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il Fronimo rivista di chitarra fondata da Ruggero Chiesa
EDIZIONI
Il Dialogo - MILANO
n. 149 - anno anno trento trentotte ttesim simo o - gen nai o/ma rzo 2010 2010 - € 12
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DIRETTOR DIRETTORE E RESPONS RESPONSABI ABILE LE: LENA LENA KOKK KOKKAL ALIA IARI RI COLLABORATORI: MARC MARCO O RIBO RIBONI NI, FRANCE FRANCESCO SCO BIRAGH BIRAGHII ANTONIO BORRELLI, ELEN ELENA A CASO CASOLI LI GIORGI GIORGIO O FERRA FERRARI RISS, FRÉDÉ FRÉDÉRI RIC C ZIGA ZIGANTE NTE
a questo numero:
LUIGI ATTADEMO, EDUARDO FERN ÁNDEZ, JOSEP M. M ANGADO ARTIGAS, D ANILO PREFUMO WEBMASTER :
CLAUDIO TUMEO
DIREZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: EDIZ EDIZIO IONI NI IL DIAL DIALOG OGO O
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ESTERO: EURO 12
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sommario
Editoriale.............................................................5
Editorial .............................................................5
Ricerche e approfondimenti La Sevillana di Joaquín Turina e le sue due
Studies and research The Sevillana by Joaquín Joaquín Turina and its two two
edizioni di Frédéric Zigante ............................................7
editions by Frédéric Zigante ...........................................7
Il chitarrista Trinidad Huerta (1800-1874) e i suoi concerti concerti a Barcellona Barcellona (quarta parte) a di Josep M Mangado i Artigas ........................18
The guitarist Trinidad Huerta (1800-1874) and his concerts in Barcellona (fourth part) by Josep M a Mangado i Artigas .......................18
Sofia Gubaidulina e la chitarra di Luigi Attademo ..............................................29
Sofia Gubaidulina and the guitar by Luigi Attademo .............................................29
Cos’è la “Musica sudamericana”? di Eduardo Fernández (prima parte) .............35 .............35
What is this “South American Music”? by Eduardo Fernández (first part) .................35 .................35
Recensioni
Reviews
Musiche .............................................................47 Dischi ................................................................51 Libri ...................................................................54
Scores..................................................................47 Recordings ........................................................51 Books ................................................................54
Corsi e concorsi ............................................58
Master classes and competitions ..............58
La bottega della chitarra .............................62
Guitar Shop ....................................................62
Novità editoriali e discografiche ...............63
Books, Scores, Records: New releases .....63
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editoriale
I
niziamo l’anno con un saluto. Dopo quasi trent’anni di collaborazione, “il Fronimo”, a partire da questo numero, cambia tipografia. Dal 1993, quando cioè abbiamo preso la conduzione della rivista, sino ad oggi, molta acqua è passata sotto i ponti e tanti sono stati i cambiamenti: l’ultimo legame rimassto con la gestione del passato era proprio la Musicografica Lombarda (diventata recentemente Legatoria Perego); vista la nostra inesperienza di allora, ci tranquillizza va il fatto che il tipografo, conoscendo bene da anni la rivista e le sue fasi di lavorazione, potesse avvisarci preventivamente degli eventuali errori. Il tipografo era Perego o, meglio, i Perego, un’azienda tipicamente lombarda portata avanti negli anni da padre, figli, fratelli, nipoti. Sapevamo che la crisi dell'editoria, di molto precedente alla crisi generale odierna, aveva reso la vita difficile alle vecchie tipografie. Ma avevamo sperato che i Perego potessero farcela. Invece no. Non possiamo fare altro che salutarli e augurare loro il meglio per il futuro. La Legatoria Perego è un’altra vittima dei tempi che corrono. Ogni volta che fotocopiate o scaricate da internet un’edizione ricordatevi che solo in superficie sembra una grande “furbata”; ma non c’è bisogno di scavare molto per accorgersi delle tante implicazioni che può comportare un’azione ormai diventata per molti un’abitudine. Veniamo Veniamo ora agli articoli di questo numero. Frédéric Zigante, da sempre assai attento e interessato alle questioni editoriali delle più importanti opere del Novecento, indagando nell’ormai celeberrimo archivio Segovia di Linares, ha trovato importanti notizie sulla genesi editoriale
della Sevillana di Joaquín Turina. Eravamo tutti convinti che l’edizione in commercio rappresentasse l’unica versione mai esistita, mentre in realtà essa non è che il risultato dell’ennesimo intervento segoviano su fonti preesistenti. Trattandosi di un brano di grande popolarità fra i chitarristi, siamo sicuri che molti saranno interessati a scoprire, grazie a questa meticolosa radiografia (esattamente come si esaminano ai raggi X le tele dei pittori rinascimentali), cosa si celi in realtà sotto il “restauro” di Segovia. Come al solito, le discussioni sulla patente di validità o meno di questa, quella o quell’altra versione non mancheranno. Josep Mª Mangado i Artigas conclude in questo numero il lungo racconto delle visite e dei concerti di Trinidad Huerta a Barcellona. Numerose sono le informazioni riguardanti l’attività del chitarrista, anche al di fuori della città catalana, e sul suo triste declino. L’immagine che ne esce è indubbiamente quella di un personaggio “da romanzo” e questo al di là del suo valore o meno come musicista. Il ritratto che ne fece il famoso fotografo Nadar proietta l’immagine di un uomo che indubbiamente esercitò un grande fascino sui suoi contemporanei: se Nadar volle fotografarlo, significa che Huerta a Parigi – in quegli anni molto difficili per la chitarra – era riuscito a farsi un nome. Ma, purtroppo, dobbiamo constatare, con un velo di tristezza, che questo non gli evitò di finire i suoi giorni in miseria e in solitudine. Luigi Attademo, cogliendo l’occasione dell’esecuzione di una nuova opera da camera con chitarra della famosa compositrice russa Sofia Gubaidulina, ci presenta con il suo articolo que5
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sta importante figura femminile della musica moderna. La sua attenta analisi di Ravvedimento ( Repentance ) ci introduce nell’affascinante mondo musicale della Gubaidulina, nel quale gli aspetti della sacralità e della spiritualità si legano alle concezioni timbriche e strutturali (tonalità, modalità, ecc.) più propriamente musicali. L’articolo che completa la parte dedicata a “Ricerche e approfondimenti” è a firma di Eduardo Fernández, il quale ci svela un mondo che noi Europei pensiamo di conoscere ma di cui, in realtà, abbiamo un’immagine decisamente distorta se non erronea. In quanto chitarristi “classici” del continente antico, siamo convinti – più o meno consciamente – che suonare un Valzer di Lauro in una maniera molto “libera”, molto “folkloristica”, molto “ritmica”, insomma molto... “antiaccademica” ci rende interpreti totalmente “autentici” della musica sudamericana: Barrios, Lauro, Guastavino, Piazzolla e, aggiungiamo pu-
re lui, Villa-Lobos, per noi non hanno più segreti e sono un tutt’uno. Ma questo non è assolutamente vero e parte dal pregiudizio – giusto o sbagliato – che la nostra (europea) tradizione musicale sia l’unica chiave di lettura valida per affrontare qualsiasi repertorio. Fernández, invece, ci introduce a una tale varietà di musiche, stili, generi e forme (proporzionale all’enorme continente da cui è nata) da costringerci ad un bell’esame di coscienza e a sfatare l’idea che la nostra superficiale competenza riguardo a questo sterminato repertorio sia sempre adeguata, dovunque e comunque. Quest’anno non offriremo CD, ma contiamo di fare omaggio ai nostri abbonati di alcuni allegati “cartacei” che speriamo siano altrettanto graditi. Intanto vi consigliamo di tenere d’occhio le pubblicità di vari inserzionisti (nel numero scorso c’era quella di Tecla Editions) con speciali offerte ai lettori della nostra rivista.
il Fronimo Campagna abbonamenti 2 0 1 0 I prezzi rimangono invariati Abbonamento semplice € 40 Abbonamento estero € 60 Abbonamento sostenitore € 90 Eventuali omaggi verranno annunciati prossimamente
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ricerche e approfondimenti
L A S EVILLANA
DI JOAQUÍN TURINA E LE SUE DUE EDIZIONI di Frédéric Zigante
Q
uando entriamo in un negozio di alimentari e acquistiamo un prodotto confezionato, abbiamo sempre a disposizione un’etichetta che ci dice che cosa mangeremo, se ci sono sostanze conservanti e qual è la data di scadenza di quel cibo: tutte informazioni che ci rendono, se lo desideriamo, consumatori consapevoli e attenti a quello che ingeriamo. Lo stesso avviene se comperiamo degli abiti o un elettrodomestico. Non molto spesso, però, possiamo dire lo stesso quando acquistiamo la partitura di un brano musicale: la maggior parte degli studenti e, quel che è peggio, dei musicisti professionisti, non si preoccupa affatto né della provenienza di ciò che compra né del suo esatto contenuto. Questo stato di inconsapevolezza si è ulteriormente aggravato negli ultimi tempi con il diffondersi di internet; e così sui leggii delle nostre aule di conservatorio compaiono sempre più spesso copie di provenienza dubbia, quasi sempre di non agevole lettura, con diteggiature posticce scritte da chissà chi e spesso con testi musicali stravolti da improbabili “revisori”. Ricordo con sgomento l’esecuzione del Nocturnal di Britten da parte di un’allieva che si era basata su un’edizione pirata russa nella quale un anonimo revisore aveva “corretto” alcune dissonanze evidentemente identificate come errori di stampa! Quando ci si mette alla ricerca dell’edizione di un brano sarebbe sempre opportuno prima di tutto verificarne la provenienza e la qualità. Oggi anche uno studente alle prime armi si pone qualche domanda se deve procurarsi un brano di musica antica: di solito trova più versioni dello stesso brano e, se non fa ricorso al consiglio del maestro, deve per forza fare una scel-
ta esaminando un po’ più attentamente le varie opzioni che gli si presentano. Più complicato di venta il discernimento quando si tratta di musica scritta in anni relativamente vicini a noi e ancora soggetta a vincoli di copyright che difficilmente consentono di trovare più di un’edizione dello stesso brano. La Sevillana di Joaquín Turina è una caso speciale che vale la pena di analizzare poiché è, anche per alcune sue particolari caratteristiche, un caso unico. Delle cinque composizioni originali per chitarra di Turina,1 questa è l’unica che non è stata pubblicata in seno alla “Edition Andrés Segovia” dell’editore Schott. Infatti risulta edita da Columbia Music Co. con un copyri ght del 1964 rinnovato nel 1974. Essendo Joaquín Turina morto nel 1949, già queste due date – 1964 e 1974 – dovrebbero insospettire il lettore meno distratto. Ma come? Un brano scritto nel 1923 pubblicato solo nel 1964? Eppure altre edizioni non se ne trovano. Occorre dunque fare qualche passo indietro nel tempo per capire la storia di questo brano e la sua sorte editoriale. La Sevillana fu scritta nel 1923 per Andrés Segovia e fu eseguita per la prima volta dal chitarrista andaluso il 17 dicembre 1923 a Madrid, presso la Sociedad Madrileña de Cultura Musical. Poco o nulla sappiamo oggi della collaborazione tra Turina e Segovia. Nella sua autobiografia 2 Se-
1. Sevillana op. 29 (1923), Fandanguillo op. 36 (1926), Ráfaga op. 53 (1929), Sonata op. 61 (1931), Homenaje a Francisco Tárrega op. 69 (1935). 2. ANDRÉS SEGOVIA, An autobiography of the years 18931920 , MacMillan Publishing Co. Inc., New York, 1976. 7
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govia menziona appena Turina, mentre qualche dettaglio emerge in un’intervista tardiva raccolta nel 1983 da Graham Wade.3 Eccone il contenuto: Wade: Cosa ci può dire su Joaquín Turina – lo conosceva bene? Segovia: Turina? Oh sì, eravamo buoni amici ma non sapeva scrivere per chitarra. La Sevillana fu il primo pezzo che scrisse per me. Io continuavo a mandarglielo indietro e lui ogni tre giorni lo riscriveva da capo. Ogni brano che scriveva conteneva il tema della Sevillana. Quando stava per scrivere il Fandanguillo, voleva metterci dentro la stessa cosa e io a quel punto dissi “No!”, e certamente il Fandanguillo è una bellissima composizione. Ma con la Sevillana ho dovuto lavorare sodo e apportare molte modifiche per rendere l’esecuzione più scorrevole sulla tastiera. Dal canto suo Turina era un perfezionista da tutti i punti di vista e così ogni volta, se c’era qualcosa che non mi piaceva, arrivava una nuova versione. Infine un giorno mi si presentò con una Sonata. Wade: Però la Sonata di Turina non l’ha eseguita molto spesso, vero? Segovia: Ho eseguito la Sonata durante una sola tournée e basta. Questa mia decisione si deve al fatto che i temi non erano per niente adatti a una Sonata. Guardi le Sonate di Ponce – tutti i temi sono appropriati alla forma-Sonata. Invece, i temi di Turina somigliano a una signora molto robusta che fa i movimenti di una danza: non sono ben definiti. Wade: E l’ Homenaje a Tárrega sempre di Turina? Non mi ricordo che Lei lo abbia mai suonato. Ma è molto popolare tra molti concertisti. Segovia: No, non mi piace. L’ Homenaje a Tárrega non ha niente a che fare con Tárrega. Ha un Garrotin e un Soleares ed è molto andaluso. Tárrega era di un piccolo paese in Valencia, Villarreal, e abitava a Burriana. Wade: E Ráfaga – non l’ha mai eseguita! Segovia: No, neanche questa. La Sevillana e il Fandanguillo sono i due pezzi di Turina che
Joaquín Turina nel 1923
sono rimasti nel mio repertorio per tutta la carriera.
Ecco, a titolo d’esempio, il programma che Segovia eseguì a Cádiz il 14 marzo 1925: ha la tipica struttura in tre parti della prima fase della carriera di Segovia ed è utile per capire il contesto nel quale i primi brani moderni scritti per il chitarrista venivano presentati. PRIMA PARTE Carulli Sor M. Ponce
Sonatina Tema variado Canción popular mexicana
(dedicada a A. Segovia) Torroba Tárrega
Fandanguillo Estudio
SECONDA PARTE Preludio y Bourrée Bach Minueto Haydn Pequeño Vals Grieg Momento musical Schubert Weinawsky Estudio TERZA PARTE Sevillana (dedicada a A. Segovia) Turina Improvisación (dedicada a A. C. Pedrell Segovia)
3. Graham Wade per il volume Maestro Segovia , Robson Books, London, 1986. Abbiamo ricavato questa ADE & G ERARD G ARNO, A new look citazione da G RAHAM W at Segovia, His life, His music, Mel Bay Publications, Inc., 1997. Volume I, pp. 53 e 54.
