1606) ed il Beato Sebastiano di Aparicio (1502- 1600). Quest’ultimo spartì in realtà la sua lunga vita tra due continenti. Sebastiano nacque a La Gudiña (Spagna) il 20 gennaio 1502. Umile contadino della provincia spagnola della Galizia, proveniva da una povera famiglia e trascorse la sua fanciullezza pascolando greggi. All’età di quindici anni i suoi genitori preferirono mandarlo nella più prosperosa Castiglia al servizio di una vedova, che pare tentò di sedurlo. Sebastiano allora fuggì, trovando una nuova occupazione quale cameriere personale di un facoltoso gentiluomo di Salamanca. Tuttavia il suo cuore era a tal punto legato alla vita campestre, che l’anno seguente preferì tornare a casa per pascolare le pecore. Dopo otto anni di lavoro aveva già accumulato una cospicua fortuna, tanto da finanziare la dote delle sorelle. Sebbene le sue agiate condizioni finanziarie lo avessero reso un otti mo partito, Sebastiano abbandonò la prospettiva matrimoniale per salpare alla volta dell’America. Giunse così in Messico e si stabilì a Puebla degli Angeli (divenuta famosa in tutto il mondo cattolico con la Terza conferenza generale dei vescovi latino- americani del 1979). Iniziò l’attività di bracciante agricolo, ma la sua spiccata imprenditorialità gli consentì di mettersi in proprio ed effettuare trasporti vari tra Zacatecas e Città del Messico. Notando la forte necessità di vie di comunicazione più agevoli, non esitò a provvedere personalmente alla loro realizzazione, arricchendosi così ulteriormente. Tra le principali strade da lui inaugurate si ricorda quella tra le due città suddette, tuttora attiva. Nonostante l’agiatezza raggiunta, Sebastiano preferì uno stila di vita austero, destinando piuttosto le proprie ricchezze ad opere di carità ed a prestiti senza interessi. La sua ottima reputazione crebbe sia tra gli ispanici che tra gli indigeni ed era cosa frequente che si ricorresse a lui per risolvere le più svariate controversie. Ritiratosi dagli affari nel 1552, Sebastiano comperò allora una tenuta agricola vicino a Città del Messico, ove si dedicò all’allevamento del bestiame. All’età di ben sessant’anni pensò finalmente di sposarsi, ormai conscio di non rischiare di cedere alle tentazioni della carne. La prima moglie, una povera ragazza la cui famiglia lo aveva supplicato di sposarla, morì dopo breve tempo, e così avvenne anche con la seconda. Entrambi i matrimoni, con mutuo consenso, non vennero consumati. A settantadue anni fu colpito da una grave malattia, ma ripresosi inaspettatamente, non gli restò che interpretare la sua guarigione come una grazia divina meritevole di essere contraccambiata. Donò allora tutti i suoi beni alle clarisse e, fattosi terziario francescano, entrò nel noviziato dei francescani osservanti di Città del Messico. Successivamente fu mandato a Tecali ed in un secondo momento a Puebla, ove era presente una grande comunità. Il fervore, l’umiltà e l’obbedienza, che lo
animarono abitualmente nonostante la sua età ormai avanzata, furono esemplari per tutti i suoi confratelli. Visse così gli ultimi ventisei anni della sua vita peregrinando per le campagne su un carro trainato dai buoi e chiedendo l’elemosina. Similmente alle leggende sorte sul conto di San Francesco d’Assisi, anche il beato Sebastiano godette di poteri miracolosi nei confronti degli animali, che ubbidivano ad ogni suo minimo cenno, anche un sussurro: si diceva che avesse su di essi poteri miracolosi e che gli angeli lo accompagnassero abitualmente nei suoi viaggi. Morì quasi centenario il 25 febbraio 1600, compianto dall’affetto generale. La fama di santità da cui era circondato, portò alla sua beatificazione il 17 maggio 1789 da parte del pontefice Pio VI. Il corpo del Beato Sebastiano di Aparicio ancora oggi è conservato in una tomba di vetro, adiacente alla chiesa francescana di Puebla.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalle Ammonizioni di san Francesco d’Assisi (Amm 14-17: Scritti di san Francesco di Assisi, Fonti Francescane nn. 163-166) Beati i poveri in spirito, i pacifici e i puri di cuore «Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli». Ci sono molti che, applicandosi insistentemente a preghiere e occupazioni, fanno molte astinenze e mortificazioni corporali, ma per una sola parola che sembri ingiuria verso la loro persona, o per qualche cosa che venga loro tolta, scandalizzati, tosto si irritano. Questi non sono poveri in spirito, poiché chi è veramente povero in spirito odia se stesso e ama quelli che lo percuotono nella guancia. «Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio». Sono veri pacifici coloro che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo, per l'amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell'anima e nel corpo. «Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio». Veramente puri di cuore sono coloro che disdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore e animo puro. XVII. L'umile servo di Dio. Beato quel servo il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più che per il bene che dice e opera per mezzo di un altro. Pecca l'uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non vuole dare di sé al Signore Dio. R ESPONSORIO
Cfr. Gc 2,5; Mt 19, 21
R. Dio ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno * che Dio ha promesso a quelli che lo amano
V. Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; R. che Dio ha promesso a quelli che lo amano.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto, prendi parte alla gioia del tuo Signore. ORAZIONE Padre, che hai fatto vivere con semplicità e purezza di cuore il tuo servo Sebastiano de Aparicio e su di lui hai profuso i tuoi celesti doni, fa’ che, sul suo esempio, anche noi, ti possiamo servire con cuore semplice e mente pura e siamo resi capaci di accogliere il dono della tua grazia. Per il nostro Signore-
Vespri Ant. al Magn. Questo santo, disprezzando gli onori di questo mondo e le cose terrene, ha acquistato le vere ricchezze nel cielo
MARZO 2 marzo SANT’AGNESE DI BOEMIA, VERGINE, CLARISSA
Famiglia Francescana: Memoria facoltativa OFM, II Ordine e Famiglia Francescana in Italia: MO
Giovanni Paolo II, durante il suo lungo pontificato, se da un lato non ha mancato di proporre agli uomini di oggi dei modelli di santità a loro vicini nel tempo, non ha però disdegnato anche di elevare agli onori degli altari alcune significative figure visute nei primi secoli del secondo millenio, tra le quali la principessa Sant’Agense di Boemia. Figlia del sovrano boemo Premysl Otakar I e della regina Costanza, sorella di Andrea II re d'Ungheria, Agnese nacque a Praga nel 1211. Sin dall’infanzia fu oggetto di svariati progetti di fidanzamento indipendentemente dalla sua volontà, cosa comune a quel tempo meramente per speculazioni politiche e convenienze dinastiche. All’età di tre anni fu affidata alle cure della d uchessa di Slesia, la celebre Santa Edvige, che l’accolse nel monastero cistercense di Trzebnica e le insegnò i primi elementi della fede cristiana. Tre anni dopo fece ritorno a Praga e venne poi affidata alle monache premonstratensi di Doksany ove ricevet te un’adeguata istruzione. Nel 1220, essendo promessa sposa di Enrico VII, figlio dell'imperatore Federico II Barbarossa, Agnese fu condotta a Vienna presso la corte del duca d’Austria: qui visse sino al 1225 rimanendo sempre fedele ai principi e ai doveri della morale cristiana. Rescisso infine il patto di fidanzamento, ritornò a Praga ove poté dedicarsi ad una più intensa vita di preghiere e di opere caritative. Dopo una matura riflessione, decise di consacrare a Dio la sua verginità. Pervennero alla corte di Praga nuove proposte nuziali per la giovane principessa boema: quella del re inglese Enrico III, che svanì, e quella del Barbarossa presentata prima a re Otakar nel 1228 ed una seconda volta a re Venceslao nel 1231. Papa Gregorio IX, cui Agnese aveva chiesto protezione, intervenne riconoscendo il voto di castità della principessa, che in tal modo acquistò la libertà e la felicità di consacrarsi a Dio libera dai sotterfugi del mondo secolare. In quel periodo giungevano a Praga quali predicatori i Frati Minori, grazie ai quali venne a conoscenza della vita spirituale che conduceva in Assisi la vergine Santa Chiara secondo lo spirito francescano. Rimase affascinata da questo modello e decise di imitarne ad ogni costo l’esempio: usufruendo dei propri beni fondò tra il 1232 ed il 1233 a Praga l’ospedale di San Francesco e per dirigerlo l’Ordine dei Crocigeri della Stella Rossa. Allo stesso tempo fondò il monastero di San Francesco per le “Sorelle Povere o Damianite”, ove lei stessa entrò l’11 giugno 1234, giorno di Pentecoste. Agnese professò duqnue solennemente i voti solenni di castità, povertà ed obbedienza, pienamente consapevole del valore eterno di questi consigli evangelici, e si cimentò nel praticarli con esemplare fedeltà per tutti i suoi giorni. La verginità finalizzata al regno dei cieli costituì l’elemento fondamentale della sua spiritualità. Lo spirito di povertà, che già in precedenza l’aveva indotta a distribuire ai poveri i suoi beni, la spinse a rinunciare totalmente ad ogni proprietà per seguire Cristo
povero ed ottenne inoltre che nel suo monastero si praticasse addirittura l’esproprio collettivo. Lo spirito di obbedienza la condusse a conformare sempre più la sua volontà a quella divina che scopriva nella lettura del Vangelo e nella Regola di vita che la Chiesa le aveva donato. Insieme a Santa Chiara si adoperò per ottenere l’approvazione di una nuova ed apposita Regola che, dopo fiduciosa attesa, ricevette e professò con estrema fedeltà. Poco dopo la professione Agnese divenne badessa del monastero, ufficio che dovette conservare per tutta la vita, esercitandolo con umiltà e carità, con saggezza e zelo, considerandosi sempre come “sorella maggiore” delle monache sottoposte alla sua autorità. La notizia dell’ingresso di Agnese in monastero suscitò ammirazione in tutta Europa e tutti coloro che ebbero modo di entrare in contatto con lei poterono testimoniare le sue virtù, come concordemente attestano anche le memorie biografiche: specialmente ammirato era l’ardore della sua carità verso Dio e verso il prossimo, “la fiamma viva dell’amore divino che ardeva continuamente nell'altare del cuore di Agnese, la spingeva tanto in alto, per mezzo dell'inesauribile fede, da farle ininterrottamente cercare il suo Diletto” e si esprimeva in modo peculiare nel fervore con cui adorava i misteri dell’Eucaristia e della Croce del Signore, nonché nella devozione filiale alla Madonna contemplata nel mistero dell’Annunciazione. L’amore del prossimo, continuò anche dopo la fondazione dell’ospedale a tenere spalancato il suo cuore generoso ad ogni forma di aiuto cristiano. Amò la Chiesa implorando dalla bontà di Dio per i suoi figli i doni della perseveranza nella fede e della solidarietà cristiana. Collaborò con i papi del suo tempo, che per il bene della Chiesa non mancavano di sollecitare le sue preghiere e le sue mediazioni presso i sovrani boemi, suoi familiari. Nutrì sempre un profondo amore per la sua patri a, che beneficiò con opere caritative individuali e sociali, nonché con la saggezza dei suoi consigli sempre volti ad evitare conflitti di ogni sorta ed a promuovere la fedeltà alla religione cattolica dei suoi padri. Negli ultimi anni di vita Agnese sopportò con immutata pazienza i molteplici dolori che afflissero lei e l’intera famiglia reale, il monastero e la Boemia, causati da un infausto conflitto e dalla conseguente anarchia, nonché dalle calamità naturali che si abbatterono sulla regione e la conseguente carestia. Morì infine santamente nel suo monastero il 2 marzo 1282. Numerosi miracoli furono attribuiti all’intercessione della principessa defunta, ma l’antichissimo culto tributatole sin dalla morte ebbe il riconoscimento papale solo il 28 novembre 1874 con decreto del Beato Pio IX. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha infine canonizzato Agnese di Boemia il 12 novembre 1989 nella Basilica Vaticana.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture I NNO dal Comune delle vergini, oppure (dal Proprio delle Clarisse): Cinque soltanto le vergini sagge, quelle che entrarono insieme allo sposo: anche nel sonno brillavan le lampade senza timore che l’olio finisse. Sempre di notte risuona l'annuncio: “Ecco lo sposo, corretegli incontro!”. Il suo ritardo è fuoco che brucia: solo l’argento resiste alla prova.
Come una lampada il cuore ti attenda Gesù che torni nell’ultimo giorno; e sia l’attesa una lode operosa e il suo ritardo accresca la luce. Allora insieme entreremo alle nozze e canteremo la gloria in eterno a te, al Padre e allo Spirito Santo, unica fonte di vita e di grazia. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. SECONDA LETTURA Da una lettera di santa Chiara a santa Agnese di Boemia (S. Chiara d’Assisi; Protomonastero S. Chiara – Assisi, 1969, a cura di Chiara Augusta Lainati O.S.C., pp. 116-118) Sposa povera di Cristo povero Rendo grazie al Donatore della grazia, dal quale, come crediamo, proviene ogni bene sommo e ogni dono perfetto, perché ti ha ornata di tanti titoli di virtù e ti ha illustrata con segni di sì alta perfezione, che fatta diligente imitatrice del Padre, in cui è ogni perfezione, meriti di divenire a tua volta perfetta, sì che i suoi occhi non scorgano in te nulla di imperfetto. Questa è la perfezione per la quale il Re stesso ti unirà a sé nell'eterno talamo, dove siede glorioso su un trono di stelle: e tu, stimando cosa vile la grandezza di un regno terreno e sdegnando l'offerta di un connubio imperiale, per amore della santissima povertà, in spirito di profonda umiltà e di ardentissima carità, ti sei posta a camminare con assoluta fedeltà sulle orme di Colui, del quale hai meritato d'essere sposa. Ma ti so ricca d'ogni virtù, e perciò rinuncio ad un lungo discorso, non volendo aggravarti con parole superflue, anche se tu nulla troveresti di superfluo in quelle parole che potrebbero arrecarti qualche consolazione. Ma giacché una sola è la cosa necessaria, di essa soltanto ti scongiuro e ti avviso per amore di Colui, al quale ti sei offerta come santa e gradita vittima: che cioè, memore del tuo proposito, come un'altra Rachele, tu tenga sempre davanti agli occhi il punto di partenza; tieni ben fermi i risultati raggiunti; ciò che fai, fallo bene; non arrestarti; ma anzi, con veloce corsa e passo leggero, con piede sicuro che neppure alla polvere permette di ritardarne l'andare, avanza confidente e lieta nella via della beatitudine che ti sei assicurata. E non credere e non consentire ad alcuno che tentasse di sviarti dal tuo proposito, di metterti degli ostacoli su questa via, per impedirti di tener fede ai tuoi voti all'Altissimo con quella perfezione alla quale t’ha chiamata lo Spirito del Signore.
A questo riguardo, poi, affinché tu possa camminare con maggiore sicurezza nella strada dei divini mandati, attieniti ai consigli del venerabile padre nostro e fratello Elia, ministro generale, e anteponili ai consigli di qualsiasi altro e reputali più preziosi per te di qualsiasi altro dono. Ma se qualcuno ti dice qualcosa e ti dà dei suggerimenti che impediscano la via di perfezione che hai abbracciata o che ti sembrino contrari alla divina vocazione, pur portandoti con tutto il rispetto, non seguire però il suo consiglio, ma, come vergine poverella, stringiti a Cristo povero. Vedi che Egli per te si è fatto oggetto di disprezzo e seguilo, rendendoti per amor suo spregevole in questo mondo. Guarda lo Sposo tuo, o regina nobilissima, il più bello tra i figli degli uomini, divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo ripetutamente flagellato, morire infine tra i dolori più lancinanti sulla croce: guardalo, e medita e contempla, desiderando di imitarlo. R ESPONSORIO R. Contempliamo la tua bellezza, vergine di Cristo: * hai ricevuto dal Signore una splendida corona. V. Non ti sarà tolto l’onore della verginità, non sarai più separata dall’amore del Figlio di Dio: R. hai ricevuto dal Signore una splendida corona Oppure (tratta dal Proprio delle Clarisse): Dalla Vita di Agnese di Boemia di un Autore del XIII secolo (III) Agnese, desiderosa di portare a compimento il suo tanto vagheggiato proposito, chiamò a sé alcuni frati Minori ai quali, più che ad altri religiosi, per ispirazione divina, si sentiva affettivamente vicina. Voleva, infatti, essere informata sulla regola seguita dall’Ordine di Santa Chiara, la quale viveva in clausura con altre sante vergini nei dintorni di Assisi, nella chiesa di San Damiano e, come incenso che arde e spande il suo profumo nelle giornate estive, inondava col profumo delle sue virtù ogni parte del mondo. Non appena apprese dai frati che la regola di santa Chiara obbligava chi voleva entrare nel suo Ordine a vendere ogni cosa e donarla ai poveri secondo l’insegnamento evangelico, per servire nella povertà e nell’umiltà il Cristo povero, Agnes e si sentì invasa da una celestiale contentezza ed esclamò: “Questo è proprio quello che desidero e che bramo ardentemente con tutto il cuore!”. Subito fece vendere oltre all’oro e all’argento anche oggetti preziosi ed i vari ornamenti e fece distribuire il ricavato ai poveri, bramando che le sue ricchezze venissero dalle loro mani trasferite nei forzieri celesti. Fece poi costruire, ad imitazione di quanto aveva fatto la cugina Elisabetta, vicino al ponte di Praga, un grande ospizio per gli infermi, in onore del beatissimo confessore Francesco e lo rese ancor più munifico con rendite e beni. Lo affidò ai
Crocigeri con croce e stella rossa, perché avessero cura degli infermi e soccorressero tutti con sollecitudine elargendo a ciascuno secondo i propri bisogni. In onore del glorioso san Francesco fece erigere a proprie spese anche un monastero per i frati Minori e, in onore del Salvatore del mondo, un celebre monastero per le suore dell’Ordine di Santa Chiara. Lo abbellì, in quanto amava il decoro della casa di Dio, in modo meraviglioso con gloriose reliquie di santi, con vasi ed ornamenti preziosi adatti al culto divino. Quando giunsero da Trento cinque suore dell’Ordine di Santa Chiara, richieste da Agnese ed a lei concesse dietro approvazione della santa Sede Apostolica, esse furono accolte con grande gioia di spirito e furono introdotte, con gli onori dovuti, nel cenobio a loro destinato. In occasione della vicina festa di San Martino, sette vergini del regno di Boemia, tutte di origine molto elevata, desiderose di legarsi per sempre con i lacci della castità allo sposo delle vergini, si aggiunsero alle prime cinque e indossarono lo stesso abito e presero parte alla stessa mensa. Finalmente anche la saggia Agnese, constatando che nella tempesta della vita di continuo siamo travolti dai flutti della nostra condizione mortale e non possiamo volgere il pensiero alle cose celesti a causa dei mondani tumulti, infiammata più ardentemente dall’amore delle cose divine, in occasione della vicina festa di Pentecoste, alla presenza di sette vescovi, del fratello, della regina, di molti duchi e baroni e di un’eccezionale moltitudine di uomini e di donne di varie nazioni, rinunciò ad ogni onore regale ed a ogni gloria terrena e, assieme ad altre sette vergini di altissima nobiltà, appartenenti al regno di Boemia, come innocente colomba dal diluvio miserabile del mondo convolò verso l’arca della sacra regola. Nel monastero, tagliati i capelli e deposte le vesti regali, vestì abiti di penitenza e di lutto, come un’altra Ester, per farsi smile alla madre Chiara nell’umile veste e nell’aspetto esteriore. Si allontanò così, fuggendo lontana, dalla pericolosa tempesta di questo mondo e con animo tranquillo calò l’ancora dell’amore verso questa solitaria vita religiosa per pregustare in essa col palato dello spirito la stabilità della purezza e della pace eterna, conservando la soavità dell’eterna dolcezza. Rinchiusa fino alla morte in questo angolo di povertà, tutta dedita all’amore di Cristo povero e crocifisso e della sua dolcissima Madre, come mirra scelta diffuse la fragranza della sua spirituale santità. Sulle sue orme, infatti molti cominciarono a costruire monasteri in diverse località della Polonia, moltissime vergini e vedove cominciarono ad affluire nell’Ordine e a condurre una vita celestiale combattendo contro le passioni della carne, pur essendo creature fatte di carne. R ESPONSORIO R. Contempliamo la tua bellezza, vergine di Cristo: * hai ricevuto dal Signore una splendida corona. V. Non sarai più separata dall’amore del Figlio di Dio: R. hai ricevuto dal Signore una splendida corona.
Oppure (tratta dal Proprio delle Clarisse): Dall’Omelia di San Giovanni Paolo II per la canonizzazione di Agnese di Boemia (12 novembre 1989) La beata Agnese di Boemia, pur essendo vissuta in un periodo tanto lontano dal nostro, rimane anche oggi un fulgido esempio di fede cristiana e di carità eroica, che invita alla riflessione ed alla imitazione. Ben si addicono alla sua vita e alla sua spiritualità le parole della prima lettera di Pietro: "Siate moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera". Così scriveva il capo degli apostoli ai cristiani del suo tempo; e soggiungeva: "Soprattutto conservate tra voi una grande carità...Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare"(1 Pt 4, 7-9). Proprio questo è stato il programma di vita di sant'Agnese: fin dalla più tenera età ella orientò la propria esistenza alla ricerca dei beni celesti. Rifiutate alcune proposte di matrimonio, decise di dedicarsi totalmente a Dio, perché nella sua vita egli venisse glorificato per mezzo di Gesù Cristo (cf. 1 Pt 4, 11). Essendo venuta a conoscere dai Frati Minori, allora giunti a Praga, l'esperienza spirituale di Chiara di Assisi, volle seguirne l'esempio di francescana povertà: con i propri beni dinastici fondò a Praga l'ospedale di san Francesco e un monastero per le"Sorelle Povere" o "Damianite", dove lei stessa fece il suo ingresso il giorno di Pentecoste del 1234, professando i voti solenni di castità, povertà e obbedienza. Sono rimaste famose le lettere che santa Chiara d'Assisi le indirizzò per esortarla a proseguire nel cammino intrapreso. Sorse così un'amicizia spirituale, che durò per quasi vent'anni, senza che le due sante donne si incontrassero mai. "Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare" (1 Pt 4, 9). Fu la norma a cui santa Agnese ispirò costantemente la propria azione, accettando sempre con piena fiducia gli avvenimenti che la Provvidenza permetteva, nella certezza che tutto passa, ma la Verità rimane in eterno! È, questo, l'insegnamento che la nuova santa dona anche a voi, cari suoi connazionali, e dona a tutti. La storia umana è in continuo movimento; i tempi cambiano con le varie generazioni e con le scoperte scientifiche; nuove tecniche ma anche nuovi affanni si affacciano all'orizzonte dell'umanità, sempre in cammino: ma la verità di Cristo, che illumina e salva, perdura nel mutare degli eventi. Tutto ciò che avviene sulla terra è voluto o permesso dall'Altissimo perché gli uomini sentano la sete o la nostalgia della Verità, tendano ad essa, la ricerchino e la raggiungano! "Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri", così scriveva ancora san Pietro, e concludeva: "Chi esercita un ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pt 4, 10 -11). Nella sua lunga vita, travagliata anche da malattie e sofferenze, sant'Agnese ha davvero compiuto con energia il suo servizio di carità, per amore di Dio, contemplando come in uno specchio Gesù Cristo, come le aveva suggerito santa Chiara: "In questo specchio rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità" (Lettera IV: "Fonti Francescane", ed. 1986, n. 2903).
E così Agnese di Boemia, che oggi abbiamo la gioia di invocare "Santa", pur vissuta in secoli tanto lontani da noi, ha avuto un notevole ruolo nello sviluppo civile e culturale della sua Nazione e resta nostra contemporanea per la sua fede cristiana e per la sua carità: è esempio di coraggio ed è aiuto spirituale per le giovani che generosamente si consacrano alla vita religiosa; è ideale di santità per tutti coloro che seguono Cristo; è stimolo alla carità, esercitata con totale dedizione verso tutti, superando ogni barriera di razza, di popolo e di mentalità; è celeste protettrice del nostro faticoso cammino quotidiano. A lei possiamo dunque rivolgerci con grande fiducia e speranza. » R ESPONSORIO R. Contempliamo la tua bellezza, vergine di Cristo: * hai ricevuto dal Signore una splendida corona. V. Non sarai più separata dall’amore del Figlio di Dio: R. hai ricevuto dal Signore una splendida corona. Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine I NNO dal Comune delle vergini, oppure (dal Proprio delle Clarisse): Figlia e ancella d’Altissimo Padre, Sposa e madre del Cristo Signore, dello Spirito casa e dimora, sciogli il cantico nuovo all’Agnello. Aderisci con tutto il tuo cuore al più bello tra i figli dell’uomo, il ricordo costante di Lui brilla dolce nella memoria. Ogni giorno tu porti, o regina, il tuo cuore e l’anima tua nello Specchio che è Cristo Signore ed in esso tu scruti il tuo volto. Ogni giorno ti lasci bruciare, dal suo fuoco d’Amore perenne, corri dietro al tuo Sposo e Signore, Verbo eterno per noi fatto uomo. Sia una lode la nostra esistenza
a te Padre che sei il Donatore a te Figlio bellezza infinita a te Spirito Fonte d’Amore. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. ecclesiastica. Dove è festa si può prendere la seguente lettura breve (dal Proprio delle Clarisse) LETTURA BREVE
1Pt 4, 7-11
Siate moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo mezzo di Gesù Cristo, al quale appartiene appartiene la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. secoli. Amen! R ESPONSORIO ESPONSORIO BREVE R. Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, * ricevuta, * mettendola a servizio degli altri. Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri. a ltri. V. come buoni amministratori amministratori di una multiforme multiforme grazia di Dio. mettendola a servizio degli altri. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri. Ant. al Ben. Hai Ben. Hai dato il tuo cuore a Cristo, vergine sapiente: ora vivi con lui, splendente come il sole nell’assemblea dei santi. ORAZIONE O Dio, che hai ispirato a santa Agnese di Boemia di anteporre al fascino della dignità regale l’umiltà della croce, concedici, per sua intercessione, di volgere sempre il nostro animo alle cose di lassù, nel distacco dalle cose della terra. Per il nostro Signore.
Vespri I NNO dal Comune delle vergini, oppure come alle Lodi mattutine, oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica.
Dove è festa si può prendere la seguente lettura breve (dal Proprio delle Clarisse) LETTURA BREVE
Ct 2, 1-6
Io sono un narciso di Saron, un giglio delle valli. Come un giglio fra i cardi, così la mia amata tra le fanciulle. Come un melo tra gli alberi del bosco, il mio diletto fra i giovani. Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo e dolce è il suo frutto al mio palato. Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore. Sostenetemi con focacce d'uva passa, rinfrancatemi con pomi, perché io sono malata d'amore. La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia. R ESPONSORIO ESPONSORIO BREVE R. Entrano con gioia le vergini * alla festa di nozze. Entrano con gioia le vergini alla festa di nozze. V. Sono introdotte nel palazzo del re, alla festa di nozze. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Entrano con gioia le vergini alla festa di nozze. noz ze. Intercessioni dal Comune delle vergini. Ant. al Magn. Vieni, Magn. Vieni, o sposa di Cristo, ricevi la splendida corona che il Signore ti ha preparato per l’eternità. Orazione come alle Lodi mattutine.
3 marzo
BEATI LIBERATO WEISS, SAMUELE MARZORATI E MICHELE PIO FASOLI DA ZERBO, SACERDOTI E MARTIRI DI GONDAR (ABISSINIA) OFM: Memoria facoltativa
Liberato Weiss nacque a Konnersreuth in Baviera (Germania) il 4 gennaio 1675; entrò nell’Ordine dei Frati Minori nel n el convento di Graz della provincia austriaca di S. Bernardino, il 13 ottobre 1698. Fu ordinato sacerdote a Vienna il 14 settembre 1699. Michele Pio Fasoli nacque a Zerbo di Pavia il 3 maggio 1670 ed entrò nell’Ordine dei Frati Minori nella provincia detta allora di San Diego in Insubria, nel Piemonte. Appena ordinato sacerdote chiese di partire in missione in Etiopia, condividendo insuccessi insuccessi e speranze del beato Liberato Weiss. Nel 1703 il Commissario gen generale erale dell’Ordine chiedeva alle province di presentare dei missionari adatti per l’Etiopia, su esplicita richiesta del re di quel Paese, per contrastare la predicazione monofisita, monofisita, cioè delle chiese che si rifanno ad una eresia vecchia di quasi 1400 anni, e come tale condannata dal Concilio di Calcedonia, in base alla quale in Cristo non ci sarebbero le due nature (umana e divina), ma soltanto quella divina. Liberato Weiss subito si offrì e fu accettato da ‘Propaganda Fide’, venne inviato in Etiopia insieme ad altri sette missionari, guidati da padre Giuseppe da Gerusalemme; essi lasciarono Il Cairo in Egitto il 14 gennaio 1705, per raggiungere la carovana dei mercanti che si recava in Etiopia. Liberato non mette neppure piede in Etiopia, per via di una insurrezione contro il re che ha chiamato i missionari. Sei anni di viaggio lungo la riva del Nilo, aspettando che la situazione cambi, senza mai raggiungere la meta; dei suoi sette compagni alcuni desistono e ritornano in patria, altri muoiono, e alla fine anche lui, rimasto solo con Michele Pio, ritorna in Egitto. Un anno dopo si decide di raggiungere l’Etiopia attraverso la via del Mar Rosso ed a Liberato e Michele Pio si aggiunge Samuele Marzorati, nato a Biumo (Varese) il 10 settembre 1670 della provincia francescana francescana di Milano. Questa volta la spedizione è più fortunata: partiti il 3 novembre da Il Cairo, i tre raggiungono Gondar, la capitale dell’Etiopia il 20 luglio 1712. Qui furono bene accolti dal re. Ma la situazione generale del regno etiope non era tranquilla, gli europei erano poco graditi e il re Justos era fortemente contrastato, quindi i missionari dovevano stare quasi nascosti in attesa che la situazione migliorasse. Si diffusero dicerie su di loro e sulla religione professata, per cui il re, prima non diede ascolto ma poi per evitare ulteriori discordie, li mandò in altra provincia, il Tigré. Dopo la loro partenza il re Justos si ammalò e di questo approfittarono i suoi avversari che incoronarono David figlio di un altro re. La situazione politica e religiosa è sempre turbolenta e devono praticamente vivere in clandestinità: per ordine del nuovo re, che teme disordini: non possono predicare, non possono discutere questioni religiose, neppure possono dichiararsi missionari cattolici mandati da Roma, perché c’è una profonda diffidenza verso i “romani”, e gli europei in genere sono poco graditi. Si
limitano così a studiare la lingua del luogo, a curare i malati e a sperare…che dall’Europa si ricordino di loro. I tre, infatti, hanno la sensazione di essere stati dimenticati da Dio e dagli uomini: i soldi da Propaganda Fide arrivano con il contagocce, e comunque in modo insufficiente non solo per acquistare le medicine di cui avrebbero bisogno per curare i malati, ma addirittura per il loro sostentamento. sostentamento. Si aggiustano come possono, Liberato fa l’orefice, ma la situazione è tale da creare anche tensioni fra di loro, soprattutto fra Liberato e Samuele. Odiati di cuore dal popolo, individuati come “missionari di una religione cattiva”, oggetto di calunni e e di false f alse dicerie, praticamente isolati, vengono infine arrestati e processati il 2 marzo 1716. Confessano apertamente di essere missionari cattolici, rifiutano con decisione la circoncisione in cambio della quale avrebbero salva la vita, contestano ai loro accusatori di essere “cristiani di nome e non di fatto”. Inevitabile la loro condanna a morte mediante lapidazione, eseguita il 3 marzo sulle rive del torrente Angareb. E’ un monaco ad incitare l’avvio della lapidazione, dichiarando “maledetto, scomun icato e nemico della Vergine Maria” chi non tirerà contro di loro almeno cinque pietre. I tre tr e muoiono dopo un intenso abbraccio e la vicendevole assoluzione, testimoni dell’autenticità del Cristo non con la predicazione, ma con il loro sangue. Il processo informativo per la loro beatificazione si tenne a Vienna, provincia francescana d’origine del padre guida della spedizione Liberato Weiss, negli anni 1932 -1933. Sono stati beatificati da papa Giovanni Paolo II il 20 novembre 1988 a Vienna, durante il suo viaggio in Austria.
Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio. ORAZIONE O Padre, tu hai concesso ai beati Liberato, Samuele e Michele Pio, sacerdoti, la grazia di testimoniare la fede cattolica con l’effusione del proprio sangue: per i loro meriti e le loro preghiere, fa’ che il popolo cristiano sia costante nel professare la fede e tutte le genti siano illuminate dalla luce del Vangelo. Per il nostro Signore. Si riporta di seguito un estratto dall’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione di questi questi martiri. Dall’Omelia di Giovanni Paolo II, papa, in occasione della beatificazione di Liberat Weiss, Samuele Marzorati e Michele Pio Fasoli. (Basilica Vaticana, 20 novembre 1988, nn. 3-6) Oggi, in questa Basilica di san Pietro, adoriamo Cristo Re. Colui che eternamente è “il testimone fedele”. Colui che è venuto “nel mondo per rendere testimonianza alla verità”. Lo verità”. Lo adoriamo elevando alla gloria degli altari i suoi discepoli e seguaci: coloro che hanno ascoltato la sua voce. E con tutta la loro vita hanno dato prova di essere “dalla verità”. Sono diventati testimoni di quello che egli stesso è: “il testimone fedele”. Ecco i loro nomi: Liberat Weiss, Samuele Marzorati, Michele Pio Fasoli, tutti Frati Minori francescani, e madre Katharine Drexel, fondatrice delle Suore del Santissimo Sacramento per gli indiani e la gente di colore.
Nel tempio eterno del Signore gli rendono gloria (cf. Sal 93 [92], [92], 5) i nuovi beati. Tra essi i tre degni seguaci di san Francesco, i quali hanno amato il Cristo sopra ogni cosa e, per lui, hanno saputo amare la croce redentrice e tutti gli uomini. I martiri Liberat, Samuele e Michele Pio hanno meritato di stare per sempre accanto al “saldo trono” (cf. Sal 93 [92], 2) del Re dell’universo, ammantato di splendida luce e cinto di potenza, perché hanno lasciato tutto, anche la vita terrena per servirlo. Il consegnare la propria esistenza sino all’effusione del sangue fu per essi la risposta generosa alla vocazione, con la quale Cristo li chiamava a partecipare all’offerta che egli aveva fatto di se stesso al Padre. Il loro martirio fu il supremo gesto di amore forte e di fede tenace, con cui, unendosi alla testimonianza dell’Agnello immolato, hanno confermato la verità che salva e rende capaci di amare Dio ed il prossimo con la stessa carità di Gesù. Gesù. Lo zelo e la dedizione con i quali Liberat, Samuele e Michele Pio hanno risposto alla chiamata del Redentore li fece crescere in familiarità interiore con lui. Essi riconobbero sempre più chiaramente la loro vocazione ad annunciare agli altri uomini la buona novella. In questo erano consapevoli di prendere parte nel modo più elevato alla signoria regale di Cristo, facendosi, come lui, testimoni della verità e servitori dei fratelli e delle sorelle. Nell’annuncio della buona novella essi non si servirono di “discorsi persuasivi di sapienza”; essa era assai più collegata “alla manifestazione dello Spirito e della sua potenza” (1 Cor 2, 4). Perciò essi non esitarono a suggellare con il sangue la loro missione. La dedizione di sé senza riserva è la conferma più convincente della novella annunciata con le labbra. Essa fa risplendere la testimonianza nella sua totale purezza, per cui ai fratelli e alle sorelle viene posto dinanzi agli occhi soltanto Cristo, che dall’alto della croce regna sul mondo. In Cristo la sublime potenza dell’amore di Dio si abbassa si abbassa verso gli uomini. Essa volge la loro volontà e dispone i loro cuori alla comprensione reciproca, alla concordia e alla pace. Profondamente convinti di non essere padroni di ciò che possedevano, i santi martiri si concepirono come amministratori e annunciatori dei doni ricevuti da Cristo. Da lui si sapevano inviati alle stirpi dei popoli in Etiopia. In spirito di considerazione fraterna e di disposizione al dialogo, ma anche con fermezza e assoluta fedeltà di coscienza, essi annunciarono agli uomini la fede cattolica. Con carità ammirevole e dedizione disposta al sacrificio divennero testimoni viventi della Chiesa e della redenzione operata attraverso Gesù Cristo. Nella loro opera missionaria, nella loro sofferenza e morte i martiri Liberat, Samuele e Michele Pio sono esempi luminosi di come la verità può essere annunciata e vissuta senza con ciò ferire l’amore. La celebrazione del martirio di questi francescani ci ricorda anche i periodi durante i quali le relazioni tra la Chiesa cattolica e la Chiesa etiopica erano difficili. La fraternità, che avrebbe dovuto regnare tra due Chiese sorelle, era allora turbata da gravi, reciproche incomprensioni causate dall’ignoranza del linguaggio degli uni e degli altri, dalla differenza di cultura e da varie circostanze. La Chiesa cattolica, dopo aver approfondito la sua contemplazione del disegno di Cristo durante il Concilio Vaticano II, si è con risolutezza impegnata a percorrere il cammino ecumenico. Con un rinnovato slancio di carità, essa ha chiaramente espresso i principi di questo suo impegno nel
Decreto conciliare sull’ecumenismo, rinnovando la sua comprensione dei legami leg ami di comunione che l’uniscono alle altre Chiese. Essa ha intensamente ricercato la collaborazione con gli altri cristiani e ha operato affinché sia esaudita la preghiera di Cristo per i suoi discepoli (cf. Gv 17, 21). Rilevo con gioia come oggi i legami di fraternità tra i cristiani di Etiopia siano più profondi e come essi conducano, in particolare, ad una collaborazione tesa ad alleviare le pene di chi soffre. Possano i nuovi beati e tutti i santi del cielo intercedere presso il Signore affinché in tale Paese, dove da tanti secoli i cristiani hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo fino a dare la vita per lui, vivano tutti nell’unità di fede e di amore.
5 marzo
SAN GIOVAN GIUSEPPE CALOSINTO DELLA CROCE, SACERDOTE Francescani in Italia: Memoria facoltativa
Carlo Gaetano Calosinto nacque ad Ischia (Napoli) il 15 agosto del 1654. dal nobile Giuseppe e da donna Laura Gargiulo. La SS.ma Vergine volle prescegliersi questa felice creatura e ne segnò la nascita con il sorriso di una sua festa: l’Assu nzione. Nello stesso giorno il bambino fu battezzato nella Cattedrale sul Castello ed ebbe i nomi di Carlo Gaetano. La prima comunione segnò un aumento di favore in Carlo Gaetano che da quell’ora si consacrò meglio di prima ad un assiduo culto verso il SS. Sacramento e ad una tenera devozione per la Santa Vergine che onorava con preghiere, digiuni e con la fedele innocenza del suo cuore verginale. Andava alla scuola al convento degli Agostiniani posto fra i vigneti di fronte al suo bel mare e si dilungava per qualche opera di carità; ogni giorno, oltre che alla Messa, si recava r ecava dal migliore dei suoi amici, da Gesù, che, dal Tabernacolo, diventava anche anche il suo migliore Maestro. Intanto Gesù lo chiamava a più eroici distacchi e l’ideale del chiostro si face va sempre più vivo. Avrebbe voluto, all’età di 15 anni, lasciare subito la casa per volare in un convento. Ma non sapeva in quale ordine entrare. Iniziò così una novena allo Spirito Santo per avere lumi nella scelta. Aveva appena finito di pregare quando il Signore gli fece conoscere la sua volontà. Due frati francescani, francescani, di Santa Lucia al Monte di Napoli, andati ad Ischia per questuare, bussarono anche alla sua casa. La povertà del loro abito, i piedi scalzi, il loro portamento, quell’aria mistica che spir ava spir ava dalla loro conversazione lo attrassero. Si informò della loro vita, della Regola e, ammirato da tanta perfezione, decise di entrare nel loro istituto, i stituto, aderendo ai Frati Minori della Riforma di San Pietro d’Alcántara. Così alla fine di agosto del 1669 l’aspirante alla vita serafica si recò a Napoli per esporre la sua vocazione. vocazion e. Salutati i suoi familiari un’ultima un’ ultima volta, ritornò a Napoli dove il Maestro dei novizi lo accolse sulla soglia del convento in cui già si esercitavano, in rigorosa disciplina, altri giovanetti e Carlo Gaetano entrò nel noviziato con lo stesso volo della colomba che si rifugia nel forame della pietra. Più tardi egli esprimerà questo distacco dal mondo con una lettera ai parenti, che è un canto di amore celeste: Vi lascio a Dio. Non mi scrivete più. Mondo addio! Ischia addio! Madre, fratelli, amici, addio! Voglio solo godere del mio Crocifisso Gesù e della sua Santissima Madre Maria mia protettrice e Madre. Madre. Iddio vi benedica benedica e consoli tutti. Amen. Amen. Cambiò il nome in quello di Giovan Giuseppe della Croce e fece il noviziato sotto la guida ascetica di padre Giuseppe Robles. Nel gennaio 1671 fu f u inviato insieme ad altri 11 frati, di cui egli era il più giovane, presso il santuario di S. Maria Occorrevole a Piedimonte d’Alife, dove grazie a lla sua fattiva opera fu costruito un convento, divenne sacerdote il 18 settembre 1677. Durante la sua permanenza a Piedimonte, fece costruire in una zona più nascosta del bosco un altro piccolo conventino detto “la solitudine”, ancora oggi meta di pellegr inaggi, pellegr inaggi, per poter pregare
più in ritiro; per parecchi anni guidò contemporaneamente il noviziato a Napoli come maestro, e il convento a Piedimonte come padre guardiano, adoperandosi tra l’altro in forma molto attiva per la costruzione del convento del Granatello in Portici (Napoli). Agli inizi del 1700 il Movimento Francescano subì una tempesta organizzativa dovuta ai forti dissensi sorti fra gli alcantarini provenienti in gran parte dalla Spagna e fra quelli italiani, che provocò, con l’approvazione pontif icia, la separazione dei due gruppi per le loro nazionalità; gli spagnoli ottennero il convento di S. Lucia al Monte e del Granatello. Padre Giovan Giuseppe, nominato capo e guida del gruppo italiano, dovette barcamenarsi in tutte le difficoltà che venivano poste dai potenti confratelli spagnoli, richiamò i circa 200 frati ad un rispetto più conforme alla Regola, riordinò gli studi. Scaduto il suo mandato, ebbe dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Francesco Pignatelli, l’incarico di dirigere settanta fra monasteri e ritiri napoletani, uguale incarico l’ebbe anche dal cardinale Innico Caracciolo per la diocesi di Aversa. Essendo qualificato direttore di coscienze, a lui si rivolsero celebri ecclesiastici, nobili illustri, persino s. Alfonso Maria de’ Liguori e s. Francesco de Geronimo; il Signore gli donò vari carismi, come la bilocazione, la profezia, la lettura dei cuori, la levitazione, apparizioni della Madonna e di Gesù Bambino, i miracoli come quello della resurrezione del marchesino Gennaro Spada, fu visto passare per le strade di Napoli sollevato di un palmo da terra in completa estasi. Il 22 giugno 1722 con decreto pontificio i due rami alcantarini, furono riuniti di nuovo e quindi anche il convento di S. Lucia al Monte ritornò ai frati italiani ed è lì che Giovan Giuseppe della Croce, dopo averci vissuto per altri dodici anni, morì il 5 marzo 1734; la sua tomba posta nel convento è stata centro di grande devozione dei napoletani che lo elessero loro compatrono nel 1790. Beatificato da papa Pio VI il 24 maggio 1789, fu poi elevato agli onori degli altari come santo da papa Gregorio XVI il 26 maggio 1839, insieme ad altri quattro santi: Francesco de Geronimo, Alfonso Maria de’ Liguori, Pacifico di S. Severino e Veronica Giuliani. Il 1° marzo 1963 la Sacra Congregazione dei Riti lo proclamava Principale Celeste Patrono presso Dio di tutta la Diocesi Isclana insieme con Santa Restituta Vergine e Martire. L’isola d’Ischia, che da sempre l’ha venerato e amato come suo carissimo e grande figlio, ha fatto richiesta affinché le spoglie del santo ritornassero fra la sua originaria gente. Resta scolpito nel cuore di ciascuno quel giorno memorabile del 30 settembre 2003, quando una folla immensa ed emozionata, accoglieva, ai piedi del Castello Aragonese, le spoglie del Santo Alcantarino Isclano ritornato per sempre tra i suoi e oggi gelosamente custodite dai Frati Minori nella Chiesa del Convento di S. Antonio di Padova, al Ponte.
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio. ORAZIONE O Dio, che attraverso le ardue vie della povertà, dell’umiltà e della pazienza hai guidato san Giovan Giuseppe della Croce alla contemplazione della tua gloria, donaci di seguire il suo esempio per essere uniti a te insieme con i tuoi santi. Per il nostro Signore.
12 marzo
BEATA ANGELA SALAWA, TERZIARIA OFM Conv: Memoria facoltativa
Nacque il 9 settembre 1881 a Siepraw presso Cracovia in Polonia, undicesima dei dodici figli di Bartłomiej Salawa ed Ewa Bochenek. Al Battesimo, ricevuto quattro giorni dopo la nascita, le fu dato il nome di Aniela, corrispettivo polacco di Angela. Il padre era fabbro, mentre la madre, tutta dedita alla casa e ai numerosi figli, insegnava loro la pietà, la modestia e la laboriosità. Aniela crebbe quindi con questi principi e si formò sotto la guida della madre, che la preparò anche alla Prima Comunione verso i dodici anni, secondo la consuetudine dell’epoca. Già a 15 anni nel 1894 era a servizio presso una famiglia di Siepraw: pascolava le vacche, falciava l’erba, intratteneva i bambini. All’inizio della primavera del 1895 estirpava le radici e i ciuffi d’erba, nonostante le temperature gelide del periodo. Rientrò in famiglia dove sostò fino all’ottobre 1897, rifiutando nel frattempo le insistenze del padre che la spingeva verso il matrimonio. In seguito si trasferì a Cracovia, per andare a lavorare come cooperatrice familiare. Sin dai primi giorni fu ospitata dalla sorella Teresa, alla quale ribadì che non si sentiva chiamata al matrimonio. A Cracovia andò a servizio presso la famiglia Kloc, dove lavorò duramente senza mai lamentarsi; aveva 16 anni ed era molto attraente. Per questo il padrone di casa prese ad insidiarla, per cui Angela dopo poco tempo lasciò l’occupazione. Dopo altri rapporti di lavoro in alcune famiglie dei paesi vicini, ritornò a Cracovia, dove assistette, il 25 gennaio 1899, alla serena morte della sorella maggiore Teresa, anch’ella domestica. Rimasta scossa dalla perdita, avvertì il richiamo di una voce interna che la chiamava a percorrere la via della perfezione. Aniela rispose prontamente, anzitutto prolungando il tempo della preghiera in chiesa e in casa e nella meditazione. Con l’assistenza del suo direttore spirituale, il gesuita padre Stanislao Mieloch, si consacrò a Dio con il voto di castità perpetua, già pronunciato nella prima giovinezza. Prese a dedicarsi ad un apostolato oscuro ma fecondo tra le domestiche di Cracovia: le riuniva, le istruiva, le consigliava, le dirigeva. Nell’adempiere i doveri delle sue mansioni, dimenticava spesso sé stessa. Nonostante la salute precaria, era sempre allegra e socievole; si vestiva bene, non per il mondo, ma per Dio. Nel 1900 si iscrisse all’Associazione di Santa Zita, che promuoveva l’assistenza alle domestiche: poté in tal modo esercitare in forma più organizzata un fruttuoso apostolato fra le sue compagne di lavoro, diventando per loro una guida e un modello di vita cristiana. Nel 1911 fu colpita da una dolorosa malattia, che la sconvolse per lungo tempo, poi morì la madre e la giovane signora alla quale prestava la sua opera con affetto e dedizione; inoltre si sentì abbandonata anche dalle compagne che non poteva più radunare in casa.
Questo periodo di angosciosa sofferenza, raccontato nel suo Diario, fu affrontato da Aniela, unendosi maggiormente a Dio nella preghiera e nella meditazione. Nel 1912 ebbe anche fenomeni mistici, con la visione dell’incontro con Gesù. Aderì al Terz’Ordine di San Francesco, prendendone l’abito il 15 maggio 1912 nella chiesa dei Francescani Conventuali di Cracovia; il 6 agosto 1913 emise la regolare professione. Durante la Prima Guerra Mondiale, aiutò con i suoi pochi risparmi i prigionieri di guerra, senza distinzione di nazionalità. Volontariamente si impegnò con amore all’assistenza dei feriti e dei malati negli ospedali di Cracovia, dove rispettosamente era chiamata «la santa signorina». Per avere rimproverata l’amante del suo padrone, l’avvocato Fischer, fu licenziata nel 1916 da quella casa dove lavorava dal 1905. Seguirono alcuni anni di abbandono, senza lavoro e con la malattia più incalzante, mentre proseguivano i fenomeni mistici. Nel 1918, ormai debilitata nelle forze, lasciò anche i lavori saltuari e si ritirò in un piccolo ambiente in una soffitta, preso in affitto. Iniziò così l’ultimo periodo della sua vita: cinque anni di sofferenze in unione con Dio, che la gratificava con visioni, specie di Gesù con la corona di spine e sofferente. Il confessore le portava ogni giorno la Comunione e le compagne, inconsolabili, si alternavano nel suo tugurio per assisterla. Annotò sul suo Diario: «Ripensando alla mia vita, credo di essere in quella vocazione, luogo e stato in cui fin dall’infanzia Dio mi ha chiamato». Nella sua ardente carità, pregò di prendere su di sé le malattie degli altri: le sue sofferenze si moltiplicarono, mentre coloro per cui si era offerta guarirono. Alla fine acconsentì a lasciare quell’ambiente ristretto: fu ricoverata all’ospedale di Santa Zita a Cracovia, dove, dopo aver ricevuto i Sacramenti, spirò il 12 marzo 1922 in estrema povertà. La sua fama di santità condusse all’apertura del suo processo di beatificazione. Il 10 settembre 1934 si ebbe il decreto sugli scritti, ma l’introduzione della causa avvenne solo il 30 marzo 1981. Promulgate nel frattempo le nuove norme sui processi di beatificazione e canonizzazione, il 20 giugno 1986 venne emesso il decreto di convalida del processo informativo e di quello apostolico. La “Positio super virtutibus”, consegnata nel 1987, fu esaminata nel corso dello stesso anno dalla Consulta dei teologi, il 14 aprile, e dai cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 2 giugno. Il 23 ottobre 1987, quindi, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui Aniela Salawa veniva dichiarata Venerabile. Come potenziale miracolo per ottenere la sua beatificazione venne esaminato il caso avvenuto nel 1990 a un bambino di Nowy Targ, in Polonia. Mentre il piccolo stava giocando in un parco con gli amici, fu colpito violentemente alla testa: i medici riscontrarono delle lesioni al cervello. I genitori fecero quindi celebrare una Messa per la sua guarigione e iniziarono una novena alla Venerabile Aniela Salawa. Il 6 aprile il bambino riprese a parlare e il 23 fu dimesso in buona salute. Il processo sul miracolo venne quindi convalidato il 12 aprile 1991. Nel corso del medesimo anno, giunsero anche il parere positivo circa l’inspiegabilità scientifica della guarigione da parte della Consulta medica, il 6 giugno; quello dei Consultori teologi, il 21 giugno, sull’intercessione della Venerabile; quello dei cardinali e vescovi, il 2 luglio. Il 6 luglio 1991 san Giovanni Paolo II poteva quindi autorizzare la promulgazione del decreto relativo, aprendo quindi la strada alla beatificazione. Aniela Salawa fu quindi beatificata da san Giovanni Paolo II il 13 agosto 1991 a Cracovia, durante il secondo viaggio apostolico in Polonia. La memoria liturgica, per la diocesi di Cracovia, è stata fissata al 12 marzo. I suoi resti mortali sono stati traslati il 13 maggio 1949 nella basilica di San Francesco a Cracovia, dove tuttora sono venerati.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA
Dal “Diario” della Beata Angela Salawa Chiamata da Dio a santificarsi nella condizione di cooperatrice familiare Dopo aver esaminato la mia vita mi sembra che mi trovo nello stato al quale Dio mi chiamava fin da piccola; perché fin da quando ho conosciuto il mondo ho sentito sempre una forte attrazione alla sofferenza e alla povertà. E già da bambina sentivo sempre nell’anima che solamente in una condizione di umiltà avrei corrisposto alla grazia di Dio. E per questo ho scelto spontaneamente il lavoro del servizio domestico, dopo aver rinunciato ad ogni fortuna che mi si offriva, nella fiducia che perseverando in questa umile condizione avrei corrisposto al desiderio di Dio. Da ciò deriva che devo amare sinceramente e praticamente ogni condizione di indigenza, che ora mi si presenta, per poter rispondere meglio alla prima attrazione dell’infanzia. In più devo cercare di rispondere a questa grazia, qualsiasi cosa mi accadrà nella vita, anche se molto difficile. Sentivo sempre infatti che Dio desiderava ancora di più dalla mia anima. Ricordo queste parole: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi...” (Gv 15,17). Deduco dalle stesse parole che Dio evidentemente mi ha destinata a percorrere questa strada già da piccola. E sento che non mi è assolutamente permesso di desiderare una strada più facile, perché soltanto rispondendo ad una grazia così eccelsa si attueranno nella mia vita queste parole: Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete e beate le orecchie che ascoltano ciò che voi udite (Lc 10,23; Mt 13,16). E queste sono le indicazioni da seguire sulla via che Dio ha tracciato durante il tempo della mia vita: 1. Nelle varie difficoltà e nei dispiaceri che possono provenire dagli uomini occorre la fermezza, una adeguata energia, un conveniente silenzio, la pazienza, la calma tranquilla, la comprensione per gli altri; e, per quanto sarà possibile, ricercare la giustizia. E se mi comporterò così, allora dovrò abbandonarmi ancora di più a Dio, e cercare con tutte le forze di non accogliere nell’anima nessuna amarezza, ricordandomi particolarmente che di queste cose si compone la vita dell’anima cristiana. 2. Devo persuadermi che questa è la mia via e il fine della mia vita: e così pensando, potrò accettare tutto con più tranquillità e con maggior profitto per l’anima; e in punto di morte potrò dire: “Tutto è compiuto”. R ESPONSORIO R. Abbiate in voi la carità di Cristo, con umiltà considerate gli altri superiori a voi stessi, * non cercate il vostro interesse, ma quello dei fratelli. V. Sostenete i deboli, siate pazienti con tutti, cercate sempre il bene tra voi e con gli altri;
R. non cercate il vostro interesse, ma quello dei fratelli. ORAZIONE Donaci, o Padre, lo spirito di umiltà e di amore in virtù del quale la beata Angela, vergine, offrì sé stessa come sacrificio vivente, santo e a te gradito. Concedi anche a noi, per sua intercessione, di progredire nella novità della vita evangelica per conformarci a Cristo, tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Si riporta di seguito un estratto dall’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione della mistica francescana Angela Salawa. Dall’Omelia di Giovanni Paolo II, papa, in occasione della beatificazione della mistica francescana Angela Salawa. (Cracovia, Piazza del mercato, 13 agosto 1991, nn. 1.5-6) Non rattristiamo lo Spirito Santo È per me una grande gioia di aver potuto celebrare a Cracovia la beatificazione di Angela Salawa. Questa figlia del popolo polacco, nata nel vicino Siepraw, ha legato una notevole parte della sua vita a Cracovia. Questa città è stata l’ambiente del suo lavoro, della sua sofferenza, della sua maturazione nella santità. Collegata con la spiritualità di San Francesco d’Assisi, ha mostrato un’insolita sensibilità all’azione dello Spirito Santo. Ne rendono testimonianza gli scritti che ci ha lasciato. Quanto è attuale ciò che l’Apostolo scrive nella Lettera agli Efesini: “non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira . . . e maldicenza con ogni sorta di malignità . . . Perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Ef 4, 30-32). Quanto questo è attuale! Insieme con tutti coloro che nel corso della storia, e anche con quelli dei nostri tempi, sono divenuti la gioia dello Spirito Santo, insieme a questa amata Signora di Wawel, Edwige l’Angioina, ripetiamo le parole dell’Apostolo: “Non rattristate lo Spirito Santo!”. Ripetiamo queste parole insieme con la beata Edwige, regina della Polonia e “madre delle nazioni”. E le ripetiamo insieme con la beata Angela Salawa. Si uniscano nella nostra coscienza queste due figure femminili. La regina e la donna di servizio! Tutta la storia della santità cristiana e della spiritualità edificata sul modello evangelico non si esprime forse in questa frase semplice. “Servire Dio è regnare”? (cf. Lumen gentium, 36). La stessa verità viene espressa dalla vita di una grande regina e di una semplice donna di servizio. Non rattristiamo lo Spirito Santo. Non facciamo resistenza alla sua potenza, invisibile e, tuttavia, più reale di tante visibili e chiassose “potenze” prodotte in grande abbondanza dall’uomo dei nostri giorni. “È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla” (Gv 6, 63) - in queste poche parole di Cristo è contenuta la valutazione di tutte
le specie di materialismo, che sotto diverse forme ritornano sempre, per opporre resistenza, negli uomini, allo Spirito che dà vita. “Non rattristate lo Spirito Santo!”. Rinnoviamo in noi l’eredità di Dio e di Cristo, cari fratelli e sorelle . Che, dopo tante esperienze del tragico secolo, che volge verso il suo termine, si rinnovi e si consolidi la generazione di coloro che “adorano il Padre in Spirito e verità” (cf. Gv 4, 23). Dio attende tali adoratori! Dopo aver impartito la Benedizione, il Papa saluta ancora i numerosi fedeli presenti con queste parole. Al termine di questa Eucaristia nel vecchio Mercato di Cracovia, nella celebrazione della quale la Chiesa ha elevato alla gloria dell’altare Aniela Salawa, desidero far risuonare le sue esatte parole. Sono tratte dal Diario. Una frase che sembra particolarmente necessaria in questo momento dopo la santa Comunione. Così scrive, così grida a Cristo Aniela: “Desidero che Tu sia adorato così come sei distrutto”. E poi della sua vocazione, o piuttosto della vocazione a lei data da Dio: “Dio aveva per la mia anima alti progetti creandomi a Sua immagine”. Queste parole della nostra beata connazionale, originaria di Siepraw ma cracoviana, rimangano nella nostra mente e nel nostro cuore. È per me un’immensa gioia, aver potuto quest’oggi beatificare in Cracovia Aniela Salawa. Quante volte ho pregato dinanzi alle sue reliquie, tanto profondamente si sono impresse nella mia mente e nel cuore queste parole: “Signore, vivo per Tua volontà, morirò quando lo vorrai, salvami perché tu puoi”. Forse a questo proposito, tali parole debbono oggi essere ivi pronunciate, nell’anno in cui il Papa è venuto per ringraziare i suoi connazionali in Cracovia per la “Marcia bianca” di dieci anni fa. È in questa occasione presente tra i celebranti il Vescovo di Fatima. Questa riflessione occupa la mia mente sin da quando la Divina Provvidenza e la Madre di Cristo, con Sua intercessione, hanno prolungato di dieci anni questa mia via Crucis. Ed oggi mi trovo qui a condividere con voi tutto ciò che ci ha uniti e che ancora ci lega, ciò che fa di Cracovia il nostro legame, il grande passato di questa città, passato reale e borghese. Di questo è testimone il Wawel, questa Piazza del Mercato, la Basilica della Vergine Maria, il Mercato coperto (Sukiennice), tutto ciò che mi è stato dato, che ho portato con me, per il quale ringrazio voi tutti, cari fratelli e sorelle, miei connazionali, coeredi di questo grande millennio. Mi rivolgo alla città, alla Chiesa, all’arcidiocesi, a tutte le parrocchie nonché alle comunità religiose maschili e femminili; mi riferisco a tutti gli abitanti di Cracovia, a coloro che dimorano nelle campagne ed in città, alla gente di Siepraw che oggi celebra questa santa festa, alle persone che giornalmente lavorano con assiduità nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole, nei campi. Mi rivolgo a Nowa Huta, grande centro di lavoro, punto di lotta per l’affermazione della dignità dei lavoratori: quanto ho avuto in comune con questa Nowa Huta, quanto da essa ho potuto apprendere e farne tesoro. L’esperienza acquisita da questi due centri, grazie a Dio, mi è finora sufficiente. Ringrazio tutti, senza eccezione, uomini di cultura, artigiani ed atleti. Tutti! Coloro che costituirono Cracovia e ancora ne sono parte.
Ciascuno di essi è stato presente durante questa santissima Eucaristia, in quest’offerta, da me gioiosamente celebrata in questa Piazza del mercato, per la prima volta in vita mia. Ricordiamo anche il quarantesimo anniversario della morte del grande Cardinale Metropolita Stefan Sapieha, nostro educatore; noi tutti più anziani lo definiamo così, nostro padre, nostro vero padre. Questo è anche l’anno in cui ricorre il cinquantesimo anniversario del martirio di Maximilian Kolbe nel campo di Auschwitz: proprio allora, in questo periodo, offrì la sua vita nel bunker della morte. Tutto ciò si ricompone in un grande insieme che appartiene al passato, che illustra la via per il futuro, insieme a te, beata Aniela da Siepraw. Quando terminava la tua esistenza, per noi nasceva la seconda Repubblica. Questo noi oggi portiamo all’altare, in questa antica Piazza del Mercato. Ci troviamo all’inizio della terza Repubblica. Raccomandiamo a te, beata Aniela, a tutti i grandi santi, ai beati, ai supremi spiriti della nostra nazione, a tutti costoro raccomandiamo questa terza Repubblica affinché riesca . . . Ti preghiamo, così come feci in occasione del duecentesimo anniversario della Costituzione del 3 maggio nella Cattedrale di S. Giovanni a Varsavia: insegnaci ad essere liberi! Dio ricompensa tutti per la preghiera comune. Dio ricompensa i cuori. Dio ricompensa tutti coloro che hanno preso parte alla nostra liturgia cracoviana. Egli ricompensa tutti i presenti, tutti quelli che sono insieme a noi con il loro cuore, la loro offerta, con la sofferenza, gli ammalati e gli infermi.
18 marzo
SAN SALVATORE GRIONESOS DA HORTA, RELIGIOSO Francescani in Italia: Memoria facoltativa
Nacque nel dicembre 1520 a Santa Coloma de Farnés, in Catalogna (Spagna). I genitori di cui si conosce solo il cognome Grionesos, lavoravano assistendo gli ammalati del piccolo ospedale della zona e di cui in seguito ne ebbero la direzione. Rimasto orfano giovanissimo, andò a Barcellona dove si mise a fare il calzolaio per sostenere la sorella minore Blasia. Non appena questa sorella si sposò, Salvatore poté così in piena libertà, scegliere la vita religiosa da sempre desiderata; lasciata Barcellona andò nella famosa abbazia benedettina di Montserrat per un periodo di prova, ma la sua vocazione di umiltà e povertà ebbe la sua attuazione, dopo l’incontro con i francescani, entrando il 3 maggio 1541 nel loro convento di Barcellona. Si distinse subito per le sue virtù e pietà, fece la professione religiosa nel maggio del 1542 e trasferito poi a Tortosa dove fu impiegato in tutti i servizi più faticosi, che espletò con prontezza e diligenza; ma cominciarono pure i guai per lui; dotato di poteri taumaturgici, operava prodigi su prodigi e la sua fama di dispensatore di miracoli, che lo rendevano oltremodo popolare, suscitò l´incomprensione dei confratelli e l´ostilità dei superiori, i quali infastiditi da tanto clamore lo ritennero un indemoniato e presero a trasferirlo da un convento all´altro. Dovunque arrivasse i prodigi proseguivano, i frati si mettevano le mani nei capelli e giocoforza si armavano di pazienza con quel confratello laico professo, che faceva perdere la loro pace. Da Tortosa, fu inviato prima a Belipuig e verso il 1559 ad Horta nella provincia di Tarragona in Catalogna, dove restò per quasi 12 anni, compiendo anche qui numerosi miracoli, gli fu mutato anche il nome in fra´ Alfonso, nel tentativo di allontanarlo dai fedeli, ma alla fine fu trasferito anche da qui. Giunto a Reus lo attendevano ulteriori persecuzioni e un altro allontanamento a Barcellona, che era sede della famigerata Inquisizione spagnola e a cui Salvatore venne perfino denunziato, uscendone comunque trionfante con l’umiltà e la carità dei santi. Infine, ultima tappa del suo doloroso calvario itinerante, fu il convento di S. Maria di Gesù a Cagliari in Sardegna, giungendovi nel novembre del 1565, trovando finalmente qui un´oasi di pace, pur continuando i fatti straordinari che l´avevano accompagnato per tutto quel tempo, procurandogli dolori, sofferenze, incomprensioni; in altre parole beneficando la vita degli altri e avvelenandosi la sua. Colpito da una violenta malattia, fra´ Salvatore da Horta, morì a Cagliari il 18 marzo 1567 fra il dolore di tutta la città, che ancora oggi ne venera le reliquie nella Chiesa di S. Rosalia; il corpo del santo è custodito in una preziosa urna di bronzo dorato, arricchita di pregiati cristalli. L’urna è sistemata visibile, sotto la mensa dell’altare maggiore al centro del presbiterio, attorniata da quattro angeli oranti in marmo bianco.
Da qui, il culto per il taumaturgo, laico professo dei Frati Minori Francescani, crebbe e si estese in tutta la Spagna e Portogallo; il 15 febbraio 1606 dietro richiesta del re Filippo II di Spagna, il papa Paolo V gli accordò il titolo di beato, confermato il 29 gennaio 1711 da papa Clemente XI.E il 17 aprile 1938, papa Pio XI lo canonizzò, stabilendo la festa liturgica per l’umile santo, perseguitato perché troppo miracoloso, al 18 marzo. Il santo spagnolo di Horta è molto venerato anche nel Comune di Orta di Atella, in provincia di Caserta, che per puro caso ha il nome come la città spagnola, che identifica il santo francescano.
