Guida agli oggetti sonori
Riduzione e traduzione di: MICHEL CHION Guide des objets sonores. Pierre Schaeffer et la recherche musicale (1983) a sua volta lavoro di sintesi di: PIERRE SCHAEFFER Traité des objets musicaux (1966)
INDICE I. ALLA RICERCA DELL'OGGETTO DELL'OGGETTO SONORO (a cura di Chiara Tarabotti) A. La rivelazione acusmatica 1. ACUSMATICO 2. SOLCO CHIUSO/CAMPANA TAGLIATA B. Segnale fisico e oggetto sonoro 3. SEGNALE FISICO 4. CORRELAZIONI 5. ANAMORFOSI C. I circuiti dell’ascolto «ordinario» 6. I QUATTRO ASCOLTI 7. (ASCOLTO) BANALE/PRATICO 8. ASCOLTO NATURALE/CULTURALE D. L’ascolto ridotto 9. INTENZIONE 10. EPOCHÉ
INDICE I. ALLA RICERCA DELL'OGGETTO DELL'OGGETTO SONORO (a cura di Chiara Tarabotti) A. La rivelazione acusmatica 1. ACUSMATICO 2. SOLCO CHIUSO/CAMPANA TAGLIATA B. Segnale fisico e oggetto sonoro 3. SEGNALE FISICO 4. CORRELAZIONI 5. ANAMORFOSI C. I circuiti dell’ascolto «ordinario» 6. I QUATTRO ASCOLTI 7. (ASCOLTO) BANALE/PRATICO 8. ASCOLTO NATURALE/CULTURALE D. L’ascolto ridotto 9. INTENZIONE 10. EPOCHÉ
28. VALORE/CARATTERE 29. PERMANENZA/VARIAZIONE 30. VARIAZIONE 31. POLIFONIA/POLIMORFIA E. La musica è un linguaggio? linguaggio? 32. LINGUAGGIO E MUSICA 33. SEGNO 34. (MUSICA) PURA 35. SENSO/SIGNIFICATO
III. PROGRAMMA PER UNA RICERCA RICERCA MUSICALE (a cura di Federico Lazzaro) A. Verso un nuovo solfeggio 36. INTERDISCIPLINA/INTERDISCIPLINARE 37. TEMA/VERSIONE 38. SOLFEGGIO (E PROGRAMMA DELLA RICERCA MUSICALE ‘PROGREMU’) 39. ACULOGIA [ACOULOGIE] 40. (OGGETTO) ADEGUATO [CONVENABLE] B. Cinque tappe per riconquistare il musicale 1) Tipologia 41. TIPOLOGIA
58. TIPO/MORFOLOGIA 59. ARTICOLAZIONE/APPOGGIO 60. FORMA/MATERIA 61. ENTRETIEN [TENUTA] 62. FATTURA 63. IMPULSO 64. (SUONO) ITERATIVO, ITERAZIONE 65. TONICO 66. COMPLESSO B. Tipologia: calssifica degli oggetti sonori 1) Criteri di classificazione 67. CRITERIO TIPOLOGICO 68. MASSA/FATTURA 69. DURATA/VARIAZIONE 70. EQUILIBRIO/ORIGINALITÀ 2) Prima serie: Oggetti equilibrati 71. (SUONI) EQUILIBRATI 72. (SUONI) FORMATI 3) Seconda serie: 73. (SUONI) RIDONDANTI 74. (SUONI) OMOGENEI
89. MASSA 90. NODO (SUONO NODALE) 91. SUONO (SCANALATO) 92. RUMORE BIANCO 2) Il timbro armonico 93. TIMBRO ARMONICO 94. DENSITÀ/VOLUME 3) La grana 95. GRANA D. I due criteri di forma 1) Il criterio dinamico 96. DINAMICA 97. ATTACCO 2) Allure [andatura] 98. ALLURE E. I due criteri di variazione 99. PROFILO MELODICO 100. PROFILO DI MASSA
INDICE ALFABETICO DEI TERMINI CHIAVE
In quel tempo, Pietro era con i suoi discepoli e uno di loro gli domandò: «Maestro, qual è il primo di tutti i comandamenti?». Pietro rispose: «Il primo di tutti i comandamenti è: lavora il tuo strumento. È il comandamento di mio Padre ed il secondo è simile al primo: lavora il tuo orecchio come (il) tuo strumento». Disse loro anche: «C’è un tempo per sentire e un tempo per ascoltare; che coloro che hanno orecchie per udire, capiscano». Un altro dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, è stato detto: tu strutturerai la tua musica, e tu non ci parli che dell’Oggetto». Pietro gli rispose: «Non vedi che chi comprende l’Oggetto, lui soltanto comprende la Struttura? Perchè la Struttura è stata fatta per l’uomo e non l’uomo per la Struttura». I sacerdoti tuttavia mormoravano tra loro, dicendo: «Egli bestemmia la Struttura». Disse loro ancora: «La mano è pronta, ma l’orecchio è pigro (debole). Ascoltate dunque quello che fate. Ma c’è un tempo per preparare e uno per suonare. Che il tuo orecchio destro non ignori ciò che fa la mano sinistra». «Ascoltate i suoni attorno a voi, non programmano né calcolano e, tuttavia, il Grande Ordinatore, in tutta la sua gloria, non ha mai cantato come uno di loro». «In verità, in verità vi dico, se voi non riducete il vostro ascolto, non troverete l’Oggetto Sonoro, voi non toccherete l’uomo con la vostra musica, perchè l’Oggetto Musicale non è che un Oggetto Sonoro conveniente». Disse ancora loro: «Ciò che varia è ciò che è costante. Chi vede l’Oggetto, vede la Struttura». Ma essi continuavano a non capire. Pietro propose loro questa parabola: «Un uomo scavava un solco chiuso. Al decimo
I. ALLA RICERCA DELL’OGGETTO SONORO A. La rivelazione acusmatica
1. ACUSMATICO 1) Acusmatico: termine raro, derivato dal greco, è così definito nel dizionario: aggettivo, si dice di un rumore che si sente senza vedere le fonti da cui proviene. Ripreso da Pierre Schaeffer e Jérôme Peignot per indicare l’ascolto, attraverso la radio, il disco, il telefono etc., di suoni la cui fonte è invisibile. L’ascolto acusmatico si oppone all’ascolto diretto, che è la situazione naturale in cui le fonti dei suoni sono presenti e visibili. Isolando il suono dal complesso audiovisivo di cui questo faceva inizialmente parte, la situazione acusmatica crea delle condizioni favorevoli ad un ascolto ridotto, che si interessa al suono per se stesso, come oggetto sonoro, indipendentemente dalle sue cause o dal suo senso. 2) Effetti della situazione acusmatica: la situazione acusmatica modifica le condizioni dell’ascolto, dando origine a certi effetti caratteristici, tra cui: a) Soppressione dei supporti dati dalla vista per identificare le fonti sonore. b) Dissociazione della vista e dell’udito, favorendo l’ascolto delle forme sonore per loro stesse (quindi dell’oggetto sonoro). La ripetizione di un segnale registrato può estingue-
però, abbandonare lo sforzo verso un’oggettività che le si adatti: «la questione sarà, questa volta, di sapere come ritrovare, confrontando le diverse soggettività, qualcosa su cui sia possibile a più sperimentatori di mettersi d’accordo». Questa ricerca porterà a definire l’oggetto sonoro nella sua oggettività propria, fondata da un nuovo ascolto: l’Ascolto ridotto.