La Sevillana appartiene dunque al primissimo gruppo di opere scritte per Andrés Segovia. Fin 8
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dai suoi primi concerti, Segovia aveva suonato principalmente opere di Sor, di Tárrega e alcune trascrizioni di autori classici e spagnoli realizzate da Tárrega e da Llobet. Molto più raramente aveva eseguito opere proprie ( Andalusia e Sevillana). La musica contemporanea era comparsa nei suoi programmi con molta gradualità: il primo segnale degli interessi di Segovia lo riscontriamo infatti in un programma del 1913 nel quale egli presentò una trascrizione della seconda Arabesque per pianoforte di Claude Debussy. A volte comparve pure qualche armonizzazione di canzoni catalane di Miguel Llobet, in particolare El Mestre, e finalmente nel 1922 apparve anche l’ Hom en aje ( To mbeau d e C laude Debussy) di Manuel de Falla. Subito dopo entrarono a far parte dei programmi i primi brani scritti per Segovia: la Suite Castellana, la Sonatina e il Nottur no di Federico Moreno Torroba, Improvisación e Guitarreo di Carlos Pedrell, una Serenata di Lacerda e la Sevillana e il Fandanguillo di Turina. Andrés Segovia e il suo manager Quesada non ebbero dubbi sull’importanza di queste novità nel repertorio chitarristico, tanto è vero che Quesada pubblicò le partiture della Sonatina di Moreno Torroba e della Sevillana di Turina sotto l’etichetta editoriale Edición Daniel-Madrid, volumi che veni vano propagandati nei programmi di sala durante i concerti del chitarrista. È molto probabile, tuttavia, che Quesada non avesse avuto una particolare attività editoriale fino a quel momento e infatti Segovia optò per pubblicare quasi tutte le sue revisioni presso un “vero” editore, il tedesco Schott. La Sevillana resta l’unica
fra le cinque composizioni per chitarra di Turina a non essere compresa nella “Edition Andrés Segovia” edita da Schott e oggi risulta circolante con i tipi della Columbia. La prima edizione spagnola non è più reperibile in commercio da molto tempo e la si può consultare solo in archivi di collezionisti. Come è noto, nel 2001 è stato possibile accedere all’archivio privato di Andrés Segovia, tutt’oggi depositato presso la fondazione intitolata al chitarrista che si trova a Linares, in Andalusia. L’archivio contiene il manoscritto autografo della Sevillana e quindi oggi disponiamo di un documento di primaria importanza per leggere e capire l’origine delle due edizioni: 1927/1964 e 1974. La prima cosa che si nota sfogliando anche sommariamente le due edizioni e confrontandole con il manoscritto di Turina è che esse contengono notevoli differenze sia rispetto al manoscritto autografo sia fra loro stesse. Sembrerebbe quindi un esempio, come ce ne sono tanti, di re visione segoviana che presenta diversità importanti rispetto al dettato dell’autore: questo è però un caso differente perché il brano non subisce modifiche solo nel passaggio dal manoscritto alla prima edizione del 1927, ma presenta ulteriori ed importanti modifiche pure nell’edizione attualmente sul mercato. Tutte e due le pubblicazioni sono esplicitamente revisionate da Segovia: quella del 1927, Edición Daniel- Madrid, si dichiara “Digitada por ANDRÉS SEGOVIA”; quella del 1964 non menziona il revisore ma è palesemente una riproduzione fotografica dell’edizione del 1927, mentre la ristampa del 1974 annuncia
Il programma del concerto del 9 marzo 1913 che comprende la trascrizione della seconda Arabesque di Debussy
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in copertina una “New Revised Edition by ANDRES SEGOVIA” e sulla prima pagina di musica un più modesto “Revised by Andres Segovia”. Si tratta quindi dichiaratamente di una nuova revisione rispetto a quella pubblicata nel 1927 e nel 1964. Qual è l’origine di queste differenze? Quelle tra il manoscritto e la prima edizione sono ov viamente frutto di una revisione concordata con ogni probabilità con Turina allo scopo di produrre un’edizione pronta per l’uso. Questa prima revisione ha le consuete caratteristiche delle prime pubblicazioni segoviane: aggiunta di una meticolosa diteggiatura, eliminazione di tutte le legature di frase, forte ridimensionamento delle indicazioni dinamiche e aggiunta di qualche indicazione timbrica non prevista dall’autore. Nel 1964 la Columbia acquisì i diritti del brano e lo ripubblicò identico all’edizione del 1927. Cosa accadde invece con la nuova edizione del 1974 che circola tutt’oggi? Un contributo a dare una risposta all’interrogati vo ci viene dall’epistolario tra Andrés Segovia e Sophocles Papas, fondatore a Washington della casa editrice Columbia Music. Particolarmente interessante risulta una frase di Papas che in una lettera da Washington del 9 settembre 1965 scriveva:
Programma di un concerto. Parigi, 18-11-1926
zo. Spero mi manderai un lavoro di questo tipo.”4
“Il mio legale, consulente di copyright, mi ha detto che è possibile registrare una composizione con “così come eseguita da Andrés Segovia” e mi ha suggerito di provare prima con un pez-
Non è possibile dedurre dal contesto della lettera a quale brano Papas si riferisse, 5 ma è certo che la soluzione prospettata da un avvocato
4. “My copyright lawyer told me it was possible to register a composition with “as played by Andres Segovia” and suggested that we try it with one piece first. I hope you will send me such work.”
Papas: ELISABETH P APAS SMITH, Sophocles Papas, The guitar, his life , Columbia Music Company, Chapel Hill, 1998. 5. Ricordiamo che la Columbia ristampò anche la Sonatina di Federico Moreno Torroba – il secondo brano edito dalle Edición Daniel di Madrid nel 1928 – in una nuova revisione di Andrés Segovia.
L’epistolario Andrés Segovia/Sophocles Papas è pubblicato in un libro biografico di Elisabeth, figlia di Sophocles 10
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per ripubblicare “Così come le suonava Segovia” le opere già pubblicate anteriormente lascia immaginare che Segovia sentisse l’esigenza di dare alle stampe le modifiche più o meno importanti che, con l’avanzare dell’età, operava sui testi dati alle stampe anni prima. Otto anni più tardi, il 2 ottobre 1973, Papas ritorna sull’argomento ma questa volta è chiaramente possibile comprendere qual era l’operazione che i due progettavano: “La Columbia Music lavora benissimo e certamente CO 127 (le scale) è uno dei titoli più venduti. Nella tua ultima lettera hai promesso di mandarmi nuovi esercizi da pubblicare e spero che li porti con te quando vieni a New York. Tempo fa hai apportato molti cambiamenti nella Sevillana di Turina, l’hai praticamente riscritta. Mi piacerebbe pubblicare questa nuova re visione con il sottotitolo “New Edition Revised by Andres Segovia” pagando naturalmente le royalties a te e ad eventuali eredi di Turina aventi diritto. Quando l’ho pubblicato e ho depositato il copyright , questo pezzo era di pubblico dominio.”
La copertina della Sonatina di Moreno Torroba edita da Daniel. La copertina della Sevillana edita nel 1928 dallo stesso editore era presumibilmente simile a questa.
Papas aveva già pubblicato nel 1964 la Sevillana in un’edizione che era la copia fotografica6 di quella del 1927. Nel 1967 Andrés Segovia ave va registrato su disco Decca una versione con le importanti modifiche (“hai praticamente ri scritto il pezzo”) che ritroveremo in effetti nella nuova edizione pubblicata da Papas nel 1974. 7 Risulta quindi evidente che il duro lavoro per rendere il brano scorrevole sulla tastiera (menzionato da Segovia nell’intervista a Graham Wade nel 1983) sia avvenuto, almeno in parte, tra il 1964 e il 1967, cioè quando Joaquín Turina era deceduto da almeno quindici anni. Il nostro sventurato acquirente cui accenna vamo all’inizio non ha quindi altra soluzione che
adattarsi – come hanno fatto generazioni di chitarristi – a suonare la Sevillana in un arrangiamento8 preparato in tarda età da Segovia oppure – in attesa di un’edizione rispettosa del pensiero di Joaquín Turina – può, con la partitura in mano e armato di matita e di molta pazienza, leggere attentamente la seconda parte di questo articolo. Nella seconda parte del presente articolo ci siamo fissati l’obiettivo di analizzare nel dettaglio le differenze tra le tre fonti (il manoscritto autografo e le due edizioni) e per questo partiremo dalla loro descrizione dettagliata.
6. Nel 1964 furono cambiati il titolo, eliminata l’indicazione “Digitado por Andrés Segovia” e l’indicazione iniziale di tempo “3” diventò 3/4. 7. Anche due fra i più importanti allievi di Segovia incisero questa nuova versione della Sevillana: Oscar Ghiglia nel 1968 e José Tomás sempre nel 1968. Entrambi prima che l’arrangiamento di Segovia fosse pubblicato. Oscar Ghiglia, interpellato sull’argomento, ci ha riferito che, quando studiava con Segovia, il maestro
lo invitò ad adottare le modifiche per ottenere una maggiore scorrevolezza digitale. È lo stesso argomento che Segovia propose a Graham Wade nel 1983. 8. Nei suoi cataloghi più recenti pubblicati nelle quarte pagine di copertina di altre sue pubblicazioni la Columbia in effetti definisce questa edizione “arranged by Andrés Segovia” . La Sonatina di Federico Moreno-Torroba viene invece definita “fingered by Andrés Segovia ”.
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A . Manoscritto autografo di Joaquín Turina conservato presso la Fundación Andrés Segovia di Linares (Spagna). Il documento comprende sei facciate di cui la prima è un frontespizio e contiene la dedica “ Al maravilloso guitarrista Andrés
1
Ms1923: dall’inizio del brano fino a battuta 31 vi è un solo pentagramma che corrisponde a quello inferiore delle due edizioni a stampa. Sotto questo pentagramma c’è la scritta “ ra sgueado”, tecnica che va usata fino al secondo movimento di b. 11, dove la scritta “normal” indica l’abbandono di questa tecnica. La parola “rasgueado ” si ripresenta poi a b. 21 fino alla seconda metà di b. 31, dove ricompare la parola “normal”. ED1927: “Digitación y valoración ritmica del ra sgueado (*)”. L’asterisco non rimanda a nessuna nota. EC1974: Rasgueado seguito da asterisco che rimanda ad una nota a piè di pagina: “ Digitación
Segovia con admiración y cariño, Joaquín Turina / Diciembre 1923”. Il titolo è “Sevillana / para guitarra por Joaquín Turina”
Edizione a stampa pubblicata nel 1927 a Madrid dalle Edición Daniel. Il titolo è “Sevillana / para guitarra por Joaquín Turina” e sopra il titolo si trova la dedica “A Andrés Segovia”. In copertina e sulla prima pagina di musica c’è l’indicazione “Digitada por ANDRES SEGOVIA”. Il documento comprende dieci facciate di musica. Questa edizione ebbe diverse ristampe senza varianti, tra le quali quella della Columbia del 1964 che ne è una copia fotografica. C. Edizione a stampa pubblicata nel 1974 a Washington (U.S.A.) dalla Columbia Music CO. con il numero di catalogo CO 158. Il titolo è B.
y valoración ritmica del rasgueado”.
È interessante notare che i passi in rasgueado di Turina sono scritti senza utilizzo di abbreviazioni nella Sevillana (sono scritte solo una serie di semibrevi) e con abbreviazione sistematica in trentaduesimi in tutti gli altri brani do ve compare tale tecnica.9 Non è dato sapere se la “valoración ritmica del rasgueado” sia un suggerimento dell’autore preparato in occasione della prima edizione o se si tratti di una realizzazione di Segovia; tuttavia questo trattamento suggerisce che con ogni probabilità anche i ra sgueados degli altri brani prevedano una scelta precisa dell’interprete di “valoración ritmica” , indipendentemente dalle abbreviazioni in trentaduesimi proposte dalla partitura. Un altro aspetto da notare è la dinamica attribuita al rasgueado che per Turina può essere eseguito da pianissimo (in Ráfaga per es. troviamo l’indicazione “rasgueado pero PP” ) al forte nella Sevillana (si veda il contrasto dinamico tra b. 1 e b. 13).
“Sevillana (Fantasia) / Guitar Solo / by / Joaquín Turina / New Revised Edition by Andrés Segovia”. Dedica: “To Andres Segovia”. Nella prima facciata di musica è indicato “Revised by Andres Segovia”
Il documento comprende dieci facciate di musica. Di seguito riporteremo battuta per battuta le differenze tra le tre fonti. Abbreviazioni Notazione delle battute e dei tempi: 26, 27, 32 = battute 26, 27 e 32 26-32 = da battuta 26 a battuta 32 26.3 = battuta 26, 3° tempo indicato dal denominatore dell’indicazione di tempo del brano 26.3-28.2 = dal 3° tempo di battuta 26 al 2° tempo di battuta 28 26.3 e 28.3 = sul 3° tempo di battuta 26 e sul 3° tempo di battuta 28
13.1
Ms1923: p di piano omesso nelle edizioni. Fonti Ms1923 = Manoscritto della Fondazione Segovia, Dicembre 1923 ED1927 = Edición Daniel - Madrid 1927 EC1974 = Columbia Edition - Washington 1974
15
Ms1923: pp di doppio piano con l’indicazione “sonoridad velada” ED1927: “pizzicato”. EC1974: “pizzicato”.
17
9. Gli altri brani di Turina che prevedono il rasgueado sono la Ráfaga op. 53 e il terzo tempo della Sonata op. 61.
Ms1923: il Re sul secondo quarto è un suono naturale e non armonico. 12
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ED1927 e EC1974: Re in armonico sul secondo quarto.
43.2
18.2
44.1
Ms1923: suoni armonici preceduti dalla p di piano.
Ms1923: il La basso di questa stesura è un refuso in quanto nella stessa fonte in occasione della ripresa alle bb. 174-77 il basso degli accordi è sempre un Si.
Ms1923: Re bequadro di cortesia.
20.3
Ms1923: Do bequadro indicato esplicitamente. 44.2-46
Ms1923: le legature originali di Turina uniscono per gruppo di tre note il secondo quarto di b. 44 e il primo quarto di b. 45. Il secondo e il terzo movimento di b. 45 hanno un’unica legatura che include anche il doppio Mi sul primo quarto di b. 46.
29.1
Ms1923: ff omesso nelle edizioni. 31-40
Ms1923: mf di mezzo forte. Da questa battuta l’autore indica numerosi segni di legatura di frase poi sistematicamente omessi nelle edizioni. Da b. 31 a b. 40 la legatura abbraccia tutti gli incisi melodici di tre note formati da semicroma con punto seguito da biscroma e semiminima puntata.
45.1
EC1974: per un errore di incisione è omesso il cambio di tempo “3” in Ms1923 e 3/4 in ED1927. 50.2-54
Ms1923: tre legature di frase di Turina uniscono i tre frammenti melodici della voce superiore alternati agli accordi.
34.1
Ms1923: l’accordo di Do maggiore è formato da solo 4 suoni e non ha il Mi sul primo rigo previsto dalle edizioni.
56-63
Ms1923: legatura tra le due prime note di ogni battuta.
35.2
Ms1923 e ED1927: il basso dell’ultimo accordo è Sol. Il Mi in sesta corda di EC1974 è un refuso.
62-63
Ms1923: la battuta 63 è scritta per esteso. 38-39
Ms1923: i Mi bassi dei due accordi si trovano un’ottava sopra quelli delle edizioni dove Segovia sfrutta il Mi a vuoto in sesta corda.
62.1 e 63.1
Ms1923: il Mi è sempre bemolle sul manoscritto e infatti la diteggiatura apposta da Segovia in ED1927 è, per la quartina, 3112. In EC1974 la diteggiatura viene modificata per adattarsi ad un errato Mi naturale, in 3113. Tuttavia nel 1967 Segovia incise il brano con il Mi bemolle.
40-41
Ms1923: in questa fonte la disposizione degli accordi è la seguente:
67.1
Ms1923: Dim. molto omesso nelle edizioni. 68-69
Ms1923: il Re sul secondo quarto è un suono naturale e non un suono armonico come nelle edizioni. 42.2
EC1964: la quartina dovrebbe essere di semicrome, non di crome.
70-78
Ms1923 e ED1927: gli accordi sono tutti pre13
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sentati in arpeggio di terzina e i bassi hanno tutti l’accento, secondo lo schema che si ritrova da battuta 81 in CO1974. Non riusciamo ad individuare una ragione plausibile per le modifiche introdotte da Segovia nell’edizione EC1974: l’impegno della mano sinistra è identico all’originale mentre i ritmi introdotti fanno assumere a questa sezione un carattere lezioso, vagamente settecentesco, che ha ben poco a che vedere con una danza andalusa come la Sevillana .
88 e 95
Ms1923: Sfz prima del Sol. Il Sol e il Re sono uniti da una legatura di frase. 89-91
Ms1923: legatura lunga di frase a partire dal Do di battuta 89 fino al Do di battuta 91. 92.3
Ms1923: legatura di frase per le tre note della terzina.
70
93
Ms1923: pp.
Ms1923: p di piano
75
96-98.1
Ms1923: Cres.
Ms1923: lunga legatura di frase a partire dal Do di b. 96 fino al Re di b. 98.
78
Ms1923: mf .
99
85
Ms1923: forcella di crescendo sui primi due quarti seguita sul terzo quarto da una p di piano.
Ms1923: dim.
Programma di un concerto del 1930 con la pubblicità dei brani pubblicati dall’editore Daniel
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ri e alla battuta 104 ci sono due accordi in più, accordi che in CO 1974 sono stati eliminati.
100-106
Ms1923: questa fonte presenta una lezione di versa rispetto alle edizioni: cambiano i valo-
100
111.3
Ms1923: “suave y expresivo”.
Ms1923: Sfz sul primo quarto e p sul terzo.
100.2–101.1
113.3
Ms1923: legatura di frase tra il Do sul secondo tempo di b. 100 e il Re a inizio b. 101.
Ms1923: “Cediendo ”. 116.1
101.2-102
Ms1923: “ A tempo”.
Ms1923: legatura di frase che finisce sull’ultima nota di b. 102.
116.1 e 117.1
Ms1923: legatura di frase tra il Sol e il Re. 103
Ms1923: legatura di frase dalla prima all’ultima nota della battuta.
122
104.1-106
Ms1923: Sfz sul primo tempo con accento. Sotto il pentagramma “expresivo”. Legatura di frase tra Sol e Do.
Ms1923: legatura di frase che si prolunga fino al primo tempo di b. 106.
123 e 125
106
Ms1923: il valore dei quattro suoni bassi dell’accordo è di minima.
Ms1923: Sfz sul primo quarto e p di piano sul terzo.
125-127
Ms1923: legatura di frase tra Sol e Re.
Ms1923: legatura di frase tra il Si sul primo tempo di b. 125 e il Re bemolle sul secondo tempo di b. 127.
107.3
127-139
Ms1923: p di piano. 108.1-110.1
Ms1923: legatura di frase tra l’ultima nota di b. 127 e il Re bemolle del secondo tempo di b. 129.
Ms1923: legatura di frase tra il primo Re di b. 108 e il Sol primo tempo di b. 110.
129.3-134.2
106.1, 107.1, 110.1 e 111.1
Ms1923: legatura di frase tra il Si bemolle ultima nota b. 129 e il Sol sul secondo tempo di b. 134.
110
Ms1923: Sfz sul primo quarto e p sul terzo. 15
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130-132
135 e 137
Ms1923: senza indicazione di pizzicato, che Turina indicava con la scritta “sonoridad velada”. Gli accordi non hanno segno di arpeggio presente invece nelle edizioni. In ED1927 e EC1974 i segni di P maiuscolo indicano il pollice della mano destra. Il raddoppio del Sol dell’accordo di battuta 132 non è presente in Ms1923.