Dal Comune dei santi; religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalla lettera di San Francesco d’Assisi ai fedeli (Seconda recensione, Fonti Francescane 196-200) Dobbiamo essere semplici, umili e puri Dobbiamo amare i nostri nemici e fare del bene a coloro che ci odiano (Cfr. Mt 5,44; Lc 6,27). Dobbiamo osservare i precetti e i consigli del Signore nostro Gesù Cristo. Dobbiamo anche rinnegare noi stessi (Cfr. Mt 16,24) e porre i nostri corpi sotto il giogo del servizio e della santa obbedienza, così come ciascuno ha promesso al Signore. E nessun uomo si ritenga obbligato dall'obbedienza a obbedire a qualcuno là dove si commette delitto o peccato. E colui al quale è affidata l'obbedienza e che è ritenuto maggiore, sia come il minore (Lc 22,26) e servo degli altri fratelli, e usi ed abbia nei confronti di ciascuno dei suoi fratelli quella misericordia che vorrebbe fosse usata verso di sé qualora si trovasse in un caso simile. E per il peccato commesso dal fratello non si adiri contro di lui, ma lo ammonisca e lo conforti con ogni pazienza e umiltà. Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne (Cfr. 1Cor 1,26), ma piuttosto dobbiamo essere semplici, umili e puri. Teniamo i nostri corpi in umiliazione e dispregio, perché noi, per colpa nostra, siamo miseri, fetidi e vermi, come dice il Signore per bocca del profeta: "lo sono un verme e non un uomo, I'obbrobrio degli uomini e scherno del popolo" (Sal 21,7). Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli altri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio (1Pt 2,13). E tutti quelli e quelle che si diporteranno in questo modo, fino a quando faranno tali cose e persevereranno in esse sino alla fine, riposerà su di essi lo Spirito del Signore (Is 11,2), ed egli ne farà sua abitazione e dimora (Cfr. Gv 14,23). E saranno figli del Padre celeste (Cfr. Mt 5,45), di cui fanno le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo (Cfr. Mt 12,50). Siamo sposi, quando l'anima fedele si congiunge a Gesù Cristo per l'azione dello Spirito Santo.
R ESPONSORIO
Sal 83, 2.3.11
R. Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! * Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. V. Stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi. R. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Chi fa la verità viene alla luce: e appariranno le sue opere di figlio di Dio ORAZIONE O Dio, che riveli la tua gloria nell’umiltà dei santi: tu hai ornato san Salvatore da Horta di ammirabile semplicità, di pazienza nelle prove e del carisma delle guarigioni; concedi alla tua Chiesa di annunciare con franchezza la tua parola, e di mettersi, con umiltà, a servizio di tutti gli uomini, in modo da essere segno e strumento della tua salvezza. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Uomo saggio, Salvatore ha costruito la sua casa sulla roccia
22 marzo
SAN BENVENUTO SCOTIVOLI DA OSIMO, VESCOVO Francescani in Italia: Memoria facoltativa
Nacque ad Ancona nel 1188 dalla nobile famiglia degli Scotivoli; durante gli studi di diritto a Bologna, fu amico di san Silvestro Gussolino, canonico di Osimo. Fu poi nominato cappellano pontificio e, prima del 1262, arcidiacono di Ancona. Molto stimato da Urbano IV, fu da lui mandato a Osimo con lo scopo di rimettere ordine e pace nella città, che aveva trascorso un periodo di turbolenze e di ribellione e per questo aveva anche perduto la sede vescovile. Il 10 agosto 1263 divenne amministratore della diocesi di Osimo, che era stata unita a Umana da Gregorio IX (in punizione della sua adesione al partito di Federico II), succedendo a Giovanni Colonna, del quale cancellò le troppe sentenze di scomunica. Ristabilita la sede, il 13 marzo 1264 Urbano IV ne affidò il governo a Benvenuto. Prima di essere ordinato vescovo Benvenuto volle vestire l’abito francescano. Nel 1267 fu anche incaricato da Clemente IV di tenere il governo civile della Marca di Ancona. In questo periodo ordinò prete s. Nicola da Tolentino. Nel suo ministero di vescovo fu energico e insieme magnanimo nel perdono. Benvenuto fu un grande riformatore: con una disposizione del 15 gennaio 1270, infatti, vietò al monastero di S. Fiorenzo di Posciavalle, di cui era stato nominato amministratore, di alienare i suoi beni; in un sinodo tenuto il 7 febbraio 1273 vietò pure la vendita delle proprietà ecclesiastiche e nel 1274, infine, attuò la riforma del capitolo della sua cattedrale e difese i diritti della sua diocesi sulla città di Cingoli 24 febbraio dello stesso anno tolse, per ordine di Gregorio X, la scomunica che il vescovo di Fermo aveva posto sopra Ripatransone. Non sembra sia stato consigliere di Gregorio X nella preparazione del concilio di Lione. Dovette subire persecuzione anche da alcuni monaci non disposti ad accettare la sua lotta contro gli abusi. Distribuì ai poveri ogni suo avere. L’ospedale di Osimo è anche oggi chiamato “Ss. Benvenuto e Rocco”. Si conserva, nel Museo diocesano ad Osimo, il “Protocollo di san Benvenuto”, una raccolta di pergamene in cui sono scritti i suoi atti di governo, insieme ad alcuni atti dei suoi successori. Benvenuto si spense il 22 marzo 1282, e gli succedette Berardo, eletto da Martino IV il 18 gennaio 1283. Venne canonizzato da Martino IV nel 1284. Sepolto nella chiesa cattedrale di Osimo, in un nobile mausoleo apprestato dal clero e dal popolo, nel luglio 1590 fu trasferito nella cripta della stessa cattedrale. Sul suo sepolcro avvennero grazie e miracoli, e il culto resogli dai fedeli è già ricordato negli Statuti di Osimo del 1308, mentre indulgenze si dicono concesse da Eugenio IV nel 1432. Dichiarato patrono della città di Osimo nel 1755, la sua festa, nella diocesi osimana e di Cingoli, come nell'Ordine francescano, è fissata al 22 marzo.
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio. ORAZIONE O Dio, luce e pastore dei credenti, che edifichi la tua Chiesa con il dono dello Spirito e il ministero dei santi pastori, concedi ai tuoi fedeli, riuniti per celebrare con gioia la memoria del vescovo san Benvenuto da Osimo, di essere testimoni della fede che egli ha insegnato con la vita e la parola e di seguire la via che ha tracciato con l’esem pio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
30 marzo
SAN PIETRO REGALADO DA VALLADOLID, SACERDOTE Francescani in Italia: Memoria facoltativa
Nacque nel 1390 a Valladolid (Spagna) da una nobile famiglia di stirpe ebraica. Ben presto rimase orfano di padre ed all’età di tredici anni la madre gli concesse di entrare nel convento dei Frati Minori della sua città natale. Non aveva altra ambizione che il condurre una vita di preghiera e penitenza, considerando le visite della madre null’altro che un’inutile distrazione. Pedro fu conquistato dagli ideali di Pietro da Villacreces, impegnato a ristabilire nella penisola iberica l’osservanza o riginaria della Regola francescana, e dal 1404 lo seguì nell’eremitaggio di Auguille, ove trovò la solitudine, la povertà ed il clima di preghiera tanto agognati. Si unì a loro anche il giovane Lope de Salinas y Salazar, che insieme a Pietro si impegnò nella fondazione di nuovi eremitaggi onde evitare di superare la soglia di venticinque monaci in ciascun sito, come consigliato dal loro stesso maestro. Lope fu poi chiamato a ricoprire la carica di vicario a Juan de Santa Ana, in Castiglia, con giurisdizione sui conventi di Burgos, e fondò prima della sua morte altri sedici eremitaggi. Nel 1414 Pietro da Villacreces dovette partire per partecipare al concilio di Costanza, ove ottenette l’approvazione della riforma da lui intrapresa, e lasciò il Regalado a cap o di Auguille. Entrambi poi nel 1422 presero parte al capitolo provinciale, ma qui Pietro da Villacreces morì e Pietro Regalado fu incaricato definivamente della guida di Auguile. Nel 1426 si recò a Burgos onde raccomandare al vecchio amico Lope di non abbandonare l’opera riformatrice intrapresa del loro comune maestro. Proprio nella via traccata da quest’ultimo, infatti, Pedro Regalado aveva trovato soddisfatto il suo desiderio di santità: egli non fu infatti né un fondatore né un riformatore, bensì un semplice asceta e contemplativo. Visse in condizioni di penitenza e di povertà estrema, ma divennero proverbiali la sua cura per i fratelli bisognosi ed il suo amore per i malati. Il santo fu favorito del dono delle lacrime che versava a torrenti specialmente durante la messa. Con il dono delle lacrime si manifestava la sua indole affettuosa e similmente esternava anche il suo amore bruciante per Dio. Più volte i frati lo videro circondato da una nuvola splendente, sollevato da terra e coronato di fiamme. Compì parecchi miracoli sulle rive del Duero e con ironia si dice che la sua opera non consistette in molto di più. Nel 1427 presso Medina del Campo Pedro Regalado presenziò alla Concordia, una riunione dei seguaci di Villacreces ove si stabilì di rimanere uniti ai frati conventuali. Dal 1442 divenne vicario dei villacreciani e dunque terzo successore del fondatore. Regna incertezza sull’attribuzione dei vari documenti prodotti durante la riforma villacreciana e solamente la prefazione del “Memoriale
religionis”, quindici righe in tutto, pare essere stata redatta con certezza dal Regalado. Sentendo infine avvicinarsi la morte, decise di partire per Burgos nel 1456 per chiedere invano a Lope di accetare il vicariatodei villacreciani. Spirò nel convento dei Recolletti di Auguile il 30 marzo 1456. Non tardarono a verificarsi numerosi miracoli sulla sua tomba e trentasei anni dopo, quando fu riesumato per traslarne le spoglie in chiesa, il suo corpo fu ritrovato incorrotto. Innocenzo XI approvò il culto il 17 agosto 1683. Papa Benedetto XIV nel 1746 canonizzò Pedro Regalado da Valladolid iscrivendolo nell’albo dei santi. L’iconografia italiana e spagnola ritrae solitamente il santo nell’ato di distribuire il pane ai poveri richiamando il loro sguardo sul crocifisso.
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio. ORAZIONE Dio, Padre onnipotente, che hai concesso al tuo servo Pietro Regalado, mortificato nel corpo, il dono della contemplazione, concedi a noi, per sua intercessione, la gioia di contemplarti eternamente. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
APRILE 4 aprile
SAN BENEDETTO LARCARI IL MORO DA SAN FRATELLO (O DA PALERMO), RELIGIOSO Francescani in Italia: Memoria facoltativa Detto il “Moro”, nacque nel 1526 a San Fratello (Palermo) da genitori di origine moresca. Fu prima eremita nei pressi del suo paese natale, poi a Palermo, sul monte Pellegrino. Infine, nel 1562, si aggregò ai Frati Minori nel convento di Santa Maria di Gesù, a Palermo. Semplice frate laico, veniva consultato da molti per la sua saggezza e la sua santità. Morì a Palermo il 4 aprile 1589. Il suo corpo si conserva presso la chiesa di Santa Maria di Gesù, a Palermo. Fu canonizzato da Pio VII il 24 maggio 1807.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dal trattato " della vita perfetta " di san Bonaventura, vescovo (Opera omnia, VIIII, 112,114 ) La povertà rende amabili a Dio e sicuri nel mondo Ad amare la povertà due cose devono muovere ogni religioso, anzi ogni uomo: il divino esempio che è irreprensibile, e la divina promessa che è inestimabile. Considera quale esempio di povertà ti lasciò il Signore, in modo che a sua imitazione tu diventi amico della povertà. Tanto fu povero Gesù Cristo, Signore nostro, da non avere, quando nacque, nè albergo, nè vesti, nè alimento; ma per ospizio una stalla, per veste un ruvido pannicello, e per alimento il latte della Vergine. Tanto fu povero che talvolta non potè avere ospitalità, ma dovette spesso con i suoi apostoli dormire fuori dalle città e dai villaggi. Per cui dice l'evangelista: " Le volpi hanno tane e gli uccelli dell'aria nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo (Mt 8, 20). Vedete quanto povero divenne, per noi, nel tempo della sua morte il re del cielo: fu spogliato e privato di tutte le cose che aveva, spogliato delle vesti quando se le divisero e le sorteggiarono. E fu spogliato del corpo e dell'anima quando per l'acerbissima passione della sua morte l'anima di lui fu strappata dal corpo; fu spogliato della gloria divina quando non lo glorificarono come Dio, ma lo trattarono come un malfattore. Chi sarà dunque quel misero cristiano che ami ancora le ricchezze, che sdegni la povertà, vedendo e udendo il Dio degli dei e il Signore dell'universo, il re del cielo, l'unigenito di Dio sostenere le privazioni di povertà così grande ?" Davvero -
dice san Bernardo - è un gran male, un male enorme, che voglia essere ricco un vermiciattolo vile, per il quale volle diventare povero il Dio della maestà e il Signore degli eserciti; cerchi le ricchezze il pagano, il quale vive senza Dio; le cerchi il Giudeo, il quale ottenne promesse terrene ". Ma tu, discepolo di Gesù Cristo, con quale coraggio andrai in cerca delle ricchezze ? Lo so bene che quanto più sarete minacciati dell'evangelica povertà, tanto più abbonderete d'ogni bene temporale e spirituale. Canta a proposito quella, una volta povera, Maria, madre di Gesù povero: " Gli affamati ha riempito di beni e i ricchi rimandò a mani vuote " (Lc 1, 53). Lo stesso attesta quel santissimo profeta, quando dice: " I ricchi soffrirono necessità e fame, ma quelli che cercano il Signore non mancherà niente " (Sal 33, 11). O fratello, ricordati della povertà del Signore Gesù Cristo, nostro povero volontario. Avere ed amare le ricchezze è sterilità, amarle e non averle è pericolo, averle e non amarle è difficile. E' perciò utile, sicuro, dilettevole e atto di virtù perfetta, non averle e non amarle le ricchezze. O povertà beata, quanto rendi amabile a Dio e sicuro nel mondo il suo amatore. Infatti, come dice san Gregorio, " Chi non ha nulla nel mondo da amare, nulla ha neppure da temere ". O ricco verso tutti, o Signore buono Gesù, chi mai può esprimere a parole, sentire nel cuore e descrivere quella celeste gloria che tu promettesti di dare ai poveri tuoi ? Essi per la loro povertà volontaria meritano di assistere alla gloria del creatore, di entrare nella potenza del Signore, in quegli eterni tabernacoli, in quelle lucidissime stanze; meritano di diventare cittadini di quella città della quale è artefice e creatore Dio. Con la benedetta tua bocca lo hai promesso quando hai detto: " Beat i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei Cieli" (Mt 5, 3). E nient'altro, o Signore Gesù, è questo regno dei cieli se non tu stesso, che sei re dei re e Signore dei dominanti. Tu stesso a loro ti dai in premio, in mercede, in gaudio. Essi di te godranno, si allieteranno e saranno saziati. " I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano e vivrà il loro cuore nei secoli dei secoli. Amen " ( Sal.21,27). R ESPONSORIO R. Ti sei arricchito della grazia divina e con le tue opere hai confermato la tua vocazione. * Sei apparso, o Benedetto, gradito a Dio nelle preghiere e nei digiuni, ripieno dei doni dello Spirito (T.P. Alleluia). V. Hai rivelato al mondo i tesori della povertà, ci hai mostrato la sublime altezza dell'umiltà. R. Sei apparso, o Benedetto, gradito a Dio nelle preghiere e nei digiuni, ripieno dei doni dello Spirito (T.P. Alleluia).
Lodi mattutine
Ant. al Ben. Povero per imitare Cristo, ha ottenuto un tesoro incorruttibile nel regno dei cieli (T.P. alleluia). ORAZIONE Dio, amico degli uomini, per realizzare il tuo disegno di salvezza da ogni popolo e razza scegli figli in cui risplendano i prodigi del tuo amore, e hai chiamato il beato Benedetto il Moro a servirti nella santa Chiesa con la preghiera e la penitenza, concedi alla tua famiglia di manifestare al mondo, con le opere, la tua carità senza confini. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri Ant. al Magn. Povertà beata, tu ci fai eredi del regno dei cieli, poveri di beni, ma ricchi di virtù, ci conduci alla terra dei viventi (T.P. alleluia).
5 aprile
SANTA MARIA CRESCENZIA HÖSS, RELIGIOSA, TERZIARIA TOR e OFS: Memoria Nacque a Kanfbeuren in Germania il 20 ottobre 1682 e fu battezzata con il nome di Anna. Desiderosa di consacrarsi al Signore, entrò nel monastero del Terz’Ordine Regolare di Mayerhoff dove esercitò l’ufficio di umile portinaia, di maestra delle novizie e di superiora. Per il suo amore verso i bisognosi e il dono del consiglio fu denominata “benefica madre dei poveri”. Modello di pietà, pazienza e diligenza nel proprio lavoro volò al cielo in grande fama di santità il 5 aprile 1744. Beatificata da Leone XIII il 7 ottobre 1900, fu canonizzata da Giovanni Paolo II il 25 novembre 2001.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio. ORAZIONE O Dio che, in santa Maria Crescenzia hai dato alla tua Chiesa un mirabile esempio di vita evangelica, tesa alla promozione dell’unità e della pace, concedi anche a noi, per sua intercessione, di seguirne le orme per amarti e servirti con purità di cuore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
16 aprile SAN GIUSEPPE BENEDETTO LABRE Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA
SECONDA LETTURA Dalla II lettera di San Gregorio Nisseno (PG 46, 1009-13) In cammino verso Dio Per chi si è dato decisamente ad una più nobile maniera di spendere la vita, penso che il meglio sia tenere in ogni occasione lo sguardo rivolto agli insegnamenti del Vangelo: come infatti i muratori si valgono di un regolo per l'allineamento dei muri per la spianatura dell'intonaco, così ritengo conveniente a chi si da alla retta via aver a disposizione un regolo esatto e indeformabile, intendo dire lo spirito evangelico, e così incamminarsi verso Dio. Quando dunque capitino alcuni che abbian scelto vita eremitica ma che tuttavia considerino parte della loro pietà visitare Gerusalemme e i luoghi del passaggio terrestre di Cristo, allora mi par bene domandarsi se il nostro regolo ci presenti quell'opera come comando del Signore; che se invece questo non risultasse, allora non so davvero cosa spinga ad agire uno che ha fatto se stesso norma del bene: in tal caso, neppure se offrisse una speciosa utilità, risulterebbe coerente quell'iniziativa in chi aspira alla perfezione evangelica; se poi risultasse persino dannosa alla vita spirituale, non sarebbe degna del sia pur minimo desiderio, anzi bisognerebbe guardarsene. Perciò, voi che temete Dio, lodatelo dovunque vi trovate: non sarà davvero il cambiar luogo a rendervi Dio più vicino; ma dovunque siate egli verrà in voi, purché trovi nel vostro intimo uno spazio per abitare e passeggiare liberamente; invece anche sul Golgota, anche sul monte degli olivi, e perfino nel santo sepolcro, se il vostro spirito sarà già ingombro di mali pensieri, sarete tanto lungi dall'albergare Cristo quanto chi ancora non l'ha voluto riconoscere. Ricordo dunque ai fratelli che il vero pellegrinaggio è quello verso Dio.
Oppure: Dal «Discorso per la solennità di tutti i Santi» del beato Guerrico, abate (Nn. 5, 6, 7) O magnifica eredità della povertà e dell’ umiltà
Gloriamoci, fratelli, di essere poveri per Cristo, ma cerchiamo di essere umili con Cristo. Non c'è niente di più odioso del povero superbo, niente di più miserabile: perché la povertà lo affligge ora, la superbia invece lo terrà schiavo per sempre. Al contrario il povero umile, anche se viene bruciato e purificato nella fornace della povertà esulta per il refrigerio che gli procura la ricchezza della coscienza, si consola con la promessa di una santa speranza sapendo che è suo il regno di Dio: egli sente che lo porta già in sé come in germe o in radice, ossia quale primizia dello Spirito e pegno dell'eredità eterna. Avete già gustato e visto, se non sbaglio, che buon affare avete fatto, acquistando i beni supremi in cambio di cose spregevoli e degne solo di essere gettate via. «Il regno di Dio, infatti, non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17). Se dunque sentiamo così nel nostro intimo, perché non proclamiamo con fiducia che il regno di Dio è dentro di noi? Ciò che è dentro di noi, è veramente nostro, perché nessuno può rapircelo contro la nostra volontà. O magnifica eredità dei poveri, o possesso beato degli indigenti! Non solo ci fornisci quanto ci basta ma abbondi di tutta la gloria, trabocchi di tutta la letizia, come quella «misura traboccante» che ci sarà versata nel grembo (cfr. Lc 6, 38). Perciò presso di te «c’è ricchezza e onore, sicuro benessere ed equità» (Prv 8,18), Voi dunque, che siete amici della povertà e avete cara l'umiltà di spirito, avete ricevuto dalla Verità immutabile l'assicurazione del possesso del regno. Essa afferma, infatti, che questo è vostro e lo custodisce fedelmente dopo averlo riposto in voi, purché però, a vostra volta, voi custodiate fermamente sino alla fine nel vostro petto una tale speranza con l'aiuto del nostro Signore Gesù Cristo, a cui è onore e gloria per l'eternità. RESPONSORIO Ef 5, 8-10; Gv 15, 14 Voi siete luce nel Signore, comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. * Cercate ciò che è gradito al Signore, (alleluia). Voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando. Cercate ciò che e gradito al Signore, (alleluia). Orazione O Dio, che unisti fortemente a Te San Benedetto Giuseppe con l'esercizio dell'umiltà e l'amore della povertà, concedi anche a noi per i suoi meriti e la sua intercessione, di stimare sapientemente le cose terrene e ricercare con maggiore ardore quelle del cielo. Per il nostro Signore. Oppure: Dio della speranza, tu hai chiamato alla vita itinerante il povero e umile Benedetto Labre: egli, pieno di gioia e di carità, perduto nella tua preghiera, ha camminato sulle strade come un girovago: concedici di amare la follia della croce e di sentirci pellegrini verso il regno. Per il nostro Signore
21 aprile
SAN CORRADO BIRNDORFER DA PARZHAM, RELIGIOSO Famiglie francescane: Memoria facoltativa OFM Capp: Memoria Giovanni Evangelista Birndorfer nacque il 12 dicembre 1818 a Venushof in Parzham e, dopo aver trascorso una esemplare giovinezza, entrò tra i Frati Minori Cappuccini con il nome di Corrado. L’anno 1842 emise i voti religiosi. Per quarantatre anni esercitò l’ufficio di portinaio nel convento di Altötting in Germania, e in quell’incarico diede grande esempio di preghiera e carità operosa, d i zelo indefesso e di inalterabile pazienza. Rese l’anima a Dio il 21 aprile 1894. Fu beatificato il 15 giugno 1930 e canonizzato il 20 maggio1934 da Pio XI.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Da una lettera di san Corrado da Parzham Sono sempre unito con Dio, mio sommo amore Fu volontà di Dio che abbandonassi tutto ciò che mi era caro e piacevole: e gli rendo grazie per avermi chiamato alla vita religiosa, in cui ho trovato tanta pace e tanta felicità, quanta mai se ne può trovare nel mondo. Il mio modo di vivere è sostanzialmente questo: amare e soffrire, contemplando, adorando, ammirando continuamente l'ineffabile amore che Dio ha verso le sue creature più umili. E di questo amore di Dio non si trova mai la fine. Nessun oggetto mi è di impedimento, e sono sempre unito con Dio, mio sommo amore; anzi, quante più faccende mi capitano fra mano, tanto più mi sento unito a Dio. Allora parlo con Dio familiarmente, con la confidenza di un figlio verso il padre, raddoppiando le preghiere e i sospiri e manifestandogli con fiducia filiale gli affanni della mia anima. E se talvolta pecco, gli chiedo perdono con grande umiltà, desiderando soltanto di mostrarmi figlio buono e docile di quel Padre amantissimo e di amarlo con più carità. Per esercitare poi la virtù della dolcezza e dell'umiltà, mi basta guardare la croce, che è il mio libro. Infatti con un solo sguardo a Gesù crocifisso imparo come comportarmi in tutte le circostanze. Così imparo l'umiltà, la mansuetudine, la pazienza, imparo cioè a portare la croce; anzi, questo esercizio diventa dolce e leggero. Accetto con riconoscenza sia le gioie che le tribolazioni dalle mani del Padre celeste; perché lui
sa benissimo ciò che è meglio per noi. Perciò sono sempre lieto nel Signore, addolorandomi soltanto di non amarlo abbastanza. Oh, se nel mio amore potessi essere un Serafino! E vorrei costringere tutte le creature ad aiutarmi ad amare Dio sopra ogni cosa. Perché «la carità non viene mai meno»! R ESPONSORIO
Ap 3, 7. 8. 10. 20
℞ . Così parla il Santo, il Verace, Colui che ha la chiave di Davide, e quando egli apre nessuno chiude. * Conosco le tue opere, poiché hai osservato con costanza la mia parola, alleluia. ℣. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui e cenerò con lui. ℞ . Conosco le tue opere, poiché hai osservato con costanza la mia parola, alleluia.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Ha scelto di stare sulla soglia della casa del Signore; grazia e gloria gli sono state concesse dall'Altissimo, alleluia. ORAZIONE O Dio, bontà infinita, che per mezzo di san Corrado hai fatto conoscere agli uomini la grandezza della tua misericordia, ti supplichiamo di renderci continuatori della sua opera a servizio dei nostri fratelli, imitando il suo spirito di povertà e la sua umiltà di cuore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri Ant. al Magn. Visse nel più umile nascondimento, senza cercare il proprio interesse, ma quello degli altri, alleluia.
23 aprile BEATO EGIDIO D’ASSISI, RELIGIOSO, E COMPAGNI DI SAN
FRANCESCO
Memoria facoltativa
Egidio fu il terzo compagno di san Francesco e si associò a lui nel 1208. Condusse una vita semplice e mite. Spinto da vera devozione, peregrinò ai più noti santuari, tra cui quello del Sepolcro di Cristo. Nei viaggi, a piedi, si guadagnava da vivere prestando la sua opera ai contadini. In seguito si ritirò nei romitori dell’Umbria, specie in quello di Monteripido fuori Perugia, dove morì il 23 aprile 1262. Fu grande contemplativo ed estatico, consigliere di papi e di prelati. Di lui ci restano i “Detti” o insegnamenti spirituali, ricchi di sapienza e di arguzia. È sepolto nella chiesa di San Francesco al Prato (Oratorio di San Bernardino) a Perugia. Il culto fu confermato da Pio VI il 4 luglio 1777.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Da «I Detti» del beato Egidio d'Assisi (Ed. Morcelliana, Brescia, 1933, Nello Vian, pp. 93-96) È cosa grande perseverare santamente nella vita religiosa sino alla fine Parlando di sé frate Egidio soleva dire: «Preferirei avere appena un po' di grazia stando nella vita religiosa che molta vivendo nel mondo, perché in esso sono più numerosi i pericoli e meno frequenti gli aiuti spirituali. Ma il peccatore ha più paura del suo bene che del suo male, dato che ha più paura di mortificarsi e di entrare nella vita religiosa che di starsene nei suoi peccati e di rimanere nel mondo». Un tale andò un giorno a consigliarsi con frate Egidio se fosse meglio per lui farsi o no religioso, e si ebbe questa risposta: «Se un uomo poverissimo venisse a sapere di un tesoro nascosto in un campo aperto a tutti, credi che andrebbe da qualcuno a
domandare se dovesse correre in fretta in cerca di esso? Quanto più gli uomini dovrebbero correre per andare a dissotterrare il tesoro celeste!». Frate Egidio diceva anche: «Molta gente entra nella vita religiosa ma non pratica le virtù proprie di essa. Mi sembrano simili a quel contadino che pur avendo indossato l'armatura di Orlando non riusciva a combattere con essa. Non stimo un gran merito entrare nella corte del re e nemmeno mi pare gran cosa ricevere doni da lui; cosa veramente grande per me è saper stare come si deve nella corte del re. Corte del gran Re è la fraternità religiosa. Entrare in essa non è la cosa più importante né ricevervi dei doni dal re, ma vivere in essa come si conviene e perseverarvi fino in fondo con devozione e prontezza: questa sì che è una gran cosa. Preferirei mille volte starmene nel mondo sospirando con devoto e ardente desiderio di entrare nella vita religiosa, piuttosto che starmene in questa con dissipazione e noia». E diceva ancora: «Mi sembra che la spiritualità dei Minori sia stata mandata da Dio in questo mondo per portare un gran bene all'umanità: ma guai a noi però, se non siamo quali dovremmo essere! Le fraternità dei Minori mi sembrano le più poveri e le più ricche di questo mondo nello stesso tempo: e questa mi sembra la nostra colpa più grande, perché vogliamo andare troppo in alto. È ricco chi vive come il ricco, sapiente chi riesce a saperne quanto il sapiente, buono è chi si sforza costantemente di imitare un uomo di alta virtù, e nobile è chi cerca di assomigliare in tutto al nobile, a patto però chi questi sia il Signore nostro Gesù Cristo». R ESPONSORIO
Sal 83, 2-3. 11
℞ . Quanto sono amabili, Signore, le tue dimore! * Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente, alleluia. ℣. Per me è meglio stare sulla soglia della casa del mio Dio che abitare nelle tende degli empi. ℞ . Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente, alleluia. ORAZIONE O Dio, che ti sei degnato di innalzare il beato Egidio d’Assisi al vertice della più sublime contemplazione, concedici, per sua intercessione, di dirigere costantemente a te le nostre azioni e di vivere sempre nella tua pace vera. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
24 aprile
SAN FEDELE ROY DA SIGMARINGEN, SACERDOTE E MARTIRE DELLA SVIZZERA, PROTOMARTIRE DI “PROPAGANDA FIDE” Francescani: Memoria OFM Capp: Festa
Marco Roy nacque a Sigmaringen (Germania) nell’ottobre 1577. Dopo gli studi di diritto a Friburgo in Germania, esercitò la professione di avvocato con un tale amore alla giustizia da essere chiamato “l’avvocato dei poveri”. Entrato tra i Frati Minori Cappuccini con il nome di Fedele, nel 1612 fu ordinato sacerdote. Per dieci anni, su incarico della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, si prodigò con ardore contro l’eresia dilagante nella Germania del Sud e nella Svizzera. Il 24 aprile 1622, a Seewis, fu fermato da alcuni eretici che lo volevano costringere a rinnegare la fede cattolica. «Io non ho paura della morte – rispose – , io difendo la verità che hanno difeso i martiri». Coronò con il martirio una vita ricca di virtù. È il protomartire della Congregazione di Propaganda Fide. Fu beatificato il 24 marzo 1729 da Benedetto XIII e canonizzato il 29 giugno 1746 da Benedetto XIV.
Dove si celebra come memoria: dal Comune di un martire del Tempo di Pasqua o dei pastori con salmodia del giorno dal salterio. La seconda lettura dell’Ufficio delle letture è riportata di seguito. Dove si celebra come festa: dal Comune di un martire eccetto quanto segue. ____________________________________________________________________ I NVITATORIO Ant. Adoriamo il Signore, che incorona il servo fedele, alleluia. Salmo invitatorio come nell’ordinario. ____________________________________________________________________
Ufficio delle letture
I NNO dal Comune di un martire. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. 1 ant. Questo servo fedele grida al Signore ed egli lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce, alleluia. SALMO 34 I (1-2. 3c. 9-12) Signore, giudica chi mi accusa, * combatti chi mi combatte. Afferra i tuoi scudi * e sorgi in mio aiuto. Di' all'anima mia: * «Sono io la tua salvezza». Io invece esulterò nel Signore * per la gioia della sua salvezza. Tutte le mie ossa dicano: «Chi è come te, Signore, † che liberi il debole dal più forte, * il misero e il povero dal predatore?». Sorgevano testimoni violenti, * mi interrogavano su ciò che ignoravo, mi rendevano male per bene: * una desolazione per la mia vita. 1 ant. Questo servo fedele grida al Signore ed egli lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce, alleluia. 2 ant. Difendi, o Signore, la mia causa nella tua potenza, alleluia. II (13-16) Io, quand'erano malati, vestivo di sacco, †
mi affliggevo col digiuno, * riecheggiava nel mio petto la mia preghiera. Mi angustiavo come per l'amico, per il fratello, * come in lutto per la madre mi prostravo nel dolore. Ma essi godono della mia caduta, si radunano, * si radunano contro di me per colpirmi all'improvviso. Mi dilaniano senza posa, † mi mettono alla prova, scherno su scherno, * contro di me digrignano i denti. 2 ant. Difendi, o Signore, la mia causa nella tua potenza, alleluia. 3 ant. Ti loderò nella grande assemblea, ti celebrerò in mezzo ad un popolo numeroso, alleluia. III (17-19. 22-23. 27-28) Fino a quando, Signore, starai a guardare? † Libera la mia vita dalla loro violenza, * dalle zanne dei leoni l'unico mio bene. Ti loderò nella grande assemblea, * ti celebrerò in mezzo a un popolo numeroso. Non esultino su di me i nemici bugiardi, * non strizzi l'occhio chi mi odia senza motivo. Signore, tu hai visto, non tacere; * Dio, da me non stare lontano. Dèstati, svègliati per il mio giudizio, * per la mia causa, Signore mio Dio. Esulti e gioisca chi ama il mio diritto, † dica sempre: «Grande è il Signore * che vuole la pace del suo servo». La mia lingua celebrerà la tua giustizia, *
canterà la tua lode per sempre. 3 ant. Ti loderò nella grande assemblea, ti celebrerò in mezzo ad un popolo numeroso, alleluia. ℣. Angoscia e affanno mi hanno colto, alleluia. ℞ . Ma i tuoi comandi sono la mia gioia, alleluia. PRIMA LETTURA Dalla lettera ai Filippesi di san Paolo, apostolo
3, 8-16
Ho lascialo perdere tulle le cose al fine di guadagnare Cristo Fratelli, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede. E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo. Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea. R ESPONSORIO
2 Tm 4, 7-8
℞ . Ho combattuto la buona battaglia, * ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede, alleluia. ℣. Ora mi resta solo la corona di giustizia, che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; ℞ . ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede, alleluia. SECONDA LETTURA Elogio di san Fedele, sacerdote e martire
Uomo di nome e di fatto fedele Il papa Benedetto XIV celebrò san Fedele, difensore della fede cattolica, con queste parole: Egli effondeva la pienezza della sua carità nel confortare e aiutare il prossimo, abbracciava con cuore paterno tutti gli afflitti, sostentava numerose schiere di poveri con elemosine raccolte da ogni parte. Alleviava la solitudine degli orfani e delle vedove procurando loro il soccorso dei potenti e dei principi. Aiutava senza stancarsi i prigionieri con tutti i sollievi spirituali e corporali che poteva, visitava con sollecitudine gli ammalati, li ricreava, li riconciliava con Dio, li armava ad affrontare l'estrema battaglia. E in questa attività ottenne la più ricca messe di meriti quando l'esercito austriaco acquartierato nella Rezia, fu preda di una terribile epidemia e crudelmente decimato dal male. Oltre che nella carità, questo uomo fedele di nome e di fatto, eccelse nella difesa incessante della fede cattolica. La predicò instancabilmente e pochi giorni prima di testimoniarla con il sangue, nell'ultimo discorso le dedicò, quasi come testamento, queste parole: O fede cattolica, salda, forte e ben radicata, il tuo fondamento è una roccia sicura! (cfr. Mt 7, 25). Il cielo e la terra passeranno, ma tu non passerai. Tutto il mondo da principio ti si oppose, ma tu hai trionfato su tutto con forza invincibile. «Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5, 4). Essa ha sottomesso re potentissimi alla signoria di Cristo, ha portato i popoli all'obbedienza di Cristo. Che cosa ha dato ai santi apostoli e ai martiri la forza di sopportare lotte crudeli e pene acerbissime, se non la fede, e soprattutto la fede nella risurrezione? Che cosa ha dato agli anacorèti il coraggio di disprezzare le delizie e gli onori, di calpestare le ricchezze, di vivere in verginità e nel deserto, se non una fede viva? Che cosa oggi fa sì che i veri cristiani rinunzino alle comodità, abbandonino i piaceri, sopportino dolori, e sostengano fatiche? La viva fede, operante per la carità (cfr. Gal 5, 6), fa abbandonare i beni presenti con la speranza dei futuri, e con i futuri fa cambiare i presenti. R ESPONSORIO
Cfr. 2 Tm 4, 7-8; Fil 3, 8. 10
R. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede: * ora è pronta per me la corona di giustizia, alleluia. V. Tutto ho stimato una perdita, pur di conoscere Cristo e partecipare alle sue sofferenze, conforme a lui nella morte: R. ora è pronta per me la corona di giustizia, alleluia. I NNO Te Deum. Orazione come alle Lodi mattutine
Lodi mattutine I NNO dal Comune di un martire. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. 1 ant. Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio, alleluia. Salmi e cantico della dom. I sett. 2 ant. Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita, alleluia. 3 ant. Desidero, o Padre, che dove sono io, là ci sia anche il mio servo, alleluia. LETTURA BREVE
2 Cor 1, 3-5
Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. R ESPONSORIO BREVE ℞ . Mia forza e mio canto è il Signore, * alleluia, alleluia. Mia forza e mio canto è il Signore, alleluia, alleluia. ℣. Egli è stato la mia salvezza: alleluia, alleluia. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Mia forza e mio canto è il Signore, alleluia, alleluia. Ant. al Ben. Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso, alleluia. ORAZIONE Signore, che al tuo sacerdote san Fedele, ardente di carità, hai dato la grazia di testimoniare con il sangue l'annunzio missionario del Vangelo, per sua intercessione
concedi anche a noi di essere radicati e fondati nell'amore di Cristo, per conoscere la gloria del Signore risorto. Egli è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Ora media Salmi del giorno dal salterio con l’antifona del Tempo.
Terza LETTURA BREVE
2 Cor 6, 4-7
In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni, con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio. ℣. Questi è il vero martire, che sparse il suo sangue per amore di Cristo, alleluia. ℞ . E meritò di entrare nella gloria dei santi, alleluia.
Sesta LETTURA BREVE
2 Ts 1, 3-5
Abbonda la vostra carità vicendevole; così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e tribolazioni che sopportate. Questo è un segno del giusto giudizio di Dio, che vi proclamerà degni di quel Regno di Dio, per il quale ora soffrite. ℣. In Dio ho riposto la mia speranza, alleluia. ℞ . Non temo: che mi potrà fare il mortale? alleluia.
Nona LETTURA BREVE
Col 1,24-25
Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi di realizzare la sua parola. ℣. Nel tornare, viene con giubilo, alleluia. ℞ . Portando i suoi covoni, alleluia.
Vespri I NNO dal Comune di un martire. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. 1 ant. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita, alleluia. Salmi e cantico dal Comune di un martire 2 ant. Questa è la vittoria che sconfigge il mondo: la nostra fede, alleluia. 3 ant. Questo santo consegnò il suo corpo ai tormenti per la legge del Signore, e lavò la sua veste nel sangue dell'Agnello, alleluia. LETTURA BREVE
Rm 8, 18-21
Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà esser rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. R ESPONSORIO BREVE ℞ Dio ha messo i giusti alla prova, * alleluia, alleluia. Dio ha messo i giusti alla prova, alleluia, alleluia. ℣ E li ha trovati degni di sé: alleluia, alleluia. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Dio ha messo i giusti alla prova, alleluia, alleluia. Ant. al Magn. Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto, alleluia. I NTERCESSIONI In questa sacra ora, nella quale il Re dei martiri ci diede nella cena il suo corpo per nutrimento, e sulla croce offrì la sua vita in sacrificio, rendiamogli grazie: Noi ti glorifichiamo, o Signore.
Per averci amati sino alla fine, o divino Salvatore, divenendo modello ed esempio a tutti i martiri, - Signore Gesù, abbi pietà del tuo popolo. Per averci dato nel tuo servo san Fedele un sì fulgido esempio di fedeltà e di fortezza, - Signore Gesù, santifica i tuoi ministri e il tuo popolo. Per averci conservati nella fede e nel tuo santo servizio, - ti rendiamo grazie, o Cristo Signore. Per tutti i santi martiri ed eletti, che hanno meritato di contemplare la luce del tuo volto, - concedi ai nostri fratelli defunti l'eterna gioia del paradiso. Padre nostro. ORAZIONE Signore, che al tuo sacerdote san Fedele, ardente di carità, hai dato la grazia di testimoniare con il sangue l'annunzio missionario del Vangelo, per sua intercessione concedi anche a noi di essere radicati e fondati nell'amore di Cristo, per conoscere la gloria della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
28 aprile
BEATO LUCCHESE DI POGGIBONSI, TERZIARIO PRIMO TERZIARIO FRANCESCANO OFM: Memoria facoltativa Nacque a Gaggiano in prossimità di Radda in Chianti (Siena) verso il 1180. Sappiamo che sposò Bonadonna, che conobbe una discreta floridezza economica e che ebbe una numerosa famiglia. Impegnato nella vita politica, capo di una fazione, dovette abbandonare il paese e cercare rifugio nella vicina Poggibonsi. Abile nella mercatura, giunse ad una nuova agiatezza di vita. Conquistato dall’ideale di penitenza che aveva in quegli anni in san Francesco un araldo affascinante, rinunciò ai suoi beni e vestì l’abito della penitenza nel Terz’Ordine. Visse da allora in povertà e carità, prodigandosi nell’assistenza ai poveri ed agli infermi nell’ospedale di Poggibonsi. Morì il 28 aprile 1260 e fu sepolto nella chiesa dei frati. Lucchese e la moglie Bonadonna sono tradizionalmente ritenuti tra i primissimi Terziari vestiti da san Francesco stesso nel 1221. Beatificato da Innocenzo XII il 27 marzo 1697, Gregorio XVI ne confermò il culto il 23 agosto 1883.
Dal Comune dei santi: della carità, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dall'«Epistolario» della beata Angela da Foligno (L'esperienza di Dio-Amore, Città Nuova Editrice, a cura di Salvatore Aliquò, Roma 1972, pp. 206-208) Cristo ci ha insegnato la via della povertà Il primo uomo cadde per la colpa contro la povertà, e per merito della povertà ci ha risollevato e redento il secondo, questo Dio-Uomo, Cristo. La peggiore povertà è l'ignoranza: Adamo infatti cadde per ignoranza, e per ignoranza si pèrdono quanti sono caduti e cadranno. Perciò è necessario che i figli di Dio si risollevino e risorgano ad opera della povertà vera. L'esempio di questa povertà ce lo dà lo stesso Figlio di Dio e Uomo, Gesù. Fu certo povertà ineffabile il tener nascosta la sua potenza e la sua nobiltà divina: si lasciò bestemmiare, vilipendere, vituperare, imprigionare, trascinare di qua e di là, flagellare e crocifìggere, mostrando solo l'umana debolezza. Questa sua povertà deve essere il modello della nostra vita. Da essa dobbiamo trarre esempio: non perché ci tocchi nascondere una potenza che non abbiamo, ma perché è giusto che manifestiamo e riconosciamo tutta la nostra impotenza. Di questa povertà abbiamo un altro esempio nella Vergine e Madre di Dio, che in modo manifesto ci fu maestra nella risposta che pronunziò davanti, al mistero
dell'Annunciazione, quando confessò di appartenere alla nostra massa umana corrotta, definendosi in quella espressione: «Sono la serva del Signore», appellativo di autentica umiltà, perché da tutti disprezzato. Questa povertà è sempre assai accetta a Dio. Quale modello perfetto non abbiamo nel nostro Padre glorioso san Francesco, che ricevette da Dio una luce speciale per poter capire questa povertà! Francesco infatti fu ricolmo di questa luce divina, cosicché potè percorrere una via tutta sua, e mostrarcela, la via della povertà completa. Non posso guardare ad alcun altro santo che in modo più singolare mi faccia vedere la via del Libro della Vita cioè il modello della vita di colui che è Dio-Uomo Gesù. Né vedo alcun santo che tanto fissasse i suoi occhi su questo modello, come lui che mai rimosse da Gesù gli occhi della sua anima. E questo fu palese anche nella sua carne mortale. E poiché frate Francesco si fissò totalmente in lui, fu ripieno di somma sapienza, e di questa sapienza riempì il mondo intero, e lo riempie ancora. R ESPONSORIO
Cfr. Mt 19, 29. 27
℞ . Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito * riceverete cento volte tanto e avrete in eredi la vita eterna, alleluia. ℣. Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito: che cosa dunque ne otterremo? ℞ . Riceverete cento volte tanto, e avrete in eredità la vita eterna, alleluia.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli, alleluia. ORAZIONE Dio di bontà, che hai chiamato il beato Lucchese alla penitenza evangelica e lo hai fatto splendere di opere buone, concedi anche a noi un cuore nuovo per produrre frutti abbondanti di vita cristiana. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri Ant. al Magn. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro, alleluia.
30 aprile
BEATO BENEDETTO PASSIONEI DA URBINO, SACERDOTE OFM Capp: Memoria facoltativa Nacque a Urbino il 23 settembre 1560 dalla nobile famiglia Passionei, e al battesimo fu chiamato Marco. Rimase orfano ancora bambino. Laureatosi in legge a Padova a soli ventidue anni, nauseato dalla vita mondana che vedeva attorno a sé, ottenne, non senza grandi difficoltà, di poter entrare tra i Frati Minori Cappuccini. Ordinato sacerdote si diede con slancio alla predicazione, attraendo le anime per la sua modestia e ilarità di spirito, unita a continua preghiera, povertà e austerità. Per quattro anni fece parte del drappello di Cappuccini mandato in Boemia, sotto la guida di san Lorenzo da Brindisi, per la difesa e diffusione della fede cattolica, segnalandosi per una prodigiosa attività, ma a motivo della salute dovette tornare in patria, ove riprese l’apostolato scegliendo luoghi e persone più umili e bisognose. Sua meditazione preferita era la passione di Gesù. Amava la Vergine Maria con tenerezza filiale, premettendo alle sue feste una novena di preghiere e digiuni. Morì a Fossombrone il 30 aprile 1625. Fu beatificato da Pio IX il 15 gennaio 1867.
Dal Comune dei pastori o dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture I NNO Apostolico ardore conduce Benedetto per le strade del mondo ad annunciare Cristo. Principi, re, tiranni, i miseri, i potenti, i poveri, i ricchi, tutti chiama a salvezza. Dissipa le tenebre causate dall’errore, perla fede di Cristo lotta infaticabile. La sua parola ardente confuta gli eretici scioglie il gelo dei cuori, richiama a penitenza. Sempre a te sia gloria,
o Trinità beata; Benedetto interceda a tutti il premio eterno. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. SECONDA LETTURA Dalle prime Costituzioni dei Frati Minori Cappuccini. (Primigeniae Legislationis textus, Roma 1912, cap. IX passim) Predicare Cristo per la gloria di Dio E la salvezza degli uomini. L’evangelizzare la parola di Dio, sull’esempio di Cristo, Maestro della vita, è tra i più degni, alti e divini compiti che vi siano nella chiesa di Dio, donde principalmente dipende la salvezza del mondo. Perciò a nessuno si dia tale ufficio se non sia di vita santa ed esemplare, di chiaro e maturo giudizio, di forte e ardente volontà; poiché la scienza ed eloquenza senza carità non edificano, anzi molte volte distruggono. Si impone anche ai predicatori che non predichino frasche, né novelle, poesie, storie, o altre vane, superflue, curiose, inutili, anzi pericolose scienze; me, sull’esempio di Paolo Apostolo, predichino Cristo crocifisso, nel quale sono tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio. E, poiché al nudo ed umile Crocifisso non sono convenienti parole terse, affettate e ricercate, ma nude, pure, semplici, umili e basse, e nondimeno divine, infuocate e piene di amore, sull’esempio di Paolo, vaso d’elezione, il quale predicava non in sublimità di sermone e di eloquenza umana, ma nella potenza dello Spirito Santo, perciò si esortano i predicatori a imprimersi Cristo benedetto nel cuore, e dargli pacifico possesso di sé, affinché per ridondanza di amore, Lui sia quello che parli in loro, non solo con le parole, ma molto pi ù con le opere, sull’esempio di Paolo, Dottore delle genti, il quale non ardiva predicare ad altri alcuna cosa, se prima Cristo non la operava in lui. Così come anche Cristo, maestro perfettissimo, c’insegnò, non solo con la dottrina, ma con le opere. E questi sono grandi nel regno del cielo, [quelli] che prima per sé operano, e poi ad altri insegnano e predicano. E affinché essi, predicando ad altri, non diventino reprobi, lascino qualche volta la frequenza dei popoli, e ascendano col dolcissimo Salvatore al monte dell’orazione e della contemplazione, affinché, essendo ben caldi, possano scaldare gli altri. E lì stiano tanto che, ripieni di Dio, l’impeto li muova a spargere al mondo le grazie divine. E lascino da parte tutte le vane e inutili questioni e opinioni, i prudenti canti, le sottigliezze comprensibili da pochi, ma sull’esempio del santissimo Precursore Giovanni Battista, dei santissimi Apostoli e dei santi predicatori, infuocati dell’amore
divino, anzi sull’esempio dello stesso nostro dolcissimo Salvatore, predichino «Fate penitenza, perché è vicino il Regno dei cieli» (Cfr. Mt 3, 2). E secondo l’ammonizione del nostro serafico Padre nella Regola: annuncino i vizi e le virtù, la pena e la gloria di Dio e la salvezza delle anime, redente col prezioso Sangue dell’Agnello immacolato, Cristo Gesù. R ESPONSORIO
1 Cor 1, 21. 23. 25
℞ . È piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. * Noi predichiamo Cristo crocifisso (T.P. alleluia). ℣. La stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini: la debolezza di Dio è più forte degli uomini. ℞ . Noi predichiamo Cristo crocifisso (T.P. alleluia). Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine I NNO Accorrete, o fratelli; con cuore puro e ardente, acclamate il Signore in questo giorno santo. Benedetto ci invita a unir le voci e gli animi nella lode perenne della Chiesa di Dio. Come il sole disperde le nebbie del mattino, egli vinse le effimere suggestioni del mondo. Sulle orme del Padre la stretta via del bene percorre, e valoroso giunge presto alla vetta. Sempre a te sia gloria, o Trinità beata; Benedetto interceda A tutti il premio eterno. Amen.
Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Ant. al Ben. Andate, evangelizzate e battezzate, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (T.P. alleluia). I NVOCAZIONI Lode e gloria a Cristo, vincitore della morte, che nel Vangelo ha fatto risplendere lavita e l’immortalità. A lui la preghiera: Venga il tuo Regno, Signore. Tu che illumini il mondo col Vangelo, – rendici fedeli al tuo insegnamento. Hai mandato i tuoi discepoli a predicare il Vangelo in tutto il mondo, – fa’ sorgere numerosi e santi evangelizzatori. Hai voluto che il regno dei cieli fosse un lievito di salvezza per tutti, – suscita in noi lo spirito missionario del beato Benedetto. Hai riconciliato il mondo al Padre per mezzo del Tuo sangue, – fa’ che possiamo cooperare alla Tua opera di pace. Padre nostro. ORAZIONE Padre santo, che hai reso grande il beato Benedetto da Urbino per l’ardente amore alla croce e al ministero della parola, concedi a noi di seguirne gli esempi, vivendo in questo mondo con pietà, giustizia e sobrietà. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri I NNO Onorando con gioia il Beato Che ti ha amato con tutto il suo cuore, anche noi, o Signore, innalziamo a te il canto di ringraziamento. Fu fedele seguace di Cristo, disprezzò le ricchezze e gli onori,
fuggì il mondo, vivendo nel chiostro in purezza, umiltà e obbedienza. Tutto dedito a Dio nella vita, la sua mente a Lui solo rivolse: e la fiamma che in cuore gli ardeva fu alimento d’ogni opera sua. Dal suo esempio anche noi trascinati, procediamo entusiasti nel bene: o Signore, ai tuoi servi concedi la corona di gloria immortale, Trinità sempiterna e beata, a te salga la gloria e l’onore: con sovrana larghezza tu premi i tuoi servi nel regno dei cieli. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Ant. al Magn. Lo Spirito del Signore è sopra di me: per questo mi ha consacrato con l’unzione, mi ha mandato a recare ai miseri un lieto annunzio, a curare le pieghe dei cuori affranti (T.P. alleluia). I NTERCESSIONI Nella memoria del beato Benedetto, instancabile araldo del Vangelo, rendiamo grazie al Padre per il dono della fede: Santo sei tu, o Signore. Hai risuscitato dai morti il Cristo, Capo della Chiesa, – rendici testimoni della nuova vita che viene dal Vangelo. Hai inviato il Figlio tuo a evangelizzare i poveri, – donaci di gustare le beatitudini evangeliche. Hai dato a noi come fratello e fulgido esempio il beato Benedetto, – riempi anche noi dei doni del tuo Spirito. Ci hai chiamato a seguire con san Francesco il tuo Figlio, – concedici di essere fedeli alla nostra vocazione. Hai riconciliato a te il mondo nel Cristo,
– fa’ che i nostri fratelli defunti giungano alla tua pace. Padre nostro. Orazione come alle Lodi mattutine.
4 maggio BEATI TOMMASO, ENRICO, ARTURO, GIOVANNI E CARLO, MARTIRI IN INGHILTERRA
8 maggio BEATO GEREMIA STOIKA DA VALACCHIA, religioso John Stoika nacque nella Valacchia Minore (Romania) il 29 giugno 1556. A diciotto anni lasci la sua patria e venne in Italia, dove visse fino alla morte. L’8 maggio 1579 emise la professione religiosa tra i Frati Minori Cappuccini di Napoli. Venne assegnato a varie mansioni in diversi conventi, finché nel 1585 ebbe l’incarico di assistere gli infermi nel convento di Sant’Eframo Nuovo. Vi rimase per quarant’anni continui consumando la sua vita nel servizio generoso e sempre con «allegrezza e serenità di volto». Pregava con sincerità e gioia: «Signore, ti ringrazio perché ho sempre servito e mai sono stato servito, sono stato sempre suddito e mai ho comandato!». Morì a Napoli il 5 marzo 1625, vittima di carità e obbedienza per una visita ad un ammalato che si trovava a Torre del Greco. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 30 ottobre 1983. Amato da ort odossi e cattolici, l’umile Frate Cappuccino è oggi gloria e speranza della sua patria, la Romania.
Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio. Ufficio delle letture Seconda lettura Dal discorso di papa Giovanni XXIII in occasione della proclamazione delle virtù eroiche. Sempre al cospetto del Signore La cerimonia odierna, molto semplice, è motivo di grande letizia, che da questa aula vaticana si diffonderà presto per largo raggio, ovunque nel mondo c’è attenzione
e rispetto per tutto ciò che richiama uno dei temi fondamentali dell’ascesi cristiana, cioè la santità. Essa infatti è una delle quattro note caratteristiche della Chiesa del Signore. Circostanze di varia natura suggerirebbero molte applicazioni, opportune e toccanti, ma possiamo limitarci a poche parole. Diciamo che la Romania fu la patria di fra Geremia da Valacchia, un vecchio paese, dunque, di Europa, che anche nel nome ricorda i suoi legami con la madre comune delle genti. L’umile fraticello laico aveva chiesto un giorno alla sua buona mamma che cosa doveva fare per essere certo della eterna salvezza. Quella brava donna aveva additato al figliolo la luce accesa sul monte, cioè la Chiesa Santa del Signore. E quell’adolescente, con un ardimento superiore alla sua età ed educazione, si era posto in viaggio, e non ebbe pace finché non approdò alla sua seconda famiglia, l’Ordine Francescano, aiuola eletta della Chiesa Cattolica, che gli diede un nome nuovo, un abito sacro, una regola quant’altre mai sublime ed evangelica. Quarantasette anni di umile servizio: sempre ilare, pronto, generoso. Negli occhi innocenti di fra Geremia c’era il riflesso delle sconfinate pianure della sua patria terrena, cui egli pensava con filiale tenerezza. Ma non era un estraneo in terra d’Italia. Il popolo napoletano, squisito nei suoi giudizi ed entusiasta nelle sue simpatie amò in vita e in morte questo suo figlio di adozione. Tutto il segreto della santificazione di quest’anima sta nella semplicità del pensare, del decidere, dell’operare sempre al cospetto del Signore: sempre fiducioso in Lui e ben disposto ad accogliere le ispirazioni divine e le indicazioni dell’obbedienza. È incoraggiante per noi! La semplicità dà la fisionomia attraentissima dell’umile fratello laico francescano Geremia da Valacchia. La semplicità è l’abito che conviene a chi, appressandosi a Betlemme, vuole avere la sicurezza di trovarsi come a casa sua presso la Sacra Famiglia, ed essere certo di capire il linguaggio di Maria e di Giuseppe, e di interpretare il divino silenzio di Gesù. R ESPONSORIO
Mt 2, 5-3.6; Pr 19, 17
R. Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, infermo e mi avete visitato. * Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me, (T.P. alleluia). V. Chi fa la carità al povero, fa un prestito al Signore. R. Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me, (T.P. alleluia). Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Da questo sapranno che siete miei discepoli,
se avrete amore gli uni per gli altri, Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me, (T.P. alleluia). ORAZIONE Padre misericordioso, che hai concesso al beato Geremia da Valacchia di imitare il tuo Figlio nel servire i fratelli e nell’immolarsi interamente per essi, concedi a noi, sul suo esempio e per sua intercessione, che, collaborando al tuo disegno universale di salvezza, percorriamo la via evangelica dell’umiltà e della carità. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Siano tutti una cosa sola come tu, Padre, sei in me ed io in te, perché anch’essi siano in noi una cosa sola, Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità, (T.P. alleluia).
8 maggio BEATA VERGINE MARIA, MEDIATRICE DI TUTTE LE GRAZIE Dal Comune della B.V.M. con salmodia del giorno dal salterio. INVITATORIO Ant. Venite, adoriamo il Cristo nostro Mediatore, che nell'opera della salvezza ha unito a sé la beata Vergine, alleluia. Salmo invitatorio come nell'Ordinario. Ufficio delle Letture INNO L'ordine era d'attender lo Spirito: così vegliavano assidui e unanimi. Eri tu forse a guidar la preghiera come lui fece nell'ultima cena? Certo il profeta ti vide all'origine quando lo Spirito ornava il creato, quando la lotta iniziò col serpente... e poi nel lungo cammino dell'arca. Certo tu eri la terra promessa l'isola intatta del santo approdo, ove lo Spirito scese già prima a fecondarti del germe divino. Con noi assisti all'ultimo tempo: lo stesso vento ora scuote la casa, lo stesso fuoco dell'Oreb divampa e apre la via nel nuovo deserto! O Trinità, misteriosa e beata, noi ti lodiamo perché ci donasti la nuova aurora che annuncia il tuo giorno: Cristo, la gloria di tutto il creato. Oppure: Christus, humàni gèneris misértus, morte nos ictos merita, supérnam rursus ad vitam génuit, suóque sanguine tersit. O pium flumen, scelus omne purgans! O inexhàustum pélagus bonórum, unde septéno fluit usque fonte vita salùsque. Hos tamen sacros làtices redémptis quis ministràbit? Datur hoc Mariae munus, ut diva? moderétur undae, arbitra, cursum. Cuncta, quae nobis méruit Redémptor, dona partitur Génetrix Maria, cuius ad votum sua fundit ultro mùnera Natus. Te per aetérnos venerémur annos, Trinitas, summo celebrànda plausu: te fide mentes resonóque linguae Carmine laudent. Amen.
Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall'autorità ecclesiastica. SECONDA LETTURA Si sceglie una delle seguenti letture. Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate (Ser. de Aquaeductu; Opera omnia, ed. Cisterc. 5, 1968, pp. 278-280) Cerchiamo il favore divino per mezzo di Maria Scruta bene, o uomo, il disegno di Dio sapiente e buono. Per irrigare di celeste rugiada tutto il terreno, Dio volle prima impregnarne il vello (cf. Gdc 6,36-40): per redimere il genere umano, ne depose tutto il prezzo in Maria. E perché? Probabilmente perché Eva venisse assolta per merito della figlia e, d'ora in poi, fosse archiviata la causa dell'uomo contro la donna. Adamo, non dire più: «La donna che mi desti a compagna m'ha dato di quel frutto proibito» (cf. Gn 3,12). Di' piuttosto: «La donna che mi hai dato m'ha nutrito di quel frutto benedetto». Amorevolissimo disegno di Dio! Ma questo non è tutto: è esatto, sì, ma forse vi è ancora nascosto qualcosa; forse è ancora troppo poco, se non erro, per le vostre aspettative. E' dolce il latte, ma, a premerlo fortemente, ne sprizza la grassezza del burro. Perciò scrutiamo ancor più a fondo per capire quanto affetto vuole che noi nutriamo per Maria colui che depose in lei la pienezza di ogni bene: affinché comprendiamo che ogni motivo di speranza, di grazia e di salvezza ci viene da lei, che sta vicino a Dio, ricolma di ogni delizia. Davvero, giardino di tutti i piaceri, dove il vento divino, spirando, non solo lì diffonde i suoi aromi, ma per la sua intensità li spande dovunque: questi aromi sono i carismi delle sue grazie. Togli il sole che illumina il mondo: il giorno dove andrà a finire? Togli di mezzo Maria, questa stella del mare grande e immenso: cosa rimarrà se non nebbia ed ombre insidiose e tenebre fittissime? Veneriamo, dunque, Maria con tutto l'impeto del nostro cuore, dei nostri affetti, dei nostri desideri: questa è la volontà di colui il quale ha disposto che noi avessimo tutto per mezzo di Maria. Questa, ripeto, è la sua volontà, ma per il nostro bene: in tutto e per tutto egli provvede a noi miserabili, conforta la nostra trepidazione, tiene desta la fede, rafforza la speranza, scaccia la diffidenza e ci ridona il coraggio. Ti vergognavi di avvicinarti al Padre; atterrito solo a sentirne la voce, correvi a nasconderti tra le foglie: ma egli ti ha dato Gesù quale mediatore. Cosa non otterrà questo Figlio da un tale Padre? Egli sarà certamente esaudito «a cagione della sua obbedienza» (cf. Eb 5,7): «Il Padre, infatti, ama il Figlio» (Gv 5,20). Forse temi anche di avvicinare Gesù? Ma è tuo fratello e carne tua, in tutto provato, meno che nel peccato, per essere misericordioso verso di te (cf. Eb 2,17). Questo fratello te lo ha dato Maria. Ma può darsi che tu tema quella maestà divina che anche in lui si nasconde, perché, sebbene egli si sia fatto uomo, è rimasto egualmente Dio. Vuoi, dunque, avere un avvocato anche per accostarti a lui? Allora ricorri a Maria. L'umanità di Maria è pura, non solo
perché incontaminata, ma per singolare prerogativa di natura. Sono certo che anche lei sarà esaudita «a cagione della sua obbedienza». Sicuramente il Figlio esaudirà la Madre, il Padre esaudirà il Figlio. Figlioli miei, questa è la scala di noi peccatori, questa è la mia più grande fiducia, questa è tutta la ragione della mia speranza. Perché no? Può forse il Figlio non accogliere la supplica della Madre, oppure non essere esaudito dal Padre? Assolutamente no. «Tu hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1, 30), disse l'angelo a Maria. Sì, Maria troverà sempre grazia presso Dio: ed è soltanto della grazia che noi abbiamo bisogno. La Vergine saggia non cercava la sapienza o le ricchezze o gli onori o la potenza come Salomone, ma la grazia: perché è solo con la grazia che noi possiamo salvarci. Perché, fratelli, bramare altre cose? Cerchiamo piuttosto la grazia di Dio e cerchiamola per mezzo di Maria, la quale ottiene sempre quel che domanda e non resta mai inesaudita. Cerchiamo anche noi la grazia, ma quella di Dio, non quella degli uomini che è fallace. Vadano pure gli altri alla ricerca di ricompense; a noi preme trovare grazia presso Dio. Maria non va, infatti, in cerca di umani compensi ma si preoccupa solo della grazia. RESPONSORIO R. Vergine Maria, nessuna è pari a te tra le figlie d'Israele: tu sei la serva del Signore, madre del Mediatore, dimora dello Spirito. * Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, alleluia. V. Ave, mare di bontà, fonte di misericordia, rifugio dei peccatori. R. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, alleluia. Oppure: Dalla «Preghiera alla Madre di Dio», di incerto autore siro del secolo sesto o settimo (J.S. Assemani, S.P.N. Ephrem Siry Opefa omnia, Roma 1743, vol. III, pp. 528-532) Dopo il Mediatore, mediatrice di tutti gli uomini O Signora mia santissima, Madre di Dio, piena di grazia; vergine nell'anima, nel corpo e nella mente; trono del Re che siede sui Cherubini; porta attraverso la quale dalla terra entriamo in cielo; fonte viva, oceano inesauribile di arcani doni elargiti da Dio; dopo la Trinità Signora universale, dopo il Paraclito altro consolatore, dopo il Mediatore mediatrice di tutti gli uomini; vite vera che dà frutti di vita, olivo fecondo che rallegra le anime dei fedeli; nube che sparge sulla terra la rugiada celeste; arca santa, che ci ha salvato dal diluvio del male; roveto ardente, visto da Mosè che ha parlato con Dio; turibolo d'oro, in cui il Verbo ha bruciato la sua carne riempiendo il mondo del suo profumo e cancellando il peccato della disobbedienza; tabernacolo sacro, che Bezaleel, ripieno dello Spirito di Dio, edificò secondo l'ordine che il Signore aveva dato a Mosè (cf. Es 31,2ss.); carro regale, vaso colmo di manna, giardino recintato; fonte intatta, la cui acqua purissima irriga tutto il mondo; verga di Aronne, prodigiosamente fiorita; vello di Gedeone, madido di rugiada; documento scritto dalla mano di Dio, che rescinde il debito di Adamo; monte di Dio, monte santo, sul quale egli ha posto la sua dimora; radice santa di lesse; città di Dio, di cui «si dicono cose gloriose» (Sal 86, 3), secondo l'espressione di Davide. Guarda la mia fede e l'anelito che Dio ha posto in me, tu che sei pietosa e potente. Tu, come madre
di colui che solo è buono e misericordioso, accogli la mia povera anima e con la tua intercessione e il tuo patrocinio rendila degna di assidersi alla destra del tuo Figlio unigenito e di godere la pace degli eletti e dei santi. In te ho speranza, e vedrò realizzato il mio desiderio; in te trovo motivo di gloria; non volgere il tuo sguardo da me, indegno tuo servo, a causa dei miei numerosi errori e peccati. Nelle tue mani è il volere e il potere; tu che hai generato in modo misterioso una persona della Trinità, il Figlio di Dio, l'hai portato in braccio, l'hai nutrito al tuo seno, ricorda i giorni della sua prima infanzia; unisci le tue sofferenze alle sue, alla croce, al sangue, alle ferite che ci hanno salvato. Non privarmi, ti prego, della tua protezione, ma aiutami e vieni sempre in mia difesa. Non disprezzare la mia indegnità, non permettere che le mie azioni malvagie ostacolino la tua immensa misericordia, o Madre di Dio, nome amatissimo. Con il tuo aiuto ogni vittoria è sicura; tu hai asciugato le lacrime del genere umano; hai colmato di grazia ogni creatura: hai portato gioia agli esseri celesti, e a noi sulla terra hai recato la salvezza. RESPONSORIO R. Lode al Padre che ha inviato il suo Figlio per la nostra salvezza, * e benedetto lo Spirito Santo che ci ha rivelato il mistero dell'amore, alleluia. V. Benedetta sei tu, Maria, figlia di Adamo e madre di Cristo: da te è nato il Mediatore di Dio e degli uomini, R. e benedetto lo Spirito Santo che ci ha rivelato il mistero dell'amore, alleluia. Orazione come alle Lodi mattutine. Lodi mattutine INNO Tre giorni dopo si fecero nozze: a una festa di nozze è andato con te, o Madre, e coi suoi discepoli: a un nuovo Sinai siam dunque invitati! Era il settimo giorno antico, ma la sua ora non era ancor giunta: il giorno ottavo, il nuovo suo giorno, quello dell'ultima festa del mondo. Così Jahvé si rivela sul monte perché a Mosè tutto il popolo creda: così Gesù manifesta la gloria perché i discepoli credano in lui. E ancora tutto è solo in figura: vino che deve mutarsi in sangue, nozze che segnano altra alleanza, e tu la Donna sarai della croce! 0 Trinità, misteriosa e beata, noi ti lodiamo perché ci donasti la nuova aurora che annuncia il tuo giorno: Cristo, la gloria di tutto il creato. Oppure: Maria, quae mortàlium preces amànter éxcipis, rogàmus ecce sùpplices, nobis adésto pérpetim.
