"Sicut Cervus" Giovanni Pierliugi da Palestrina (Palestrina, febbraio 1525 - 1526? – Roma, 2 febbraio 1594)
Cenni sul compositore. compositore. Capostipite della Scuola Romana nacque in una famiglia di umili condizioni e fu culturalmente adottato dal Cardinale Andrea della Valle, che tracciò il percorso del suo destino. Grazie al suo talento divenne ben presto il Direttore del Coro vaticano fino alla morte di Papa Giulio III. Il suo stile musicale pare sia stato molto condizionato dal rapporto di amicizia con San Filippo Neri. Con l'avvento del successore di Giulio III, Papa Paolo IV, dovette abbandonare la direzione del Coro vaticano. Dopo avverse fortune e alcuni spiragli di successo presso la corte spagnola e il duca di Mantova, riprese fino alla sua morte quel posto di Direttore del Coro vaticano di San Pietro. Morì nel 1594 all'età di sessantotto anni lasciando un notevole patrimonio musicale d'inestimabile valore, apprezzato fino ai nostri giorni. "Sicut Cervus" è una composizione che riesce a penetrare l'anima persino dell'ascoltatore meno attento. Il testo, molto breve, riprende la prima rima del Salmo 41-42: le lamentazioni di un pellegrino ebreo in terra straniera. Sicut cervus desiderat ad fontes aquarum, ita* desiderat anima mea ad te, Deus.
Come il cervo anela alla fonte d’acqua, così* anela la mia anima a te, Dio.
*Ita (consecutivo, in correlazione) così, tanto, a tal punto
Il corrispondente responsorio gregoriano ne dà un'interpretazione stupenda. Ascolto Chi è assetato sente quasi per istinto, come il cervo, dove è l’ l’acqua, e la cerca correndo anche nel buio della notte, attratto da quel richiamo misterioso che gli urge dentro. La melodia gregoriana è bellissima. Sulla parola desìderat la figura musicale, con il crescendo delle note e la loro «tenuta», esprime l'intensità della sete, del desiderio di Dio; su ad fontes aquàrum l'agile susseguirsi delle note sembra quasi far vedere il cervo precipitarsi verso cascata delle acque di cui percepisce la vicinanza; infine su ita desìderat anima mea ad te, Deus, Deus , c'è come una ripresa della corsa, il senso del cammino anelante dell’anima che arriva a riposare proprio su Deus, dove si susseguono tre note uguali.
Il testo SALMO 41
SALMO 42
Traduzione italiana, in rime di prosa, curata dal Rav Meir Halevì Letteris.
Bibbia C.E.I/ Gerusalemme
Maschil de’ figliuoli di Core, dato al Capo de’ Musici.
Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core
Come il cervo agogna i rivi dell’acque, così l’anima mia agogna te, o Dio.
Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio.
L’anima mia è assetata di Dio, dell’Iddio vivente. Quando verrò, e comparirò io nel cospetto di Dio?
L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?
Le mie lagrime sono il mio cibo giorno e notte, mentre mi è detto tuttodì: Dove è il tuo Dio?
Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: “Dov'è il tuo Dio?”.
Io mi verso addosso l’anima mia quando mi riduco in memoria queste cose; che io passava in ischiera, e camminava con essa infino alla Casa di Dio, con voce di canto e di lode, la moltitudine facendo festa.
Questo io ricordo e l'anima mia si strugge: avanzavo tra la folla, la precedevo fino alla casa di Dio, fra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa.
Anima mia, perchè ti abbatti, e ti commovi in me? Aspetta Iddio; perciocchè ancora lo celebrerò; il suo aspetto è compiuta salvezza.
Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
O Dio mio, l’anima mia si abbatte in me; perciò mi ricordo di te dal paese del Giordano, e da’ monti di Hermon, dal monte Misar.
In me si rattrista l'anima mia; perciò di te mi ricordo dalla terra del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
8 Un abisso chiama l’altro abisso, al suon de’ tuoi canali; tutti i tuoi flutti e le tue onde mi son passate addosso.
Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati.
Il Signore di giorno manderà la sua benignità, e di notte io avrò appo me i suoi cantici, ed orazione all’Iddio della mia vita.
Di giorno il Signore mi dona il suo amore e di notte il suo canto è con me, preghiera al Dio della mia vita.
