free press
BILLY
all’interno rassegne in romagna novembre e dicembre 2010
RIVISTA CINEMATOGRAFICA ROMAGNOLA
edizione
rubriche Hayao Miyazaki The Prestige Bewitched Michel Gondry in sala Harry Potter Scott Pilgrim Vs. The World Potiche The Social Network
attualità Nuove visioni dai festival di Roma, Sitges e Londra Ravenna Nightmare Film Fest Il pasto nudo retropolis F for Fake
la grande illusione numero 28 novembre 2010
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
FILOROSSO INDICE
filorosso
la grande illusione
Sì, lo sappiamo che il film di Renoir, La Grande Illusione appunto, da cui prende il titolo il FiloRosso che state leggendo, parla di guerra, ma da sempre tale espressione è, non a caso, tra le più indicate per parlare dei meccanismi magici del cinema, perché il cinema è magia (e in un certo senso guerra), in molte forme e in multipli sensi. Il BILLY che avete tra le mani è un viaggio, quindi,
che, randagio, vi condurrà, quasi sognanti, nelle tante declinazioni fantastiche della nostra amata settima arte. Con un orizzonte immobile, però, in cui si staglia, quasi in controluce, una skyline più vera del vero, in grado di rapire cuori e volgere occhi e menti verso un altrove desiderato e indimenticabile.
FILOROSSO
RETROPOLIS
La grande illusione
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Fantasia
Nuove visioni dai festival di Roma, Gli incubi, a Ravenna, fanno il sold-out Il pasto nudo #1
F for Fake
Georges Méliès
Billy attualità Sitges e Londra
Matteo Lolletti
Star Wars 4 6 7
IN SALA
Avatar
Rassegne in Romagna
Novembre-Dicembre 2010 8
Potiche
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BORSINO
10
Borsino
The Social Network
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seconda visione Gorbaciof
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THE FILMGAMER Scott Pilgrim: The
Game - la magia del linguaggio video ludico
Billy - Rivista cinematografica romagnola Numero 28 Novembre 2010 Rivista fondata da Ilario Gradassi. Direttore: Matteo Lolletti Vicedirettore: Michelangelo Pasini Caporedattore: Chiara Tartagni Scrivono Marco Bacchi, Marco Berardi, Barbara De Caro, Chiara Faggiano, Francesco Garoia, Matteo “Lier” Lelli, Matteo Lolletti, Luigi Palmirotta, Michelangelo Pasini, Alberto Semprini, Dario Stefanoni, Chiara Tartagni Progetto grafico: Stefania Montalti Editing: Erminia Martucci, Chiara Tartagni, Lisa Tormena Editore: Sunset Soc. Coop. Sede: Viale Salinatore 50, Forlì Periodico mensile. Autorizzazione del Tribunale di Forlì n° 22/010 del 19/05/10. Direttore Responsabile: Lisa Tormena
La rivista è rilasciata con licenza Creative Com mons - Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia. Ogni volta che usi o distribuisci quest’opera, devi farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza. In ogni caso, puoi concordare col titolare dei diritti utilizzi di quest’opera non consentiti da questa licenza. Questa licenza lascia impregiudicati i diritti morali. http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it Copertina: Harry Potter and the Deathly Hallows © Warner Bros 2010
[email protected] http://billyrivistacinematografica.blogs.it/ myspace facebook issuu scribd
horror politics L’esaltazione del
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ciNERDmatografo Streghe in car(to)
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magico
ne e ossa - Il magico incontro di
animazione e live action firmato Disney
CINELetteratura Triste, solitario y final 23
- Il cinema capovolto
in costume The Prestige - Sospensione 24 16
dell’incredulità
psicovisioni The Illusionist
cose serie Bewitched e I Dream of
Jeannie - Vita da streghe... per amore 18
RUBRICHE Cattivi maestri Salvati da Miyazaki
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14
VETRINA
Harry potter
Scott Pilgrim vs. The World
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3
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I soliti ignoti Michel Gondry - L’infinita 27
letizia di una mente candida FUNNY GAMES Citazionando
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garroyo e i suoi fratelli
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La Posta del Capp’tano
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L’apprendista royalty
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BILLY ATTUALITÀ ROMA, SITGES, LONDRA
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
Burke & Hare © Ealing Studios, Fragile Films 2010
nuove visioni dai festival di
roma, sitge Il prossimo inverno cinematografico si preannuncia ricco di graditi ritorni in sala, da Michel Gondry a Sam Mendes, passando per presenze ormai abituali come quelle di Woody Allen e dei fratelli Coen. Ma com’è noto, le scelte distributive italiane non sono che un modesto rigagnolo nel mare magnum del cinema contemporaneo. Per individuarne le tendenze più innovative e scoprire film altrimenti trascurati dai bradipei circuiti ufficiali, diviene quanto mai necessario rovistare tra le proposte dei festival della stagione in corso, sperando in una loro pronta distribuzione o arrangiandosi con i soliti canali alternativi. Tra i titoli da recuperare più urgentemente, svetta per primo Burke & Hare, l’ultima commedia demenziale di John Landis. Ambientato nella Scozia del diciannovesimo secolo, il film racconta la scanzonata parabola di due
assassini (e trafugatori di cadaveri) con una scorrettezza comica paragonata da molti al brio anarchico di Animal House. Presentato in pompa magna all’ultimo Festival di Roma, è stato accolto come il grande ritorno del maestro alla genuina follia e alla sana irriverenza di un tempo, facendo il paio, tra i titoli più sottilmente politici della kermesse, con l’atteso Carlos, il biopic di Olivier Assayas sul terrorista Ilich Ramìrez Sànchez. Nata come miniserie televisiva e già ampiamente incensata a Cannes, quest’operaibrida tra film in costume e documentario non è che l’ultima, cristallina conferma del cineasta francese più talentuoso della sua generazione (colpevolmente ignorato dalla nostra distribuzione, con la fulgida eccezione di Clean). Poche altre le sorprese di un festival che sembra aver dato il meglio di sé più con
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
BILLY ATTUALITÀ ROMA, SITGES, LONDRA
la nutrita retrospettiva dedicata allo Studio Ghibli che non con la propria sezione competitiva. Se tra i titoli più interessanti vanno segnalati anche Animal Kingdom (in sala dal 30 ottobre), feroce crime drama australiano, e The People vs. George Lucas, sulla spassosa campagna dei fan contro gli ultimi e deludenti sviluppi della saga stellare (piacerebbe senz’altro a Kevin Smith), è lecito attendere riscontri più deludenti da In a Better World, ennesimo kammerspiel della post-dogmatica Susanne Bier, e da Let Me In, remake dell’omonimo e bellissimo film svedese, forse uno degli esempi più inutili della tendenza produttiva hollywoodiana di cannibalizzare pellicole estere (l’originale è solo di tre anni fa). Maggiori sorprese (e consigli per un caldo inverno) arrivano invece da Sitges, dove si è appena conclusa l’ultima edizione del più importante festival di cinema fantastico. Contraddistinto come sempre da un’agenda foltissima e aperta anche al versante più autoriale (Weerasethakul, Korine, Araki, Erdem), il festival della cittadina spagnola ha eletto come miglior film il finlandese Rare Exports: A Christmas Tale, per il quale si confida ardentemente in una (chimerica?) distribuzione italiana. Riscrittura horror della leggenda di Babbo Natale, il film dell’esordiente Helander, forte di un caustico humour, è una fiaba nera che ha incantato pubblico e giuria. Premi minori sono andati
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a quegli stessi horror su cui avevamo scommesso parlando di Locarno (gli acclamati Rubber e Monsters), mentre non mancheranno di incuriosire (solo) gli appassionati del genere chicche come il dramma cannibalico messicano Somos lo que hay o il monster-movie Amphibious 3d del veterano Yuzna. Da recuperare assolutamente è invece Cold Fish di Sion Sono, già visto a Venezia e nominato miglior film asiatico a Sitges: grottesco e controverso, è un meraviglioso (melo)dramma sociale intinto nel gore, in grado di raffinare la poetica visionaria ed efferata di un regista eretico e incostante. Dal London Film Festival, dov’è appena stato presentato, sbarcherà invece Never Let Me Go, terzo lungometraggio di Mark Romanek (tra i massimi videoclippers dei ‘90 insieme a Cunningham e Gondry). In uscita a gennaio, il film, tratto dall’omonimo bestseller di Kazuo Ishiguro, racconta di un collegio inglese dove vengono allevati ragazzi destinati alla donazione di organi. Altrettanto certa anche la distribuzione italiana (prevista per marzo) dell’ultimo film di Danny Boyle, 127 Hours, che racconta di uno scalatore rimasto intrappolato per cinque giorni sulle Montagne Rocciose. Infine, last but not least, una delle rivelazioni più interessanti dei prossimi mesi potrebbe essere Route Irish, ultimo affondo socio-politico di Ken Loach sulla privatizzazione della guerra in Iraq.
es e londra di
DARIO STEFANONI
«Com’è noto, le scelte distributive italiane non sono che un modesto rigagnolo nel mare magnum del cinema contemporaneo. Per individuarne le tendenze più innovative e scoprire film altrimenti trascurati dai bradipei circuiti ufficiali, diviene quanto mai necessario spulciare tra le proposte dei festival della stagione in corso, sperando in una loro pronta distribuzione o arrangiandosi con i soliti canali alternativi.»
