Paolo Venini - Appunti di Teoria delle Strutture - 2002/2003
Indice Capi Ca pito tolo lo 1.
Intro Introdu duzi zion one e all’I all’Ins nsta tabi bili lit` t` a delle delle Stru Strutt ttur ure e ............
1.1. Considerazioni qualitative introdu oduttive. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2. Sistemi discreti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.1. Il metodo dinamico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.2. Il metodo energetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.3. Il metodo odo statico in grandi deformazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.4. Il metodo delle imperfezioni .. .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. 1.2.5 1.2.5.. Sist Sistem emii a pi` pi` u gradi di libert`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.5.1. Un primo esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.6. Il metodo energetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.7. Il rapp orto di Rayleigh . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3. Instabilit`a euleriana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3. 1.3.1. 1. Aste Aste comp compre ress ssee unif unifor orme meme men nte di sezi sezion onee cost costan ante te . . . . . . . . . . . . . 1.3.2. Un problema iperstatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.3. Il metodo delle imperfezioni .. .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. 1.3. 1.3.4. 4. Metod etodoo ener energe geti tico co per per aste aste in camp campoo elas elasti ticco . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.5. Il metodo di Trefftz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.6. Analisi in grandi deformazioni .. .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . 1.3.7. 1.3 .7. Cenni Cenni su relazi relazioni oni e interazi interazioni oni tra stato limite limite elastic elastico o e di instabilit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.8. Travi con vincoli elastici. .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . .. . . 1.3.8.1. Meto do di Newmark . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.8.2. Meto do delle forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.9. Applicazioni a telai semplici .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . . 1.3.9.1. Portale a no di fissi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.9.2. Portale a nodi odi spostabili. . .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. . .. .. 1.4.. Instab 1.4 Instabili ilit` t` a flesso–torsionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.1 4.1. Descrizione qualitativa del fenomeno. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.2. Equazioni governanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.3. 1.4.3. Coesist Coesistenz enza a di inst instabi abilit lit``a per carico carico di punta punta e flesso– flesso–tors torsion ionale ale 1.5. Complementi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.5.1. Biforcazione simmetrica stabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.5.2. Biforcazione simmetrica in instabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.5.3. Biforcazione asimmetrica .. . .. . .. .. . .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . .. . .. . Bibliografia ................................................... .....
1
1 1 1 1 2 3 3 5 5 6 8 9 9 10 12 12 13 15 17 18 20 21 23 23 24 25 25 26 29 30 31 33 34 37
Paolo Venini - Appunti di Teoria delle Strutture - 2002/2003
CAPITO CAPITOLO LO 1 ` delle Strutture Introduzione all’Instabilit a 1.1. Consideraz Considerazioni ioni qualitativ qualitative e introdutt introduttive ive
Intenderemo per instabilit`a strutturale il raggiungimento di uno stato di sollecitazione tale per cui la struttura in esame cambia radicalmente (e spesso repentinamente) il suo comportame comportament nto. o. Dal punto punto di vista vista static staticoo accadr accadr``a che uno stato di sforzo relativamente semplice, e.g. compressione semplice, venga bruscamente sostituito da uno pi` u complesso quale ad esempio la presso–flessione deviata. Inoltre, per quanto riguarda lo stato di deformazione e la valutazione del campo degli spostamenti, al sopraggiungere dell’instabilit`a si verifica spesso un incremento incontrollabile della deformazione che porta all’inservibilit`a della struttura, pur in presenza di un regime di sforzi ammissibile. ammissibile. Da un punto punto di vista analitico, analitico, l’insorgere l’insorgere di tali fenomeni fenomeni si spiegher`a quasi sempre con cambiamenti della natura dell’operatore che governa il sistema, sistema, la perdit` a di ellitticit`a essendo il caso pi`u frequente. I carichi critici instabilizzanti saranno dunque spesso opportuni autovalori di operatori, i cui autovettori, o autofunzioni, autofunzioni, associati daranno le deformate deformate critiche. critiche. Ci sar`a invece pochissimo spazio per trattare fenomeni parimenti importanti quali l’instabilit`a dinamica e lo studio del comportament comportamentoo post–critico post–critico che descrive descrive la struttura struttura nella fase che segue il manifestarsi dell’instabilit`a. a.
1.2. Sistemi Sistemi discreti discreti 1.2.1. 1.2.1. Il metodo dinamico dinamico
Considerata l’asta rigida in Figura 1.1, l’equilibrio dinamico alla rotazione attorno alla cerniera a terra si scrive µ
3 ¨ θ + P θ 3
− kθ = 0,
(1.1)
dove µ `e la densi de nsit` t`a di massa per unit`a di lunghezza, k la rigidezza rigidezza rotazionale rotazionale della molla, la lunghezza dell’asta e P il carico di punta. Posto α=
3 (k µ3
− P ) ,
l’equazione normalizzata diventa θ¨ + αθ = 0. Fatto salvo il caso di confine α = 0, distinguiamo i seguenti due casi: 1
(1.2)
Paolo Venini - Appunti di Teoria delle Strutture - 2002/2003
CAPITO CAPITOLO LO 1 ` delle Strutture Introduzione all’Instabilit a 1.1. Consideraz Considerazioni ioni qualitativ qualitative e introdutt introduttive ive
Intenderemo per instabilit`a strutturale il raggiungimento di uno stato di sollecitazione tale per cui la struttura in esame cambia radicalmente (e spesso repentinamente) il suo comportame comportament nto. o. Dal punto punto di vista vista static staticoo accadr accadr``a che uno stato di sforzo relativamente semplice, e.g. compressione semplice, venga bruscamente sostituito da uno pi` u complesso quale ad esempio la presso–flessione deviata. Inoltre, per quanto riguarda lo stato di deformazione e la valutazione del campo degli spostamenti, al sopraggiungere dell’instabilit`a si verifica spesso un incremento incontrollabile della deformazione che porta all’inservibilit`a della struttura, pur in presenza di un regime di sforzi ammissibile. ammissibile. Da un punto punto di vista analitico, analitico, l’insorgere l’insorgere di tali fenomeni fenomeni si spiegher`a quasi sempre con cambiamenti della natura dell’operatore che governa il sistema, sistema, la perdit` a di ellitticit`a essendo il caso pi`u frequente. I carichi critici instabilizzanti saranno dunque spesso opportuni autovalori di operatori, i cui autovettori, o autofunzioni, autofunzioni, associati daranno le deformate deformate critiche. critiche. Ci sar`a invece pochissimo spazio per trattare fenomeni parimenti importanti quali l’instabilit`a dinamica e lo studio del comportament comportamentoo post–critico post–critico che descrive descrive la struttura struttura nella fase che segue il manifestarsi dell’instabilit`a. a.
1.2. Sistemi Sistemi discreti discreti 1.2.1. 1.2.1. Il metodo dinamico dinamico
Considerata l’asta rigida in Figura 1.1, l’equilibrio dinamico alla rotazione attorno alla cerniera a terra si scrive µ
3 ¨ θ + P θ 3
− kθ = 0,
(1.1)
dove µ `e la densi de nsit` t`a di massa per unit`a di lunghezza, k la rigidezza rigidezza rotazionale rotazionale della molla, la lunghezza dell’asta e P il carico di punta. Posto α=
3 (k µ3
− P ) ,
l’equazione normalizzata diventa θ¨ + αθ = 0. Fatto salvo il caso di confine α = 0, distinguiamo i seguenti due casi: 1
(1.2)
1.2. Sistemi discreti
Il primo semplice sistema
Figura 1.1.
