materiale di studio ~ esame di primo livello
materiale di studio
ISBN 978 88 95403 21 2
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788895 403212
e 4,50
esame di primo livello -
materiale di studio
materiale di studio esame di primo livello -
Indice
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Gli esami? Un’occasione
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Vivere il Gosho, capire la vita
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Programma d’esame:
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Il tamburo alla Porta del tuono
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Il prolungamento della vita
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Il significato dell’offerta
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Le basi della fede Il daimoku Il Gohonzon Shakubuku: la pratica per rendere felici tutte le persone La non dualità di maestro-discepolo (shitei-funi) e l’unità tra praticanti (itai doshin)
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La visione buddista della vita I Dieci mondi Il mutuo possesso dei Dieci mondi Il karma e la trasformazione del karma
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Profilo storico del Buddismo di Nichiren Daishonin Le origini Il Sutra del Loto La vita di Nichiren Daishonin Storia della Soka Gakkai: i tre presidenti
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Per approfondire
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© esperia edizioni Creacommercio s.r.l. Sede legale: via Roncaglia 14, Milano Uffici e magazzino: via Einaudi 4/10, Peschiera Borromeo (Mi) Tutti i diritti riservati Progetto grafico: Massimo Pitis Testi a cura del Dipartimento di studio dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai
Prima edizione: luglio 2008
www.esperiaedizioni.it
ISBN 978 88 95403 21 2
Le edizioni Esperia utilizzano carte prodotte secondo le norme previste dal sistema di certificazione ISO 14001, predisposto dalle industrie cartarie per garantire la salvaguardia delle risorse e dell’ambiente in ogni fase dei processi produttivi.
Finito di stampare nel mese di luglio 2008 presso Everprint Srl Carugate (Mi)
Programma d’esame
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Gli esami? Un’occasione di Tamotsu Nakajima
A novembre si terranno gli esami di primo livello del Dipartimento di studio, secondo una tradizione che la Soka Gakkai porta avanti in tutto il mondo. Ovviamente non è obbligatorio prender parte all’esame ma – dal momento che le basi del Buddismo del Daishonin sono “fede, pratica e studio” – possiamo considerare la nostra partecipazione come un’opportunità per approfondire la conoscenza dell’insegnamento e, soprattutto, per rinnovare la decisione di metterla in pratica ogni giorno. “Usare il Buddismo nella vita quotidiana” è una frase chiave per noi discepoli di Nichiren Daishonin. Scrive il presidente Ikeda a questo proposito: «I membri di tutto il mondo hanno approfondito la loro comprensione della fede, della pratica e dello studio, hanno rinvigorito il proprio coraggio e hanno vinto le loro battaglie per kosen rufu aprendo le pagine del Gosho – cioè gli scritti di Nichiren Daishonin – con lo spirito di ricevere consigli e istruzioni direttamente dallo stesso Nichiren. Se avanziamo con il Gosho come nostro fondamento non ci troveremo mai a un punto morto». Avvicinarsi allo studio del Buddismo con un atteggiamento solo intellettuale, per accumulare dati, conoscenze, citazioni e quant’altro, avrà come conseguenza ultima quella di aumentare la tendenza a diventare arroganti. Scrive il Daishonin: «Fra i miei discepoli quelli che credono di conoscere bene il Buddismo sono quelli che sbagliano». Senz’altro è importante leggere e conoscere, ma è più importante mettere in pratica ciò che si studia, confermarlo con la nostra vita: il Buddismo, fin dalle sue origini, è sempre stato una religione strettamente collegata alla realtà. Il presidente Ikeda dice che gli scritti che studiamo sono il risultato della continua lotta del Daishonin per salvare le persone attraverso centinaia di lettere e migliaia di dialoghi. Allo stesso tempo è fondamentale avere lo “spirito di ricerca” e l’umiltà di ascoltare – come se fosse sempre la prima volta – le parole del Budda originale e del maestro.
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Un famosissimo passaggio del Vero aspetto di tutti i fenomeni afferma: «Impegnati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e studio non può esservi Buddismo». Questa frase significa che il Buddismo non vive nei templi o nei sutra, ma nel cuore e negli sforzi di quanti lo studiano e lo praticano: «Il Buddismo» spiega Ikeda commentando questo brano «esiste e si manifesta nella vita di ogni persona che studia il Gosho e pratica la sua fede seguendo esattamente gli insegnamenti del Daishonin». Partendo da queste premesse fondamentali – studiare e mettere in pratica – la decisione di partecipare all’esame è già di per sé una grande vittoria, a prescindere da quale sarà il risultato finale. Lo sforzo che faremo fino a novembre (che spero continuerà poi per tutta la vita) comporterà come beneficio quello di approfondire la fede e di essere più felici.
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Vivere il Gosho, capire la vita di Shin’ichi Yamamoto (pseudonimo di Daisaku Ikeda)
Il filosofo americano Ralph Waldo Emerson (1803-82) scrisse che «Il pensiero è una luce sacra / più splendente dell’oro e delle gemme, immortale». Sono parole che amo da quando ero giovane. Il Gosho rivela l’essenza della filosofia buddista, una filosofia che permette a chiunque di percepire e manifestare all’interno della propria vita lo stato vitale più alto, quello della Buddità. È un insegnamento che ci permette di spezzare la catena delle sofferenze di nascita, invecchiamento, malattia e morte, e di elevare la nostra vita indirizzandola eternamente sul sentiero di “eternità, felicità, vero io e purezza”. Coloro che sostengono e praticano una filosofia così grande sono vincitori nella vita, incredibilmente ricchi. Darsi con gioia a pratica e studio per far crescere persone di valore in questo nuovo secolo: queste le fondamenta di una cittadella indistruttibile. A novembre si terranno in tutto il Giappone gli esami di ammissione al Dipartimento di studio. Io e mia moglie preghiamo con tutto il cuore affinché gli esami siano un successo, si svolgano senza incidenti e i candidati facciano del loro meglio. Nichiren Daishonin esorta: «Impegnati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo».(1) Nikko Shonin, suo successore e discepolo diretto, ci lasciò questo ammonimento: «I seguaci di questa scuola dovrebbero incidere nella loro vita gli insegnamenti del Gosho, ereditando così i princìpi fondamentali esposti dal nostro maestro [Nichiren Daishonin]».(2) Il movimento di studio della Soka Gakkai si basa proprio su
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questa affermazione e solo se studiamo in questo modo otterremo la felicità assoluta. Lo studio possiede anche la funzione di forza motrice della nostra lotta spirituale, e rafforza l’affermazione dei princìpi filosofici di giustizia e pace per farne le colonne portanti nella nostra società attuale. Dal cuore di coloro che danno importanza allo studio del Buddismo sorge un’infinita speranza che abbraccia vasti orizzonti, mentre coloro che lo trascurano si rinchiudono nel buio di un’egocentrica arroganza e rinunciano alla gioia della vita, alla condizione vitale della felicità: questa è la realtà. Nei suoi ultimi anni Lev Tolstoj (1828-1910), gigante dello spirito, scriveva così nel suo diario: «La forza della riflessione è invisibile, come il germoglio da cui cresce un grande albero. Ma è da quella che ha origine un cambiamento visibile nella vita [degli esseri umani]». Chi sostiene gli esami di studio ha talvolta solo il tempo di ripassare gli scritti del Daishonin ritagliandosi qualche momento dagli impegni di lavoro, scolastici o familiari, combattendo spesso contro la stanchezza. Tuttavia questa azione, modesta ma ripetuta, racchiude una grande “forza della riflessione” che darà origine al “grande albero” della rivoluzione umana, al di là di quanto possiamo immaginare. Anche i membri più anziani nella fede, che incoraggiano e sostengono col cuore i partecipanti all’esame, sono estremamente preziosi. Come scrive Nichiren Daishonin: «Così tutti i vari insegnamenti del Budda vengono diffusi da persone. [...] Quindi, se la Legge che una persona abbraccia è suprema, ne consegue che la persona che l’abbraccia deve essere la prima tra tutte le altre».(3) Chi studia e propaga la più alta filosofia del mondo è il tesoro più importante, perché contribuisce alla felicità del genere umano. Il 2008 è stato intitolato dalla Soka Gakkai “Anno delle persone di valore e dell’espansione”: gli esami del Dipartimento di studio sono la palestra in cui crescono queste persone di valore e si consolidano le basi per lo sviluppo. Come osservava il filosofo francese Joseph Joubert (1754-1824), «Insegnare è imparare due volte». Uno degli scritti del Daishonin, Lettera da Sado, si
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chiude con il postscriptum: «Vorrei che tutti i credenti sinceri si riunissero e si incoraggiassero leggendo insieme questa lettera».(4) Il Daishonin esprime chiaramente il desiderio che i suoi discepoli si riuniscano per leggere i suoi scritti. Creare un movimento per far crescere persone di valore leggendo il Gosho insieme, indipendentemente dagli anni di pratica, riflette l’atteggiamento che si accorda totalmente con il desiderio del Daishonin. Lo scrittore austriaco Stefan Zweig (1881-1942) ha scritto: «È nell’azione che un pensiero diventa veramente vivo, e la fede prende vita per la prima volta solo quando viene proclamata pubblicamente». Nella Gakkai, l’anima dello studio del Buddismo risiede nel metterlo in pratica. La Divisione giovani uomini venne fondata l’11 luglio del 1951 e quattro giorni dopo, seguendo le istruzioni del mio maestro, Josei Toda, mi recai nella regione di Tohoku per partecipare alle varie riunioni del capitolo Sendai. Attraverso le lezioni su alcuni Gosho, come Lettera da Sado e Risposta alla monaca laica Nichigon, studiammo e discutemmo insieme le verità del Buddismo. Uno dei più piacevoli “ricordi della mia vita presente in questo mondo umano”(5) fu che molti degli ospiti presenti a quelle riunioni decisero allora di cominciare a praticare il Buddismo del Daishonin e aderirono alla Soka Gakkai. Avevo ventitré anni ed ero un semplice responsabile di gruppo della Divisione giovani uomini, ma in mezzo a quei giovani mi lanciai a dire con fervore: «Proprio l’altro giorno, a Tokyo, è stata fondata la Divisione giovani uomini. Finalmente è arrivato per noi giovani il momento di alzarci!». Nel settembre 1951, solamente due mesi dopo, venni incaricato dal Dipartimento di studio, di cui ero entrato a far parte, di tenere lezioni sul Gosho. Ogni vittoria che condivisi col mio maestro, Josei Toda, durante il primo atto di kosen rufu, fu realizzata basandoci sul Gosho. Oggi sono determinato a onorare anche il “secondo atto di kosen rufu”, l’epoca in cui tutti i membri condurranno vite sempre vittoriose, illuminate dalla gioia di approfondire lo studio del Gosho.
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Lottando con lo spirito di non risparmiare la nostra vita come il Daishonin insegna diverremo dei Budda: nessuno mai sarà lasciato indietro. «Vivere senza una filosofia è come vivere a occhi chiusi senza mai avere l’idea di aprirli». Questo è il severo monito del grande filosofo francese Cartesio (1596-1650). Studiavo il Gosho tutti i giorni sotto la guida meticolosa di Toda e nella mia vita resta incisa in modo indelebile la profondità dei suoi commenti sul brano tratto da L’eredità della Legge fondamentale della vita: «Adesso è l’ultimo momento della sua vita».(6) «Quel che soprattutto ci insegna» diceva «è che dovremmo sforzarci nella fede in modo da arrivare a sentirci sicuri di conseguire la Buddità, in qualsiasi momento possa sopraggiungere la morte». E poi aggiungeva: «Lo scopo della pratica buddista è ottenere la Buddità in questa esistenza. Se ci riusciamo o no dipende da cosa abbiamo pensato in ogni singolo istante, e da quali azioni abbiamo o non abbiamo compiuto. È la somma di tutto questo che determina se riusciamo o meno a conseguire la Buddità. La fede non consiste nell’osservare formalità particolari, ma nel vivere pienamente ogni momento». Toda aggiungeva: «Questo passo va letto come “adesso è l’ultimo momento della vita del Budda”. Il Budda non rimane in vita per sempre. Per questo occorre avere un sincero spirito di ricerca, in modo da non avere rimpianti quando non ci sarà più data la possibilità di incontrarlo direttamente. La vostra pratica buddista deve essere pervasa dalla consapevolezza solenne che “ora è l’ultimo momento della sua vita”». Con severità ci diceva anche: «Se pensate di poter avere sempre l’opportunità di ascoltare gli insegnamenti del vostro maestro, vi sbagliate di grosso!» Ascoltavo queste sue parole in preda a una fortissima emozione e sentivo contemporaneamente un grande onore e l’enorme responsabilità di sostenere Toda con impegno e dedizione assoluti. E ancora oggi, portando avanti il mio dialogo interiore
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con lui, continuo a impegnarmi nelle due vie della pratica e dello studio per kosen rufu. Toda affermava spesso, con profonda convinzione: «Può sembrare strano, ma se approfondite il Gosho troverete facile leggere qualsiasi altro scritto e diverrete capaci di discernere le cose con chiarezza anche nella vita quotidiana. È per questo che noi, nella nostra vita, non giungiamo mai a un punto morto». Aveva perfettamente ragione. Il Buddismo ci offre gli strumenti per realizzare una vittoria assoluta. È l’insegnamento che permette di cambiare il proprio karma, trasformando il veleno in medicina. È una filosofia di speranza basata sul concetto di rivoluzione umana. Questa è la conclusione a cui sono giunto come discepolo diretto di Toda, un discepolo che nel corso di sessant’anni di pratica è uscito vittorioso da innumerevoli grandi prove e difficoltà. Il filosofo svizzero Carl Hilty (1833-909) ha scritto: «Tutte le filosofie veramente feconde che appartengono all’eredità spirituale eterna dell’umanità sono state generate nell’avversità». Come insegna il Daishonin l’apparire dei tre potenti nemici dimostra che la nostra pratica è corretta e che certamente conseguiremo la Buddità. È meraviglioso leggere e mettere in pratica gli scritti di Nichiren, molti dei quali videro la luce mentre lui stava subendo persecuzioni che mettevano a repentaglio la sua vita. Essi risvegliano nei nostri cuori lo spirito intrepido e invincibile del re leone, e siamo tutt’uno con il Daishonin, il Budda dell’Ultimo Giorno della Legge. In Lettera da Sado, egli scrive: «Solo sconfiggendo un potente nemico si può dimostrare la propria forza. Quando un governante malvagio si allea con preti eretici che sostengono insegnamenti errati, per distruggere l’insegnamento corretto e liberarsi di un uomo sapiente, chi ha un cuore di leone conseguirà sicuramente la Buddità».(7)
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La lettura di ogni singola parola di questo passo fa scaturire dentro di noi il coraggio di andare avanti nella lotta, insieme a una forza vitale potente. Come è possibile che individui buoni e onesti che praticano il corretto insegnamento del Buddismo siano tempestati da critiche e ingiurie, e vengano perseguitati da chi detiene il potere? La causa di tutto questo, così come il meccanismo che sta alla base di tali persecuzioni, viene chiarito negli scritti del Daishonin. Ad esempio, nelle Spade del bene e del male, il Daishonin usa alcune metafore che rendono il tutto facilmente comprensibile: «Certe pietre vengono spaccate per le gemme che racchiudono, i cervi vengono uccisi per prenderne la pelle e la carne, i pesci vengono pescati per il loro sapore, il martin pescatore viene ucciso per le sue splendide penne e una bella donna è sempre invidiata. Lo stesso accade a me. Poiché sono il devoto del Sutra del Loto, ho subìto ogni genere di persecuzioni a opera dei tre potenti nemici. È una cosa meravigliosa che nonostante questo tu sia diventato discepolo e sostenitore di una persona simile!».(8) Dietro a questo tipo di persecuzioni si cela un vortice torbido d’invidia verso le persone di straordinaria integrità e carattere che sostengono la causa della verità e della giustizia. In Risposta a Sairen-bo, il Daishonin mette in guardia dalle funzioni negative che cercano di ostacolare la diffusione del corretto insegnamento del Buddismo in tutta la società: «il re demone del sesto cielo ha cercato di impossessarsi del mio corpo, ma poiché per diverso tempo ho prestato grande attenzione non gli ho permesso di avvicinarsi. Poiché il potere del demone celeste non ha alcun effetto su di me, egli si impossessa del governante, degli alti funzionari o di preti stupidi come Ryokan, inducendoli a odiarmi».(9) Sforzarsi nella pratica e nello studio e accumulare esperienze personali sul potere della fede ci permette di vedere con chiarezza tutti i fenomeni come illuminati dallo “specchio limpido” del Gosho, di approfondire la nostra convinzione nella fede, e di usare qualsiasi cosa ci accada come fonte di crescita. Leggendo il Gosho con la nostra vita, vale a dire mettendo in pratica i suoi insegnamenti, possiamo costruire dentro di noi un carattere risoluto, una felicità durevole e uno stato vitale forte e indistruttibile.
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Lo scrittore e statista giapponese Yukio Ozaki (1859-1954), che diede un contributo significativo alla costituzione del sistema di governo parlamentare in Giappone, e che scriveva con lo pseudonimo di Gakudo Ozaki, dichiarò: «Quando la filosofia progredisce, una nazione, automaticamente, prospera, mentre quando essa viene meno, si avvia verso la rovina». È per questo che il nostro scopo di «instaurare il corretto insegnamento per la pace nel paese» è così determinante. La sua realizzazione dipende dalla presenza di persone che sostengono il corretto insegnamento del Buddismo di Nichiren. Kosen rufu rappresenta la comparsa, in Giappone e nel mondo, di persone di straordinario valore, che fanno di questa grande filosofia buddista il fondamento della propria vita. A voi, donne vittoriose, che dedicate la vita a un grande voto, immensi ed eterni benefici come è scritto nel Gosho. Il grande scrittore russo Fëdor Dostojevskj (1821-81) affermò: «Un ideale nobile [...] ha sempre costituito una motivazione per “vivere la vita”, che non sia solo quella intellettuale e teorica, ma quella in grado di darci energia e gioia». Recentemente ho avuto l’occasione di parlare con alcuni membri giapponesi. Verso la fine dell’incontro, una giovane donna ha affermato con voce vibrante: «A noi giovani donne piace moltissimo studiare il Gosho. Faremo della nostra zona la regione trainante per lo studio in Giappone». Io e mia moglie siamo stati davvero felici di sentire queste parole, che esprimono perfettamente le speranze di Toda per la Divisione giovani donne. Egli desiderava infatti che tutte, senza eccezione, diventassero felici, e le esortava dicendo: «Giovani donne, fate del Gosho le vostre fondamenta!». E questo perché lo studio buddista è fonte di ispirazione e forza, e ci permette di diffondere la felicità. Una giovane donna che si basa seriamente sugli insegnamenti del Buddismo del Daishonin può far sorgere una speran-
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za luminosa per la sua famiglia, per i suoi amici, il suo ambiente e il suo luogo di lavoro, proprio come un faro che squarcia l’oscurità. Così le ho risposto: «Se leggi e studi il Gosho, diventerai saggia, svilupperai un cuore bellissimo e avrai una famiglia meravigliosa. Se reciti daimoku, fortuna e saggezza risplenderanno nella tua vita come le stelle scintillanti nel cielo, e tu sicuramente sarai vittoriosa in tutte le sfide». Il Daishonin scriveva così alla seguace Nichinyo, una donna di salda fede che faceva grande affidamento sui suoi insegnamenti, studiando e praticando con tutto il cuore: «Nel capitolo Torre preziosa si radunarono il Tathagata Molti Tesori e Shakyamuni, i Budda delle dieci direzioni e tutti i bodhisattva. Quando rifletto sul luogo ove si trovi ora questo capitolo Torre preziosa, vedo che si trova nel fiore di loto a otto petali del cuore dentro il petto della signora Nichinyo. È come il seme del loto che contiene in sé il fiore».(10) Questo magnifico regno buddista, che potrebbe sembrare troppo bello per essere vero, in effetti non si trova in qualche strano luogo remoto, ma vive nel cuore di una donna che si impegna nelle due vie di pratica e studio, che brilla della luce splendida della saggezza e abbraccia con essa tutte le persone che fanno parte della sua vita. I forum sulla cultura di pace, condotti dalla Divisione donne in Giappone, stanno conquistando uno straordinario sostegno e grande fama nelle varie comunità. Come osservava l’autore francese Romain Rolland (1866-1944), coloro che possiedono una filosofia forte hanno il dovere di condividerla con gli altri. I nostri nobili membri delle Divisioni donne e giovani donne sono tutti grandi filosofi della felicità e della pace. Nella cittadella dei benefici, sostenete con costanza l’insegnamento del Daishonin: uniti nello spirito di “diversi corpi, stessa mente”. Nikko Shonin, discepolo diretto e successore del Daishonin, nei suoi Ventisei ammonimenti proclamò solennemente: «Le dot-
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trine dei cinque preti anziani differiscono sotto ogni aspetto dagli insegnamenti del nostro defunto maestro».(11) Sembra che questi ammonimenti siano stati scritti nel 1333, cioè cinquantun’anni dopo la morte del Daishonin, e questo significa che Nikko perseverò per oltre mezzo secolo senza vacillare nella sua battaglia volta a confutare gli errori dei cinque preti anziani che avevano tradito lo spirito del loro maestro. È fondamentale comprendere che l’unico modo che un discepolo ha per portare avanti senza travisarli gli insegnamenti del proprio mentore, e garantire la loro sopravvivenza attraverso il tempo, è quello di intraprendere una lotta tenace e instancabile per confutare l’erroneo e rivelare il vero. Questo è lo spirito dello studio buddista nella Soka Gakkai, fondato sull’impegno condiviso fra maestro e discepolo. I cinque preti anziani, tra l’altro, bruciarono di proposito gli scritti che il Daishonin aveva composto in giapponese per alcuni dei suoi seguaci affinché fossero più comprensibili, invece che nell’accademico cinese classico che solo le persone istruite sapevano leggere. Solamente Nikko Shonin diede importanza agli scritti del Daishonin in lingua volgare, attribuendo loro il valore di tesori inestimabili che essi avevano, e fece il possibile per proteggerli a uso delle generazioni future. Così facendo, anticipò addirittura l’epoca in cui essi sarebbero stati tradotti in diverse lingue, cosa che la Soka Gakkai ha fatto, con un lavoro enorme. Oggi le persone di tutto il mondo possono studiare a fondo gli scritti del Daishonin. Solo nel 2007 si sono tenuti esami di studio in quaranta diversi paesi, per un totale di oltre 135.000 membri, colmi di appassionato spirito di ricerca. Questo è un chiaro segnale di vittoria per la nostra tradizione dello studio buddista basato sullo spirito di maestro e discepolo, un impegno congiunto che mira a kosen ufu, proprio come insegna il Daishonin. George Sarton (1884-1956), storico della scienza belga, che ho letto in gioventù, nella sua opera Storia della scienza e nuovo umanesimo scrisse: «Nel lungo periodo, gli ideali più nobili avranno la meglio, e la giustizia sopravviverà all’ingiustizia». Napoleone Bonaparte (1769-1821) affermò: «Marciate alla testa delle idee del vostro tempo». Non sono la ricchezza o il po-
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tere a guidare il mondo, ma le idee. Miei cari compagni di fede, e mi rivolgo in particolare agli amici della Divisione giovani, incidete profondamente nelle vostre vite i princìpi fondamentali del Buddismo, la filosofia più alta che ci sia nel mondo, e guidate l’avanguardia del XXI secolo, portando l’esempio delle vostre vittorie. «Se il cielo è sereno, la terra è illuminata. Similmente, se si conosce il Sutra del Loto si può comprendere il significato degli affari di questo mondo»,(12) scrive il Daishonin, esprimendo la convinzione assoluta e profonda di una persona che sostiene la Legge mistica. Con il Buddismo del sole che splende luminoso nei nostri cuori, studiamo il Gosho con gioia, sfidandoci anche oggi e nel futuro, per diventare grandi esperti di pace e felicità. Tenendo nel cuore gli insegnamenti del Daishonin, trionfate, avanzate. Impugnando l’invincibile spada ingioiellata della fede, raggiungerete la vostra meta.