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BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
BILLY ATTUALITÀ NIGHTMARE FILM FESTIVAL
Gli incubi, a Ravenna,
fanno il sold-out di
FRANCESCO GAROIA Sadici party privati, isole infestate dai cannibali, ragazzini viziati e annoiati che uccidono per divertimento, uomini evirati che cercano vendetta, ladri che s’infilano in case piene di trappole, feti mutanti e garage misteriosamente abbandonati: gli ingredienti per il successo c’erano tutti, e anche quest’anno il Nightmare Film Fest (ottava edizione) non ha deluso le aspettative facendo venire la pelle d’oca anche ai più impavidi spettatori. Venti le pellicole proiettate in sei giorni, tra quelle in concorso, eventi speciali e la mini rassegna dedicata alla giurata Suzi Lorraine, la splendida screaming queen protagonista di numerosi splatter indipendenti americani. È stata proprio lei, assieme al regista inglese Sean Hogan e dal critico cinematografico Alessio Gradogna, a premiare i vincitori: Menzione speciale a Red White and Blue (Simon Rumley, UK, 2010), «apprezzato per una prima parte più riflessiva, ben sviluppata, solida, senza violenza, e per una recitazione molto intensa e credibile», recita la motivazione, e Anello d’oro a Godspeed (Robert Saitzyk, USA, 2009), dove il protagoni-
sta, un predicatore e padre di famiglia residente in Alaska, grazie a una misteriosa bambina e qualche bottiglia di alcol di troppo si trasforma in un killer di prima categoria. «Una storia drammatica, forte, scritta e diretta molto bene. Il tema trattato è molto interessante, espressione di un’indagine sulla Fede nel mondo d’oggi e sull’opportunità di avere ancora una speranza ai giorni nostri», spiegano i giurati. Ma come sempre una rassegna del genere è il pretesto per parlare del mercato del cinema più in generale: la grande affluenza ha costretto gli organizzatori a chiudere le proiezioni del weekend a stampa e accreditati, rendendo necessaria la replica dei film in un secondo momento. Questo perché la sala concessa alla rassegna aveva 123 posti. Non che il Cinemacity Multiplex di Ravenna non possieda sale più capienti, anzi. Solo che queste erano dedicate a programmazioni ritenute ben più importanti come il film delle Winx, o Il Regno di Ga’Hoole, o Step Up 3D. Siamo davvero sicuri che questa sia la politica, economicamente parlando, più fruttuosa?
«Nightmare Film Festival, vincono Godspeed e Red White and Blue»
Godspeed ©2009 Film Harvest, Helios Production
BILLY ATTUALITÀ IL PASTO NUDO
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A Serbian Film © Contra Film
il pasto nudo #1 di
MATTEO LOLLETTI Un film, di recente, ha riaperto il dibattito su quanto si possa mostrare al cinema, su cosa e su come sia lecito farlo, e sui confini del visibile. Poiché è chiaro che tali parametri hanno un diretto legame con il periodo storico e culturale in cui questi dibattiti si sollevano, e che, quindi, il concetto dibattuto ha (quasi) sempre un valore relativo, connaturato anche alla diffusione dei mezzi di comunicazione e direttamente relazionato alla funzione stessa del cinema, ciò su cui ci interessa concentrarci, in questo primo capitolo, sono le dinamiche sottese ad un altro percorso, più relativo alla forma. Un percorso che ha prima progressivamente precisato confini e distanze tra grande schermo e televisione, per poi registrare un’inversione di tendenza, coinvolgendo altri ambiti relativi alla comunicazione e alla rappresentazione, direttamente collegati alla grande diffusione della possibilità di creare immagine. Se da un lato, infatti, la pervasività del mezzo televisivo ha in molti modi informato la strutturazione linguistica del cinema (e viceversa), è altrettanto innegabile che, d’altro canto, il cinema di finzione sembra progressivamente abdicare alla sua fun-
«il cinema di finzione sembra progressivamente abdicare alla sua funzione di rappresentazione/interpretazione della realtà» zione di rappresentazione/interpretazione della realtà, eliminando i filtri della messa in scena e dello sguardo dell’autore/regista, in nome di una mimesi che ha un portato soprattutto, potremmo dire, quotidiano. La maggiore accessibilità delle videocamere, lo sviluppo tecnologico di strumenti come i telefonini, sono elementi di senso che hanno avuto riverberi nel cinema. A prescindere dallo sviluppo del digitale e del suo utilizzo in funzione espressiva, è il proliferare di pellicole in cui l’istanza spettatoriale, solitamente invisibile e supposta, coincide con la visione di uno dei protagonisti del film e/o con quella di supporti di registrazione - come le telecamere di sorveglianza - presenti nella finzione scenica, in una sorta di approfondimento semantico della soggettiva, a rappresentare la grande e rivoluzionaria novità degli ultimi anni, quasi che il cinema, apparentemente, abdichi alla sua funzione di interpretazione della realtà. Tale percorso si salda con il progressivo tentativo di spostare in avanti le categorie del mostrabile, intese come contenuto e non come forma. Ma di questo parleremo prossimamente.
Harry Potter and the Deathly Hallows © Warner Bros 2010
in sala saga(ce)
BILLY NUMERO 27 OTTOBRE 2010
recensioni dei film in uscita in Italia nel Novembre 2010
harry potter gb 2010 david yates (REGIA), steve kloves (SCENEGGIATURA)
«Harry Potter non può non piacere perché lo spettatore non è chiamato a darne un giudizio di merito»
La redazione è stata a lungo combattuta sulla questione di dedicare o meno un pezzo al penultimo film di Harry Potter. La prima domanda che è serpeggiata tra i collaboratori di Billy è stata: perchè parlare del maghetto quando già lo fanno tutti, e ancor di più, perchè farlo quando molti redattori non amano affatto le sue vicissitudini? Una volta approvata la necessità delle righe che state leggendo la domanda, spontanea, è stata: facciamo una preview del settimo film o aspettiamo di vederlo il 19 Novembre al cinema per poi scriverne nel numero successivo? La risposta è giunta quasi naturale. Ne parliamo subito, senza averlo visto, senza preview, senza niente di niente. Perchè recensire Harry Potter e i doni della Morte: parte I è inutile. I fan della saga lo andranno a vedere indipendentemente dalla valutazione che ne daremo noi. I detrattori non cambieranno certo idea grazie a qualche nostro sproloquio. Parlare di Harry Potter oggi ha senso solo se si approccia la saga dal punto di vista filologico o sociologico. O per tesserne le lodi. Oggi non interessa a nessuno sapere che i primi due film hanno ancora un taglio troppo adolescenziale per appassionare realmente anche gli spettatori più grandicelli, che Il prigioniero di Azkaban e Il calice di fuoco sono due pietre miliari del cinema fantasy e hanno cam-
biato la storia del blockbuster moderno e che L’Ordine della Fenice e Il principe mezzosangue sono, prevedibilmente, il tentativo poco riuscito di condensare millequattrocento pagine di libri in trecento minuti di cinema. Oggi non interessa a nessuno sapere come andrà a finire la saga del piccolo mago. Perché gli interessati già hanno letto i libri. È necessario scrivere di Harry Potter solo se si vuole ribadire, indiscutibilmente, che l’intera saga (ora parliamo di quella cinematografica, ma il discorso potrebbe essere traslato sui romanzi) è un’operazione dal valore immenso. Harry Potter non può non piacere perché lo spettatore non è chiamato a darne un giudizio di merito. Deve solo prostrarsi davanti alla capacità hollywoodiana di mettere in moto una macchina che da dieci anni incanta e incassa. Deve mettere da parte ogni pregiudizio e velleità critica e abbandonarsi alla magia. Perché fra cinquant’anni non interesserà a nessuno se i carrelli di Chris Columbus sono poco coerenti con i movimenti di macchina di Alfonso Cuaròn, o quanto la riduzione del sesto romanzo abbia penalizzato la storia; tutti si ricorderanno di oltre venti ore di cinema in grado di rapirli e appassionarli. Michelangelo Pasini
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010 Che Edgar Wright avesse talento da vendere era chiaro fin dai suoi esordi televisivi con la bellissima serie Spaced, certezza divenuta ancora più forte con i suoi successivi, esilaranti Shaun of the Dead (da noi tristemente intitolato come L’alba dei morti dementi) e Hot Fuzz. E ora tutti gli occhi del mondo del cinema sono puntati su di lui: riuscirà a dimostrarsi regista altrettanto abile con una sceneggiatura non originale (in quanto tratta dalla serie a fumetti Scott Pilgrim di Bryan Lee O’Malley)? Sarà in grado di gestire budget sensibilmente più sostanziosi? Varrà qualcosa fuori dalla sua Inghilterra? Fatta la prova del nove, possiamo finalmente ufficializzarlo: Edgar Wright è un genio. Di film come questo non ne vedrete più, o, meglio, ne vedrete le copie
RECENSIONI IN SALA sbiadite partorite da una Hollywood senza idee intenta a scimmiottarne la regia ultrapop che è solo uno degli ingredienti della sua fantastica riuscita. La vera forza del film, quello che conquista lo spettatore, è che dietro ad ogni montaggio serrato, sotto ogni flash acido, dentro ogni musica 8 bit si cela, immensa e potente, un’anima. Un’anima fatta sì di passione per manga e videogiochi e musica e cinema e pop culture, ma soprattutto un’anima fatta di amore, dei muri che lo ostacolano e del coraggio di abbatterli. Il film racconta la normale storia d’amore di due ragazzi normali che si trovano a chiedersi quanto siano disposti a lottare l’uno per l’altra. Ma lo fa attraverso la meno normale storia di un giovane che, per poter uscire con la ragazza dei
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suoi sogni, deve sconfiggere i suoi sette malvagi ex. In una fedeltà assoluta (nello spirito, quando non in passaggi secondari della vicenda) ai sei volumi della graphic novel da cui è tratta, la pellicola è confezionata con un inedito stile ibrido a metà tra il fumetto e il videogioco, in un vorticoso susseguirsi di bizzarie nerd: scontri di arti marziali in puro stile Hong Kong cedono il passo a duelli musicali con annesse bestie olografiche, passando per il cinema di Bollywood e vegani con poteri psichici. Edgar Wright qui è più fuori controllo che mai (in senso esclusivamente positivo), e mette in scena un’esperienza visiva unica, coloratissima e dannatamente divertente.