2. SOLCO CHIUSO/CAMPANA TAGLIATA Il «solco chiuso» e la «campana tagliata» sono le due «esperienze di rottura» che furono all’origine della musica concreta e di certe scoperte del solfeggio sperimentale: 1) L’esperienza del solco chiuso consisteva nel chiudere un frammento registrato su se stesso, creando così un fenomeno periodico estrapolato, casualmente o in maniera premeditata, dalla continuità di un avvenimento sonoro qualunque, potendolo ripetere all’infinito. Tutto questo aveva luogo nel tempo in cui questa musica si faceva con dischi morbidi, e il solco chiuso poteva essere realizzato da una riga sul disco. Con l’arrivo del magnetofono, invece, l’anello di banda magnetica ha rimpiazzato il solco chiuso, creando un effetto perfettamente identico. Largamente usato nella musica concreta dell’epoca, il solco chiuso portava alla presa di coscienza dell’oggetto sonoro e dell’ascolto ridotto. 2) L’esperienza della campana tagliata consisteva sempre in un intervento sullo svolgimento di un suono registrato: se si prelevava un frammento di risonanza di un suono di campana dopo il suo attacco, equalizzando la sua dinamica e ripetendo quel frammento con la tecnica del «solco chiuso», allora si «sentiva un suono che ricordava quello del flauto». Pierre Schaeffer ne concluse che il riconoscimento di un timbro non è legato, come si diceva allora, alla presenza di uno spettro armonico caratteristico, ma anche ad
co, e sono oggetto di studio della psico-acustica (in particolare, lo sono tutti i fenomeni di deformazione che si producono nel passaggio da un livello all’altro, tenendo da conto le proprietà psicologiche dell’orecchio e dei dati psicologici che intervengono nell’ascolto). Dimostrando che l’orecchio percepisce, in alcuni casi, delle note fondamentali che non esistono fisicamente, ma che esso stesso ricostituisce dallo spettro dei loro armonici, si mette in evidenza il suo ruolo attivo nella costituzione e nella definizione dei caratteri del suono percepito. La contestazione, portata avanti da Pierre Schaeffer, del «pregiudizio scientifico» che assimila il suono alla percezione delle sue componenti fisiche, per dare alla pratica musicale lo statuto di una «scienza», si fonda dunque su delle esperienze di psico-acustica, ma intende passare oltre il livello dei casi elementari studiati dalla questa disciplina ordinariamente, per situarsi all’altezza della sperimentazione musicale, il cui proposito è «di stabilire delle relazioni sperimentali tra il segnale fisico (il suono, definito da parametri acustici) e l’oggetto musicale (percepito in un’intenzione di ascolto musicale)». a) Differenza tra segnale fisico e oggetto musicale: «lo studioso di acustica mira, di fatto, a due oggetti: l’oggetto sonoro che sente e il segnale che misura. Vittima di un errore di prospettiva, non gli resta che mettere il segnale fisico all’inizio del percorso, considerare ciò che viene udito come risultato e l’oggetto sonoro come una apparenza soggettiva... Dimentica che è l’oggetto sonoro stesso, dato attraverso la percezione, che designa il segnale da studiare [...]. La prova ne è che non c’è alcun principio fisico che gli permetta non solamente di distinguere, ma anche di avere l’idea dei tre suoni, do, mi, sol, contenuti e mischiati in pochi centimetri di banda magnetica». b) Differenza tra psico-acustica e musica sperimentale: sperimentale: mentre la prima studia «le corrispondenze tra la variazione di una dimensione fisica elementare dell’oggetto e la variazione di un valore sen-
cepito «facendo pensare a una deformazione psicologica della realtà fisica, e che traducono l’irriducibilità della percezione alla misurazione fisica». Le anamorfosi che appaiono nella percezione dei suoni riguardano tra le altre la dimensione temporale: si parla allora di anamorfosi temporali . Si può dire che, per esempio, l’attacco di un suono è associato, per l’ascoltatore, all’inizio del suono stesso, mentre degli esperimenti dimostrano che questa percezione d’inizio rappresenta una sintesi, o perata “a cose fatte” dall’orecchio, della storia energetica del suono in tutta la sua durata, e questo avviene in maniera molto variabile, a seconda del profilo dinamico del suono e della sua armonia particolare. Detto in altro modo, un fenomeno che è fisicamente ripartito su tutta t utta la durata del suono, conoscendone l’evoluzione dinamica, dinamica, sarà percepito come una qualità d’attacco particolare. Questa evoluzione dinamica si dimostra im portante per caratterizzare il timbro dell’oggetto sonoro, che non si saprebbe altrimenti ridurre alla percezione di uno spettro armonico caratteristico. Allo stesso modo, degli esperimenti sul tempo e la durata conducono ad affermare che la durata musicale perce pita non è omologa della durata oggettiva: rispetto ad un’identica durata cronometrica, infatti, un suono ricco di informazioni sarà percepito come più lungo di un suono più povero e più prevedibile (anamorfosi tempo-durata). Così, un suono di pianoforte pianoforte ascoltato all’inverso (facendo scorrere il nastro nel verso opposto a quello normale) appare più lungo dell’originale, poiché la versione versione “invertita” è più insolita e stimola l’orecchio di maniera più attiva. 2) In un senso secondario, derivato dal primo, il termine anamorfosi è impiegato nello studio del solfeggio delle variazioni, per designare la più rapida e la più densa delle tre velocità di variazioni distinte ( cfr. § 30). I due altri gradi di velocità sono chiamati per-
(4) CAPIRE un senso veicolato da dei
SEGNI
(3) SENTIRE degli oggetti sonori definiti (“qualificati”) con una percezione definita (“qualificata”)
(1) ASCOLTARE degli avvenimenti, delle fonti di cui il suono è INDICE (2) UDIRE degli oggetti sonori grezzi con una percezione grezza
Si posso in tal modo studiare quattro interazioni e quattro collegamenti principali tra le diverse modalità di ascolto: (3) e (4) ASTRATTO, perché l’oggetto è spogliato di qualità che servono a definire la percezione (3) o a costituire un linguaggio, ad esprimere un senso (4). (1) e (2) CONCRETO, perché i riferimenti causali (1) e il dato sonoro grezzo (2) sono dati concreti inesauribili. (1) e (4) OGGETTIVO, perché ci si rivolge all’oggetto della percezione. (2) e (3) SOGGETTIVO, perché ci si rivolge all’attività del soggetto che percepisce. La tabella dei quattro ascolti si presta ad operare diversi confronti: considerando le colonne verticali, il dualismo Astratto/Concreto; considerando invece le righe orizzontali, l’Oggettivo ed il
Ogni tipo di ascolto ha i suoi limiti: l’ascolto banale dona una risposta automatica ed imprecisa sul suo oggetto. L’ascolto pratico si chiude a certi significati, a certe potenzialità oppure cerca di racchiudere tutto nel proprio campo: è il caso dell’ascolto «fisico», che disconosce tutte le percezioni che non si possono ridurre al suo dominio, senza vedere che «ogni attività auditiva specializzata fonda un campo di pratiche obiettive interamente originali». 8. ASCOLTO NATURALE/CULTURALE L’ascolto naturale è la «tendenza prioritaria e primitiva a servirsi del sono per darsi informazioni sull’avvenimento» e si esprime con le domande: Che cos’è? Chi è? Cosa succede? Corrisponde quindi al settore 1 (ascoltare). L’ascolto culturale è quello che «si distoglie (...) (senza cessare di sentirlo) dall’avvenimento sonoro e delle circostante che questo rivela relativamente alla sua emissione per mirare attraverso di lui ad un messaggio, un significato, dei valori» (settore 4, comprendere). Queste due coppie di ascolti, banale/pratico e naturale/culturale, funzionano insieme, in concorrenza o in associazione: queste nozioni servono a delucidare il funzionamento dell’ascolto, dei suoi circuiti, per arrivare a cogliere l’originalità dell’ascolto ridotto rispetto ad esse. D. L’ascolto ridotto
3) Intenzione ed invenzione: oltre all’intenzione di sentire, c’è l’intenzione di fare, di fabbricare suoni, in cui interviene l’invenzione.
10. EPOCHÉ Termine fenomenologico, preso in prestito da Husserl, che designa un’attitudine di «sospensione» e di «messa tra parentesi» del problema dell’esistenza del mondo esteriore e dei suoi oggetti, attraverso la quale la coscienza fa ritorno su se stessa e prende coscienza della sua attività percettiva intanto che questa forma i suoi «oggetti intenzionali». L’epoché si oppone alla «fede ingenua» in un mondo esterno dove si troverebbero degli oggetti-in-sè, cause della percezione. Si oppone anche allo schema «psicologista» che considera le percezioni come i calchi soggettivi di stimoli fisici oggettivi. Si distingue infine dal dubbio metodico cartesiano, nel senso che si astiene da ogni tesi sulla realtà o l’illusione. Questo disimpegno della percezione (chiamato anche riduzione fenomenica, messa fuori gioco, messo fuori valore, etc.) permettere di cogliere l’esperienza percettiva «...nello stesso tempo che l’oggetto che questa mi svela. E mi accorgo allora che è nella mia esperienza che la trascendenza [dell’oggetto in rapporto al flusso cangiante delle differenti percezioni] si costituisce». Nel caso particolare dell’ascolto, l’epoché rappresenta un decondizionamento delle abitudini d’ascolto, un ritorno all’«esperienza originaria» della percezione, per cogliere l’oggetto sonoro al suo proprio livello in quanto supporto, in quanto substrato delle percezioni che lo prendono come veicolo di un senso da capire o di una causa da identificare.
11. ASCOLTO RIDOTTO 1) L’ascolto ridotto è l’attitudine di ascolto che consiste nell’ascoltare il suono per se stesso, come oggetto sonoro, facendo astrazione dalla sua provenienza, reale o supposta, e dal senso di cui può essere portatore. Più precisamente, consiste nell’invertire questa doppia curiosità per le cause e il senso (che tratta il suono come un intermediario verso altri oggetti considerati attraverso di lui) per rigirarla sul suono stesso. E’ l’avvenimento che l’oggetto sonoro è per se stesso (e non a cui rinvia), sono i valori che porta in se stesso (e non di cui è il supporto) a cui punta, nell’ascolto ridotto, la nostra intenzione d’ascolto. 2) In un ascolto “normale”, il suono è sempre trattato come veicolo. L’ascolto ridotto si pone quindi come «anti-naturale», contro tutti i condizionamenti: come dice lo tesso Schaeffer, «niente è più naturale che obbedire a un condizionamento. Serve uno sforzo anti-naturale per accorgersi di ciò che, precedentemente, determinava la coscienza alla sua insaputa». L’atto di fare astrazione dalle nostre abitudini di ascolto è un atto volontaristico e artificiale che ci permette di spiegare molti fenomeni impliciti della nostra percezione. L’ascolto ridotto è così chiamato in riferimento alla nozione di riduzione fenomenologica (epoché), poiché questo tipo di ascolto consiste nello spogliare la percezione del suono di tutto ciò che non è propriamente suono, prestando attenzione solamente a quest’ultimo nella sua materialità, nella sua sostanza, nelle sue dimensioni sensibili. In questo modo l’ascolto ridotto e l’oggetto sonoro divengono correlati: si definiscono mutualmente e rispettivamente come attività percettiva ed oggetto della percezione.
versi ascolti; un insieme organizzato, assimilabile a una «Gestalt» (forma), nel senso della psicologia della forma. 2) Bisogna prestare attenzione a della confusioni che si producono frequentemente sulla natura dell’oggetto sonoro: a) L’oggetto sonoro non è il corpo sonoro . Per corpo sonoro intendiamo la sorgente materiale del suono che si può identificare attraverso lo stesso suono. L’oggetto sonoro, come nozione, nasce proprio dalla distinzione radicale fatta tra il suono e la sua causa, reale o immaginaria. b) L’oggetto sonoro non è il segnale fisico, questo non essendo affatto sonoro. c) L’oggetto sonoro non è un frammento di registrazione , non essendo identificabile né con il frammento di banda magnetica su cui è registrato, né con il solco del disco e neanche con qualsiasi altro frammento di supporto di registrazione. Infatti, questo stesso frammento, letto a velocità differenti, con apparecchi differenti o in un verso differente (al diritto o al rovescio) farà sentire degli oggetti sonori completamente differenti fra di loro; l’oggetto sonoro è relativo solamente al nostro ascolto. d) L’oggetto sonoro non è un simbolo annotato su una partitura ; per questa stessa ragione non può essere identificato con il simbolo più o meno preciso che serve a «notarlo», segnarlo. e) L’oggetto sonoro non è uno stato d’animo : si dà come identico attraversi i differenti tipi di ascolto, «trascendendo le esperienze individuali». E’ dunque possibile analizzarlo e descriverlo, dandogli un’oggettività propria. Tuttavia, il livello a cui ci si posiziona per distinguere gli oggetti ed isolarli in una catena sonora è questione di intenzione, di partito preso.