Note 1: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, IBISG, Firenze, luglio 2008, vol. I, pag. 342. Di seguito citato come Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin. 2: Gosho Zenshu, pag. 1618; Articolo 11 dei Ventisei ammonimenti 3: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pagg. 54-55 4: Ibid., pag. 272 5: cfr. Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 58 6: cfr. Ibid., pag. 189 7: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 267 8: Ibid., pagg. 400 9: Ibid., pag. 275 10: Ibid., pagg. 814-815 11: Gosho Zenshu, pag. 1617; Articolo 2 12: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 336
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Programma d’esame
Il tamburo alla Porta del tuono(1)
Chi fa offerte al Sutra del Loto riceverà gli stessi benefici che se facesse offerte ai Budda e bodhisattva nelle dieci direzioni, perché tutti i Budda delle dieci direzioni originano dall’unico carattere myo. Supponete che un leone abbia cento cuccioli: quando il re leone ruggisce vedendo i cuccioli minacciati da altre fiere o da uccelli da preda, i cento cuccioli prenderanno coraggio e la testa delle altre fiere e uccelli da preda si romperà in sette pezzi. Il Sutra del Loto è come un re leone che regna su tutti gli altri animali. Una donna che abbraccia il re leone del Sutra del Loto non deve temere le belve dell’inferno o del regno degli spiriti affamati e degli animali. Tutte le colpe commesse da una donna nella sua vita sono come erba secca; il carattere myo del Sutra del Loto è come una fiammella. Quando si accosta una fiammella a una distesa d’erba, non solo tutta l’erba, ma anche grandi alberi e grandi pietre saranno consumati dalle fiamme. Con il fuoco della saggezza del singolo carattere myo, non solo tutte le colpe svaniranno, ma si trasformeranno in cause di benefici. Questo è il significato di cambiare il veleno in amrita.(2) Per esempio, la lacca nera diventa bianca mescolandovi della polvere bianca: i peccati di una donna sono come la lacca e le parole Nam myoho renge kyo sono come la polvere bianca. Al momento della morte, se una persona è destinata a cadere nell’inferno assume un colorito scuro e il suo corpo diventa pesante come una pietra che solo mille uomini possono smuovere. Nel caso di una persona buona, anche se è una donna alta sette o otto piedi e di carnagione scura, al momento della morte assume un colorito puro e chiaro e il corpo diventa leggero come una piuma d’oca e morbido come un fiocco di cotone. Da Sado a questa provincia vi sono mille ri(3) di mare e montagne. Tu, come donna, hai mantenuto una salda fede nel Sutra del Loto e per anni hai inviato qui tuo marito a farmi visita in tua vece. Sicuramente il Sutra del Loto, Shakyamuni, Molti Tesori e tutti i Budda delle dieci direzioni conoscono la tua devozione. Per esempio, anche se la
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luna nel cielo dista quarantamila yojana,(4) il suo riflesso appare istantaneamente in uno stagno sulla terra; il suono del tamburo alla Porta del Tuono(5) si ode immediatamente a distanza di mille, diecimila ri. Benché tu sia rimasta a Sado, il tuo cuore è giunto in questa provincia. Anche la via per conseguire la Buddità è così: noi viviamo nella terra impura, ma il nostro cuore risiede sul Picco dell’Aquila. A cosa serve vedere il volto? È solamente il cuore che conta. Incontriamoci un giorno sul Picco dell’Aquila dove risiede il Budda Shakyamuni. Nam myoho renge kyo, Nam myoho renge kyo. Con mio profondo rispetto, Nichiren Il diciannovesimo giorno del decimo mese intercalare del primo anno di Koan (1278) Risposta alla monaca laica Sennichi
Spiegazione Il Gosho Il tamburo alla Porta del tuono è come un grande quadro che descrive lo scambio da cuore a cuore fra il maestro e il discepolo separati da una grande distanza. Nichiren alla fine dello scritto dichiara: «È solamente il cuore che conta». Il legame più forte nella relazione buddista fra maestro e discepolo si basa sul cuore. Indipendentemente dalla distanza che li separa, i cuori del maestro e del discepolo che aspirano alla vasta propagazione della Legge mistica riescono a unirsi istantaneamente proprio come, al sorgere della luna in cielo, «il suo riflesso appare istantaneamente in uno stagno sulla terra». Il Daishonin scrisse questo Gosho a Minobu il diciannovesimo giorno del decimo mese del 1278, quando aveva cinquantasette anni. È indirizzato alla monaca laica [questo è il significato del suffisso “ama”, n.d.r.] Sennichi che viveva oltre le montagne e il mare sulla lontana isola di Sado. Sennichi e il marito Abutsu-bo si erano convertiti ai suoi insegnamenti durante l’esilio del Daishonin sull’isola. Marito e moglie si dimostrarono discepoli dal cuore puro e sincero perché misero a rischio la loro vita per sostenerlo e aiutarlo. Anche dopo il trasferimento del Daishonin a Minobu la coppia ebbe un ruolo cruciale nella propagazione della Legge mistica a Sa-
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do, impegnandosi con tutto il cuore per realizzare la nobile missione affidata loro dal Daishonin. Inoltre Abutsu-bo, nonostante l’età avanzata, prima di morire fece per ben tre volte il lungo e pericoloso viaggio da Sado a Minobu per visitare il maestro. Nell’estate del 1278, pochi mesi prima che fosse scritta questa lettera, Abutsu-bo aveva intrapreso nuovamente il lungo viaggio al monte Minobu motivato da un profondo spirito di ricerca verso il maestro. Sempre in quello stesso anno, prima dell’arrivo dell’inverno, Sennichi aveva inviato al Daishonin alcune offerte sincere. In questa lettera Nichiren la ringrazia delle offerte ricevute e loda la sua sincerità per aver inviato Abutsu-bo a fargli visita quasi ogni anno. La incoraggia con tutto il cuore dicendole: «Una donna che abbraccia il re leone del Sutra del Loto non deve temere le belve dell’inferno o del regno degli spiriti affamati e degli animali. [...] Shakyamuni, Molti Tesori e tutti i Budda delle dieci direzioni conoscono la tua devozione.». La lettera risuona del meraviglioso spirito dell’unità fra maestro e discepolo, riflette la fede del discepolo che cerca con sincerità il maestro e la compassione del maestro che incoraggia il discepolo.
Fare offerte al Sutra del Loto è una fonte di benefici illimitati Chi fa offerte al Sutra del Loto [...] non deve temere le belve dell’inferno o del regno degli spiriti affamati e degli animali.
Il beneficio che deriva dal fare offerte al Sutra del Loto è senza limiti. Grazie a questo beneficio possiamo trionfare sugli ostacoli e sulle funzioni demoniache. Chi nutre questa profonda fiducia è più forte di qualunque cosa. Il Sutra del Loto – simboleggiato dal singolo carattere myo – è la fonte dell’illuminazione di tutti i Budda delle dieci direzioni e delle tre esistenze. I sutra insegnano che innumerevoli Budda fanno la loro apparizione nell’universo sin dall’infinito passato e che sarà così fi-
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no all’infinito futuro. Il Sutra del Loto è il maestro dell’illuminazione di tutti i Budda.(7) Perciò fare offerte al Sutra del Loto equivale a fare offerte a tutti i Budda del tempo e dello spazio, e il beneficio che ne deriva è incommensurabile. Nella parte iniziale della lettera Nichiren cita i nomi di ciascuno dei Budda delle dieci direzioni descritti nei sutra.(8) In seguito menziona i Budda delle tre esistenze di passato, presente e futuro, che un sutra chiama «i mille Budda del passato kalpa della Gloria, i mille Budda del presente kalpa della Saggezza e i mille Budda del futuro kalpa della Costellazione».(9) In questo modo descrive l’esistenza di una miriade di Budda e bodhisattva nelle vaste dimensioni spazio-temporali indicate dalle espressioni “dieci direzioni” e “tre esistenze”. Ma per quale motivo Nichiren propone una visione così grandiosa e imponente dell’universo? Secondo la concezione della società dell’epoca, Sennichi non era che un’anziana donna come tante che viveva in una remota isola nel nord del minuscolo e isolato arcipelago chiamato Giappone. Ma, nei termini della fede, il suo spirito risoluto nel sostenere e aiutare il Daishonin alla guida della propagazione della Legge mistica era assolutamente ammirevole e risplendeva di una sublime nobiltà. Descrivendo l’infinita moltitudine di Budda presenti nell’universo, Nichiren vuole mettere in evidenza la fortuna e i benefici di Sennichi, vasti come l’universo. E a tale scopo dice: «Fare offerte al Sutra del Loto equivale a fare offerte a tutti i Budda e bodhisattva delle dieci direzioni, perciò essi sicuramente ti proteggeranno. Non ti troverai mai a un punto morto e non dovrai preoccuparti di nulla. Potrai godere serenamente di uno stato vitale eterno e vasto come l’universo».
I benefici inerenti al carattere myo: i tre significati di myo Il Daishonin dice a Sennichi che questo accade perché i Budda delle dieci direzioni «originano tutti dal singolo carattere myo».(10) «Il singolo carattere myo» si riferisce a myo di myoho – la Legge mistica o Legge meravigliosa – e a myo di Myoho renge
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kyo, il titolo del Sutra del Loto. In ultima analisi tutti i vari principi esposti nei ventotto capitoli del Sutra del Loto hanno lo scopo di esprimere, insegnare e trasmettere il principio mistico di myo. Quando si comprende pienamente questo principio mistico e lo si incarna nella propria vita, si diventa un Budda. Quindi il Sutra del Loto è il maestro di tutti i Budda. Per mettere in grado tutte le persone della malvagia epoca dell’Ultimo Giorno della Legge di risvegliarsi al potere di myo, Nichiren ha rivelato e ha propagato Nam myoho renge kyo delle Tre grandi Leggi segrete,(11) l’insegnamento nascosto nelle profondità del Sutra del Loto. Nel Gosho Il daimoku del Sutra del Loto il Daishonin spiega che myo ha tre significati: aprire, essere perfettamente dotato, rivitalizzare. Esaminiamo ciascuno di essi. 1. «Il carattere myo significa aprire».(12) Ciò vuol dire che il Sutra del Loto è la chiave per aprire il magazzino di tutti i sutra predicati dal Budda, consentendo di utilizzare i tesori in essi contenuti. 2. «Myo vuol dire essere pienamente dotato, che a sua volta significa essere perfetto e completo».(13) Ciò sta a indicare che ogni singolo carattere del Sutra del Loto contiene in sé tutti gli insegnamenti e i benefici insiti nel sutra stesso, proprio come dalla gemma che esaudisce i desideri, piccola come un granello di senape, hanno origine tutti i tesori, e come dalla luce del sole dipende la fioritura di tutte le piante e di tutti i fiori. 3. «Myo significa rivitalizzare, rivitalizzare significa ritornare a vivere».(14) Ciò vuol dire che il Sutra del Loto può infondere fresca vitalità e speranza anche alle persone considerate – dagli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto – incapaci di ottenere l’illuminazione, e permette loro di conseguire senza alcun dubbio la Buddità. La Legge mistica è la Legge fondamentale e perfetta che abbraccia tutti i fenomeni (questo è il principio di “essere pienamente dotato”); essa ha il potere di aprire o far emergere il valore intrinseco di tutte le cose (questo è il principio di “aprire”). Inoltre ha il potere di rivitalizzare e ridare vigore anche a chi vi-
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ve nelle circostanze più difficili e ostinate, permettendogli di conseguire la Buddità (questo è il principio di “rivitalizzare”). Recitando Nam myoho renge kyo e insegnando agli altri a fare lo stesso possiamo manifestare concretamente il potere del «singolo carattere myo» nella nostra vita. In ciò sta il meraviglioso beneficio del Buddismo di Nichiren. Noi portiamo avanti la pratica buddista per comprendere profondamente e incarnare nella nostra vita «il singolo carattere myo». Questo è anche lo scopo delle nostre attività per kosen rufu. Il presidente Toda dice in una poesia: «È giunto il tempo / della grande propagazione / dell’insegnamento corretto, / noi puntiamo tutta la nostra vita / sul singolo carattere myo». Quando ci impegniamo per il progresso di kosen rufu senza risparmiare la nostra vita riceviamo i pieni benefici del “singolo carattere myo” in ogni aspetto del nostro essere.
I benefici delle donne che abbracciano il re leone dei sutra In questo Gosho relativamente breve, per chiarire meglio il suo pensiero, il Daishonin inizia molte frasi con “spiegando con un esempio” e “supponete”. Ciò dimostra la sua profonda compassione nel voler spiegare i principi buddisti in una forma semplice e comprensibile ai discepoli. Utilizzando l’analogia del leone e dei cento cuccioli il Daishonin intende spiegare come gli illimitati benefici che derivano dal fare offerte al Sutra del Loto si manifestino concretamente nella nostra vita. Il Sutra del Loto, dotato dell’infinito potere del “singolo carattere myo”, è paragonato al re leone, mentre coloro che abbracciano e fanno offerte al Sutra del Loto sono come i cuccioli di leone. Invece coloro che risiedono nei mondi infelici dell’Inferno, dell’Avidità e dell’Animalità – i più bassi dei dieci mondi – sono paragonati alle «fiere» e agli «uccelli da preda». Quando il re leone emette un ruggito i suoi cuccioli, anche se minacciati dalle belve o dagli uccelli da preda, si sentono incoraggiati e sono in grado di sconfiggerli. Allo stesso modo coloro che fanno offerte al Sutra del Loto possono acquisire l’incom-
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mensurabile potere del «singolo carattere myo» e avere la meglio su coloro che dimorano negli stati vitali negativi dell’Inferno, dell’Avidità e dell’Animalità. Il Sutra del Loto è il re leone dei sutra. Il Daishonin incoraggia Sennichi dicendole: «Una donna che abbraccia il re leone del Sutra del Loto non deve temere le belve dell’inferno o del regno degli spiriti affamati e degli animali». Nichiren parla non a caso di “una donna”. Nella società maschilista e militarista dell’epoca le donne erano svantaggiate e ricoprivano una posizione sociale inferiore. Si può supporre che Sennichi, una delle principali seguaci di Nichiren a Sado, avesse incontrato personalmente o fosse venuta a sapere di altre donne che stavano soffrendo a causa di malattie, vecchiaia o problemi familiari, e avesse chiesto consiglio al Daishonin su tali questioni. Oppure è probabile che il Daishonin, avendo percepito un qualche cedimento o esitazione nel cuore di Sennichi, sia stato spinto a scriverle. In ogni caso egli la incoraggia con calore assicurandole che una donna che abbraccia il Sutra del Loto non ha assolutamente nulla da temere. In realtà questo brano rappresenta un sincero riconoscimento della forte fede delle donne. Infatti le donne, diversamente dagli uomini che si lasciano frenare dall’egoismo e dalle apparenze, sono maggiormente capaci di dimostrare l’infinito potere della Legge mistica nei momenti cruciali, esattamente come insegnano i sutra. Il potere di credere permette a ciascuno di acquisire uno stato della mente libero dal dubbio e dalla paura, che è anche la vera essenza della fede. Nessuna funzione demoniaca è in grado di sconfiggere una donna che ha ottenuto un tale stato della mente. Una donna che ha una profonda fede e pratica correttamente la Legge mistica possiede la saggezza per distinguere fra il bene e il male in ogni momento. Possiede il coraggio essenziale per eliminare i tre veleni dell’avidità, della collera e della stupidità; è una donna compassionevole e amorosa verso tutto e tutti. Ispirata dall’esempio del maestro, che si è risvegliato alla Legge mistica, raccoglie la sua saggezza, il suo coraggio e la sua compassione in una ferma e incrollabile determinazione. Una simile
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donna non sarà mai fuorviata dalle macchinazioni ordite dalle funzioni demoniache. Il presidente Toda ripeteva spesso: «Gli sforzi delle donne determineranno il successo o il fallimento nella realizzazione di kosen rufu». Niente può bloccare il progresso delle donne che conoscono “la più grande di tutte le gioie” che deriva dalla recitazione di Nam myoho renge kyo.(15) La presenza e l’esempio di donne rivitalizzate da una simile gioia diventano una fonte inesauribile di ispirazione per molte altre persone.
Il potere della Legge mistica di cambiare il veleno in medicina Tutte le colpe [...] morbido come un fiocco di cotone.