1. ”Carichi piccoli”, piccoli”, ossia P < k e α > 0. La soluzione soluzione dell’Equazione dell’Equazione normalizzata normalizzata (1.2) (1. 2) `e del tipo tip o θ(t) = C 1 sin αt + C 2 cos αt,
√
√
che, tra l’altro, indica come l’ampiezza delle oscillazioni θ(t) si mantenga limitata limitata nel tempo. 2. ”Carichi grandi”, grandi”, ossia P > k e α < 0. La soluzione dell’Equazione dell’Equazione normalizzata normalizzata (1.2) `e ora del tipo tip o
√−αt) √ αt), αt) + C exp(− −αt)
θ (t) = C 1 exp(
2
che, tra l’altro, indica come l’ampiezza delle oscillazioni θ(t) non sia limitata nel tempo. 1.1. Pu` o sembrare strano che la soluzione del problema per α < 0 non sia di tipo periodico come il problema fisico suggerisce. Ci`o `e dovuto d ovuto al fatto fatt o che c he l’Equazione l’Equazione (1.2) `e la versione versione linearizza linearizzata ta dell’equazion dell’equazionee governante governante il moto della trave. trave. Fisicamente Fisicamente,, linearizza linearizzare re un’e un’equazion quazionee significa significa limitarne la validit` a in un opportuno intorno del punto di linearizzazione. Torneremo pi` u avanti diffusamente su questo concetto. Osservazione
1.2.2. 1.2.2. Il metodo energetico energetico
L’energia potenziale V ( V (θ) del sistema s istema `e la somma so mma dell’energ del l’energia ia del carico c arico P e di quella quella elastica immagazzinata nella molla. A meno di costanti, si ha k 2 θ P (1 cos θ). (1.3) 2 Si nota come l’energia del sistema non sia quadratica nella coordinata libera θ. Nello spirito dell’osserv dell’osservazione azione 1.1, procediamo procediamo quindi a ”quadratizza ”quadratizzare” re” l’energia l’energia che equivale equivale a linearizzare linearizzare l’equazione l’equazione dinamica gov governan ernante. te. Ricordato Ricordato lo sviluppo sviluppo V ( V (θ) =
−
2
−
1.2. Sistemi discreti
di Taylor della funzione coseno, a meno di infinitesimi di ordine quattro, si scrive 1 V (θ) = (k 2
− P )θ2.
(1.4)
Pertanto se P < k/ allora ∆V > 0 e l’equilibrio `e stabile, se P > k/ allora ∆V < 0 e l’equilibrio `e instabile, mentre per P = k/ si ottiene ∆V < 0 e l’equilibrio `e indifferente. 1.2. Gli approcci di linearizzazione dell’equilibrio dinamico e della quadratizzazione dell’energia hanno in comune la rinuncia a priori della ricerca di posizioni di equilibrio diverse da quel la di partenza. Lo scopo `e limitato alla determinazione dell’intervallo di parametri per i quali la posizione di equilibrio nota a priori non viene abbandonata. Si intuisce che rinunciando a linearizzare le equazioni dinamiche o a quadratizzare l’energia potenziale si perda in trattabilit`a analitica ma si guadagni la possibilit` a di ricercare nuove posizioni di equilibrio. Questo `e l’oggetto dei metodi delineati nel seguito. Osservazione
1.2.3. Il metodo statico in grandi deformazioni
L’equilibrio statico alla rotazione attorno alla cerniera si scrive P sin θ
− kθ = 0,
(1.5)
le cui soluzioni sono: 1. θ = 0, gi`a incontrata in precedenza; 2. P/k = θ/ sin θ . Pertanto, per P < k/ esiste una sola soluzione che `e quella di partenza con asta verticale mentre per P > k/ esistono anche altre due soluzioni come mostrato in Figura 1.2.
1.2.4. Il metodo delle imperfezioni
Per imperfezione intenderemo qui e altrove un fattore fisico effettivamente presente ma non espressamente modellato all’interno delle equazioni risolventi. Tipiche imperfezioni sono date da - travi non perfettamente rettilinee; - carichi non perfettamente centrati; - presenza di carichi normali all’asse della trave. Consideriamo ancora l’asta della sezione 1.2.3, avendo per` o aggiunto una componente orizzontale di carico indicata con F . L’equilibrio a rotazione in grandi deformazioni si scrive allora P sin θ
− kθ + F cos θ = 0 ,
(1.6)
che origina l’insieme di soluzioni di Figura 1.3 dove, con tratto leggero, `e anche riporatata la soluzione del sistema in assenza di imperfezioni. 3
1.2. Sistemi discreti 8
P K
7
=
θ sin θ
6
5
4
3
2
1
0 -4
-3
-2
-1
0
1
2
3
4
Metodo statico in grandi deformazioni: biforcazione della soluzione Figura 1.2. 8
P K
7
=
θ sin θ+0.2cos θ
6
5
4
3
2
1
0
-1
-2 -4
-3
-2
-1
0
1
2
3
4
Metodo delle imperfezioni in grandi deformazioni: biforcazione della soluzione Figura 1.3.
4
1.2. Sistemi discreti
1.2.5. Sistemi a pi` u gradi di libert` a
1.2.5.1. Un primo esempio
Figura 1.4.
Sistema a due gradi di libert`a
Con riferimento alla Figura 1.4, operando in piccole deformazioni e indicata con θ1 la rotazione dell’asta i = 1, 2, 3, e scelte come coordinate libere le componenti di spostamento orizzontale delle cerniere interne x1 e x2 , valgono le relazioni geometriche x1 x1 x2 x2 θ1 = , θ2 = , θ3 = , e 2x1 x2 θA = θ1 + θ2 = 2x2 x1 θB = θ3 θ2 = . Le equazioni di equilibrio a rotazione parziale attorno ad A e B si scrivono in forma matriciale nella forma
−
− −
−
2 K
− P − K − K 2 K − P 5
x1 x2
=
0 0
(1.7)
1.2. Sistemi discreti
Oltre alla soluzione banale corrsispondente allo stato di equilibrio non deformato, l’esistenza di altre soluzioni `e subordinata all’annullarsi del determinante della matrice dei coefficienti che regge il sistema lineare (1.7). Si giunge cos`ı alla condizione
K 2
− 2
− P
K 2 = 0, 2
che porta ai de autovalori K 3 , P 2 = K, cui sono associati i rispettivi autovettori normalizzati P 1 =
√
1 Φ1 = 2
1 1
,
√
1 Φ2 = 2
1 1
−
.
I due autovettori forniscono la deformata modale corrispondente ai meccanismi di in` chiaro che il nostro interesse stabilizzazione associati ai due carichi critici P 1 e P 2 . E `e sulla prima deformata modale associata a P 1 per la quale risulta x1 = x2 . 1.2.6. Il metodo energetico
Consideriamo una struttura discreta (o discretizzata) olonoma a N gradi di libert`a. Sia x = (x1 , x2 , . . . , xN ) il vettore delle coordinate libere. Indicati con V ( ) la funzione potenziale, con x 0 il vettore delle coordinate libere nella posizione iniziale e posto V (x0 ) = 0, vale lo sviluppo di Taylor
·
V (x) = V (x0 ) +
V (x)|x=x · (x − x0) + 1 + (x − x0 )T H (x)|x=x 2 0
0
(x
− x0) + o ||x − x0||3
(xi
− x0i)
o, in forma indiciale
,
(1.8)
+...
(1.9)
N
V (x)
≡ ∆V (x, x0) =
i=1
δV
|x =x
1 + 2
i
0i
N
(xi
− x0i) +
N
δ 2 V
i=1 j=1
|x =x
xi =x0 i 0j j
Vale allora il
x j
− x0 j
1.3. Sia x0 una posizione di equilibrio. Allora V (x0 ) = 0. La posizione x = x0 `e poi di equilibrio stabile se e solo se x0 `e un punto di minimo per V (x) ossia, con riferimento all’Equazione (1.8), se e solo se `e definita positiva la matrice hessiana i cui elementi sono dati da
Teorema
∂ 2 V K ij = ∂x i ∂x j
6
x=x0
.
1.2. Sistemi discreti
Essendo infatti x0 `e una configurazione equilibrata, ossia V (x) x=x della variazione ∆V (x, x0 ) `e dato dal segno della variazione seconda
1 2
N
N
δ2 V
i=1 j=1
|x =x
xi =x0 i 0j j
(xi
− x0i)
x j
− x0 j
|
0
≡ 0, il segno
.
Si `e pertanto ricondotti allo studio della (eventuale) definita positivit`a della matrice hessiana K data da ∂ 2 V K ij = . ∂x i ∂x j Nel caso dell’esempio precedente, indicate ancora con θA e θB le rotazioni relative delle cerniere elastiche e con s l’abbassamento del punto di applicazione del carico P , scritta l’energia potenziale nella forma V e ricordate le espressioni θA
=
θI + θII
θB
=
θI
=
θII I − θII x1
θII θII I s
= = =
arcsin arcsin arcsin
x1 x2
≈
−
≈
x1 x2
1 1 2 2 = KθA + KθB 2 2
− P s,
x1 x2
≈
x2
x1
x2
−
(3 − cos θI − cos θII − cos θII I )
≈
3−
1−
θI 2
2
−
1−
2 θII
2
−
1−
2 θII I
2
si giunge alla relazione V
1 = 2 2
x1 x2
x1 x2
T
5K 2P (4K P )
−(4K − P ) 5K − 2P
− − −
x1 x2
.