II. IPOTESI PER UNA MUSICA GENERALIZZATA A. I tre dualismi della musica
13. NATURALE/CULTURALE 1) Naturale/Culturale è il primo dualismo della musica, il più determinante, il più ricco di conseguenze. È naturale, ciò che è in comune a tutti gli uomini, per le donazioni fisiologiche e psicologici universali. È culturale, ciò che è proprio ad ogni cultura, in relazione a dei codici e a dei condizionamenti particolari. L’alternanza naturale/culturale è uno dei problemi fondamentali della musica; la risposta che P. S. dà a questo problema è racchiusa in queste parole: «la musica è fondamentalmente naturale e culturale; ciò non è una fuga di fronte alla questione, ma al contrario una risposta molto netta ». 2)La musica tradizionale, ad esempio, verte su dei dati in parte naturali (percezione degli intervalli e dei principali dati armonici, relazioni di consonanze) e in parte culturali (scelta di gamme e di tecniche nelle scale comuni, funzioni armoniche ecc.), il cui concorso forma delle strutture di riferimento variabili secondo le culture. L’ignoranza del dualismo fondamentale della musica fa sì che sovente si confondano «due categorie di problemi molto differenti,a seconda che si mettano in gioco delle
In seguito a uno stadio di innovazione tecnica sottomessa alla legge del Fare, sperereb be che un ascolto più informato, rigoroso, attento, ispirasse una creazione musicale nuova, controllasse il fare. 3) L’attività che consiste nel partire dalle nozioni e dai segni, per fare musica può essere chiamata Tema; quella che consiste nell’analizzare ciò che si ascolta può essere chiamata Versione. 15. ASTRATTO/CONCRETO 1) I due isotopi del reale. Nel suo uso dell’opposizione Astrattot/Concreto il T.O.M. si riferisce alla definizione del vocabolario della filosofia di Lalande: «Astratto si dice di ogni nozione di qualità o di relazione che si consideri in modo più o meno generale al di fuori delle rappresentazioni in cui è data. Al contrario, la rappresentazione completa tale quale è o può essere data è detta concreta». Astratto e concreto sono i due «isotopi del reale», i due aspetti di tutta la percezione, interdipendenti e complementari, che devono essere, nella musica, conciliati ed equilibrati, contro gli eccessi del concreto (nelle musiche «a priori» seriali o altre). 2) La musique concrète’ .Quando Pierre Schaffer ha battezzato concreta, nel 1948, la musica della quale era l’inventore, voleva sottolineare che questa nuova musica partiva dal concreto sonoro, del suono sentito, per cercare di estrarre dei valori musicali astratti. E questo al contrario della musica classica, che parte da un concetto e da una notazione astratta, che portano ad una esecuzione concreta. P.S. voleva reagire così contro gli «eccessi di astrazione» dell’epoca ma egli non cercava nemmeno di riconquistare questo astratto musicale. Tale riconquista, per lui, doveva !
17. ALTEZZA 1) Che l’altezza sia, in un gran numero di musiche tradizionali (tra cui la musica occidentale) il carattere sonoro privilegiato, il più pregnante, alla stregua della pulsazione ritmica, ma anche il migliore suscettibile di funzionare come valore e di dar luogo a delle relazioni ricche, complesse, e ben percepite –è difficile negarlo. Questo è il motivo per cui la ricerca musicale deve interrogarsi su ciò è questo criterio e sul perchè gli valga questo posto d’onore. 2) Nella percezione musicale l’altezza beneficia, rispetto agli altri caratteri del suono (dinamica, gravità, altezza ecc.), di un triplo rinforzo: - la sua dominanza come carattere, soprattutto finché questa altezza è fissa e reperibile (vale a dire tonica); altrimenti detto, essa è spesso quella che fra tutte le caratteristiche del suono salta più velocemente all’orecchio; - la sua dominanza come relazione ordinale, vale a dire la sua capacità privilegiata di poter essere messa in scale organizzate secondo una relazione d’ordine; - per la sua possibilità di valutazione cardinale, ovvero per poter essere apprezzata in quanto valore assoluto ( altezza assoluta) con grandissima precisione; questo in opposizione agli altri caratteri del suono che possono essere apprezzati soltanto relativamente; - aggiungiamo infine le «tensioni vettoriali» (tensione consonanza/dissonanza, fenomeni d’attrazione, ecc.) di cui essa può essere il supporto. Da cui lo statuto privilegiato in musica, dell’altezza, come unico valore (cui segue secondariamente la durata) suscettibile d’offrire un così gran numero di possibilità d’organizzazione di quanto è astratto e di quanto è chiaramente percettibile.
Questa dominanza non deve tuttavia scoraggiare ogni tentativo di rimettere in causa il privilegio «naturale» dell’altezza tentando di fare emergere altri valori. 5) Si prenderà semplicemente atto di questa dominanza, scegliendo la loro più o meno grande reperibilità di altezza come primo criterio di classificazione dei suoni nella tipologia e nella morfologia. 18. SCALA 1) Una scala è, nel dominio musicale, una serie graduata di stati differenti che obbedisce ad una relazione d’ordine. Un dato grado si situa cioè entro taluno e tal altro secondo un determinato ordine che non si può cambiare. La gamma è un esempio di scala. In realtà le sole scale conosciute in musica tradizionale sono delle scale di altezza, grazie alla proprietà che questo criterio offre di essere percepito in base a dei gradi distinti, ma anche con la sua capacità unica di far percepire ciascuno di questi gradi nel valore assoluto, e non solo gli uni in rapporto agli altri. 2) Il T.O.M. considera la possibilità di creare delle scale che non siano di altezza, ma di grain, di andatura, etc. ed è a questo scopo che il suo programma di ricerca comprende una tappa detta d’analisi dove sono valutate le capacità dei differenti criteri del suono di formare delle scale nei campi percettivi. I gradi di queste scale possibili sono chiamati intervalli, e si cerca di situarli nei tre campi percettivi dell’altezza, della durata e dell’intensità. Questo in funzione di un’ipotesi seguendo la quale solo delle scale di criteri sarebbero suscettibili di dar luogo a delle relazioni astratte e non più a delle relazioni dinamiche o impressioniste («plastiche»); questo perché loro mettono in gioco dei rapporti, delle differenze e non solo delle qualità concrete attaccate puntualmente agli
Come per il fonema, che si ha la tendenza a confondere con la sua rappresentazione scritta, la notazione abusa sulla nota musicale facendola considerare come un segno preesistente alla sua realizzazione. Questa notazione tuttavia rende conto soltanto degli aspetti del suo funzionamento come valore. Se si dimentica il sistema e le competenze che egli definisce, per ascoltare per la prima volta la nota musicale, come oggetto sonoro sensibile, si scoprono, oltre ai suoi tratti pertinenti che noi chiamiamo valori, molti altri caratteri («che saranno forse suscettibili di diventare dei valori dentro altre strutture, come una variante fonetica diviene, in un’altra lingua, un fonema distinto»). 3) Quello che pur caratterizza la nota musicale, quando è stata eseguita, non sono solamente gli aspetti che specifica la notazione (altezza, durata, molto vagamente, sfumatura) ma è anche una certa curva dinamica. Questa è una forma temporale precisa con un attacco, un corpo e una caduta. È in questo senso, e senza considerazione di notazione, che si può tentare di generalizzare la nozione di nota e di riprenderla applicandola a ogni oggetto sonoro dotato di una forma dinamica identificabile come tale (oggetti formati dalla tipologia designata, quando sono «tonici», attraverso il simbolo). Una nota equilibrata è una nota dove le tre fasi temporali (attacco, corpo e caduta) sono nettamente percettibili; quando due di queste fasi o anche la terza sono fuse in una sola, si parlerà di nota deponente. 20. TIMBRO La critica e la ridefinizione del termine timbro costituiscono una tappa importante della ricerca musicale impegnata nel T.O.M..
