CAPITOLO 1 Propagazione elettromagnetica nelle strutture cilindriche chiuse 1.0 – Introduzione
Ci riferiremo spesso a due equazioni vettoriali di Maxwell 1: ∇ × E = − jωµ H ∇ × H = jωε c E + Ji
In queste equazioni: •
∇=
•
E H Ji
• •
∂ ∂x
ix +
∂ ∂y
iy +
∂ ∂z
iz
è l’operatore nabla; è il fasore del campo elettrico; è il fasore del campo magnetico; è il fasore della densità di correnti impresse.
Siccome sappiamo che ogni quantità vettoriale può essere scomposta nelle sue tre componenti relative agli assi E=
i + E y i y + E z iz
x x
H = H x i x + H yi y + H z iz
allora possiamo dire che dalle due equazioni vettoriali scritte sopra possiamo trarre 6 (cioè 3+3) equazioni scalari. L’utilizzo dei fasori deriva dal fatto che le quantità da noi utilizzate variano in maniera sinusoidale: ciò significa che possiamo associare ad un campo tempo variante e (t, P ) (funzioni del tempo t e del punto P) h ( t, P ) un fasore tempo invariante che dipende soltanto dalla pulsazione 2: E (ω ) (funzione della sola pulsazione). H (ω ) 1.1 – Strutture cilindriche: generalità
Vi sono vari modi in cui un segnale si può propagare: • propagazione libera (cioè nello spazio libero). Esempio: due antenne comunicanti poste a una certa distanza d e in contatto visivo fra di loro. Questo tipo di comunicazione, affascinante e molto utilizzata, ha alcuni inconvenienti: l’attenuazione dello spazio libero è infatti molto Sono equazioni formulate nel dominio delle frequenze. Ci si può interrogare sul senso di questa operazione e obiettare che, nella realtà, non trasmetteremo mai segnali puramente sinusoidali, in quanto essi non trasmettono alcuna informazione. Tale obiezione cade però di fronte al fatto che la nostra è soltanto un’ approssimazione: i segnali sinusoidali sono infatti spessissimo utilizzati per creare le portanti ,, righe dello spettro attorno alle quali viene concentrato il segnale; tuttavia, mentre la portante si trova generalmente a frequenze molto elevate [GHz, THz], la banda di frequenza del segnale a questa associato è spessissimo molto stretta e parecchio inferiore se facciamo un confronto [qualche KHz di banda << GHz, THz della portante]. Fatte queste ipotesi, l’approssimazione che facciamo per lo studio del campo elettromagnetico consente dunque di confondere l’oscillazione modulata con il segnale sinusoidale della portante. E ora, siccome il segnale è puramente sinusoidale, possiamo davvero passare nel mondo dei fasori. 1 2
•
consistente e quindi, a gara ntire la bontà del collegamento, servono antenne molto potenti e con elevati guadagno e di ettività. Abbiamo inoltre il problema d lle interferenze : antenne trasmettenti due segnali c mpletamente diversi e indipendenti 3 possono “darsi fastidio” a tal punto che un ricevito e, nelle vicinanze, finisce per ottenere un segnale fortemente disturbato e indistinguibil rispetto a quelli che si volevano trasm ttere. L’entità di questo problema è così notevole, e le applicazioni che si basano sulla ropagazione di segnali talmente pervasive, che si è presto sentita la necessità di regolare e centellinare lo spettro delle frequenze tramite l’is ituzione di norme molto severe; propagazione guidata (cioè rzata). La propagazione elettromagnetic a guidata si serve di un supporto fisico per trasmet tere un segnale. Facciamo un esempio: rendiamo una struttura cilindrica molto particolare , cioè un cavo; la sua struttura comprend e - un “nucleo” diel ttrico4 , caratterizzato da una certa perm ttività elettrica ε = ε 0ε r 5 e una certa perm abilità magnetica µ = µ0 µr ; - un “rivestimento” conduttore4 , che forza il segnale a imanere all’interno del dielettrico riflettendo l’onda che si sta trasmettendo.
Abbiamo detto che il cavo è una s ruttura cilindrica; con questo termine si i tende un mezzo: • non omogeneo; • privo di sorgenti: ciò signi fica che lo studio di una struttura cilin rica riguarda una zona molto diversa da quella in cui è avvenuta l’alimentazione (cioè l’ ntroduzione del campo elettromagnetico); • le cui proprietà geometric e ed elettromagnetiche (e quindi la di tribuzione spaziale dei valori dei parametri costit utivi ε [permettività elettrica], µ [permeabilità magnetica], c [conducibilità]) sono invarianti rispetto ad una direzione dello sp azio, chiamata direzione assiale (o direzione di propag zione) della struttura. Ciò significa che t utte le sezioni normali a tale direzione sono identic e6. Si faccia attenzione che quella di struttura cilindrica è un’astrazione: no è assolutamente detto che essa debba essere eometrica ente cilindrica. È sufficiente, infatti, ch presenti una direzione Ma posti in frequenze simili. Si noti che non è possibile stabilire in aniera assoluta se un materiale è un buon con uttore o è un buon isolante: tutto dipende infatti dalla natura del seg ale e dalla sua frequenza. Si ha infatti: c c buon con uttore b on dielettrico ≫1 ≪1
3 4
ω ε
ω ε
Si ricorda, a tal proposito, che c è la conducibilità elettrica del materiale scelto. 5 ε si riferisce al vuoto; ε è invece la permettività elettrica relativa , la quale dipende al materiale usato. Le stesse 0 r considerazioni possono essere fatte con la permeabilità magnetica. 6 Inoltre, le condizioni al contorno e di continuità imposte al campo elettromagnetico sono le stesse su ogni piano perpendicolare a tale direzione.
privilegiata7; a riprova di quanto appena detto, nella figura sottostante ediamo una sezione di una struttura cilindrica generica. i osservi che non vi è nulla di geometri amente cilindrico e che, anzi, la forma della struttura è irregolare e resa piuttosto complicata dalla presenza di più conduttori e più dielettrici
La presenza di una direzione pri ilegiata ci permette di scrivere il camp in maniera particolare, per certi versi semplificata , e di trascurare le variazioni che si hanno lungo la direzione z , sapendo che in tale direzione si ha un’atte uazione esponenziale che va col termine e −γ z
dove γ (costante di propagazione ) è un numero complesso α = costante di attenuazione 8 () γ = α j β β = costante di fase che dipende fortemente dalla freq uenza alla quale si lavora. Dunque, l’espressione del campo : trasversale parte attenuazione γ ( ω ) z e ( x1 , x 2 , z ) = Et ( x1 , x2 ) + Ez ( x1 , x2 ) k e parte assiale
D’altronde, sappiamo che esso si uò scrivere anche scomponendo quest’ ltimo lungo le direzioni cartesiane ortogonali: e = exi + e y j + ez k
Se raggruppiamo quelle che si riferiscono al piano trasversale 9 , sostituendo (componente trasverasale ), si ha: et = Et ( x1 , x2 ) e γ (ω )z (10) e = et + ez k dove γ ( ) z ez k = Ez ( x1 , x 2 ) ke
ex i + ey j
con
et
−
−
Negli esempi che faremo in seguito, la direzione privilegiata è quella che coincide con l’asse z di un sistema solidale con la struttura cilindrica. Inoltre, tale di ezione coincide con quella che prima abbiamo detto assiale o di propagazione. 8 La costante di attenuazione, espressa in valori naturali, si misura (come quella di fase) i m −1 . Tuttavia essa e spesso data in unità logaritmiche: a questo proposito si ha 7
α dB m = 2 0 lo g1 0 e
α m − 1
−1 −1 = 2 0 lo g1 0 e ⋅α m = 8 ,6 9 ⋅α m
Cioè quello che la direzione assiale (cio quella privilegiata della struttura) “buca” perp ndicolarmente. 10 Si noti che anche e dipende da x ,x : se, cioè, valutiamo questa componente del cam po in due punti diversi della 1 2 z stessa sezione otteniamo due risultati d versi. Nonostante dunque ez sia chiamata la “componente assiale” ciò non significa che sia invariante sul piano trasversale. 9
1.2 - Modi
Per definizione, un modo è un’onda elettromagnetica 11 (soluzione particolare delle equazioni di Maxwell) che soddisfa le condizioni al contorno 12 su ogni sezione trasversale della struttura cilindrica e che si propaga nella direzione assiale di quest’ultima. È lecito quindi presumere che tali soluzioni dipendano dalla coordinata assiale z tramite un fattore di propagazione strutturalmente analogo a quello della propagazione libera: e, infatti, ad ogni modo è associata una particolare costante di propagazione γ , oltre che a quattro particolari equazioni di modo . Quindi, due particolari modi i e j saranno caratterizzati da: costante di propagazione → γ i campo elettrico (trasversale) → Eti modo i campo elettrico (assiale) → E zik campo magnetico (trasversale) → H ti campo magnetico (assiale) → H zi k
costante di propagazione → γ j campo elettrico (trasversale) → Etj modo j campo elettrico (assiale) → E zj k campo magnetico (trasversale) → H tj campo magnetico (assiale) → H zjk
La sovrapposizione di tutti i modi dà origine alla vera soluzione dell’espressione dei campi nella struttura cilindrica. In particolare a caratterizzare il vero campo elettromagnetico sarà una combinazione lineare delle equazioni di modo 13: trasversale parte attenuazione − γ ω z e ( x1 , x2 , z ) = Et ( x1 , x2 ) + E z ( x1 , x2 ) k e ( ) parte assiale
lineare combinazione N
trasversale parte attenuazione − γ (ω ) z h ( x1 , x2 , z ) = Ht ( x1 , x2 ) + Ez ( x1 , x2 ) k e parte assiale
= lim
N →∞
∑a
n
n =1
en ( x1 , x2 , z ) modo
lineare combinazione N
= lim
N →∞
∑a
n
n =1
hn ( x1 , x2 , z ) modo
La rappresentazione tramite le funzioni di modo ha una vantaggio nascosto: spesso, infatti, non è necessario trovare tutti gli infiniti modi per caratterizzare e ed h . Anzi, a volte ne basta soltanto uno (che chiameremo modo fondamentale ). Vogliamo ora studiare la propagazione elettromagnetica nelle strutture cilindriche facendo uso delle equazioni di Maxwell omogenee, nell’ipotesi di mezzo normale 14 ∇ × h ( x1 , x2 , z ) = jωε c ( x1 , x2 ) e ( x1 , x2 , z ) ∇ × e ( x1 , x2 , z ) = − jωµ ( x1 , x2 ) h ( x1 , x2 , z ) dove ε c
= ε − j
c ω
è la permettività elettrica complessa.
Come si vede, dobbiamo andare a sostituire all’interno delle equazioni soprascritte le espressioni di e ( x1 , x2 , z ) e h ( x1 , x2 , z ) . Risulta anzitutto conveniente scomporre l’ operatore Nabla in due
Le soluzioni delle equazioni di Maxwell che hanno interesse in relazione alla propagazione guidata sono quelle aventi il carattere di onde elettromagnetiche che si propagano lungo l’asse della struttura. 12 Ed, eventualmente, di continuità. 13 Non si conosce una funzione? La si scompone in una combinazione lineare di funzioni più semplici! È questo un approccio molto comune per risolvere problemi ingegneristici molto raffinati dal punto di vista matematico. 14 Cioè spazialmente non dispersivo, stazionario, lineare ed isotropo. 11
parti, mettendo bene in evidenza la parte riguardante la sezione trasversale (variabili quella concernente la variabile z:
x1 , x 2 )
e
assiale
(Nabla) ∇ =
∂ ∂x
i+
∂ ∂y
j+
∂ ∂z
trasv.
∇ = ∇t +
k
∂ ∂z
k ⇐ ∇t =
∂ ∂x
∂
ix +
∂y
iy
Detto questo, andiamo effettivamente a sostituire i campi all’interno all ’interno del sistema: e = et + ez k = Et e − γ z + E z k e − γ z
h = h t + hz k = Ht e − γ z + H z k e − γ z
∇ × h = jωε ce ∇ × e = − jωµ h
Otteniamo: ∇ × ( Ht e −γ z + H z ke −γ z ) = jωε c ( Et e −γ z + Ezke −γ z ) −γ z −γ z −γ z −γ z ∇ × ( Et e + E z ke ) = − jωµ ( Ht e + H z ke )
Raccogliamo i termini esponenziali: −γ z − γ z ∇ × ( H t + H z k ) e = jωε c ( E t + E z k ) e −γ z − γ z ∇ × ( E t + E z k ) e = − jωµ ( H t + H z k ) e
Sfruttiamo ora la scomposizione, poco fa esaminata, dell’operatore Nabla nelle sue due parti: ∇t ∇ t
∂z ∂ k × ( Et + ∂z +
∂
k × ( Ht + H z k ) e −γ z = jωε c ( Et + E z k ) e −γ z +
z
k ) e −γ z = − jωµ ( Ht + H zk ) e −γ z
Quindi applichiamo la proprietà distributiva nei termini a sinistra dell’uguale, per ottenere: ( ∇t × Ht − γ k × Ht + ∇t H z × k ) e γ z = jωε c ( Et + Ezk ) e γ z γz γ z ( ∇t × Et − γ k × Et + ∇t z × k ) e = − jωµ ( Ht + H zk ) e A questo punto marchiamo chiaramente quali siano le parti che si riferiscono alla sezione trasversale e quelle che invece riguardano la direzione z…15 −
−
−
−
arte assiale parte trasversale p trasv. assiale ∇t × Ht −γ k × Ht + ∇t H z × k = jωε c Et + E z k parte assiale parte trasversale ∇t × Et −γ k × Et + ∇t H z × k = − jωµ Ht + H z k trasv. assiale
… ed ora uguagliamole 16! elettrico) ∇t × Ht = jωε c E z k → assiale (campo elettrico) magnetico) ∇t × Et = − jωµ H z k → assiale (campo magnetico) magnetico) γ k × Et + k × ∇t Ez = jωµ Ht → trasversale (campo magnetico) γ k × H + k × ∇ H = − jωε E → trasversale (campo elettrico) t t z c t
Si presti attenzione che ci sono dei prodotti vettoriali di mezzo, quindi non è immediato associare componente trasversale, né fare l’associazione tra il pedice z e la direzione di propagazione della struttura! 16 Si fa uso della proprietà anticommutativa del prodotto vettoriale 15
∇ t H z × k = − k × ∇ t H z
Attenzione al cambio di segno effettuato!
Et
alla
Se ora prendiamo l’ultima equazione (trasversale, campo elettrico), ed esplicitiamo il termine otteniamo:
Et ,
γ k × Ht + k × ∇t H z = − jωε c Et j
(γ k × Ht + k × ∇t H z ) = Et
ωε c
Giunti a questo punto, sostituiamo il tutto nell’equazione gemella a quella poco fa elaborata e cioè: γ k × Et + k × ∇t Ez = jωµ Ht
Si ha: j
γk×
ωε c
( γ k × Ht + k × ∇t H z ) + k × ∇t E z
= jωµ Ht
Distribuiamo i termini tra parentesi, in modo da mettere in evidenza i prodotti vettoriali tripli 17: j
γk×
ωε c
j
ωε c
j k × ∇t H z + k × ∇t E z = jωµ Ht ωε c
γ k × Ht +
γ 2 ( k × ( k × Ht ) ) +
j
ωε c
γ ( k × ( k × ∇t H z ) ) + k × ∇t Ez = jωµ Ht
A questo punto sviluppiamo i prodotti tripli 18: j
ωε c
(
)
γ 2 k ⋅ ( k × Ht ) − Ht ⋅ ( k × k ) + −
Moltiplichiamo per il termine
j
ωε c
j
γ 2Ht −
+ jωε c
(
)
γ k ⋅ ( k × ∇t H z ) − ∇t H z ⋅ ( k × k ) + k × ∇t Ez = jωµ Ht
ωε c
j
γ∇t H z + k × ∇t Ez = jωµ Ht ωε c
da entrambe le parti:
γ 2Ht + γ∇t H z + jωε ck × ∇t E z = −ω 2µε c H t
A destra dell’uguale compare il termine −ω 2 µε c , che poniamo prontamente pari a
σ 2 (19):
σ 2 = −ω 2 µε c
Indi per cui abbiamo:
(γ
2
−σ
2
)H
t
= −γ ∇t H z −
jωε ck × ∇t E z
Facendo la stessa cosa con l’altra equazione si ottiene la formula a questa duale:
(γ
2
−σ
2
)E
t
= −γ∇t
z
+ jωµ k × ∇t H z
Abbiamo quindi un bel sistema in cui compaiono le componenti trasversali in funzione di quelle assiali: ( γ 2 − σ 2 ) Ht = −γ∇t H z − jωε ck × ∇t E z 2 2 ( γ − σ ) Et = −γ∇t z + jωµ k × ∇t H z
Le equazioni trovate (cioè queste ultime assieme al sistema di 4 equazioni assiali/trasversali) sono le equazioni fondamentali per lo studio della propagazione nelle strutture cilindriche. Si noti che esse valgono in generale per qualunque andamento dei parametri costitutivi µ , ε , c sul piano trasversale. È inoltre importante ricordare che la costante di propagazione γ che compare in queste equazioni dipende solo dalla pulsazione e non dalla coordinata z.
Attenzione alle parentesi: se non venissero specificate, il prodotto vettoriale triplo non avrebbe alcun senso. 18 Si ha u × ( v × w ) = ( u × w )⋅ v − ( u × v )⋅ w . Una volta sviluppato il prodotto, fortunatamente alcuni termini se ne vanno. 19 Si ricordi che σ è la costante di propagazione intrinseca del mezzo. La costante c , invece, è la conducibilità del mezzo (non la si confonda con la velocità della luce, che in i n questa sede chiameremo v0 ). 17
Sulla base delle componenti assiali z , H z i modi di una struttura cilindrica si classificano come segue: • modi trasversali elettromagnetici (TEM), aventi entrambi nulli e, quindi, z e H z completamente privi di componenti assiali; • modi trasversali elettrici (TE), aventi Ez = 0 e H z ≠ 0 e, di conseguenza, campo elettrico solo trasversale; • modi trasversali magnetici (TM), aventi Ez ≠ 0 e H z = 0 e , di conseguenza, campo magnetico solo trasversale; , aventi Ez ≠ 0 e H z ≠ 0 . Per i modi ibridi si fa una sotto-classificazione: • modi ibridi , modi quasi-TEM: in cui z ≪ Et e H z ≪ H t ; modi HE: in cui H z ≫ E z ; modi EH : in cui z ≫ H z . I modi TEM, TM e TE sono molto importanti e comodi: in loro presenza, le equazioni fondamentali per lo studio della propagazione nelle strutture cilindriche si semplificano moltissimo. Per avere delle strutture in cui ho modi puramente TE, TM, TEM, è necessario che si soddisfino alcuni requisiti: • le strutture devono essere cilindriche; • le strutture devono essere omogenee 20, 21. o
o
o
1.3 - Le equazioni di Helmholtz e le loro condizioni al contorno
Nel caso di regione omogenea, i parametri x1 , x 2 e si ha:
µ , ε , c
(e, di conseguenza,
σ 2 ) sono costanti rispetto a
∇ ⋅ e ( x1 , x2 , z ) = 0
Scindendo nelle componenti trasversali e assiali sia il Nabla che il campo c ampo elettrico otteniamo: ∇t
−γ z ⋅ Et e ∂z ∂
+k
+ E z ke
− γ z
= 0
Da cui, applicando le proprietà pr oprietà del prodotto scalare: ∇t
+k
−γ z ⋅ Et e ∂z ∂
+ Ez ke
−γ z
= ∇t ⋅ Et e −γ z − γ Ez ke −γ z
=0
La stessa cosa si può fare per il campo magnetico; otteniamo: ∇t ⋅ Ht e
−γ z
− γ H z ke
− γ z
=0
Abbiamo quindi ricavato queste due relazioni 22: ∇t ⋅ Et = γ E z k ∇t ⋅ Ht = γ H z k Se infatti avessi un mezzo non omogeneo (con tanti conduttori ma, soprattutto, tanti diversi dielettrici) dovrei andare ad applicare le equazioni di continuità E τ 1 = E τ 2 Hτ 1 = H τ 2 e
20
su ogni superficie di separazione fra i dielettrici stessi: ciò comporterebbe l’esistenza di una delle condizioni necessarie per avere un modo TEM, TE o TM. 21 Si noti che non è presente alcun vincolo sulla natura aperta o chiusa della struttura. 22 In particolare, si ha per E z = 0 → ∇t ⋅ Et = 0 per H z = 0 → ∇t ⋅ Ht = 0
E z e H z
e la violazione
Ora, se applichiamo all’equazione
(γ l’operatore
∇t
2
−σ
2
)E
t
= −γ∇t Ez +
jωµ k × ∇t Hz
(da entrambe le parti), abbiamo 23:
(γ
2
−σ
2
)∇
t
⋅ Et = −γ∇t ⋅ ∇t
Sviluppando il tutto, notiamo che il termine
(γ
2
−σ
2
)∇
t
2
⋅ Et + γ∇t E z =
+ jωµ∇t ⋅ ( k × ∇t H z )
z
jωµ ∇t ⋅ ( k × ∇t H z )
se ne va…
jωµ ( ∇ t H z ⋅ ∇t × k − k ⋅ ∇t × ∇t H z ) = 0
Se ora inseriamo all’interno dell’equazione la relazione, ∇t ⋅ Et = γ
z
k
e dividiamo per γ , otteniamo
(γ
2
− σ
)E
z
+ ∇t E z = 0
2
)H
z
+ ∇t H z = 0
2
2
e, dualmente,
(γ
2
− σ
2
Quelle che abbiamo trovato sono due equazioni differenziali scalari, del secondo ordine (aventi ciascuna ∞2 soluzioni); ponendo kc2 = γ 2 − σ 2 riconosciamo che tali equazioni sono equazioni di Helmholtz omogenee! ∇t2 Ez + kc2E z = 0 2 2 ∇t H z + kc H z = 0
A questo punto, per risolvere il problema di Maxwell, si può prima di tutto trovare le H z e E z da queste equazioni e, quindi, sostituire tutto quanto nelle relazioni che restituiscono le componenti trasversali in funzione di quelle scalari. Tuttavia, necessiterò di opportune condizioni al contorno per definire una soluzione univoca 24,25: tali condizioni al contorno sono • per i conduttori elettrici perfetti: componente tangente del campo elettrico pari a zero tra dielettrico e conduttore eτ = 0 ; tale condizione si traduce in E z = 0 per i modi TM 26 o
o
∂H z ∂n
o
23
Φ=
per i modi TE27
=0
per i modi TEM 28
costante
Nella nuova relazione trovata compare l’operatore l ’operatore 2
∇t ⋅ ∇ t = ∇t
(Laplaciano) Soluzione univoca di un’equazione differenziale = integrale generale + condizioni al contorno. 25 In realtà poi mi servirebbero anche le costanti di propagazione γ , alle quali saranno associati un certo comportamento assiale di Ez e H z , ma per ora non ci preoccupiamo di questo aspetto, che esamineremo meglio in seguito. 26 Infatti sul contorno del conduttore elettrico perfetto vale che (γ 2 − σ 2 ) E t = − γ∇ t E z + jω µ k × ∇ t H z [condizione TM, H z = 0 ] (γ 2 − σ 2 ) E t = − γ ∇ t E z Quindi (formula inversa): 24
Et = −
γ ⋅ ∇ t E z γ 2 − σ 2
Se ora troviamo quel che accade nella direzione tangente, scopriamo che: Et ⋅ τ = − 27
∂E z
γ 2
2
γ −σ
∂τ
(cioè l’annullamento di
Caso duale al precedente (v. nota 26).
E z
comporta l’annullamento di
Et ⋅ τ = e ) τ
•
per i conduttori magnetici perfetti: componente tangente del campo magnetico pari a zero tra dielettrico e conduttore hτ = 0 ; tale condizione si traduce in o
∂E z ∂n
o
=
per i modi TM 29
0
per i modi TE30
H z = 0 ∂Φ
o
∂n
=
per i modi TEM
0
1.4 – Modi TEM
Le equazioni di Maxwell nei fasori sostengono che: ∇t × Ht = jωε c E z k ∇t × Et = − jωµ H z k
Tuttavia sappiamo che, per i modi TEM, si ha diventano:
Ez = H z = 0
, quindi le equazioni di prima
∇t × Ht = 0 ∇t × Et = 0
Il ché significa che Ht e Et sono irrotazionali e, di conseguenza, conservativi. Ciò impone l’esistenza di una quantità chiamata potenziale : Ht = ∇t Ψ potenziale scalare magnetico Et = −∇t Φ potenziale scalare elettrico
(31)
La ragione del segno diverso sta nel fatto che le equazioni γ k × Et + k ×∇t E z = jωµ Ht → trasversale (campo magnetico) γ k ×Ht + k × ∇t H z = − jωε cEt → trasversale (campo elettrico)
diventano, per il modo TEM, γ k×Et = jωµ Ht →trasversale (campo magnetico) γ k×Ht = − jωε cEt →trasversale (campo elettrico)
da cui: Specificheremo più avanti il senso di questa affermazione. 29 Infatti vale la (γ 2 − σ 2 ) E t = − γ∇ t E z + jω µ k × ∇ t H z [condizione TM, Da cui: 28
Et = −
γ 2
γ −σ
2
∇t Ez
⇒ Et ⋅ n
= −
H z = 0 ]
γ 2
γ −σ 2
∇ t E z
⋅n
(γ 2 − σ 2 ) E t =
= − γ ∇ t E z
0
D’altronde è abbastanza comprensibile che la componente tangente e il versore n (normale) siano ortogonali (e il loro prodotto scalare sia nullo)! 30 Caso duale al precedente (v. nota 28). 31 Ora che abbiamo definito il potenziale scalare elettrico, possiamo chiarire meglio il significato delle due condizioni al contorno: ∂Φ ∂n
=0
contorni dei c.m.p ) , ( sui contorni
contorni dei c.e.p ) Φ = costante (sui contorni
Queste due condizioni ci dicono che: • in ogni piano trasversale il contorno di ogni conduttore elettrico perfetto è una linea li nea equipotenziale; • la superficie di un conduttore magnetico perfetto impone che la componente dell’intensità di campo elettrico normale ad esso sia nullo.
γ H = t jω µ k × E t E t = − γ k × H t j ω ε c
Il meno presente in queste equazioni lo si “tira dietro” anche nella formulazione del potenziale. Si noti che queste equazioni forniscono la stessa informazione: si ha infatti η = µ ε c
±ηHt = k × Et
Qualche pagina fa abbiamo scritto che, se
E z = 0 , allora ∇t ⋅ Et = 0
Quindi, se ora applichiamo ambo i lati l’operatore Nabla trasversale alla formula del potenziale scalare elettrico, otteniamo 2
∇t ⋅ Et = −∇t ⋅ ∇t Φ = −∇t Φ = 0
⇒
2
∇t Φ = 0
Quindi il potenziale scalare soddisfa l’equazione di Laplace in due dimensioni. Giunti a questo risultato, notiamo che – sempre per quanto riguarda i modi TEM – le equazioni ( γ 2 − σ 2 ) Ht = −γ∇t H z − jωε ck × ∇t E z 2 2 ( γ − σ ) Et = −γ∇t z + jωµk × ∇t H z
si semplificano tantissimo diventando: kc2Et = ( γ 2 − σ 2 ) Et = 0 2 2 2 kc Ht = ( γ − σ ) Ht = 0
A questo punto ci possiamo chiedere a che condizioni queste due equazioni vanno davvero a zero; tale scenario si ha: • se Et e Ht sono nulli, ma questo è un caso banale, relativo a una situazione in cui la propagazione avviene lungo un sistema di conduttori elettrici (ed, eventualmente, magnetici) perfetti, cilindrici e con generatrici fra loro parallele, immersi in un mezzo omogeneo32; 2 2 • se γ = σ (33,34) il ché prevede che µ , ε , c debbano essere costanti in ogni punto. 1.5 – Ricapitolando: analisi di una struttura cilindrica chiusa
Consideriamo una struttura cilindrica generica rivestita da un conduttore (e quindi chiusa). Infatti all’interno di un conduttore elettrico (o magnetico) perfetto il campo elettromagnetico è nullo. Pertanto, anche in questo caso il mezzo in cui il campo elettromagnetico ha sede è effettivamente omogeneo. Strutture cilindriche di questo tipo, purché contenenti almeno due conduttori elettrici, si dicono linee di trasmissioni uniformi a più fili e hanno grande importanza tecnica. Con un solo conduttore, si diceva, non posso avere il campo, in quanto il potenziale scalare elettrico è costante 32
Φ ( x1 ,x 2 ) = Φ1
(costante)
Ciò significa che il gradiente di questa quantità è nullo e, dato che Et = −∇tΦ
la presenza di un solo conduttore non permette l’esistenza di una componente Et , non è possibile trasmettere l’informazione. 33 Ricordiamo che σ è la costante di propagazione intrinseca del mezzo, pari a −ω 2 µε . c 34 Ma dobbiamo stare attenti al fatto che il termine γ ( ω ) è funzione della pulsazione!
La struttura conterrà, oltre al conduttore esterno (generalmente detto anche freddo), altri conduttori, responsabili di quella differenza di potenziale in grado di veicolare l’informazione. Se la struttura regge il modo TEM 35 allora γ TEM = ±σ
In tal caso, dunque, dobbiamo risolvere r isolvere una sola equazione scalare 2
∇t Φ = 0
invece che 6. A tale equazione vanno associate le condizioni al contorno ∂Φ = 0 ( sui contorni dei c.m.p ) ∂n Φ = costante ( sui contorni dei c.e.p)
Nel caso TEM non è presente la componente assiale del campo elettrico, né del campo magnetico: i due campi sono dunque pari alle componenti trasversali seguenti 36 et = Et e −γ z ht = Ht e −γ z
Se la struttura sorregge il modo TM allora dobbiamo prendere l’equazione di Helmholtz 2
∇t E z +
(γ
2
2
− σ
) E
z
=0
A tale equazione vanno associate alcune condizioni al contorno, le quali sono E z = 0 ∂E z ∂n = 0
sui conduttori conduttori elettrici elettrici perfetti sui conduttori conduttori magnetici perfetti
Per ogni modo si ricavano quindi le componenti trasversali in funzione di quelle assiali: (γ 2 − σ 2 ) Et = −γ ∇t E z 2 2 (γ − σ ) Ht = − jωε c k × ∇t E z Se la struttura sorregge il modo TE allora dobbiamo prendere l’altra equazione di Helmholtz
(quella duale) 2
∇t H z +
(γ
2
2
− σ
) H
z
=0
A tale equazione vanno associate alcune condizioni al contorno, le quali sono ∂H z =0 ∂ n H z = 0
sui conduttori elettrici perfetti sui conduttori conduttori magnetici perfetti
Per ogni modo si ricavano quindi le componenti trasversali in funzione di quelle assiali:
Il fatto che la struttura cilindrica sia chiusa non è però una condizione necessaria: il modo TEM è guidato anche nelle strutture cilindriche aperte. 36 Un’altra ovvia conseguenza, abbastanza intuitiva ma fin’ora poco trattata, è che non vi è dispersione di potenza del segnale al di fuori della struttura. Vi è, sì, attenuazione, ma non certamente dispersione: basti vedere l’espressione del flusso del vettore di Poynting 35
−2α z * ∫∫ ( Et × Ht ) k dS e S
La presenza del versore k ci suggerisce che tale vettore è normale sia ad E che ad H (e quindi va tutto in direzione assiale).