Nichiren continua a incoraggiare Sennichi e, ricorrendo a un’altra analogia, spiega che la Legge mistica ha il potere di cambiare il “veleno” di tutte le colpe e di tutte le sfortune in “medicina”, cioè di trasformare ciò che è negativo in qualcosa di positivo. La somma totale delle colpe commesse in un’esistenza sono paragonate a una distesa di erba secca, mentre il potere del «singolo carattere myo», che può cancellare in un istante questa miriade di offese, è come una fiammella. Con questa analogia il Daishonin intende spiegare che il singolo carattere myo del Sutra del Loto è in grado di eliminare tutte le colpe che una persona ha commesso nella sua vita. In ciò consiste il potere immenso della Legge mistica, grazie al quale possiamo vivere con fiducia godendo della pace della mente. Le colpe di tutta un’esistenza, qui paragonate a una grande distesa di erba secca, rappresentano i problemi e le sofferenze che incontriamo nel corso della vita. Ogni giorno noi recitiamo daimoku per superare questi problemi e fare in modo che tutto vada per il meglio, evitando di commettere errori di cui potremmo pentirci. Indipendentemente dalle condizioni avverse e dalle difficoltà che sperimentiamo, seguendo questo solido sentiero bruceremo con il fuoco della saggezza tutte le preoccupazioni,
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le ansie e gli errori che abbiamo commesso, proprio come il fuoco sprigionato da una piccola fiamma è in grado di consumare una dopo l’altra intere distese di erba secca. Il Daishonin dice inoltre che le fiamme consumeranno anche grandi alberi e grandi pietre. In altre parole, sfidandoci costantemente nella fede per risolvere i problemi che incontriamo nella vita, grazie al fuoco alimentato dagli sforzi di recitare daimoku e insegnare agli altri a fare lo stesso, alla fine riusciremo a “bruciare” anche il karma pesante, profondamente radicato nella nostra vita, e saremo in grado di disperdere l’oscurità fondamentale,(16) fonte della miseria e dell’infelicità. Le nostre esistenze fioriranno con il grande beneficio della trasformazione del karma e dell’ottenimento della Buddità in questa esistenza.
Trasformare se stessi per cambiare il mondo Il Daishonin afferma: «Non solo tutte le colpe svaniranno, ma si trasformeranno in cause di benefici. Questo è il significato di cambiare il veleno in amrita». Il grande studioso mahayana Nagarjuna(17) afferma che il potere del singolo carattere myo del Sutra del Loto consiste nel beneficio di cambiare il veleno in medicina. Questo potere permette di trasformare i tre sentieri delle illusioni e dei desideri, del karma e della sofferenza(18) nelle tre virtù del corpo del Dharma, della saggezza e dell’emancipazione.(19) Questo processo di cambiamento non è altro che la dottrina del conseguimento della Buddità nella forma presente. Inoltre la trasformazione del karma o del destino di una persona apre la strada alla trasformazione del karma o del destino di tutta l’umanità. Seguendo le orme di Sennichi, i membri della Divisione donne e della Divisione giovani donne stanno guidando i nostri sforzi volti alla realizzazione di questa trasformazione fondamentale. Commentando lo sviluppo della democrazia, Walt Whitman (1819-1892), portabandiera del Rinascimento americano, disse di avere grandi aspettative nei confronti delle attività delle donne.
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Egli dichiarò che le donne sono «grandi [...] in tutti gli ambiti»(20) e aggiunse: «Grande, grande, veramente grande, molto più grande di quanto [le donne stesse] ne siano consapevoli, è la sfera di influenza delle donne».(21) Le attività delle donne che hanno «abbracciato il re leone del Sutra del Loto» cambieranno sicuramente il mondo in modo importante e significativo. La rete delle donne Soka è un tesoro del mondo che sta adempiendo questa missione così rilevante.
Avere una mente salda e corretta al momento della morte è la prova del conseguimento della Buddità Il Daishonin prosegue servendosi di un’altra analogia: così come la lacca nera diventa bianca mescolandovi della polvere bianca, allo stesso modo la Legge mistica ha il potere di sradicare qualunque offesa. Per dimostrarlo spiega che una persona che è vissuta sinceramente in accordo con la Legge mistica, al momento della morte acquista un aspetto diverso da quello di una persona che ha calunniato la Legge ed è destinata a cadere nel mondo di Inferno. Dato che questo famoso brano affronta il tema dell’aspetto del corpo dei defunti, vorrei confermare alcuni punti importanti riguardo a ciò che accade al momento della morte. Anche se il Daishonin, per descrivere l’aspetto dei defunti che hanno mantenuto la fede nella Legge mistica fino all’ultimo istante, usa espressioni come «assume un colorito puro e chiaro» e «il corpo diventa leggero come una piuma d’oca e morbido come un fiocco di cotone», ciò che veramente conta al momento della morte è il cuore o la mente della persona defunta. In altre parole ciò che conta è avere «una mente salda e corretta al momento della morte».(22) Per ciò che riguarda l’aspetto fisico, naturalmente esistono molte differenze fra gli individui e questo non può essere un criterio per determinare se una persona abbia conseguito la Buddità. Pertanto non è il caso di fissarsi sull’aspetto di una persona defunta.
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La frase «assume un colorito puro e chiaro» si riferisce a una luce interiore che si irradia nel volto del defunto; è l’espressione di gioia di una persona che si sta imbarcando verso una nuova esistenza, avvolta dalle voci degli amici e delle persone care che recitano daimoku per la sua felicità; è l’espressione nobile e gentile di una persona che manifesta una serenità ineffabile; è l’espressione del viso nobile e trionfante di chi ha compiuto la sua grande missione e infonde coraggio e speranza a tutti i compagni che gli stanno attorno. Alcune persone muoiono giovani e altre muoiono a causa di incidenti improvvisi. Altre ancora muoiono dopo aver combattuto a lungo contro una malattia. Ma in ogni caso non c’è motivo di preoccuparsi. Nel momento finale quello che conta è il cuore, non il modo in cui si muore. Ciò che conta è se la persona che muore ha perseverato nella fede fino alla fine. Nel Gosho il Daishonin cita la seguente affermazione contenuta nel Sutra del nirvana: «Un elefante impazzito può solo distruggere il corpo di una persona ma non la sua mente [cioè il suo cuore]».(23) In termini moderni “gli elefanti impazziti” potrebbero essere paragonati agli incidenti stradali. Indipendentemente dalle circostanze in cui muoiono, coloro che hanno costruito un forte legame con la Legge mistica e si sono dedicati con tutto il cuore alla propria missione in questo mondo al momento della morte brilleranno di un magnifico splendore interiore. Di questo dobbiamo essere assolutamente certi. Il cuore di una persona è sempre la cosa più importante.
Grazie alla fede il nostro cuore può superare qualsiasi distanza Da Sado a questa provincia [...] dove risiede il Budda Shakyamuni.
Il Daishonin scrive: «Benché tu sia rimasta a Sado, il tuo cuore è giunto in questa provincia». Sta dicendo a Sennichi che sebbene lei non abbia mai messo piede fuori da Sado, che si trova
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al di là delle montagne e del mare, il suo cuore ha raggiunto il monte Minobu. Forse Sennichi provava una profonda tristezza all’idea che non avrebbe mai più rivisto il Daishonin, ed è probabile che il Daishonin ne fosse consapevole. Ma nella nostra pratica buddista non c’è motivo di lamentarsi. Basandosi sulla fede nella Legge mistica il nostro cuore può superare qualunque distanza nello spazio di un istante. Le parole di incoraggiamento del Daishonin vogliono trasmettere a Sennichi questo messaggio: «Stai combattendo insieme a me con lo spirito». Possiamo facilmente immaginare quanto Sennichi abbia tratto incoraggiamento e fiducia da queste parole di Nichiren. Poi il Daishonin dice: «Noi viviamo nella terra impura ma il nostro cuore risiede sul Picco dell’aquila». Sta spiegando che sebbene il mondo di saha sia impuro, il cuore di coloro che abbracciano l’insegnamento corretto risiede nella Pura terra del Picco dell’aquila, cioè la Terra della luce eternamente tranquilla.(24) Ma ottenere lo stato illuminato della Buddità non significa smettere di avere problemi o evitare di vivere in una terra impura. Se, da comuni mortali, costruiremo nella profondità della nostra vita uno stato di felicità assoluta e indistruttibile, non vivremo mai miseramente. La frase «il nostro cuore risiede sul Picco dell’Aquila» significa che possiamo far emergere nella nostra vita il supremo e nobile stato della Buddità, che non è influenzato da nessun problema o circostanza. La frase «a cosa serve vedere il volto?» vuol dire che la fede non è determinata dal vedere il viso del maestro ma – come ribadisce il Daishonin – «è solamente il cuore che conta». Nelle nostre azioni si manifesta ciò che abbiamo nel cuore. Nel caso di Sennichi, la sua devozione si manifestava nell’inviare il marito Abutsu-bo a fare visita al Daishonin quasi ogni anno. Questo gesto è una dimostrazione del suo impegno nella fede. Con la frase lapidaria «è solamente il cuore che conta» il Daishonin fa capire a Sennichi di essere pienamente consapevole della sua sincera devozione e che questa è la strada per il conseguimento della Buddità.
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Il legame fra maestro e discepolo nel Buddismo è duraturo ed eterno Il Daishonin conclude la lettera dicendo: «Un giorno ci incontreremo sul Picco dell’aquila dove risiede il Budda Shakyamuni». Queste parole confermano che la fede di Sennichi è autentica e che lei conseguirà la Buddità nell’esistenza presente e incontrerà il Daishonin al Picco dell’aquila. I legami tra maestro e discepolo sono eterni. Abutsu-bo e Sennichi manifestarono un instancabile spirito di ricerca nei confronti del Daishonin. Il figlio della coppia, Tokuro Moritsuna, ereditò il loro stesso spirito, divenne un seguace del Sutra del Loto e continuando la tradizione del padre fece visita al Daishonin sul monte Minobu. Tutti e tre furono praticanti esemplari che nel corso della loro esistenza si impegnarono nella fede con la stessa intensità del maestro. Durante un incontro di discussione con i membri della Divisione studenti mi è stato chiesto il significato della non dualità di maestro e discepolo. La mia risposta è stata: avere un maestro nel proprio cuore e stare dritti sulle proprie gambe. Il presidente Toda è nel mio cuore. Non è un qualcosa che si dichiara ad alta voce, è una cosa che riguarda il cuore, perché l’unità con il maestro esiste nella nostra interiorità. Tutte le volte che mi accingo a svolgere le mie attività, indipendentemente da dove mi trovo, mi metto a dialogare con il presidente Toda. La nostra unità esiste nel mio cuore. L’unità fra maestro e discepolo trascende il tempo e lo spazio. I cuori del maestro e del discepolo creano una storia eterna di lotte condivise. Sostenendo la grande filosofia di Nichiren Daishonin, che insegna che è il cuore che conta, impegniamoci con sempre maggiore sincerità e devozione nella realizzazione di kosen rufu.
Note 1: Brano scelto da Sennichi-ama Gozen gohenji, Raimon no Tsuzumi Gosho. Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 842.
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2: Amrita: bevanda degli dèi. Si dice che cada dal cielo quando la terra è in pace. Amrita significa immortalità, rimuoverebbe ogni sofferenza conferendo vita eterna. 3: Ri: unità di misura lineare, corrispondente in origine a 6 cho (0,65 km), dall’era Heian (794-1185) in poi a 36 cho (3,93 km). Qui mille ri indicano una grande distanza. 4: Yojana: antica unità di misura lineare indiana. Era la distanza che l’esercito poteva coprire in una giornata di marcia. Varia tra 9,6, 18 e 24 km. 5: Porta del Tuono: una porta che si trovava a K’uai-chi nel Shao-hsing della provincia di Chekiang. Si dice che il suono del tamburo giungesse fino alla lontana Lo-yang. 6: Terra impura: nei sutra precedenti e nell’insegnamento transitorio del Sutra del Loto il mondo di saha abitato dai comuni mortali è una terra impura, piena di illusioni e sofferenza. Ma nell’insegnamento originale del Sutra del Loto Shakyamuni rivela che il mondo di saha è la Pura terra della luce tranquilla, la vera terra del Budda (Honkokudo myo). 7: cfr. Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 842 8: Il Daishonin scrive: «I Budda delle dieci direzioni sono il Budda Buona Virtù a est, il Budda Virtù che Scaccia la Tristezza a sud-est, il Budda Virtù del Legno di Sandalo a sud, il Budda Donatore del Tesoro a sud-ovest, il Budda Splendore Infinito a ovest, il Budda Virtù del Fiore a nord-ovest, il Budda Vessillo di Virtù a nord, il Budda Pratica dei Tre Veicoli a nord-est, il Budda Vasta Miriade di Virtù allo zenit e il Budda Virtù Brillante al nadir» (Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 842). I Budda delle dieci direzioni sono elencati nel Commentario sul Sutra dei dieci stadi. Dato che l’espressione “Budda delle dieci direzioni” è utilizzata per indicare tutti i Budda dell’universo, i dieci Budda citati in questo Gosho sono in rappresentanza di tutti i Budda delle rispettive direzioni. 9: (Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 842) Il kalpa della Gloria, il kalpa della Saggezza e il kalpa della Costellazione sono rispettivamente i tre kalpa del passato, del presente e del futuro. Ogni grande kalpa si divide in quattro kalpa medi: kalpa della formazione, kalpa della durata, kalpa del declino e kalpa della disintegrazione. Il registro dei tremila Budda
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dei tre kalpa annuncia l’avvento di mille Budda in successione in ciascuno di questi kalpa maggiori. 10: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 842 11: Tre grandi Leggi segrete: rappresentano i tre principi cardine del Buddismo del Daishonin: l’oggetto di culto, l’invocazione di Nam myoho renge kyo, il santuario o luogo dove si recita il daimoku di fronte all’oggetto di culto. 12: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 127 13: Ibid., pag. 128 14: Ibid., pag. 132 15: cfr. Buddismo e società, n. 124, pag. 54 16: Oscurità fondamentale: chiamata anche ignoranza fondamentale o ignoranza originaria. È l’illusione più profondamente radicata nella vita e dà origine a tutte le altre illusioni. L’oscurità fondamentale è l’incapacità di vedere o riconoscere la verità, e in particolare la vera natura della propria vita. Nel Buddismo del Daishonin l’oscurità fondamentale significa ignorare la Legge fondamentale o il fatto che la nostra vita sia essenzialmente una manifestazione della Legge di Nam myoho renge kyo. 17: Nagarjuna: studioso della scuola Mahayana dell’India meridionale vissuto fra il 150 e il 250 d.C.; scrisse molti importanti trattati fra i quali Il trattato sulla Via di mezzo ed elaborò i fondamenti teorici della dottrina Mahayana che ebbe un notevole influsso sullo sviluppo del Buddismo in Cina e Giappone. 18: I tre sentieri delle illusioni e dei desideri, del karma e della sofferenza: sono chiamati “sentieri” perché ciascuno conduce all’altro. Le illusioni e i desideri includono l’avidità, la collera, la stupidità, l’arroganza e il dubbio, e danno origine ad azioni che creano cattivo karma. L’effetto del cattivo karma si manifesta come sofferenza. La sofferenza aggrava le illusioni che inducono ad altre azioni sconsiderate, che a loro volta generano altro cattivo karma e sofferenza. In tal modo, i tre sentieri impediscono alle persone di conseguire la Buddità. 19: Le tre virtù del corpo del Dharma, della saggezza e dell’emancipazione: sono i tre attributi di un Budda. Il corpo del Dharma è la verità che il Budda ha compreso, o il vero aspetto di tutti fenomeni; la saggezza è la capacità di realizzare questa verità; l’emancipazione è la condizione vitale libera dalle soffe-
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renze di nascita e morte. 20: Walt Whitman, Democratic Vistas, New York: The Liberal Arts Press, 1949, pag. 29. 21: Ibidem, pagg. 12-13. 22: “Una mente salda e corretta al momento della morte” significa mantenere una fede incrollabile nella Legge mistica fino all’ultimo istante della vita. Se continuiamo a seguire la via del Budda, fiduciosi che conseguiremo la Buddità in questa esistenza, andremo incontro alla morte con un profondo senso di appagamento. 23: The Writings of Nichiren Daishonin, vol. II, pag. 135. Questo passo significa che sebbene il nostro corpo possa essere distrutto in circostanze drammatiche, come essere schiacciato da un elefante impazzito, la nostra mente o l’essenza del nostro essere, che ha accumulato la grande fortuna e i benefici che derivano dall’aver sostenuto la Legge mistica in questa esistenza, non potrà mai essere distrutta. 24: La Terra della luce eternamente tranquilla: chiamata anche la Terra della luce tranquilla o Terra della luce eterna. Si riferisce alla terra del Budda, libera dall’impermanenza e dall’impurità. In molti sutra, il mondo di saha è descritto come una terra impura, piena di illusioni e di sofferenze, mentre la terra del Budda è descritta come una terra lontana dal mondo di saha e libera dalle sofferenze e dalle illusioni. Invece il Sutra del Loto rivela che il mondo di saha è la terra del Budda, o la Terra della luce eternamente tranquilla, e spiega che la natura di una terra dipende dalla mente di chi la abita.
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Il prolungamento della vita(1)
Quando io pregai per mia madre, non solo ella guarì dalla sua malattia, ma la sua vita fu prolungata di quattro anni. Ora anche tu ti sei ammalata e, come donna, è più che mai opportuno che tu cerchi di credere fermamente nel Sutra del Loto e vedere cosa farà per te. Inoltre puoi andare da Nakatsukasa Saburo Saemon-no-jo [Shijo Kingo] che non solo è un medico eccellente, ma anche un devoto del Sutra del Loto. La vita è il più prezioso di tutti i tesori. Anche un solo giorno di vita in più ha maggior valore di dieci milioni di ryo(2) d’oro. Il Sutra del Loto supera tutti gli altri sacri insegnamenti della vita del Budda grazie al capitolo Durata della vita. Se il più grande principe della terra di Jambudvipa morisse da bambino, sarebbe meno importante di un filo d’erba. Anche un uomo dalla saggezza splendente come il sole, se morisse giovane varrebbe meno di un cane vivo. Affrettati ad accumulare il tesoro della fede e sconfiggi velocemente la tua malattia. Potrei chiedere io a Shijo Kingo di curarti, ma, mentre alcuni preferiscono essere avvicinati da un intermediario, altri lo interpretano come mancanza di serietà da parte della persona interessata. È estremamente difficile scandagliare la mente altrui. Ho sperimentato tale difficoltà in molte occasioni. Shijo Kingo si offenderebbe se gli venisse chiesto qualcosa non direttamente dalla persona interessata e perciò, in questo caso, non è opportuno che io interceda. Chiedi direttamente il suo aiuto, con franchezza e sincerità, senza ricorrere a un intermediario. Quando egli venne a farmi visita, nel decimo mese dello scorso anno, mi disse quanto era dispiaciuto della tua malattia. E aggiunse che probabilmente tu non eri eccessivamente preoccupata, dato che la tua malattia non era ancora grave, ma che sarebbe peggiorata sicuramente entro il primo o il secondo mese di quest’anno. Le sue parole mi rattristarono profondamente. Mi disse anche che Toki è legato a te come a un bastone cui appoggiarsi o a una colonna per sostenersi. Era molto preoccupato per te. Shijo Kingo è un uomo che non si arrende mai alla sconfitta e che tiene in gran conto gli amici.