Io dirò a Dio, mia Rocca: perchè mi hai tu dimenticato? Perchè vo io attorno vestito a bruno, per l’oppression del nemico?
Dirò a Dio: “Mia roccia! Perché mi hai dimenticato? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?”
I miei nemici mi fanno onta, trafiggendomi fino all’ossa, mentre mi dicono tuttodì: dove è il tuo Dio?
Mi insultano i miei avversari quando rompono le mie ossa, mentre mi dicono sempre: “Dov'è il tuo Dio?”.
Anima mia, perchè ti abbatti, e perchè ti commovi in me? Aspetta Iddio; perciocchè ancora lo celebrerò; egli è la compiuta salvezza della mia faccia, e il mio Dio.
Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio
Il mottetto Sicut cervus è un brano utilizzato nella liturgia, vediamo in quale parte della messa e perché. Il salmista è un deportato sottoposto alle angherie dei suoi carcerieri. Egli inizia il suo canto di lode con un vivissimo desiderio di Dio. Egli gli domanda quando verrà a lui, così da vedere il suo volto; cosa che avverrà nel cielo. Egli si esorta a non cedere alla tristezza: “Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me?”. Egli è ormai fuori dalla grande vallata del Giordano; è ai piedi dell’Ermon e del monte Mizar, che sarebbe il monte Zaorah, vicino alle sorgenti del Giordano. E’ la stagione delle piogge e dello scioglimento delle nevi. Vasti e profondi catini d’acqua al fondo di precipizi (un abisso) accolgono fragorose cascate. Questo rumore sembra un incessante richiamo ad altre e altre acque, quelle dell’abisso (il mare Mediterraneo) che giungono per via delle piogge e delle nevi. Uno spettacolo così grandioso il salmista lo utilizza come paragone dell’assommarsi delle sventure su di lui. La descrizione non ha il “come”, poiché ha già in sé la prospettiva di presentare il cumulo delle sventure sul povero deportato: “Tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati ”. Per i cattolici del XVI secolo le parole del Salmo evocavano due momenti di estrema importanza liturgica. Il primo si svolgeva durante la veglia pasquale, attraverso la liturgia del fuoco e la benedizione dell’acqua: il buio penitenziale della Quaresima terminava con l’accensione del fuoco nuovo, il canto dell’Exultet, le litanie dei Santi e il canto dell’Alleluia. Durante questa celebrazione i nuovi convertiti alla fede venivano esaminati e ricevevano il Santo Battesimo, e il giorno di Pasqua la loro prima Comunione. Sicut cervus era cantato durante la processione al fonte battesimale. In questo contesto, le parole del Salmo risuonavano come le acque sacramentali del Battesimo, e come l’acqua viva dell’Eucaristia. Lo stesso canto era utilizzato anche in un’altra liturgia: la Messa di Requiem. Nella solenne liturgia di un funerale, nell’anniversario di una morte, o durante la commemorazione di tutti i defunti, il canto Sicut cervus risuonava di nostalgia, di speranza e aspirazione: l’anima desidera ardentemente tornare alla sua vera dimora al cospetto di Dio. Oggi il senso generale della nostalgia dell’anima all’unione con Dio [omissis] rende Sicut cervus una scelta eccellente per il momento della Comunione. Il contesto estetico e culturale Non solo la letteratura e le scienze, ma l'arte in generale nel rinascimento viene avvertita come la via maestra per cogliere l'ideale neoplatonico di armonia e perfezione, come la forma più immediata di intuizione dell'assoluto w quindi i tre ideali platonici dell’eterno Vero, eterno Buono, eterno Bello. Ideali che ritroviamo nella pittura, in particolare nel Botticelli che nella sua Venere esprime l'amore celeste e intelligibile messo in risalto dalla purezza del nudo; nella scultura, specialmente in Michelangelo, secondo cui l'artista assomiglia a Dio perché tenta di trasporre l’Idea nella materia così come Dio ha impiantato il Bello nel mondo fisico; nella musica (un'arte già rivalutata da Plotino III sec.), ad esempio in Franchino Gaffurio che sperimentò armonie e consonanze musicali basate sui rapporti numerici universali delle sfere celesti, ponendo le basi per lo sviluppo del canto polifonico; e in architettura dove s’insegue il modello della città ideale (raffigurata in un dipinto attributo a Piero della Francesca), secondo i princìpi del classicismo. Una città che intendeva rifarsi a un simile modello fu ad esempio Urbino. L'amore, la libertà, la sete di infinito, furono esaltati come valori assoluti, in maniera simile a quanto avverrà nel Romanticismo. Inizialmente avverso al naturalismo, che appariva dimentico del vero valore dell'uomo, il neoplatonismo esaltava la bellezza dell'Idea, contrapposta alla bellezza sensibile, e alla quale giungere soltanto tramite il pensiero e i sensi più elevati. L'amore soprattutto era inteso platonicamente come una via per elevarsi alla perfezione e alla contemplazione di Dio. La purezza e la spiritualità erano pertanto le qualità che più si addicevano al vero amore.