a) variazioni «astratte» o di valori al livello dei registri dello strumento: registri d’altezza, prima di tutto (salvo eccezioni come nelle musiche africane a preponderanza ritmica), registri d’intensità, etc. Sono variazioni scritte sulla partitura, se ne esiste una, e che costituiscono i tratti pertinenti del discorso musicale astratto. b) Variazioni «concrete» o di carattere al livello di gioco strumentale, variazioni più o meno ricche in base alla possibilità che lo strumento dà loro di esercitarsi secondo lo stile, il tocco, l’esecuzione dello strumentista. c) Timbri, registri e possibilità di esecuzione sono dunque i tre criteri dell’analisi strumentale che saranno utilizzati per fare la critica degli strumenti esistenti, dei dispositivi sonori nuovi che ambiscono alla definizione di strumento, ed infine dei tecnici che cercano di superare lo stadio strumentale della musica (musica concreta ed elettronica). Numerosi sono in effetti i «falsi fratelli» dello strumento che l’analisi strumentale, munita dei suoi tre criteri, dovrebbe permettere di smascherare meglio. 3) I due poli dello strumento: astratto e concreto . Tutte le musiche tradizionali partono dallo strumento. Ora, la particolarità dello strumento è di fare intendere delle strutture astratte (orientate verso un senso) a partire dalle possibilità concrete (orientate verso l’ascolto degli indici) che offre per suonare. Il perfezionamento degli strumenti da parte dei liutai ha cercato in generale di equilibrare in loro le possibilità astratte (capacità a far capire dei registri di valore musicale) e le possibilità concrete di esecuzioni (virtuosità, colore, varietà dei timbri). Il «fatto strumentale», che è all’origine di tutta la musica come preliminare, rispetta questo dualismo complementare, nelle musiche tradizionali, fondando i due «aspetti
C. Strutture della percezione
22. OGGETTO/STRUTTURA 1) La relazione fondamentale Oggetto/Struttura è alla base della nostra attività percettiva; esprime i rapporti di definizione reciproca tra la nostra percezione degli oggetti e quella delle strutture. Si possono enunciare così: - Ogni oggetto è percepito come oggetto nel suo contesto, una struttura che lo ingloba. - Ogni struttura è percepita come una struttura di oggetti composti. - Ogni oggetto di percezione è allo stesso tempo un oggetto, nel momento che è percepito come unità reperibile in un contesto, e una struttura, nel momento che lui stesso è composto da più oggetti. 2) Noi percepiamo gli oggetti e le strutture secondo due modelli d’attitudine percettiva: l’identificazione e la qualificazione. La relazione Oggetto/Struttura si enuncia dunque più precisamente in questi termini: - Qualsiasi oggetto è identificato in un contesto, in una struttura che l’ingloba. - Se si esamina questo oggetto lo si può qualificare come una struttura originale d’oggetti costituenti. Questi oggetti costituenti possono essere a loro volta identificati come parti di questa struttura e qualificati dalla struttura da cui essi stessi sono costituiti, e così via. 3) Questa relazione definisce dunque una catena oggetto-struttura che discende verso l’infinitamente piccolo quando si analizza l’oggetto come struttura d’oggetti costituenti, essi stessi analizzabili e così di seguito, e che risale verso l’infinitamente grande quando
L’identificazione
La qualificazione di un oggetto come
oggetto in una struttura in cui è identificato
struttura composta da oggetti che permettono di qualificarla
si applica nel sistema musicale tradizionale al musicale esplicito
al sonoro sfumato
e inversamente nel Programma della Ricerca Musicale al sonoro, che deve essere sfoltito sulla strada di una tipologia (nel senso di una versione)
al musicale, che deve essere fondato attraverso una morfologia (nel senso del tema)
24. CONTESTO/CONTESTURA 1) Il contesto di un oggetto sonoro è la struttura d’insieme in cui l’oggetto è identificato come unità e da cui viene estratto per esaminarlo nel particolare; la sua contestura, invece, è la struttura di cui lui stesso è costituito e che permette di descriverlo e di definirlo, secondo il principio di incastro della regola Oggetto/Struttura. L’identificazione degli oggetti sonori nel loro contesto (con l’aiuto della regola Articolazione/Appoggio) è di pertinenza della tipologia (v. 41). La qualificazione degli oggetti sonori nella loro contestura e la loro descrizione come
altezze che si situano spesso i suoni della musica contemporanea o sperimentale (percussioni, cluster, effetti di massa e di glissandi, ecc.). Naturalmente, in molti casi si ha a che fare con una percezione mista di uno stesso fenomeno sonoro, che si situa contem poraneamente nei due diversi campi. 3) Ogni oggetto sonoro occupa dunque in un certo modo ciascuno di questi tre campi, e ciascuno dei criteri che lo caratterizzano potrebbe essere valutato in maniera più o meno precisa rispetto alla posizione (site) ed al calibro (calibre) in rapporto a ciascuna di queste dimensioni; detto in altro modo, secondo la sua posizione nel campo (site) e secondo il suo ingombro di campo (calibre). Per esempio, un certo suono di massa complessa può essere definito nel campo «colorato» delle altezze come avente una posizione «acuta» e un calibro «denso», se la sua massa è situata verso l’acuto e se è percepita come densa. È in rapporto a questo triplo campo percettivo musicale naturale che emergereb bero i valori musicali; è in questo campo che i criteri potrebbero essere ordinati in scale (di grana, d’attacco, d’andatura?) e gli oggetti sonori accostati in strutture significative. 4) Questa nozione di campo percettivo, per quanto semplice possa sembrare, opera un ribaltamento radicale della concezione classica: ella non si fonda, come nella maggior parte dei sistemi di composizione, su delle proprietà o parametri degli oggetti sonori concepiti ingenuamente come «esterni alla coscienza», bensì sulle facoltà proprie della percezione umana. Del resto questa nozione di campo ha incontrato la resistenza di molti musicisti: «suggerire loro che bisogna anche preoccuparsi del campo percettivo sem bra per loro costituire un’offesa, un crimine di “lesa partitura”, e subito di essere accusati di naturalismo…» La riflessione dell’autore sul meccanismo del senso musicale e sul dualismo fondamen-
È evidente in effetti che i tre campi, di altezza, di durata, e di intensità non offrono a tutti i criteri che li occupano un quadro di percezione spesso così facile da delimitare, da valutare, da classificare: qui ancora, il campo delle altezze si rivela privilegiato, anche se doppio; l’orecchio umano manifesta in questo campo, se si tratta del campo armonico, una capacità di discriminazione, di identificazione e di distinzione in scale dei criteri che è eccezionale e che gli altri due campi non possono offrire. 26. CONTINUO/DISCONTINUO 1) Ci sarebbero due tipi di strutture musicali, corrispondenti a due tipi di percezione: - le une, fondate su opposizioni e confronti tra elementi discontinui (o «discreti», come si dice in linguistica); - le altre, fondate su variazioni continue in seno agli oggetti sonori stessi. Di fronte a questi due tipi di situazione, l’orecchio si comporterebbe in maniera molto differente. 2) La prima di queste situazioni è molto nota, poiché è impiegata comunemente dai musicisti «astratti» tradizionali. La seconda, invece, è generalmente misconosciuta nella sua specificità: si cerca, per quanto possibile, di ricondurla al primo caso, quello delle scale discontinue. Per esempio, si cerca di analizzare i glissandi (struttura continua) tramite le loro altezze di partenza e di arrivo - mentre l’orecchio umano lo sente in maniera differente: il glissando è, per lui, un «nuovo oggetto musicale, da ogni punto di vista diverso dall’intervallo nominale che occupa secondo i simboli del solfeggio». 3) Ci sarebbero così, come già visto, due campi di altezze: il campo discontinuo detto «armonico» che è il più conosciuto, per i suoni «tonici» e il , detto «co-
D. Assiomi per una musica generalizzata
LA LEGGE DEL MUSICALE (PCV 2) tra più
OGGETTI
(so- la
PERMANENZA
di un
1
CARATTERE
è la base
SONORA
CONCRETA
nori) | di una
STRUTTURA
| di
VARIAZIONI
| di
2
VALORE
costituenti il discorso
|
|
MUSICALE
ASTRATTO
27. MUSICALITÀ/SONORITÀ 1) Nella musica tradizionale, presa come riferimento e modello, la «musicalità» corrisponde all’aspetto astratto dell’opera musicale, scritta e fissata sulla partitura, mentre la «sonorità» corrisponde alla parte concreta che può variare anche nel momento di ogni esecuzione, di ogni incarnazione di quest’opera. Si ritrova qui la stessa opposizione che nella coppia Lingua/Parola. 2) Nella ricerca sperimentale di una nuova musica, il «sonoro» designa la giungla di tutti i suoni possibili, ancora senza funzione musicale; si tratta allora di scegliere gli oggetti sonori che si giudica convenienti per divenire in certi contesti degli oggetti musicali, di cui si saranno astratti dei «valori».
28. VALORE/CARATTERE 1) I valori sono i tratti pertinenti, che emergono tra più oggetti sonori messi in struttura, e formano gli elementi del discorso musicale astratto propriamente detto; gli altri aspetti dell’oggetto che non sono pertinenti nella struttura musicale, ma che costituiscono la sua sostanza concreta, la sua materia, sono riuniti sotto il nome di carattere. Il modello della relazione Valore/Carattere è quello della coppia Altezza/Timbro nella musica tradizionale. L’altezza è, del resto, il valore privilegiato nella maggior parte dei sistemi musicali tradizionali. 2) La legge della complementarità Valore/Carattere può esprimersi in questa formula: «gli oggetti si distinguono in valori mediante la loro somiglianza in carattere». Da cui questa definizione del valore musicale: «qualità della percezione comune a oggetti differenti (...) che permette di comparare, ordinare e classificare (eventualmente) questi oggetti tra loro, malgrado le diversità dei loro altri aspetti percettivi». In altre parole, il valore non esiste che a partire dal momento in cui c’è più di un solo oggetto, e tra più di questi oggetti appare una differenza di uno stesso aspetto, di una stessa proprietà che è in comune a loro. La somiglianza di carattere tra i suoni aiuta a percepire il valore di cui sono portatori, contribuendo a «diminuire l’interesse che si può avere per l’identificazione degli oggetti, i quali altrimenti si presenterebbero come una serie di avvenimenti eterogenei». 3) È in funzione di un sistema musicale globale che possono essere definiti i criteri che funzionano come valori, come tratti pertinenti negli oggetti sonori, così come le scale, le «gamme» che ordinano questi valori. Nelle musiche tradizionali questi valori sono dati
sono chiamati valori; quelli che assicurano la permanenza concreta sono chiamati caratteri. Permanenza dei caratteri, variazione dei valori: tale sembra essere la legge del funzionamento di ogni struttura musicale. Il modello della relazione Permanenza/Variazione è la relazione Timbro/Altezza illustrata da una melodia di musica tradizionale suonata su uno strumento: il timbro assicura la permanenza e l’altezza tra ogni «oggetto» (o nota). 2) La legge Permanenza/Variazione «che domina l’insieme dei fenomeni musicali» è legata alla nascita stessa dello strumento che si trova all’origine di tutta la musica. L’identità del timbro strumentale tra differenti suoni costituisce la permanenza attraverso la quale si effettua un gioco di variazioni che sfruttano le possibilità di registro e di interpretazione proprio di ciascun strumento. 3) La legge PVC2, «legge del musicale», funziona in maniera ideale ed equilibrata nella musica tradizionale. Ma le ricerche contemporanee tendono a deviare questo equilibrio nel senso di un eccesso di variazione (ma con certe tendenze estetiche posteriori alla produzione del Trattato, è di un eccesso simmetrico di permanenza che l’autore potreb be lamentare!). Il Trattato cerca di reagire, denunciando questa inflazione di variazione che, secondo lui, taglia il ramo sul quale riposa il discorso musicale. 4) L’autore ritrova la presenza della legge Permanenza/Variazione a tutti i livelli del fenomeno musicale, ivi compreso nell’emergenza per la percezione dei criteri morfologici e ne dà certe volte questa formulazione paradossale: «ciò che varia, è ciò che è costante». In altre parole, si osserva tra più oggetti la presenza costante di uno stesso carattere (l’altezza, per esempio), se questa altezza varia tra questi differenti oggetti, formando una melodia, emergendo come «valore».