Ms1923: il valore dei quattro suoni bassi dell’accordo è minima con pausa di semiminima sul terzo quarto. Le note sono La bemolle-Re-Sol-Do. Nelle edizioni è omesso il Sol sul secondo rigo.
133
137.1-139.2
Ms1923: dim. sul primo quarto e Ritenuto sul ter-
Ms1923: legatura di frase tra il primo Fa di b. 137 e il La bemolle del secondo tempo di b. 139.
136
Ms1923: accento sul Re sul primo tempo.
zo. 134
139.2 e 141.2
Ms1923: a tempo con accento sul Re del primo tempo, dinamica p.
Ms1923: il Fa sul primo spazio ha valore di minima.
135.1-136.2
139.3-141.2
Ms1923: legatura di frase tra il primo Fa di battuta 135 e il Sol sul secondo tempo di b. 136.
Ms1923: legatura di frase tra l’ultima nota di battuta 139 e il La bemolle di b. 141. 141.3-143
Ms1923: legatura di frase tra l’ultima nota di b. 141 e il primo tempo di b. 143. 142
Ms1923: il valore dei tre suoni bassi dell’accordo è di minima con pausa di semiminima sul terzo quarto. 144 e 146
Ms1923: il valore dei tre suoni bassi dell’accordo è di minima con pausa di semiminima sul terzo quarto. 144.1-145.3
Ms1923: legatura di frase tra il primo Do di b. 144 e tutta la b. 145. 146.2
Ms1923: pp di doppio piano prima del “con emoción” in corrispondenza del Re. 146.2-148
Ms1923: legatura di frase tra il Re secondo tempo di b. 146 e la prima nota di b. 146. 148
Ms1923: a tempo omesso nelle edizioni e “digitación igual a la vez anterior”.
Copertina del programma riportato a p. 14
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148-159
192.2
Ms1923: stesse osservazioni sull’arpeggio e sulla dinamica di bb. 70-78.
Ms1923: forcella di crescendo sul secondo mo vimento che si prolunga sulle prime due note del primo quarto di battuta 193.
164.3
Ms1923: l’ultima terzina è formata dalle note SolSi-Re invece di Sol-Re bemolle-Fa. È quindi identica a b. 165.
194.2
Ms1923: forcella di decrescendo sul secondo mo vimento che si prolunga sulle prime due note del primo quarto di battuta 195.
165
Ms1923: questa battuta è ripetuta due volte.
196
Ms1923: cres. 166
Ms1923: Sfz sul Sol acuto.
200
Ms1923: mf . 170-172
Ms1923: l’inciso melodico Si-Do-Re ha il Do naturale che differisce dalla presentazione dello stresso frammento nella prima parte del brano alle bb. 37-39.
204
Ms1923: cres. 208
Ms1923: f . 173-174
Ms1923: stessa osservazione come per le bb. 40 e 41.
209
185
210
Ms1923: “recobrar poco a poco el movimiento”. [recuperare poco a poco il tempo]
Ms1923: cres. e “cediendo”
Ms1923: battuta scritta per esteso.
227-227
Ms1923: forcella di crescendo tra l’ultimo quarto di b. 226 e b. 227.
185-186
Ms1923: la lezione del manoscritto è differente.
228.1
Ms1923: f . 231.2
Ms1923: Crescendo molto. 232.2
Ms1923: accento sull’accordo. 187.2
Ms1923: forcella di crescendo sul secondo mo vimento.
233.1 e 3
189
234
Ms1923: forcella di decrescendo su tutta la battuta.
Ms1923: accento sugli ultimi due accordi e dinamica ff .
Ms1923: accento sul primo e sul terzo accordo.
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IL
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CHITARRISTA TRINIDAD HUERTA (1800-1874) E I SUOI CONCERTI A B ARCELLONA di Josep M a Mangado i Artigas Quarta parte
E
rano passati sette anni dalla sua precedente visita alla capitale catalana quando Huerta vi fece ritorno per la quarta e ultima volta.
A Barcellona questa volta diede due concerti pubblici dei tre programmati, poiché uno dei tre si dovette cancellare per malattia, come vedremo in seguito. La prima notizia del suo arrivo la pubblicarono il “Diario de Barcelona” ed “El Telégrafo” il 19 novembre e, da quanto vi si legge, si presume che fosse arrivato in città, proveniente da Valencia, il giorno precedente:
Quarto viaggio (1858-1859)
Quest’ultima visita durò più o meno quattro mesi, dal novembre 1858 fino a fine febbraio 1859. Il chitarrista stesso raccontò ai giornali che la sua destinazione finale era Parigi, dove intendeva recarsi con suo figlio di dieci anni per iscriverlo al Conservatorio come studente di violino. Huerta aggiungeva che questo figlio gli era nato proprio a Barcellona durante la sua visita precedente. Circa gli studi di Enrique a Parigi si conserva una lettera di Huerta: 1
B ARCELLONA Si trova in questa capitale il celebre chitarrista spagnolo D. Trinidad Huerta, la cui ammirevole abilità è ben nota al pubblico barcellonese.2 CRONACA LOCALE Proveniente da Valencia, è giunto ieri in questa capitale il famoso chitarrista signor Huerta, rinomato in tutta l’Europa, come già sanno i nostri lettori. Da quanto abbiamo capito egli intende trattenersi nella nostra città alcuni giorni per dare un concerto.3
Madrid, 28 giugno 1862. Mio amato figlio Enrique, sono appena tornato a Madrid. La tua mamma mi ha mostrato le tue lettere e mi dispiace che tu sia malato con mal di gola. Mi rallegra l’anima sapere che stai studiando molto il violino, così avremo il piacere di ascoltarti e potremo tenere concerti insieme visto che io sto invecchiando e bisognerà che diventi tu il sostegno della tua amata mamma che ti ama tanto. Porta i miei saluti al signor Alard, ai tuoi altri maestri, al mio amico Rossini e a Rocaphar. Addio e saluti e baci dalla mamma e Rafael ti scrive al ritorno. Ti bacia tanto il tuo Papà Huerta.
Quattro giorni più tardi, gli stessi giornali diedero notizie più precise circa le intenzioni del chitarrista. Interessante notare che avrebbe suonato di nuovo con chitarre del liutaio locale Agustín Altimira, come aveva fatto anche durante il viaggio precedente:
1. J AVIE R SUAREZ-P AJAR ES e R OBERT COLDWELL , A. T. Huerta (1800-1874). Life and Works , DGA Editions,
2. DdB, venerdì, 19-11-1858, n. 323, edizione del pomeriggio, p. 10443. 3. “El Telégrafo” (Barcellona), venerdì, 19-11-1858, n. 5, edizione della mattina, p. 68.
2006, p. 49. http://www.digitalguitararchive.com 18
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B ARCELLONA Il celebre chitarrista spagnolo signor Huerta intende tenere alcuni concerti al Teatro Odeon. Lo accompagna suo figlio, un giovane che si dice possedere un’ottima predisposizione per di ventare un grande violinista.4
padre a Parigi con lo scopo di entrare in quel famoso conservatorio. Al concerto che avrà luogo nel giorno sopraddetto prenderanno parte noti artisti tra i quali il maestro catalano Sig. Viñas, il quale, per l’amicizia che lo lega al Sig. Huerta, si è prestato con piacere a dirigere il concerto e ad accompagnare al pianoforte gli artisti. Durante gli intervalli un’orchestra suonerà brani scelti. Il programma dello spettacolo verrà distribuito all’entrata. Tra i pezzi che il signor Huerta suonerà con la chitarra vi saranno una Ouverture fantastica, composta da egli stesso, un Vals de bravura con il Jaleo de Cádiz e la sua favorita Sinfonia de la Semiramide richiesta da tanti amici. I biglietti d’ingresso con posto a sedere saranno venduti nella libreria di D. Salvador Manero nella Ramala di Santa Monica di fronte alla Posta; nello stabilimento del liutaio signor Altimira in calle de Escudillers e in quello del liutaio Sig. Bernarrechi in calle Ancha. Prezzo dell’ingresso con posto a sedere, 10 real. 7
CRONACA LOCALE Veniamo a sapere che lunedì al Teatro Odeon avrà luogo un concerto di chitarra tenuto dal celebre Huerta il cui arrivo in questa città vi annunciamo, sotto gli auspici dell’Eccellentissimo signor Capitano generale del principato don Domingo Dulce. A questo concerto parteciperà un figlio dello stesso Huerta, ragazzino di dieci anni, che ci hanno detto sia violinista notevole. Le chitarre con le quali suonerà il signor Huerta sono della fabbrica dello strumentista catalano signor Altimira.5
Il 27, 28 e 29 dello stesso mese il “Diario de Barcelona” annunciò con un lungo articolo il concerto di Huerta, che avrebbe avuto luogo il 29. “El Telégrafo” invece pubblicò l’annuncio solamente il 27.6 Di seguito trascriviamo l’articolo apparso sul “Diario de Barcelona”.
Come abbiamo detto il “Diario de Barcelona” pubblicò tre volte questo stesso annuncio, mentre “El Telégrafo” pubblicò nello stesso giorno del concerto, lunedì 29, il programma dettagliato dello stesso:
SPETTACOLI DIVERTIMENTI PUBBLICI Teatro dell’Odeon. Gran concerto vocale e strumentale a beneficio del D. Francisco Trinidad Huerta, chitarrista da camera di Sua Maestà sotto gli auspici del Ecc.mo Sig. Capitano general del Principato, Don Domingo Dulce. Questo concerto si terrà oggi 29 del corrente mese alle otto esatte della sera. Programma del concerto. Prima parte. 1. Sinfonia eseguita dalla banda militare; 2. Obertura- fantástica per chitarra, composta ed eseguita da Huerta; 3. Aria da Attila cantata dal signor Daydi; 4 . Introducción
Teatro dell’Odeon.
Gran concerto vocale e strumentale a beneficio del D. Francisco Trinidad Huerta, chitarrista da camera di Sua Maestà, sotto gli auspici del Ecc.mo Signor Capitano generale del Principato, D. Domingo Dulce. Questo concerto avrà luogo al Teatro dell’Odeon, nella via dell’Ospedale, lunedì 29 del corrente mese, alle otto esatte della sera. Il nome di Huerta è noto a tutto il mondo musicale. La sua fama è europea e in tutte le principali città europee egli ha ottenuto lusinghieri e legittimi trionfi con il suo indiscutibile e riconosciuto valore nella chitarra. Approfittando ora della sua presenza a Barcellona, dove si trova diretto a Parigi, i suoi amici e ammiratori lo hanno pregato di dare un concerto. Huerta ha acconsentito con molto piacere anche perché approfitterà di quest’occasione per presentare ai catalani suo figlio di dieci anni che rivela grande predisposizione per il violino, pur avendolo studiato per soli quattordici mesi. Questo ragazzino, nato a Barcellona durante l’altra visita di Huerta nella nostra città, si dirige con suo
4. DdB, martedì, 23-11-1858, n. 327, edizione della mattina, p. 10563. 5. “El Telégrafo”, martedì, 23-11-1858, n. 9, edizione del mattino, p. 131. 6. “El Telégrafo”, sabato, 27-11-1858, n. 13, edizione del mattino, p. 194. 7. DdB, sabato, 27-11-1858, n. 331, edizione del mattino, p. 10716. DdB, domenica, 28-11-1858, n. 332, edizione unica, p. 10760-61. DdB, lunedì, 29-11-1858, n. 333, edizione del mattino, p. 10796. 19
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y vals de bravura con il Jaleo de Cádiz compo-
to ulteriori occasioni di encomiare. Sarebbe superfluo ripeterle qui dettagliatamente, presupponendo che siano già note a buona parte del pubblico che ha avuto anch’esso svariate occasioni per ascoltare ed applaudire l’egregio chitarrista Huerta. Ci limiteremo quindi a dire che il celebre artista, nei quattro brani eseguiti alcuni originali e atri su motivi noti, esibì la grande abilità e delicatezza della mano sinistra, sotto le cui dita sgorgano i suoni, ora tersi e sonori, ora soavi e ricchi di sfumature, ora vibranti e armoniosi; è altrettanto ammirevole la scioltezza e chiarezza degli arpeggi e del rasguedo della mano destra. Il genere favorito di Huerta sono senz’altro le arie nazionali nelle quali emerge la grazia e la disinvoltura del suo stile. Gli unanimi e ripetuti applausi con i quali il pubblico coronò ciascuno dei brani eseguiti dal signor Huerta e le chiamate sul proscenio erano la dimostrazione dell’approvazione e della simpatia che suscitò il celebre chitarrista. Con lui si è alternato un suo figlio, bambino di dieci o dodici anni, che suonò due brani variati sul violino, strumento sul quale ha dimostrato disinvoltura e buone qualità. Siamo certi che il giovane Huerta, sviluppando con gli anni le proprie qualità anche con l’aiuto di un costante e metodico studio, arriverà a diventare un importante violinista che raggiungerà la fama di suo padre. Anche il giovane Huerta ricevette gli applausi di tutti per ciascuno dei brani eseguiti.
sto ed eseguito da Huerta; 5. Variazioni per violino eseguite da Huerta (figlio); 6. Intermezzo dalla banda militare. Seconda parte. - 1. Sinfonia dalla banda militare; 2. Fantasia sul tema della Ouverture della Semiramide , composta ed eseguita da Huerta; 3. Romanza dal Signor Daydi; 4. Variazioni per violino Valle de Andorra e Jota Aragonesa da Huerta (figlio); 5. Improvvisazione su arie nazionali da Huerta. Il maestro Viñas accompagnerà al pianoforte. I biglietti d’ingresso ... 8
Del poliedrico José Viñas che accompagnò il giovane Huerta al pianoforte abbiamo già parlato. [NdR: nella seconda parte dell’articolo, “il Fronimo”, n. 146, aprile 2009 ]. L’eco di questo concerto giunse anche a Madrid, dove il giornale “La Iberia” pubblicò (mercoledì, 1-12-1858) tale e quale l’annuncio pubblicato dal “Diario de Barcellona” il 23 novembre. Abbiamo trovato tre recensioni di questo primo concerto di Huerta, due molto favorevoli e una non tanto. La prima fu pubblicata il giorno seguente al concerto nell’edizione serale del “Diario de Barcelona”. Ecco cosa scrisse Antonio Fargas y Soler sulle interpretazioni di Huerta e l’attitudine del figlio: B ARCELLONA Concerto del chitarrista Huerta
Numeroso pubblico ha assistito ieri sera al concerto del chitarrista D. Trinidad Huerta che ha avuto luogo nel Teatro dell’Odeon; e non è strano che questa serata musicale sia stata frequentata da un pubblico molto più numeroso rispetto a quello che di solito assiste agli spettacoli di questo tipo, poiché protagonista in questo caso era un artista di fama europea e compatriota già noto e applaudito in altre occasioni dal pubblico di questa capitale e che suona uno strumento che è inconfutabilmente lo strumento nazionale spagnolo. Per queste ragioni non è curioso che egli possa contare su un grande numero di aficionados e di entusiasti. Tra poco saranno compiuti dieci anni da quando, dopo aver ascoltato per la prima volta il chitarrista Huerta in uno dei due teatri della nostra capitale, pubblicammo un’estesa recensione delle brillanti qualità artistiche del celebre chitarrista, qualità che in seguito abbiamo avu-
Antonio Fargas y Soler 9
Tre giorni dopo il concerto, “El Telégrafo” pubblicò la seconda critica, breve ma elogiativa: CRONACA LOCALE Il concerto del celebre chitarrista Huerta che ebbe luogo la sera del 29 novembre al Teatro Odeon è stato frequentato da un pubblico numeroso. L’abilità del famoso artista, specie nella musica spagnola, è assai nota al pubblico barcellonese. Uno dei brani che hanno più evidenziato il suo talento è stato il pot pourri eseguito in parte con la sola mano sinistra con la
8. “El Telégrafo”, lunedì, 29-11-1858, n. 15, edizione del mattino, p. 226. 9. DdB, martedì, 30-11-1858, n. 334, edizione serale, p. 10852. 20
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quale supera le varie difficoltà dell’esecuzione dimostrando chiarezza, intelligenza e bravura. Suo figlio di dieci anni ha rivelato uno straordinario talento con il violino, una perfetta intonazione nei cantabili, sufficiente forza, bel timbro ed esecuzione di livello superiore rispetto alla sua tenera età. 10
La terza recensione è molto interessante perché non solo non elogia il chitarrista ma al contrario evidenzia vari suoi difetti sui quali le altre due recensioni avevano sorvolato. Questa circostanza ci offre la possibilità di compiere un confronto tra le diverse opinioni, analizzarle e trarre delle conclusioni. Fu pubblicata ne “El Teatro” una settimana dopo il concerto: MISCELLANEA Il lunedì di questa settimana ha avuto luogo il preannunciato concerto del Signor Huerta durante il quale egli eseguì vari brani. Pur potendo riconoscere il famoso artista in alcuni di questi brani – come in quello in cui ci fece ascoltare una melodia variata con la sola mano sinistra – in altri egli lasciava abbastanza a desiderare poiché vi si poteva notare una certa trascuratezza e persino trasandatezza nell’esecuzione; cosa che sarebbe potuta essere tollerabile durante una riunione privata ma mai durante un concerto pubblico. Alcune volte è stato applaudito giustamente. Ci è molto piaciuta la disinvoltura con la quale suo figlio, bambino di dieci anni, si presentò per eseguire due brani per violino e, in particolare, le variazioni che suonò con buona pulizia e intonazione. In esse manifestò un’eccellente predisposizione per questo difficile strumento e vorremmo che continuasse a studiare perché, senza dubbio, un giorno riuscirà a di ventare famoso. Anche il giovane artista fu molto applaudito. Il noto maestro Signor Viñas lo accompagnò benissimo al pianoforte.