scott pilgrim vs. the world Matteo Lier Lelli
«Edgar Wright è un genio!»
USA, Cdn, GB 2010 Edgar Wright (R.) Edgar Wright, Michael Bacall (sc.)
Scott Pilgrim Vs. The World © Universal Pictures
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
RECENSIONI IN SALA
Potiche © Mandarin Films, FOZ, France 2 Cinéma
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«Ozon sfrutta il volto di uno dei simboli del cinema d’oltralpe – una Deneuve “divina” persino in tuta rossa – per celebrarlo»
FRANCIA 2010 François Ozon (R. E ADATTAMENTO)
la bella statuina
potiche Dopo averci insegnato che per risolvere un mistero di donne occorre cercarne almeno otto, François Ozon torna a descrivere l’oggi partendo da ieri. Dolceamaro come un brano di Dalida, scomodo come un comizio della Royal, il lavoro del regista francese – in concorso all’ultimo Festival di Venezia – muove da una pièce teatrale di Barillet e Grédy per arricchirla e attualizzarla. Lo scontro Luchini/ Depardieu (unico!) impallidisce al cospetto di una Deneuve mai tanto petite madeleine. “Bella statuina” in rivolta, a un ventennio dagli “anta”, la sua “donna in carriera” intrisa di femminismo (è il ’77) prosegue un cammino avviato con Buñuel (Bella di giorno, Tristana), messo in risalto da Demy (il delizioso Niente di grave, suo marito è incinto), rilanciato da Monicelli (Speriamo che sia femmina). Eroina di un pastiche, la potiche – espressione tra-
ducibile come “trofeo da sfoggiare” – incarnata dalla diva si guadagna un posto d’onore nella gerarchia familiare e sociale, dirige la fabbrica di ombrelli di famiglia (omaggio a Les Parapluies de Cherbourg) e flirta col vecchio amante (rimando a L’ultimo metro?), conquistandosi persino l’affetto dell’ex fiamma del consorte maschilista. Oltre che esempio di come il rapporto uomo-donna somigli ancora a quello tra padrone e operaio, il film di Ozon sfrutta il volto di uno dei simboli del cinema d’oltralpe – una Deneuve “divina” persino in tuta rossa – per celebrarlo. Danzando e ripensando al proprio passato con ironia. Perché, ci ricorda Catherine intonando Ferrat, c’est beau la vie! Barbara De Caro
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
RECENSIONI IN SALA
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The Social Network © Columbia Pictures
Usa 2010 David Fincher (R.), Aaron Sorkin (Sc.)
«David Fincher, che vanta già una manciata di pellicole notevoli, dirige una attesa concretizzazione cinematografica di uno dei fenomeni più potenti degli ultimi anni»
faceboom! The Social Network è il primo film su Facebook. David Fincher, che vanta già una manciata di pellicole notevoli, dirige una attesa concretizzazione cinematografica di uno dei fenomeni più potenti degli ultimi anni. Il film racconta dei primi passi del progetto partorito all’università di Harvard da Mark Zuckerberg, un brillante studente con la passione dell’informatica. Dopo essere stato lasciato dalla sua ragazza, Mark programma un sito in cui si può votare il sex appeal di ogni iscritta alla prestigiosa università. Concepito come un nuovo modo per rimor-
chiare, “The face book” si trasforma in ciò che è oggi, la community per eccellenza, ma soprattutto in un terreno fertile per speculazioni economiche. Così le prime accuse di plagio per Mark sfociano in costosissimi processi che accompagnano la promettente espansione del fenomeno in tutto il mondo. Sebbene la presenza di Fincher dietro la macchina da presa non possa essere controbilanciata da un altrettanto blasonato cast (ricordiamo che tra gli interpreti c’è Justin Timberlake), il film è stato molto apprezzato dalla critica e ha ottenuto invidiabili
riscontri ai box office. Osannato o demonizzato, Facebook è oggettivamente entrato nelle abitudini quotidiane di una frangia di popolazione che chiamare “the Facebook generation” sarebbe riduttivo. E’ perciò intuibile il motivo per cui il libro di Ben Mezrich:“The Accidental Billionaires: The Founding of Facebook, A Tale of Sex, Money, Genius and Betrayal” aveva già venduto i diritti per un adattamento cinematografico ancora prima di uscire nelle librerie. Il risultato? Eccolo qui. Marco Berardi
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BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
RECENSIONI SECONDA VISIONE
seconda visione gorbaciof
Gorbaciof © Devon Cinematografica, Surf Film, Bottom Line 2010
«Toni Servillo sembra essere la pietra filosofale del cinema italiano; trasmuta in oro ogni personaggio che interpreta»
I, 2010, Stefano Incerti (R.), Diego De Silva, Stefano Incerti (SC.) Marino Pacileo, contabile di un carcere di Napoli, deve il suo nome alla grossa voglia che porta in fronte. La sua vita è scandita dal suono delle carte su un tavolo da gioco d’azzardo e dall’innamoramento silenzioso per una giovane cinese che lo coinvolgerà inesorabilmente in attività pericolose. Napoli diventa lo scenario di un gangster movie americano; perfetta con i suoi vicoli bui e pieni di immondizia, fatta di mafia e soldi sporchi, di odori acri e silenzi loquaci. Niente di più e niente di meno. Resta però Toni Servillo con la sua gestualità e i suoi sguardi studiati nei minimi dettagli, così reali da rendere tutto il resto un contorno. Un Toni Servillo che sembra essere la pietra filosofale del cinema italiano odierno; trasmuta in oro ogni personaggio che interpreta. La sua presenza è un valore aggiunto a qualsiasi storia si voglia raccontare. Tutti ricordiamo Titta di Girolamo in Le conseguenze dell’amore. Marino Pacileo pare costruito sulla falsariga di questo personaggio così magistralmente disegnato, ma è allo stesso tempo qualcosa di diverso. Si parla di alchimia; quell’alchimia che permette ai personaggi interpretati da Servillo di acquisire l’immortalità, l’elisir di lunga vita nei ricordi dello spettatore. E si parla
di magia, la magia dello sguardo e della camminata di Gorbaciof. La magia del suo amore per una giovane cinese per cui vale la pena mettersi in pericolo. La magia dei movimenti delle sue mani quando mescola le carte sul tavolo o maneggia buste, chiavi e soldi. La stessa magia che, dalla sua persona, si irradia a tutto quanto lo circonda. Così Gorbaciof risulta qualcosa di più. Più di un gangster movie americano, più di una storia di mafia e sporcizia napoletana, più di una storia d’amore fuori dalle righe, più di un film sul gioco d’azzardo. Purtroppo «I maghi non esistono», come ci ricorda Chomet ne L’illusionista, e ci ritroviamo a fare i conti con un film dalla trama priva di spessore e con pochi dialoghi. Qualche volta ci si chiede se non sarebbe stato meglio lasciare tutto alla mimica degli attori (Yang Mi ha già la sua buona parte da film muto) e ai suoni che li accompagnano. E Gorbaciof torna così a essere niente più che un gangster movie americano ambientato a Napoli, ben sorretto da una pietra, un uomo capace, a modo suo, «di risanare la corruzione della materia». Chiara Faggiano
F for Fake
retropolis Quando si spengono le luci della sala, si innesca un meccanismo quasi onirico, la cui pietra angolare è la sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore, in un patto tacito tra chi guarda e chi mostra. Il cinema quindi, tra le sue tante potenzialità, è (anche) edificazione dell’ignoto e (addirittura) realizzazione dell’impossibile. È una magia tanto vera da spaventare, è un sogno credibile e creazione di mito, ossia, etimologicamente, di racconto, quindi di favola, sia nella forma che nel contenuto. E se il cinema è magia, il regista è un prestigiatore, con al centro l’epifania del fantastico, la supposizione di un futuro possibile e addirittura di una realtà altra. Quattro film, in questo Retropolis, quattro film che ci svelano il mistero... Matteo Lolletti
Le Voyage dans le Lune © Star Film 1902
georges méliès fantasia star wars avatar
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
RECENSIONI RETROPOLIS
blico, come prima faceva con i suoi trucchi di illusionismo, ma con in più tutte le possibilità che la nuova tecnica gli offre. Dopo quell’incontro il cinema mutò la natura documentaristica che gli avevano dato i fratelli Lumière e divenne ricettacolo di idee e innovazioni messe a punto per intrattenere un pubblico sempre più difficile. Méliès diventò dunque un esploratore del mezzo e si fece pioniere di innumerevoli invenzioni che contribuirono a rendere il cinema più simile a come lo conosciamo noi. Inventò la messa in scena, ricostruendo modellini e scenografie per realizzare i primi film di fantascienza; fu il primo a usare dissolvenze e montaggio, trasformando il singolo fotogramma in oggetto ludico, e a dipingere la pellicola per ricavarne un film a colori. Méliès fu, in definitiva, il primo a cercare di inventare una realtà diversa da quella di tutti i giorni, una via di fuga dal reale verso i magici confini dell’immaginario.