Adésto, si nos criminum caténa stringit hórrida; cito resólve cómpedes quae corda culpis illigant. Succùrre, si nos saéculi fallax imago péllicit, ne mens salùtis tràmitem, oblita caeli, déserat. Succùrre, si vel córpori advérsa sors impéndeat; fac sint quièta tempora, aetérnitas dum lùceat. Tuis et esto filiis tutèla mortis tèmpore, ut, te iuvànte, cónsequi perènne detur praémium. Patri sit et Paràclito tuóque Nato glòria, qui veste te miràbili circumdedérunt gràtiae. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall'autorità ecclesiastica. Ant. al Ben. Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo e fu piena di Spirito Santo, alleluia. ORAZIONE O Dio, che hai voluto dare al mondo l'autore della grazia per mezzo della beata Vergine Maria, da te associata al mistero dell'umana redenzione, ti supplichiamo: ci ottenga lei abbondante grazia e ci guidi alla salvezza eterna. Per il nostro Signore. Vespri INNO Or ci fiorisca dal cuore un canto come un dono da offrirti, o Madre: hai persuaso tuo figlio a compiere il primo segno alle nozze di Cana. Dicesti attenta: «Non hanno più vino». Da allora l'occhio tuo vede per primo sparir la gioia dai nostri conviti, ma ora tu sai e puoi comandare. Sì, non abbiamo più vino, o Madre! Gioia non hanno i nostri amori, è senza grazia la nostra fortuna, pure le feste non hanno più fede! Per la sua fede nell'ora di Cristo noi a te, Padre, rendiamo la gloria: tu d'altro vino del Figlio ci sazi, vino ch'è Spirito, nostra ebbrezza. Oppure: Ave, maris stella (p. 1716, [1830]) o un altro inno o canto adatto approvato dall'autorità ecclesiastica. Ant. al Magn. Ricordati, Signore, mostrati a noi nel giorno dell'afflizione. E tu, Madre, invoca il Figlio, parla a lui in nostro favore e liberaci dalla morte, alleluia.
Orazione come alle Lodi mattutine. 9 maggio SANTA CATERINA VIGRI DA BOLOGNA, RELIGIOSA Caterina Vigri nasce a Bologna l’8 settembre 1413, ma cresce a Ferrara alla corte estense. Nobile e letterata, per vivere nel nascondimento si ritirò tra le Clarisse di Ferrara, dove poi fu prescelta come maestra delle novizie, essendo molto illuminata nello spirito. Nel 1456 tornò a Bologna per fondare un altro monastero di Clarisse, di cui fu abbadessa fino alla morte, guidando nelle vie della santità non solo le sue consorelle, ma anche quanti ricorrevano a lei per consiglio. Lasciò alcuni scritti, da tutti ammirati per l’eccellente dottrina mistica. Morì l’8 settembre 1463. Clemente XI, il 22 maggio 1712, ne approvò l’antichissimo culto e la iscrisse nell’albo dei santi.
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio. Invitatorio Ant. Con le vergini che hanno seguito l'Agnello, adoriamo Cristo Signore, alleluia. Ufficio delle letture INNO Tu che in cielo sei volata come candida colomba, deh, benigna accogli il canto che devoti a te leviamo. Ancor tenera fanciulla di celeste grazia adorna, la tua vita accenna un raggio del futuro tuo splendore. Della terra senti il tedio, alla patria sempre aneli: fuggi il mondo e nel deserto a Gesù il tuo cuore doni. Gloria a te, Cristo Signore, di Maria Vergine Figlio, con lo Spirito e col Padre
sei l'eterno premio in cielo. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. SECONDA LETTURA Dagli «Scritti spirituali» di S. Caterina da Bologna («Le sette armi spirituali»; ed. Della Felce, Modena 1973, a cura di P. Puliatti, pp. 67) Rivestitevi dell'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo Chiunque abbia un cuore così nobile e una sensibilità spirituale così trasparente da voler spontaneamente abbracciare la croce del nostro divin Salvatore Gesù - che morì sul patibolo dei malfattori per redimerci -, prima di tutto costui deve impugnare le armi necessarie per tale combattimento, specialmente quelle che qui sono enumerate, e cioè: la diligenza, la diffidenza nella propria debolezza, la confidenza in Dio, il ricordo della Passione, la meditazione sulla morte e l'autorità della sacra Scrittura, sull'esempio di Gesù nel deserto. L'anima, che è arricchita di quel gioiello inestimabile che è la buona volontà, ossia l'amor di Dio, e che è bramosa di servire a lui in spirito di verità, prima di tutto deve dare una limpidezza cristallina alla propria coscienza mediante una bella confessione, e proporre fermamente per il futuro di non voler mai peccare gravemente, e di preferire, in tale triste alternativa, piuttosto mille volte la morte, se ciò fosse possibile. Infatti chi è in peccato mortale, cessa di essere membro vivo del Corpo mistico di Cristo, e diventa preda del diavolo; è privato dei beni della comunione dei Santi, e le sue azioni non hanno merito alcuno, perché morte alla grazia nei riguardi della vita eterna in Dio. E perciò, per voler servire Dio il meno indegnamente possibile, è necessario il fermo proposito di evitare almeno il peccato grave. Ma tieni presente che, qualora tu fossi in peccato mortale, non devi mai disperare del perdono divino, né cessare di fare il bene per quanto ti è possibile, perché tu possa liberarti dal peccato. Ma c'è ben di più per un fedele servo di Cristo: egli deve essere dispostissimo a percorrere la via della croce, perché tutti coloro che servono Dio sono nella necessità di combattere contro i suoi nemici e nella condizione di ricevere dai medesimi diversi e dolorosi tiri mancini. Sono necessarie dunque delle ottime armi, con le quali si possa combattere valorosamente contro i nemici dell'anima. RESPONSORIO
2 Cor 4, 8-11; Rm 8, 37
℞ Siamo tribolati da ogni parte ma non schiacciati; siamo sconvolti ma non disperati; colpiti, ma non uccisi. * In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati, alleluia.
℣ Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù. ℞ In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati, alleluia. Lodi mattutine Inno Il mistico sposo ti invita nell'erto sentiero del bene: con passo spedito lo segui lasciando le cose del mondo. Nel fertile grande giardino del Santo di Assisi portata, di splendidi fiori ti vesti e frutti ubertosi produci. La croce in letizia portando con Cristo sei sempre confitta: col pianto tu bagni e detergi le piaghe a Gesù crocifisso. Castighi e flagelli il tuo corpo con l'anima in alto rapita: in spirito e corpo sei santa, sei in terra ma vivi nel cielo. Le gioie celesti assapori perduta nell'estasi in Dio, arcano splendore ti investe, profondi misteri comprendi. Gesù, a te gloria cantiamo, sei Figlio di Vergine Madre: col Padre e lo Spirito Santo nei secoli eterni tu regni. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. LETTURA BREVE
Ct 8, 7
Le grandi acque non possono spegnere l'amore, né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutta la ricchezza della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.
RESPONSORIO BREVE ℞ Di te ha detto il mio cuore: Io cerco il tuo volto. * Alleluia, alleluia. Di te ha detto il mio cuore: Io cerco il tuo volto. Alleluia, alleluia. ℣ Non nasconderti a me, Signore. Alleluia, alleluia. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Di te ha detto il mio cuore: Io cerco il tuo volto. Alleluia, alleluia. Ant. al Ben. Hai dato il tuo cuore a Cristo, vergine sapiente: ora vivi con lui, splendente come il sole nell'assemblea dei santi, alleluia. Orazione Donaci, Signore Dio nostro, la fiamma di carità che ispirò santa Caterina da Bologna, sposa fedele del tuo Figlio, a radunare una famiglia di vergini a te consacrate, a gloria perenne del Cristo e della Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Vespri INNO Tra le sorelle elette scelta maestra e guida, a tutte sottomessa nell'umiltà lavori. Desideri la patria e il volto dello Sposo: chiamando il dolce nome nell'estasi ti perdi. Presérvaci dal male nell'anima e nel corpo, aiutaci ad entrare nel gaudio del Signore. Col Padre e con il Figlio
lo Spirito esaltiamo: risuoni il nostro canto nei secoli infiniti. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. LETTURA BREVE
1 Cor 7, 32.34
Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito. RESPONSORIO BREVE ℞ Entrano con gioia le vergini alla festa di nozze. * Alleluia, alleluia. Entrano con gioia le vergini alla festa di nozze. Alleluia, alleluia. ℣ Sono introdotte nel palazzo del re. Alleluia, alleluia. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Entrano con gioia le vergini alla festa di nozze. Alleluia, alleluia. Ant. al Magn. Alla venuta dello Sposo, la vergine vigilante entra con lui alla festa di nozze, alleluia. 11 maggio SANT’IGNAZIO PEIS DA LÁCONI, religioso Vincenzo Cadello Peis nacque il 10 dicembre 1701 a Láconi in Sardegna; nel 1721 vestì l’abito francescano tra i Frati Minori Cappuccini. Si dedic all’ufficio di questuante per quarant’anni, durante i quali diede a tutti uno splendido esempio di umiltà e di carità. Dio inoltre lo arricchì di particolari doni soprannaturali che lo fecero venerare da ogni classe di persone. Rese l’anima a Dio l’11 maggio 1781, a Cagliari. Fu beatificato da Pio XII il 16 giugno 1940. Lo stesso pontefice lo proclam santo il 21 ottobre 1951. Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio. SECONDA LETTURA Dagli «Opuscoli mistici» di san Bonaventura, vescovo
(De perfectione vitae ad sorores, ed. Vita e pensiero, Milano 1926, pp. 332-336) Tieni impegnata l'anima in un'assidua orazione Chi ha scelto Cristo come Sposo della propria anima e desidera progredire sempre più, tenga costantemente impegnata la sua anima, esercitandola nella preghiera e nel raccoglimento. Un religioso poco devoto o tiepido, che non si dedichi di continuo alla preghiera, non solo è un pesce fuor d'acqua e inutile, ma sotto gli occhi di Dio trascina nel suo corpo ancora vivo un'anima morta. La vera preghiera ci fa conseguire immensi benefici, qualunque cosa ciascuno di noi faccia e in qualunque momento: sia d'estate che d'inverno, col cielo azzurro e la pioggia, di notte e di giorno, la domenica e nei giorni feriali, quando siamo malati o sani, giovani o vecchi, tanto se stiamo in piedi o seduti o in cammino, tanto se ci troviamo in coro o fuori. In una sola ora di tale preghiera riusciamo a guadagnare qualcosa che ha un valore maggiore di tutto il mondo messo insieme: guadagnamo, con questo piccolo impegno, il regno dei cieli! Queste cose sono indispensabili per la preghiera così intesa. Prima di tutto, quando stai per entrare in preghiera, richiama all'impegno il tuo corpo e la tua anima, chiudi la porta ai tuoi sensi, e senza strepiti, con cuore contrito, ripensa alle tue numerose miserie presenti, passate e future. Poi, il vero religioso cioè colui che ha scelto Dio come unico ideale della propria vita - quando prega, non deve mai dimenticare di ripetere al proprio Creatore il suo «grazie» per il bene ricevuto e per quello che ancora dovrà ricevere. Ce lo dice l'Apostolo delle genti: «Perseverate nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie». Nulla ci fa tanto degni dei favori di Dio quanto il nostro «grazie» costantemente ripetuto sia con le labbra che con le opere. Un'altra cosa necessaria è che durante l'orazione l'anima non pensi ad altro che a Dio: è sconveniente che ci si rivolga a Dio con la parola ed altro si abbia nel cuore in uno sterile sdoppiamento interiore. Non farti ingannare, non sperperare l'enorme tesoro della preghiera, non perderne la soavità, non privarti di quella dolcezza, che la preghiera ti offre. L'orazione è la fonte da cui si attinge la grazia dello Spirito Santo, la quale promana da quella sorgente di inesauribile dolcezza, che è la Trinità santissima. Quando preghi, raccogliti tutto e, in compagnia del tuo Diletto, entra nella cella del tuo cuore e trattieniti con lui. Dimentica ogni altra cosa di questo mondo, e con tutto l'ardore, innalzati sopra te stesso. Non devi distogliere mai la tua mente dalla preghiera, ma innalzati sempre più con l'energia che da essa si sprigiona, fino ad entrare in quella tenda meravigliosa, dov'è la dimora dell'Altissimo. RESPONSORIO
Sir 35, 10-11; 2 Cor 9, 6-7
℞ Glorifica
il Signore con animo generoso e in ogni offerta mostra lieto il tuo volto, * perché Dio ama chi dona con gioia, alleluia. ℣ Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà, e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà, ℞ perché Dio ama chi dona con gioia, alleluia. ORAZIONE O Dio, che hai guidato sant'Ignazio da Làconi sulla via dell'umiltà e dell'innocenza, e gli hai dato di raggiungere le vette della perfezione praticando l'amore verso i fratelli, concedi anche a noi di imitarlo osservando fedelmente il precetto della carità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Orazione O Dio, che hai guidato sant’Ignazio da Láconi sulla via dell’umiltà e dell’innocenza, e gli hai dato di raggiungere le vette della perfezione praticando l’amore verso i fratelli, concedi anche a noi di imitarlo osservando fedelmente il precetto della carità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 12 maggio SAN LEOPOLDO MANDIĆ DA CASTELNUOVO, SACERDOTE
Francescani: Memoria Bogdan Ivan Mandić nacque a Castelnuovo di Càttaro (Herceg-Novi nel Montenegro) il 12 maggio 1866. Entrato tra i Frati Minori Cappuccini a diciotto anni, fu ordinato sacerdote nel 1890. Dopo brevi permanenze a Venezia, Zara, Bassano del Grappa, Capodistria e Thiene, nel 1909 approd a Padova, città che, salvo qualche intervallo, non lasci più fino alla morte. Pass quasi tutta la vita in confessionale, con il più eroico sacrificio. Si offrì a Dio vittima per il ritorno dei fratelli orientali all’unità dell a Chiesa. Fu beatificato da Paolo VI il 2 maggio 1976 e proclamato santo, a quarantun’anni dalla morte, da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1983. Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dal discorso per la beatificazione del B. Leopoldo di Paolo VI, papa (A.A.S. 68 [1976] 319-322) Il Servo buono e fedele Chi è, chi è colui, che oggi ci raccoglie per celebrare nel suo nome beato una irradiazione del Vangelo di Cristo, un fenomeno inesprimibile, eppure chiaro ed evidente, quello di una trasparenza incantevole, che ci lascia intravedere nel profilo di un umile fraticello una figura esaltante ed insieme quasi sconcertante: guarda, guarda, è san Francesco! Lo vedi? Guarda come è povero, guarda come è semplice, guarda come è umano! È proprio lui, San Francesco, così umile, così sereno, così assorto da apparire quasi estatico in una sua propria visione interiore dell’invisibile presenza di Dio, eppure a noi, per noi così presente, così accessibile, così disponibile, che pare quasi ci conosca, e ci aspetti, e sappia le nostre cose e possa leggere dentro di noi…
Guarda bene; è un povero, piccolo Cappuccino, sembra sofferente e vacillante, ma così stranamente sicuro che ci si sente da lui attratti, incantati. Guarda bene, con la lente francescana. Lo vedi? Tu tremi? Chi hai visto? Sì, diciamolo: è una debole, popolare, ma autentica immagine di Gesù; sì, di quel Gesù, che parla simultaneamente al Dio ineffabile, al Padre, Signore del cielo e della terra; e parla a noi minuscoli uditori, racchiusi nelle proporzioni della verità, cioè della nostra piccola e sofferente umanità… E che dice Gesù in questo suo oracolo poverello? Oh! grandi misteri, quelli dell’infinita trascendenza divina, che ci lascia incantati, e che subito assume un linguaggio commovente e trascinante: riecheggia il Vangelo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò” (Mt 11,28). Ma dunque chi è? È Padre Leopoldo. Era nato il 12 maggio 1866, e morì a Padova dove visse la maggior parte della sua vita terrena, conclusa a 76 anni, il 30 luglio 1942, poco più di trent’anni fa. Una nota particolare non possiamo tuttavia trascurare; egli era oriundo della sponda levantina dell’Adriatico, di Castelnuovo, alle bocche di Cattaro, e conservò sempre per la sua terra un amore fedele, anche se poi, vissuto a Padova, non fu meno affezionato alla nuova patria ospitale e soprattutto alla popolazione verso la quale esercitò il suo silenzioso ed indefesso ministero. La figura perciò del Beato Leopoldo riassume in sé questa bivalenza etnica, quasi a fonderla in un emblema di amicizia e di fratellanza, che ogni suo devoto cultore dovrà fare propria. È questo particolare dato biografico del Beato Leopoldo un primo compimento d’un pensiero, d’un proposito dominante della sua vita. Come tutti sappiamo, Padre Leopoldo fu “ecumenico” ante litteram, cioè sognò, presagì, promosse, pur senza operare, la ricomposizione nella perfetta unità della Chiesa, anche se essa è gelosamente rispettosa delle particolarità molteplici della sua composizione etnica… Ma la nota peculiare della eroicità e della virtù carismatica del Beato Leopoldo fu un’altra; chi non lo sa? Fu il suo ministero nell’ascoltare le Confessioni. Il suo metodo di vita era questo: celebrato di buon mattino il sacrificio della Messa, egli sedeva nella celletta confessionale, e lì restava tutto il giorno a disposizione dei penitenti. Tale tenore di vita egli conservò per circa quarant’anni, senza il minimo lamento. Ed è questo, noi crediamo, il titolo primario che ha meritato a questo umile Cappuccino la beatificazione, che ora noi stiamo celebrando. Egli si è santificato principalmente nell’esercizio del sacramento della Penitenza. Noi non abbiamo che da ammirare e da ringraziare il Signore che offre oggi alla Chiesa una così singolare figura di ministro della grazia sacramentale della Penitenza; che richiama da un lato i sacerdoti a ministero di così capitale importanza, di così attuale pedagogia, di così incomparabile spiritualità; e che ricorda ai fedeli, fervorosi o tiepidi ed indifferenti che siano, quale provvidenziale ed ineffabile servizio sia ancor oggi, anzi oggi più che mai, per la loro Confessione individuale ed auricolare, fonte di grazia e di pace, scuola di vita cristiana, conforto incomparabile nel pellegrinaggio terreno verso l’eterna felicità. Che il nostro santo sappia chiamare a questo severo, sì, tribunale di penitenza, ma non meno amabile rifugio di conforto, di verità interiore, di risurrezione alla grazia e di allenamento alla terapia dell’autenticità cristiana, molte anime intorpidite dalla
fallace profanità del costume moderno, per fare loro sperimentare le segrete e rinascenti consolazioni del Vangelo, del colloquio con il Padre, dell’incontro con Cristo, dell’ebbrezza dello Spirito Santo, e per ringiovanire in esse l’ansia del bene altrui, della giustizia e della dignità del costume. R ESPONSORIO
Cfr. Ef 2, 5. 4. 7
R. Morti eravamo per i peccati, Dio ci ha fatti rivivere con Cristo: * grande è l’amore con il quale ci ha amati. (T.P. Alleluia). V. Per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia. R. Grande è l’amore con il quale ci ha amati. (T.P. Alleluia). Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Beato l’uomo che fa il bene per amore di Dio: egli è sicuro per sempre. (T.P. Alleluia). ORAZIONE O Dio, che sei la perfetta unità e il sommo bene, tu hai reso san Leopoldo da Castelnuovo, sacerdote, pieno di bontà e di misericordia verso i peccatori e ardente nel promuovere l’unità fra i cristiani; concedi a noi, per sua intercessione, di rinnovarci nello spirito e nel cuore per estendere ad ogni fratello il tuo amore e cooperare fiduciosi all’unione di tutti i credenti nel vincolo della pace. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Radunerò le pecore disperse, e ascolteranno la mia voce e si farà un solo ovile con un solo pastore. (T.P. Alleluia).
16 maggio
SANTA MARGHERITA DA CORTONA, PENITENTE, TERZIARIA Francescani: Memoria
Nacque a Laviano in Toscana nel 1247. Rimasta presto orfana di madre, incompresa dalla matrigna, fu indotta a seguire un giovane a Montepulciano, dove le nacque un figlio. Rimasto ucciso tragicamente l’uomo con cui viveva, Margherita, colpita dalla grazia divina, si convertì a Dio con tutta l’anima e inizi una vita di grande austerità e penitenza. Stabilitasi a Cortona, entr nel Terz’Ordine francescano e si dedic , oltre che all’educazione del figlio, al servizio degli ammalati, per i quali fondò un osped ale. Visse in assoluta povertà e in continua preghiera; amò ardentemente Cristo crocifisso ed ebbe da Dio grazie e doni straordinari. Morì a Cortona il 22 febbraio 1297 e fu canonizzata da Benedetto XIII il 16 maggio 1728. Dal Comune delle sante con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue: ____________________________________________________________________ I NVITATORIO Ant. Lodiamo il Signore nella memoria di santa Margherita Salmo invitatorio come nell’Ordinario. ____________________________________________________________________
Ufficio delle letture I NNO Padre santo, sorgente di luce, che hai colmato di amor Margherita, in noi pure riaccendi la fiamma che dissolve ogni gelo dal cuore. Improvvisa la grazia del cielo la colpì, ed ella corse alla croce per patire e lavare col pianto ogni macchia del tempo passato. Rigettando indumenti e monili
già fomento di torbido amore, si riveste dell'umile saio, cinge i fianchi con ruvida fune. O Gesù, col tuo amore infinito tutti i nostri peccati distruggi: riconferma ed accresci la grazia che ci schiude le porte del cielo. Sia onore al Dio uno e trino, che noi miseri schiavi del male, dal mistero d'amore redenti, fa gli eredi del Regno dei cieli. Amen. SECONDA LETTURA Da una lettera di san Basilio Magno, vescovo (PG, 32, 378-382) Bisogna rallegrarsi e godere poiché questa mia figlia era morta ed è ritornata a vita Forse chi cade, non si rialza? O chi si allontana non ritorna? Nella Sacra Scrittura troverai molti rimedi del male, molti medicamenti per salvare dalla morte, troverai dei misteri sulla morte e risurrezione, troverai testimonianze del terribile giudizio e della pena eterna, troverai delle verità sulla penitenza e sul perdono dei peccati negli innumerevoli esempi di conversione, come per esempio la dramma, la pecorella, il figlio prodigo, perduto e ritrovato, morto e di nuovo tornato a vita. Usiamo questi rimedi del male: con essi curiamo la nostra anima. Mentre ci è ancora concesso, risolleviamoci dalla caduta, né disperiamo della nostra salvezza se ci allontaneremo dal male: Cristo infatti è venuto nel mondo per salvare i peccatori. «Avvicinatevi, profondamente adorando e pregando». Il Verbo chiamandoci alla penitenza grida e dice: «Venite a me voi tutti che siete afflitti e sconsolati, e io vi darò ristoro». Vi è quindi modo di salvarsi, purché lo desideriamo. La morte ci aveva inghiottiti, ma sappiate che Dio ha asciugato di nuovo ogni lacrima dalla faccia di coloro che fanno penitenza. Il Signore è fedele alle sue parole, e non mentisce quando dice: «Se i tuoi peccati fossero neri, li renderà come la neve; se fossero scarlatti, li renderà bianchi come la lana». Il medico delle anime è pronto a curare la tua anima; egli è pronto a liberare non solo te, ma quanti si trovano sotto la schiavitù del peccato. Sono sue quelle dolci e salutari parole: «Sono i malati che hanno bisogno del medico, non i sani; non sono venuto a chiamare a penitenza i giusti ma i peccatori». Quale potrà essere la scusa tua o di altri di fronte a questo invito? Il Signore vuole purificarti dalla piaga del dolore, e dopo le tenebre mostrarti di nuovo la luce.
Il buon Pastore, abbandonate le pecorelle che non si sono smarrite, ti cerca. Se tu ti lascerai prendere, egli non tarderà e non disdegnerà di portarti sulle sue spalle, lieto di aver ritrovata la pecorella smarrita. Il Padre ti aspetta sospirando il tuo ritorno. Ritorna dunque; vedendoti da lontano, correrà a te stringendoti al collo, ed abbraccerà la tua anima purificata dalla penitenza. Non solo, ma vestirà della stola più bella la tua anima liberata dalle opere del vecchio uomo, metterà un anello nelle tue mani lavate del sangue della morte, e darà i sandali ai tuoi piedi rivoltisi indietro dalla via del male per seguire il vangelo della pace. Inoltre annuncerà un giorno di letizia e di gaudio ai suoi Angeli e agli uomini per festeggiare la tua salvezza. R ESPONSORIO
Mt 11, 28. 30; Lc 5, 32
℞ . Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. * Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero, alleluia. ℣. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi. ℞ . Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero, alleluia. Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine I NNO O Signore, Tu fosti pietoso con la santa che espiò nel dolore la sua vita trascorsa nel male: anche a noi volgi mite lo sguardo. Hai racchiuso nel regio tesoro quella gemma che s'era smarrita: or detersa dal fango del male splende fulgida più delle stelle. O Gesù, Salvatore del mondo, Tu sei l'unica nostra speranza; per la santa che ha pianto e sofferto a noi dona il perdono e la grazia. O Maria, custodisci i tuoi figli, tu che sei del perdono la Madre: fra i marosi di tante tempeste fa' che giungano al porto sicuro. Sia onore al Dio uno e trino, che noi miseri schiavi del male,
dal mistero d'amore redenti, fa gli eredi del Regno dei cieli. Amen. Ant. al Ben. Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato, (T.P. alleluia). ORAZIONE O Dio, che non vuoi la morte del peccatore ma la sua conversione, come hai richiamato santa Margherita da Cortona dalla via della perdizione a quella della salvezza, concedi anche a noi di liberarci dalle catene del peccato per dedicarci totalmente al tuo servizio. Per il nostro Signore.
Vespri I NNO Lieto un canto di lode si elevi all'intrepida santa che in terra, diffondendo il messaggio cristiano, di virtù e santità fu modello. Dall'amore di Cristo ferita si staccò dagli affetti terreni, e il sentiero difficile e stretto affrontò che conduce a salvezza. Combattè la natura perversa con severe astinenze e digiuni; elevando la mente in preghiera ebbe in terra le gioie del cielo. Cristo Re, sei dei forti il sostegno, solo tu fai prodigi grandiosi: ti preghiamo, per sua intercessione esaudisci chi supplica e implora. A te il canto di lode, Signore; nel cammino attendiamo l'aiuto: la tua luce ci guidi alla meta e sia pegno di gloria futura. Amen. Ant. al Magn. Il mio cuore si apre ed esulta nel Signore, perché io godo del beneficio che mi ha concesso, (T.P. alleluia).
17 maggio
SAN PASQUALE BAYLON, RELIGIOSO Francescani: Memoria
Nacque il 16 maggio del 1540 a Torre Hermosa nell’Aragona in Spagna. Da ragazzo fu addetto alla custodia del gregge e fin da allora mostrò una particolare devozione verso l’eucaristia. Nel 1564, già conosciuto per la sua vita esemplare, entrò tra i Frati Minori. I superiori pensavano di avviarlo al sacerdozio, ma egli preferì rimanere semplice fratello religioso, esercitando per tutta la vita gli umili incarichi del convento, specialmente quello di portinaio. Si distinse soprattutto per una intensa pietà eucaristica e Dio lo ricolmò di carismi celesti e di un grande dono di sapienza, tanto da divenire ricercato quale consigliere. Quasi illetterato, compose vari libri di pietà, nei quali presenta la sua esperienza mistica. Morì il 17 maggio 1592. Ventisei anni dopo, il 29 ottobre 1618, fu proclamato beato. Alessandro VIII il 16 ottobre 1690 lo dichiarò santo. Leone XIII il 28 novembre 1897 lo dichiarò patrono dei Dal Comune dei santi: religiosi con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue: ____________________________________________________________________ I NVITATORIO Ant. A Cristo Re che innalza gli umili l'omaggio della nostra lode e adorazione, (T.P. alleluia). Salmo invitatorio come nell’Ordinario. ____________________________________________________________________
Ufficio delle letture
I NNO Di Francesco noi figli in letizia san Pasquale col canto esaltiamo, ricordando il suo amore fervente al mistero dell'Eucarestia. Mentre il gregge tra i pascoli guida egli al pane degli Angeli anela, ora in cielo il profondo mistero già svelato contempla in eterno. Accostandosi al sacro banchetto per ricevere il Corpo di Cristo, il suo volto palesa la fiamma che gli brucia impetuosa nel cuore. Agli increduli attesta che Cristo è presente nel pane e nel vino: la sua fede è sì viva e sicura ch'egli è pronto a versare il suo sangue. Per i meriti di san Pasquale rendi puro, Gesù, il nostro cuore, affinché siamo degni per sempre di nutrirci del pane celeste. Ciò attendiamo dal Padre e dal Figlio, dallo Spirito Consolatore: Trinità, la tua lode si elevi e s'espanda per tutto il creato. Amen. SECONDA LETTURA Dagli «Scritti» di san Pasquale Baylon (Ed. I. Sala, Toledo 1811, pp. 78 ss. 85 ss.) Bisogna cercare Dio sopra ogni altra cosa Poiché Dio desidera ardentemente donarci cose buone, abbi la certezza che egli ti darà tutto quello che tu chiedi. Non chiedere comunque nulla prima che Dio non ti abbia mosso a chiedere, in quanto egli è più disposto ad esaudire la tua richiesta che tu a chiedere; egli sempre aspetta che noi chiediamo. Per cui a chiedere ti spinga più la volontà di Dio che vuole donarti, anziché la necessità di chiedere: le preghiere quindi devono essere sempre fatte in vista dei meriti di nostro Signore Gesù Cristo.
Esercita quindi la tua anima in continue ed intense azioni, desiderando quello che Dio desidera, rimuovendo dalla tua volontà tutto ciò che di bene o guadagno potrebbe a te venire da quella richiesta. Anzi questo chiedi sommamente: che Dio sia cercato sopra ogni altra cosa. È infatti cosa degna che prima e soprattutto si cerchi Dio, anche perché la divina Volontà vuole che riceviamo ciò che chiediamo per divenire più idonei a servirlo ed amarlo più perfettamente. Tutte le tue preghiere siano fatte con questa disposizione, e quando chiedi questo, chiedilo per amore e con amore, istantemente e importunamente. Sepàra il tuo cuore dalle cose di questo mondo; e ricordati che in questo mondo niente altro esiste se non tu e Dio solo. Non allontanare, neppure per breve tempo, il tuo cuore da Dio; i tuoi pensieri siano semplici e umili; sempre sollecita la tua attenzione su te stesso, ed il tuo amor di Dio sopra tutte le cose come profumo che si spande. Rendere grazie a Dio non è altro che un atto interno dell'anima per il quale uno riceve un bene celeste riconoscendo Dio immenso e Signore dell'universo, dal quale viene ogni bene; e gode per tutta la gloria che ne viene a Dio, in quanto è stato reso degno di tale grazia, per cui è pronto ad amare Dio sempre più e a servire il Datore di ogni bene. Quando ricevi qualche dono da Dio, offrigli tutto quello che sei con gioia e letizia, umiliando te stesso e disprezzandoti, rinunciando alla tua volontà in modo da poterti dedicare interamente al suo servizio. Rendi molte, anzi infinite grazie, rallegrandoti della potenza e della bontà del Signore, che ti elargisce doni e benefici, per i quali ora gli rendi grazie. E se vuoi che il tuo rendimento di grazie sia accetto a Dio, prima di farlo, umilia, rinnega e disprezza te stesso, riconoscendo la tua povertà e miseria, sì da comprendere che tutto quello che hai, lo hai ricevuto dalla munificenza di Dio, godendo e rallegrandoti nel vederti arricchito di grazia e di doni, e poco considerando il bene o l'utilità che ne potrebbe derivare, affinché tu possa meglio servire Dio. R ESPONSORIO
Mt 11, 25-26
℞ . Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti * e le hai rivelate ai piccoli, (T.P. alleluia). ℣. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te ℞ . e le hai rivelate ai piccoli, (T.P. alleluia).
Lodi mattutine I NNO O Gesù, Tu sei luce del Padre, sii presente quaggiù tra i tuoi servi che proclamano a tutti col canto san Pasquale modello ai cristiani. Giovanetto intraprese il cammino faticoso che sale alla vetta:
fu per tutti un esempio efficace di bontà, di modestia e purezza. Attirato dal santo di Assisi lo imitò con crescente fervore: abbracciò con perfetta letizia penitenze, rinunce e digiuni. Povertà fu la sola ricchezza che cercò, come Cristo, nel mondo: volle vivere il santo Vangelo sottomesso al volere del Padre. A Te gloria infinita, o Signore, che hai vinto la morte, e che regni con il Padre e lo Spirito Santo ora e sempre nei secoli eterni. Amen. Ant. al Ben. Camminò alla presenza del Signore in santità e giustizia, e ricevette da lui la conoscenza della salvezza per darla al suo popolo, (T.P. alleluia). ORAZIONE O Dio, che hai ispirato a san Pasquale un profondo amore verso il mistero eucaristico, concedi anche a noi di saper attingere dal divino banchetto la stessa ricchezza spirituale. Per il nostro Signore.
Vespri I NNO come all’Ufficio delle letture Ant. al Magn. Il Signore ha innalzato l'umile, e ha ricolmato di beni chi era affamato, (T.P. alleluia). 18 maggio
SAN FELICE PORRO DA CANTALICE, RELIGIOSO Francescani: Memoria OFM Capp: Festa
Felice Porro nacque a Cantalice (Rieti) nel 1515. Lavorò da contadino fino a trent’anni, poi entr nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Gli venne quasi subito affidato l’incarico di questuante ed egli lo adempì con esemplare semplicità d’animo per quarant’anni. In continua preghiera, in umile letizia, percorreva le vie di Roma, assistendo ammalati e poveri, per i quali questuava, e invitando i fanciulli a cantare le lodi divine. Era chiamato “frate Deo gratias” per il suo abituale saluto. San Filippo Neri gli fu intimo amico e san Carlo Borromeo ne ricercava la conversazione. Da tutti amato e stimato, morì a Roma l’8 maggio 1587. Fu dichiarato beato nel 1625 da Urbano VIII e venne canonizzato da Clemente XI nel 1712.
Dal Comune dei santi: religiosi con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue. ____________________________________________________________________ I NVITATORIO Ant. Adoriamo il Signore che rivela i misteri del suo Regno agli umili, alleluia. Salmo invitatorio come nell’Ordinario ____________________________________________________________________
Ufficio delle letture I NNO Attirato dal santo di Assisi già nel fiore di sua giovinezza, san Felice ne abbraccia la vita per unirsi più stretto al Signore. Egli segue l'esempio del padre in segreta e fervente fatica, il serafico ardore l'avvolge e lo fa risplendente di luce. Custodisce il suo cuore dal male, sottomette il suo corpo alla croce,
lunghe notti trascorre in preghiera implorando il perdono per tutti. Agli afflitti riporta la gioia, degli oppressi rinfranca la fede, verso i miseri allarga le braccia tutti accoglie pietoso e benigno. Dalla gloria che in cielo tu godi, guarda, o santo, ai fratelli qui in terra, intercedi per loro un cuor puro pronto al bene, alla pace, all'amore. Lode e gloria sia al Padre del cielo, al suo Figlio e allo Spirito Santo, Trinità sempiterna e beata che governa l'intero universo. Amen. SECONDA LETTURA Dagli «Scritti» di san Francesco d'Assisi (Regola Prima, c. 17; ed. A. Mondadori, Milano 1955, a cura di A. Vicinelli, pp. 103105) La carità nell'umiltà, nella pazienza e nella semplicità Prego in «carità, che è Dio», tutti i miei frati predicatori, oratori e lavoratori, tanto chierici che religiosi fratelli, perché cerchino di umiliarsi in tutte le cose, di non gloriarsi e di non compiacersi nell'intimo e di non esaltarsi al di fuori per le buone parole ed opere, anzi per nessun bene che Dio dice o fa ed opera in essi e per essi, secondo quanto dice il Signore: «Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a voi». E convinciamoci fermamente che non appartengono a noi se non i vizi ed i peccati. E dobbiamo piuttosto considerare perfetta letizia «quando subiamo ogni sorta di prove», e quando soffriamo qualsiasi dolore dell'anima o del corpo, o tribolazioni in questo mondo, per la vita eterna. Tutti noi frati, perciò, guardiamoci da ogni superbia e gloria vana. E difendiamoci contro la sapienza del mondo e la prudenza della carne, poiché lo spirito della carne vuole e cerca molto le parole, ma poco le opere: e mira non alla religione e alla santità interiore dello spirito, ma vuole e desidera quella religione e quella santità che è appariscente davanti agli uomini. E questi sono coloro, dei quali dice il Signore: «In verità vi dico: essi hanno già ricevuto la loro ricompensa». Invece lo spirito del Signore vuole che la carne sia mortificata e disprezzata, tenuta per vile e abbietta; e tende all'umiltà e alla pazienza, alla pura semplicità e alla vera pace dello spirito; e sempre e sopra ogni cosa desidera il timore di Dio, la divina
sapienza e il divino amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E tutti i beni attribuiamoli al Signore Iddio altissimo e sommo, e riconosciamo che tali beni sono tutti suoi, e di tutti rendiamo grazie a lui, dal quale provengono tutti i beni. Ed egli stesso, altissimo e sommo, solo e vero Iddio, abbia, e a lui siano resi, ed egli riceva tutti i ringraziamenti e tutta la gloria, chè suo è ogni bene, di lui che solo è buono. E quando vediamo o sentiamo dire o fare male contro Dio o bestemmiarlo, noi benediciamolo, facciamo del bene e diciamo lodi a lui, che è benedetto nei secoli. Amen. R ESPONSORIO
Col 3, 17; 1Cr 29, 17; 1Cor 1, 25
℞ . Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. * Signore Iddio, io, con cuore retto, ho offerto spontaneamente tutte le cose, (T.P. alleluia). ℣. Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. ℞ . Signore Iddio, io, con cuore retto, ho offerto spontaneamente tutte le cose, (T.P. alleluia). Dove è festa: I NNO Te Deum Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine I NNO Nella tua fanciullezza innocente rispondendo alla voce di Dio san Felice intraprese il cammino che conduce alla vita perfetta. Trapiantato nel sacro giardino del serafico santo di Assisi, di ogni fior di virtù si riveste, sovrabbonda di frutti di bene. Castigò ed afflisse il suo corpo con flagelli, digiuni e fatiche, pura vittima offrendosi a Dio per salvare dall'ira i fratelli. Camminò in questa valle di pianto, alleviando ogni pena e dolore,
ora in cielo tra i santi di Dio intercede per tutta la Chiesa. A Dio Padre sia gloria nei cieli, a Gesù, suo unigenito Figlio, allo Spirito Consolatore, ora e sempre nei secoli eterni. Amen. Ant. al Ben. Il Signore condusse il giusto per le vie diritte, gli mostrò il Regno di Dio e gli diede la scienza dei santi, (T.P. alleluia). ORAZIONE O Dio, che in san Felice hai dato alla Chiesa e alla Famiglia Serafica un luminoso esempio di semplicità evangelica e di vita consacrata alla tua lode, donaci di seguire il suo esempio cercando e amando solamente Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri I NNO come all’Ufficio delle letture Ant. al Magn. Lasciate che i bambini vengano a me: perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio, (T.P. alleluia).
19 maggio
SAN CRISPINO FIORETTI DA VITERBO, RELIGIOSO Francescani in Italia: Memoria facoltativa Pietro Fioretti nacque a Viterbo il 13 novembre 1668; entr nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini il 22 luglio 1693. Per quarant’anni esercit l’ufficio di questuante a Orvieto e dintorni per procurare i mezzi di sussistenza alla famiglia religiosa e a tutti i bisognosi della sua “grande famiglia orvietana”. Ha dell’incredibile l’opera da lui svolta in campo assistenziale e religioso specialmente verso i malati, carcerati, peccatori, madri nubili, famiglie in miseria, anime sul punto della disperazione. Paciere tra fratelli, coniugi, privati cittadini, consorterie e autorità civili e religiose e tutto con santa letizia. Devotissimo del Santissimo Sacramento e della Vergine Immacolata, fu colmo di sapienza celeste, per cui era consultato da uomini dotti. Morì a Roma nel convento di
via Veneto il 19 maggio 1750 «per non turbare – aveva detto – la festa di san Felice». Fu beatificato da Pio VII il 7 settembre 1806 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 20 giugno 1982. Povertà, preghiera, carità: esempio attualissimo per tutti i francescani di oggi. Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalle Lettere di San Crispino da Viterbo (Lettera inviata il 15 gennaio del 1750 all’amico Don Giuseppe Smaghi, curato in Città della Pieve; cfr. “Analecta OFM Cap”, 1911, pp. 22ss) La gioia nel Signore è la nostra forza Mi sono rallegrato al sentire nella sua stimatissima che vostra signoria abbracci di cuore le massime sante che ci ha lasciato il nostro amoroso Signore nel sacro Vangelo. Perché vi si trova la sicura e certa strada per camminare secondo la sua santissima volontà, e ancora nel meditare la sua volontà, e ancora nel meditare la sua santissima Vita e Passione, che è la sicura scuola per non errare ed esercitare le sante virtù. Ma è necessario che vostra signoria si faccia animo grande e virile per ributtare da sé ogni turbamento e timore. Poiché questi talvolta nascono da indisposizione naturale e alle volte provengono da operazione diabolica e qualche volta da cagione esterna, ma da qualunque causa provengano, vostra signoria si studi di rigettarli e si ricordi quello che dice lo Spirito Santo nell’Ecclesiastico: «Tieni lungi da te la tristezza. Poiché essa molti ne uccise, e non vi è utilità in quella» (Sir 30, 24-25). E se Lei fa riflessione a questa passione di tristezza, non sminuisce il male che contrista, anzi molto aggiunge di peso. Pertanto l’esorto di appoggiarsi sempre all’amoroso Signore che dice: «Senza di me niente potete fare» (Gv 15, 5). Poiché noi siamo inabili a far cosa buona, ma siamo obbligati a fare quanto possiamo dal canto nostro. Perciò, prevedendo vostra signoria doversi turbare andando al confessionale e fare altra opera del suo ufficio per gloria di Dio, non perciò si deve arrestare d’andarvi, ma vada allegramente, non facendo caso del turbamento dal quale vede essere assalito, e dire: io vado a fare la volontà di Dio e vado per il suo amore. E procuri quanto può dal canto suo di stare allegro nel Signore e divertirsi in cose geniali, ma buone e sante, quando per ò è assalito dalla malinconia. Io non mancherò di raccomandarla di cuore all’amoroso Signore e alla nostra Madre Santissima, acciò le diano grazia e forza da poter vincere conteste avversità.
Ma stia sicuro che l’anima sua farà un gran guadagno, perché l’amoroso Gesù ci manda questi travagli per maggiormente arricchirci dei beni celesti. Dunque, amico mio, se la nostra vita, come dice l’apostolo, è una continua guerra, è segno che siamo destinati per misericordia di Dio ad essere dei principi grandi nel Paradiso. Io le scriverò di rado perché non posso ed ho bisogno più io di ammaestramenti che di darne. Perciò prenda per suo Maestro l’amoroso Gesù e la sua Madre santissima, e conoscerà la loro bontà. Preghi per me meschino, che la lascia nel cuore amoroso di Gesù e Maria. R ESPONSORIO
1 Pt 4, 13; Sal 31, 11
R. Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo rallegratevi, * perché anche nella rivelazione della gloria possiate rallegrarvi ed esultare (T.P. alleluia). V. Gioite nel Signore ed esultate, giusti, giubilate voi tutti retti di cuore. R. Perché anche nella rivelazione della gloria possiate rallegrarvi ed esultare (T.P. alleluia). Oppure: Dall’Omelia di Giovanni Paolo II papa, tenuta nel giorno della canonizzazione. (Cfr. AAS 9, 1982, pp. 987ss) San Crispino fu espressione vivente di carità. Il primo aspetto di santità che desidero rilevare in san Crispino è quello della letizia. La sua affabilità era nota a tutti gli Orvietani ed a quanti lo avvicinavano, e la pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza custodiva il suo cuore ed i suoi pensieri (cf. Fil 4,5-7). Letizia francescana la sua, sostenuta da un carattere ricco di comunicativa ed aperto alla poesia, ma soprattutto derivante da un grande amore verso il Signore e da una fiducia invitta nella sua Provvidenza. “Chi ama Dio con purità di cuore – soleva dire – vive felice e poi contento muore”. Un secondo atteggiamento esemplare è certamente quello della sua eroica disponibilità verso i confratelli, come pure verso i poveri ed i bisognosi di ogni categoria. A questo proposito, infatti, si deve dire che l’impegno principale di fra’ Crispino, mentre umilmente questuava i mezzi di sussistenza per la sua famiglia conventuale, fu quello di donare a tutti aiuto spirituale e materiale, divenendo espressione vivente di carità. Ha veramente dell’incredibile l’opera da lui svolta in campo religioso ed assistenziale, per la pace, la giustizia e la vera prosperità. Nessuno sfugge alla sua attenzione, alle sue premure, al suo buon cuore, ed egli va incontro a tutti attingendo alle più perspicaci risorse ed anche ad interventi, che si presentano nella cornice dello straordinario. Altro particolare impegno della sua vita santa fu quello di svolgere una catechesi itinerante. Egli era un “laico dotto”, che coltivava con i mezzi a sua disposizione la
conoscenza della Dottrina Cristiana, non tralasciando, al tempo stesso, di istruire gli altri nella stessa verità. Il tempo della questua era il tempo della evangelizzazione. Incoraggiava alla fede ed alla pratica religiosa con un linguaggio semplice, popolarmente gustoso, fatto di massime ed aforismi. La sua saggia catechesi divenne ben presto nota ed attirò personaggi dell’ambiente ecclesiastico e civile, ansiosi di avvalersi del suo consiglio. Ecco, ad esempio, una sua illuminante e profonda sintesi della vita cristiana: “La potenza di Dio ci crea, la sapienza ci governa, la misericordia ci salva”. Le massime traboccavano dal suo cuore, sollecito di offrire col pane, che sostenta il corpo, il cibo che non perisce: la luce della fede, il coraggio della speranza, il fuoco dell’amore. Infine, desidero sottolineare la sua tenera ed insieme vigorosa devozione a Maria santissima, che egli chiamava la “mia Signora Madre” e sotto la cui protezione condusse la sua vita di cristiano e di religioso. All’intercessione della Madre di Dio fra’ Crispino affidò suppliche ed affanni umani incontrati lungo la strada del suo questuare, e quando veniva sollecitato a pregare per gravi casi e situazioni soleva dire: “Lasciami parlare un poco con la mia Signora Madre e poi ritorna”. Risposta semplice, ma totalmente intrisa di sapienza cristiana, che dimostrava totale confidenza nella sollecitudine materna di Maria. La vita nascosta, umile ed ubbidiente di san Crispino, ricca di opere di carità e di saggezza ispiratrice, reca un messaggio per l’umanità di oggi, che come quella della prima metà del ‘700 attende il passaggio confortante dei santi. Egli, autentico figlio di Francesco d’Assisi, offre alla nostra generazione, spesso inebriata dai suoi successi, una lezione di umile e fiduciosa adesione a Dio ed ai suoi disegni di salvezza; di amore alla povertà ed ai poveri; di ubbidienza alla Chiesa; di affidamento a Maria, segno grandioso di misericordia divina anche nell’oscuro cielo del nostro tempo, secondo il messaggio incoraggiante scaturito dal suo Cuore Immacolato per la presente generazione. Eleviamo la nostra preghiera al nostro Santo che ha raggiunto la gioia definitiva del cielo dove non esiste “né morte, né lutto, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,4). O san Crispino, allontana da noi la tentazione delle cose caduche ed insufficienti, insegnaci a comprendere il vero valore del nostro pellegrinaggio terreno, infondici il necessario coraggio per compiere sempre tra gioie e dolori, tra fatiche e speranze, la volontà dell’Altissimo. Intercedi per la Chiesa e per l’umanità intera, bisognosa di amore, di giustizia e di pace. R ESPONSORIO
Cfr. 2Cor 9, 7-8; Sal 99, 2
R. Dio ha il potere di far abbondare in voi ogni grazia, perché possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. * Dio ama chi dona con gioia (T.P. alleluia). V. Acclamate al Signore coi tutti della terra, servite il Signore nella gioia. R. Dio ama chi dona con gioia (T.P. alleluia).
Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine Ant. al Ben. La gioia del cuore è la vita per l’uomo, l’allegria di un uomo è lunga vita (T.P. alleluia). ORAZIONE O Dio, che sul cammino della gioia hai condotto il tuo servo fedele Crispino da Viterbo alla più alta perfezione evangelica, per sua intercessione e dietro il suo esempio fa’ che pratichiamo costantemente la virtù, alla quale è promessa la pace beata nel cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Vespri Ant. al Magn. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza dolcezza senza fine alla tua destra (T.P. alleluia). 19 maggio SAN TEOFILO DE’ SIGNORI DA CORTE, SACERDOTE Biagio de’ Signori nacque a Corte in Corsica il 30 ottobre 1676. Entrato nell’Ordine dei Frati Minori, fin dall’inizio mostr ò grande impegno nell’acquisto delle virtù cristiane e religiose. Ordinato sacerdote e compiuti gli studi superiori di teologia a Roma, fu persuaso dal beato Tommaso da Cori ad abbracciare la vita dei ritiri. Rimase per diversi anni a Bellegra; quindi con l’obbedienza dei superiori maggiori fu inviato prima in Corsica, ove fondò il ritiro di Zuani, e poi in Toscana, ove tra molte difficoltà riuscì a instaurare il medesimo regime di vita nel convento di Fucecchio. Fu molto austero con se stesso, ma generoso e liberale con gli altri. Sull’esempio del suo maestro (il beato Tommaso), si dedicò intensamente alla vita apostolica con la predicazione della parola di Dio, l’ascolto delle confessioni e l’assistenza ai poveri, ai malati e ai moribondi. Morì a Fucecchio il 19 maggio del 1740. La fama della sua santità e i numerosi pellegrinaggi alla sua tomba, accelerarono il processo di beatificazione che iniziò già nel 1750. Venne dichiarato venerabile da Benedetto XIV il 21 novembre 1755; beatificato da Leone XIII il 19 gennaio 1896, fu canonizzato, dopo quasi due secoli, da Pio XI il 29 giugno 1930. COLLETTA
O Padre, che hai concesso a san Teofilo da Corte Co rte di imitare la forma di vita del serafico Padre, fa’ che per sua sua intercessione possiamo possiamo sempre servirti servirti saldamente saldamente fondati sul tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 20 maggio SAN BERNARDINO ALBIZZESCHI DA SIENA, SACERDOTE
Bernardino degli Albizzeschi, nato a Massa Marittima (Grosseto) l’8 settembre 1380, compì gli studi umanistici a Siena, dandosi poi con passione allo studio della sacra Scrittura. A ventidue anni lasci lasci le agiatezze della sua famiglia famiglia per entrare nell’Ordi nell’Ordine ne dei Minori. Divenuto sacerdote, gli venne affidato, per la sua cultura ed eloquenza, il ministero della predicazione. Percorse in un primo p rimo tempo la Toscana e poi tutta l’Italia, annunciando con grande successo la parola di Dio. La sua eloquenza semplice e incisiva attirava le folle, risvegliava la pratica religiosa, conciliava le fazioni, suggeriva riforme. Propag con slancio slancio la devozione devozione al Santissimo Nome di Gesù e ne inculc la venerazione alle moltitudini. Per rendere più efficace la sua parola, faceva scolpire o dipingere su tavolette e formelle di svariata materia il monogramma del nome di Gesù «JHS», circondato da raggi a guisa g uisa di sole. Impresse anche un nuovo spirito di riforma nell’Ordine francescano. Di lui ci restano molte opere, tra cui i “Sermones” in latino e le “Prediche” in volgare. Morì a L’Aquila il 20 maggio 1444 ed è ivi sepolto nella basilica omonima. Fu canonizzato il 24 maggio 1450 da Nicolò V. COLLETTA O Padre, che hai donato al tuo sacerdote san Bernardino da Siena S iena un singolare amore per il Nome di Gesù, imprimi anche nei nostri cuori, con il fuoco dello Spirito, Spirito, questo sigillo sigillo della tua carità. Per il nostro Signore Gesù Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. secoli.
24 maggio DEDICAZIONE DELLA BASILICA DI SAN FRANCESCO IN ASSISI
Dopo aver proclamato “santo” Francesco, il papa Gregorio IX volle che si innalzasse un tempio in suo onore in Assisi e che ivi si conservassero i suoi resti mortali. Lo stesso pontefice benedisse la prima pietra nel 1228, e nel 1230 comand che il corpo del Santo fosse trasportato dalla tomba provvisoria della della chiesa di San Giorgio Giorgio al nuovo tempio, che che da lui ebbe il titolo di Basilica, «capo «capo e madre» di tutte le chiese dell’Ordine francescano. francescano. Innocenzo IV la consacr solennemente nel nel 1253. Il tempio fu elevato a Basilica patriarcale e Cappella papale da Benedetto XIV il 25 marzo 1754.
SECONDA LETTURA Dalla Costituzione «Fidelis Dominus» di Papa Benedetto XIV Il Signore esalta i suoi santi per ravvivare e irrobustire la fede Il Signore sempre fedele nelle sue promesse, che ripetutamente nelle sacre Scritture ha dichiarato di volere esaltare coloro che troverà conformi al suo Figlio F iglio nell'umiltà, non soltanto li riveste mirabilmente di onore e di gloria nel regno celeste, ma per ravvivare e irrobustire la fede degli uomini, ha disposto d isposto nella sua sapienza che la loro memoria risplenda gloriosa anche in terra. Ciò che appunto vediamo avverato nella glorificazione del beato Francesco. Egli durante la sua vita si s i studiò di apparire vile dinanzi a se stesso e agli altri; ed oggi per giudizio e pronunciamento della Chiesa è onorato e venerato tra gli amici di Dio in cielo e in tutta la terra. Ed anche il suo corpo che c he portò fino alla morte i segni della passione di Cristo, è stato poi glorificato glorifica to con tali segni e prodigi celesti e circondato di tanta venerazione da parte del popolo cristiano che il suo sepolcro glorioso è onorato assai più dei monumenti dei grandi della terra. Non erano infatti ancora trascorsi due anni dalla sua morte che si cominciò a pensare ad un luogò decoroso per custodire religiosamente i suoi resti mortali: e questo fu trovato in un terreno vicino alle mura della città c ittà di Assisi, che il nostro predecessore Gregorio IX ricevette in diritto e proprietà della Sede Apostolica, ordinando che l'erigenda chiesa rimanesse alle dipendenze esclusive della Sede Apostolica. E avendo lo stesso Pontefice, nella città c ittà di Assisi, annoverato il glorioso g lorioso Patriarca nell'albo dei Santi, pose con le sue mani la prima pietra della nuova chiesa, che c he costituì «Capo e Madre» dell'Ordine dei Minori, elargendo altre prerogative e privilegi che i Romani Pontefici confermarono e ampliarono. Costruito così il nuovo tempio, il giorno 25 maggio magg io 1230 vi fu solennemente portato il corpo di san Francesco, e nella Domenica VI di Pasqua dell'anno 1253, ricorrendo r icorrendo lo stesso giorno 25 maggio, il Pontefice Innocenzo IV compì il solenne rito della
Dedicazione. Anche Noi, seguendo l'esempio di tanti nostri Predecessori, vivamente desideriamo che lo splendore e il prestigio del medesimo Tempio siano s iano ancor più incrementati, perché nutriamo la fiducia che tanto più la santa s anta Chiesa Romana sperimenterà la valida protezione del Patriarca Serafico, quanto più la Sede Apostolica ne avrà esaltata la gloriosa memoria. Pertanto, con la presente Nostra Costituzione, che vogliamo valida ed efficace ef ficace in perpetuo, erigiamo la predetta chiesa di san Francesco in Assisi Ass isi a Basilica Patriarcale e Cappella Papale, confermandola nello stesso tempo Capo e Madre dell'Ordine dei Minori. RESPONSORIO
Cfr Sal 45, 5; Ef 2, 7
℞ Dio santificò la sua dimora * e glorificò il suo servo Francesco, alleluia. ℣ Per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia F rancesco, alleluia. ℞ e glorificò il suo servo Francesco, TE DEUM
ORAZIONE O Dio, che con pietre vive e scelte prepari il tempio della tua gloria, effondi ef fondi sulla Chiesa il tuo Santo Spirito, perché per intercessione del nostro Padre San Francesco, Frances co, edifichi il popolo dei credenti che formerà la Gerusalemme del cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA O Dio, che con pietre vive e scelte prepari prepari il tempio tempio della tua gloria, effondi sulla Chiesa il tuo Santo Spirito, perché, per intercessione del nostro Padre san Francesco, edifichi il popolo dei credenti che formerà la Gerusalemme del cielo. Per il nostro Signore Gesù Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, Dio, e vive e regna con te, nell’unità nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 28 maggio SANTA MARIA ANNA DI GESÙ DE PAREDES, terziaria Nacque a Quito nell’Ecuador il 21 ottobre 1618. Rimasta orfana dei genitori ancora fanciulla, si si consacr a Dio; ma ma non potendo essere accolta in in un monastero, monastero, inizi nella sua casa un particolare tipo di vita ascetica, dedicandosi all’orazione, al digiuno e ad altre pie pratiche. Tent anche di recarsi tra gli indios indios pagani per portare loro la fede. Accolta poi nel Terz’Ordine francescano, francescano, si dedic con grande generosità all’assistenza all’assistenza dei poveri e all’aiuto spirituale ai suoi concittadini. Morì a Quito il 26 maggio 1645. Fu beatificata da Pio IX il 20 novembre nove mbre 1853 e canonizzata da Pio XII il 9 luglio 1950 che la proclam patrona dell’Ecuador. dell’Ecuador. È il primo fiore francescano sbocciato alla santità in America Latina.
COLLETTA O Dio, che in un mondo così corrotto hai fatto fiorire santa Maria Anna di Gesù come giglio giglio tra le spine, spine, modello di vita illibata e di costante mortificazione, fa’ che anche noi, liberi dai fermenti del male, siamo infiammati da un vivo desiderio di santità. Per il nostro Signore Gesù Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 30 maggio (o 2 giugno) SANTA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, religiosa Nata a Camerino (Macerata) il 9 aprile 1458 dal principe Giulio Cesare Da Varano, trascorsa la prima prima giovinezza tra le mondanità, mondanità, nel 1481 si consacr al Signore fra le Clarisse di Urbino, guidata dai francescani dell’Osservanza, specialmente i beati Domenico da Leonessa e Pietro da Mogliano. Rientrata nella sua città nel monastero preparato da suo padre, divenne maestra di spirito soprattutto attraverso gli scritti pregevoli per dottrina dottrina mistica e valore letterario. letterario. Oltre al monastero di Camerino, avvi all’osservanza della regola di santa Chiara quelli di Fermo e di San Severino. Dopo aver conosciuto nella vita tribolazioni fisiche fisiche e morali, morali, speriment anche un lungo periodo di “notte dello spirito”, spirito”, quasi a rendere più più luminose le esperienze mistiche mistiche di cui Dio l’aveva favorita e delle quali si trova cenno negli scritti. Morì a Camerino il 31 maggio 1524. Il suo culto ininterrotto fu riconosciuto da Gregorio XVI il 7 aprile 1843. È stata canonizzata da Benedetto XVI il 17 ottobre 2010. 2010 . [Memoria liturgica ufficiale: 30 maggio]. SECONDA LETTURA Da «Le Opere spirituali della B. Battista Varano da Camerino» (Istruzioni; ed. Francescana, Jesi 1958, a cura di G. Boccanera, pp. 190-193) 190 -193) Vegliate e pregate per non entrare in tentazione Abbi sempre l'occhio dell'intelletto così vigilante che mai si assopisca nel sonno della pigrizia e della negligenza, e sappi che il Regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono. Quello che voglio dire è questo, che non ti addormenti a ddormenti nella santa vita di fraternità di quel sonno che intontisce molti, i quali, una volta entrati in fraternità per santificarsi, si scordano del primo fervore tutto impegnato, e il bene che fanno è da essi compiuto senza una minima considerazione mentale. Costoro eseguono sì la disciplina del monastero, le cerimonie liturgiche, le consuetudini conventuali e gli statuti della fraternità, ma lo fanno senza che vi concorra l'intelletto, al pari di certe azioni delle pecorelle, le quali quando vedono che una u na del gregge salta, le altre la seguono e non ne sanno il perché.