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Se non sei disposta a fare sforzi per guarire, sarà molto difficile curare la tua malattia. Un giorno di vita è molto più prezioso di tutti i tesori del sistema maggiore di mondi, quindi, prima di tutto, devi dimostrare la volontà [di guarire]. Questo è il significato del passo del settimo volume del Sutra del Loto nel quale si afferma che bruciarsi un dito in offerta al Budda e al Sutra del Loto è meglio che donare tutti i tesori del sistema maggiore di mondi.(3) Hai ancora molti anni davanti a te, e inoltre hai incontrato il Sutra del Loto. Se vivi anche un solo giorno di più puoi accumulare una fortuna ancora più grande. Quant’è preziosa la vita! Scrivi il tuo nome e l’età di tuo pugno e mandameli tramite il tuo messaggero, affinché possa pregare gli dèi del sole e della luna. Anche tuo figlio Iyo-bo(4) è estremamente preoccupato per te, così offrirà la recitazione della parte in versi del capitolo Durata della vita a questi dèi. Con rispetto, Nichiren Risposta alla monaca laica
Spiegazione Non c’è tesoro più grande della vita. Gli insegnamenti buddisti esistono per realizzare pienamente la nostra esistenza. Coltivando la fede nella Legge mistica possiamo vivere a lungo e in salute. Nel Gosho Il prolungamento della vita Nichiren Daishonin incoraggia la monaca laica Toki,(5) da tempo afflitta dalla malattia, dicendole che può trasformare senza dubbio il suo karma attraverso una forte fede nella Legge mistica. Questo scritto mi richiama alla memoria tanti ricordi del mio maestro Josei Toda, il secondo presidente della Soka Gakkai. Esattamente cinquant’anni fa, il 27 settembre del 1957, Toda tenne una lezione su questo Gosho aperta a tutti i membri, e ricordo che anche io vi partecipai. In quello stesso mese egli aveva pronunciato una storica dichiarazione contro le armi nucleari(6) durante la quale disse a gran voce: «Noi cittadini del mondo abbiamo l’inviolabile diritto di vivere». Ciascuno ha il diritto di vivere. È veramente un fatto significativo che Toda abbia pronunciato quella famosa dichiarazione nello stesso mese in cui tenne
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la lezione su Il prolungamento della vita, uno scritto che mette in risalto la preziosità e la sacralità della vita. Dopo la sua morte mi accertai che le registrazioni su nastro delle sue lezioni e dei suoi discorsi fossero riprodotte su dischi per poter essere accessibili alle generazioni future. La lezione sul Prolungamento della vita fu in effetti il primo della serie di dischi che raccolgono le appassionate guide impartite dal mio maestro. Dopo aver letto il testo del Gosho, durante la spiegazione Toda dichiarò con grande forza: «Soffrire a causa della malattia è un mezzo per sradicare il karma negativo. Vivete vite lunghe riponendo tutta la vostra fede nel Gohonzon! Non dovete morire giovani!». La sua voce potente risuona ancora profondamente nel mio cuore. Fu all’incirca in quel periodo che Toda mi disse di voler riprendere le nostre sessioni di studio mattutine, che io con affetto ho chiamato “l’università Toda”, che da qualche tempo avevamo interrotto a causa delle sue cattive condizioni di salute. Il mio maestro era seriamente impegnato, anche a costo della vita, a educare e far crescere le persone, allevando autentici successori che potessero assumersi la responsabilità di realizzare kosen rufu. Afferma il Daishonin: «Un giorno di vita è più prezioso di tutti i tesori del sistema maggiore di mondi».(7) Giorno dopo giorno il presidente Toda spendeva veramente fino all’ultimo briciolo delle sue energie per istruirmi. Profondamente commosso dall’impegno così grande profuso dal mio maestro nei miei confronti, studiavo intensamente e mi dedicavo con determinazione alle attività della Soka Gakkai con un unico scopo nella mente. Toda mi propose di riprendere le nostre sessioni di studio l’autunno dell’anno precedente a quello in cui io compii il trentesimo anno di età. Oggi – esercitandomi al massimo ogni giorno – vado avanti con la stessa passione che animava allora il presidente Toda. Come possiamo utilizzare appieno questo giorno della nostra vita, che non tornerà più? A quale scopo dedichiamo le nostre vite preziose? Nel corso di questa lezione esamineremo alcuni passi del
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Gosho Il prolungamento della vita, studiando il segreto per cambiare il nostro karma, o destino, e l’essenza della fede per condurre una vita lunga e in buona salute. L’incoraggiamento a una persona malata Quando io pregai per mia madre, [...] sconfiggi velocemente la tua malattia.
La signora Toki era da tempo tormentata dalla malattia. Quando sposò Toki Jonin era vedova e aveva un figlio, e probabilmente le sfide e le fatiche della nuova vita la stavano mettendo a dura prova in vari modi. A quanto pare, dato che le cattive condizioni di salute non le davano tregua, era diventata pessimista circa la possibilità di ristabilirsi. In questa lettera a lei indirizzata il Daishonin sostiene che avrebbe potuto allungare la sua vita basandosi sugli insegnamenti buddisti. Il tema principale di questo Gosho è che attraverso il potere della fede nella Legge mistica è possibile trasformare anche il karma immutabile. Il concetto di karma indica le azioni compiute con i pensieri, le parole e gli atti. Ogni azione diventa una causa che si manifesterà in qualche momento del futuro sotto forma di effetto positivo o negativo, a seconda della natura dell’azione compiuta. Se gli effetti del karma si manifestano in un modo e in un tempo determinato si parla di karma immutabile; se gli effetti non appaiono in un tempo e in un modo prefissato si parla di karma mutabile. In questo scritto il termine “karma immutabile” è utilizzato in riferimento alla durata della vita di una persona. Nei brani precedenti a quelli esaminati in questa lezione il Daishonin sottolinea che, così come un abile medico è in grado di curare persino le malattie gravi, noi siamo in grado di cambiare il karma immutabile e allungare la durata della nostra vita grazie alla «medicina molto efficace»(8) del Sutra del Loto. Dopo aver citato parecchi esempi tratti dalle scritture buddiste per spiegare questo punto, il Daishonin assicura alla signora Toki che è assolutamente naturale per una donna che vive nell’Ultimo Giorno della Legge trasformare il karma immutabile
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praticando gli insegnamenti del Sutra del Loto.(9) Con un altro esempio il Daishonin spiega come egli stesso avesse pregato per la guarigione della madre ammalata, dimostrando così la grande prova concreta del principio esposto nel Sutra del Loto secondo cui si può «prolungare la propria vita attraverso la fede».(10) Egli rivolge un appassionato appello alla signora Toki per toccarle profondamente il cuore e incitarla ad agire, e a questo scopo le dice: «Mia madre è guarita dalla malattia grazie al potere della Legge mistica e ha prolungato la sua vita di quattro anni. Tu, come donna, esattamente come lei, devi raccogliere una forte fede nel Sutra del Loto. Inoltre puoi rivolgerti a Shijo Kingo, che è un eccellente medico ed è anche un praticante del Sutra del Loto. Un solo giorno di vita è più prezioso di innumerevoli tesori. Il Sutra del Loto è superiore a tutti gli altri insegnamenti predicati dal Budda poiché contiene il capitolo Durata della vita del Tathagata, che rivela l’eternità della vita del Budda. Perciò, non devi morire di morte prematura. Non devi morire giovane. Raccogli velocemente la tua fede e guarisci dalla tua malattia prima possibile!». «Devi vivere ancora! Devi assolutamente sopravvivere!». Con questo richiamo appassionato il Daishonin sprona con sincerità la monaca Toki, cercando di sollevarla dal peso della sofferenza in cui era sprofondata.
Il capitolo Durata della vita del Tathagata rivela l’eternità della vita Niente è più prezioso della vita. Il Daishonin afferma: «La vita è il più prezioso di tutti i tesori». E verso la parte conclusiva della lettera aggiunge che una sola vita vale più dell’universo. Dicendo ciò egli intendeva mettere in assoluta evidenza il valore dell’esistenza al fine di risvegliare nella signora Toki la volontà di vivere. «Per favore cerca di vivere anche un solo giorno in più»: questo è il messaggio che cerca di trasmetterle. La vita è infinitamente preziosa. Anche un solo giorno – come afferma il Daishonin con un’analogia – vale di più di «dieci milioni di ryo d’oro» o «di tutti i tesori del sistema maggiore di
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mondi». Un solo giorno di vita è prezioso oltre ogni misura e per questo motivo egli incoraggia la donna a vivere il più a lungo possibile. Il sedicesimo capitolo del Sutra del Loto, Durata della vita del Tathagata, che costituisce l’essenza dell’insegnamento di Shakyamuni, chiarisce l’infinito valore della vita. Riconoscere la sacralità della vita è il cuore del Buddismo. Perciò coloro che credono nel Sutra del Loto dovrebbero impegnarsi a vivere le loro vite preziose il più a lungo possibile. Il titolo del capitolo letteralmente significa “scandagliare o misurare la durata della vita del Budda”. Fra tutti i sutra buddisti, solo il capitolo Durata della vita del Tathagata del Sutra del Loto rivela la natura eterna della vita del Budda. Esso insegna che tale natura eterna non è una caratteristica esclusiva del Budda, ma appartiene anche alle nostre vite e possiamo risvegliarci a essa esattamente così come siamo. Il capitolo Durata della vita insegna questa verità presentando Shakyamuni come il Budda che ottenne l’illuminazione nel lontano passato. In seguito Nichiren Daishonin rivelò Nam myoho renge kyo affinché tutte le persone potessero sperimentare come realtà del proprio sé questa vita eterna e infinitamente preziosa. In questa esistenza abbiamo la meravigliosa opportunità di risvegliarci alla natura eterna della vita insegnata dal Buddismo e di vivere basandoci su questa profonda verità, forgiando uno stato di felicità indistruttibile e aiutando gli altri a fare lo stesso. Toda soleva rivolgersi così alle persone che soffrivano a causa di una malattia: «Vi ho insegnato questa pratica buddista perché possiate ottenere la felicità nella prospettiva della vita eterna, al di là della nascita e della morte». «Potete sicuramente guarire dalla malattia»: questa era la sua convinzione. Continuando a impegnarci nella fede per la nostra felicità e per quella degli altri arriveremo senza dubbio a percepire la vita eterna dentro di noi e in una qualche forma sperimenteremo la prova concreta del superamento della malattia. Proprio per questo motivo, quando dava dei consigli alle persone indebolite dalla malattia che avevano perso la determi-
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nazione nella fede, Toda era molto severo nel correggere il loro atteggiamento. La vita è tenace, è dotata dell’istinto di conservazione e del potere di guarire. La “medicina molto efficace” per manifestare queste qualità innate è la Legge mistica. In definitiva siamo noi che curiamo la nostra malattia, mentre la decisione di combatterla scaturisce dalla fede. In questo scritto Nichiren lo spiega chiaramente facendo riferimento al «tesoro della fede». Un forte spirito e la determinazione di considerare la malattia come un’opportunità per trasformare il karma possono spazzare via gli ostacoli e le funzioni demoniache e aprire il sentiero della felicità. Come un’astronave che in partenza si proietta fuori dell’atmosfera, così l’ardente fede che sorge quando si considera la malattia come un’opportunità per trasformare il karma diventa un motore potente in grado di proiettarci nella dimensione dell’eternità senza rimanere ancorati a questa sola esistenza, permettendoci di assaporare liberamente una felicità illimitata.
Non esitare a sottoporsi a cure mediche Il Daishonin si rivolge così alla signora Toki: «Sconfiggi velocemente la tua malattia». Una volta compreso quanto sia prezioso un solo giorno di vita, di fronte alla malattia non c’è motivo di esitare nel ricercare una cura. Non dobbiamo indugiare in un comportamento che sarà causa di rimorso perché siamo stati riluttanti o indecisi nell’azione. Il Daishonin esorta la donna ad agire immediatamente. Il Buddismo si accorda sempre con la ragione. Una scrittura buddista afferma: «Affrettati a fare del bene [...] La mente di colui che è negligente a fare del bene trova divertimento in ciò che è male».(11) Nell’impiego da parte del Daishonin della parola “velocemente” non posso fare a meno di percepire la sua profonda compassione e il suo ardente desiderio che la monaca laica Toki si rimettesse in salute il prima possibile e non perdesse così l’opportunità di trasformare il proprio karma.
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Il benessere dei discepoli è la preoccupazione principale del maestro Potrei chiedere io a Shijo Kingo di curarti [...] tiene in gran conto gli amici. Il Daishonin esorta la signora Toki a rivolgersi a Shijo Kingo per farsi curare da lui, dato che è un medico esperto, e le dà consigli pratici su come fare. Conoscendo bene il carattere di Shijo Kingo, le consiglia di prendere l’iniziativa e richiedere direttamente e con sincerità il suo aiuto, senza ricorrere a un intermediario. Se Nichiren avesse chiesto a Shijo Kingo di intervenire, quest’ultimo non si sarebbe sicuramente rifiutato di prestare il suo aiuto, ma probabilmente la signora Toki era il tipo di persona poco incline a chiedere favori. Il Daishonin conosceva bene il temperamento dei due discepoli e rispettava le loro differenze caratteriali. Pertanto attraverso i suoi consigli stava spiegando alla signora Toki come mantenere rapporti armoniosi con Shijo Kingo affinché i due compagni di fede potessero sostenersi vicendevolmente con calore ed entusiasmo. Scrivendo questa lettera il Daishonin si è veramente impegnato nell’offrire alla signora Toki suggerimenti e consigli molto dettagliati per spingerla a chiedere concretamente aiuto per curarsi e guarire. Il modo di agire del Daishonin rappresenta un modello di comportamento che i responsabili buddisti dovrebbero sforzarsi di seguire. È importante avere costantemente a cuore ogni persona e prendersene cura. Tradurre in pratica questo ideale di comportamento assicura la felicità di tutta l’umanità e la realizzazione della pace nel mondo.
Il Buddismo consiste nel compiere azioni compassionevoli Fino a che punto siamo capaci di pregare per ogni persona e offrirle incoraggiamento? Fino a che punto siamo disposti a impegnarci per aprire una strada di progresso per ciascun giovane?
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Questi sforzi possono anche non essere notati dagli altri, ma il Buddismo è fatto solo di azioni di questo tipo basate sulla compassione. Una volta Toda affermò che la religione dovrebbe avere come compito essenziale l’aiutare le persone a diventare indipendenti e a condurre esistenze forti e vigorose. Il suo modo di agire fu perfettamente coerente con questa affermazione. Con una serietà che supera persino quella di un genitore, Toda si dedicò a rendere i nuovi membri persone in grado di agire con convinzione per kosen rufu pur essendo alle prese con i loro problemi personali. Un giorno un membro della divisione uomini affetto da una malattia andò a chiedergli un consiglio di fede. Toda si diede immediatamente da fare per aiutarlo: «Credo che tu possa avere una carenza di vitamine. Devi fare qualcosa per questo problema. C’è un buon ospedale vicino a casa mia. Dovresti recarti là subito e farti praticare un’iniezione. Ti accompagnerò io». Un’altra volta, appena saputo che un insegnante veniva perseguitato sul posto di lavoro a causa della sua fede ed era stato minacciato di trasferimento, uscì di casa nonostante fosse una gelida mattina d’inverno diretto a quella scuola per risolvere personalmente la situazione. «Non voglio veder soffrire i miei discepoli» fu il suo commento. «Se c’è qualcosa che posso fare per aiutarli, lo farò volentieri». Nella lettera alla signora Toki Nichiren dice: «Le sue parole [di Shijo Kingo] mi rattristarono profondamente». Possiamo immaginare come questi affettuosi sentimenti di preoccupazione per la sua salute abbiano commosso profondamente la donna ispirandola a manifestare una nuova determinazione. La Soka Gakkai è un magnifico regno di compagni di fede che lavorano insieme per kosen rufu, un regno costruito attraverso le lotte incondizionate dei primi tre presidenti uniti dal legame tra maestro e discepolo e impegnati a portare avanti lo spirito del Daishonin. Grazie agli sforzi dei discepoli che si dedicano a realizzare la visione del maestro la SGI, una rete di persone che rappresenta un prezioso tesoro dell’umanità, si estenderà ancora più ampiamente nel mondo e nel lontano futuro.
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Il valore di un singolo giorno di vita Se non sei disposta a fare sforzi per guarire [...] e offrirà la recitazione della parte in versi del capitolo Durata della vita a questi dèi.
Un singolo giorno di vita ha uno splendore unico; il suo valore è immenso ed è un inno di gioia. Privare qualcuno della vita costituisce una grave offesa ed è un’azione contraria alla Legge fondamentale dell’universo. Questo fu il severo monito di Toda: «Per nessuna ragione si deve uccidere un’altra persona». Il nostro atteggiamento di fronte alla malattia deve essere libero dalla paura, ma non dobbiamo mai prendere alla leggera la situazione. Di per sé ammalarsi non significa essere sconfitti. Anche il Budda, che si dice abbia «pochi mali e poche preoccupazioni»,(12) può sperimentare la malattia. Di conseguenza capiterà che a volte ci troveremo ad affrontare la malattia, ma la cosa più importante è non farsi sconfiggere mentalmente ed emotivamente dalla prospettiva di essere malati. La fede è la fonte dello spirito combattivo per tenere testa alla malattia. In questo scritto, come abbiamo osservato prima, il Daishonin parla prima di ogni altra cosa del “tesoro della fede”. È del tutto naturale darsi da fare per cercare modi pratici e concreti per guarire. Infatti pensare semplicemente «sto praticando il Buddismo, quindi starò bene» o sottovalutare una malattia con affermazioni del tipo «non è nulla di cui preoccuparsi» sono atteggiamenti che riflettono una comprensione distorta della fede e indicano una mancanza di rispetto verso la propria vita. È di vitale importanza intraprendere delle azioni per sconfiggere velocemente la nostra malattia. Perciò il Daishonin ammonisce la monaca laica Toki a non esitare e a fare gli sforzi necessari per curarsi. La Legge mistica rappresenta il potere fondamentale per sconfiggere gli impedimenti della malattia e della morte: «Nam myoho renge kyo è come il ruggito di un leone» scrive il Daishonin.(13) Uno spirito combattivo positivo, una cura efficace e una forza vitale vigorosa sono di fondamentale importanza per
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sconfiggere la malattia. Recitare daimoku è decisivo per rafforzarci dal punto di vista mentale ed emotivo, per ricavare il massimo dalle cure disponibili per il nostro caso e per manifestare una forte energia vitale. In questo scritto il Daishonin dice che dovremmo “utilizzare” i nostri corpi e le nostre vite, che sono addirittura più preziose dell’universo, per pregare e fare offerte al Sutra del Loto. Per spiegare questo punto cita il passo del Sutra del Loto che parla dell’azione di «bruciarsi il dito di una mano come offerta [al Budda]». Tuttavia, nella nostra pratica buddista dell’Ultimo Giorno della Legge, l’offerta più grande che possiamo fare alla Legge mistica con i nostri corpi e le nostre vite è quella delle nostre voci che recitano daimoku e dei nostri sforzi onesti e sinceri di condividere e propagare la Legge mistica. Il Daishonin dice: «Se vivi anche un solo giorno di più puoi accumulare una fortuna ancora più grande. Quanto è preziosa la vita!». Quanto è prezioso e unico ogni singolo giorno di vita in cui possiamo recitare daimoku e agire per far avanzare il flusso di kosen rufu! Quanto è meraviglioso ogni singolo giorno in cui possiamo contribuire a costruire un regno eterno di pace e felicità basato sulla Legge mistica, uniti nello spirito con il nostro maestro e insieme alla Soka Gakkai! La lotta contro la malattia diventa per noi un’opportunità per realizzare questa gloriosa verità, come dice il Daishonin: «La malattia stimola lo spirito di ricerca della Via».(14) Se un praticante che ha fede nella Legge mistica si ammala, ciò ha sicuramente un profondo significato. Affrontare la malattia è la strada per risvegliarsi all’eternità della vita. Il presidente Toda spesso diceva: «Una persona che ha superato una grave malattia sa come assaporare appieno la vita». Coloro che ingaggiano una lotta contro la malattia con questo tipo di convinzione sono campioni della fede in grado di vivere vite lunghe e in salute. Un membro della Divisione sanità fece notare che le persone che lottano contro la malattia basandosi sulla recitazione del daimoku traboccano sempre di riconoscenza e sorrisi, un atteggiamento che è di per sé un segno della vittoria sulla malattia. Gli esseri umani soffrono di vari tipi di malattie e malanni, e la gravità e il grado della loro malattia possono variare. In alcuni
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casi una persona può ritrovarsi costretta a letto o essere fisicamente invalida. Tuttavia chi sta combattendo o ha combattuto basandosi sul daimoku brilla dalle profondità del suo essere. Non ha nulla di cui preoccuparsi perché la sua vita è permeata da Nam myoho renge kyo. È certo, al di là di ogni dubbio, di godere di fortuna e benefici per l’eternità.
Facciamo del XXI secolo un secolo di vita Il Daishonin chiede alla monaca laica Toki di scrivere di suo pugno nome ed età e di inviarglieli affinché egli possa pregare gli dèi buddisti – le funzioni protettive dell’universo – per la sua guarigione. In una lettera a suo marito Toki Jonin Nichiren scrive: «Sono preoccupato per la malattia di tua moglie, la monaca laica Toki, come se fossi io stesso a esserne afflitto e prego giorno e notte le divinità celesti per la sua guarigione».(15) Il Daishonin pregava per la salute dei suoi discepoli come se le loro sofferenze fossero le sue. In un’altra lettera a Toki Jonin afferma anche: «Sto pregando il cielo perché la vita di tua moglie, la monaca laica, sia ulteriormente prolungata».(16) Nichiren pregava costantemente per la buona salute e la longevità dei suoi discepoli. Questa era la sua immensa compassione. E la signora Toki, dal canto suo, cercando seriamente di rispondere al maestro che aveva mostrato una tale profonda e commovente preoccupazione per lei, perseverò coraggiosamente nella fede esattamente come lui le aveva indicato. Attraverso questa lotta congiunta di maestro e discepolo fu in grado di prolungare la sua vita per più di vent’anni. Il suo è un esempio trionfante di una splendida trasformazione del karma e del prolungamento della vita – godendo di buona salute – fino a un’età molto avanzata. Anche dopo la morte del Daishonin la monaca laica Toki continuò a praticare con forza fino alla fine dei suoi giorni, facendo visita e ricevendo guide sulla fede dal successore Nikko Shonin. Emulando lo spirito del Daishonin, ogni volta che vengo a sapere che un membro o qualcuno della sua famiglia è malato,
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recito sinceramente daimoku per la sua guarigione. Ogni giorno mia moglie e io offriamo preghiere profonde e vigorose per la buona salute, la longevità, la prosperità e la sicurezza di tutti i nostri membri ovunque nel mondo. Facciamo del XXI secolo un secolo di vita! Facciamolo diventare un secolo di buona salute e longevità! Possiate tutti voi, membri infinitamente preziosi, splendenti esempi di un’era di vita, buona salute e longevità, vivere pienamente ogni insostituibile giorno, vincendo su tutti gli ostacoli e creando un valore incommensurabile e infinito! Mia moglie e io preghiamo per questo ogni giorno con tutto il cuore e continueremo a farlo per tutta la vita.