(γ 2 − σ 2 ) Ht = −γ ∇t H z 2 2 (γ − σ ) Et = jωµ k × ∇t H z 1.6 – Effetto di taglio dei modi TE e TM
Come si nota dalla trattazione appena fatta, invece di risolvere le famigerate equazioni di Maxwell (molto belle ed eleganti, ma scomode per fare i calcoli) ci basta risolvere: • 1 equazione di Laplace (nel caso TEM); • 1 equazione di Helmholtz (nei casi TE e TM). Le equazioni di Helmholtz hanno un’infinità numerabile di soluzioni (modi) 37: N
e = lim
N →∞
∑
N
aiei = lim
N → ∞
i =1
∑ a E (x , x i
i
1
2
)e
−γ i z
i =1
Definita la geometria della struttura e la frequenza di lavoro, la sommatoria si risolve esaminando i vari modi. L’autovalore 38 della funzione di Helmholtz è: ≠ 0 modi TE, TM
kc2 = γ 2 − σ 2
= 0 modi TEM
Facciamo l’ipotesi che la struttura sia omogenea (e che quindi σ sia costante in tutta la struttura) e che vi sia assenza di perdite 39: ciò significa che ad ogni kc2 corrisponde un preciso γ 2 . Si avrà dunque = ± k2 + σ 2 = ± k 2 − ω 2 µε c c c γ = = ±σ = ± −ω 2 µε c
modi TE, TM modi TEM
Osserviamo ora l’equazione γ
=±
kc2 − ω 2 µε c
La quantità γ sarà a questo punto puramente reale [puramente immaginaria] se il termine sotto radice è maggiore di zero [minore di zero]. Infatti: Re kc2 > ω 2 µε c γ = 2 2 Im kc < ω µε c
La γ detta la legge di propagazione del nostro modo; infatti essa compare all’interno dell’espressione del campo elettrico… trasversale parte − γ ω z e ( x1 , x 2 , z ) = Et ( x1 , x2 ) + Ez ( x1 , x2 ) k e ( ) parte assiale … che diventa, per ogni modo i: γ z ei ( x1 , x2 , z ) = Eti ( x1 , x2 ) + Ezi ( x1 , x2 ) k e − i
Considerando una struttura che non supporta il modo TEM (il quale si propaga sempre), se il parametro γ è puramente reale allora il modo si attenua 40 (l’esponenziale porta tutto verso lo Si ricordi che ad ogni E i è associata una γ i . 38 In algebra lineare, un autovettore di una trasformazione lineare è un vettore non nullo che non cambia direzione nella trasformazione. Il vettore può cambiare quindi solo per moltiplicazione di uno scalare, chiamato autovalore (cfr. Wikipedia). 39 E dunque è lecito scrivere: σ = ± jω µε . c 37
zero). Se, viceversa, la costant γ è immaginaria, allora il modo si propaga. Possiamo ora esprimere il tutto in funzione della pulsazione dato che, in ultima analisi, la costante di propagazione è proprio funzione i ω . kc , γ ∈ e < µε Re kc2 > ω 2 µε c c ⇒ γ = ω 2 2 Im kc < ω µε c > kc , γ ∈ I µε c Quindi, in ultima analisi, esiste u effetto di filtraggio passa-alto intrinseco il fatto che un modo di
propaghi o meno dipende dalla p ulsazione; esistono infatti alcuni valori i comportamento di una certa strut ura: in particolare la pulsazione di taglio ω c =
ω
che discriminano il
kc
µε c
fa da “spartiacque” fra l’avvenut e la manca propagazione di un certo modo. Quindi: • il modo TEM si propaga se pre (v. figura a fianco); • i modi TE e TM non si pro agano sempre, ma soltanto al di sopra di una certa pulsazione ω c , quando si dicono soprataglio , ovvero quando α , cioè la parte reale di γ , si è annullata per lasciare spazio alla parte immagin ria β . Nei grafici sottostanti vediamo infatti che, per un certo m do i avente frequenza di taglio ω ci , la propagazione è possibile olo dove β i > 0 (e, di conseguenza, α = 0 ):
Qui β
> 0,
α = 0
e il segna e si propaga
Qui α
> 0,
β = 0
e l segnale è attenuato
Ogni modo ha la sua propria puls azione di taglio: in base alla sua entità s differenziano i modi in superiori (quelli con ω c “alta”) e i eriori (con ω c “bassa”).
Il modo si attenua nonostante non vi siano perdite: sembra assurdo, eppure – ved emo più avanti – questo è perfettamente spiegabile. 40
Dobbiamo ora spiegare come si possibile che un modo entrante in u a struttura cilindrica, e avente una pulsazione inferior a quella critica, non riesca ad rag giungerne la fine e – apparentemente – scompaia.
Per andare al nodo della question è sufficiente prendere le equazioni… ( γ 2 − σ 2 ) Et = −γ ∇t z modi TM 2 2 ( γ − σ ) Ht = − jω c k × ∇t E z
… dividere per
2
2
)H )E
t
= −γ ∇t H z
t
= jωµ k × ∇t H z
kc2 = γ 2 − σ 2 … Ht = −
… e sostituire
( γ 2 − modi TE 2 ( γ −
∇t E z
e
jω
k × ∇t E z
k
∇t H z , ricav −
c
2 c
jωµ kc2
k × ∇t H
ti dalle prime espressioni:
kc2
γ
Et =
t
= ∇t E z
−
kc2
γ
Ht = ∇t H z
Otteniamo: Ht = −
jωε c kc2
kc2 Et ×− γ
k jωµ Et = 2 k × − c kc γ 2
t
Da cui: Ht = j
ωε c k × Et γ
γ Ht = k × Et jωε c k × Et =
k × Et =
γ Ht ωε c TM
Ht
Et = − −
jωµ
γ
k × Ht
γ Et = k × Ht jωµ
k × Ht = j
γ Et ωµ
k × Ht = Z TE Et
La Z TM e la Z TE sono delle impe enze e si comportano in maniera compl tamente diversa in base alla natura di γ : • se γ ∈ Im allora Z TM e Z E sono impedenze reali (l’unità immag naria si semplifica) e si comportano alla stregua di resistenze elettriche; • se γ ∈ Re allora Z TM e Z TE sono impedenze immaginarie (l’unità i maginaria sopravvive) e quindi entrambe reattive ( Z TM diventa capacitiva e Z TE indutti a), questo significa che riflettono indietro la potenza . Ecco svelato il segreto: i modi non sco paiono, bensì vengono riflettuti indietro.
Quindi, quando siamo sottotag lio, la sezione trasversale si comport a come una parete di impedenza reattiva e riflette 41; viceversa, soprataglio, la parete di imped enza è reale e quindi il segnale può propagarsi. In defini iva la migliore o peggiore propagazion dipende sia dal tipo di materiale scelto, sia dalla frequen a (e quindi dalla pulsazione) di propaga zione. C’è poi da dire che, nei materiali reali, α e β non sono mai veramente zero dove dovrebbero esserelo teoricamente (cioè α è semplicemente ≪ β quando siamo sopr taglio e, viceversa, β è ≪ α in regime di sottotaglio). Inoltre, non esiste quella disco tinuità così marcata presente se sovra pponiamo in un unico grafico sia α che β , , come in figu a:
Nei materiali reali le curve sono iù dolci. Infine, non è vero che non vi ono perdite; per questo bisogna avere: ε mω cm • buoni dielettrici ε mω • ottimi conduttori42 cm Le perdite introducono un cont ributo nella costante di fase e, inoltre , sono responsabili del cosiddetto effetto pelle . Se consideriamo una struttura cilindrica costituita da conduttore perfetto, trasversalmente omogenea, poss amo stare sicuri che non vi è alcuna omponente del campo all’interno del conduttore stesso. I conduttori reali, invece, soffrono di un o spessore di penetrazione in cui il campo non è zero (da q i la scelta di skin effect per nominare questo fenomeno). Quindi non solo il campo si dissipa el conduttore, ma vi è anche un a cumulo di energia di propagazione, oltre ad un’alterazi one della costante di attenuazione. Per ora, tuttavia, non ci curiamo d i questo e consideriamo materiali ideali. 1.7 – Qualche precisazione sul vettore di propagazione Abbiamo detto che
kc2
è l’autoval re della funzione di Helmholtz; esso è p ari a: kc2 = γ 2 − σ 2
costante di pr pagazione costante di pr pagazione (in direzione ssiale) del modo intrinseca del ezzo Tale autovalore entra in gioco se c onsideriamo il vettore di propagazione s ( er le onde piane!). s = sx i + sy j + sz k
Le componenti di tale vettore no sono totalmente scorrelate fra loro; pre cisamente, si hanno due gradi di libertà: ricordiamo infatti che L’eventualità che il segnale venga ris edito indietro è molto indesiderabile oltre che otenzialmente pericolosa: in circuiti funzionanti a centinaia di GHz, con segnali di decine di W (e, quindi, molto p tenti), rischiamo di bruciare tutto. 42 Ad esempio l’oro, oppure il platino. 41
σ = sx2 + s2y + sz2
Quindi si può asserire che: sz2 = − ( sx2 + sy2 ) + σ 2
Ed ecco quindi i due gradi di libertà! Se ora poniamo: kc2 = −γ t2 = − (γ x2 + γ y2 )
( γ t
= costante di propagazione in direzione trasversale )
Abbiamo che kc2 = γ 2 − σ 2 2
−γ t = γ
2
2
− σ
σ 2 = γ 2 + γ t2
Ma d’altronde abbiamo detto che 43… σ = sx2 + s2y + sz2
… dunque: sx2 + s2y + sz2 = γ 2 + γ t2 = σ 2
Se ora imponiamo che la propagazione avvenga unicamente lungo la direzione z (modo TEM), e cioè che la costante di propagazione γ t2 = sx2 + s2y sia pari a zero 44 , abbiamo: γ 2 = σ 2
Nei modi TM e TE ciò non avviene e tutte e tre le componenti del vettore di propagazione s sono diverse da zero: la propagazione – in tal modo – si eserciterebbe in tutte le direzioni, ma fortunatamente la presenza di un conduttore periferico può rendere chiusa la nostra struttura e salvarci da questo inconveniente.
Viene citata la relazione pitagorica delle onde piane : possiamo infatti trattare il campo elettromagnetico come sovrapposizione di onde piane. 44 Non vi è propagazione lungo le direzioni del piano trasversale. 43
CAPITOLO 1bis Esempi notevoli di strutture cilindriche chi se 1.8 – Lastra planare ideale
Una lastra planare idea e è una struttura chiusa e cilindrica circondata da: • due conduttori elettrici perfetti; • due conduttori magnetici perfetti. Il mezzo, sede del c ampo elettromagnetico, occupa una regione rettangolare che consideriamo indef nitamente estesa in direzione z e stante all’interno di: 0 x ≤ a 0 y ≤ b Vogliamo analizzare analiticamente questa struttura e, per farlo , potremmo tentare di risolvere direttame te le equazioni di Maxwell45; tuttavia ci interessa maggiormente determinare l’insieme completo dei modi, in modo da poterli poi so mare tutti quanti per ricavare le espressioni del campo lettrico e magnetico: n
e=
lim n →∞
∑ a (E i
ti ti
+ Ez k ) e
− γ i z
i =1 n
h=
lim n →∞
∑ a (H i
ti ti
+ H zk ) e
− γ i z
i =1
Le prime osservazioni che possia o fare sono le seguenti: • la struttura è omogenea; • esistono due conduttori ele ttrici perfetti (un primo conduttore, ad e sempio quello inferiore, lo si assume a massa e lo si chiama conduttore freddo; freddo ; l’altro div nta immediatamente il conduttore caldo 46). Possiamo immediatamente concludere che tale struttura regge il m do TEM, il quale ha pulsazione di taglio pari a zero e quindi si propaga sempre e comunque. I modi TE e TM, invece, sono un’infinità numerabile (com vedremo più avanti). Chiamiamo ora φ 1 il potenziale p esente lungo la retta y retta y = b (nei pressi del conduttore caldo) e φ 0 quello riscontrabile lungo y lungo y = 0 (in corrispondenza del conduttore posto a Siccome possiamo dire con sicure za che φ1 ≠ φ 0 , allora si ha ∇φ ( x , y ) ≠ 0
assa).
(47)
Questo implica immediatamente he esista una componente trasversale de l campo.
Omogenee, perché per ipotesi non vi s no sorgenti. Per questo, in generale, una linea ad +1 conduttori è detta ad m fili: trascuriamo in atti il conduttore freddo nel “conteggio” dei fili. 47 Se i potenziali alle ordinate 0 e b sono diversi, vuol dire che il gradiente sarà sicuram nte diverso da zero (in caso contrario φ sarebbe costante). 45 46
Inoltre, abbiamo dato per ipotesi che non vi siano sorgenti (v. nota 1), il che ci porta ad affermare: 2 ∇ φ ( x , y ) = 0 Detto questo, poniamo il potenziale sul conduttore freddo pari a 0: φ ( x ,0 ) = 0 Assegniamo invece il valore 1 al potenziale sul conduttore caldo: φ ( x ,b ) = 1 Per cercare di semplificare il problema facciamo quindi l’ipotesi di lavoro che il potenziale dipenda solo da y da y(48). Per cui: ∂φ ∂x
=0
Questa condizione è chiaramente valida sia lungo la retta x = 0, sia lungo x = a , allorché si ha: ∂ ∂x
∂
φ ( 0, y ) = 0
∂x
φ ( a, y ) = 0
Abbiamo quindi tutte le conduzioni al contorno: φ ( x , 0 ) = 0 condizioni sul potenziale nei conduttori φ ( x , b ) = 1 ∂ φ ( 0, y ) = 0 ∂ x potenziale invariante rispetto alle x ∂ φ ( a , y ) = 0 ∂ x 2 2 2 ∇ 2φ ( x , y ) = 0 cio è ∂ φ + ∂ φ = ∂ φ = 0 2 2 2 ∂x ∂y ∂y L’integrale generale dell’equazione differenziale 2 ∂ φ ∂ y
2
assenza di sorgenti
=0
ha la seguente forma: φ ( y) = c1 y + c2
Tuttavia sappiamo che φ ( x , y = 0 ) = 0 φ ( x , y = b ) = 1
Dunque già abbiamo le seguenti informazioni 0 = c1 ⋅ 0 + c2
1 = c1 ⋅ b + c2
c2 = 0
c1 =
1 b
le quali ci fanno concludere che il potenziale ha la seguente distribuzione 49: φ ( y) = c1 y + c2 =
b
Sappiamo poi, dalla teoria di base dell’elettromagnetismo, che: Et ( x , y ) = −∇tφ ( x , y ) Se separiamo la relazione appena scritta nelle componenti x e y otteniamo: Questo è un metodo di risoluzione molto comune ogniqualvolta si disponga di un teorema che garantisce l’unicità della soluzione cercata. Se, in base all’ipotesi fatta, si ottiene una soluzione, per il teorema di unicità essa è l’unica. La correttezza dell’ipotesi si verifica dunque a posteriori. 49 Si nota la dipendenza lineare rispetto alle y. 48
∂φ ( x , y ) ∂φ ( x , y ) ix + iy ∂x y ∂ Tuttavia sappiamo che il potenziale è invariante rispetto ad x , per cui si annulla immediatamente la relativa derivata parziale: ∂φ ( x , y ) ∂φ ( x , y ) ix + iy Et ( x , y ) = Ex i x + E yi y = − ∂x ∂ y E x i x + E yi y = −
Et ( x , y ) = E y i y = − E
y x
∂φ ( x , y ) ∂ y
iy
Capiamo quindi che il campo è diretto lungo l’asse delle y , e precisamente verso la direzione negativa di tale asse 50. Calcoliamoci numericamente a quanto è pari questo campo y : b ∂φ ( x , y )
elettrico trasversale sapendo che φ ( y ) = Et ( x , y ) = E y i y = −
∂ y
iy = −
1 iy b
Una volta trovato il campo elettrico (in direzione trasversale), possiamo trovare immediatamente quello magnetico tramite la relazione: ±η Ht = i z × Et
∂φ ( x , y ) µ Ht = i z × − iy ε c y ∂
±
±
∂φ ( x , y ) µ Ht = − iz × i y ε c ∂ y Ht =
∓
ε c 1 i x µ b
Quindi abbiamo già finito di analizzare il modo TEM: hTEM
− TEM z
( x , y ) e γ γ = Ht ( x , y ) e
eTEM = Et
− TEM z
Siccome sappiamo che, per i modi TEM, si s i ha γ 2 = σ 2 γ = ±σ = ± jω µε
possiamo infine dire, sostituendo, che 51,52: eTEM
hTEM
e − jω µε z =− b
iy
ε c e − jω µε z =± µ b
ix
Il modo TEM, come sappiamo, ci fa molto comodo perché si propaga sempre; tuttavia non è il solo ad esistere in tale struttura e, anzi, nel nostro esempio l’energia si distribuisce anche fra tutti gli Si faccia riferimento alla relazione scritta poco dopo: ha segno negativo. 51 Teniamo soltanto il segno meno nella relazione σ = ± j ω µ ε . 50
52
Notiamo che il legame fra i campi e ed h è statico: risulta quindi possibile sostituire questo componente con un circuito a costanti concentrate.
(infiniti) modi di tipo TE e TM. L’unico modo per ottimizzare la nostra distribuzione energetica è quello di porre sottotaglio tutti i modi “superflui”. Vediamo, anzitutto, anz itutto, quali sono questi modi. Scriviamo le equazioni di Helmholtz: ∂ 2 Ez ∂ 2 E z 2 + + kc E z = 0 2 2 2 2 ∇t E z + kc E z = 0 ∂y ∂x ⇒ 2 2 2 2 ∇t H z + kc H z = 0 ∂ H z + ∂ H z + k2 H = 0 c z 2 ∂x 2 ∂y Dopodiché analizziamo le condizioni al contorno. MODI TM E z ( x , 0 ) = 0 condizioni sul cam po elettrico (nullo) nei conduttori elettrici perfetti (sopra e sotto) = E x , b 0 ( ) z ∂ E ( 0, y ) = 0 ∂ x z condizioni riferite ai conduttori ma gnetici perfetti (ai lat i), con x direzione tangente ∂ E z (a, y ) = 0 ∂ x MODI TE H z ( 0 , y ) = 0 condizioni sul campo m agnetico (nullo) nei conduttori magnetici perfetti (ai lati) = H a , y 0 ( ) z ∂ H z ( x , 0 ) = 0 ∂ y condizioni riferite ai conduttori elettrici per fetti (sopra e sotto), co n y direzione tangente ∂ H z ( x , b ) = 0 ∂ y
Si tratta ora di risolvere le equazioni differenziali di Helmholtz; per farlo, useremo il metodo di oltre). separazione delle variabili (v. oltre). MODI TE Supponiamo che H z si possa esprimere come il prodotto di una funzione X (della sola x) e di una
funzione Y (della sola y): ): Y (della sola y H z ( x , y ) = X ( x )Y ( y )
Una volta separate le nostre variabili, mettiamo l’equazione ∂
2
Hz
∂x
2
+
∂
2
H z
∂y
2
2
+ kc H z = 0
nella forma: 2
Y
∂ X 2
∂ x
X non dipende da y 2 ∂ H z (x , y ) quindi facendo 2 ∂ x 2 d X ( x ) si ha Y ( y ) d x 2
2
+
X
∂ Y 2
∂y Y non dipende da x 2 ∂ H z (x ,y ) quindi facendo 2 ∂ y 2 d Y ( x ) si ha X ( y ) d y 2
Dopodiché, con qualche passaggio matematico:
2
+ kc X Y = 0
2 X ∂ Y 2 Y + X + kc X Y = 0 2 2 ∂x ∂y
∂
2
2 X ∂ Y 2 = −X − kc X Y Y 2 2 ∂x ∂y
∂
2
1 ∂ 2 X X x2 ∂
1 ∂ 2Y 2 =− − kc 2 Y ∂y
dipende solo da x
dipende solo da
Siccome x e y sono due variabili indipendenti, poniamo la quantità sopra pari ad una costante che chiameremo kx 2 : 1 ∂ 2 X 1 ∂ 2Y 2 2 =− − kc = − kx 2 2 X ∂x Y ∂y
Ora si ha53:
1 ∂ 2 X 2 ∂ 2 = − kx X x ove k 2 + kx2 2 1 ∂ Y = −k 2 + k 2 ≜ − k 2 c x y Y ∂y 2 Gli integrali generali delle equazioni nel sistema soprastante sono:
2
= kc
X ( x ) = c3 cos ( kx x ) + c4 sin ( kx x)
Y ( x ) = c5 cos ( k y y ) + c6 sin ( ky y )
Ora tiriamo fuori le condizioni al contorno. Le abbiamo scritte anche prima, ma ora dobbiamo esprimerle con le nuove funzioni X e Y : H z ( x = 0 , y ) = 0 ⇒ X ( 0 ) = 0 ⇒ X ( a ) = 0 H z ( x = a, y ) = 0 ∂ 1 d Y ( 0 ) H z ( x , y = 0 ) = 0 =0 ⇒ ∂ y X d y 1 d Y ( b ) ∂ H ( x , y = b ) = 0 =0 ⇒ ∂ y z X d y Imponendo X ( 0 ) = 0 : X( 0 ) = c3 cos ( kx ⋅ 0 ) + c4 sin ( kx ⋅ 0) = 0
c3 = 0
Imponendo X ( a ) = 0 : =0
X ( a) = c3 cos ( kx ⋅ a) + c4 sin ( kx ⋅ a ) = 0 c4 sin ( kx ⋅ a ) = 0
Le soluzioni sono quindi54: kx =
m π , a
m ∈ ℕ − {0}
Ora passiamo alle altre due condizioni, ovvero a 53
Queste relazioni richiamano anche le equazioni di stampo “pitagorico” viste alla fine del capitolo scorso: kc2 = −γ t2 = γ 2 − σ 2
γ 2 + γ t2 = σ 2 54
E qui finalmente capiamo perché sono un’infinità numerabile ( ∞1 valori). Con m = 0 ci riconduciamo al modo TEM.
dY ( 0 ) d y
=
0
che ci fa avere d
{
}
c5 cos ( ky ⋅ 0 ) + c6 sin ( k y ⋅ 0 ) = 0 d y Y ( 0 )
d
{c d y
sin ( 0 )} = 6
d dy
⇒
{c6 } = 0
c6 = 0
e all’altra condizione dY ( b ) d y
=0
che ci porta a scrivere55 d
{c d y
6
sin ( ky ⋅ b)} = −c6b sin ( ky ⋅ b) = 0
⇒
k y =
n π , b
n∈ℕ
Ora possiamo valutare H z nei modi TE: H z ( x , y ) = X ( x )Y ( y ) = c3 cos ( kx x ) + c4 sin ( kx x ) c5 cos ( ky y ) + c6 sin ( ky y ) =
= c3 cos ( kx x ) =0
mπ nπ + c4 sin x c5 cos y + c6 sin (k y y ) = a b =0 mπ nπ x co s y ≜ H z (m,n ) ( x , y ) = c4 c5 sin a b Ricordando ora le espressioni, valide per i modi TE, che mettono in funzioni le componenti assiali con quelle trasversali (v. capitolo 1)… (γ 2 − σ 2 ) Ht = −γ ∇t H z 2 2 (γ − σ ) Et = jωµ k × ∇t H z … che nel nostro caso diventano… kc2(m,n )Ht = −γ ∇t H z (m ,n ) k = iz 2 kc(m,n )Et = jωµ k × ∇t H z (m ,n ) … possiamo immediatamente ottenere: γ γ ∂ ∂ mπ nπ mπ nπ x cos y = − 2 x co s y ∇t c4 c5 sin ix + i y c4 c5 sin Ht = − 2 k a b k x y a b ∂ ∂ c ( m ,n ) c (m ,n ) ∇ E = j ωµ i × ∇ c c sin mπ x cos nπ y = j ωµ i × ∂ i + ∂ i c c sin mπ x cos nπ y ∂x x ∂ y y 4 5 z t 4 5 z a b a b t kc2(m,n ) kc2(m ,n ) ∇ γ ∂ ∂ mπ nπ mπ nπ c4c5 sin x c os y ix + c4 c5 sin x co s y iy Ht = − 2 k x a b y a b ∂ ∂ c ( m ,n ) E = j ωµ i × ∂ c c sin mπ x cos nπ y i + ∂ c c sin mπ x cos nπ y i z ∂x 4 5 a b x ∂y 4 5 a b y t kc2(m,n ) t
t
55
E anche questa volta abbiamo un’infinità numerabile di valori.
Scriviamo quindi così la componente tangente del campo elettrico: ∂ ωµ ∂ mπ nπ mπ nπ c csi x co s y i x + c4 c5 sin x cos y i y = Et = j 2 iz × 4 5 ∂ ∂ kc(m,n ) x a b y a b … sviluppo delle derivate… =
ωµ nπ mπ nπ mπ nπ mπ j 2 c cos x c o s y c c s i n x sin + iz × − c i 4 5 a b x 4 5 b a b y i y = kc(m ,n ) a
ωµ mπ nπ ωµ mπ nπ mπ nπ c c c o s x c o y j c c sin sin i i × + x y (iz × i y ) = ( ) 4 5 z x 4 5 2 kc2(m,n ) a a b k b a b c(m ,n )
=− j
ωµ kc2(m,n )
=− j
… applichiamo il prodotto vettoriale ai versori… mπ ωµ nπ mπ nπ mπ nπ i c4 c5 cos c o s y j c c s i n sin + 4 5 b a b y ( −i x ) a kc2(m,n ) b a
Considerazioni assolutamente analoghe possono essere fatte anche per i modi TM: ancora una volta quel che se ne deduce che modi TE(m,n) e TM(m,n) , ciascuno dei qu li è individuato da una coppia di valori (m,n (m,n), ), sono un infinità numerabile (pari a ∞2 ciascuno, o vero ∞1 per gli m e ∞1 per gli n). CONCLUSIONI E OSSERVAZIO I: • se abbiamo una lastra planare si ha la seguente relazione per l’auto valore della funzione di Helmholtz: 2 c
k =
•
2
mπ −σ = k + k = a 2
2 x
kc
=
mπ a
2
= −γ t (
.n )
2
nπ + b
2
µε
µε
2
γ c(m,n ) = k − ω µε c =
56
2
Come si nota, le pulsazioni di taglio (TE, nell’esempio) sono ∞ 2 (stessa cosa per il caso TM); kc2 fa la sua comparsa anche all’interno della costante di propagazi ne: 2 c
•
nπ + b
Si nota la proporzionalità nversa rispetto ad a e b , cioè alle dime sioni geometriche della lastra planare; kc2 concorre, per ogni gene ico modo, a determinare la rispettiva pu lsazione di taglio:
ω c(m,n ) =
•
2
2 y
può essere interessante a dare a vedere quale sia la più piccola pulsazione di taglio, fr tutte quelle dei vari modi (e scluso, chiaramente, quello fonda entale TEM). Non bisogna fare molti sforzi: basta porre m = 0 ed n = 1(56) 1 π ω c(1,0 ) = µε a
I suddetti valori sono i più piccoli assu mibili da m ed n.
mπ a
2
nπ + b
2
−ω
2
µ
c
ω c(1,0) La banda f = 0, è detta banda di unimodalità del sistema, in quanto all’interno di 2 π essa esiste soltanto il mod TEM. In questa banda – tanto più gr nde quanto più piccole sono le dimensioni lineari e b della sezione trasversale della strutt ura – tutta l’energia va a finire nell’unico modo (T M) esistente57; per frequenze superiori
ω c(1,0) 2π
, invece, si hanno
campi dinamici risonanti e l’energia si suddivide anche fra di essi. 1.9 – Guida rettangolare ideale 58
La guida rettangolare ideale si differe zia dalla lastra planare ideale per la presenza di un unico e avvolgente conduttore elettrico perfetto. Avendo soltanto u conduttore (e non due o più), non abbiamo il modo EM, bensì un’infinità numerabile di modi TE e TM. La curva di dispersione è simile a qu lla del caso precedente: differisce, appunto, per la sola asse nza del modo TEM (v. figura sottostante).
Siamo in assenza di perdite, quin i γ = j β = ±
ω µε
k cioè alla costante di fase intrinseca del dielettrico in assenza di perdite =
ω c( 1−
,n )
2
Le condizioni al contorno sono i n parte diverse da quelle della lastra plan re: MODI TM E z ( x , 0 ) = E z ( x , b ) = 0} condizio ni sul camp o elettrico (nullo) nei conduttori ele E z ( 0 , y ) = E z ( a , y ) = 0} stesse c ndizioni, ma riferite ai c.e. perfetti a i l at i
trici perfetti (s (so o pra e sotto)
MODI TE ∂ ∂ = = H x , 0 H x , b 0 ( ) ( ) ondizioni riferite ai c.e.p (sopra e sotto), con y irezione tangente z ∂ y z ∂ y ∂ H ( 0 , y ) = ∂ H ( a , y ) = 0 stesse condizioni riferite ai cond uttori elettrici perfetti ai lati z ∂ x z ∂ x
Modificando le dimensioni della strut ura, in ogni caso, la propagazione del modo TE non viene perturbata. Tale modo, infatti, è privo di effetti di taglio e, più in generale, le grandezze caratteristiche della sua propagazione dipendono solo dal mezzo e non dalla g ometria della struttura cilindrica. 58 In questo paragrafo, come in quello pr cedente, faremo l’ipotesi di assenza di sorgenti. 57
Cambiano, di conseguenza, anche le espressioni delle componenti: mπ nπ x cos • per un generico modo TE s i ha: H z (m,n ) = C cos ; a b costante mπ nπ D s i n x s i n • per un generico modo TM i ha: = a b y. z ( m ,n ) costante Notiamo immediatamente che i mo i TE e TM hanno, in direzione x ed y , un andamento si usoidale rispetto a tali variabili spaziali59. Si ha quindi una situazione come q ella in figura a fianco, dove il campo elettrico è stato fotogr afato in corrispondenza di tre istanti t1 , t2 e t3 . Si vede che si ha stazionarietà : ciò
implica per il campo elettromagnetico, detto in risonanza , la presenza di nodi e di ventri; il campo , inoltre, rimane sempre racchiuso all’interno di un inviluppo (anch’esso sinusoidale). Quel che accade, che è anche il motivo per cui vi è stazionarietà, è che il campo si “ alleggi” da una parte all’altra della guida senza mai uscire60. I risonatori (come questo) sono c mponenti molto particolari, in quanto ono gli unici a violare i principi espressi dal teorema di Poynting e dal teorema di unicità; in particolare, i risonatori mantengono costantemente l’ugu glianza energia ele trica → U e = U m ← energia magnetica
e quindi si autosostengono . Le condizioni per la risonanza s ono intimamente legate alla geometria della struttura61; con le condizioni al contorno che abbi mo si può dimostrare che nella guida d’onda rettangolare si possono propagare soltanto i odi risonanti. Ne deduciamo che è mportante scegliere le dimensioni giuste della guida in odo da poter trasmettere i segnali volut . Poiché il TEM non esiste, il TE 1,0
il modo fondamentale62 e f 1,0 rapprese ta la frequenza minima
a cui è possibile la propagazion elettromagnetica nella guida rettangol are63. Questa frequenza cresce al diminuire delle dimensioni lineari della sezione trasversale64. Mentre vi è un’attenuazione lungo z. 60 Sono gli effetti della presenza di una parete reattiva. Se infatti consideriamo il modo T , il c.e.p. funziona come una sorta di cortocircuito, allo stesso modo i n cui – fatte identiche ipotesi – un c.m.p. si com orterebbe alla stregua di un aperto: 59
Fermo restando che la risonanza si ha olo per determinate frequenze. Se a ≥ b. 63 Questo particolare rende le guide re tangolari degli elementi intrinsecamente passa alto, in quanto non sempre trasmettono il segnale (al contrario delle strutture che sostengono il modo TEM)! 64 A frequenze relativamente basse (1 G z ca.), affinché la frequenza di taglio sia minore di quella di lavoro, la guida deve essere dell’ordine dei centimetri, cosicché i circuiti in guida risultano pesanti, ingom branti e costosi. 61 62
Tenendo presente che questa volt a per i modi TM e TE non può essere né m = 0 né n = 0, valgono ancora le relazioni:
•
kc
sulla pulsazione ω c(m,n )
=
µε
mπ a
2
nπ + b
2
µε 2
2
mπ nπ 2 • sulla costante di propagazi ne γ c (m,n ) = k − ω µε c = − ω µε c + a b Le guide d’onda di questo tipo v ngono utilizzate per circuiti di potenza , linee di alimentazione, antenne Horn 65. Per ogni ban da di lavoro, inoltre, esistono dim nsioni obbligatorie di funzionamento della guida. 2 c
2
1.10 – Guida circolare
La guida circolare è una struttura cili drica chiusa ad un solo conduttore. Senza troppo dil ngarci nelle solite considerazioni, abbiamo: 2 • ∞ modi TE; 2 • ∞ modi TM; • siamo privi del modo TEM. Dunque anche questa volta, per puls azioni inferiori a quella di taglio del modo fondamentale (ch e è anche la pulsazione di taglio minima ω min ), nulla si propaga nella struttura: dunque anche questa volta abbiam o curve di dispersione come in figura a destra. Il resto della trattazione, invece , è ben differente rispetto ai paragrafi pre cedenti; dobbiamo infatti adottare un sistema di riferimento a coordinate cilind riche e formulare le nuove condizioni al contorno. L’equazione di Helmholtz da riso vere è: 2 2 ∇t E z ( r,ϑ ) + kc Ez ( r ,ϑ ) = 0 Sviluppando il Laplaciano (ric rdando di essere in un sistema di coordinate cilindriche) otteniamo: 2
∂ Ez
r2
2 1 ∂E z 1 ∂ E z 2 + + 2 + kc E z = 0 2 r ∂r r ∂ϑ
Le condizioni al contorno, invece, sono66: Ez ( a,ϑ ) = 0 ∂H z ( a,ϑ ) = 0 ∂r
65 66
m od i T M mo d i T E
Si tratta di antenne fortissimamente di ettive spesso utilizzate per le comunicazioni Ter a-satellite. Si nota da tali relazioni che la linea di separazione fra il dielettrico e il conduttore è una circonferenza di raggio a.
