Le Fortificazioni di Genova Mura - Difesa costiera - Forti
Le mura a mare nel particolare di un'acquatinta del 1810 di Ambroise-Louis Garneray
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Mura di Genova Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Il tracciato delle mura di Genova (in genovese miage de Zena), ovvero i diversi percorsi che si sono succeduti nei secoli consentono oggi di ricostruire quella che fu la Genova del passato e di riconoscerne la dinamicità o staticità d'espansione in base alle diverse situazioni che la comunità genovese si trovò via via ad affrontare e dover risolvere. Nella sua lunga storia storia,, la città capoluogo della Liguria si dotò di sette cinte murarie a controllo delle quali furono create in tempi diversi robuste fortificazioni fortificazioni.. Spesso la costruzione della cinta difensiva si è avvalsa, per ragioni pratiche o logistiche, di strutture precedenti, anche utilizzando tratti dell'esistente acquedotto acquedotto.. La nascita della città di Genova è databile tra il VII ed il V secolo a.C. In quest'epoca esisteva un piccolo centro fortificato alla sommità della collina chiamata oggi di Castello, il cui nome potrebbe essere ricondotto al Castellum (Castellaro) ligure, luogo di rifugio delle popolazioni circostanti. L'oppidum preromano e l'epoca romana La felice posizione, dominante la costa ed i diversi approdi, ne consentì lo sviluppo, con lo stanziamento di colonie, prevalentemente di etruschi dei quali gli abitanti autoctoni appresero usanze e tecnologie. Grazie al ritrovamento di resti di mura databili al V secolo a.C., a.C., si suppone che la cinta muraria si estendesse dalla zona attorno al convento di Santa Maria di Castello alla chiesa di San Silvestro, forse riconoscibile nell'"ovale" disegnato da via di Santa Croce, piazza San Silvestro, via di Mascherona. Di particolare rilevanza sotto l'aspetto archeologico è la zona sotto Santa Maria in Passione, ove negli anni novanta è stata realizzato l'Auditorium paganiniano-casa di Niccolò di Niccolò Paganini. Paganini. La zona presenta una fitta e completa stratificazione che parte da un muro di epoca preromana, costituito da alcune pietre disposte a secco a ridosso di un grosso macigno, a mura di epoca romana, romana, bizantina,, longobarda bizantina longobarda,, medievale medievale,, rinascimentale rinascimentale.. Nella torre degli Embriaci si individua parte del sito che ospitò la fortezza del Castellaro, via via riutilizzato e rimaneggiato nei secoli. Genova, legata a Roma e configurata come foedus Barca, fratello di aequum nella politica internazionale romana, venne distrutta nel 205 a.C. dal generale Magone Barca, Annibale.. Il proconsole Spurio Lucrezio Tricipitino ne ordinò immediatamente la ricostruzione. Pare plausibile la teoria Annibale che individua in quella parte di centro storico organizzata per linee ortogonali, l'antica Genua romana, con i suoi limiti compresi fra via dei Giustiniaini, via Filippo Turati salita Pollaiuoli e la collina di Castello. Ed è probabile, se non certo, che anche questa nuova Genova, quasi contrapposta all'antico oppidum, fosse cinta da mura e difesa da fortificazioni che, risalendo fino all'attuale porta soprana, aggiravano il colle di Sarzano Sarzano,, il cui nome si crede possa provenire da Arx Iani (roccia di Giano), costeggiando l'insenatura naturale del Portus Iani, insabbiata ed occupata in epoche successive dal quartiere della Marina, demolito nei decenni scorsi. Altre aperture sono state ipotizzate nei pressi di Piazza San Giorgio, al limite del Mandracium (il Mandraccio occupato oggi da piazza Cavour) e nel tratto successivo fra questa e porta soprana e, oltre, nella porta al mare in corrispondenza del Portus Iani, ipotizzato. I "secoli bui" L'esistenza di una cinta difensiva nei secoli che vanno dalla caduta dell'Impero dell'Impero romano al IX IX--X secolo non è attestata né accertata, seppure sia supponibile alla luce dell'importanza che il presidio aveva - sul piano puramente strategico - nelle diverse dominazioni del periodo. La cinta muraria Carolingia Una nuova cinta dovette essere realizzata in epoca carolingia: a datarla a questo periodo anziché nel successivo X secolo è Ennio Poleggi, Poleggi, in base alle sue ricerche. Questa cinta muraria, che definiva la città allo scadere del primo millennio, escludeva la zona del Borgo (l'abitato attorno alla via della Maddalena e alla prima cattedrale di Genova, la chiesa di San Siro o dei Dodici Apostoli) Le porte della cinta del IX secolo Porta di San Pietro: era la porta
principale per il Ponente. Si trovava a fianco della chiesa di San Pietro in Banchi (orientata diversamente rispetto a come è oggi, ricostruita quest'ultima nel tardo Cinquecento). La sua struttura coincideva con quella dell'attuale archivolto che chiude la via di San Pietro all'altezza della piazza delle Cinque lampadi. La chiesa di San Pietro era allora detta di San Pietro della Porta. Vi erano poi la Porta di Serravalle, posta accanto alla cattedrale di San Lorenzo ove oggi sorge l'archivio di stato, l'antica Porta Superana (oggi Porta Soprana), Soprana), ricostruita nel 1154-64 con la cinta detta del Barbarossa, che deve il proprio nome alla posizione più alta sul colle di Sant'Andrea ove sorgeva, e dove si trovava l'omonimo monastero al quale si deve anche l'altro nome con il quale la porta era anticamente conosciuta. Infine la Porta del Castello, nella zona Sarzano-Santa Croce, presso la chiesa di Santa Croce (officiata nel XII secolo dalla comunità dei Lucchesi presenti in Genova). L'abitato racchiuso nella cinta del IX secolo L'abitato, racchiuso fra il miglio (in misure romane) di mura e la linea di costa, era così di circa ventidue ettari. Il tracciato, partendo dalla ripa ripa,, a sud di Palazzo San Giorgio, Giorgio, più o meno dove oggi sbuca la stazione della metropolitana omonima, tracciava un rettifilo che congiungeva la porta sita in piazza Cinque lampadi e quella di Serravalle (ove si trova l'Archivio di Stato). Scorrendo poi fino all'imbocco di via Dante disegnava una larga curva che con la porta Soprana si connetteva ad un tratto di mura all'incirca corrispondente a quello ancora oggi esistente, fino al rione di Castello e all'omonima porta. Rimaneva esclusa dalla città murata la sommità del colle di Sant'Andrea, dove le mura correvano poco sotto la sua cresta. Questo perché era la zona, sin dai tempi preromani, della necropoli. L'area cimiteriale di Genova si allungava allora per il percorso di uscita a Levante (via Aurelia), dal colle di Sant'Andrea (resti di tombe dell'antichità rinvenuti dallo spianamento del colle nel 1900-1904 sono oggi ricomposti al Museo di archeologia ligure di Pegli Pegli), ), sino all'inizio dell'attuale via San Vincenzo. Altra area esterna
alle mura era quella del Borgo, situato attorno alla chiesa di San Siro, Siro, prima cattedrale di Genova, anteriormente alla scelta di San Lorenzo nel X secolo, all'inizio della via della Maddalena. Le mura del Barbarossa Nel 1155 si rese necessario l'ampliamento della cinta difensiva verso nord-ovest fino a comprendere quella delle tre entità territoriali, Castrum - Civitas - Burgus, che era rimasta fuori della cerchia romana e alto medievale, il Borgo. Queste mura del XII secolo partivano dalla chiesa di Santa Croce, la chiesa allora della comunità dei Lucchesi in Genova come risulta da un atto del 1128, che si trovava presso pr esso Sarzano, accanto al Castello. Il circuito delle mura tralasciava il versante a mare del colle di Sarzano che per lo strapiombo sul mare non richiedeva ulteriori fortificazioni. Le mura pertanto iniziavano dal portello detto di Santa Croce, sopra un incunearsi del mare a strapiombo che delimitava il lato meridionale della piazza Sarzano, strapiombo poi varcato dalle mura del Cinquecento con due immensi archi a sesto acuto. Da qui, a differenza delle mura precedenti che tagliavano quasi a metà l'attuale piazza Sarzano, queste mura la recingevano al completo, includendo nel loro percorso la chiesa romanica di San Salvatore, degli agostiniani (ricostruita nel Sei-Settecento). Passavano sul retro dell'attuale via del Colle, dove alcuni tratti rimangono tuttora, in via delle Murette (dal dialetto miagette, muretti) e in vico chiuso di San Salvatore. In questa zona le mura costituirono infatti, a partire dal XIV secolo, il sostegno delle case popolari - ad esse addossate - di via del Colle e di Campopisano. Dal retro della via del Colle (per via delle Murette che ne segna il percorso di colmo), arrivano arr ivano alla - anch'essa tuttora esistente - Porta Soprana, detta anche Porta di Sant'Andrea, dall'omonima chiesa che era situata nei pressi della porta e che dava il nome al colle. La piazza interna alla Porta Soprana è infatti chiamata Piano di Sant'Andrea.. Essa coincideva peraltro con la precedente porta di Sant'Andrea delle Mura Carolinge. La Porta Soprana, Sant'Andrea che era stata come altre porte inghiottita dalla successiva edilizia, venne liberata dalle case ad essa addossate a partire dal 1892, con una serie di restauri avviati dall'architetto architetto Alfredo d'Andrade e proseguiti dopo la sua morte sino alla liberazione della torre meridionale, avvenuta nel 1935 1935.. Dalla Porta Soprana la nuova cinta muraria ampliava notevolmente la porzione di città racchiusa in essa, rispetto a quella precedente. Da questo punto si prolungava per circa 2,4 km, racchiudendo un territorio di 55 ettari. Aggirando la chiesa di S.Andrea, più o meno all'altezza del palazzo della Banca d'Italia nell'attuale piazza Dante, le mura curvavano a settentrione, tagliando in due le aree attuali del palazzo delle poste, passando ad una quota di molto superiore a quella dell'attuale piano terra del porticato delle Poste e del palazzo della Borsa Borsa;; da qui, piegando ad angolo retto, scendevano nella zona nord orientale dell'attuale Piazza De Ferrari costeggiando l'Accademia l'Accademia ligustica di Belle Arti ove anticamente sorgeva il convento di San Domenico, con la Torre Fiorente ed il contiguo Portello di Sant'Egidio (nome preso dalla chiesa che sorgeva appena fuori le mura, nell'attuale via Ettore Vernazza). La torre Fiorente, posta a protezione di questo ingresso, era stata inglobata nelle successive case e infine demolita con lo sterro del colle e l'ampliamento della piazza De Ferrari dopo il 1892: essa aveva pianta a ferro di cavallo come le altre torri di porte della città (Porta Soprana, Porta Aurea, Porta dei Vacca). Il vicino portello di Sant'Egidio era stato demolito con l'apertura di Strada Giulia nel Seicento, quando per dover aprire questa nuova arteria si era dovuto scavare un passaggio nella cresta che univa i colli di Piccapietra e di Sant'Andrea. E poiché su di esso correva l'acquedotto civico, che utilizzava tutto il percorso delle mura, il portello era stato sostituito dall'arcata di sostegno della sua condotta, che scavalcava i due muraglioni di sostegno dei colli tagliati. Tale arco è visibile nella stampa di Strada Giulia del Giolfi (di fine XVIII secolo) e correva sul confine del convento di San Domenico: esso pertanto si trovava all'altezza all'incirca della metà della facciata del palazzo dell'Accademia, quest'ultimo costruito su progetto del Barabino nel 1835 sul sedime della appena demolita San Domenico. Di qui, raggiunto il colle di Piccapietra, il circuito delle mura ripiegava dopo un brevissimo rettifilo ed una piccola curvatura, tracciando il confine del convento di San Colombano, poi Ospedale degli Incurabili o Ospedaletto, che ne restava all'esterno, e raggiungeva la Porta Aurea dalla quale prese il nome il sestiere di Portoria sul colle di Piccapietra Piccapietra.. La Porta Aurea, essa pure con due torri a pianta a ferro di cavallo, mozzate nel XVIII secolo, veniva definitivamente demolita nei primi anni sessanta del Novecento con la realizzazione del nuovo quartiere. Dalla Porta Aurea, passando a lato di vico Zuccarello, per un tratto semi regolare verso nord, arrivava all'Acquasola, alla Porta di Murtedo che includeva all'interno del circuito la Chiesa e Convento di Santa Caterina al termine della salita omonima nell'attuale largo Lanfranco davanti alla prefettura (palazzo Spinola). Anche qui, una volta demolito il portello che qui si apriva, questo tratto venne sostituito dall'arcata altissima dell'acquedotto, simile a quella accanto al varco presso San Domenico. Tale arco venne demolito con l'apertura del secondo tratto di via Assarotti o via Roma, con la realizzazione dell'annessa Galleria Mazzini. Mazzini. Da qui, sempre verso nord, attraversava la zona retrostante dove è ora il parco di Villetta Dinegro;; al centro di esso, nel punto più elevato, era la Torre di Luccoli, dalla quale si determinava una deviazione Dinegro verso la zona dietro piazza Fontane Marose ed il Portello cui si deve il nome dell'attuale piazza fra le gallerie Bixio e Garibaldi. La torre di Luccoli, inglobata nelle ultime mura medioevali, venne infine demolita per dare spazio al bastione di Luccoli delle mura del Cinquecento, quest'ultimo poi modificato dalla realizzazione della Villetta Dinegro di Gian Carlo Di Negro. Negro. La parte del Portello che chiudeva verso la città la valletta del rio Sant'Anna, presso le Fontane Amorose (Fontane Marose), inglobata nelle mura del Cinquecento, venne completamente stravolta dall'apertura delle gallerie negli anni trenta del Novecento. Una nuova svolta verso nord-ovest più o meno parallela alla linea di costa, circa lungo il tracciato di salita san Gerolamo dove all'incrocio di salita della Torretta si trovava la Torre di Castelletto, quindi giù per una linea ad occidente di salita alla spianata di Castelletto e parallela ad essa fino alla zona della Zecca, seguendo il percorso largo della Zecca - via Bensa - piazza dell'Annunziata, interrotte dal Portello di Pastorezza e più avanti, allo sbocco di via Lomellini, dalla Torre Regia e dalla Porta di Sant'Agnese, le mura giungevano all'angolo con via delle Fontane alla Torre e Pusterla di Santa Sabina (dalla chiesa omonima). Il tratto terminale lungo via delle Fontane giungeva alla costa terminando nella Porta dei Vacca o di Santa Fede, dal nome della chiesa templare che sorge
nei paraggi. La costruzione della cinta durò diversi anni, fino al 1163 1163,, ma le condizioni di politica internazionale, in particolare i rapporti con l'imperatore Federico Barbarossa determinarono un'accelerazione, come testimonia il Caffaro ed in appena cinquantatré giorni un'incredibile sforzo di tutta la popolazione rese possibile di portare a termine le opere ancora incompiute. Le tre porte principali vennero costruite con carattere monumentale, con alte torri laterali semicircolari due di esse sopravvivono, Porta Soprana e Porta dei Vacca, l'altra, la Porta Aurea è stata distrutta nella seconda metà del XX secolo, secolo, nei lavori di riassetto del colle di Piccapietra. Il Molo Nel 1287 venne realizzata la fortificazione della penisola del molo, posta al limite meridionale dell'arco portuale, e dello scoglio che, diviso da un piccolo braccio br accio di mare, ne proseguiva il profilo. Sin dal secolo precedente pr ecedente un molo artificiale in muratura chiudeva il piccolo specchio acqueo della penisola dalla sua sommità (nel luogo ove oggi sorge porta Siberia) verso levante, ospitando fra l'altro la chiesa di San Marco al Molo, Molo, il suo progressivo prolungamento verso l'esterno del golfo inglobò anche lo scoglio prospiciente. Proseguendo dalla porta a sud della penisola le mura raggiungevano la precedente cerchia nei pressi di corso Quadrio, prendendo il nome di Mura di Malapaga e quindi Mura delle Grazie. Grazie. Sull'altro versante lo spazio fra la parte più antica del molo e la sottile penisola che era stato per molto tempo usato a darsena, dopo i ripetuti insabbiamenti causati dalle correnti venne completamente coperto. Ora questo versante è chiamato Calata Mandraccio e fa parte dell'area del Porto Antico restaurato ne 1992 da Renzo Piano durante i lavori per le Colombiadi. Vennero invece creati nuovi approdi lungo le mura dette a tutt'oggi del Molo o della Malapaga, vennero aperte due porte, quella della Giarretta (l'approdo riparato) e la Porta di San Marco, che prese il nome dalla chiesa che ora si ritrovava all'interno della nuova cinta muraria. Superba per uomini e mura (1320-1350) Nel 1358 il poeta Francesco Petrarca, Petrarca, lasciava nel suo Itinerarium breve de Ianua ad Ierusalem un'eredità a Genova, la città che fino ad allora tutti chiamavano La Dominante sarebbe da allora in poi stata conosciuta come la Superba. La città che il sommo poeta indicò anche come Regina dei Mari e che poté ammirare in quegli anni era munita di un sistema di mura che si sviluppava per 4.550 metri, posto a difesa di una città di 155 ettari di superficie. Il progetto di ampliamento della cinta prese corpo dopo che la faziosità delle famiglie cittadine mise in pericolo Genova stessa, in previsione dell'assalto minacciato da Castruccio Castracani, Castracani, signore di Lucca Lucca,, in guerra contro la Repubblica e ormai alle porte della città dopo la conquista di Chiavari e Rapallo Rapallo.. Il progetto si sviluppò in due fasi, la prima tra il 1320 ed il 1327 verso levante e la seconda tra il 1347 ed il 1350 verso ponente. L'espansione verso il colle di Carignano (1320-1327) Appena ad oriente del vertice della vecchia cerchia, sul colle di Luccoli, a metà strada fra la Porta di Murtedo e la Torre Tor re di Luccoli, venne innestato il nuovo tratto di mura che, dopo un percorso verso sud-est giungeva, per un percorso per lunghi tratti tuttora identificabile, sul colle di Carignano. Un breve tratto di mura giungeva alla Porta dell'Acquasola, al limite settentrionale della più recente spianata dell'Acquasola, dell'Acquasola, in via IV Novembre. Di qui, sempre verso sud-est tre Torri prima della Porta dell'Olivella presso la quale si determinava una piccola rientranza verso occidente, all'incontro con corso Andrea Podestà, quindi una svolta decisa verso sud portava sul luogo ove oggi sorge il Ponte monumentale, che taglia via XX Settembre nel punto in cui via della Pace (fuori le mura) proseguiva il rettilineo di via Giulia (dentro le mura) in corrispondenza della Porta degli Archi o di Santo Stefano (dal nome del monastero demolito per far spazio alla struttura e dell'annessa chiesa tutt'oggi esistente) sul colle omonimo, smontata durante i lavori di demolizione e rimontata più a sud. Oltre, lungo la stessa direttrice, all'incrocio tra corso Andrea Podestà e via Corsica si può tutt'oggi vedere le antiche mura svoltare verso sud-est e, alla fine delle successive Mura di Santa Chiara, ove oggi trova posto la Porta dell'Arco, spostata per la realizzazione della viabilità novecentesca, le Mura del Prato. In coincidenza della Torre di Montaldo, una nuova svolta verso sud lungo le Mura delle Cappuccine che terminavano a picco sul mare a metà dell'attuale curva in fondo a corso Aurelio Saffi. Saffi. L'espansione a ponente (1347-1350) Dalla fortezza di Castelletto Castelletto,, invece, si dipartiva dopo il 1350 (anno di termine dell'opera) il prolungamento occidentale delle Mura. Salendo verso nord lungo l'attuale corso Firenze, fin dove, all'incirca, si immette la rampa di Carbonara, le mura incontravano la Torre di San Nicola dalla quale, deviando verso nord-est giungevano fino alla Porta di Carbonara al culmine dell'omonima salita, ed alla Torre di Carbonara a ove oggi è l'incrocio con via Carlo Pastorino. Il tracciato girava di circa novanta gradi verso sud-est lungo corso Carbonara fino all'incrocio con salita del Carmine, punto dal quale seguiva di nuovo un tracciato in direzione nord-est fino in fondo al rettilineo di corso Dogali, lungo il quale in un breve tratto di mura leggermente a sbalzo rispetto al resto del tracciato si trovavano, nell'ordine, la Porta e la Torre di Pietraminuta. Una svolta verso nord all'altezza della curva ad angolo retto di via Montegalletto culminava nella Torre Ihote, ove oggi sorge il Castello d'Albertis. d'Albertis. Proseguendo verso est, dopo una piccola rientranza verso sud circa in piazza Pedro Ferreira il tracciato disegnava una decisa linea retta fino all'incrocio tra salita Oregina e passo dell'Osservatorio, ove era sita la Torre di San Giorgio. Scendendo un'ultima volta verso sud, lungo la citata salita le mura giungevano, dove ora corrono i binari ad oriente della stazione di Genova Piazza Principe, Principe, alla Torre di San Tommaso ed oltre, lungo la stessa direttrice, oggi di fronte all'ingresso della fermata della Metropolitana "Principe", alla Porta di San Tommaso oltre la quale la cinta si fermava, davanti alla chiesa omonima, all'altezza dell'attuale cavalcavia della Stazione marittima. marittima. Le mura nel Cinquecento Il periodo che intercorse fra l'innalzamento delle mura trecentesche ed il 1528 fu ricco di eventi luttuosi per Genova, così dopo guerre e devastanti epidemie la città non aveva bisogno di una nuova espansione della cinta difensiva ma, piuttosto, di una maggiore sicurezza che consentisse una ripresa più serena. Le mura trecentesche inoltre non erano più in grado di resistere ad un assedio scientifico, scientifico, di cui in quel periodo si gettavano le basi teoriche, e si rese quindi inevitabile l'adozione delle fortificazione alla moderna. moderna. A determinare la svolta degli ultimi secoli della storia della Repubblica di Genova fu Andrea Doria, Doria, con il passaggio alla parte spagnola; il nuovo corso richiedeva una più poderosa fortificazione della città capace di sostenere un assalto con le bocche da fuoco, che le
mura a profilo piombante non erano più in grado di sostenere. L'istituzione della Magistratura delle mura nel 1536 aveva lo scopo di assolvere a questo compito. Vennero così realizzati importanti lavori di ammodernamento e completamento della cinta difensiva che prevedevano il rafforzamento con nuovi bastioni al fronte di terra e l'integrazione delle mura di mare. La progettazione della nuova cinta bastionata venne affidata all'ingegnere milanese Giovanni Maria Olgiati, esperto tecnico cui si deve in Genova forse anche la ricostruzione della Lanterna (1543) e, a partire dal 1546, la progettazione delle mura di Milano per Ferrante Gonzaga. Sotto la guida dell'Olgiati si iniziò l'opera dai bastioni nella zona di Carignano. Si fortificarono dapprima la zona del colle di Carignano e le parti collinari della città. In seguito la cinta fu estesa anche a tutto il lato a mare, includendo tutta la linea di costa venne interamente fortificata, chiudendo il fronte a mare dello stesso porto, con nuovi tratti di mura tra la propaggine occidentale di porta San Tommaso e il Molo Vecchio. All'estremità di quest'ultimo nella seconda metà del secolo Galeazzo Alessi progettò Porta Siberia. Da qui le mura si collegavano col tratto che cingendo a mare il colle di Sarzano, varcando il Seno di Giano e quindi il lato a mare di Carignano raggiungeva la foce del Bisagno Bisagno.. Sul tratto del porto le mura seguivano un percorso corrispondente al lato a mare di via Gramsci Gramsci,, con alcune varianti nella parte del promontorio di San Tommaso, To mmaso, che cingevano nei pressi della Commenda di San Giovanni di Pré e dei varchi presso la porta dei Vacca per l'arsenale l'arsenale e la darsena, i quali avevano essi pure ulteriori difese a mare. L'attuale piazza Caricamento sarebbe stata ricavata dalla loro demolizione; su di essa si aprivano allora alcuni varchi, uno per ponte del porto; quindi il tracciato racchiudeva sul lato a mare il palazzo San Giorgio e il PortoFranco. Questa parte di mura sul porto sarebbe stata demolita dall'apertura della carrettiera Carlo Alberto (attuale via Gramsci) nel 1835, con la iniziale sua sostituzione con le cosiddette "Terrazze di marmo", progettate da Ignazio Gardella. Gardella. Le mura seguivano quindi il profilo dell'attuale Bacino Porto vecchio fino alla Porta del Molo, all'apice della quale si può ancora ammirare lo splendido esempio di architettura militare rinascimentale della Porta Siberia (progetto di Galeazzo Alessi), Alessi), che fungeva da innesto con le omonime mura e le Mura di Malapaga che continuavano la cinta muraria lungo la costa. Lungo il percorso di cinta che dalla Commenda di Prè andavano verso Porta del Molo, vennero aperte tre nuove porte, in corrispondenza di altrettanti scali quali il ponte Spinola, il ponte Calvi ed il ponte Chiavari. Il tratto già esistente di fortificazioni sulla costa meridionale del Molo venne prolungato, lungo un percorso oggi ripreso con buona approssimazione da corso Quadrio e corso Aurelio Saffi, Saffi, e vennero quindi edificate, a continuazione di Mura delle grazie, le Mura della Marina che iniziavano dal quartiere omonimo, posto fra la collina di Carignano ed il colle di Sarzano. Sempre seguendo la linea di costa (oggi via Gramsci), alle Mura della Marina si collegano le Mura della Cava, Cava, così chiamate poiché correvano al di sopra della cava alla quale si accedeva tramite la Porta omonima. La cava, aperta sul litorale al di fuori della cinta ai piedi del colle di Carignano, serviva all'estrazione di materiale utile al prolungamento del molo, realizzato in quel periodo. Nell'ultimo tratto di costa verso levante troviamo le Mura della Strega che chiudevano il circuito difensivo con la cerchia del XIV secolo all'altezza dell'attuale Piazza Corvetto: Corvetto: il nome "della Strega" è dovuto al luogo sul quale esse sorsero che pare fosse, nel Medioevo Medioevo,, luogo di incontro di streghe streghe.. Elementi monumentali superstiti delle Mura del XVI secolo •
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La Porta Siberia (o Porta del Molo, architetto Galeazzo Alessi). Alessi). Per essa l'architetto perugino si ispirò ai progetti della porta di San Miniato di Firenze eseguito da Michelangelo Michelangelo.. Da qui viene l'idea dei due bastioni che stringono uno spazio chiuso davanti d avanti all'ingresso. La Porta dell'Arco (paramento in pietra di Finale, originariamente al posto dell'attuale Ponte Monumentale di via XX Settembre, Settembre, dal 1892 ricostruita su un portello delle mura delle Cappuccine (via Banderali). Era detta anche Porta di Santo Stefano per la vicinanza con l'omonima chiesa, riferita alla quale è la statua di Santo Stefano collocata sopra il suo arco, opera dello scultore Taddeo Carlone. Carlone.
