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Misure su sistemi MT
1 - Esercizio dei sistemi MT Sistema a neutro isolato
I sistemi elettrici in media tensione MT (sistemi di II categoria) hanno avuto prevalentemente un funzionamento con neutro isolato. Benché in futuro l’esercizio della rete evolverà verso un sistema MT in cui il neutro non sarà più isolato, tuttavia conviene presentare e analizzare dapprima il caso di un sistema a neutro isolato. In questa sede siamo interessati a esaminare le tecniche e i dispositivi di misura impiegati per attivare le protezioni in caso di guasto. In particolare esamineremo il caso di guasto monofase a terra, che si presenta abbastanza di frequente. Per un sistema MT a neutro isolato, in funzionamento ordinario, l’impedenza che lo collega con la terra è data dalle capacità delle linee (aeree o in cavo) e le correnti di guasto a terra sono relativamente modeste. Queste correnti dipendono sostanzialmente dal tipo di linea, dall’estensione della rete e dalla tensione del sistema. Per fissare le idee, facciamo riferimento allo schema di Fig.1.1 e supponiamo che vada a terra la fase “tre”. Se il guasto monofase è franco, cioè con resistenza di guasto idealmente nulla RG = 0) allora un punto del sistema trifase risulta posto a terra. ( R
Fig.1.1 - Schema per guasto monofase franco a terra su linea con neutro isolato.
Il comportamento del circuito di Fig.1.1 è descritto con il diagramma dei fasori di Fig.1.2. Il fatto di avere delle correnti capacitive relativamente piccole implica che le tensioni di fase (E1 E2 E3) rimangano sostanzialmente inalterate, durante il guasto, e dunque le fasi “uno” e “due” assumono rispettivamente le tensioni concatenate V13 e V23 rispetto a terra. Le correnti capacitive IC1 e IC2 risultano, con i versi assunti, in quadratura in anticipo sulle rispettive tensioni (vedi i fasori di Fig.1.2). La corrente di guasto a terra IG è uguale ed opposta alla risultante delle correnti capacitive delle fasi f asi sane: IG = - IC = - (IC1+IC2).
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Fig.1.2 - Vettori di interesse per guasto monofase franco a terra.
In condizioni di guasto a terra è utile fare riferimento alle componenti omopolari delle tensioni e delle correnti. In generale, la tensione omopolare è definita come il fasore medio risultante delle tre tensioni del sistema: V0 = 1/3∑Vij. Analogamente la corrente omopolare è definita come il fasore medio risultante delle tre correnti di linea: I0 = 1/3∑Ii. In particolare, con riferimento al guasto franco a terra della fase “tre” (vedi il diagramma di Fig.1.2), la tensione omopolare rispetto a terra è: V0 = 1/3∑Vij = 1/3(V13+V23) = -E3. Inoltre, se consideriamo un sistema MT costituito solo da una linea trifase, la corrente omopolare di quell’unica linea è: I0 = 1/3∑Ii = 1/3(IC1+IC2+IG) = 0. Guasto a terra non franco
Più spesso il guasto a terra non è franco, ma è presente una certa resistenza di guasto RG. Per analizzare il comportamento della rete in questa condizione si può fare riferimento allo schema rappresentato in Fig.1.3, dove supporremo per semplicità che C 1 = C 2 = C 3 = C .
Fig.1.3 - Schema per guasto monofase a terra non franco.
Se indichiamo con I3G la corrente nella fase “tre” in condizioni di guasto non franco, il funzionamento elettrico è descritto con le relazioni seguenti:
IC 1 = [V13 + Z3G I3G ] jωC =[ + (1.1) IC 2 V23 Z3G I3G ] jωC I = −( I + I ) = − jωC ⋅ 3V − 2Z I jωC = jωC ⋅ 3E − 2Z I jωC 0 3G 3G 3 3G 3G 3G C 1 C 2 2005, Nicola Locci
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La corrente nella fase guasta “tre” risulta dunque: I 3G
=
jωC ⋅ 3E3
1 + 2Z3G jωC
(1.2)
Nota questa corrente, si può ricavare la corrente nella resistenza di guasto RG: I RG
=
Z3G
RG
I 3G
essendo : Z3G =
RG
1 + jω RGC
(1.3)
Questa corrente si manifesta normalmente come arco a terra. In particolare, la corrente di guasto I RG non dipende dal punto di guasto, ma solo dalle capacità C e dalla resistenza RG. La bobina di Petersen
In alternativa al neutro isolato, un sistema MT può essere gestito con il neutro messo a terra tramite un’opportuna impedenza. La bobina di Petersen è un caso particolare di impedenza, dimensionata per far circolare nel punto di guasto una corrente induttiva I L approssimativamente uguale alla corrente capacitiva I C. In tal caso si parla di bobina accordata e, almeno in teoria, la corrente I G di guasto a terra può annullarsi del tutto. Per comprendere il meccanismo di tale fenomeno si può far riferimento allo schema di Fig.1.4 e al corrispondente diagramma vettoriale di Fig.1.5.