L’analisi Nessuna analisi, credo, possa essere utile ad avvalorare un brano musicale, anzi il pericolo è di limitarne la visione a quelli che sono gli elementi messi in luce dalla stessa. Quindi come tutte le analisi anche questa semmai toglie qualcosa e non aggiunge nulla al capolavoro palestriniano. Se ne colga, volendo, un altro punto di osservazione, che potrà contribuire sommato agli altri, a una maggiore consapevolezza e una più ampia comprensione del brano. Sicut cervus si presta, infatti, a diverse letture, su vari livelli e angolazioni. Scelgo di evidenziarne alcune, senza la pretesa di essere esaustivo nell’esposizione. Schema dell’ingresso delle voci nei vari frammenti
Ascolta
Modo: Tritus, Tempo 2/2 (Tempus imperfetto – prolatione imperfetta) Testura contrappuntistico-imitativa Testo tratto dal Salmo 42 Lunghezza dell’imitazione iniziale: Sicut cervus 4 battute L’incipit del brano al Tenor sulle parole ”Sicut cervus”e segue un’imitazione alla quinta dell’Alto, il motivo parola riaffiora con un’imitazione all’ottava al Cantus battuta 4 (al secondo tactus) e ancora con un’imitazione al Bassus all’ottava al secondo tactus. Cadenza perfetta con ritardo della terza sul V grado Lunghezza della seconda imitazione: Ita desiderat, 3 battute ca. Entrata della seconda frase al Bassus (solo testa) al tenore (3 battute) Imitazione al Cantus Imitazione all’Altus Imitazione al Bassus Cadenza sul primo rivolto dell’accordo di tonica (imperfetta) Lunghezza della terza imitazione: anima mea 3 battute Entrata della terza frase al Cantus Imitazione alla quinta all’Altus Imitazione all’ottava al Tenor Imitazione alla quarta + ottava al basso Imitazione alla quarta all’Altus Finale: cadenza evitata, nota tenuta di 4 battute al Cantus, spunto imitativo tra Bassus e Altus, cadenza plagale (IV-I)
Struttura Il mottetto è diviso musicalmente in tre episodi e concettualmente in due parti per mezzo della similitudine su citata. Fin qui un’analisi sommaria riguardo lo scheletro della composizione. Addentrandosi invece nella componente testuale vediamo che Palestrina concepisce come appena detto il brano diviso in due sezioni, ma entrambe suddivise in tre frammenti, seguendo la via dell’esplicitazione musicale della similitudine presente nel testo, assegnando un numero complessivo di entrate uguali alle due sezioni, come vediamo dal seguente schema:
Numero complessivo di ingressi delle varie voci di ogni Motivo-parola “
Prima sezione
Sicut cervus 8 desiderat ad fontes 12 aquarum, 11
”
Seconda sezione
ita desiderat 12 anima mea 8 ad te, Deus. 11
Sono dunque presenti 31 ingressi sia nella prima sia nella seconda sezione. Dando un’occhiata rapida all’utilizzo dei numeri ci accorgiamo che palestrina ha tenuto in considerazione anche questo parametro. Ora guardiamo un poco meglio l’associazione del numero degli ingressi ai frammenti dei singoli versi, quelli con lo stesso numero di entrata ci mostrano una nuova ottica, ulteriori assi semantici. Seguiamo le sue indicazioni. Vediamo.