Elementi monumentali demoliti delle Mura del XVI secolo
Porta di San Tommaso (demolita per realizzare la ferrovia presso la stazione Principe) Le Mura Nuove Tra il 1626 ed il 1639 fu realizzata l'ultima e più grandiosa cinta muraria, le Mura Nuove. Si estendevano per una lunghezza di quasi venti chilometri, di cui circa sette lungo la linea di costa. Dopo le ripetute minacce di invasione perpetuate da Carlo Emanuele I di Savoia e da Luigi XIII di Francia i serenissimi decisero di dotare la città di una nuova cerchia di mura, rafforzando, dove opportuno quella esistente. Le nuove fortificazioni partendo dalla Lanterna salivano sui rilievi circostanti e cingevano interamente la città percorrendo i crinali dei monti attorno ad essa, le alture che dal Monte Peralto circondavano la stretta valle del Lagaccio Lagaccio;; i fortini preesistenti vennero così collegati e cintati con i nuovi bastioni: i forti di Castellaccio, Sperone, Begato, Tenaglia. Venne dunque completata la difesa della linea di costa dalla torre della Lanterna fino alle propaggini occidentali della cinta cinquecentesca. Sebbene il percorso fosse stato ipotizzato già nel 1568 1568,, fu solo ad appena un anno dal fallito fall ito attacco del 10 maggio 1625 delle forze franco-piemontesi (durante il quale l'esercito Sabaudo non riuscì a tener testa alla strenua resistenza dei valligiani polceveraschi al passo del Pertuso, dove a ricordo dell'avvenimento fu in seguito eretto il santuario della Vittoria), Vittoria ), che il governo della repubblica diede il via libera all'opera, inaugurata con la posa della prima pietra il 7 dicembre 1626 1626.. La difficoltà a reperire i fondi necessari determinò la necessità di studiare ed applicare leggi ad hoc che coinvolgevano tutta la società civile, dai maggiorenti, premiati con una statua nel palazzo ducale qualora avessero provveduto con munificenza a sostenere l'opera, agli artigiani e contadini della capitale, delle valli e delle riviere riviere,, cui era imposto di provvedere con mezzi o prestazioni d'opera o materiali in quantità stabilite. Nel 1630 i lavori cominciarono ed 8.000 operai impiegarono soli due anni per innalzare circa 12.650 metri di mura e bastioni lungo ripidi senza fonte] crinali e 3.150 lungo la linea di costa, con una spesa che si aggirava attorno ai dieci milioni di lire genovesi. [ senza La •
circonferenza delle Mura di Genova raggiungeva così uno sviluppo di 19.560 metri racchiudendo un'area di 903 ettari (quasi cinque volte i 197 ettari compresi nelle mura vecchie costruite fino al XVI secolo)[1]. Il punto più importante dell'intero sistema difensivo venne individuato sulla cima del monte Peralto. Peralto. Di qui si dipartono due spartiacque, che separano le valli del Polcevera e del Bisagno dall'insenatura dei colli alle spalle del centro storico, in due crinali. Il primo termina a ponente dell'arco portuale, sugli scogli di Capodifaro, ove dal 1543 sorge ricostruita la Lanterna e l'altro a levante, alle pendici di Montesano dove comincia la pianura che costeggia il tratto terminale del Bisagno, protetta sino alla foce del torrente dalla nuova cinta. Si realizzò così in una vista dall'alto un tracciato che somiglia ad un triangolo o ad un pentagono molto irregolari, con i vertici al Peralto, nella Lanterna ed alla foce del Bisagno ed il lato inferiore costituito dall'arco del golfo che ospita la città storica. La costruzione delle nuove mura su declivi anche impervi, ha fatto sì che gran parte di quest'ultima grandiosa opera militare sia giunta fino a noi, perché sita in zone ancor oggi scarsamente, se non per nulla, popolate ed edificate; i tratti più vicini alla costa, invece hanno dovuto soccombere sotto la spinta dell'urbanizzazione. Il fronte polceverasco Dal vertice del Peralto, ove venne eretto un forte (Sperone) le mura scendono a Ponente in direzione sud-ovest in linea retta fino al piano delle bombe ove ancor oggi si trova il forte Begato, di qui con una lieve deviazione le mura continuano a scendere lungo la strada che ne porta il nome "mura al forte di Begato". Sopra a via Bartolomeo Bianco, sono invece le mura di Granarolo a dare il nome alla strada che le costeggia e sulle quali si apre l'omonima porta, disegnando un piccolo tratto arcuato verso l'esterno della cinta sino a raggiungere, ai limiti del colle di Promontorio, il baluardo di Forte Tenaglia. Di qui la cinta prende direzione sud, proseguendo lungo via di Porta Murata, fino alla porta degli Angeli e le contigue mura omonime che corrono sopra una strada non a caso chiamata via sotto le mura degli Angeli. Il tratto si spegne in via Giovanni B. Carlone che corre lungo la mutilazione del colle di San Benigno. All'epoca delle mura Nuove, sopra la zona che porta lo stesso nome e dove trovano posto attività portuali e di transito, come piazzale San Benigno e la Camionale di epoca fascista, esisteva infatti un possente costone roccioso che ospitava la chiesa ed il convento di San Benigno, divenuto in quel periodo caserma. La collina degradava seccamente in quel tratto ancora esistente sul quale sorge la torre del faro, e sul suo crinale proseguivano le mura di Genova che ne seguivano l'intero profilo fino a congiungervisi con la porta detta, appunto, della Lanterna. Il fronte bisagnino Per approfondire, vedi la voce Fronti Basse sul Bisagno. Scendendo lungo i crinali di levante, la situazione delle mura nuove presenta all'incirca un andamento speculare. Dopo un breve tratto di mura in direzione sud ma leggermente inclinato verso levante, il forte Castellaccio è posto nel punto in cui le Mura prendono una lieve deviazione verso l'esterno del tracciato, dando in successione nome alle vie che le costeggiano, Mura del Peralto, delle Chiappe (o di San Simone) sulle quali si apre un varco che porta il medesimo nome, di Sant'Erasmo e, dopo la porta la porta di San Bernardino, Bernardino, un rettilineo interrotto da un breve tratto convesso in direzione nord est in corrispondenza dell'omonimo tratto di Mura. Nei pressi dei tornanti di via Cesare Cabella, le Mura di San Bernardino, divise dalle precedenti dal Forte di Multedo, disegnano un arco che porta le mura in direzione sud-sud ovest a metà del quale si apre la Porta di San Bernardino. L'ultimo tratto oggi esistente ed intuibile in mezzo alla disordinata urbanizzazione della parte terminale delle mura nuove è quello delle mura dello Zerbino che terminano nei pressi di via Imperia, sopra la massicciata della Stazione di Genova Brignole. Brignole. Lo sbancamento della collina di Montesano per la realizzazione della stazione ferroviaria necessitò della distruzione dell'ultimo tratto collinare di mura e la realizzazione di di piazza della Vittoria determinò l'eliminazione di uno dei tratti più possenti e suggestivi delle mura nuove. Erano le fronti Basse, Basse, un unico immenso terrapieno che correva, coi suoi bastioni, per un rettifilo che dal luogo ove oggi sorge la stazione si portava fino ai bastioni del Prato, presso l'attuale via Brigata Liguria, nei pressi del Liceo D'Oria D'Oria.. Su questo magnifico esempio di architettura bellica, di cui vennero rinvenute tracce durante la realizzazione nel 1991 del parcheggio sotterraneo di piazza della Vittoria (solo parzialmente conservate, altre fondamenta restano sotto i giardini di piazza Verdi), si aprivano due porte, quella della Pila, in fondo a via Giulia (cancellata per la realizzazione di XX Settembre) ed oggi conservata sopra al muraglione realizzato dopo il taglio della collina di Montesano, e Porta Romana in fondo a via San Vincenzo. Il fronte a mare Con l'ampliamento secentesco le mura che proteggevano la costa vennero rinforzate con nuovi bastioni e, oltre la porta di san Tommaso, prolungate. Racchiudendo all'interno della cinta la Villa del Principe a quell'epoca ancora all'esterno del recinto fortificato, le Mura Nuove ripercorrevano tutto il litorale fino a Capo di Faro, ove si saldavano con il tratto discendente a ponente del Peralto nel sistema dei bastioni e Porta della Lanterna. I numerosi e ripetuti, nel tempo, riempimenti a mare necessari allo sviluppo del porto hanno cancellato quello che per secoli ha rappresentato quel fatato incontro dei monti di Genova col mare. Nel tracciato delle nuove mura era inclusa anche la fortificazione di quest'ultimo tratto di costa del golfo interno di Genova rimasto scoperto. Una discreta porzione sopravvive tuttora ed è stata valorizzata di recente dall'amministrazione provinciale dall'amministrazione provinciale con una passeggiata che arriva fin sotto alla Lanterna partendo da via Milano accanto al parcheggio del Terminal Traghetti. Oltre questo punto, verso levante, la cinta seguiva un percorso corrispondente al tracciato delle vie Milano, Bruno Buozzi, Buozzi, Adua per chiudere il cerchio con le mura vecchie lungo l'attuale via Fanti d'Italia, accanto al palazzo del Principe, di fronte al quale le mura vennero costruite nonostante le proteste della famiglia Doria Doria.. Note ^ Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova Editrice Genovese, Genova 1984 (ristampato nel 2008, ISBN 9788888963228), 9788888963228), pag 65 Bibliografia Per approfondire, vedi la voce Bibliografia su Genova Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova Editrice Genovese, Genova 1984 (ristampato nel •
2008, ISBN 9788888963228) 9788888963228)
Piera Melli, La città ritrovata. Archeologia urbana a Genova (1984-1994), Tormena Editore 1948, Genova, 1996 - ISBN 8886017626 Ennio Poleggi, Paolo Cevini, Le città nella storia d'Italia, Editore Laterza, Roma-Bari 1981 a cura di Ennio Poleggi, De Ferrari - La piazza dei Genovesi, De Ferrari Editore, Genova 2005 - ISBN 887172-679-0 Pietro Barozzi, Mura e forti di Genova, estratto da "L'Universo", Rivista bimestrale dell'Istituto Geografico Militare, anno LVII - N.1 gennaio-febbraio 1977 Stefano Luvizone et alii, Genova, progetti per le Mura della Marina, Università degli Studi di Genova facoltà di architettura, 1992 Corinna Praga, Porta Soprana: le mura del Barbarossa, SAGEP editrice, Genova 1998 - ISBN 88-7058-690-1 a cura di Ennio Poleggi, Città portuali del Mediterraneo, storia e archeologia. Atti del Convegno Internazionale di Genova 1985, SAGEP editrice, Genova 1989 - ISBN 88-7058-303-1 a cura di Flavia Varaldo Grottin, Archeologia del commercio. Porti Antichi, SAGEP editrice, Genova 1996 ISBN 88-7058-602-2 Altri progettiWikimedia progettiWikimedia Commons contiene file multimediali su Mura di Genova Collegamenti esterni Zenazone Forti e mura di Genova Fortidigenova.it Associazione Orti di Carignano Le mura secentesche a cura di Ester Quadri •
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La cinta difensiva alla fine del I millennio con le Porte ed il Castello
Il camminamento sulle mura del Barbarossa tra Porta Soprana e Sarzano Santa Maria di Castello
Le mura del Barbarossa con le porte, i Portelli, le Torri e la Rocca di Sarzano
L'espansione delle Mura ad Est fino alla collina di Carignano e ad Ovest fino alla zona di Fassolo (Palazzo (Palazzo del Principe), Principe ), al vertice del golfo compreso tra Capodifaro, ove sorge la Lanterna ed il molo vecchio Le mura di terra con i nuovi bastioni ed il completamento delle mura di mare con le nuove porte di mare
Genova nel cerchio delle Mura Nuove alla fine dell'età moderna
Tela di Giuseppe Comotto raffigurante la rivolta di Genova contro gli austriaci nel 1746 presso la demolita Porta di San Tommaso, l'ingresso occidentale della città.
Le mura a mare nel particolare di un'acquatinta un'acquatinta del 1810 di Ambroise-Louis Garneray
Il tratto di mura superstite fra le porte di Serravalle e di San Pietro in via Tommaso Reggio La torre degli Embriaci Le torri di Porta di Vacca
Fortificazioni della Lanterna di Genova: Genova: la Porta Nuova sabauda che sostituì la Porta Vecchia, via d'accesso alla città da ponente Le mura dello Zerbino sbucano sotto l'imponente mole dell'antico Seminario Arcivescovile
Genova con le sue mura in una fotografia dell'Ottocento dell'Ottocento di Alfredo Noack . Si vede delle Mura del Cinquecento il bastione di San Giorgio, con l'omonimo forte, e in basso il bastione di San Michele, demolito per il parco binari della stazione Principe negli anni cinquanta dell'Ottocento dell'Ottocento.. All'esterno delle Mura, in basso, la via del Lagaccio Porta Siberia, progettata da Galeazzo Alessi Immagini
I resti delle mura che si collegavano alla Porta di San Tommaso, oggi davanti alla stazione Metro Principe Le mura che dalla porta dell'arco arrivavano fino a Carignano Un tratto delle mura delle Cappuccine dietro la scalinata monumentale di Piazza della Vittoria Le mura di Malapaga, divenute famose in un film di René Clément del 1949 Le mura della Marina
Le mura della Marinella con il varco della porta omonima e la retrostante chiesa di San Marco Le mura della spianata dell'Acquasola spuntano dietro alcuni palazzi moderni nell'antico rione di Portoria La porta dell'Olivella o di Santa Caterina La volta dell'antica Porta San Pietro in piazza cinque Lampadi Il camminamento realizzato dall'amministrazione della Provincia di Genova lungo le mura che conducono alla Lanterna
Il taglio netto del colle di San Benigno, lungo il quale scendevano le mura fino alla torre del faro.
Fortificazioni della Lanterna Lanterna:: le nuove mura che costeggiano il faro genovese sul colle di Capodifar
Il crinale di ponente Le mura degli Angeli con il cimitero della Castagna
Il crinale di Levante
Difesa costiera di Genova Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La storia dell'antica Repubblica di Genova è ricca di avvenimenti bellicosi, perché grazie al suo sbocco al mare, era una città ambita da molte potenze europee, dagli inglesi agli spagnoli, dai francesi agli austriaci, e non ultimi i piemontesi. Possedere il Porto di Genova, significava possedere il potere marittimo del e nel Mediterraneo » (Stefa (Stefano no Finau Finauri ri - Genova Genova Forti Fortific ficata ata ) Nella sua storia Genova fu molto impegnata nella difesa della città e dei suoi possedimenti, che si estendevano in varie parti del Mediterraneo Mediterraneo,, come Corsica Corsica,, Sardegna Sardegna,, Ucraina e Mar Egeo, Egeo, dove Genova aveva possedimenti territoriali. Possedimenti che però erano poca cosa a confronto delle vaste aree di influenza bancaria ed economica, che i genovesi avevano sparse in Europa. La sua importanza militare ed economica tra alti e bassi, durò all'incirca dal XI secolo, fino al 1797, quando Napoleone quando Napoleone I costituì la Repubblica Ligure e mise fine all'Antica Repubblica. In tutto questo periodo Genova fu nelle mire di conquista di molte nazioni, dalla Francia alla Spagna, e a testimonianza di ciò esistono ancora oggi, testi, manoscritti manoscritti,, disegni e soprattutto resti fisici di fortificazioni terrestri e marittime. Batterie Batterie,, bastioni,, forti e torri si susseguirono nel corso dei secoli, e fondamentale fu la difesa costiera della città, in cui nei bastioni vari periodi i governatori, i dogi e gli stessi cittadini si prodigarono a finanziare e costruire per mantenere la Repubblica indipendente e orgogliosa della sua forza, che solo la crisi economico-politica e Napoleone Bonaparte, riuscirono a piegare. Quindi descrivere e narrare le vicende belliche e costruttive della difesa costiera della Repubblica, è proprio lo scopo che si prefigge questa voce. Fin dai tempi dei primi insediamenti, la città di Genova ha dovuto adottare un complesso di accorgimenti e soluzioni al fine di garantire la difesa costiera del suo golfo dalle minacce e dagli attacchi nemici. Il mare metteva Genova sotto la costante minaccia di incursioni nemiche: francesi francesi,, spagnoli spagnoli,, inglesi e piemontesi hanno da sempre avuto mire di conquista sulla città, cingendola d' assedio assedio,, bombardandola e attaccando le sue coste. I genovesi hanno cercato di fronteggiare tale minaccia costruendo nei secoli una serie di fortificazioni difensive costiere, con mura, bastioni, porte, batterie, ostacoli marini, pontoni e quant'altro potesse difendere il territorio dal d al nemico. «
Le premesse teoriche della difesa costiera
Tutti i luoghi che sono al lito del Mare, o non molto lontani, sono sempre in guerra. Perché quando anco sieno in pace colle potenze confinanti, o vicine o lontane vi sono i corsari, pubblici et universali nimici. Dai quali è necessario ben guardarsi...[2] ( L'Architettura Busca, nel suo trattato, L'Architettura Militare - Gabriello Busca) Con questa frase l'ingegnere Gabriello Busca, pone il risalto una delle maggiori cause – la guerra di pirateria – che costringeva le popolazioni costiere ad escogitare ogni mezzo di difesa capace di affrontare una minaccia apparentemente perenne. Questa necessità fu un'esigenza vitale, che dalla seconda metà del Quattrocento al primo Seicento, in forme e modi diversi, affrontarono vari architetti militari.[3] Il Busca tese a emanciparsi dal concetto di "città-darsena recinta" , per proporre invece un sistema di torri d'avvistamento, batterie d'avvistamento, batterie,, fortezze e grandi torrioni con cannoniere "a pelo d'acqua"[3], per sbarrare l'entrata nel porto. Gerolamo Maggi, Maggi, nella sua opera del 1564 Della fortificazione delle città..., Libro III , illustrò come a queste opere fortificative potesse integrarsi un ingegnoso sistema di sbarramento all'entrata del porto. Innanzitutto il Maggi consiglia di realizzare dei parapetti per cannoniere per offendere il nemico attaccante, e consiglia poi l'uso di ostacoli artificiali nascosti sott'acqua come catene e cassoni.
G.Busca - "Espugniazione di una fortezza in riva r iva al mare" Ma soprattutto il Maggi puntava sulla costituzione di quanto più imponente flotta da guerra, che fosse in grado di contrastare un attacco, ma che in primo luogo dissuadesse i nemici da un eventuale scontro. I concetti del Busca e del Maggi esulano da un concetto di città fortezza, anzi, puntano a una difesa integrata e mobile, da attuarsi con il supporto navale e terrestre, e grazie a diversi punti d'avvistamento e batterie dislocate lungo una costa più ampia della sola zona cittadina. Ma ancora nei primi decenni del Seicento, l'eredità del Rinascimento italiano, italiano, con il suo modello di città ideale,, condizionava in Europa le scelte teoriche della difesa costiera delle città. Le opere teoriche erano ancora legate ideale al concetto di difesa circoscritta fondata sull'applicazione della geometria e del calcolo matematico. [4] Molti autori ancora valutano l'arte delle fortificazioni come una disciplina scientifica, incontestabile, alla stregua di una legge matematica, con poligoni, bastioni simmetrici, modelli stereotipati e metodi costruttivi legati a concezioni ormai superate. Antoine de Ville diede inizio alla promozione su basi scientifiche della fortificazione moderna, fu il primo a rinunciare al modello di città-portuale ideale, a favore di una difesa basata sull'analisi critica delle diverse situazioni ambientali[5] Il De Ville capisce che bisogna sfruttare le diverse situazioni geografiche in cui sono poste le città portuali, analizzando le situazioni, ed edificando fortezze e torrioni torrioni,, sfruttando i rilievi le scogliere e i promontori che dominavano le coste, ed enunciando principi ugualmente validi, come il fiancheggiamento tra opere difensive e il dominio dall'alto sul porto. Questo metodo fu utilizzato u tilizzato per molto tempo in molte città portuali europee, tra cui Genova Genova,, anche a causa della crescita delle flotte nazionali e il continuo progresso dell'artiglieria delle nazioni ostili alla Repubblica.. Le basi per la moderna tecnica difensiva erano gettate, e, d'ora in poi, innumerevoli scoperte e tecniche si Repubblica susseguirono nel corso dei secoli nell'evoluzione delle tecniche difensive costiere. Le prime strutture di difesa del porto di Genova Con l'espressione difesa costiera di Genova si intendono
tutte quelle soluzioni che la città di Genova adottò – fin dai tempi dei primi insediamenti – allo scopo di difendere il suo golfo dagli attacchi nemici. Fin dai tempi più remoti, le piccole o grandi comunità che traevano le loro risorse dal mare, hanno avuto a che fare con pirati con pirati,, mercenari mercenari,, ma anche con flotte navali di città o nazioni nemiche, che dal mare assediavano assediavano,, razziavano o cercavano di conquistare le popolazioni marittime. La necessità di fronteggiare queste scorrerie piratesche e di difendersi da avversari con flotte navali, fu al centro delle architetture militari anche nella Repubblica di Genova, Genova, fin dall'alto dall'alto Medioevo. Medioevo. Già intorno all'anno all'anno mille, mille, Genova si munì di un sistema difensivo, attorno al nucleo originario della città, focalizzato sul colle di Sarzano,, dove fu eretta una prima cerchia di mura. Sarzano mura. Nel corso dei secoli, l'abitato si sviluppò verso ponente, mentre le mura difensive venivano o ampliate, o ricostruite ex-novo, cambiando conseguentemente anche i confini della città. Verso la fine del 1200 1200,, iniziò la costruzione delle prime opere fortificate lungo la riva, a difesa della costa e del porto. Quindi, sul finire del XIII secolo, a partire dall'anno 1276 fu cinto di mura il borgo del Molo, che si protendeva sul mare. Partendo dalla Chiesa delle Grazie, Grazie, la linea muraria si allungò dietro la piazza dei Macelli e percorrendo la
Malapaga raggiunse la torre del Molo, e di lì tornava a riunirsi con la vecchia cinta nel luogo detto Bordigotto, antistante la chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Damiano. Un tratto delle citate Mura del Molo fu soprannominato appunto "Mura della Malapaga" in quanto partiva appunto dalle omonime carceri per i debitori inadempienti.[6] Per alcuni secoli, la difesa costiera di Genova fu limitata alla cinta di mura sopra descritta, ampliata solo con la costruzione di una cinta muraria, che in linea con l'ampliamento delle mura interne del 1320[7] difendeva la nuova Darsena del porto,, nuova Darsena, all'interno del porto in quanto, insieme al Molo Vecchio, erano i più importanti scali commerciali del porto. Ancora nel 1536 furono approvati nuovi lavori di ampliamento della cinta muraria intorno alla città, è in questo contesto che si fortificano, il Molo di S. Tommaso, Tommaso, la costa tra Carignano e il Molo Vecchio, Vecchio, e fu edificata su progetto dell'ingegner Galeazzo dell'ingegner Galeazzo Alessi tra il 1550 e il 1553 1553,, la Porta del Molo (oggi Porta Siberia). Siberia). Dal 1577 la linea difensiva tra Porta del Molo, Mura della Malapaga e Mura delle Grazie, Grazie, poi fino a Carignano fu modificata, ampliata e provvista di armamenti con la batteria della Malapaga incassate nelle omonime mura, la batteria la batteria delle Grazie e della Cava Cava.. La cinta del 1536 era diventata, in un certo senso, "pericolosa" oltre che obsoleta e inadeguata ai progressi compiuti nel campo delle artiglierie artiglierie;; essa infatti seguiva fedelmente il perimetro dell'intero abitato. Il nemico, accampandosi a poca distanza dalle mura, avrebbe facilmente recato danni alla popolazione con l'uso dell'artiglieria. Fu dunque decisa la realizzazione di una nuova e possente cinta muraria (l'ultima)[8] nel 1630 1630,, che sfruttava, secondo le nuove tecniche difensive, l'anfiteatro naturale con vertice il Forte Sperone, Sperone, e scendeva lungo due crinali verso la foce del Bisagno e verso la Lanterna Lanterna;; lasciando l'abitato ben distante dalle mura in quanto la potenza sempre maggiore delle nuove artiglierie avrebbe facilmente causato danni alle case e ai suoi abitanti, se questi fossero rimasti ai margini delle mura.[9]
Pianta del Bastione del Molo (oggi Porta Siberia) con le relative piazzole per la batteria Il Golfo di Genova tra XVII e XIX secolo L'assedio francese del 1684 Bombardamento navale di Genova (1684).
Le “Mura Nuove” costiere di Genova, dovettero però cedere sotto il bombardamento il bombardamento navale francese nel maggio 1684: 1684: la mattina del 17 maggio centosessanta navi francesi formarono uno schieramento dalla Lanterna alla Foce Foce,, per un totale di 756 bocche da fuoco, guardate ai lati da grosse imbarcazioni a remi, occupate da moschettieri in assetto da guerra. Il bombardamento causò danni ingentissimi, soprattutto a causa dei nuovi mortai da 330 mm [10]. Genova resistette, ma nel timore di un nuovo attacco, il Governo genovese si rivolse alla Santa Sede e a Papa Innocenzo XI preoccupato delle complicazioni diplomatiche con la Corte di Francia. Durante questo assedio, comunque finito senza occupazione territoriale, furono chiari i limiti delle batterie costiere e in generale della difesa costiera del Golfo di Genova, Genova, i pezzi erano obsoleti e di scarsa portata, mentre l'artiglieria francese,[11], era nettamente superiore.
Pianta e sezione delle bombarde francesi E leggendo una relazione sulla difesa genovese si evince che: « dalla Lanterna fino alla Strega [...] fu sparata tutta l'artiglieria della città contro di loro, con strepitosa scarica sì, ma con così poca offesa che niuna cosa restò colta e si mosse in minima parte, o per l'imperizia dei bombardieri di Genova, o forse per la scarsa buona volontà [..] diè luogo alla risoluzione di mutuarli [...] con altri fatti venire da Milano [12] » La relazione segnalava che comunque le navi francesi non si avvicinarono mai all'imboccatura del porto, guardate a vista dalle batterie della Lanterna e del Molo Vecchio, ma ciò non fu sufficiente a impedire alle nuove bombarde francesi, di colpire la città, con lanci che raggiunsero perfino il quartiere di Oregina Oregina.. Ma l'impreparazione del personale di difesa, era comunque mal supportato dall'approssimativa sistemazione di alcune batterie genovesi [13] manovrate da artiglieri non capaci di affrontare le nuove tattiche di guerra e sfavoriti dalla presenza di pezzi con portata inferiore di quelli francesi. Le batterie della Malapaga Malapaga,, della Lanterna Lanterna,, della Cava e della Strega Strega,, non furono mai in grado di impensierire la flotta francese, nonostante la strepitosa reazione, e il sistema di fortificazioni costiere ai margini, troppo a ridosso dei limiti cittadini, non fermarono due sbarchi, a Sampierdarena e alla Foce Foce.. Oltre 4.000 fanti francesi presero terra, e seppur ricacciati in mare dalla tenacità dei difensori, dimostrarono la pochezza delle difese. Fondamentale fu anche la conoscenza, da parte francese, del fondale, delle coste, delle spiagge e delle difese costiere (numero, portata e cadenza di fuoco), fattori che permisero alla flotta di disporsi nel miglior modo per offendere e non essere offesa, al riparo dalle batterie genovesi.[14] Ma nonostante tutto, la vittoria navale francese, non fu supportata da una vittoria terrestre, gli sbarchi fallirono, la città tenne, e gli attaccanti furono costretti a ritirarsi dopo aver finito tutte le riserve di polvere da sparo. sparo.
In Francia il bombardamento divenne subito un avvenimento da esaltare monete di commemorazione, trattati trattati,, dipinti dipinti,, stampe e incisioni incisioni,, spopolavano in tutta la nazione, a dimostrazione della incredibile potenza marina che possedeva la Francia del re Luigi XIV. XIV. In realtà però la potenza navale francese fu bloccata dall'assidua e tenace resistenza di una città con difese deboli e con poche risorse economiche, che per ragioni, che oggi chiameremmo di propaganda, fu invece rappresentata, alla popolazione francese, come una città inespugnabile, con mura gigantesche [16] e difensori agguerriti. In questo modo si cercò di rendere meno evidente l'inefficacia dell'azione francese, nonostante l'impegno profuso. Gli obbiettivi diplomatici nei periodi successivi compiuti dalla Repubblica Repubblica,, furono tutti convogliati verso il mantenimento dello stato di neutralità per uscire dai vari conflitti europei. Ma per fare questo, aveva bisogno di rinforzare e migliorare le sue difese su tutti i fronti, incrementando la flotta e migliorando le fortificazioni sia a terra che sul mare.[17] Tuttavia la politica aggressiva del Piemonte Piemonte,, e la perdita dell'alleato spagnolo troppo impegnato contro la Francia, fece crescere tra gli ambienti della Repubblica, il bisogno di una difesa più ampia della sola capitale, ma in funzione della sicurezza dell'intero dominio genovese. Alcune parti del dominio, erano esposte alle offensive nemiche, e fu decisa una difesa dell'intero dominio suddiviso in tre settori: Difesa della Riviera di Ponente Difesa della Riviera di Levante Difesa della città Capitale alle quali erano unite fortificazioni dell'Oltregiogo, disposte lungo le direttrici del Monferrato e dalla Lombardia che scendevano verso Genova. Settori come si può capire con enormi differenze geografiche e morfologiche, oltre che politiche, che richiedevano ognuna diverse opere fortificate. Il fulcro delle difese a ponente erano i bastioni i bastioni di Porto Maurizio,, non ancora completati, che dominavano un vasto orizzonte di mare in modo da coordinare le difese, per una Maurizio difesa mobile. Altro settore importante a ponente erano le fortificazioni costiere di Vado e Savona Savona,, la prima difesa da Forte San Lorenzo, Lorenzo, e la seconda difesa dalla cittadella fortificata eretta sul promontorio del Priamar , che nonostante i difetti del sito su cui era costruita, era un'importante centro difensivo per il ponente. Analizzando invece fortificazioni a levante, si capisce come la città della Spezia, e il Golfo Paradiso avessero un ruolo primario. La difesa della Spezia era incentrata sul seicentesco Forte di Santa Maria, Maria, comunque non in grado di difendere interamente l'imbocco del porto, ma nonostante lo sforzo di aggiornare e riparare le fortificazioni sparse lungo le 140 miglia di litorale, in proporzione tutte le difese costiere lontane erano presidiate da un numero quasi sempre troppo esiguo di uomini e dotate di pezzi d'artiglieria obsoleti e insufficienti, con portata media di circa 7–800 m [18], inutile contro i moderni vascelli da guerra. Interventi sulla difesa costiera È evidente come la Repubblica, incentrasse il suo interesse massimo sulla difesa del Golfo antistante la Capitale. Per anni, si edificarono e si attuarono fortificazioni di poco conto, sempre attenti alle spese militari a causa della crisi economica che attanagliava la Repubblica di Genova, Genova, è in questo clima di incertezze che si andava a delineare quel clima di scontro tra le potenze europee, che sarebbe sfociato nella Guerra di successione austriaca nel 1743 1743.. Genova a cui non interessava lo scontro, fu trascinata però in guerra a fianco di Spagna e Francia contro le pretese inglesi e austriache, che appoggiavano il Piemonte, alleato austriaco, con mire a Finale per uno sbocco al mare in territorio ligure. Conscia dell'inadeguatezza delle sue fortificazioni, Genova, affidò l'incarico di completare la difesa della città ai marescialli francesi De Villers ed Escher, e agli ingegneri Pierre De Cotte e Jacques De Sicre [19]. I due si misero subito al lavoro, e individuarono i punti e i forti da ampliare o modificare e da costruire ex-novo; i loro sforzi furono soprattutto verso i forti interni, ma non tralasciarono anche interventi sulla difesa costiera. Nel 1746 furono preventivati lavori per la costruzione di tre nuove batterie lungo la spiaggia di Albaro [20], e nel 1747 fu costruita una batteria a semicerchio a Boccadasse Boccadasse.. A Portofino Portofino,, fu predisposta una nuova batteria a fior d'acqua, sul capo avanzato della chiusura dell'imboccatura del porto, mentre il De Sicre si prodigò per la costruzione di una batteria a difesa di Sturla e Vernazzola Vernazzola.. ...dopo la Guerra di Successione Il 15 giugno 1748 1748,, furono firmate le clausole per la cessazione delle ostilità, in cui Genova mantenne i suoi possedimenti e non crollò di fronte agli assalti nemici. Come prima cosa il de Sicre esortò a finire le opere iniziate durante quegli ultimi anni, per una futura adeguata difesa della città, soprattutto i forti Santa Tecla,, Diamante Tecla Diamante,, Quezzi e Menegu Menegu,, i trinceramenti di Sturla (che andavano fino al Diamante), e le batterie di San Nazaro e Celso. Nonostante il suo impegno però, i lavori sui quattro forti furono interrotti, e nel 1753 lo stato di salute dell'ingegnere fece decidere di cercare un sostituto per il De Sicre [21]. Dal 1755 fu assunto Antoine Frédéric Flobert, Flobert, poi sostituito pochi anni dopo da Michele Codeviola, Codeviola, che si mise subito all'opera per rinforzare le difese del porto di Genova. Il Codeviola presentò il progetto di una batteria galleggiante, lungo tutta la lunghezza del porto da utilizzare in caso di assedio assedio..[22] Ma le spese preventivate erano troppo alte, e il doge Marcello Durazzo suggerì l'ipotesi di riuso di un pontone,, su cui il Codeviola si mise subito al lavoro [23]: con l'uso di due mezzegalere ai lati, e un pontone in mezzo, si pontone sarebbe costruita una più economica batteria galleggiante, ma la proposta fu abbandonata, e il giovane Codeviola messo da parte. Per poi tornare alla ribalta nella capitale, dopo alcune pubblicazioni, e soprattutto per l'esperienza acquisita in Francia e Spagna, il Codeviola fu nominato, nel 1756 1756,, Quartier Mastro Maggiore della Repubblica genovese, dove svolse compiti importanti, e riorganizzò la difesa della città. Nei nove anni successivi, Codeviola, assieme all'ingegnere De Cotte, mise in evidenza i lavori da compiersi sulle Fronti Basse sul Bisagno, Bisagno, fu Direttore della Scuola di Architettura dell'Accademia dell'Accademia Ligustica, Ligustica, e continuò nella sua infinita opera di riparazione e ampliamento delle fortificazioni della capitale. Ma l'impegno massimo del Codeviola, si ebbe sulle opere del fronte marittimo della Capitale, a partire dal 1770,, si prodigò per ristrutturare tutte le batterie cotiere, da quelle di San Benigno e della Lanterna, a quelle di San 1770 1684-1745 Dalla pace alla Guerra di Successione Per approfondire, vedi la voce Guerra di successione austriaca [15]
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Giuliano ad Albaro. Dal 1779 nuovi venti di guerra turbavano il Mediterraneo Mediterraneo,, i franco-spagnoli, assediavano Gibilterra,, e per Genova era sempre più difficile mantenere le distanze. Come al solito il fronte marittimo fu al centro Gibilterra dell'attenzione, che nonostante le ristrutturazioni, presentava pezzi risalenti a trent'anni prima, e uno squilibrio, in quanto il Molo Vecchio era maggiormente armato che il Molo Nuovo, Nuovo, vicino alla Lanterna Lanterna,, e un punto debole sarebbe stato pericoloso in vista di un assedio via mare. Per risolvere i problemi, progettò la realizzazione di quattro nuove batterie tra la foce del Bisagno e Boccadasse [24], e la creazione a difesa del Molo Nuovo, di una batteria a fior d'acqua, da disporre tra il promontorio della Lanterna e il Molo Nuovo. Ma la guerra non ci fu, e negli anni successivi si ebbe un periodo di pace in Europa, e Genova mise da parte l'urgenza delle armi, per concentrasi su altri problemi, di origine sociale ed economica, che da tempo attanagliavano la Capitale.