Facciamo nuovamente l’ipotesi di lavoro della separazione delle variabili: immaginiamo dunque che il campo elettrico z possa essere espresso attraverso il prodotto di due funzioni una ( R) dipendente unicamente dal raggio r e l’altra ( Θ ) dipendente da solamente dall’angolo ϑ : Ez ( r ,ϑ ) = R ( r ) Θ (ϑ ) Detto questo, l’equazione di Helmholtz diventa: 1 ∂ 1 ∂2 R ( r ) Θ (ϑ ) + R ( r ) Θ (ϑ ) + 2 R ( r) Θ ( ϑ ) + kc2 R ( r) Θ( ϑ ) = 0 2 2 r ∂r r ∂ϑ ∂r ∂
2
Ora eseguiamo le derivate parziali e dividiamo per 2
Θ:
R ∂2Θ 2 Θ + + 2 + kc RΘ = 0 2 2 r ∂r r ∂ϑ ∂r 2 1 ∂ R 1 ∂R 1 ∂2Θ 2 + + 2 + kc = 0 2 2 R ∂r rR ∂r r Θ ∂ϑ ∂ R
Θ ∂R
Moltiplicando per r2 si ha: r 2 ∂ 2 R r ∂R 1 ∂ 2 Θ 2 2 + + + kc r = 0 2 2 R ∂r R ∂r Θ ∂ϑ 2 2 r ∂ R r ∂R 1 ∂ 2Θ 2 2 + + kc r = − 2 2 R r R r ϑ ∂ ∂ Θ ∂ parte espressa in funzione della sola r
parte espressa in funzione della sola ϑ
Poiché i due membri di questa equazione sono funzioni di due diverse variabili indipendenti, ciascuno di essi dev’essere uguale ad una costante, che indicheremo con h2 : equazione armonica
1 ∂2Θ 2 − =h 2 Θ ∂ϑ
⇒
1 ∂ 2Θ 2 = −h 2 Θ ∂ϑ
Le possibili soluzioni dell’equazione armonica sono Θ (ϑ ) = c1 cos ( hϑ ) Θ (ϑ ) = c2 sin ( hϑ )
(o una combinazione lineare di queste) Per ragioni fisiche, il campo elettrico z dev’essere una funzione del punto ad un solo valore. Poiché i due insiemi di coordinate ( r, ϑ , z ) e ( r, ϑ + 2mπ , z ) , con m intero e diverso da zero, individuano lo stesso punto, si ha la seguente periodicità: Θ (ϑ ) = Θ (ϑ + 2mπ ) Ovvero:
(h (ϑ + 2mπ ) ) Θ (ϑ ) = c2 sin (hϑ ) = c2 sin ( h (ϑ + 2mπ ) ) Θ (ϑ ) = c1 cos ( hϑ ) = c1 cos
Questo porta anche la costante h ad assumere valori interi (altrimenti si “sballa” la periodicità e non compare più un termine additivo multiplo di 2π ). Detto questo si ha: r 2 ∂ 2 R r ∂R 2 2 2 + + kc r = −h 2 R ∂r R ∂r Moltiplichiamo per R e dividiamo per r 2 :
2 h2 R 1 ∂R h 2 ∂ 2 R 1 ∂R 2 + + Rkc − R 2 = + + R kc − 2 = 0 2 2 ∂r ∂r r ∂r r r ∂r r
∂
2
L’integrale generale di questa equazione differenziale è:
R ( r ) = c3 J n ( kc r ) + c4Yn ( kc r )
In questa relazione: J n ( kc r ) è la funzione di Be ssel ordinaria di prima specie e di ordin n; • •
Yn ( kc r ) è la funzione di
essel ordinaria di seconda specie (o fu zione di Neumann) di
ordine n. In definitiva, questa è la forma di E z z
( r,ϑ ) = R ( r ) Θ (ϑ ) = c1 cos ( hϑ ) c3J n ( kc r ) + c4Yn ( kc )
Abbiamo quindi un’infinità numerabile di modi definiti da kc e h. 1.11 – Cavo coassiale 67
Un cavo coassiale ha una struttura come quella in figura. Notiamo immediatamente che sono resenti due conduttori, uno interno (caldo ( caldo)) e uno di rivest imento ( freddo): freddo): questo significa che la struttura sorregge il m odo TEM (che è anche il modo fondamentale). Esisterà poi la s lita infinità di modi TE e TM. MODO TEM Per analizzare tale modo dobbiamo, tilizzando le coordinate cilindriche, trovare un’espressione per il potenziale φ . Sfruttiamo quindi la proprietà per la quale si ha 2 ∇t φ ( r ,ϑ ) = 0 se siamo in assenza di sorgenti. In coordinate cilindriche, questa relazione diventa: 1 ∂ ∂φ 1 ∂ 2φ =0 r + r ∂r ∂r r 2 ∂ϑ 2 A questa relazione dobbiamo aggiungere le condizioni al contor o68 , riferibili alle due circonferenze di raggio R1 e R2 c e sono le demarcazioni fra il conduttore e il dielettrico:
φ ( R1 ,ϑ ) = φ ( R1 ) = 1 φ ( R2 ,ϑ ) = φ ( R2 ) = 0 Tenendo presente che sia le cond zioni al contorno che il potenziale, per immetria del problema, sono indipendenti dall’angolo ϑ , , l’equazione di Laplace diventa: le derivate da parziali diventano ordinarie
=0
1 ∂ ∂φ 1 ∂ φ =0 r + r ∂r ∂r r 2 ∂ϑ 2 2
⇒
1 r
d dφ r d r dr
=0
L’integrale generale è, quindi: φ ( r ) = c1 ln r + c2 67
Il cavo coassiale può degenerare in un stripline , avente forma schematizzabile nella sot ostante figura:
68
Tali condizioni sono indipendenti dall’angolo ϑ .
Imponendo le condizioni al contorno si ha: c1 ln R1 + c2 = 1 c1 ln R2 + c2 = 0 Facciamo ora qualche calcolo: 1 − c2 c = 1 − c2 1 ln R1 c1 = ln R ⇒ 1 c = −c ln R c = c ln 2 2 1 2 2 ln
2 1
1 − c2 c = 1 ln R 1 ⇒ ln R2 c 1 − ln − 2 ln R1 ln
1 − c2 c = 1 ln R1 ln R2 ⇒ ⇒ ln R l n R 2 2 1 c = =− 2 ln R2 ln R1 1 −1 ln R 1
ln R2 R2 1 − l n − ln 1 − c2 1 − c2 R R 1 ln 2 c1 = ln R c1 = c1 = ln R R 1 1 1 c1 = ln R1 ln 2 ln R1 ⇒ ⇒ 1 ln 2 ln R2 ⇒ = c = 2 c2 = ln R2 ln 1 ln R2 R2 l n R l n R − c = 2 1 1− ln c2 = 2 R R2 ln 2 1 ln 2 ln R1 R1 − ln R1 ln 2 − ln R1 − ln R2 −1 = c = = c c 1 1 1 R R2 R2 ln 2 l n R l n l n R l n 1 1 R1 1 1 ⇒ ⇒ c = ln R2 c = ln R2 c = ln 2 2 2 2 R2 R2 R2 ln ln ln R1 R1 1 La funzione cercata è dunque: ln 2 ln R2 − ln r + ln R2 r = = ln r + R R R ln 2 ln 2 ln 2 R1 R1 R1
−1
φ ( r ) = c1 ln r + c2 = ln
R2 1
Ora possiamo finalmente ricavare
Et = −∇tφ = −
dφ ir dr
Et
e
Ht :
R2 d ln r =− ir dr ln R2 R1 ir
=
ln
ln
1 R2
R1
d R2 ln i r r dr
R2 r ir r 2 R2 r =− ir = R R ln 2 ln 2 R1 R1 −
r R2 1
ir
Ht
=−
1 1 r = ± i z × Et = ± i z × R η η ln 2
R1
1 1 r =± η ln R2
i z × ir
R1
Quindi questa è l’espressione tempo-variante dei campi 69: et = Et ( r ) ir e
±σ z
ht = Ht ( r ) iϑ e
69
Si ricordi che, per il modo TEM, si ha
R2 r r 2 R2 =− ir = R2 ln R1 −
γ2 =σ2
⇒
± σ z
γ = ±σ
1 1 r =± η ln R2
iϑ
R1
2
1
⇒
MODI TE e TM Abbiamo ∞2 modi TM e ∞2 modi TE, tutti con frequenza di taglio diversa da zero. La curva di dispersione appare quindi molto simile a quella delle altre strutture cilindriche: avremo una banda di unimodalità (in cui è presente il solo modo TEM) e una banda (illimitata a destra) di multimodalità. L’unico modo (nel caso volessimo lavorare a frequenze maggiori con il solo modo TEM) per aumentare la banda di unimodalità, la cui estensione dipende dalle caratteristiche geometriche del cavo, è quello di costruire un cavo ca vo più piccolo.
CAPITOLO 2 Propagazione e.m. nelle strutture cilindriche aperte e nelle strutture non omogenee 2.1 – Generalità: i modi radianti in strutture aperte omogenee senza perdite
Abbiamo già più volte sottolineato nel capitolo precedente che, se la struttura è chiusa 1 e non vi sono perdite, tutta l’energia e l’informazione si propagheranno dall’ingresso all’uscita della guida d’onda. Se la struttura, invece, è aperta 2 , potremmo avere qualche problema: • se la trasmissione risulta unimodale3 (e quindi siamo fra la frequenza della continua e la prima frequenza di taglio ω c , corrispondente al primo modo superiore), allora il discorso è analogo a quello fatto per le strutture chiuse; • se la trasmissione consta di più modi, nessuno ci garantisce che essi arriveranno intatti all’uscita! Dunque risulta naturale voler decurtare i modi superiori; vale infatti la legge pitagorica per la quale γ t2 + γ 2 = σ 2
trasv.
assiale
Inoltre abbiamo che: γ t2 = −kc2
dove
kc2
è sicuramente reale. Ciò porta a dire che, se siamo soprataglio 4 , possiamo scrivere γ t = − jkc
Siccome la parte trasversale è diversa da zero, la struttura propagherà anche in quella direzione 5. Tale situazione è assolutamente da evitare 6 , perché comporta: • uno spreco di potenza; • pericoli per la salute umana, se si fosse esposti a lungo alle irradiazioni; • un abbassamento repentino della qualità del segnale trasmesso. Dobbiamo quindi iniziare a parlare di modi radianti. I modi TE e TM di una struttura omogenea aperta hanno infatti il comportamento asintotico di onde che si s i propagano in direzione radiale con costante di fase kc e costante di attenuazione nulla (v. oltre). Essi non sono guidati e non possono essere confinati in una regione di dimensioni finite trasversalmente all’asse della struttura. Una struttura omogenea aperta possiede pertanto un’infinità continua di tali modi radianti 7 , che nel loro insieme costituiscono il campo di radiazione della struttura medesima. Ed è quindi rivestita da un conduttore esterno, il quale riflette il segnale verso l’interno della struttura cilindrica ed impedisce l’irraggiamento verso l’ambiente circostante. 2 L’esempio più comune è quello di linea di trasmissione ordinaria (studiato a Propagazione L-A). 3 Il che significa che si trasmette soltanto il modo TEM, il quale è intrinsecamente assiale e sicuramente non si irraggia. Quando infatti abbiamo introdotto questo particolare modo, e ci siamo focalizzati sui requisiti necessari per poterlo reggere, mai si è specificato che si necessitasse di struttura chiusa! 4 Quindi i modi superiori ci sono eccome e ω > ω ! c 5 Il che equivale a dire che irraggiamo in ogni direzione del generico piano xy contenente una generica sezione trasversale. Insomma, irraggiamo ovunque. 6 Ovviamente ci stiamo riferendo al caso della guida d’onda, ovvero della trasmissione elettromagnetica convogliata lungo una struttura: in tale contesto non vogliamo alcuna dispersione lungo l ungo altre direzioni che non siano quelle assiali della struttura. Se, invece, è di un’antenna che abbiamo a bbiamo bisogno, questo caso è assolutamente favorevole e desiderato. 7 Un modo radiante di ampiezza finita trasporta potenza infinita in direzione dell’asse dell ’asse della struttura. Ciò significa che un modo radiante non può essere eccitato singolarmente con ampiezza finita, ma solo con ampiezza infinitesima. 1
Se impostiamo un sistema di coordi sulla nostra struttura aperta, chiam centro e ψ l’angolo che individua i pu raggio r (vedi figura), vogliamo quin elettrici e magnetici in funzione delle c Ez ( r,ψ )
ate cilindriche centrato ndo r la distanza dal ti sulla circonferenza di i poter trovare i campi ordinate: r,ψ ) z (
Domanda: possiamo ricavare campi elettrici e magnetici tempo varianti “complessivi” utilizzando la solita combinazion lineare dei modi? lineare combinazi one
combinazione lineare
N
e
x1 , x2 , z ) ( x1 , x2 , z ) = N lim ∑ an en →∞
n =1
r → ∞ ), alcuni
( x1 , x2 , z ) = N lim
→∞
modo
La risposta è negativa: infatti i distanza (cioè per
h
odi radianti decadono con fattore
an hn ( x1 , x2 , z ) n =1
1
modo
(v. oltre) e, a grande
i loro scompaiono.
Procediamo alla nostra valutazi ne matematica, tenendo conto di tut i questi particolari. Se indichiamo con A la quantità z (per un modo TM) o H z (per un modo TE), abbiamo sempre la nostra equazione di Helmholtz: 2
2
∇t A + kc A = 0
Possiamo scrivere questa relazion nel nostro sistema di riferimento: essa a il seguente aspetto ∂
2
∂r
A 1 ∂ A 1 ∂2 A 2
+
r ∂r
+
2
2
r ∂ψ
2
+ kc A = 0
Considerando il comportamento sintotico, ovvero quello che si ha termine proporzionale a 1 2 che si trova a primo membro:
r→
, possiamo trascurare il
r
2
∂ A ∂r
2
+
1 ∂A 2 + kc A = 0 r ∂r
Questa è un’equazione di Bessel d i ordine 0 rispetto alla sola variabile r. L’integrale generale di questa e uazione, per all’infinito, è (omettendo la dimos trazione): A( r,ψ ) ≃
Si ha, inoltre, che
jck= αt + β jt = β jt
r→∞
1 r
e fatta l’ipotesi i regolarità del campo − jkc r
c1 (ψ ) e
( costante di attenuazione nulla: α t A( r,ψ ) ≃
1 r
c1 (ψ ) e−
0 ). Quindi:
j β t r
Per poter quindi esprimere il ca po radiante, dobbiamo abbandonare i coefficienti an utilizzati per le strutture chiuse e utilizzar e nuovi coefficienti an ( kc ) , che sono a piezze infinitesime (v. nota 7); inoltre, siccome abbiamo etto che vi è un’ infinità continua8 di modi, dobbiamo sostituire la sommatoria con un integrale. Ecc qual è quindi il nuovo aspetto del nostr o campo radiante 9: E quindi non numerabile. Nelle espressioni seguenti non abbiamo considerato il modo TEM, il quale non r entra nell’ambito di questo ragionamento e può essere scritto nella usuale maniera.
8 9
∞
∫ = ∫ a( k )H e
eR = hR
0
a( kc )E+ e
∞
c
0
2
2
− kc +σ z
−
dkc
kc2 +σ 2 z
(10)
dkc
+
Quindi, ricapitolando: • se esiste il modo TEM (che è sempre guidato), l’espressione del campo è: σ z + = a1ETEM ( x , y ) e + a( kc ) ( Et + Ez k ) e e = eTEM eR ∫ 0 ∞
−
h=
parte guidata
parte radiante
hTEM
+
parte guidata
parte guidata
parte radiante
2
dkc
parte radiante
= a1HTEM ( x , y ) e
hR
2
− kc +σ z
−σ z
+
∞
0
parte guidata
2
2
k ∫ d a( kc ) ( Ht + H z k ) e
− kc +σ z
c
parte radiante
se abbiamo meno di due conduttori, invece, abbiamo solo le eR e h R già espresse sopra. Il nostro obiettivo, visto che vogliamo creare una struttura guidata e non un’antenna, è chiaramente quello di rendere la componente guidata TEM molto più consistente della parte radiante: •
eTEM
parte guidata
≫
eR
hTEM
parte radiante
parte guidata
hR
≫
parte radiante
I modi radianti non esistono sempre ma soltanto da una certa frequenza in poi 11 , come già abbiamo visto per i modi TE e TM delle strutture cilindriche chiuse. La pulsazione di taglio, per ognuno dei modi radianti (individuati da m ed n), è: ω c(m ,n ) =
kc (m,n )
µε
Al solito, se si lavora a frequenze inferiori da quella di taglio, dove kc(m,n ) >
µεω µε ω c(m ,n )
allora si è in regime di sottotaglio e il modo viene ostacolato dalla presenza di una parete reattiva, che rispedisce tutto il campo indietro. In caso contrario, con kc(m,n ) <
µεω µε ω c(m,n )
siamo soprataglio e il modo ( m,n) si può propagare tranquillamente. Si capisce chiaramente che, una volta definita la frequenza di lavoro, non ha senso considerare i modi sottotaglio nella formula che determina i campi elettrico e magnetico: possiamo dunque operare un saggio cambio di estremi nell’integrale in kc ω µε ∞
∫ (...) dk
c
0
2.2 – Fibre ottiche: un esempio di guide d’onda aperte non omogenee
Dopo tutte le considerazioni fatte può sorgere il dubbio su come facciano a funzionare le fibre ottiche. Esse sono strutture aperte senza alcun conduttore (quindi ci possiamo scordare i modi 10 E +
e
H+
sono, per l’onda progressiva (da qui il pedice +), le funzioni di modo ottenute risolvendo le equazioni di
Helmholtz con le rispettive condizioni al contorno (diverse per e Et + E z k Esisterebbero anche le
E−
e
H−
E z
e
H z , come sappiamo dal capitolo 1),
Ht + H z k
(onda regressiva), ma non le consideriamo a
D’altronde, l’integrale presente all’interno delle espressioni dei campi è in poco dopo – all’interno dell’espressione della pulsazione di taglio ω c .
11
ovvero
r →∞. kc ,
termine che concorre – come si vede
TEM): vuol quindi dire che abbia o soltanto i modi radianti? Eppure la ropagazione del campo avviene ed in maniera molto effic iente! Il segreto sta in un particolare che fin’ora è rimasto un po’ in sordina: la non omogeneità della sezione trasversale. na fibra ottica coinvolge ben tre dielettri ci12: • l’aria (esterna), con costante dielett ica ε 0 ; • il cladding , un dielettrico di riv stimento, con costante dielettrica ε 1 ; • il core , un dielettrico interno, con c stante dielettrica ε 2 . a costante dielettrica del core è la m ggiore di tutte; quella ε 2 > > ε 1 > > ε 0 i termedia è quella del cladding , mentr la più piccola è la ε 0 dell’aria. Come può quindi il cam po propagarsi all’interno di tale fibra, di tricandosi fra questi tre diversi dielettrici? Anche questa v olta la giustificazione del fenomeno vie e dalla teoria delle onde piane elementari. Quando una r diazione, viaggiante in un certo mezz o, incontra un secondo materiale, possono infatti accader diverse eventualità. CASO 1: due mezzi a contatto, il
ezzo 2 è un c.e.p. e quindi ha ε 2 = 0
In questo caso si ha la cosiddett riflessione totale , in quanto la linea di demarcazione fra i due mezzi funge da parete reattiva e r ispedisce tutto all’interno del mezzo 1, r spettando la legge della riflessione ( ϑi = ϑ r ). CASO 2: due mezzi a contatto, il
ezzo 1 ha una
ε
maggiore di quella del mezzo 2.
In questo secondo caso l’onda inc dente viene in parte riflessa (e quindi ris pedita nel mezzo 1) e in parte rifratta (con un angolo ≠ da quello di incidenza e dipendente al rapporto fra le due costanti dielettriche in gioco 13) all interno del mezzo 2. Se però l’angolo di incidenza ϑ i supera un certo angolo (detto angolo critico) nche in questo caso si ha la riflessione to tale. In realtà le parti coinvolte sono di più: oltre al core e al cladding esistono due rivestime ti ancora più esterni (il buffer e il jacket). 13 Si veda la legge di Snell. 12
La fibra utilizza la riflessione tot le per imbrigliare un’onda elettromagn etica; in figura vengono mostrate due o nde14: b ha un angolo • l’onda d’incidenza t oppo piccolo e viene rifratta (e pers per sempre); supera l’angolo critico • l’onda e viene riflessa all’interno del core. Di riflessione in riflessione, il fasci o di onde giunge a destinazione.
2.3 – Modi ibridi guidati nelle g ide aperte non omogenee
Ripercorriamo per sommi capi il ercorso compiuto fin’ora: quando cerch iamo di caratterizzare la propagazione all’interno di una g ida circondata da un conduttore (anche se spesso non conviene introdurlo per ragioni di prez o e di rigidità della struttura) possi mo stare certi che la propagazione è guidata. Se la g ida, invece, è aperta, allora si necessi ta di risonanza 15 per la trasmissione del segnale. Il mod o TEM è sicuramente guidato: dunqu , finché siamo sotto la frequenza di taglio del primo mo o superiore, sicuramente la propagazio e è guidata. Nelle strutture aperte, invece, i odi soprataglio sono un problema in q anto sono modi radianti: risulta quindi opportuno alzare la pulsazione di taglio ω min tramite un rimpicciolimento della struttura. Quando il mezzo in cui il campo ha sede è trasversalmente non omogene , la determinazione del campo elettromagnetico present maggiori difficoltà. Nella maggior pa te dei casi di interesse tecnico il mezzo non omogeneo è costituito da più regioni omogenee, ave nti parametri costitutivi diversi, separate da superfici di dis continuità. Esaminiamo, a questo proposito, una struttura generica non omogenea come quella in figura; è presente un dielettrico molto denso in una re gione limitata (costante dielettrica ε 1 ) e, attorno, N – 1 regioni illimitate di materiali con costanti dielettriche via via inferiori (se procediamo in senso antiorario in igura): • dielettrico 2 ε 2 < ε 1 ; • dielettrico 3 ε 3 < ε 2 ; • dielettrico 4 ε 4 < ε 3 ; • … etc… • dielettrico N ε N < ε N 1 . −
14 15
Le frecce indicano in realtà la direzion del vettore d’onda e le linee la “passata” direzio ne di tale vettore. A tal fine, per il campo elettrico ogni c. e.p. funge da cortocircuito, mentre ogni c.m.p. costituisce un aperto.
La sezione trasversale della guida, dicevamo, può essere suddivisa in queste N porzioni omogenee, limitate o illimitate, la generica delle quali ( i-esima) avrà parametri costitutivi ε i ( costante nte di fase intrinseca costante dielettric dielettrica a ) , µi ( permittiv permittività ità magnetic magnetica a ) , βi = ω ε i µi ( costante costa intrinseca ) . Nella struttura appena descritta non avremo sicuramente i modi TEM, ma solo modi ibridi. I modi ibridi16 si propagano in direzione assiale con la solita legge (che va con e γ z ), ma trasversalmente si comportano in maniera differente da regione a regione (vedremo come). Per trovarli dobbiamo risolvere le ormai familiarissime equazioni di Helmholtz −
∇t2 H z + kc2 H z = 0 2 2 ∇t Ez + kc E z = 0
abbinate, questa volta, ad una lunga serie di condizioni al contorno, una per ogni superficie di discontinuità (cioè per ogni zona di confine fra le varie regioni): tali condizioni al contorno sono quelle già esaminate in precedenza, con l’aggiunta di quelle riguardanti l’uguaglianza delle componenti tangenti dei campi e ed h a cavallo delle varie zone. eτ = eτ +1 hτ = hτ +1 eτ +1 = eτ +2 hτ +1 = hτ +2 ... etc...
Quel che dovremmo fare, a questo punto, è scrivere tante equazioni di Helmholtz quante sono le regioni tenendo presente tutte le condizioni al contorno appena descritte. Il problema sta nel fatto che, pur rimanendo costante, fra tutte le regioni, γ = α + jβ = jβ ( assenza di perdite) , abbiamo bisogno di definire la quantità kc2 per ogni singola zona. Dunque dobbiamo ricavarci 17 kc2i = γ 2 (ω ) − σ i2c = ω 2µ iε i − β 2 = β i2 − β 2 ∀regione i Ebbene, affinché i modi risultino guidati (altrimenti non si riuscirebbe a trasmettere nulla), si deve avere che: kci2 < 0 ⇒ β > β i nelle regioni i illimitate18; • kci2 > 0 ⇒ β < β i nelle regioni i limitate19. • D’altronde, un’altra condizione per la quale i modi presenti all’interno della zona limitata siano guidati (e cioè trasversalmente confinati), prevede che i campi associati a tali modi debbano decadere esponenzialmente per r → ∞ in tutte le regioni illimitate. Pertanto, se la regione i-esima è illimitata, dev’essere ci
kti = jα
reale ⇒
ci
immaginario k
Da qui kci2 < 0
il ché porta immediatamente a sostenere che β > β i 16
(20)
.
Ricordiamo che i modi ibridi sono quelli né trasversi elettrici, né trasversi magnetici (v. capitolo 1). In strutture del genere i modi sono ibridi perché le condizioni al contorno accoppiano le componenti del campo (non lo dimostriamo). 17 Dal punto di vista pratico, il problema diventa parecchio oneroso. 18 Nella nostra struttura sono le regioni i = 2, 3, …, N . 19 Nella nostra struttura è la sola regione i = 1. 20 Questo è un risultato simile a quello che si trova per le onde piane evanescenti: se la costante di fase in una direzione è superiore a quella intrinseca, in una direzione perpendicolare a quest’ultima l’andamento del campo è attenuato.
Ciò implica anche che, essendo va lida la seguente relazione γ t2i = −kc2i
anche la costante di propagazio e trasversale è – sempre all’interno d lla regione illimitata – puramente immaginaria. Ricapitolando, affinché la struttu a possa sostenere modi ibridi guidati, d eve esistere almeno una regione omogenea, limitata in se so trasversale, in cui l’andamento del ampo (sempre in senso trasversale) è di tipo ondulatori (ovvero la costante di propagazione t rasversale è puramente immaginaria); questa regione eve avere la massima costante int inseca tra quelle che costituiscono la guida. A questa porzione della nostra struttura si dà i l nome di nucleo (core); all’insieme delle regioni illimitate in cui il campo si attenua esponenzial ente in senso asintotico sul piano trasversale si dà invece i l nome di rivestimento (cladding). Du que il campo è guidato (e avviene la situazione in figura a fia co, con una continua riflessione totale all’interno del core) per quelle pulsazioni ω tali per cui: → iscontrabile fra le regioni illimitate assima costante di fase
costante di
β M < β ω ) < β 1 ←
fase del core
In caso contrario, il modo risulta radiante. Se hiamiamo ω ɶ la pulsazione di discrimi e (nel senso di estremo inferiore) per la quale il modo appar guidato o meno, ci accorgiamo di avere un secondo parametro chiave (oltre a quello della ulsazione di taglio, già esaurientemente esaminato ne l capitolo precedente) utile pe tracciare la curva di dispersion (v. figura a destra), la quale h due andamenti diversi in base a s ci troviamo: β ( ω) < βM ɶ fra ωc min e ω β ( ω) < β1 oppure β ( ω) > βM ɶ sopra ω β ( ω) < β1 Dunque, risulta conveniente far c escere di molto la frequenza di lavoro 21 , in modo da essere sicuri che i modi presenti siano in propa gazione guidata. L’utilizzo di un materiale dielettri co ha molti vantaggi rispetto all’uso dei onduttori: • è molto meno costoso; • è flessibile; • è miniaturizzabile; • può lavorare a frequenze a tissime; • vi sono dispersioni e perd ite (dovute alla presenza di una condut tività c ≠ 0 ) bassissime, soprattutto se paragonate a quelle dei conduttori. È curioso notare che tale auspicio va i direzione opposta rispetto a quello che ci facev amo sempre nel capitolo 1 (e 1bis), in cui cercavamo di tagliare fuori più modi superiori possibili in modo da riserva e tutta l’energia per il modo TEM. 21
2.4 – Ortogonalità dei modi
L’analisi dei campi elettrici e mag netici tramite i modi ci porta spesso a d escrivere tali campi non nella loro formulazione “complet ” (la famosa sommatoria) n
e=
lim n→∞
∑ a e (x ,x k
1
i
2
)e
− γ i z
i =1
ma, appunto, attraverso i mod i che in un certo istante si eccitan all’interno della struttura stessa. Vorremmo quindi avere l capacità di studiare un modo pe volta (essendo sicuri che tali mod i non si influenzano fra di loro nell propagazione), sia perché spess alcune soluzioni modali esistono indipendente dalle altre, sia perché sot o tale condizioni posso equalizzare, modulare e/o demod lare i modi in maniera più semplice e i mediata. Quest’indipendenza che i modi esercitano l’uno rispetto all’altro vien e chiamata ortogonalità: vediamo ora sotto quali condizio i se ne può parlare. Consideriamo due modi TE o T che essi siano contemporaneam autovalori dei due modi e con γ m In queste condizioni, la potenza c
distinti, individuati da due indici inter (m ed n) e si supponga nte eccitati in una data guida. Si indi chino con km2 e kn2 gli γ n le rispettive costanti di propagazione . mplessa trasportata dalla guida vale: =
c n
∫
e×h
*
iz
2
S
dS =
*
et × ht
∫
2
S
iz
dS
( et e ht* sono le componenti riferite alla sezione trasvers ale S) In regime di onda puramente pro ressiva si ha: (z) = c =
1 2
1 2
∫∫
( Etm e −γ
m
z
+ Etn e
−γ n z
) × ( H*tm e −γ
* m
z
*
+ Htn e
∫∫
Et m e
− γ m z
*
× Htm e
*
−γ m z
⋅ iz
dS +
1 2
∫∫
Et n e
− γ n z
2
∫∫
=
Etn e
− γ n z
*
*
*
× Ht n e
− γ z n
⋅i
dS +
S
P c ( z )
1
) ⋅ i z d
S
S
+
*
−γ n z
Pcn ( z )
× Htm e
*
− γ m z
⋅ iz
dS +
1 2
∫∫
Etm e
− γ m z
*
*
× Htn e
− γ z n
⋅i
dS
S
S
P cn ( z )
Pcmn ( z )
La presenza dei termini incrociati22 , 1 2
∫∫
Et n e
− γ n z
*
× Htm e
γ m* z
⋅ iz
dS
e
S Pcnm ( z )
1 2
∫∫
Et m e
− γ m z
*
× Ht n e
*
− γ z n
⋅ iz
dS
S Pcmn ( z )
potenza trasportata dal modo n
potenza trasportata da l modo m
grazie alla presenza del modo m
grazie alla presenza del modo n
indica che l’esistenza di un certo odo può influire profondamente sulle aratteristiche degli altri modi, anche sotto il profilo della otenza23.
22
Che hanno a tutti gli effetti la l a struttura formale di una potenza.
Quello che invece sarebbe desiderabile avere av ere è la seguente equazione N
c
( z ) = ∑ Pci ( z ) i =1
(senza termini “misti” ortogonalità) la quale è verificata se (con m e n indici di due modi generici) Tale eventualità accade 24 quando sussiste questa relazione per gli autovalori riferiti ai nostri modi m ed n ∀m ≠ n,
Pcmn = 0
kc2m ≠ kc2n
ortogonalità
Solo in questo caso i modi hanno interesse applicativo, in quanto veicoli indipendenti di trasporto di potenza (cioè di informazione). È interessante notare che questa condizione coincide con quella per la quale due modi si dicono non degeneri: due modi si dicono non degeneri se, a una data frequenza, hanno diverse costanti di propagazione. Deduciamo immediatamente che si ha: h a: non degenerazione degenerazione
⇒ ⇐
ortogonalità
(25)
Capiamo immediatamente che i modi TEM sono degeneri, visto che hanno tutti quanti lo stesso autovalore: questo significa che è necessario ortogonalizzarli. Come fare? Ripercorriamo la strada battuta fin’ora per sommi capi. Anzitutto si prende la struttura tridimensionale in questione, si verifica che è effettivamente cilindrica e se ne esamina più precisamente la tipologia (è aperta o chiusa? È omogenea?); successivamente si cercano i modi risolvendo le equazioni di Laplace/Helmholtz e si determinano, per ogni modo m, le kcm , Em , Hm e γ m . Fatto questo si confrontano le varie kcm : se 2
2
∀n ≠ m, kcm ≠ kcn
allora i modi non sono degeneri e quindi sono ortogonali e si ha N
c
( z ) = ∑ Pci ( z ) i =1
Se siamo più sfortunati, dobbiamo trovare dei parametri alternativi a am e γ m (chiamiamoli bm e γ m′ ) che ci forniscano una rappresentazione formalmente equivalente, ma con l’aggiunta dell’ortogonalità tanto agognata. Alla fine di tutto il procedimento avremo quindi: N
e=
lim
N →∞
∑ a e (x ,x k
i
1
2
)e
− γ i (ω ) z
i =1 vecchi vecchia a rappres rappresenta entazion zione e (non (non ortogo ortogonal nale) e)
N
= lim
N → ∞
∑b e (x ,x k
i
1
2
)e
− γ i′ (ω ) z
i =1 nuova nuova rappr rappresen esentazi tazione one (orto (ortogon gonale ale))
2.5 – Eccitazione di una guida e discontinuità
Completando le proprietà di completezza ed ortogonalità degli insiemi di modi delle strutture omogenee si possono dare semplici soluzioni ad alcuni importanti problemi relativi al
E questa situazione rappresenta delle insidie profonde: in presenza di perdite, infatti, si può avere il fenomeno di trasferimento di potenza chiamato conversione di modo (che avviene ad es. se P cmn aumenta molto a scapito di P cn , che diminuisce drasticamente - e cioè, in pratica, se il modo n si svuota per alimentare il modo m). 24 Lo si può dimostrare ma non lo faremo. 25 Significa che la non degenerazione è condizione sufficiente, ma no necessaria, per l’ortogonalità tra due modi TE o TM. 23
comportamento elettromagnetic delle guide d’onda. Un esempio ti pico è costituito dalle condizioni di eccitazione della gui da, di cui si darà ora un cenno semplific to26. Supponiamo che la nostra guida d’onda sia eccitata da un insieme di so genti, rappresentato da una rete elettrica monoporta attiv a connessa alla guida nella sezione d’im occo (coordinata z = 0); per il teorema di equivalenza le sorgenti possono essere descritte med ante le distribuzioni di campo trasversale et e ht , da esse generate sul piano z = 0 (27). Si indichino ora con Etn e Htn e componenti trasversali del e funzioni relative all’n-simo modo della guida e si supponga che i n quest’ultima, di ciascun mod , risulti eccitata la sola componente progressiva28. Grazie alla completezza dell’insi me dei modi, l’intensità di campo ele trico trasversale in una sezione generica della guida può appresentarsi nella forma: γ z et ( z ) = ∑ an Etn e − n
n
Ponendoci in z = 0 abbiamo: et ( z ) =
∑a E n
tn
n
Ora dobbiamo imporre che gli an “combinino” solo modi ortogonali; calc oliamo quindi il vettore di Poynting associato alla generic interazione fra il modo m e n:
∫∫ S
*
et × Htm ⋅ i z
dS =
∫∫ ∑ a E n
S
*
tn
× Htm ⋅ i z dS =
n
∑ a ∫∫ E n
tn
*
× Htm ⋅ i z dS = a m
n
S
∫∫ E
*
tm
× Ht m ⋅ i z dS
S
l'integrale va a zero per ogni m ≠ n, quind possiamo togliere la sommatoria e lasciare gli unici membri che sop ravvivono, ovvero Etm e am
Questa relazione ci consente di ricavare esplicitamente in maniera im ediata i coefficienti di eccitazione (cioè le ampiezze com lesse) dei singoli modi:
∫∫ e
t
*
× Htm ⋅ i z dS =
am
S
∫∫ E
tm
*
× Ht m ⋅ i z dS
S
abbiamo detto che in questo caso m =n
∫∫ e = ∫∫ E
t
am
*
× Htm ⋅ i z
dS
S
tm
*
× Htm ⋅ i z
dS
S
In tale relazione et si considera ome un dato del problema, in quanto sprime la condizione al contorno imposta dalla sorgente, mentre Etn e Htn sono le funzioni di odo del generico modo della struttura, determinate sull a base dell’equazione degli autovalor i e delle condizioni al contorno imposte dalla sezione tr sversale della struttura. Il numeratore, c ioè
Nel senso che non ci si occuperà del roblema di determinare et nella sezione z = 0 s lla base dei dati relativi alla sorgente, la cui risoluzione richiede l’ap licazione della teoria dei potenziali. 27 Sia in tale piano che su quello che ap artiene all’utilizzatore cade la definizione di st uttura cilindrica ed è quindi necessario chiamare in causa tutti i mo i. In tutti gli altri punti, dove la struttura è eff ttivamente cilindrica, si può “sfrondare” e parlare semplicemente di ampo elettrico e magnetico. 28 Come avviene se, ad esempio, la guida è eccitata al finito e illimitata nel verso positivo p ositivo ell’asse z. 26
∫∫ e
*
t
× Htm ⋅ i z
dS
S
viene detto integrale di ricopriment tra il campo delle sorgenti e il modo n-esimo; il denominatore,
∫∫ E
tn
*
× Htm ⋅ i z
dS
S
invece, gioca il ruolo di fattore i normalizzazione ed è proporzionale alla potenza complessa trasportata dal modo n-esimo. Gli an ora hanno un significato e , per determinarli, ho bisogno appunto di sapere com’è fatta la rete di alimentazione; il punto c iave sta nel fatto che tali coefficienti c ostituiscono specifiche di progetto e, quindi, non qualcosa di aleatorio e misterioso che va calcolato. bbiamo di conseguenza l’opportunità di amplificare (o, vi ceversa, di decurtare) alcuni modi, affi ando ad essi particolari valori di an scelti in sede di prog tto: e questo è un modo molto efficace e elegante di spostare in avanti gli indesiderati modi s periori nelle strutture provviste di modo TEM (v. figura sottostante).