Trinidad Huerta (dettaglio) fotografato da Nadar (pseudonimo di Gaspard-Félix Tournachon, 1820-1910) che aveva immortalato i personaggi più famosi della sua epoca, da Victor Hugo, a Monet, a Marcel Proust, a Sarah Bernhardt, a Charles Baudelaire.
A dodici giorni di distanza dal primo concerto, il “Diario de Barcelona” ed “El Telégrafo” annunciarono nelle rispettive edizioni del mattino un nuovo concerto di Huerta per il sabato 11 dello stesso mese.12 Questa volta il concerto si sarebbe tenuto al Circo Barcelonés . Ecco come apparve la notizia sul “Diario”: SPETTACOLI Circo Barcelonés. - Avviso in seguito all’invito esteso da questa amministrazione al celebre chitarrista spagnolo da Camera di Sua Maestà Signor Huerta. Si organizza per dopodomani sabato uno spettacolo vario al quale parteciperà detto professore.13
Il giorno seguente lo stesso annuncio venne pubblicato anche dal “Diario”.14
11
La Redazione
10. “El Telégrafo”, giovedì, 2-12-1858, n. 20, edizione del mattino, p. 283. 11. “El Teatro”, (Barcellona), domenica. 5-12-1858, n. 7, p. 8. 12. “El Telégrafo”, giovedì, 9-12-1858, n. 32, edizione
del mattino, p. 394. 13. DdB, giovedì, 9-12-1858, n. 343, edizione del mattino, p. 11144. 14. DdB, venerdì, 10-12-1858, n, 344, edizione del mattino, p. 11168. 21
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Il giorno stesso del concerto entrambi i giornali ne presentarono in dettaglio il programma:
mezzi. I dettagli di questo concerto saranno annunciati con il dovuto anticipo. 19
SPETTACOLI : Circo Barcelonés. Spettacolo 63 in abbonamento, oggi 11 dicembre. Parteciperà il celebre chitarrista signor Huerta. – Sinfonia. Terza rappresentazione della bella commedia in tre atti, intitolata: La oración de la tarde allestita e diretta dal primo attore e direttore di scena D. Ceferino Guerra. Concerto di chitarra del signor Huerta: Pot pourri di danze nazionali e Valzer di bravura eseguiti dal signor Huerta e variazioni per violino eseguite da suo figlio di dieci anni. Ingresso 3 real. Alle sette. 15
Il giorno seguente, nel “Diario” appare ancora un articolo, questa volta più esteso e con maggiori dettagli: SPETTACOLI Gran Teatro del Liceo
Gran concerto mattutino, vocale e strumentale, che terrà D. Francisco Trinidad Huerta, chitarrista da camera di Sua Maestà, domenica 9 del corrente mese all’una del pomeriggio nel salone di riposo del detto teatro. Il signor Huerta approfitta di quest’occasione per dire addio al pubblico barcellonese che tante prove gli ha dato di apprezzamento e di rispetto e desidera, come concerto d’addio, presentarsi di nuovo in fronte al pubblico prima di partire per Parigi, dove si dirige per mettere suo figlio sotto la protezione del celebre maestro Rossini. L’amministrazione del Liceo, con particolare galanteria, non solo ha ceduto la sala per tale scopo, ma ha anche dato il relativo permesso perché gli eminenti artisti che formano la compagnia del canto di questo Teatro possano partecipare al concerto per rispetto al signor Huerta. Questi non può che esprimere la propria gratitudine verso la suddetta amministrazione, verso gli importanti artisti che si sono premurati di accettare la sua richiesta e verso l’Ecc.mo Signor Capitano generale D. Francisco Dulce che ha permesso che questo concerto si tenga sotto i suoi auspici. Di conseguenza prenderanno parte in questo concerto mattutino le signore Steffanone [sic] , Ortolani, i signori Beneventano e Tiberini e l’egregio arpista D. Francisco Bellotte che suonerà la
Alla fine però il concerto non ebbe luogo. Dal “Diario de Barcelona” del giorno seguente veniamo a sapere che Huerta non poté suonare “a causa di una improvvisa indisposizione”. 16 Verso la fine del mese “El Telégrafo” annunciò un probabile concerto di Huerta: CRONACA LOCALE Sembra che in uno dei giorni di questa settimana il famoso chitarrista signor Huerta terrà un altro concerto. Cercheremo di annunciare per tempo il luogo e i restanti dettagli. 17
Questo concerto, per cause sconosciute, ebbe luogo molto più tardi del previsto, agli inizi dell’anno seguente e sotto il patrocinio delle autorità locali. Infatti, il 3 gennaio torniamo a leggere notizie riguardanti il concerto nel “Diario de Barcelona”18 e ne “El Telégrafo”. Ecco il testo pubblicato su quest’ultimo: CRONACA LOCALE La mattina lunedì 9 del corrente mese avrà luogo nella sala di riposo del Gran Teatro del Liceo il concerto del signor Huerta che si sarebbe dovuto realizzare la settimana passata e che ora è patrocinato dal Ecc.mo Signor Capitano generale. Lo spettacolo si prevede vario e brillante visto che parteciperanno, oltre all’eccellente chitarrista, le signore Ortolani e Stefenone [sic] , i signori Beneventano e Tiberini e gli altri principali nomi della compagnia di canto del Teatro del Liceo che hanno voluto onorare in questa maniera il famoso artista. La banda del Reggimento del Re animerà gli inter-
15. “El Telégrafo”, sabato, 11-12-1958, n. 36, edizione del mattino, p. 423. 16. DdB, sabato, 11-12-1958, n. 345, edizione del mattino, p. 11207-8. 17. DdB, domenica, 12-12-1858, n. 346, edizione unica, p. 11254. 18. DdB, lunedì, 3-1-1859, n. 3. edizione della sera, p. 85. 19. “El Telégrafo”, lunedì, 3-1-1859, n. 76, edizione del mattino, p. 34. 22
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magnifica arpa che Evart [Erard] costruì a Londra per la signora Beneventano. La banda del Reggimento del Re animerà gli intervalli con brani scelti diretti dal Signor Altimira. Il signor Huerta eseguirà un Concerto di sua composizione, Variazioni di Sor una delle quali con la sola mano sinistra e il suo favorito Vals di bravura con il Jaleo de Cádiz. Il signor Huerta figlio, bambino di dieci anni, suonerà con il violino un tema con variazioni. Tale è il concerto di addio che offre Huerta al colto pubblico barcellonese. Il programma della manifestazione verrà distribuito il giorno prima. Il concerto sarà diretto dal signor Viñas. All’una del pomeriggio. Al prezzo di 8 real per biglietto con posto a sedere. [...] 20
Spirito gentil da Tiberini, Donizetti; 4. La Mere et l’Enfant , dalla signora Stefenone, Donizetti; 5. Valzer di bravura e Jaleo de Cádiz , Huerta; 6.
Valzer finale dalla banda del Re. N.B. Il professor Bellotte suonerà con l’arpa che il celebre Sebastiano Erard costruì a Londra per la signora Beneventano. Al pianoforte sarà don Francisco de Paula Rialp. Ingresso e posto a sedere 8 real. Nota. I biglietti sono disponibili presso [..] Altra: La sala di riposo del Gran Teatro del Liceo è stata gentilmente messa a disposizione per la realizzazione di questo concerto dal Signor Presidente del Consiglio di Direzione. 22
Lo stesso giorno del concerto di addio di Trinidad Huerta il “Diario” pubblicò una bre ve nota raccomandando ai suoi lettori di assistervi:
Come si vede anche in questo caso José Viñas ebbe un ruolo importante. Precisiamo inoltre che il “Sr. Altimira”, direttore della banda militare, non va confuso con il chitarrista e liutaio Agustín Altimira; si tratta invece di Francisco de Asís Altimira y Motia (?-1872)21 autore tra l’altro di alcune serie di canzoni con accompagnamento di chitarra. Non sappiamo se tra i due Altimira ci fosse qualche grado di parentela. Torniamo al concerto del 9 gennaio 1859. Il programma dettagliato apparve il giorno prima sul “Diario de Barcelona”:
B ARCELLONA Raccomandiamo al pubblico filarmonico lo spettacolo che avrà luogo questo mezzogiorno nel salone di riposo del Liceo al quale parteciperà il celebre chitarrista spagnolo signor Huerta e i primi artisti di quel Gran Teatro. Il valore di quest’ultimo e il solo nome di Huerta, la cui fama è europea, attireranno, così speriamo, un pubblico straordinario.23
Il giorno seguente sia il “Diario” che “El Telégrafo” pubblicarono una breve recensione di questo concerto di Huerta, l’ultimo tenuto a Barcellona dal più grande viaggiatore tra tutti i chitarristi che visitarono la capitale catalana durante il XIX secolo.
SPETTACOLI Programma del concerto
[…] Prima parte. 1. Sinfonia [eseguita] dalla banda del Reggimento del Re; 2. Concerto di chitarra di Huerta, Huerta; 3. El Bibacco di Beneventano, Batista; 4. Fantasia su motivi del Trovatore composta e eseguita dall’arpista Bellotte. 5. Cavatina della signora Ortolani, Ortolani; 6. Variazioni di Sort [sic] e una di esse solo con la mano sinistra, Huerta. Seconda parte. 1. Sinfonia dalla banda del Re; 2. Variazioni per violino dal figlio di Huerta; 3.
B ARCELLONA Ieri all’una del pomeriggio ebbe luogo nel salone di riposo del Liceo il concerto d’addio organizzato dal chitarrista spagnolo D. Trinidad Huerta. Il pubblico era scelto ma non molto numeroso e se quel celebre artista fu molto ap-
20. DdB, martedì, 04-01-1859, n. 4, edizione del mattino, p. 102. 21. B ALTASAR S ALDONI , Diccionario biográfico-bi blio gráfico de efemérides de músicos españoles , vol. II, pp. 442-443, ed. facsimile a cura di J. Torres, Madrid 1986, vol. IV, p. 13; E MILIO C ASARES R ODICIO, Diccionario de
ka Zarzuela, España e Hispanoamerica, Madrid, ICCMU,
2002, vol. I, p. 66. 22. DdB, sabato, 8-1-1859, n. 8, edizione del mattino, p. 242. 23. DdB, domenica, 9-1-1859, n. 9, edizione unica, p. 282. 23
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di febbraio e, un paio di settimane più tardi, a metà marzo, diede due concerti a Figueras. 28
plaudito per tutti i brani che eseguì e in particolar modo per il bel Vals de bravura y Jaleo de Cádiz ricevettero ugualmente manifestazioni di approvazione anche le signore Stefanone e Ortolani, il signor Tiberini e l’arpista signor Bellotte per la bella Fantasia che suonò su motivi dal Trovatore .24
Notizie su Huerta a Barcellona dal 1862 al 1874.
Come abbiamo già detto, Huerta non fece più ritorno a Barcellona dove però continuarono ad apparire sui giornali notizie relative alla sua attività. La prima notizia che siamo riusciti a trovare corrisponde a un concerto tenuto a Madrid il 18 maggio 1862:
Di tenore simile il trafiletto pubblicato da “El Telégrafo” secondo il quale “il pubblico era abbastanza numeroso e scelto”. 25 Invece, a Madrid questo concerto di Huerta fu commentato ironicamente a causa del patrocinio delle autorità locali:
Domenica 18 del corrente mese (maggio) alle due del pomeriggio si terrà un concerto vocale e strumentale nel salone di riposo del Teatro Real a beneficio di D. Trinidad, chitarrista onorario di Sua Maestà. 29
CONCERTO DOLCE. Con il patrocinio del capitano generale della Catalogna Don Domingo Dulce si è tenuto a Barcellona il giorno 9 un concerto che, oltre al celebre chitarrista Huerta, vide impegnati gli artisti del Gran Teatro del Liceo.
Dalla stampa madrilena veniamo a sapere che questo concerto in realtà fu tenuto il giovedì 22 con grande successo. Alla fine della recensione il critico commentò:
Y pues Dulce, el general, Se divierte en Barcelona, Creo que se desmorona La dulce unión liberal .26
[…] il pubblico è uscito estremamente compiaciuto del tanto piacevole e brillante incontro non senza prima lamentare il fatto che un artista del valore del signor Huerta, che tanti applausi ha raccolto in terre straniere, si veda qui povero e abbandonato nella sua vecchiaia. È veramente da biasimare il fatto che qui do ve si trovano tanti soldi per delle mediocrità non si trovi un modesto posto di professore di conservatorio per un artista che si è tanto distinto e che ha portato tanto in alto il nome spagnolo nelle prime capitali di Europa suonando il bello e difficile strumento che sarà sempre popolare in Spagna e che dovrebbe avere per la stessa ragione la sua classe speciale nel conservatorio.30
Non ci risulta documentazione comprovante altri concerti di Huerta a Barcellona, pertanto non possiamo che considerare questa come la sua ultima visita alla capitale catalana. In seguito al concerto appena menzionato, Huerta rimase nella città per quasi altre sette settimane per poi intraprendere il viaggio per Parigi a fine febbraio. Infatti, il “Diario” del 26 febbraio informa che “il celebre chitarrista spagnolo Signor D. Trinidad Huerta ha lasciato la nostra capitale diretto a Parigi, però sembra che si fermerà alcuni giorni a Gerona e a Figueras”. 27 Infatti, Huerta approfittò del viaggio verso Parigi per dare concerti nelle città che si trovavano lungo il suo itinerario. Dai relativi annunci dei giornali sappiamo che suonò prima a Gerona, il 27
Da un’altra notizia dello stesso anno veniamo
24. DdB, lunedì, 10-1-1859, n. 10, edizione serale, p. 341. 25. “El Telégrafo”, lunedì, 10-1-1859, n. 88, edizione del mattino, p. 166. 26. “La Iberia” (Madrid), martedì, 18-1-1859, p. 3. 27. DdB, sabato, 26-2-1859, n. 57, edizione serale, p. 2245.
28. “El Telégrafo”, martedì, 01-03-1859, n. 181, edizione serale, p. 1149; DdB, martedì, 15-3-1859. n. 74, edizione della sera, p. 2921. 29. “La Gaceta Musical Barcelonesa”, domenica, 11-51862, n. 63, p. 3. 30. “La Discusión” (Madrid), Sabato, 23-5-1862.
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a sapere che intorno al 19 settembre Huerta “è partito da Zaragoza diretto a Biarritz per tenere alcuni concerti prima della partenza dell’Imperatore francese”.31 Il 16 novembre invece si annuncia la sua presenza a Logroño con l’intenzione di dare concerti.32 Agli inizi del 1863 il chitarrista tornò a suonare a Zaragoza dove si verificò uno spiacevole incidente a causa dell’esecuzione dell’ Himno de Riego variato: B ARCELLONA Leggiamo nel “Diario de Zaragoza”: “L’altro ieri sera, venerdì, è successo nel nostro teatro uno spiacevole episodio. La seconda volta che si presentò in scena, il celebre chitarrista signor Huerta suonò tra le altre arie spagnole alcune variazioni sul popolare Inno di Riego che tanti applausi gli era valso nei teatri nazionali ed esteri. Queste reminiscenze di giorni migliori, perdonabili ad un anziano, furono accolte da tossi e persino da fischi da parte di alcuni, pochi, spettatori che si trovavano nei palchi e in platea e che così diedero una dimostrazione perfetta della propria cortesia e tolleranza!! Il signor Huerta, per un attimo turbato, ebbe il buon gusto di continuare l’inno che si concluse poi in mezzo ai forti applausi del pubblico che in questa maniera significativa protestò contro le tendenze manifestate dai fischiatori.” 33
Arrangiamento per pianoforte dell’ Inno di Riego come lo eseguiva Huerta sulla chitarra “con infiniti applau si”. Pubblicato in Pennsylvania, U.S.A.
Due anni più tardi i giornali barcellonesi tornano a pubblicare notizie su Huerta: a fine gennaio 1865 si annuncia la sua presenza a Parigi 34 mentre a fine agosto ci informano che “è stato strepitosamente applaudito durante i tre concerti che ha appena dato a Londra”. 35 Il 31 gennaio 1867, “La España Musical (LEM) di Barcellona pubblica la seguente notizia:
Il chitarrista Signor Huerta si trova attualmente a Parigi dove la propria abilità sullo strumento risplende durante i concerti. Ultimamente ha partecipato al concerto dato dal Circolo artistico e in quell’occasione fece vedere chiaramente di quali bellezze è capace questo semplice strumento.36
31. “El Telégrafo”, venerdì, 19-9-1862, n. 467, edizione del mattino, p. 6075. 32. “La Gaceta Musical Barcelonesa”, domenica, 1611-1862, n. 77, p. 3. 33. DdB, sabato, 17-1-1863, n. 17, edizione serale, p. 580.
34. “La Gaceta Musical Barcelonesa”, domenica, 28-11865, n. 158, p. 4. 35. DdB, Mercoledì, 9-8-1865, n. 221, edizione del mattino, p. 7891. 36. LEM, giovedì, 31-1-1867, n. 54, p. 2.