Cannone con affusto da marina, generalmente usato per la difesa costiera Il Golfo tra fine Settecento inizio Ottocento
Negli anni successivi fu un susseguirsi di realizzazione r ealizzazione di strade, moli, abitazioni residenziali e non, e Genova viveva in un clima sereno, nonostante nel 1789 in Francia Francia,, si delineava uno degli avvenimenti più importanti di sempre, la Rivoluzione francese, francese, che investì anche la Repubblica negli anni a seguire. Fra il 1793 e il 1794 le flotte anglo-spagnole imperversavano nei mari, cercando di respingere le ondate rivoluzionarie francesi, con Genova che ancora una volta tentava di mantenere uno stato di neutralità, nonostante consentisse al naviglio francese di sostare sotto la protezione delle batterie genovesi.
La mappa di Savona con il forte di Priamar - Matteo Vinzoni -
Le Mura della Marina in corrispondenza delle batterie di Santa Margherita (1793).
Pianta e profilo della batteria della Lanterna, su progetto di G.Brusco, (1792). In questo contesto furono nuovamente verificate le difese costiere, che necessitavano di rinforzi con nuovi pezzi d'artiglieria, e nuove batterie intorno alla Lanterna.[25] Furono prese in considerazione diverse soluzioni, nuove batterie a fior d'acqua, batterie sopraelevate, batterie galleggianti, le idee discordavano, e alla fine dopo lunghe diatribe, solo nel 1799 fu approvata la costruzione di nuove barche cannoniere armate, per una difesa mobile del porto, che non poteva più contare sull'assistenza delle artiglierie costiere, costiere, troppo deboli con poca gittata. Ma l'amico francese era ormai pronto a voltare le spalle alla Repubblica di Genova, Genova, che vedeva minacciati i suoi possedimenti a ponente, dove le truppe francesi si erano spinte fino a Mentone Mentone.. Intanto i possedimenti genovesi in Corsica erano minacciati dagli inglesi, e a nord incombeva la minaccia di un assedio austro-piemontese, così il Doge Gio Batta Grimaldi, Grimaldi, decise di utilizzare le nuove scoperte sulle fortificazioni, invece di ammassare cannoni e batterie come fino ad allora gli ingegneri militari avevano proposto. Così furono modificate le batterie costiere di San Bernardo e San Giacomo, fu deciso di casamattarle casamattarle,, munirle di feritoie feritoie,, bocche di aerazione e quindi proteggerle dai tiri nemici. Ma la paura era anche diretta verso uno sbarco, che le mura del 1630 non potevano più affrontare. Le proposte si susseguivano, ma non furono mai migliorate, l'impegno fu invece rivolto alla costruzione di ridotte, torri, e bastioni fuori le mura, che fungendo da difesa avanzata, avrebbero impedito ai nemici di avvicinarsi alle mura. Intanto il 7 giugno 1797 fu proclamata la Repubblica Ligure, Ligure, e nonostante la protezione dell'alleato francese, si apportarono diversi miglioramenti alle fortificazioni nelle riviere lontane dalla Capitale. Il dominio francese Ma la breve stagione della Repubblica Ligure, e del dominio francese (1801 ( 1801--1814 1814)) nel 1805 1805,, si avviava già rapidamente verso la sua fine; schiacciata dalle difficoltà economiche e politiche, prudentemente cercava la via migliore per unirsi alla Francia [26]. Capendo l'importanza strategica della città, i francesi si adoperarono non poco per renderla impenetrabile, sia via terra che via mare. Tra il 1806 e il 1814 grande attenzione fu rivolta alle fortificazioni costiere, migliorata e perfezionata con l'aggiunta di edifici e di opere, ma nonostante tutto invariata nel numero e nella distribuzione, anzi, nel 1809 quattro batterie, tra Boccadasse e San Giuliano furono soppresse.[27] ...e quello Sabaudo Con la caduta di Napoleone, la città e i forti esistenti furono occupati dalle truppe coalizzate inglesi comandate dal generale William Bentinck , che il 26 aprile costituì un governo provvisorio.[28] Al Congresso di Vienna avvenne la decisione di annettere la Liguria al Regno di Sardegna, Sardegna, che avviò un pesante p esante lavoro di rimodernamento delle settecentesche opere fortificate della piazza di Genova, e la costruzione di nuove. Gli interventi del Corpo Reale del Genio Sardo furono innovativi, tecnicamente ed esteticamente; massiccio fu l'impiego del mattone, nello stile piemontese, i forti costruiti furono "vivacizzati" dalla presenza di feritoie, casematte, e postazioni di fucileria, quasi assenti nei vecchi e solidi forti in pietra settecenteschi. Dallo Stato Unitario alla Grande Guerra Per approfondire, vedi le voci Regno d'Italia e Prima guerra mondiale Nel 1849 moti popolari contro il governo piemontese, iniziarono a scuotere gli animi, repressi col sangue dal generale Alfonso La Marmora, Marmora, e nel 1861 si ebbe la nascita del Regno d'Italia Quando si costituì il Regno, il neonato Stato ereditò alcune opere fortificate costiere già erette dal regno di Sardegna lungo la costa ligure e dal Regno delle due Sicilie a difesa dei porti più importanti.[29] Tutte queste difese erano comunque deboli e obsolete e necessitavano di
nuovi interventi. La Francia era allora una nazione amica; la presa di Roma e il mancato intervento italiano a fianco della Francia durante la guerra franco-prussiana, franco-prussiana, fecero però deteriorare i rapporti politici tra le due nazioni. L'Italia era isolata, la Francia era un pericolo e l'Austria minacciosa, furono avviati studi per fortificare il confine con la Francia e le località costiere più importanti, furono quindi previsti 97 siti fortificati in tutto il paese.[30] Tra il 1871 e il 1880 furono stanziati 66,6 milioni di lire[31] per le fortificazioni del paese e più di 31 milioni per le artiglierie necessarie ad armarle. Le Alpi occidentali erano uno degli obiettivi principali dei lavori di fortificazione, assieme alle Piazze marittime di Genova e La Spezia fino a quando nel 1878 iniziarono anche i lavori di fortificazione della capitale Roma Roma.. Sul piano politico, nel 1882 fu stipulata la Triplice Alleanza, Alleanza, con Germania e Austria-Ungheria Austria-Ungheria,, che tolse l'Italia dall'isolamento politico nel quale si trovava tr ovava e mutò drasticamente lo scenario militare europeo.consentendo inoltre all'Italia sospendere i costosi lavori di fortificazione della costa Adriatica. Il pericolo più consistente erano i possibili attacchi da parte francese alle coste liguri: furono quindi progettati nuovi sbarramenti lungo i collegamenti tra Genova e la Liguria, e l'interno del nord Italia. Gli studi difensivi continuavano, e titolo sperimentale ilGolfo il Golfo di Genova fu armato con batterie [32] corazzate armate con pezzi da 400mm Krupp sull'Isola sull'Isola di Palmaria con il nome di Torre Umberto I. I. Il progetto [33] dovette però scontrarsi con le difficoltà economica nazionali, il prototipo non ebbe seguito, e l'impegno maggiore quindi fu verso l'adozione di nuovi pezzi moderni sempre però lasciati in piazzole scoperte.
Bombardamento di Genova del maggio 1684
La Batteria del Vagno fotografata ad inizio Novecento La difesa nel Novecento
Forte San Benigno Finita la Repubblica e l'indipendenza, Genova nel 1861 divenne parte del nuovo stato italiano italiano,, e dopo il periodo ottocentesco di pace, la città con la sua crescita economica, e la sua importanza strategica nel mediterraneo, si trovò al centro di numerosi fatti d'arma durante i sanguinosi conflitti che l'Italia si trovò ad affrontare nella prima metà del Novecento. La tecnica e l'industria l'industria progredirono velocemente, e di pari passo le tecniche e gli armamenti militari, sempre più numerosi e distruttivi. L'Italia dovette correre ai ripari, installando nuove strutture fortificate a difesa delle coste e delle città italiane, tra cui l'importante polo industriale rappresentato da Genova e il suo porto. La seconda metà dell'800 fu un periodo di grandi innovazioni tecnologiche anche in ambito militare, i nuovi grossi calibri sempre più distruttivi, fecero progettare fortificazioni sempre più grandi, e impenetrabili, in grado di ospitare pezzi d'artiglieria di varie dimensioni. Le nuove tecniche costruttive si adattavano sempre più abilmente ai rilievi presenti in praticamente tutti i poli marittimi importanti, le opere erano per lo più prive di protezione contro tiri diretti, erano per lo più opere posizionate in postazioni in barbetta, dotate di fosso per la difesa ravvicinata, ma sempre alla mercé dei tiri avversari. Soltanto le batterie destinate a effettuare tiri d'infilata a protezione delle imboccature dei porti furono dotate di casematte, non corazzate.[34] La città di Genova, dal canto suo, fu letteralmente "armata", con batterie con batterie,, treni armati, armati, pontoni armati e batterie contraerea che resero la città una specie di fortezza. Mentre via terra, Genova era quasi impenetrabile, così non si poteva dire del fronte marittimo, fronte formato da 28 baluardi interrotti solamente dalle calate e dai ponti portuali. Questo era quindi il punto debole della città, che in molti punti, dove le mure erano basse, avrebbero consentito anche uno sbarco nemico[35]. Genova a fine Ottocento era difesa da 11 batterie sul fronte a mare. La principale era costruita alla base della Lanterna ed era armata con cannoni da 320 mm, ma nella piazza di Genova erano presenti ancora molte batterie costruite anni addietro, ancora funzionanti e presidiate, come la Batteria della Cava, Cava, o quella della Strega Strega,, oppure costruite all'interno di forti pre esistenti, come San Martino e San Giuliano. Giuliano. Nel ponente cittadino poi furono costruiti tre nuovi forti, Forte Monte Guano, Guano, Forte Croce e Forte Casale Erzelli con altrettante batterie che battevano il litorale di ponente e alcuni quartieri della val Polcevera, come Borzoli e Fegino [35]. Nel 1900 poi furono avviati nuovi studi per rafforzare le difese costiere del paese con nuovi pezzi d'artiglieria, a integrazione degli obici da 280 esistenti e nel 1906 l'Ispettore l'Ispettore generale d'artiglieria invitò le principali case costruttrici a proporre i loro nuovi prodotti. La difesa del Golfo nel Novecento
La grande evoluzione tecnica e industriale nelle artiglierie artiglierie,, fece sorgere non pochi problemi nella difesa delle coste e dei porti nel XX secolo, secolo, le fortificazioni ottocentesche erano diventate inutili tecnicamente e strategicamente. I grossi calibri montati sulle navi da guerra, e il gran numero di queste navi nelle flotte europee, modificarono i metodi costruttivi delle fortificazioni fisse lungo le coste, le quali furono poi integrate nei punti strategici da difese mobili quali treni armati. Per difendere alcuni tratti del litorale adriatico contro attacchi di sorpresa della flotta austriaca la Regia Marina istituì nel 1915 i primi treni armati. armati. Nel corso del primo conflitto mondiale furono realizzati dodici treni armati.
Ormai le fortificazioni non ebbero più valore militare e divennero del Demanio Pubblico, e insieme alle Mura persero definitivamente importanza strategica tra la fine dell'800 e gli inizi del Novecento. [36] La crescita dell'aviazione dell'aviazione dopo il primo conflitto mondiale poi, diede un ennesimo impulso all'evoluzione dei metodi costruttivi delle fortificazioni terrestri, che ora diventavano anche obbiettivo di pesanti bombardamenti aerei. Così iniziarono a essere costruite piazzole protette anche sulla sommità da grossi spessori di cemento armato, armato, cupole corazzate, oppure direttamente scavate nella roccia o sottoterra e nelle opere più ardite addirittura a scomparsa. Prima guerra mondiale Nel 1915 l'Italia entrò in guerra contro la Germania e soprattutto con l'Austria-Ungheria l'Austria-Ungheria,, quest'ultima dotata di una consistente flotta che minacciava le coste adriatiche della penisola italiana. All'epoca All 'epoca in difesa della costa della città di Genova, erano presenti batterie ottocentesche quali, la batteria di Forte Belvedere, Belvedere, le piccole batterie inserite all'interno di Forte San Giuliano e Forte San Martino, Martino, la Batteria di San Benigno vicino alla Lenterna, la Batteria di San Simone, Simone, quella di Granarolo Granarolo,, la Angeli Angeli,, e quella del Vagno Vagno.. In quel periodo, la difesa costiera ligure fu notevolmente indebolita, la Fortezza Costiera di Genova fu privata da molti pezzi d'artiglieria inviati a Taranto e a Brindisi [37] città più minacciate, essendo alla portata della flotta austriaca, che a causa del blocco di Otranto si era trovata a operare nella limitata area del Mar Adriatico. Adriatico. In compenso cominciano a crescere le incursioni dei sommergibili degli Imperi centrali nei porti e ai danni del naviglio italiano. Per combattere questa piaga, nascono i Punti di Rifugio (P.R.), ossia tratti di costa difesi dalle batterie terrestri in cui le navi amiche potevano transitare o sostare. La Liguria in questo senso rappresentava una linea praticamente ininterrotta, a difesa del traffico navale e delle linee ferroviarie costiere, che dopo Caporetto furono indispensabili per il transito dei rinforzi anglo-francesi verso il fronte.[38] Genova fu nodo vitale di questa linea di difesa, e la sua piazza fu una delle più armate anche se con pezzi spesso obsoleti e di medio calibro, comunque utili in alcuni casi, a costringere sottomarini assalitori a ritirarsi. Nonostante le precauzioni a largo del breve tratto di litorale antistante Genova, furono affondati in poco tempo due piroscafi da trasporto, tra cui l'americano Washington, di ottomila tonnellate di stazza, carico di locomotive, vagoni ferroviari e materie prime destinate all'industria bellica italiana, affondato il 3 maggio 1917 a largo di Camogli Camogli.. Il periodo tra le due guerre D opo la prima guerra mondiale, nel Mediterraneo si costituì un condominio anglo-francoitaliano e la difesa delle coste venne a basarsi più sull'efficienza della flotta navale che su quella delle batterie costiere[39]. La Regia Aeronautica italiana inoltre, era una forza di tutto rispetto con basi situate su tutto il continente e sulle isole, che consentivano un controllo e un eventuale appoggio a possibili incursioni nemiche. Nonostante tutto, furono approvati e attuati alcuni progetti per aggiornare le batterie costiere lungo tutta la penisola, dato che la maggior parte delle opere edificate durante la Grande Guerra, Guerra, pur essendo in molti casi ancora attuali dal punto di vista tecnico, si trovava in zone ormai strategicamente di secondo piano. Il 14 gennaio 1921 lo Stato Maggiore del Regio Esercito, Esercito, e quello della Regia Marina, Marina, individuarono quindici aree industriali e demografiche d emografiche da proteggere dalle offese da mare [40] : Savona--Vado Savona Cagliari Monfalcone Palermo Trieste Sestri--Genova Sestri Livorno Siracusa--Augusta Siracusa Fiume Elba--Piombino Elba Brindisi--Bari Brindisi Bari--Barletta Zara Pozzuoli-- NapoliPozzuoli Napoli-Castellammare di Ancona--Rimini Ancona Tripoli,, Bengasi o Tobruk Tripoli Stabia Genova prima della guerra fu dotata del Pontone Armato GM-194 "Faà di Bruno" e del Pontone Armato GM-269[41] armati con 2 pezzi binati da 381/40 e alcuni da 76/40 prelevati da uno stock destinato alle dreadnought della classe Caracciolo.. Negli anni trenta fu costruita la batteria Caracciolo la batteria costiera Mameli, Mameli, dismesse altre batterie (come San Benigno e degli Angeli, che furono demolite), per la costruzione di nuove situate in punti migliori in base alle esigenze delle nuove tecniche militari. La situazione difensiva della piazza di Genova, era completata oltre che dal Pontone Armato, anche da alcune batterie mobili su vagoni ferroviari. A Genova furono adottati quattro treni con funzione anti-nave e anti-aerea, ogni treno comprendeva quattro pezzi ciascuno da 120/45 120/45::[42] T.A. 120/1/S con IV - 120/45 e 2 mitr. da 13.2mm T.A. 120/2/S con IV - 120/45 e 2 mitr. da 13.2mm T.A. 120/3/S con IV - 120/45 e 2 mitr. da 13.2mm T.A. 120/4/S con IV - 120/45 e 2 mitr. da 13.2mm •
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Esercitazione alla Batteria San Simone nel 1902
Gli imponenti obici della Batteria Inferiore di Belvedere, a inizio Novecento
La batteria di San Benigno durante d urante un'esercitazione
Bersagliere di vedetta lungo la costa di Genova affiancato da una torretta interrata di Renault FT-17. FT-17. Seconda guerra mondiale Per approfondire, vedi le voci Batteria Mameli , Batteria Monte Moro e Batteria di Punta Chiappa Il 10 giugno 1940 l'Italia dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna, Bretagna, e le prime azioni offensive contro la
penisola coinvolsero proprio il Golfo di Genova, Genova, con i bombardamenti i bombardamenti navali di Genova e Savona appena quattro giorni dopo la dichiarazione di guerra, da una flotta francese. La batteria Mameli, Mameli, i pontoni armati e i treni armati, furono [43] inefficaci contro l'offensiva navale francese e il 9 febbraio 1941 1941,, si ebbe una nuova azione nemica quando la Forza co mandata dall'ammiraglio James Somerville composta dall'incrociatore dall'incrociatore da battaglia Renown, H , squadra navale inglese comandata dalla nave da battaglia Malaya, dall'incrociatore leggero Sheffield , da sette cacciatorpediniere, e dalla portaerei Ark Royal , attaccarono il capoluogo ligure. Alle 8.14 di mattina le navi da 19 km aprono furiosamente il fuoco sulla città, migliaia di colpi centrano l'abitato; e a causa della foschia, ma soprattutto per l'inefficienza dei calibri, la batteria costiera Mameli, il Treno armato n°5 di stanza a Voltri e i due pontoni del porto rispondono senza causare alcun effetto.[44] L'insufficienza delle difese costiere parve palese, e il Regio Esercito corse ai ripari avviando la costruzione di tre nuove batterie costiere, la Batteria Monte Moro, Moro, la Batteria di Arenzano e la Batteria di Punta Chiappa a Portofino Portofino,, situate in posizioni elevate e in grado di coprire tutto lo specchio di mare antistante la città. Tutte e tre furono munite con pezzi da 152/40, e inoltre le batterie di Monte Moro a di Arenzano, anche con gli enormi pezzi navali da 381mm su torre binata, che però non ebbero mai l'opportunità di entrare in azione in quanto Genova non fu più p iù attaccata con azioni via mare, ma solo da bombardamenti aerei, che però erano fronteggiati dalle numerose batterie antiaeree posizionate tutt'intorno al capoluogo. L'8 L'8 settembre 1943 1943,, l'Italia firmò l'Armistizio l'Armistizio di Cassibile, Cassibile, e iniziò l'occupazione tedesca dell'Italia, coadiuvata dalla RSI RSI,, quindi furono occupate tutte le opere e anche le batterie genovesi passarono in mano tedesca, molte furono modificate e munite dei caratteristici gusci di cemento armato. Genova comunque non fu più teatro di incursioni navali, l'unico fatto d'armi significativo che coinvolse una batteria, fu quando il 28 aprile 1945 la Divisione Buffalo liberò il caposaldo di Monte Moro che si ostinava a non arrendersi nonostante la città fosse già stata liberata [44]. Dopoguerra Dopo la guerra, praticamente tutte le opere costiere furono abbandonate e lasciate al degrado del tempo, solo alcune piazzole della Batteria di Arenzano furono riconvertite ad uso civile, diventando le piscine di un albergo. Oggi la Batteria Mameli è sede di un parco cittadino dedicato ai caduti di Nassiryia, mentre le altre batterie di Monte Moro e Portofino sono ancora visitabili con le dovute precauzioni, in quanto non in perfetto stato di conservazione. La situazione odierna Dopo la seconda guerra mondiale, mondiale, non si ebbe più la necessità di costruire o rimodernare le difese costiere della città, anzi, molte di esse furono sacrificate già dalla fine dell'800 nello sviluppo urbanistico della città. Le vestigia delle difese costiere ancora presenti, sono soprattutto risalenti al secondo conflitto mondiale [45] pochi sono i resti delle batterie o delle fortezze precedenti. Oggi a Sturla Sturla,, Boccadasse Boccadasse,, alla Foce o a San Benigno non vi sono più i resti dell'ingegno costruttivo militare della Repubblica, la più recente Batteria San Giuliano oggi non è più a picco sul mare, e dopo i dovuti interventi ora è sede del Comando Provinciale dei Carabinieri Carabinieri,, dell'ottocentesca Batteria del Vagno,, non rimane che qualche tratto di mura, e il faro costruito negli anni trenta del Novecento; il tutto inglobato in un Vagno complesso turistico. La batteria di San Benigno e le relative caserme furono demolite anch'esse negli anni trenta, per collegare la città a Sampierdarena, nel progetto della Grande Genova voluta dal fascismo, anche se ancora oggi la demolizione della struttura e lo spianamento della collina omonima, non abbia portato a grandi risultati. In definitiva, delle testimonianze difensive costiere non rimane più molto, lo studio delle difese è soprattutto basato su fonti archivistiche, soprattutto per quelle anteriori all'800, mentre per quelle successive, il lavoro archivistico a volte può essere associato alla visita materiale dei siti, anche se troppo spesso lasciati all'incuria e al tempo, senza la dovuta manutenzione e riqualificazione, che lasciano le vestigia dei tempi che furono in un indecoroso stato di pressoché totale abbandono.
Bunker a Monte Moro
Piazzola per affusto da 152 della batteria di Monte Moro, sopra l'abitato di Quinto al mare. mare. Note
1. 2. 3. 4. 5.
6. 7. 8. 9. 10. 11.
^ Stefano Finauri, Genova Fortificata, Guide Macchione 2003, pag. 5 ^ Busca, op.cit. pag. 219-222. a b ^ L.C. Forti, op.cit .,., pag. 9 ^ L.C.Forti op.cit. pag.11 ^ Antoine De Ville, Les fortification du chevalier Antoine De Ville, contenant la maniere de fortifier toute sortes de places tant regulierement, qu' irregulierment,... . Avec l'attaque... . Puis la defense..., à Lyon 1628. Des Ports de Mer , Chapitre LXIV, pp. 216-220 ^ R. Delle Piane, op.cit. pag.14. ^ L. Grossi Bianchi – E. Poleggi, op.cit. pag. 323 ^ Delle Piane, op.cit. pag 184 ^ S.Finauri, op.cit. pag. 13 ^ Mire francesi sul mediterraneo – Il re Sole contro Genova - Secolo XIX, 28 giugno 1973 ^ all'epoca all'avanguardia nelle tecniche di impiego dell'artiglieria, come all'avanguardia nella tecnologia
bellica stessa, solo due anni prima infatti, aveva impiegato per la prima volta in assoluto le bombarde da 330 mm contro la città di Algeri, con ottimi risultati 12. ^ Anonimo, Relazione di Genova, sui diversi stati, ultime differenze e aggiustamenti con la Corona di Francia, Bologna, Milano 1685, pag.35-46 13. ^ L.C.Forti op.cit. pag. 30 14. ^ Ciò fu possibile grazie al paziente lavoro di spionaggio spionaggio,, con l'invio anni prima, di emissari francesi in incognito con il compito di studiare le difese e il porto della città, e mettere a punto il miglior piano offensivo per la flotta francese. 15. ^ L.C.Forti, op.cit. pag. 41 16. ^ L.C.Forti op.cit. pag.47 17. ^ L.C.Forti op.cit. pag.47 18. ^ L.C.Forti,op.cit. pag. 50 19. ^ L.C.Forti op.cit. pag. 71 20. ^ A.S.G., Sala Senarega, Diversorum Collegi, n. 250 - relazione degli Ill.mi Sig.ri Agostino Gavotti e Felice Carrega delle Batterie di S.Nazaro e Celso, in data 12 febbraio 1746 21. ^ L.C.Forti op.cit. pag.139 22. ^ Vedi le voci: Batterie Galleggianti, Enciclopedia militare vol II, Milano 1933 pag.125; Assedio di Danzica (1734) Enciclopedia militare vol III, Milano 1933. pag.381. 23. ^ L.C.Forti op.cit. pag. 167 24. ^ L.C.Forti op.cit. pag.187
25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36.