2.6 – Discontinuità e problema d ll’irraggiamento
Abbiamo visto che nella sezione ella sorgente ( z = 0) sono presenti tutti modi (anche quelli che non verrebbero eccitati nelle asci sse a partire da z = 0 , dove la struttu a può essere a tutti gli effetti considerata come cilindrica). Questo significa anche che in tale sezione “critica” sono presenti tutti i modi e che, di cons eguenza, si avrà anche il problema dell’i raggiamento29. Situazioni analoghe a quella appena descritta si v rificano di regola in corrispondenza di tutte le sezioni di discontinuità, cioè di quelle posizioni in cui la geometria della sezione trasversale cam bia in maniera brusca30. In via del t tto generale si può affermare ci è che qualunque deviazione da una perfetta invarianza assiale della struttura cilindrica ha l’effetto di eccitare tutti i modi del la struttura necessari a sostituire un insieme completo (ai fini di soddisfare le condizioni al contorno); nel caso di +
29 30
Se si eccitano tutti i modi, si ecciteranno anche quelli radianti. Ad esempio la giunzione tra due linee di trasmissione di sezioni trasversali differenti).
propagazione multimodale questo dà luogo in genere a trasferimenti di potenza attiva tra i modi in propagazione, fenomeno noto col nome di conversione di modo . Tale fenomeno può dare luogo a distorsione del segnale nel caso in cui lungo la guida si verifichino ripetutamente trasferimenti di potenza tra il modo utilizzato per la trasmissione e altri modi che risultino contemporaneamente in propagazione.
CAPITOLO 3 Strutture cilindriche con conduttori elettrici imperfetti 3.1 – Analisi perturbativa
Fin’ora abbiamo utilizzato conduttori perfetti e dielettrici perfetti; in pratica, ci siamo posti nel caso ideale di assenza di perdite . Chiaramente in natura non esistono né gli uni né gli altri 1 e ciò rende la situazione molto più complicata perché si rende necessario tenere conto della presenza di campo elettromagnetico all’interno dei conduttori stessi 2. Il metodo classico (per strutture ideali) prevedeva che: 1. si scegliesse il mezzo trasmissivo (struttura cilindrica), caratterizzato da dielettrico ideale 3 e conduttori perfetti conduttori perfetti 4; 2. si calcolassero i modi i ovvero le quantità γ i ,
zi
, Eti , H zi , Hti
∀i
3. si considerasse la relazione e
− γ (ω ) z
riguardante la coordinata assiale z. Ciò consisteva nell’analizzare la costante α = 0, γ ideale ∈ Im → soprataglio γ ideale = α (ω ) + jβ (ω ) → β = 0, γ ideale ∈ Re → sottotaglio
Introducendo le perdite, la costante γ reale è sempre maggiore di zero, anche quando la stessa frequenza di taglio è zero! In particolare si ha: perd perdit ite e nei nei cond ut ut tto ori
perd perdit ite e nei nei die le let tr trici
γ reale = γ ideale + α m (ω ) + α d (ω ) +
NOTA: le per perdit dite prov provoc ocan ano o c am amb ia ia me mento d i fa se se
j∆β (ω )
reale
immaginaria
In questo capitolo rimuoveremo dunque l’ipotesi di assenza di perdite ed applicheremo il cosiddetto metodo perturbativo per l’analisi di strutture reali. Il metodo perturbativo (e il modello qualitativo della propagazione lungo la struttura con conduttori imperfetti), cui ci si atterrà nel seguito, si regge sulle seguenti considerazioni: Ci limitiamo ai buoni conduttori (oro, platino, rame, etc…) e ai buoni dielettrici (aria, terreno, vetronite, teflon, duroid, alluminia, etc…), pur tenendo presente che nessun materiale a priori si pone in una di queste due categorie: si tenga presente che c ≪ ω ε buon dielettrico c ≫ ωε buon conduttore Dunque sceglieremo il materiale che ci interessa esaminando i parametri ε , c , ω . Vale inoltre la relazione: 1
tan δ = tan
c ωε
dove
δ
è l’angolo di perdita
Una risoluzione rigorosa del problema in termini analitici in questi casi è assolutamente fuori questione, salvo rare eccezioni di strutture aventi un grado elevato di simmetria, quali strutture piane uniformi e strutture a simmetria di rotazione. Tuttavia, sotto certe ipotesi semplificative, è ugualmente possibile svolgere alcune considerazioni di carattere generale, da cui si può trarre un quadro qualitativo della struttura e una valutazione approssimata al prim’ordine delle costanti di propagazione dei suoi modi. 3 Costante dielettrica ε = ε ε , c = 0. 0 r 4 c = +∞ . 2
1. Se un conduttore ha cond ucibilità elettrica elevata, il campo elettro agnetico al suo interno è apprezzabilment diverso da zero solo in uno strato adiacen te alla superficie che lo limita, il cui spess re è legato allo spessore di penetrazione. Quest’ultimo è pari a5: δ m =
2 ω µ mcm
Il fatto che, in una piccola parte del conduttore, il campo sia diverso da ze ro, dipende dalla non perpendicolarità del ve tore campo elettrico rispetto alla superficie de l c.e. reale (v. figura). Esiste infatti una componente che va verso l’interno del conduttore6! 2. Il campo elettromagnetico salvo che nei punti interni al condutto e, rimane praticamente immutato al caso ideale ( m = +∞ ) 7 , fatta eccezione per il compo ente di e tangente alla superficie dei conduttori st essi, il quale assume valori piccoli ma fi iti. Ciò richiede che δ m sia piccolo rispetto alle di ensioni reali della zona dielettrica. 3. Risulta possibile trascurare la componente assiale, in quanto all’int rno dei conduttori reali vi è praticamente solo pro agazione lungo il piano trasversale. Q indi, se indichiamo con s il vettore di propagazion e, e lo scindiamo nelle sue tre componen i cartesiane ortogonali s = sx i + sy j + sz k
si ha sx = sy = 0 dielettric o ad es. con un modo TEM s ≠ 0 z
sx ≫ s conduttore s y ≫ s
γ = ±σ
La costante di propagazio e trasversale del campo nei punti inter i ai conduttori è quindi espressa da 2 ( m )jk= −γ t2 ≈ ωµmjε m Se ora estraiamo la radice i questa quantità otteniamo: jkm ≈
1 j
≈ σ m (costante intrinseca del condut tore)
m
4. I contorni dei conduttori ul piano trasversale sono curve regola ri aventi in ogni punto raggio di curvatura grande rispetto allo spessore di penetrazione 8. 5. Abbiamo detto poco fa che δ m deve essere piccolo rispetto alle di ensioni reali della zona dielettrica. Non solo: vo liamo che esso sia piccolo anche ris etto allo spessore dei conduttori9.
Nella relazione seguente, µ m è la per eabilità magnetica del conduttore reale e ε m la sua costante dielettrica. 6 È proprio questo fatto a rendere i calcol i molto più complicati: non si può infatti né parl are di uniformità, né di modi TEM, ma soltanto di modi ibridi. 7 Quindi tutto è uguale a ciò che abbia o detto nel capitolo precedente: potremo and re a lavorare con i modi in modo “classico” senza preoccuparci dell perdite. 8 Localmente, all’interno dei conduttori si ha un’onda piana che si propaga in un mez o omogeneo nella direzione normale al contorno. 5
In breve, il campo si propaga: • nel dielettrico con funzioni di modo praticamente immutato rispetto al caso ideale; • in corrispondenza della superficie dei conduttori penetra all’interno secondo la direzione normale (e con costante di propagazione σ m ). Dobbiamo quindi andare ad esaminare cosa succede modo per modo. Si noti che è importante, a tal proposito, che i modi siano ortogonali: se ciò non fosse non sarebbe possibile andare ad occuparci singolarmente di ognuno di essi e, anzi, ogni modo influenzerebbe gli altri in maniera sensibile10. Inoltre, è necessario dare una verosimile rappresentazione delle funzioni 11: γ reale = γ ideale + α m ( ω ) + α d ( ω ) + j ∆β ( ω ) • α m (ω ) dovuta alla potenza dissipata nei conduttori dovuta alla potenza dissipata nel dielettrico • α d ( ω ) • ∆ β (ω ) dovuta all’accumulo di energia EM nei conduttori 12 Riferiamoci alla figura accanto, la quale rappresenta una sezione trasversale di un conduttore: • P è un punto all’interno all’ interno del conduttore stesso; • P0 è un punto che si trova sulla superficie del conduttore; • n è il versore normale alla superficie; • τ è il versore tangente alla superficie; • z è la coordinata della direzione lungo la quale avviene la propagazione (individuata dal versore k ); • J st è la componente di densità di corrente superficiale relativa al piano trasversale (sezione) sul quale stiamo lavorando; • J zt è la componente di densità di corrente superficiale relativa alla direzione di propagazione. La densità di corrente superficiale presente nel punto componente13 hτ ( 0 ) :
0
dipende, nel caso ideale, dal
somma dei due componenti vettoriali
Js ( P0 ) = J st ( P0 ) ⋅ τ + J sz ( P0 ) ⋅ k = hτ ( P0 ) × n
(14)
La presenza di tale densità di corrente genera, sempre in 0 : • una densità di corrente assiale pari a Js ( 0 ) ⋅ k dl0 = J sz dl0 • una densità di corrente trasversale 15 pari a Js ( 0 ) ⋅ τ dz = J st dz
In questo modo, partendo da un qualunque punto di contorno e muovendosi in direzione della normale, si può sempre pervenire a punti interni al conduttore in cui il campo elettromagnetico è praticamente nullo. 10 … rendendo il quadro di insieme impossibile da districare! 11 Sono tutte funzioni che dipendono dalla pulsazione ω (cioè dalla frequenza di lavoro). 12 Oltre all’effetto Joule. 13 Componente del campo magnetico tangente alla superficie del conduttore nel punto P0. 14 Il tutto è anche dovuto al fatto che, per i conduttori elettrici perfetti, vale ∂H z = 0 [?]. 9
∂n
15
Attraverso un elemento di linea dz preso in direzione assiale.
Quando il generico conduttore ha una conducibilità finita (e quindi non è perfetto), queste correnti16 sono distribuite all’interno del conduttore con densità finita, anziché essere puramente superficiali. Giunti a questo punto, sapendo che con le perdite il campo decade assieme a 17 − e −γ n = e
γ t n
=e
− jkmn
possiamo scrivere18 ez ( n ) ≈ ez ( P0 ) e
− jkmn
et ( n ) ⋅ τ ≈ et ( P0 ) ⋅ τ e
= ez ( P0 ) e
− jkm n
−
1+ j n δ m
= et ( P0 ) ⋅ τ e
−
1+ j n δ m
Se ora ci ricordiamo del fatto che: (equazione del trasporto) Possiamo trasformare le due equazioni di prima in modo da ricavare l’espressione esatta delle correnti superficiali19: c
= c⋅e
∞
∞
∫
∫
J sz dl0 = Js ( P0 ) ⋅ k dl0 = dl0 cm ez ( n ) dn = dl0 cm ez ( P0 ) e 0
−
1+ j n δ m
dn ≈ dl0
0
∞
∞
∫
∫
J st dz = Js ( P0 ) ⋅ τ d z = dz cmet ( n ) ⋅ τ dn = dz cm et ( P0 ) ⋅ τ e 0
−
1+ j n δ m
dn ≈ dz
0
cmδ m 1 + j cmδ m 1 + j
ez ( P0 ) et ( P 0 ) ⋅ τ
Possiamo a questo punto combinare le due relazioni appena scritte in quanto, lo ricordiamo,
somma dei due componenti vettoriali
Js (
= 0)
J st ( P0 ) ⋅ τ + J sz ( P0 ) ⋅ k =
cmδ m
1+
=1
c δ c δ et ( P0 ) ⋅ τ ⋅ τ + m m ez ( P0 ) ⋅ k ≈ m m et ( P0 ) j j j 1+ 1+
La superficie del conduttore si comporta quindi come una buona parete di impedenza. Ponendo per definizione Z s ≜
1 + j cmδ m
(impedenza superficiale del conduttore)
si ha: Js ( et (
≈ 0)
1 et ( P 0 ) Z s
) ≈ ZsJs ( P 0 ) Ricordando poi che (l’abbiamo scritto non molto tempo fa): Js ( P0 ) = hτ ( P 0 ) × n Possiamo quindi scrivere et ( P0 ) ≈ Z shτ ( P 0 ) × n
0
⇒
hτ (
×n ≈ 0)
1 et ( P 0 ) Z s
Le quali sono legate all’intensità del campo magnetico h e, dunque, restano praticamente immutate per ipotesi. Nota che c’è n al posto del solito k che scrivevamo nei capitoli 1 e 2: tutto però torna se consideriamo che il campo elettrico si propaga nel piano trasversale (sul quale giace n) e non nella direzione assiale (individuata da k). 18 Ricordiamo che 16 17
jkm ≈
1 + j
δ m
≈ σ m (costante di propagazione intrinseca del conduttore)
Nelle due relazioni che seguono, l’estremo superiore di integrazione dovrebbe essere mδ m , essendo m un numero tale che, ad una distanza dalla superficie pari a mδ m , il campo risulti praticamente estinto. Questo fatto autorizza, dal punto di vista puramente matematico, a porre all’infinito tale estremo, senza che praticamente il valore dell’integrale cambi. 19
la quale, in virtù delle proprietà del prodotto vettoriale può essere scritta nel seguente modo n × et ( 0 ) ≈ n × Z shτ ( P0 ) × n = Z s hτ ( P0 ) n × et ( 0 ) ≈ Z shτ ( P 0 ) 3.2 – Considerazioni energetiche: potenze attive
La presenza di un campo elettromagnetico all’interno dei conduttori dà luogo ad effetti energetici consistenti in una dissipazione di potenza attiva e in un accumulo di energia elettromagnetica in eccesso rispetto al caso ideale. La potenza attiva dissipata per effetto Joule per unità di lunghezza vale: PL =
cm
∫∫ 2
2 1 Rs Js ( P0 ) d ℓ 0 2 ℓ
∫
e ⋅ e* dS ≈
S m
(20)
( S m è la sezione trasversale dei conduttori) Se facciamo uso delle relazioni: e ( n ) ≈ e ( P0 ) e
−
1+ j n δ m
1+ j n − δ − jk n = ez ( P0 ) e ez ( n ) ≈ ez ( P0 ) e ⇐ 1+ j − n − jk n δ e n τ e P τ e e P τ e ⋅ ≈ ⋅ = ⋅ ( ) ( ) ( ) t t 0 t 0 m
m
m
m
Possiamo scrivere L
=
cm
∫∫ 2
*
e ⋅ e dS =
Sm
cm
∫∫ 2
e ( P0 ) ⋅ e ( P0 ) e *
−
1+ j 1− j n − n δm δm
e
cm
dS =
2
Sm
∫∫ e( P ) ⋅ e
*
0
( P0 ) e
−
2 n δ m
dS
S m
Se ora scomponiamo la superficie S m nelle sue dimensioni (e quindi “sciogliamo” l’integrale doppio in due integrali semplici, uno calcolato su ℓ , che è il contorno della regione occupata dai conduttori, e l’altro calcolato sulla direzione normale n) otteniamo: PL =
cm
∞
2 ∫
−
e
2 n δ m
∫ℓ
dn e( P0 ) ⋅ e* ( P0 ) dℓ 0 =
0
cmδ m
∫ ℓ e( P ) ⋅ e ( P ) dℓ *
0
4
0
0
Per quanto riguarda l’energia immagazzinata , si ha che quella di tipo magnetico è molto maggiore rispetto a quella di tipo elettrico: U e ( z ) ≪ Um ( z ) Essa è inoltre pari a: Um ( z ) =
µm 4
∫∫
h ⋅ h * dS ≈
Sm
µ m 4
∫∫ h ⋅ h t
* t
dS
S m
A questo punto possiamo procedere come nel caso della potenza dissipata: si trova 2
µ m ∞ − δ m n 1 1 1 Um = e dn h( P0 ) ⋅ h * ( P0 ) d ℓ 0 ≅ µmδ m ht ( P0 ) ht* ( P0 ) dℓ 0 = 4 0 8 2ω cmδ m ℓ ℓ
∫
∫
∫
Quindi, brevemente, abbiamo che: Um ≅
20
Enunciamo la seconda uguaglianza senza dimostrarla.
1 P L 2ω
∫ℓ
Js ( P0 )
2
d ℓ 0
Dalle equazioni di Maxwell scritte per un solo modo, procedendo come per il calcolo del vettore di Poynting e prendendo la parte reale 21 , si ottiene et × ht* e ⋅ e* 1 * n ℓ ⋅ k dS = ∫∫ c ⋅ 2α (ω ) Re ∫∫ dS + Re ∫ et × h d t 0 2 2 2 S ℓ S
(22)
m
P ( z ) potenza complessiva (vettore di Poynting)
P lm potenza ceduta al conduttore
P ld potenza dissipata nel dielettrico
2α
( z ) = Pld + P lm
conservazione dell’energia . Questa legge ha l’aspetto di un principio di conservazione
A questo punto possiamo formulare una relazione tra potenza attiva (e da qui l’operatore di parte reale) in una z qualsiasi e nella sezione di alimentazione ( z = 0): e × h* E × H* t t P ( z ) = Re ∫∫ ⋅ i z dS = Re Re ∫∫ t t ⋅ i z dS ⋅ 2 S S 2 m
m
potenza P (0 ) alla coordinata coordinata z = 0
e −2α z
(23)
esce questo termine che è la parte reale di e− γ z
P ( z ) = P (0)e −2α z
Derivando questa espressione rispetto all’ascissa z: d d P (z ) = P (0)e −2α z dz dz d dz
−2α z ( z ) = −2α P 0 )e ( = −2α P ( z ) = −α ( Pld + Plm )
P(z)
Essendo negativa la derivata, percepiamo che c’è una diminuzione della potenza, dovuta alla somma delle potenze attive ld dissipata nel dielettrico e lm ceduta alla zona occupata dai conduttori24. Ecco quindi meglio svelato dove stava il principio di conservazione dell’energia . DIMOSTRAZIONE Equazioni di Maxwell per un solo modo:
21
γ k × Et + k × ∇t Ez = jωµ Ht
→ trasversale (campo magnetico)
γ k × Ht + k × ∇t H z = − jωε c Et
→ trasversale (campo elettrico)
* t
moltiplichiamo per H →
γ Et × Ht* k = jωµ Ht ⋅ Ht* − ∇t E z × Ht* ⋅ k
coniughiamo e moltiplichiamo per Et →
* * * * * − γ Et × Ht k = jωε c Et Et − ∇t H z × Et ⋅ k
(si è fatto pesante uso della proprietà anticommutativa del prodotto vettoriale) Facendo uso di identità vettoriali e delle ∇t × Ht = jωε c E z k
→ assiale (campo elettrico)
∇t × Et = − jωµ H z k
→ assiale (campo magnetico) magnetico)
Otteniamo: 2
∇t Ez × Ht* = ∇t × ( E z Ht* ) +jωε c* E z k 2
∇t H z* × Et = ∇t × ( Et H z* ) +jωµ H z k
Ponendo ora
γ = α + β ⇒ −γ * = −α + j β , sottraendo la *
*
*
*
*
− γ E t × H t k = jω ε c E t E t − ∇ t H z × E t ⋅ k
dalla γ Et × Ht*k = jωµ Ht ⋅ Ht* − ∇t E z × Ht* ⋅ k
e sfruttando le 2
∇ t E z × H*t = ∇ t × ( E zH *t ) +jω ε c* E z k
2
∇ tH *z × E t = ∇ t × ( E tH *z ) +jωµ H z k
Si ha: 2α E t × H t* ⋅ k = c E ⋅ E * + jω ( µ H ⋅ H * − ε E ⋅ E * ) + ∇ t × ( E t H z* − E zH *t ) k
Di questa quantità dobbiamo prendere la sopraccitata parte reale. Omettiamo la dimostrazione per alleggerire l’aspetto matematico. 23 L’uscita del termine esponenziale è dovuta al fatto che siamo si amo passati dai campi tempo continui ai fasori. 22
Ma questo ha anche un risvolto ancora più interessante: poco fa abbiamo visto che si ha − 2α ( z ) = − ( Pld + P lm ) Ma ciò significa anche che α (ω ) =
Pld + Plm
2 (z )
=
Pld z) 2 P(
+
αd
Plm z) 2 P( α m
E dunque possiamo velocemente calcolare, col bilancio di potenza, la parte reale della costante di propagazione nel caso con perdite! D’altronde, notiamo anche che la forma del principio di conservazione dell’energia viene ereditata anche dalla costante di attenuazione del modo: α=
αd
+
diel dielet ettr tric ico o
α m
cond condut utto tore re
Dove: E t × H t* et × h t* n n ℓ ℓ ⋅ ⋅ R e d R e d ∫ ∫ 0 0 2 2 α (ω ) = ℓ = ℓ m E × H * e × h * t t t t ⋅ i z d S R e ∫∫ ⋅ i z d S R e ∫∫ 2 2 S S E ⋅ E* e ⋅ e* ∫S∫ c 2 d S ∫S ∫ c 2 d S α d (ω ) = = E × H * e × h * t t t t ⋅ i z d S R e ∫∫ ⋅ i z d S R e ∫∫ 2 2 S S m
m
m
m
m
m
Pare evidente, dunque, che tale strumento ha una grande efficacia. 3.3 – Considerazioni energetiche: potenze reattive
Dalle equazioni di Maxwell scritte per un solo modo, procedendo come per il calcolo del vettore di Poynting25 e prendendo la parte immaginaria, si ottiene: e × h * t ⋅ k dS = 2 β (ω ) Re ∫∫ t 2 S 2 h ⋅ h* − h 2 et ⋅ et* − ez 1 t t z dS + Im ∫ ( ez ht* + et hz* ) ⋅ τ dℓ 0 = 2ω ∫∫ µ + ε 4 4 S ℓ 2 m
m
Dividendo entrambi i membri per e × h * t t 2 Re ∫∫ ⋅ k dS 2 S m
si ha: 2 * h ⋅ h* − h 2 e e e ⋅ − t t z t t z dS Im 1 ( e h * + e h* ) ⋅ τ dℓ + ε 2ω ∫∫ µ 0 ∫ ℓ 2 z t t z 4 4 S β = + e × h* e × h* t t t t ⋅ k dS ⋅ k dS 2 Re ∫∫ 2 Re ∫∫ 2 2 S S m
m
m
β0
24 25
Entrambe per unità di lunghezza. La dimostrazione è la stessa della nota 21.
∆β
E quindi: β=
β 0
+
∆ β =
costante di fase che si avrebbe in un materiale ideale
componente aggiuntiva
∫∫ ... ∫ℓ∫ . .. S
2
+
2P
Anche questa volta emerge tutta la potenza del metodo perturbativo. 3.4 - Conclusioni
Ecco, per punti, come funziona quindi il metodo perturbativo. • Si assume la struttura ideale e si calcolano i modi ortogonali. • Se i modi non hanno tutti autovalori distinti [es. i modi TEM hanno tutti γ id (ω ) = σ ], si deriva una nuova base di modi ortogonali mediante combinazione lineare della base di partenza. • Dal bilancio delle potenze attive e reattive si ottiene la correzione alla costante di propagazione utilizzando le funzioni della struttura ideale. Tale metodo è ingegneristicamente molto furbo, ma fisicamente un po’ scorretto.
CAPITOLO 4 Reti elettriche 4.1 – Generalità e definizione di ete elettrica
Immaginiamo di voler implementare un filtro passa-banda che funzioni nell’intervallo di frequenze 3 ∼ 30,5 GHz e scegliamo di progettarl a costanti concentrate (v. figura affianco), grazie ad un risonatore che funzioni alla fr quenza interessata. S lla carta tutto sembra andare bene; se però provo a far funzionare questo circuito nella realtà, i funzionamento risulta essere completamente sballato. C me mai? Il nodo della questione è che questo circ ito funzionerebbe bene f osse propagazione all’interno ei componenti, cosa che solo ed esclusivamente nel caso i cui non vi fosse in realtà avviene eccome! Quind i, mentre per frequenze piccole (alte l nghezze d’onda) posso mantenere la “vecchia” rapprese tazione mediante i componenti a cost nti concentrate, ad alte frequenze (piccole lunghezze d’o da) devo utilizzare una diversa rappres ntazione. È quindi necessario creare uno st rumento che caratterizzi queste struttur da un nuovo punto di vista circuitale e, cosa non meno i mportante, trovare adeguati strumenti i misura (che non siano a costanti concentrate come volt etri e amperometri, i quali hanno di ensioni paragonabili a quella della lunghezza d’onda!). Il primo passo per raggiungere q esto scopo è quello di definire il concett di rete elettrica. Si consideri una superf icie chiusa S all’interno della quale agiscono elle sorgenti note (ed eventualmente nulle) e ulla quale le condizioni al contorno imposte al ampo elettromagnetico siano et = 0 o ht = 0 i tutti i punti, salvo che in un certo numero N i regioni nelle quali et e/o ht sono diversi da zero: attraverso queste porzioni di superfici la zona racchiusa all’interno è accessibile er mezzo di altrettanto strutture cilindriche chiuse di qualunque natura. Fissato su una di quest generiche (ad esempio la k-esima) un piano trasversale rbitrario, si assuma questo come piano di riferimento (o piano di bocca) della guida k-esima; la sezi ne trasversale S(k) della k-esima struttur cilindrica che giace sul relativo piano di riferimento si ch ama porta fisica. La porzione di spazio d limitata dalla superficie S , dai conduttori esterni alle N strutture cilindriche fino alle intersezio i di queste coi piani di bocca si chiama rete elettrica a N p rte fisiche. Per ogni porta fisica si hanno po i molte porte virtuali (o elettriche), rappresentate da tutti i modi ortogonali che trasportano (in tan te parti) il segnale attraversante la relati a struttura cilindrica (e, quindi, la porta fisica stessa). In ale struttura, il campo elettrico e magn tico trasversali saranno dunque esprimibili come sovrapp osizione di modi della stessa:
M ( k ) (k)
et
=
∑ j =1
( k ) ( k) − γ z
parte incidente
M ( k ) (k) ht
=
( k ) ( k) − γ j z
∑ ae + (k ) (k ) j Htj +
j =1
γ ( k ) z
(k)
( k) ( k ) j a (j k )Et(jk+)e j + b Etj − e
parte incidente
parte riflessa ( k ) ( k) (k ) ( k ) γ j z jH − tj
e parte riflessa
Le varie quantità sono da leggersi così: (k) • S indica una ben precisa port fisica; ( k) è il versore normale all a porta fisica k-esima • n (orientato verso la direzione positiva); (k) • z = 0 è il piano di riferimento ella guida k-esima; (k) • a j è il coefficiente dell’onda i cidente del modo j alla k-sima porta fisica1,2; (k) • b j è il coefficiente dell’onda incidente riflessa del modo j alla k-sima porta fisica1,2; k • M ( ) è il numero di modi prese ti alla porta fisica k. Le funzioni di modo sono se pre definite a meno di un fattore oltiplicativo complesso arbitrario. In seguito, al fine di r imuovere ogni indeterminazione, si far esclusivamente uso di funzioni di modo normalizzate, p er le quali cioè tale costante arbitraria è nivocamente fissata: in tal maniera, le funzioni di modo normalizzate vengono a dipendere solt nto dalle caratteristiche della guida, e quindi nella rappre sentazione data poco fa soltanto le a j(k) e b j( k) sono quantità non note a priori3 perché dipendenti d al regime elettrico. Nella figura a destra vediamo n esempio meno generico e p iù caratterizzato, ovvero quello di u a connessione a T di una guida: si vedono tre strutture cilindric e afferire all’interno di un’unica superficie chiusa S (il centro dell’intersezione); ad ogni struttu ra cilindrica corrisponde una porta fisica con una propria sezio e trasversale e dei propri modi. Se 1
Fissando l’origine della coordinata assiale per la struttura cilindrica k-esima sul piano di bocca della porta fisica e assumendo come verso positivo di z ( k) uello diretto dal piano di riferimento verso la r te, allora le a j( k) si chiamano
anche intensità d’onda incidenti alla porta k-esima e le b j(k ) intensità d’onda riflesse alla mede ima porta. 2 Un’implicazione interessante delle reti elettriche è che una qualsiasi onda associata ad na qualunque porta dipende da tutti i modi afferenti alla rete elettrica. e lettrica.. k 3 Tuttavia gli a( ) potrebbero essere co unque noti visto che rappresentano il modo co il quale viene alimentata la j struttura, aspetto che viene presumibil ente fissato in sede di progetto. Dunque, il pro lema è trovare i b j( k) , i quali saranno funzione di tutti gli a j(k) e delle orgenti presenti nella rete.