george méliès Ci fu un giorno, un giorno preciso, in cui la magia incontrò il cinema. Il 28 dicembre del 1895, nella sala che ospita la prima proiezione del cinematografo, tra gli spettatori che stanno assistendo meravigliati e inconsapevoli alla nascita del cinema, vi è anche Georges Méliès.
Il cinema è dunque magia fin dalla sua prima comparsa in una sala, ma Méliès, prestigiatore esperto e direttore di un teatro, lo intinge della sua arte e lo mette a servizio delle sue doti, trasformandolo da mera attrazione scientifica a mezzo per affascinare e meravigliare il pub-
Marco Bacchi
fantasia
Di tutte le opere di Walt Disney, Fantasia è di certo quella più ambiziosa in assoluto. Forse l’opera più ambiziosa della storia del cinema stesso. Il film è di fatto l’evoluzione ultima delle Silly Simphonies, con le quali Disney aveva sperimentato il rapporto tra cartone animato e musica negli anni trenta. Ma Fantasia non si accontenta del semplice status di cartone animato e aspira al rango di spettacolo totale, dove l’animazione risulta essere lo strumento perfetto per trasformare la musica in immagini, nonché il metodo ideale per dare corpo alla cosa più intangibile di tutte: la fantasia (quella vera). Decenni prima del digitale, Walt Disney capisce che la rappresentazione del fantastico non può essere ricreata in uno studio cinematografico, ma deve necessariamente passare per un processo creativo da zero. Per fare capire ciò, Disney usa la trasposizione della musica in immagini scollegate da qualsiasi referente reale. Inoltre, la scelta di utilizzare musica “alta” (e non popolare come nelle Sil-
ly Simphonies) è atta sia a nobilitare e sdoganare il cinema di animazione agli occhi dell’élite cinematografica (e forse anche culturale), sia a rimarcare la potenza che il cinema in toto è capace di liberare sullo schermo. La pretenziosità di tutto questo può essere letta anche nella scelta dei temi:
l’astratto (primo episodio), la favola (L’apprendista stregone, La pastorale e Lo schiaccianoci), la scienza (I dinosauri), lo humor (La danza delle ore) e la spiritualità (Una notte sul Monte Calvo e Ave Maria finali). Alberto Semprini
USa 1940, registi vari (R.), Sceneggiatori vari (Sc.)
Fantasia © Walt Disney Pictures 1940
Le Voyage dans le Lune © Star Film 1902
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RECENSIONI RETROPOLIS
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Se dobbiamo trovare dei precedenti ad un film come Star Wars forse potremo citare King Kong. La pellicola di Cooper/Shoedsack riusciva a mettere in scena uno spettacolo strabiliante ricorrendo a tutti i tipi di effetti speciali conosciuti all’epoca. Da questo punto di vista Star Wars è un aggiornamento del cult RKO, una sorta di campionario di tecniche atte a dare corpo alla fantasia e alla creatività di una mente vulcanica come quella di Lucas. Ma la forza di Star Wars (come poi anche di King Kong) non risiede solo nell’aspetto tecnico. Il Film di Lucas è leggibile su più livelli. Oltre a costituire un punto fermo molto importante nella storia del cinema (il passaggio da moderno a post-moderno), costituisce il tentativo di assommare in un’unica opera (o meglio in un unico ambizioso progetto) tutto ciò che il cinema spettacolare aveva tentato di rappresentare prima di allora. Dentro c’è di tutto, i riferimenti alla quasi totalità dei generi cinematografici (western, melò, commedia e ovviamente fantascienza) nonché
The Empire Strikes Back © Lucasfilm 1980
tutte le tecniche di effetti speciali conosciute. Concentrando in sé tutte le caratteristiche della macchina dei sogni, il film /progetto di Lucas si carica dell’importante ruolo di spettacolo totale atto ad esprimere la potenza delle immagini in movimento e la loro capacità di dare corpo
a ciò che non esiste. La magia del cinema risiede soprattutto anche in questa abilità, della quale Lucas (in veste di regista, ma anche di produttore) può tranquillamente definirsi maestro.
Quando James Cameron decise di stupire ancora una volta il mondo con una delle sue ambiziose imprese, ci chiedemmo (anche su BILLY) se non si fosse superato un limite che tale doveva restare: Avatar, e l’uso del 3D in generale, sono da considerarsi cinema? Solo in parte? O paradossalmente cinema,
inteso come potere visivo, allo stato puro? Se riuscissimo a guardare Avatar senza restare abbagliati dai sorprendenti effetti digitali, che risultano il più alto livello tecnico finora raggiunto, sarebbe evidente come la sceneggiatura sia un cocktail di idee scarsamente originali e nemmeno troppo approfondite: l’amore
shakespeariano, la metafora a favore del rispetto per l’ambiente, la condanna nei confronti di colonialismo e gretto militarismo. Dunque la domanda che davvero ci dobbiamo porre è: cos’è il cinema? Un film può aderire profondamente al reale ed essere altrettanto visionario e sortire lo stesso effetto sullo spettatore: quel coinvolgimento, quel percepirsi dentro e non semplicemente di fronte ad immagini in movimento, quel moto interiore che può risvegliare ricordi e sogni, o crearne di nuovi. Il 3D è lo stadio ultimo (finora) di quell’evoluzione partita dalla lanterna magica del XVII secolo e svoltasi attraverso Méliès, Disney, Star Wars: ma siamo certi che i celebri occhialini ci regalino davvero la possibilità di un maggiore coinvolgimento? O piuttosto ci tengono ancorati alla nostra realtà e ci impediscono di entrare in quella a cui dovrebbero avvicinarci?
USA 1979 George Lucas (R. e Sc.)
star wars
USA 2009 James Cameron (R. e Sc.)
Alberto Semprini
avatar Chiara Tartagni
Avatar © 20th Century Fox 2010
VETRIN VETRINA 16
Mercoledì 17 novembre ore 21 Collina dei Conigli – Parco Urbano, Forlì (FC)
Anteprima assoluta di
Meglio per tutti di Matteo Lolletti e Riccardo Salvetti
Domenica 21 novembre ore 21 Collina dei Conigli – Parco Urbano, Forlì (FC)
Billy’s Game Torna il gioco di Billy dedicato al cinema, con ricchi premi e sorprese!
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
Orson Welles – It’s all true Rassegna cinematografica dedicata al geniale Orson Welles, a cura del Cineclub forCINE di Forlì Proiezioni presso Moquette bookshopbar, Via Dall’Aste 17, Forlì (FC). Inizio proiezioni ore 21. Ingresso riservato ai soci forCINE Per informazioni www.forcine.net
[email protected]
ro 15 novembre ore 20,30
MEPHISTO
Istvàn Szabò (Ungheria 1981) 22 novembre ore 21,15
IL PADRE DEI MIEI FIGLI
Mia Hansen-Love (Francia 2009) 29 novembre ore 21,15
PIETRO
Daniele Gaglianone (Italia 2010)
Lunedì Cult Movie
Rassegna a cura di Cinemaincentro e Faenza Centro Vivo, ogni lunedì presso il Cinema Italia – Via Cavina 9, Faenza (RA)
embre 7 novembre
QUARTO POTERE USA 1941 (119’)
Cinema in Collina
Alla Collina dei Conigli – Parco Urbano, Forlì (FC) BILLY presenta film mai distribuiti in Italia, in lingua originale e sottotitolati. Introduzione a cura di Matteo Lolletti e Michelangelo Pasini.