^ Il 6 novembre 1892, in questo senso, il Magistrato delle Fortificazioni chiedeva agli ingegneri un parere «per il rinforzo di più pezzi di cannone da farsi in varie batterie al Posto della Lanterna» - A.S.G. Sala SenaregaDiversorum Collegi, n. 378 ^ L.C.Forti op.cit. pag. 282 ^ L.C. Forti, op. cit ., ., pag.288 ^ Stefano Finauri, Genova Fortificata, pag.6 ^ Clerici op.cit.(2) pag.8 ^ Clerici op.cit.(2) pag.8 ^ Clerici op.cit.(2) pag.8 ^ Ancora oggi visitabili e utilizzati dalla Marina Militare come poligono addestrativo ^ che oltre a Palmaria fu costruito anche a Taranto ^ Clerici op.cit. (2) pag.9 a b ^ S.Finauri, Forti di Genova pag. 167 ^ Esempio lampante fu la demolizione nel 1891 delle Fronti basse del Bisagno, Bisagno, la demolizione della caserma
di San Benigno, Benigno, per far posto all'urbanizzazione verso Sampierdarena nel 1930 37. ^ Carlo Alfredo Clerici, La difesa costiera del Golfo di Genova, Uniformi e Armi, settembre 1994, pag. 35 41 38. ^ Clerici op.cit.(2) pag 35 39. ^ Clerici op.cit.(2) pag.11 40. ^ Clerici op.cit.(2) pag.9 41. ^ internet 42. ^ C.A.Clerici op.cit.(2) pag.24 43. ^ Solo la batteria Mameli riusci a colpire il cacciatorpediniere francese Albatros con un colpo sparato dai suoi pezzi da 152/40 44. ^ a b Carlo Alfredo Clerici, La difesa costiera del Golfo di Genova, Uniformi e Armi, settembre 1994, pag. 35 41 45. ^ Sono ancora visibili alcune postazioni Tobruk a San Giuliano, lungo [[Corso Italia (Genova)|]], e a Quinto al mare. Muri antisbarco a Bogliasco, Vernazzola, e Voltri, le batterie già citate, un bunker su un tratto di costa dell'Aurelia verso Pegli, e alcuni rifugi antiaerei in Piazza della Vittoria Bibliografia • • •
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Leone Carlo Forti, Fortificazioni e ingegneri militari in Liguria (1684-1814), Compagnia dei librai, 1992. Riccardo Dellepiane, Mura e Fortificazioni di Genova, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1984. L. Grossi Bianchi; E. Poleggi, Una città portuale nel mediterraneo. Genova nei secoli X – XVI , Genova, Ed. SAGEP. Stefano Finauri, Forti di Genova. Storia, tecnica e architettura dei fortini difensivi, 2007. Gabriello Busca, L'Architettura Militare , op. cons., Milano [1601], 1619. Carlo Alfredo Clerici, La difesa costiera del Golfo di Genova, Uniformi e Armi, settembre 1994, pp. 35 - 41. (1) Carlo Alfredo Clerici, Le difese costiere in Italia durante le due Guerre in Le difese costiere italiane nelle due guerre mondiali, Parma, Albertelli Edizioni Speciali, 1996. (2)
Voci correlate • • •
Forti di Genova Mura di Genova Artiglieria costiera
Immagine di propaganda sulla difesa del Golfo di Genova
Forti di Genova
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Forte Diamante Buona parte delle fortificazioni genovesi sono ancor oggi visibili e in alcuni casi anche visitabili. Alle principali fortificazioni (complessivamente 16) vanno aggiunte quelle costruite a ponente, ponente, sulle alture tra Cornigliano e Sestri Ponente,, nella seconda metà dell'Ottocento Ponente dell'Ottocento (Forte Casale Erselli, Forte Monte Croce, demolito nel 1959, e Forte Monte Guano), nonché il bastione San Bernardino, le torri ottocentesche (non completate, tranne la Torre Quezzi e quella di San Bernardino) Bernardino) e le numerose batterie costiere, alcune delle quali ancora esistenti (fra queste la più conosciuta è nota come Batteria del Vagno). Vagno). Forti lungo il perimetro delle Mura Nuove: Forte Castellaccio - Torre Specola Forte Sperone Forte Begato Forte Tenaglia Forti esterni alle mura (alture di Sampierdarena Sampierdarena): ): Forte Crocetta Forte Belvedere (non più esistente) Forti sui crinali a nord delle mura: Forte Puìn Forte Fratello Minore Forte Fratello Maggiore (demolito nel 1932 1932)) Forte Diamante (nell'immagine sopra) Forti di levante (Val (Val Bisagno, Bisagno, Albaro Albaro): ): Forte San Giuliano (oggi sede del comando regionale dei Carabinieri Carabinieri)) Forte San Martino Forte Santa Tecla Forte Quezzi Forte Richelieu Forte Monteratti Forti ottocenteschi di ponente (Cornigliano (Cornigliano - Sestri Ponente) Ponente) [1]: Forte Monte Croce (demolito nel 1959 1959)) Forte Casale Erselli • • • •
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Forte Monte Guano
Nell'incisione di anonimo su acciaio del 1886 è visibile la serie delle prime quattro cinte murarie di epoca medioevale, dalle prime due - antecedenti all'anno 1000 - alla terza edificata nel 1155 e ampliata nel 1276 1276,, fino alla quarta risalente al 1346 I forti di Genova sono un insieme di fortificazioni militari risalenti a diverse epoche, che la Repubblica di Genova edificò a difesa del territorio urbano del capoluogo ligure nel corso della sua storia. Questo sistema difensivo scandisce gli eventi di buona parte della storia cittadina, cittadina, quasi a punteggiare la complessa teoria delle sette cinte murarie che si sono sovrapposte nel tempo. Fra queste, le mura sei sei--settecentesche che cingono ancora oggi a corona le alture che costituiscono il primo contrafforte dell'ormai prossimo Appennino Ligure e rappresentano la più lunga cinta muraria in Europa e la seconda al mondo, dopo la grande muraglia cinese[2]. Note storiche Fin dall'inizio del seicento, le rivendicazioni territoriali di Carlo Emanuele I di Savoia volte al possesso del Marchesato di Zuccarello presso Oneglia Oneglia,, i tentativi dei Savoia di reclamare il proprio dominio nei territori occidentali della Repubblica di Genova riproposero ai genovesi la necessità di nuovi provvedimenti difensivi che ampliassero le mura del XVII secolo e permettessero una maggiore sicurezza contro eventuali assedi provenienti dal nord[3]. I primi provvedimenti furono attuati già dal 1625 1625,, quando le tensioni tra la Repubblica di Genova e il ducato sabaudo facevano temere l'imminenza di un attacco, e fecero subito considerare la possibile costruzione di una linea di difesa al di fuori del perimetro murario esistente che circondasse la città [3]. Nel maggio del 1625 l'esercito piemontese, che si era portato a ridosso della città, fu contrastato vittoriosamente dalle forze genovesi che lo fermarono al passo del Pertuso, dove in ricordo dell'avvenimento fu poi edificato il Santuario di Nostra Signora della Vittoria. Vittoria. Questo evento non comportò alcun rallentamento negli iniziali lavori di fortificazione della città, rappresentati da decine di opere campali e alloggiamenti da una linea continua di trinceramenti e gabbioni e dal restauro della Bastie fortificate di Promontorio, Peralto e Castellaccio, secondo le disposizioni del Magistrato della Milizia di Genova[4]. La minaccia d'assedio del 1625 rese impellente l'esigenza di sottrarre alla minaccia delle artiglierie nemiche la popolazione cittadina che viveva a ridosso della cerchia muraria esistente [4]. Il Duca di Savoia, con l'aiuto della Francia, invase il dominio dell'antica Repubblica di Genova, minacciando anche la capitale. La cinta del 1536 era diventata obsoleta e inadeguata ai progressi compiuti nel campo delle artiglierie; essa infatti seguiva fedelmente il perimetro dell'abitato, permettendo al nemico di minacciare seriamente la popolazione civile. Fu quindi decisa la costruzione di una nuova e possente cinta muraria, l'ultima, utilizzando quell'anfiteatro naturale che aveva l'apice sul monte Peralto. Da qui iniziavano due crinali che discendevano verso il mare seguendo due vallate principali, quella del Polcevera ad ovest e quella del Bisagno a est, e le "Mura Nuove" vennero costruite seguendo fedelmente l'andamento dei crinali. Queste mura non furono realizzate a ridosso del centro abitato, lasciando anzi molto ambiente naturale boscoso e difficilmente percorribile[5]. Il centro cittadino di Genova (ovvero la zona compresa tra la riva destra del torrente Bisagno e la Torre della Lanterna di Genova)) fu quindi racchiuso da mura che partivano dall'attuale piazza Genova dall'attuale piazza della Vittoria dove si innestavano con le mura del Cinquecento,, e salivano lungo il crinale est fino a Forte Sperone, Cinquecento Sperone, e da qui discendevano verso ovest appunto fino alla [6] Lanterna . A costruzione ultimata, nel 1634, la cerchia muraria annoverava un complesso di 49 bastioni, con garitte ad ogni angolo e con 8 porte di accesso alla città le cui più importanti e monumentali erano Porta della Lanterna a ponente,
Porta Pila a levante[7]. Lungo queste mura, fra il 1747 ed il 1840 1840,, furono realizzate decine di opere militari difensive, porte, bastioni e soprattutto forti integrati nella struttura muraria, che nel corso degli anni furono ampliati, modificati e integrati da altre opere al di fuori delle mura, nel contesto di altre vicende belliche. Tale sistema fortificato - oggi di proprietà del Demanio italiano, che ne ha curato in tempi recenti il restauro - si fonda su un insieme di sedici forti principali e ottantacinque bastioni distribuiti lungo i diciannove chilometri delle vecchie (XVII secolo) secolo) e nuove mura (XVIII secolo), secolo), dal punto più basso della zona della stazione ferroviaria di Genova Brignole fino al punto più alto, ovvero il monte Peralto. Sulle mura, un parco naturale Per approfondire, vedi la voce Mura di Genova Intorno al sistema di fortificazioni sorto sulle alture cittadine è stato realizzato in anni recenti - grazie all'ambiente naturale circostante di oltre 870 ettari, con circa novecento specie di piante inserite in un ecosistema integrato bosco-prateria-macchia mediterranea, e alla presenza di molti esemplari di fauna composta da mammiferi e uccelli rapaci - il Parco delle Mura. Questo sfrutta un'area rimasta ai margini dello sviluppo urbanistico edilizio della città, e nel momento in cui vengono meno le servitù militari delle varie fortificazioni essa viene ad avere funzione di "polmone verde" della città. Il parco si sviluppa pertanto attorno alle Mura Nuove includendo queste con le relative fortezze. Genova nel XVIII secolo era una città completamente fortificata e all'avanguardia nell'architettura militare; essa infatti disponeva di una doppia cerchia di mura, quella del Seicento e quella del Cinquecento, fatto che sorprese gli Austriaci nel 1746 e che li rese incapaci di riconquistare la città che si era a loro ribellata. La doppia cinta era pertanto rafforzata dall'aver collegato la cerchia muraria risalente al secolo precedente alle preesistenti mura del XVI secolo e ai forti sui rilievi circostanti. Il parco par co delle mura, gestito dal Servizio Giardini e Foreste del Comune di Genova, dai primi anni '90 del Novecento, ha preso in gestione i forti, organizzando a determinate scadenze vari spettacoli estivi nel Forte Sperone. Sperone. Poco distante da questo è stato restaurato il forte Begato, sebbene l'inattività abbia poi in parte vanificato l'operazione. Il parco si estende poi alle fortezze poste più a Nord delle Mura Nuove, dal Forte Puin, Puin, che era stato negli anni sessanta del Novecento dato in concessione ad un pittore e pertanto si trovava ancora in buono stato, ai due Fratelli (il maggiore demolito per far posto alle contraeree nella Seconda Guerra Mondiale), sino al Diamante Diamante,, questo posto già nel confinante Comune di Sant'Olcese.. Sant'Olcese
Il Forte Diamante
Il Forte Puin
Il Forte "Fratello Minore"
Veduta d'insieme del monte dei "Due Fratelli"
Salendo dalle alture di Righi si incontrano in ordine Forte Castellaccio (che ingloba anche la Torre della Specola), e Forte Sperone (nell'immagine sopra), che rappresenta il vertice nord delle antiche mura e quindi il limite cittadino. Scendendo da questo, si incontrano i forti Begato Begato,, Tenaglia e Crocetta che con i precedenti chiudono a monte l'anfiteatro naturale che fa da corona a Genova, che a nord culminava come detto con lo Sperone, a est con le Fronti Basse e a ovest con il Forte Belvedere e le batterie le batterie della Lanterna. Lanterna . I Forti cittadini:
I Forti fuori le mura: •
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A nord dello Sperone, procedendo verso località Trensasco Trensasco,, si incontrano il Forte Puìn, Puìn, il Forte Fratello Minore (il Forte Fratello Maggiore è stato demolito negli anni trenta del Novecento) Novecento) e il Forte Diamante, Diamante, progettati e costruiti a difesa dife sa dell'alta val Polcevera e delle valli di Sant'Olcese. Verso est, ovvero nella Val Bisagno, Bisagno, sono situate le fortificazioni di levante. Sulle alture di Marassi Marassi,, inizia una vecchia strada militare che riunisce alcune fortificazioni (non collegate da mura, ma solo dal strade militari e sentieri).Dietro il Biscione si trovano Forte Quezzi con la Torre Quezzi, Quezzi, Forte Monteratti, Monteratti, Forte Richelieu,, Forte Santa Tecla. Richelieu Tecla. La vecchia strada militare si interrompe qui, ma fino agli anni venti proseguiva al Forte San Martino (vicino alla via omonima) ed al Forte San Giuliano (che si affaccia su corso Italia).
Infine ad ovest, sulle alture tra Cornigliano e Sestri Ponente, Ponente, nell'area degli Erzelli Erzelli,, troviamo le ultime fortificazioni fuori le mura, ossia Forte Monte Guano, Guano, Forte Casale Erselli e Forte Monte Croce, Croce, quest'ultimo oggi non più esistente. Occorre considerare quindi come si sia in presenza di due differenti schieramenti, costituiti da fortezze vere e proprie e mura fortificate in grado di coprire un'ampia area da settentrione a levante. È anche - se non soprattutto - grazie a queste sue strutture difensive che la Superba, già antica repubblica marinara e sede della Repubblica di Genova, Genova, poté essere a lungo considerata una inespugnabile città-fortezza in grado di resistere ad ogni attacco, sia che le venisse portato sia dal mare che da terra. Di fatto abbandonati al loro destino alla fine del XIX secolo, secolo, i forti di Genova vennero solo parzialmente restaurati e recuperati all'inizio del Novecento del Novecento per essere usati prevalentemente come punto di appoggio per le manovre militari o come carcere per i soldati prigionieri durante la prima guerra mondiale. mondiale. In realtà hanno sempre costituito un importante patrimonio monumentale per una città ricca di orgoglio e di storia, tanto che per essa è stato coniato il termine El siglo de los genoveses, el siglo de oro ( Il Il secolo d'oro dei genovesi), un secolo - il XVII - protrattosi ben oltre lo specifico riferimento temporale. Questo patrimonio la inseriva a buon diritto fra le città più difese d'Europa. •
Forte Santa Tecla sulle alture di Camaldoli Le fortificazioni di Genova raccontano la storia cittadina lungo almeno tre secoli: dai fasti seicenteschi della gloriosa Repubblica marinara ai moti popolari del 1849 contro il Regno di Sardegna per una temuta cessione all'Impero all'Impero austroungarico.. In parte sfiorate dal tracciato del Trenino di Casella, ungarico Casella, oggi sono meta di escursionisti (vi si può praticare dalla semplice passeggiata, al trekking trekking,, allo jogging allo jogging e alla mountain bike) bike) e di appassionati di storia che vi trovano motivi di approfondimento per meglio comprendere nella sua interezza l'evoluzione di una città che - quale porta sul mar Mediterraneo - è sempre stata crocevia di molteplici interessi. La cinta delle mura nuove, dotata di fortificazioni con possenti bastioni, era stata effettivamente portata a termine già nella prima metà del Seicento Seicento,, ma neppure un secolo dopo, nel 1747 1747,, quando la città dovette confrontarsi con il duro assedio austriaco, si rese necessario ristrutturare il sistema difensivo per fronteggiare adeguatamente artiglierie sempre più potenti. Più tardi, nel 1781 1781,, il magistrato delle fortificazioni avviò un progetto che rivoluzionava il concetto di cinta muraria, mediante la costruzione di opere avanzate, in questo caso di torri isolate per opporsi al nemico lontano dalla città. Vennero individuate sette possibili direttrici d'attacco. Nel 1797 1797,, all'inizio del protettorato francese (Repubblica Ligure Democratica) le opere distaccate effettivamente in uso erano quattro: i forti Richelieu, Diamante, Castellaccio e Sperone mentre i forti Quezzi e Santa Tecla erano ancora da terminare (al forte Santa Tecla avrebbe lavorato come architetto militare il ticinese Pietro Cantoni, padre degli architetti Gaetano e Simone Cantoni). Cantoni). Nonostante la volontà espressa dallo stesso Napoleone Bonaparte di incrementare le difese e i numerosi progetti presentati, alcuni dei quali proponevano grandiosi sventramenti del nucleo urbano, evitati grazie al realismo del Consiglio Comunale, in realtà alla fine della dominazione francese le opere esterne erano ancora le quattro citate sopra. L'unica variante di un certo rilievo (e molto rivelatrice) fu il potenziamento delle difese del forte Sperone sul versante rivolto verso la città. Per tutti gli altri forti erano stati portati a termine solo lavori di adeguamento e miglioria; la maggior parte scomparvero presto sotto le fortificazioni sabaude. A completare quindi il complesso dei forti fino a portarli alle volumetrie massicce odierne, richiamanti uno stile neomedievale,, e ancor oggi visibili, fu poi dal 1815 il governo sabaudo. medievale sabaudo. L'opera di D'Andreis L'importanza che il nuovo dominatore dette alle fortificazioni di Genova può essere compresa dalle parole di Giulio D'Andreis, direttore del Genio Militare nella piazza di Genova: Pare dunque con tutta certezza, Genova essendo la cittadella del Piemonte, [...] che gli interessi particolari del Piemonte Piemonte,, ed anche dell'Inghilterra dell'Inghilterra siano di prendere misure energiche per dare a Genova quel necessarissimo necessarissimo equilibrio di forza fortificatoria di che è priva ... Nella collina sopra Quezzi con Nievo come "cronista"
Nel capitolo XVIII de Le confessioni di un italiano il patriota-scrittore Ippolito Nievo (1831-1861) descrive ampiamente come i Genovesi uniti ai Francesi resistettero a lungo all'assalto all 'assalto anglo-austriaco, immaginando anche che il protagonista Carlino Altoviti avesse vissuto da vicino ed in prima persona il micidiale bombardamento cui nell'anno 1800 fu sottoposto il Forte Quezzi. Quezzi. Le bombe piovevano sulle casematte mentre noi facevamo un brindisi col Malaga alla fortuna di Bonaparte di Bonaparte e alla costanza di Massena Oggi quel che resta del forte è ben poca cosa: alcuni ruderi - peraltro sorprendentemente risparmiati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale,, quando il forte era adattato a batteria per la contraerea - meta di scampagnate per coppiette, mondiale appassionati di trekking armati di macchina fotografica e ragazzini in cerca di avventure pensando ad un tempo ormai consegnato al passato.
Forte Quezzi rimane tuttavia, tra i forti genovesi, uno fra quelli maggiormente visibili nell'augusto e severo profilo delle fortificazioni che delinea il panorama cittadino: iniziato a metà del XVIII secolo, secolo, non fu in realtà mai ultimato. Poi fu conquistato dal maresciallo André Masséna nell'anno 1800, e terminato in qualche modo solo cinquant'anni dopo. In condizioni migliori è la vicina Torre Quezzi (vedi immagine sopra), edificata dal Genio Militare Sardo nel 1820 ma andata in disuso già a fine Ottocento Ottocento;; oggi è ricovero per pecore di pastori che abitano nel quartiere omonimo ed è riconosciuta come sito di interesse comunitario dall'Unione dall'Unione Europea essendo uno dei pochi habitat del raro tarantolino (Euleptes europaea)[8]. D'Andreis, direttore del Genio preposto alle fortificazioni dal 1815 al 1827 con brevissime interruzioni nel 1817 e nel 1822--1823 1822 1823,, coordina una commissione di ingegneri militari che traccerà un piano accurato delle fortificazione e del terreno circostante, provvederà alla manutenzione dell'esistente e potenzierà le difese adeguandole alle sempre nuove sfide tecniche. In un piano dettagliato egli propone la costruzione di ben dodici torri, ispirate alle torri Martello inglesi. La Torre Quezzi, Quezzi, quella delle forche Vecchie e il Forte Begato sono fra le strutture progettate direttamente dal D'Andreis. Il modello della torre di Quezzi in realtà era stato previsto da D'Andreis come un elemento ripetitivo, da essere ripetuto a brevi distanze lungo tutti i crinali montuosi che attorniano la città. Di queste torri ne vennero realizzate pochissime, ed altre rimasero incomplete, a causa della spesa troppo forte e della sua sopraggiunta inutilità al variare delle necessità belliche. Del sistema, che prevedeva un continuum di torrette che a Levante veniva a copriere tutti i crinali sino a quello del Monte Fasce compreso, vennero realizzate le torri di: Quezzi, Monteratti (era rimata poi inclusa nel forte, in seguito demolita), la torre del Magistero (demolita), la torre di San Bernardino (recentemente ristrutturata), le torri del piano delle Bombe, del Monte Moro e di Granarolo presso le Mura Nuove tra i forti Tenaglia e Begato (incomplete, solo il piano terra realizzato), una torre lungo il crinale che va da Forte Monteratti al Forte Quezzi (solo le fondamenta e il vano interrato, senza alzato). D'Andreis si occupò poi anche di urbanistica (sempre con un occhio alla praticità militare) aprendo la strada fra Piazza san Domenico e Piazza delle Fontane Marose, e progettando una Piazza d'armi (in grado però di consentire il passeggio e un piacevole affaccio panoramico) alla spianata dell'Acquasola (1821 1821). ). A questo punto, la città - che sarebbe stata sottoposta quattro anni dopo ad una possente opera di ristrutturazione
urbanistica (v. Progetto di revisione urbanistica del 1825 di Carlo Barabino) Barabino) può essere considerata un campo trincerato appoggiato ad una cittadella formata dai forti Sperone, Begato e Castellaccio.
La Torre di Granarolo
Forte Richelieu
Negli ultimi anni l'autorità di D'Andreis venne tuttavia messa in discussione, e lui stesso guardato con sospetto perché troppo aperto alle idee innovative provenienti dal Nord Europa Europa.. Accolti in maniera migliore risultarono i suoi collaboratori, soprattutto Giovan Battista Chiodo, e suo fratello Agostino, probabilmente perché genovesi. Quest'ultimo completò le opere intorno alla zona della Lanterna Lanterna,, ma anche il porticato (la Loggia dei Banchi di Palazzo San Giorgio, Giorgio, opera civile creduta a lungo opera di altri) di Piazza Caricamento, ove sorgeva un tempo l'antico Banco di San Giorgio ed oggi sede dell'Autorità portuale. I Chiodo fecero spostare inoltre la progettata piazza d'armi da spianata Acquasola alla vicina collina di Carignano Carignano,, proprio sopra la foce del torrente Bisagno Bisagno,, dove vennero costruite due caserme ed altre opere in grado di ospitare complessivamente due reggimenti di Fanteria in assetto di guerra (il complesso è sede attualmente del Distretto Militare). I percorsi Diversi sono i percorsi che uniscono i diversi forti e baluardi che costituiscono la linea di fortificazione. Questi i principali: Primo percorso Pubbliche esecuzioni al "Quadrato delle forche"
Uno dei principali baluardi del sistema di fortificazione genovese, il Forte Castellaccio, Castellaccio, edificato sopra un precedente impianto fatto erigere nel XIV secolo da Roberto d'Angiò; d'Angiò; fu più volte potenziato nel corso del tempo fino all'innalzamento del bastione detto delle forche - torre ottagonale in laterizio - da cui il nome della zona chiamata 1865,, di un saggio intitolato Monumenti pubblici quadrato delle forche. Lo storico Giuseppe Banchero, autore nel 1865 della città di Genova, dette così conto di quello che oggi è conosciuto con il nome di Castellaccio (appellativo rimasto sebbene la struttura sia stata sottoposta negli anni novanta a lavori di recupero): « Questo era dapprima un gran torrione edificatovi dal genovese governo per difesa della città e delle valli, essendo situato sulla cresta dei monti che dividono questa vallata del Bisagno al lato orientale della città. Ne fu ampliata la fabbrica circa il 1818 1818;; in seguito fu arricchito di altre opere che lo rendono assai più importante, tanto più per la dominazione che ha sulla città e perché protegge la superior parte della vallata detta del Lagazzo (nota: oggi Lagaccio), dove sono situate le fabbriche di polveri ed i magazzini di deposito delle medesime. » °.°.°.°.°.°
Le prime notizie che si hanno sul Castellaccio si riferiscono effettivamente ad una torre edificata nel 1317 per ordine di d'Angiò ma subito demolita due anni dopo (1319 (1319)) per costruire ex-novo una nuova fortificazione a difesa del partito guelfo. L'ottagonale e adiacente Torre Specola fu innalzata ad opera dell'architetto militare Giulio D'Andreis pressappoco nel periodo cui fa riferimento lo storico Banchero, ovvero tra il 1817 ed il 1823 1823,, sul preesistente sito detto quadrato delle forche, luogo deputato - come è facilmente comprensibile dal nome - ad esecuzioni capitali. Riscontri in questo senso si hanno nei rilievi effettuati dal Corpo Reale del Genio, mentre viceversa la struttura non compare sulle planimetrie fatte eseguire alla fine del Settecento dal colonnello Giacomo Brusco, ingegnere militare del Genio; sempre un disegno del 1818 mostra tuttavia la caratteristica facciata meridionale; una planimetria del 1823 riporta infine la pianta dell'edificio con il rilievo del terreno circostante. Questa documentazione è conservata presso l'Istituto Storico e di Cultura dell'Arma del Genio militare (ISCAG), a Roma Roma.. Dopo l'annessione della Repubblica di Genova al Regno di Sardegna, Sardegna, il forte subì una radicale trasformazione tanto da rendere la zona su cui sorgeva una sorta di cittadella fortificata, quella città-fortezza prefigurata dalla collaudata fortificazione alla moderna,, ideale luogo ove allestire una guarnigione utile sia per una difesa delle mura sia per controbattere a moderna eventuali improvvise insurrezioni da parte della popolazione locale. Un po' come accadrà, leggermente più a valle, con la costruzione del piccolo castello difensivo che ancor oggi dà il nome ad un quartiere residenziale cittadino, appunto, il quartiere di Castelletto a circonvallazione a monte. Un primo tracciato articolato sulle mura vecchie trecentesche ha inizio dal ponente cittadino, pressappoco all'altezza della Lanterna Lanterna,, ovvero sulle alture del Belvedere nel quartiere di Sampierdarena ove sorgeva l'omonimo Forte Belvedere costruito fra il 1815 ed il 1825 1825,, oggi non più esistente (al suo posto sorge l'impianto sportivo Morgavi, un piccolo campo di calcio dove si disputano partite del campionato dilettanti). I pochi resti della fortificazione che sopravvivono fino ad oggi, furono adattati a batteria antiarea durante la Seconda guerra mondiale, mondiale, e in parte, sono tuttora visibili proprio a fianco del campo sportivo. In questa zona poco più in alto si trova il Forte Crocetta (situato a 145 m di altitudine, a breve distanza dall'edificio del dazio) che fu edificato nel 1818 sui resti della omonima chiesetta. Poco più in alto (alt. 217 m) si trova il Forte Tenaglia, Tenaglia, un tempo caposaldo delle mura cittadine, che precede di poco il quarto fortilizio che si incontra lungo il percorso, ovvero il Forte Begato, Begato, situato a 475 m di altitudine e costruito dal Genio militare di Casa Savoia fra il 1818 ed il 1830 sulla base - secondo fonti peraltro incerte, come ricordato dallo storico e studioso del sistema fortilizio genovese Stefano Finauri[9] - di strutture esistenti fin dal 1319 1319.. Questo primo gruppo di forti è collegato tramite le Nuove Mura e sentieri al Forte Sperone, Sperone, quello maggiormente conosciuto e accessibile, situato a 489 metri di altezza lungo la sommità del monte Peralto, oggi identificato comunemente come collina del Righi, dal nome della funicolare che collega l'altura al centro cittadino. Forte Sperone ha la sua origine anch'esso in tempi antichi, ovvero alle prime decadi del 1300 1300:: ebbe come nucleo una fortificazione ghibellina che sorgeva accanto a dove si trova quella attuale e che portava il nome di Bastia di Peralto (di essa non rimane peraltro alcuna traccia).
Il forte Ratti sulle alture fra Marassi e Quezzi Fu poi completato nel 1747 con l'edificazione di una caserma con abitazione per gli ufficiali, magazzini e polveriera (arricchita nel 1820 da tre torri) e di una adeguata recinzione resa possibile utilizzando le adiacenti mura nuove in pietra. È questa l'unica struttura ad avere avuto una utilizzazione massiccia in epoca moderna quale sede di spettacoli teatrali estivi per i quali vengono usate sia le aree all'aperto sia i vani interni. Appena più in basso (alt. 362 m, sempre nella zona del Parco del Peralto) le mura rasentano il Castellaccio che per tre secoli - dal 1507 all'inizio dell'Ottocento dell'Ottocento fu lugubre sede di pubbliche esecuzioni per impiccagione. Dalla sommità della collina del Righi si diramano i sentieri che segnano lo spartiacque fra i diversi gruppi di colline che si aprono a fianco della valle del Bisagno Bisagno.. A 508 m di altitudine il primo che si incontra è il Forte Puìn, una torre di struttura quasi cubica alta nove metri costruita fra il 1815 ed il 1830 dal Genio militare da cui è possibile godere di un'ottima vista panoramica. Una ulteriore breve salita porta al vicino Forte Fratello Minore (alt. circa 622 m) - costituito da una torre centrale di età napoleonica, opera del governo piemontese e valorizzato nel 1815 da un recinto murario nonché da un fossato - e ai resti di quello che fu il Forte Fratello Maggiore, una torre a pianta quadra posta poco più in alto e demolita in epoca fascista. fascista. Il punto più elevato del sistema di fortificazioni (667 m) è il monte Diamante, dove sorge l'omonimo forte, appunto il Forte Diamante, Diamante, costruito a partire dal 1756 sui resti di un'antica rocca difensiva della quale si hanno notizie a far data dal 1478 1478.. Torri e mura con vista
Secondo alcuni storici l'opera fu completata in due soli anni anche se tale dato non è suffragato da elementi certi; è da tenere conto che, con i mezzi dell'epoca, sarebbe stato molto difficile edificare un forte come il Diamante, situato su un'erta collina, in un lasso di tempo così breve, in condizioni climatiche assolutamente variabili, tenuto conto dell'ubicazione. Secondo percorso L'approccio del secondo percorso attraverso cui è possibile ancor oggi visitare il corso delle fortificazioni "fuori le mura" di Genova - e insieme ad esse buona parte della storia cittadina - avviene al di là del torrente Bisagno Bisagno,, sulle alture di Quezzi dove si incontrano in successione Forte Quezzi, Quezzi, Torre Quezzi, Quezzi, Forte Monteratti, Monteratti, Forte Richelieu e Forte Santa Tecla, Tecla, che creano un percorso a ferro di cavallo lungo i bordi della conca creata da torrente Fereggiano. Qui le fortificazioni sono di epoca relativamente più recente, riferendosi al periodo di espansione della città oltre la valle del Bisagno Bisagno,, queste fortificazioni erano tutte destinate alla difesa della val Bisagno, della vallata che da San Desiderio porta al mare e di tutte quelle vie di comunicazione che avrebbero consentito al nemico di scendere dalle alture di Sant'Olcese o Bargagli Bargagli.. Procedendo dalle prime alture di Quezzi, come primo forte si incontra quello omonimo al quartiere, quartiere, oggi fortemente diroccato, di proprietà di un privato e quindi non visitabile; continuando lungo la strada asfaltata, si giunge a Torre Quezzi una torre in laterizio di circa 17 metri di diametro ancora ben conservata ma priva dei solai interni un tempo esistenti. Sempre in direzione del levante cittadino, il fortilizio successivo che si incontra è il Forte Monteratti, Monteratti, una imponente struttura difensiva che si sviluppa lungo i quasi 260m del pianoro in cima all'altura di Monte Ratti. Il forte è ancora in buone conzioni, ma alcuni crolli non consentono una visita dettagliata della struttura, nel retro del forte si trova il terrapieno in cui erano posizionate le artiglierie, rivolte verso l'alta val Bisagno. Successivamente, passando per l'antica cava di pietra di Quezzi, si giunge a Forte Richelieu, Richelieu, dal nome del Maresciallo di Francia Louis Armand du Plessis de Richelieu, Richelieu , comandante dell'esercito francese in Liguria, ad oggi sede di ripetitori televisivi RAI e quindi non visitabile. Nella zona sono comunque presenti due batterie contraerei
risalenti al secondo conflitto mondiale, rispettivamente a nord e a sud del Forte Richelieu, visitabili anche se lasciate in uno stato di abbandono. Il tour dei forti di Genova si conclude a quota 150 m di altitudine, fra la collina di Pianderlino e quella di San Martino, Martino, con il Forte Santa Tecla, Tecla, edificato a partire dal 1747 sulla base di alcune strutture difensive (dette ridotte) poste a lato di una vecchia chiesetta che portava il medesimo nome. Oggi il Forte Santa Tecla, dopo due costosi restauri, è in buone condizioni, ma a causa di un'amministrazione sbagliata, il forte è chiuso ai visitatori anche se un'associazione di volontari della Protezione Civile lo mantiene in buono stato. Scendendo poi lungo il sentiero che conduce in città si trova l'ultimo forte, un tempo periferico alla città ma oggi inglobato nell'urbe cittadino, Forte San Martino,, oggi visitabile ma in cattivo stato di conservazione. La costruzione dei bastioni e del muro di cinta in terra fu Martino completata fra il 1815 ed il 1833 1833.. Genova portuale fortificata ieri e oggi Il particolare sistema orografico di Genova - che ne fa una città difficile da attraversare, da praticare - ha posto sempre dei problemi sul piano logistico, tanto in tempi di pace quanto di guerra. Sulle mura collinari che la cingono come un diadema - restituendole il caratteristico skyline che tanto suggestiona coloro che la avvicinano dal mare - si è combattuta la guerra di Liberazione. Liberazione. I partigiani tenevano come riferimento i contrafforti, spesso convertiti a batteria contraerea, per spingersi sino ai carrugi del centro storico e da qui all'intera zona dell'angiporto, ricca di docks e fabbriche (si pensi allo stabilimento Ansaldo di Sampierdarena Sampierdarena). ). Si è così in presenza di un altro sistema di fortificazioni con mura, postazioni, torri di guardia (su tutte la Lanterna simbolo cittadino) che riguarda da vicino - se non esclusivamente - la zona portuale. I bastioni - ancora ben visibili - fra Porta Siberia e il Mandraccio, accesso al Porto antico recentemente restaurato da Renzo Piano, Piano, furono scenario di scontri durante il secondo conflitto mondiale e obiettivo di pesanti bombardamenti aerei e dal mare (1941 ( 1941,, 1942 1942). ). Le vicine Mura della Malapaga erano state costruite intorno al 1550 con il probabile intervento dell'architetto Galeazzo Alessi. Alessi. Servivano a congiungere la Porta del Molo con il Casone della Malapaga costruita il secolo prima, proprio accanto al mercato generale del pesce, ove oggi sorge la Caserma della Guardia di Finanza a Piazza Cavour. Il Casone era adibito a prigione per i debitori inadempienti. Situate poco distanza dalle mura e dalla galleria delle Grazie - oggi transito della moderna metropolitana - furono fonte di ispirazione per l'omonimo film Premio Oscar del 1949 diretto da René Clément, con l'interpretazione di Jean Gabin. Gabin. Fortezza Genova (o, meglio, Fortress Genoa) è tornata a rivivere in anni ancor più recenti nei titoli dei mass media internazionali in occasione dei fatti di Genova, Genova, in occasione della riunione del G8 nel 2001 2001.. La zona rossa "edificata" con container e cancellate attorno alla zona del Palazzo Ducale (un tempo sede dei dogi del popolo), popolo), tesa a preservare il normale svolgimento dell'incontro degli otto grandi del mondo, è sembrata a molti osservatori un nuovo - e aggiornato - modello di fortificazione difensiva.