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Il 1° giugno 1871 lo troviamo di nuovo a Parigi da dove scrive una lettera all’amico scrittore e politico Victor Balaguer, raccontandogli varie vicissitudini della propria vita. La lettera sembra scritta da un’altra persona perché la firma di Huerta e la fine della lettera, oltre ad una nota difficilissima da decifrare, sono in una calligrafia completamente differente dal resto della missiva:
Devo ringraziare più gli stranieri che l’ambasciata spagnola, perché non vi è niente che desidero di più che andare via da qui con tutta la mia famiglia. Parigi non è più che un cumulo di rovine, di morti e di fucilazioni, impossibile da credere se non lo si vede. Grazie a Dio che ci ha salvato da un bel guaio per non dire da due. Sono ai Vostri ordini se vi posso essere utile e non desidero altro che servirVi. Scrivete a Rue de Lamartine n° 16 T. Huerta, Artista37
Parigi, 1° giugno 1871. Mio stimato e apprezzatissimo amico. Tro vandomi qui per tanti anni ignoravo il Vostro indirizzo. Uno spagnolo mi ha informato che abitate a Barcellona. Desidero sapere della vostra vita e allo stesso tempo raccontarvi della mia, delle molte calamità e delle disgrazie di tutti i generi che abbiamo sofferto nel luogo dei Prussiani e ultimamente con la guerra civile del Socialismo, tutto quello che posso dire non è sufficiente per descrivere le atrocità che sono state commesse e gli orrori di questa benedetta Parigi. Più di due mesi fa scrissi a Don Agustín Altimira chiedendogli di farmi il favore di inviarmi per giro di posta l’indirizzo di Don Julián Arcas e allo stesso tempo gli raccontavo la brutta situazione in cui mi trovavo, chiedendo se poteva fare qualcosa con i suoi amici, ma non ho ricevuto risposta alcuna. Le cattive circostanze in cui mi trovo si de vono alle perdite da due o tre parti dei miei pochi risparmi. Mi farà un sommo piacere sapere di Voi e del resto della vostra famiglia poiché, come Voi sapete, io vi ho sempre considerato un amico vero e sono un ammiratore del vostro talento. Nel caso lo facesse, che sia il prima possibile perché non penso di rimanere qui per molto e se sono rimasto fino ad adesso è stato per mancanza di risorse. Né il consolato né l’ambasciata spagnola si sono degnati di darmi neanche mezzo posto per aiutarmi a fare il viaggio con la ferrovia.
Riassumendo, da questa lettera veniamo a sapere che Huerta aveva abitato a Parigi per alcuni anni, compresi quelli della guerra francoprussiana (1870-1871) e della rivoluzione popolare nota come la Comune (marzo-maggio 1871). Sembra che questi eventi gli avessero causato la perdita dei suoi risparmi ed essendo rimasto senza risorse aveva chiesto l’aiuto degli amici barcellonesi, il chitarrista e liutaio Agustín Altimira e Julián Arcas che in quel periodo si trovava in Andalusia e a Murcia per concerti. Pare inoltre che desiderasse fare ritorno in Spagna e per questa ragione aveva chiesto l’aiuto dell’Ambasciata spagnola. Fatto sta che Huerta non fece mai più ritorno in patria: quattro anni più tardi morì proprio a Parigi, la città dalla quale voleva andarsene quando scriveva quella lettera. Comunque, Huerta continuò a dare concerti e alla fine di quell’anno lo troviamo a Bruxelles. 38 Alcuni anni più tardi, “La España Musical” pubblicò (il 29-3-1873) una breve nota biografica per noi interessante, poiché da una parte riassume e sintetizza lo stile musicale e l’attitudine virtuosistica del chitarrista, dall’altra ci dà un’idea degli spettacolari successi ottenuti con i suoi concerti e di alcune delle cause del suo declino: Huerta (Trinidad), celebre chitarrista spagnolo nato a Orihuela l’8 giugno 1804. Ignoriamo gli esordi della carriera di questo artista che per il suo talento di esecutore fu considerato come uno dei primi e più importanti chitarristi della sua patria, dove presto si guadagnò una grande reputazione con i concerti dati in varie epoche a Madrid, Barcellona, Valencia, Saragoza e altre delle principali città spagnole. Viaggiò in
37. Biblioteca-Museu Victor Balaguer de Vilanova i la Geltrú. Epistolario. Segn. 7101783. Segue la scritta autografa: dispénsala que sufro mucho de los... [illeggibile]. 38. SUAREZ-P AJAREZ e COLDWELL, ibid., p. 50. 26
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suoni alti e con frequente uso del glissato, nel genere del rasgueado, che era il suo preferito, diventava invece manierato. Questo artista si abbandonò a tal punto all’intemperanza che finì per squalificare il proprio talento. 39
Nello stesso anno e in quello seguente ne “La España Musical” si pubblicò in cinque puntate un articolo di José María Varala Silvani (18481926) intitolato La Guitarra . Nell’ultima puntata, corrispondente al 14 febbraio 1874 troviamo queste sorprendenti parole riguardanti Huerta: Il celebre Huerta, chitarrista spagnolo dei nostri tempi, è uno dei primi professori moderni. Malgrado ciò, la sua vita è sempre stata molto faticosa; e per colmare la sua disgrazia si è visto in questi ultimi anni ridotto al triste stato di musicista ambulante per le strade di Parigi. A ragione si può dire che in Spagna non si protegge il valore degli artisti; e che il suo pensionamento dopo anni dedicati allo studio è probabilmente la miseria… 40
Maggio 1871, barricata nel centro di Parigi, rue de Castiglione
Francia e in Inghilterra e dappertutto suscitò entusiasmo per la sua abilità come esecutore che gli procurò celebrità e non pochi guadagni; a Londra in particolare guadagnò forti somme con i suoi concerti dove accorrevano con avidità gli appassionati di chitarra. Essendo Huerta dotato di talento e di qualità adatte a questo strumento, agli inizi della sua carriera trovò già aperti da Sor e da Aguado i due sentieri che presenta la chitarra a chi vuole coltivarla artisticamente; allo stesso tempo, sapendo che la bellezza dello stile del primo poteva essere riconosciuta solo da un pubblico molto scelto, si creò uno stile o maniera individuale con il quale seppe provocare interesse, raggiungendo una fama a livello europeo. La grande scioltezza della sua mano destra con le cui dita pizzicava le corde a piacere ora con grande finezza e soavità, ora con vigore, duplicando o a volte triplicando i loro suoni; la facilità nel combinare le posizioni della sinistra; l’agilità e la leggerezza nel percorrere l’intera estensione della tastiera conferi vano alle sue esecuzioni brillantezza e varietà timbrica. Colorava questa ricca gamma di sfumature con le gradazioni che dava ai suoni dello strumento, ora facendoli quasi smorzati e impercettibili, ora dolci in mezzoforte, ora energici. Huerta, anche se nei pezzi sentimentali come nelle composizioni di Sor, suonava con molto gusto ed espressione le melodie vibrando i
Come abbiamo già detto, Huerta morì a Parigi il 19 giugno 1874. Oggi a Barcellona, presso la Biblioteca Pública Arús, si conservano due sue composizioni pubblicate alla sua epoca. • THREE WALTZES. / for the / Spanish Guitar. / Composed & Respectfully Dedicated to / Mrs. Henry de la Chaumette / By / A. T. HUERTA. / Ent. Sta. Hall ——- Price 3. / LONDON. / Published by Mori & Lavenu 28, New Bond Strt. / 4, Doors from Conduit Strt. [4 pagine; n. l. 2130. 1º. Vals, Andante mosso. 2º.- Vals, Andantino. 3º. Vals, Brillante] • Alice Gray / Mrs. Millard’s Popular Ballad. / Arranged with an Accompaniment for the / GUITAR / By / M. HUERTA. / Ent. Sta. Hall ——Price 1.6 / London Published by A. PETTET. Nº. 18, Hanway Street, / (Removed from 154) Oxford Street. [3 pagine; senza numero di lastra; Voice / Guitar. Allegretto moderato. Scritto a mano: Maria Prat]
39. LEM, Sabato, 29-3-1873, n. 351, p. 6.
40. LEM, Sabato, 14-2-1874, n. 396, p. 2-3. 27
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Per finire questo scritto su Huerta, vorrei menzionare una pubblicazione che conservava Felipe Pedrell nel suo archivio. Nel 1897 questo musicologo e compositore pubblicò a Barcellona un
Mentre stavo scrivendo quanto sopra, sono venuto a sapere che la Biblioteca Nazionale de España ha acquisito nuovi documenti di Trinidad Huerta. Si tratta di un volume con materiale vario, tra lettere, partiture manoscritte e stampate, che è noto come “manoscritto Mensignac”. In questo momento si sta catalogando il contenuto di tale volume prima di metterlo a disposizione dei ricercatori che desiderano consultarlo. Tra gli spartiti che si trovano all’interno del volume vi sono due pubblicazioni che fino a oggi erano considerate disperse: Souvenir de Paris. Rondò dedicato alla Contessa Luboff Koucheleff Besborodko e un Bolero favorí intitolato Lola Montés.
Diccionario Biográfico e bibliográfico de Músicos y Escritores de Música, españoles, portugueses e ispano-americanos antiguos y modernos del qua-
le vide la luce solo il primo volume (dalla A alla F). Tra i materiali che Pedrell conservava per la preparazione dei restanti volumi (che sono custoditi nella Biblioteca della Catalunya a Barcellona) si trova un ritaglio di giornale senza data (Top.: Pedrell. M 942/2) intitolato Artistas célebres; D. Trinidad Huerta pubblicato dalla “Gaceta Musical” della Habana (Cuba), pp. 91-92 che non aggiunge novità alcuna alla biografia di Huerta.
FINE
J OHANN S EBASTIAN B ACH Opere scelte trascritte per chitarra
Vol. I: BWV 989, 1021, 1023, 1033, 1034, 1035) S. 12945 Z.
Vol. II: Lo stile francese (BWV 820, 821, 822, 823, 832, 992) S. 13239 Z.
Vol. III: Le opere per liuto (BWV 995, 996, 997, 998, 1000, 1006a S. 13465 Z.
Trascrizione e diteggiatura a cura di Paolo Cherici
www.esz.it
EDIZIONI SUVINI ZERBONI Galleria del Corso 4, 20122 Milano. Tel. 02 77070612; fax 02 77070261
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SOFIA GUBAIDULINA
E LA CHITARRA
di Luigi Attademo
I.
Il rapporto tra la chitarra e la musica russa ha conosciuto momenti alterni. Nonostante la grande tradizione ottocentesca e la presenza della chitarra nella musica popolare, lo strumento non ha goduto di grande attenzione da parte dei compositori che si sono avvicendati in Russia nel Novecento. A questa evenienza non si sottrae Sofia Gubaidulina, compositrice tra le più rappresentative della seconda metà del secolo XX, la quale – eccezion fatta per una pagina scritta occasionalmente nel primo periodo della sua attività1 – non ha mai sviluppato interesse per il suono della chitarra. Per la compositrice – come ha avuto modo di confermare di persona nel recente incontro di Firenze2 – scrivere musica non può prescindere dal conoscere non solo la tecnica dello strumento, ma la tecnica dello strumentista a cui fa riferimento. Ecco perché i suoi organici – spesso originali – sono nati sempre dalla collaborazione con i musicisti che le erano accanto. La ragione che spinge la Gubaidulina a scrivere questa nuova opera cameristica e ad avvicinarsi alla chitarra (meglio sarebbe dire alle chitarre) nasce da due occasioni: dall’incontro con il quartetto di chitarre “Ensemble Quasi Fantasia” e dall’idea, da tempo nella mente della compositrice, di dedicare una nuova opera cameristica al violoncello (all’amico Ivan Monighetti, musicista russo residente in Svizzera).
Nasce così Ravvedimento per violoncello e quartetto di chitarre , opera pubblicata definitivamente nel 2007 (ed eseguita in seguito dal “Basilea Gitarren Ensemble”) e che conosce una seconda e più evoluta versione nel 2009, Repentance , per tre chitarre contrabbasso e violoncello, su commissione della San Francisco Symphony . Il titolo nasce dalla volontà dell’autrice di fare ammenda per aver rinviato molte volte la composizione dell’opera promessa a Ivan Monighetti. Ma oltre a questo gioco di parole, Repentance ( t raduzione del titolo originario in italiano Ravvedimento) assume il significato di un ripensamento sulla propria esistenza, e non potrebbe essere altrimenti data la densità dei temi che, come vedremo, abitano il pensiero della musicista.
1. Serenade (1960), pubblicata nell’antologia di musica russa The Russian Collection, a cura di Matanya Ophee, vol. V, Editions Orphée, Columbus (OH), U.S.A., 19??? 2. In occasione della consegna del premio “Nuovi
Eventi Musicali”, Firenze, Palazzo Vecchio, 27 giugno 2009. 3. In AA.VV., Gubajdulina, a cura di Enzo Restagno, EDT, 1991. 4. Ibidem, p. 10.
II. Sofia Gubaidulina nasce a Cistopol (in Tatarstan, Russia) nel 1931. Qui si svolge una parte importante della sua formazione musicale e culturale, per comprendere la quale non si può prescindere dalla sua origine tatara e dalla sua forte appartenenza alla religione ortodossa.3 Come racconta la compositrice, interrogata da Enzo Restagno, “dall’età di cinque anni, la musica era il senso della mia vita [...] mi sentivo bene solo quando varcavo la porta della scuola di musica. Da quel momento mi trovavo in uno spazio sacro.” 4
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Dunque l’esperienza musicale fin da subito si connota di una componente religiosa. Il contesto culturale in cui vive è importantissimo: la generazione a lei precedente annovera musicisti come Shostakovich e Prokof’ev; suoi compagni di studi sono compositori come Alfred Schnittke e Edison Denisov; gli strumentisti che di volta in volta l’affiancano per eseguire la sua musica vanno da Alexander Ivashkin a Natalia Gutman, da Oleg Kagan a Gidon Kremer. D’altra parte, fino alla caduta del muro di Berlino, la biografia della Gubaidulina è fortemente condizionata dalla mancanza di libertà che colpiva gli artisti non allineati al regime sovietico. Fino al 1989 ebbe dunque difficoltà a lavorare, subendo un boicottaggio più o meno esplicito da parte dell’accademia russa dei compositori, e ogni volta che le sue musiche venivano eseguite all’estero, questo rappresentava un rischio e una de viazione alle rigide direttive dettate ai musicisti dallo Stato. In Italia di lei si cominciarono ad avere segni importanti grazie a Luigi Nono che ne fu sostenitore e ne promosse l’esecuzione alla Biennale di Venezia. Fu grazie al prestigio dei musicisti che gravitavano intorno alla sua persona e che ne apprezzavano la musica, che Sofia Gubaidulina continuò a essere eseguita anche in anni difficili, soprattutto all’estero.
Messe)7 ora contenutistiche (uso di testi poetici e religiosi, o titoli chiaramente derivati da una poetica orientata alla trascedenza8). In questa linea si colloca anche Ravvedimento - Repentance, un’opera scritta di recente nella quale possiamo trovare tutti gli elementi poetici e linguistici che contraddistinguono lo stile originale e l’universo emotivo della compositrice. Sebbene la chitarra compaia significativamente solo in questo lavoro dell’ultima maturità, i riferimenti agli strumenti cordofoni non mancano nell’immaginario dell’autrice. Sono del 1977 le tre raccolte Su motivi del folclore tataro per domra e pianoforte. In questa opera la Gubaidulina recupera uno strumento popolare a tre corde che può avere tessiture differenti (dal soprano al basso) e che è suonato con un plettro: si tratta di un dettaglio non secondario se consideriamo che uno dei suoni che chiede spesso alle chitarre è il suono duro e incisivo prodotto dal plettro. La chitarra, nuovamente usata con una connotazione popolare, compare nel pezzo Te salutant , per grande orchestra di musica leggera (1978). È interessante notare la sensibilità della compositrice verso il suono pizzicato che lei stessa ha confermato in occasione della scoperta del tar , strumento di origine persiana dal suono quasi primitivo e fortemente evocativo: oltre al pianoforte «il suo strumento preferito per le cosiddette esecuzioni “domestiche”».9 Affrontando questa nuova opera Sofia Gubaidulina fa dunque riferimento a un mondo sonoro preciso, profondamente legato ai contenuti della sua poetica. Come si è detto, la musica rappresenta l’ingresso in uno spazio dove è possibile (anzi è necessario) il contatto con la trascendenza. Veicolo di questo contatto è la ricerca nella musica di una dimensione di verità, per raggiungere la quale la compositrice non esi-
III. Il catalogo delle opere della compositrice
russa è vasto e abbraccia periodi diversi. È lei stessa a dire che il 1965 è l’anno che segna l’inizio della sua prima maturità compositiva. 5 Una delle caratteristiche più evidenti della sua produzione è il fatto di rivolgersi di volta in volta a organici diversi, talvolta molto al di fuori della tradizione.6 Altro aspetto centrale che spicca nel catalogo delle opere è la grande attenzione all’elemento spirituale, che si concretizza in scelte ora formali (spesso le opere della Gubaidulina sono, esplicitamente o implicitamente, parti di
5. Ibidem, p. 33. 6. A partire dall’anno 1965, troviamo organici come arpa, contrabbasso e percussione; contrabbasso e pianoforte; due trombe e due tromboni; percussione, cla vicembalo e celesta; ecc. 7. Ne sono esempi: Introitus, concerto per pianoforte e orchestra da camera, del 1978; Offertorium, concerto per violino e orchestra, scritto tra il 1980 e il 1986;
Stupeni (Graduale), per orchestra del 1972.