facciamo l’ipotesi che questi modi siano ortogonali, avremo – ad ogni porta fisica – una porta elettrica per ognuno di essi. Abbiamo poi delle discontinuità, tutte racchiuse nella superficie S: in quei punti cade la definizione di struttura cilindrica e si eccitano tutti i modi. mod i. 4.2 – Analisi della rete elettrica
Si consideri ora una situazione in cui sono note tutte le intensità d’onda incidenti, cioè la componente del campo elettromagnetico che si propaga verso la rete in ciascuna delle strutture cilindriche afferenti alla rete stessa. In queste condizioni il campo elettromagnetico nei punti della rete si può considerare dovuto a due insiemi di sorgenti libere: • le sorgenti impresse Ji ( elett elettric riche he) e Mi ( magnet magnetich iche e ) , che agiscono all’interno della rete; • un sistema di correnti superficiali localizzate sui piani di bocca, che rappresentano le sorgenti equivalenti ai generatori esterni liberi 4 cui si deve l’eccitazione delle onde incidenti. Si ha che essi sono pari a M (k) ( k) ( k) = ∑ a j Etj × n j 1 (k)
(k)
Ms
M ( k ) ( k ) ( k) =n × ∑ a j Htj j1 ( k)
(k)
Js
+
=
+
=
Di conseguenza, non deve destare stupore il fatto che sia possibile esprimere 5 una qualunque componente del campo e.m. tramite una combinazione lineare di: Ji , Mi
(k)
, J(sk )
Ms
interne"
esterne"
Vediamo ora come sia lecito, tramite i parametri introdotti fino ad ora, dare della rete una descrizione alle porte , cioè mediante i valori dell’intensità dell’onda anziché tramite l’intera distribuzione del campo elettromagnetico. Tale scopo sembra arduo da realizzare, ma siamo avvantaggiati dal fatto che i nostri fenomeni hanno entità lineare , cosa che ci permette di applicare sovrapposizione degli effetti 6; inoltre, possiamo applicare il teorema di equivalenza per rappresentare la sovrapposizione il campo elettromagnetico attraverso le correnti elettriche e le correnti magnetiche. Anzitutto introduciamo il vettore delle onde riflesse nel caso di rete elettrica a n porte (ognuna avente (i) modi, ovvero (i) porte virtuali associate): (1) (1) (1) ( 2) (2) (2 ) ( n) ( n) (n) b = b1 , b2 , ..., b ( ) , b1 , b2 , ..., b ( ) , ..., ... ..., ..., b1 , b2 , ..., b ( ) M M M riferiti alla porta 1 riferiti alla porta 2 riferiti alla porta n 1
2
n
Questo vettore ha al suo interno M
NT
=
∑ M ( ) i
chiaramente
≥
n (ed è = solo in condizioni di unimodalità)
i =1
elementi . Introduciamo poi il funzionale vettoriale lineare F(m,k) , il quale dipende da come è fatta la rete elettrica8 e cioè, più precisamente: • dal modo j sul quale ci stiamo concentrando; 7
j
significa che esistono indipendentemente dalla natura e dal comportamento della rete, in quanto imposti dall’esterno. 5 Tramite il teorema di equivalenza , che fra poco verrà citato. 6 In questo modo riusciamo a esprimere il campo entrante/uscente da una porta fisica come sovrapposizione delle relative onde. 7 N è anche il numero di onde riflesse e di onde incidenti della rete. T 8 E anche dalla frequenza di lavoro. 4
Liberi
da quale porta si sta esaminando in un certo istante (parametro m); • dalla porta k , dalla quale proviene l’onda che influisce su m (e sul modo j). Facciamo poi l’ipotesi che i modi siano ortogonali e che sia stata applicata la normalizzazione convenzionale di cui si parlava qualche pagina fa, ovvero che si abbia: •
0 se j ≠ k
( ) ( ) ( ) ∫∫ ( E × H ) n dS = 1
Onde progressive:
k tj +
k * tj +
k
(k )
S
Onde regressive:
∫∫ (
( k)
( k )*
Etj − × Htj −
)(
−n
(k)
(9)
se j = k
0 se j ≠ k dS = 1 se j = k
)
(k)
S
Allora la seguente è l’espressione del campo elettrico tangente alla porta fisica m costituito da tutte le onde riflesse “uscenti” da tale porta m: M (m) (m) et −
N M ( k )
∑b
( m ) (m ) Etj − j
=
funzionale vettoriale lineare che dipende dalla struttura della rete
=
∑∑a
(k ) j
( m ,k )
Fj
G ( m ) Ji , M i
+
j =1
k =1 j =1
bisogna sovrapporre tutti i modi che formano l'onda riflessa uscente dalla porta m
questa quantità dipende dalla struttura della rete elettrica e dalle onde incidenti e tiene conto quindi dei contributi di tutte le altre porte ( le k ) sulla porta m
questa f unzione ci esplicita il contributo delle correnti elettriche (e magnetiche) presenti all'interno della rete elettrica (sorgenti impresse Ji e Mi ), ovvero ci dice come i generatori influscono su una certa porta
E di conseguenza, per la normalizzazione nuovamente illustrata poco fa, si ha: 0 se j ≠ k
( ) ( ) ( ) ∫∫ ( E × H ) ( −n ) dS = 1 k tj −
k * tj −
k
k S ( )
∫∫
(m) et −
( m )* × Htn −
⋅ −n
( m)
dS = ∫∫
M ( m )
∑ b
( m) ( m) Etj − j
se j = k
× Htn − ⋅ −n ( m) *
S m j =1
( m)
dS = bn( m)
Sm
enunciata poc'anzi
Ovvero, esplicitando: (m) n
b
l'onda riflessa dell' dell'n-simo -simo mod modo o della porta m
N M ( k )
=
∑ ∑ a ∫∫ F ( k) j
k =1 j =1
( m, k ) j
× Htn − ⋅ −n ( m) *
( m)
dS + ∫∫ G ( m ) Ji , Mi × Ht(nm)* ⋅ −n( m) dS
S m
−
S m
dipende dalle onde incidenti dei modi afferenti a tutte le guide/porte fisiche della rete elettrica
e da tutti i generatori liberi interni alla rete
Procedendo in maniera analoga, si dimostra che ogni intensità d’onda riflessa è esprimibile come una combinazione lineare di tutte le intensità d’onda incidenti, più un termine noto, che dipende solo dalle correnti impresse. Se chiamiamo a e b i vettori delle intensità d’onda incidenti e riflesse e d quello dei termini noti, si può giungere alla seguente relazione matriciale b = Sa + d (10)
dove: •
b, a e d sono vettori di lunghezza
•
S è una matrice
T
;
detta matrice di diffusione della rete elettrica. Tale matrice 12 , strutturalmente assimilabile ma concettualmente diversa rispetto alle matrici circuitali, è quella di forma canonica delle equazioni che esprimono i vincoli che la rete impone alle grandezze delle porte. T
×
T
(11)
Leggasi: il flusso del vettore di Poynting associato a ciascun modo vale 1. S, a, d e b contengono numeri complessi. 11 La rete ha solo N porte fisiche, ma è descritta come rete elettrica a N T T porte, perché N T T è l’ordine della matrice di diffusione. Dal punto di vista fisico questo non sorprende: ciascun modo, essendo ortogonale agli altri, rappresenta un vincolo indipendente di scambio di potenza e di informazioni tra le rete ed il mondo esterno. 12 Che dipende dalla normalizzazione adottata nel definire le funzioni di modo e dalle posizioni arbitrariamente scelte per i piani di bocca delle porte. Per una stessa rete, quindi, possono esistere più matrici di diffusione. 9
10
4.3 - La matrice di diffusione e le sue proprietà
La matrice di diffusione è una scoperta, relativamente recente, di grande potenza per l’analisi delle reti elettriche. Essa è sempre definibile, anche nei casi – per così dire – “classici” dei circuiti a costanti concentrate (e basse frequenze), mentre con i “vecchi” parametri ammettenza/impedenza non saremmo andati molto lontani a frequenze elevate. Facciamo l’ipotesi di sopprimere le correnti impresse (e cioè i generatori liberi) presenti nella rete13. Questo comporta che: ⇒
Ji , Mi
d=0
La nostra relazione diventa quindi: b = Sa
Possiamo dunque scrivere che: b1
=
b2
=
S11a1
+ S12 a2 + ... + S1 N
S21a1
+ S22 a2 + ... + S2 N
aN T
T
T
aN T
… bNT
=
SNT 1a1 + SNT 2 a2
+ ... + SN
TNT
aN T
Se ora mettiamo nella matrice S i termini appena scritti otteniamo… S12 S 11 S 22 S 21 S= ... ... SN 1 S N 2 T
...
S 1 N T
...
S 2 N T
...
... ... S N T N T
T
I termini sulla diagonale principale vengono detti riflettenze; il motivo di questo nome è facile da capire: ogni termine S kk (con k indicante un preciso modo di una precisa porta, fra gli T possibili modi della nostra rete elettrica) ci dice quanto, del particolare modo individuato da k(14) , ritorna (e quindi si riflette) sotto forma dello stesso modo e presso la stessa porta 15. Tutti gli altri termini, che regolano lo scambio di energia dei modi fra le varie porte, vengono detti trasmettenze. Supponiamo ora di eccitare la componente progressiva del solo modo j-esimo nella sola guida kesima, cioè: (k)
a j
≠
(s)
0
ar
≠
0 per r
≠
j os≠k
Ciò significa andare a vedere che succede nella rete se vi è soltanto quella particolare onda incidente (alla porta fisica k); da dove uscirà questa informazione? Ritornerà indietro, riflettendosi, tutta alla porta k? Oppure verrà trasmessa anche alle altre? Se a tale modo corrispondono il p-esimo elemento del vettore a e il p-esimo elemento del vettore b(16) (e quindi la p-esima porta elettrica), e se all’ m-esimo modo della guida l-esima corrispondono i q-esimi elementi dei medesimi vettori (ovvero la q-esima porta virtuale), allora si ottiene: Cioè di fare in modo che, lanciando l’onda regressiva di un qualunque modo che interessa della struttura, tale onda non subisca riflessione all’estremità opposta alla porta fisica della rete. Ciò accade, in particolare, se la guida è di lunghezza infinita. 14 Ci stiamo riferendo alla prima k del pedice di S , cioè alla posizione p (v. nota 16) e al numero della porta elettrica. 15 Questa volta parliamo della seconda k del pedice di S. Per il resto, le considerazioni sono le stesse della nota 14. 16 Perché non il j-esimo, direte voi? Perché i vettori a e b hanno una numerazione differente da quella dei modi di ciascuna porta. Ad esempio, ecco dove si trova b j( k ) ≠ 0 (in rosso) nel vettore b 13
posizione p 1 1 1 2 2 2 k k k n n n ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) b , b , ..., b , b , b , ..., b , ..., ..., ..., b , ..., b j , ..., ..., b ( ) , ..., .. ., ..., b1 , b2 , ..., ..., b ( ) ( ) ( ) 1 2 1 2 1 M M M M rife riti alla po rta 2 ri feriti all a porta k riferiti alla porta n riferiti alla porta 1
b =
1
2
k
n
bm( ) l
S qp
=
bq
=
(k)
(17)
a p
a j ai = 0 ∀i ≠ p
notazione che esplicita la posi posizi zion one e ( q , p ) dei dei modi modi all'interno dei vettori a e b senza specificare la porta f isica ( bensì la porta elettrica!)
notazione che esplicita in maniera chiara il modo modo ( m , j ) e la port porta a ( l ,k )
Tale parametro S pq indica “quanto” del modo incidente di posizione generica p nelle matrici a e b va a finire nel modo di posizione q delle stesse matrici 18 , ovvero quanto della porta elettrica p – in condizione di adattamento – fluisce nella porta elettrica q. Quindi: • la trasmettenza, che ha le dimensioni di un guadagno 19 , si determina eccitando il modo q e misurando l’onda riflessa che finisce p. Essa va calcolata una volta che abbiamo creato adattamento , cioè che abbiamo annullato tutte le onde incidenti presso tutte le altre porte elettriche chiudendo queste ultime su carichi che non riflettono alcunché (carichi adattati20); • la riflettenza è un caso particolare di trasmettenza, calcolato utilizzano una sola porta elettrica; in pratica (sempre dopo aver creato adattamento) si guarda quanto dell’informazione inviata nella porta elettrica p viene riflesso verso la stessa porta. Se la matrice S è simmetrica (e quindi il mezzo di cui è costituita la rete è reciproco) S 11 S21 = S12 S= ... SN 1 = S1 N T
S12
=
S 22 ... T
SN T 2
=
S1NT
=
SN T 1
... S2 N T
=
SN T 2
...
...
...
S N T N T
...
S21
S2 N T
ovvero
S
q
=
S qp
non è necessario calcolarsi tutti gli elementi, ma soltanto quelli 21 all’interno del triangolo disegnato sulla soprastante matrice (poi basta “ribaltare”). Per quanto riguarda il significato fisico degli elementi di d , si supponga di non eccitare alcuna onda progressiva nelle strutture afferenti alla rete. Risulterà quindi: 17
Quindi, ad esempio, se b1
=
S12 a 2
allora si ha S 12
=
b1 a2
Ripetendo le nostre considerazioni, tale parametro S indica “quanto” del modo incidente di posizione 2 nelle matrici a e b va a finire nel modo di posizione 1 delle stesse matrici. Se S 12 era pari ad 1 significava che tutta l’informazione del modo 2 (entrante) era andata a finire nel modo 1 (uscente). 18 Se p = q si tratta di una riflettenza; altrimenti stiamo lavorando con una trasmettenza. 19 O meglio, il significato di un guadagno, perché il guadagno è adimensionale. 20 Quindi non bisogna pensare, erroneamente, che “isolare” le altre porte significhi chiuderle su un aperto o su un cortocircuito. Noi vogliamo assorbire tutta la potenza, quindi vogliamo adattare (non chiudere, né aprire): un aperto, infatti, avrebbe – eccome! – generato una riflessione. 21 Il numero di elementi in questione è pari a: NT
N T NT
−
∑ j =1
invece che a
2 T
.
( NT
−
j) = NT2
N T
−
∑( N
T
j =1
−
j )
a=0
E quindi avremo: b=d
Gli elementi di d rappresentano pertanto i contributi alle intensità d’onda riflesse generati dalle sorgenti impresse Ji e Mi . Se il generico elemento- riflettenza S pp = 0 , allora la p-esima porta elettrica si dice adattata. Se tutte le strutture afferenti alla rete sono adattate alle estremità per tutti i modi che si considerano, una porta adattata non dà luogo a riflessione del modo incidente su di essa. 4.4 – Variazione del piano di riferimento
Spesso conviene spostarci lontano dalla rete elettrica, in modo da tenere a debita distanza le pericolose discontinuità presenti presso la superficie S ove si congiungono tutte le guide d’onda afferenti alla rete. Abbiamo però visto che i parametri della matrice di diffusione, i quali mettono in relazione le onde che si propagano da e per la rete, sono influenzati dalla coordinata z riferita a dove abbiamo posto il piano di bocca: “spostarci lontano” da esso significa voler variare tale ascissa z , cosa che si ripercuote sui termini S ij ; essi contengono, infatti, le espressioni dei fasori del campo e.m. viaggianti coi modi (i quali dipendono proprio da z). Fin’ora abbiamo usato quelle riferite alla coordinata z = 0: ( k) (k) Etj ( x , y, z = 0 ) = Etj 0 Tuttavia, siccome tutte le guide afferenti alla rete elettrica sono in realtà strutture cilindriche (almeno fino alle discontinuità che tanto temiamo), possiamo scrivere Etj( k) in una formulazione più generica dipendente da z: ( k)
Etj
( x , y, z ) = Et(j 0) e k
( k) (k )
− γ j
z
Non dobbiamo quindi rifare i calcoli daccapo: ci “basta” calcolare le nuove quantità Et e Ht postmoltiplicando quelle calcolate nell’ascissa z = 0 (del piano di bocca) per il termine esponenziale contenente il relativo parametro γ ( ) . Vediamo come queste variazioni si ripercuotono sulle relazioni matriciali introdotte nel paragrafo scorso. k
j
Chiamiamo: (k)
le ascisse dei vecchi piani di riferimento ( k) le ascisse dei nuovi piani di riferimento • −l Supponiamo poi che non ci siano perdite e che, dunque •
z
=
relazione: b = Sa I I I relazione: b = S a
0
γ
= ± jβ (22)
Questo fa sì che, una volta che per ogni modo siamo a conoscenza della possibile riscrivere le espressioni degli elementi di a e b: ak e jϑ k
akI
=
bkI
= bk e
− jϑ k
,
con ϑk
=
γ k ,
sia immediatamente
β klk
Ricordando poi che In tal caso si ha solamente una variazione di fase; questo, tuttavia, non risulta essere poi così “innocuo” come può sembrare, perché può comportare diverse variazioni nel comportamento circuitale. Una variazione di fase di π , infatti, può far variare il comportamento da uno di tipo induttivo ad uno di tipo capacito. 22
S qp
=
bq a p
diventa evidente che I qp
S
=
bqI
bq e
=
a pI
− jϑ k
Sqp
=
a pe jϑk
e
− jϑ k
=
e jϑ k
Sqp e −
2 jϑ k
In forma matriciale tutto questo diventa e jϑ 0
0
1
⋱ e
jϑN
T
e jϑ 0 I I ⋱ ⋅ b = S ⋅ ⋅ a jϑ 0 e −
1
−
N T
dove e jϑ SI = 0 −
0
1
⋱ e
− jϑN T
e jϑ 0 ⋱ ⋅ S ⋅ jϑ 0 e −
1
−
N T
4.5 – Significato energetico dei coefficienti am( k ) e bm( k )
Vogliamo mostrare che i parametri am( k ) e bm( k ) sono dimensionalmente delle potenze. Anzitutto ammettiamo di aver stabilito un regime di ortogonalità fra i modi 23; dopodiché possiamo intuitivamente (ma a ragione) scrivere che: Pm( k )
Pm( k+)
=
P m( k−)
−
potenza attiva assoc associa iata ta al modo modo m della porta fisica k
parte entrante nella nella rete rete attra attrave verso rso il modo m alla porta k
parte uscente dalla dalla rete rete attra attrave verso rso il modo m alla porta k
Utilizzando l’espressione del vettore di Poynting, e sfruttando le normalizzazioni scelte 0 se j ≠ k
( ) ( ) ( ) ∫∫ ( E × H ) n dS = 1
onde progressive:
k tj +
k * tj +
k
se j = k
(k )
S
0 se j ≠ k
( ) ( ) ( ) ∫∫ ( E × H ) ( −n ) dS = 1
onde regressive:
k tj −
k * tj −
k
(k)
S
se j = k
si ha: escplicitiamo escplicitiamo le formule in funzione di z
(k) m+
=
1 (k) ( k )* k e tm + ( z ) × h tm + ( z ) ⋅ n ( ) d S 2S
∫
(k)
∫
( k)
etm (k ) 1 − βj m (k) k a E e m tm + 2 S∫ +
=
=
( k ) ( k) 1 jm z ( k ) − βj ( k ) z( k) ( k )* + β ( k) × h tm + e ⋅ n d S e tm + e m 2 S
htm ( k )* + k × a m H tm + e +
(k)
z
( k ) ( k)
β jm
z
⋅ n
(k)
dS
=
am( k )
=
1 (k) ( k )* (k) etm − ( z ) × htm − ( z ) ⋅ −n d S 2S
∫
(k)
etm 1 k ( k ) + βjm(k ) bm Etm − e 2 S∫
E t m + × H tm + ⋅ n
∫
2
(k )
( k)*
tm h ( k )* − k × bm H tm − e −
( k)
z
( k ) ( k)
β jm
z
⋅ −n
(k)
( k)
dS
=
S
1 (k ) am 2
dS
=
bm( k ) 2
2
(normalizzazione )
esplicitiamo le formule in funzione di z ( k ) ( k) 1 jm z ( k ) + βj m( k ) z( k) ( k ) * − β ( k) × ⋅ −n d S e e h e tm − tm − ∫ 2 S
( k)
−
=
=
2
=1
(k) m−
=
=
2
E tm − × H t m − ⋅ − n
∫
(k)
( k)*
( k)
dS
S
=1
=
1 (k ) bm 2
2
(normalizzazione )
Non vogliamo avere a che fare con conversioni di modo, né abbiamo intenzione di calcolarci tutti i termini misti fra le potenze dei vari modi. 23
Dunque: Pm( k )
2 2 1 (k) (k) a b = − m m 2 potenza potenza dispo ibile rifl iflessa ssa isponnibi
La dimensione di
am( k )
e bm( k ) è
2
(k) W , dunque am e bm( k )
2
si misurano in W (potenze).
In una rete passiva , in cui si ha e
d=0 conservazione della potenza , ovvero: in assenza di effetti dissipativi, si ha la conservazione b = Sa
+
=
potenza totale che entra nella rete
=
−
potenza totale che esce dalla rete
In termini di onde incidenti e riflesse questo significa che, facendo un bilancio energetico dell’intera rete elettrica che tenga conto di quel che accade in tutte le T porte virtuali, si ha: −
=
N T
∑b
2
N T
∑a
=
q
2
p
q =1
=
+
p =1
Dunque la rete semplicemente “ricombina” le energie, senza assorbirne neanche un po’. Se, invece, la rete è sottoposta a perdite, si ha +
>
P −
e viene dissipato quindi il termine che manca da assenza di perdite) con la potenza entrante 24.
per ristabilire l’uguaglianza (che si ha in
−
4.6 – Parametri S in una rete priva di perdite
In una rete senza perdite si ha questa relazione fra i componenti dei vettori a e b(25): N T
∑ (a a p
* p
*
− b pb p ) =
0
p =1
In forma matriciale, questa diventa: T*
T*
a a −b b = 0
a1 b1 ⋮ ⋮ * * a1 ... ... a N ⋅ ⋮ − b1 ... ... bN ⋅ ⋮ = 0 a N bN T
T
T
a
T*
T
a
b
T*
b
Sfruttando le relazioni: b = Sa
b
e anch anche e
T*
=a
T*
S
T*
Si ha: T*
T*
a a −b b = 0 a
T*
a−a
T*
T*
S Sa = 0
Questo implica anche che i parametri di S non possono essere progettati a piacimento: bisogna che essi sottostiano al principio di conservazione dell’energia. Il numero di parametri indipendenti, all’interno di S , è infatti
24
1 NT ( N T + 1) 2 25
su
Ricordiamo che tali elementi sono complessi, quindi ha senso coniugarli.
2 T
Ora raccogliamo, stando attenti a on violare le proprietà delle moltiplicaz ioni fra matrici: a
T*
(I − S
T*
)
S a=0
Dunque, in assenza di perdite, si eve avere: T*
I−S S = 0 T*
I=S S
Questo fissa un netto legame fr gli elementi delle varie colonne dell matrice di diffusione. L’ultima relazione scritta si tradu ce infatti nelle due seguenti condizioni scalari (valide sempre e solo per le reti passive , che hanno ioè d = 0): N T
∑
1)
Sqi
2
=1
∀i = 1,
T
q =1
S1i
2
+
S2i
2
+ ... +
S NT i
2
=1
(gli elementi delle varie colonne pres e singolarmente, se sommati, sono pari a 1) I questa relazione è nascosto il prin cipio di conservazione ell’energia: in pratica ci viene detto che se entra 1 W attraverso na porta elettrica della nostra rete pass iva, allora la somma di t tto quello che fuoriuscirà dalla nostra rete (attraverso tutte le orte elettriche) sarà ancora pari ad 1 (v. igura). La rete, dunque, on crea (né dissipa energia) ma semplice mente la ridistribuisce. 2)
N T q =1
Sqi Sq*m
=
0
∀i = 1, NT
e i ≠ m
CAPITOLO 5 Linee di trasmissione 5.1 – Generalità
Le linee di trasmissione sono strutture cilindriche aperte o chiuse che contengono più conduttori (e quindi se il mezzo è omogeneo possono reggere reggere il modo TEM, come diremo fra poco). poco). Sono molto diffuse per la trasmissione di segnali a basse e medie frequenze; inoltre, nei circuiti integrati a microonde, sono utilizzate per realizzare circuiti a costanti distribuite. Una prima distinzione fra le varie linee di trasmissione coinvolge: • linee TEM1: quando il mezzo sede del campo è omogeneo; • linee quasi-TEM: quando il mezzo sede del campo non è omogeneo . Qualche esempo di linea di trasmissione tr asmissione (che analizzeremo meglio): • il cavo coassiale , formato da 2 conduttori e avente mezzo omogeneo 2. Il cavo coassiale ha al suo centro un singolo conduttore di rame (detto anima); un dielettrico (generalmente in polietilene o PTFE) garantisce l'isolamento tra il centro del conduttore ed uno schermo di metallo intrecciato ( maglia). Lo schermo di metallo aiuta a bloccare le interferenze. Il segnale viaggia come campo elettromagnetico tra l'anima e la maglia; • la stripline , linea di trasmissione TEM che consiste in una striscia conduttiva posta tra due piatti paralleli che hanno la funzione di piani di massa. La striscia può essere sufficientemente rigida da essere sospesa in aria o può essere "compressa" tra due strati di dielettrico. Questo tipo di linea di trasmissione è più difficile da fabbricare, ma offre alcuni vantaggi per applicazioni speciali, cioè per realizzare filtri e accoppiatori; • la microstriscia (“sbilanciata”), che può essere fabbricata usando la tecnologia per i circuiti stampati (PCB) e che è spesso utilizzata per i circuiti a microonde. Consiste in una striscia di conduttore separata dal conduttore di massa (cioè quello freddo) da un substrato dielettrico. Viene utilizzata per antenne, filtri, divisori di potenza ed è un componente economico, leggero e molto compatto; i suoi punti deboli sono tuttavia l’incapacità di convogliare segnali ad alta potenza e le notevoli perdite. Inoltre, le microstrisce non sono schermate e possono irraggiare o dare adito a fenomeni di cross-talking; • la guida coplanare (“bilanciata”), che è simile alla microstriscia, solo che questa volta il conduttore caldo è circondato sullo stesso piano da due conduttori freddi (collegati quindi a massa). Permane, rispetto alla microstriscia, un substrato di dielettrico che sorregge sia il conduttore caldo che i due conduttori di massa che lo affiancano. 1
Se la propagazione è di tipo TEM sappiamo che i campi Et e Ht sono statici e quindi si ha: Et ( P1 , t1 ) = Et ( P1 , t1 ≠ t2 ) = Et ( P2 ≠ P1 , t1 )
2
Detto questo, chiaramente capiamo che si tratta di una linea TEM.
Uno dei quesiti che ci porre o in questo capitolo è il seguente: rappresentazione circuitale dell sezione trasversale delle nostre lin direzione assiale, lo sappiamo gi à, non possiamo farlo, perché abbiamo possono delineare le proprietà del la sezione trasversale in termini di tensi e ?? I ( z ) ⇔ h V ( z ) Scopriremo che ciò è possibile sol se: diametro della ezione trasversale σ ≪ λ
è possibile dare una e di trasmissione? In propagazione. E poi: si ni e di correnti?
lunghezza d’onda
Inoltre, i modi oltre quello TEM d evono necessariamente essere sottotaglio . 5.2 – Descrizione circuitale della propagazione TEM
Nel cas delle linee di trasmissione ci trovia o in uno scenario più generale rispetto a quello studiato nei capitoli 1 2: quando parliamo di modo T M, non possiamo semplicemente dire c e si ha γ = ±σ
perché on abbiamo soltanto l’onda progressi va, bensì anche quella regressi a (v. figura). Siano ora A e A le costanti complesse che dip ndono dal carico ( A ) e dal generatore ( A ); esse posson essere trovate conoscendo il potenzial scalare Φ e tirando in causa le condizioni al contorno −
+
−
+
Φ= ∂Φ ∂n
cost
sui c. e. p.
=0
sui c. m. p.
Si ha infatti, ricordando le equazi ni di Maxwell: t
t
(cosicché
∇t × Et = 0
e
Et
=−
(A eσ
=−
−
+
z
+
A− e+σ z ) ∇t Φ
1 A+ e−σ z − A− e+σ z ) k × ∇t Φ ( η
Osserviamo ora la figur a sinistra: il conduttore di pedice 0, che ha tutti suoi punti a potenziale nullo, si dice conduttore i riferimento (o di terra)3. Il sistema di m+1 cond ttori (dei quali soltanto due sono raffigurati) in esame, una volta fissato il conduttore di riferi ento, si dice linea di trasmissione a m fili4. Poiché il campo ele tromagnetico è nullo all’interno dei condut ori e la componente assiale del campo mag etico è nulla ovunque = −∇t Φ ) possiamo affermare che l’integrale
In molti casi pratici è costituito da uno sche mo che circonda tutti gli altri conduttori o da un pia o metallico molto esteso posto a massa. 4 Nel caso m = 1 (linea di trasmissione ordinaria) il potenziale risulta indipendente dal regime el ttrico della linea ed è funzione soltanto della sua geometria. 3
P 0
∫ e
⋅ τ dℓ
t
Li P i
( τ è il versore tangente alla linea Li ) è indipendente dalla scelta di i e 0 (la cui posizione poteva essere scelta a piacere all’interno dei rispettivi conduttori, dato che la parte di integrale associata alla porzione di Li all’interno dei conduttori non dà contributo) e della linea Li ( ∇t × Et = 0 ci suggerisce che il campo è conservativo, cioè irrotazionale). Di conseguenza tale integrale dipende unicamente dall’ascissa z nonché dal pedice i. Infatti, considerate le due diverse linee, Li e Li′ , che congiungono i due conduttori in figura, si può scrivere: P 0′
P0
∫
et ⋅ τ
dℓ −
∫
et ⋅ τ
dℓ =
Li′ Pi′
Li Pi
∫
f( z)
Stokes
dℓ =
∇t Φ ⋅ τ
funzione Λ della sola z
f( z)
∫∫ ∇
t
× ∇t Φ ⋅ n
d S= 0
S
( Λ è la linea chiusa che unisce tutti i percorsi disegnati in figura; S è la superficie chiusa individuata da tale linea chiusa) Il che vuol dire, in pratica: P 0′
P0
∫e
t
∫ e
⋅ τ dℓ ≡
t
⋅ τ dℓ
Li′ P i′
Li Pi
(non dipendenza da
i
e
0
e dal percorso)
L’integrale P 0
Vi ( z )
∫ e
=
t
⋅ τ dℓ
Li P i
rappresenta dunque la tensione sul conduttore i-esimo rispetto al conduttore di riferimento (pedice 0) sul piano trasversale considerato (e raffigurato nella pagina scorsa). Sostituendo: et = −
(A e σ −
z
+
+σ z
+ A− e
)∇ Φ t
Si ha: Vi ( z ) = − ( A+ e
P 0
−σ z
+
A− e
+σ z
) ∫ ∇ Φ ⋅ τ dℓ = − ( A e
−σ z
+
t
+
A− e + σ z ) ( − Φ i ) = ( A+ e − σ z + A − e + σ z ) Φ i
Li P i
Ponendo allora: Vi + = A+ Φi Vi − = A− Φi
(compare il pedice i perché chiaramente ogni conduttore ha un suo potenziale rispetto al conduttore 0 di riferimento) Si ha = Vi e σ z + Vi e σ z dove Vi e V i hanno il significato di fasore rispettivamente della componente progressiva e regressiva della tensione del conduttore i-esimo rispetto a massa. Per ogni ascissa z posso quindi definire un vettore delle tensioni: V1 ( z ) ← tensione tra conduttore 1 e conduttore di riferimento (0 ) V z ( ) 2 ← tensione tra conduttore 2 e conduttore di riferimento (0 ) Vi ( z )
+
−
+
+
−
−
V =
⋮ ⋮ Vm ( z ) ← tensione tra conduttore m e conduttore di riferimento (0 )
Facciamo ora un ragionamento an alogo, ma per le correnti. Sulle superfici dei conduttori sc rrono correnti assiali le cui densità li eari possono calcolarsi tramite le ben note condizioni al c ontorno relative ai conduttori elettrici p rfetti. Si noti che queste sono le uniche correnti assiali, dal mo ento che al’interno dei conduttori non c’è campo e quindi neanche corrente, e all’esterno è nulla la componente assial del campo elettrico. La corrente totale trasportata dal co nduttore generico può ottenersi dalla legge di circuitazione: z = i ( ) ∫ ht ⋅ τ dl li
Come abbiamo già fatto per le tension , mostriamo che questo integrale non dipende dalla scelta de l percorso chiuso li (v. figura), bensì dipende dall’ascissa z. salta fuori dal prodotto vettoria le k × τ Si ha infatti:
∫ h
t
⋅ τ dl −
∫ h
t
li′
li
⋅τ
Stokes 2 dl = (z) ∇t Φ ⋅ n d l + ∇t Φ ⋅ n e d l = g ( ) ∫∫ ∇t Φ dS = 0 ∫ ∫ l′ S = 0 !! funzione l della sola z
i
i
deriva dal segno meno ( he ora è diventato +): è pari a ‒n (S è la superfi ie chiusa racchiusa dalla linea chiusa 5 scelta)
Dunque abbiamo appena dimostr to Ii ( z ) =
∫ h
t
⋅ τ dl
li
rappresenta davvero una corrente. Ricordando ora che t
=−
1 A+ e−σ z − A− e+σ z ) k × ∇t Φ ( η
sostituiamo e otteniamo: i
(z) = −
1 ( A+ e −σ z − A− e +σ z η
∫ li
−∇t Φ ⋅ ( k × τ )
dl =
il segno − scappa fuori per la proprietà anticommutativa del prodotto vettoriale
1 ( A+ e −σ z − A− e +σ z ) η
∫ ∇ Φ ⋅ n dl t
li
Se ora prendiamo l’espressione d l potenziale Φ in un generico punto ave nte coordinate ( x1 , x 2 ) e mettiamo in evidenza la dip endenza dalle caratteristiche geome riche ed elettriche e dall’alimentazione, possiamo for ulare questa espressione: numero di conduttori caldi
potenziale in dire ione trasversale
Φ ( x1 , x 2
m
=
∑
parte riguardante la gometria e le caratteristiche parte dipenden te della sezione trasversale dall'alimentazione
F j ( x1 , x 2 )
Φj
j =1
Facciamo ora in modo che le fun ioni j ( x1 , x 2 ) , che devono soddisfare l’equazione di Laplace e essere definite sul piano trasve sale, soddisfino le seguenti condizion i al contorno per ogni generico conduttore: ∇t2 F j = 0 (Lap ace) j = 1, 2, ..., m j = 1 sul contorno del conduttore j j = 0 sul con orno degli altri conduttori i ≠ j Assegnando questi valori 6 , abbi mo introdotto una normalizzazione. ra possiamo conoscere
l’espressione del potenziale 5
Φ ( x 1 , x 2 )
Volevo fare un gioco di parole, chiedo perd no.
per ogni conduttore:
∇t2Φ ( x1 , x 2 ) = 0 (Laplace) Φ ( x1 , x2 ) = Φ1 per le x1, x2 ∈ conduttore 1 per le x1 , x2 ∈ conduttore 2 Φ ( x1 , x2 ) = Φ2 ⋮ Φ ( x1 , x2 ) = Φm per le x1 , x2 ∈ conduttore m
(7)
Fatte queste precisazioni sul potenziale, la nostra i
(z) =
1 ( A+ e −σ z − A− e +σ z ) η
∫ ∇ Φ ⋅ n dl t
li
diventa i
(z) =
1
η
( A+ e
−σ z
− A− e
+ σ z
m ) F ∇ Φ ∑ ∫ l t j=1 j j ⋅ n dl i
Ricombinando i termini: 1 I i ( z ) = ( A+ e −σ z − A− e +σ z ) η
∫ ∇t Fj ⋅ n d l Φ j ∑ j =1 l m
i
Moltiplicando e dividendo per ε (8): 1 ( A+ e −σ z − A− e +σ z ) i (z) = εη
Φ j ε ∇t F j ⋅ n d l ∑ ∫ j =1 l m
i
Se per definizione poniamo:
∫
ε ∇t
j
⋅ n dl
≜ C ij
li
Si ha: 1 = ( z ) ( A+ e −σ z − A− e +σ z ) i εη
m
∑Φ C j
ij
j =1
5.3 – La matrice capacità
Per comprendere il significato dei parametri C ij si consideri una situazione statica in cui il conduttore j-esimo sia mantenuto al potenziale costante di 1 V, mentre i rimanenti siano a potenziale zero (v. figura). In queste condizioni non si hanno componenti assiali del campo elettrostatico, mentre la distribuzione del campo trasversale, identica su ogni piano perpendicolare all’asse, è descritta dal potenziale adimensionale j definito, come abbiamo visto, da ∇t2 F j = 0 (Laplace) j = 1, 2, ..., m F j = 1 per il conduttore j conduttori i ≠ j j = 0 per gli altri conduttori In pratica, trovandoci sul conduttore j , abbiamo azzerato tutti i potenziali tranne quelli di tale conduttore j. Se siamo sul conduttore 1, quindi, avremo semplicemente Φ1 , e tutti gli altri termini F 2Φ 2 , F 3 Φ3 , etc…. sono sono tutti azzerati.