e il profilo di massa. Di fatti, questa tipologia delle variazioni e questo studio del profilo melodico sono raggruppati in una rubrica comune. D’altra parte, a lato della relazione Valore/Carattere che fonda il gioco dei valori musicali discreti, discontinui, P.S. è stato condotto ad aggiungere una relazione supplementare, specifica degli oggetti varianti in maniera continua: la relazione Variazione/Struttura. 3) Lo studio della variazione porta al problema del continuo e del discontinuo e dei due tipi di percezione corrispondenti. dico
31. POLIFONIA/POLIMORFIA 1) L’opposizione musica polifonica/musica polimorfica è avanzata nelle ultime pagine del Trattato per venire a completare e incontrare quella anteriormente proposta tra una musica cosiddetta «musicale» (basata su delle relazioni discontinue, come la musica classica occidentale) e una musica detta «plastica», più istintiva (basata su delle evoluzioni continue, caso frequente nelle ricerche contemporanee). Riprendendo «la classicissima alternativa del contrappunto e dell’armonia», la coppia Polfonia/Polimorfia distingue quindi: - da una parte le musiche fondate sulla coesistenza delle voci orizzontali, di discorsi distinti e legati (polifonica); - dall’altra parte, quella fondata su dei «blocchi» verticali, degli oggetti fusi (polimorfica). La storia della musica ci mostra il passaggio progressivo di certe musiche da uno stadio «polifonico» ad uno stadio «polimorfico», per saldatura progressiva delle voci in ag-
ricamente nella musica tradizionale occidentale, dove la musica ha ritrovato con Bach i tratti di una lingua pura ( Arte della Fuga). b) Una differenza fondamentale separa il linguaggio dalla musica: nel linguaggio, il livello del senso percepito è radicalmente eterogeneo a quello del materiale significante (legge dell’arbitrarietà del segno formulata da Saussure, altrimenti detta dell’arbitrio totale del legame tra significato e significante), mentre nella musica le proprietà sensibili dell’elemento musicale di base - sia esso nota o oggetto sonoro - mantengono con il «senso» musicale - qualsiasi cosa si intenda indicare con questa parola - un legame che non è arbitrario. È per questo che si può sperare, partendo da un livello inferiore del «materiale sonoro», di cercare una via verso il problema delle strutture musicali, allorché questo tentativo, nel caso del linguaggio, non lascerebbe alcuna speranza. In altri termini, per l’autore del Trattato, «se il segno linguistico è arbitrario, il segno musicale non lo è». 33. SEGNO La parola segno è impiegata dal T.O.M., a seconda dei contesti, in due accezioni princi pali: 1) Nello studio delle intenzioni d’ascolto: il suono è ascoltato come segno se si ha come obbiettivo, attraverso di lui, la comprensione di un senso facendo riferimento a un linguaggio, un sistema di valori. Per contro, egli è ascoltato come indizio se si cerca di riconoscere attraverso di lui una causa, un’agente, un avvenimento, ecc. 2) Nel quadro di un parallelo tra linguaggio e musica, il «segno» musicale è comparato al «segno linguistico», così come l’ha definito Saussure: associazione di un significante
co di valori, di tratti distintivi di altezze e di durata. Questo caso limite è simbolizzato da un’opera come l’Arte della Fuga di Bach, opera scritta senza prevedere alcuna strumentazione, o anche dalle sue Invenzioni a due o tre voci , dove la permanenza del tim bro e la sua neutralità lo fanno dimenticare a beneficio del discorso musicale. 2) In rapporto al circuito dei quattro ascolti, si può dire che la «musica pura» è quella che riesce ad occupare solamente il settore 4, quello del senso e dei valori astratti, in quanto il solo riferimento a degli strumenti reintroduce già il rimando agli indici (settore 1) e dunque la dimensione della sonorità. 3) La musica pura è dunque quella che, essendo la più vicina possibile alle condizioni di una lingua, afferma nello stesso tempo nelle più grandi condizioni di «purezza» la differenza radicale che sussiste tra il linguaggio e la musica: contrariamente al linguaggio, ella si mostra costruita su un sistema in cui il segno non è arbitrario e in cui fonda i suoi valori sulle proprietà effettive dell’oggetto percepito («rapporti semplici» di altezza). «Noi colleghiamo (…) ogni linguaggio musicale a dei valori elaborati al livello della percezione». 35. SENSO/SIGNIFICATO 1) Significato Il T.O.M. usa il termine significato in due accezioni differenti ma abbastanza vicine. - Sia come significati particolari riguardanti il settore 4 dei quattro ascolti: a) «Significati astratti» in rapporto al concreto sonoro, quando l’ascolto è orientato da «una forma particolare di conoscenza». b) Significati «banali» concernenti l’ascolto banale, che si originano dal settore 3.
si regge dunque interamente nelle strutture differenziali totalmente indipendenti dal supporto acustico, ma che è legato a delle proprietà generali delle strutture di percezione dell’orecchio umano e dei suoi tre campi percettivi. Questo, anche nel caso limite delle «musiche pure».
III. PROGRAMMA PER UNA RICERCA MUSICALE A. Verso un nuovo Solfeggio
36. INTERDISCIPLINA/INTERDISCIPLINARE 1) La musica è il luogo privilegiato per una ricerca interdisciplinare, una ricerca cioè che, complementarmente alle competenze specifiche, si preoccupa di ritrovare i legami e le relazioni trasversali tra le componenti di un particolare oggetto di studio, altrimenti disperse tra discipline che si ignorano volentieri. La prassi corrente è invece quella di non «pubblicare se non con estrema prudenza su un settore ben delimitato di propria competenza». Le principali discipline che il T.O.M confronta con la musica sono la fisica, la psicologia, la fenomenologia della percezione e la linguistica.
2) Bisogna combattere il ! pregiudizio scientifico’ per il quale i modelli fisici (acustica) e matematici (principi numerici alla base di notazione, armonia, ecc.) sarebbero imperanti in musica. Spesso si cerca di allineare diverse discipline ad una disciplina modello, in generale scientifica (es. per tutto ciò che è oggettivo ci si rifarebbe alla fisica). L'attitudine interdisciplinare autentica sarà quella di chiarire le difficoltà del passaggio da una disciplina all'altra, piuttosto che postulare af-
FONETICA : FONOLOGIA = ACUSTICA : ACULOGIA Fonetica: studio della realizzazione concreta dei suoni del linguaggio. Fonologia: studio dei suoni del linguaggio secondo la loro funzione nel sistema della langue saussuriana. Acustica: studio della produzione fisica del suono. Aculogia: studio della possibilità che nei suoni percepiti emergano dei tratti distintivi per un'organizzazione musicale. Ciò basandosi sulla doppia natura naturale/culturale della musica: il livello intermedio tra il materiale sonoro e le strutture organizzative dei codici propri delle varie tradizioni permetterebbe la comunicazione, fondata sulle strutture naturali della percezione umana. A differenza del !sistema linguaggio’, già costituito, qui si tratta di trovare nell'oggetto delle «unità potenziali», dei tratti distintivi ipotetici che possano aiutare un linguaggio musicale ancora inesistente a costruirsi.
40. (OGGETTO) ADEGUATO [CONVENABLE] 1) Sono adeguati gli oggetti sonori che sembrano essere più adatti di altri ad un impiego come oggetti musicali. Devono soddisfare alcuni criteri: - essere semplici, originali e facilmente memorizzabili; - prestarsi facilmente all'ascolto ridotto, quindi non essere troppo anedottici o carichi di senso o di sentimento [affectivité]; - essere combinabili con altri oggetti sonori dello stesso genere, di far emergere un valore musicale predominante e ben identificabile (legge PCV2).
Il fatto che non si può fare una cernita degli oggetti sonori senza applicarvi dei criteri di descrizione ha portato alla nascita della morfologia elementare (nozioni di massa, entretien, fattura): tipologia e morfologia si sono costruite a vicenda.
42. TIPO 1) Il tipo di oggetto rappresenta la sua fisionomia generale, risultante dall'associazione dei tratti morfologici elementari: come si distingue tra individui !longilinei’o !tarchiati’, così la tipologia degli oggetti sonori distingue tipi di suono omogeneo, tenuto, ecc. La classificazione degli oggetti sonori o dei loro criteri costitutivi in diversi tipi risponde alla necessità di un primo smistamento grossolano; la divisione in classi corrisponderà ad una valutazione più fine e più differenziata della struttura interna degli oggetti.
2) Si parla anche di tipi di criteri morfologici: tipi di massa, ecc. B.2) Morfologia
43. MORFOLOGIA Operazione di descrizione degli oggetti sonori identificati e classificati dalla tipologia. Nella struttura dell'oggetto sonoro vengono distinti 7 tratti denominati criteri morfologici (massa, timbro armonico, dinamica, grain, allure, profilo melodico, profilo di massa), per ciascuno dei quali si definiscono delle classi. Per studiare i criteri si sceglie di studiare degli oggetti detti deponenti, cioè quelli dove un certo numero di criteri è assente o resta fisso, il che permette di mettere in evidenza il criterio che si
Operazione di definizione dei generi di suono. Se la tipologia e la morfologia isolavano dei criteri in casi semplici, la caratterologia è un ritorno al concreto: essa considera infatti i casi principali di combinazioni formate, nella realtà sonora e musicale, da fasci di criteri caratteristici, in funzione delle leggi acustiche naturali che li associano. La caratterologia e l'analisi musicale sono complementari: rappresentano il polo pratico e il polo teorico (ricerca di strutture musicali) di un modo di agire che mira alla sintesi del musicale. Non è facile stilare un catalogo di questi generi: non ci si meravigli se la caratterologia è la tappa del Solfeggio trattata più sbrigativamente nel T.O.M., e resta perlopiù a livello di intenzione, ipotesi.
47. GENERE 1) Il suono non è un'addizione di tratti, di criteri indipendenti e semplici: questi tratti sono combinati e interdipendenti. Lo studio dei generi si sforza di distinguere per ciascun tratto quali siano i suoi casi tipici di combinazione. Il genere è dunque una certa combinazione di tratti, un fascio di criteri, che definisce una fisionomia spesso semplice, immediata alla percezione, ma complessa da analizzare. L'espressione corrente: «un suono del genere di», esprime bene questa nozione di carattere del suono, postula l'idea che un suono, al di là dell'esempio particolare (es. un suono !da campana’, pianistico, del genere di un tuono, di tipo elettronico, ecc.), può presentarsi come esemplare di una struttura generale.