8. Anche in questo caso i titoli delle opere bastano a dare un’idea: De profundis per fisarmonica, In croce per violoncello e organo, Sette Parole per violoncello, fisarmonica e archi, Misterioso per sette percussionisti, ecc. 9. Riferisce Valentina Cholopova parlando delle sue caratteristiche poetiche. Ibid., p. 99.
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ta ad affermare radicalmente la libertà del comporre: “Nella libertà risiede la possibilità di realizzare pienamente il proprio essere, tendere l’orecchio a ciò che di più intimo vi è nell’animo, a ciò che ogni situazione storica dona a ogni personalità”.10
Posta questa premessa estetica, la Gubaidulina non dimentica le istanze fondamentali della musica del Novecento, che si configura come un grande momento di reazione rispetto al linguaggio ereditato dalla tradizione del XIX secolo. Come e più di altri, la compositrice incentra il suo linguaggio sull’espansione del parametro dell’espressività, che diventa un ambito organizzato, con la creazione di un preciso vocabolario di gesti strumentali e di intonazioni vocali. Altro aspetto fortemente sviluppato dalla Gubaidulina è il parametro ritmico-temporale che agisce non solo a livello delle strutture musicali, ma anche a livello dell’organizzazione formale, tanto da considerare la linea temporale una questione spaziale, di architettura. Queste due caratteristiche – che contribuiscono a determinare la sua originalità in un momento in cui le mode compositive e le tendenze hanno significato spesso l’elezione di una strada maestra e talvolta obbligata – sono accompagnate da una personalissima riconsiderazione degli aspetti tradizionali del linguaggio. Messe da parte le ingerenze ideologiche, la compositrice dal punto di vista dell’organizzazione dei suoni lavora su tre li velli: il cromatismo, il micro-cromatismo, il diatonismo. Se infatti non sono rari i ricorsi alla scala pentatonica, la monodia è prevalentemente basata sul sistema fondato sui semitoni e sul ricorso a gesti strumentali che infrangono questa divisione, portando l’ambito melodico in nuove dimensioni sonore. Dice la stessa compositrice, rispondendo a una domanda sul contenuto dell’ Introitus :
Sofia Gubaidulina
spazio infracromatico, quello cromatico, quello diatonico e quello pentatonico. […] Le intonazioni di preghiere cambiano significativamente inflessione passando da uno spazio all’altro. Nell’ambito infracromatico la distanza fra i suoni è molto stretta, quasi invisibile, nell’ambito cromatico diventa più definita e molto più espressiva. Negli ambiti diatonico e pentatonico distanza e caratterizzazioni si fanno ancora più evidenti.”11
E ancora, più specificamente: “Quando noi parliamo di suoni armonici, di inflessioni microtonali seguiamo la più grande delle tentazioni del Novecento: quella di penetrare nello spazio interiore della personalità umana. La ricerca degli spazi microtonali è il transfert in musica di questa aspirazione all’interiorità».12
L’aspetto fondamentale al quale la Gubaidulina accenna anche in queste sue parole è la forte drammatizzazione per opposizioni che scaturisce dal linguaggio e dal trattamento degli strumenti, così da creare un’azione e una contro-azione (come vedremo, in Repentance rappresenta un vero e proprio ordine di messa in scena tra strumento solista e “coro”).
“Ho scelto quattro differenti spazi sonori da inserire nella parte introduttiva della messa: lo
10. Ibid., p. 101. 11. Ibid., p. 65. 12. Ibid., p. 31. 31
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glissandi) e abbandonando quelle specifiche della chitarra. Sono tre gli effetti che la Gubaidulina utilizza ampiamente in questo brano: l’uso del bottleneck (strumento cilindrico di vetro o di metallo molto usato nella chitarra folk-rock che permette di creare suoni “in glissando” microtonale), del plettro e del ricochet (esecuzione di più note in un’arcata), realizzato con una pallina di gomma legata a una corda di pianoforte che ne permette l’utilizzo rimbalzando lungo le corde della chitarra (da tenere con la tavola rivolta verso l’alto). Repent ance ha una struttura articolata che mantiene una continuità grazie anche al ciclico riproporsi delle situazioni tematiche e “drammaturgiche”. L’inizio è caratterizzato da una lunga introduzione. Le prime otto battutte sono il luogo dove i materiali diatonico e cromatico vengono esposti nella loro forma più semplice, un tetracordo discendente nella regione grave e una scala cromatica discendente nella regione acuta. In questo primo momento è sulla scena solo il “coro” delle tre chitarre con il contrabbasso.
IV. Ravvedimento/Repentance
L’opera è concepita, come si è detto, originariamente per violoncello e quartetto di chitarre. Pur mutando l’organico nella successiva versione, resta ferma l’idea della compositrice di realizzare l’opposizione tra un “coro” e un solista (forse meglio definibile come un “cantor”). L’ultima versione consta di 490 misure, quella precedente di 480: si tratta comunque di un’opera di vaste dimensioni e quindi di una certa rile vanza nella letteratura cameristica del nostro strumento. Fondamentalmente le due versioni differiscono per la maggiore compattezza sonora del gruppo delle chitarre (tre chitarre normali invece di quattro chitarre ognuna collocata in un registro differente: chitarra basso a tredici corde, chitarra tenore accordata una terza sopra, chitarra alto accordata una quinta sopra, chitarra soprano accordata un’ottava sopra) e per l’adozione del contrabbasso, vero trait d’union con il violoncello, che ricalca per lo più la parte della IV chitarra introducendo com’è ovvio specificità dello strumento ad arco (come tremoli e Es. 1
Es. 2
Il Si, nota polarizzata, comincia a fluttuare tra le tre chitarre (che lo riprendono all’unisono con note ribattute su pattern ritmici diversi e con piccoli glissandi cromatici attraverso l’uso del bottleneck ), il tremolo del contrabbasso e la voce del violoncello, che mostra sin dalla b. 16 la sua vocazione al “solo”, per lo più caratterizza-
to dal cromatismo (anche a b. 25 il materiale di riferimento è cromatico anche se la scrittura si muove su salti di settima maggiore). Un secondo momento dell’introduzione è caratterizzato dall’omoritmia corale delle chitarre che procede su materiale diatonico:
Es. 2b
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Ecco una prima significativa opposizione drammatica fra voce solista e gruppo, caratterizzata sia attraverso la scrittura strumentale che dal materiale. Nella seconda sezione questa opposizione fra scrittura corale e intonazione solistica del violoncello (con reiterazione, in questo caso, della nota più grave) diventa centrale. Come spesso accade in quest’opera, a momenti meditativi si alternano momenti estremamente materici. A b. 67 le tre chitarre infatti suonano (chi in tremolo, chi in glissando) all’unisono un accordo con una dinamica “ ff ” creando un violento contrasto con la situazione precedente. Si tratta di un inserto che fa da cesura e precede un momento lirico del violoncello su cui viene costruito un breve episodio contrappuntistico, anch’esso però risolto in una dinamica “ ff ” (bb. 73/80). Interessante è anche il trattamento omoritmico di accordi a distanza di tono e di quarta che permettono alle tre chitarre di creare un tappeto sonoro sempre più fitto su cui il violoncello intesse la sua “lamentatio” che continua a essere fondata su oscillazioni cromatiche (Si-Do-Si-La / MiFa-Mi-Re).
condo una modalità che ricorda da vicino quella delle preghiere dei sacerdoti ortodossi. Anche in questo caso, la voce del contrabbasso dà origine a un contrappunto che si svolge in un progressivo addensarsi dinamico e ritmico. Si tratta di una delle costanti della struttura drammatica dell’opera, l’opposizione di momenti di quiete a momenti di concitazione e disordine. Un nuovo effetto strumentale serve alla compositrice per creare un momento di sospensione quasi onirica: la chitarra reitera, arpeggiandoli rapidamente con il plettro dal grave all’acuto e dall’acuto al grave, accordi di sei suoni generati da una posizione di barré al IX tasto, secondo tre modalità di suono: suono naturale, suono armonico e suono risultante (il suono prodotto suonando nella parte della corda tra dito e capotasto). In questo modo si creano tre diverse “intonazioni”, che danno luogo a tre dimensioni sonore distinte, a conferma di quanto l’aspetto del vocabolario espressivo sia centrale nella scrittura della Gubaidulina. Questo episodio si sviluppa subito dopo attra verso la sovrapposizione delle tre chitarre che mettono in atto un nuovo uso del bottleneck , questa volta non per produrre un singolo suono glissato, ma interi accordi che fluttuano nell’intonazione e nella figurazione ritmica secondo un disegno libero indicato dalla compositrice. È in questa sezione che la chitarra realizza quella scrittura microtonale a cui si è accennato in precedenza. Come si è già notato, ad una sezione in cui il suono delle chitarre ha il sopravvento segue una sezione in cui il violoncello riprende il suo canto e le chitarre ne contrappuntano ritmicamente con accordi l’ordito. Uno dei modi più interessanti in cui la Gubaidulina usa la chitarra è quello secondo cui gli strumenti non assommano le loro forze coprendo diversi registri, bensì moltiplicano il loro suono sovrapponendosi. È anche il caso della sezione in cui le tre chitarre (insieme al contrabbasso), usando il plettro, realizzano un crescendo fatto di accordi di sei suoni di cui solo la nota più acuta cambia di altezza e in cui la sonorità delle corde a vuoto è sfruttata appieno. Rientra in gioco in questa figurazione anche la forte espressività del cromatismo che caratterizza per lo più la scrittura del violoncello.
Es. 3: tappeto armonico
Anche questa sezione, che prosegue con il violoncello solista sostenuto da accordi arpeggiati del “coro” di chitarre e contrabbasso (bb. 104/120) basati su una figurazione ritmica bre ve/lunga, si risolve in un crescendo e in un improvviso silenzio. Segue un episodio in cui le chitarre suonano delle triadi, prima secondo un ordine ritmico sulla misura di 5/8, poi seguendo ritmi diversi e liberamente affidati agli esecutori. Nel successivo corale è il contrabbasso (e questa è una delle significative differenze con la versione precedente) a riprendere l’intonazione del violoncello, reiterando la stessa nota, se33
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vo in un ritmo danzante, che dà vita all’ennesima accumulazione dinamica “disordinata”. Nell’ultimo più drammatico corale la serenità del coro omoritmico è turbata dal tremolo glissando del contrabbasso lungo tutta l’estensione del suo registro. Il ritorno a protagonista del violoncello segna il passaggio dalla sezione che vede fronteggiarsi la voce sola e gli accordi del “coro”, ormai vero leitmotiv della composizione, a una sezione finale – anch’essa con un carattere sognante – dove le chitarre sono nuo vamente luogo di invenzione. In questo caso, ad una sequenza di armonici della prima chitarra basata su un bimodalismo si sovrappongono le altre due con accordi “tremolati”, dall’effetto straniante, eseguiti con la tecnica del ricochet .*
Es. 4
Se in precedenza aveva permesso di entrare in un clima sospeso, l’uso del glissando accordale con il bottleneck diventa ora molto incisi-
L’opera nel suo complesso, pur caratterizzata da una fortissima varietà di situazioni emotive e di scritture differenti, mantiene una sua forte unità, forse in ossequio al principio della compositrice russa secondo cui “l’arte e la sostanza
spirituale del mondo hanno lo stesso compito: ricondurre tutti gli elementi del molteplice all’unità e in questo senso il compito di un artista consiste nel ristabilire i rapporti tra arte e natura”. 13
* N.d.R.: Per la spiegazione di questa tecnica vedi p. 32, Col. II.
13. AA.VV., Gubajdulina, a cura di Enzo Restagno, EDT, 1991, p. 55. 34
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“MUSICA SUDAMERICANA”? di Eduardo Fernández
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mericano dal punto di vista dei principali generi, quindi di descrivere alcuni dei procedimenti formali tipici e la prassi interpretativa abituale degli stessi e, infine, di fornire un identikit primario di alcuni dei generi presenti nel repertorio chitarristico con esempi concreti tratti da opere che considero rappresentative.
rima di tutto: siete tra coloro che credono che il Messico si trovi in Sudamerica e che Buenos Aires sia la capitale di Rio de Janeiro? E che, comunque, tutto ciò non abbia alcuna im portanza per suonare questo o quel pezzo sudamericano? Chiarisco subito che il mio proposito è di farvi cambiare idea. ✵✵✵
1. STEREOTIPI E REALTÀ
Senza alcuna pretesa di essere né esaustivo né enciclopedico – cosa che, inoltre, non sarebbe alla mia portata (e a quella di nessuno, sospetto) – vorrei presentare qui alcune mie osservazioni e constatazioni per facilitare la comprensione e l’esecuzione delle musiche ispirate alla musica tradizionale dell’America del Sud ai lettori che non ne conoscono il contesto, ma sono interessati. La mia formazione è stata completamente classica e in questo senso non sono un “folklorista”. Ho avuto però l’occasione di venire a contatto con alcuni generi tradizionali nel loro contesto naturale, di ascoltare alcuni grandi interpreti della musica tradizionale sudamericana e di imparare da loro; infine, alcune volte ho interpretato – o tentato di interpretare – le loro opere. Essendo arrivato allo studio di queste musiche dal di fuori (pur avendole ascoltate fin da piccolo), sono stato obbligato ad analizzare il loro funzionamento e a cercare di scoprire le con venzioni interpretative che governano ciascun genere così come le regole strutturali del loro gioco. Quindi, innanzitutto, cercherò di dare un’idea del contesto generale nel quale appaiono queste musiche e di abbozzare un breve panorama delle regioni musicali del folklore suda-
Quando un Europeo pensa all’America del Sud, le idee o immagini che probabilmente gli vengono in mente (chiedo scusa per la caricatura) sono: una regione sottosviluppata governata da dittatori dalle pittoresche uniformi e dai costumi brutali; popolazioni di indigeni o africani con belle mulatte che ballano per le strade in un Carnevale perenne e uomini che o giocano a calcio sulla spiaggia (in attesa di essere scoperti da qualche agente e di trasferirsi nelle squadre europee), oppure che si dedicano al traffico di droga in un’atmosfera generale di anarchia e illegalità tra amenità e violenze; tutto questo con in sottofondo una musica simpatica ma sempliciotta, forse con un po’ di swing , ma tutta “tonica-dominante”. Qualcuno più informato integra a tale quadro il realismo magico dell’epoca del boom letterario degli Anni Sessanta, o Piazzolla, o Jorge Luis Borges, o i guerriglieri che combattono i sopraccitati dittatori dalle pittoresche uniformi. Senza la pretesa di negare che tutte queste cose si possono effettivamente trovare in qualche parte del continente, se si cercano (eccetto i dittatori, perché oggigiorno, fortunatamente, lo stereotipo europeo è rimasto con informazioni vecchie di un 35
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quarto di secolo), quello stereotipo nel suo complesso non ha in fondo molto a che fare con la realtà sudamericana e risente per metà di pregiudizi razzisti e per l’altra metà del mito romanzesco del bon sauvage . La realtà è estremamente più complessa e alcuni suoi tratti molto importanti sono assenti dall’immaginario collettivo (senza contare che in questo immaginario non esistono né fabbriche, né intellettuali, né arte seria). Si tendono ad ignorare alcuni fatti fondamentali dell’America del Sud: lo sproposito delle distanze, la disparità dei livelli di sviluppo economico, le enormi differenze geografiche, culturali (risultato di uno sviluppo storico molto complesso) e persino linguistiche. Ecco alcune situazioni facilmente riscontrabili: volare da Ushuaia, che si trova all’estremo sud dell’Argentina e del continente stesso, fino a Caracas (se esistesse un volo diretto) richiederebbe una decina di ore; quasi il doppio rispetto alla tratta New York-Los Angeles o MadridMosca. Nell’asse est-ovest, un volo da Salvador (Bahia, Brasile) a Quito (neanche in questo caso esiste un volo diretto) avrebbe una durata approssimativa di 6 ore. Se estendessimo il concetto di America del Sud a tutta l’America Latina, cioè includendo Messico, America Centrale e Caraibi (cosa che non intendo fare in questo articolo), le proporzioni aumenterebbero ancora di più. Ma non è necessario percorrere tanta distanza per trovare differenze. In Colombia, in un’ora di automobile è possibile passare da un clima primaverile di tipo nordeuropeo ad uno tropicale e basta scendere al livello del mare per incontrare una cultura completamente diversa. Molti lo fanno tutti i week-end. Bisogna dire chiaramente che l’omogeneità presupposta dallo stereotipo è falsa: il lettore italiano, abituato a pensare a se stesso come lombardo, piemontese, veneto, toscano, romano, sardo, siciliano, del Nord o meridionale, non dovrebbe avere problemi a capire. Solo che in Sudamerica la scala delle differenze è incredibilmente più ampia e quasi smisurata e, per questo, è molto più difficile da comprendere. Poche regioni del pianeta presentano tanta varietà, tante diversità geografiche, sociali e culturali come l’America del Sud. Ci sono sì spiagge tropicali, ma anche enormi estensioni di montagne innevate, regioni desertiche o semidesertiche, savane, pampas , altipiani, giungle, campi coltivati da contadini o
sterminate distese dedicate all’allevamento di bestiame o alla forestazione; aeroporti molto, ma molto più moderni di Malpensa; città con zone modernissime e altre miserabili, piccoli paesini coloniali del XVII secolo dove il treno non arriva e la corriera passa ogni tanto; società democratiche e legalitarie altrettanto o maggiormente rispetto ad alcune loro affini europee e altre con storie di terribili disparità sociali, di autoritarismo e di corruzione. Certo, si possono incontrare mulatte nelle spiagge di Rio de Janeiro o Santa Marta, però nel Sud dell’Argentina o del Cile il clima è simile a quello della Svezia e della Finlandia. Ci sono culture indigene che sono ancora presenti (per fortuna e grazie alla loro testardaggine nel voler continuare a vivere malgrado tutto) in diverse regioni e in Paesi interi. Il Paraguay è bilingue: Spagnolo e Guaraní; la Bolivia, per la prima volta nella sua storia, ha un Presidente rappresentativo della maggioranza della popolazione, di origine indigena; in Perú, Bolivia, Ecuador, Brasile, Cile esistono zone quasi interamente indigene. D’altra parte, però, città come Buenos Aires, Santiago, Montevideo, Curitiba o Porto Alegre potrebbero essere trapiantate nell’Europa mediterranea e la differenza non si noterebbe più di tanto. Sì, è vero che fuori dal Brasile, dove si parla il Portoghese, in tutti gli altri Paesi si parla lo Spagnolo (eccetto che nelle Guyane). Però questo non significa per forza omogeneità, perché pur essendo il linguaggio colto più o meno comune, con accenti molto diversi e facilmente riconoscibili, il linguaggio popolare in ciascun Paese si è sviluppato in isolamento e, di conseguenza, si è diversificato. Ad esempio, il linguaggio parlato per le strade di Bogotá sarebbe quasi incomprensibile per un porteño* dello stesso livello culturale: e non solo per alcune differenze fonetiche ma per il vocabolario. Tra un Paese e l’altro le stesse parole acquistano significati diversi. Uno dei passatempi preferiti quando si incontrano due latinoamericani ispanoparlanti sta invariabilmente nel trovare quali parole normali nel Paese di uno diventano parolacce in quello dell’altro. Cabrera Infante nel suo libro Tres Tristes Tigres ha scritto un capitolo molto divertente sull’argomento,
* N.d.R.: si chiamano così gli abitanti della città di Buenos Aires. 36
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ma siccome l’autore è cubano – mentre il nostro articolo si occupa della musica sudamericana, e Cuba non si trova nell’America del Sud – lo terremo in serbo per un’altra occasione. Le società sudamericane sono eterogenee perché sorgono in un ambiente geografico molto vario e hanno storie differenti. Grosso modo potremmo classificarle in regioni conquistate, dove esisteva una civilizzazione precolombiana, e regioni colonizzate, dove la popolazione nativa era scarsa o si trovava a uno stadio di sviluppo più arretrato; le prime di solito coincidono con la presenza in origine di risorse minerarie, soprattutto oro, e tendevano a dare origine a società con maggiori disparità rispetto alle seconde. Questa divisione non coincide necessariamente con il nord e il sud del continente (la Bolivia, che si trova nel centro, è un esempio del primo gruppo) ma si può identificare con una maggiore presenza di indigeni nel primo gruppo ed europei immigrati-lavoratori nel secondo. In alcuni casi Portoghesi e Spagnoli si imbatterono in risorse naturali desiderabili, ma non sfruttabili per mancanza di mano d’opera indigena (spesso venuta a mancare proprio a causa dello sfruttamento subito). La soluzione fu l’importazione massiccia di schiavi dall’Africa, ossia il massimo grado di immigrazione involontaria, che aggiunse un ingrediente in più al miscuglio culturale già esistente. Questo processo però non avvenne in tutti i Paesi né in tutte le regioni di un Paese specifico: la presenza afroamericana si presenta quindi, di solito, in zone circoscritte. Alla luce di tutto ciò, non c’è da sorprendersi se le frontiere culturali non coincidono con le frontiere politiche. E per tornare allo specifico: nella musica folklorica sudamericana i generi raramente appartengono a un Paese, ma piuttosto ad una regione e tale regione non è necessariamente compresa all’interno delle frontiere di un unico Paese. Nella maggioranza dei casi, il meticcismo culturale fa sì che i generi musicali folklorici sudamericani nascano da un miscuglio di elementi e procedimenti europei, indigeni e/o africani. Visto però che neanche le culture indigene sono omogenee poiché un Quechua è diverso da un Guaraní o da un Chibcha o da un Aymara, ciascun genere finisce per avere una propria specificità genealogica, specificità che però risulta ancora difficilissima da dimostrare con precisione.