Il Forte Quezzi, Quezzi, a 285 m di altitudine, oggi diroccato, secondo talune fonti storiche, che sembrano rifarsi piuttosto ad una leggenda che non a darti certi, sarebbe stato costruito - nell'anno 1800 - in soli tre giorni e tre notti dalla stessa popolazione genovese che si servì di fascine, tronchi d'albero e seicento botti di terriccio. In realtà la sua edificazione ebbe inizio a metà del Settecento e la sua completa realizzazione ebbe termine soltanto un secolo dopo. A sovrastare la
struttura è l'alta Torre di Quezzi (17 metri di altezza per un diametro di 15) costruita in laterizio. Lungo quelli che sono i resti delle trincee austriache del Settecento si giunge al Forte Ratti (o Forte Monteratti, alt. 560 m), dalla mole imponente e composto da due ali divise da un corpo centrale. A fianco della fortezza, una cava si prolunga sul fianco orientale della montagna. Il luogo di questa struttura è un altro dei più importanti punti panoramici della città. Note
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
^ Vedere alla voce Erzelli#Fortificazioni degli Erzelli ^ Arte e cultura a Genova - Il sistema dei Forti in Sistema Turistico Locale Genovesato. URL consultato il 9-
3-2010. ^ a b R.Dellepiane, op. cit., p. 144 ^ a b R.Dellepiane, op. cit., p. 146 ^ S.Finauri, op. cit., pp. 19,20 ^ S.Finauri, op. cit., p. 19 ^ S.Finauri, op. cit., p. 25
^ SIC e ZPS in Liguria » Genova » Torre Quezzi in Rete Natura 2000 in Liguria ^ Stefano Finauri, Genova Fortificata, Macchione Editore, Varese Varese,, 2003 2003,, e, dello stesso autore, Le Fortificazioni nel Parco Urbano delle Mura, dispensa storica in concessione al Settore Gestione del Verde del
Comune di Genova, Genova, 1998
Bibliografia • • • • • •
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A.C. Clerici, La difesa costiera del golfo di Genova, su Uniformi e Armi, settembre 1994 Amelio Fara, La città da guerra , Einaudi, Torino, 1993 L.C. Forti, Fortificazioni e Ingegneri militari in Liguria (1684-1814), Genova, 1992 Comune di Genova, Il Parco Urbano delle Mura, itinerari storico - naturalistici, Genova, 1992 R. Fenoglio, La difesa di Genova nei secoli XVIII e XIX , su Forti di idee, Genova, 1991 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova Editrice Genovese, Genova 1984 (ristampato ( ristampato nel 2008, ISBN 978-88-88963-22-8) 978-88-88963-22-8) R. Finocchio, Fortificazioni campali e permanenti di Genova, Genova, 1983 P. Stringa, I Forti di Genova, volumi 24, 25, 26, Genova, 1976 L.C. Forti, Le fortificazioni di Genova, Genova, 1975 Mondani-Stringa, I castelli della Liguria / Architettura fortificata ligure, 2 volumi, 1973 Roberto Badino, I Forti di Genova, Genova 1969 F. Alizeri, Guida Illustrativa del Cittadino e del Forastiero per la città di Genova, Genova, 1875 P. Thiebault, Giornale delle operazioni militari dell'assedio e del blocco di Genova, Genova, 1800 Matteo Vinzoni, Il Dominio della Serenissima Repubblica di Genova in terraferma, 1773, originale conservato alla Biblioteca Civica Berio, Berio, edizione anastatica dell'Istituto Geografico De Agostini, 1959 1 959 C. Quarenghi, Ricerche storico-illustrate sulle fortificazioni di Genova e del Genovesato, Genova, Biblioteca Civica Berio P. Thiebault, Giornale delle operazioni militari dell'assedio e del blocco di Genova, Genova, Compagnia dei Librai, 2007. ISBN 978-88-88784-50-2
Per approfondire, vedi la voce Bibliografia su Genova . Voci correlate • • • • • • • • • • • • • • • • •
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Il Castellaccio Comune di Genova / Il Parco Urbano dei Forti Torri e fortificazioni costiere sul Mar Tirreno
Le mura cinquecentesche, cinquecentesche, le strette arcate e le rocche poste a difesa della Superba del Seicento (sulla destra dell'immagine si nota il varco portuale detto del Mandraccio accanto al monumentale bastione di Porta Siberia [=cibaria, dal nome dell'attiguo molo di carico delle derrate alimentari]) sono visibili nel presepe nel presepe della Madonnetta
Forte Santa Tecla Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate
44°24′45.89″N 8°58′37.69″E44.4127472°N 8°58′37.69″E44.4127472°N 8.9771361°E (Mappa Mappa))
8.9771361°ECoordinate: 8.9771361°ECoordinate:
44°24′45.89″N
Funzione strategica
Difesa della parte nord-est della città di Genova, controllando la valle di San Desiderio e il quartiere di San Martino
Termine funzione strategica
fine '800
Inizio costruzione
1747
Termine costruzione
1756,, altri lavori di ampliamento si ebbero tra il 1814 1756 1814--1830
Costruttore
Jacque de Sicre
Materiale
pietra
Condizione attuale
Restaurato
Proprietario attuale
Demanio comunale ma custodito dalla Protezione Civile
Visitabile
No, previo concessione
Presidio
Protezione Civile
Occupanti
Abitato dal secondo dopoguerra fino agli anni settanta
Eventi
Fu utilizzato dai rivoltosi durante i moti del 1849. 1849. Durante la Grande Guerra venne utilizzato come prigione per i coatti austriaci.
(161 s.l.m. s.l.m.)) sorge sul rilievo che domina San Martino, Martino, dove in tempi antichi si ergeva la chiesa di Santa Tecla, di cui si hanno notizie fin dal 1100 1100,, da cui prende il nome. Storia Nello spiano dove oggi sorge il Forte, esisteva una chiesetta omonima risalente al XI secolo e nell'anno 1339 appartenente al Doge Simon Boccanegra. Boccanegra. La costruzione del Forte vero e proprio fu pianificata dall'ingegner Jacques dall'ingegner Jacques De Sicre nell'ambito della più vasta opera di fortificazione della città di Genova Genova,, al di fuori della cinta muraria, muraria, in opposizione agli assedi austriaci, nel contesto della Guerra di successione austriaca che minacciava Genova. Così nel 1747 il De Sicre riferiva: "L'opera che si propone è un quadrato di trenta "toises" di poligono interno, difeso da due Forte Santa Tecla
fronti di opera a corno che sarà dalla parte verso i Camaldoli [...]; quest'opera secondo i miei calcoli che ho già presentato alla Ec. Giunta, potrà costare cento quattordicimila lire in moneta di Genova, con poca differenza" .[1]
La direzione dei lavori fu affidata al colonnello Giacomo De Cotte che aveva ricevuto dirette disposizioni dal De Sicre, ma il progetto presentò subito delle inadeguatezze, e nel 1748 lo stesso De Sicre presentò una nuova relazione cercando di superare le carenze della fortificazione, con l'intervento finanziario di 65.000 Lire genovesi. genovesi. L'attenzione verso Forte Santa Tecla si ripropose intorno al 1756 quando, sempre De Sicre, presentò un progetto di ampliamento con l'aggiunta di una ridotta casamattata a due piani, una polveriera, un rivellino rivellino,, terrapieni terrapieni,, e cammini coperti da integrare nel Forte. Ma il Magistrato delle Fortificazioni ritennero onerosi e inutili i lavori, quindi il progetto non fu approvato. Durante il 1800,, il Forte era uno dei contrafforti a difesa del settore orientale della città, perché utile alla difesa del perimetro di 1800 Albaro,, del quartiere di San Martino, Albaro Martino, della Madonna del Monte e perché ben collegato al Forte Richelieu. Richelieu. Altre opere di rafforzamento si ebbero nel 1814 1814,, per mano del Corpo Reale del Genio Sardo, Sardo, furono sopraelevati i due semibastioni settentrionali e fu posto all'ingresso lo stemma sabaudo. Un'altra tranche di lavori iniziò nel 1830 1830,, durante i quali la copertura a terrazza della caserma interna fu trasformata in copertura a falde, generando un altro piano fruibile.[2] Dopo 3 anni i lavori finirono e la fortificazione fu ultimata, e resa operativa nella difesa del levante cittadino. Nel 1849 durante i moti popolari il Forte fu occupato, come il vicino Forte Richelieu, da insorti e senza colpo ferire fu riconquistata dalle Regie truppe in pochi giorni, come tra l'altro avvenne per Forte Richelieu. Storia recente La fortificazione fu poi utilizzata occasionalmente da reparti militari fino alla prima metà del '900, durante la Grande Guerra i locali del Forte furono adibiti a carceri per prigionieri austriaci.[3] Abitata da una famiglia fino agli anni settanta, nel 1982 iniziarono i lavori di restauro, per rendere il sito una sede alle iniziative culturali del quartiere di San Fruttuoso. Fruttuoso. Completati i quali, il Forte è stato chiuso nell'attesa di una destinazione che ancora oggi le amministrazioni, per i soliti problemi burocratici e di incompetenza, non hanno pianificato. Intanto atti di vandalismo hanno vanificato i lavori incendiando il tetto della caserma e deturpando l'interno. Altri lavori di risanamento sono
quindi iniziati coinvolgendo volontari della Protezione Civile, Civile, che ancora oggi custodiscono l'interno e l'esterno dell'opera. Struttura Entrando ci troviamo in un cortiletto interno che separa in due l'opera dividendo la caserma dalla cortina meridionale. La caserma è suddivisa in tre piani, al piano terra si trovano le cucine, gli uffici del sottoufficiale e il corpo di Guardia. Guardia. Al piano superiore si trovano gli alloggi per i graduati, e un passaggio alle mura e ai bastioni ai bastioni meridionali adibiti a magazzini. Il terzo piano infine è adibito ad alloggi per la truppa, da cui si può accedere alla copertura di uno dei due bastioni rivolti a settentrione, da dove si discende verso il cortile utilizzato come piazza come piazza d'Armi. d'Armi . Come arrivare A piedi è raggiungibile scendendo dal sovrastante Forte Richelieu, Richelieu, in meno di mezz'ora di cammino non impegnativo, su un sentiero che parte da Colle della Calcinara e collega tutti i Forti di levante della città.[4] Con mezzo privato, percorrendo via Donghi, poi via Berghini e salendo in via Forte di Santa Tecla fino ad un piccolo spiazzo sterrato che conduce all'ingresso raggiungibile solo a piedi. Con il mezzo pubblico invece si prende la linea 67 AMT che parte da Piazza Martinez. Martinez. Note
1. 2. 3. 4.
^ Renato Dellepiane - Mura e Forti di genova ^ Stefano Finauri - Forti di Genova ^ Foto di inizio secolo ^ Forte Quezzi, Quezzi, Torre Quezzi, Quezzi, Forte Monteratti, Monteratti, Forte Richelieu, Richelieu, Forte Santa Tecla, Forte San Martino Bibliografia Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2002. Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima • •
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edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storiconaturalistici, Sagep, 1994
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Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova Storia del Forte Quezzi Vista dal satellite del Forte
Ingresso del Forte
Targa d'ingresso al Forte Santa Tecla con lo stemma sabaudo
Forte Santa Tecla visto da nord
Forte Monteratti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Stato
Stato attuale Regione
Città Coordinate
Regno di Sardegna, Sardegna, Ducato di Genova Italia Liguria Genova Coordinate:: 44°26′04.29″N 8°59′53.13″E44.434525°N 8.9980917°ECoordinate 44°26′04.29″N 8°59′53.13″E44.434525°N 8.9980917°E (Mappa Mappa))
Funzione strategica
Difesa della val Bisagno da eventuali attacchi a nord-est della città
Termine funzione strategica
1849
Inizio costruzione
1831
Termine costruzione
1842
Materiale Condizione Condizione attuale Proprietario attuale Visitabile Eventi
Pietra Completamente Completamente abbandonato Demanio del Comune di Genova con molta cautela Fu utilizzato dai rivoltosi durante i moti del 1849. 1849. Durante la Grande Guerra venne utilizzato come prigione per i coatti austriaci. Successivamente fu utilizzato come base per una batteria contraerea durante la seconda guerra mondiale. mondiale.
Il Forte Monteratti o Forte Ratti (560 s.l.m. s.l.m.)) è una caserma militare di Genova edificata tra il 1831 e il 1842 dal Governo Sabaudo per difendere appunto il rilievo "Monte Ratti" sulle alture di Quezzi Quezzi,, da eventuali assedi del nemico che avrebbe potuto, da lì, dirigendosi indisturbato verso Sturla Sturla,, Albaro e San Martino (all'epoca piccoli borghi), da cui puntare verso il capoluogo. Storia Nel giugno del 1747 Genova fu assediata dagli austriaci, che conquistarono e occuparono il Monte Ratti nonostante la rapida costruzione di ridotte e accampamenti a difesa del rilievo. Riconquistata la posizione dai genovesi il mese successivo, per sollecitazioni del Duca di Bissj e poi del Duca di Richelieu, Richelieu, fu approvata la delibera per la costruzione di opere campali al monte Ratti affidata all'impresario De Ferrari. Monte Ratti fu al centro di un altro assedio nel 1800 1800,, sempre da parte dell'esercito austriaco, che conquistò facilmente la ridotta ridotta,, poi riconquistata il 30 aprile dai francesi (che allora estendevano il loro dominio anche sulla città di Genova), che costrinsero alla resa un battaglione di 450 austriaci.[1] Nel 1819 1819,, dopo l'annessione della Liguria al Regno Sabaudo, Sabaudo, fu decisa per la difesa del monte con la costruzione di due torri difensive a pianta circolare; entrambe non furono terminate anche se i loro resti sono ancora ben visibili. Lungo il crinale a est del Monte si vedono i resti della Torre Serralunga, Serralunga, che si affaccia verso il quartiere di Sant'Eusebio Sant'Eusebio,, l'altra invece, chiamata Montelongone, si affaccia sull'enorme conca prodotta dai lavori della cava a sinistra del forte. Una terza torre, denominata Torre Monteratti, Monteratti, fu invece costruita nel 1826 1826.. Identica nella struttura alla Torre Quezzi, Quezzi, era situata in cima al rilievo, su una spianata di circa 250 m lungo il crinale del monte. Tra il 1831 e il 1842 vennero gettate le basi per la costruzione di una snella caserma che si estendesse per quasi tutti i 250 m
di lunghezza dello spiano sovrastante l'abitato di Quezzi Quezzi.. Fu realizzato quindi il Forte Monteratti, che nella sua costruzione inglobò la pre-esistente torre, divenuta parte integrante della struttura difensiva. Per la sua costruzione delle due ali ci fu il finanziamento privato della famiglia dei nobili Durazzo Durazzo,, proprietaria anche dei terreni circostanti. La facciata del forte è diretta verso la città mentre sul retro erano collocate le artiglierie puntate verso l'alta val Bisagno, Bisagno, tra le zone di San Gottardo e Prato a difesa di eventuali incursioni a nord appunto attraverso la valle anzidetta. Nel 1849 il forte fu presidiato da alcuni militi della Guardia Nazionale,durante Nazionale,durante i moti del '49, che l'abbandonarono ben presto con l'avanzare delle truppe regie. La strada militare ottocentesca mantiene l'originario acciottolato e conduceva all'ingresso orientale del forte, anticamente protetto da un ponte un ponte levatoio, levatoio, su cui ancora è possibile leggere la targa in marmo che indica il nome della fortificazione. [2] Storia recente Durante la Grande Guerra il Forte fu usato come prigione per i coatti austriaci . Tra il 1935 ed il 1938 il forte subì dei rimaneggiamenti e vi fu installata una postazione contraerea: contraerea: la torre fu demolita perché impediva la visuale alle batterie antiaeree; durante il secondo conflitto mondiale questa postazione contraerea fu utilizzata prima dal Regio Esercito e dopo l'8 l'8 settembre 1943, 1943, da reparti della Wehrmacht Wehrmacht.. Oggi il complesso è in totale abbandono [3] e presenta molti punti pericolanti: per questo pur essendo liberamente accessibile è pericoloso addentrarsi all'interno della struttura. La posizione è ideale per scampagnate e percorsi da trekking trekking,, seguendo la strada militare ed i sentieri che collegano tra loro, nell'ordine, Forte Quezzi, Quezzi, Torre Quezzi, Quezzi, Forte Monteratti, Forte Richelieu e il Forte Santa Tecla e scendendo in città il Forte San Martino per finire con il Forte San Giuliano, Giuliano, l'unico che, pur ampiamente rimaneggiato, è ancora utilizzato dalle Forze armate italiane, italiane, come sede del Comando Provinciale di Genova dell'Arma dell' Arma dei [4] Carabinieri . Struttura Volumetricamente il Forte ha uno sviluppo lineare, il bastione centrale a pianta rettangolare che divide in due ali il Forte era adibito ai servizi, le cucine, la lavanderia e le latrine, ma in caso di necessità, dalle sue feritoie era ala di ponente era adibita con possibile battere il fondo valle e operare la difesa ravvicinata dell'accesso orientale. L'ala celle di prigionia, mentre nell'ala sinistra a levante, vi erano i magazzini destinati all'approvvigionamento di proietti d'artiglieria, ed era protetta da un baluardo alla sua estremità; mentre i piani superiori erano adibiti a camerata per le truppe e i sottufficiali sottufficiali,, infine nel vano centrale c'era anche una scala che conduceva al secondo e terzo piano usato come alloggi per gli ufficiali. Note
1. 2. 3. 4.
^ Renato Dellepiane, "Mura e fortificazioni di Genova" ^ Vedi una rara lettera di un prigioniero austriaco rinchiuso nel Forte ^ Video che presenta lo stato attuale del forte ^ Vedi una cartina con la posizione dei forti genovsi Bibliografia Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2002. Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima • •
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edizione 1984]. Voci correlate [Forti di Genova Fortificazioni Quezzi Val Bisagno Fortificazioni alla moderna Altri progettiWikimedia progettiWikimedia Commons contiene file multimediali su Forte Monteratti Itinerari escursionistici che comprendono Forte Ratti Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova •
La targa in marmo all'ingresso
L'interno del Forte Vista lungo il prospetto di Forte Monteratti
Forte Quezzi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate:: Coordinate
44°25′36.09″N 8°57′48.89″E44.4266917°N 8.9635806°E (Mappa Mappa))
Città
Genova - Sant'Olcese
Coordinate
44°25′36.09″N 8°57′48.89″E44.4266917°N 8°57′48.89″E44.4266917°N 8.9635806°E
8.9635806°ECoordinate: 8.9635806°ECoordinate:
44°25′36.09″N
Tipologia
Forte
Primo proprietario
Regno di Sardegna
Funzione strategica
Difesa del fronte nord cittadino
Termine funzione strategica
1830
Inizio costruzione
1747
Termine costruzione
1800
Costruttore
Jacque de Sicre
Materiale
Pietra
Armamento
5 grandi obici posizionati verso nord, 2 cannoncini a difesa dell'ingresso
Demolizione
Durante la seconda guerra mondiale il primo piano fu demolito per far posto ad alcune postazioni di artiglieria contraerea
Condizione attuale
Abbandonato, utilizzato per ricovero greggi
Proprietario attuale
Demanio del Comune di Genova
Visitabile
non visitabile
(285 s.l.m. s.l.m.)) è un forte di Genova Genova,, situato sulla sommità del Colle della Calcinara, Calcinara, che domina parte della val Bisagno e quella di Quezzi Quezzi.. È prossimo ad un altro forte che fa parte del gruppo di fortificazioni collinari genovesi (vedi mura di Genova): Genova): Forte Monteratti. Monteratti. Storia L' ideazione di un forte sulle alture orientali del Bisagno avvenne intorno al 1747 1747,, quando la città di Genova l'anno prima fu minacciata dall'avanzata dell'esercito austro-piemontese arrivato ad assediare le alture del vicino monte Ratti, sopra l'abitato di Quezzi. Il 27 agosto, agosto, il Primo Ingegnere dell'esercito dell'Infante di Spagna, Jacque de Sicre, Sicre, poteva annunciare alla Giunta della Difesa l'inizio dei lavori alla ridotta di Quezzi e ai Camaldoli Camaldoli.. Tuttavia le opere, che con l'edificazione di Forte Santa Tecla e Forte Richelieu avrebbero potuto rappresentare un formidabile sistema difensivo, a causa di alcuni problemi di progettazione, e per mancanza di fondi, non furono portate a termine. Abbandonata e incompiuta, l'opera nelle operazioni di assedio del 1800 1800,, era allo stato di rudere. Ma il Generale Andrea Massena incaricato della difesa di Genova, resosi conto dell'importanza strategica che l'opera fortificata poteva avere, ne ordinò immediatamente il ripristino dei lavori. Così nonostante l'esecuzione dei lavori fosse ritenuta dai tecnici quasi impossibile a causa di carenza di materiali e manodopera manodopera.. Ma secondo testimoni dell' epoca, il Forte fu costruito in tre giorni e tre notti: « vi si adoperarono 5 in 600 botti ripiene di terra, se ne fecero scarpe alte da 20 a 25 piedi; se ne formarono i merli [...] e i parapetti [...] e perché malgrado le precauzioni di collocare le botti quanto più possibile l'una perpendicolare all'altra [...], molte parti potevano lasciare l'idea di scalata aggrappandosi di botte in botte, fu costruito avanti di questa scarpa et in forma di fasciatura un muro di pietre a secco dell' altezza della scarpa. [...] Questi travagli, che dovevano durare almeno tre mesi, furono fatti in tre giorni e tre notti. Vi travagliarono con indicibile zelo, i generali, gli ufficiali, e i soldati. [...] e il nemico fu così sconcertato dalla subita e inaspettata i naspettata uscita di quelle fortificazioni, che non più ardì attaccare quel Forte nè in tempo della sua costruzione, nè dopo. » (Riccardo Dellepiane, "Mura e Forti di Genova") Nel 1809 in piena epoca Napoleonica, grazie a fondi francesi, furono supportate migliorie al forte [1], ad opera del Corpo Imperiale del Genio Napoleonico, Napoleonico, che compresero il rifacimento in pietra del recinto bastionato, e la realizzazione della Forte Quezzi
caserma a due piani, con soprastante terrazza. Dopo l'annessione di Genova al Regno di Sardegna nel 1814 1814,, l'apposita commissione del Genio militare sabaudo, sabaudo, riconoscendo l'importanza strategica della posizione, dispose per alcune migliorie all'opera non di grosso valore. L'obiettivo era quello di impedire al nemico di inoltrarsi nella valle del Bisagno, per questo scopo il forte fu armato con "due cannoni da 16 pollici, e tre obici lunghi". La caserma poteva ospitare 70 uomini, più altri 105 da collocare "paglia a terra"(Stefano Finauri, "Forti di Genova") Una relazione militare del 1830 analizzò la condizione del Forte, che venne considerato di scarsa importanza, in quanto in "cattivo stato", e in quanto "la sua posizione non pare essere di grande utilità nella difesa; converrà lasciarlo cadere, e perciò non si faranno più riparazioni." Il 14 luglio 1857 alcuni rivoltosi seguaci di Mazzini Mazzini,, tentarono con un colpo di mano di impadronirsi del Forte, fallendo. Una relazione militare del 1875 definisce il Forte "di poco valore". Storia recente Abbandonato, nel 1914 il forte Quezzi fu successivamente dato in concessione ad alcuni privati. L'ennesima relazione datata 1936 ci fa conoscere lo stato del Forte, le strutture sono fatiscenti, il ponte il ponte levatoio manca, i serramenti sono totalmente mancanti, le scale interne sono spesso prive di gradini, pavimenti crollati, infiltrazioni d'acqua dalla terrazza. Durante la Seconda guerra mondiale il primo piano fu demolito per far posto ad alcune postazioni di artiglieria contraerea contraerea,, armate con sei cannoni da 76/45; che insieme ad altre postazioni lungo il crinale sul versante dell'abitato di Quezzi erano parte della difesa contraerea della città. Al termine del conflitto il forte fu completamente abbandonato, e depredato di ogni cosa, oggi è un cumulo di rovine lasciate a sé stesso, con mura crollate, rimaste riconoscibili solo quelle perimetrali, e fa da ricovero per greggi per greggi.. Struttura L'entrata principale che dà verso la val Bisagno, Bisagno, era protetta da un ponte levatoio oggi irriconoscibile, sormontato da uno stemma Sabaudo, nell'androne d'ingresso c'erano i locali per il corpo di guardia, mentre a destra di questo, una scalinata sale verso il piazzale interno. Su di questo si affacciava la caserma a due piani, oggi riconoscibile solo per i muri perimetrali del piano terra, ripieni di terra e detriti. Come arrivare Dominante la valle di Quezzi e il quartiere di Marassi Marassi,, il Forte Quezzi è raggiungibile in automobile dal quartiere del Biscione lungo una vecchia strada militare oggi asfaltata che poco prima di arrivare al quartiere del Biscione sale sulla destra immergendosi in una pineta. Imbocco raggiungibile anche con la linea di autobus 356 di AMT.. A piedi dal quartiere di Quezzi o da Sant'Eusebio lungo la strada poderale denominata alla chiesa di AMT Sant'Eusebio. Note ^ Jean Borel, Gènes sous/Napoleon, Parigi, 1929. Bibliografia • •
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Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storico-
naturalistici Voci correlate
Forti di Genova Quezzi Val Bisagno Fortificazioni alla moderna Torre Quezzi Collegamenti esterni Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova Storia del Forte Quezzi • • • • •
Forte Richelieu Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate
44°25′16.61″N 8°59′29.46″E44.4212806°N 8.9915167°ECoordinate: 8.9915167°ECoordinate: 8°59′29.46″E44.4212806°N 8.9915167°E (Mappa Mappa))
44°25′16.61″N
Utilizzatore
Repubblica di Genova
Funzione strategica
Difesa della parte nord-est della città di Genova, controllando la valle di San Desiderio e il quartiere di San Martino
Termine funzione strategica
fine '800
Inizio costruzione
1747
Termine costruzione
1809
Costruttore
Jacque de Sicre
Materiale
pietra
Armamento
7 cannoni da 16 pollici 1 cannone campale da 8 pollici 5 obici lunghi 8 cannoncini[1] poteva ospitare circa ottanta soldati
Condizione attuale
Utilizzato dalla RAI come postazione per un ripetitore
Proprietario attuale
Demanio comunale in concessione alla RAI
Visitabile
No
Eventi
Fu utilizzato dai rivoltosi durante i moti del 1849. 1849. Durante la Grande Guerra venne utilizzato come prigione per i coatti austriaci. Successivamente fu utilizzato come base per una batteria contraerea durante la seconda guerra mondiale. mondiale.