Imponendo ai minori della matrice di essere positivi si trovano infine le condizioni 5K
− 2P > 0 K (5K − 2P )2 − (4K − P )2 > 0 =⇒ P < o
3K , che coincide con il risultato ottenuto con il metodo statico. Ricapitolando, la definita positivit`a della funzione potenziale coincide con la definita positivit`a della matrice di rigidezza 5K 2P (4K P ) K = . (4K P ) 5K 2P Decomposta la matrice di rigidezza globale K nella sua parte elastica K E
− − −
K E = e geometrica K G ,
K G = P
−
5K 4K
−
−
2
7
− −
−4K 5K 2
−
,
P >
(1.10)
(1.11)
,
1.2. Sistemi discreti
la definita positivit`a pu`o essere accertata controllando che il problema agli autovalori generalizzato K E Φ = P K G Φ ,
(1.12)
dove gli autovalori sono i carichi P e gli autovettori associati Φ sono le deformate modali, presenti solo autovalori positivi. 1.2.7. Il rapporto di Rayleigh
Accade spesso che l’interesse sia esclusivamente sul primo autovalore del Problema 1.12 che rappresenta il carico critico P cr oltre il quale si possono verificare fenomeni di instabilit` a. Una prima via `e allora quella di risolvere il problema agli autovalori con metodi numerici ormai diffusi capaci di calcolare solo un numero finito di autovalori di un’assegnata matrice. Alternativamente, anzich` e risolvere il problema agli autovalori, si definisce il rapporto di Rayleigh R(x)
U (x) , Ω(x)
=
in cui U (x) e Ω(x) sono rispettivamente le forme quadratiche associate a K E e K G , ossia 1 1 U (x) = xT K E x, Ω(x) = xT K G x. 2 2 Si pu`o allora mostrare come valga la relazione P cr = min R(x). x X
∈
Come utile esempio di applicazione, consideriamo il problema precedente. Date le definizioni di K E e K G delle relazioni (1.10) e (1.11), si ha xT K E x = K (5x21
− 8x1x2 + 5x22),
xT K G x = (2x21
− 2x1x2 + 2x22).
e Il criterio di Rayleigh fornisce dunque P cr = Posto α =
x1 x2 ,
min
x [x1 ,x2
≡
K (5x21 ] (2x2 1
− 8x1x2 + 5x22) . − 2x1x2 + 2x22)
ci si riconduce al problema di minimo in una variabile
K 5 8α + 5α2 α 2 2α + 2α2 Annullando la derivata prima f (α) si trovano i seguenti punti stazionari
− −
min f (α) =
min(R)
≡ P cr = K
per α = 1
K per α = 1 Come gi`a calcolato per via statica ed energetica, anche il metodo del rapporto di Rayleigh fornisce dunque il carico critico P cr = K . max(R) = 3
8
−
1.3. Instabilit`a euleriana
1.3. Instabilit` a euleriana
I sistemi ad aste rigide ed elasticit`a concentrata consentono di introdurre pressoch` e tutti gli aspetti legati all’instabilit`a delle strutture. tra l’altro, verranno ripresi pi` u avanti per studiare alcune delle pi`u comuni forme di instabilizzazione, con particolare riferimento alla biforcazione simmetrica stabile e instabile e alla biforcazione asimmetrica. Obiettivo delle sezioni che seguono `e per`o quello di ambientare il problema dell’instabilit`a nell’ambito della meccanica delle travature elastiche introdotte nei corsi di Scienza delle Costruzioni. La base di partenza `e il problema dell’ asta di Eulero, ossia lo studio dell’instabilit`a di singole aste compresse. Verranno per`o anche considerati altri casi di interesse applicativo quali l’instabilit`a si semplici portali e l’instabilit`a flesso–torsionale. Si rimanda invece al metodo degli elementi finiti per lo studio di problemi di instabilit`a di telai di grande dimensione. 1.3.1. Aste compresse uniformemente di sezione costante
Nel caso di asta incernierata a un estremo e vincolata da un carrello a taglio nel punto di applicazione del carico normale, il problema governante in forma forte si scrive (vedi la Sezione 1.3.5)
EJ v + P v = 0, x v(0) = 0 v (0) = 0 v() = 0 v () = 0
∈ (0, ) ,
(1.13)
il cui integrale generale `e del tipo x + a4 . (1.14) Le condizioni al contorno di cui al problema (1.13) danno luogo al sistema lineare omogeneo v(x) = a1 cos αx + a2 sin αx + a3
1 0 cos α sin α 1 0 cos α sin α
0 1 0 0
1 1 0 0
a1 a2 a3 a4
=
0 0 0 0
.
(1.15)
Indicata con A la matrice dei coefficienti in (1.15), soluzioni diverse dalla banale si hanno per det A
≡ sin α = 0,
(1.16)
ossia per αn = n π che rappresentano gli autovalori del problema (1.13). La deformata corrispondente ad αn `e la curva di equazione nπx vn (x) = vn0 sin , (1.17) vn (x) essendo invece le autofunzioni associate a (1.13). Il caso fisicamente pi`u interessante `e quello n = 1 (primo autovalore) per cui si ha P cr = π 2
EJ , 2
vcr (x) = vE 0 sin 9
πx .
1.3. Instabilit`a euleriana
Osserviamo che il problema in esame si presta a essere studiato da un punto di vista puramente statico, senza pertanto ricorrere all’equazione della linea elastica del quarto ordine ma con una pi` u semplice equazione del secondo ordine. Quest’ultima strategia, unita al metodo delle forze, viene usata nella sezione che segue per lo studio di un problema iperstatico. In generale, considerando aste compresse di sezione costante variamente vincolate scriveremo P cr =
π 2 EJ min , 20
in cui 0 `e la lunghezza di libera inflessione, ossia la distanza tra due flessi consecutivi nella prima deformata critica del problema. 1.3.2. Un problema iperstatico
Consideriamo la struttura una volta iperstatica in Figura 1.5. Indicata con H
Figura 1.5.
Sistema una volta iperstatico
la reazione iperstatica del carrello, l’equilibrio alla rotazione del concio di trave e l’equazione di legame lineare elastico con inclusa la congruenza delle (piccole) deformazioni si scrivono rispettivamente Py
Posto poi α2 =
P EJ
− H ( − x) = M (x), M (x) = −EJ y (x).
e normalizzando si giunge al problema ai limiti
y (x) + α2 y(x) = y(0) = 0 y (0) = 0 y() = 0
H EJ (
− x),
x
∈ (0, ) (1.18)
10
1.3. Instabilit`a euleriana 6
α = tan α 5
4
3
2
1
α
0
-1
-2 -2
-1
Figura 1.6.
0
1
2
3
4
5
6
Soluzione grafica del problema iperstatico
Scritta la soluzione y(x) del problema (1.18), somma dell’integrale particolare e della soluzione del problema omogeneo associato, nella forma y(x) = C 1 sin αx + C 2 cos αx +
H ( α2 EJ
− x),
le condizioni ai limiti (1.18)2 , (1.18)3 e (1.18)4 danno luogo al sistema lineare omogeneo
0 1 α 0 sin α cos α
α2 EJ 1 α2 EJ
−
0
C 1 C 2 H
=
0 0 0
nelle tre incognite C 1 , C 2 e H . Si hanno soluzioni diverse dalla banale a patto che il determinante della matrice dei coefficienti sia nullo, condizione che fornisce α cos α
− sin α = 0.
Osservato che cos α = 0 non `e soluzione, possiamo dividere per cos α giungendo all’equazione algebrica non lineare α = tan α, che, risolta per via grafica nella Figura 1.6, fornisce α un carico critico π 2 EJ P cr = α2 EJ = . 2
√2
11
≈ 4.4934 rad, cui corrisponde
1.3. Instabilit`a euleriana
1.3.3. Il metodo delle imperfezioni
Introduciamo un’imperfezione nella forma di una deformata iniziale assegnata y 0 (x) cui andr`a a sommarsi l’effetto del carico di punta applicato. In piccole deformazioni (ma grandi spostamenti) si ha dunque una curvatura χ = (y y0 ) che, unita alle P equazioni di equilibrio e legame e posto α2 = EJ , consente di scrivere l’equazione normalizzata
− −
y + α2 y = y0 y(0) = 0 y() = 0
(1.19)
in cui abbiamo considerato condizioni di semplice appoggio. Consideriamo il caso in cui l’imperfezione coincida con la prima autofunzione dell’operatore D( ) = d2 ( )/dx2 + α2 ( ) dotato delle condizioni di bordo y(0) = y() = 0, ossia πx y0 (x) = K 1 sin .