Numero di ingressi nelle quattro voci per ogni motivo-parola
Sicut cervus 8
ita desiderat 12
desiderat ad fontes 12
anima mea 8
aquarum, 11
ad te, Deus. 11
Questa simmetria sottolinea come dicevamo la similitudine tra: Cervo/Anima mea e Fontes /Deus
Relazioni numericamente congruenti tra i frammenti imitati e le similitudini
Sicut Cervus
anima mea con 8 ingressi, i soggetti della similitudine
Desiderat ad fontes Aquarum,
ita desiderat 12 ingressi, le azioni dei soggetti
ad te Deus 11 ingressi, l’obiettivo al quale tendono
Ulteriori elementi semantici utilizzati da Palestrina sono le:
Relazioni di simmetria nelle figure retoriche utilizzate per frammenti che realizzano la similitudine testuale Nella parola “cervus” P. utilizza una cellula discendente di due note dopo il rituale utilizzo di due note ferme di valore decrescente all’inizio di un brano imitativo che riprese dall’omonimo canto gregoriano; ma torniamo alla direzione dei suoni; “Cervus” è discendente come poi farà nel frammento messo in relazione: “anima mea” che si sviluppa su 5 note discendenti (la figura retoricomusicale corrispondente è la catabasi). In questo caso la catabasi non è impiegata in maniera ortodossa, cioè per la rappresentazione di significati testuali quali “discesa, inferi, prostrazione, umiliazione, pianto, contrizione” ma per indicare elementi terreni e, appunto contrapposti alla sfera del divino (che
Palestrina fa incedere in senso contrario, ascendente.) Desiderat ad fontes, il secondo frammento nella numerazione che abbiamo dato alle entrate, è posto in relazione a “Ita desiderat”. In entrambi la melodia delle varie voci è ascendente e la figura retorico musicale utilizzata in questa circostanza è l’anabasi che ben si presta alla rappresentazione visiva e musicale del desiderio del divino, di Dio. La parola ita (così come) è musicata con grande sapienza, proprio a sottolineare che la sete che l’anima ha di Dio è come quel forte bisogno fisiologico di del cervo di dissetarsi e che induce il cervo a ricercare la fonte d’acqua. E’ proprio su questo frammento (ita desiderat) che egli utilizza il massimo numero di ripetizioni, inoltre la nota tenuta incessantemente dalle varie voci, con la stessa melodia della parola “cervus”, quasi ad esplicitare le parole “così come il cervo”, trova grandissima forza espressiva del secondo ingresso del contralto a battuta 33 che prolunga di un tactus la cellula “Ita” di un tactus. Il terzo frammento aquarum è trattato con un madrigalismo, ciò è reso associando un movimento “ondivago” alla melodia si realizza questa perfetta associazione semantica che rafforza il concetto espresso. Questo frammento e in similitudine con quello di "ad te Deus" nel quale la melodia ha il medesimo andamento, in un'ulteriore associazione di concetti quindi Palestrina associa la Fonte dell’acqua che disseta il cervo a Dio (fonte divina che disseta l’anima) ma anche l’asse Acqua-Dio sembra essere esplicitato, come dice la bibbia l’acqua è sempre esistita e Dio non l’ha creata ma divisa in mare e cielo. (Genesi 1, 9-10). Come gia detto anche palestrina divide in due sezioni il mottetto e ne connota una parte in modo terreno e una in modo celeste. Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto". E così avvenne. Dio chiamò l'asciutto terra, e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. Il picco emotivamente più intenso, proprio perché se ne ritarda volutamente l’ingresso è il frammento sulle parole anima mea affidato al Cantus e subito incalzato dall’Altus e dalle altre voci in un concitato scambio di registri sulle parole ad te usate in anabasi, e Deus con la prima descritta forma “ondivaga”. La mancanza di modulazioni e il sapiente e misurato utilizzo del ritardo della terza (4-3) conferisce al brano questa dolcezza, l’effetto dalla risoluzione della parte è di quiete temporanea, quiete che si realizza definitivamente alla chiusa del brano con la cadenza plagale (IVI). In ultima analisi la progettazione e l’utilizzo di materiale tematico retoricamente giustificato, la fluidità dei frammenti, la loro sporadica “naturale” irregolarità nella lunghezza delle imitazioni e le relazioni tra i “motivi parola”, rendono Sicut cervus uno tra i brani più aderenti alla situazione emotiva del testo dell’intero panorama mottettistico palestriniano.
Enzo Marino