Il Forte Richelieu (415 s.l.m. s.l.m.), ), è un forte posto sulla collina dei Camaldoli Camaldoli,, spartiacque tra la valle di Quezzi e quella del torrente Sturla Sturla;; con il Forte Monteratti a nord, il Forte Quezzi a ponente e il Forte Santa Tecla a sud-ovest, forma un efficace settore difensivo a protezione del nord-est della città di Genova Genova.. Storia Genova che a metà del XVIII secolo era minacciata dagli austro-piemontesi belligeranti con Francia e Spagna e interessati agli sbocchi liguri sul mare, aderì al Trattato di Aranjuez con Francia Francia,, Spagna e Regno di Napoli. Napoli. Il sito dove sorge il forte, un tempo chiamato "Menegu", fu preso in considerazione dalla Giunta della Guerra nel 1747 e affidato all'ingegnere dell'esercito di Spagna Jacque de Sicre. Sicre.[2] Il 16 novembre dello stesso anno i lavori iniziarono, e per decreto il ridotto fu intitolato al Maresciallo Armand du Plessis de Richelieu e assunse il nome di "Forte Richelieu". Il sito, che rivelò la sua importanza strategica durante l'assedio austriaco del 1747 1747,, fu quindi dotato di una fortificazione bastionata a pianta rettangolare in cui collocare delle artiglierie artiglierie.. I disegni originali prevedevano una muratura a "coda di rondine" sul retro, e due imponenti bastioni sul fronte d'ingresso. L'opera nonostante le successive modifiche mantiene ancora oggi queste caratteristiche. Nel 1799 dei lavori videro l'aumento in altezza del recinto bastionato, fino a 6 metri circa, e la costruzione all'interno di due piccoli fabbricati con tetto in legno, uno collocato al centro della piazza della piazza d'Armi utilizzato come alloggio della guarnigione; e l'altro collocato nel bastione nel bastione di ponente, utilizzato come polveriera come polveriera.. Nel 1809,, in pieno dominio francese 1809 francese,, il complesso subì l'ampliamento del perimetro in larghezza, con la ricostruzione delle cortine laterali, il rialzo di tutta la cinta bastionata e l'ampliamento del bastione di ponente con la ricostruzione della cortina di collegamento con l'altro bastione. Se il Forte Monteratti fosse stato occupato dall'esercito nemico, il Forte Richelieu avrebbe rappresentato un forte baluardo per impedirgli la discesa nella città. Per questo motivo il nuovo dominatore dopo la caduta dell'Impero dell'Impero Napoleonico, Napoleonico, cioè il Regno di Sardegna, Sardegna, decise un nuovo ampliamento e perfezionamento del Forte tra il 1815 e il 1827 1827.. Lavori che videro il posizionamento di tetti a falde sui bastioni d'ingresso, e la costruzione di una caserma a due piani all'interno del Forte, contemporaneamente alla demolizione dei fabbricati di fine '700 '700,, e sul portone d'ingresso fu affissa la targa in marmo con il nome del forte (targhe simili sono presenti anche al Forte Monteratti ed al Forte Santa Tecla), Tecla), e lo stemma del Governo Sabaudo (distrutto da un atto vandalico nel 1987 1987). ). A metà '800 il forte fu armato con sette cannoni da 16 pollici, un cannone "campale" da 8, cinque obici lunghi ed otto cannoncini, e poteva ospitare circa ottanta soldati.[3] Nel 1849 durante i fervori dei moti
rivoluzionari, il forte era occupato da 16 militi della Guardia Nazionale che presidiarono da soli la fortezza; "[...] durarono fermi all'attacco, finché fatto vano il loro valore, chiesero una onorevolissima capitolazione, e poterono uscire a tamburo battente con ogni onor militare" Storia recente Negli ultimi anni dell'800 l'opera fu rinforzata con due batterie due batterie,, denominate Batteria nord Richelieu e Batteria sud Richelieu. La prima si trova sul crinale alle spalle del Forte, armata con cannoni da 14 GRC (Ret) rivolti
in direzione Monte Fasce, Fasce, originariamente con struttura in mattoni, poi modificate con cemento armato durante la seconda guerra mondiale. mondiale. Anche la batteria sud puntava verso il Monte Fasce, Fasce, e fu anch'essa riadattata durante la guerra a postazione di contraerea con quattro cannoni, e vi fu realizzata una palazzina di comando ancora presente. Oggi queste batterie sono molto deteriorate e lasciate al degrado ma ancora molto affascinanti, in attesa di una qualche opera di recupero del comune, che dovrebbe interessare il recupero del grande patrimonio fortificato della città, che oggi è quasi totalmente lasciato all'azione del tempo e dei vandali. Nei primi del '900 l'opera fu presidiata da un distaccamento di fanteria[4], e durante la Grande Guerra utilizzata, analogamente ai forti vicini, come carcere per i prigionieri di guerra austriaci. Dal 1959 l'accesso è precluso al pubblico in quanto fu installato al suo interno un ripetitore RAI tutt'oggi ancora presente ed operativo. Struttura L'ingresso inizialmente accessibile da un ponte un ponte levatoio, levatoio, porta ad un cortile centrale, (oggi in parte occupato dal prefabbricato del ripetitore), in cui si affaccia la caserma a due piani. Il primo piano adibito a magazzino e il secondo a camerate per i soldati. Ai lati del cortile, tramite camminamenti coperti, ci si dirige all'interno dei due bastioni, anticamente adibiti a magazzini. Sul lato che guarda al Forte Monteratti, Monteratti, è presente un terrapieno anticamente predisposto per una batteria che puntava proprio verso il Forte citato, raggiungibile da due scalinate che partono dal retro della caserma. Oggi il Forte è abbastanza ben conservato, anche a causa della non libera accessibilità interna, che risente solo dell'azione del tempo e non di atti vandalici; l'esterno è ancora solido, e l'interno molto ben conservato, presenta ancora intonaci originali e scritte risalenti r isalenti alle vicende che coinvolsero il Forte nella sua storia. [5] Come arrivare A piedi è raggiungibile dalla strada militare che discende dal Forte Monteratti , oppure da quella che costeggia la valle e che parte da via Leamara a Quezzi Quezzi.. In alternativa, può essere raggiunto da un sentiero che parte da via Nicolò Copernico dal quartiere San Martino e sale lungo il crinale che collega il Forte al quartiere, percorribile anche in mountain bike[6] . Con l'automobile, o con il mezzo pubblico (linea 67 AMT AMT), ), si raggiunge località Camaldoli e quindi una quindicina di minuti a piedi verso il forte. Note
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^ a metà '800 ^ "Mura e fortificazioni di Genova" - Riccardo Dellepiane ^ "Forti di Genova" - Stefano Finauri ^ Foto di inizio '900 ^ Sentiero dai Camaldoli al Monteratti via Richelieu ^ Percorso in mountain bike dal Richelieu Bibliografia Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2002. Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima • •
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edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storiconaturalistici, Sagep, 1994 Altri progetti Wikimedia Commons contiene file multimediali su Forte Richelieu] Collegamenti esterni Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova Forte Richelieu Foto di inizio '900 • •
Il Forte Richelieu visto dal Monte Fasce; Fasce; a sinistra la Torre Quezzi, Quezzi, sullo sfondo i forti Puin e Fratello Minore posti a presidio della dorsale tra la Val Polcevera e la Val Bisagno
Targa d'ingresso al Forte Richelieu
Forte Belvedere (Genova) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate
44°25′05.79″N 8°53′26.68″E44.418275°N 8°53′26.68″E44.418275°N 8.8907444°E (Mappa Mappa))
8.8907444°ECoordinate: 8.8907444°ECoordinate:
44°25′05.79″N
Funzione strategica
Caposaldo integrato nel sistema difensivo delle Mura di Genova
Termine funzione strategica
metà '800 - post seconda guerra mondiale dopo i lavori del 1889
Inizio costruzione
1817 - lavori cambio destinazione nel 1889
Materiale
pietra
Armamento
2 cannoni da 16 pollici GR (Ret) 1 cannone campale da 8 pollici 4 obici da 15 GR (Ret) 4 obici da 24 GRC (Ret) 2 mitragliatrici 6 obici da 28 GRC (Ret)
Demolizione
Demolizione della torre durante i lavori del 1889
Condizione attuale
abbandonato
Proprietario attuale
Demanio comunale
Visitabile
con cautela
Eventi
Nel 1889, in base alla perdita di valore strategico delle Mura e quindi dei relarivi forti, il Belvedere fu ristrutturato divenendo una batteria costiera fino al 1914 Durante il ventennio fascista il forte fu utilizzato come carcere per i dissidenti
Note
[1]
(215 s.l.m. s.l.m.)) è un'opera fortificata, oggi praticamente distrutta, che faceva parte delle fortificazioni difensive distaccate di Genova Genova,, situata sulla collina omonima omonima,, sulle alture di Sampierdarena Sampierdarena.. Storia La posizione di Belvedere, già munita nel XIV secolo durante le lotte fra Guelfi e Ghibellini Ghibellini,, ebbe importanza difensiva nell'aprile 1507 al calare dell'esercito di Luigi XII che pose la val Polcevera a ferro e fuoco. Importanza strategica, questo sito, la dimostrò anche nell'assedio del 1747 1747,, dove la sistemazione di due ridotte con pezzi d'artiglieria, e un trinceramento di collegamento con il convento dei Padri Agostiniani (che successivamente diventerà il sito del Forte Crocetta), Crocetta), bastarono a resistere all'urto dell'attacco austriaco. Attacco che l'ingegner Jacques de Sicre contrastò con uno sbarramento d'artiglieria fuoco contro fuoco con quello della batteria di Coronata Coronata,, piazzata sul versante opposto della val Polcevera, tenuta dagli austro-piemontesi. Per tutto il Settecento non si ritenne necessario rinforzare le difese di Belvedere, preferendo affidare la maggior parte del ruolo difensivo al Forte Tenaglia, Tenaglia, più elevato e integrato con la cinta muraria.[2] Ma la posizione fortificata del Belvedere dimostrò la sua utilità il 22 aprile 1800 1800,, quando due battaglioni francesi mossero per attaccare la colonna austriaca del Reggimento "Nadascki", le cui avanguardie si erano spinte fino a raggiungere il ponte il ponte levatoio della Lanterna Lanterna..[3] Riconosciuto come caposaldo della cinta esterna alle mura urbane in epoca Napoleonica anche Belvedere venne munito di una fortificazione, inizialmente una torre a pianta trapezoidale; poi nel 1815 dopo la caduta dell'Impero dell'Impero Napoleonico, Napoleonico, e l'annessione della Liguria al Regno Sabaudo[4], fu iniziata la costruzione di un forte dalla pianta pentagonale, attorniato da un fossato con un baluardo proteso verso il quartiere di Certosa e con un altro rivolto verso Sampierdarena Sampierdarena..[3] Nel 1817 si progettò di realizzare una nuova fortificazione, predominante sul vecchio forte, che dovrà essere quindi un'opera secondaria dipendente dal "Forte che si dovrà erigere sul piano superiore del colle [...] quantunque vivamente richiamata dalle esigenze della difesa della piazza" .[5] La costruzione delle nuove strutture militari avrebbe comportato la demolizione di numerose case e del santuario di Belvedere, scontrandosi con la decisa opposizione della popolazione, per cui il progetto fu abbandonato. Nella seconda metà dell'800, il Forte perse valore strategico, in concomitanza con la perdita di rilevanza delle stesse "Mura "Mura Nuove": Nuove": l'ipotetico nemico ora era la Francia Francia,, molto temibile via mare, e le moderne artiglierie avevano reso obsoleti i sistemi difensivi cittadini. Ora gli obiettivi da difendere erano le coste e di conseguenza la maggior parte degli sforzi fu diretto al miglioramento delle batterie delle batterie costiere e dei forti capaci di un tiro potente e preciso verso mare. Il Forte Belvedere, come molti altri forti genovesi, divenne un'opera inutile, per di più facile bersaglio per le artiglierie ar tiglierie a causa del suo profilo emergente dalle mura. Storia recente Nel 1889 il Forte fu pesantemente modificato, demolendo la torre, e realizzando un piazzale e dieci casematte interrate, anche il nome cambiò in "Forte e Batteria Inferiore di Belvedere", l'unico resto del Forte originario Forte Belvedere
era il baluardo "Lunetta". Ora il Forte era adibito alla difesa del porto, e armato con due cannoni da 16 pollici GR (Ret), quattro obici da 15 GR (Ret), e due mitragliatrici mitragliatrici,, poi nel nuovo piazzale sei obici da 28 GRC (Ret). Inoltre davanti al santuario fu realizzata una piccola fortificazione con 4 obici da 24 GRC (Ret). Nel 1914 1914,, in seguito alla dichiarazione di Genova "città aperta", le strutture militari furono dismesse e i pezzi d'artiglieria inviati al fronte. Durante il Ventennio Fascista i locali del forte furono utilizzati come "camere di punizione", come testimoniano le scritte e i disegni dei prigionieri. Durante la seconda guerra mondiale, mondiale, il forte fu armato nuovamente, con quattro cannoni contraerei da 76/45,, poi nel 1943 il complesso fu occupato dai tedeschi che lo tennero fino alla conclusione del conflitto. Negli anni 76/45 settanta, davanti alle riservette fu realizzato il campo sportivo "M. Morgavi"[6] , oggi della fortificazione ottocentesca rimane poco: i locali delle riservette riservette,, alcuni camminamenti, i segni dei binari per il trasporto dei proietti, alcune feritoie e il terrapieno della "Lunetta" e la "Freccia" sono ormai le uniche e pericolanti testimonianze del forte. Struttura Nonostante le varie modifiche durante gli anni e le dominazioni, la struttura principale di epoca Sabauda, era costituita da una grossa pianta pentagonale cinta da un terrapieno denominato "Lunetta", con due baluardi che si distaccavano verco la val Polcevera e verso Certosa Certosa.. Centralmente il Forte era dominato da una costruzione trapezoidale (costruita nei primi dell'Ottocento poi inglobata all'interno), a due piani per gli alloggi per 40 soldati (120 "paglia a terra"). Come arrivare Da nord seguendo il sentiero che scende dal crinale che parte da Forte Sperone, Sperone, prima si incontra Forte Tenaglia poi il Forte Crocetta quindi il Forte Belvedere quando ormai si è entrati nell'abitato di Sampierdarena Sampierdarena.. In macchina, da via Antonio Cantore, si sale sulla destra lungo via Salita del Belvedere, e poi salita G.B.Millelire, che conduce davanti al cancello d'ingresso del Forte.[7] In autobus grazie alla linea 59 AMT che ci lascia nelle vicinanze. Note
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l'armamento di cui fu dotato il forte in seguito ai lavori del 1889 che trasformarono il forte in una batteria una batteria a difesa del porto del porto di Genova ^ Roberto Badino - Forti di Genova a b ^ Renato Dellepiane - Mura e Forti di Genova ^ Citazioni sulla storia ottocentesca e oltre ^ Stefano Finauri - Forti di Genova ^ breve storia odierna ^ Mappa dei Forti di Ponente ^
Bibliografia
Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storicoSagep,, Genova 1994 naturalistici, Sagep Collegamenti esterni [modifica modifica]] Forte Belvedere sul sito www.fortidigenova.com Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova Trekking urbano per i Forti di genova (CAI sez. Genova) • •
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Veduta della collina di Belvedere con il forte come co me si presenta attualmente
Forte Diamante Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate
44°27′40.41″N 8°56′22.12″E44.461225°N 8.9394778°ECoordinate: 8.9394778°ECoordinate: 8°56′22.12″E44.461225°N 8.9394778°E (Mappa Mappa))
44°27′40.41″N
Funzione strategica
Difesa del fronte nord cittadino
Termine funzione strategica
1914
Inizio costruzione
1756
Termine costruzione
1758
Costruttore
Robert de Cotte
Materiale
Pietra
Armamento
5 grandi obici posizionati verso nord, 2 cannoncini a difesa dell'ingresso
Condizione attuale
Abbandonato dopo alcuni interventi di restauro
Proprietario attuale
Demanio del Comune di Genova
Visitabile
non visitabile
Azioni di guerra
assedio del 1800
Forte Diamante (624 s.l.m. s.l.m.), ), posizionato sulle alture tra la Val Polcevera e la Val Bisagno[1], prende il nome dal monte
su cui è stato eretto tra il 1756 e il 1758 su proposta dell'ingegnere dell'ingegnere Jacques De Sicre, Sicre, come posizione avanzata per controllare le mosse del nemico nelle valli sottostanti. Storia Documenti che indicano la presenza in vetta al Monte Diamante, di antiche posizioni militari si hanno fin dal 1395 con la "Bastia del Pino", di cui non si ebbero però più notizie. La postazione tornò alla ribalta durante l'assedio austriaco del 1747 1747,, quando fu costruita una piccola ridotta palizzata a forma di stella per sorvegliare le valli da eventuali incursione austriache. Nel 1756 1756,, il Magistrato delle Fortificazioni della Repubblica Repubblica,, su incoraggiamento del Marchese Giacomo Filippo Durazzo, Durazzo, chiesero all'Ingegnere dell'Infante dell'Infante di Spagna Spagna,, De Sicre, Sicre, all'ingegner De Cotte ed al Maresciallo Antonio Federico Flobert, Flobert, la progettazione e la realizzazione di un Forte costruito sulla sommità del Monte Diamante. Il 2 giugno dello stesso anno furono approvati i disegni di De Cotte, e si diede inizio ai lavori, che ebbero un periodo di sospensione a causa di dissidi sull'esproprio dei terreni su cui doveva sorgere, ma l'importanza strategica e la volontà di Durazzo (che contribuì generosamente all'edificazione del Forte), contribuirono all’ultimazione dell'opera nell'anno 1758 1758.. A dimostrazione dell'impegno di Giacomo Durazzo la Repubblica appose all'ingresso del Forte una targa oggi scomparsa con su scritto: Forte dedicato ai Divi Giacomo e Filippo, costruito l'anno 1758 a spese di Giacomo e Filippo Durazzo amantissimi della Patria.[2] Due disegni della raccolta "Mappe e Disegni" dell'Archivio dell'Archivio di Stato di Genova risalenti alla fine del Settecento[3][4], mostrano il Forte Diamante leggermente dissimile da quello attuale; le maggiori differenze sono la presenza di un tetto a falde in tegole di ardesia a copertura della caserma interna e in alcune parti delle mura di recinzione, oltre alla mancanza della caratteristica torre semicircolare, che sarebbe stata costruita negli anni venti dell'Ottocento. dell'Ottocento. La copertura, a causa dell’esposizione ventilata del forte, necessitava di continua manutenzione, quindi nel periodo Napoleonico il tetto fu sostituito da una terrazza con caditoie utilizzabile come ulteriore elemento difensivo.[5] Nella primavera del 1800 il forte, difeso dai francesi del generale Henri Gatien Bertrand fu al centro di un violento combattimento quando gli austriaci, guidati dal Luogotenente Generale Conte di Hohenzollern,, vi avevano posto un feroce assedio Hohenzollern assedio;; il 30 aprile gli austriaci, con un attacco fulmineo, conquistarono i "Due Fratelli"[6] e il Conte di Hohenzollern intimò la resa al Bertrand con le seguenti parole: Vi intimo, Comandante, di rendere all'istante il vostro Forte, altrimenti tutto è pronto ed io vi prendo d'assalto e vi passo a fil di spada. Potete ancora ottenere una capitolazione onorevole. Davanti a Diamante alle 4 di sera. Conte di Hohenzollern. La risposta determinata di Bertrand non si fece attendere: Signor Generale, l'onore, che è il pregio più caro per i veri soldati, proibisce imperiosamente alla brava guarnigione che io comando, di rendere il Forte di cui mi è stato affidato il comando, perché possa acconsentire alla resa per una semplice intimidazione, e mi sta troppo a cuore Signor generale, di meritare la Vostra stima per dichiararvi cha la sola forma e l'impossibilità di difendermi più a lungo, potranno determinarmi a capitolare. Bertrand.[7]
Il piccolo presidio francese non si arrese e grazie all'intervento del generale Nicolas Jean-de-Dieu Soult, Soult, partito dal Forte Sperone con due divisioni di linea, gli austriaci furono ricacciati alle posizioni di partenza. Nel 1814 con l'annessione della Liguria al Regno di Sardegna, Sardegna, furono approvati nuovi interventi al Forte, con l'inserimento di nuove caditoie,, l’ampliamento della caserma centrale e la costruzione della torre semicircolare con all'interno una scala caditoie elicoidale, retrostante la caserma, usata per raggiungere la terrazza. [8] Qualche scaramuccia si registrò durante i moti popolari del 1849 1849,, ma l'ultimo fatto di rilevanza si ebbe nel 1857 quando un gruppo di rivoltosi mazziniani mazziniani,, tentò di occupare il forte dopo aver assassinato un sergente sergente,, ma l'azione non durò a lungo e il fallimento dei moti che contemporaneamente dovevano aver luogo in città portò alla fine dell'azione sul Diamante. La fortificazione fu abbandonata definitivamente dal demanio militare nel 1914 e mai più utilizzata, abbandonando la struttura al degrado, salvo alcuni limitati interventi conservativi a cura del comune di Sant'Olcese Sant'Olcese;; oggi l'interno della struttura non è visitabile e chiuso al pubblico. Struttura All'interno del forte, posizionato su un terrapieno terrapieno,, si trovano la caserma a tre piani, utilizzati come [9] cappella , magazzino e camerate per la guarnigione che poteva variare da 40 a 100 uomini. Il pavimento del terrazzo, ora ridotto ad un prato, era in origine piastrellato in mattoni, e le grate delle caditoie erano apribili. L'opera è dotata di una cisterna, capace di contenere 80 metri cubi d'acqua. Il retrostante terrapieno pentagonale alla caserma, ospitava l'armamento; cinque grandi obici posizionati verso nord, e due cannoncini a difesa dell'ingresso. [10] Come arrivare Il forte è raggiungibile (esclusivamente a piedi) lungo un sentiero che inizia dal Forte Sperone e tocca il Forte Puin, Puin, passando a breve distanza dai Due Fratelli. In alternativa si può utilizzare il pittoresco Trenino di [11] Casella partendo dalla stazione nei pressi di Piazza Manin e scendendo alla fermata di Trensasco Trensasco,, frazione di Sant’Olcese sulle alture tra la Val Polcevera e la Val Bisagno facilmente raggiungibile anche in automobile da entrambe le vallate. Dal valico di Trensasco un ripido sentiero raggiunge la vetta del monte e il forte in circa 40 minuti di cammino. Note
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8. 9. 10. 11.
^ Guarda dove è posizionato il Forte ^ Renato Dellepiane - Mura e Forti di Genova, pag. 292 ^ http://asgenova.hdue.it/asgeFront/docum http://asgenova.hdue.it/asgeFront/document.htm?idUa=1668&idDoc=1669&f ent.htm?idUa=1668&idDoc=1669&first=0&last=0&inTab=th irst=0&last=0&inTab=thumb umb
"Piano del forte sopra il Diamante tra il Bisagno e la Polcevera" (1769 gen.) ^ http://asgenova.hdue.it/asgeFront/docum http://asgenova.hdue.it/asgeFront/document.htm?idUa=4438&idDoc=4439&f ent.htm?idUa=4438&idDoc=4439&first=0&last=0&inTab=th irst=0&last=0&inTab=thumb umb "Pianta, profilo e prospettive de forte detto il Diamante, stato costrutto nel 1758" (sec. XVIII seconda metà) ^ Stefano Finauri - Forti di Genova pag. 121 ^ Forte Fratello Minore e Forte Fratello Maggiore entrambi a sud del Forte Diamante ^ Paolo Thibault - "Giornale delle operazioni dell'assedio e del blocco di Genova" Stamperia Delle Piane, Genova, 1800. ^ Stefano Finauri - Forti di Genova pag. 124 ^ Stefano Finauri - Forti di Genova, pag. 124 ^ Descrizione itinerario ^ Sito della Ferrovia Genova-Casella
Bibliografia • •
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Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storico-
naturalistici Altri progettiWikimedia progettiWikimedia Commons contiene file multimediali su Forte Diamante Collegamenti esterni • • •
Trekking dallo Sperone al Diamante Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova Trekking urbano per i Forti di genova (CAI sez. Genova)
Forte Diamante con la mulattiera che porta por ta all'ingresso
Forte Tenaglia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate
44°25′29.91″N 8°54′05.18″E44.424975°N 8.9014389°ECoordinate: 8.9014389°ECoordinate: 8°54′05.18″E44.424975°N 8.9014389°E (Mappa Mappa))
44°25′29.91″N
Funzione strategica
Caposaldo integrato nel sistema difensivo delle Mura di Genova
Termine funzione strategica
post seconda guerra mondiale
Inizio costruzione
1633
Materiale
pietra
Condizione attuale
in concessione ONLUS
Proprietario attuale
Agenzia del Demanio
Visitabile
attualmente non visitabile
Eventi
Durante la seconda guerra mondiale divenne una batteria contraerea
(208 s.l.m. s.l.m.)) è un'opera fortificata risalente al 1633 1633,, originariamente inserita nell'andamento delle "Mura "Mura Nuove"" a difesa della città, sulle alture di Sampierdarena in un crinale dominante sulla val Polcevera. Nuove Polcevera. Deve il suo nome alla particolare conformazione architettonica che assomiglia ad una tenaglia, opera che in ambito militare viene detta "Opera a Corno". Corno".[1] Storia Già in tempi più antichi il sito fu luogo per l'edificazione della "Bastia del Promontorio", una rocca quattrocentesca di cui non si hanno fonti certe sulla composizione architettonica. Bastione che fu demolito nel 1633 1633,, durante la costruzione delle Mura Nuove, per far posto ad una fortificazione avanzata dalla forma ad "L", con batterie rivolte alla foce del torrente Polcevera. Già nel 1625 1625,, con la minaccia degli eserciti franco-savoiardi, fra i molti consigli per difendere la città vi fu quello del Frate Pier Francesco da Genova, secondo il quale l'evidente importanza strategica della Bastia del Promontorio: "[...] tenerebbe netto Cornigliano e il principio della Polcevera essendo che fino a Forte Tenaglia
Coronata può tirare, difenderebbe la Lanterna, l'Oliva, e San Pier d'Arena, perché tutti questi lochi li domina benissimo" [2]
Secondo le indicazioni dell'architetto Padre Fiorenzuola, il tracciato delle Mura lasciò fuori il promontorio il promontorio pianeggiante dove sorgeva la Bastia, che però per ragioni di sicurezza non doveva d oveva essere demolita "fino a che non sia finito il cinto in detta parte" .[3] Nel 1747 durante l'assedio austriaco che mise a dura prova i Forti e le Mura in tutto il perimetro della città, la linea occidentale delle mura fu rinforzato secondo i dettami dell'ingegnere spagnolo Jacques De Sicre, Sicre, per poi essere quasi abbandonato fino al 1797 anno di una rivolta antifrancese, in cui nel Forte si asserragliarono l'11 l'11 luglio, luglio, alcuni insorti, sconfitti dalle truppe del generale Duphont Duphont.. Importanti trasformazioni, furono intorno al 1815 1815-'16, -'16, con l'intervento del Genio Militare Sabaudo, Sabaudo, lavori che renderanno l'opera da semplice avanguardia, a vero e proprio Forte. Fu creato un grande terrapieno, a metà del quale si inglobò la caserma interrata,con l'elevazione della cortina settentrionale e della fronte a ponente, e l'innalzamento di cortine in parallelo a chiusura del perimetro, si ottenne la finale forma a "L".[4] Nel 1849 con i moti popolari, il Forte fu occupato da insorti (come accadde per i Forti vicini, Belvedere e Crocetta Crocetta), ), ma per un traditore nelle file dei rivoltosi, il Forte fu riconquistato dalle Regie truppe; " Per tal modo i tre Forti [...] vennero in potere dei Regi per sorpresa, e senza prezzo di sangue, e sì ratto, che mossi dal piano due ore dopo il pomeriggio già innanzi alla quattro dominavan le alture" .[5] Storia recente Il Tenaglia fu poi presidio militare per quasi un altro secolo, quando all'inizio del secondo conflitto
mondiale l'esercito modificò le vecchie postazioni sull'opera, edificando quattro piazzole in cemento armato, armato, per pezzi di contraerea contraerea,, oggi ancora visibili, da 88/56, nei pressi delle quali furono realizzati piccole strutture per il servizio della guarnigione. Dopo l'armistizio dell'8 dell'8 settembre 1943, 1943, il Forte passò nelle mani della Wehrmacht Wehrmacht,, e fu danneggiata da un bombardamento alleato, che diroccò in parte sulla cortina meridionale, effettuato per "convincere" la guarnigione ad arrendersi. Oggi il Forte è stato dato in concessione dall'Ente Proprietario ad una associazione ONLUS che sta procedendo alla bonifica dalle piante infestanti, dai rifiuti di ogni sorta e alla sua topografia nell'ottica di un futuro progetto di utilizzo del Forte a favore della città di Genova e del pubblico in generale. L'associazione non ha attualmente il permesso per fare accedere al sito eventuali visitatori. Il Forte presenta elementi originari, come intonaci con impresse le firme di soldati, l'argano l'argano per il sollevamento dei materiali, inferriate originali, i danni del bombardamento, una Santabarbara in ottimo stato di conservazione, diverse piazzole in cui erano posizionate i cannoni della contraerea.
A piedi, per gli amanti del trekking trekking,, si prosegue lungo il sentiero delle antiche Mura che dalla collina del Belvedere porta fino a Forte Sperone passando appunto per Forte Tenaglia, ma anche per Forte Belvedere, Belvedere, Forte Crocetta e poi prosegue passando Forte Begato; Begato; per un'affascinante tragitto alla scoperta di parte delle opere fortificate occidentali di Genova Genova.. In automobile da via Cantore a Sampierdarena Sampierdarena,, si sale sulla destra lungo salita Belvedere e poi salita al Forte della Crocetta, dove si lascia l'automobile per prendere un veloce sentiero che porta fino al Forte.[6]
Come arrivare
Bibliografia • •
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Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storiconatura
Note
1. 2. 3. 4. 5. 6.
^ Stefano Finauri - Forti di Genova ^ A.S.G. - Sala Foglietta - Militarium, anno 1625 ^ Renato Dellepiane - Mura e Forti di Genova ^ Renato Dellepiane - Fortificazioni di Genova, campali e permanenti - Valenti editore, ^ Renato Dellepiane - Mura e Forti di Genova ^ Passeggiare tra i Forti di Sampierdarena Collegamenti esterni [Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova
Genova 1983
Forte Crocetta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate
44°25′26.97″N 8°53′47.01″E44.4241583°N 8.8963917°ECoordinate: 8.8963917°ECoordinate: 44°25′26.97″N 8°53′47.01″E44.4241583°N 8.8963917°E (Mappa Mappa))
Funzione strategica
Caposaldo integrato nel sistema difensivo delle Mura di Genova
Termine strategica
inizio '900
funzione
Inizio costruzione
1818
Termine costruzione
1830
Costruttore
Pierre De Cotte
Materiale
pietra
Armamento
2 cannoni da 16 pollici GR (Ret) 8 obici ob ici da 21 GRC (Ret)[1]
Demolizione
Ampliamenti nel 1827
Condizione attuale
abbandonato
Proprietario attuale
proprietà privata
Visitabile
No
Eventi
Fu usato da sfollati durante la seconda guerra mondiale
Forte Crocetta (145 s.l.m. s.l.m.)) è una struttura militare, oggi dismessa, che fa parte delle fortificazioni difensive di Genova Genova..