·
·
·
Ipotizzando inoltre P < P cr =
π2 EJ min , 2
la soluzione particolare sar`a di tipo πx yP (x) = A sin , che, sostituita nell’equazione (1.19)1 consente di calcolare A=
K 1
1
− P P . cr
Osservato poi che la soluzione generale si scrive πx , e che le condizione al contorno (1.19)2 e (1.19)3 implicano C 1 = C 2 = 0, si ottiene y(x) = C 1 sin αx + C 2 cos αx + A sin
y(x) =
y0 1
.
− P P
cr
L’imperfezione iniziale y0 (x) viene dunque amplificata dalla presenza del carico P e il fattore di amplificazione tende all’infinito per P P cr . Il fenomeno fisico di amplificazione dell’imperfezione iniziale `e del tutto generale mentre il fatto che la deformata conseguente all’applicazione del carico sia semplicemente un multiplo della deformata iniziale `e frutto dell’approssimazione adottata secondo cui lo spostamento iniziale y0 (x) coincide con un’autofunzione dell’operatore D. In generale, data una deformata iniziale congruente generica, avr`a senso svilupparla in serie di autofunzioni e calcolare in tal modo la deformata complessiva come somma degli effetti dovuti alle (infinite) autofunzioni.
↑
1.3.4. Metodo energetico per aste in campo elastico
Con riferimento alla configurazione deformata della trave, sia s l’ascissa curvilinea e θ l’angolo di rotazione. Posta pari a zero l’energia potenziale del sistema nella configurazione indeformata e indicata con y la componente di spostamento in direzione 12
1.3. Instabilit`a euleriana
ortogonale all’asse della trave, si scrive energia di
energia potenziale
deformazione
V (s) =
∆U
dove, dal teorema di Clapeyron, 1 ∆U = 2
dei carichi
+
∆Ω
1 σij εij dV = 2 V
,
M (s)χ(s)ds,
0
in cui χ indica la curvatura e sono stati considerati, per il momento, grandi spostamenti e deformazioni. Passando a piccole deformazioni, ossia introducendo le approssimazioni y χ= y e ds dx, 3/2 1 + y2 si ottiene 1 2 ∆U = EJ y dx. 2 0 Passando da grandi a piccole deformazioni anche nel calcolo dell’energia potenziale dei carichi si ha ∆Ω = P ∆, con 2 2 θ y ∆ = cos θds = (1 cos θ)ds ds ds. 0 0 0 2 0 2 In definitiva l’energia potenziale totale in piccole deformazioni si scrive nella forma
−
≈−
≡
−
−
1 V (y) = 2
− ≈ ≈ −
2 EJ y dx
0
1 P 2
y
2
dx,
0
dove y Y , con Y insieme delle configurazioni congruenti. In base al principio del minimo dell’energia potenziale globale si ha stabilit`a per un assegnato P qualora valga la condizione ∆V V (y) > 0 y Y.
∈
≡
∀ ∈
1.3.5. Il metodo di Trefftz
Il metodo di Trefftz `e di fatto un approccio energetico al metodo statico. Partiamo con l’ipotesi di grandi spostamenti e deformazioni per cui, adottata come variabile indipendente l’angolo di rotazione θ, l’energia potenziale totale si scrive 1 ∆V = 2
0
La condizione di stazionariet`a
0
dθ dθ EJ dsδ ds ds
− P
0
2
dθ EJ ds ∂V ∂θ δθ
=0
ds
− P
(1
0
− cos θ)ds.
∀ δθ diventa
− − −
dθ sin θδθds = EJ δθ ds
EJ
0
13
d2 θ ds2
0
δθds
P
0
sin θδθds = 0. (1.20)
1.3. Instabilit`a euleriana
La condizione (1.20) d`a luogo all’euleriana del problema che si scrive d2 θ EJ 2 + P sin θ = 0, ds che in forma normalizzata diventa d2 θ + α2 sin θ = 0. 2 ds Dalla condizione dθ EJ δθ = 0 ds 0 si ricavano le condizioni geometriche e naturali che si scrivono rispettivamente nella forma θ = 0, dθ EJ = 0, ds dθ in cui vale la relazione M (s) EJ ds . Passando al caso di piccole deformazioni si guadagna ovviamente in trattabilit`a analitica. Scelta stavolta come variabile indipendente la componente di spostamento y normale all’asse della trave, l’espressione del potenziale totale diventa
≡
1 V (y) = 2 la cui variazione prima si scrive
2
− −
EJ y dx
0
1 P 2
2
y dx,
0
− − −
δV =
EJ y δy dx
0
P
y δy dx.
0
Integrando per parti una prima volta si ottiene poi δV = EJ y δy
0
EJ y δy dx
P
0
y δy dx.
0
Integrando ancora per parti si ha infine δV = EJ y δy
0
(EJ y + P y )δy 0 +
EJ y IV + P y δydx.
0
Annullando la variazione prima sopra scritta si ottengono rispettivamente l’equazione di stato, due condizioni geometriche e due naturali: EJ y IV + P y = 0, y = 0, y = 0, EJ y ( M ) = 0, [EJ y + P y ]( T ) = 0. Considerata un’asta incastrata a un estremo (x = 0) e libera all’altro (x = ), ossia il caso della mensola compressa, si ottiene il problema differenziale omogeneo di ordine quattro
≡
≡
yIV + α2 y y(0) y (0) y () y () + α2 y()
14
= = = = =
0 0 0 0 0
(1.21)
1.3. Instabilit`a euleriana
La soluzione generale del Problema 1.21 si scrive y = C 1 sin αx + C 2 cos αx + C 3 x + C 4 , dove le costanti C i , i = 1, . . . , 4 vengono determinate dal sistema omogeneo
0 1 α 0 sin α cos α 0 0
0 1 0 1
1 0 0 0
C 1 C 2 C 3 C 4
=
0 0 0 0
Imponendo al solito che il determinante della matrice dei coefficienti sia nullo si giunge alla condizione α cos α = 0, che, scartata la soluzione banale α = 0, fornisce per k intero π α = (2k + 1) . 2 π Il primo autovalore `e dunque α = 2 da cui si ottiene π 2 EJ P cr = . 42 1.3.6. Analisi in grandi deformazioni
Torniamo al problema in grandi deformazioni che, indicata stavolta con l’apice la derivazione rispetto all’arco s, si scrive
Posto come sempre α2 =
P EJ
EJ θ + P sin θ = 0 θ(0) = 0 θ () = 0
e introdotta la curvatura quale variabile ausiliaria, i.e. u
si arriva a scrivere scrivere θ = u =
≡ θ ,
du du dθ du = = θ, ds dθ ds dθ
e dunque du θ + α2 sin θ = 0. dθ Separando le variabili udu = e integrando si ottiene l’espressione
−α2 sin θdθ,
u2 = α2 cos θ + C. 2
Vale poi la condizione al contorno dθ u() = 0 che, posto θ = θ(), consente ds s= di scrivere u2 = α2 (cos θ cos θ), 2
≡
−
15
1.3. Instabilit`a euleriana
da cui, estraendo la radice, si giunge a
±
dθ u= = α 2(cos θ cos θ). ds Separando le variabili e usando elementari identit`a trigonometriche si ottiene dθ
α ds =
2(cos θ
−
dθ
=
− cos θ)
2
che, integrata sull’intera asta, fornisce
θ
α ds = α =
0
0
2
sin2 θ2
,
−
sin2 2θ
dθ
sin2 θ2
.
−
sin2 θ2
Introdotta poi la nuova variabile ω tale per cui
θ θ = a, sin = a sin ω, 2 2 e calcolati i differenziali e gli estremi d’integrazione sin
1 θ cos dθ = a cos ωdω, 2 2 si ottiene
θ=0 θ=θ
π
dω
2
α = K(a) =
1
0
ω=0 , ω = π2
⇒ →
−
a2 sin2 ω
.