Fig.1.4 - Schema per guasto monofase franco a terra. Neutro a terra tramite impedenza accordata ( I G = 0).
Fig.1.5 - Vettori di interesse per guasto monofase franco a terra. Neutro a terra tramite impedenza accordata.
Se la corrente di guasto si annulla ( I G = 0), le correnti capacitive I C1 e I C2 non interessano più 2005, Nicola Locci
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il conduttore della fase “tre”, ma si richiudono, attraverso il terreno e l’impedenza Z , verso il sistema dei generatori. In tal caso, nel terreno circolano le correnti IL e IC. La condizione ottenuta è importante per l’esercizio degli impianti. Infatti, avere una corrente di guasto nulla, o abbastanza piccola, significa che l’arco si estingue spontaneamente. Inoltre, in prossimità del punto di guasto non si manifestano tensioni di contatto e di passo pericolose per le persone, anche se il guasto è permanente, e si può evitare di interrompere immediatamente la linea. 2 - Monitoraggio del sistema MT Individuare la linea guasta
Uno degli obiettivi principali del monitoraggio di un sistema MT è quello di individuare le linee con guasto a terra per l’eventuale sezionamento. A tale scopo devono essere previsti opportuni dispositivi di rilevamento e protezione. Il loro meccanismo di funzionamento dipende molto dalla modalità di esercizio della rete soprattutto con riferimento allo stato del neutro. Sistema a neutro isolato
Consideriamo pertanto lo schema di Fig.2.1 che rappresenta un sistema MT a neutro isolato con due linee (A e B) in partenza dalla stessa cabina primaria. Supponiamo che la linea A subisca un guasto monofase a terra (sulla fase L3) mentre la linea B rimanga sana. La corrente di guasto I G che interessa la fase L3 della linea A viene fornita al punto di guasto attraverso le capacità della linea guasta A ( C 1A e C 2A), ma anche attraverso le capacità della linea sana B ( C 1B e C 2B).
Fig.2.1 - Sistema MT con più linee e guasto monofase a terra.
La tensione omopolare del sistema è la stessa per le due linee A e B, e può essere misurata sulle sbarre comuni della cabina primaria: V0 = 1/3∑Vij = 1/3(V13+V23) = -E3. 2005, Nicola Locci
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Viceversa, la corrente omopolare I0 = 1/3∑Ii assume versi opposti nelle due linee A e B. Dall’esame dei diagrammi vettoriali riportati nella stessa Fig.2.1, si osserva che, assumendo positiva la corrente omopolare uscente dalle sbarre, risulta: per la linea guasta A: 3I0A = (IC1A+IC2A+IG) e per la linea sana B: 3 I0B = (IC1B+IC2B). La presenza della sola tensione omopolare V0 sulle sbarre può essere impiegata come criterio per individuare la linea guasta. Per esempio, si potrebbero aprire ciclicamente gli interruttori delle linee in partenze dalle sbarre della cabina primaria, richiudendoli immediatamente dopo. Non appena si apre la linea guasta, la tensione omopolare V0 non è più presente sulle sbarre e la linea guasta rimane in tal modo individuata. La protezione direzionale
In pratica, per identificare la linea guasta con maggiore tempestività e senza i tentativi di apertura e richiusura, si impiega una protezione direzionale. La protezione direzionale si basa sul rilievo contemporaneo della componenti omopolari di tensione V0 e di corrente I0. Un possibile schema è riportato nella Fig.2.2. Per la trasduzione della tensione omopolare si impiega tipicamente un trasformatore trifase con primario collegato a stella e secondario a triangolo aperto: in tal modo si misura la somma vettoriale delle tensioni delle tre fasi rispetto a terra, detta anche tensione residua. Per la trasduzione della corrente omopolare si impiega un trasformatore toroidale: in tal modo si misura la somma vettoriale delle tre correnti di linea, detta anche corrente residua. Entrambe le quantità differiscono dalle componenti omopolari solo per un fattore 1/3. Spesso l’elaborazione dei segnali di tensione e corrente avviene misurando la potenza reattiva omopolare della linea: Q0 = V 0 I 0 sen ϕ0. Infatti, la tensione omopolare è la stessa per tutte le linee in partenza dalle sbarre principali, mentre la corrente omopolare della linea guasta ha verso opposto rispetto a quello di tutte le altre linee sane (Fig.2.1). Allora la potenza reattiva omopolare della linea guasta Q0 ha segno opposto rispetto a quella di tutte le altre linee sane e il suo segno assume il ruolo di elemento discriminante per la linea guasta.