6
Da qui pare ancora più evidente che le funzioni F dipendono soltanto dalla geometria della struttura: bisogna infatti vedere dove si estendono i conduttori, che forma hanno e che spazio occupano nella sezione trasversale per poter avere l’espressione completa di Φ ( x1 ,x 2 ) . Nel sistema appena mostrato, il potenziale ha un diverso valore, dipendente dall’alimentazione, in base a in quale conduttore ci troviamo (ovvero dove ci troviamo troviamo - e il dove dipende chiaramente dalla forma). 8 Questa costante ci permetterà di distinguere fra casi TEM e casi non-TEM: nel caso TEM, infatti, è costante e possiamo portarla fuori dall’integrale. 7
Il campo elettrostatico trasversale è cioè et = −∇t F j ⋅ 1V (9)
È allora evidente per il teorema di Gauss
∫
dl ≜
∇t F j ⋅ n
li
−∇t F j ⋅1V
Cij
⇒
ε
C ⋅1V
q
≜ ij ≡ ε ε −et
Teorema di Gauss
che C ij ⋅1V rappresenta la carica per unità di lunghezza posseduta dal conduttore i-esimo nella situazione considerata (cioè quando tutti i conduttori sono azzerati tranne il conduttore j-esimo, che sta a 1 V). Poiché poi il solo conduttore j-esimo è a potenziale positivo, e gli altri a potenziale nullo, si avrà: C jj > 0
(cioè il conduttore j-esimo ha carica positiva quando è l’unico ad essere messo a 1 V) C ij ≤ 0 (i ≠ j ) (cioè i conduttori diversi da j hanno carica negativa quando il conduttore j è l’unico ad essere messo ad 1 V) Inoltre, per il teorema di reciprocità 10 (essendo il mezzo lineare e isotropo, e quindi reciproco), dev’essere: Cij = C ji
Infine, si osservi che, poiché il sistema di conduttori in esame si suppone isolato (cioè nient’altro si suppone esistere nello spazio se non i conduttori stessi), la sua carica totale dev’essere nulla, cioè: m
∑ C
ij
=0
i =0
Ne deduciamo che, nella matrice tutti i coefficienti C
C0
(simmetrica, perché abbiamo detto che
C0
i termini positivi C jj Inoltre, si ha che:
>0
C11 C12 C C22 21 = ⋮ ⋮ Cm1 ⋯
Cij = C ji )
formata da
⋯ C 1m ⋯ C 2m ⋱ ⋮ ⋯ C mm
stanno tutti sulla diagonale, mentre tutti gli altri (i
C ij ≤ 0 ) sono negativi.
m
C ≥jj
∑ C
ij
i =1 i≠ j
Quest’ultima proprietà e le caratteristiche già illustrate della matrice capacità (grazie ad esse la matrice è iperdominante), costituiscono la condizione necessaria e sufficiente affinché una data matrice m x m di numeri reali possa interpretarsi come matrice capacità di una linea a m fili11. Torniamo ora alla nostra relazione: 1 (z) = ( A+ e −σ z − A− e +σ z ) i εη
9
F j
è adimensionale; il suo corrispondente potenziale fisico è
F j ⋅ 1V
m
∑Φ C j
ij
(12)
j =1
.
In soldoni: se il mezzo a è reciproco rispetto al mezzo b , l’effetto che le sorgenti di a hanno sul campo provocato da b è uguale a quello che le sorgenti di b hanno sul campo provocato da a. 11 Questo fatto ha grande importanza in sede di progetto perché consente di giudicare se una matrice capacità ottenuta come risultato di un procedimento di sintesi corrisponde o meno a una linea a più fili fisicamente realizzabile. 10
Siccome ci ricordiamo che Vi + = A+ Φi Vi − = A− Φi
Allora si ha: 1 z = ( ) ( A+ e −σ z − A− e +σ z ) i εη
m
∑Φ C j
=1
=
ij
e −σ z
m
∑C V ij
ηε
j
=1
j+
−
j
eσ z
ηε
m
∑ C V ij
=1
j−
j
5.4 – Equazioni dei telegrafisti
Se ora ricordiamo il risultato al quale siamo giunti nel paragrafo scorso Vi ( z ) = Vi e σ z + Vi e σ z unitamente a ciò che siamo, dopo tanta fatica, riusciti a dire sulle correnti −
+
+
i
(z) =
e −σ z
−
m
∑C V ij
ηε
−
j+
j =1
eσ z
m
∑C V
η ε j = 1
ij
j−
e definiamo i seguenti due vettori V+ =
V1 + V 2+ ⋮ V m +
V − =
allora possiamo scrivere, compattamente: V( z ) =
V e +
−σ z
V 1 − V 2− ⋮ V m −
σ z
e + V −
1 1 σ z −σ z I ( z ) = ηε C0 V+ e − ηε C 0 V− e Quindi si può costruire anche un vettore di correnti I, contenente tanti elementi quanti sono i
conduttori (meno quello di riferimento). Siccome abbiamo calcolato le tensioni e le correnti grazie alla conoscenza di Et e Ht , risulta dunque possibile, per un modo TEM, calcolare i vettori I e V se si è a conoscenza dei modi della struttura. Se ora deriviamo rispetto a z: d V ( z ) −1 σηε ση ε C 0 I( z ) = − d z d I( z ) σ C 0 V ( z ) = d z ηε
(13)
Essendo: σ c = jω + ηε ε
σηε = jωµε
12
Mettiamo una sommatoria in i ambo i lati: m
∑ i =0
Ii ( z ) =
m 1 ( A+ e −σ z − A −e +σ z ) εη i =0
m
∑∑
Φ jC ij =
j =1
m 1 ( A+e −σ z − A −e +σ z ) Φ j εη j =1
m
∑ ∑C
ij i =0 =0
Se m
∑
m
Ii ( z ) = I 0 ( z) +
∑ I ( z) = 0
i =0
i
i =1
Allora, portando di là dall’uguale, scopriamo che sul conduttore freddo circola la corrente: m
∑ I ( z)
I0 ( z ) = −
i
i =1
13
L’invertibilità di
C0
è garantita dalla sua iperdominanza.
= 0
Possiamo scrivere: d V ( z ) −1 σηε ση ε C 0 I( z ) = − d z d I( z ) −σ C 0 V ( z ) = d z ηε
d V ( z ) −1 C 0 I( z ) j = − ω µε dz L c d I( z ) = − ω C 0 + C 0 V ( z ) dz ε G 0
⇒
0
d V ( z ) d z = − jω L 0 I( z ) d I( z ) = − ( G + ω C ) V ( z ) 0 0 d z
L 0 = µε C 0−1 con c G 0 = C 0 ε
(equazioni dei telegrafisti ) Come si vede, in tali equazioni sono spuntate fuori delle nuove quantità: 1 L 0 = µε C 0 • la matrice induttanza caratteristica : −
•
la matrice conduttanza caratteristica:
c
G0 =
ε
C0
Le equazioni dei telegrafisti costituiscono una particolare formulazione che si può dare alle equazioni di Maxwell quando si considerano i soli modi TEM. Di fatto le equazioni dei telegrafisti sono equivalenti alle equazioni di Maxwell in quanto forniscono le stesse informazioni, poiché dalla descrizione del comportamento elettromagnetico della struttura in termini di tensioni e di correnti si può risalire a quella in termini di campo c ampo elettromagnetico e viceversa. Osservando i vettori di tensione e di corrente V( z ) = Ve
−σ z
+
σ z
e + V −
1 1 σ z −σ z I ( z ) = ηε C0 V+ e − ηε C 0 V− e
possiamo inoltre definire: • la matrice impedenza caratteristica : •
−1
Zc = ηε C0
la matrice ammettenza caratteristica:
= Y c
1 −1 C0 = Zc ηε
Dunque si ha, in un regime qualsiasi: V( z ) = V+ e −σ z + −σ z I ( z ) = Yc ( V+ e
+σ z
V e −
+σ z
− V− e
)
Insomma, stanno rispuntando fuori tutte le quantità che già conoscevamo per lo studio dei circuiti “classici”. D’altronde, giunti a questo punto, è facile notare che il parallelismo con le equazioni di Maxwell è fortissimo: effettuando infatti le seguenti sostituzioni d dz I(z)
“Nuove” quantità
→
∇×
→
h
V ( z ) →
e
C0
→
ε
G0
→
c
L0
→
µ
“Vecchie” quantità
rispuntano tali e quali le equazioni già viste nei corsi di Fisica. 5.5 – I modi TEM in una linea a
m
conduttori
Mettiamo ora insieme le relazioni: 1) per le componenti trasversali del campo elettrico e magnetico: et = − ( A+ e−σ z + A− e+σ z ) ∇t Φ 1 −σ z +σ z ht = − ( A+ e − A− e ) k × ∇t Φ η
2) che legano la tensione con le costanti complesse che dipendono dal carico e dal generatore: Vi + = A+ Φi Vi − = A− Φi
3) che esprimono il potenziale in base all’alimentazione e alle caratteristiche geometriche della rete: Φ ( x1 , x 2 ) =
m
∑F
j
( x1 , x 2 ) Φ j
j =1
Otteniamo: m −σ z +σ z et = − ( A+ e + A− e ) ∇t ∑ Fj ( x1 , x2 ) Φ j j =1 m h = − 1 ( A e−σ z − A e+σ z ) k × ∇ Fj ( x1 , x2 ) Φ j + − t∑ t η j =1 V V m e = − A Φ e−σ z + A Φ e+σ z ∇ F ∑ j − t + j t j j =1 V V m 1 −σ z +σ z ht = − ∑ A+ Φ j e − A− Φ j e k × ∇t Fj η j =1 j −
j +
j +
j −
Siamo quindi giunti all’espressione del campo elettrico e magnetico per i modi TEM in una linea a m conduttori m
et = −
∑ (V
j+
e −σ z + V j − eσ z ) ∇t Fj
j =1
ht = −
1 m V j + e −σ z − V j − eσ z ) k × ∇t Fj ( η j =1
∑
Si noti che, come conseguenza di queste ultime equazioni, il campo elettromagnetico risulta espresso come sovrapposizione di onde TEM del tipo: etj = − htj = −
(V
j+
e −σ z + V j − e +σ z ) ∇t Fj
1 V j + e −σ z − V j −e +σ z ) k × ∇t F j ( η
Una qualunque di queste onde non è esprimibile come combinazione lineare delle rimanenti. Si può quindi affermare che una linea a m fili è capace di sostenere m modi trasversali tra loro linearmente indipendenti.
5.6 – Potenza trasportata dal cam o
Dal momento che gli unici comp nenti non nulli del campo elettromagn etico sono trasversali, il vettore di Poynting (che è perpe dicolare a questi) ha la sola component assiale, cioè la potenza fluisce solo in quella direzione. La potenza complessa che attrave sa un piano trasversale all’asse può espr imersi nella forma: c
(z ) =
m
1
2 ∫∫
*
t
× ht ⋅ k dS =
1
∑ 2 V ( z )I j
m
* j
(z ) =
∑ P ( z ) (14) cj
j =1
S
j =1
5.7 – Linee a più fili con condutt ri imperfetti: circuito equivalente
Per rappresentare accuratamente il comportamento reale delle strutture l’analisi precedente va naturalmente raffinata. Una pri a ovvia misura consiste nel tener co to del comportamento imperfetto dei conduttori. Si noti che in tal caso i risultati ottenuti sono s lo approssimati perché, in presenza di perdite nei condut tori, i modi non sono più rigorosamente TEM. Limitatamente al caso di linee di trasmissione ordin rie m = 1, gli effetti del comportamento non ideale dei con duttori sono suscettibili di una semplice interpretazione circ itale. A fianco vediamo il circuito equivalente per il caso di conduttori perfetti: È comunque intuitivo il fatto che, se pe mane il parallelismo con le equazioni di Maxwell le relazioni fondamentali che regolano il funzionamento dei circuiti a cost nti concentrate e se – come abbiamo detto – i modi T EM sorretti dalla struttura sono tutti indipendenti, possiamo calcolare sep ratamente la potenza di ognuno di essi tramite l e formule in cui compaiono i componenti dei vettori delle tensioni e delle c orrenti. Alla fine, sommando tutto, si trova la potenza complessiva. Comunque sia, sostituendo le seguenti equazioni nell’espressione del vettore di Poynting
14
et = − ( A+ e−σ z + A− e+σ z ) ∇t Φ 1 −σ z + σ z ht = − ( A+ e − A− e ) k × ∇ t Φ η
la dimostrazione rigorosa è la seguente (S la ezione trasversale del mezzo interposto fra i conduttori): Pc ( z ) =
1 2
∫∫ e
*
t
× h t ⋅ k dS =
S
1
( z ) g * ( z ) ∫∫ ( ∇ t Φ ) × ( k × ∇ t Φ )
2
e
Φ
1 2
f (z) g * (z )
∫∫ ∇ Φ ⋅ ∇ Φ t
t
*
d S
S
A+ e−σ z + A− e+ σ z
1 −σ z g ( z) = − η ( A+ e
Φ
⋅ k dS =
S
Abbiamo raccolto nelle funzioni f(z) e g(z) , , per comodità: f ( z) =
Siccome
*
−
A− e+ σ z )
* sono funzioni armoniche (= Laplaciano nullo), si ha:
∫∫
∇ tΦ ⋅∇ t Φ
*
∫∫
dS =
S
(
∇t ⋅ Φ ∇ t Φ
*
)
Stokes m
dS
=
∑ ∫ Φ ∇ Φ n d l *
t
j = 0 l j
S
( l j è il contorno del conduttore j-esimo) Se ora teniamo conto del fatto che, all’inter o dei conduttori, il potenziale è costante (lo portia o fuori dall’integrale) e quindi sostituiamo nella relazione della potenza: Pc ( z ) =
m 1 * f (z ) g * (z ) Φ j ∇ t Φ n dl 2 j = 0 l j
∑ ∫
Siccome poi f ( z) Φ j = Vj ( z)
e
∫
I j ( z ) = g ( z ) ∇ t Φ ⋅ n d l ⇒ l j
Arriviamo finalmente a dire che: Pc ( z ) =
1
m
f (z ) Φ g ∑ 2 j
j = 0
V j
*
(z ) ∫ ∇t Φ *n dl
l j
I * (z)
I j ( z ) g ( z )
*
= l
j
∇t Φ ⋅ n
dl
*
•
i parametri C 0 , che ingl bano nella loro formulazione gli ind siderati accoppiamenti capacitivi fra i conduttori d el circuito, vengono calcolati utilizzando la relazione Cij ≜
∫ ε ∇ F ⋅ n dl t
j
li
•
trovati i C 0 possiamo calc lare la conduttanza G0 (che incarna il t ascurabile passaggio di corrente attraverso il dielet rico che avvolge i conduttori)… G0 =
•
c
ε
C 0
… e l’induttanza L0 (che si riferisce alle proprietà auto-indutti e del circuito), sempre calcolando le definizioni c e abbiamo già visto: L0 =
µε C 0
In regime puramente progressivo si ha poi: (z) =
ηε 1 I ( z ) = Zc I ( z ) = I (z) Yc C 0
Come sappiamo, una volta che ab biamo in mano V e Z , è facile calcolare la potenza attiva. Dunque facciamolo: 1 2 1 * R e Z I I R e Z I = { } { } c c 2 1 2 * = Re {VI } = 2 1 Re {VY *V } = 1 Re {Y * } V 2 c c 2 2
=
1 2
Re {Y } V
2
In presenza di piccole perdite n ei conduttori, si può ritenere che gli lementi G0 , C0 , L0 del circuito equivalente, i quali so o legati alla distribuzione di campo relativa al caso ideale, rimangano praticamente immutat i. Come sappiamo, la presenza di c ampo all’interno dei conduttori dà luog o a una dissipazione di potenza attiva e a un accumul di energia magnetica. Questi effetti si possono interpretare circuitalmente attribuendo ai con uttori una resistenza per unità di lung ezza R e un’induttanza interna per unità di lunghezza Li definite dalle relazioni 1 2
I
2
= P L
2 1 Li I = U m 4
(potenza attiva dissipata)
(energia magnetica accumulata)
Questo, quindi, è il nuovo circuito equivalente:
Ricordiamoci poi le espressioni ella costante di fase e di attenuazione che abbiamo calcolato quando abbiamo studiato il meto o perturbativo: •
costante di attenuazione
α =
P L 2P
=
1
R I
2
2 Re {Z c } I 2
=
1
R
2 Re {Z c }
2 1 Li I U 1 ω Li • costante di fase ∆ β = ω m = ω 4 = 2 1 2 Re {Z c } Re {Z c } I 2 Ora abbiamo tutti gli elementi per esprimere sia R che Li :
α m = ∆ β =
1
R
⇒
2 Re {Z c }
ω Li 2 Re {Z c }
1
= 2α m Re{Z c }
⇒
Li =
2 Re {Z c } ∆β ω
Inoltre, abbiamo tutti gli elementi per modificare la costante di propagazione: senza perdite γ = ±σ con perdite γ = σ + αm + j∆β 5.8 – Linee a più fili con conduttori imperfetti: analisi dei modi
I modi di una linea a più fili con conduttori reali (a basse perdite) possono essere determinati con il seguente procedimento. Le funzioni di modo di m onde TEM linearmente indipendenti sono: Etj = −∇t F j Htj = −
∀ j = 1, ..., m
1 k × ∇t F j η
dove ∇t2 F i = 0 (Laplace) Fi = 1 per il conduttore i = 0 per gli altri conduttori l ≠ i i Il problema è che i modi così ricavati sono tutti degeneri e quindi non ortogonali. Dobbiamo quindi impegnarci per trovare una m-upla di modi TEM della linea che siano due a due mutuamente
ortogonali anche in presenza di conduttori imperfetti. Dato che le espressioni dei campi elettrico e magnetico (trasversali) poco fa espresse costituiscono un insieme completo, facciamo la scelta di riesprimere le stesse quantità, ma con dei coefficienti diversi x qi : m
q Et
=
∑ x E qi
ti
i =1 m
q Ht
=
∑ x H qi
ti
i =1
Se ipotizziamo il fatto che il campo abbia una legge di dipendenza dalla coordinata assiale del tipo e −γ z
si ha la seguente espressione per i campi associati: q et
=e
− γ q z
m
∑ x E qi
ti
i =1 q ht
=e
− γ q z
m
∑ x H qi
ti
i =1
In queste espressioni il termine γ q = σ + α mq + jαmq mq
è la costante di propagazione incognita da determinarsi per realizzare la situazione auspicata in cui i modi non siano degeneri.
Il vettore xq dei coefficienti x qi ha un significato fisico ben preciso: esso rappresenta il vettore delle tensioni associate alle Etq , Htq sul piano z = 0 (15). Tali coefficienti vanno determinati in maniera tale che: • in presenza dei modi p, q (con p diverso da q) la potenza attiva dissipata sia nel dielettrico sia nei conduttori uguagli la somma di quelle che competono ai due modi singolarmente considerati e che un’analoga condizione valga per la potenza complessa trasportata lunga l’asse della linea: in pratica, ciò significa che la presenza di un modo non deve interferire con un altro modo in termini di potenza. Traducendo queste poche righe in matematica si ha: termine incrociato per la potenza complessa
Pcqp =
1 2
∫∫
termine incrociato per la potenza dissipata nei conduttori termine incrociato per la potenza dissipata nel dielettrico •
p
( ) q
et × ht
*
⋅ n dS = 0
S
PLqp =
1 2
Pdqp =
*
∫
Rs Jsp ⋅ ( Jqs ) dl = 0
c 2
l *
∫∫ ( ) p
q
et ⋅ et
dl = 0
S
in presenza del solo modo q (potenza q ) tra le potenze attive dissipate nel dielettrico e nei conduttori e la potenza attiva trasportata valga una condizione del tipo t ipo P dq
α q = Pdq
+
q L q
2 q 2P PLq − 2α q P q = 0
+
perdite nei conduttori
perdite nel dielettrico
Senza scendere nei dettagli (la dimostrazione è infinita), combinando le condizioni di annullamento dei termini incrociati, si ottiene il seguente sistema: T 1 1 1 x G P α + − Re q C0 xq = 0 0 L q 2 η ε 1 1 T 1 x p G 0 + P L− α qRe C0 x q= 0 η ε 2 MT 1 G0 + PL − α q Re 1 1 C0 xq = 0 η ε 2
(M è la matrice contenente, per colonne, i vettori x ) Ne deduciamo che il generico vettore xq deve essere la soluzione del problema agli autovalori 1 1 1 G P Re α + − C0 xq 0 L q 2 η ε 15
Infatti se prendiamo le q
et =
e
−γ q z
m
∑ x E qi
ti
i =1 q
ht =
e
−γ q z
m
∑ x H qi
i =1
e poniamo z = 0 l’esponenziale diventa pari ad 1 e si ha m
q
et =
∑ x E qi
ti
i =1 m
q
ht =
∑ x H qi
i =1
ti
ti
=0
A questo punto passiamo alla rappresentazione matriciale dei modi TEM “modificati”: in presenza del modo p e indicando con V p e V p le ampiezze complesse della componente progressiva e regressiva del modo p-esimo, le distribuzioni di tensioni e correnti sui conduttori in presenza di questo modo si scrivono: γ z γ z V p( z ) = ( V pe + V pe ) xp +
−
− p
+ p
+
(z ) = (V p e Il regime elettrico più generale sarà allora: I
−
− γ p z
+
p
V ( z ) =
−V
p−
e
+ γ p z
)Yx c
p
n
∑ V ( z ) p
p =1
I(z ) =
n
∑I
p
(z )
p =1
In forma matriciale si ha:
(
− Γz
V( z ) = M e
(
I ( z ) = Yc M e
Γz
Γz
0
1
)
V+ + e V−
− Γz
e −γ z = 0
)
V+ − e V−
con
e
− Γz
e
− γ p z
− γ z e m
CAPITOLO 6 Linee di trasmissione, parte seconda 6.1 – Dalla propagazione TEM alla propagazione quasi-TEM
Nel capitolo precedente si sono studiate le linee di trasmissione a più fili come strutture capaci di sostenere onde trasversali elettromagnetiche e si è visto che del loro comportamento si può dare una descrizione circuitale rigorosa. In particolare si è messo in evidenza che soluzioni TEM delle equazioni di Maxwell possono esistere solo se il dielettrico interposto tra i conduttori perfetti è omogeneo. Questa condizione è dunque necessaria anche per la validità del circuito equivalente della linea. Ahimè, in molti casi di interesse tecnico si è condotti a considerare strutture cilindriche la cui configurazione è simile a quella delle linee di trasmissione propriamente dette, ma che non possono sostenere modi TEM poiché per esse la condizione di omogeneità del dielettrico risulta violata. Queste guide si diranno d’ora in avanti strutture quasi-TEM. quasi-TEM. L’affinità strutturale tra le due classi di mezzi trasmissivi, TEM e quasi-TEM, fa intuire una fondamentale somiglianza del comportamento, almeno sotto certe ipotesi limitative, e in particolare suggerisce la possibilità di applicare anche alle strutture quasi-TEM i concetti circuitali propri delle linee di trasmissione. In generale ciò risulta possibile grazie alla capacità delle suddette strutture di sostenere modi quasi-TEM, i quali a frequenze sufficientemente basse godono di proprietà analoghe a quelle dei modi TEM propriamente detti, ovvero: • frequenza di taglio pari a zero; • distribuzione trasversale di campo che approssima una distribuzione statica; • componenti assiali delle intensità di campo piccole rispetto a quelle trasversali. In queste condizioni è possibile definire tensioni e correnti su ogni sezione trasversale con incertezza trascurabile e quindi estendere alle strutture quasi-TEM il concetto di descrizione circuitale. 6.2 – Linee di trasmissione non omogenee
Consideriamo una linea di trasmissione a m fili più massa, costituita da m + 1 conduttori elettrici 1 perfetti in un mezzo non omogeneo; in figura, infatti, si vede la presenza di due dielettrici: uno di colore bianco (costante ε 0 ) e l’altro di colore rosa (costante ε 0ε 1 ). La linea tratteggiata è quella delle linee di forza del campo magnetico 2 , le frecce raffigurano invece il campo elettrico. Si nota che soltanto queste ultime passano attraverso il mezzo rosa: ci aspettiamo dunque, rispetto al caso semplicemente TEM, una uguale relazione per il campo magnetico (il mezzo è omogeneo rispetto ad H) e un differente problema per il campo elettrico (il mezzo non è omogeneo rispetto ad E). Per semplificare la trattazione si supporrà di avere un mezzo privo di perdite ( c = 0) e di lavorare ad una pulsazione relativamente bassa. Prendiamo le stesse relazioni già viste nel capitolo 1: 1 2
m dev’essere almeno pari ad 1. Che è evidentemente solenoidale.
elettrico) ∇t × Ht = jωε c E z k → assiale (campo elettrico) magnetico) ∇t × Et = − jωµ H z k → assiale (campo magnetico) magnetico) γ k × Et + k × ∇t Ez = jωµ Ht → trasversale (campo magnetico) γ k × H + k × ∇ H = − jωε E → trasversale (campo elettrico) t t z c t In queste condizioni (siamo sempre nella banda di frequenze relativamente verso i valori bassi) si dimostra che esistono soluzioni tali per cui si ha: Et ≫ E z ∼ 0 Et ≃ Et 0 (appr. al second’ordine) H ≫ ∼ H 0 H H ≃ z t0 t t (dove Et 0 e Ht 0 sono i termini noti dello sviluppo di Mac Laurin)
Sostituendo nelle prime due equazioni del sistema soprastante, e ipotizzando di trovarci presso la continua ( ω = 0), si ha: ∇t × Ht 0 = jωε c E z k ∇t × Et 0 = − jωµ H z k ∇t × Ht 0 =
0
∇t × Et 0 =
0
Questo sistema di equazioni è analogo a quello valido per un modo TEM a frequenza qualsiasi. D’altra parte, questa condizione è fra quelle richieste per poter parlare di conservatività e introdurre i potenziali: Et 0 = −∇tφ ( φ potenziale scalare elettrico) Ht 0 = ∇tψ
(ψ potenziale scalare magnetico)
Essendo il mezzo privo di sorgenti, si ha (dalle equazioni di Maxwell): ∇ ⋅ ( ε e ) = 0 ∇ ⋅h =
0
Siccome in un regime quasi-TEM si ha3: e
≃ Et 0e − jβ z
h
≃ Ht 0e − jβ z
Sostituiamo e otteniamo:
( ε E e β ) = 0 β ∇ ⋅ (H e )=0
∇⋅
− j
z
t0
− j
z
t0
( ∇t + ∇ z ) ⋅ ( ε Et 0 e jβ z ) = 0
∇t ⋅ ε Et 0 =
( ∇t + ∇ z ) ⋅ ( Ht 0e jβ z ) = 0
∇t ⋅ Ht 0 =
−
−
0 0
Se ora ci ricordiamo delle espressioni dei potenziali Et 0 = −∇tφ Ht 0 = ∇tψ
si ha immediatamente: ∇t ⋅ ε Et 0 =
0
−∇t ⋅ ∇ tεφ = 2
∇t φ +
0
1 ∇ tε ⋅ ∇tφ = 0 ε
∇t ⋅ Ht 0 =
0
∇t ⋅ ∇tψ =
0
2
∇t ψ =
0
Ne consegue che ψ è soluzione dell’identico problema di valori al contorno che si avrebbe per il potenziale scalare magnetico di un campo TEM (in senso rigoroso) in dielettrico omogeneo,
3
Ricordiamo che, se non ci sono perdite, si ha: γ
=
β
mentre φ soddisfa un problema iverso. In altre parole, mentre
Ht 0
coi cide con la funzione di
modo magnetica di un’onda TE che si potrebbe propagare lungo la struttura in esame se il dielettrico fosse omogeneo, quest non è vero per Et 0 . 6.3 – Calcolo delle tensioni
A questo punto dobbiamo ripete e il ragionamento già effettuato nel cap itolo 5, trattandolo però dal punto di vist dei modi quasi-TEM. Consideriamo dunque un regime elettrico associa o ad un solo modo quasi-TEM pura ente progressivo che si propaga lungo la linea. Prendiamo la ter a equazione del nostro famoso sistema γ k × Et + × ∇t Ez = jωµ 0Ht e moltiplichiamo vettorialmente ambo i lati per e − jβ z k : − j β z k × jωµ 0Ht + k × k × ∇t Ez ) = e
e − jβ z ( k × γ k × Et
A questo punto ci ricordiamo dell ’identità vettoriale k × ( k × a t ) = −a t
e dell’assenza di perdite γ
= jβ
e scriviamo: e − j
z
(−
j Et
Ez ) = e− j β z k × j
− ∇βt
0
Ht
ωµ
Se ora integriamo entrambi i me bri tra P i e P 0 lungo la linea Li , tenendo conto del fatto che il termine contenente E z dà valore ullo in quanto abbiamo specificato che el caso quasi-TEM si ha
Et ≫ E z ∼ 0 Ht ≫ H z ∼ 0 otteniamo: P o
∫ j
−
P o
e
−
βj z
Et ⋅ τ
dl =
Li P i
∫ jωµ e
β j z
k × Ht ⋅ τ
dl
Li P i Po
− j β e
−
0
− j β
P o
∫ E ⋅ τ dl = jωµ ∫ e t
0
Li Pi
− j β z
k × Ht ⋅ τ
dl
Li P i
Se ora poniamo P o
e
− j β z
∫ E ⋅ τ dl ≈ V ( z ) t
i
Li P i
(per definizione e con l’aggiunta del termine esponen iale per tenere co nto della propagazione in direzione assi le) possiamo scrivere: P o
− j
Vβ z =j i( )
∫
− j β z k × Ht ⋅ τ dl ω 0 µ e
Li P i
Se ora deriviamo rispetto a z:
eωµ ∫ k × Ht ⋅ τ d l 0 L P P d d − j β z k × Ht ⋅ τ d l β( Vi ( z) ) = j 0 ωµ e − j ∫ dz dz L P Derivando l’esponenziale esce fuori un − j β : P o
d d j Vi (βz) ) = j − ( dz dz
− j β z
i
i
o
i
i
dV ( z ) jβj i dz
−
−1
=−
dVi ( z ) dz
P o
Li P i
d jβ ⋅j ω0µ e dz
∫ k × H ⋅ τ
− j β z
−1
t
d l
P o
∫ τ × k ⋅ H
− j β z
ωµ j 0 e
=
d l
t
P i
Li applicata la permutazione ciclica del prodotto misto P o
dVi ( z )
=−
dz
∫ H ⋅ n d
− j β z
ωµ j 0 e
dato che
l
t
τ×k
=‒n
Li P i
Si consideri ora la struttura resa omogenea e siano 4: C0 la sua matrice capacità (elementi C ik ) e • •
−1
L0 = µ0ε 0C0
Poiché la
Ht
(elementi Lik ) la sua matrice induttanza.
è la stessa che avremmo in un modo TEM (abbiamo detto che le cose non cambiano
per il campo magnetico), si ha (senza dimostrazione) che: siccome P o
∫H
µ 0
Ht ≅ H t 0
m
t
⋅n
dl
∑ L ∫ H
=
ik
k =1
Li Pi
t0
τ
dl
lk
Quindi così diventa l’espressione della derivata: dVi ( z ) dz
m
=−
− j β z
jω e
∑ L ∫H ik
t0
k =1
m
τ
dl=
−
∑ L ∫ e
− j β z
jω
ik
k =1
lk
Ht 0 τ
dl
lk
Ponendo ora: k
( z ) ≈ ∫ e
− j β z
Ht ⋅ τ
dl
lk
(teorema d’Ampére con l’aggiunta del termine esponenziale per tenere conto della propagazione in direzione assiale) otteniamo: dVi ( z ) dz
m
≈−
jω
∑ L ∫ e
− j β z
ik
k =1
m
Ht 0 τ
∑L
d l = − jω
lk
I
ik k
( z)
k =1
Ik ( z )
In forma vettoriale si ha: d V ( z ) dz
≈ − jω L0I
(z)
Quindi, a partire da una linea quasi-TEM e per quanto riguarda le tensioni, ci siamo ricondotti ad una linea TEM: fatte le dovute ipotesi (basse frequenze, etc…), insomma, le relazioni che riguardano il caso TEM (dielettrico omogeneo) possono approssimare quelle che concernono il caso quasi-TEM (dielettrico non omogeneo). 4
Le matrici di seguito elencate sono le stesse del capitolo 5!