2) La sintesi degli oggetti musicali, se fosse possibile, mirerebbe a produrre delle serie
Lo studio delle specie relative a ciascun criterio morfologico consiste nel raffrontare ogni criterio con le tre dimensioni del campo percettivo naturale dell'orecchio, per tentare di apprezzarne i differenti siti (il sito di un criterio, in rapporto ad un campo determinato, è la sua posizione nel campo) e calibri (il calibro di un criterio, in rapporto ad un campo dato, corrisponde al suo ingombro del campo) e tracciarne per quanto possibili delle scale (es. scale di intensità da 1, ppp, a 7, fff ). 50. CRITERIO/DIMENSIONE 1) È la relazione che presiede all'analisi degli oggetti. Concerne la relazione tra i criteri morfologici e le dimensioni del triplo campo percettivo (altezza, intensità, durata) che tali criteri occupano secondo un certo sito e un certo calibro. Esempio di confronto Criterio/Dimensione: un andatura [allure] (criterio) ampio di tessitura e ra pido di oscillazione è valutato di calibro !largo’ [fort] in rapporto al campo delle altezze (dimensione) e di modulo !serrato’ in rapporto al campo della durata (dimensione).
2) Da un certo punto di vista un criterio è una dimensione. Es. un lento glissando di violino: «Qual è il criterio dominante di questo suono in ogni istante? L'altezza. Quale varia? Sempre lei. In quale spazio varia? nel campo delle altezze». In questo caso, dunque, l'altezza è criterio che qualifica un suono e dimensione della sua variazione. Le qualità del suono possono dunque essere apprezzate sia come criteri d'identificazione del suono, sia come dimensioni della sua variazione in uno dei tre campi percettivi. La domanda posta nell'analisi, per mezzo della coppia Criterio/Dimensione, è dunque: «Come si strutturano delle collezioni di oggetti riuniti per il confronto di questo o quel criterio nel campo na-
Sito del criterio Calibro del criterio
Tessitura Scarto [écart]
Peso Rilievo
Impatto Modulo
52. SCARTO [ÉCART] 1) È l'ingombro del campo delle altezze da parte di un criterio, il suo spessore relativamente a questo campo. 2) È il calibro della variazione di un criterio nel campo delle altezze, cioè la tessitura che occupa. Es. Il vibrato di un cantante del quale si dice che «vibra troppo» ha un scarto largo [fort]. Es. Lo scarto di massa per i suoni tonici corrisponde all'intervallo, per i suoni complessi allo spessore.
53. PESO È l'intensità relativa di un dato suono (o di una componente di tale suono) in rapporto a uno o vari altri suoni (o alle altre componenti dello stesso suono). La valutazione del peso dipende dal contesto, per effetti di maschera, di riferimento all'agente sonoro (es. un !fortissimo’ di violino, benché inferiore in decibel a un ! pianissimo’ di ottavino, sarà percepito come più forte), ecc. Pertanto è molto delicato e aleatorio procedere a calibrature d'intensità ed usarle a scale come si fa con le altezze, poiché le percezioni di intensità sono estremamente fragili, relative e influenzabili dal particolare contesto. 54.
ci riferiamo al campo percettivo delle altezze, il più preciso e meglio calibrabile, siamo portati a prevedere due tipi di intavolatura: un tipo !armonico’ (che darà vita ad una musica !armonica’, tradizionale), laddove tutti i suoni siano tonici, e un tipo !complesso’ (che darà vita ad una musica ! plastica’), laddove non ci siano che miscugli non armonici.
IV. CLASSIFICARE I SUONI (TIPOLOGIA) A. Approccio all’oggetto sonoro: basi di una prima descrizione
...Una specie di valigetta di soccorso, di equipaggiamento minimo per procedere ad un inventario sommario dell’universo sonoro in termini di «ascolto ridotto», ma anche i criteri di base per una classificazione e per una descrizione più elaborata degli oggetti sonori. 58. TIPO-MORFOLOGIA La tipo-morfologia è la fase iniziale del programma di ricerca musicale, che raggruppa, come complementari, le due operazioni della tipologia e della morfologia. Queste costituiscono, in effetti, una tappa di esplorazione, inventario e descrizione del sonoro. La tipo-morfologia è, così, un inventario descrittivo preliminare al musicale. I tre compiti della tipo-morfologia sono quindi: % l’identificazione degli oggetti sonori; si tratta ovvero di isolarli e ritagliarli in unità sonore; % la loro classificazione in tipi sommari caratteristici; % la descrizione dettagliata delle loro caratteristiche.
tivi. Il primo termine, articolazione, è invece spesso sostituito con quello di entretien. L’autore cerca di risolvere questa ambiguità nella trattazione del solfeggio degli oggetti sonori, facendo ricadere la scelta definitiva sulla coppia terminologica sopra descritta. Pone in questo modo l’accento sull’energia fornita al momento dell’ articolazione e sul fatto che essa sia comunicata istantaneamente o in modo prolungato. 3) Funzione della coppia: il «sistema sperimentale», rompendo con la nozione classica di nota e ripartendo da un’attitudine di ascolto ridotto, si trova di fronte al problema di oltrepassare i meccanismi di identificazione degli oggetti sonori, ritenuti ‘naturali’ a causa di un sistema culturale ormai interiorizzato. Paradossalmente, sarà facendo riferimento ad un altro sistema, quello linguistico, che la riflessione schæfferiana troverà un appiglio. La sillaba è l’unità fonica del linguaggio, così come l’oggetto sonoro elementare - considerato la nota, nel sistema musicale tradizionale – è l’unità fonica di una catena sonora più complessa. I criteri di segmentazione di tale catena sono appunto articolazione (corrispondente alle consonanti) e appoggio (equivalente alle vocali). Questi criteri sono applicabili all’intero universo sonoro e costituiscono la prima approssimazione di una tipo-morfologia che dovrebbe permettere non solo di identificare, ma anche di classificare gli oggetti sonori, di sceglierli. Si delinea qui una progressione dall’identificazione alla classificazione e, soprattutto, da questa alla scelta. È in vista di questa finalità musicale che i criteri di identificazione non sono sprovvisti di «scelte musicali.
60. FORMA/MATERIA
L’entretien si distingue dalla causalità del suono poiché esiste solo come legge percepita. Esso risponde, tuttavia, a diverse categorie della causalità materiale, in base alle quali viene definito passivo, nel caso di impulso e di suono tenuto, attivo nel caso di iterazione. Nella musica tradizionale, leggi fisiche e meccaniche semplici, messe in azione consciamente dall’esecutore, determinano diversi tipi di entretien. Nei suoni naturali tali leggi sono più complesse, ma la musica elettronica può permettersi di sfidarle, conferendo ai suoni degli entretiens artificiali. Trattandosi però di suoni ‘contro natura’, il Trattato preferisce la ricchezza, la logica e la pregnanza dei suoni naturali. L’entretien è dunque una nozione caratteristica dell’attitudine concreta, attenta alla logica dei suoni naturali e ai legami del fare e del sentire.
62. FATTURA La fattura è la percezione qualitativa dell’ entretien energetico degli oggetti sonori, con il quale è in stretta relazione. Si può dire che certi oggetti sonori siano privi di fattura, nel caso in cui questa si prolunghi eccessivamente o in maniera imprevedibile, oppure se, al contrario, essa non abbia il tempo di farsi sentire, come nell’impulso. Tale nozione suppone, dunque, un certo equilibrio del suono in un tempo ottimale di memorizzazione dell’orecchio. 1) Schema tipologico: si propone uno schema riassuntivo sui casi di percepibilità e sulla tipologia della fattura, laddove questa sia udibile. OGGETTI «PRIVI DI FATTURA» Non è percepibile
È percepibile ma:
OGGETTI CON FATTURA PERCEPIBILE Fattura formata
Fattura non formata
Nonostante la loro durata effimera, essi sono compresi tra gli oggetti equilibrati, con fattura percepibile, grazie alla loro frequenza nelle musiche tradizionali e all’abitudine del nostro orecchio al loro im piego. È possibile inoltre un’ulteriore suddivisione degli impulsi in suoni istantanei, indicati nella notazione con un punto (.), o suoni di breve durata, indicati con un apostrofo (’). Questi ultimi, pur nella brevità della loro esistenza, possono essere variati, ovvero caratterizzati da una rapidissima variazione e da un gran numero di dettagli contratti, non sempre distinguibili ad orecchio.
64. (SUONO ITERATIVO), ITERAZIONE Si dicono iterativi i suoni il cui entretien si prolunga per iterazione, ovvero per ripetizione ravvicinata d’impulsi. Il termine di iterazione può indicare di conseguenza, sia il fenomeno proprio di ripetizione, che il suono stesso che ne è caratterizzato. Un esempio di suono iterativo (la cui notazione grafica corrisponde a due apostrofi: ’’) può essere rappresentato da una mitragliatrice in azione. Se si accelera un’iterazione, questa sfocia in un suono percepito come continuo; d’altra parte, se essa è troppo spaziata, non si percepisce più il suono iterato come un’unità e ogni impulso diviene un oggetto sonoro isolato. Tale nozione illustra così il problema del continuo/discontinuo. In base al contesto ed all’intenzione di ascolto accade dunque che uno stesso fenomeno possa essere percepito in tre modi distinti: a. come un suono tenuto granuloso; b. come suono iterato; c. come una serie di impulsi isolati.