Fig.2.2 - Schema per la protezione direzionale di terra. Sistema con neutro a terra tramite impedenza
Per sistemi MT gestiti con neutro a terra tramite impedenza, non si realizza la compensazione perfetta delle correnti capacitive con la bobina accordata. In pratica si adotta un’impedenza induttiva e resistiva, in modo da non annullare completamente la corrente di guasto. Infatti, benché questo sia desiderabile ai fini della sicurezza, è anche vero che se la corrente di guasto si annullasse del tutto non potrebbe neppure essere rivelata dal sistema di misura. 2005, Nicola Locci
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La componente induttiva dell’impedenza sul neutro può sovracompensare o sottocompensare le correnti capacitive della rete, in relazione all’estensione e alla configurazione della rete stessa, vedi le componenti ( IL-IC) e (IL-I’C) in Fig.2.3. Quindi una protezione varmetrica abbinata al segno della potenza reattiva omopolare potrebbe non essere adatta. Per tale motivo si adotta una componente resistiva dell’impedenza sul neutro la quale consente di avere sempre una componente attiva IR nella corrente di guasto e dunque consente di utilizzare protezioni di tipo wattmetrico anziché varmetrico. I moderni relè direzionali, di tipo elettronico, hanno entrambe le funzioni protettive, sia per il sistema a neutro isolato che a terra tramite impedenza; in più possono abbinare ulteriori funzioni logiche sulla misura di molteplici altre grandezze elettriche.
Fig.2.3 - Vettori di interesse per guasto monofase a terra. Neutro a terra tramite impedenza non accordata.
Il sistema di messa a terra del neutro tramite impedenza e l’impiego delle moderne protezioni direzionali di tipo elettronico consentono dunque di avere i benefici della modesta corrente di guasto a terra e di rendere più facile l’autoestinzione dell’arco a terra; consentono di costruire impianti di terra efficienti nelle cabine MT/BT, ovvero a parità di impianto di terra ottenere la riduzione delle tensioni pericolose; infine consentono di migliorare la qualità del servizio con interventi precisi e selettivi, evitando le aperture cicliche con richiusura automatica. Le protezioni secondo il DK 5600 (ed. 2004)
Il buon funzionamento della rete MT dipende, oltre che dalle protezioni installate nelle cabine primarie, anche dalle protezioni installate nelle cabine degli utenti. Il Documento ENEL DK5600 (ed. 2004) è stato sviluppato con l’obiettivo di poter garantire una migliore gestione della rete MT e in particolare di poter attribuire con ragionevole sicurezza le responsabilità dei guasti (al Distributore o al Cliente). Il documento contiene le prescrizioni cui devono uniformarsi i Clienti che richiedono la connessione della loro cabina di trasformazione MT/BT a ENEL Distribuzione. In particolare per quanto riguarda i dispositivi di protezione devono essere previste: • Protezione di massima corrente (51). • Protezione di massima corrente omopolare (51N). • Protezione direzionale di terra (67). Particolare attenzione è stata riservata ai riduttori di tensione e corrente. I riduttori di corrente per le protezioni di massima corrente (51) devono essere in grado di riprodurre le correnti primarie MT fino alla corrente di cortocircuito più elevata, ritenuta pari a 10 kA. 2005, Nicola Locci
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Esempio: è ritenuto idoneo un TA 300/5 10P 30. La sigla significa che l’errore composto è inferiore al 10% di I n fino alla corrente di 30 volte I n (9000 A). I riduttori di corrente per la protezione di terra omopolare (51N) o direzionale (67) devono riprodurre correttamente la corrente di doppio guasto su diverse linee. Esempio: è ritenuto idoneo un TA toroidale 100/1 5P 20: l’errore composto è inferiore al 5% di I n fino alla corrente di 20 volte I n (2000 A). Per quanto riguarda i riduttori di tensione per la protezione direzionale (67), da collegare con secondario a triangolo aperto, questi devono riprodurre fedelmente la massima tensione omopolare. Esempio: è ritenuto idoneo un TV con 100 V ai capi del triangolo aperto, in caso di guasto franco a terra, con classe di precisione 6P e fattore di tensione 1,9 per 30 secondi. La conformità delle protezioni deve essere certificata da un Laboratorio accreditato dall’EA. In Italia l’Ente accreditante è il SINAL. 3 - Prove e misure per la sicurezza MT La tensione di contatto e di passo La tensione di contatto ( U C ) è la