14 novembre
LA SIGNORA DI SHANGAI USA 1948 (87’) 21 novembre
OTELLO
Italia, Francia, USA 1952 (98’)
L’INFERNALE QUINLAN USA 1958 (112’)
Francia 1968 (58’)
Francia, Germania, Iran 1973 (85’)
STORIA IMMORTALE
Martedì 30 novembre
ACHILLE E LA TARTARUGA Takeshi Kitano
L’AMORE BUIO 22 novembre
THE TOWN
Ben Affleck (USA 2010) 29 novembre
LA PECORA NERA
Apichatpong Weerasethakul
Scott Sanders
15 novembre
Antonio Capuano (Italia 2010)
5 dicembre
Martedì 16 novembre
BLACK DYNAMITE
NIENTE PAURA
Piergiorgio Gay (Italia 2010)
F COME FALSO
Martedì 23 novembre
8 novembre
28 novembre
Inizio proiezioni alle ore 21 Ingresso gratuito
SUD PRALAD
Alle ore 21,30 introduzione al film di Andrea Bruni. Inizio proiezioni ore 21,40. Ingresso 7 Euro
Ascanio Celestini (Italia 2010)
Lunedì film mai visti Rassegna cinematografica ogni lunedì presso il Cinema Saffi d’Essai - Viale dell’Appennino 480, Forlì (FC)
6 dicembre
BURIED – SEPOLTO Rodrigo Cortés (Spagna 2010)
NA
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BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
rassegne in romagna nel novembre-dicembre 2010
omagna Storie del deserto - Cinema e storia del colonialismo italiano
Rassegna “I segreti del quotidiano Il cinema di Mike Leigh”
Ciclo di conferenze pomeridiane presso l’auditorium del Liceo Torricelli di Faenza e proiezioni serali relative al colonialismo italiano. A cura del Cineclub Il Raggio Verde di Faenza
Rassegna cinematografica dedicata al regista inglese Mike Leigh, ogni lunedì sera fino a dicembre presso il Cinema San Biagio di Cesena (Sala Rossa) – Via Aldini 24, Cesena (FC)
Ecco il programma delle proiezioni ad ingresso gratuito presso la Biblioteca Comunale Manfrediana, Sala Dante, via Manfredi 14, Faenza (RA) Presentazione ore 21 Inizio proiezione ore 21,30
Inizio proiezioni ore 21 Biglietto d’ingresso per la rassegna 5 Euro
Rassegna “Scusate... il ritardo – Il meglio che ci siamo persi”
Rassegna cinematografica a cura dell’Associazione culturale “Grazia Deledda”, ogni martedì fino a dicembre presso il Cinema Sarti – Via XX Settembre 98/a, Cervia (RA) Inizio proiezioni ore 21 Biglietto d’ingresso per la rassegna 4 Euro
e e dic 4 novembre
IL GRANDE APPELLO (Augusto Genina 1936) 11 novembre
8 novembre
SEGRETI E BUGIE 15 novembre
RAGAZZE
22 novembre
TUTTO O NIENTE
ABUNA MESSIAS
29 novembre
(Goffredo Alessandrini 1939)
IL SEGRETO DI VERA DRAKE
18 novembre
6 dicembre
SOTTO LA CROCE DEL SUD (Guido Brignone 1938) 25 novembre
LE ROSE NEL DESERTO (Mario Monicelli 2006)
Evento Speciale di chiusura Biblioteca comunale, Sala Dante, via Manfredi 14, Faenza, ore 21 2 dicembre
OMAR MUKHTAR – IL LEONE DEL DESERTO (Moustapha Akkad 1980)
LA FELICITÀ PORTA FORTUNA
9 novembre
COSA VOGLIO DI PIÙ Giovanni Soldini (2009) 16 novembre
IL PICCOLO NICHOLAS E I SUOI GENITORI Laurent Tirard (2009) 23 novembre
LA SCONOSCIUTA
Giuseppe Tornatore (2006) – Ingresso gratuito 30 novembre
CHLOE
Atom Egoyan (2009) 7 dicembre
20 SIGARETTE Aureliano Amadei (2010)
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BILLY NUMERO 27 OTTOBRE 2010
BORSINO
ADÉLE E IL MISTERO DEL FARAONE
CATTIVISSIMO ME FIGLI DELLE STELLE GORBACIOF ILLUSIONISTA, L' MASCHI CONTRO FEMMINE PASSIONE
POST MORTEM IL REGNO DI GA'HOOLE THE TOWN
Dario Stefanoni
Alberto Semprini
Michelangelo Pasini
Matteo Lelli
Chiara Faggiano
Barbara De Caro
Marco Bacchi
BORSINO novembre 2010
Il mio vicino Totoro © Studio Ghibli 1988
BILLY NUMERO 26 SETTEMBRE
MICHELANGELO PASINI CATTIVI MAESTRI
RUBRICHE CATTIVI MAESTRI
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miyazaki SALVATI DA
Finalmente Miyazaki Hayao è riuscito ad abbattere le barriere del pregiudizio di distribuzione e pubblico della nostra italietta. Da qualche tempo a questa parte nella nostra penisola non solo escono i suoi film con una certa regolarità e senza il consueto ritardo che ha contraddistinto le opere precedenti (La città incantata e La principessa Mononoke sono arrivati nelle sale italiane rispettivamente due e tre anni dopo l’uscita su suolo nipponico), ma è iniziata un’interessantissima operazione di recupero delle pellicole più datate. È il caso di Lupin III – Il ritorno di Cagliostro e Il mio vicino Totoro che ad oltre vent’anni dal loro debutto in Giappone vedono la luce delle sale italiane. Questo, che dai fan è considerato un evento epocale, ha in realtà un significato importantissimo per l’intera industria cinematografica italiana: non significa solamente che il cinema di Miyazaki è ormai divenuto, anche grazie ai numerosi riconoscimenti internazionali ottenuti (tra cui il Leone d’oro alla carriera al Festival di Venezia e il premio Oscar come miglior film per La città incantata), un punto di riferimento per gli appassionati di animazione, ma anche che viene riconosciuta ai suoi lavori la necessità di essere fruiti su grande schermo. Il che,
«Anche i magnati della distribuzione italiana sembrano essersi inginocchiati alla perfezione delle animazioni del maestro giapponese»
specialmente in Italia, non è affare da poco. In un momento nel quale le sale cinematografiche vengono disertate in luogo di surrogati dell’home-video o peggio ancora dello streaming, in un momento in cui gli investimenti delle case di produzione sono orientati esclusivamente al 3D, prodigarsi per riportare in sala alcuni dei primi film di Miyazaki Hayao significa mostrare un rispetto inedito ed inaspettato per il suo lavoro. Anche i magnati della distribuzione italiana sembrano essersi inginocchiati alla perfezione delle animazioni del maestro giapponese, al tripudio di colori di film come Il castello errante di Howl e Ponyo sulla scogliera, sembrano aver realizzato che se il cinema ha ancora una boa di salvezza, questa va assolutamente cercata nella magia che riesce ad evocare. E non c’è rappresentante migliore, di questa magia, del fondatore del celeberrimo Studio Ghibli: non stiamo parlando delle atmosfere sognanti e surreali delle sue pellicole, ma della primitiva magia che il cinema riesce da sempre ad esercitare sullo spettatore. Quell’empatia capace di farlo sprofondare nelle poltrone della sala e calarlo in una realtà altra, impedendogli di uscirne per almeno due ore.
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RUBRICHE THE FILMGAMER
«E’ interessante notare come il videogioco dia quasi per scontato che il suo fruitore conosca già la vicenda di Scott Pilgrim»
Scott Pilgrim Vs. The World: The Game © Ubisoft 2009
ALBERTO SEMPRINI THE FILMGAMER Se in un futuro remoto, dopo l’estinzione umana, degli esploratori alieni rinvenissero sulla terra un volume del fumetto Scott Pilgrim, una copia del film Scott Pilgrim e una console con installato sopra Scott Pilgrim: the Game, farebbero davvero molta fatica a cogliere il nesso tra questi tre oggetti dallo stesso titolo. Altra impresa molto difficile, poi, sarebbe quella di stabilire quale tra queste tre opere abbia influenzato le altre due per prima. Tutti e tre i testi sono tipici esempi del postmodernismo che sta imperando nella cultura popolare degli ultimi anni, cioè dei testi che vivono di citazioni e rimandi ad un passato e ad un substrato culturale ben preciso. Ma la particolarità delle tre opere in questione è che ognuna di loro adempie al suo scopo usando al meglio il suo linguaggio specifico. Scott Pilgrim: the Game infatti, nasce come trasposizione del fumetto americano omonimo e ritrasmette l’atmosfera di quest’ultimo attraverso una serie di suggestioni prettamente videoludiche. In altre parole, Scott Pilgrim: the Game prende l’atmosfera presente nell’opera cartacea e la ritrasmette al gio-
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
SCOTT PILGRIM THE GAME LA MAGIA DEL LINGUAGGIO
VIDEO LUDICO
catore usando non il linguaggio delle immagini ma il linguaggio dei videogiochi. Innanzi tutto, come il fumetto riprende i manga giapponesi anni Ottanta, la grafica e la musica (in una parola design) del gioco richiamano i videogame dello stesso periodo, riprendendo un genere allora in voga ma adesso in disuso come quello dei picchiaduro a scorrimento (tipo Double Dragon ma il gioco si rifà soprattutto a River City Ransom). La vicenda è semplificata e narrata in maniera molto scarna e stilizzata attraverso dei veloci accenni, per dare spazio all’azione e ai combattimenti (vero fulcro del videogame). E’ interessante notare come il videogioco dia quasi per scontato che il suo fruitore conosca già la vicenda di Scott Pilgrim letta nel fumetto. Poi ci sono le citazioni, prese un po’ da tutte le parti ma soprattutto dall’universo videoludico. Il caso più interessante rimane quello di un combattimento tra il protagonista e uno dei villain principali reinterpretato in una sorta di partita a Guitar Hero. Esempio perfetto di come il gioco prenda un personaggio e lo rilegga secondo i canoni del videogame.