Allo stesso stesso modo, la religiosa religiosa spiritualmente spiritualmente addormentata addormentata continua in in certe consuetudini ed usanze acquisite senza rendersi conto della loro finalità o utilità. Tu invece comportati con sapienza e prudenza, p rudenza, lungi dal seguire la massa grigia dei mediocri e dei rilassati. In ogni tua azione, piccola p iccola o impegnativa che essa sia, solleva l'occhio della tua mente al Signore, perché egli rettifichi le intenzioni del tuo agire; sopporta poi, per amor suo, ogni avversità. E nella preghiera, p reghiera, nella lettura e nello studio, nella celebrazione della Liturgia delle Ore, come anche nell'accudire alle faccende domestiche e nel disbrigo dei servizi più umili della fraternità, stùdiati di compiere tutto e solamente per amor di Dio. Ed esércitati in ogni opera di carità verso di tutti, sia sani che infermi. Se nel fare le predette azioni ti abituerai a sollevare la mente a Dio ripetendo frequentemente: «Signore, tutto per il tuo amore», sta sicura che lo farai poi spontaneamente, anche senza pensarci. Ti vorrei consigliare di nutrire assiduamente nel tuo cuore un ardente desiderio di vita di penitenza vera, e di non no n curarti di regolare a modo tuo le tue azioni, a zioni, ma piuttosto di stare alle virtuose tradizioni di chi prima di te si è santificato nelle fraternità dei chiostri. Agendo così, non poco meriterai al cospetto della SS. Trinità, che sola scruta fino in fondo i cuori. Fa' di tutto perché l'anima tua sia infervorata d'amore verso il Signore e senza alcuna intermittenza. Solo dall'anima infuocata di tale amore infatti fuggono e si allontanano il demonio e tutti i pensieri non belli; mentre nell'anima tiepida e rilassata nell'amor di Dio subentrano le vanità, i pensieri inutili e il nocivo no civo sonno della negligenza spirituale. Avviene quindi che molti dormono in seno alle fraternità e, dormendo, si sognano di acquistare la perfezione; ma, al tempo della morte, vedranno la falsità dei loro sogni e delle loro chimere, perché si troveranno a mani vuote e nel pieno della confusione e delle illusioni. Tu invece apri gli occhi e procura di non giocarti questi pochi giorni, che ti restano di vita. Sta' vigilante e fervente nella misura della grazia concèssati dal Signore, ripetendo con l'Apostolo delle genti: «La sua grazia in me non è stata vana, perché fin dall'aurora io cerco il Signore». RESPONSORIO
Cfr Ap 3, 2-3. 18
℞ Svègliati, Svègliati, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. * Ricorda come hai accolto la parola, osservala e ravvediti nella penitenza, alleluia. ℣ Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco. ℞ Ricorda Ricorda come hai accolto la parola, p arola, osservala e ravvediti nella penitenza, alleluia. Orazione O Dio, che hai resa mirabile la beata Battista Varano per l'assidua contemplazione dei misteri della passione di Cristo, concedici, per sua intercessione, di percorrere gioiosamente la via della croce. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo
Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. COLLETTA O Dio, con l’assidua contemplazione della passione del tuo Figlio hai infiammato d’amore santa Camilla Battista, chiamandola dalle attrattive del mondo alla sequela di Cristo povero e crocifisso; concedi a noi, per sua intercessione, di attingere sempre abbondanti frutti dalla celebrazione del mistero della redenzione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli secoli dei secoli. 2 giugno SAN FELICE AMOROSO DA NICOSIA, religioso Giacomo Amoroso nacque a Nicosia, in Sicilia, Sicilia, il 5 novembre 1715. Entr giovanissimo nella Confraternita Confraternita del Terz’Ordine francescano, detta dei “Cappuccinelli”. Dopo ripetuti dinieghi, a ventotto anni fu ricevuto, con il nome di fra Felice, tra i Frati Minori Cappuccini, dando sin da principio esempi di ammirabile santità. Ubbidienza e mansuetudine, grande spirito di penitenza, devozione fervente all’eucaristia, alla Vergine Immacolata e al serafico Padre, furono le virtù che in lui risplendettero di vivissima luce. Pass tutta la vita nella sua città natale, dove esercit esercit l’ufficio di questuante per circa q uarant’anni, uarant’anni, spargendo il profumo della carità verso tutti: consigliere spirituale, guida e sostegno di anime semplici, ma anche di dotti ed ecclesiastici. Ebbe il dono della profezia e compì co mpì numerosi miracoli. Morì il 31 maggio 1787. Leone XIII l’annover tra i beati il 12 febbraio 1888 e Benedetto XVI lo proclam santo il 23 ottobre 2005. COLLETTA O Padre, che hai guardato l’umiltà del tuo servo san Felice da Nicosia e gli hai rivelato i misteri misteri del regno, regno, aprici all’ascolto del tuo tuo Figlio diletto, mite e umile di cuore, per essere annoverati tra i piccoli del Vangelo e irradiare sul mondo la luce della vera sapienza. Per il nostro Signore Gesù Gesù Cristo, tuo tuo Figlio, che è Dio, Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello dello Spirito Santo, Santo, per tutti i secoli dei secoli. (Presente nella documentazione) 8 giugno BEATO NICOLA MEDDA DA GÉSTURI, religioso Giovanni Medda nacque a Gésturi il 5 agosto 1882, in provincia di Cagliari, arcidiocesi di Oristano, in seno ad una numerosa famiglia di onesti lavoratori e ottimi cristiani. Rimasto orfano dei genitori, fu accolto in casa della sorella maggiore, già sposata, a
servizio del cognato. Impegnato nei lavori più umili della campagna, si distinse per onestà, pietà, illibatezza di costumi e austerità di vita. Nel 1911, all’età di ventinove anni, munito di una lusinghiera lettera del suo parroco, fu accolto fra i Cappuccini di Cagliari, assumendo il nome di fra Nicola. Fatto il noviziato e la professione, gli fu affidato l’ufficio l’ufficio di questuante. Per trentaquattro anni svolse tale mansione in gran silenzio, ma con una forte incidenza spirituale tra la gente, che accorreva a lui come ad un vero uomo di Dio. Morì a Cagliari 1’8 giugno 1958. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1999. COLLETTA O Dio, che nel beato Nicola da Gésturi ci hai dato un esempio da imitare nella preghiera, nell’umiltà e nel silenzio, concedi che, per sua intercessione, possiamo portare Cristo ai ai fratelli con la santità della nostra nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 12 giugno BEATA FLORIDA CEVOLI, RELIGIOSA Lucrezia Elena nacque a Pisa l’11 novembre 1685, dal conte Curzio Curzio Cévoli e dalla contessa Laura della Seta. Sui tredici anni venne v enne affidata alle monache di San Martino di Pisa per l’istruzione e l’educazione. Sentì nel suo cuore la vocazione alla vita religiosa con sempre sempre maggiore desiderio e così, tra la meraviglia del mondo, entr nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello nella primavera del 1703, assumendo il nome di suor Florida. Si form alla scuola e sull’esempio di santa Veronica Giuliani. Nel 1716 la Giuliani fu eletta abbadessa e suor Florida vicaria. Alla morte di Veronica (1727) le succedette nello stesso ufficio per venticinque anni. Govern con grande saggezza e profitto profitto il monastero. Visse nella intensità della della preghiera, ardente di zelo per la salvezza delle anime, piena di carità verso i poveri. Quasi per tutta la vita si altern nell’ufficio di abbadessa abbadessa e di vicaria. Morì il 12 giugno 1767. Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 16 maggio 1993. Colletta O Dio, fonte di salvezza, che hai infiammato del tuo amore la beata Florida, guidandola alle vette della perfezione evangelica per la via della rinuncia e della croce, concedi a noi di sperimentare lo stesso amore, per progredire nella sapiente sapiente conoscenza del mistero della croce. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che ch e è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 12 giugno
BEATI MARTIRI POLACCHI della Seconda Guerra Mondiale Papa Giovanni Paolo II ha beatificato il 13 giugno 1999 a Varsavia 108 martiri vittime della persecuzione contro la Chiesa polacca, scaturita durante l’occupazione nazista tedesca, dal 1939 al 1945. L’odio razziale operato dal nazismo, provoc più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca, fra cui molti religiosi, sacerdoti, vescovi e laici impegnati cattolici. Il numeroso gruppo di martiri è composto da quattro gruppi principali, distinti secondo gli stati di vita: vescovi, clero diocesano, famiglie religiose maschili e femminili e laici. Tre sono vescovi, 52 sono sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 religiose, 9 laici. Imprigionati, subirono torture, maltrattamenti e quasi tutti finirono i loro giorni nei campi di concentramento tristemente famosi di Dachau, Auschwitz, Sutthof, Ravensbrück, Sachsenhausen. La loro celebrazione religiosa è singola, secondo il giorno della morte di ognuno. Per le famiglie francescane si ricordano in particolare: Per i Frati Minori: Narciso Giovanni Turchan, 19 marzo; Anastasio Giacomo Pankiewicz, 20 aprile; Martino Giovanni Oprządek, 18 maggio; Cristino Adalberto Gondek, 23 luglio; Bruno Giovanni Zembol, 21 agosto. Per i Frati Minori Conventuali: Antonino Bajewsky, Pio Bartosik, Innocenzo Guz, Achille Puchala, Ermanno Stepien, Timoteo Trojanowski, Bonifacio Zukowski, 12 giugno. Per i Frati Minori Cappuccini: Aniceto Koplinski, Henryk Krzysztofik, Florian Stępniak, Fidelis Chojnacki, 16 giugno. Per le sorelle Clarisse Cappuccine: Maria Teresa Kowalska, 28 luglio. OFM: BEATI NARCISO GIOVANNI TURCHAN, ANASTASIO GIACOMO PANKIEWICZ, MARTINO GIOVANNI OPRZĄDEK, CRISTINO ADALBERTO GONDEK, sacerdoti, BRUNO GIOVANNI ZEMBOL, religioso, martiri della Seconda Guerra Mondiale Nella schiera dei 108 martiri della Chiesa polacca, uccisi dal 1939 al 1945, durante la Seconda Guerra Mondiale – testimoni eroici di fedeltà a Dio in epoca di persecuzione della fede da parte del nazismo ateo – composta da 3 vescovi, 52 sacerdoti diocesani, 26 sacerdoti religiosi, 3 alunni di seminari ecclesiastici, 8 suore, 9 fedeli laici e 7 fratelli professi, ci sono anche 4 sacerdoti e 1 religioso dei Frati Minori. Ecco i loro nomi: Narciso Giovanni Turchan, Anastasio Giacomo Pankiewicz, Martino Giovanni Oprządek, Cristino Adalberto Gondek, Bruno Giovanni Zembol. Giovanni Paolo II, nel giorno della beatificazione, il 13 giugno 1999, a Varsavia nella piazza Jozef
Pilsudski, ha concluso la sua omilia con queste parole: «Se oggi ci rallegriamo per la beatificazione di cento e otto martiri chierici e laici, lo facciamo anzitutto perché sono la testimonianza della vittoria di Cristo, il dono che restituisce la speranza. Mentre compiamo questo atto solenne, si ravviva in noi la certezza che, indipendentemente dalle circostanze, possiamo riportare la piena vittoria in ogni cosa, grazie a colui che ci ha amati (cfr. Rm 8, 37). I beati martiri gridano ai nostri cuori: Credete che Dio è amore! Credetelo nel bene e nel male! Destate in voi la speranza! Che essa produca in voi il frutto della fedeltà a Dio in ogni prova!». COLLETTA Onnipotente, eterno Dio che hai concesso ai beati martiri Anastasio, Bruno, Cristino, Martino, Narciso e compagni la grazia di partecipare alla passione di Cristo, sostieni con la tua grazia la nostra fragilità e fa’ che, seguendo i santi martiri che non hanno esitato di morire per te, testimoniamo coraggiosamente te con tutta la nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. OFM Conv: BEATO ANTONIO BAJEWSKI E COMPAGNI MARTIRI: PIO BARTOSIK, INNOCENZO GUZ, ACHILLE PUCHAŁA, ERMANNO STEPIEN ´, SACERDOTI; TIMOTEO TROIANOWSKI, BONIFACIO ZUKOWSKI, RELIGIOSI Negli anni 1939-1945, durante l’occupazione nazista della Polonia, moltissimi cattolici, laici, religiosi, sacerdoti e vescovi, furono uccisi in odio alla fede. Di essi il 13 giugno 1999, a Varsavia (Polonia), il Santo Padre Giovanni Paolo II proclamò beati 108 martiri. Nel gruppo dei martiri figurano sette frati minori conventuali della Provincia dell’Immacolata di Polonia: i sacerdoti Pio Bartosik, Antonino Bajewski, Innocenzo Wojciech Guz, Ermanno Ste pien ´, Achille Puchała, e i fratelli religiosi Bonifacio Zukowski e Timoteo Troianowski. Cinque di loro (i beati Pio, Antonino, Innocenzo, Bonifacio e Timoteo), erano stati con s.Massimiliano Kolbe nella comunità di Niepokalanów, della quale al momento dell’arresto (1941) s.Massimiliano era il Guardiano e il b. Pio Bartosik il Vicario. I beati Ermanno e Achille erano impegnati nel ministero parrocchiale a Iwieniec e Pierszaje (Bielorussia), dove vennero trucidati nel 1943. Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dagli “Scritti di san Massimiliano Kolbe” (Centro Nazionale M.I., Roma 1997, nn. 892, 951, 1160)
Le persecuzioni purificano le anime Sono già trascorsi parecchi mesi dal momento in cui, per volontà dell’Immacolata, vi siete sparsi in varie direzioni [a causa dell’occupazione nazista]. Tuttavia, in qualsiasi luogo si trovi, un’anima che ama di vero cuore l’Immacolata trasfonde nell’ambiente che la circonda il proprio amore verso di Lei, vale a dire conquista per Lei sempre più numerose anime e in un modo sempre più perfetto. Cerchiamo di non desistere dall’attività missionaria della conquista dei cuori a Lei. Preghiamo affinché si dilati la sua sovranità nelle anime; offriamo a tale scopo le nostre afflizioni, i nostri dispiaceri e impegniamoci a far sì che Ella sia contenta di noi. Cerchiamo di piacere a Lei pagando di persona, preghiamo, sopportiamo le piccole croci, amiamo assai le anime di tutti i nostri prossimi, senza alcuna eccezione, amici e nemici, e abbiamo fiducia, facciamo tutto questo all’unico scopo che Ella divenga al più presto e su tutta la terra la Regina di tutti e di ognuno singolarmente. Nel convento eravamo rimasti io e il Vicario [p. Pio], nonché una trentina di fratelli che prestavano soccorso ai feriti e ai poveri profughi civili, dividendo con loro quel che potevano avere: abitazione, combustibile, vestiario, scarpe e cibo. La preghiera più intensa e il lavoro svolto con spirito di sacrificio hanno portato risultati benefici, poiché in breve tempo, nonostante tutto, il refettorio si è riempito di fratelli e così pure la vecchia cappella, sicché ultimamente è stata ingrandita unendo ad essa il vecchio magazzino. Molti però non possono ancora tornare, essendo separati da noi dalle frontiere e al presente sono qui solamente tre quarti del numero precedente e sono, per la maggior parte, i più anziani. In questo periodo si occupano principalmente dei lavori manuali, aiutando in diverse maniere gli abitanti dei dintorni, soprattutto i più poveri, continuando così a compiere la missione di carità verso il prossimo, chiunque egli sia, per mitigare la sorte dei sofferenti e per accendere, ciò facendo, i loro cuori di un amore di riconoscenza verso l’Immacolata, la Madre che ama tutte le anime che vivono sull’intero globo terrestre. Guardandoci attorno e vedendo dappertutto tanto male, noi vorremmo sinceramente porre un riparo a questo male, condurre gli uomini al sacratissimo Cuore di Gesù attraverso l’Immacolata e così rendere eternamente felici fin da questa vita i nostri fratelli che vivono in questo mondo. A volte ci sembra che Dio governi il mondo “con troppo poca energia”. Eppure con un solo gesto della sua volontà onnipotente Egli potrebbe schiacciare e stritolare nella polvere tutti i dittatori, tutti gli atei dell’Unione Sovietica, tutti gli spagnoli incendiari di chiese, tutti gli immorali avvelenatori della gioventù… Così pensa la nostra mente limitata, ristretta, mentre la Sapienza eterna giudica in modo diverso. Le persecuzioni purificano le anime come il fuoco purifica l’oro, le mani dei carnefici creano le schiere dei martiri e più di una volta, alla fine di tutto, i persecutori sperimentano la grazia della conversione. Noi dobbiamo solamente lasciarci dirigere dallo Spirito Santo, mettere la nostra volontà in armonia con la volontà dell’Immacolata e, attraverso di Lei, con la volontà di Dio. Questo è l’essenza dell’amore, che ci deve trasformare, attraverso l’Immacolata, in Dio, che deve bruciare noi e, per mezzo nostro, incendiare il mondo
e distruggere in esso ogni male. È quel fuoco di cui il Salvatore diceva: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso” (Lc 12, 49). R ESPONSORIO R. Amici di Cristo nella vita, lo avete seguito anche nella morte: * per questo vi è donata la corona di gloria. V. Un solo Spirito vi ha animato, una sola fede vi ha sostenuto: R. per questo vi è donata la corona di gloria. ORAZIONE Dio onnipotente, che al beato Pio, sacerdote, e ai suoi compagni hai donato la grazia di bere al calice della passione del tuo Figlio, vieni in aiuto alla nostra debolezza, affinché, sull’esempio dei martiri, che subirono la morte per tuo amore, anche noi professiamo sempre la nostra fede con la testimonianza della vita. Per il nostro Signore.
12 giugno BEATA IOLANDA D’UNGHERIA, religiosa Figlia di Bela IV, re d’Ungheria, e sorella minore della beata Cunegonda (Kinga), nacque nell’anno 1235. Venne educata dalla sorella maggiore a Cracovia. A diciassette anni and sposa a Boleslao il Pio, principe polacco di Kalisz, dal quale ebbe tre figlie. Ai doveri di sposa e di madre seppe unire l’esercizio di una ammirevole carità nell’assistenza agli infermi e ai poveri. Alla morte del marito torn a Cracovia presso la sorella, anch’ella rimasta vedova. Con la più giovane delle figlie e la sorella entr nel monastero delle Clarisse di Stary Sacs, fondato da Cunegonda, ove si distinse per la profonda umiltà e per l’assidua contemplazione dei misteri celesti. Morì l’11 giugno 1298. Leone XII il 26 settembre 1827 ne conferm l’antichissimo culto. COLLETTA O Dio, che hai dato alla beata Iolanda la grazia di anteporre agli onori e alle ricchezze terrene l’umile sequela di Cristo, concedici, per sua intercessione, di vivere distaccati dalle cose che passano, nella fiduciosa attesa delle realtà future. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 13 giugno
SANT’ANTONIO DI PADOVA, sacerdote e dottore della Chiesa
Nacque a Lisbona (Portogallo) nel 1195 dalla nobile famiglia dei Buglioni e venne battezzato con il nome di Fernando. Desideroso di consacrarsi a Dio, entr ancor giovane tra i Canonici regolari di Sant’Agostino e venne mandato nel monastero di Coimbra. Qui dimor nove anni, dedicandosi allo studio della sacra Scrittura e delle scienze. Ivi fu ordinato sacerdote. Alla vista delle salme dei cinque Protomartiri francescani, decise di entrare nell’Ordine dei Minori e assunse il nome di Antonio. Volle subito recarsi missionario tra i saraceni per trovarvi il martirio, ma una furiosa tempesta sospinse la nave su cui era imbarcato dalla costa africana fino in Sicilia. Di là il Santo risalì l’Italia e si rec ad Assisi, dove in quel momento si celebrava il Capitolo di Pentecoste (1221): poté così vedere il serafico Padre Francesco. Dopo un periodo di solitudine a Monte Paolo in Romagna, dove condusse una vita di umile servizio, di preghiera e di penitenza, vennero conosciute le sue eccezionali doti di sapienza e di parola. Gli fu affidato l’ufficio della predicazione e divenne il primo “maestro di teologia” nell’Ordine Minoritico. Da allora egli percorse l’Italia settentrionale e la Francia meridionale, annunciando la parola di Dio con apostolico fervore. Dio stesso confermava la sua predicazione con i miracoli. La sua scienza, la sua dottrina e la sua santità attiravano le folle. Con coraggio apostolico affrontava gli eretici e i tiranni in difesa dei deboli. Gregorio IX lo chiam «Arca del Testamento e martello degli eretici». Pass gli ultimi anni della sua vita a Padova e ivi morì, all’età di trentasei anni, il venerdì 13 giugno 1231. Gregorio IX lo proclam santo il 30 maggio 1232 a nemmeno un anno di distanza dalla sua morte. In suo onore venne elevata una grande basilica, da sempre meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. Per la sua sapienza e la sua dottrina, di cui ci rimane traccia nei Sermoni, sant’Antonio fu dichiarato da Pio XII Dottore della Chiesa, con il titolo di “evangelico”.
Festa Comune Pastori o Dottori della Chiesa INNO Nelle nebbie che avvolgono il mondo una fulgida luce risplende: esultanti innalziamo la lode al gran Santo mandato da Dio. Giovanetto abbandona ogni cosa per seguire soltanto il Signore; ma bramando le vette più eccelse di Francesco vuol essere figlio.
Nel segreto mortifica il corpo, al Signore lo spirito eleva: è inondato da un fiume celeste di sapienza, di grazia e di luce. Alla vita apostolica, al bene dei fratelli consacra se stesso; fa risorgere in tutta la Chiesa la pietà, la giustizia, la fede. Il serafico Padre si allieta che un Maestro del sacro sapere tra i suoi figli sia apparso ed insegni la sapienza che guida al Signore. O Dottore Evangelico, dona ai devoti che a te fan ricorso di studiar la parola di Dio per attingerne luce e sostegno. Sia gloria al Padre dei cieli, a Gesù redentore del mondo, allo Spirito consolatore, ora e sempre nei secoli eterni. Amen. 1 ant. Il suo piede si incamminò per la via retta fin dalla giovinezza; incontrò molta sapienza, e molto crebbe in essa. 2 ant. Diresse il suo cuore verso il Signore; in un'epoca di iniqui riaffermò la religiosità. 3 ant. Il Signore lo ha posto come luce alle genti, e lo esaltò in mezzo al suo popolo. ℣ Argento pregiato è la lingua del giusto. ℞ Le sue labbra erudiscono le moltitudini.
PRIMA LETTURA Dal libro della Sapienza
6, 13-17; 7, 7-15
La sapienza è trovata da chiunque la ricerca La sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l'ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano. Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di essa è perfezione di saggezza,
chi lei veglia sarà presto senza affanni. Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei, appare loro ben disposta per le strade, va loro incontro con ogni benevolenza. Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto è un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte ad essa l'argento. L'amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana. Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile. Godetti di tutti questi beni, perché la sapienza li guida, ma ignoravo che di tutti essa è madre. Senza frode imparai e senza invidia io dono, non nascondo le sue ricchezze. Essa è un tesoro inesauribile per gli uomini; quanti se lo procurano si attirano l'amicizia di Dio, sono a lui raccomandati per i doni del suo insegnamento. Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza e di pensare in modo degno dei doni ricevuti, perché egli è guida della sapienza e i saggi ricevono da lui orientamento. RESPONSORIO
Cfr. Pro 4, 11. 18. 27
℞ Il
Signore gli indicò la via della sapienza. * La sua strada fu come la luce dell'alba sempre crescente. ℣ II Signore rese diritto il suo cammino, e guidò nella pace il suo viaggio. ℞ La sua strada fu come la luce dell'alba sempre crescente. SECONDA LETTURA Dai «Sermoni» di sant'Antonio di Padova, sacerdote La predica è efficace quando parlano le opere Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze, su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie. «Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina. Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato dunque chi parla secondo il dettame di questo
Spirito e non secondo l'inclinazione del suo animo. Vi sono infatti alcuni che c he parlano secondo il loro spirito, rubano le parole degli altri e le propalano come proprie. Di costoro e dei loro simili il Signore dice a Geremia: «Perciò, eccomi ec comi contro i profeti, oracolo del Signore, i quali si rubano gli uni gli g li altri le mie parole. Eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, che muovono la lingua per dare oracoli. Eccomi Ecc omi contro i profeti di sogni menzogneri, dice il Signore, che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine. Essi non gioveranno affatto a questo popolo. Parola del Signore» (Ger 23, 30-31). Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamolo umilmente che ci infonda la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste nella perfezione dei cinque sensi e nell'osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la professione della fede, perché, ardenti ed illuminati negli splendori dei santi, meritiamo di vedere Dio uno e trino. RESPONSORIO
Cfr. Dn 7, 11
℞ Per le parole solenni che egli proferiva * i D io. ℣ E facevano penitenza al cospetto di Dio. ℞ I peccatori si pentivano. TE DEUM
peccatori si pentivano.
ORAZIONE Dio onnipotente ed eterno, che in sant'Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa' che per sua intercessione seguiamo gli insegnamenti del vangelo e sperimentiamo nella prova il soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Lodi mattutine INNO In Cristo esultiamo per la fulgida gloria concessa ad Antonio nell'eterna dimora. Seguendo fedelmente l'esempio di Francesco, l'apostolo diventa di grazia e di salvezza. Vittorioso egli passa tra i mali del mondo, porta a tutti la pace, la giustizia e il perdono. Imitando il suo esempio infondiamo speranza; e nell'aspra battaglia il Santo ci sostenga.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e in perpetuo. Amen. 1 ant. Per la grande sapienza della sua predicazione tutti restavano stupiti e glorificavano Dio. 2 ant. Il Signore fece prodigi per il suo fedele e diede ascolto alle sue invocazioni. 3 ant. Loderò il Signore con il mio cuore e con la mia vita: renderò gloria a chi mi ha concesso la sapienza. LETTURA BREVE
Lc 4, 18-19
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, messagg io, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore. RESPONSORIO BREVE ℞ Nell'ardore
della sua fede * si rivelò profeta di Dio. Nell'ardore della sua fede si rivelò profeta di Dio. ℣ Nella predicazione rifulse la sua fedeltà al Signore: si rivelò profeta di Dio. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Nell'ardore della sua fede si rivelò profeta di Dio. Ant. al Ben. Hai glorificato, Signore, il tuo servo; per mezzo di lui vai facendo cose c ose grandi: il tuo nome sarà magnificato. INVOCAZIONE Preghiamo Dio, fonte e autore di ogni santità, che ci ha mostrato in Cristo la via v ia della salvezza, e diciamo: Guidaci, o Signore, nella via della rettitudine. Signore, concedici di camminare alla luce della fede, - e di professarla con le opere della carità. c arità. Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio per annunciare ai a i poveri la lieta novella, - rendi anche noi degni di annunciare il tuo Vangelo. Signore, effondi oggi su di noi la tua sapienza, sap ienza, - perché ci guidi nei pensieri e nelle opere. Signore, che ci hai chiamati alla perfezione della carità,
- fa' che, imitando sant'Antonio, diveniamo sale sa le della terra e luce dei mondo. Signore, insegnaci ad avvertire la tua presenza, - e a riconoscerti specialmente nei poveri e nei sofferenti. PADRE NOSTRO ORAZIONE Dio onnipotente ed eterno, che in sant'Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa' che per sua intercessione seguiamo gli insegnamenti del vangelo e sperimentiamo nella prova il soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Sp irito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Ora media Terza LETTURA BREVE
Sap 6, 16-17
Riflettere sulla sapienza è perfezione di saggezza; quelli sui quali essa veglia, saranno presto senza affanni. Essa medesima va v a in cerca di quanti sono degni di lei, va loro incontro con ogni benevolenza. ℣ La mia lingua celebrerà la tua giustizia. ℞ Canterà la tua lode per sempre.
Sesta LETTURA BREVE
Sap 8, 1-2
La sapienza si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa. Questa ho amato e ricercato fin dalla mia giovinezza, e mi sono innamorato della sua bellezza. ℣ Il ℞ E
Signore gli diede successo nelle sue fatiche. moltiplicò i frutti del suo lavoro.
Nona LETTURA BREVE
Sap 8, 5-7
Se la ricchezza è un bene desiderabile in vita, quale ricchezza e più grande della sapienza, la quale tutto produce? Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna infatti la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita. ℣ Il ℞ E
giusto germoglierà come giglio. fiorirà davanti al Signore per sempre.
Vespri
INNO Grande Santo, glorioso nel mondo per la tua santità e i prodigi, porgi ascolto alle suppliche e ai voti che i fedeli a te volgon fidenti. Fortunata la terra gentile che ha prodotto sì splendido fiore: era povera, oscura ed ignota, or gloriosa l'ha resa il tuo nome. Hai lasciato ricchezze ed onori della tua famiglia terrena; rifiutati i fastigi del mondo, hai eletto la croce di Cristo. Lunghe notti hai passato in preghiera meditando i misteri divini; conosciuta la valle del pianto or dispensi dal cielo la gioia. Salga il canto di gloria al Signore, che ai suoi figli in cammino qui in terra manda i santi qual faro di luce per guidarli all'eterna dimora. Amen. 1 ant. Fu amato da Dio e dagli uomini; il suo ricordo è benedizione. 2 ant. Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi delizio: ho posto il mio spirito su di lui. 3 ant. Il Signore mi ha dato come mia ricompensa una lingua, con cui lo loderò. LETTURA BREVE
Is 58, 10-11
Se offrirai il pane all'affamato, se sazierai la persona digiuna, allora brillerà fra le tenebre la tua luce. Ti guiderà sempre il Signore, S ignore, ti sazierà in terreni aridi; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente, le cui acque non inaridiscono. RESPONSORIO BREVE ℞ Non
scomparirà mai * il suo ricordo. Non scomparirà mai il suo ricordo. ℣ Il suo nome vivrà in benedizione per sempre: il suo ricordo. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Non scomparirà mai il suo ricordo.
Ant. al Magn. Magn. Sant'Antonio, maestro della fede e luce della Chiesa, hai scrutato con amore il mistero di Dio: prega per noi Cristo Signore. INTERCESSIONE Rivolgiamo la nostra umile preghiera a Cristo, principio di ogni vita v ita e sorgente di ogni virtù, e diciamo: Venga il tuo regno, o Signore. Tu che hai mandato gli Apostoli in tutto il mondo, a predicare il Vangelo ad ogni creatura, - fa' che vivano del tuo Spirito coloro che annunciano la tua parola. Tu che ai predicatori dài la tua cooperazione, confermando e corroborando la loro parola, - fa' che siamo sempre s empre autentici testimoni della tua risurrezione. Signore, rendici tuoi collaboratori nell'opera di universale rinnovamento, - affinché per mezzo della tua Chiesa il messaggio di pace si diffonda diff onda nel mondo. Fa' che il tuo Vangelo sia annunciato a tutti gli uomini, - perché aumenti il numero di coloro che credono, e si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. Ricordati dei nostri fratelli che si sono addormentati nella pace, - e rendili partecipi della vita immortale. Padre nostro. ORAZIONE Dio onnipotente ed eterno, che in sant'Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa' che per sua intercessione seguiamo gli insegnamenti del vangelo e sperimentiamo nella prova il soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA Dio onnipotente ed eterno, che in sant’Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa’ che per sua intercessione seguiamo gli insegnamenti insegnamenti del Vangelo e sperimentiamo nella prova il soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei dei secoli.
16 giugno BEATO ANICETO KOPLINSKI E COMPAGNI, martiri della Seconda Guerra Mondiale Nacque nel 1875 da una famiglia famiglia polacco-tedesca. polacco-tedesca. A diciotto anni anni entr nell’Ordine dei nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e fu ordinato sacerdote nel 1900. Stimato come confessore e “grande elemosinario della Varsavia”, si distinse per lo spirito di fraternità e di misericordia. Subì la morte il 16 ottobre 1941 nella camera a gas nel campo di concentramento ad Auschwitz. Nel medesimo luogo fu martirizzato Simforian Ducki, fratello laico (1888-1942). Nel campo di concentramento di Dachau furono martirizzati i sacerdoti Cappuccini Henryk Krzysztofik (1908-1942), (1908-1942), Florian Stępniak (1912-1942) (1912-1942) e lo studente di teologia Fidelis Chojnacki (1906-1942). Furono beatificati da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 1 999 assieme ad altri 107 martiri della Seconda Guerra Mondiale. COLLETTA Dio onnipotente, tu hai arricchito i beati Aniceto e compagni, compagni, presbiteri e martiri, con lo spirito del sacrificio e la grazia grazia della perseveranza nella vocazione al martirio; martirio; concedi a noi, per loro intercessione, intercessione, di amare i nemici nemici e di essere forti forti nella fede. Per il nostro Signore Gesù Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, Dio, e vive vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 16 giugno BEATO GIOVANNI BURALLI DA PARMA, sacerdote Nato a Parma dalla nobile famiglia Buralli nel 1208, a venticinque anni entr nell’Ordine dei Minori e, a motivo delle sue particolari doti intellettuali, fu inviato a Parigi per perfezionare gli studi. Fu incaricato del lettorato in teologia presso gli studi dell’Ordine di Bologna, di Napoli e di Parigi. Nel 1247 fu eletto ministro generale e nel suo ufficio seppe dare esempio di molta umiltà, di somma prudenza e di severa austerità. Innocenzo Innocenzo IV lo mand mand a Costantinopoli nel 1251 per tessere tessere trattative per una riunione con i Greci. Fu sostituito nell’incarico di ministro da san Bonaventura nel 1257; si ritir nell’eremitaggio di Greccio, ove visse per una trentina d’anni. Abbandon il suo ritiro per iniziare una nuova azione conciliativa in Grecia, ma durante il viaggio si ammal e morì il 19 marzo 1289 a Camerino, Camerino, ove fu sepolto nella chiesa di San Francesco. La sua tomba fu meta di pellegrinaggi e fu venerato come santo. Il suo culto fu approvato da Pio VI il 1° marzo 1777. [Memoria liturgica ufficiale: ufficiale: 19 marzo]. COLLETTA O Padre, che hai dato al beato Giovanni da Parma la grazia di seguire Cristo povero e umile, concedi anche a noi di vivere pienamente la nostra vocazione battesimale, battesimale, per
giungere alla perfetta perfetta carità che ci hai proposto proposto nel tuo Figlio. Egli è Dio, e vive vive e regna con te, nell’unità dello dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 17 giugno SANT’ALBERTO CHMIELOWSKI, CHMIELOWSKI, religioso e fondatore, terziario Adamo Ilario nacque a Igolomija, diocesi di Cracovia in Polonia, il 20 agosto 1845. A diciotto anni, nel 1863, si arruol nella milizia che combatteva per la libertà della Polonia. Fu fatto prigioniero fatto prigioniero e subì subì l’amputazione l’amputazione di una gamba. gamba. Già affermato affermato pittore nel 1884 si stabilì a Cracovia dove si dedic all’assistenza all’assistenza dei poveri e dei senzatetto senzatetto vivendo tra di loro e, «povero tra tra i poveri», si rivel autentico testimone testimone di vita evangelica. Indoss un umile saio grigio e il 25 agosto agosto 1888 emise i voti religios religiosii quale Terziario francescano. Il suo esempio di povertà p overtà e di sacrificio indusse altri a seguirlo e così fond due Congregazioni: “I Fratelli del Terz’Ordine Terz’Ordine di San Francesco Francesco servi dei poveri”, poveri”, detti poi anche Albertini, e “Le Ancelle dei poveri del Terz’Ordine di San Francesco” o Albertine. Morì a Cracovia il 25 dicembre 1916. Fu canonizzato da Giovanni Paolo II il 23 settembre 1989. COLLETTA O Dio, che hai compendiato i tuoi comandamenti nell’amore verso di te e verso i fratelli, fa’ che, ad imitazione di sant’Alberto, sappiamo dedicare la nostra vita al servizio del prossimo, prossimo, per essere da te benedetti nel regno dei cieli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che ch e è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Si riporta di seguito un estratto dall’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della canonizzazione di questo santo. Dall’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della canonizzazione di Alberto Adamo Chmielowski (Basilica vaticana, 12 novembre 1989, nn. 5-6) Ed ecco fratel Alberto: è un personaggio che ha lasciato un’orma profonda nella storia di Cracovia e del popolo polacco, come nella storia della salvezza. Bisogna Bi sogna “dare l’anima”): sembra questo il filo conduttore della vita di Adam Chmielowski, fin dai suoi giovani anni. Come studente diciassettenne della scuola di agricoltura partecipò alla lotta insurrezionale per la libertà libertà della sua Patria dal giogo straniero – straniero – e e in essa riportò la mutilazione di una gamba. Cercò il significato della sua vocazione attraverso l’attività artistica, lasciando opere che ancora oggi impressionano per una loro particolare capacità espressiva. Mentre si dedicava sempre più intensamente alla pittura, Cristo gli fece sentire la chiamata per un’altra vocazione e lo invitò a cercare sempre più oltre: “Impara da me . . . che sono mite e umile di cuore . . . Impara”. Adam Impara”. Adam Chmielowski fu discepolo pronto a ogni chiamata del del suo maestro e Signore.
Di questa chiamata decisiva, che tracciò la sua strada verso la santità in Cristo, parla il testo della prima lettura della liturgia della odierna canonizzazione, tratto dal profeta Isaia: “. . . sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo” (Is 58, 6). È questa la teologia della liberazione messianica, che contiene quella che oggi siamo abituati a definire “opzione per i poveri”: “dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente” (Is 58, 7). Proprio così fece fratel Alberto. In questo instancabile, eroico servizio a favore dei diseredati egli trovò finalmente il suo cammino. Trovò Cristo. Prese su di sé il suo giogo e il suo carico; e non fu soltanto “uno che fa la carità”, ma divenne fratello di coloro che egli serviva. Il loro fratello. Il “fratello grigio”, come era chiamato. Altri lo seguirono: i “Fratelli grigi” e le “Sorelle grigie”, per i quali oggi è una grande festa comune. Ecco, infatti: si sono compiute le ulteriori parole della profezia di Isaia: “Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà: implorerai aiuto ed egli dirà: Eccomi!” (Is 58, 8-9).
20 giugno BEATI PATRIZIO O’HEALY, vescovo, CONN O’ROURKE, sacerdote, CONOR O’DUIBHEANAIGH, vescovo, GIOVANNI O’CEARNAIGH, sacerdote, martiri di Irlanda Patrick O’Healy nacque nel 1545 nella contea di Leitrim, in Irlanda, e divenne Frate Minore. Fu educato all’università di Alcalá, in Spagna, dove venne consacrato vescovo di Mayo nel 1576. A Parigi prese parte a pubbliche discussioni all’università, entusiasmando gli ascoltatori con la sua maestria della patristica e delle controversie teologiche. Nell’estate del 1579 con il confratello Conn [Cornelius] O’Rourke salparono dalla Bretagna e arrivarono al largo della costa di Kerry. Ne fossero consapevoli o no, essi furono visti come parte della forza di invasione, composta da spagnoli e italiani che aveva preso terra nella baia di Smerwick. Furono catturati ad Askeaton e condotti a Limerick. Sir William Drury, rettore del Munster e il Chief Justice offrirono una promozione a O’Healy se avesse giurato fedeltà alla nuova chiesa Anglicana. Entrambi rifiutarono, furono processati e condannati per tradimento. La sentenza di morte venne eseguita a Kilmallock nel 1579. Conor [Conchubhar O’Duibheanaigh] nacque a Raphoe, nella contea irlandese di Donegal. Nel 1550, in giovane età, divenne Frate Minore. Il 13 maggio 1582 il pontefice Gregorio XIII lo consacr vescovo di Down e Connor nella chiesa di Santa Maria dell’Anima in Roma. Nel 1588, anno dell’Armada, fu arrestato ed imprigionato per alcuni anni. Una volta rilasciato continu ad esercitare il suo ministero, ignorando le difficoltà che si moltiplicavano e rifiutando di essere coinvolto nella guerra dei Nove Anni con il grande Hugh O’Neill. Fu di nuovo incarcerato e processato all’inizio del
1612. Da Londra era giunto alle autorità protestanti di Dublino l’ordine di giustiziare un vescovo e un compagno di quest’ultimo. Fu designato il cappellano Patrick O’Loughran [Padraig O’Lochrain]. L’accusa nei loro confronti fu di tradimento ed il verdetto naturalmente di colpevolezza. Vennero impiccati insieme a Dublino il 1° febbraio 1612. John Kearney [Sean O’Cearnaigh] nacque a Cashel, in Irlanda, nel 1619. Entr nell’Ordine dei Frati Minori Osservanti a Kilkenny, studi per diversi anni a Lovanio e ricevette l’ordinazione presbiterale a Bruxelles nel 1642. Nel 1644, mentre era di ritorno in patria, venne arrestato, torturato e condannato a morte a Londra. Riuscì a fuggire e raggiungere l’Irlanda. Esercit il suo ministero principalmente come insegnante e predicatore. Con l’avvento al potere di Cromwell dovette nascondersi e ben presto venne posta una taglia sul suo capo. Nella primavera del 1653 venne scovato e catturato nella contea di Tipperary. Durante il processo fu accusato di aver esercitato il ministero sacerdotale cattolico andando così contro la legge. Fu allora impiccato presso Glenn l’11 marzo 1653. Giovanni Paolo II li ha beatificati il 27 settembre 1992, insieme ad altre sedici vittime delle persecuzioni in Irlanda.
26 giugno BEATO ANDREA GIACINTO LONGHIN, vescovo Nacque a Fiumicello di Campodarsego (Padova) il 22 novembre 1863. Si fece Frate Minore Cappuccino e visse per venticinque anni in convento, dedito allo studio, alla perfetta osservanza della regola e delle austerità dell’Ordine. Nominato vescovo di Treviso nel 1904, resse per trentadue anni la diocesi. S’impegn per l’insegnamento del catechismo; predic con zelo instancabile la parola di Dio, lavor per la santificazione dei chierici, sacerdoti, religiosi e laici. La sua paternità rifulse nei giorni della Prima Guerra Mondiale. Provato dal dolore, accettato con eroica rassegnazione, morì il 26 giugno 1936. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 20 ottobre 2002. COLLETTA Dio onnipotente, che hai concesso al beato Andrea Giacinto, vescovo, di edificare la Chiesa con l’annuncio della fede cristiana e la cura pastorale, concedi a noi, per sua intercessione, di essere testimoni del tuo amore nel servizio dei fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 26 giugno BEATO GIACOMO EL-HADDAD DA
GHAZIR, sacerdote e fondatore Yaaqub El-Haddad è nato in Libano il 10 febbraio 1875. Nel 1894 decise di entrare nel convento cappuccino di Khashbau (Egitto), dove prese i voti perpetui nel 1898 e divenne sacerdote nel 1901. Venne assegnato al monastero di Bab Idriss a Beirut. Da lì, lavor con dedizione per costruire scuole elementari per i bambini delle campagne. Fond anche scuole, ospedali, orfanotrofi. Inoltre, dette vita al Terz’Ordine per uomini e donne. Sulle orme di san Francesco d’Assisi è stato un instancabile apostolo della carità, plasmata nella sua sollecitudine per le necessità fisiche e morali del prossimo. Subito dopo la Prima Guerra Mondiale acquist la collina di Jall-Eddib dove voleva costruire una chiesa ed erigere una croce e che divenne presto un luogo di raccolta di sacerdoti malati e di altri poveri che chiedevano assistenza. Per dare continuità al suo lavoro, fond nel 1930 la congregazione religiosa delle Suore Francescane della Croce del Libano. Morì il 26 giugno del 1954. È stato beatificato il 22 giugno 2008 da Benedetto XVI. Comune dei santi [per i religiosi], pag. ***. COLLETTA Padre santo, che hai donato al beato Giacomo da Ghazir, sacerdote, zelo evangelico e fervente carità verso gli afflitti, concedi anche a noi, per sua intercessione e sul suo esempio, di dedicare la nostra vita al servizio del prossimo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 30 giugno BEATO RAIMONDO LULLO, martire, terziario
Nacque a Palma di Maiorca, nelle Isole Baleari (Spagna), verso il 1235. Entr , nel 1295 ad Assisi, nel Terz’Ordine francescano e, spinto dallo zelo per le anime, ide la fondazione di collegi per la formazione dei missionari. Per tutta la vita Raimondo fu affascinato dall’ideale missionario. Fu scrittore fecondissimo e compose opere intorno a quasi tutti gli argomenti conosciuti del tempo, tanto da venir chiamato “dottore illuminato”. Combatté con tenacia l’averroismo. Fu il primo uditore e referendario laico a un Concilio Ecumenico. Partito missionario a Bugia, in Africa, ebbe a sopportare dapprima maltrattamenti e carcere; poi, aggredito a colpi di pietra, fu accolto moribondo su una nave e spir il 29 giugno 1316, mentre la nave stava per
raggiungere l’isola di Maiorca. Raimondo è una complessa figura di pensatore, di mistico e di missionario. Nella storia della missionologia occupa un posto preminente: egli ha intuito e sostenuto l’importanza della inculturazione della fede nelle lingue e nelle culture dei popoli. Il 10 giugno 1850 Pio IX approverà il culto come beato, che già da tempo gli veniva tributato in Catalogna e nell’Ordine francescano. [Memoria liturgica ufficiale: 1 luglio]. COLLETTA O Dio, che hai infiammato il beato Raimondo Lullo martire di ardore apostolico per la diffusione della fede, fa’ che anche noi, per sua intercessione, conserviamo incrollabile fino alla morte la fede che abbiamo ricevuto dalla tua grazia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 4 luglio SANTA ELISABETTA DI PORTOGALLO, terziaria Elisabetta d’Aragona nasce verso il 1271 a Estremoz, Portogallo. Figlia di Pietro, futuro re di Aragona e sposa dodicenne di Dionigi, re del Portogallo, sostenne con eroica abnegazione prove e difficoltà, e agì come angelo di pace per appianare gravi dissidi sorti nell’ambito della famiglia e del regno. Rimasta vedova (1325) e divenuta Terziaria francescana, visse gli ultimi anni nel colloquio con Dio e nella carità verso i poveri. Fu canonizzata a Roma da Urbano VIII il 24 giugno 1626. COLLETTA Dio di amore e di pace, che hai dato a santa Elisabetta di Portogallo il dono mirabile di riconciliare fra loro i nemici, concedi anche a noi di essere sempre operatori di pace, perché possiamo chiamarci tuoi figli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 8 luglio SANTI GREGORIO GRASSI, ANTONINO FANTOSATI, FRANCESCO FOGOLLA, vescovi, E COMPAGNI, martiri della Persecuzione cinese Tra i martiri della violenta persecuzione provocata nel 1900, dai fanatici Boxers nell’impero cinese, appartengono all’Ordine dei Frati Minori tre vescovi (Gregorio Grassi, Antonino Fantosati, Francesco Fogolla), quattro sacerdoti (Teodorico Balat,
Giuseppe Maria Gambaro, Cesidio Giacomantonio, Elia Facchini) e un religioso fratello (Andrea Giuseppe Bauer). Vi furono anche sette suore Missionarie Francescane di Maria e quindici laici del Terz’Ordine. Furono beatificati da Pio XII nel 1946. Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000 li ha canonizzati assieme ad altri martiri in Cina. COLLETTA O Padre, che vuoi la salvezza di tutti gli uomini e li chiami alla conoscenza della verità, per intercessione dei beati martiri Gregorio, Antonino, Francesco, vescovi, e compagni, concedi che tutte le genti conoscano te solo vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 8 luglio SANTI MARTIRI CINESI DEL TERZ’ORDINE FRANCESCANO Tra i martiri della violenta persecuzione provocata nel 1900, dai fanatici Boxers nell’impero cinese, appartengono all’Ordine dei Frati Minori tre vescovi, quattro sacerdoti, un religioso fratello, sette suore Missionarie Francescane di Maria e quindici laici del Terz’Ordine: Filippo Zhang Zhihe (Tchang) di Linsian, Giovanni Zhang Huan (Tchang Fang) di Nansce, Giovanni Zhang Jingguang (Tchang di Taekvo) di Taiku, Giovanni Wang Rui (Van o Wang), Patrizio Dong Bodi (Tun o Tong) di Kutcen-in, Francesco Zhang Rong (Tchang-Jun) di Yangchuan, Mattia Fen De (Fun-Te), Pietro Zhang Banniu (Tchan-Pan-Nien) di Yangchuan, Pietro Wu Anpeng (U-Ngan-Pan) di Taiyan, Simone Chen Ximan (Tchen o Tcheng) di Lochen, Tommaso Shen Jihe (Sen), Pietro Wang Erman, Giacomo Yan Guodong, Giacomo Zhao Quanxin, Tommaso Shen Jihe. Furono beatificati da Pio XII il 24 novembre 1946. Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000 li ha canonizzati assieme ad altri martiri in Cina. Comune dei martiri, pag. ***. 9 luglio SANTI NICOLA PICK, WILLALDO E COMPAGNI, religiosi e martiri di Gorcum (Olanda)
Nel giugno 1572 la città di Gorcum (in Olanda) fu conquistata da gruppi di estremisti calvinisti, i Gheusi, che riuscirono a vincere la resistenza opposta da una piccola guarnigione che difese i fedeli, il parroco e un gruppo di Frati Minori. Durante le trattative per giungere alla resa i Gheusi si impegnarono a salvare la vita dei religiosi, ma dopo la resa la promessa non fu mantenuta e vennero catturati undici Frati Minori (oltre ai citati: Antonio da Hoornaert, Antonio da Weert, Cornelio da Wijk Bij Dunrstede, Francesco da Roye, Girolamo da Weert, Goffredo da Melveren, Nicasio da Heeze, Pietro da Assche, Teodorico van der Eel), tre sacerdoti secolari, un canonico regolare di Sant’Agostino e un padre domenicano accorso per amministrare i sacramenti ai prigionieri. Rimasero incarcerati a Gorcum dal 26 giugno al 6 luglio, quando vennero trasportati seminudi a Dordrecht. Furono poi condotti a Brielle, dove subirono ancora lo scherno del popolo assieme ad altri tre sacerdoti. Il capo dei Gheusi tent invano la fede dei prigionieri con lunghe dispute e interrogatori, specialmente sul primato del papa e sulla presenza reale di Cristo nell’eucaristia. La loro abilità nel confutare le tesi dei Gheusi fu causa di nuovi tormenti e della impiccagione, avvenuta il 9 luglio 1572 contro le disposizioni emanate da Guglielmo d’Orange, che vietavano l’uccisione dei religiosi. Il luogo del martirio, in Brielle, è da lungo te mpo meta di pellegrinaggi e processioni. I diciannove martiri di Gorcum furono beatificati da Clemente X il 24 novembre 1675 e canonizzati da Pio IX il 29 giugno 1867. COLLETTA O Padre, che hai premiato con la gloria eterna il martirio dei santi Nicola, Willaldo e compagni, donaci di imitarne l’invitta costanza nella fede per essere partecipi della loro sorte beata. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 10 luglio SANTA VERONICA GIULIANI, religiosa
Nata a Mercatello sul Metauro (Pesaro) il 27 dicembre 1660, a diciassette anni entr nel monastero delle Cappuccine di Città di Castello. Pass la sua vita nella preghiera e nella contemplazione, proponendosi di uniformarsi sempre più a Cristo crocifisso. L’amore al mistero della croce le merit le sacre stimmate. Raccont le sue altissime esperienze mistiche in un Diario che scrisse per obbedienza al suo confessore. Morì santamente a Città di Castello (Perugia) il 9 luglio 1727. Fu beatificata da Pio VII il 17 giugno 1804 e canonizzata da Gregorio XVI il 26 maggio 1839. COLLETTA O Dio, che hai reso mirabile la vergine santa Veronica Giuliani per i segni della passione del tuo Figlio impressi nel suo corpo, concedi a noi di renderci sempre più conformi a Cristo crocifisso per godere un giorno della rivelazione della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 12 luglio SANTI GIOVANNI JONES E GIOVANNI WALL, sacerdoti e martiri della Persecuzione inglese Giovanni Jones, nato in Inghilterra nel 1530 ed entrato tra i Frati Minori a Pontoise, fu costretto ad esulare in Francia, dove fu ordinato sacerdote probabilmente a Reims. Dopo un breve soggiorno a Roma, ritorn in patria ed esercit clandestinamente il ministero a Londra. Arrestato e rinchiuso in carcere, sopport spietate torture e fu condannato a morte. La sentenza fu eseguita a St. Thomas Waterings il 12 luglio 1598. Giovanni Wall (Gioacchino di Sant’Anna), nato in Inghilterra, ed entrato tra i Frati Minori, fu ordinato sacerdote a Douai in Francia e profess la regola di san Francesco. Esercit il ministero sacerdotale per ventidue anni in Inghilterra, finché fu catturato e condannato a morte. Salì sul patibolo dove morì impiccato al laccio e sventrato con la spada durante il regno di Carlo II a Worcester il 22 agosto 1679. A partire dal 1886 i martiri inglesi a gruppi più o meno numerosi, furono beatificati dai sommi pontefici: una quarantina sono stati anche canonizzati il 25 ottobre 1970 da Paolo VI.
Colletta O Padre, che ai tuoi santi martiri Giovanni Jones e Giovanni Wall hai dato la forza di sostenere fino all’ultimo la pacifica battaglia della fede, fa’ che, per la loro intercessione, tutti coloro che si professano cristiani ricostruiscano la perfetta unità della tua famiglia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 13 luglio BEATO EMANUELE RUIZ E COMPAGNI, martiri di Damasco Si tratta di un gruppo di 11 martiri dei mussulmani, uccisi per la fede il 10 luglio 1860; di essi otto erano Frati Minori (i sacerdoti: Emanuele Ruiz, Carmelo Volta, Nicanore Ascanio, Nicola M. Alberca y Torres, Pietro Soler, Engelbert Kolland; e i frati professi: Francesco Pinazo Peñalver, Giovanni Giacomo Fernández) e tre erano fratelli di sangue, laici maroniti. Sono conosciuti come i “beati martiri di Damasco”. Versarono il loro sangue come tanti altri prima di loro in quelle terre che videro sempre, dal tempo di san Francesco, lo sforzo missionario dei Francescani nel mondo islamico. Essi si trovavano nel loro convento di Damasco in Siria, dediti all’apostolato fra la popolazione locale. Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1860, furono attaccati dai Drusi di Damasco, setta religiosa di origine mussulmana sciita che, in preda al loro fanatismo di insofferenza religiosa, scoppiato negli anni 1845-46 e specialmente nel 1860 contro il cristianesimo, percorsero la città facendo stragi di cristiani. Gli otto francescani si rifugiarono fra le solide mura del convento, e con loro i tre fratelli cristiani maroniti. Purtroppo ci fu un traditore, forse fra gli inservienti locali, che introdusse gli assassini per una piccola porta, cui nessuno aveva pensato, e così furono tutti massacrati, con la ferocia che distingue i fondamentalisti islamici e che in tanti secoli ha fatto migliaia e migliaia di vittime nel mondo cristiano. Furono tutti beatificati da Pio XI il 10 ottobre 1926. [Memoria liturgica ufficiale: 10 luglio]. COLLETTA Dio onnipotente e misericordioso, guarda il tuo popolo, che celebra il glorioso giorno dei beati martiri Emanuele e compagni, e come frutto del loro sacrificio donaci l’invitta costanza nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 14 luglio SAN FRANCESCO SOLANO, sacerdote
Nacque a Montilla, in Spagna, il 3 marzo 1549. Entrato all’età di vent’anni a far parte dei Frati Minori e divenuto sacerdote, si dedic con grande frutto all’apostolato della predicazione. Spinto da vivo zelo, chiese di andare come missionario tra gli indigeni dell’America meridionale. Svolse la sua intensa azione apostolica specialmente a Lima, nel Perù, e a Tucumán, in Argentina. Attirava gli indios alla fede soprattutto con l’esempio della sua vita e con l’amore evangelico. Prese le loro difese contro l’oppressione dei conquistatori. Estenuato dalle fatiche e dalle penitenze, morì a Lima il 14 luglio 1610. Fu beatificato il 30 giugno 1675. Benedetto XIII lo dichiar santo il 27 dicembre 1726. COLLETTA O Padre, che con l’opera apostolica di san Francesco Solano hai condotto alla Chiesa numerosi popoli dell’America, per i suoi meriti e la sua intercessione unisci fermamente a te il nostro cuore e disponi all’obbedienza della fede i popoli che ancora non ti conoscono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 15 luglio SAN BONAVENTURA FIDANZA DA BAGNOREGIO, vescovo e dottore della Chiesa
Giovanni Fidanza nacque a Bagnoregio (Viterbo) nel 1217/1218. Da bambino fu gravemente ammalato e la madre ne ottenne la guarigione per intercessione di san Francesco. Entr nell’Ordine dei Minori durante un suo soggiorno in Francia, dove si era recato per ultimare gli studi. Fu discepolo di Alessandro di Hales e poi maestro nello studio di Parigi. Nel 1257 venne eletto generale dell’Ordine francescano, che in pochi decenni aveva avuto un prodigioso sviluppo e contava 20.000 religiosi. I diciassette anni di governo di san Bonaventura influirono in modo così profondo e determinante, che venne chiamato il secondo fondatore dell’Ordine. Spirito equilibrato e fermo, tenne il giusto mezzo tra le opposte tendenze. Tra gli atti principali del suo generalato va segnalata la pubblicazione delle Costituzioni narbonensi, su cui si
basarono tutte le successive costituzioni dell’Ordine. Scrisse molte opere di teologia e di mistica. Compose anche la Legenda maior, cioè la notissima vita di san Francesco. Creato cardinale e nominato vescovo di Albano, partecip al secondo Concilio di Lione che, anche per opera sua, segn un ravvicinamento tra latini e greci. Morì a Lione il 15 luglio 1274, assistito da Gregorio X, presente al Concilio. La santità, la dottrina, la spiritualità di san Bonaventura, il suo ardente amore all’umanità di Cristo, lasciarono una profonda impronta nella pietà cristiana del Medioevo, e gli meritarono il titolo di Dottore Serafico. Nel 1434 la salma venne traslata in una nuova chiesa, dedicata a San Francesco d’Assisi. Fu canonizzato dal papa francescano Sisto IV il 14 aprile 1482, e nominato Dottore della Chiesa il 14 maggio 1588 da Sisto V, altro papa francescano. COLLETTA O Dio onnipotente, guarda a noi tuoi fedeli riuniti nel ricordo della nascita al cielo del vescovo san Bonaventura da Bagnoregio, e fa’ che siamo illuminati dalla sua sapienza e stimolati dal suo serafico ardore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 18 luglio SAN SIMONE DI LIPNICA, sacerdote Nacque a Lipnica Murowana, nella Polonia meridionale, intorno al 1440. Nel 1454 si trasferì a Cracovia per frequentare la famosa Accademia Jagellonica. In quegli anni san Giovanni da Capestrano entusiasmava la città con la santità della sua vita e il fervore delle sue prediche. Nel 1457, affascinato dall’ideale francescano, chiese di essere accolto tra i Frati Minori, con altri dieci suoi colleghi studenti, nel convento di Stradom (Cracovia), divenendo sacerdote intorno al 1460. Stabilitosi a Stradom, si dedic alla predicazione e allo studio prolungato della sacra Scrittura. Diffuse la devozione al Nome di Gesù, ottenendo la conversione di innumerevoli peccatori. Dal luglio 1482 al 6 gennaio 1483 la città fu sotto il flagello della peste. Nella desolazione generale, i Francescani del convento di San Bernardino si prodigarono instancabilmente nella cura degli ammalati, da veri angeli consolatori. Presto fu contagiato. Sopport con straordinaria pazienza le sofferenze della malattia. Morì il 18 luglio 1482. Il culto ab immemorabili reso al beato, passato alla storia della santità serafica con il titolo di “Salutis omnium sitibundus”, fu confermato da Innocenzo XI il 24 febbraio 1685. La causa per la sua canonizzazione, ripresa da Pio XII il 25 giugno 1948 venne conclusa da Benedetto XVI il 3 giugno 2007. COLLETTA O Padre, che nell’amore verso te e i fratelli hai compendiato i tuoi comandamenti, fa’ che a imitazione di san Simone dedichiamo la nostra vita a servizio del prossimo, per essere da te benedetti nel regno dei cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 19 luglio SAN GIOVANNI DA DUKLA, sacerdote Nacque a Dukla, città fra i monti Carpazi in Polonia, nel 1414. Da giovane entr tra i Frati Minori. Completati gli studi, fu ordinato sacerdote, divenendo superiore a Krosno e poi a Leopoli, custode di tutti i monasteri di quella provincia, che comprendeva in quel tempo anche quelli Cechi. Portato alla vita contemplativa, spese la sua vita nella ricerca della perfezione, nella cura delle anime e nel lavoro missionario. Fu un apostolo del confessionale e del pulpito. Sopport senza mai lamentarsi la cecità che lo aveva colpito. Morì il 29 settembre 1484 a Leopoli. Molte grazie furono ottenute per sua intercessione. Nel 1615 inizi il processo di beatificazione che si concluse il 21 gennaio 1733, con il decreto di conferma da parte di Clemente XII. Nel 1739 venne proclamato protettore della Polonia e Lituania. È stato canonizzato da Giovanni Paolo II a Krosno in Polonia il 10 giugno 1997. COLLETTA O Padre, che hai chiamato san Giovanni da Dukla a cercare con tutte le forze il regno dei cieli nella via della perfetta carità, concedi anche a noi, che confidiamo nella sua intercessione, di progredire in cristiana letizia nel cammino del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
21 luglio SAN LORENZO RUSSO DA BRINDISI, sacerdote e dottore della Chiesa
Giulio Cesare Russo nacque a Brindisi il 22 luglio 1559 e, ancor giovane, entr tra i Minori Cappuccini della Provincia Veneta. Di intelligenza pronta e brillante, si applic allo studio delle scienze sacre nonché delle lingue ebraica e aramaica. Ordinato sacerdote, si dedic con successo alla predicazione, percorrendo tutta l’Italia e buona parte dell’Europa. Animato da fervore mistico e da rigidezza ascetica, mise tutto il suo ingegno e la sua scienza a servizio dell’azione apostolica. Predicava nella loro lingua a quasi tutti i popoli d’Europa e teneva lezioni di Scrittura in lingua ebraica agli stessi ebrei di Roma. Durante la battaglia contro i mussulmani in Ungheria (1601), entr animoso nella mischia, trascinando i soldati cristiani alla vittoria. Ebbe nel suo Ordine importanti uffici: fu provinciale nel Veneto e in altre province italiane; fu generale dell’Ordine. Scrisse numerose opere esegetiche, teologiche, apologetiche, oratorie (tra quest’ultime da ricordare il Mariale) che gli meritarono il titolo di Dottore della Chiesa. Morì a Belém, presso Lisbona, dove si era recato in missione di pace, il 22 luglio 1619. Fu beatificato da Pio VI nel 1783 e canonizzato da Leone XIII nel 1881.
Memoria /Festa per i cappuccini Comune dei dottori INNO Apostolico ardore conduce san Lorenzo per le strade del mondo ad annunciare Cristo. Principi, re, tiranni, i miseri, i potenti, i poveri ed i ricchi, tutti chiama a salvezza. Dissipa le tenebre causate dall'errore, per la fede di Cristo lotta infaticabile. La sua parola ardente confuta gli eretici, scioglie il gelo dei cuori, richiama a penitenza.
All'antico avversario tante anime strappa, spezzate le catene al bene le rivolge. Sempre a Te sia gloria, o Trinità beata; san Lorenzo interceda a tutti il premio eterno. Amen. 1 ant. Al Signore ogni onore e venerazione, a lui si dia gloria e si rendano grazie. SALMO 144 I (1-9) O Dio, mio re, voglio esaltarti * e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno * lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il Signore * e degno di ogni lode, la sua grandezza * non si può misurare. Una generazione narra all'altra le tue opere, * annunzia le tue meraviglie. Proclamano lo splendore della tua gloria * e raccontano i tuoi prodigi. Dicono la stupenda tua potenza * e parlano della tua grandezza. Diffondono il ricordo della tua bontà immensa, * acclamano la tua giustizia. Paziente e misericordioso è il Signore, * lento all'ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, * la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 1 ant. Al Signore ogni onore e venerazione, a lui si dia gloria e si rendano grazie. 2 ant.
Dio è l'Altissimo, il sommo Bene, tutto il Bene.
II (10-13)
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere * e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno * e parlino della tua potenza, per manifestare agli uomini i tuoi prodigi * e la splendida gloria del tuo regno. Il tuo regno è regno di tutti i secoli, * il tuo dominio si estende ad ogni generazione. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 2 ant.
Dio è l'Altissimo, il sommo Bene, tutto il Bene.
3 ant. Lodiamo e glorifichiamo il Signore, che è benedetto nei secoli. III (14-21) Fedele è il Signore in tutte le sue parole, * santo in tutte le sue opere. Il Signore sostiene quelli che vacillano * e rialza chiunque è caduto. Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa * e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano * e sazi la fame di ogni vivente. Giusto è il Signore in tutte le sue vie, * santo in tutte le sue opere. Il Signore è vicino a quanti lo invocano, * a quanti lo cercano con cuore sincero. Appaga il desiderio di quelli che lo temono, * ascolta il loro grido e li salva. Il Signore protegge quanti lo amano, * ma disperde tutti gli empi. Canti la mia bocca * la lode del Signore. Ogni vivente benedica il suo nome santo, * in eterno e sempre. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen. 3 ant. Lodiamo e glorifichiamo il Signore, che è benedetto nei secoli. ℣ Il ℞ E
Signore lo ha riempito dello spirito di sapienza e d'intelletto. lo ha esaltato in mezzo al suo popolo.