differenza di potenziale che si stabilisce fra una parte metallica (massa) di un’apparecchiatura, che si porta in tensione a causa di un guasto, e il terreno ove si trova un operatore. La tensione di passo ( U P ) è la differenza di potenziale fra due punti del terreno, che disperde una corrente di guasto, posti alla distanza convenzionale di un metro. Nella pratica impiantistica, la misura delle tensioni di contatto e di passo si esegue in impianti di II categoria (MT), oppure di III categoria (AT). In questa breve nota non verranno considerate le specificità di questo tipo di impianti né le considerazioni di progetto; ci occuperemo solo delle modalità di esecuzione delle prove di verifica delle tensioni di contatto e di passo, laddove previste, e dei vincoli imposti dalla Normativa. Per valutare il rispetto di questi vincoli, occorre innanzitutto conoscere la corrente di guasto a terra I gT che il sistema a monte può immettere nell’impianto di terra in esame e il tempo t o di eliminazione del guasto, impiegato dalle protezioni a monte (che sono normalmente sotto giurisdizione dell’Ente Distributore). La corrente di guasto a terra I gT , quando fluisce nella resistenza RT dell’impianto di terra in esame produce sul conduttore di protezione PE la tensione totale di terra U T pari a: U T = RT ⋅ I gT
(3.6)
Questa è la tensione che una massa collegata al PE assume, a vuoto, rispetto alla terra lontana. Fra la massa e il terreno nelle immediate vicinanze, la tensione vuoto U C 0 (prima del contatto) risulta solo una frazione della tensione totale U T (vedi Fig.3.7A): U C 0 = R 'T ⋅ I gT =
R 'T R 'T + R ' 'T
⋅U T
(essendo RT = R'T + R' 'T )
(3.7)
Inoltre, una persona che venisse in contatto con tale massa, altererebbe il profilo dei potenziali nel terreno (vedi Fig.3.7A), a causa della resistenza propria R, che è pari per convenzione a 1000 Ω. In sostanza, la resistenza R di 1000 Ω, fra la massa e il punto del terreno in cui si trova la persona, incrementa la corrente in R”T e dunque la corrispondente caduta di tensione. Pertanto, la tensione di contatto U C cui realmente è sottoposta una persona è minore della 2005, Nicola Locci
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tensione di contatto a vuoto U C0 . Considerazioni analoghe possono farsi anche per la tensione di passo, vedi Fig.3.7B, e si nota che anche la effettiva tensione di passo U P è minore del corrispondente valore a vuoto U P 0. Normalmente le tensioni di passo risultano minori delle tensioni di contatto.
Fig.3.7 - Schema per le tensioni di contatto e di passo.
In entrambi i casi, comunque, le reali tensioni di contatto e di passo (che peraltro dipendono dalla effettiva resistenza del corpo umano) non devono superare i valori imposti dalla curva di sicurezza, per il tempo t o di permanenza, cioè fino all’interruzione della linea in guasto. La Norma CEI 11-8 riportava, per i diversi valori di tensione ( U C , U P ), i seguenti valori limite per il tempo di permanenza t o: U C, U P (V) 50 70 80 85 125 160 t o ≥2 1 ≤ 0,5 (s) 0,8 0,7 0,6 Per esempio, con un tempo di interruzione t o = 0,75 secondi, interpolando linearmente i valori della curva di sicurezza, risultava un valore massimo ammissibile di 82,5V per le tensioni di contatto U C e di passo U P . La Norma CEI 11-8 è stata sostituita dalla Norma CEI 11-1 (1999), che recepisce la HD 637 S1, nella quale i limiti sono stati modificati, in particolare sono stati elevati. Nel seguito si riportano alcune brevi considerazioni ed esempi basati sulla Norma 11-8. Procedura di verifica
La procedura di verifica inizia con la misura della resistenza di terra RT e la conoscenza delle informazioni fornite dall’Ente Distributore ( I gT e t o). Si calcola quindi il valore della tensione totale di terra U T = RT ⋅I gT . Si è detto che le effettive tensioni di contatto U C e di passo U P sono sempre una frazione della tensione totale di terra U T. Sulla base di ricerche teoriche e dell’esperienza di molti decenni, la Norma 11-8 stabiliva (con criteri molto cautelativi, che probabilmente hanno suggerito di incrementare i limiti nella nuova Norma 11-1) che, se la tensione totale di terra U T non superava di oltre il 20% i limiti ammessi per le tensioni U C e U P , allora le effettive tensioni di contatto e di passo erano da ritenersi entro i limiti ammessi, in qualunque punto dell’impianto. In tal caso non erano richieste le misure sperimentali delle tensioni di contatto e di passo e la procedura di verifica si riduceva alla misura della resistenza di terra RT e al calcolo. Vediamo, per chiarire, due esempi. I° Esempio