MATTEO LOLLETTI HORROR POLITICS Suspiria © Seda Spettacoli 1977
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
L’ESALTAZIONE DEL MAGICO «Gli aspetti onirici e irrazionali dominano la pellicola, operando un rovesciamento rispetto all’approccio “classico” di Argento» Dario Argento arriva a Suspiria (1977) dopo Profondo Rosso (1975), che per molti aspetti è IL film del regista romano. In questo passaggio risiede il segno di un cambiamento radicale del cinema argentiano: se Profondo Rosso opera l’inserimento all’interno del thriller di elementi estranei al genere, con Suspiria il passo nell’horror è pienamente compiuto, laddove gli aspetti onirici e irrazionali dominano la pellicola, operando un rovesciamento rispetto all’approccio “classico” di Argento. Nella trilogia degli animali infatti, così come nel capolavoro del 1975, è la realtà ad essere violentata dall’illogico, finan-
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che dal soprannaturale, mentre in Suspiria (come poi nel successivo Inferno e ne La Terza Madre, ultimo, tardivo capitolo della trilogia) è il fantastico ad essere traumatizzato dal reale. In questo capovolgimento programmatico - ed anche estetico - si radica l’approdo ultimo del cinema di Argento: da un lato la scomposizione filmica dell’assassino operata durante la svolgimento della storia non si risolve più, visivamente e narrativamente, in una concreta e riconoscibile agnizione finale, quanto piuttosto in una sublimazione che in un certo senso dissolve l’esistenza stessa dell’assassino in quanto tale e in senso proprio, come a dire che la causa della morte è la morte stessa. Questa fascinosa oscillazione tra terreno e sovrannaturale, tra reale e magico, con l’esaltazione di quest’ultimo, permette ad Argento di archiviare definitivamente, senza che ciò risulti una scorciatoia, le necessità della narrazione classica e la sua coerenza, concedendogli di trascurare l’identità logica dell’assassino (e del male, quindi) per celebrarne invece la poderosa manifestazione. D’altronde, ed è elemento di forte centralità, ad Argento, più che la geometrica e plausibile soluzione del mistero, più che la ricomposizione ineccepibile e assolvente (per lo spettatore) del puzzle, ha sempre maggiormente interessato la messa in scena, la dinamica attuale ed agita del male, la sua rappresentazione. Trovando questa coincidenza tra causa ed effetto, Argento raggiunge un punto oltre il quale è sostanzialmente impossibile collocarsi, lasciando lo spettatore in preda ad un senso di accerchiamento e di insostenibile ineluttabilità, dovuti alla sensazione di una minaccia costante.
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RUBRICHE CINERDMATOGRAFO
STREGHE IN CAR(TO)NE E OSSA Mary Poppins (1964) e Pomi d’ottone e manici di scopa (1971) sono due bellissimi film entrati giustamente nel cuore e nell’immaginario di più di una generazione. I punti di contatto sono numerosissimi, e le pellicole formano un perfetto “dittico della magia” di casa Disney. Anzitutto alla regia troviamo sempre il bravissimo Robert Stevenson (Un maggiolino tutto matto, 1969), evidentemente a suo agio con le scene musicali (esemplari il ballo degli spazzacamini in Mary e la celeberrima Portobello Road di Pomi d’ottone) e con la tecnica mista di animazione e live action (entrambi i film hanno vinto il premio Oscar per i migliori effetti speciali). Inoltre le due pellicole sono tecnicamente film in costume, essendo ambientate rispettivamente nel 1910 e nel 1940, e traggono le Bedknobs and Broomsticks © Walt Disney Productions 1971
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
MATTEO LIER LELLI CINERDMATOGRAFO «l’incontro tra cartone animato e attori in carne e ossa raggiunge qui vette mai superate, e colori e fotografia sono tutt’oggi stupefacenti»
il magico incontro di animazione e live action firmato Disney loro origini da fonti letterarie. Infine, oltre a condividere buona parte del cast tecnico, entrambi i film vedono ricoperto uno dei ruoli fondamentali dall’altrimenti poco noto David Tomlinson, perfetto sia nei panni del Signor Banks, severo e ottuso padre di famiglia in Mary Poppins, sia nell’interpretazione del mago imbroglione Emelius Browne in Pomi d’ottone. Ma in questa sede siamo interessati alla magia: alla magia della visione abbiamo accennato (l’incontro tra cartone animato e attori in carne e ossa raggiunge qui vette mai superate, e colori e fotografia sono tutt’oggi stupefacenti), ora sotto con stregonerie e sortilegi! Se Mary Poppins (la bellissima Julie Andrews) è difficilmente inquadrabile come maga, e si avvicina più ad una sorta di angelo custode o fata depositaria di una magia bianca e salvifica, Miss Price (una strepitosa Angela Lansbury) è invece il completo ribaltamento di ogni cliché sulle streghe: le sue magie sono quelle classiche di tutte le fattucchiere (trasforma le persone in animali, vola a cavallo di una scopa, dà vita ad oggetti inanimati), ma è pasticciona, impacciatissima e (alla fine) eroica e materna. Ma la magia più grande che entrambe le eroine compiono è senz’altro quello di insegnare ai bimbi il pieno valore degli affetti familiari e del reciproco sostegno: magia che, a tanti anni di distanza, grazie all’indimenticabile dolcezza delle due protagoniste, continua a vivere nel cuore degli spettatori di ogni età.
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RUBRICHE CINELETTERATURA
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MARCO BACCHI CI NELETTERATURA
«Il confine tra realtà e finzione finisce per essere una line sottile, quasi invisibile, che rende quasi irriconoscibile il limite che li separa»
Triste, solitario y final
Il cinema capovolto Gli ultimi anni hanno segnato, sembra irrimediabilmente, la crisi d’idee che affligge l’industria cinematografica mondiale e in particolar modo quella hollywoodiana: uno dietro l’altro si susseguono nelle sale remake o rivisitazioni di film che abbiamo già visto, sempre più spesso le nuove uscite si avvalgono di sceneggiature non originali tratte da romanzi e in alcuni casi, soprattutto in tempi recenti, si ispirano a famosi fumetti di successo. Capita invece che a volte sia il cinema a ispirare un romanzo e, nella fattispecie, che sia il mondo di Hollywood e tutto ciò che vi ruota attorno. In un attimo le auto sfreccianti e le scazzottate di John Wayne, i volti di Chaplin e di Stan Laurel, la premiazione della notte degli Oscar, si trasformano da immagine in pagine e immaginazione e il confine tra realtà e finzione finisce per essere una line sottile, quasi invisibile, che rende quasi irriconoscibile il limite che li separa. I personaggi che incontriamo sono così simili a come ce li ricordiamo sullo schermo che, pagina dopo pagina, ci inoltriamo in tipiche atmosfere da poliziesco,
noir, fino a sfiorare in qualche punto il vero e proprio classico western. Il cinismo di Marlowe, il tramonto di Stan Laurel, l’atteggiamento da vaquero di John Wayne e il rapimento di Chaplin contribuiscono a rendere Triste, solitario y final un canto nostalgico al cinema dei tempi d’oro, un omaggio dissacrante a quel mondo che dietro ai riflettori, nasconde una solitudine senza rimedio. Il libro nasconde un elogio, anche funebre, dello stesso autore, che troviamo tra i protagonisti, sulla tomba abbandonata di Laurel, che incarna il simbolo di un’epoca, che ha contribuito a rendere grande il cinema e a sfornare grandi star, ma che ne ha decretato la fine e il passaggio nel dimenticatoio, così come ne aveva sancito la fama. E proprio su quella tomba scolpita dal tempo, visitata da Soriano e da Marlowe, sembra esserci il passaggio di consegna da un cinema di sentimenti a un cinema fatto di cinismo e disincanto, autoreferenziale e volto solo a nutrire se stesso e non il pubblico, lo stesso cinema che è arrivato ai giorni nostri cavalcando il mito di se stesso.