Note 1: Brani scelti da Kaen Jogo sho, Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, pag. 847. Scritto nel 1279, a 58 anni, da Minobu. Destinato alla moglie di Toki Jonin. 2: Ryo: antica unità monetaria giapponese. 3: Il Sutra del Loto, cap. 23 4: Iyo-bo (1252-1317): figlio della monaca laica Toki, divenne discepolo del Daishonin e prese il nome Nitcho. Fu uno dei sei preti anziani. 5: La monaca laica Toki era la moglie di Toki Jonin. Quando i due si sposarono lei era vedova del primo marito da cui aveva avuto un figlio. Dal matrimonio con Toki Jonin nacquero un figlio e una figlia. Quando il marito divenne un prete laico, anche la moglie prese i voti e cambiò il suo nome in Myojo (Eternità meravigliosa). Sebbene fosse malata, si prese cura della madre di Toki Jonin fino alla morte della donna. I suoi due figli divennero preti e discepoli del Daishonin. 6: L’8 settembre del 1957 Josei Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, pronunciò una “Dichiarazione per l’abolizione delle armi nucleari” nello stadio Mitsuzawa a Yokoyama davanti a cinquantamila giovani appartenenti alla Soka Gakkai. Questa dichiarazione divenne il punto di partenza delle attività della Soka Gakkai per la causa della pace.
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7: Il ventitreesimo capitolo del Sutra del Loto Il bodhisattva Re della Medicina afferma: «Coloro che hanno preso la decisione di conseguire l’anuttara-samyak-sambodhi [la suprema illuminazione] farebbero bene a bruciare un dito della mano o del piede come offerta alle torri del Budda. Ciò vale di più che offrire il proprio regno e le città, la moglie e i figli, o le montagne, le foreste, i fiumi e i laghi delle terre di migliaia di milioni di mondi con tutti i loro tesori [cioè un sistema maggiore di mondi]» (Il Sutra del Loto, pagg. 381-382). Basandosi su questo passo il Daishonin afferma che il valore di un solo giorno di vita supera quello di tutti i tesori esistenti nel sistema maggiore di mondi. Secondo l’antica cosmologia indiana un sistema maggiore di mondi comprende un miliardo di mondi e questo è il motivo per cui ci si riferisce a esso definendolo “migliaia di milioni di mondi” (vedi Dizionario del Buddismo, Esperia, pag. 758). 8: Il Sutra del Loto, pag. 300 9: Il Daishonin scrive: «In quest’epoca, per una donna, cambiare il karma immutabile con la pratica del Sutra del Loto è naturale, come per il riso maturare in autunno e per il crisantemo fiorire in inverno». Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 848 10: Questo principio si basa sul passo del sedicesimo capitolo del Sutra del Loto, Durata della vita, in cui si afferma: «Ti preghiamo di curarci e di farci vivere ancora!» (Il Sutra del Loto, pag. 299). Questo passo si trova nella parte in cui si racconta la parabola dell’eccellente medico che somministra «la buona medicina» (Myoho renge kyo) ai figli che «avevano bevuto il veleno» (il veleno dell’illusione) e lo implorano di curare la loro malattia. Questo episodio rappresenta una metafora della concessione della Legge mistica da parte del Budda a tutti gli esseri viventi per liberarli radicalmente dalla sofferenza. 11: I Dhammapada. I detti del Budda, traduzione a cura di Thomas Cleary, New York: Bantam Books, 1994, pag. 43. 12: Il Sutra del Loto, pag. 281 13: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 365 14: Ibid., pag. 833 15: The Writings of Nichiren Daishonin, vol. II, pag. 666 16: Ibid., pag. 1082
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Il significato dell’offerta
Nella storia del Buddismo, in tutte le scuole e in ogni epoca, l’offerta ha sempre rivestito un ruolo essenziale. Nel Buddismo mahayana la donazione è la prima delle sei paramita, sei differenti tipi di pratiche che i bodhisattva dovevano osservare per conseguire la Buddità, in un lungo processo nel corso di innumerevoli esistenze [paramita è una parola sanscrita che significa “raggiungere l’altra sponda”, ovvero passare da quella della sofferenza a quella dell’illuminazione]. La prima è appunto la donazione, cioè la pratica di fare offerte materiali e spirituali per salvare la gente che soffre. Il presidente Ikeda spiega che nel Buddismo esistono tre tipi di donazione: la donazione del tesoro, vale a dire le offerte materiali; la donazione della Legge, cioè lodare e insegnare la Legge; e la donazione del coraggio, che consiste nell’eliminare la paura e dare la serenità.(1) Il Daishonin nei suoi scritti mette in evidenza che in questa epoca di Mappo l’aspetto più importante nell’offerta è il “cuore” di chi offre. Nel Gosho L’offerta del riso bianco afferma: «Alcuni hanno moglie, figli, seguito, possedimenti, oro, argento o altri tesori, a seconda della loro condizione. Altri non possiedono nulla. Comunque, che uno sia ricco o no, niente è più prezioso del tesoro che chiamiamo vita. Per questo motivo gli uomini del passato che furono chiamati santi e saggi offrirono la loro vita al Budda, e in seguito divennero Budda».(2) La vita dunque è il più prezioso di tutti i tesori, e i saggi e i santi dell’antichità la utilizzavano per offrirla al Budda e ottenere l’illuminazione. Il Daishonin afferma che nella nostra epoca per ottenere l’illuminazione ciò che conta veramente è la sincerità dell’offerta, espressa dal termine giapponese kimyo, “sincera dedizione”. Dice ancora Nichiren: «Cosa significa kimyo? Significa dedica-
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re la propria vita al Budda. [...] Vuol dire che offrire la propria unica veste al Sutra del Loto equivale a strapparsi la pelle e, in tempo di carestia, offrire al Budda l’unica ciotola di riso, da cui dipende il proprio sostentamento quel giorno, significa offrire la propria vita al Budda».(3) In sintesi Nichiren sta dicendo che l’atteggiamento dei suoi discepoli deve essere quello di offrire al cento per cento. Cosa significa? Per chi possiede due ciotole di riso o due vestiti è facile offrirne uno, mentre è completamente diverso il valore dell’offerta di chi dona la sua unica ciotola o il suo unico vestito. Oggi per noi membri della Soka Gakkai offrire la vita al Budda significa sostenere l’attività buddista, che ha lo scopo di realizzare kosen rufu, il desiderio del Budda originale, dedicando il nostro tempo e offrendo le nostre risorse materiali. Ma è essenziale che lo spirito con il quale offriamo il denaro o il tempo per l’attività, la recitazione, lo studio, lo shakubuku, sia quello di kokorozashi: “con tutto il cuore”. Solo con questo atteggiamento, con questo “cuore”, la nostra offerta può diventare la causa per manifestare la Buddità e ricevere benefici. Consideriamo un altro aspetto del significato dell’offerta, indicato con la parola giapponese kisha, che letteralmente significa “offrire, gettare via con gioia”, e si riferisce agli attaccamenti alle illusioni e ai desideri. La cosa importante per trasformare questi attaccamenti è proprio “offrire, gettare via con gioia”. La letteratura buddista riporta numerose storie che esemplificano questo atteggiamento, spesso citate da Nichiren Daishonin nei suoi scritti. Come ad esempio in Risposta a Onichi-nyo: «Nel passato il giovane Virtù Vittoriosa offrì una torta di fango al Budda e rinacque come il re Ashoka che regnò su tutto Jambudvipa. Una povera donna si tagliò i capelli e li vendette per comprare olio [per il Budda] e nemmeno i venti che soffiano impetuosi dal monte Sumeru poterono estinguere la fiamma della lampada alimentata da quell’olio».(4) Anche nel Gosho Il corpo e la mente degli esseri umani Nichiren afferma: «Per quanto una persona possa essere ignorante e le sue offerte misere, se sono indirizzate a chi sostiene la verità, allora il suo merito sarà grande. Quanto è più vero questo nel ca-
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so di persone che in tutta sincerità fanno offerte al corretto insegnamento!».(5) Le offerte sincere per kosen rufu sono offerte alla Legge, perciò conducono direttamente alla Buddità e sono la causa per ottenere benefici immensi e risvegliare la nostra umanità.
Note 1: 2: 3: 4: 5:
cfr. D. Ikeda, La vera entità della vita, Esperia, pag. 178 Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 997 Ibid., pagg. 997-998 Ibid., pag. 965 Ibid., pag. 1006
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Le basi della fede
Il daimoku Daimoku letteralmente significa “titolo” e si riferisce alla recitazione di Nam myoho renge kyo. Myoho renge kyo è il titolo del Sutra del Loto, il massimo insegnamento di Shakyamuni. Nichiren fu il primo a identificare Myoho renge kyo con la realtà fondamentale o mistica Legge che permea tutti i fenomeni. Egli fece precedere alla verità universale di Myoho renge kyo la parola Nam (una variante fonetica del termine Namu), che significa “dedicare la propria vita a”. La recitazione di Nam myoho renge kyo arreca benefici incommensurabili perché ci permette di risvegliare e far emergere nella vita reale il potere illimitato della Legge fondamentale dell’universo (o Buddità). Il fatto che la recitazione di Nam myoho renge kyo sia condotta ad alta voce significa che nel Buddismo la preghiera è un’azione che serve a manifestare nel mondo reale le proprie qualità interiori. Il Daishonin descrive questo processo di trasformazione nello scritto Come coloro che inizialmente aspirano alla Via possono conseguire la Buddità attraverso il Sutra del Loto: «Quando veneriamo il Myoho renge kyo che è nella nostra vita come oggetto di culto, la natura di Budda che è in noi viene richiamata dalla nostra recitazione di Nam myoho renge kyo e si manifesta. Questo si intende per “Budda”. Per fare un esempio, quando un uccello in gabbia canta, gli uccelli che volano liberi nel cielo sono richiamati e si radunano intorno a lui. E quando gli uccelli che volano nel cielo si radunano, l’uccello in gabbia cerca di uscire fuori. Così, quando con la bocca recitiamo la mistica Legge, la nostra natura di Budda viene richiamata e immancabilmente emergerà».(1)
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La recitazione del daimoku nasce inevitabilmente dalle speranze, dai problemi e dalle preoccupazioni della vita quotidiana, ma lo scopo fondamentale del daimoku è quello di attivare il nostro stato di Buddità con il quale appaiono capacità interiori come il coraggio, la saggezza, la compassione che servono per la nostra trasformazione interiore, definita da Josei Toda “rivoluzione umana”. Il Buddismo di Nichiren sottolinea l’inseparabilità delle illusioni e dei desideri dall’illuminazione: la preghiera buddista quindi rappresenta il processo attraverso il quale i nostri desideri e le sofferenze vengono trasformate in saggezza e compassione, fornendoci nuova energia e possibilità per affrontarli positivamente. Poiché secondo il Buddismo non esiste separazione tra il mondo interiore degli esseri umani e il loro ambiente, i cambiamenti che avvengono dentro di noi si riflettono nella vita quotidiana. La “risposta” alle nostre preghiere – che sperimentiamo nella vita – è il risultato manifesto di questo processo. Tale cambiamento comporta una riflessione su di sé e anche il confronto con le proprie tendenze negative, che rappresentano la nostra parte “illusa”. A questo proposito Daisaku Ikeda afferma: «Il daimoku ha il potere di dissolvere l’oscurità, come spiega il Daishonin stesso quando dichiara che il daimoku di Nam myoho renge kyo, che egli recita per sé e per gli altri, per la realizzazione di kosen rufu, “cancella le nubi dell’ignoranza”. Quando recitiamo Nam myoho renge kyo il sole del mondo di Buddità sorge nel nostro cuore e l’ignoranza e le illusioni che, come spesse nubi, oscuravano questo sole, vengono spazzate via. Quando il sole della Buddità comincia a brillare dentro di noi, l’oscurità dell’ignoranza svanisce».(2) Il Daishonin ha insegnato ai suoi discepoli a recitare e propagare il daimoku di Nam myoho renge kyo nell’Ultimo Giorno della Legge per la felicità delle persone. Alla luce di ciò, dovremmo ricordare che vi sono due aspetti del daimoku: il daimoku della fede e il daimoku della pratica. Il daimoku della fede riguarda l’aspetto spirituale e consiste nella battaglia che ha luogo dentro di noi per vincere il dubbio
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e superare, grazie al potere della fede, le tendenze negative che derivano dall’oscurità innata. Il daimoku della pratica riguarda l’azione specifica di recitare Nam myoho renge kyo e di insegnarlo agli altri al meglio delle nostre capacità.
Il Gohonzon Il dodiceimo giorno del decimo mese del 1279 Nichiren Daishonin iscrisse il Gohonzon, l’oggetto di culto per tutta l’umanità, per far sì che tutti potessero creare un legame diretto con la Legge eterna e sperimentarla nella propria vita. Honzon significa letteralmente “oggetto di fondamentale rispetto”, go è un prefisso onorifico che significa “degno di onore”. Così spiega Ikeda nel Mondo del Gosho: «Il termine honzon, o oggetto di culto, indica il nostro principale oggetto di rispetto o di venerazione. Nel Gohonzon il Daishonin manifestò l’aspetto più nobile e fondamentale della vita, propria e di ogni altra persona, e ne fece l’oggetto di massima venerazione. Quando si prega davanti al Gohonzon, la cosa essenziale è essere consapevoli che si tratta di un’espressione grafica di Nam myoho renge kyo, la vita stessa di Nichiren Daishonin. Come egli afferma: “Io, Nichiren, ho iscritto la mia vita in inchiostro di sumi [...] l’anima di Nichiren non è altro che Nam myoho rengekyo”.»(3) Il Gohonzon non è qualcosa di esterno a noi che esaudisce i desideri: è un oggetto di culto che consente a ogni persona, in qualsiasi situazione o di qualsiasi talento, di far emergere e manifestare la condizione vitale della Buddità nella propria vita. Il mondo di Buddità che brillava nella vita del Daishonin esiste anche nella nostra vita. Affinché tutte le persone potessero crederlo egli iscrisse la sua stessa vita, la vita di una persona comune in cui il mondo di Buddità era manifesto, in forma di Gohonzon. Nichiren lo afferma chiaramente: «Non cercare mai questo Gohonzon al di fuori di te. Il Gohonzon esiste solo nella carne di noi persone comuni che abbracciamo il Sutra del Loto e recitiamo Nam myoho renge kyo. Il corpo è il palazzo della nona
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coscienza, l’immutabile realtà che regna su tutte le funzioni della vita. Essere “dotato dei dieci mondi” significa che tutti i dieci mondi senza eccezione sono contenuti nell’unico mondo della Buddità. È per questo motivo che il Gohonzon è chiamato mandala. Mandala è una parola sanscrita che significa “perfettamente dotato” o “insieme di benefici”. Il Gohonzon si trova solo nella fede. Come afferma il sutra: “Solo con la fede si può entrare nella Buddità”».(4) Il Gohonzon riflette perfettamente lo stato di Buddità inerente alla nostra vita. Il Daishonin iscrisse il Gohonzon affinché le persone potessero diventare consapevoli di questa forza vitale illimitata. «Usando il Gohonzon come uno specchio limpido» scrive Ikeda, «dovremmo sviluppare fiducia nell’esistenza di questo potere nella nostra vita, in quella dei nostri amici e di tutte le persone. […] Nam myoho renge kyo è l’essenza del Gohonzon, come si comprende anche dal fatto che il Daishonin ha scritto questi caratteri in grande al centro del Gohonzon. […] Per rendere consapevoli di questa verità le persone dell’Ultimo Giorno della Legge, il Daishonin espresse il supremo stato vitale al quale si era risvegliato sotto forma di Gohonzon. Egli iscrisse la sua vita in forma concreta per aiutare le persone a rivelare il Gohonzon che anch’esse posseggono intrinsecamente. Lo lasciò come uno specchio limpido da usare per conseguire la Buddità».(5) In quanto “specchio”, potremmo dire che il Gohonzon svolga una doppia funzione: da una parte ci risveglia alla sconfinata ricchezza e potenzialità della nostra vita interiore, dall’altra ci permette di affrontare la realtà della vita che si manifesta di momento in momento. Come un pittore infonde la sua anima in un quadro, il Daishonin espresse la sua condizione vitale di Budda nel Gohonzon, e questo, agendo come causa esterna mentre recitiamo daimoku, fa emergere la nostra Buddità. Anche se non ne siamo sempre consapevoli, quando recitiamo daimoku di fronte al Gohonzon, la nostra fede (causa interna) fa sì che in risposta emerga la nostra Buddità (effetto simultaneo). La fede è la causa che ci permette di vincere l’oscurità fondamentale e far emergere come effetto la natura di Budda nella nostra vita.
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Il continuo contatto con la vita di Nichiren rappresentata nel Gohonzon ci porterà a risvegliare in noi le qualità che caratterizzarono la sua vita: infinita saggezza, grande compassione per le sofferenze di tutte le persone e un indomabile spirito combattivo che nasce da un grande coraggio e da un alto stato vitale. Con quale atteggiamento dovremmo recitare daimoku di fronte al Gohonzon? In modo profondo e sincero, con lo spirito di non risparmiare la propria vita e con la determinazione di vincere assolutamente, di superare difficoltà e ostacoli qualsiasi cosa accada. È proprio grazie a questo tipo di daimoku che la forza vitale del Daishonin, cioè quella del Budda materializzata nel Gohonzon, si manifesterà anche nella nostra vita.