PRIMA LETTURA Dal libro della Sapienza
5, 15-22
La ricompensa dei giusti è presso il Signore La speranza dell'empio è come pula portata dal vento, come schiuma leggera sospinta dalla tempesta, come fumo dal vento è dispersa, si dilegua come il ricordo dell'ospite di un sol giorno. I giusti al contrario vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e l'Altissimo ha cura di loro. Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema dalla mano del Signore, perché li proteggerà con la destra, con il braccio farà loro da scudo. Egli prenderà per armatura il suo zelo e armerà il creato per castigare i nemici; indosserà la giustizia come corazza e si metterà come elmo un giudizio infallibile; prenderà come scudo una santità inespugnabile; affilerà la sua collera inesorabile come spada e il mondo combatterà con lui contro gli insensati. Scoccheranno gli infallibili dardi dei fulmini, e come da un arco ben teso, dalle nubi, colpiranno il bersaglio. RESPONSORIO
Sap 7, 7-8; Gc 1, 5
℞ Pregai
e mi fu elargita la prudenza; * implorai e venne in me lo spirito della sapienza e la preferii a scettri e a troni. ℣ Se qualcuno manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data. ℞ Implorai e venne in me lo spirito della sapienza e la preferii a scettri e a troni. SECONDA LETTURA Dai «Discorsi» di san Lorenzo da Brindisi, sacerdote (Disc. per la Quaresima 27; Opera Omnia 5, 1, nn. 48. 50. 52). La predicazione è un compito apostolico Per sostenere la vita spirituale, che abbiamo in comune con gli angeli del cielo, creati come noi ad immagine e somiglianza di Dio, è certamente necessario il pane
della grazia dello Spirito Santo e della carità di Dio. Ma la grazia e la carità senza la fede non valgono nulla, perché senza la fede è impossibile piacere a Dio. Né la fede può svilupparsi senza la predicazione della parola di Dio: «La fede dipende dalla predicazione, e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo» (Rm 10, 17). Pertanto la predicazione della parola di Dio è necessaria alla vita spirituale, come la semina al sostentamento della vita corporale. Perciò Cristo dice: «Il seminatore uscì a seminare la sua semente» (Lc 8, 5). Il seminatore uscì come banditore della giustizia e proprio di essa leggiamo che un tempo si fece banditore Dio, come quando nel deserto diede a tutto il popolo, dal cielo, a viva voce la legge della giustizia. Altre volte fu un angelo del Signore a rimproverare, nel luogo dei piangenti, il popolo per la trasgressione della legge divina (cfr. Gdc 2, 4-5). Per questo tutti i figli d'Israele, udite le parole dell'angelo, pentiti di cuore piansero a dirotto con alte grida. Anche Mosè predicò a tutto il popolo la legge del Signore nelle steppe di Moab, come appare dal Deuteronomio. Finalmente a predicare la parola di Dio venne Cristo, Dio e uomo, che a tal fine inviò gli apostoli, come prima aveva inviato i profeti. Perciò la predicazione è un compito apostolico, angelico, cristiano, divino. La parola di Dio è talmente ricca di ogni bene che è come un tesoro di tutti i beni. Da essa derivano tutte le virtù, tutti i doni dello Spirito Santo, tutte le beatitudini evangeliche, tutte le opere buone, tutti i meriti della vita, tutta la gloria del paradiso: «Accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime» (Gc 1, 21). Infatti la parola del Signore è luce per l'intelletto e fuoco per la volontà, perché l'uomo possa conoscere ed amare Dio. Per l'uomo interiore, che per mezzo della grazia vive dello Spirito di Dio, è pane ed acqua, ma pane più dolce del miele e acqua migliore del vino e del latte. Per l'anima è un tesoro spirituale di meriti, perciò viene chiamata oro e pietra assai preziosa. È invece un maglio contro un cuore duramente ostinato nei vizi. È una spada contro la carne, il mondo e il demonio per distruggere ogni peccato. RESPONSORIO
Is 40; 9; Lc 9, 59-60
℞ Sali
su un alto monte, tu che porti liete notizie; * annunzia a tutte le città: Ecco il vostro Dio. ℣ Seguimi, va' e predica il regno di Dio; ℞ annunzia a tutte le città: Ecco il vostro Dio. TE DEUM ORAZIONE O Dio, che a gloria del tuo nome e a servizio dei fratelli hai dato al sacerdote san Lorenzo da Brindisi il tuo Spirito di consiglio e di fortezza, dona anche a noi la luce per conoscere la nostra missione e la forza per attuarla. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Lodi INNO San Lorenzo da Brindisi, Dottore della Chiesa, guida, maestro e gloria
dell'Ordine Serafico. Porgi ascolto alle voci di chi tue lodi canta, sii propizio ai fratelli che ti hanno patrono. Dalla sede di gloria assisti premuroso l'Ordine Serafico che in terra hai guidato. Sia fecondo di figli, la santità aumenti, serva fedele a Cristo con la parola e le opere. Donaci di seguire gli esempi tuoi mirabili, per esser fatti degni della stessa corona. Sempre a te sia gloria, o Trinità beata; san Lorenzo interceda a tutti il premio eterno. Amen. 1 ant. Di buon mattino rivolgeva il cuore al Signore, che lo ha creato, e schiudeva le labbra alla preghiera davanti all'Altissimo. 2 ant. Percorse terre straniere, e ovunque fece brillare la dottrina del suo insegnamento. 3 ant. Molti loderanno la sua intelligenza; egli non sarà mai dimenticato. LETTURA BREVE
2 Cor 5, 14. 19-21
Fratelli, l'amore del Cristo ci spinge. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio. RESPONSORIO BREVE ℞ Dio
Cfr. 2 Cor 5, 18-19
ci ha riconciliati con sé * mediante Cristo. Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo. ℣ Ed ha affidato a noi il ministero della riconciliazione:
mediante Cristo. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo. Ant. al Ben. Servendo il Signore in santità e giustizia, diresse il popolo di Dio sulla via della pace. INVOCAZIONE Rivolgiamo la nostra lode a Cristo Signore, che ci è stato dato dal Padre quale Via, Verità e Vita, e preghiamo dicendo: Attiraci a te, o Signore. Tu che hai voluto servire e non essere servito, - concedici di servirti nei nostri fratelli. Tu che sei venuto per evangelizzare i poveri, - rendici degni di annunziare il tuo Vangelo a tutte le genti. Tu che sei venuto per riconciliare il mondo al Padre per mezzo del tuo sangue, - fa' che possiamo cooperare alla riconciliazione di tutti gli uomini. Tu che hai voluto che noi fossimo sale della terra e luce del mondo, - illuminaci con la luce del Divino Spirito. PADRE NOSTRO ORAZIONE O Dio, che a gloria del tuo nome e a servizio dei fratelli hai dato al sacerdote san Lorenzo da Brindisi il tuo Spirito di consiglio e di fortezza, dona anche a noi la luce per conoscere la nostra missione e la forza per attuarla. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Ora media LETTURA BREVE
Ez 34, 16
Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. ℣ Il Signore è il mio pastore. ℞ Non manco di nulla.
Sesta LETTURA BREVE
Is 52, 7
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
℣ Lodate il Signore e invocate il suo nome. ℞ Proclamate tra i popoli le sue opere.
Nona LETTURA BREVE
Cfr. Ef 1, 8-10
Dio ha riversato su di noi sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. ℣ Canti la mia bocca la lode del Signore. ℞ E ogni vivente benedica il suo nome santo.
Vespri INNO Cantiamo piamente la lode a san Lorenzo, in parole e in opere discepolo di Cristo. Fanciullo fugge il mondo, nel chiostro si ritira, veste l'umile saio, tutto a Dio si consacra. Sulle orme del Padre, la stretta via del bene percorre, e valoroso giunge presto alla vetta. Oh, con quante lacrime, medita la Passione; celebra nell'estasi il santo sacrificio. La Vergine Maria ama, celebra, predica; Ella su lui profonde i celesti carismi. Sempre a Te sia gloria, o Trinità beata; san Lorenzo interceda a tutti il premio eterno. Amen; 1 ant.
Bisogna che Cristo regni
finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. SALMO 109, 1-5. 7 Oracolo del Signore al mio Signore: * «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici * a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: * «Domina in mezzo ai tuoi nemici. A te il principato nel giorno della tua potenza * tra santi splendori; dal seno dell'aurora, * come rugiada, io ti ho generato». Il Signore ha giurato e non si pente: * «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek». Il Signore è alla tua destra, * annienterà i re nel giorno della sua ira. Lungo il cammino si disseta al torrente * e solleva alta la testa. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 1 ant. Bisogna che Cristo regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 2 ant. Arricchì di meriti la Chiesa di Dio con le sue opere, e si avviò la salvezza per mano di lui. SALMO 121 Quale gioia, quando mi dissero: * «Andremo alla casa del Signore». E ora i nostri piedi si fermano * alle tue porte, Gerusalemme! Gerusalemme è costruita * come città salda e compatta. Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore, †
secondo la legge di Israele, *
per lodare il nome del Signore. Là sono posti i seggi del giudizio, * i seggi della casa di Davide. Domandate pace per Gerusalemme: * sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, * sicurezza nei tuoi baluardi. Per i miei fratelli e i miei amici * io dirò: «Su di te sia pace!». Per la casa del Signore nostro Dio, * chiederò per te il bene. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 2 ant. Arricchì di meriti la Chiesa di Dio con le sue opere, e si avviò la salvezza per mano di lui. 3 ant. Lodate il Signore e invocate il suo nome, proclamate tra i popoli le sue opere. CANTICO Cfr Ap 15, 3-4 Grandi e mirabili sono le tue opere, † o Signore Dio onnipotente; * giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti! Chi non temerà il tuo nome, †
chi non ti glorificherà o Signore? * Tu solo sei santo!
Tutte le genti verranno a te, Signore, †
davanti a te si prostreranno, * perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati.
Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 3 ant. Lodate il Signore e invocate il suo nome, proclamate tra i popoli le sue opere. LETTURA BREVE
Gc 3, 17-18
La sapienza che viene dall'alto è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace. RESPONSORIO BREVE ℞ Ha
detto le parole di Dio * in mezzo all'assemblea. Ha detto le parole di Dio in mezzo all'assemblea. ℞ Il Signore gli ha dato sapienza e intelligenza in mezzo all'assemblea. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Ha detto le parole di Dio in mezzo all'assemblea. Ant. al Magn. San Lorenzo, maestro della fede e luce della Chiesa, hai scrutato con amore il mistero di Dio: prega per noi Cristo Signore. INTERCESSIONE Preghiamo Cristo Signore, fonte della vera sapienza e di ogni virtù, dicendo insieme: Venga il tuo regno, Signore. Tu che hai mandato i tuoi discepoli a predicare il Vangelo, - fa' che noi, illuminati dallo stesso Vangelo, possiamo annunziarlo a tutto il mondo. Tu che con la tua venuta hai portato al mondo il dono della salvezza, - concedici di essere fedeli operai nella tua vigna. Tu che hai esaltato san Lorenzo in mezzo ai fratelli e lo hai arricchito dei doni dello Spirito, - riempi anche noi dei celesti doni della fortezza e dell'intelletto. Tu che per mezzo dei tuoi collaboratori elargisci alle tue pecorelle la vita eterna, - libera le anime dei nostri fratelli defunti, che hai redento con il tuo sangue prezioso. PADRE NOSTRO
COLLETTA O Dio che, a gloria del tuo nome e a servizio dei fratelli, hai dato al sacerdote san Lorenzo da Brindisi il tuo spirito di consiglio e di fortezza, dona anche a noi la luce per conoscere la nostra missione e la forza per attuarla. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 24 luglio
SANTA CUNEGONDA (KINGA), religiosa Cunegonda, detta Kinga, figlia di Bela IV, re d’Ungheria, e sorella maggiore della beata Iolanda, nacque nel 1224. A sedici anni fu data in sposa al principe di Cracovia, Boleslao il Pudìco, e visse con lui in perfetta castità. Divenuta duchessa di Cracovia si prodiga per il bene del suo popolo, con ardite iniziative a favore dei poveri in cui impegna tutte le risorse economiche e si dona con grande amore. Coopera instancabilmente alla pacificazione dei principi polacchi. Ha un’intensa vita spirituale nella linea francescana e una grande forza apostolica nel diffondere la fede cristiana tra popoli ancora pagani. Alla morte del marito, entr con la sorella nel monastero delle Clarisse di Stary Sacz, da lei stessa fondato, ed esercit per molti anni l’ufficio di abbadessa, prodigandosi al servizio delle consorelle, dei poveri e degli ammalati. Penitente ed orante in modo del tutto eccezionale, lasci questa terra il 24 luglio 1292. Alessandro VIII, l’11 giugno 1690, ne conferm il culto e, nel 1715, Clemente XI la proclam patrona della Polonia. Il 16 giugno 1999 a Stary Sacz Giovanni Paolo II la iscrisse nell’albo dei santi. ORAZIONE O Dio, che hai fatto risplendere santa Cunegonda per l’illibatezza di vita e per la generosa carità verso i poveri, concedi anche a noi, che confidiamo nella sua intercessione, di progredire in cristiana letizia nel cammino del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spir ito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 24 luglio BEATO ANTONIO LUCCI, vescovo Angelo Nicola nacque ad Agnone del Sannio (Isernia) il 2 agosto 1681. Emise la professione religiosa tra i Minori Conventuali nel 1698. Ordinato sacerdote nel 1705, complet gli studi con la laurea in teologia, disciplina che poi insegn negli Studi generali di Napoli e di Roma; qui fu anche reggente del Collegio San Bonaventura. Oltre che per la scienza si distinse per lo zelo della predicazione e per la pratica delle più eminenti virtù. Eletto ministro provinciale, fu anche consultore di varie congregazioni romane. Benedetto XIII gli affid la diocesi di Bovino, presentandolo come «vescovo dotto e santo». Esercit il ministero episcopale per ventitre anni, dando luminoso esempio di povertà e carità verso i più bisognosi, fino a privarsi anche del necessario. Morì il 25 luglio del 1752. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 18 giugno 1989. Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue:
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalle lettere del beato Antonio Lucci (Giuseppe Fratini, OFMConv., “Nuove scintille dell’astro di Agnone nel Sannio”, Bovino Tip. Diocesana 1895, pp. 5-7) Tenere sempre lo sguardo rivolto a Dio, riponendo in Lui tutta la nostra fiducia. È tutta misericordia di Dio se i difetti, che vediamo negli altri, non si trovino in noi: segno certo che ci tiene sotto la sua protezione e stende la sua mano potente sul nostro capo, e ciò senza alcun nostro merito; che, se ce la sottraesse, potremmo diventare peggiori degli altri, essendo anche noi poveri mortali. Dobbiamo perciò sempre mantenerci nel timore di Dio, e pregare il Signore per coloro che camminano fuori della retta via. La via certa della nostra condotta è fare sempre la volontà di Dio, dal quale speriamo e cerchiamo ogni aiuto per non cadere e mantenerci in grazia. Gesù nostro Signore cosa potrebbe fare di più per noi? Ci ha fatto dono della parola di vita. Ci ha manifestato i suoi giusti giudizi. Ci ha mostrato le sue santissime vie. Ci ha introdotto nel mistero della sua dolorosissima passione. Ci ha insegnato a disprezzare le cose caduche della terra. Ci ha rivelato le meraviglie delle sue opere. E perché noi rimaniamo insensibili a tante prove del suo amore? Perché non impieghiamo tutte le nostre forze nel servire, amare e glorificare in noi stessi e negli altri il Signore di infinita bontà? E di che cosa ci lamentiamo? Chi molto ha ricevuto, deve fare anche molto per Gesù; chi invece vuole fare poca opera e la compie con negligenza, merita che gli sia tolto quanto gli è stato dato. Non ci scuote il severo rimprovero del padrone al servo infingardo (cfr Mt 25,26-29)? Vivendo nella fede, cerchiamo sempre, con la grazia di Dio, ciò che è più perfetto, rinunciando a noi stessi e calpestando le misere cose della terra. Teniamo sempre il nostro sguardo rivolto a Dio, riponiamo tutta la nostra felicità in Lui Sommo Bene, e non andiamo dietro ai fuggevoli fantasmi del mondo. Ascoltiamo l’Apostolo Paolo, che ci dice: Fratelli, aspirate ai carismi più grandi (1Cor 12,31). Accogliamo l’invito dello Spirito Santo, che torna continuamente ad inculcarci quel prezioso nimis quando ci ricorda di osservare i suoi comandamenti fedelmente (cfr Ps 118/119,4: “Tu mandasti mandata tua custodiri nimis”). Nimis, sempre più per amore del Sommo Signore; sempre più nel raccoglimento interno ed esterno. Sempre più nel distacco dalle vanità della terra. Sempre più, nel timore dei santi giudizi di Dio. Sempre più, nel mortificare noi stessi. Sempre più, nel mantenerci cauti e vigilanti contro le astuzie di Satana. Se nulla possiamo da noi stessi (cfr Gv 15,5), ci conforta la parola dell’Apostolo: “Tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13). Sii umile davanti al Signore, ed Egli “esaudirà i desideri del tuo cuore” (Ps 36/37,4).
R ESPONSORIO R. Servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto: * prendi parte alla gioia del tuo Signore. V. Tu mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. R. Prendi parte alla gioia del tuo Signore. ORAZIONE O Dio, che hai riempito il beato Antonio Lucci, vescovo, dello spirito di sapienza e di carità perché confermasse il tuo popolo nella fede e lo soccorresse nelle necessità con profusione di amore, concedi a noi, per sua intercessione, di perseverare nella fede e nella carità per divenire degni di partecipare alla gloria celeste. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 24 luglio BEATA LUDOVICA DI SAVOIA, religiosa Ludovica (Luisa), figlia del beato Amedeo IX di Savoia e di Iolanda di Francia, nacque a Ginevra (Svizzera) il 28 dicembre 1462. La sua giovinezza a corte fu molto pia e austera. Nel 1479 spos Ugo di Chalon-Arlay, con il quale sperimenta e testimonia la bellezza dell’amore cristiano. Dopo alcuni anni di matrimonio, rimasta vedova in giovanissima età, si ritir nel monastero delle Clarisse di Orbe (Vaud). La sua vita monastica fu fulgido esempio di virtù religiose. Morì il 24 luglio 1503. In seguito le sue reliquie furono portate nel palazzo reale dei Savoia, a Torino. Gregorio XVI ne conferm il culto il 12 agosto 1839. COLLETTA O Dio, che nella beata Ludovica di Savoia ci hai dato un fulgido modello di perfezione nei vari stati di vita, concedi anche a noi di aderire costantemente a te, sommo bene, con la fermezza della fede e la testimonianza delle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 27 luglio BEATA MARIA MADDALENA MARTINENGO, religiosa Nacque a Brescia nel 1687 dalla nobile famiglia Martinengo. Giovinetta, frequent i migliori collegi religiosi della città e acquist una notevole cultura classica. All’età di diciott’anni entr nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Santa Maria della Neve. Si assoggett subito ad una vita di penitenza e di lavoro, nella ricerca delle mansioni più umili, ma anche nell’accettazione di incarichi di maggiore responsabilità, come
quello di maestra delle novizie e di abbadessa. Ebbe molto da soffrire, ma fu dotata dal Signore di carismi celesti e di una visibile conformità a Gesù crocifisso. Lasci parecchi scritti di alta spiritualità e di vita mistica. Morì il 27 luglio 1737 e fu dichiarata beata da Leone XIII il 3 giugno 1900. COLLETTA O Dio, che hai dato alla beata Maria Maddalena Martinengo la grazia di imitare Cristo nell’umiltà e nella povertà, concedi anche a noi di vivere fedelmente la nostra vocazione per raggiungere la perfezione evangelica. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 28 luglio BEATA MARIA TERESA KOWALSKA, religiosa e martire della Seconda Guerra Mondiale Nacque a Varsavia (Polonia) nel 1902; ricevette l’abito delle monache Clarisse Cappuccine nel convento di Przasnysz il 12 agosto 1923. L’anno successivo, il 15 agosto 1924, emise i voti temporanei e nel 1927 quelli perpetui. Nonostante la malattia che l’affliggeva, fu sempre molto affabile con tutti. Si distinse per lo spirito di preghiera e per la laboriosità. Il 2 aprile 1941 i tedeschi fecero irruzione nel monastero, arrestarono tutte le suore e le trasferirono nel campo di concentramento di Dzialdowo. Morì ex ærumnis carceris il 25 luglio 1941. Offrì le sue sofferenze a Dio per ottenere la liberazione delle suore, che di fatto dopo due settimane dalla sua morte ricuperarono la libertà. Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 assieme ad un gruppo di altri 107 martiri della Seconda Guerra Mondiale. COLLETTA O Dio, che allieti la tua Chiesa nel ricordo della beata Maria Teresa, vergine e martire, per la sua intercessione e il suo esempio concedi anche a noi fortezza e purità di spirito per seguire Cristo sulla via della croce. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
30 luglio
BEATO FRANCESCO SOLANO CASEY, SACERDOTE Memoria
Bernardo Francesco Casey nacque a Prescott nel Wisconsin (USA) il 25 novembre 1870. Entrato a 22 anni nel seminario diocesano San Francesco di Sales di Milwaukee, passò poi, nel 1897, ai Frati Cappuccini, nel convento San Bonaventura di Detroit, dove prese il nome di Francesco Solanus. Fu ordinato sacerdote il 24 luglio 1904, con la clausola di non confessare e non predicare in pubblico. Trascorse gli anni del suo ministero tra Yonkers, Manhattan, il convento di san Bonaventura a Detroit, i conventi di Brooklyn e Huntington, attirando numerose persone per la fama delle sue virtù e delle grazie straordinarie attribuite alle sue preghiere. Dopo ripetuti ricoveri in Ospedale, morì nel convento di san Bonaventura a Detroit il 31 luglio 1957. Fu beatificato il 18 novembre 2017. Comune dei pastori [per i pastori] oppure Comuni dei santi [per i religiosi]
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dal Decreto Perfectae caritatis, del Concilio Vaticano II sul rinnovamento della vita religiosa (N. 15.12-14) I religiosi, membri di Cristo Sull'esempio della Chiesa primitiva, in cui la moltitudine dei credenti era d'un cuore solo e di un'anima sola, la vita comune, nutrita dall’insegnamento evangelico, dalla Sacra Liturgia e soprattutto dall’Eucaristia, perseveri nell’orazione e nella comunione di uno stesso spirito. In fraterna comunione di vita i religiosi, come membri di Cristo, gareggino nello stimarsi a vicenda, portando i pesi gli uni degli altri. Grazie all'amore di Dio riversato nei cuori per mezzo dello Spirito Santo, la comunità gode della sua presenza come una vera famiglia riunita nel nome del Signore. L’amore è pieno compimento della legge e vincolo di perfezione, e per esso noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita. Di più, l’unità dei fratelli manifesta la venuta di Cristo, e da essa proviene una grande energia per l'apostolato. La castità «per il regno dei cieli», che viene professata dai religiosi deve essere apprezzata come un insigne dono della grazia. Essa rende particolarmente libero il cuore dell'uomo, perché si accenda maggiormente la carità verso Dio e tutti gli uomini, e di conseguenza è segno eminente dei beni celesti e un mezzo efficacissimo mediante il quali i religiosi possono generosamente dedicarsi al servizio divino e alle opere di apostolato. In tal modo richiamano davanti a tutti i fedeli quel mirabile connubio, operato da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, per cui la Chiesa ha Cristo come unico suo sposo. Bisogna dunque che i religiosi, studiandosi di osservare fedelmente la loro professione, credano alle parole del Signore e, fiduciosi nell'aiuto di Dio, non
presumano delle proprie forze, ma ricorrano alla mortificazione e alla custodia dei sensi. Non trascurino i mezzi naturali che favoriscono la salute mentale e fisica. In tal modo essi non saranno influenzati dalle false teorie che indicano la perfetta continenza come impossibile o nociva alla perfezione umana, e quasi per un istinto spirituale respingeranno tutto ciò che mette in pericolo la castità. Inoltre ricordino tutti, specialmente i superiori, che la castità è più sicuramente custodita se nella vita comune regna tra i membri il vero amore fraterno. La povertà volontaria per la sequela di Cristo, di cui essa è un segno, oggi specialmente, molto apprezzato, sia diligentemente curata dai religiosi e anche espressa, se fosse necessario, in forme nuove. Con essa si partecipa alla povertà di Cristo, il quale da ricco che era si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà. Per quanto riguarda la povertà religiosa, non basta sottomettersi ai superiori nell'uso dei beni, ma occorre che i membri siamo poveri esteriormente e interiormente, accumulando tesori in cielo. Nella loro mansione si sentano assoggettati alla comune legge del lavoro, e mentre in tal modo si procurano i mezzi necessari al loro sostentamento e alle loro opere, bandiscono ogni eccessiva preoccupazione e si affidino alla Provvidenza del Padre celeste. Con la professione di obbedienza i religiosi offrono a Dio la completa rinuncia della propria volontà come sacrificio di se stessi, e per esso si uniscono più saldamente e sicuramente alla divina volontà salvifica. Sull’esempio di Gesù Cristo, che venne per fare la volontà del Padre e «assumendo la condizione di servo» (Fil 2,7), imparò l'obbedienza dalle cose che patì, i religiosi, mossi dallo Spirito Santo, si sottomettono in spirito di fede ai superiori rappresentanti di Dio, e da essi vengono guidati nel servizio di tutti i fratelli in Cristo, come Cristo stesso per la sua sottomissione al Padre venne per servire i fratelli e diede la sua vita in riscatto per molti. Così essi si vincolano sempre più strettamente al servizio della Chiesa e si sforzano di raggiungere la misura che conviene alla piena maturità di Cristo.
RESPONSORIO 12
Cf. Rom 12, 1-
R/. Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; * è questo il vostro culto spirituale. V/. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare. R/ . è questo il vostro culto spirituale. Sal 107/106, 8-9 Ant. Ben. Ringrazino il Signore per la sua misericordia e per i suoi prodigi a favore degli uomini, poichè saziò il desiderio dell’assetato e l’affamato ricolmò di beni.
ORAZIONE O Dio che nella tua provvidenza hai conformato ad immagine del tuo Figlio il beato Francesco Solano (Casey), rendendolo instancabile nell’ascolto e nel servizio ai poveri, per sua intercessione e sul suo esempio, concedi anche ai noi la stessa generosità e letizia nel donarsi al servizio del prossimo. Per il nostro Signore, Gesù Cristo, tuo Figlio che Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Ant. Magn. 7, 7-8 ) Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto.
( Mt
2 agosto SANTA MARIA DEGLI ANGELI ALLA PORZIUNCOLA Il serafico Padre Francesco, per il suo singolare amore verso la beatissima Vergine, ebbe sempre particolare cura della chiesetta dedicata a Santa Maria degli Angeli, detta anche Porziuncola, che restaur con le sue mani. Qui egli prese stabile dimora con i suoi frati dopo il ritorno da Roma; qui radunava a capitolo i suoi frati inviandoli poi per il mondo come missionari di pace; qui, nel 1211, diede origine con santa Chiara al Secondo Ordine francescano; qui concluse il corso della sua vita terrena. Alla stessa cappella, secondo la tradizione, il Santo fondatore ottenne la storica indulgenza plenaria detta “Perdono di Assisi”, che i sommi pontefici confermarono successivamente ed estesero a numerose altre chiese. La Porziuncola è stato il luogo più amato da san Francesco, che ripeteva morente: «Questo luogo è veramente santo ed abitazione di Dio. Chi pregherà con fede qui, otterrà quanto avrà chiesto». COLLETTA Guarda, Signore, il tuo popolo riunito nel ricordo della beata Vergine Maria, Regina degli Angeli, e fa’ che per sua intercessione possa partecipare alla pienezza della tua grazia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
5 agosto BEATO FEDERICO JANSSOONE, sacerdote Nacque a Ghyvelde (Francia) il 19 novembre 1838. Alla morte dei genitori, quando aveva ventisei anni entra tra i Frati Minori, nel convento di Amiens. Dopo gli studi teologici viene ordinato sacerdote nel 1870. Presta servizio come cappellano militare durante la guerra franco-prussiana. Dopo la guerra, a Burdeos fonda un convento in cui esercita un intenso e fecondo apostolato. Nel 1876 va in Terra Santa e da lì nel 1881 è inviato dalla Custodia in Canada, per lavorare a favore dei Luoghi Santi. Ritorna in Palestina per prestare il suo servizio ai Santuari, per poi ritornare di nuovo in Canada, impegnandosi proficuamente nella pastorale popolare. Uomo di grande pietà e devozione, otteneva abbondanti e straordinarie grazie e guarigioni. Attivo nel costruire chiese e santuari, questa opera non gli impedì di mantenere la sua integrità all’orazione e alla penitenza, accompagnata da una ferma austerità di vita, di adesione limpida alla povertà e ai poveri. Morì a Montréal il 4 agosto 1916. Giovanni Paolo II lo beatific il 25 settembre 1988. Viene chiamato l’“Apostolo dei due mondi”. [Memoria liturgica ufficiale: 4 agosto]. Colletta Signore nostro Dio, tu hai concesso al beato Federico di seguire in Terra Santa le orme di tuo Figlio e, per mezzo di lui, di far meglio conoscere ai tuoi fedeli i misteri della vita di Cristo. Concedici, per sua intercessione, di venerare con amore questi misteri e di ricevere in abbondanza i frutti della redenzione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
7 agosto BEATI AGATANGELO NOURY E CASSIANO LOPEZ-NIETO, sacerdoti e martiri di Gondar (Abissinia) Agatangelo Noury nacque a Vendôme, in Francia, il 31 luglio 1598; entr nell’Ordine dei Minori Cappuccini e si dedic all’attività missionaria dal 1629 alla sua morte. Nel 1633 gli venne affidata la missione in Egitto, al Cairo, dove si prodig per l’unione dei Copti, poi fu superiore della nuova missione di Etiopia, dove lo raggiunse come collaboratore Cassiano Lopez-Nieto. Questi, nato a Nantes il 14 gennaio 1607, aveva emesso i voti nell’Ordine dei Cappuccini nel 1623. Ambedue, dopo pochi mesi, furono fatti prigionieri dagli abissini e coronarono il loro apostolato con il martirio, che avvenne il 7 agosto 1638 a Gondar. Furono proclamati beati da Pio X il 1° gennaio 1905. COLLETTA O Dio, che ai beati Agatangelo e Cassiano hai dato la forza di affermare con il martirio la fede nella tua parola, per la loro intercessione fa’ che tutte le genti ti servano nell’unità di una sola fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 8 agosto SAN DOMENICO GUZMÁN DI CALERUEGA, sacerdote e fondatore dell’Ordine dei Predicatori Nacque nel 1170 a Caleruega, vicino a Burgos (Spagna). A Pallenza si dedic allo studio della teologia e venne fatto canonico della chiesa di Osma. Sentendosi chiamato all’evangelizzazione, si rec nella Francia meridionale, dove si adoper con grande frutto a combattere l’eresia degli albigesi per mezzo della predicazione e con l’esempio di una vita santa. Per rendere più efficace la sua opera, raccolse intorno a sé alcuni compagni e fond l’Ordine dei Predicatori. Insigne per purezza di vita e devozione alla Vergine Maria, fu iniziatore della preghiera del rosario. Venuto in Italia, si incontr con san Francesco, al quale fu unito da profonda amicizia. Morì a Bologna il 6 agosto 1221 e fu iscritto nell’albo dei santi da Gregorio IX il 3 luglio 1234. COLLETTA Guida e proteggi, Signore, la tua Chiesa per i meriti e gli insegnamenti di san Domenico: egli, che fu insigne predicatore della tua verità, interceda come nostro patrono davanti a te. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
11 agosto SANTA CHIARA D’ASSISI, religiosa e fondatrice del II Ordine
Chiara di Favarone di Offreduccio, appartenente alla nobiltà di provincia, nasce in Assisi nel 1193 (o 1194). Educata dalla madre Ortolana in un’intensa vita cristiana, dalla famiglia viene destinata al matrimonio, che rifiuta decisamente volendo consacrarsi a Dio. I primi passi del convertito Francesco le fanno intuire una chiamata simile alla sua e nel dialogo con lui matura la scelta evangelica. Fuggita nella notte dopo la domenica delle Palme del 1211 (o 1212), alla Porziuncola, compiuto il taglio
dei capelli, è rivestita da Francesco dell’abito della penitenza. Dopo un breve periodo presso le Benedettine, dove supera l’opposizione dei parenti, inizia in San Damiano una sororità di donne. Con lei ci sono la sorella Agnese e l’amica Pacifica di Guelfuccio. In una vita povera, totalmente affidata alla provvidenza del Padre celeste, ritmata dalla liturgia delle Ore, da lunghe ore di preghiera solitaria e dal lavoro assiduo, Chiara guida le sorelle, presto cresciute di numero, con l’esempio e la materna sollecitudine. La grande compassione per le inferme e per i malati che bussano alla porta, unita a profonda fede, la spinge a ottenere la guarigione da Colui che tutto pu , mediante il segno della croce tracciato sulla parte malata. Mentre attinge alla Sapienza crocifissa le linee del cammino, che la lunga malattia non impedisce, lotta per ottenere l’approvazione del suo carisma. Scrive la sua Forma di vita, che è la prima regola per donne scritta da una donna, ed ottiene la bolla papale due giorni prima della morte, avvenuta l’11 agosto 1253. Di lei restano anche quattro lettere ad Agnese di Praga, una Benedizione e il Testamento, che consentono di scoprire le linee specifiche del suo carisma dentro la spiritualità di san Francesco. Venne canonizzata da Alessandro IV il 15 agosto 1255 nella cattedrale di Anagni. Il suo corpo riposa nella basilica a lei dedicata in Assisi. COLLETTA Dio misericordioso, che hai ispirato a santa Chiara un ardente amore per la povertà evangelica, per sua intercessione concedi anche a noi di seguire Cristo povero e umile, per godere della tua visione nella perfetta letizia del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
13 agosto BEATO MARCO CRISTOFORI D’AVIANO, sacerdote Marco nacque ad Aviano (Pordenone) il 17 novembre 1631. A diciassette anni entr nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e a ventiquattro anni fu ordinato sacerdote. Dopo diciassette anni di vita religiosa trascorsa interamente nella preghiera, nell’umiltà, nel nascondimento, venne chiamato dall’obbedienza alla predicazione. Percorse le strade dell’Europa ascoltato da grandi folle di fedeli nelle chiese e nelle piazze dove pass incrementando la fede, la pratica della vita cristiana, il pentimento dei peccati, la conversione. Per la santità di vita e per la sua autorevolezza venne nominato dal papa, il beato Innocenzo XI, missionario apostolico e legato pontificio. Ebbe accesso alle corti dei regnanti del tempo, favorendo sempre l’unione e la concordia in quel tormentato periodo. Ebbe particolare amicizia con l’imperatore Leopoldo I e la famiglia imperiale a Vienna. Consumato infine dai numerosi viaggi e dalle fatiche dell’apostolato, morì a Vienna il 13 agosto 1699, stringendo il crocifisso
tra le mani e munito della benedizione apostolica. Giovanni Paolo II lo proclam beato il 27 aprile 2003. COLLETTA O Dio, Padre di misericordia, che hai fatto del beato Marco d’Aviano, sacerdote, uno zelante apostolo della conversione e della comunione, concedi a noi, per sua intercessione e sul suo esempio di essere efficaci costruttori della pace, che il Cristo ci ha lasciato come suo dono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 14 agosto SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, sacerdote e martire della Seconda Guerra Mondiale
Raimondo nacque a Zdunska Wola in Polonia l’8 gennaio 1894 ed entr ancor giovane tra i Minori Conventuali. Fu mandato a compiere gli studi filosofici e teologici a Roma, dove, non ancora sacerdote, fond la “Milizia dell’Immacolata”. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ritorn in Polonia e inizi con grande zelo il suo ministero. La sua vita è contraddistinta da un ardente amore all’Immacolata e da un intenso apostolato mariano. Fond , nel distretto di Varsavia, la Città dell’Immacolata (Niepokalan w), centro di vita spirituale e di attività editoriale. Partito missionario per il Giappone, si prodig a propagare la fede cristiana con la parola e la stampa. Rientrato in Polonia e nominato superiore di Niepokalan w, continu la sua attività apostolica e mariana. Durante il secondo conflitto mondiale fu imprigionato e portato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove, dopo aver eroicamente sopportato disumane privazioni, con un atto supremo di amore diede la sua vita in cambio di quella di un compagno di prigionia e morì nel bunker della fame il 14 agosto 1941. Fu beatificato da Paolo VI il 17 ottobre 1971. Giovanni Paolo II, che lo dichiar santo e martire il 10 ottobre 1982, lo ha chiamato «patrono del nostro difficile secolo». Dal Comune di un martire o dal Comune dei pastori Ufficio delle letture
Seconda lettura Dalle lettere di San Massimiliano Maria Kolbe (Cfr Scritti di Massimiliano Maria Kolbe, traduzione italiana vol. I, Firenze 1975, pp. 44-46; 113-114) Zelo apostolico per la salvezza e la santificazione delle anime. Sono pieno di gioia, fratello carissimo, per l’ardente zelo che ti spinge a promuovere la gloria di Dio. Nei nostri tempi, constatiamo, non senza tristezza, il propagarsi dell’“indifferentismo”. Una malattia quasi epidemica che si va diffondendo in varie forme non solo nella generalità dei fedeli, ma anche tra i membri degli istituti religiosi. Dio è degno di gloria infinita. La nostra prima e principale preoccupazione deve essere quella di dargli lode nella misura delle nostre deboli forze, consapevoli di non poterlo glorificare quanto Egli merita. La gloria di Dio risplende soprattutto nella salvezza delle anime che Cristo ha redento con il suo sangue. Ne deriva che l’impegno primario della nostra missione apostolica sarà quello di procurare la salvezza e la santificazione di un maggiore numero di anime. Ed ecco in poche parole i mezzi più adatti per procurare la gloria di Dio nella santificazione delle anime. Dio, scienza e sapienza infinita, che conosce perfettamente quello che dobbiamo fare per aumentare la sua gloria, manifesta normalmente la sua volontà mediante i suoi rappresentanti sulla terra. L’obbedienza, ed essa sola, è quella che ci manifesta con certezza la divina volontà. È vero che il superiore può errare, ma chi obbedisce non sbaglia. L’unica eccezione si verifica quando il superiore comanda qualcosa che chiaramente, anche in cose minime, va contro la legge divina. In questo caso egli non è più interprete della volontà di Dio. Dio è tutto: solo lui è infinito, sapientissimo, clementissimo Signore, creatore e Padre, principio e fine, sapienza, potere e amore. Tutto ciò che esiste fuori di Dio ha valore in quanto si riferisce a lui, che è creatore di tutte le cose, redentore degli uomini, fine ultimo di tutte le creazioni. Egli ci manifesta la sua volontà e ci attrae a sé attraverso i suoi rappresentanti sulla terra, volendo servirsi di noi per attrarre a sé altre anime e unirle nella perfetta carità. Considera fratello, quanto è grande, per la misericordia di Dio, la dignità della nostra condizione. Attraverso la via dell’obbedienza noi superiamo i limiti della nostra piccolezza, e ci conformiamo alla volontà divina che ci guida ad agire rettamente con la sua infinita sapienza e prudenza. Aderendo a questa divina volontà a cui nessuna creatura può resistere, diventiamo più forti di tutti. Questo è il sentiero della sapienza e della prudenza, l’unica via nella quale possiamo rendere a Dio la massima gloria. Se esistesse una via diversa e più adatta, il Cristo l’avrebbe certamente manifestata con la parola e con l’esempio. Il lungo periodo della vita nascosta di Nazareth è compendiato dalla Scrittura con queste parole: “e stava loro sottomesso” (Lc 2,51). Tutto il resto della sua vita è posto sotto il segno
dell’obbedienza, mostrando frequentemente che il Figlio di Dio è disceso sulla terra per compiere la volontà del Padre. Amiamo dunque, fratelli, con tutte le forze il Padre celeste pieno di amore per noi; e la prova della nostra perfetta carità sia l’obbedienza, da esercitare soprattutto quando ci chiede di sacrificare la nostra volontà. Infatti non conosciamo altro libro più sublime che Gesù Cristo crocifisso, per progredire nell’amore di Dio. Tutte queste cose le otterremo più facilmente per intercessione della Vergine Immacolata che Dio, nella sua bontà, ha fatto dispensatrice della sua misericordia. Nessun dubbio che la volontà di Maria è la stessa volontà di Dio. Consacrandoci a lei, diventiamo nelle sue mani strumenti della divina misericordia, come lei lo è stato nelle mani di Dio. Lasciamoci dunque guidare da lei, lasciamoci condurre per mano, tranquilli e sicuri sotto la sua guida. Maria penserà a tutto per noi, provvederà a tutto e allontanando ogni angustia e difficoltà verrà prontamente in soccorso alle nostre necessità corporali e spirituali. Responsorio Cfr. Ef 5,1-2;6,6 R. Fatevi imitatori di Dio e camminate nella carità * nel modo con cui Cristo ci ha amato, V. e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. R. nel modo con cui Cristo ci ha amato. Inno Te Deum Lodi mattutine Ant. al Ben. Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire è un guadagno. Orazione O Dio, che hai dato alla Chiesa e al mondo san Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e martire, ardente di amore per la Vergine Immacolata, interamente dedito alla missione apostolica e al servizio eroico del prossimo, per sua intercessione concedi a noi, a gloria del tuo nome, di impegnarci senza riserve al bene dell’umanità per imitare, in vita e in morte, il Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 16 agosto SAN ROCCO DELACROIX DE MONTPELLIER, pellegrino, terziario
Rocco Delacroix nasce a Montpellier tra il 1348 e il 1350. Le fonti su di lui sono poco precise e rese più oscure dalla leggenda. In pellegrinaggio diretto a Roma, dopo aver donato tutti sui beni ai poveri e dopo essersi affiliato al Terz’Ordine, si sarebbe fermato ad Acquapendente, dedicandosi all’assistenza degli ammalati di peste e facendo guarigioni miracolose che diffusero la sua fama. Peregrinando per l’Italia centrale si dedic ad opere di carità e di assistenza promuovendo continue conversioni. Sarebbe morto in prigione, dopo essere stato arrestato presso Broni da alcuni soldati perché sospettato di spionaggio. Invocato nelle campagne contro le malattie del bestiame e le catastrofi naturali, il suo culto si diffuse straordinariamente nell’Italia del Nord, legato in particolare al suo ruolo di protettore contro la peste. Morì a Voghera tra il 15 e il 16 agosto di anno imprecisato tra il 1376 e il 1379. Il Concilio di Costanza nel 1414 lo invoc santo per la liberazione dall’epidemia di peste ivi propagatasi durante i lavori conciliari. COLLETTA O Signore, custodisci i tuoi fedeli con paterna bontà perché, liberati da ogni male, per intercessione di san Rocco, ti servano, imitandolo, nella carità verso i fratelli, e, pellegrinando nella Chiesa verso di te, entrino con gioia nella beatitudine della tua casa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 17 agosto SANTA BEATRICE MENEZES DE SYLVA, religiosa e fondatrice, terziaria Beatrice nacque a Campo Mayor (Portogallo) nel 1426 in una famiglia nobile, sorella del beato Amedeo de Sylva e imparentata con la famiglia reale portoghese. La sua bellezza e la sua virtù attirarono i nobili castigliani, ci suscit la gelosia della regina Isabella che la maltratt , fino a chiuderla per tre giorni in una cassapanca. Una volta liberata, fece voto di castità e di nascosto partì diretta a Toledo; la tradizione dice che l’accompagnarono nel viaggio le apparizioni di Francesco d’Assisi e di Antonio di Padova; giunta a Toledo entr nel monastero di San Domenico “El Real”, dove visse per circa trent’anni. Ma in lei già da tempo vi era il desiderio di fondare un nuovo Ordine religioso in onore dell’Immacolata Concezione, per questo scopo ottenne l’appoggio di Isabella la Cattolica. Beatrice, con dodici compagne, diede così inizio ad una nuova Famiglia monastica, l’Ordine della Immacolata Concezione, la cui regola venne scritta da lei stessa. L’Ordine fu approvato da Innocenzo VIII il 30 aprile 1489. Morì a Toledo verso il 1° settembre 1492, alla vigilia della professione religiosa del primo gruppo del nuovo Ordine, precursore del culto e della teologia del dogma dell’Immacolata Concezione. Il suo culto, instauratosi spontaneamente nel mondo francescano e iberico, fu confermato con il titolo di beata il 28 luglio 1926; Paolo VI l’ha canonizzata il 3 ottobre 1976.
COLLETTA O Padre, che hai favorito la santa Beatrice de Sylva con il dono di una insigne contemplazione e hai voluto che risplendesse per la devozione alla Vergine Maria, contemplata nella sua Immacolata Concezione, concedi che, sul suo esempio, possiamo qui in terra seguire la vera sapienza fino ad arrivare al cielo per contemplare la bellezza della tua maestà. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 18 agosto BEATI LUIGI-ARMANDO ADAM E NICOLA SAVOURET, sacerdoti e martiri della Rivoluzione francese Il 1º ottobre 1995, a Roma, nella piazza antistante alla Basilica di San Pietro, Giovanni Paolo II ha elevato all’onore degli altari 64 martiri della rivoluzione francese (17891799), 45 della guerra civile spagnola (1936-1939) e un religioso delle Scuole Cristiane. Tra i 64 martiri vandeani, uccisi in odio alla fede, ci sono due sacerdoti francescani dei Minori Conventuali: il padre Luigi-Armando Adam e il padre Nicola Savouret. Deportati in un carcere presso il golfo di Rochefort-sur-Mer, per molti mesi furono sottoposti ad atroci tormenti. Ammassati poi nelle stive di alcune vecchie navi, furono barbaramente soppressi con l’affondamento delle navi stesse. Luigi-Armando, nato a Rouen il 19 novembre 1741, subì il martirio il 13 luglio 1794; Nicola Savouret, nato a Jouvelle, un paesello dell’Alta Saona, nel febbraio 1733, fu martirizzato il 16 luglio 1794. Ricordando tutti questi martiri, il papa ha detto: «Il nostro pensiero va ai 64 sacerdoti francesi uccisi con altre centinaia di vittime sui “pontoni di Rochefort”. Seguendo l’esortazione di san Paolo a Timoteo, essi “hanno combattuto la buona battaglia della fede” (1 Tm 6, 12). Hanno pure conosciuto un lungo calvario di sofferenze, per essere rimasti fedeli alla loro fede e alla Chiesa. Se sono morti, è stato perché fino in fondo hanno affermato la loro stretta comunione con il papa Pio VI. In preda ai tormenti, mai hanno avuto un pensiero di odio per i loro persecutori. Ora sono sotto i nostri occhi come un segno vivente della potenza di Cristo che si manifesta nella umana fragilità». Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio. Ufficio delle letture Seconda lettura Dall’omelia tenuta da Giovanni Paolo II nel giorno della beatificazione
Il martirio è un particolare dono dello Spirito Santo: nei martiri si manifesta la ricchezza del mistero pasquale di Cristo. “Loda il Signore, anima mia” (Sal 145,1). L’invito del salmo vien fatto proprio dalla Chiesa nel giorno della Beatificazione dei martiri, che hanno testimoniato col sangue la loro fedeltà a Cristo durante la rivoluzione francese. Il martirio è un particolare dono dello Spirito Santo: un dono per tutta la Chiesa. Esso trova il suo coronamento nell’odierna liturgia di beatificazione, nella quale rendiamo in modo speciale gloria a Dio: “Ti acclama la candida schiera dei martiri”. Dio, mediante un atto solenne della Chiesa – la beatificazione – corona i loro meriti, manifesta allo stesso tempo il dono di grazia a loro fatto, come proclama la liturgia: “Il loro trionfo celebra i doni della tua misericordia”. In questi nuovi Beati si manifesta in modo particolare Cristo: la ricchezza del suo mistero pasquale, della croce e della risurrezione. “Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9). Questa mattina, cari fratelli e sorelle, il nostro pensiero va ai sessantaquattro sacerdoti francesi morti con altre centinaia sui bastimenti/prigione di Rochefort. Come san Paolo aveva esortato Timoteo, essi “hanno combattuto la buona battaglia della fede” (1Tm 6,12). Essi stessi hanno percorso un lungo calvario per essere rimasti fedeli alla loro fede e alla Chiesa. Se sono morti, è perché fino alla fine hanno affermato la loro stretta comunione con il Papa Pio VI. Nella loro profonda solitudine morale, essi hanno saputo mantenere vivo lo spirito di preghiera. “Stando tra i tormenti” (Lc 16,23) della fame e della sete, non ebbero una sola parola di odio nei confronti dei loro torturatori. Lentamente, si lasciarono configurare al sacrificio del Cristo che celebravano in forza della loro ordinazione. Eccoli ora offerti ai nostri sguardi come un segno vivente della potenza di Cristo che agisce nella debolezza umana. Noi possiamo con gioia riferire a loro le parole della Sacra Scrittura: le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. “Parve che morissero. La loro dipartita fu ritenuta una sciagura, ma essi sono nella pace” (Sap 2,2-3). La professione di fede, proclamata dai nuovi Beati con l’offerta della loro vita, come afferma l’Apostolo, crea particolari legami tra ciascuno dei testimoni (martyres) e Cristo, che è stato il primo testimone (Martyr) “davanti a Ponzio Pilato” (1Tm 6,13). Lo stesso Cristo, l’unico Signore di tutto l’universo, il re dei re ed il Signore dei signori (cfr. Ap 17,14), è la gloria dei martiri. Lui infatti è “il solo che possiede l’immortalità, che abita una luce inaccessibile” (1Tm 6,16). “A lui onore e potenza per sempre” (ivi). A lui, che per noi si è fatto povero per renderci ricchi con la sua povertà, gloria e onore nei nuovi Beati martiri, che oggi costituiscono una nuova ricchezza di grazia e di santità per tutta la Chiesa. RESPONSORIO Mt 5,11-12; Gv 15,20
R. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. * Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. V. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. R. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. ORAZIONE O Dio, che hai concesso ai Beati Luigi e Nicola, sacerdoti, la grazia di rimanere fedeli alla Chiesa fino al dono della vita e di perdonare i loro persecutori, concedi a noi, per loro intercessione, di amare i nostri fratelli, di servirli in tuo nome, di perdonare a tutti di cuore. Per il nostro Signore. COLLETTA O Dio, che hai premiato con la gloria eterna il martirio dei beati Luigi-Armando, Nicola e dei loro compagni, donaci di imitarne l’invitta costanza nella fede per essere partecipi della loro sorte beata. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 18 agosto BEATI GIANLUIGI LOIR, PROTASIO BOURDON E SEBASTIANO VERNESON, sacerdoti e martiri della Rivoluzione francese Durante la rivoluzione francese, 829 sacerdoti e religiosi furono deportati sui pontoni di Rochefort perché avevano rifiutato di prestare giuramento alla “Costituzione del clero”. Furono sottoposti a durissime condizioni di vita e alle peggiori umiliazioni e brutalità; così che a capo di dieci mesi si contavano fra loro già 547 morti. Fra questi eroi della fede e della fedeltà al papa e alla Chiesa di Roma, Giovanni Paolo II il 1° ottobre 1995 dichiarava beati i servi di Dio Jean-Baptiste Souzy e 63 suoi compagni. Di tale gruppo fanno parte due Frati Minori Conventuali e tre Frati Minori Cappuccini: Jean-Louis Loir de Besançon, Protais Bourdon de Sées, Sébastien Verneson de Nancy. COLLETTA O Dio, tu che hai donato ai beati martiri Gianluigi, Protasio e Sebastiano la grazia della fedeltà e del perdono nella prova della deportazione, concedi a noi, per loro intercessione, di rimanere sempre fedeli alla tua Chiesa e pronti a riconciliarci con i nostri fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 19 agosto SAN LUDOVICO D’ANGIÒ, vescovo
Nacque il 9 febbraio 1274, da Carlo II, re di Napoli, pronipote di san Luigi IX di Francia. Da ragazzo fu portato prigioniero con i fratelli presso il re di Aragona ed ebbe occasione di conoscere i francescani. Riacquistata la libertà, rinunci a tutte le prospettive umane e al trono. Eletto vescovo di Tolosa nel 1296 da Bonifacio VIII, volle prima vestire l’abito francescano e professarne la regola. Condusse una vita particolarmente dedita alla povertà, all’umiltà e alla pietà. Morì il 19 agosto 1297, ancora in giovane età. Il 7 aprile 1317 venne proclamato santo da Giovanni XXII. COLLETTA O Dio, che hai ispirato a san Ludovico d’Angi vescovo di anteporre il regno dei cieli al fascino del potere terreno, per servire i poveri in semplicità e carità, infondi in noi la forza di superare ogni egoismo e di essere in terra testimoni del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 23 agosto BEATO BERNARDO PERONI DA OFFIDA, religioso Domenico Peroni nacque il 7 novembre 1604 a Offida, nelle Marche. Da fanciullo, addetto alla custodia del gregge, coltiv intensamente la pietà. A ventidue anni entr nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, gareggiando con i migliori nell’acquisto delle più belle virtù francescane. Durante la sua lunga vita fece il cuoco, l’infermiere, il cercatore, l’ortolano, il portinaio. A sessantacinque anni fu mandato a Offida e ivi esercit la questua con gioia, come mezzo di penitenza e apostolato a vantaggio delle anime. Giunto ad una età avanzata e pieno di malanni trasform ancora di più la sua esistenza in preghiera e penitenza. Sul letto di morte ricord ai frati l’obbligo di osservare fedelmente la regola, di amarsi fraternamente, di vivere sempre in pace e di usare grande carità verso i poveri. Morì il 22 agosto 1694. Fu beatificato da Pio VI il 25 maggio 1795. COLLETTA O Dio, che nell’amore verso di te e verso i fratelli hai compendiato i tuoi comandamenti, fa’ che, ad imitazione del beato Bernardo da Offida, dedichiamo la nostra vita al servizio del prossimo, per essere da te benedetti nel regno dei cieli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 25 agosto SAN LUDOVICO (LUIGI) IX, re, terziario PROTETTORE DEL TERZ’ORDINE FRANCESCANO
Ludovico (Luigi) IX, re di Francia, nacque il 25 aprile 1215. Fin dall’infanzia ebbe un singolare amore per le virtù e un grande orrore per il peccato. Giunto alla maggiore età, venne consacrato e coronato re di Francia, ma come un impegno e un obbligo che egli assumeva davanti a Dio e agli uomini di far regnare Gesù Cristo in tutti i suoi stati. Guidato da maestri dotati di pietà e di scienza, arriv alla giovinezza così serio e dedito ai suoi doveri, così pio e virtuoso, che pareva immune da ogni passione. Leggeva continuamente la sacra Scrittura e le opere dei santi Padri e ne consigliava la lettura anche ai suoi cortigiani. Nell’anno 1244 fu sorpreso da un’ardentissima febbre per cui tutto il popolo, dolente, offrì a Dio fervide preghiere, ottenendone la guarigione. Guarito, volle di persona guidare una crociata per la liberazione della Terra Santa. Sbarcato in Egitto, presso la città di Damietta, attacc i Saraceni e li vinse: ma iniziata la marcia verso l’interno, una terribile pestilenza decim l’esercito crociato e colpì lo stesso sovrano. Assalito nuovamente dai Turchi, venne facilmente sconfitto e fatto prigioniero. Venuto a patti con il vincitore, potè liberare gran parte dei suoi soldati, soccorrere i feriti e proseguire come pellegrino per la Terra Santa. Dovette interrompere per far ritorno in Francia, essendogli in questo frattempo morta la madre. Si occup del riordinamento del regno, e govern con somma giustizia e cristiana pietà. Abolì il duello giudiziario, fond la Sorbona, la Santa Cappella, e si prepar a una nuova crociata. Ma a Tunisi una nuova epidemia colpì l’esercito e lo stesso re, sentendosi morire, domand gli ultimi sacramenti. Fattosi poi adagiare sopra un letto coperto di cenere e cilicio, con le braccia incrociate sul petto, spir il 25 agosto del 1270. Fu canonizzato l’11 agosto 1297 da Bonifacio VIII. È patrono dell’Ordine francescano Secolare. COLLETTA O Dio, che hai colmato dei tuoi doni il re san Ludovico, e lo hai innalzato dalla regalità terrena alla corona eterna, fa’ che anche noi, cooperando all’edificazione della città terrena, teniamo viva la speranza della città eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
26 agosto BEATO JUNÍPERO SERRA FERRER, sacerdote Miguel-José Serra Ferrer nacque a Petra (Maiorca, Spagna) il 24 novembre 1713. Diciottenne assume il nome di “Ginepro” facendosi francescano, per ricordare uno dei primi compagni di Francesco d’Assisi. Sacerdote a ventitre anni, nel 1737, si dedica all’insegnamento (filosofia e teologia) e alla predicazione. A trentasei anni va missionario in Messico, che all’epoca è soggetto alla Spagna. Nel 1750, con il discepolo Francisco Palóu, raggiunge la Sierra Gorda, dove arriverà a dirigere cinque missioni. Si calcola che Junípero abbia percorso 9.900 chilometri in terra e 5.400 miglia
in navigazione, arrivando all’Alta California. Fond nove missioni da cui derivano i nomi francescani di importantissime città californiane come San Francisco, San Diego, Los Angeles, ecc. Ma è sull’uomo che Junípero compie i suoi prodigi, portandogli, insieme alla fede, la spinta a costruirsi una vita degna della persona e della famiglia. Quando muore nel Carmelo di Monterey (dove sarà sepolto) il 28 agosto 1784, per tutti quelli che via via ne ricevono la notizia è come aver perduto davvero un padre, ma ricevendone pure una grande eredità. È chiamato l’“Apostolo della California”: nessuno prima di lui ha fatto tanto per tali popolazioni. Considerato come il padre degli indios fu onorato come un eroe nazionale e dal 1° marzo 1931 la sua statua si trova nella Sala del Congresso di Washington come rappresentante dello Stato della California. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988. COLLETTA O Padre, per la tua ineffabile misericordia, hai voluto unire alla tua Chiesa numerosi popoli dell’America per mezzo del beato Junípero Serra, concedi a noi, per sua intercessione, che i nostri cuori siano uniti a te nella carità perché possiamo portare a tutti gli uomini, sempre e ovunque, l’immagine del tuo Figlio unigenito, il Signore nostro Gesù Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 1 settembre (17 agosto ) SANTA BEATRICE MENEZES DE SYLVA, religiosa e fondatrice, terziaria Beatrice nacque a Campo Mayor (Portogallo) nel 1426 in una famiglia nobile, sorella del beato Amedeo de Sylva e imparentata con la famiglia reale portoghese. La sua bellezza e la sua virtù attirarono i nobili castigliani, ci suscit la gelosia della regina Isabella che la maltratt , fino a chiuderla per tre giorni in una cassapanca. Una volta liberata, fece voto di castità e di nascosto partì diretta a Toledo; la tradizione dice che l’accompagnarono nel viaggio le apparizioni di Francesco d’Assisi e di Antonio di Padova; giunta a Toledo entr nel monastero di San Domenico “El Real”, dove visse per circa trent’anni. Ma in lei già da tempo vi era il desiderio di fondare un nuovo Ordine religioso in onore dell’Immacolata Concezione, per questo scopo ottenne l’appoggio di Isabella la Cattolica. Beatrice, con dodici compagne, diede così inizio ad una nuova Famiglia monastica, l’Ordine della Immacolata Concezione, la cui regola venne scritta da lei stessa. L’Ordine fu approvato da Innocenzo VIII il 30 aprile 1489. Morì a Toledo verso il 1° settembre 1492, alla vigilia della professione religiosa del primo gruppo del nuovo Ordine, precursore del culto e della teologia del dogma dell’Immacolata Concezione. Il suo culto, instauratosi spontaneamente nel mondo francescano e iberico, fu confermato con il titolo di beata il 28 luglio 1926; Paolo VI l’ha canonizzata il 3 ottobre 1976. Comune delle sante, pag. ***.
COLLETTA O Padre, che hai favorito la santa Beatrice de Sylva con il dono di una insigne contemplazione e hai voluto che risplendesse per la devozione alla Vergine Maria, contemplata nella sua Immacolata Concezione, concedi che, sul suo esempio, possiamo qui in terra seguire la vera sapienza fino ad arrivare al cielo per contemplare la bellezza della tua maestà. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
2 settembre BEATO SEVERINO GIRAULT, sacerdote e martire della Rivoluzione francese Le vittime nel campo religioso durante la rivoluzione francese, furono migliaia e appartenenti a tutti gli Ordini allora presenti in Francia. Giorgio Girault che era nato a Rouen il 14 gennaio 1728, entr nel convento del Terz’Ordine Regolare di San Francesco di Rouen e nel 1750 fece la sua professione. Divenne sacerdote a Parigi nel 1754, ebbe negli anni successivi vari incarichi di responsabilità nell’Ordine in Normandia. Alla scoppio della rivoluzione era alloggiato nel convento di Notre-Dame di Nazareth a Parigi ed era confessore delle Suore Francescane di Santa Elisabetta. Al momento dello scatenarsi dei massacri dei religiosi, Severino si trovava nel convento dei Carmelitani di Parigi. Arrestato insieme a molti altri e fu il primo ad essere ucciso il 2 settembre 1792. Lo seguirono nel martirio in quello stesso luogo, altri 93 religiosi e sacerdoti. “I martiri di Settembre”, complessivamente 191, furono beatificati da Pio XI il 17 ottobre 1926. COLLETTA Dio onnipotente e misericordioso, guarda il tuo popolo che celebra il giorno glorioso del martire Severino e donaci, per i suoi meriti e la sua intercessione, perseverante fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 2 settembre BEATO APOLLINARE MOREL DA POSAT, sacerdote e martire della Rivoluzione francese Nacque in un villaggio presso Friburgo (Svizzera) il 12 giugno 1739 e nel battesimo gli fu posto il nome di Gian Giacomo Morel. Il 26 settembre 1762, a ventitre anni, vestì l’abito dei Frati Minori Cappuccini prendendo il nome di fra Apollinare da Posat (paese d’origine). Ordinato sacerdote il 22 settembre 1764, si diede al tipico apostolato cappuccino con l’aiutare il clero nelle parrocchie e predicare missioni al popolo.
Efficacissima la sua predicazione, specie tra i giovani, per cui ebbe molto da soffrire da parte degli avversari della fede. Fu pure insegnante e direttore degli studenti di teologia a Friburgo. Nel 1788 era a Parigi in procinto di recarsi missionario in Siria, ma il Signore dispose che Parigi fosse l’ultimo campo del suo apostolato e il luogo del suo martirio. Per aver rifiutato di sottoscrivere la “Costituzione civile del Clero” fu arrestato il 14 agosto 1792 e inviato nella chiesa del Carmine, dove erano rinchiusi circa 160 refrattari, quasi tutti ecclesiastici, e dove venne ucciso nell’orrendo massacro del 2 settembre. Nelle due lettere scritte all’amico Jann e al suo antico superiore, egli rivela l’intimo del suo spirito nella certezza d’immolarsi per Cristo; nella luce del martirio, Apollinare vede risplendere il disegno di Dio sulla sua vita di perseguitato e intona l’alleluia pasquale che, poi, canterà in eterno in cielo. Il 17 ottobre 1926, Pio XI lo annover tra i beati insieme ad altri 190 martiri della rivoluzione francese, tra i quali Gianfrancesco Burté dei Frati Minori Conventuali e Severino Girault del Terz’Ordine Regolare. COLLETTA Fa’, o Signore, che amiamo con pietà filiale la tua Chiesa, per la cui difesa il beato Apollinare, corroborato dal dono della fortezza, ha combattuto fino alla morte. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 2 settembre BEATO GIANFRANCESCO BURTÉ, sacerdote e martire della Rivoluzione francese Fa parte dei 191 sacerdoti e religiosi francesi massacrati durante la rivoluzione francese, tra il 2 e il 3 settembre 1792 a Parigi. Nacque a Ramberviller (Francia) il 20 giugno 1740, entr fra i Conventuali della stretta Osservanza a Nancy nel 1757 e completati gli studi, rimase come professore e guardiano del convento nel 1768. Nel 1778 fu inviato a Parigi come procuratore generale della sua provincia francescana; ritorn nella stessa città parigina nel 1790, divenendo superiore nel giugno 1792. Venne accusato di aver autorizzato i “preti refrattari”, cioè quei sacerdoti che non aderivano alla Costituzione del clero e quindi fuorilegge, a confessare e celebrare nella sua chiesa, mentre avrebbe dovuto proibirlo; quindi fu arrestato ed inviato nell’ex convento dei Carmelitani, dove fu trucidato insieme agli altri religiosi e sacerdoti catturati. Venne beatificato, insieme agli altri, da Pio XI il 17 ottobre 1926. COLLETTA O Dio, che al beato Gianfrancesco hai dato la grazia e la gloria del martirio, fa’ che onoriamo il suo sacrificio imitandone la totale dedizione alla tua Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
4 settembre
SANTA ROSA DA VITERBO, terziaria Nasce nel 1233 a Viterbo. Il 24 giugno 1247, gravemente malata, ottiene di entrare subito fra le Terziarie di San Francesco, che ne seguono la regola vivendo in famiglia. Guarita, si mette a percorrere Viterbo portando una piccola croce o un’immagine sacra: prega ad alta voce ed esorta tutti all’amore per Gesù e Maria, alla fedeltà verso la Chiesa. Inizia la campagna per rafforzare la fede cattolica, contro l’opera del dissenso religioso, nella città dove comandano i ghibellini, ligi all’imperatore e nemici del papa. Un’iniziativa spirituale, ma collegata alla situazione politica. Per questo, il podestà manda Rosa e famiglia in domicilio coatto a Soriano del Cimino. Un breve esilio, perché nel 1250 muore Federico II e Viterbo passa nuovamente alla Chiesa. Ma non sentirà più la voce di Rosa nelle strade. La giovane muore il 6 marzo 1251. Nel novembre 1252 papa Innocenzo IV promuove il primo processo canonico. Nel 1257 papa Alessandro IV ordina la traslazione del corpo nel monastero delle Clarisse e il 4 settembre 1258 la eleva agli onori degli altari. La morte di Rosa si commemora il 6 marzo. Ma le feste più note in suo onore sono quelle del 4 settembre, che ricordano la traslazione del corpo nell’attuale santuario a lei dedicato. Nel 1922 Benedetto XV ha proclamato Rosa patrona della Gioventù femminile di Azione Cattolica. È patrona di Viterbo e compatrona della diocesi. COLLETTA O Dio, che hai unito in santa Rosa da Viterbo, nel fiore della sua giovinezza, il candore dell’innocenza con una mirabile fortezza d’animo, concedici che, imitando in terra le sue virtù, siamo anche partecipi con lei dei gaudi eterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 11 settembre BEATO BONAVENTURA GRAN DA BARCELLONA, religioso Michele Battista Gran nacque a Riudoms, diocesi di Tarragona (Spagna), il 24 novembre 1620. Per volere del padre contrasse matrimonio ma, rimasto vedovo dopo soli dodici mesi, entr nell’Ordine dei Frati Minori come semplice religioso, attendendo ovunque ai più umili uffici della comunità. Si distinse per la sua singolare carità verso i poveri e i sofferenti. Da Barcellona di Spagna venne in Italia e ottenne dal papa la facoltà di poter erigere dei conventi di ritiro a Ponticelli in Sabina e sul Palatino a Roma. Morì a Roma l’11 settembre 1684. Fu beatificato da Pio X il 10 giugno 1906. COLLETTA O Padre, che nel beato Bonaventura da Barcellona ci hai donato un modello di perfezione evangelica, concedi a noi, per sua intercessione, di crescere nella conoscenza di Cristo e di accogliere e testimoniare con la vita la parola del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
12 settembre SANTA CATERINA FIESCHI ADORNO DA GENOVA, fondatrice, terziaria Nasce nel 1447 in una delle principali famiglie genovesi. A sedici anni viene data in moglie a Giuliano Adorno, appartenente ad una importante famiglia ghibellina. Vive una vita frivola e mondana ma dopo un incontro con la sorella suora, decide di cambiare vita e condivide le sue esperienze mistiche e caritative con un piccolo gruppo di figli spirituali. Volle quindi essere figlia e seguace del Serafino di Assisi, e si iscrisse al Terz’Ordine. La gloriosa divisa del Terziario figura tra gli oggetti inventariati dopo la sua beata morte. Am san Francesco e si studi di imitarlo, di divenir parte viva del grandioso e provvidenziale movimento da lui suscitato. La storia ci dice che Caterina riuscì nell’intento tanto da meritare il titolo di Serafina. Dopo la conversione, la vita di Caterina ha il proprio centro nel rapporto con Cristo. Non si dedica per solo alla contemplazione, ma anche all’azione, rivolgendo il suo impegno concreto soprattutto agli ammalati. Opera nella Compagnia delle dame della Misericordia e inizia a visitare il lebbrosario di San Lazzaro, svolge le mansioni più umili; cura pure i bambini abbandonati e fronteggia varie epidemie di peste. Nel 1497 fonda la prima “Compagnia del divino amore”, che sarà il modello per analoghe istituzioni di altre città italiane nel quadro di quella che è stata chiamata la Riforma cattolica. Muore il 15 settembre 1510. Il suo corpo è conservato nella chiesa genovese della Santissima Annunziata in Portoria. È stata beatificata da Clemente X il 6 aprile 1675 e canonizzata da Clemente XII il 23 aprile 1737. COLLETTA O Dio, che hai fatto ardere di amore divino santa Caterina Fieschi Adorno, nel contemplare le sofferenze di Cristo, per sua intercessione, accendi n noi il fuoco della tua carità e rendici partecipi della passione del tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 17 settembre IMPRESSIONE DELLE STIMMATE DI SAN FRANCESCO Il serafico Padre san Francesco nutrì, fin dalla sua conversione, una tenerissima devozione a Cristo crocifisso; devozione che diffuse sempre con le parole e la vita. Nel 1224, mentre sul monte della Verna era immerso nella meditazione, il Signore Gesù, con un prodigio singolare, gli impresse nel corpo le stimmate della sua passione. Benedetto XI concesse all’Ordine francescano di celebrare annualmente il ricordo di questo privilegio, che rese il Poverello «mirabile segno» di Cristo. Festa Ufficio delle letture
INNO Il serafico Padre Francesco
contemplando le piaghe di Cristo, con sospiri e con lacrime ardenti della croce rivive il mistero. Sulla Verna, novello Calvario, o portento divino di grazia!, nelle membra riceve l'effigie di Gesù, che già porta nel cuore. O Signore, nel corpo del padre hai scolpito i tuoi segni d'amore; a noi figli concedi la grazia di imitarti e soffrire per Te. Dona, o Padre, che regni nei cieli, ai rendenti dal sangue del Figlio, di percorrer la via della croce per raggiunger la patria beata. Amen. 1 ant. La mano del Signore si posò su di me, e mi condusse su un monte elevato. SALMO 20, 2-8. 14 Signore, il re gioisce della tua potenza, * quanto esulta per la tua salvezza! Hai soddisfatto il desiderio del suo cuore, * non hai respinto il voto delle sue labbra. Gli vieni incontro con larghe benedizioni; * gli poni sul capo una corona di oro fino. Vita ti ha chiesto, a lui l'hai concessa, * lunghi giorni in eterno, senza fine. Grande è la sua gloria per la tua salvezza, * lo avvolgi di maestà e di onore; lo fai oggetto di benedizione per sempre, * lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto. Perché il re confida nel Signore: * per la fedeltà dell'Altissimo non sarà mai scosso. Alzati, Signore, in tutta la tua forza; * canteremo inni alla tua potenza. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 1 ant. La mano del Signore si posò su di me, e mi condusse su un monte elevato.