(1.22)
Ricordando che la variabile a `e legata alla rotazione massima θ dalla relazione a = sin
θ 2
e che α =
P EJ ,
l’equazione (1.22) stabilisce di fatto una relazione tra carico
applicato P e rotazione massima θ, ossia P = P (θ). Un ulteriore e utile relazione da individuare `e quella che lega il carico P alla spostamento massimo ∆. Ricordato allora che dy = sin θds, si scrive
∆
∆=
dy =
0
θ
sin θds =
0
sin θ
0
ds dθ, dθ
da cui, passando alla variabile ω gi` a introdotta, si ottiene π
2
∆=
0
a sin ω 2a dω = α α
≡ α2 sin θ2 ≡
2
P EJ
θ sin . 2
Si ha pertanto una relazione tra θ, P P cr e ∆ di cui vengono tabulati in seguito alcuni valori significativi. I risultati della Tabella 1.3.6 sono mostrati per maggior chiarezza anche nella Figura 1.7. L’esame della struttura in grandi deformazioni sottolinea pertanto come il comportamento post–critico sia caratterizzato da un carico di punta pressoch` e costante, con una stabilizzazione (ossia un incremento di carico a rotazione o freccia costanti) che avviene solo per grandissime deformazioni in corrispondenza delle quali la struttura cessa di fatto di essere un pilastro e si comporta come una trave (angolo retto tra direzione del carico e asse della trave). 16
1.3. Instabilit`a euleriana
θ P/Pcr ∆/ ◦ 20 1.1015 0.220 ◦ 40 1.1063 0.422 ◦ 60 1.1152 0.593 ◦ 80 1.293 0.719 ◦ 100 1.518 0.792 ◦ 120 1.884 0.803 ◦ 140 2.541 0.750 ◦ 160 4.029 0.625 ◦ 176 9.116 0.421 Tabella 1.1.
Angolo di rotazione vs carico critico vs freccia
Comportamento post−critico di aste compresse in grandi deformazioni 10
9
8
7
6 r c
P / 5 P
4
3
2
1
0 −1
−0.8
−0.6
−0.4
−0.2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
∆/l
Figura 1.7.
Carico critico vs freccia in sommit`a in grandi deformazioni
1.3.7. Cenni su relazioni e interazioni tra stato limite elastico e di instabilit` a
Data che sia un’asta compressa in campo elastico, il regime di semplice compressione elastica pu`o essere abbandonato o per sopraggiunta instabilit` a euleriana, ossia quando il carico di punta P tende a P cr , oppure per plasticizzazione, ossia quando P tende al valore P = σA, dove σ `e la tensione di snervamento del materiale. 17
1.3. Instabilit`a euleriana
Riveste particolare interesse la determinazione delle condizioni fisiche che determinano quale dei due fenomeni prenda il sopravvento nei vari casi applicativi ed `e a tal fine opportuno spostare l’analisi dai carichi P alle tensioni σ. Il problema presenta peraltro una notevole complessit`a e si rimanda a testi specialistici per un esame approfondito [1]. Ricordata dunque la formula del carico critico euleriano P cr = π EJ , normalizzando sull’area si giunge alla definizione di sforzo critico euleriano. Si scrive infatti P cr π 2 EJ min π 2 E σcr = = = . A A20 2
2 0
2 0
J min /A
Indicato poi con
J min A il quadrato del raggio giratore d’inerzia minimo della sezione e denotato lo scalare adimensionale 0 λ= ρmin con il termine snellezza , si giunge alla relazione ρ2min =
π 2 E . λ2 Va osservato che la snellezza λ dipende tramite 0 dalla lunghezza effettiva della trave e dai vincoli applicati e tramite ρmin dal tipo di sezione trasversale adottata. La dipendenza dal materiale `e invece lasciata alla dipendenza esplicita di σ cr dal modulo elastico E . A livello di materiale e di verifica puntuale, la relazione σcr =
σ < σ cr assicurer`a la non insorgenza di fenomeni di instabilit`a. D’altro canto, i classici criteri di resistenza rispetto allo stato limite elastico si scrivono nella forma σid < σ, in cui σid `e la tensione mono-assiale equivalente in senso da precisare allo stato di tensione reale e σ `e la tensione di snervamento valutata di norma in laboratorio con una classica prova di trazione. Nel piano (λ2 , σ) risulta dunque individuata la regione ammissibile dove la struttura si comporta elasticamente e non insorgono fenomeni di instabilit`a che `e quella al di sotto delle linee a tratto pesante in Figura 1.8. Appare evidente che per snellezze piccole il fenomeno dell’instabilit`a non costituisce vincolo restrittivo al comportamento della struttura, e parleremo di aste tozze, a differenza di quanto accade per valori elevati della snellezza λ, dove parleremo per l’appunto di aste snelle. 1.3.8. Travi con vincoli elastici
Lo studio delle travi con vincoli elastici, oltre a presentare interesse di per s´e, riveste notevole importanza nello studio dell’instabilit`a dei telai come si vedr`a in seguito. Considereremo in questo contesto aste con appoggi perfetti agli estremi. Riguardo a momenti e rotazioni, di volta in volta specificheremo se valga una relazione lineare elastica di tipo M = Kθ come gi`a incontrato nello studio dei sistemi discreti, oppure i momenti siano “da calcolare altrove” nello spirito del metodo delle forze. Per
−
18
1.3. Instabilit`a euleriana 5
σ 4
3
2
1
0 0
Figura 1.8.
1
2
3
4
λ2
5
Stato limite elastico vs instabilizzazione materiale
partire, consideriamo una trave iperstatica di lunghezza cui associamo un’isostatica principale semplicemente appoggiata con i momenti iperstatici in evidenza dovuti alla presenza di incastri cedevoli elasticamente, vedi Figura 1.9. Detti A e B gli
Trave doppiamente incastrata con vincoli rotazionali elasticamente cedevoli Figura 1.9.
appoggi, l’assenza di carichi distribuiti assicura la linearit`a del momento flettente cos`ı da scrivere M A + M B M (x) = M A x + P y = EJ y ,
−
che, posto come al solito α2 =
P EJ ,
−
diventa
1 M A + M B y + α2 y = x EJ
− M A
,
la cui soluzione `e di tipo
1 M A + M B y(x) = C 1 sin αx + C 2 cos αx + 2 x α EJ
− M A
Le condizioni al contorno sulla linea elastica cos`ı ottenuta si scrivono
y(0) y() y (0) y ()
= = = = 19
0 0
− M K − M K
A
A B
B
,
.
1.3. Instabilit`a euleriana
dando luogo al sistema omogeneo
0 sin α α α cos α
− α 1EJ
1 cos α 0 α sin α
0
2
α2
−
0 1 + EJ
1 α2 EJ
1 K A
EJ Posti ora p = α, λA = K e λB = A matrice dei coefficienti si scrive
p sin p(1
1 α2 EJ 1 α2 EJ 1 + K 1B α2 EJ
EJ K B ,
C 1 C 2 M A M B
=
0 0 0 0
.
l’annullamento del determinante della
− λA − λB − p2λAλB ) + cos p(2 + λA p2 + λB p2) = 2.
(1.23)
Oltre a una soluzione numerica come ad esempio in Figura 1.10 dove si `e considerato λA = λB = 1, i metodi per la soluzione dell’equazione (1.23) sono 1. metodo di Newmark (approssimato e solo per telai a nodi fissi); 2. metodo delle forze (considerando M A e M B come incognite iperstatiche). f(p) = p sin(p)(1− λ
A
−
λ
B
2
−p λ
A
λ
) + cos(p)(2+λ p2 + λ p2) − 2
B
A
B
140
120
100
80 ) M ( 60 t e d = ) p 40 ( f
20
0
−20
−40
0
0.5
1
Figura 1.10.