Il forte si trova poco a monte di Belvedere Belvedere,, sulle alture di Sampierdarena Sampierdarena.. È situato presso il borgo della Crocetta, sull' area già occupata dal seicentesco convento degli Agostiniani e dall’annessa chiesa del Santissimo Crocifisso, edificato dal religioso P. Gio. Batta Fabra, della Congregazione degli Eremitani Agostiniani [2] . Storia Impulso alla fortificazione del sito, si ebbe nel 1747 durante l'assedio austriaco di Genova Genova,, in cui trinceramenti e l'innalzamento di terrapieni, su direzione dell'ingegnere militare Pierre De Cotte, Cotte, fecero capire l'importanza della posizione. [3] Solo dopo la caduta dell'Impero dell'Impero Napoleonico, Napoleonico, gli inglesi che per un breve periodo occuparono la città, piazzarono sull'altura dei pezzi d'artiglieria artiglieria rivolte verso la foce del torrente Polcevera. Polcevera. Nel 1818 il Regno Sabaudo decise la demolizione del complesso monastico, al cui posto fui edificato in primo luogo una fortificazione a pianta pentagonale, con un solo piano e un cortile centrale, e un ingresso a ponte a ponte levatoio. levatoio. Nel 1827 il forte fu ampliato con un fossato tutt'intorno, e nell'ala nord alzato di un piano per gli alloggi, protetti da volte a botte e un terrapieno terrapieno;; la costruzione del forte, si concluse nel 1830 1830.. Nel 1849 durante i moti popolari, la fortificazione fu adibita a carcere per i rivoltosi catturati dai soldati del generale La Marmora, Marmora, in seguito liberati, ma non prima di aver subito il terrore dell'estrema condanna. Il forte fu quindi presidio militare armato con diversi pezzi d'artiglieria, artiglieria, tra cui due cannoni da 16 pollici GR e otto obici da 21 GRC. Dismesso dal demanio militare nel 1914 e sgombrato dei pezzi d'artiglieria inviati al fronte, a varie riprese fu abitato fino al 1961, e fu anche usato come rifugio per sfollati durante il secondo conflitto mondiale. mondiale. Oggi è chiuso e in stato di abbandono, ma la solidità della costruzione lo mantiene in buono stato di conservazione. Nonostante vari enti si siano dichiarati disponibili, per motivi burocratici e di incompetenza statale e regionale, non sono ancora stati programmati pro grammati lavori di recupero della struttura. Struttura Nel Forte a pianta pentagonale, si inserisce un'entrata originariamente a ponte a ponte levatoio, levatoio, da nord, che immette nel cortile interno, da dove partono varie entrate per i locali interni. Una U na rampa conduce al terrapieno superiore, spianata ai lati per facilitare il trasporto al terrapieno dei pezzi d'artiglieria. Mentre una galleria di fronte all'ingresso conduce al terrapieno inferiore, dove troviamo ancora segni delle postazioni di artiglieria pesante. Sulla sinistra troviamo la cucina, e vicino alla polveriera per la batteria inferiore, troviamo l'alloggio del comandante della guarnigione.[4] nel bastione nel bastione [5] rivolto a nord della caserma caserma,, ci sono gli alloggi della truppa, con al piano sottostante i magazzini. Altro aspetto caratteristico è la presenza sul massiccio parapetto di molteplici feritoie, oggi quasi invisibili a causa della demolizione durante la Seconda guerra mondiale perché impedivano le postazioni contraerea contraerea.. Come arrivare Forte Crocetta è sovrastato dall’imponente Forte Tenaglia (che fa parte delle mura secentesche di Genova, anch’esso ampliato tra il 1815 e il 1830), quindi raggiungibile a piedi da nord lungo il sentiero che parte dal
Forte Sperone e da sud da Forte Belvedere. Belvedere.[6] In auto si arriva da varie vie traverse che partono dalla via principale di Sampierdarena,, via Cantore, dove si sale da salita Belvedere, salendo lungo salita della Crocetta, dove si lascia Sampierdarena l'automobile (perché proprietà privata) e a piedi si raggiunge rapidamente l'entrata. Note
1. 2. 3. 4. 5. 6.
^ l'armamento di cui fu dotato il forte a fine '800 ^ Giuseppe Marcenaro-Francesco Repetto - Dizionario delle Chiese di Genova, T olozzi ed., Genova. 1974 ^ Riccardo Dellepiane - Mura e Fortificazioni di Genova ^ Stefano Finauri - Forti di Genova ^ Foto del Forte Crocetta ^ trekking dal Crocetta Bibliografia Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima • •
• •
edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storiconaturalistici, Sagep, 1994 Collegamenti esterni Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova foto del Forte • •
Forte Crocetta nei pressi della località Belvedere
Forte Sperone
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate
44°26′26.57″N 8°55′50.27″E44.4407139°N 8.9306306°ECoordinate: 8.9306306°ECoordinate: 8°55′50.27″E44.4407139°N 8.9306306°E (Mappa Mappa))
44°26′26.57″N
Funzione strategica
Caposaldo al vertice nord del sistema difensivo delle Mura di Genova
Termine funzione strategica
inizio '900
Inizio costruzione
i primi lavori fortificativi risalgono al XIV secolo
Termine costruzione
1830
Materiale
pietra
Condizione attuale
abbandonato
Proprietario attuale
comune di Genova
Visitabile
visitabile
Eventi
Durante la prima guerra mondiale divenne una prigione per i coatti austriaci
è un'opera fortificata compresa nelle "Mura " Mura Nuove" Nuove" a difesa della città, costruita sulla cima del monte Peralto, nel punto d’incontro dei due rami della cinta difensiva. Proprio l’unione delle due mura, quella sul versante della Val Polcevera e quella sul versante della Val Bisagno, Bisagno, dà luogo ad un particolare bastione particolare bastione angolare, la cui forma assomiglia alla prua di una nave, dal quale deriva il nome del forte. Per la sua posizione dominante, era una delle strutture più importanti delle fortificazioni di Genova. [1] Descrizione Forte Sperone ha una struttura complessa, su tre distinti livelli ad altitudini diverse. Il primo livello, quello in cui si apre l’ingresso principale, ospita magazzini, locali di servizio e cisterne; al secondo livello vi erano gli uffici e le camere per ufficiali e graduati, al terzo gli alloggiamenti per i soldati. La struttura ospitava una guarnigione di circa 300 soldati, che potevano arrivare a 900 in caso di necessità. L’importanza del forte era testimoniato dalla consistenza dei suoi pezzi d’artiglieria: 18 cannoni di varie dimensioni, nove obici e numerosi pezzi di dimensioni minori. [1] Storia La presenza sulla cima del monte o nei suoi pressi di una fortezza ghibellina, costruita inizialmente in legno e poi di pietre, chiamata “Bastia del Peralto”, è documentata dal 1319. Nel 1530 il Senato della Repubblica di Genova, Genova, stanziò la somma di 7.400 lire per la sua ricostruzione. Questa costruzione fu inglobata nelle Mura Nuove all’epoca della loro costruzione (1629-1633). Durante l’assedio l’assedio austriaco del 1747, 1747, nel punto d’unione delle mura fu eretta una struttura sopraelevata rispetto alle mura stesse, per aumentare la potenza di fuoco del bastione. Dopo la fine della guerra iniziò la costruzione del forte vero e proprio: con progressivi ampliamenti, protrattisi fino al 1830, la struttura andò assumendo l’aspetto che ancora oggi possiamo osservare. In epoca napoleonica furono progettati una serie di bastioni rivolti verso l’interno delle mura, per la difesa del forte da eventuali sommosse popolari. Questa cortina, nella quale fu inserito il monumentale portale d’ingresso, fu poi costruita dal Genio Militare Sardo dopo il 1815. Il portale d’ingresso, sovrastato da uno stemma sabaudo in marmo, è dotato di ponte di ponte levatoio, levatoio, ancora presente con il suo meccanismo di sollevamento. Nel 1823 un’apposita commissione preparò lo studio per un progetto, mai realizzato (probabilmente a causa dei costi altissimi che avrebbe comportato), per integrare in un’unica cittadella le tre fortificazioni del Peralto (Castellaccio, Sperone e Begato). Durante i moti del 1849 fu occupato per breve tempo dai rivoltosi, i quali tuttavia lo abbandonarono alla spicciolata vedendo gli eventi volgere in favore dell’esercito regio. Storia recente Dopo la dismissione delle fortificazioni genovesi, decisa nel 1914 1914,, durante la prima la prima guerra mondiale nel forte furono ospitati prigionieri di guerra di etnia croata e serba serba.. Nel 1918 il carcere passò sotto la responsabilità di Francesco Calì. Calì.[2] Dal 1958 al 1981 fu utilizzato come caserma della Guardia di Finanza, Finanza, e successivamente preso in consegna dal Comune di Genova, Genova, che vi organizza manifestazioni culturali nel periodo estivo. La visita del forte è possibile su appuntamento, tramite la Cooperativa Dafne[3]. Come arrivare Il forte è raggiungibile dal Righi percorrendo via del Peralto, dalla quale si distacca una breve strada che porta all’ingresso principale. A piedi, per gli amanti del trekking trekking,, può essere raggiunto percorrendo il sentiero delle antiche Mura che dalla collina del Belvedere porta fino al Forte Sperone passando per il Forte Crocetta e il Forte Begato.. L’inizio del percorso è in salita al Forte della Crocetta, nei pressi della località Belvedere, raggiungibile in Begato automobile da via Cantore, a Sampierdarena Sampierdarena..[4] Bibliografia Forti di Genova: storia, tecnica e architettura dei fortini difensivi, Stefano Finauri, Edizioni Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Forte Sperone
Note
1.
^ a b Stefano Finauri, Forti di Genova.
2. 3. 4.
^ Il ripostese che guidò la Nazionale Repubblica.it ^ Sito della Cooperativa ^ Passeggiare tra i Forti di Sampierdarena Collegamenti esterni Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova
Il portale d’ingresso
Il meccanismo di sollevamento del ponte levatoio
Il bastione Il bastione angolare che dà il nome al forte
Forte Puin Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Coordinate
44°26′47.97″N 8°56′16.02″E44.4466583°N 8.9377833°ECoordinate: 8.9377833°ECoordinate: 8°56′16.02″E44.4466583°N 8.9377833°E (Mappa Mappa))
44°26′47.97″N
Funzione strategica
Difesa del fronte nord cittadino
Termine funzione strategica
1906
Inizio costruzione
1815
Termine costruzione
1830
Materiale
Pietra
Condizione attuale
Restaurato negli anni '60
Proprietario attuale
Demanio del Comune di Genova
Visitabile
Si
Presidio
Abitato dal 1963 per circa 20 anni
Eventi
Abbandonato a fine '800, successivamente abitato da un privato
Il Forte Puìn è il primo dei forti fuori le Mura che si incontrano dirigendosi verso nord, dopo essersi lasciati alle spalle Forte Sperone, Sperone, che in passato rappresentava il limite nord della cinta muraria a protezione della città di Genova Genova.. A nord del monte Peralto, proseguendo lungo la dorsale che divide la val Bisagno e la val Polcevera sono presenti alcune fortificazioni isolate che traggono origine dalle fortificazioni campali allestite nel 1747 1747,, per fronteggiare le truppe austriache durante la Guerra di successione austriaca, austriaca, nei punti in cui erano posizionate delle ridotte[1]. Il nome della forte deriva dalla settecentesca "Baracca di Puin", situata pressappoco più sotto dove oggi troviamo il ristorante Ostaja de Baracche, "delle baracche" appunto. Storia Al periodo napoleonico risale la costruzione su colle Puin di una torre a pianta quadrata, costruita come caposaldo sulla contingente di forte Sperone[2]. La realizzazione di Forte Puìn fu decisa nel 1815 dagli ingegneri del Corpo Reale del Genio Sardo, Sardo, con lo scopo, come quello delle altre due opere permanenti progettate (Forte (Forte Fratello Minore e Forte Fratello maggiore), maggiore), era quello di riempire il vuoto nel crinale tra lo Sperone e il Forte Diamante[3]. I lavori iniziati nel 1815 1815,, con la costruzione della torre centrale, mentre tre anni dopo fu iniziata la cinta di protezione attorno completata nel 1828 1828.. I lavori terminarono quindici anni dopo, e intorno a metà ottocento l'opera disponeva di due cannoni campali da 8 pollici, due obici lunghi, due petrieri due petrieri e quattro cannoncini. La torre, a pianta rettangolare, poteva ospitare una guarnigione fissa di 28 soldati, a cui in caso di necessità se ne potevano aggiungere 45 da sistemare "paglia a terra". Il forte venne poi abbandonato nell'ultimo decennio dell'Ottocento, e "radiata" dalle liste militari del 1908.. Dopo un lungo periodo di abbandono, nel 1963 il forte fu chiesto in concessione dal privato dott. Fausto Parodi 1908 che dopo aver restaurato il forte a proprie spese, vi abitò per circa vent'anni[4]. Oggi il forte dopo gli interventi degli anni '60 e dopo piccoli interventi da parte del Comune di Genova, Genova, è in buone condizioni, visitabile e accessibile da chiunque. Struttura Il complesso consiste in una torre centrale a due piani con tre piccoli magazzini sotterranei raggiungibili da una scalinata, l'accesso all'interno era possibile passando un ponte un ponte levatoio che consentiva il passaggio oltre il fossato di protezione. Tramite una breve scalinata si entra nella torre, dove al piano terra troviamo due locali con cucinino, la scala di servizio poi oltre a condurre verso i magazzini sotterranei, porta al secondo piano composto originariamente da due vani. Il restauro degli anni sessanta ha prodotto alcune modifiche concretizzate con l'innalzamento di una tramezza per ricavare nel vano nord due locali, la collocazione di nuove inferriate al posto di quelle originarie asportate negli anni, e la realizzazione dei servizi igienici. L'accesso alla copertura della torre è possibile tramite una ripida scala, che conduce alla terrazza di copertura leggermente in declivio per facilitare l'evacuazione delle acque piovane verso un canale che alimentava la cisterna dell'acqua[5]. Le caditoie sono attualmente provviste di grate grazie all'intervento del comune, l'originario pavimento in mattoni, negli anni sessanta fu fatto piastrellare e successivamente ristrutturato sempre dal comune di Genova. Note
1. 2. 3. 4.
^ Finauri op.cit. pag 112 ^ Dellepiane op.cit. pag 274 ^ Dellepiane op.cit. pag 274 ^ Finauri op.cit. pag 112
5.
^ Finauri op.cit. pag 112 Bibliografia Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep Sagep,, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima • •
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edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storico-
naturalistici Altri progetti Wikimedia Commons contiene file multimediali su Forte Puin
L'ingresso del Forte Puin
Lanterna di Genova Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Costruzione Anno ultima ricostruzione Altezza Elevazione Portata Tipo ottica Elenco fari Visitabile
1128 1538 77 m 117 m s.l.m. 26 miglia nautiche Fresnel di primo ordine, rotante nazionale: 1569[1] ALL: E1206[2] NGA: 7568[3] si
Coordinate:: 44°24′16″N 8°54′17″E44.404567°N 8.904722°E (Mappa Coordinate Mappa)) La Lanterna di Genova (o semplicemente " Lanterna") è il faro portuale del capoluogo della Liguria Liguria,, la città un tempo definita la Superba o Dominante dei mari. Oltre che strumento indispensabile alla navigazione notturna delle navi in entrata ed uscita dal porto dal porto,, la Lanterna è anche il simbolo principe cittadino, quasi un totem alla genovesità, e come tale fa parte della storia della città. città. Edificata sulla collina promontorio collina promontorio di San Benigno, Benigno, a poca distanza da Sampierdarena Sampierdarena,, è alta settantasei metri. Consiste in una torre su due ordini di sezione quadrata con terrazza alla sommità di ciascun ordine. Dati Altezza • • • • • •
dello scoglio: 40 metri del primo tronco: 36 m. del secondo tronco: 33,95 m. della cupola luminosa: 7,05 m. complessiva del faro: 77 m. complessiva dal mare alla punta: 117 m.
Larghezza • •
del lato del primo tronco: 9 m. del lato del secondo tronco: 7 m.
Altro
spessore dei muri perimetrali del tronco inferiore: 2,60 m numero di gradini totali: 365 (172 dalla base sino alla prima terrazza) La porta di accesso Come ricorda lo storico Federico Donaver dal primo Ottocento al faro si poteva accedere attraverso una porta costruita nel 1828 su disegni del generale Agostino Chiodo. Chiodo. Serviva, tale porta, a separare Genova da Sampierdarena. La stessa porta e le vie adiacenti prendevano "nome della Lanterna o Faro pei naviganti che si eleva a 127 m. sul livello del mare, la cui costruzione rimonta al 1549". In tempi precedenti, sempre secondo il Donaver, le mura della città scendevano da San Benigno, Benigno, "e la porta della Lanterna si trovava presso il Tunnel del tramway, come lo ricorda una inscrizione ivi apposta".[4] Promontorio Il luogo in cui sorge - appunto, Promontorio (le cui coordinate sono 44°24′16.44″N 8°54′17.00″E44.4045667°N 8.90472°E) 8.90472°E) - così veniva chiamato poiché - prima che la mano dell'uomo ridisegnasse i contorni della baia genovese - era circondato da tre lati dal mare mare.. Ad ovest, la collina delimitava l'originario porto di Genova, quello che oggi è il porto il porto antico. antico. Con il passare del tempo la collina ha assunto il nome di Capo di Faro o di San Benigno, dal nome dell'omonimo convento che su essa sorgeva. Di fatto, oggi la collina non esiste più (eccetto appunto la piccola propaggine su cui sorge il faro), rasa al suolo per creare nuovi spazi alla città e ai suoi insediamenti produttivi (tra l'altro, una centrale a carbone dell'ENEL dell'ENEL). ). La Lanterna nel Medioevo La prima torre risale all'epoca all'epoca medioevale (1128 1128)) ed era caratterizzata da una struttura architettonica formata da tre tronchi merlati merlati.. La strada di collegamento tra Genova ed il ponente, la Via di Francia, costeggiava l'arco portuale ed il Promontorio, probabilmente passando in origine a picco sul mare. Le rappresentazioni grafiche della strada la descrivono invece in una veste più recente, sicuramente non anteriore al XVII secolo, secolo, passante all'interno del faro attraverso la cosiddetta "tagliata", una profonda trincea scavata a monte della Lanterna. A livello urbanistico la Lanterna era in quel periodo quindi relativamente lontana dalla città, e solo nel XVII secolo venne inglobata nella cosiddetta Cerchia Seicentesca, la poderosa cerchia di mura lunga quasi diciannove chilometri attorno alla città, quasi interamente esistente ancora ai nostri giorni. Sulla sommità venivano accesi steli secchi di erica ("brugo" ) o di ginestra ("brusca" ) allo scopo di segnalare le navi in avvicinamento, i cui padroni dovevano pagare una tassa " pro igne facendo in capite fari"[5] al momento dell'approdo. La torre diventò protagonista della guerra tra Guelfi e Ghibellini,, quando venne danneggiata da questi ultimi che tentarono di far scendere i guelfi che vi si erano rifugiati Ghibellini • •
all'interno. Era il 1318 e, tre anni dopo, nel 1321 1321,, si procedette ad un primo consolidamento scavando un fossato a difesa. Nel 1326 venne installata la prima lanterna alimentata ad olio di oliva per aiutare le navi a bene individuare l'ingresso alla città. Con lo stesso scopo vi venne dipinto nel 1340 lo stemma del comune di Genova. Attorno al 1400 la torre diventò anche prigione per ospitare come ostaggi, per cinque anni, il re di Cipro Cipro,, Giacomo di Lusignano, Lusignano, qui rinchiuso assieme alla moglie. Nel 1405 i sacerdoti guardiani della Lanterna posero sulla cupola un pesce ed una croce di metallo dorato, simbolo di cristianità cristianità.. Nel 1413 un decreto dei "Consoli del Mare" stanziò un fondo di "lire 36" per assicurare la gestione del faro, divenuto ormai indispensabile per la sicurezza della navigazione. Nel 1449 tra i custodi della lanterna venne nominato anche Antonio Colombo zio paterno di Cristoforo Colombo. Colombo. La ricostruzione del 1543 Nel 1507 ai piedi della Lanterna venne edificato il "Forte Briglia", una fortificazione che ospitava una guarnigione francese. Da qui, e da un vascello da guerra che bloccava il traffico navale, nel 1513 i francesi assediarono il porto di Genova, che venne liberato dalle forze genovesi capitanate da Andrea Doria, Doria, comandante del porto e della flotta. Durante questa battaglia la Lanterna venne pesantemente danneggiata dal fuoco amico dei colpi di bombarda esplosi dagli insorti genovesi contro i dominatori francesi. Dopo trent'anni, nel 1543 1543,, la Lanterna venne ricostruita per volontà del doge Andrea Centurione Pietrasanta che fece finanziare il lavori dal Banco di San Giorgio, Giorgio, ed assunse così l'aspetto attuale. Il fuoco di Luigi XIV e le innovazioni del Risorgimento Nel 1692 si ebbe poi la ricostruzione della vetrata distrutta dal bombardamento del 1684 voluto dall'ammiraglio francese Marchese di Segnalay per ordine di re Luigi XIV. XIV. Al 1778 risale la costruzione di un impianto antifulmine destinato a mettere fine ai numerosi danni provocati dai fulmini nell'arco di diversi secoli. Va detto che per secoli l'illuminazione è avvenuta con lampade di metallo o di vetro a stoppino. Nel 1840 venne realizzata un'ottica un'ottica rotante su carro a ruote con lente di Fresnel e il 15 gennaio del 1841 venne acceso ed avviato il nuovo sistema di illuminazione. Verso la fine dell'Ottocento dell'Ottocento tale sistema venne però modificato per aumentarne la portata. Dopo un ulteriore aggiornamento nel 1913 1913,, nel 1936 si ebbe il passaggio alla elettrificazione moderna, fino agli ultimi lavori compiuti nel 1956 dopo i danni ricevuti dall'aviazione statunitense e britannica nella Seconda guerra mondiale. mondiale. Il Museo della Lanterna Annesso alla torre sorge il Museo della Lanterna raggiungibile attraverso una passeggiata di circa seicento metri che costeggia le vecchie mura fino ai piedi del faro partendo da via Milano M ilano (parcheggio del terminal traghetti). L'area è raggiungibile dal vicino casello autostradale di Genova-Ovest (Sampierdarena (Sampierdarena). ). Dopo una prima opera di riqualificazione del sito portata a termine nel 2004 2004,, nell'aprile del 2006 è stato completato ad opera della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici della Liguria il restauro e l'adattamento della Porta Nuova della Lanterna, adiacente alle fortificazioni che ospitano i locali del museo (in origine la porta aveva una rotazione di 90° in direzione nord, chiudendo l'accesso alla città dalla parte di ponente).In particolare, il lavoro di restauro ha riguardato il riassetto e la pulizia degli elementi in marmo della porta, il riposizionamento di elementi distaccati dall'attico e la sistemazione della pavimentazione in pietra antistante la via di accesso. Contestualmente è stata ripristinata l'agibilità del parco urbano situato a nord della torre. Lo scopo principale del Museo della Lanterna è quello di restituire il nuovo spirito che anima Genova dopo i massicci interventi di restauro a cui è stata sottoposta negli anni novanta, novanta, fornendo testimonianze sulla trasformazione della città e sulla sua scelta di mantenere vivi i più significativi legami con il proprio propr io storico passato. In questo senso essenziali sono i materiali video di repertorio e d'archivio, i filmati di attualità (frutto di circa 250 ore di riprese per oltre otto ore complessive di documentazione video) e le foto grafie restituiti con effetto olografico in grado di fissare le fasi della trasformazione urbanistica e del vissuto cittadino, trasformazione esplicata anche attraverso una grafica didascalica multilingue. L'indagine visiva approfondisce e mette in stretta connessione, nella sostanza, temi e situazioni che solo apparentemente sono slegati tra di loro. Una parte del museo - ovvero le Sale dei cannoni - è riservata specificatamente all'uso ed alla funzione dei fari navali e ai sistemi di segnalamento in mare. Un tipo particolare di lente - la lente di Fresnel, Fresnel, simile a quella adottata dal faro genovese - riproduce per il visitatore, con il proprio fascio di luce in rotazione, la visione in soggettiva dall'interno dell'ottica dell'ottica di un faro vero e proprio. All'interno del museo sono ospitate periodicamente anche mostre tematiche. Gestione del faro Il faro è completamente controllato e gestito dal Comando di Zona Fari della Marina Militare con sede nella Spezia (che tra l'altro si occupa di tutti i fari dell'Alto d ell'Alto Tirreno). La Marina Militare si occupa della gestione di tutti i fari (di cui 128 d'altura) sugli 8.000 km circa di coste italiane dal 1910 1910,, avvalendosi sia di tecnici militari che civili. Curiosità •
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Note
1.
Nel corso della storia la Lanterna è stata colpita più volte da fulmini, i danni più gravi si registrarono nel 1481 quando un fulmine colpì la torre uccidendo uno dei guardiani. Nel 1602 un fulmine colpì la Lanterna demolendo la parte merlata della torre superiore. Nel 1603 1603,, alla base della torre superiore, venne murata una targa in marmo recante la scritta Jesus Christus rex venit in pace et Deus Homo factus est . Oggi l'antica targa è murata sul fronte a terra, alla base della torre superiore. Un tempo la Lanterna non era sola, ma aveva una "sorella minore", che si trovava come in tutti i porti all'estremo opposto dell'arco portuale, all'incirca nella zona dove attualmente sorgono i Magazzini del cotone nel Porto Antico. Antico. ^ Elenco dei Fari e Segnali da Nebbia, Istituto idrografico della Marina.
2. 3. 4. 5.
^ Admiralty List of Lights & Fog Signals (A.L.L.), British Admiralty.volume Admiralty.volume E ^ Publication 113, National-Geospatial Intelligence Agency. Agency. ^ Fonte: Videidgenova.com ^ *Annamaria "Lilla" Mariotti, Fari, Vercelli, Edizioni White Star, 2005, pagina 28. 88-540-0342-5 Bibliografia La Lanterna, storie e leggende del Faro più famoso del mondo, Editrice Il Golfo, 2000. Annamaria "Lilla" Mariotti, Fari, Vercelli, Edizioni White Star, 2005, pp. 28-31. 88-540-0342-5 Altri progetti Wikimedia Commons contiene file multimediali su Torre della Lanterna ] Collegamenti esterni Home-page della Lanterna Sito ente gestore Approfondimento/1 Approfondimento/2 • •
Approfondimento/3 Approfondimento/4
La Lanterna in un'acquatinta un'acquatinta del 1810 ca. di Ambroise-Louis Garneray.
Una delle stampe raffiguranti le due Lanterne (1490 circa).
Litografia di Isador Laurent Deroy1839 Deroy1839
La Lanterna di notte
La Lanterna, con l'adiacente centrale elettrica dell'Enel Panorama di Genova dalla Lanterna. La collina di Mura degli Angeli a fianco del grattacielo Matitone La Lanterna visibile dal porto dal porto antico, antico, all'altezza della via intitolata a Fabrizio De André La Lanterna al centro del porto di Genova Una Lanterna stilizzata e floreale ad Euroflora 2006
Foce (quartiere di Genova) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Panorama su Corso Marconi e i palazzi di Piazza Rossetti (sullo sfondo lo svincolo della strada sopraelevata, sopraelevata, mentre in lontananza si intravvede la Lanterna Lanterna)) Mappa dei quartieri di Genova Municipio VIII Medio Levante Circoscrizione Foce Quartiere Albaro - Boccadasse Altri quartieri 5.353 ab. (2010) Abitanti foxìn (focini) Nome abitanti santi Pietro e Paolo Patrono 29 giugno Giorno festivo Coordinate:: Coordinate
44°23′51″N 8°56′48″E44.3975°N 8.94667°E (Mappa Mappa))
Foce ( Fôxe genovese) è il nome di un quartiere q uartiere storico di Genova che si affaccia sul mare a levante del porto del porto,, Fôxe in dialetto genovese)
estendendosi nella piana del Bisagno tra le pendici occidentali della collina di Albaro e la riva sinistra del torrente, interamente coperto nel tratto che attraversa il quartiere. Descrizione del quartiere [modifica modifica]] L’ex circoscrizione della Foce fa parte, insieme ai quartieri di Albaro e San Martino, Martino, del Municipio VIII Medio Levante e comprende le unità urbanistiche "Foce" e "Brignole", che insieme hanno una popolazione di 15.711 abitanti, di cui 5353 nel quartiere della Foce e 10.358 nell'area di Brignole (dato aggiornato al 31 dicembre 2010). [1] Piccolo comune autonomo fino al 1873 (quando insieme ad altri cinque comuni della bassa Val Bisagno fu inglobato nel comune di Genova), tra tutti i quartieri di Genova è quello che nell’ultimo secolo ha maggiormente mutato la sua fisionomia: con l’espansione urbanistica del primo Novecento il piccolo borgo di pescatori si è trasformato in un elegante quartiere semi-centrale della città. A livello di circoscrizione, nella suddivisione amministrativa cittadina, all’originario territorio comunale furono aggregate la zona di Borgo Pila (già frazione del comune di San Francesco d’Albaro) d’Albaro) e l’area già occupata dalle mura chiamate Fronti Basse (demolite negli anni Ottanta dell’Ottocento), dell’Ottocento), che comprende la stazione Brignole,, Piazza Verdi e Piazza della Vittoria. Brignole Vittoria. Il toponimo “Foce”, generalmente riferito alla sua posizione allo sbocco del torrente Bisagno Bisagno,, deriverebbe invece dal fatto che il sito, in epoche remote, era stato uno dei punti di approdo di mercanti Focesi [2][3] Nell'intendere comune dei genovesi "la Foce" è delimitata a sud dal mare, ad ovest, verso Carignano e Portoria Portoria,, dall'ampio asse viario formato da Viale Brigate Partigiane e Viale Brigata Bisagno, che corrono sopra la copertura del tratto finale del Bisagno, a nord da via Tolemaide e corso Gastaldi la separano da San Fruttuoso, Fruttuoso, ad est da via Pozzo e via Nizza ne segnano il confine con Albaro Albaro.. Il centro del quartiere moderno (Piazza Rossetti, Piazzale Kennedy e quartiere fieristico) fieristico) è raggiungibile dalla stazione ferroviaria di Brignole - da cui dista circa un chilometro e mezzo lungo i viali intitolati alla Brigata Bisagno di Aldo Gastaldi e alle Brigate Partigiane - con autobus della linea 31 della rete urbana genovese. I principali assi di attraversamento sono in direzione ovest-est e procedendo da nord a sud Corso Gastaldi - via Tolemaide (che collegano San Martino con la zona di Brignole-Portoria), Corso Buenos Aires, via Barabino (che collegano Albaro con Brignole-Portoria), via Cecchi e Corso Marconi. In direzione nord-sud il quartiere è attraversato da Corso Torino e via Casaregis. Corso Torino può essere considerato la "main street" del quartiere. Dalla Foce ha inizio la strada sopraelevata che, costeggiando il porto il porto antico e lambendo il centro storico,, congiunge i quartieri di Levante della città al quartiere occidentale di Sampierdarena storico Sampierdarena.. La Foce ospita il quartiere fieristico (edificato sul mare alla fine degli anni cinquanta dopo che furono sbancate le scogliere della Cava e della Strega), gli uffici dello stato civile del comune di Genova, la sede dell’Agenzia dell’ Agenzia del territorio (comunemente chiamata “catasto catasto”), ”), la Questura e numerosi eleganti condomini, in particolare nella zona di Piazza Rossetti e Corso Marconi, proprio all'inizio di quella che viene considerata per antonomasia la promenade dei genovesi, l'elegante corso Italia. Italia.