Joaquín Torres García (1878-1949), América invertida , (1943), disegno, Museo Torres García, Montevideo, Uruguay.
I generi musicali folklorici si differenziano anche all’interno delle stesse regioni di appartenenza. Ad esempio, in Argentina nelle province di Santiago del Estero, Tumán e Salta si riscontrano diverse versioni di chacarera, versioni contraddistinte da caratteristiche differenziate, e ciascuna delle province sostiene che la propria versione sia l’unica autentica. Con la zamba si presenta la stessa situazione, coinvolgendo però altre province. Inoltre, la differenziazione può risultare ancora maggiore visto che il folklore rurale è molto diverso da quello cittadino , poiché non esistono due città uguali dal punto di vista del contesto (geografico ed economico) e della composizione della popolazione. Il caso più estremo in questo senso è probabilmente quello di un genere di origine africana, il candombe, nativo di una città di solamente poco più di un milione di abitanti (Montevideo) dei quali coloro che lo praticano sono molto meno, visto che oggi solo l’8,1% degli abitanti dell’Uruguay sono di origine africana e tra loro non tutti se ne interessano. Malgrado ciò, ciascun quartiere di Montevideo ha il proprio suono di candombe e basta camminare cinque minuti per ascoltare tamburi che suonano in maniera diversa. 37
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Naturalmente, ogni quartiere sostiene che il vero candombe è il proprio. La presenza dei generi folklorici nel repertorio chitarristico si manifesta in maniere molto di verse tra loro. Possiamo individuare le seguenti gradazioni: - riproduzione letterale, fotografica dell’archetipo di un genere; - elaborazione dell’archetipo stesso in maniera tale che risulti più o meno modificato o arricchito, ma ancora riconoscibile; - un ritratto pittorico e personale dell’archetipo che può essere realistico, impressionistico, cubista o nello stile di Andy Warhol; - una semplice allusione, forse solamente la citazione di un gesto caratteristico del genere, che risulta riconoscibile solo se l’ascoltatore conosce il genere cui si allude. Ed essere consapevoli dell’allusione è a volte fondamentale per captare l’intenzione e il carattere della composizione. Tutto ciò può sembrare una situazione esotica, finché non ci rendiamo conto del fatto che si tratta di una situazione simile a quella della musica colta occidentale, dove le relazioni con la musica tradizionale vanno dalle danze che compongono una Suite fino alle allusioni o citazioni di generi popolari che si trovano in Beethoven, Brahms, Schoenberg, Mahler, Ives o John Adams. Il grado stesso di precisione nella notazione di un brano può variare facendo sì che gli autori come Barrios o Gentil Montaña, provenienti dall’area popolare (dove la notazione è comunque un’approssimazione), abbiano prodotto versioni diverse della stessa opera, a volte con varianti significative, senza considerare questo fatto un problema. Invece, i compositori provenienti dall’area colta che hanno utilizzato diversi gradi di allusione alle musiche tradizionali, come ad esempio Alberto Ginastera, Carlos Guastavino, Heitor Villa-Lobos, Diego Legrand o Celso Garrido-Lecca, scrivono con un livello di precisione paragonabile a quello di Bartók o Brahms. Ciò avviene non soltanto perché gli autori di formazione popolare scrivono le proprie opere per un contesto sociale che già consoce i generi, mentre quelli di formazione colta lo fanno per un contesto universale; succede anche perché i musicisti di estrazione popolare vedono il genere come un archetipo, l’opera scrit-
ta come una sua possibile incarnazione e la scrittura come una fotografia di quest’ultima; fotografia che, come succede con le persone, e per la stessa ragione, non viene sempre uguale: perché il soggetto è vivo. In cambio, i compositori di formazione colta scrivono con le stesse aspettative di un qualsiasi compositore europeo moderno: quanto è scritto va eseguito esattamente com’è. La provenienza del compositore da un’area o dall’altra è quindi un elemento fondamentale quando si tratta di decidere quali criteri interpretativi applicare alla sua opera e, nel caso si tratti di un compositore di estrazione popolare, quali convenzioni utilizzare. Comunque, quando un compositore dell’ambito colto utilizza allusioni a generi popolari, è necessario conoscere il genere cui si allude per poter riconoscere l’allusione ed essere capaci di valorizzarla. Chi suona la Sonata di Ginastera senza aver mai ascoltato i generi cui vi si fa allusione perde un’importante dimensione dell’opera. Compositori come Astor Piazzolla, Antonio Lauro e lo stesso Villa-Lobos in certi casi ci pongono il dilemma se applicare o meno le convenzioni interpretative del genere, dilemma che va risolto per ciascun caso in maniera diversa. Si può dunque concludere che se un’opera di qualità presenta pur semplici allusioni a generi tradizionali sudamericani, l’interprete avrà bisogno di considerare con attenzione il contesto specifico e di avere una certa familiarità con il genere stesso. Vista l’immensa varietà esistente, il pericolo di confondersi è grande. Ciascun genere ha tratti ritmici e melodici molto caratteristici, usa procedimenti differenti, ha una funzione e una formazione diverse (canto per se stessi, canto in pubblico o con gruppo di amici, assolo strumentale, gruppo strumentale da salotto o da strada, danza da solista, danza per coppie la cui coreografia e funzione possono variare di molto, danza di gruppo e persino culto religioso) e di conseguenza il carattere che ne scaturisce è diverso. Suonare un gato (di Argentina e Uruguay), un bambuco (della zona andina della Colombia) e uno joropo (della zona della pianura alla frontiera tra Venezuela e Colombia) allo stesso modo perché tutti e tre sono veloci e appaiono scritti in 6/8 sarebbe commettere un atto di vandalismo artistico e, peggio ancora, diluire completamente l’impatto estetico che questi generi possono avere. Suonare un choro co38
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Attenzione: non sto accusando di vandalismo involontario nei confronti della musica sudamericana solamente gli Europei. Lo stesso errore lo può commettere un Sudamericano proveniente da una particolare regione quando suona musiche di un’altra regione, se non presta attenzione al contesto specifico. E purtroppo questo accade molto spesso. La situazione non è semplice e si complica ancora di più a causa della ri voluzione nelle comunicazioni: da una parte essa offre facile accesso alle informazioni, ma dall’altra crea il pericolo che si prendano “fischi per fiaschi” in quantità massiccia. E se siamo intellettualmente pigri, è più facile supporre che tutti i generi siano più o meno la stessa cosa, semplici nomi e manie da musicologi: se abbiamo ascoltato una volta Alirio Díaz suonare uno joropo, non abbiamo bisogno di saper altro per suonare un’opera di Guastavino o di Ginastera o di Villa-Lobos, tanto questi Sudamericani sono tutti uguali… Oppure pensiamo che l’ultimo temerario che ha caricato su YouTube un arrangiamento mal fatto di Piazzolla deve avere qualcosa a che fare con il Tango e quindi ci basta copiare quello che fa… Perché metterci ad ascoltare l’originale di Piazzolla se non ci serve neanche per copiare le diteggiature?... Sono tutte assurdità, lo so, però intanto godono di ampia circolazione. Caveat emptor .
L’America del Sud in una mappa del 1792
me se fosse una milonga cittadina o viceversa, soltanto perché entrambi sono scritti in 2/4 e (a volte) il tempo è simile, sarebbe un grave sbaglio: il carattere di questi due generi è completamente diverso. Suonare un Tango senza prestare attenzione alle convenzioni ritmiche, di articolazione e di fraseggio caratteristiche del genere significa diluirlo fino alla banalità. Inoltre, come quando si impara a parlare una lingua straniera “senza accento” bisogna modificare la propria idea del “come si parla”, per suonare in stile corretto un’opera che appartiene in un ambito culturale o storico diverso dal nostro bisogna modificare la nostra idea del “come si suona”. Il nostro obiettivo è riuscire a suonare “senza accento”. Un’ultima considerazione per chiudere questo capitolo: dire che un genere è “meticcio” non significa dare un giudizio sul suo valore. Si può trattare di musiche tradizionali o popolari, ma non si tratta di musica leggera né per la sua qualità intrinseca né per la sua funzione. La Sarabanda barocca, essendo il prodotto dell’evoluzione di un genere originario dell’America, è di fatto “meticcia” e lo stesso vale per la Ciaccona. Allora, se vogliamo comprendere e suonare bene un genere musicale sudamericano, dobbiamo lavorare con la stessa cura che useremmo per capire quanto c’è di danza in una Sarabanda di J. S. Bach. Cioè tantissimo! Danza non significa soltanto leggerezza e frivolezza o lambada (che fu un’invenzione commerciale vandalica basata su un genere afroamericano della Bolivia).
2. STRUTTURE E PROCEDIMENTI In genere, la prima cosa che richiama l’attenzione dell’interprete europeo quando affronta musiche per chitarra dall’accento sudamericano è l’aspetto ritmico e metrico. Segue un breve elenco di alcuni procedimenti formali che appaiono nei diversi generi. Premetto che la mia definizione della poliritmia non coincide completamente con la definizione accademica e che il concetto della “polimetria” l’ho inventato per necessità. Le idee dello spostamento e della modulazione ritmica sono ben note e si possono trovare in vari studi sulla musica africana 1 oppure negli scritti di Steve Reich.2
1. Ad esempio, A RTHUR MORRIS J ONES, Studies in African Music, Oxford, Oxford University Press, 1959. 2. STEVE R EICH, Writings on Music 1965-2000 , Oxford University Press, London, 2002. 39
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Polimetria è l’utilizzo simultaneo e/o sistematico di differenti metri nella stessa opera. La
coesistenza dei 3/4 e 6/8 è una delle costanti in vari generi. Un esempio molto semplice:
Es. 1. Polimetria semplice. Gato (Juan Falú, De la raíz a la copa )
Le cose diventano più interessanti quando si alternano sistematicamente vari metri ma con una comune unità di misura. In Caazapá, aire popular paraguayo di Agustín Barrios Mangoré, troviamo una pulsazione di base di 2, uniforme nell’intero brano, che si esprime in 2/2, 6/8 (alternati a 3/4 a volte) e 12/16. Non è semplice trovare una notazione chiara per tali situazioni e per questa ragione nessuno, che io sappia, è riuscito a riprodurre con chiarezza sulla carta l’idea di Barrios come la si ascolta nella sua registrazione. Forse neanche lui stesso, visto che non si conosce alcun manoscritto di quest’opera. L’esempio che segue (così come tutte le edi-
zioni a stampa di Caazapá ) è ripreso dalla sua registrazione. Alcuni, non avendo capito l’idea di base, attribuiscono il ritmo peculiare di quest’opera al rubato. Barrios senz’altro compie un tour de force riuscendo a realizzare questa struttura così complessa con flessibilità ritmica e senza perdere in chiarezza, ma non si tratta di rubato, poiché nella registrazione il metro risulta chiarissimo. Posso dire per esperienza che questo tipo di struttura è abbastanza consueto nella musica popolare paraguayana; basterebbe andare ad Asunción e ascoltare gli arpisti tradizionali (sì, lo strumento nazionale del Paraguay non è la chitarra bensì l’arpa).
Es. 2. Polimetria complessa (Agustín Barrios, Caazapá )
La pulsazione base di due tempi è costante. Nelle prime due battute si tratta di due metà; nella terza e quarta di due quarti puntati di durata equivalente alle metà anteriori; le battute 5 e 6 dell’esempio rappresentano due pulsazioni: una di 6/16 (cioè una “mezza battuta” di 12/16) e un’altra di 2/4. Nell’esempio uso una notazione proporzionale di invenzione casalinga, soluzione molto più semplice che riempire lo spartito con raggruppamenti irregolari 4:3 e terzine.
È la soluzione rinascimentale del problema della polimetria e sembra quella più pratica. Ossia, e rischiando di essere ridondante: i sedicesimi della prima battuta (a) e quelli delle due ultime (a) sono uguali tra di loro; i sedicesimi delle battute in 6/8 e 6/16 (b) sono anch’essi uguali tra loro; però, (a) e (b) non vanno alla stessa velocità. Il fattore che rimane costante è la pulsazione. In questa maniera, i quarti della terzina del 40
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basso nella seconda battuta dell’esempio equi valgono agli ottavi della terza battuta in 6/8. Ossia, nella seconda battuta abbiamo di fatto una so vrapposizione dei 2/2 della voce superiore ai 6/8 del basso. Nella terza battuta il basso procede in 6/8 e la voce superiore in 12/16. Sicuramente la descrizione è molto più complicata dell’ese-
cuzione. La pulsazione è sempre di 2; semplicemente si riempie in maniere diverse. Poliritmia è quello che succede quando ritmi binari e ternari occupano simultaneamente e costantemente i tempi della battuta. Contrariamente a quanto solitamente si suppone, è relativamente poco frequente e si limita a pochi generi.