‘soffio’ di un apparecchio elettroacustico, etc. Essi rappresentano il gradino intermedio tra i suoni tonici e quelli variati (indicati con Y). 1) Altre distinzioni: anche in tal caso la morfologia distingue, tra i suoni complessi, delle masse indicate con terminologia peculiare, come segue. a. Massa nodale: agglomerato compatto percepito come un tutto ( cfr . 90); b. gruppo nodale: massa percepita come sovrapposizione di nodi ( cfr . 90); c. rumore bianco: occupa in principio l’intera tessitura ( cfr . 92); d. suono scanalato: v. supra. 2) Percezione e campo di altezze: relativamente al campo percettivo delle altezze, i suoni complessi sono percepiti in spessore, nel suddetto campo colorato, a differenza dei tonici, percepiti in gradi ed intervalli. Il fatto di essere senza altezza precisa, non impedisce comunque che essi siano situati nel campo delle altezze come suoni più o meno gravi e più o meno acuti. Utilizzato in maiuscolo e da solo, il segno X indica tutti i tipi di oggetti equilibrati di massa complessa (es. X = nota complessa continua; X’ = impulso complesso; X’’ = nota complessa iterativa). Usato invece in minuscolo ed in indice ad un’altra lettera indicante un altro tipo di oggetto, serve a caratterizzare la massa di questo oggetto come complessa (es. Hx = suono omogeneo complesso; etc.). B. Tipologia: classifica degli oggetti sonori
B.1) Criteri di classificazione
musical , nel suo relazionarsi all’altezza, mentre la fattura si iscrive nella sfera del musicien, con spirito più creatore ( cfr . 16). 1) Tipi di massa: in base all’altezza del suono la massa si suddivide come segue. a. Massa tonica, nel caso di altezza del suono fissa e identificabile; b. massa complessa, con altezza fissa e non identificabile; c. massa variabile, laddove l’altezza varia moderatamente ed in maniera organiz-
zata; d. massa qualunque , l’altezza varia in maniera disordinata ed eccessiva. 2) Tipi di fattura: individuati in relazione alla durata. a. Fattura continua; b. fattura puntuale, quando è ridotta ad un semplice impulso; c. fattura iterativa, quando è prolungata per la ripetizione di impulsi. Queste variabili, in uno stesso suono, non sono strettamente indipendenti, ma piuttosto legate. Per esempio, se la fattura di un suono è mobile e complessa, anche la sua massa sarà tale.
69. DURATA/VARIAZIONE Categoria che fa intervenire il fattore temporale nella scelta degli oggetti sonori. La durata è il tempo dell’oggetto come esso è avvertito psicologicamente, mentre la variazione, definita come qualcosa che cambia in funzione del tempo, rappresenta un rapporto che somiglia alla velocità. 1) Tipi di durate e variazioni : le durate possono essere corte, medie o estese; le variazioni nulle ragionabili o imprevedibili
posta al centro, ci si allarga verso l’esterno dove appare la durata lunga, passando per la tenuta continua (verso sinistra) e discontinua (verso destra). A tale disposizione vengono sovrapposte le due categorie dei macro-oggetti, posti alle estremità, e dei micro-oggetti, che vanno, invece, a trovarsi come linea di fuga in corrispondenza della zona di equilibrio. Ciò che risulta evidente da tali grafici è senza dubbio l’interdipendenza dei criteri e la loro complementarità, per cui, laddove si introducano variazioni ad uno degli aspetti considerati, tutti gli altri mutano di conseguenza, spostando la classificazione dell’oggetto sonoro verso una determinata direzione. B.2) Prima serie: Oggetti Equilibrati
71. (SUONI) EQUILIBRATI Nella tipologia degli oggetti sonori, i nove tipi di suoni equilibrati , sono quelli che presentano un buon compromesso tra «il troppo strutturato e il troppo semplice», che hanno una durata adeguata, una buona forma ed una solida unità di fattura. Sono dunque a priori quelli che possono essere ‘convenienti’ al musicale. 1) Schema: i suoni equilibrati, chiamati spesso note, con riferimento alla musica tradizionale, sono classificati da Schæffer, in riferimento alle loro caratteristiche di massa e fattura, all’interno di una griglia simile alla seguente. FATTURA MASSA Massa tonica
Fattura equilibrata continua ( suono tenuto)
Fattura puntuale (impulso)
Fattura equilibrata iterativa ( suono con tenuta iterativa)
N
N’
N’’
b. oggetti eccentrici: di massa eccessivamente variabile ma di durata media e con unità temporale, nominati Gran Note e Cellule. La lista dei suoni formati non è dunque da confondere con quella dei suoni equilibrati. Possono infatti esistere suoni equilibrati-formati, suoni equilibrati-non formati (impulsi) e suoni formati-non equili brati (Gran Note e Cellule). B.3) Seconda serie: suoni ridondanti
73. (SUONI) RIDONDANTI Sono così denominati gli oggetti che peccano di eccessiva banalità e regolarità, insufficiente originalità e enorme prevedibilità in una durata di tempo piuttosto estesa. Non adeguati al musicale. 1) Suddivisione interna: seguono le principali tipologie di oggetti temporali. a. Suoni omogenei : indicati con H, sono suoni senza evoluzione; b. trame e pedali: indicati con Tn (Tx) e Zy; c. sirene: indicate con ", possono essere continuative o iterate. 2) Cause: la ridondanza risulta dal rapporto tra una fattura troppo sommaria o elementare e una durata troppo estesa. 74. (SUONI) OMOGENEI Appartenenti alla famiglia dei suoni ridondanti, i suoni omogenei sono quelli che si per-
all’esempio più caratteristico di tale fenomeno. È indicata con il simbolo comparire come processo iterativo ( "’’).
"
e può anche
B.4) Terza serie: suoni eccentrici
76. (SUONI) ECCENTRICI Nella tipologia vengono classificati come tali quei suoni che presentano un difetto di equilibrio nel senso di un eccesso di originalità e di complessità. 1) Seguono i tipi di suoni classificati come eccentrici. a. Accumulazione (A); b. Cellula (K); c. Campione (E); d. Frammento (#); e. Gran Nota (W); f. Pedale (P); g. Trama (T). 2) La posizione periferica dei suoni eccentrici nella tipologia riveste un senso simbolico: essi sono al limite del campo dei suoni utilizzabili per una musica. Per studiare i suoni eccentrici ci si limita ai casi in cui una certa unità è percepibile nel suono, che si presenta quindi ancora come oggetto sonoro. Vengono, dunque, scartati i casi in cui l’eccesso di informazione o di variazione fa saltare tale unità.
1) Distinzioni: accanto al caso generale della trama detta mista, in cui le variazioni sono complesse e imprevedibili, esistono casi di trame ridondanti a massa poco variabile (Tn o Tx). 2) Dettagli: Schæffer fa cenno anche ad ulteriori distinzioni, che non verranno però inserite nella tipologia generale. Compaiono riferimenti a trame fluttuanti, trame in evolu zione e trame modulanti , dettagli verso una direzione che resta inesplorata. 79. CELLULA (K ) Suono eccentrico creato artificialmente attraverso il prelievo di un frammento di nastro magnetico contenente la registrazione di «micro-suoni in disordine». Si ottiene così, un oggetto originale di durata piuttosto breve, formato da impulsi disparati e continui. 1) Originalità: la cellula presenta una fattura incoerente ed una variazione accentuata tra impulsi disparati e scalari. Sebbene la sua origine sia artificiale, deve essere presa in considerazione perchè è sentita come oggetto dotato di unità propria. 2) Posizione nella tipologia: nella tipologia complementare delle variazioni la cellula si ritrova anche come tipo di variazione melodico-modulatoria, oltre che temporale. 80. FRAMMENTO (!) Tipo di suono artificiale, ottenuto prelevando dal montaggio un frammento abbastanza breve di una nota formata X, N o Y. Il carattere artificiale permette di distinguerlo dall’impulso. Si incontra soprattutto nella musica sperimentale. Esempi di frammenti possono essere tagli di note di pianoforte o di violino, campane o patti tagliati, etc.
stico. Esempi di accumulazione sono: un mucchio di pietre che scivola da una benna; una voliera di uccelli pigolanti; una «nuvola orchestrale» in un’opera di Xenakis. 1) Differenza rispetto al Campione: mentre questo fa riconoscere, attraverso una fattura continua, la permanenza di una medesima causa, l’ accumulazione è il prodotto di cause multiple ma tra loro simili. Tale distinzione può essere però in alcuni casi relativa al contesto e ad una valutazione personale. B.5) Quarta serie: suoni varianti
In alcune specificazioni alle definizioni precedentemente date, si è visto come Schæffer, abbia considerato una tipologia di varianti, parallela alla classificazione tipologica generale. Questa, oltre a completare nel dettaglia la descrizione di alcune categorie, non senza creare casi di ambiguità, comprende due nuovi elementi, il Motivo ed il Gruppo. 84. MOTIVO (M) Tipo di oggetto variante caratterizzato da durata relativamente considerevole, che evolve per livelli, in maniera scalare. Può così possedere un embrione di organizzazione musicale, che ne fa un oggetto limite, poiché già strutturato musicalmente I suoi materiali sono, tuttavia, oggetti sonori sperimentali, fatto che lo differenzia dal Gruppo, il quale, pur rispondendo alla medesima definizione, è fatto di note tradizionali. È inoltre caratterizzato da una velocità di variazione media, compresa tra quella del Pedale, più lento, e della Cellula, più rapida.
V. DESCRIVERE GLI OGGETTI SONORI (MORFOLOGIA) A. Morfologia esterna
86. COMPOSTO/COMPOSITO 1) Un oggetto sonoro si dice composto se è costituito da una molteplicità di elementi distinti e simultanei (giustapposti), composito se è costituito da più elementi distinti e successivi. Si può altresì applicare queste qualifiche allo sviluppo del suono, detto composto se giustappone elementi simultanei e composito se li presenta in successione. Il profilo melodico o la dinamica di un suono variabile possono essere egualmente detti compositi se cambiano bruscamente di regime o di modulo nel corso della durata. Per notare tipologicamente gli oggetti composti e compositi, sono proposte diverse formule di notazione.