La Foce era un antichissimo borgo sorto sulle pendici rocciose del promontorio che delimitava a ponente la collina di Albaro, abitato da pescatori da pescatori e contadini che per secoli hanno rifornito con i loro prodotti i mercati di Genova. L’abitato si estese successivamente anche alla base della collina, nella piana sulla sponda orientale del Bisagno, conservando tuttavia le caratteristiche di un piccolo borgo di pescatori. Così descrive il borgo il Giustiniani Giustiniani,, vescovo e storico,, nei suoi “Annali” (1537) storico
Le origini
« … verso la marina, si giunge alla piaggia alla piaggia , nominata la Foce, dove sono da o tto a dieci case con la chiesuola di S. Pietro. E la piaggia è molto atta e comoda al varar delle navi, alquanto però meno che quella di S. Pier d Arena; Arena; come che sia più pietrosa e quella più arenile. E in questa piaggia a tempi nostri si è edificato uno amplissimo edificio quadrato e diviso in due parti, con chiostri e molte officine concedenti alla cura degli ammalati di morbo estifero;; alli quali, quando accade il bisogno, è benissimo provveduto. E da questa fabbrica verso la montagna, in estifero larghezza di un miglio, e lunghezza di due, sono bellissimi e fruttiferi orti coltivati con molta diligenza; per il che roducono ogni specie ed ogni varietà di erbe e di frutti ortilici in grandissima abbondanza. E questo territorio è nominato il piano di Bisagno; e contiene novanta otto fuochi sotto la rettoria della chiesa di SS. Nazaro e Celso. Celso. »(Agostino Giustiniani, Giustiniani, "Annali della Repubblica di Genova", 1537) Il lazzaretto Nel XV secolo
nella piana sulla sponda sinistra del Bisagno fu edificato un lazzaretto per l’isolamento e il ricovero dei malati contagiosi e dei passeggeri delle navi giunti in porto e soggetti a quarantena quarantena,, soprattutto in occasione di epidemie di peste di peste.. L’imponente edificio, ampliato all'inizio del XVI secolo per iniziativa di Ettore Vernazza e con il contributo del doge Ottaviano Fregoso, Fregoso, più volte modificato, svolse la sua funzione fino alla metà dell’Ottocento dell’Ottocento.. Durante l’epidemia di peste che colpì Genova negli anni 1666-1657, il frate cappuccino sestrese Padre Antero Micone scrisse del contagio e del lazzaretto, immortalato anche sulla tela dal pittore Domenico Fiasella. Fiasella. Nel Settecento fu ospitato nel lazzaretto anche il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau che accennò alla sua drammatica esperienza in un brano delle “Confessioni”. Con gli sviluppi della medicina, a metà dell’Ottocento le funzioni del lazzaretto furono trasferite al nuovo ospedale di Pammatone; l’edificio fu demolito, consentendo l’ampliamento del cantiere navale già da tempo esistente sulla spiaggia della Foce. Il cantiere navale Da secoli sulla spiaggia della Foce venivano costruite navi, in piccoli cantieri artigiani (v. il testo del Giustiniani sopra riportato). Il cantiere della Foce ebbe un notevole impulso all’inizio dell’Ottocento, nel periodo della Repubblica Ligure napoleonica napoleonica.. La prime navi varate in quel cantiere furono la fregata "L’Incorruptible" e il brick "Le Cyclope" (16 novembre 1804), a cui seguì la fregata “La Pomone”, varata nel marzo 1805.[4] Ma fu solo dopo l’annessione della Liguria al regno sabaudo che ebbe inizio una vera e propria fase di sviluppo. Il Regno di Sardegna, Sardegna, dopo aver acquisito questo importante sbocco al mare (in precedenza disponeva solo del piccolo porto di Villefranche Villefranche,, nella contea di Nizza di Nizza)) stabilì a Genova la sede della propria flotta e il cantiere della Foce fu destinato alla costruzione delle nuove navi militari. Il cantiere, ampliato su parte dell’area del soppresso lazzaretto, si estendeva su circa 70.000 m2 sulla sponda sinistra alla foce del Bisagno; di proprietà municipale, fu dato in i n gestione prima ai fratelli Westermann, poi ai fratelli Orlando, Orlando, siciliani trapiantati a Genova (durante la loro gestione, nel 1862, fu impostato l'avviso a elica "Vedetta", primo piroscafo militare con scafo in ferro costruito in Italia, varato nel 1866 [5]). Nel 1865 alla famiglia Orlando nella gestione del cantiere subentrò l’imprenditore Enrico Cravero, Cravero, che lo tenne fino al 1890 e successivamente la società Nicolò società Nicolò Odero & C., C., già proprietaria del cantiere di Sestri Ponente. Ponente. Durante la gestione Odero furono costruite grandi navi civili e militari, tra le quali il transatlantico “Re Vittorio” (1907) e la corazzata “Leonardo da Vinci” (1911). Il cantiere cessò l’attività nel 1930, l’ultima unità costruita fu l'incrociatore incrociatore Almirante Brown, commissionato dalla marina argentina argentina,, varato il 28 settembre 1929. Il posto dei cantieri venne occupato, per un breve periodo, dal Villaggio Balneare, sede di numerosi eventi fieristici, prima di lasciare spazio all'espansione urbanistica della città. La Foce e la spedizione dei Mille Una targa in marmo oggi affissa sulla facciata della “Casa dei Pescatori”, rivendica al quartiere della Foce di essere stato uno dei luoghi di partenza di una parte dei volontari garibaldini che parteciparono alla Spedizione dei Mille: Mille: ”OR FANNO CINQUANTA ANNI / IN UNA NOTTE DI STELLE / TREPIDA PER MILLE PALPITI / DI UMILI EROI / I BURCHIELLI DEI NOSTRI AVI / ACCOGLIEVANO / SOLDATI GARIBALDINI / VOGANDO VERSO LE LEGGENDARIE NAVI / SACRE NEI SECOLI. * 5 MAGGIO 1910, LA SOCIETA DEI PESCATORI DELLA FOCE / MEMORE FIDENTE / NEI DESTINI D'ITALIA / POSE” Il fatto è così documentato dallo storico emiliano Francesco Bertolini (1836-1909): Allo spuntare dell’alba del 6 maggio, la legione garibaldina , composta di 1085 volontari, s’imbarcò su due piroscafi mercantili, parte alla Foce, e Treves, Milano, 1890 parte alla spiaggia di Quarto(Francesco Bertolini, "Storia del Risorgimento Italiano", Fratelli Treves,
Maggiori dettagli su questi avvenimenti sono riportati dallo storico veronese Osvaldo Perini nel volume “La spedizione dei Mille, storia documentata della liberazione della Bassa Italia”.[6] L’annessione a Genova Sino al 1873, la Foce costituiva un Comune a sé. La descrizione che ne fa il Casalis nella prima metà dell’Ottocento non è molto dissimile da quella del Giustiniani di tre secoli addietro: « Non sono di molta lunghezza le sue vie comunali, essendone ristretto anziché no il territorio, che da tramontana [7] confina prossimamente con quelli di S. Francesco d’Albaro e di S. Zita. È assai ferace il suolo di questo comune:
produce in abbondanza uve uve,, erbaggi, civaje e frutta di varie specie. Il comune è situato parte in collina e parte quasi al livello del mare, col quale si può dire che confina dal lato di mezzodì. Il torrente Bisagno ne lambe il territorio verso ponente. La chiesa di s. Bernardo serve ora di parrocchia: essa fu già del monastero avente il nome di quel santo, ed era stata costruita sull’area cui diedero ai monaci cistercensi i nobili Garbini nell’anno 1615: vi si veggono
dipinti del Carlone Carlone,, del Piola e di altri rinomati artisti. Vi hanno la fabbrica del lazzeretto, ed il R. cantiere. Gli abitanti hanno in generale una complessione robusta, e sono per la massima parte marinai od agricoltori. Popolazione 1621. »(Goffredo Casalis, Casalis, "Dizionario geografico, storico, statistico e commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna", 1849) Il quadro descritto dal Casalis era destinato a mutare rapidamente nei decenni successivi. Nel 1873, con un Regio Decreto, il Comune di Genova si espandeva oltre il confine del Bisagno, inglobando, oltre alla Foce, i comuni di San Francesco d'Albaro, d'Albaro, San Martino, Martino, Staglieno Staglieno,, Marassi e San Fruttuoso, Fruttuoso, e dando avvio ad un’espansione urbanistica che avrebbe radicalmente cambiato il volto di quei quartieri. L'espansione urbanistica del Novecento Dopo che il comune era stato aggregato a quello di Genova la piana retrostante il vecchio borgo e i cantieri era stato urbanizzato, realizzando un quartiere residenziale signorile, con struttura viaria a scacchiera, formata da lunghe strade ortogonali (Corso Torino, Via Giuseppe Casaregis, Casaregis, Corso Buenos Aires e Via C. Barabino). A partire dal 1929 furono avviati i lavori per la copertura del tratto finale del Bisagno, con la conseguente eliminazione dei due ponti sul Bisagno: il Ponte Pila (naturale collegamento tra Corso Buenos Aires e Via XX Settembre) e Ponte Bezzecca, prolungamento di Via C. Barabino. Sulla copertura del Bisagno fu aperta l’importante arteria viaria che collega la Foce con la zona di Brignole, oggi intitolata alla Brigata Bisagno e alle Brigate Partigiane.. Negli anni '30 del Novecento, Partigiane Novecento, dopo la chiusura del cantiere, sull’area di questo furono create nuove vie e piazze, dove si tennero manifestazioni fieristiche e spettacoli teatrali. Nel 1936 sulla sponda sinistra del Bisagno, ormai coperto, fu costruita la “Casa dei Pescatori”, complesso edilizio destinato ad ospitare la popolazione dell’antico borgo posto sotto la chiesa di San Pietro, demolito per far posto ai moderni insediamenti residenziali e alle nuove strade. Il poco di antico sopravvissuto all’espansione edilizia degli anni ’30 andò definitivamente perduto a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, mondiale, che distrussero anche la chiesa di S. Pietro. Nel luglio del 2001 l'area dei giardini intitolati a Gilberto Govi è stata sede dei lavori del Genoa Social Forum durante la riunione a Genova dei G8.. La zona è stata scenario dei gravi scontri fra dimostranti e forze dell'ordine (vedi Fatti del G8 di Genova) G8 Genova) che hanno causato pesanti danni a strutture pubbliche e private. Dall'anno 2004 il quartiere è interessato - lungo Viale Brigate Partigiane - da profondi lavori edili per la messa in sicurezza dello sbocco del torrente Bisagno ed il rifacimento delle rampe di accesso ed uscita della predetta pr edetta strada sopraelevata. Monumenti e luoghi di interesse Piazza Raffaele Rossetti e quartiere fieristico
Gli edifici che si affacciano su Piazza Rossetti, considerata oggi il centro del quartiere, furono costruiti a partire dal 1933 sull’area prima occupata dal lazzaretto e poi dal cantiere navale. Secondo il piano regolatore del 1932 in questa zona, oltre che abitazioni signorili avrebbero dovuto sorgere un palazzo dello sport, un salone per esposizioni, un cinema-teatro e alberghi di lusso. Fu indetto un concorso, vinto dall’architetto Luigi Carlo Daneri, Daneri, con un progetto ispirato all’architettura all’architettura razionalista. razionalista. Prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale furono realizzati parte degli edifici residenziali. I lavori, sospesi per la guerra, furono completati negli anni ‘50.. Per quanto riguarda il palazzo dello sport e il quartiere fieristico, questi furono realizzati negli anni ‘60 sull’area ‘50 ricavata dal riempimento a mare davanti alla scogliera della Strega, a destra della foce del Bisagno, mentre il teatro “della Corte” e un albergo della catena "Sheraton" hanno trovato collocazione nell’area della Corte Lambruschini, Lambruschini, nei pressi della stazione ferroviaria di Genova Brignole. Sopra il depuratore di Punta Vagno (un tempo sede di una batteria una batteria costiera a difesa del porto di Genova) sono stati edificati a inizio degli anni ottanta i giardini pubblici intitolati ad un genovese illustre: Gilberto Govi. Govi. Architetture religiose [Nella circoscrizione della Foce si trovano quattro chiese cattoliche parrocchiali, tutte di antica origine, ma per ragioni storiche diverse tutte ricostruite ex-novo tra il XIX e il XX secolo. secolo. Due di queste, la chiesa di Nostra Signora del Rimedio e quella di Santa Maria dei Servi, Servi, riprendono il titolo parrocchiale di antiche chiese un tempo ubicate in altre zone della città e demolite per ragioni urbanistiche o eventi bellici. Santi Pietro e Bernardo alla Foce . In origine, sulla spiaggia presso il borgo della Foce esisteva solo una piccola cappella intitolata a San Pietro, Pietro, che dipendeva, come ricordato dal Giustiniani, dalla chiesa dei Santi Nazario e Celso. Celso. Questa chiesa, oggi non più esistente, si trovava sulla scogliera nei pressi di punta Vagno e, già in rovina, quando da tempo il suo titolo parrocchiale era stato trasferito a San Francesco d’Albaro,fu demolita all’inizio del Novecento in seguito all’apertura di Corso Italia. Anche la cappella di San Pietro, ricostruita una prima volta dai pescatori della Foce, fu distrutta da una violenta mareggiata nel 1821. Poiché sulla scogliera sovrastante la spiaggia esisteva dal 1615 la chiesa di san Bernardo, Bernardo, che faceva parte del convento dei frati Foglianti (detti anche Fogliensi ed ancora oggi ricordati dal toponimo assegnato alla salita che dal borgo - oggi da Corso Italia - sale alla chiesa), questa fu intitolata anche a San Pietro e divenne la parrocchiale del borgo. La chiesa, costruita nel periodo barocco periodo barocco,, conservava opere di importanti pittori genovesi del Seicento genovese, quali Giovanni Battista Carlone, Carlone, Domenico Piola e Giovanni Andrea De Ferrari e sculture lignee della scuola del Maragliano Maragliano.. La chiesa fu gravemente danneggiata dai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale e completamente ricostruita a partire dal 1952. Per approfondire, vedi la •
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voce Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce Chiesa di Santa Zita . Era la chiesa del Borgo Pila, Pila, abitato dai mercanti di seta lucchesi stabilitisi a Genova nel
XII secolo, secolo, che costruirono una cappella inizialmente intitolata al Volto Santo (antica immagine di Cristo crocifisso conservata nel Duomo di Lucca) Lucca) e che vollero in seguito dedicare alla santa loro concittadina. concittadina. La
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chiesa fu più volte danneggiata dagli straripamenti del Bisagno e più volte ricostruita. L’attuale costruzione risale all’inizio del XX secolo. secolo. Per approfondire, vedi la voce Chiesa di Nostra Signora Assunta e Santa Zita Chiesa di Nostra signora del Rimedio . Si trova in Piazza Alimonda, Alimonda, teatro di tragici scontri durante il G8 del 2001.. L'originaria chiesa di N.S. del Rimedio si trovava nella Via Giulia (oggi via XX Settembre) e fu eretta in 2001 seguito ad un lascito testamentario del marchese Giovanni Tommaso Invrea. La chiesa, costruita tra il 1651 e il 1673 e restaurata nel 1794 da Antonio Barabino (padre del più noto architetto Carlo Barabino), Barabino), fu consacrata dal cardinale Giuseppe Spina nel 1808. Per consentire l’ampliamento della Via Giulia (nel frattempo denominata “Via XX Settembre”), la chiesa fu demolita nel 1898 stabilendo la costruzione di una nuova chiesa sotto lo stesso titolo nel sito dove si trova oggi. La nuova chiesa fu costruita tra il 1900 e il 1904, su progetto pro getto di Natale Gallino e G.B. Odero ed eretta in parrocchia nel 1911 ma praticamente senza una giurisdizione territoriale, che le sarebbe stata attribuita, con decreto del cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, Minoretti, solo nel 1936. Nel 1955 fu consacrata dal cardinale Giuseppe Siri. Siri. Per approfondire, vedi la voce Chiesa di Nostra Signora del Rimedio Chiesa di S. Maria dei Servi .
Si trova nel cuore del nuovo quartiere, immediatamente a monte di Piazza Rossetti. L'originaria chiesa di S. Maria dei Servi, officiata dai religiosi Servi di Maria, Maria, sorgeva fin dal XIV secolo nell’antico quartiere di Via Madre di Dio. Distrutta dai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale,, i religiosi si trasferirono in una sede provvisoria in piazza Rossetti, dove nel 1961 fu ufficialmente mondiale trasferita anche la sede parrocchiale. Nel 1965, su progetto degli architetti Leonardo Bucci e Raffaello Trinci, fu costruita la nuova chiesa, consacrata dal cardinale Giuseppe Siri il 6 maggio 1972. Per approfondire, vedi la
voce Chiesa di Santa Maria dei Servi (Genova) Eventi In occasione della festa patronale di San Pietro (29 giugno), si tiene nel quartiere
una grande fiera di merci varie. Un tempo, quando ancora esisteva l’antico borgo, alla sera le case venivano illuminate con lampioncini colorati alla cinese, mentre i pescatori dalle barche gettavano sull’acqua lumini accesi che si dondolavano sulle onde. Oggi, a coronamento dei festeggiamenti per la festività patronale, la sera del 29 giugno si tiene uno spettacolo di fuochi pirotecnici che richiama numerosi spettatori da tutti i quartieri cittadini. Numerose sono le manifestazioni che si tengono nel quartiere fieristico, tra le più importanti Euroflora Euroflora,, a cadenza quinquennale e l’annuale Salone Nautico. Nautico. Sul piazzale intitolato a John F. Kennedy è allestito periodicamente un grande luna-park e per molti anni è stata organizzata annualmente alla fine dell’estate la festa dal Partito Democratico (Festa dell'Unità dell'Unità). ). Folklore Alla Foce hanno sede di diverse compagnie di Trallallero (tradizionale canto a cappella), cappella), fra i quali i notissimi Canterini della Foce. Il quartiere della Foce è citato in numerose canzoni dialettali; in quella più conosciuta anche al di fuori dei confini regionali, “Ma “Ma se ghe penso”, penso ”, la Foce è uno dei diversi luoghi di Genova rievocati con nostalgia da un genovese emigrato in Sudamerica (veddo là a Fôxe e sento franze o mâ). Tra gli altri luoghi viene evocata anche la vicina spiaggia della “Cava”, interrata negli anni ‘50 per la costruzione del quartiere fieristico e l’espansione del porto del porto di Genova. Genova. Fra le tante canzoni dialettali se ne segnala in particolare una di un gruppo molto popolare nel capoluogo ligure, I Trilli, Fôxe de Zêna ( Foce Foce di Genova). Un antico sfottò di sapore campanilistico, ripreso in un'altra canzone popolare, argomenta che a salvare gli abitanti della Foce sono quelli del vicino borgo di Boccadasse Boccadasse,, gli unici ad essere, se possibile, più tarlucchi (babbei) di loro. Nella canzone di Fabrizio De Andrè "A dumenega" è citata la Foce nel verso (in genovese antico) "ä Fuxe cheusce de sciaccanuxe" ("alla Foce cosce da schiaccianoci") che si riferisce al modo in cui gli abitanti di questa zona erano soliti chiamare le prostitute le prostitute genovesi. [8] Note
1. 2. 3.
^ Notiziario statistico della città di Genova 1/2011. 1/2011. ^ Genova fuori le mura, Corinna Praga, 2006, Ed. Fratelli Frilli, pag. 105. ^ A sostegno di questa tesi il fatto che il villaggio originario sorgesse sul
versante occidentale del colle di Albaro, distante circa mezzo chilometro dalla foce del Bisagno, il cui sbocco al mare in epoche remote era peraltro assai più arretrato dell’attuale. 4. ^ http://www.napoleon-series.org/military/organization/Italy/ItalyStudy/c_ItalyStudy9.html 5. ^ http://www.marina.difesa.it/unita/vedetta.asp 6. ^ « ”Il mattino del 5 una colonna di volontari sparpagliata in piccoli drappelli e senza ordine usciva da Porta Pila rivolgendo i passi al villaggio di Quarto a tre miglia circa da Genova, dove aspettare doveva che i vapori venissero a levarla. … Un’altra squadra doveva imbarcarsi alla Foce e prendendo il largo girare il molo e penetrare nell’interno del porto ove i vapori [il “Lombardo” e il “Piemonte”, ndr], stavano attendendola. … Una terza colonna e la men numerosa composta dei capi della spedizione [cioè Nino [cioè Nino Bixio e il patriota siciliano Salvatore Castiglia , che avrebbero preso il comando delle due navi, ndr] doveva penetrare dal lato della dogana nel porto e salir quindi a bordo dei vapori ancorati ed apparecchiarli a salpare. … Quasi al tempo medesimo la squadra partita dalla Foce, dopo avere con lungo circuito girato la spiaggia, a bordo essa pure giungeva. … Alle ore 2 del mattino la flottiglia usci chetamente dal porto e s’inoltrò in alto mare protetta dalle tenebre e dal generale silenzio. I due vapori si diressero lentamente verso la spiaggia di Quarto, ove la terza colonna [di cui faceva parte lo stato maggiore garibaldino, compreso lo stesso generale stesso generale , ndr] stava da quattr’ore
attendendoli. » (Osvaldo Perini, " La spedizione dei Mille, storia documentata della liberazione della Bassa Italia ", F. Candiani, Milano, 1861) 7. ^ Probabile errore dell’autore che identifica la località di Borgo Pila (che peraltro non era comune autonomo ma una frazione di S. Francesco d’Albaro), con la denominazione della relativa chiesa. 8. ^ http://testi-canzoni.musiczone.it/fabrizio-de-andre/in-direzione-ostinata-e-contraria/testo-canzone-adumenega_2.html Bibliografia Per approfondire, vedi la voce Bibliografia su Genova ] C. Praga, Genova fuori le mura, 2006, Fratelli Frilli Editori. G. Casalis Casalis,, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna , 1849. A. Giustiniani Giustiniani,, Annali della Repubblica di Genova , 1537. Voci correlate Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce Altri progetti Wikimedia Commons contiene file multimediali su Foce (quartiere di Genova) ] • • •
Collegamenti esterni • • • • • • • • • • • •
Zenazone.it/foce Fotografie d'epoca e note storiche sui quartieri di Genova Note storiche su Piazza Rossetti Il Lazzaretto della Foce Note storiche sul cantiere della Foce La chiesa dei Santi Pietro e Bernardo sul sito dell’Arcidiocesi di Genova La chiesa di Santa Zita sul sito dell’Arcidiocesi di Genova Storia della chiesa di Santa Zita La chiesa di Santa Maria dei Servi sul sito dell’Arcidiocesi di Genova La chiesa di N. S. del Rimedio sul sito dell’Arcidiocesi di Genova Storia delle chiese costruite in riva r iva al mare nel levante genovese Società Calcio Foce
La facciata della chiesa dei Santi Pietro e Bernardo Veduta del quartiere con la chiesa dei Santi Pietro e Bernardo Panorama con i giardini intitolati a Gilberto Govi sopra l'area del depuratore I Giardini "Govi" La Pescasportiva della Foce
Traghetto in entrata al porto por to Veduta aerea del quartiere Panorama dai giardini Govi Piazza Raffaele Rossetti
Veduta aerea del quartiere.
Fortezza del Priamar Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Coordinate
44°18′16″N 8°29′04″E44.30444°N 8°29′04″E44.30444°N 8.48444°E (Mappa Mappa))
8.48444°ECoordinate: 8.48444°ECoordinate:
44°18′16″N
Funzione strategica
Presidiare lo sbocco della strada da colle di Cadibona principale accesso alla riviera e quindi a Genova
Termine funzione strategica
1815
Inizio costruzione
1542
Termine costruzione
1750[1]
Costruttore
Giovanni Maria Olgiati successivamente Domenico Serena
Materiale
pietra
Proprietario attuale
proprietà comunale
Visitabile
con visite guidate
Occupanti
Assedio del 1746 campagna d'Italia durante la prima repubblica
Eventi
con l'annessione della Repubblica al Regno di Sardegna la fortezza divenne una prigione di stato
Note
Mauro Minola, Beppe Ronco Castelli e fortezze di Liguria Ed.Servizi editoriali, Genova, 2006
1.
^ la costruzione avvenne durante diverse fasi
La fortezza del Priamar di Savona è una imponente struttura che si affaccia al centro cittadino in corrispondenza del porto, sulla collina che porta lo stesso nome, Priamar . Fu costruita nel 1542 su un promontorio (dove già in epoca medioevale sorgeva il cuore dell'abitato savonese) su progetto dell'ingegnere Giovanni Maria Olgiati dall'allora Repubblica di Genova quando questa aveva il dominio della città dopo l'abbattimento del libero comune e necessitava di costituire punti di difesa da possibili attacchi dal mare. Nel XVII secolo fu dotata di bastioni progettati dall'ingegnere del Re di Spagna Domenico Sirena. Nel XVIII secolo furono costruiti i palazzi del commissario e degli ufficiali e quello della Sibilla. Nel 1746 una breccia fu aperta dai granatieri savoiardi nella cortina dell'Angelo. Nel 1820 divenne bagno penale. Segni di vita durante l'antichità nella zona che circonda la cosiddetta rocca del Priamar sono desumibili da resti preromani, romani e bizantini emersi dagli scavi compiuti durante i secoli intorno alla forte e oggi conservati nel Museo archeologico cittadino. La fortezza del Priamar è conosciuta anche perché, trasformata in reclusorio militare, fu prigione - in piena epoca risorgimentale - per Giuseppe per Giuseppe Mazzini, Mazzini, la cui cella è tutt'oggi visitabile. Priamar: da cattedrale a fortezza Dopo l'istituzione del libero comune, il promontorio divenne il centro della città medievale. Vi sorgevano i palazzi comunali, il palazzo del vescovo e l'antica cattedrale (andata ( andata distrutta nel 1595 per far posto all'abitazione del commissario della Cittadella all'interno della nuova fortezza), eretta fra l'anno 825 e l'anno 887 sui resti di un precedente tempio pagano. Fu intitolata dapprima a santa Maria Maggiore e poi a santa Maria di Castello. Secondo la descrizione dello storico Giordano il sagrato di tale tempio aveva un pavimento marmoreo a quadrati bianchi e neri e in cima ad otto gradini vi erano le tre entrate principali della chiesa. Il pavimento interno era uguale a quello del sagrato, le cappelle laterali riccamente decorate con tarsie e statue marmoree (parte delle quali conservate nel chiostro della nuova cattedrale). L'abside, decorata da logge percorribili, si trovava a picco sul mare e da essa si godeva un panorama unico rivolto verso l'intera riviera ligure. ligure. Vi erano inoltre un campanile ed un battistero. La facciata era tipicamente romanica romanica,, probabilmente a capanna e decorata a fasce marmoree orizzontali bianche e nere. Ma il vero tesoro della cattedrale era il coro ligneo intarsiato, ispirato a quelli della Certosa di Pavia e di Basilica di San Francesco ad Assisi Assisi.. Esso è stato salvato dalla distruzione e ricostruito nell'abside della nuova cattedrale di Savona adattando la sua forma circolare ad una nuova abside quadrata. Anche il coro, di recente restauro, è di grande pregio. Ma tutto ciò che era la struttura dell'antica cattedrale - che secondo alcuni storici non locali era a quel tempo una fra le più belle
presenti nel mar Mediterraneo - è andato totalmente perduto. Ancora oggi le mura ancora esistenti e abbandonate a ridosso della cima della fortezza costituiscono un cruccio per i savonesi al pensiero che i loro concittadini del Medioevo si videro abbattere la loro cattedrale rimanendo per molti anni senza una chiesa che la sostituisse in via definitiva. A parziale consolazione è il fatto che non tutto è andato perduto: molte sculture ed opere della vecchia cattedrale sono conservate nei musei savonesi e nel nuovo duomo. Negli ultimi anni si è avuto un forte intervento di restauro della fortezza, precedentemente in stato di abbandono, con una riapertura degli scavi e degli eventi culturali ad essi legati. Oggi la fortezza del Priamar appare come una grande mole che si erge sulla città con una sola grande rampa d'accesso e due piazze principali: il Piazzale del Maschio, racchiuso tra palazzi e sede di manifestazioni operistiche e teatrali, e il Piazzale della Sibilla dove sorgono gli scavi della cattedrale e da cui si gode uno splendido panorama sulla città e sul mare. Oltre a questi vi sono anche un gran numero di edifici (il Palazzo della Sibilla, il Palazzo del Capitano, Il Palazzo del Commissario, e altri), di strade, di giardini pubblici, di bastioni e di cunicoli, molti dei quali ancora oggi sono segreti o impraticabili (uno di essi portava dalla cima della fortezza sino al porto). Dal 2001 il Comune di Savona, previa richiesta, acconsente alla celebrazione di matrimoni civili presso due delle sale della fortezza. Altri progetti [Wikimedia Commons contiene file multimediali su Fortezza del Priamar Collegamenti esterni Comune.savona.it - orari e locazioni Approfondimento storico
Mappa del cartografo Matteo Vinzoni del 1773 raffigurante Savona e la fortezza
Galleria Fotografica
Scultura di Arnaldo Pomodoro, Pomodoro, collocata nello spazio verde prospiciente pro spiciente la Fortezza Scavi archeologici esterni, strada medioevale lastricata a "spina di pesce" intersecata da una galleria di contromina di epoca successiva Scavi archeologici esterni, strada medioevale lastricata a "spina di pesce" intersecata da una galleria di contromina di epoca successiva
Le fondamenta della chiesa e dal convento di San Domenico il Vecchio, demolite per la costruzione dei terrapieni della fortezza Scavi sull'area antistante la fortezza, fondazioni dei terrapieni esterni La fortezza del Priamar, scorcio con panorama del porto La fortezza del Priamar, interni Ingresso degli uffici comunali in Piazzale del Maschio Particolare dell'imponente struttura della fortezza Piazzale del Maschio
panorama cittadino dal bastione dell'angelo Ponte di accesso alla cittadella Spalti lato mare Torrione circolare medievale inglobato nelle strutture cinquecentesche, particolare Palazzo della Loggia dove risiede il museo archeologico