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RUBRICHE IN COSTUME
«l’incanto che Nolan getta sullo spettatore è certamente il più affascinante: un inestinguibile labirinto pari a quelli di Escher, da cui si esce infine disfatti e privi di certezze»
CHIARA TARTAGNI IN COSTUME
THE PRESTIGE The Prestige © Touchstone Pictures, Warner Bros. Pictures 2006
SOSPENSIONE DELL’INCREDULITÀ
Christopher Nolan può certamente annoverarsi fra i nuovi alfieri della magia del cinema, intesa come capacità di tenere in ostaggio la mente dello spettatore e condurla in vie impervie da cui spesso è costretta a fuggire con le proprie risorse. Dal viaggio nei ricordi di Memento, legato a doppio filo con il recente, splendido Inception, fino alla nuova linfa donata a Batman, finalmente Cavaliere Oscuro e non più beniamino delle folle a tinte pop. Inevitabile forse la sua attrazione per il gioco di prestigio, per l’illusione che ne cela infinite altre, per l’intreccio indissolubile fra sentimento e manipolazione. Frutto ideale di tale fascinazione è The Prestige, ambientato negli anni in cui ancora la zona d’ombra al confine tra scienza e magia era ampia e infinitamente sfumata. È il XIX secolo che vide le prime apparizioni di Houdini e gli esperimenti di Nikola Tesla, che in quell’ombra sguazza coscientemente: Nolan ne fa la controparte saggia e disincantata di uno dei protagonisti e con un colpo di genio ne affida l’interpretazione a David Bowie, già androgino marziano giunto sulla Terra. Il regista mette in campo ogni declinazione
della dualità e della pluralità: dalla reiterata morte sul palco deriva, per duplicazione, una nuova vita; l’identità personale si perde nel perpetuo sforzo di reggere una doppia vita (o una vita da doppio); la vendetta si riproduce mutando soggetto, poiché il confine tra ragione e colpa, tra bene e male, è pressoché nullo. Angier e Borden, l’uomo di spettacolo e l’illusionista privo di appeal, sono destinati a combattersi poiché due facce della medesima luna: l’aspirazione all’immortalità e all’unicità, cercata nei meandri della magia e resa impossibile dal continuo specchiarsi in altri sé. Tutto ciò che li circonda viene risucchiato nei gorghi dei demoni che li dominano, tranne l’unica creatura (ancora) innocente: la figlia di Borden, riscattata per mezzo della più estrema delle illusioni. Non c’è lieto fine, né fine autentica, per queste anime perdute e l’incanto che Nolan getta sullo spettatore è certamente il più affascinante: un inestinguibile labirinto pari a quelli di Escher, da cui si esce infine disfatti e privi di certezze. Cosa c’è infatti di più magico del restare sulla soglia del reale senza mai oltrepassarla?
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
RUBRICHE PSICOVISIONI
La magia non è tale se non accompagnata da stupore, e lo stupore è un’emozione intensa capace di catturare tutta l’attenzione di chi a bocca aperta resta incredulo davanti a ciò che percepisce. Tra l’incredulità e la razionalità e il processo messo in atto per annientare la prima o celebrare la seconda si dipana per tutta la durata di The Illusionist (diretto da Neil Burger nel 2006) la sequenza degli avvenimenti. La fermezza con cui riesce a non svelare i propri trucchi Edward Norton nei panni dell’illusionista Eisenheim, mostrando la sicurezza auspicabile nell’uomo ideale anche quando le accuse ingiustificate lo vorrebbero già condannato, è ciò che dona spessore all’uomo e al professionista, che avvolge nel mistero la sua identità e la sua arte. Sembra avere poteri paranormali, confondendosi con i medium per la sua presunta capacità di rievocare gli spiriti, ma l’illusione è solo un’alterazione percettiva per cui la percezione non si conforma alle caratteristiche dello stimolo e determina una discrepanza tra mondo fisico e mondo percepito. La magia è
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un potere in mano a pochi, ma non dei potenti. In questa sfida tra coloro che detengono il potere e la paura di non aver controllo su chi può con le illusioni trascinare il popolo e da esso essere difeso apparentemente sembra essere la lotta. Il principe o il poliziotto possono solo riacquistare dignità nel caso in cui riescano a trovare il trucco o ciò che loro ritengono un inganno, oppure incriminare come impostore qualora falliscano questo obiettivo. È la razionalità che cerca sempre una ragione nell’irrazionale. Molti pensano che in questo film non vi sia un finale degno eppure negli occhi dell’ispettore, l’unico che riesce a scoprire il trucco, il cui suo scopo era solamente dare un senso logico ai giochi magici a cui assisteva, e non imprigionare l’illusionista. Fondamentalmente è il tentativo che ognuno di noi fa per scoprire il trucco quando l’apparente irrealtà di una illusione è spiegabile con un fine e intelligente meccanismo. Non è forse illusione il cinema stesso, quando pur sapendo d’essere irreale ci fa piangere, impaurire, sbalordire come se fosse
Frost/Nixon ©2008 Universal Pictures, Imagine Entertainment, Working Title Films
THE ILLUSIONIST LUIGI PALMIROTTA PSICOVISIONI «La magia è un potere in mano a pochi, ma non dei potenti»
The Illusionist © Bull’s Eye Entertainment 2006
Mad Men ©2007 Lionsgate Television, Weiner Bros., American Movie Classics
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RUBRICHE COSE SERIE
«Vittime di creature magiche e superiori, i capifamiglia qui proposti saranno tra i primi, in tv, ad accettare il capovolgimento del rapporto tra i generi»
Bewitched © Ashmont Productions 1964
Bewitched e I Dream of Jeannie
VITA DA STREGHE... PER AMORE BARBARA DE CARO COSE SERIE Belle, bionde e aggraziate, le prime streghe apparse sugli schermi tv USA all’inizio degli anni ’60 rifiutano di seguire lo stereotipo favolistico occidentale, preferendogli quello storico medioevale, visibilmente più affine alla “nuova donna” americana. Creato da Sol Saks e andato in onda per otto stagioni, dal ‘64 al ’72, è Bewitched ad avanzare, prima degli altri, un modello. Sdoganando nel piccolo schermo il binomio cinematografico di successo donna=magia, la sit-com interpretata dalla Montgomery racconta il mascheramento della strega Samantha in perfetta mogliettina piccolo borghese, ponendo l’accento su una quotidianità difficile d’affrontare senza “aiuti esterni”. Basato sul contrasto tra femmine intraprendenti e maschi mediocri, pronti a crollare davanti alla minima difficoltà, se non femminista antelitteram - titolo più adatto a I Love Lucy -, lo show dell’ABC appare almeno come ginocentrico. Sulla scia del suo successo, anche la NBC ci prova con incantesimi e metaforiche ribellioni. Il risultato è I Dream of Jeannie (‘65-‘70), prodotto all’apparenza più surreale e caustico del precedente
- narra le schermaglie amorose tra un astronauta e un genio-donna, dimorante in una bottiglia magica rivenuta dal militare - ma, nei fatti, identico a esso. Introdotte da titoli di testa simili quanto a stile (cartoon) e sinteticità, in effetti, è nella denuncia ironica di quell’idea di “donna schiava del focolare” (più che “angelo” dello stesso), proposta da numerosi prodotti culturali a esse coevi o quasi, che le due sit-com dimostrano d’equivalersi. Non solo! Muovendo da una focalizzazione maschile delle vicende (insita, tra l’altro, nei loro titoli originali) e ricorrendo a una magia fatta di gesti tanto piccoli da rendere la stregoneria quasi connaturata al genere femminile - Samantha arriccia il naso, Jinny incrocia le braccia e china la testa - entrambi i prodotti puntano il dito contro l’indebolimento del sesso forte e il rafforzamento di quello debole. Vittime di creature magiche e superiori, in effetti, i capifamiglia qui proposti saranno tra i primi, in tv, ad accettare il capovolgimento del rapporto tra i generi. A capire che, incantesimi e sogni a parte, i pantaloni in casa li porta sempre qualcun altro ...