Shakubuku: la pratica per rendere felici tutte le persone Nel Gosho Le Tre grandi Leggi segrete (6) Nichiren dichiara: «Adesso, nell’Ultimo Giorno della Legge, il daimoku che recita Nichiren è diverso da quello delle epoche precedenti. È Nam myoho renge kyo che comprende la pratica per sé e la pratica per gli altri». Il significato di questa affermazione è che non è possibile ottenere l’illuminazione solo pensando alla propria egoistica felicità, ma è necessario contemporaneamente offrire anche agli altri esseri umani la possibilità di manifestare attivamente la loro natura di Budda. Questo concetto è stato espresso chiaramente dal Daishonin in moltissime altre sue scritture. La “pratica per sé” e la “pratica per gli altri” sono quindi due aspetti indissolubili della corretta pratica buddista insegnata dal Daishonin. «Per condurre una vita veramente grande» scrive Daisaku Ikeda «è importante portare avanti la pratica di shakubuku. [...] Solo nella misura in cui ci preoccupiamo dei problemi e delle sofferenze degli altri e agiamo per la loro felicità e il loro benessere, possiamo accumulare, sviluppare al massimo la nostra umanità e stabilire una condizione di felicità nella nostra vita che nessuna difficoltà o avversità potrà distruggere».(7) Tradizionalmente “shakubuku” è la parola che viene usata per indicare l’azione di trasmettere alle altre persone il modo per attivare la loro Buddità. Il termine, letteralmente, ha il signi-
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ficato molto forte di confutazione di idee distorte, ed è stato spesso interpretato come refutazione degli altri insegnamenti e come una pratica fanatica, esclusivista e dedita al proselitismo. Tale punto di vista è completamente errato e totalmente lontano dal pensiero del Daishonin. Proprio per questo motivo è di estrema importanza per un praticante comprendere esattamente il senso profondo della “pratica per gli altri”. Shakubuku – prima di tutto – è l’espressione concreta della nostra fiducia nell’esistenza della natura di Budda in noi e negli altri: è un atto umanistico che esprime il massimo rispetto dovuto a ogni essere umano. È l’azione fondamentale che permette la realizzazione di kosen rufu. «L’Ultimo Giorno della Legge» scrive il presidente Ikeda «è un’epoca di conflitto. [...] L’impulso irresistibile che conduce al conflitto sorge dall’ignoranza. Nel Buddismo ignoranza significa mancanza di consapevolezza o di fede nel fatto che le persone posseggano la natura di Budda. È anche l’impulso oscuro che conduce a mancare di rispetto alla vita umana e a violarne la dignità innata».(8) Proprio per questo la filosofia e la pratica del Buddismo di Nichiren, che identifica nella natura di Budda il nucleo essenziale della nostra umanità, è così importante per trasformare radicalmente l’epoca in cui viviamo, in altri termini è indispensabile per realizzare kosen rufu. La lotta per affermare la Buddità dentro di noi e negli altri è quindi una dura battaglia contro l’oscurità innata (o ignoranza innata), una componente della vita che dobbiamo tenere sotto controllo attraverso la nostra rivoluzione umana. Il Daishonin fece della sua vita una continua lotta per sconfiggere le funzioni dell’oscurità innata in modo che tutte le persone potessero rivelare la loro natura illuminata. In seguito cominciò a incoraggiare energicamente i suoi discepoli a unirsi a lui in questa grande battaglia per condurre le persone all’illuminazione. Questa battaglia contro la natura demoniaca inerente alla vita non è altro che shakubuku. Lo stesso Nichiren, subito dopo aver proclamato Nam myoho renge kyo, iniziò immediatamente a insegnare la recitazione del daimoku ai suoi genitori e al suo maestro Dozen-bo e non smi-
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se un solo momento nella sua esistenza di portare avanti questa pratica. Senza la compassione buddista, cioè senza il desiderio che anche gli altri percepiscano la natura di Budda nella loro vita, è molto difficile portare avanti lo shakubuku, ma possiamo attivare questa compassione nel nostro cuore attraverso la recitazione di Nam myoho renge kyo. Scrive il presidente Ikeda: «Il Daishonin cita le parole del Sutra del Loto: “I Budda sanno che i semi della Buddità germogliano in accordo con le condizioni; perciò essi espongono l’unico veicolo”. Ascoltare la Legge mistica, l’unico insegnamento che permette alle persone di conseguire la Buddità è la “condizione”. Quando una persona incontra questa condizione il seme della Buddità prende forma nella sua vita fino a germogliare. Parlare a qualcuno del Buddismo di Nichiren Daishonin è un’azione del massimo valore che crea la condizione necessaria affinché quella persona possa ottenere l’illuminazione. Perciò il beneficio di fare shakubuku è infinito».(9) La figura che nel Sutra del Loto e nella tradizione buddista meglio incarna tutte le caratteristiche interiori della pratica di shakubuku è il bodhisattva Mai Sprezzante (giapp. Fukyo). Questi aveva preso fede nel Sutra del Loto e ogni volta che incontrava una persona si inchinava dicendo che la riveriva perché lei possedeva la natura di Budda. Nella realtà il bodhisattva Mai Sprezzante era deriso per questo suo atteggiamento, veniva scacciato e spesso colpito con pietre o bastoni. Ma lui non si curava di tali reazioni: si metteva a debita distanza e continuava a formulare la sua lode alla natura di Budda. Grazie alla perseveranza poté non solo prolungare la vita, ma alla fine essere anche apprezzato da coloro che lo maltrattavano. Quando facciamo ascoltare agli altri la Legge mistica, la natura di Budda che esiste nella loro vita viene attivata. Il fatto che si reagisca negativamente o si decida di iniziare a praticare il Buddismo dipende dall’individuo. In ogni caso la natura di Budda latente in quella persona viene senza dubbio stimolata. Perciò, indipendentemente dal fatto che le persone prendano poi fede, la cosa importante è recitare Daimoku per la loro felicità e far loro conoscere coraggiosamente la grandezza del Buddismo.
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La non dualità di maestro e discepolo (shitei funi) e l’unità tra praticanti (itai doshin) Nel Buddismo esistono due relazioni di fondamentale importanza per praticare correttamente l’insegnamento di Nichiren Daishonin e assicurarne la trasmissione: una, “di tipo verticale”, riguarda il rapporto tra il maestro e il discepolo, mentre l’altra, “di tipo orizzontale”, riguarda i rapporti tra compagni di fede. Le due relazioni sono in stretto rapporto l’una con l’altra in quanto la relazione individuale e diretta che si stabilisce con il maestro è anche ciò che unisce e fa da collante tra i membri della comunità dei credenti. «L’insieme dei praticanti buddisti (in sanscrito samgha)» scrive il presidente Ikeda, «può essere visto da due prospettive. Essi possono essere assimilati all’ordito e alla trama di un tessuto. Per tessere, si stende l’ordito nel senso della lunghezza e poi lo si intreccia con la trama. L’ordito rappresenta il legame tra maestro e discepolo e la trama quello tra i membri. Quando questi si intrecciano si crea lo splendido broccato di kosen rufu. Nella maggior parte dei tessuti, l’ordito costituisce la struttura portante e la trama forma il disegno. Allo stesso modo, finché alla base della Soka Gakkai vi sarà la relazione tra maestro e discepolo, sarà possibile forgiare uno splendido disegno di solidarietà fra i discepoli».(10) Analizziamo ora, in modo particolareggiato, ciascuna delle due relazioni.
La relazione tra maestro e discepolo Non dualità di maestro e discepolo (giapp. shitei funi) significa abbracciare la stessa Legge con lo stesso spirito e formulando lo stesso voto di Nichiren. Il Daishonin è il nostro maestro originale e il suo insegnamento sarà l’eterno punto di partenza per kosen rufu, ma per la realizzazione concreta di kosen rufu è indispensabile l’esistenza di un maestro più vicino che guidi i discepoli nella propagazione quotidiana della Legge mistica. Per i membri della Soka Gakkai i maestri sono Tsunesaburo Makigu-
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chi, Josei Toda e Daisaku Ikeda. Il presidente Toda affermò a questo proposito: «Nikko Shonin non aveva il minimo desiderio di superare Nichiren Daishonin o di diventare migliore di lui. Così il nostro dovere come discepoli è quello di seguire fedelmente, mettere in pratica e manifestare nella vita quotidiana l’insegnamento del presidente Makiguchi. […] I discepoli devono seguire la via del discepolo. Dobbiamo rivelare l’insegnamento del maestro con la nostra vita, usando sia le nostre parole sia le nostre azioni».(11) Lo stesso presidente Ikeda, in numerosi discorsi, ricorda che in ogni istante della sua attività ha sempre agito come discepolo del presidente Toda cercando di realizzare tutti i desideri del suo maestro. È lo stesso Nichiren a insegnarci “la via del discepolo” chiedendo a noi di praticare esattamente come lui e aiutandoci a stabilire nei nostri cuori il suo stesso grande voto e la sua stessa devozione altruistica. Egli ci invita a seguirlo dicendo: «Pertanto, coloro che diventano discepoli di Nichiren e credenti laici devono rendersi conto della profonda relazione karmica che condividono con lui e propagare il Sutra del Loto con il suo stesso atteggiamento.»;(12) «Miei discepoli, serrate le fila e seguitemi e sarete superiori a Mahakashyapa o Ananda, a Tien-t’ai o Dengyo!»;(13) «Coloro che si definiscono miei discepoli e praticano il Sutra del Loto devono tutti praticare come me».(14) Nella tradizione buddista per indicare la profondità del legame tra maestro e discepolo che coinvolge entrambi con uguale forza, si utilizza la metafora del leone e dei suoi cuccioli che ruggiscono all’unisono (giapp. shi-shi ku). Il leone (shi) rappresenta il maestro che trasmette la Legge; i cuccioli (shi) sono i discepoli che ricevono la Legge e il ruggito (ku) che emettono insieme è la recitazione all’unisono e le azioni concrete per kosen rufu. Nella storia della Soka Gakkai, i tre presidenti sono le persone che hanno concretamente incarnato e mostrato con la loro vita l’insegnamento del Daishonin. Per riassumere: il maestro originale è Nichiren Daishonin e i maestri della nostra epoca sono i tre presidenti della Soka Gak-
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kai. In particolare il presidente Ikeda è il maestro che attualmente sta vivendo e lottando insieme a noi. E tutti gli altri membri della Soka Gakkai come dobbiamo considerarli? La pratica buddista di trasformare le nostre vite dall’interno è una dura sfida quotidiana, per questo è assolutamente naturale che abbiamo bisogno del supporto di altri ugualmente impegnati a percorrere il nostro stesso cammino. Nichiren affermò: «Anche una persona debole non cadrà se coloro che la sostengono sono forti, ma una persona di notevole forza, se si trova sola, potrebbe perdere l’equilibrio lungo un sentiero accidentato».(15) Quindi, proprio perché hanno lo stesso scopo e percorrono lo stesso cammino, i membri – l’uno verso l’altro – dovrebbero esercitare un’influenza positiva. Nel Buddismo di Nichiren, i buoni amici sono detti zenchishiki o buone influenze, mentre akuchishiki si riferisce alle cattive influenze. Le persone si influenzano reciprocamente in modo sottile, per questo è importante sviluppare la capacità di capire la natura di quell’influenza. Secondo il Buddismo, “cattivi” amici sono coloro che incoraggiano la nostra debolezza: per usare le parole del Daishonin «I cattivi amici sono coloro i quali, con parole suadenti, ingannevoli, adulatrici e con l’uso abile delle parole, vincono i cuori dell’ignaro e distruggono la bontà della sua mente».(16) Ma dipende da noi se le persone hanno buone o cattive influenze sulla nostra vita. In termini buddisti, il miglior zenchishiki è colui che ci porta a rafforzare la nostra fede e la pratica incoraggiandoci a continuare la nostra rivoluzione umana insieme a tutti gli altri membri della Soka Gakkai.
L’unità tra praticanti La relazione tra maestro e discepolo sta alla base anche di un altro importante principio buddista, itai doshin, relativo all’unità tra i credenti. Nell’Eredità della Legge fondamentale della vita Nichiren scrive: «In generale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino
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Nam myoho renge kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, senza alcuna distinzione fra loro, uniti come i pesci e l’acqua, questo si chiama eredità della Legge fondamentale della vita. In ciò consiste il vero scopo della propagazione di Nichiren. Se è così, anche il grande desiderio di un’ampia propagazione potrà realizzarsi. Ma se qualcuno dei discepoli di Nichiren distrugge l’unità di “diversi corpi, stessa mente” sarà come chi distrugge il proprio castello dall’interno».(17) Itai doshin significa: i (diversi); tai (corpi) e do (stesso); shin (mente, cuore, spirito…), quindi il significato completo è “diversi corpi, stessa mente” (o stesso cuore). La “mente” cui si fa riferimento nel Gosho non è una mente qualsiasi, ma quella di Nichiren, quindi il significato completo è “diverse persone che condividono la stessa mente del Budda”. In sintesi significa che ognuno di noi, con tutte le sue particolari e uniche qualità, condivide e realizza il grande voto del Daishonin nella comunità in cui vive e nella zona in cui porta avanti l’attività buddista. Questa unità basata sulla condivisione del voto permette di superare i conflitti, le diversità di opinioni, di sostenersi e incoraggiarsi a vicenda senza alcuna discriminazione, esattamente come ci indica il presidente Ikeda: «Apprezzarsi l’un l’altro in quanto individui insostituibili, cercando di mettere in evidenza la parte migliore di ciascuno».(18) In questo contesto le differenze individuali non costituiscono più un ostacolo, ma diventano un grande valore in quanto consentono a ciascuno di manifestare peculiari caratteristiche utili alla realizzazione di kosen rufu. Rispetto a ciò, Ikeda afferma che l’insegnamento del Budda ha inizio col riconoscimento della diversità umana e che l’umanesimo del Sutra del Loto deriva proprio dal principio di valorizzazione dell’individuo.
Note 1: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 789 2: Ikeda D., Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, Esperia, Milano, 2008, pag. 27
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3: Il mondo del Gosho, Esperia, Milano, 2003 e segg., vol. I, pagg. 285-286. Di seguito citato come Il mondo del Gosho. 4: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 738 5: Il mondo del Gosho, vol. I, pagg. 284-288 6: The Writings of Nichiren Daishonin, vol. II, pagg. 986 7: Il mondo del Gosho, vol. II, pag. 129 8: Ibid., pag. 106 9: Ibid., pag. 130 10: Ibid., vol. I, pag. 140 11: Ibid., vol. II, pagg. 241-242 12: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 883 13: Ibid., pag. 679 14: Ibid., pag. 869 15: Ibid., pag. 531 16: The Writings of Nichiren Daishonin, vol. II, pag. 220 17: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 190 18: Il mondo del Gosho, vol. I, pag. 142
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La visione buddista della vita
«“Mutua inclusione tra un singolo istante di vita e tutti i fenomeni” significa che la vita in ogni singolo istante abbraccia il corpo e la mente, l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti dei Dieci mondi e anche di tutti gli esseri insenzienti dei tremila regni: le piante, il cielo e la terra, fino al più piccolo granello di polvere. La vita in ogni singolo istante permea l’intero regno dei fenomeni e si manifesta in ognuno di essi.»(1)
Il Buddismo spiega che la nostra vita non è limitata ai ristretti confini dell’io, ma include gli altri esseri viventi, il mondo esterno e addirittura l’intero universo. Ogni fenomeno è considerato parte di un tutto, ed è fondato su una realtà fondamentale, eterna e immutabile, chiamata Legge mistica, che il Daishonin denominò Myoho renge kyo. La nostra coscienza abitualmente percepisce la vita individuale come separata da quella degli altri, e il nostro interno separato dall’esterno. Questa visione della vita, propria della cultura occidentale, genera molti altri dualismi (corpo-mente, materia-spirito, individuo-ambiente ecc.) che sono alla radice di gran parte dei problemi attuali dell’umanità. Secondo il Buddismo il risveglio a una vita più grande che trascenda i confini dell’io, ma non separata da noi stessi, ci permette di attingere a una fonte di gioia e creatività interiore, in grado di trasformare le sofferenze di vita e morte e di ritrovare la profonda connessione con gli altri e con l’universo. La visione buddista del mondo non si ferma alla vita biologica, ma arriva ad abbracciare il fondamento immutabile ed eterno della vita stessa. Questo fondamento eterno e immutabile è chiamato Legge Mistica o Myoho renge kyo ed è caratterizzato da una fase di manifestazione – chiamata vita – e da una fase di
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latenza – chiamata morte – in un fluire di incessante cambiamento. La reciproca inclusione di tutti i fenomeni nella realtà fondamentale della vita è stata spiegata da T’ien-t’ai, maestro buddista cinese del VI secolo, con la teoria dei tremila regni in un singolo istante di vita (ichinen sanzen), secondo la quale un singolo istante di vita possiede tremila regni. In questa sede questa teoria viene accennata solamente come premessa alla teoria dei Dieci mondi e del loro mutuo possesso, perché è una parte di questa complessa visione della vita. Ichinen letteralmente significa “singolo istante di vita, di pensiero, oppure la mente, o la vita in un singolo istante”(2) e indica la realtà fondamentale della vita che si manifesta in ogni momento. Sanzen letteralmente significa “tremila” e indica l’insieme di tutti i fenomeni. Nell’universo ovviamente esistono ben più di tremila fenomeni, ma questo numero deriva dalla moltiplicazione di differenti tipi di classificazione dei fenomeni, che per ora accenniamo solamente, senza approfondire. Il primo tipo di classificazione di fenomeni che compone la complessa teoria di ichinen sanzen è il principio dei Dieci mondi, uno degli argomenti di questo esame.
I Dieci mondi In base alla teoria dei tremila regni in un singolo istante di vita ogni individuo ha il potenziale per risvegliarsi all’eternità della vita e perciò diventare un Budda, ma ciò che le persone normalmente percepiscono nella propria vita è piuttosto differente da questo potenziale. Di momento in momento sperimentiamo infatti mutevoli condizioni vitali, che condizionano il modo di percepire la realtà della nostra vita. Il Buddismo di T’ien-t’ai prescriveva una meditazione per “osservare la propria mente” e distinguervi i vari stati vitali. Nichiren istituì una pratica accessibile a tutti non solo per comprendere il funzionamento interiore della vita, ma per mani-
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festare subito il massimo potenziale e trasformare il mondo in cui viviamo. Egli concretizzò la sua illuminazione alla Legge mistica nel Gohonzon e stabilì la recitazione del daimoku per percepire, oltre alle altre condizioni vitali, anche la condizione di Buddità dentro la nostra vita. Per usare un’analogia, anche se non sappiamo nulla di elettronica o del funzionamento del televisore, semplicemente accendendo l’apparecchio e selezionando un canale possiamo vedere un programma televisivo. Allo stesso modo, credendo nel Gohonzon e nella nostra Buddità possiamo godere della condizione di Buddità che si manifesta dentro di noi quando recitiamo daimoku, anche se non comprendiamo del tutto il suo funzionamento. I Dieci mondi sono un’accurata analisi dei diversi stati, o condizioni vitali, sperimentati da ogni singola vita in relazione alla sua interazione con l’ambiente. Nessuna di queste condizioni interiori è immutabile: potenzialmente ogni vita le contiene tutte e dieci e, istante per istante, una di esse diviene predominante e si manifesta, mentre le altre sono presenti potenzialmente, o in stato di latenza. Basandosi sul Sutra del Loto, T’ien-t’ai classificò le esperienze umane raggruppandole in dieci condizioni vitali, o mondi. Questa teoria fu poi rielaborata da Nichiren, che ne evidenziò la natura soggettiva. Analizziamo i Dieci mondi uno per uno. Così Nichiren descrive i primi sei: «Osservando di tanto in tanto il viso di una persona, talvolta lo troviamo gioioso, talvolta rabbioso, talvolta calmo; a volte mostra avidità, a volte stupidità, a volte servilismo. La rabbia è il mondo d’inferno, l’avidità è il mondo degli spiriti affamati, la stupidità è quello degli animali, il servilismo è il mondo di asura, la gioia è il mondo del cielo e la calma quello degli esseri umani.».(3) Il primo mondo, quello di Inferno, indica uno stato del tutto privo di libertà, una condizione di estrema sofferenza e disperazione in cui si è spinti dalla rabbia a distruggere se stessi e gli altri. Il secondo è il mondo di Fame (o Avidità). In questo stato siamo governati dalla costante bramosia di determinati oggetti, o persone, o esperienze come la ricchezza, il potere, il piacere ecc.