2 ant. Io contemplai quella grande visione; il mio colorito si fece smorto e mi venivano meno le forze. SALMO 91 I (1-9) È bello dar lode al Signore * e cantare al tuo nome, o Altissimo, annunziare al mattino il tuo amore, * la tua fedeltà lungo la notte, sull'arpa a dieci corde e sulla lira, * con canti sulla cetra. Poiché mi rallegri, Signore, con le tue meraviglie, * esulto per l'opera delle tue mani. Come sono grandi le tue opere, Signore, * quanto profondi i tuoi pensieri! L'uomo insensato non intende * e lo stolto non capisce: se i peccatori germogliano come l'erba * e fioriscono tutti i malfattori, li attende una rovina eterna: * ma tu sei l'eccelso per sempre, o Signore. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 2 ant. Io contemplai quella grande visione; il mio colorito si fece smorto e mi venivano meno le forze. 3 ant. La gloria del Signore splendeva come fuoco ardente sul vertice della montagna. II (10-16) Ecco, i tuoi nemici, o Signore, †
ecco, i tuoi nemici periranno, * saranno dispersi tutti i malfattori.
Tu mi doni la forza di un bufalo, * mi cospargi di olio splendente. I miei occhi disprezzeranno i miei nemici, †
e contro gli iniqui che mi assalgono *
i miei orecchi udranno cose infauste. Il giusto fiorirà come palma, * crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, * fioriranno negli atri del nostro Dio. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, * saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore: * mia roccia, in lui non c'è ingiustizia. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 3 ant. La gloria del Signore splendeva come fuoco ardente sul vertice della montagna. ℣ I tuoi dardi d'amore mi hanno trafitto. ℞ La tua mano onnipotente si è posata sopra
di me.
PRIMA LETTURA Dalla lettera ai Galati di san Paolo, apostolo
5,24-26; 6,2-5, 7-10,14-18
Io porto le stimmate di Gesù nel mio corpo Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri. Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto: ciascuno infatti porterà il proprio fardello. Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede. Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio. D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stimmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
RESPONSORIO
Cfr. At 20,28; 1 Cor 4,2
℞ Vegliate
sul gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posto come vescovi, * per guidare la Chiesa di Dio, acquistata nel sangue del suo Figlio. ℣ A chi amministra, si chiede di essere fedele, ℞ per guidare la Chiesa di Dio, acquistata nel sangue del suo Figlio. SECONDA LETTURA Dalla «Legenda minor» di san Bonaventura Francesco, mediante le sacre Stimmate, prese l'immagine del Crocifisso Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall'alto. Un mattino, verso la festa dell'Esaltazione della santa Croce, raccolto in preghiera sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardori serafici, vide la figura di un Serafino discendente dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all'uomo di Dio. Apparve allora non solo alato, ma anche crocifisso. A quella vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c'erano, al tempo stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante vedendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in modo tanto ammirabile quanto affettuoso; ma al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore. Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la visione disparve, lasciò nella sua anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne i segni esterni della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla forza fondente del fuoco. Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi; nell'incàvo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e dall'altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafitto da un colpo di lancia, era solcato da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sangue. Dopo che l'uomo nuovo Francesco apparve insignito, mediante insolito e stupendo miracolo, delle sacre stimmate, discese dal monte. Privilegio mai concesso nei secoli passati, egli portava con sé l'immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente. RESPONSORIO
Cfr. 2 Cor 4, 10; Rm 8, 29
℞ Porto
sempre e dovunque nel mio corpo la morte di Gesù, * perché anche la vita di Gesù si manifesti nel mio corpo. ℣ Dio mi predestinò ad essere conforme all'immagine del Figlio suo ℞ perché anche la vita di Gesù si manifesti nel mio corpo. TE DEUM Noi ti lodiamo, Dio, * ti proclamiamo Signore. O eterno Padre, * tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli * e tutte le potenze dei cieli: Santo, Santo, Santo * il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra * sono pieni della tua gloria. Ti acclama il coro degli apostoli * e la candida schiera dei martiri; le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; * la santa Chiesa proclama la tua gloria, adora il tuo unico Figlio, * lo Spirito Santo Paraclito. O Cristo, re della gloria, * eterno Figlio del Padre, tu nascesti dalla Vergine Madre * per la salvezza dell'uomo. Vincitore della morte, * hai aperto ai credenti il regno dei cieli. Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. * Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi. Soccorri i tuoi figli, Signore, * che hai redento col tuo sangue prezioso. Accoglici nella tua gloria * nell'assemblea dei santi. Salva il tuo popolo, Signore, * guida e proteggi i tuoi figli. Ogni giorno ti benediciamo, * lodiamo il tuo nome per sempre. ☆
Degnati oggi, Signore, * di custodirci senza peccato. Sia sempre con noi la tua misericordia: * in te abbiamo sperato. Pietà di noi, Signore, * pietà di noi. Tu sei la nostra speranza, * non saremo confusi in eterno. Quest'ultima parte dell'inno si può omettere.
☆
ORAZIONE O Dio, che per infiammare il nostro spirito con il fuoco del tuo amore, hai impresso nel corpo del serafico Padre san Francesco i segni della passione del Figlio tuo: concedi a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere
partècipi della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Lodi mattutine INNO Del Serafico Padre la gloria oggi cantano tutti i suoi figli; egli è stato insignito da Dio con le stimmate della passione. Nelle mani, nei piedi e nel cuore egli porta il divino sigillo, fatto al mondo mirabile segno e perfetto esemplare di Cristo. Nel cammino che porta a salvezza ci precede portando la croce, non da mano dell'uomo formata ma da Dio nel suo corpo scolpita. I tuoi doni copiosi, o Signore, interceda dal cielo il gran santo che mostrò agli uomini in terra del tuo Figlio diletto l'effigie. Amen. 1 ant. Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. 2 ant. Sono stato conquistato da Gesù Cristo, perché io possa conoscere Lui e la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte. 3 ant. Cristo sarà glorificato nel mio corpo; per me il vivere è Cristo. LETTURA BREVE
Gal 6, 14. 17-18
Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Difatti io porto le stimmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen. RESPONSORIO BREVE ℞ Il
tuo dardo d'amore * mi ha trafitto. Il tuo dardo d'amore mi ha trafitto. ℣ E la tua mano onnipotente si è posata sopra di me: mi ha trafitto. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Il tuo dardo d'amore mi ha trafitto. Ant. al Ben. O martire di desiderio, Francesco, il Signore quale Sole splendente dall'alto ha irradiato su di te la sua luce, ed ha rinnovato, in modo mirabile, nelle tue membra i segni della nostra redenzione. Rivolgiamo la nostra umile preghiera a Cristo Signore, che ha edificato col suo sangue la Chiesa, e ci ha chiamati alla sequela del suo fedelissimo imitatore Francesco. Diciamo insieme: Rendici perseveranti, o Signore, nel tuo servizio.. Tu che sei venuto ad evangelizzare i poveri e gli umili, - insegnaci a diffondere con la parola e con le opere il tuo Regno. Tu che sei luce dei popoli e maestro di santità e di vita vera, - rendici saldi nella fede per poter annunziare il tuo Nome a tutti i nostri fratelli. Tu che hai dato ai tuoi discepoli come speciale comandamento il precetto dell'amore fraterno, - fa' che operiamo alacremente il bene a servizio di tutti i nostri fratelli. O Sapienza dell'Eterno Padre, che illumini le nostre intelligenze, - fa' che, ricercando la verità nella carità, nutriamo sempre pensieri retti e santi. O Cristo Salvatore, che non hai disdegnato di lavorare con le tue mani, - dirigi e santifica il nostro lavoro, perché, vedendo le nostre buone opere, tutti possano glorificare il Padre. Padre Nostro. ORAZIONE O Dio, che per infiammare il nostro spirito con il fuoco del tuo amore, hai impresso nel corpo del serafico Padre san Francesco i segni della passione del Figlio tuo: concedi a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere partècipi della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Ora Media Terza LETTURA BREVE
Gal 2, 20-21
Questa vita che vivo, e nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Non annullo dunque la grazia di Dio. ℣ Quando crescevano le mie ansie interiori. ℞ Le tue consolazioni rallegrarono la mia anima.
Sesta
LETTURA BREVE
Rm 6, 4-6
Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui. ℣ Chi vuol venire dietro a me rinneghi ℞ Prenda la sua croce e mi segua.
se stesso.
Nona
LETTURA BREVE
Rm 6, 8.11
Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Iddio, in Cristo Gesù. ℣ I cuori devoti s'infiammano d'amore. ℞ Ricordando le gloriose stimmate di san Vespri
INNO Nel silenzio della Verna si rinnova in san Francesco il mistero della Croce. Mentre in estasi contempla la Passione del Signore, vien dal cielo una gran luce. Un celeste Serafino rivestito di sei ali, inchiodato sulla croce. Riconosce il Poverello il Signore Crocifisso: cresce il fuoco nel suo cuore. Cinque raggi hanno colpito mani, piedi e il suo costato: son le stimmate di Cristo. O mirifico portento: è visibile nel servo la figura del Signore. O glorioso san Francesco, dona ai figli di seguirti nel dolore e nell'amore. Amen.
Francesco.
1 ant. In molti modi il Signore ha manifestato in san Francesco i misteri della croce. SALMO 14 Signore, chi abiterà nella tua tenda? * Chi dimorerà sul tuo santo monte? Colui che cammina senza colpa, * agisce con giustizia e parla lealmente, chi non dice calunnia con la sua lingua, †
non fa danno al suo prossimo * e non lancia insulto al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, * ma onora chi teme il Signore. Anche se giura a suo danno, non cambia; †
se presta denaro non fa usura, * e non accetta doni contro l'innocente.
Colui che agisce in questo modo * resterà saldo per sempre. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 1 ant. In molti modi il Signore ha manifestato in san Francesco i misteri della croce. 2 ant. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi Crocifisso. SALMO 111 Beato l'uomo che teme il Signore * e trova grande gioia nei suoi comandamenti. Potente sulla terra sarà la sua stirpe, * la discendenza dei giusti sarà benedetta. Onore e ricchezza nella sua casa, * la sua giustizia rimane per sempre. Spunta nelle tenebre come luce per i giusti, * buono, misericordioso e giusto. Felice l'uomo pietoso che dà in prestito, *
amministra i suoi beni con giustizia. Egli non vacillerà in eterno: * il giusto sarà sempre ricordato. Non temerà annunzio di sventura, * saldo è il suo cuore, confida nel Signore. Sicuro è il suo cuore, non teme, * finché trionferà dei suoi nemici. Egli dona largamente ai poveri, †
la sua giustizia rimane per sempre, * la sua potenza s'innalza nella gloria.
L'empio vede e si adira, †
digrigna i denti e si consuma. * Ma il desiderio degli empi fallisce.
Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 2 ant. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi Crocifisso. 3 ant. Sono messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. CANTICO Cfr Ap 15, 3-4 Grandi e mirabili sono le tue opere, †
o Signore Dio onnipotente; * giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti!
Chi non temerà il tuo nome, †
chi non ti glorificherà o Signore? * Tu solo sei santo!
Tutte le genti verranno a te, Signore, †
davanti a te si prostreranno, * perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati.
Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 3 ant. Sono messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito.
LETTURA BREVE
Gal 6, 14. 17-18
Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Difatti io porto le stimmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen. RESPONSORIO BREVE ℞ Hai
insignito, o Signore, * il tuo servo Francesco. Hai insignito, o Signore, il tuo servo Francesco. ℣ Dei gloriosi segni della nostra redenzione: il tuo servo Francesco. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Hai insignito, o Signore, il tuo servo Francesco. Ant. al Magn. Sono morto al mondo, e la mia vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, la nostra vita, allora anche noi saremo manifestati con lui nella gloria. INTERCESSIONE Fratelli, preghiamo Dio nostro Padre, perché, sull'esempio e per l'intercessione del serafico Padre san Francesco, ci guidi tutti alla santità. Diciamo insieme: Ti preghiamo, ascoltaci, o Signore. Padre Santo, che hai reso il tuo servo Francesco un perfetto imitatore del tuo Figlio Gesù, - fa' che anche noi, seguendo le sue orme, osserviamo fedelmente il Vangelo di Cristo. Padre Santo, che disperdi i superbi ed esalti gli umili di cuore, - concedici di seguire il Padre Serafico nella via dell'umiltà. Padre Santo, che hai insignito il tuo servo Francesco con le sacre stimmate della passione del tuo Figlio, - fa' che di null'altro ci gloriamo se non della croce di Gesù Cristo. Padre Santo, che per le preghiere di san Francesco perdoni le nostre colpe, - fa' risplendere sui nostri fratelli defunti la luce del tuo volto. Padre Nostro
ORAZIONE O Dio, che per infiammare il nostro spirito con il fuoco del tuo amore, hai impresso nel corpo del serafico Padre san Francesco i segni della passione del Figlio tuo: concedi a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere partècipi della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA O Dio che, per infiammare il nostro spirito con il fuoco del tuo amore, hai impresso nel corpo del serafico Padre san Francesco i segni della passione del tuo Figlio, concedi a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere partecipi della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 18 settembre SAN GIUSEPPE DESA DA COPERTINO, sacerdote
Giuseppe Desa nacque a Copertino (Lecce) nel 1603 e fu ricevuto nell’Ordine dei Minori Conventuali. Ordinato sacerdote nel 1628, si diede senza riserve al sacro ministero e al lavoro per la salvezza delle anime. La sua parola era confermata dalla pratica delle virtù religiose, da grande penitenza e da intensa preghiera. La sua vita, piena di estasi e miracoli, lo rese una delle figure più interessanti della mistica cristiana. Per i suoi singolarissimi privilegi, fu costretto a cambiare spesso convento onde evitare fanatismi popolari, ma rifulsero sempre in lui l’umiltà e l’incondizionata obbedienza. Grandissima fu la sua devozione alla Vergine Maria e al serafico Padre. Morì a Osimo, nelle Marche, il 18 settembre 1663. Fu beatificato il 24 febbraio 1753 da Benedetto XIV e proclamato santo il 16 luglio 1767 da Clemente XIII. COLLETTA O Dio, che con mirabile sapienza hai voluto attrarre ogni cosa all’unigenito tuo Figlio, fa’ che, elevandoci dalle terrene cupidigie, per i meriti e l’esempio di san Giuseppe da Copertino, possiamo conformarci pienamente allo stesso tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
19 settembre SAN FRANCESCO MARIA CROESE DA CAMPOROSSO, religioso Giovanni Cr oese nacque a Camporosso (Imperia) il 27 dicembre 1804. Entrato nell’Ordine dei Minori Cappuccini, per quarant’anni and elemosinando per le vie di Genova, beneficando tutti, spiritualmente e materialmente. Per la reputazione di santità che si diffuse intorno alla sua persona, i
suoi concittadini lo chiamavano “padre santo”. Nel 1866 si offrì vittima di carità per assistere gli ammalati di colera e si spense contagiato dal morbo il 17 settembre. Beatificato il 30 giugno 1929 da Pio XI, venne dichiarato santo da Giovanni XXIII il 9 dicembre 1962.
SECONDA LETTURA Dalla «Vitis mystica» attribuita a san Bonaventura vescovo (q. 32 - Quaracchi, Vili, 214-215) A nulla vale la purezza del fiore senza le opere della carità La carità, che non può rimanere oziosa, manifesta sempre la sua presenza mediante le opere. Lo afferma san Gregorio: «La verifica dell'amore è l'opera esibita». E Giovanni, il discepolo che Gesù prediligeva, dice: «Chi avesse dei beni del mondo e vedendo il suo fratello nella necessità, gli chiudesse il cuore, come potrebbe restare in lui l'amore di Dio? Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio, che non vede. La stessa Verità, il buon Gesù, ha avuto cura di spiegare quali siano le opere di misericordia che dimostrano l'amore del prossimo. Afferma, infatti, che egli, nell'esame dell'ultimo giudizio, loderà i giusti e condannerà i reprobi, per avere o non avere compiuto queste opere: «Ebbi fame, e mi deste da mangiare; ebbi sete mi deste da bere; fui senza tetto e mi accoglieste; fui ignudo e mi vestiste; fui ammalato e in carcere e mi visitaste. Perché ciò che avete fatto al più piccolo di questi fratelli, lo avete fatto a me». Ecco le opere di misericordia che procedono dalla radice della carità. Bisogna, dunque, riflettere bene sull'eccellente dignità di queste opere che, sole, meritano lode in quell'esame rigoroso. Non vale nulla la purezza del bianco fiore senza queste opere; non ha valore la purezza verginale senza le opere della carità. Si esamini ciascuno se ha questa volontà. Quando vedi un povero o un infermo o un pellegrino, e passi oltre non toccato da compassione, e non offri per lui alcuna preghiera, non partecipando al suo bisogno, forse tu hai volontà di donare? In nessun modo. Ogni volta che vediamo qualcuno nell'indigenza, riconosciamo Cristo in lui, poiché anche l'indigente è nostro fratello. Se non chiuderemo le viscere della compassione di fronte all'indigente, sapremo che la carità di Dio ha dimora in noi. Tuttavia, e anzi molto di più, si deve usare misericordia verso quei miseri che deviano dalla retta fede o dalle sue opere, e che si adagiano nell'immondizia dei peccati, sia che essi li riconoscano sia che non li considerino. Bisogna spezzare loro, con le nostre preghiere e lacrime, quel pane celeste degli Angeli, il dolce Gesù, inducendolo alla misericordia. Similmente, coloro cui il Signore ha dato il dono dell'intelletto, spezzino e apprestino a costoro il pane della sacra Scrittura; e preghino il Signore che si degni di aprire i loro occhi perché lo riconoscano, e sani il palato del loro cuore perché possano gustare e vedere come veramente soave è il Signore, riconosciuto nello spezzare il pane, cioè nell'interpretazione della sacra Scrittura. RESPONSORIO ℞ Cristo
Fil 1, 20-21; 1 Ts 2, 8
sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. * Per me il vivere è Cristo, e il morire un guadagno. ℞ Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi anche la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. ℞ Per me il vivere è Cristo, e il morire un guadagno.
ORAZIONE O Dio, che in san Francesco Maria, tuo umile servo, ci hai dato un esempio singolare di carità operosa: fa' che anche noi, a sua imitazione e con il suo aiuto, ci dedichiamo con generosità e umiltà al servizio del prossimo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA O Dio, che in san Francesco Maria, tuo umile servo, ci hai dato un esempio singolare di carità operosa, fa’ che anche noi, a sua imitazione e con il suo aiuto, ci dedichiamo con generosità e umiltà al servizio del prossimo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 22 settembre SANT’IGNAZIO BELVISOTTI DA SANTHIÀ, sacerdote Lorenzo Maurizio Belvisotti nacque a Santhià (Vercelli) il 5 giugno 1686. Frequent il seminario e a ventiquattro anni venne ordinato sacerdote. Si diede alla predicazione aiutando i Gesuiti nelle loro missioni. Rifiutato un canonicato e una parrocchia, con umili insistenze chiese ed ottenne di entrare tra i Frati Minori Cappuccini, a trent’anni. Era venuto a cercare umiltà e obbedienza e divenne modello di queste virtù per cinquantaquattro anni. Sua gioia era stare all’ultimo posto, servo di tutti, sempre pronto a qualunque richiamo dei superiori. Maestro dei novizi, apostolo del confessionale, consolatore degli infermi, che visitava nelle loro case, con l’animo sempre immerso in Dio e con inalterabile serenità con tutti. Morì il 22 settembre 1770; le sue reliquie sono nella chiesa dei Cappuccini del Monte, a Torino. Il 17 aprile 1966 Paolo VI procedeva alla solenne beatificazione e Giovanni Paolo II il 18 maggio 2002 lo annover tra i santi. COLLETTA O Dio onnipotente ed eterno, per restaurare l’umana natura hai voluto che l’obbedienza riparasse ci che aveva perduto la superbia: concedi propizio che le preghiere e gli esempi del sacerdote sant’Ignazio da Santhià ci rendano disponibili a compiere con prontezza la tua volontà, principio della nostra salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
23 settembre SAN PIO FORGIONE DA PIETRELCINA, sacerdote Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina, diocesi di Benevento, il 25 maggio 1887. Entrato come chierico nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini il 6 gennaio 1903, fu ordinato sacerdote il 10 agosto 1910, nella cattedrale di Benevento. Il 28 luglio 1916 salì a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, dove, salvo poche e brevi interruzioni, rimase fino alla morte, avvenuta il 23 settembre 1968. La mattina del venerdì 20 settembre 1918, mentre pregava davanti al crocifisso del coro della vecchia chiesina, ricevette il dono delle stimmate, che rimasero aperte e sanguinanti per mezzo secolo. Durante la vita attese allo svolgimento del suo ministero sacerdotale, fond i “Gruppi di preghiera” e un moderno ospedale, al quale pose il nome di “Casa sollievo della sofferenza”. Morì il 23 settembre 1968. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 2 maggio 1999 e canonizzato dallo stesso pontefice il 16 giugno 2002. COLLETTA Dio onnipotente ed eterno, con grazia singolare hai concesso al sacerdote san Pio da Pietrelcina di partecipare alla croce del tuo Figlio e per mezzo del suo ministero hai rinnovato le meraviglie della tua misericordia, concedi a noi, per sua intercessione, che, uniti costantemente alla passione di Cristo, possiamo giungere felicemente alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 24 settembre RITROVAMENTO DEL CORPO DELLA SANTA MADRE CHIARA Chiara d’Assisi morì la sera dell’11 agosto 1253 a San Damiano. Il giorno seguente, con tutti gli onori, fu trasportata nella chiesa di San Giorgio, luogo della primitiva sepoltura di san Francesco e dove poi sorse la basilica a lei dedicata. Pio IX autorizz i lavori di scavo sotto l’altare della basilica per riportare alla luce il corpo della Santa, che fu ritrovato il 23 settembre 1850. Da allora è esposto in permanenza alla venerazione dei fedeli. COLLETTA Celebrando la memoria della santa madre Chiara, imploriamo, o Signore, per i suoi meriti e la sua intercessione, la grazia di rivivere ogni giorno il mistero della risurrezione, radicati nella speranza e nella carità operosa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 24 settembre
SAN PACIFICO DIVINI DA SAN SEVERINO, sacerdote Carlo Antonio Divini nacque a San Severino nelle Marche il 1° marzo 1653 e a diciassette anni abbracci la regola dei Frati Minori Osservanti Riformati con il nome di fra Pacifico. Religioso e sacerdote esemplare, ovunque esercit il ministero lasci viva testimonianza di santità, specialmente nella pratica della penitenza, della pazienza, del raccoglimento, della profonda orazione e della gioia di servire il Signore. Morì nel convento del suo paese il 24 settembre 1721. Beatificato da Pio VI il 13 agosto 1786, fu canonizzato da Gregorio XVI il 26 maggio 1839. COLLETTA O Padre, datore di ogni bene, che hai concesso a san Pacifico da San Severino di vivere le beatitudini evangeliche in grande pazienza e nell’amore per la solitudine, concedi a noi, sul suo esempio, di cercarti nel raccoglimento e di donarci ai fratelli con il cuore pieno di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 27 settembre SANT’ELZEARIO DI SABRAN E BEATA DELFINA DI DIGNE, sposi, terziari Elzeario nacque ad Apt in Provenza fra il 1284 e il 1285, primogenito di Ermengao de Sabran conte di Ariano e di Laudana d’Albe de Roquemartine. Per volere del re Carlo II d’Angi dovette sposare verso i diciotto anni nel 1299, la futura beata Delfina di Digne. Essi stabilirono, di comune accordo, di conservare la loro castità. Elzeario, ereditato fra l’altro il titolo di conte d’Ariano, venne in Italia, in Irpinia, per prendere possesso della contea. Fu suo merito e per le virtù professate, che riuscì a conquistare l’amore del popolo, per questo fu apprezzato dal re di Napoli Roberto d’Angi , che quando nel 1312 fu necessario inviare dei soldati in aiuto del papa assediato a Roma dall’esercito dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo, ne affid il comando ad Elzeario. Fu inoltre incaricato di delicate missioni presso la corte di Francia. Morì a Parigi il 27 settembre 1323; fu sepolto ad Apt nella chiesa dei francescani, di cui era fedele Terziario. La sua fama di grande uomo di carità, specie nell’assistenza ai lebbrosi, si diffuse. Venne proclamato santo il 5 gennaio 1371 da Gregorio XI. Le sue reliquie furono trasferite nel 1791 dalla chiesa francescana di Apt, alla cattedrale della città, dove sono tuttora venerate, insieme a quelle della sua casta sposa, la beata Delfina, che visse lungo tempo dopo il marito, moltiplicando le opere di carità. Fu beatificata da Innocenzo XII il 24 luglio 1694. [Memoria liturgica ufficiale: 26 settembre]. COLLETTA O Padre, che negli sposi Elzeario e Delfina hai donato esempi insigni di virtù nello stato del matrimonio, concedi a noi che li veneriamo su questa terra di poter aver parte,
in cielo, alla loro beata compagnia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 26 settembre BEATO AURELIO DA VINALESA E COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola Nel numeroso gruppo dei 233 martiri della persecuzione religiosa del 1936 in Valencia, furono beatificati 50 frati e suore della famiglia francescana: dodici Frati Minori Cappuccini (Aurelio de Vinalesa e compagni), cinque Clarisse Cappuccine (María Jesús Masiá Ferragut e compagne), diciannove Terziari Cappuccini Amigoniani (Vincenzo Cabanes e compagni), una cooperatrice amigoniana laica (Carmen García Moyón), tre Terziarie Cappuccine (Rosario de Soano e compagne) e sei Frati Minori Conventuali (Alfonso López e compagni). Aurelio nacque a Vinalesa (Valencia) nel 1896. Fin da giovane fu attratto e scelse la vita evangelica francescano-cappuccina. Durante la persecuzione religiosa spagnola fu costretto ad abbandonare il convento e rifugiarsi in famiglia. Venne preso e fu ucciso il 28 agosto 1936. Morì gridando: «Viva Cristo Re!». Nello stesso periodo e per le stesse motivazioni furono uccisi altri 11 confratelli: Ambrosio de Benaguacil, Pedro de Benisa, Joaquín de Albocácer, Modesto de Albocácer, Germán de Carcagente, Buenaventura de Puzol, Santiago de Rafelbuñol, Enrique de Almazora, Fidel de Puzol, Berardo de Lugarneuevo de Fenoyet e Pacífico de Valencia. Furono beatificati da Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001. COLLETTA O Dio, che hai concesso ai beati Aurelio e compagni di dare, con l’effusione del sangue, la più grande testimonianza di carità, concedi a noi di rimanere sempre fedeli a Cristo e di non separarci mai dal tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 28 settembre BEATO INNOCENZO SCALVINONI DA BERZO, sacerdote Giovanni Scalvinoni nacque a Niardo (Brescia) il 19 marzo 1844. Giovanissimo, entr in collegio e s’avvi alla ordinazione sacerdotale, che ricevette il 2 giugno 1867. Ricoprì vari incarichi, fra cui quello di parroco. All’età di trent’anni entr tra i Frati Minori Cappuccini, abbracciando con entusiasmo tutto il rigore della vita serafica. Adibito a vari uffici della vita religiosa, il risultato non fu pari alle speranze dei superiori e ci gli servì per essere ancora più umile e scomparire. Ma la sua altezza spirituale crebbe sempre più nell’assidua preghiera, nella penitenza e nella dedizione alla predicazione e alle confessioni. Sua gioia il tabernacolo, sua devozione preferita la Via Crucis. Mentre, per supremo atto di obbedienza, predicava gli esercizi spirituali ai suoi confratelli, morì a Bergamo il 3 marzo 1890. Le sue spoglie riposano a Berzo. Fu
beatificato da Giovanni XXIII il 12 novembre 1961. Un santo originale, che esternamente non fa storia, che non ha cose da raccontare, che si muove entro avvenimenti senza alcun rilievo, ma appunto «un santo moderno, un santo per il nostro tempo» – disse papa Giovanni nel discorso della beatificazione – sia perché vissuto tra noi, sia perché esempio di preghiera e di austerità. Dal Comune dei pastori o dei santi (per i religiosi), con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Da una Omelia del Beato Innocenze da Berzo, presbitero (Beato Innocenze da Berzo, Tutti gli scrìtti, Istituto storico dei Cappuccini, Roma 2002, pp. 58-64). L'esempio di mansuetudine del Divin Salvatore II Vangelo di questo giorno ci presenta un'idea della mansuetudine del Divin Salvatore messa a tutta prova dall'odio e dalle villanie dei Giudei contro di Lui ... Avrebbe Egli potuto con un castigo esemplare punirli per la loro caparbietà e spaventarli dall'orrendo attentato che si disponeva a consumare, qual è quello di bagnarsi le loro mani nel sangue di un Dio. Con tutto ciò, lasciato da parte il rigore, Gesù Cristo ama piuttosto di venire a discolparsi dinanzi a questi fieri suoi nemici, e colla mansuetudine disporli ad accogliere le sue dottrine, e così preservarli dal deicidio e dai tremendi castighi che perciò si tirarono sul capo: onde, quasi invitandoli a produrre le loro accuse, dice loro francamente: «Chi mi può rimproverare di peccato?» ... Pensate qui, o fratelli, alla mansuetudine del Divin Salvatore; era l'Agnello immacolato di Dio venuto a togliere i peccati del mondo, e domanda se alcuno trovi in lui peccato, quasi che potesse in lui cadere ombra di peccato! Ma a tanta mitezza del Divin Salvatore questi Giudei niente placati, rispondono con un insulto dicendo: «Non abbiamo ragione di dire che Tu sei samaritano e indemoniato?» (Gv 8, 48). Qual bestemmia più empia che di chiamare indemoniato il Figlio di Dio, la stessa innocenza? Gesù Cristo però di nulla irritato nega di essere indemoniato e poi continua a rivolgere loro santi ammaestramenti i quali, se essi avessero abbracciati, avrebbero ottenuto la vita eterna ... Tale è l'esempio di mansuetudine che Gesù Cristo ci da in tutto questo Evangelo. Or mettendo a confronto di questa divina mansuetudine la nostra vita, quanto troviamo di che emendarci e correggerci! ... Miseri noi, che sempre andiamo aumentando il peso dei nostri debiti con Dio! Ma buon per noi che se sopportiamo i falli dei nostri prossimi potremo in qualche modo soddisfare per i nostri debiti.
Noi molte volte andiamo cercando occasioni di servire a Dio, che forse non succederanno mai, e diciamo: «Oh, se io avessi comodo, vorrei fare molta orazione e frequentare di più i sacramenti!». Or ecco che abbiamo tutti alla mano un buon mezzo per aumentare i nostri meriti, e dimostrare al Signore il nostro amore col sopportare il nostro prossimo. «Vestitevi di viscere di misericordia, sopportandovi gli uni gli altri come anche Cristo ha sopportato noi» (cfr Col 3. 12-13). Possa pertanto l'esempio di mansuetudine del Divin Salvatore, le sue promesse di usar misericordia con chi avrà misericordia ... possano ispirarsi a tutti sentimenti di cristiana mansuetudine, sicché, quando uscendo di questa vita ci presenteremo al divin tribunale, possiamo trovar favorevole e misericordioso il divin Giudice: beati i misericordiosi perché otterranno misericordia (Mt 5, 7). R ESPONSORIO R . O Beato Innocenze, hai fatto cose mirabili davanti a Dio; lo hai onorato con tutto il cuore: * intercedi per i peccati degli uomini. V. Irreprensibile, vero adoratore di Dio, nemico di ogni colpa, perseverante nel bene, R. intercedi per i peccati degli uomini. ORAZIONE O Dio, tu hai l'occhio attento all'umile e guardi da lontano il superbo. L'esempio e l'intercessione del Beato Innocenzo da Berzo ci aiutino a non coltivare pensieri di superbia e a progredire in umiltà sulla strada che porta a te. Per il nostro Signore.
4 ottobre SAN FRANCESCO D’ASSISI, diacono, fondatore dei tre Ordini, Patrono d’Italia Francesco, figlio di Pietro di Bernardone e di madonna Pica, nacque ad Assisi (Perugia) nel 1182. Dopo una giovinezza spensierata, dopo aver usato misericordia ai lebbrosi, all’età di venticinque anni, nella chiesetta di San Damiano, sentì l’invito di Cristo che lo chiamava a seguirlo e a riparare la sua casa. Rinunci allora ad ogni cosa terrena per aderire unicamente a Dio e, poco dopo, alla Porziuncola, l’Altissimo stesso gli «rivel di vivere secondo la forma del santo Vangelo», imitando in tutto Cristo povero e umile. Unitisi a lui alcuni compagni, diede inizio al nuovo Ordine dei Frati Minori (1209) presso la Porziuncola. La loro “forma di vita” fu approvata definitivamente da Onorio III nel 1223. Francesco e i suoi frati andarono a predicare il Vangelo di pace nei paesi cristiani e in quelli degli infedeli, con parole semplici ma efficaci, e soprattutto con l’esempio della vita santa. Fond anche un secondo Ordine, insieme a santa Chiara d’Assisi, l’Ordine delle Sorelle Povere o Clarisse; e un terzo Or dine per coloro che vivono nel mondo. Due anni prima della morte, sul monte della Verna, ricevette da Dio il sigillo delle stimmate, che lo resero conforme a Cristo crocifisso anche nel corpo. Un
anno prima della morte, presso San Damiano, trasfigurando la sofferenza in gloriosa libertà, cant la fraternità e la pace con il Cantico delle Creature. Morì alla Porziuncola, adagiato sulla nuda terra, la sera del 3 ottobre 1226. Fu canonizzato da Gregorio IX il 16 luglio 1228 e nel 1230 il suo corpo, tumulato a San Giorgio, fu traslato sotto l’altare della basilica, eretta ad Assisi in suo onore. Pio XII nel 1939 lo proclam , insieme con santa Caterina da Siena, patrono d’Italia e Giovanni Paolo II, nel 1981, patrono degli operatori nell’ecologia. COLLETTA O Dio, che nel serafico padre Francesco, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa una viva immagine del Cristo, concedi anche a noi di seguire il tuo Figlio nella via del Vangelo e di unirci a te in carità e letizia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 6 ottobre SANTA MARIA FRANCESCA GALLO DELLE CINQUE PIAGHE, terziaria Anna Maria Gallo nacque a Napoli il 25 marzo 1715. Contro l’usanza del tempo, ammessa a sette anni alla prima Comunione, si dedic ad una vita di pietà e attese al lavoro artigianale nella propria casa, sotto la ferrea disciplina del padre, il quale voleva che la figlia si sposasse. Ottenuto il permesso di consacrarsi al Signore, prese l’abito del Terz’Ordine francescano nella chiesa di Santa Lucia al Monte in Napoli con il nome di Maria Francesca delle Cinque Piaghe di Gesù Cristo e, pur vivendo in casa, si dedic ad un proficuo apostolato a favore dei malati, dei poveri, dei peccatori. Intorno a lei si raggrupparono sacerdoti e religiosi, tra i quali san Francesco Saverio M. Bianchi, attirati dal suo esempio di perfezione evangelica. Provata da numerose e gravi sofferenze, morì a Napoli il 6 ottobre 1791 al vico Tre Re a Toledo, dove è vivo il ricordo della sua opera. Fu beatificata il 12 novembre 1843 da Gregorio XVI e fu canonizzata da Pio IX il 29 giugno 1867. Prima santa napoletana della Chiesa, dal 26 settembre 2001 il suo corpo riposa nella chiesa annessa alla sua casa in via Vico Tre Re a Toledo in Napoli. COLLETTA O Dio, che hai reso santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe viva immagine del tuo Figlio crocifisso e mirabile strumento di salvezza, concedici di partecipare alle sofferenze di Cristo, per essere nel mondo a servizio dei fratelli. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 10 ottobre SAN DANIELE DA BELVEDERE E COMPAGNI, martiri di Ceuta (Marocco)
Nel 1227, sette Frati Minori, Daniele, Angelo da Castrovillari, Samuele da Castrovillari, Donnolo di Montalcino, Leone da Corigliano, Nicola di Sassoferrato e Ugolino da Cerisano, partirono come missionari del Vangelo tra i mussulmani. Giunti in Marocco, iniziarono subito ad annunciare il nome di Cristo. Incarcerati e spinti, con promesse e minacce, ad abbandonare la fede cristiana e ad abbracciare l’Islam, resistettero da forti; furono perciò condannati alla decapitazione. I loro corpi, pietosamente raccolti dai cristiani, furono sepolti a Ceuta. In seguito, le ossa furono trasferite in Spagna, ma oggi non si sa con precisione ove siano venerate, quantunque città della Spagna, del Portogallo e dell’Italia vantino il possesso di qualche reliquia. Leone X, con decreto del 22 gennaio 1516, li annoverò tra i santi martiri. COLLETTA Dio onnipotente ed eterno, che a san Daniele e ai suoi compagni martiri hai dato la gloria di immolarsi per il Cristo, vieni in aiuto alla nostra umana debolezza, perché possiamo essere saldi nella fede, come essi furono eroici nel dare la vita per te. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 11 ottobre SAN GIOVANNI XXIII, papa, terziario Angelo Giuseppe Roncalli nacque a Sotto il Monte (Bergamo) il 25 novembre 1881. A undici anni entr nel seminario diocesano di Bergamo per gli studi classici e filosofici e, successivamente, fu alunno del Pontificio Seminario Romano. A quattordici anni divenne Terziario francescano. Fu ordinato sacerdote nel 1904. Segretario del vescovo Giacomo Maria Radini Tedeschi, nel 1921 inizi il suo servizio presso la Santa Sede come Presidente per l’Italia del Consiglio centrale della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede; nel 1925 come Visitatore apostolico e successivamente Delegato apostolico in Bulgaria; nel 1935 come Delegato apostolico in Turchia e Grecia e nel 1944 come Nunzio apostolico in Francia. Nel 1953 fu creato cardinale e nominato poi Patriarca di Venezia. Alla morte di Pio XII fu eletto papa nel 1958; durante il suo pontificato convoc il Sinodo Romano, istituì la Commissione per la revisione del Codice di Diritto Canonico, convoc il Concilio Ecumenico Vaticano II. Morì la sera del 3 giugno 1963. Fu proclamato beato da Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000. Dal Comune dei pastori, per un papa, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dal «Giornale dell’anima» di san Giovanni XXIII, papa
(ed. 2000, pp. 853-859) Il buon pastore offre la vita per le sue pecore. È interessante che la Provvidenza mi abbia ricondotto là dove la mia vocazione sacerdotale prese le prime mosse, cioè il servizio pastorale. Ora io mi trovo in pieno ministero diretto delle anime. In verità ho sempre ritenuto che per un ecclesiastico la diplomazia così detta deve essere permeata di spirito pastorale; diversamente non conta nulla, e volge al ridicolo una missione santa. Ora sono posto innanzi ai veri interessi delle anime e della Chiesa, in rapporto alla sua finalità che è qu ella di salvare le anime, di guidarle al cielo. Questo mi basta, e ne ringrazio il Signore. Lo dissi a Venezia in San Marco il giorno del mio ingresso. Non desidero, non penso ad altro che a vivere e a morire per le anime che mi sono affidate. «Il buon pastore offre la vitaper le sue pecorelle.. Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10, 11). Inizio il mio ministero diretto in una età - anni settantadue - quando altri lo finisce. Mi trovo dunque sulla soglia dell’eternità. Gesù mio, primo pastore e vescovo delle nostre anime, il mistero della mia vita e della mia morte è nelle vostre mani, e vicino al vostro cuore. Da una parte tremo per l’avvicinarsi dell’ora estrema; dall’altra confido e guardo innanzi a me giorno per giorno. Mi sento nella condizione di san Luigi Gonzaga. Continuare le mie occupazioni, sempre con sforzo di perfezione, ma più ancora pensando alla divina misericordia. Per i pochi anni che mi restano a vivere, voglio essere un santo pastore nella pienezza del termine, come il beato Pio X mio antecessore, come il venerato cardinal Ferrari; come il mio mgr. Radini Tedeschi, finché visse e se avesse continuato a vivere. «Così il Signore mi aiuti». In questi giorni ho letto san Gregorio e san Bernardo, ambedue preoccupati della vita interiore del pastore che non deve soffrire delle cure materiali esteriori. La mia giornata deve essere sempre in preghiera; la preghiera è il mio respiro. Propongo di recitare ogni giorno il rosario intero di quindici poste, intendendo così di raccomandare al Signore e alla Madonna - possibilmente in cappella, innanzi al Ss. Sacramento - i bisogni più gravi dei miei figli di Venezia e diocesi: clero, giovani seminaristi, vergini sacre, pubbliche autorità e poveri peccatori. Due punte dolorose ho già qui, fra tanto splendore di dignità ecclesiastica e di rispetto, come cardinale e patriarca. La esiguità delle rendite della mensa, e la turba dei poveri e delle sollecitazioni per impieghi e per sussidi. Per la mensa non mi è impedito di migliorarne le condizioni e per me ed anche a servizio dei miei successori. Amo però benedire il Signore per questa povertà un po’ umiliante e spesso imbarazzante. Essa mi fa meglio rassomigliare a Gesù povero e a san Francesco, ben sicuro come sono che non morirò di fame. O beata povertà che mi assicura una più grande benedizione per il resto e per ciò che è più importante del mio ministero pastorale. R ESPONSORIO
Gv 10, 3-4
R. Chi entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: * egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. V. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce: R. egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. Oppure Dai «Discorsi» di san Giovanni XXIII, papa (Solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962: AAS 54 [1962], 786-787. 792-793) La Chiesa è madre amorevolissima di tutti La Madre Chiesa si rallegra perché, per un dono speciale della Divina Provvidenza, è ormai sorto il giorno tanto desiderato nel quale qui, presso il sepolcro di san Pietro, auspice la Vergine Madre di Dio, di cui oggi si celebra con gioia la dignità materna, inizia solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II. Dopo quasi venti secoli, le situazioni e i problemi gravissimi che l’umanità deve affrontare non mutano; infatti Cristo occupa sempre il posto centrale della storia e della vita: gli uomini o aderiscono a lui e alla sua Chiesa, e godono così della luce, della bontà, del giusto ordine e del bene della pace; oppure vivono senza di lui o combattono contro di lui e restano deliberatamente fuori della Chiesa, e per questo tra loro c’è confusione, le mutue relazioni diventano difficili, incombe il pericolo di guerre sanguinose. Aprendo il Concilio Ecumenico Vaticano II, è evidente come non mai che la verità del Signore rimane in eterno. Vediamo infatti, nel succedersi di un’età all’altra, che le incerte opinioni degli uomini si contrastano a vicenda e spesso gli errori svaniscono appena sorti, come nebbia dissipata dal sole. Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando. Non perché manchino dottrine false, opinioni, pericoli da cui premunirsi e da avversare; ma perché tutte quante contrastano così apertamente con i retti principi dell’onestà, ed hanno prodotto frutti così letali che oggi gli uomini sembrano cominciare spontaneamente a riprovarle, soprattutto quelle forme di esistenza che ignorano Dio e le sue leggi, riponendo troppa fiducia nel progresso della tecnica, fondando il benessere unicamente sulle comodità della vita. Essi sono sempre più consapevoli che la dignità della persona umana e la sua naturale perfezione è questione di grande importanza e difficilissima da realizzare. Quel che conta soprattutto è che essi hanno imparato con l’esperienza che la violenza esterna esercitata sugli altri, la potenza delle armi, il predominio politico
non bastano assolutamente a risolvere per il meglio i problemi gravissimi che li tormentano. Così stando le cose, la Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati. All’umanità travagliata da tante difficoltà essa dice, come già Pietro a quel povero che gli aveva chiesto l’elemosina: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!” (At 3,6). In altri termini, la Chiesa offre agli uomini dei nostri tempi non ricchezze caduche, né promette una felicità soltanto terrena; ma dispensa i beni della grazia soprannaturale, i quali, elevando gli uomini alla dignità di figli di Dio, sono di così valida difesa ed aiuto a rendere più umana la loro vita; apre le sorgenti della sua fecondissima dottrina, con la quale gli uomini, illuminati dalla luce di Cristo, riescono a comprendere a fondo che cosa essi realmente sono, di quale dignità sono insigniti, a quale meta devono tendere; infine, per mezzo dei suoi figli manifesta ovunque la grandezza della carità cristiana, di cui null’altr o è più valido per estirpare i semi delle discordie, nulla più efficace per favorire la concordia, la giusta pace e l’unione fraterna di tutti. R ESPONSORIO
Cfr. Mt 16, 18; Ps 47 (48), 9
R. Gesù disse a Simone: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa * e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. V. Dio l’ha fondata per sempre: R. e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. ORAZIONE Dio onnipotente ed eterno, che in san Giovanni, papa, hai fatto risplendere per tutto il mondo l’esempio di un buon pastore, concedi a noi, per la sua intercessione, di effondere con gioia la pienezza della carità cristiana. Per il nostro Signore. 12 ottobre SAN SERAFINO DA MONTEGRANARO, religioso Felice nacque nel 1540 a Montegranaro (Ascoli Piceno) da famiglia di umili condizioni, ma fervente nella pratica religiosa. Dopo una adolescenza di faticoso lavoro, a diciotto anni venne accolto tra i Frati Minori Cappuccini. Nei vari conventi dove fu mandato dall’obbedienza esercit gli incarichi di portinaio e di cercatore, vivendo sempre nella più grande semplicità, nell’unione costante con Cristo e nell’amore generoso verso il prossimo. Pass gli ultimi anni nel convento di Ascoli e fu per tutta la città vero messaggero di pace e di bene. Morì in Ascoli nel 1604. Fu beatificato da Benedetto XIII nel 1729 e canonizzato da Clemente XIII nel 1767.
COLLETTA O Dio, che hai voluto offrirci in san Serafino da Montegranaro una mirabile testimonianza delle ricchezze di Cristo, fa’ che anche noi, per sua intercessione, cresciamo nella scienza divina, osservando fedelmente al tuo cospetto gli impegni evangelici. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 13 ottobre BEATO ONORATO KOŹMIŃSKI DA BIALA PODLASKA, sacerdote e fondatore Venceslao Koźmiński nacque a Biala Podlaska (Polonia) il 16 ottobre 1829. Ricevuta la prima educazione in famiglia e compiuti gli studi primari a Plock, si rec a Varsavia per gli studi di architettura. Nel 1846 subì una crisi religiosa, superata la quale entr nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini a Varsavia, e venne ordinato sacerdote il 27 dicembre 1852. Si dedic ad un’intensa azione pastorale fondando ben ventisei istituti religiosi, di cui diciotto esistono tutt’oggi. Fu scrittore fecondo, direttore spirituale e confessore ricercatissimo. Morì a Nowe Miasto il 16 dicembre 1916. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1988. Dal Comune dei pastori con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalle opere del beato Onorato, sacerdote: «Discorso per la Solennità di Tutti i Santi» (Antologia degli scritti di Onorato Kozminski, parte I, Varsavia 1981, pp. 206-207) Tutti i Santi hanno percorso la Via Crucis Nessun santo è salito su un tappeto di tose, calcando sul capo la corona della gioia terrena, nel riso e nell’allegrezza. Tutti hanno percorso una Via Crucis, con la corona di spine in capo, in mezzo a mille afflizioni, nel lavoro e nella fatica. Felici, certo, perché toccati dalla Grazia divina godettero attimi di gioia celeste, sentendosi riscaldare dall’amore del suo cuore, scorgendo dinanzi a sé, tra le nebbie, l’avvenire, la gloria e la felicità, la gioia sconfinata. Non conobbero fortuna sulla terra, anzi, se ne tennero a distanza, si schermirono, la fuggirono quand’essa li rincorreva, tremarono di fronte ad essa più che davanti alla croce, ed alla croce tesero le mani come un porto di salvezza.
Una volta scelta la via della croce non vollero abbandonarla più. E Dio non fu parco nel dispensare loro croci, lui che conosce alla perfezione il prezzo della sofferenza. Quando il nostro Salvatore divino, una volta, parlò ai discepoli della morte atroce che lo attendeva, san Pietro, in un eccesso d’amore, con il dolore in cuore respinse il pensiero delle sofferenze del Maestro protestando: «”Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”» (Mt 16, 22-23). Chi pensa secondo Dio non ricusa la croce, non se ne lagna, sapendo che essa è l’unica speranza, la sola via per accedere al cielo, l’unico mezzo di santificazione, la fonte di ogni grazia, il modo per acquisire il supremo grado di gloria celeste. Satana illude le sue vittime con la felicità mondana, offre un calice di piaceri venefici; Dio, invece, offre la croce, depositaria di innumerevoli tesori e gioie dello spirito, della felicità eterna. E dunque i santi furono compiaciuti nell’accoglierla, né vollero mai distaccarsene. Vissero, morirono con essa, su di essa. La fame e l’indigenza, le e pene, le battaglie, le tentazioni, i momenti di aridità spirituale, le persecuzioni, le avversità di ogni tipo furono il loro pane quotidiano. Attraverso le sabbie del deserto, sotto un sole cocente, fra rocce e dirupi, tra le imboscate del nemico e mille altri pericoli, tesero sempre a Dio, sempre con perseveranza e fedeltà, senza arrestarsi, senza guardare indietro, senza mormorare contro Dio della mancata profusione delle consolazioni temporali; senza rimpiangere della strada da loro scelta, sempre sereni, fiduciosi, coraggiosi, impavidi. I Santi, che prima di noi sopportarono quelle afflizioni, sono ora felici: Dio ha asciugato loro quella lacrima, ha alleviato le loro sofferenze, li ha insigniti del diadema della gloria, della palma del martirio; e si è loro mostrato faccia a faccia; tutte quelle lacrime, tutti quei dolori sono andati ad adornare le loro vesti regali, la loro corona di bellezza. E perché? Perché essi furono perseveranti. Il Signore Gesù ha detto «Ecco, avete perseverato insieme a me in tutte le mie pene, ed io vi mostro il regno» (Cfr. Lc 22, 28). La perseveranza è la grazia fra le grazie, è tutto, è il valore più importante; senza di essa non sarebbero approdate a nulla tutte le sante opere, senza di essa è vano ogni sforzo. Sono soprattutto due le cose necessarie per perseverare: una fede robusta e viva, e la capacità di operare secondo quanto la fede ci impone. R ESPONSORIO
Fil 2, 3-4; Ts 5, 14-15
R. Rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Ciascuno consideri gli altri superiori a se stesso, * senza cercare il proprio interesse, ma quello degli altri. V. Sostenete i deboli, siate pazienti con tutti, cercate sempre il bene tra voi e con tutti. R. Senza cercare il proprio interesse, ma quello degli altri.
Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Solo chi ama ammaestra e guida i discepoli, come il buon pastore. ORAZIONE O Dio, tu hai voluto dare al beato Onorato, sacerdote, uno spirito di tenero amore verso le anime per riconciliarle a te: concedi a noi, per sua intercessione, di gustare la dolcezza del tuo perdono ed unirci a te in carità perfetta. Per il nostro Signore.
Vespri Ant. al Magn. Servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore. 19 ottobre SAN PIETRO GARAVITO D’ALCÁNTARA, sacerdote
Giovanni Garavito nacque nel 1499 ad Alcántara, in Spagna. Compiuti gli studi a Salamanca, si fece Frate Minore e, ordinato sacerdote, ebbe nell’Ordine diversi uffici. Nel 1554 ottenne il permesso di riportare l’Ordine ad una più stretta osservanza della regola e da allora si unirono a lui molti compagni che egli form alle penitenze, astinenze e alla assoluta povertà. Animato da zelo apostolico, si dedic con buoni risultati alla predicazione; incoraggi santa Teresa d’Avila nella sua opera di riforma dell’Ordine carmelitano. Scrisse anche delle opere, nelle quali espose la sua esperienza ascetica, nutrita specialmente di devozione verso la passione di Cristo. Morì ad Arenas, presso Avila, il 18 ottobre 1562. Fu beatificato da Gregorio XV il 18 aprile 1622; il 28 aprile 1669 Clemente IX lo iscrisse nel numero dei santi. Ufficio delle letture
SECONDA LETTURA
Da una «Lettera» di san Pietro D'Alcantara a santa Teresa
(Annales Minorum, XIX, pp. 340-341) Come è soave il Signore per coloro che lo servono! Mi sono meravigliato non poco che voi abbiate affidato tale questione a dei letterati che non sono competenti. Quando si tratta di casi di coscienza, è bene prendere consiglio da giuristi e da teologi e seguire la loro decisione; però quando si tratta della vita di perfezione, è bene consultare solo quelli che la professano: essi soli infatti possono parlarne con competenza, perché l'hanno acquistata con la pratica e la prova delle opere. Circa i consigli evangelici poi non è necessario consultare alcuno, ma solo esaminare se stessi per essere certi della chiamata divina ad abbracciarli e della propria capacità ad osservarli, per non correre il pericolo di essere poi infedeli. Il consiglio di Dio infatti non può essere che buono, ed è di difficile osservanza solo per coloro che non credono o che hanno poca fiducia in Dio, e pretendono nelle cose spirituali regolarsi secondo i suggerimenti della prudenza umana. Dovrebbero invece pensare che Colui che dà il consiglio, largirà anche generosamente la forza di seguirlo, essendo Egli somma potenza e somma bontà. Se qualcuno dunque vuole seguire il consiglio di Cristo e abbracciare una vita di maggiore perfezione, lo segua fiduciosamente, perché il Signore l'ha rivolto a tutti indistintamente, uomini e donne, ma procuri poi con tutte le forze di essere fedele al suo proposito, come hanno fatto moltissimi altri. Quando vediamo delle mancanze nei monasteri delle monache, dobbiamo constatare che ciò avviene perché si sottopongono alla vita di povertà contro voglia e non per vocazione divina. E io non voglio lodare la povertà solo per se stessa: lodo, solo quella povertà che sopportiamo pazientemente per amore di Gesù crocifìsso, e ancor più quella che per suo amore desideriamo e spontaneamente abbracciamo. E se in questa materia io credessi e pensassi diversamente, non mi sentirei più tanto sicuro neppure nella fede: ma in tutte queste cose io confido solo in Gesù Cristo, e credo fermamente che i suoi consigli sono perfetti, perché divini. E sebbene non obblighino sotto peccato, tuttavia è più perfetto seguirli, ad imitazione di Cristo, che, pur senza colpa, ignorarli. Affermo che essi obbligano in quanto chiamano alla perfezione, e rendono più santo e più gradito a Dio chi li pratica. Giudico quindi beati, come dice il Signore stesso, i poveri in spirito, cioè quelli che sono poveri per loro libera scelta, come io stesso ho avuto la fortuna di sperimentare: anche se credo più alla parola di Dio che alla mia esprienza. Il Signore vi conceda tanta luce per comprendere questa verità e tradurla nella pratica. E non vogliate prestar fede a coloro che affermano il contrario: lo fanno o per mancanza di illuminazione interiore, o per difetto di fede, o perché non hanno mai provato quanto è soave il Signore con quelli che lo amano e che per suo amore hanno rinunciato a tutti i beni non necessari in questo mondo. Costoro infatti sono nemici della croce di Cristo e non credono alla gloria che un giorno finalmente si rivelerà. Il Signore vi conceda di mantenervi ferma in una verità tanto evidente, e non prendete consiglio se non da coloro che hanno abbracciato i consigli evangelici con ogni serietà. Infatti, pur essendo certo che si salvano tutti coloro che osservano i precetti ai quali sono obbligati, è anche vero che essi non ricevono una illuminazione interiore, superiore a quella inerente alle opere che compiono. E sebbene il loro consiglio possa essere buono, certamente è migliore il consiglio di Cristo Gesù: egli infatti dà anche la grazia di praticarlo, e alla fine darà il premio a coloro che non nelle cose terrene, ma solo in lui, pongono ogni loro fiducia. RESPONSORIO ℞ Dio
Cfr. Gc 2, 5; Mt 19, 21
ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno, * che
ha promesso a quelli che lo amano. ℣ Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, ℞ che ha promesso a quelli che lo amano. Orazione come alle Lodi mattutine Lodi
Dalla nobile terra di Spagna che ti ha dato i natali, san Pietro, hai diffuso nel mondo la luce dell'austera tua norma di vita. Mentre assorto davanti alla croce i dolori di Cristo contempli, una luce divina t'investe, come vittima ti offri per tutti. Vero figlio del santo di Assisi vuoi portare te stesso e i fratelli a rivivere in modo perfetto del serafico Padre l'esempio. Col distacco totale dal mondo serbi puro lo spirito e il corpo, con la rigida tua penitenza ogni piccola macchia detergi. Dona, o Padre, che regni nei cieli, ai redenti dal sangue del Figlio la virtù dello Spirito, e il fuoco che consuma e fa degni del cielo. Amen. ORAZIONE O Dio, che in san Pietro d'Alcàntara hai unito l'austera penitenza alla più sublime contemplazione, fa' che per i suoi meriti possiamo raggiungere i beni eterni, usando saggiamente di quelli temporali. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Vespri Inno come alle Lodi
COLLETTA O Padre, che in san Pietro d’Alcántara hai unito in modo meraviglioso i doni di una straordinaria penitenza ad un’altissima contemplazione, fa’ che per i suoi meriti possiamo raggiungere i beni eterni usando saggiamente di quelli temporali.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 20 ottobre BEATO GIACOMO DEGLI STREPA, vescovo Rukem de Waldonna, nato da nobile famiglia polacca circa il 1340, ancora giovanissimo entr nell’Ordine di san Francesco. Per molti anni esercit il ministero in Russia, fu vicario generale di quella missione e lavor attivamente per l’unità dei cristiani. Eletto vescovo di Halicz (la cui sede metropolitana fu in seguito trasferita a Leopoli), si distinse per le sue qualità di pastore; inoltre, per gli eccezionali meriti civili, venne proclamato difensore e custode della patria. Morì a Leopoli il 20 ottobre 1409. Il suo corpo riposa nella cattedrale di Leopoli. Il culto, diffuso in Polonia, Lituania e in Russia, fu confermato da Pio VI l’11 settembre 1790. COLLETTA O Dio, che con il beato vescovo Giacomo degli Strepa hai rinnovato lo spirito di evangelizzazione apostolica, concedi, per sua intercessione, che la tua Chiesa possa sempre più fervidamente progredire nella fede e nella santità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 22 ottobre BEATA GIUSEPPINA LEROUX, religiosa e martire della Rivoluzione francese Anna Giuseppa Leroux nata a Cambrai (Francia) il 23 gennaio 1747, a ventitre anni entr nell’Ordine delle Clarisse urbaniste. Costretta a lasciare il monastero durante la rivoluzione francese per causa della persecuzione, si ritir prima presso la propria famiglia, poi chiese ospitalità alle suore Orsoline, dove aveva una sorella, che le sarebbe stata compagna di martirio. Catturata e condannata alla decapitazione, accolse con gioia la sentenza e subì il martirio il 23 ottobre 1794. Benedetto XV la dichiar beata il 13 giugno 1920. COLLETTA O Dio, che allieti la tua Chiesa nel ricordo della beata Giuseppina vergine e martire, per la sua intercessione e il suo esempio concedi anche a noi fortezza e purità di spirito per seguire Cristo sulla via della croce. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 20 ottobre (6 novembre)
BEATO CONTARDO FERRINI, terziario Nacque a Milano il 5 aprile 1859. Educato in una famiglia profondamente cattolica, condusse vita esemplare fin dal periodo dei suoi studi, che compì con sorprendente profitto. Si laure in giurisprudenza e fu penalista insigne e studioso di diritto romano e bizantino. La sua condotta fu sempre tale da poter essere considerato modello di laico cattolico. Terziario francescano, si dedic attivamente alle opere caritative; am anche la contemplazione del grande libro della natura, come san Francesco. All’impegno della cattedra unì un’intensa produzione scientifica e accanto a questa scrisse pagine elevate di ascetica, da cui traspare la sua profonda fisionomia spirituale. Partecip attivamente alla vita sociale e fu impegnato in politica; consigliere comunale a Milano, difese l’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche. Assertore convinto della conciliazione tra fede e scienza fu uno degli ispiratori e promotori dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Fu autenticamente laico e interamente votato alla ricerca della santità cristiana. Morì a quarantatre anni, colpito dal tifo, nella località di Suna (Novara), il 17 ottobre del 1902. Fu beatificato da Pio XII il 13 aprile 1947 che lo definì «modello dell’uomo cattolico dei nostri giorni». COLLETTA O Dio, sorgente di verità e di giustizia, che nel beato Contardo hai dato alla tua Chiesa uno splendido esempio di virtù e di scienza, infondi in noi un amore sincero e operoso per la rettitudine; fa’ che ti ricerchiamo in ogni creatura con animo puro e, dopo averti trovato, ti amiamo sopra ogni cosa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
23 ottobre SAN GIOVANNI DA CAPESTRANO, sacerdote
Nacque a Capestrano (L’Aquila) il 24 giugno 1386. Studente a Perugia, si laure e divenne ottimo giurista, tanto che Ladislao di Durazzo lo fece governatore della città. Caduto prigioniero durante un’agitazione popolare e liberato miracolosamente, subì una profonda crisi religiosa che lo port ad entrare nell’Ordine dei Frati Minori. Fu intimo di san Bernardino da Siena e con lui lavor molto per la diffusione dell’Osservanza nell’Ordine. Il papa lo nomin inquisitore dei Fraticelli; lo invi suo legato in Austria, in Baviera, in Polonia, dove si allargava sempre di più la piaga degli Ussiti. In Terra Santa promosse l’unione degli Armeni con Roma. Viaggi per tutta l’Europa predicando contro gli eretici e promuovendo la crociata contro i Turchi. Aveva settant’anni, nel 1456, quando si trov alla battaglia di Belgrado investita dai Turchi. Entr nelle schiere dei combattenti, dove era più incerta la sorte delle armi, incitando i cristiani ad avere fede nel nome di Gesù. Nonostante la sua grandissima attività, scrisse molte opere ascetiche e giuridiche. Morì a Ilok, in Croazia, il 23 ottobre 1456. Venne canonizzato il 16 ottobre del 1690 da Alessandro VIII. È patrono dei cappellani militari. COLLETTA O Padre, che hai scelto san Giovanni da Capestrano per rincuorare il popolo cristiano nell’ora della prova, custodisci la Chiesa nella tua pace e donaci sempre il conforto della tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
24 ottobre SANT’ANTONIO DI SANT’ANNA GALVÃO, sacerdote
Nacque nel 1739 a Guaratinguetà nell’interno dello Stato di San Paolo, Brasile. A tredici anni fu inviato dal padre a studiare nel seminario dei Gesuiti. Preoccupato dalla politica antigesuitica del governo, il padre lo dissuase e preferì che andasse tra i Frati Minori Scalzi della Riforma di san Pietro d’Alcántara. Il 16 aprile 1761 emise la professione solenne. Dopo appena un anno, l’11 luglio 1762, fu ammesso all’or dinazione sacerdotale a ventitre anni. Nel 1769-1770 fu nominato confessore di un “Recolhimento” di pie donne a San Paolo dove incontr suor Helena Maria do Espirito Santo, grande penitente. Gli vennero affidati incarichi di prestigio in altre zone del Brasile ma ogni volta, per l’opposizione del vescovo e del Senato della Camera di San Paolo, dovette rinunciare. Con il passar degli anni la salute divenne malferma per cui ottenne il permesso di lasciare il convento francescano e di abitare stabilmente presso il “Recolhimento”, sua opera. Morì il 23 dicembre del 1822. Le sue spoglie furono tumulate nella chiesa del “Recolhimento da Luz”, dietro richiesta delle suore e del popolo. È considerato uno degli eroi che hanno plasmato il destino della città di San Paolo fra i secoli XVIII e XIX; la sua tomba è tuttora meta di pellegrinaggi costanti di fedeli. È stato beatificato a Roma da Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1998 e canonizzato da Benedetto XVI in Brasile l’11 maggio 2007. Comune dei santi [per i religiosi], pag. ***. Dall’Omelia di Sua Santità Benedetto XVI per la canonizzazione di fra Antonio de Sant’Anna Galvão (11 maggio 2007, nn. 3-5) Significativo è l'esempio di Fra Galvão per la sua disponibilità al servizio del popolo, ogni qualvolta veniva interpellato. Consigliere di fama, pacificatore delle anime e delle famiglie, dispensatore della carità specialmente verso i poveri e gli infermi. Era molto ricercato per le confessioni, perché zelante, saggio e prudente. Una caratteristica di colui che ama veramente è il non voler che l'Amato venga offeso; la conversione dei peccatori era, perciò, la grande passione del nostro Santo. Suor Helena Maria, che è stata la prima "religiosa" destinata a dar inizio al " Recolhimento de Nossa Senhora da Conceição", ha testimoniato quello che Fra Galvão aveva detto: "Pregate perché Dio nostro Signore sollevi i peccatori con il suo braccio forte dal miserabile abisso delle colpe in cui si trovano". Possa questo delicato ammonimento servirci di stimolo per riconoscere nella Divina Misericordia il cammino verso la riconciliazione con Dio e con il prossimo e per la pace delle nostre coscienze. Uniti con il Signore nella suprema comunione dell'Eucaristia e riconciliati con Lui e con il nostro prossimo, saremo così portatori di quella pace che il mondo non riesce a dare. Potranno gli uomini e le donne di questo mondo trovare la pace, se non saranno coscienti della necessità di riconciliarsi con Dio, con il prossimo e con sé stessi? Di alto significato è stato, in questo senso, quello che l'Assemblea del Senato di San Paolo scrisse al Ministro Provinciale dei Francescani alla fine del secolo XVIII, definendo Fra Galvão un "uomo di pace e di carità". Che cosa ci chiede il Signore? " Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati". Ma subito dopo aggiunge: "Portate
frutto, e che il vostro frutto rimanga" (cfr Gv 15, 12.16). E quale frutto ci chiede, se non quello di sapere amare, ispirandoci all'esempio del Santo di Guaratinguetá? La fama della sua immensa carità non conosceva limiti. Persone di tutta la geografia nazionale andavano da Fra Galvão, che tutti accoglieva paternamente. Vi erano poveri, infermi nel corpo e nello spirito, che imploravano il suo aiuto. Gesù apre il suo cuore e ci rivela il centro di tutto il suo messaggio redentore: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Ibid., v. 13). Lui stesso amò fino a dare la propria vita per noi sulla Croce. Anche l'azione della Chiesa e dei cristiani nella società deve possedere questa stessa ispirazione. Le iniziative di pastorale sociale, se sono orientate verso il bene dei poveri e degli infermi, portano in sé stesse questo sigillo divino. Il Signore conta su di noi e ci chiama amici, perché soltanto a coloro che amiamo in questo modo siamo capaci di dare la vita offerta da Gesù mediante la sua grazia. […] "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò", dice il Signore nel Vangelo (Mt 11, 28). Questa è la raccomandazione finale che Egli ci rivolge. Come non vedere qui il sentimento paterno e insieme materno di Dio per tutti i suoi figli? Maria, la Madre di Dio e Madre nostra, si trova particolarmente legata a noi in questo momento. Fra Galvão affermò con voce profetica la verità dell'Immacolata Concezione. Ella, la Tota Pulchra, la Vergine Purissima, che ha concepito nel suo seno il Redentore degli uomini ed è stata preservata da ogni macchia originale, vuole essere il sigillo definitivo del nostro incontro con Dio, nostro Salvatore. Non c'è frutto della grazia nella storia della salvezza che non abbia come strumento necessario la mediazione di Nostra Signora. Di fatto, questo nostro Santo si è donato in modo irrevocabile alla Madre di Gesù fin dalla sua giovinezza, desiderando appartenerle per sempre e scegliendo la Vergine Maria come Madre e Protettrice delle sue figlie spirituali. Carissimi amici e amiche, che bell'esempio da seguire ci ha lasciato Fra Galvão! Come suonano attuali per noi, che viviamo in un'epoca così piena di edonismo, le parole scritte nella formula della sua consacrazione: "Toglimi piuttosto la vita, prima che io offenda il tuo benedetto Figliuolo, mio Signore!". Sono parole forti, di un'anima appassionata, parole che dovrebbero far parte della normale vita di ogni cristiano, sia esso consacrato o meno, e risvegliano desideri di fedeltà a Dio sia dentro che fuori del matrimonio. Il mondo ha bisogno di vite limpide, di anime chiare, di intelligenze semplici, che rifiutino di essere considerate creature oggetto di piacere. È necessario dire no a quei mezzi di comunicazione sociale che mettono in ridicolo la santità del matrimonio e la verginità prima del matrimonio. 25 ottobre BEATA MARIA MASIÁ FERRAGUT DI GESÙ E COMPAGNE, religiose e martiri della Persecuzione spagnola Nel numeroso gruppo dei 233 martiri della persecuzione religiosa del 1936 in Valencia, furono beatificati 50 frati e suore della famiglia francescana: cinque Clarisse Cappuccine (María Jesús Masiá Ferragut e compagne), dodici Frati Minori Cappuccini
(Aurelio de Vinalesa e compagni), diciannove Terziari Cappuccini Amigoniani (Vincenzo Cabanes e compagni), una cooperatrice amigoniana laica (Carmen García Moyón), tre Terziarie Cappuccine (Rosario de Soano e compagne) e sei Frati Minori Conventuali (Alfonso López e compagni). Le suore Clarisse Cappuccine Maria di Gesù, María Veronica Ferragut e Felicidad, della famiglia Masiá Ferragut, del monastero di Agullent, e la loro mamma María Teresa Ferragut Roig; Isabel Calduch Rovira, del monastero di Castellón, e María Milagros Ortells Gimeno, del monastero di Valencia, fedeli alla loro consacrazione religiosa, offrirono la loro vita come testimonianza di fede, unendo così la corona del martirio a quella della verginità. Furono beatificate da Giovanni Paolo II l’11 mar zo 2001. COLLETTA O Dio onnipotente e misericordioso che hai fatto risplendere nella tua Chiesa la beata Maria di Gesù e compagne per la gemma della verginità e la vittoria del martirio, concedi a noi, per la loro intercessione, di perseverare nella vera carità e di conoscere la forza della risurrezione di Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 26 ottobre BEATO BONAVENTURA LAVANCA DA POTENZA, sacerdote Carlo Antonio Lavanca (Lavagna) nacque il 4 gennaio 1651 a Potenza. Entrato nell’Ordine dei Minori Conventuali si distinse per austerità di vita, obbedienza e per la totale abnegazione di sé. Fu assiduo nella predicazione della parola di Dio e instancabile nel ministero della confessione; si segnal soprattutto per la sua carità nel confortare i carcerati e i condannati a morte. Morì a Ravello, presso Amalfi, il 26 ottobre 1711. Fu beatificato da Pio VI il 26 novembre 1775. COLLETTA O Dio, che nel beato Bonaventura da Potenza ci proponi un modello singolare di obbedienza e di operosa carità verso i fratelli, per sua intercessione e sul suo esempio, fa’ che anche noi, alla luce dei tuoi precetti, camminiamo in perfetta letizia sulla via della perfezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 30 ottobre DEDICAZIONE DELLA PROPRIA CHIESA (CONSACRATA) Tutto dal comune della Dedicazione della Chiesa, Messale Romano, pagg. 645-649. 31 ottobre SANT’ANGELO FALCONE D’ACRI, sacerdote
Luca Antonio Falcone nacque ad Acri (Cosenza) il 19 ottobre 1669. A diciotto anni decise di farsi Frate Minore Cappuccino, ma oppresso da dubbi, incertezze, suggestioni, due volte lasci il noviziato; la terza volta resistette. Ordinato sacerdote si diede alla predicazione, ottenendo grandi frutti nelle anime. La sua vita di continua preghiera, la sua austerità, costituivano la più bella conferma di quanto inculcava fer vorosamente ai fedeli. Tutta la Calabria fu investita da un’onda di vivida luce e di santo fervore. Fu anche ministro provinciale e per il suo modo di governare fu chiamato “l’angelo della pace”. «È una grande grazia – diceva ai suoi Frati – e una grande gloria esser Cappuccini e veri figli di san Francesco. Ma bisogna conoscere e portare sempre con noi cinque gemme preziose: austerità, semplicità, esatta osservanza delle costituzioni e della serafica regola, innocenza di vita e carità». Dopo trentotto anni di apostolato indefesso, morì il 30 ottobre 1739 ad Acri, dove un grande santuario custodisce il suo venerato corpo. Leone XII lo beatific il 18 dicembre 1825. Dal Comune dei pastori o dei santi religiosi con salmodia del giorno.