1.5
2
2.5 p=αL
3
3.5
4
4.5
Soluzione numerica dell’Equazione (1.23)
1.3.8.1. Metodo di Newmark La soluzione di Newmark dell’Equazione 1.23 si scrive π 2 EJ P = C (λA , λB ) 2 , dove
(0.4 + λA )(0.4 + λB ) . (0.2 + λA )(0.2 + λB ) Vale la pena controllare alcuni casi particolari quali ad esempio: C (λA , λB ) =
20
5
1.3. Instabilit`a euleriana
- assenza di molle, ossia K A = K B = 0 (trave in semplice appoggio). Per K A , K B 0, λA , λB . Si ha poi
↑∞
lim
(λA ,λB ) (
↑ ∞,∞)
C (λA , λB ) = 1
⇒
↓
π 2 EJ P = , 2
che `e il risultato atteso secondo la teoria di Eulero con vincoli perfetti. - molle di rigidezza infinita, ossia K a , K B (trave perfettamente incastrata). Per K A , K B , λA , λB 0. Si ha poi C (0, 0) = 4 che fornisce la soluzione di Eulero per aste perfettamente incastrate
↑∞
↑∞
↓
π 2 EJ P = 4 2 . 1.3.8.2. Metodo delle forze Considerando invece M A e M B come parametri iperstatici da determinarsi ”altrove”, ci si riduce a un sistema non omogeneo nelle due sole incognite C 1 e C 2 che si scrive nella forma M A 0 1 C 1 α EJ = , M B sin α cos α C 2 α EJ
la cui soluzione `e
C 1 =
2
−
2
A cos α , − M Bα2+EJ M sin α
M A . α2 EJ Nell’ottica dell’instabilit`a euleriana M A e M B sono imperfezioni il cui calcolo richiede il metodo delle forze. In particolare, il calcolo di y (0) ϕA e y () ϕB fornisce C 2 =
y (0) = αC 1 + ϕA =
1 α2 EJ
≡
M A +M B α2 EJ
⇓
≡
M A ( α cot(α) + 1 ) + M B (
−
− sinαα + 1 )
,
che, sfruttando le ovvie condizioni di simmetria, consente di ottenere ϕA =
EJ
ϕB =
EJ
1 p2
1 p2
− −
1 p tan p
− 1 − p sin p
M A +
M A +
1 p2
1 p2
1 p sin p
M B
1 p tan p
M B .
Una forma pi` u familiare, che ricorda e generalizza relazioni utilizzate nell’ambito del metodo degli spostamenti, `e la seguente: 6EJ 6EJ [
ϕA = ϕB =
[2M A f 1 ( p)
− M B f 2( p)]
−M Af 2( p) + 2M B f 1( p)] ,
con
1 f 1 ( p) = 3 p2
−
1 p tan p
1 , f 2 ( p) = 6 p2
−
1 p sin p
.
(1.24)
La rappresentazione grafica delle funzioni f 1 ( p) e f 2 ( p) si trova in Figura 1.11. In 21
1.3. Instabilit`a euleriana
f
1
2
(p) = 3[1/ p − 1/[p tan(p)]]
f
2
4
10
3
8
2
(p) = 6[1/ p − 1/[p sin(p)]]
6
2
4 1 2 ) p (
) p (
0
2
1
f
f
0 −1 −2 −2
−4
−3
−4 0
−6
0.5
1
1.5
2
2.5 p=αL
3
3.5
4
4.5
5
−8 0
0.5
1
1.5
2
2.5 p=αL
3
3.5
4
4.5
Andamento delle funzioni f 1 ( p) e f 2 ( p) di cui all’Equazione (1.24) Figura
1.11.
assenza di carico di punta si ha 6EJ 6EJ [
ϕA = ϕB =
[2M A
− M B ]
−M A + 2M B ] ,
e infatti lim p↓0 f 1 ( p) = lim p↓0 f 2 ( p) = 1. Nel caso poi di mensola incastrata al piede, si ha identicamente f 2 ( p) ϕA = 0 M A = M B 2f 1 ( p) Si ottiene infine 4f 12 ( p) f 22 ( p) ϕB = M B . 4EJ 3f 1 ( p) I casi visti sopra saranno utili nello studio dell’instabilit`a di portali a nodi fissi mentre il caso di portali a nodi spostabili richieder`a lo studio della mensola con vincoli elastici riportata in Figura 1.12. Viste le notazioni in Figura 1.12 e indicata
⇒
−
Figura 1.12.
Mensola con vincolo rotazionale elasticamente cedevole
con f la freccia massima, l’equilibrio a rotazione consente di scrivere 1 y + α2 y = (M B + P f ), EJ la cui soluzione `e del tipo M B y(x) = A sin αx + B cos αx + + f. EJ α2 22
5
1.3. Instabilit`a euleriana
Le condizioni al contorno y(0) = 0, y(l) = f e y (0) ϕA = di calcolare A,B,f grazie al sistema lineare non omogeneo
≡
0 1 sin α cos α α 0
1 0
−
P f K A
M B +P f K A
− − A B f
1 EJ α2 1 EJ α2 1 K A
= M B
consentono poi
.
Nello spirito del metodo statico, la condizione di instabilit`a si ottiene nel caso di sistema omogeneo, ossia per M B = 0. Annullando al solito il determinante della matrice dei coefficienti si ottiene p sin p α cos p + = 0, K A da cui K A p tan p = . (1.25) EJ Come casi particolari della (1.25), si noti che per K A si realizza un vincolo di π EJ incastro perfetto e inoltre tan p e dunque P cr = 4 . Per EJ si realizza K invece il caso di asta rigida e infatti P cr = .
−
↑∞ 2
↑∞
2
↑∞
1.3.9. Applicazioni a telai semplici
1.3.9.1. Portale a nodi fissi Consideriamo il portale simmetrico a nodi fissi simmetricamente caricato rappresentato in Figura 1.13. Sempre in Figura 1.13 viene rappresentato il meccanismo
Figura 1.13.
Portale simmetrico a nodi fissi 23
1.3. Instabilit`a euleriana
di instabilit`a insieme al momento iperstatico comune ai pilastri e alla trave. Le rotazioni di pilastro e trave al nodo B si scrivono
2M B f 1 ( p) 6EJ , 1 1 1 BC ϕB = M B + M C = M B 3EJ 1 6EJ 1 2EJ 1 ϕBA B =
(1.26)
BC grazie a cui l’equazione di congruenza ϕBA B + ϕB = 0 consente di scrivere
1 f 1 ( p) + 3J 2J 1
Si ottiene in definitiva l’espressione f 1 ( p) =
M B = 0.
, − 32 J J/ 1 /1
che pu`o essere calcolata per i vari casi di interesse applicativo come mostrato nel seguito. 1. Trave e pilastro di ugual sezione, ossia J = J . Si ha dunque 1
1
f 1 ( p) = e
−1.5 ⇒ p = α ≈ 3.593
EJ π 2 EJ P cr = 12.91 2 = (0.87)2 2. Trave meno rigida del pilastro, e.g. J = J 1 , 1 = 2 f 1 ( p) = 3. Il carico critico risulta minore del precedente poich` e il vincolo offerto dal traverso al pilastro `e meno rigido. Si trova infatti
⇒
−
2
α = 3.40 3. 1 trova
↑ ∞ ossia J 1/1 J/.
π EJ = ⇒ P cr = 11.56 EJ 2 (0.92)2 Il portale si riduce a due mensole indipendenti e si
π 2 EJ 2 4. J/ J 1 /1 , ossia traverso molto pi`u rigido della trave. Ci si riduce al ritto iperstatico con carrello al piede e incastro in sommit`a per cui si ´e gi`a trovato 0 = / 2 In tutti i casi vale la condizione 1 0 1, 2 P cr =
√
√ ≤ ≤
come si desume dai casi limite 3 e 4 descritti sopra. 1.3.9.2. Portale a nodi spostabili Nel caso invece di telaio a nodi spostabili il meccanismo di instabilizzazione diviene anti–simmetrico come mostrato in Figura 1.14 ed `e importante osservare come la deformata del traverso presenti un nodo in mezzeria. Quest’ultima osservazione consente di concludere che il ritto AB pu`o essere studiato come asta incernierata 24
1.4. Instabilit`a flesso–torsionale
Figura 1.14.
Portale simmetrico a nodi spostabili
al piede e vincolata in sommit`a da un traverso elastico di lunghezza /2. Con riferimento all’equazione (1.25) si ha dunque α tan α = 6
J 1 /1 . J/
Nel caso particolare di portale omogeneo J 1 /1 = J/ si trova α = 1.35 da cui si ricava π 2 EJ P cr = . (2.33)2 ` opportuno osservare come in questo caso 0 = 2.33 > 2, ossia la “spostabilit`a” E dei nodi del telaio si paga a caro prezzo. Anzi, 0 = 2 si ha solo nel caso limite J 1 /1 per cui il pilastro risulta risulta vincolato con carrello e pattino.