Es. 3. Eduardo Fabini, Triste n. 1 , originale per pianoforte (trascrizione E. Fernández)
(il tempo di questo genere è Moderato)
voci hanno lo stesso metro, però iniziano in di versi punti della battuta; nel secondo caso (come vedremo in un esempio più avanti) vi si combina la polimetria e le varie voci utilizzano metri diversi. Nello spostamento semplice, tutte le parti, pur avendo lo stesso metro, si presentano spostate a distanze differenziate tra loro rispetto al tempo principale. Per il momento utilizzo un esempio che non è sudamericano ma che conoscono bene tutti i chitarristi:
Spostamento dell’accento principale è quel-
lo che succede quando diversi quadri metrici coesistono, ma non esattamente sovrapposti. Si tratta di un accorgimento presente nella musica africana e pare ragionevole supporre che sia arrivato in America del Sud da quel continente. Lo spostamento lo si può incontrare in forma semplice o complessa. Nel primo caso, tutte le
Es. 4. Spostamento semplice. Leo Brouwer, El Decamerón Negro, “Balada de la doncella enamorada”
Quanto sopra è in realtà la risultante della somma di tre parti indipendenti. Le vediamo nell’esempio 5: Es. 5.
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Questo spiega l’apparizione delle legature tra Do e Re nelle due battute introduttive: grazie alle legature i Do acquistano un leggero accento e in tale modo si stabilisce un “primo tempo” diverso rispetto a quello “ufficiale” e a distanza di un sedicesimo. Il Re basso ne stabilisce un altro, un ottavo prima. La voce centrale stabilisce infine un terzo “primo tempo” un sedicesimo prima del primo tempo ufficiale. La voce superiore afferma il suo primo tempo un sedicesimo dopo quello ufficiale, coincidendo in questo modo con quanto annunciato nell’introduzione. E cosa succede con l’“uno” ufficiale, quello scritto sullo spartito? Molto semplice: rimane vuoto! Comunque, si percepisce sempre in forma subliminale e, alla fine, il gioco si interrompe e si risolve a suo favore. Intanto però, non si è certi di quale sia il vero quadro metrico di riferimento, l’orecchio non è capace di deciderlo e perciò si crea quel caratteristico “ swing ”. Non è necessario accentuare particolarmente gli “uno” non ufficiali, è sufficiente mantenere con precisione le durate delle note nelle tre voci perché si riproduca la sovrapposizione delle tre differenti strutture. Con un po’ di immaginazione potremmo visualizzare la doncella enamorada che cammina: piedi, fianchi e braccia hanno ciascuno il proprio ritmo. Esempi molto noti di questo procedimento si trovano nella Sagra della Primavera di Igor Stravinskij e in particolare nella “Danza della terra” dove si sovrappongono varie strutture (cinque, per essere precisi) spostate e polimetriche. La differenza con il ruolo che ha questo procedimento in Sudamerica è che in Stravinskij non vi sono implicazioni ballabili o corporee immediate, mentre ne esistono nella musica tradizionale africana e sudamericana.3 Quando si incontra un simile procedimento (in una cumbia colombiana, ad esempio) ne consegue non solo la necessità di marcare gli accenti, ma anche una grande varietà e raffinatezza nel marcarli. Il modo più rapido per imparare come eseguirlo è ballare (o almeno vedere ballare) la danza nel suo contesto originale. Per interpretarlo corret-
tamente bisogna imparare a sentire gli accenti anche fisicamente e non solo formalmente. Anche Steve Reich utilizza nella sua musica questo procedimento di spostamento dell’accento principale e può essere utile leggere la sua descrizione della propria esperienza di apprendistato in Ghana.4 Racconta di aver visto musicisti tradizionali in una sessione di registrazione in studio: erano perfettamente consci del fatto che si registrava solamente l’audio, però mentre suonavano o cantavano si mettevano a ballare perché non concepivano la separazione delle due cose. Anche se in grado minore, la stessa situazione si può verificare in America del Sud. Spesso, nel chiedere ad un musicista tradizionale come si suona un genere, la risposta che si riceve è un passo di danza accompagnato dal canto di una melodia caratteristica del genere stesso. Questo non significa che tutti i musicisti tradizionali siano ballerini: molto spesso non lo sono. Però, “ballano dentro” mentre suonano. Modulazione ritmica in senso stretto è il
procedimento in cui si passa gradualmente da una figura ritmica definita ad un’altra ugualmente definita, ma diversa, che ha lo stesso numero di note della prima. La transizione succede gradatamente lungo una serie indefinita di ripetizioni della figura ritmica. Non è impossibile che pro venga dalla musica di origine africana e chi scri ve lo ha visto utilizzare nel candombe , ma è un procedimento impossibile da scrivere con precisione: lo si può solo descrivere. L’esempio seguente riporta i due stadi estremi del processo e una fase intermedia scritta in maniera approssimativa. Es. 6
Questo procedimento si può incontrare occasionalmente nel candombe (Uruguay) o in alcune musiche rituali afrobrasiliane e afrocubane, ma raramente appare in forma pura nei generi affrontati dai chitarristi. Invece, in molti generi presumibilmente influenzati dalla musica africana, succede abitualmente che un buon interprete oscilli continuamente tra i due estremi del procedimento mentre esegue una figura scritta come nella prima battuta (o un’altra, chiara-
3. Ringrazio per questa importantissima osservazione il musicologo e compositore uruguayano Coriún Aharonián. 4. STEVE R EICH, Op. cit ., pp. 55 e segg. 42
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mente definita). Si tratta di un’imprecisione creata volontariamente e che insinua il processo di modulazione ritmica. La differenza concettuale tra modulazione ritmica e rubato è molto importante: la modulazione ritmica suggerisce un procedimento mentre il rubato è per definizione momentaneo e destinato ad essere, prima o dopo, compensato. Nella modulazione ritmica l’“imprecisione volontaria” si applica con
intenzione strutturale e sempre alla stessa figurazione. Nell’esempio che segue, tratto da Maxixa (un genere brasiliano di origine portoghese/africana) di Barrios, l’esecuzione stilisticamente corretta dei passaggi A e B può spesso approssimarsi a quanto scritto nel pentagramma inferiore senza mai arrivare a coincidere con una terzina.
Es. 7 Tracce di modulazione ritmica. Agustín Barrios, Maxixa
Due osservazioni: 1. Questo procedimento tende a parificare le durate, ossia ad “ammorbidire” il ritmo, ad afflosciarlo. Si passa da un’immagine nitida a una “ flou”. Nella musica brasiliana con influenza africana, per lo meno in quella non destinata ad uso rituale, non ho tro vato casi del procedimento contrario, cioè non mi è capitato di trovare una terzina che si trasformasse in una figura sincopata o in un otta vo e due sedicesimi. Essendo l’America del Sud quello che è, e il Brasile tanto grande, sarebbe troppo audace fare affermazioni categoriche; diciamo allora che la tendenza ad “ammorbidire” il ritmo scritto è molto comune. 2. Siccome non si applica in maniera meccanica, più che di modulazione ritmica si tratterà in genere di una fluttuazione tra le due figure.
ne africana, qualche etnia indigena); ed è un misto con quell’altra cosa che proviene da quell’altro posto (stesso elenco di prima o ampliato ad libitum ) e per questo i procedimenti tipici del primo luogo si mischiano in proporzione X con i procedimenti del secondo”. Ho iniziato a scri vere questo articolo pensando che, pur se non in tutti i casi, almeno in alcuni sarebbe stato possibile fare qualche affermazione del genere. Purtroppo, devo informarvi che tale situazione non si è verificata e che le cose non sono così semplici. Non per mancanza di studi seri: in Sudamerica esistono molti eccellenti musicologi, competenti e preparati, che hanno tentato di formulare una classificazione. Ma non esiste unanimità nemmeno per quanto riguarda i generi più studiati e ogni tanto un genere che si considerava ben classificato presenta delle sorprese. Esiste moltissimo materiale scritto su questo argomento, al punto che una bibliografia completa diventa un’utopia. L’importante ai nostri fini è, però, identificare il tipo di convenzioni che, in generale, andrebbero applicate ad un determinato genere e a tale scopo a volte ci può aiutare la genealogia. Prego il lettore di prendere quanto segue come un’ipotesi di lavoro e non come una verità dimostrata. Si possono trovare eccezioni in quasi tutte le affermazioni che se-
3. GENEALOGIE, GENERI, PROCEDIMENTI, IPOTESI L’ideale sarebbe avere una classificazione precisa dei generi, una loro esatta genealogia e poter affermare che “Questo genere si suona così (con questa accentuazione, tale uso dello spostamento, della polimetria e della modulazione ritmica) perché proviene fondamentalmente da quel posto (Spagna, Portogallo, qualche nazio43
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guono e questo breve “giro turistico” per i generi risulterà indubbiamente incompleto. L’unica parte più o meno chiara è quella che si riferisce alle regioni nelle quali sono diffusi i vari generi. Li ordino quindi secondo la provenienza (iniziando da quella indigena e andando verso quella bianca e quella africana) e non secondo la regione, perché la provenienza è probabilmente il dato più utile all’interprete per formarsi un’idea delle convenzioni da applicare. Ancora una volta, il miglior aiuto per comprendere un determinato genere è “vederlo” e ascoltarlo nel suo luogo di… residenza legale. La musica di alcune zone andine del Perù e della Bolivia ha tratti chiaramente indigeni tra i quali possiamo citare una concezione propria del tempo musicale e scale non occidentali. Qualcosa di simile accade in certe zone della costa colombiana del Pacifico e nel Brasile amazzonico. È poco probabile (almeno al momento in cui si scrive il presente articolo) che un chitarrista possa affrontare opere che presentino tali elementi e che richiedano l’applicazioni di con venzioni speciali. Le opere che fanno uso di alcune tra queste peculiarità indigene, ad esempio Simpay per chitarra sola o il magnifico
allude Ginastera nel prologo della sua Sonata op. 47, quando riferendosi al primo movimento parla di “un canto ispirato alla musica Kecua”, ossia Quechua, è la baguala , in 3/4 e molto solenne. La baguala , con l’aggiunta di un gran contributo “bianco”, si trasforma in vidala (in realtà il primo movimento della Sonata di Ginastera allude a quest’ultima). La vidala è in 3/4 ma presenta molti tratti di polimetria e ne parleremo più avanti. Spesso la polimetria di 3/4-6/8 (che da qui in poi noterò 3-6) si spiega risalendo alle sue origini spagnole, ma di questo se ne discute ancora: pare che nella Spagna dell’epoca della conquista e dei due secoli che ne seguirono esistesse effettivamente tale combinazione, ma in forma di alternanza e non di simultaneità. Molti generi utilizzano questa polimetria semplice di 3-6 e sono quasi tutti estremamente differenziati dal punto di vista del carattere: bambuco, pasillo, vals venezuelano, joropo, zamba, chacarera, gato, malambo , cueca. Va ricordato che bambuco, chacarera, vals venezuelano e joropo si distinguono per una polimetria estremamente complessa che può includere lo spostamento di accenti principali ed emiole. Il tango – originario delle due capitali rioplatensi, Montevideo e Buenos Aires – si potrebbe considerare come risultato della fusione di elementi musicali di diverse provenienze europee (incluse alcune regioni italiane come la Liguria e il Napoletano) con elementi nativi come la milonga, l’estilo o triste e forse anche con altri di origine africana. Tutto questo è però ancora argomento di dibattito; quello che è certo è che in questo caso ci troviamo su territorio di tempo binario: il tango, come la milonga, si scrive in 4/4 o 2/4 (però l’ estilo o triste , che sono la stessa cosa ma con nomi diversi, alternano sezioni in 2/4 con altre in 3/4). Va precisato che la milonga cittadina è molto diversa da quella
Concerto para guitarra y 4 grupos instrumentales (in modo particolare nel secondo movimen-
to) entrambi del grande compositore peruviano Celso Garrido-Lecca, essendo scritte da un musicista dell’area colta, presentano una notazione rigorosa. Comunque, volendo comprenderne tutte le allusioni, sospetto che non vi sia altro rimedio che ascoltare il Dott. Raúl García Zárate mentre suona huaynos : lo si può trovare persino su YouTube. La regione della costa colombiana del Pacifico presenta una musica tradizionale che in alcuni casi ha elementi indigeni e, occasionalmente (nel nord-ovest), africani. La presenza di strumenti europei in alcune zone implica almeno la possibilità di una certa influenza spagnola. In Ecuador esistono certamente musiche tradizionali indigene, ma il genere che i chitarristi hanno più probabilità di incontrare è il pasillo; un genere leggermente diverso dall’omonimo colombiano, ma anch’esso caratterizzato da una combinazione di 3/4 e 6/8. Vedremo esempi di pasillo nella seconda parte di questo articolo. Un genere in gran parte indigeno e al quale 44
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rurale sia dal punto di vista del tempo che del carattere: la prima è rapida mentre la seconda è lenta. C’era da aspettarsi una fusione di elementi portoghesi e africani nella musica tradizionale del Brasile e in effetti pare che sia così. Penso di riconoscere tale fusione nel choro e nella maxixa, entrambi in 2/4. Visto che la musica tradizionale portoghese fa poco uso delle figure sincopate del tipo sedicesimo-ottavo-sedicesimo, si potrebbe supporre che esse abbiano origini americane, a causa dell’influenza africana oppure per mutazione. La chimarrita o chamarrita, originaria delle Azzorre, appare anche qui (e anche in zone dell’Uruguay e dell’Argentina) con relativamente scarsa mutazione. Molti altri generi, come il samba, e tanti altri meno noti ai chitarristi europei, come il lundú, hanno un forte sapore africano, specie quelli legati alla regione di Bahia. Sono tutti in 4/4 o 2/4, ma esistono generi in 3/4 come la valsa che incontriamo nella Suite Populaire Brésilienne di VillaLobos come “Valsa-Choro”. (Anche il Valzer europeo mutò in molte forme imparentate tra loro, ma diverse). Il Preludio n. 5 di Villa-Lobos è un esempio di “ritratto” di una Valsa. L’armonia e la polifonia sono molto importanti nella musica brasiliana; però l’apparente familiarità di questa musica può far sì che un europeo trascuri alcuni elementi essenziali del genere. Più avanti, quando arriveremo a presentare esempi concreti, parleremo ancora di quest’argomento. Procedimenti presumibilmente africani, come lo spostamento, giocano un ruolo molto importante nella cumbia e nel porro, entrambi generi colombiani. Si prega di non confondere la cumbia originale con certe abominevoli forme correnti dallo stesso nome inventati per fini strettamente commerciali. Infine, alcuni generi, come il candombe e la musica delle religioni afrobrasiliane, manifestano probabilmente il carattere più africano di tutti i generi sudamericani, ma è poco probabile che un chitarrista li incontri nel repertorio corrente. A cosa serve questa lista, incompleta e sicuramente in parte arbitraria? Almeno ci aiuterà a renderci conto dell’enorme varietà di ciò che affronteremo e della necessità di conoscere il contesto per poter estrarre dall’opera tutto il suo contenuto.
Sarebbe facile lasciarci tentare dalla semplificazione e inventare alcuni aforismi categorici: gli ispanoparlanti usano la polimetria 3-6; quelli che parlano il Portoghese niente polimetria e solo 2/4; dove c’è influenza africana vi sono figurazioni sincopate, spostamento degli accenti principali e modulazione ritmica; dove c’è influenza indigena c’è polimetria o metri diversi. Ripassando questo breve elenco notiamo che tutte le precedenti affermazioni sono false. Chissà, forse un giorno si raggiungerà un accordo su tali argomenti. Ma credo che oggi nessun musicologo serio possa accettare che si… “raddrizzino le banane” in questo modo e, inoltre, non si possono spiegare i generi solamente in base alla loro genealogia, esattamente come succede con le persone. Essi nascono da qualcosa, ma anche si evolvono, mutano, si mischiano, danno origine ad altri generi e muoiono. Spiegare tutto in base alla genealogia sarebbe come dire che nell’America del Sud, in 500 anni di pratica delle musiche tradizionali e popolari, non è nato niente di originale né di creativo, cosa evidentemente assurda se si pensa a quante cose insolite possono succedere da quelle parti in soli cinque minuti. Quello che serve a noi qui è dare una certa idea di quali generi possiamo aspettarci di affrontare e come affrontarli. Forse questo non è poi tanto impossibile. Possiamo ora anticipare alcune considerazioni di senso comune che possono trovare conferma nell’esame di esempi concreti. In generale, e come succede in quasi tutte le musiche tradizionali, i parametri si compensano: musiche ritmicamente molto complesse, come lo joropo e il bambuco , probabilmente tenderanno a essere un po’ meno complesse dal punto di vista armonico e melodico, e viceversa. Musiche che giocano con il tempo o con il metro hanno meno interesse a giocare con altri parametri. Non si può avere tutto allo stesso tempo: all’interprete interessa far risaltare l’essenziale di un genere. Ad esempio, è inutile concentrarsi sulla dimensione melodica di un vals venezuelano se quello che veramente interessa in questo caso è la dimensione ritmica. In un genere prevalentemente polimetrico – come il bambuco , la zamba, la chacarera, il gato, il vals peruviano o venezuelano, lo joropo – l’uso del rubato è quasi proibito perché renderebbe difficilissimo percepire l’essenza del ge45