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RUBRICHE I SOLITI IGNOTI
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MICHEL GONDRY L’INFINITA LETIZIA DI UNA MENTE CANDIDA Perché la scelta, che garantiamo sofferta e discussa, di un solito ignoto come Michel Gondry in un Billy dedicato alla magia? Se il cinema è illusione, vuol dire che è sogno e, di conseguenza, vuole essere ricordo. E chi più di un regista che ha costruito un film sulla cancellazione del ricordo, quindi di una parte della realtà esistita che non ricorderemo più e che quindi non sarà mai esistita, poteva, malinconicamente, essere protagonista di questo numero? Ma in realtà la prima risposta, che si dice essere quella che conta, quella istintiva e immediata, è che pochi altri come Gondry hanno reso palese, e sfruttato in tutte le sue potenzialità, la magia propria del cinema, quella di creare una realtà (prima) inesistente, solitamente impossibile, certo illusoria, eppure così irresistibile. Sarebbe sufficiente pensare a quella bellissima, indimenticabile e commovente sequenza di Eternal Sunshine of the Spotless Mind (ci concederete l’utilizzo del titolo originale, per evitare il vilipendio della traduzione italiana) in cui Jim Carrey e Kate Winslet hanno quasi cancellato tutti i loro ricordi e, in una casa che cambia la sua
struttura, con un mare che preme e inonda per poi ritirarsi, con le parole pronunciate e poi solo sentite e poi ancora (per sempre/mai) dette, con l’intuizione di una neve anticipatrice, si raccontano (quasi) un addio, ripercorrono un ricordo che si sta esaurendo, per comprendere la grandezza magica del regista francese. O basterebbe rivedere i protagonisti di Be Kind Rewind e il loro cinema rifatto con una passione quasi drammatica, per trovare un omaggio sentito e autentico proprio a quella magia del cinema che, intrisa di rimandi e consapevolezze, cambia (per sempre o per lo spazio di una scena) le nostre vite. Ma il lavoro che vogliamo maggiormente indicare, qui, è quasi paradossalmente la serie di spot che Gondry ha realizzato per Air France, brevi gioielli video in cui l’illusione e il falso del cinema, attraverso prospettive impossibili, piani irreali e raccordi che solo il cinema può realizzare, raggiungono un attimo di (im)perfezione emozionante, spiegandoci che la realtà è un’interpretazione, e spesso, ci perdonerete la retorica, è incantata.
MATTEO LOLLETTI I SOLITI IGNOTI «Pochi altri come Gondry hanno reso palese, e sfruttato in tutte le sue potenzialità, la magia propria del cinema»
Eternal Sunshine of the Spotless Mind © Anonymous Content, Focus Features, This Is That Productions 2004
Corso Mazzini, 74 Cesena FC - 0547.612349
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Vi aspetta nella nuova sede di Corso della Repubblica 27 con la novità dell’inverno 2010: la caffetteria appena inaugurata. Venite a degustare le cioccolate calde, i caffè pralina, i cremini caldi e il chupino rum e cioccolato. Naturalmente è sempre presente il vasto assortimento di confezioni da regalo per tutte le ricorrenze.
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BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
RUBRICHE FUNNY GAMES
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citazionando di
Alberto Semprini
Indovina il titolo esatto del film dalla citazione 1 Non esco dal personaggio finché non ho girato gli extra del DVD!
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2 Beata l’erba fresca, l’ortica, la cicoria, | e chi se la magna, che Dio l’abbia in gloria! | E guai a quelli che morranno ne li peccati mortali | che me dispiace tanto vedé sti bbrutti funerali!
fottute pareti!
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uomo! - Beh, nessuno è perfetto.
3 Quando si spara, si spara, non si parla.
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4 Colonnello, questi uomini hanno fatto il sommo
voto della castità, proprio come i loro padri, e i padri dei padri prima di loro.
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9 Whiskey “on the rocks”... GHIACCIO! NON ROCCE!
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Così era la signora Lundegaard quella distesa 10
5 Più è pesante l’uomo, più profonde sono le sue ___________________________
7 Vengono fuori dalle pareti! Vengono fuori dalle
8 - Ma non capisci proprio niente, Osgood! Sono un
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impronte.
6 Sai la bella e la bestia? È tutte e due.
per terra... E quello che stavi triturando era il tuo complice... E quei tre poveretti uccisi a Brainerd! E tutto per cosa?! Per quattro biglietti di banca... C’è altro nella vita che quattro biglietti di banca... Non c’ha mai pensato?!
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risultati 1 Tropic Thunder 2 Uccellacci uccellini 3 Il Buono il brutto e il cattivo 4 Hot Shots 2
5 Nuovo cinema paradiso 6 Blade Runner 7 Aliens scontro finale 8 A qualcuno Piace Caldo
9 Chi ha incastrato Roger Rabbit 10 Fargo
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BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
RUBRICHE GARROYO E I SUOI FRATELLI
«Guarda che ad essere invidioso di Topolino non ci fai una bella figura, pensaci»
garroyo
e i suoi fratelli di Paco Garroyo
l’apprendista Ieri sera ho ricevuto una telefonata da Paul Dukas (ebbene sì, ogni tanto, soprattutto al giovedì, ricevo telefonate dai morti. Non vi va bene? Se non vi va bene cambiate rivista). Magari non sapete chi è, Paul Dukas, ed era proprio questo l’oggetto della telefonata. Paul [1865-1935] è stato un grande musicista francese: dopo aver studiato contrappunto, armonia, fuga e altre cose strane (e non ben comprensibili ai comuni mortali), è diventato professore di orchestrazione al conservatorio di Parigi (a differenza dei comuni mortali) e ha composto musiche da camera, musica per balletti, musicame vario. Un grande, insomma. Poi è arrivato Walt Disney, che ha deciso di ficcare una composizione di Paul come accompagnamento dentro un episodio del film d’animazione Fantasia [1940]. Nell’episodio, uno stupido topo faceva danni dando vita con la magia a una scopa che poi non riusciva a controllare. Lo stupido topo è passato alla storia, Paul invece non se l’è cagato più nessuno. Voglio le royalty! Almeno quelle! Paul caro, sei morto anni prima che il film fosse fatto, ma di quali royalty vai parlando. Ma non è giusto! Non è giusto!
royalty Io mi sono fatto un culo così, ho studiato un mucchio, potevo andare a gnocca invece mi sono sparato anni di trombone e ocarina, e quello stupido topo raccomandato... Paul, fattene una ragione, guarda che ad essere invidioso di Topolino non ci fai una bella figura, pensaci. Ma che invidia? Ma quale invidia? Io parlo di meritocrazia! Prova a cercare con Google “Apprendista stregone” e contare quante stronzate compaiono prima che spunti fuori il mio
nome! Ma Paul, è la magia del cinema. E’ sempre stato così. Un grande regista fa un grande film con un ragazzetto brufoloso, e diventa famoso il ragazzetto brufoloso! Viene pubblicato un bellissimo libro, ne fanno un’orribile trasposizione cinematografica e diventa famoso il film! Il mercato imprevedibile è la magia del cinema, Paul. Non puoi combatterla. Da cadavere, poi. Non mi hai convinto per niente. Ti richiamerò. Ci sei giovedì?
BILLY NUMERO 28 NOVEMBRE 2010
RUBRICHE LA POSTA DEL CAPP’TANO
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la corrishpundenza eccezziunale di capitan phalco Mio capp’tano, da quando ho visto il trailer del film dei Puffi in 3D, la notte non riesco più a prendere sonno. Un consiglio? Sono settimane che non dormo. Gargamella Caro Gagganello, ‘ffettivamente già mi inquietava il cattone ‘nimato, ora poi che so’ al ccinema in canne e ossa c’ho davvero paura: a te t’ pare nommale che un gushto gelato metta su gambozzi e braccini e s’ metta a camm’nà?! A queshto punto b’sogna shtà attenti, chè c’possono capità pure altre dishgrazie della natura tipo, che so, le orecchiette pallanti, i pomodori assassini... oppure i gagganelli che shcrivono! Maro’, non fammi del male! Io i gagganelli non li ho mai mangiati, te lo giuro!
Egr. prof. Phalco Vorrei addentrarmi nell’opera omnia dell’immenso Gilles Deleuze. Con quale dei suoi testi più celebri mi consiglierebbe d’iniziare? Devotamente sua, 30eLODE ‘82 Caro nome-numerato-che-m’-pariun-robò-d’-Guerre-Shpaziali, cette poccherie non si dovrebbero shcrivere a un giunnaletto pebbene come queshto: s’ t’ vuoi addentrà nell’”opera omnia” d’ quaccuna, t’ consiglio d’ r’voggetti a rivishte shpecializzate tipo Picconami o Viva Gina! (pessonalmente preferishco queshta, ché c’ shtanno più foto e puoi pure fa’ ddomande al noto professo’ sessologico Capitan Phallo, mio carissimo alter amico).
Caro Capitano, oggi, dal parrucchiere, ho letto che la Marcuzzi ha una storia con DJ Francesco. Dato che lei è un gran conoscitore del gentil sesso, crede sia tutto merito del “Bifidus Regularis” o c’entra anche l’aspetto fisico? Tua, Acidella ‘84 Carissima, t’ devo confessà che non ho approfondito la queshtione pecchè trovo poco carino che una bella s’gnora come la Marcucci vada in tv a dire che non fà la cacca senza mangià lo iogurt... Quanto all’ashpetto fisico del fare la cacca non t’ so rispondere pecchè non ho shtudiato fisica, anche se immagino che in un quacche modo sia coinvolta la fozza d’ gravità, ottre alla nota legge d’ Marfi (“se le cose possono andare d’ cacca, probabimmente lo faranno”).
Se volete scrivere a BILLY, allora Tarcisio Maraffoni, alias Capitan Phalco, biker leader dei Rapaci Randagi e fan n. 1 di Diego Abatantuono è l’uomo che fa per voi!
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