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Il terzo mondo è quello di Animalità: in questo stato siamo come animali guidati dall’istinto di sopravvivenza e privi delle virtù di autocontrollo quali la ragione o la morale. I primi tre mondi sono chiamati “i tre cattivi sentieri” perché ognuno di essi conduce agli altri. In queste condizioni la coscienza dell’io è molto limitata e si è dominati dalle circostanze ambientali. Il quarto è il mondo di Collera (o degli asura), in cui compare una prima forma di coscienza dell’io, anche se è una coscienza competitiva, determinata a prevalere sugli altri a tutti i costi. In questo stato diamo valore solo a noi stessi e disprezziamo gli altri anche se, per comparire superiori, si possono assumere atteggiamenti gentili e benevolenti. In questa condizione vitale esiste già più energia e perseveranza che negli altri mondi precedenti. Il quinto è il mondo di Umanità: «la calma [è] quello degli esseri umani».(4) In questa condizione siamo in grado di disporre della ragionevolezza e del controllo sulle nostre pulsioni istintive e si agisce in armonia con l’ambiente e con gli altri così da far emergere qualità “umane” quali l’amore e il senso di giustizia, basate sulla distinzione fra bene e male. Il sesto mondo è quello di Cielo (o Estasi), in cui si sperimenta la gioia che proviamo quando realizziamo qualcosa a lungo desiderato o superiamo una sofferenza. Per quanto intensa sia la sensazione di soddisfazione che si prova in questa condizione, essa non è duratura, perché estremamente dipendente da condizioni e influenze esterne. Fino al sesto mondo vi è una forte dipendenza dalla realizzazione o meno di vari desideri e impulsi; l’apparizione o scomparsa di una di queste condizioni vitali è perciò totalmente governata dalle circostanze esterne e dalle reazioni all’ambiente. Per questo motivo i primi sei mondi sono denominati “inferiori”, e la maggior parte delle persone si trovano a trascorrere la loro vita in questi stati. Senza rendersene conto, finiscono per basare la propria felicità – o addirittura la propria identità – su fattori esterni che, per definizione, sono fuori del nostro controllo. Quando le persone cercano invece la verità e un tipo di appagamento più duraturo, si entra nei due mondi successivi: il
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mondo di Apprendimento (o Studio) e di Realizzazione. Questi due mondi insieme al nono e decimo, Bodhisattva e Buddità, sono chiamati “quattro nobili sentieri”, perché possono essere raggiunti solo con il nostro deliberato e continuo sforzo. Essi sono stati in cui ci si sforza di trascendere l’incertezza caratteristica dei primi sei mondi, nei quali si è dominati da illusioni, desideri e dall’ambiente in continuo cambiamento, per consolidare la propria indipendenza rispetto a essi. Nel mondo di Apprendimento cerchiamo di creare una vita migliore tramite l’autoriforma e lo sviluppo personale, cercando la verità, imparando da idee, conoscenze ed esperienze degli altri. Si sperimenta il mondo di Apprendimento quando si è animati da spirito di ricerca. Il mondo di Realizzazione (o Illuminazione parziale) è una condizione in cui si percepisce l’impermanenza di tutti i fenomeni e – nello sforzo di emanciparsi dalla sofferenza dei sei sentieri – si cerca di scoprire una verità duratura tramite la propria diretta percezione o intuizione. È lo stato vitale degli scienziati, dei filosofi, degli artisti, ma anche di tutti coloro che studiano e riflettono su un particolare problema e che, cercando risposte dentro di loro, riescono a comprendere e risolvere. Queste due condizioni, chiamate anche “due veicoli”, permettono di percepire l’impermanenza di tutti i fenomeni e di vivere meno condizionati dall’ambiente, ma in essi prevale ancora un certo attaccamento al proprio io. Nel mondo di Bodhisattva invece la caratteristica principale è quella della compassione e del comportamento altruistico. Non si cerca l’illuminazione solo per sé ma insieme agli altri, consapevoli dei profondi legami di interdipendenza che uniscono tutti i viventi. In questa condizione vitale la più grande soddisfazione deriva dal comportamento altruistico. Fino a questo nono mondo non emerge ancora l’illuminazione. Il decimo mondo, Buddità, designa la condizione in cui la saggezza innata si esprime al massimo livello e la verità di tutti i fenomeni viene compresa naturalmente. Questo risveglio conferisce una sensazione di perfetta e assoluta libertà in cui la vita è percepita senza limiti. Il comportamento che deriva da questa
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condizione vitale ci riporta alla condizione di Bodhisattva, nel quale la felicità propria e quella degli altri non è vissuta come separata. Secondo l’insegnamento buddista, quando stabiliamo la Buddità come base della vita, possiamo dirigere tutte le attività fisiche e mentali degli altri nove mondi verso mete altruistiche e di valore, producendo una riforma nella nostra esistenza e, allo stesso tempo, un cambiamento positivo nel nostro ambiente.
Il mutuo possesso dei Dieci mondi «La vita in ogni istante è dotata dei Dieci mondi. Al tempo stesso ognuno dei Dieci mondi è dotato di tutti gli altri Dieci mondi».(5)
Ciò significa, ad esempio, che il mondo di Avidità contiene il mondo di Bodhisattva, o che il mondo di Apprendimento contiene il mondo di Animalità. Ovviamente entrambi possiedono anche tutti gli altri mondi. Una persona sta studiando con attenzione un libro – si trova evidentemente nel mondo di apprendimento – quando una zanzara si posa sul suo braccio. Con un gesto veloce la uccide – in quel momento la sua condizione vitale è di Animalità. A una certa ora, spinta dalla fame, si prepara un buon panino: mentre mangia – stato di Avidità – riceve una telefonata da un amico che è disperato e sta soffrendo. In quel momento si impegna con tutto se stesso per incoraggiarlo: lo stato di avidità viene sostituito da quello di Bodhisattva. La storia del nostro personaggio potrebbe continuare a lungo perché la vita è un continuo passaggio da una condizione vitale all’altra. Ma ciò che per noi è importante comprendere è che ogni mondo contiene il mondo di Buddità: ciascuno di noi, in qualunque istante, ha il potenziale per manifestare la condizione vitale della Buddità. Il principio del mutuo possesso dei Dieci mondi è il cuore del Sutra del Loto: esso descrive la dinamicità della vita e, spiegando l’interrelazione tra i Dieci mondi, mostra come costante-
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mente ognuno di essi passi dallo stato latente allo stato manifesto e ritorni poi dallo stato manifesto a quello latente. Grazie al mutuo possesso possiamo riconoscere il nostro stato vitale e cambiarlo istantaneamente; possiamo inoltre sentire e comprendere lo stato d’animo delle altre persone e – recitando Nam myoho renge kyo – manifestare la Buddità così come siamo. L’alternarsi delle condizioni vitali è condizionato sia dall’apparire di uno stimolo appropriato sia dal nostro modo di reagire a esso. Una stessa condizione esterna, ad esempio, non è detto che faccia emergere la medesima condizione vitale in due individui diversi. Quale dei Dieci mondi si manifesterà in una singola persona in un dato momento dipende quindi non solo dalle influenze esterne, ma anche dalle proprie tendenze.(6)
Il karma e la trasformazione del karma La parola “karma” deriva dal sanscrito, significa “azione” e indica il funzionamento universale del principio di causalità, simile a quello della scienza moderna, che afferma come per ogni azione esista una reazione o un effetto a essa corrispondente. La differenza tra la causalità della scienza e il principio buddista del karma è che quest’ultimo non si limita agli aspetti visibili e misurabili della vita, ma abbraccia quelli invisibili o spirituali, come le sensazioni di felicità o di sofferenza. Differisce anche per un altro aspetto: mentre la causalità meccanicistica della scienza si interroga e indaga su “come” un certo fatto accada, la teoria del karma si pone anche la domanda del “perché” alcune cose accadano o meno a determinate persone. Risale cioè alle cause interne di ogni singolo individuo. Secondo il Buddismo noi creiamo il karma a tre livelli: con pensieri, parole e azioni. Ogni azione umana, positiva o negativa, una volta compiuta, non svanisce con il passare del tempo, ma rimane nella vita come forza potenziale, energia, o “causa interna” pronta a produrre un nuovo effetto in presenza di un’occasione appropriata. Le cause interne indirizzano il nostro modo di reagire e influenzano la percezione soggettiva di ciò
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che accade. Gli effetti di questa “impronta” karmica si manifestano sia in accadimenti della vita, sia in condizioni interiori come gioia, saggezza, pessimismo o infelicità. L’insieme di queste cause quindi dà forma alla nostra personalità più autentica, alle tendenze più radicate, e addirittura al particolare ambiente che ci circonda. Inoltre i cicli di causa ed effetto si estendono sia all’attuale esistenza – determinando, ad esempio, le singole situazioni in cui veniamo a nascere – sia alle vite successive. A questo proposito Nichiren afferma: «Se vuoi conoscere le cause del passato, guarda gli effetti del presente; se vuoi conoscere gli effetti del futuro, guarda le cause del presente».(7) Il karma, come ogni cosa, è in un flusso costante. Creiamo il nostro presente e il futuro con le scelte di ogni istante, quindi lungi dall’indurre la rassegnazione al proprio destino, la teoria del karma conferisce il potere di diventare protagonisti della nostra vita. Tuttavia questo concetto, presente nella cultura orientale, è stato spesso frainteso, anche nell’ambito del Buddismo, ed è stato usato per far accettare passivamente le condizioni di vita negative, in quanto create dalle persone stesse. «Nell’evoluzione del pensiero buddista successiva alla morte di Shakyamuni le basi dottrinali originali furono dimenticate e divenne dominante l’idea di un karma che vincola la vita individuale. «Alle persone veniva detto che dalle vite precedenti fino a quella presente avevano accumulato un numero incalcolabile di offese. Ciò le faceva sentire impotenti e senza la minima speranza di sradicare una mole così imponente di karma. «Si supponeva che fosse impossibile in una sola esistenza espiare e cancellare tutte le azioni negative accumulate in infiniti kalpa e che al massimo si poteva sperare di ridurre, anche in minima parte, questo saldo negativo nella profondità della vita. Nel frattempo però noi continuiamo ad accumulare karma negativo [...]. «La vera essenza del Buddismo, la via interiore, consiste invece nel considerare il karma come una propria responsabilità, ma che può essere trasformata in questa vita. Il Buddismo di Nichiren corregge questi insegnamenti buddisti errati. Esso insegna che si può, senza alcun dubbio, cambiare il proprio karma».(8)
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È proprio l’aspetto di fluidità e di non stabilità del karma, che apre la possibilità di trasformarlo continuamente. Il problema è come aumentare il bilancio del karma cosiddetto positivo, (quello che aumenta la condizione di felicità e di positività), considerando che ogni persona deve affrontare tre tipi di difficoltà: quella di essere consapevoli delle proprie tendenze negative, quella di riuscire a dominarle e infine quella di non produrre ulteriori cause negative. Cosa si intende fondamentalmente per causa negativa? Scrive il presidente Ikeda: «In sostanza offendere la Legge significa non credere, dubitare dell’esistenza della natura di Budda in noi e negli altri. Questo dubbio è la causa fondamentale che impedisce al mondo di Buddità di emergere e che genera vari tipi di karma negativo. Sradicare questo dubbio e far emergere il mondo di Buddità è la legge causale più importante che ci rende possibile cambiare il karma».(9) Da qui l’importanza eccezionale della pratica di recitare daimoku che ci permette di attingere alla profonda e pura coscienza della Buddità che non è influenzata dalle tendenze karmiche. La pratica di rispettare e attivare la Buddità degli altri (shakubuku) ci permette di seminare nella nostra vita semi karmici estremamente positivi. Per fare un’analogia, l’emergere del mondo di Buddità quando recitiamo daimoku è come il sorgere del sole. Quando il sole sorge, le stelle che brillavano nel cielo notturno svaniscono immediatamente, come se non esistessero. In realtà le stelle non hanno cessato di esistere, sono soltanto diventate invisibili. Allo stesso modo, quando facciamo emergere lo stato di Buddità nella nostra vita, cessiamo di soffrire per gli effetti negativi di ogni singola offesa passata e grazie al cambiamento dello stato di coscienza sorgono le “solari” caratteristiche della Buddità. In questo modo attingiamo direttamente a un’energia che non è contaminata dal karma: quando attiviamo questa coscienza assolutamente pura, l’energia di tutto il karma buono o cattivo è diretta verso la creazione di valore. La mente o coscienza viene pervasa dalla corrente vitale della compassione e della saggezza. Questo non nega né contraddice la legge generale di causa ed effetto, che rimane una delle premesse fondamentali del Buddismo, ma permette di utilizzare la legge causale del conse-
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guimento della Buddità, o “legge causale più grande”; aspettare di modificare ogni causa negativa in positiva è un’impresa che non finirebbe mai, invece grazie a questo principio ognuno può subito iniziare un processo dinamico di trasformazione che non “cancella” gli effetti delle cause karmiche, ma modifica la capacità di affrontarli e superarli, permettendoci realmente di mettere in atto un cambiamento. Il presidente Toda disse: «Se ci limitassimo a collocare il Buddismo sullo stesso piano dei principi di causalità meno avanzati che vengono esposti negli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto, il nostro destino sarebbe immutabile e noi finiremmo per condurre una vita passiva col solo obiettivo di non fare niente di sbagliato. Quest’idea della causalità insegna che gli effetti delle cause poste nelle vite passate si manifestano uno alla volta nelle varie vite successive fino all’infinito futuro, influenzando la nostra vita per innumerevoli kalpa. Poi, in un futuro lontano, dopo esserci purificati di tutte le cause passate, potremo vivere esistenze libere dalle preoccupazioni e piene di speranza e coraggio». «Questo insegnamento non ha alcuna rilevanza per noi dell’Ultimo Giorno della Legge. In quest’epoca occorre un insegnamento che ci permetta, da persone comuni, di andare oltre la legge causale degli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto e rivelare o attingere alla nostra natura di Budda. Nichiren Daishonin, rispondendo a questo bisogno, istituì un insegnamento col quale andare oltre il destino formato nelle esistenze passate per costruirne uno positivo e luminoso nella nostra vita attuale. Fu Nichiren Daishonin che istituì la Legge, basandosi esattamente sulla spiegazione di Shakyamuni nel Sutra del Loto, permettendo così a noi persone comuni, nella nostra vita quotidiana, di andare oltre alle cause e agli effetti passati e fare ritorno al tempo senza inizio. «Dedicarci alla Legge mistica e recitare Nam myoho renge kyo rappresenta il mezzo per trasformare il nostro destino in meglio.”(10)
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Note 1: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 3 2: cifr. Dizionario di Buddismo, Esperia edizioni, pg. 324 3: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 317 4: Ibid. 5: Ibid., pag. 313 6: cfr. I misteri di nascita e morte di D.Ikeda, Esperia Edizioni, Milano. 2004 e segg., pagg. 123-147 7: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 252 8: Il mondo del Gosho, vol. II, pagg. 37-38 9: Ibid., pag. 49 10: Ibid., pag. 50
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Profilo storico del Buddismo di Nichiren Daishonin
Le origini Shakyamuni è il fondatore storico del Buddismo. In origine egli era un principe della popolazione Shakya conosciuto col nome di Siddharta Gautama. Dopo la sua illuminazione fu chiamato Shakyamuni: il “saggio degli Shakya”. La data della sua nascita viene collocata tra il V e il IV secolo a.C. Secondo la tradizione visse per anni esclusivamente negli agi del palazzo e, per ordine del padre, fu tenuto lontano dalla vita reale. Ma tutto questo non gli impedì di fare quattro incontri: con un vecchio, un ammalato, un cadavere ed infine un asceta. Probabilmente gli incontri di cui parla la tradizione stanno semplicemente a significare la profonda compassione che Shakyamuni provò riguardo alle quattro sofferenze fondamentali della vita: nascita, invecchiamento, malattia e morte. Per questo motivo lasciò il palazzo e si dedicò alla via dell’ascesi, ma dopo alcuni anni di estenuanti pratiche si rese conto che questo percorso non lo avrebbe condotto alla verità. Si raccolse allora in profonda meditazione e, dopo aver conseguito l’illuminazione, decise di dedicare il resto della vita a diffondere il suo insegnamento per il bene della gente. Morì all’età di ottant’anni. I suoi insegnamenti sono riportati in una grande raccolta di testi noti come sutra. Il modo in cui il Buddismo viene presentato nei sutra è piuttosto vario: ciò deriva da diversi fattori. Durante la predicazione, durata circa cinquant’anni, Shakyamuni viaggiò per tutta l’India condividendo i suoi insegnamenti con tutti coloro che incontrava. Non espose la sua filosofia in modo sistematico, piuttosto usò la forma del dialogo. Frequentando persone molto diverse tra loro – principi, studiosi o analfabeti – egli cercò di rispondere a tutte le domande e ai dubbi. Ma, più di ogni altra cosa, cercò di dare una risposta alle domande fon-
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damentali sull’esistenza umana: perché siamo nati e dobbiamo affrontare le inevitabili sofferenze di malattia, invecchiamento e morte? Dopo la morte di Shakyamuni si svilupparono diverse scuole buddiste che – con una generica classificazione – possiamo dichiarare appartenenti o alla tradizione Mahayana (grande veicolo) o a quella Theravada (scuola degli anziani). La differenza tra queste due tradizioni deve essere oggetto di una trattazione che non è possibile approfondire in questa sede. Possiamo solo dire che ogni scuola si rifaceva a un sutra o a un insieme di sutra, considerandoli come insegnamenti fondamentali. La scuola di Nichiren Daishonin si colloca nella tradizione del Sutra del Loto.
Il Sutra del Loto Si ritiene che il Sutra del Loto sia stato messo per iscritto tra il I e il II secolo d.C. In sanscrito esso è conosciuto come Saddharmapundarika-sutra (lett. Sutra del loto bianco del Dharma meraviglioso). Myoho renge kyo, il titolo del Sutra del Loto nella traduzione cinese di Kumarajiva, contiene l’essenza dell’intero sutra, e fu sulla base di questa percezione che Nichiren stabilì l’invocazione di Nam myoho renge kyo quale fondamento della pratica buddista. Il Sutra del Loto è la scrittura che rivela lo scopo dell’avvento di Shakyamuni nel mondo, espresso con queste parole: «In principio feci un voto, col desiderio di rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi». In altre parole, il fine ultimo di Shakyamuni era quello di mettere tutte le persone in grado di raggiungere il suo stesso stato di perfetta illuminazione che lo rendeva noto come “il Budda”, o “il risvegliato”. Il Sutra del Loto contiene numerosi concetti rivoluzionari sia rispetto agli altri insegnamenti buddisti sia rispetto al contesto sociale dell’epoca. Il tema chiave è il principio che tutte le persone allo stesso modo e senza eccezioni possiedono la “natura di Budda”. Il messaggio fondamentale del Sutra del Loto è quel-
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lo di permettere a tutte le persone di credere e manifestare la propria natura di Budda, cioè la propria capacità di esprimere saggezza, coraggio e compassione. In molti sutra precedenti diversi discepoli anziani di Shakyamuni erano condannati perché, a causa dell’attaccamento alle loro abilità intellettuali e alla pratica egoista, avevano “bruciato i semi della loro illuminazione”. Il Sutra del Loto, tuttavia, risveglia in loro lo spirito di umiltà e compassione: essi capiscono infatti che tutte le persone sono strettamente collegate nella loro ricerca dell’illuminazione e che, per realizzare la propria felicità, è necessario operare contemporaneamente per la felicità degli altri. In questo sutra, inoltre, (nel capitolo Durata della vita del Tathagata) Shakyamuni dimostra di aver ottenuto l’illuminazione nell’infinito passato e non nella vita presente come ritenevano i suoi discepoli. Ciò spiega, attraverso l’esempio concreto della sua stessa vita, che ottenere l’illuminazione non significa cambiare o diventare qualcosa che non si è ma, piuttosto, rivelare lo stato inerente, “naturale” di Budda che già esiste dentro di noi. Nichiren confermò con la sua vita le profezie e l’essenza del Sutra del Loto, stabilendo così la pratica buddista che permette a tutti gli esseri umani di conseguire l’illuminazione.