Ufficio delle Letture SECONDA LETTURA Lettera di Sant’Angelo d’Acri. (Lettera per la direzione spirituale a fr. Giuseppe Antonio da Genova, cappuccino, 12 ottobre 1724. Analecta Ordinis Minorum Capuccinorum 20 (1904) 314-492) Nella devota carta, scritta da vostra Paternità Reverenda m’avvedo che la nostra mente discorre speculando, e poco e niente la nostra volontà s’affeziona sapendo che san Paolo dice: «Non voler sapere più del necessario ma tanto che basti» (Rm 12,3) cioè vivendo e morendo con atti pratici della fede, della speranza, della carità e del far penitenza: «e la pace di Cristo sorpassi ogni sentimenti ed ogni vostra intelligenza» (fil 4,7). Ella si confonde in questo fondamento dell’umiltà; la necessità, di per sé, è l’umiltà di spirito; Cristo «cominciò a fare e ad insegnare» (Cfr. Mc 1,21) «uscito dal Padre, son venuto nel mondo» (Cfr. Gv 16,28) «non per fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha mandato [...] e portare a termie la sua opera» (Cfr. Gv 4,34) «perché non cerco la mia gloria» (Gv 8,50) «ma quella di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38) «e trascorse la notte in orazione a Dio» (Le 6,12); «e il suo sudore divenne come gocce di sangue rappreso che cadevano in terra» (Le 22,44). Il divino Maestro Cristo donò la forma a noi altri cattolici-romani, come dovessimo agire in povertà, e umiltà di spirito; «allontana da me questo calice; però non si faccia quello che io voglio, ma quello che vuoi tu» (Mc 14,36); «ed è stato esaudito per la sua pietà colui che sa cosa significhi obbedire» (Eb 5,7). Anche la sua Santissima Madre meritò che l'eterno Padre l'esaltò alla Maternità d'esso Altissimo Dio e del suo Figlio unigenito; [per] l'onore di essere madre naturale
di Gesù Cristo essa medesima, ebbra di Spirito Santo, esclamò: Magnificat ecc., la causa: «perché ha rivolto i suoi sguardi all'umiltà della sua serva, ha rovesciato i potenti [...]» (Le 1,48-49) [e] al divino ambasciatore rispose: «che mi avvenga secondo la tua parola» (Le 1,38). Se ella si vuol quietare il suo spirito dove consiste la vera umiltà, non desiderate gloria vostra, ma in tutte le vostre operazioni osservate i dieci comandamenti, li precetti della nostra Madre Santa Chiesa, le promesse fatte a Dio nella vostra professione, li consigli che la Chiesa ci dà (addita) nel sacrosanto Evangelo; del resto a tutto quello che Dio vuole ella s'uniformi, e con affetto di cuore e verità direte: «Padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra» (Mt 6,9-10); dalla mia parte altro non vi posso giovare eccetto col sussidio delle nostre orazioni e sacrifici; pregate Dio per me, che mi concedesse la perseveranza sino alla morte. P.S. Con ogni sincerezza le dico [...] sfoghi con me quanto Dio l'ispira. Dio non comanda cose impossibili, ma, comandando, esorta a far quel che puoi, a chiedere quello che non puoi, aiuta perché tu possa, rende forti e incrollabili e mai abbandona se prima non è abbandonato [...] R ESPONSORIO
Fil 3,8-10; Ef 4,15
R/. Considero tutto una perdita di fronte alla suprema cognizione di Cristo Gesù mio Signore. * Così conoscerò Cristo e la potenza della sua risurrezione, così parteciperò ai suoi patimenti. V/. Professando la verità, noi cresceremo per mezzo della carità sotto ogni aspetto in colui che è il capo, Cristo. R/. Così conoscerò Cristo e la potenza della sua risurrezione, così parteciperò ai suoi patimenti. Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine Ant. al Ben. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni verso gli altri. ORAZIONE O Dio, che al tuo sacerdote, Sant’Angelo, donasti la grazia di richiamare i peccatori alla penitenza attraverso la predicazione e ai miracoli; concedi a noi, per i suoi meriti e le sue preghiere, di poter degnamente piangere i nostri peccati e meritare di conseguire la vita eterna. Per il nostro Signore.
COLLETTA O Dio, che al tuo sacerdote, il beato Angelo d’Acri, donasti la grazia di richiamare i peccatori alla penitenza attraverso la predicazione e i miracoli, concedi a noi, per i suoi meriti e le sue preghiere, di poter degnamente piangere i nostri peccati e meritare di conseguire la vita eterna. Per il nostro Signor e Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 3 novembre COMMEMORAZIONE DI TUTTI I DEFUNTI DELL’ORDINE SERAFICO* L’Ordine francescano, come celebra la festa di tutti i suoi figli santi, che contemplano il volto di Dio nel cielo, così dedica un giorno alla commemorazione di tutti i suoi defunti del Primo, del Secondo e del Terzo Ordine, unendovi anche il ricordo dei parenti e dei benefattori. Tutto ci corrisponde allo spirito di san Francesco che ha comandato ai suoi frati di pregare per i morti; ed è segno dell’amore e dell’unità che lega i vivi ai fratelli che li hanno preceduti nella pratica della stessa regola. COLLETTA O Padre, gloria dei credenti e vita dei giusti, che ci hai salvati con la morte e risurrezione del tuo Figlio, sii misericordioso con i nostri fratelli, sorelle, parenti e benefattori defunti; quando erano in mezzo a noi essi hanno professato la fede nella risurrezione e tu dona loro la beatitudine senza fine. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. * Commemorazione di tutti i defunti dei Tre Ordini francescani: il giorno opportuno è il primo giorno dopo il 2 di novembre che non sia impedito da altre celebrazioni. 6 novembre BEATO VÍCTOR CHUMILLAS FERNÁNDEZ E COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola I beati Víctor Chumillas Fernández (1902-1936) e ventuno compagni, della Provincia dei Frati Minori di Castilla, subirono il martirio nel 1936 durante la persecuzione religiosa in Spagna. Il padre Víctor, guardiano della fraternità, cinque sacerdoti (Ángel Hernandez-Ranera de Diego, Domingo Alonso de Frutos, Martín Lozano Tello, Julián Navío Colado, Benigno Prieto del Pozo) e quattordici studenti di teologia della sua comunità (Marcelino Ovejero Gómez, José de Vega Pedraza, José Álvarez Rodríguez, Andrés Majadas Málaga, Santiago Maté Calzada, Alfonso Sánchez Hernández-Ranera, Anastasio González Rodríguez, Félix Maroto Moreno,
Federico Herrera Bermejo, Antonio Rodrigo Antón, Saturnino Río Rojo, Ramón Tejado Librado, Vicente Majadas Málaga, Valentín Díez Serna) furono fucilati a Boca de Balondillo (Fuente del Fresno, Ciudad Real) il 16 agosto 1936. Il padre Félix GómezPinto Piñero venne fuciliato il 7 settembre a Hueva (Guadalajara). Il padre Perfecto Carrascosa Santos venne fucilato in Tembleque il 17 ottobre. Vennero beatificati da José Saraiva Martíns, Delegato di Benedetto XVI, il 28 ottobre 2007. Sono celebrati in modo particolare nella Provincia di Castilla. Dal Comune dei martiri, con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue COLLETTA Signore e Padre nostro, che sei stato glorificato per la vita umile e il martirio dei tuoi servi Víctor e compagni, concedi a noi, per loro intercessione, di servirti con gioiosa dedizione, per renderci simili a te mediante la croce di Cristo tuo Figlio e porre in essa la nostra gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 6 novembre BEATO FÉLIX ECHEVARRÍA GORIOSTIAGA E COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola I beati Félix Echevarría Goriostiaga e compagni, della Provincia dei Frati Minori di Granada, subirono il martirio nel 1936 durante la persecuzione religiosa in Spagna. Il padre Félix, guardiano della fraternità, suo fratello Luis Echevarría Goriostiaga, Francisco Jesús Carlés Gonzales, José María Azurmendi Larrínaga, Miguel Zarragua Iturriaga, Simón Miguel Rodríguez e il professo temporaneo Antonio Sáez de Ibarra López, il 20 settembre 1936 furono portati nella prigione di Azuaga, Badajoz, dove furono uccisi tra il 21 e il 22 settembre. Vennero beatificati da José Saraiva Martíns, Delegato di Benedetto XVI, il 28 ottobre 2007. Sono celebrati in modo particolare nella Provincia di Granada. COLLETTA Dio onnipotente ed eterno, che hai concesso ai martiri Felice e compagni la grazia di morire per Cristo, aiutaci nella nostra debolezza perché, come essi non esitarono ad offrire la loro vita a te, anche noi possiamo rimanere forti nella confessione del tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 6 novembre BEATO ALFONSO LÓPEZ E COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola I sacerdoti Alfonso López, Modesto Vegas, Dionisio Vicente Ramos e Pedro Rivera, nonché i religiosi fratelli Francisco Remón Játiva e Miguel Remón erano tutti membri della comunità religiosa di Grañollers (Barcellona, Spagna) dei Frati Minori
Conventuali. Nell’estate del 1936, nel periodo della più intensa persecuzione contro la Chiesa, dopo l’incendio del convento e della chiesa, i suddetti religiosi testimoniarono la loro fedeltà a Cristo subendo il martirio tra il 27 luglio e i primi di settembre dello stesso anno. La loro beatificazione è stata proclamata da Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001. Dal Comune dei martiri, con salmodia del giorno dal salterio, eccetto quanto segue Ufficio delle letture Seconda lettura Da un’omelia del beato Pedro Rivera “Gesù... avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1).
Che cos’è l’amore? Che significa questo vocabolo che tutte le labbra pronunciano? Quali arcani misteri racchiude questa parola? Amore, tutti lo comprendono, tutti sanno che cosa vuol dire amare e, ciò nonostante, non tutti son capaci di esprimerlo. Comunque, se una causa si può conoscere dai suoi effetti, io direi che l’amore è una propensione, un’attrattiva ineffabile che spinge a unirsi e a identificarsi con l’oggetto amato; però, pur essendo un atto tanto semplice, è più forte della stessa morte e quando è vero i suoi lacci sono indissolubili. Perciò san Paolo diceva: Chi potrà separarmi dall’amore di Cristo? Nessuna creatura potrà separarmi dall’amore di Cristo (cf. Rm 8,35.39). Volete conoscere la potenza dell’amore? Prendete un crocifisso, contemplate il corpo annerito, lacerato e trafitto, guardate il volto sfigurato, impunemente sputacchiato e oltraggiato dell’Uomo-Dio e chiedetegli – se non lo comprendete – la causa di tanta desolazione. Senza dubbio capirete subito che Gesù soffre tutto questo solo per amore degli uomini, solo per amore nostro. Amore, quanto grande è il tuo potere! Chi dubiterà di chiamarti onnipotente, vedendo come e a che cosa tu costringi Dio stesso? Però, a nostro parere, questo amore onnipotente, questo amore che opera prodigi così grandi, non poteva fare cose più grandi di quelle che portò a compimento nel mistero della nostra Redenzione. Grandezze dell’amore! Non contento di far scendere dai cieli il nostro Dio e di fargli soffrire così acerbi tormenti, lo obbliga a inventare, nella sua infinita sapienza, un mezzo ineffabile per unirsi e identificarsi con noi, un mezzo che mai gli uomini avrebbero sognato, un mezzo attraverso il quale Gesù può rimanere sempre con noi in maniera reale e vera. Sì, inventò il sacramento della santa Eucaristia, sacramento ammirabile. Dato che lo inventò per nostro amore, che per nostro amore lo perpetua ora nel tempo e sino alla fine dei tempi, che è per nostro amore che egli si offre, non è forse, questo sacramento, un autentico pegno del suo amore? “Ci viene dato il pegno della gloria futura”, ripete costantemente la Chiesa. E poiché la gloria eterna dei beati consiste
principalmente nell’essere amati dal sommo Bene, se noi diciamo che questo sacramento è il pegno della nostra gloria futura, è come se dicessimo: è il pegno certo dell’amore del nostro Dio. Oh, Dio amabile! Oh, pegno prezioso! Oh sacramento ineffabile, che unisci Dio con gli uomini! R ESPONSORIO R. Questa è una vera fratellanza: vincendo le malvagità del mondo, * seguirono Cristo e con lui esultano nei cieli. V. Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! R. Seguirono Cristo e con lui esultano nei cieli. ORAZIONE O Dio, che ai beati martiri Alfonso e ai suoi compagni hai concesso di testimoniare la fede in Cristo nello spirito del perdono, concedi a noi, rafforzati dal loro esempio, di vivere forti nella confessione del tuo Nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 7 novembre BEATA ELENA ENSELMINI, religiosa Nata a Padova nel 1207, entrò tredicenne nel monastero delle Clarisse dell’Arcella, fondato da san Francesco. Discepola di sant’Antonio, visse nell’austerità e nella contemplazione, esempio alle sorelle di pietà, di penitenza e di operosità. Colpita da grave e dolorosissima malattia, che la rese muta e cieca, trovò conforto e sollievo in sant’Antonio, sua guida spirituale. Morì il 4 novembre 1231, a ventiquattro anni. Il suo culto fu riconosciuto ufficialmente da Innocenzo XII il 29 ottobre 1695. Il suo corpo riposa nella chiesa francescana dell’Arcella. COLLETTA O Dio, che nella beata Elena, ardente del tuo spirito di amore, hai unito la contemplazione di Cristo crocifisso e il servizio costante alle consorelle, per sua intercessione, rendici partecipi del mistero di Cristo, per esultare nella rivelazione della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
8 novembre BEATO GIOVANNI DUNS SCOTO, sacerdote
Nacque a Duns, in Scozia, verso la fine del 1265 e fu accolto molto giovane nell’Ordine di san Francesco d’Assisi. Fu ordinato sacerdote il 17 marzo 1291. Conseguiti i gradi accademici all’università della Sorbona, a Parigi, fu professore alle università di Cambridge, di Oxford, di Parigi e di Colonia. Vero figlio del Poverello, indag con acutezza la divina Rivelazione, producendo molte opere filosofiche e teologiche per le quali gli valse il titolo di Doctor subtilis. Annunzi con vigore il mistero del Verbo incarnato e fu convinto assertore della concezione immacolata della Vergine Maria e dell’autorità del romano pontefice. Il 23 giugno 1303, per essersi rifiutato di sottoscrivere il libello di Filippo IV il Bello, re di Francia, contro il papa Bonifacio VIII, fu esiliato da Parigi. A Colonia, nel pieno della sua attività didattica, fu colto da morte prematura l’8 novembre 1308. La grande fama di santità di cui l’insigne teologo fu circondato in vita per le sue eccezionali virtù cristiane, gli merit ben presto venerazione e culto pubblico, non solo nell’Ordine serafico ma anche a Colonia, dove è sepolto, e a Nola, in Italia. Il suo culto fu confermato da Giovanni Paolo II il 6 luglio 1991 concedendogli poi, il 20 marzo 1993, solenni onori nella basilica vaticana. COLLETTA O Padre, fonte di ogni sapienza, che nel beato Giovanni Duns Scoto, sacerdote, assertore della concezione immacolata della Vergine Maria, ci hai dato un maestro di vita e di pensiero, fa’ che, illuminati dal suo esempio e nutriti dalla sua dottrina, aderiamo fedelmente a Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
13 novembre SAN DIEGO D’ALCALÁ, religioso
È uno dei santi più popolari di Spagna e delle Americhe, dove portano il suo nome fiumi, baie, canali e varie città, tra cui San Diego di California. Diego nacque nell’Andalusia (Spagna) verso il 1400. Ancora giovane si sentì chiamato a una vita ritirata, dedita all’orazione e al lavoro. Entr nell’Ordine dei Frati Minori e si dedic ai più umili uffici. Nel 1441 partì missionario per le isole Canarie, dove affront molte difficoltà e disagi per la gloria di Dio. Nel maggio del 1450 fu a Roma
per il Giubileo e per la canonizzazione di Bernardino da Siena. Nell’estate, scoppiata la peste, si dedic alla cura degli appestati. Con le sue preghiere ridon la salute a molti infermi. Ritornato in Spagna morì in Alcalá de Henares, presso Madrid, il 12 novembre 1463. Fu canonizzato solennemente da Sisto V il 2 luglio 1558 e, come primo santo non sacerdote francescano, è stato scelto dai fratelli religiosi come loro speciale patrono.
SECONDA LETTURA Dalla Bolla «Rex regum» di Sisto V per la Canonizzazione di san Diego Dio sceglie le cose stolte di questo mondo per confondere i sapienti Cristo Signore, Re dei re prima di tutti i secoli, che nella pienezza dei tempi si fece uomo, prendendo la forma di servo, per salvare l'uomo perduto, fin dai primordi della fede edificò la sua Chiesa, da lui sommamente amata e conquistata con il suo sangue, sopra il beatissimo Pietro principe degli Apostoli, cui diede la solidità della pietra, e continua ad edificarla fino alla consumazione dei secoli. Né la gonfia sapienza del mondo, né la grandezza terrena possono comprendere l'opera di questa magnifica costruzione, mentre l'astuzia e la superbia del diavolo trema dinanzi ad essa. Infatti, come si spiega che da uomini poveri e disprezzati, di oscura e umile origine, illetterati e senza sapienza umana, sia nata una costruzione così bella, ornata, forte e stabile, che assurge a tale fastigio, che le stesse porte degli ìnferi si spaventano della sua robustezza e fermezza? Ma le vie del Signore non sono le vie degli uomini ed i pensieri di Dio non sono i loro pensieri. Per questo, non ci sono molti sapienti secóndo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Così a Dio onnipotente è piaciuto di salvare i credenti per mezzo dello scandalo della croce e con la stoltezza della predicazione. Così dagli inizi della Chiesa, per mezzo della incipiente predicazione degli Apostoli e l'incrollabile fermezza dei martiri confuse la sapienza greca, sconvolse e distrusse le potenze terrene, e sempre attraverso i secoli con il braccio della sua potenza depose i potenti dai loro troni ed esaltò gli umili suoi santi. Così nel secolo passato, molto vicino nella memoria dei nostri padri, dall'umile famiglia dei Frati Minori di san Francesco, Dio scelse l'umile beato Diego, nato in Spagna, non dotato di dottrina, ma, come erano i nostri primi maestri, senza cultura ed erudizione umanistica, semplice fratello religioso nella nostra fraternità, per mostrare in lui le ricchezze della sua grazia, per ricondurre molti dietro il suo esempio e la sua santità alla via della salvezza, e ridare vigore al mondo invecchiato e quasi decrepito. N Infatti, quello che è stolto per Dio è più sapiente per gli uomini, e quello che è infermo per Dio è più forte per gli uomini. Così Dio, Padre delle misericordie, che da solo compie cose mirabili, dotò questo piccolo e umile servo di doni celesti e lo accese talmente del fuoco dello Spirito Santo, che stese la sua mano per guarire gli infermi e compiere prodigi per i meriti di san Diego, sia mentre era in vita che dopo la sua morte, in modo che questi fu conosciuto non solo tra i suoi, ma anche nei paesi lontani, e il suo nome fu circonfuso di gloria. RESPONSORIO
Cfr. 2 Cor 1, 12
℞ Con
la santità e sincerità che vengono da Dio e non dalla sapienza umana * e con la grazia di Dio ci siamo comportati nel mondò. ℣ Questo è il nostro vanto: la testimonianza della nostra coscienza. ℞ e con la grazia di Dio ci siamo comportati nel mondo. ORAZIONE O Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature più umili per confondere ogni tipo di orgoglio, concedi a noi di imitare in ogni circostanza della vita le virtù di san Diego, per poter condividere la sua gloria nel cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA O Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature più umili per confondere ogni tipo di orgoglio, concedi a noi di imitare in ogni circostanza della vita le virtù di san Diego d’Alcalá, per poter condividere la sua gloria nel cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 14 novembre SANTI NICOLA TAVELIĆ, sacerdote, STEFANO DA CUNEO, DEODATO DA RODEZ E PIETRO DA NARBONA, religiosi e martiri di Gerusalemme
Nicola, primo santo della Croazia, nacque intorno al 1340 a Sebenico. Fu prima missionario in Bosnia, quindi, nel 1381, partì per la Palestina. Con i confratelli Deodato, Stefano e Pietro, prepar un discorso in difesa della fede cristiana, che pronunci dinanzi al cadì di Gerusalemme. Invitati tutti a ritrattare quanto avevano affermato, essi si rifiutarono decisamente e per questo furono condannati a morte. Il loro martirio fu consumato il 14 novembre 1391. Il culto nell’Ordine francescano, risale sin dal XV secolo. Leone XIII nel 1889, conferm il culto del solo Nicola Tavelić, il capogruppo, il quale ebbe grande venerazione in Jugoslavia, sua patria.
Nel 1966, Paolo VI conferm il culto anche per gli altri tre martiri francescani. Lo stesso papa, il 21 giugno del 1970 a Roma, li elev agli onori degli altari proclamandoli santi. Sono i primi santi martiri della Custodia di Terra Santa. SECONDA LETTURA Il martirio di san Nicola Tavelic e Compagni nella narrazione di un contemporaneo (D. Mandic, Documenta Martyrii B. Nicolai Tavelic et Sociorum eius, Romae 1958, pp. 35-42) Per la fede cattolica siamo pronti a sostenere ogni genere di tormenti Nicola e i suoi confratelli si consultarono a lungo su come potessero guadagnare le anime che il diavolo cercava di strappare e su come potessero offrire all'Altissimo per copiosi frutti nella città santa di Gerusalemme. Quindi senza paura, dietro consiglio di alcuni frati molto saggi e maestri in teologia, sorretti anche da valide argomentazioni della S. Scrittura e di autorevoli dottori, nell'anno 1391, il giorno 11 novembre, festa di san Martino, verso le nove del mattino, decisero di attuare quello che da molto tempo avevano in mente, e tutti insieme, avendo nelle mani ognuno un rotolo di carta scritto in italiano e un altro in arabo, si avviarono verso il tempio di Salomone: ma fu loro impedito di entrare. Condotti quindi nella casa del Cadì, mostrarono i rotoli e li lessero di fronte a lui. Allora il Cadì si rivolse ai quattro Frati chiedendo con fermezza: «Le parole che ora avete lette, le avete pronunciate come uomini saggi, responsabili di voi stessi, oppure da dementi, insensati o senza riflettere? Siete stati forse inviati dal vostro Papa o da qualche altro prìncipe cristiano?». Con grande fermezza e desiderando ardentemente la sua conversione, i Frati risposero: «Non siamo stati mandati da alcun uomo, ma da Dio, che ci ha ispirato di indicarvi la verità e la via della salvezza, poiché Cristo dice nel Vangelo: "Chi avrà creduto e sarà stato battezzato, sarà salvo. Chi invece non avrà creduto, sarà condannato"». Allora il Cadì li interrogò nuovamente: «Siete disposti a ritrattare le vostre parole e farvi saraceni, per evitare così la morte? Difatti se non farete questo, morirete». Essi risposero con chiara voce: «Non intendiamo in nessun modo revocare quanto abbiamo detto, e siamo pronti a morire per la fede cattolica e pronti a sostenere ogni genere di tormenti, poiché tutto ciò che abbiamo detto sono cose sante, cattoliche e vere». Sentendo ciò il Cadì, richiesto il parere dei suoi consiglieri, pronunciò la sentenza di morte. Appena emessa la sentenza, i saraceni insorsero con grande clamore, gridando: «A morte, a morte!». E così li tormentarono con vari strumenti, lasciandoli a terra quasi morti. Ciò avvenne verso le ore tre pomeridiane, e tra lo schiamazzo del popolo continuarono a dilaniarli fino a tardi. Verso la mezzanotte il Cadì li fece spogliare, li fece legare nudi ai pali, e di nuovo li sottopose a sì crudele fustigazione che, orrendamente dilaniati, non potevano
neppure reggersi in piedi. Li fece quindi rinchiudere in una tetra prigione, legati strettamente a dei ceppi di legno, in modo che non ci fosse pausa ai loro tormenti. Finalmente il terzo giorno condotti nella piazza, dove si usava giustiziare i malfattori, alla presenza dell'Emiro e del Cadì e di una sterminata moltitudine di saraceni e di soldati con le spade sguainate, acceso un grande fuoco, li interrogarono ancora una volta se volessero ritrattare le cose che avevano dette e volessero farsi musulmani, e così evitare la morte. Ma essi risposero: «Noi questo vogliamo e vi predichiamo, che vi convertiate alla fede di Cristo e vi facciate battezzare. Sappiate che per Cristo e per la sua fede non temiamo né il fuoco, né la morte del corpo». Udendo queste cose i saraceni, pieni di furore, si scagliarono furiosamente su di loro e con le spade li percossero così violentemente, da non lasciare loro neppure più sembianza umana. Poi li gettarono tra le fiamme. E per tutta la giornata quella moltitudine stava a vedere lo spettacolo, aggiungendo legna su legna, disperdendo le loro ceneri al vento e nascondendo le loro ossa, perché i cristiani non potessero più trovarle e seppellirle. RESPONSORIO
Cfr. Ef 4, 4. 5
℞ Martiri santi, avete sparso il sangue glorioso; amici di Cristo nella vita, lo avete seguito nella morte: * per questo vi è donata la corona di gloria. ℣ Un solo Spirito vi ha animato, una sola fede vi ha sostenuto: ℞ per questo vi è donata la corona di gloria. ORAZIONE O Dio, che a san Nicola e ai suoi compagni hai dato la grazia di concludere con il martirio la loro infaticabile opera apostolica, concedi anche a noi di camminare con cuore ardente sulla via dei tuoi comandamenti, per essere degni del premio riservato ai giusti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Lodi mattutine Ant. al Ben. I santi in virtù della fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse in Cristo Gesù nostro Signore. COLLETTA O Padre, che a san Nicola e ai suoi compagni hai dato la grazia di concludere con il martirio la loro infaticabile opera apostolica, concedi anche a noi di camminare con cuore ardente sulla via dei tuoi comandamenti, per essere degni del premio riservato ai giusti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
CANONIZZAZIONE DEI MARTIRI NICOLA TAVELIĆ, DEODATO DA RODEZ, STEFANO DA CUNEO E PIETRO DA NARBONNE
OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI Domenica, 21 giugno 1970 Ecco riconosciuta la gloria della santità a Nicola Tavelić di Sebenico, in Croazia, ed ai suoi compagni Deodato «de
Ruticinio», della Provincia di Aquitania, Pietro da Narbona, della Provincia di Provenza, e Stefano da Cuneo, della Provincia di Genova, tutti della Famiglia Religiosa dei Frati Minori di San F rancesco; già venerato il primo col titolo di beato ( lSSl), e non meno competente agli altri suoi soci per averne condiviso la vocazione e l’eroica sorte del martirio, il 14 novembre dell’anno 1391 (al tempo di Papa Bonifacio IX, Tomacelli, durante lo scisma d’Occidente). L’INNO PERENNE DI S. CIPRIANO
Vengono alle nostre labbra le parole di San Cipriano ai Martiri: « Esulto di letizia e di compiacenza, o fortissimi e beatissimi fratelli, riconoscendo la vostra fede e il vostro coraggio; la madre Chiesa è fiera di voi . . . Come cantare le vostre lodi, o fratelli valorosi? La forza del vostro animo e la perseveranza della vostra fede con quale elogio posso io celebrare? » (Ep. VIII; PL 4, 251-252). Noi siamo particolarmente felici d’aver potuto proclamare la santità di questi martiri della f ede, avendo così convalidato di fronte alla Chiesa intera il culto, che fino dal tempo della loro tragica e beata morte era a loro attribuito, a Nicola Tavelić in modo speciale, per merito dei suoi concittadini di Sebenico e dei suoi connazionali,
dai quali fu sempre fedelmente conservata memoria di lui, e fu sempre circondata di pietà e di onore. È così compiuto un voto a lungo con tenace speranza nutrito. Sono passati cinque secoli dal martirio di Nicola Tavelić e dei suoi soci. Sorge spontanea la domanda : come mai la Chiesa ha tanto tardato a canonizzare la loro eroica virtù? Lo studio delle circostanze mediante le quali fu consumato il loro martirio, fu tramandato il loro ricordo, fu autorizzato in pratica e in diritto il culto del beato Nicola, e fu rip reso l’esame della sua causa, può dare la risposta a questa ovvia questione; ma è studio complesso e che presenta un aspetto caratteristico, di non facile interpretazione. Narra la storia che Nicola Tavelić ed i suoi compagni furono martiri volontari, i qu ali, più che subire l’orrendo supplizio a loro inflitto, ad esso si esposero. Siamo a Gerusalemme, al tempo dell’occupazione musulmana, in un periodo di relativa tregua, se allora i
Francescani potevano risiedere nella città. I quattro Frati, protagonisti della tragica avventura missionaria, sono mossi da una duplice intenzione: quella di predicare la Fede cristiana confutando coraggiosamente, non certo forse cautamente e saggiamente, la religione di Maometto ; e quella di sfidare e provocare il rischio del sacrificio della loro vita. È vero martirio? Già il grande dottore di questa materia, Papa Benedetto XIV, nella sua opera magistrale De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione, si era posto il problema per risolverlo, in conformità alla dottrina consueta, in senso negativo: se il martirio è provocato intenzionalmente, non è vero martirio. Papa Lambertini, celebre per i suoi frizzi salaci, ci avverte che non bisogna stuzzicare il can che dorme (Cfr. BENEDETTO XIV, De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione, lib. III, c. 17, 4). Sorge allora una quantità di problemi. La tradizione storica della Chiesa non vanta forse altre figure di martiri volontari? Sant’Ignazio d’Antiochia, questa luminosissima figura di martire all’inizio del s econdo secolo, non supplica forse i cristiani di Roma di non impedire il suo previsto martirio? Nessuna voce è più alta e lirica della sua, per perorare la sua immolazione. Io sono frumento di Dio, egli scrive con patetica veemenza, oh! ch’io sia
macinato dai denti delle fiere, affinché io diventi pane puro di Cristo. « Lasciate che io sia imitatore della passione del mio Dio . . . ogni mio desiderio è ormai crocifisso . . . » (C. IV-V, etc.). Non ci ricorda poi il nostro Mart irologio i nomi di Martiri, che spontaneamente si lanciano alla morte per causa degna di qualificarli tali? S. Apollonia ad esempio (9 febbraio); S. Pelagia, elogiata da S. Ambrogio (De Virg. III; 9 giugno) ecc. Vi è poi tutta una letteratura che esorta al martirio, da Tertulliano in poi. MARTIRI VOLONTARI Ma per il caso nostro abbiamo un testo, che forse è determinante per la spiegazione della psicologia di Tavelić e
dei suoi compagni; ed è desunto dalla regola stessa di San Francesco. Vale la pena di citarlo. « I frati che, per amore di Cristo, vanno in missione fra gli infedeli, possono comportarsi in due diverse maniere. Una di queste consiste nel non mai mettersi a discutere con gli infedeli e nell’essere umilmente sottomessi a tutte le creature per (amor di) Dio (Cfr. 1 Petr. 11, 13 ), dimostrando in tal modo d’essere cristiani. L’altra maniera è questa:
quando i frati conosceranno che è volontà di Dio annunziare agli infedeli la parola divina, lo facciano, invitandoli a credere alla Santissima Trinità, a farsi battezzare e a divenire cristiani. Ma bisogna che i frati si ricordino sempre
di aver consacrato se stessi e d’aver abbandonato i loro corpi a nostro Signor Gesù Cristo, e perciò devono, per amor suo, esporsi ai nemici visibili ed invisibili, perché dice il Signore: “Chi perderà la sua vita per me la salverà per la vita eterna ”» (Regula I, c. XVI; Gli scritti di S. Francesco d’Assisi, Vicinelli pp. 102 -103, Mondadori 1955; J. JORGENSEN, San Francesco d’Assisi, nuova ed. 1968, p. 321; e c. XII della Regula II).
La prima maniera fu scelta da San Francesco stesso nel suo viaggio in Palestina nel 1219; sebbene lui pure «per la sete del martirio, nella presenza del Soldan superba, predicò Cristo» (DANTE, Par., XI, 100); la seconda quella dell’ardimentoso discepolo, S. Nicola Tavelić e dei suoi compagni. «I Frati Francescani - osserva il Relatore Generale della Sezione storica della nostra Sacra Congregazione per le cause dei Santi - che si recavano in Palestina nei secoli XIII-XV, vi giungevano . . . con una preparazione psicologica orientata verso il martirio, cioè verso la perfetta imitazione di Cristo, Il beato Nicola ed i suoi tre consoci, quando presero la loro eroica decisione, erano animati dallo stesso entusiasmo religioso del loro Fondatore e dei primi Martiri dell’Ordine messi a morte nel Marocco nel 1220 e 1227 ». SPIRITUALITÀ FRANCESCANA Vi è in tutta l’originaria spiritualità francescana una caratteristica aspirazione, quella della imitazione testuale del
Signore, fino alle estreme conseguenze, anche quelle che non sono «de necessitate salutis» (Cfr. Summ. Theol., II-II, 124, 3); ora del Signore non si dice forse che «si offerse, perché Egli lo volle»? (Is. 53, 7) Lui medesimo non afferma: «. . . Io do la mia vita . . . Nessuno me la toglie, ma Io la do da me stesso . . . »? (Io. 10, 17-18) È vero che «nessuno deve spontaneamente darsi la morte» (S. AUG., De civ. Dei, 1, 26; PL 41, 39), che «uno non deve dare ad altri occasione di agire ingiustamente» (Summ. Theol., ibid. 1 ad 3); ma, come nota lo stesso Benedetto XIV, riferendosi al nostro caso, vi possono essere situazioni in cui, o per impulso dello Spirito Santo, o per altre speciali circostanze, l’araldo del Vangelo non ha altro modo per scuotere l’infedeltà che quello di fare del proprio sangue la voce d’una estrema testim onianza. Testimonianza indubbiamente paradossale, testimonianza d’urto, testimonianza vana, perché non subito accolta, ma sommamente preziosa, perché convalidata dal totale
dono di sé; testimonianza che mette in suprema evidenza che cosa sia martirio. Esso dovrebbe essere subito, passivo; nel linguaggio agiografico si chiama passio; ma non è mai privo d’un’accettazione volontaria, attiva; che
nel nostro caso prevale e perciò maggiormente risplende.
Martirio, come si sa, vuol dire testimonianza, cioè affermazione soggettiva e oggettiva della fede. Soggettiva, perché con essa il martire attesta la convinzione sua propria, che s’identifica con la sua stessa personalità, della certezza ch’egli possiede, e che non può in alcun modo tradire; e oggettiva, perché c on tale affermazione il
martire vuole annunciare Cristo, vuole provare che Cristo è la verità, e che questa verità vale più della propria vita; è al vertice di ciò che è, e di ciò che preme, di ciò che salva. Diventa così motivo di credibilità (Cfr. DenzSch., 2779). Acquista fecondità missionaria: Semen est sanguis christianorum (TERTULLIANO, Apologeticum, c. 50; PL 1). Martirio, al tempo stesso, è una dimostrazione assoluta di amore. Gesù l’ha detto: « Non vi è amore maggiore di quello per cui uno offre la propria vita per coloro ch’egli ama» (Cfr. Io. 15, 13); e perciò commenta l’Angelico che il martirio demonstrat perfectionem caritatis, attesta la perfezione della carità (Summ. Theol., II-11, 124, 3). E perciò esso possiede in sommo grado l’elemento volontario dell’azione umana, il coraggio, la fortezza, l’eroismo, il sacrificio. Rappresenta l’aspetto drammatico e tragico del Vangelo: « Beati coloro che soffrono persecuzione per
la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli » (Matth. 5, 10). LA MEMORIA DIVENTA ATTUALITÀ
San Nicola Tavelić e Compagni. Oggi noi ricordiamo. La memoria diviene attualità, Noi stiamo a guardare. La
storia diventa maestra. Pone un confronto fra queste lontane figure di frati idealisti, imprudenti, ma esaltati da un amore positivo e trascinante verso Cristo e persuasi della necessità missionaria propria della fede: martiri; e la nostra mentalità moderna, che nasconde sotto un mantello di evoluto scetticismo, una comoda e transigente viltà, e che, priva di principii superiori ed interiori, trova logico il conformismo alle idee correnti, alla psicologia risultante da un’alienazione collettiva alla ricerca e al servizio dei soli beni temporali. Sorge in noi un certo
sentimento di disagio: noi ci sentiamo al tempo stesso distanti da quei campioni della fede, ma insieme avvertiamo, per tante ragioni, che essi ci sono vicini. Essi non sono figure anacronistiche e per noi irreali: essi anzi troppo ci dicono, e quasi ci rimproverano la nostra incertezza, la nostra facile volubilità, il nostro relativismo, che talora preferisce alla fede la moda. Lontani e vicini essi sono pur nostri, e ci ammoniscono e ci esortano, a noi pare, con parole simili a quelle che Noi, non molti giorni or sono, proferimmo: bisogna avere il coraggio della verità! il coraggio cristiano. Ed un secondo sentimento succede al primo con una domanda imbarazzante: ma allora dobbiamo inasprire i dissensi con la società che ci circonda, e aggredirla con polemiche e con contestazioni, che rompono i nostri rapporti col nostro tempo e che accrescono le difficoltà della nostra presenza apostolica nel mondo? È questo l’esempio che dobbiamo raccogliere da questi valorosi oggi canonizzati Santi? No; noi non crediamo. A ben leggere nella loro storia e soprattutto nei loro animi, noi vediamo che non è uno spirito d’inimicizia che li spinse al martirio, ma piuttosto di amore, di ingenuo amore, se volete, e di folle speranza; un calcolo sbagliato, ma sbagliato per desiderio di giovare e di condurre a salvamento spirituale quelli stessi che essi provocarono a infliggere loro la terribile repressione del martirio. Questo è importante. È importante per il mondo della nostra così detta civiltà occidentale; il Concilio ce lo insegna. Ed è importante anche per quel mondo islamico nel quale si svolse e si consumò la tragedia di S. Nicola Tavelić e dei suoi Compagni: essi non odiavano il mondo musulmano; anzi, a loro modo, lo amavano. E certo lo amano ancora, e quasi personificano nella loro storia l’anelito cristiano verso il mondo islamico stesso, che la storia dei nostri giorni ci fa sempre meglio conoscere, fortificando la speranza di migliori rapporti fra la Chiesa cattolica e l’Islam: non ci ha esortato il Concilio «a dimenticare il passato e a
esercitare sinceramente la mutua comprensione, non che a difendere e a promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà»? (Nostra aetate, 3) Sono sentimenti questi che ci inducono a celebrare il Signore nei nuovi Santi, a ispirare la nostra vita al loro esempio, a invocare per la Chiesa, per la Croazia, per i Paesi d’origine loro, per tutta la famiglia francescana, e
per il mondo intero la loro celeste protezione.
15 novembre BEATO GIOVANNI CINI DELLA PACE, eremita Nacque a Pisa verso il 1270. Era oriundo della famiglia Cini e fu chiamato “della pace” per aver dimorato lungamente in un eremo presso la “Porta della pace” di Pisa. Dopo l’esperienza della vita militare entr nel Terz’Ordine Regolare di San Francesco dedicandosi alla penitenza, alla preghiera e alle opere di misericordia, facendo da mediatore fra i cittadini per indurli a pensieri di amore e di pace. Divenne padre spirituale di molti che seguirono il suo esempio vivendo sotto la regola del Terz’Ordine Regolare francescano. Ricco di meriti, vol al cielo il 13 novembre 1340. Pio IX ne conferm il culto il 10 settembre 1857. COLLETTA O Dio, che hai fatto risplendere nel beato Giovanni della Pace lo spirito di mortificazione e la carità verso il prossimo, concedi anche a noi di mortificare ogni istinto e di avere per gli indigenti un sincero e sollecito amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 17 novembre SANTA ELISABETTA D’UNGHERIA, principessa, patrona del Terz’Ordine francescano
Figlia del re d’Ungheria Andrea II, nacque nel 1207. Giovanissima and sposa a Luigi IV di Turingia. Fedele ai doveri del suo stato, mise nello stesso tempo la sua vita a servizio dei poveri e degli ammalati, distribuendo i suoi beni e curando personalmente i lebbrosi. Morto il suo sposo durante una crociata, fu ingiustamente cacciata dal castello insieme con i suoi tre figli e si ritir a
Eisenach, poi nel castello di Pottenstein, per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marburgo, in Germania, dove fece edificare a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà. Ella accett con fede e con fortezza la nuova condizione di povertà e continu a dedicarsi all’educazione dei figli, all’assistenza dei malati e alla preghiera. Iscrittasi al Terz’Ordine francescano, offrì tutta se stessa agli ultimi, visitando gli ammalati due volte al giorno, facendosi mendicante e attribuendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scaten la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da Gregorio IX il 27 maggio 1235. Festa
Ufficio delle letture
Esultanti cantiamo alla Santa che fu esempio di rara fortezza: nelle liete vicende e le tristi il suo sguardo fu sempre al Signore. Del nemico ella vinse le insidie, disprezzando ogni bene caduco; del suo regno terreno spogliata visse solo per quello celeste. Con i teneri figli piangenti, senza casa va errando nel mondo; fatta povera in spirito e corpo cerca un pane e un asilo sicuro. In letizia ed amore ella porta quella croce che Cristo le porge: e attende soffrendo e pregando d'essere degna di unirsi al suo Dio. Gloria e onore al Padre nei cieli, che col Figlio e lo Spirito Santo, con amore e sapienza conduce tutto il mondo al supremo destino. Amen. 1 ant. Rivolse sempre i suoi pensieri al Signore per essere santa nel corpo e nello spirito. 2 ant. Si attenne al cammino del Signore, e non ha deviato; ha esercitato ogni opera di bene. 3 ant. In lei confida il cuore del marito; essa gli dà felicità e non dispiaceri per tutti i giorni della sua vita. ℣ Santa Elisabetta praticò ogni opera buona. ℞ E ne ebbe testimonianza di santità.
PRIMA LETTURA Dal libro dei Proverbi
31, 10-31 La donna che teme Dio è da lodare
Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Ella è simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Pensa ad un campo e lo compra e con il frutto delle sue mani pianta una vigna. Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia. È soddisfatta, perché il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua lucerna. Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita. Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. Suo marito è stimato alle porte della città dove siede con gli anziani del paese. Confeziona tele di lino e le vende e fornisce cinture al mercante. Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride dell'avvenire. Apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c'è dottrina di bontà. Sorveglia l'andamento della casa; il pane che mangia non è frutto di pigrizia. I suoi figli sorgono a proclamarla beata e suo marito a farne l'elogio: «Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!». Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Datele del frutto delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della città. RESPONSORIO
Sir 26, 16.21
℞ La
grazia di una donna diligente rallegra il suo marito; * grazia su grazia è una donna santa e vereconda. ℣ Come il sole risplende sul mondo dal più alto dei cieli, così la bellezza di una donna virtuosa è l'ornamento della sua casa. ℞ Grazia su grazia è una donna santa e vereconda. SECONDA LETTURA Dalla «Lettera» scritta da Corrado di Marburgo, direttore spirituale di santa Elisabetta (Al pontefice, anno 1232; A. Wyss, Hessisches Urkundenbuch I, Lipsia 1879, 31-35) Elisabetta conobbe ed amò Cristo nei poveri Elisabetta incominciò presto a distinguersi in virtù e santità di vita. Ella aveva sempre consolato i poveri, ma da quando fece costruire un ospedale presso un suo castello, e vi raccolse malati di ogni genere, da allora si dedicò interamente alla cura dei bisognosi. Distribuiva con larghezza i doni della sua beneficenza non solo a coloro che ne facevano domanda presso il suo ospedale, ma in tutti i territori dipendenti da suo marito. Arrivò al punto da erogare in beneficenza i proventi dei quattro principati di suo marito e da vendere oggetti di valore e vesti preziose per distribuirne il prezzo ai
poveri. Aveva preso l'abitudine di visitare tutti i suoi malati personalmente, due volte al giorno, al mattino e alla sera. Si prese cura diretta dei più ripugnanti. Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre in ogni attività di bene, senza mettersi tuttavia per questo in contrasto con suo marito. Dopo la morte di lui, tendendo alla più alta perfezione, mi domandò con molte lacrime che le permettessi di chiedere l'elemosina di porta in porta. Un Venerdì santo, quando gli altari sono spogli, poste le mani sull'altare in una cappella del suo castello, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni intimi, rinunziò alla propria volontà, a tutte le vanità del mondo e a tutto quello che nel vangelo il Salvatore ha consigliato di lasciare. Fatto questo, temendo di poter essere riassorbita dal rumore del mondo e dalla gloria umana, se rimaneva nei luoghi in cui era vissuta insieme al marito e in cui era tanto ben voluta e stimata, volle seguirmi a Marburgo, sebbene io non volessi. Quivi costruì un ospedale ove raccolse i malati e gli invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili ed i più derelitti. Affermo davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa come Elisabetta, che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose constatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata, emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come dei raggi di sole. Prima della morte ne ascoltai la confessione e le domandai cosa si dovesse fare dei suoi averi e delle suppellettili. Mi rispose che quanto sembrava sua proprietà era tutto dei poveri e mi pregò di distribuire loro ogni cosa, eccetto una tunica di nessun valore di cui era rivestita, e nella quale volle essere seppellita. Fatto questo, ricevette il Corpo del Signore. Poi, fino a sera, spesso ritornava su tutte le cose belle che aveva sentito nella predicazione. Infine raccomandò a Dio, con grandissima devozione, tutti coloro che le stavano dintorno, e spirò come addormentandosi dolcemente. RESPONSORIO ℞ Elisabetta,
di stirpe regale, trionfa nel cielo, decorata di una triplice corona di meriti, * avendo lasciato sublimi esempi di virtù in ogni stato di vita. ℣ Come vergine, come sposa e come vedova camminò nell'innocenza, senza inciampare nella colpa; ℞ avendo lasciato sublimi esempi di virtù in ogni stato di vita. TE DEUM
Lodi mattutinr
INNO O santa Elisabetta, accogli il nostro canto: dal gaudio del Signore ascolta chi ti prega. In terra hai conosciuto la pena dell'esilio: guida alla patria eterna chi è ancora pellegrino. Per Cristo hai rinunciato
alla gloria terrena: donaci di stimare soltanto i beni eterni. Tu hai vinto le insidie dell'eterno nemico: imploraci da Dio l'aiuto che ci salva. Onore sia al Padre, lode al divin Figlio, grazia al Santo Spirito, nei secoli eterni. Amen. 1 ant. Fu sempre vigilante nelle vie del Signore: con Lui regna per sempre in Cielo. 2 ant. Le creature tutte benedicano il Signore, mirabile nei suoi santi. 3 ant. Lodate il Signore, perché ha usato la sua misericordia verso la sua serva fedele. LETTURA BREVE
Pro 31, 10-12
Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. RESPONSORIO BREVE ℞ Preferì
rimanere * sulla soglia della casa di Dio. Preferì rimanere sulla soglia della casa di Dio. ℣ Piuttosto che abitare nelle tende degli empi: sulla soglia della casa di Dio. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Preferì rimanere sulla soglia della casa di Dio. Ant. al Ben. La benedizione del Signore, suo aiuto e sua salvezza, l'accompagnò sempre. INVOCAZIONI Rivolgiamo la nostra preghiera al Signore nostro Padre, che ha mandato il Figlio suo nel mondo per salvare i contriti di cuore, e diciamo: Infiammaci, o Signore, del tuo santo amore. O Signore, che di continuo accresci in noi, con la tua parola di vita, la conoscenza del tuo amore, - fa' che possiamo riconoscerti ed amarti in tutte le circostanze della nostra vita.
O Dio di bontà, che ci vuoi generosi e solleciti nelle opere di carità, - fa' che tutti ci riconoscano veri discepoli del tuo Figlio. O Padre di tutti gli uomini, così premuroso verso i tuoi poveri, - fa' che siamo testimoni della tua luce e del tuo amore nel mondo. O Signore, che ci esorti a distaccarci dalle cupidigie del mondo, - fa' che veniamo incontro fraternamente alle necessità del prossimo. Padre Nostro
ORAZIONE O Dio, che a sant'Elisabetta hai dato la grazia di riconoscere e onorare Cristo nei poveri, concedi anche a noi, per sua intercessione, di servire con instancabile carità coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Ora media terza
LETTURA BREVE
Sir 26, 1-2
Beato il marito di una donna virtuosa; il numero dei suoi giorni sarà doppio. Una brava moglie è la gioia del marito, questi trascorrerà gli anni in pace. ℣ Molte figlie hanno compiuto ℞ Ma tu le hai superate tutte!
cose eccellenti.
Sesta
LETTURA BREVE
Gb 4, 3-4
Ecco, tu hai istruito molti e a mani fiacche hai ridato vigore; le tue parole hanno sorretto chi vacillava e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato. ℣ Ha largheggiato, ha dato ai poveri. ℞ La sua bontà dura in eterno. Nona
LETTURA BREVE
Is 58, 7-8
Dividi il tuo pane con l'affamato, introduci in casa tua i miseri e i senza tetto; nel vestire uno che vedi nudo, non distogliere gli occhi da quelli della tua carne. Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. ℣ Io gioirò soltanto nel Signore. ℞ Ed esulterò in Dio, mio salvatore.
Vespri
Celebriamo l'eterno trionfo della santa che umile e forte, attraverso i travagli del mondo ha raggiunto la gioia del cielo. Distaccata dai beni caduchi, sempre volta ai valori supremi, le lusinghe e le insidie disprezza dei fallaci splendori mondani. Del potere l'emblema depone, senza scettro diviene straniera nella casa dov'era regina, e la patria terrena abbandona. Riconosce nei miseri Cristo, presta loro le cure pietose, con chi soffre anche lei sofferente per sanare lo spirito e il corpo. Gloria e onore al Padre nei cieli che col Figlio e lo Spirito Santo, con sapienza ed amore conduce tutto il mondo al supremo destino. Amen. 1 ant. Lasciò il principato caduco di questo mondo, per possedere per sempre il regno dei cieli. 2 ant. Ha agito con risolutezza e il suo cuore fu ripieno di vigore, perché ha amato la castità. 3 ant. La mano del Signore è la tua forza: sarai benedetta in eterno. LETTURA BREVE
Ap 19, 7-9
Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo gloria a Dio, perché son giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente. La veste di lino sono le opere giuste dei santi. Allora l'angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!». RESPONSORIO BREVE ℞ Fiduciosa
nel Signore: * trovò conforto nella sua grazia. Fiduciosa nel Signore: trovò conforto nella sua grazia. ℣ Sarà benedetta per sempre: trovò conforto nella sua grazia. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Fiduciosa nel Signore: trovò conforto nella sua grazia.
Ant. al Magn. In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. INTERCESSIONE Con la preziosa intercessione di tutti i santi e di tutte le sante del cielo preghiamo il Signore: Ricordati della tua Chiesa, Signore. Per le sante martiri, che con cristiana fortezza hanno vinto la morte, - dona alla tua Chiesa, in mezzo alle sofferenze e alle prove, la forza dello Spirito. Per le spose, che si santificarono con la grazia del sacramento nuziale, - dona alla tua Chiesa la fecondità apostolica. Per le vedove, che hanno illuminato la loro solitudine con la preghiera e le opere di carità, - concedi alla tua Chiesa di testimoniare al mondo la forza misteriosa della carità e della preghiera. Per le madri sante, che generarono ed educarono i loro figli all'impegno civile e alla testimonianza del tuo regno, - dona alla tua Chiesa di generare tutti gli uomini alla verità e alla grazia. Per tutte le sante donne, che hanno meritato di contemplare la luce del tuo volto, - concedi ai nostri fratelli defunti l'eterna gioia del paradiso. Padre Nostro
ORAZIONE O Dio, che a sant'Elisabetta hai dato la grazia di riconoscere e onorare Cristo nei poveri, concedi anche a noi, per sua intercessione, di servire con instancabile carità coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA O Dio, che a santa Elisabetta d’Ungheria hai dato la grazia di riconoscere e onorare Cristo nei poveri, concedi anche a noi, per sua intercessione, di servire con instancabile carità coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
18 novembre BEATA SALOMEA DA CRACOVIA, regina, religiosa Nacque da famiglia reale a Cracovia, in Polonia, nel 1211. Giovanissima, spos Colomanno, figlio del re d’Ungheria. Umile nella dignità di regina, d’accordo con lo sposo, fece voto di verginità e si dedic ad opere di beneficenza. Morto lo sposo, ritorn in Polonia ed entr nel monastero delle Clarisse di Sandomierz, dove in seguito fu eletta abbadessa. Morì il 17 novembre 1268 e la sua salma riposa nella chiesa francescana di Cracovia. Clemente X il 17 maggio 1673 ne conferm il culto. COLLETTA O Dio, che hai chiamato la beata Salomea dalle sollecitudini del principato terreno all’impegno della perfezione evangelica, sul suo esempio e per la sua intercessione concedici di servirti in umiltà di cuore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 19 novembre SANT’AGNESE D’ASSISI, religiosa
Caterina di Favarone di Offreduccio, sorella di Chiara, nasce in Assisi (Perugia) nel 1197. A quindici anni volle seguire la sorella e abbracci l’ideale di povertà francescana. Resistette con forza sovrumana alle lusinghe, alle minacce e alle percosse dei parenti che volevano distoglierla dal suo proposito. Dopo essere rimasta per circa dieci anni a San Damiano, fu mandata come abbadessa a Firenze, nel monastero di Monticelli. Guid le sorelle con prudenza e amore, dando per prima l’esempio di austera povertà e di operosità. Ebbe anche il conforto di consolazioni e visioni celesti. Ritornata ad Assisi, assistette alla morte della sorella e si spense poco dopo, il 16 novembre 1253. Benedetto XIV la dichiar santa il 6 novembre 1751, confermandone l’antichissimo culto. Il suo corpo riposa nella basilica di Santa Chiara. SECONDA LETTURA
Dalla «Lettera» di sant'Agnese d'Assisi alla sorella santa Chiara Siamo un solo corpo e un solo spirito in Cristo La vicenda umana di ciascuno è stabilita dalla Provvidenza in modo tale da non poter mai essere prevista con sicurezza, e percìp^quando qualcuno pensa di andare incontro alla felicità, è proprio allora che viene sommerso dallo sconforto. Sappiate, Madre mia, che il mio spirito è in grandissima tribolazione e profonda tristezza, e sono oppressa e tribolata al di sopra delle mie forze e quasi non posso parlare, perché sono materialmente separata da voi e dalle altre mie sorelle, con le quali io credevo in questo mondo di vivere e morire. Questa tribolazione ha avuto un inizio, ma non ne conosco il termine; invece di diminuire, cresce sempre; so da quando è sorta, ma non so quando si avvierà al tramonto; è sempre con me e non vuole mai da me allontanarsi. Ero convinta che sarebbe toccata la stessa vita e la stessa morte in terra, a coloro che hanno la stessa celaste vocazione, e che lo stesso sepolcro avrebbe accolto coloro che sono già unite dai vincoli naturali: eccomi invece delusa nella mia speranza, afflitta da ogni parte dall'angoscia e dalle tribolazioni. O sorelle mie carissime, compatitemi! Aiutatemi con le vostre preghiere affinché io possa sopportare questa prova dolorosa. O mia dolcissima madre e signora, sento che con gli occhi del corpo non rivedrò più le mie sorelle, e per questo non ci sarà mai nessuno che mi potrà consolare. Ma il Signore mi ha mandato un altro conforto, e per questo prego anche voi di rallegrarvi con me: ho trovato qui una perfetta concordia, più di quanto potessi aspettarmi, e tuite le sorelle mi hanno accolta con gaudio e letizia grandissima, e mi hanno promesso rispetto, obbedienza e devozione. Tutte si raccomandano a Dio, alle vostre preghiere e a quelle di tutto il vostro monastero: e io stessa ve le raccomando, vi prego di avere per tutte noi quella sollecitudine che avreste per le vostre figlie e sorelle. Siate certe che tutte noi faremo sempre tesoro dei vostri consigli e dei vostri avvertimenti. RESPONSORIO ℞ Contempliamo la tua bellezza, vergine di Cristo: * hai ricevuto dal Signore una splendida corona. ℣ Non ti sarà tolto l'onore della verginità, non sarai più separata dall'amore del Figlio di Dio: ℞ hai ricevuto dal Signore una splendida corona. ORAZIONE
O Dio, tu che a molte anime consacrate hai dato sant'Agnere d'Assisi quale modello di perfezione serafica, concedi di emulare il suo ideale di santità, per essere uniti a te nella gloria dei Santi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Lodi Ant. al Ben. Hai lasciato i tuoi parenti: sarai ripagata pienamente dal Signore, presso il quale sei venuta per rifugiarti sotto le sue ali. Vespri Ant. al Magn. Il mio diletto è per me ed io per lui; egli è ai pascoli fra i gigli. Trovai l'amato del mio cuore e non lo lascerò mai più.