↑∞
1.4. Instabilit` a flesso–torsionale 1.4.1. Descrizione qualitativa del fenomeno
Il fenomeno dell’instabilit`a trova nei pilastri la sua manifestazione naturale ma esistono altri casi di interesse applicativo per i quali altri aspetti dell’instabilit`a vanno tenuti in conto in fase di modellazione e progettazione. Si consideri il caso di travi inflesse che molto di frequente vengono a priori studiate e progettate come sistemi piani, senza in realt`a preoccuparsi dell’esistenza (o della progettazione) dei vincoli che impediscano lo svergolamento della trave, ossia la sua fuori–uscita dal piano cui in 25
1.4. Instabilit`a flesso–torsionale
condizioni normali appartiene. Lo svergolamento risulta facilitato dalla (frequente) scelta di travi per le quali J max J min , ossia che ad una resistenza flessionale elevata in una direzione ne fanno corrispondere una molto pi`u modesta nell’altra. Il regime di riferimento di flessione retta diventa quindi, al manifestarsi del fenomeno di instabilit`a, un regime complesso di flessione deviata accompagnata da torsione, in analogia a quanto gi`a visto per le travi caricate di punta che, una volta instabili, abbandonano la semplice compressione verso la presso–flessione (deviata). La Figura 1.15 mostra il sistema di riferimento adottato e una trave deformata a “svergolamento” avvenuto.
Figura 1.15.
Instabilit` a flesso–torsionale
1.4.2. Equazioni governanti
Con riferimento alla Figura 1.16 indichiamo con M t il momento torcente, con M il momento flettente principale, ossia quello presente anche in fase pre–critica, con ϕ la rotazione flessionale attorno all’asse y e con u lo spostamento in direzione x. L’equilibrio alla rotazione intorno alla “normale alla faccia incrementata” si scrive M t + dM t
− M t cos dϕ + M sin dϕ = 0.
Passando a piccole deformazioni (ma grandi spostamenti) ossia per cos dϕ sin dϕ dϕ si ottiene dM t dϕ = M , ds ds che, ricordato che in piccole deformazioni ds dz, fornisce
≈
≈
dM t dϕ = M . dz dz 26
≈1e
1.4. Instabilit`a flesso–torsionale
Figura 1.16.
Instabilit` a flesso–torsionale: notazioni
Grazie poi all’equazione di congruenza dϕ = dz si giunge all’equazione
−
d2 u dz2
1+
3/2 du 2 dz
≈−
d2 u , dz 2
dM t d2 u = M 2 . (1.27) dz dz Passiamo ora al piano (x, y) e indichiamo con θ l’angolo di torsione attorno all’asse z. Nell’ipotesi di carico costante “non follower ” il carico M M x viene scomposto, con riferimento alla configurazione deformata di Figura 1.17, secondo le sue componenti
−
≡
M ∗ = M cos θ
≈ M,
M = M sin θ
≈ M θ.
Da un punto di vista fisico, M ∗ = M cos θ M implica che la flessione principale rimane invariata mentre ne compare una secondaria (e piccola) il cui carico `e dato da M = M sin θ M θ. Le equazioni di legame in piccole deformazioni flessionale nel piano orizzontale e torsionale si scrivono rispettivamente
≈
≈
M =
−
M t =
d2 u EJ y 2 , dz
(1.28)
, −C dθ dz
(1.29)
P dove la costante di rigidit`a torsionale `e data da C = GJ , J P essendo il momento d’inerzia polare della sezione trasversale attorno al baricentro. Derivando l’equazione di legame (1.29) dM t d2 θ = C 2 , dz dz
−
27
1.4. Instabilit`a flesso–torsionale
Figura 1.17.
Instabilit`a flesso–torsionale: scomposizione della coppia
e sostituendo nell’equazione di equilibrio (1.27), si ottiene d2 θ d2 u C 2 = M 2 . (1.30) dz dz Il problema dell’instabilit`a flesso–torsionale `e dunque governato dal sistema differenziale lineare di due equazioni
M
d2 u dz 2
Mθ
d2 θ = C 2 dz =
d2 u EJ y 2 dz
(1.31)
−
nelle due incognite θ e u. Di norma un problema differenziale di due equazioni del secondo ordine origina una singola equazione del quarto ordine. Il sistema (1.31) `e invece pi` u semplice p oich` e consente di isolare la funzione θ che risulta governata dall’equazione θ + α2 θ = 0 ,
(1.32)
2
M dove α2 = CE e la J y . L’equazione differenziale risulta a coefficienti costanti purch` trave sia omogenea e caricata uniformemente ossia nel caso in cui il prodotto delle rigidezze CEJ y e il carico M siano costanti. La soluzione `e dunque di tipo
θ(z) = C 1 sin αz + C 2 cos αz. Nel caso di trave di lunghezza i cui appoggi agli estremi vincolino gli spostamenti nelle direzioni y e z e la rotazione attorno a x si hanno le condizioni al contorno θ = 0, per z = 0, z = , 28
1.4. Instabilit`a flesso–torsionale
che danno luogo al (solito) sistema lineare omogeneo
0 1 sin α cos α
C 1 C 2
=
0 0
,
l’annullarsi del cui determinante porta alla condizione sin α = 0
⇒ α = π.
In analogia con il caso di aste compresse, si trova qui il momento critico nella forma 2 M cr
π2 = 2 CEJ y .
1.4.3. Coesistenza di instabilit` a per carico di punta e flesso–torsionale
Qualora un’asta presso–inflessa sia interessata anche da instabilit`a flesso–torsionale `e sufficiente riscrivere il problema (1.31) includendo il contributo flessionale del carico di punta P . Si ha dunque
d2 u M 2 dz
d2 θ = C 2 dz
Mθ + Pu =
d2 u EJ y 2 dz
,
(1.33)
−
che, per derivazione e sostituzione, d`a stavolta luogo all’equazione del quarto ordine θ
IV
1 M 2 + + P θ = 0 EJ y C
,
relazione che vale anche per travi e carichi variabili. Nel caso poi di travi e carichi costanti, posto
α2
=
M 2 +P C EJ y
, si ottiene a meno di costanti la soluzione
θ(z) = C 1 sin αz + C 2 cos αz + C 3 z + C 4 , con le condizioni al contorno θ(0) = 0, θ (0) = 0, θ() = 0, θ () = 0. L’annullamento del determinante della matrice dei coefficienti 4 dizione abituale sin α = 0, che implica α2 = π da cui 2
× 4 porta alla con-
2
M 2 + P C
cr
=
π 2 EJ y , 2
(1.34)
relazione che completa ed estende quella di Eulero gi`a determinata. Ponendo nella (1.34) M = 0 o P = 0 si ottengono rispettivamente i casi particolari di instabilit`a per presso–flessione o flesso–torsione. 29
1.5. Complementi
1.5. Complementi
La presentazione dei fenomeni di instabilit`a delle sezioni precedenti `e stata per lo pi`u condotta in piccole deformazioni, con lo scopo dichiarato di determinare il carico critico euleriano quale grandezza fisica di rilevante importanza progettuale. Molto meno spazio `e stato invece riservato all’analisi del comportamento post–critico con particolare riguardo allo studio della biforcazione dell’equilibrio. Un punto cruciale che `e stato solo accennato in precedenza riguarda la relazione tra il carico critico calcolato con un’analisi in piccole deformazioni e quello effettivo derivante da un’analisi in grandi deformazioni. Sarebbe auspicabile che l’analisi in piccole deformazioni fornisse una stima per difetto del carico critico effettivo, cos`ı da poter ritenere conservativa una stima basata sull’analisi in piccole deformazioni. Purtroppo le cose non vanno in questo caso come vorremmo. Riportiamo infatti nel seguito tre casi di studio, uno dei quali riprende un esempio gi`a analizzato in precedenza, che mostrano la variet` a dei casi che si possono presentare. I sistemi sono ad aste rigide e parametri elastici concentrati ma riescono ad enucleare una (forse sorprendente) ricchezza di comportamenti. Vedremo in particolare che esistono casi in cui il carico critico calcolato in piccole deformazioni sovrastima in maniera significativa il carico critico reale. Ci` o deve far riflettere, caso per caso, sull’eventuale opportunit`a di procedere ad un’analisi in grandi deformazioni. Approfondimenti su queste delicate questioni si trovano tra gli altri riferimenti in [ 1] e [4]. La Figura 1.18 presenta i tre casi di studio analizzati nel seguito che riguardano rispettivamente: - Figura 1.18 (a) - biforcazione simmetrica stabile; - Figura 1.18 (b) - biforcazione simmetrica instabile; - Figura 1.18 (c) - biforcazione asimmetrica.
Meccanismi di biforcazione: (a) simmetrica stabile (b) simmetrica instabile - (c) asimmetrica Figura 1.18.