2) Si possono presentare dei casi ambigui tra composto e composito. La decisione su come classificarli può dipendere allora da fattori diversificati: il contesto, l’impiego degli oggetti nella scrittura musicale, il proposito da esprimere, il condizionamento dell’ascoltatore, ecc. La !morfologia esterna’: oggetti composti, compositi, intermediari
B. Che cos'è criterio morfologico?
88. CRITERIO MORFOLOGICO 1) I criteri morfologici sono definiti come i caratteri osservabili nell’oggetto sonoro, i tratti distintivi e le proprietà dell’oggetto sonoro percepito. Teoricamente in numero infinito, si sono voluti limitare a 7: -
Massa ------- modo di occupazione del campo delle altezze da parte del suono
-
Timbro armonico ------- caratteristiche annesse alla massa che permettono di qualificare il suono
-
Grana ------- microstruttura della materia sonora, evoca la grana di un tessuto o di un minerale
- Allure ------- oscillazione, vibrato, caratteristiche dello sviluppo del suono -
Dinamica ------- evoluzione del suono nel campo dell’intensità
-
Profilo melodico ------- profilo generale disegnato dal suono nell’ambito della sua tessitura
-
Profilo di massa ------- profilo generale di un suono del quale la massa è scolpita da variazioni interne
L’avvento della nozione di massa nell’analisi musicale, si spiega attraverso l’evoluzione della musica occidentale, tanto che questa musica utilizza quasi unicamente suoni di altezza individuabile e definisce come rumore tutti gli altri. Ma a poco a poco i compositori !classici’ hanno fatto appello a ! pacchetti di suoni’ generalmente notati come disposizioni complesse di toni e percepiti non nella loro individualità ma come masse timbriche. I compositori !concreti’ o !elettronici’ fabbricano direttamente delle masse complesse, immuni a qualsiasi tentativo, da parte dell’orecchio, di individuare altezze distinte. Questi nuovi materiali sono indispensabili per descrivere questo nuovo criterio di massa che fa appello anche a percezioni di colore e di spessore e non solo di gradi e di intervalli. La massa è anche una !nozione-incrocio’ dove si incontrano, nell’analisi del campo delle altezze, la musica tradizionale e quella sperimentale. Si individuano diversi tipi di massa: - tonica: di altezza fissa e individuabile; - complessa: di altezza fissa e non individuale; - qualunque: variabile in una maniera troppo importante e disordinata. Si individuano inoltre diverse classi di massa: - Suono puro - Tonico - Gruppo tonico - Suono scanalato - Gruppo nodale - Suono nodale - Rumore bianco Sono elencate in un ordine di simmetria che possiamo così individuare: al centro si trovano i casi più incerti, quello dei suoni scanalati, che è anche il più frequente nel campo dei suoni naturali a motivo della complessità della loro natura. Alle due estremità troviamo il suono puro e il rumore bianco sono naturalmente rappresentati dai suoni generati elettronicamente. Le classi 2 e 3 (tonico e gruppo tonico) sono quelle normalmente impiegate dalla musica tradizionale, le classi 5 e 6
C.2) Il timbro armonico
93. TIMBRO ARMONICO 1) Criterio morfologico !satellite’ del criterio di massa, in collegamento col quale esso si definisce. Il timbro armonico rappresenta l’impressione generale delle qualità annesse alla massa che permettono di qualificarla. Nel caso dei suoni della massa tonica il timbro armonico è più semplice da individuare e da distinguere della massa stessa. Nel caso di suoni particolarmente complessi diventa molto più difficile e, in certi casi, impossibile, dissociarlo dalla massa e qualificarlo indipendentemente da essa. 2) Nel caso dei suoni tonici, strumentali, il timbro armonico corrisponde esattamente con la percezione dello spettro armonico in certi casi può essere identificato con il loro timbro propriamente detto. 3) Si chiama profilo armonico il profilo di evoluzione del timbro armonico di un oggetto sonoro nel momento in cui questo timbro varia nel dominio del tempo (ad esempio il timbro del pianoforte che si impoverisce col cadere della risonanza). Si distinguono 2 tipi di timbro armonico: - Se la massa sonora è una e globale, il timbro armonico sarà anch’esso globale - Se questa massa è percepita suddivisa in diversi strati si avranno allora differenti timbri armonici, specificati per ciascuno degli strati stessi. Allo stesso modo corrisponde per ognuna delle sette classi di massa viste in precedenza una diversa classe di timbro armonico: nel caso del suono puro e del rumore bianco, il timbro armonico risulta inesistente cioè non esiste del tutto (suono puro = totale assenza di armonici)
(fenomeno ritmico) o ancora una andatura estremamente rapida o tutt’altro genere di !inégalités’ ad una certa velocità possono produrre una sensazione di grana. Una rapida successione di impulsi che accelera cessa progressivamente di essere percepita come una successione di impulsi per essere colta come un unico suono di altezza individuabile caratterizzato da una certa grana. Se la successione di impulsi accelera ancora, la grana è percepita come sempre più fine per sparire, in fine, nella sensazione di materia perfettamente !liscia’. 3) E’per questa ragione che la grana può essere definita la !firma della materia’ poiché serve a qualificarla, mentre l’allure, altri criterio caratterizzante lo sviluppo del suono, è soprannominata !firma della lavorazione’. Si individuano 3 tipi di grana in relazione con i tre grandi modi di sviluppo del suono: nullo, costante e iterativo: - grana di risonanza ------- per i suoni a sviluppo nullo ma che si prolungano per risonanza ( ad esempio lo scintillio rapido della risonanza di un piatto - grana di sfregamento ------- per i suoni trattenuti, dovuta spesso allo sfregamento del fiato o dell’agente di generazione del suono (ad esempio il rumore del fiato nel suono di un flauto) - grana di iterazione ------- per gli sviluppi iterativi (ad es. rullo di tamburo) Per ciascuno dei 3 tipi di grana si distinguono 3 classi, per un totale di 9, facenti riferimento a delle analogie sensoriali: - risonanza ------- vibrante, formicolante e limpida - sfregamento ------- rugosa, ruvida e liscia - iterazione ------- grossa, netta e fine
D. I due criteri di forma
97. ATTACCO L’attacco del suono come ! punto cruciale’ e !momento determinante’ del suono lo fa oggetto di due studi distinti: 1) Ruolo dell’attacco nella percezione del timbro e della forma del suono Degli esperimenti che hanno comportato il taglio dell’attacco di una parte o della modifica della forma di un’altra parte hanno messo in evidenza il ruolo dell’attacco in certi tipi di oggetti sonori: - - da una parte la fisionomia dell’attacco, il profilo della sua evoluzione dinamica, può giocare nell’identificazione del timbro strumentale un ruolo importante, molte più importante del timbro armonico stesso del suono. E’sufficiente, ad esempio, tagliare l’attacco di alcuni suoni per snaturare sensibilmente il loro timbro (es. acuti del pianoforte); - - dall’altra parte si produce in certi casi un fenomeno di !anamorfosi temporale’ che fa localizzare la percezione dell’attacco nell’esatto momento dell’inizio del suono. 2) Solfeggio dell’attacco Lo studio del criterio dinamico conduce a porre l’attacco come !sottocriterio’ nella misura in cui il profilo dinamico di un suono è, nella maggior parte dei casi, predeterminato dal suo attacco. E’così che, piuttosto che una caratterologia dei generi dinamici, si condurrà una caratterologia dei generi di attacco, nella quale sarà tenuta in considerazione l’eventuale predeterminazione del profilo dinamico e armonico dell’insieme del suono dal suo attacco.
E. I due criteri di variazione
99. PROFILO MELODICO 1) Criterio che si applica ai suoni variabili, caratterizza una variazione che condiziona tutta la massa del suono e gli fa disegnare una sorta di !tragitto’ nell’ambito della tessitura. Contrariamente al profilo di massa, che designa una variazione interna della massa, il profilo melodico corrisponde ad uno spostamento nel campo delle altezze di tutto il suono : è il suono stesso che si muove, invece di essere scolpito da una evoluzione interna. 2) Di tali profili melodici si parla, sotto la loro forma !continua’, sia nelle figure melodiche contorte di certe musiche non europee, sia nella musica occidentale contemporanea, in particolare nelle musiche elettroacustiche, quando dei processi sonori si muovono continuamente nella tessitura grazie ad una manipolazione di variazione della velocità 3) Nella maggior parte dei casi di profili melodici !naturali’, la variazione melodica si accompagna ad una variazione parallela della dinamica e del timbro armonico da cui non può essere dissociata: cosa che rende difficile l’interpretazione di questo profilo come tutti i fattori variabili. Si distinguono vari tipi di profilo melodico: 3 orizzontali, relativi alla costruzione della variazione e 3 criteri verticali, relativi alla sua densità e alla sua velocità I tre criteri relativi alla costruzione distinguono la variazione per: - Fluttuazione (instabilità leggera); - Evoluzione (progressiva e continua);
INDICE ALFABETICO DEI TERMINI CHIAVE ACUSMATICO (OGGETTO) ADEGUATO [CONVENABLE] ACCIDENTE/INCIDENTE ACCUMULAZIONE (A) ACULOGIA [ACOULOGIE] ALLURE ALTEZZA ANALISI ANAMORFOSI ARTICOLAZIONE/APPOGGIO ASCOLTO NATURALE/CULTURALE ASCOLTO RIDOTTO ASTRATTO/CONCRETO ATTACCO
1 40
(SUONI) FORMATI FRAMMENTO (!)
72 80
87 83 39 98 17 48 5 59 8 11 15 97
GENERE GRAN NOTA (W) GRANA GRUPPO (G)
47 77 95 85
I QUATTRO ASCOLTI IDENTIFICAZIONE/QUALIFICAZIONE IMPATTO IMPULSO INTAVOLATURA INTENZIONE INTERDISCIPLINA/INTERDISCIPLINARE (SUONO) ITERATIVO, ITERAZIONE
6 23 55 63 57 9 36 64
(ASCOLTO) BANALE/PRATICO
7 LINGUAGGIO E MUSICA
32
CAMPIONE (E)
82
SCALA SCARTO [ÉCART] SEGNALE FISICO SEGNO SENSO/SIGNIFICATO SIRENA SITO/CALIBRO SOLCO CHIUSO/CAMPANA TAGLIATA SOLFEGGIO (E PROGRAMMA DELLA RICERCA MUSICALE ‘PROGREMU’) SPECIE STRUMENTO
SUONO (SCANALATO)
91
18 52 3 33 35 75 51 2 38
TEMA/VERSIONE TIMBRO TIMBRO ARMONICO TIPO TIPO/MORFOLOGIA TIPOLOGIA TONICO TRAMA (T)
37 20 93 42 58 41 65 78
49 21
VALORE/CARATTERE VARIAZIONE
28 30
APPENDICE Si riportano quattro tabelle originali (non tradotte), per la cui spiegazione si rimanda ai singoli capitoli (l’indicazione numerica delle voci è la medesima in italiano e in francese). (Bilancio finale delle intenzioni d’ascolto) PROGREMU (Programma della ricerca musicale) TARTYP (Tavola ricapitolativa della Tipologia) TARSOM (Tavola ricapitolativa degli oggetti sonori) BIFINTEC