COLLETTA O Dio, che a molte anime consacrate hai dato santa Agnese d’Assisi quale modello di perfezione serafica, concedici di emulare il suo ideale di santità, per essere uniti a te nella gloria dei santi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 20 novembre BEATO PASCUAL FORTUÑO ALMELA E COMPAGNI, martiri della Persecuzione spagnola Pascual Fortuño Almela nacque il 3 marzo 1886 a Villarreal (Spagna). Vestì l’abito francescano il 18 gennaio 1905. Ordinato sacerdote a Teruel il 15 agosto 1913, fu poi inviato dai superiori nel seminario minore di Benisa, nei pressi di Alicante. Quattro anni dopo fu destinato al servizio della Custodia di Sant’Antonio in Argentina. Rientrato in Spagna lo colse lo scoppio della guerra civile nel 1936. Obbligato dagli eventi politici ad abbandonare il convento, il 18 luglio 1936 si rifugi presso i suoi familiari a Villarreal. Il 7 settembre 1936 fu arrestato ed il giorno seguente fu ucciso sulla strada tra Castellón e Benicasim. Condotto alla fucilazione, le pallottole rimbalzavano sul suo petto e cadevano per terra e l’imputato replic : «È inutile che spariate; se volete uccidermi usate un’arma bianca». Gli venne perci affondata una baionetta nel petto. Gli esecutori della sentenza di morte rimasero impressionati a tal punto da esclamare: «Abbiamo fatto male a ucciderlo: era un santo», «Se è vero che ci sono dei santi, questi è uno di quelli». Pascual Fortuño Almela e tre suoi confratelli appartenenti all’Ordine dei Frati Minori (Plácido García Gilabert, Alfredo Pellicer Muñoz, Salvador Mollar Ventura) furono beatificati l’11 marzo 2001 da Giovanni Paolo II con un gruppo composto complessivamente di ben 233 martiri della medesima persecuzione.
Comune dei martiri, pag. ***. COLLETTA Dio onnipotente ed eterno, che hai arricchito la vita dei tuoi santi martiri Pascual e compagni con la grazia del battesimo e la forza di comunicare alla passione del Cristo, vieni in aiuto alla nostra debolezza e come essi non esitarono a morire per te, concedi anche a noi di essere forti e coraggiosi nella confessione del tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 22 novembre BEATO SALVATORE LILLI, sacerdote E COMPAGNI, martiri di Turchia Nacque a Cappadocia (L’Aquila) il 19 giugno 1853. Entrato nell’Ordine f rancescano, fece il noviziato a Nazzano di Roma, ove il 6 agosto 1871 profess la regola di san Francesco. Compì gli studi di filosofia a Betlemme e quelli di teologia a Gerusalemme, ove il 6 aprile 1879 fu ordinato sacerdote. In possesso della lingua araba, turca e armena, fu destinato come missionario a Marasc in Turchia, ove, sia da suddito che da superiore, svolse un ottimo apostolato tra i cristiani orientali. Nel 1894 fu nominato parroco e superiore dell’ospizio di Mugiukderesi e qui fu raggiunto dai rivolgimenti politici del 1895, quando i turchi effettuarono tanti massacri, specie tra i cattolici armeni. Scoppiata la persecuzione, non volle lasciare la parrocchia; preso perci dai soldati, con altri sette cristiani (Baldji Ohannès, Khodianin Kadir, Kouradji Tzeroum, Dimbalac Wartavar, Ieremias Boghos, David Oghlou, Toros David), per odio alla fede fu ferito a morte a colpi di baionetta e poi bruciato. Era il 22 novembre 1895. Giovanni Paolo II lo annover tra i beati martiri il 3 ottobre 1982. [Memoria liturgica ufficiale: 17 agosto]. Dal Comune di più martiri, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture I NNO dal Comune dei martiri, oppure: Beati i martiri di Cristo primizia e forza della fede attorno al trono dell’Agnello in lui ritrovano la vita. Uniti a Cristo sulla croce dal Padre invocano il perdono narrando a noi l’eterno amore al mondo svelano la gloria.
Il loro corpo come un seme caduto a terra ha dato frutto per diventare il nostro pane offerto dalle nostre mani. La Chiesa santa riconosce nel loro esodo pasquale la loro morte nel suo Nome la loro vita nel suo regno. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. SECONDA LETTURA Dai discorsi di san Giovanni Paolo II, papa (beatificazione in San Pietro, 3 ottobre 1982) AAS 74 (1982), n. 11, 1213-1216 All’infuori di Cristo non riconosco alcuno
Grande è la gioia della Chiesa per l’elevazione agli onori degli altari di alcuni luminosi suoi figli: il beato Salvatore Lilli, dei frati minori, un italiano e sette cristiani della Turchia orientale (Armenia Minore), martiri della fede […]. La cronologia del beato Salvatore è semplice, ma ricca di fatti che attestano il suo grande amore a Dio ed ai fratelli; essa culmina col martirio che venne a coronare una vita di fedeltà alla vocazione francescana e missionaria. Dei sette soci nel martirio conosciamo i nomi, le famiglie e l’ambiente di vita: erano umili contadini e ferventi cristiani, provenienti da una stirpe che ha conservato attraverso i secoli integra la propria fedeltà a Dio ed alla Chiesa, nonostante momenti difficili ed a volte anche drammatici […]. Il 19 novembre 1895, i militari entrarono nella casa parrocchiale e il comandante pose subito l’alternativa: o rinnegare Cristo, o morire. Chiara e ferma fu la risposta del sacerdote che dovette per questo subire una prima esplosione di violenza: alcuni colpi di baionetta che ne fecero scorrere il sangue. Tre giorni dopo, il religioso e sette suoi parrocchiani furono condotti via dalla truppa; marciarono per due ore; vicino ad un torrente furono fatti fermare ed il colonnello propose per l’ultima volta di scegliere fra l’abiura e la morte: All’infuori di Cristo non riconosco alcuno, disse il padre. Non meno nobile fu la risposta degli altri martiri: Uccideteci, ma non rinnegheremo la nostra religione (Positio super Martyrio, Summarium, teste V, 53). Per primo fu ucciso il beato Salvatore, trafitto dalle baionette dei soldati: immediatamente dopo, gli altri sette subirono la medesima sorte. Questo missionario francescano ed i suoi sette fedeli parlano con eloquenza incisiva al mondo di oggi: sono per tutti noi un salutare richiamo alla sostanza del
cristianesimo. Quando le circostanze della vita ci pongono di fronte alle scelte fondamentali, fra valori terreni e valori eterni, gli otto beati Martiri ci insegnano come si vive il Vangelo, anche nelle contingenze più difficili. Il riconoscere Gesù Cristo come Maestro e Redentore implica l’accettazione piena di tutte le conseguenze che nella vita derivano da tale atto di fede. I Martiri, elevati oggi agli onori degli altari, vanno onorati imitandone l’esempio di fortezza e di amore a Cristo. La loro testimonianza e la grazia che li ha assistiti sono per noi motivo di coraggio e di speranza: ci assicurano che è possibile, di fronte alle più ardue difficoltà, seguire la legge di Dio e superare gli ostacoli che si incontrano nel viverla e metterla in pratica. I nostri beati Martiri hanno vissuto in prima persona le parole rivolte da Gesù ai suoi discepoli: Chiunque mi renderà testimonianza davanti agli uomini, gli renderò testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli (Mt 10, 32). Il beato Salvatore ed i suoi compagni hanno subìto la morte per rendere la loro eroica testimonianza a Cristo di fronte al mondo: il Signore ha reso loro la sua testimonianza davanti al Padre con la vita eterna. Questa lezione, sia di sprone a tutti i battezzati per una vita cristiana sempre più coerente e sempre più generosa al servizio del Signore, della Chiesa e dell’uomo. R ESPONSORIO
Cfr. Ap 12, 11a. 12a; Cfr. 2Mac 7, 36a
R. Hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza. * Esultate, o cieli e voi che abitate in essi. V. Hanno sopportato un breve tormento e sono entrati nella vita eterna. R. Esultate, o cieli e voi che abitate in essi. Orazione come alle Lodi mattutine.
Lodi mattutine I NNO dal Comune dei martiri, oppure: Colui che vive l’Evangelo l’Agnello segue ovunque vada rinnova e narra in mezzo a noi il segno grande dell’amore. Nel tuo Nome grande e santo annuncia il regno e dà la vita perdona tutto ai suoi nemici rimette a te il suo respiro. Attorno al trono dell’Agnello con gioia intona il canto nuovo vicino a fonti di acqua viva non soffre fame né ha sete.
Signore santo e Dio fedele a te la gloria a te la lode esulta o Chiesa in cielo e in terra la morte è vinta il regno viene. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Ant. al Ben. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. ORAZIONE Dio onnipotente ed eterno, che con il martirio del beato Salvatore Lilli e dei suoi sette compagni ci hai dato l’esempio di una fede costante fino al versamento del sangue, per i loro meriti concedici ferma volontà nell’osservanza dei tuoi comandamenti. Per il nostro Signore.
Vespri I NNO dall’Ufficio delle letture Ant. al Magn. Ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e una moltitudine canta un canto nuovo e segue l’Agnello dovunque vada. 25 novembre SANT’UMILE PIROZZO DA BISIGNANO, RELIGIOSO Luca Antonio Pirozzo nasce il 26 agosto 1582 a Bisignano (Cosenza). Si fece ammirare fin da fanciullo per la straordinaria pietà: partecipava alla messa quotidiana, pregava meditando la passione del Signore anche durante il lavoro dei campi. A ventisette anni entr nel noviziato di Mesoraca (Crotone) dei Frati Minori. Svolse con semplicità ed esattezza le tipiche mansioni dei religiosi non sacerdoti, quali la questua, il servizio alla mensa della comunità, la cura dell’orto ed ogni altro lavoro manuale richiesto dai superiori. Fu obbediente, umile, docile, condividendo con gioia i vari momenti della vita di comunità. Ebbe fin da giovane il dono di continue estasi, tanto da essere chiamato “il frate estatico”. Esse furono per lui occasione di una lunga serie di prove e di umiliazioni. Fu dotato anche dei doni singolari del discernimento dei cuori, della profezia, dei miracoli e soprattutto della
scienza infusa. Godette della fiducia dei sommi pontefici Gregorio XV e Urbano VIII, i quali lo chiamarono a Roma e, dopo averlo fatto rigorosamente esaminare nello spirito, si giovarono delle sue preghiere e dei suoi consigli. Morì il 26 novembre del 1637 in Bisignano. Fu beatificato da Leone XIII il 29 gennaio 1881 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 19 maggio 2002. [Memoria liturgica ufficiale: 26 novembre]. Dal Comune dei santi, religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture I NNO dal Comune dei santi, oppure: Tu che umile qui fosti e di nome e in realtà or che in ciel glorioso sei guarda a noi che t’invochiam. Dagli orror della superbia tu mantienici lontan, e concedici che sempre ti seguiamo in umiltà. Tu preservaci dal mondo dalle umane infermità dagli inganni del maligno e qualunque avversità. Gloria al Padre onnipotente e al Figlio redentor lode grande e sommo onore al divino Consolator. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. SECONDA LETTURA Il dono dell’estasi in Sant’Umile da Bisignano Rielaborazione di Padre Giacomo da Bisignano (Libro 2° cap. 8) e Dionisalvi (Libro V cap. 5). Il dono dell’estasi in Sant’Umile da Bisignano
L’inestimabile tesoro e la grandissima virtù della preghiera furono tanto care all’anima di frate Umile che nessuna mente umana potrebbe mai com prendere. La preghiera era per lui quel moto dell’anima che fa giungere l’uomo alla presenza di Dio e lo fa diventare a sua immagine, è quella bellissima fonte, che entrando nell’orto della nostra anima la innaffia con la sua potenza e la lascia ricca di erbe, fiori e frutti divini che sembra un altro paradiso del Signore. Fu per questo che Dio volle concedere all’anima del suo servo fedele un ulteriore immenso dono, quello dell’estasi. Da quando entra nell’Ordine, gli verranno attribuite le mansioni più umili, l’orto, la questua, la sacrestia, il refettorio, ma tutto egli svolgeva con lo spirito sempre rivolto a Dio e a lui solo. Era talmente forte l’unione tra il fraticello e Dio che gli bastava immergersi nell’orazione per perdersi completamente nel suo Amato, entrando in estasi mentre pregava rimaneva privo di qualsiasi senso, si sollevava da terra e in quei momenti esisteva solo per il suo Signore, si narra che spessissimo, magari nel pieno svolgere i suoi servizi nei campi, mentre in chiesa c’era la messa conventuale, all’udire il suono della campanella dell’elevazione del Santissimo Sacramento, entrava nel mistero dell’estasi, e immobile, privo di sensi, rimaneva con l’animo immerso in Dio, solo i superiori riuscivano a farlo tornare in sé, richiamandolo all’ubbidienza. Chissà quale dolcezza frate Umile provava nello stare a colloquio col suo Gesù, egli dimenticava le amarezze, i patimenti, le umiliazioni, gli affanni. A colloquio con la fonte della Sapienza lui, povero frate che poco sapeva leggere e scrivere, interrogato dai suoi superiori, riusciva a parlare dei più alti misteri della scienza divina. Sant’Umile ci insegna a rimanere sulla terra, a vivere le miserie del mondo, a soffrire i dolori che la vita semina sulla nostra strada, ma sempre con gli occhi rivolti verso il cielo. Mai il suo sguardo cesserà di fissare gli occhi di Dio, e quando l’unione fra la sua povera anima di creatura e il cuore infinito di Dio avveniva, il Paradiso scendeva sulla terra e frate Umile saliva in Paradiso pur rimanendo, fisicamente sulla terra. La sua vita e il suo spirito saranno sempre avvolti in questo infinito mare dell’essenza divina, godendo la sua sovrana dolcezza, come colui che ha edificato la sua casa dove eternamente potrà abitare. R ESPONSORIO R. O Sant’Umile, nostro avvocato presso Dio, ammiriamo i doni straordinari di cui fu arricchita la tua eccelsa santità. * Intercedi per noi tuoi devoti. V. Insegnaci il distacco dal male, l’ardente carità che mosse il tuo cuore, lo spirito di orazione e di contemplazione, il desiderio di quella stessa gloria della quale tu ora godi per sempre presso Dio. R. Intercedi per noi tuoi devoti.
Lodi mattutine I NNO dal Comune dei santi, oppure:
Tu di nome e di fatto sempre Umile, conquistando così santità. Nella gloria di Dio ora vivi, o Sant’Umile noi ti preghiamo. Da Gesù crocifisso imparasti l’obbedienza al disegno di Dio e l’amore alla chiesa tua madre nell’offerta di te per il mondo. Sei tra i figli del Santo d’Assisi nella schiera dei veri minori, tu calcasti le calabre terre benedette dai doni di Dio. Di Maria tutta bella devoto ne hai goduto la consolazione, diffondesti la somma dottrina del sottile dottor della Chiesa. Sia lode al Padre e al Figlio, e allo Spirito Santo, al Dio trino ed unico nei secoli sia gloria. Amen. Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. LETTURA BREVE
Ef 4,1-6
Vi esorto dunque io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti. R ESPONSORIO BREVE R. Il cuore di Umile, nella legge di Dio. Il cuore di Umile, nella legge di Dio. V. Diritto e sicuro è il suo cammino nella legge di Dio.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Il cuore di Umile, nella legge di Dio. Ant. al Ben. Qui in terra fu sempre umile, di nome e di fatto. ORAZIONE O Dio, che hai dato a Sant’Umile la grazia di seguire fino in fondo Cristo povero e umile, concedi anche a noi di vivere fedelmente la nostra vocazione, per giungere alla perfetta carità che ci hai proposto nel tuo Figlio. Egli è Dio. .
Vespri I NNO dal Comune dei santi, oppure: Tu nell’ora del grande passaggio attorniato dai tuoi fraticelli, contemplasti il divino giardino sospirato in tutta la vita. O Sant’Umile di Bisignano che dell’umil virtù sei maestro, sii per noi vera lampada accesa nel cammin sulle orme di Cristo. A Te gloria cantiamo, Signore, per il dono di Umile Santo, a Te triplice dono d’amore innalziamo la lode perenne. A te gloria, Signore, nato da Maria Vergine, al Padre ed allo Spirito nei secoli sia lode. Amen Oppure un altro inno o canto adatto approvato dall’autorità ecclesiastica. Ant al Magn. Hai ricevuto da Dio benedizione e salvezza, o Sant’Umile, tu che hai sempre cercato il Signore. Oppure
Figlio diletto della Vergine Maria, entri nella gioia del tuo Signore. Orazione come alle Lodi mattutine. 26 novembre SAN LEONARDO CASANOVA DA PORTO MAURIZIO, sacerdote
Paolo Girolamo Casanova, figlio di un capitano di marina, nacque a Porto Maurizio (Imperia) il 20 dicembre 1676. Compiuti gli studi presso il Collegio Romano dei Gesuiti, a vent’anni entr nell’Ordine dei Frati Minori. Ordinato sacerdote, si dedic con zelo apostolico alla predicazione, percorrendo gran parte d’Italia. Speciale importanza assunsero le sue “missioni” al popolo, le quaresime e gli esercizi spirituali. Fu grande propagatore della pratica della Via Crucis. Tra le tante Via Crucis da lui erette, la più memorabile è quella del Colosseo. Fond , in Toscana, il convento dei ritiri francescani di Monte alle Croci. Scrisse molte opere di predicazione e di vita spirituale, da cui traspaiono i lineamenti caratteristici della spiritualità francescana. Morì a Roma il 26 novembre 1751, visitato personalmente da Benedetto XIV che gli era assai affezionato. Beatificato il 19 giugno 1796, fu canonizzato da Pio IX il 29 novembre 1867. Dal Comune dei pastori con salmodia del giorno dal salterio. Ufficio delle letture Seconda lettura Da una «esortazione sulla Via Crucis» di san Leonardo da Porto Maurizio (Leonardo da Porto Maurizio, «Esortazione sulla Via Crucis» in «Opere complete», vol. II, Venezia 1808, pp.176-177) («Opere complete», vol. II, Venezia 1808, pp.176-177) Meditando la passione di Cristo si giunge alla sincera compunzione del cuore.
«E' devastato tutto il paese, e nessuno se ne dà pensiero». La causa di tutti i mali per noi va ricercata nel fatto che nessuno pensa alle realtà che dovrebbero costituire un oggetto di continua meditazione. Non c'è da meravigliarsi se ne consegue un completo disordine morale. Sono messe nel dimenticatoio prima di tutto le verità escatologiche; non si pensa poi né ai benefici di Dio, né a quale dolorosa passione andò incontro per noi Gesù Cristo. Gli impegni e gli obblighi del proprio stato si eseguono con negligenza; e non si fuggono con la dovuta cautela i pericoli spirituali, esistenti ovunque. Essendo il mondo in uno stato morale così deplorevole tornano a proposito le parole di Geremia: «E' devastato tutto il paese, e nessuno se ne da' pensiero». C'è qualche rimedio a siffatti mali? Con tutta umiltà, in ginocchio, mi sia consentito di indicare a tutti i prelati, ai parroci, ai sacerdoti e a tutti gli altri ministri di Dio che l'auspicata medicina è alla portata di tutti, nella maggioranza dei casi, ed è il pio esercizio della Via Crucis. Se per lo zelo e l'interessamento del Clero tale pratica di pietà sarà istituita in tutte le parrocchie e chiese, essa diverrà una validissima difesa contro il dilagare del vizio e ricoprirà di grandissimi benefici tutti coloro che mediteranno assiduamente sui dolori e sull'amore di Cristo Signore. La frequente meditazione sulla Passione di Cristo dà lumi salutari all'intelletto, fervore fattivo alla volontà e sincera compunzione al cuore. Ho constatato quotidianamente, e toccato quasi con mano, che il miglioramento dei costumi dei cristiani è condizionato dalla pratica del pio esercizio della Via Crucis. Tale pia pratica infatti è un antidoto per i vizi, un freno alle passioni, un incitamento efficace ad una vita virtuosa e santa. Se terremo vivamente presente davanti agli occhi della mente, come scolpita su tavole, l'acerbissima passione di Cristo, non potremo non aborrire, in virtù dell'irradiazione di così intensa luce, le miserie e le debolezze della nostra vita; anzi, ci sentiremo trascinanti a rispondere con tanto amore alla carità di Cristo, e ad accettare gioiosamente le inevitabili avversità della vita. Responsorio R. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso, * non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio. V. La mia parola e il mio messaggio si basarono sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, R. non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio. Oppure Da una «Lettera alle religiose Francescane Romite di Fara Sabina» di san Leonardo da Porto Maurizio (Leonardo da Porto Maurizio, «Lettera alle religiose Francescane Romite di Fara Sabina» - archivio del Monastero) Dilettissime Sorelle in Cristo. La pace del buon Gesù nei vostri cuori. Ho avuto sommo piacere in sentire che sia stato vostro straordinario il P. Gio : Battista da
Varallo mio amatissimo Compagno, il quale mi ha scritto mille lodi della vostra pietà, dicendo che siete sì buone Religiose eccet., e benché ne abbia provato soddisfazione, non sono però contento; attesochè non vi vorrei solamente buone, ma sante, essendo tale il fine del vostro Istituto, e per esser sante non basta una bella apparenza; ma si richiede un buon fondo nell’interno fabbricato da una continua orazione, e dall’esercizio delle sante virtù praticate per quanto si può in grado eroico. Io sospiro quando vedo alcune Religiose che sono faccendiere, faticano dalla mattina alla sera incessantemente, e nell’esterno sono compitissime e molto attente in fare sì che il tutto cammini con buon ordine, ed economia ben regolata, e poi nell’interno le trovate canne vuote, cieche senza presenza di Dio, storte senza purità d’intenzione nell’operare e deboli in vincere le loro passioncelle che di continuo tiranneggiano i loro cuori. Quindi è che vivono sempre inquiete, annoiate, e non provano mai quanto sia soave il Signore, insomma sono martiri dell’amor proprio. Or ditemi, fra di voi ve ne sono di queste faccendone, tiepide, e dissipate? Me ne rimetto a voi. Non dico già che non si debba attendere alle faccende necessarie, e molto più quando sono ordinate dall’ubbidienza. Sarebbe tentazione il fare, o dire il contrario; ma dico che se l’esterno non sarà regolato dall’interno, faticheremo assai, e guadagneremo poco. Ma che abbiamo a fare per aggiustare questo orologio, acciò non sia così sconcertato? Ecco quel che dovete fare. Non basta aggiustare la linguetta al di fuori, ma bisogna dar di mano alle ruote di dentro, e queste sono le tre potenze dell’anima: Intelletto, Memoria, e Volontà; riformate ben bene queste tre potenze, e subito sarà riformata tutta l’anima, il vostro cuore nuoterà in un mare di pace, e vi godrete in terra un anticipato paradiso. Per dirvene qualche cosa ruberò il tempo alle mie occupazioni; ma guai a voi, se non ve ne approfittate. Responsorio R. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso, * non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio. V. La mia parola e il mio messaggio si basarono sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, R. non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio. Oppure Da una «Lettera alle religiose Francescane Romite di Fara Sabina» di san Leonardo da Porto Maurizio (Leonardo da Porto Maurizio, «Lettera alle religiose Francescane Romite di Fara Sabina» - archivio del Monastero) Le suddette tre potenze Intelletto, Memoria e volontà si riformano con le tre Virtù Teologali Fede, Speranza e Carità. Volete esser Sante? Fate spesso atti di fede, speranza e carità, e questi vi santificheranno l’Anima. L’occhio della fede, ben purgato, è quello che rende un’Anima padrona di se stessa, e la guida per un sentier sicuro alla Eternità. Per tanto non vi contentate di una Fede viva ordinaria, e per dir
così, speculativa, ma procurate in tutte le cose una Fede straordinaria non solo viva, ma attuata e pratica che rimiri Dio in tutte le cose, ed ordini tutte le cose a Dio, e con questa fede vivissima ridotta in atto, che si trova nella parte superiore dell’Anima, misurate tutte le cose; anzi a tutte le vostre azioni, massime alle principali, fermandovi alquanto, fate precedere un atto di fede, rinnovando la presenza di Dio dentro di voi, e con questo l’Anima vostra prenderà gran forza per operare con fervore. O Sorelle benedette, gettate un si bel fondamento se volete essere sante, essendo certissimo che quanto più sarà attuata la vostra fede, crescendo le cose soprannaturali con maggior certezza di quello, con cui si credono le cose che attualmente si vedono, tanto maggiore sarà il fervore della vostra volontà per operare il tutto con perfezione. E per venire più al pratico: formatevi nel vostro cuore una solitudine mentale, e quivi ritiratevi più volte fra giorno, e chiudendo gli occhi del corpo, aprite l’occhio della fede, e rimirate il bellissimo Dio dentro di voi; esortandovi per quanto so e posso a ricever Dio non altrove che dentro di voi, cioè, nel centro dell’anima vostra, particolarmente in tempo dell’orazione, e quivi in oblìo di tutte le Creature, scordatevi affatto di tutte le cose sensibili, parlate, conversate con dell’orazione avvezzatevi a riguardar nelle Creature la sola bontà di Dio, e non facendo conto alcuno della scorza esteriore, apprezzate solamente quel che si trova nelle Creature, che è Dio. Responsorio R. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso, * non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio. V. La mia parola e il mio messaggio si basarono sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, R. non per sapienza umana, ma per la potenza di Dio. Lodi mattutine Inno Le sublimi virtù celebriamo del mirabile santo Leonardo che, fanciullo ancor tenero, aspira all'unione perfetta con Dio. Ciò che è puro il suo spirito avvince, ciò che è santo egli vuole emulare: le attrattive del mondo disdegna, l'ideale serafico abbraccia. Nel silenzio del chiostro egli sente il richiamo che vien dalla croce: e vi attinge la forza e la luce
per salvare dal male i fratelli. Per sconfiggere il mondo egli addita nella croce il rimedio sicuro: camminando al Calvario con Cristo si ritrova la fede e l'amore. San Leonardo ci ottenga la forza di percorrer la via della croce: attraverso le pene e i dolori essa porta all'eterno trionfo. Gloria al Padre che regna nei cieli, a Gesù redentore del mondo, allo Spirito Consolatore, ora e sempre nei secoli eterni. Amen. Ant. al Ben. Fu ornato dì eccelse virtù, e nella sua vita onorò Dio con tutto il cuore.
COLLETTA O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai dato in san Leonardo un apostolo ardente del mistero della croce, concedi a noi, per sua intercessione, di penetrare le insondabili ricchezze di Cristo crocifisso, per godere in cielo i frutti della redenzione. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Vespri Ant. al Magn. Il Signore lo riempì dello spirito di fortezza: salì risolutamente al santo monte, e ottenne l'eredità promessa da Dio. 27 novembre SAN FRANCESCO ANTONIO FASANI, sacerdote
Nacque il 6 agosto 1681 a Lucera nelle Puglie e, ancor giovane, fu ammesso tra i Minori Conventuali. Si distinse subito per la vita integerrima e fu esempio di austerità e di zelo sacerdotale. Eletto ministro provinciale, ripristin la regolare Osservanza in tutta la Provincia. Propag la devozione alla Vergine Maria e, per circa quarant’anni, si rese famoso nelle Puglie per le sue doti di oratore e per la grande carità verso i poveri, gli orfani, gli infermi e i carcerati. Dotato di particolari carismi, spir a Lucera il 2 novembre 1742. Giovanni Paolo II lo proclam santo il 13 aprile 1986. Ufficio delle letture
SECONDA LETTURA Dalle «Meditazioni» del beato Francesco Antonio Fasani (Novena dell'Immacolata, Lucerà, ed. 1973, passim) In Maria natura e grazia furono in mirabile accordo tjn modello fulgidissimo di santità ci è proposto nella Vergine Immacolata, che fin dal primo istante del suo concepimento apparve al mondo quale oceano sconfinato di perfezione e di virtù. Primogenita fra tutte le creature, fu sempre purissima e perfettissima; i suoi pensieri, affetti e desideri, e le sue azioni furono sempre ornate di ammirevoli virtù, di cui spandevasi all'intorno un soave profumo come di fragrantissimi fiori, senza che alito profano ne intaccasse la bellezza. Per tutta la sua vita, fu un essere ordinatissimo, in cui la natura e la grazia andarono sempre in mirabile accordo, e lo spirito e la carne, le potenze superiori ed inferiori si armonizzarono perfettamente con la giustizia originale. Tu invece, nella tua vita; ti sei macchiato di molte colpe. Quanta negligenza nell'osservanza della divina legge, quanti precetti trasgrediti, quanti doveri trascurati! Vedi quale aspra lotta si combatte in te stesso, come i sensi si ribellano alla ragione, e la carne allo spirito. Quante volte hai reso infruttuoso il dono prezioso della grazia. Da tanto tempo il Signore ti ripete il desiderio'ardente che ha della tua salvezza, e tu contraddici ai suoi voleri, rigetti le sue ispirazioni, resisti alla sua grazia. E se talvolta ne assecondi gli inviti, non corrispondi però ai fini altissimi della sua Provvidenza. Tutto ciò proviene dalla mancanza di spirito di orazione. Anche da parte degli ecclesiastici si studia Dio, si predica Dio, s'insegna Dio, si discute di Dio; nei Vangeli, nelle Scritture si legge di Dio; eppure lo spirito rimane arido, senz'a devozione. Molta scienza e niente orazione; tutto il nutrimento è per l'intelletto, niente per la volontà. Rifletti che la tua dipendenza dal Signore è essenziale, assoluta, continua. Perché, dunque, non tieni lo sguardo rivolto al cielo per lodare, benedire e glorificare la dìvina Bontà? Se tu indirizzassi ogni cosa a Dio, ti faresti santo. Orsù, rettifica le tue intenzioni, opera il bene, ama il-bene, ma unicamente per Dio, Dio solo. Studiati d'imitare la perfettissima e Immacolata Vergine Maria, sempre «aspirando ai carismi
più grandi». Se tu parlassi le lingue degli Angeli, se conoscessi gli arcani della mente di Dio, se al tuo cenno risuscitassero i morti, tutto questo non ti varrebbe più di un solo grado di grazia santificante. Sono assai pregevoli le virtù cardinali, ma più le virtù teologali. È preziosa la fede, preziosa la speranza, ma di esse è più grande la carità, che comporta i doni dello Spirito Santo.. RESPONSORIO
Mie 6,8; Gc 1,.27
℞ Ti
insegnerò ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: * praticare la giustizia, camminare umilmente con il tuo Dio, ℣ soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri in questo mondo; ℞ praticare la giustizia, camminare umilmente cori il tuo Dio. ORAZIONE O Dio, che in san Francesco Antonio ci hai dato un modello di seràfica perfezione e un ardente apostolo della tua parola; concedici, ti preghiamo, per i suoi meriti e la sua intercessione, di essere sempre saldi nella fede e operosi nella carità, per meritare il premio eterno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA O Dio, che in san Francesco Antonio Fasani ci hai dato un modello di serafica perfezione e un ardente apostolo della tua parola, concedici, ti preghiamo, per i suoi meriti e la sua intercessione, di essere sempre saldi nella fede e operosi nella carità, per meritare il premio eterno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 28 novembre SAN GIACOMO GANGALLI DELLA MARCA, sacerdote
Domenico Gangali nacque a Monteprandone (Ascoli Piceno) nel 1394, fu discepolo di san Bernardino da Siena, dal quale ricevette a ventidue anni il saio francescano. Come il maestro, anch’egli si diede alla predicazione, divulgando con zelo la devozione al N ome di Gesù, in Italia, Polonia, Boemia, Bosnia e in Ungheria dove si rec per ordine del papa. Oratore ardente, si scagli soprattutto contro i vizi dell’avarizia e dell’usura. Proprio per combattere quest’ultima, ide i Monti di Pietà, dove i poveri potevano impegnare le proprie cose, non più all’esoso tasso preteso dai privati usurai ma ad un interesse minimo. Già debilitato per la vita di penitenza, morì a Napoli nel 1476. È stato beatificato il 12 agosto 1624 da Urbano VIII. Benedetto XIII lo ha proclamato santo il 10 dicembre 1726. Dal Comune dei pastori o dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
SECONDA LETTURA Da un «Sermone» di san Giacomo della Marca La predicazione della parola di Dio fa germogliare tutte le virtù «Altra semente cadde nella buona terra e, nata, portò frutto il cento per uno». Qui sono raffigurati i cuori devoti impregnati dall'abbondanza dello Spirito Santo, nei quali la parola di Dio vi semina la contrizione dei peccati, la viola dell'umiltà, la rosa della carità, il giglio della castità, il divino timore e amore, il desiderio delle realtà eterne, il disprezzo delle cose terrene, la bellezza di tutte le virtù. O preziosa e santissima parola di Dio! Tu illumini i cuori dei fedeli, tu sazi gli affamati, tu consoli gli afflitti; tu rendi feconda la mente di tutti i buoni e fai germogliare tutte le virtù; tu strappi le anime dalla bocca del diavolo, giustifichi gli empi e da terreni li trasformi in celesti. Dove infatti è dato ricevere lo Spirito Santo? Mediante la predicazione. Dove piangi i tuoi peccati e dove perdoni le ingiurie ricevute? Nella predicazione. Dove deponi la cattiva volontà e ottieni la pazienza e ritrovi l'anima che era perduta? Mediante la predicazione. Dove hai conosciuto Dio, e dove gli empi diventano giusti? Per via della predicazione. Dove vengono rimessi tanti peccati, gli omicidi, le impudicizie, le infedeltà, gli odi, ed altre cose del genere? Attraverso la predicazione. Che cosa ha mantenuto il popolo nella fede? La predicazione. Poiché coloro che non ascoltano la parola di Dio, sono come gli esseri senza ragione. E che cosa ha la virtù di distruggere gli errori e le eresie, e che cosa ha convertito il mondo? La predicazione. E qual è il mandato che Cristo diede agli Apostoli? Di predicare. E donde la virtù di seminare le grazie e le virtù nelle anime? Dalla predicazione, poiché: «Non siete voi che parlate», dice il Signore, O santa predicazione, più preziosa di ogni tesoro! Beati coloro che volentieri ti ascoltano, perché tu sei la grande luce che illumina il mondo. Dice San Bernardo: «La Parola di Dio bisogna ascoltarla di buon animo, accoglierla con devozione, e custodire con sollecitudine tutto ciò che riguarda la salvezza delle anime. E non va ascoltata come parola degli uomini, ma come veramente è, parola di Dio, sia che essa consoli, sia che ammonisca, o anche rimproveri». E come il seminatore negligente perde la semente, così l'ascoltatore negligente perde la Parola di Dio. Perciò dice sant'Agostino: «Vi chiedo ancora, o fratelli e sorelle, ditemi: vi sembra che sia più sacro il corpo di Cristo, o la parola di Dio? Se volete rispondere rettamente, dovete dire che la parola di Dio non è da meno che il corpo di Cristo. Non sarà meno reo chi avrà ascoltato con negligenza la parola di Dio, di colui che per propria negligenza avrà lasciato cadere in terra il corpo di Cristo». RESPONSORIO
2 Tm 4, 2. 5; Rm 10, 15
℞ Annunzia
la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. * Tu vigila attentamente, e compi la tua opera di annunziatore del Vangelo. ℣ Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene. ℞ Tu vigila attentamente, e compi la tua opera di annunziatore del Vangelo. ORAZIONE O Dio, che hai dato alla Chiesa in san Giacomo della Marca un infaticabile missionario della tua parola, tutto dedito alla salvezza delle anime e alla conversione dei peccatori: la sua intercessione ci aiuti ad espiare i nostri peccati e a camminare speditamente sulla via della salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
COLLETTA O Padre, che hai dato alla Chiesa in san Giacomo della Marca un infaticabile missionario della tua parola, tutto dedito alla salvezza delle anime e alla conversione dei peccatori: la sua intercessione ci aiuti ad espiare i nostri peccati e a camminare speditamente sulla via della salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
29 novembre TUTTI I SANTI DELL’ORDINE SERAFICO Festa
L’Ordine francescano è stato in ogni tempo focolare di santità: questo è il motivo della sua vitalità spirituale che lo fa sempre rifiorire. I suoi figli santi (del Primo, del Secondo e del Terzo Ordine) appartengono a ogni condizione sociale e a ogni popolo. Ci sono martiri, dottori, sacerdoti, fratelli religiosi, laici, vergini, sante donne... Una moltitudine immensa radunata intorno al grande Poverello, «recante il segno del Dio
vivo». La festa dei santi francescani si celebra in questo giorno perché il 29 novembre 1223 Onorio III approvò solennemente la regola di San Francesco, già approvata verbalmente nel 1209 da Innocenzo III. L’originale della regola è conservato tra le reliquie della basilica di San Francesco in Assisi. I NVITATORIO Ant. Festanti acclamiamo il Re sovrano dell’universo: Egli è il godimento degli eletti. Salmo invitatorio come nell’Ordinario Ufficio delle letture I NNO O Gesù, Redentore del mondo, custodisci dal male i tuoi servi; per noi tutti suoi figli, benigna, interceda la Vergine Madre. Voi, angeliche schiere, accorrete in soccorso a chi in terra combatte, difendete chi è ancora in cammino, da ogni male presente e futuro. Santi martiri e giusti del cielo, confessori fedeli di Cristo, siate guida alla Chiesa di Dio pellegrina alla Patria beata. Voi che avete seguito gli esempi di Francesco e di Chiara d'Assisi, concedeteci d'essere tutti con i Santi coeredi di Cristo. Dissipate discordie e dissidi da chi è unito in un'unica fede, affinché tutti possan godere della pace che Cristo ha promesso. Trinità, a Te il canto eleviamo: alle voci di tutte le genti siano unite in accordo festoso le armonie della Corte celeste. Amen.
1 Ant Il Signore veglia sul cammino dei giusti, che meditano la sua legge giorno e notte. SALMO 1 Le due vie dell'uomo Beati coloro che, sperando nella croce, scesero nell'acqua del battesimo (da un autore del II secolo). Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi, † non indugia nella via dei peccatori * e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, * la sua legge medita giorno e notte. Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua, * che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; * riusciranno tutte le sue opere. Non così, non così gli empi: * ma come pula che il vento disperde; perciò non reggeranno gli empi nel giudizio, * né i peccatori nell'assemblea dei giusti. Il Signore veglia sul cammino dei giusti, * ma la via degli empi andrà in rovina. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 1 ant. Il Signore veglia sul cammino dei giusti, che meditano la sua legge giorno e notte. 2 ant. Grande è il tuo Nome, o Signore, perché di gloria e di onore hai coronato i tuoi Santi. SALMO 8 A Grandezza del Signore e dignità dell'uomo Tutto ha sottomesso ai suoi piedi, e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa (Ef 1, 22).
O Signore, nostro Dio, † quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: * sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. Con la bocca dei bimbi e dei lattanti † affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, * per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, * la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, * e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, * di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, * tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, * tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, * che percorrono le vie del mare. O Signore, nostro Dio, * quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 2 ant. Grande è il tuo Nome, o Signore, perché di gloria e di onore hai coronato i tuoi Santi. 3 ant. Coloro che agiscono con giustizia dimoreranno, o Signore, sul tuo santo monte. SALMO 14 Chi è degno di stare davanti al Signore? Voi vi siete accostati al monte di Sion, alla città del Dio vivente (Eb 12, 22).
Signore, chi abiterà nella tua tenda? * Chi dimorerà sul tuo santo monte? Colui che cammina senza colpa, * agisce con giustizia e parla lealmente, chi non dice calunnia con la sua lingua, † non fa danno al suo prossimo * e non lancia insulto al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, * ma onora chi teme il Signore. Anche se giura a suo danno, non cambia; † se presta denaro non fa usura, * e non accetta doni contro l'innocente. Colui che agisce in questo modo * resterà saldo per sempre. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 3 ant. Coloro che agiscono con giustizia dimoreranno, o Signore, sul tuo santo monte. ℣ Gioite, o giusti, e rallegratevi nel Signore. ℞ Giubilate voi tutti, retti di cuore. PRIMA LETTURA Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10 La vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale
4, 5-18; 5, 14-15; 6, 1. 4-
Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù. E Dio che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo. Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati;
colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne. Poiché l'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! RESPONSORIO
Sal 132, 1
℞ Soffrendo per la fede di Cristo e le leggi dei Padri, questi Santi si mantennero saldi nell'amore fraterno. * Un solo spirito e una sola fede era in essi. ℣ Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! ℞ Un solo spirito e una sola fede era in essi. SECONDA LETTURA Dalla «Apologia pauperum» di s. Bonaventura vescovo (c. 3, nn. 8-10 - Quaracchi, VIII, 246-247) Impariamo a non desiderare ciò che dà onore e prestigio, ma a prediligere le cose umili
Il nostro Salvatore quando dice: «Beati i poveri in spirito» ci invita alla perfetta rinuncia delle cose temporali; quando poi dice: «Beati i miti», ci spinge all'abnegazione della propria volontà e al rinnegamento delle attrattive dei sensi, che ci rendono violenti e sfrontati. Aggiungendo: «Beati gli afflitti», ci incita a fuggire per sempre i piaceri della carne; e ancora, con le parole: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia» e «Beati i misericordiosi», vuole che la nostra anima apprenda la giusta, santa e volenterosa sopportazione del prossimo. A queste Beatitudini aggiunge: «Beati i puri di cuore» e «Beati gli operatori di pace», con cui chiama più su, a compiere azioni che danno chiarezza alla mente e portano pace nel cuore, facendo sì che l'anima divenga conforme alla celeste Gerusalemme, nome che significa «visione di pace». In ultimo, con le parole: «Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» quasi chiudendo il cerchio, torna a quanto aveva detto all'inizio: in questa Beatitudine infatti sono come riassunte e compendiate tutte le altre. A conferma di ciò vi è la testimonianza di Francesco, patriarca dei poveri, che all'inizio della sua Regola propone i tre capisaldi della vita religiosa «La Regola dei Frati Minori consiste nel mettere in pratica il Santo Vangelo di Gesù Cristo, vivendo nell'obbedienza, nella povertà e nella castità». E in seguito raccomanda altre tre cose, che integrano e in certo modo completano le precedenti: «Riflettano i frati che devono desiderare più di ogni altra cosa di possedere lo spirito del Signore e di agire secondo la sua santa volontà; che devono saper pregare Dio con cuore puro e possedere l'umiltà e la pazienza nelle tribolazioni e nelle malattie; che devono aver una predilezione speciale per quanti ci perseguitano, ci disprezzano e ci insultano». Con questo ammonimento Francesco propone in primo luogo l'elevazione di tutto l'agire in Dio; poi raccomanda l'accettazione gioiosa di tutte le tribolazioni e la carità fattiva e squisita verso il prossimo. In tal modo l'uomo perfetto con i tre voti è crocifisso al mondo, e con le tre successive raccomandazioni è reso conforme a Dio, in modo che con le sei ali serafiche si distacchi per sempre dalle cose di questo mondo e penetri nelle divine. Fu cosa degna che Cristo, nella apparizione serafica, imprimesse le sue stimmate, come sigillo di conferma e di autenticità, nelle carni sacre di questo poverello, che osservò e insegnò nella forma più genuina la perfezione evangelica, affinché, nella pericolosa caligine degli ultimi tempi, ci sia offerto un chiaro segno che illumini il cammino della perfezione. A condizione però che impariamo a non desiderare ciò che dà onore e prestigio, ma a prediligere le cose umili e nascoste. RESPONSORIO
Cfr Mt 19, 27-29; Lc 6, 20
℞ Voi, che avete lasciato tutto e mi avete seguito, * riceverete cento volte tanto, e avrete in eredità la vita eterna. ℣ Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. ℞ Riceverete cento volte tanto, e avrete in eredità la vita eterna. TE DEUM
Lodi mattutine I NNO Sei la gloria del cielo, Signore, sei dei Santi letizia e salvezza: sia gradito al tuo trono l’omaggio della lode che a te noi leviamo. Tutto il coro degli Angeli in cielo in Te esulta, Signore e Sovrano, e la schiera dei Santi Ti acclama con l’osanna di eterna letizia. Interceda la Vergine Santa, per noi preghino tutti i Beati, e ci assistano lungo il cammino che ci porta all’eterna dimora. Dopo aver superato la prova del passaggio terreno e del pianto, ci sia dato fissare lo sguardo estasiati nel volto del Padre. Lode e gloria a Gesù Redentore che col Padre e lo Spirito Santo con amore il creato governa Trinità sempiterna e beata. Amen. 1 Ant Questi sono i Santi, che il Signore ha prescelto, e li ha rivestiti di gloria immortale. Salmi e cantico della domenica I sett. 2 Ant Santi e umili di cuore, lodate il Signore; spiriti gloriosi dei giusti, inneggiate al nostro Dio. 3 Ant Questa è la gloria riservata ai Santi, che hanno seguito le orme di Cristo LETTURA BREVE
Rm 8, 29-30
Quelli che Dio da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. R ESPONSORIO BREVE R. I giusti esultino davanti a Dio * e cantino di gioia. I giusti esultino davanti a Dio e cantino di gioia. V. La loro ricompensa è il Signore: e cantino di gioia. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. I giusti esultino davanti a Dio e cantino di gioia. Ant. al Ben. Il glorioso esercito dei martiri ti loda, o Trinità beata; la falange delle vergini e i santi tutti e gli eletti con voce unanime ti celebrano, o Dio Trino e Uno. I NVOCAZIONI A Dio, corona e gloria di tutti i Santi, innalziamo festanti la nostra preghiera: Per intercessione dei tuoi Santi, salvaci, o Signore. Dio, sorgente di santità, che hai fatto risplendere nei Santi i prodigi della tua multiforme grazia, concedi a noi di glorificare in essi la tua grandezza. Dio, misericordioso, che ci hai mostrato nei tuoi Santi l’immagine del tuo Figlio, fa’ che giungiamo, col loro aiuto, ad una più intima conformità con Cristo. Re del cielo, che con gli esempi dei fedeli imitatori di Cristo ci chiami alla Patria celeste, fa’ che da essi apprendiamo la via più sicura per raggiungerla. Dio, che nel sacrificio del tuo Figlio ci congiungi agli abitatori celesti, accresci in noi la devozione, perché il loro culto sia sempre più a nostra edificazione. Padre nostro ORAZIONE
O Dio onnipotente, che ti sei degnato di dare maggiore luce alla tua Chiesa, con mirabile e svariata fioritura di santità serafica, concedi a noi di imitare gli esempi di tanti gloriosi confratelli, e di conseguire nei cieli la corona riservata ai giusti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Ora media Terza LETTURA BREVE
Sap 5, 16-17
I giusti vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore, e l'Altissimo ha cura di loro. Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema dalla mano del Signore, perché li proteggerà con la destra, con il braccio farà loro da scudo. ℣ Ecco la generazione che ha cercato il Signore, ℞ che ha cercato il volto del Dio di Giacobbe. Sesta LETTURA BREVE
Sir 44, 10-14
Questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non furono dimenticati. Nella loro discendenza dimora una preziosa eredità, i loro nipoti. La loro discendenza resta fedele alle promesse e i loro figli in grazia dei padri. Per sempre ne rimarrà la discendenza e la loro gloria non sarà offuscata. I loro corpi furono sepolti in pace, ma il loro nome vive per sempre. ℣ I popoli parlano della loro sapienza, ℞ e l'assemblea ne proclama le lodi. Nona LETTURA BREVE
Tb 2, 18
Noi siamo figli di santi, e aspettiamo quella vita che Dio darà a quelli che non gli mancano mai di fede. ℣ Questi nostri fratelli ricevettero la corona della vita, ℞ che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.
Vespri INNO O Gesù, che dai vita e salvezza, sii l'aiuto dell'uomo redento: e Tu, Vergine Madre clemente, custodisci e difendi i mortali. La legione dei martiri in gloria, delle vergini il candido stuolo, sacerdoti di Dio c'impetrate il perdono dei nostri peccati. Comprensori beati del Regno in beatifica eterna visione, rivolgete lo sguardo ai fratelli che aspettan l'aiuto dal cielo. Lode e gloria innalziamo festanti a Dio Padre, al suo Figlio diletto, e allo Spirito Consolatore, ora e sempre nei secoli eterni. Amen. 1 ant. Mi apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, in piedi davanti al trono. SALMO 14 Signore, chi abiterà nella tua tenda? * Chi dimorerà sul tuo santo monte? Colui che cammina senza colpa, * agisce con giustizia e parla lealmente, chi non dice calunnia con la sua lingua, † non fa danno al suo prossimo * e non lancia insulto al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, * ma onora chi teme il Signore. Anche se giura a suo danno, non cambia; †
se presta denaro non fa usura, * e non accetta doni contro l'innocente. Colui che agisce in questo modo * resterà saldo per sempre. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 1 ant. Mi apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, in piedi davanti al trono. 2 ant. I Santi recano scritto sulla loro fronte il nome dell'Agnello e il nome del Padre. SALMO 111 Beato l'uomo che teme il Signore * e trova grande gioia nei suoi comandamenti. Potente sulla terra sarà la sua stirpe, * la discendenza dei giusti sarà benedetta. Onore e ricchezza nella sua casa, * la sua giustizia rimane per sempre. Spunta nelle tenebre come luce per i giusti, * buono, misericordioso e giusto. Felice l'uomo pietoso che dà in prestito, * amministra i suoi beni con giustizia. Egli non vacillerà in eterno: * il giusto sarà sempre ricordato. Non temerà annunzio di sventura, * saldo è il suo cuore, confida nel Signore. Sicuro è il suo cuore, non teme, * finché trionferà dei suoi nemici. Egli dona largamente ai poveri, † la sua giustizia rimane per sempre, *
la sua potenza s'innalza nella gloria. L'empio vede e si adira, † digrigna i denti e si consuma. * Ma il desiderio degli empi fallisce. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 2 ant. I Santi recano scritto sulla loro fronte il nome dell'Agnello e il nome del Padre. 3 ant. Con Cristo godono gli eletti; avvolti in vesti candide seguono l'Agnello dovunque va. CANTICO Cfr Ap 15, 3-4 Grandi e mirabili sono le tue opere, † o Signore Dio onnipotente; * giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti! Chi non temerà il tuo nome, † chi non ti glorificherà o Signore? * Tu solo sei santo! Tutte le genti verranno a te, Signore, † davanti a te si prostreranno, * perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati. Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen. 3 ant. Con Cristo godono gli eletti; avvolti in vesti candide seguono l'Agnello dovunque va. LETTURA BREVE
Sir 44, 1. 6-7
Facciamo l'elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati per generazione. Uomini ricchi dotati di forza, e di gusto per le cose belle, vissuti in pace nelle loro dimore. Tutti costoro furono onorati dai contemporanei, furono un vanto ai loro tempi. RESPONSORIO BREVE ℞ Ci hai redento, Cristo Signore, * con il tuo sangue. Ci hai redento, Cristo Signore, con il tuo sangue. F. Da ogni tribù, lingua, popolo e nazione: con il tuo sangue. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Ci hai redenti, Cristo Signore, con il tuo sangue. Ant. al Magn. Quelle cose che l'occhio non vide, né mai orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Ant. al Magn. Quelle cose che l'occhio non vide, né mai orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. INTERCESSIONE A Dio, corona e gloria di tutti i Santi, innalziamo festanti la nostra preghiera: Per l'intercessione dei tuoi Santi, salvaci, o Signore. Tu, che ai Martiri hai dato lo spirito di fortezza per testimoniare la fede, fino allo spargimento del sangue, - rendi tutti i cristiani fedeli testimoni del tuo Figlio. Tu, che alle Vergini hai dato il sublime dono d'imitare Cristo, - fa' che riguardiamo la verginità a te consacrata come un particolare segno dei beni celesti. Tu, che in tutti i Santi manifesti il tuo volto e la tua presenza, - fa' che i tuoi fedeli, venerandoli, si sentano sempre più vicini a Te. Dio di bontà, accogli i nostri fratelli defunti nell'eterno consorzio dei Santi, - e concedi a noi di raggiungerti un giorno nella gloria.
PADRE NOSTRO 2 dicembre BEATA MARIA ANGELA ASTORCH, religiosa Nacque a Barcellona (Spagna) il 1° settembre 1592. Rimasta ben presto orfana del padre e della madre, entrò giovanissima nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Barcellona. Qui emise la professione religiosa l’8 settembre 1609. A vent’anni di età fu mandata a Saragozza come maestra delle novizie; in questo monastero fu successivamente eletta abbadessa e lo governò fino alla fondazione del monastero di Murcia, nel 1645. Le sue devozioni: Gesù bambino, il sacro Cuore, la passione, ma in particolare modo l’eucaristia. Nella presenza reale di Cristo vedeva ricapitolata tutta la cristologia: incarnazione, nascita, morte e risurrezione del Signore. In questi misteri di Cristo era per lei inseparabile la presenza di Maria, la cui vicinanza ella sperimentava, a volte, nel più intimo dell’anima. Prove fisiche e spirituali resero ancor più gradita la sua anima a Dio. Le sue esperienze mistiche sono riferite negli scritti che ella lasciò per ordine dei suoi confessori. Morì il 2 dicembre 1665. Fu beatificata il 23 maggio 1982 da Giovanni Paolo II.
Dal Comune delle vergini con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dagli scritti della beata Maria Angela Astorch (Manoscritto inedito dell’archivio Post. Gen. OFM Cap) Madre e serva delle sorelle È mia somma mortificazione il vedermi superiora e il dover comandare, soprattutto perché sono responsabile del progresso spirituale delle religiose. Ho sentito che il Signore mi diceva nell’intimo: ‘Offriti come esempio in tutto di buona condotta’ (Tt 2,7) e con ciò fui istruita per sempre sul mio obbligo di servire da esempio per le sorelle e di avanzare in sempre maggior perfezione. La mia norma è soffrire, tacere e portare il peso di tutto ciò che il governo comporta, come serva della casa del Signore e giudicandomi indegna di essere tra le serve di Lui. So bene che Dio non conduce tutte per la stessa via e che quindi debbo aiutarle, con soavità e dolcezza, a tenere il passo che Egli ha tracciato per ciascuna, senza pretendere di allinearle e di indirizzarle tutte allo stesso modo. Il mio modo di agire ordinario è sotto lo sguardo del mio divino Signore. Soffro e mi rassegno, paziento e taccio, rinnego il mio gusto, il mio volere e intendere, acconsento al parere altrui, con umiltà cedo nelle cose indifferenti. Venero nelle mie religiose quella santità occulta che Dio ha infuso nelle anime loro.
Accetto il loro modo di essere, sapendo che siamo vasi fragili (Cfr. 2Cor 4,7). Non mi stupisco delle loro fragilità, anzi, le compatisco, giacché possono essere un freno sulla via della santità e del servizio di Dio, che è cosa indegna servire senza gran santità, purezza e umiltà. Perciò con loro ne porto il peso. Ardo ansiosamente che tutte le mie religiose godano di ciò che io sento e godo nelle intime comunicazioni del Signore, progredendo nella virtù. Desidero che ciò accada a mia insaputa, bensì come all’improvviso e di colpo, per effetto di gioia interiore che opera in ciascuna, mentre io resto umiliata e annichilita nel mio nulla, sempre la stessa, sia nel volere di Dio che nella sua permissione. Molte volte mi sono privata del mio sostentamento spirituale per darlo ad esse, compiacendomi degli stimoli e della consolazione che ne ricevevano. Cerco di adattarmi alle condizioni e alla natura di tutte, e anche di provvedere alle loro necessità, sebbene non mi sia comodo. Quanto alle loro mancanze e cadute, mi paiono cose molto lievi a paragone delle mie. Tuttavia non posso avvallare mancanze o incurie, per non far torto alla verità. Le scuso; però, poiché devo prendermi cura di loro, faccio in modo che si correggano e si adoperino per dar buon esempio sia esteriormente che, soprattutto, davanti a Dio, adempiendo ai propri obblighi secondo le esigenze del nostro stato e l’esercizio delle virtù. Mi esercito nel morire a me stessa, offrendo in sacrificio la mia vita al mio divino Signore. Né mi mancano le occasioni, giacché cucino me stessa in cibo gustoso per tutte. Non però con facilità tale che, in diverse occasioni, la natura non senta molte difficoltà desiderando riposo, di evitare questa croce e di non dover morire tante volte, nei sacrifici che la mia volontà si vede obbligata a fare. Lascio passare le cose di poca importanza e non mi preoccupo se si fa il contrario di quanto sento e desidero. L’adattarmi a ogni indole è, senza dubbio, opera della Grazia. Porto tutte nel mio cuore. Le amo tanto che, se fosse necessario, darei la mia vita per ciascuna delle mie figlie; anzi, per la loro santità, la darei pubblicamente sul patibolo più infamante. R ESPONSORIO
Rm 12, 1-8
R. Vi esorto a offrire i vostri corpi * come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio. V. Chi ha il dono di esortare, esorti; chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza. R. Come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio. ORAZIONE O Dio, ricco verso quelli che t’invocano, che alla beata Maria Angela Astorch, vergine, hai dato la grazia di penetrare ineffabilmente i segreti delle tue ricchezze nel quotidiano ufficio di lode, concedi a noi, per sua intercessione, di dirigere verso di te
le nostre azioni, perché siano a lode della tua gloria in Cristo Gesù Figlio tuo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 2 dicembre BEATO RAFFAELE CHYLINSKI, sacerdote Nacque a Wysoczka in Polonia nel 1694; dopo aver militato alcuni anni nell’esercito entr nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e ricevette l’ordinazione presbiterale. Nella vita religiosa concili esattamente l’eroico esercizio della carità verso Dio e delle altre virtù, specialmente della povertà e dell’umiltà, con il ministero sacerdotale della predicazione della parola di Dio e delle sacre celebrazioni, come pure con le opere di carità verso il prossimo, specialmente verso i poveri e gli ammalati che costantemente soccorreva secondo lo spirito della misericordia evangelica. Morì a Lagiewniki nel 1741. Il 29 agosto 1772 fu introdotta la causa di beatificazione dalla diocesi di Varsavia e si ebbe il decreto sulle virtù il 13 maggio 1949. Grazie ad un miracolo attribuito alla sua intercessione ed approvato il 22 gennaio 1991, è stato beatificato da Giovanni Paolo II il 9 giugno 1991 a Varsavia, durante il suo viaggio apostolico in Polonia. Dal Comune dei santi: religiosi, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dai “Sermoni” di S. Antonio di Padova, sacerdote (Domenica IV dopo Pentecoste, nn. 3.4 Ed. Messaggero Padova, 1994, pp. 447.448.449) Della triplice misericordia di Dio e dell’uomo.
“Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. Date e vi sarà dato” (Lc 6, 36-38). Osserva che in questa espressione del santo Vangelo sono evidenziati cinque comandi molto importanti: avere misericordia, non giudicare, non condannare, perdonare e dare. È detto misericordioso chi soffre partecipando alla miseria degli altri. Questa “compassione” è chiamata “misericordia”, perché rende “il cuore misero”, soffrendo per l’altrui miseria. E osserva che come è triplice la misericordia del Padre celeste nei tuoi riguardi, così triplice dev’essere la tua misericordia nei riguardi del prossimo. La misericordia del Padre è graziosa, spaziosa e preziosa.
Graziosa, perché purifica dai vizi. Dice l’Ecclesiastico: “Piena di grazia è la misericordia di Dio nel tempo della tribolazione, come le nubi apportatrici di pioggia nel tempo della siccità” (35,26). Nel tempo della tribolazione, cioè quando è tormentata a motivo dei suoi peccati, l’anima viene irrorata dalla pioggia della grazia che la ristora e lava e cancella i peccati. Spaziosa, perché col tempo si allarga e si espande nelle opere buone. Dice infatti il Salmo: “La tua misericordia è davanti ai miei occhi e mi compiaccio nella tua verità” (25,3), perché mi è venuta in odio la mia iniquità. Preziosa, nelle delizie della vita eterna, della quale nel libro di Tobia si dice: “Chiunque ti onora ha la certezza che se la sua vita è stata messa alla prova, sarà coronato; se è passato attraverso le tribolazioni, sarà liberato; se è stato oppresso e perseguitato, gli sarà concesso di entrare nella tua misericordia” (Tb 3,21). Dice in proposito il profeta Isaia: “Io mi ricorderò delle misericordie del Signore, e loderò il Signore per tutte le cose che ha fatto per noi e per la moltitudine dei benefici da lui fatti alla casa di Israele, secondo la sua benignità e secondo la moltitudine dei suoi atti di misericordia” (Is 63,7). E anche la tua misericordia verso il prossimo deve essere triplice: devi perdonarlo, se ha peccato contro di te; devi istruirlo, se ha deviato dalla via della verità; devi ristorarlo, se è affamato. Siamo dunque misericordiosi, come le gru, delle quali si dice che volano altissime, si danno il cambio nel volo, si prendono cura delle stanche, nei turni di veglia stringono dei piccoli pesi per non addormentarsi, danno l’allarme di fronte al pericolo. Posti in un più alto osservatorio della vita, preoccupiamoci per noi e per gli altri; facciamo da guida a chi non conosce la strada; con la voce della predicazione stimoliamo i pigri e gli indolenti; diamo il cambio agli altri nella fatica, perché senza alternare la fatica al riposo non si resiste a lungo; carichiamoci sulle spalle i deboli e gli infermi, perché non vengano meno lungo la via; siamo vigilanti nell’orazione e nella contemplazione del Signore; teniamo strettamente tra le dita la povertà del Signore, la sua umiltà e l’amarezza della sua passione; e se qualcosa di immondo tentasse di insinuarsi in noi, subito gridiamo aiuto, e soprattutto fuggiamo la cieca vanità del mondo. R ESPONSORIO
1Cor 4, 1-2; Prov 20, 6
R. Ognuno ci consideri come servi di Cristo, responsabili dei misteri di Dio. * A chi amministra si chiede di essere fedele. V. Molti si proclamano gente per bene, ma una persona fidata chi la trova? R. A chi amministra si chiede di essere fedele. ORAZIONE O Dio, tu hai dato al beato Raffaele Chylinski, sacerdote, la grazia di seguire Cristo umile e povero e di soccorrere gli indigenti e gli ammalati nello spirito della misericordia evangelica: per sua intercessione concedi anche a noi di operare generosamente nel servizio dei fratelli, per essere da te benedetti nel regno dei cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 10 DICEMBRE BEATO ARSENIO MIGLIAVACCA DA TRIGOLO, SACERDOTE Giuseppe Migliavacca nasce a Trigolo (CR) il 13 giugno 1849. Entrato nel seminario di Cremona, fu ordinato presbitero nel 1874. Nel 1888 fu ammesso agli ultimi voti nella Compagnia di Gesù, dalla quale fu poi costretto a dimettersi. L’Arcivescovo di Torino gli affidò la formazione di alcune donne dedite alla cura degli
orfani, divenendo così il fondatore delle Suore di Maria Santissima Consolatrice. Dopo dieci anni, a seguito di false accuse, fu allontanato dalla Congregazione e nel 1900, su indicazione del beato card. Andrea Carlo Ferrari, entrò nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini nel convento di Lovere (BG) per l’anno di noviziato, prendendo il
nome di fra Arsenio da Trigolo. Svolse il suo ministero a Bergamo, dove mori il 10 dicembre 1909. Dal Comune dei pastori con salmodia del giorno dal salterio. Ufficio delle letture SECONDA LETTURA Dalle « Lettere » del beato Arsenio, sacerdote (21 aprile 1903: Archivio Provinciale dei Cappuccini Lombardi [APCL, P 391/26/33]) L’umiltà è verità, è giustizia
L’umiltà è verità. Coll’umiltà si separa il prezioso dal vile: dà ciò che di Dio a Dio, da quello che è nostro, per noi. È giustizia: che tutto ciò che abbiamo di bene e buono riconoscerlo da Dio, perché è tutto suo, e il farlo nostro è un furto di onore e gloria tolti a Dio stesso e quindi gran peccato è la superbia che fa suo quel che è di Dio, e perciò come rei di gravissimo peccato, i superbi non possono entrare in Paradiso. Chiunque vuol rettamente ragionare e fare i conti giusti e netti di ciò che è proprio suo, e di ciò che è assolutamente di Dio, troverà che di suo non avrà nulla, ma che tutto ha ricevuto da Dio - corpo - anima con le loro potenze e facoltà e doti - tutto è di Dio. L’umiltà è la cosa la più giusta, la più evidente, ma e che cosa è dunque che non la si pratica? La ragione di ciò è il grande desiderio, la smania che abbiamo di grandeggiare,
di comparire, il desiderio di eccellenza, ecco tutta l’origine de’ nostri mali, ed è quella che rovinò Lucifero con tutti i suoi angeli. A questa grandezza, cui noi ci sentiamo trascinati, sì ci arriveremo, ma per altra via, e non ora; per la via dell’umiltà e nell’altra vita. Noi siam fatti per Iddio, per esser con lui eternamente beati. Oh quanto ingannati viviamo noi uomini qui in terra cercando quaggiù onori, ricchezze, piaceri mentre questi non sono che ombre di quelli che il nostro cuore realmente brama e desidera, e intanto chi si perde in questi e si pasce d’essi, perde irreparabilmente i veri, gli eterni. E perché ciò? Perché non vi si pensa veramente, non si meditano le verità eterne, le verità evangeliche. L’esperienza ce lo mostra continuamente: per quanto uno sia ricco, potente, onorato, non si trova mai ricco a sufficienza né bastante onorato, né sufficiente potente, poiché quello che possiede è finito o deficiente e il suo cuore è fatto per l’infinito ed indeficiente. Senti perciò la conclusione di Salomone che, dopo d’aver gustato e posseduto il possedibile e il godibile, disse che tutto era vuoto, vanità, che non lo riempiva né saziava perché non siamo fatti per queste piccole grandezze né per i gusti terreni, ma per i grandi del cielo, ma a questi non ci si può arrivare se non mediante la giustizia, ossia l’umiltà, coll’esser parati a dar a Dio quel che è di Dio. A Dio solo l’onore e la gloria, il qual onore e gloria noi gli prestiamo servendolo in tutto ciò che è di suo beneplacito, e allora con lui regneremo per tutta l’eternità: servire Dio è regnare. R ESPONSORIO
Cfr. Sal 24, 9-10; Zc 7,9
R/. Il Signore guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie. * Per gli umili i sentieri di Dio sono verità e grazia. V/. Praticate la giustizia e la fedeltà, usate pietà e misericordia verso i fratelli. R. Per gli umili i sentieri di Dio sono verità e grazia. Ant. al Ben. Tutte le vie del Signore sono misericordia e verità. ORAZIONE O Dio, che hai dato al beato Arsenio, sacerdote, la grazia di seguire Cristo povero e umile, concedi anche a noi che, esercitando le opere di misericordia, viviamo con fedeltà la nostra vocazione e con il tuo aiuto superiamo ogni avversità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Ant. al Mag. Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me, dice il Signore.