30
1.5. Complementi 2
P
Dominio Instabile
α>0
α<0
1
α<0
α>0
q 0 -2
-1
0
Figura 1.19.
1
2
Biforcazione simmetrica stabile
1.5.1. Biforcazione simmetrica stabile
Riconsideriamo la colonna rigida gi`a analizzata nella sezione 1.2.1, in presenza per`o di un’imperfezione costituita da una rotazione iniziale α, vedi Figura 1.18 (a). Indicati con q l’angolo di rotazione dell’asta rispetto alla verticale, con U l’energia elastica della molla rotazionale e con W l’energia potenziale del carico P , l’energia potenziale totale Π si scrive a meno di costanti additive 1 Π = U W = C (q α)2 P (cos α cos q), 2 le cui derivate prima e seconda rispetto alla coordinata libera q valgono
−
∂ Π = C (q ∂q
−
−
∂ 2 Π = C ∂q 2
− α) − P sin q,
−
− P cos q.
(1.35)
Ponendo nello spirito del metodo di Trefftz ∂ ∂qΠ = 0 si ottiene la condizione di equilibrio C q α P = . (1.36) sin q La Figura 1.19 presenta la relazione P = P (q) per diversi valori dell’imperfezione iniziale α. Ponendo poi ∂ ∂qP = 0, si ottiene la curva che separa nel piano ( q, P ) la regione di stabilit`a da quella di instabilit`a. Esplicitando si trova C α P cr (q) = , (1.37) cos q e la regione di instabilit`a `e dunque quella che giace al di sopra della curva convessa a tratto leggero in Figura 1.19. Il carico critico nel caso di colonna perfetta ( α = 0)
−
2
2
31
1.5. Complementi 2
P cr
1
α
0 -1
Figura 1.20.
0
1
Insensitivit`a alle imperfezioni nell’esempio di Figura
1.18 (a) si calcola
C . q →0 La stabilit`a dell’equilibrio si studia poi sostituendo la condizione di equilibrio (1.36) nell’espressione (1.35) 2 ottenendo 0 α=0 P cr = lim P cr (q) =
∂ 2 Π = C [1 (q α)cot q] , (1.38) ∂q 2 e l’equilibrio `e stabile in corrispondenza di un minimo dell’energia potenziale totale ossia per ∂ ∂qΠ > 0. Le condizioni di stabilit`a sono dunque date da
− −
2
2
tan q > q tan q < q
per α < q < π2 π per 2
−α −α
−
La caratteristica principale di questo particolare esempio sta nel fatto che la colonna 0 oltre il quale il percorso post– perfetta presenta un punto di biforcazione per P = P cr critico nel piano (q, P ) risulta crescente indicando la possibilit`a di incrementare il carico un volta raggiunto lo stato critico. Da qui il nome biforcazione stabile che `e poi anche simmetrica rispetto a un cambiamento del segno di q. Riguardo alla sensitivit`a del comportamento strutturale alla presenza di imperfezioni, risulta utile determinare e rappresentare, anche se in via approssimata, il legame P cr = P cr (α). L’equazione (1.38) assicura che gli stati critici sono caratterizzati dalla relazione q α = tan q: Ricordati dunque gli sviluppi di Taylor 1 tan q q + q 3 , 3 1 2 cos q 1 q , 2 si ottiene sostituendo nell’Equazione (1.37)
−
≈
≈ −
P cr (α)
≈ C
1+
32/3 2
α2/3
,
relazione rappresentata in Figura 1.20. Poich` e il carico critico per piccole imperfezioni risulta maggiore di quello calcolato in assenza di imperfezioni parleremo di strutture non sensibili alle imperfezioni . 32
1.5. Complementi 2
α>0
α<0
1
α<0
Dominio Stabile
α>0
0 -1
0
Figura 1.21.
1
Biforcazione simmetrica instabile
1.5.2. Biforcazione simmetrica instabile
Con riferimento all’esempio precedente, sostituiamo la molla rotazionale al piede con una molla traslazionale in sommit`a, vedi Figura 1.18 (b). Non vi `e per` o pi` u proporzionalit`a tra rotazione e coppia elastica di richiamo poich`e al crescere della rotazione dell’asta decresce corrispondentemente il braccio della forza elastica attorno alla cerniera a terra. L’energia potenziale totale vale 1 Π = C2 (sin q sin α)2 2 le cui derivate prima e seconda valgono
−
− P (cos α − cos q),
∂ Π = C2 (sin q sin α)cos q P sin q ∂q ∂ 2 Π = C2 (cos 2q + sin α sin q) P cos q. 2 ∂q
−
−
−
(1.39) (1.40)
Annullando la derivata prima si ottiene la condizione di equilibrio
−
P = C 1
sin α sin q
cos q,
(1.41)
mentre annullando al seconda si ottengono i carichi critici P cr = C
cos2q + sin α sin q . cos q
La condizione di equilibrio stabile `e al solito fornita dalla positivit`a della derivata 33
1.5. Complementi 2
P cr
1
α
0 -1
Figura 1.22.
0
1
Sensitivit`a alle imperfezioni nell’esempio di Figura
1.18 (b) seconda valutata nella posizione di equilibrio. Si ottiene dunque C2 (sin α sin q
− sin3 q) > 0.
(1.42)
` fondamentale osservare che in questo esempio lo stato critico del sistema in preE senza di imperfezioni si realizza per carichi minori di quello del sistema perfetto. Riguardo al legame tra carico critico P cr e ampiezza dell’imperfezione α, l’Equazione (1.42) fornisce sin qcr = (sin α)1/3 che, sostituita nella relazione d’equilibrio (1.41), fornisce 1/2 3 2/3 P cr = C 1 (sin α)2/3 1 (sin α)2/3 CL 1 α . 2
−
−
≈
−
L’ultima espressione mostra come il carico critico decresca con potenza 2/3 rispetto all’ampiezza dell’imperfezione, vedi Fgura 1.22 1.5.3. Biforcazione asimmetrica
Esistono nelle strutture reali meccanismi di instabilizzazione di tipo symmetry breaking , ovvero in base ai quali una struttura che presenta delle simmetrie si instabilizza secondo una deformata non simmetrica. Il caso degli archi e dei gusci che presentano due piani di simmetria e si instabilizzano in modo asimmetrico costituisce l’esempio pi`u eclatante in tal senso. Il fenomeno `e comunque riscontrabile gi`a per strutture pi`u semplici ad aste rigide ed elementi elastici concentrati. Si consideri ad esempio una colonna incernierata alla base e soggetta in sommit`a ad una forza elastica di richiamo inclinata di 45◦ . Indicata ancora con α la rotazione iniziale pre-carico cui l’asta `e soggetta e con q la rotazione assoluta della colonna, calcolata la lunghezza della molla di richiamo che vale v = cos(π/4
− α) − cos(π/4 − q),
l’energia potenziale totale assume la forma Π=
C 2 [cos(π/4 2
− q) − cos(π/4 − α)]2 − P (cos α − cos q), 34
(1.43)
1.5. Complementi
P Dominio instabile Dominio stabile
1
1/2
q
0 -1
0
Figura 1.23.
1
Biforcazione asimmetrica
e le derivate prima e seconda si scrivono
∂ Π 1 = C2 cos2q ∂q 2
− sin(π/4 − q)cos(π/4 − α)
∂ 2 Π = C2 [cos(π/4 2 ∂q
P sin q,
− α) cos(π/4 − q) − sin2q] − P cos q.
Imponendo la condizione di equilibrio
C 1 cos2q P (q) = sin q 2 α
−
∂ Π ∂q
= 0 si ottengono le curve di equilibrio
− sin(π/4 − q)cos(π/4 − α)
.
Imponendo poi l’annullamento della derivata seconda dell’energia potenziale totale, α (q) nella forma ossia ∂ ∂qΠ = 0, si trovano i carichi critici P cr 2
2
α P cr (q)
= C
cos(π/4
− α) cos(π/4 − q) − 2sin q cos q
,
0 (q) = C . e il carico critico in assenza di imperfezioni `e al solito dato da lim q→0 P cr 2 Riguardo alla dipendenza del carico critico dall’ampiezza dell’imperfezione vale la
35
1.5. Complementi
relazione
√ − √
C (1 6 α). 2 La potenza 1/2 trovata in questo caso mostra come la sensitivit`a all’imperfezione delle strutture a biforcazione asimmetrica sia maggiore di quella a biforcazione simmetrica instabile per cui si aveva la potenza 2 /3. P cr =
36