La vita di Nichiren Daishonin Nichiren Daishonin è una figura unica nella storia sociale e religiosa del Giappone. In una società in cui viene spesso data grande enfasi sul mantenere nascosti i conflitti, Nichiren fu invece molto esplicito nella sua critica alle scuole buddiste dell’epoca per la loro connivenza col potere secolare. Se da una parte mostrava una posizione estremamente critica verso ciò che giudicava una corruzione del messaggio centrale del Buddismo, le sue lettere di incoraggiamento ai discepoli testimoniano una straordinaria preoccupazione per le persone comuni all’interno della società medievale giapponese. Ad esempio, scrisse molte lettere a donne credenti laiche, mostrando
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una notevole comprensione delle loro sofferenze ed enfatizzando il messaggio del Sutra del Loto secondo il quale tutte le persone, uomini e donne, possono ottenere l’illuminazione così come sono. La simpatia di Nichiren per gli oppressi è collegata anche alle circostanze della sua nascita. Suo padre era un pescatore di Kominato, e come tale Nichiren si definisce “figlio di una famiglia chandala [casta degli intoccabili]”. La vita nel Giappone feudale era aspra e dura, specialmente per coloro che si trovavano all’ultimo posto della rigida gerarchia sociale. Sperimentando in prima persona la sofferenza della gente comune, il Daishonin, fin dalla più tenera età, fu mosso dal profondo desiderio di trovare un modo per risolvere il problema della sofferenza u-mana. Nacque il sedicesimo giorno del secondo mese del 1222 e ricevette il nome di Zennichi-maro. A dodici anni entrò nel tempio Seicho dove a sedici anni, col nome di Zesho-bo Rancho, fu ordinato prete da Dozen-bo, il suo maestro. Studiando e approfondendo le dottrine delle varie scuole presso i templi più autorevoli del paese per oltre sedici anni, riconobbe la supremazia del Sutra del Loto e si convinse che nella profondità di questo sutra fosse rivelata l’esistenza di una grande Legge che permette di risvegliarsi al vero aspetto dell’esistenza. Con la sua illuminazione Nichiren comprese che questa Legge era proprio Myoho renge kyo, il titolo stesso del sutra, a cui antepose la parola “Nam”, che indica la devozione a questa Legge mistica. A mezzogiorno del ventottesimo giorno del quarto mese del 1253 tenne il suo primo sermone e, davanti a Dozen-bo, agli altri preti e a numerosi ascoltatori laici, proclamò che Nam myoho renge kyo, la grande Legge nascosta nella profondità del capitolo Durata della vita del Tathagata del Sutra del Loto, è la sola che può condurre all’illuminazione l’umanità nell’epoca di Mappo. In quella occasione assunse il nome di Nichiren (Sole-Loto). Affermando che le principali scuole buddiste del tempo (Pura terra, Zen, Precetti e Vera parola) basate su insegnamenti non più validi per la nostra epoca, non portano alla salvezza ma alla rovina, si attirò l’odio di diversi esponenti del clan al potere. In
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particolare Tojo Kakenobu, signore del luogo e fervente seguace della Pura terra, ordinò di arrestarlo, ma Dozen-bo incaricò due preti di aiutarlo a mettersi in salvo. Il Daishonin si recò quindi a Kamakura e si stabilì a Matsubagayatsu; fu in quel periodo che si convertirono numerosi monaci e laici tra cui Shijo Kingo, Ikegami Munenaka e Toki Jonin. In quegli anni il Giappone venne colpito a più riprese da una serie di catastrofi naturali; questo spinse Nichiren a ritirarsi al tempio Jisso per rileggere le scritture e meditare sulle “tre calamità e sette disastri”. Durante quel soggiorno incontrò Nikko Shonin, che divenne suo discepolo. Il sedicesimo giorno del settimo mese del 1260 il Daishonin inviò a Hojo Tokiyori, ex reggente che godeva di grande autorità, un trattato intitolato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, in cui è spiegato che la causa di tutti i disastri è l’offesa alla Legge da parte del popolo e la credenza in dottrine che contraddicono l’insegnamento fondamentale del Budda. Abbandonando le fonti dell’eresia il paese si sarebbe salvato, altrimenti le due calamità che ancora non si erano verificate, (la guerra civile e l’invasione straniera), lo avrebbero colpito. Questo appello è il cosiddetto “primo ammonimento”. Hojo Tokiyori non prese in considerazione le rimostranze del Daishonin. Poco dopo, il ventisettesimo giorno dell’ottavo mese, un gruppo di seguaci della Pura terra assalì il rifugio di Nichiren con l’intento di ucciderlo. Questo episodio è noto come la persecuzione di Matsubagayatsu. Il Daishonin sfuggì all’agguato e si rifugiò presso la residenza di Toki Jonin. Tornato a Kamakura riprese a predicare e a convertire molti seguaci. La seconda persecuzione si verificò dopo che preti ostili avevano presentato accuse contro di lui a Hojo Shigetoki, figlio del reggente in carica, che il dodicesimo giorno del quinto mese del 1261 lo condannò all’esilio a Ito, nella penisola di Izu. Nel secondo mese del 1263 ottenne il perdono e tornò a Kamakura. L’anno dopo, l’undicesimo giorno dell’undicesimo mese del 1264, il Daishonin e alcuni suoi discepoli, mentre erano in viaggio, subirono un’imboscata ordita dal suo vecchio nemico Tojo
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Kagenobu. Due discepoli persero la vita e il Daishonin riportò una ferita di spada alla fronte e la frattura del braccio sinistro. Questa è la terza persecuzione, detta di Komatsubara. Nel primo mese del 1268 giunsero a Kamakura i messaggeri di Kubilai Khan per intimare al Giappone di sottomettersi all’impero mongolo e pagare il tributo, pena l’invasione. Per scongiurare questo pericolo, nel decimo mese dello stesso anno il Daishonin espresse il “secondo ammonimento”, inviando lettere a undici influenti personaggi del mondo politico e religioso. Rinnovò gli ammonimenti contenuti in Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese e chiese che si tenesse un pubblico dibattito con i rappresentanti delle varie scuole. Poiché nessuno rispose al suo invito egli scrisse ai suoi discepoli avvertendoli di prepararsi al peggio perché sicuramente si sarebbero scatenati i “tre potenti nemici” (laici arroganti, preti arroganti e falsi saggi). Nel 1271 una lunghissima siccità colpì il paese e il governo ordinò a Ryokan, capo del tempio Gokuraku, di pregare per la pioggia. Quando ne fu informato, il Daishonin gli lanciò una sfida: se Ryokan fosse riuscito a far piovere Nichiren sarebbe diventato suo discepolo, altrimenti sarebbe stato Ryokan a doversi convertire. Non una goccia di pioggia cadde dal diciottesimo giorno del sesto mese al quarto giorno del settimo mese e Ryokan, esasperato dallo smacco, complottò per eliminare il rivale. Il dodicesimo giorno del nono mese del 1271 Nichiren fu arrestato come ribelle e condotto a Tatsunokuchi per essere decapitato ma, quando già il carnefice aveva sollevato la spada, un corpo celeste attraversò il cielo illuminando la scena e terrorizzando i soldati, per cui l’esecuzione non poté avere luogo. L’episodio è noto come persecuzione di Tatsunokuchi. Fallito il tentativo di decapitazione, fu emessa una condanna all’esilio all’isola di Sado, dove Nichiren giunse il primo giorno dell’undicesimo mese e fu confinato a Tsukahara, nella cappella diroccata di un cimitero. Durante il difficile periodo il Daishonin e Nikko, che aveva seguito il suo maestro, furono protetti da Abutsu-bo e Sennichi-ama che si erano convertiti e che, a rischio della propria vita, li sostennero permettendo loro di sopravvivere.
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A Sado Nichiren dedicò tutto il suo tempo a scrivere e a porre le basi del suo insegnamento: prima di allora aveva insegnato solo il daimoku, qui iniziò a scrivere alcuni Gohonzon personali per i discepoli più fedeli e a chiedere a tutti i seguaci di praticare come lui, promuovendo in prima persona la propagazione (shakubuku). Fra i molti scritti di Sado i più importanti sono: L’apertura degli occhi (Kaimoku sho) e L’oggetto di culto per l’osservazione della mente (Kanjin no Honzon sho) che spiegano rispettivamente l’oggetto di culto dal punto di vista della persona e della Legge. Questi due trattati costituiscono la base teorica per l’iscrizione del Dai Gohonzon, l’oggetto di culto che Nichiren intendeva lasciare per permettere a tutti di raggiungere l’illuminazione. Il sedicesimo giorno del primo mese del 1272 il Daishonin tenne un dibattito religioso, noto come il dibattito di Tsukahara, con varie centinaia di monaci di altre scuole provenienti non solo dalla provincia di Sado, ma anche dalle vicine province. Egli refutò decisamente le loro dottrine. In riferimento a ciò, ne Le azioni del devoto del Sutra del Loto scrive: «Li sconfissi con la stessa facilità con cui una spada affilata taglia un melone o la tempesta piega i fili d’erba».(1) Nel secondo mese del 1272 a Kamakura e a Kyoto i dissidi all’interno del clan Hojo, la famiglia al governo, sfociarono in aperto conflitto. Hojo Tokisuke ordì un complotto per impossessarsi del potere, ma il fratello Tokimune riuscì a sventarlo e lo fece uccidere. Si era avverata la profezia di guerre civili fatta dal Daishonin nel trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese. Ottenuto il perdono, nel 1274 Nichiren tornò a Kamakura e nel quarto mese fu convocato dalle autorità che con gran rispetto lo interpellarono riguardo all’invasione mongola che egli predisse entro l’anno. Ammonì allora a non contare su altri tipi di preghiere, ma ancora una volta non venne ascoltato (“terzo ammonimento”). Decise quindi di ritirarsi, com’era consuetudine per un saggio, in un eremo scelto da Nikko Shonin, sul monte Minobu. Nel decimo mese del 1274, come Nichiren aveva predetto, i mongoli occuparono alcune isole nello stretto tra la Corea e
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l’isola di Kyushu. Nello stesso periodo il movimento di propagazione progredì rapidamente facendosi strada fra i contadini nella pianura di Atsuhara alle pendici del monte Fuji sotto la guida di Nikko Shonin e grazie agli sforzi di Nanjo Tokimitsu, signore del villaggio di Ueno. Nel nono mese del 1279 venti contadini di Atsuhara vennero arrestati, sotto la falsa accusa di furto, e condotti in carcere a Kamakura. Qui furono minacciati di morte se non avessero abiurato la loro fede, ma i contadini resistettero coraggiosamente anche alle torture. Hei No Saemon, funzionario del governo che già aveva cercato di far decapitare Nichiren, condannò a morte i fratelli Jinshiro, Yagoro e Yarokuro, mentre gli altri diciassette furono banditi da Atsuhara. La prova di una pura e incrollabile fede offerta dai contadini convinse Nichiren che era giunto il tempo di realizzare lo scopo della sua vita: il dodicesimo giorno del decimo mese del 1279 iscrisse il Dai Gohonzon, l’oggetto di culto per tutta l’umanità. Frattanto la salute del Daishonin, già compromessa dalle privazioni vissute a Sado, peggiorava rapidamente. Nell’estate del 1282 si recò alle terme di Hitachi; prima di partire redasse L’atto di successione di Minobu, con cui nominava Nikko suo legittimo successore. Durante il viaggio, presentendo la fine imminente, si fermò nella residenza dei fratelli Ikegami e qui diede le ultime disposizioni per assicurare la continuità dei suoi insegnamenti: nominò i “sei preti anziani”, Nissho, Nichiro, Nikko, Niko, Nitcho e Nichiji. In seguito cinque di loro, per vari motivi, si allontanarono dallo spirito del maestro; solo Nikko gli rimase fedele. Il tredicesimo giorno del decimo mese del 1282, dopo aver compilato L’atto di trasferimento del tempio di Minobu o Atto di successione di Ikegami, Nichiren morì, all’età di 61 anni. Nei secoli successivi l’insegnamento del Daishonin venne custodito dal clero della Nichiren Shoshu, ma – tranne rare eccezioni – declinò quasi del tutto la spinta alla propagazione. Nel 1930 la Soka Gakkai ripartì dallo spirito originale di Nichiren Daishonin dando un nuovo impulso allo sviluppo di kosen rufu.
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Storia della Soka Gakkai: I tre presidenti Tsunesaburo Makiguchi La Soka Gakkai fu fondata da Tsunesaburo Makiguchi (18711944), un insegnante e direttore di scuola elementare che aveva sviluppato una sua originale filosofia educativa basata sulla creazione di valore. Nel 1928 si convertì al Buddismo di Nichiren Daishonin insieme al suo discepolo Josei Toda (1900-1958), convinto di avere trovato nell’insegnamento di Nichiren quegli stessi valori che avevano ispirato la sua filosofia. Makiguchi scrisse L’educazione creativa, libro di cui Toda curò la pubblicazione. La casa editrice fu chiamata Soka Kyoiku Gakkai (Associazione per l’educazione creatrice di valore) dai due educatori e la data di pubblicazione, il 18 novembre 1930, è considerata la data di fondazione della Soka Gakkai. Allora il gruppo consisteva principalmente di insegnanti ed educatori. Durante la prima riunione generale, nel dicembre del 1939 Makiguchi fu nominato primo presidente dell’associazione e Toda direttore generale. A quel tempo Makiguchi stava concentrando la sua attenzione sugli insegnamenti di Nichiren come mezzo per condurre una vita contrassegnata dal più alto valore e dal massimo bene, promuovendo incontri di discussione in cui i membri parlavano dei risultati della fede e della pratica buddista, cosa che egli considerava una prova concreta della sua efficacia. Il Giappone guidato da un governo militarista nel 1941 dette inizio alla guerra del Pacifico. Per convogliare gli sforzi del popolo verso la guerra, oltre a instaurare varie misure limitative, il governo ordinò a tutte le istituzioni, ai privati cittadini e a tutti i luoghi di culto di custodire talismani shintoisti imponendo con ciò una religione di stato. Il clero della Nichiren Shoshu si sottomise alla richiesta del governo, ma il presidente Makiguchi si rifiutò di accondiscendere, argomentando che questo avrebbe rappresentato una violazione degli insegnamenti di Nichiren e si schierò apertamente contro la guerra. Nel luglio del 1943, con l’accusa di aver violato la legge del
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1925 per il mantenimento della pace e di lesa maestà contro l’imperatore, Makiguchi e Toda furono arrestati e incarcerati. Makiguchi morì in carcere all’età di 73 anni il 18 novembre 1944. Il primo presidente, Tsunesaburo Makiguchi, ha avuto il merito di costruire le basi dell’attuale movimento per kosen rufu e di aver riportato il Buddismo di Nichiren Daishonin a un ruolo di religione attiva nella vita quotidiana. Josei Toda Mentre si trovava in prigione, Josei Toda continuò ad approfondire lo studio e la pratica del Buddismo fino a sperimentare un altissimo stato vitale. In quella dura situazione decise di propagare con ancora più forza gli insegnamenti su cui aveva basato l’organizzazione fondata con il suo maestro. Toda fu rilasciato il 3 luglio del 1945 e cominciò subito a ricostruire l’organizzazione rinominandola Soka Gakkai, prevedendone un allargamento a tutti gli ambienti e gli strati sociali. Il 3 maggio del 1951 venne nominato secondo presidente e in quell’occasione determinò di convertire 750mila famiglie entro la sua morte. Alla fine del 1957 Toda vide realizzarsi lo scopo fissato sei anni prima; nel settembre dello stesso anno pronunciò una memorabile dichiarazione di condanna delle armi atomiche. Dopo aver affidato il futuro dell’organizzazione e della propagazione ai seimila giovani presenti alla storica riunione del 16 marzo, Toda morì il 2 aprile 1958. Il secondo presidente ha avuto il merito di aver ricostruito la Soka Gakkai dopo la distruzione della Seconda guerra mondiale e di aver stabilito il Buddismo della “rivoluzione umana”, cioè i conseguimento della Buddità attraverso il profondo cambiamento della vita. L’incontro fra Josei Toda e il giovane Daisaku Ikeda avvenne durante una riunione di discussione nell’agosto del 1947. Se l’incontro fra Makiguchi e Toda aveva determinato la diffusione del Buddismo di Nichiren Daishonin in tutto il Giappone, questo incontro determinerà lo sviluppo globale dell’organizzazione laica che si dimostrerà in grado di far conoscere e praticare milioni di fedeli in tutto il mondo.
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Daisaku Ikeda Il 3 maggio 1960 Daisaku Ikeda (n. 1928) divenne il terzo presidente della Soka Gakkai. Ikeda aveva lavorato e studiato con Toda per più di dieci anni aiutandolo a ricostruire le sue attività lavorative dopo la guerra e giocando un ruolo chiave nel realizzare l’obiettivo delle 750mila famiglie. Sotto la guida di Ikeda l’organizzazione crebbe rapidamente durante gli anni ’60 e ’70 e si espanse all’estero. Ampliò i suoi obiettivi includendo attività a sostegno della pace, della cultura e dell’educazione e nel 1975, nell’isola di Guam, fu fondata la Soka Gakkai Internazionale di cui Ikeda divenne primo presidente e che oggi, dopo oltre trent’anni, è presente in 192 paesi. Nella sua instancabile attività Ikeda, oltre all’incessante incoraggiamento rivolto a tutti i membri, ha incontrato decine di personalità del mondo politico e della cultura in ogni angolo del pianeta. Realizzando il desiderio del suo maestro Toda, ha fondato l’Università e le scuole Soka, l’associazione concertistica Min on, il Museo d’arte Fuji di Tokyo, l’Istituto di filosofia orientale con sede a Tokyo e nel Regno Unito, la Maison litteraire de Victor Hugo in Francia, il Centro di ricerche di Boston per il XXI secolo e l’Istituto Toda per la ricerca sulla pace e sulla politica. Inoltre, in quanto organizzazioni non governative delle Nazioni Unite, la Soka Gakkai giapponese e la Soka Gakkai Internazionale sostengono attivamente le Nazioni Unite, promuovono mostre per la pace e contro gli armamenti nucleari e campagne per la raccolta di aiuti ai rifugiati.
La separazione dalla Nichiren Shoshu Di fronte alla grande determinazione del presidente Ikeda nella propagazione a livello mondiale e alla crescita della Soka Gakkai, all’inizio degli anni novanta, Abe Nikken e il clero della Nichiren Shoshu, che pure si era risollevato grazie al sostegno voluto da Toda, hanno reagito in modo irrazionale, per il timore di perdere autorità e potere economico, scomunicando i mem-
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bri di tutto il mondo che non avessero lasciato la Soka Gakkai e non si fossero iscritti come fedeli al Tempio principale. La Nichiren Shoshu aveva già tentato questa operazione più volte in passato – nel ’32, nel ’44, nel ’52 e nel ’79 – senza mai riuscire nel suo intento. Il piano di Nikken era articolato su tre direttrici portanti: le dimissioni di Ikeda; la fine dell’autonomia della Soka Gakkai, l’inserimento e la rieducazione dei suoi aderenti nei gruppi laici legati ai templi locali, pena l’interdizione dal Tempio principale. L’intento del clero era di veicolare il messaggio che «senza vedere il Dai Gohonzon non ci può essere illuminazione». A ciò si aggiungeva il ricatto di non consegnare più i Gohonzon personali ai membri della Soka Gakkai. Si trattava di regole e atteggiamenti lontani dallo spirito di Nichiren Daishonin. Il tentativo di dividere milioni di persone dal loro maestro Ikeda, attaccando il presidente della Soka Gakkai, risultò fallimentare già nei primi mesi della sua attuazione e fallì di fronte all’indignazione di milioni di persone. Nonostante ciò, la Nichiren Shoshu alzò il livello del conflitto vietando il pellegrinaggio al Dai Gohonzon e la consegna dei Gohonzon e infine demolendo santuario Sho Hondo, costruito con le offerte dei membri di tutto il mondo. Tutte queste manovre si ritorsero contro lo stesso Nikken: numerosi preti abbandonarono la Nichiren Shoshu formando il gruppo dei “preti riformatori” e si affiancrono ai membri della Soka Gakkai nell’attività buddista. Al contrario, la determinazione della Soka Gakkai di diffondere il Buddismo di Nichiren nella società ha avuto un ulteriore slancio portando a 192 le nazioni dove sono attualmente presenti i membri della SGI. Dal 1990 al 1993 ai membri della Soka Gakkai di tutto il mondo non furono più consegnati i Gohonzon, ma nel 1993 il prete capo del tempio Joen, che aveva abbandonato la Nichiren Shoshu, permise alla Soka Gakkai di stampare i Gohonzon sulla base di un Gohonzon iscritto dal patriarca Nichikan (il riformatore della Nichiren Shoshu) il 20 giugno 1720. Di fatto tutti i provvedimenti di Abe Nikken avevano tagliato totalmente fuori i preti dal movimento di kosen rufu e l’ampia
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propagazione, libera da dottrine e rituali che nulla avevano a che vedere con l’insegnamento del Daishonin, poteva finalmente espandersi basandosi solamente sul Gosho. Il grande processo di riforma del Buddismo, della sua laicizzazione e mondializzazione che ha interessato l’intero XX secolo, era finalmente giunto nella sua fase decisiva. Il terzo presidente Daisaku Ikeda ha portato il Buddismo di Nichiren in tutti i paesi del mondo, si è prodigato per far conoscere l’insegnamento in moltissimi ambiti della cultura mondiale. Per queste ragioni si può dire che è colui che ha favorito l’affermazione dell’umanesimo buddista. Ognuno dei tre presidenti ha fatto emergere e ha evidenziato le caratteristiche del Buddismo nell’epoca moderna: grazie al loro esempio e alle loro lotte il movimento di kosen rufu sta progredendo su scala mondiale superando ostacoli e difficoltà, perciò i tre presidenti della Soka Gakkai vengono considerati come i tre maestri di tutti i seguaci.
Note 1: Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. I, pag. 686
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Per approfondire
Principi fondamentali Il Buddismo di Nichiren Daishonin, Esperia, 2006 Richard Causton, I dieci mondi, Esperia, 2004 La Legge meravigliosa, Esperia, 2006 In particolare: Il significato dell’offerta Buddismo e società, n. 101, pag. 58 Daimoku Daisaku Ikeda, Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, Esperia, 2008 Il Gohonzon Buddismo e società, n. 112 Il Mondo del Gosho, vol. I, pagg. 269-331 Shakubuku Il mondo del Gosho, vol. II, pagg. 105-172 Non dualità di maestro e discepolo e itai doshin Il mondo del Gosho, vol. I, pagg. 139-162 I Dieci mondi e il loro mutuo possesso Buddismo e società, n. 103, pag. 56 Daisaku Ikeda, I misteri di nascita e morte, Esperia, 2002, pagg. 117-169 Daisaku Ikeda, La vita mistero prezioso, Sonzogno, pagg. 99-186 Il karma e la trasformazione del karma Il mondo del Gosho, vol. II, pagg. 1-55 La vita di Nichiren Daishonin La vita di Nichiren Daishonin, Esperia, 1993 La storia della Soka Gakkai DuemilaUno, n. 73, pagg. 16-31
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