Si consideri il caso di un impianto utilizzatore con cabina propria di trasformazione MT/BT, 2005, Nicola Locci
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alimentato dall’Ente di Distribuzione pubblico, con una linea a neutro isolato. Le correnti di guasto a terra, prevalentemente capacitive, sono modeste. RT = 0,6 Ω; I gT = 120 A; t o = 0,75 s Si abbia: U T = U T,limite = 1,2x82,5 = 99 V Risulta: 0,6x120 = 72 V; La verifica è soddisfatta. II° Esempio
Si consideri un impianto AT di una sottostazione di trasmissione, che sia esercito con neutro francamente a terra. La corrente di guasto a terra è normalmente elevata. RT = 0,2 Ω; I gT = 10 kA Si abbia: U T = Risulta: 0,2x10 = 2 kV Il valore totale della tensione di terra è molto elevato, qualunque sia il tempo di interruzione. In questi casi, il vero problema è quello di evitare di esportare la tensione totale di terra fuori dell’area dell’impianto AT, a causa di parti conduttrici (tubazioni interrate, recinzioni, rotaie, un eventuale neutro, ecc.), oppure di importare il potenziale di terra lontano entro l’area dell’impianto, con modalità analoghe (tubazioni metalliche rivestite e isolate, ecc.). Con riferimento al profilo dei potenziali, dovuti alla sola corrente di guasto dispersa dall’impianto di terra, è invece possibile entro l’area dell’impianto, con una buona rete di terra magliata e opportuni accorgimenti sul perimetro dell’area, contenere a valori modesti le tensioni di contatto e di passo. Tuttavia, in tali casi si impone una verifica sperimentale e capillare sulle tensioni di contatto e di passo. Misura della tensione di contatto e di passo
Le prove si eseguono secondo le modalità rappresentate in Fig.3.8A, per la tensione di contatto, e in Fig.3.8B, per la tensione di passo. Per entrambe si dispone un generatore ausiliario di tensione U g il quale inietta nel collettore di terra dell’impianto in prova (o in una massa a questo connessa) una corrente I m la quale si richiude attraverso un sistema di picchetti ausiliari di corrente (PC aux) opportunamente infissi nel terreno. Il sistema di picchetti ausiliari di corrente deve essere posto ad una distanza di almeno 4÷5 volte la dimensione dell’impianto di terra in prova. Per la misura delle tensioni si impiega un voltmetro V che porta in parallelo una resistenza R di 1000 Ω, la quale simula la resistenza convenzionale del corpo umano. È bene che il voltmetro sia ad alta impedenza, preferibilmente elettronico, con indicazione numerica.
Fig.3.8 - Schema per la verifica delle tensioni di contatto e di passo.
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La tensione di contatto U C viene misurata fra la massa sotto controllo e due elettrodi, riuniti in parallelo, premuti sul terreno con una forza di 250 N e posti alla distanza di un metro dalla massa in esame (Fig.3.8A). La tensione di passo U P viene misurata fra due elettrodi premuti sul terreno con una forza di 250 N e posti alla distanza reciproca di un metro (Fig.3.8B). Ciascun elettrodo ha un’area di 200 cm 2 ed è opportuno che fra gli elettrodi e il terreno sia posto un panno umido. Le prove sono normalmente eseguite in scala ridotta. In sostanza non si inietta nel terreno la corrente presunta di guasto I gT , ma è ammessa una corrente di prova I m minore. La Norma 11-8 richiedeva, tuttavia, che la corrente di prova I m non fosse inferiore all’uno percento di I gT con il limite minimo di 5 A, per i sistemi a neutro isolato (II categoria), e di 50 A, per i sistemi con neutro a terra (III categoria). I risultati delle misure V m devono poi essere riportati alla effettiva corrente di guasto che l’impianto è chiamato a disperdere, con l’ipotesi di linearità: V effettiva
= V m
I gT I m
(3.8)
Prima della prova occorre verificare che la tensione che si manifesta sul sistema di picchetti ausiliari di corrente (PC aux) non assuma valori pericolosi e, in tal caso, recintare e presidiare la zona di infissione.
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