6.4 – Calcolo delle correnti
Procediamo ora al calcolo delle correnti: prendiamo la quarta equazione del sistema ∇t × Ht = jωε c E z k ∇t × Et = − jωµ H z k γ k × Et + k × ∇t E z = jω µ Ht γ k × H + k × ∇ H = − jωε E t t z c t e ripetiamo lo stesso identico ragionamento del paragrafo 6.3, moltiplicando vettorialmente ambo i lati per e − jβ z k : − β j z e k × γ k × Ht + k × ∇t H z = − jωε c e − β j kz × Et = j β Chiaramente vale ancora l’identità vettoriale
k × ( k × a t ) = −a t
e quindi: e − β j (zj k × k × Hβt + k × k × ∇t H z ) = − j e − βj
(−j
z
Ht −β∇t H z ) = − j
Se ora integriamo entrambi i membri tra termine contenente
z
e
i
c
c
e−
β j z
k× ωE εt
z × Et e −ωβ jεk
lungo la linea Li , tenendo conto del fatto che il
0
dà valore nullo in quanto abbiamo specificato che nel caso quasi-TEM si ha
Et ≫ E z ∼ 0 Ht ≫ H z ∼ 0 e della relazione espressa nel paragrafo 6.3 k
(z) ≈ e
− j β z
∫ H ⋅ τ dl t
lk
otteniamo: Po
−e
− j β z
P o
∫ j β H
+ ∇t H z ⋅ τ
t
dl = − e
c
Li Pi
t
Li P i Po
−
∫ jωε k × E ⋅ τ dl
− j β z
−
j β e
∫ H ⋅ τ d l= − j
βj z
t
P o −
eω
β j z
Pi
∫
c
k ε × Et ⋅ τ
dl
Li P i
Li Ii ( z ) P o
∫
j βIi ( z) = j ωe
− j β z
ετ × k ⋅ Et d l
c
P i
Li applicata la permutazione ciclica P o
∫ ( −
j βIi ( z) = j ωe
− j β z
εEt ⋅ n ) d l
dato che
c
Li P i
Giunti qui, deriviamo rispetto a z: P − j β z j ω j βI( z) = e ( − c εEt ⋅ n ) d l ∫ dz dz L P P dI ( z ) − j β z d jβ = − j β j ωe ( − εc Et ⋅ n ) d l ∫ dz d z P L
d
d
o
i
i
o
i
i
τ×k
=‒n
− j β z E n ε = − ωj e − ⋅ ∫ P c t 0 d l dz siccome E ≅ E L Adesso facciamo una cosa furba: riabilitiamo le condizioni al contorno relative al potenziale scalare elettrico φ , , che possiamo esprimere così P o
dI ( z )
i
t
i
t0
m
φ
=
∑φ
k
k
k =1
essendo
k
una funzione adimensionale delle coordinate trasversali definita come segue
1 2 ∇t Fk = − ε ∇tε ⋅ ∇t F k (k = 1, 2, …, m) Fk = 1 sul contorno del conduttore k = 0 sul contorno contorno del conduttore conduttore i ≠ k k Quindi sfruttiamo la
(5)
Et 0 = −∇tφ
e riscriviamo: dI ( z ) dz
Po
=−
−
j e ω
P o
∫ ( −ε E
βj z
c
t0
⋅n
j e ) d l= − ω
−
Li Pi
dI ( z ) dz
β j z
∫ ε ∇ φ ⋅ n d l c
t
Li P i P o − j β z
j e ω
=−
Li
dI ( z ) dz
m F ε φ ∇ ∑ c t k k ∫ P k=1 ⋅ n d l i
P o
m
j ω
=−
∑φ
k
∫ ε ∇
− j β z
e
c
k =1
t
Fk ⋅ n d l
Li P i
D’altra parte Vi ( z ) ≈ e
−
Po j z β
∫E
⋅τ
t0
dl = e
P o j z β
∫ −∇ φ ⋅ τ dl = φ e
−
t
Li Pi
−
j z β
k
Li P i
e (v. capitoli addietro) Cik
=
∫ ε ∇ F t
k
⋅n
dl
li
Di conseguenza: dI ( z ) dz
m
=−
∑ C V ( z)
jω
ik
k
(k = 1, 2, …, m)
k =1
Che diventa, in notazione matriciale: dI dz
= − jω CV
(z )
(6)
In conclusione, la propagazione quasi-TEM lungo un sistema di conduttori in dielettrico non omogeneo privo di perdite può essere essere descritta in via approssimata in termini di tensione correnti dalle equazioni dei telegrafisti del tipo
Notiamo come questa volta gli Fk debbano soddisfare una equazione di Laplace non omogenea (cosa che non accadeva nel capitolo 5). 6 Ricordiamo che la matrice capacità è stata ottenuta a partire dalla funzione potenziale in condizioni di mezzo non omogeneo; la matrice induttanza, invece, è stata calcolata in condizioni condi zioni di mezzo omogeneo. 5
d V ( z ) dz
= − jω L0I
dI dz
(z)
= − jω CV
(z)
e quindi formalmente identiche a quelle valide per la propagazione TEM in senso stretto in un mezzo omogeneo privo di perdite. La differenza sostanziale tra i due casi consiste nel fatto che, mentre la matrice induttanza resta la stessa, la matrice capacità deve essere calcolata tenendo conto della disomogeneità del mezzo. A parte questo, tutte le considerazioni svolte in precedenza a proposito del comportamento circuita delle linee e più fili in regime TEM continuano ad essere valide per le linee non omogenee nel campo di funzionamento quasi-TEM. Anche in questo caso, le equazioni dei telegrafisti testé illustrate sostituiscono a tutti gli effetti le equazioni di Maxwell ai fini della descrizione dei modi. Infine, è ancora possibile descrivere un circuito equivalente per la propagazione quasi-TEM inteso nello stesso senso già discusso nel capitolo scorso (vedremo meglio questo aspetto più avanti). 6.5 – Determinazione (della costante di propagazione) dei modi quasi-TEM
Consideriamo il nostro sistema a m+1 conduttori; ormai, giunti fino a questo punto, il concetto di modo presumibilmente ci esce dalle orecchie, così come la dipendenza da e −γ z
Lo scopo che ci prefiggiamo è proprio quello di trovare delle soluzioni alle equazioni d V ( z ) dz
= − jω L 0I
dI ( z )
(z)
= − jω CV
dz
(z )
che abbiano dalla coordinata assiale una dipendenza del tipo: V ( z ) = V 0 e I ( z ) = I0 e
con V 0 e
I0
− γ z
− γ z
vettori costanti (calcolati in z = 0, e da qui lo 0 al pedice) da determinarsi.
Sostituendo queste relazioni direttamente all’interno delle equazioni dei telegrafisti si ha: d V ( z ) dz
= − jω L 0I
dI dz
(z)
d V0 e −γ z = − jω L0 I( z ) dz e −γ z = − jω L0 I0 e −γ z −γ V 0
γ
= − jω CV
(z)
d I 0 e − γ z = − jω CV ( z ) dz −γ z − γ z −γ I 0 e = − jω CV 0 e
V0 = jω L0 I0
γ I0
=
jω C V 0
Sostituiamo la seconda equazione nella prima:
ω CV 0 j γ
γ V0
= jω L0
γ2 γ2
(γ
2
2
V CV = −ω L 0 0 0 2
V = + ω L0 CV 0 0
0
)
2
Im + ω L0C V0 =
0
Questa equazione risolvente rappresenta in realtà un sistema di m equazioni lineari omogenee in m incognite (gli elementi del vettore V 0 ). Poiché soltanto le soluzioni diverse dalla ovvia (cioè quella nulla,
V 0 =
0 ) hanno interesse, si deve imporre che γ sia tale da rendere soddisfatta
l’equazione: det ( γ 2Im
2
)
+ ω L0C =
0
Questa equazione algebrica di grado 2m in γ ammette 2m 2m soluzioni distinte e opposte a due a due.
Essendo la struttura priva di perdite per ipotesi si può porre: ω γ = + j β = ± j v p
( v p è la velocità di fase) Per cui si ha: det ( γ 2Im
)
2
+ ω L0C =
0
ω 2 2 det − 2 Im + ω L0C = 0 v p 1 det L0C − 2 Im = 0 v p Si noti che ai due valori opposti ( ± ) corrisponde la stessa soluzione, cioè la stessa distribuzione di tensioni. Si può allora affermare che una linea a m fili con dielettrico non omogeneo è in grado di sostenere m modi quasi-TEM linearmente indipendenti e aventi in generale costanti di propagazione distinte. Inoltre, notiamo che gli inversi dei quadrati delle velocità di fase di tali modi, cioè 1 v p2
sono gli autovalori della matrice
L0C ,
e quindi dipendono esclusivamente dalle caratteristiche
della linea e non dalla frequenza, in accordo col carattere quasi-TEM dei modi stessi. Dal punto di vista intuitivo, è facile rendersi conto della ragione della diversità delle velocità di fase dei modi quasi-TEM (questo aspetto ha un risvolto importantissimo: in virtù della ω γ = ± j β = ± j diversa per ogni modo quasi-TEM v p
i modi quasi TEM avranno diverse costanti di propagazione, quindi non saranno degeneri e non ci sarà quindi bisogno di normalizzarli). Essendo il dielettrico non omogeneo, l’energia trasportata dal generico di tali modi si ripartisce in diverse misure tra le varie regioni dielettriche, le cui velocità di fase intrinseche sono diverse. Poiché in realtà la velocità del modo dev’essere unica, ci si può aspettare intuitivamente che l’effettiva velocità di propagazione dell’energia sia una media pesata delle velocità di quest’ultima nelle varie regioni omogenee (frazioni di riempimento). Poiché per un modo trasversale la velocità di propagazione dell’energia coincide con la velocità di fase v p , la stessa conclusione vale per v p : N
v p≃
∑w v
k pk
k =1
( wk sono i pesi dati alle varie velocità di fase) Quindi gli m modi quasi-TEM hanno diverse configurazioni di campo elettromagnetico, il ché implica che vi siano diverse ripartizioni dell’energia: a seconda di come saranno distribuite le tensioni e le correnti avremo infatti delle sezioni con potenza massima e delle sezioni con potenza nulla. L’altro effetto di queste ripartizioni sta nel fatto che i conduttori si accoppieranno a livello capacitivo e potremo quindi avere interferenza fra i segnali che si propagano. Sia ora v pi la velocità di fase del modo i-esimo e all’autovalore 1
2 v pi
. Per definizione si ha:
xi
l’autovettore di
L0C
corrispondente
1 L0C − 2 Im x i v p
=
0
Se ora confrontiamo con
(γ
2
)
2
Im + ω L0C V0 =
0
capiamo che si può assumere: V0
L’autovettore
xi
v
p=v pi
= xi
assume allora il significato di vettore delle tensioni sul piano z = 0 in presenza del
solo modo i-esimo e fissa, quindi, i valori delle tensioni e delle correnti sui conduttori nella sezione di alimentazione in presenza del solo modo i-esimo7. Siccome, ricordiamo, si ha ω γ I0 = jω CV 0 γ = ± j β = ± j v p
± j
ω I0 v p
=
jω CV 0
I 0 = ±v pCV 0
allora I0
v
p=v pi
= ±vpiCxi
Insomma, grazie al principio di sovrapposizione degli effetti, alla fine possiamo esprimere il campo quasi-TEM della linea come somma di m onde del tipo: ω ω z z − j + j v v xi V0 v =v = xi Vi ( z ) = Vi + e + Vi − e ω ω z z − j + j v v Cxi I0 v =v = ±vpi Cxi Ii ( z ) = vpi − Vi − e pi Vi + e In altre parole, se poniamo: e −γ z v p1 0 0 − γ z − Γz v= e e v pj = − γ z 0 e 0 v pm (matrice con gli esponenziali) (matrice delle velocità di fase) x x p1 x m1 11 M= ⋮ ⋯ ⋮ ⋯ ⋮ x1m x pm x mm x x x (gli autovettori tutti affiancati) Le soluzioni prendono la seguente forma: p
p
pi
pi
pi
pi
pi
pi
1
p
m
1
p
(e
− Γz
I ( z ) = CMv
(e
V( z ) = M
V+ + e
− Γz
m
Γz
V+ − e
V− Γz
) )
V−
Queste relazioni sostituiscono le 7
Inoltre, tale autovettore fissa le condizioni al contorno per il potenziale scalare elettrico.
V( z ) = V+ e−σ z + V− eσ z 1 1 −σ z σ z I C V C0 V− e = − z e ( ) 0 + ηε ηε e ne costituiscono l’estensione a un dielettrico non omogeneo. La differenza fondamentale fra i due casi consiste nel fatto che in dielettrico non omogeneo si hanno in generale tante diverse velocità di fase quanti sono i conduttori della linea. Se ora (hp: regime d’onda puramente progressivo) sostituiamo la − Γz −1 −1 −1 I ( z ) = CMv ⋅ e V+ ⇒ I(z)C M v
=
e − Γz V+
nella V( z ) = M⋅ e
− Γz
V +
abbiamo: V( z ) = Mv M C I( z ) −1
−1
−1
Per cui le espressioni delle matrici impedenza e ammettenza caratteristica sono: impedenza caratteristica Zc = Mv −1M −1C−1
( Mv
−1
ammettenza caratteristica
−1
Y = Zc = c
−1
−1
M C
)
−1
−1
= CMvM
(8)
Inoltre, si ha: CMv = YcM
Se sostituiamo questa quantità nel sistema V( z ) = M( e −Γz V+ + eΓz V− ) Γz − Γz I ( z ) = CMv ( e V+ − e V− ) ci spunta fuori questa formulazione, più consueta per noi abituati dell’elettromagnetismo classico: V( z ) = M( e −Γz V+ + eΓz V− ) Γz − Γz I ( z ) = Yc M ( e V+ − e V− ) Per confronto, nel caso di dielettrico omogeneo e conduttori perfetti, valgono le: σ z V( z ) = e−σ z V V +e + − −σ z σ z I ( z ) = Yc ( e V+ − e V− ) Si passa quindi da un caso all’altro eseguendo le sostituzioni e −σ z
⇔ Me
− Γz
eσ z
⇔ Me
alle
formule
Γz
cioè mettendo in conto il fatto che, anziché avere un unico fattore di propagazione, se ne hanno m , ognuno associato ad una specifica distribuzione di tensioni sui conduttori, rappresentata dal vettore xi (cioè dall’i dall’i-esima colonna di M). Ricordiamo che le considerazioni fatte fin’ora valgono soltanto a frequenze basse: oltre una certa pulsazione limite ω lim , infatti, i termini della serie di Mac Laurin di grado superiore a 1 iniziano ad avere influenza: 2
Et
prima li trascuravamo; ora iniziano a farsi sentire!
8
4
ω ω ∼ Et 0 + Et 2 + Et 4 + ... ω ω R R
Attenzione all’ordine delle matrici!
ω R
il più piccolo dei raggi di convergenza della serie
Questo è quel che si ha nella curv di dispersione:
Qui il modo è quasi-TEM ( uidato)
6.6 – Linea TEM associata ad un
Qui vi sono modi ibr di (dispersivi) e modi radianti
odo quasi-TEM
In un mezzo omogeneo e privo i perdite, la propagazione di un modo TEM in senso proprio è caratterizzata da due grandezze: elocità di fase e impedenza d’onda. Se µ = µ 0 è la permeabilità magn tica del nostro mezzo, che ha anche cos tante dielettrica relativa ε r , esse sono espresse così: •
•
velocità di fase impedenza d’onda
p
=
=
1
µε µ ε
1
=
=
v0
, v0 εr
µ0 ε0 εr µ0 ε 0ε r
=
=
η 0 ε r
, η 0
=
velocità della luce;
= impedenza
intrinseca del vuoto.
Si consideri ora il generico (i ( i-esi o) modo quasi-TEM di una linea a pi fili con dielettrico non omogeneo. Se v pi è la velocità di f se di questo modo, si può ovviamente s rivere: 2
v v dove ε ieff = 0 ( permettività permettività efficace ) v pi = 0 eff v ε i pi Dunque la velocità di fase del modo quasi-TEM coincide con quell di un modo TEM se supponiamo che esso si propaghi in un mezzo omogeneo di permettività r lativa pari a ε ieff . Analogamente possiamo definire per il modo quasi-TEM una impedenza d’ nda efficace nella forma: η ieff
=
µ0 ε 0ε ieff
=
η 0 ε ieff
A questo punto si supponga, per issare le idee, che nella struttura non o ogenea ( modi quasiTEM) sia eccitato il solo modo i-esimo con ampiezza unitaria e reg ime d’onda puramente progressiva. Il regime elettrico del la linea è allora espresso dai vettori di te sioni e di correnti: ω z − j v Vi ( z ) = xi e ω z − j v Ii ( z ) = vpiCxi e pi
pi
A queste equazioni sono associate delle funzioni di modo trasversali che s indicheranno con Hit .
Eit
e
Si prenda ora in esame la struttura omogenea associata e le si attribuisca il valore di
permettività relativa (costante) ε r
=
ε ieff . Come già detto, questa str uttura può certamente
sostenere un modo TEM la cui f nzione di modo magnetica coincide co quella ( Hit ) relativa al modo quasi-TEM. La velocità di fase in questa struttura omogenea è o viamente uguale a v pi , cosicché i due modi considerati, TEM e quasi-TEM, hanno lo stesso
ht
e q indi per la
∫
I k ( z ) ≈ e − j β z Ht ⋅ τ dl lk
lo stesso vettore delle correnti Indicata con
Ii (
).
Z ci
la matrice imped nza caratteristica della linea omogenea, si ha: η ieff −1 Z ci = ηieff ε eff C0 = L 0 = vpi L 0 µ 0 Il vettore di tensioni associato c n la propagazione del modo TEM nell a struttura omogenea è dunque espresso da: −
2
Z ciIi ( z ) = v L Cx e i pi 0
ω j z v
−
=x pi
ei
ω j z v
= V ( iz ) pi
I due modi considerati, TEM e q asi-TEM, oltre ad avere la stessa funzi ne di modo magnetica, danno anche luogo all’identico r egime di correnti e di tensioni sui co duttori della linea; essi differiscono fisicamente soltanto er la funzione di modo elettrica. Questo ci apre interessanti scena i per quanto riguarda la complessità d i metodi adottati per il calcolo dei modi nelle linee quas i-TEM. Infatti, se abbiamo 3 linee acco piate in dielettrico non omogeneo ( modi quasi TEM)… V( z ) = V V 1 (z) + 2 ( z)
V 3 ( z )
I ( z ) = I1 ( z ) + I2 ( z ) + I3 ( z )
… il vettore delle tensioni e del le correnti che le descrive è la sovrap osizione dei vettori di tensioni e correnti delle tre seg enti strutture equivalenti (con dielettr ico omogeneo modi TEM):
CAPITOLO 7 Esempi di calcolo di linee di trasmissione 7.1 – Linea di trasmissione ordinaria con dielettrico non omogeneo
La linea di trasmissione ordinaria si ha quando m = 1, cioè quando abbiamo un solo conduttore caldo e un conduttore freddo (per un totale di m + 1 = 2 conduttori). In questo caso si ha che la matrice x 11 M= ⋮ x1m x
x p1 x m1 ⋯ ⋮ ⋯ ⋮ x pm x mm x x che è notoriamente pari ad m x m , è pari a M = 1 .
1
m
p
Dunque le V ( z ) = M( e− Γz V+ + eΓz V− ) Γz − Γz I ( z ) = Yc M ( e V+ − e V− )
diventano: ω ω − j z j z v v V ( z ) = e V+ + e V− ω j z − jvω z 1 v I ( z ) = e V+ − e V− Z c p
p
p
p
Come è facile immaginare, tutte le matrici si riducono a scalari e una simile sorte tocca anche a L0 , C0 e C . Si ha: L0 =
µ0ε 0 C 0
Possiamo inoltre calcolarci velocemente la velocità di fase dell’unico modo quasi-TEM: L0C −
1
v p2
Im =
⇒
L0C = v p2
⇒
0
vp =
L0C −
1
1
v2p
C0
=
µ0ε 0C
L0C
=0
= v0
C 0 C
Ne consegue dunque che: ε eff
v0 = v p
2
v 0 = C 0 v0 C
2
=
C C 0
Possiamo ora trovare le espressioni anche: •
della costante di fase:
γ = ± j β = ± j
•
dell’impedenza caratteristica:
Z c =
1
v pC
=
ω v p
L0 C
⇒ β = =
1
v0 CC 0
±
ω ω = v p v0
C 0 C
L’impedenza caratterist ca, per questo tipo di linee di trasmissione, a in genere un valore minimo di 20 Ω e un v lore massimo attorno ai 100 Ω . Dall’espressione di Z c capiamo che essa dipende dalla capacità C la quale, a sua volta, dipende dalle caratteristiche geometriche del conduttore (larghezza w altezza h). Nel grafico a sinistra vediamo come e sa varia in funzione del rapporto w h (ad ogni curva corrisponde una certa costante dielettrica efficace : capiamo immediatamente che, se vo gliamo alte impedenze, dobbiamo disporre di un condut ore stretto e alto. Non possiamo tuttavia scendere trop o con l’impedenza e con le dimensioni1 , perché in tal aso cade il modello di linea di trasmissione quasi-TEM, in quanto la larghezza del conduttore diventa parago abile alla lunghezza d’onda. Sfruttando questo principio possi mo costruire degli adattatori di impedenz (v. figura a destra). Sempre limitatamente al caso di str tture quasi-TEM a due conduttori (m = 1), gli effetti del co portamento non ideale dei conduttori sono suscettibil i di una semplice interpretazione circuitale (v. figura af ianco).
7.2 – Linee simmetriche a due fili
Un caso particolare di linee ac coppiate di grande interesse tecnico è costituito dalle linee simmetriche a più fili. La sezione trasversale di una struttura di questo ge ere possiede un asse di simmetria.
Se siamo sotto la pulsazione li ite (oltre la quale scompare l’appro ssimazione quasi-TEM) sosteniamo m = 2 modi quasi-TE aventi velocità di fase p1
1
=
Un limite tecnologico sembra essere w/ = 0,2.
v0
ε eff 1
v p2 =
v0
ε eff 2
Anche questa volta possiamo disegnare un circuito equivalente, che però deve tener conto: • della presenza di due co nduttori (invece che di C22 uno solo) e dal conseguente accumulo di energia magnetica su ognuno di essi (ve i le due induttanze L11 ed L22 , che poniamo essere guali dato che i due conduttori sono indistinguibili sia dal punto di vista fisico che da quello elettromag netico, così come sono uguali i termini incrociati L12 = L21 ); 11 • dalla presenza di tre co tributi capacitivi: C 11 , capacità intrinseca del primo c nduttore, C 22 , capacità intrinseca per il secondo condu tore, C12 = C 21 , capacità mutua fra i due conduttori. Per gli stessi motivi poco fa espressi si ha inoltre l’ugua glianza C 11 = C 22 . Esaminato questo scenario, capi amo bene il motivo della struttura si mmetrica delle matrici induttanza e capacità (entrambe 2 x 2): C11 C12 C11 C = C C 22 21 12 L11 L12 L11 = = L L L 22 21 12
C=
L0
C12
C11 L12
L11
Secondo quanto abbiamo detto ne l capitolo scorso, la velocità di fase dei d ue modi quasi-TEM che la linea può sostenere sono legate agli autovalori della matrice: L0
=
L11C11 + L12C12 L11C12 + L12C11 L C + L C L11C11 + L12C12 12 11 11 12
Questa matrice è del tipo a b b a
con: a = L11C11 + L12C12 b = L11C12 + L12C11
I suoi autovalori sono dunque: a + b = ( L11 + L12 ) ( C11 + C12 ) a − b = ( L11 − L12 ) ( C11 − C12 )
Mentre gli autovettori sono: 1 −1 = V 2 ( z = 0 ) Affiancando tali autovettori otten amo immediatamente la matrice M: 1 1 M= 1 −1 x1 =
1 1 = V ( z = 0 )
e
x2 =
Non è finita qui; possiamo ricavar e anche le velocità di fase per i due modi : v p1 =
1
a +b
=
1
( L11 + L12 ) (C11 + C 12 )
v p2 =
1
a −b
=
1
( L11 − L12 ) (C11 − C 12 )
Inoltre, siamo già in grado di calc lare le correnti per i due modi: I1 ( z =
I2 ( z =
0 ) = v 1Cx1 =
0 ) = v p Cx2 =
C11 C 12 1 ( L11 + L12 ) ( C11 + C12 ) C12 C 11 1 1
C11 C 12 1 ( L11 − L12 ) ( C11 − C12 ) C12 C 11 −1 1
Notiamo immediatamente che: • il modo avente pedice 1… V 1 ( z =
•
1 0) = 1
I1 ( z =
0) =
C11 C 12 1 ( L11 + L12 ) ( C11 + C12 ) C12 C 11 1 1
… impone su entrambi i c nduttori la stessa tensione e la stessa c rrente (infatti il vettore x1 ha due 1 al suo interno); il modo avente pedice 2… V 2 ( z =
1 −1
0) =
I2 ( z =
0) =
C11 C 12 1 ( L11 − L12 ) ( C11 − C12 ) C12 C 11 −1 1
… impone su entrambi i c nduttori la stessa tensione e la stessa co rrente in modulo, ma in opposizione di fase (dovut al ‒1 all’interno di x2 ). Per via delle simmetrie instaurat si all’interno del circuito, diremo che il modo con pedice 1 è il modo pari , , mentre il modo col ped ce 2 è il modo dispari. In presenza del solo modo pari (d ’ora in poi useremo il pedice E di even) si ha: ω j z − jvω z 1 v V E ( z ) = e VE + + e VE − 1 ω ω j z 1 1 − jv z v e VE + − e VE − IE ( z ) = 1 Z E pE
pE
pE
pE
dove ( L11 + L12 ) ( C11 + C12 ) L11 + L12 = v pE C C11 + C12 (C11 + C12 ) Si noti che in presenza del solo modo pari la distribuzione del poten ziale scalare elettrico è simmetrica rispetto all’asse di si metria della sezione trasversale, perché tali sono le condiz oni al contorno imposte ad esso. Si ha infatti: φ ( x , y ) = φ ( − x , ) Z E =
1
=
∂ ∂x
φ ( x, y) = −
∂ ∂x
φ ( x , y )
Se poniamo x = 0: ∂ ∂x
φ ( 0, y ) = −
∂ ∂x
φ ( 0, y ) = 0
(2)
Questa è una condizione al cont rno notevole, pari a quella che avrem o (sempre con la sola presenza del modo pari: stiamo infatti studiando la cosiddetta linea del modo pari , non la linea 2
Lo zero è l’unico numero che cambiato di segno dà sé stesso!
complessiva in cui troviamo anche il modo dispari) se sostituissimo metà struttura (ad esempio la parte di destra) con un condu ttore magnetico perfetto. La cosa se plifica molto i calcoli nell’analisi elettromagnetica perc é, in presenza di un modo pari, le du metà della struttura si comportano in modo analogo e d nque basta analizzarne soltanto una 3. In maniera perfettamente analog possiamo prendere in considerazione il secondo modo quasiTEM (quello dispari, pedice O da odd). In sua sola presenza si ha ω j z − jvω z 1 v V O ( z ) = e VO + + e VO − −1 ω ω j z 1 1 − jv z v e VO + − e VO − IO ( z ) = −1 Z O pO
pO
pO
dove
Z O
pO
è pari a: Z O =
1
v pOC
=
( L11 − L12 ) (C11 − C12 ) (C11 − C12 )
L11 − L12
=
C11 − C12
Si noti che in presenza del solo modo dispari la distribuzione del pote ziale scalare elettrico è antisimmetrica rispetto all’asse di s immetria della sezione trasversale, perché tali sono le condiz oni al contorno imposte ad esso. Si ha infatti: φ ( x , y ) = −φ ( − x , y ) ∂ ∂
φ ( x, y) = −
∂ ∂ y
φ ( x , y )
Se poniamo x = 0: ∂ ∂ y
Questa è una condizione al cont presenza del modo dispari: stiam complessiva in cui troviamo anc parte di destra) con un conduttor
φ ( 0, y ) = −
∂ ∂y
φ ( 0, y ) = 0
(4)
rno notevole, pari a quella che avrem o (sempre con la sola infatti studiando la cosiddetta linea del odo dispari , , non la linea e il modo pari) se sostituissimo metà truttura (ad esempio la elettrico perfetto5.
Nel caso più generale, il regime lettrico della linea a due fili sarà la so rapposizione dell’onda pari e dell’onda dispari. Indicand con V1 ( z ) = E ( z ) + VO ( z ) 1 ( z ) = I E ( z ) + IO ( z ) V2 ( z ) = E ( z ) − VO ( z ) 2 ( z ) = I E ( z ) − IO ( z )
x1 =
1 1
x2 =
1 −1
le tensioni e le correnti sui due fili e riscrivendo le matrici relative a tale ca o generico Questo metodo non è valido solo in questo caso, ma ogni volta che individuiamo una simmetria in una certa struttura. 4 Vedi nota 2. 5 Abbiamo derivato rispetto ad y , non rispetto ad x! 3
M= x1 , x 2 =
1 1
1 −1
−1
ZC =
−1
v p M C
−1
possiamo esprimere così le segue ti relazioni: V 1 ( z ) + V2 ( z ) VE ( z ) = VO ( z ) =
v pE 0 0 v pO 1 Z E + ZO Z E = 2 Z E + ZO Z E
C11 C = C12
v p =
2 V 1 ( z ) − V2 ( z ) 2
C 12
C 11
− ZO
+ ZO
I E ( z ) =
1
VE ( z ) =
1
( z ) + I 2 ( ) 2
( z ) − I 2 ( z ) 2
Esse consentono di trovare le co ponenti pari e dispari di un dato regi e elettrico della linea e viceversa. Si noti che i modi pari e dispari potevam tranquillamente averli a che in una struttura TEM simmetrica (v. figura): in tal caso, p rò, le costanti di propagazione del modo pari e dispari s rebbero state uguali. T M β E = β O Quasi-TEM β E ≠ β O 7.3 – Linea simmetrica alimentat e caricata non all’infinito
Quando la linea, anziché essere i llimitata in direzione assiale, è alimenta ta e caricata al finito, le condizioni al contorno (cioè di al imentazione e di carico) ad essa impos e dal mondo esterno si esprimono matematicamente com e equazioni lineari tra le grandezze V1 ( z ) = E ( z ) + VO ( z ) 1 ( z ) = I E ( z ) + IO ( z ) V2 ( z ) = E ( z ) − VO ( z ) 2 ( z ) = I E ( z ) − IO ( z ) sulla sezione iniziale e terminale . Queste equazioni danno luogo a con izioni al contorno sulle tensioni e correnti dei modi pari e dispari. Le linee dei modi pari e dispari possono essere studiate separatamente allo scopo di deter inare i rispettivi regimi elettrici tramite le ω ω j z j z − jvω z 1 − j vω z 1 v v V E ( z ) = e V = + VE + + e z e V e V E − O ( ) O+ O− −1 1 ω ω ω j z j z 1 1 1 − vj z 1 − j v z v v e VE + − e V E − e V O + − e V O − IE ( z ) = IO ( z ) = −1 Z E Z O 1 Una volta note, in ogni z , le ten ioni e correnti, siamo in grado di espr imere completamente il pE
pE
pE
E
p
pO
pO
pO
pO
regime elettrico della linea a due f ili. In conclusione, i concetti di line del modo pari e del modo dispari co nsentono di ricondurre qualsiasi problema relativo a un linea simmetrica a due fili a un problema di gran lunga più semplice, relativo a due linee a un filo tra loro disaccoppiate salv o che nelle sezioni di alimentazione e di carico. Per chiarire questo discorso si st dierà ora il regime elettrico di una line simmetria a due fili in una semplice situazione circuitale.
Vedi mo la situazione in figur affianco. La linea si supp ne illimitata nel verso posit vo dell’asse z e alim ntata nella sezione z = 0 tramite un generatore di tensi ne ideale di forza elettromotrice pari a 2 A e aven e pulsazione ω . Il gene atore è connesso al filo 1, m ntre il filo 2 è a massa. Il numero A si suppone, com’è lecito, reale e positivo. Calcoliamoci subito cosa accade nella sezione d’alimentazione con tension e correnti: V1 ( 0 ) + V 2 ( 0 ) 2 A + 0 V1 ( 0 ) − V 2 ( 0 ) 2 A + 0 = = A = = A V E ( 0 ) = V O ( 0 ) = 2
2
2
2
Poiché la linea è adattata, tensioni e correnti dei modi pari e dispari sono e presse da6: V E ( z ) = Ae
− j β E z
I E ( z ) =
A − j β E z e Z E
V O ( z ) = Ae
− j β O z
IO ( z ) =
A − j β O z e Z O
Siccome siamo bravi, possiamo i mediatamente calcolarci il regime ele trico che si instaura su ogni filo: V1 ( z ) = VE ( z ) + VO ( z) = A ( e j β z + e jβ z ) V2 ( z ) = VE ( z ) − VO ( z = A( e j β z − e jβ z ) −
1
1 ( z ) = I E ( z ) + IO ( z ) = A
Z E
e
−
E
− j β E z
+
1
Z O
e
−
O
− j β O z
1
A 2 ( z ) = I E ( z ) − IO ( z ) =
−
E
− j β E z
ZE
e
−
O
1
Z O
− j β O z
e
Trovati questi valori possiamo es rimere la potenza attiva trasportata dall linea nella forma: 1 A 2 1 = VE I + V I = + 2 2 2 Z E Z O
m
1
∑P
=
i
i =1
1
* E
* O O
somma de le potenze riferite ciascun modo
Oppure, ragionando filo per filo (la linea trasporta soltanto potenza at iva perché è adattata e priva di perdite; dunque non ci à alcun fastidio estrarre la parte reale er calcolare la potenza trasportata singolarmente dai due fili), si ha: FILO 1 1
=
1 2
Re{V I
* 1 1
}=
− βj Re A2 ( e 2
1
E
z
+
− j β O z
e
1 − β j ) Z e E
E
1 − β j E z + j E z 1 − βj O z + j βE z 1 + A 2 = Re + + e e e e e 2 Z Z Z E O E 1 1 A2 + j( βE − β O ) z 1 = + +e Re 2 ZE ZO Z E
6
1 A2 1
= ZO 2 ZE
+
β j O z − j β E z
e
1
+
+
1
Z O 1
Z O
− j β O z
e
e
+
*
=
β j O z − jβ O z
e
=
2 β E − β O Re{1 + cos ( ( βE − β O ) z )} = P cos Z O 2
Non vi sono perdite e dunque la costante di propagazione è semplicemente: γ E = j β E
z
γ O = jβ O
z
FILO 2 2
=
1 2
Re {V2 I
* 2
}=
− Re A2 ( e βj 2
1
E
z
−
1 − j β z e ) Z e− E O
1 − β j E z + j E z 1 − βj O z + j βE z 1 + A 2 = Re − − e e e e e 2 Z Z Z E O E 1 1 A2 + j( β E − β O )z 1 = Re + −e 2 Z E ZO Z E
1 A2 = ZO 2
1 ZE
+
β j E
β j O z − j β E z
e
− j β z z − e Z O 1
+
1
Z O
O
e
+
=
j βO z − jβ O z
1
Re {1 − cos ( ( β E − Z O
*
O
e
= β E
− β O
2
) z )} = P sin2
z
Come era logico attendersi, in og i sezione trasversale la somma delle pot enze trasportate dai due conduttori è costante e pari alla p tenza P complessivamente trasportata d alla linea. Infatti: P = P1 + P 2 =
β E
− β O
2
cos2
βE
z + P sin 2
βO β − βO β − β O z = P cos2 E z sin 2 E 2 2 2 −
z = P
Abbiamo quindi scoperto che la potenza P si suddivide in maniera din mica e con andamento sinusoidale sui due conduttori. Nella sezione z = 0 si ha 1
=
β E −
P cos2
2
O
β ⋅ 0 = P
P2 = P sin 2
e quindi tutta la potenza è detenu a dal filo 1(7). Dopodiché, al crescere di z , la po enza da P 1 inizia a passare a la potenza sarà passata al filo 2, bi b i sogna vedere per quali valori
E
β− 2
O
P 2 . Per ca
β ⋅0 = 0
ire il punto in cui tutta
β E − β O π z= 2 2
Questi valori, infatti, rendono pa i a 0 il coseno ( potenza filo 1) e pari ad 1 il seno ( potenza filo 2). Si ha quindi che l’ascissa l ’ascissa i cui tutta la potenza è detenuta dal filo 2 è: z=
π β E − β O
=l
Oltrepassando questo valore si ha un rovesciamento di tendenza fin al ritorno, in 2l , alla situazione di partenza. Ecco qui di graficato l’andamento della potenza sui due fili in funzione dell’ascissa z:
Tale fenomeno è detto di accoppi mento codirezionale codirezionale , con particolare rifer mento alle applicazioni circuitali nei circuiti integrati a m croonde. Nei problemi di trasmissione e sso è più noto col nome di diafonia . La lunghezza l gioca n ruolo molto importante nel fenomeno di accoppiamento: essa rappresenta la distanza che biso na percorrere affinché i due modi su iscano uno sfasamento differenziale pari a π . 7
Cosa che ci aspettavamo, vista la situaz one circuitale che avevamo disegnato.
È importante inoltre osservare che il fenomeno dell’accoppiamento codirezionale è strettamente condizionato dal fatto che le velocità di fase dei modi pari e dispari siano diverse. Infatti se β E = β O la potenza non si trasferisce affatto, bensì…
P1 = P cos2
β− 2
E
β
O
2
= P cos ( 0 ) = P
P2 = P sin 2
β− 2
E
β
O
2
= P sin ( 0 ) = 0
… è tutta in mano al conduttore 1! L’accoppiamento codirezionale non ha quindi luogo nelle linee a due fili con dielettrico omogeneo. Questo fenomeno ha grande importanza in molte applicazioni tecniche. In certi casi è voluto e viene utilizzato ad esempio per prelevare potenza da un collegamento in misura prefissata (accoppiatori accoppiatori codirezionali codirezionali ). In altri casi il fenomeno è parassita e dà luogo a una perturbazione del corretto funzionamento dei sistemi in cui si verifica. Il caso più tipico è rappresentato dalla diafonia tra linee parallele in un collegamento telefonico, ma altri casi oggi sempre più importanti si verificano nei moderni circuiti integrati, in cui la densità molto elevata di connessioni può dare luogo ad accoppiamenti indesiderati non trascurabili (ad es. tra diversi bus dati) nonostante i piccoli valori delle lunghezze in gioco.
CAPITOLO 8 Linee di tras issione ordinarie e teoria assiomatica 8.1 – Premessa: la rivincita delle randezze classiche dell’elettromagneti mo Studiando le linee di trasmissio e abbiamo analizzato strutture elettro agnetiche in grado di sostituire i circuiti classici alle alte frequenze. Per descrivere il regime e.m. all’ interno delle linee di trasmissione abbiamo già utilizzato le formule qui riportate a fianco della figura, oppure abbiamo ragionato in ter ini di onda incidente e di onda riflessa, an lizzando i vari modi all’interno dell strutture cilindriche (e formalizz ndo il rapporto fra porta fisica e port elettrica1). Nella realtà dei fatti, t ttavia, i parametri L, C, G, R (tipici de circuiti per così dire “classici”) , vengono ancora utilizzati anche pe descrivere le realtà più complesse e, per così dire, sono tornati in auge. auge. Vediamo, di seguito, come sia p ossibile effettuare questo tipo di analis nelle linee di trasmissione ordinarie. 8.2 – Generalità: teoria assiomati a della linea di trasmissione ordinaria Le linee di trasmissione ad un filo o ordinarie costituiscono un caso particolare (m (m = 1) delle linee a m fili già trattate: tuttavia, per l loro importanza, verranno in questo capitolo separatamente trattate. In questo caso abbiamo solamente due conduttori: uno caldo e l’altro reddo (cioè posto a massa)2. Com’è noto, si può rigorosa ente parlare di circuito equivalente della propagazione in una struttura cilindrica a un filo più mass solo in presenza di un modo TEM; abbiamo però il lustrato come possiamo in realtà farlo anche in prese za di modi quasi-TEM, ma solo facendo un’approssi azione (tanto migliore quanto più bassa è la frequen a). Vediamo in figura affianco il circuito equivalente per lo studio di un modo TEM (e, per quanto abbiamo già detto, anche di un odo quasi-TEM): esso rappresenta uno spezzone in initesimo dz dz di linea di trasmissione ordinaria. nghezza) rappresenta sia le proprietà a toinduttive del circuito • L (induttanza per unità di l nghezza) (che, in assenza di perdite , sono l’unico contributo che genera L) sia, se vi sono perdite, l’accumulo di energia all’interno dello spezzone di linea di trasmiss one; nghezza) rappresenta le perdite ohmic e: i conduttori, infatti, • R (resistenza per unità di l nghezza) hanno una conducibilità c finita (e non infinita, come nel caso ide le); Tale rapporto è di 1 a 1 nella ropagazione m nomodale. nomodale. In realtà esistono anche linee di trasmissi ne in cui nessuno dei due conduttori è a potenzial di terra: in genere si tratta di configurazioni simmetriche in cui in ogni sez ione trasversale i due conduttori hanno tensioni rispet to a massa opposte in segno, ma uguali in valore assoluto (linee (linee bilanciate). bilanciate).
1 2
•
G (conduttanza trasversale per unità di lunghezza), lunghezza), è associata alle perdite nel dielettrico dovute alla sua conducibilità cm non nulla (e non pari a zero, z ero, come el caso ideale);
C (capacità per unità di lun hezza) hezza) è dovuta agli accoppiamenti ca acitivi e agli effetti già illustrati nei capitoli precedenti. Questi quattro parametri ( , R, , C) sono detti parametri primari della inea e dipendono dalla pulsazione ω . Definite tali quantità di base possiamo poi enunciare: linea per u nità di lunghezza: lunghezza : • l’impedenza della linea per Z = R + jω L linea per unità di lunghezza l unghezza:: • l’ammettenza della linea per Y = G + jω C Da qui la definizione di un analogo circuito e quivalente, in cui sono presenti soltanto l’ammettenza in parallelo e l ’impedenza in serie (v. figura a sinistra). Fatte queste precisazioni, le equazioni dei telegr fisti diventano: dV dz = −ZI dI = −YV dz Ai fini della presente trattazione, ueste equazioni sostituiscono quelle di axwell. Continuando nella nostra carrella a di parametri, definiamo poi l’impedenz l’ impedenz caratteristica della linea: linea: Z R + jω L = Z c ≜ Y G + jω C •
Nel caso generico, così si esprime la costante di propagazione propagazione:: α (ω ) → costante di attenua ione γ (ω ) = α (ω ) + jβ ( ω ) β (ω ) → costante di fase Essa è pari a: γ
= α
β ± ZY j =
=±
( R+
ω) ( G + j C ω) j L
(3)
Se ora eleviamo al quadrato: α2
−
β2
2 − β + j 2αβ
=
α2
parte reale
parte immag.
( R + jω L ) (G + jωC ) 2 R G− LC+ (jω RC+ ω ω = parte reale
LG LG )
parte immaginaria
Eguagliando le parti reali ed imm ginarie si ha: α 2 − β 2 = RG − ω 2 LC 2αβ = ω ( RG + LC ) Per quanto riguarda i conduttor i, possiamo scrivere le seguenti relazi ni per le tensioni e le correnti V ( z ) = V+ e −Γ z + V−e Γ z Γ = Z 1 = I z V+ e −Γz − V−e Γ z ) ( ) ( Z c dove: parte p ogressiva dell’onda; V p ( z ) = V e z è la parte p • −Γ
+
3
Le relazioni che legano la costante di fase e i ampiezza alla pulsazione sono non lineari e quindi bbastanza complesse.
•
Vr ( z ) = V− e Γ z è la parte regressiva dell’onda.
A partire da queste grandezze se ne definiscono altre due: a (z ) =
1 Zc
V p ( z ) =
V + Z c
e − Γz
=
aL e − Γz
Intensità d’onda progressiva Tra l’altro si ha che: a
2
∝
1
b(z) =
Zc
Vr ( z ) =
V −
eΓz
Z c
= bL e
Γ z
Intensità d’onda regressiva
Pi (potenza incidente)
b
2
∝
Pr (potenza riflessa)
In una qualsiasi sezione possibile introdurre la grandezza ρ ( z ) =
Vr ( z ) V p ( z )
=
b(z)
(4)
a(z)
(coefficiente di riflessione all’ascissa z) Lungo un tronco di linea di lunghezza l l’onda progressiva subisce uno sfasamento temporale in ritardo (e la regressiva in anticipo) pari a ω l Tempo di transito (o ritardo di fase) fase ) τ = v p = β v dove v p è la velocità di fase dell’onda. Lo sfasamento angolare nelle stesse condizioni è invece: l βl = 2 π = ωτ λ
Lunghezza elettrica ove λ è la lunghezza d’onda.
Nei casi pratici, una linea non si estende da z = −∞ a z = ∞ , ma è caricata, vale a dire interrotta, in una data sezione (sezione di carico) carico) e quivi connessa ad una rete elettrica monoporta: si studierà il regime elettrico impostando l’origine del riferimento assiale ( z = 0) presso tale sezione di carico. Si ha, per z = 0: V p ( 0 ) = V + Vr ( 0 ) = V −
a ( 0 ) = b ( 0 ) =
V +
=
Z c V − Z c
aL
ρ ( 0 ) = ρ L = bL
=
V− V+
=
bL aL
Per cui: V ( z ) = V+ e + V− e 1 j z jβ z − β − V− e ) I ( z ) = Z (V+ e c −
4
β j z
jβ z
V V ( z ) = ZC + e − βj z + Z C ⇒ 1 V+ − βj z − e I ( z ) = Z Z C C
Esiste un interessante parallelismo fra le relazioni
V ( z) = Z( z ) I ( z )
e
In particolare, si può ricavare la coppia (a, (a, b) (V, I ) e viceversa. b) conoscendo (V,
b ( z ) = ρ ( z ) a ( z )
V −
e jβ z
⇒ V − e jβ z Z C Z C
V ( 0 ) = ZC a ( 0) + b ( 0) ⇒ 1 a ( 0 ) − b ( 0) I ( 0) = Z C
aL + bL V ( 0 ) = aL ZC = aL ZC 1 + ρ L aL I 0 = aL aL − bL = aL 1 − ρ L ( ) aL Z Z C C
⇒
Per cui: V ( z = 0) I ( z = 0) ZL è detta impedenza di carico; se ZC
=
1 + ρ L Z 1 − ρ L C
=
=
ZL
(5)
ZL la linea si dice adattata.
8.2 – Linee a basse perdite Una linea di trasmissione si dice a basse perdite se, a tutte le frequenze di impiego 6 , i parametri dissipativi sono piccoli rispetto alle reattanze, cioè: R ≪1 ω L
G ≪1 ω C
e
In questo caso le costanti di attenuazione e di fase possono essere approssimate a: C G L (7) α = ± β = ±ω LC + 2 L 2 C Per l’impedenza caratteristica, invece, abbiamo questa relazione: L R (8) G + − Zc = 1 j 2ωC 2ω L C Come si vede, compare un termine correttivo del prim’ordine in quadratura (cioè moltiplicato per l’unità immaginaria j) col principale. Al denominatore dei termini di tale componente correttiva compare la pulsazione ω , cosicché tale aggiunta viene trascurata ad alte frequenze, assumendo direttamente: Z c
≅
L C
8.3 – Linee prive di perdite Portando Re {Z } (ovvero R) e Re {Y } (ovvero G) verso lo zero, la linea diventa senza perdite e sia il dielettrico che il conduttore sono perfetti. Il fatto di poter ignorare le perdite ci perfette di fare comode approssimazioni: • la grandezza impedenza caratteristica della linea Z R + jω L = Z c ≜ Y G + jω C
5
Facendo la formula inversa troviamo un’altra interessante formulazione del coefficiente di riflessione:
ρ L
=
ZL − ZC ZL + ZC
Per inciso, si noti che, data una certa linea, non ha senso affermare che essa è a basse perdite o meno, se non in relazione al campo di frequenze in cui la si intende utilizzare 7 Come si vede, la costante di attenuazione attenuaz ione non dipende dalla pulsazione se non attraverso i parametri primari. 8 Questo parametro è debolmente complesso nel caso di basse perdite. 6
diventa semplicemente: Z c
• • •
=
L C
(si noti che, i questo caso, tale impedenza è una pura resistenza) la costante di attenuazione è α = 0 ; la costante di fase diventa = ±ω LC ; l’ampiezza delle onde inci enti e riflesse è costante: a ( z ) = a e j β z a ( z ) = aL L j β z b z b e = ( ) L b ( z ) = bL Come si vede le onde, prop agandosi, modificano solamente la loro ase; il coefficiente di riflessione diventa: −
•
j 2 β z
ρ ( z ) = ρ L e
ρ ( z )
=
ρ L
In particolare, il f tto che il modulo di ρ sia costante ci informa del fatto che, al variare di z , il p nto rappresentativo di tale parametro sul piano di Gauss descrive una circonferenza9 avente centro nell’origine (v. fi ura). Poiché si ha che β > 0, uno spos amento verso il carico (incremento del v alore di z) dà luogo ad una rotazione in enso antiorario, mentre uno spostamento verso il generatore ad una rotazione in senso orario. In regime sinusoidale: •
se il carico è passivo si ha ρ ( z )
=
•
se il carico è attivo s ha ρ ( z )
ρ L
•
se il carico è puramente reattivo ρ ( z )
=
ρ L
≤1; > 1;
=
ρ L = 1 (10).
Si noti infine che il coefficiente di riflessione è periodico (non c’è da stupirsi: “percorre” una
•
circonferenza) con periodo λ : molte sezioni condividono perciò lo stesso coefficiente di 2 riflessione. l’impedenza della linea alla sezione z diventa: Z cos β z − jZC sin β z Z ( z ) = ZC L ZC cos β z − jZL sin β z In particolar (v. es. in figura), se la linea è cortoc rcuitata ( ZL = 0 ), si ha: Z ( z ) = −ZC
sin β z cos β z
= −ZC j tan β z
(impedenza puramente complessa)
Nel caso con perdite sarebbe stata una spirale logaritmica. logaritmica. 10 Pertanto, uno spezzone di linea priva di erdite, di lunghezza qualunque, chiusa su un carico puramente reattivo, si presenta sempre al suo ingresso come una pura reatta za. 9
Provando a graficare l’andamento dell’impedenza Z(z) in funzione di β z sempre nel caso di linea cortocircuitata) otteniamo il seguente grafico:
•
per 0 < β z < π
2
la linea si comporta come un’induttanza: infatti si h a β z ≪
π
2
⇒
2π λ
z≪
π
2
⇒ z≪
z 0 → jZC Z ( − z ) = −ZC j tan β ( − z ) = ZC j tan zβ β →
λ
4 L ω LC z = jω Lz = jω LS zβ = j C LS β
ZC
Ricordiamo infatti che è l’induttanza per unità di lungh ezza della linea. Tale approssimazione è tanto pi vera quanto è corta la linea di trasmiss one; •
per β z = π
2
abbiamo un risonatore sonatore LC-parallelo;
per π
< β z < π la linea si omporta come una capacità; 2 per β z = π abbiamo un ris natore LC-serie. • NOTA IMPORTANTE: queste co siderazioni, così come quelle a venire, algono in una banda di frequenze di lavoro stretta (e p r str stret etta ta si inte intend ndee pari pari circa circa al 5 ∼ 10% della frequenza di centrobanda, quindi alla fine ci va anche grassa!). •
Immaginiamo ora di non chiudere la linea su un cortocircuito, ma di interromp re la metallizzazione e di lasciare un aperto. Allora, alla stregua di come abbiamo definito l’impedenz d’ingresso, possiamo definire il parametro (duale) am ettenza d’ingresso: Y cos β z jYC sin β z Y ( z ) = Y C L YC cos β z − jYL sin β z Imponendo la condizione di caric cortocircuitato ( Y L
= 0 ),
si ha:
Y ( z ) = − jYC tan β z Possiamo perciò ripetere tutti i ra gionamenti fatti nel caso di cortocircuit , ricordandoci però che questa volta ci troviamo nel caso uale. Ecco graficata l’ammettenza in fun ione di β z
•
per 0 < β z < π
2
la linea si comporta come una capacità: infatti si ha β z ≪
π
2
⇒
2π λ
z≪
π
2
z 0 → jYC Y ( − z ) = −YC j tan β ( −z ) = YC j tan zβ β →
⇒ z≪
λ
4 C ω LC z = jω Cz = jω CS zβ = j L CS β
Y C
Ricordiamo infatti che è la capacità per unità di lungh ezza della linea. Tale approssimazione è tanto pi vera quanto è corta la linea di trasmiss one; •
per β z = π
•
per π
•
2
abbiamo un risonatore sonatore LC-serie;
< β z < π la linea si omporta come un’induttanza; 2 per β z = π abbiamo un ris natore LC-parallelo.
Dunque, grazie alle linee di tras issione, possiamo realizzare delle fun ioni elettriche uguali a quelle che realizzeremmo con un ircuito a costanti concentrate.
E che succede se, all’ascissa z 0, andiamo a mettere un carico gen rico resistivo (o anche complesso)? In tal caso dobbiamo fare i calcoli tenendo presente che: ρ L = −1 cortocircuito ZL ZC CC ρ L = ZL ZC circuito aperto ρ LCA = 1 Ricordiamo per l’ennesima volta che il parametro ρ L è il coefficiente i riflessione relativo al carico (z = 0): per sapere qual è l coefficiente di riflessione in funzione dell’ascissa z dobbiamo utilizzare la relazione: j 2 β z
ρ ( z ) = ρ L e
(linea senza perdite)
Ripuntualizziamo inoltre che il periodo di questo parametro è λ
(mentre λ
è 2 4 logicamente il se iperiodo): quindi, ad
esempio, se un ca rico a distanza λ
4
si
comporta come un chiuso, a λ
lo stesso 2 carico si comporterà come un aperto (v. figura a fianco).
Si noti infine che nel progetto dell a linea (e dello stub) abbiamo diversi gra i di libertà: •
lunghezza della linea ( 0 ∼
•
dimensioni della sezione trasversale (+ relative condizioni al contor o).
) e carico (+ relativo adattamento);
8.4 – Onde stazionarie Dalle espressioni su tensioni e correnti della linea V V ( z ) = V+ e − j β z + V− e j β z ρ = V ⇒ 1 j z jβ z β = − z V e V e ) − ( ) Z ( + c si ottiene, per ρ L = 0 :
V ( z ) = V ( e V = z ( ) (e Z c
−
L
− j β z
+
+
+
− j β z
+
−
L
L
e j β z )
e j β z )
V ( z ) = V e j β z V j β z I ( z ) = Z e c Come si vede, rimane soltanto la componente progressiva (si parla i fatti di onda puramente progressiva ): in tal caso, le ampiez e e le fasi dell’onda risultano essere ind pendenti dalla struttura della sezione traversale. Inoltre, passando nel dominio d i tempi, si nota che la tensione varia si nusoidalmente e con la stessa ampiezza in ogni sezione: −
+
+
−
v ( z , t ) = Re {V ( z ) e jω t } Non è dunque difficile convincer i del fatto che l'inviluppo dell' onda (cio è il luogo dei massimi e dei minimi al variare di z) è individuato da ±V(z) , , cioè da due rette parallele all' as e z (v. figura). Mostriamo ora che è possibile scomporre l’es ressione della tensione V(z) in due par i: • una parte progressiva (che, per rendere l’ide , in qualche modo “avanza” lung la linea); p rte stazionaria (che, • una invece, è come “congelata” e immobile).
Si ha infatti: V ( z ) = V+ e − j
zβ
+ ρ L
jϕ L
e
e
ϕL ϕL ϕ L = V e j 2 e − j z eβ − j 2 + ρ e j 2 e j z β = L +
j zβ
ρ L
piccolo trucchetto per far tornare i conti
=
j
V+ e
ϕL
2
− j e
ϕ z + βL 2
+ ρ L
e
ϕ j z + βL 2
ϕL ϕ ϕ ϕ j β z + L − j β z + L − j z + β j L = V+ e 2 ( 1 − ρ L ) e 2 + ρ L e 2 + e 2 =
altro trucchetto che non cambia il valore dell'equazione ma che ci to rna molto utile
ϕ L ϕ − j β z + j L ϕ L 2 2 V+ e e + 2 ρ L cos β z + ( 1 − ρ = Vp ( z ) + Vs ( z ) L ) 2 parte progressiva parte stazionaria ( usato Eulero ) La parte progressiva dà un contributo formalmente pari alla consueta relazione espressa in termini di onda incidente e riflessa, ma con una riduzione di un fattore fattor e ( 1 − ρ L ). La parte stazionaria, che abbiamo espresso nel dominio delle frequenze, può essere ricondotta nel dominio dei tempi: ϕ j L ϕ 2V+ e 2 ρ L cos β z + L = VS ( z ) ⇒ vs ( z , t ) = Re {VS ( z ) e jω t } = 2 ϕ L t V ω c o s + + a r g ( ) = f1 ( z ) f2 (t ) 2 2 Come è stato enfatizzato, nel dominio dei tempi la parte stazionaria è formalmente caratterizzata dal prodotto fra una funzione soltanto dipendente da z e un’altra unicamente dipendente da t. Pertanto la parte stazionaria ha un andamento periodico (sinusoidale) sia nello spazio che nel =
2V
+
z+ ρ cos β L
ϕL
+
tempo, e in ogni sezione si ha un'oscillazione con ampiezza Vs ( z ) , diversa da punto a punto. Calcoliamoci il modulo quadro di tale ampiezza d’oscillazione… V ( z)
2
=
V ( z) V * ( z) =
2 2 ϕL ϕL ϕ L 2 ρ ρ β ρ β ρ β 1 4 c o s z 2 c co o s z 2 1 c o s z − + + + + ⋅ − + ) ( ) ( L L L L 2 2 2 2 2 2 ϕ L ϕ L 2 2 = V ( 1 − ρL ) + 4 ρL cos βz + + 4 1 − ρ L ρ L cos β z + = 2 2 2 2 2 ϕ = V ( 1 − ρL ) + 4 ρL cos2 βz + 2L … dopodiché estraiamo la radice quadrata per ottenere:
=
V
2
+
(
+
=
)
+
Vs ( z )
=
V
+
(1 −
ρL )
2
+4
2 ϕ ρL cos 2 βz + L 2
Ora: •
se ρ = 0 si ha Vs ( z )
•
se ρ = 1 (carico reattivo) si ha Vs ( z )
=
V +
onda puramente onda puramente progressiva progressiva;;
ϕ 2 V cos β z + L ; ciò significa che l’inviluppo della 2 nostra forma d’onda è sinusoidale e che siamo in presenza di un’onda puramente un’onda puramente stazionaria , (della quale si può vedere un esempio nella figura sottostante): =
+
•
Come si vede in figura, l’inviluppo della tensione giunge al valore 2 di ampiezza normalizzata: ciò significa che finiamo per avere una tensione massima 2 volte più grande di quella di alimentazione; questo fatto si ripropone (con valori di massimo diversi ma comunque superiori di un fattore 1 < k < 2 alla tensione d’alimentazione) anche nel caso di onda puramente stazionaria (v. oltre) ed è preoccupante, visto che può portare ad avere sopratensioni molto consistenti (soprattutto se la tensione d’alimentazione è dell’ordine dei 1000 V). Il tutto, in alcuni casi, è reso ancora più complicato dal fatto non sappiamo quale sia l’entità del carico collegato al termine della linea di trasmissione (per esempio, non si sa a priori quanti utenti saranno collegati ad una certa linea elettrica dell’ENEL); per tutti gli altri valori del coefficiente di riflessione compresi fra 0 e 1 si ha un’onda parzialmente stazionaria (ovvero a tutti gli effetti costituita da una parte stazionaria e una parte progressiva).
C’è da dire che nella realtà dei fatti è impossibile avere pura progressività; infatti: • i nostri ragionamenti sono stati fatti con l’ipotesi che la costante di propagazione porti soltanto un contributo sulla fase, mentre nella realtà ve n’è anche uno sull’ampiezza (è presente, cioè, una parte reale); • entrambi questi contributi dipendono dalla frequenza: possiamo cioè, nei limiti del possibile, riuscire a realizzare una linea perfettamente adattata ad una certa frequenza, tuttavia i segnali che ci serve inviare apparterranno sicuramente ad uno spettro di frequenze più o meno ampio. Di conseguenza, andiamo a trasmettere frequenze non contemplate in sede di progetto (e per le quali, magari, non si ha neppure adattamento). 8.5 – Potenza Rimaniamo sempre nel caso privo di perdite e calcoliamo la potenza attraversante una qualsiasi sezione z della linea di trasmissione. Utilizziamo la definizione: 1 P ( z ) = Re {V ( z ) I * ( z )} = 2 * 1 j zβ j zβ V j zβ j zβ * ρ e e = Re V ( e + ρ L e + )Z ( ) = L 2 C −
+
+
+
−
=
V +
2
2ZC
(
1 − ρ L ( z )
2
2 2 1 aL ( z ) − bL ( z ) 2
) ( =
)
Come si vede, la potenza che vogliamo calcolare è – in generale – la differenza fra la potenza progressiva e quella regressiva. regressiva. Questa considerazione ci è molto utile visto che è fondamentale, per il progettista, sapere quanta potenza viene riflessa: se essa è troppa, infatti, rischiamo di bruciare il generatore. Analizzando la relazione ottenuta scopriamo che la condizione migliore per la trasmissione di potenza attraverso una certa sezione si ha quando ρ L ( z ) = 0 : in tal caso si ha infatti
( z) =
V +
2
=
2ZC
2 1 aL ( z ) 2
e la potenza è utilizzata nella maniera migliore possibile, dato che va a finire tutta quanta nella propagazione del segnale. Si noti inoltre che il valore di potenza
V +
2
2ZC
è ottenibile se il generatore
ha un’impedenza interna uguale a quella caratteristica della linea: solo in questo caso, infatti, il coefficiente di riflessione è nullo. Infine, siccome quando ρ L ( z ) = 0 si ha Vs ( z )
=
V + = costante
(onda puramente progressiva), allora possiamo dire che anche P(z) è costante: la potenza trasportata, insomma, è sempre quella per ogni sezione. Se ρ L ( z ) = 1 , invece, nulla viene trasmesso
( z)
=0
coerentemente con il fatto che non c'è onda viaggiante ma solo un regime stazionario. Queste considerazioni sulla potenza ci permettono di capire come sia possibile ricavare alcune informazioni sul maggiore o minore adattamento di una certa linea di trasmissione: per farlo si invia sulla linea una certa onda incidente, si misura la conseguente onda riflessa e si calcola la potenza attiva presente. Confrontando i valori di quest’ultima con la potenza d’alimentazione possiamo senza troppi sforzi capire quanto la nostra linea sia adattata. 8.6 – Massimi e minimi Prendendo l’espressione 2 ϕ ρL cos 2 βz + L 2 è facile accorgersi che l’ampiezza della tensione è massima quando il termine coseno è pari a uno, il che si verifica se ϕ β z + L = 0 2 cioè quando si ha: ϕ con k = 0, -1,-2, -1,-2, ... ... β z + L = kπ 2 Facendo la formula inversa otteniamo: ϕL λ ϕ L kπ ϕ L kπ z= z≤0 − = − =k − 2 2β β 2 β 2π λ 2 β
Vs ( z )
=
V+
( 1 − ρL )
2
+4
Ciò significa che i punti di massimo sono distanziati di una mezza lunghezza d’onda. Notiamo inoltre che la posizione dei massimi (e dei minimi) dipende dalla lunghezza d’onda, cioè dalla frequenza, e dal carico. Nelle sezioni di massimo si ha il seguente valore di tensione: Vmax
=
V+ ( 1 + ρ L
)=V
+
+
V−
Analogamente, si hanno valori di minimo quando il termine coseno è 1, il che si verifica se β z +
ϕ L
2 Facendo la formula inversa otteniamo:
π
=
2
+ kπ
con k = 0 , -1 -1, -2 -2 , ...
λ ϕ L − 4 2 β Nelle sezioni di minimo si ha il seguente valore di tensione:
z = . .. = ( 2 k + 1 )
Vmin
=
V+ ( 1 − ρ L
)=V
+
−
z≤0
V−
Per quanto riguarda la corrente, a causa del meno presente nella qui di seguito riportata espressione generale, V ( z ) = V+ e − βj z + V−e jβ z 1 j z jβ z − β − V−e ) I ( z ) = Z (V+ e c si avrà un massimo (minimo) presso i valori di tensione minimi (massimi): V − V − Vmax = V+ ( 1 + ρ L ) = V+ + V− I min = + ⇒ ZC
Vmin
=
V
+
( 1 − ρ L
)
=
V
+
−
V
−
⇒
I max
=
V
+
+
V
−
ZC
8.7 – Rapporto d’onda stazionaria Il rapporto d’onda stazionaria (ROS, in italiano, o VSWR, Voltage Standing Wave Ratio , Ratio , in inglese) è un parametro facilmente misurabile definito come: V V + V − 1 + ρ L S = max = + = Vmin V+ − V − 1 − ρ L Da questa formula si può ricavare una relazione per il coefficiente di riflessione: S−1 ρ L = S+1 (si ricordi che in assenza di perdite si ha ρ = ρ L ) S dà meno informazioni del coefficiente di riflessione, ma spesso è sufficiente per gli scopi pratici. Si ha: regime d’onda puramente progressiva; • per S = 1 regime d’onda parzialmente stazionaria; • per S tra 1 e ∞ regime d’onda puramente stazionaria. • per S pari ad ∞ Il rapporto d’onda stazionaria può infine entrare a far parte di una relazione con il massimo e il minimo dell’impedenza d’ingresso in una certa sezione.
MAX tensione / MIN corrente Zi max
=
V max I min
=
V+
+
1 (V ZC
+
V − +
V −
)
= SZC
MIN corrente / MAX tensione 1 ( V+ + V − ) Z V min ZC C Zi min = = = S V+ + V − max
(NOTA: in entrambi casi l’impedenza in questione è una pura resistenza)